Juliet + Mercutio di Eos BiancaLuna (/viewuser.php?uid=53606)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo Settimo ***
Capitolo 8: *** Capitolo Ottavo ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nono ***
Capitolo 10: *** Capitolo Decimo ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undicesimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodicesimo ***
Capitolo 1 *** Capitolo Primo ***
Capitolo
Primo
I
raggi del sole filtrati attraverso le vetrate della
finestra accarezzarono l’esile ragazza, che ancora dormiva
beata fra le bianche
lenzuola di quel letto cosi grande. Dischiuse gli occhi un
po’ infastidita
dalla luce solare e girò la testa sepolta dai lunghissimi
capelli castani
dall’altra parte.
“Giulietta!”
gridò la nutrice in lontananza.
“Ti
sei svegliata pigrona?” la voce si avvicinava sempre di
più.
“Giulietta!”
dopo un lungo rumore di passi sulle scale la
porta della camera si spalancò. Un lamento, seguito da uno
sbuffo provenienti
dal letto, fece ridacchiare la donna di grande stazza e con una cuffia
rossa in
testa, che si era fermata sulla soglia a riprendere fiato.
“Piccolina
è ora di
svegliarsi, lo vedi è già mattina e il sole
è alto…” continuò la nutrice
alzando il tono di voce per farsi sentire. Giulietta aprì un
occhio e chiese
dopo un fragoroso sbadiglio “Che ore sono di
grazia?”.
La
nutrice ridacchiò e si sedette sul letto “Quasi le
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cara…ma dimmi, cosa vuoi per colazione?”, la
scoprì delicatamente. Giulietta
cercò invano di riappropriarsi del lenzuolo e richiuse gli
occhi.
Ma un attimo dopo si
ricordò in un lampo tutto ciò che le era successo
la sera prima; era stata alla
festa in maschera organizzata dai suoi genitori e li, aveva incontrato
l’amore
della sua vita…”Balia!” gridò
“come quasi le nove? Devi correre in piazza a
cercare Romeo per me!”.
La
donna la guardò perplessa “Il figlio dei
Montecchi? Ma
come?”. “Devi andare!” gridò
ancora Giulietta saltando giù dal letto e vedendo
che lei ancora replicava aggiunse “Ora!”.
Nella
grande piazza centrale veronese Romeo ed i suoi amici
sedevano sui gradini della chiesa e prendevano in giro di tanto in
tanto i
passanti. “Insomma Romeo…” disse suo
cugino Benvolio “Ieri sera ci hai lasciati
per correre al balcone della tua nuova fiamma! Adesso devi raccontarci
tutto”. Romeo
sorrise e guardò per aria.
Mercuzio
che stava fischiando ad una donzella di passaggio
rise di gusto “E chi sarebbe costei, se è lecito
domandarlo?”.
“La figlia di
Enrico
Capuleti…la creatura più bella che
esiste…Giulietta è il suo nome e suo è
il
mio cuore” rispose l’innamorato sorridendo.
Il suo migliore amico
seduto molto sgraziatamente con le gambe aperte, lo guardò
scuotendo la testa
“Poveri noi, cosa mi tocca sentire, ti sei infatuato di una
Capuleti!”, lanciò
un occhiata a Benvolio e scattò in piedi “Certo
che Mab stavolta te l’ha
combinata davvero grossa!”, alzò le braccia al
cielo come ad imitare un
esplosione.
Benvolio
ridacchiò e Romeo sembrava essere su un’altra
dimensione finché la sua attenzione fu catturata da una
voce. “Che Dio vi dia
il buongiorno messeri…”, la nutrice seguita dal
paggio li aveva raggiunti in
fretta e furia.
Mercuzio subito le si
avvicinò sorridendo “Che Dio vi dia la
buonasera… bella gentildonna!” e le
sollevò la gonna. Benvolio rise come un pazzo e Romeo si
alzò intimando
Mercuzio di smetterla. La nutrice aveva urlato al paggio di darle il
ventaglio
che ora sbatteva invano contro la testa di Mercuzio, il quale si
copriva continuando
a farle battute piene di doppi sensi.
“Ma
che razza di uomo siete?!” urlò lei mentre lui
cercava
di metterle le mani sotto la gonna. Benvolio corse a dargli manforte.
“E fatela
finita voi due!” intimò Romeo. Mercuzio si
stancò presto di fare lo spiritoso
con quella donna non più giovanissima e si sedette sul primo
scalino.
“E’
una ruffiana!” gridò e tutti gli altri ragazzi del
gruppo lo ripeterono in coro. “Disgraziati, la forca vi
meritereste!” rispose
la nutrice e mentre tutti si quietarono chiese infastidita
“Qualcuno di voi può
dirmi dove posso trovare il giovane Romeo?”.
“Posso
dirvelo io” rispose lui dolcemente, lei capì che
era
lui e gli si avvicinò
“Signore…” bisbigliò
“la mia padroncina mi manda in cerca
di voi…”. Si appartarono poco distante. Benvolio
rimase a scherzare con gli
altri e Mercuzio facendo finta di nulla, si mise ad origliare la
conversazione
che era su un presunto incontro con Frate Lorenzo per confessarsi.
Quando
la nutrice si congedò, afferrò il suo migliore
amico
per un braccio “Cos’è questa storia? Hai
intenzione di sposarla? Scoppierà una
guerra…dai retta a me, torna a pensare a Rosalina”
lo guardò negli occhi serio
poi scoppiò in una risata profonda. Romeo non lo
ascoltò e tornò da Benvolio
“Cugino perché tu e Mercuzio non mi prendete sul
serio? Io la amo e la sposerò”
annunciò trionfante.
Giulietta
nel giardino di casa ripensava alla sera
precedente, alla promessa di matrimonio che si era scambiata col suo
Romeo dal
balcone. Si chinò a cogliere una rosa rossa
“Romeo…” pensò,
accarezzò i petali
del fiore e decise di staccarlo ma si punse. “Ahi”
esclamò estraendo la spina
che era rimasta attaccata al suo dito. “Cara rosa, ti
metterò lo stesso in un
vaso…” disse sorridendo.
La
nutrice tornò e le disse dell’appuntamento in
chiesa,
Giulietta le buttò le braccia al collo “Grazie
balia! Il mio amato mi vuole
sposare! Oh, sia ringraziato il cielo”. La donna strinse la
ragazza “Figlia mia
che tu possa essere felice sempre…” si guardarono
e sorrisero poi la nutrice le
prese le mani “Giulietta ma cosa ti sei fatta?”. La
ragazza le mostrò la rosa.
“Ah! Vieni qui e fatti medicare”.
Giulietta
andò prima in camera sua a sistemare la rosa in un
vaso poi si precipitò dalla balia per farsi fasciare il
dito; la ferita era un
po’ profonda e iniziava a bruciarle. Mentre le passava un
unguento sulla mano
la nutrice ridacchiò. “Cosa
c’è che ti fa ridere?” chiese Giulietta
incuriosita.
“Sai
bimba mia, il tuo Romeo ha degli amici alquanto
monelli” rispose lei. Giulietta quando sentì il
nome del suo amato sussultò ma
si ricompose subito “Perché monelli?”.
“Per non dire altro…”rispose la nutrice
“Quel Mercuzio poi, dovresti vederlo che arrogante! Non
capisco come faccia
Romeo a frequentare certa gente, lui sembra cosi
gentile…”. La mente di Giulietta
era altrove e quando la medicazione finì si
preparò, salutò e corse dal frate
per la confessione.
Giunse
in piazza un po’ sudata, perché aveva corso e per
il
caldo di luglio. Si avviò con il cuore palpitante verso le
scale della chiesa
cosi presa dai suoi pensieri che non si accorse delle presenze che
l’avevano
preceduta.
Romeo
e Mercuzio avevano appena varcato la soglia
dell’ingresso. “Amico mio, non c’era
bisogno che mi accompagnassi” disse
l’innamorato dando una pacca sulla spalla al ragazzo.
“Non potevo certo
permetterti di rovinarti la vita, fratello”
ridacchiò lui dandogli a sua volta
una pacca sulla spalla, Romeo scosse la testa. Si sedettero su una
panca giusto
perché la chiesa era deserta e il Frate ancora non era
pronto.
Giulietta
aprì il vecchio portale scricchiolante che era
rimasto accostato e si sistemò il velo sui capelli. Quando
varcò la soglia
Romeo si girò di scatto e le corse incontro. Si
abbracciarono quasi commossi.
Mercuzio fischiettò con le mani in tasca guardando ovunque
tranne che loro.
A
Giulietta che abbracciava teneramente il suo amato, cadde
l’occhio sull’amico che a suo giudizio non mostrava
alcun rispetto per quel
luogo sacro ed ebbe un tuffo al cuore. “Oh mio
Dio…occhi miei… perdonatemi… se
non vi ho mai mostrato cos’è la
bellezza…”pensò stupefatta e lo
fissò per poi pentirsene
subito.
Romeo
la prese per mano, “Vieni” le disse,
“Voglio
presentarti il mio migliore amico”. Avanzarono verso di lui
che smise di
fischiettare e finalmente li guardò con
quell’espressione strafottente come al
solito. I suoi occhi incontrarono quelli della ragazza vestita da sposa
e per
un attimo smise di respirare.
“E’
lei la mia futura sposa” annunciò orgoglioso
Romeo,
Mercuzio subito le afferrò la mano e la baciò
teneramente senza staccarle gli
occhi di dosso. “Molto lieto…Mercuzio per
servirvi” poi si accorse del dito
fasciato, “Cosa vi è successo qui?”
chiese disorientato. “Niente” rispose lei
ritirando in fretta la mano “Una rosa…”.
“Oh”
rispose lui “L’amore fa male”
guardò Romeo sarcastico
il quale lo ignorò e si rivolse a Giulietta “Non
fare caso a lui, mia adorata…”
sorrise, “Piuttosto…siamo in anticipo”.
Lei guardò ancora Mercuzio poi Romeo “Il
frate non si fa ancora vedere…”
continuò lui e le accarezzò il viso.
“Ha
capito che state commettendo un errore” disse Mercuzio
solenne. Giulietta lo fulminò con lo sguardo “Ma
come vi permettete!” sbottò.
“Che c’è, la verità vi
ferisce come una spina di rosa rossa?” rispose lui
avvicinandosi con aria di sfida.
“Figlioli!”
esultò Frate Lorenzo.
Romeo
preoccupato si intromise fra i due, Giulietta era
diventata rossa in viso e l’amico del suo amore continuava a
ridere di lei.
“Come fa a sapere il colore della rosa”
pensò fra se e se.
“Vogliamo
cominciare?” chiese il Frate pazientemente.
Giulietta e Mercuzio si guardarono ancora con aria di sfida.
“Si padre” rispose
lei “Ascoltate prima me…” e si avviarono
al confessionale.
“Hai
visto? Hai ammirato il mio splendido sole?” chiese
Romeo sognante. Mercuzio la guardò allontanarsi col frate,
prima di entrare nel
confessionale lei si girò e gli lanciò
un’occhiataccia. Lui le fece un inchino
da lontano e rispose all’amico “Veramente ha
iniziato a piovere” affermò. Romeo
non rispose. Mercuzio gli agitò una mano davanti agli occhi.
“Si…” scattò,
“dicevamo?”, sorrise ancora. “Fratello,
tu stai proprio male, la situazione è
più grave di quello che sembra!” disse Mercuzio
facendo il finto serio.
Giulietta
uscì dal confessionale e tornò da loro.
“Mio
adorato” disse a Romeo “Tocca a te, il Frate ti
attende”. Romeo la abbracciò
“Non temere sarò subito da te per
maritarti” e si allontanò lanciandole un
bacio.
Lei
sorrise finché non incontrò lo sguardo di
Mercuzio e
diventò seria. “Che avete da fissarmi?”
gli chiese irritata. Lui non rispose ma
si spostò per guardarla da un’altra angolazione.
“Oh Dio aveva ragione la mia
nutrice! Siete proprio un arrogante!” sbottò lei.
Un
tuono la fece sobbalzare e Mercuzio prontamente la
accolse tra le sue braccia. “L’avevo detto io che
pioveva!” annunciò
allegramente. “Cosa?” domandò lei
aggrappandosi istintivamente a lui. “Nulla
mia cara” sussurrò lui “State
tremando…” aggiunse seducente. Giulietta si
staccò brusca da lui “Ma come osate
toccarmi!” disse con tono di rimprovero. Il
velo le cadde di dosso e Mercuzio lo raccolse.
“Oh non
arrabbiatevi
troppo” glielo porse “Altrimenti diventate ancora
più bella se mi è concesso
affermare…” fece un mezzo inchino. Lei stava
pensando esattamente lo stessa
cosa su di lui ma si limitò ad afferrare il velo senza
rimetterselo.
Andò invece ad
aprire
un’anta del portale per sentire il rumore della pioggia che
almeno l’avrebbe
distratta da quel giovane con i capelli lunghi,ricci e biondi che le
facevano
venire voglia di giocarci. Ma lui a seguì divertito.
Guardarono
entrambi nella stessa direzione, da qualche parte
in lontananza, la gente che correva a riparo dall’acqua che
scendeva dal cielo.
“Ascoltate…”disse sognante Giulietta,
“Se ascoltate bene riuscirete a
sentire…”, “La voce della
pioggia” finirono la frase insieme. Si guardarono di
scatto negli occhi.
“Giulietta,
mio dolce fiore, adesso possiamo sposarci!
Vieni!” esultò Romeo di ritorno. Giulietta
distolse lo sguardo da Mercuzio e
richiuse l’anta. Si voltò verso Romeo; il frate
stava già preparando l’altare,
e lei sentì lo sguardo del ragazzo alle sue spalle come
un’arma puntata contro.
“Vieni
Romeo” gli prese la mano e quasi corse verso
l’altare. Mercuzio si sedette su una panca deciso a gustarsi
la scena. “Amore
mio” le disse lui una volta di fronte al frate,
“Tutta questa fretta! Noi ci
apparteniamo già”.
Lei
lo guardò e lo accarezzò “Si mio
amore…e proprio perché
ci apparteniamo già ho deciso…
che…”, frate Lorenzo la guardò con
curiosità.
Mercuzio si alzò e si avvicinò a loro ridendo
sotto i baffi. “Cosa hai deciso
mio dolce amore?” chiese Romeo cortesemente.
Lei
lo guardò, poi guardò il frate
“Ecco…pensavo…”
cercò di
trovare le parole giuste mentre la sua mente non lasciava svanire
l’immagine
del ragazzo che aveva appena conosciuto “Che fretta
c’è di sposarci ora?” disse
tutto d’un fiato. Mercuzio sghignazzò a Romeo
“Oh Signore, sia tu lodato! Vedi
fratello, anche lei ha capito…”.
“Ho
detto…” lo
interruppe Giulietta a voce alta “Che voglio sposarmi un
altro giorno, non che
non voglio sposarlo!”. Intervenne il frate confuso
“Figliola sei sicura di
questa decisone improvvisa?”.
Un
altro tuono le provocò un brivido lungo la schiena.
Ignorò il colpo di tosse di Mercuzio. “Si padre,
lo sente? Anche il tempo
sembra dirci di aspettare…” guardò il
suo promesso sposo con un sorriso un po’
forzato. Il frate le stava per rispondere ma Romeo lo precedette
“Se è questa
la decisione della mia donna la rispetterò” le
prese la mano.
Mercuzio
provò una stranissima soddisfazione, posò una
mano
sulle spalle a entrambi felice come una pasqua “Beh
allora… future
congratulazioni! Sempre che…” incontrò
l’espressione dura di lei e non finì la
frase. Salutò il frate e uscì dalla chiesa.
Quando
anche Romeo e Giulietta lasciarono l’altare, la
pioggia si era fatta più fitta e scendeva in picchiata sulle
strade di Verona
senza pietà. In cima alle scale Romeo si tolse il mantello
per coprire
Giulietta, lei lo ringraziò con un bacio.
“Ti
accompagno a casa mio dolce amore…” le disse
premuroso e
si incamminarono verso il castello dei Capuleti. “Aspetta,
dobbiamo dividerci
prima! Altrimenti le guardie…” Giulietta si
preoccupò, “Lo so” rispose prontamente
Romeo “sta tranquilla”.
Mentre
camminavano sotto l’acqua appena oltrepassata la piazza,
Giulietta credette di aver visto qualcosa di stranamente familiare
sotto la
pioggia sempre più fitta. Ma come era possibile che un bel
pomeriggio caldo si
era tramutato in quell’acquazzone improvviso?
Forse
aveva le visioni per la stanchezza, si disse, invece
mentre Romeo la trascinava via con un braccio intorno alle spalle le
sembrò di
vedere chiaramente…Mercuzio sotto l’acqua?
I
capelli bagnati sembravano ancora più lunghi, le gocce
spuntavano dalla fronte per poi scendere sulle guancie, nei baffetti e
finire
sotto la barba del mento e lungo il collo, il suo bellissimo
collo…
Sorrideva. Le
sorrideva.
Giulietta
quasi inciampò e distolse lo sguardo. Romeo disse
qualcosa ma lei non lo sentì neppure. Ripensò a
quell’espressione beffarda e
soddisfatta al tempo stesso. “Forse sto
sognando…” si disse, “Come è
possibile
che ho appena rinunciato a sposare l’uomo che
amo?”, rallentò il passo e si
tirò un po’ indietro il cappuccio. C’era
solo un modo per scoprire se quello
che le stava accadendo era un sogno o la realtà dei fatti.
Si voltò nella
direzione di prima e lui era ancora li.
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Capitolo 2 *** Capitolo Secondo ***
Capitolo
Secondo
La
mattina era fresca e tranquilla anche se si era in pieno
luglio. Le piogge che c’erano state quella settimana avevano
reso quel mese più
fresco e meno afoso del solito. Dopo tutta quell’acqua, ora
il sole brillava
quasi a dare la sua benedizione su quel sabato mattina veronese, che
era sorto
con tanto brio quasi a volersi scusare per la sua assenza forzata.
Il giovane dai lunghi
capelli dorati se ne stava seduto e pensieroso sulle scale della
chiesa; il suo
sguardo era triste e la sua bocca si
muoveva in mormorii silenziosi senza accorgersi ne del tempo che
passava, ne
della giornata che così splendida sembrava invitare i
giovani di Verona ad
arrivare al corso d'acqua più vicino per fare un tuffo. Lui
si trovava lì solo
senza nessuno dei suoi amici, ai quali era sfuggito uscendo quella
mattina
presto di casa, a riflettere sull’ amore.
Già,
l'amore.
Ma che cos'era
l'amore, se non uno splendido maleficio scagliato dal dio Cupido?
Già,
il Dio dell’Amore.
Colui
che si divertiva ad andare in giro a colpire con le
sue frecce i giovani quando meno se lo aspettavano, e lo stesso era
successo al
suo amico Romeo alla festa in maschera dei Capuleti: Cupido lo aveva
colpito a
tradimento facendo infiammare il suo cuore per una sua nemica, mettendo
a
rischio la pace precaria che suo zio Escalus principe di Verona, aveva
raggiunto con tanto sacrificio.
Proprio
non riusciva a capire il suo amico, come si poteva
perdere la testa per degli occhi ed un viso? Per un corpo che non era
mai stato
suo? Fece riaffiorare il viso di Giulietta nei suoi pensieri e dalle
poche
parole che si erano detti e che gli erano rimasti nell’anima.
Scosse la testa e
riprese il corso dei suoi pensieri ritornando alla sera della festa;
eppure il suo
giovane amico gli aveva detto che andare a quella festa non sarebbe
stata una
buona idea perché aveva un brutto presentimento.
Ma lui solitamente cocciuto, non aveva voluto
ascoltarlo e ora
Romeo pendeva dalle labbra di una Capuleti e solo il buon Dio aveva
impedito a
quelle due sciocche creature di maritarsi anche perché Romeo
non meritava
Giulietta… Scosse la testa e riformulò il
pensiero: perché Giulietta non
meritava Romeo, o forse si?
Si
alzò come un lampo da terra quasi fosse stato colpito da
una scarica elettrica, senza
nemmeno
vedere il fido Benvolio, che gli era venuto incontro per salutarlo come
si
conveniva ad un amico.
“Buon
Mercuzio dove te ne vai cosi con la testa tra le
nuvole? Son io messaggero di buone novelle quest'oggi quindi fermati e
ascolta le
mie parole!”, il ragazzo si girò verso l'amico
riacquistando in un attimo tutto
il suo buonumore dimenticandosi di quegli occhi castani che per un
intera
settimana in compagnia di Mab avevano torturato i suoi sogni.
“Oh dunque,
messaggero, quali sono queste novelle cosi buone da farti urlare come
una donna
presa dall'isteria?”.
Il
giovane Benvolio rise passando una mano intorno alle
spalle del suo amico, “Qui vicino si son riunite in aperta
campagna quattro o
cinque delle bellezze di Verona che si divertono a chiacchierare sotto
gli
alberi, senz’altra compagnia di una vecchia balia, che quando
sono passato io
ronfava che era un piacere!”.
Mercuzio gli sorrise
in modo lascivo “Quindi
buon amico mio,
pensi che sia nostro dovere allietare la giornata a queste splendide
donzelle?
Magari parlando loro di Cupido e delle sue appuntite
frecce?”. Benvolio rise
trascinando con se l'amico “Sei un abile tiratore Mercuzio e
hai colpito nel
segno. Allora ti va di farmi compagnia?”.
Mercuzio
scoppiò a ridere “Mah si dai! Che cosi almeno
dimentico un po’ dei pensieri che mi opprimono il
cervello” e così dicendo, si
mise in marcia con il suo più caro amico elogiando le grazie
che troppo spesso
le fanciulle tenevano nascoste sotto pesanti coltri e mimando con gesti
eloquenti,
come si dovevano spogliar quelle donne di ogni virtù. Ad
ogni battuta suscitava
le risate di gusto Benvolio.
Ben
presto in mezzo alle risa e agli schiamazzi giunsero ai
margini del boschetto dove le fanciulle si facevano compagnia
chiacchierando, e
dove la balia se la dormiva sotto le fronde di un grosso albero. I due
giovani
si diedero di gomito scegliendo un posto per sedersi, cosi il giovane
Mercuzio
si insinuò ironicamente
in una conversazione
sedendosi tra due fanciulle “…sono pienamente in
accordo con voi signore, nulla
di ciò che avete detto mi sembra più
veritiero…” cosi la fanciulla che si trovava
alla sua sinistra lo fissò sbigottita.
“Non
mi sembra Mercuzio, che mercoledì scorso voi foste cosi
compiacente all’idea del matrimonio”, la voce della
fanciulla era stizzita e la
sua espressione dura, ma si addolcì non appena gli occhi
verdi del giovane si
posarono nei suoi ed un leggero rossore si impadronì delle
sue gote.
“Oh…
ma qui abbiamo il fiore più bello della famiglia
Capuleti!”
disse girandosi verso Giulietta e dando le spalle alla sua
interlocutrice che
si chiamava Arianna ed era una lontana parente del principe, e di
conseguenza
sua.
Ma
il giovane non aveva occhi che per i begli occhi di Giulietta
e per le sue gote in fiamme, “Avete ragione
madamigella… ma l’occasione di
mercoledì mi sembrava poco propizia per un matrimonio cosi
avventato”. La
fanciulla cambiò espressione e diede delle
occhiate furtive in giro, facendo intendere che la discussione non era
per le
orecchie della gente.
“Ditemi
Madamigella, vi andrebbe di fare una breve
passeggiata in mia compagnia, e di illustrarmi quelli che per voi
virginale
creatura siano le gioie del matrimonio?” e si alzò
con un gesto cosi fulmineo,
che i biondi capelli svolazzarono formando quasi un aureola intorno al
volto
del ragazzo e le porse la mano.
La
fanciulla un po' frastornata e sempre più rossa in viso
la prese e si alzò dalla coperta dove era seduta
incamminandosi con lui, senza
pensar alle chiacchiere ne alle amiche, e nemmeno al fatto che se la
nutrice si
fosse svegliata senza trovarla sarebbero stati guai. Si
incamminò con lui
catturata dalla bellezza di quegli occhi verde scuro.
“Di
cosa volete parlare Mercuzio? Volete forse anche voi
convincermi che il mio amore è sbagliato? Che io e Romeo non
siamo destinati a
stare insieme perché appartenenti a due casati che si
odiano?”, il discorso
della fanciulla era molto appassionato e i suoi occhi erano lucidi.
Il
volto del giovane perse la sua naturale maschera di buon
umore “Dunque siete cosi innamorata di Romeo… da
non avere occhi per nessun
altro?”, nonostante aver sentito quelle parole l'avesse
deluso non aveva perso
la sua sfrontatezza, le sue mani scattarono veloci a stringere quella
della
fanciulla che appariva muta nella sua confusione .
“Siete
cosi bella Giulietta e sono giorni che spero di rivedervi
per parlare con voi”, si fermò davanti a lei e la
guardò negli occhi perso in
quel mare scuro che giungeva dalla sua anima.
Lei si fermò a pensare confusa “Sono
giorni che sperava di rivedere me?
Come può essere possibile? Non so se
credergli…”. “Voglio esservi amico
Giulietta. Voglio che tra di noi le cose si aggiustino se non altro
perché
abbiamo un amore in comune no? Voi amate mio fratello e io voglio
amarvi come
una sorella”; il discorso del giovane era appassionato al
pari di quello della
fanciulla poco prima, ma in qualche modo sembrava anche più artificioso.
La
fanciulla batté le
palpebre disorientata; il calore della stretta del giovane intorno alle
sue
mani sembrava reale ma le sue parole un po' meno, “E
sia buon Mercuzio, vivremo in pace per la
felicità di Romeo” la sua voce era tremante e le
sue mani nella presa salda del
giovane erano diventate il suo pensiero principale. Non sapeva
perché un
gesto cosi innocente per lei diventava cosi
importante, quasi impuro e artificioso…
Il
giovane dopo aver ricevuto il suo assenso si portò le
mani della fanciulla alle labbra e prese a baciarne ogni dito con
estrema
lentezza “Sono cosi felice Giulietta che voi abbiate
accettato di diventare mia…”
fece una breve pausa prima di continuare per guardare ancora una volta
gli
occhi della giovane che aveva sussultato all’udire la parola
mia “Amica…”
sorrise “Che
potrei cantare e danzare
per ore”. Lo sguardo della fanciulla era incatenato al suo e
le sue gote
avevano assunto il colore del sole al tramonto.
Non
riusciva a capire il perché Mercuzio le facesse
quell'effetto, in fondo era solo un villano, un mascalzone da forca
come aveva
detto la sua balia. Eppure i suoi occhi dicevano l’esatto
contrario…
All’improvviso lui lasciò le mani di Giulietta e
con un mezzo inchino si
allontanò da lei lasciandola confusa e con il cuore a mille.
Si
avvicinò invece al suo compare e amico Benvolio, che
chiacchierava allegramente con Arianna e in successione dopo aver
scambiato qualche
parola con i due, si spostò verso un’altra
fanciulla invitandola a passeggiare.
Giulietta osservò la scena mentre tornava a sedersi accanto
alle altre ragazze
con un sentimento che non conosceva e che le sembrò
sgradevole quasi come
prendere una medicina amara.
Provò
risentimento e vergogna nei confronti di quella
ragazza che era oggetto delle attenzioni e delle carezze di Mercuzio,
ma non riuscì
a capire perché il giovane le stesse cosi incollato e
invocò la pioggia per separarli.
Ma cosi non fu’ e allora, presa dallo sconforto,
andò a svegliare la sua balia
per farsi portare a casa e togliersi dalla testa l’immagine
che provocava in
lei tanta Gelosia.
La
sera giunta molto lentamente non aiutò Giulietta a
dimenticare tutti i suoi pensieri. Mentre se ne stava in giardino a
canticchiare con gli uccellini e a raccogliere fiori la nutrice corse
ad
annunciarle che la cena era pronta.
Raggiunse
la tavola insieme ai suoi genitori che erano
impegnati a discutere su un certo nobile ma cambiarono argomento non
appena la
videro. La giovane non aprì quasi mai bocca per tutta la
sera ma i suoi occhi
parlavano per lei, i servi che facevano avanti e indietro dalle cucine
le erano
indifferenti come i discorsi di suo padre e di sua madre.
Aveva
la mente piena di dubbi, di domande. Innanzitutto come
mai ancora non aveva smesso di pensare a lui? E soprattutto
perché pensava più
a lui che a Romeo?
Scacciò quei
pensieri per lo più ridicoli, si disse, e si
concentrò sulle portate. Ma il suo
stomaco non era molto entusiasta di riempirsi, nemmeno quando
arrivò il dolce.
“Giulietta questo
lo
devi assolutamente assaggiare!” gli intimò sua
madre sorridente “E’ una nuova
ricetta”. La ragazza l’ascoltò ed
effettivamente la donna aveva ragione. La
signora Capuleti la osservò per un attimo e poi disse
sottovoce al marito
“Vedete, questo le piace…potremo aggiungerlo alla
lista di dolci da preparare
per il matrimonio…”.
Lui
annuì convinto e guardò a sua volta la propria
figlia
“Questo ed altro per la felicità della nostra
bimba” alzò il calice pieno di
vino “Brindiamo!”.
Dopo
mangiato la giovane e la balia si ritirarono entrambe
nella stanza della ragazza. “Bambina mia,
c’è qualcosa che ti turba?” le chiese
la nutrice mentre le spazzolava delicatamente i
capelli. Giulietta scosse la testa senza
rispondere.
“Sei
sicura?” chiese ancora la donna preoccupata “Non
è che
ti sei pentita di non aver sposato il tuo amore?”. La ragazza
la guardò dal
riflesso dello specchio ridendo “Ma no balia, quello non era
il momento
adatto…” , non finì la frase
perché qualcosa sbatté contro la finestra.
La
nutrice si allarmò all’istante “Oh
Gesù! I ladri!
Chiamiamo subito le guardie!”, ma si calmò
perché vide Giulietta felice correre
al balcone. “Mio amore!” gridò Romeo da
sotto, lei gli intimò di fare silenzio
e gli fece cenno di salire.
“Balia, lasciaci
pure
soli” disse ancora Giulietta in tono sicuro. La nutrice
sospirò e inizio a fare
avanti e indietro per la stanza “Piccolina ma è un
pazzo il tuo Romeo! Se lo
vede tuo padre…”, la ragazza le ordinò
di calmarsi e la convinse ad uscire.
Romeo scavalcata la
ringhiera, entrò e si richiuse la finestra alle spalle,
Giulietta lo abbracciò
forte “Amore…mio amore! Meno male che sei
qui!”. Lui ricambiò e le chiese se
poteva passare la notte da lei visto che aveva litigato con sua madre.
La fanciulla lo
guardò con ammirazione “Ma certo che puoi restare
qui” gli sorrise “Io sarò al
tuo fianco”, si baciarono poi lei corse a spegnere le ultime
candele accese e
i due ragazzi si infilarono sotto le pesanti coperte.
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Capitolo 3 *** Capitolo Terzo ***
Capitolo
Terzo
Il
conte Enrico Capuleti si
era alzato all’alba ed era uscito per fare una passeggiata a
cavallo, al suo
ritorno aveva ordinato ai paggi di fermarsi un attimo a riempire le
borracce
dell’acqua nella grande fontana in piazza.
“Messere…”
sibilò una
giovane donna che gli si era avvicinata e che non doveva avere
più di 20 anni.
Il conte la guardò da cima a fondo senza rispondere al
saluto, perché era
vestita di stracci per lo più strappati.
“E’ vero quello che si dice in giro?”
disse lei ridendo, e siccome lui si ostinava a non aprire bocca
aggiunse
“Vostra figlia ed il giovane Romeo
Montecchi…”. “Ma insomma basta
farneticare!
Chi siete? E che volete? Andatevene!” tuonò lui e
rimontò a cavallo lasciandola
ridere malvagiamente.
Tornò
a casa che il sole era
già alto, ma ad attenderlo c’era una sorpresa
tutt’altro che gradita... Affidò
il cavallo alla servitù e inveì contro la donna
che gli era apparsa dinanzi.”
Voi?” per poco gridò, lei lo salutò poi
alzò altrettanto i toni “Sono venuta a
riprendermi mio figlio, cosa credevate?”.
Giulietta
era sveglia da un
po’ e contemplava il suo amore ancora dormiente tra le
braccia di Morfeo, o
dalla regina Mab…Gli accarezzò
il viso
dal bambino e giocherellò un po’ con i suoi corti
capelli scuri.
“Sveglia
ragazzi!” ordinò la
balia col fiatone da fuori la porta. Giulietta capì subito
che c’era qualcosa
che non andava, si alzò e aprì la porta.
“Tuo padre Giulietta…”
continuò la
donna cercando di riprendere fiato, “Sta venendo in
camera…”. La ragazza la
fece entrare e accostò la porta. “Presto
svegliamolo…” disse quasi a se stessa
e si avvicinò al letto.
La
nutrice lanciò un urlo mentre
la porta della camera fu sbattuta violentemente dal conte.
“Allora è vero!”
urlò rivolto alla figlia, “Tu!” le si
avvicinò minaccioso seguito dalla signora
Montecchi che la guardò con un disprezzo immenso. La nutrice
si intromise fra
loro “Signore! Vi prego, calmatevi”, ma lui la
scansò con una mano. In quel
momento Romeo aprì gli occhi e appena si accorse di quello
che stava succedendo
saltò giù dal letto.
“Come
hai osato?” gridò
ancora il conte “Come hai potuto concederti a lui?, li
guardò entrambi e anche
se Giulietta era in camicia da notte e lui vestito normalmente
continuò “Sei la
mia maledizione tu!”.
La figlia scoppiò
a piangere e Romeo corse ad
abbracciarla. La moglie del conte entrò di corsa della
stanza chiedendo ad alta
voce “Marito cosa c’è?”.
Incontrò lo sguardo della madre del ragazzo e
cambiò
subito espressione “E voi cosa ci fate qui?
Andatevene!” gridò ma l’altra la
ignorò
con superbia.
“Come
osate ‘voi’?” rispose
Romeo al conte, “Io non l’ho toccata vostra figlia
perché la rispetto!”. “Basta
cosi Romeo, torna a casa!” s’intromise sua madre e
lo afferrò per un braccio,
in quell’istante giunse anche Tebaldo furioso più
che mai seguito dai servi “Tu
maledetto!” gridò a Romeo, “Di nuovo
qui! Ma io ti uccido!” e gli si avventò
contro scatenando una rissa.
La
nutrice trascinò
Giulietta in un angolo, e mentre i due giovani si azzuffavano e le
rispettive
madri avevano preso ad insultarsi, il conte ordinò
“Ora basta! Maledetti
Montecchi!” scrollò Tebaldo da Romeo e lui lo
spinse via dalla stanza “Andatevene
e non tornate mai piu!”. I servi scortarono Romeo e sua madre
fuori mentre la
signora Capuleti trattenne Tebaldo.
“Sciagurata!”
tuonò ancora
il conte a Giulietta, “Tu giovedi vai in chiesa e sposi
Paride come già ti
avevo detto…”. Lei lo interruppe liberandosi dalle
braccia della nutrice “Padre
mio no, ascoltatemi. Vi supplico…”. Lui la
buttò a terra “Stai zitta! Non parlare,
non replicare!” continuò. “Tutti
fuori!” gridò agli altri che immediatamente
sparirono. Rimase sulla soglia della porta a guardare la figlia in
lacrime sul
pavimento e prima di uscire aggiunse con tono freddo “Fino al
giorno del tuo
matrimonio non uscirai di qui”.
Giulietta
rimase chiusa a
piangere tutto il giorno. “Perché?”
ripeteva guardando il soffitto, “Perché?
Che cosa ho fatto di male per meritare questo? Mio Dio
perché…”. Verso sera la
nutrice le portò qualcosa da mangiare e la ragazza subito le
buttò le braccia
al collo. “Figlia mia…”
bisbigliò la donna accarezzandola e baciandola sulla
fronte “Perdonami, tuo padre mi ha impedito di vederti tutto
il giorno…”.
Stettero per un po’ cosi abbracciate, la balia la
cullò finché Giulietta non
prese sonno. In quell’occasione capì quanto quella
donna ci tenesse davvero a
lei, proprio come una vera madre.
Mercuzio
corse più in fretta
che poteva… Arrivò alla dimora dei Capuleti e
scavalcò il muro che dava sul
giardino aiutato dall’oscurità. Riconobbe
facilmente il balcone con quella
grande finestra illuminata dalle candele; vicino c’era
un’altissima pianta
rampicante che sembrava proprio invitarlo a salire.
Sorrise
fra se e sé e non ci
pensò due volte; agile come un gatto si ritrovò
sul balcone ma prima di bussare
si fermò con le mani sul vetro: le tende dentro erano
spostate e l’immagine che
i suoi occhi stavano ammirando era quella della ragazza più
bella che avesse
mai visto. Non capì subito se stesse dormendo o se fosse
semplicemente distesa
sopra le coperte in camicia da notte. Bussò in maniera
decisa.
Lei
scattò in piedi e corse
ad aprire la finestra “Amore!” gridò ma
rimase di stucco quando non si trovò
davanti Romeo. “Uh ma quanta confidenza adesso!”
Mercuzio rise ed entrò senza
permesso spostandola un po’
“Giulietta…” la salutò. Lei
sbuffò sdegnata “E
adesso anche voi vi ci mettete!” ricominciò a
piangere e si voltò. Mercuzio
chiuse la finestra e le si avvicinò resistendo alla
tentazione di sfiorarla.
“So tutto di oggi” annunciò con un filo
d’orgoglio.
Lei
rimase in silenzio ad
asciugarsi le lacrime. “Su, via, che non è il caso
di allarmasi, troveremo una
via d’uscita…” continuò il
ragazzo e iniziò ad esplorare la camera. Sul tavolo
c’era un vassoio con dell’uva, ne staccò
un chicco e lo mangiò. Giulietta lo
guardò diffidente, le sembrava un felino in gabbia pronto
all’attacco, e che
felino…Il giovane aprì l’armadio e
diede una sbirciatina, poi si sedette alla
toletta e dopo aver guardato e accarezzato la spazzola la
usò sui suoi capelli.
La ragazza s’infuriò e corse a strappargliela di
mano “Avete finito di giocare
con le mie cose?”, lui la lasciò fare e
ridacchiò “Giulietta, cara, perché non
ti calmi?”, la guardò.
Lei
si lamentò ed esasperata
di sdraiò di nuovo sul letto. “Ah Mab non vi ha
ancora fatto visita? Oh, Piccolo
fiore delicato…” disse lui avvicinandosi
lentamente. “Chi è Mab?”
sbottò lei e
non ottenne subito una risposta. Il ragazzo si sedette sul letto
“E’ la regina
delle fate che viene di notte a disturbare i vostri
sogni…” si sdraiò accanto a
lei “Su una carrozza, è minuscola…
avvolte un po’ strega, altre un po’
folle”.
Giulietta
fissò il
baldacchino del letto. “Ed è grande
così” disse Mercuzio imitandone la statura
con due dita. Lei rise e lo guardò “Ma allora
è una fatina!”. Lui si girò verso
di lei e le loro fronti si toccarono “Ah ah sono riuscito a
farvi sorridere
finalmente!” esclamò. Giulietta annuì
poi tornò a guardare il baldacchino.
“State un pò meglio?” le chiese lui.
“Non lo so neanche io…” fu la risposta.
Restarono
cosi vicini per un
po’ a ridacchiare delle battute di Mercuzio finché
lui si alzò “Venite” disse
“Adesso provo a tirarvi su il morale anche col
cibo”. Giulietta gli lanciò
un’occhiata interrogativa. “Su” le porse
la mano “Vi hanno portato dell’uva
squisita” sorrise, lei accettò e lo
seguì fino al tavolino mano nella mano e
lui occupò l’unica sedia facendola accomodare
sulle proprie ginocchia.
“Sentite
che buona!” le
offrì un chicco, lei non era ancora convinta.
“Guardate che me la mangio tutta
io” disse lui serio. Giulietta scoppiò a ridere e
la assaggiò “Si, avete
ragione, è davvero squisita!” esclamò
lei. “Mia cara, ma io ho sempre
ragione…”rispose lui e le porse
l’ennesimo chicco, stavolta però lo
appoggiò
sulle sue labbra. La ragazza avvampò ma non lo diede a
vedere, “Non serve che
mi imboccate” gli disse ironica dopo averlo mangiato.
“Ah
non vi preoccupate”
replicò lui, “Piuttosto”
allungò una mano al catino pieno d’acqua e dopo
aver
intriso il panno li vicino le sollevò il viso
“Togliamo queste lacrime, non
voglio che piangiate”. Lei scrutò tutti i suoi
movimenti mentre le ripuliva il
viso, socchiuse gli occhi e sentì qualche goccia
d’acqua fresca scivolarle
sulle labbra che lui prontamente accarezzò per asciugarle.
Riaprì gli occhi e
lo vide sorriderle e poi distogliere lo sguardo per rimettere apposto
il panno
umido.
Si
alzò e si allontanò da
lui, ma cosa le stava passando per la mente? Per un attimo aveva avuto
voglia di…
baciarlo?
“Che
succede?” chiese lui
preoccupato e la raggiunse afferrandole la mano che lei strinse.
“Perché fate
questo per me?” chiese Giulietta seria. Il ragazzo decise di
tornare a fare
l’ambiguo “Povera piccola…se mi
è permesso chiedere, voi dovreste essere
abituata, Romeo…”. “Non vi azzardate a
nominarlo!” sbottò lei, lui la fissò
divertito. “So che avete dormito insieme. Solo
dormito” disse tutto d’un fiato.
In lei si accese di nuovo quella rabbia “Voi non sapete
nulla! Nulla!” rispose.
Lui
le sollevò la mano
sinistra e sospirò “Forse…”
sussurrò “Fra di voi…” la
guardò negli occhi “Non
c’è… abbastanza passione”
incrociò le loro dita e lei si infuriò ancora di
più,
provò a dargli le spalle e mollare la presa ma lui la
trattenne e rise come
quando lo aveva visto sotto la pioggia. Giulietta provò
ancora a divincolarsi
ma invano.
Lui
l’attirò a se dicendo
“Vieni qui” e l’abbracciò
forte. Le loro mani erano ancora intrecciate. Le
tenne la testa sotto il suo mento e lei poté assaporare
tutto il suo profumo.
Alla fine lei cedette e gli passò la mano libera sulla
schiena. I pochi secondi
di silenzio che trascorsero sembrarono a Mercuzio maledettamente pochi
ma se li
godette a pieno.
Giulietta
si staccò brusca e
lui non oppose resistenza. Si guardarono come due soldati che
patteggiano a
fine battaglia. Il ragazzo aprì la finestra, lei
istintivamente lo seguì. “Ci
vediamo presto” disse lui senza guardarla. Entrambi sapevano
che quella frase
voleva dire “Se vuoi che resto ancora un po’ devi
dirmelo ora”. Lui scavalcò
sena problemi e scese giù dal balcone. Lei con la voglia di
gridargli di non
andare si
affacciò e non lo vide neanche
allontanarsi per il buio.
Il
giorno del matrimonio con
Paride arrivò troppo in fretta. Giulietta aveva passato 3
giorni di solitudine
stando a letto in lacrime, solo la sera le era concesso vedere la balia
per
cenare in camera e le mancava terribilmente Romeo, ma di più
Mercuzio. La
mattina di quel fatidico giovedì si era alzata alle prime
luci dell’alba e
aveva contemplato la spazzola che lui aveva usato; ci
erano
rimasti 2 o 3 capelli biondi. Li aveva raccolti e poggiandoseli sul
cuore si
era detta “Amore mi dia forza, e forza mi dia
aiuto”.
La
balia ed altre serve
erano corse da lei dopo il bagno, per la cerimonia della vestizione.
Quella
mattina il padre le aveva finalmente concesso anche la colazione, e lei
era
uscita dalla sua stanza col viso velato ed un espressione carica di
rabbia che
il padre percepì ma ignorò. Arrivarono in
chiesa
per le 11 e la nutrice già piangeva, tutte
le damigelle corsero a farla scendere dalla carrozza per sorreggerle lo
strascico.
Sulle
scale della chiesa la
madre le aveva baciato la fronte ed il padre l’aveva presa
sotto braccio per
accompagnarla all’altare. Quando avevano varcato la navata
scorse Paride tutto
impettito che la guardava con desiderio, provò un senso di
nausea; non le era
mai piaciuto. Di fronte a Frate Lorenzo il conte le sollevò
il velo e lei lo
guardò dura con astio per un momento lunghissimo, dopo un
cenno al frate si
allontanò lasciandola sola al suo destino.
Paride
le prese la mano che lei ritirò subito. Il
frate li guardò entrambi incerto poi cominciò la
cerimonia “Volete voi conte
Paride prendere la qui presente Giulietta
Capuleti…”,
“Lo
voglio” rispose lui secco. I commenti della gente e le risate
si diffusero in
sala.
“E
vuoi tu Giulietta
prendere il qui presente conte Paride come tuo sposo per amarlo e
onorarlo
tutti i giorni della tua vita,nella buona e nella cattiva sorte,
finché
morte
non vi separi?”, la frase non la toccò
minimamente, infatti rimase in silenzio.
I presenti mormorarono ancora di più. Frate Lorenzo
ripeté la domanda più
lentamente. Calò un silenzio di tomba. Giulietta guardava il
frate ma non
rispondeva.
Paride
iniziò ad agitarsi.
“Andiamo di di si!” pensò Enrico
stringendo i pugni. La figlia
lasciò
il buquet di fiori sull’altare. Frate Lorenzo
tossì poi ripeté la domanda ancora
più lentamente “Nobile Giulietta
Capuleti…vuoi tu prendere il qui presente
conte Paride… come tuo sposo?”.
“No,
non vuole!” urlò una
voce dall’ingresso.
Tutti
si voltarono.
Paride
andò su tutte le
furie. La nutrice svenne e Giulietta corse subito da lui ignorando le
urla del
padre di protesta. Si guardò con Mercuzio per un attimo,
come se gli avesse
letto nel pensiero si mise dietro la sua schiena e lui sguainò la spada
contro Paride che era corso
da loro col pugnale in mano. “Per l’amor del cielo
siamo in un luogo sacro!”
gridò il frate.
“Conte
Paride state
indietro!” gli intimò Mercuzio, lui lo
ignorò e cercò di aggredirlo ma il
giovane coi boccoli biondi fu più rapido e gli fece cadere
il pugnale con un
colpo. “Come osate farabutto! Giulietta è mia, io
vi sfido a duello!” sbraitò
Paride fuori di se ed Enrico si intromise fra i due “Mercuzio
per l’amor di Dio
non fate sciocchezze…”.
“La
legge di mio zio è anche
la mia legge, quella che tutti devono rispettare” li
guardò lui uno ad uno “E
quella che vi impone di trattare le vostre
figlie come donne e non come oggetti…”
sentenziò e prima di fuggire dalla
chiesa con Giulietta si rivolse a Paride con sdegno “Accetto
la sfida”.
Salirono
a cavallo.
Giulietta stava silenziosamente stretta a Mercuzio che sfrecciava
velocemente
lontano da tutti e da tutti; non aveva aperto bocca da quando lo aveva
visto.
Oh se solo gli avesse potuto descrivere la gioia che aveva provato nel
sentire
la sua voce che rispondeva di no al suo posto! Si fermarono vicino ad
un
ruscello, l’aria era molto calda e il sole splendeva alto nel
cielo.
“Io
ti salvo di nuovo dal
matrimonio e tu che fai?” sghignazzò lui prima di
scendere lasciandola senza
parole, “Nemmeno mi ringrazi?”. Sorrise e
l’aiutò a scendere prendendola in
braccio, il velo le scivolò di dosso. Lei lo
guardò felicissima e gli diede un
bacio sulla guancia mentre toccava terra poi si tolse le scarpe e corse a bagnarsi i piedi.
Mercuzio non si
aspettava quel bacio e si toccò per un attimo la guancia,
poi la raggiunse in
acqua.
Giulietta si alzò
appena i lembi del vestito
mentre avanzava oltre la riva, lui entrò senza togliersi i
stivali e le tirò un
po’ d’acqua “No!”
urlò lei divertita e indietreggiò. Per poco non
cadde perché
lui l’afferrò per la vita e
l’avvicinò a se. Su guardarono incredibilmente
contenti “Grazie” le disse lei dolce “Per
salvarmi cosi spesso”, gli accarezzò
i capelli. Si abbracciarono poi lui le prese il viso tra le mani e le
baciò la
fronte. Si sentiva l’uomo più felice del mondo
perché lei era ancora nubile e
perché finalmente gli stava sorridendo.
La
guardò sedersi sulla
sponda ancora scalza e dopo averla raggiunta si accomodò
vicino a lei.
Giulietta gli mise la testa sulla spalla “Te
l’immagini la faccia di mio padre?”
scoppiò a ridere seguita da lui
“Si…dovresti tornare a casa armata”. Lei
guardò
il cielo e sospirò “Non me ne importa nulla, ho
capito che se non penso io alla
mia felicita…”, Mercuzio si sdraiò
accomodandosi con la testa in grembo a lei
“Puoi sempre contare su di me se ti dovesse costringere ad un
nuovo matrimonio”.
Risero
ancora insieme. Lui
allungò una mano per spostarle i capelli oltre le spalle e
lei gli accarezzò la
fronte “Sei proprio un amico Mercuzio” gli disse
vicinissima al suo viso. Il
giovane si risedette vicino a lei e la guardò negli occhi
come per replicare.
“Eccovi
finalmente!” gridò
Benvolio in lontananza.
I
due si guardarono ancora
poi Giulietta si alzò per prima e Romeo, Benvolio e Arianna
le corsero incontro
per abbracciarla. “Giulietta
mia” le
disse il fidanzato “Finalmente sei di nuovo tra le mie
braccia”. Mercuzio li
guardò con una fitta allo stomaco e salutò gli
altri.
La
fanciulla era un po’
confusa, Romeo le spiegò che erano tutti d’accordo
sul suo “salvataggio” dalla
chiesa e che si erano dati appuntamento li. Poi Benvolio
annunciò felice che
lui e Arianna stavano assieme. “Congratulazioni!”
sghignazzò Mercuzio e lo
abbracciò poi andò da Romeo “Allora sei
felice che è tornato il tuo sole…?” e
fece finta di baciarlo sulle labbra. Risero tutti.
Benvolio
ed Arianna decisero
di rinfrescarsi in acqua, Romeo li seguì e chiamò
Giulietta, “Andate, ora vi
raggiungo” gli rispose e si avvicinò a Mercuzio
che era in procinto di
andarsene.
“Aspetta”
gli toccò la
spalla “Paride ti ha sfidato a duello” disse seria.
“Questo loro non lo
sanno…”, continuò. Lui la
guardò calmissimo “Sto andando da mio zio a
chiedergli il permesso di ucciderlo” la sua espressione
divenne divertita ma
Giulietta era serissima. “Mercuzio”
pronunciò il suo nome in maniera solenne e
lo guardò dritto negli occhi “Giurami che non ti
succederà niente. Non potrei
sopportalo…” abbassò lo sguardo.
Il ragazzo incuriosito le
prese il viso tra le
mani, ma poi non le chiese quello che voleva chiederle. “Oh
no il mio amico ci
guarda…credo sia meglio che vada adesso”. Lei si
voltò ma Romeo stava
scherzando in acqua col cugino.
Si
rigirò e lui non c’era
più. Un senso di tristezza si impadronì di lei,
cosi si avviò in acqua ma Romeo
l’avvisò di guardare nella sacca appesa al suo
cavallo “C’è una cosa per te”
disse tra uno schizzo e l’altro con gli altri due ragazzi
“Da parte sua” indicò
Mercuzio ormai lontano, “Cosi ti puoi cambiare!”.
Inizialmente
Giulietta non
capì quindi staccò il sacco dalla sella e si
nascose dietro un albero decisa a
cambiarsi. Lo aprì e rimase subito colpita dal colore
all’interno: un rosso
intenso come quello sullo stemma del suo casato.
Era
un abito meraviglioso di
seta rossa, lo tirò fuori e le lacrime le scesero dagli
occhi. Il corpetto era
stringato dietro e davanti, le mezze maniche a palloncino e tanti
volant sotto
la gonna lunghissima. Abbinato c’era un bellissimo cammeo con
un nastro dello
stesso rosso intenso. Giulietta decise di non indossarlo per paura che
si
sarebbe rovinato. Lo ripiegò e lo stava per rimettere nel
sacco quando cadde a
terra una lettera.
Riconobbe sulla cera il
marchio degli
Scaligeri e la aprì lentamente. Si sedette con la schiena
appoggiata all’albero
e lesse: “Mia
adorata, se lo avete aperto oggi nessuno mi
impedisce di farmi doppiamente gli auguri per domani vostro
quattordicesimo
compleanno. Spero sia di vostro gradimento, in caso contrario
perdonatemi ed io
rimedierò. Siete una creatura dal cuore puro e tenero, vi
auguro il meglio per
la vostra vita. Con affetto, vostro Mercuzio”.
Scoppiò
in lacrime con la
lettera tra le mani, la rilesse e accarezzò
l’inchiostro dell’ultima frase.
“Cosa mi sta succedendo?” pensò,
“Ma io amo Romeo” si disse e si alzò di
scatto. Chiuse gli occhi per un momento cercando di togliersi dalla
testa
l’immagine di quei capelli lunghi e dorati ma non ci
riuscì.
Romeo
apparve alle sue
spalle “Giulietta…”, lei si
affrettò ad asciugarsi le lacrime e lo abbracciò
“Non ti sei tolta questo dannato vestito?”. Lei
rispose subito “Sono molto
stanca per oggi…”, lui la baciò
“Vieni, ti portiamo a casa” e la prese per
mano. Tornarono da Benvolio e Arianna che appena li videro si
staccarono
imbarazzati.
La
fanciulla sorrise a
Giulietta che ricambiò, Benvolio chiese
“E’ già ora di andare?” e
visto che
tutti lo guardarono in silenzio si disse di si e aiutò
Arianna a montare in
sella. “Giulietta non vi preoccupate, per qualsiasi cosa
potete contare su di
noi” disse alla ragazza una volta salito a cavallo anche lui,
lei lo ringraziò
e tutti e quattro lasciarono quel posto dove Mercuzio aveva capito di
provare
qualcosa per la fanciulla che aveva salvato da ben due matrimoni.
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Capitolo 4 *** Capitolo Quarto ***
Capitolo
Quarto
Giulietta,
una volta a casa, corse in camera sua a
togliersi l’odiato abito bianco e a scaraventarlo in un
angolo della camera. La
nutrice sulla porta la guardò con tenerezza poi
l’aiutò a cambiarsi,
“Figliola…oggi l’hai combinata
grossa” le disse preoccupata
“C’è giù Paride che
ti vuole parlare” aggiunse e le sistemò i lunghi
capelli in una treccia. La
ragazza in silenzio l’ascoltò e una volta pronta
scese nel salone per
affrontarlo.
Paride
la osservò avvicinarsi e subito le corse
incontro con gioia “Non c’era bisogno che veniste
fin qui” lo bloccò lei freddamente,
“Noi due non abbiamo niente da dirci…”,
lui la ignorò “Giulietta…siete cosi
bella, e sarete mia!” la afferrò per un braccio
facendola gridare. Provò
a baciarla ma lei con un calcio ed una
serie di insulti riuscì ad allontanarlo.
“Che sta
succedendo qui?” chiese Tebaldo e si parò dinanzi
alla cugina, poi sputò per
terra “Vi consiglio di andarvene
se non
volete morire”. Paride si alzò da terra e sorrise
“Sarà colui che me l’ha strappata
dalla chiesa a morire!” guardò il cugino di
Giulietta poi si rivolse a lei “E
voi sarete mia che vi piaccia o no!”.
Tebaldo lo cacciò di casa e tornò
dalla cugina più arrabbiato che mai, “Anche
il tuo Romeo morirà”, lei non gli rispose e se ne
tornò di corsa in camera.
Mercuzio
giunse al castello Scaligero, ovvero casa
sua e chiese udienza immediata al Principe suo zio. Escalus sedeva
nella sala
del trono quando gli fu annunciato il nipote, si alzò e
andò subito da lui che
lo aspettava nel corridoio un po’ ansioso.
“Mercuzio,
nipote mio, dite…”. Il suo tono era
severo come sempre, l’espressione sul chi va là e
gli occhi scuri attenti
incorniciati da lucidi capelli neri lunghi fino alle spalle. Il nipote
senza
troppi giri di parole gli annunciò che Paride lo aveva
sfidato a duello “Vi
chiedo zio…la data, e la vostra benedizione”.
Il
principe rifletté per un momento guardandolo
negli occhi “Sai
che non voglio che
succedano queste cose nella mia Verona…Ma sei un uomo
d’onore, dovrai cavartela
da solo” gli mise una mano sulla spalla “Cerca di
non farti uccidere…e adesso
raccontami il perché di questa sfida”.
La
sera Giulietta aveva deciso di imparare a usare
la spada, cosi ne aveva rubata una dal salotto e adesso fendeva
l’aria
sentendosi una stupida dopo un paio di colpi; l’elsa era
molto pesante.
La
lasciò vicino al camino spento e guardò il
pugnale sul tavolo “Credo che tu sia meglio per
me…”, sospirò e lo nascose
sotto al cuscino. Senza Mercuzio al suo fianco si sentiva indifesa e
sola.
Pensò a lui, all’abito
rosso che già
aveva sistemato nell’armadio e camminò per la
stanza sorridendo quando un
rumore alla finestra la fece sobbalzare.
