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Non
un alito di vento, nessun movimento di foglia, nessun
fruscio.
Niente
faceva pensare che qualcosa vivesse nella foresta..
niente faceva pensare che la stessa foresta fosse viva.
Gli
alberi antichi si stagliavano minacciosi, confondendosi nella nebbia che
aleggiava nella tetra foresta.
Come
per opera di un incantesimo, la foresta di Fangorn appariva congelata nel
silenzio di quella notte.
L’aria
era pesante, umida.. quasi impossibile da respirare.
Nessuno
si sarebbe mai sognato di entrare nella foresta..
…figuriamoci
poi di viverci..
Un ombra si mosse leggera e veloce, spezzando così
il magico incantesimo, ridando vita alla foresta.
Un
corpo avvolto in un mantello comparve acquattato dietro il tronco di un albero.
Con
un calcolato movimento delle gambe, la figura si sporse quel tanto che bastava
per permettere al piede di raggiungere il ramo dell’albero vicino.
Allungò così le braccia, la mano incontrò un pezzo di ramo
libero dalle foglie, e senza alcuna fatica, in un attimo scomparve di nuovo
alla vista,
protetta dal tronco dell’albero e dall’oscurità.
Un
gruppo di ombre si avvicinò al punto in cui la figura
era appena sparita.
L’elfo
e l’uomo sembravano abbastanza a loro agio, nonostante la foresta li rendesse
inquieti.
Procedevano
sicuri e veloci, scambiando brevi parole di tanto in tanto, senza mai perdere
di vista lo stregone bianco, che li precedeva.
Sul
volto di esso, era disegnato un velo di
preoccupazione, e anche, per qualche motivo ignoto, di paura.
Se
i suoi compagni erano in ogni caso relativamente tranquilli,
lo stesso non si poteva dire del nano dai capelli rossi che li seguiva.
Intrappolato
in quella ragnatela di rami e foglie, non si sentiva per niente a suo agio, e
la mano correva a intervalli regolari all’ascia
scintillante che portava sulla schiena.
L’ombra
si sporse leggermente per osservare meglio coloro che avevano
osato disturbare il silenzio della sua dimora.
Il
suo sguardo passò velocemente dal nano all’elfo, fermandosi poi sull’uomo.
- Elessar. .-
L’ultimo
di una gloriosa stirpe, il solo che potesse rivendicare il trono di Gondor..
Bene,
molto bene.
Che strana coincidenza. Senza saperlo, le
prede erano andate direttamente dal loro cacciatore.
Perfetto.
Avrebbe risparmiato tempo e fatica.
La
mano della figura accarezzò l’arco, seguendone i disegni intagliati nel legno.
Veloce
ed esperta, incordò la freccia.
Senza
farsi vedere, piegò leggermente la gamba posteriore, in modo da riuscire a
tirare da una posizione più comoda.
Una
ciocca di capelli blu sfuggì dal cappuccio mentre
tendeva la corda dell’arco.
Con
un guizzo, gli occhi viola si spostarono sullo stregone che comandava la
compagnia.
- Gandalf..maledizione! -
La
figura digrignò i denti.
Osservò
l’uomo camminare veloce, avvicinandosi sempre di più all’albero su cui si
trovava..
La
barba e i capelli bianchi si muovevano dolcemente, seguendo i passi dell’uomo,
così come la sua lunga veste bianca.
Camminava
sorreggendosi al suo bastone, gli occhi che osservavano distrattamente la
strada, la mente lontana,
persa in uno dei suoi tanti segreti, impegnato a
risolvere chissà quali misteri..
Lui
doveva compiere il suo dovere, chissà quale questa volta..
Tornò
ad osservare coloro che viaggiavano con lui.
- .. ed ecco un altro gruppo
di stolti, pronti a seguirlo fedelmente, credendo di fare bene, credendo di
seguire un capo saggio e giusto..
..non rendendosi conto del pericolo, dell’assurdità
della cosa..
..non rendendosi conto che quell’uomo che tanto ammirano, è solo un egoista, un
bugiardo, un traditore, un approfittatore… -
Si
riscosse dai suoi pensieri.
Ciò
che pensava dello stregone non era importante. Aveva un lavoro da compiere.
Dopo,
avrebbe avuto tutto il tempo per occuparsi di Gandalf.
Puntò
la freccia diritta al cuore dell’uomo dai capelli scuri. Non poteva sbagliare,
non avrebbe sbagliato.. non sbagliava mai.
Prese
bene la mira… e scoccò.
Tutto
successe velocemente.
Mentre la freccia si avvicinava silenziosa e
letale al petto dell’uomo ignaro, lo stregone si girò di colpo e, grazie al
bastone,
deviò il colpo della freccia, mandandola a
conficcarsi nel tronco di un albero.
La
situazione si capovolse: l’elfo incordò l’arco, il nano estrasse l’ascia e
l’uomo impugnò la spada.
Tutti
e quattro gli uomini, si avvicinarono minacciosi al punto da cui era partita la
freccia, pronti al contrattacco.
La
figura non ebbe molto tempo per agire.
Velocemente,
incordò un'altra freccia, ed uscendo dal riparo sicuro offertole dall’albero,
mandò la freccia a conficcarsi nel braccio sinistro dell’elfo,
che fu costretto a lasciar cadere l’arco con
un urlo di dolore.
Senza
nemmeno essersi assicurata che il colpo fosse andato a
segno, la figura si dileguò nell’oscurità della foresta.
- Maledetto stregone! Possibile che debba sempre
mandare a monte i miei piani? -
La
figura continuò a correre. Nonostante l’effetto sorpresa
fosse sfumato, non poteva lasciar scappare la preda.
Inoltre,
era certa che Gandalf non le avrebbe permesso di
scappare.
Un
sorriso divertito le illuminò il viso sotto la maschera.
Finalmente
un po’ di divertimento.
Con
un balzo, salì velocemente sull’albero vicino, dopodichè, aiutandosi con le
mani, agile come un felino, iniziò a passare da un ramo all’altro,
finchè il gruppo di
uomini non fu di nuovo davanti a lei.
L’elfo
si era tolto la freccia dalla spalla, che ora sanguinava abbondantemente nonostante
la fasciatura.
I
suoi compagni, riuniti attorno a lui, avevano le armi in mano e uno sguardo di
rabbia e rancore, dovuti alla vergogna di essere stati sorpresi dal nemico in
un momento di impotenza.
Lo
stregone invece, appariva preoccupato e teso.
A
differenza dei suoi amici, lui sapeva con chi avevano a che fare.
Lo
aveva capito immediatamente, temeva che ciò sarebbe
successo.
< Rinnegata, so che sei qui,
fatti vedere! >
tuonò lo stregone.
La
sua voce rimbombò nel silenzio della foresta.
Nessuna
risposta, nessun rumore.
Tutto
era calmo, tutto era immobile..
Pericolo..
Una
risata divertita, una risata fredda, una risata di
scherno, una risata da gelare il sangue proruppe dalla figura misteriosa
e si propagò fin negli angoli più bui della
foresta, e il suo eco rimase nell’aria anche dopo che essa si fu spenta.
Un
colpo…
Un
altro…
Gimli
e Aragorn lanciarono entrambi un urlo di dolore.
Gimli
si stringeva al fianco, mentre Aragorn la spalla.
Erano
stati entrambi fortunati.. ma lei non aveva mirato a
ucciderli.. oh no, quello era solo un avvertimento, un piccolo monito a
Gandalf.
Non
doveva osare sfidarla.
<
Non puoi vincere contro di me, Gandalf >
Legolas
alzò la testa di scatto al suono di quelle parole..
Elfico..
< Vieni
fuori Rinnegata.. dov’è finito il tuo coraggio? Non è da te nasconderti >
<
Te lo ripeto, non mi sfidare.>
< Cosa vuoi?
>
<
Elessar >
Legolas
continuava a osservarsi intorno..ormai
ne era certo..
Chiunque
fosse la persona con cui stava parlando Gandalf, era di sicuro un elfo..
Ma per quale motivo un elfo avrebbe dovuto
attaccarli?
Rinnegata..
Legolas
non riusciva a capire..
< Non puoi
averlo >
rispose
Gandalf, alzando il bastone minaccioso.
Il
bagliore di una lama sguainata, un fruscio e poi..
Legolas
sentì il freddo metallo della spada premere contro il suo collo, e una mano
decisa afferrargli la spalla dolorante.
Un
corpo premeva contro il suo, un alito leggero sul suo collo.
<
Dammi Elessar Gandalf, o l’elfo muore >
Il
respiro di Legolas si fermò per un attimo. Non potevano consegnare Aragorn alla
morte, questo mai. Piuttosto, sarebbe morto lui.
Anche se, qualcosa gli diceva, che la misteriosa
figura che gli puntava la lama al collo non si sarebbe fermata finchè non
avesse portato a termine il suo compito.
Fissò Aragorn negli occhi, dopodichè guardò Gandalf. Uno
sguardo, un lieve cenno di dinego da parte di
Legolas.
<
Non dovresti permettere alla tua stupidità di portarti alla
morte >
sussurrò
la figura all’orecchio di Legolas.
<
Ciò che tu chiami stupidità, noi la chiamiamo
coraggio. >rispose
freddamente Legolas.
<
Il coraggio non è tale quando ti porta alla morte.>
<
Preferisco morire io, se ciò servirà a salvare un mio amico.>
<
Stupido eroismo. Come puoi chiamare amico qualcuno che ti lascerebbe morire al
suo posto? >
< Nessuno morirà. Non oggi
almeno, e non per mano tua.> Gandalf interruppe il dialogo.
< Vecchio stolto. Ho ricevuto
un incarico, e devo portarlo a termine. > la figura passò a parlare in lingua
comune, e premette la spada contro la gola dell’elfo,
da cui uscì un rigagnolo di sangue.
< Tu sei in debito con me >
Gandalf
e la figura si scrutarono attentamente.
- Dannazione!
Maledetto stregone, ha ragione. Io sono in debito con lui, purtroppo..-
< E
allora? >
< Le leggi del tuo stesso
popolo ti impongono di servire colui con cui sei in
debito, finchè egli non riterrà esso ripagato > ora Gandalf
sorrise sicuro. Era in suo pugno.
< Questo è vero > la figura lasciò
andare Legolas e si portò alle spalle di Gandalf, puntandogli la spada al petto < Ma ciò non vale, se colui con cui si
è in debito muore >
Ora
fu Gandalf a ridere. < Non lo farai. Tu non mi
ucciderai. Hai ancora il tuo orgoglio. Non farai
un’azione tanto meschina. Sei in debito con me. >
La
mano che impugnava la spada, tremò leggermente.
< Inoltre > proseguì Gandalf < ho qualcosa che sono certo ti
interesserà. >
detto ciò, estrasse dalle pieghe del mantello un lungo filo d’argento, a cui
era appeso un ciondolo.
Due
fili argentati si intrecciavano a incorniciare una
pietra a forma di luna, bianca, con sfumature azzurre e violette, che
risplendeva nel buio di quella notte.
< Il ciondolo di Ailyan.. Non è possibile.. ero
sicura che fosse andato perduto > negli occhi viola della figura comparve il
riflesso perlaceo della pietra.
< Cosa vuoi
in cambio? >
chiese sospettosa.
< La tua lealtà. Presto molte guerre
dovranno essere combattute, e tu potresti essere un alleata
preziosa. >
rispose Gandalf serio.
< Ma
cosa stai dicendo!
> Aragorn, Gimli e Legolas fissarono sconvolti lo stregone.
< Ha appena cercato di
ucciderci! > disse
Aragorn.
< Come puoi pensare di fidarti?
>
disse Gimli.
Legolas
rimase silenzioso..
La
figura rise, una risata sarcastica.
< I tuoi amici hanno ragione
stregone. Come puoi credere di poterti fidare di me?
>
< Fai la tua scelta Rinnegata.
La tua lealtà, in cambio del ciondolo di Ailyan. Scegli, o muori.>
Gandalf,
sguainò la spada e la puntò al collo della figura.
Osservò
la spada dello stregone a pochi centimetri dal suo viso.
Avrebbe
potuto ucciderli tutti.
Non
ci avrebbe messo niente. Avrebbe svolto il suo compito uccidendo l’umano, e
allo stesso tempo si sarebbe liberata dello stregone.
Velocemente,
senza troppi problemi..
Certo,
erano in maggioranza, ma non potevano tenerle testa, specialmente adesso che
erano feriti.
Eppure…qualcosa
la tratteneva. Sarebbe stato così facile estrarre la spada e terminare il
lavoro..
Ma
i suoi occhi continuavano a fissare il ciondolo.
Nonostante
gi anni, era rimasto magnifico. L’argento era rimasto immune agli anni, senza
il minimo segno del tempo passato. I lievi raggi della luna lo facevano
risplendere, e le mille venature della pietra brillavano di una luce soffusa.
Allungò
lievemente la mano verso il monile.
Lo
desiderava, doveva ammetterlo, lo stregone sapeva come tentarla.
Non
poteva risolvere i suoi problemi, questo no.. ma le
sarebbe stato d’aiuto, di grande aiuto.
Se
avesse avuto il ciondolo, non avrebbe più dovuto lavorare per degli stupidi
umani, o per gli orchi, o per nessun altro..
Avrebbe
potuto scegliere cosa fare della sua vita, senza dover dipendere da nessun
altro..
E
in cambio.. alzò lo sguardo sul gruppo di uomini.
Avrebbe dovuto seguirli, avrebbe dovuto combattere per loro, combattere CON
loro..
Per
una volta, combattere per il bene…
Fissò
l’elfo che si teneva la spalla sanguinante. Non sarebbe stato facile, per
niente, avrebbe dovuto spiegare molte cose..
Non
si sarebbero mai fidati..
Ma
non aveva importanza. Che importanza aveva se loro non si fossero fidati! Lei
voleva quel ciondolo, ne aveva bisogno, al diavolo il resto.
< Non mi fido di te Gandalf. Ma
quel ciondolo mi serve… Vecchio, tu sei pazzo. Ti diverti a complicare le cose..> sospirò la figura, scuotendo la testa.
< Forse..
ma dovresti sapere che è impossibile sapere cosa passa per la testa di uno
stregone >
rispose lui rinfoderando la spada. < la tua scelta? >
<
Devo essere impazzita.. > sussurrò la figura
in elfico, parlando più a se stessa che a qualcuno in particolare < Molto bene. Accetto. Combatterò dalla vostra parte. >
< Ottima scelta> disse Gandalf con
un sorriso grave, facendo cadere il ciondolo nella mano tesa della figura.
< NO!> Gimli era saltato
in piedi < Non ho nessuna intenzione di viaggiare con qualcuno
che ci ha attaccato e che voleva ucciderci! Per di più, qualcuno di cui nemmeno
conosco il nome e che è troppo codardo per mostrarci il suo vero aspetto e si
nasconde dietro un mantello!> urlò lui, puntando l’ascia contro la
figura.
< Il mio nome non ti deve
riguardare, nano, e lo stesso vale per il mio aspetto. Non voglio la tua
fiducia, anche perché tu non avrai la mia. Ma ho stretto un accordo, ho dato la
mia parola. Fa che questo ti basti..altrimenti, sono
problemi tuoi.>
fredda e dura. Non avrebbe discusso con un nano.
< Allora abbiamo un problema.
Se viaggerete con noi, dovrete darci un nome con cui chiamarvi. > Aragorn era
rimasto in silenzio a fissare prima Gandalf e poi la misteriosa figura. Non gli
piaceva l’idea di dover viaggiare con qualcuno che aveva tentato di ucciderlo,
ma se per Gandalf andava bene, si sarebbe fidato del suo giudizio.
Una
risata, questa volta sincera.
< Ho appena tentato di
uccidervi, ho ferito tutti voi..eppure non battete
ciglio al sapere che viaggerò con voi? Tra voi, il nano sembra l’unico dotato
di un po’ di buon senso! >
Che
gente strana che le era capitata! Doveva ammettere che era incuriosita.
< Non ci piace l’idea di
viaggiare con voi.> Legolas era finalmente riuscito a fermare l’uscita del
sangue, ed adesso era in piedi, a fissare la donna mascherata. < Ma avete fato un accordo..e se Gandalf si
fida di voi, allora noi ci fideremo del suo giudizio.>
< Ah spero che stiate scherzando, tutti e due! Come potete pensare di portarla con
noi…e poi.. è una donna!! > esclamò Gimli.
Un
lampo nero. Una spada sguainata. Gimli si ritrovò con la lama puntata alla
gola.
< Mi spiace che il fatto che io
sia una donna ti crei disturbo. Sappi che mi stai stancando,
piccolo mostriciattolo.>
Osservò
il nano deglutire, spaventato. Era meglio che capisse da subito, che era meglio
non darle fastidio.
< Adesso basta, smettetela.
Abbiamo perso già fin troppo tempo, dobbiamo andare a Rohan
di volata.>
Il tono di Gandalf non meritava repliche.
Lentamente,
allontanò la spada dal collo del nano.
< Il mio nome non è di alcuna
importanza. Dagli umani sono conosciuta come Morwen( = nera fanciulla, in elfico), se per voi è importante,
potete chiamarmi così.>
< Se dobbiamo arrivare a Rohan in fretta, vi conviene seguirmi. La foresta di
Fangorn è insidiosa per chi non la conosce, ma non avrete da temere se mi
seguirete. Ho passato molto tempo in questa foresta, conosco la strada più
veloce. Muoviamoci > Senza altra parola, si diresse verso il folto della
foresta, seguita, con un po’ di sospetto, dai suoi nuovi compagni di avventura.
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Uscirono
dalla macchia di alberi, liberi di essere accarezzati dalla lieve brezza di
quella notte, sopra le loro teste il cielo stellato sembrava illuminare alla luce
della luna piena.
< Da qui, sono tre giorni a
cavallo, cavalcando veloci come il vento > disse Gandalf, scrutando la pianura
che si stendeva davanti a loro per miglia e miglia.
Un
fischio, lungo, particolare, un richiamo da tempo dimenticato.
Un
cavallo fece la sua comparsa al richiamo di Gandalf.
Bianco
come la neve, la lunga criniera argentata che si muoveva al ritmo della corsa,
il Re dei cavalli fece la sua comparsa.
< Ombromanto!> sussurrò
dolcemente lo stregone accarezzando il cavallo.
Gli
occhi di Legolas brillarono nel vedere quel magnifico esemplare.
Accanto
all’elfo e all’uomo, i loro due cavalli chinarono la testa in segno di
rispetto.
< Cavalcare..
non che la cosa mi piaccia! Noi nani non siamo fatti per stare a cavallo! > brontolò Gimli quando venne aiutato a
salire sul cavallo, dietro Legolas.
< Morwen,
voi non avete un cavallo? > domandò Aragorn notando che la donna era
rimasta immobile, restando ad osservarli mentre salivano a cavallo.
Non
una parola, non uno sguardo.
La
figura incappucciata, incominciò a correre per la
pianura.
Ma
correre..correre non era a parola giusta. Essa volava.. sembrava che i piedi non toccassero il terreno per quanto
erano veloci e delicati i suoi passi. Un’ombra che spariva fra le tenebre della
notte.
Senza
una parola, Gandalf spronò Ombromanto al suo
inseguimento, e lo stesso fecero gli altri, stupiti.
La
misteriosa donna, sembrava sparita nella notte, di
lei, nessuna traccia.
<
Gandalf..> urlò Legolas.
< Cavalcate, lei arriverà! >
Quando
il gruppo fece una sosta per far riposare i cavalli, lei arrivò.
Un
magnifico stallone nero come la pece, dalla lunga criniera dorata andò loro in
contro.
Come
per la donna prima, sembrava che il cavallo non toccasse il terreno.
Arrivati
vicino a loro, gli uomini notarono che esso non possedeva ne sella ne briglie, e nonostante questo, la figura incappucciata lo
cavalcava senza problemi.
Un
lampo di ammirazione passò negli occhi di Legolas.
Cavalcare
un cavallo di quel genere non era un impresa facile, e
senza briglie era praticamente impossibile, anche per un elfo.
Osservò
meglio la figura, ora illuminata leggermente grazie alla luna.
Non
che ci fosse molto da osservare. Tutto il corpo era ricoperto da un lungo
mantello nero che arrivava fino ai piedi. Il capo era coperto dal cappuccio e,
l’elfo notò, il viso era nascosto da una maschera d’argento.
Le
uniche cose distinguibili erano la spada e la faretra con l’arco e le frecce.
Il
ciondolo, appeso al collo della donna, era nascosto anch’esso dal mantello.
Per
quale motivo quella donna non volesse mostrare il suo aspetto, lo incuriosiva.
Era
ormai certo che ella fosse un elfo, per cui non capiva il perché del suo
comportamento, e il suo essere restia a farsi vedere e
a svelare il proprio nome.
Quella
donna misteriosa lo intrigava, per questo decise di parlarle.
Le
andò incontro, mentre gli altri erano impegnati a mangiare qualcosa. Ella si
era allontanata dal gruppo, a fissare l’orizzonte.
Stava
per albeggiare quando l’elfo la raggiunse.
< Un
lampo di luce solitario annuncia il momento
dell’atteso
arrivo della lucente signora
Le
stelle e la luna si inchinano con fare sonnolento,
per colei che scalda
coloro nei cui cuori dimora,
Di
tenui colori tinge il mantello della notte regina.
E per
nostra gioia fa finalmente capolino.
Di
rosa, arancio, rosso e giallo, è vestita la ballerina.
Arrivata
nel cielo con passo felino.
Aprite
gli occhi, si rassereni il cuore,
nella luce
dell’alba è arrivato ilSsole. >
Così
cantò l’elfo, osservando rapito i primi bagliori dell’alba. Era una vecchia
canzone, imparata da bambini, che pur gli piaceva rammentare.
< Oh dolce Luna,
che lieve risplendi
nelle notti più buie,
unica guida
per viaggiatori
erranti, insieme alla stelle,
sorelle fedeli di tempi
lontani.
Silenziosa da lassù
osservi,
unica compagna si segreti
e misteri,
che nell’oscurità delle
tenebre si nascondono.
Oh dolce Luna, che
il mio volto accarezzi,
spero di riuscire a
rivederti ancora,
quandola Signora del giorno sarà
sparita,
e le ombre
dimoreranno padrone,
io e te, nuovamente
insieme,
compagna fedele di tutti i
miei pensieri. >
La
voce della donna risuonò limpida e trasparente nel silenzio della pianura.
