Juliet + Mercutio

di Eos BiancaLuna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo Settimo ***
Capitolo 8: *** Capitolo Ottavo ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nono ***
Capitolo 10: *** Capitolo Decimo ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undicesimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodicesimo ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo ***


Capitolo Primo

 

I raggi del sole filtrati attraverso le vetrate della finestra accarezzarono l’esile ragazza, che ancora dormiva beata fra le bianche lenzuola di quel letto cosi grande. Dischiuse gli occhi un po’ infastidita dalla luce solare e girò la testa sepolta dai lunghissimi capelli castani dall’altra parte.

“Giulietta!” gridò la nutrice in lontananza.

“Ti sei svegliata pigrona?” la voce si avvicinava sempre di più.

“Giulietta!” dopo un lungo rumore di passi sulle scale la porta della camera si spalancò. Un lamento, seguito da uno sbuffo provenienti dal letto, fece ridacchiare la donna di grande stazza e con una cuffia rossa in testa, che si era fermata sulla soglia a riprendere fiato.

 “Piccolina è ora di svegliarsi, lo vedi è già mattina e il sole è alto…” continuò la nutrice alzando il tono di voce per farsi sentire. Giulietta aprì un occhio e chiese dopo un fragoroso sbadiglio “Che ore sono di grazia?”.

La nutrice ridacchiò e si sedette sul letto “Quasi le 9 cara…ma dimmi, cosa vuoi per colazione?”, la scoprì delicatamente. Giulietta cercò invano di riappropriarsi del lenzuolo e richiuse gli occhi.

 Ma un attimo dopo si ricordò in un lampo tutto ciò che le era successo la sera prima; era stata alla festa in maschera organizzata dai suoi genitori e li, aveva incontrato l’amore della sua vita…”Balia!” gridò “come quasi le nove? Devi correre in piazza a cercare Romeo per me!”.

La donna la guardò perplessa “Il figlio dei Montecchi? Ma come?”. “Devi andare!” gridò ancora Giulietta saltando giù dal letto e vedendo che lei ancora replicava aggiunse “Ora!”.

Nella grande piazza centrale veronese Romeo ed i suoi amici sedevano sui gradini della chiesa e prendevano in giro di tanto in tanto i passanti. “Insomma Romeo…” disse suo cugino Benvolio “Ieri sera ci hai lasciati per correre al balcone della tua nuova fiamma! Adesso devi raccontarci tutto”.  Romeo sorrise e guardò per aria.

Mercuzio che stava fischiando ad una donzella di passaggio rise di gusto “E chi sarebbe costei, se è lecito domandarlo?”.

 “La figlia di Enrico Capuleti…la creatura più bella che esiste…Giulietta è il suo nome e suo è il mio cuore” rispose l’innamorato sorridendo.

 Il suo migliore amico seduto molto sgraziatamente con le gambe aperte, lo guardò scuotendo la testa “Poveri noi, cosa mi tocca sentire, ti sei infatuato di una Capuleti!”, lanciò un occhiata a Benvolio e scattò in piedi “Certo che Mab stavolta te l’ha combinata davvero grossa!”, alzò le braccia al cielo come ad imitare un esplosione.

Benvolio ridacchiò e Romeo sembrava essere su un’altra dimensione finché la sua attenzione fu catturata da una voce. “Che Dio vi dia il buongiorno messeri…”, la nutrice seguita dal paggio li aveva raggiunti in fretta e furia.

 Mercuzio subito le si avvicinò sorridendo “Che Dio vi dia la buonasera… bella gentildonna!” e le sollevò la gonna. Benvolio rise come un pazzo e Romeo si alzò intimando Mercuzio di smetterla. La nutrice aveva urlato al paggio di darle il ventaglio che ora sbatteva invano contro la testa di Mercuzio, il quale si copriva continuando a farle battute piene di doppi sensi.

“Ma che razza di uomo siete?!” urlò lei mentre lui cercava di metterle le mani sotto la gonna. Benvolio corse a dargli manforte. “E fatela finita voi due!” intimò Romeo. Mercuzio si stancò presto di fare lo spiritoso con quella donna non più giovanissima e si sedette sul primo scalino.

“E’ una ruffiana!” gridò e tutti gli altri ragazzi del gruppo lo ripeterono in coro. “Disgraziati, la forca vi meritereste!” rispose la nutrice e mentre tutti si quietarono chiese infastidita “Qualcuno di voi può dirmi dove posso trovare il giovane Romeo?”.

“Posso dirvelo io” rispose lui dolcemente, lei capì che era lui e gli si avvicinò “Signore…” bisbigliò “la mia padroncina mi manda in cerca di voi…”. Si appartarono poco distante. Benvolio rimase a scherzare con gli altri e Mercuzio facendo finta di nulla, si mise ad origliare la conversazione che era su un presunto incontro con Frate Lorenzo per confessarsi.

Quando la nutrice si congedò, afferrò il suo migliore amico per un braccio “Cos’è questa storia? Hai intenzione di sposarla? Scoppierà una guerra…dai retta a me, torna a pensare a Rosalina” lo guardò negli occhi serio poi scoppiò in una risata profonda. Romeo non lo ascoltò e tornò da Benvolio “Cugino perché tu e Mercuzio non mi prendete sul serio? Io la amo e la sposerò” annunciò trionfante.

Giulietta nel giardino di casa ripensava alla sera precedente, alla promessa di matrimonio che si era scambiata col suo Romeo dal balcone. Si chinò a cogliere una rosa rossa “Romeo…” pensò, accarezzò i petali del fiore e decise di staccarlo ma si punse. “Ahi” esclamò estraendo la spina che era rimasta attaccata al suo dito. “Cara rosa, ti metterò lo stesso in un vaso…” disse sorridendo.

La nutrice tornò e le disse dell’appuntamento in chiesa, Giulietta le buttò le braccia al collo “Grazie balia! Il mio amato mi vuole sposare! Oh, sia ringraziato il cielo”. La donna strinse la ragazza “Figlia mia che tu possa essere felice sempre…” si guardarono e sorrisero poi la nutrice le prese le mani “Giulietta ma cosa ti sei fatta?”. La ragazza le mostrò la rosa. “Ah! Vieni qui e fatti medicare”.

Giulietta andò prima in camera sua a sistemare la rosa in un vaso poi si precipitò dalla balia per farsi fasciare il dito; la ferita era un po’ profonda e iniziava a bruciarle. Mentre le passava un unguento sulla mano la nutrice ridacchiò. “Cosa c’è che ti fa ridere?” chiese Giulietta incuriosita.

“Sai bimba mia, il tuo Romeo ha degli amici alquanto monelli” rispose lei. Giulietta quando sentì il nome del suo amato sussultò ma si ricompose subito “Perché monelli?”. “Per non dire altro…”rispose la nutrice “Quel Mercuzio poi, dovresti vederlo che arrogante! Non capisco come faccia Romeo a frequentare certa gente, lui sembra cosi gentile…”. La mente di Giulietta era altrove e quando la medicazione finì si preparò, salutò e corse dal frate per la confessione.

Giunse in piazza un po’ sudata, perché aveva corso e per il caldo di luglio. Si avviò con il cuore palpitante verso le scale della chiesa cosi presa dai suoi pensieri che non si accorse delle presenze che l’avevano preceduta.

Romeo e Mercuzio avevano appena varcato la soglia dell’ingresso. “Amico mio, non c’era bisogno che mi accompagnassi” disse l’innamorato dando una pacca sulla spalla al ragazzo. “Non potevo certo permetterti di rovinarti la vita, fratello” ridacchiò lui dandogli a sua volta una pacca sulla spalla, Romeo scosse la testa. Si sedettero su una panca giusto perché la chiesa era deserta e il Frate ancora non era pronto.

Giulietta aprì il vecchio portale scricchiolante che era rimasto accostato e si sistemò il velo sui capelli. Quando varcò la soglia Romeo si girò di scatto e le corse incontro. Si abbracciarono quasi commossi. Mercuzio fischiettò con le mani in tasca guardando ovunque tranne che loro.

A Giulietta che abbracciava teneramente il suo amato, cadde l’occhio sull’amico che a suo giudizio non mostrava alcun rispetto per quel luogo sacro ed ebbe un tuffo al cuore. “Oh mio Dio…occhi miei… perdonatemi… se non vi ho mai mostrato cos’è la bellezza…”pensò stupefatta e lo fissò per poi pentirsene subito.

Romeo la prese per mano, “Vieni” le disse, “Voglio presentarti il mio migliore amico”. Avanzarono verso di lui che smise di fischiettare e finalmente li guardò con quell’espressione strafottente come al solito. I suoi occhi incontrarono quelli della ragazza vestita da sposa e per un attimo smise di respirare.

“E’ lei la mia futura sposa” annunciò orgoglioso Romeo, Mercuzio subito le afferrò la mano e la baciò teneramente senza staccarle gli occhi di dosso. “Molto lieto…Mercuzio per servirvi” poi si accorse del dito fasciato, “Cosa vi è successo qui?” chiese disorientato. “Niente” rispose lei ritirando in fretta la mano “Una rosa…”.

“Oh” rispose lui “L’amore fa male” guardò Romeo sarcastico il quale lo ignorò e si rivolse a Giulietta “Non fare caso a lui, mia adorata…” sorrise, “Piuttosto…siamo in anticipo”. Lei guardò ancora Mercuzio poi Romeo “Il frate non si fa ancora vedere…” continuò lui e le accarezzò il viso.

“Ha capito che state commettendo un errore” disse Mercuzio solenne. Giulietta lo fulminò con lo sguardo “Ma come vi permettete!” sbottò. “Che c’è, la verità vi ferisce come una spina di rosa rossa?” rispose lui avvicinandosi con aria di sfida.

“Figlioli!” esultò Frate Lorenzo.

Romeo preoccupato si intromise fra i due, Giulietta era diventata rossa in viso e l’amico del suo amore continuava a ridere di lei. “Come fa a sapere il colore della rosa” pensò fra se e se.

“Vogliamo cominciare?” chiese il Frate pazientemente. Giulietta e Mercuzio si guardarono ancora con aria di sfida. “Si padre” rispose lei “Ascoltate prima me…” e si avviarono al confessionale.

“Hai visto? Hai ammirato il mio splendido sole?” chiese Romeo sognante. Mercuzio la guardò allontanarsi col frate, prima di entrare nel confessionale lei si girò e gli lanciò un’occhiataccia. Lui le fece un inchino da lontano e rispose all’amico “Veramente ha iniziato a piovere” affermò. Romeo non rispose. Mercuzio gli agitò una mano davanti agli occhi. “Si…” scattò, “dicevamo?”, sorrise ancora. “Fratello, tu stai proprio male, la situazione è più grave di quello che sembra!” disse Mercuzio  facendo il finto serio.

Giulietta uscì dal confessionale e tornò da loro. “Mio adorato” disse a Romeo “Tocca a te, il Frate ti attende”. Romeo la abbracciò “Non temere sarò subito da te per maritarti” e si allontanò lanciandole un bacio.

Lei sorrise finché non incontrò lo sguardo di Mercuzio e diventò seria. “Che avete da fissarmi?” gli chiese irritata. Lui non rispose ma si spostò per guardarla da un’altra angolazione. “Oh Dio aveva ragione la mia nutrice! Siete proprio un arrogante!” sbottò lei.

Un tuono la fece sobbalzare e Mercuzio prontamente la accolse tra le sue braccia. “L’avevo detto io che pioveva!” annunciò allegramente. “Cosa?” domandò lei aggrappandosi istintivamente a lui. “Nulla mia cara” sussurrò lui “State tremando…” aggiunse seducente. Giulietta si staccò brusca da lui “Ma come osate toccarmi!” disse con tono di rimprovero. Il velo le cadde di dosso e Mercuzio lo raccolse.

 “Oh non arrabbiatevi troppo” glielo porse “Altrimenti diventate ancora più bella se mi è concesso affermare…” fece un mezzo inchino. Lei stava pensando esattamente lo stessa cosa su di lui ma si limitò ad afferrare il velo senza rimetterselo.

 Andò invece ad aprire un’anta del portale per sentire il rumore della pioggia che almeno l’avrebbe distratta da quel giovane con i capelli lunghi,ricci e biondi che le facevano venire voglia di giocarci. Ma lui a seguì divertito.

Guardarono entrambi nella stessa direzione, da qualche parte in lontananza, la gente che correva a riparo dall’acqua che scendeva dal cielo. “Ascoltate…”disse sognante Giulietta, “Se ascoltate bene riuscirete a sentire…”, “La voce della pioggia” finirono la frase insieme. Si guardarono di scatto negli occhi.

“Giulietta, mio dolce fiore, adesso possiamo sposarci! Vieni!” esultò Romeo di ritorno.  Giulietta distolse lo sguardo da Mercuzio e richiuse l’anta. Si voltò verso Romeo; il frate stava già preparando l’altare, e lei sentì lo sguardo del ragazzo alle sue spalle come un’arma puntata contro.

“Vieni Romeo” gli prese la mano e quasi corse verso l’altare. Mercuzio si sedette su una panca deciso a gustarsi la scena. “Amore mio” le disse lui una volta di fronte al frate, “Tutta questa fretta! Noi ci apparteniamo già”.

Lei lo guardò e lo accarezzò “Si mio amore…e proprio perché ci apparteniamo già ho deciso… che…”, frate Lorenzo la guardò con curiosità. Mercuzio si alzò e si avvicinò a loro ridendo sotto i baffi. “Cosa hai deciso mio dolce amore?” chiese Romeo cortesemente.

Lei lo guardò, poi guardò il frate “Ecco…pensavo…” cercò di trovare le parole giuste mentre la sua mente non lasciava svanire l’immagine del ragazzo che aveva appena conosciuto “Che fretta c’è di sposarci ora?” disse tutto d’un fiato. Mercuzio sghignazzò a Romeo “Oh Signore, sia tu lodato! Vedi fratello, anche lei ha capito…”.

 “Ho detto…” lo interruppe Giulietta a voce alta “Che voglio sposarmi un altro giorno, non che non voglio sposarlo!”. Intervenne il frate confuso “Figliola sei sicura di questa decisone improvvisa?”.

Un altro tuono le provocò un brivido lungo la schiena. Ignorò il colpo di tosse di Mercuzio. “Si padre, lo sente? Anche il tempo sembra dirci di aspettare…” guardò il suo promesso sposo con un sorriso un po’ forzato. Il frate le stava per rispondere ma Romeo lo precedette “Se è questa la decisione della mia donna la rispetterò” le prese la mano.

Mercuzio provò una stranissima soddisfazione, posò una mano sulle spalle a entrambi felice come una pasqua “Beh allora… future congratulazioni! Sempre che…” incontrò l’espressione dura di lei e non finì la frase. Salutò il frate e uscì dalla chiesa.

Quando anche Romeo e Giulietta lasciarono l’altare, la pioggia si era fatta più fitta e scendeva in picchiata sulle strade di Verona senza pietà. In cima alle scale Romeo si tolse il mantello per coprire Giulietta, lei lo ringraziò con un bacio.

“Ti accompagno a casa mio dolce amore…” le disse premuroso e si incamminarono verso il castello dei Capuleti. “Aspetta, dobbiamo dividerci prima! Altrimenti le guardie…” Giulietta si preoccupò, “Lo so” rispose prontamente Romeo “sta tranquilla”.

Mentre camminavano sotto l’acqua appena oltrepassata la piazza, Giulietta credette di aver visto qualcosa di stranamente familiare sotto la pioggia sempre più fitta. Ma come era possibile che un bel pomeriggio caldo si era tramutato in quell’acquazzone improvviso?

Forse aveva le visioni per la stanchezza, si disse, invece mentre Romeo la trascinava via con un braccio intorno alle spalle le sembrò di vedere chiaramente…Mercuzio sotto l’acqua?

I capelli bagnati sembravano ancora più lunghi, le gocce spuntavano dalla fronte per poi scendere sulle guancie, nei baffetti e finire sotto la barba del mento e lungo il collo, il suo bellissimo collo…

 Sorrideva. Le sorrideva.

Giulietta quasi inciampò e distolse lo sguardo. Romeo disse qualcosa ma lei non lo sentì neppure. Ripensò a quell’espressione beffarda e soddisfatta al tempo stesso. “Forse sto sognando…” si disse, “Come è possibile che ho appena rinunciato a sposare l’uomo che amo?”, rallentò il passo e si tirò un po’ indietro il cappuccio. C’era solo un modo per scoprire se quello che le stava accadendo era un sogno o la realtà dei fatti. Si voltò nella direzione di prima e lui era ancora li.

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


Capitolo Secondo

 

La mattina era fresca e tranquilla anche se si era in pieno luglio. Le piogge che c’erano state quella settimana avevano reso quel mese più fresco e meno afoso del solito. Dopo tutta quell’acqua, ora il sole brillava quasi a dare la sua benedizione su quel sabato mattina veronese, che era sorto con tanto brio quasi a volersi scusare per la sua assenza forzata. 

 Il giovane dai lunghi capelli dorati se ne stava seduto e pensieroso sulle scale della chiesa;  il suo sguardo era triste e la sua bocca si muoveva in mormorii silenziosi senza accorgersi ne del tempo che passava, ne della giornata che così splendida sembrava invitare i giovani di Verona ad arrivare al corso d'acqua più vicino per fare un tuffo. Lui si trovava lì solo senza nessuno dei suoi amici, ai quali era sfuggito uscendo quella mattina presto di casa, a riflettere sull’ amore.      

Già, l'amore.

 Ma che cos'era l'amore, se non uno splendido maleficio scagliato dal dio Cupido?

Già, il Dio dell’Amore.

Colui che si divertiva ad andare in giro a colpire con le sue frecce i giovani quando meno se lo aspettavano, e lo stesso era successo al suo amico Romeo alla festa in maschera dei Capuleti: Cupido lo aveva colpito a tradimento facendo infiammare il suo cuore per una sua nemica, mettendo a rischio la pace precaria che suo zio Escalus principe di Verona, aveva raggiunto con tanto sacrificio.

Proprio non riusciva a capire il suo amico, come si poteva perdere la testa per degli occhi ed un viso? Per un corpo che non era mai stato suo? Fece riaffiorare il viso di Giulietta nei suoi pensieri e dalle poche parole che si erano detti e che gli erano rimasti nell’anima. Scosse la testa e riprese il corso dei suoi pensieri ritornando alla sera della festa; eppure il suo giovane amico gli aveva detto che andare a quella festa non sarebbe stata una buona idea perché aveva un brutto presentimento.

 Ma lui solitamente  cocciuto, non aveva voluto ascoltarlo e ora Romeo pendeva dalle labbra di una Capuleti e solo il buon Dio aveva impedito a quelle due sciocche creature di maritarsi anche perché Romeo non meritava Giulietta… Scosse la testa e riformulò il pensiero: perché Giulietta non meritava Romeo, o forse si?        

Si alzò come un lampo da terra quasi fosse stato colpito da una scarica elettrica,  senza nemmeno vedere il fido Benvolio, che gli era venuto incontro per salutarlo come si conveniva ad un amico.  

“Buon Mercuzio dove te ne vai cosi con la testa tra le nuvole? Son io messaggero di buone novelle quest'oggi quindi fermati e ascolta le mie parole!”, il ragazzo si girò verso l'amico riacquistando in un attimo tutto il suo buonumore dimenticandosi di quegli occhi castani che per un intera settimana in compagnia di Mab avevano torturato i suoi sogni. “Oh dunque, messaggero, quali sono queste novelle cosi buone da farti urlare come una donna presa dall'isteria?”.

Il giovane Benvolio rise passando una mano intorno alle spalle del suo amico, “Qui vicino si son riunite in aperta campagna quattro o cinque delle bellezze di Verona che si divertono a chiacchierare sotto gli alberi, senz’altra compagnia di una vecchia balia, che quando sono passato io ronfava che era un piacere!”.

 Mercuzio gli sorrise in modo lascivo “Quindi  buon amico mio, pensi che sia nostro dovere allietare la giornata a queste splendide donzelle? Magari parlando loro di Cupido e delle sue appuntite frecce?”. Benvolio rise trascinando con se l'amico “Sei un abile tiratore Mercuzio e hai colpito nel segno. Allora ti va di farmi compagnia?”.

Mercuzio scoppiò a ridere “Mah si dai! Che cosi almeno dimentico un po’ dei pensieri che mi opprimono il cervello” e così dicendo, si mise in marcia con il suo più caro amico elogiando le grazie che troppo spesso le fanciulle tenevano nascoste sotto pesanti coltri e mimando con gesti eloquenti, come si dovevano spogliar quelle donne di ogni virtù. Ad ogni battuta suscitava le risate di gusto Benvolio.

Ben presto in mezzo alle risa e agli schiamazzi giunsero ai margini del boschetto dove le fanciulle si facevano compagnia chiacchierando, e dove la balia se la dormiva sotto le fronde di un grosso albero. I due giovani si diedero di gomito scegliendo un posto per sedersi, cosi il giovane Mercuzio si insinuò  ironicamente in una conversazione sedendosi tra due fanciulle “…sono pienamente in accordo con voi signore, nulla di ciò che avete detto mi sembra più veritiero…” cosi la fanciulla che si trovava alla sua sinistra lo fissò sbigottita.

“Non mi sembra Mercuzio, che mercoledì scorso voi foste cosi compiacente all’idea del matrimonio”, la voce della fanciulla era stizzita e la sua espressione dura, ma si addolcì non appena gli occhi verdi del giovane si posarono nei suoi ed un leggero rossore si impadronì delle sue gote.

“Oh… ma qui abbiamo il fiore più bello della famiglia Capuleti!” disse girandosi verso Giulietta e dando le spalle alla sua interlocutrice che si chiamava Arianna ed era una lontana parente del principe, e di conseguenza sua.

Ma il giovane non aveva occhi che per i begli occhi di Giulietta e per le sue gote in fiamme, “Avete ragione madamigella… ma l’occasione di mercoledì mi sembrava poco propizia per un matrimonio cosi avventato”.  La fanciulla cambiò espressione e diede delle occhiate furtive in giro, facendo intendere che la discussione non era per le orecchie della gente.

“Ditemi Madamigella, vi andrebbe di fare una breve passeggiata in mia compagnia, e di illustrarmi quelli che per voi virginale creatura siano le gioie del matrimonio?” e si alzò con un gesto cosi fulmineo, che i biondi capelli svolazzarono formando quasi un aureola intorno al volto del ragazzo e le porse la mano.

La fanciulla un po' frastornata e sempre più rossa in viso la prese e si alzò dalla coperta dove era seduta incamminandosi con lui, senza pensar alle chiacchiere ne alle amiche, e nemmeno al fatto che se la nutrice si fosse svegliata senza trovarla sarebbero stati guai. Si incamminò con lui catturata dalla bellezza di quegli occhi verde scuro.

“Di cosa volete parlare Mercuzio? Volete forse anche voi convincermi che il mio amore è sbagliato? Che io e Romeo non siamo destinati a stare insieme perché appartenenti a due casati che si odiano?”, il discorso della fanciulla era molto appassionato e i suoi occhi erano lucidi.

Il volto del giovane perse la sua naturale maschera di buon umore “Dunque siete cosi innamorata di Romeo… da non avere occhi per nessun altro?”, nonostante aver sentito quelle parole l'avesse deluso non aveva perso la sua sfrontatezza, le sue mani scattarono veloci a stringere quella della fanciulla che appariva muta nella sua confusione .

“Siete cosi bella Giulietta e sono giorni che spero di rivedervi per parlare con voi”, si fermò davanti a lei e la guardò negli occhi perso in quel mare scuro che giungeva dalla sua anima.  Lei si fermò a pensare confusa “Sono giorni che sperava di rivedere me? Come può essere possibile? Non so se credergli…”. “Voglio esservi amico Giulietta. Voglio che tra di noi le cose si aggiustino se non altro perché abbiamo un amore in comune no? Voi amate mio fratello e io voglio amarvi come una sorella”; il discorso del giovane era appassionato al pari di quello della fanciulla poco prima, ma in qualche modo sembrava anche più  artificioso.

La fanciulla batté  le palpebre disorientata; il calore della stretta del giovane intorno alle sue mani sembrava reale ma le sue parole un po' meno,  “E sia buon Mercuzio, vivremo in pace per la felicità di Romeo” la sua voce era tremante e le sue mani nella presa salda del giovane erano diventate il suo pensiero principale. Non sapeva perché  un gesto cosi innocente per lei diventava cosi importante, quasi impuro e artificioso…

Il giovane dopo aver ricevuto il suo assenso si portò le mani della fanciulla alle labbra e prese a baciarne ogni dito con estrema lentezza “Sono cosi felice Giulietta che voi abbiate accettato di diventare mia…” fece una breve pausa prima di continuare per guardare ancora una volta gli occhi della giovane che aveva sussultato all’udire la parola mia “Amica…” sorrise  “Che potrei cantare e danzare per ore”. Lo sguardo della fanciulla era incatenato al suo e le sue gote avevano assunto il colore del sole al tramonto.

Non riusciva a capire il perché Mercuzio le facesse quell'effetto, in fondo era solo un villano, un mascalzone da forca come aveva detto la sua balia. Eppure i suoi occhi dicevano l’esatto contrario… All’improvviso lui lasciò le mani di Giulietta e con un mezzo inchino si allontanò da lei lasciandola confusa e con il cuore a mille.

Si avvicinò invece al suo compare e amico Benvolio, che chiacchierava allegramente con Arianna e in successione dopo aver scambiato qualche parola con i due, si spostò verso un’altra fanciulla invitandola a passeggiare. Giulietta osservò la scena mentre tornava a sedersi accanto alle altre ragazze con un sentimento che non conosceva e che le sembrò sgradevole quasi come prendere una medicina amara.

Provò risentimento e vergogna nei confronti di quella ragazza che era oggetto delle attenzioni e delle carezze di Mercuzio, ma non riuscì a capire perché il giovane le stesse cosi incollato e invocò la pioggia per separarli. Ma cosi non fu’ e allora, presa dallo sconforto, andò a svegliare la sua balia per farsi portare a casa e togliersi dalla testa l’immagine che provocava in lei tanta Gelosia.

La sera giunta molto lentamente non aiutò Giulietta a dimenticare tutti i suoi pensieri. Mentre se ne stava in giardino a canticchiare con gli uccellini e a raccogliere fiori la nutrice corse ad annunciarle che la cena era pronta.

Raggiunse la tavola insieme ai suoi genitori che erano impegnati a discutere su un certo nobile ma cambiarono argomento non appena la videro. La giovane non aprì quasi mai bocca per tutta la sera ma i suoi occhi parlavano per lei, i servi che facevano avanti e indietro dalle cucine le erano indifferenti come i discorsi di suo padre e di sua madre.

Aveva la mente piena di dubbi, di domande. Innanzitutto come mai ancora non aveva smesso di pensare a lui? E soprattutto perché pensava più a lui che a Romeo? Scacciò quei pensieri per lo più ridicoli, si disse, e si concentrò sulle portate. Ma il suo stomaco non era molto entusiasta di riempirsi, nemmeno quando arrivò il dolce.

 “Giulietta questo lo devi assolutamente assaggiare!” gli intimò sua madre sorridente “E’ una nuova ricetta”. La ragazza l’ascoltò ed effettivamente la donna aveva ragione. La signora Capuleti la osservò per un attimo e poi disse sottovoce al marito “Vedete, questo le piace…potremo aggiungerlo alla lista di dolci da preparare per il matrimonio…”.

Lui annuì convinto e guardò a sua volta la propria figlia “Questo ed altro per la felicità della nostra bimba” alzò il calice pieno di vino “Brindiamo!”.

Dopo mangiato la giovane e la balia si ritirarono entrambe nella stanza della ragazza. “Bambina mia, c’è qualcosa che ti turba?” le chiese la nutrice mentre le spazzolava delicatamente  i capelli. Giulietta scosse la testa senza rispondere.

“Sei sicura?” chiese ancora la donna preoccupata “Non è che ti sei pentita di non aver sposato il tuo amore?”. La ragazza la guardò dal riflesso dello specchio ridendo “Ma no balia, quello non era il momento adatto…” , non finì la frase perché qualcosa sbatté contro la finestra.

La nutrice si allarmò all’istante “Oh Gesù! I ladri! Chiamiamo subito le guardie!”, ma si calmò perché vide Giulietta felice correre al balcone. “Mio amore!” gridò Romeo da sotto, lei gli intimò di fare silenzio e gli fece cenno di salire.

 “Balia, lasciaci pure soli” disse ancora Giulietta in tono sicuro. La nutrice sospirò e inizio a fare avanti e indietro per la stanza “Piccolina ma è un pazzo il tuo Romeo! Se lo vede tuo padre…”, la ragazza le ordinò di calmarsi e la convinse ad uscire.

 Romeo scavalcata la ringhiera, entrò e si richiuse la finestra alle spalle, Giulietta lo abbracciò forte “Amore…mio amore! Meno male che sei qui!”. Lui ricambiò e le chiese se poteva passare la notte da lei visto che aveva litigato con sua madre.

 La fanciulla lo guardò con ammirazione “Ma certo che puoi restare qui” gli sorrise “Io sarò al tuo fianco”, si baciarono poi lei corse a spegnere le ultime candele accese e i due ragazzi si infilarono sotto le pesanti coperte.

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo ***


Capitolo Terzo

                        

Il conte Enrico Capuleti si era alzato all’alba ed era uscito per fare una passeggiata a cavallo, al suo ritorno aveva ordinato ai paggi di fermarsi un attimo a riempire le borracce dell’acqua nella grande fontana in piazza.

“Messere…” sibilò una giovane donna che gli si era avvicinata e che non doveva avere più di 20 anni. Il conte la guardò da cima a fondo senza rispondere al saluto, perché era vestita di stracci per lo più strappati. “E’ vero quello che si dice in giro?” disse lei ridendo, e siccome lui si ostinava a non aprire bocca aggiunse “Vostra figlia ed il giovane Romeo Montecchi…”. “Ma insomma basta farneticare! Chi siete? E che volete? Andatevene!” tuonò lui e rimontò a cavallo lasciandola ridere malvagiamente.

Tornò a casa che il sole era già alto, ma ad attenderlo c’era una sorpresa tutt’altro che gradita... Affidò il cavallo alla servitù e inveì contro la donna che gli era apparsa dinanzi.” Voi?” per poco gridò, lei lo salutò poi alzò altrettanto i toni “Sono venuta a riprendermi mio figlio, cosa credevate?”.

Giulietta era sveglia da un po’ e contemplava il suo amore ancora dormiente tra le braccia di Morfeo, o dalla regina Mab…Gli  accarezzò il viso dal bambino e giocherellò un po’ con i suoi corti capelli scuri.

“Sveglia ragazzi!” ordinò la balia col fiatone da fuori la porta. Giulietta capì subito che c’era qualcosa che non andava, si alzò e aprì la porta. “Tuo padre Giulietta…” continuò la donna cercando di riprendere fiato, “Sta venendo in camera…”. La ragazza la fece entrare e accostò la porta. “Presto svegliamolo…” disse quasi a se stessa e si avvicinò al letto.

La nutrice lanciò un urlo mentre la porta della camera fu sbattuta violentemente dal conte. “Allora è vero!” urlò rivolto alla figlia, “Tu!” le si avvicinò minaccioso seguito dalla signora Montecchi che la guardò con un disprezzo immenso. La nutrice si intromise fra loro “Signore! Vi prego, calmatevi”, ma lui la scansò con una mano. In quel momento Romeo aprì gli occhi e appena si accorse di quello che stava succedendo saltò giù dal letto.

“Come hai osato?” gridò ancora il conte “Come hai potuto concederti a lui?, li guardò entrambi e anche se Giulietta era in camicia da notte e lui vestito normalmente continuò “Sei la mia maledizione tu!”.

 La figlia scoppiò a piangere e Romeo corse ad abbracciarla. La moglie del conte entrò di corsa della stanza chiedendo ad alta voce “Marito cosa c’è?”. Incontrò lo sguardo della madre del ragazzo e cambiò subito espressione “E voi cosa ci fate qui? Andatevene!” gridò ma l’altra la ignorò con superbia.

“Come osate ‘voi’?” rispose Romeo al conte, “Io non l’ho toccata vostra figlia perché la rispetto!”. “Basta cosi Romeo, torna a casa!” s’intromise sua madre e lo afferrò per un braccio, in quell’istante giunse anche Tebaldo furioso più che mai seguito dai servi “Tu maledetto!” gridò a Romeo, “Di nuovo qui! Ma io ti uccido!” e gli si avventò contro scatenando una rissa.

La nutrice trascinò Giulietta in un angolo, e mentre i due giovani si azzuffavano e le rispettive madri avevano preso ad insultarsi, il conte ordinò “Ora basta! Maledetti Montecchi!” scrollò Tebaldo da Romeo e lui lo spinse via dalla stanza “Andatevene e non tornate mai piu!”. I servi scortarono Romeo e sua madre fuori mentre la signora Capuleti trattenne Tebaldo.

“Sciagurata!” tuonò ancora il conte a Giulietta, “Tu giovedi vai in chiesa e sposi Paride come già ti avevo detto…”. Lei lo interruppe liberandosi dalle braccia della nutrice “Padre mio no, ascoltatemi. Vi supplico…”. Lui la buttò a terra “Stai zitta! Non parlare, non replicare!” continuò. “Tutti fuori!” gridò agli altri che immediatamente sparirono. Rimase sulla soglia della porta a guardare la figlia in lacrime sul pavimento e prima di uscire aggiunse con tono freddo “Fino al giorno del tuo matrimonio non uscirai di qui”.

Giulietta rimase chiusa a piangere tutto il giorno. “Perché?” ripeteva guardando il soffitto, “Perché? Che cosa ho fatto di male per meritare questo? Mio Dio perché…”. Verso sera la nutrice le portò qualcosa da mangiare e la ragazza subito le buttò le braccia al collo. “Figlia mia…” bisbigliò la donna accarezzandola e baciandola sulla fronte “Perdonami, tuo padre mi ha impedito di vederti tutto il giorno…”. Stettero per un po’ cosi abbracciate, la balia la cullò finché Giulietta non prese sonno. In quell’occasione capì quanto quella donna ci tenesse davvero a lei, proprio come una vera madre.

Mercuzio corse più in fretta che poteva… Arrivò alla dimora dei Capuleti e scavalcò il muro che dava sul giardino aiutato dall’oscurità. Riconobbe facilmente il balcone con quella grande finestra illuminata dalle candele; vicino c’era un’altissima pianta rampicante che sembrava proprio invitarlo a salire.

Sorrise fra se e sé e non ci pensò due volte; agile come un gatto si ritrovò sul balcone ma prima di bussare si fermò con le mani sul vetro: le tende dentro erano spostate e l’immagine che i suoi occhi stavano ammirando era quella della ragazza più bella che avesse mai visto. Non capì subito se stesse dormendo o se fosse semplicemente distesa sopra le coperte in camicia da notte. Bussò in maniera decisa.

Lei scattò in piedi e corse ad aprire la finestra “Amore!” gridò ma rimase di stucco quando non si trovò davanti Romeo. “Uh ma quanta confidenza adesso!” Mercuzio rise ed entrò senza permesso spostandola un po’ “Giulietta…” la salutò. Lei sbuffò sdegnata “E adesso anche voi vi ci mettete!” ricominciò a piangere e si voltò. Mercuzio chiuse la finestra e le si avvicinò resistendo alla tentazione di sfiorarla. “So tutto di oggi” annunciò con un filo d’orgoglio.

Lei rimase in silenzio ad asciugarsi le lacrime. “Su, via, che non è il caso di allarmasi, troveremo una via d’uscita…” continuò il ragazzo e iniziò ad esplorare la camera. Sul tavolo c’era un vassoio con dell’uva, ne staccò un chicco e lo mangiò. Giulietta lo guardò diffidente, le sembrava un felino in gabbia pronto all’attacco, e che felino…Il giovane aprì l’armadio e diede una sbirciatina, poi si sedette alla toletta e dopo aver guardato e accarezzato la spazzola la usò sui suoi capelli. La ragazza s’infuriò e corse a strappargliela di mano “Avete finito di giocare con le mie cose?”, lui la lasciò fare e ridacchiò “Giulietta, cara, perché non ti calmi?”, la guardò.

Lei si lamentò ed esasperata di sdraiò di nuovo sul letto. “Ah Mab non vi ha ancora fatto visita? Oh, Piccolo fiore delicato…” disse lui avvicinandosi lentamente. “Chi è Mab?” sbottò lei e non ottenne subito una risposta. Il ragazzo si sedette sul letto “E’ la regina delle fate che viene di notte a disturbare i vostri sogni…” si sdraiò accanto a lei “Su una carrozza, è minuscola… avvolte un po’ strega, altre un po’ folle”.

Giulietta fissò il baldacchino del letto. “Ed è grande così” disse Mercuzio imitandone la statura con due dita. Lei rise e lo guardò “Ma allora è una fatina!”. Lui si girò verso di lei e le loro fronti si toccarono “Ah ah sono riuscito a farvi sorridere finalmente!” esclamò. Giulietta annuì poi tornò a guardare il baldacchino. “State un pò meglio?” le chiese lui. “Non lo so neanche io…” fu la risposta.

Restarono cosi vicini per un po’ a ridacchiare delle battute di Mercuzio finché lui si alzò “Venite” disse “Adesso provo a tirarvi su il morale anche col cibo”. Giulietta gli lanciò un’occhiata interrogativa. “Su” le porse la mano “Vi hanno portato dell’uva squisita” sorrise, lei accettò e lo seguì fino al tavolino mano nella mano e lui occupò l’unica sedia facendola accomodare sulle proprie ginocchia.

“Sentite che buona!” le offrì un chicco, lei non era ancora convinta. “Guardate che me la mangio tutta io” disse lui serio. Giulietta scoppiò a ridere e la assaggiò “Si, avete ragione, è davvero squisita!” esclamò lei. “Mia cara, ma io ho sempre ragione…”rispose lui e le porse l’ennesimo chicco, stavolta però lo appoggiò sulle sue labbra. La ragazza avvampò ma non lo diede a vedere, “Non serve che mi imboccate” gli disse ironica dopo averlo mangiato.

“Ah non vi preoccupate” replicò lui, “Piuttosto” allungò una mano al catino pieno d’acqua e dopo aver intriso il panno li vicino le sollevò il viso “Togliamo queste lacrime, non voglio che piangiate”. Lei scrutò tutti i suoi movimenti mentre le ripuliva il viso, socchiuse gli occhi e sentì qualche goccia d’acqua fresca scivolarle sulle labbra che lui prontamente accarezzò per asciugarle. Riaprì gli occhi e lo vide sorriderle e poi distogliere lo sguardo per rimettere apposto il panno umido.

Si alzò e si allontanò da lui, ma cosa le stava passando per la mente? Per un attimo aveva avuto voglia di… baciarlo?

“Che succede?” chiese lui preoccupato e la raggiunse afferrandole la mano che lei strinse. “Perché fate questo per me?” chiese Giulietta seria. Il ragazzo decise di tornare a fare l’ambiguo “Povera piccola…se mi è permesso chiedere, voi dovreste essere abituata, Romeo…”. “Non vi azzardate a nominarlo!” sbottò lei, lui la fissò divertito. “So che avete dormito insieme. Solo dormito” disse tutto d’un fiato. In lei si accese di nuovo quella rabbia “Voi non sapete nulla! Nulla!” rispose.

Lui le sollevò la mano sinistra e sospirò “Forse…” sussurrò “Fra di voi…” la guardò negli occhi “Non c’è… abbastanza passione” incrociò le loro dita e lei si infuriò ancora di più, provò a dargli le spalle e mollare la presa ma lui la trattenne e rise come quando lo aveva visto sotto la pioggia. Giulietta provò ancora a divincolarsi ma invano.

Lui l’attirò a se dicendo “Vieni qui” e l’abbracciò forte. Le loro mani erano ancora intrecciate. Le tenne la testa sotto il suo mento e lei poté assaporare tutto il suo profumo. Alla fine lei cedette e gli passò la mano libera sulla schiena. I pochi secondi di silenzio che trascorsero sembrarono a Mercuzio maledettamente pochi ma se li godette a pieno.

Giulietta si staccò brusca e lui non oppose resistenza. Si guardarono come due soldati che patteggiano a fine battaglia. Il ragazzo aprì la finestra, lei istintivamente lo seguì. “Ci vediamo presto” disse lui senza guardarla. Entrambi sapevano che quella frase voleva dire “Se vuoi che resto ancora un po’ devi dirmelo ora”. Lui scavalcò sena problemi e scese giù dal balcone. Lei con la voglia di gridargli di non andare  si affacciò e non lo vide neanche allontanarsi per il buio.

Il giorno del matrimonio con Paride arrivò troppo in fretta. Giulietta aveva passato 3 giorni di solitudine stando a letto in lacrime, solo la sera le era concesso vedere la balia per cenare in camera e le mancava terribilmente Romeo, ma di più Mercuzio. La mattina di quel fatidico giovedì si era alzata alle prime luci dell’alba e aveva contemplato la spazzola che lui aveva usato; ci erano rimasti 2 o 3 capelli biondi. Li aveva raccolti e poggiandoseli sul cuore si era detta “Amore mi dia forza, e forza mi dia aiuto”.

La balia ed altre serve erano corse da lei dopo il bagno, per la cerimonia della vestizione. Quella mattina il padre le aveva finalmente concesso anche la colazione, e lei era uscita dalla sua stanza col viso velato ed un espressione carica di rabbia che il padre percepì ma ignorò. Arrivarono in chiesa per le 11 e la nutrice già piangeva, tutte le damigelle corsero a farla scendere dalla carrozza per sorreggerle lo strascico.

Sulle scale della chiesa la madre le aveva baciato la fronte ed il padre l’aveva presa sotto braccio per accompagnarla all’altare. Quando avevano varcato la navata scorse Paride tutto impettito che la guardava con desiderio, provò un senso di nausea; non le era mai piaciuto. Di fronte a Frate Lorenzo il conte le sollevò il velo e lei lo guardò dura con astio per un momento lunghissimo, dopo un cenno al frate si allontanò lasciandola sola al suo destino.

 Paride le prese la mano che lei ritirò subito. Il frate li guardò entrambi incerto poi cominciò la cerimonia “Volete voi conte Paride prendere la qui presente Giulietta Capuleti…”, “Lo voglio” rispose lui secco. I commenti della gente e le risate si diffusero in sala.

“E vuoi tu Giulietta prendere il qui presente conte Paride come tuo sposo per amarlo e onorarlo tutti i giorni della tua vita,nella buona e nella cattiva sorte, finché morte non vi separi?”, la frase non la toccò minimamente, infatti rimase in silenzio. I presenti mormorarono ancora di più. Frate Lorenzo ripeté la domanda più lentamente. Calò un silenzio di tomba. Giulietta guardava il frate ma non rispondeva.

Paride iniziò ad agitarsi. “Andiamo di di si!” pensò Enrico stringendo i pugni. La figlia lasciò il buquet di fiori sull’altare. Frate Lorenzo tossì poi ripeté la domanda ancora più lentamente “Nobile Giulietta Capuleti…vuoi tu prendere il qui presente conte Paride… come tuo sposo?”.

“No, non vuole!” urlò una voce dall’ingresso.

Tutti si voltarono.                               

Paride andò su tutte le furie. La nutrice svenne e Giulietta corse subito da lui ignorando le urla del padre di protesta. Si guardò con Mercuzio per un attimo, come se gli avesse letto nel pensiero si mise dietro la sua schiena e lui  sguainò la spada contro Paride che era corso da loro col pugnale in mano. “Per l’amor del cielo siamo in un luogo sacro!” gridò il frate.

“Conte Paride state indietro!” gli intimò Mercuzio, lui lo ignorò e cercò di aggredirlo ma il giovane coi boccoli biondi fu più rapido e gli fece cadere il pugnale con un colpo. “Come osate farabutto! Giulietta è mia, io vi sfido a duello!” sbraitò Paride fuori di se ed Enrico si intromise fra i due “Mercuzio per l’amor di Dio non fate sciocchezze…”.

“La legge di mio zio è anche la mia legge, quella che tutti devono rispettare” li guardò lui uno ad uno  “E quella che vi impone di trattare le vostre figlie come donne e non come oggetti…” sentenziò e prima di fuggire dalla chiesa con Giulietta si rivolse a Paride con sdegno “Accetto la sfida”.

Salirono a cavallo. Giulietta stava silenziosamente stretta a Mercuzio che sfrecciava velocemente lontano da tutti e da tutti; non aveva aperto bocca da quando lo aveva visto. Oh se solo gli avesse potuto descrivere la gioia che aveva provato nel sentire la sua voce che rispondeva di no al suo posto! Si fermarono vicino ad un ruscello, l’aria era molto calda e il sole splendeva alto nel cielo.

“Io ti salvo di nuovo dal matrimonio e tu che fai?” sghignazzò lui prima di scendere lasciandola senza parole, “Nemmeno mi ringrazi?”. Sorrise e l’aiutò a scendere prendendola in braccio, il velo le scivolò di dosso. Lei lo guardò felicissima e gli diede un bacio sulla guancia mentre toccava terra poi si tolse le scarpe e  corse a bagnarsi i piedi. Mercuzio non si aspettava quel bacio e si toccò per un attimo la guancia, poi la raggiunse in acqua.

 Giulietta si alzò appena i lembi del vestito mentre avanzava oltre la riva, lui entrò senza togliersi i stivali e le tirò un po’ d’acqua “No!” urlò lei divertita e indietreggiò. Per poco non cadde perché lui l’afferrò per la vita e l’avvicinò a se. Su guardarono incredibilmente contenti “Grazie” le disse lei dolce “Per salvarmi cosi spesso”, gli accarezzò i capelli. Si abbracciarono poi lui le prese il viso tra le mani e le baciò la fronte. Si sentiva l’uomo più felice del mondo perché lei era ancora nubile e perché finalmente gli stava sorridendo.

La guardò sedersi sulla sponda ancora scalza e dopo averla raggiunta si accomodò vicino a lei. Giulietta gli mise la testa sulla spalla “Te l’immagini la faccia di mio padre?” scoppiò a ridere seguita da lui “Si…dovresti tornare a casa armata”. Lei guardò il cielo e sospirò “Non me ne importa nulla, ho capito che se non penso io alla mia felicita…”, Mercuzio si sdraiò accomodandosi con la testa in grembo a lei “Puoi sempre contare su di me se ti dovesse costringere ad un nuovo matrimonio”.

Risero ancora insieme. Lui allungò una mano per spostarle i capelli oltre le spalle e lei gli accarezzò la fronte “Sei proprio un amico Mercuzio” gli disse vicinissima al suo viso. Il giovane si risedette vicino a lei e la guardò negli occhi come per replicare.

“Eccovi finalmente!” gridò Benvolio in lontananza.

I due si guardarono ancora poi Giulietta si alzò per prima e Romeo, Benvolio e Arianna le corsero incontro per abbracciarla.  “Giulietta mia” le disse il fidanzato “Finalmente sei di nuovo tra le mie braccia”. Mercuzio li guardò con una fitta allo stomaco e salutò gli altri.

La fanciulla era un po’ confusa, Romeo le spiegò che erano tutti d’accordo sul suo “salvataggio” dalla chiesa e che si erano dati appuntamento li. Poi Benvolio annunciò felice che lui e Arianna stavano assieme. “Congratulazioni!” sghignazzò Mercuzio e lo abbracciò poi andò da Romeo “Allora sei felice che è tornato il tuo sole…?” e fece finta di baciarlo sulle labbra. Risero tutti.

Benvolio ed Arianna decisero di rinfrescarsi in acqua, Romeo li seguì e chiamò Giulietta, “Andate, ora vi raggiungo” gli rispose e si avvicinò a Mercuzio che era in procinto di andarsene.

“Aspetta” gli toccò la spalla “Paride ti ha sfidato a duello” disse seria. “Questo loro non lo sanno…”, continuò. Lui la guardò calmissimo “Sto andando da mio zio a chiedergli il permesso di ucciderlo” la sua espressione divenne divertita ma Giulietta era serissima. “Mercuzio” pronunciò il suo nome in maniera solenne e lo guardò dritto negli occhi “Giurami che non ti succederà niente. Non potrei sopportalo…” abbassò lo sguardo.

 Il ragazzo incuriosito le prese il viso tra le mani, ma poi non le chiese quello che voleva chiederle. “Oh no il mio amico ci guarda…credo sia meglio che vada adesso”. Lei si voltò ma Romeo stava scherzando in acqua col cugino.

Si rigirò e lui non c’era più. Un senso di tristezza si impadronì di lei, cosi si avviò in acqua ma Romeo l’avvisò di guardare nella sacca appesa al suo cavallo “C’è una cosa per te” disse tra uno schizzo e l’altro con gli altri due ragazzi “Da parte sua” indicò Mercuzio ormai lontano, “Cosi ti puoi cambiare!”.

Inizialmente Giulietta non capì quindi staccò il sacco dalla sella e si nascose dietro un albero decisa a cambiarsi. Lo aprì e rimase subito colpita dal colore all’interno: un rosso intenso come quello sullo stemma del suo casato.

Era un abito meraviglioso di seta rossa, lo tirò fuori e le lacrime le scesero dagli occhi. Il corpetto era stringato dietro e davanti, le mezze maniche a palloncino e tanti volant sotto la gonna lunghissima. Abbinato c’era un bellissimo cammeo con un nastro dello stesso rosso intenso. Giulietta decise di non indossarlo per paura che si sarebbe rovinato. Lo ripiegò e lo stava per rimettere nel sacco quando cadde a terra una lettera.

 Riconobbe sulla cera il marchio degli Scaligeri e la aprì lentamente. Si sedette con la schiena appoggiata all’albero e lesse: “Mia adorata, se lo avete aperto oggi nessuno mi impedisce di farmi doppiamente gli auguri per domani vostro quattordicesimo compleanno. Spero sia di vostro gradimento, in caso contrario perdonatemi ed io rimedierò. Siete una creatura dal cuore puro e tenero, vi auguro il meglio per la vostra vita. Con affetto, vostro Mercuzio”.

Scoppiò in lacrime con la lettera tra le mani, la rilesse e accarezzò l’inchiostro dell’ultima frase. “Cosa mi sta succedendo?” pensò, “Ma io amo Romeo” si disse e si alzò di scatto. Chiuse gli occhi per un momento cercando di togliersi dalla testa l’immagine di quei capelli lunghi e dorati ma non ci riuscì.

Romeo apparve alle sue spalle “Giulietta…”, lei si affrettò ad asciugarsi le lacrime e lo abbracciò “Non ti sei tolta questo dannato vestito?”. Lei rispose subito “Sono molto stanca per oggi…”, lui la baciò “Vieni, ti portiamo a casa” e la prese per mano. Tornarono da Benvolio e Arianna che appena li videro si staccarono imbarazzati.

La fanciulla sorrise a Giulietta che ricambiò, Benvolio chiese “E’ già ora di andare?” e visto che tutti lo guardarono in silenzio si disse di si e aiutò Arianna a montare in sella. “Giulietta non vi preoccupate, per qualsiasi cosa potete contare su di noi” disse alla ragazza una volta salito a cavallo anche lui, lei lo ringraziò e tutti e quattro lasciarono quel posto dove Mercuzio aveva capito di provare qualcosa per la fanciulla che aveva salvato da ben due matrimoni.

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Capitolo 4
*** Capitolo Quarto ***


Capitolo Quarto

             

Giulietta, una volta a casa, corse in camera sua a togliersi l’odiato abito bianco e a scaraventarlo in un angolo della camera. La nutrice sulla porta la guardò con tenerezza poi l’aiutò a cambiarsi, “Figliola…oggi l’hai combinata grossa” le disse preoccupata “C’è giù Paride che ti vuole parlare” aggiunse e le sistemò i lunghi capelli in una treccia. La ragazza in silenzio l’ascoltò e una volta pronta scese nel salone per affrontarlo.

Paride la osservò avvicinarsi e subito le corse incontro con gioia “Non c’era bisogno che veniste fin qui” lo bloccò lei freddamente, “Noi due non abbiamo niente da dirci…”, lui la ignorò “Giulietta…siete cosi bella, e sarete mia!” la afferrò per un braccio facendola gridare.  Provò a baciarla ma lei con un calcio ed una serie di insulti riuscì ad allontanarlo.

 “Che sta succedendo qui?” chiese Tebaldo e si parò dinanzi alla cugina, poi sputò per terra “Vi consiglio di andarvene  se non volete morire”. Paride si alzò da terra e sorrise “Sarà colui che me l’ha strappata dalla chiesa a morire!” guardò il cugino di Giulietta poi si rivolse a lei “E voi sarete mia che vi piaccia o no!”.  Tebaldo lo cacciò di casa e tornò dalla cugina più arrabbiato che mai, “Anche il tuo Romeo morirà”, lei non gli rispose e se ne tornò di corsa in camera.

Mercuzio giunse al castello Scaligero, ovvero casa sua e chiese udienza immediata al Principe suo zio. Escalus sedeva nella sala del trono quando gli fu annunciato il nipote, si alzò e andò subito da lui che lo aspettava nel corridoio un po’ ansioso.

“Mercuzio, nipote mio, dite…”. Il suo tono era severo come sempre, l’espressione sul chi va là e gli occhi scuri attenti incorniciati da lucidi capelli neri lunghi fino alle spalle. Il nipote senza troppi giri di parole gli annunciò che Paride lo aveva sfidato a duello “Vi chiedo zio…la data, e la vostra benedizione”.

Il principe rifletté per un momento guardandolo negli occhi  “Sai che non voglio che succedano queste cose nella mia Verona…Ma sei un uomo d’onore, dovrai cavartela da solo” gli mise una mano sulla spalla “Cerca di non farti uccidere…e adesso raccontami il perché di questa sfida”.

La sera Giulietta aveva deciso di imparare a usare la spada, cosi ne aveva rubata una dal salotto e adesso fendeva l’aria sentendosi una stupida dopo un paio di colpi; l’elsa era molto pesante.

La lasciò vicino al camino spento e guardò il pugnale sul tavolo “Credo che tu sia meglio per me…”, sospirò e lo nascose sotto al cuscino. Senza Mercuzio al suo fianco si sentiva indifesa e sola. Pensò a lui,  all’abito rosso che già aveva sistemato nell’armadio e camminò per la stanza sorridendo quando un rumore alla finestra la fece sobbalzare.