Sorprendendo
se stessa, pregò che non fosse Romeo
ma…il giovane dai bei capelli che tanto bramava era di nuovo
sul suo balcone.
Lo fece entrare e si trattenne dall’abbracciarlo.
Lui
la guardò sorridendo “Sorpresa!” e
tirò fuori
una rosa blu.
Giulietta
lo guardò poi guardò la rosa con il cuore
impazzito “E’… per me?” gli
chiese annusandola “Ma me l’hai già
fatto il
regalo”. Lui replicò “E’ una
specie rara che cresce nel giardino di mio zio,
questa è la prima che abbiamo piantato
quest’estate e io voglio donarla a te”.
Lei lo ringraziò e la mise nel vaso insieme alle rosse.
“C’è
anche questo” aggiunse e le porse un biglietto,
“E’ un invito per domani, dai Montecchi
c’è la festa di fidanzamento di
Benvolio ed Arianna”. Giulietta lo ascoltò e lesse
poi annuì “Troverò il modo
di venirci”, lui si avvicinò “Se domani
entro le tre Romeo non viene a
prenderti inventati qualcosa e raggiungici…” disse
qualcos’altro ma lei era
presa dai suoi occhi, appoggiò l’invito da qualche
parte e smise di pensare ai
problemi.
“Con
permesso…” disse Mercuzio inchinandosi.
“No
aspetta” lo bloccò lei, “Volevo
chiederti se potresti insegnarmi a usare la
spada”. Lui scoppiò a ridere e guardò
vicino al camino “Ma allora fai sul
serio?” rise ancora “Vedremo…adesso devo
andare” ma in realtà non ne aveva la
minima voglia.
La
salutò di nuovo e sparì oltre la finestra.
Mentre
tornava a casa rifletté su quello che stava
succedendo, forse era il caso di farsi da parte e lasciarli vivere il
loro
amore senza intromissioni? Oppure tornare indietro da Giulietta, e
chiederle se
anche lei lo ricambiava? O meglio ancora, andare da Romeo e sfogarsi
con lui? No,
lui, il suo migliore amico innamorato pazzo…
Quindi
decise di non fare nulla di tutto ciò e
dormirci su, come se fosse stato facile poi, dato che Giulietta aveva
deciso di
tormentarlo anche nei sogni.
Il
mattino seguente la fanciulla di casa Capuleti fu
svegliata dalla balia con mille baci perché era il suo
compleanno. Si alzò
sorridendo e ancora mezza addormentata si guardò allo
specchio…stava
decisamente dimagrendo ma non le importava . Aprì il baule
dove c’era il
vestito rosso e prima di indossarlo lesse e rilesse il biglietto
d’auguri per
guardare ancora la calligrafia di Mercuzio.
Le
tre arrivarono e lei si avviò nel giardino, ma di
Romeo nessuna traccia. Qualcosa le diceva che non sarebbe arrivato cosi
andò
alle scuderie e ordinò a un servo di farsi sellare il suo
cavallo. Il servo non
obbedì e le ricordò che suo padre gli aveva
proibito di uscire. “Vuoi che ti
faccia frustare?” gli gridò impaziente
“Sbrigati o me lo sello da sola”.
Una
volta arrivata dai Montecchi mostrò l’invito
alle guardie all’ingresso ed entrò soddisfatta
“Questa non te l’aspettavi di
certo papà” penso fra se e se mentre un
paggio la conduceva alla sala del banchetto. Giunsero a destinazione e
il
paggio si congedò, Benvolio
che l’aveva
riconosciuta la salutò da lontano e le fece cenno di
avvicinarsi. Lei avanzò
verso di lui noncurante degli invitati.
Mercuzio
che era in compagnia di due donzelle delle
quali neanche sapeva il nome, girò la testa e quando la vide
rimase folgorato
dalla sua bellezza, incollò gli occhi a lei ed una
sensazione strana lo invase.
La vista di quella creatura col vestito che le aveva regalato, i fiori
tra i
capelli sciolti, il passo regale, il sorriso…Si
allontanò dalle due fanciulle
senza dire niente e la raggiunse. Giulietta che stava chiacchierando
con
Arianna e Benvolio li vide guardare alle sue spalle sorridendo e si
voltò
trovandoselo a un passo dal viso.
“Ballate
con me…” sussurrò nel modo in cui la
faceva
più sciogliere e le baciò la mano cosi
seducentemente che alcuni degli invitati
se ne accorsero, tra cui la signora Montecchi che li osservava da
lontano.
Benvolio non ci fece troppo caso, prese Arianna sottobraccio e
raggiunsero le
due file al centro della sala. Giulietta sorrise a Mercuzio e non gli
staccò
gli occhi di dosso nemmeno quando furono uno di fronte
all’altra.
L’orchestra
prese a suonare e le loro mani si
toccarono, la fanciulla vestita di rosso avrebbe voluto dirgli tante
cose ma si
trattenne e le venne da ridere. “Indossi il mio
vestito…” gli disse lui a bassa
voce, “Allora ti è
piaciuto…”, lei girò su se stessa e
rispose “E’ bellissimo…come
i vostri occhi”. Lui rise “Ma il colore non
è lo stesso…”, continuarono a
ballare e Giulietta iniziò a sentirsi in imbarazzo per come
la guardava .
“Già…”
disse poi lei “Questo è il colore delle rose
che mi pungono”. Lui la strinse per i fianchi e i loro
respiri furono
vicinissimi “E’ il colore di quello che provo
dentro quando ti guardo”, lei
volteggiò ancora e cambiò espressione
“E quando penso a te…”
sussurrò Mercuzio
“E quando sono con te”. Giulietta iniziò
ad avere paura di quelle parole.
La
musica finì e tutte le coppie si divisero, lui
invece la trattenne “Lo sai anche tu quello che
c’è tra di noi…”, lei
guardò
altrove sconvolta e si staccò da lui. Benvolio davanti alla
tavolata annunciò
“Signore e signori, ringrazio tutti voi che siete venuti qui
ad onorare me e la
mia fidanzata” guardò Arianna che gli sorrise e le
baciò la mano “Ma volevo
ricordarvi che abbiamo qui oggi un ospite che oggi compie 14 anni,
vieni
Giulietta…” tutti applaudirono e lei
andò a ringraziare i due fidanzatini.
Si
voltò e vide la madre di Romeo scrutarla con
disprezzo, la ignorò e tornò a ringraziare
Benvolio. Mercuzio le si era
avvicinato e le accarezzò una spalla nuda. “Non
hai proprio paura di niente”
gli disse a bassa voce girandosi “Ci stanno guardando in
molti…”. Lui le
accarezzò anche il collo “E tu lasciali
guardare” le sussurrò all’orecchio
facendola rabbrividire.
In
quel momento arrivò Romeo un po’ barcollante,
Benvolio subito andò a salutarlo e si dissero qualcosa che
Giulietta non riuscì
a capire cosi si avvicinò per salutarlo. Puzzava di vino. La
vide e l’abbracciò
“Cara! Mio sole! Tanti auguri…”. Lei lo
guardò confusa “Ti senti bene?”, lui
annuì e si precipitò a mangiare.
Mercuzio
chiese a Benvolio cosa stava succedendo e lui fece spallucce, quando
Giulietta
si allontanò gli disse che qualcosa c’era ma non
erano affari loro. Durante la
festa Mercuzio cercò più e più volte
un approccio con la fanciulla in rosso che
lo evitava, finché non la prese per un braccio e le
ordinò“Vieni con me”.
Senza
darle possibilità di replicare la trascinò
nella biblioteca adiacente alla sala del banchetto.
“Cos’altro devi dirmi?” gli
chiese subito lei quando chiuse la porta e non lo guardò,
chissà perché ripensò
alla sera precedente… Lui gli fu subito vicinissimo
“No, sei tu che devi
dirmi…” sospirò “Giulietta,
io sono pronto a farmi da parte se mi dici
immediatamente che non provi nulla per me, che non sei attratta da me
come io
lo sono da te”. La ragazza avvampò e
cercò di indietreggiare ma lui la tenne
ben stretta.
Si
guardarono in silenzio poi lui appoggiò la fronte
sulla sua. Giulietta chiuse gli occhi e lentamente sentì la
sua bocca sulla sua
guancia poi sul mento e infine sul collo. Rabbrividì e le
venne la pelle d’oca
ovunque. “Dai
dimmelo” sussurrò lui e
dopo averle spostato il nastro rosso sul collo glielo baciò
prima delicatamente
poi con più foga.
Lei
cercò di allontanarlo e disse solamente
“Io… non
lo so…” col respiro corto ,ma alla fine gli
accarezzò i capelli e lui la morse.
Sentirono la voce di Romeo un istante prima che bussasse la porta e la
aprì.
Giulietta
si coprì istintivamente il collo con i
capelli, “Mia adorata” disse Romeo “Devo
parlarti, perché se non lo faccio
adesso…”. Mercuzio fece per andarsene
“No” lo fermò Romeo, “Resta
pure amico
mio”, e sorrise. Il biondo passò vicino a
Giulietta toccandole la spalla con la
sua e si mise in finestra.
“Giulietta
come ti dicevo…” le si avvicinò
“Devi
perdonarmi…” gli occhi gli si riempirono di
lacrime. Lei cercò di
tranquillizzarlo, e a quel punto lui sembrò sul punto di
cadere “Ho paura
Giulietta, che non mi vorrai più dopo che te
l’avrò detto”. Lei si voltò e
trovò lo sguardo di Mercuzio a sostenerla, si
rigirò e respirò profondamente
“Ma amore mio” disse “Tra noi non ci sono
segreti” alzò la voce di proposito.
Romeo
respirò velocemente e lo disse tutto d’un
fiato “Ho fatto tardi alla festa perché questa
mattina mi sono svegliato alla
locanda, nel letto di una…”. La ragazza credette
di aver sentito male, lo
guardò per un attimo che sembrò eterno poi
indietreggiò e le mani di Mercuzio
la bloccarono per le spalle, “Romeo ma ne sei
sicuro?” chiese lui . L’amico lo
guardò sconvolto “Ieri notte mi sono ubriacato, ma
io non volevo farlo!
Giulietta perdonami! Ti giuro che non volevo! Se potessi tornare
indietro…” e
provò ad abbracciarla. Lei se li scrollò di dosso
entrambi. Mercuzio
prontamente rimproverò l’amico
“No…ma come hai potuto? Guarda come
l’hai
ridotta!”. Romeo s’infuriò
“Cosa? Ma Mercuzio, anche tu hai sempre frequentato
le donne di facili costumi! E adesso vieni a fare la morale a me?.
L’amico lo
prese per la giacca “Se sto con una donna è
perché la amo, e se la amo non la
tradisco…” Giulietta sbottò
“Basta cosi!” e tornò di corsa in sala.
Le
venne da piangere ma si trattenne, Benvolio le si
avvicinò “Hai
saputo…che…” smise di parlare
perché lei gli disse “Bel regalo di
compleanno che mi ha fatto vero?”. Benvolio e i suoi grandi
occhi blu si
intristirono. La abbracciò e le disse quanto le dispiaceva.
Mercuzio li
raggiunse e guardò l’amico che gli indicava la
ragazza triste senza sapere cosa
dire. Poi un paggio gli si avvicinò e gli porse una lettera
su un vassoio
d’argento. Lui rise mentre l’aprì
“Ci siamo” disse a Benvolio che annuì.
Giulietta chiese subito cosa c’era ma la ignorarono e si
accordarono su quanto
tempo ci avessero messo ad uscire.
Benvolio
disse che andava a prendere la spada e
Mercuzio gli ordinò “Fai in fretta, è
già qui…”. La ragazza lo
seguì “Mi vuoi
spiegare che sta succedendo?” lui non rispose
finché furono fuori da casa
Montecchi, “Tu rispondi alle mie domande forse?”.
Giulietta replicò ansiosa “E’
Paride, non è cosi? E’ giunta l’ora del
duello?”.
Benvolio
li raggiunse con la spada, Mercuzio
l’afferrò “Vai dentro Giulietta, torna
da Romeo e fate pace”. Lei lo trattenne
“Io non ti lascio!” e lo disse cosi forte che
Benvolio li guardò un po’
perplesso. “Senti tutto questo è successo per
causa mia, evitate…” continuò
lei. Il biondo le prese delicatamente il viso tra le mani
“Esiste un codice
d’onore che non si può infrangere, ora mi spiace
ma ho un idiota da fare
fuori…”. Giulietta lo trattenne ancora
“No aspetta, non voglio che ti succeda
niente di male!” gli occhi le si riempirono di lacrime.
Lui
la abbracciò e disse a Benvolio che continuava a
guardarli in modo ambiguo “Va tutto bene”. Quando
si staccarono lei insistette
per venire con loro “Ma perché?” chiese
Benvolio al limite della curiosità. “Te
l’ho già detto, è successo tutto questo
per causa mia”disse lei come se fosse ovvio.
Mercuzio
s’incamminò e scosse la testa “Non
è la
risposta esatta, e lo sai…”, lei gli si
parò davanti “Perché sei troppo
importante
per me, va bene? Sei contento ora che te l’ho
detto?” gridò. Benvolio che
continuava a non capire e a guardarla interrogativo le chiese quasi
scherzando
“Più importante di
Romeo?”.“Si” rispose lei sicurissima
guardando il biondo
negli occhi. Benvolio rimase senza parole.
Arrivarono
al luogo dell’incontro e Paride appena li
vide disse ironicamente “Pensavo che avessi cambiato idea,
vigliacco…” e notò
Giulietta “Voi, cosa ci fate qui?”. Lei gli
gridò “Risparmiate il fiato per la
vostra ultima preghiera…”, Mercuzio le si
parò davanti “Ancora osi rivolgerti a
lei?”. Paride prese l’arma che gli tendeva il
padrino e li guardò tutti e tre
“Adesso capisco molte cose…”.
Giulietta
gli si avvicinò “Vi ho detto di
risparmiare il fiato…” lui la interruppe
puntandole l’arma al collo “Tu e i
Montecchi eh? Ecco perché non mi hai voluto sposare, piccola
sgualdrinella…”
Benvolio trattenne invano Mercuzio che si intromise tra i due con un
fendente
alla lama dell’avversario.
“Ripeti
quello che hai appena detto se ne hai il coraggio!”
gridò a Paride che rise
divertito. Benvolio cercò di calmare Giulietta che intanto
pregava Dio di fare
qualcosa. Paride sembrò più di una volta inveire
contro di lei con la spada e
Mercuzio prontamente lo scansava finché gli tolse la spada
di mano e cadde a
terra. Il biondo gli sussurrò “Riprendi la spada
che mi voglio divertire ancora
un po’”. “Ma che fa?”
esclamò Giulietta “Ancora non lo
ammazza?”. Benvolio era
frastornato. Paride si affrettò a riappropriarsi
dell’arma e i due
ricominciarono a scontrarsi, stavolta concentrati su loro stessi.
All’ingresso
di casa Montecchi giunse Tebaldo, le
guardie gli chiesero l’invito ma lui riuscì a
convincerli che era venuto a
riprendere sua cugina, entrò e irruppe nella sala del
banchetto per cercare
Romeo. Andò da Arianna e le chiese
“Dov’è Romeo Montecchi?”, lei
educatamente
glielo indicò poi gli chiese “Voi chi
siete?”. Lui scoppiò a ridere e si
allontanò senza rispondere.
Mercuzio
ferì più e più volte Paride, era
evidente
chi fosse il più forte tra i due. Tuttavia si stava
divertendo come il
gatto che gioca col topo. Paride sputò
sangue e si asciugò la bocca, “Ora basta Mercuzio,
è giunto il momento per voi
di ricongiungervi con i vostri cari defunti…”, lui
lo colpì “Come osi nominare
la mia famiglia?”. I loro affondi si fecero più
intensi. Giulietta scoppiò in
lacrime silenziosamente. Paride continuò a provocare
Mercuzio offendendo la
ragazza, “Vuoi morire per lei?” gridò
fra il cozzare delle lame.
Si
fermarono per un istante a guardarsi con rabbia
con le spade puntate, il conte rise ancora “E’
assurdo, morire per la puttana
dei Montecchi…”. La rabbia esplose in Mercuzio
come un leone che ha finito la
pazienza. Gli si avventò contro e lo trapassò al
centro del petto. Si trovarono
faccia a faccia, “Va all’inferno”
sussurrò a Paride e lo guardò negli occhi
finché la sua espressione da ridente divenne vuota.
Ritrasse
la spada e Giulietta corse ad abbracciarlo
piangendo. Lui la strinse e guardò ancora il corpo di Paride
senza vita. In
parte si odiò per quello che aveva appena fatto. Il padrino
dell’ormai defunto
conte gli chiuse gli occhi e mandò qualcuno a chiamare il
frate. Benvolio corse
da loro e cercò di consolare la ragazza, l’amico
gli porse la spada e lui la
prese per pulirla.
Mercuzio
allontanò Giulietta da quella scena di
morte e le sollevò il viso guardandola dolcemente
“Non devi piangere, sono qui
con te adesso”. Lei si agitò
“Si…ma come stai? Non sei ferito vero?”
e gli
toccò la camicia. Lui rise “Giulietta calmati, sto
benissimo” la guardò e
avvicinò la sua bocca alla sua “Sto sempre bene
quando sei con me…”, le asciugò
le lacrime poi la tenne stretta fra le sue braccia. Lei gli
accarezzò i capelli
e le guancie e non smetteva di guardarlo. Gli sfiorò le
labbra con le dita e le
passò di nuovo per la testa di fare quello che non aveva
ancora fatto fino a
quel momento…
“Che
sta succedendo qui?” chiese Romeo ancora mezzo
sbronzo. Benvolio guardò i due preoccupato e poi
guardò il cugino. Tebaldo che
aveva osservato la scena da lontano strillò avvicinandosi
“Dovresti guardare li
alla tua sinistra Montecchi!” e lo afferrò per una
spalla facendolo voltare un
secondo dopo che aveva visto Giulietta e Mercuzio abbracciati. La sua
mente non
riuscì a pensare subito a ciò che aveva appena
colto, perché l’espressione
malefica di Tebaldo lo aveva distratto.
Il
Capuleti lo abbracciò “L’amore che ti
porto…non
può permettersi termine migliore di questo” e lo
strinse sulla schiena “Sei un
vigliacco!”. Romeo lo spinse via “Vigliacco io non
sono, tu non mi conosci”.
Benvolio si parò tra di loro e Tebaldo indicò lui
e Mercuzio che si stava
avvicinando “Messeri…”
s’inchinò ridendo malvagiamente.
“Quale
vile, disonorevole sottomissione, Tebaldo!”
disse Mercuzio con disprezzo. “Acchiappatopi”,
continuò a sfotterlo “Fatta
avanti se ne hai il coraggio”. Benvolio tentò
inutilmente di separarli “Tu!”
rise Tebaldo “Che sei un uomo a metà! Cosa vuoi da
me?”. Mercuzio ignorò
l’offesa e gli si avvicinò
“Perché no? Una delle tue 9 vite, Re dei gatti che
altro non sei!”, Tebaldo lo spinse e Romeo gridò
allarmato” Signori, per l’amor
del cielo! Risparmiate questo scandalo! Il principe ha proibito queste
dispute!”.
Giulietta
inveì contro il cugino che appena la vide
cambiò espressione “Giulietta andiamo via da
qui…” la strattonò per il polso
“Vedrai! Adesso sarai la mia di sposa!”. Lei si
liberò il polso e afferrò il
pugnale che aveva nascosto sotto al vestito “Non ti
avvicinare ancora” glielo
puntò contro. Suo cugino rise come non mai “Ti sei
proprio rimbambita per bene
a forza di frequentare questi”. Mercuzio le toccò
la mano “Dai” le disse “Non
fare sciocchezze”.
Romeo
osservò la delicatezza con cui le aveva
accarezzato la mano e come la guardava. Qualcosa di burrascoso si
scatenò in
lui. Giulietta si voltò a guardare Mercuzio e Romeo si senti
ghiacciare. Lo
stava guardando come se avesse visto la cosa più
meravigliosa e straordinaria
in tutta la sua vita.
Tebaldo
sfoderò la spada e la puntò contro il
giovane dai boccoli dorati. Benvolio prontamente riconsegnò
l’arma all’amico e
allontanò Giulietta che prese a gridare “No!
Fermati Tebaldo!”. I due si
scontrarono per un bel po’. Romeo cercò di
separarli ma fu inutile, Tebaldo
stava tirando fuori tutta la sua rabbia e più colpiva la
spada del rivale più
rideva soddisfatto. Ad un certo punto lo ferì ad una spalla
e Romeo gridò
disperato per il suo migliore amico. Mercuzio indietreggiò e
si toccò la ferita
che bruciava. La manica della camicia bianca si era lacerata e il
sangue la
stava colorando rapidamente. Tebaldo sembrò isterico
“Arrenditi! E forse ti
risparmierò!” saltellò . Giulietta
cercava di liberarsi da Benvolio che la
tratteneva e le diceva di non guardare.
“Non
voglio ucciderti” gridò Mercuzio “Non
costringermi”, Benvolio lasciò Giulietta e si
precipitò dall’amico, Romeo
invece trattenne Tebaldo da dietro. “Ma tu chi
sei?” gridò il Capuleti, “Sei
peggio tu di tutti noi! Ubriaco d’amore e dici
pietà, sei come gli avvolti che
il sangue chiama già…tu appesti la
città! Mercuzio io ti ammazzerò”.
“Tu sei
come chi è in agonia invece…” rispose
il rivale “Ridi che poi non riderai più!
Ti farò miagolare vedrai”.
Continuarono
a sputarsi contro insulti ancora più
pesanti finché Romeo tirò fuori il suo pugnale e
colpì Tebaldo “Adesso basta!
E’ una questione tra me e te!”. Il ragazzo cadde a
terra e chiuse gli occhi.
Benvolio corse dal cugino che tremava di rabbia “Romeo Romeo
calmati…”, guardò
il corpo a terra. Giulietta corse da Mercuzio disperata per il sangue
che stava
perdendo “Non è niente…” le
disse lui e buttò la spada a terra “E’
solo un
graffietto…” perse l’equilibrio ma non
cadde. “Oddio tu stai male” si preoccupò
lei e chiamò Benvolio che prontamente si strappò
un pezzo della camicia per
ripulire il sangue.
Mercuzio
si sedette sul prato e Giulietta gli fasciò
la ferita. Lui la guardò intensamente e le sorrise
ringraziandola. Romeo notò
che anche lui la guardava come se avesse visto la cosa più
bella del mondo.
Avanzò di scatto contro la fanciulla “Credi
davvero che lui possa esserti
fedele? Eppure dovresti sapere che tipo
è…”. Lei lo guardò senza
capire e si
alzò ma non aprì bocca perché lui la
schiaffeggiò. Benvolio e Mercuzio si
s’infuriarono con lui “Ma che fai!” gli
gridò contro il cugino. Mercuzio di
nuovo in piedi lo afferrò per il collo con rabbia
“Sei impazzito!”.
Romeo senza volerlo gli aveva puntato il
pugnale contro e l’amico si era bloccato dinanzi a lui.
“No!”
urlò Giulietta esasperata. La presa intorno al
collo di Romeo si sciolse e lui shoccato vide il suo migliore amico
barcollare
e toccarsi lo sterno sanguinante. Benvolio corse a sorreggerlo
“Mercuzio come
ti senti?” chiese al limite della preoccupazione
“Chiedete di me domani…E sarà
un miracolo che io risponda”. L’amico e Romeo lo
guardarono disperati . “Ma le
ferita non può essere tanto grave!” disse ancora
Benvolio “No, no, no” rispose
l’amico “Profonda come un pozzo e larga come il
portale di una chiesa
ma…basterà” .
Tebaldo
aveva riaperto gli occhi e avendo visto
la scena si era alzato e aveva deciso di
fuggire via. “Peste…” gemette Mercuzio
“Peste! Alle vostre famiglie!”. Romeo
gridò disperato fra le lacrime e accortosi di Tebaldo lo
rincorse fuori dalla
tenuta dei Montecchi. Giulietta implorò Benvolio di chiamare
subito aiuto.
Mercuzio
si accasciò a terra in un lago di sangue.
Giulietta si chinò accanto a lui che la guardò
con gli occhi lucidi. Lei gli
afferrò la mano insanguinata “Resisti…
Devi resistere, lo so che sei forte!” lo
guardò “Andrà tutto
bene…” pianse di nuovo e guardò verso
la dimora di Romeo;
Arianna li stava guardando bianca in volto e Benvolio la stava
aggiornando
disperato sull’accaduto. “Il medico sta
arrivando” gli rispose la ragazza “Lo
abbiamo già chiamato insieme al Frate per
Paride…” Mercuzio sussurrò qualcosa e
allungò una mano, Giulietta lo guardò ancora
cercando di sorridergli.
Lui
le sfiorò la guancia “Quanto vorrei toccarti
ancora domani, e tutti i giorni della mia vita…”
le lacrime scesero sul suo
bellissimo volto. Lei lo interruppe “Ma che dici, certo che
potrai farlo
domani…” e gli strinse la mano. Il ragazzo
socchiuse gli occhi perché era allo
stremo delle forze. “Mercuzio ti prego apri gli
occhi!” gli intimò lei con un
tuffo al cuore, lui la riguardò dopo pochi istanti.
“Non te ne andare! Resta
con me!” gridò ancora Giulietta “Oh Dio
ti prego!” singhiozzò e lo tenne fra le
sue braccia. “Non piangere…” gli disse
lui “Non devi…piangere” e le
sfiorò il
mento.
Si
guardarono in lacrime poi lui sembrò riprendere
un po’ le forze “Giulietta
ascoltami…”, la avvicinò “Se
non ce la dovessi
fare…”. Lei si arrabbiò “Non
dire sciocchezze! “, lui sospirò “Se non
dovessi
farcela…voglio che tu sappia ora…che tu sappia
che…”. Lei appoggiò la fronte ai
suoi capelli “Ssh non parlare, non devi sforzarti”.
Dopo un attimo gli sussurrò
all’orecchio “Io lo so
già…”.
Benvolio
tornò di corsa da loro insieme al medico e
lui e Giulietta aiutarono il ragazzo ferito ad alzarsi.
“Presto non c’è un
minuto da perdere!” gridò l’anziano
medico mentre lo trascinavano dentro. La
festa ormai era finita e un divano come appoggio andò
più che bene. Il medico
tolse quello che era rimasto della camicia e osservò la
ferita allo sterno.
Tirò
di corsa fuori dalla valigetta, delle garze e
del disinfettante che provocò a Mercuzio un forte bruciore.
Giulietta pregò il
medico di salvarlo e Benvolio offrì all’amico un
cuscino dove poté affondarci
le unghie durante la medicazione.
L’anziano ripulì gran parte del
sangue e gli applicò una mistura di
erbe, dopodiché gli fasciò l’addome e
il braccio dove c’era una ferita più
lieve.
“Ecco
fatto” annunciò ai ragazzi “La ferita
non è
molto profonda però il taglio parte dal fianco e arriva allo
sterno…”.
Giulietta si sedette vicino a lui e gli toccò la fronte.
Mercuzio chiuse gli
occhi. “Ma…scotta!” disse lei.
“E’ normale che abbia la
febbre…” rispose
l’anziano poi si rivolse a Benvolio “Io lo porto
via, è bene che dorma da me,
cosi potrò curarlo “, il ragazzo annuì.
“Dov’è
Romeo?” chiese Lady Montecchi dalla cima
delle scale.
Giulietta
fissò Mercuzio che sembrava essersi
addormentato. “Nipote…”
continuò la donna, Benvolio le spiegò brevemente
quello
che era successo e lei corse a rimproverare Giulietta “Ah! Si
sono scontrati
per colpa tua, ci risiamo!”. Il medico s’intromise
cercando di calmarla, anche
Arianna difendette Giulietta poi annunciarono che la carrozza del
medico era
pronta. La madre di Romeo si ritirò sdegnata nelle sue
stanze e Arianna
abbracciò Giulietta “Non datele
retta…”, la ragazza la ringraziò e si
sentì
improvvisamente stanca.
Arianna
parlò ancora ma lei la vide sfocata, chiuse
gli occhi e si sentì crollare, l’altra fanciulla
la sostenne “Giulietta!
Giulietta!”. Il medico lasciò Mercuzio nelle mani
di Benvolio e corse a
sentirle il polso. “Sto bene…” disse lei
a bassa voce ma non lo convinse. “Arianna,
cortesemente prendete i Sali nella mia valigetta…Credo che
vi porterò entrambi
da me” annunciò l’anziano guardando i
ragazzi stravolti sul divano .
Più
tardi Giulietta si svegliò in una piccola stanza
che non era la sua, il sole stava calando e il primo pensiero che le
balenò in
mente fu quello del ragazzo ferito e in lacrime che le diceva
“Voglio che tu
sappia…”.
Si
alzò dal letto di scatto e la testa le girò un
po’. Si fermò a massaggiarsi le tempie poi
uscì, nel corridoio incontrò
l’anziano medico che le venne subito incontro
“Giulietta, meno male che vi
siete svegliata…Come vi sentite?” le prese le
mani. “Come sta Mercuzio?” chiese
lei senza rispondergli. Lui la guardò con un sorriso
“Devo dedurre che state
meglio…Vi ha chiamata nel sonno continuamente! E’
li” gli indicò la porta “Però
cercate di non disturbarlo più di tanto, ha la febbre alta e
sicuramente sta
ancora riposando…”, lei gli lasciò le
mani ed entrò nella stanza senza chiedere
permesso.
“Ah, signor
medico, vi ho già detto che sto bene…quante altre
volte devo ripeterlo?” si
lamentò Mercuzio di spalle. Lei chiuse la porta e si
avvicinò silenziosamente.
Lui sbuffò dopo un attimo di silenzio e lentamente si
girò. Incrociò lo sguardo
della fanciulla in rosso e all’inizio non credette ai suoi
occhi; rimase un
attimo ammaliato dal suo sorriso.
“Siete
proprio sicuro di star bene?” chiese lei
ironica e lui strafelice le disse di avvicinarsi. Si tirò su
a sedere con la
schiena contro la testata del letto e lei si accomodò vicino
a lui “Non ti devi
sforzare!” lo rimproverò Giulietta. “Il
medico ha detto…”, lui la interruppe tappandole la
bocca “Il medico ha detto
che tu devi mangiare! Ecco perché svieni” la
guardò serio poi la sua espressione
si addolcì e tolse lentamente la mano dalla sua bocca che
scivolò fino alla
spalla scoperta. “Ti tengono ancora in punizione?”
le chiese preoccupato. Lei
annuì e distolse lo sguardo “Ma come vedi, me la
sono tolta da sola la
punizione…” risero poi aggiunse “Mio
padre mi affama, ma io sono più forte di
tutto questo…”.
Mercuzio
si alterò e gemette di dolore. “Vedi che
non ti devi affaticare!” gli disse lei “E tanto
meno arrabbiare…”. Lui la
guardò e le accarezzò i capelli “Ti
porterò via da li”, lei gli disse ancora di
non preoccuparsi e rimasero un po’ a guardarsi.
Giulietta
da quando era entrata nella stanza gli
aveva osservato i muscoli delle braccia possenti e i pettorali. Lo
sguardo le
cadde sulle fasciature e si chiese quando ci avrebbe messo a guarire
del tutto.
“Che c’è? Sembri
imbarazzata…” le chiese lui ridendo. “Ma
che vai
farneticando!” rispose lei e guardò altrove. Lui
l’attirò a se e si appoggiò
con il viso contro il suo collo. Giulietta poté sentire
quando scottava.
“Vorrei
che tu guarissi domani” disse lei. Mercuzio
sospirò e le rispose “Se tu sei con me io non sto
mai male, anzi!” spostò il
viso sulla scollatura del suo abito “Vedi, adesso si che sto
guarendo”. Lei
sbuffò però non si mosse. Lui la
abbracciò meglio e accomodò la guancia proprio
al centro del petto della ragazza. “Adesso è
meglio se ti risdrai…” lo
allontanò piano da se e si alzò. Lui rise e si
scusò, poi tornò serio “A
proposito…volevo chiederti una cosa”. Giulietta
gli diede le spalle per
guardare fuori la finestra “Sentiamo…”
pronunciò con il cuore impazzito.
Ci
fu un attimo di silenzio.
“Volevo
sapere…”riprese lui,”Madamigella
Capuleti….se
ho finalmente, il permesso di farvi la corte”. Giulietta
ridacchiò di gioia senza
farsi sentire ma prima di girarsi decise di cambiare espressione. Lo
guardò con
le mani dietro la schiena e assunse un tono rigido
“E’ a questo che pensi…”,
“Perché, tu vuoi farmi credere che non ci
pensi?” la interruppe lui. La ragazza
lo guardò poi trattenne un sorriso
“Forse… Ma ricordatevi che sono ancora
fidanzata…” sibilò e si risedette sul
letto.
Lui le prese la
mano fra le sue e la baciò ignorando
quell’affermazione. “Però, stavo cosi
comodo prima! Era molto morbido…”. Lei ritrasse la
mano e prese un cuscino per
tirarglielo. “Sono convalescente! Non puoi!”
ridacchiò lui e l’attirò di nuovo
a se. “Oddio, come scotti!” osservò lei
e si avvicinò per toccargli la fronte,
ma alla fine non resistette e gli passò una mano tra i
capelli dalle radici
alle punte. Mercuzio non la smetteva di guardarla intensamente e di
metterla in
imbarazzo. Alla fine intrecciò le proprie dita alle sue e
sussurrò “Allora, me
lo concedete, questo permesso?”. La osservò
arrossire e cercare le parole
giuste per rispondergli.
D’un tratto
la porta si aprì ed entrò la balia che
notò subito le loro mani intrecciate poi
il viso di Mercuzio e gridò “Giulietta!”
quasi spaventata.
|
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Capitolo 5 *** Capitolo Quinto ***
Capitolo
Quinto
Mattina,
mattina fresca,
mattina assolata.
Il cielo era limpido
di un blu cosi intenso che ricordava, anzi si confondeva, con quello
del
farsetto del giovane che camminava svelto verso la casa del dottore. I
suoi
lunghi capelli castani si spostavano nel leggero vento, e i suoi
bellissimi
occhi blu erano velati da quelli che erano pensieri preoccupati.
Arrivato
davanti
alla porta della casa che aveva appena raggiunto bussò ed
attese che qualcuno
lo aprisse.
Dopo nemmeno cinque
minuti venne una giovane domestica ad aprire e guardò trova
il giovane “Il
dottore non c’è, tornate più
tardi”.
Stava
per chiudere
la porta ma il giovane la bloccò con una mano e fece un
sorrisetto cattivo “Ora
tu mi fai entrare, devo vedere un paziente…” la
guardò con rabbia e la donna
spaventata apri la porta, cosi il giovane spostandola con una mano
varcò la
soglia e iniziò a chiamare il suo amico “Mercuzio,
Mercuzio! Dove sei?”.
Dall’
alto di una
stanza venne la voce del giovane scanzonato e tranquillo come sempre
“Sono qui
Benvolio, sali! Ultima porta a sinistra!”, cosi il giovane
sali le scale il più
velocemente possibile e arrivato spalancò la porta.
“Come stai?” gli corse in
contro e lo abbracciò forte.
Mercuzio emise un
piccolo sbuffo di dolore e gli diede delle pacche sulle spalle
“Sto bene ma se
mi stringi cosi mi sa che i miei punti si riapriranno”,
l’amico si stacco e gli
sorrise “Hai ragione! Scusami ma pensavo che non ce l'avresti
fatta… e poi non
ho avuto tue notizie! Giulietta è segregata in casa e Romeo
è in prigione...”
il giovane lo interruppe brusco “Sono stato io a uccidere
Paride! Lui perché é
in carcere?”.
Benvolio scosse la
testa e lo guardo triste “Non lo sai? Si trova in prigione
perche ha ucciso
Tebaldo!”.
Mercuzio
si alzò di
scatto e subito un giramento di testa lo fece ricadere sul letto, cosi
si rialzò
a sedere lentamente sotto lo sguardo preoccupato dell’amico
“Prendi i miei vestiti
da quella poltrona Benvolio… devo andare a parlare con mio
zio non posso
permettere che Romeo venga ucciso o esiliato! Devo parlare con mio
zio”.
Il giovane dai
capelli castani scosse la testa “No! Devi riposare
Mercuzio!”. lo sguardo di
fuoco del ragazzo gli fece cambiare idea quindi gli prese i vestiti e
lentamente
glieli porse “Sostengo che non sia una buona idea
però…” il giovane lo ignoro e
si vesti.
Uscirono dalla casa
del dottore di corsa e Benvolio si maledisse mentalmente per non essere
giunto
fin li a cavallo, che gli avrebbe sicuramente portato un giovamento
evitando di
correre sino al castello del principe. Per tutto il tragitto i due
giovani non
parlarono molto tra di loro, ogniuno perso nei propri pensieri, ma una
volta al
portone dissero i loro nomi al unisono cosa che provoco uno scoppio di
risa nei
due e un occhiataccia da parte delle guardie che però
conoscendo Mercuzio come
nipote del principe li fecero passare.
Una
volta dentro
incontrarono il paggio del principe che spaventato era di guardia e
vedendo Mercuzio
si rincuoro “ Signorino come state? Vostro zio è
altamente arrabbiato ma anche
molto preoccupato per voi! Ma vedo che state bene”. Il
ragazzo gli mise una
mano sulla spalla compassionevole “Posso
avere un colloquio con lui adesso?”, il paggio annui e corse
ad annunciarlo. Tornò
dopo pochi istanti visibilmente sollevato “Ha detto che
potete entrare” così
dicendo si sposto e aprì la porta della
sala facendo entrare i due amici.
Subito
lo zio si
alzo dal trono con ira “ Come hai osato! Dico e ripeto,
ragazzino, come hai
osato sfidare un Capuleti!” Benvolio che era rimasto in
silenzio fino a quel
momento fu tentato di rispondere ma il principe continuò a
voce più alta “Dico,
non ti era bastato uccidere un nobil'uomo lontano tuo parente! Volevi
fare il
bis di omicidi! E oltre tutto sei stato anche ferito! Ma perche ti
comporti
cosi?”.
Il
giovane Mercuzio
sorrise per scusarsi “Zio, ne andava dell'onore di una
fanciulla indifesa! Voi
avreste fatto lo stesso, ne sono certo”. Il principe scosse
la testa disgustato
e si mostrò minaccioso in tutta la sua statura
“Mercuzio smettila! L'onore di
una Capuleti non sta a te difenderlo! Non credevo, quando mi hai
parlato del
duello, che fosse per causa di Giulia capuleti!”. Il ragazzo
rispose il
contrario, che gliel’aveva detto ma quando suo zio diceva una
cosa, era quella.
Scese
i gradini ignorando
le sue parole e si ritrovò davanti al nipote, anche se lo
sovrastava per oltre venti
centimetri il ragazzo non abbassò lo sguardo
“Inoltre, Mercuzio, mi sembra che già
suo cugino abbia perso la vita oltre al giovane Paride!”
guardò Benvolio con
noncuranza e proseguì “Ma come é
giusto, al suo assassino verrà tolta la vita”.
Fu
allora che suo
nipote impallidì e nonostante la ferita che gli faceva male
si gettò ai piedi
dello zio “E’
per lui che sono qui zio… Lui
non deve morire visto che ha cercato di vendicare me che sono tuo
nipote!” gli
occhi di Mercuzio divennero lucidi ma Escalus ignorò le sue
parole “Ma cosa
diavolo stai dicendo! Ti si é infettato il cervello? Non
dire sciocchezze! C’è
una famiglia che chiede giustizia!” il giovane si
alzò fronteggiando il
principe “E per te la giustizia è uccidere un
innocente?”.
Lo zio si girò con
sdegno e colpi il nipote in pieno viso “Innocente? INNOCENTE?
Per te uccidere
il giovane Capuleti è stato un atto di innocenza? E il far
sparire il suo
corpo? Ti sembra innocente tutto ciò?” Benvolio
stava per perdere la pazienza
ma si contenne.
Escalus continuò
severo “E io invece ti dico che è colpevole!
E’ non gli darò mai il mio perdono
perche Mercuzio la giustizia è assassina quando perdona gli
assassini! Tuttavia
vedo che ci tieni molto al tuo amico tanto da versare ardenti lacrime
per la
sua vita e quindi non lo ucciderò ma lo esilierò
a Mantova e qui, nella mia
Verona, non potrà più mettere piede ne da vivo ne
da morto!”.
Guardò con aria di
sfida Benvolio “Tu visto che sei un Montecchi vai pure a dare
la notizia alla
tua famiglia che la partenza è stabilita per
domani”.
Benvolio non riuscì
a replicare e a muoversi, era sbigottito dalla decisione del principe
che
quando lo vide li fermo impalato gli si avvicinò serio
“Cosa non ti é chiaro Montecchi?
FUORI DI QUI SUBITO!” e cosi dicendo lo spinse verso la
porta, il ragazzo guardò
ancora una volta Mercuzio triste e si allontanò veloce dal
castello.
Il principe si voltò
verso il ragazzo rimasto solo, il cui viso era bagnato di lacrime, e
gli mise
una mano sulla spalla “Nipote mio, è giusto cosi,
fidati della mia decisione. E
ora vai a darti una rinfrescata e a cambiarti questi abiti lordi di
sangue, più
tardi verrà il dottore a darti una controllata”,
gli fece segno di andare
mentre tornava a sedersi sul suo trono. Il ragazzo si limitò
a rispondergli
“Come desiderate…” e sparì
dalla sala del trono.
La
fanciulla vestiva
un abito nero segno che la sua famiglia era a lutto. Sedeva
sul letto con la testa riversa sul cuscino,
calde lacrime uscivano dai suoi occhi che piangevano disperati nella
sua
camera, si era rifiutata di scendere sia per il funerale del cugino sia
per
quello del conte Paride. Suo padre per risposta ai suoi comportamenti,
le aveva
proibito di mangiare e anche di ricevere visite, le era proibito
persino di
parlare con la sua fidata balia.
Non
riusciva a credere
che quello che era successo fosse reale. E per lei non lo era visto che
il
corpo di Tebaldo non era ancora stato ritrovato, la sua famiglia
piangeva e si
disperava su di una tomba vuota, chiedeva vendetta per una morte che
non era
certa, chiedeva una punizione per una giacca e una camicia macchiate di
sangue,
una pena ingiusta.
Romeo,
il suo Romeo,
che nonostante l'avesse tradita rimaneva il suo Romeo.
Una
fitta dolorosa
al cuore la contraddisse.
Davvero
Romeo era il
suo unico amore? Suo padrone e signore? Ripensò per un
attimo a quando la balia
l’aveva trascinata via da Mercuzio nella casa del medico.
“Giulietta!”,
le
aveva detto guardando il ragazzo nel letto con orrore “Non
dovresti essere qui
a consolare quel bandito!”, lui le aveva riso in faccia e la
donna molto più
robusta di lei l’aveva presa di peso e riportata a casa
ignorando le sue
spiegazioni.
Si
alzò dal letto
con gli occhi gonfi e si avvicinò alla finestra, il caldo di
agosto rendeva
quella camera simile ad una tomba e l'odore non era migliore di quello
di una camera
mortuaria; il sangue di troppi giovani veronesi macchiava le strade.
Aprì
entrambe le
ante della finestra facendo entrare il fresco della sera e usci fuori
al balcone
che tante volte l'aveva vista sognante. Sollevò lo sguardo
verso il cielo e le
sembrò di vedere gli occhi ardenti di Tebaldo, di quel
colore così simile al
mare d'estate.
Sospirò
con le
lacrime agli occhi e rientrò in casa disperata, prese posto
davanti alla toletta
e i suoi occhi si posarono su di una rosa blu quasi appassita e vi
passo le
dita sopra. I petali erano ancora morbidi, quasi quanto la guancia del
giovane
che gliel'aveva regalata… Sul suo viso spuntò il
sorriso.
Il
primo, da quando
quella pestilenza era avvenuta ed era spuntato grazie a Mercuzio, il
giovane
congiunto del Principe che le aveva strappato una promessa, una
promessa che
ora lei non sapeva se poteva mantenere… Eppure pensando ai
suoi riccioli biondi
e ai suoi occhi verde scuro, alle sue mani calde, e al suo sorriso
splendente,
non poteva far altro che sorridere.
Alzò
lo sguardo e
incontrò nello specchio gli occhi verdi del ragazzo.
Sbatté
un paio di
volte le palpebre credendo che si trattasse di un’
allucinazione ma quegli
occhi erano lì! Cosi si girò un po’
incerta e trovò il suo sorriso a
rassicurarla. Si alzò di scatto e corse incontro al ragazzo
che l'attendeva a
braccia spalancate.
Il colpo del corpo
della ragazza contro il suo lo fece impallidire, la ferita faceva
ancora molto
male ma nonostante ciò la strinse forte
“C’è un destino crudele Giulia, che fa
si che i nostri incontri siano sempre circondati dalle
lacrime!”.
Lei si asciugò gli
occhi con le dita, era talmente felice di rivederlo che temette di
scoppiare di
nuovo a piangere. “Suvvia, anche nel dolore della vostra
perdita sorridetemi
che io vi porto buone novelle!” continuò lui
allegramente.
La
fanciulla alzò lo
sguardo e sorrise al giovane. Pensò che era diventato ancora
più bello. Il
vederlo bene e in salute la faceva sentire meglio, ma sapeva che non
era ancora
guarito del tutto.
Gli accarezzò il
viso e scese con le dita sul collo e da li fino al petto che si vedeva
dalla
camicia aperta, il giovane le bloccò la mano e se la
portò alla bocca, baciò
con delicatezza palmo e dorso “Romeo non verrà
ucciso ma solo esiliato a
Mantova, per volere di mio zio”.
La
ragazza anche
contro la sua volontà ne fu sollevata, non poteva sopportare
di avere il peso
della vita di Romeo sulla coscienza.
“Ma
Giulietta,
perche non parlate?” si preoccupò Mercuzio. Lei
sospirò “E
da giorni ormai che non parlo con nessuno,
ed temo che la mia voce risulti sgradita come il verso di una
cornacchia”. Il
giovane sorrise e la strinse di nuovo al petto “Io invece la
trovo sempre
bellissima come il canto di un usignolo”.
Giulietta
abbassò il
capo rossa in viso e cosi lui continuò “Ero
inoltre venuto a dirvi che vi ho
pensato ogni giorno, la mia proposta è sempre valida anche
se… credo che voi
siate ancora innamorata di Romeo...”.
Non
fini di parlare
perche dei rumori dal esterno lo fecero zittire lei gli posò
un dito sulle
labbra e si guardarono con intesa. Il ragazzo indietreggiò e
si nascose dietro
alla tenda da dove poteva udire e vedere senza essere visto e udito.
La
fanciulla cosi
usci di corsa sul balcone dove in un mare di lacrime c'era Romeo, la
vide e
singhiozzò “Giulietta amore mio perdonami, ti
prego!” e le si butto ai piedi appoggiandosi
alle sue gambe.
La
ragazza stupita
fece un passo indietro perdendo l'equilibrio e cadendo supina su Romeo “Io non devo
perdonarti niente!” gridò
arrabbiata e lo guardò negli occhi “Tu mi hai
tradita! Io confidavo in te! Ero
pronta ripudiare la mia famiglia ed essere solo tua per
sempre!”.
La
sua voce tremava e
i suoi occhi erano pieni di lacrime “Tu mi hai
tradita!” ripeté, “Ti prego,
lasciami andare”. Il ragazzo non si staccò da lei,
anzi, le passo le mani
dietro la schiena impedendole di muoversi “Io non chiedo
carità! Ma sono niente
senza te! Non dimenticare i sogni che ci siamo scambiati e le promesse
dette
sottovoce in quel letto” la guardò con gli occhi
simili a due buchi senza fondo
“Io domani sarò esiliato, partirò per
Mantova! Ti prego vieni con me!”.
Giulietta scosse la
testa e iniziò a divincolarsi “No
Romeo!
Non verrò con te! Ti ho detto di lasciarmi!”
inizio a piangere dalla
disperazione e Mercuzio che osservava la scena strinse i pugni dalla
rabbia e
con voce tonante esclamò “ Romeo, Giulietta ti ha
chiesto di lasciarla andare!
Non hai sentito?”.
Usci dal suo nascondiglio
e strappando Giulietta dalle braccia di Romeo e la fece alzare
“Perche non
capisci che ha bisogno di tempo? Ha troppe ferite da curare in questo
momento e
le tue parole per lei sono solo un turpiloquio! Alzati, comportati da
uomo e
affronta le conseguenze delle tue azioni!”.
La
sua voce era dura
e priva di inflessioni.
Romeo
si alzò rosso
in viso “Che diavolo ci fai tu qui?”
guardò prima lui poi Giulietta “Non potevi
nemmeno aspettare che fossi a Mantova per infilarti nel suo
letto?”, la ragazza
urlò sdegnata “Che cosa? E’ questo che
pensi?”.
La
mano di Mercuzio
partì prima che potesse fermarla e colpi in pieno il viso di
Romeo “Ma smettila,
non sai quello che dici! Io non accetto che tu ci parli cosi! Non sai
niente
del nostro rapporto”.
Romeo si rialzò
ridendo “Oh invece credo di aver capito abbastanza! Tu hai
convinto tuo zio ad
esiliarmi per aver campo libero con Giulietta! Da te che eri come un
fratello
non me lo sarei mai aspettato! Che tu sia maledetto Mercuzio! Tu e il
tuo
amore!” guardò lei con disprezzo. Il giovane non
ebbe il tempo di ribattere
perche Romeo ancora maledicendo i due si allontanò in fretta
e furia.
‘Ma
è assurdo’ pensò
la ragazza ‘e anche se cosi fosse stato tra me e lui tu Romeo
cos’ha da
rimproverarmi? E poi perché pensi questo del tuo migliore
amico, di cui io mi
fido moltissimo!’ però non disse nulla di tutto
ciò ad alta voce per paura di
esporsi troppo.
Il
giovane si girò
verso Giulietta che lo guardava disorientata “Non temete Ora
andrò via anche io
e vi darò la forza per riprendervi”, osservo la
fanciulla pallida in viso “Vi
prego pero non credere ad una sola parola di quello che ha detto
Romeo” le baciò
la mano mentre lei gli diceva “Non gli credo infatti
perché mi fido, di voi…”.
Mercuzio
la
ringraziò e si avviò a scavalcare il balcone ma
la fanciulla lo prese per una
manica. Lui si fermò senza opporre resistenza. Giulietta lo
attirò a se e gli
sussurrò “Vi prego, non lasciatemi da sola,
restate con me questa notte…” e
lo condusse
verso il letto.
|
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Capitolo 6 *** Capitolo Sesto ***
Capitolo
Sesto
Il
giorno volgeva al
termine e la luce calava.
La
giovane ragazza stava
tornando a casa quando d'un tratto, il corpo di un giovane riverso
contro un
albero attirò la sua attenzione e lei si avvicino lentamente
alla figura che
con le spalle tremanti si teneva il fianco.
Quando capì chi fosse, la sua prima reazione fu
quella di chiamare aiuto
ma quando lo propose al ragazzo lui apri gli occhi e riconoscendola le
ordinò
di portarlo immediatamente a casa sua e di chiamare un dottore di
fiducia.
Il profumo di rose
era forte e inebriava tutto il cuscino bianco. La fioca luce della
finestra
lasciava intravedere il corpo femminile seminudo e di carnagione
olivastra
disteso accanto a lui… Si girò su di un fianco e
accarezzò la lunga linea di un
fianco risalendo fino ai seni per poi continuare fino al collo e
fermarsi sugli
zigomi. La ragazza batté le palpebre e aprì
lentamente gli occhi sorridendo
all'uomo “Mio signore… Da quando siete
sveglio?”. Gli occhi blu del ragazzo si
persero in quelli scuri di lei “Da un po'… Stavo
riflettendo su un po'di cose,
sono ormai tre gironi che sono qui e la mia vita al palazzo mi
manca”.
La
guardò
mentre la ragazza si copriva con il lenzuolo e si alzava a sedere
“Mi
piacerebbe tanto poter riflettere anche a me, ma sta mattina inizio il
servizio
da vostra zia molto presto” sorrise al giovane che se ne
stava ancora sdraiato “Vi
faccio portare la colazione? Più tardi verrà mio
cugino a vedere la vostra
ferita, ma siete sicuro che non volete che…” il
giovane lanciò uno sguardo
severo alla ragazza che spaventata tacque.
“Non
essere sciocca! La sentenza del
Principe verrebbe rievocata se si sapesse che non sono morto tutto
quello che
sto costruendo per prendermi Giulietta andrebbe a rotoli! Invece, cosi
facendo,
l'unico vincitore di questa vicenda sarò io”
guardò la giovane con un sorriso
sadico sul volto “Se ti farai sfuggire una sola parola con
chiunque, di te non
rimarrà nemmeno una ciocca di capelli e ora muoviti, vattene
e lasciami solo! Appena
tornerai voglio notizie dettagliate sulla morte di Romeo e sulla
reazione di mia
cugina”.
La
fanciulla si alzò con un misto di terrore e dolore sul volto
e
mentre si rivestiva maledì mentalmente il momento in qui
aveva raccolto il
nipote della sua padrona, dal quel momento erano iniziati i suoi guai,
dal
momento in cui aveva salvato Tebaldo Capuleti..
Quella
mattina la giovane
Esmeralda che lavorava a casa Capuleti da quando aveva a malapena dieci
anni,
doveva aiutare entrambe le donne di casa a prepararsi per comparire
davanti al
principe alla decima ora del giorno. Cosi andò prima dalla
padrona e l'aiutò ad
indossare un abito nero ravvivato solo da un ramoscello di viola che la
buona
padrona indossava sempre da quando aveva avuto la triste notizia di suo
nipote.
Una volta finito con lei si precipitò alla porta della
camera della giovane Giulietta,
sua coetanea ma molto più fortunata di lei.
Bussò
alla porta e
attese…
Ma
siccome non
ottenne risposta entrò e ciò che vide la lascio
sconvolta: accanto alla ragazza,
tutto vestito e sopra alle lenzuola, giaceva un giovane che lei
riconobbe come
il giovane congiunto del principe. Il suo viso candido e i suoi
riccioli biondi
lo rendevano simile ad una figura angelica.
La
ragazza sbiancò
in volto non tanto per la presenza del giovane quanto perché
quella presenza,
se svelata al suo padrone ed ospite, avrebbe scatenato l'inferno. Cosi
decise
di non dirlo a nessuno e si ripromise di comportarsi come se il fatto
non fosse
mai avvenuto.
Uscì
dalla stanza in
silenzio e chiusa la porta senza fare rumore bussò forte
come se fosse la prima.
Da dentro vennero diversi rumori poi la voce di Giulietta che chiedeva
di
attendere un attimo, poi ancora sussurri e risolini e alla fine le
venne dato
il permesso di entrare.
I
due giovani
dormivano abbracciati e le mani del ragazzo erano posate sui fianchi
della
ragazza. Le lenzuola leggere che li dividevano erano incollate al corpo
di lei
per il gran caldo della notte.
Un
rumore sordo
svegliò il ragazzo che schiuse gli occhi lentamente e mise a
fuoco la stanza,
poi il suo sguardo si concentrò sul viso beato della ragazza
che sorrideva nel
sonno.
Un
altro colpo sordo
fuori la porta e la voce della serva…
Il
ragazzo alzò la
testa e dei riccioli gli caddero sugli occhi, con uno sbuffo li fece
volare via
e sotto voce iniziò a chiamare dolcemente Giulietta mentre
la sua mano
accarezzava lentamente il corpo partendo dal fianco e arrivando alla
clavicola “Giulietta,
mia cara, svegliati…”. La ragazza aprì
gli occhi tornando alla realtà, e
sorridendo guardò il suo Mercuzio negli occhi “
Buon giorno… ma dunque, e già
giorno?”.
Il
giovane le si avvicinò e le bacio la punta del naso, scese
poi su
una guancia ed arrivò al collo “Si… e
qua fuori c’è qualcuno che ti chiama mia
diletta, quindi ora devo andare…”.
Restò per un attimo con il viso affondato
nel suo collo e questo provocò un risolino e la pelle
d’oca a Giulietta “A me
non sembra che tu voglia andare via” sussurrò e
insinuò le dita nei riccioli
biondi di Mercuzio. La voce di Esmeralda chiamò ancora
Giulietta.
Questa
volta fu il
ragazzo a sorridere e con molta delicatezza le sfilò la mano
dai capelli “Rispondetele…”
e mentre la ragazza si girava e rispondeva lui le baciò
ancora frettolosamente
il collo e sgattaiolò via dalla finestra. Quando lei si
voltò, il posto accanto
al suo era vuoto e il suo cuore era divenuto un po’
più freddo.
La
giovane cameriera
finalmente entrò e trovò Giulietta che seduta sul
letto e sognante guardava la
finestra, cosi si schiarì la gola “Signorina, oggi
ci sarà la sentenza del Principe.
Sua madre vuole che lei sia presente quando il principe
condannerà a morte
Romeo Montecchi”.
Giulietta
si alzò dal letto e senza fare resistenza seguì
la
ragazza che prima l'aiuto a spogliarsi e poi a lavarsi e infine a
vestirsi. Restò
in silenzio per tutto il tempo con un leggero sorriso che le piegava
all'insù
gli angoli della bocca e ripensò alla sera precedente quando
era sgattaiolata
fuori dalla stanza della balia addormentata per stare con
Lui…
Quando fu definitivamente
pronta a un quarto alla decima ora mattutina, salì in
carrozza con il resto
della sua famiglia e si diressero al palazzo di Escalus.