Un
canto triste e pieno di dolcezza, che risvegliò nei cuori di coloro che l’ascoltarono
una strana amarezza.
Gli
occhi viola di lei, ora, erano fissi in quelli blu dell’elfo.
<
Non amate il Sole? >
le domandò Legolas, rammaricandosi quando ella spostò di nuovo lo sguardo
sull’orizzonte, sempre più chiaro.
Era
come stregato da quegli occhi, occhi in cui leggeva un’antica tristezza, mista
ad un dolore così grande, che non capiva come potesse essere sopportato. Occhi
che avevano visto passare molte ere, che avevano visto molte battaglie e subito
pesanti sconfitte.
Lo
specchio di un anima disperata.
<
Il Sole è traditore. Non ci si può nascondere da essa, crudele traditrice. Il
Sole permette ai nemici di trovarti, consente alla freccia di colpire il
bersaglio, impedisce un riposo sereno. Il Sole è il mio più grande male, e per
sempre la odierò, perché non mi sarà mai concesso il piacere di sentire i suoi
tiepidi raggi sul viso.>
Morwen sussultò lievemente, come se si fosse resa
conto di aver detto troppo.
Il
freddo sguardo che scambiò con l’elfo, fu sufficiente perché Legolas capisse di
non dover indagare.
Le
parole della donna, facevano pensare a una lunga e triste storia, che il prima o poi, sarebbe comunque stata scoperta.
Ma
non era ancora giunto il momento.
<
Il Sole è traditore dite, ed il vostro cuore batte per la dolce Luna. Eppure,
neppure di lei vi fidate in realtà, visto che continuate a tenere segreta la
vostra identità.>
non potè fare a meno di osservare.
<
Vi sbagliate. Non è della Luna che non mi fido, ma della compagnia > rispose lei,
fissando i suoi occhi in quelli dell’elfo. Occhi di un blu degno delle più
belle sere d’estate, occhi fermi e risoluti, occhi pieni di orgoglio, coraggio,
saggezza e conoscenza.
<
Siete una nostra compagna ormai, combatteremo insieme, dovrete fidarvi, presto
o tardi >
<
Nei lunghi anni della mia vita, ho imparato a mie spese a non fidarmi di
nessuno, Nani, Uomini o Elfi che siano. La mano che si tende amica, può
afferrarvi da un momento all’altro per consegnarvi al nemico, e la spada che
giura di proteggervi può colpirvi nel sonno. Parlare di fiducia temo sia
inutile, Mastro Legolas, e come voi non avrete la mia, io non avrò la vostra.
>
<
Come fate a dire questo? Magari io non avrò la vostra, ma voi potrete avere la
mia. >
<
Vi assicuro che questo sarà impossibile. Si da fiducia a una persona solo dopo
averla conosciuta veramente, solo dopo aver conosciuto tutta la sua storia, e
dopo di ciò si fa comunque attenzione. Io non ho intenzione ne
di raccontarvi la mia, ne di ascoltare la vostra. Per cui, parlare di fiducia è
una cosa del tutto inutile. >
<
Giungerà il giorno i cui voi dovrete raccontarmi la vostra storia, e in cui io
vi racconterò la mia. >
<
Sarò solo io a scegliere seraccontarvela o no. In ogni caso, mi
auguro che quel momento non arrivi > detto ciò, Morwen
saltò in sella al suo stallone e si allontanò veloce vero il Sole appena sorto,
seguita con lo sguardo dall’elfo pensieroso.
Ecco
il secondo capitolo, spero non sia stato troppo noioso!
Prima
di tutto: gli elfi considerano il Sole femminile, in quanto la considerano una
stella, per questo i versi rivolti al Sole sono femminili.
Detto
questo..beh che cosa ve ne pare? Vi dico già che
Legolas non si darà per vinto, e che tra breve scopriremo il mistero di questa
fanciulla.
Inoltre,
volevo dirvi che quando i dialoghi sono scritti “ con questa
scrittura”, sta a significare
che stanno parlando in elfico.
RINGRAZIAMENTI:
Ambry483: Ti ringrazio per
il commento..e si anche io adoro Legolas ^__^p.s. sai che non ho
idea di dove ho trovato l’immagine del mio profilo? Non so nemmeno cosa sia,
però piaceva moltissimo anche a me XD spero che il capitolo ti sia piaciuto
ciao!!
Hareth: Grazie per i
complimenti! E si, il mio computer ogni tanto va a
caso senza motivo.. computer strano XD spero che questo capitolo ti sia
piaciuto un bacio!
Grazie
anche a Illidan e Alice (30061983), e a
tutti coloro che mi seguono e commentano!! Un bacio!
Allego
un mio disegno ( siate clementi è solo uno schizzo) del ciondolo di Ailyan..
<
Giungerà il giorno i cui voi dovrete raccontarmi la vostra storia, e in cui io
vi racconterò la mia. >
<
Sarò solo io a scegliere seraccontarvela o no. In ogni caso, mi auguro che quel momento non arrivi
>
detto ciò, Morwen saltò in sella al suo stallone e si
allontanò veloce vero il Sole appena sorto, seguita con lo sguardo dall’elfo
pensieroso.
Il
vento freddo di quel mattino riuscì a penetrare la maschera che la donna
portava, arrivano ad accarezzarle lievemente il viso. Un odore intenso di
pioggia accompagnò il soffio di vento, che costrinse Morwen
a frenare la corsa di Orthored (= il
dominatore/conquistatore). Lo stallone al comando dell’elfo si fermò sbuffando
e rimase ad aspettare scalpitante l’arrivo degli altri cavalli.
Nonostante
sembrava che Ombromanto non sentisse la fatica, gli
atri due cavalli erano stremati dai due lunghi giorni passati, in cui erano
stati costretti a galoppare senza sosta per miglia e miglia.
Aragorn
si fermò accanto alla donna, la cui testa era rivolta vero l’alto, ad osservare
le pesanti nubi che stavano ricoprendo il sole.
< Sembra che presto
verremo colpiti da un temporale > disse l’uomo, esprimendo a voce
ciò che la donna stava pensando.
< Propongo di
cavalcare ancora per un paio di miglia, se non sbaglio dovremmo arrivare così
in un boschetto, non troppo lontano da Edoras, dove
potremo trovare riparo dalla pioggia > disse Gandalf, con cipiglio
assorto, perso nel ricordo di tempi lontani.
< Il giorno è sorto
solo da poche ore, non vedo per quale motivo fermarci così presto. Perderemo
solo tempo >
protestò Morwen.
< Oh ma sentitela!
Strana ragazza, non so se il vostro mantello può proteggervi anche dalla
pioggia e dal freddo. Cavalcate pure da sola se desiderate, ma io non ho
nessuna intenzione di inzupparmi fino alle ossa, cavalcando per tutto il
giorno! >
rispose brusco il nano, guardando la donna in cagnesco. Era ancora contrario
alla compagnia della figura incappucciata, e non nascondeva la sua
disapprovazione.
< Morwen
ha ragione. Anche a me spiace dover perdere del tempo prezioso per colpa di un
temporale >
si intromise Legolas, prevenendo la donna ed evitando così lo scoppio di un
litigio fra lei e il nano < Eppure anche Gimli
ha ragione. Non ha senso prendersi tutta la pioggia, rischiando di stare poi
male. Inoltre, i cavalli sono stremati. Farli correre sotto la tempesta sarebbe
come mandarli al macello. Hanno bisogno di un po’ di riposo > aggiunse
l’elfo, sussurrando poi dolci parole all’orecchio dell’animale che cavalcava,
dandogli leggere pacche sul collo.
< Molto bene allora.
Procediamo fino al boschetto citato da Gandalf. Ma occorre muoverci, se
vogliamo scampare dal temporale > detto ciò, Aragorn spronò il
cavallo avanti, seguito da tutti gli altri.
Solo
Morwen rimase ferma, fissando il gruppo allontanarsi
al galoppo. Sospirò. Un vero peccato. Adorava così tanto cavalcare sotto la
pioggia.
Con
una scrollata di spalle, spronò Orthored a seguire
gli altri.
Il
temporale li sorprese prima di quanto avessero previsto.
Erano
arrivati a metà del tragitto che avevano deciso di percorrere, che il cielo
cadde sulle loro teste, o almeno così sembrò al gruppo.
L’acqua
si rovesciò sulla compagnia senza possibilità di scampo, chiudendoli in una
morsa di freddo e di gelo. Le nuvole rendevano il cielo grigio e il tempo cupo.
La luce del sole non riusciva a scalfire nemmeno lievemente la barriera di
nuvole, e l’acqua fitta impediva alla compagnia di poter vedere in lontananza.
Persino
Legolas e Morwen, sebbene fossero elfi, faticavano a
vedere più lontano di qualche metro.
Mulinelli
di vento e pioggia si insinuavano fra i cavalli, e più di una volta i
componenti del gruppo rischiarono di perdersi.
Dopo
quasi un ora passata sotto la pioggia e percorrendo un breve tratto di strada,
visto che erano costretti a procedere lentamente per non perdersi, trovarono
rifugio dietro un enorme masso, posto vicino ad una collina. Non si trattava di
un vero rifugio, ma l’enorme sporgenza della pietra consentiva un leggero
riparo dalla pioggia, permettendo al gruppo di scappare per un po’ alla furia
della tempesta.
Inutile
dire, che arrivati a quel punto, erano completamente bagnati. I mantelli si
appiccicavano ai corpi, e più che un riparo erano diventati un impiccio.
< Altro che
temporale!! Sembra la fine del mondo! > esclamò il nano, sputando
acqua.
< Dobbiamo
proseguire! Ormai manca meno di mezzo miglio al boschetto! > urlò
Gandalf, togliendosi i capelli dagli occhi.
Morwen si voltò con fatica a
guardare verso il punto indicato dallo stregone. In effetti, coperto dalla
pioggia, riusciva a distinguere a poca distanza i contorni di un bosco.
< I cavalli sono
sfiniti, non ce la fanno più! > urlò Legolas, costringendo la
donna a guardarlo. I biondi capelli erano incollati attorno al viso e al collo
dell’uomo, gli abiti erano zuppi, eppure i suoi occhi blu rispecchiavano calma
e determinazione. < Inoltre, questo
terreno accidentato nasconde trappole e insidie! Non possiamo rischiare di
perdere un cavallo! > terminò, rivolgendosi a Aragorn.
< Hai ragione
Legolas, ma non possiamo nemmeno restare qui. Il bosco è vicino, si può vedere
ad occhio nudo. Dobbiamo raggiungerlo! >
< Si ma come? > urlò rassegnato
Gimli.
Un
silenzio interrotto solo dalloscrosciare della pioggia calò sui compagni. Sembrava non ci fosse
soluzione. Andare avanti, sembrava equivalere alla disfatta, eppure non
potevano nemmeno restare fermi.
< Riesco a vedere il
bosco, e la pioggia non è un problema, ne per me, ne per il mio cavallo. > disse
improvvisamente Morwen rompendo il silenzio. < Faremo così. > estrasse una corda dal
fagotto che portava sulla schiena. < Io starò in testa,
e legherò la corda al collo di Orthored. Voi starete
dietro, e farete lo stesso con i vostri cavalli. Grazie alla corda, non dovremo
temere di perderci e potremo proseguire più spediti. Inoltre, come ha
giustamente detto Legolas, il terreno è pericolo, dovremo perciò condurre i
cavalli per la briglia, per impedire così che si rompano disgraziatamente una
zampa. >
terminò lei.
< Fammi capire bene.
Stai proponendo di andare a piedi? Sotto questo diluvio? > l’attaccò
Gimli.
< Sarà faticoso per
tutti quanti, ma questa è l’unica possibilità > rispose
lei fissandolo glaciale.
< Però il tratto da
percorrere non è molto lungo..ce la potremmo fare > disse
Legolas pensoso. Gandalf e Aragorn annuirono.
< Molto bene, Morwen, faremo come dite. > disse
Aragorn.
Le
corde furono velocemente legate e la compagnia dovette così tornare sotto il
diluvio, con la donna in testa al gruppo.
Fu
una camminata lunga e difficile. Sia uomini che animali erano appesantiti dalla
pioggia, più volte scivolarono rischiando di rompersi qualcosa.
Solamente
Morwen e il suo cavallo sembravano immuni all’acqua.
Procedevano veloci e sicuri, conducendoli su terreni solidi e poco pericolosi.
Fu solo grazie a loro se dopo due lunghe ore di fatiche, riuscirono a trovare
riposo sotto gli alberi del bosco.
Due
alberi caduti di recente avevano formato una specie di grotta nel terreno,
sufficientemente grande per ospitare 4 cavalli e 5 uomini.
Stremati
e infreddoliti, presero posto sotto gli alberi, grati di poter sfuggire per un
po’ al temporale.
Accendere
un fuoco per scaldarsi era impossibile, per cui dovettero accontentarsi di
aggomitolarsi vicino ai cavalli, gli uni accanto agli altri. Persino stringersi
nei mantelli era del tutto inutile.
Si
addormentarono velocemente, stremati dalla fatica di quelle ore, cercando
rifugio nei propri sogni, sogni che parlavano di sole e di caldo.
*******************
Solamente
Morwen parve non risentire del temporale. Mentre gli
altri si concedevano una pausa e un sonno ristoratore, lei rimase sveglia e
vigile, seduta all’imboccatura della grotta, accanto al suo fedele cavallo. Se
uno degli uomini fosse stato sveglio in quel momento, avrebbe visto la donna
togliersi la maschera e abbassare il cappuccio, permettendo così alla pioggia
di bagnarle il viso e i capelli. Se avessero poi osservato attentamente il suo
viso, avrebbero notato su di esso un esile sorriso, e gli occhi persi a fissare
la pioggia, la mente immersa in chissà quale lontano ricordo.
Ma
quando si svegliarono, e il primo fu Legolas, vide semplicemente la donna
avvolta nel suo mantello nero e la maschera sul volto, seduta ad osservare i
lievi raggi del sole che penetravano attraverso le nubi.
L’elfo
si alzò in piedi e le si affiancò, guardando fuori. La pioggia aveva finalmente
smesso di cadere, e i primi raggi di sole attraversavano le nubi, illuminando
il bosco, facendo riflettere le gocce d’acqua intrappolate fra le foglie come
diamanti. Tutto attorno era silenzioso, non un rumore attraversava la foresta.
Sembrava di trovarsi in un meraviglioso incantesimo.
Poi,
improvvisamente, il canto di un uccellino ruppe il silenzio, seguito subito da
una risposta. In breve, il bosco tornò a vivere, pieno di rumore e allegria. Si
era alzato anche un leggero vento, che stava portando via le nuvole, lasciando
spazio a un meraviglioso tramonto. L’odore di erba bagnata arrivava intenso al
naso dell’elfo, che per la prima volta dopo molto tempo, si senti in pace e
rilassato, più che mai vicino alla sua casa nel Bosco Atro.
I
due elfi rimasero in silenzio per un po’, persi ognuno nei propri pensieri.
< Finalmente vi siete
svegliato >
disse poi lei, in un sussurro, come se avesse paura che alzando la voce quel
sogno meraviglioso sarebbe svanito, riportandoli nel mondo d’ombra.
< Ho dormito per
molto? >
chiese lui, osservandola.
< Solo qualche ora.
Vi siete svegliato giusto in tempo per la fine del temporale. > rispose
lei con una scrollata di spalle, dando una leggera pacca sul collo di Orthored perché si svegliasse.
< Voi non avete
riposato? >
< Non ne ho bisogno,
e in ogni caso, per me è molto più riposante stare in silenzio a guardare la
pioggia che cade.>
rispose lei alzandosi in piedi e stirandosi le gambe intorpidite.
continuò, osservando con un sorriso l’elfo strofinare le mani una contro
l’altra in un tentativo di scaldarsi. < Torno
presto, nel frattempo, svegliateli altri > disse osservando i tre
uomini ancora immersi nel mondo dei sogni, dopodichè, si allontanò dalla
grotta.
Appena
fu sicura di essere lontana dalla vista dell’elfo, si sfilò i leggeri stivali
che portava, permettendo così ai piedi stanchi di rilassarsi sull’erba fresca.
Trasse un respiro profondo e, osservando il sole che scompariva dietro le
montagne, si tolse il pesante mantello, permettendo così al vento di
accarezzarla.
Andò
così in cerca di qualche ramo per accendere un fuoco, godendo della sensazione
dell’erba fra le dita dei piedi e del vento che le scompigliava i capelli. Al
collo, ondeggiava il ciondolo di Ailyan.
*****************
Al
richiamo di Legolas, Aragorn si svegliò, e
l’impressione che ebbe fu di avere del ghiaccio al posto delle ossa. Dormire
con addosso i vestiti fradici aveva fatto si che il suo corpo si irrigidisse,
ed adesso ogni movimento gli costava un dolore alle giunture di tutto il corpo.
Non meglio erano messi gli altri, che lamentandosi, tentarono di alzarsi per
sgranchirsi un po’ le gambe. Solo Legolas sembrava stare bene, a parte il fatto
che aveva freddo, come tutti del resto.
< Dov’è Morwen? > chiese l’uomo, cercando con gli
occhi la donna.
< E’ andata a cercare
della legna per accendere un fuoco, poco tempo fa > rispose
l’elfo.
< Ottimo idea..> brontolò Gimli strizzandosi la barba, ancora fradicia.
< Penso che andrò a
cercarla. Un po’ di movimento non potrà che farmi bene > disse Aragorn con un sussultò, quando sentì le ginocchia
scricchiolare al tentativo di alzarsi.
Si
allontanò dalla grotta muovendo con fatica le gambe intorpidite. Ogni movimento
era un dolore, ma dopo breve tempo, il corpo iniziò a riscaldarsi e si sentì
meglio. Camminare era stata un ottima idea.
Girò
per un po’ cercando di trovare le orme della donna, cosa del tutto inutile, in
quanto un elfo non lasciava orme. Fu per fortuna, o per qualche strana ragione,
che Aragorn indovinò la strada presa da Morwen e trovò così i suoi stivali, il mantello e la
maschera.
Rimase
un attimo ad osservare il pesante mantello nero e la maschera argentata, che
rifletteva la tenue luce delle stelle. Era incredibilmente leggera, eppure
solida come l’acciaio.
Dopo
un attimo di riflessione, con un sorriso prese il tutto con se e continuò a
girovagare, cercando la donna, spinto dal desiderio di poterla finalmente
vedere…anche perché, era sicuro di aver capito chi fosse.
Dopo
più di mezz’ora, e parecchi giri a vuoto, la trovò.
Era
intenta a raccogliere la legna da un albero caduto a causa di un fulmine, i
lunghi capelli ondeggiavano al vento, la pelle perlacea del viso sembrava
riflettere di un tenue bagliore in quella notte scura. Le vesti semplici, di
colore scuro a richiamare le tenebre, come era in uso per la sua razza,
lasciavano intravedere un fisico snello e asciutto, dalle forme leggere e
armoniose. Era alta, molto alta rispetto alle donne umane, e il suo viso
emanava una bellezza da togliere il respiro. Il suo portamento regale emanava
un aura di potere, e nei suoi occhi si poteva leggere una freddo distacco dal
mondo. Il tutto incorniciava la fanciulla, rendendola simile alle figure astratte
dei sogni. Bellissima quanto irraggiungibile, al tempo stesso fragile come i
petali di un fiore e dura come l’acciaio. Canticchiava con voce soave una
triste canzone, che parlava di una fanciulla e di un temerario cavaliere, e del
loro amore disperato. Aragorn rimase a fissarla
incantato per un attimo. Era diversa da tutti gli altri elfi che aveva
conosciuto.
< Come pensate di
accendere un fuoco su quei ceppi fradici.. Erdie?> chiese lui
infine.
La
donna sussultò sorpresa, lasciando cadere la legna e voltandosi di scatto verso
di lui.
La
sorpresa sul suo volto era evidente. Sorpresa per essere stata vista senza
maschera da lui, sorpresa per esser stata chiamata con quel nome.
< Come mi avete
chiamata? >
domandò lei, fissando l’uomo stupita ed incredula.
< Erdie.
La solitaria. Ho sentito spesso parlare di voi. E’ dunque esso il vostro vero
nome?>
< Erdie…
no, non è il mio nome.. solo una persona mi chiamava così..come fate voi a
saperlo?>
< E’ da tempo che
avevo indovinato chi eravate. L’odio per la luce del sole, la non fiducia verso
le persone, l’amore per la luna e per la pioggia.. Tutto mi ha fatto pensare
che foste voi. Come faccio a sapere queste cose.. semplicemente, conosco
qualcuno che vi vuole molto bene, e che mi ha spesso parlato di voi.> disse poi
lui, accarezzandosi il ciondolo che portava al collo.
La
donna si avvicinò lentamente all’uomo, con un misto di timore e curiosità
dipinta sul viso. Gli occhi viola di lei fissavano quelli grigi di lui,
tentando di leggere ciò che esso pensava. Aragorn
sostenne lo sguardo di quegli occhi, seppur con fatica. Essi lo affascinavano e
lo inquietavano al tempo stesso, eppur non riusciva a distogliere lo sguardo,
intrappolato suo malgrado dal fascino esercitato dalla donna.
Solo
quando furono a un palmo di distanza gli uni dagli altri, Morwen
distolse lo sguardo e lo fissò sul ciondolo che pendeva al collo dell’uomo.
Allungò delicatamente una mano, sfiorando con le dita sottili il ciondolo, e un
lieve sorriso le increspò le labbra, accendendo sul suo volto un ombra di
tristezza, quella tristezza che hanno di solito gli anziani ripensando alla
loro gioventù, o che ha una donna quando dopo molto tempo rincontra il suo
primo amore. Una tristezza dovuta al ricordo di periodi lontani, periodi
felice. Una tristezza fatta di dolce tenerezza.
< Arwen..> sussurrò
dolcemente. Tornò a fissare Aragorn. < Vi ha parlato di me? >
< Spesso. Mi parlava
spesso di voi… e si, conosco la vostra storia > disse lui
in risposta allo sguardo allarmato di lei <
Conosco la storia per come mi è stata raccontata da Arwen,
e io mi fido del suo giudizio. Voi non potete essere malvagia, se ella vi vuole
così tanto bene. >
terminò lui.