Sorprendendo se stessa, pregò che non fosse Romeo ma…il giovane dai bei capelli che tanto bramava era di nuovo sul suo balcone. Lo fece entrare e si trattenne dall’abbracciarlo.

Lui la guardò sorridendo “Sorpresa!” e tirò fuori una rosa blu.

Giulietta lo guardò poi guardò la rosa con il cuore impazzito “E’… per me?” gli chiese annusandola “Ma me l’hai già fatto il regalo”. Lui replicò “E’ una specie rara che cresce nel giardino di mio zio, questa è la prima che abbiamo piantato quest’estate e io voglio donarla a te”. Lei lo ringraziò e la mise nel vaso insieme alle rosse.

“C’è anche questo” aggiunse e le porse un biglietto, “E’ un invito per domani, dai Montecchi c’è la festa di fidanzamento di Benvolio ed Arianna”. Giulietta lo ascoltò e lesse poi annuì “Troverò il modo di venirci”, lui si avvicinò “Se domani entro le tre Romeo non viene a prenderti inventati qualcosa e raggiungici…” disse qualcos’altro ma lei era presa dai suoi occhi, appoggiò l’invito da qualche parte e smise di pensare ai problemi.

“Con permesso…” disse Mercuzio inchinandosi. “No aspetta” lo bloccò lei, “Volevo chiederti se potresti insegnarmi a usare la spada”. Lui scoppiò a ridere e guardò vicino al camino “Ma allora fai sul serio?” rise ancora “Vedremo…adesso devo andare” ma in realtà non ne aveva la minima voglia.

La salutò di nuovo e sparì oltre la finestra.

Mentre tornava a casa rifletté su quello che stava succedendo, forse era il caso di farsi da parte e lasciarli vivere il loro amore senza intromissioni? Oppure tornare indietro da Giulietta, e chiederle se anche lei lo ricambiava? O meglio ancora, andare da Romeo e sfogarsi con lui? No, lui, il suo migliore amico innamorato pazzo…

Quindi decise di non fare nulla di tutto ciò e dormirci su, come se fosse stato facile poi, dato che Giulietta aveva deciso di tormentarlo anche nei sogni.

 

Il mattino seguente la fanciulla di casa Capuleti fu svegliata dalla balia con mille baci perché era il suo compleanno. Si alzò sorridendo e ancora mezza addormentata si guardò allo specchio…stava decisamente dimagrendo ma non le importava . Aprì il baule dove c’era il vestito rosso e prima di indossarlo lesse e rilesse il biglietto d’auguri per guardare ancora la calligrafia di Mercuzio.

Le tre arrivarono e lei si avviò nel giardino, ma di Romeo nessuna traccia. Qualcosa le diceva che non sarebbe arrivato cosi andò alle scuderie e ordinò a un servo di farsi sellare il suo cavallo. Il servo non obbedì e le ricordò che suo padre gli aveva proibito di uscire. “Vuoi che ti faccia frustare?” gli gridò impaziente “Sbrigati o me lo sello da sola”.

Una volta arrivata dai Montecchi mostrò l’invito alle guardie all’ingresso ed entrò soddisfatta “Questa non te l’aspettavi di certo papà” penso fra se e se mentre  un paggio la conduceva alla sala del banchetto. Giunsero a destinazione e il paggio si congedò,  Benvolio che l’aveva riconosciuta la salutò da lontano e le fece cenno di avvicinarsi. Lei avanzò verso di lui noncurante degli invitati.

Mercuzio che era in compagnia di due donzelle delle quali neanche sapeva il nome, girò la testa e quando la vide rimase folgorato dalla sua bellezza, incollò gli occhi a lei ed una sensazione strana lo invase. La vista di quella creatura col vestito che le aveva regalato, i fiori tra i capelli sciolti, il passo regale, il sorriso…Si allontanò dalle due fanciulle senza dire niente e la raggiunse. Giulietta che stava chiacchierando con Arianna e Benvolio li vide guardare alle sue spalle sorridendo e si voltò trovandoselo a un passo dal viso.

“Ballate con me…” sussurrò nel modo in cui la faceva più sciogliere e le baciò la mano cosi seducentemente che alcuni degli invitati se ne accorsero, tra cui la signora Montecchi che li osservava da lontano. Benvolio non ci fece troppo caso, prese Arianna sottobraccio e raggiunsero le due file al centro della sala. Giulietta sorrise a Mercuzio e non gli staccò gli occhi di dosso nemmeno quando furono uno di fronte all’altra.

L’orchestra prese a suonare e le loro mani si toccarono, la fanciulla vestita di rosso avrebbe voluto dirgli tante cose ma si trattenne e le venne da ridere. “Indossi il mio vestito…” gli disse lui a bassa voce, “Allora ti è piaciuto…”, lei girò su se stessa e rispose “E’ bellissimo…come i vostri occhi”. Lui rise “Ma il colore non è lo stesso…”, continuarono a ballare e Giulietta iniziò a sentirsi in imbarazzo per come la guardava .

“Già…” disse poi lei “Questo è il colore delle rose che mi pungono”. Lui la strinse per i fianchi e i loro respiri furono vicinissimi “E’ il colore di quello che provo dentro quando ti guardo”, lei volteggiò ancora e cambiò espressione “E quando penso a te…” sussurrò Mercuzio “E quando sono con te”. Giulietta iniziò ad avere paura di quelle parole.

La musica finì e tutte le coppie si divisero, lui invece la trattenne “Lo sai anche tu quello che c’è tra di noi…”, lei guardò altrove sconvolta e si staccò da lui. Benvolio davanti alla tavolata annunciò “Signore e signori, ringrazio tutti voi che siete venuti qui ad onorare me e la mia fidanzata” guardò Arianna che gli sorrise e le baciò la mano “Ma volevo ricordarvi che abbiamo qui oggi un ospite che oggi compie 14 anni, vieni Giulietta…” tutti applaudirono e lei andò a ringraziare i due fidanzatini.

Si voltò e vide la madre di Romeo scrutarla con disprezzo, la ignorò e tornò a ringraziare Benvolio. Mercuzio le si era avvicinato e le accarezzò una spalla nuda. “Non hai proprio paura di niente” gli disse a bassa voce girandosi “Ci stanno guardando in molti…”. Lui le accarezzò anche il collo “E tu lasciali guardare” le sussurrò all’orecchio facendola rabbrividire.

In quel momento arrivò Romeo un po’ barcollante, Benvolio subito andò a salutarlo e si dissero qualcosa che Giulietta non riuscì a capire cosi si avvicinò per salutarlo. Puzzava di vino. La vide e l’abbracciò “Cara! Mio sole! Tanti auguri…”. Lei lo guardò confusa “Ti senti bene?”, lui annuì e si precipitò a mangiare.

 Mercuzio chiese a Benvolio cosa stava succedendo e lui fece spallucce, quando Giulietta si allontanò gli disse che qualcosa c’era ma non erano affari loro. Durante la festa Mercuzio cercò più e più volte un approccio con la fanciulla in rosso che lo evitava, finché non la prese per un braccio e le ordinò“Vieni con me”.

Senza darle possibilità di replicare la trascinò nella biblioteca adiacente alla sala del banchetto. “Cos’altro devi dirmi?” gli chiese subito lei quando chiuse la porta e non lo guardò, chissà perché ripensò alla sera precedente… Lui gli fu subito vicinissimo “No, sei tu che devi dirmi…” sospirò “Giulietta, io sono pronto a farmi da parte se mi dici immediatamente che non provi nulla per me, che non sei attratta da me come io lo sono da te”. La ragazza avvampò e cercò di indietreggiare ma lui la tenne ben stretta.

Si guardarono in silenzio poi lui appoggiò la fronte sulla sua. Giulietta chiuse gli occhi e lentamente sentì la sua bocca sulla sua guancia poi sul mento e infine sul collo. Rabbrividì e le venne la pelle d’oca ovunque.  “Dai dimmelo” sussurrò lui e dopo averle spostato il nastro rosso sul collo glielo baciò prima delicatamente poi con più foga.

Lei cercò di allontanarlo e disse solamente “Io… non lo so…” col respiro corto ,ma alla fine gli accarezzò i capelli e lui la morse. Sentirono la voce di Romeo un istante prima che bussasse la porta e la aprì.

Giulietta si coprì istintivamente il collo con i capelli, “Mia adorata” disse Romeo “Devo parlarti, perché se non lo faccio adesso…”. Mercuzio fece per andarsene “No” lo fermò Romeo, “Resta pure amico mio”, e sorrise. Il biondo passò vicino a Giulietta toccandole la spalla con la sua e si mise in finestra.

“Giulietta come ti dicevo…” le si avvicinò “Devi perdonarmi…” gli occhi gli si riempirono di lacrime. Lei cercò di tranquillizzarlo, e a quel punto lui sembrò sul punto di cadere “Ho paura Giulietta, che non mi vorrai più dopo che te l’avrò detto”. Lei si voltò e trovò lo sguardo di Mercuzio a sostenerla, si rigirò e respirò profondamente “Ma amore mio” disse “Tra noi non ci sono segreti” alzò la voce di proposito.

Romeo respirò velocemente e lo disse tutto d’un fiato “Ho fatto tardi alla festa perché questa mattina mi sono svegliato alla locanda, nel letto di una…”. La ragazza credette di aver sentito male, lo guardò per un attimo che sembrò eterno poi indietreggiò e le mani di Mercuzio la bloccarono per le spalle, “Romeo ma ne sei sicuro?” chiese lui . L’amico lo guardò sconvolto “Ieri notte mi sono ubriacato, ma io non volevo farlo! Giulietta perdonami! Ti giuro che non volevo! Se potessi tornare indietro…” e provò ad abbracciarla. Lei se li scrollò di dosso entrambi. Mercuzio prontamente rimproverò l’amico “No…ma come hai potuto? Guarda come l’hai ridotta!”. Romeo s’infuriò “Cosa? Ma Mercuzio, anche tu hai sempre frequentato le donne di facili costumi! E adesso vieni a fare la morale a me?. L’amico lo prese per la giacca “Se sto con una donna è perché la amo, e se la amo non la tradisco…” Giulietta sbottò “Basta cosi!” e tornò di corsa in sala.

Le venne da piangere ma si trattenne, Benvolio le si avvicinò “Hai saputo…che…” smise di parlare perché lei gli disse “Bel regalo di compleanno che mi ha fatto vero?”. Benvolio e i suoi grandi occhi blu si intristirono. La abbracciò e le disse quanto le dispiaceva. Mercuzio li raggiunse e guardò l’amico che gli indicava la ragazza triste senza sapere cosa dire. Poi un paggio gli si avvicinò e gli porse una lettera su un vassoio d’argento. Lui rise mentre l’aprì “Ci siamo” disse a Benvolio che annuì. Giulietta chiese subito cosa c’era ma la ignorarono e si accordarono su quanto tempo ci avessero messo ad uscire.

Benvolio disse che andava a prendere la spada e Mercuzio gli ordinò “Fai in fretta, è già qui…”. La ragazza lo seguì “Mi vuoi spiegare che sta succedendo?” lui non rispose finché furono fuori da casa Montecchi, “Tu rispondi alle mie domande forse?”. Giulietta replicò ansiosa “E’ Paride, non è cosi? E’ giunta l’ora del duello?”.

Benvolio li raggiunse con la spada, Mercuzio l’afferrò “Vai dentro Giulietta, torna da Romeo e fate pace”. Lei lo trattenne “Io non ti lascio!” e lo disse cosi forte che Benvolio li guardò un po’ perplesso. “Senti tutto questo è successo per causa mia, evitate…” continuò lei. Il biondo le prese delicatamente il viso tra le mani “Esiste un codice d’onore che non si può infrangere, ora mi spiace ma ho un idiota da fare fuori…”. Giulietta lo trattenne ancora “No aspetta, non voglio che ti succeda niente di male!” gli occhi le si riempirono di lacrime.

Lui la abbracciò e disse a Benvolio che continuava a guardarli in modo ambiguo “Va tutto bene”. Quando si staccarono lei insistette per venire con loro “Ma perché?”  chiese Benvolio al limite della curiosità. “Te l’ho già detto, è successo tutto questo per causa mia”disse lei come se fosse ovvio.

Mercuzio s’incamminò e scosse la testa “Non è la risposta esatta, e lo sai…”, lei gli si parò davanti “Perché sei troppo importante per me, va bene? Sei contento ora che te l’ho detto?” gridò. Benvolio che continuava a non capire e a guardarla interrogativo le chiese quasi scherzando “Più importante di Romeo?”.“Si” rispose lei sicurissima guardando il biondo negli occhi. Benvolio rimase senza parole.

Arrivarono al luogo dell’incontro e Paride appena li vide disse ironicamente “Pensavo che avessi cambiato idea, vigliacco…” e notò Giulietta “Voi, cosa ci fate qui?”. Lei gli gridò “Risparmiate il fiato per la vostra ultima preghiera…”, Mercuzio le si parò davanti “Ancora osi rivolgerti a lei?”. Paride prese l’arma che gli tendeva il padrino e li guardò tutti e tre “Adesso capisco molte cose…”.

Giulietta gli si avvicinò “Vi ho detto di risparmiare il fiato…” lui la interruppe puntandole l’arma al collo “Tu e i Montecchi eh? Ecco perché non mi hai voluto sposare, piccola sgualdrinella…” Benvolio trattenne invano Mercuzio che si intromise tra i due con un fendente alla lama dell’avversario.

 “Ripeti quello che hai appena detto se ne hai il coraggio!” gridò a Paride che rise divertito. Benvolio cercò di calmare Giulietta che intanto pregava Dio di fare qualcosa. Paride sembrò più di una volta inveire contro di lei con la spada e Mercuzio prontamente lo scansava finché gli tolse la spada di mano e cadde a terra. Il biondo gli sussurrò “Riprendi la spada che mi voglio divertire ancora un po’”. “Ma che fa?” esclamò Giulietta “Ancora non lo ammazza?”. Benvolio era frastornato. Paride si affrettò a riappropriarsi dell’arma e i due ricominciarono a scontrarsi, stavolta concentrati su loro stessi.

 

All’ingresso di casa Montecchi giunse Tebaldo, le guardie gli chiesero l’invito ma lui riuscì a convincerli che era venuto a riprendere sua cugina, entrò e irruppe nella sala del banchetto per cercare Romeo. Andò da Arianna e le chiese “Dov’è Romeo Montecchi?”, lei educatamente glielo indicò poi gli chiese “Voi chi siete?”. Lui scoppiò a ridere e si allontanò senza rispondere.

Mercuzio ferì più e più volte Paride, era evidente chi fosse il più forte tra i due. Tuttavia si stava divertendo  come il gatto che gioca col topo. Paride sputò sangue e si asciugò la bocca, “Ora basta Mercuzio, è giunto il momento per voi di ricongiungervi con i vostri cari defunti…”, lui lo colpì “Come osi nominare la mia famiglia?”. I loro affondi si fecero più intensi. Giulietta scoppiò in lacrime silenziosamente. Paride continuò a provocare Mercuzio offendendo la ragazza, “Vuoi morire per lei?” gridò fra il cozzare delle lame.

Si fermarono per un istante a guardarsi con rabbia con le spade puntate, il conte rise ancora “E’ assurdo, morire per la puttana dei Montecchi…”. La rabbia esplose in Mercuzio come un leone che ha finito la pazienza. Gli si avventò contro e lo trapassò al centro del petto. Si trovarono faccia a faccia, “Va all’inferno” sussurrò a Paride e lo guardò negli occhi finché la sua espressione da ridente divenne vuota.

Ritrasse la spada e Giulietta corse ad abbracciarlo piangendo. Lui la strinse e guardò ancora il corpo di Paride senza vita. In parte si odiò per quello che aveva appena fatto. Il padrino dell’ormai defunto conte gli chiuse gli occhi e mandò qualcuno a chiamare il frate. Benvolio corse da loro e cercò di consolare la ragazza, l’amico gli porse la spada e lui la prese per pulirla.

 

Mercuzio allontanò Giulietta da quella scena di morte e le sollevò il viso guardandola dolcemente “Non devi piangere, sono qui con te adesso”. Lei si agitò “Si…ma come stai? Non sei ferito vero?” e gli toccò la camicia. Lui rise “Giulietta calmati, sto benissimo” la guardò e avvicinò la sua bocca alla sua “Sto sempre bene quando sei con me…”, le asciugò le lacrime poi la tenne stretta fra le sue braccia. Lei gli accarezzò i capelli e le guancie e non smetteva di guardarlo. Gli sfiorò le labbra con le dita e le passò di nuovo per la testa di fare quello che non aveva ancora fatto fino a quel momento…

 

“Che sta succedendo qui?” chiese Romeo ancora mezzo sbronzo. Benvolio guardò i due preoccupato e poi guardò il cugino. Tebaldo che aveva osservato la scena da lontano strillò avvicinandosi “Dovresti guardare li alla tua sinistra Montecchi!” e lo afferrò per una spalla facendolo voltare un secondo dopo che aveva visto Giulietta e Mercuzio abbracciati. La sua mente non riuscì a pensare subito a ciò che aveva appena colto, perché l’espressione malefica di Tebaldo lo aveva distratto.

Il Capuleti lo abbracciò “L’amore che ti porto…non può permettersi termine migliore di questo” e lo strinse sulla schiena “Sei un vigliacco!”. Romeo lo spinse via “Vigliacco io non sono, tu non mi conosci”. Benvolio si parò tra di loro e Tebaldo indicò lui e Mercuzio che si stava avvicinando “Messeri…” s’inchinò ridendo malvagiamente.

“Quale vile, disonorevole sottomissione, Tebaldo!” disse Mercuzio con disprezzo. “Acchiappatopi”, continuò a sfotterlo “Fatta avanti se ne hai il coraggio”. Benvolio tentò inutilmente di separarli “Tu!” rise Tebaldo “Che sei un uomo a metà! Cosa vuoi da me?”. Mercuzio ignorò l’offesa e gli si avvicinò “Perché no? Una delle tue 9 vite, Re dei gatti che altro non sei!”, Tebaldo lo spinse e Romeo gridò allarmato” Signori, per l’amor del cielo! Risparmiate questo scandalo! Il principe ha proibito queste dispute!”.

 

Giulietta inveì contro il cugino che appena la vide cambiò espressione “Giulietta andiamo via da qui…” la strattonò per il polso “Vedrai! Adesso sarai la mia di sposa!”. Lei si liberò il polso e afferrò il pugnale che aveva nascosto sotto al vestito “Non ti avvicinare ancora” glielo puntò contro. Suo cugino rise come non mai “Ti sei proprio rimbambita per bene a forza di frequentare questi”. Mercuzio le toccò la mano “Dai” le disse “Non fare sciocchezze”.

Romeo osservò la delicatezza con cui le aveva accarezzato la mano e come la guardava. Qualcosa di burrascoso si scatenò in lui. Giulietta si voltò a guardare Mercuzio e Romeo si senti ghiacciare. Lo stava guardando come se avesse visto la cosa più meravigliosa e straordinaria in tutta la sua vita.

Tebaldo sfoderò la spada e la puntò contro il giovane dai boccoli dorati. Benvolio prontamente riconsegnò l’arma all’amico e allontanò Giulietta che prese a gridare “No! Fermati Tebaldo!”. I due si scontrarono per un bel po’. Romeo cercò di separarli ma fu inutile, Tebaldo stava tirando fuori tutta la sua rabbia e più colpiva la spada del rivale più rideva soddisfatto. Ad un certo punto lo ferì ad una spalla e Romeo gridò disperato per il suo migliore amico. Mercuzio indietreggiò e si toccò la ferita che bruciava. La manica della camicia bianca si era lacerata e il sangue la stava colorando rapidamente. Tebaldo sembrò isterico “Arrenditi! E forse ti risparmierò!” saltellò . Giulietta cercava di liberarsi da Benvolio che la tratteneva e le diceva di non guardare.

 

“Non voglio ucciderti” gridò Mercuzio “Non costringermi”, Benvolio lasciò Giulietta e si precipitò dall’amico, Romeo invece trattenne Tebaldo da dietro. “Ma tu chi sei?” gridò il Capuleti, “Sei peggio tu di tutti noi! Ubriaco d’amore e dici pietà, sei come gli avvolti che il sangue chiama già…tu appesti la città! Mercuzio io ti ammazzerò”. “Tu sei come chi è in agonia invece…” rispose il rivale “Ridi che poi non riderai più! Ti farò miagolare vedrai”.

Continuarono a sputarsi contro insulti ancora più pesanti finché Romeo tirò fuori il suo pugnale e colpì Tebaldo “Adesso basta! E’ una questione tra me e te!”. Il ragazzo cadde a terra e chiuse gli occhi. Benvolio corse dal cugino che tremava di rabbia “Romeo Romeo calmati…”, guardò il corpo a terra. Giulietta corse da Mercuzio disperata per il sangue che stava perdendo “Non è niente…” le disse lui e buttò la spada a terra “E’ solo un graffietto…” perse l’equilibrio ma non cadde. “Oddio tu stai male” si preoccupò lei e chiamò Benvolio che prontamente si strappò un pezzo della camicia per ripulire il sangue.

Mercuzio si sedette sul prato e Giulietta gli fasciò la ferita. Lui la guardò intensamente e le sorrise ringraziandola. Romeo notò che anche lui la guardava come se avesse visto la cosa più bella del mondo. Avanzò di scatto contro la fanciulla “Credi davvero che lui possa esserti fedele? Eppure dovresti sapere che tipo è…”. Lei lo guardò senza capire e si alzò ma non aprì bocca perché lui la schiaffeggiò. Benvolio e Mercuzio si s’infuriarono con lui “Ma che fai!” gli gridò contro il cugino. Mercuzio di nuovo in piedi lo afferrò per il collo con rabbia “Sei impazzito!”.  Romeo senza volerlo gli aveva puntato il pugnale contro e l’amico si era bloccato dinanzi a lui.

“No!” urlò Giulietta esasperata. La presa intorno al collo di Romeo si sciolse e lui shoccato vide il suo migliore amico barcollare e toccarsi lo sterno sanguinante. Benvolio corse a sorreggerlo “Mercuzio come ti senti?” chiese al limite della preoccupazione “Chiedete di me domani…E sarà un miracolo che io risponda”. L’amico e Romeo lo guardarono disperati . “Ma le ferita non può essere tanto grave!” disse ancora Benvolio “No, no, no” rispose l’amico “Profonda come un pozzo e larga come il portale di una chiesa ma…basterà” .

Tebaldo aveva riaperto gli occhi e avendo visto  la scena si era alzato e aveva deciso di fuggire via. “Peste…” gemette Mercuzio “Peste! Alle vostre famiglie!”. Romeo gridò disperato fra le lacrime e accortosi di Tebaldo lo rincorse fuori dalla tenuta dei Montecchi. Giulietta implorò Benvolio di chiamare subito aiuto.

Mercuzio si accasciò a terra in un lago di sangue. Giulietta si chinò accanto a lui che la guardò con gli occhi lucidi. Lei gli afferrò la mano insanguinata “Resisti… Devi resistere, lo so che sei forte!” lo guardò “Andrà tutto bene…” pianse di nuovo e guardò verso la dimora di Romeo; Arianna li stava guardando bianca in volto e Benvolio la stava aggiornando disperato sull’accaduto. “Il medico sta arrivando” gli rispose la ragazza “Lo abbiamo già chiamato insieme al Frate per Paride…” Mercuzio sussurrò qualcosa e allungò una mano, Giulietta lo guardò ancora cercando di sorridergli.

Lui le sfiorò la guancia “Quanto vorrei toccarti ancora domani, e tutti i giorni della mia vita…” le lacrime scesero sul suo bellissimo volto. Lei lo interruppe “Ma che dici, certo che potrai farlo domani…” e gli strinse la mano. Il ragazzo socchiuse gli occhi perché era allo stremo delle forze. “Mercuzio ti prego apri gli occhi!” gli intimò lei con un tuffo al cuore, lui la riguardò dopo pochi istanti. “Non te ne andare! Resta con me!” gridò ancora Giulietta “Oh Dio ti prego!” singhiozzò e lo tenne fra le sue braccia. “Non piangere…” gli disse lui “Non devi…piangere” e le sfiorò il mento.

Si guardarono in lacrime poi lui sembrò riprendere un po’ le forze “Giulietta ascoltami…”, la avvicinò “Se non ce la dovessi fare…”. Lei si arrabbiò “Non dire sciocchezze! “, lui sospirò “Se non dovessi farcela…voglio che tu sappia ora…che tu sappia che…”. Lei appoggiò la fronte ai suoi capelli “Ssh non parlare, non devi sforzarti”. Dopo un attimo gli sussurrò all’orecchio “Io lo so già…”.

Benvolio tornò di corsa da loro insieme al medico e lui e Giulietta aiutarono il ragazzo ferito ad alzarsi. “Presto non c’è un minuto da perdere!” gridò l’anziano medico mentre lo trascinavano dentro. La festa ormai era finita e un divano come appoggio andò più che bene. Il medico tolse quello che era rimasto della camicia e osservò la ferita allo sterno.

Tirò di corsa fuori dalla valigetta, delle garze e del disinfettante che provocò a Mercuzio un forte bruciore. Giulietta pregò il medico di salvarlo e Benvolio offrì all’amico un cuscino dove poté affondarci le unghie durante la medicazione.  L’anziano ripulì gran parte del sangue e gli applicò una mistura di erbe, dopodiché gli fasciò l’addome e il braccio dove c’era una ferita più lieve.

“Ecco fatto” annunciò ai ragazzi “La ferita non è molto profonda però il taglio parte dal fianco e arriva allo sterno…”. Giulietta si sedette vicino a lui e gli toccò la fronte. Mercuzio chiuse gli occhi. “Ma…scotta!” disse lei. “E’ normale che abbia la febbre…” rispose l’anziano poi si rivolse a Benvolio “Io lo porto via, è bene che dorma da me, cosi potrò curarlo “, il ragazzo annuì.

“Dov’è Romeo?” chiese Lady Montecchi dalla cima delle scale.

Giulietta fissò Mercuzio che sembrava essersi addormentato. “Nipote…” continuò la donna, Benvolio le spiegò brevemente quello che era successo e lei corse a rimproverare Giulietta “Ah! Si sono scontrati per colpa tua, ci risiamo!”. Il medico s’intromise cercando di calmarla, anche Arianna difendette Giulietta poi annunciarono che la carrozza del medico era pronta. La madre di Romeo si ritirò sdegnata nelle sue stanze e Arianna abbracciò Giulietta “Non datele retta…”, la ragazza la ringraziò e si sentì improvvisamente stanca.

Arianna parlò ancora ma lei la vide sfocata, chiuse gli occhi e si sentì crollare, l’altra fanciulla la sostenne “Giulietta! Giulietta!”. Il medico lasciò Mercuzio nelle mani di Benvolio e corse a sentirle il polso. “Sto bene…” disse lei a bassa voce ma non lo convinse. “Arianna, cortesemente prendete i Sali nella mia valigetta…Credo che vi porterò entrambi da me” annunciò l’anziano guardando i ragazzi stravolti sul divano .

 

Più tardi Giulietta si svegliò in una piccola stanza che non era la sua, il sole stava calando e il primo pensiero che le balenò in mente fu quello del ragazzo ferito e in lacrime che le diceva “Voglio che tu sappia…”.

Si alzò dal letto di scatto e la testa le girò un po’. Si fermò a massaggiarsi le tempie poi uscì, nel corridoio incontrò l’anziano medico che le venne subito incontro “Giulietta, meno male che vi siete svegliata…Come vi sentite?” le prese le mani. “Come sta Mercuzio?” chiese lei senza rispondergli. Lui la guardò con un sorriso “Devo dedurre che state meglio…Vi ha chiamata nel sonno continuamente! E’ li” gli indicò la porta “Però cercate di non disturbarlo più di tanto, ha la febbre alta e sicuramente sta ancora riposando…”, lei gli lasciò le mani ed entrò nella stanza senza chiedere permesso.

 “Ah, signor medico, vi ho già detto che sto bene…quante altre volte devo ripeterlo?” si lamentò Mercuzio di spalle. Lei chiuse la porta e si avvicinò silenziosamente. Lui sbuffò dopo un attimo di silenzio e lentamente si girò. Incrociò lo sguardo della fanciulla in rosso e all’inizio non credette ai suoi occhi; rimase un attimo ammaliato dal suo sorriso.

“Siete proprio sicuro di star bene?” chiese lei ironica e lui strafelice le disse di avvicinarsi. Si tirò su a sedere con la schiena contro la testata del letto e lei si accomodò vicino a lui “Non ti devi sforzare!” lo rimproverò Giulietta.  “Il medico ha detto…”, lui la interruppe tappandole la bocca “Il medico ha detto che tu devi mangiare! Ecco perché svieni” la guardò serio poi la sua espressione si addolcì e tolse lentamente la mano dalla sua bocca che scivolò fino alla spalla scoperta. “Ti tengono ancora in punizione?” le chiese preoccupato. Lei annuì e distolse lo sguardo “Ma come vedi, me la sono tolta da sola la punizione…” risero poi aggiunse “Mio padre mi affama, ma io sono più forte di tutto questo…”.

Mercuzio si alterò e gemette di dolore. “Vedi che non ti devi affaticare!” gli disse lei “E tanto meno arrabbiare…”. Lui la guardò e le accarezzò i capelli “Ti porterò via da li”, lei gli disse ancora di non preoccuparsi e rimasero un po’ a guardarsi.

Giulietta da quando era entrata nella stanza gli aveva osservato i muscoli delle braccia possenti e i pettorali. Lo sguardo le cadde sulle fasciature e si chiese quando ci avrebbe messo a guarire del tutto. “Che c’è? Sembri imbarazzata…” le chiese lui ridendo. “Ma che vai farneticando!” rispose lei e guardò altrove. Lui l’attirò a se e si appoggiò con il viso contro il suo collo. Giulietta poté sentire quando scottava.

“Vorrei che tu guarissi domani” disse lei. Mercuzio sospirò e le rispose “Se tu sei con me io non sto mai male, anzi!” spostò il viso sulla scollatura del suo abito “Vedi, adesso si che sto guarendo”. Lei sbuffò però non si mosse. Lui la abbracciò meglio e accomodò la guancia proprio al centro del petto della ragazza. “Adesso è meglio se ti risdrai…” lo allontanò piano da se e si alzò. Lui rise e si scusò, poi tornò serio “A proposito…volevo chiederti una cosa”. Giulietta gli diede le spalle per guardare fuori la finestra “Sentiamo…” pronunciò con il cuore impazzito.

Ci fu un attimo di silenzio.

“Volevo sapere…”riprese lui,”Madamigella Capuleti….se ho finalmente, il permesso di farvi la corte”. Giulietta ridacchiò di gioia senza farsi sentire ma prima di girarsi decise di cambiare espressione. Lo guardò con le mani dietro la schiena e assunse un tono rigido “E’ a questo che pensi…”, “Perché, tu vuoi farmi credere che non ci pensi?” la interruppe lui. La ragazza lo guardò poi trattenne un sorriso “Forse… Ma ricordatevi che sono ancora fidanzata…” sibilò e si risedette sul letto.

 Lui le prese la mano fra le sue e la baciò ignorando quell’affermazione. “Però, stavo cosi comodo prima! Era molto morbido…”. Lei ritrasse la mano e prese un cuscino per tirarglielo. “Sono convalescente! Non puoi!” ridacchiò lui e l’attirò di nuovo a se. “Oddio, come scotti!” osservò lei e si avvicinò per toccargli la fronte, ma alla fine non resistette e gli passò una mano tra i capelli dalle radici alle punte. Mercuzio non la smetteva di guardarla intensamente e di metterla in imbarazzo. Alla fine intrecciò le proprie dita alle sue e sussurrò “Allora, me lo concedete, questo permesso?”. La osservò arrossire e cercare le parole giuste per rispondergli.

 D’un tratto la porta si aprì ed entrò la balia che notò subito le loro mani intrecciate poi il viso di Mercuzio e gridò “Giulietta!” quasi spaventata.

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Capitolo 5
*** Capitolo Quinto ***


Capitolo Quinto

 

Mattina,
mattina fresca,
mattina assolata.

 
Il cielo era limpido di un blu cosi intenso che ricordava, anzi si confondeva, con quello del farsetto del giovane che camminava svelto verso la casa del dottore. I suoi lunghi capelli castani si spostavano nel leggero vento, e i suoi bellissimi occhi blu erano velati da quelli che erano pensieri preoccupati.

Arrivato davanti alla porta della casa che aveva appena raggiunto bussò ed attese che qualcuno lo aprisse.
Dopo nemmeno cinque minuti venne una giovane domestica ad aprire e guardò trova il giovane  “Il dottore non c’è, tornate più tardi”.

Stava per chiudere la porta ma il giovane la bloccò con una mano e fece un sorrisetto cattivo “Ora tu mi fai entrare, devo vedere un paziente…” la guardò con rabbia e la donna spaventata apri la porta, cosi il giovane spostandola con una mano varcò la soglia e iniziò a chiamare il suo amico “Mercuzio, Mercuzio! Dove sei?”.

Dall’ alto di una stanza venne la voce del giovane scanzonato e tranquillo come sempre “Sono qui Benvolio, sali! Ultima porta a sinistra!”, cosi il giovane sali le scale il più velocemente possibile e arrivato spalancò la porta. “Come stai?” gli corse in contro e lo abbracciò forte.
Mercuzio emise un piccolo sbuffo di dolore e gli diede delle pacche sulle spalle “Sto bene ma se mi stringi cosi mi sa che i miei punti si riapriranno”, l’amico si stacco e gli sorrise “Hai ragione! Scusami ma pensavo che non ce l'avresti fatta… e poi non ho avuto tue notizie! Giulietta è segregata in casa e Romeo è in prigione...” il giovane lo interruppe brusco “Sono stato io a uccidere Paride! Lui perché é in carcere?”.
Benvolio scosse la testa e lo guardo triste “Non lo sai? Si trova in prigione perche ha ucciso Tebaldo!”.

Mercuzio si alzò di scatto e subito un giramento di testa lo fece ricadere sul letto, cosi si rialzò a sedere lentamente sotto lo sguardo preoccupato dell’amico “Prendi i miei vestiti da quella poltrona Benvolio… devo andare a parlare con mio zio non posso permettere che Romeo venga ucciso o esiliato! Devo parlare con mio zio”.
Il giovane dai capelli castani scosse la testa “No! Devi riposare Mercuzio!”. lo sguardo di fuoco del ragazzo gli fece cambiare idea quindi gli prese i vestiti e lentamente glieli porse “Sostengo che non sia una buona idea però…” il giovane lo ignoro e si vesti.

 
Uscirono dalla casa del dottore di corsa e Benvolio si maledisse mentalmente per non essere giunto fin li a cavallo, che gli avrebbe sicuramente portato un giovamento evitando di correre sino al castello del principe. Per tutto il tragitto i due giovani non parlarono molto tra di loro, ogniuno perso nei propri pensieri, ma una volta al portone dissero i loro nomi al unisono cosa che provoco uno scoppio di risa nei due e un occhiataccia da parte delle guardie che però conoscendo Mercuzio come nipote del principe li fecero passare.

 Una volta dentro incontrarono il paggio del principe che spaventato era di guardia e vedendo Mercuzio si rincuoro “ Signorino come state? Vostro zio è altamente arrabbiato ma anche molto preoccupato per voi! Ma vedo che state bene”. Il ragazzo gli mise una mano sulla spalla compassionevole  “Posso avere un colloquio con lui adesso?”, il paggio annui e corse ad annunciarlo. Tornò dopo pochi istanti visibilmente sollevato “Ha detto che potete entrare”  così dicendo si sposto e aprì la porta della sala facendo entrare i due amici.

 Subito lo zio si alzo dal trono con ira “ Come hai osato! Dico e ripeto, ragazzino, come hai osato sfidare un Capuleti!” Benvolio che era rimasto in silenzio fino a quel momento fu tentato di rispondere ma il principe continuò a voce più alta “Dico, non ti era bastato uccidere un nobil'uomo lontano tuo parente! Volevi fare il bis di omicidi! E oltre tutto sei stato anche ferito! Ma perche ti comporti cosi?”.

Il giovane Mercuzio sorrise per scusarsi “Zio, ne andava dell'onore di una fanciulla indifesa! Voi avreste fatto lo stesso, ne sono certo”. Il principe scosse la testa disgustato e si mostrò minaccioso in tutta la sua statura “Mercuzio smettila! L'onore di una Capuleti non sta a te difenderlo! Non credevo, quando mi hai parlato del duello, che fosse per causa di Giulia capuleti!”. Il ragazzo rispose il contrario, che gliel’aveva detto ma quando suo zio diceva una cosa, era quella.

Scese i gradini ignorando le sue parole e si ritrovò davanti al nipote, anche se lo sovrastava per oltre venti centimetri il ragazzo non abbassò lo sguardo “Inoltre, Mercuzio, mi sembra che già suo cugino abbia perso la vita oltre al giovane Paride!” guardò Benvolio con noncuranza e proseguì “Ma come é giusto, al suo assassino verrà tolta la vita”.

 Fu allora che suo nipote impallidì e nonostante la ferita che gli faceva male si gettò ai piedi dello zio  “E’ per lui che sono qui zio… Lui non deve morire visto che ha cercato di vendicare me che sono tuo nipote!” gli occhi di Mercuzio divennero lucidi ma Escalus ignorò le sue parole “Ma cosa diavolo stai dicendo! Ti si é infettato il cervello? Non dire sciocchezze! C’è una famiglia che chiede giustizia!” il giovane si alzò fronteggiando il principe “E per te la giustizia è uccidere un innocente?”.
Lo zio si girò con sdegno e colpi il nipote in pieno viso “Innocente? INNOCENTE? Per te uccidere il giovane Capuleti è stato un atto di innocenza? E il far sparire il suo corpo? Ti sembra innocente tutto ciò?” Benvolio stava per perdere la pazienza ma si contenne.
Escalus continuò severo “E io invece ti dico che è colpevole! E’ non gli darò mai il mio perdono perche Mercuzio la giustizia è assassina quando perdona gli assassini! Tuttavia vedo che ci tieni molto al tuo amico tanto da versare ardenti lacrime per la sua vita e quindi non lo ucciderò ma lo esilierò a Mantova e qui, nella mia Verona, non potrà più mettere piede ne da vivo ne da morto!”.  
Guardò con aria di sfida Benvolio “Tu visto che sei un Montecchi vai pure a dare la notizia alla tua famiglia che la partenza è stabilita per domani”.
Benvolio non riuscì a replicare e a muoversi, era sbigottito dalla decisione del principe che quando lo vide li fermo impalato gli si avvicinò serio “Cosa non ti é chiaro Montecchi? FUORI DI QUI SUBITO!” e cosi dicendo lo spinse verso la porta, il ragazzo guardò ancora una volta Mercuzio triste e si allontanò veloce dal castello.
Il principe si voltò verso il ragazzo rimasto solo, il cui viso era bagnato di lacrime, e gli mise una mano sulla spalla “Nipote mio, è giusto cosi, fidati della mia decisione. E ora vai a darti una rinfrescata e a cambiarti questi abiti lordi di sangue, più tardi verrà il dottore a darti una controllata”, gli fece segno di andare mentre tornava a sedersi sul suo trono. Il ragazzo si limitò a rispondergli “Come desiderate…” e sparì dalla sala del trono.

 

La fanciulla vestiva un abito nero segno che la sua famiglia era a lutto.  Sedeva sul letto con la testa riversa sul cuscino, calde lacrime uscivano dai suoi occhi che piangevano disperati nella sua camera, si era rifiutata di scendere sia per il funerale del cugino sia per quello del conte Paride. Suo padre per risposta ai suoi comportamenti, le aveva proibito di mangiare e anche di ricevere visite, le era proibito persino di parlare con la sua fidata balia.

Non riusciva a credere che quello che era successo fosse reale. E per lei non lo era visto che il corpo di Tebaldo non era ancora stato ritrovato, la sua famiglia piangeva e si disperava su di una tomba vuota, chiedeva vendetta per una morte che non era certa, chiedeva una punizione per una giacca e una camicia macchiate di sangue, una pena ingiusta.

Romeo, il suo Romeo, che nonostante l'avesse tradita rimaneva il suo Romeo.

 Una fitta dolorosa al cuore la contraddisse.

 Davvero Romeo era il suo unico amore? Suo padrone e signore? Ripensò per un attimo a quando la balia l’aveva trascinata via da Mercuzio nella casa del medico.

 “Giulietta!”, le aveva detto guardando il ragazzo nel letto con orrore “Non dovresti essere qui a consolare quel bandito!”, lui le aveva riso in faccia e la donna molto più robusta di lei l’aveva presa di peso e riportata a casa ignorando le sue spiegazioni.

 Si alzò dal letto con gli occhi gonfi e si avvicinò alla finestra, il caldo di agosto rendeva quella camera simile ad una tomba e l'odore non era migliore di quello di una camera mortuaria; il sangue di troppi giovani veronesi macchiava le strade.

Aprì entrambe le ante della finestra facendo entrare il fresco della sera e usci fuori al balcone che tante volte l'aveva vista sognante. Sollevò lo sguardo verso il cielo e le sembrò di vedere gli occhi ardenti di Tebaldo, di quel colore così simile al mare d'estate.

 Sospirò con le lacrime agli occhi e rientrò in casa disperata, prese posto davanti alla toletta e i suoi occhi si posarono su di una rosa blu quasi appassita e vi passo le dita sopra. I petali erano ancora morbidi, quasi quanto la guancia del giovane che gliel'aveva regalata… Sul suo viso spuntò il sorriso.

Il primo, da quando quella pestilenza era avvenuta ed era spuntato grazie a Mercuzio, il giovane congiunto del Principe che le aveva strappato una promessa, una promessa che ora lei non sapeva se poteva mantenere… Eppure pensando ai suoi riccioli biondi e ai suoi occhi verde scuro, alle sue mani calde, e al suo sorriso splendente, non poteva far altro che sorridere.

Alzò lo sguardo e incontrò nello specchio gli occhi verdi del ragazzo.

 Sbatté un paio di volte le palpebre credendo che si trattasse di un’ allucinazione ma quegli occhi erano lì! Cosi si girò un po’ incerta e trovò il suo sorriso a rassicurarla. Si alzò di scatto e corse incontro al ragazzo che l'attendeva a braccia spalancate.
Il colpo del corpo della ragazza contro il suo lo fece impallidire, la ferita faceva ancora molto male ma nonostante ciò la strinse forte “C’è un destino crudele Giulia, che fa si che i nostri incontri siano sempre circondati dalle lacrime!”.
 
Lei si asciugò gli occhi con le dita, era talmente felice di rivederlo che temette di scoppiare di nuovo a piangere. “Suvvia, anche nel dolore della vostra perdita sorridetemi che io vi porto buone novelle!” continuò lui allegramente.

La fanciulla alzò lo sguardo e sorrise al giovane. Pensò che era diventato ancora più bello. Il vederlo bene e in salute la faceva sentire meglio, ma sapeva che non era ancora guarito del tutto.
Gli accarezzò il viso e scese con le dita sul collo e da li fino al petto che si vedeva dalla camicia aperta, il giovane le bloccò la mano e se la portò alla bocca, baciò con delicatezza palmo e dorso “Romeo non verrà ucciso ma solo esiliato a Mantova, per volere di mio zio”.

La ragazza anche contro la sua volontà ne fu sollevata, non poteva sopportare di avere il peso della vita di Romeo sulla coscienza.

 “Ma Giulietta, perche non parlate?” si preoccupò Mercuzio. Lei sospirò  “E da giorni ormai che non parlo con nessuno, ed temo che la mia voce risulti sgradita come il verso di una cornacchia”. Il giovane sorrise e la strinse di nuovo al petto “Io invece la trovo sempre bellissima come il canto di un usignolo”.

Giulietta abbassò il capo rossa in viso e cosi lui continuò “Ero inoltre venuto a dirvi che vi ho pensato ogni giorno, la mia proposta è sempre valida anche se… credo che voi siate ancora innamorata di Romeo...”.

 Non fini di parlare perche dei rumori dal esterno lo fecero zittire lei gli posò un dito sulle labbra e si guardarono con intesa. Il ragazzo indietreggiò e si nascose dietro alla tenda da dove poteva udire e vedere senza essere visto e udito.

 La fanciulla cosi usci di corsa sul balcone dove in un mare di lacrime c'era Romeo, la vide e singhiozzò “Giulietta amore mio perdonami, ti prego!” e le si butto ai piedi appoggiandosi alle sue gambe.

La ragazza stupita fece un passo indietro perdendo l'equilibrio e cadendo supina su Romeo  “Io non devo perdonarti niente!” gridò arrabbiata e lo guardò negli occhi “Tu mi hai tradita! Io confidavo in te! Ero pronta ripudiare la mia famiglia ed essere solo tua per sempre!”.

La sua voce tremava e i suoi occhi erano pieni di lacrime “Tu mi hai tradita!” ripeté, “Ti prego, lasciami andare”. Il ragazzo non si staccò da lei, anzi, le passo le mani dietro la schiena impedendole di muoversi “Io non chiedo carità! Ma sono niente senza te! Non dimenticare i sogni che ci siamo scambiati e le promesse dette sottovoce in quel letto” la guardò con gli occhi simili a due buchi senza fondo “Io domani sarò esiliato, partirò per Mantova! Ti prego vieni con me!”.
Giulietta scosse la testa e iniziò a divincolarsi  “No Romeo! Non verrò con te! Ti ho detto di lasciarmi!” inizio a piangere dalla disperazione e Mercuzio che osservava la scena strinse i pugni dalla rabbia e con voce tonante esclamò “ Romeo, Giulietta ti ha chiesto di lasciarla andare! Non hai sentito?”.

 
Usci dal suo nascondiglio e strappando Giulietta dalle braccia di Romeo e la fece alzare “Perche non capisci che ha bisogno di tempo? Ha troppe ferite da curare in questo momento e le tue parole per lei sono solo un turpiloquio! Alzati, comportati da uomo e affronta le conseguenze delle tue azioni!”.

La sua voce era dura e priva di inflessioni.

 Romeo si alzò rosso in viso “Che diavolo ci fai tu qui?” guardò prima lui poi Giulietta “Non potevi nemmeno aspettare che fossi a Mantova per infilarti nel suo letto?”, la ragazza urlò sdegnata “Che cosa? E’ questo che pensi?”.

La mano di Mercuzio partì prima che potesse fermarla e colpi in pieno il viso di Romeo “Ma smettila, non sai quello che dici! Io non accetto che tu ci parli cosi! Non sai niente del nostro rapporto”.
Romeo si rialzò ridendo “Oh invece credo di aver capito abbastanza! Tu hai convinto tuo zio ad esiliarmi per aver campo libero con Giulietta! Da te che eri come un fratello non me lo sarei mai aspettato! Che tu sia maledetto Mercuzio! Tu e il tuo amore!” guardò lei con disprezzo. Il giovane non ebbe il tempo di ribattere perche Romeo ancora maledicendo i due si allontanò in fretta e furia.

 ‘Ma è assurdo’ pensò la ragazza ‘e anche se cosi fosse stato tra me e lui tu Romeo cos’ha da rimproverarmi? E poi perché pensi questo del tuo migliore amico, di cui io mi fido moltissimo!’ però non disse nulla di tutto ciò ad alta voce per paura di esporsi troppo.

 Il giovane si girò verso Giulietta che lo guardava disorientata “Non temete Ora andrò via anche io e vi darò la forza per riprendervi”, osservo la fanciulla pallida in viso “Vi prego pero non credere ad una sola parola di quello che ha detto Romeo” le baciò la mano mentre lei gli diceva “Non gli credo infatti perché mi fido, di voi…”.

 Mercuzio la ringraziò e si avviò a scavalcare il balcone ma la fanciulla lo prese per una manica. Lui si fermò senza opporre resistenza. Giulietta lo attirò a se e gli sussurrò “Vi prego, non lasciatemi da sola, restate con me questa notte…”  e  lo condusse verso il letto.

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Capitolo 6
*** Capitolo Sesto ***


Capitolo Sesto

          

Il giorno volgeva al termine e la luce calava.

La giovane ragazza stava tornando a casa quando d'un tratto, il corpo di un giovane riverso contro un albero attirò la sua attenzione e lei si avvicino lentamente alla figura che con le spalle tremanti si teneva il fianco.  Quando capì chi fosse, la sua prima reazione fu quella di chiamare aiuto ma quando lo propose al ragazzo lui apri gli occhi e riconoscendola le ordinò di portarlo immediatamente a casa sua e di chiamare un dottore di fiducia.

 
Il profumo di rose era forte e inebriava tutto il cuscino bianco. La fioca luce della finestra lasciava intravedere il corpo femminile seminudo e di carnagione olivastra disteso accanto a lui… Si girò su di un fianco e accarezzò la lunga linea di un fianco risalendo fino ai seni per poi continuare fino al collo e fermarsi sugli zigomi. La ragazza batté le palpebre e aprì lentamente gli occhi sorridendo all'uomo “Mio signore… Da quando siete sveglio?”. Gli occhi blu del ragazzo si persero in quelli scuri di lei “Da un po'… Stavo riflettendo su un po'di cose, sono ormai tre gironi che sono qui e la mia vita al palazzo mi manca”. 

La guardò mentre la ragazza si copriva con il lenzuolo e si alzava a sedere “Mi piacerebbe tanto poter riflettere anche a me, ma sta mattina inizio il servizio da vostra zia molto presto” sorrise al giovane che se ne stava ancora sdraiato “Vi faccio portare la colazione? Più tardi verrà mio cugino a vedere la vostra ferita, ma siete sicuro che non volete che…” il giovane lanciò uno sguardo severo alla ragazza che spaventata tacque. 

“Non essere sciocca! La sentenza del Principe verrebbe rievocata se si sapesse che non sono morto tutto quello che sto costruendo per prendermi Giulietta andrebbe a rotoli! Invece, cosi facendo, l'unico vincitore di questa vicenda sarò io” guardò la giovane con un sorriso sadico sul volto “Se ti farai sfuggire una sola parola con chiunque, di te non rimarrà nemmeno una ciocca di capelli e ora muoviti, vattene e lasciami solo! Appena tornerai voglio notizie dettagliate sulla morte di Romeo e sulla reazione di mia cugina”. 

La fanciulla si alzò con un misto di terrore e dolore sul volto e mentre si rivestiva maledì mentalmente il momento in qui aveva raccolto il nipote della sua padrona, dal quel momento erano iniziati i suoi guai, dal momento in cui aveva salvato Tebaldo Capuleti..

Quella mattina la giovane Esmeralda che lavorava a casa Capuleti da quando aveva a malapena dieci anni, doveva aiutare entrambe le donne di casa a prepararsi per comparire davanti al principe alla decima ora del giorno. Cosi andò prima dalla padrona e l'aiutò ad indossare un abito nero ravvivato solo da un ramoscello di viola che la buona padrona indossava sempre da quando aveva avuto la triste notizia di suo nipote. Una volta finito con lei si precipitò alla porta della camera della giovane Giulietta, sua coetanea ma molto più fortunata di lei.

Bussò alla porta e attese…

Ma siccome non ottenne risposta entrò e ciò che vide la lascio sconvolta: accanto alla ragazza, tutto vestito e sopra alle lenzuola, giaceva un giovane che lei riconobbe come il giovane congiunto del principe. Il suo viso candido e i suoi riccioli biondi lo rendevano simile ad una figura angelica.

 La ragazza sbiancò in volto non tanto per la presenza del giovane quanto perché quella presenza, se svelata al suo padrone ed ospite, avrebbe scatenato l'inferno. Cosi decise di non dirlo a nessuno e si ripromise di comportarsi come se il fatto non fosse mai avvenuto.

Uscì dalla stanza in silenzio e chiusa la porta senza fare rumore bussò forte come se fosse la prima. Da dentro vennero diversi rumori poi la voce di Giulietta che chiedeva di attendere un attimo, poi ancora sussurri e risolini e alla fine le venne dato il permesso di entrare.

 

I due giovani dormivano abbracciati e le mani del ragazzo erano posate sui fianchi della ragazza. Le lenzuola leggere che li dividevano erano incollate al corpo di lei per il gran caldo della notte.

Un rumore sordo svegliò il ragazzo che schiuse gli occhi lentamente e mise a fuoco la stanza, poi il suo sguardo si concentrò sul viso beato della ragazza che sorrideva nel sonno.

Un altro colpo sordo fuori la porta e la voce della serva…

Il ragazzo alzò la testa e dei riccioli gli caddero sugli occhi, con uno sbuffo li fece volare via e sotto voce iniziò a chiamare dolcemente Giulietta mentre la sua mano accarezzava lentamente il corpo partendo dal fianco e arrivando alla clavicola “Giulietta, mia cara, svegliati…”. La ragazza aprì gli occhi tornando alla realtà, e sorridendo guardò il suo Mercuzio negli occhi “ Buon giorno… ma dunque, e già giorno?”. 

Il giovane le si avvicinò e le bacio la punta del naso, scese poi su una guancia ed arrivò al collo “Si… e qua fuori c’è qualcuno che ti chiama mia diletta, quindi ora devo andare…”. Restò per un attimo con il viso affondato nel suo collo e questo provocò un risolino e la pelle d’oca a Giulietta “A me non sembra che tu voglia andare via” sussurrò e insinuò le dita nei riccioli biondi di Mercuzio. La voce di Esmeralda chiamò ancora Giulietta.

Questa volta fu il ragazzo a sorridere e con molta delicatezza le sfilò la mano dai capelli “Rispondetele…” e mentre la ragazza si girava e rispondeva lui le baciò ancora frettolosamente il collo e sgattaiolò via dalla finestra. Quando lei si voltò, il posto accanto al suo era vuoto e il suo cuore era divenuto un po’ più freddo.

La giovane cameriera finalmente entrò e trovò Giulietta che seduta sul letto e sognante guardava la finestra, cosi si schiarì la gola “Signorina, oggi ci sarà la sentenza del Principe. Sua madre vuole che lei sia presente quando il principe condannerà a morte Romeo Montecchi”. 

Giulietta si alzò dal letto e senza fare resistenza seguì la ragazza che prima l'aiuto a spogliarsi e poi a lavarsi e infine a vestirsi. Restò in silenzio per tutto il tempo con un leggero sorriso che le piegava all'insù gli angoli della bocca e ripensò alla sera precedente quando era sgattaiolata fuori dalla stanza della balia addormentata per stare con Lui…
Quando fu definitivamente pronta a un quarto alla decima ora mattutina, salì in carrozza con il resto della sua famiglia e si diressero al palazzo di Escalus.