Giunsero a palazzo e
trovarono la grande sala delle udienze divisa e appositamente allestita
per le
due fazioni che dovevano fronteggiarsi. Al centro c'era Romeo pallido e
con il
volto stanco circondato da occhiaie profonde. Non appena furono entrati
la
madre di Romeo si alzò in piedi e puntando l'indice verso
Giulietta inizio ad
urlare “Eccola! L'unica sola e vera colpevole! E’
solo colpa sua se il sangue
tanto prezioso di questi due giovani veronesi macchia le mani di questi
ragazzi! E lei l'unica che deve andare in Esilio! Quella cagna che
porta il
nome dei Capuleti”.
Giulietta
abbassò lo sguardo trattenendosi dal reagire e
subito dalle due fazioni si alzarono voci di protesta. Il conte
Capuleti perse
per il braccio la figlia e la trascinò di peso fino al loro
posto, lei restò in
silenzio e con lo sguardo cercò Mercuzio.
Il
grido del
principe fece tremare l'intera sala, “Assurdi cittadini! Le
vostre grida di
vendetta mi danno la nausea! Smettetela! Siete la vergogna della mia
bella Verona!
Con quale coraggio continuate a litigare quando il corpo del giovane
Paride è
ancora caldo nella sua tomba? Voi siete la feccia della
città!” si alzò in tutta
la sua imponente statura, “Dico a voi! Non uomini ma belve,
che avete spento il
fuoco del vostro odio con il sangue delle vostre vene! Io, il principe
Escalus
piango la perdita di un mio congiunto e quella di un giovane
altrettanto
valente! Tebaldo Capuleti! É visto che il suo assassino e
qui in piedi davanti
a me! Ho qui pronta per lui e la sua famiglia la mia
condanna”.
Lady
Montecchi
continuò a sussurrare all’orecchio del figlio
insulti pesanti rivolti alla
ragazza, lui le fece cenno di tacere. Poi lei ed il conte Enrico si
lanciarono
uno sguardo carico d’odio. “Non
permetterò ancora che quella maledetta ti
offenda Giulietta…” sussurrò Lady
Capuleti alla figlia.
Il
Principe continuò
solenne “Voi, giovane Montecchi Romeo sarete bandito a vita
dalla mia Verona
per aver ucciso e fatto sparire il corpo del giovane Tebaldo Capuleti!
Che
questo esilio sia immediato e che voi possiate finire i vostri giorni a
Mantova!”. Dal lato destro della sala entrò il
giovane Mercuzio e tutti gli
occhi furono puntati all’istante su di lui, tranne quelli di
Romeo che rimasero
incollati al suolo. Il giovane dai biondi capelli prese posto accanto
al trono
del Principe in silenzio, si guardò solo con Giulietta che
aveva sussultato
quando lo aveva visto entrare. Le sorrise come faceva ormai da qualche
tempo poi
abbassò gli occhi per evitare quelli della madre di Romero.
La
donna in blu
iniziò a piangere e ad invocare pietà per suo
figlio, il suo sguardo andava dal
suo bambino al Principe e viceversa, il conte invece era in silenzio e
guardava
con odio mal celato il conte Capuleti e la sua consorte. Nella sala
c'era solo
silenzio oltre alle grida di Lady Montecchi. Nessuno ebbe il coraggio
di
parlare allora il Principe fece un passo avanti per concludere e
sciogliere
quella seduta.
Fu
allora che Romeo parlò per la prima volta alzando gli occhi
e
puntandoli su Mercuzio “Mio principe, vi chiedo solo la
grazia di poter parlare
con il mio confessore prima di partire per la mia condanna”.
Il Principe guardò
Romeo e i suoi occhi vuoti e profondi come due pozzi senza fondo, la
sua pelle
pallida e il suo viso vuoto. Nel suo cuore si creò un vuoto.
Con un gesto della
mano acconsentì e Romeo cadde in ginocchio, il Principe
voltò il suo sguardo
verso i Capuleti, mentre Benvolio e i genitori di Romeo lo aiutarono ad
alzarsi, gli occhi di Escalus si posarono in quelli asciutti e tristi
di
Giulietta “Capuleti, il vostro dolore è stato
ripagato non dalla vendetta, ma
dalla giustizia che io lo Scaligero principe di Verona e sovrano di
queste
terre ha deciso. Quindi che nessuna mano si levi contro i
Montecchi”.
Si
voltò
a guardare anche loro che oramai facevano campanello intorno a Romeo e
quasi
strillò “A voi Montecchi vi proibisco di levar
alcuna mano su questi della
fazione opposta! Qualsiasi danno farete ai Capuleti o a chi per loro ne
fa le
veci sarete puniti con un danno 7 volte maggiore! Cosi ha parlato
Escalus
principe di Verona e ora andatevene e lasciatemi solo belve che altro
non
siete!”. Mercuzio si avvicinò a Romeo e gli chiese
se potevano parlare un
momento da soli ma quest’ultimo guardò altrove.
Benvolio provò a convincerlo ma
senza successo.
Le
due fazioni vennero
scortate all'esterno e il Principe rimase solo con il nipote
“Sono molto preoccupato
per te nipote mio, ho paura che l'ira di uno dei due casati possa
ricaderti
addosso”. Il giovane lo guardò preoccupato ma
sorrise ugualmente “Zio, me la
sono sempre cavata bene! Non temete per me, sono sicuro che dopo oggi
nessuno
oserà più disubbidirvi”. Il Principe
guardò suo nipote con grande affetto e
poggiò la al mento “Cosi sia Mercuzio, cosi
sia”.
La
cella era buia e
odorosa di incenso, il vecchio prete era seduto con la testa tra le
mani e
rifletteva sull'ingiustizia della vita e sull'inutilità
della fede. A che
serviva la fede se non poteva salvare la vita e l'anima del giovane
Romeo? Alzò
gli occhi al cielo e scosse la testa guardando la grande croce che
sovrastava
le mura della sua cella; guardò gli occhi carichi di
compassione e dolore del Cristo
in croce e gli fece una muta richiesta, fu in quel momento la porta si
aprì ed
entro Romeo in lacrime “Padre!
Frate! Confessore!
Sono qui per chiedere il vostro aiuto! Io, io non ricordo, non ricordo
di aver
ucciso il giovane Capuleti! Io non l’ho visto morire! E per
un crimine che non
ho commesso, devo andare via dalla mia casa e della mia vita! Voi mi
dovete
aiutare!”.
Il
frate si alzò e lo accolse tra le braccia “Romeo,
Romeo, ogni
uomo deve prendere le proprie responsabilità. Mi riempie di
gioia sapere che tu
non morirai” gli alzò il viso “Giovane
piccolo Romeo, io ti sarò vicino e ti
scriverò tutti i giorni”. Il ragazzo scosse la
testa “Io credo che il giovane
Tebaldo non sia morto davvero! Voi dovete aiutarmi! Mentre io
sarò via per
quest’assurda sentenza voi dovete scoprire se il giovane
Capuleti è vivo!”.
Frate
Lorenzo scosse la testa pallido “Questo è assurdo
mio caro Romeo, non posso e
come dovrei fare?” Romeo scoppiò a piangere e il
frate gli accarezzò il capo “Vi
prego padre vi scongiuro! Io non ricordo di averlo ucciso!”,
il vecchio con il
cuore straziato annui “E sia Romeo ti
aiuterò!”. Il giovane lo guardò sempre
piangendo, “Lo giurate su quella croce?” il frate
annui, “Lo prometto sulla mia
vita figliolo”.
Romeo
lo abbracciò forte e si sentì al sicuro.
“Padre…c’è un
ultima cosa…perdonatemi perché ho maledetto e
ferito il mio migliore amico”, il
frate lo strinse ancora rassicurandolo ma quella sicurezza
durò poco: due
uomini del Principe lo strapparono dalle sue braccia e prima che
sparisse dalla
cella il giovane urlò “Ricordate
la
vostra promessa padre!”.
La sera era ormai scesa
e i padroni erano tornati a casa molto sconvolti e poco soddisfatti per
la
sentenza di Escalus. Durante il pranzo e la cena la giovane sera aveva
potuto
apprendere che il giovane Romeo non era morto ma solo esiliato a
Mantova. Era
spaventata di dare la notizia al suo ospite e per tutto il tragitto
aveva rimuginato
sul da farsi, cosi aveva deciso di dire la verità per paura
delle
ripercussioni.
“Mio
signore come vi
sentite?” il giovane alzò brusco gli occhi dal
libro che stava leggendo e guardò
con apprensione la fanciulla “Che notizie mi porti Esmeralda?
É morto?”. La
fanciulla sbiancò e si appoggiò alla porta
“No mio signore… devo darvi una
brutta notizia: il giovane Montecchi non è morto!
E’ stato solo esiliato”. Il
ragazzo scosse la testa e si alzò come una furia facendo
cadere il libro “Non è
possibile! Il sangue di un Capuleti per il Principe vale cosi
poco?”, sbatté i
pugni sul tavolino incrinando il legno.
“E
ora? Ma mia cugina come l'ha presa?”
Esmeralda lo guardò impaurita. Non sapeva come funzionava la
mente del giovane
quindi, questa volta, decise di mentire “Non piangeva! Era
solo triste, ed io
credo che non ami più il giovane Montecchi perché
l'atto che ha commesso nei vostri
confronti deve averla sconvolta”.
Come
si era ripromessa non parlò del giovane
dai capelli dorati, Tebaldo cambiò espressione e prese a
sorridere “Bene Esmeralda!
Un Capuleti sa cos'e la dignità! Io entro domenica
tornerò dalla mia famiglia e
la gioia nel rivedermi convincerà la mia Giulietta a
sposarmi!”. Si alzò e si
avvicino minaccioso ad Esmeralda e dopo averle afferrato il collo la
baciò con
passione e la trascinò in camera sua.
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Capitolo 7 *** Capitolo Settimo ***
Capitolo
Settimo
Giulietta
suonava l’arpa al centro del salone di
casa Capuleti e le note che ne uscivano inebriavano lo spazio intorno
con la
dolcezza di quella melodia, quando la balia corse ad annunciarle
“Figliola…”,
si fermò a riprendere fiato, “Il maestro
d’armi è qui! Come volevi tu”.
La
fanciulla sorrise e allontanò le dita dalle corde
dello strumento musicale, si alzò e corse ad abbracciarla
“Finalmente!
Grazie!”. La donna con la cuffia rossa la strinse
“Sei proprio sicura che sia
una buona idea?”, la ragazza la guardò eccitata
“Dov’è? E’ qui
fuori?”. La
balia sospirò “In giardino”. Giulietta
la ringraziò ancora e corse via mentre
la donna le gridava “Sta attenta mi raccomando!”.
Il
maestro d’armi che l’attendeva
all’ingresso non
appena la vide la studiò da capo a piedi meravigliato
“Dunque, siete voi la
figlia del conte Enrico?” le chiese gentilmente. Lei lo
trascinò sul retro del
giardino “Si, Giulietta per servirvi”rispose
frettolosamente.
L’uomo
alto e magro dagli scuri capelli corti le
prese la mano e s’inchinò “Maestro
d’armi Aramis…E, vostro padre
dov’è? Vorrei
salutarlo prima di cominciare”. La fanciulla
cambiò espressione “Veramente
lui…non è in casa adesso, ma tornerà
presto!”.
Aramis
la guardò meglio da vicino; l’abito rosa
pallido, il viso da bambina con qualche lentiggine qua e la e la
carnagione
bianchissima la facevano sembrare fragile e delicata fisicamente e
nell’animo.
“D’accordo”
pronunciò e le porse l’arma che le aveva
portato “Prendete, questo è un
fioretto”, Giulietta lo impugnò senza problemi e
scalfì l’aria un paio di volte per provarlo mentre
lui le diceva “Per adesso è
bene che cominciate con qualcosa di leggero, una vera spada peserebbe
troppo
per i vostri polsi fini” e sfoderava la sua.
Lei
gli puntò l’arma contro e lui alzò la
sua “Tanto
per cominciare non ridete, e ricordate di studiare ogni movimento del
nemico,
dovete avere i riflessi sempre
all’erta…” sferrò un colpo
che lei parò
prontamente e poi un altro in basso.
Giulietta
sembrava davvero felice, anche troppo per
i gusti del maestro, in un attimo la disarmò e lei
cambiò espressione. “Ho
detto che non dovete ridere, non c’è niente da
ridere quando si combatte”
pronunciò lui in un tono che non ammetteva repliche.
“Su, raccogliete l’arma,
subito” continuò neutro. Giulietta
ubbidì e cercò di concentrarsi seriamente
,“In guardia!” ordinò Aramis.
Qualche
giorno dopo la fanciulla ricevette una
lettera che le aveva consegnato un paggio durante il pranzo, quando
aveva
riconosciuto il destinatario si era messa a ridere sotto gli occhi
interrogativi dei genitori.
Suo
padre la guardò da sopra il bordo del calice,
“Chi la manda?” chiese sarcastico, Lady Capuleti
smise di mangiare e attese
curiosa una risposta. Giulietta prontamente la nascose sotto
l’abito e disse
“La mia amica Arianna…non la conoscete,
è una parente del Principe…ma la
leggerò dopo, adesso ho troppa fame”.
I
genitori si convinsero e cambiarono discorso.
“Cara Giulietta” disse il conte, “Adesso
che Romeo non c’è più, ho pensato bene
che sarebbe opportuno aspettare almeno altre due estati prima che tu
prenda
marito…”. La figlia lanciò
un’occhiata alla madre e alla balia in piedi dietro
di lei “Padre, per questa volta siamo
d’accordo!” rispose con un sorriso.
Enrico
continuò “A meno che io non ti trovi un
pretendente
degno di te come era l’ultimo, ma sappiamo tutti che fine ha
fatto!” e scoppiò
a ridere e tossire insieme. La moglie esclamò
“Troppo vino! Nutrice porta via
la brocca!”, ma i servi furono più rapidi
perché il conte rovesciò
involontariamente il calice sulla tovaglia bianca che si
macchiò ampiamente di
rosso.
Giulietta
approfittò di quella confusione per
sgattaiolare in camera sua. Chiuse la porta, si sedette alla toletta e
cercò di
non guardare il suo riflesso, poi tirò fuori la lettera e la
aprì impaziente.
Sospirò
felice quando riconobbe la sua scrittura “Oggi
pomeriggio mi vedo con Benvolio e
dovrai esserci anche tu. Vengo a prenderti io prima delle tre, ci
vediamo più
tardi. Tuo Mercuzio”. La ripiegò e la
nascose nel portagioie, il suo cuore
sembrava impazzito all’improvviso.
La
balia aprì la porta ed entrò senza permesso
“Giulietta mia, che guaio tuo padre e il vino!”
brontolò. La ragazza non
l’ascoltò “Balia per favore fammi la
treccia, tra poco esco”. La donna richiuse
la porta e le si avvicinò “E dove vai, di
grazia?”, afferrò la spazzola e
cominciò a pettinarla.
Giulietta
non rispose ma le sorrise dal riflesso
dello specchio. “Eh no, qui c’è qualcosa
che non mi convince…Non ti sarai mica
innamorata?” la stuzzicò la donna. La fanciulla
abbandonò il sorriso “Oh no!
Questo no! Hai visto come è andata a finire con Romeo? Io
credevo di amarlo, e
invece no!”. La balia pensò che se nominava il suo
nome senza problemi allora
era vero, credeva di amarlo ma non era cosi.
“Quindi
non c’è nessun altro?” chiese ancora.
Giulietta sbuffò “Chi altro ci dovrebbe essere?
Adesso sbrigati che ho poco
tempo!”. La balia rise e quando finì la treccia la
ragazza si alzò e la
ringraziò, “Vuoi cambiarti?” le chiese
la donna. Sul balcone atterrò un sasso
che colpì la finestra.
“No,
non è necessario!” esclamò Giulietta
“Adesso
vai! E se mi cercano di loro che sono da Arianna e torno
presto”. La donna
guardò prima lei poi la finestra
“Ma…” pronunciò, la ragazza
le prese le mani
“Ti prego! Non fare domande! Vai e basta” la spinse
fuori la stanza e richiuse
la porta. Poi si precipitò alla finestra.
Mercuzio
l’attendeva pazientemente, sorrise non
appena la vide “Sei pronta?”. Lei annuì
“Scendo subito!” e corse in corridoio
più veloce che poté. Per poco non cadde
sull’ultimo gradino delle scale ma si
resse alla ringhiera e una volta fuori casa si precipitò
sotto la sua finestra.
Lo
vide e rallentò il passo. Lui le si avvicinò.
“Perché diavolo non ti calmi?” disse
Giulietta a se stessa mentre lui la
stringeva in un abbraccio. “Come stai?” le chiese
preoccupato, “E’ finita la
punizione?”.
Lei
gli prese la mano e lo condusse verso il
cancello “Si finalmente! Mio padre ha deciso che mi
lascerà libera altre due
estati dall’incubo del matrimonio, e fino ad allora io
vivrò in pace! Quando
arriverò il momento escogiterò qualcosa per
sfuggire al pretendente che lui mi
troverà”. Mercuzio scoppiò a ridere
“Puoi sempre chiedermi aiuto”. Giulietta lo
guardò capendo quello che intendeva prima di farsi aiutare a
salire a cavallo.
Arrivarono
in piazza e il caldo iniziò a farsi
sentire. Scesero da cavallo e Mercuzio gli accarezzò il muso, Giulietta
osservò il candore
dell’animale e la sua criniera “E’
davvero bellissimo” disse accarezzandolo a
sua volta. “Si” le rispose il giovane,
“Lo amo tantissimo”.
La
ragazza li osservò mentre lui lo accompagnava ad
abbeverarsi alla fontana “So quello che intendi, gli animali
sono
così..speciali” mormorò avvicinandosi.
Mercuzio la guardò con un sorriso
dolcissimo e lei distolse lo sguardo arrossendo visibilmente.
“Vieni”
le disse lui, “Benvolio ci aspetta alla
locanda”.
Entrarono
e Giulietta si fermò ad osservare i vecchi
ubriachi che invadevano i tavoli lerci e puzzolenti d’alcool.
“Lo so, è un
postaccio ma sai com’è lui. Non mi ascolta
mai” si giustificò Mercuzio notando
che la ragazza non era per niente intimidita.
“Non
mi sembra che sia arrivato” disse lei
avanzando, Mercuzio la seguì un po’ nervoso
“Aspetta, è meglio se mi stai
vicino”. Giulietta rise “Di cosa hai
paura?”.
Una
giovane donna non molto più grande di lei con i
vestiti strappati avvinghiò il ragazzo
all’improvviso “Mercuzio! Sei tornato
finalmente da me!”, lui prontamente la scansò
“Che cosa? Ti sbagli! Non sono
qui per te!”. Ma lei non lo ascoltava e prese a toccarlo
ovunque, lui cercava
di togliersela di dosso in tutti i modi, ma senza successo.
Giulietta
li guardò inorridita e indietreggiò.
“Elena smettila!” ordinò tenendole le
mani ferme. La ragazza rise di gusto “E
dai non fare il timido! Lo sanno tutti che qui io sono la tua
preferita! E’
troppo tempo che non vieni a trovarmi, perché non saliamo in
camera mia a
ricordare quella cosa che ti piace tanto…” e
agilmente alzò il ginocchio fino
ad appoggiarlo al suo fianco muovendo il bacino.
Giulietta
lanciò un’occhiata carica di rabbia a
Mercuzio che le ripeteva “Non è come
credi” mentre la gente si ammazzava dalle
risate, poi si appoggiò al bancone “Oste! Un
boccale di vino!”. L’anziano le
rispose “Subito mia signora!, la ragazza si sforzò
di non voltarsi “Anzi no,
facciamo birra!”. Lui prontamente
l’accontentò.
Benvolio
giunse alla locanda e vide l’amico in
difficoltà, gli si avvicinò poi notò
Giulietta intenta a bere. Si accorse di
lui e lo salutò con un cenno. “Che sta succedendo
qui?” chiese all’amico che lo
guardò a metà tra il divertimento e la
preoccupazione. Gli indicò la ragazza
palesemente offesa.
Benvolio
sfilò di mano il boccale ancora pieno a
Giulietta “Questa non è per te!” , lei
protestò “Ma non ho fatto niente di
male! Lui piuttosto!” e indicò Mercuzio che stava
trattenendo la donna che gli
chiedeva carezze e baci.
Benvolio
le si avvicinò brusco “Noi dovremo
andare!”
disse ma lei lo ignorò, si liberò dalla presa del
biondo e maliziosamente cercò
di alzargli la camicia.
Giulietta
le piantò le unghie nella spalla e la fece
voltare. “E tu chi sei? Che vuoi?”
sibilò quella scostandosi, e tornò a
guardare il ragazzo “Lui è solo mio”
rise e gli fece scorrere un dito sulla
camicia. “Ti ho già detto di non
toccarmi!” la rimproverò lui ma lei
insistette.
Giulietta
la strattonò per
l’abito e si trovarono faccia a faccia,
istintivamente la prese per il collo “Allora non capisci! Non
lo devi più
toccare” urlò minacciosamente. Tutti si zittirono
tranne Elena “Non mi fai
paura” sussurrò e Giulietta le strinse la gola
anche con l’altra mano.
A
Mercuzio scappò una risata. In un attimo le
sbatté
la testa sul tavolo “Possiamo risolvere la cosa con le buone
o con le cattive!”
continuò Giulietta. Elena con la testa cosi piegata
iniziò a piagnucolare
“Aiuto mi vuole uccidere! E’ pazza!”.
L’oste uscì da dietro al bancone “Vi
prego signorina lasciatela, è solo una stupida che non sa
quello che dice!” ma
Giulietta strinse più forte.
La
moglie dell’oste apparve dalle cucine seguita da
un paio di prostitute. “Elena!” gridò.
Mercuzio trattenne Giulietta per le
spalle “Dai lasciala”. Benvolio preoccupato
guardò la signora, che era anche la
padrona delle ragazze li dentro. Giulietta mollò lentamente
la presa ed Elena
scivolò a terra piagnucolando.
La
vecchia si avvicinò alla ragazza nobile “Avete un
gran coraggio a mettere le mani addosso alla mia mercanzia! E cercare
di
rovinarmela!” urlò ancora. Aiutò Elena
a rialzarsi e quest’ultima tossendo e
toccandosi il collo guardò Giulietta con disprezzo
“Lui è mio! Solo mio!”
sibilò.
Mercuzio
le urlò contro di smetterla di dire idiozie
e lei sdegnata si rivolse di nuovo alla fanciulla “Tu! Ma ti
sei vista? Sei
ridicola!” e scoppiò a ridere nervosamente.
“Io non sono una squallida puttana
come te!” le urlò in faccia Giulietta con la
voglia di rimetterle le mani
addosso.
Mercuzio
la trattenne per la vita, “Tu lasciami!”
protestò lei, ma lui la bloccò tra le sue braccia
possenti. “Non l’ascoltare”,
cercò di calmarla. La vecchia s’intromise
“Elena vai a fare il tuo lavoro al
piano di sopra” e l’accarezzò come si fa
con una figlia.
Benvolio
gridò “Noi ce ne andiamo da qui!”, la
vecchia guardò Giulietta e rispose “E’
un vero peccato che due dei miei
migliori clienti se ne stiano andando…”, sorrise
maligna. La ragazza si liberò
dalla presa di Mercuzio e la mandò all’inferno poi
uscì.
I
due amici la seguirono, “Stai bene?” le chiese
Benvolio dispiaciuto.
“Io…”balbettò lei
“Io non so che mi è preso, ho perso il
controllo mi dispiace!”.
Il ragazzo
l’abbracciò “Sta tranquilla, non lo
vedrai mai più quel postaccio, adesso
andiamo a casa mia”.
La
fanciulla si staccò e gli sorrise, si portò la
treccia di lato e una folata di vento improvvisa le scostò i
capelli davanti
che le si erano sciolti.
Benvolio
le guardò il collo “Che cos’hai
qui?” la
toccò sotto il mento. Mercuzio gli tolse la mano
“Fa vedere”. Giulietta si
scansò ma lui l’afferrò e la costrinse
a stare ferma. “Sembra un livido”
osservò l’amico “Che sta
scomparendo”. Mercuzio si ricordò della festa di
fidanzamento dell’amico, quello che era successo in
biblioteca…
“Non
è un livido” ammise, “E’ un
mio morso!”
annunciò divertito. Giulietta gli disse di non toccarla e si
coprì il collo con
la mano. Benvolio guardò entrambi confuso, stava per
riaprire bocca quando le
campane della chiesa suonarono a morte.
“Di
chi sarà il funerale?” chiese invece, Giulietta
fece spallucce. Mercuzio propose di andare a vedere ironizzando che
erano stati
prima dalle prostitute ed ora in un luogo sacro, i ragazzi lo seguirono
senza
esitare. Una volta dentro notarono quanta gente ci fosse.
“Non sembra un
funerale” disse Giulietta a bassa voce,
“Infatti” osservò Benvolio
“E’una messa
in onore di qualcuno”.
Mercuzio
passò un braccio sulle spalle della giovane
“E’ qui che ci siamo conosciuti
ricordi…” sussurrò come faceva quando
voleva sedurla.
“Risparmia il fiato” disse lei brusca e si tolse il
suo braccio dalle spalle.
Lui rise piano e le toccò la spalla nuda.
“La
pianti?” si lamentò lei. Il biondo si stava
divertendo nel vederla arrabbiata, “Sennò che fai?
Prendi per il collo anche me?”
ironizzò. Giulietta lo guardò con rabbia
“Sarebbe uno spreco” pensò ma rispose
“L’idea mi alletta, non sai quanto!” e
tornò ad ascoltare il Frate. “Se non ti
conoscessi, direi che sei gelosa” insistette lui e si
guardarono di nuovo.
Benvolio trattenne uno starnuto “E’ una messa in
ricordo di Paride” annunciò.
Mercuzio
guardò l’altare e divenne per un attimo
triste, non era mai stato sulla tomba dell’uomo che aveva
ucciso e adesso gli
era venuto in mente quando li in quella chiesa lui lo aveva sfidato a
duello.
Qualcuno si girò verso l’ingresso a guardarli.
“Vieni,
è meglio che non ti fai vedere qui” disse
Giulietta e tutti e 3 uscirono. Benvolio chiese se potevano andare
finalmente a
casa sua, Mercuzio prontamente gli rispose “Certo, adesso
andiamo” e guardò
Giulietta. Lei guardò il loro amico salire a cavallo e gli
andò incontro “Posso
venire con te?”.
Benvolio
scoppiò a ridere “Non sapevo aveste
litigato voi due! Anzi, ultimamente mi è sembrato il
contrario”, e le fece
posto. Quando anche il biondo fu montato in sella la guardò
“Eppure ti
preoccupi per me” le ricordò. Giulietta diede un
calcetto alla pancia del
cavallo di Benvolio e partirono ma Mercuzio li superò al
galoppo.
Quando
arrivarono a casa Montecchi e lasciarono i
cavalli alle scuderie Giulietta chiese a Benvolio “Sei sicuro
che non è un
problema la mia presenza?”, lui le sorrise e le disse di non
preoccuparsi.
Giunsero nel salone dei ricevimenti e Arianna intenta a leggere un
libro lo
chiuse e corse a salutarli.
Benvolio
l’abbracciò e le sussurrò
“Non mi scappi
più adesso”, si baciarono con passione molto a
lungo, troppo a lungo… Mercuzio
lanciò uno sguardo a Giulietta e lei sbuffò
girandosi dalla parte opposta. Ma i
due innamorati non ne volevano sapere di staccarsi. Il giovane dei
biondi
boccoli un po’ intimidito guardò per aria e
fischiettò a braccia conserte.
Giulietta distolse gli occhi dalla coppia e si guardò
intorno finché lo sguardo
non le cadde sulle spalle di lui. Restò un po’ a
contemplare il riflesso del
sole che entrava dalla finestra su quei capelli d’oro. Ad un
tratto lui smise
di fischiettare e si girò verso di lei, sorridendole.
La
ragazza guardò ancora Benvolio e Arianna
“Scusate” disse a voce alta. I due finalmente si
staccarono ridendo e la
fanciulla fidanzata corse ad abbracciare Giulietta “Come
stai?” le chiese
dolcemente. “Bella domanda…” fu la
risposta, Arianna la guardò senza capire e
Giulietta le fece cenno di non preoccuparsi.
Mercuzio
si avvicinò e le prese la mano ma le sue
labbra non la sfiorarono neanche. Non le aveva fatto il baciamano come
di
solito lo faceva a Giulietta, che in quel momento provò una
strana
soddisfazione.
“Ragazzi
che bello avervi di nuovo tutti qui!” disse
Arianna felice e si affrettò a chiamare un servo per far
portare un dolce e del
thè. “Accomodatevi!”disse ancora la
ragazza indicando il divano, Mercuzio fu il
primo a sedersi seguito da Benvolio che prese in braccio la sua amata.
“Gli
onori di casa li fai tu?” chiese Giulietta curiosa mentre
prendeva posto tra i
due ragazzi. “Si” rispose Arianna e
accarezzò i capelli a Benvolio.
“Vivono
insieme a momenti!” disse Mercuzio e lei
annuì “E’ anche casa tua
però!” gli rispose ed entrambi risero. Benvolio
baciò
Arianna poi guardò l’altra ragazza e il suo
migliore amico “Ma è la mia
impressione, o avete fatto pace voi due?”. Giulietta cercava
il più possibile
di dare le spalle a Mercuzio che dopo aver sentito quella domanda la
abbracciò
ridendo “Noi? Certo! Guarda quanto ci vogliamo
bene”.
Lei
sbuffò e alzò gli occhi “Ti avevo detto
di non
toccarmi!”, si alzò perché il servo
aveva portato ciò che Arianna gli aveva
chiesto, posò il vassoio sul tavolo e chiese se serviva
qualcos’altro. “Puoi
andare” gli disse Arianna, lui fece un inchino e
sparì.
I
4 ragazzi si accomodarono a tavola e Arianna parlò
per prima “Permettetevi di dirlo, voi due sareste una
bellissima coppia”,
guardò Mercuzio che sorrise e prese una fetta di dolce.
“Cosa? Di cosa
stai…parlando?”chiese distrattamente Giulietta e
bevve un lungo sorso dalla
tazza. I suoi occhi incontrarono poi quelli di Benvolio che aggiunse
“Hai
ragione mia adorata, lo penso anche io! Ti dirò, secondo me
c’è qualcosa fra
loro ma lei sembra non volerlo ammettere”, lui e Arianna
scoppiarono in una
risata e si guardarono, il ragazzo dagli occhi blu portò una
fetta di dolce
alla bocca della fidanzata che la morse.
Giulietta
si sentì gli occhi addosso di Mercuzio che
era imbarazzato più di lei ma non lo dava a vedere.
“Avete notizie di Romeo?”
chiese Arianna ai due giovani, poi s’interruppe
guardò Giulietta allarmata “Oh,
scusami!”. Lei le sorrise “Non
c’è nulla di cui scusarsi”. Benvolio
guardò
Mercuzio poi Giulietta “Sicura?”, lei
posò la tazza “Sicurissima, perché non
dovrei esserlo?” rispose col tono più sincero.
Mercuzio
parlò in suo favore “Potete fidarvi, non
è
una che mente, non ne è capace”. La ragazza
sostenne lo sguardo dei tre poi
Benvolio si decise a parlare “A quest’ora
sarà già a Mantova, ho ricevuto una
sua lettera due giorni fa in cui diceva…”.
Un
rumore forte di passi lo distrasse, la voce di Lady
Montecchi invase la stanza “Ragazzi miei! Arianna, Mercuzio
ci siete anche voi!
Che gioia vedervi tutti insieme…” i suoi occhi si
posarono sulla fanciulla
seduta vicino al biondo.
Il
sorriso le sparì dalle labbra “Nipote mio che ci
fa lei qui?”. Benvolio si alzò
“Zia…”, la donna lo interruppe
“No ma dico sei
impazzito? Tuo cugino è in esilio per causa sua! E lei osa
mettere piedi qui in
casa Montecchi! In casa mia!”.
Giulietta
si alzò seguita da Mercuzio, “Zia,
calmatevi! Giulietta è mia amica, è nostra
amica!”. “Tu!” gridò lei in
faccia
al nipote “Tu non sai quello che dici!”,
guardò la fanciulla che tanto odiava
“Maledetta!” gridò
“Guardie!”.
Subito
sei uomini armati irruppero nella stanza
armati, Mercuzio sguainò la spada e si parò
dinanzi a Giulietta. I due furono
contornati. Arianna pregò Lady Montecchi di mandarli via e
chiarire la
situazione ma la donna non la ascoltò. Le guardie puntarono
le spade contro i
due ragazzi ma Giulietta non ebbe paura.
“Signora
vi prego, risparmiate questo scandalo”
disse Mercuzio guardandoli uno ad uno, lei rispose acida
“Perché mai ci tieni
tanto a lei? Che ha portato solo sventure fino adesso?”. La
rabbia perché
qualcuno stava offendendo Giulietta s’impadronì di
lui e si scagliò contro
l’uomo che aveva davanti facendolo indietreggiare.
La
ragazza dietro di lui approfittò della
distrazione di una delle guardie affianco a lei, gli bloccò
la mano in cui
teneva la spada e con una gomitata in pieno viso riuscì ad
appropriarsene.
Mercuzio mise fuori combattimento l’altra guardia e si
girò a guardarla, gli
altri uomini armati furono in procinto di attaccarli mentre la madre di
Romeo
gridava ancora insulti alla ragazza e Benvolio li intimava a gettare le
armi.
I
due ragazzi dopo uno sguardo salirono sul tavolo e
spalla a spalla si batterono con il resto delle guardie.
“Questo è troppo!”
gridò Lady Montecchi “Marito, venite qui
subito!”. Benvolio sostenne Arianna
che sembrava sul punto di svenire.
Mercuzio
sferrò un calcio ad una guardia che cadde
all’indietro e lacerò parte della divisa ad
un’ altra che non era salita,
Giulietta parava i colpi che un altro le sferrava sulla lama senza
pietà. Si
piegò per schivare un suo pugno ma riuscì a
ferirgli un braccio. L’uomo urlò di
dolore e gettò la spada a terra, con uno spintone della
ragazza cadde anche
lui. Gli altri che erano rimasti in piedi li guardavano increduli e gli
puntavano ancora le armi contro.
Il
conte giunse in quell’istante “Basta
adesso!”
tuonò “Deponete le armi”. I suoi
servitori ubbidirono all’istante ma i due
ragazzi in piedi sulla grande tavolata no. “Permettetemi di
portarla via da qui
e nessun’altro si farà male” disse
Mercuzio al conte che gli si avvicinò
lentamente. Lady Montecchi iniziò a piangere silenziosamente
mentre il nipote e
Arianna cercavano di tranquillizzarla.
Il
conte parlò in tono piatto “Mercuzio vi prego,
scendete, evitiamo certi scandali”. Il ragazzo
saltò giù con un balzo “I
scandali siete voi a crearli” sibilò, tese la mano
a Giulietta e lei la prese
prima di saltare giu.
L’uomo
dinanzi a loro li guardò e mise le mani
dietro la schiena “Perché dite questo? Non sono in
collera con nessuno io, se
non con mio figlio”. Il ragazzo non lasciò la mano
di Giulietta “Che volete
dire?” chiese dubbioso. Il conte parlò ancora
“Sta pagando per un errore che ha
voluto commettere, un errore che avrebbe potuto evitare, e la colpa non
è certo
vostra” guardò la fanciulla con la spada di una
delle sue guardie.
“Giulietta,
dico bene?” le si rivolse in maniera
gentile. Lei lo guardò seria poi annuì.
“Si che è colpa sua!” strillò
la moglie
dell’uomo per poi scoppiare in un pianto a dirotto. Giulietta
la guardò
rattristata, il conte se ne accorse e le parlò ancora
“Sareste cosi gentile da
restituire la spada all’uomo a cui l’avete
sottratta? Non mi piace vedere le
donne che impugnano le armi”.
Lei
dopo un attimo lasciò la mano al ragazzo e si
avvicinò alla guardia , adagiò lama ed elsa sulle
proprie mani e fece un mezzo
inchino. L’uomo le si avventò quasi contro, lei
rapida puntò la lama a terra
fermandola col piede di mono che l’elsa fosse rivolta verso
l’alto.
“Perché
la sua vita vi sta tanto a cuore?” chiese il
conte a Mercuzio, lui lo guardò dritto negli occhi ma non
rispose. “Si dice che
voi l’abbiate portata via a mio figlio”
continuò il conte. La guardia provò ad
afferrare la spada che Giulietta agilmente gli sottrasse e gli
puntò il bordo
al collo trattenendo l’elsa all’altezza del suo
orecchio, avrebbe potuto
tagliargli la gola in un attimo nonostante lui fosse più
alto.
“Nessuno
mi ha mai portata via da nessuno, tanto
meno da Romeo” pronunciò. L’uomo che
aveva davanti la guardò con un filo di
terrore. “Come osi nominarlo!”
singhiozzò ancora Lady Montecchi.La ragazza
abbassò l’arma e la depose di nuovo sulle proprie
mani. “Coraggio prendetela
adesso” disse trionfante.
Il
conte l’aveva studiata per tutto il tempo.
Mercuzio invece la guardava temendo che potesse farsi male. La guardia
tremante
afferrò l’elsa, lei notò il sangue
uscirgli dal naso e si allontanò senza
dargli le spalle. Tornò dinanzi al conte e Mercuzio le
riprese la mano
intrecciando le dita alle sue.
“Giulietta
mi meraviglio di voi!” disse il conte
sincero “Come mai una signorina della tua età
è capace a combattere?”. Lei era
stanca, aveva voglia di andarsene ma trovò la forza di
rispondergli “Velocità,
riflessi sempre all’erta, e non dare mai le spalle al nemico.
Forse le giovani
fanciulle in attesa che qualcuno le salvi dovrebbero imparare tutto
ciò”. Il
conte sorrise “Strabiliante” mormorò.
Lei gli sorrise.
“Non
c’è da stupirsi allora se questo ragazzo tiene
tanto a voi, forse il motivo è perché siete
speciale” disse il padre di Romeo.
Mercuzio lo guardò e pensò a quanto fosse
diventata assurda quella situazione.
Un Montecchi che stimava una Capuleti? E un pomeriggio tra amici andato
a finire
in sangue. Già, il sangue. Giulietta si guardò
intorno: il vassoio del dolce
era caduto a terra, le tazze rovesciate avevano tinto la tovaglia del
colore
del thè. I sudditi del conte erano in piedi e guardavano un
punto fisso. Due di
loro perdevano sangue ed erano riversi in terra, anche la guardia a cui
lei
aveva sottratto la spada stava sanguinando dal naso. Ancora di
più di prima,
sempre di più.
“Devo
andare adesso” disse Giulietta, la testa le
girò improvvisamente. Benvolio chiese a Mercuzio se
l’avrebbe accompagnata lui,
Arianna corse ad abbracciarla e la signora Montecchi seduta in un
angolo la
guardava con odio. “Felice di avervi conosciuta
Giulietta” disse il conte, lei
lasciò la mano a Mercuzio e gli sorrise brevemente.
Si
avviò all’uscita mentre il padre di Romeo
chiedeva “Vi faccio accompagnare alla porta?”.
“Non ce ne è bisogno” rispose
Mercuzio “Conosciamo la strada”.
Il
paesaggio intorno a lei aveva preso a girare
all’improvviso , chiuse gli occhi e si toccò la
fronte. Poi appoggiandosi al
muro s’incammino lungo il prato all’esterno della
dimora. Mercuzio la raggiunse
“Che hai? Ti senti male?”.
Lei
si sforzò di tenere gli occhi aperti ma un senso
di nausea e tutto intorno a lei che non la smetteva di girare le
impedirono di
rispondere. Si appoggiò a lui e crollò. Il
ragazzo la trattenne e la prese in
braccio. “Giulietta! Giulietta!” la
chiamò senza ottenere risposta. La portò
vicino al pozzo e la distese delicatamente sul prato. Dopo aver
raccolto un po’
d’acqua con la borraccia le bagnò i polsi ed il
viso.
“Ti
prego svegliati, guardami” sussurrò e le
adagiò
la testa sulle proprie ginocchia. Accarezzò le sue guancie e
gli scese una
lacrima. Subito l’asciugò con rabbia. La
sentì respirare piano ma profondamente
e si soffermò a guardarle le labbra rosee. Quella bocca cosi
piccola, come le
sue mani ed i suoi polsi.
Si
sdraiò accanto a lei cercando di scacciare quel
pensiero. Ma non fu facile. Le sue dita le sfiorarono di nuovo il mento
e la
bocca. “Io ti amo” pensò “Ma
non so se dirtelo”. Si tirò su a sedere e rimase
appoggiato su di un gomito, le accarezzò piano il collo dove
c’era quello che
restava del morso che le aveva dato giorni addietro.
Il
cuore gli batté forte “Perché non
riprendi
conoscenza?”. Appoggiò la sua fronte a quella di
lei sentendosi incapace di
fare nulla. Le guardò gli occhi chiusi e le lentiggini che
al sole erano più
evidenti, le accarezzò la punta del naso poi
appoggiò la mano sull’erba e le
labbra sul suo viso. Baciò l’angolo della bocca e
la guardò ancora, poi lentamente
le schiuse le labbra e le sfiorò con le proprie.
Giulietta
aprì gli occhi e sobbalzò. Lui ritrasse il
viso e lei si tirò su di scatto gridandogli “Che
stai facendo?”. Mercuzio
l’aiutò a rialzarsi “Finalmente ti sei
ripresa!” esultò, “Va meglio?”
le chiese
togliendole alcune foglie dai capelli. Lei avrebbe voluto abbracciarlo
ma si
trattenne “Sto bene…Portami a casa
adesso” ordinò e si avviò verso il
cavallo
bianco.
Corse
in camera sua e si buttò sul letto, iniziò a
piangere prima silenziosamente poi a singhiozzi “Dio, ma che
mi sta
succedendo?” gridò a se stessa. Si alzò
e di fronte allo specchio e si sciolse
nervosamente la treccia poi chiuse la finestra sbattendola
“Non voglio vederti
più” pensò “Non posso andare
avanti cosi, guarda cosa è successo oggi. Guarda
cosa ho scoperto di te oggi!”.
Mercuzio
stava tornando a casa quando rallentò il
cavallo “Io quasi quasi tornerei indietro…tu che
dici Ares? Torniamo da lei?”.
L’animale sbuffò e il suo padrone rise
“Sono d’accordo”, invertì la
marcia e
riprese a correre.
Una
volta arrivato lasciò Ares al solito posto,
scavalcò il muro e senza farsi vedere da nessuno corse al
balcone. Si arrampicò
e con un’amara nota vide la finestra chiusa, si
appoggiò al vetro finché lei
che era seduta al centro del letto con le braccia intorno alle
ginocchia
piegate alzò lo sguardo verso di lui.
Il
ragazzo ebbe una stretta al cuore: il suo
bellissimo viso da bambina era rosso e gonfio di lacrime. Giulietta si
alzò dal
letto e scomparve dalla sua vista. Lui bussò al vetro
“Aprimi” disse “Per
favore, ti prego apri”.
La
ragazza si era appoggiata contro l’armadio con le
braccia conserte “L’avevo detto io che non ti
volevo vedere” disse e si asciugò
le ultime lacrime. Mercuzio si sedette a terra
“Starò qui anche in eterno se
necessario”,
lei sospirò “Prima o poi dovrai aprire la
finestra!” disse ancora lui. La
ragazza provò ad ignorarlo con tutte le sue forze.
Mercuzio
era seduto e incollato al vetro, per
tre volte la vide uscire ed entrare nella
stanza senza guardarlo. Ad un certo punto si alzò e
bussò di nuovo “Perché non
me lo dici in faccia perché ce l’hai tanto con me?
Guarda che quelle della
locanda non significano niente per me”.
Giulietta
lentamente comparve nel suo campo visivo.
“Non crederai alle parole di Elena! Fa cosi con tutti! E poi
l’avrò vista solo
un paio di volte…” continuò il ragazzo
guardandola negli occhi. Lei si avvicinò
ancora e lui appoggiò il palmo destro della mano al vetro.
“Giulietta ti prego,
devi credermi! Io non voglio perderti”.
La
giovane poteva capire quello che lui le stava
dicendo perché nella stanza c’era un'altra
finestra aperta, forse se avrebbe
chiuso anche quella, la voce di lui non avrebbe più potuto
raggiungerla…
Invece
appoggiò il palmo sinistro della sua mano al
vetro. Il ragazzo si ammutolì e la desiderò ancor
di più. Lei non lo stava
guardando, era intenta a posizionare le dita perfettamente sopra le sue
dall’altra parte della finestra.
Ci
fu un istante di silenzio poi Giulietta alzò lo
sguardo. Mercuzio appoggiò anche la fronte “Ti
amo” pensò ancora e temette che
la ragazza riuscì a sentirlo perché gli occhi le
si velarono di lacrime e si
voltò di scatto.
Sbatté
i pugni sul vetro meno delicatamente di prima
“Una volta mi hai detto che sono importante
per te, se ci tieni ancora a me
allora apri!”. Giulietta trasse un respiro profondo e
aprì la finestra
“Cos’altro vuoi?” ringhiò. Lui
appoggiò i gomiti ai bordi del muro “Che tu sia
sincera con me! Dimmi quello che hai dentro, fa qualcosa,
sfogati!”.
La
ragazza lo guardò seria negli occhi e gli si
avvicinò al viso “Sto male, ed è tutta
colpa tua”. Mercuzio sorrise beffardo
“Non sapevo di essere la ragione dei tuoi mali, almeno fino
ad oggi...”, non
finì la frase perché lei gli afferrò i
capelli e gli guardò il collo, poi la
bocca. Passò qualche secondo e Giulietta un po’
incerta se baciarlo o meno gli
lasciò i capelli e si voltò.
Lui
la trattenne per i fianchi “Hai persino paura di
non lasciare le cose a metà?”. La stava provocando
e lei ne era consapevole.
“Stavo solo cercando di farti tacere” gli rispose
divincolandosi inutilmente.
“Ah davvero? Strano, perché se io voglio che
qualcuno stia zitto faccio questo”
e le tappò la bocca.
Giulietta
riuscì a liberarsi dalla sua presa
esclamando “Lasciami!” e si allontanò di
qualche passo. Il giovane scoppiò a
ridere “Tu mi vuoi” disse avvicinandosi, Giulietta
divenne paonazza. “Io ti
piaccio non è cosi?” continuò lui.
“Sei
completamente folle lo sai?”replicò lei e si
voltò di scatto per guardarlo in faccia, invece se lo
ritrovò ad un passo dal
viso. Il suo sorriso era capace di farla sragionare. “Certo
che lo so, che
mondo sarebbe senza follia? E poi, se non fossi cosi folle, non ti
piacerei
cosi tanto” disse orgoglioso abbracciandola.
Lei
lo guardò con rimprovero. “Prova a dire il
contrario, se hai coraggio” disse lui prendendole il viso tra
le mani.
Giulietta arrossì palesemente intimidita, abbassò
lo sguardo e gli scansò le
mani “Qual’era la domanda?” chiese
innocentemente facendolo ridere di nuovo.
Poi
Il biondo si toccò la camicia
“Ahi…” mormorò,
Giulietta quasi urlò “Oddio che ti
succede?”. Lui si piegò e indietreggiò
“Credo… mi si siano riaperti i punti”.
La balia bussò alla porta e la chiamò
“Giulietta?”, la ragazza guardò Mercuzio
e la porta.
Corse
a risponderle trattenendo la maniglia
“Si…cioè
no, non adesso”, la donna replicò
“Tesoro ti senti bene?”, Giulietta sostenne
la porta temendo che la balia l’avesse aperta da un momento
all’altro. “Ma si
sto benissimo, vai e torna dopo, per favore!” insistette, la
donna in corridoio
si convinse a tornare più tardi e la fanciulla quando fu
certa che la sua
nutrice si fu allontanato si voltò a guardare il ragazzo,
che non era più in
piedi piegato in due dai dolori, bensì sdraiato
sgraziatamente sul suo letto.
La
guardò come se niente fosse. Le gambe accavallate
e le braccia piegate dietro la testa. Giulietta si arrabbiò
“Ma tu stai
benissimo!”, lui si sistemò meglio il cuscino
dietro la schiena senza staccarle
gli occhi di dosso.
“Dovresti
vedere la tua espressione in questo
momento Giulietta” ridacchiò. La ragazza
afferrò l’altro cuscino e glielo tirò
addosso, lui parò il colpo e abbracciò il
cuscino. “Sai che ti dico?” tuonò lei
con le mani sui fianchi “Vorrei tanto che ti si riaprissero
per davvero i
punti!”. Il ragazzo annusò il profumo del cuscino
e la guardò di nuovo “Oh,
questo si che mi fa male” mormorò alzandosi dal
letto.
Lei
distolse lo sguardo e si concentrò sul letto
ormai mezzo disfatto. Mercuzio le si avvicinò dicendole
“Tu sai farmi più male
delle ferite di guerra…”, la ragazza
sbuffò e indietreggiò, lui cercò di
prenderla e lei scappò dall’altra parte della
stanza.
“Ti
ho già detto di non toccarmi” gli disse in tono
minaccioso facendolo ridere di nuovo. Lui la raggiunse e lei
provò a sfuggirgli
di nuovo ma senza successo. “Non avevi sviluppato i riflessi
pronti?” le chiese
accarezzandole i capelli lentamente e stringendola.
Giulietta
evitò il suo sguardo e cercò di liberarsi
ma lui la prese per i polsi e se li appoggiò alle spalle.
Gli occhi di lei
ammirarono la camicia semiaperta e quello che c’era dietro.
“Se vuoi ti faccio
vedere” disse lui, e dopo averle lasciato libero un braccio
si alzò lentamente la
camicia. “Dai non essere timida” aggiunse ridendo
perché la ragazza si stava
agitando, “Non sei contenta di sapere che sto guarendo? O hai
paura di…”.
La
giovane lo guardò negli occhi “Io non ho paura di
niente! Non l’hai visto oggi?” con la mano libera
gli toccò la pelle nuda che
era incredibilmente calda. Lanciò un’occhiata sul
taglio che si stava
rimarginando visibilmente. “In effetto oggi mi hai davvero
stupito” disse il
ragazzo.
Le
dita di lei gli accarezzarono l’addome per un
istante di silenzio “Ti fa ancora male?” gli chiese
con un filo di voce. “E’
solo un graffietto, tu sei molto più velenosa”
rispose lui, ma dolcemente.
Giulietta lo guardò per scusarsi ma non riuscì a
parlare, era certa che lui
l’avrebbe compresa anche senza l’aiuto delle
parole.
La
porta si aprì di colpo ma la balia non riuscì a
dire quello che voleva dire. La vista della sua amata figlioccia
vicinissima a
quel mascalzone che le avvinghiava un polso e si teneva la camicia
tirata su
mostrando le sue fattezze, e la mano di lei sulla sua pelle? No, non
può
essere, disse a se stessa. Ma come si guardarono quei due, non le
piacque
affatto.
“Voi?”
urlò “Che cosa le state facendo?”.
Mercuzio
si ricompose all’istante e Giulietta si liberò
dalla sua presa. “Balia calmati!
Non è successo niente” rassicurò la
ragazza ma la donna non l’ascoltò,
guardò
il ragazzo con disprezzo “Lei non è come quelle
che voi conoscete! Mio fiore
purissimo che ancora non sa quanto l’uomo possa
inquinarla” abbracciò Giulietta
come a proteggerla.
Mercuzio
le rise in faccia “Mi ricordo anche io di
voi, bella gentildonna”. La balia replicò
“Siete un vile! Un furfante, vi
meritereste…”, la ragazza s’intromise
“Ma balia non è affatto come dite! Voi
non lo conoscete”. La donna la guardò con
devozione “Figliola sei ancora molto
giovane e inesperta sugli uomini, non sai quello che fanno con le
prostitute,
non sai quanto possano essere loschi i loro scopi!”.
Giulietta
la guardò senza capire poi delle voci di
alcune serve annunciarono che era pronto il bagno, si rivolse a
Mercuzio “Vai
adesso!”. Lui svelto si dileguò dietro alle tende.
La balia spalancò la porta e
due serve trascinarono in camera la vasca da bagno mentre altre la
riempivano
con secchi d’acqua calda fumante, acqua di colonia e Sali da
bagno.
“Va
bene, grazie” disse Giulietta e si affrettò ad
accostare la finestra “Tutte fuori, subito!”. Le
serve, tra cui Esmeralda
ubbidirono e chiusero la porta. La balia cominciò a
slacciare il corpetto
dell’abito della ragazza e l’aiutò a
spogliarsi. Quando rimase in sottoveste la
pregò di uscire.
“Ma
Giulietta!” replicò lei, “Quel farabutto
potrebbe tornare dalla finestra e...”. la ragazza la
zittì bruscamente “Adesso
finiscila e ascoltami! Lui non è come tu lo descrivi, non lo
conosci come lo
conosco io e adesso per favore, voglio fare il bagno da sola. Vai, te
lo
ordino!”. La donna si scusò ed uscì
dalla stanza a testa bassa.
Giulietta
si chiuse a chiave e sospirò, cominciò a
sentirsi stanca. Mercuzio da dietro la lunga tenda rossa la osservava
cercando
di respirare piano per non farsi sentire. Quando la vide avvicinarsi
alla vasca
fumante e abbassarsi la spallina della sottoveste girò la
testa dall’altra
parte imbarazzatissimo e strinse i pugni.
La
tentazione di guardare fu forte ma con un grande
sforzo resistette. Dal rumore dell’acqua capì che
aveva immerso il suo corpo.
Scostò la tenda e osservò la sua schiena candida.
Si
stava spostando i capelli di lato e dopo averli
pettinati si era appoggiata al bordo e aveva socchiuso gli occhi.
Incrociò le
braccia e vi appoggiò la testa. Per un momento
svuotò la mente e si rilassò ma
durò poco perché un colpo di tosse la fece
sobbalzare.
Riaprì
gli occhi e si girò di scatto “Perché
sei
ancora qui?” gridò. Mercuzio ad un passo dalla
vasca scoppiò a ridere “Stai
tranquilla, voglio solo farti compagnia” e con un rapido
gesto si sfilò la
camicia.
Giulietta
indignata si gettò i capelli davanti al
petto. “No vattene!” replicò ancora lei.
Lui le lanciò un’occhiata divertita
prima di slacciarsi la cinta. “Guarda che mi metto a urlare e
ti faccio
cacciare!” si allarmò Giulietta. “Fai
pure” disse lui mentre si toglieva le
scarpe “Tanto siamo chiusi a chiave” e rise prima
di passare ai pantaloni.
La
ragazza si girò di scatto dalla parte opposta.
“Comincio a pensare che la mia balia abbia
ragione…” disse arrabbiata “La forca
ti meriteresti! E comunque voglio che tu te ne vada adesso”,
si rannicchiò
infastidita e si coprì con i capelli il più
possibile.
“Quante
storie per un bagno!” rispose lui mentre
metteva piede in acqua, Giulietta chiuse gli occhi e li
riaprì quando avvertì
che si era accomodato.
“E’
un vero peccato tenerti quest’acqua meravigliosa
solo per te, non essere avida” la stuzzicò
Mercuzio innervosendola ancora di
più “Ah io sarei avida perché vorrei
fare il bagno da sola!”, lo guardò e ne
rimase incantata. Il suo viso cosi angelico le sorrise poi si immerse
del tutto
e dopo qualche secondo tornò a galla. I capelli bagnati si
appiattirono e lui
se li tirò all’indietro.
Le
gocce d’acqua che gli scivolarono giù dal viso e
dalle braccia piegate fino alle spalle nude incollarono
l’attenzione della
ragazza che aveva perso le parole. Lui riaprì gli occhi e
appoggiò il mento
oltre la superficie dell’acqua. “Forse dovrei
chiederti scusa” disse Giulietta.
Il
ragazzo le toccò i capelli e l’attirò a
se
lentamente “Sto per vendicarmi” sussurrò
“Trattieni il fiato…”. Lei lo
guardò
senza capire poi si ritrovò con la testa
sott’acqua e un istante dopo respirava
di nuovo l’aria “Ma come osi!”
replicò e schizzò un po’
d’acqua contro di lui.
“Di cosa ti lamenti? Sono stato delicato!” e
iniziarono una battaglia di
schizzi finché il pavimento non si allagò.
Giulietta
si fermò e si appoggiò al bordo per vedere
“Abbiamo combinato un guaio” pensò ma
non le interessava. Mercuzio si spostò
dietro la sua schiena e si ritrovarono opposti a come erano prima.
“Tranquilla”
le disse “C’è ancora acqua in
abbondanza… per coprirti”. Lei fece finta di
ridere “Il tuo senso dell’umorismo è
notevole”.
Lui
si girò e le diede le spalle divertito
“Piuttosto, fammi spazio” e le fu addosso.
Giulietta istintivamente dischiuse
le braccia e lui si accomodò con la schiena contro di lei.
“Ti sembra normale
quello che stai facendo?” gli chiese facendolo
ridere,“Non mi sembra che ti
dispiaccia” replicò lui.
La
ragazza prese il pettine che aveva appoggiato sul
tavolo accanto e iniziò a passarglielo fra i capelli dorati.