< Conosco molti
uomini che non la penserebbero come te. Ma in fondo, tu non sei un elfo, queste
faccende ti riguardano poco, nonostante tutto, Elessar.
>
rispose lei tristemente. Poi, sul suo viso comparve, improvvisamente, magnifico
e divino un sorriso, che illuminò il suo bellissimo volto. < A quanto pare, siete in rapporti molto intimi tu e la
mia dolce amica >
rise allora lei maliziosa, facendo lievemente arrossire l’uomo. < Arwen alla fine ha fatto di
testa sua, ha seguito il suo cuore, ed esso l’ha condotta a te… bene, non
potevo sperare di meglio per la mia Tinu (= piccola
stella) > disse in fine lei, tornando a fissare l’uomo negli occhi.
Si
allontanò allora da lui volgendogli la schiena ed andando a recuperare la legna
che aveva raccolto.
< Vi sarei grata se
non parlaste a nessuno del nostro incontro, specialmente, vi sarei grata se
continuaste a far finta di non sapere niente di me. > disse lei
tornando a fissarlo, con le braccia cariche di legna.
< Come desiderate, Morwen, anche se vi assicuro che potreste fidarvi anche
degli altri nostri compagni.>
< Forse. Gandalf già mi conosce, e per quanto riguarda il nano e
l’elfo.. no, meglio di no. Non desidero litigi.> disse lei
scuotendo la testa. < In ogni caso,
adesso mi pento di aver tentato di uccidervi qualche giorno fa, ma vi assicuro
che è stata un’azione del tutto insignificante, per me priva di significato. La
vostra vita per me non era cosa di riguardo. Ma adesso che so che a voi
appartiene il cuore della mia amica.. oh, se sapesse l’accaduto mi
strozzerebbe! >
sorrise lei. < Suvvia, sarà meglio
tornare indietro. Vi prego di raccontarmi di dama Arwen,
mentre torniamo indietro. E’ da molto tempo che ne la vedo ne ricevo sue
notizie. >
L’atteggiamento
verso l’uomo era completamente cambiato al sapere che esso era l’amante di Arwen. Ascoltava rapita l’uomo raccontarle della vita a
Gran Burrone, rievocando in lei immagini di un passato ormai lontano ed adesso
doloroso. Era molto tempo che non parlava così a lungo con qualcuno.
Poco
prima di tornare alla grotta, ringraziò Aragorn per
le notizie che le aveva dato, ed anche per la chiacchierata, con la preghiera
di salutare Arwen da parte sua, appena l’avesse
rivista. Non rispose però all’affermazione dell’uomo, che sosteneva che sarebbe
potuta andare lei stessa a salutarla. Scuotendo la testa, si rimise gli stivali,
il mantello e la maschera e tornò alla compagnia, con in cuore una grande
dolcezze e l’immagine di due bambine, una dai capelli corvini e l’altra dai
capelli blu, che ridevano cavalcando felici lungo i verdi prati.
Tadam eccomi
tornata!! Anf vi chiedo perdono per il ritardo, ma
purtroppo il mio computer si è guastato ed ho dovuto portarlo a riparare.
Sfortunatamente, è andato tutto perduto: tutti i documenti, tutte le immagini,
tutto! E non ho nemmeno una connessione a Internet adesso! ( aggiorno da casa
di una mia amica )
Vi
chiedo quindi perdono per il ritardo, e temo che per un po’ mi sarà difficile
aggiornare, ma farò del mio meglio. Comunque, questo capitolo è venuto
lunghissimo, spero che così sarò perdonata almeno un po’.
Dunque!
Aragorn sa tutta la storia della nostra misteriosa
donna.. bene bene, presto, anzi prestissimo, saprete
tutto anche voi!
Inoltre,
lei e Arwen sono amiche da molto tempo.. tranquilli,
presto tutto sarà spiegato!! Spero di avervi incuriositi!!
Attendete
il prossimo capitolo, preannuncio che nei prossimi 2 capitoli quasi tutto verrà
spiegato..non abbandonatemi quindi XD
RINGRAZIAMENTI:
Illidan: No, non ho
idea di quale videogioco sia XD non so proprio niente di videogiochi.
Io
sapevo solamente che Morwen=Nera Fanciulla, è formato da mor
< morn = “nero, scuro” e wen
< gwen < gwend =
“ragazza, fanciulla”
Comunque,
mi fa piacere che la storia ti piaccia, e comunque come vedi Morwen non c’è l’ha con tutti.. insomma per quanto riguarda
Aragorn hanno “fatto pace” però direi che la verità
l’hai abbastanza intuita… vacci piano però, che con le tue intuizioni rischi di
svelare il seguito della storia XD
Comunque,
per quanto riguarda Gandalf, non è che proprio lo
odi..ah non posso dirti niente, presto capirai! Mentre Gimli..beh
elfi e nani non vanno d’accordo, tra le loro razze c’è sempre stata lotta… ma
vedrai che anche loro chiariranno! A presto ciao!!
Alice: Mi fa davvero piacere XD sapere
che la storia ti piace così tanto che commenti..beh per me è un vero piacere
^__^ spero che continuerai a leggere un bacio
L’elfa
sorrise fra se e se, osservando quegli uomini intrepidi, coraggiosi e valorosi
asciugarsi felici al tenue calore emanato dal fuocherello. Gandalf,
grazie alla sua magia, era riuscito ad asciugare i ceppi di legno portati da
Morwen ed aveva così acceso un bel fuoco che ardeva scoppiettante nella grotta.
In breve tempo, la compagnia,
asciutta e rinvigorita, fu pronta per compiere l’ultimo tratto di strada che la
separava da Edoras.
I cavalli correvano veloci
sull’erba bagnata di pioggia, un tenero venticello faceva svolazzare i
mantelli. Tutto era illuminato dalla tenue luce di un sole che aveva da tempo
passato il mezzo dì e che tra breve sarebbe andato a dormire.
Gandalf, come
sempre in testa al gruppo, si fermò con lo sguardo fisso d’innanzi a se,
aspettando che gli altri lo raggiungessero. Il suo sguardo spaziò in un ampia
pianura ricoperta da campi coltivati. Qua e la si intravedevano contadini immersi
nel loro lavoro, gli animali da soma che lavoravano faticosamente: finalmente
tracce della presenza di una città. Con un dito, indicò in lontananza una
cittadina agli altri che erano fermi accanto a lui.
<
Eccoci arrivati ad Edoras.> disse
solenne. Nei suoi occhi si poteva leggere una ferma determinazione, per il
compito che lo attendeva.
< Vedo
un palazzo, situato nel punto più elevato.. il suo tetto sembra ricoperto
d’oro!>
esclamò Legolas.
<
Quello è il palazzo d’oro di Meduseld, dimora di re Théoden Re del Mark, la cui mente adesso è vittima di un
sortilegio. >
spiegò lui con sguardo cupo.
< Un
sortilegio.. vittima piuttosto delle false parole di un consigliere falso e
servitore dei poteri oscuri. Quella serpe di Vermilinguo
sta portando Théoden alla rovina. > per la
prima volta, la voce di Morwen tradì un fremito di rabbia.
< Non
saremo i benvenuti qui, attenzione a ciò che direte. > disse
Gandalf spronando il cavallo.
< Certo
che non saremo i benvenuti.. se portiamo con noi certe compagnie.. > esclamò
Gimli osservando torvo l’elfa.
< Io ho
passato molto tempo a Edoras nano, sicuramente il mio arrivo sarà meglio
accolto di quanto non lo sarà il vostro. > e detto ciò, la donna
incitò il cavallo al seguito di Ombromanto, seguita dagli altri.
***********
Come predetto da Gandalf, l’arrivo
degli stranieri in città non fu dei più calorosi, anzi. Mentre percorrevano la
strada che li avrebbe condotti al palazzo d’oro, furono seguiti da sguardi cupi
e minacciosi, il silenzio regnava sovrano.
Solamente Morwen sembrava non
attirare l’ostilità della gente, cosa che sarebbe parsa strana, visto che ella
era l’unica con il corpo nascosto e l’aria minacciosa. Ma come aveva spiegato
al nano, Morwen era conosciuta a Edoras, e la gente non prestava quasi più attenzione
al suo abbigliamento inquietante e misterioso.
Venne infatti salutata allegramente
dalle guardie che si trovavano davanti al portone del palazzo, con le quali
ella scambiò qualche parola di convenienza.
Non altrettanto felici furono verso
gli altri avventurieri, specialmente nel vedere Gandalf. Era convinzione che
l’arrivo dello stregone portasse solo sventure e disastri.
< Non
potete entrare nel palazzo armati. Per ordine.. di GrimaVermilinguo. >disse una
delle guardie risolute.
< Bene,
adesso a causa di quella serpe sono anche costretta a lasciar fuori le mie
armi! Cose teme? Che abbia intenzione di uccidere il re? Razza di stolto! > esclamò
indignata l’elfa, appoggiata dalle esclamazioni dei suoi compagni.
< Mi
spiace, Morwen, ma non possiamo fare altrimenti. > rispose la
guardia.
< Molto
bene, vorrà dire che non entrerò. E’ da tempo che non vedo dama Eowin, sarò felice di poterla incontrare. Sono certa che
voi ve la caverete > disse poi incrociando lo sguardo di Gandalf,
che dopo aver consegnato la spada, era pronto ad entrare. Con un lieve cenno di
saluto verso gli altri, si dileguò in un corridoio laterale, lasciando gli
altri stupiti.
********
L’elfa percorse sicura i vari
corridoi che si incrociavano fra loro come un grande labirinto. Avrebbe potuto
perdersi facilmente, se non li avesse conosciuti tutti alla perfezione. Li
aveva percorsi un’infinità di volte, in tutto il tempo trascorso in quel
palazzo. Ci tornava sempre volentieri, era uno dei pochi posti in cui si
sentisse a casa. In parte era dovuto alle gentilezze e all’allegria della dolce
dama Eowin, in parte, al fatto che li, a nessuno
importava chi fosse e da dove venisse, nessuno aveva pregiudizi verso di lei.
Allungò una mano a toccare le fredde pareti di pietra del palazzo, come le era
stato insegnato: se mantieni una mano contro la parete, non puoi perderti. Le
pareti sbucano sempre da qualche parte! Soleva ripeterle Eowin.
Persa nei suoi pensieri, non si
accorse quindi di una giovane dona dai lunghi capelli dorati e la veste bianca
che andò a sbatterle addosso.
<
Morwen!>
gli occhi della donna, dapprima preoccupati e ansiosi, si illuminarono di gioia
nel riconoscere l’elfa.
Le due donne si abbracciarono
felici. < Mia cara Morwen, quanto
tempo è passato dalla tua ultima visita! >
< Ho
viaggiato per lungo tempo, e devo ammettere di essere stanca.> rispose
con un sorriso l’elfa.
< La
tua camera è sempre pronta.>
< Ti
ringrazio di cuore, Eowin. Ma prima di andare a riposarmi,
vorrei sapere il perché della vostra corsa e della vostra preoccupazione. > rispose
Morwen scrutandola attentamente.
< Ho
appena saputo dell’arrivo di Gandalf e di altri viaggiatori con lui, e della
loro visita al Re. Non posso lasciarlo solo, sono molto preoccupata! > disse la
donna scrutando con ansia vero la porta che conduceva alla sala del trono.
< Non
devi preoccuparti, mia dolce dama. I viaggiatori di cui parli sono miei
compagni, e sono venuti qui con le migliori intenzioni. Non potranno che fare
del bene a vostro zio. Venite a constatarlo con i vostri occhi! > la voce
calma dell’elfa riuscì a tranquillizzare la donna, che prese con dolcezza la
mano tesa di Morwen e con ella, si avviò dal Re.
La scena che si presentò ai loro
occhi era incredibile, ed inaspettata.
Théoden, il Re del
Mark, dopo parecchio tempo si ergeva di nuovo in piedi e stringeva in mano la
sua spada, che per il momento era puntata al collo di un pallido uomo dagli
occhi acquosi inginocchiato sul pavimento.
< Vi prego
padrone..io sono sempre stato un bravo consigliere… risparmiatemi vi prego..
> implorò
lui.
La rabbia del Re era palpabile
nell’aria ma nonostante questo, ritrasse la spada e cacciò via il suo ex
consigliere Vermilinguo.
Morwen sentì Eowin
piangere al suo fianco, e con un sorriso, la vide correre ad abbracciare suo
zio, finalmente libero dall’incantesimo che per lungo tempo lo aveva tenuto
imprigionato. Davanti a lui si ergevano Gandalf e Aragorn, e un poco più
indietro Legolas e Gimli, tutti con uno sguardo fiero e un sorriso felice sul
volto.
Morwen osservò i suoi nuovi
compagni di viaggio: osservò Aragorn, fiero e temprato dai lunghi anni di
vagabondaggi, Legolas, dagli occhi pieni di coraggio e dalla bellezza
abbagliante, il nano, ben fermo sulle gambe e pronto a lottare fino alla fine,
e infine Gandalf, fragile come una foglia e al contempo duro come la roccia, da
cui emanava un incredibile aura di potere. Per la prima volta, nel cuore
dell’elfa balenò un guizzo di fierezza al pensiero che quegli uomini l’avevano
accettata nel loro gruppo, ma subito cancellò il pensiero. Era facile essere
accettati, quando gli altri non sapevano niente di te.
Si riscosse dai suoi pensieri. Un
urlo aveva accolto l’annuncio del re di un banchetto che si sarebbe tenuto
l’indomani.
Era giunto il tempo di festeggiare
un po’, dimenticando per breve tempo la guerra.
Con un lieve inchino rivolto al re,
e un sussurro a Eowin affinché non la aspettassero
per la cena, Morwen si ritirò nell’oscurità dei corridoi.
**********************
Era ormai notte quando Morwen uscì
silenziosa come un ombra dalla sua stanza, percorse velocemente i vari corridoi
e sbucò alla luce della luna, fuori dal palazzo che brillava lievemente nella
notte.
Respirò l’aria della notte,
dopodichè si allontanò dal palazzo incamminandosi velocemente verso il
villaggio illuminato. Non si accorse che una figura la seguiva.
Morwen percorse sicura i vari
vicoli che si snodavano per le case buie, l’oscurità non permetteva di vedere a
pochi centimetri dal proprio viso, nonostante ciò non esitò nemmeno una volta,
allontanandosi sempre di più dalla strada principale e quindi, dal palazzo.
Poco più di mezz’ora da quando
aveva lasciato il palazzo, giunse in una piccola piazzetta quadrata, dalla
quale quattro strade identiche si perdevano nell’oscurità. Al centro della
piazza si ergeva una fontana circolare, ormai logorata dal tempo, nella quale
le donne solevano lavare i panni tutte le mattine. Rimase a fissare come
trasognata la fontana da cui l’acqua sgorgava limpida e il suo suono delicato
riempiva dolcemente il silenzio della notte. Si strinse nel mantello e dopo un
attimo di esitazione, alzò la testa e si diresse veloce verso la seconda strada
a partire da destra.
Dopo pochi passi, arrivò ad una
squallida locanda: i muri, pieni di crepe e con buchi sparsi qua e la, erano
sudici e sembravano sul punto di crollare. Il nome della locanda, scritta con
un colore rossastro molto simile al sangue, era illeggibile nella lieve luce
che illuminava le finestre sporche.
Morwen appoggiò la mano sul
battente della porta e diede una leggera spallata alla porta, che si aprì con
un cigolio sinistro.
L’interno della locanda era
arredato in modo molto semplice, con delle panche di legno e delle lunghe
tavolate. L’ambiente era illuminato da molti candelabri, e solamente in
prossimità del bancone si trovavano due lampade ad olio.
Si avvicinò silenziosa al bancone,
dove l’oste, dopo aver osservato la figura incappucciata per un attimo, le
servì il boccale di birra che aveva ordinato. Era un uomo sulla quarantina, con
un grossa pancia flaccida e due grandi baffi sotto il naso. La barba mal fatta
e gli occhi neri acquosi gli davano un aspetto sinistro e poco raccomandabile.
Aveva trascorso la maggior parte della sua vita in quella locanda, e la prima
cosa che aveva imparato era stato di non fare domande e di dare al cliente ciò
che desiderava, e soprattutto, aveva imparato che era meglio restare fuori dai
guai.
Così, rivolse solo un occhiata alla
figura che andò a sedersi su una panca appoggiata al muro e seminascosta nel
buio, e quando vide un gruppetto di uomini alzarsi e andarle in contro,
distolse velocemente lo sguardo e, fischiettando, iniziò a pulire con uno
straccio un bicchiere.
Morwen si sedette sulla panca,
rilassando la schiena contro la parete fredda del muro e stiracchiandosi le
gambe. Con uno sguardo, osservò un gruppo di uomini alzarsi e camminare nella
sua direzione, quindi chiuse gli occhi e bevve una sorsata della birra. Quella
locanda poteva anche essere un covo di banditi e poco di buono, ma la birra era
la migliore della città.
Osservò l’uomo sedersi davanti a
lei, dall’estremità opposta del tavolo. Aveva una barba ispida e nera, unta
come i capelli, che arrivavano fino alle spalle ed erano lasciati liberi di
cadere in modo scomposto sul viso. Numerose cicatrici gli deturpavano il volto,
e gli occhi, di un marrone fangoso, brillavano di malvagità. I vestiti erano
logori e sporchi, e lo spadone che portava al fianco, era incrostato di fango.
Gettò solo un’occhiata agli altri suoi compagni, che di certo non ispiravano
più fiducia del loro capo. L’elfo storse il naso: cielo quanto puzzavano quegli
uomini!
< Bene bene! Guarda chi si fa rivedere da queste parti! > esclamò
l’uomo con le cicatrici, chiamato Ordigh.
La donna beve un’altra sorsata dal
suo boccale, senza dire parola, continuando a tenere gli occhi bassi: sembrava
non si fosse nemmeno accorta che l’uomo avesse parlato.
<
Guardami quando ti parlo! > urlò l’uomo, scaraventando per terra
il bicchiere che la donna aveva appena posato sul tavolo. Il rumore del vetro
infranto sul pavimento si confuse con le risate oscene degli altri uomini.
Lentamente, la donna alzò lo
sguardo, e puntò gli occhi viola in quelli marroni dell’uomo, che sentì un
brivido attraversargli la schiena: quegli occhi, sembravano due pezzi di
ghiaccio.
< Non
hai rispettato l’accordo! Dovevi ucciderlo, era questo il tuo compito! Non era
così complicato!
> riprese lui, tremando dalla rabbia.
< Mi è
stato proposto un accordo più vantaggioso. Non mi servite più a niente voi > rispose
lei tranquillamente, sfidando lo sguardo dell’uomo.
Al sentire quelle parole, l’uomo
saltò in piedi afferrando il mantello della donna in prossimità del collo e la
tirò a se.
<
Dannata stupita! Un accordo più vantaggioso dici? Stupida donna! Speravi
davvero di poter cambiare parte come se niente fosse? Ti sembro uno stupido? Tu
avevi un compito e dovevi portarlo a compimento! Erano questi gli accordi
dovevi rispettarli!
> le urlò lui in faccia. < Avrei dovuto
saperlo! Non ci si può fidare di una stupida donna! >
< Le
donne non servono ad altro che a farci divertire in camera da letto! Solo
quello dovrebbero fare.. pulire casa e aprire la gambe quando vogliamo!> esclamò un
uomo con due grandi bassi rossi, suscitando le risate dei suoi compagni.
A queste parole, Morwen allontanò
la mano di Ordigh e lo spinse lontano, facendolo
ricadere sulla panca e infine per terra, dopodiché, con una velocità
impressionante, estrasse la spada e con una rotazione del braccio la conficcò
nel collo dell’uomo che aveva parlato.
Tutti rimasero un attimo in
silenzio, osservando il corpo dell’uomo afflosciarsi privo di vita, l’ombra
della risata ancora dipinta sul suo viso.
< L’accordo è rotto. > disse
l’elfo freddamente.
Fu un attimo.
Un urlo proruppe dalla gola di Ordigh, che con uno scatto si alzò da terra e puntò in
avanti la spada, in un goffo tentativo di affondo, che la donna deviò
facilmente. A quel punto, tutti gli altri uomini estrassero le loro spade e si
avventarono contro di lei.
Dopo aver parato diversi colpi e
aver ucciso un altro uomo, Morwen fece un veloce calcolo della situazione: era
da sola contro una decina di uomini infuriati, per di più in uno spazio
ristretto che le permetteva poca agilità di movimento. Doveva andarsene, o
quanto meno, cercare una postazione più favorevole al combattimento. Con uno
sbuffo e un “ dannatissimi umani!”, la donna salì in piedi sul tavolo, colpì
alle gambe uno ei due uomini e con una capriola si ritrovò al centro del
locale. Almeno adesso aveva più facilità di movimento.
Parò l’affondo di un primo uomo,
mandandolo a sbattere poi contro un tavolo e schivando appena un altro, che le
si era gettato contro con una sedia. Girando su se stessa, riuscì a colpirne un
altro. Un rapido movimento di polso le permise di evitare che le ferissero la
spalla destra, però nel contraccolpo, la spada le cadde di mano, scivolando
poco più avanti. Mentre la osservava cadere, sentì il freddo metallo contro la
sua pelle, poi un dolore atroce le esplose dal fianco destro. Con una gomitata
e un pungo atterrò l’uomo che l’aveva ferita, gli occhi che mandavano
scintille. Con difficoltà, riuscì a recuperare la spada, ma nel frattempo
riuscirono a ferirla alla spalla destra. Costretta a tenere la spada con la
sinistra, si osservò in torno. Era accerchiata, ed era ferita: la cosa si stava
rivelando più difficile di quanto avesse immaginato. Doveva riuscire ad
andarsene. Certo, lei era superiore in destrezza e abilità a quegli uomini, ma
in uno spazio così ristretto, inoltre ferita, non poteva combatterli. Il numero
fa la forza dopo tutto.
Persa nei suoi pensieri, si accorse
appena in tempo dell’uomo che tentava di colpirla da dietro. Fece ruotare
all’indietro la sua spada e la conficcò nello stomaco dell’uomo. Quando lo vide
cadere su di se, capì che non ce l’avrebbe fatta. Tentò di schivare il cadavere
dell’uomo ma non ci riuscì,e in un attimo si ritrovò a terra, il braccio che
reggeva la spada intrappolato dal peso dell’uomo.
< Non
permetto che mi si prenda in giro donna! > esclamò Ordigh puntando la spada contro il collo della donna.