 
Giunsero a palazzo e trovarono la grande sala delle udienze divisa e appositamente allestita per le due fazioni che dovevano fronteggiarsi. Al centro c'era Romeo pallido e con il volto stanco circondato da occhiaie profonde. Non appena furono entrati la madre di Romeo si alzò in piedi e puntando l'indice verso Giulietta inizio ad urlare “Eccola! L'unica sola e vera colpevole! E’ solo colpa sua se il sangue tanto prezioso di questi due giovani veronesi macchia le mani di questi ragazzi! E lei l'unica che deve andare in Esilio! Quella cagna che porta il nome dei Capuleti”. 

Giulietta abbassò lo sguardo trattenendosi dal reagire e subito dalle due fazioni si alzarono voci di protesta. Il conte Capuleti perse per il braccio la figlia e la trascinò di peso fino al loro posto, lei restò in silenzio e con lo sguardo cercò Mercuzio.

 Il grido del principe fece tremare l'intera sala, “Assurdi cittadini! Le vostre grida di vendetta mi danno la nausea! Smettetela! Siete la vergogna della mia bella Verona! Con quale coraggio continuate a litigare quando il corpo del giovane Paride è ancora caldo nella sua tomba? Voi siete la feccia della città!” si alzò in tutta la sua imponente statura, “Dico a voi! Non uomini ma belve, che avete spento il fuoco del vostro odio con il sangue delle vostre vene! Io, il principe Escalus piango la perdita di un mio congiunto e quella di un giovane altrettanto valente! Tebaldo Capuleti! É visto che il suo assassino e qui in piedi davanti a me! Ho qui pronta per lui e la sua famiglia la mia condanna”.

Lady Montecchi continuò a sussurrare all’orecchio del figlio insulti pesanti rivolti alla ragazza, lui le fece cenno di tacere. Poi lei ed il conte Enrico si lanciarono uno sguardo carico d’odio. “Non permetterò ancora che quella maledetta ti offenda Giulietta…” sussurrò Lady Capuleti alla figlia.

Il Principe continuò solenne “Voi, giovane Montecchi Romeo sarete bandito a vita dalla mia Verona per aver ucciso e fatto sparire il corpo del giovane Tebaldo Capuleti! Che questo esilio sia immediato e che voi possiate finire i vostri giorni a Mantova!”. Dal lato destro della sala entrò il giovane Mercuzio e tutti gli occhi furono puntati all’istante su di lui, tranne quelli di Romeo che rimasero incollati al suolo. Il giovane dai biondi capelli prese posto accanto al trono del Principe in silenzio, si guardò solo con Giulietta che aveva sussultato quando lo aveva visto entrare. Le sorrise come faceva ormai da qualche tempo poi abbassò gli occhi per evitare quelli della madre di Romero.

La donna in blu iniziò a piangere e ad invocare pietà per suo figlio, il suo sguardo andava dal suo bambino al Principe e viceversa, il conte invece era in silenzio e guardava con odio mal celato il conte Capuleti e la sua consorte. Nella sala c'era solo silenzio oltre alle grida di Lady Montecchi. Nessuno ebbe il coraggio di parlare allora il Principe fece un passo avanti per concludere e sciogliere quella seduta. 

Fu allora che Romeo parlò per la prima volta alzando gli occhi e puntandoli su Mercuzio “Mio principe, vi chiedo solo la grazia di poter parlare con il mio confessore prima di partire per la mia condanna”. Il Principe guardò Romeo e i suoi occhi vuoti e profondi come due pozzi senza fondo, la sua pelle pallida e il suo viso vuoto. Nel suo cuore si creò un vuoto. Con un gesto della mano acconsentì e Romeo cadde in ginocchio, il Principe voltò il suo sguardo verso i Capuleti, mentre Benvolio e i genitori di Romeo lo aiutarono ad alzarsi, gli occhi di Escalus si posarono in quelli asciutti e tristi di Giulietta “Capuleti, il vostro dolore è stato ripagato non dalla vendetta, ma dalla giustizia che io lo Scaligero principe di Verona e sovrano di queste terre ha deciso. Quindi che nessuna mano si levi contro i Montecchi”. 

Si voltò a guardare anche loro che oramai facevano campanello intorno a Romeo e quasi strillò “A voi Montecchi vi proibisco di levar alcuna mano su questi della fazione opposta! Qualsiasi danno farete ai Capuleti o a chi per loro ne fa le veci sarete puniti con un danno 7 volte maggiore! Cosi ha parlato Escalus principe di Verona e ora andatevene e lasciatemi solo belve che altro non siete!”. Mercuzio si avvicinò a Romeo e gli chiese se potevano parlare un momento da soli ma quest’ultimo guardò altrove. Benvolio provò a convincerlo ma senza successo.

Le due fazioni vennero scortate all'esterno e il Principe rimase solo con il nipote “Sono molto preoccupato per te nipote mio, ho paura che l'ira di uno dei due casati possa ricaderti addosso”. Il giovane lo guardò preoccupato ma sorrise ugualmente “Zio, me la sono sempre cavata bene! Non temete per me, sono sicuro che dopo oggi nessuno oserà più disubbidirvi”. Il Principe guardò suo nipote con grande affetto e poggiò la al mento “Cosi sia Mercuzio, cosi sia”.

 La cella era buia e odorosa di incenso, il vecchio prete era seduto con la testa tra le mani e rifletteva sull'ingiustizia della vita e sull'inutilità della fede. A che serviva la fede se non poteva salvare la vita e l'anima del giovane Romeo? Alzò gli occhi al cielo e scosse la testa guardando la grande croce che sovrastava le mura della sua cella; guardò gli occhi carichi di compassione e dolore del Cristo in croce e gli fece una muta richiesta, fu in quel momento la porta si aprì ed entro Romeo in lacrime  “Padre! Frate! Confessore! Sono qui per chiedere il vostro aiuto! Io, io non ricordo, non ricordo di aver ucciso il giovane Capuleti! Io non l’ho visto morire! E per un crimine che non ho commesso, devo andare via dalla mia casa e della mia vita! Voi mi dovete aiutare!”. 

Il frate si alzò e lo accolse tra le braccia “Romeo, Romeo, ogni uomo deve prendere le proprie responsabilità. Mi riempie di gioia sapere che tu non morirai” gli alzò il viso “Giovane piccolo Romeo, io ti sarò vicino e ti scriverò tutti i giorni”. Il ragazzo scosse la testa “Io credo che il giovane Tebaldo non sia morto davvero! Voi dovete aiutarmi! Mentre io sarò via per quest’assurda sentenza voi dovete scoprire se il giovane Capuleti è vivo!”. 

Frate Lorenzo scosse la testa pallido “Questo è assurdo mio caro Romeo, non posso e come dovrei fare?” Romeo scoppiò a piangere e il frate gli accarezzò il capo “Vi prego padre vi scongiuro! Io non ricordo di averlo ucciso!”, il vecchio con il cuore straziato annui “E sia Romeo ti aiuterò!”. Il giovane lo guardò sempre piangendo, “Lo giurate su quella croce?” il frate annui, “Lo prometto sulla mia vita figliolo”. 

Romeo lo abbracciò forte e si sentì al sicuro. “Padre…c’è un ultima cosa…perdonatemi perché ho maledetto e ferito il mio migliore amico”, il frate lo strinse ancora rassicurandolo ma quella sicurezza durò poco: due uomini del Principe lo strapparono dalle sue braccia e prima che sparisse dalla cella il giovane urlò  “Ricordate la vostra promessa padre!”.

 
La sera era ormai scesa e i padroni erano tornati a casa molto sconvolti e poco soddisfatti per la sentenza di Escalus. Durante il pranzo e la cena la giovane sera aveva potuto apprendere che il giovane Romeo non era morto ma solo esiliato a Mantova. Era spaventata di dare la notizia al suo ospite e per tutto il tragitto aveva rimuginato sul da farsi, cosi aveva deciso di dire la verità per paura delle ripercussioni.

 “Mio signore come vi sentite?” il giovane alzò brusco gli occhi dal libro che stava leggendo e guardò con apprensione la fanciulla “Che notizie mi porti Esmeralda? É morto?”. La fanciulla sbiancò e si appoggiò alla porta “No mio signore… devo darvi una brutta notizia: il giovane Montecchi non è morto! E’ stato solo esiliato”. Il ragazzo scosse la testa e si alzò come una furia facendo cadere il libro “Non è possibile! Il sangue di un Capuleti per il Principe vale cosi poco?”, sbatté i pugni sul tavolino incrinando il legno. 

“E ora? Ma mia cugina come l'ha presa?” Esmeralda lo guardò impaurita. Non sapeva come funzionava la mente del giovane quindi, questa volta, decise di mentire “Non piangeva! Era solo triste, ed io credo che non ami più il giovane Montecchi perché l'atto che ha commesso nei vostri confronti deve averla sconvolta”. 

Come si era ripromessa non parlò del giovane dai capelli dorati, Tebaldo cambiò espressione e prese a sorridere “Bene Esmeralda! Un Capuleti sa cos'e la dignità! Io entro domenica tornerò dalla mia famiglia e la gioia nel rivedermi convincerà la mia Giulietta a sposarmi!”. Si alzò e si avvicino minaccioso ad Esmeralda e dopo averle afferrato il collo la baciò con passione e la trascinò in camera sua.

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Capitolo 7
*** Capitolo Settimo ***


Capitolo Settimo

Giulietta suonava l’arpa al centro del salone di casa Capuleti e le note che ne uscivano inebriavano lo spazio intorno con la dolcezza di quella melodia, quando la balia corse ad annunciarle “Figliola…”, si fermò a riprendere fiato, “Il maestro d’armi è qui! Come volevi tu”.

La fanciulla sorrise e allontanò le dita dalle corde dello strumento musicale, si alzò e corse ad abbracciarla “Finalmente! Grazie!”. La donna con la cuffia rossa la strinse “Sei proprio sicura che sia una buona idea?”, la ragazza la guardò eccitata “Dov’è? E’ qui fuori?”. La balia sospirò “In giardino”. Giulietta la ringraziò ancora e corse via mentre la donna le gridava “Sta attenta mi raccomando!”.

Il maestro d’armi che l’attendeva all’ingresso non appena la vide la studiò da capo a piedi meravigliato “Dunque, siete voi la figlia del conte Enrico?” le chiese gentilmente. Lei lo trascinò sul retro del giardino “Si, Giulietta per servirvi”rispose frettolosamente.

L’uomo alto e magro dagli scuri capelli corti le prese la mano e s’inchinò “Maestro d’armi Aramis…E, vostro padre dov’è? Vorrei salutarlo prima di cominciare”. La fanciulla cambiò espressione “Veramente lui…non è in casa adesso, ma tornerà presto!”.

Aramis la guardò meglio da vicino; l’abito rosa pallido, il viso da bambina con qualche lentiggine qua e la e la carnagione bianchissima la facevano sembrare fragile e delicata fisicamente e nell’animo.

“D’accordo” pronunciò e le porse l’arma che le aveva portato “Prendete, questo è un fioretto”, Giulietta lo impugnò senza problemi e scalfì l’aria un paio di volte per provarlo mentre lui le diceva “Per adesso è bene che cominciate con qualcosa di leggero, una vera spada peserebbe troppo per i vostri polsi fini” e sfoderava la sua.

Lei gli puntò l’arma contro e lui alzò la sua “Tanto per cominciare non ridete, e ricordate di studiare ogni movimento del nemico, dovete avere i riflessi sempre all’erta…” sferrò un colpo che lei parò prontamente e poi un altro in basso.

Giulietta sembrava davvero felice, anche troppo per i gusti del maestro, in un attimo la disarmò e lei cambiò espressione. “Ho detto che non dovete ridere, non c’è niente da ridere quando si combatte” pronunciò lui in un tono che non ammetteva repliche. “Su, raccogliete l’arma, subito” continuò neutro. Giulietta ubbidì e cercò di concentrarsi seriamente ,“In guardia!” ordinò Aramis. 

Qualche giorno dopo la fanciulla ricevette una lettera che le aveva consegnato un paggio durante il pranzo, quando aveva riconosciuto il destinatario si era messa a ridere sotto gli occhi interrogativi dei genitori.

Suo padre la guardò da sopra il bordo del calice, “Chi la manda?” chiese sarcastico, Lady Capuleti smise di mangiare e attese curiosa una risposta. Giulietta prontamente la nascose sotto l’abito e disse “La mia amica Arianna…non la conoscete, è una parente del Principe…ma la leggerò dopo, adesso ho troppa fame”.

I genitori si convinsero e cambiarono discorso. “Cara Giulietta” disse il conte, “Adesso che Romeo non c’è più, ho pensato bene che sarebbe opportuno aspettare almeno altre due estati prima che tu prenda marito…”. La figlia lanciò un’occhiata alla madre e alla balia in piedi dietro di lei “Padre, per questa volta siamo d’accordo!” rispose con un sorriso.

Enrico continuò “A meno che io non ti trovi un pretendente degno di te come era l’ultimo, ma sappiamo tutti che fine ha fatto!” e scoppiò a ridere e tossire insieme. La moglie esclamò “Troppo vino! Nutrice porta via la brocca!”, ma i servi furono più rapidi perché il conte rovesciò involontariamente il calice sulla tovaglia bianca che si macchiò ampiamente di rosso.

Giulietta approfittò di quella confusione per sgattaiolare in camera sua. Chiuse la porta, si sedette alla toletta e cercò di non guardare il suo riflesso, poi tirò fuori la lettera e la aprì impaziente.

Sospirò felice quando riconobbe la sua scrittura “Oggi pomeriggio mi vedo con Benvolio e dovrai esserci anche tu. Vengo a prenderti io prima delle tre, ci vediamo più tardi. Tuo Mercuzio”. La ripiegò e la nascose nel portagioie, il suo cuore sembrava impazzito all’improvviso.

La balia aprì la porta ed entrò senza permesso “Giulietta mia, che guaio tuo padre e il vino!” brontolò. La ragazza non l’ascoltò “Balia per favore fammi la treccia, tra poco esco”. La donna richiuse la porta e le si avvicinò “E dove vai, di grazia?”, afferrò la spazzola e cominciò a pettinarla.

Giulietta non rispose ma le sorrise dal riflesso dello specchio. “Eh no, qui c’è qualcosa che non mi convince…Non ti sarai mica innamorata?” la stuzzicò la donna. La fanciulla abbandonò il sorriso “Oh no! Questo no! Hai visto come è andata a finire con Romeo? Io credevo di amarlo, e invece no!”. La balia pensò che se nominava il suo nome senza problemi allora era vero, credeva di amarlo ma non era cosi.

“Quindi non c’è nessun altro?” chiese ancora. Giulietta sbuffò “Chi altro ci dovrebbe essere? Adesso sbrigati che ho poco tempo!”. La balia rise e quando finì la treccia la ragazza si alzò e la ringraziò, “Vuoi cambiarti?” le chiese la donna. Sul balcone atterrò un sasso che colpì la finestra.

“No, non è necessario!” esclamò Giulietta “Adesso vai! E se mi cercano di loro che sono da Arianna e torno presto”. La donna guardò prima lei poi la finestra “Ma…” pronunciò, la ragazza le prese le mani “Ti prego! Non fare domande! Vai e basta” la spinse fuori la stanza e richiuse la porta. Poi si precipitò alla finestra.

Mercuzio l’attendeva pazientemente, sorrise non appena la vide “Sei pronta?”. Lei annuì “Scendo subito!” e corse in corridoio più veloce che poté. Per poco non cadde sull’ultimo gradino delle scale ma si resse alla ringhiera e una volta fuori casa si precipitò sotto la sua finestra.

Lo vide e rallentò il passo. Lui le si avvicinò. “Perché diavolo non ti calmi?” disse Giulietta a se stessa mentre lui la stringeva in un abbraccio. “Come stai?” le chiese preoccupato, “E’ finita la punizione?”.

Lei gli prese la mano e lo condusse verso il cancello “Si finalmente! Mio padre ha deciso che mi lascerà libera altre due estati dall’incubo del matrimonio, e fino ad allora io vivrò in pace! Quando arriverò il momento escogiterò qualcosa per sfuggire al pretendente che lui mi troverà”. Mercuzio scoppiò a ridere “Puoi sempre chiedermi aiuto”. Giulietta lo guardò capendo quello che intendeva prima di farsi aiutare a salire a cavallo.

Arrivarono in piazza e il caldo iniziò a farsi sentire. Scesero da cavallo e Mercuzio gli accarezzò il  muso, Giulietta osservò il candore dell’animale e la sua criniera “E’ davvero bellissimo” disse accarezzandolo a sua volta. “Si” le rispose il giovane, “Lo amo tantissimo”.

La ragazza li osservò mentre lui lo accompagnava ad abbeverarsi alla fontana “So quello che intendi, gli animali sono così..speciali” mormorò avvicinandosi. Mercuzio la guardò con un sorriso dolcissimo e lei distolse lo sguardo arrossendo visibilmente.

“Vieni” le disse lui, “Benvolio ci aspetta alla locanda”.

Entrarono e Giulietta si fermò ad osservare i vecchi ubriachi che invadevano i tavoli lerci e puzzolenti d’alcool. “Lo so, è un postaccio ma sai com’è lui. Non mi ascolta mai” si giustificò Mercuzio notando che la ragazza non era per niente intimidita.

“Non mi sembra che sia arrivato” disse lei avanzando, Mercuzio la seguì un po’ nervoso “Aspetta, è meglio se mi stai vicino”. Giulietta rise “Di cosa hai paura?”.

Una giovane donna non molto più grande di lei con i vestiti strappati avvinghiò il ragazzo all’improvviso “Mercuzio! Sei tornato finalmente da me!”, lui prontamente la scansò “Che cosa? Ti sbagli! Non sono qui per te!”. Ma lei non lo ascoltava e prese a toccarlo ovunque, lui cercava di togliersela di dosso in tutti i modi, ma senza successo.

Giulietta li guardò inorridita e indietreggiò. “Elena smettila!” ordinò tenendole le mani ferme. La ragazza rise di gusto “E dai non fare il timido! Lo sanno tutti che qui io sono la tua preferita! E’ troppo tempo che non vieni a trovarmi, perché non saliamo in camera mia a ricordare quella cosa che ti piace tanto…” e agilmente alzò il ginocchio fino ad appoggiarlo al suo fianco muovendo il bacino.

Giulietta lanciò un’occhiata carica di rabbia a Mercuzio che le ripeteva “Non è come credi” mentre la gente si ammazzava dalle risate, poi si appoggiò al bancone “Oste! Un boccale di vino!”. L’anziano le rispose “Subito mia signora!, la ragazza si sforzò di non voltarsi “Anzi no, facciamo birra!”. Lui prontamente l’accontentò.

Benvolio giunse alla locanda e vide l’amico in difficoltà, gli si avvicinò poi notò Giulietta intenta a bere. Si accorse di lui e lo salutò con un cenno. “Che sta succedendo qui?” chiese all’amico che lo guardò a metà tra il divertimento e la preoccupazione. Gli indicò la ragazza palesemente offesa.

Benvolio sfilò di mano il boccale ancora pieno a Giulietta “Questa non è per te!” , lei protestò “Ma non ho fatto niente di male! Lui piuttosto!” e indicò Mercuzio che stava trattenendo la donna che gli chiedeva carezze e baci.

Benvolio le si avvicinò brusco “Noi dovremo andare!” disse ma lei lo ignorò, si liberò dalla presa del biondo e maliziosamente cercò di alzargli la camicia.

Giulietta le piantò le unghie nella spalla e la fece voltare. “E tu chi sei? Che vuoi?” sibilò quella scostandosi, e tornò a guardare il ragazzo “Lui è solo mio” rise e gli fece scorrere un dito sulla camicia. “Ti ho già detto di non toccarmi!” la rimproverò lui ma lei insistette.

Giulietta la strattonò  per l’abito e si trovarono faccia a faccia, istintivamente la prese per il collo “Allora non capisci! Non lo devi più toccare” urlò minacciosamente. Tutti si zittirono tranne Elena “Non mi fai paura” sussurrò e Giulietta le strinse la gola anche con l’altra mano.

A Mercuzio scappò una risata. In un attimo le sbatté la testa sul tavolo “Possiamo risolvere la cosa con le buone o con le cattive!” continuò Giulietta. Elena con la testa cosi piegata iniziò a piagnucolare “Aiuto mi vuole uccidere! E’ pazza!”. L’oste uscì da dietro al bancone “Vi prego signorina lasciatela, è solo una stupida che non sa quello che dice!” ma Giulietta strinse più forte.

La moglie dell’oste apparve dalle cucine seguita da un paio di prostitute. “Elena!” gridò. Mercuzio trattenne Giulietta per le spalle “Dai lasciala”. Benvolio preoccupato guardò la signora, che era anche la padrona delle ragazze li dentro. Giulietta mollò lentamente la presa ed Elena scivolò a terra piagnucolando.

La vecchia si avvicinò alla ragazza nobile “Avete un gran coraggio a mettere le mani addosso alla mia mercanzia! E cercare di rovinarmela!” urlò ancora. Aiutò Elena a rialzarsi e quest’ultima tossendo e toccandosi il collo guardò Giulietta con disprezzo “Lui è mio! Solo mio!” sibilò.

Mercuzio le urlò contro di smetterla di dire idiozie e lei sdegnata si rivolse di nuovo alla fanciulla “Tu! Ma ti sei vista? Sei ridicola!” e scoppiò a ridere nervosamente. “Io non sono una squallida puttana come te!” le urlò in faccia Giulietta con la voglia di rimetterle le mani addosso.

Mercuzio la trattenne per la vita, “Tu lasciami!” protestò lei, ma lui la bloccò tra le sue braccia possenti. “Non l’ascoltare”, cercò di calmarla. La vecchia s’intromise “Elena vai a fare il tuo lavoro al piano di sopra” e l’accarezzò come si fa con una figlia.

Benvolio gridò “Noi ce ne andiamo da qui!”, la vecchia guardò Giulietta e rispose “E’ un vero peccato che due dei miei migliori clienti se ne stiano andando…”, sorrise maligna. La ragazza si liberò dalla presa di Mercuzio e la mandò all’inferno poi uscì.

I due amici la seguirono, “Stai bene?” le chiese Benvolio dispiaciuto. “Io…”balbettò lei “Io non so che mi è preso, ho perso il controllo mi dispiace!”.  Il ragazzo l’abbracciò “Sta tranquilla, non lo vedrai mai più quel postaccio, adesso andiamo a casa mia”.

La fanciulla si staccò e gli sorrise, si portò la treccia di lato e una folata di vento improvvisa le scostò i capelli davanti che le si erano sciolti.

Benvolio le guardò il collo “Che cos’hai qui?” la toccò sotto il mento. Mercuzio gli tolse la mano “Fa vedere”. Giulietta si scansò ma lui l’afferrò e la costrinse a stare ferma. “Sembra un livido” osservò l’amico “Che sta scomparendo”. Mercuzio si ricordò della festa di fidanzamento dell’amico, quello che era successo in biblioteca…

“Non è un livido” ammise, “E’ un mio morso!” annunciò divertito. Giulietta gli disse di non toccarla e si coprì il collo con la mano. Benvolio guardò entrambi confuso, stava per riaprire bocca quando le campane della chiesa suonarono a morte.

“Di chi sarà il funerale?” chiese invece, Giulietta fece spallucce. Mercuzio propose di andare a vedere ironizzando che erano stati prima dalle prostitute ed ora in un luogo sacro, i ragazzi lo seguirono senza esitare. Una volta dentro notarono quanta gente ci fosse. “Non sembra un funerale” disse Giulietta a bassa voce, “Infatti” osservò Benvolio “E’una messa in onore di qualcuno”.

Mercuzio passò un braccio sulle spalle della giovane “E’ qui che ci siamo conosciuti ricordi…” sussurrò come faceva quando voleva sedurla. “Risparmia il fiato” disse lei brusca e si tolse il suo braccio dalle spalle. Lui rise piano e le toccò la spalla nuda.

“La pianti?” si lamentò lei. Il biondo si stava divertendo nel vederla arrabbiata, “Sennò che fai? Prendi per il collo anche me?” ironizzò. Giulietta lo guardò con rabbia “Sarebbe uno spreco” pensò ma rispose “L’idea mi alletta, non sai quanto!” e tornò ad ascoltare il Frate. “Se non ti conoscessi, direi che sei gelosa” insistette lui e si guardarono di nuovo. Benvolio trattenne uno starnuto “E’ una messa in ricordo di Paride” annunciò.

Mercuzio guardò l’altare e divenne per un attimo triste, non era mai stato sulla tomba dell’uomo che aveva ucciso e adesso gli era venuto in mente quando li in quella chiesa lui lo aveva sfidato a duello. Qualcuno si girò verso l’ingresso a guardarli.

“Vieni, è meglio che non ti fai vedere qui” disse Giulietta e tutti e 3 uscirono. Benvolio chiese se potevano andare finalmente a casa sua, Mercuzio prontamente gli rispose “Certo, adesso andiamo” e guardò Giulietta. Lei guardò il loro amico salire a cavallo e gli andò incontro “Posso venire con te?”.

Benvolio scoppiò a ridere “Non sapevo aveste litigato voi due! Anzi, ultimamente mi è sembrato il contrario”, e le fece posto. Quando anche il biondo fu montato in sella la guardò “Eppure ti preoccupi per me” le ricordò. Giulietta diede un calcetto alla pancia del cavallo di Benvolio e partirono ma Mercuzio li superò al galoppo.

Quando arrivarono a casa Montecchi e lasciarono i cavalli alle scuderie Giulietta chiese a Benvolio “Sei sicuro che non è un problema la mia presenza?”, lui le sorrise e le disse di non preoccuparsi. Giunsero nel salone dei ricevimenti e Arianna intenta a leggere un libro lo chiuse e corse a salutarli.

Benvolio l’abbracciò e le sussurrò “Non mi scappi più adesso”, si baciarono con passione molto a lungo, troppo a lungo… Mercuzio lanciò uno sguardo a Giulietta e lei sbuffò girandosi dalla parte opposta. Ma i due innamorati non ne volevano sapere di staccarsi. Il giovane dei biondi boccoli un po’ intimidito guardò per aria e fischiettò a braccia conserte. Giulietta distolse gli occhi dalla coppia e si guardò intorno finché lo sguardo non le cadde sulle spalle di lui. Restò un po’ a contemplare il riflesso del sole che entrava dalla finestra su quei capelli d’oro. Ad un tratto lui smise di fischiettare e si girò verso di lei, sorridendole.

La ragazza guardò ancora Benvolio e Arianna “Scusate” disse a voce alta. I due finalmente si staccarono ridendo e la fanciulla fidanzata corse ad abbracciare Giulietta “Come stai?” le chiese dolcemente. “Bella domanda…” fu la risposta, Arianna la guardò senza capire e Giulietta le fece cenno di non preoccuparsi.

Mercuzio si avvicinò e le prese la mano ma le sue labbra non la sfiorarono neanche. Non le aveva fatto il baciamano come di solito lo faceva a Giulietta, che in quel momento provò una strana soddisfazione.

“Ragazzi che bello avervi di nuovo tutti qui!” disse Arianna felice e si affrettò a chiamare un servo per far portare un dolce e del thè. “Accomodatevi!”disse ancora la ragazza indicando il divano, Mercuzio fu il primo a sedersi seguito da Benvolio che prese in braccio la sua amata. “Gli onori di casa li fai tu?” chiese Giulietta curiosa mentre prendeva posto tra i due ragazzi. “Si” rispose Arianna e accarezzò i capelli a Benvolio.

“Vivono insieme a momenti!” disse Mercuzio e lei annuì “E’ anche casa tua però!” gli rispose ed entrambi risero. Benvolio baciò Arianna poi guardò l’altra ragazza e il suo migliore amico “Ma è la mia impressione, o avete fatto pace voi due?”. Giulietta cercava il più possibile di dare le spalle a Mercuzio che dopo aver sentito quella domanda la abbracciò ridendo “Noi? Certo! Guarda quanto ci vogliamo bene”.

Lei sbuffò e alzò gli occhi “Ti avevo detto di non toccarmi!”, si alzò perché il servo aveva portato ciò che Arianna gli aveva chiesto, posò il vassoio sul tavolo e chiese se serviva qualcos’altro. “Puoi andare” gli disse Arianna, lui fece un inchino e sparì.

I 4 ragazzi si accomodarono a tavola e Arianna parlò per prima “Permettetevi di dirlo, voi due sareste una bellissima coppia”, guardò Mercuzio che sorrise e prese una fetta di dolce. “Cosa? Di cosa stai…parlando?”chiese distrattamente Giulietta e bevve un lungo sorso dalla tazza. I suoi occhi incontrarono poi quelli di Benvolio che aggiunse “Hai ragione mia adorata, lo penso anche io! Ti dirò, secondo me c’è qualcosa fra loro ma lei sembra non volerlo ammettere”, lui e Arianna scoppiarono in una risata e si guardarono, il ragazzo dagli occhi blu portò una fetta di dolce alla bocca della fidanzata che la morse.

Giulietta si sentì gli occhi addosso di Mercuzio che era imbarazzato più di lei ma non lo dava a vedere. “Avete notizie di Romeo?” chiese Arianna ai due giovani, poi s’interruppe guardò Giulietta allarmata “Oh, scusami!”. Lei le sorrise “Non c’è nulla di cui scusarsi”. Benvolio guardò Mercuzio poi Giulietta “Sicura?”, lei posò la tazza “Sicurissima, perché non dovrei esserlo?” rispose col tono più sincero.

Mercuzio parlò in suo favore “Potete fidarvi, non è una che mente, non ne è capace”. La ragazza sostenne lo sguardo dei tre poi Benvolio si decise a parlare “A quest’ora sarà già a Mantova, ho ricevuto una sua lettera due giorni fa in cui diceva…”.

Un rumore forte di passi lo distrasse, la voce di Lady Montecchi invase la stanza “Ragazzi miei! Arianna, Mercuzio ci siete anche voi! Che gioia vedervi tutti insieme…” i suoi occhi si posarono sulla fanciulla seduta vicino al biondo.

Il sorriso le sparì dalle labbra “Nipote mio che ci fa lei qui?”. Benvolio si alzò “Zia…”, la donna lo interruppe “No ma dico sei impazzito? Tuo cugino è in esilio per causa sua! E lei osa mettere piedi qui in casa Montecchi! In casa mia!”.

Giulietta si alzò seguita da Mercuzio, “Zia, calmatevi! Giulietta è mia amica, è nostra amica!”. “Tu!” gridò lei in faccia al nipote “Tu non sai quello che dici!”, guardò la fanciulla che tanto odiava “Maledetta!” gridò “Guardie!”.

Subito sei uomini armati irruppero nella stanza armati, Mercuzio sguainò la spada e si parò dinanzi a Giulietta. I due furono contornati. Arianna pregò Lady Montecchi di mandarli via e chiarire la situazione ma la donna non la ascoltò. Le guardie puntarono le spade contro i due ragazzi ma Giulietta non ebbe paura.

“Signora vi prego, risparmiate questo scandalo” disse Mercuzio guardandoli uno ad uno, lei rispose acida “Perché mai ci tieni tanto a lei? Che ha portato solo sventure fino adesso?”. La rabbia perché qualcuno stava offendendo Giulietta s’impadronì di lui e si scagliò contro l’uomo che aveva davanti facendolo indietreggiare.

La ragazza dietro di lui approfittò della distrazione di una delle guardie affianco a lei, gli bloccò la mano in cui teneva la spada e con una gomitata in pieno viso riuscì ad appropriarsene. Mercuzio mise fuori combattimento l’altra guardia e si girò a guardarla, gli altri uomini armati furono in procinto di attaccarli mentre la madre di Romeo gridava ancora insulti alla ragazza e Benvolio li intimava a gettare le armi.

I due ragazzi dopo uno sguardo salirono sul tavolo e spalla a spalla si batterono con il resto delle guardie. “Questo è troppo!” gridò Lady Montecchi “Marito, venite qui subito!”. Benvolio sostenne Arianna che sembrava sul punto di svenire.

Mercuzio sferrò un calcio ad una guardia che cadde all’indietro e lacerò parte della divisa ad un’ altra che non era salita, Giulietta parava i colpi che un altro le sferrava sulla lama senza pietà. Si piegò per schivare un suo pugno ma riuscì a ferirgli un braccio. L’uomo urlò di dolore e gettò la spada a terra, con uno spintone della ragazza cadde anche lui. Gli altri che erano rimasti in piedi li guardavano increduli e gli puntavano ancora le armi contro.

Il conte giunse in quell’istante “Basta adesso!” tuonò “Deponete le armi”. I suoi servitori ubbidirono all’istante ma i due ragazzi in piedi sulla grande tavolata no. “Permettetemi di portarla via da qui e nessun’altro si farà male” disse Mercuzio al conte che gli si avvicinò lentamente. Lady Montecchi iniziò a piangere silenziosamente mentre il nipote e Arianna cercavano di tranquillizzarla.

Il conte parlò in tono piatto “Mercuzio vi prego, scendete, evitiamo certi scandali”. Il ragazzo saltò giù con un balzo “I scandali siete voi a crearli” sibilò, tese la mano a Giulietta e lei la prese prima di saltare giu.

L’uomo dinanzi a loro li guardò e mise le mani dietro la schiena “Perché dite questo? Non sono in collera con nessuno io, se non con mio figlio”. Il ragazzo non lasciò la mano di Giulietta “Che volete dire?” chiese dubbioso. Il conte parlò ancora “Sta pagando per un errore che ha voluto commettere, un errore che avrebbe potuto evitare, e la colpa non è certo vostra” guardò la fanciulla con la spada di una delle sue guardie.

“Giulietta, dico bene?” le si rivolse in maniera gentile. Lei lo guardò seria poi annuì. “Si che è colpa sua!” strillò la moglie dell’uomo per poi scoppiare in un pianto a dirotto. Giulietta la guardò rattristata, il conte se ne accorse e le parlò ancora “Sareste cosi gentile da restituire la spada all’uomo a cui l’avete sottratta? Non mi piace vedere le donne che impugnano le armi”.

Lei dopo un attimo lasciò la mano al ragazzo e si avvicinò alla guardia , adagiò lama ed elsa sulle proprie mani e fece un mezzo inchino. L’uomo le si avventò quasi contro, lei rapida puntò la lama a terra fermandola col piede di mono che l’elsa fosse rivolta verso l’alto.

“Perché la sua vita vi sta tanto a cuore?” chiese il conte a Mercuzio, lui lo guardò dritto negli occhi ma non rispose. “Si dice che voi l’abbiate portata via a mio figlio” continuò il conte. La guardia provò ad afferrare la spada che Giulietta agilmente gli sottrasse e gli puntò il bordo al collo trattenendo l’elsa all’altezza del suo orecchio, avrebbe potuto tagliargli la gola in un attimo nonostante lui fosse più alto.

“Nessuno mi ha mai portata via da nessuno, tanto meno da Romeo” pronunciò. L’uomo che aveva davanti la guardò con un filo di terrore. “Come osi nominarlo!” singhiozzò ancora Lady Montecchi.La ragazza abbassò l’arma e la depose di nuovo sulle proprie mani. “Coraggio prendetela adesso” disse trionfante.

Il conte l’aveva studiata per tutto il tempo. Mercuzio invece la guardava temendo che potesse farsi male. La guardia tremante afferrò l’elsa, lei notò il sangue uscirgli dal naso e si allontanò senza dargli le spalle. Tornò dinanzi al conte e Mercuzio le riprese la mano intrecciando le dita alle sue.

“Giulietta mi meraviglio di voi!” disse il conte sincero “Come mai una signorina della tua età è capace a combattere?”. Lei era stanca, aveva voglia di andarsene ma trovò la forza di rispondergli “Velocità, riflessi sempre all’erta, e non dare mai le spalle al nemico. Forse le giovani fanciulle in attesa che qualcuno le salvi dovrebbero imparare tutto ciò”. Il conte sorrise “Strabiliante” mormorò. Lei gli sorrise.

“Non c’è da stupirsi allora se questo ragazzo tiene tanto a voi, forse il motivo è perché siete speciale” disse il padre di Romeo. Mercuzio lo guardò e pensò a quanto fosse diventata assurda quella situazione. Un Montecchi che stimava una Capuleti? E un pomeriggio tra amici andato a finire in sangue. Già, il sangue. Giulietta si guardò intorno: il vassoio del dolce era caduto a terra, le tazze rovesciate avevano tinto la tovaglia del colore del thè. I sudditi del conte erano in piedi e guardavano un punto fisso. Due di loro perdevano sangue ed erano riversi in terra, anche la guardia a cui lei aveva sottratto la spada stava sanguinando dal naso. Ancora di più di prima, sempre di più.

“Devo andare adesso” disse Giulietta, la testa le girò improvvisamente. Benvolio chiese a Mercuzio se l’avrebbe accompagnata lui, Arianna corse ad abbracciarla e la signora Montecchi seduta in un angolo la guardava con odio. “Felice di avervi conosciuta Giulietta” disse il conte, lei lasciò la mano a Mercuzio e gli sorrise brevemente.

Si avviò all’uscita mentre il padre di Romeo chiedeva “Vi faccio accompagnare alla porta?”. “Non ce ne è bisogno” rispose Mercuzio “Conosciamo la strada”.

Il paesaggio intorno a lei aveva preso a girare all’improvviso , chiuse gli occhi e si toccò la fronte. Poi appoggiandosi al muro s’incammino lungo il prato all’esterno della dimora. Mercuzio la raggiunse “Che hai? Ti senti male?”.

Lei si sforzò di tenere gli occhi aperti ma un senso di nausea e tutto intorno a lei che non la smetteva di girare le impedirono di rispondere. Si appoggiò a lui e crollò. Il ragazzo la trattenne e la prese in braccio. “Giulietta! Giulietta!” la chiamò senza ottenere risposta. La portò vicino al pozzo e la distese delicatamente sul prato. Dopo aver raccolto un po’ d’acqua con la borraccia le bagnò i polsi ed il viso.

“Ti prego svegliati, guardami” sussurrò e le adagiò la testa sulle proprie ginocchia. Accarezzò le sue guancie e gli scese una lacrima. Subito l’asciugò con rabbia. La sentì respirare piano ma profondamente e si soffermò a guardarle le labbra rosee. Quella bocca cosi piccola, come le sue mani ed i suoi polsi.

Si sdraiò accanto a lei cercando di scacciare quel pensiero. Ma non fu facile. Le sue dita le sfiorarono di nuovo il mento e la bocca. “Io ti amo” pensò “Ma non so se dirtelo”. Si tirò su a sedere e rimase appoggiato su di un gomito, le accarezzò piano il collo dove c’era quello che restava del morso che le aveva dato giorni addietro.

Il cuore gli batté forte “Perché non riprendi conoscenza?”. Appoggiò la sua fronte a quella di lei sentendosi incapace di fare nulla. Le guardò gli occhi chiusi e le lentiggini che al sole erano più evidenti, le accarezzò la punta del naso poi appoggiò la mano sull’erba e le labbra sul suo viso. Baciò l’angolo della bocca e la guardò ancora, poi lentamente le schiuse le labbra e le sfiorò con le proprie.

Giulietta aprì gli occhi e sobbalzò. Lui ritrasse il viso e lei si tirò su di scatto gridandogli “Che stai facendo?”. Mercuzio l’aiutò a rialzarsi “Finalmente ti sei ripresa!” esultò, “Va meglio?” le chiese togliendole alcune foglie dai capelli. Lei avrebbe voluto abbracciarlo ma si trattenne “Sto bene…Portami a casa adesso” ordinò e si avviò verso il cavallo bianco.

Corse in camera sua e si buttò sul letto, iniziò a piangere prima silenziosamente poi a singhiozzi “Dio, ma che mi sta succedendo?” gridò a se stessa. Si alzò e di fronte allo specchio e si sciolse nervosamente la treccia poi chiuse la finestra sbattendola “Non voglio vederti più” pensò “Non posso andare avanti cosi, guarda cosa è successo oggi. Guarda cosa ho scoperto di te oggi!”.

Mercuzio stava tornando a casa quando rallentò il cavallo “Io quasi quasi tornerei indietro…tu che dici Ares? Torniamo da lei?”. L’animale sbuffò e il suo padrone rise “Sono d’accordo”, invertì la marcia e riprese a correre.

Una volta arrivato lasciò Ares al solito posto, scavalcò il muro e senza farsi vedere da nessuno corse al balcone. Si arrampicò e con un’amara nota vide la finestra chiusa, si appoggiò al vetro finché lei che era seduta al centro del letto con le braccia intorno alle ginocchia piegate alzò lo sguardo verso di lui.

Il ragazzo ebbe una stretta al cuore: il suo bellissimo viso da bambina era rosso e gonfio di lacrime. Giulietta si alzò dal letto e scomparve dalla sua vista. Lui bussò al vetro “Aprimi” disse “Per favore, ti prego apri”.

La ragazza si era appoggiata contro l’armadio con le braccia conserte “L’avevo detto io che non ti volevo vedere” disse e si asciugò le ultime lacrime. Mercuzio si sedette a terra “Starò qui anche in eterno se necessario”, lei sospirò “Prima o poi dovrai aprire la finestra!” disse ancora lui. La ragazza provò ad ignorarlo con tutte le sue forze.

Mercuzio era seduto e incollato al vetro,  per tre volte la vide uscire ed entrare nella stanza senza guardarlo. Ad un certo punto si alzò e bussò di nuovo “Perché non me lo dici in faccia perché ce l’hai tanto con me? Guarda che quelle della locanda non significano niente per me”.

Giulietta lentamente comparve nel suo campo visivo. “Non crederai alle parole di Elena! Fa cosi con tutti! E poi l’avrò vista solo un paio di volte…” continuò il ragazzo guardandola negli occhi. Lei si avvicinò ancora e lui appoggiò il palmo destro della mano al vetro. “Giulietta ti prego, devi credermi! Io non voglio perderti”.

La giovane poteva capire quello che lui le stava dicendo perché nella stanza c’era un'altra finestra aperta, forse se avrebbe chiuso anche quella, la voce di lui non avrebbe più potuto raggiungerla…

Invece appoggiò il palmo sinistro della sua mano al vetro. Il ragazzo si ammutolì e la desiderò ancor di più. Lei non lo stava guardando, era intenta a posizionare le dita perfettamente sopra le sue dall’altra parte della finestra.

Ci fu un istante di silenzio poi Giulietta alzò lo sguardo. Mercuzio appoggiò anche la fronte “Ti amo” pensò ancora e temette che la ragazza riuscì a sentirlo perché gli occhi le si velarono di lacrime e si voltò di scatto.

Sbatté i pugni sul vetro meno delicatamente di prima “Una volta mi hai detto che sono  importante per te, se ci tieni ancora a me allora apri!”. Giulietta trasse un respiro profondo e aprì la finestra “Cos’altro vuoi?” ringhiò. Lui appoggiò i gomiti ai bordi del muro “Che tu sia sincera con me! Dimmi quello che hai dentro, fa qualcosa, sfogati!”.

La ragazza lo guardò seria negli occhi e gli si avvicinò al viso “Sto male, ed è tutta colpa tua”. Mercuzio sorrise beffardo “Non sapevo di essere la ragione dei tuoi mali, almeno fino ad oggi...”, non finì la frase perché lei gli afferrò i capelli e gli guardò il collo, poi la bocca. Passò qualche secondo e Giulietta un po’ incerta se baciarlo o meno gli lasciò i capelli e si voltò.

Lui la trattenne per i fianchi “Hai persino paura di non lasciare le cose a metà?”. La stava provocando e lei ne era consapevole. “Stavo solo cercando di farti tacere” gli rispose divincolandosi inutilmente. “Ah davvero? Strano, perché se io voglio che qualcuno stia zitto faccio questo” e le tappò la bocca.

Giulietta riuscì a liberarsi dalla sua presa esclamando “Lasciami!” e si allontanò di qualche passo. Il giovane scoppiò a ridere “Tu mi vuoi” disse avvicinandosi, Giulietta divenne paonazza. “Io ti piaccio non è cosi?” continuò lui.

“Sei completamente folle lo sai?”replicò lei e si voltò di scatto per guardarlo in faccia, invece se lo ritrovò ad un passo dal viso. Il suo sorriso era capace di farla sragionare. “Certo che lo so, che mondo sarebbe senza follia? E poi, se non fossi cosi folle, non ti piacerei cosi tanto” disse orgoglioso abbracciandola.

Lei lo guardò con rimprovero. “Prova a dire il contrario, se hai coraggio” disse lui prendendole il viso tra le mani. Giulietta arrossì palesemente intimidita, abbassò lo sguardo e gli scansò le mani “Qual’era la domanda?” chiese innocentemente facendolo ridere di nuovo.

Poi Il biondo si toccò la camicia “Ahi…” mormorò, Giulietta quasi urlò “Oddio che ti succede?”. Lui si piegò e indietreggiò “Credo… mi si siano riaperti i punti”. La balia bussò alla porta e la chiamò “Giulietta?”, la ragazza guardò Mercuzio e la porta.

Corse a risponderle trattenendo la maniglia “Si…cioè no, non adesso”, la donna replicò “Tesoro ti senti bene?”, Giulietta sostenne la porta temendo che la balia l’avesse aperta da un momento all’altro. “Ma si sto benissimo, vai e torna dopo, per favore!” insistette, la donna in corridoio si convinse a tornare più tardi e la fanciulla quando fu certa che la sua nutrice si fu allontanato si voltò a guardare il ragazzo, che non era più in piedi piegato in due dai dolori, bensì sdraiato sgraziatamente sul suo letto.

La guardò come se niente fosse. Le gambe accavallate e le braccia piegate dietro la testa. Giulietta si arrabbiò “Ma tu stai benissimo!”, lui si sistemò meglio il cuscino dietro la schiena senza staccarle gli occhi di dosso.

“Dovresti vedere la tua espressione in questo momento Giulietta” ridacchiò. La ragazza afferrò l’altro cuscino e glielo tirò addosso, lui parò il colpo e abbracciò il cuscino. “Sai che ti dico?” tuonò lei con le mani sui fianchi “Vorrei tanto che ti si riaprissero per davvero i punti!”. Il ragazzo annusò il profumo del cuscino e la guardò di nuovo “Oh, questo si che mi fa male” mormorò alzandosi dal letto.

Lei distolse lo sguardo e si concentrò sul letto ormai mezzo disfatto. Mercuzio le si avvicinò dicendole “Tu sai farmi più male delle ferite di guerra…”, la ragazza sbuffò e indietreggiò, lui cercò di prenderla e lei scappò dall’altra parte della stanza.

“Ti ho già detto di non toccarmi” gli disse in tono minaccioso facendolo ridere di nuovo. Lui la raggiunse e lei provò a sfuggirgli di nuovo ma senza successo. “Non avevi sviluppato i riflessi pronti?” le chiese accarezzandole i capelli lentamente e stringendola. 

Giulietta evitò il suo sguardo e cercò di liberarsi ma lui la prese per i polsi e se li appoggiò alle spalle. Gli occhi di lei ammirarono la camicia semiaperta e quello che c’era dietro. “Se vuoi ti faccio vedere” disse lui, e dopo averle lasciato libero un braccio si alzò lentamente la camicia. “Dai non essere timida” aggiunse ridendo perché la ragazza si stava agitando, “Non sei contenta di sapere che sto guarendo? O hai paura di…”.

La giovane lo guardò negli occhi “Io non ho paura di niente! Non l’hai visto oggi?” con la mano libera gli toccò la pelle nuda che era incredibilmente calda. Lanciò un’occhiata sul taglio che si stava rimarginando visibilmente. “In effetto oggi mi hai davvero stupito” disse il ragazzo.

Le dita di lei gli accarezzarono l’addome per un istante di silenzio “Ti fa ancora male?” gli chiese con un filo di voce. “E’ solo un graffietto, tu sei molto più velenosa” rispose lui, ma dolcemente. Giulietta lo guardò per scusarsi ma non riuscì a parlare, era certa che lui l’avrebbe compresa anche senza l’aiuto delle parole.

La porta si aprì di colpo ma la balia non riuscì a dire quello che voleva dire. La vista della sua amata figlioccia vicinissima a quel mascalzone che le avvinghiava un polso e si teneva la camicia tirata su mostrando le sue fattezze, e la mano di lei sulla sua pelle? No, non può essere, disse a se stessa. Ma come si guardarono quei due, non le piacque affatto.

“Voi?” urlò “Che cosa le state facendo?”. Mercuzio si ricompose all’istante e Giulietta si liberò dalla sua presa. “Balia calmati! Non è successo niente” rassicurò la ragazza ma la donna non l’ascoltò, guardò il ragazzo con disprezzo “Lei non è come quelle che voi conoscete! Mio fiore purissimo che ancora non sa quanto l’uomo possa inquinarla” abbracciò Giulietta come a proteggerla.

Mercuzio le rise in faccia “Mi ricordo anche io di voi, bella gentildonna”. La balia replicò “Siete un vile! Un furfante, vi meritereste…”, la ragazza s’intromise “Ma balia non è affatto come dite! Voi non lo conoscete”. La donna la guardò con devozione “Figliola sei ancora molto giovane e inesperta sugli uomini, non sai quello che fanno con le prostitute, non sai quanto possano essere loschi i loro scopi!”.

Giulietta la guardò senza capire poi delle voci di alcune serve annunciarono che era pronto il bagno, si rivolse a Mercuzio “Vai adesso!”. Lui svelto si dileguò dietro alle tende. La balia spalancò la porta e due serve trascinarono in camera la vasca da bagno mentre altre la riempivano con secchi d’acqua calda fumante, acqua di colonia e Sali da bagno.

“Va bene, grazie” disse Giulietta e si affrettò ad accostare la finestra “Tutte fuori, subito!”. Le serve, tra cui Esmeralda ubbidirono e chiusero la porta. La balia cominciò a slacciare il corpetto dell’abito della ragazza e l’aiutò a spogliarsi. Quando rimase in sottoveste la pregò di uscire.

“Ma Giulietta!” replicò lei, “Quel farabutto potrebbe tornare dalla finestra e...”. la ragazza la zittì bruscamente “Adesso finiscila e ascoltami! Lui non è come tu lo descrivi, non lo conosci come lo conosco io e adesso per favore, voglio fare il bagno da sola. Vai, te lo ordino!”. La donna si scusò ed uscì dalla stanza a testa bassa.

Giulietta si chiuse a chiave e sospirò, cominciò a sentirsi stanca. Mercuzio da dietro la lunga tenda rossa la osservava cercando di respirare piano per non farsi sentire. Quando la vide avvicinarsi alla vasca fumante e abbassarsi la spallina della sottoveste girò la testa dall’altra parte imbarazzatissimo e strinse i pugni.

La tentazione di guardare fu forte ma con un grande sforzo resistette. Dal rumore dell’acqua capì che aveva immerso il suo corpo. Scostò la tenda e osservò la sua schiena candida.

Si stava spostando i capelli di lato e dopo averli pettinati si era appoggiata al bordo e aveva socchiuso gli occhi. Incrociò le braccia e vi appoggiò la testa. Per un momento svuotò la mente e si rilassò ma durò poco perché un colpo di tosse la fece sobbalzare.

Riaprì gli occhi e si girò di scatto “Perché sei ancora qui?” gridò. Mercuzio ad un passo dalla vasca scoppiò a ridere “Stai tranquilla, voglio solo farti compagnia” e con un rapido gesto si sfilò la camicia.

Giulietta indignata si gettò i capelli davanti al petto. “No vattene!” replicò ancora lei. Lui le lanciò un’occhiata divertita prima di slacciarsi la cinta. “Guarda che mi metto a urlare e ti faccio cacciare!” si allarmò Giulietta. “Fai pure” disse lui mentre si toglieva le scarpe “Tanto siamo chiusi a chiave” e rise prima di passare ai pantaloni.

La ragazza si girò di scatto dalla parte opposta. “Comincio a pensare che la mia balia abbia ragione…” disse arrabbiata “La forca ti meriteresti! E comunque voglio che tu te ne vada adesso”, si rannicchiò infastidita e si coprì con i capelli il più possibile.

“Quante storie per un bagno!” rispose lui mentre metteva piede in acqua, Giulietta chiuse gli occhi e li riaprì quando avvertì che si era accomodato.

“E’ un vero peccato tenerti quest’acqua meravigliosa solo per te, non essere avida” la stuzzicò Mercuzio innervosendola ancora di più “Ah io sarei avida perché vorrei fare il bagno da sola!”, lo guardò e ne rimase incantata. Il suo viso cosi angelico le sorrise poi si immerse del tutto e dopo qualche secondo tornò a galla. I capelli bagnati si appiattirono e lui se li tirò all’indietro.

Le gocce d’acqua che gli scivolarono giù dal viso e dalle braccia piegate fino alle spalle nude incollarono l’attenzione della ragazza che aveva perso le parole. Lui riaprì gli occhi e appoggiò il mento oltre la superficie dell’acqua. “Forse dovrei chiederti scusa” disse Giulietta.

Il ragazzo le toccò i capelli e l’attirò a se lentamente “Sto per vendicarmi” sussurrò “Trattieni il fiato…”. Lei lo guardò senza capire poi si ritrovò con la testa sott’acqua e un istante dopo respirava di nuovo l’aria “Ma come osi!” replicò e schizzò un po’ d’acqua contro di lui. “Di cosa ti lamenti? Sono stato delicato!” e iniziarono una battaglia di schizzi finché il pavimento non si allagò.

Giulietta si fermò e si appoggiò al bordo per vedere “Abbiamo combinato un guaio” pensò ma non le interessava. Mercuzio si spostò dietro la sua schiena e si ritrovarono opposti a come erano prima. “Tranquilla” le disse “C’è ancora acqua in abbondanza… per coprirti”. Lei fece finta di ridere “Il tuo senso dell’umorismo è notevole”.

Lui si girò e le diede le spalle divertito “Piuttosto, fammi spazio” e le fu addosso. Giulietta istintivamente dischiuse le braccia e lui si accomodò con la schiena contro di lei. “Ti sembra normale quello che stai facendo?” gli chiese facendolo ridere,“Non mi sembra che ti dispiaccia” replicò lui.