Sbuffò “Sei
patetico, te l’hanno mai detto?”. Lui socchiuse gli
occhi “Mi hanno chiamato in
modi peggiori, ma io preferisco folle” si rilassò
e appoggiò la testa sotto al
mento di Giulietta che lasciò il pettine dove era prima e in
silenzio gli passò
le mani sulle spalle e poi sul petto.
“Non
ti addormentare” gli disse accarezzandogli
ancora i capelli, lui girò un po’ la testa
“E come potrei, sto in paradiso”.
Giulietta sospirò soffocando una risata poi
spostò la gamba che le si stava
addormentando, e l’adagiò sul bordo della vasca.
Mercuzio l’accarezzò salendo
dalla caviglia al ginocchio e poggiò la mano sulla coscia.
“Credo
sia ora che usciamo, l’acqua sta diventando
fredda” disse la ragazza vergognandosi.
“Meglio” rispose lui “Io ho molto caldo
in questo momento” si spostò fino a toccarle la
coscia con le labbra, baciò la
pelle castamente poi la mordicchiò. La balia
bussò forte alla porta e provò ad
aprirla “Giulietta!” gridò.
I
due ragazzi sbuffarono e si guardarono “Hai
ragione, è ora di uscire” disse Mercuzio che
agilmente balzò fuori mentre lei
si era già coperta gli occhi e afferrò un telo
avvolgendoselo in vita. “Adesso
arrivo!” rispose Giulietta, poi si rivolse a lui
“Girati”.
Il
ragazzo poco convinto le diede le spalle
lentamente, “E chiudi gli occhi!” aggiunse lei
alzandosi. “Ti devi fidare”
sussurrò lui. La ragazza si avvolse per bene il telo
addossò e si strizzò i
capelli facendo ricadere l’acqua nella vasca.
“Giulietta
apri!” gridò ancora la balia. Mercuzio si
passò un altro telo intorno al collo.
“Sbrigati!” gli intimò Giulietta ma
sentendo che la balia non la smetteva di calmarsi prese i vestiti del
ragazzo e
lo trascinò fino all’armadio, lo aprì,
prese un vestito a caso e lo costrinse
ad entrarci.
“Giulietta
che sta succedendo?” insistette la balia
“Perché ti sei chiusa a chiave?
Giulietta!”. Mercuzio rise mentre si faceva
spazio nell’armadio. Lei lo guardò intimandogli di
tacere e chiuse l’anta in
mondo che gli passasse un filo d’aria. Aprì la
porta e la balia entrò di cosa e
si guardò intorno.
“Ecco,
ho fatto!” si giustificò Giulietta”. La
donna
non trovò nulla di sospetto, chiamò le serve che
portarono la vasca nella
stanza accanto per svuotarla e ripulirono per terra. Una volta uscite
la balia
aiutò la fanciulla a rivestirsi e a spicciarsi i capelli,
“Non essere
arrabbiata con me!” le disse Giulietta , la donna
l’abbracciò “Lo sai che mi
preoccupo per te, non voglio che qualcuno ti faccia del
male”.
La
ragazza le sorrise e la convinse che si sarebbe
finita di asciugare i capelli fuori al sole cosi la balia si
congedò per andare
nelle cucine. Appena fu fuori dalla camera Mercuzio uscì
dall’armadio mezzo spogliato
e con i capelli umidi,”Se sapesse che abbiamo dormito insieme
e fatto anche il
bagno, ti farebbe rinchiudere in convento”
sghignazzò senza ottenere risposta.
S’infilò
la camicia e Giulietta l’aiutò a
riabbottonarla poi sistemò l’armadio e gli
portò le scarpe. “Come sei
premurosa” osservò lui allegro, lei sorrise
“Dai vieni, usciamo cosi ci
asciugheremo meglio i capelli”, quando il ragazzo fu pronto
sgattaiolarono in
corridoio e arrivarono furtivi all’uscita che dava sul retro
della dimora.
Una
volta fuori Giulietta annunciò “Questo
è il mio
angolo di giardino personale” indicò le molte rose
rosse. Lui ne accarezzò una
e pensò che le guancie di lei fossero della stessa
morbidezza. “Giulietta,
dovrei andare adesso” disse a malincuore,
“Però prima volevo chiederti una
cosa”.
La
ragazza gli si avvicinò facendogli cenno di
proseguire. “Sei ancora innamorata di Romeo?”, la
guardò negli occhi. “Romeo…”
gli fece eco lei “Io non lo perdonerò mai per
quello che ti ha fatto” indicò la
sua ferita “E per quello che mi ha fatto”,
sospirò “No che non lo amo, forse
credevo di amarlo, ma so con certezza che il mio cuore non gli
è mai
appartenuto”.
Si
guardarono brevemente. “Lascia che ti accompagni”
propose Giulietta e lui acconsentì, arrivarono al cancello
insieme, due
servitori lo aprirono e rimasero in attesa di ordini. “Quando
potrò rivederti?”
chiese lui, lei fece spallucce poi si abbracciarono e lui la
sollevò da terra
“Se continui cosi” lo minacciò lei
scherzando “Il mio permesso di accettare che
tu mi faccia la corte dovrà aspettare”.
Risero
e si ritrovarono di nuovo faccia a faccia
“Perché fino adesso ti risulta che non te
l’abbia fatta?” disse lui facendola arrossire.
“Vai!” gli ordinò. Si congedarono dopo
altre battute e risate, mentre si
allontanava lui le mandò un bacio con la mano.
Giulietta
attraversò il viale con l’alta fontana al
centro e giunta alla porta di casa trovò la balia e suo
padre con gli occhi
fissi su di lei. “Va tutto bene?” chiese loro, che
annuirono e poi guardarono
in lontananza.
Quella
notte Giulietta sognò le prostitute della
locanda che venivano a casa ad annunciarle di essere tutte quante
incinte di
Mercuzio. Si svegliò di malumore e a lezione di spada fu
più verace che mai.
Aramis le insegnò ad usare anche i pugnali visto che lei ne
aveva 2 con cui
dormiva sotto al cuscino. La balia le ripeteva che se si era presa una
sbandata
per il giovane dai capelli d’oro era il caso che se la faceva
passare il più in
fretta possibile.
Giulietta
sentiva che c’era qualcosa che non andava
in lei, qualcosa di strano. Si diresse nello studio del padre e
aprì un
cassetto dove non poteva mancare l’occorrente per scrivere.
Si sedette dietro
lo scrittoio e trasse un lungo respiro profondo.
“Dove
sei stato?” chiese Escalus in tono rigido al
proprio nipote incrociandolo per le scale. “Zio”
rispose Mercuzio “A
contemplare una bellezza unica, un fiore delicato e puro
e…”, il Principe lo
trattenne per una spalla “Ma cosa stai dicendo? Non ti ho mai
sentito parlare
in questo modo, non è da te!”.
Il
nipote rise “Chissà…”, e fece
per andarsene ma lo
zio lo fermò “Non dirmi che sei finito ancora una
volta ad ubriacarti!”.
Mercuzio scosse la testa “E a che mi serve? Non ci penso
minimamente”. Il
maggiordomo dal fondo delle scale li interruppe “Perdonate
vostra grazia, ho
qui un messaggio per il signorino”.
Il
ragazzo scese le scale a due a due e quasi
strappò la lettera di mano all’anziano, la
aprì e lesse “Caro
Mercuzio, perdonatemi ma non so che mi succede. Credo sia meglio
non vederci per un po’, anzi forse è il caso di
evitarci del tutto. Siete un
buon amico ma non voglio affezionarmi troppo a voi. Scusate per queste
parole
che so ti faranno male ma è meglio cosi per entrambi. Tua
Giulietta”.
La
rilesse una seconda volta per accertarsi di aver
capito bene. Il Principe chiese sbuffando “Allora Mercuzio?
Buone notizie?”, il
nipote con gli occhi lucidi rispose “Si…Le
migliori”, la ripiegò e corse a
chiudersi in camera sua. Il tonfo della porta che sbatté
risuonò per tutto il
castello.
Giulietta
guardò la lettera che aveva appena
ricevuto appoggiata sul letto, sapeva chi era ad averla scritta ma non
aveva il
coraggio di aprirla. Camminò su e giù per la
stanza poi si fece coraggio e
l’aprì, uscì sul balcone e
appoggiandosi al muro lesse “Perché
hai deciso di farmi questo? Che cosa ho sbagliato? Non dirmi
che la tua cara balia ti ha convinta di chissà quali
assurdità. Tu sei forte,
ne abbiamo passate tante, ti conosco e quella che mi ha scritto non sei
tu. Non
sai spiegarti cosa ti sta succedendo? Vuoi evitarmi? Te lo dico io il
perché,
continui a negare che c’è qualcosa tra
noi…”
Giulietta
iniziò a piangere poi proseguì “Per
quanto potremo andare avanti cosi? Lo
sai che io ci tengo a te e non ti perderò per nessun motivo
al mondo, non puoi
liberarti di me cosi facilmente, ciò che voglio
più di qualunque altra cosa è
stare al tuo fianco, sempre”.
Passò
qualche altro giorno, la fanciulla conservava
la lettera nel portagioie rileggendola di tanto in tanto. La balia
evitava il
discorso e Mercuzio non era più venuto a
trovarla…Ma lei aveva la sensazione
che lui la osservasse quando si affacciava sul balcone, o passeggiava
in
giardino oppure usciva a cavallo.
Quel
primo pomeriggio stranamente nuvoloso Frate
Lorenzo giunse a casa dei Capueti per avere un colloquio con Enrico. Il
conte
lo accolse nel salone sfoderando il suo migliore sorriso
“Padre!” esclamò
“Venite accomodiamoci!”, il frate lo
guardò nervosamente “Non è necessario
conte…Vengo solo per un avvertimento”.
Enrico
lo guardò perplesso “Che genere di
avvertimento?”, si avvicinò al mobile dei liquori
e si versò un bicchierino. Il
frate sospirò “Questa volta devo infrangere il
voto della confessione del
giovane Romeo Montecchi…”.
Il
conte bevve tutto d’un sorso “Non voglio che quel
nome venga nominato in casa mia” sibilò rigido
facendo tremare il frate “Ma
conte! Il ragazzo ha ammesso di aver colpito Tebaldo ma non di averlo
visto
morire! E come mai il suo corpo non è ancora stato
ritrovato? Non ve lo siete
domandato?”.
L’uomo
sbatté il bicchiere “Non ditemi che
quell’assassino è riuscito ad imbrogliarvi cosi
facilmente!” alzò la voce ma il
frate non si scompose, “Quello che avevo da dirvi ve
l’ho detto” disse “Adesso
sta a voi ascoltarmi oppure fare finta di nulla, ma ricordate che
vostro nipote
può essere ancora vivo!”.
Si
congedò e il conte lo fece accompagnare alla
porta da un servo, si sedette col bicchiere di nuovo pieno e
ripensò alle
parole del frate “Tebaldo…”
sussurrò.
Un
tuono in lontananza fece sobbalzare Giulietta che
sdraiata sul letto, si era addormentata vestita. Sgranò gli
occhi e si alzò a
sedere per guardare fuori dalla finestra; il cielo era nero
“Sta per piovere”
pensò e si alzò dal letto per socchiudere la
finestra. Bevve un sorso d’acqua
poi lanciò distrattamente un’occhiata allo
specchio. Si sedette a guardare
meglio il suo riflesso e all’improvviso capì
veramente cosa voleva.
Corse alla
finestra, la aprì e uscì sul balcone. Si sedette
sul bordo e lo scavalcò, poi
appoggiò un piede alla fitta pianta rampicante e facendosi
coraggio vi aggrappò
anche una mano, con una spinta si ritrovò aggrappata al
muro. Si sforzò di non
guardare giù e scese lentamente finché con un
balzo si ritrovò a terra.
“Ci
sono riuscita” pensò una volta atterrata e
guardò ancora il suo balcone, poi stando attenta a non farsi
vedere, percorse
il retro del giardino e arrivò al cancello, ma
c’erano le guardie. Che pretesto
avrebbe potuto trovare visto che stava uscendo da sola a piedi e con in
arrivo
un temporale?
Si
guardò intorno poi pensò a come aveva fatto lui
tutte le volte che si era introdotto in casa sua di nascosto.
C’era una parte
del muro di cinta più bassa perché distrutta.
Si
avvicinò e dovette arrampicarsi. Impresa ardua
visto che indossava un lungo abito bianco, ma alla fine ci
riuscì e si ritrovò
sul cortile. Corse fuori sul viale alberato appena fuori casa sua e in
quel
momento una goccia d’acqua le cadde sulla fronte. Mentre
sfrecciava tra gli
alberi di nuovo quella sensazione. Si fermò ad ascoltare ma
non volle guardare
indietro.
Ricominciò
a correre e giunse in un vicolo che dava
sulla piazza. C’erano parecchi ambulanti in giro
perché era il giorno del
mercato. Lo attraversò a passo svelto attirando
l’attenzione di molti passanti.
Mercuzio
seduto sui gradini della chiesa sospirava e
osservava la piazza gremita di gente. Chi urlava per fare affari,
vecchie
nobildonne accompagnate dalle proprie dame di compagnia in cerca di
chissà
quale stoffa per i numerosi banchi, e due donzelle che gli passarono
davanti
incuriosite. Lui non le guardò nemmeno. Una diede una
gomitata all’altra e si
fermarono a guardarlo sussurrandosi qualcosa all’orecchio.
Solo
quando lui gli lanciò un’occhiata truce
decisero che non era il caso e si dileguarono. Il ragazzo
guardò distrattamente
in lontananza quando un vestito bianco latte e dei capelli lunghissimi
e
sciolti attirarono la sua attenzione. “Ho le
allucinazioni” pensò.
La
fanciulla correva fra la gente tenendosi i lembi
della veste troppo lunghi e non si preoccupava dell’acqua che
stava scendendo.
Perché qualche goccia stava venendo giù dal
cielo, il ragazzo le sentì sulla
mano e perse di vista quella visione...
Giulietta
si fermò a pochi passi da lui e il solo
guardarlo le riempì il cuore di gioia “Sapevo di
trovarti qui” sussurrò fra se
e se. Poi lui alzò gli occhi su di lei che sparì
di nuovo.
Si
alzò frastornato ed iniziò a cercarla fra la
gente, sbatté contro un mercante al quale caddero di mano
delle collane.
“Scusate” gli disse senza guardarlo e
proseguì.
La
ragazza vestita di bianco gli apparve di nuovo
davanti agli occhi e si voltò a sorridergli. Le nuvole in
cielo si fecero
sempre più nere, un altro tuono in lontananza
annunciò l’arrivo imminente
dell’acquazzone.
“Mercuzio!”
lo chiamò un suo amico quando gli passò
vicino “Scusami adesso non posso…”, la
ragazza aveva raggiunto un vicolo
stretto e stava diventato più veloce. Mercuzio
accelerò il passo urtando
chiunque ma non gli importò.
La
seguì ma lei era cosi dannatamente veloce, e lui
come ipnotizzato da quella visione che ancora non riusciva a capire se
fosse
reale o meno.
L’acqua
cominciò a scendere e molta gente si coprì
la testa con i cappucci o qualunque altro oggetto avessero in mano.
Giulietta
si voltò e lo vide seguirla, ma poi lo perse di vista.
Si
fermò di scatto a riprendere fiato e si guardò
intorno. “Al riparo!” gridò qualcuno e
molta gente si avviò verso casa. La
fanciulla riprese a correre e giunse dalla parte opposta del piazzale.
La
pioggia venne giù ancora più fitta.
Lei
rallentò e lasciò andare i lembi del vestito,
guardò di fronte cercandolo e si fermò al centro
della piazza che aveva
cominciato a sgombrarsi. Si girò di lato dove
c’erano solo ambulanti e
dall’altro dove vi era la grande fontana.
Dei
bambini le passarono accanto ed un fulmine
squarciò il cielo, il suo eco rimbombò forte ed
il suo riflesso le illuminò il
volto. Sentì dei passi alle sue spalle e si
voltò.
Il
ragazzo di fronte a lei si avvicinò ancora e si
fermò ad un soffio da lei. Si guardarono negli occhi mentre
la gente scappava
di qua e di là poi anche lei gli si avvicinò. Lui
sorrise e le accarezzò la
guancia.
Giulietta
avrebbe voluto dirgli molte cose ma in
quel momento non trovò le parole. La paura di Mercuzio di
perderla svanì quando
i loro respiri si fusero. Lei lo abbracciò e lui la strinse
per la vita.
La
pioggia s’infittì pesantemente ma i due non
sentirono neanche le gocce sulle palpebre chiuse o il rumore del
temporale. La
bocca dell’altro era diventata come una droga che creava una
dipendenza
continua.
Non
esisteva più niente, fu come se il mondo stesse
per finire, o se fosse già finito e nient’altro
avesse più importanza, solo
loro due.
L’acqua
continuò a scendere invadendo i loro capelli
e insinuandosi sotto i loro vestiti mentre nella piazza ormai deserta,
diventavano i protagonisti assoluti.
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Capitolo 8 *** Capitolo Ottavo ***
Capitolo
Ottavo
Un
altro tuono in lontananza attraversò le immense nuvole
nere accompagnato dal rumore della pioggia, dalla voce
dell’acqua.
Il
ragazzo riprese fiato e appoggiò la fronte contro
di quella di lei. Erano bagnati fradici ma non importava a nessuno dei
due.
L’acqua si scagliò ancora contro di loro mentre si
guardarono negli occhi.
Giulietta gli passò entrambe le mani fra i capelli e lo
baciò ancora. Mercuzio
le accarezzò la schiena e la strinse.
Ma
oltre all’acquazzone si alzò anche un vento
prepotente. Il ragazzo interruppe il
bacio per guardare un attimo il cielo,
“Vieni” sussurrò a Giulietta e la
portò sotto una tettoia di un casale li accanto.
Lei
appoggiò la schiena al muro e lo guardò.
“Sarà
meglio che ti porti via di qui finché non
smetta…” continuò Mercuzio osservando
la piazza allagarsi. La ragazza lo voltò verso di lui e lo
zittì con le sue
labbra. Lui si abbandonò nuovamente e le sfiorò
le guancie con i pollici.
Quando
Giulietta si staccò gli prese le mani “Quello
che ti ho scritto non era vero, devi perdonarmi. Avevi ragione tu!
Io… io mi
sono sbagliata”, lo guardò negli occhi e trattenne
una lacrima. Mercuzio la
abbracciò scoppiando a ridere “Non mi ascolti mai!
Ma mi piaci tanto anche per
questo”, appoggiò il mento sui suoi capelli
fradici.
Giulietta
stette un po’ ad ascoltare il rumore della
pioggia tra le sue braccia, poi Ares si avvicinò a loro.
“E’ il tuo cavallo?”
esclamò la ragazza incredula e sorridente. Mercuzio si
voltò “Si, è Ares”. Il
bianco cavallo scosse la criniera bagnata e si accostò ad
annusare
Giulietta che
prontamente lo accarezzò.
“Ma
c’è il temporale, non dovrebbe avere
paura?”
chiese incuriosita. “Lui è speciale”
rispose Mercuzio, e dopo averle sorriso
aggiunse “Dai andiamo a casa mia”. Lei si
affrettò a mettere il piede nella
staffa “Salgo prima io!” annunciò e lo
precedette.
Il
ragazzo la guardò: vestita di bianco sul suo
cavallo bianco, entrambi grondanti d’acqua.
Soffocò una risatina e salì dietro
di lei “Va bene, guida tu, per questa
volta…”. Giulietta afferrò le briglie e
partirono sotto la pioggia.
L’ultima
volta che la più piccola di casa Capuleti
era stata nella residenza del Principe di Verona non aveva avuto modo
di notare
la sua magnificenza. Percorsero il lungo viale collegato dal ponte
levatoio
prima di arrivare dinanzi al grande cancello antico. Mercuzio scese da
cavallo
e due guardie prontamente lo spalancarono lasciandoli passare.
La
vista del ragazzo che avanzava seguito da una
ragazza sul suo cavallo suscitò una strana
curiosità nel maggiordomo che li
stava osservando da lontano. Anche se l’acqua veniva
giù in picchiata i tre
sembravano perfettamente a loro agio come se stessero facendo una
passeggiata.
Giunsero
alle porte del castello e l’uomo le
spalancò osservandoli ancora. Giulietta toccò
terra aiutata da Mercuzio e
osservò la torre più alta con lo stemma dello
Scaligero: la bandiera di Verona
con la croce gialla su campo blu incorniciata da una corona sullo
sfondo nero.
Uno
scudiero si avvicinò e il ragazzo gli affidò
Ares poi la prese per mano ed entrarono. Il giorno
dell’udienza per la condanna
di Romeo lei e la sua famiglia non erano passati per
l’entrata principale che
ora Giulietta aveva modo di ammirare.
Il
pavimento era a scacchi bianco e nero e c’erano
due curve scalinate laterali che portavano al piano superiore. I
tendaggi erano
bianchi e blu ed i mobili antichi di un mogano scuro con dei candelabri
d’oro
massiccio.
“Mia
signora…”, la voce del maggiordomo la
riportò
alla realtà. L’uomo dai capelli grigi
s’inchinò “Sono al vostro completo
servizio”. Giulietta sorrise un po’ imbarazzata.
L’uomo guardò Mercuzio,
“Signorino è la prima volta che portate una donna
in questa casa…” osservò, il
biondo lo interruppe subito “Si,
però
adesso dobbiamo asciugarci. Giulietta cena con noi stasera”.
La
ragazza lo guardò allarmata e pensò ad una scusa
per non rimanere, ma non le venne in mente nulla. “Fammi
portare in camera un
abito di mia zia” continuò Mercuzio. Il
maggiordomo sorrise e annuì poi tornò a
guardare la fanciulla “Voi siete dunque Giulietta? Quella
Giulietta?”. “Fai
troppe domande!” lo accusò scherzando il ragazzo.
L’uomo si ricompose “Come
desiderate signorino”, e i due ragazzi si congedarono.
“Poverino
il tuo maggiordomo, sembra una brava
persona! Lo tratti sempre così male?” chiese
Giulietta mentre il giovane apriva
la porta; la guardò divertito “Anche
peggio” e la invitò ad entrare “Prego
Madame”.
Una
volta in camera di Mercuzio la ragazza scese
lentamente i gradini di pietra e ammirò quello che le era
apparso dinanzi agli
occhi “E’ bellissima!” si
lasciò sfuggire.
C’erano un
paio di finestre contornate da oro con le tende bianche, il camino
spento
ospitava sulla cappa una serie di spade disposte a semicerchio e di
diverse
misure, c’era un grande tavolo imbandito di frutta e brocche
, con due sedie
impreziosite da chissà quali pietre vicino ad un elegante
armadio e due bauli,
dei quali uno aperto e qualche camicia era sparsa qua e la.
Giulietta
alla vista del letto che occupava proprio
il centro della stanza aveva distolto un paio di volte gli occhi
imbarazzata.
Era un letto più largo del suo con un alto baldacchino beige
e alla base altri
scalini di pietra. Notò una spazzola piena di capelli biondi
sul comodino e
trattenne una risata.
Una
serva piuttosto anziana apparve alla porta e
tese a Mercuzio un abito della zia, lui la ringraziò e la
ragazza ancora di
spalle lo sentì chiudere la porta. Si avvicinò
alla finestra attratta dal
rumore della pioggia che sbatteva sui vetri. Il ragazzo
l’ammirò sorridendo,
posò sul letto il vestito e accese qualche candela per
illuminare il colorito
freddo che invadeva la stanza.
Giulietta
si voltò e si avvicinò al letto, il suo
sguardo le cadde sul vestito che vi era sopra: le maniche corte,
arricciate e
bianche, il corpetto e la gonna lunghissima e ampia su una
tonalità
grigio-verde e una cinta intrecciata dello stesso colore. “Ti
piace? Se vuoi
posso fartelo cambiare” disse Mercuzio accendendo
l’ultima candela, poi spense
il fiammifero.
Lei
gli sorrise “Ma scherzi? Va benissimo questo” e
si accorse delle gocce che entrambi stavano lasciando sul pavimento. Il
biondo
si tolse distrattamente il farsetto e lo lanciò su una sedia
poi iniziò a
slacciarsi la camicia, la guardò mentre distoglieva lo
sguardo imbarazzata e
scoppiò a ridere.
“Tieni!”
afferrò un telo da un baule e glielo
lanciò, lei lo prese al volo e ci si strofinò i
capelli “Grazie” mormorò.
Mercuzio tornò ad occuparsi della sua camicia ridendo ancora
fra se e se.
Voleva dirle molte cose, sapeva che avevano bisogno di parlare di
ciò che era
successo negli ultimi giorni ma un nodo che non voleva sciogliersi lo
distrasse. Sbuffò palesemente spazientito. Giulietta rise e
si appoggiò il telo
su una spalla “Lascia, faccio io”.
Gli
si avvicinò e appena gli toccò i lacci della
camicia lui le sfiorò il mento “Non credevo mi
stessi spiando. Da quando in qua
non ti volti dall’altra parte mentre mi spoglio?”
ridacchiò. La ragazza gli
lanciò un’occhiata che lo fece ridere ancora di
più e trattenendosi anche lei
dal ridere sciolse anche gli altri nodi e gliela tolse lentamente per
accertarsi che la ferita si fosse rimarginata del tutto.
“Adesso
aiutami tu” gli diede la schiena lasciandolo
a bocca aperta e si spostò i capelli davanti su di un lato.
Mercuzio un po’
spaesato per quel gesto iniziò ad allentarle le stringe,
voleva guardarle la
schiena ma sotto l’abito incontrò la seta della
sottoveste.
L’aiutò
a sfilarsi il vestito bianco e lo appoggiò
su una sedia ma non smise di guardarla. Giulietta stava per
ringraziarlo quando
sentì le sue mani sulle spalle e sulla schiena, le
baciò delicatamente il collo
e le abbracciò i fianchi.
La
sentì rabbrividire senza opporre resistenza.
“Questa dovresti togliertela” azzardò
abbassandole una spallina. Giulietta
scattò via dalle sue braccia e si girò a
guardarlo in faccia con un espressione
rabbiosa ma contenuta “Ti piacerebbe non è
cosi?”. Lui l’attirò di nuovo a se
“Si, molto” sussurrò ad un passo dalle
sue labbra, le accarezzò il viso e la
guardò divertito.
Sapeva
che stava per esplodere e che lo avrebbe
attaccato velenosamente come solo lei sapeva fare. “Non mi
dispiace affatto
deluderti sai…?” disse Giulietta poco convinta e
lui la interruppe con un
bacio. Invece di provare a liberarsi dalla sua presa come faceva
spesso,
rispose al bacio e si mise sulle punte dei piedi per abbracciarlo
meglio. Il
ragazzo sorpreso, la strinse ancora più forte e la spinse
contro il letto per
poi buttarcela sopra.
Lei
si affrettò a sistemarsi la sottoveste che era
già abbastanza corta e si accorse dello sguardo di lui sulle
sue cosce. Aveva
appoggiato un braccio ad una colonna del baldacchino e rideva col fiato
corto.
Giulietta si sentì stranamente indifesa, “Che cosa
vuoi farmi?” gli chiese
dubbiosa. “Tante cose” rispose Mercuzio a
bassissima voce, le afferrò lentamente
un piede e le tolse la scarpa per poi fare lo stesso con
l’altra.
“Vuoi
smetterla di tremare?” le chiese divertito
mentre continuava a guardarle le gambe come mai nessuno aveva fatto
prima
“Prima mi provochi e poi hai paura…Non si
fa”. Lei si accomodò meglio piegando
le ginocchia per allontanarle dalla sua vista, eppure non aveva paura
come le
aveva appena detto lui, era tutt’altro; una nuova e strana
sensazione che non
aveva mai provato.
Il
biondo smise di guardarla e si sedette sul letto
per togliersi gli stivali. Giulietta si sdraiò su un fianco
e incerta sul da
farsi, rimase ferma a guardargli i riccioli umidi che gli ricadevano
sulle
spalle e sembravano più lunghi poi gli si accostò
e lo abbracciò da dietro.
“Che c’è, non riesci a stare lontana da
me?” scherzò lui ormai scalzo mentre
spostava gli stivali vicino al comodino.
“Forse”
rispose lei e lo baciò sulla guancia.
Mercuzio le accarezzò le mani e intrecciò le dita
alle sue poi si voltò e le
sorrise. La pioggia fuori non accennava a smettere e altri due tuoni in
lontananza si fecero sentire. Giulietta improvvisamente volle sapere
perché non
si era più fatto ne vedere ne sentire per qualche giorno.
Lui
quasi si alterò spiegandole che era per lei,
visto che le aveva scritto di non volerlo più vedere.
“Mi stai dicendo che ti
sono mancato?” le chiese accomodandosi anche lui sul letto.
La ragazza rispose
con un’altra domanda “Non eri da Elena
vero?” facendolo ridere ancora.
“Soffri
la mia mancanza e sei gelosa di me! Cosa
devo pensare?” la guardò giocando con una bretella
della sua sottoveste.
Giulietta guardò altrove poi rise “Non lo
ammetterò mai! Rassegnati”, tornò a
guardarlo con aria di sfida. Lui le prese il viso tra le
mani,“Puoi anche
ingannare te stessa se vuoi ma non puoi ingannare me” e si
accostò lentamente
alle sue labbra.
La
giovane ragazza di fronte a lui sentì la ragione
scivolarle completamente via, come se lui fosse riuscito spogliarla. Lo
baciò
lentamente, molto lentamente per poi avvinghiare un piede sotto al suo
polpaccio e afferrargli i capelli. Sentì le mani di lui sui
suoi fianchi e
sulla sua schiena risalire fino alle spalle mentre le baciava
avidamente il
collo.
Mercuzio
le abbassò una spallina e le mordicchiò la
spalla. I loro respiri erano molto più accelerati di prima e
lui fu colto da
una forte voglia, una voglia che non aveva mai avuto per nessuna tranne
che
lei, e dal bisogno di andare oltre, di averla.
Giulietta
si ritrovò seduta sopra di lui e i loro
baci divennero più intensi, lo accarezzò dietro
al collo e senza rendersene
conto avvicinò troppo il bassoventre al suo. Mercuzio
trovò la forza di
staccarsi dalla sua lingua che stava diventando peggio di una droga.
Aprì
gli occhi e la guardò dispiaciuto. “Che
c’è?”
chiese la ragazza preoccupata continuando a giocare con i suoi capelli.
Lui
abbassò gli occhi e riprese fiato “Non voglio
costringerti a fare qualcosa che
non vuoi fare...scusa“. Giulietta gli alzò il
mento “Tu non lo faresti mai,
credi che non lo sappia? Io mi fido di te”, il ragazzo scosse
la testa
“Perdonami, non voglio perdere il controllo delle mie azioni,
e sta succedendo
proprio ora”.
Lei
continuò a guardarlo perplessa cosi lui le
sfiorò le gambe che gli circondavano la vita resistendo alla
crudele tentazione
di stringerle e la guardò negli occhi come per trasmetterle
quello che stava
pensando. La ragazza lo baciò ancora poi si
staccò da lui e scivolò agilmente
giù dal letto. “Sarà il caso che ci
cambiamo” disse allegramente e afferrò
l’abito che era rimasto dall’altro lato del letto.
Mercuzio
si alzò dal letto e si trascinò pigramente
verso l’armadio. “Non ti devi scusare, non hai
fatto niente di male” gli disse
lei mentre si avvicinava per fargli vedere come stava vestita.
“Sei stupenda!
Come sempre” sorrise lui e la baciò a stampo, lei
gli prese la mano e vi
intrecciò le proprie dita come aveva fatto lui la prima
volta quando Giulietta
era ancora in punizione.
L’ora
di cena suonò e i due ragazzi si avviarono in
una delle sale al piano di sotto. La pioggia era cessata ed era tornato
il
caldo. I corridoi erano più illuminati e il vecchio
maggiordomo faceva strada.
“Non ceniamo nella sala grande?” chiese Mercuzio.
“Vostro
zio ha chiesto una serata più intima”
rispose l’uomo mantenendo il suo passo svelto e leggiadro.
Giulietta guardò il
biondo e iniziò a preoccuparsi. Un paio di serve le
passarono davanti e la
riverirono. Lei sorrise e continuò a seguire il maggiordomo.
“Tranquilla” le
sussurrò il ragazzo stringendole la mano,
“Andrà tutto bene”.
Escalus
sedeva al tavolo rotondo assieme a sua
sorella minore Caterina, suo nipote Valentino, sua cognata Isabella e i
suoi
due nipotini. “Io spero che questa sera non ci serviranno di
nuovo quella carne
al sangue di ieri” si stava lamentando Caterina con Isabella
che era intenta a
ripetere a suo figlio “Stai seduto bene, su non giocare con
il bicchiere”,
guardò la cognata con un’espressione divertita
“Proprio non la sopportate
vero?”.
La
principessa sbuffò “No, è esattamente
il
contrario! Se l’assaggio ne voglio sempre di
più”. Escalus la guardò torvo e
lei abbassò la testa, poi si rivolse a suo nipote
“Tuo fratello ancora non si
degna di presentarsi” osservò sarcastico.
Valentino che teneva in braccio sua
figlia sorrise “Diamogli tempo”.
I
servi dietro di loro erano zitti e immobili in
attesa di ordini, c’era anche una balia che in quel momento
si avvicinò ai due
genitori. Isabella le sorrise e la lasciò posare il
tovagliolo sulle gambe del
figlio, Valentino invece strinse sua figlia che stava giocherellando
con la
tovaglia.
“Oh,
non c’è bisogno” disse alla balia
“Ci penso io,
vai pure”. La donna tornò al suo posto e Isabella
lo guardò con ammirazione e
rimprovero. Lui le sorrise “Sai come la penso”, lei
annuì.
“Finalmente!”
esultò Escalus e si alzò per poi
risedersi subito.
Mercuzio
aveva fatto il suo ingresso con un
“Buonasera a tutti!” e dopo averli guardati uno a
uno aveva chiesto “Siamo in
ritardo?”. Valentino si alzò con la bimba in
braccio “Come se non lo sapessi” e
gli si avvicinò per salutarlo. “Voi dovete essere
Giulietta!” esclamò Caterina
avvicinandosi a lei che le sorrise e la ringraziò subito per
il vestito.
“Ti sta
d’incanto” le sorrise la principessa e lei la
ringraziò poi guardò Escalus
seduto “Mio Principe…” fece un inchino e
lui rispose senza interesse
“Accomodati pure senza troppo cerimonie”. Caterina
la guardò e le sussurrò di
non farci troppo caso, Giulietta sorrise ugualmente e si
voltò a guardare gli
altri quando riconobbe Isabella.
Il
tempo sembrò fermarsi e tornò indietro di
parecchi anni a quando la sua istitutrice le aveva insegnato a leggere,
a
scrivere, a contare, il francese e a suonare l’arpa. Isabella
lasciò la mano di
suo figlio che corse a salutare Mercuzio e si avvicinò a
Giulietta con gli
occhi lucidi “Oh mio Dio, sei proprio tu?”.
Valentino ed
Escalus le guardarono curiosi. La giovane la raggiunse e la
guardò ancora “E tu
sei proprio tu?”, iniziò a piangere anche lei
“Isa?”. La donna annuì e si
abbracciarono commosse poi Isabella rise “Non ci posso
credere! Come sta tua
madre?” si staccarono e si presero le mani.
Mercuzio
si avvicinò “Vi conoscete
già?” chiese
sbalordito, Isabella annuì e si rivolse al marito
“Lei è Giulietta”, lo disse
come se avesse sempre parlato di lei “Sono stata la dama di
compagnia di sua
madre e sua istitutrice”.
La
ragazza si asciugò le lacrime “Mia madre sta bene
e sono convinta che non vede l’ora di rivederti”,
Mercuzio le accarezzò la
spalla e lei lo guardò dolcemente.
“Ma
guardati!” disse ancora Isabella “Sei un
fiore!”. La bimba in braccio al fratello di Mercuzio
allungò una manina e
afferrò una ciocca di capelli a Giulietta
“Papà guarda sono bagnati!”,
“Non li
tirare che potresti farle male!” le sussurrò lui
nel modo più delicato, la mise
a terra e tese una mano alla ragazza.
“Lui
è mio fratello Valentino” disse Mercuzio mentre
faceva il baciamano a Isabella. Giulietta si voltò a
guardare Escalus poi di
nuovo Valentino “Si vede” disse, “lui
però somiglia molto a tuo zio “.
Valentino
le sorrise, Giulietta pensò che dopo
Mercuzio quello che aveva davanti era l’uomo più
bello che avesse mai visto.
Alto, capelli neri e mossi legati con un nastro verde come la pietra
del suo
anello, grandi occhi castani ed espressivi, denti bianchissimi e barba
e baffi
esattamente come il fratello. Una piccola cicatrice al sopracciglio
sinistro e
lineamenti morbidi.
Gli
sorrise mettendolo quasi in difficoltà. “Che
c’è
Giulia?” chiese Isabella senza capire. La ragazza rise,
“Tuo marito è
bellissimo”.
Escalus
iniziò a tossire, Caterina si accomodò
facendo finta di non aver sentito e Mercuzio alle spalle di Giulietta
si sentì
improvvisamente invaso dalla gelosia ma anche pugnalato di nuovo da una
lama al
torace.
Isabella
guardò ancora la ragazza e suo marito. “Lo
sa!” esclamò rompendo il silenzio e si
accomodò a tavola. Anche Giulietta prese
posto mentre Valentino la guardava ancora.
“Davvero
pensate questo di me?” le chiese quando
tutti si furono seduti. Lei notò che Escalus stava per dire
qualcosa ma non lo
fece. “Certo! Sembrate Mercuzio con i capelli neri, ecco
perché siete
bellissimo” afferrò la mano del ragazzo accanto a
lei che era diventato
stranamente silenzioso.
Improvvisamente
la gelosia lo abbandonò e la guardò
sorpreso ma sollevato. Lei gli sorrise ancora poi si
concentrò sulla cena che i
servi avevano iniziato a servire. “Mamma io voglio andare da
lei!” ripeté più
volte la bimba a tavola con loro finché non si
staccò dai genitori.
“Viola
vieni qui!” la richiamò Isabella ma la
piccola non ubbidì, andò invece da Giulietta.
“Ciao” le disse la ragazza con un
sorriso. La bimba dai mossi capelli castano dorati le toccò
ancora i capelli
“Come sei bella, posso stare in braccio a te?”.
Isabella
subito le ordinò di non disturbare la
ragazza ma lei la fece accomodare sulle sue ginocchia “Va
tutto bene non ti
preoccupare” disse Giulietta, Valentino
acconsentì.
Escalus
osservò la scena in silenzio e finalmente
parlò “Dunque, nipote, sarebbe questa la donna per
cui hai perso la testa?”.
Mercuzio smise di mangiare e lo guardò. “Ah
davvero? Hai perso la testa per
me?”, Giulietta ridacchiò poi tornò
seria. Lui la guardò come la guardava
sempre poi riguardò lo zio.
“Gira
voce che tu abbia ucciso per lei” disse
Valentino. Escalus bevve un sorso di vino “E’ la
verità, ha fatto fuori il
giovane Paride per lei in duello”. Il fratello di Viola corse
da Mercuzio “Zio,
voglio stare in braccio pure io!”, lui gli fece posto
“Ma certo! Vieni”.
Il
piccolo si accomodò e guardò Giulietta
salutandola con la manina. “E tu come ti chiami?”
chiese lei, “io sono Enea,
lei è la mia gemella” disse il piccolo indicando
la sorellina che stava
toccando i capelli della ragazza. “Avete la stessa
età!” disse lei e loro
risposero insieme “Si, 4 anni”.
Il
Principe continuò il suo discorso “E si
è anche
preso una bella coltellata dal suo migliore amico per lei”.
Isabella guardò
Giulietta e Valentino rispose “Beh se non è amore
questo, io non saprei come
chiamarlo”. Caterina sorrise “Ben detto
nipote!”.
Mercuzio
imbarazzato si rivolse ad Enea “Facciamo un gioco, ti
va?”.Il bimbo replicò “Ma
io voglio tirare di spada!” e tutti risero. “Quando
sarai più grande, te l’ho
già promesso” rispose Mercuzio spettinandogli i
capelli. “Ha capito tutto”
commentò Giulietta mentre Viola appoggiò la sua
testolina alla sua spalla.
“Perché
tu sai forse usare la spada?” chiese
Valentino. Il Principe guardò la ragazza “Abbiamo
saputo anche del vostro
ultimo spettacolo in casa Montecchi, ti piace salire sui tavoli se non
erro?”.
Mercuzio s’intromise “Si e la sa usare anche bene,
ha messo fuori combattimento
le guardie dei Montecchi insieme a me”.
Isabella
ascoltò con interesse “Chi cresce in casa
Capuleti deve sapere difendersi fin da piccolo” disse e
guardò la ragazza con
ammirazione “Fai bene continua cosi!”. Escalus
bevve ancora “E perché? Potrebbe
diventare…pericolosa. E poi lo sapete sono contro
all’uso delle armi da parte
delle donne”.
Valentino
e Isabella si guardarono “Secondo me ci
pensi ancora zio” disse il nipote. “A
cosa?” chiese Giulietta spontaneamente.
Escalus non la guardò “Non sono affari
tuoi” e ricevette una gomitata da sua
sorella. Mercuzio lo riprese “Zio quando ti rivolgi a lei,
mostra un po’ più di
rispetto”. La ragazza gli toccò la mano
“Non fa niente” ma lui non fu
d’accordo.
Isabella
azzardò “Non sei curiosa di sapere come io
e Valentino ci siamo conosciuti?”, Giulietta annuì
visibilmente e notò il
principe irritarsi. “Inizi tu Mercuzio?” chiese
Isabella rilassandosi, lui
guardò la ragazza al suo fianco “Qualche anno fa,
quando ero più piccolo, avevo
un paggio che in realtà era una donna. Si chiamava
Lianne”.
Valentino
lo interruppe “Conobbi Isabella una sera
al tramonto mentre ero in giro da solo, lei mi passò accanto
di corsa e sbatté
contro la mia spalla ricordi amore?” le chiese prendendole la
mano sul tavolo,
lei lo guardò ammaliata “Lo ricordo come se fosse
ieri…”.
Valentino
tornò a guardare Giulietta, “Scoprimmo di
avere molte cose in comune, ci piace molto leggere, romanzi
d’avventura
soprattutto. Io a quel tempo scrivevo anche delle storie mie cosi la
invitai
qui per fargliene leggere qualcuna”.
Isabella
prese la parola “Un pomeriggio era presente
anche Lianne, mio marito le aveva insegnato a leggere e a scrivere e
lei si era
innamorata di lui”. Escalus ordinò
dell’altro vino, Isabella gli lanciò
un’occhiataccia poi continuò “Era
vestita da uomo e indossava una parrucca. Ci
odiammo subito, dal primo istante”.
Valentino
scoppiò a ridere. “Quel pomeriggio la
ragazza iniziò a punzecchiarmi con le parole, e mi
macchiò il vestito. Io mi
alzai e le strappai la parrucca perché avevo capito che era
una donna. In
seguito Val uscì fuori a consolarla poi tornò da
me”. I due sposi si guardarono
teneramente. “E quando anche Lianne rientrò nella
stanza ci sorprese a baciarci
e urlò di rabbia ma noi non
l’ascoltammo…”.
Caterina
fece cadere accidentalmente la forchetta a
terra, chiese scusa poi guardò il fratello
“Perché non racconti tu la parte del
lago?”. Lui la guardò impassibile. “Il
lago?” chiese Giulietta. Isabella le
rispose “Si il lago qui dietro al castello…Questa
ragazza aveva intrecciato una
relazione con Escalus dopo l’ennesimo rifiuto di Val ma una
sera provò a
concedersi a lui in riva al lago. Io e il principe li scoprimmo e io
cercai di
ucciderla”.
Parlò
come se stesse raccontando una storiella
divertente ma Giulietta non ci vedeva nulla del genere.
Guardò Valentino “E voi
l’avete respinta spero?”. Il ragazzo
sembrò rivivere la scena per un attimo.
“Non ho mai provato nulla più che amicizia per
lei…Quella sera voleva
concedersi a me, e me lo chiese quasi supplicandomi ma no non ci
riuscì”.
Isabella
sbuffò “Perché io vi ho
interrotti” precisò
sorridendo, lui si rattristò “Sai che non
è vero”. Giulietta guardò il principe
che non parlava da un bel po’. “Tu come al solito
detti la colpa a me mentre
sotto i tuoi occhi la tua promessa sposa stava per
fare…”.
Escalus
sbatté la mano sul tavolo “Ora basta!”
gridò. Isabella ignorandolo si rivolse a Giulietta
“Ma dimmi, Varen come sta?”,
lei le sorrise “Gode di ottima salute!”.
Calò un breve silenzio durante il
quale la giovane rifletté sulla storia che le era appena
stata raccontata poi
d’un tratto chiese “E dov’è
Lianne adesso?”.
Il
Principe lanciò il tovagliolo e si alzò
indicandola “Tu!” le disse, “Vieni con
me”. Giulietta guardò Mercuzio che
prontamente si offrì di accompagnarla.
“E’ morta” disse Caterina guardando il
piatto, “Ed era incinta”. Escalus si
allontanò dal tavolo in silenzio e i due
ragazzi affidarono i bambini ai loro genitori per
seguirlo mentre Valentino ripeté due volte
“Dove li stai portando?”.
In
corridoio Mercuzio sussurrò all’orecchio della
ragazza “Non ti hanno detto tutta la storia, prima di
conoscere il mio paggio
mio zio era innamorato di Isabella”. Giulietta lo
guardò sbigottita “Cosa?”,
lui le fece cenno di abbassare la voce.
“Si…”ammise, “E sono convinto
che
ancora lo sia, che non abbia mai smesso” sospirò e
aggiunse “Credo stesse con
quella ragazza per provare a dimenticare”. La ragazza
guardò il mantello che li
precedeva a dovuta distanza e provò pena e sconforto.
Il
biondo le passò un braccio sulle spalle, “Lui dice
sempre che il fantasma di Lianne è ancora qui..”.
Una porta sbatté cosi forte
da fare rabbrividire Giulietta che quasi urlò e si
aggrappò a lui. “Cos’è
stato?” chiese allarmata,
“E’…lei?”. Si fermarono e lui
rise, le accarezzò i
capelli per poi guardarla.
“Chi
lo sa, magari ci sta anche osservando”. Lei si
guardò intorno un po’ ansiosa e scorse gli occhi
di Escalus su di loro, si era
fermato ad aspettare che riprendessero il passo.
Lo raggiunsero dopo qualche secondo e
finalmente scoprirono la sua destinazione: la sala delle armature.
“Zio
ti prego no” gli disse Mercuzio mentre l’uomo
alto 2 metri si lasciava cadere il mantello di dosso e prendeva due
spade che
due servi avevano appena finito di lucidare. Studiò da cima
a fondo la lama di
una e disse “Vieni qui”, Giulietta si mosse ma il
biondo la trattenne per un
braccio ,“Vuole solo combattere!” gli
intimò lei tranquillissima.
Scese
i gradini e si accomodò al centro del
pavimento di marmo dalla forma ovale e quando Escalus le
lanciò l’altra spada
lei afferrò l’elsa al volo ma il peso della lama
la costrinse a poggiare la
punta a terra.
Il
Principe si rivolse a Mercuzio “Non le farò
troppo male” e si avventò su di lei senza darle
tempo di prepararsi, infatti
parò male l’attacco e l’arma le cadde di
mano. L’uomo di fronte a lei sorrise e
le diede le spalle per stiracchiarsi.
Giulietta
si chiese cosa gli stesse passando per la
mente mentre raccolse la spada e fendette l’aria per un paio
di volte da
entrambi i lati, si spostò di qualche passo e lui si
voltò puntandole l’arma
contro. Aveva una voglia matta di guardare il ragazzo sui scalini che
la stava
fissando ma sapeva che in momenti come quelli non erano concesse
distrazioni,
soprattutto per una principiante.
Alzò
la spada con entrambe le mani e assunse la
posizione di guardia. Escalus cominciò a girarle intorno e a
farle qualche
finta, ma lei non si lasciò intimorire. Aveva trovato il
modo di sostenere il
peso e quando meno se lo aspettò lo attaccò per
la prima volta. Dopo un altro
paio di attacchi le loro lame si incrociarono e lui la
guardò negli occhi “Sei
brava” ammise, “Ma potresti fare di
meglio”.
Sferrò
un colpo cosi forte che lei indietreggiò e
dovette alzarsi lo strascico del vestito per non cadere. In quel
momento
Caterina, Valentino e Isabella si avvicinarono in silenzio al ragazzo
dai
capelli dorati per osservare la scena.
Giulietta
si trovò in difficoltà: Escalus sferrava
colpi pesanti che non le permettevano di attaccare ma solo di
difendersi.
Indietreggiò ancora e dovette quasi piegare la schiena
all’indietro per
sopportare il peso della lama dell’avversario che
d’un tratto l’allontanò. “Oh
bene abbiamo compagnia” disse alla vista dei suoi parenti.
La
ragazza approfittò di quella distrazione per
colpirlo e lui parò all’ultimo momento. Poi
continuò ad attaccarlo riuscendo ad
avere la meglio per qualche istante, schivò i suoi colpi e
si avventò su di lui
con tutte le sue forze ma lui riuscì a trattenerla per un
braccio e a
disarmarla.
Isabella
sussultò quando Escalus le puntò la lama
alla gola. “Zio ti prego basta!” urlò
Mercuzio, Valentino gli toccò una spalla.
Caterina osservava la scena divertita. “E’ tutto
qui quello che sai fare?” le
chiese il principe respirandole vicino all’orecchio,
“E’ tutto qui quello che
sa fare!” gridò ai suoi parenti.
In
quell’istante Giulietta gli sfilò il pugnale
dalla cinta lanciandolo in aria per il manico, lo afferrò e
nell’istante in cui
glielo puntò al viso lui se ne accorse e frappose la sua
lama. Lei oppose
resistenza mentre lui si stava palesemente infuriando poi gli
pestò un piede
più forte che poté e lui mollò la
presa per abbassarsi dal dolore.
Allora
riuscì a staccarsi da lui e gli alzò di nuovo
il pugnale contro. Escalus parò il colpo a malapena e con
una ginocchiata forte
in pancia cadde all’indietro. I presenti scoppiarono a ridere
tranne Mercuzio.
“Ti
ha conciato per bene fratellino!” gridò
Caterina. Giulietta si sentì soddisfatta, guardò
il principe a terra con i
lunghi capelli neri sul volto, se li scostò e
guardò diffidente la mano che lei
le tese. Nell’altra aveva ancora il suo pugnale.
“Mi avete provocata, adesso
non vi è permesso lamentarvi” gli disse trionfante
mentre lui si rialzava
dandole la mano.
Sentì
i suoi occhi pesare su di lei quando le fu di
fronte. Alzò gli occhi e gli riconsegnò il
pugnale. Lui lo prese e lo gettò a
terra per poi andare da suo nipote minore, si chinò a
sussurrargli “Ottima
scelta, mi piace”. Gli diede una pacca sulla spalla e
sparì.
Mercuzio
corse da Giulietta che guardava tutte le
spade, le sciabole e gli scudi che erano li intorno. “Come ti
senti? Sei ferita?”
le toccò la fronte, i capelli e il vestito. “Sto
benissimo!” lo rassicurò lei
accarezzandogli il viso e lui l’abbracciò forte
combattendo contro la voglia di
piangere.
Isabella
e Valentino si complimentarono molto con
lei per la strategia e Caterina per non averle sciupato il vestito.
Sdraiata
sul letto a pancia in giù con l’espressione
assorta Giulietta era intenta a leggere la storia d’amore di
Tristano e Isotta.
Sfogliò pagina e decise di cambiare posizione, si mise
seduta e tenne il libro
alzato.
La
balia bussò alla porta e ricevette il permesso di
entrare.“Piccina mia, buone notizie per te!”
annunciò allegra con una lettera
in mano. La ragazza non staccò gli occhi dal libro cosi la
donna le svelò il
contenuto “Domani sera ci sarà una festa! Che
belle le festa, le ho sempre
amate. Si sa, per andarci noi donne ci facciamo tutte belle
e…Giulietta ma mi
stai ascoltando?”.
La
fanciulla sfogliò un’altra pagina mormorando un
“Si”. La balia guardò ancora la lettera
“Dunque, questa si terrò al palazzo del
Principe Escalus in onore dell’anniversario del suo
principato…”. Giulietta
saltò giù dal letto e le strappò di
mano la lettera.
Finì
di leggere i dettagli mentre la balia
fantasticava sul vestito che avrebbe indossato e
sull’acconciatura che le
avrebbe fatto. Da dietro la porta orecchie indiscrete ascoltarono tutto
e
corsero a riferire…
Esmeralda
entrò nella sua stanza da letto e stanca
si lasciò cadere su una sedia.
“Novità?” chiese Tebaldo da sotto le
coperte,
era completamente nudo e il lenzuolo lo copriva dalla vita in
giù. La giovane
lo guardò dapprima incerta, poi sospirò e si
alzò avvicinandosi “Pare che
domani sera ci sarà una festa dallo
Scaligero…”.
L’uomo
la strattonò a se per una manica “E
dunque?”. Esmeralda
cercò di mantenere la calma “Giulietta
ci andrà”, sentì le mani di lui sotto
al vestito e scattò provando ad
allontanarsi. “Buona, stai buona”
sussurrò lui e le leccò una mano fino al
polso poi si alzò in piedi e iniziò a spogliarla.
La
ragazza lo lasciò fare giurando a se stessa che
quella sarebbe stata l’ultima volta. “Che cosa
avete in mente?” gli chiese con
gli occhi bassi “Riguardo a domani”, lui le strinse
la gola “Ti ho detto che
non devi fare domande!”. Esmeralda si lasciò
sfuggire una lacrima e lui
noncurante le tolse anche l’ultimo velo.
Lo
scudiero la guardò sbattendo le palpebre. “Sei
sempre il solito lento a capire? O me lo fai apposta? Ti ho detto di
sellarmi
Varen! Adesso!” gli ripeté Giulietta.
“Si ma sono anni che nessuno lo cavalca
più” disse lo scudiero facendola spazientire
“Tu fai come ti dico e basta!”.
Quando
l’ebbe finalmente ascoltata, la ragazza si
avvicinò al purosangue dal pelo nero come la notte e gli
fece annusare la mano.
Il suo cavallo dal pelo rossastro sbuffò. Giulietta rise e
andò da lui, lo
accarezzò e lo baciò sulla scia di pelo bianca
che aveva sulla fronte.
“Devon
non essere geloso! Lo sto solo riportando
alla sua padrona, tu non vorresti che qualcuno ci separasse
vero?” gli chiese
dolcemente. L’animale la guardò e
sembrò tranquillizzarsi, dopo l’ultima
carezza lo salutò e con l’aiuto dello scudiero
montò in sella a Varen e partì.
Il
cielo era di nuovo nuvolo e cupo ma la pioggia
non sarebbe scesa, non quella sera. Mercuzio passeggiava in attesa che
arrivassero gli ospiti e ogni tanto si fermava ad ammirare i fiori nel
giardino
e ad accarezzarne i petali.
Non
vedeva l’ora di rivedere Giulietta, nel profondo
della sua anima era cosi impaziente di vederla che avrebbe potuto
urlarlo. Da
dietro al cespuglio di rose blu spuntò un gatto dal pelo
rosso e bianco e gli
occhi verde smeraldo. Miagolò e andò a
strofinarsi contro la gamba del ragazzo
che prontamente si chinò ad accarezzarlo, “Come
sei bello micio” gli sussurrò e
lo prese in braccio.
In
lontananza il cancello si aprì e finalmente la
vide, il suo cuore accelerò il battito e quasi non si
accorse che il gatto gli
stava facendo le fusa. Lentamente le andò incontro e si
fermò per guardarla
scendere dalla sella e consegnare le briglie allo scudiero.
Ammirò il suo abito
lungo e bianco con le maniche rosse come i due fiocchi che aveva tra i
capelli
ondulati.
Giulietta
si accorse della sua presenza e gli
sorrise “Sei in dolce compagnia!”. Il volto le si
illuminò quando vide da
vicino cosa stringeva, accarezzò il pelo morbido
dell’animale che si era accomodato
tra le braccia di Mercuzio. “Finalmente sei
arrivata” le disse guardandole la
mano sulla testolina del gatto.
Lei
annuì senza distogliere le attenzioni da quel
pelo rosso e morbido. “Sei venuta con un altro
cavallo?” le chiese curioso. La
ragazza lo guardò sorridendo “E’ di
Isabella, volevo farle una sorpresa”.
Il
gatto si stancò delle coccole e balzò a terra.
“Sarà contentissima quando lo
vedrà” affermò lui e le
sfiorò la mano “Vieni,
entriamo”. Giulietta lo seguì.
All’interno
era stato organizzato un buffet su di
una tavolata lunghissima e lampadari e sedie erano stati ornati da
grandi
fiocchi dorati. I servi scorrazzavano qua e la mentre il maggiordomo
impartiva
loro ordini e li rimproverava se sbagliavano qualcosa.
Il
principe si avvicinò al buffet per assaggiare
qualcosa poi si mise di lato in attesa di ricevere gli ospiti. I due
ragazzi
andarono da lui, che prontamente guardò la ragazza
“Siete in anticipo” osservò.