Fu in un secondo che Morwen capì
che era la fine. Non poteva farcela, non questa volta. Tuttavia, l’idea di
morire non la turbò più di tanto. Lei non desiderava la morte, questo no,
semplicemente non aveva alcun motivo per cui valesse la pena di vivere.
Vita o morte, per lei non faceva
alcuna differenza. Anzi, forse con la morte, avrebbe finalmente trovato la
pace, avrebbe potuto smettere di preoccuparsi, di temere.. avrebbe potuto
smettere di ricordare.
Si dice che quando si sta per
morire le immagini della nostra vita ci passino davanti agli occhi. Per l’elfo
non fu così. Si era abituata a tenere i ricordi rinchiusi dietro una porta, e
nemmeno il pericolo della morte riuscì a convincerla ad aprirla. Però, nella
sua mente fredda e vuota, nella quale cercava di non conservare niente e
nessuno, un volto le apparve. Dapprima lieve e indefinito, come avvolto da uno
strato di nebbia. I lunghi capelli biondi, il viso bianco e dalla mascella
severa, gli occhi di un blu profondo, pieni di orgoglio e coraggio.. il volto
di Legolas emerse pian piano dalla nebbia, fino a riempire la testa della
ragazza, fino a confondersi con la realtà.
Vide la spada avvicinarsi sempre di
più alla sua testa e..
*************************
Dalla sua postazione, vide il
gruppo di uomini alzarsi e dirigersi verso la donna. Non sembravano ben
intenzionati. Si chiese cosa mai avesse a che fare Morwen con quegli uomini. Non
si sapeva niente di lei.. ed eccola infatti che tramava con dei brutti ceffi,
certamente per tradirli! Pensò l’uomo tremando di rabbia e svuotando con un
sorso il bicchiere di vino.
Ma dovette ricredersi quando vide
la donna affondare la spada nel corpo di uno degli uomini.
Bene bene!
Pensò. Vediamo che cosa sa fare.
E tutto sommato, dovette ammettere
che era davvero brava. Schivava i colpi con un’agilità incredibile, sembrava
che lei e la sua spada danzassero. Di un ballo tutto loro, un ballo personale,
un ballo elegante, un ballo portatore di morte. Era affascinante seguire il
veloce guizzò di quella spada. La donna affondava, parava, si spostava,
schivava e colpiva, senza mai perdere la concentrazione, senza mai tradirsi,
senza lasciare lo spazio all’avversario per colpire. Era davvero brava,
soprattutto se si teneva conto dello spazio stretto che limitava la possibilità
di movimento, ma era chiaro che nonostante la sua bravura era in difficoltà.
Gli aggressori erano troppi e lei era da sola.
Con un sussultò osservò la spada
dell’uomo penetrare nel fianco della donna, ma con un sorriso la vide tirargli
un pugno e cercare poi di recuperare la sua spada.
La osservò affascinato combattere
anche con la mano sinistra, con un freddo contegno, nonostante fosse chiaro
anche a lei che non poteva farcela.
Vide il corpo dell’uomo caderle
addosso, e capì che non poteva lasciarla morire.
Era un’ottima guerriera, e stava
dalla loro parte. Aveva combattuto bene, era da onorare per questo. Non era
giusto che morisse così.
Vide l’uomo calare la spada...
***********************
Morwen
vide la spada avvicinarsi sempre di più alla sua testa e…
L’uomo
spalancò gli occhi e lasciò cadere la spada inerte per terra, a poca distanza
dal volto della donna. Ondeggiò per un attimo, un rivolo di sangue gli colò
dalla bocca e una macchia rossa si diffuse sul petto di Ordigh,
dopodiché cadde a terra.
Dalla
posizione in cui si trovava, non riusciva a capire ne cosa ne chi avesse
colpito l’uomo. Sentiva solo che adesso c’era qualcun altro che stava
affrontando gli uomini. Con il braccio libero spinse il corpo dell’uomo sotto
cui si trovava il suo braccio, e con un veloce scatto del braccio riuscì a
liberarsi. Si rialzò in piedi, la spada in mano.
Un’ascia
era conficcata nella schiena di Ordigh.
Incredula,
osservò la folla di uomini, fino ad incontrare gli occhi del suo salvatore,
fino ad incontrare gli occhi di Gimli il nano.
Ancora
stupita, lo vide un uomo e dirigersi poi velocemente verso di lei, estrarre
l’ascia dal corpo dell’uomo e lo sentì dire: <
ancora viva a quanto pare! > un guizzo divertito negli occhi,
dopodiché si ributtò nella mischia.
Con
un sorriso, l’elfo abbatté altri due uomini. Dopo qualche minuto, si guardò
intorno: la locanda era piena di sangue e di cadaveri. Gli uomini erano tutti
morti. Un sospiro di sollievo, dopodiché, afferrò il nano per un braccio e
insieme a lui, si catapultò fuori dalla porta della locanda.
Con
una breve corsa arrivarono alla piazza con la fontana.
Morwen
si avvicinò silenziosa e appoggiò le mani sulle fredde pietre che formavano il
cerchio nel quale l’acqua che zampillava dalla fontana si raccoglieva. Osservò
il suo volto riflesso nell’acqua: portava ancora la maschera argentata.
L’immagine di Legolas era ancora viva nella sua mente.
Per
quale motivo mi è venuto in mente lui? Si chiese la donna, osservando l’acqua
uscire dalla fontana, lasciandosi cullare dal dolce suono dell’acqua che
scorreva.
< Si può sapere per
quale motivo ti sei attaccata con quegli uomini? > l’aggredì
il nano.
< Si può sapere
perché eravate li? Perché mi avete seguita? > rispose lei
innervosita dal tono del nano, voltandosi a guardarlo.
< La domanda l’ho
fatta per primo io, ed ho diritto ad avere la risposta visto che per colpa tua
ho rischiato la vita! >
< Non vi ho chiesto
io di seguirmi e nemmeno di intervenire, avete fatto tutto da solo! >
< Avresti preferito
che ti avessi lasciato morire? > ringhiò Gimli,
urlando.
< Sarebbe stato
indifferente. Vita o morte, è indifferente per me > rispose la
donna in un sussurro abbassando gli occhi e dando le spalle al nano.
Gimli osservò la figura incappucciata.
Le sue parole l’avevano scosso profondamente. Quale persona poteva aver così
poco a cuore la sua vita, o peggio ancora, restare indifferente davanti alla morte?
Cosa nascondeva quella donna misteriosa? Quella frase, detta con una calma e
una naturalezza estrema, priva di ogni sentimento, fece sbollire in lui la
rabbia, e anche ogni forma di risentimento verso l’elfo.
< Cosa volevano
quegli uomini? > chiese
Gimli, con calma.
< Avevamo un accordo,
ma ora non più. > rispose
lei semplicemente, come se questa fosse una chiara spiegazione e non ci fosse
bisogno di aggiungere altro.
< L’accordo di cui
parli.. prevedeva l’uccisione di Aragorn? > chiese
dopo una breve riflessione il nano. < E cosa ti avrebbero
dato in cambio? >
chiese ancora lui, dopo che l’elfo ebbe mosso la testa in segno di affermazione
alla sua domanda.
< Cosa mi avrebbero dato
in cambio non è importante. Adesso io ho un accordo con voi, io combatto con
voi. Ero venuta qui per chiarire la cosa… e direi che
è stata chiarita. > concluse Morwen con un sorrisino.
Adesso
che non doveva più combattere, la donna si accorse del liquido caldo che
continuava a scorrerle lungo il fianco destro, scendendo giù fino alla gamba.
Tentò di muovere il braccio destro verso il fianco ferito, ma un dolore acuto
le impedì il movimento. Dannazione! Pensò lei, mentre la testa iniziava a
girarle. Stava perdendo troppo sangue.
Con
fatica, si appoggiò al bordo della fontana, tentando di prendere fiato, ma la
maschera e il mantello che aveva addosso le impedivano di respirare facilmente.
Se solo non ci fosse stato il nano avrebbe potuto togliersi il mantello e
curarsi le ferite.. ma a quanto pareva, Gimli non era
intenzionato ad andarsene.
Notando
la sua difficoltà, il nano le si avvicinò lentamente. < Scusami. Avevo dimenticato che eri ferita >
Morwen
scosse la testa, facendogli capire che non era niente di grave, che ce la
faceva.
< Non ti preoccupare.
Mi vuoi dire perché mi hai seguita? >
Anche
nel buio della notte, l’elfo vide le guancie del nano imporporarsi.
< Beh ecco io.. beh..
si insomma.. ti ho seguita perché.. perché speravo che finalmente ti saresti
tolta questo dannato mantello! Non sopporto più di non sapere chi sei,
specialmente non sopporto di non poterti guardare in faccia..no no!! > esplose lui
infine.
Una
risata. Una risata cristallina, una risata soave.
Gimli alzò lo sguardo e vide la donna
scossa da un tremito incontrollabile. Stava ridendo. Gimli
pensò che non aveva mai udito una risata più bella.
< In fondo mi hai
salvato la vita. >
Il
nano sgranò gli occhi per lo stupore quando, dopo un attimo di esitazione e
sempre continuando a ridere, la donna lasciò cadere a terra il mantello e
lentamente si sfilò la maschera.
Il
nano restò a contemplare a lungo il viso della donna. Era impossibile decifrare
i suoi pensieri.
Morwen
sostenne l’esame in silenzio, lasciando che il nano la osservasse.
Dopo
un po’, il nano scosse la testa e si mise a ridere.
< Ed è solo per
questo che indossavate quella stupida maschera? > disse lui
scuotendo la testa e osservando il volto della donna.
< No, direi che non
c’entra niente > rispose
lei con un sorriso, accarezzandosi la guancia sfigurata. < Comunque, siete soddisfatto ora? >
< Mmm
abbastanza.. ma lo sarò di più quando saprò anche il vostro nome! > rispose
lui tendendole la mano e aiutandola ad alzarsi.
< Mi sembra giusto
> disse
lei con un lieve sorriso, e, appoggiandosi al nano come sostegno, si
incamminarono vero il castello, parlando..
Tadam!! Ed eccomi finalmente tornata!!! Con il computer a posto finalmente!!
XD
mamma mia che lungo questo capitolo ci ho messo un sacco a scriverlo!
Spero
che ne sia valsa la pena e che vi sia piaciuto!! Allora è stato chiarito il
perché lei avesse tentato di uccidere Aragorn? Spero
di si.
E
finalmente Morwen si è presentata a Gimli, e si può
dire che fra loro nascerà un’amicizia…
Dunque:
Aragorn sa già tutto su di lei, e adesso anche Gimli ( o almeno una parte, in fondo Morwen non ha racconta
mai tutta tutta la sua vita).. beh a quanto pare gli
unici rimasti che non sanno niente.. sono Legolas.. e tutti voi!!
XD
Ma
come sono cattiva ihih!
No
non vi preoccupate..nel prossimo capitole verrà tutto spiegato.. o almeno una
buona parte!!!
Per
cui, non perdetevi il prossimo capitolo!
RINGRAZIAMENTI:
Eleniel483: mi fa
davvero piacere sapere che la storia ti piace così tanto è un onore per me e ti
ringrazio molto per i complimenti!! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto!!
Un mega bacio alla prossima!
Chichetta99: ciao e la
prima volta che commenti! Mi fa davvero piacere!! ^^ mmm
dici di avere delle idee su Morwen? Sarei proprio curiosa di sapere cosa
pensi!! Spero di non deluderti in seguito e che questo capitolo ti sia
piaciuto! A presto.
Illidan: Ciao!! SisiErdie si legge come si
scrive. In effetti si, è stata lontana da Gran Burrone per molto tempo ( anche
secondo il criterio degli elfi).. anche se non per sua scelta.. ma non svelo
niente! ^^ comunque spero che ti sia piaciuto il capitolo! Visto? Gimli e Morwen hanno finalmente fatto pace, e tra loro sta
per nascere una bella amicizia.. insomma non potevo mica farla litigare con
tutti i personaggi della storia ^^ alla prossima ciao!!
Un grazie e un abbraccio anche a
tutti coloro che mi seguono..commentate e continuate a seguirmi!! Ciao!
Una
torre nera si stagliava imponente contro il temporale che imperversava.
I
tuoni illuminarono per un attimo la cupa scena. Non un movimento, non un ombra
si scorgeva attorno alla torre, dalle spaccature nel terreno, fuoriuscivano sbuffi
di fumo, unico segnale di una qualche parvenza di vita.
Un
fulmine solitario illuminò per un attimo la finestra posta sul lato destra
della torre. Un uomo dai lunghi capelli bianchi, un cipiglio malvagio, stava
scrutando attentamente in una sfera scura, da cui provenivano riflessi
rossastri. Un occhio senza palpebre circondato da fiamme comparve a increspare
la superficie liscia della sfera.
Le
mani tese dello stregone, dalle lunghe unghie appuntite, tremarono
visibilmente.
< Ordigh
è morto mio signore > annunciò l’uomo vestito di bianco all’occhio.
La
rabbia provata dall’occhio fu tale da mandare lo stregone a sbattere contro il
muro.
< Idiota! > la voce
rimbombò per tutta la stanza, una voce terribile, carica di rabbia e disprezzo.
< Mio signore, l’uomo
non è morto, certo, ma ci saranno altri modi, avremo altre possibilità..>
< Zitto! Quell’uomo
deve essere eliminato! Non deve essere d’intralcio ai miei piani! E quella
donna che adesso viaggia con lui.. dovete eliminare anche lei.. soprattutto lei..
ora che ha il ciondolo.. non ci sarà più modo.. proprio come successe 5.000
anni fa.. non posso permettere che viva! Uccidila! >
< Sarà fatto mio
signore. Lasciate fare a me.. e ai miei orchetti!
> rispose
con un inchino lo stregone.
***************************
Morwen
entrò silenziosa nella sua stanza, chiudendo dietro di se la porta senza il
minimo rumore. Sospirando, si tolse il mantello e gli stivali: dalla finestra
si intravedeva già il cielo colorarsi del tenue chiarore rosso che precede
l’alba.
Con
un sospiro, la donna chiuse gli occhi, si appoggiò al muro e si lasciò
scivolare per terra.
Fu
così che la trovò Eowin. Dopo aver bussato per
qualche minuto e non aver ricevuto risposta, la donna aprì lentamente la porta
e la vide: il volto era di un bianco pallido, i capelli cadevano scomposti sul
corpo, il petto si alzava e abbassava velocemente, il respiro era affaticato.
Un raggio di sole la illuminava, rendendo la scena di una inquietante bellezza.
Sul fianco destro, la casacca nera era squarciata, così come le camicie che vi
si trovavano sotto: il loro colore era indistinguibile però, a causa del sangue
che fluiva abbondante ed aveva inzuppato il tutto, colorando con il suo colore
rossastro.
Il
sangue continuava a fluire, scorreva giù lungo tutto il fianco e formava una
piccola pozza sul pavimento, accanto alla mano della donna.
Con
un urlo, Eowin si avvicinò a Morwen, scuotendola
dolcemente per farle riprendere conoscenza.
La
donna aprì lievemente gli occhi, incontrando due pozzi verdi, pieni di preoccupazione.
< Eowin..> sussurrò a
fatica.
< Andrà tutto bene
adesso, ci sono io. > la rassicurò la fanciulla, cercando di
sorriderle.
Aragorn e Gimli
entrarono nella stanza trafelati a causa della corsa: avevano sentito il grido
di Eowin e si erano precipitati.
Storcendo
leggermente il naso a causa dell’odore di sangue che impregnava la stanza, si
avvicinarono alle due donne.
Gimli impallidì alla vista della ferita
e del sangue: sapeva che Morwen era ferita, ma lei gli aveva lasciato capire che
non era una cosa grave..e invece!
Aragorn, senza una parola, si chinò
e prese in braccio l’elfo, che nel frattempo era svenuto. La trasportò
dolcemente verso il letto.
< Ha perso molto
sangue! Serve un medico! Immediatamente! > disse Aragorn
rivolto ad Eowin.
La
donna rimase per un attimo ad osservare la mano di Morwen che penzolava senza
vita, ricoperto di sangue, che gocciolava sul pavimento. Osservò la goccia
rossa staccarsi dal dito affusolato dell’elfo e cadere lentamente per terra.
Sconvolta,
si riscosse dai suoi pensieri ed uscì dalla camera di corsa, andando alla
ricerca di un medico.
Aragorn la appoggiò con delicatezza
sul letto, dopodiché prese a toglierle i vestiti, aiutato da Gimli, in rigoroso silenzio.
Sebbene
si sentisse in qualche modo responsabile, il nano non disse niente: aveva
deciso insieme a Morwen di non parlare a nessuno dello scontro alla locanda.
Aragorn osservò la ferita della
donna: era profonda, ma per fortuna nessuna arteria o organo importante era
stato toccato. Tutto sommato, era stata fortunata. Ma bisognava assolutamente
fermare il sangue, o sarebbe morta dissanguata.
In
quel momento entrò Dama Eowin seguita da un medico,
carichi di bende, pomate, ago, filo, bacinelle d’acqua, lenzuoli.
**************
Morwen
dischiuse gli occhi e guardò fuori dalla finestra: il sole stava per
tramontare. Tentò di muoversi, ma una fitta di dolore l’attraversò bloccandole
il respiro, costringendola a stare ferma.
< Meglio che non ti
muovi! Hai perso molto sangue, è una fortuna che tu sia ancora viva! >
L’elfo
voltò la testa e vide seduta su una sedia, accanto a lei, Eowin,
che la guardava preoccupata.
< Non farmi mai più
prendere una paura del genere! > disse la donna con sguardo di
rimprovero.
Morwen
tornò a fissare il sole tramontare senza dire una parola. Era molo stanca, e i
ritorni della sera passata le tornarono di colpo alla mente.
< Ero entrata nella
tua stanza per chiederti se intendevi scendere a mangiare quando ti ho trovata
svenuta, coperta di sangue.. devi ringraziare Aragorn,
Gimli e il nostro medico se sei ancora viva! > continuò
lei.
< Aragorn
e Gimli? > chiese con voce flebile Morwen.
< Si, Quando ti ho
vista in quello stato ho urlato, e loro sono giunti immediatamente. Senza di loro,
saresti stata spacciata probabilmente. Sono stati al tuo fianco fino a poco
tempo fa, adesso sono scesi a parlare con Legolas che è tornato da poco.
Saranno tutti felici di sapere che stai bene. >
Aragorn e Gimli..
le avevano salvato la vita.. chissà perché poi… le
erano pure rimasti accanto..
Morwen
era confusa. Che potesse davvero fidarsi di quegli uomini? Tutto faceva pensare
di si..
Incredibile:
per la prima volta dopo molto tempo, sentiva di avere dei compagni, un gruppo a
cui appartenere, qualcuno che si preoccupasse di lei.. dava una strana
sensazione.
Legolas..
ripensò nuovamente al viso dell’elfo.. perché continuava a tormentarla? Era
appena tornato.. chissà dove era stato..
< Legolas e Gandalf sono usciti molto presto, non era ancora sorto il
sole.. sono tornati da poco, e penso portassero brutte notizie.> disse Eowin pensierosa, più a se stessa che a Morwen. < Sarà meglio che vada da loro, in fondo sono la padrona
di casa.. e poi tu hai bisogno di riposare. Mi raccomando non ti affaticare per
nessun motivo. > Detto
ciò uscì dalla stanza chiudendo la porta, lasciando finlamnete
libera mOrwen di riflettere.
Brutte
notizie.. che cosa poteva essere successo?
Probabilmente
la guerra si avvicinava.. si doveva essere questo, decise l’elfo, prima di
permettere alle spire del sonno di avvolgerla. Lasciandosi dolcemente cullare
da esse, sprofondò nell’incoscienza.
*************
La
porta si aprì delicatamente con leggero cigolio, lasciando entrare l’uomo,
chiudendosi poi dietro di lui.
Con
passi eleganti e leggeri, senza produrre il minimo rumore, attraversò la
stanza, avvicinandosi al letto su cui si trovava una figura immobile. Il
respiro lento e profondo faceva capire che essa stava dormendo.
Diede
una rapida occhiata alla stanza: a parte il letto, situato poco distante dalla
finestra, nella stanza si trovavano semplicemente un paio di sedie, un armadio
di legno e una cassapanca, su cui erano riposti un nero e pesante mantello, una
maschera argentata, una camicia bianca, una camicia a tre quarti ( ovvero
arriva solo fino al gomito) viola, una casacca senza maniche nera ricamata da
arabeschi bianchi e un paio di pantaloni neri. Ai piedi di essa, un paio di
stivali neri di pelle leggera.
Accostati
su una sedia, si trovavano invece un arco di ottima fattura, sicuramente
elfico, con la rispettiva faretra piena di frecce, e un fodero ricamatoin cui era riposta una spada.
Dopo
aver osservato ancora per un po’ gli oggetti, l’uomo si avvicinò al letto.
La
donna era girata leggermente sul lato sinistro, per cui metà del volto era
invisibile, sprofondato nel soffice cuscino.
La
luce della luna la illuminava di un tenue bagliore.
Il
volto era perlaceo, con tratti delicati, il naso era proporzionato e
leggermente all’insù, le ciglia nere lunghe, le labbra piene e rosate, dal
contorno definito. Le orecchie a punta, spuntavano dai lunghi capelli blu color
del mare dalle mille sfumature. I ricci ribelli le incorniciavano delicati il
viso e scendevano sulle spalle, lungo il busto, arrivando ai fianchi. Con lo
sguardo, l’uomo seguì l’elegante piega del collo, arrivando poi alle spalle,
ricoperte da una camicia bianca che permetteva però di intravedere il fisico
snello e elegante della donna. La camicia lasciava intravedere la fasciatura
che avvolgeva la vita della donna, perfettamente pulita, segno che l’emorragia
si era fermata. La camicia, stretta sui fianchi da una cordicella, terminava
poi a metà coscia, lasciando così intravedere le gambe lunghe e affusolate
della donna, sebbene fossero in parte nascoste alla vista grazie ad una
coperta, su cui poggiava una mano della donna, una mano bianca e delicata,
dalle unghie curate.
Eppure,
l’uomo.. o forse, sarebbe stato meglio dire l’elfo, sentiva che qualcosa non
andava, sentiva l’inquietudine crescere in lui.