La ragazza prese il pettine che aveva appoggiato sul tavolo accanto e iniziò a passarglielo fra i capelli dorati. Sbuffò “Sei patetico, te l’hanno mai detto?”. Lui socchiuse gli occhi “Mi hanno chiamato in modi peggiori, ma io preferisco folle” si rilassò e appoggiò la testa sotto al mento di Giulietta che lasciò il pettine dove era prima e in silenzio gli passò le mani sulle spalle e poi sul petto.

“Non ti addormentare” gli disse accarezzandogli ancora i capelli, lui girò un po’ la testa “E come potrei, sto in paradiso”. Giulietta sospirò soffocando una risata poi spostò la gamba che le si stava addormentando, e l’adagiò sul bordo della vasca. Mercuzio l’accarezzò salendo dalla caviglia al ginocchio e poggiò la mano sulla coscia.

“Credo sia ora che usciamo, l’acqua sta diventando fredda” disse la ragazza vergognandosi. “Meglio” rispose lui “Io ho molto caldo in questo momento” si spostò fino a toccarle la coscia con le labbra, baciò la pelle castamente poi la mordicchiò. La balia bussò forte alla porta e provò ad aprirla “Giulietta!” gridò.

I due ragazzi sbuffarono e si guardarono “Hai ragione, è ora di uscire” disse Mercuzio che agilmente balzò fuori mentre lei si era già coperta gli occhi e afferrò un telo avvolgendoselo in vita. “Adesso arrivo!” rispose Giulietta, poi si rivolse a lui “Girati”.

Il ragazzo poco convinto le diede le spalle lentamente, “E chiudi gli occhi!” aggiunse lei alzandosi. “Ti devi fidare” sussurrò lui. La ragazza si avvolse per bene il telo addossò e si strizzò i capelli facendo ricadere l’acqua nella vasca.

“Giulietta apri!” gridò ancora la balia. Mercuzio si passò un altro telo intorno al collo. “Sbrigati!” gli intimò Giulietta ma sentendo che la balia non la smetteva di calmarsi prese i vestiti del ragazzo e lo trascinò fino all’armadio, lo aprì, prese un vestito a caso e lo costrinse ad entrarci.

“Giulietta che sta succedendo?” insistette la balia “Perché ti sei chiusa a chiave? Giulietta!”. Mercuzio rise mentre si faceva spazio nell’armadio. Lei lo guardò intimandogli di tacere e chiuse l’anta in mondo che gli passasse un filo d’aria. Aprì la porta e la balia entrò di cosa e si guardò intorno.

“Ecco, ho fatto!” si giustificò Giulietta”. La donna non trovò nulla di sospetto, chiamò le serve che portarono la vasca nella stanza accanto per svuotarla e ripulirono per terra. Una volta uscite la balia aiutò la fanciulla a rivestirsi e a spicciarsi i capelli, “Non essere arrabbiata con me!” le disse Giulietta , la donna l’abbracciò “Lo sai che mi preoccupo per te, non voglio che qualcuno ti faccia del male”.

La ragazza le sorrise e la convinse che si sarebbe finita di asciugare i capelli fuori al sole cosi la balia si congedò per andare nelle cucine. Appena fu fuori dalla camera Mercuzio uscì dall’armadio mezzo spogliato e con i capelli umidi,”Se sapesse che abbiamo dormito insieme e fatto anche il bagno, ti farebbe rinchiudere in convento” sghignazzò senza ottenere risposta.

S’infilò la camicia e Giulietta l’aiutò a riabbottonarla poi sistemò l’armadio e gli portò le scarpe. “Come sei premurosa” osservò lui allegro, lei sorrise “Dai vieni, usciamo cosi ci asciugheremo meglio i capelli”, quando il ragazzo fu pronto sgattaiolarono in corridoio e arrivarono furtivi all’uscita che dava sul retro della dimora.

Una volta fuori Giulietta annunciò “Questo è il mio angolo di giardino personale” indicò le molte rose rosse. Lui ne accarezzò una e pensò che le guancie di lei fossero della stessa morbidezza. “Giulietta, dovrei andare adesso” disse a malincuore, “Però prima volevo chiederti una cosa”.

La ragazza gli si avvicinò facendogli cenno di proseguire. “Sei ancora innamorata di Romeo?”, la guardò negli occhi. “Romeo…” gli fece eco lei “Io non lo perdonerò mai per quello che ti ha fatto” indicò la sua ferita “E per quello che mi ha fatto”, sospirò “No che non lo amo, forse credevo di amarlo, ma so con certezza che il mio cuore non gli è mai appartenuto”.

Si guardarono brevemente. “Lascia che ti accompagni” propose Giulietta e lui acconsentì, arrivarono al cancello insieme, due servitori lo aprirono e rimasero in attesa di ordini. “Quando potrò rivederti?” chiese lui, lei fece spallucce poi si abbracciarono e lui la sollevò da terra “Se continui cosi” lo minacciò lei scherzando “Il mio permesso di accettare che tu mi faccia la corte dovrà aspettare”.

Risero e si ritrovarono di nuovo faccia a faccia “Perché fino adesso ti risulta che non te l’abbia fatta?” disse lui facendola arrossire. “Vai!” gli ordinò. Si congedarono dopo altre battute e risate, mentre si allontanava lui le mandò un bacio con la mano.

Giulietta attraversò il viale con l’alta fontana al centro e giunta alla porta di casa trovò la balia e suo padre con gli occhi fissi su di lei. “Va tutto bene?” chiese loro, che annuirono e poi guardarono in lontananza.

Quella notte Giulietta sognò le prostitute della locanda che venivano a casa ad annunciarle di essere tutte quante incinte di Mercuzio. Si svegliò di malumore e a lezione di spada fu più verace che mai. Aramis le insegnò ad usare anche i pugnali visto che lei ne aveva 2 con cui dormiva sotto al cuscino. La balia le ripeteva che se si era presa una sbandata per il giovane dai capelli d’oro era il caso che se la faceva passare il più in fretta possibile.

Giulietta sentiva che c’era qualcosa che non andava in lei, qualcosa di strano. Si diresse nello studio del padre e aprì un cassetto dove non poteva mancare l’occorrente per scrivere. Si sedette dietro lo scrittoio e trasse un lungo respiro profondo.

“Dove sei stato?” chiese Escalus in tono rigido al proprio nipote incrociandolo per le scale. “Zio” rispose Mercuzio “A contemplare una bellezza unica, un fiore delicato e puro e…”, il Principe lo trattenne per una spalla “Ma cosa stai dicendo? Non ti ho mai sentito parlare in questo modo, non è da te!”.

Il nipote rise “Chissà…”, e fece per andarsene ma lo zio lo fermò “Non dirmi che sei finito ancora una volta ad ubriacarti!”. Mercuzio scosse la testa “E a che mi serve? Non ci penso minimamente”. Il maggiordomo dal fondo delle scale li interruppe “Perdonate vostra grazia, ho qui un messaggio per il signorino”.

Il ragazzo scese le scale a due a due e quasi strappò la lettera di mano all’anziano, la aprì e lesse “Caro Mercuzio, perdonatemi ma non so che mi succede. Credo sia meglio non vederci per un po’, anzi forse è il caso di evitarci del tutto. Siete un buon amico ma non voglio affezionarmi troppo a voi. Scusate per queste parole che so ti faranno male ma è meglio cosi per entrambi. Tua Giulietta”.

La rilesse una seconda volta per accertarsi di aver capito bene. Il Principe chiese sbuffando “Allora Mercuzio? Buone notizie?”, il nipote con gli occhi lucidi rispose “Si…Le migliori”, la ripiegò e corse a chiudersi in camera sua. Il tonfo della porta che sbatté risuonò per tutto il castello.

Giulietta guardò la lettera che aveva appena ricevuto appoggiata sul letto, sapeva chi era ad averla scritta ma non aveva il coraggio di aprirla. Camminò su e giù per la stanza poi si fece coraggio e l’aprì, uscì sul balcone e appoggiandosi al muro lesse “Perché hai deciso di farmi questo? Che cosa ho sbagliato? Non dirmi che la tua cara balia ti ha convinta di chissà quali assurdità. Tu sei forte, ne abbiamo passate tante, ti conosco e quella che mi ha scritto non sei tu. Non sai spiegarti cosa ti sta succedendo? Vuoi evitarmi? Te lo dico io il perché, continui a negare che c’è qualcosa tra noi…”

Giulietta iniziò a piangere poi proseguì “Per quanto potremo andare avanti cosi? Lo sai che io ci tengo a te e non ti perderò per nessun motivo al mondo, non puoi liberarti di me cosi facilmente, ciò che voglio più di qualunque altra cosa è stare al tuo fianco, sempre”.

Passò qualche altro giorno, la fanciulla conservava la lettera nel portagioie rileggendola di tanto in tanto. La balia evitava il discorso e Mercuzio non era più venuto a trovarla…Ma lei aveva la sensazione che lui la osservasse quando si affacciava sul balcone, o passeggiava in giardino oppure usciva a cavallo.

Quel primo pomeriggio stranamente nuvoloso Frate Lorenzo giunse a casa dei Capueti per avere un colloquio con Enrico. Il conte lo accolse nel salone sfoderando il suo migliore sorriso “Padre!” esclamò “Venite accomodiamoci!”, il frate lo guardò nervosamente “Non è necessario conte…Vengo solo per un avvertimento”.

Enrico lo guardò perplesso “Che genere di avvertimento?”, si avvicinò al mobile dei liquori e si versò un bicchierino. Il frate sospirò “Questa volta devo infrangere il voto della confessione del giovane Romeo Montecchi…”.

Il conte bevve tutto d’un sorso “Non voglio che quel nome venga nominato in casa mia” sibilò rigido facendo tremare il frate “Ma conte! Il ragazzo ha ammesso di aver colpito Tebaldo ma non di averlo visto morire! E come mai il suo corpo non è ancora stato ritrovato? Non ve lo siete domandato?”.

L’uomo sbatté il bicchiere “Non ditemi che quell’assassino è riuscito ad imbrogliarvi cosi facilmente!” alzò la voce ma il frate non si scompose, “Quello che avevo da dirvi ve l’ho detto” disse “Adesso sta a voi ascoltarmi oppure fare finta di nulla, ma ricordate che vostro nipote può essere ancora vivo!”.

Si congedò e il conte lo fece accompagnare alla porta da un servo, si sedette col bicchiere di nuovo pieno e ripensò alle parole del frate “Tebaldo…” sussurrò.

Un tuono in lontananza fece sobbalzare Giulietta che sdraiata sul letto, si era addormentata vestita. Sgranò gli occhi e si alzò a sedere per guardare fuori dalla finestra; il cielo era nero “Sta per piovere” pensò e si alzò dal letto per socchiudere la finestra. Bevve un sorso d’acqua poi lanciò distrattamente un’occhiata allo specchio. Si sedette a guardare meglio il suo riflesso e all’improvviso capì veramente cosa voleva.

 Corse alla finestra, la aprì e uscì sul balcone. Si sedette sul bordo e lo scavalcò, poi appoggiò un piede alla fitta pianta rampicante e facendosi coraggio vi aggrappò anche una mano, con una spinta si ritrovò aggrappata al muro. Si sforzò di non guardare giù e scese lentamente finché con un balzo si ritrovò a terra.

“Ci sono riuscita” pensò una volta atterrata e guardò ancora il suo balcone, poi stando attenta a non farsi vedere, percorse il retro del giardino e arrivò al cancello, ma c’erano le guardie. Che pretesto avrebbe potuto trovare visto che stava uscendo da sola a piedi e con in arrivo un temporale?

Si guardò intorno poi pensò a come aveva fatto lui tutte le volte che si era introdotto in casa sua di nascosto. C’era una parte del muro di cinta più bassa perché distrutta.

Si avvicinò e dovette arrampicarsi. Impresa ardua visto che indossava un lungo abito bianco, ma alla fine ci riuscì e si ritrovò sul cortile. Corse fuori sul viale alberato appena fuori casa sua e in quel momento una goccia d’acqua le cadde sulla fronte. Mentre sfrecciava tra gli alberi di nuovo quella sensazione. Si fermò ad ascoltare ma non volle guardare indietro.

Ricominciò a correre e giunse in un vicolo che dava sulla piazza. C’erano parecchi ambulanti in giro perché era il giorno del mercato. Lo attraversò a passo svelto attirando l’attenzione di molti passanti.

Mercuzio seduto sui gradini della chiesa sospirava e osservava la piazza gremita di gente. Chi urlava per fare affari, vecchie nobildonne accompagnate dalle proprie dame di compagnia in cerca di chissà quale stoffa per i numerosi banchi, e due donzelle che gli passarono davanti incuriosite. Lui non le guardò nemmeno. Una diede una gomitata all’altra e si fermarono a guardarlo sussurrandosi qualcosa all’orecchio.

Solo quando lui gli lanciò un’occhiata truce decisero che non era il caso e si dileguarono. Il ragazzo guardò distrattamente in lontananza quando un vestito bianco latte e dei capelli lunghissimi e sciolti attirarono la sua attenzione. “Ho le allucinazioni” pensò.

La fanciulla correva fra la gente tenendosi i lembi della veste troppo lunghi e non si preoccupava dell’acqua che stava scendendo. Perché qualche goccia stava venendo giù dal cielo, il ragazzo le sentì sulla mano e perse di vista quella visione...

Giulietta si fermò a pochi passi da lui e il solo guardarlo le riempì il cuore di gioia “Sapevo di trovarti qui” sussurrò fra se e se. Poi lui alzò gli occhi su di lei che sparì di nuovo.

Si alzò frastornato ed iniziò a cercarla fra la gente, sbatté contro un mercante al quale caddero di mano delle collane. “Scusate” gli disse senza guardarlo e proseguì.

La ragazza vestita di bianco gli apparve di nuovo davanti agli occhi e si voltò a sorridergli. Le nuvole in cielo si fecero sempre più nere, un altro tuono in lontananza annunciò l’arrivo imminente dell’acquazzone.

“Mercuzio!” lo chiamò un suo amico quando gli passò vicino “Scusami adesso non posso…”, la ragazza aveva raggiunto un vicolo stretto e stava diventato più veloce. Mercuzio accelerò il passo urtando chiunque ma non gli importò.

La seguì ma lei era cosi dannatamente veloce, e lui come ipnotizzato da quella visione che ancora non riusciva a capire se fosse reale o meno.

L’acqua cominciò a scendere e molta gente si coprì la testa con i cappucci o qualunque altro oggetto avessero in mano. Giulietta si voltò e lo vide seguirla, ma poi lo perse di vista.

Si fermò di scatto a riprendere fiato e si guardò intorno. “Al riparo!” gridò qualcuno e molta gente si avviò verso casa. La fanciulla riprese a correre e giunse dalla parte opposta del piazzale. La pioggia venne giù ancora più fitta.

Lei rallentò e lasciò andare i lembi del vestito, guardò di fronte cercandolo e si fermò al centro della piazza che aveva cominciato a sgombrarsi. Si girò di lato dove c’erano solo ambulanti e dall’altro dove vi era la grande fontana.

Dei bambini le passarono accanto ed un fulmine squarciò il cielo, il suo eco rimbombò forte ed il suo riflesso le illuminò il volto. Sentì dei passi alle sue spalle e si voltò.

Il ragazzo di fronte a lei si avvicinò ancora e si fermò ad un soffio da lei. Si guardarono negli occhi mentre la gente scappava di qua e di là poi anche lei gli si avvicinò. Lui sorrise e le accarezzò la guancia.

Giulietta avrebbe voluto dirgli molte cose ma in quel momento non trovò le parole. La paura di Mercuzio di perderla svanì quando i loro respiri si fusero. Lei lo abbracciò e lui la strinse per la vita.

La pioggia s’infittì pesantemente ma i due non sentirono neanche le gocce sulle palpebre chiuse o il rumore del temporale. La bocca dell’altro era diventata come una droga che creava una dipendenza continua.

Non esisteva più niente, fu come se il mondo stesse per finire, o se fosse già finito e nient’altro avesse più importanza, solo loro due.

L’acqua continuò a scendere invadendo i loro capelli e insinuandosi sotto i loro vestiti mentre nella piazza ormai deserta, diventavano i protagonisti assoluti.

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Capitolo 8
*** Capitolo Ottavo ***


Capitolo Ottavo

                                      

 

Un altro tuono in lontananza attraversò le immense nuvole nere accompagnato dal rumore della pioggia, dalla voce dell’acqua.

Il ragazzo riprese fiato e appoggiò la fronte contro di quella di lei. Erano bagnati fradici ma non importava a nessuno dei due. L’acqua si scagliò ancora contro di loro mentre si guardarono negli occhi. Giulietta gli passò entrambe le mani fra i capelli e lo baciò ancora. Mercuzio le accarezzò la schiena e la strinse.

Ma oltre all’acquazzone si alzò anche un vento prepotente. Il ragazzo interruppe il  bacio per guardare un attimo il cielo, “Vieni” sussurrò a Giulietta e la portò sotto una tettoia di un casale li accanto.

Lei appoggiò la schiena al muro e lo guardò. “Sarà meglio che ti porti via di qui finché non smetta…” continuò Mercuzio osservando la piazza allagarsi. La ragazza lo voltò verso di lui e lo zittì con le sue labbra. Lui si abbandonò nuovamente e le sfiorò le guancie con i pollici. 

Quando Giulietta si staccò gli prese le mani “Quello che ti ho scritto non era vero, devi perdonarmi. Avevi ragione tu! Io… io mi sono sbagliata”, lo guardò negli occhi e trattenne una lacrima. Mercuzio la abbracciò scoppiando a ridere “Non mi ascolti mai! Ma mi piaci tanto anche per questo”, appoggiò il mento sui suoi capelli fradici.

Giulietta stette un po’ ad ascoltare il rumore della pioggia tra le sue braccia, poi Ares si avvicinò a loro. “E’ il tuo cavallo?” esclamò la ragazza incredula e sorridente. Mercuzio si voltò “Si, è Ares”. Il bianco cavallo scosse la criniera bagnata e si accostò ad annusare Giulietta  che prontamente lo accarezzò.

“Ma c’è il temporale, non dovrebbe avere paura?” chiese incuriosita. “Lui è speciale” rispose Mercuzio, e dopo averle sorriso aggiunse “Dai andiamo a casa mia”. Lei si affrettò a mettere il piede nella staffa “Salgo prima io!” annunciò e lo precedette.

Il ragazzo la guardò: vestita di bianco sul suo cavallo bianco, entrambi grondanti d’acqua. Soffocò una risatina e salì dietro di lei “Va bene, guida tu, per questa volta…”. Giulietta afferrò le briglie e partirono sotto la pioggia.

L’ultima volta che la più piccola di casa Capuleti era stata nella residenza del Principe di Verona non aveva avuto modo di notare la sua magnificenza. Percorsero il lungo viale collegato dal ponte levatoio prima di arrivare dinanzi al grande cancello antico. Mercuzio scese da cavallo e due guardie prontamente lo spalancarono lasciandoli passare.

La vista del ragazzo che avanzava seguito da una ragazza sul suo cavallo suscitò una strana curiosità nel maggiordomo che li stava osservando da lontano. Anche se l’acqua veniva giù in picchiata i tre sembravano perfettamente a loro agio come se stessero facendo una passeggiata.

Giunsero alle porte del castello e l’uomo le spalancò osservandoli ancora. Giulietta toccò terra aiutata da Mercuzio e osservò la torre più alta con lo stemma dello Scaligero: la bandiera di Verona con la croce gialla su campo blu incorniciata da una corona sullo sfondo nero.

Uno scudiero si avvicinò e il ragazzo gli affidò Ares poi la prese per mano ed entrarono. Il giorno dell’udienza per la condanna di Romeo lei e la sua famiglia non erano passati per l’entrata principale che ora Giulietta aveva modo di ammirare.

Il pavimento era a scacchi bianco e nero e c’erano due curve scalinate laterali che portavano al piano superiore. I tendaggi erano bianchi e blu ed i mobili antichi di un mogano scuro con dei candelabri d’oro massiccio.

“Mia signora…”, la voce del maggiordomo la riportò alla realtà. L’uomo dai capelli grigi s’inchinò “Sono al vostro completo servizio”. Giulietta sorrise un po’ imbarazzata. L’uomo guardò Mercuzio, “Signorino è la prima volta che portate una donna in questa casa…” osservò, il biondo lo interruppe subito  “Si, però adesso dobbiamo asciugarci. Giulietta cena con noi stasera”.

La ragazza lo guardò allarmata e pensò ad una scusa per non rimanere, ma non le venne in mente nulla. “Fammi portare in camera un abito di mia zia” continuò Mercuzio. Il maggiordomo sorrise e annuì poi tornò a guardare la fanciulla “Voi siete dunque Giulietta? Quella Giulietta?”. “Fai troppe domande!” lo accusò scherzando il ragazzo. L’uomo si ricompose “Come desiderate signorino”, e i due ragazzi si congedarono.

“Poverino il tuo maggiordomo, sembra una brava persona! Lo tratti sempre così male?” chiese Giulietta mentre il giovane apriva la porta; la guardò divertito “Anche peggio” e la invitò ad entrare “Prego Madame”.

Una volta in camera di Mercuzio la ragazza scese lentamente i gradini di pietra e ammirò quello che le era apparso dinanzi agli occhi “E’ bellissima!” si lasciò sfuggire.

 C’erano un paio di finestre contornate da oro con le tende bianche, il camino spento ospitava sulla cappa una serie di spade disposte a semicerchio e di diverse misure, c’era un grande tavolo imbandito di frutta e brocche , con due sedie impreziosite da chissà quali pietre vicino ad un elegante armadio e due bauli, dei quali uno aperto e qualche camicia era sparsa qua e la.

Giulietta alla vista del letto che occupava proprio il centro della stanza aveva distolto un paio di volte gli occhi imbarazzata. Era un letto più largo del suo con un alto baldacchino beige e alla base altri scalini di pietra. Notò una spazzola piena di capelli biondi sul comodino e trattenne una risata.

Una serva piuttosto anziana apparve alla porta e tese a Mercuzio un abito della zia, lui la ringraziò e la ragazza ancora di spalle lo sentì chiudere la porta. Si avvicinò alla finestra attratta dal rumore della pioggia che sbatteva sui vetri. Il ragazzo l’ammirò sorridendo, posò sul letto il vestito e accese qualche candela per illuminare il colorito freddo che invadeva la stanza.

Giulietta si voltò e si avvicinò al letto, il suo sguardo le cadde sul vestito che vi era sopra: le maniche corte, arricciate e bianche, il corpetto e la gonna lunghissima e ampia su una tonalità grigio-verde e una cinta intrecciata dello stesso colore. “Ti piace? Se vuoi posso fartelo cambiare” disse Mercuzio accendendo l’ultima candela, poi spense il fiammifero.

Lei gli sorrise “Ma scherzi? Va benissimo questo” e si accorse delle gocce che entrambi stavano lasciando sul pavimento. Il biondo si tolse distrattamente il farsetto e lo lanciò su una sedia poi iniziò a slacciarsi la camicia, la guardò mentre distoglieva lo sguardo imbarazzata e scoppiò a ridere.

“Tieni!” afferrò un telo da un baule e glielo lanciò, lei lo prese al volo e ci si strofinò i capelli “Grazie” mormorò. Mercuzio tornò ad occuparsi della sua camicia ridendo ancora fra se e se. Voleva dirle molte cose, sapeva che avevano bisogno di parlare di ciò che era successo negli ultimi giorni ma un nodo che non voleva sciogliersi lo distrasse. Sbuffò palesemente spazientito. Giulietta rise e si appoggiò il telo su una spalla “Lascia, faccio io”.

Gli si avvicinò e appena gli toccò i lacci della camicia lui le sfiorò il mento “Non credevo mi stessi spiando. Da quando in qua non ti volti dall’altra parte mentre mi spoglio?” ridacchiò. La ragazza gli lanciò un’occhiata che lo fece ridere ancora di più e trattenendosi anche lei dal ridere sciolse anche gli altri nodi e gliela tolse lentamente per accertarsi che la ferita si fosse rimarginata del tutto.

“Adesso aiutami tu” gli diede la schiena lasciandolo a bocca aperta e si spostò i capelli davanti su di un lato. Mercuzio un po’ spaesato per quel gesto iniziò ad allentarle le stringe, voleva guardarle la schiena ma sotto l’abito incontrò la seta della sottoveste.

L’aiutò a sfilarsi il vestito bianco e lo appoggiò su una sedia ma non smise di guardarla. Giulietta stava per ringraziarlo quando sentì le sue mani sulle spalle e sulla schiena, le baciò delicatamente il collo e le abbracciò i fianchi.

La sentì rabbrividire senza opporre resistenza. “Questa dovresti togliertela” azzardò abbassandole una spallina. Giulietta scattò via dalle sue braccia e si girò a guardarlo in faccia con un espressione rabbiosa ma contenuta “Ti piacerebbe non è cosi?”. Lui l’attirò di nuovo a se “Si, molto” sussurrò ad un passo dalle sue labbra, le accarezzò il viso e la guardò divertito.

Sapeva che stava per esplodere e che lo avrebbe attaccato velenosamente come solo lei sapeva fare. “Non mi dispiace affatto deluderti sai…?” disse Giulietta poco convinta e lui la interruppe con un bacio. Invece di provare a liberarsi dalla sua presa come faceva spesso, rispose al bacio e si mise sulle punte dei piedi per abbracciarlo meglio. Il ragazzo sorpreso, la strinse ancora più forte e la spinse contro il letto per poi buttarcela sopra.

Lei si affrettò a sistemarsi la sottoveste che era già abbastanza corta e si accorse dello sguardo di lui sulle sue cosce. Aveva appoggiato un braccio ad una colonna del baldacchino e rideva col fiato corto. Giulietta si sentì stranamente indifesa, “Che cosa vuoi farmi?” gli chiese dubbiosa. “Tante cose” rispose Mercuzio a bassissima voce, le afferrò lentamente un piede e le tolse la scarpa per poi fare lo stesso con l’altra.

“Vuoi smetterla di tremare?” le chiese divertito mentre continuava a guardarle le gambe come mai nessuno aveva fatto prima “Prima mi provochi e poi hai paura…Non si fa”. Lei si accomodò meglio piegando le ginocchia per allontanarle dalla sua vista, eppure non aveva paura come le aveva appena detto lui, era tutt’altro; una nuova e strana sensazione che non aveva mai provato.

Il biondo smise di guardarla e si sedette sul letto per togliersi gli stivali. Giulietta si sdraiò su un fianco e incerta sul da farsi, rimase ferma a guardargli i riccioli umidi che gli ricadevano sulle spalle e sembravano più lunghi poi gli si accostò e lo abbracciò da dietro. “Che c’è, non riesci a stare lontana da me?” scherzò lui ormai scalzo mentre spostava gli stivali vicino al comodino.

“Forse” rispose lei e lo baciò sulla guancia. Mercuzio le accarezzò le mani e intrecciò le dita alle sue poi si voltò e le sorrise. La pioggia fuori non accennava a smettere e altri due tuoni in lontananza si fecero sentire. Giulietta improvvisamente volle sapere perché non si era più fatto ne vedere ne sentire per qualche giorno.

Lui quasi si alterò spiegandole che era per lei, visto che le aveva scritto di non volerlo più vedere. “Mi stai dicendo che ti sono mancato?” le chiese accomodandosi anche lui sul letto. La ragazza rispose con un’altra domanda “Non eri da Elena vero?” facendolo ridere ancora.

“Soffri la mia mancanza e sei gelosa di me! Cosa devo pensare?” la guardò giocando con una bretella della sua sottoveste. Giulietta guardò altrove poi rise “Non lo ammetterò mai! Rassegnati”, tornò a guardarlo con aria di sfida. Lui le prese il viso tra le mani,“Puoi anche ingannare te stessa se vuoi ma non puoi ingannare me” e si accostò lentamente alle sue labbra.

La giovane ragazza di fronte a lui sentì la ragione scivolarle completamente via, come se lui fosse riuscito spogliarla. Lo baciò lentamente, molto lentamente per poi avvinghiare un piede sotto al suo polpaccio e afferrargli i capelli. Sentì le mani di lui sui suoi fianchi e sulla sua schiena risalire fino alle spalle mentre le baciava avidamente il collo.

Mercuzio le abbassò una spallina e le mordicchiò la spalla. I loro respiri erano molto più accelerati di prima e lui fu colto da una forte voglia, una voglia che non aveva mai avuto per nessuna tranne che lei, e dal bisogno di andare oltre, di averla.

Giulietta si ritrovò seduta sopra di lui e i loro baci divennero più intensi, lo accarezzò dietro al collo e senza rendersene conto avvicinò troppo il bassoventre al suo. Mercuzio trovò la forza di staccarsi dalla sua lingua che stava diventando peggio di una droga.

Aprì gli occhi e la guardò dispiaciuto. “Che c’è?” chiese la ragazza preoccupata continuando a giocare con i suoi capelli. Lui abbassò gli occhi e riprese fiato “Non voglio costringerti a fare qualcosa che non vuoi fare...scusa“. Giulietta gli alzò il mento “Tu non lo faresti mai, credi che non lo sappia? Io mi fido di te”, il ragazzo scosse la testa “Perdonami, non voglio perdere il controllo delle mie azioni, e sta succedendo proprio ora”.

Lei continuò a guardarlo perplessa cosi lui le sfiorò le gambe che gli circondavano la vita resistendo alla crudele tentazione di stringerle e la guardò negli occhi come per trasmetterle quello che stava pensando. La ragazza lo baciò ancora poi si staccò da lui e scivolò agilmente giù dal letto. “Sarà il caso che ci cambiamo” disse allegramente e afferrò l’abito che era rimasto dall’altro lato del letto.

Mercuzio si alzò dal letto e si trascinò pigramente verso l’armadio. “Non ti devi scusare, non hai fatto niente di male” gli disse lei mentre si avvicinava per fargli vedere come stava vestita. “Sei stupenda! Come sempre” sorrise lui e la baciò a stampo, lei gli prese la mano e vi intrecciò le proprie dita come aveva fatto lui la prima volta quando Giulietta era ancora in punizione.

L’ora di cena suonò e i due ragazzi si avviarono in una delle sale al piano di sotto. La pioggia era cessata ed era tornato il caldo. I corridoi erano più illuminati e il vecchio maggiordomo faceva strada. “Non ceniamo nella sala grande?” chiese Mercuzio.

“Vostro zio ha chiesto una serata più intima” rispose l’uomo mantenendo il suo passo svelto e leggiadro. Giulietta guardò il biondo e iniziò a preoccuparsi. Un paio di serve le passarono davanti e la riverirono. Lei sorrise e continuò a seguire il maggiordomo. “Tranquilla” le sussurrò il ragazzo stringendole la mano, “Andrà tutto bene”. 

Escalus sedeva al tavolo rotondo assieme a sua sorella minore Caterina, suo nipote Valentino, sua cognata Isabella e i suoi due nipotini. “Io spero che questa sera non ci serviranno di nuovo quella carne al sangue di ieri” si stava lamentando Caterina con Isabella che era intenta a ripetere a suo figlio “Stai seduto bene, su non giocare con il bicchiere”, guardò la cognata con un’espressione divertita “Proprio non la sopportate vero?”.

La principessa sbuffò “No, è esattamente il contrario! Se l’assaggio ne voglio sempre di più”. Escalus la guardò torvo e lei abbassò la testa, poi si rivolse a suo nipote “Tuo fratello ancora non si degna di presentarsi” osservò sarcastico. Valentino che teneva in braccio sua figlia sorrise “Diamogli tempo”.

I servi dietro di loro erano zitti e immobili in attesa di ordini, c’era anche una balia che in quel momento si avvicinò ai due genitori. Isabella le sorrise e la lasciò posare il tovagliolo sulle gambe del figlio, Valentino invece strinse sua figlia che stava giocherellando con la tovaglia.

“Oh, non c’è bisogno” disse alla balia “Ci penso io, vai pure”. La donna tornò al suo posto e Isabella lo guardò con ammirazione e rimprovero. Lui le sorrise “Sai come la penso”, lei annuì.

“Finalmente!” esultò Escalus e si alzò per poi risedersi subito.

Mercuzio aveva fatto il suo ingresso con un “Buonasera a tutti!” e dopo averli guardati uno a uno aveva chiesto “Siamo in ritardo?”. Valentino si alzò con la bimba in braccio “Come se non lo sapessi” e gli si avvicinò per salutarlo. “Voi dovete essere Giulietta!” esclamò Caterina avvicinandosi a lei che le sorrise e la ringraziò subito per il vestito.

 “Ti sta d’incanto” le sorrise la principessa e lei la ringraziò poi guardò Escalus seduto “Mio Principe…” fece un inchino e lui rispose senza interesse “Accomodati pure senza troppo cerimonie”. Caterina la guardò e le sussurrò di non farci troppo caso, Giulietta sorrise ugualmente e si voltò a guardare gli altri quando riconobbe Isabella.

Il tempo sembrò fermarsi e tornò indietro di parecchi anni a quando la sua istitutrice le aveva insegnato a leggere, a scrivere, a contare, il francese e a suonare l’arpa. Isabella lasciò la mano di suo figlio che corse a salutare Mercuzio e si avvicinò a Giulietta con gli occhi lucidi “Oh mio Dio, sei proprio tu?”.

 Valentino ed Escalus le guardarono curiosi. La giovane la raggiunse e la guardò ancora “E tu sei proprio tu?”, iniziò a piangere anche lei “Isa?”. La donna annuì e si abbracciarono commosse poi Isabella rise “Non ci posso credere! Come sta tua madre?” si staccarono e si presero le mani.

Mercuzio si avvicinò “Vi conoscete già?” chiese sbalordito, Isabella annuì e si rivolse al marito “Lei è Giulietta”, lo disse come se avesse sempre parlato di lei “Sono stata la dama di compagnia di sua madre e sua istitutrice”.

La ragazza si asciugò le lacrime “Mia madre sta bene e sono convinta che non vede l’ora di rivederti”, Mercuzio le accarezzò la spalla e lei lo guardò dolcemente.

“Ma guardati!” disse ancora Isabella “Sei un fiore!”. La bimba in braccio al fratello di Mercuzio allungò una manina e afferrò una ciocca di capelli a Giulietta “Papà guarda sono bagnati!”, “Non li tirare che potresti farle male!” le sussurrò lui nel modo più delicato, la mise a terra e tese una mano alla ragazza.

“Lui è mio fratello Valentino” disse Mercuzio mentre faceva il baciamano a Isabella. Giulietta si voltò a guardare Escalus poi di nuovo Valentino “Si vede” disse, “lui però somiglia molto a tuo zio “.

Valentino le sorrise, Giulietta pensò che dopo Mercuzio quello che aveva davanti era l’uomo più bello che avesse mai visto. Alto, capelli neri e mossi legati con un nastro verde come la pietra del suo anello, grandi occhi castani ed espressivi, denti bianchissimi e barba e baffi esattamente come il fratello. Una piccola cicatrice al sopracciglio sinistro e lineamenti morbidi.

Gli sorrise mettendolo quasi in difficoltà. “Che c’è Giulia?” chiese Isabella senza capire. La ragazza rise, “Tuo marito è bellissimo”.

Escalus iniziò a tossire, Caterina si accomodò facendo finta di non aver sentito e Mercuzio alle spalle di Giulietta si sentì improvvisamente invaso dalla gelosia ma anche pugnalato di nuovo da una lama al torace.

Isabella guardò ancora la ragazza e suo marito. “Lo sa!” esclamò rompendo il silenzio e si accomodò a tavola. Anche Giulietta prese posto mentre Valentino la guardava ancora.

“Davvero pensate questo di me?” le chiese quando tutti si furono seduti. Lei notò che Escalus stava per dire qualcosa ma non lo fece. “Certo! Sembrate Mercuzio con i capelli neri, ecco perché siete bellissimo” afferrò la mano del ragazzo accanto a lei che era diventato stranamente silenzioso.

Improvvisamente la gelosia lo abbandonò e la guardò sorpreso ma sollevato. Lei gli sorrise ancora poi si concentrò sulla cena che i servi avevano iniziato a servire. “Mamma io voglio andare da lei!” ripeté più volte la bimba a tavola con loro finché non si staccò dai genitori.

“Viola vieni qui!” la richiamò Isabella ma la piccola non ubbidì, andò invece da Giulietta. “Ciao” le disse la ragazza con un sorriso. La bimba dai mossi capelli castano dorati le toccò ancora i capelli “Come sei bella, posso stare in braccio a te?”.

Isabella subito le ordinò di non disturbare la ragazza ma lei la fece accomodare sulle sue ginocchia “Va tutto bene non ti preoccupare” disse Giulietta, Valentino acconsentì.

Escalus osservò la scena in silenzio e finalmente parlò “Dunque, nipote, sarebbe questa la donna per cui hai perso la testa?”. Mercuzio smise di mangiare e lo guardò. “Ah davvero? Hai perso la testa per me?”, Giulietta ridacchiò poi tornò seria. Lui la guardò come la guardava sempre poi riguardò lo zio.

“Gira voce che tu abbia ucciso per lei” disse Valentino. Escalus bevve un sorso di vino “E’ la verità, ha fatto fuori il giovane Paride per lei in duello”. Il fratello di Viola corse da Mercuzio “Zio, voglio stare in braccio pure io!”, lui gli fece posto “Ma certo! Vieni”.

Il piccolo si accomodò e guardò Giulietta salutandola con la manina. “E tu come ti chiami?” chiese lei, “io sono Enea, lei è la mia gemella” disse il piccolo indicando la sorellina che stava toccando i capelli della ragazza. “Avete la stessa età!” disse lei e loro risposero insieme “Si, 4 anni”.

Il Principe continuò il suo discorso “E si è anche preso una bella coltellata dal suo migliore amico per lei”. Isabella guardò Giulietta e Valentino rispose “Beh se non è amore questo, io non saprei come chiamarlo”. Caterina sorrise “Ben detto nipote!”.

 Mercuzio imbarazzato si rivolse ad Enea “Facciamo un gioco, ti va?”.Il bimbo replicò “Ma io voglio tirare di spada!” e tutti risero. “Quando sarai più grande, te l’ho già promesso” rispose Mercuzio spettinandogli i capelli. “Ha capito tutto” commentò Giulietta mentre Viola appoggiò la sua testolina alla sua spalla.

“Perché tu sai forse usare la spada?” chiese Valentino. Il Principe guardò la ragazza “Abbiamo saputo anche del vostro ultimo spettacolo in casa Montecchi, ti piace salire sui tavoli se non erro?”. Mercuzio s’intromise “Si e la sa usare anche bene, ha messo fuori combattimento le guardie dei Montecchi insieme a me”.

Isabella ascoltò con interesse “Chi cresce in casa Capuleti deve sapere difendersi fin da piccolo” disse e guardò la ragazza con ammirazione “Fai bene continua cosi!”. Escalus bevve ancora “E perché? Potrebbe diventare…pericolosa. E poi lo sapete sono contro all’uso delle armi da parte delle donne”.

Valentino e Isabella si guardarono “Secondo me ci pensi ancora zio” disse il nipote. “A cosa?” chiese Giulietta spontaneamente. Escalus non la guardò “Non sono affari tuoi” e ricevette una gomitata da sua sorella. Mercuzio lo riprese “Zio quando ti rivolgi a lei, mostra un po’ più di rispetto”. La ragazza gli toccò la mano “Non fa niente” ma lui non fu d’accordo.

Isabella azzardò “Non sei curiosa di sapere come io e Valentino ci siamo conosciuti?”, Giulietta annuì visibilmente e notò il principe irritarsi. “Inizi tu Mercuzio?” chiese Isabella rilassandosi, lui guardò la ragazza al suo fianco “Qualche anno fa, quando ero più piccolo, avevo un paggio che in realtà era una donna. Si chiamava Lianne”.

Valentino lo interruppe “Conobbi Isabella una sera al tramonto mentre ero in giro da solo, lei mi passò accanto di corsa e sbatté contro la mia spalla ricordi amore?” le chiese prendendole la mano sul tavolo, lei lo guardò ammaliata “Lo ricordo come se fosse ieri…”.

Valentino tornò a guardare Giulietta, “Scoprimmo di avere molte cose in comune, ci piace molto leggere, romanzi d’avventura soprattutto. Io a quel tempo scrivevo anche delle storie mie cosi la invitai qui per fargliene leggere qualcuna”.

Isabella prese la parola “Un pomeriggio era presente anche Lianne, mio marito le aveva insegnato a leggere e a scrivere e lei si era innamorata di lui”. Escalus ordinò dell’altro vino, Isabella gli lanciò un’occhiataccia poi continuò “Era vestita da uomo e indossava una parrucca. Ci odiammo subito, dal primo istante”.

Valentino scoppiò a ridere. “Quel pomeriggio la ragazza iniziò a punzecchiarmi con le parole, e mi macchiò il vestito. Io mi alzai e le strappai la parrucca perché avevo capito che era una donna. In seguito Val uscì fuori a consolarla poi tornò da me”. I due sposi si guardarono teneramente. “E quando anche Lianne rientrò nella stanza ci sorprese a baciarci e urlò di rabbia ma noi non l’ascoltammo…”.

Caterina fece cadere accidentalmente la forchetta a terra, chiese scusa poi guardò il fratello “Perché non racconti tu la parte del lago?”. Lui la guardò impassibile. “Il lago?” chiese Giulietta. Isabella le rispose “Si il lago qui dietro al castello…Questa ragazza aveva intrecciato una relazione con Escalus dopo l’ennesimo rifiuto di Val ma una sera provò a concedersi a lui in riva al lago. Io e il principe li scoprimmo e io cercai di ucciderla”.

Parlò come se stesse raccontando una storiella divertente ma Giulietta non ci vedeva nulla del genere. Guardò Valentino “E voi l’avete respinta spero?”. Il ragazzo sembrò rivivere la scena per un attimo. “Non ho mai provato nulla più che amicizia per lei…Quella sera voleva concedersi a me, e me lo chiese quasi supplicandomi ma no non ci riuscì”.

Isabella sbuffò “Perché io vi ho interrotti” precisò sorridendo, lui si rattristò “Sai che non è vero”. Giulietta guardò il principe che non parlava da un bel po’. “Tu come al solito detti la colpa a me mentre sotto i tuoi occhi la tua promessa sposa stava per fare…”.

Escalus sbatté la mano sul tavolo “Ora basta!” gridò. Isabella ignorandolo si rivolse a Giulietta “Ma dimmi, Varen come sta?”, lei le sorrise “Gode di ottima salute!”. Calò un breve silenzio durante il quale la giovane rifletté sulla storia che le era appena stata raccontata poi d’un tratto chiese “E dov’è Lianne adesso?”.

Il Principe lanciò il tovagliolo e si alzò indicandola “Tu!” le disse, “Vieni con me”. Giulietta guardò Mercuzio che prontamente si offrì di accompagnarla. “E’ morta” disse Caterina guardando il piatto, “Ed era incinta”. Escalus si allontanò dal tavolo in silenzio e i due ragazzi affidarono i bambini ai loro genitori per  seguirlo mentre Valentino ripeté due volte “Dove li stai portando?”.

In corridoio Mercuzio sussurrò all’orecchio della ragazza “Non ti hanno detto tutta la storia, prima di conoscere il mio paggio mio zio era innamorato di Isabella”. Giulietta lo guardò sbigottita “Cosa?”, lui le fece cenno di abbassare la voce. “Si…”ammise, “E sono convinto che ancora lo sia, che non abbia mai smesso” sospirò e aggiunse “Credo stesse con quella ragazza per provare a dimenticare”. La ragazza guardò il mantello che li precedeva a dovuta distanza e provò pena e sconforto.

Il biondo le passò un braccio sulle spalle, “Lui dice sempre che il fantasma di Lianne è ancora qui..”. Una porta sbatté cosi forte da fare rabbrividire Giulietta che quasi urlò e si aggrappò a lui. “Cos’è stato?” chiese allarmata, “E’…lei?”. Si fermarono e lui rise, le accarezzò i capelli per poi guardarla.

“Chi lo sa, magari ci sta anche osservando”. Lei si guardò intorno un po’ ansiosa e scorse gli occhi di Escalus su di loro, si era fermato ad aspettare che riprendessero il passo.  Lo raggiunsero dopo qualche secondo e finalmente scoprirono la sua destinazione: la sala delle armature.

“Zio ti prego no” gli disse Mercuzio mentre l’uomo alto 2 metri si lasciava cadere il mantello di dosso e prendeva due spade che due servi avevano appena finito di lucidare. Studiò da cima a fondo la lama di una e disse “Vieni qui”, Giulietta si mosse ma il biondo la trattenne per un braccio ,“Vuole solo combattere!” gli intimò lei tranquillissima.

Scese i gradini e si accomodò al centro del pavimento di marmo dalla forma ovale e quando Escalus le lanciò l’altra spada lei afferrò l’elsa al volo ma il peso della lama la costrinse a poggiare la punta a terra.

Il Principe si rivolse a Mercuzio “Non le farò troppo male” e si avventò su di lei senza darle tempo di prepararsi, infatti parò male l’attacco e l’arma le cadde di mano. L’uomo di fronte a lei sorrise e le diede le spalle per stiracchiarsi.

Giulietta si chiese cosa gli stesse passando per la mente mentre raccolse la spada e fendette l’aria per un paio di volte da entrambi i lati, si spostò di qualche passo e lui si voltò puntandole l’arma contro. Aveva una voglia matta di guardare il ragazzo sui scalini che la stava fissando ma sapeva che in momenti come quelli non erano concesse distrazioni, soprattutto per una principiante.

Alzò la spada con entrambe le mani e assunse la posizione di guardia. Escalus cominciò a girarle intorno e a farle qualche finta, ma lei non si lasciò intimorire. Aveva trovato il modo di sostenere il peso e quando meno se lo aspettò lo attaccò per la prima volta. Dopo un altro paio di attacchi le loro lame si incrociarono e lui la guardò negli occhi “Sei brava” ammise, “Ma potresti fare di meglio”.

Sferrò un colpo cosi forte che lei indietreggiò e dovette alzarsi lo strascico del vestito per non cadere. In quel momento Caterina, Valentino e Isabella si avvicinarono in silenzio al ragazzo dai capelli dorati per osservare la scena.

Giulietta si trovò in difficoltà: Escalus sferrava colpi pesanti che non le permettevano di attaccare ma solo di difendersi. Indietreggiò ancora e dovette quasi piegare la schiena all’indietro per sopportare il peso della lama dell’avversario che d’un tratto l’allontanò. “Oh bene abbiamo compagnia” disse alla vista dei suoi parenti.

La ragazza approfittò di quella distrazione per colpirlo e lui parò all’ultimo momento. Poi continuò ad attaccarlo riuscendo ad avere la meglio per qualche istante, schivò i suoi colpi e si avventò su di lui con tutte le sue forze ma lui riuscì a trattenerla per un braccio e a disarmarla.

Isabella sussultò quando Escalus le puntò la lama alla gola. “Zio ti prego basta!” urlò Mercuzio, Valentino gli toccò una spalla. Caterina osservava la scena divertita. “E’ tutto qui quello che sai fare?” le chiese il principe respirandole vicino all’orecchio, “E’ tutto qui quello che sa fare!” gridò ai suoi parenti.

In quell’istante Giulietta gli sfilò il pugnale dalla cinta lanciandolo in aria per il manico, lo afferrò e nell’istante in cui glielo puntò al viso lui se ne accorse e frappose la sua lama. Lei oppose resistenza mentre lui si stava palesemente infuriando poi gli pestò un piede più forte che poté e lui mollò la presa per abbassarsi dal dolore.

Allora riuscì a staccarsi da lui e gli alzò di nuovo il pugnale contro. Escalus parò il colpo a malapena e con una ginocchiata forte in pancia cadde all’indietro. I presenti scoppiarono a ridere tranne Mercuzio.

“Ti ha conciato per bene fratellino!” gridò Caterina. Giulietta si sentì soddisfatta, guardò il principe a terra con i lunghi capelli neri sul volto, se li scostò e guardò diffidente la mano che lei le tese. Nell’altra aveva ancora il suo pugnale. “Mi avete provocata, adesso non vi è permesso lamentarvi” gli disse trionfante mentre lui si rialzava dandole la mano.

Sentì i suoi occhi pesare su di lei quando le fu di fronte. Alzò gli occhi e gli riconsegnò il pugnale. Lui lo prese e lo gettò a terra per poi andare da suo nipote minore, si chinò a sussurrargli “Ottima scelta, mi piace”. Gli diede una pacca sulla spalla e sparì.

Mercuzio corse da Giulietta che guardava tutte le spade, le sciabole e gli scudi che erano li intorno. “Come ti senti? Sei ferita?” le toccò la fronte, i capelli e il vestito. “Sto benissimo!” lo rassicurò lei accarezzandogli il viso e lui l’abbracciò forte combattendo contro la voglia di piangere.

Isabella e Valentino si complimentarono molto con lei per la strategia e Caterina per non averle sciupato il vestito.

 

Sdraiata sul letto a pancia in giù con l’espressione assorta Giulietta era intenta a leggere la storia d’amore di Tristano e Isotta. Sfogliò pagina e decise di cambiare posizione, si mise seduta e tenne il libro alzato.

La balia bussò alla porta e ricevette il permesso di entrare.“Piccina mia, buone notizie per te!” annunciò allegra con una lettera in mano. La ragazza non staccò gli occhi dal libro cosi la donna le svelò il contenuto “Domani sera ci sarà una festa! Che belle le festa, le ho sempre amate. Si sa, per andarci noi donne ci facciamo tutte belle e…Giulietta ma mi stai ascoltando?”.

La fanciulla sfogliò un’altra pagina mormorando un “Si”. La balia guardò ancora la lettera “Dunque, questa si terrò al palazzo del Principe Escalus in onore dell’anniversario del suo principato…”. Giulietta saltò giù dal letto e le strappò di mano la lettera.

Finì di leggere i dettagli mentre la balia fantasticava sul vestito che avrebbe indossato e sull’acconciatura che le avrebbe fatto. Da dietro la porta orecchie indiscrete ascoltarono tutto e corsero a riferire…

 

Esmeralda entrò nella sua stanza da letto e stanca si lasciò cadere su una sedia. “Novità?” chiese Tebaldo da sotto le coperte, era completamente nudo e il lenzuolo lo copriva dalla vita in giù. La giovane lo guardò dapprima incerta, poi sospirò e si alzò avvicinandosi “Pare che domani sera ci sarà una festa dallo Scaligero…”.

L’uomo la strattonò a se per una manica “E dunque?”.  Esmeralda cercò di mantenere la calma “Giulietta ci andrà”, sentì le mani di lui sotto al vestito e scattò provando ad allontanarsi. “Buona, stai buona” sussurrò lui e le leccò una mano fino al polso poi si alzò in piedi e iniziò a spogliarla.

La ragazza lo lasciò fare giurando a se stessa che quella sarebbe stata l’ultima volta. “Che cosa avete in mente?” gli chiese con gli occhi bassi “Riguardo a domani”, lui le strinse la gola “Ti ho detto che non devi fare domande!”. Esmeralda si lasciò sfuggire una lacrima e lui noncurante le tolse anche l’ultimo velo.

 

Lo scudiero la guardò sbattendo le palpebre. “Sei sempre il solito lento a capire? O me lo fai apposta? Ti ho detto di sellarmi Varen! Adesso!” gli ripeté Giulietta. “Si ma sono anni che nessuno lo cavalca più” disse lo scudiero facendola spazientire “Tu fai come ti dico e basta!”.

Quando l’ebbe finalmente ascoltata, la ragazza si avvicinò al purosangue dal pelo nero come la notte e gli fece annusare la mano. Il suo cavallo dal pelo rossastro sbuffò. Giulietta rise e andò da lui, lo accarezzò e lo baciò sulla scia di pelo bianca che aveva sulla fronte.

“Devon non essere geloso! Lo sto solo riportando alla sua padrona, tu non vorresti che qualcuno ci separasse vero?” gli chiese dolcemente. L’animale la guardò e sembrò tranquillizzarsi, dopo l’ultima carezza lo salutò e con l’aiuto dello scudiero montò in sella a Varen e partì.

Il cielo era di nuovo nuvolo e cupo ma la pioggia non sarebbe scesa, non quella sera. Mercuzio passeggiava in attesa che arrivassero gli ospiti e ogni tanto si fermava ad ammirare i fiori nel giardino e ad accarezzarne i petali.

Non vedeva l’ora di rivedere Giulietta, nel profondo della sua anima era cosi impaziente di vederla che avrebbe potuto urlarlo. Da dietro al cespuglio di rose blu spuntò un gatto dal pelo rosso e bianco e gli occhi verde smeraldo. Miagolò e andò a strofinarsi contro la gamba del ragazzo che prontamente si chinò ad accarezzarlo, “Come sei bello micio” gli sussurrò e lo prese in braccio.

In lontananza il cancello si aprì e finalmente la vide, il suo cuore accelerò il battito e quasi non si accorse che il gatto gli stava facendo le fusa. Lentamente le andò incontro e si fermò per guardarla scendere dalla sella e consegnare le briglie allo scudiero. Ammirò il suo abito lungo e bianco con le maniche rosse come i due fiocchi che aveva tra i capelli ondulati.

Giulietta si accorse della sua presenza e gli sorrise “Sei in dolce compagnia!”. Il volto le si illuminò quando vide da vicino cosa stringeva, accarezzò il pelo morbido dell’animale che si era accomodato tra le braccia di Mercuzio. “Finalmente sei arrivata” le disse guardandole la mano sulla testolina del gatto.

Lei annuì senza distogliere le attenzioni da quel pelo rosso e morbido. “Sei venuta con un altro cavallo?” le chiese curioso. La ragazza lo guardò sorridendo “E’ di Isabella, volevo farle una sorpresa”.

Il gatto si stancò delle coccole e balzò a terra. “Sarà contentissima quando lo vedrà” affermò lui e le sfiorò la mano “Vieni, entriamo”. Giulietta lo seguì.

All’interno era stato organizzato un buffet su di una tavolata lunghissima e lampadari e sedie erano stati ornati da grandi fiocchi dorati. I servi scorrazzavano qua e la mentre il maggiordomo impartiva loro ordini e li rimproverava se sbagliavano qualcosa.

Il principe si avvicinò al buffet per assaggiare qualcosa poi si mise di lato in attesa di ricevere gli ospiti. I due ragazzi andarono da lui, che prontamente guardò la ragazza “Siete in anticipo” osservò. Lei sorrise senza rispondere. “Zio perché non dici a Giulietta il vero motivo di questa festa?” ironizzò Mercuzio .