Lei sorrise senza rispondere. “Zio perché non dici
a Giulietta il vero motivo
di questa festa?” ironizzò Mercuzio .
“E’
il suo compleanno!” gridò Caterina alle loro
spalle. Escalus si scurì in volto
“Discrezione” intimò ai due ragazzi ma
Giulietta non lo ascoltò “E quanti anni compiete?
Se è lecito”. Il principe non
rispose e se ne andò. Mercurio si scusò per lui.
Quando il resto della famiglia
del ragazzo salutò la ragazza lei poté finalmente
annunciare ad Isabella “Ti ho
riportato Varen, è nelle scuderie!”.
La
donna dai capelli rossi la guardò incredula.
“Giulietta in braccio!” stridulò Viola.
La fanciulla le sorrise e l’accontentò.
Arrivarono altri parenti del principe e Mercuzio elencò uno
per uno i loro nomi
e discendenze. “Ti ringrazio” disse commossa
Isabella avvicinandosi a Giulietta
che le sorrise “Figurati, non c’è di
che…”.
Un
tonfo improvviso colse tutti di sorpresa. Escalus
s’infuriò e corse a rimproverare
l’anziano maggiordomo. Viola iniziò a piangere
e Giulietta la consegnò ad Isabella poi si voltò
e davanti ai suoi occhi
apparve il motivo di quel rumore.
Ad
uno dei lampadari si era allentata la corda ed
era precipitato a poco centimetri da una serva che dallo spavento era
paonazza.
Alcuni moccoli erano caduti a terra e si erano spenti.
La
fanciulla si avvicinò alla serva per chiederle se
stava bene ma il principe si precipitò a dirle di non
immischiarsi e aggiunse:
“Mercuzio perché non porti Giulietta a fare un
giro del castello?”.
Il
nipote guardò la serva riprendersi e toccò la
mano della ragazza “Certamente zio”. Lei lo
seguì senza esitazioni.
“Qui
ci sono le cucine…” diceva distrattamente
Mercuzio mentre vagavano senza una meta, “Questa è
una delle 32 stanze degli
ospiti…, di la il corridoio che porta alla biblioteca
principale…”. Giulietta
guardava incuriosita “Insomma è una fortezza! E il
pezzo forte qual è?”, lo
afferrò per un braccio e lo trascinò nella
direzione opposta stufa
improvvisamente di quella situazione.
Attraversarono
di nuovo il salone d’ingresso
evitando lo sguardo del principe. “Vieni per di
qua” si affrettò a dire il
ragazzo, “Ti faccio vedere il piano superiore”. Lei
lo riprese per mano
sbuffano e si avviò sulle scale tenendosi l’abito
con l’altra mano.
“Dai
non fare cosi! Non ti odia, ha solo scelto di
non affezionarsi alle persone” disse il ragazzo precedendola
in cima alle
scale. Giulietta si voltò a cercare lo sguardo del principe
ma non lo trovò.
Sul
pianerottolo che si divideva in due corridoi ai
lati opposti c’era nel mezzo un atrio che era stato adibito a
salotto con due
eleganti divanetti frontali, un piccolo camino, un tavolino al centro
sopra un
raffinato tappeto e due grandi librerie stracolme su entrambe le
pareti. Il
tutto incorniciato da una grande vetrata ad arco con i bordi in ghisa
divisa in
tre sezioni.
“Questo
è il pezzo forte della fortezza, come la
chiami tu” sorrise Mercuzio. La ragazza si
avvicinò come ipnotizzata alla
vetrata illuminata debolmente dai pochi raggi di sole coperti dalle
nubi grigie
e che stavano tramontando.
Osservò
il cielo e il paesaggio al di sotto di esso:
ettari di prateria e bosco, un lago abbastanza grande da nuotarci
dentro con un
gazebo vicino e tanto verde. Notò anche qualche bersaglio
per il tiro con
l’arco sotto delle querce e sorrise. “So cosa stai
pensando…”, il biondo ruppe
il silenzio e le spostò i capelli arricciati di lato. Le
accarezzò uno dei
fiocchi rossi che aveva in testa.
“Non
avevo mai visto questa parte di casa tua” disse
Giulietta sognante. “E non è tutto”
rispose lui, “Io mi riferivo alle armi
però, non allo spazio che c’è
qui”. Lei rise e o lo guardò accarezzandogli la
guancia, lui prese la mano e la baciò. “Questo
è uno dei miei angoli preferiti,
sai già perché…”, si
guardarono con complicità.
“Lo
sarebbe anche per me se fosse casa mia” disse
Giulietta e tornò alla ringhiera delle scale, si
appoggiò al parapetto e il
ragazzo la imitò. Commentarono ironicamente qualche signora
tra gli ospiti dato
che il salone si stava riempiendo poi d’un tratto la
fanciulla toccò il braccio
del ragazzo e indicò un punto “Guarda ci sono
Arianna e Benvolio!”.
Mercuzio
se ne accorse e la prese per mano “Vieni,
andiamo a salutarli”. Giulietta sul secondo gradino gli
lasciò la mano per
sollevare entrambi i lati del vestito. Scesero le scale mentre gli
invitati si
voltarono a guardarli.
“Se
non ti conoscessi direi che sei nervosa…”
azzardò il giovane. Lei era troppo concentrata a non cadere
ma si sentì gli
occhi addosso “Guarda che sto benissimo”, quasi
inciampò e lui le trattenne una
mano e gliel’alzò. Rise e sbirciò le
sue caviglie, notò che aveva degli
stivaletti neri. “Quando sei imbarazzata inciampi”
le annunciò.
Si
fermarono a metà scala perché Giulietta dovette
guardarlo in faccia con un’espressione beffarda.
“Oh mia signora non fate cosi
vi prego” disse lui prendendola in giro e si
inginocchiò a baciarle la mano. La
fanciulla rise di gusto e gli occhi le caddero distrattamente dinanzi a
lei.
Non
era più parte degli invitati che li rimirava,
adesso ogni presente aveva lo sguardo incuriosito su di loro compresi i
loro
due amici che se la ridevano stupiti. Isabella e Valentino le
sorridevano ed
Escalus li fissava serio. Giulietta si accorse anche della presenza
della sua
famiglia e di quella dei Montecchi. “Fa che non sia
vero” sussurrò mordendosi
un labbro, in quel momento fu davvero nervosa.
Mercuzio
si rialzò agile come un gatto e la prese
sottobraccio intrecciando le dita delle loro mani e mettendoci sopra
l’altra.
“Come sei sfacciato” osservò lei mentre
percorreva gli ultimi gradini al suo
fianco evitando gli sguardi di tutti. Il ragazzo invece era a testa
alta
palesemente sereno, “Lo sai perché” le
disse allegro una volta scesi.
Arianna
si precipitò a salutare Giulietta e Benvolio
abbracciò il suo amico. “Ma che è
successo fra voi due?” chiese lei pazza di
gioia, Giulietta e Mercuzio si guardarono ma non risposero. Benvolio
ridacchiò
“Quello che abbiamo sempre saputo succedesse! Non
è cosi fratello?” gli diede
una pacca sulla spalla.
I
signori Capuleti si avvicinarono a loro seguiti
dal principe. I due ragazzi fidanzati si congedarono.
“Figlia…” disse Enrico
guardandola. “Padre, non sapevo che anche voi foste state
invitati” disse lei
guardando il principe. Sua madre le accarezzò il viso
“Tesoro non parli mai con
noi ultimamente…”.
Il
conte guardò Mercuzio “Voi dovete essere il
ragazzo che entra in casa mia dal balcone dico bene?”. Non
c’era un tono
cattivo nella sua voce, eppure Giulietta
s’irrigidì temendo il
peggio.“Esattamente” rispose il ragazzo prendendo
la mano che Enrico gli
porgeva poi salutò anche sua moglie.
“Gradirei
che la prossima volta passaste dalla porta
principale” disse ancora il padre di Giulietta al ragazzo che
annuì col sorriso
“Senz’altro mio signore”. La ragazza lo
guardò incredula ma felice. “E adesso
principe volete spiegarci perché mi trovo in casa vostra
assieme al mio
nemico?” chiese il padre della ragazza cambiando tono.
Lei
stava per abbracciare Mercuzio dalla felicità
che quasi aveva dimenticato gli sguardi carichi d’odio che la
signora Montecchi
continuava a lanciarle. “Signor Capuleti ve l’ho
già detto, cerchiamo di
comportarci da persone civili. E’ l’anniversario
del mio principato e siete
stati tutti invitati indistintamente…” non
finì la frase perché quasi strillò
“Lui?!”. Giulietta si voltò
distrattamente e tornò a parlare con Mercuzio ma
lui stava fissando l’entrata con un’espressione di
disgusto.
I
Montecchi sussultarono “Tu! Traditore!”, ma le
guardie gli impedirono di causare uno scontro. La ragazza si
rivoltò pensando
chissà a quale tragedia stava per succedere e si
trovò il volto di suo cugino a
un passo dal suo. “Tebaldo! T-Tebaldo!”
ripeté la signora Capuleti ed ebbe un
mancamento.
Tebaldo
guardò la ragazza di fronte a lui con
desiderio “Ciao cugina” le toccò il viso
con la mano guantata di nero e se lo
sfilò con i denti. Indossava un mantello marrone con un
cappuccio. Calò il
silenzio ma durò un attimo perché prese a parlare
mentre tutti lo guardarono
come un appestato.
“Non
volevo disturbare la vostra festa, e mi
dispiace per l’incidente di prima” rise
malvagiamente indicando il soffitto e
guardò i Montecchi che cominciavano a chiedere vendetta per
Romeo. Mercuzio lo
afferrò per il cappuccio “Sei tornato dal regno
dei morti maledetto? Per causa
tua Romeo è in esilio!”.
Tebaldo
estrasse la spada e lo allontanò con la
punta. Si mordicchiò il pollice “Sfortunatamente
per te, sappiamo tutti perché
il povero Montecchi” Sputò in terra
“E’ stato esiliato” puntò
l’arma contro il
collo della cugina. Il conte strillò “Tebaldo che
diavolo fai?”, le guardie del
principe accerchiarono il Capuleti armati di balestre
“Fermi!” gridò il
principe.
Tebaldo
rise e spinse la lama, ma Giulietta non
aveva paura. “Tebaldo Capuleti se sei ancora vivo significa
che ho esiliato un
innocente…Ma potrei condannare te a morte se non la smetti
con questa
sceneggiata” gli si avvicinò ma il ragazzo lo
ferì ad un braccio. Escalus non
si mosse. Il sangue iniziò a colargli lungo la veste.
Mercuzio
strinse i pugni e desiderò con tutte le sue
forze ucciderlo. Suo fratello dall’altra parte della sala gli
fece cenno che
andava a prendere una spada, visto che alle feste spesso non le
portavano con
se. Tebaldo rise ancora “Cara cugina quel tuo amico donnaiolo
non ti si addice
affatto”, lei lo guardò dopo aver guardato la lama
della spada “Mi disgusti!”.
Lui
le spostò i capelli con la lama e gliela
ripunto’ al collo poi fu sbalzato via da Valentino e i due
iniziarono a
duellare. “Fermi!” gridò Giulietta
“Fermi tutti! E’ una faccenda tra me e
lui!”. La folla si divise a metà e Tebaldo
abbassò la spada, Valentino lo
guardò con odio e continuò a puntargliela contro
indietreggiando.
“L’avete
sentita mia cugina? Da ordini adesso”, la
sua espressione era diventata quella di un pazzo: occhi e bocca aperti
mentre
le vene sul collo pulsavano come se stessero per esplodere. Il giovane
Capuleti
indietreggiò come per prendere la rincorsa e alzò
la spada con entrambe le
mani.
Giulietta
rapida si chinò ad estrarre i pugnali che
nascondeva negli stivali e glieli lanciò contro. Il principe
provò a fermarla
ma senza successo insieme al nipote minore. La faccia di Tebaldo
cambiò quando
si accorse di essere immobilizzato dalle punte delle lame infilate nei
tendaggi
alle sue spalle che lo bloccavano sotto le ascelle.
Era
rimasto sbalordito e con la spada in alto, aveva
visto tutta la collera negli occhi della consanguinea e per un istante
aveva
temuto di morire. “Guardie prendetelo!”
gridò Giulietta. Gli uomini del
principe le ubbidirono all’istante. Enrico corse a sgridare
il nipote. Escalus
toccò una spalla della ragazza che si voltò a
guardarlo poi si rivolse ai
Capuleti “Portatevelo via!”.
Mercuzio
la abbracciò tremante, lei si staccò quasi
subito “Sto bene, sto bene” rise ma lui sapeva che
non era vero. Le toccò il
collo e le baciò la fronte poi si guardarono negli occhi e
lesse tutta la sua
preoccupazione. Una guardia porse i pugnali alla ragazza che se li
rinfilò
negli stivali. “Giulietta vieni via!” si
allarmò il conte ma il principe lo
rassicurò “Può restare, anche a dormire
qui col vostro consenso”.
La
ragazza non crebbe alle sue orecchie. Escalus
guardò ancora il conte e gli sussurrò
“Credetemi se avesse voluto colpirlo
altrove lo avrebbe fatto”. I Capuleti rimasero ancora un
po’ imbambolati da
quelle parole poi se ne andarono con Tebaldo. “Zio devi
punire questo
affronto!” tuonò Mercuzio.
Il
principe lo ignorò e batté le mani
“Signori non è
successo nulla, vogliamo adesso sposarci nella sala delle danze? La
festa
continua”. Valentino corse da Giulietta con la spada ancora
in mano “Come vi
sentite?” le chiese preoccupato. Lei sorrise dicendogli di
stare tranquillo poi
vide Isabella uscire da una stanza con i bambini per mano.
Escalus
le si parò di fronte con le mani tese
“Giulietta, le armi”. Lei lo guardò
arrabbiata “Come prego?. Il principe sbuffò
“Forza non farmi perdere altro tempo”. Valentino e
Mercuzio la guardarono e
annuirono. La ragazza guardò ancora le mani del principe.
“Non costringermi a
prenderteli con la forza” le intimò ,
“Ma perché?” si lamentò lei
tirandone
fuori uno. Escalus lo afferrò “Su anche
l’altro, sbrigatevi”. Lei glielo
consegnò con la punta verso di lui a differenza del
precedente e lo guardò
sconsolata.
Più
tardi, quando gli invitati si erano già
dimenticati dell’accaduto ed erano intenti a fare baldoria
Giulietta salì di
corsa una delle due scalinate nel salone all’ingresso e quasi
inciampò nel
lungo tappeto rosso sopra i gradini. Si stava chiedendo
dov’era finito Mercuzio
e stava andando dritta dal principe a scambiare con lui due paroline.
Una
mano l’afferrò per il gomito e lei si
ritrovò
contro il muro. Era cosi distratta che non si era accorta di essere
nella parte
opposta del corridoio rispetto alla sala delle danze. Aveva sobbalzato
quando
il ragazzo che stava cercando l’aveva toccata ma una volta
realizzato che era
lui si era rilassata, o almeno credeva di esserlo.
“Dove
stavi andando?” le chiese il giovane appoggiando
una mano al muro sopra la testa di lei. Giulietta si rese
improvvisamente conto
di non essere affatto consapevole di dove stava andando. Guardarlo non
le
faceva più ricordare nemmeno il suo nome, e il suo odore
poi…
Cercò
di non guardarlo negli occhi per evitare un
mancamento. Mercuzio rise e dovette ripetere la domanda, la ragazza
mentì
“Volevo controllare che Tebaldo si fosse davvero
allontanato…”.
Il
ragazzo le toccò il mento e si ritrovò ad un
passo dal suo viso, “Ho visto quello che sei capace di
fare…Dovrei avere paura
di te, invece non capisco perché tu ne abbia ancora di
me…”, girò il viso che
tratteneva dolcemente verso il proprio e la ragazza cercò di
indietreggiare ma
era appiccicata al muro.
D’un
tratto lo guardò negli occhi e desiderò che lui
la baciasse, invece il biondo continuando a fissarla disse
“Ci si rivede amico
mio!”. Giulietta sentì la risata cristallina di
Arianna e si staccò
immediatamente da lui.
Benvolio
li guardò con un sorriso “Ma non venite a
ballare? Mancate solo voi!”. Arianna fece
l’occhiolino a Giulietta e le chiese
qualcosa su Mercuzio, ma lei senza guardarli si dileguò di
corsa nella parte
opposta del corridoio.
Finalmente
trovò Escalus in piedi ad osservare le
danze e gli andò incontro. Notò che non si era
cambiato la veste e il taglio
sul braccio si vedeva ma lui non se ne curava affatto.
“Allora, cosa ne pensate
della mia abilità nel maneggiare le armi?” gli
chiese sfacciatamente mettendosi
di fianco a lui nella stessa posizione.
“Dovete
ammettere che…”, continuò ma lui la
interruppe con tono beffardo “Tu lo ami mio
nipote?” le chiese. Giulietta fu
come colpita da un fulmine, guardò per terra e non seppe
cosa dire perché in
mezzo alla folla che aveva momentaneamente smesso di danzare vide il
ragazzo
avanzare verso di lei.
“Zia
Giulietta!” gridò Viola correndole incontro e
le si aggrappò alla gonna “Facciamo un
ballo?”. Per la prima volta la ragazza
sentì Escalus ridere e prese la bimba in braccio.
L’orchestra riprese a suonare
e le due presero a volteggiare insieme agli altri.
Viola
si divertiva come una matta e anche Giulietta
aveva preso a ridere dimenticandosi di tutti i problemi. Valentino,
Isabella e
Mercuzio si avvicinarono al principe che gli annunciò
“Nipoti miei…Viola ha
appena chiamato zia Giulietta”, guardò Mercuzio
che si voltò a guardare lei e
sua nipote.
Valentino
rise e gli diede una pacca sulla spalla
mentre sua moglie gli diceva “Siete davvero una bella
coppia”. Il ragazzo
continuò a fissare la fanciulla e rispose alla zia
“Tu credi? Io non so neanche
se lei ricambia i miei sentimenti”.
Isabella
sorrise “Allora va da lei e chiediglielo”.
“Si! Dichiarati fratellino! Che cosa aspetti?” lo
incoraggiò Valentino “Sei
sempre stato uno che con le donne ci sa fare e adesso che fai?
Esiti?”.
Mercuzio
sospirò “Stavolta è diverso”,
poi andò da
lei e si chinò a dire a Viola “Posso rubartela
ora?”, lei sorrise e corse dalla
mamma. Suo zio la guardò finché non si fu
allontanata poi si rivolse a
Giulietta “Posso avere l’onore?”. Lei
annuì e le loro mani si toccarono.
Quando
la festa finì e tutti se ne andarono via
Benvolio ed Arianna annunciarono che sarebbero rimasti anche loro per
la notte
poi salutarono la famiglia del principe per coricarsi. Giulietta dopo
aver dato
la buonanotte a tutti, fu accompagnata da una serva nella sua stanza.
La
seguì senza fare domande e una volta dentro la
donna le disse che nel baule c’era l’abito che
Caterina aveva deciso di
prestarle per il giorno dopo e l’acqua nella sala del bagno
era ancora troppo
calda. Giulietta la ringraziò e le disse che poteva andare.
Prima
di uscire la donna aggiunse “Di fronte
c’è la
camera di Mercuzio, se avete bisogno di qualsiasi cosa non esitate a
chiamare
lui o me”, s’inchinò e uscì.
La giovane rimasta sola si tolse gli stivaletti e
i nastri dai capelli che appoggiò sul mobiletto vicino al
grande letto dorato
senza baldacchino.
Tutto
sommato la stanza le piaceva: le coperte del
letto verde olio, un armadio con intarsi in oro ed una grande
specchiera, lo
scrittoio con i candelabri dorati e uno scaffale pieno di libri. Per la
seconda
volta le venne voglia di leggere ma sapeva che era troppo tardi.
Aprì
la porta della stanzetta accanto e rimase
stupita: il pavimento era di mosaico e al centro c’era una
grande vasca
esagonale. Salì sui due gradini e sentì
l’acqua con la punta del piede destro:
era bollente. Sbuffò e tornò di la, si sedette
sul letto e le sembrò di aver
sentito un tonfo provenire da fuori la porta. Imprecò
perché qualcuno di sua
conoscenza l’aveva privata dei suoi pugnali.
Uscì
dalla stanza nervosamente e bussò a quella di
Mercuzio. Il corridoio era vuoto e lei aprì la porta di
scatto. I vestiti erano
sparsi per terra e c’era un po’ di disordine qua e
la. “Mercuzio?”, lo chiamò
quando notò una tenda strappata. Il ragazzo apparve avvolto
da una vestaglia
bianca.
La
vide e le mostrò il pezzo di tenda zuppo d’acqua.
Lei lo guardò senza capire. “Dai non fare quella
faccia, si è rovesciata una
candela e la tenda ha preso fuoco” disse col tono
più innocente del mondo. “E
chi l’ha fatta cadere la candela?” chiese lei
trattenendo una risata. Lui
lanciò la tenda da qualche parte “E’
stata lei…” disse guardandola “Lianne!
Il
suo fantasma!”.
Giulietta
non rise più, si strinse nelle braccia e
distolse lo sguardo “Io non ci dormo da sola in mezzo ai
fantasmi, perché non
me lo hai ricordato prima!”. Mercuzio scoppiò a
ridere e la abbracciò “Ma sto
scherzando! Non avrai paura dei morti”. Giulietta
tremò, “Oh magari, è solo una
scusa per entrare nel mio letto!” azzardò lui
preparandosi alla sua reazione.
La
mano della ragazza fallì nel tentativo di dargli
un ceffone perché lui le trattenne il polso. “Che
ho detto di male? Non hai già
sentito quanto è comodo il mio letto?” si
divertì ancora. Lei si rimpossessò
della mano e si allontanò da lui, vide la porta della sala
da bagno e
lentamente ci entrò. Stavolta il pavimento era in pietra
chiara e la forma
della vasca era rettangolare, si entrava con degli scalini fino ad
arrivare a
non toccare più il fondo.
Giulietta
si avvicinò alla finestra per ammirare la
luna piena. Sentì l’acqua muoversi e
sobbalzò. Mercuzio si era letteralmente
tuffato e aveva abbandonato la vestaglia a terra. Emerse
dall’acqua la sua
chioma bionda e riccioluta “Ti unisci a me?” le
domandò avvicinando sial bordo
e appoggiandovi su le braccia nude. “No” rispose
lei, “buonanotte!” e lo lasciò
solo al suo bagno.
Tornò
in camera e controllò tutte le candele, poi si
legò i capelli e dopo aver lasciato il vestito sul letto si
immerse anche lei
nella sua vasca. Forse avrebbe dovuto farsi aiutare dalla serva, o
chiederle di
rimanere con lei finché non avesse preso sonno. Aggiunse
distrattamente sali,
oli e profumi nell’acqua e quando si fu raffreddata
uscì.
Tornò
in camera e sistemò il vestito nell’armadio
dove trovò una camicia da notte bianca senza maniche. La
indossò e senza
spegnere le candele si mise a letto coprendosi fino alle orecchie.
Passò
qualche minuto e il sonno non arrivò, si girò
dall’altro lato e chiuse gli
occhi. Provò a rilassarsi ma d’un tratto il
cigolio della porta che si apriva
la fece rabbrividire. Strizzò gli occhi e graffiò
il cuscino ripetendosi
mentalmente che i fantasmi non esistevano.
Una
voce angelica le chiese “Sei sveglia?”. Sorrise
felice di credere alle sue orecchie e lanciò via le coperte,
“Certo! Vieni!” tese
le braccia e quando Mercuzio si sedette sul letto lo
abbracciò forte.
Lui
rimase un po’ spaesato ma la strinse, “Credevi
davvero che non sarei venuto a controllare se qualche spirito inquieto
ti
stesse disturbando?” ridacchiò mentre lei gli
respirò sul collo. Si mosse
appena per guardarlo negli occhi poi sorrise. Il ragazzo disse
qualcos’altro ma
lei lo zittì con un bacio inaspettato. Lo attirò
a se fino a che non furono
sdraiati senza staccarsi dalle sue labbra.
Giulietta
gli afferrò i capelli e la mano di lui
andò a cercare il bordo della camicia da notte per alzarlo
fin sopra il
ginocchio. La guardò mentre le sue dita accarezzavano
delicatamente la coscia.
“E’ ora di dormire, e come puoi vedere non ci sono
fantasmi…”, sussurrò e le
baciò la fronte poi si alzò dal letto.
“Devi
proprio andare?” domandò lei mentre il ragazzo
le rimboccava le coperte. “Non sai quanto vorrei
restare” pensò lui ma le
rispose “Domani ci aspetta una lunga giornata”, le
prese la mano e la baciò
“Fai bei sogni mia adorata…”.
Giulietta
lo guardò uscire dalla sua camera
leggiadro come un felino, gli sorrise per l’ultima volta poi
si mise a rimirare
il soffitto per parecchio tempo. Anche Mercuzio nel suo letto aveva
incrociato
le braccia dietro la testa e non faceva altro che guardare il soffitto
e
sorridere…
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Capitolo 9 *** Capitolo Nono ***
Capitolo Nono
Il
mattino seguente all’alba, Arianna dormiva
beatamente tra le braccia del suo Benvolio che con i capelli mossi e
spettinati
sul viso russava di tanto in tanto.
Aprì
gli occhi di soprassalto facendo ritrovare la
sua fidanzata dall’altro lato del letto. Lei schiuse gli
occhi e lo guardò
“Amore cosa c’è?”, e li
richiuse. Lui sbadigliò “Nulla, solo un brutto
sogno”.
Si girò su un fianco a rimirarla.
Erano
entrambi nudi, sudati e stanchi dal momento
che erano andati a dormire solo qualche ora prima.
Arianna ancora con gli occhi chiusi chiese
maliziosamente “Di la verità, vuoi
rifarlo?”. Benvolio rise mentre lei si
stiracchiò “Perché tu no?”,
la baciò e coprì entrambi col lenzuolo.
L’anziana
serva entrò nella camera dove dormiva la
piccola Capuleti, posò il vassoio d’argento con la
colazione sul tavolo e aprì
le finestre. Giulietta si mosse nel letto illuminato dai raggi del sole
e si
scoprì appena.
“Buongiorno
signorina!”, la serva fece un inchino.
“Balia…” mormorò lei,
“Lasciami dormire ancora un po’”.
L’anziana donna rise e
si avvicinò al letto “Giulietta svegliatevi, sono
io, Iris…”, prese la spazzola
sul comodino.
La
ragazza aprì gli occhi e la riconobbe “Oh
scusate!”, si tirò su a sedere e si
lasciò pettinare per un po’. Dopo una
ventina di spazzolate mormorò “Va
bene cosi grazie, adesso vorrei mangiare…”.
Iris
posò la spazzola e si congedò con un sorriso
“Come
volete voi Giulietta”, uscì e la ragazza rimase di
nuovo sola. Si alzò
sbadigliando e bevve un po’ di latte, poi assaggiò
il dolce e la frutta. Il
pensiero dei fantasmi se ne era finalmente andato insieme alla nottata.
Finì
di pettinarsi da sola e indossò qualche goccia
di un essenza che trovò in camera. Poi uscì in
corridoio, si accertò che fosse
deserto ed entrò nella stanza di Mercuzio senza bussare.
Quale
visione migliore!
Il
ragazzo seminudo come la sera precedente dormiva
abbracciato al cuscino all’interno dei veli trasparenti del
baldacchino.
Giulietta trattenne un sorriso e si avvicinò lentamente per
contemplarlo.
Scostò
un velo e lo guardò meglio: i capelli sparsi
sull’altro cuscino riflettevano la luce che entrava dalle
finestre aperte. Iris
era già passata di li e aveva lasciato il vassoio sul
tavolino. La tenda
strappata era già stata sostituita e i vestiti buttati a
terra non c’erano più.
La
ragazza silenziosamente si adagiò sul letto a
pancia in giù e appoggiò il viso vicino al suo,
lo guardò a lungo poi socchiuse
gli occhi. “Sai perché non sono ancora
sveglio?” mormorò lui allungando una
mano per toccarla e facendola ridere. “No, dimmelo”
rispose lei sorridendo a
occhi chiusi.
Mercuzio
la guardò ancora un po’ assonnato,
“Perché
ho passato troppo tempo a pensarti”. Lei aprì gli
occhi e gli accarezzò la
fronte, “Allora è colpa mia!”,
annunciò contenta. Lui spostò il cuscino che
abbracciava per adagiarlo sotto la testa della ragazza e
abbracciò lei.
“La
prossima volta non voglio che dormi in una
stanza degli ospiti ma nella mia” disse richiudendo gli
occhi. Giulietta gli
guardò il viso poi ridendo gli sfiorò il collo
“Perché? Non sono mica tua”. Non
si accorse che lui aveva riaperto gli occhi. Passò qualche
attimo di silenzio
poi Mercuzio si svegliò del tutto “Sei
sicura?”, si ritrovò sopra di lei e le
bloccò le mani.
“Ne
sono certa” rispose la ragazza con aria di sfida
a un passo dal suo viso. Lui rise “Chissà
perché non ti credo, e nemmeno tu
credi a quello che stai dicendo”. Lei smise di pensare
perché Mercuzio aveva
osato baciarla nuovamente.
Escalus
nella sua veste scura lunga fino ai piedi
camminava nel corridoio a passo svelto, con
espressione rigida giunse dinanzi la porta
della camera e l’aprì. Il letto disfatto e il
vassoio mezzo vuoto gli fecero
intendere che la fanciulla aveva dormito li.
Uscì di li senza
preavviso spalancò la porta della stanza del nipote e lo
trovò ancora in
biancheria a fare
colazione con lei
seduta in braccio. I due ragazzi lo videro e lo salutarono senza
scomporsi.
“Nipote,
tra meno di due ore avete le esercitazioni,
non te lo scordare! Io sarò occupato per una riunione
importante…”, guardò
Giulietta “Quanto
a te…abbiamo udienza
dopo pranzo” lanciò un’ultima occhiata a
Mercuziò e se ne andò.
La
ragazza dopo che la porta fu richiusa si alzò
nonostante le proteste di lui, “Che udienza?”
chiese dubbiosa. Il giovane
ridacchiò e le disse di non preoccuparsi, si alzò
per lavarsi il viso mentre
lei incerta sul da farsi si avviava verso la porta.
“Sarà
meglio che vada a prepararmi…” non finì
la
frase perché lui l’afferrò da dietro e
la baciò su una guancia “Tu resti qui
invece! Abbiamo ancora tempo”. Giulietta ridacchiò
“Va bene mi arrendo!” e si
rimisero a letto per un’altra oretta.
Il
sole era ormai alto nel cielo quando Mercuzio
nella sala delle armature provava per l’ennesima volta la sua
spada preferita.
Giulietta con addosso un vecchio abito bianco e marrone
entrò in silenzio e lo
ammirò nel padroneggiare l’arma con la mano
sinistra. Aveva notato che anche il
fratello era mancino e si lasciò sfuggire una risata.
“Ecco
il mio avversario!” disse lui senza smettere
di colpire l’aria e finalmente si fermò per
riprendere fiato. “Prego
avversario, fatti avanti” le indicò lo spazio di
fronte a lui. La ragazza
ubbidì cercando di non ridere ma la situazione le sembrava
piuttosto buffa.
Mercuzio le
lanciò la stessa spada che Escalus le aveva imposto di
scegliere qualche sera
prima. Afferrò l’elsa al volo ma non era ancora
abituata al peso. La lama toccò
terra e Giulietta iniziò a concentrarsi.
Il
giovane la studiò per un po’ “Caro
avversario, ti
sei messo a ridere prima di cominciare e non ti sei nemmeno riscaldato
un po’”,
scosse la testa in maniera ironica, “Non si fa!”.
La ragazza si preparò a
difendersi tenendo la spada con entrambe le mani.
Lui le girò
intorno un paio di volte con l’arma puntata contro
finché, quando lei abbandonò
un po’ la concentrazione esclamò “In
guardia!” e Giulietta parò a malapena
l’affondo.
Dopo
un altro paio di colpi pesanti la spada le
sfuggì di mano ma la raccolse subito mentre Mercuzio se la
rideva. “A cosa stai
pensando? A me senza vestiti? Hai la testa altrove e non te lo puoi
permettere
quando combatti”, la punzecchiò ancora
finché lei non si decise a tirare fuori
le unghie.
Smise
di stare sulla difensiva e iniziò ad
attaccarlo. Se non pensava al peso della spada, la spada non le pesava
più di
tanto. “Io non penso mai a te senza vestiti!” disse
neutra mentre lui parava i
suoi affondi. Il ragazzo abbassò l’arma facendola
rimanere spaesata ma pronta a
colpire.
“Ah
no?” le chiese beffardo mentre riprendeva a
duellare con lei. Giulietta ignorò le sue parole mentre
sentiva l’adrenalina
impossessarsi di lei. Con un colpo mirato di lui però, la
sua gonna si squarciò
lateralmente e lei s’immobilizzò un istante per
controllare.
Mercuzio
rapido, l’afferrò da dietro e accidentalmente le
toccò il petto con la mano
libera, ma invece di toglierla infilò la punta delle dita
nel corsetto. “Che
stai facendo?” urlò lei, “Guardie
aiuto!”. Lui le coprì la mano con la bocca e
rise “Siamo soli, le ho mandate via tutte”.
Giulietta
s’innervosì ancora di più mentre lui
infilava la mano nello spacco che le aveva fatto sulla gonna,
sentì il calore
della dita sulla gamba e provò a divincolarsi.
“Senti, ci ho ripensato!” disse
lui allegramente, “Facciamo l’amore, ma non la
guerra…”.
Appoggiò
il mento sulla spalla di lei e si accorse
del suo sguardo assassino. La ragazza ancora armata rialzò
la spada contro il
suo viso e lui scattò all’indietro. Con una
giravolta di lei si ritrovarono a
fronteggiarsi “Sfortunatamente per te preferisco la seconda
opzione!” gridò lei
tra il cozzare delle lame.
Mercuzio
sbuffò divertito “Perché non hai mai
provato le gioie della prima!”. Le guance di lei avvamparono
e si scagliò su di
lui con tutta la sua forza. Si ritrovarono con le spade incrociate,
“Tu non sai
molto di me” sibilò lei indietreggiando
perché lui era più forte. “So quanto
basta” ridacchiò il ragazzo, “Non dirmi
che con Romeo…A me risulta che non è
successo!”.
Giulietta
si allontanò da lui “Infatti è cosi!
Sei
tu invece che chissà con quante donne hai fatto
chissà cosa!”. Abbassò l’arma
e
fece qualche passo intorno a lui “La mia balia dice sempre
che probabilmente tu
sei affetto da…come si chiama quella malattia
strana?”.
“Sifilide”
rispose lui senza abbassare l’arma ma
seguendola con lo sguardo. Giulietta annuì “Si
esatto!”. Calò il silenzio tra i
due per un po’. “Solo che non mi ha mai voluto dire
come si prende questa
sifilide” continuò la ragazza facendo un pensiero
ad alta voce.
Mercuzio
scoppiò a ridere “Quella balia è
proprio
ridicola! Si permette di giudicarmi senza conoscermi!”, la
ragazza si fermò a
guardarlo e intuì che c’era rimasto male.
“Quanto a te, sei ancora cosi piccola
e inesperta…Ma io non ho nessuna malattia” sorrise
rassicurandola.
“Sei
stato davvero con molte donne?” le chiese lei curiosissima
dato che lui non aveva molta voglia di toccare quel discorso.
“Questo è quello
che gli altri vogliono farti credere, in realtà sono loro
che vengono appresso
a me perché sono divertente…Credo…O
per i miei soldi…”, sbuffò
“Riprendiamo?”.
La
giovane si avvicinò a lui a passo svelto.
“No”
disse “Vengo in pace”. Il ragazzo la
guardò poco convinto e quando le fu
vicinissima la disarmò con la sua spada. L’arma
che Giulietta teneva cadde a
terra con un gran tonfo, lei esitò un attimo poi
buttò le braccia al collo al
biondo e lo baciò.
Si
rese conto di essere una grande incoerente con
quello che diceva e le sfuggì una risatina. Mercuzio
continuò a baciarla con
passione e con la punta della spada finì di squarciarle la
gonna. Giulietta si
staccò e lo fulminò con lo sguardo.
“Adesso
sembra che hai un abito con lo spacco” si
giustificò lui “Ed io posso ammirarti meglio le
gambe” rise. Lei indietreggiò
per guardarsi meglio mentre il ragazzo lasciava l’arma a
terra. “Hai ragione!”
scoppiò a ridere mentre lui la sollevava da terra.
Caterina
passeggiava per il giardino con le mani
intrecciate dietro la schiena e distrattamente ascoltava il canto degli
uccellini e si godeva il calore del sole sulla pelle, le era sempre
piaciuta
l’estate.
Sapeva
che avrebbe trovato suo nipote maggiore ad
allenarsi a combattere ma aveva deciso di ignorarlo, non le piacevano
più le
armi e si era promessa che non ne avrebbe più toccata una.
Osservò la forma di
quelle poche nuvole presenti in cielo quando la voce di Giulietta
attirò la sua
attenzione.
La
cercò con lo sguardo e la vide con addosso
l’abito rosa pesca che le aveva prestato e un fiocco tra i
capelli dello stesso
colore. Sorrise perché le stava proprio bene. Era senza
maniche e sul bordo del
corpetto ricamato c’era un volant. Le calzava un
po’ lungo a causa della sua
minuta statura me secondo Caterina era perfetta nel suo abito, come una
principessa.
Suo
nipote Mercuzio le camminava affianco dicendo un
sacco di stupidaggini per farla ridere e lei cercava senza successo di
ignorarlo. Ad attenderli ai bersagli c’era Valentino che
stava estraendo le
frecce tirate per riporle nella faretra.
Vide
i due ragazzi e li salutò “Buongiorno! Alla
buon ora siete arrivati!”.
Il fratello
accusò subito la ragazza, “Non è colpa
mia! Sono stato trattenuto dalla tua
spada!” le disse sghignazzando. Valentino lo
guardò con aria di rimproverarlo
poi si mise a ridere seguito da Giulietta.
“Allora
posso avere il mio arco?” chiese lei una
volta ricomposta. Valentino annuì e gliene porse uno
già teso, Mercuzio
dall’altro lato le porse una freccia “Vediamo come
te la cavi come arciera”
disse ridendo.
Lei
lo ignorò e mise la freccia in posizione
seguendo le indicazioni di Valentino, poi chiuse l’occhio
sinistro per mirare.
“Adesso guarda un punto fisso” la
incoraggiò il ragazzo, “Ma rilassati e non ci
pensare più del dovuto…Tendi bene
l’arco…”.
Mercuzio
le toccò il gomito “Alzalo di
più”,
Giulietta scoccò la freccia troppo velocemente che
mancò del tutto il
bersaglio. Il fratello maggiore rimproverò il minore
“La stai distraendo!”, lei
sbuffò e si scusò “Mi è
partita troppo presto!”.
Mercuzio
prese la faretra a terra e la invitò a
prendere un'altra freccia “Madame, so che potete
farcela”, lei ne prese una
lanciandogli un’occhiata seria poi tornò a
concentrarsi sul bersaglio.
Valentino le disse di impugnarlo meglio e le strinse la mano sinistra
con cui
lo teneva.
“Tu
riesci anche a tirare con la destra? Ho visto
che sei mancino…” chiese lei senza staccare gli
occhi dal bersaglio. Il ragazzo
rise, “Dopo tutti questi anni ormai so maneggiare le armi con
entrambe le mani,
è lui che usa esclusivamente la sinistra”
indicò Mercuzio.
La
ragazza scoccò la freccia e colpì il bordo del
bersaglio. “Quasi!” esultò Valentino,
poi vide sua moglie al grande tavolo
sotto al gazebo che i servi avevano allestito per il pranzo e si
congedò
“Continuate pure senza di me! Ci vediamo fra poco”.
Corse
da Isabella e Giulietta si voltò a guardarli
mentre si scambiavano un lungo bacio. Sorrise e prese
l’ennesima freccia dalla
faretra che teneva Mercuzio. Anche lui si era girato a guardarli e
aveva
sorriso ma senza malizia. La giovane mirò di nuovo mentre
lui lasciava le altre
frecce a terra e le veniva vicino.
“Non
ti distratte…” sussurrò e le
toccò un fianco,
poi risalì con la mano sinistra fino a coprire quella con
cui lei teneva l’arco
e con la destra le toccò quella che teneva la freccia.
“Quando sei pronta…”
bisbigliò ancora facendola rabbrividire.
Il
solo contatto delle mani le faceva venire voglia
di mollare tutto e farlo stendere li sull’erba…Per
la prima volta pensò a lui
mezzo spogliato ma ricacciò subito quel pensiero in fondo al
lago che era li
vicino.
Trattenne
il fiato e dopo qualche attimo di silenzio
scoccò la freccia. Questa volta si avvicinò molto
al centro del bersaglio.
Mercuzio batté le mani e si complimentò
“Lo sapevo che ce l’avresti fatta! Con
un bel po’ di pratica diverrai una bravissima
tiratrice!”.
Lei
lo guardò un po’ incerta, “Davvero credi
in
me?”. “Certo che credo in te!” la
baciò sulla guancia e le prese l’arco per
riporlo, poi le diede la mano “E ora se vuoi seguirmi per il
pranzo…” sorrise.
Arianna
guardava la scena da lontano e sussurrò
qualcosa all’orecchio a Benvolio che annuì e
quando furono tutti a tavola
chiamò Mercuzio “Amico siediti pure vicino a
me!”. Lo guardò esitare per un
momento perché Isabella aveva fatto posto a Giulietta vicino
a lei e la ragazza
gli aveva sorriso mentre a malincuore gli lasciava la mano.
Il
biondo si sedette tra suo fratello e l’amico che
subito gli chiese “Vuoi spiegarmi cos’è
successo?”, abbassò la voce “Devi
raccontarmi tutto”. Arianna sgranocchiò un pezzo
di pane e li guardò
incuriosita “Chiedigli se si sono baciati”
suggerì al fidanzato. Mercuzio sentì
e allo sguardo di Benvolio supplicante annuì abbassando lo
sguardo.
Il
ragazzo dagli occhi blu scoppiò in una risata
fragorosa. Giulietta seduta fra Isabella e Caterina ignorò
Benvolio continuando
a conversare con le due donne ma capì che stavano parlando
di lei. “Val, avete
visto? Ho quasi fatto centro al mio ultimo tiro!”
alzò la voce per fare zittire
gli altri tre.
Il
fratello di Mercuzio la guardò fraternamente e
strinse la mano della moglie accanto a lui “Puoi venire ad
allenarti qui tutte
le volte che vorrai!”. Arianna s’intromise
“Io ancora non ho capito questa tua
fissazione del combattere…”, ma Benvolio la
interruppe “Avrai quasi preso il
bersaglio, ma al cuore di qualcuno hai centrato perfettamente! Peggio
di Cupido”
e rise di nuovo di Giulietta.
Mercuzio
gli intimò di smetterla e Caterina iniziò a
dire “Io non ci vedo niente di male…”,
Giulietta prese la parola rivolgendosi
ad Arianna “Non è una fissa la mia, mi sto solo
imparando a difendere dagli
attacchi della vita”. Isabella come al solito la
incoraggiò e si sorrisero.
“Dove
sono Viola ed Enea?” le chiese Giulietta d’un
tratto. La mamma le rispose che avevano già mangiata ed
erano con le balie a
riposare. Dopo il pranzo arrivò un paggio a ricordare a
Giulietta dell’udienza,
lei lo ringraziò e ognuno si alzò da tavola.
Benvolio continuò a chiedere
informazioni su i due ragazzi ma Mercuzio non gli disse altro.
Giulietta si
allontanò insieme a Caterina, il biondo se ne accorse quando
erano già
rientrate nel castello. “Vai pure da lei se vuoi”
gli disse Arianna “Mi
dispiace solo che per le vostre esercitazioni siamo stati poco
insieme…”, il
ragazzo le disse che avrebbero recuperato il tempo e Benvolio le
toccò
sfacciatamente il fondoschiena “Ma di cosa ti lamenti tu? Che
ti piace fare una
cosa sola!” la strinse e la baciò violentemente.
Mercuzio
li lasciò alle loro effusioni “Se volete
scusarmi…” e tornò dritto in camera
sua. Chiuse la porta e si lasciò crollare
su una sedia. Sospirò e bevve un sorso d’acqua dal
calice d’argento. Quella
situazione era diventata più insolita del previsto. Voleva
Giulietta, la voleva
con tutto se stesso ma le battute del suo amico certo non lo aiutavano.
Ripensò
alle sue parole “Se lei ci sta, bene,
altrimenti te ne trovi un’altra! Lo sai che tutta Verona cade
ai tuoi piedi
quando esci per le strade! E comunque non disperare, a me sembra che
lei ti
ricambi…O almeno così fa sembrare”.
Sbatté
il calice sul tavolo e si alzò slacciandosi
un po’ la camicia per il caldo. Si legò i capelli
in una coda disordinata e
uscì dalla stanza, richiuse distrattamente la porta e si
trovò davanti la
fanciulla che sognava di notte e a cui pensava di giorno. Quasi si
scontrarono.
“Ah
sei qui! Ti stavo cercando!” annunciò lei
toccandosi la fronte. Aveva i capelli di lato ed era un po’
rossa in viso. “Va
tutto bene?” le chiese con un filo di voce. Giulietta
annuì “Solo un leggero
mal di testa” sorrise e ritrovò il buon umore.
“Anzi forse non è mal di
testa…”, guardò altrove e
cercò le parole giuste.
“Ho
capito sei nervosa! Ecco il tuo male” rise lui
mentre lei sussurrò “Devo parlarti”. La
guardò agitarsi “Volevo
dirti…”, si
fermò e lo prese per un braccio. Lo trascinò in
un angolo del corridoio al
riparo da qualsiasi orecchio. “Dai non tenermi sulle spine!
Cosa c’è?”, le
prese il viso tra le mani per guardarla in faccia.
Giulietta
sospirò “Ti sei fatto la coda!”, gli
toccò
i capelli legati “Quanto stai bene!”, le
tornò il sorriso ma lui divenne più
curioso. “Era questo che dovevi dirmi?” la
rimproverò e lei abbassò di nuovo
gli occhi.
“No…”
gli toccò le mani sul suo viso per fargliele abbassare,
trovò il coraggio e lentamente lo disse “Ecco vedi
io ho deciso…ho deciso di
accettare la tua corte”. Mercuzio incatenò i suoi
occhi a quelli di lei “Ma non
mi dire! Non me ne ero ancora accorto!” rise.
Giulietta
indietreggiò “Si ma non avevi avuto il mio
permesso ufficiale! E comunque ora devo andare, tra poco ho
l’udienza con tuo
zio…”, arrossì e corse via voltandosi
solo una volta per guardarlo ancora. Lui
rimase col mento appoggiato sul dorso della mano contro il muro ad
ammirare la
scena e ad ascoltare il rumore dei suoi passi veloci come musica.
Le
porte della sala del trono si spalancarono tirate
dalle guardie e Giulietta a testa bassa scese i gradini e
attraversò lentamente
le quattro colonne al centro del pavimento marmoreo in silenzio.
Nel
suo campo visivo entrarono diverse sfumature di
bianco, grigio e violetto. Provò a rilassarsi osservando
quei colori e fece un
lungo respiro profondo. Si toccò le mani sudate e giunta
dinanzi alle scalette
dove in cima sedeva Escalus s’inchinò mormorando
“Vostra grazia…”.
Alzò
lo sguardo e si ritrovò gli occhi del principe
rigidi puntati addosso. Con grande stupore si accorse della presenza di
Valentino alla sua destra e di Mercuzio alla sua sinistra.
I
tre Della Scala la stavano fissando ognuno con una
diversa espressione, Valentino sembrava dispiaciuto, Escalus con
sguardo
omicida e Mercuzio…Mercuzio la sta guardando come se ne
fosse innamorato… ”Inginocchiati
al cospetto del tuo principe!” tuonò Escalus
facendola sussultare.
I
battiti del suo cuore accelerarono e
tornò a guardare il pavimento. Lentamente si
genuflesse e rimase a testa bassa. Lo sentì alzarsi dal
trono e scendere i
gradini che li separavano pesantemente ma leggiadro allo stesso tempo.
Si
ricordò il processo per la condanna della presunta
morte di suo cugino e le venne in mente l’espressione di
Romeo quando lo
condannò all’esilio. Quella sala non le aveva
trasmesso tutta quella tensione
durante quel processo. E se il principe era stato in grado di
condannare un
innocente per un omicidio che non aveva commesso cos’era in
grado di fare a lei
ora?
“Silenzio!”
ringhiò Escalus e l’urlo riecheggiò
fino
all’ingresso della sala. Che accidenti stava dicendo? Lei non
aveva detto una
parola! Era forse in grado di leggerle nel pensiero come spesso faceva
suo
nipote?.
“Giulietta
Capuleti…” disse ancora con tono
sprezzante. Le fu vicinissimo e le girò intorno un paio di
volte ripetendo
“Giulietta…Giulietta…”. La
fanciulla seguiva il movimento dello strascico della
sua veste che appariva e spariva dal suo campo visivo.
“Quello
che hai fatto ieri durante un ricevimento in
casa mia è inammissibile!”, le parole del principe
le provocarono un impeto
d’incredulità e anche il collo iniziò a
pesarle. “Potrei farti rinchiudere
nelle segrete per mesi lo sai? Sei molto imprudente, sfacciata e
pericolosa,
donna!”.
Lei
appoggiò entrambe le mani a terra per sostenere
meglio il suo peso. Riuscì a sentire nel suo tono che la
parte di un castigo
stava arrivando e lui continuò a ripeterle con
severità che quello che aveva
fatto era sbagliato.
Giulietta
ad un certo punto per il dolore dovette
poggiare a terra entrambe le ginocchia, le punte dei capelli toccarono
terra e
sentì Mercuzio protestare e lamentarsi con suo fratello.
“Tuttavia”
disse d’un tratto il principe dopo un
minuto di silenzio, “Devo ringraziarti per aver salvato la
festa e aver dato
una lezione a tuo cugino, hai dimostrato molto coraggio mettendoti
contro un
tuo consanguineo per noi…Sei molto nobile d’animo
Giulietta Capuleti”.
Le
porse la mano e lei lentamente alzò il capo per
incontrare gli sguardi dei due fratelli ai lati del trono.
“Ora puoi alzarti”
furono le ultime parole. Entrambi annuirono. Lei allungò la
mano e afferrò
quella del principe.
Mentre
si rialzava avvertì la presenza di un metallo
freddo nel palmo di Escalus: era il suo pugnale. Nell’altra
mano teneva anche
il secondo e le sorrideva appena. La fanciulla li afferrò
guardandolo inespressiva
e li rimise al loro posto negli stivali.
Sulla
strada del ritorno a cavallo insieme a Mercuzio
Giulietta ripensò alle parole di Escalus, “Non ho
capito se tuo zio mi odia o è
il suo modo per dimostrarmi che gli sono
simpatica…”.
Il
ragazzo le abbracciò la vita “Si è
già
affezionato a te e ti stima molto”. Lei rise
“Sarà…bel modo di dimostrarlo! Per
colpa sua mi è venuto il torcicollo!”, si era
voltata per guardarlo mentre lo
disse e con la coda dell’occhio aveva notato qualcosa di
strano fuori dai
cancelli del palazzo Scaligero.
Mercuzio
le stava rispondendo che gliel’avrebbe
fatto passare lui il torcicollo quando notò la sua faccia e
guardò nella stessa
direzione.
Una
figura incappucciata tendeva la mano ai servi di
suo zio e sembrava chiedergli ripetutamente qualcosa. Giulietta
girò Ares nella
direzione opposta “Elena?”bisbigliò.
Il
ragazzo la guardò preoccupato, “Chi?”
domandò mentre
si avvicinavano. La figura sotto al cappuccio si girò ma non
accorse di loro. “Elena!”
annunciò Giulietta “E’ tornata da
te…”. La sentirono dire al giardiniere
“Per
favore se lo vedete avvertitelo che adesso lavoro al bordello fuori
città!”.
La
ragazza a cavallo trattenne una risata e attese
che Elena si fu allontanata sufficientemente dal cancello. Ares
ripartì. “Si è
lei e allora?” chiese Mercuzio senza interesse.
“Allora la rispedisco al
bordello!” disse lei ridendo e spronò il cavallo
per raggiungerla.
Rallentò
il passo per starle accanto, lei si girò
tendendo una mano per dire “Fate la carità ad una
povera…”, quando vide
Giulietta cambiò espressione ed iniziò a correre.
La fanciulla svelta scese da
cavallo mentre Mercuzio le intimata di lasciar perdere.
Si
girò a rassicurarlo “Non le farò troppo
male!”
rise malvagiamente e raggiunse l’altra che cadde a terra col
cappuccio
all’indietro. “Che ci fai qui?” le chiese
Giulietta sarcastica. Elena la guardò
con odio “Sono venuta a riprendere ciò che
è mio!”, vide Mercuzio scendere da
cavallo e avvicinarsi.
Giulietta
estrasse un pugnale mostrandole la lama.
Il ragazzo sbuffò e incrociò le braccia,
“Devi proprio?” le chiese impaziente.
La giovane armata si alzò e vide l’altra
strisciare poi rise e la riafferrò per
i capelli “Cos’è che è tuo?
Eh? Ti avevo detto di non cercarlo mai più!”.
Elena
iniziò a piagnucolare “Ti prego Mercuzio
salvami!”, lui la ignorò e si mise a fischiettare.
La prostituta sfuggì alla
presa di Giulietta e corse da lui, ma la ragazza col pugnale fu
più veloce e le
fu addosso strattonandole i capelli.
Tagliò
una ciocca e poi un’altra ed un'altra ancora.
Elena gridò più volte aiuto ma fu inutile. Quando
Giulietta la lasciò andare i
suoi capelli a malapena le arrivavano alle guance. Pianse e si
toccò la testa.
“Tu! Mi ricorderò di te!”
indicò la giovane mentre riponeva il pugnale. “Se
non
te ne vai subito…” le intimò lei
facendola indietreggiare e poi voltarsi per
scappare.
“La
prossima volta che ti fai vedere qui ti taglio
qualcos’altro! Hai capito?” le gridò
contro Giulietta poi non la vide più,
calciò via le ciocche dei capelli a terra e quelle rimaste
sul suo vestito.
Mercuzio l’aiutò a risalire a cavallo, si era
fatto stranamente serio.
“Te
l’avevo detto che non le avrei fatto male!” gli
disse lei mentre riprendevano il tragitto. “E’ solo
una stupida puttana”
rispose lui “Non capisco perché te la prendi
tanto”. La ragazza sbuffò “So
già
che mi verranno i sensi di colpa, hai visto come piangeva! Ma almeno
adesso ha
capito che non deve ronzarti intorno”.
Il
biondo le toccò le spalle nude “Se provi qualcosa
per me puoi dimostrarmelo in mille altri modi”. Quella frase
la zittì per un
po’. “Passiamo per il bosco”
annunciò mentre deviavano direzione. Mercuzio le
prese le mani, “Non hai risposto alla mia
domanda…Perché cambi sempre
discorso?”.
Lei
si innervosì “Non era una domanda la
tua!”, “Fa
lo stesso, quello che volevo chiederti lo hai capito benissimo e questo
non
cambia la sostanza” la corresse lui. Giulietta
fermò Ares e spostò una gamba
dall’altro lato per potersi voltare a guardarlo.
Stava per
aprire bocca quando lui la precedette “Te lo ricordi il
nostro primo bacio?” le
chiese guardando in alto mentre ripensava alla pioggia sui loro
vestiti. Lei si
ammutolì e rivisse per un momento la prima volta che le loro
labbra si erano
amate poi sentì la mano di lui sul suo viso e la
scansò.
Balzò
giù dal cavallo e si allontanò di qualche
passo. Mercuzio la raggiunse.
“Scusa…scusami!” disse lei dispiaciuta
dandogli
le spalle, “Io non so che mi prende. Non riesco a lasciarmi
andare con te, sono
bloccata.”
Il
ragazzo desiderò toccarla ma si trattenne,
“Guarda che abbiamo tutto il tempo del mondo, io ti posso
aspettare per sempre”
riuscì a dire. Un ululato profondo e di dolore emerse poco
distante da loro.
Giulietta
si sforzò di ignorare quel lamento e si
voltò verso Mercuzio “Ti rendi conto che quelle
che stai dicendo sono le parole
di…”. L’ululato riprese e poi si spense.
Il ragazzo preoccupato guardò in un
punto dritto a se e la prese per mano.
Giunsero
vicino ad una quercia e si guardarono
nervosamente. “Ha bisogno di aiuto!” disse lui
indicando la figura grigia
distesa a terra su un fianco. Giulietta gli lasciò la mano e
corse a vedere se
l’animale era ancora vivo.
Si
chinò e osservò il sangue su una zampa, la ferita
era aperta e arrivava fin sopra la schiena dove il pelo era ridotto ad
un
ammasso di sangue. Gli occhi del lupo erano chiusi e
l’espressione serena.
“Era
una femmina” annunciò Mercuzio dispiaciuto
inginocchiandosi. La ragazza scoppiò in lacrime e si
accasciò a terra,
accarezzò il muso della lupa e vi appoggiò la
fronte. “Perché se ne è
andata?”
chiese con rabbia, “Perché?”, pianse
più forte.
“Probabilmente
un altro animale l’ha attaccata,
guarda la ferita…”rispose lui. Giulietta si
sentì improvvisamente debole e capì
quanto fosse importante la vita e degna del massimo rispetto. Se la
prese con
se stessa per non essere arrivata prima a salvarla.