Torno
ad osservare il viso della donna. Come se si fosse accorta degli occhi puntati
su di lei, la donna mosse nel sonno la testa, scoprendo così il lato sinistro
del volto, che ora era perfettamente visibile all’elfo, che trattenne il fiato.
Un
lampo di consapevolezza si fece strada nei suoi occhi.
Il
lato sinistro della donna era sfigurato.. se così si può dire.
Una
linea rossa come il fuoco, partiva dal sopracciglio della donna, le
attraversava l’occhio, riempiva tutta la guancia e terminava sullo spigolo
della mascella. Si poteva pensare che fosse una cicatrice, ma il bordo era
perfettamente disegnato, non seghettato come sarebbe stato normale se si fosse
trattato di una cicatrice. Inoltre, la linea formava un disegno ben visibile.
Il serpente, partiva dalla mandibola e si srotolava minaccioso su tutta la
guancia. La testa spalancata con le zanne appuntite terminava sull’occhio della
donna, per questo solitamente la gente non capiva che lo sfregio sul volto era
in realtà un disegno. Un serpente, avvolto dalle fiamme.
Sembrava
il capriccio di un pittore maledetto, che si era divertito a disegnare la sua
opera su quel volto perfetto.
Eppure,
quel disegno aveva un significato, e l’elfo lo conosceva bene.
I
suoi occhi si indurirono, e velocemente, estrasse la spada e la puntò sul collo
della donna.
Al
contatto della lama fredda, Morwen spalancò gli occhi, incontrando quelli
freddi e duri di Legolas.
*******************
Legolas
rimase a fissare gli occhi della donna, occhi viola dai riflessi azzurrini,
cercando di capire ciò che essi nascondevano, tentando di leggerle nell’anima,
cercando di capire..
Dandosi
dello stupido. Come aveva fatto a non capire? A non accorgersi?
Un
fremito di rabbia fece tremare la lama.
Un
sorriso. Le labbra rosate si erano aperte in un sorriso sarcastico, lasciando
intravedere denti bianchi e perfetti.
<
Elfo della Notte >
sussurro Legolas faticosamente, come se le parole faticassero ad uscirgli dalla
bocca.
<
Ma bravo. Ce ne avete messo di tempo per capirlo. > rispose lei
continuando a fissarlo negli occhi, senza la minima traccia di paura.
<
Avete fatto di tutto perché non lo sapessi. Siete stata brava. > disse
freddo lui, lanciando un occhiata significativa al mantello e alla maschera.
<
Beh non potete darmi torto. Avevo previsto una vostra reazione di questo genere
>
rispose lei beffarda, scostando leggermente la spada dal suo collo per potersi
mettere seduta. Ora le sue gambe nude era completamente visibili all’elfo, che
nemmeno ci fece caso, continuando a fissare gli occhi della donna.
<
Non c’è alcun motivo per cui io vi lasci in vita. Meritate di morire! > esclamò
lui.
<
Merito di morire? E per cosa? > dalla rabbia Morwen si era alzata
in piedi, ed adesso fissava furente Legolas, ignorando il rivolo di sangue che
le scorreva dal lieve taglio che la lama aveva provocato sul suo collo.
<
Siete un Elfo della Notte! Siete malvagia, siete al servizio dei poteri oscuri,
al servizio di Sauron, come tutti quelli della vostra
razza! Fin da fanciullo mi hanno insegnato ad odiare quelli come voi..>
<
Quelli come me? Strano non mi ero accorta appartenessimo a due razze diverse!
Siamo entrambi elfi! >
lo interruppe lei con un sibilo.
<
Voi siete dei traditori. Non avete nulla da spartire con noi! Voi siete un
insulto per la razza elfica, ed è per questo, che meritate di morire. Sarà solo
un bene per il mondo, se la vostra razza verrà eliminata! > la rabbia
adesso era tangibile. Legolas continuava a fissare truce la donna, la spada
salda nella sua mano, premeva sempre di più contro il collo della donna.
Sarebbe bastato un movimento del polso per mettere fine a tutto.. eppure non si
decideva a farlo..
<
Voi parlate tanto, ma non conoscete niente di me, ne della mia specie! > esclamò
lei. Perché si stava giustificando? Perché voleva così tanto essere accettata
da lui? Perché voleva che capisse? Non era da lei dare spiegazioni. Eppure, a
lui, sarebbe stata pronta a darle.. questo si che era strano! Si ritrovò a
pensare con una smorfia.
<
Dite che io non capisco, che io non so.. ma cosa c’è da sapere? Voi siete dei
traditori, e tanto è sufficiente! Il marchio sulla vostra guancia è più che
sufficiente a capire! >
<
Marchio? Razza di stupido elfo! Questo non è un marchio.. questa è una
maledizione! E dovresti saperlo, se solo i vostri grandi sovrani si fossero
degnati di rivelare la verità, invece di lasciar credere solo quello che faceva
loro comodo! >
adesso era furiosa.
<
Non vi permetto di insultare i miei sovrani! > esclamò lui, premendo
ancora di più la lama contro il collo della giovane, facendolo sanguinare
sempre di più. <..Una
maledizione? Di che cosa state parlando? >
<
Qualche giorno fa mi diceste che avrei dovuto rivelarvi la mia storia un
giorno, e che voi sareste stato pronto ad ascoltarla. Volete farlo? > domandò
lei. La sua voce era fredda adesso, e i suoi occhi lasciavano trapelare una
tristezza infinita.
Furono
quegli occhi a convincere Legolas ad abbassare la spada, senza però
rinfoderarla. <
Vi ascolto >
disse poi dopo lungo tempo.
La
donna scosse la testa e si avvicinò alla finestra, guardando fuori. La luna le
sorrideva incoraggiante. Il ciondolo brillava come diamante nella notte buia.
Non poteva credere a quello che stava per fare.. stava veramente per raccontare
la sua storia, la storia del suo popolo. Una storia che nessuno aveva sentito
più da molti anni.. una storia che probabilmente, nessuno conosceva per intero.
Con un sospiro, si preparò ad iniziare il racconto.
<
Prima di tutto, mi presento. Il mio nome è Ithilwen,
principessa ed erede al trono del regno di Aniwendil,
l’unico regno esistente appartenente agli Elfi della Notte.
Il
mio popolo, come tutti gli elfi, ama la natura e vive per essa, ma a differenza
degli altri, noi amiamo la notte. Viviamo alla luce della luna e delle stelle,
troviamo conforto nell’oscurità e nell’ombra. A differenza di quanto crede la
maggior parte degli elfi però, noi amiamo anche il sole: nessuno rinuncerebbe a
cavalcare sull’erba fresca inondati dal suo tiepido calore.
Più
di 10.000 anni fa, il nostro regno viveva felice e in pace con il regno degli
Elfi della Luce.. non fare quella faccia, è così che vi chiamiamo noi. C’era un
rapporto pacifico, legato dal lavoro e dalla fiducia. Combattevamo e morivamo
insieme, a quel tempo, era normale che i membri delle nostre razze vivessero
insieme. C’era la pace. Le storie narrano ancora dei festeggiamenti che ci
furono in occasione della nascita della principessa Ailyan,
erede al trono. Ailyan crescendo divenne una donna
bellissima ed intelligente. Molti la volevano in moglie, al suo passaggio tutti
si voltavano a guardarla, il cuore di più elfi era stato catturato da lei. Era
amata e rispettata da tutti.. lei.. era mia madre. > disse
tristemente la donna, rimanendo in silenzio un attimo, gli occhi velati dal
drappo dei ricordi.
<
Purtroppo >
riprese < la
sua bellezza finì per portarla alla rovina. Un guerriero, uno stregone, dotato
di grandissimi poteri, anche se allora non erano completamente sviluppati, si
innamorò perdutamente di lei… colui che adesso, viene
chiamato Sauron. A quel tempo non era ancora malvagio
quanto lo è adesso, il suo regno di terrore sarebbe iniziato da li a poco. Era
solamente un uomo, sebbene malvagio e potente, perdutamente innamorato della
donna sbagliata. Come potrete immaginare, mia madre rifiutò il suo amore,
inizialmente in modo gentile. Sauron non si diede per
vinto però, continuando la sua corte serrata. Ailyan
fu costretta allora ad allontanarlo, in modo brusco e cattivo, distruggendo il
suo cuore innamorato. Lui non poteva accettare di essere stato respinto, e
quando, dopo breve tempo, venne a scoprire che la donna dei suoi sogni si
sarebbe sposata, la sua rabbia esplose.
Il
giorno delle nozze, mentre Ailyan, bellissima nel suo
vestito bianco percorreva il sentiero che l’avrebbe portata dal suo futuro
marito, Sauron colpì.
Era
stato invitato all’evento, e quando vide la sua donna, illuminata dai raggi del
sole, amata ed ammirata da tutti, decise che se non poteva averla lui, non
avrebbe potuto averla nessuno. Nessuno avrebbe potuto vederla. Attribuiva tutta
la colpa a mia madre, ed alla sua bellezza.
Fu
così che scagliò la maledizione: una maledizione terribile, che ricadde su
tutti gli Elfi della Notte. Non avremmo mai più potuto vivere al sole. Se uno
di noi fosse stato esposto ai suoi raggi, si sarebbe trasformato in un enorme e
orrenda bestia, assoggettata dai poteri oscuri, priva di qualunque forma di
intelligenza. Avremmo finito per uccidere tutto e tutti, e non ce ne saremmo
neanche resi conto. Fu così che iniziò lo sterminio della mia razza. Alcuni di
noi riuscirono a nascondersi nel buio e nelle tenebre, riuscendo a rifuggire la
luce del sole, sebbene fosse difficile. La maggior parte invece non ci riuscì e
si trasformò in bestie. Iniziò così la caccia. Erano una minaccia per tutti, e
gli Elfi della Luce, una volta nostri amici, divennero i nostri cacciatori. La
maledizione si era compiuta, il mio popolo stava per essere decimato.
Il
Consiglio degli Elfi però, in memoria dell’antica alleanza, e al ricordo della
benevolenza della regina Ailyan, decise di fare
qualcosa per noi. Fu così che ci venne donato il Ciondolo, chiamato inseguito
il Ciondolo di Ailyan. Questo ciondolo, unito ai
poteri di mia madre, era una protezione per il mio popolo. Esso riusciva a
proteggerci dai raggi del sole, creava come uno scudo fra noi ed esso,
impedendo quindi ai suoi raggi di toccarci. Grazie a esso, eravamo salvi.
Certo, non sentivamo il calore dei raggi sul nostro corpo, ma potevamo vivere
tranquillamente alla luce.
Nonostante
questo, gli Elfi della Luce continuarono a guardarci con sospetto e paura. Il
mio popolo era stato rinominato come “ I maledetti”, ed allora i rapporti con
le altre specie furono per noi sempre più difficili. Nonostante ciò, andavamo
avanti, e dopo qualche anno nacque un maschio, Alagos,
mio fratello, e dopo un po’, nacqui io: sul volto di entrambi, il serpente
circondato dalle fiamme, il simbolo di Sauron a quel
tempo, era impresso, rosso come il fuoco, ricordo costante della maledizione.
Tutto
sembrava andare bene fino a quando.. fin quando, decisero che era giunto il
momento che io mi sposassi. Mia madre cercava di farmi ragionare, ma io non ne
volevo sapere. Mi piaceva essere libera, non sopportavo di dover passare la
vita in casa a sfornare figli, adoravo combattere, correre libera sui prati.
Non volevo che mettessero catene alla mia libertà. Mio padre non era
altrettanto comprensivo.
Un
giorno, tornando a casa, trovai ad attendermi, insieme ai miei genitori, un
elfo. >
<
Bauglol. > disse Legolas, parlando dopo
diverso tempo. Bauglol era il motivo per cui gli Elfi
della Notte erano odiati e considerati traditori.
<
Esatto, Bauglol figlio di Huolipu,
cavaliere della Luce, uno dei pochi immortali rimasto su questo mondo, un
grande uomo, un grande guerriero. O almeno così lo si definiva. Era lui che
avrei dovuto sposare. Nonostante glielo avessero sconsigliato, aveva deciso di
sposare la figlia della regina Ailyan, bella quanto
la madre. Così, nonostante fosse pericoloso, si avventurò nel mio regno con una
piccola scorta, per chiedere la mia mano.Era un
elfo dei boschi, alto e con una faccia spigolosa e scura, che non ispirava
certo fiducia. Quando mi annunciarono la notizia, mi opposi.Scoppiò così una violenta discussione: il
miofuturo marito non era certo un tipo
ragionevole e calmo. Era il tipo che doveva sempre avere ragione, e
soprattutto, che considerava le donne come un semplice strumento di piacere.
Infastidita
dal suo essere, lo sfidai: una sfida con le spade. Il primo che avrebbe toccato
la gola dell’altro, avrebbe vinto. La posta in palio, ovviamente, era il
matrimonio
L’uomo
accettò sicuro di vincere. Davanti a tutti, si protrasse la sfida, e davanti a
tutti,lo sconfissi.
Niente
più matrimonio,così credetti.. quanto fui stupida:
avevo sfidato e umiliato l’uomo sbagliato. Ricordo che quella sera mi
intrattenni con alcuni amici a festeggiare presso la riva di un laghetto,
felice e sorridente per la vittoria. Rimasi li per lungo tempo.. fu solo quando
l’odore di bruciato arrivò al mio naso che mi accorsi del pericolo, e della mia
stupidità. Il mio palazzo era in fiamme. La gente accorreva con l’acqua per
tentare di spegnere l’incendio, ma io capii che era troppo tardi. Quella sera,
i miei genitori morirono.. e io sapevo di chi era la colpa.
Ero
arrabbiata e frustata, e troppo tardi capii cosa aveva fatto realmente
quell’uomo: il ciondolo, che garantiva la sopravvivenza del mio popolo, era
sparito. Non solo aveva ucciso i miei genitori, ma aveva condannato allo
sterminio la mia gente. Quel giorno, la maggior parte dei miei amici, si
trasformò in bestia a causa della maledizione. Avevo perso tutto. La mia
famiglia, i miei amici, le possibilità per il mio futuro, per un futuro
felice.. avevo perso tutto. Fu così, che cercai Bauglol…
e lo trovai. Quel bastardo era li a godersi lo spettacolo, a godersi la
distruzione del mio mondo..>improvvisamente la sua voce si ruppe, una lacrima solitaria scivolò lungo
la sua guancia, ma lei se la raccolse subito. Aveva giurato che non avrebbe più
pianto, non aveva senso piangere per ciò che si era perso, non aveva senso
piangere a causa di quell’uomo.
<
Ma questo.. questo non è possibile! Bauglol era un
grande uomo, gentile, generoso, coraggioso.. non può aver fatto una cosa del
genere! >
esclamò Legolas sconvolto. Nessuno gli aveva mai raccontato di Bauglol in quel modo. Tutti lo ricordavano come un
valoroso, un eroe.
<
Non dubito che fosse un grande guerriero.. ma era orgoglioso, prepotente e
testardo,adorava le vendette, doveva avere sempre ragione.. e soprattutto,
quello che voleva se lo prendeva, con o senza permesso. > rispose lei
glaciale, stringendosi le braccia attorno al petto.
<
Non è possibile..>
disse lui scuotendo la testa, non riusciva ad accettare l’idea. Eppure, era
certo che la fanciulla non stesse mentendo. Aveva però, la sensazione che lei
non gli stesse dicendo tutta la verità.
<
Non è possibile.. è la stessa cosa che disse il Consiglio! Quando scoprirono
che avevo ucciso Bauglol, il loro idolo, fecero
subito in modo di catturarmi. Ascoltarono la mia versione delle cose, ma non mi
diedero retta. Lui era un valoroso, un grande, un giusto, io invece ero una
maledetta, era nella mia indole malvagia uccidere, probabilmente su compenso di
qualcuno o per puro piacere personale. Ecco cosa pensarono di me, ed ecco
perché mi Rinnegarono, costringendomi a un lunghissimo esilio nella foresta di Fangorn, lontana da tutti e da tutto. Rinnegata e
maledetta.. avevo perso tutto.. perso tutto, a causa di stupidi uomini
innamorati. >
concluse lei con un moto di rabbia e disprezzo.
<
Se la vostra storia è vera, il Consiglio avrebbe dovuto capirlo. Sarebbe
bastato che Galadriel o Elrond
leggessero nei tuoi pensieri e nei tuoi ricordi. La verità sarebbe venuta fuori
>
protestò l’elfo. Ormai aveva dimenticato il litigio scoppiato poco prima, preso
dalla storia della fanciulla.
Per
la prima volta da quando aveva iniziato il racconto, Ithilwen
chinò la testa, quasi a voler chiedere perdono. < Non ho permesso loro di guardare
nella mia mente. Mi hanno derubata di tutto, ma non dei miei ricordi > disse lei,
alzando la testa e voltandosi per la prima volta verso l’elfo. < Coloro che
credevo miei amici, da un giorno all’altro hanno fatto di me la peggiore delle
condannate, trattandomi come un’estranea, voltandomi la schiena. Il mio popolo
pian piano è stato sterminato, i miei compagni cacciati come animali. Ai
bambini fu insegnato ad odiarci e disprezzarci, a causa di una maledizione, una
colpa non nostra. I pochi sopravvissuti si sono rifugiati nell’ombra, facendo
perdere le loro tracce.>
La
sensazione che lei gli stesse nascondendo qualcosa era sempre più forte, eppure
Legolas non dubitava della verità delle sue parole.
<
Questa è la mia storia, questa è la verità. Adesso sta a voi, credermi o no.
>
concluse lei, fissandolo fieramente negli occhi.
I
due elfi rimasero per lungo tempo a fissarsi negli occhi, lei cercando di
scorgere la decisione che lui avrebbe preso, quasi in ansia, mentre lui cercava
di capire cose lei gli teneva nascosto, cosa ci fosse di così importante, o di
così terribile, da costringerla a rifiutare l’esame del Consiglio, sapendo che
a causa di ciò l’avrebbero considerata colpevole.
<
Eppure, voi con noi avete viaggiato anche di giorno..il mantello vi può
proteggere, ma non completamente..> chiese lui ancora titubante. Non
era facile credere a qualcosa che andava contro ciò che da sempre gli era stato
insegnato.
<
Dimenticate che Gandalf mi ha restituito il
ciondolo.. ed ora che ne conoscete la storia e l’importanza, capirete anche il
perché ioabbia un grande debito nei
vostri confronti. In ogni modo avete ragione, ne il mantello ne la maschera
sono del tutto sufficienti a proteggermi dal sole. Insieme ad essi, occorre una
pozione, formata da piante rare, tra cui l’Oputin..>
spiegò
lei.
<
Ma nessun elfo può toccare l’Oputin! > esclamò
Legolas.
<
No, hai ragione. Sono gli umani possono farlo, ma la preparazione è lunga.. molti
della mia razza, farebbero, e hanno fatto, qualunque cosa pur di procurarsela.
Chiunque fosse in possesso di tale pozione, era in grado di reclutare un Elfo
della Notte e fargli fare ciò che desiderava. Capirete perciò perché molti Elfi
della Notte sono associati ai poteri oscuri. Non lo facciamo per scelta, ma
solo per spirito di sopravvivenza. > concluse lei con un sorriso di
scusa.
<
Adesso che avete il ciondolo, la vostra razza è al sicuro? >
Un
ombra triste attraversò il viso della donna. < Purtroppo no. Esso funziona solo
per me al momento. I miei poteri non sono ancora così forti, e comunque occorre
un adeguato rituale per far ricadere la sua magia su tutti gli Elfi della
Notte. Ma vi provvederò presto, questo è certo. >
L’elfo
la fissò ancora per qualche istante, poi rinfoderò la spada con un sospiro,
chiudendo gli occhi.
<
Vi credo. >
disse semplicemente.
Un
sorriso di felicità si allungò sul viso di Ithilwen.
Per lei, quelle due semplici parole valevano tantissimo. Sentì la stretta allo stomaco
farsi più leggera. Era felice. Felice come non lo era da tempo.
Guardò
l’elfo negli occhi con gratitudine.
Un
silenzio carico di mille parole si insinuò fra i due.. quando la porta si
spalancò, rompendo quella conversazione fatta di sguardi.
< Non dovresti essere
in piedi! Ti avevo detto di stare tranquilla a letto! > la
rimproverò Eoein entrando nella stanza, dopo aver
salutato Legolas.
< Temo che la colpa
sia mia. Ero venuto solo per accertarmi che stesse bene. Me ne vado
immediatamente, così potrà riposare. > si scusò con la dama
l’elfo, tornando a parlare la lingua umana. Lanciò ancora uno sguardo intenso
alla donna. La luce della luna le illuminava i capelli e le accarezzava il
volto, rendendola simile a un’apparizione, un sogno.
E’ davvero bellissima. Pensò
Legolas, prima di uscire dalla stanza e chiudere la porta dietro di se.
*****************************************
Tadam!! Ecco il nuovo capitolo! E’
venuto piuttosto lungo ma era necessario perché tutto fosse chiaro.. o almeno
una parte. C’è ancora qualcosa che non è stato spiegato.. ma non posso mica
raccontare tutto subito!! Pian piano tutto sarà chiaro!!
Allora,
cosa ne pensate della storia di Ithilwen??
Personalmente la trovo un po’ triste.. poverina! In fondo la colpa non era sua,
ne del suo popolo! Sempre e solo Sauron.. sempre lui
c’è di mezzo!!
Comunque
aspetto i vostri pareri.. se c’è qualcosa di poco chiaro, perché magari mi sono
dimenticata di spiegarlo, chiedetemi pure, potrò così apportare le giuste
modifiche e darvi una risposta!!
Il
prossimo capitolo.. beh non posso anticiparvi niente, perché non ho ancora idea
di che cosa scriverò! Ma mi verrà in mente! La storia deve continuare!
RINGRAZIAMENTI:
Eleniel483: spero che
adesso tutto sia più chiaro, e spero che la storia di Ithilwen
ti sia piaciuta! A proposito, che ne dici del nome? Significa “fanciulla di
luna”.. a me pareva appropriato! Certo che puoi aggiungermi di nuovo!! Anche se
presto andrò in vacanza quindi non ci sarò.. questo è l’ultimo capitolo prima
di settembre.. a presto un abbraccio!
Chichetta99: spero di
non averti delusa! Non so se avevi intuito qualcosa, ma spero comunque che ti
sia piaciuto! A presto ciao!