“E’ il suo compleanno!” gridò Caterina alle loro spalle. Escalus si scurì in volto “Discrezione” intimò ai due ragazzi ma Giulietta non lo ascoltò “E quanti anni compiete? Se è lecito”. Il principe non rispose e se ne andò. Mercurio si scusò per lui. Quando il resto della famiglia del ragazzo salutò la ragazza lei poté finalmente annunciare ad Isabella “Ti ho riportato Varen, è nelle scuderie!”.

La donna dai capelli rossi la guardò incredula. “Giulietta in braccio!” stridulò Viola. La fanciulla le sorrise e l’accontentò. Arrivarono altri parenti del principe e Mercuzio elencò uno per uno i loro nomi e discendenze. “Ti ringrazio” disse commossa Isabella avvicinandosi a Giulietta che le sorrise “Figurati, non c’è di che…”.

Un tonfo improvviso colse tutti di sorpresa. Escalus s’infuriò e corse a rimproverare l’anziano maggiordomo. Viola iniziò a piangere e Giulietta la consegnò ad Isabella poi si voltò e davanti ai suoi occhi apparve il motivo di quel rumore.

Ad uno dei lampadari si era allentata la corda ed era precipitato a poco centimetri da una serva che dallo spavento era paonazza. Alcuni moccoli erano caduti a terra e si erano spenti.

La fanciulla si avvicinò alla serva per chiederle se stava bene ma il principe si precipitò a dirle di non immischiarsi e aggiunse: “Mercuzio perché non porti Giulietta a fare un giro del castello?”.

Il nipote guardò la serva riprendersi e toccò la mano della ragazza “Certamente zio”. Lei lo seguì senza esitazioni.

“Qui ci sono le cucine…” diceva distrattamente Mercuzio mentre vagavano senza una meta, “Questa è una delle 32 stanze degli ospiti…, di la il corridoio che porta alla biblioteca principale…”. Giulietta guardava incuriosita “Insomma è una fortezza! E il pezzo forte qual è?”, lo afferrò per un braccio e lo trascinò nella direzione opposta stufa improvvisamente di quella situazione.

Attraversarono di nuovo il salone d’ingresso evitando lo sguardo del principe. “Vieni per di qua” si affrettò a dire il ragazzo, “Ti faccio vedere il piano superiore”. Lei lo riprese per mano sbuffano e si avviò sulle scale tenendosi l’abito con l’altra mano.

“Dai non fare cosi! Non ti odia, ha solo scelto di non affezionarsi alle persone” disse il ragazzo precedendola in cima alle scale. Giulietta si voltò a cercare lo sguardo del principe ma non lo trovò.

Sul pianerottolo che si divideva in due corridoi ai lati opposti c’era nel mezzo un atrio che era stato adibito a salotto con due eleganti divanetti frontali, un piccolo camino, un tavolino al centro sopra un raffinato tappeto e due grandi librerie stracolme su entrambe le pareti. Il tutto incorniciato da una grande vetrata ad arco con i bordi in ghisa divisa in tre sezioni.

“Questo è il pezzo forte della fortezza, come la chiami tu” sorrise Mercuzio. La ragazza si avvicinò come ipnotizzata alla vetrata illuminata debolmente dai pochi raggi di sole coperti dalle nubi grigie e che stavano tramontando.

Osservò il cielo e il paesaggio al di sotto di esso: ettari di prateria e bosco, un lago abbastanza grande da nuotarci dentro con un gazebo vicino e tanto verde. Notò anche qualche bersaglio per il tiro con l’arco sotto delle querce e sorrise. “So cosa stai pensando…”, il biondo ruppe il silenzio e le spostò i capelli arricciati di lato. Le accarezzò uno dei fiocchi rossi che aveva in testa.

“Non avevo mai visto questa parte di casa tua” disse Giulietta sognante. “E non è tutto” rispose lui, “Io mi riferivo alle armi però, non allo spazio che c’è qui”. Lei rise e o lo guardò accarezzandogli la guancia, lui prese la mano e la baciò. “Questo è uno dei miei angoli preferiti, sai già perché…”, si guardarono con complicità.

“Lo sarebbe anche per me se fosse casa mia” disse Giulietta e tornò alla ringhiera delle scale, si appoggiò al parapetto e il ragazzo la imitò. Commentarono ironicamente qualche signora tra gli ospiti dato che il salone si stava riempiendo poi d’un tratto la fanciulla toccò il braccio del ragazzo e indicò un punto “Guarda ci sono Arianna e Benvolio!”.

Mercuzio se ne accorse e la prese per mano “Vieni, andiamo a salutarli”. Giulietta sul secondo gradino gli lasciò la mano per sollevare entrambi i lati del vestito. Scesero le scale mentre gli invitati si voltarono a guardarli.

“Se non ti conoscessi direi che sei nervosa…” azzardò il giovane. Lei era troppo concentrata a non cadere ma si sentì gli occhi addosso “Guarda che sto benissimo”, quasi inciampò e lui le trattenne una mano e gliel’alzò. Rise e sbirciò le sue caviglie, notò che aveva degli stivaletti neri. “Quando sei imbarazzata inciampi” le annunciò.

Si fermarono a metà scala perché Giulietta dovette guardarlo in faccia con un’espressione beffarda. “Oh mia signora non fate cosi vi prego” disse lui prendendola in giro e si inginocchiò a baciarle la mano. La fanciulla rise di gusto e gli occhi le caddero distrattamente dinanzi a lei.

Non era più parte degli invitati che li rimirava, adesso ogni presente aveva lo sguardo incuriosito su di loro compresi i loro due amici che se la ridevano stupiti. Isabella e Valentino le sorridevano ed Escalus li fissava serio. Giulietta si accorse anche della presenza della sua famiglia e di quella dei Montecchi. “Fa che non sia vero” sussurrò mordendosi un labbro, in quel momento fu davvero nervosa.

Mercuzio si rialzò agile come un gatto e la prese sottobraccio intrecciando le dita delle loro mani e mettendoci sopra l’altra. “Come sei sfacciato” osservò lei mentre percorreva gli ultimi gradini al suo fianco evitando gli sguardi di tutti. Il ragazzo invece era a testa alta palesemente sereno, “Lo sai perché” le disse allegro una volta scesi.

Arianna si precipitò a salutare Giulietta e Benvolio abbracciò il suo amico. “Ma che è successo fra voi due?” chiese lei pazza di gioia, Giulietta e Mercuzio si guardarono ma non risposero. Benvolio ridacchiò “Quello che abbiamo sempre saputo succedesse! Non è cosi fratello?” gli diede una pacca sulla spalla.

I signori Capuleti si avvicinarono a loro seguiti dal principe. I due ragazzi fidanzati si congedarono. “Figlia…” disse Enrico guardandola. “Padre, non sapevo che anche voi foste state invitati” disse lei guardando il principe. Sua madre le accarezzò il viso “Tesoro non parli mai con noi ultimamente…”.

Il conte guardò Mercuzio “Voi dovete essere il ragazzo che entra in casa mia dal balcone dico bene?”. Non c’era un tono cattivo nella sua voce, eppure Giulietta s’irrigidì temendo il peggio.“Esattamente” rispose il ragazzo prendendo la mano che Enrico gli porgeva poi salutò anche sua moglie.

“Gradirei che la prossima volta passaste dalla porta principale” disse ancora il padre di Giulietta al ragazzo che annuì col sorriso “Senz’altro mio signore”. La ragazza lo guardò incredula ma felice. “E adesso principe volete spiegarci perché mi trovo in casa vostra assieme al mio nemico?” chiese il padre della ragazza cambiando tono.

Lei stava per abbracciare Mercuzio dalla felicità che quasi aveva dimenticato gli sguardi carichi d’odio che la signora Montecchi continuava a lanciarle. “Signor Capuleti ve l’ho già detto, cerchiamo di comportarci da persone civili. E’ l’anniversario del mio principato e siete stati tutti invitati indistintamente…” non finì la frase perché quasi strillò “Lui?!”. Giulietta si voltò distrattamente e tornò a parlare con Mercuzio ma lui stava fissando l’entrata con un’espressione di disgusto.

I Montecchi sussultarono “Tu! Traditore!”, ma le guardie gli impedirono di causare uno scontro. La ragazza si rivoltò pensando chissà a quale tragedia stava per succedere e si trovò il volto di suo cugino a un passo dal suo. “Tebaldo! T-Tebaldo!” ripeté la signora Capuleti ed ebbe un mancamento.

Tebaldo guardò la ragazza di fronte a lui con desiderio “Ciao cugina” le toccò il viso con la mano guantata di nero e se lo sfilò con i denti. Indossava un mantello marrone con un cappuccio. Calò il silenzio ma durò un attimo perché prese a parlare mentre tutti lo guardarono come un appestato.

“Non volevo disturbare la vostra festa, e mi dispiace per l’incidente di prima” rise malvagiamente indicando il soffitto e guardò i Montecchi che cominciavano a chiedere vendetta per Romeo. Mercuzio lo afferrò per il cappuccio “Sei tornato dal regno dei morti maledetto? Per causa tua Romeo è in esilio!”.

Tebaldo estrasse la spada e lo allontanò con la punta. Si mordicchiò il pollice “Sfortunatamente per te, sappiamo tutti perché il povero Montecchi” Sputò in terra “E’ stato esiliato” puntò l’arma contro il collo della cugina. Il conte strillò “Tebaldo che diavolo fai?”, le guardie del principe accerchiarono il Capuleti armati di balestre “Fermi!” gridò il principe.

Tebaldo rise e spinse la lama, ma Giulietta non aveva paura. “Tebaldo Capuleti se sei ancora vivo significa che ho esiliato un innocente…Ma potrei condannare te a morte se non la smetti con questa sceneggiata” gli si avvicinò ma il ragazzo lo ferì ad un braccio. Escalus non si mosse. Il sangue iniziò a colargli lungo la veste.

Mercuzio strinse i pugni e desiderò con tutte le sue forze ucciderlo. Suo fratello dall’altra parte della sala gli fece cenno che andava a prendere una spada, visto che alle feste spesso non le portavano con se. Tebaldo rise ancora “Cara cugina quel tuo amico donnaiolo non ti si addice affatto”, lei lo guardò dopo aver guardato la lama della spada “Mi disgusti!”.

Lui le spostò i capelli con la lama e gliela ripunto’ al collo poi fu sbalzato via da Valentino e i due iniziarono a duellare. “Fermi!” gridò Giulietta “Fermi tutti! E’ una faccenda tra me e lui!”. La folla si divise a metà e Tebaldo abbassò la spada, Valentino lo guardò con odio e continuò a puntargliela contro indietreggiando.

“L’avete sentita mia cugina? Da ordini adesso”, la sua espressione era diventata quella di un pazzo: occhi e bocca aperti mentre le vene sul collo pulsavano come se stessero per esplodere. Il giovane Capuleti indietreggiò come per prendere la rincorsa e alzò la spada con entrambe le mani.

Giulietta rapida si chinò ad estrarre i pugnali che nascondeva negli stivali e glieli lanciò contro. Il principe provò a fermarla ma senza successo insieme al nipote minore. La faccia di Tebaldo cambiò quando si accorse di essere immobilizzato dalle punte delle lame infilate nei tendaggi alle sue spalle che lo bloccavano sotto le ascelle.

Era rimasto sbalordito e con la spada in alto, aveva visto tutta la collera negli occhi della consanguinea e per un istante aveva temuto di morire. “Guardie prendetelo!” gridò Giulietta. Gli uomini del principe le ubbidirono all’istante. Enrico corse a sgridare il nipote. Escalus toccò una spalla della ragazza che si voltò a guardarlo poi si rivolse ai Capuleti “Portatevelo via!”.

Mercuzio la abbracciò tremante, lei si staccò quasi subito “Sto bene, sto bene” rise ma lui sapeva che non era vero. Le toccò il collo e le baciò la fronte poi si guardarono negli occhi e lesse tutta la sua preoccupazione. Una guardia porse i pugnali alla ragazza che se li rinfilò negli stivali. “Giulietta vieni via!” si allarmò il conte ma il principe lo rassicurò “Può restare, anche a dormire qui col vostro consenso”.

La ragazza non crebbe alle sue orecchie. Escalus guardò ancora il conte e gli sussurrò “Credetemi se avesse voluto colpirlo altrove lo avrebbe fatto”. I Capuleti rimasero ancora un po’ imbambolati da quelle parole poi se ne andarono con Tebaldo. “Zio devi punire questo affronto!” tuonò Mercuzio.

Il principe lo ignorò e batté le mani “Signori non è successo nulla, vogliamo adesso sposarci nella sala delle danze? La festa continua”. Valentino corse da Giulietta con la spada ancora in mano “Come vi sentite?” le chiese preoccupato. Lei sorrise dicendogli di stare tranquillo poi vide Isabella uscire da una stanza con i bambini per mano.

Escalus le si parò di fronte con le mani tese “Giulietta, le armi”. Lei lo guardò arrabbiata “Come prego?. Il principe sbuffò “Forza non farmi perdere altro tempo”. Valentino e Mercuzio la guardarono e annuirono. La ragazza guardò ancora le mani del principe. “Non costringermi a prenderteli con la forza” le intimò , “Ma perché?” si lamentò lei tirandone fuori uno. Escalus lo afferrò “Su anche l’altro, sbrigatevi”. Lei glielo consegnò con la punta verso di lui a differenza del precedente e lo guardò sconsolata.

 

Più tardi, quando gli invitati si erano già dimenticati dell’accaduto ed erano intenti a fare baldoria Giulietta salì di corsa una delle due scalinate nel salone all’ingresso e quasi inciampò nel lungo tappeto rosso sopra i gradini. Si stava chiedendo dov’era finito Mercuzio e stava andando dritta dal principe a scambiare con lui due paroline.

Una mano l’afferrò per il gomito e lei si ritrovò contro il muro. Era cosi distratta che non si era accorta di essere nella parte opposta del corridoio rispetto alla sala delle danze. Aveva sobbalzato quando il ragazzo che stava cercando l’aveva toccata ma una volta realizzato che era lui si era rilassata, o almeno credeva di esserlo.

“Dove stavi andando?” le chiese il giovane appoggiando una mano al muro sopra la testa di lei. Giulietta si rese improvvisamente conto di non essere affatto consapevole di dove stava andando. Guardarlo non le faceva più ricordare nemmeno il suo nome, e il suo odore poi…

Cercò di non guardarlo negli occhi per evitare un mancamento. Mercuzio rise e dovette ripetere la domanda, la ragazza mentì “Volevo controllare che Tebaldo si fosse davvero allontanato…”.

Il ragazzo le toccò il mento e si ritrovò ad un passo dal suo viso, “Ho visto quello che sei capace di fare…Dovrei avere paura di te, invece non capisco perché tu ne abbia ancora di me…”, girò il viso che tratteneva dolcemente verso il proprio e la ragazza cercò di indietreggiare ma era appiccicata al muro.

D’un tratto lo guardò negli occhi e desiderò che lui la baciasse, invece il biondo continuando a fissarla disse “Ci si rivede amico mio!”. Giulietta sentì la risata cristallina di Arianna e si staccò immediatamente da lui.

Benvolio li guardò con un sorriso “Ma non venite a ballare? Mancate solo voi!”. Arianna fece l’occhiolino a Giulietta e le chiese qualcosa su Mercuzio, ma lei senza guardarli si dileguò di corsa nella parte opposta del corridoio.

Finalmente trovò Escalus in piedi ad osservare le danze e gli andò incontro. Notò che non si era cambiato la veste e il taglio sul braccio si vedeva ma lui non se ne curava affatto. “Allora, cosa ne pensate della mia abilità nel maneggiare le armi?” gli chiese sfacciatamente mettendosi di fianco a lui nella stessa posizione.

“Dovete ammettere che…”, continuò ma lui la interruppe con tono beffardo “Tu lo ami mio nipote?” le chiese. Giulietta fu come colpita da un fulmine, guardò per terra e non seppe cosa dire perché in mezzo alla folla che aveva momentaneamente smesso di danzare vide il ragazzo avanzare verso di lei.

“Zia Giulietta!” gridò Viola correndole incontro e le si aggrappò alla gonna “Facciamo un ballo?”. Per la prima volta la ragazza sentì Escalus ridere e prese la bimba in braccio. L’orchestra riprese a suonare e le due presero a volteggiare insieme agli altri.

Viola si divertiva come una matta e anche Giulietta aveva preso a ridere dimenticandosi di tutti i problemi. Valentino, Isabella e Mercuzio si avvicinarono al principe che gli annunciò “Nipoti miei…Viola ha appena chiamato zia Giulietta”, guardò Mercuzio che si voltò a guardare lei e sua nipote.

Valentino rise e gli diede una pacca sulla spalla mentre sua moglie gli diceva “Siete davvero una bella coppia”. Il ragazzo continuò a fissare la fanciulla e rispose alla zia “Tu credi? Io non so neanche se lei ricambia i miei sentimenti”.

Isabella sorrise “Allora va da lei e chiediglielo”. “Si! Dichiarati fratellino! Che cosa aspetti?” lo incoraggiò Valentino “Sei sempre stato uno che con le donne ci sa fare e adesso che fai? Esiti?”.

Mercuzio sospirò “Stavolta è diverso”, poi andò da lei e si chinò a dire a Viola “Posso rubartela ora?”, lei sorrise e corse dalla mamma. Suo zio la guardò finché non si fu allontanata poi si rivolse a Giulietta “Posso avere l’onore?”. Lei annuì e le loro mani si toccarono.

Quando la festa finì e tutti se ne andarono via Benvolio ed Arianna annunciarono che sarebbero rimasti anche loro per la notte poi salutarono la famiglia del principe per coricarsi. Giulietta dopo aver dato la buonanotte a tutti, fu accompagnata da una serva nella sua stanza.

La seguì senza fare domande e una volta dentro la donna le disse che nel baule c’era l’abito che Caterina aveva deciso di prestarle per il giorno dopo e l’acqua nella sala del bagno era ancora troppo calda. Giulietta la ringraziò e le disse che poteva andare.

Prima di uscire la donna aggiunse “Di fronte c’è la camera di Mercuzio, se avete bisogno di qualsiasi cosa non esitate a chiamare lui o me”, s’inchinò e uscì. La giovane rimasta sola si tolse gli stivaletti e i nastri dai capelli che appoggiò sul mobiletto vicino al grande letto dorato senza baldacchino.

Tutto sommato la stanza le piaceva: le coperte del letto verde olio, un armadio con intarsi in oro ed una grande specchiera, lo scrittoio con i candelabri dorati e uno scaffale pieno di libri. Per la seconda volta le venne voglia di leggere ma sapeva che era troppo tardi.

Aprì la porta della stanzetta accanto e rimase stupita: il pavimento era di mosaico e al centro c’era una grande vasca esagonale. Salì sui due gradini e sentì l’acqua con la punta del piede destro: era bollente. Sbuffò e tornò di la, si sedette sul letto e le sembrò di aver sentito un tonfo provenire da fuori la porta. Imprecò perché qualcuno di sua conoscenza l’aveva privata dei suoi pugnali.

Uscì dalla stanza nervosamente e bussò a quella di Mercuzio. Il corridoio era vuoto e lei aprì la porta di scatto. I vestiti erano sparsi per terra e c’era un po’ di disordine qua e la. “Mercuzio?”, lo chiamò quando notò una tenda strappata. Il ragazzo apparve avvolto da una vestaglia bianca.

La vide e le mostrò il pezzo di tenda zuppo d’acqua. Lei lo guardò senza capire. “Dai non fare quella faccia, si è rovesciata una candela e la tenda ha preso fuoco” disse col tono più innocente del mondo. “E chi l’ha fatta cadere la candela?” chiese lei trattenendo una risata. Lui lanciò la tenda da qualche parte “E’ stata lei…” disse guardandola “Lianne! Il suo fantasma!”.

Giulietta non rise più, si strinse nelle braccia e distolse lo sguardo “Io non ci dormo da sola in mezzo ai fantasmi, perché non me lo hai ricordato prima!”. Mercuzio scoppiò a ridere e la abbracciò “Ma sto scherzando! Non avrai paura dei morti”. Giulietta tremò, “Oh magari, è solo una scusa per entrare nel mio letto!” azzardò lui preparandosi alla sua reazione.

La mano della ragazza fallì nel tentativo di dargli un ceffone perché lui le trattenne il polso. “Che ho detto di male? Non hai già sentito quanto è comodo il mio letto?” si divertì ancora. Lei si rimpossessò della mano e si allontanò da lui, vide la porta della sala da bagno e lentamente ci entrò. Stavolta il pavimento era in pietra chiara e la forma della vasca era rettangolare, si entrava con degli scalini fino ad arrivare a non toccare più il fondo.

Giulietta si avvicinò alla finestra per ammirare la luna piena. Sentì l’acqua muoversi e sobbalzò. Mercuzio si era letteralmente tuffato e aveva abbandonato la vestaglia a terra. Emerse dall’acqua la sua chioma bionda e riccioluta “Ti unisci a me?” le domandò avvicinando sial bordo e appoggiandovi su le braccia nude. “No” rispose lei, “buonanotte!” e lo lasciò solo al suo bagno.

Tornò in camera e controllò tutte le candele, poi si legò i capelli e dopo aver lasciato il vestito sul letto si immerse anche lei nella sua vasca. Forse avrebbe dovuto farsi aiutare dalla serva, o chiederle di rimanere con lei finché non avesse preso sonno. Aggiunse distrattamente sali, oli e profumi nell’acqua e quando si fu raffreddata uscì.

Tornò in camera e sistemò il vestito nell’armadio dove trovò una camicia da notte bianca senza maniche. La indossò e senza spegnere le candele si mise a letto coprendosi fino alle orecchie. Passò qualche minuto e il sonno non arrivò, si girò dall’altro lato e chiuse gli occhi. Provò a rilassarsi ma d’un tratto il cigolio della porta che si apriva la fece rabbrividire. Strizzò gli occhi e graffiò il cuscino ripetendosi mentalmente che i fantasmi non esistevano.

Una voce angelica le chiese “Sei sveglia?”. Sorrise felice di credere alle sue orecchie e lanciò via le coperte, “Certo! Vieni!” tese le braccia e quando Mercuzio si sedette sul letto lo abbracciò forte.

Lui rimase un po’ spaesato ma la strinse, “Credevi davvero che non sarei venuto a controllare se qualche spirito inquieto ti stesse disturbando?” ridacchiò mentre lei gli respirò sul collo. Si mosse appena per guardarlo negli occhi poi sorrise. Il ragazzo disse qualcos’altro ma lei lo zittì con un bacio inaspettato. Lo attirò a se fino a che non furono sdraiati senza staccarsi dalle sue labbra.

Giulietta gli afferrò i capelli e la mano di lui andò a cercare il bordo della camicia da notte per alzarlo fin sopra il ginocchio. La guardò mentre le sue dita accarezzavano delicatamente la coscia. “E’ ora di dormire, e come puoi vedere non ci sono fantasmi…”, sussurrò e le baciò la fronte poi si alzò dal letto.

“Devi proprio andare?” domandò lei mentre il ragazzo le rimboccava le coperte. “Non sai quanto vorrei restare” pensò lui ma le rispose “Domani ci aspetta una lunga giornata”, le prese la mano e la baciò “Fai bei sogni mia adorata…”.

Giulietta lo guardò uscire dalla sua camera leggiadro come un felino, gli sorrise per l’ultima volta poi si mise a rimirare il soffitto per parecchio tempo. Anche Mercuzio nel suo letto aveva incrociato le braccia dietro la testa e non faceva altro che guardare il soffitto e sorridere…

 

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Capitolo 9
*** Capitolo Nono ***


Capitolo Nono

 

Il mattino seguente all’alba, Arianna dormiva beatamente tra le braccia del suo Benvolio che con i capelli mossi e spettinati sul viso russava di tanto in tanto.

Aprì gli occhi di soprassalto facendo ritrovare la sua fidanzata dall’altro lato del letto. Lei schiuse gli occhi e lo guardò “Amore cosa c’è?”, e li richiuse. Lui sbadigliò “Nulla, solo un brutto sogno”. Si girò su un fianco a rimirarla.

Erano entrambi nudi, sudati e stanchi dal momento che erano andati a dormire solo qualche ora prima.  Arianna ancora con gli occhi chiusi chiese maliziosamente “Di la verità, vuoi rifarlo?”. Benvolio rise mentre lei si stiracchiò “Perché tu no?”, la baciò e coprì entrambi col lenzuolo.

 

L’anziana serva entrò nella camera dove dormiva la piccola Capuleti, posò il vassoio d’argento con la colazione sul tavolo e aprì le finestre. Giulietta si mosse nel letto illuminato dai raggi del sole e si scoprì appena.

“Buongiorno signorina!”, la serva fece un inchino. “Balia…” mormorò lei, “Lasciami dormire ancora un po’”. L’anziana donna rise e si avvicinò al letto “Giulietta svegliatevi, sono io, Iris…”, prese la spazzola sul comodino.

La ragazza aprì gli occhi e la riconobbe “Oh scusate!”, si tirò su a sedere e si  lasciò pettinare per un po’. Dopo una ventina di spazzolate mormorò “Va bene cosi grazie, adesso vorrei mangiare…”.

Iris posò la spazzola e si congedò con un sorriso “Come volete voi Giulietta”, uscì e la ragazza rimase di nuovo sola. Si alzò sbadigliando e bevve un po’ di latte, poi assaggiò il dolce e la frutta. Il pensiero dei fantasmi se ne era finalmente andato insieme alla nottata.

Finì di pettinarsi da sola e indossò qualche goccia di un essenza che trovò in camera. Poi uscì in corridoio, si accertò che fosse deserto ed entrò nella stanza di Mercuzio senza bussare.

Quale visione migliore!

Il ragazzo seminudo come la sera precedente dormiva abbracciato al cuscino all’interno dei veli trasparenti del baldacchino. Giulietta trattenne un sorriso e si avvicinò lentamente per contemplarlo.

Scostò un velo e lo guardò meglio: i capelli sparsi sull’altro cuscino riflettevano la luce che entrava dalle finestre aperte. Iris era già passata di li e aveva lasciato il vassoio sul tavolino. La tenda strappata era già stata sostituita e i vestiti buttati a terra non c’erano più.

La ragazza silenziosamente si adagiò sul letto a pancia in giù e appoggiò il viso vicino al suo, lo guardò a lungo poi socchiuse gli occhi. “Sai perché non sono ancora sveglio?” mormorò lui allungando una mano per toccarla e facendola ridere. “No, dimmelo” rispose lei sorridendo a occhi chiusi.

Mercuzio la guardò ancora un po’ assonnato, “Perché ho passato troppo tempo a pensarti”. Lei aprì gli occhi e gli accarezzò la fronte, “Allora è colpa mia!”, annunciò contenta. Lui spostò il cuscino che abbracciava per adagiarlo sotto la testa della ragazza e abbracciò lei.

“La prossima volta non voglio che dormi in una stanza degli ospiti ma nella mia” disse richiudendo gli occhi. Giulietta gli guardò il viso poi ridendo gli sfiorò il collo “Perché? Non sono mica tua”. Non si accorse che lui aveva riaperto gli occhi. Passò qualche attimo di silenzio poi Mercuzio si svegliò del tutto “Sei sicura?”, si ritrovò sopra di lei e le bloccò le mani.

“Ne sono certa” rispose la ragazza con aria di sfida a un passo dal suo viso. Lui rise “Chissà perché non ti credo, e nemmeno tu credi a quello che stai dicendo”. Lei smise di pensare perché Mercuzio aveva osato baciarla nuovamente.

Escalus nella sua veste scura lunga fino ai piedi camminava nel corridoio a passo svelto,  con espressione rigida giunse dinanzi la porta della camera e l’aprì. Il letto disfatto e il vassoio mezzo vuoto gli fecero intendere che la fanciulla aveva dormito li.

 Uscì di li senza preavviso spalancò la porta della stanza del nipote e lo trovò ancora in biancheria a  fare colazione con lei seduta in braccio. I due ragazzi lo videro e lo salutarono senza scomporsi.

“Nipote, tra meno di due ore avete le esercitazioni, non te lo scordare! Io sarò occupato per una riunione importante…”, guardò Giulietta  “Quanto a te…abbiamo udienza dopo pranzo” lanciò un’ultima occhiata a Mercuziò e se ne andò.

La ragazza dopo che la porta fu richiusa si alzò nonostante le proteste di lui, “Che udienza?” chiese dubbiosa. Il giovane ridacchiò e le disse di non preoccuparsi, si alzò per lavarsi il viso mentre lei incerta sul da farsi si avviava verso la porta.

“Sarà meglio che vada a prepararmi…” non finì la frase perché lui l’afferrò da dietro e la baciò su una guancia “Tu resti qui invece! Abbiamo ancora tempo”. Giulietta ridacchiò “Va bene mi arrendo!” e si rimisero a letto per un’altra oretta.

Il sole era ormai alto nel cielo quando Mercuzio nella sala delle armature provava per l’ennesima volta la sua spada preferita. Giulietta con addosso un vecchio abito bianco e marrone entrò in silenzio e lo ammirò nel padroneggiare l’arma con la mano sinistra. Aveva notato che anche il fratello era mancino e si lasciò sfuggire una risata.

“Ecco il mio avversario!” disse lui senza smettere di colpire l’aria e finalmente si fermò per riprendere fiato. “Prego avversario, fatti avanti” le indicò lo spazio di fronte a lui. La ragazza ubbidì cercando di non ridere ma la situazione le sembrava piuttosto buffa.

 Mercuzio le lanciò la stessa spada che Escalus le aveva imposto di scegliere qualche sera prima. Afferrò l’elsa al volo ma non era ancora abituata al peso. La lama toccò terra e Giulietta iniziò a concentrarsi.

Il giovane la studiò per un po’ “Caro avversario, ti sei messo a ridere prima di cominciare e non ti sei nemmeno riscaldato un po’”, scosse la testa in maniera ironica, “Non si fa!”. La ragazza si preparò a difendersi tenendo la spada con entrambe le mani.

 Lui le girò intorno un paio di volte con l’arma puntata contro finché, quando lei abbandonò un po’ la concentrazione esclamò “In guardia!” e Giulietta parò a malapena l’affondo.

Dopo un altro paio di colpi pesanti la spada le sfuggì di mano ma la raccolse subito mentre Mercuzio se la rideva. “A cosa stai pensando? A me senza vestiti? Hai la testa altrove e non te lo puoi permettere quando combatti”, la punzecchiò ancora finché lei non si decise a tirare fuori le unghie.

Smise di stare sulla difensiva e iniziò ad attaccarlo. Se non pensava al peso della spada, la spada non le pesava più di tanto. “Io non penso mai a te senza vestiti!” disse neutra mentre lui parava i suoi affondi. Il ragazzo abbassò l’arma facendola rimanere spaesata ma pronta a colpire.

“Ah no?” le chiese beffardo mentre riprendeva a duellare con lei. Giulietta ignorò le sue parole mentre sentiva l’adrenalina impossessarsi di lei. Con un colpo mirato di lui però, la sua gonna si squarciò lateralmente e lei s’immobilizzò un istante per controllare.

 Mercuzio rapido, l’afferrò da dietro e accidentalmente le toccò il petto con la mano libera, ma invece di toglierla infilò la punta delle dita nel corsetto. “Che stai facendo?” urlò lei, “Guardie aiuto!”. Lui le coprì la mano con la bocca e rise “Siamo soli, le ho mandate via tutte”.

Giulietta s’innervosì ancora di più mentre lui infilava la mano nello spacco che le aveva fatto sulla gonna, sentì il calore della dita sulla gamba e provò a divincolarsi. “Senti, ci ho ripensato!” disse lui allegramente, “Facciamo l’amore, ma non la guerra…”.

Appoggiò il mento sulla spalla di lei e si accorse del suo sguardo assassino. La ragazza ancora armata rialzò la spada contro il suo viso e lui scattò all’indietro. Con una giravolta di lei si ritrovarono a fronteggiarsi “Sfortunatamente per te preferisco la seconda opzione!” gridò lei tra il cozzare delle lame.

Mercuzio sbuffò divertito “Perché non hai mai provato le gioie della prima!”. Le guance di lei avvamparono e si scagliò su di lui con tutta la sua forza. Si ritrovarono con le spade incrociate, “Tu non sai molto di me” sibilò lei indietreggiando perché lui era più forte. “So quanto basta” ridacchiò il ragazzo, “Non dirmi che con Romeo…A me risulta che non è successo!”.

Giulietta si allontanò da lui “Infatti è cosi! Sei tu invece che chissà con quante donne hai fatto chissà cosa!”. Abbassò l’arma e fece qualche passo intorno a lui “La mia balia dice sempre che probabilmente tu sei affetto da…come si chiama quella malattia strana?”.

“Sifilide” rispose lui senza abbassare l’arma ma seguendola con lo sguardo. Giulietta annuì “Si esatto!”. Calò il silenzio tra i due per un po’. “Solo che non mi ha mai voluto dire come si prende questa sifilide” continuò la ragazza facendo un pensiero ad alta voce.

Mercuzio scoppiò a ridere “Quella balia è proprio ridicola! Si permette di giudicarmi senza conoscermi!”, la ragazza si fermò a guardarlo e intuì che c’era rimasto male. “Quanto a te, sei ancora cosi piccola e inesperta…Ma io non ho nessuna malattia” sorrise rassicurandola.

“Sei stato davvero con molte donne?” le chiese lei curiosissima dato che lui non aveva molta voglia di toccare quel discorso. “Questo è quello che gli altri vogliono farti credere, in realtà sono loro che vengono appresso a me perché sono divertente…Credo…O per i miei soldi…”, sbuffò “Riprendiamo?”.

La giovane si avvicinò a lui a passo svelto. “No” disse “Vengo in pace”. Il ragazzo la guardò poco convinto e quando le fu vicinissima la disarmò con la sua spada. L’arma che Giulietta teneva cadde a terra con un gran tonfo, lei esitò un attimo poi buttò le braccia al collo al biondo e lo baciò.

Si rese conto di essere una grande incoerente con quello che diceva e le sfuggì una risatina. Mercuzio continuò a baciarla con passione e con la punta della spada finì di squarciarle la gonna. Giulietta si staccò e lo fulminò con lo sguardo.

“Adesso sembra che hai un abito con lo spacco” si giustificò lui “Ed io posso ammirarti meglio le gambe” rise. Lei indietreggiò per guardarsi meglio mentre il ragazzo lasciava l’arma a terra. “Hai ragione!” scoppiò a ridere mentre lui la sollevava da terra.

Caterina passeggiava per il giardino con le mani intrecciate dietro la schiena e distrattamente ascoltava il canto degli uccellini e si godeva il calore del sole sulla pelle, le era sempre piaciuta l’estate.

Sapeva che avrebbe trovato suo nipote maggiore ad allenarsi a combattere ma aveva deciso di ignorarlo, non le piacevano più le armi e si era promessa che non ne avrebbe più toccata una. Osservò la forma di quelle poche nuvole presenti in cielo quando la voce di Giulietta attirò la sua attenzione.

La cercò con lo sguardo e la vide con addosso l’abito rosa pesca che le aveva prestato e un fiocco tra i capelli dello stesso colore. Sorrise perché le stava proprio bene. Era senza maniche e sul bordo del corpetto ricamato c’era un volant. Le calzava un po’ lungo a causa della sua minuta statura me secondo Caterina era perfetta nel suo abito, come una principessa.

Suo nipote Mercuzio le camminava affianco dicendo un sacco di stupidaggini per farla ridere e lei cercava senza successo di ignorarlo. Ad attenderli ai bersagli c’era Valentino che stava estraendo le frecce tirate per riporle nella faretra.

Vide i due ragazzi e li salutò “Buongiorno! Alla buon ora siete arrivati!”.  Il fratello accusò subito la ragazza, “Non è colpa mia! Sono stato trattenuto dalla tua spada!” le disse sghignazzando. Valentino lo guardò con aria di rimproverarlo poi si mise a ridere seguito da Giulietta.

“Allora posso avere il mio arco?” chiese lei una volta ricomposta. Valentino annuì e gliene porse uno già teso, Mercuzio dall’altro lato le porse una freccia “Vediamo come te la cavi come arciera” disse ridendo.

Lei lo ignorò e mise la freccia in posizione seguendo le indicazioni di Valentino, poi chiuse l’occhio sinistro per mirare. “Adesso guarda un punto fisso” la incoraggiò il ragazzo, “Ma rilassati e non ci pensare più del dovuto…Tendi bene l’arco…”.

Mercuzio le toccò il gomito “Alzalo di più”, Giulietta scoccò la freccia troppo velocemente che mancò del tutto il bersaglio. Il fratello maggiore rimproverò il minore “La stai distraendo!”, lei sbuffò e si scusò “Mi è partita troppo presto!”.

Mercuzio prese la faretra a terra e la invitò a prendere un'altra freccia “Madame, so che potete farcela”, lei ne prese una lanciandogli un’occhiata seria poi tornò a concentrarsi sul bersaglio. Valentino le disse di impugnarlo meglio e le strinse la mano sinistra con cui lo teneva.

“Tu riesci anche a tirare con la destra? Ho visto che sei mancino…” chiese lei senza staccare gli occhi dal bersaglio. Il ragazzo rise, “Dopo tutti questi anni ormai so maneggiare le armi con entrambe le mani, è lui che usa esclusivamente la sinistra” indicò Mercuzio.

La ragazza scoccò la freccia e colpì il bordo del bersaglio. “Quasi!” esultò Valentino, poi vide sua moglie al grande tavolo sotto al gazebo che i servi avevano allestito per il pranzo e si congedò “Continuate pure senza di me! Ci vediamo fra poco”.

Corse da Isabella e Giulietta si voltò a guardarli mentre si scambiavano un lungo bacio. Sorrise e prese l’ennesima freccia dalla faretra che teneva Mercuzio. Anche lui si era girato a guardarli e aveva sorriso ma senza malizia. La giovane mirò di nuovo mentre lui lasciava le altre frecce a terra e le veniva vicino.

“Non ti distratte…” sussurrò e le toccò un fianco, poi risalì con la mano sinistra fino a coprire quella con cui lei teneva l’arco e con la destra le toccò quella che teneva la freccia. “Quando sei pronta…” bisbigliò ancora facendola rabbrividire.

Il solo contatto delle mani le faceva venire voglia di mollare tutto e farlo stendere li sull’erba…Per la prima volta pensò a lui mezzo spogliato ma ricacciò subito quel pensiero in fondo al lago che era li vicino.

Trattenne il fiato e dopo qualche attimo di silenzio scoccò la freccia. Questa volta si avvicinò molto al centro del bersaglio. Mercuzio batté le mani e si complimentò “Lo sapevo che ce l’avresti fatta! Con un bel po’ di pratica diverrai una bravissima tiratrice!”.

Lei lo guardò un po’ incerta, “Davvero credi in me?”. “Certo che credo in te!” la baciò sulla guancia e le prese l’arco per riporlo, poi le diede la mano “E ora se vuoi seguirmi per il pranzo…” sorrise.

Arianna guardava la scena da lontano e sussurrò qualcosa all’orecchio a Benvolio che annuì e quando furono tutti a tavola chiamò Mercuzio “Amico siediti pure vicino a me!”. Lo guardò esitare per un momento perché Isabella aveva fatto posto a Giulietta vicino a lei e la ragazza gli aveva sorriso mentre a malincuore gli lasciava la mano.

Il biondo si sedette tra suo fratello e l’amico che subito gli chiese “Vuoi spiegarmi cos’è successo?”, abbassò la voce “Devi raccontarmi tutto”. Arianna sgranocchiò un pezzo di pane e li guardò incuriosita “Chiedigli se si sono baciati” suggerì al fidanzato. Mercuzio sentì e allo sguardo di Benvolio supplicante annuì abbassando lo sguardo.

Il ragazzo dagli occhi blu scoppiò in una risata fragorosa. Giulietta seduta fra Isabella e Caterina ignorò Benvolio continuando a conversare con le due donne ma capì che stavano parlando di lei. “Val, avete visto? Ho quasi fatto centro al mio ultimo tiro!” alzò la voce per fare zittire gli altri tre.

Il fratello di Mercuzio la guardò fraternamente e strinse la mano della moglie accanto a lui “Puoi venire ad allenarti qui tutte le volte che vorrai!”. Arianna s’intromise “Io ancora non ho capito questa tua fissazione del combattere…”, ma Benvolio la interruppe “Avrai quasi preso il bersaglio, ma al cuore di qualcuno hai centrato perfettamente! Peggio di Cupido” e rise di nuovo di Giulietta.

Mercuzio gli intimò di smetterla e Caterina iniziò a dire “Io non ci vedo niente di male…”, Giulietta prese la parola rivolgendosi ad Arianna “Non è una fissa la mia, mi sto solo imparando a difendere dagli attacchi della vita”. Isabella come al solito la incoraggiò e si sorrisero.

“Dove sono Viola ed Enea?” le chiese Giulietta d’un tratto. La mamma le rispose che avevano già mangiata ed erano con le balie a riposare. Dopo il pranzo arrivò un paggio a ricordare a Giulietta dell’udienza, lei lo ringraziò e ognuno si alzò da tavola. Benvolio continuò a chiedere informazioni su i due ragazzi ma Mercuzio non gli disse altro.

 Giulietta si allontanò insieme a Caterina, il biondo se ne accorse quando erano già rientrate nel castello. “Vai pure da lei se vuoi” gli disse Arianna “Mi dispiace solo che per le vostre esercitazioni siamo stati poco insieme…”, il ragazzo le disse che avrebbero recuperato il tempo e Benvolio le toccò sfacciatamente il fondoschiena “Ma di cosa ti lamenti tu? Che ti piace fare una cosa sola!” la strinse e la baciò violentemente.

Mercuzio li lasciò alle loro effusioni “Se volete scusarmi…” e tornò dritto in camera sua. Chiuse la porta e si lasciò crollare su una sedia. Sospirò e bevve un sorso d’acqua dal calice d’argento. Quella situazione era diventata più insolita del previsto. Voleva Giulietta, la voleva con tutto se stesso ma le battute del suo amico certo non lo aiutavano.

Ripensò alle sue parole “Se lei ci sta, bene, altrimenti te ne trovi un’altra! Lo sai che tutta Verona cade ai tuoi piedi quando esci per le strade! E comunque non disperare, a me sembra che lei ti ricambi…O almeno così fa sembrare”.

Sbatté il calice sul tavolo e si alzò slacciandosi un po’ la camicia per il caldo. Si legò i capelli in una coda disordinata e uscì dalla stanza, richiuse distrattamente la porta e si trovò davanti la fanciulla che sognava di notte e a cui pensava di giorno. Quasi si scontrarono.

“Ah sei qui! Ti stavo cercando!” annunciò lei toccandosi la fronte. Aveva i capelli di lato ed era un po’ rossa in viso. “Va tutto bene?” le chiese con un filo di voce. Giulietta annuì “Solo un leggero mal di testa” sorrise e ritrovò il buon umore. “Anzi forse non è mal di testa…”, guardò altrove e cercò le parole giuste.

“Ho capito sei nervosa! Ecco il tuo male” rise lui mentre lei sussurrò “Devo parlarti”. La guardò agitarsi “Volevo dirti…”, si fermò e lo prese per un braccio. Lo trascinò in un angolo del corridoio al riparo da qualsiasi orecchio. “Dai non tenermi sulle spine! Cosa c’è?”, le prese il viso tra le mani per guardarla in faccia.

Giulietta sospirò “Ti sei fatto la coda!”, gli toccò i capelli legati “Quanto stai bene!”, le tornò il sorriso ma lui divenne più curioso. “Era questo che dovevi dirmi?” la rimproverò e lei abbassò di nuovo gli occhi.

“No…” gli toccò le mani sul suo viso per fargliele abbassare, trovò il coraggio e lentamente lo disse “Ecco vedi io ho deciso…ho deciso di accettare la tua corte”. Mercuzio incatenò i suoi occhi a quelli di lei “Ma non mi dire! Non me ne ero ancora accorto!” rise.

Giulietta indietreggiò “Si ma non avevi avuto il mio permesso ufficiale! E comunque ora devo andare, tra poco ho l’udienza con tuo zio…”, arrossì e corse via voltandosi solo una volta per guardarlo ancora. Lui rimase col mento appoggiato sul dorso della mano contro il muro ad ammirare la scena e ad ascoltare il rumore dei suoi passi veloci come musica.

 

Le porte della sala del trono si spalancarono tirate dalle guardie e Giulietta a testa bassa scese i gradini e attraversò lentamente le quattro colonne al centro del pavimento marmoreo in silenzio.

Nel suo campo visivo entrarono diverse sfumature di bianco, grigio e violetto. Provò a rilassarsi osservando quei colori e fece un lungo respiro profondo. Si toccò le mani sudate e giunta dinanzi alle scalette dove in cima sedeva Escalus s’inchinò mormorando “Vostra grazia…”.

Alzò lo sguardo e si ritrovò gli occhi del principe rigidi puntati addosso. Con grande stupore si accorse della presenza di Valentino alla sua destra e di Mercuzio alla sua sinistra.

I tre Della Scala la stavano fissando ognuno con una diversa espressione, Valentino sembrava dispiaciuto, Escalus con sguardo omicida e Mercuzio…Mercuzio la sta guardando come se ne fosse innamorato… ”Inginocchiati al cospetto del tuo principe!” tuonò Escalus facendola sussultare.

I battiti del suo cuore accelerarono  e tornò a guardare il pavimento. Lentamente si genuflesse e rimase a testa bassa. Lo sentì alzarsi dal trono e scendere i gradini che li separavano pesantemente ma leggiadro allo stesso tempo.

Si ricordò il processo per la condanna della presunta morte di suo cugino e le venne in mente l’espressione di Romeo quando lo condannò all’esilio. Quella sala non le aveva trasmesso tutta quella tensione durante quel processo. E se il principe era stato in grado di condannare un innocente per un omicidio che non aveva commesso cos’era in grado di fare a lei ora?

“Silenzio!” ringhiò Escalus e l’urlo riecheggiò fino all’ingresso della sala. Che accidenti stava dicendo? Lei non aveva detto una parola! Era forse in grado di leggerle nel pensiero come spesso faceva suo nipote?.

“Giulietta Capuleti…” disse ancora con tono sprezzante. Le fu vicinissimo e le girò intorno un paio di volte ripetendo “Giulietta…Giulietta…”. La fanciulla seguiva il movimento dello strascico della sua veste che appariva e spariva dal suo campo visivo.

“Quello che hai fatto ieri durante un ricevimento in casa mia è inammissibile!”, le parole del principe le provocarono un impeto d’incredulità e anche il collo iniziò a pesarle. “Potrei farti rinchiudere nelle segrete per mesi lo sai? Sei molto imprudente, sfacciata e pericolosa, donna!”.

Lei appoggiò entrambe le mani a terra per sostenere meglio il suo peso. Riuscì a sentire nel suo tono che la parte di un castigo stava arrivando e lui continuò a ripeterle con severità che quello che aveva fatto era sbagliato.

Giulietta ad un certo punto per il dolore dovette poggiare a terra entrambe le ginocchia, le punte dei capelli toccarono terra e sentì Mercuzio protestare e lamentarsi con suo fratello.

“Tuttavia” disse d’un tratto il principe dopo un minuto di silenzio, “Devo ringraziarti per aver salvato la festa e aver dato una lezione a tuo cugino, hai dimostrato molto coraggio mettendoti contro un tuo consanguineo per noi…Sei molto nobile d’animo Giulietta Capuleti”.

Le porse la mano e lei lentamente alzò il capo per incontrare gli sguardi dei due fratelli ai lati del trono. “Ora puoi alzarti” furono le ultime parole. Entrambi annuirono. Lei allungò la mano e afferrò quella del principe.

Mentre si rialzava avvertì la presenza di un metallo freddo nel palmo di Escalus: era il suo pugnale. Nell’altra mano teneva anche il secondo e le sorrideva appena. La fanciulla li afferrò guardandolo inespressiva e li rimise al loro posto negli stivali.

 

Sulla strada del ritorno a cavallo insieme a Mercuzio Giulietta ripensò alle parole di Escalus, “Non ho capito se tuo zio mi odia o è il suo modo per dimostrarmi che gli sono simpatica…”.

Il ragazzo le abbracciò la vita “Si è già affezionato a te e ti stima molto”. Lei rise “Sarà…bel modo di dimostrarlo! Per colpa sua mi è venuto il torcicollo!”, si era voltata per guardarlo mentre lo disse e con la coda dell’occhio aveva notato qualcosa di strano fuori dai cancelli del palazzo Scaligero.

Mercuzio le stava rispondendo che gliel’avrebbe fatto passare lui il torcicollo quando notò la sua faccia e guardò nella stessa direzione.

Una figura incappucciata tendeva la mano ai servi di suo zio e sembrava chiedergli ripetutamente qualcosa. Giulietta girò Ares nella direzione opposta “Elena?”bisbigliò.

Il ragazzo la guardò preoccupato, “Chi?” domandò mentre si avvicinavano. La figura sotto al cappuccio si girò ma non accorse di loro. “Elena!” annunciò Giulietta “E’ tornata da te…”. La sentirono dire al giardiniere “Per favore se lo vedete avvertitelo che adesso lavoro al bordello fuori città!”.

La ragazza a cavallo trattenne una risata e attese che Elena si fu allontanata sufficientemente dal cancello. Ares ripartì. “Si è lei e allora?” chiese Mercuzio senza interesse. “Allora la rispedisco al bordello!” disse lei ridendo e spronò il cavallo per raggiungerla.

Rallentò il passo per starle accanto, lei si girò tendendo una mano per dire “Fate la carità ad una povera…”, quando vide Giulietta cambiò espressione ed iniziò a correre. La fanciulla svelta scese da cavallo mentre Mercuzio le intimata di lasciar perdere.

Si girò a rassicurarlo “Non le farò troppo male!” rise malvagiamente e raggiunse l’altra che cadde a terra col cappuccio all’indietro. “Che ci fai qui?” le chiese Giulietta sarcastica. Elena la guardò con odio “Sono venuta a riprendere ciò che è mio!”, vide Mercuzio scendere da cavallo e avvicinarsi.

Giulietta estrasse un pugnale mostrandole la lama. Il ragazzo sbuffò e incrociò le braccia, “Devi proprio?” le chiese impaziente. La giovane armata si alzò e vide l’altra strisciare poi rise e la riafferrò per i capelli “Cos’è che è tuo? Eh? Ti avevo detto di non cercarlo mai più!”.

Elena iniziò a piagnucolare “Ti prego Mercuzio salvami!”, lui la ignorò e si mise a fischiettare. La prostituta sfuggì alla presa di Giulietta e corse da lui, ma la ragazza col pugnale fu più veloce e le fu addosso strattonandole i capelli.

Tagliò una ciocca e poi un’altra ed un'altra ancora. Elena gridò più volte aiuto ma fu inutile. Quando Giulietta la lasciò andare i suoi capelli a malapena le arrivavano alle guance. Pianse e si toccò la testa. “Tu! Mi ricorderò di te!” indicò la giovane mentre riponeva il pugnale. “Se non te ne vai subito…” le intimò lei facendola indietreggiare e poi voltarsi per scappare.

“La prossima volta che ti fai vedere qui ti taglio qualcos’altro! Hai capito?” le gridò contro Giulietta poi non la vide più, calciò via le ciocche dei capelli a terra e quelle rimaste sul suo vestito. Mercuzio l’aiutò a risalire a cavallo, si era fatto stranamente serio.

“Te l’avevo detto che non le avrei fatto male!” gli disse lei mentre riprendevano il tragitto. “E’ solo una stupida puttana” rispose lui “Non capisco perché te la prendi tanto”. La ragazza sbuffò “So già che mi verranno i sensi di colpa, hai visto come piangeva! Ma almeno adesso ha capito che non deve ronzarti intorno”.

Il biondo le toccò le spalle nude “Se provi qualcosa per me puoi dimostrarmelo in mille altri modi”. Quella frase la zittì per un po’. “Passiamo per il bosco” annunciò mentre deviavano direzione. Mercuzio le prese le mani, “Non hai risposto alla mia domanda…Perché cambi sempre discorso?”.

Lei si innervosì “Non era una domanda la tua!”, “Fa lo stesso, quello che volevo chiederti lo hai capito benissimo e questo non cambia la sostanza” la corresse lui. Giulietta fermò Ares e spostò una gamba dall’altro lato per potersi voltare a guardarlo.

 Stava per aprire bocca quando lui la precedette “Te lo ricordi il nostro primo bacio?” le chiese guardando in alto mentre ripensava alla pioggia sui loro vestiti. Lei si ammutolì e rivisse per un momento la prima volta che le loro labbra si erano amate poi sentì la mano di lui sul suo viso e la scansò.

Balzò giù dal cavallo e si allontanò di qualche passo. Mercuzio la raggiunse. “Scusa…scusami!” disse lei dispiaciuta dandogli le spalle, “Io non so che mi prende. Non riesco a lasciarmi andare con te, sono bloccata.”

Il ragazzo desiderò toccarla ma si trattenne, “Guarda che abbiamo tutto il tempo del mondo, io ti posso aspettare per sempre” riuscì a dire. Un ululato profondo e di dolore emerse poco distante da loro.

Giulietta si sforzò di ignorare quel lamento e si voltò verso Mercuzio “Ti rendi conto che quelle che stai dicendo sono le parole di…”. L’ululato riprese e poi si spense. Il ragazzo preoccupato guardò in un punto dritto a se e la prese per mano.

Giunsero vicino ad una quercia e si guardarono nervosamente. “Ha bisogno di aiuto!” disse lui indicando la figura grigia distesa a terra su un fianco. Giulietta gli lasciò la mano e corse a vedere se l’animale era ancora vivo.

Si chinò e osservò il sangue su una zampa, la ferita era aperta e arrivava fin sopra la schiena dove il pelo era ridotto ad un ammasso di sangue. Gli occhi del lupo erano chiusi e l’espressione serena.

“Era una femmina” annunciò Mercuzio dispiaciuto inginocchiandosi. La ragazza scoppiò in lacrime e si accasciò a terra, accarezzò il muso della lupa e vi appoggiò la fronte. “Perché se ne è andata?” chiese con rabbia, “Perché?”, pianse più forte.