“E’
strano che si trovasse sola…I lupi vivono in
branco” disse Mercuzio. La ragazza baciò la fronte
dell’animale, “Riposa in
pace, ti prometto che ti renderò giustizia”
sussurrò e si alzò asciugandosi le
guance. Il ragazzo la guardò triste e scoraggiato,
pensò di abbracciarla ma
temette di farla alterare.
Pensò
a un modo di consolarla invece rimase li ad
accarezzare la lupa morta. Quando fece per alzarsi da sotto la pancia
dell’animale sbucò una testolina bianca e due
occhi blu come l’oceano. A
Mercuzio tornò il sorriso “E tu da dove salti
fuori?”, tirò fuori la cucciola e
la prese in braccio.
La
lupetta lo guardò ed emise un piccolo verso. “Ma
quanto sei bella” bisbigliò lui contento, guardò per
l’ultima volta la mamma lupa e la
baciò sulla fronte.“Giulia! Ho una sorpresa per
te!”, si alzò e raggiunse la
ragazza che stava ancora piangendo.
“Perché?
Perché? Non è giusto, non doveva
succedere!” parlava da sola, lo vide e si disperò
“Io non riesco a sopportare
questo dolore!”. Lui cercò di sorriderle
“Aspetta a dirlo, guarda..” le mostrò
la cucciola bianca come la neve e Giulietta la guardò come
fulminata.
Guardò
Mercuzio incredula, “Lei si è salvata?”
bisbigliò. Il ragazzo gliela diede in braccio
“Come puoi vedere si, ma è
rimasta senza mamma, forse era l’ultima della cucciolata o
l’unica…”.
Alla
ragazza tremavano le braccia “Forse è meglio se
la tieni tu, sei tu che l’hai trovata”. Mercuzio le
toccò le guance e asciugò
le lacrime “Voglio che ce l’abbia tu”,
sorrise e la cucciola si arrampicò sul
petto della ragazza e si allungò a leccarle il viso. Poi
sembrò scodinzolare.
La
giovane la guardò negli occhi e smise di
piangere. “Sei bellissima” le disse, la cucciola
uggiolò e si accomodò tra le
sue braccia. Giulietta l’accarezzò e le
osservò il pelo, era bianco candido con
un leggero riflesso argentato sulla schiena.
“Non
vedi che ti ha già riconosciuta?” disse
Mercuzio accarezzando il pelo morbido, “Allora? La terrai con
te?”. Lei annuì
sorridendo a malapena “Credo che la chiamerò
Luce… Perché è riuscita a
illuminare un brutto momento e sento già di volerle
bene!”.
Passò
qualche minuto e la ragazza si innamorò
perdutamente di Luce, tornarono da Ares mentre il ragazzo le seguiva
ridacchiando e guardandosi intorno distrattamente. Continuava a
chiedersi quale
animale avesse potuto uccidere quella creatura e il solo ripensarci gli
rattristò l’anima, poi ripensò agli
strani comportamenti della fanciulla nei
suoi confronti.
“Guarda
un po’!” gridò Giulietta facendolo
destare.
Davanti a loro un altro cucciolo di lupo bianco e dai riflessi dorati
scorrazzava
timidamente cercando di avvicinarsi. Luce uggiolò e
l’altro cucciolo drizzò le
orecchie e finalmente si avvicinò.
Mercuzio
si chinò e lo prese in braccio. “Credo sia
un’altra femmina” disse Giulietta guardandoli. Il
ragazzo si alzò e annuì
“Già!”, la guardò teneramente
negli occhi giallo-verdi e la strinse a se “Non
vedo l’ora di presentarti in famiglia! Il mio zietto
sarà onorato di avere una
lupa tra noi” rise immaginando l’esatta reazione
opposta di Escalus.
La
ragazza gli affidò anche Luce prima di rimontare
a cavallo, “Sicuro che vuoi tenerla?” gli chiese
mentre lui le passava i
cuccioli uno alla volta e saliva dietro di lei. “Non posso
mica abbandonarla al
suo destino! Dai qua”, Giulietta sorridente gli
consegnò la lupetta e
ripartirono.
Ares
sembrava aver già capito dove andare visto che
nessuno dei due lo teneva per le briglie, e lui continuava tranquillo
verso
un’unica direzione. Arrivarono al viale di casa Capuleti e la
ragazza prima di
scendere chiese a Mercuzio “Hai già deciso come la
chiamerai?”.
Lui
la guardò risistemarsi il vestito e i capelli e
riprendere Luce in braccio. “Si…”
sorrise, “La chiamerò Dea”. Giulietta
attese
che il cancello fu aperto e distrattamente gli domandò
“Come mai questo nome?
Mi piace!”. Il ragazzo schioccò un bacetto sulla
fronte di Dea, “Perché colei
che l’ha trovata per me lo
è…”.
La
fanciulla lo guardò stupita “Cosa? Mi consideri
una Dea?”, il cancello si aprì e il ragazzo le
fece un sorrisetto prima di
ripartire a tutta velocità. “Aspetta!”
gridò lei ma troppo tardi, rimase a
fissarlo mentre si allontanava da lei, ma non dal suo cuore.
“Bambina
mia ma cosa ti è saltato in mente?” chiese
desolata la balia mentre nelle cucine le passava una ciotola di latte,
“Sicura
che sia la temperatura giusta?” domandò Giulietta
e immerse un dito nel latte
“Sembra di si…”.
Ridacchiò
e la porse a Luce che sul tavolo attendeva
paziente. La padroncina la osservò teneramente nutrirsi.
“Tuo padre non la
prenderà bene!” aggiunse la balia, “Si
è lamentato tutta la notte visto che
l’hai passata fuori casa e non vuole più che
impugni una sola arma!”.
Lei
sbuffò e versò altro latte alla cucciola,
“Quanto ti preoccupi!”. Abbracciò la
balia e la baciò sulla guancia “Lo sai che
ti voglio bene vero? E che devi fidarti di me? Ci parlo io con mio
padre…”, la
donna la strinse “Io mi fido di te piccola mia temo soltanto
che qualcuno possa
farti del male! Ti stai mettendo in un gran guaio con quel
Mercuzio!”.
Giulietta
rise e si sedette al tavolo seguita dalla balia. “Ma allora
lo vedi che non ti
fidi? Non è successo niente! Non mi ha fatto
niente”, accarezzò Luce
teneramente. La donna seduta di fronte a lei le bloccò la
mano “Figliola
guardami. Non mi piace come parli di lui! Di un po’, lo ami
forse?”.
La
giovane guardò Luce leccarsi i baffi e poi sfilò
la mano dalla presa della balia “Che stai
dicendo?”, rise e sentì la voce del
padre avvicinarsi. Enrico entrò in cucina sorridente
“Figlia! Finalmente sei
tornata a casa!”.
Lei
si alzò e lo abbracciò “Mi sei mancata
sai? E io
ti sono mancato?”, suo padre la guardò da cima a
fondo “Ma come sei bella!
Questo vestito è un dono degli Scaligeri?”. La
balia tossì e il conte si
accorse della presenza del cucciolo di lupo sul tavolo, “E
quello?”.
Giulietta
si precipitò a prendere Luce in braccio, “Padre
è mia…Io e Mercuzio abbiamo salvato due cuccioli
nel bosco mentre mi
riaccompagnava qui…La loro mamma non
c’è più”.
Enrico
la ascoltò con attenzione poi fece un sorriso
forzato “Bene, quel Mercuzio mi piace sai? E se lui
è in grado di crescere un
lupo puoi farlo anche tu, ricorda la responsabilità
è solo tua!”, mentre
gesticolava Luce uggiolò e si sporse per leccargli le dita.
Quel gesto sembrò
un po’ addolcirlo “E’ una femmina hai
detto?”, Giulietta sorrise e annuì “Si
chiama Luce, volete tenerla un po’?”.
Enrico
spaesato le guardò entrambe poi si decise.
“Ma si! Perché no?”, prese la lupetta in
braccio e si sedette al tavolo dove la
balia era rimasta a pulire la ciotola in silenzio. Guardò di
nuovo sua figlia
“Però non voglio che tu maneggi di nuovo la spada!
Aramis non verrà più”.
Giulietta
si arrabbiò “Ma come? Ve l’ha
detto?”, ma
si trattenne subito dopo pensando che Valentino e Mercuzio come maestri
d’armi
potevano bastare. “Come volete padre…”,
mormorò infine e lui sorrise
soddisfatto.
La
notte scese come un mantello stellato su Verona
mentre le candele nelle case venivano spente, qualche finestra
socchiusa e
qualche tenda abbassata. La giovane si era coricata insieme alla sua
nuova
amica che le dormiva con la testolina sul cuscino accanto e le zampette
sul
viso.
Nel
silenzio più totale Tebaldo incappucciato era
uscito dalla sua camera ed era giunto dinanzi a quella della cugina.
Aprì la
porta lentamente felice di sapere che non era stata chiusa a chiave e
la
richiuse alle sue spalle. Si fermò di fronte al letto e si
tolse il cappuccio
rimirando la figura dormiente al
di la
del baldacchino.
Si
sfilò i guanti e se li mise in tasca. “Quasi mi
dispiace svegliarti” pensò mentre si avvicinava al
capezzale della ragazza, “Ma
credimi ne varrà la pena”.
Giulietta nel
mondo dei sogni visse di nuovo la festa dove aveva conosciuto Romeo,
solo che
stavolta non ballò con lui e non baciò lui ma il
suo migliore amico… Quella
figura dalla pelle candida e il sorriso affascinante.
Si
avvicinò a lui e lo guardò meglio, era come
osservare senza essere visti.
Il
collo, le mani con quegli anelli, i capelli
lunghi e ricci che ricadevano morbidi sulle sue spalle irradiavano la
luce come
il sole di luglio. Gli occhi verde scuro, quegli occhi che vegliavano
su di lei
notte e giorno, ogni momento…
Alzò
una mano e lui fece lo stesso, poi si
ritrovarono a volteggiare. Il suo sorriso cosi candido e perfetto non
le
permetteva di pensare ad altro. Si tolse la maschera e si sorrisero,
poi furono
vicinissimi. Lei non resistette alla tentazione di toccargli il viso e
le
labbra, quei baffetti che la facevano impazzire e quella barba che gli
dava
un’aria di uomo quando era ancora un ragazzo…
I
volti mascherati intorno a loro si confusero e
sparirono. Lei e Mercuzio si ritrovarono su un immenso prato verde con
al
centro un laghetto, il ragazzo le sorrise e corse a tuffarsi. Lei
cercò di
raggiungerlo ma si ritrovò con un lungo vestito dentro una
fontana gigantesca.
Voleva provare a chiedergli “Dove sei?” ma non
uscì alcun suono. La gente
intorno a lei la guardava con curiosità.
“Sono
qui!”. La sua voce, il suono della sua voce
era meglio di qualsiasi musica o poesia. Si voltò e lo vide,
lui la abbracciò.
I suoi capelli erano bagnati e non indossava alcuna camicia. Giulietta
sorrise
e senza pensarci lasciò andare i lembi del vestito che si
teneva e lo bacio.
Solo un bacio per capire quanto lo amasse davvero, come non aveva mai
fatto
prima…E quanto lui amasse lei…
Aprì
gli occhi gonfi di lacrime e si accorse che una
mano la costringeva a stare zitta. Immediatamente allungò
una mano sotto al
cuscino e afferrò il pugnale. “Buona! Stai buona
cugina!” ridacchiò
malvagiamente Tebaldo e
le trattenne la
mano, poi con un calcio riuscì a togliere via il lenzuolo
che la copriva.
Si
avventò su di lei.
Luce
ringhiò nel buio e lui per un attimo si fermò
ad ascoltare, poi decise che non era nulla di cui preoccuparsi e
tornò a
trattenere Giulietta che si stava divincolando come meglio poteva.
Le
strappò il pugnale di mano trionfante e rise di
lei, “Vuoi stare ferma cugina? Non costringermi a usare le
maniere forti!”. La
ragazza con il cuore a mille recuperò svelta
l’altro pugnale da sotto al
cuscino quando sentì l’urlo di lui. “Ma
che diavolo? Cos’è?!” gridò e
lasciò la
mano con cui tappava la bocca a lei.
Luce
si era mossa in silenzio e lo aveva azzannato
alla guancia sotto l’occhio, provò a scrollarsela
di dosso ma non ci riuscì.
Giulietta si alzò appena “Balia aiuto!”
gridò ma lui la zittì di nuovo. Luce si
era rifugiata sotto al letto per sfuggire a Tebaldo, andò
verso alla porta e
ululò più forte che poteva.
L’uomo
strattonò la camicia da notte della ragazza,
strappandogliela
quasi di dosso, che lo ferì alla mano, lui
imprecò e allentò la presa.
Giulietta riuscì ad alzarsi e a gridare ancora aiuto. Lui la
riafferrò da
dietro e la schiacciò sul letto sotto al suo peso,
“Adesso stai ferma!” gridò e
si sbottonò i pantaloni.
La
ragazza cercò svelta sul letto con entrambe le
mani recuperò uno dei pugnali mentre lui esultava di quello
che le avrebbe
fatto. Senza
pensarci troppo lo colpì in
faccia, non vide bene ma riuscì a sentire l’odore
del sangue.
Tebaldo
si tenne l’occhio col palmo della mano
imprecando ancora e si spostò di lato per un capogiro.
Giulietta rapida saltò
giù dal letto e corse verso la porta ma dopo un paio di
passi lui la strattonò
per i capelli facendola gridare di dolore e le puntò
l’altro pugnale alla gola.
La
porta si aprì e suo padre e sua madre apparvero
gridando “Che sta succedendo qui?”. Tebaldo si
fermò a guardarli mentre lo
squarcio sul suo viso sanguinava e
lui
lo ripuliva schifato col dorso della mano. La balia con una candela in
mano
accorse urlando “Giulietta!”, vide
la
scena e si avventò su Tebaldo “Tu
disgraziato!”.
Enrico
si avvicinò e gli tolse il pugnale di mano
poi lo schiaffeggiò, “Che cosa volevi fare a mia
figlia? Eh?”. Lui si accasciò
ai piedi del letto “Zio guardate lei cosa mi ha fatto
piuttosto!”. Giulietta si
riprese le armi e le nascose tra le lenzuola, “Padre guardate
i suoi calzoni!
Ha cercato di violentarmi”. La madre abbracciò la
figlia e guardò Tebaldo con
disprezzo.
Il
conte prese il nipote per un’orecchia e lo cacciò
via dalla stanza a calci nel sedere intimandogli “Te la
farò pagare! Mi hai
sentito?”. Luce salì sul letto e guardò
la sua padrona.
La
balia accese le candele nella stanza e quando
vide la ragazza coccolare la cucciola le si strinse il cuore, si
avvicinò alla
signora Capuleti “Avete visto come ci ha dato
l’allarme che lei era in
pericolo?”, le strinse le mani e si guardarono cercando di
sorridere .
Il
giorno seguente Mercuzio nella sua stanza stava
mandando per aria tutti i suoi vestiti sotto gli occhi di Dea che sul
tavolino
lo guardava sbadigliando. “Che dici metto questa?”,
le mostrò una camicia blu
dopo essersi guardato allo specchio.
La
lupa inclinò la testa. “No hai
ragione…Quest’altra?”, le
mostrò una camicia bianca dalle ampie maniche larghe.
Dea sbuffò e uggiolò con il musetto sulle zampe.
“D’accordo
ho capito! Vuoi che mi metta in tiro per
presentarti al principe…”, tirò fuori
la camicia nera col farsetto dagli
intarsi d’oro.
“Ecco
qua! E adesso dimmi come sto?”. Dea si tirò su
e quasi abbaiò. Il ragazzo si mise a ridere e fin di
vestirsi, “Sei proprio una
principessa tu eh!”.
Una
volta pronto la prese in braccio e si avviò
verso le stanze di suo zio, entrò senza chiedere permesso e
lo vide seduto al
tavolo della colazione intento a leggere una pergamena. Un paio di
guardie
erano dietro di lui.
“Si
nipote? Buongiorno anche a te” disse il principe
senza staccare gli occhi dal foglio . Mercuzio si schiarì la
voce poi annunciò
“Caro zio, chiedo un’udienza di famiglia nella sala
del Trono adesso…Cosi posso
presentare a tutti Dea”.
Il
principe bevve un sorso di thè distrattamente, “E
chi sarebbe costei?”. Il nipote sorrise orgoglioso
avvicinandosi per
mostrargliela “Lei…la mia lupa”. Escalus
alzò gli occhi e guardò prima
l’animale poi lui.
“Mamma
che bella! Ne voglio una uguale!” strillò
Viola in braccio a Isabella, “Ti prego mamma! La voglio!
E’ bellissima!”. La
madre sbuffò e la mise giù “Ho capito
vai!”, Viola corse in braccio allo zio
che sul trono stava facendo un discorso alla servitù e alle
guardie sul
salvataggio di Dea nel bosco.
Mercuzio
gliela diede in braccio e Viola tutta
contenta l’accarezzò piano per paura di farle
male, Enea si avvicinò diffidente
“Posso accarezzare anche io zio?”. Mercuzio rise
“Ma certo vieni!”.
Escalus
con le braccia incrociate osservata la scena
da dal fondo dei gradini, “Devi ammettere che è
stato un bel gesto quello che
ha fatto zio” gli disse Valentino. Il principe ancora
ammutolito guardò il
nipote minore e poi il maggiore “Vedremo come
andrà a finire questa storia…”.
Valentino
sorrise “Anche Giulietta ne ha una adesso,
vedrai li cresceranno bene!”. Il principe non rispose ma
notò la tenerezza con
cui Mercuzio giocava con Dea e come lei era affettuosa con i bambini,
persino
il maggiordomo l’aveva presa in braccio e la coccolava come
si fa con una bimba
piccola.
Più
tardi Dea fu affidata a Caterina perché
Mercuzio, Valentino e Isabella decisero di andare a trovare i Capuleti.
Enrico
e Tebaldo ancora discutevano di quanto era
accaduto la notte precedente quando Giulietta, dopo aver chiuso a
chiave Luce
in camera per paura che il cugino avrebbe potuto farle del male
uscì in
giardino con la balia.
Lady
Capuleti nel salone era intenta a sistemare i
fiori nei vasi insieme ad una serva quando accorse il paggio ad
annunciarle che
Isabella Ristori era venuta a trovarla. La contessa fece cadere il
fiore che
teneva in mano e si voltò, quando rivide la sua ex dama di
compagnia mollò
anche il cesto alla serva e le si avvicinò incredula.
Isabella
salutò la serva riconoscendola e poi
s’inchinò di fronte alla signora.
“Alzati” le disse lei, e la abbracciò
“Isabella quanto tempo è passato! Ci siamo perse
di vista” quasi scoppiò a
piangere. La ragazza la strinse e sorrise “Sono qui per
rimediare infatti…Come
state? “.
Si
sedettero sul divano e si raccontarono ogni cosa
finché arrivò Valentino. Lady Capuleti lo
guardò sorpresa “Vostro marito? Ci
siamo visti alla festa l’altra sera ma non abbiamo avuto modo
di parlare…”.
Valentino
si presentò e le fece il baciamano “Mia
signora è un grande onore per me conoscervi finalmente,
Isabella mi ha parlato
molto di voi in questi anni…”. La contessa li
guardò con ammirazione “Siete
davvero una bella coppia!”, si sedettero tutti e tre e
conversarono dei loro
figli e delle loro vite.
La
balia abbracciò Giulietta “Come ti senti
piccolina?”, la ragazza le rispose che stava bene ma non era
esattamente la
verità. Ripresero la loro passeggiata e videro il conte e
Tebaldo discutere
animatamente sul retro del giardino.
Giulietta
si avvicinò e la balia la seguì
preoccupatissima. “Ho detto che ti mando in cella hai capito?
Se provi a
toccarla di nuovo! Oh magari ti ammazzo con le mie mani!”
gridò il conte.
Tebaldo non sembrò infuriarsi più di tanto
“Zio calmatevi, io voglio sposare
vostra figlia!”.
La
giovane sorrise divertita e lo guardò con odio
“Peccato che io non vorrò mai sposare
te!”. Il padre si mise tra i due per
proteggerla. Il cugino ebbe uno scatto d’ira
“Ripeti se hai coraggio!”.
Giulietta scosse la testa e guardò altrove mentre la
discussione tra i due
ricominciava.
La
balia le sussurrò qualcosa all’orecchio. Lei
spalancò gli occhi e si voltò. Quando vide
Mercuzio in lontananza venire verso
di loro quasi ebbe un mancamento. La donna mormorò parole
pesanti su di lui e
le ripeté di stare attenta ma lei non ascoltava minimamente,
era troppo
indaffarata a non pensare a niente e a calmare il suo cuore che
sembrava
impazzito.
Enrico
vide il giovane biondo avvicinarsi e cambiò
espressione “Ah salve Mercuzio!”, gli diede la mano
“Vedo che mi avete preso in
parola, siete entrato dalla porta principale stavolta! Qual buon vento
vi porta
da queste parti?”. Tebaldo s’intromise acidamente
“Non vorrai mica chiedere in
moglie mia cugina?”.
Mercuzio
rise e non lo guardò “Per quanto sia
allettante la proposta…”, i suoi occhi ricaddero
su Giulietta che abbassò lo
sguardo “Ho accompagnato Isabella e mio fratello dalla vostra
signora…” sorrise
al conte che lo guardò sorpreso. “Ah
Isabella!” si ricordò di lei e per un
attimo si dimenticò della questione con suo nipote.
Giulietta
si rivolse finalmente a Mercuzio “Vieni ti
accompagno da loro…”. “Tu non vai da
nessuna parte!” gridò Tebaldo e tirò
fuori
un coltello. Enrico andò su tutte le furie “Adesso
hai veramente superato il
limite! Metti via quell’arma prima che mi arrabbi sul serio!
Ciò che hai fatto
a mia figlia non te lo perdonerò mai!”.
Mercuzio
guardò subito la ragazza e la balia “Che ha
fatto?” domandò impaziente.
Tutti
si zittirono e lo guardarono.
Lui
si rivolse alla diretta interessata, “Cosa ti ha
fatto? Avanti dimmelo”, lo disse con tono pacato ma lei non
rispose. Tebaldo
rise e il conte in un momento di rabbia si lasciò sfuggire
“Ancora non riesco a
crederci! Tu hai cercato di stuprare mia figlia!”.
Giulietta
vide il biondo cambiare espressione e il fuoco accendersi nei suoi
occhi come
quando aveva ucciso Paride, si voltò a guardare in faccia
l’altro e si tirò su
le maniche. Enrico non se ne accorse e continuò a inveire
contro il nipote.
Tebaldo
guardò Mercuzio e scoppiò in una risata
isterica “Se vuoi batterti facciamolo!”, gli
puntò contro l’arma ma il ragazzo
gli rispose “Per certe cose vale la pena sporcarsi le mani e
non le lame” .
Si
avvicinò e gli sferrò un pugno così
rapidamente
che nessuno ebbe il tempo di realizzare. Tebaldo cadde
all’indietro
lamentandosi, Mercuzio si avventò di nuovo su di lui e il
conte lo trattenne
per un braccio “Vi prego non fate cosi! E’ un
vigliacco lasciamolo alla
giustizia di vostro zio”.
La
balia trattenne Giulietta e guardò il biondo con
diffidenza. “Mi chiedete di lasciarlo stare? Ma io lo ammazzo
qui! Quale
giustizia? C’è solo un tipo di giustizia per
lui” sputò a terra e lo afferrò
per il colletto della camicia.
Il
conte corrugò la fronte “Aspettate Mercuzio! Non
vi capisco…So che avete avuto dei diverbi in
passato” guardò Tebaldo “E vi
ringrazio per aver preso le difese di mia figlia ma non sta a voi
difendere il
suo onore…”.
Giulietta
implorò la balia di lasciarla andare da
lui ma la donna seria l’afferrò da dietro
dicendole di non immischiarsi nella
lite. Mercuzio spinse Tebaldo che cadde di nuovo a terra e
gridò “Va bene mi
arrendo!”, guardò il ragazzo a terra con rabbia e
il conte lo trattenne per il
braccio “Vedo che continuate a prendere le sue difese
però…”.
Tebaldo
piagnucolò “Ma io voglio sposare Giulietta!
Cosa credevate? Che l’avrei fatta mia senza prenderla in
moglie?”. Mercuzio si
riavventò di nuovo su di lui ma il conte riuscì a
trattenerlo “Calmatevi, non
capisco questo vostro atteggiamento…Perché mi
sembra che teniate cosi tanto a
Giulietta?”, il ragazzo lo guardò come se fosse
ovvio “Perché io la amo!”.
Lo
disse e l’eco di quelle parole risuonò nella
testa della ragazza come un fulmine a ciel sereno.
Gli
occhi le si riempirono di lacrime e una le rigò
il volto, la balia la girò per guardarla in faccia. Enrico
allentò la presa e
Tebaldo sbuffò.
In
quel momento Esmeralda corse da loro e si fermò a
soccorrere l’uomo a terra che scontroso rifiutò il
suo aiuto. “Tebaldo! Tebaldo
sono incinta!”. Il conte li guardò senza parole e
lasciò andare Mercuzio,
Giulietta scansò via la balia e si avvicinò a lui
che si voltò arreso a
guardarla.
Enrico
chiese a Esmeralda come era potuto succedere
e se era sicura, e insieme alla balia aiutò il nipote a
rialzarsi poi parlarono
ancora della presunta gravidanza ma i due giovani non li stavano
ascoltando.
“Davvero?”
chiese lei al limite della gioia e di
nuovo con gli occhi lucidi. Lui sorrise un po’ imbarazzato
“Si, ti amo davvero,
e non ho più paura di dirlo”. Attese una sua
reazione sostenendo il suo
sguardo.
Giulietta
rise e si asciugò gli occhi distogliendo
lo sguardo, Mercuzio le si avvicinò ancora e la
abbracciò. Lei si staccò quasi
subito e cercò la sua bocca.
Lady
Capuleti guardava preoccupata la discussione
tra suo marito, Tebaldo e le due serve quando vicino a lei
sentì Valentino
rivolgersi ad Isabella “Ma che fa Giulietta? Da un bacio a
mio fratello?”.
Isabella
lo guardò e annuì sorridendo, “Credo
che si
siano dichiarati finalmente”. La madre di Giulietta
spostò lo sguardo e vide i
due ragazzi, “Non mi ha mai detto niente!”
esclamò e corse da lei.
Mercuzio
le baciò la fronte e la strinse a se, sentì
le sue mani strette sulla schiena e il suo respiro profondo. Lei lo
guardò con
insistenza e lo baciò ancora.
“Fermi
tutti!” gridò Tebaldo facendoli sobbalzare.
Mercuzio gli intimò di andarsene ma si accorse che aveva
preso l’arco e mirava
a Giulietta. “No!” disse lei “Tu sei
pazzo”. Valentino intervenne “Tebaldo
adesso basta, stai dando spettacolo! Consegnami quella freccia
su”.
Il
ragazzo mirò a lui “Dove la vuoi? Magari in
testa?” ridacchiò. “Se fai del male
anche a mio fratello…”gli intimò
Mercuzio.
“Cosa? Cosa puoi fare? Non vedi che sei impotente di fronte a
me?” rispose
Tebaldo.
Esmeralda
piagnucolò “Giulietta ti prego perdonami
è
tutta colpa mia! E aspetto anche un figlio da lui che non
vuole”. La ragazza si
mosse verso di lei. “Non muoverti!”
gridò il cugino.
Giulietta
non lo guardò nemmeno “Va al diavolo!”
gridò, avanzò verso Esmeralda ma una fitta di
dolore acuto alla coscia la
costrinse ad arretrare. La balia urlò disperata e il conte e
Valentino
riuscirono a immobilizzare Tebaldo.
“Adesso
la pagherai di sicuro!” gridò isterico
Enrico e ordinò alle sue guardie di scortarlo dal principe.
Giulietta guardò il
suo abito trafitto dalla freccia e sporco di sangue. Mercuzio le
intimò di non
muoversi ma lei quasi impazzì dal dolore, afferrò
la freccia e la estrasse urlando.
“No Giulia!”.
Mercuzio
la prese in braccio e si diresse veloce
verso la sua camera. “E’ chiusa a chiave”
disse lei debolmente quando furono
davanti alla porta, la estrasse dal vestito e gliela porse. Il ragazzo
riuscì
ad aprire la porta e la adagiò sul letto dove
c’era anche Luce.
Si
mise tra le sue gambe e le sollevò di scatto i
lembi della gonna, “Non abbiamo molto
tempo…L’emorragia va fermata
subito…”.
S’interruppe quando le scoprì la coscia e
guardò dentro la ferita. Giulietta
respirò a fatica per il dolore. Luce balzò sul
cuscino e giocherellò con i suoi
capelli.
La
ragazza si tirò su appoggiandosi ai gomiti. “Cosa
c’è?” chiese con la voce spezzata.
Mercuzio cercò di tranquillizzarla “E’
solo
la punta della freccia che è rimasta dentro ma adesso te la
tolgo”.
Lei
si piegò per alzarsi su “Come la punta della
freccia?” gridò terrorizzata. Lui la respinse
giù, “Adesso rilassati, chiudi
gli occhi e lasciami fare prima che si infetti
tutto…”.
Valentino
entrò di corsa in camera con la balia alle
calcagna che portava un catino d’acqua. Il fratello maggiore
vide Luce e
sorrise per un attimo. “Allora?” gridò
impaziente la balia. Mercuzio le ordinò
di posare l’acqua sul letto e di andarsene. La donna
ubbidì ma rimase sulla
porta.
“Val
devo estrarre la punta della freccia…”,
indicò
Giulietta. Il ragazzo si sedette sul letto e le prese la mano.
“Dov’è mia
madre?” chiese lei impaurita, Valentino strappò un
pezzo del lenzuolo
insanguinato e le disse di morderlo “Fidatevi di me, sta
bene…Isabella è con
lei”.
Giulietta
chiuse gli occhi e strinse fra i denti la
stoffa. Mercuzio dopo essersi lavato le mani toccò la ferita
e la dilatò un
poco. La ragazza sputò il pezzo del lenzuolo e
gridò forte. Valentino le
strinse la mano e lei gliela graffiò a sangue con le unghie.
“State calma,
abbiamo quasi finito!” la guardò disperato
“Giulietta…cercate di non pensarci”.
Mercuzio
afferrò finalmente la punta e disse a malincuore
“Questo ti farà un po’ male,
resisti!”, provò ad estrarla facendola urlare
più forte. La balia in lacrime si
coprì il volto con le mani. Valentino rabbrividì
e osservò la determinazione
del fratello.
Luce
iniziò a piagnucolare e lui la accarezzò
cercando di ignorare le urla di Giulietta. Il biondo tirò
fuori la punta della
freccia dopo qualche minuto e la buttò nel catino.
“Balia presto! Porta il
materiale per disinfettare!” intimò alla donna che
corse via.
“Hai
visto? Ce l’abbiamo fatta” disse Valentino
sfiorando la fronte della giovane che rispose singhiozzando
“Morirò
dissanguata”. Mercuzio si affrettò a sciacquarsi
le mani allungò su di lei
“Guardami”, le toccò il viso
“Qui oggi non morirà nessuno! Tuo cugino al
massimo…”.
Valentino
lo guardò e soffocò una risata. Luce
guardava la sua padrona e faceva avanti e indietro sul letto uggiolando
triste.
Mercuzio l’accarezzò e la prese in braccio.
“Quant’è bella!” disse
Valentino,
“Dammela la faccio vedere a Isa”. Il fratello
gliela passò e rimase solo con
Giulietta che gli prese la mano senza guardarlo e la strinse.
Lui
gliela baciò. “Non hai più nulla da
temere
adesso”. Lei trovò la forza di mettersi seduta si
fronte a lui accucciato sul
letto. Si asciugò il viso mentre la balia rientrava e posava
un vassoio sul
letto con le bende e il disinfettante.
“Grazie”
le disse il ragazzo e lei abbracciò la ragazza
e la baciò sulla fronte. “Io sono qui
fuori…Ho visto che sei in buone mani…”,
guardò Mercuzio e uscì dalla stanza chiudendo la
porta. Il biondo prese il
batuffolo imbevuto di disinfettante con le pinze e piegò la
gamba della ragazza
per avvicinare la coscia.
Lei
gemette per l’irritazione un paio di volte
mentre si sistemava il vestito per coprire l’altra gamba. Si
sentì in imbarazzo
per avergli mostrato le gambe cosi a lungo. Mercuzio ripulì
accuratamente la
ferita e le fasciò la coscia. “Ecco
fatto!” disse felice. “Ora vediamo se puoi
camminare”, le accarezzò la guancia e lei gli
trattenne il braccio quando cercò
di riabbassarlo.
Lo
guardò e sorrise. “Non finirò mai di
ringraziarti”, lo attirò a se e lo
abbracciò forte. Bussarono alla porta e
Giulietta si asciugò svelta le lacrime.
“Avanti” disse e il paggio entrò con
una lettera per lei, gliela porse e fu congedato.
Mercuzio
intrecciò le loro mani dopo che la ragazza
ebbe aperto la lettera. “Sai, io credo che con
l’amore si possa cambiare il
mondo” disse lui accarezzandole i capelli. “Oppure
se stessi” gli rispose lei
leggendo la lettera e sorridendo.
Lui
la baciò delicatamente sul collo, “Magari
entrambi” sussurrò facendole venire i brividi.
Giulietta ridacchiò “E’ di
Cordelia! Finalmente ha finito il collegio e viene a
trovarmi”. Si guardarono e
si avvicinarono fino a toccarsi con i nasi.
“Chi
è Cordelia?” chiese lui senza interesse e la
baciò. Lei si staccò solo per rispondere
“Una mia amica d’infanzia”. Mercuzio
sorrise “Interessante…”
sussurrò e la baciò di nuovo.
La
gamba non faceva più male a Giulietta perché la
cura di tutti i suoi mali era li con lei. La lettera cadde a terra e
lei
abbracciò il giovane con la voglia di non separarsi mai
più da lui.
In
una chiesetta di campagna Romeo subito dopo
essere stato confessato fu accompagnato dal prete nella sua cella per
pregare
in solitudine e assoluto silenzio. Stringeva tra le mani il rosario di
legno e
di tanto in tanto sospirava.
Quando
finì di recitare le preghiere che gli erano
state assegnate per espiare i suoi peccati si fece il segno della croce
partì
insieme al suo fedele servitore Abramo.
Salirono a
cavallo e si diressero verso il luogo che li avrebbe ospitati.
“Quando si
decideranno a trovare il posto definitivo?”, chiese Romeo
spazientito mentre
Abramo bussava al portone.
“Sono
stufo di essere trasferito da convento a
convento”, calciò una pietra e guardò
serio il suo servitore che gli rispose,
“Mio signore dovete avere un po’ di pazienza. Frate
Lorenzo ha scritto
nell’ultima lettera di avere buone notizie per
voi!”.
Una
suora venne ad aprire e li riconobbe “Voi dovete
essere il giovane Montecchi? Venite, venite…”. I
due ragazzi entrarono e si
guardarono intorno. “Quanto mi manca la mia vita”
si lamentò Romeo.
L’anziana
suora gli indicò una figura poco distante.
“Sorella Rosa! Accompagna i ragazzi nelle loro
stanze”. L’altra suora,
decisamente più bassa e più giovane si
girò a sorridere ai due giovani e gli
fece cenno di avvicinarsi.
Abramo
si lamentò di avere fame mentre Romeo gli
appoggiava il gomito su una spalla. “Chissà che ci
daranno da mangiare
queste…”, alzò lo sguardo e riconobbe
un volto che lo aveva tormentato a lungo.
La giovane suora lo guardò radiosa e
fece un mezzo
inchino. Abramo per poco non si strozzò con la sua stessa
saliva.
“Rosalina?”
sibilò Romeo incredulo ma felice al
tempo stesso. La suora annuì e lo guardò
seducentemente poi li prese entrambi
per mano e si avviò con loro “Venite, vi
accompagno nelle vostre stanze”. I
due giovani si guardarono maliziosamente e la
seguirono mentre il servo da dietro, la squadrava da cima a fondo.
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Capitolo 10 *** Capitolo Decimo ***
Capitolo
Decimo
Di
solito nulla e’ come appare e
anche il cielo più luminoso finisce per oscurarsi. Anche se
il sole continua a
brillare per poi tramontare e non avere più la forza di
alzarsi, e non c'e’
nemmeno la luna a rischiarare un cielo vuoto e oscuro.
Da
qui è scomparso il sole, ci sono
solo piccoli punti luminosi che si perdono nel vuoto della sofferenza
che
provoca la privazione, punti luminosi che non sono altro che ricordi:
il primo
sorriso di suo figlio, il primo dente caduto, i primi passi, o la prima
volta
che suo figlio aveva detto “mamma”,
il vuoto che Gloria aveva nel petto era paragonabile solo al sole che
si
spegne.
Perché
effettivamente il suo sole si
era spento senza lasciare nella sua vita nemmeno uno spiraglio di luce.
Passava
le sue notti a rivivere gli ultimi istanti con il figlio, le sue mani
che
venivano strappate via dalle mani del suo piccolo!
Era
straziante per lei e niente
riusciva a darle pace, lo rivoleva, rivoleva il suo bambino di nuovo a
casa e
sapeva che la colpa di tutto era di quella sgualdrina di una Capuleti.
Si
era chiusa nella sua camera
insieme al delirio che accompagnava la follia che Giulietta Capuleti
aveva
causato, e non permetteva a nessuno se non alla fida Demetra di entrare
nella
sua stanza, solo con la fanciulla si confidava e si apriva come se
fosse stata
la sua unica alleata.
Si,
alleata, perché proprio di una
guerra si trattava, e proprio con lei iniziò a capire che
forse un modo per
farla pagare alla razza immonda dei Capuleti c'era. Il dolore che si
portava
dietro come un macigno appeso al petto le impediva di rendersi conto
che non
tutto era perduto e che nella sua vita c'erano ancora delle cose belle
di cui
gioire come il matrimonio che suo nipote Benvolio aveva annunciato una
settimana prima.
Ma
lei non riusciva a vedere niente
di buono in quel matrimonio con una parente del principe
poiché anche in quel
matrimonio ella vedeva il complotto che aveva allontanato suo figlio.
Nei
confronti di quel ragazzo orfano e solo, che lei aveva accolto per
amore del
marito, provava un odio paragonabile a quello nei confronti dei
Capuleti,
poiché non di rendeva conto di come fosse possibile che lui,
potesse essere
felice, sul punto di sposarsi e avere dei figli nella sua Verona e suo
figlio
no?
Si era rifiutata di
partecipare al matrimonio
e non aveva nemmeno dato gli auguri al nipote, si era dimenticata di
lui come
il ragazzo si era dimenticato del figlio. Sedeva inerte con le lunghe
braccia
incrociate in grembo ad osservare il suo riflesso nello specchio, ma
anche questo
le provocava dolore, perché i suoi lineamenti erano cosi
simili a quelli di
Romeo da farle male.
Dal
giardino di casa sua venivano i
canti e i balli dei festeggiamenti per il matrimonio di Benvolio, ma
per lei
erano solo rumori indistinti…
Si
alzò dalla toletta e si avviò
verso il letto dove si distese ancora tutta vestita e iniziò
strapparsi poco
alla volta alcune ciocche di capelli. Dolore, dolore fisico, dolore
mentale,
dolore del cuore. Perché? La domanda che si faceva da giorni
ormai era solo questa.
La
vita era cosi strana, ti metteva
davanti a delle situazioni che tu non sapevi come affrontare, le
conseguenze
spesso facevano soffrire proprio come stava soffrendo lui in quel
momento, le
uniche cose che gli davano un po' di conforto erano le lettere di frate
Lorenzo
e quelle dei suoi genitori: le lettere della madre erano sempre piene
di deliri
e tramite loro sentiva un rancore che non riusciva a riconoscere come
proprio,
una rabbia che gli faceva apparire il mondo in un eterno è
irremovibile complotto
contro i Montecchi.
Lui
da un punto di vista oggettivo,
si rendeva conto che non era cosi ma dal suo esilio forzato e ingiusto,
quelle
parole prendevano sempre più significato. L'ultima
inviatagli quella stessa
mattina verso la sua nuova sistemazione riportava le seguenti parole:
“Romeo figlio mio la casa
è cosi vuota senza
di te! L'aria è sempre più grave e il mio cuore
sta cedendo lentamente sotto i
colpi della sofferenza! Oh figlio mio non sai quanto vorrei che a
pagare fosse
quella cagna di una Capuleti, e solo colpa sua se il gioiello della
nostra famiglia
vive di stenti in una città ostile. Romeo credo che ci sia
in atto una specie
di complotto nei tuoi confronti e anche tuo cugino ne è
immischiato! Oh Romeo
non sai come Vorrei che tu fossi qui per vedere come quella sgualdrina
sta
cercando di portare nel proprio letto anche Mercuzio! E’ una
lurida che è stata
perfino in casa nostra ospite di tuo cugino! E il tuo caro migliore
amico la
difende sempre! Romeo io trovo disgustoso sia lui che lei, io ti
prometto
figlio mio che ti vendicherò e darò a quella
puttana e alla sua lurida razza
quello che si meritano!”.
Più
o meno a quel punto Romeo aveva
smesso di leggere per passare a quella del padre che invece era
più mite e gli
faceva sentire il dolce profumo di casa, attraverso i suoi racconti su
quello
che succedeva poteva trovarsi ad un ballo o in un duello improvvisato a
casa
loro dal suo migliore amico e dalla sua amata, l'ultima narrava proprio
di
quello.
Si
trovò a sospirare, pensare a
Giulietta come sua amata gli procurò un dolore allo stomaco,
si stava rendendo
conto che non era la fanciulla che si era costruito nella sua fantasia
e che di
conseguenza il suo amore non era reale, le parole della madre per
quanto
volgari e sconclusionate gli riportavano una realtà ben
precisa. Giulietta e
Mercuzio stavano insieme.
Si
chiese distrattamente come la
madre fosse arrivata a quella conclusione, forse aveva assistito a
qualche
scena che nel suo delirio si era dimenticata di scrivergli.
Prese
tra le mani la corona di legno
ultimo regalo del suo confessore e se la rigirò tra le mani
pensando che forse
c'era davvero qualcosa sotto al suo esilio, si alzò
arrivando allo scrittoio
desideroso di togliersi dalla mente quelle congetture dovute alla
lontananza e
prese tra le mani le lettere di frate Lorenzo.
Le
sue lettere erano cariche di
conforto cristiano per la sua anima e riportavano i risultati delle sue
ricerche, era un uomo di parola è non aveva dimenticato la
sua promessa.
L'ultima
missiva che gli aveva
mandato quella mattina gli spiegava che, anche se non potendo citare la
sua
fonte, doveva ammettere che i suoi sospetti erano fondati, il giovane
Capuleti
era vivo e di conseguenza il suo esilio era ingiusto, di li a qualche
giorno
sarebbe potuto tornare a Verona da uomo libero e chiedere al mondo
ciò che gli
aspettava.
Sorrise
di nuovo proprio come quella
mattina leggendo le stesse parole ma il suo sorriso si spense presto
rendendosi
conto solo in quel momento che il suo umore era cambiato, infatti
quelle parole
gli sarebbero state mille volte più gradite, solo se qualche
giorno prima lui
non l'avesse rivista e se il suo cuore fermo non avesse ripreso a
battere al
suono della voce di lei.
Una
volta lo stesso frate gli aveva
detto che l'amore dei giovani risiedeva negli occhi e solo li a Mantova
lui si
rendeva conto di quanto tutto ciò fosse vero, la ragazza che
nella sua mente
aveva preso il sopravvento era solo un’immagine speculare del
suo primo amore,
la Giulietta di cui si era innamorato al ballo dei Capuleti era solo
una fugace
scia luminosa nel cielo che per un attimo aveva oscurato lo splendore
della sua
luna.
Si
era infatuato di Giulietta solo
perché Rosalina celava il suo cuore sotto una pesante coltre
nera che altro non
era che il sudario della sua bellezza, le due fanciulle così
simili in aspetto
e in età si erano quasi confuse nella sua mente e lui aveva
finito per
alternare l'una all'altra.
Quelle
tre settimane di lontananza
dalla più giovane della famiglia Capuleti gli avevano fatto
capire tutto ciò, e
poi c'era stato l'incontro, il rivedere quegli occhi luminosi come
stelle
riascoltare quella voce che altro non era che il respiro della sua
fantasia, lo
avevano indotto a credere che a tutto c'era rimedio, che anche se
lontano da
casa la vita poteva tornare a sorridergli, se Rosalina era
lì a Mantova, e si
trovava nello stesso convento dove lui stesso era costretto a passare
le sue
giornate era un evidente segno che il destino era dalla sua parte.
E
anche se lei ormai indossava
l'abito nero che la consacrava a Cristo ciò non voleva dire
che lui era
costretto ad ignorare quello che la Dea fortuna e il Dio cupido stavano
cercando di fargli capire.
Il
secondo incontro con l'agognato
soggetto dei suoi sogni era stato di una dolcezza unica. Aveva capito
che la
fanciulla soleva passeggiare in giro per il portico adiacente la chiesa
ogni
pomeriggio dopo lo scoccare della quinta ora e che se lui voleva
vederla quello
starebbe stato il momento più propizio, quindi si era
appostato lì e quando la
fanciulla aveva fatto il suo ingresso le si era avvicinato come si
soleva ad un
galantuomo del tempo e dopo aver ottenuto il suo permesso aveva
iniziato a
passeggiar con lei.
"Sapete
Rosalina è la prima
volta che in una città cosi lontana dalla mia Verona io
trovi un viso a me
familiare e amico", la fanciulla gli aveva sorriso dolcemente, "Romeo
io sono onorata che voi mi consideriate una vostra amica" e cosi
avevano
preso l'abitudine di passeggiare insieme, e una volta che in lui non
c'erano
più le mire di volerla svestire delle sue virtù
parlare con lei e trovare punti
in comune era stato più semplice, avevano dimenticato tutto
ciò che era
accaduto a Verona e si erano ripromessi di vedersi ancora il giorno
seguente, e
cosi era stato per tutta la settimana e nella ragazza qualcosa era
mutato.
Era diventata più
affettuosa, aperta, aveva
preso le pene di Romeo come proprie, ci erano volute due settimane di
conoscenza per far capire alla fanciulla vestita di nero che forse
qualcosa in
più alla vita monacale c'era.
Ne
aveva parlato con la madre
superiora perché temeva di star commettendo un grosso
peccato, ma la donna più
anziana e saggia le aveva detto che finché i suoi voti non
erano stati
pronunciati la sua condizione era reversibile e dopo una notte insonne
passata
a riflettere su cos'era la cosa giusta da fare, e a chiedere a Dio una
risposta
alle sue penose domande era giunta alla conclusione di doverne parlare
con
Romeo.
Si
era presentata dal ragazzo armata
di buona volontà e aveva iniziato il suo discorso:" Romeo
ascoltatemi,
sono giunta oggi alla conclusione che io mi sono innamorata di voi,
queste due
settimane insieme a parlare e a vedervi mi hanno fatta rendere conto
che forse
il gesto che sto per compiere non è quello giusto."
Aveva
taciuto un attimo impossibilitata
ad andare oltre e poi c'era stato il bacio. Un bacio dolce e lento come
un
frutto maturato al sole che gli aveva riscaldato il cuore e gli sveva
fatto
toccare il cielo con un dito, quali parole più dolci
avrebbero potuto sentire
le sue orecchie? Nessuna!
Eppure
lui non era sicuro si sentiva
strano non voleva che la ragazza dovesse pentirsi di avergli confessato
il suo
amore, quindi non era riuscito a ricambiare una sola parola limitandosi
a
sorridere e a darle un leggero bacio sulle labbra.
Si
alzò dal letto spaesato e si
avvicinò alla piccola finestra del convento perdendosi con
lo sguardo oltre il
cielo e il prato che circondava la struttura, si sentiva in dovere di
decidere,
il suo cuore era chiaro aveva già scelto Rosalina, che in
quelle tre settimane
gli era stata vicina come non mai, ma la sua mente si trovava
annichilita in
quello che era il suo rapporto con Giulietta, non l'amava questo era
sicuro ma
perché si sentiva in colpa nei confronti di quella
fanciulla? In fondo né lei
né il suo migliore amico non gli avevano mai scritto da
quando era li e nemmeno
il cugino che tanto aveva amato si era più degnato di
chiedere sue notizie.
Il
suo cuore si riempì di un
sentimento che non era rabbia ma delusione, si sentiva deluso perche
era stato
lasciato solo e perché se la situazione fosse stata
invertita lui non li
avrebbe abbandonati, eppure non si sentiva in collera con loro, pensava
che
stessero andando avanti con le loro vite, e questo gli
provocò un brivido di
dolore dal quale si riscosse con questo pensiero: dunque
perché non poteva
farlo anche lui?
Si
risedette sul letto e si passò
una mano sugli occhi e poi sul cuore, e in un attimo la decisione fu
presa. Si
alzò dal letto e si diresse fuori nell'angusto corridoio di
pietra , il suo cuore
era più leggero e sembrava avere delle ali che lo facevano
quasi volare più che
camminare, si vergognò per un attimo di essersi fatto
prendere dallo sconforto
e di essere caduto nelle paranoie della madre, di aver pensato che le
persone
che gli volevano bene stavano tremando contro do lui, si
fermò davanti alla
cella di Rosalina, e bussò alla porta finche la voce roca
della ragazza non gli
rispose "Sorella sono in preghiera vi prego di tornare più
tardi" per
tutta risposta Romeo parlò con voce chiara e forte, dicendo
solo due parole
"Ti amo!".
Dall'altra
parte ci fu un po' di
silenzio poi la porta si aprì per far entrare il giovane,
che si trovò davanti
il suo Angelo.
La
fanciulla indossava l'abito
talare nero ma i suoi capelli castano chiaro e lunghi cadevano liberi
sulle
spalle fino a toccare la curva del sedere, la sua pelle candida era
rossa nella
zona delle guance e i suoi luminosi occhi neri erano colmi di lacrime
"Romeo sei sincero? Vuol dire che ricambi i miei sentimenti anche se ti
ho
tenuto lontano per tanto tempo?".
Il
giovane annuì e chiuse la porta
prima di prenderle la mano, "Sei tu che devi perdonare me! Sono stato
uno
sciocco a cercare in un’altra quello che non volevi darmi!
Avrei dovuto
insistere e farti capire per me quanto eri importante!".
La
fanciulla gli posò le dita sulle
labbra e scosse la testa "Shhh, Romeo non pensiamoci più
l'importante e
che ci siamo ritrovati!" Il ragazzo le sorrise e prendendole anche
l'altra
mano gliele baciò entrambe, poi le rivolse un lungo sguardo
languido e si
avvicinò al suo viso “Sono un uomo
libero.”
La
giornata era limpida e il cielo
era di quel preciso colore azzurro che tanto ispirava suo padre a
scrivere
poesie d'amore, cosi intenso da far male agli occhi, si
allontanò dalla
finestra dove stava ad oziare per avvicinarsi allo specchio, si
guardò riflesso
e per un attimo si stupì di come era cambiato in
così poco tempo, non si
riferiva ad un cambiamento fisico, ma più ad uno mentale, i
suoi occhi erano
luminosi e sulle sue labbra aleggiava un sorriso soddisfatto.
Da
quando aveva conosciuto Arianna
nulla aveva avuto più senso se non poter starsene ad oziare
tra le sue braccia
e finalmente qual giorno si sarebbero celebrate le nozze, la casa dei
suoi zii
era in fermento dalla sera prima e tutti si affrettavano ad ubbidire
agli
ordini che suo zio dava.
Si
girò ad osservare l'abito bianco
che lo attendeva sulla sedia, era infatti di consuetudine che gli sposi
vestissero entrambi di bianco per un buon augurio alla coppia che si
stava
creando e si avvicinò alla sedia dov'era appoggiata,
accarezzò delicatamente il
tessuto fresco del farsetto e indugiò con un dito su uno dei
bottoni dorati che
lo ornavano, si sentì un po' spaesato e confuso e in un
attimo la paura di
perderla come era già successo con i suoi genitori gli
bloccò il respiro in
gola.
Mentre
si perdeva in quei pensieri
troppo brutti per un giorno troppo bello la porta si aprì e
il suo migliore
amico entrò portando davanti a se un bocciolo di rosa bianca
che si abbinava
perfettamente al suo abito da cerimonia , gli si avvicinò e
quando il ragazzo
si voltò la sua espressione felice divenne in un attimo lo
specchio dubbiosa di
quella del ragazzo “Quale
pena allunga le ore di Benvolio? Cosa oscura il volto dello sposo in
un giorno tanto felice?”.
Il
ragazzo guardò il giovane che per
l'occasione indossava il completo ufficiale degli Scaglieri e scosse la
testa “Credo
sia solo paura di perdere la
persona che più amo al mondo come è successo con
tutta la mia famiglia”.
Benvolio oltrepassò Mercuzio e si sedette su di uno sgabello
davanti ad uno
specchio, la camera non era sua e gli era stata data per tenerlo
lontano dalla
sposa sino al momento del si, Mercuzio gli si mise alle spalle e
posò le mani
sulle spalle nude di Benvolio “Non
succederà! Non c'è niente e nessuno che trami
contro voi due!”.
Poggiò
la rosa sulla toletta e legò
con fare premuroso i capelli di Benvolio in una coda “Sarai
felice con lei! Avrete un
mucchio di figli e in men che non si dica dovrò ritrovarmi a
fare da zio a un
piccolo te!”.
A
quelle parole a Benvolio scappò un
sorriso “Si
desidero tanto dei figli! Pensavo che se il primo sarà
maschio si
chiamerà come mio padre ovvero Guglielmo! Se invece
sarà una bimba pensavo ad
Elisabetta come mia madre!”, i suoi occhi si riempiono di
lacrime e si alzò in
piedi per vestirsi e per nascondere il suo dolore a Mercuzio, il
giovane biondo
lo lasciò per un po' nel suo silenzio mentre lo osservava
vestirsi e quando
Benvolio ebbe finito e si girò verso l'amico il suo viso era
di nuovo sereno.
I
suoi occhi erano luminosi come il
cielo il suo sorriso candido come neve faceva capolino dalle labbra
rosa e così
Mercuzio gli si avvicino e gli inserì il bocciolo in un
asola apposita sul lato
del farsetto proprio sopra allo stemma della famiglia Montecchi.
“Vorrei
dirti tante cose, ma non
trovo le parole! Perché se tra di noi c'è
qualcuno che è bravo con i sentimenti
quello sei tu Benvolio. Sei tra di noi il più giovane ma sei
sempre stato il
più saggio! Oggi che compi il passo di diventare uomo voglio
dirti che per me
sei un altro fratello!”, le lacrime che Benvolio aveva
trattenuto sgorgarono
fuori al discorso di Mercuzio che gli era sempre stato vicino
più dei suoi
stessi familiari, dopo un fraterno abbraccio i due si avviarono verso
la
chiesa.
Il
sole era ancora alto e
risplendeva sui centinaia di boccioli che adornavano l'ingresso della
chiesa e
l'intera navata, i pochi posti a sedere che di solito occupavano le
famiglie
nobili erano stati ricoperti interamente di stoffa bianca e
tutt'intorno all'altare
oltre ai boccioli di rose e gigli risplendevano decine di candele, che
facevano
risplendere ogni singolo petalo dei fiori, la scena era molto
suggestiva
talmente tanto che non sembrava di essere in una chiesa ma in un
racconto di
miti che si svolgeva sull'olimpo; proprio accanto all'altare due
giovani
attendevano con impazienza l'arrivo della sposa.
Ella
non si fece attendere molto e
ad un quarto alle undici il coro di bambini disposti dietro alle
colonne
iniziarono ad intonare il loro canto e dal fondo della chiesa lo
splendore
della sposa fece ammutolire tutti gli invitati.
Giulietta
era stata invitata al
matrimonio e per volere della sposa sedeva sulla panca della sua
famiglia,
indossava un abito rosso con le maniche a sbuffo e un corpetto che
metteva in mostra
le sue giovani curve, i lunghi capelli castani intrecciati intorno alla
testa
con alcune ciocche che scendevano morbide e ricce sulle spalle.
Il
suo sguardo era rapito dalla
bellezza della sposa che con andatura lenta da felina raggiungeva
l'altare,
indossava un lungo abito bianco con il corpetto dorato e le lunghe
maniche di
velo giungevano fino a terra, erano interamente ricamate d'oro e sulla
gonna
facevamo bella mostra numerose pietre preziose che facevano luccicare
la gonna
ad ogni suo movimento.
Il
collo della fanciulla era
circondato da un filo di perle con sotto un pendente in corallo azzurro
dai
lobi prendevano orecchini identici al ciondolo, generoso regalo dello
zio dello
sposo, i capelli erano raccolti in una singola treccia ornata da
piccole rose
bianche che scendeva rigida fino alla fine del corpetto, il velo era
corto e le
copriva solo metà volto, e in tutto l'insieme era talmente
luminosa da lasciare
senza fiato, perfino il Principe che rigido sedeva sulla panca accanto
a Giulietta
e ai suoi nipoti non poteva fare a meno di sorridere a quella visione.