AliDiPiume: fegato ne
ha eccome.. con tutto quello che ha passato! Sono contenta che la storia ti piaccia..
quanti anni ha?? Mmm all’incirca 5.000 o giù di li..
ma se ci pensi bene, non è un periodo così lungo per un elfo!! XD a presto
Illidan: bene bene.. allora che ne dici? Spero che alcuni dei tuoi dubbi
si siano chiariti! Non vedo l’ora di leggere il tuo commento, anche perché di
solito fai domande che mi costringono a rileggere l’intera storia e a
modificare alcune parti future.. direi che mi aiuti davvero molto! Aspetto quindi
il tuo commento di questo capitolo.. sono curiosa di sapere cosa ne penserai
del racconto di Ithilwen! Ciao!
Strowberry_sin: sono
davvero felice che la storia ti piaccia! Adesso Legolas avrà solo da stare
calmo! Infondo gli ho spiegato tutto! Temo che adesso starà appollaiato tutto
il tempo sul ramo di un pino a rimuginare e pensare su ciò che ha appena
scoperto.. povera te non i invidio affatto! Come farai a tirarlo giù, non ne ho
idea.. ma sono certa che lo farai ragionare! Come hai detto tu, non possiamo
avere un elfo sulla coscienza!! XD ti ringrazio per i complimenti, sono felice
che la storia ti sia piaciuta e spero di non averti delusa! Un abbraccio
Un
saluto e un abbraccio anche a tutti gli altri che continuano a vivere con me
questa avventura nel mondo di elfi, nani, uomini e combattimenti! A presto e
buone vacanze a tutti!!!
Legolas camminava veloce
lungo i corridoi scuri del palazzo. Il cappuccio del mantello era tirato su a
coprirgli la testa, a nascondere i capelli dorati e le orecchie a punta. Non
una luce ad illuminargli il cammino, ma i suoi occhi
di elfo vedevano perfettamente anche al buio.
Dopo esser stato da Ithilwen era tornato nella sua
stanza, cercando di pensare, di chiarirsi le idee, ma quasi subito le pareti
della sua stanza gli avevano dato un senso di soffocamento, costringendolo ad
uscire.
Silenzioso come un’ombra uscì
dal palazzo, la fresca brezza mattutina gli si insinuò
sotto il cappuccio, scompigliandogli i capelli. Un’onda dorata riuscì a
sfuggire al manto e ondeggiò libera davanti al mare blu dei suoi occhi.
Un mare in tempesta.
< Ti credo >
Quella semplice frase
continuava a rimbombare nella sua testa, come un’onda che si abbatte sugli
scogli, ma una volta infranta torna a colpire ancora più forte, distruggendo le
tue speranze di tregua.
Le credeva. Una semplice
conversazione era riuscita a cambiare tutto ciò in cui credeva, aveva reso
bugie tutto quello che gli era stato insegnato nei
lunghi anni della sua vita.
Una piccola parte di lui
continuava a ripetere che la ragazza lo stava ingannando, che lo stava
prendendo in giro, che era pericolosa.. ma ogni volta
che lui tentava di dar retta a quella voce, due occhi viola dalle sfumature
azzurre arrivavano a perforargli la mente con la loro austera bellezza e lo
trascinavano in un profondo tunnel viola da cui non riusciva ad uscire..
Perché di una cosa era certo:
era stata sincera. Certo, non gli aveva raccontato tutto, ma ciò che aveva
detto era vero, non poteva mettere in dubbio quelle parole.
La donna lo affascinava, lo attraeva, lei, il suo corpo, la sua storia, quegli occhi
viola, quel mare di capelli blu, quelle labbra rosate..
Scosse la testa. Impossibile.
Non faceva che pensare a lei. Non riusciva a eliminare quel volto perfetto
dalla sua testa.
Avanti di questo passo
avrebbe finito per impazzire del tutto, o ancora peggio, avrebbe finito per
innamorarsene..
A quel pensiero i suoi occhi
si spalancarono. Ma a quali sciocchezze stava
pensando?
La guerra si stava
avvicinando, presto migliaia di persone sarebbero morte, e non era da escludere
la possibilità che lui fosse una di loro, non c’era tempo per pensare a cose
stupide come l’amore.
Osservò il sole fare capolino
da dietro le colline, illuminando il cielo di striature dorate. Osservò per un
tempo interminabile quello spettacolo meraviglioso, fino a quando il paesello
non iniziò a risvegliarsi e a fremere in piena attività. Ricordò la conversazione
avvenuta il giorno prima: il re, finiti i festeggiamenti, aveva ordinato che i
soldati e coloro in grado di combattere si dirigessero
il prima possibile al fosso di Helm, per dare man
forte in procinto dell’arrivo degli Orchi. La guerra era più vicina che mai.
Riscosso dai ricordi e dal
rumore, rimase immobile ancora per un attimo, dopodiché si diresse verso la
sala del trono. Il re li aveva convocati tutti per decidere il piano d’azione.
Incontrò Gimli nel tragitto che lo conduceva alla sala
principale, con un sorriso enorme dipinto sul volto.
< finalmente si farà qualcosa!!!!! La guerra sta per iniziare! > disse con un scintillio di
eccitazione negli occhi. < insomma, è dall’inizio di
questo viaggio che non facciamo che combattere, ma non abbiamo mai avuto una
vera guerra.. si insomma, eravamo sempre noi contro
una moltitudine di orchi, sempre in svantaggio.. adesso sarà diverso! Certo sarà
difficile comunque.. ma sono così eccitato!! Finalmente
la mia ascia avrà sangue fresco!!Potrò tagliare un po’ di teste a quegli esseri
schifosi.. o si non vedo l’ora! >
< sai, la tua voglia di sangue
e morte sarebbe perfetta per il signore oscuro.. sicuro
di combattere dalla parte giusta? >
chiese malizioso l’elfo.
< elfo dannato così mi offendi!! >
arrossì il nano, capendo di aver messo troppa enfasi nelle sue parole. < e poi cosa c’è di male nel voler uccidere un po’ di orchi?? >
< assolutamente niente… >
< ah, o capito sai.. temi di non essere alla mia altezza, hai paura di fare
una figuraccia al momento della battaglia! Ma non
preoccuparti, ci penserò io a salvarti la vita! > rispose il nano con un ghigno.
< Ma
quanto sei gentile! A dire il vero sono io a essere preoccupato per te.. in fondo lo sai no, il fosso di Helm
è una fortezza con mura altissime, e proprio sopra ad esse dovremo stare a
combattere.. >
< cosa vorresti insinuare?? >
< oh, ma niente.. solo.. ehm.. sicuro che la tua altezza non sia un
problema? Sai, temo che le mura siano un po’ troppo alte per te.. e sinceramente troverei scomodo il doverti portare in
braccio..> rise Legolas, osservano
Gimli diventare rosso dalla vergogna.
< elfo insolente ti farò vedere
io! > disse il nano, bofonchiando
arrabbiato.
Ancora sorridente, Legolas
entrò nella sala del trono, dove Gandalf, Aragorn e il re stavano già discutendo il da farsi.
*****************
< Dobbiamo allontanare il più
possibile il pericolo da Edoras, non posso rischiare le vita del mio popolo > stava dicendo il re Théoden.
< Rechiamoci al fosso Helm
con i soldati che disponiamo. Li verremo raggiunti da
tutti i nostri alleati. >
< E’ pericoloso. La fortezza di
Helm è inespugnabile, ma se gli orchi riuscissero ad entrare, si rivelerebbe una trappola mortale. >si inserì Aragorn.
< Nessun orco entrerà mai nel tromba torrione! E in ogni caso, non abbiamo altre
possibilità. >si
infervorò il re.
< possiamo combattere in campo
aperto. Li coglieremo di sorpresa, e allo stesso tempo avremmo una via di fuga
se le cose andassero male >
propose Gandalf.
< No, è da escludere. Saremo sicuramente
in inferiorità numerica, ci serve un qualcosa dietro a cui
difenderci, o verremo uccisi di sicuro! Ripeto, andremo al fosso di Helm, e il combatteremo, questa è
la decisione. Lascerò un centinaio di uomini a difesa di Edoras,
dopodiché partiremo per la guerra. >
< Non sarebbe meglio aspettare
gli aiuti? Se gli orchi arrivano prima dei nostri alleati al fosso
resteremo intrappolati, in inferiorità numerica, e senza possibilità di
ricevere aiuti. Sarebbe una disfatta. >si intromise pacatamente Legolas.
< state forse insinuando che
essi non verranno, elfo? >
< Dico solo che gli uomini sono
deboli, e non sempre la loro parola è affidabile. Siete certo di voler
scommettere sulla vita di tutti noi? >
< Se non ci si fida fra amici,
allora Sauron ha già vinto. Loro verranno, e
arriveranno in tempo elfo. Tu sei liero di fare
quello che preferisci, ma io e i miei soldati partiamo fra due giorni > e detto ciò, il re li congedò.
*******************
< Ci farà uccidere tutti! > esclamò Legolas appena furono usciti dalla stanza.
< Vuole solo proteggere il suo
popolo.. ma sarà una disfatta. Anche se tutti gli
alleati arrivassero, e ne dubito, saremo comunque in inferiorità numerica > disse Aragorn pensieroso,
scuotendo la testa.
< La fine del topo!! Intrappolati, senza possibilità di fuga!> urlò Gimli.
< Forse, ma in ogni caso non
abbiamo possibilità. E’ inutile preoccuparsi ora, quel che sarà
sarà. Di certo dovremo impegnarci al massimo. Ma per quanto riguarda l’inferiorità numerica, forse
qualcosa possiamo fare. > disse Gandalf.
< Che cosa intendi? > dissero entrambi all’unisono.
Senza rispondere, Gandalf si fermò davanti ad una porta e bussò. Legolas la
riconobbe immediatamente. La stanza di Ithilwen. Ma per quale motivo?
Seguì pieno di dubbi gli
altri nella stanza.. e rimase stupito.
La elfa era in piedi, vestita ed armata. Stava sistemando
qualcosa dentro aduna bisaccia, il mantello nero e la maschera poggiati sulla
sedia li accanto, pronti ad essere indossati.
< Sei sicura di farcela? > le chiese Gandalf.
< umf,
certo che si stregone. Io sto benissimo
> rispose lei, acida. Il suo odio per Gandalf era
ancora presente. Nonostante il medaglione fosse appeso al suo collo, la
finestra era sbarrata, per impedire alla luce del sole di entrare, la stanza
illuminata da qualche candela.
< Si può sapere cosa succede? Lei
è ferita! Non può andare da nessuna parte! > disse Gimli sorpreso.
< Non dirmi che adesso ti
preoccupi per me nano! > esclamò
lei con un sorriso sul volto. Era così bella che non guardarla era impossibile.
< Comunque sappi che io sto benissimo. Mi rimetto facilmente
> disse con un occhiolino.
< Ho chiesto a Ithilwen di andare a cercare la tribù degli Zulus. E’ una popolazione nomade che vive qui vicino. Gente
pericolosa, ma sono ottimi guerrieri con un debito nei confronti del re Théoden.. e con un’immensa stima
per Ithilwen. Averli dalla nostra parte sarebbe utile.
> spiegò Gandalf.
< E io
ho accettato > concluse la donna. < Non ho intenzione di morire a causa dell’idiozia del re.. > disse con
una smorfia.
< E noi cosa faremoinvece? > chiese Aragorn.
< Io mi recherò verso est, alla
ricerca di altri alleati. Tu e Gimli invece, andrete
direttamente al fosso di Helm. Il re ha bisogno di
voi. Per quanto riguarda Legolas.. beh pensavo che
avrebbe potuto accompagnare Ithilwen. >concluse lo stregone.
< stupido uomo, te lo ripeto,
non ho bisogno di protezione >
rispose truce la donna.
< lo so, ma sei stata ferita da
poco, non vorrei che tu non riuscissi a portare a termine il tuo compito.. > rispose Gandalf. < Legolas? >
< Per me va bene. > rispose l’elfo.
< Per me no. Vedo che ti fidi
di me quanto io mi fido di te..ovvero niente. > l’elfa guardò lo stregone. < Non hai ancora perso l’abitudine di dare ordini…
e tutti devono eseguirli come stupide marionette. Ma
io non sono una marionetta, stregone, verrà il giorno in cui ti pentirai di
questo tuo comportamento. > e
detto ciò prese il mantello e la bisaccia e si avvio alla porta. < Sbrigati Legolas, ti aspetto sotto. Gimli,
Aragorn, buona fortuna, ci vediamo
al fosso > ed uscì.
< Ammetto che quando fa così mi
terrorizza > disse Gimli.
< Già, > rispose Gandalf
tristemente. < Non mi perdonerà mai..> sembrava
parlare più a se stesso che agli altri. Riscossosi dai suoi pensieri, osservò
gli uomini di fronte a lui. < Mi raccomando,
prudenza. E tu Legolas.. assicurati che non faccia
niente di stupido.>
< Stai tranquillo > rispose l’elfo. Un breve arrivederci, e i compagni
uscirono dalla stanza, ognuno prendendo una direzione diversa.
***********************
Poco dopo la riunione nella
camera di Ithilwen, Legolas scendeva veloce la
gradinata del palazzo di Meduseld, dirigendosi alle
scuderie. Sentiva un brivido di eccitazione correre lungo la schiena, ma non
riusciva a capire se fosse dovuto alla guerra imminente o al viaggio che
avrebbe dovuto fare insieme all’elfa. Velocemente,
salì in sella al suo cavallo pezzato e si avviò a passo sostenuto verso l’uscita
della città, verso i prati liberi. Era quasi certo che lei lo
stesse aspettando li. Eppure, quando arrivò sul verdognolo prato, della fanciulla e del suo nero cavallo non c’era traccia. Sconcertato,
rimase in silenzio, ad ascoltare, finchè…
Con uno scatto fece partire
il cavallo al galoppo, verso una bassa collina, e quando l’ebbe raggiunta,
vide, sulla pianura che si stendeva al di sotto di
essa, un nero stallone dalla criniera dorata, cavalcato da una figura
incappucciata con un nero mantello.
Velocemente le si avvicinò, ma poco prima che lui riuscisse ad arrivare
al suo fianco, lo stallone ebbe uno scarto e partì di corsa, costringendo il
cavallo dell’elfo a seguirlo faticosamente.
Il messaggio era più che
chiaro: la conversazione avvenuta il giorno prima, non voleva dire niente. Il
comportamento della donna non sarebbe di certo cambiato. Sospirando, Legolas si
rassegnò a seguire il cavallo e la donna, in un clima di silenzio e freddezza. Sarebbe
stato un viaggio piuttosto lungo. Nonostante Orthored
si fosse adeguato all’andatura del cavallo dell’elfo per evitare che esso
restasse indietro, avevano corso per tutto il pomeriggio, ed
adesso la cavalcatura era sfinita. Accorgendosene, Ithilwen
fece rallentare il suo cavallo, conducendolo verso una fossa naturale del
terreno, protetta su un lato da una grande roccia. Arrivati, si diedero subito
da fare per accendere un fuoco e per mangiare qualcosa, il tutto, in rigoroso
silenzio.
Non che il silenzio lo
infastidisse, anzi, ma Legolas sentiva la necessità di parlare con la donna. Dopo
la confessione della sera precedente,s i sentiva
legato a lei in qualche modo, e il suo restare muta lo rendeva frustrato.
< Quanto
ci occorrerà a trovare questi Zulus? > osò chiedere l’elfo. Rimase quasi stupito quando
sentì la voce della donna rispondergli.
< Sono
una popolazione nomade, ma in questo periodo di solito si trovano in queste
zone, poiché la caccia è più facile. Direi che ancora un giorno di corsa
basterà. Anche perché non abbiamo molto tempo. Il re partirà dopodomani per il
fosso di Helm, e ci impiegherà meno di tre giorni a
raggiungerlo. Questo vuol dire che ne abbiamo solo quattro per trovare gli Zulus e tornare indietro. Non sarà facile > rispose lei sgarbata.
Il silenzio tornò a regnare
ancora.
< Non
gradite la mia compagnia? > sbottò
allora Legolas, stanco ed infastidito dal
comportamento di Ithilwen.
Invece di rispondere, la
donna si slegò la maschera e tirò indietro il cappuccio, permettendo alla luce
della luna di illuminarle il volto.
< Non è
la vostra compagnia che mi infastidisce > rispose lei pensierosa dopo qualche minuto < ma è il fatto che voi siate qua
per difendermi, per proteggermi, o in ogni caso per controllarmi. E’ questo che
non sopporto > disse con rabbia,
fissandolo negli occhi.
E lui, dovette impegnarsi per
non perdersi in quel viola.
< Io non
voglio dovervi controllare, e di certo non avete bisogno del mio aiuto per
difendermi. Voglio solo evitare che la vostra ferita si riapra e voi stiate di
nuovo male. >
< sono abituata a cavarmela. Sono sola
da sempre, so arrangiarmi. >
< lo so.
Però adesso non siete più sola, che lo vogliate o no
avete dei compagni. Quindi che ne dite di evitare di essere così scontrosa con
me che non vi ho fatto nulla, e di accettare il fatto
che nel caso abbiate bisogno di aiuto non dovrete essere sola? E’ così
difficile accettare il cambiamento? > le
chiese lui <.. infondo, mi sembra un bel cambiamento. >
Dopo qualche secondo di
riflessione, lei gli sorrise, un dei suoi bellissimi e
rari sorrisi. < Si
avete ragione, è un bel cambiamento. Molto bene, farò il possibile, ma non vi
prometto niente. Temo che l’essere “scontrosa” faccia parte
del mio carattere > replicò sempre
sorridendo.
Legolas ricambiò il sorriso. < Posso chiederti il perché odi
tanto Gandalf? >
< Puoi
chiedermelo, certo > disse lei, il
sorriso svanito < Ma
ciò non significa che io ti risponderò. >
e detto ciò rimase in silenzio.
<
Capisco.. allora posso chiederti il perché continui ad
indossare il mantello e la maschera nonostante porti al collo il medaglione? >
< Beh,
direi che un po’ lo faccio per abitudine. Sai, quando si fa una cosa per tanto tempo poi è difficile cambiarla. Inoltre, lo faccio per
evitare di attirare l’attenzione. >
<
Attirare l’attenzione? >
< Domani
ti farò vedere > disse con una
smorfia, e detto ciò, restò in silenzio e chiuse gli occhi.
********************
Ripartirono prima dell’alba, ma questa volta i due cavalli correvano uno di fronte
all’altro, e, come promesso, Ithilwen non indossava
ne la maschera ne il cappuccio, lasciando il mantello libero di svolazzarle
alle spalle. Legolas non riusciva a capire il perché dovesse attirare l’attenzione.
Forse per i capelli blu e gli occhi viola? Eppure era sicuro che non fosse
quello a cui si riferiva. Curioso, continuò a correre
al suo fianco, sbirciandola di tanto in tanto. Fu così, che il sole sorse.
Legolas ci mise un attimo a
capire che la donna non correva più al suo fianco. Girandosi, la vide ferma in
sella al suo cavallo, ad osservare il sole. Ed allora capì cosa aveva voluto dire la sera precedente. I
raggi del sole illuminavano il suo viso, ma era come se non riuscissero a
toccarlo del tutto. Una barriera trasparente era porta fra lei e il sole. Una barriera
sulla quale i raggi di sole scivolavano ma allo stesso tempo, si concentravano, avvolgendola tutta. Sembrava cercassero un
modo per entrare, cercavano una breccia, e in questa
loro operazione la illuminavano di una luce eterea e accecante. Legolas non
riusciva a non guardarla. Gli occhi erano spalancati ad
osservare quella bellissima creatura circondata da fasci di luce che giocavano
ad ogni suo movimento, che la illuminavano di una luce irreale, rendendola
ancora più bella e impossibile. Non poteva esistere al mondo una creatura così.
< Te l’avevo
detto che attiravo l’attenzione >
disse lei sorridendo, ed osservando la sua mando
circondata da un raggio di luce dorata.
< Sei
bellissima > rispose lui senza fiato.
Scuotendo la testa, si rimise
il cappuccio e si coprì con il mantello, lasciano però stare la maschera. Fu
così che ripartirono al galoppo.
*******************
Trovare gli Zulusfu più facile di quanto
avessero pensato. Spinti dai problemi della guerra, si erano avvicinati ancora
di più a Rohan, facilitando così il compito dei due
elfi. Convincerli a combattere fu però più difficile.
< Pehrqualhemotihvodovrheiihocombhattherhepehrvohi? > domandò per l’ennesima volta il capotribù Pokiuh ai due elfi, con quel suo strano accento,
strascicando le parole.
< Perché tu e il tuo popolo
avete un debito in confronto di re Théoden. Se non
fosse per lui sareste già tutti morti da un pezzo! E lo
sai bene. E’ solo merito suo se voi continuate ad esistere, se avete il
permesso di cacciare dove volete. E adesso dovete restituirgli il favore! > rispose stancamente per l’ennesima volta Ithilwen, osservando quell’uomo dalla
barba nere e arruffata, le guance scavate e gli occhi neri e cupi. Era
vestito malamente con pochi stracci, e dall’odore che aveva
non si lavava da molti giorni.
Si trovavano in un radura circondata da pietre, accerchiati da dieci membri
della tribù, convocati da Pokiuh per aiutarlo a
scegliere. Erano li già da ore ormai, e non riuscivano
a convincere il capotribù ad aiutarli.
< Théodhenbuohnreh, maguehrrasuha,
nohi no cenhtrihamo>
rispose testardo.
< La guerra non è sua ma di
tutti! Cosa credete? > si infervorò
Legolas < Potete scappare da questa battaglia, ma non potete fuggire alla guerra!
La guerra è di tutti, colpisce tutti allo stesso modo, il signore oscuro non
avrà pietà per nessuno! Re Théoden sta cercando di
combattere, e combatte non per se stesso, ma per il suo popolo, per i suoi
uomini, per le persone a cui vuole bene. E lo stesso
dovresti fare tu. Ti vuoi tirare indietro da questa guerra? Bene. Ma il prima o poi ti toccherà combattere, e allora non ce la
farete. Gli orchi uccideranno te, la tua famiglia, tutta la tua tribù morirà. Non
dico che Théoden vincerà, io non prevedo il futuro. Ma è giusto combattere con lui, è giusto tentare di
aiutarlo. E se morirete, sarete morti per una causa giusta, sarete morti sapendo che stavate cercando di difendere la vostra
famiglia. Ripeto, dalla guerra non potete scappare, e allearsi con Théoden è forse l’unica possibilità per vincerla. > e detto ciò, Legolas si alzò, seguito da Ithilwen, lasciando i membri della tribù a discutere.