“Probabilmente un altro animale l’ha attaccata, guarda la ferita…”rispose lui. Giulietta si sentì improvvisamente debole e capì quanto fosse importante la vita e degna del massimo rispetto. Se la prese con se stessa per non essere arrivata prima a salvarla.

“E’ strano che si trovasse sola…I lupi vivono in branco” disse Mercuzio. La ragazza baciò la fronte dell’animale, “Riposa in pace, ti prometto che ti renderò giustizia” sussurrò e si alzò asciugandosi le guance. Il ragazzo la guardò triste e scoraggiato, pensò di abbracciarla ma temette di farla alterare.

Pensò a un modo di consolarla invece rimase li ad accarezzare la lupa morta. Quando fece per alzarsi da sotto la pancia dell’animale sbucò una testolina bianca e due occhi blu come l’oceano. A Mercuzio tornò il sorriso “E tu da dove salti fuori?”, tirò fuori la cucciola e la prese in braccio.

La lupetta lo guardò ed emise un piccolo verso. “Ma quanto sei bella” bisbigliò lui contento,  guardò per l’ultima volta la mamma lupa e la baciò sulla fronte.“Giulia! Ho una sorpresa per te!”, si alzò e raggiunse la ragazza che stava ancora piangendo.

“Perché? Perché? Non è giusto, non doveva succedere!” parlava da sola, lo vide e si disperò “Io non riesco a sopportare questo dolore!”. Lui cercò di sorriderle “Aspetta a dirlo, guarda..” le mostrò la cucciola bianca come la neve e Giulietta la guardò come fulminata.

Guardò Mercuzio incredula, “Lei si è salvata?” bisbigliò. Il ragazzo gliela diede in braccio “Come puoi vedere si, ma è rimasta senza mamma, forse era l’ultima della cucciolata o l’unica…”. 

Alla ragazza tremavano le braccia “Forse è meglio se la tieni tu, sei tu che l’hai trovata”. Mercuzio le toccò le guance e asciugò le lacrime “Voglio che ce l’abbia tu”, sorrise e la cucciola si arrampicò sul petto della ragazza e si allungò a leccarle il viso. Poi sembrò scodinzolare.

La giovane la guardò negli occhi e smise di piangere. “Sei bellissima” le disse, la cucciola uggiolò e si accomodò tra le sue braccia. Giulietta l’accarezzò e le osservò il pelo, era bianco candido con un leggero riflesso argentato sulla schiena.

“Non vedi che ti ha già riconosciuta?” disse Mercuzio accarezzando il pelo morbido, “Allora? La terrai con te?”. Lei annuì sorridendo a malapena “Credo che la chiamerò Luce… Perché è riuscita a illuminare un brutto momento e sento già di volerle bene!”.

Passò qualche minuto e la ragazza si innamorò perdutamente di Luce, tornarono da Ares mentre il ragazzo le seguiva ridacchiando e guardandosi intorno distrattamente. Continuava a chiedersi quale animale avesse potuto uccidere quella creatura e il solo ripensarci gli rattristò l’anima, poi ripensò agli strani comportamenti della fanciulla nei suoi confronti.

“Guarda un po’!” gridò Giulietta facendolo destare. Davanti a loro un altro cucciolo di lupo bianco e dai riflessi dorati scorrazzava timidamente cercando di avvicinarsi. Luce uggiolò e l’altro cucciolo drizzò le orecchie e finalmente si avvicinò.

Mercuzio si chinò e lo prese in braccio. “Credo sia un’altra femmina” disse Giulietta guardandoli. Il ragazzo si alzò e annuì “Già!”, la guardò teneramente negli occhi giallo-verdi e la strinse a se “Non vedo l’ora di presentarti in famiglia! Il mio zietto sarà onorato di avere una lupa tra noi” rise immaginando l’esatta reazione opposta di Escalus.

La ragazza gli affidò anche Luce prima di rimontare a cavallo, “Sicuro che vuoi tenerla?” gli chiese mentre lui le passava i cuccioli uno alla volta e saliva dietro di lei. “Non posso mica abbandonarla al suo destino! Dai qua”, Giulietta sorridente gli consegnò la lupetta e ripartirono.

Ares sembrava aver già capito dove andare visto che nessuno dei due lo teneva per le briglie, e lui continuava tranquillo verso un’unica direzione. Arrivarono al viale di casa Capuleti e la ragazza prima di scendere chiese a Mercuzio “Hai già deciso come la chiamerai?”.

Lui la guardò risistemarsi il vestito e i capelli e riprendere Luce in braccio. “Si…” sorrise, “La chiamerò Dea”. Giulietta attese che il cancello fu aperto e distrattamente gli domandò “Come mai questo nome? Mi piace!”. Il ragazzo schioccò un bacetto sulla fronte di Dea, “Perché colei che l’ha trovata per me lo è…”.

La fanciulla lo guardò stupita “Cosa? Mi consideri una Dea?”, il cancello si aprì e il ragazzo le fece un sorrisetto prima di ripartire a tutta velocità. “Aspetta!” gridò lei ma troppo tardi, rimase a fissarlo mentre si allontanava da lei, ma non dal suo cuore.

“Bambina mia ma cosa ti è saltato in mente?” chiese desolata la balia mentre nelle cucine le passava una ciotola di latte, “Sicura che sia la temperatura giusta?” domandò Giulietta e immerse un dito nel latte “Sembra di si…”.

Ridacchiò e la porse a Luce che sul tavolo attendeva paziente. La padroncina la osservò teneramente nutrirsi. “Tuo padre non la prenderà bene!” aggiunse la balia, “Si è lamentato tutta la notte visto che l’hai passata fuori casa e non vuole più che impugni una sola arma!”.

Lei sbuffò e versò altro latte alla cucciola, “Quanto ti preoccupi!”. Abbracciò la balia e la baciò sulla guancia “Lo sai che ti voglio bene vero? E che devi fidarti di me? Ci parlo io con mio padre…”, la donna la strinse “Io mi fido di te piccola mia temo soltanto che qualcuno possa farti del male! Ti stai mettendo in un gran guaio con quel Mercuzio!”.

 Giulietta rise e si sedette al tavolo seguita dalla balia. “Ma allora lo vedi che non ti fidi? Non è successo niente! Non mi ha fatto niente”, accarezzò Luce teneramente. La donna seduta di fronte a lei le bloccò la mano “Figliola guardami. Non mi piace come parli di lui! Di un po’, lo ami forse?”.

La giovane guardò Luce leccarsi i baffi e poi sfilò la mano dalla presa della balia “Che stai dicendo?”, rise e sentì la voce del padre avvicinarsi. Enrico entrò in cucina sorridente “Figlia! Finalmente sei tornata a casa!”.

Lei si alzò e lo abbracciò “Mi sei mancata sai? E io ti sono mancato?”, suo padre la guardò da cima a fondo “Ma come sei bella! Questo vestito è un dono degli Scaligeri?”. La balia tossì e il conte si accorse della presenza del cucciolo di lupo sul tavolo, “E quello?”.

Giulietta si precipitò a prendere Luce in braccio, “Padre è mia…Io e Mercuzio abbiamo salvato due cuccioli nel bosco mentre mi riaccompagnava qui…La loro mamma non c’è più”.

Enrico la ascoltò con attenzione poi fece un sorriso forzato “Bene, quel Mercuzio mi piace sai? E se lui è in grado di crescere un lupo puoi farlo anche tu, ricorda la responsabilità è solo tua!”, mentre gesticolava Luce uggiolò e si sporse per leccargli le dita. Quel gesto sembrò un po’ addolcirlo “E’ una femmina hai detto?”, Giulietta sorrise e annuì “Si chiama Luce, volete tenerla un po’?”.

Enrico spaesato le guardò entrambe poi si decise. “Ma si! Perché no?”, prese la lupetta in braccio e si sedette al tavolo dove la balia era rimasta a pulire la ciotola in silenzio. Guardò di nuovo sua figlia “Però non voglio che tu maneggi di nuovo la spada! Aramis non verrà più”.

Giulietta si arrabbiò “Ma come? Ve l’ha detto?”, ma si trattenne subito dopo pensando che Valentino e Mercuzio come maestri d’armi potevano bastare. “Come volete padre…”, mormorò infine e lui sorrise soddisfatto.

 

La notte scese come un mantello stellato su Verona mentre le candele nelle case venivano spente, qualche finestra socchiusa e qualche tenda abbassata. La giovane si era coricata insieme alla sua nuova amica che le dormiva con la testolina sul cuscino accanto e le zampette sul viso.

Nel silenzio più totale Tebaldo incappucciato era uscito dalla sua camera ed era giunto dinanzi a quella della cugina. Aprì la porta lentamente felice di sapere che non era stata chiusa a chiave e la richiuse alle sue spalle. Si fermò di fronte al letto e si tolse il cappuccio rimirando la figura dormiente  al di la del baldacchino.

Si sfilò i guanti e se li mise in tasca. “Quasi mi dispiace svegliarti” pensò mentre si avvicinava al capezzale della ragazza, “Ma credimi ne varrà la pena”.

 Giulietta nel mondo dei sogni visse di nuovo la festa dove aveva conosciuto Romeo, solo che stavolta non ballò con lui e non baciò lui ma il suo migliore amico… Quella figura dalla pelle candida e il sorriso affascinante.

Si avvicinò a lui e lo guardò meglio, era come osservare senza essere visti.

Il collo, le mani con quegli anelli, i capelli lunghi e ricci che ricadevano morbidi sulle sue spalle irradiavano la luce come il sole di luglio. Gli occhi verde scuro, quegli occhi che vegliavano su di lei notte e giorno, ogni momento…

Alzò una mano e lui fece lo stesso, poi si ritrovarono a volteggiare. Il suo sorriso cosi candido e perfetto non le permetteva di pensare ad altro. Si tolse la maschera e si sorrisero, poi furono vicinissimi. Lei non resistette alla tentazione di toccargli il viso e le labbra, quei baffetti che la facevano impazzire e quella barba che gli dava un’aria di uomo quando era ancora un ragazzo…

I volti mascherati intorno a loro si confusero e sparirono. Lei e Mercuzio si ritrovarono su un immenso prato verde con al centro un laghetto, il ragazzo le sorrise e corse a tuffarsi. Lei cercò di raggiungerlo ma si ritrovò con un lungo vestito dentro una fontana gigantesca. Voleva provare a chiedergli “Dove sei?” ma non uscì alcun suono. La gente intorno a lei la guardava con curiosità.

“Sono qui!”. La sua voce, il suono della sua voce era meglio di qualsiasi musica o poesia. Si voltò e lo vide, lui la abbracciò. I suoi capelli erano bagnati e non indossava alcuna camicia. Giulietta sorrise e senza pensarci lasciò andare i lembi del vestito che si teneva e lo bacio. Solo un bacio per capire quanto lo amasse davvero, come non aveva mai fatto prima…E quanto lui amasse lei…

Aprì gli occhi gonfi di lacrime e si accorse che una mano la costringeva a stare zitta. Immediatamente allungò una mano sotto al cuscino e afferrò il pugnale. “Buona! Stai buona cugina!” ridacchiò malvagiamente Tebaldo  e le trattenne la mano, poi con un calcio riuscì a togliere via il lenzuolo che la copriva.

Si avventò su di lei.

Luce ringhiò nel buio e lui per un attimo si fermò ad ascoltare, poi decise che non era nulla di cui preoccuparsi e tornò a trattenere Giulietta che si stava divincolando come meglio poteva.

Le strappò il pugnale di mano trionfante e rise di lei, “Vuoi stare ferma cugina? Non costringermi a usare le maniere forti!”. La ragazza con il cuore a mille recuperò svelta l’altro pugnale da sotto al cuscino quando sentì l’urlo di lui. “Ma che diavolo? Cos’è?!” gridò e lasciò la mano con cui tappava la bocca a lei.

Luce si era mossa in silenzio e lo aveva azzannato alla guancia sotto l’occhio, provò a scrollarsela di dosso ma non ci riuscì. Giulietta si alzò appena “Balia aiuto!” gridò ma lui la zittì di nuovo. Luce si era rifugiata sotto al letto per sfuggire a Tebaldo, andò verso alla porta e ululò più forte che poteva.

L’uomo strattonò la camicia da notte della ragazza, strappandogliela quasi di dosso, che lo ferì alla mano, lui imprecò e allentò la presa. Giulietta riuscì ad alzarsi e a gridare ancora aiuto. Lui la riafferrò da dietro e la schiacciò sul letto sotto al suo peso, “Adesso stai ferma!” gridò e si sbottonò i pantaloni.

La ragazza cercò svelta sul letto con entrambe le mani recuperò uno dei pugnali mentre lui esultava di quello che le avrebbe fatto.  Senza pensarci troppo lo colpì in faccia, non vide bene ma riuscì a sentire l’odore del sangue.

Tebaldo si tenne l’occhio col palmo della mano imprecando ancora e si spostò di lato per un capogiro. Giulietta rapida saltò giù dal letto e corse verso la porta ma dopo un paio di passi lui la strattonò per i capelli facendola gridare di dolore e le puntò l’altro pugnale alla gola.

La porta si aprì e suo padre e sua madre apparvero gridando “Che sta succedendo qui?”. Tebaldo si fermò a guardarli mentre lo squarcio sul suo viso sanguinava  e lui lo ripuliva schifato col dorso della mano. La balia con una candela in mano accorse urlando “Giulietta!”,  vide la scena e si avventò su Tebaldo “Tu disgraziato!”.

Enrico si avvicinò e gli tolse il pugnale di mano poi lo schiaffeggiò, “Che cosa volevi fare a mia figlia? Eh?”. Lui si accasciò ai piedi del letto “Zio guardate lei cosa mi ha fatto piuttosto!”. Giulietta si riprese le armi e le nascose tra le lenzuola, “Padre guardate i suoi calzoni! Ha cercato di violentarmi”. La madre abbracciò la figlia e guardò Tebaldo con disprezzo.

Il conte prese il nipote per un’orecchia e lo cacciò via dalla stanza a calci nel sedere intimandogli “Te la farò pagare! Mi hai sentito?”. Luce salì sul letto e guardò la sua padrona.

La balia accese le candele nella stanza e quando vide la ragazza coccolare la cucciola le si strinse il cuore, si avvicinò alla signora Capuleti “Avete visto come ci ha dato l’allarme che lei era in pericolo?”, le strinse le mani e si guardarono cercando di sorridere .

Il giorno seguente Mercuzio nella sua stanza stava mandando per aria tutti i suoi vestiti sotto gli occhi di Dea che sul tavolino lo guardava sbadigliando. “Che dici metto questa?”, le mostrò una camicia blu dopo essersi guardato allo specchio.

La lupa inclinò la testa. “No hai ragione…Quest’altra?”, le mostrò una camicia bianca dalle ampie maniche larghe. Dea sbuffò e uggiolò con il musetto sulle zampe.

“D’accordo ho capito! Vuoi che mi metta in tiro per presentarti al principe…”, tirò fuori la camicia nera col farsetto dagli intarsi d’oro.

“Ecco qua! E adesso dimmi come sto?”. Dea si tirò su e quasi abbaiò. Il ragazzo si mise a ridere e fin di vestirsi, “Sei proprio una principessa tu eh!”.

Una volta pronto la prese in braccio e si avviò verso le stanze di suo zio, entrò senza chiedere permesso e lo vide seduto al tavolo della colazione intento a leggere una pergamena. Un paio di guardie erano dietro di lui.

“Si nipote? Buongiorno anche a te” disse il principe senza staccare gli occhi dal foglio . Mercuzio si schiarì la voce poi annunciò “Caro zio, chiedo un’udienza di famiglia nella sala del Trono adesso…Cosi posso presentare a tutti Dea”.

Il principe bevve un sorso di thè distrattamente, “E chi sarebbe costei?”. Il nipote sorrise orgoglioso avvicinandosi per mostrargliela “Lei…la mia lupa”. Escalus alzò gli occhi e guardò prima l’animale poi lui.

“Mamma che bella! Ne voglio una uguale!” strillò Viola in braccio a Isabella, “Ti prego mamma! La voglio! E’ bellissima!”. La madre sbuffò e la mise giù “Ho capito vai!”, Viola corse in braccio allo zio che sul trono stava facendo un discorso alla servitù e alle guardie sul salvataggio di Dea nel bosco.

Mercuzio gliela diede in braccio e Viola tutta contenta l’accarezzò piano per paura di farle male, Enea si avvicinò diffidente “Posso accarezzare anche io zio?”. Mercuzio rise “Ma certo vieni!”.

Escalus con le braccia incrociate osservata la scena da dal fondo dei gradini, “Devi ammettere che è stato un bel gesto quello che ha fatto zio” gli disse Valentino. Il principe ancora ammutolito guardò il nipote minore e poi il maggiore “Vedremo come andrà a finire questa storia…”.

Valentino sorrise “Anche Giulietta ne ha una adesso, vedrai li cresceranno bene!”. Il principe non rispose ma notò la tenerezza con cui Mercuzio giocava con Dea e come lei era affettuosa con i bambini, persino il maggiordomo l’aveva presa in braccio e la coccolava come si fa con una bimba piccola.

Più tardi Dea fu affidata a Caterina perché Mercuzio, Valentino e Isabella decisero di andare a trovare i Capuleti.

 

Enrico e Tebaldo ancora discutevano di quanto era accaduto la notte precedente quando Giulietta, dopo aver chiuso a chiave Luce in camera per paura che il cugino avrebbe potuto farle del male uscì in giardino con la balia.

Lady Capuleti nel salone era intenta a sistemare i fiori nei vasi insieme ad una serva quando accorse il paggio ad annunciarle che Isabella Ristori era venuta a trovarla. La contessa fece cadere il fiore che teneva in mano e si voltò, quando rivide la sua ex dama di compagnia mollò anche il cesto alla serva e le si avvicinò incredula.

Isabella salutò la serva riconoscendola e poi s’inchinò di fronte alla signora. “Alzati” le disse lei, e la abbracciò “Isabella quanto tempo è passato! Ci siamo perse di vista” quasi scoppiò a piangere. La ragazza la strinse e sorrise “Sono qui per rimediare infatti…Come state? “.

Si sedettero sul divano e si raccontarono ogni cosa finché arrivò Valentino. Lady Capuleti lo guardò sorpresa “Vostro marito? Ci siamo visti alla festa l’altra sera ma non abbiamo avuto modo di parlare…”.

Valentino si presentò e le fece il baciamano “Mia signora è un grande onore per me conoscervi finalmente, Isabella mi ha parlato molto di voi in questi anni…”. La contessa li guardò con ammirazione “Siete davvero una bella coppia!”, si sedettero tutti e tre e conversarono dei loro figli e delle loro vite.

La balia abbracciò Giulietta “Come ti senti piccolina?”, la ragazza le rispose che stava bene ma non era esattamente la verità. Ripresero la loro passeggiata e videro il conte e Tebaldo discutere animatamente sul retro del giardino.

Giulietta si avvicinò e la balia la seguì preoccupatissima. “Ho detto che ti mando in cella hai capito? Se provi a toccarla di nuovo! Oh magari ti ammazzo con le mie mani!” gridò il conte. Tebaldo non sembrò infuriarsi più di tanto “Zio calmatevi, io voglio sposare vostra figlia!”.

La giovane sorrise divertita e lo guardò con odio “Peccato che io non vorrò mai sposare te!”. Il padre si mise tra i due per proteggerla. Il cugino ebbe uno scatto d’ira “Ripeti se hai coraggio!”. Giulietta scosse la testa e guardò altrove mentre la discussione tra i due ricominciava.

La balia le sussurrò qualcosa all’orecchio. Lei spalancò gli occhi e si voltò. Quando vide Mercuzio in lontananza venire verso di loro quasi ebbe un mancamento. La donna mormorò parole pesanti su di lui e le ripeté di stare attenta ma lei non ascoltava minimamente, era troppo indaffarata a non pensare a niente e a calmare il suo cuore che sembrava impazzito.

Enrico vide il giovane biondo avvicinarsi e cambiò espressione “Ah salve Mercuzio!”, gli diede la mano “Vedo che mi avete preso in parola, siete entrato dalla porta principale stavolta! Qual buon vento vi porta da queste parti?”. Tebaldo s’intromise acidamente “Non vorrai mica chiedere in moglie mia cugina?”.

Mercuzio rise e non lo guardò “Per quanto sia allettante la proposta…”, i suoi occhi ricaddero su Giulietta che abbassò lo sguardo “Ho accompagnato Isabella e mio fratello dalla vostra signora…” sorrise al conte che lo guardò sorpreso. “Ah Isabella!” si ricordò di lei e per un attimo si dimenticò della questione con suo nipote.

Giulietta si rivolse finalmente a Mercuzio “Vieni ti accompagno da loro…”. “Tu non vai da nessuna parte!” gridò Tebaldo e tirò fuori un coltello. Enrico andò su tutte le furie “Adesso hai veramente superato il limite! Metti via quell’arma prima che mi arrabbi sul serio! Ciò che hai fatto a mia figlia non te lo perdonerò mai!”.

Mercuzio guardò subito la ragazza e la balia “Che ha fatto?” domandò impaziente.

Tutti si zittirono e lo guardarono.

Lui si rivolse alla diretta interessata, “Cosa ti ha fatto? Avanti dimmelo”, lo disse con tono pacato ma lei non rispose. Tebaldo rise e il conte in un momento di rabbia si lasciò sfuggire “Ancora non riesco a crederci! Tu hai cercato di stuprare mia figlia!”.

 Giulietta vide il biondo cambiare espressione e il fuoco accendersi nei suoi occhi come quando aveva ucciso Paride, si voltò a guardare in faccia l’altro e si tirò su le maniche. Enrico non se ne accorse e continuò a inveire contro il nipote.

Tebaldo guardò Mercuzio e scoppiò in una risata isterica “Se vuoi batterti facciamolo!”, gli puntò contro l’arma ma il ragazzo gli rispose “Per certe cose vale la pena sporcarsi le mani e non le lame” .

Si avvicinò e gli sferrò un pugno così rapidamente che nessuno ebbe il tempo di realizzare. Tebaldo cadde all’indietro lamentandosi, Mercuzio si avventò di nuovo su di lui e il conte lo trattenne per un braccio “Vi prego non fate cosi! E’ un vigliacco lasciamolo alla giustizia di vostro zio”.

La balia trattenne Giulietta e guardò il biondo con diffidenza. “Mi chiedete di lasciarlo stare? Ma io lo ammazzo qui! Quale giustizia? C’è solo un tipo di giustizia per lui” sputò a terra e lo afferrò per il colletto della camicia.

Il conte corrugò la fronte “Aspettate Mercuzio! Non vi capisco…So che avete avuto dei diverbi in passato” guardò Tebaldo “E vi ringrazio per aver preso le difese di mia figlia ma non sta a voi difendere il suo onore…”.

Giulietta implorò la balia di lasciarla andare da lui ma la donna seria l’afferrò da dietro dicendole di non immischiarsi nella lite. Mercuzio spinse Tebaldo che cadde di nuovo a terra e gridò “Va bene mi arrendo!”, guardò il ragazzo a terra con rabbia e il conte lo trattenne per il braccio “Vedo che continuate a prendere le sue difese però…”.

Tebaldo piagnucolò “Ma io voglio sposare Giulietta! Cosa credevate? Che l’avrei fatta mia senza prenderla in moglie?”. Mercuzio si riavventò di nuovo su di lui ma il conte riuscì a trattenerlo “Calmatevi, non capisco questo vostro atteggiamento…Perché mi sembra che teniate cosi tanto a Giulietta?”, il ragazzo lo guardò come se fosse ovvio “Perché io la amo!”. 

Lo disse e l’eco di quelle parole risuonò nella testa della ragazza come un fulmine a ciel sereno.

Gli occhi le si riempirono di lacrime e una le rigò il volto, la balia la girò per guardarla in faccia. Enrico allentò la presa e Tebaldo sbuffò.

In quel momento Esmeralda corse da loro e si fermò a soccorrere l’uomo a terra che scontroso rifiutò il suo aiuto. “Tebaldo! Tebaldo sono incinta!”. Il conte li guardò senza parole e lasciò andare Mercuzio, Giulietta scansò via la balia e si avvicinò a lui che si voltò arreso a guardarla.

Enrico chiese a Esmeralda come era potuto succedere e se era sicura, e insieme alla balia aiutò il nipote a rialzarsi poi parlarono ancora della presunta gravidanza ma i due giovani non li stavano ascoltando.

“Davvero?” chiese lei al limite della gioia e di nuovo con gli occhi lucidi. Lui sorrise un po’ imbarazzato “Si, ti amo davvero, e non ho più paura di dirlo”. Attese una sua reazione sostenendo il suo sguardo.

Giulietta rise e si asciugò gli occhi distogliendo lo sguardo, Mercuzio le si avvicinò ancora e la abbracciò. Lei si staccò quasi subito e cercò la sua bocca.

Lady Capuleti guardava preoccupata la discussione tra suo marito, Tebaldo e le due serve quando vicino a lei sentì Valentino rivolgersi ad Isabella “Ma che fa Giulietta? Da un bacio a mio fratello?”.

Isabella lo guardò e annuì sorridendo, “Credo che si siano dichiarati finalmente”. La madre di Giulietta spostò lo sguardo e vide i due ragazzi, “Non mi ha mai detto niente!” esclamò e corse da lei.

Mercuzio le baciò la fronte e la strinse a se, sentì le sue mani strette sulla schiena e il suo respiro profondo. Lei lo guardò con insistenza e lo baciò ancora.

“Fermi tutti!” gridò Tebaldo facendoli sobbalzare. Mercuzio gli intimò di andarsene ma si accorse che aveva preso l’arco e mirava a Giulietta. “No!” disse lei “Tu sei pazzo”. Valentino intervenne “Tebaldo adesso basta, stai dando spettacolo! Consegnami quella freccia su”.

Il ragazzo mirò a lui “Dove la vuoi? Magari in testa?” ridacchiò. “Se fai del male anche a mio fratello…”gli intimò Mercuzio. “Cosa? Cosa puoi fare? Non vedi che sei impotente di fronte a me?” rispose Tebaldo.

Esmeralda piagnucolò “Giulietta ti prego perdonami è tutta colpa mia! E aspetto anche un figlio da lui che non vuole”. La ragazza si mosse verso di lei. “Non muoverti!” gridò il cugino.

Giulietta non lo guardò nemmeno “Va al diavolo!” gridò, avanzò verso Esmeralda ma una fitta di dolore acuto alla coscia la costrinse ad arretrare. La balia urlò disperata e il conte e Valentino riuscirono a immobilizzare Tebaldo.

“Adesso la pagherai di sicuro!” gridò isterico Enrico e ordinò alle sue guardie di scortarlo dal principe. Giulietta guardò il suo abito trafitto dalla freccia e sporco di sangue. Mercuzio le intimò di non muoversi ma lei quasi impazzì dal dolore, afferrò la freccia e la estrasse urlando. “No Giulia!”.

Mercuzio la prese in braccio e si diresse veloce verso la sua camera. “E’ chiusa a chiave” disse lei debolmente quando furono davanti alla porta, la estrasse dal vestito e gliela porse. Il ragazzo riuscì ad aprire la porta e la adagiò sul letto dove c’era anche Luce.

Si mise tra le sue gambe e le sollevò di scatto i lembi della gonna, “Non abbiamo molto tempo…L’emorragia va fermata subito…”. S’interruppe quando le scoprì la coscia e guardò dentro la ferita. Giulietta respirò a fatica per il dolore. Luce balzò sul cuscino e giocherellò con i suoi capelli.

La ragazza si tirò su appoggiandosi ai gomiti. “Cosa c’è?” chiese con la voce spezzata. Mercuzio cercò di tranquillizzarla “E’ solo la punta della freccia che è rimasta dentro ma adesso te la tolgo”.

Lei si piegò per alzarsi su “Come la punta della freccia?” gridò terrorizzata. Lui la respinse giù, “Adesso rilassati, chiudi gli occhi e lasciami fare prima che si infetti tutto…”.

Valentino entrò di corsa in camera con la balia alle calcagna che portava un catino d’acqua. Il fratello maggiore vide Luce e sorrise per un attimo. “Allora?” gridò impaziente la balia. Mercuzio le ordinò di posare l’acqua sul letto e di andarsene. La donna ubbidì ma rimase sulla porta.

“Val devo estrarre la punta della freccia…”, indicò Giulietta. Il ragazzo si sedette sul letto e le prese la mano. “Dov’è mia madre?” chiese lei impaurita, Valentino strappò un pezzo del lenzuolo insanguinato e le disse di morderlo “Fidatevi di me, sta bene…Isabella è con lei”.

Giulietta chiuse gli occhi e strinse fra i denti la stoffa. Mercuzio dopo essersi lavato le mani toccò la ferita e la dilatò un poco. La ragazza sputò il pezzo del lenzuolo e gridò forte. Valentino le strinse la mano e lei gliela graffiò a sangue con le unghie. “State calma, abbiamo quasi finito!” la guardò disperato “Giulietta…cercate di non pensarci”.

 Mercuzio afferrò finalmente la punta e disse a malincuore “Questo ti farà un po’ male, resisti!”, provò ad estrarla facendola urlare più forte. La balia in lacrime si coprì il volto con le mani. Valentino rabbrividì e osservò la determinazione del fratello.

Luce iniziò a piagnucolare e lui la accarezzò cercando di ignorare le urla di Giulietta. Il biondo tirò fuori la punta della freccia dopo qualche minuto e la buttò nel catino. “Balia presto! Porta il materiale per disinfettare!” intimò alla donna che corse via.

“Hai visto? Ce l’abbiamo fatta” disse Valentino sfiorando la fronte della giovane che rispose singhiozzando “Morirò dissanguata”. Mercuzio si affrettò a sciacquarsi le mani allungò su di lei “Guardami”, le toccò il viso “Qui oggi non morirà nessuno! Tuo cugino al massimo…”.

Valentino lo guardò e soffocò una risata. Luce guardava la sua padrona e faceva avanti e indietro sul letto uggiolando triste. Mercuzio l’accarezzò e la prese in braccio. “Quant’è bella!” disse Valentino, “Dammela la faccio vedere a Isa”. Il fratello gliela passò e rimase solo con Giulietta che gli prese la mano senza guardarlo e la strinse.

Lui gliela baciò. “Non hai più nulla da temere adesso”. Lei trovò la forza di mettersi seduta si fronte a lui accucciato sul letto. Si asciugò il viso mentre la balia rientrava e posava un vassoio sul letto con le bende e il disinfettante.

“Grazie” le disse il ragazzo e lei abbracciò la ragazza e la baciò sulla fronte. “Io sono qui fuori…Ho visto che sei in buone mani…”, guardò Mercuzio e uscì dalla stanza chiudendo la porta. Il biondo prese il batuffolo imbevuto di disinfettante con le pinze e piegò la gamba della ragazza per avvicinare la coscia.

Lei gemette per l’irritazione un paio di volte mentre si sistemava il vestito per coprire l’altra gamba. Si sentì in imbarazzo per avergli mostrato le gambe cosi a lungo. Mercuzio ripulì accuratamente la ferita e le fasciò la coscia. “Ecco fatto!” disse felice. “Ora vediamo se puoi camminare”, le accarezzò la guancia e lei gli trattenne il braccio quando cercò di riabbassarlo.

Lo guardò e sorrise. “Non finirò mai di ringraziarti”, lo attirò a se e lo abbracciò forte. Bussarono alla porta e Giulietta si asciugò svelta le lacrime. “Avanti” disse e il paggio entrò con una lettera per lei, gliela porse e fu congedato.

Mercuzio intrecciò le loro mani dopo che la ragazza ebbe aperto la lettera. “Sai, io credo che con l’amore si possa cambiare il mondo” disse lui accarezzandole i capelli. “Oppure se stessi” gli rispose lei leggendo la lettera e sorridendo.

Lui la baciò delicatamente sul collo, “Magari entrambi” sussurrò facendole venire i brividi. Giulietta ridacchiò “E’ di Cordelia! Finalmente ha finito il collegio e viene a trovarmi”. Si guardarono e si avvicinarono fino a toccarsi con i nasi.

“Chi è Cordelia?” chiese lui senza interesse e la baciò. Lei si staccò solo per rispondere “Una mia amica d’infanzia”. Mercuzio sorrise “Interessante…” sussurrò e la baciò di nuovo.

La gamba non faceva più male a Giulietta perché la cura di tutti i suoi mali era li con lei. La lettera cadde a terra e lei abbracciò il giovane con la voglia di non separarsi mai più da lui.

 

In una chiesetta di campagna Romeo subito dopo essere stato confessato fu accompagnato dal prete nella sua cella per pregare in solitudine e assoluto silenzio. Stringeva tra le mani il rosario di legno e di tanto in tanto sospirava.

Quando finì di recitare le preghiere che gli erano state assegnate per espiare i suoi peccati si fece il segno della croce partì insieme al suo fedele servitore Abramo.

 Salirono a cavallo e si diressero verso il luogo che li avrebbe ospitati. “Quando si decideranno a trovare il posto definitivo?”, chiese Romeo spazientito mentre Abramo bussava al portone.

“Sono stufo di essere trasferito da convento a convento”, calciò una pietra e guardò serio il suo servitore che gli rispose, “Mio signore dovete avere un po’ di pazienza. Frate Lorenzo ha scritto nell’ultima lettera di avere buone notizie per voi!”.

Una suora venne ad aprire e li riconobbe “Voi dovete essere il giovane Montecchi? Venite, venite…”. I due ragazzi entrarono e si guardarono intorno. “Quanto mi manca la mia vita” si lamentò Romeo.

L’anziana suora gli indicò una figura poco distante. “Sorella Rosa! Accompagna i ragazzi nelle loro stanze”. L’altra suora, decisamente più bassa e più giovane si girò a sorridere ai due giovani e gli fece cenno di avvicinarsi.

Abramo si lamentò di avere fame mentre Romeo gli appoggiava il gomito su una spalla. “Chissà che ci daranno da mangiare queste…”, alzò lo sguardo e riconobbe un volto che lo aveva tormentato a lungo. La giovane suora lo guardò radiosa e fece un mezzo inchino. Abramo per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. 

“Rosalina?” sibilò Romeo incredulo ma felice al tempo stesso. La suora annuì e lo guardò seducentemente poi li prese entrambi per mano e si avviò con loro “Venite, vi accompagno nelle vostre stanze”. I due giovani si guardarono maliziosamente e la seguirono mentre il servo da dietro, la squadrava da cima a fondo.

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Capitolo 10
*** Capitolo Decimo ***


Capitolo Decimo

 

Di solito nulla e’ come appare e anche il cielo più luminoso finisce per oscurarsi. Anche se il sole continua a brillare per poi tramontare e non avere più la forza di alzarsi, e non c'e’ nemmeno la luna a rischiarare un cielo vuoto e oscuro.

Da qui è scomparso il sole, ci sono solo piccoli punti luminosi che si perdono nel vuoto della sofferenza che provoca la privazione, punti luminosi che non sono altro che ricordi: il primo sorriso di suo figlio, il primo dente caduto, i primi passi, o la prima volta che suo figlio aveva detto “mamma”, il vuoto che Gloria aveva nel petto era paragonabile solo al sole che si spegne.

Perché effettivamente il suo sole si era spento senza lasciare nella sua vita nemmeno uno spiraglio di luce. Passava le sue notti a rivivere gli ultimi istanti con il figlio, le sue mani che venivano strappate via dalle mani del suo piccolo!

Era straziante per lei e niente riusciva a darle pace, lo rivoleva, rivoleva il suo bambino di nuovo a casa e sapeva che la colpa di tutto era di quella sgualdrina di una Capuleti.

Si era chiusa nella sua camera insieme al delirio che accompagnava la follia che Giulietta Capuleti aveva causato, e non permetteva a nessuno se non alla fida Demetra di entrare nella sua stanza, solo con la fanciulla si confidava e si apriva come se fosse stata la sua unica alleata.

Si, alleata, perché proprio di una guerra si trattava, e proprio con lei iniziò a capire che forse un modo per farla pagare alla razza immonda dei Capuleti c'era. Il dolore che si portava dietro come un macigno appeso al petto le impediva di rendersi conto che non tutto era perduto e che nella sua vita c'erano ancora delle cose belle di cui gioire come il matrimonio che suo nipote Benvolio aveva annunciato una settimana prima.

Ma lei non riusciva a vedere niente di buono in quel matrimonio con una parente del principe poiché anche in quel matrimonio ella vedeva il complotto che aveva allontanato suo figlio. Nei confronti di quel ragazzo orfano e solo, che lei aveva accolto per amore del marito, provava un odio paragonabile a quello nei confronti dei Capuleti, poiché non di rendeva conto di come fosse possibile che lui, potesse essere felice, sul punto di sposarsi e avere dei figli nella sua Verona e suo figlio no?

 Si era rifiutata di partecipare al matrimonio e non aveva nemmeno dato gli auguri al nipote, si era dimenticata di lui come il ragazzo si era dimenticato del figlio. Sedeva inerte con le lunghe braccia incrociate in grembo ad osservare il suo riflesso nello specchio, ma anche questo le provocava dolore, perché i suoi lineamenti erano cosi simili a quelli di Romeo da farle male.

Dal giardino di casa sua venivano i canti e i balli dei festeggiamenti per il matrimonio di Benvolio, ma per lei erano solo rumori indistinti…

Si alzò dalla toletta e si avviò verso il letto dove si distese ancora tutta vestita e iniziò strapparsi poco alla volta alcune ciocche di capelli. Dolore, dolore fisico, dolore mentale, dolore del cuore. Perché? La domanda che si faceva da giorni ormai era solo questa.

La vita era cosi strana, ti metteva davanti a delle situazioni che tu non sapevi come affrontare, le conseguenze spesso facevano soffrire proprio come stava soffrendo lui in quel momento, le uniche cose che gli davano un po' di conforto erano le lettere di frate Lorenzo e quelle dei suoi genitori: le lettere della madre erano sempre piene di deliri e tramite loro sentiva un rancore che non riusciva a riconoscere come proprio, una rabbia che gli faceva apparire il mondo in un eterno è irremovibile complotto contro i Montecchi.

Lui da un punto di vista oggettivo, si rendeva conto che non era cosi ma dal suo esilio forzato e ingiusto, quelle parole prendevano sempre più significato. L'ultima inviatagli quella stessa mattina verso la sua nuova sistemazione riportava le seguenti parole: “Romeo figlio mio la casa è cosi vuota senza di te! L'aria è sempre più grave e il mio cuore sta cedendo lentamente sotto i colpi della sofferenza! Oh figlio mio non sai quanto vorrei che a pagare fosse quella cagna di una Capuleti, e solo colpa sua se il gioiello della nostra famiglia vive di stenti in una città ostile. Romeo credo che ci sia in atto una specie di complotto nei tuoi confronti e anche tuo cugino ne è immischiato! Oh Romeo non sai come Vorrei che tu fossi qui per vedere come quella sgualdrina sta cercando di portare nel proprio letto anche Mercuzio! E’ una lurida che è stata perfino in casa nostra ospite di tuo cugino! E il tuo caro migliore amico la difende sempre! Romeo io trovo disgustoso sia lui che lei, io ti prometto figlio mio che ti vendicherò e darò a quella puttana e alla sua lurida razza quello che si meritano!”.  

Più o meno a quel punto Romeo aveva smesso di leggere per passare a quella del padre che invece era più mite e gli faceva sentire il dolce profumo di casa, attraverso i suoi racconti su quello che succedeva poteva trovarsi ad un ballo o in un duello improvvisato a casa loro dal suo migliore amico e dalla sua amata, l'ultima narrava proprio di quello.

Si trovò a sospirare, pensare a Giulietta come sua amata gli procurò un dolore allo stomaco, si stava rendendo conto che non era la fanciulla che si era costruito nella sua fantasia e che di conseguenza il suo amore non era reale, le parole della madre per quanto volgari e sconclusionate gli riportavano una realtà ben precisa. Giulietta e Mercuzio stavano insieme.

Si chiese distrattamente come la madre fosse arrivata a quella conclusione, forse aveva assistito a qualche scena che nel suo delirio si era dimenticata di scrivergli.

Prese tra le mani la corona di legno ultimo regalo del suo confessore e se la rigirò tra le mani pensando che forse c'era davvero qualcosa sotto al suo esilio, si alzò arrivando allo scrittoio desideroso di togliersi dalla mente quelle congetture dovute alla lontananza e prese tra le mani le lettere di frate Lorenzo.

Le sue lettere erano cariche di conforto cristiano per la sua anima e riportavano i risultati delle sue ricerche, era un uomo di parola è non aveva dimenticato la sua promessa.

L'ultima missiva che gli aveva mandato quella mattina gli spiegava che, anche se non potendo citare la sua fonte, doveva ammettere che i suoi sospetti erano fondati, il giovane Capuleti era vivo e di conseguenza il suo esilio era ingiusto, di li a qualche giorno sarebbe potuto tornare a Verona da uomo libero e chiedere al mondo ciò che gli aspettava.

Sorrise di nuovo proprio come quella mattina leggendo le stesse parole ma il suo sorriso si spense presto rendendosi conto solo in quel momento che il suo umore era cambiato, infatti quelle parole gli sarebbero state mille volte più gradite, solo se qualche giorno prima lui non l'avesse rivista e se il suo cuore fermo non avesse ripreso a battere al suono della voce di lei.

Una volta lo stesso frate gli aveva detto che l'amore dei giovani risiedeva negli occhi e solo li a Mantova lui si rendeva conto di quanto tutto ciò fosse vero, la ragazza che nella sua mente aveva preso il sopravvento era solo un’immagine speculare del suo primo amore, la Giulietta di cui si era innamorato al ballo dei Capuleti era solo una fugace scia luminosa nel cielo che per un attimo aveva oscurato lo splendore della sua luna.

Si era infatuato di Giulietta solo perché Rosalina celava il suo cuore sotto una pesante coltre nera che altro non era che il sudario della sua bellezza, le due fanciulle così simili in aspetto e in età si erano quasi confuse nella sua mente e lui aveva finito per alternare l'una all'altra.

Quelle tre settimane di lontananza dalla più giovane della famiglia Capuleti gli avevano fatto capire tutto ciò, e poi c'era stato l'incontro, il rivedere quegli occhi luminosi come stelle riascoltare quella voce che altro non era che il respiro della sua fantasia, lo avevano indotto a credere che a tutto c'era rimedio, che anche se lontano da casa la vita poteva tornare a sorridergli, se Rosalina era lì a Mantova, e si trovava nello stesso convento dove lui stesso era costretto a passare le sue giornate era un evidente segno che il destino era dalla sua parte.

E anche se lei ormai indossava l'abito nero che la consacrava a Cristo ciò non voleva dire che lui era costretto ad ignorare quello che la Dea fortuna e il Dio cupido stavano cercando di fargli capire.

Il secondo incontro con l'agognato soggetto dei suoi sogni era stato di una dolcezza unica. Aveva capito che la fanciulla soleva passeggiare in giro per il portico adiacente la chiesa ogni pomeriggio dopo lo scoccare della quinta ora e che se lui voleva vederla quello starebbe stato il momento più propizio, quindi si era appostato lì e quando la fanciulla aveva fatto il suo ingresso le si era avvicinato come si soleva ad un galantuomo del tempo e dopo aver ottenuto il suo permesso aveva iniziato a passeggiar con lei.

"Sapete Rosalina è la prima volta che in una città cosi lontana dalla mia Verona io trovi un viso a me familiare e amico", la fanciulla gli aveva sorriso dolcemente, "Romeo io sono onorata che voi mi consideriate una vostra amica" e cosi avevano preso l'abitudine di passeggiare insieme, e una volta che in lui non c'erano più le mire di volerla svestire delle sue virtù parlare con lei e trovare punti in comune era stato più semplice, avevano dimenticato tutto ciò che era accaduto a Verona e si erano ripromessi di vedersi ancora il giorno seguente, e cosi era stato per tutta la settimana e nella ragazza qualcosa era mutato.

 Era diventata più affettuosa, aperta, aveva preso le pene di Romeo come proprie, ci erano volute due settimane di conoscenza per far capire alla fanciulla vestita di nero che forse qualcosa in più alla vita monacale c'era.

Ne aveva parlato con la madre superiora perché temeva di star commettendo un grosso peccato, ma la donna più anziana e saggia le aveva detto che finché i suoi voti non erano stati pronunciati la sua condizione era reversibile e dopo una notte insonne passata a riflettere su cos'era la cosa giusta da fare, e a chiedere a Dio una risposta alle sue penose domande era giunta alla conclusione di doverne parlare con Romeo.

Si era presentata dal ragazzo armata di buona volontà e aveva iniziato il suo discorso:" Romeo ascoltatemi, sono giunta oggi alla conclusione che io mi sono innamorata di voi, queste due settimane insieme a parlare e a vedervi mi hanno fatta rendere conto che forse il gesto che sto per compiere non è quello giusto."

Aveva taciuto un attimo impossibilitata ad andare oltre e poi c'era stato il bacio. Un bacio dolce e lento come un frutto maturato al sole che gli aveva riscaldato il cuore e gli sveva fatto toccare il cielo con un dito, quali parole più dolci avrebbero potuto sentire le sue orecchie? Nessuna!

Eppure lui non era sicuro si sentiva strano non voleva che la ragazza dovesse pentirsi di avergli confessato il suo amore, quindi non era riuscito a ricambiare una sola parola limitandosi a sorridere e a darle un leggero bacio sulle labbra.

Si alzò dal letto spaesato e si avvicinò alla piccola finestra del convento perdendosi con lo sguardo oltre il cielo e il prato che circondava la struttura, si sentiva in dovere di decidere, il suo cuore era chiaro aveva già scelto Rosalina, che in quelle tre settimane gli era stata vicina come non mai, ma la sua mente si trovava annichilita in quello che era il suo rapporto con Giulietta, non l'amava questo era sicuro ma perché si sentiva in colpa nei confronti di quella fanciulla? In fondo né lei né il suo migliore amico non gli avevano mai scritto da quando era li e nemmeno il cugino che tanto aveva amato si era più degnato di chiedere sue notizie.

Il suo cuore si riempì di un sentimento che non era rabbia ma delusione, si sentiva deluso perche era stato lasciato solo e perché se la situazione fosse stata invertita lui non li avrebbe abbandonati, eppure non si sentiva in collera con loro, pensava che stessero andando avanti con le loro vite, e questo gli provocò un brivido di dolore dal quale si riscosse con questo pensiero: dunque perché non poteva farlo anche lui?

Si risedette sul letto e si passò una mano sugli occhi e poi sul cuore, e in un attimo la decisione fu presa. Si alzò dal letto e si diresse fuori nell'angusto corridoio di pietra , il suo cuore era più leggero e sembrava avere delle ali che lo facevano quasi volare più che camminare, si vergognò per un attimo di essersi fatto prendere dallo sconforto e di essere caduto nelle paranoie della madre, di aver pensato che le persone che gli volevano bene stavano tremando contro do lui, si fermò davanti alla cella di Rosalina, e bussò alla porta finche la voce roca della ragazza non gli rispose "Sorella sono in preghiera vi prego di tornare più tardi" per tutta risposta Romeo parlò con voce chiara e forte, dicendo solo due parole "Ti amo!".

Dall'altra parte ci fu un po' di silenzio poi la porta si aprì per far entrare il giovane, che si trovò davanti il suo Angelo.

La fanciulla indossava l'abito talare nero ma i suoi capelli castano chiaro e lunghi cadevano liberi sulle spalle fino a toccare la curva del sedere, la sua pelle candida era rossa nella zona delle guance e i suoi luminosi occhi neri erano colmi di lacrime "Romeo sei sincero? Vuol dire che ricambi i miei sentimenti anche se ti ho tenuto lontano per tanto tempo?".

Il giovane annuì e chiuse la porta prima di prenderle la mano, "Sei tu che devi perdonare me! Sono stato uno sciocco a cercare in un’altra quello che non volevi darmi! Avrei dovuto insistere e farti capire per me quanto eri importante!".

La fanciulla gli posò le dita sulle labbra e scosse la testa "Shhh, Romeo non pensiamoci più l'importante e che ci siamo ritrovati!" Il ragazzo le sorrise e prendendole anche l'altra mano gliele baciò entrambe, poi le rivolse un lungo sguardo languido e si avvicinò al suo viso “Sono un uomo libero.”

                                                        

La giornata era limpida e il cielo era di quel preciso colore azzurro che tanto ispirava suo padre a scrivere poesie d'amore, cosi intenso da far male agli occhi, si allontanò dalla finestra dove stava ad oziare per avvicinarsi allo specchio, si guardò riflesso e per un attimo si stupì di come era cambiato in così poco tempo, non si riferiva ad un cambiamento fisico, ma più ad uno mentale, i suoi occhi erano luminosi e sulle sue labbra aleggiava un sorriso soddisfatto.

Da quando aveva conosciuto Arianna nulla aveva avuto più senso se non poter starsene ad oziare tra le sue braccia e finalmente qual giorno si sarebbero celebrate le nozze, la casa dei suoi zii era in fermento dalla sera prima e tutti si affrettavano ad ubbidire agli ordini che suo zio dava.

Si girò ad osservare l'abito bianco che lo attendeva sulla sedia, era infatti di consuetudine che gli sposi vestissero entrambi di bianco per un buon augurio alla coppia che si stava creando e si avvicinò alla sedia dov'era appoggiata, accarezzò delicatamente il tessuto fresco del farsetto e indugiò con un dito su uno dei bottoni dorati che lo ornavano, si sentì un po' spaesato e confuso e in un attimo la paura di perderla come era già successo con i suoi genitori gli bloccò il respiro in gola.

Mentre si perdeva in quei pensieri troppo brutti per un giorno troppo bello la porta si aprì e il suo migliore amico entrò portando davanti a se un bocciolo di rosa bianca che si abbinava perfettamente al suo abito da cerimonia , gli si avvicinò e quando il ragazzo si voltò la sua espressione felice divenne in un attimo lo specchio dubbiosa di quella del ragazzo Quale pena allunga le ore di Benvolio? Cosa oscura il volto dello sposo in un giorno tanto felice?”.

Il ragazzo guardò il giovane che per l'occasione indossava il completo ufficiale degli Scaglieri e scosse la testa Credo sia solo paura di perdere la persona che più amo al mondo come è successo con tutta la mia famiglia”. Benvolio oltrepassò Mercuzio e si sedette su di uno sgabello davanti ad uno specchio, la camera non era sua e gli era stata data per tenerlo lontano dalla sposa sino al momento del si, Mercuzio gli si mise alle spalle e posò le mani sulle spalle nude di Benvolio Non succederà! Non c'è niente e nessuno che trami contro voi due!”.

Poggiò la rosa sulla toletta e legò con fare premuroso i capelli di Benvolio in una coda Sarai felice con lei! Avrete un mucchio di figli e in men che non si dica dovrò ritrovarmi a fare da zio a un piccolo te!”.

A quelle parole a Benvolio scappò un sorriso Si desidero tanto dei figli! Pensavo che se il primo sarà maschio si chiamerà come mio padre ovvero Guglielmo! Se invece sarà una bimba pensavo ad Elisabetta come mia madre!”, i suoi occhi si riempiono di lacrime e si alzò in piedi per vestirsi e per nascondere il suo dolore a Mercuzio, il giovane biondo lo lasciò per un po' nel suo silenzio mentre lo osservava vestirsi e quando Benvolio ebbe finito e si girò verso l'amico il suo viso era di nuovo sereno.

I suoi occhi erano luminosi come il cielo il suo sorriso candido come neve faceva capolino dalle labbra rosa e così Mercuzio gli si avvicino e gli inserì il bocciolo in un asola apposita sul lato del farsetto proprio sopra allo stemma della famiglia Montecchi.

Vorrei dirti tante cose, ma non trovo le parole! Perché se tra di noi c'è qualcuno che è bravo con i sentimenti quello sei tu Benvolio. Sei tra di noi il più giovane ma sei sempre stato il più saggio! Oggi che compi il passo di diventare uomo voglio dirti che per me sei un altro fratello!”, le lacrime che Benvolio aveva trattenuto sgorgarono fuori al discorso di Mercuzio che gli era sempre stato vicino più dei suoi stessi familiari, dopo un fraterno abbraccio i due si avviarono verso la chiesa.

Il sole era ancora alto e risplendeva sui centinaia di boccioli che adornavano l'ingresso della chiesa e l'intera navata, i pochi posti a sedere che di solito occupavano le famiglie nobili erano stati ricoperti interamente di stoffa bianca e tutt'intorno all'altare oltre ai boccioli di rose e gigli risplendevano decine di candele, che facevano risplendere ogni singolo petalo dei fiori, la scena era molto suggestiva talmente tanto che non sembrava di essere in una chiesa ma in un racconto di miti che si svolgeva sull'olimpo; proprio accanto all'altare due giovani attendevano con impazienza l'arrivo della sposa.

Ella non si fece attendere molto e ad un quarto alle undici il coro di bambini disposti dietro alle colonne iniziarono ad intonare il loro canto e dal fondo della chiesa lo splendore della sposa fece ammutolire tutti gli invitati.

Giulietta era stata invitata al matrimonio e per volere della sposa sedeva sulla panca della sua famiglia, indossava un abito rosso con le maniche a sbuffo e un corpetto che metteva in mostra le sue giovani curve, i lunghi capelli castani intrecciati intorno alla testa con alcune ciocche che scendevano morbide e ricce sulle spalle.

Il suo sguardo era rapito dalla bellezza della sposa che con andatura lenta da felina raggiungeva l'altare, indossava un lungo abito bianco con il corpetto dorato e le lunghe maniche di velo giungevano fino a terra, erano interamente ricamate d'oro e sulla gonna facevamo bella mostra numerose pietre preziose che facevano luccicare la gonna ad ogni suo movimento.

Il collo della fanciulla era circondato da un filo di perle con sotto un pendente in corallo azzurro dai lobi prendevano orecchini identici al ciondolo, generoso regalo dello zio dello sposo, i capelli erano raccolti in una singola treccia ornata da piccole rose bianche che scendeva rigida fino alla fine del corpetto, il velo era corto e le copriva solo metà volto, e in tutto l'insieme era talmente luminosa da lasciare senza fiato, perfino il Principe che rigido sedeva sulla panca accanto a Giulietta e ai suoi nipoti non poteva fare a meno di sorridere a quella visione.