Il
padre lasciò la mano della
fanciulla poggiandola su quella di Benvolio e si mise accanto a sua
figlia,
cosi quando i bambini ebbero finito di cantare il prete giratosi di
spalle
iniziò la sua cerimonia in latino e solo alla fine della sua
litania si girò di
nuovo verso gli sposi per benedire gli anelli e unirli ufficialmente in
matrimonio.
Durante
il discorso finale ai due
sposini la fanciulla in rosso era cosi assorta a guardarli che non si
accorse
della presenza vicino a lei. Mercuzio le prese la mano e se la
portò alla
bocca.
Lei
si girò a guardarlo stupita da
quel sorriso. “Come va la gamba?” le
sussurrò all’orecchio dandole poi un bacio
sulla guancia e si mise a giocare con i suoi capelli.
Incontrò lo sguardo di
rimprovero di suo zio ma lo ignorò.
“Un po’
meglio” rispose Giulietta a bassissima
voce “Grazie…”, gli strinse timidamente
la mano che lui teneva sul suo
ginocchio e si girò verso il frate che annunciava la fine
della cerimonia,
palesemente imbarazzata.
La
festa che seguì la cerimonia fu
qualcosa di meraviglioso. C'erano serviti su lunghe tavolate i polli e
le oche
più grasse di Verona, numerose brocche di vino erano
disposte in modo che ogni
invitato potesse averne una davanti a se, e tutto sembrava agli occhi
degli
invitati una favola.
La
festa si teneva per l'occasione
nel giardino grande nel retro della dimora, i grandi alberi da frutta
erano
stati addobbati con grandi fili di seta e sotto i loro lunghi rami
erano stati
invitati anche alcuni musicisti che dovevano allietare la splendida
giornata,
tutto al matrimonio faceva dimenticare per un attimo tutte le brutte
avventure
che avevano sconvolto Verona nell'ultimo periodo, sembravano
però aver
dimenticato anche che un innocente era stato punito senza colpa e che
ancora
nessuno doveva avviarlo dell'avvenuta rettifica della sentenza.
Arianna
notò Giulietta con in
braccio la piccola Viola e le si avvicinò allegramente.
“Vi state divertendo
vedo” disse amichevolmente. La ragazza in rosso
guardò quella in bianco con un
sorriso, “Non posso ancora tornare a
ballare…”, lanciò un’occhiata
fugace alle
danze intorno a loro che terminavano in quel momento,
“Però si, avete
organizzato un ricevimento magnifico!”. La sposa
accarezzò distrattamente i
capelli rossastri di Viola, “C’è la
cerimonia della consumazione adesso, ce la
fate a venire?”. Giulietta la guardò senza
capire…
Poco
dopo si ritrovò quasi costretta,
in piedi, nella stanza da letto di Benvolio e Arianna, una guardia era
appoggiata alla porta mentre altre due si trovavano
all’esterno.
I
genitori della sposa, Caterina, il
conte Montecchi e un paio di cugini dello sposo accanto a lei,
Valentino,
Mercuzio ed Escalus di fronte a loro dall’altro lato del
letto. La porta si
aprì ed entrò Demetra, la dama di compagnia di
Gloria. Guardò tutti con un
falso sorriso e si posizionò decisa vicino ad Escalus
mettendolo un po’ a
disagio mentre gli mostrava un panorama un po’ troppo
scoperto delle sue curve.
Arianna
seduta sul letto, indossava
una semplice camicia da notte quasi trasparente ed era intenta a
sciogliersi la
treccia. Il suo neosposo apparve all’ingresso della stanza
con addosso solo un
indumento intimo. Si avvicinò lentamente al letto senza
guardare nessuno, aveva
occhi solo per lei.
Giulietta
continuando a non capire
bene quello che stava per succedere domandò a se stessa come
mai Gloria non
avesse preso parte alle nozze e come avrebbe potuto reagire se avesse
visto lei
li nella sua casa. Questa volta sarebbe stata indifesa
perché non aveva con se
i pugnali e per di più non poteva stare molto in piedi, la
ferita profonda alla
coscia non si era ancora rimarginata. Improvvisamente sentì
il desiderio di
andare a casa dalla sua Luce, che sicuramente l’attendeva sul
letto o sul
tavolo della cucina scodinzolando per un po’ di coccole.
Benvolio
si sdraiò accanto ad
Arianna e lei si sedette sopra di lui per baciarlo. Valentino diede un
colpo di
tosse e il fratello guardò per aria. I genitori della sposa
si presero per mano
e tutti parvero stranamente silenziosi, o imbarazzati pensò
Giulietta. Cercò lo
sguardo di Mercuzio ma un gemito attirò la sua attenzione e
sbirciò senza
volerlo all’interno del baldacchino.
Benvolio
teneva i lembi della
camicia da notte di Arianna sollevati sotto il suo seno e lei si
muoveva sopra
di lui, all’inizio gemendo poi alzò la voce sempre
di più fino ad urlare il
nome di lui più volte. Tutti abbassarono gli occhi,
l’unica che sembrava si
stesse divertendo era Demetra, che ridacchiava e aveva addirittura
preso sotto
braccio il Principe che la guardava con aria interrogativa.
Giulietta
improvvisamente esausta di
quell’assurda situazione si avviò alla porta, ma
la guardia la bloccò
intimandole di restare fino alla fine. Lei lo afferrò per il
collo e nonostante
fosse molto più bassa riuscì ad intimidirlo
“Apri subito questa dannata porta!
Ho la nausea e mi alletta parecchio l’idea di vomitarti
addosso!”.
L’uomo
la guardò stravolto e
spalancò la porta. Mercuzio che aveva osservato la scena si
precipitò fuori la
stanza anche lui. Quando la porta fu richiusa le urla di Arianna si
sentivano
ancora ma più deboli.
Il
ragazzo biondo la trattenne per
una mano e lei si girò verso di lui trovandoselo a un passo
dal viso. “Ti senti
male?” le chiese serio. Benvolio strillò qualcosa
di incomprensibile alle loro
orecchie. “Si! Questa cosa mi ha nauseata! Era proprio
necessario? La prossima
volta che qualcuno si sposa non lo voglio sapere”, lo disse
cosi sinceramente
ma anche piuttosto ironica secondo Mercuzio che si lasciò
sfuggire una risata
di gusto.
“Ti
accompagno a casa, vieni”,
l’attirò a se e la sollevò con un
braccio sotto le ginocchia e l’altro a
sostenerle la schiena. “Guarda che ho solo una ferita! Mica
la gamba rotta, ce
la faccio a camminare!” si lamentò lei mentre si
avviavano all’uscita di casa
Montecchi. Lui rise un po’ prima di risponderle “E
ammettilo che non ti
dispiace stare tra le mie braccia…”. Giulietta
arrossì e sorrise, poi senza
dire nulla gli strinse le braccia intorno al collo e si
rilassò. Aveva proprio
ragione e ne era consapevole.
Nella
piccola cella tutto sembrava
immutato, come se un pittore avesse dipinto con zelo le perfette figure
dei due
giovani che sdraiati sul letto, dopo lunghe chiacchierate e baci e
carezze
erano caduti in un sonno che sembrava quello dei giusti.
Erano
cosi immersi nei loro sogni
che quando la porta si aprì di scatto non si svegliarono ma
purtroppo non furono
immuni alle grida
di indignazione della
madre superiora che li guardava con rimprovero, “Suor Rosa!
Ma cosa state
combinando? Siamo in un Luogo Sacro! Non dovreste essere cosi
attaccati!”.
Il
giovane Romeo si alzò di scatto e
rosso in viso cerco di spiegare, ma la donna più anziana lo
cacciò dalla stanza
chiudendogli la porta in faccia, e invano lui bussò a lungo
ma nessuna delle
due donne aprì, così fu costretto a tornare nella
sua cella in attesa di qualcosa….
Ma di cosa esattamente? Non seppe darsi una risposta.
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Capitolo 11 *** Capitolo Undicesimo ***
Capitolo
Undicesimo
Le
fredde e mute stelle osservavano impassibili, dall'alto, la scena che
si stava
svolgendo sotto ai loro occhi gelidi...
Nella
silenziosa cella il giovane Capuleti tentava in tutti i modi di
muoversi ma il
freddo pungente e i ceppi legati al muro gli impedivano qualsiasi
movimento
lasciandolo inerme e facendolo respirare affannosamente.
Ad
ogni respiro una piccola nuvola si innalzava verso l'alto e in ognuna
di esse
egli rivedeva riflessi i suoi ricordi. La passione era stata sovrana
tra i suoi
sentimenti, ma per chi era riservata oramai se Giulietta non ricambiava
alcun
sentimento d'amore?
Pensando
e ripensando a come lei aveva rinnegato il suo amore una nota amara gli
strideva nell'orecchio e il suo corpo veniva percosso da una piccola
scossa.
Lentamente
avvicinò la sua mano alla guancia e disse bisbigliando con
una voce rauca
"Giulietta…”, quel lamento riecheggiò
nell’oscurità. “Giulietta",
ripeté più volte.
Mentre
si accarezzava il volto si accorse di una lacrima calda che gli
scorreva lungo
la guancia facendogli bruciare la ferita, una ferita che si era
procurato
questa volta per amore, o meglio perché non sapeva
dimostrare in modo sano
l'immenso amore che provava per sua cugina.
Già,
ma come poteva amarlo quell'essere cosi angelico e puro di sua cugina?
Come
poteva amare un mostro come lui che era stato educato all'odio, e che
aveva
provato a prenderla con la forza? Non poteva, era semplice.
E
se lui non riusciva ad amarsi come avrebbe potuto farlo lei?
Mentre formulava questo
pensiero i suoi occhi
si annebbiarono e nella cella buia i ricordi iniziarono a fargli
compagnia: il
sole era caldo sul viso del bambino e i suoi enormi occhi azzurri erano
pieni
di lacrime mentre guardava il cielo azzurro, una tomba coperta da poco
era a
pochi passi di distanza da lui che non riusciva a capire bene cosa
fosse
successo: una lunga e penosa malattia si era portata via sua madre
lasciandolo
solo al mondo.
Sua
madre che era una nobildonna bella e buona, che nella sua vita lo aveva
sempre
ricoperto di attenzioni non facendogli mai mancare l'amore di quel
padre che il
bambino non aveva mai conosciuto.
Lui
era fermo li con la camicia bianca coperta di lacrime, i capelli lunghi
e ricci
mossi da quel leggero vento che solleticava la chioma degli alberi, ed
era
ormai convinto che la sua vita sarebbe stata costellata solo dal dolore
e dalla
solitudine.
Mentre
era immerso nei suoi pensieri qualcuno gli mise una mano sulla spalla e
il
ragazzino sobbalzò girandosi, e si trovò faccia a
faccia con un giovane uomo di
una trentina d'anni o poco più; i suoi abiti erano di un
rosso scarlatto e i suoi
occhi neri come il carbone.
L’uomo
lo guardò negli occhi e con una voce spenta e dura gli disse
di essere suo zio
e che da quel momento sarebbero vissuti insieme; il gracile ragazzino
cosi
basso per la sua età non riusciva a capire perché
suo zio si facesse vivo solo
in quel momento, ma non poteva sapere che il giovane uomo aveva un peso
sulla
coscienza, un peso che era venuto a sollevare, quel peso portava il suo
nome:
Tebaldo.
Venne
condotto in una enorme tenuta e presentato a tutti come Tebaldo
Capuleti nipote
del grande conte Enrico, il ragazzino si trovò cosi
catapultato in una guerra
che sua madre non facendogli conoscere il padre aveva cercato di
evitargli, lui
era un Capuleti, lo era davvero perché primogenito del conte
Enrico, ma lui
questo non lo sapeva e mai l'avrebbe saputo.
Cresceva
così tra il disprezzo dello zio e un amore smisurato che sua
zia gli riversava
addosso, cresceva nell'ombra della bellezza di sua cugina Giulietta che
suo zio
amava e venerava come una dea.
Cresceva
tra frustate per i comportamenti sbagliati e lunghe e insidiose ore di
allenamento, cresceva innamorandosi di una bimba che stava vedendo
diventare
sempre più grande nel gelo della sua solitudine, e
riscaldando il suo cuore
freddo nel letto di sua zia.
E
cosi quel ragazzino che fino ai suoi dieci anni era cresciuto
nell’ amore
giusto di una madre, leggendo poesie e favole, imparando a scrivere e
ad amare
la bellezza pura si ritrovava ora in una situazione che lo stava
soffocando
lentamente, mettendo a dura prova la sua sanità mentale.
Sei
anni erano passati mentre sua zia gli insegnava ad amare le donne e suo
zio ad
odiare i Montecchi, in quel caos che occupava la sua mente di
adolescente
l'unico spiraglio di luce era sua cugina Giulietta, una bimba di otto
anni che
lui vedeva come la personificazione dell'amore puro che gli era stato
strappato
via troppo presto.
Il
ragazzo passava lunghe ore con la bambina sottraendola alle cure della
balia e
le permetteva di giocare con i suoi capelli o le raccontava
innumerevoli storie
che la piccola amava tanto.
Provava
per quella bambina un amore forte che nemmeno lui sapeva spiegarsi, ed
era
disposto per lei a qualunque sacrificio anche a costo della propria
vita. Cosi
continuò a crescere ancorandosi a quella ragazzina per non
perdere l'ultima
parte pura di lui, poi accadde qualcosa che mutò il suo
animo terribilmente…
Un
giorno venne a trovarsi in una lite per difendere la sua famiglia, uno
stupido
duello. Lui era un giovane uomo che aveva da poco compiuto diciotto
anni, il
suo avversario era proprio il fratello del conte Montecchi, un uomo
più grande
di lui fatto e finito che riversava la sua rabbia su di un ragazzo solo
e il
duello portò ad una conclusione tragica: Tebaldo venne
ferito gravemente al
fianco per non dimenticargli chi comandasse, e venne portato a casa in
un lago
di sangue.
Sua
zia era disperata e suo zio indifferente, sembrava quasi che l'uomo che
da otto
anni si prendeva cura di quel ragazzo volesse che non sopravvisse alla
ferita.
È
invece lui sopravisse, ma qualcosa nel suo profondo era
mutato… Iniziò a
portare i capelli sempre più corti in modo che nulla potesse
impedire al suo
sguardo freddo e vigile di osservare il mondo, ma anche
perché i suoi nemici
potessero vedere in quello sguardo la sua pazzia, in modo che nei loro
ultimi
istanti di vita loro potessero vedere quanto la loro morte lo divertiva.
Così
quel ragazzo continuò a crescere e ad innamorasi della
bellezza angelica della
cugina, cercando in quegli enormi occhi ambrati una traccia d'amore, ma
non l'amore
che sua zia era disposta a dargli, lui cercava qualcuno che lo amasse,
perché
quando tutti ti ripetono che sei feccia finisci per crederci, e il tuo
disperato
bisogno d'amore aumenta.
Lui
amava Giulietta, senza però rendersi realmente conto di
quello che provava, e
cosi passarono altri cinque anni e quel ragazzo era ormai un giovane
uomo, un
giovane uomo totalmente squilibrato.
Mosse
appena le mani e queste iniziarono a formicolare tremendamente, il
sangue
iniziò a circolare e per un attimo gli fecero male, i
ricordi lo avevano pian
piano fatto scivolare nel sonno, iniziò a scuotere anche la
testa e a sbattere
le palpebre, per quanto tempo aveva dormito?
Non
sapeva darsi una risposta visto che la piccola cella dove si trovava
era senza
finestre, poi d'un tratto la porta si aprì di un poco e vi
entrò con passo
indeciso una fanciulla.
Li
per li con un unico raggio di luce che l'illuminava Tebaldo credette
che fosse
sua cugina e uno strano senso di dolcezza si insinuò dentro
di lui legato forse
a quei ricordi che gli avevano fatto compagnia durante il suo
dormiveglia, ma
quando la porta si spalancò totalmente si rese conto che era
Esmeralda, quella
che tremante e con lo sguardo basso gli faceva visita, si
abbandonò con il peso
del corpo sulle braccia che erano legate ai ceppi e alzò
solamente lo sguardo
verso la fanciulla.
I
suoi occhi non erano più gelidi come un tempo e somigliavano
un po' di più a
quelli del bambino che era stato a piangere sotto un cielo luminoso la
morte
della madre, Esmeralda reggeva tra le mani un cestino di vimini ma non
osava
avvicinarsi più di tanto per paura che lui potesse in
qualche modo ferirla.
In
quella giornata di festa era stata l'unica a ricordarsi che il giovane
era
rinchiuso la sotto senza cibo e così aveva chiesto il
permesso al conte
Capuleti di andare a fargli visita.
Da
quando si era venuto a sapere che la fanciulla era stata disonorata dal
giovane
Capuleti era stata accolta nella famiglia per volere del conte Enrico,
in
attesa della sentenza che il principe doveva dare al giovane Tebaldo, e
anche
se non veniva trattata come una signora le avevano comunque permesso di
restare
a vivere li con loro già diversi giorni ma la sua vita non
era felice.
Non
le mancavano cibo e vestiti ma sentiva su di se lo sguardo d'odio che
la
contessa le rivolgeva continuamente e strano a dirsi le mancava l' uomo
che
l'aveva messa in quella situazione, cosi mentre tutti si trovavano al
matrimonio
del giovane Benvolio Montecchi lei era li da Tebaldo per consolarlo,
fece un
altro passo avanti e guardò negli occhi blu del giovane,
"Salve Tebaldo… Come
state?".
Il
giovane la guardò inclinando la testa di lato ma senza
rispondere, non riusciva
a capire cosa spingesse quella ragazza ad essere lì dopo
tutto il male che le
aveva fatto.
Lei
fece un altro passo avanti e prese dal cestino di vimini poggiato ai
suoi piedi
una bottiglia di acqua, la aprì e la portò alla
bocca del ragazzo che iniziò a
bere avidamente il suo contenuto.
Non
si era reso conto di quanto aveva sete finché non aveva
sentito l'acqua fresca
sulle labbra, tracannò finché non si
sentì sazio ma subito dopo trattenne a stento
un conato di vomito, deglutì a fatica e guardò di
nuovo la fanciulla che con
una mano gli accarezzava timidamente la fronte.
"Esmeralda
ma che cosa ci fai qui?", chiese senza astio ma con semplice
curiosità, la
ragazza sempre accarezzandogli la fronte lo guardò "Non lo
so Tebaldo, non
me lo so spiegare nemmeno io, so solo che a pensarti qui da solo mi si
spezzava
il cuore".
Il
giovane abbassò gli occhi restando in silenzio per un
momento, "Capisco… Ma
dimmi è vero che sei incinta? È vero che nel tuo
grembo cresce mio
figlio?".
Pronunciare
quelle parole era difficile molto più che restare li in
quella umida cella con
i ceppi che gli segnalano la carne, era in uno stato di totale
abbandono delle
passioni che per tanto tempo avevano dominato la sua vita che si
sentiva
totalmente svuotato.
Dopo che Giulietta lo aveva
ferito sul viso e
nell’anima e dopo che Esmeralda era corsa in suo aiuto
salvandolo con la sua
dichiarazione lui pazzo di dolore aveva scoccato una freccia contro sua
cugina e
si era lasciato ammanettare mansueto e senza forze.
La ragazza lo
guardò e annuì in silenzio senza
riuscire a dire altro, gli occhi di Tebaldo si riempiono di lacrime.
Dunque era
vero, una parte di lui viveva dentro quella ragazza, un piccolo essere
indifeso
che aveva bisogno di lui per crescere.
Scosse
la testa.
Desiderava
ardentemente accarezzare la fanciulla ma non potendo farlo una lacrima
gli
scivolò sul viso, quel bambino poteva essere una tela bianca
dove dipingere un
mondo senza l'odio che lui provava, si poteva cambiare?
Si
poteva dimenticare tutto il male fatto e ricevuto per un piccolo essere
che non
si era ancora visto?
Si
perché nel suo cuore iniziò a farsi spazio, come
un bucaneve che cerca di
rompere la crosta della neve un sentimento nuovo che proprio come quel
fiore
era candido e puro, sospirò sonoramente e alzò lo
sguardo carico di lacrime
verso Esmeralda.
"Perdonami
ti prego! So che ho sbagliato, ti ho umiliata e ferita ma non chiedo
altro che
il tuo perdono”, sospirò per un dolore improvviso
all’anima.
“So
di non meritarlo perché in cambio non posso darti niente ma
se solo tu
riuscissi a perdonarmi e a permettermi di stare accanto a questo
bambino io ne
sarei felice!", non poteva dirle che l'amava perché sarebbe
stata una
bugia ma aveva comunque cercato di essere sinceri nei suoi sentimenti,
e allora
la fanciulla gli gettò le braccia al collo con le lacrime
agli occhi sorprendendo
più se stessa del giovane.
Lei
si era innamorata di quello strano ragazzo, se ne era innamorata
perché di
notte quando dormiva il suo viso diventava angelico simile a quello di
un bambino,
e nonostante tutto il male che il ragazzo le aveva fatto, tutto l'odio
che il
suo cervello le aveva imposto di provare su quel giovane squilibrato il
suo
cuore non vi era riuscito, non poteva dimenticare che in alcuni casi
non si è
padroni del proprio destino.
"Ti
perdono Tebaldo! Lo so che non dovrei, che dovrei odiarti e desiderare
la tua
morte ma non ci riesco! Non posso! Dopo tutto nel bene e nel male sei
il padre di
mio figlio!".
Il
ragazzo annuì guardandola con gli enormi occhi azzurri
carichi di disperazione
e respirò profondamente, "Non capisco come tu ci riesca
Esmeralda, io non
sono stabile ho una grande confusione in testa e per di più
sono innamorato di
mia cugina", ci rifletté un attimo mentre gli occhi scuri
della fanciulla
si riempivano di nuovo di dolore.
"
Anzi io la desidero, la voglio con tutto me stesso. Persino pochi
minuti fa
quando la porta si è aperta io ho sperato nel mio cuore che
fosse lei, che
avesse deciso di chiedermi perdono, io non so se mai
riuscirò ad essere un buon
padre ma sicuramente non voglio che questo bambino cresca da solo!".
La
giovane serva annuì dispiaciuta e si alzò
allontanandosi dal giovane uomo in
catene, "Non crucciarti ancora Tebaldo la sentenza del principe non
è
ancora stata emessa, e potrebbe non essere così clemente
come credi, da poterti
permette di passare la tua vita accanto a questo bambino." Si
abbassò a
raccogliere il cestino in silenzio e velocemente guadagnò la
via della porta,
si girò un solo istante per vedere gli occhi del giovane
carichi di lacrime,
quasi al pari dei suoi.
Giulietta
era sdraiata sul letto in camicia da notte della miglior seta rosa
pesca, la
sua espressione era annoiata e un po' disgustata per aver assistito a
quello
spettacolo osceno dopo il matrimonio di Benvolio ed Arianna.
La
serata era passata così tra un pensiero e l'altro su quella
che era la vita di
una donna, che fosse ella sposata o ancora nubile. Si girò
su di un fianco e
gli occhi le vagarono fuori dalla finestra alla ricerca di qualche
ricciolo
biondo, ma all'orizzonte nemmeno una minima avvisaglia del giovane
Mercuzio.
Si
alzò a sedere e la piccola lupa che dormiva ai suoi piedi
alzò lo sguardo
allarmata dall'improvviso movimento della sua padrona,
cosicché la ragazza
allungò una mano per grattarle la testolina e
tranquillizzarla.
Mentre
era intenta a coccolare la lupacchiotta un leggero bussare alla porta
la fece
sobbalzare, perciò si alzò per controllare chi
fosse. La sua speranza era che
il giovane dai capelli d'oro a dispetto dell'ora avesse optato di
venirla a
trovare passando per la porta principale come molte volte il padre di
lei lo
aveva invitato a fare, e invece quando aprì la porta la
persona che si trovò
davanti fu la giovane Esmeralda che la fissava con uno sguardo a
metà tra
l'ostile e il depresso.
Entrò
nella stanza senza che Giulietta avesse il tempo di fare o dire
qualcosa e posò
il cestino che aveva tra le mani sulla toletta della giovane e la
fissò mentre
con le mani si copriva il ventre.
Giulietta
invece che i suoi sentimenti non li sapeva tenere a bada si rivolse
alla
ragazza con l'irritazione perfettamente percepibile nella voce ,“Che
diavolo ci fai tu qui? E chi ti ha dato
il permesso di entrare nella mia stanza?”
.
Benché
sapesse che suo cugino era un pazzo pensava esattamente come il resto
della sua
famiglia che quella ragazzina cosi povera e cenciosa avesse preso la
palla al
balzo con Tebaldo per farsi ingravidare esattamente come avrebbe fatto
una
cagna o una gatta in calore, e visto che la ragazza non parlava ma si
limitava
a guardarla fu lei a rompere il silenzio con uno sbuffo.
“Sei
venuta qui per dirmi ancora
quanto tu sia sfortunata?” domandò sarcastica poi
aggiunse a voce alta, “Oppure
hai perso la lingua? Magari questo tuo comportamento può
attaccare con chi non
conosce quelli della tua razza”.
Si
fermò un momento a girare lentamente intorno alla ragazza
quasi come avrebbe
fatto uno squalo con la sua preda, sapeva bene che quelle parole la
stavano
ferendo ma in quel momento non le importava più di tanto.
Era
ancora cosi infuriata con suo cugino per averla ferita alla gamba e per
aver
cercato di violentarla che tutta la sua rabbia stava per sfogarsi su
Esmeralda
quando finalmente lei parlò“Ascoltatemi
signorina, non sono qui per me stessa ma per vostro cugino!”.
La
ragazza nobile distolse lo sguardo annoiata ma la serva
continuò, “So che voi
siete in stretti rapporti con il nipote del Principe e vi prego di
mettere una
buona parola con lui per Tebaldo, il crimine che ha commesso
è stato atroce ma
se voi gli faceste risparmiare la vita noi ce ne andremo per sempre da
Verona…”.
Gulietta
la interruppe brusca “Non ti devi azzardare a nominare
Mercuzio! Hai capito? Lui
non centra nulla con te e i vostri guai anzi, è Tebaldo che
dovrebbe prostrarsi
ai suoi piedi dopo che ha cercato di ucciderlo il giorno del mio
compleanno….Ma
tu cosa ne sai di come è veramente, lo conosci a
malapena”.
Esmeralda
abbassò gli occhi e si tenne alla toletta con una mano, per
allungare l’altra
spostò involontariamente la boccetta della colonia che cadde
a terra e si
frantumò. Luce drizzò le orecchie e corse
giù dal letto a controllare.
“Ma
guarda cosa hai combinato!”, gridò la proprietaria
del profumo prima che la
serva avesse il tempo di dire “Signorina, perdonate, io non
volevo lo giuro!”.
Giulietta si chinò a raccogliere i pezzi di vetro
più grandi mentre Luce
annusava incuriosita.
Esmeralda
si scansò da li e osservò la sua padrona
dispiaciuta e incerta sul da farsi.
“No Luce! Spostati, non voglio che ti ferisci con le
schegge”, lasciò i pezzi a
terra e si affrettò a prendere in braccio la cucciola.
La
ragazza dalla pelle scura dietro di lei mormorò
“Posso farvi avere dell’altro
profumo, ve lo ricomprerò io stessa con i miei
risparmi…”, indietreggiò
perché
la nobile si voltò verso di lei a fissarla inespressiva.
“Tu?”
quasi rise, “Ma lo sai che quella è acqua di
colonia? Una cosa che tu non
possederai mai, come puoi pensare di volerla comprare per
me?”.
La giovane serva umiliata
trattenne a stento
le lacrime e per avviarsi troppo in fretta alla porta
inciampò nella gonna e
cadde in avanti. Giulietta solo in quell’istante si
ricordò che aspettava un
bambino, per di più suo nipote.
Lasciò
Luce sul letto con le zampette ancora umide di colonia e raggiunse la
giovane a
terra, si inginocchiò e le prese una mano “Ti sei
fatta male?”.
Esmeralda
sorpresa da quel gesto, si aspettava infatti un altro rimprovero, si
tirò un
po’ su e i suoi occhi bagnati dal pianto incontrarono quelli
della sua padrona,
“Io vi ho sempre spiata per volere di vostro cugino! E poi
gli riferivo i
vostri spostamenti e le vostre parole”,
singhiozzò.
Giulietta
guardandola si rese conto di quanto quella creatura fosse debole e
vittima allo
stesso tempo delle grinfie di suo cugino, istintivamente
l’abbracciò mentre lei
piangeva più forte come una bambina. “Non devi
temere nulla” pronunciò la
nobile rattristata, “Tuo figlio nascerà e nessuno
te lo porterà via, te lo
prometto” poi silenziosamente anche i suoi occhi piansero.
Esmeralda
continuò il suo discorso “Di voi e del nipote del
principe però non ho detto
mai nulla, nemmeno quando avete dormito insieme, lo so solo io ve lo
giuro!”.
Giulietta si sentì avvampare ma rimase calma.
“Io
vorrei che voi vi fidaste di me”, disse ancora Esmeralda e si
staccò
dall’abbraccio per guardarla, “Chiedo perdono per
quello che vi ha fatto ma vi
prego, non fatelo uccidere io lo amo”. Giulietta
rifletté per un momento poi le
sorride e l’aiutò a rialzarsi e a ricomporsi.
“Credo
che vi serva un vestito nuovo” disse alludendo alla gonna
lacerata, la giovane
la guardò senza capire e lei sorrise ancora,
“Siete voi che dovete fidarvi di
me”.
La
carrozza rallentò dopo aver attraversato il viale si
fermò davanti ai cancelli
della residenza dei Montecchi quando il sole era ormai alto. Un
servitore basso
e paffuto aprì lo sportello e allungò
pazientemente una mano, era stanco dopo
il lungo viaggio e aveva anche una certa fame.
Un’esile
braccio dalla pelle rosea spostò la tendina
“Finalmente siamo tornati a
Verona?”, domandò curiosa. L’uomo
annuì “Si signorina”. La mano delicata
afferrò
quella tesa del servitore poi il volto della ragazza bionda dagli occhi
turchesi fece capolino e si guardò intorno, con un gran
sorriso balzò giù dalla
carrozza.
“Cordelia!”
esclamò Demetra con finto
entusiasmo entrando nella sala dei ricevimenti di casa Montecchi,
“Ma quanto
tempo!”. Le si avvicinò e si scambiarono due baci
poco sinceri poi la bionda un
po’ sorpresa la guardò meglio “Veramente
io non ricordo di avervi mai
conosciuta, non so come abbiate fatto a rintracciarmi”.
Demetra
la invitò a sedersi “Oh giocavamo sempre insieme
da bambine! Siamo praticamente
cresciute insieme”. Cordelia si sistemò
distrattamente i lunghi capelli “Ma io
sono appena uscita dal collegio delle suore che mi hanno ospitata! E
voi
sembrate più grande di me…
La
dama di compagnia di Lady Montecchi tossì “Questo
non importa, parliamo di cose
serie ora…So che siete diretta dai Capuleti dove sarete
ospite. Sapete questa è
una grande occasione per voi per rivedere la città in cui
siete nata e la
vostra più cara amica Giulietta…”.
Cordelia
si rilassò e senza chiedere come facesse Demetra a sapere
quello che stava
dicendo esultò “E’ vero e non vedo
l’ora! Sono impaziente di rivederla!”.
Demetra
sussurrò con disprezzo
“Immagino…” poi si ricompose
all’istante dopo
un’occhiata strana della giovane di fronte a lei,
“Beh la nostra amica in
comune sarà impaziente di rivedervi ma badate bene anche ai
possibili
incontri…” sibilò maliziosa e
scoppiò a ridere.
Cordelia
rimase seria per un attimo poi si sforzò di ridere insieme a
lei “Ma che volete
dire? Scusate ma non vi seguo”,
s’incuriosì. Demetra rise ancora “Ma
come non
lo sapete? Mercuzio, il più giovane dei nipoti di Escalus
è in procinto di
prendere moglie e beh…voi sareste la scelta perfetta!
Assolutamente la scelta
perfetta!”, tornò seria e la guardò
impaziente.
Finalmente
notò un po’ d’interesse da parte della
giovane che le domandò subito
“Voi…dite?
E ditemi, com’è questo nipote del
principe?”.
La
più grande prese il calice d’argento e bevve un
sorso di vino, poi accarezzò il
bordo e lo fissò intensamente “Dannatamente
affascinante, cosi bello da farvi
stare male con un solo sguardo, un adone non reggerebbe il confronto
con lui…
Una
volta anche io lo desideravo, ma questa è storia vecchia.
Mia cara, date retta
a me, seguite i miei consigli e in poco tempo vi ritroverete sposata e
con un
titolo, sarete nobile anche voi” la guardò con
odio mentre lei fantasticava sul
suo primo incontro con Mercuzio e guardava per aria con espressione
sognante.
Demetra
sbatté il calice sul tavolo e Cordelia sobbalzò,
“Forza allora! Brindiamo alla
tua nuova vita!”, le offrì un po’ di
vino. La giovane ammise ingenuamente “Ma
io non l’ho mai bevuto prima
d’ora…”, con un sorriso incoraggiante
della dama
cambiò idea e prese il suo calice. “Adesso sei una
donna Cordelia, Cin cin” e
bevettero entrambe.
Quando
la giovane si congedò Demetra impartì gli ordini
ai servitori di sparecchiare
il tavolo e corse su per le scale dalla sua padrona. Prima di aprire la
porta
della camera di Gloria bussò 4 colpi. Una voce rauca
ordinò “Vieni”.
La
dama entrò assicurandosi di non essere vista da altri e
richiuse subito la
porta alle sue spalle. La sua padrona era intenta a rilassarsi un
po’ nella
vasca piena di olii ed essenze profumati, “Allora?”
chiese con tono rigido.
Demetra tirò fuori dal corsetto una piccola fiala
“Come avete ordinato voi, 3
gocce nel vino, il resto verrà poi…”.
Gloria
sorrise soddisfatta e le fece cenno di riporre la fiala nel cassetto di
un
mobile, Demetra ubbidì e dopo prese un telo di lino bianco
dal letto che
dispiegò e tenne pronto per la sua padrona. “Sai,
mi meraviglia quanto tu
impari in fretta” sibilò Glora, le
ordinò di avvicinarsi e poi si alzò in
piedi. Demetra le diede una mano per uscire dalla vasca e poi la
avvolse nel
telo.
“Ecco,
sedete qui…” indicò una sedia con
intarsi d’oro. La donna la seguì guardandola
con entusiasmo poi la sua mente tornò a Mantova da suo
figlio. La dama si
inginocchiò a terra per asciugarle i piedi e spalmarvi sopra
un unguento.
“Vedrete mia signora, che presto riporteremo a casa Romeo e
la Capuleti pagherà
tutto, ve lo prometto…”, nelle parole di Demetra
c’era molta sicurezza.
Gloria
tornò a guardarla e disse soltanto, “Lo
spero….Tu vedi di finire nel letto del
principe il prima possibile”. La dama di compagnia
accarezzò più lentamente i
piedi della padrona dalle punte fino alle caviglie con un sorrisetto di
approvazione.
Il
giovane Mercuzio con in braccio la piccola Dea si era diretto nelle
scuderie
per farsi sellare Ares, il suo stalliere lo aveva visto come trattava
la
cucciola e non aveva potuto fare a meno di ridere “Ma non
sarà che il vostro
cavallo è geloso adesso?”. Il biondo
gliel’aveva data in braccio per salire sul
suo cavallo “Ares non sarai mica geloso?”,
l’animale aveva sbuffato e poi si
era annusato con Dea.
“Tutto
apposto, hai visto? Diventeranno grandi amici” disse ancora
il ragazzo
contento. “Posso sapere dove state andando?” chiese
lo stalliere passandogli la
lupetta. “Tu di a mio fratello di non aspettarmi per
pranzo!” esclamò Mercuzio
e partì, lo stalliere protestò “Ma
signore…!”. Il biondo sparì dalla sua
vista
dopo averlo salutato con un cenno della mano senza voltarsi.
Non
cavalcò troppo forte, teneva le briglie con una mano sola e
con l’altro braccio
teneva stretta Dea. Quando arrivò dai Capuleti e si fece
annunciare, la balia
corse a fare gli onori di casa, o quasi… “Oh
Mercuzio! Siete voi! Non ditemi
che avete intenzione di restare a lungo!”. Il ragazzo la
guardò e sorrise
apparentemente poco offeso, “Buongiorno a voi nutrice della
mia diletta…”.
La
donna lo trascinò via dai cancelli verso il giardino,
“Si si adesso venite pure
da Giulietta ma dovete andarvene subito perché sta per
arrivare Cordelia!”.
Mercuzio la guardò stralunato “Chi sarebbe
codesta?”. “Una carissima amica di
Giulietta” lo corresse brusca lei, “Che voi non
dovrete per nessun motivo
infastidire” aggiunse.
Il
giovane ridacchiò “Perché pensate
questo di me? State per avere ospiti e non
volete che io vi stia tra i piedi ho capito…”,
provò un senso di rabbia
guardandola sospirare di sollievo e poi lanciò
un’occhiata al balcone della
ragazza che tanto bramava.
In
quel momento il rumore delle ruote di una carrozza attirarono
l’attenzione di
entrambi. “Oh mio Dio è già qui! Mi
raccomando non muovetemi e non fate passi
falsi!” ordinò la balia e corse a ricevere la
ragazza. Mercuzio si strinse Dea
fra le braccia e sussurrò “Amica mia questa qui
è proprio pazza”, lei sembrò
ascoltarlo e si sporse per leccarlo sul mento.
La
balia prese sottobraccio la ragazza bionda con fare materno
“Piccolina come
state? Dovete raccontarmi tutto dei vostri studi!”. Cordelia
rise, sembrava
stranamente felice “Oh si si certo vi racconterò
tutto ma prima fatemi
incontrare Giulietta!”. La donna annuì e la
lasciò un attimo sola all’entrata
del castello.
Cordelia
approfittò per fare un giro e saltellò
distrattamente vicino ai giardinieri che
la salutarono pur non conoscendola. Mercuzio che era sfuggito alle
grinfie
della balia stava cercando un'altra entrata che non fosse il balcone,
una
grande finestra bassa catturò la sua attenzione
“Chissà se queste sono le
segrete o la cantina…” pensò.
“E voi chi siete?
E cosa ci fate qui?”.
Una
vocina stridula lo colse impreparato cosi abbandonò la sua
curiosità e si voltò
nella direzione della voce. “Chi siete voi”
replicò lui, “Non vi ho mai vista
qui”. Cordelia guardò Dea e cercò di
afferrarla. Mercuzio istintivamente si
ritrasse.
“Oh
eccovi voi due! Ma dove eravate finiti? Presto venite con
me!”, la balia lanciò
un’occhiataccia al ragazzo e li condusse nuovamente
all’ingresso. “Mercuzio ve
lo chiedo per favore cercate di non fare danni!” lo
rimproverò e corse al piano
superiore.
“Così
voi sareste Mercuzio…” sussurrò
Cordelia e gli puntò gli occhi addosso in modo
cosi opprimente che lui si sforzò di sorriderle ma poi si
girò e le diede quasi
le spalle. “Oh che maleducata sono stata! Permettetemi di
presentarmi io sono
Cordelia Arcangeli”, lo disse facendo un mezzo inchino poi si
spostò per tornare
a guardarlo in viso.
“Demetra
aveva ragione” sussurrò e provò a
sfiorargli il viso “Un adone non reggerebbe
il confronto”. “Come dite?” chiese lui
infastidito, la ragazza sorrise “Era
destino che ci incontrassimo proprio oggi”.
“Giulietta!
Giuliettaaaa!” gridò per l’ennesima
volta la balia. “Eccomi arrivo!” rispose
lei dalla sua stanza cambiandosi il terzo paio di orecchini di fronte
alla
toletta. “Mia signora credo sia ora che voi
scendiate” disse Esmeralda
guardandola dal riflesso dello specchio.
“Fatto!”
annunciò Giulietta e la prese per mano, poi
chiamò Luce che le seguì
scodinzolando. “Giuliett…”, la balia
quasi si strozzò quando si scontrarono sul
corridoio . “Eccoci balia! Ti ho detto che sono
pronta” sorrise la ragazza che
indossava un bellissimo abito rosato.
La
donna riprese fiato e si rivolse anche ad Esmeralda
“Sbrigatevi allora, c’è giù
Cordelia e anche Mercuzio che vi stanno aspettando”.
Giulietta incredula guardò
la ragazza che teneva per mano poi la trascinò
giù per le scale.
Enrico
che conversava animatamente con i due ragazzi all’ingresso
chiese più volte “Ma
prego vogliamo accomodarci intanto di là in
salotto?”. Ma Cordelia cambiava
discorso e Mercuzio rispondeva che sarebbe rimasto solo per poco.
“Ho un’idea”
disse Enrico “Perché non restate a pranzo con
noi?”.
Cordelia
guardò il ragazzo biondo con desiderio. Lui insisteva nel
dire che non voleva
essere d’intralcio quando il conte sembrò perdere
la pazienza “Suvvia! Vi
ordino di restare con noi per il pranzo” lo guardò
serio poi scoppiò in una
risata divertita seguito dal ragazzo, “Vi ringrazio davvero
molto signor conte
ma non credo che io possa rimanere…”.
“Padre
certo che resta con noi! Deve rimanere”. La voce di Giulietta
mentre scendeva
gli ultimi gradini lo rese frastornato, Dea scivolò
giù dalle sue braccia e corse
a giocare con Luce. La fanciulla in rosa si avvicinò a
spasso svelto verso di
lui seguita da Esmeralda che faceva di tutto per evitare lo sguardo del
conte.
Mercuzio
osservò la ragazza venirgli incontro e ne rimase incantato,
erano quasi vicini
quando Cordelia strillò “Giulia! Amica
mia!” e si buttò su di lei per
abbracciarla. Lei rispose all’abbraccio continuando a
guardare il ragazzo ma
l’amica ancora non la lasciava libera.
Enrico
tossì e Mercuzio tornò alla realtà
perché la balia lo guardava di nuovo con
insistenza. “Conte” disse attirando la sua
attenzione, “A qualcuno qui la mia
presenza non è gradita è per questo che ho deciso
di andarmene”.
La
balia sostenne il suo sguardo con aria di sfida poi dopo un ordine
brusco di
sparire nelle cucine si dileguò. “Non date retta a
quella pettegola!” disse
Enrico “E restate con noi!”, ridacchiò
dandogli una pacca sulla spalla e si
avviò nel salone.
“Cordelia
ora puoi lasciarmi sto soffocando” disse Giulietta un
po’ preoccupata, l’amica
si staccò da lei e saltellando andò a presentarsi
ad Esmeralda. La fanciulla
subito ne approfittò, Mercuzio le si avvicinò e
lei istintivamente gli
accarezzò la camicia “Come stai?”,
voleva dirgli quanto le era mancato ma si
trattenne.
Il
giovane le prese la mano e la baciò, “Molto meglio
ora che ti ho visto e tu? La
gamba?”. Si guardarono negli occhi e lei rise “La
cura di tutti i miei mali è
qui davanti a me”. Mercuzio sorpreso dalle sue parole
blaterò “Ah…Beh io ti ho
portato la mia lupa così può stare un
po’ insieme alla sorella…”, Giulietta si
voltò a guardare le due cucciole che si rincorrevano,
“Credo che si siano già
riconosciute”.
Cordelia
s’intromise tra i due “Vogliamo
andare?” e prese Mercuzio sotto braccio scatenando cosi un
attimo di tensione nell’aria
trattenuta a stento da parte dei due ragazzi.
Alcuni
servi annunciarono che il pranzo era servito. Il biondo
provò a scrollarsela di
dosso ma lei insistette “Io sono l’ospite
d’onore oggi non vorrete mica dire di
no ad una graziosa e indifesa fanciulla come me? Siete un gentiluomo
no? Allora
scortatemi al mio posto”, e sorridente lo trascinò
via.
Giulietta
con una morsa allo stomaco guardò Esmeralda che le faceva
segno di no con la
testa. Trasse un respiro profondo e ordinò che fosse dato da
mangiare alle lupe
nella sala insieme a loro. Due servi presero in braccio Luce e Dea
mentre lei
si affrettava a seguire i due ragazzi biondi.
Arrivarono
nella sala dove i genitori di Giulietta si erano già
accomodati, Margherita si
alzò quando vide Cordelia che finalmente lasciò
Mercuzio per abbracciarla. Le
due conversarono per un po’ del più e del meno. La
balia in piedi dietro la
grande tavolata imbandita guardava in cagnesco il giovane da quando lo
aveva
visto entrare a fianco della bionda.
Giulietta
ed Esmeralda si sedettero in silenzio vicine e di fronte a loro
Cordelia si
accomodò insieme a Lady Capuleti. Il ragazzo mentre passava
per andare
dall’altra parte fu fermato dalla bionda “Scusate,
vi ho già detto che dovreste
essere più gentile nei miei confronti, sedete vicino a
me”.
Mercuzio
e Giulietta si guardarono brevemente. “No grazie”
disse lui secco. Enrico
ordinò del vino e ridette di gusto, “E su Mercuzio
e fatela contenta! Siete il
nipote d’un principe non siate cosi rigido!”.
Margherita accarezzò la mano del
marito intimandogli di non bere troppo e iniziò a mangiare.
Giulietta
guardò il padre con aria di rimprovero e sbatté
un gomito sul tavolo. “State
calma” sussurrò Esmeralda, “Mi sta
passando la fame” rispose lei. Alla fine
Mercuzio dovette sedersi vicino a Cordelia che non la smetteva
più di
raccontare di come l’avevano trattata bene le suore e di
quante cosa aveva
imparato.
“Pensate
che so suonare l’arpa! E parlo anche francese!”
annunciò tutta contenta
guardando più volte il ragazza vicino a lei. Giulietta
fissò il cucchiaio nel
piatto chiedendosi come fosse possibile che una giornata come quella
stesse
prendendo una brutta piega cosi all’improvviso. Conosceva
bene Cordelia e
capiva che c’era qualcosa che non andava.
Sentì
il contatto di un piede vicino al suo. Alzò gli occhi e il
ragazzo le fece
capire che lui era li per lei, che il motivo della sua presenza era
solo ed
esclusivamente lei. Giulietta sembrò leggergli nella mente.
“Oh
del vino!” disse ancora Cordelia, “Conte datemene
un po’”. Margherita la guardò
storta “Ma siete sicura?”, la bionda
annuì “Certo! L’ho assaggiato oggi per
la
prima volta dai Montecchi”. Enrico smise di bere e lentamente
posò il calice
sul tavolo.
Calò
un silenzio improvviso fra tutti i commensali. “Ho detto
qualcosa che non va?”
chiese ingenuamente Cordelia. La contessa si sforzò di
sorriderle “Ma no mia
cara, forse è meglio se facciamo portare via
tutto…”, chiamò i servi.
Il
conte sospirò e cambio tono di voce “Eh i
Montecchi…”, riprese il calice
“Voi!”, indicò Mercuzio,“Voi
siete amico di quei maledetti…”. Margherita si
alzò di scatto pregando che non fosse di nuovo ubriaco, le
cameriere corsero a
sparecchiare freneticamente e Giulietta cercando di restare calma si
alzò e
chiese a Cordelia di venire con lei in giardino.
L’amica
guardò Mercuzio che era ormai spazientito al massimo
“Vieni fuori ho detto! Ti
devo parlare!” ripeté Giulietta e dopo vari
tentativi riuscì nel suo intento.
La trascinò via e una volta sul retro del giardino le
spiegò quanto fosse
fondamentale che il nome della casata rivale non venisse nominato.
Cordelia la
ascoltò senza interesse.
Poi
accadde che Giulietta sentì una fitta improvvisa dove
c’era ancora la ferita
inflittale da Tebaldo, il dolore aumentò e lei quasi cadde a
terra. Esmeralda raggiunse
le ragazze e vide la sua padrona in quello stato “Oh signore!
Cosa vi sentite
Giulia?!”, l’aiutò a stare in piedi e la
accompagnò lentamente al piano di
sopra, Cordelia indifferente rimase dov’era.
Una
volta sul letto Giulietta
domandò“Dov’è
Mercuzio?”, la serva le rispose
brevemente che stava ancora discutendo con la balia e suo padre.
“Allora posso
sapere che vi succede?” chiese Esmeralda alla fine. La nobile
si toccò la gamba
e si tirò su l’abito sbuffando.
L’altra ragazza
impallidì “Credo che ieri
abbiate saltato la medicazione, aspettate qui torno subito”.
Poco dopo la porta
si aprì di poco facendo un leggero rumore e Giulietta che si
era tirata su
disse “Avanti”, ma invece di Esmeralda
entrò nella stanza Luce che subito salì
sul letto seguita dalla sorella Dea. La giovane la vide e non
poté fare a meno
di notare quanto si fosse fatta bella.
“Vieni”
le disse dolcemente, “Dai vieni qui”. Dea fece il
giro del letto e la guardò
timidamente. Giulietta si chinò a prenderla in braccio e la
coccolò per un po’.
Poi la adagiò vicino a Luce e si stese nuovamente. Esmeralda
tornò e si
affrettò a medicare la ferita.
“Non capisco come
possa essersi riaperta”
disse mentre le fasciava la coscia, “Forse avete fatto un
movimento brusco”. Si
sedette sul letto e accarezzò le due cucciole che stavano
appollaiate vicino a
Giulietta.
“Che
discussione hanno avuto mio padre e Mercuzio?” chiese
improvvisamente seria.
Esmeralda la guardò preoccupata, “Vostro padre si
è ricordato che siete stata
al matrimonio di Benvolio e che quindi siete amica di un Montecchi come
Mercuzio…”, Giulietta si alzò dal letto
ignorando i rimproveri di non farlo.
“Quindi
sta di nuovo facendo i capricci? Cos’è, vuole
rimettermi in punizione?”. Si
affacciò lentamente alla finestra che non dava sul balcone e
la scena che vide
le fece quasi tornare la fitta alla gamba. Cordelia in giardino
passeggiava
vicino al ragazzo biondo e gli faceva strane domande sulla sua vita.
Lui era
accorso un attimo fuori per cercare Giulietta e aveva trovato Cordelia
che
invece di dirgli cosa era successo alla sua amica gli stava addosso
come una
piovra.
Mercuzio
alzò gli occhi al cielo visto il tormento che la giovane
continuava a dargli e
con la coda nell’occhio la vide. Gli bastò un
attimo per comprendere quello che
le passava per la mente cosi d’impulso lasciò
Cordelia da sola in balìa dei
suoi discorsi assurdi su delle voci che aveva sentito su di lui e corse
su.
Giulietta
che si era un attimo ritirata dalla finestra per il dispiacere di
ciò che aveva
visto lentamente si sporse ancora per guardare in basso e non vide
più nessuno
dei due.
“Giulia!”,
il ragazzo irruppe nella camera senza preavviso. Esmeralda si
sbrigò a scattare
in piedi e fare una riverenza ma lui la fermò “Non
c’è bisogno, non ti
affaticare, sei incinta”. Giulietta si voltò di
scatto a guardarlo. La serva in
silenzio indietreggiò fino a scomparire fuori dalla stanza.
“Non
mi dirai che stai pensando quello che penso io…”
disse lui trattenendosi dal
ridere. La ragazza lo guardò rigida avvicinarsi a lei e
alzò il mento. Mercuzio
rise “Ti prego salvami da quella che non la sopporto
più”. Ma Giulietta
continuava a scrutarlo impassibile poi distolse lo sguardo.
Lui
si avvicinò ancora e le prese le mani “Ma come fai
a pensare che io possa amare
un’altra che non sia tu?”.La abbracciò e
la tenne stretta a se. “Allora? Me lo
spieghi?” chiese mentre le passava le dite fra i capelli. La
ragazza gli
avvinghiò la schiena, quelle parole le erano entrate dentro
e non facevano
altro che riecheggiare nella sua mente.
“Dimmelo
ancora” mormorò. Lui si chinò a
baciarle il collo “Amo solo te” le
sussurrò
all’orecchio. Finalmente Giulietta sorrise e le brillarono
gli occhi. Mercuzio
la baciò ancora sul collo poi glielo morse piano. Lei rise
per il solletico e
si spostò per guardarlo negli occhi.
“Vedo
che ancora non sei convinta” ironizzò lui.
Capì che lei voleva un bacio vero
perché sorrideva e gli guardava le labbra, cosi la
accontentò e i secondi
divennero minuti, gli attimi ore e i loro respiri eternità.
Esmeralda
intanto tratteneva Cordelia con mille scuse per farla stare buona e al
suo
posto. “Volete leggermi una storia?” le chiedeva
indicando la libreria ma la
ragazza diceva di no, “Volete suonare per me l’arpa
di Giulietta? Sono sicura
che approverebbe”. Cordelia sbuffò e si sedette
sul divano “No” disse
guardandosi intorno.
“Se
volete posso farvi fare un ritratto! Mando a chiamare il
pittore…” continuò a
proporre la ragazza dalla pelle scura facendo cosi infuriare la bionda
“Ti ho
già detto di no! Ma non capisci? Perché Mercuzio
non si trova? Vammelo a
cercare!”. La balia le raggiunse in quell’istante
“Che succede Cordelia? Perché
alzate la voce?”.
La
bionda si alzò dal divano e accorse da lei, “Oh
balia avete mica visto
Mercuzio? Per favore è importante! Ditemelo se sapete
dov’è”. La donna lanciò
un’occhiata ad Esmeralda e prese Cordelia sottobraccio
“Ma perché non ci
sediamo invece con tutta calma? Non capisco perché vi
ostiniate a pensare tanto
a lui! Prima di tutto è un ragazzaccio, secondo è
troppo grande per voi…”.
La
ragazzina stette un po’ ad ascoltare le sue lamentele
riguardanti Mercuzio poi
si allontanò da lei e corse in giardino. Il sorriso le
riapparve in volto
quando vide che la sua amica Giulietta era in compagnia del ragazzo
biondo. Si
avvicinò a passo svelto e lo chiamò un paio di
volte.
“Devi
proprio andare?” gli chiese Giulietta, “Adesso
intendo”. Lui la guardò in
attesa che lo stalliere gli riportasse Ares, “Vieni con me,
lontano da questo
posto che ti soffoca”. La ragazza si strinse Dea tra le
braccia e la accarezzò
sulla testa, “Non posso mi si è riaperta la
ferita…”.
Le
urla di Cordelia li raggiunsero, “Mercuzio
rispondete!”. Lui continuò ad
ignorarla. Esmeralda e la nutrice accorsero per controllare che non
succedesse
il peggio. “Vieni Cordelia, il ragazzo se ne sta
andando” disse la balia con
una nota di felicità.
Ma
Mercuzio rivolgeva la propria attenzione soltanto a colei che aveva
davanti.
“Mi dispiace, perdonale ti prego” disse la
fanciulla con la piccola lupa in
braccio riferendosi alla sua balia e alla sua amica. Lui si sporse a
baciarle
la fronte.
Esmeralda
riuscì ad allontanare Cordelia che continuava a guardarlo e
a chiamarlo. “Sta
tranquilla” la rassicurò lui col suo sorriso da
seduttore. Ares arrivò
accompagnato da uno stalliere che affidò le briglie al
proprietario. “Allora io
vado…” disse lui poco convinto,
“Arrivederci” salutò le tre dietro di
loro che
ricambiarono tranne la balia.
Mercuzio
fece per montare a cavallo e Cordelia si avvicinò di nuovo
ma la ragazza
davanti a gli intimò di aspettare, “Non mi saluti
come si deve?”. Il biondo
sorrise, lasciò le briglie e tornò da lei.
Cordelia stava per riaprire bocca ma
i due ragazzi si baciarono e lei rimase in silenzio quasi scioccata.
La
balia ed Esmeralda la tirarono via per le braccia “Andiamo
via adesso venite
Cordelia, lasciamoli soli” bisbigliò la balia, la
ragazza bionda si lasciò
portare via da li senza opporre resistenza ma continuò a
fissare i due.
“Tornerò
da te domani e il giorno seguente e quello dopo” disse
Mercuzio accarezzandole
il viso e rassicurandola. “Ti aspetterò”
rispose lei felice ma allo stesso
tempo triste. Dopo un ultimo bacio lui salì su Ares che era
rimasto in attesa
di partire. Giulietta affidò Dea al ragazzo e rimase a
guardarlo finché non
spari oltre i cancelli della propria dimora.
Cordelia
nella stanza che le avevano assegnato si stava nervosamente guardando
allo
specchio rigirandosi in continuazione, “Che cos’ho
io che non va bene? Che
cosa?” gridò al suo riflesso. Giulietta
bussò ed entrò dopo aver avuto il
permesso.
Non
appena la vide la bionda la abbracciò “Oh Giulia
scusami tanto! Io non avevo
capito, non avevo capito niente!”. La ragazza si
staccò pesantemente da lei e
la fece sedere sul letto “Ascoltami Cordelia, hai detto di
essere stata dai
Montecchi questa mattina?”. La bionda cambiò
espressione, “Si perché? Demetra
mi ha mandata a chiamare”.
Esmeralda
comparve con un vassoio carico di acqua e frutta.
“Aspetta…Demetra hai detto?
Deve essere la serva fidata di Gloria”, Giulietta ci
pensò un po’ su e la
guardò negli occhi. “Qualunque cosa ti abbia detto
non crederle!”
La
bionda sbadigliò “Si ma ora non ricordo
bene…”, si allungò sul letto e chiuse
gli occhi mentre la sua amica si alzava per raggiungere Esmeralda.
“Dobbiamo
stare molto attente, non mi piace questa storia”,
mormorò.