< Beh,
devo ammettere che sei stato fantastico. Il tuo discorso li ha davvero colpiti.
> disse la donna ammirata.
<
Speriamo. Dovevo fare qualcosa, siamo qui da ore e non abbiamo ancora risolto
niente. Pensi che cederanno? >
< Pokiuh è un uomo d’onore, sa di essere in debito con Thèoden, e sa che tu hai ragione. Vedrai, riuscirà a
convincerli. > rispose lei, sedendosi
per terra con la schiena appoggiata ad una roccia. Aveva
gli occhi chiusi, una mano a tenersi il fianco ferito.
< Come
va? > chiese
Legolas preoccupato, sedendosi al suo fianco.
< Per
fortuna la ferita non si è riaperta, eppure è lenta a cicatrizzarsi. Speriamo
che migliori un po’, o sarà un problema in combattimento > rispose con una smorfia.
L’elfo fu sul punto di dire
qualcosa ma venne interrotto dall’avvicinarsi di un
uomo. < Il caphotribhuvuholevehedervhi >
< Thuhairaghionhe. Combhattherehmocohnvohi > disse Pokiuh rivolgendosi a Legolas, quando i due elfi l’ebbero
raggiunto.
< Bene. Allora dobbiamo
sbrigarci. Abbiamo meno di tre giorni per raggiungere il fosso di Helm. > disse l’elfo sollevato.
< Tuhcahpihredehvi che cihserhve un po di themphopehrprheparharchi. >
< Quanto tempo? > chiese Ithilwen
preoccupata.
< Uhngihornhoalmheno.>
< Ma
così non arriveremo in tempo! >
esclamò lei.
< NhonprehoccuhpahtehvicorhagghioshaMorhwehn, nohicohnosherhescohrcihatohia. Arrihvahre in tempo nohi si! Eh pohivohistahncha e luhianchèripohsahresthanotthe. >concluse lui.
< Molto bene, capo Pokiuh, ti ringraziamo > rispose Legolas.
*****************
Era occorso tutto il giorno
seguente perché la tribù si preparasse alla guerra. Alla fine, fra donne e
uomini, erano riusciti a reclutare più di 700 combattenti. Ora Ithilwen e Legolas si trovavano al fianco di Pokiuh, che, sbrigate le ultime faccende
era pronto a partire.
Riposati e pronti alla
guerra, partirono.
Pokiuh fece fare al gruppo un giro strano, che neIthilwen ne Legolas avevano mai
percorso. Marciarono per ore e ore, concedendosi brevi
riposi, e fermandosi un po’ di più solo a notte inoltrata, per concedersi
qualche ora di sonno.
Ad ogni modo, fu con
incredulità che dopo il secondo giorno di marcia, arrivarono in vista del
fosso.
<
Ammetto di aver temuto che non ce l’avremmo fatta > disse Legolas con un sospiro di sollievo.
< Vale
lo stesso per me. Ma adesso siamo arrivati, siamo in tempo, e abbiamo svolto il
nostro compito.. tutto sommato siamo stati bravi > gli rispose lei con un sorriso.
Lo so lo so lo so lo so con
un ritardo spaventoso.. so di non poter essere
perdonata ma spero che il capitolo nuovo vi abbia addolciti almeno un po’..
Ok potrei continuare all’infinito
a chiedere perdono, ma preferisco sapere da voi.. cosa
ne pensate del nuovo capitolo?? Ovviamente alcune cose sono inventate.. spero che si capisca ciò che dice il capotribù ma mi pare
di si ^^
Lo so non è niente di che,
nessuna rivelazione sconcertante, ma si sta avvicinando la guerra e bisogna
prepararsi!!!
E già, proprio così, prossimo
capitolo, guerra!!! Che cosa succederà?? Vi avverto
già che ci sarà un colpo di scena diciamo XD
Bene fatemi sapere.. scusate ancora e un bacio a tutti!!!
RINGRAZIAMENTI:
Illidan: Ciao! Prima
di tutto scusami tanto per il ritardo.. allora: grazie
molte per i complimenti, mi fa piacere che la storia ti sia piaciuta, e si.. il
serpente mi ispirava particolarmente sia per il significato malvagio sia perché
la forma di per se la trovo molto intrigante, arcana e misteriosa. Mi sembrava
facesse un bell’effetto ^^.Aaaaa ecco le domande! Ovviamente non posso rispondere a
tutte quante, in parte anche perché man mano che il tempo passa, più l’idea si
modifica e cambia. In ogni caso, perché Sauron ha
paura di Ithilwen.. ah no
questo proprio non si può dire! Però in effetti hai
ragione, questo spiega la fissazione per gli anelli.. siamo riusciti a
risolvere il grande segreto del libro! Perché parla di anelli? Perché è stato
respinto da una donna XDXD sono certa che Tolkien
sarebbe d’accordo con noi U_Ummm poi come hai
scoperto no, nessun orchetto ha cercato di uccidere Ithilwen.. ci sarà un piano più terribile in atto! Er quanto
riguarda Legolas… ah chissà potresti avere ragione.. ma
non posso svelarti niente, altrimenti poi non leggi più! XD ti posso assicurare però che questa ff
sarà piena di colpi di scena, e diversa da quello che potresti immaginare… sa
si vedrà! Spero in una tua prossima recensione ciao!
Chicchetta99: ciao chiedo scusa per il ritardo..mmm il fatto che ci avessi quasi azzeccato mi fa
temere che sia un po’ troppo scontata come ff.. spero
però non sia così! Grazie mille per i complimenti, e spero che il capitolo ti
sia piaciuto.. a presto bacio!
Strowberry_sin: ed eccomi
arrivata a te.. sembri essere la più presa da questa
storia, quindi ti chiedo veramente scusa!! Il mio ritardo è imperdonabile! Spero
comunque che il capitolo ti sia piaciuto! Ammetto di averlo scritto soprattutto
per te.. non fosse stata per la tua insistenza non so
quando avrei aggiornato! ^^ mi spiace gettarti in dilemmi biblici, e quindi ti
posso aiutare: Legolas sempre e comunque!! Mi sembra
la soluzione migliore…anche perché a dire il vero io non sopporto i serpenti sono un mio terrore! E poi Legolas è indubbiamente
più bello e affascinante di un coso strisciante U_U
dimmi cosa ne pensi un mega bacionee un abbraccio!
CaMbAbOy: mi fa
piacere che ti piaccia la storia e chiedo scusa per il
ritardo! Dimmi cosa ne pensi un bacio!
Un grazie particolare a tutti coloro
che mi seguono.. un bacione!!
Le mura del tromba torrione si levavano imponenti, forti e possenti
nella loro antica bellezza, fatta di pietra e legata dal coraggio e dalla
speranza degli uomini che l’avevano costruito
CAPITOLO 7°: Battaglia
Le mura del tromba
torrione si levavano imponenti, forti e possenti nella loro antica bellezza,
fatta di pietra e legata dal coraggio e dalla speranza degli uomini che
l’avevano costruito. Uomini che adesso si agitavano ansiosi all’interno delle
sue mura, cercando calma nel senso di protezione che esso emanava, ma non
riuscendo a trovarla, perché ovunque i segni della imminente
guerra erano tangibili. Gli uomini erano irrequieti, vestiti delle loro
armature che niente altro avevano visto se non il
fondo scuro del baule nel quale per anni erano state rinchiuse. Armature che
mai guerra avevano visto, nella loro lucente
perfezione, non un segno a scalfirne la liscia fattezza, e uomini, abituati a
coltivare i campi e a pensare alla guerra come un qualcosa di astratto che mai
avrebbe potuto colpirli.
Aragorn scosse la testa, incapace di colmare il senso di
morte che pian piano gli riempiva il cuore per poi passare ai polmoni,
impedendogli di respirare. Aveva passato tutta la sua vita a combattere, a
uccidere, al fianco di uomini che come lui avevano scelto di sacrificare la
propria vita a difendere gli altri, e molti ancora ne aveva
combattuti, uomini che avevano scelto di uccidere per soldi o più semplicemente
per egoismo, per avidità. In ogni caso, quegli uomini erano soldati, gente che
viveva con la guerra nel sangue. Ma guardandosi
attorno, non vedeva soldati, non vedeva occhi sicuri e decisi, carichi di uno
scintillio di folle eccitazione per la battaglia imminente, colmi di voglia di
mettersi in gioco, a disprezzo della propria vita. Vedeva solo uomini strappati
ai loro campi, con armature che li soffocavano e spade smussate inutilizzabili,
occhi pieni di ansia, disperazione, paura. Paura per se
stessi, paura per i loro cari, paura per il futuro. I loro occhi questo riflettevano, insieme alla voglia di scappare lontano, se
non fosse stato per l’onore e un briciolo di speranza che li legava a quel
posto. Forse era proprio questo a fargli più male: quella speranza che vedeva
nei loro occhi, che urlava sovrastando il rumore frenetico del borgo, che
continuava a vivere imperterrita, una speranza folle e senza senso che doveva
continuare a vivere, perché se fosse morta avrebbe trascinato tutto nell’oblio.
Aragorn lo sentiva, sentiva quell’ urlo,
e il suo cuore urlava di rimando: FOLLE! Esatto, non era altro che follia.
Perché la speranza non c’era, non ci poteva essere speranza per uomini non
addestrati, non ci poteva essere speranza per loro contro gli orchi. E questa
certezza cresceva sempre di più fino a lacerarlo. Aveva cercato di combatterla,
di negarla, ma aveva capito ben presto che illudersi non sarebbe servito a
niente. Eppure quegli uomini credevano in lui, era a lui che la loro speranza
si rivolgeva, e lui non poteva fare niente altro se
non starla a sentire, aspettando il momento in cui sarebbe inevitabilmente
morta.
Si appoggiò al bordo delle mura, passandosi una
mano sul viso, coprendo gli occhi. No, non era questo il momento di cedere, non
era questo il momento di rassegnarsi. Lui avrebbe combattuto, avrebbe guidato i
suoi uomini in battaglia, e avrebbe fatto qualunque cosa per vincere, o sarebbe
morto nel tentativo.
Il suo sguardo si perse sull’orizzonte, verso la
terra di Mordor… chissà come stavano Sam e Frodo,
chissà se erano ancora vivi, chissà dove si trovavano… tutto era nelle loro
mani…
< quei due ce l’hanno fatta a quanto pare!> la voce tonante di Gimli
si insinuò nei suoi pensieri. < guarda un po’ laggiù> gli disse il nano indicando il prato in
lontananza.
Aragorn seguì il suo dito e sentì il suo cuore mancare un
battito, e illuminarsi di gioia e di un pizzico di speranza in più. Una figura
incappucciata cavalcava a fianco di un elfo dai lunghi capelli biondi, e dietro
di essi, circa un migliaio di uomini camminavano severi e ordinati, le armi salde
nelle mani, gli sguardi fieri e selvaggi, i corpi possenti e muscolosi:
soldati.
Legolas e Ithilwence l’avevano fatta.
****************************************
Ormai era pomeriggio inoltrato, il sole sarebbe
tramontato nel giro di qualche ora, e la fortezza era come congelata.
L’elfa era seduta sull’ultima cinta muraria, la
schiena appoggiata a una torretta di guardia, lo sguardo che si perdeva in
lontananza. I capelli, di solito lasciati liberi, erano ora racchiusi in un stretta coda, che scivolava sinuosa fino alla vita. Il
petto era ricoperto da un’armatura di ferro, che le copriva il collo e le
spalle arrivando fino alla vita. Un armatura elfica,
che seguiva i movimenti del corpo, diversa da quelle umane, così rigide e
scomode. Pareva quasi di non averla addosso. Gli avambracci erano protetti da
placche di metallo, la faretra sulla schiena era piena di frecce, l’arco
sembrava fremere, due spade erano legate ad un
cinturone legato alla vita, il ciondolo risplendeva al collo.
Ithilwen era in tenuta da guerra. Qualche ora dopo il loro
arrivo alla fortezza, un messaggero era arrivato disperato, annunciando
l’avanzata dell’esercito nemico.. centinaia di
migliaia di orchi si stavano avvicinando al fosso, impedendo ogni fuga,
impedendo agli assaliti di essere raggiunti da aiuti. Erano in trappola. Quelle
erano le ultime ore di tregua prima della distruzione.
Il respiro della donna era lento e regolare,
nessuna paura nel suo sguardo, nessuna agitazione, nessun divertimento.. non c’era niente nei suoi occhi, se non una lieve traccia
di malinconia, mentre osservava il sole tramontare. Le labbra rosate si
muovevano silenziose, quasi a parlare ai prati silenziosi, al sole, al futuro,
al passato..
Una goccia di pioggia le cadde sulla fronte,
scivolando lungo il profilo della mascella, per perdersi infine nel freddo
vento della sera. Il sole era tramontato, e le nuvole che per tutto il giorno
avevano annunciato pioggia, si stavano finalmente svuotando. Sorridendo,
continuò a muovere le labbra alzando la voce, permettendo alla canzone di
risuonare per le fredde mura, arrivando alle orecchie degli uomini, correndo
lungo i prati, accompagnato le gocce di pioggia, trascinate lontano dal vento.. una canzone che parlava di guerra, di uomini valorosi
pronti a battersi per qualcosa di giusto, che parlava di tristezza, di
solitudine, di terrore, ma anche di speranza, quella folle speranza che non
muore mai, che permette di andare avanti, quella speranza che si rinvigorisce
al sorgere di una nuova alba..una canzone antica come la terra, dalle parole
sconosciute, ma capace di entrarti nel cuore.
Tutti gli abitanti della fortezza rimasero
immobili, ad ascoltare ciò che la voce melodiosa voleva trasmettere, a
riempirsi il cuore di quella speranza e di quella dolcezza.
Legolas alzò gli occhi verso le mura, fissando
quella donna forte e coraggiosa, ascoltando la sua canzone, riempiendosi di lei..
Finì di controllare che tutti gli uomini fossero al
loro posto, e si incamminò verso la cinta muraria.
Arrivò alle spalle della elfa mentre questa terminava la canzone,ma invece di
parlare, si appoggiò alle mura accanto a lei, fissando lo sguardo in
lontananza.
La pioggia aveva ormai iniziato a scendere
abbondante, ma i suoi occhi vedevano benissimo lo stesso.
< Arriveranno nel giro di qualche ora> disse al vento, con sguardo concentrato.
< I rinforzi ormai non riusciranno ad arrivare, avevi ragione tu. Theoden ha voluto rischiare, e ha perso. Ormai solo le
nostre spade potranno aiutarci.. ma la maggior parte
di questa gente non sa combattere… la speranza di sopravvivere è sempre più
lieve.> sospirò lei.
< Lo dici come se per te vivere o morire non fosse una cosa di grande
importanza.>
Lo sguardo di lei si
oscurò. < soltanto pochi giorni fa ti avrei
detto che era così..ma adesso… adesso non capsico
nemmeno io..> scosse la testa
< sono semplicemente realista. La speranza
per noi è quasi assente. Eppure, so che impegnerò tutte le mie forze in questa
battaglia… non intendo rinunciare a… > sorrise e lo fissò negli occhi < ho
intenzione di lottare per vivere >
< bene, a quanto pare alla fine fai progressi > le rispose Legolas con un sorriso.
Ma invece di sorridere, lei tornò a guardare l’orizzonte
assorta. La pioggia le incollava i capelli al viso e faceva
aderire i vestiti al corpo.
< sai.. mi stavo chiedendo.. perché combatti
questa guerra? > chiese Ithilwen tornando a guardarlo.
Lesse la confusione negli occhi dell’elfo. < combatto perché è giusto, perché non possiamo stare ad aspettare
che il mondo venga distrutto senza fare niente,
aspettando il momento in cui le foreste verranno distrutte e i fiumi
prosciugati, e tutti noi verremo fatti schiavi. Dobbiamo lottare, per avere un
futuro migliore, non dobbiamo rassegnarci, non finchè
c’è qualche speranza di cambiare le cose.> rispose lui.
Lei rimase per un attimo a fissarlo negli occhi,
come a cercare la certezza di qualcosa sul viso di lui,
e a un certo punto, parve trovarla, perché una smorfia le distorse il viso e
lei scosse la testa.
< un altro idiota che si illude di poter
cambiare il mondo..> sospirò.
< idiota è colui che fugge sotto i sassi
aspettando la conclusione delle cose> rispose lui duramente.
< quello si chiama buon senso > rispose lei arrogante.
< non pensi davvero quello che stai dicendo,
altrimenti perché saresti qui?> la provocò lui.
< perché ho stretto un patto con voi.> gli sorrise lei, scendendo dal muro e
avvicinandosi fino ad averlo a pochi centimetri di distanza.
< stai mentendo! > sorrise
lui a sua volta, fissandola negli occhi, osservando le gocce di pioggia
disegnare arcaici disegni sul suo viso che rifletteva pallido nella notte.
< hai ragione..> una smorfia triste le comparve sul viso < è solo che… di solito gli idioti muoiono prima di avere il tempo di
cambiare qualcosa..> disse
abbassando gli occhi e voltandosi di nuovo a fissare l’oscurità, allontanandosi
da lui.
< ..vuoi dirmi che hai paura per me?> rise lui malizioso, avvicinandosi di nuovo a lei.
< tse non mi sembra di aver fatto il tuo
nome del discorso> esclamò
lei sbuffando elanciandogli
uno sguardo divertito.
< certo..> sorrise lui scuotendo al testa. Rimase a fissarla, osservando il corpo
sottile, il viso delicato che fissava deciso l’orizzonte, i capelli
scompigliati dal vento.. e improvvisamente un'altra
immagine gli balenò in mente: era sempre lei, sempre appoggiata a quel muro, ma
questa volta i suoi occhi erano velati, i capelli scendevano disordinati sulla
schiena, le labbra esangui bagnate di sangue, una profonda ferita alla schiena,
da cui il sangue continuava a sgorgare..
L’immagine così vivida nella sua testa lo spaventò.
Non avrebbe potuto sopportare di vederla così..
< Tu non devi combattere.> esclamò lui improvvisamente.
Lei si voltò a fissarlo, e i suoi occhi si
spalancarono quando lesse il turbamento deformare il suo bel viso. < ma cosa stai dicendo? >
< Non devi combattere, è pericoloso! > esclamò lui afferrandola per un braccio e
fissandola negli occhi.
< adesso sei tu che ti preoccupi per me > sorrise lei liberandosi dalla sua stretta.
< Ithilwen questo non è un gioco, puoi
rischiare di morire! Ascoltami..> proseguì lui, ma lei gli mise una mano sulla
bocca, impedendogli di parlare.
< No, sei tu che devi ascoltare me. So benissimo che non è un gioco,
so quali sono i rischi, ma come hai detto tu, non ci si può nascondere
aspettando che tutto sia finito. So combattere, sono stata addestrata a farlo
fin dalla nascita, non devi temere per me… e se in questi giorni hai capito
qualcosa di me, sai di non poter pretendere che io stia in disparte a guardare
mentre la battaglia imperversa.. > aveva parlato con convinzione, fissandolo negli
occhi, parole dure e sguardo serio, tentando di calmarlo.
Rimasero a fissarsi ancora a lungo, sotto la
pioggia, finchè improvvisamente, il rullo di un
tamburorisuonò
nell’oscurità del prato, e lei sorrise.
< coraggio stupido, vediamo di non farci uccidere. >
***********************************************
Gli orchi arrivarono. A migliaia, bestie assetate
di sangue, marciarono ordinatamente fino a trovarsi a qualche centinaio di
metri dalle mura esterne. I tamburi risuonavano nella
notte cupa, i lampi sporadici riflettevano sulle cotte di maglia, rendendo la
scena quasi surreale.
Dietro la protezione delle mura, gli uomini erano
schierati ai loro posti, immobili, osservando con terrore crescente la marea di
nemici che si stagliava ai loro piedi.
Un mare in burrasca, che presto si sarebbe
abbattuto con forza disumana sul forte, e la domanda che risuonava nella mente
di tutti era: riuscirà a resistere?
Riusciranno le solide mura di pietra a contenere la
valanga d’acqua, o crolleranno?..trascinando tutto
nella distruzione?
Adesso era tutto in mano al destino: per quanto gli
uomini potessero combattere e respingere l’assalto dei nemici, tutto sarebbe
stato vano, se le mura fossero crollate.
Ma la pietra è solida, la pietra è forte, e per
quanto il timore fosse crescente, occorreva pensare solo alla battaglia, e
sperare che la pietra vincesse l’acqua.
< un bel numero certo.. direi che ci sarà da divertirsi per tutti, non trovi
elfo?> esclamò il
nano, osservando la schiera di nemici con occhi ardenti di eccitazione e
impazienza.
< per una volta hai
più che ragione.. ne avremo per un bel po’..> rispose pensieroso Legolas, scrutando lontano.
< mmm
non va bene così! Non si può affrontare una battaglia con questo stato d’animo!
La fai quasi sembrare una tragedia!..rischi di
avvilirmi!> si imbronciò il
nano.
< Avvilire te? Temo
che sia impossibile! Lascia perdere Legolas, oggi non
fa che lamentarsi e preoccuparsi > gli sorrise Ithilwen, che si trovava al suo
fianco < In fondo, siamo semplicemente qualche centinaio di
migliaia in meno, cosa vuoi che sia! > sbuffò con un sorriso sbieco, fissando a sua volta le truppe nemiche.
< ottimismo miei cari
elfi, ci vuole più ottimismo! Ma in fondo posso
capirlo, se temete di non farcela… ahhh vorrà dire
che ogni tanto mi assicurerò che siate ancora vivi > disse con scherno, una finta aria di esasperazione
che non poteva contenere la perversa felicità per la lotta imminente.
< eh si, è di sicuro meglio che ci tenga d’occhio tu.. potrebbe
essere difficile per noi riuscire a vederti nano! > esclamò Legolas, sorridendo al rossore che si
diffuse sulle guance del nano.
< insolente, sempre
il solito insolente..> prese a borbottare il nano, mettendo fine alla
chiacchierata.