Il padre lasciò la mano della fanciulla poggiandola su quella di Benvolio e si mise accanto a sua figlia, cosi quando i bambini ebbero finito di cantare il prete giratosi di spalle iniziò la sua cerimonia in latino e solo alla fine della sua litania si girò di nuovo verso gli sposi per benedire gli anelli e unirli ufficialmente in matrimonio.

Durante il discorso finale ai due sposini la fanciulla in rosso era cosi assorta a guardarli che non si accorse della presenza vicino a lei. Mercuzio le prese la mano e se la portò alla bocca.

Lei si girò a guardarlo stupita da quel sorriso. “Come va la gamba?” le sussurrò all’orecchio dandole poi un bacio sulla guancia e si mise a giocare con i suoi capelli. Incontrò lo sguardo di rimprovero di suo zio ma lo ignorò.

 “Un po’ meglio” rispose Giulietta a bassissima voce “Grazie…”, gli strinse timidamente la mano che lui teneva sul suo ginocchio e si girò verso il frate che annunciava la fine della cerimonia, palesemente imbarazzata.

La festa che seguì la cerimonia fu qualcosa di meraviglioso. C'erano serviti su lunghe tavolate i polli e le oche più grasse di Verona, numerose brocche di vino erano disposte in modo che ogni invitato potesse averne una davanti a se, e tutto sembrava agli occhi degli invitati una favola.

La festa si teneva per l'occasione nel giardino grande nel retro della dimora, i grandi alberi da frutta erano stati addobbati con grandi fili di seta e sotto i loro lunghi rami erano stati invitati anche alcuni musicisti che dovevano allietare la splendida giornata, tutto al matrimonio faceva dimenticare per un attimo tutte le brutte avventure che avevano sconvolto Verona nell'ultimo periodo, sembravano però aver dimenticato anche che un innocente era stato punito senza colpa e che ancora nessuno doveva avviarlo dell'avvenuta rettifica della sentenza.

Arianna notò Giulietta con in braccio la piccola Viola e le si avvicinò allegramente. “Vi state divertendo vedo” disse amichevolmente. La ragazza in rosso guardò quella in bianco con un sorriso, “Non posso ancora tornare a ballare…”, lanciò un’occhiata fugace alle danze intorno a loro che terminavano in quel momento, “Però si, avete organizzato un ricevimento magnifico!”. La sposa accarezzò distrattamente i capelli rossastri di Viola, “C’è la cerimonia della consumazione adesso, ce la fate a venire?”. Giulietta la guardò senza capire…

Poco dopo si ritrovò quasi costretta, in piedi, nella stanza da letto di Benvolio e Arianna, una guardia era appoggiata alla porta mentre altre due si trovavano all’esterno.

I genitori della sposa, Caterina, il conte Montecchi e un paio di cugini dello sposo accanto a lei, Valentino, Mercuzio ed Escalus di fronte a loro dall’altro lato del letto. La porta si aprì ed entrò Demetra, la dama di compagnia di Gloria. Guardò tutti con un falso sorriso e si posizionò decisa vicino ad Escalus mettendolo un po’ a disagio mentre gli mostrava un panorama un po’ troppo scoperto delle sue curve.

Arianna seduta sul letto, indossava una semplice camicia da notte quasi trasparente ed era intenta a sciogliersi la treccia. Il suo neosposo apparve all’ingresso della stanza con addosso solo un indumento intimo. Si avvicinò lentamente al letto senza guardare nessuno, aveva occhi solo per lei.

Giulietta continuando a non capire bene quello che stava per succedere domandò a se stessa come mai Gloria non avesse preso parte alle nozze e come avrebbe potuto reagire se avesse visto lei li nella sua casa. Questa volta sarebbe stata indifesa perché non aveva con se i pugnali e per di più non poteva stare molto in piedi, la ferita profonda alla coscia non si era ancora rimarginata. Improvvisamente sentì il desiderio di andare a casa dalla sua Luce, che sicuramente l’attendeva sul letto o sul tavolo della cucina scodinzolando per un po’ di coccole.

Benvolio si sdraiò accanto ad Arianna e lei si sedette sopra di lui per baciarlo. Valentino diede un colpo di tosse e il fratello guardò per aria. I genitori della sposa si presero per mano e tutti parvero stranamente silenziosi, o imbarazzati pensò Giulietta. Cercò lo sguardo di Mercuzio ma un gemito attirò la sua attenzione e sbirciò senza volerlo all’interno del baldacchino.

Benvolio teneva i lembi della camicia da notte di Arianna sollevati sotto il suo seno e lei si muoveva sopra di lui, all’inizio gemendo poi alzò la voce sempre di più fino ad urlare il nome di lui più volte. Tutti abbassarono gli occhi, l’unica che sembrava si stesse divertendo era Demetra, che ridacchiava e aveva addirittura preso sotto braccio il Principe che la guardava con aria interrogativa.

Giulietta improvvisamente esausta di quell’assurda situazione si avviò alla porta, ma la guardia la bloccò intimandole di restare fino alla fine. Lei lo afferrò per il collo e nonostante fosse molto più bassa riuscì ad intimidirlo “Apri subito questa dannata porta! Ho la nausea e mi alletta parecchio l’idea di vomitarti addosso!”.

L’uomo la guardò stravolto e spalancò la porta. Mercuzio che aveva osservato la scena si precipitò fuori la stanza anche lui. Quando la porta fu richiusa le urla di Arianna si sentivano ancora ma più deboli.

Il ragazzo biondo la trattenne per una mano e lei si girò verso di lui trovandoselo a un passo dal viso. “Ti senti male?” le chiese serio. Benvolio strillò qualcosa di incomprensibile alle loro orecchie. “Si! Questa cosa mi ha nauseata! Era proprio necessario? La prossima volta che qualcuno si sposa non lo voglio sapere”, lo disse cosi sinceramente ma anche piuttosto ironica secondo Mercuzio che si lasciò sfuggire una risata di gusto.

“Ti accompagno a casa, vieni”, l’attirò a se e la sollevò con un braccio sotto le ginocchia e l’altro a sostenerle la schiena. “Guarda che ho solo una ferita! Mica la gamba rotta, ce la faccio a camminare!” si lamentò lei mentre si avviavano all’uscita di casa Montecchi. Lui rise un po’ prima di risponderle “E ammettilo che non ti dispiace stare tra le mie braccia…”. Giulietta arrossì e sorrise, poi senza dire nulla gli strinse le braccia intorno al collo e si rilassò. Aveva proprio ragione e ne era consapevole.

 

Nella piccola cella tutto sembrava immutato, come se un pittore avesse dipinto con zelo le perfette figure dei due giovani che sdraiati sul letto, dopo lunghe chiacchierate e baci e carezze erano caduti in un sonno che sembrava quello dei giusti.

Erano cosi immersi nei loro sogni che quando la porta si aprì di scatto non si svegliarono ma purtroppo non furono immuni  alle grida di indignazione della madre superiora che li guardava con rimprovero, “Suor Rosa! Ma cosa state combinando? Siamo in un Luogo Sacro! Non dovreste essere cosi attaccati!”.

Il giovane Romeo si alzò di scatto e rosso in viso cerco di spiegare, ma la donna più anziana lo cacciò dalla stanza chiudendogli la porta in faccia, e invano lui bussò a lungo ma nessuna delle due donne aprì, così fu costretto a tornare nella sua cella in attesa di qualcosa…. Ma di cosa esattamente? Non seppe darsi una risposta.

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Capitolo 11
*** Capitolo Undicesimo ***


Capitolo Undicesimo

 

Le fredde e mute stelle osservavano impassibili, dall'alto, la scena che si stava svolgendo sotto ai loro occhi gelidi...

Nella silenziosa cella il giovane Capuleti tentava in tutti i modi di muoversi ma il freddo pungente e i ceppi legati al muro gli impedivano qualsiasi movimento lasciandolo inerme e facendolo respirare affannosamente.

Ad ogni respiro una piccola nuvola si innalzava verso l'alto e in ognuna di esse egli rivedeva riflessi i suoi ricordi. La passione era stata sovrana tra i suoi sentimenti, ma per chi era riservata oramai se Giulietta non ricambiava alcun sentimento d'amore?

Pensando e ripensando a come lei aveva rinnegato il suo amore una nota amara gli strideva nell'orecchio e il suo corpo veniva percosso da una piccola scossa.

Lentamente avvicinò la sua mano alla guancia e disse bisbigliando con una voce rauca "Giulietta…”, quel lamento riecheggiò nell’oscurità.  “Giulietta", ripeté più volte.

Mentre si accarezzava il volto si accorse di una lacrima calda che gli scorreva lungo la guancia facendogli bruciare la ferita, una ferita che si era procurato questa volta per amore, o meglio perché non sapeva dimostrare in modo sano l'immenso amore che provava per sua cugina.

Già, ma come poteva amarlo quell'essere cosi angelico e puro di sua cugina? Come poteva amare un mostro come lui che era stato educato all'odio, e che aveva provato a prenderla con la forza? Non poteva, era semplice.

E se lui non riusciva ad amarsi come avrebbe potuto farlo lei?

 Mentre formulava questo pensiero i suoi occhi si annebbiarono e nella cella buia i ricordi iniziarono a fargli compagnia: il sole era caldo sul viso del bambino e i suoi enormi occhi azzurri erano pieni di lacrime mentre guardava il cielo azzurro, una tomba coperta da poco era a pochi passi di distanza da lui che non riusciva a capire bene cosa fosse successo: una lunga e penosa malattia si era portata via sua madre lasciandolo solo al mondo.

Sua madre che era una nobildonna bella e buona, che nella sua vita lo aveva sempre ricoperto di attenzioni non facendogli mai mancare l'amore di quel padre che il bambino non aveva mai conosciuto.

Lui era fermo li con la camicia bianca coperta di lacrime, i capelli lunghi e ricci mossi da quel leggero vento che solleticava la chioma degli alberi, ed era ormai convinto che la sua vita sarebbe stata costellata solo dal dolore e dalla solitudine.

Mentre era immerso nei suoi pensieri qualcuno gli mise una mano sulla spalla e il ragazzino sobbalzò girandosi, e si trovò faccia a faccia con un giovane uomo di una trentina d'anni o poco più; i suoi abiti erano di un rosso scarlatto e i suoi occhi neri come il carbone.

L’uomo lo guardò negli occhi e con una voce spenta e dura gli disse di essere suo zio e che da quel momento sarebbero vissuti insieme; il gracile ragazzino cosi basso per la sua età non riusciva a capire perché suo zio si facesse vivo solo in quel momento, ma non poteva sapere che il giovane uomo aveva un peso sulla coscienza, un peso che era venuto a sollevare, quel peso portava il suo nome: Tebaldo.

Venne condotto in una enorme tenuta e presentato a tutti come Tebaldo Capuleti nipote del grande conte Enrico, il ragazzino si trovò cosi catapultato in una guerra che sua madre non facendogli conoscere il padre aveva cercato di evitargli, lui era un Capuleti, lo era davvero perché primogenito del conte Enrico, ma lui questo non lo sapeva e mai l'avrebbe saputo.

Cresceva così tra il disprezzo dello zio e un amore smisurato che sua zia gli riversava addosso, cresceva nell'ombra della bellezza di sua cugina Giulietta che suo zio amava e venerava come una dea.

Cresceva tra frustate per i comportamenti sbagliati e lunghe e insidiose ore di allenamento, cresceva innamorandosi di una bimba che stava vedendo diventare sempre più grande nel gelo della sua solitudine, e riscaldando il suo cuore freddo nel letto di sua zia.

E cosi quel ragazzino che fino ai suoi dieci anni era cresciuto nell’ amore giusto di una madre, leggendo poesie e favole, imparando a scrivere e ad amare la bellezza pura si ritrovava ora in una situazione che lo stava soffocando lentamente, mettendo a dura prova la sua sanità mentale.

Sei anni erano passati mentre sua zia gli insegnava ad amare le donne e suo zio ad odiare i Montecchi, in quel caos che occupava la sua mente di adolescente l'unico spiraglio di luce era sua cugina Giulietta, una bimba di otto anni che lui vedeva come la personificazione dell'amore puro che gli era stato strappato via troppo presto.

Il ragazzo passava lunghe ore con la bambina sottraendola alle cure della balia e le permetteva di giocare con i suoi capelli o le raccontava innumerevoli storie che la piccola amava tanto.

Provava per quella bambina un amore forte che nemmeno lui sapeva spiegarsi, ed era disposto per lei a qualunque sacrificio anche a costo della propria vita. Cosi continuò a crescere ancorandosi a quella ragazzina per non perdere l'ultima parte pura di lui, poi accadde qualcosa che mutò il suo animo terribilmente…

Un giorno venne a trovarsi in una lite per difendere la sua famiglia, uno stupido duello. Lui era un giovane uomo che aveva da poco compiuto diciotto anni, il suo avversario era proprio il fratello del conte Montecchi, un uomo più grande di lui fatto e finito che riversava la sua rabbia su di un ragazzo solo e il duello portò ad una conclusione tragica: Tebaldo venne ferito gravemente al fianco per non dimenticargli chi comandasse, e venne portato a casa in un lago di sangue.

Sua zia era disperata e suo zio indifferente, sembrava quasi che l'uomo che da otto anni si prendeva cura di quel ragazzo volesse che non sopravvisse alla ferita.

È invece lui sopravisse, ma qualcosa nel suo profondo era mutato… Iniziò a portare i capelli sempre più corti in modo che nulla potesse impedire al suo sguardo freddo e vigile di osservare il mondo, ma anche perché i suoi nemici potessero vedere in quello sguardo la sua pazzia, in modo che nei loro ultimi istanti di vita loro potessero vedere quanto la loro morte lo divertiva.

Così quel ragazzo continuò a crescere e ad innamorasi della bellezza angelica della cugina, cercando in quegli enormi occhi ambrati una traccia d'amore, ma non l'amore che sua zia era disposta a dargli, lui cercava qualcuno che lo amasse, perché quando tutti ti ripetono che sei feccia finisci per crederci, e il tuo disperato bisogno d'amore aumenta.

Lui amava Giulietta, senza però rendersi realmente conto di quello che provava, e cosi passarono altri cinque anni e quel ragazzo era ormai un giovane uomo, un giovane uomo totalmente squilibrato.

Mosse appena le mani e queste iniziarono a formicolare tremendamente, il sangue iniziò a circolare e per un attimo gli fecero male, i ricordi lo avevano pian piano fatto scivolare nel sonno, iniziò a scuotere anche la testa e a sbattere le palpebre, per quanto tempo aveva dormito?

Non sapeva darsi una risposta visto che la piccola cella dove si trovava era senza finestre, poi d'un tratto la porta si aprì di un poco e vi entrò con passo indeciso una fanciulla.

Li per li con un unico raggio di luce che l'illuminava Tebaldo credette che fosse sua cugina e uno strano senso di dolcezza si insinuò dentro di lui legato forse a quei ricordi che gli avevano fatto compagnia durante il suo dormiveglia, ma quando la porta si spalancò totalmente si rese conto che era Esmeralda, quella che tremante e con lo sguardo basso gli faceva visita, si abbandonò con il peso del corpo sulle braccia che erano legate ai ceppi e alzò solamente lo sguardo verso la fanciulla.

I suoi occhi non erano più gelidi come un tempo e somigliavano un po' di più a quelli del bambino che era stato a piangere sotto un cielo luminoso la morte della madre, Esmeralda reggeva tra le mani un cestino di vimini ma non osava avvicinarsi più di tanto per paura che lui potesse in qualche modo ferirla.

In quella giornata di festa era stata l'unica a ricordarsi che il giovane era rinchiuso la sotto senza cibo e così aveva chiesto il permesso al conte Capuleti di andare a fargli visita.

Da quando si era venuto a sapere che la fanciulla era stata disonorata dal giovane Capuleti era stata accolta nella famiglia per volere del conte Enrico, in attesa della sentenza che il principe doveva dare al giovane Tebaldo, e anche se non veniva trattata come una signora le avevano comunque permesso di restare a vivere li con loro già diversi giorni ma la sua vita non era felice.

Non le mancavano cibo e vestiti ma sentiva su di se lo sguardo d'odio che la contessa le rivolgeva continuamente e strano a dirsi le mancava l' uomo che l'aveva messa in quella situazione, cosi mentre tutti si trovavano al matrimonio del giovane Benvolio Montecchi lei era li da Tebaldo per consolarlo, fece un altro passo avanti e guardò negli occhi blu del giovane, "Salve Tebaldo… Come state?".

Il giovane la guardò inclinando la testa di lato ma senza rispondere, non riusciva a capire cosa spingesse quella ragazza ad essere lì dopo tutto il male che le aveva fatto.

Lei fece un altro passo avanti e prese dal cestino di vimini poggiato ai suoi piedi una bottiglia di acqua, la aprì e la portò alla bocca del ragazzo che iniziò a bere avidamente il suo contenuto.

Non si era reso conto di quanto aveva sete finché non aveva sentito l'acqua fresca sulle labbra, tracannò finché non si sentì sazio ma subito dopo trattenne a stento un conato di vomito, deglutì a fatica e guardò di nuovo la fanciulla che con una mano gli accarezzava timidamente la fronte.

"Esmeralda ma che cosa ci fai qui?", chiese senza astio ma con semplice curiosità, la ragazza sempre accarezzandogli la fronte lo guardò "Non lo so Tebaldo, non me lo so spiegare nemmeno io, so solo che a pensarti qui da solo mi si spezzava il cuore".

Il giovane abbassò gli occhi restando in silenzio per un momento, "Capisco… Ma dimmi è vero che sei incinta? È vero che nel tuo grembo cresce mio figlio?".

Pronunciare quelle parole era difficile molto più che restare li in quella umida cella con i ceppi che gli segnalano la carne, era in uno stato di totale abbandono delle passioni che per tanto tempo avevano dominato la sua vita che si sentiva totalmente svuotato.

 Dopo che Giulietta lo aveva ferito sul viso e nell’anima e dopo che Esmeralda era corsa in suo aiuto salvandolo con la sua dichiarazione lui pazzo di dolore aveva scoccato una freccia contro sua cugina e si era lasciato ammanettare mansueto e senza forze.

 La ragazza lo guardò e annuì in silenzio senza riuscire a dire altro, gli occhi di Tebaldo si riempiono di lacrime. Dunque era vero, una parte di lui viveva dentro quella ragazza, un piccolo essere indifeso che aveva bisogno di lui per crescere.

Scosse la testa.                            

Desiderava ardentemente accarezzare la fanciulla ma non potendo farlo una lacrima gli scivolò sul viso, quel bambino poteva essere una tela bianca dove dipingere un mondo senza l'odio che lui provava, si poteva cambiare?

Si poteva dimenticare tutto il male fatto e ricevuto per un piccolo essere che non si era ancora visto?

Si perché nel suo cuore iniziò a farsi spazio, come un bucaneve che cerca di rompere la crosta della neve un sentimento nuovo che proprio come quel fiore era candido e puro, sospirò sonoramente e alzò lo sguardo carico di lacrime verso Esmeralda.

"Perdonami ti prego! So che ho sbagliato, ti ho umiliata e ferita ma non chiedo altro che il tuo perdono”, sospirò per un dolore improvviso all’anima.

“So di non meritarlo perché in cambio non posso darti niente ma se solo tu riuscissi a perdonarmi e a permettermi di stare accanto a questo bambino io ne sarei felice!", non poteva dirle che l'amava perché sarebbe stata una bugia ma aveva comunque cercato di essere sinceri nei suoi sentimenti, e allora la fanciulla gli gettò le braccia al collo con le lacrime agli occhi sorprendendo più se stessa del giovane.

Lei si era innamorata di quello strano ragazzo, se ne era innamorata perché di notte quando dormiva il suo viso diventava angelico simile a quello di un bambino, e nonostante tutto il male che il ragazzo le aveva fatto, tutto l'odio che il suo cervello le aveva imposto di provare su quel giovane squilibrato il suo cuore non vi era riuscito, non poteva dimenticare che in alcuni casi non si è padroni del proprio destino.

"Ti perdono Tebaldo! Lo so che non dovrei, che dovrei odiarti e desiderare la tua morte ma non ci riesco! Non posso! Dopo tutto nel bene e nel male sei il padre di mio figlio!".

Il ragazzo annuì guardandola con gli enormi occhi azzurri carichi di disperazione e respirò profondamente, "Non capisco come tu ci riesca Esmeralda, io non sono stabile ho una grande confusione in testa e per di più sono innamorato di mia cugina", ci rifletté un attimo mentre gli occhi scuri della fanciulla si riempivano di nuovo di dolore.

" Anzi io la desidero, la voglio con tutto me stesso. Persino pochi minuti fa quando la porta si è aperta io ho sperato nel mio cuore che fosse lei, che avesse deciso di chiedermi perdono, io non so se mai riuscirò ad essere un buon padre ma sicuramente non voglio che questo bambino cresca da solo!".

La giovane serva annuì dispiaciuta e si alzò allontanandosi dal giovane uomo in catene, "Non crucciarti ancora Tebaldo la sentenza del principe non è ancora stata emessa, e potrebbe non essere così clemente come credi, da poterti permette di passare la tua vita accanto a questo bambino." Si abbassò a raccogliere il cestino in silenzio e velocemente guadagnò la via della porta, si girò un solo istante per vedere gli occhi del giovane carichi di lacrime, quasi al pari dei suoi.

Giulietta era sdraiata sul letto in camicia da notte della miglior seta rosa pesca, la sua espressione era annoiata e un po' disgustata per aver assistito a quello spettacolo osceno dopo il matrimonio di Benvolio ed Arianna.

La serata era passata così tra un pensiero e l'altro su quella che era la vita di una donna, che fosse ella sposata o ancora nubile. Si girò su di un fianco e gli occhi le vagarono fuori dalla finestra alla ricerca di qualche ricciolo biondo, ma all'orizzonte nemmeno una minima avvisaglia del giovane Mercuzio.

Si alzò a sedere e la piccola lupa che dormiva ai suoi piedi alzò lo sguardo allarmata dall'improvviso movimento della sua padrona, cosicché la ragazza allungò una mano per grattarle la testolina e tranquillizzarla.

Mentre era intenta a coccolare la lupacchiotta un leggero bussare alla porta la fece sobbalzare, perciò si alzò per controllare chi fosse. La sua speranza era che il giovane dai capelli d'oro a dispetto dell'ora avesse optato di venirla a trovare passando per la porta principale come molte volte il padre di lei lo aveva invitato a fare, e invece quando aprì la porta la persona che si trovò davanti fu la giovane Esmeralda che la fissava con uno sguardo a metà tra l'ostile e il depresso.

Entrò nella stanza senza che Giulietta avesse il tempo di fare o dire qualcosa e posò il cestino che aveva tra le mani sulla toletta della giovane e la fissò mentre con le mani si copriva il ventre.

Giulietta invece che i suoi sentimenti non li sapeva tenere a bada si rivolse alla ragazza con l'irritazione perfettamente percepibile nella voce ,Che diavolo ci fai tu qui? E chi ti ha dato il permesso di entrare nella mia stanza? .

Benché sapesse che suo cugino era un pazzo pensava esattamente come il resto della sua famiglia che quella ragazzina cosi povera e cenciosa avesse preso la palla al balzo con Tebaldo per farsi ingravidare esattamente come avrebbe fatto una cagna o una gatta in calore, e visto che la ragazza non parlava ma si limitava a guardarla fu lei a rompere il silenzio con uno sbuffo.

Sei venuta qui per dirmi ancora quanto tu sia sfortunata?” domandò sarcastica poi aggiunse a voce alta, “Oppure hai perso la lingua? Magari questo tuo comportamento può attaccare con chi non conosce quelli della tua razza”.

Si fermò un momento a girare lentamente intorno alla ragazza quasi come avrebbe fatto uno squalo con la sua preda, sapeva bene che quelle parole la stavano ferendo ma in quel momento non le importava più di tanto.

Era ancora cosi infuriata con suo cugino per averla ferita alla gamba e per aver cercato di violentarla che tutta la sua rabbia stava per sfogarsi su Esmeralda quando finalmente lei parlòAscoltatemi signorina, non sono qui per me stessa ma per vostro cugino!”.

La ragazza nobile distolse lo sguardo annoiata ma la serva continuò, “So che voi siete in stretti rapporti con il nipote del Principe e vi prego di mettere una buona parola con lui per Tebaldo, il crimine che ha commesso è stato atroce ma se voi gli faceste risparmiare la vita noi ce ne andremo per sempre da Verona…”.

Gulietta la interruppe brusca “Non ti devi azzardare a nominare Mercuzio! Hai capito? Lui non centra nulla con te e i vostri guai anzi, è Tebaldo che dovrebbe prostrarsi ai suoi piedi dopo che ha cercato di ucciderlo il giorno del mio compleanno….Ma tu cosa ne sai di come è veramente, lo conosci a malapena”.

Esmeralda abbassò gli occhi e si tenne alla toletta con una mano, per allungare l’altra spostò involontariamente la boccetta della colonia che cadde a terra e si frantumò. Luce drizzò le orecchie e corse giù dal letto a controllare.

“Ma guarda cosa hai combinato!”, gridò la proprietaria del profumo prima che la serva avesse il tempo di dire “Signorina, perdonate, io non volevo lo giuro!”. Giulietta si chinò a raccogliere i pezzi di vetro più grandi mentre Luce annusava incuriosita.

Esmeralda si scansò da li e osservò la sua padrona dispiaciuta e incerta sul da farsi. “No Luce! Spostati, non voglio che ti ferisci con le schegge”, lasciò i pezzi a terra e si affrettò a prendere in braccio la cucciola.

La ragazza dalla pelle scura dietro di lei mormorò “Posso farvi avere dell’altro profumo, ve lo ricomprerò io stessa con i miei risparmi…”, indietreggiò perché la nobile si voltò verso di lei a fissarla inespressiva.

“Tu?” quasi rise, “Ma lo sai che quella è acqua di colonia? Una cosa che tu non possederai mai, come puoi pensare di volerla comprare per me?”.

 La giovane serva umiliata trattenne a stento le lacrime e per avviarsi troppo in fretta alla porta inciampò nella gonna e cadde in avanti. Giulietta solo in quell’istante si ricordò che aspettava un bambino, per di più suo nipote.

Lasciò Luce sul letto con le zampette ancora umide di colonia e raggiunse la giovane a terra, si inginocchiò e le prese una mano “Ti sei fatta male?”.

Esmeralda sorpresa da quel gesto, si aspettava infatti un altro rimprovero, si tirò un po’ su e i suoi occhi bagnati dal pianto incontrarono quelli della sua padrona, “Io vi ho sempre spiata per volere di vostro cugino! E poi gli riferivo i vostri spostamenti e le vostre parole”, singhiozzò.

Giulietta guardandola si rese conto di quanto quella creatura fosse debole e vittima allo stesso tempo delle grinfie di suo cugino, istintivamente l’abbracciò mentre lei piangeva più forte come una bambina. “Non devi temere nulla” pronunciò la nobile rattristata, “Tuo figlio nascerà e nessuno te lo porterà via, te lo prometto” poi silenziosamente anche i suoi occhi piansero.

Esmeralda continuò il suo discorso “Di voi e del nipote del principe però non ho detto mai nulla, nemmeno quando avete dormito insieme, lo so solo io ve lo giuro!”. Giulietta si sentì avvampare ma rimase calma.

“Io vorrei che voi vi fidaste di me”, disse ancora Esmeralda e si staccò dall’abbraccio per guardarla, “Chiedo perdono per quello che vi ha fatto ma vi prego, non fatelo uccidere io lo amo”. Giulietta rifletté per un momento poi le sorride e l’aiutò a rialzarsi e a ricomporsi.

“Credo che vi serva un vestito nuovo” disse alludendo alla gonna lacerata, la giovane la guardò senza capire e lei sorrise ancora, “Siete voi che dovete fidarvi di me”.

La carrozza rallentò dopo aver attraversato il viale si fermò davanti ai cancelli della residenza dei Montecchi quando il sole era ormai alto. Un servitore basso e paffuto aprì lo sportello e allungò pazientemente una mano, era stanco dopo il lungo viaggio e aveva anche una certa fame.

Un’esile braccio dalla pelle rosea spostò la tendina “Finalmente siamo tornati a Verona?”, domandò curiosa. L’uomo annuì “Si signorina”. La mano delicata afferrò quella tesa del servitore poi il volto della ragazza bionda dagli occhi turchesi fece capolino e si guardò intorno, con un gran sorriso balzò giù dalla carrozza.

 “Cordelia!” esclamò Demetra con finto entusiasmo entrando nella sala dei ricevimenti di casa Montecchi, “Ma quanto tempo!”. Le si avvicinò e si scambiarono due baci poco sinceri poi la bionda un po’ sorpresa la guardò meglio “Veramente io non ricordo di avervi mai conosciuta, non so come abbiate fatto a rintracciarmi”.

Demetra la invitò a sedersi “Oh giocavamo sempre insieme da bambine! Siamo praticamente cresciute insieme”. Cordelia si sistemò distrattamente i lunghi capelli “Ma io sono appena uscita dal collegio delle suore che mi hanno ospitata! E voi sembrate più grande di me…

La dama di compagnia di Lady Montecchi tossì “Questo non importa, parliamo di cose serie ora…So che siete diretta dai Capuleti dove sarete ospite. Sapete questa è una grande occasione per voi per rivedere la città in cui siete nata e la vostra più cara amica Giulietta…”.

Cordelia si rilassò e senza chiedere come facesse Demetra a sapere quello che stava dicendo esultò “E’ vero e non vedo l’ora! Sono impaziente di rivederla!”.

Demetra sussurrò con disprezzo “Immagino…” poi si ricompose all’istante dopo un’occhiata strana della giovane di fronte a lei, “Beh la nostra amica in comune sarà impaziente di rivedervi ma badate bene anche ai possibili incontri…” sibilò maliziosa e scoppiò a ridere.

Cordelia rimase seria per un attimo poi si sforzò di ridere insieme a lei “Ma che volete dire? Scusate ma non vi seguo”, s’incuriosì. Demetra rise ancora “Ma come non lo sapete? Mercuzio, il più giovane dei nipoti di Escalus è in procinto di prendere moglie e beh…voi sareste la scelta perfetta! Assolutamente la scelta perfetta!”, tornò seria e la guardò impaziente.

Finalmente notò un po’ d’interesse da parte della giovane che le domandò subito “Voi…dite? E ditemi, com’è questo nipote del principe?”.

La più grande prese il calice d’argento e bevve un sorso di vino, poi accarezzò il bordo e lo fissò intensamente “Dannatamente affascinante, cosi bello da farvi stare male con un solo sguardo, un adone non reggerebbe il confronto con lui…

Una volta anche io lo desideravo, ma questa è storia vecchia. Mia cara, date retta a me, seguite i miei consigli e in poco tempo vi ritroverete sposata e con un titolo, sarete nobile anche voi” la guardò con odio mentre lei fantasticava sul suo primo incontro con Mercuzio e guardava per aria con espressione sognante.

Demetra sbatté il calice sul tavolo e Cordelia sobbalzò, “Forza allora! Brindiamo alla tua nuova vita!”, le offrì un po’ di vino. La giovane ammise ingenuamente “Ma io non l’ho mai bevuto prima d’ora…”, con un sorriso incoraggiante della dama cambiò idea e prese il suo calice. “Adesso sei una donna Cordelia, Cin cin” e bevettero entrambe.

Quando la giovane si congedò Demetra impartì gli ordini ai servitori di sparecchiare il tavolo e corse su per le scale dalla sua padrona. Prima di aprire la porta della camera di Gloria bussò 4 colpi. Una voce rauca ordinò “Vieni”.

La dama entrò assicurandosi di non essere vista da altri e richiuse subito la porta alle sue spalle. La sua padrona era intenta a rilassarsi un po’ nella vasca piena di olii ed essenze profumati, “Allora?” chiese con tono rigido. Demetra tirò fuori dal corsetto una piccola fiala “Come avete ordinato voi, 3 gocce nel vino, il resto verrà poi…”.

Gloria sorrise soddisfatta e le fece cenno di riporre la fiala nel cassetto di un mobile, Demetra ubbidì e dopo prese un telo di lino bianco dal letto che dispiegò e tenne pronto per la sua padrona. “Sai, mi meraviglia quanto tu impari in fretta” sibilò Glora, le ordinò di avvicinarsi e poi si alzò in piedi. Demetra le diede una mano per uscire dalla vasca e poi la avvolse nel telo.

“Ecco, sedete qui…” indicò una sedia con intarsi d’oro. La donna la seguì guardandola con entusiasmo poi la sua mente tornò a Mantova da suo figlio. La dama si inginocchiò a terra per asciugarle i piedi e spalmarvi sopra un unguento. “Vedrete mia signora, che presto riporteremo a casa Romeo e la Capuleti pagherà tutto, ve lo prometto…”, nelle parole di Demetra c’era molta sicurezza.

Gloria tornò a guardarla e disse soltanto, “Lo spero….Tu vedi di finire nel letto del principe il prima possibile”. La dama di compagnia accarezzò più lentamente i piedi della padrona dalle punte fino alle caviglie con un sorrisetto di approvazione. 

Il giovane Mercuzio con in braccio la piccola Dea si era diretto nelle scuderie per farsi sellare Ares, il suo stalliere lo aveva visto come trattava la cucciola e non aveva potuto fare a meno di ridere “Ma non sarà che il vostro cavallo è geloso adesso?”. Il biondo gliel’aveva data in braccio per salire sul suo cavallo “Ares non sarai mica geloso?”, l’animale aveva sbuffato e poi si era annusato con Dea.

“Tutto apposto, hai visto? Diventeranno grandi amici” disse ancora il ragazzo contento. “Posso sapere dove state andando?” chiese lo stalliere passandogli la lupetta. “Tu di a mio fratello di non aspettarmi per pranzo!” esclamò Mercuzio e partì, lo stalliere protestò “Ma signore…!”. Il biondo sparì dalla sua vista dopo averlo salutato con un cenno della mano senza voltarsi.  

Non cavalcò troppo forte, teneva le briglie con una mano sola e con l’altro braccio teneva stretta Dea. Quando arrivò dai Capuleti e si fece annunciare, la balia corse a fare gli onori di casa, o quasi… “Oh Mercuzio! Siete voi! Non ditemi che avete intenzione di restare a lungo!”. Il ragazzo la guardò e sorrise apparentemente poco offeso, “Buongiorno a voi nutrice della mia diletta…”.

La donna lo trascinò via dai cancelli verso il giardino, “Si si adesso venite pure da Giulietta ma dovete andarvene subito perché sta per arrivare Cordelia!”. Mercuzio la guardò stralunato “Chi sarebbe codesta?”. “Una carissima amica di Giulietta” lo corresse brusca lei, “Che voi non dovrete per nessun motivo infastidire” aggiunse.

Il giovane ridacchiò “Perché pensate questo di me? State per avere ospiti e non volete che io vi stia tra i piedi ho capito…”, provò un senso di rabbia guardandola sospirare di sollievo e poi lanciò un’occhiata al balcone della ragazza che tanto bramava.

In quel momento il rumore delle ruote di una carrozza attirarono l’attenzione di entrambi. “Oh mio Dio è già qui! Mi raccomando non muovetemi e non fate passi falsi!” ordinò la balia e corse a ricevere la ragazza. Mercuzio si strinse Dea fra le braccia e sussurrò “Amica mia questa qui è proprio pazza”, lei sembrò ascoltarlo e si sporse per leccarlo sul mento.

La balia prese sottobraccio la ragazza bionda con fare materno “Piccolina come state? Dovete raccontarmi tutto dei vostri studi!”. Cordelia rise, sembrava stranamente felice “Oh si si certo vi racconterò tutto ma prima fatemi incontrare Giulietta!”. La donna annuì e la lasciò un attimo sola all’entrata del castello.

Cordelia approfittò per fare un giro e saltellò distrattamente vicino ai giardinieri che la salutarono pur non conoscendola. Mercuzio che era sfuggito alle grinfie della balia stava cercando un'altra entrata che non fosse il balcone, una grande finestra bassa catturò la sua attenzione “Chissà se queste sono le segrete o la cantina…” pensò.

 “E voi chi siete? E cosa ci fate qui?”.

Una vocina stridula lo colse impreparato cosi abbandonò la sua curiosità e si voltò nella direzione della voce. “Chi siete voi” replicò lui, “Non vi ho mai vista qui”. Cordelia guardò Dea e cercò di afferrarla. Mercuzio istintivamente si ritrasse.

“Oh eccovi voi due! Ma dove eravate finiti? Presto venite con me!”, la balia lanciò un’occhiataccia al ragazzo e li condusse nuovamente all’ingresso. “Mercuzio ve lo chiedo per favore cercate di non fare danni!” lo rimproverò e corse al piano superiore.

“Così voi sareste Mercuzio…” sussurrò Cordelia e gli puntò gli occhi addosso in modo cosi opprimente che lui si sforzò di sorriderle ma poi si girò e le diede quasi le spalle. “Oh che maleducata sono stata! Permettetemi di presentarmi io sono Cordelia Arcangeli”, lo disse facendo un mezzo inchino poi si spostò per tornare a guardarlo in viso.

“Demetra aveva ragione” sussurrò e provò a sfiorargli il viso “Un adone non reggerebbe il confronto”. “Come dite?” chiese lui infastidito, la ragazza sorrise “Era destino che ci incontrassimo proprio oggi”.

“Giulietta! Giuliettaaaa!” gridò per l’ennesima volta la balia. “Eccomi arrivo!” rispose lei dalla sua stanza cambiandosi il terzo paio di orecchini di fronte alla toletta. “Mia signora credo sia ora che voi scendiate” disse Esmeralda guardandola dal riflesso dello specchio.

“Fatto!” annunciò Giulietta e la prese per mano, poi chiamò Luce che le seguì scodinzolando. “Giuliett…”, la balia quasi si strozzò quando si scontrarono sul corridoio . “Eccoci balia! Ti ho detto che sono pronta” sorrise la ragazza che indossava un bellissimo abito rosato.

La donna riprese fiato e si rivolse anche ad Esmeralda “Sbrigatevi allora, c’è giù Cordelia e anche Mercuzio che vi stanno aspettando”. Giulietta incredula guardò la ragazza che teneva per mano poi la trascinò giù per le scale.

Enrico che conversava animatamente con i due ragazzi all’ingresso chiese più volte “Ma prego vogliamo accomodarci intanto di là in salotto?”. Ma Cordelia cambiava discorso e Mercuzio rispondeva che sarebbe rimasto solo per poco. “Ho un’idea” disse Enrico “Perché non restate a pranzo con noi?”.

Cordelia guardò il ragazzo biondo con desiderio. Lui insisteva nel dire che non voleva essere d’intralcio quando il conte sembrò perdere la pazienza “Suvvia! Vi ordino di restare con noi per il pranzo” lo guardò serio poi scoppiò in una risata divertita seguito dal ragazzo, “Vi ringrazio davvero molto signor conte ma non credo che io possa rimanere…”.

“Padre certo che resta con noi! Deve rimanere”. La voce di Giulietta mentre scendeva gli ultimi gradini lo rese frastornato, Dea scivolò giù dalle sue braccia e corse a giocare con Luce. La fanciulla in rosa si avvicinò a spasso svelto verso di lui seguita da Esmeralda che faceva di tutto per evitare lo sguardo del conte.

Mercuzio osservò la ragazza venirgli incontro e ne rimase incantato, erano quasi vicini quando Cordelia strillò “Giulia! Amica mia!” e si buttò su di lei per abbracciarla. Lei rispose all’abbraccio continuando a guardare il ragazzo ma l’amica ancora non la lasciava libera.

Enrico tossì e Mercuzio tornò alla realtà perché la balia lo guardava di nuovo con insistenza. “Conte” disse attirando la sua attenzione, “A qualcuno qui la mia presenza non è gradita è per questo che ho deciso di andarmene”.

La balia sostenne il suo sguardo con aria di sfida poi dopo un ordine brusco di sparire nelle cucine si dileguò. “Non date retta a quella pettegola!” disse Enrico “E restate con noi!”, ridacchiò dandogli una pacca sulla spalla e si avviò nel salone.

“Cordelia ora puoi lasciarmi sto soffocando” disse Giulietta un po’ preoccupata, l’amica si staccò da lei e saltellando andò a presentarsi ad Esmeralda. La fanciulla subito ne approfittò, Mercuzio le si avvicinò e lei istintivamente gli accarezzò la camicia “Come stai?”, voleva dirgli quanto le era mancato ma si trattenne.

Il giovane le prese la mano e la baciò, “Molto meglio ora che ti ho visto e tu? La gamba?”. Si guardarono negli occhi e lei rise “La cura di tutti i miei mali è qui davanti a me”. Mercuzio sorpreso dalle sue parole blaterò “Ah…Beh io ti ho portato la mia lupa così può stare un po’ insieme alla sorella…”, Giulietta si voltò a guardare le due cucciole che si rincorrevano, “Credo che si siano già riconosciute”.

 Cordelia s’intromise tra i due “Vogliamo andare?” e prese Mercuzio sotto braccio scatenando cosi un attimo di tensione nell’aria trattenuta a stento da parte dei due ragazzi.

Alcuni servi annunciarono che il pranzo era servito. Il biondo provò a scrollarsela di dosso ma lei insistette “Io sono l’ospite d’onore oggi non vorrete mica dire di no ad una graziosa e indifesa fanciulla come me? Siete un gentiluomo no? Allora scortatemi al mio posto”, e sorridente lo trascinò via.

Giulietta con una morsa allo stomaco guardò Esmeralda che le faceva segno di no con la testa. Trasse un respiro profondo e ordinò che fosse dato da mangiare alle lupe nella sala insieme a loro. Due servi presero in braccio Luce e Dea mentre lei si affrettava a seguire i due ragazzi biondi.

Arrivarono nella sala dove i genitori di Giulietta si erano già accomodati, Margherita si alzò quando vide Cordelia che finalmente lasciò Mercuzio per abbracciarla. Le due conversarono per un po’ del più e del meno. La balia in piedi dietro la grande tavolata imbandita guardava in cagnesco il giovane da quando lo aveva visto entrare a fianco della bionda.

Giulietta ed Esmeralda si sedettero in silenzio vicine e di fronte a loro Cordelia si accomodò insieme a Lady Capuleti. Il ragazzo mentre passava per andare dall’altra parte fu fermato dalla bionda “Scusate, vi ho già detto che dovreste essere più gentile nei miei confronti, sedete vicino a me”.

Mercuzio e Giulietta si guardarono brevemente. “No grazie” disse lui secco. Enrico ordinò del vino e ridette di gusto, “E su Mercuzio e fatela contenta! Siete il nipote d’un principe non siate cosi rigido!”. Margherita accarezzò la mano del marito intimandogli di non bere troppo e iniziò a mangiare.

Giulietta guardò il padre con aria di rimprovero e sbatté un gomito sul tavolo. “State calma” sussurrò Esmeralda, “Mi sta passando la fame” rispose lei. Alla fine Mercuzio dovette sedersi vicino a Cordelia che non la smetteva più di raccontare di come l’avevano trattata bene le suore e di quante cosa aveva imparato.

“Pensate che so suonare l’arpa! E parlo anche francese!” annunciò tutta contenta guardando più volte il ragazza vicino a lei. Giulietta fissò il cucchiaio nel piatto chiedendosi come fosse possibile che una giornata come quella stesse prendendo una brutta piega cosi all’improvviso. Conosceva bene Cordelia e capiva che c’era qualcosa che non andava.

Sentì il contatto di un piede vicino al suo. Alzò gli occhi e il ragazzo le fece capire che lui era li per lei, che il motivo della sua presenza era solo ed esclusivamente lei. Giulietta sembrò leggergli nella mente.

“Oh del vino!” disse ancora Cordelia, “Conte datemene un po’”. Margherita la guardò storta “Ma siete sicura?”, la bionda annuì “Certo! L’ho assaggiato oggi per la prima volta dai Montecchi”. Enrico smise di bere e lentamente posò il calice sul tavolo.

Calò un silenzio improvviso fra tutti i commensali. “Ho detto qualcosa che non va?” chiese ingenuamente Cordelia. La contessa si sforzò di sorriderle “Ma no mia cara, forse è meglio se facciamo portare via tutto…”, chiamò i servi.

Il conte sospirò e cambio tono di voce “Eh i Montecchi…”, riprese il calice “Voi!”, indicò Mercuzio,“Voi siete amico di quei maledetti…”. Margherita si alzò di scatto pregando che non fosse di nuovo ubriaco, le cameriere corsero a sparecchiare freneticamente e Giulietta cercando di restare calma si alzò e chiese a Cordelia di venire con lei in giardino.

L’amica guardò Mercuzio che era ormai spazientito al massimo “Vieni fuori ho detto! Ti devo parlare!” ripeté Giulietta e dopo vari tentativi riuscì nel suo intento. La trascinò via e una volta sul retro del giardino le spiegò quanto fosse fondamentale che il nome della casata rivale non venisse nominato. Cordelia la ascoltò senza interesse.

Poi accadde che Giulietta sentì una fitta improvvisa dove c’era ancora la ferita inflittale da Tebaldo, il dolore aumentò e lei quasi cadde a terra. Esmeralda raggiunse le ragazze e vide la sua padrona in quello stato “Oh signore! Cosa vi sentite Giulia?!”, l’aiutò a stare in piedi e la accompagnò lentamente al piano di sopra, Cordelia indifferente rimase dov’era.

Una volta sul letto Giulietta domandò“Dov’è Mercuzio?”, la serva le rispose brevemente che stava ancora discutendo con la balia e suo padre. “Allora posso sapere che vi succede?” chiese Esmeralda alla fine. La nobile si toccò la gamba e si tirò su l’abito sbuffando.

 L’altra ragazza impallidì “Credo che ieri abbiate saltato la medicazione, aspettate qui torno subito”. Poco dopo la porta si aprì di poco facendo un leggero rumore e Giulietta che si era tirata su disse “Avanti”, ma invece di Esmeralda entrò nella stanza Luce che subito salì sul letto seguita dalla sorella Dea. La giovane la vide e non poté fare a meno di notare quanto si fosse fatta bella.

“Vieni” le disse dolcemente, “Dai vieni qui”. Dea fece il giro del letto e la guardò timidamente. Giulietta si chinò a prenderla in braccio e la coccolò per un po’. Poi la adagiò vicino a Luce e si stese nuovamente. Esmeralda tornò e si affrettò a medicare la ferita.

 “Non capisco come possa essersi riaperta” disse mentre le fasciava la coscia, “Forse avete fatto un movimento brusco”. Si sedette sul letto e accarezzò le due cucciole che stavano appollaiate vicino a Giulietta.

“Che discussione hanno avuto mio padre e Mercuzio?” chiese improvvisamente seria. Esmeralda la guardò preoccupata, “Vostro padre si è ricordato che siete stata al matrimonio di Benvolio e che quindi siete amica di un Montecchi come Mercuzio…”, Giulietta si alzò dal letto ignorando i rimproveri di non farlo.

“Quindi sta di nuovo facendo i capricci? Cos’è, vuole rimettermi in punizione?”. Si affacciò lentamente alla finestra che non dava sul balcone e la scena che vide le fece quasi tornare la fitta alla gamba. Cordelia in giardino passeggiava vicino al ragazzo biondo e gli faceva strane domande sulla sua vita. Lui era accorso un attimo fuori per cercare Giulietta e aveva trovato Cordelia che invece di dirgli cosa era successo alla sua amica gli stava addosso come una piovra.

Mercuzio alzò gli occhi al cielo visto il tormento che la giovane continuava a dargli e con la coda nell’occhio la vide. Gli bastò un attimo per comprendere quello che le passava per la mente cosi d’impulso lasciò Cordelia da sola in balìa dei suoi discorsi assurdi su delle voci che aveva sentito su di lui e corse su.

Giulietta che si era un attimo ritirata dalla finestra per il dispiacere di ciò che aveva visto lentamente si sporse ancora per guardare in basso e non vide più nessuno dei due.

“Giulia!”, il ragazzo irruppe nella camera senza preavviso. Esmeralda si sbrigò a scattare in piedi e fare una riverenza ma lui la fermò “Non c’è bisogno, non ti affaticare, sei incinta”. Giulietta si voltò di scatto a guardarlo. La serva in silenzio indietreggiò fino a scomparire fuori dalla stanza.

“Non mi dirai che stai pensando quello che penso io…” disse lui trattenendosi dal ridere. La ragazza lo guardò rigida avvicinarsi a lei e alzò il mento. Mercuzio rise “Ti prego salvami da quella che non la sopporto più”. Ma Giulietta continuava a scrutarlo impassibile poi distolse lo sguardo.

Lui si avvicinò ancora e le prese le mani “Ma come fai a pensare che io possa amare un’altra che non sia tu?”.La abbracciò e la tenne stretta a se. “Allora? Me lo spieghi?” chiese mentre le passava le dite fra i capelli. La ragazza gli avvinghiò la schiena, quelle parole le erano entrate dentro e non facevano altro che riecheggiare nella sua mente.

“Dimmelo ancora” mormorò. Lui si chinò a baciarle il collo “Amo solo te” le sussurrò all’orecchio. Finalmente Giulietta sorrise e le brillarono gli occhi. Mercuzio la baciò ancora sul collo poi glielo morse piano. Lei rise per il solletico e si spostò per guardarlo negli occhi.

“Vedo che ancora non sei convinta” ironizzò lui. Capì che lei voleva un bacio vero perché sorrideva e gli guardava le labbra, cosi la accontentò e i secondi divennero minuti, gli attimi ore e i loro respiri eternità.

Esmeralda intanto tratteneva Cordelia con mille scuse per farla stare buona e al suo posto. “Volete leggermi una storia?” le chiedeva indicando la libreria ma la ragazza diceva di no, “Volete suonare per me l’arpa di Giulietta? Sono sicura che approverebbe”. Cordelia sbuffò e si sedette sul divano “No” disse guardandosi intorno.

“Se volete posso farvi fare un ritratto! Mando a chiamare il pittore…” continuò a proporre la ragazza dalla pelle scura facendo cosi infuriare la bionda “Ti ho già detto di no! Ma non capisci? Perché Mercuzio non si trova? Vammelo a cercare!”. La balia le raggiunse in quell’istante “Che succede Cordelia? Perché alzate la voce?”.

La bionda si alzò dal divano e accorse da lei, “Oh balia avete mica visto Mercuzio? Per favore è importante! Ditemelo se sapete dov’è”. La donna lanciò un’occhiata ad Esmeralda e prese Cordelia sottobraccio “Ma perché non ci sediamo invece con tutta calma? Non capisco perché vi ostiniate a pensare tanto a lui! Prima di tutto è un ragazzaccio, secondo è troppo grande per voi…”.

La ragazzina stette un po’ ad ascoltare le sue lamentele riguardanti Mercuzio poi si allontanò da lei e corse in giardino. Il sorriso le riapparve in volto quando vide che la sua amica Giulietta era in compagnia del ragazzo biondo. Si avvicinò a passo svelto e lo chiamò un paio di volte.

“Devi proprio andare?” gli chiese Giulietta, “Adesso intendo”. Lui la guardò in attesa che lo stalliere gli riportasse Ares, “Vieni con me, lontano da questo posto che ti soffoca”. La ragazza si strinse Dea tra le braccia e la accarezzò sulla testa, “Non posso mi si è riaperta la ferita…”.

Le urla di Cordelia li raggiunsero, “Mercuzio rispondete!”. Lui continuò ad ignorarla. Esmeralda e la nutrice accorsero per controllare che non succedesse il peggio. “Vieni Cordelia, il ragazzo se ne sta andando” disse la balia con una nota di felicità.

Ma Mercuzio rivolgeva la propria attenzione soltanto a colei che aveva davanti. “Mi dispiace, perdonale ti prego” disse la fanciulla con la piccola lupa in braccio riferendosi alla sua balia e alla sua amica. Lui si sporse a baciarle la fronte.

Esmeralda riuscì ad allontanare Cordelia che continuava a guardarlo e a chiamarlo. “Sta tranquilla” la rassicurò lui col suo sorriso da seduttore. Ares arrivò accompagnato da uno stalliere che affidò le briglie al proprietario. “Allora io vado…” disse lui poco convinto, “Arrivederci” salutò le tre dietro di loro che ricambiarono tranne la balia.

Mercuzio fece per montare a cavallo e Cordelia si avvicinò di nuovo ma la ragazza davanti a gli intimò di aspettare, “Non mi saluti come si deve?”. Il biondo sorrise, lasciò le briglie e tornò da lei. Cordelia stava per riaprire bocca ma i due ragazzi si baciarono e lei rimase in silenzio quasi scioccata.

La balia ed Esmeralda la tirarono via per le braccia “Andiamo via adesso venite Cordelia, lasciamoli soli” bisbigliò la balia, la ragazza bionda si lasciò portare via da li senza opporre resistenza ma continuò a fissare i due.

“Tornerò da te domani e il giorno seguente e quello dopo” disse Mercuzio accarezzandole il viso e rassicurandola. “Ti aspetterò” rispose lei felice ma allo stesso tempo triste. Dopo un ultimo bacio lui salì su Ares che era rimasto in attesa di partire. Giulietta affidò Dea al ragazzo e rimase a guardarlo finché non spari oltre i cancelli della propria dimora.

Cordelia nella stanza che le avevano assegnato si stava nervosamente guardando allo specchio rigirandosi in continuazione, “Che cos’ho io che non va bene? Che cosa?” gridò al suo riflesso. Giulietta bussò ed entrò dopo aver avuto il permesso.

Non appena la vide la bionda la abbracciò “Oh Giulia scusami tanto! Io non avevo capito, non avevo capito niente!”. La ragazza si staccò pesantemente da lei e la fece sedere sul letto “Ascoltami Cordelia, hai detto di essere stata dai Montecchi questa mattina?”. La bionda cambiò espressione, “Si perché? Demetra mi ha mandata a chiamare”.

Esmeralda comparve con un vassoio carico di acqua e frutta. “Aspetta…Demetra hai detto? Deve essere la serva fidata di Gloria”, Giulietta ci pensò un po’ su e la guardò negli occhi. “Qualunque cosa ti abbia detto non crederle!”

La bionda sbadigliò “Si ma ora non ricordo bene…”, si allungò sul letto e chiuse gli occhi mentre la sua amica si alzava per raggiungere Esmeralda. “Dobbiamo stare molto attente, non mi piace questa storia”, mormorò.