La
serva le toccò il braccio per rincuorarla,
“Signorina ho visto questa Demetra
di sfuggita al matrimonio di Benvolio, non la conosco purtroppo, mi
dispiace”.
Giulietta sospirò e tornò a guardare
l’amica sul letto “Cosa ti ha detto
esattamente? Cordelia, Cordelia…?”, le due ragazze
si avvicinarono al letto e
si resero conto che Cordelia era caduta in un sonno profondo.
Escalus
correva tra i boschi a cavallo del suo purosangue come faceva quando
aveva
bisogno di schiarirsi le idee o restare un po’ sa dolo.
Indossava un mantello
nero e il cappuccio era tirato su, voleva sentirsi nascosto dal resto
del mondo
e i suoi lunghi boccoli neri corvini erano nascosti. Le mani erano
coperte da
guanti di pelle marrone che stringevano le briglie e lo sguardo era
perso nel
vuoto ma concentrato sull’unica direzione in cui stava
andando.
Ad
un tratto qualcosa gli si parò davanti e il cavallo
s’impennò. Con una agilità
assoluta dovuta da un estremo esercizio fisico riuscì a non
essere sbalzato a
terra e a fermare l’animale. Scese giù con un
leggero movimento e si tolse il
cappuccio.
Il
motivo di quel brusco scatto del cavallo era dovuto al fatto che un
calesse gli
aveva tagliato la strada e si trovava ora rovesciato a terra. Il
cavallo che lo
trascinava in qualche modo era riuscito a staccarsi ed era fuggito via.
Il
Principe si chinò ad esaminare meglio le ruote quando una
figura in bianco e
grigio sbucò da dietro il calesse e prese a zoppicare
lontano da lì.
“Chi
siete?” tuonò Escalus serio e tirò
fuori il pugnale. La figura zoppicante aveva
la veste sporca e strappata davanti ma aveva anche lunghissimi capelli
scuri,
si voltò a guardarlo e poi corse via inseguita
all’istante ma lui la raggiunse
e la trascinò contro un albero.
“Rispondetemi!”
le puntò il pugnale alla gola ma quando la guardò
negli occhi blu qualcosa di
lui si riaccese, una vecchia ferita, qualcosa che aveva provato tanto
tempo fa
e che ora non provava più, un fuoco dormiente sotto la
cenere.
“Mio
Dio” disse allontanando il pugnale.
“Lianne…”.
La
donna si divincolò ma senza successo, “Io non sono
lei” gli gridò in faccia.
Escalus la tenne ferma indignato, “Infatti! Lei non
c’è più! Allora chi siete?”
domandò con rabbia.
La
giovane donna lo guardò con disprezzo “Io sono
Melania, la sua gemella…”. Il
principe le strinse la gola “E cosa ci fate qui nei miei
boschi?”, una rabbia
improvvisa lo stava accecando. “I vostri boschi?”
sentenziò lei con la metà del
fiato, “Sono la dama di compagnia di vostra
sorella…C-Caterina”.
Escalus
la lasciò andare dopo un momento e lei cadde in ginocchio
tossendo. “La
somiglianza è straordinaria” pensò ad
alta voce. Melania si ricompose, “Ve l’ho
detto era mia sorella gemella”, guardò il suo
calesse distrutto “Guardate cosa avete
fatto al mio calesse! Io non so andare a cavallo…e adesso
come faccio?”.
Lui
si offrì di accompagnarla e dopo qualche battibecco sulla
somiglianza anche
caratteriale della sorella defunta, Melania riuscì a salire
sul cavallo e tornò
al palazzo Scaligero insieme al principe.
Escalus
una volta a casa l’aiutò a scendere e lei
sparì dalla sua vista per andare
nelle stanze di Caterina. Il maggiordomo gli venne incontro non appena
lo vide
dirigersi nella sala del trono, “Vostra grazia, la dama dei
Montecchi vi chiede
ancora un’udienza…”. Escalus lo
interruppe, “Mandatela via e non annunciatela
più a me, è già stata qui troppe volte
per i miei gusti”. L’anziano uomo annuì
e si inchinò, “Come desiderate” disse
prima di congedarsi.
La
grande sala era stranamente fredda e vuota nonostante il sole fuori non
fosse
ancora calato. Il principe si tolse il mantello che cadde a terra e
sedette sul
trono, mentre un paggio gli porgeva una pergamena le porte si aprirono
e un
rumore di passi svelti non catturò la sua attenzione.
“Mio
caro Escalo” bisbigliò una voce femminile,
“Manda pure via i tuoi consiglieri”
indicò Valentino seduto alla sua destra che la
incenerì con lo sguardo. Il
principe senza guardarla domandò severo
“Perché siete di nuovo qui?”.
Demetra
rise “Ma lo sapete già” salì
il primo gradino verso di lui, “Vi ho già detto
che vi chiederò sempre udienza per conoscerci
meglio”, avanzò ancora sulle
scale. “Come avete fatto a convincere le guardie a farvi
entrare?” chiese
Valentino nervosamente. Lei guardò ancora Escalus,
“So essere molto convincente.
Dovreste saperlo”.
“Basta
cosi! Siete troppo vicina al vostro Principe e non vi è
concesso guardarlo
negli occhi, io non mi fido di voi! Potreste attentare alla sua
vita!”
Valentino tirò fuori la spada e gliela puntò al
viso. Lei finalmente lo guardò
e sorrise, “Vostro nipote è forte come e impavido
come voi Escalo”, gli prese
la lama e si passò la punta lungo il collo.
Escalus
si alzò e avvicinò il viso al suo,
“Guardie” ordinò agli uomini alle sue
spalle
in attesa di obbedire, Demetra sperò con tutta se stessa che
gli dicesse di
lasciarli soli. “Sbattetela fuori da casa mia”
furono invece le sue parole.
Esmeralda
entrò in camera di Giulietta e le comunicò che
Cordelia non si era ancora
svegliata. La ragazza la guardò sconsolata e si
sdraiò a pancia in giù sul
letto “Ma quando sapremo cosa le ha detto quella
strega?”, sbuffò e si rigirò a
pancia in su.
Luce
approfittò per salirle addosso e accomodarsi su di lei.
“Non stare la impalata
vieni qui!” disse alla serva che ubbidì e si
sedette vicino a lei. “Signorina”
disse Esmeralda dopo un po’ di silenzio “Voi siete
innamorata di Mercuzio?”.
Giulietta
la guardò dalla buffa posizione in cui si trovava con la
lupa sulla pancia, poi
scoppiò a ridere, si tirò su a sedere e prese
Luce in braccio. La ragazza con
la pelle olivastra si pentì di averglielo chiesto.
“Io”,
la nobile sospirò “Io non lo so, non ci capisco
più niente, è tutto cosi
strano.”. Esmeralda sorrise e accarezzò il musetto
di Luce. “Però” continuò
Giulietta, “Oddio Esmeralda, credo di amarlo… sul
serio”.
La
serva la guardò soddisfatta “Lo sapevo! E allora
cosa aspettate a dirglielo?”,
la fanciulla non rispose perché un tonfo proveniente dalla
camera di Cordelia
la fece sobbalzare.
A
notte fonda Escalus decise di andare a dormire, aveva cenato in fretta
e furia
evitando gli sguardi di Melania ed era stato a studiare dei documenti
importanti nel suo studio. Si ritirò nelle sue stante e si
spogliò aiutato dai
servi che poi si congedarono.
Si
sciacquò il viso e sciolse la sua lunga coda poi
osservò meglio il suo letto a
baldacchino: le tende lo coprivano e si muovevano da sole.
“Venite fuori”
ordinò trattenendo la rabbia.
Una
risatina proveniente da li gli confermò l’ostinata
presenza di Demetra, che
scese dal letto e apparve alla sua vista con addosso solo una lunga
tunica
trasparente. Si avvicinò lenta come un felino con
espressione di chi aveva
vinto. Il Principe non la guardò.
“Potrei
farvi uccidere ve ne rendete conto? O peggio: Potrei uccidervi io
stesso”.
Demetra si fermò dinanzi a lui e si lasciò
scivolare via la tunica rivelandogli
il suo corpo nudo alla luce delle candele. Escalus lentamente
posò gli occhi su
di lei che rimase in silenzio per un lungo istante poi gli
afferrò i capelli e
lo baciò avidamente.
Convinta
che si fosse arreso provò a infilargli la mano nelle brache,
fu allora che lui
le prese il polso in maniera poco gentile e dopo aver interrotto quel
bacio che
gli sapeva di subdolo la strattonò per i capelli.
“Forse
non sono stato abbastanza chiaro”, strinse più
forte e lei sentì qualche
capello strapparsi. “Oh Escalo, non sai quanto mi piace il
dolore” fu la sua
risposta. Il principe allentò la presa e la
allontanò da sé, “Maledetta sadica.
Credi davvero che io non sappia quando una donna finge interesse per i
suoi
loschi scopi? Adesso vattene”.
Prese
la tunica da terra come se fosse uno straccio e glielo
lanciò contro, Demetra
sulla porta si rivesti ma non la aprì. “Non
finisce qui, mio Escalo” bisbigliò
con aria di sfida.
L’uomo
al limite della sopportazione aprì la porta e la
cacciò fuori dalla sua stanza
ignorando le facce sconvolte di due guardie che passavano in quel
momento.
Melania
che per puro caso si trovava li a quell’insolita ora della
notte perché la sua
padrona aveva fame, si era appostata dietro una colonna e aveva visto
tutto ma
non era certa di aver capito bene.
Si
nascose meglio e quando le guardie e Demetra se ne furono andate rimase
a
fissare Escalus inerme appoggiato alla porta ancora teso in volto. Il
suo
fisico altissimo e possente catturò la sua attenzione, da
quando lavorava li
non l’aveva mai visto con i capelli sciolti e mezzo
spogliato.
Il
principe sbuffò un po’ per il sonno , un
po’ per la rabbia e guardò
distrattamente nella sua direzione. Melania si sentì
avvampare, ora che era
stata scoperta avrebbe dovuto darsela a gambe invece si girò
e appiattì la
schiena contro la colonna pregando che non la punisse o che non
dicesse…
“Lianne!”
Il
nome della sorella riecheggiò per il corridoio e lei strinse
i denti e chiuse
gli occhi. “Volevo dire Melania, scusate”, la sua
voce adesso era troppo
vicina.
Riaprì
gli occhi e se lo trovò faccia a faccia. La sua era
un’espressione di chi sta
aspettando una spiegazione così lei sospirò e
indicò il sacco che aveva in
mano.
“Sono
andata nelle cucine perché vostra sorella ha chiesto
qualcosa da mangiare…Non
ho fatto niente, giuro che non vi stavo spiando”, il tono di
Melania era
incerto ma stava dicendo la verità.
Il
principe sbadigliò, “Va bene, vi credo. Adesso
augurate pure a mia sorella la
buonanotte”. Si allontanò senza dire altro e si
chiuse in camera sua.
Melania
ancora mezza sconvolta tirò un sospiro di sollievo e si
avviò dalla sua
padrona, quindi passò davanti la porta che si era appena
richiusa e le parve di
sentire un rumore ma non gli diede peso e nel buio affrettò
il passo.
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Capitolo 12 *** Capitolo Dodicesimo ***
Capitolo
Dodicesimo
Il
giorno tanto atteso da tutti era arrivato. Nelle case di mezza Verona
non si
parlava d'altro che del ritorno del giovane Romeo Montecchi a Verona e
dello
scandalo che si era venuto a creare per il folle comportamento del
giovane Tebaldo
Capuleti. Tutti si chiedevano, indipendentemente dal colore della loro
casacca,
come aveva potuto mutare il Principe la sua condanna, che era
sicuramente frutto
di un gioco perverso. Nessuno però più di Gloria
Montecchi era in fibrillazione
per il ritorno del suo angelo, e da quando aveva saputo la notizia, tre
giorni
prima non aveva più dormito tanto era forte la smania di
stringere il suo
bambino tra le braccia.
Aveva fatto riaprire la sua camera e gli aveva cambiato
personalmente le lenzuola aggiungendo qua e là i fiori
preferiti di Romeo ed
ora era davanti alla toletta a guardarsi e sembrava davvero
ringiovanita di
vent'anni.
Anche un'altra persona non era riuscita a chiudere occhio quella
notte di attesa, ed era la giovane Esmeralda che nel grande letto che
le
avevano messo a disposizione nella villa dei Capuleti non riusciva a
sentirsi a
suo agio, continuava a toccarsi il ventre leggermente più
gonfio ora che si
avviava al terzo mese di gravidanza e a pregare un Dio del quale
dubitava, data
la sua sorte, di salvare il padre del suo bambino, perché
nonostante tutto lui era
pur sempre il padre di quella creatura che
cresceva dentro di lei. Romeo invece si era svegliato prestissimo e con
la
mente piena di pensieri. Si era girato e rigirato nel letto e aveva
guardato la
luce del sole che nasceva lentamente e riempiva l’interno
della stanza che
aveva preso in affitto per quella notte. Il russare del fedele servo
Abramo che
dormiva nel letto accanto faceva da sottofondo ai mille pensieri che
attanagliavano la mente del giovane Montecchi. Poi, quando anche lui si
fu
svegliato, i due si erano preparati in fretta e dopo
un’abbondante colazione,
avevano lasciato l’osteria e si erano diretti verso Verona.
Romeo cavalcava seguito
dal suo servitore ma non era concentrato sulla strada di fronte a loro,
bensì
sulla figura dai capelli scuri e abito talare che tanto aveva
contemplato tanto
durante il suo esilio. Il suo unico pensiero era Rosalina,
l’aveva lasciata nel
convento di Mantova due giorni prima promettendole che sarebbe tornato
e lei
gli aveva lasciato una speranza di non prendere i voti. “Se
tornerai qui saprai
la decisione che ho preso… Altrimenti non lo saprai
mai” gli aveva detto lei
con un sorriso apparentemente innocente ma che nascondeva un mare di
malizia.
Giunsero alle porte del castello Scaligero che il sole era
già alto nel cielo e
l’anziano maggiordomo, seguito da frate Lorenzo, gli
andò incontro prontamente
per riceverlo “Signorino Montecchi siete in
ritardo”. Romeo lo ignorò e scese
da cavallo per abbracciare il frate che quasi si commosse,
“Figliuolo,
finalmente sei tornato a casa, sapevo che sarebbe arrivato questo
momento”. Il
ragazzo non rispose ma divenne serio, al solo pensiero che avrebbe
rivisto
Giulietta si sentì invadere da una rabbia cosi cieca, che
avrebbe potuto
spaccare qualsiasi cosa. “Venite, faccio strada”
disse cortesemente il
maggiordomo e condusse il frate e Romeo nella sala del Trono.
Abramo fu
obbligato dalle guardie a restare fuori fino alla fine del processo. Le
porte
si spalancarono di fronte al giovane Montecchi che dopo un attimo di
esitazione
entrò nella sala accompagnato dal frate. La sua famiglia,
disposta al lato
sinistro, subito lo acclamò e lo salutò
vivacemente. “Figlio mio! Figlio mio!”
ripeteva Gloria mentre il marito la tratteneva.”Romeo, amore
della mia vita la
mamma è qui e ti ama tanto”, Benvolio
notò che c’era qualcosa di strano
nell’espressione del cugino, qualcosa che non andava e lo
disse allo zio.
Gloria continuò a ripetere parole sdolcinate nei confronti
del figlio e il
marito dovette intimarle di calmarsi più volte.
“Silenzio!” intimò Escalus
dalla cima dei gradini, in piedi davanti al suo trono, e i Montecchi si
zittirono.
Romeo, cercando di mantenere la calma, guardò alla sua
destra dove
c’erano i Capuleti e si ritrovò addosso gli occhi
puntati di Giulietta e
Mercuzio che lo guardavano con espressione pacata ma accusatoria al
tempo
stesso. Dopo un po’ il biondo nipote del principe cedette e
smise di sostenere
il suo sguardo, tutt’altro fece la giovane Capuleti.
“Ah, maledetti voi due!”
sibilò lui distogliendo bruscamente gli occhi da loro.
“Stai calmo figliolo”,
gli disse il frate prendendogli il braccio, “Non è
il caso di agitarsi per
loro, devi accettarlo”. Romeo con gli occhi lucidi per la
rabbia si strinse i
pugni e guardò avanti. “Silenzio!”
ripeté Escalus ai Capuleti che si
bisbigliarono qualcosa tra di loro. “Montecchi, sei in
ritardo…”, il principe
si sedette tra suo nipote Valentino e sua sorella Caterina.
“Cerchiamo di
arrivare al dunque, questa storia mi ha già seccato
abbastanza…” furono le sue
rigide parole prima che Mercuzio ignorando con un sorrisetto Giulietta
che gli
ripeteva “No dai! Non andare…”,
baciò la sua mano intrecciata alla propria e
prese posto vicino al fratello maggiore. La guardò a lungo
poi dovette
sorridere ad Escalus che gli aveva lanciato un’occhiataccia
per non aver preso
posto prima.
Romeo, quasi nauseato da ciò che aveva visto si
concentrò su
Tebaldo che non aveva ancora degnato di uno sguardo. Era tenuto in
catene e sorretto
da due guardie, una grossa cicatrice in volto che lui non aveva mai
visto
prima, vestiti per lo più lacerati ed era molto dimagrito.
Ad un cenno di
Escalus le guardie lo scortarono al banco che era stato sistemato
appositamente
per lui e anche Romeo prese posto al suo. “Voi due”
disse il principe facendo
scrocchiare le ossa delle dita con estrema severità
“Conoscete il motivo della
vostra convocazione qui oggi?”. Allungò le mani
lungo braccioli del Trono e li
strinse guardando con disprezzo i due giovani che tacquero entrambi.
“Forse
qualcuno vi ha tagliato la lingua?” domandò
pensando che se lo sarebbero
meritato sul serio. Valentino e Mercuzio si guardarono. “Non
credo di avere
commesso alcun crimine durante il mio esilio” disse Romeo
deciso. Il principe
lo guardò con sdegno. “Non vedi chi
c’è affianco a te Montecchi? L’uomo per
cui
sei finito in esilio, che ha inscenato la sua morte facendo ricadere su
di te
la colpa per un crimine che non hai commesso”. Il giovane si
rivolse a Tebaldo
“Perché non hai…”. Escalus
alzò la voce “Tuttavia Montecchi, hai ferito
gravemente mio nipote e questo è un grave
crimine”. I due condannati abbassarono
lo sguardo. Tebaldo sembrava non avesse neppure la forza per replicare.
“Come
tu, Capuleti hai fatto del male a tua cugina!” disse il
principe.
Romeo alzò
gli occhi di scatto “Cosa? Che cosa le ha fatto? Quando
è successo?”. Mercuzio
gli rispose freddamente “Questo non ti riguarda, pensa agli
affari tuoi”. Il
principe li ignorò e guardò Tebaldo
“Capuleti io ti condanno in esilio a
Brescia dove ti raggiungerà Esmeralda una volta che
avrà dato alla luce vostro
figlio, per aver fatto ricadere la colpa su un Montecchi di un crimine
che non
aveva commesso, aver cercato di violare tua cugina ed averla ferita
alla gamba.
La mia sentenza è definitiva, non voglio ascoltare le vostre
suppliche."
Il giovane Capuleti ormai allo stremo delle forze alzò una
mano per parlare
prima che gliene fosse tolta per sempre ogni possibilità,
Escalus lo guardò per
un attimo riflettendo e poi con un gesto imperioso della mano gli fece
capire
che poteva parlare. ”Vi prego di perdonarmi, non sono qui per
chiedervi di
togliermi la pena ma solo il vostro perdono! I miei gesti sono stati
brutali ed
osceni, cosi orribili da portarmi sul baratro di un nero abisso, ma
erano
dettati dal sentimento più puro che ci sia, quello
dell'amore nei confronti di
Giulietta." Si fermò in silenzio non trovando altre parole
con cui
continuare il suo monologo e continuò a mormorare
semplicemente"Perdonatemi."
Gli occhi di Mercuzio erano freddi come due smeraldi e la sua testa si
mosse
facendo oscillare i biondi capelli, il suo diniego era chiaro lui non
poteva
perdonare un individuo che aveva cercato di far del male alla sua
Giulia. Alzò
lo sguardo e lo posò sulla ragazza che stava lì
in silenzio e sembrava più
grande dei suoi quattordici anni, Romeo si girò a guardare
Giulietta e
intercettò lo sguardo di Mercuzio il suo furore esplose in
un urlo, “Tu me
l’hai portata via!” urlò con sdegno, era
invaso da un furore tanto ceco quanto
potente, non riusciva a capire cosa gli fosse preso voleva solo che il
sangue
di Mercuzio che una volta era stato il suo migliore amico gli bagnasse
le mani.
Il principe guardando Romeo con disprezzo scese di un gradino
mostrandosi in
tutta la sua possente altezza di quasi due metri, "Basta
così Montecchi,
altrimenti mi costringerai a non ritirare la mia condanna, il sangue
dei miei
congiunti ha già macchiato abbastanza le tue mani, e se non
vuoi essere portato
in prigione ti consiglio di tacere." La sua voce era bassa ma
perfettamente udibile da tutti, dopo un attimo di silenzio riprese a
parlare
con il suo solito tono. "Ora, che il Giovane Capuleti verrà
scortato dalle
mie guardie fino a Brescia e tu Montecchi puoi definitivamente tornare
a
Verona, ma ciò non toglie che sarai sottoposto ad una rigida
sorveglianza visto
l'astio nei confronti di mio nipote. E ora andate ho già
perso troppo tempo con
voi!" E con un gesto impaziente della mano sciolse la seduta. I
Montecchi
insieme a Romeo furono scortati per primi fuori dal palazzo mentre i
Capuleti
restarono lì ancora per qualche minuto, appena l'ultimo dei
Montecchi fu andato
via Tebaldo venne scortato nella sua cella e i Capuleti poterono per un
attimo
respirare. Non sembrava vero al Conte che tutto quello fosse successo
alla sua
famiglia, ma doveva pur accettare che era anche colpa sua, se solo
fosse stato
un padre migliore per i suoi figli tutto quello non avrebbe toccato la
sua
famiglia, se avesse smesso che Tebaldo era suo figlio sin dal primo
giorno che
lo aveva portato a casa sua la vita di tutti sarebbe stata
più semplice. Fu
richiamato al presente da una guardia che annunciava loro che potevano
tornare
alle loro case perché la strada era finalmente libera, il
conte allora alzò lo
sguardo sul trono del principe e vide che la famiglia Della Scala si
era tutta
ritirata e cosi presa per la vita sua moglie muta e intontita dal
dolore uscì
dalla sala del Trono.
"Sei un maledetto sconsiderato lo sai? Come dico io
ti è venuto in mente di fare quella sceneggiata nel bel
mezzo di un
processo?" Lo sguardo del principe era rosso d'ira e le sue mani erano
strette a formare dei pugni, "Di la verità ti piace il
pericolo della
morte vero? Hai visto lo sguardo di quel Montecchi? Giuro che se
morirò sarai
tu la causa!" Scosse la testa e si sedette in una poltrona, aveva preso
Mercuzio in disparte per dargli una lezione sul suo comportamento ma il
ragazzo
sembrava stranamente placido tanto da causare un'altra cascata d'ira.
"Di
qualcosa maledizione!" Il ragazzo alzò lo sguardo sullo zio
e sorrise.
"Ho intenzione di organizzare una festa per chiedere la mano di Giulia
Capuleti." Escalus strabuzzò gli occhi e si passò
una mano sul viso.
"Ti sembra il momento più adatto per farlo? Hai proprio
deciso di farmi
morire!" Detto ciò lasciò la stanza dove si
trovava suo nipote.
La
mattinata passò velocemente trasformandosi in tardo
pomeriggio e nella casa dei
Montecchi era tutto un cicaleccio di felicità, una sola
persona sembrava
stranamente triste nonostante ormai fosse nella casa che tanto aveva
desiderato, i suoi occhi erano lucidi e si muovevano febbrilmente per
la
stanza. "Figlio mio, ma che ti succede? Non sei forse felice di essere
tornato a casa?" Il giovane scosse la testa e sorrise alla madre "Non
potrei essere più felice madre ma ho il cuore pesante e la
testa troppo leggera
desidererei andare nella mia stanza a riposare" la madre sorrise
accarezzandogli i capelli "E’ ovvio, è l'emozione
a fare questo effetto
vai pure più tardi salirò a vedere come stai! "
Romeo uscì dal salone e
invece di salire in camera sua si diresse con passo sostenuto alle
scuderie per
prendere il suo cavallo e dirigersi verso la villa dei Capuleti. Voleva
parlare
con Giulietta e chiedere spiegazioni su quello che era successo, sul
perché il
loro amore era svanito come la luna allo spuntare dell'alba…
Eppure mentre la
distanza tra lui e la dimora di Giulietta si affievoliva era il viso di
Rosalina che vedeva e sapeva che quello che voleva realmente era solo
una
spiegazione. Solo una spiegazione? La vocina nella sua testa
mormorò il
contrario ma lui non le diede ascolto. Arrivato sotto la finestra di
Giulietta lasciò
il cavallo li vicino e vi salì, quando
fu arrivato sul balcone bussò sul vetro, il suo cuore
batteva furioso nel petto
e aveva la bocca secca come sabbia prese un profondo respiro e attese.
La
finestra si aprì un attimo dopo, il viso sorridente di
Giulietta che era
apparso dinnanzi a lui cambiò espressione quando vide che il
giovane era Romeo
e non Mercuzio. "Che ci fai tu qui? Come osi irrompere in casa mia!
Vattene subito!". Nella sua voce si era insinuata una sfumatura di
collera
e la piccola lupa avvertì il cambiamento e iniziò
ad uggiolare piano. Il
ragazzo non si smosse alle sue richieste di andarsene, "Sono qui
perché mi
devi una spiegazione! Cosa è successo? Cosa ci è
successo? Cos’è che ti ha
allontanata da me? Dimmelo, ti prego dimmelo…" Il suo gesto
fu
velocissimo, prese il viso della ragazza tra le mani e la
baciò. Giulietta
rimase per un attimo interdetta senza ricambiare il bacio, senza
muoversi e poi
la sua mano partì colpendo forte il viso di Romeo che si
staccò da lei
indietreggiando e portandosi una mano sulla guancia. La ragazza lo
schiaffeggiò
ancora bruscamente e si avvicinò alla lupa che ora ringhiava
apertamente e mostrava
i denti pronta ad attaccare. "Non ci provare mai più!
Perché non eravamo
fatti per stare insieme e… ecco perché, e
tu…" Non riuscì a finire la
frase e Romeo fece un passo avanti. “E tu lo sai meglio di
me!” esclamò lei
indietreggiando ancora, poi l’espressione di rabbia del
giovane Montecchi in
qualche modo la spaventò ed uscì dalla camera
cosi rapidamente che quasi
inciampò ma lui l’afferrò per le spalle
costringendola a guardarlo in faccia.
“Giulietta! Dove credi di andare? Eh? Vieni
qui! Ti ho fatto una domanda!” strillò
istericamente Romeo che sembrava sull’orlo di una crisi di
nervi, la strattonò
più volte con l’intenzione di farle male ripetendo
quella frase. Giulietta gli
ripeteva di smetterla e più se lo scrollava di dosso e
più lui continuava a
spingerla e a strattonarla con forza. Nel trambusto delle urla che
avevano
allertato anche i servi, Luce si alzò sulle stampe
posteriori e azzannò il
ragazzo al collo che cadde pesantemente su di un fianco. La ragazza non
se ne
accorse subito, approfittò di quell’istante per
recuperare il pugnale che
teneva come d’abitudine nello stivale e glielo
puntò contro “Stai lontano!”
gridò tremando. “Che cosa ci fa un Montecchi in
casa mia!” la voce del conte
Enrico risuonò per tutta la casa e sua figlia ancora
sconvolta perché per un
attimo aveva creduto che Romeo fosse morto dovette aggrapparsi alla
balia che
era corsa da lei “Che sta succedendo? Che ti ha
fatto?” vide il pugnale e
glielo tolse di mano poi la
ricondusse
nella sua stanza, Luce smise di ringhiare e le seguì.
“E’ meglio se ci pensa
tuo padre adesso” disse frettolosamente la balia
“Non temere lo tratterrà
finché non arriveranno le guardie del Principe a scortarlo a
casa sua”.
Giulietta si chinò a controllare che i denti della sua lupa
non fossero sporchi
di sangue, non aveva nemmeno ascoltato una sola parole di quello che la
donna
che più la amava al mondo le stava dicendo. Una serva
entrò nella stanza e le
si avvicinò “Contessina questa è per
voi” le porse una lettera che lei
distrattamente aprì e lesse mentalmente tutta d’un
fiato. “Come avete fatto a
capire che…”, in un primo momento fu tentata di
dire “Che ero in pericolo” ma
poi disse “Che lui era qui?”. La balia prese la
lettera che Giulietta le porse,
“Uno dei servi ha riconosciuto il suo cavallo… Oh
bambina mia” la abbracciò
forte “Vorrei che tu non dovessi subire mai più
tutta la sofferenza che
quest’odio ti porta”. Giulietta sentì i
battiti del cuore tornare regolari e si
staccò da lei per fare un bel respiro e allontanare
definitivamente tutta la
tensione che aveva accumulato. “Eppure non ho versato neanche
una lacrima” si
disse, “Questo vuol dire che non sono più una
bambina”. La donna le sorrise e
disse che per lei lo sarebbe sempre stata. “Hai
già deciso cosa indosserai
domani per l’occasione? Qui dice che è una festa
in tuo onore… Non so proprio
cosa spera di ottenere da te quel bell’imbusto”. Giulietta la
guardò sorridendo “Mercuzio mi
ama, come io amo lui, è solo questo che conta” si
sedette sul letto e abbracciò
la sua Luce “Grazie per avermi salvata”.
Giunse
al castello Scaligero nel suo splendido vestito amaranto la sera dopo
scortata
in carrozza e accompagnata da Cordelia, la balia ed i suoi genitori.
Quando
scostò la tendina e vide due paggi venire incontro alla
carrozza la sua amica
le prese la mano e le sorrise, Giulietta sapeva in cuor suo che la
fanciulla di
fronte a se provava qualcosa per il ragazzo che lei amava e da quando
era
tornata le cose fra loro erano cambiate.“Non capisco
perché abbiamo dovuto
metterci tutti in ghingheri e piattini…” si
lamentò la balia una volta scesa
dalla carrozza seguita da Lady Capuleti. “Cerca di essere
meno scontrosa per
una volta e pensa a divertirti!”, le disse la sua padrona.
Giulietta scese per
ultima con l’aiuto del cocchiere. Si soffermò a
guardare verso l’ingresso, quel
viale che una volta aveva percorso a cavallo di Ares sotto la pioggia,
il
giorno del suo primo bacio… “Buonasera famiglia
Capuleti” il maggiordomo si
inchinò e fece un sorriso alla ragazza che ormai cominciava
ad essere di casa
“Prego, vi faccio strada, da questa
parte…”. Mentre lo seguirono la madre della
ragazza non fece altro che commentare quel posto ed esprimere tutto il
suo
desiderio di voler vivere li. D’un tratto dovette smetterla
di fantasticare
perché suo marito si era alterato e sentiva la mancanza
dell’alcool. La balia
prese sottobraccio la ragazza bionda “Tesoro, ma non era il
caso che restavi a
casa insieme ad Esme? L’abbiamo lasciata da
sola…”. Cordelia si irrigidì
“Ma se
non si sentiva bene? E’ lei che ha insistito per non
venire”. Giulietta restò
in disparte fino a quando non giunsero nella sala del banchetto,
c’era
tantissima gente molta della quale occupata a danzare, alcuni di loro
erano
parenti del principe perciò a lei sconosciuti ma non
degnò nessuno nemmeno di
uno sguardo. Si addentrò tra la folla di invitati alla sua
destra e passò
dietro a coloro che erano presi dalle danze, percorse metà
della sala quando
dall’altra parte i suoi occhi si incontrarono con quelli che
tanto cercava.
Mercuzio indossava un completo blu e argento. Lei notò che
quei colori gli
stavano particolarmente perché si intonavano con i capelli
biondi, eppure si
aspettava di vederlo in nero e oro come i colori del suo casato.
Entrambi si
mossero in avanti per avvicinarsi quando qualcuno trattenne lei, che si
fermò
ma non smise di guardare il ragazzo che amava. “Perdonate
signorina” disse il
giovane che aveva qualche anno più di lei, “Vi
andrebbe di concedermi un
ballo?”. Le prese la mano e nel momento in cui stava per
portarsela alla bocca
lei la ritirò “Mi dispiace non voglio”
disse lasciandolo senza parole, si
allontanò da lui e raggiunse Mercuzio. Si abbracciarono
sotto gli occhi di
tutti, compresi i familiari di lui e quelli di lei. Il ragazzo che poco
fa
aveva chiesto a Giulietta di ballare continuò a cercare una
dama che si unisse
con lui per le danze. Cordelia che da lontano aveva visto tutto, si
sentì
mancare l’aria e un senso di invidia si impossessò
di lei. “Dannazione!”
imprecò, “Perché non riesco a
dimenticarlo? Perché mi fa questo effetto? Forse
dovrei andare da Romeo e aiutarlo a prendersi la sua
vendetta”, si tappò la
bocca con le mani perché aveva pensato tutto ciò
ad alta voce e la balia
l’aveva sentita. Gli occhi della bionda si posarono su quelli
di un ragazzo che
la guardò e poi le passò accanto
“Scusate signore vi va di ballare?” lo
trattenne per un braccio ma stava ancora guardando con odio Giulietta.
“Voi la
conoscete?” gli chiese lui dopo aver visto dove guardava,
“Mi ha appena
rifiutato, perciò accetto il vostro invito”. La
prese per mano e la condusse al
centro della sala.
“Perché
piangi?” domandò Mercuzio stringendola. Giulietta
non si mosse e continuò a
tenersi a lui “Non sto piangendo”
mormorò. Quel contatto la faceva sentire viva
e di nuovo libera, era impressionata da se stessa per quanto la sola
presenza
di lui riusciva a farla stare bene. “Credi di potermi
nascondere i tuoi
pensieri o il tuo stato d’animo?”, le prese il viso
e lo girò verso il suo. Gli
occhi lucidi di lei la tradirono subito ma invece si asciugarseli lo
baciò. “Ti
amo” disse quando si staccarono. Mercuzio trasalì
“Cosa?”, la portò via da li e
la condusse vicino al tavolo dove erano seduti tutti gli Scaligeri. Lei
li
salutò frettolosamente poi il ragazzo la invitò a
prendere posto vicino a lui.
“Sicura di star bene? E’ successo
qualcosa?” le chiese ancora. Giulietta
avrebbe voluto urlare al mondo intero che ormai non aveva
più paura di
ammetterlo ma gli sorrise semplicemente “Non qui”
gli sussurrò all’orecchio.
Isabella le chiese come stava e di raccontarle qualcosa. Lei la
guardò senza
rispondere poi si trovò addosso gli occhi di Escalus che la
guardavano come per
dirle di parlare. “Romeo?” chiese Mercuzio a denti
stretti, lo zio sentì e
lanciò uno sguardo a Valentino. “Io ho voglia di
ballare vieni amore?” disse
dolcemente Isabella al marito che accettò subito.
“Parleremo dopo visto che ora
sei impegnata” disse la donna a Giulietta e le fece
l’occhiolino. Lei la
ringraziò mentalmente per la comprensione e
guardò distrattamente le molte
facce che non conosceva. “Lo sapevo… Che ti ha
fatto? Giuro che lo ammazzo”
imprecò Mercuzio agitandosi. “Ti ho appena detto
che ti amo” le ricordò lei, “E
tu pensi a lui?”. Escalus blaterò qualcosa
riguardo alle feste e in quel
momento vide Melania passare con i vassoi del vino, aveva i capelli
lunghissimi
sciolti e indossava un semplice abito verde con le maniche corte.
Nonostante
fosse già ottobre il freddo non era ancora arrivato del
tutto. Il principe la
guardò a lungo finché lei non se ne accorse.
“Hai ragione ma se solo ha provato
a toccarti io”, Mercuzio prese fiato “Dimmi la
verità è stato da te?”.
Giulietta annuì “Non lo sai? Gli uomini di tuo zio
lo hanno riportato qui e ora
è nelle segrete”. Lui le prese le mani
“Ero troppo impegnato ad organizzarti
questa festa per pensare alla legge, scusami”. Escalus si
alzò “State
tranquilli è sotto la mia supervisione non vi
darà più fastidio” e si
allontanò
da loro. Il nipote fece per fermalo “Perché non me
l’hai detto?”, ma ormai era
troppo tardi e il principe non lo sentì. “Dai
lascia stare” disse lei, “E’
acqua passata ha solamente provato a baciarmi”. Mercuzio si
alzò dalla sedia
cosi bruscamente che sua zia Caterina, intenta a mangiare, lo
rimproverò “Hey
signorino non ti ricordi più le buone maniere?”. Giulietta gli prese la mano
“Ti prego, se
tieni veramente a me resta”, vide la sua espressione iraconda
e strinse la
presa. Lui cercò di calmarsi e si passò una mano
tra i capelli come faceva
sempre quando era nervoso. “Ed io che volevo chiederti di
sposarmi” pensò. “Dai
balliamo ti va?” gli chiese lei alzandosi, “Sempre
che la principessa
acconsenta” disse rivolgendosi a Caterina la quale sorrise.
“Prego fate pure,
la principessa resterà qui ad ingozzarsi sola
soletta” rispose ridacchiando,
Giulietta notò che era già alla terza portata e
non poté fare a meno di pensare
se soffrisse di attacchi di fame nervosa o qualcosa del genere. Si
sentì
accarezzare il collo e la lunga treccia dietro la schiena.
“Sono geloso” le
disse a bassa voce, “In una maniera che neanche
immagini”. Lei rispose
prontamente “Guarda che per me è lo
stesso” e gli sfiorò la punta del naso
affettuosamente. “No Giulia, dico sul serio, io sono geloso
in un modo cosi
morboso che non riesco a capacitarmene”, sospirò
“Nessuna donna con cui sono
stato mi provoca questo e adesso vorrei solo vederlo morto”.
Lei ebbe un tuffo
al cuore quando accennò alle altre con cui era stato e si
chiese mentalmente se
il numero fosse stato abbastanza alto da superare la sua immaginazione,
“Non
dire cosi, non lasciare che l’odio si impadronisca di te, io
so che il tuo
cuore è puro”. Lui rise palesemente contrariato.
“Mi ami?” le chiese tornando
serio, “Allora dimostramelo, lascia la finestra aperta
stanotte… e fammi
entrare nel tuo letto”. Giulietta arrossì
violentemente e desiderò nascondersi
sotto il tavolo. “Mi sembra di averti già ospitato
tempo fa” disse al limite
della vergogna e guardandosi intorno. “Hai capito cosa
intendo” sibilò prima di
allontanarsi, raggiunse uno dei corridoi e una volta rimasto solo
scaraventò per
terra uno dei candelabri; le candele caddero e si spensero. Si
fermò un attimo
a riflettere poi decise di scendere nelle segrete per far visita a
Romeo.
“Giulia!”. Si girò in direzione di
quella voce e Valentino le fu vicinissimo
“Perdonate se non vi ho salutata come si deve, va tutto
bene?”. Lei incrociò le
braccia “No” e lo guardò negli occhi.
“Ehm… mio fratello dov’è? Non
lo vedo da
nessuna parte” continuò lui. Lei fece spallucce
“Abbiamo litigato per colpa dei
Montecchi, forse voi potete fare qualcosa… Si è
arrabbiato”. Il sorriso del
ragazzo che sembrava esattamente la versione di Mercuzio con i capelli
neri un
po’ la rassicurò “Niente paura, ora ci
penso io” andò a cercarlo e lei una
volta sola guardò nel punto in cui i due fratelli si erano
dileguati, fu
tentata di seguirli ma la voce di sua madre e quella di Isabella che
conversavano e le si avvicinavano la costrinsero a cambiare idea.
I
gradini di pietra erano cosi stretti e ripidi che scenderli velocemente
non era
certo un’impresa facile. Mercuzio dovete rallentare il passo
e sbuffò più
volte. Tenne la torcia tesa davanti a se quando si sentì
afferrare per il
farsetto. “Dove diavolo credi di andare?”, la voce
di Valentino inconfondibile
per suo fratello minore rimbombò tra le mura. “La
festa è dall’altra parte”. Il
biondo si girò a guardarlo “Si infatti…
allora va e divertiti anche per me”.
Valentino si lamentò “Lo sai che se zio se ne
accorge ti mette alla gogna?” e
lo seguì. Quando raggiunsero la cella di Romeo Mercuzio
affidò la torcia al
fratello maggiore. “Cuzio devi proprio?”
sbottò lui, “Cosa dirai alle guardie?
E dai lascialo in pace è solo un povero
disgraziato”. Il biondo ridacchiò “Ho
le mie buone motivazioni e poi di cosa hai paura? Devo solo scambiarci
due
parole… Siamo principi noi possiamo tutto”,
ordinò ad una delle guardie di
spalancare la grata dicendo che si trovava li per una visita al
prigioniero.
Romeo che era disteso sulla branda con i polsi legati si
destò dal dormiveglia
e prima che potesse rendersi conto di chi era entrato nella sua cella
si
ritrovò in ginocchio col naso sanguinante e un dolore
insopportabile. Il pugno
del suo migliore amico lo aveva colpito cosi forte da fargli girare la
testa,
si accasciò al suolo e perse i sensi. “Se la
tocchi un’altra volta giuro che ti
uccido! Guardia!” ringhiò Mercuzio ed usci dalla
cella. Escalus che si aggirava
per la grande sala con le mani dietro la schiena e
l’espressione minacciosa per
chiunque gli si avvicinasse troppo si ritrovò accanto alla
giovane Capuleti,
prima ancora di poterle domandare dove si fossero cacciati i suoi
nipoti che un
momento prima stavano parlando con lei uno dei paggi gli corse incontro
“Vostra
grazia, il prigioniero è ferito”. Giulietta si
mise ad ascoltarlo. “Al naso, si
richiede subito la vostra presenza” continuò il
giovane paggio. Il principe lo
afferrò per il colletto della camicia e lo tirò a
se. “Manda a chiamare Giosuè
e fallo visitare, immediatamente”. Quando l’ebbe
congedato Giulietta si rivolse
ad Escalus “Siete sempre cosi gentile con la vostra
servitù?”. L’uomo le lanciò
un’occhiata inespressiva “Cosa ne può
sapere una ragazzina come te di come
trattare i servi? Non è affar tuo, dovresti pensare a tenere
buono mio nipote
invece che istigarlo all’odio per i suoi amici”.
Lei vide il paggio inciampare
un paio di volte prima di dileguarsi tra la folla. “Mio
principe” disse ad
Escalus toccandogli un braccio “Lo so che sotto la vostra
corazza si nasconde
un buon cuore”. Mercuzio risali le scale seguito dal
fratello. “Aspetta” gli
disse Valentino, “Fammi vedere la mano!”. Il biondo
si strofinò via dalle
nocche il sangue di Romeo ed estrasse dalla tasca il fazzoletto con le
sue
iniziali ricamate, ci sputò sopra e se lo passò
sulla mano. Valentino lo tratte
“Perché non ti calmi adesso? Torniamo di la e
godiamoci la festa ti prego,
questa doveva essere la tua serata non lasciare che te la
rovinino”. Il
fratello minore gli sorrise e annuì “Infatti! Ho
finito” disse riferendosi alle
nocche rosse “Andiamo”.
Romeo
fu condotto poco dopo nella cella che il medico Giosuè aveva
allestito tanti
anni prima come infermeria, il ragazzo fu deposto sul letto e
l’anziano lo
esaminò attentamente. Gli ripulì il viso e vi
applicò sopra un unguento
speciale sotto gli occhi e sul naso. Romeo saltava ad ogni suo tocco e
non riusciva
a tenere gli occhi aperti dal dolore, piangeva come un bambino e tra le
lacrime
e le rassicurazioni del medico ripeteva un solo nome
“Rosalina”. Valentino
tornò nella grande sala quando si accorse di non avere
più il fratello accanto
“E adesso cos’altro sarà andato a
combinare?”, si diresse sbuffando da suo zio
che stava parlando con Giulietta e non appena vide il nipote gli chiese
a denti
stretti “Dove diavolo si è cacciato?”,
l’espressione innocente del ragazzo lo
fece alterare ancora di più.“Giuro che
più tardi faremo i conti! Non lo capisce
che sta passando dalla parte del torto? Sento che a breve non
tollererò più il
suo comportamenti!”. Il principe tornò a sedersi
vicino a sua sorella senza
dire altro. Valentino guardò Giulietta e le fece cenno di
avvicinarsi. “Stavo
pensando…” disse per sdrammatizzare,
“Perché non balliamo? Se vi va
naturalmente” sorrise poi guardò sua moglie che
era a breve distanza. Giulietta
prese la mano che lui gli tendeva con una certa soggezione.
“Spostati
fratello!”. La
voce di Mercuzio
riapparve dal nulla “Semmai mettiti in fila, sempre che dopo
io ti dia il
permesso” rise maliziosamente come faceva sempre. Valentino
sospirò e lasciò la
mano della giovane “Sarà per un’altra
volta allora” si congedò con un inchino e
li lasciò soli. “Dove sei stato?” gli
chiese subito lei ansiosa di conoscere la
risposta, “Perché mi hai lasciata cosi senza dirmi
nulla?”. Presero parte ad un
ballo che era già cominciato. Mercuzio ridacchiò
e unì le loro mani “Non è
importante”. Ignorò le sue proteste e la
sollevò da terra. “Ti odio quando fai
cosi lo sai?” continuò lei, girò una
mezza volta su se stessa poi le loro mani
si toccarono ancora. “Hai detto che hai avuto tante donne
prima di me… quante?”
gli domandò perché lui si ostinava a rimanere in
silenzio. “Hai detto di amarmi
prima” disse finalmente lui, “Quanto mi
ami?”. Giulietta si fermò al centro
della pista e gli lasciò la mano, i suoi occhi erano cosi
delusi che non
riusciva a spiegarsi perché si comportasse cosi.
“Nessuna che era alla tua
altezza” fu la risposta di lui mentre la riafferrava per i
fianchi e la faceva
girare, “Non ho mai amato nessuna come amo te…
Nessuna prima o dopo di te”. Lo
disse guardando altrove un po’ imbarazzato. Già,
lui odiava sentirsi
imbarazzato perché non faceva parte del suo carattere. Lui
che le donne le
prendeva dove e quando voleva, anche più vecchie della sua
età. Lui, Mercuzio
che spensierato non aveva mai dato il suo cuore a nessuna e che era
troppo
occupato alla regina Mab e ai suoi sogni, a bere e divertirsi. Un
viziato in
poche parole. Sapeva di esserlo e la cosa gli andava bene cosi. Ma con
lei era
tutto diverso, con Giulia, la sua Giulia era tutta un’altra
storia e lui non
era più lo stesso. “Non
ho mai amato” ripeté,
“E’ la prima volta che mi succede e
non avrei mai pensato che fosse cosi maledettamente bello, folle
e…
meraviglioso, come te”. La guardò e si
avvicinò per baciarla. “Sei andato da
lui non è vero?” gli chiese dopo averlo ascoltato
con gli occhi sgranati e aver
risposto al suo casto bacio. Mercuzio fece spallucce sorridendo
divertito. Ci
fu un breve scambio di dame e cavalieri poi tornarono in coppia
insieme.“Tantissimo”
disse Giulietta improvvisamente stanca di ballare, lui la
guardò serio perché
aveva già capito a cosa si stava riferendo. “Non
puoi immaginare quanto”, lo
accarezzò sulla guancia e lo baciò
finché la musica non finì. Escalus si
alzò
di nuovo dal tavolo e si posizionò al centro della sala
“Mie care signore, miei
cari signori… Vorrei un attimo di attenzione”
batté le mani per farsi sentire.
“Questa sera siamo qui come molti di voi sapranno per fare un
annuncio
riguardante mio nipote” fece segno a Mercuzio di parlare.
Giulietta che ancora
non aveva inteso quello che stava succedendo fu colta alla sprovvista
quando
lui le strinse la mano e gliela baciò poi si
inginocchiò a terra ed estrasse
una scatola dall’interno della giacca.
“Perché non ti alzi?” mormorò
lei
imbarazzatissima, vide i genitori guardarla sorridenti e poi
abbracciarsi per
la contentezza. “Giulietta… Vuoi diventare la
mia…”, il ragazzo non finì la
frase perché anche se non lo dava più a vedere
dentro di se provava una rabbia
assassina, chiuse un attimo gli occhi e sospirò. Il cuore
gli suggeriva la
parola Moglie ma la testa la parola Fidanzata.
“Giulia” pronunciò il nome di
lei e tolse il coperchio alla scatolina nera. La ragazza si
sentì mancare i
sensi “Oh mio Dio fa che non me lo chieda” si disse
mentalmente, “Sto per
svenire”. Lo guardò ansiosa ma colma di
felicità allo stesso tempo. “Vuoi
diventare la mia fidanzata?”, fu la domanda definitiva.
Escalus che era pronto
ad un meccanico applauso credette di aver sentito male. “Te
lo chiedo davanti a
tutti perché voglio che il mondo sappia quanto sei
importante per me, io ti amo
e non credo di poter più stare senza te”,
tirò fuori l’anello d’oro giallo con
incastonato un rubino a forma di cuore e in quel momento Giulietta
sorrise e
pianse allo stesso tempo. “Si che lo voglio! Ma adesso
alzati!”, tutti
scoppiarono a ridere e applaudirono con gioia, tutti tranne
Cordelia… Il biondo
si alzò e le infilò lentamente l’anello
all’anulare sinistro “Questo è il mio
cuore” sorrise, “Ed è tuo
adesso”. Lei gli buttò le braccia al collo
commossa
poi posò le sue labbra su quelle di lui e gli
stampò un bacio che durò a lungo.
“Ma non la voleva sposare?” ironizzò
Valentino con suo zio, “Non lo capisco più,
ormai è fuori di testa” rispose il principe. Nel
bel mezzo degli applausi, la
commozione da parte di Lady Capuleti e la stretta forte di Giulietta
Mercuzio
cambiò espressione quando vide in lontananza il fratello di
Paride ed i suoi
genitori. Qualcosa in lui si spense e provò un senso di
timore, solo in quel
momento si rese conto che quello era il ragazzo che aveva invitato a
ballare la
sua amata e anche se non si ricordava il suo nome sapeva che quello
sguardo non
prometteva niente di buono. Lui per dispetto gli sorrise e fece un
teatrale
inchino, sua madre invece quasi in preda ad un attacco d’ira
si scagliò verso i
due abbracciati ma prima che potesse raggiungerli fu bloccata dal
figlio e dal
marito che guardarono Mercuzio con altrettanto disprezzo.
“Che ci fanno loro
qui? Non mi risulta che erano nella lista degli invitati”
disse Valentino,
Escalus che gli era accanto con le braccia incrociate guardò
nella direzione
indicata dal nipote “Infatti” mormorò
con tono di amara sorpresa. “Ci penso io”
disse prima di farli scortare “gentilmente” fuori.
Mercuzio non riuscì a
sentire le loro voci ma fu certo di aver letto il labiale di parole
simili a
“La vendetta è vicina”.
Giulietta
una volta a casa diede la
buonanotte alla balia e si ritirò nella sua stanza, dopo
aver fatto il bagno
aveva indossato una delle sue camicie da notte più candide.
Anche se era nel
periodo premestruale e si sentiva particolarmente strana, in qualche
modo aveva
dato delle speranze al suo fidanzato. Ma speranze di cosa? Che si
sarebbe
concessa a lui? Si pettinò i capelli e lasciò
solo poche candele accese. “I
problemi si affrontano al momento” si disse. Ma per
l’emozione si era adagiata
sul letto intatto con tutta la vestaglia e Luce ai suoi piedi. Dopo
circa
mezz’ora la prese in braccio e la mise nella sua cuccia che
le aveva preparato
apposta per quella notte. “Mi raccomando stavolta te ne
starai qui buona buona
e non salirai sul letto, chiaro?”, la baciò fra le
orecchie “Lo sai che ti
voglio tanto bene vero?” la accarezzò ancora e le
augurò la buonanotte poi
tornò a letto. “Perché non
arriva?” pensò dopo che si era rialzata un paio di
volte e faceva avanti e indietro per la camera. Luce era accucciata e
nascondeva il muso dietro alle zampe ma aveva gli occhi vispi e seguiva
ogni
suo movimento. Le candele che illuminavano la stanza si stavano
consumando
velocemente e da ciò la ragazza dedusse che si era fatto
davvero tardi cosi si
risedette sul letto e poi di scatto vi si sdraiò sopra.
“Lui non verrà” mormorò
con gli occhi lucidi dalla rabbia.
A
casa Della Scala era esploso
l’ennesimo battibecco per via del naso rotto di Romeo e del
ritorno della
famiglia di Paride che in qualche modo erano riusciti ad imbucarsi ad
una festa
che non aveva nulla a che vedere con loro. Escalus aveva rimproverato
più volte
il nipote per ciò che aveva fatto al giovane Montecchi e
anche per aver ucciso
Paride. “Tu sei fuori di testa!” lo aveva accusato
lui di risposta, “E’ stato
un regolare duello e tu eri d’accordo!”. Il
principe pensieroso era arrivato
alla conclusione che la famiglia di Paride, suoi lontani parenti,
sarebbero
stati esiliati alla prima mossa falsa nei confronti di qualsiasi membro
dei
Della Scala o dei Capuleti. “Pensaci bene prima di
imparentarti con quel
casato! Hai perso l’amicizia dei Montecchi per causa loro e
hai anche ucciso!”,
le parole di Escalus non lo sfioravano minimamente e neanche quelle del
fratello che prendeva le sue parti e invece di essere cosi brusco come
lo zio
gli diceva di fare attenzione perché Verona non era
più sicura per nessuno. Mercuzio
quando si liberò da quella patetica riunione di famiglia
sgattaiolò a prendere
Ares e corse via. Giunto al luogo che più di tutti
apprezzava scese da cavallo
e nel silenzio della notte al riparo dagli occhi delle guardie, si
arrampicò al
balcone di Giulietta e una volta scavalcata la ringhiera
bussò al vetro della
finestra. La fanciulla che lo attendeva ancora sveglia
scattò in piedi e andò
ad aprire. Il ragazzo subito la baciò senza darle il tempo
di parlare, le sue
mani le sciolsero la treccia che si era fatta da un lato mentre lo
attendeva infilandosi
avidamente in quei fili morbidi che erano i suoi capelli e le tolsero
lentamente la vestaglia. Lei si mise a ridere per via delle pelle
d’oca
"Mi fai il solletico!", poi lo guardò con desiderio e gli
tolse la
camicia, che cadde a terra silenziosamente. Lui
divertito dal suo comportamento la lasciò
fare molto volentieri "Oh Giulia" disse facendola
indietreggiare. La ragazza avvertì
un dolore al basso ventre ma lo ignorò e si
sdraiò sul letto, Mercuzio le fu
subito sopra e ripresero a baciarsi. Il tocco inesperto di lei non
stava dando
a lui la sicurezza che fosse davvero pronta e curioso voleva vedere
fino a che
punto si sarebbe spinta. "Non te l'ho mai detto che ti voglio vero?",
il biondo col suo sorriso da sciupa femmine le rispose con un lungo
bacio sul
collo seguito da un morso. La ragazza rabbrividì mentre
bisbigliava il suo
nome, poi si tirò su e gli si avvinghiò addosso.
"Finalmente posso
averti" sussurrò lui per provocazione spostandole indietro i
capelli, la
spinse di nuovo con la schiena contro il materasso e la
baciò con passione. Giulietta,
per niente spaventata da quella frase invece incrociò le
gambe dietro il suo
fondoschiena ma quando lui stette per abbassarsi pantaloni quasi
gridò per l'imbarazzo
"Oddio amore! Non posso! Ho il periodo rosso". Mercuzio la
guardò
incerto fermandosi “Che cosa?”. Lei si
tirò su “E’ cosi… non posso,
non posso
farlo”. Si senti accarezzare il mento e baciare ancora
“Intendevo… come mi hai
chiamato?”. Adesso si trovavano seduti uno di fronte
all’altra, lui con le
gambe piegate e lei con le proprie che lo circondavano. “Sei
il mio amore”
disse Giulietta dolcemente e gli prese una mano per incrociarvi le
dita. “Ma
che hai fatto qui?” chiese allarmata dopo che lo sguardo le
era caduto sulle
nocche rossastre. Il biondo che era intento ad osservarla e aveva fatto
si che
le loro fronti e nasi si toccassero continuò a rimirarla.
“Un nonnulla” rispose
indifferente. “A
me non sembra” disse
lei, “Lasciami indovinare, hai fatto a botte con
qualcuno?”. Invece di risponderle,
Mercuzio la baciò a lungo fino a portarla sotto le coperte.
“Aspetta” si alzò
per chiudere bene la finestra e spegnere le candele poi
tornò da lei. “Che
bello, è la seconda volta che dormiamo insieme”
disse Giulietta felice e lo
abbracciò. Parlarono a lungo sottovoce e ogni tanto lui le
dava un bacio.
Quando si furono addormentati Luce, che era rimasta in un angolo senza
fiatare
uscì dalla sua cuccia e salì con un balzo sul
letto della padrona, cercò a
lungo una posizione comoda e alla fine decise di appollaiarsi contro la
schiena
di Giulietta.
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