La serva le toccò il braccio per rincuorarla, “Signorina ho visto questa Demetra di sfuggita al matrimonio di Benvolio, non la conosco purtroppo, mi dispiace”. Giulietta sospirò e tornò a guardare l’amica sul letto “Cosa ti ha detto esattamente? Cordelia, Cordelia…?”, le due ragazze si avvicinarono al letto e si resero conto che Cordelia era caduta in un sonno profondo.

Escalus correva tra i boschi a cavallo del suo purosangue come faceva quando aveva bisogno di schiarirsi le idee o restare un po’ sa dolo. Indossava un mantello nero e il cappuccio era tirato su, voleva sentirsi nascosto dal resto del mondo e i suoi lunghi boccoli neri corvini erano nascosti. Le mani erano coperte da guanti di pelle marrone che stringevano le briglie e lo sguardo era perso nel vuoto ma concentrato sull’unica direzione in cui stava andando.

Ad un tratto qualcosa gli si parò davanti e il cavallo s’impennò. Con una agilità assoluta dovuta da un estremo esercizio fisico riuscì a non essere sbalzato a terra e a fermare l’animale. Scese giù con un leggero movimento e si tolse il cappuccio.

Il motivo di quel brusco scatto del cavallo era dovuto al fatto che un calesse gli aveva tagliato la strada e si trovava ora rovesciato a terra. Il cavallo che lo trascinava in qualche modo era riuscito a staccarsi ed era fuggito via. Il Principe si chinò ad esaminare meglio le ruote quando una figura in bianco e grigio sbucò da dietro il calesse e prese a zoppicare lontano da lì.

“Chi siete?” tuonò Escalus serio e tirò fuori il pugnale. La figura zoppicante aveva la veste sporca e strappata davanti ma aveva anche lunghissimi capelli scuri, si voltò a guardarlo e poi corse via inseguita all’istante ma lui la raggiunse e la trascinò contro un albero.

“Rispondetemi!” le puntò il pugnale alla gola ma quando la guardò negli occhi blu qualcosa di lui si riaccese, una vecchia ferita, qualcosa che aveva provato tanto tempo fa e che ora non provava più, un fuoco dormiente sotto la cenere.

“Mio Dio” disse allontanando il pugnale.

 “Lianne…”.

La donna si divincolò ma senza successo, “Io non sono lei” gli gridò in faccia. Escalus la tenne ferma indignato, “Infatti! Lei non c’è più! Allora chi siete?” domandò con rabbia.

La giovane donna lo guardò con disprezzo “Io sono Melania, la sua gemella…”. Il principe le strinse la gola “E cosa ci fate qui nei miei boschi?”, una rabbia improvvisa lo stava accecando. “I vostri boschi?” sentenziò lei con la metà del fiato, “Sono la dama di compagnia di vostra sorella…C-Caterina”.

Escalus la lasciò andare dopo un momento e lei cadde in ginocchio tossendo. “La somiglianza è straordinaria” pensò ad alta voce. Melania si ricompose, “Ve l’ho detto era mia sorella gemella”, guardò il suo calesse distrutto “Guardate cosa avete fatto al mio calesse! Io non so andare a cavallo…e adesso come faccio?”.

Lui si offrì di accompagnarla e dopo qualche battibecco sulla somiglianza anche caratteriale della sorella defunta, Melania riuscì a salire sul cavallo e tornò al palazzo Scaligero insieme al principe.

Escalus una volta a casa l’aiutò a scendere e lei sparì dalla sua vista per andare nelle stanze di Caterina. Il maggiordomo gli venne incontro non appena lo vide dirigersi nella sala del trono, “Vostra grazia, la dama dei Montecchi vi chiede ancora un’udienza…”. Escalus lo interruppe, “Mandatela via e non annunciatela più a me, è già stata qui troppe volte per i miei gusti”. L’anziano uomo annuì e si inchinò, “Come desiderate” disse prima di congedarsi.

La grande sala era stranamente fredda e vuota nonostante il sole fuori non fosse ancora calato. Il principe si tolse il mantello che cadde a terra e sedette sul trono, mentre un paggio gli porgeva una pergamena le porte si aprirono e un rumore di passi svelti non catturò la sua attenzione.

“Mio caro Escalo” bisbigliò una voce femminile, “Manda pure via i tuoi consiglieri” indicò Valentino seduto alla sua destra che la incenerì con lo sguardo. Il principe senza guardarla domandò severo “Perché siete di nuovo qui?”.

Demetra rise “Ma lo sapete già” salì il primo gradino verso di lui, “Vi ho già detto che vi chiederò sempre udienza per conoscerci meglio”, avanzò ancora sulle scale. “Come avete fatto a convincere le guardie a farvi entrare?” chiese Valentino nervosamente. Lei guardò ancora Escalus, “So essere molto convincente. Dovreste saperlo”.

“Basta cosi! Siete troppo vicina al vostro Principe e non vi è concesso guardarlo negli occhi, io non mi fido di voi! Potreste attentare alla sua vita!” Valentino tirò fuori la spada e gliela puntò al viso. Lei finalmente lo guardò e sorrise, “Vostro nipote è forte come e impavido come voi Escalo”, gli prese la lama e si passò la punta lungo il collo.

Escalus si alzò e avvicinò il viso al suo, “Guardie” ordinò agli uomini alle sue spalle in attesa di obbedire, Demetra sperò con tutta se stessa che gli dicesse di lasciarli soli. “Sbattetela fuori da casa mia” furono invece le sue parole.

Esmeralda entrò in camera di Giulietta e le comunicò che Cordelia non si era ancora svegliata. La ragazza la guardò sconsolata e si sdraiò a pancia in giù sul letto “Ma quando sapremo cosa le ha detto quella strega?”, sbuffò e si rigirò a pancia in su.

Luce approfittò per salirle addosso e accomodarsi su di lei. “Non stare la impalata vieni qui!” disse alla serva che ubbidì e si sedette vicino a lei. “Signorina” disse Esmeralda dopo un po’ di silenzio “Voi siete innamorata di Mercuzio?”.

Giulietta la guardò dalla buffa posizione in cui si trovava con la lupa sulla pancia, poi scoppiò a ridere, si tirò su a sedere e prese Luce in braccio. La ragazza con la pelle olivastra si pentì di averglielo chiesto.

“Io”, la nobile sospirò “Io non lo so, non ci capisco più niente, è tutto cosi strano.”. Esmeralda sorrise e accarezzò il musetto di Luce. “Però” continuò Giulietta, “Oddio Esmeralda, credo di amarlo… sul serio”.

La serva la guardò soddisfatta “Lo sapevo! E allora cosa aspettate a dirglielo?”, la fanciulla non rispose perché un tonfo proveniente dalla camera di Cordelia la fece sobbalzare.

A notte fonda Escalus decise di andare a dormire, aveva cenato in fretta e furia evitando gli sguardi di Melania ed era stato a studiare dei documenti importanti nel suo studio. Si ritirò nelle sue stante e si spogliò aiutato dai servi che poi si congedarono.

Si sciacquò il viso e sciolse la sua lunga coda poi osservò meglio il suo letto a baldacchino: le tende lo coprivano e si muovevano da sole. “Venite fuori” ordinò trattenendo la rabbia.

Una risatina proveniente da li gli confermò l’ostinata presenza di Demetra, che scese dal letto e apparve alla sua vista con addosso solo una lunga tunica trasparente. Si avvicinò lenta come un felino con espressione di chi aveva vinto. Il Principe non la guardò.

“Potrei farvi uccidere ve ne rendete conto? O peggio: Potrei uccidervi io stesso”. Demetra si fermò dinanzi a lui e si lasciò scivolare via la tunica rivelandogli il suo corpo nudo alla luce delle candele. Escalus lentamente posò gli occhi su di lei che rimase in silenzio per un lungo istante poi gli afferrò i capelli e lo baciò avidamente.

Convinta che si fosse arreso provò a infilargli la mano nelle brache, fu allora che lui le prese il polso in maniera poco gentile e dopo aver interrotto quel bacio che gli sapeva di subdolo la strattonò per i capelli.

“Forse non sono stato abbastanza chiaro”, strinse più forte e lei sentì qualche capello strapparsi. “Oh Escalo, non sai quanto mi piace il dolore” fu la sua risposta. Il principe allentò la presa e la allontanò da sé, “Maledetta sadica. Credi davvero che io non sappia quando una donna finge interesse per i suoi loschi scopi? Adesso vattene”.

Prese la tunica da terra come se fosse uno straccio e glielo lanciò contro, Demetra sulla porta si rivesti ma non la aprì. “Non finisce qui, mio Escalo” bisbigliò con aria di sfida.

L’uomo al limite della sopportazione aprì la porta e la cacciò fuori dalla sua stanza ignorando le facce sconvolte di due guardie che passavano in quel momento.

Melania che per puro caso si trovava li a quell’insolita ora della notte perché la sua padrona aveva fame, si era appostata dietro una colonna e aveva visto tutto ma non era certa di aver capito bene.

Si nascose meglio e quando le guardie e Demetra se ne furono andate rimase a fissare Escalus inerme appoggiato alla porta ancora teso in volto. Il suo fisico altissimo e possente catturò la sua attenzione, da quando lavorava li non l’aveva mai visto con i capelli sciolti e mezzo spogliato.

Il principe sbuffò un po’ per il sonno , un po’ per la rabbia e guardò distrattamente nella sua direzione. Melania si sentì avvampare, ora che era stata scoperta avrebbe dovuto darsela a gambe invece si girò e appiattì la schiena contro la colonna pregando che non la punisse o che non dicesse…

“Lianne!”

Il nome della sorella riecheggiò per il corridoio e lei strinse i denti e chiuse gli occhi. “Volevo dire Melania, scusate”, la sua voce adesso era troppo vicina.

Riaprì gli occhi e se lo trovò faccia a faccia. La sua era un’espressione di chi sta aspettando una spiegazione così lei sospirò e indicò il sacco che aveva in mano.

“Sono andata nelle cucine perché vostra sorella ha chiesto qualcosa da mangiare…Non ho fatto niente, giuro che non vi stavo spiando”, il tono di Melania era incerto ma stava dicendo la verità.

Il principe sbadigliò, “Va bene, vi credo. Adesso augurate pure a mia sorella la buonanotte”. Si allontanò senza dire altro e si chiuse in camera sua.

Melania ancora mezza sconvolta tirò un sospiro di sollievo e si avviò dalla sua padrona, quindi passò davanti la porta che si era appena richiusa e le parve di sentire un rumore ma non gli diede peso e nel buio affrettò il passo.

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Capitolo 12
*** Capitolo Dodicesimo ***


Capitolo Dodicesimo

 

Il giorno tanto atteso da tutti era arrivato. Nelle case di mezza Verona non si parlava d'altro che del ritorno del giovane Romeo Montecchi a Verona e dello scandalo che si era venuto a creare per il folle comportamento del giovane Tebaldo Capuleti. Tutti si chiedevano, indipendentemente dal colore della loro casacca, come aveva potuto mutare il Principe la sua condanna, che era sicuramente frutto di un gioco perverso. Nessuno però più di Gloria Montecchi era in fibrillazione per il ritorno del suo angelo, e da quando aveva saputo la notizia, tre giorni prima non aveva più dormito tanto era forte la smania di stringere il suo bambino tra le braccia. 
Aveva fatto riaprire la sua camera e gli aveva cambiato personalmente le lenzuola aggiungendo qua e là i fiori preferiti di Romeo ed ora era davanti alla toletta a guardarsi e sembrava davvero ringiovanita di vent'anni. 
Anche un'altra persona non era riuscita a chiudere occhio quella notte di attesa, ed era la giovane Esmeralda che nel grande letto che le avevano messo a disposizione nella villa dei Capuleti non riusciva a sentirsi a suo agio, continuava a toccarsi il ventre leggermente più gonfio ora che si avviava al terzo mese di gravidanza e a pregare un Dio del quale dubitava, data la sua sorte, di salvare il padre del suo bambino, perché nonostante tutto lui  era pur sempre il padre di quella creatura che cresceva dentro di lei. Romeo invece si era svegliato prestissimo e con la mente piena di pensieri. Si era girato e rigirato nel letto e aveva guardato la luce del sole che nasceva lentamente e riempiva l’interno della stanza che aveva preso in affitto per quella notte. Il russare del fedele servo Abramo che dormiva nel letto accanto faceva da sottofondo ai mille pensieri che attanagliavano la mente del giovane Montecchi. Poi, quando anche lui si fu svegliato, i due si erano preparati in fretta e dopo un’abbondante colazione, avevano lasciato l’osteria e si erano diretti verso Verona. Romeo cavalcava seguito dal suo servitore ma non era concentrato sulla strada di fronte a loro, bensì sulla figura dai capelli scuri e abito talare che tanto aveva contemplato tanto durante il suo esilio. Il suo unico pensiero era Rosalina, l’aveva lasciata nel convento di Mantova due giorni prima promettendole che sarebbe tornato e lei gli aveva lasciato una speranza di non prendere i voti. “Se tornerai qui saprai la decisione che ho preso… Altrimenti non lo saprai mai” gli aveva detto lei con un sorriso apparentemente innocente ma che nascondeva un mare di malizia. Giunsero alle porte del castello Scaligero che il sole era già alto nel cielo e l’anziano maggiordomo, seguito da frate Lorenzo, gli andò incontro prontamente per riceverlo “Signorino Montecchi siete in ritardo”. Romeo lo ignorò e scese da cavallo per abbracciare il frate che quasi si commosse, “Figliuolo, finalmente sei tornato a casa, sapevo che sarebbe arrivato questo momento”. Il ragazzo non rispose ma divenne serio, al solo pensiero che avrebbe rivisto Giulietta si sentì invadere da una rabbia cosi cieca, che avrebbe potuto spaccare qualsiasi cosa. “Venite, faccio strada” disse cortesemente il maggiordomo e condusse il frate e Romeo nella sala del Trono.
Abramo fu obbligato dalle guardie a restare fuori fino alla fine del processo. Le porte si spalancarono di fronte al giovane Montecchi che dopo un attimo di esitazione entrò nella sala accompagnato dal frate. La sua famiglia, disposta al lato sinistro, subito lo acclamò e lo salutò vivacemente. “Figlio mio! Figlio mio!” ripeteva Gloria mentre il marito la tratteneva.”Romeo, amore della mia vita la mamma è qui e ti ama tanto”, Benvolio notò che c’era qualcosa di strano nell’espressione del cugino, qualcosa che non andava e lo disse allo zio. 
Gloria continuò a ripetere parole sdolcinate nei confronti del figlio e il marito dovette intimarle di calmarsi più volte. “Silenzio!” intimò Escalus dalla cima dei gradini, in piedi davanti al suo trono, e i Montecchi si zittirono. 
Romeo, cercando di mantenere la calma, guardò alla sua destra dove c’erano i Capuleti e si ritrovò addosso gli occhi puntati di Giulietta e Mercuzio che lo guardavano con espressione pacata ma accusatoria al tempo stesso. Dopo un po’ il biondo nipote del principe cedette e smise di sostenere il suo sguardo, tutt’altro fece la giovane Capuleti. “Ah, maledetti voi due!” sibilò lui distogliendo bruscamente gli occhi da loro. “Stai calmo figliolo”, gli disse il frate prendendogli il braccio, “Non è il caso di agitarsi per loro, devi accettarlo”. Romeo con gli occhi lucidi per la rabbia si strinse i pugni e guardò avanti. “Silenzio!” ripeté Escalus ai Capuleti che si bisbigliarono qualcosa tra di loro. “Montecchi, sei in ritardo…”, il principe si sedette tra suo nipote Valentino e sua sorella Caterina. “Cerchiamo di arrivare al dunque, questa storia mi ha già seccato abbastanza…” furono le sue rigide parole prima che Mercuzio ignorando con un sorrisetto Giulietta che gli ripeteva “No dai! Non andare…”, baciò la sua mano intrecciata alla propria e prese posto vicino al fratello maggiore. La guardò a lungo poi dovette sorridere ad Escalus che gli aveva lanciato un’occhiataccia per non aver preso posto prima. 
Romeo, quasi nauseato da ciò che aveva visto si concentrò su Tebaldo che non aveva ancora degnato di uno sguardo. Era tenuto in catene e sorretto da due guardie, una grossa cicatrice in volto che lui non aveva mai visto prima, vestiti per lo più lacerati ed era molto dimagrito. Ad un cenno di Escalus le guardie lo scortarono al banco che era stato sistemato appositamente per lui e anche Romeo prese posto al suo. “Voi due” disse il principe facendo scrocchiare le ossa delle dita con estrema severità “Conoscete il motivo della vostra convocazione qui oggi?”. Allungò le mani lungo braccioli del Trono e li strinse guardando con disprezzo i due giovani che tacquero entrambi. “Forse qualcuno vi ha tagliato la lingua?” domandò pensando che se lo sarebbero meritato sul serio. Valentino e Mercuzio si guardarono. “Non credo di avere commesso alcun crimine durante il mio esilio” disse Romeo deciso. Il principe lo guardò con sdegno. “Non vedi chi c’è affianco a te Montecchi? L’uomo per cui sei finito in esilio, che ha inscenato la sua morte facendo ricadere su di te la colpa per un crimine che non hai commesso”. Il giovane si rivolse a Tebaldo “Perché non hai…”. Escalus alzò la voce “Tuttavia Montecchi, hai ferito gravemente mio nipote e questo è un grave crimine”. I due condannati abbassarono lo sguardo. Tebaldo sembrava non avesse neppure la forza per replicare. “Come tu, Capuleti hai fatto del male a tua cugina!” disse il principe. 
Romeo alzò gli occhi di scatto “Cosa? Che cosa le ha fatto? Quando è successo?”. Mercuzio gli rispose freddamente “Questo non ti riguarda, pensa agli affari tuoi”. Il principe li ignorò e guardò Tebaldo “Capuleti io ti condanno in esilio a Brescia dove ti raggiungerà Esmeralda una volta che avrà dato alla luce vostro figlio, per aver fatto ricadere la colpa su un Montecchi di un crimine che non aveva commesso, aver cercato di violare tua cugina ed averla ferita alla gamba. La mia sentenza è definitiva, non voglio ascoltare le vostre suppliche." Il giovane Capuleti ormai allo stremo delle forze alzò una mano per parlare prima che gliene fosse tolta per sempre ogni possibilità, Escalus lo guardò per un attimo riflettendo e poi con un gesto imperioso della mano gli fece capire che poteva parlare. ”Vi prego di perdonarmi, non sono qui per chiedervi di togliermi la pena ma solo il vostro perdono! I miei gesti sono stati brutali ed osceni, cosi orribili da portarmi sul baratro di un nero abisso, ma erano dettati dal sentimento più puro che ci sia, quello dell'amore nei confronti di Giulietta." Si fermò in silenzio non trovando altre parole con cui continuare il suo monologo e continuò a mormorare semplicemente"Perdonatemi." Gli occhi di Mercuzio erano freddi come due smeraldi e la sua testa si mosse facendo oscillare i biondi capelli, il suo diniego era chiaro lui non poteva perdonare un individuo che aveva cercato di far del male alla sua Giulia. Alzò lo sguardo e lo posò sulla ragazza che stava lì in silenzio e sembrava più grande dei suoi quattordici anni, Romeo si girò a guardare Giulietta e intercettò lo sguardo di Mercuzio il suo furore esplose in un urlo, “Tu me l’hai portata via!” urlò con sdegno, era invaso da un furore tanto ceco quanto potente, non riusciva a capire cosa gli fosse preso voleva solo che il sangue di Mercuzio che una volta era stato il suo migliore amico gli bagnasse le mani. Il principe guardando Romeo con disprezzo scese di un gradino mostrandosi in tutta la sua possente altezza di quasi due metri, "Basta così Montecchi, altrimenti mi costringerai a non ritirare la mia condanna, il sangue dei miei congiunti ha già macchiato abbastanza le tue mani, e se non vuoi essere portato in prigione ti consiglio di tacere." La sua voce era bassa ma perfettamente udibile da tutti, dopo un attimo di silenzio riprese a parlare con il suo solito tono. "Ora, che il Giovane Capuleti verrà scortato dalle mie guardie fino a Brescia e tu Montecchi puoi definitivamente tornare a Verona, ma ciò non toglie che sarai sottoposto ad una rigida sorveglianza visto l'astio nei confronti di mio nipote. E ora andate ho già perso troppo tempo con voi!" E con un gesto impaziente della mano sciolse la seduta. I Montecchi insieme a Romeo furono scortati per primi fuori dal palazzo mentre i Capuleti restarono lì ancora per qualche minuto, appena l'ultimo dei Montecchi fu andato via Tebaldo venne scortato nella sua cella e i Capuleti poterono per un attimo respirare. Non sembrava vero al Conte che tutto quello fosse successo alla sua famiglia, ma doveva pur accettare che era anche colpa sua, se solo fosse stato un padre migliore per i suoi figli tutto quello non avrebbe toccato la sua famiglia, se avesse smesso che Tebaldo era suo figlio sin dal primo giorno che lo aveva portato a casa sua la vita di tutti sarebbe stata più semplice. Fu richiamato al presente da una guardia che annunciava loro che potevano tornare alle loro case perché la strada era finalmente libera, il conte allora alzò lo sguardo sul trono del principe e vide che la famiglia Della Scala si era tutta ritirata e cosi presa per la vita sua moglie muta e intontita dal dolore uscì dalla sala del Trono.
"Sei un maledetto sconsiderato lo sai? Come dico io ti è venuto in mente di fare quella sceneggiata nel bel mezzo di un processo?" Lo sguardo del principe era rosso d'ira e le sue mani erano strette a formare dei pugni, "Di la verità ti piace il pericolo della morte vero? Hai visto lo sguardo di quel Montecchi? Giuro che se morirò sarai tu la causa!" Scosse la testa e si sedette in una poltrona, aveva preso Mercuzio in disparte per dargli una lezione sul suo comportamento ma il ragazzo sembrava stranamente placido tanto da causare un'altra cascata d'ira. "Di qualcosa maledizione!" Il ragazzo alzò lo sguardo sullo zio e sorrise. "Ho intenzione di organizzare una festa per chiedere la mano di Giulia Capuleti." Escalus strabuzzò gli occhi e si passò una mano sul viso. "Ti sembra il momento più adatto per farlo? Hai proprio deciso di farmi morire!" Detto ciò lasciò la stanza dove si trovava suo nipote.

La mattinata passò velocemente trasformandosi in tardo pomeriggio e nella casa dei Montecchi era tutto un cicaleccio di felicità, una sola persona sembrava stranamente triste nonostante ormai fosse nella casa che tanto aveva desiderato, i suoi occhi erano lucidi e si muovevano febbrilmente per la stanza. "Figlio mio, ma che ti succede? Non sei forse felice di essere tornato a casa?" Il giovane scosse la testa e sorrise alla madre "Non potrei essere più felice madre ma ho il cuore pesante e la testa troppo leggera desidererei andare nella mia stanza a riposare" la madre sorrise accarezzandogli i capelli "E’ ovvio, è l'emozione a fare questo effetto vai pure più tardi salirò a vedere come stai! " Romeo uscì dal salone e invece di salire in camera sua si diresse con passo sostenuto alle scuderie per prendere il suo cavallo e dirigersi verso la villa dei Capuleti. Voleva parlare con Giulietta e chiedere spiegazioni su quello che era successo, sul perché il loro amore era svanito come la luna allo spuntare dell'alba… Eppure mentre la distanza tra lui e la dimora di Giulietta si affievoliva era il viso di Rosalina che vedeva e sapeva che quello che voleva realmente era solo una spiegazione. Solo una spiegazione? La vocina nella sua testa mormorò il contrario ma lui non le diede ascolto. Arrivato sotto la finestra di Giulietta lasciò il cavallo li vicino e vi salì,  quando fu arrivato sul balcone bussò sul vetro, il suo cuore batteva furioso nel petto e aveva la bocca secca come sabbia prese un profondo respiro e attese. La finestra si aprì un attimo dopo, il viso sorridente di Giulietta che era apparso dinnanzi a lui cambiò espressione quando vide che il giovane era Romeo e non Mercuzio. "Che ci fai tu qui? Come osi irrompere in casa mia! Vattene subito!". Nella sua voce si era insinuata una sfumatura di collera e la piccola lupa avvertì il cambiamento e iniziò ad uggiolare piano. Il ragazzo non si smosse alle sue richieste di andarsene, "Sono qui perché mi devi una spiegazione! Cosa è successo? Cosa ci è successo? Cos’è che ti ha allontanata da me? Dimmelo, ti prego dimmelo…" Il suo gesto fu velocissimo, prese il viso della ragazza tra le mani e la baciò. Giulietta rimase per un attimo interdetta senza ricambiare il bacio, senza muoversi e poi la sua mano partì colpendo forte il viso di Romeo che si staccò da lei indietreggiando e portandosi una mano sulla guancia. La ragazza lo schiaffeggiò ancora bruscamente e si avvicinò alla lupa che ora ringhiava apertamente e mostrava i denti pronta ad attaccare. "Non ci provare mai più! Perché non eravamo fatti per stare insieme e… ecco perché, e tu…" Non riuscì a finire la frase e Romeo fece un passo avanti. “E tu lo sai meglio di me!” esclamò lei indietreggiando ancora, poi l’espressione di rabbia del giovane Montecchi in qualche modo la spaventò ed uscì dalla camera cosi rapidamente che quasi inciampò ma lui l’afferrò per le spalle costringendola a guardarlo in faccia. “Giulietta! Dove credi di andare? Eh?  Vieni qui! Ti ho fatto una domanda!” strillò istericamente Romeo che sembrava sull’orlo di una crisi di nervi, la strattonò più volte con l’intenzione di farle male ripetendo quella frase. Giulietta gli ripeteva di smetterla e più se lo scrollava di dosso e più lui continuava a spingerla e a strattonarla con forza. Nel trambusto delle urla che avevano allertato anche i servi, Luce si alzò sulle stampe posteriori e azzannò il ragazzo al collo che cadde pesantemente su di un fianco. La ragazza non se ne accorse subito, approfittò di quell’istante per recuperare il pugnale che teneva come d’abitudine nello stivale e glielo puntò contro “Stai lontano!” gridò tremando. “Che cosa ci fa un Montecchi in casa mia!” la voce del conte Enrico risuonò per tutta la casa e sua figlia ancora sconvolta perché per un attimo aveva creduto che Romeo fosse morto dovette aggrapparsi alla balia che era corsa da lei “Che sta succedendo? Che ti ha fatto?” vide il pugnale e glielo tolse di mano poi  la ricondusse nella sua stanza, Luce smise di ringhiare e le seguì. “E’ meglio se ci pensa tuo padre adesso” disse frettolosamente la balia “Non temere lo tratterrà finché non arriveranno le guardie del Principe a scortarlo a casa sua”. Giulietta si chinò a controllare che i denti della sua lupa non fossero sporchi di sangue, non aveva nemmeno ascoltato una sola parole di quello che la donna che più la amava al mondo le stava dicendo. Una serva entrò nella stanza e le si avvicinò “Contessina questa è per voi” le porse una lettera che lei distrattamente aprì e lesse mentalmente tutta d’un fiato. “Come avete fatto a capire che…”, in un primo momento fu tentata di dire “Che ero in pericolo” ma poi disse “Che lui era qui?”. La balia prese la lettera che Giulietta le porse, “Uno dei servi ha riconosciuto il suo cavallo… Oh bambina mia” la abbracciò forte “Vorrei che tu non dovessi subire mai più tutta la sofferenza che quest’odio ti porta”. Giulietta sentì i battiti del cuore tornare regolari e si staccò da lei per fare un bel respiro e allontanare definitivamente tutta la tensione che aveva accumulato. “Eppure non ho versato neanche una lacrima” si disse, “Questo vuol dire che non sono più una bambina”. La donna le sorrise e disse che per lei lo sarebbe sempre stata. “Hai già deciso cosa indosserai domani per l’occasione? Qui dice che è una festa in tuo onore… Non so proprio cosa spera di ottenere da te quel bell’imbusto”.  Giulietta la guardò sorridendo “Mercuzio mi ama, come io amo lui, è solo questo che conta” si sedette sul letto e abbracciò la sua Luce “Grazie per avermi salvata”.

Giunse al castello Scaligero nel suo splendido vestito amaranto la sera dopo scortata in carrozza e accompagnata da Cordelia, la balia ed i suoi genitori. Quando scostò la tendina e vide due paggi venire incontro alla carrozza la sua amica le prese la mano e le sorrise, Giulietta sapeva in cuor suo che la fanciulla di fronte a se provava qualcosa per il ragazzo che lei amava e da quando era tornata le cose fra loro erano cambiate.“Non capisco perché abbiamo dovuto metterci tutti in ghingheri e piattini…” si lamentò la balia una volta scesa dalla carrozza seguita da Lady Capuleti. “Cerca di essere meno scontrosa per una volta e pensa a divertirti!”, le disse la sua padrona. Giulietta scese per ultima con l’aiuto del cocchiere. Si soffermò a guardare verso l’ingresso, quel viale che una volta aveva percorso a cavallo di Ares sotto la pioggia, il giorno del suo primo bacio… “Buonasera famiglia Capuleti” il maggiordomo si inchinò e fece un sorriso alla ragazza che ormai cominciava ad essere di casa “Prego, vi faccio strada, da questa parte…”. Mentre lo seguirono la madre della ragazza non fece altro che commentare quel posto ed esprimere tutto il suo desiderio di voler vivere li. D’un tratto dovette smetterla di fantasticare perché suo marito si era alterato e sentiva la mancanza dell’alcool. La balia prese sottobraccio la ragazza bionda “Tesoro, ma non era il caso che restavi a casa insieme ad Esme? L’abbiamo lasciata da sola…”. Cordelia si irrigidì “Ma se non si sentiva bene? E’ lei che ha insistito per non venire”. Giulietta restò in disparte fino a quando non giunsero nella sala del banchetto, c’era tantissima gente molta della quale occupata a danzare, alcuni di loro erano parenti del principe perciò a lei sconosciuti ma non degnò nessuno nemmeno di uno sguardo. Si addentrò tra la folla di invitati alla sua destra e passò dietro a coloro che erano presi dalle danze, percorse metà della sala quando dall’altra parte i suoi occhi si incontrarono con quelli che tanto cercava. Mercuzio indossava un completo blu e argento. Lei notò che quei colori gli stavano particolarmente perché si intonavano con i capelli biondi, eppure si aspettava di vederlo in nero e oro come i colori del suo casato. Entrambi si mossero in avanti per avvicinarsi quando qualcuno trattenne lei, che si fermò ma non smise di guardare il ragazzo che amava. “Perdonate signorina” disse il giovane che aveva qualche anno più di lei, “Vi andrebbe di concedermi un ballo?”. Le prese la mano e nel momento in cui stava per portarsela alla bocca lei la ritirò “Mi dispiace non voglio” disse lasciandolo senza parole, si allontanò da lui e raggiunse Mercuzio. Si abbracciarono sotto gli occhi di tutti, compresi i familiari di lui e quelli di lei. Il ragazzo che poco fa aveva chiesto a Giulietta di ballare continuò a cercare una dama che si unisse con lui per le danze. Cordelia che da lontano aveva visto tutto, si sentì mancare l’aria e un senso di invidia si impossessò di lei. “Dannazione!” imprecò, “Perché non riesco a dimenticarlo? Perché mi fa questo effetto? Forse dovrei andare da Romeo e aiutarlo a prendersi la sua vendetta”, si tappò la bocca con le mani perché aveva pensato tutto ciò ad alta voce e la balia l’aveva sentita. Gli occhi della bionda si posarono su quelli di un ragazzo che la guardò e poi le passò accanto “Scusate signore vi va di ballare?” lo trattenne per un braccio ma stava ancora guardando con odio Giulietta. “Voi la conoscete?” gli chiese lui dopo aver visto dove guardava, “Mi ha appena rifiutato, perciò accetto il vostro invito”. La prese per mano e la condusse al centro della sala.

“Perché piangi?” domandò Mercuzio stringendola. Giulietta non si mosse e continuò a tenersi a lui “Non sto piangendo” mormorò. Quel contatto la faceva sentire viva e di nuovo libera, era impressionata da se stessa per quanto la sola presenza di lui riusciva a farla stare bene. “Credi di potermi nascondere i tuoi pensieri o il tuo stato d’animo?”, le prese il viso e lo girò verso il suo. Gli occhi lucidi di lei la tradirono subito ma invece si asciugarseli lo baciò. “Ti amo” disse quando si staccarono. Mercuzio trasalì “Cosa?”, la portò via da li e la condusse vicino al tavolo dove erano seduti tutti gli Scaligeri. Lei li salutò frettolosamente poi il ragazzo la invitò a prendere posto vicino a lui. “Sicura di star bene? E’ successo qualcosa?” le chiese ancora. Giulietta avrebbe voluto urlare al mondo intero che ormai non aveva più paura di ammetterlo ma gli sorrise semplicemente “Non qui” gli sussurrò all’orecchio. Isabella le chiese come stava e di raccontarle qualcosa. Lei la guardò senza rispondere poi si trovò addosso gli occhi di Escalus che la guardavano come per dirle di parlare. “Romeo?” chiese Mercuzio a denti stretti, lo zio sentì e lanciò uno sguardo a Valentino. “Io ho voglia di ballare vieni amore?” disse dolcemente Isabella al marito che accettò subito. “Parleremo dopo visto che ora sei impegnata” disse la donna a Giulietta e le fece l’occhiolino. Lei la ringraziò mentalmente per la comprensione e guardò distrattamente le molte facce che non conosceva. “Lo sapevo… Che ti ha fatto? Giuro che lo ammazzo” imprecò Mercuzio agitandosi. “Ti ho appena detto che ti amo” le ricordò lei, “E tu pensi a lui?”. Escalus blaterò qualcosa riguardo alle feste e in quel momento vide Melania passare con i vassoi del vino, aveva i capelli lunghissimi sciolti e indossava un semplice abito verde con le maniche corte. Nonostante fosse già ottobre il freddo non era ancora arrivato del tutto. Il principe la guardò a lungo finché lei non se ne accorse. “Hai ragione ma se solo ha provato a toccarti io”, Mercuzio prese fiato “Dimmi la verità è stato da te?”. Giulietta annuì “Non lo sai? Gli uomini di tuo zio lo hanno riportato qui e ora è nelle segrete”. Lui le prese le mani “Ero troppo impegnato ad organizzarti questa festa per pensare alla legge, scusami”. Escalus si alzò “State tranquilli è sotto la mia supervisione non vi darà più fastidio” e si allontanò da loro. Il nipote fece per fermalo “Perché non me l’hai detto?”, ma ormai era troppo tardi e il principe non lo sentì. “Dai lascia stare” disse lei, “E’ acqua passata ha solamente provato a baciarmi”. Mercuzio si alzò dalla sedia cosi bruscamente che sua zia Caterina, intenta a mangiare, lo rimproverò “Hey signorino non ti ricordi più le buone maniere?”.  Giulietta gli prese la mano “Ti prego, se tieni veramente a me resta”, vide la sua espressione iraconda e strinse la presa. Lui cercò di calmarsi e si passò una mano tra i capelli come faceva sempre quando era nervoso. “Ed io che volevo chiederti di sposarmi” pensò. “Dai balliamo ti va?” gli chiese lei alzandosi, “Sempre che la principessa acconsenta” disse rivolgendosi a Caterina la quale sorrise. “Prego fate pure, la principessa resterà qui ad ingozzarsi sola soletta” rispose ridacchiando, Giulietta notò che era già alla terza portata e non poté fare a meno di pensare se soffrisse di attacchi di fame nervosa o qualcosa del genere. Si sentì accarezzare il collo e la lunga treccia dietro la schiena. “Sono geloso” le disse a bassa voce, “In una maniera che neanche immagini”. Lei rispose prontamente “Guarda che per me è lo stesso” e gli sfiorò la punta del naso affettuosamente. “No Giulia, dico sul serio, io sono geloso in un modo cosi morboso che non riesco a capacitarmene”, sospirò “Nessuna donna con cui sono stato mi provoca questo e adesso vorrei solo vederlo morto”. Lei ebbe un tuffo al cuore quando accennò alle altre con cui era stato e si chiese mentalmente se il numero fosse stato abbastanza alto da superare la sua immaginazione, “Non dire cosi, non lasciare che l’odio si impadronisca di te, io so che il tuo cuore è puro”. Lui rise palesemente contrariato. “Mi ami?” le chiese tornando serio, “Allora dimostramelo, lascia la finestra aperta stanotte… e fammi entrare nel tuo letto”. Giulietta arrossì violentemente e desiderò nascondersi sotto il tavolo. “Mi sembra di averti già ospitato tempo fa” disse al limite della vergogna e guardandosi intorno. “Hai capito cosa intendo” sibilò prima di allontanarsi, raggiunse uno dei corridoi e una volta rimasto solo scaraventò per terra uno dei candelabri; le candele caddero e si spensero. Si fermò un attimo a riflettere poi decise di scendere nelle segrete per far visita a Romeo. “Giulia!”. Si girò in direzione di quella voce e Valentino le fu vicinissimo “Perdonate se non vi ho salutata come si deve, va tutto bene?”. Lei incrociò le braccia “No” e lo guardò negli occhi. “Ehm… mio fratello dov’è? Non lo vedo da nessuna parte” continuò lui. Lei fece spallucce “Abbiamo litigato per colpa dei Montecchi, forse voi potete fare qualcosa… Si è arrabbiato”. Il sorriso del ragazzo che sembrava esattamente la versione di Mercuzio con i capelli neri un po’ la rassicurò “Niente paura, ora ci penso io” andò a cercarlo e lei una volta sola guardò nel punto in cui i due fratelli si erano dileguati, fu tentata di seguirli ma la voce di sua madre e quella di Isabella che conversavano e le si avvicinavano la costrinsero a cambiare idea.

I gradini di pietra erano cosi stretti e ripidi che scenderli velocemente non era certo un’impresa facile. Mercuzio dovete rallentare il passo e sbuffò più volte. Tenne la torcia tesa davanti a se quando si sentì afferrare per il farsetto. “Dove diavolo credi di andare?”, la voce di Valentino inconfondibile per suo fratello minore rimbombò tra le mura. “La festa è dall’altra parte”. Il biondo si girò a guardarlo “Si infatti… allora va e divertiti anche per me”. Valentino si lamentò “Lo sai che se zio se ne accorge ti mette alla gogna?” e lo seguì. Quando raggiunsero la cella di Romeo Mercuzio affidò la torcia al fratello maggiore. “Cuzio devi proprio?” sbottò lui, “Cosa dirai alle guardie? E dai lascialo in pace è solo un povero disgraziato”. Il biondo ridacchiò “Ho le mie buone motivazioni e poi di cosa hai paura? Devo solo scambiarci due parole… Siamo principi noi possiamo tutto”, ordinò ad una delle guardie di spalancare la grata dicendo che si trovava li per una visita al prigioniero. Romeo che era disteso sulla branda con i polsi legati si destò dal dormiveglia e prima che potesse rendersi conto di chi era entrato nella sua cella si ritrovò in ginocchio col naso sanguinante e un dolore insopportabile. Il pugno del suo migliore amico lo aveva colpito cosi forte da fargli girare la testa, si accasciò al suolo e perse i sensi. “Se la tocchi un’altra volta giuro che ti uccido! Guardia!” ringhiò Mercuzio ed usci dalla cella. Escalus che si aggirava per la grande sala con le mani dietro la schiena e l’espressione minacciosa per chiunque gli si avvicinasse troppo si ritrovò accanto alla giovane Capuleti, prima ancora di poterle domandare dove si fossero cacciati i suoi nipoti che un momento prima stavano parlando con lei uno dei paggi gli corse incontro “Vostra grazia, il prigioniero è ferito”. Giulietta si mise ad ascoltarlo. “Al naso, si richiede subito la vostra presenza” continuò il giovane paggio. Il principe lo afferrò per il colletto della camicia e lo tirò a se. “Manda a chiamare Giosuè e fallo visitare, immediatamente”. Quando l’ebbe congedato Giulietta si rivolse ad Escalus “Siete sempre cosi gentile con la vostra servitù?”. L’uomo le lanciò un’occhiata inespressiva “Cosa ne può sapere una ragazzina come te di come trattare i servi? Non è affar tuo, dovresti pensare a tenere buono mio nipote invece che istigarlo all’odio per i suoi amici”. Lei vide il paggio inciampare un paio di volte prima di dileguarsi tra la folla. “Mio principe” disse ad Escalus toccandogli un braccio “Lo so che sotto la vostra corazza si nasconde un buon cuore”. Mercuzio risali le scale seguito dal fratello. “Aspetta” gli disse Valentino, “Fammi vedere la mano!”. Il biondo si strofinò via dalle nocche il sangue di Romeo ed estrasse dalla tasca il fazzoletto con le sue iniziali ricamate, ci sputò sopra e se lo passò sulla mano. Valentino lo tratte “Perché non ti calmi adesso? Torniamo di la e godiamoci la festa ti prego, questa doveva essere la tua serata non lasciare che te la rovinino”. Il fratello minore gli sorrise e annuì “Infatti! Ho finito” disse riferendosi alle nocche rosse “Andiamo”.

Romeo fu condotto poco dopo nella cella che il medico Giosuè aveva allestito tanti anni prima come infermeria, il ragazzo fu deposto sul letto e l’anziano lo esaminò attentamente. Gli ripulì il viso e vi applicò sopra un unguento speciale sotto gli occhi e sul naso. Romeo saltava ad ogni suo tocco e non riusciva a tenere gli occhi aperti dal dolore, piangeva come un bambino e tra le lacrime e le rassicurazioni del medico ripeteva un solo nome “Rosalina”. Valentino tornò nella grande sala quando si accorse di non avere più il fratello accanto “E adesso cos’altro sarà andato a combinare?”, si diresse sbuffando da suo zio che stava parlando con Giulietta e non appena vide il nipote gli chiese a denti stretti “Dove diavolo si è cacciato?”, l’espressione innocente del ragazzo lo fece alterare ancora di più.“Giuro che più tardi faremo i conti! Non lo capisce che sta passando dalla parte del torto? Sento che a breve non tollererò più il suo comportamenti!”. Il principe tornò a sedersi vicino a sua sorella senza dire altro. Valentino guardò Giulietta e le fece cenno di avvicinarsi. “Stavo pensando…” disse per sdrammatizzare, “Perché non balliamo? Se vi va naturalmente” sorrise poi guardò sua moglie che era a breve distanza. Giulietta prese la mano che lui gli tendeva con una certa soggezione. “Spostati fratello!”.  La voce di Mercuzio riapparve dal nulla “Semmai mettiti in fila, sempre che dopo io ti dia il permesso” rise maliziosamente come faceva sempre. Valentino sospirò e lasciò la mano della giovane “Sarà per un’altra volta allora” si congedò con un inchino e li lasciò soli. “Dove sei stato?” gli chiese subito lei ansiosa di conoscere la risposta, “Perché mi hai lasciata cosi senza dirmi nulla?”. Presero parte ad un ballo che era già cominciato. Mercuzio ridacchiò e unì le loro mani “Non è importante”. Ignorò le sue proteste e la sollevò da terra. “Ti odio quando fai cosi lo sai?” continuò lei, girò una mezza volta su se stessa poi le loro mani si toccarono ancora. “Hai detto che hai avuto tante donne prima di me… quante?” gli domandò perché lui si ostinava a rimanere in silenzio. “Hai detto di amarmi prima” disse finalmente lui, “Quanto mi ami?”. Giulietta si fermò al centro della pista e gli lasciò la mano, i suoi occhi erano cosi delusi che non riusciva a spiegarsi perché si comportasse cosi. “Nessuna che era alla tua altezza” fu la risposta di lui mentre la riafferrava per i fianchi e la faceva girare, “Non ho mai amato nessuna come amo te… Nessuna prima o dopo di te”. Lo disse guardando altrove un po’ imbarazzato. Già, lui odiava sentirsi imbarazzato perché non faceva parte del suo carattere. Lui che le donne le prendeva dove e quando voleva, anche più vecchie della sua età. Lui, Mercuzio che spensierato non aveva mai dato il suo cuore a nessuna e che era troppo occupato alla regina Mab e ai suoi sogni, a bere e divertirsi. Un viziato in poche parole. Sapeva di esserlo e la cosa gli andava bene cosi. Ma con lei era tutto diverso, con Giulia, la sua Giulia era tutta un’altra storia e lui non era più lo stesso.  “Non ho mai amato”  ripeté, “E’ la prima volta che mi succede e non avrei mai pensato che fosse cosi maledettamente bello, folle e… meraviglioso, come te”. La guardò e si avvicinò per baciarla. “Sei andato da lui non è vero?” gli chiese dopo averlo ascoltato con gli occhi sgranati e aver risposto al suo casto bacio. Mercuzio fece spallucce sorridendo divertito. Ci fu un breve scambio di dame e cavalieri poi tornarono in coppia insieme.“Tantissimo” disse Giulietta improvvisamente stanca di ballare, lui la guardò serio perché aveva già capito a cosa si stava riferendo. “Non puoi immaginare quanto”, lo accarezzò sulla guancia e lo baciò finché la musica non finì. Escalus si alzò di nuovo dal tavolo e si posizionò al centro della sala “Mie care signore, miei cari signori… Vorrei un attimo di attenzione” batté le mani per farsi sentire. “Questa sera siamo qui come molti di voi sapranno per fare un annuncio riguardante mio nipote” fece segno a Mercuzio di parlare. Giulietta che ancora non aveva inteso quello che stava succedendo fu colta alla sprovvista quando lui le strinse la mano e gliela baciò poi si inginocchiò a terra ed estrasse una scatola dall’interno della giacca. “Perché non ti alzi?” mormorò lei imbarazzatissima, vide i genitori guardarla sorridenti e poi abbracciarsi per la contentezza. “Giulietta… Vuoi diventare la mia…”, il ragazzo non finì la frase perché anche se non lo dava più a vedere dentro di se provava una rabbia assassina, chiuse un attimo gli occhi e sospirò. Il cuore gli suggeriva la parola Moglie ma la testa la parola Fidanzata. “Giulia” pronunciò il nome di lei e tolse il coperchio alla scatolina nera. La ragazza si sentì mancare i sensi “Oh mio Dio fa che non me lo chieda” si disse mentalmente, “Sto per svenire”. Lo guardò ansiosa ma colma di felicità allo stesso tempo. “Vuoi diventare la mia fidanzata?”, fu la domanda definitiva. Escalus che era pronto ad un meccanico applauso credette di aver sentito male. “Te lo chiedo davanti a tutti perché voglio che il mondo sappia quanto sei importante per me, io ti amo e non credo di poter più stare senza te”, tirò fuori l’anello d’oro giallo con incastonato un rubino a forma di cuore e in quel momento Giulietta sorrise e pianse allo stesso tempo. “Si che lo voglio! Ma adesso alzati!”, tutti scoppiarono a ridere e applaudirono con gioia, tutti tranne Cordelia… Il biondo si alzò e le infilò lentamente l’anello all’anulare sinistro “Questo è il mio cuore” sorrise, “Ed è tuo adesso”. Lei gli buttò le braccia al collo commossa poi posò le sue labbra su quelle di lui e gli stampò un bacio che durò a lungo. “Ma non la voleva sposare?” ironizzò Valentino con suo zio, “Non lo capisco più, ormai è fuori di testa” rispose il principe. Nel bel mezzo degli applausi, la commozione da parte di Lady Capuleti e la stretta forte di Giulietta Mercuzio cambiò espressione quando vide in lontananza il fratello di Paride ed i suoi genitori. Qualcosa in lui si spense e provò un senso di timore, solo in quel momento si rese conto che quello era il ragazzo che aveva invitato a ballare la sua amata e anche se non si ricordava il suo nome sapeva che quello sguardo non prometteva niente di buono. Lui per dispetto gli sorrise e fece un teatrale inchino, sua madre invece quasi in preda ad un attacco d’ira si scagliò verso i due abbracciati ma prima che potesse raggiungerli fu bloccata dal figlio e dal marito che guardarono Mercuzio con altrettanto disprezzo. “Che ci fanno loro qui? Non mi risulta che erano nella lista degli invitati” disse Valentino, Escalus che gli era accanto con le braccia incrociate guardò nella direzione indicata dal nipote “Infatti” mormorò con tono di amara sorpresa. “Ci penso io” disse prima di farli scortare “gentilmente” fuori. Mercuzio non riuscì a sentire le loro voci ma fu certo di aver letto il labiale di parole simili a “La vendetta è vicina”.

Giulietta una volta a casa diede la buonanotte alla balia e si ritirò nella sua stanza, dopo aver fatto il bagno aveva indossato una delle sue camicie da notte più candide. Anche se era nel periodo premestruale e si sentiva particolarmente strana, in qualche modo aveva dato delle speranze al suo fidanzato. Ma speranze di cosa? Che si sarebbe concessa a lui? Si pettinò i capelli e lasciò solo poche candele accese. “I problemi si affrontano al momento” si disse. Ma per l’emozione si era adagiata sul letto intatto con tutta la vestaglia e Luce ai suoi piedi. Dopo circa mezz’ora la prese in braccio e la mise nella sua cuccia che le aveva preparato apposta per quella notte. “Mi raccomando stavolta te ne starai qui buona buona e non salirai sul letto, chiaro?”, la baciò fra le orecchie “Lo sai che ti voglio tanto bene vero?” la accarezzò ancora e le augurò la buonanotte poi tornò a letto. “Perché non arriva?” pensò dopo che si era rialzata un paio di volte e faceva avanti e indietro per la camera. Luce era accucciata e nascondeva il muso dietro alle zampe ma aveva gli occhi vispi e seguiva ogni suo movimento. Le candele che illuminavano la stanza si stavano consumando velocemente e da ciò la ragazza dedusse che si era fatto davvero tardi cosi si risedette sul letto e poi di scatto vi si sdraiò sopra. “Lui non verrà” mormorò con gli occhi lucidi dalla rabbia.

A casa Della Scala era esploso l’ennesimo battibecco per via del naso rotto di Romeo e del ritorno della famiglia di Paride che in qualche modo erano riusciti ad imbucarsi ad una festa che non aveva nulla a che vedere con loro. Escalus aveva rimproverato più volte il nipote per ciò che aveva fatto al giovane Montecchi e anche per aver ucciso Paride. “Tu sei fuori di testa!” lo aveva accusato lui di risposta, “E’ stato un regolare duello e tu eri d’accordo!”. Il principe pensieroso era arrivato alla conclusione che la famiglia di Paride, suoi lontani parenti, sarebbero stati esiliati alla prima mossa falsa nei confronti di qualsiasi membro dei Della Scala o dei Capuleti. “Pensaci bene prima di imparentarti con quel casato! Hai perso l’amicizia dei Montecchi per causa loro e hai anche ucciso!”, le parole di Escalus non lo sfioravano minimamente e neanche quelle del fratello che prendeva le sue parti e invece di essere cosi brusco come lo zio gli diceva di fare attenzione perché Verona non era più sicura per nessuno. Mercuzio quando si liberò da quella patetica riunione di famiglia sgattaiolò a prendere Ares e corse via. Giunto al luogo che più di tutti apprezzava scese da cavallo e nel silenzio della notte al riparo dagli occhi delle guardie, si arrampicò al balcone di Giulietta e una volta scavalcata la ringhiera bussò al vetro della finestra. La fanciulla che lo attendeva ancora sveglia scattò in piedi e andò ad aprire. Il ragazzo subito la baciò senza darle il tempo di parlare, le sue mani le sciolsero la treccia che si era fatta da un lato mentre lo attendeva infilandosi avidamente in quei fili morbidi che erano i suoi capelli e le tolsero lentamente la vestaglia. Lei si mise a ridere per via delle pelle d’oca "Mi fai il solletico!", poi lo guardò con desiderio e gli tolse la camicia, che cadde a terra silenziosamente.  Lui divertito dal suo comportamento la lasciò fare molto volentieri "Oh Giulia" disse  facendola indietreggiare. La ragazza avvertì un dolore al basso ventre ma lo ignorò e si sdraiò sul letto, Mercuzio le fu subito sopra e ripresero a baciarsi. Il tocco inesperto di lei non stava dando a lui la sicurezza che fosse davvero pronta e curioso voleva vedere fino a che punto si sarebbe spinta. "Non te l'ho mai detto che ti voglio vero?", il biondo col suo sorriso da sciupa femmine le rispose con un lungo bacio sul collo seguito da un morso. La ragazza rabbrividì mentre bisbigliava il suo nome, poi si tirò su e gli si avvinghiò addosso. "Finalmente posso averti" sussurrò lui per provocazione spostandole indietro i capelli, la spinse di nuovo con la schiena contro il materasso e la baciò con passione. Giulietta, per niente spaventata da quella frase invece incrociò le gambe dietro il suo fondoschiena ma quando lui stette per abbassarsi pantaloni quasi gridò per l'imbarazzo "Oddio amore! Non posso! Ho il periodo rosso". Mercuzio la guardò incerto fermandosi “Che cosa?”. Lei si tirò su “E’ cosi… non posso, non posso farlo”. Si senti accarezzare il mento e baciare ancora “Intendevo… come mi hai chiamato?”. Adesso si trovavano seduti uno di fronte all’altra, lui con le gambe piegate e lei con le proprie che lo circondavano. “Sei il mio amore” disse Giulietta dolcemente e gli prese una mano per incrociarvi le dita. “Ma che hai fatto qui?” chiese allarmata dopo che lo sguardo le era caduto sulle nocche rossastre. Il biondo che era intento ad osservarla e aveva fatto si che le loro fronti e nasi si toccassero continuò a rimirarla. “Un nonnulla” rispose indifferente.  “A me non sembra” disse lei, “Lasciami indovinare, hai fatto a botte con qualcuno?”. Invece di risponderle, Mercuzio la baciò a lungo fino a portarla sotto le coperte. “Aspetta” si alzò per chiudere bene la finestra e spegnere le candele poi tornò da lei. “Che bello, è la seconda volta che dormiamo insieme” disse Giulietta felice e lo abbracciò. Parlarono a lungo sottovoce e ogni tanto lui le dava un bacio. Quando si furono addormentati Luce, che era rimasta in un angolo senza fiatare uscì dalla sua cuccia e salì con un balzo sul letto della padrona, cercò a lungo una posizione comoda e alla fine decise di appollaiarsi contro la schiena di Giulietta.

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