Gli uomini e gli orchi rimasero a fissarsi ancora
per qualche tempo, finchè, un urlo di guerra proruppe
dalle prime linee delle schiere nemiche, che si lanciarono verso le mura.
Pronti e seguendo gli ordini, un centinaio di archi
incoccarono le frecce e si tesero. Le braccia erano
ferme, ma i cuori palpitavano. Non era necessario cercare un bersaglio, perché
l’oscurità rendeva difficile sceglierne uno, e capire se il colpo sarebbe
andato a segno sarebbe stato comunque impossibile.
La pioggia rendeva difficile la traversata agli
orchi, rendeva scivolose le armi, turbava ancora di
più i cuori.
un urlò risuonò nel
silenzio delle mura.
Le frecce scoccarono tutte
insieme e come un fiume si rovesciarono sui nemici, decimandoli.
Un urlo di felicità si propagò tra le file, vedendo
la schiera di corpi cadere, subito zittito però, dalle grida di rabbia dei
nemici, che poco addestrati e privi di controllo, si lanciarono contro le mura…
a centinaia..a migliaia..
< Lanciate a
volontà!>
Le braccia ormai si muovevano rapidamente,
incordando e scoccando, incordando e scoccando..
Gli archi furono sufficienti per qualche tempo, ma
ogni volta che un orco cadeva veniva sostituito da
altri cinque.
Ben presto le scale e le corde incominciarono ad
attaccarsi al muro, e accanto agli arcieri le spade vennero
sguainate.
*********************************
Combattevano ormai da ore, e il temporale
continuava a imperversare.
La cotta di maglia di Ithilwen
gocciolava di sangue non suo, i capelli erano
appiccicati al collo e alle guance, su cui in una spiccava un taglio netto che
le dipingeva di sangue il profilo del viso. In entrambe le mani reggeva una
spada, l’arco fermo della faretra ormai vuota, le braccia si muovevano sicure,
abbattendo un orco dopo l’altro. Era ancora presto per sentirsi stanca. Si
concentrò per regolare il respiro, e uccise l’orco che le si
era parato davanti. Approfittò dell’improvviso momento di tranquillità
per guardarsi velocemente attorno. La prima cinta di mura era cosparsa di
cadaveri, uomini e orchi si mescolavano in un ammasso indistinto di sangue.
Ancora un centinaio di soldati era rimasto a combattere, ma gli orchi erano
veramente troppi, sembravano non finire mai, ma nonostante ciò gli assediati
erano riusciti per ora a impedire l’accesso alla seconda cinta di mura.
Sentì un rumore alle sue spalle e con un movimento
sinuoso del polso conficcò la spada nell’addome dell’orco dietro di lei. Fine
della pausa.
Uccise un altro paio di orchi, avvicinandosi a una
delle tante scale da cui gli orchi continuavano a salire, e con l’aiuto di un
paio di uomini, riuscì a buttarla giù. Osservò il vuoto creatosi nel prato
nella zona in cui la scala era caduta, ma sapeva che presto essa sarebbe stata
sostituita da un'altra, e sarebbe occorso ricominciare da capo.
Intravide Legolas combattere qualche metro più
avanti. Osservò il corpo dell’uomo piegarsi, muovere il braccio e conficcare il
pugnale nel collo di un orco, dopodiché ruotare su se stesso facendo perno
sulla gamba destra e colpire con l’altro braccio impugnante l’arco un altro orco. Non si poteva negare che fosse
dannatamente bravo. Ore di battaglia, e nemmeno un graffio.
Con una punta di gelosia, Ithilwen
coprì velocemente i pochi metri che la separavano da lui, arrivando al suo
fianco.
< Com’è la situazione? > gli chiese, affondando la spada in un orco.
< mmmdirei che ne
restano ormai soltanto qualche migliaia, tutto bene > rispose lui colpendo a sua volta.
< Idiota, proprio adesso ritrovi il sarcasmo tu >rispose lei con un
sorriso tirato, che si spense nell’uccidere un altro orco.
< va male. Hanno troppo vantaggio rispetto a noi, ma finchèAragorn e Gimli non cedono, c’è qualche speranza> rispose guardando per un attimo verso il cancello.
< Non resisteranno a lungo temo. > disse lei con sguardo duro, osservando l’ariete infuocato che una
dozzina di orchi stavano trasportando verso il
cancello.
Il terrore passò negli occhi dell’elfo. Prese per
un braccio il soldato più vicino < presto, corri a dire
al cancello che gli orchi stanno arrivando con un ariete infuocato.
Muoviti!> gli urlò.
Guardò l’uomo farsi strada
a fatica, dopodiché si volse verso l’elfa< dobbiamo trovare delle frecce, e degli arcieri..e un posto
abbastanza sicuro da cui tirare..>
Lei rimase pensierosa per un attimo < la torretta nord! > ansimò schivando un orco e trafiggendolo poi con la spada.
Uno sguardo di intesa, e i
due elfi iniziarono a muoversi in direzione della torretta, uccidendo gli orchi
sul loro cammino, recuperando le frecce che trovavano nei corpi, e radunando
attorno a loro i soldati che possedevano un arco.
Arrivarono nell’arco di poco tempo alla torretta,
con le faretre mezze piene e otto uomini con loro.
La torretta altro non era se non una piccola zona sopraelevata
rispetto alle mura, di forma quadrata, protetta da merli, da cui si accedeva
tramite una corta scaletta.
Tre uomini rimasero a proteggere la scala
dall’attacco degli orchi, mentre i due elfi e gli altri cinque uomini si
distribuirono dietro i merli che davano verso il cancello.
< Mirate agli orchi
che trasportano l’ariete. Il portone non deve cedere!>diede ordine Legolas posizionandosi
accanto a Ithilwen, incordando l’arco. < tirate!>
******************************************
Aragorn si appoggiò un attimo al muro, esausto. Da ore
ormai faceva avanti e indietro, dall’interno delle mura all’esterno, e
viceversa. Il re lo aveva posto a proteggere e comandare le azioni del
cancello, la parte più vulnerabile delle mura, la parte che non doveva
assolutamente cedere.. la parte su cui la marea
avrebbe colpito più forte.
Gli arcieri posti sulla parte di muro sovrastante
il cancello continuavano senza sosta a bersagliare gli
orchi, aiutati da uomini che lanciavano pietre e tutto ciò che avevano a
disposizione. Ogni volta che gli arcieri si ritrovavano senza frecce, Aragorn, Gimli e una ventina di
soldati uscivano da una piccola porta situata accanto al cancello e uccidevano
gli orchi che cercavano di arrivare al cancello, dando tempo agli arcieri di
riposare e di ricevere nuove frecce, dopodiché tornavano all’interno, e tutto
ricominciava. Naturalmente, occorreva coordinare le azioni dei soldati disposti
sulle mura, perciò ogni mezz’ora delle sentinella
arrivavano a riferire l’andamento della battaglia, compreso il numero
approssimativo dei morti, e Aragorn doveva pensare in
fretta e trovare il modo di organizzare al meglio la difesa. Era stanco, e
aveva riportato parecchie ferite, e come lui la maggior parte dei soldati non
ce la faceva più.
< devo ammettere che
è più dura di quanto avessi immaginato! > esclamò Gimli, arrivando accanto a lui.
< già..gli uomini sono stanchi, io sono stanco.. e gli orchi
continuano ad arrivare, sempre di più, con sempre maggior forza..non so quanto
resisteremo ancora>Aragorn si passò una mano sul viso.
< il cancello
resiste, e noi non ci arrenderemo.. la speranza non è
ancora persa> esclamò Gimli.
In quel momento, un soldato si fermò ansimante
davanti a loro, una mano sul fianco destro sanguinante. < gli orchi..attaccano..ariete..fuoco!> riuscì ad ansimare, faticosamente.
L’uomo e il nano si precipitarono sulla scala che
portava alle mura sovrastante il cancello, affiancando
così gli arcieri, che in quel momento erano immobili, a fissare un punto nella
notte.
Aragorn osservò la sterminata marmaglia di orchi che
spingeva sulle mura del forte, ma un punto luminoso, in prossimità del
cancello, attirò la sua attenzione. Una ventina di orchi trasportavano
un gigantesco ariete infiammato, che grazie alla pece di cui era ricoperto
impediva alla pioggia di spegnere il fuoco.
< Questa non ci voleva!> esclamò Aragorn. < presto, mirate agli
orchi!> urlò agli
arcieri, indicando l’ariete.
Osservò gli arcieri incordare le frecce, mirare..e improvvisamente, caddero trafitti. Uno,
due, tre, dalla notte, frecce li decimarono, costringendo gli altri a nascondersi
dietro alle mura.
< ma
cosa succede!> esclamò Gimli.
Dal riparo del muro, Aragorn
guardò verso il prato, e notò un qualcosa.. una
costruzione! Gli orchi avevano portato fin li una
specie di palafitta. Certo, non era alta quanto le mura, ma da quell’altezza
gli orchi potevano a loro volta usare gli archi, e colpire chi si trovava sulle
mura. Una cinquantina di orchi adesso, tirava frecce ai soldati che si
trovavano sulle mura, che non avevano alcuna protezione, dovendo affrontare sia
gli orchi che le frecce.
< Maledizione!> imprecò Aragorn. Dalla
posizione in cui si trovava, non poteva muoversi per il rischio di essere
colpito..e l’ariete si avvicinava.
Improvvisamente, vide gli orchi che sorreggevano
l’ariete cadere, trafitti da una nube di frecce. Ma che cosa..??
< Devo ammettere che
sanno il fatto loro!> esclamò
ridendo Gimli, in direzione della torretta nord.
Aragorn guardò e li vide. Legolas, Ithilwen
e un gruppo di soldati, al riparo del muro avevano iniziato a bersagliare di
frecce gli orchi che tentavano di avvicinarsi al cancello. Vedeva gli archi
tendersi e scoccare, senza sosta.
Ma presto, le frecce sarebbero finite, e gli orchi
che cadevano veniva subito sostituiti da altri.
Si doveva fare qualcosa.
< Gimli,
torna accanto al cancello, e fai in modo che delle assi vengano
usate per rinforzarlo.> vide il
nano strisciare verso le scale e sparire in gran fretta < e voi arcieri!
Dobbiamo neutralizzare gli arcieri nemici, per il momento il cancello è al
sicuro. Muoversi!> prese un
arco e una faretra, e iniziò a scoccare.
La cosa era difficile, visto che
doveva anche schivare le frecce, ma i soldati erano più addestrati ed erano
comunque in una posizione vantaggiosa, e presto gli orchi arcieri vennero
decimati. Ci sarebbe voluto tempo, prima che potessero essere sostituiti, ma….
Un colpo fece scuotere le mura.
Un altro colpo.
L’ariete stava colpendo il cancello.
Aragorn guardò in basso, e vide Gimli
urlare ordini, gli uomini tentare di rinforzare il cancello, ma presto sarebbe
caduto..e ormai le frecce erano esaurite.
Prese in fretta la sua decisione.
< Voi > disse indicando una decina di arcieri < restate qui, e
continuate a colpire. Voi altri, al cancello con me!> e si precipitò giù dalla scala, seguito dai
soldati.
*********************************
Avevano continuato a lanciare frecce senza sosta,
al riparo della torretta. All’inizio, il piano aveva funzionato, la marcia
dell’ariete si era arrestato, ma i rinforzi che
speravano di ottenere dal cancello non erano arrivati. Gli orchi avevano
trovato il modo di lanciare frecce a loro volta, e i soldati di Aragorn avevano cercato di contrastarli, con ottimi
risultati, lasciando a loro il compito di fermare l’ariete. Ma
nonostante gli sforzi, le frecce si erano esaurite presto.
< Maledizione!> esclamò Legolas, osservando le faretre ormai
vuote, e l’ariete che riprendeva la sua corsa.
< Non possiamo più
fare niente qui.> urlò Ithilwen. < Torniamo alle mura!> si alzò tirandolo per un braccio. Scesero le
scale, e tornarono allo scoperto, le spade sguainate,
gli sguardi duri.
Improvvisamente, un colpo fece tremare le mura.
< Stanno colpendo il
cancello!>urlò Legolas,
trafiggendo un orco e lanciandosi verso il portone.
urlò Ithilwen, ponendosi davanti a lui, costringendolo a fermarsi
e a girarsi per proteggersi le spalle. Lei uccise un altro orco < Ci sono Aragorn e Gimli
al cancello, per il momento sono impegnati, e quindi nessuno starà più pensando
ad organizzare la difesa qui sulle mura. Noi dobbiamo
restare qui a coordinare le azioni, non serve niente concentrarsi tutti al
cancello e lasciare le mura poco difese!> disse velocemente, colpendo un altro orco.
< Hai ragione. Coraggio, tu vai di là, io di qua.> disse indicandole verso destra < la cosa più importante è eliminare le scale e le corde..e cercare
di trovare delle frecce>
Uno sguardo di intesa, e
poi si divisero.
Ithilwen tornò indietro, e si affiancò a uno dei soldati
che erano con lei sulla torretta. < dobbiamo riorganizzare la difesa. Di hai soldati di disporsi a coppie lungo tutto il perimetro
del muro, e di distare l’una dall’altra di una ventina di passi. Bisogna
buttare giù le scale..e trovare frecce! Vai!> disse spingendolo, e continuando a muoversi,
ripetendo gli ordini a un secondo soldato. Occorreva fare in fretta, dovevano essere pronti per quando gli arcieri degli orchi si
fossero riorganizzati.
Sentì un colpo abbattersi sul fianco destro, e un
urlo di dolore proruppe dalla sua bocca. La ferita si era riaperta. Un altro
colpo la colpì sulla schiena, ma l’armatura fece il suo dovere e la protesse.
Si girò di scattò ad affrontare l’orco che l’aveva
colpita, schivò un nuovo colpo e conficcò la lama nell’addome. Un movimento con
la coda dell’occhio, mosse il braccio all’indietro e pugnalò un secondo orco.
Si tastò il fianco ferito, e trattenendo una
smorfia, continuò a muoversi e a dare ordini. In
breve, la difesa si riorganizzò. Ogni coppa di soldati si parava le spalle a
vicenda, e la distanza dagli altri permetteva ai rinforzi di raggiungerli in
caso di bisogno. Era perfetto.
Si voltò a cercare Legolas con lo sguardo, e lo
vide impegnato con due orchi. Anche dal suo lato la difesa era
riorganizzata.Lo osservò trafiggere il
primo, girarsi e tirare un calcio al
secondo,buttandolo giù dalle mura. Un respiro e poi…
Tutto sembrò congelarsi.
Vide la freccia nera conficcarsi nella sua spalla
destra, e l’orco colpirlo al fianco.
Osservò con terrore il sangue inondare le sue vesti..
Lo osservò voltarsi con uno sforzo e uccidere
l’orco..
Lo vide cadere su un ginocchio..
Vide gli orchi arrivare…
Un urlo disperato le uscì dalle labbra.
Con una spallata schivò un orco, ne uccise un
altro, scavalcò il cadavere e continuò la sua corsa.
No…No…No…No…NO….
Ecco cosa continuava a pensare Ithilwen
mentre correva, uccideva e schivava gli orchi. Le frecce avevano ripreso a
mietere vittime, ma lei non ci badava.
Continuava solo a correre…e a guardarlo.
Legolas si era rialzato, ad affrontare gli altri
orchi. Ma i suoi movimenti erano più lenti e pesanti, si leggeva
lo sforzo e il dolore.
Improvvisamente, vide un orco colpirlo al fianco, e
lo vide accasciarsi, scivolando giù dal muro, verso l’oscurità…
urlò,
trafiggendo l’orco che le sbarrava la strada e muovendosi ancora più
velocemente.
Il tempo sembrava rallentare, la sua corsa era
sempre più lenta, mentre lui scivolava sempre più velocemente, non trovando
appigli, le mani che scivolavano sul sangue..
Vide un orco chinarsi sull’elfo per dargli il colpo di grazia, ma ormai lei era arrivata.
Con un movimento fulmineo uccise l’orco, facendolo
cadere dal muro, si girò e ne trafisse un secondo, e poi un terzo.
urlò alla coppia di soldati più vicina, che le si avvicinò a fatica.
Senza guardare se erano o no arrivati, rinfoderò la
spada e afferrò la mano di Legolas, impedendogli di cadere nel mare di orchi.
< Dannato idiota, vedi di non mollare la mano!> urlò lei, angosciata.
< Non ci penso nemmeno..> sussurrò lui, fissandola grato negli occhi.
Lei assicurò la presa all’avambraccio
di lui, dopodiché, ignorando il dolore al fianco, fermò il suo corpo
contro il muro, inginocchiandosi, e fece forza con le braccia.
Il dolore era sempre più forte, i capelli le
impedivano di vedere bene, la fronte era madida di sudore, e Ithilwen si rese conto di non essere abbastanza forte per tirarlo su da sola.
Sentì gli occhi bruciare, digrignò i denti dalla
rabbia, e fece ancora più forza. Non lo avrebbe lasciato cadere.
Sentì improvvisamente una figura accanto a se, e
temette che un orco la stesse attaccando, ma invece
vide uno dei soldati che aveva chiamato in aiuto chinarsi a prendere l’altro
braccio dell’elfo, e fare forza per tirarlo su. Pian piano, faticosamente,
l’elfo riguadagnò il muro. Le braccia dell’elfa e
dell’uomo si strinsero attorno al torace di Legolas, tirandolo finalmente al
sicuro, e al riparo del muro.
I due elfi rimasero a fissarsi,
lei con la braccia attorno al torace di lui.
< credevo avessimo deciso di non farci uccidere! Cos’è, volevi
testare la mia resistenza? O vedere se riuscivi a farmi morire di paura? > gli sbraitò contro lei.
< non credevo saresti arrivata..ma sono
contento di vederti.. grazie > sussurrò lui chiudendo gli occhi per un attimo.
< sei in debito con me adesso, ricordalo. > disse lei, spostando le braccia e posizionando le mani attorno alla freccia < stai fermo. > e detto
ciò tirò.
Il corpo dell’elfo ebbe uno spasmo dovuto al
dolore, quando la freccia uscì. La ferita venne
tamponata velocemente con uno straccio, per fermare il sangue.
< temo che per il fianco non si possa fare molto. > sussurrò lei.
< va bene così…>
Un rumore terribile, di assi che cedevano,
interruppe le sue parole.
< il cancello!> dissero terrorizzati, alzandosi e guardando in
direzione del portone..ormai distrutto dall’ariete.
Anche i due soldati che fino ad
allora si erano occupati di tenere gli orchi lontani da loro, smisero di
combattere terrorizzati.
< il cancello è
caduto!> sussurrarono.
************************************
Aragorn fissò per un attimo la testa dell’ariete irrompere
dalle assi del cancello e farsi strada verso l’interno
delle mura, una belva infuocata che aveva stanato le sue vittime.
< In formazione,
presto!> urlò sguainando
la spada, e affiancandosi ai soldati, poco dietro al cancello, che cadeva
sempre di più a pezzi.
Un altro paio di colpi, e il cancello cedette del
tutto, e gli orchi iniziarono a riversarsi dall’apertura.
Con un urlo, i soldati si scontrarono, iniziando a
mietere vittime, decisi a non permettere agli orchi di
entrare.
< coraggio, venite da
me!> urlò Gimli, calando l’ascia al fianco di Aragorn.
Un colpo di spada, un cadavere che cadeva, altri
orchi che arrivavano, un altro affondo, un calcio, un affondo..
gli orchi continuavano a riversarsi dall’apertura, e i soldati cadevano.
Doveva decidere in fretta, occorreva fare qualcosa.
< Dobbiamo
ritirarci!> urlò. < All’interno della
seconda cinta di mura presto!!!> urlò ai soldati, continuando ad uccidere orchi.
I soldati cominciarono ad arretrare, piano piano, verso il secondo cancello.
******************************
!!> urlò
Legolas, dirigendosi seguito da Ithilwen e dai
soldati verso la seconda cinta. Si fecero strada a
fatica, gli orchi alle loro spalle premevano e godevano di quella piccola
vittoria.
Finalmente però, il sole stava sorgendo, e la
pioggia aveva finito di cadere.
Ithilwen osservò il prato illuminarsi di una tenue luce
azzurrata, l’orizzonte visibile, gli orchi che urlavano impazziti, e in
lontananza..
urlò lei
eccitata.
Oltre le linee nemiche, illuminati dal sole sorgente, una schiera di soldati armati si
stagliava per metri. Le cotte di maglia risplendevano, i corni suonavano
potenti.
< i rinforzi sono
arrivati!> urlarono felici
i soldati.
< Aragorn,
arrivano i rinforzi!> urlo
felice l’elfo, trovandosi al fianco dell’uomo.
Uno sguardo di felicità illuminò lo sguardo dell’uomo < gli orchi si troveranno presi in mezzo, non
avranno modo di scappare!> disse, correndo a riorganizzare le difese.
In breve tempo, i soldati presero
posizione sulle mura, un soldato con spada alternato a un arciere.
L’esito della battaglia era stato ribaltato.
Gli orchi vennero presi di
sorpresa dai rinforzi, che attraversarono il campo uccidendo e massacrando
coloro che si trovavano sulla strada.
Allo stesso tempo, dalle mura continuavano a
piovere frecce, e le scale continuavano a cadere, impedendo agli orchi di
salire, lasciandoli bloccati nella prima cinta di mura.
In breve tempo, gli orchi vennero
uccisi, o si diedero alla fuga.
< VITTORIA!!> l’urlo
si propagò per tutte le mura.
< felice di vederti
ancora vivo elfo >sorrise contento il nano.
< già, mi spiace solo
di averti perso di vista > rise Legolas, osservando i giochi di luce sul viso di Ithilwen, impegnata ad uccidere
gli ultimi orchi rimasti.
rise il nano,
salutando con un cenno Aragorn, di ritorno insieme a Gandalf.
< come promesso ho portato i rinforzi!> sorrise Gandalf
salutandoli.
< già, ma ti sei
perso il meglio della battaglia!> ricambiò il nano.
< meglio così, alla
sua età temo che gli venga difficile combattere!> lo schernì Ithilwen poco
distante, rinfoderando la spada.
Un bel sorriso le illuminava il viso incrostato di
sangue. I suoi occhi, si posarono in quelli di
Legolas, che ricambiò il sorriso.
< avanti, Ithilwen, non tormentare così il nostro vecchietto> continuò Legolas ridendo.
< Ma se voi avrete
all’incirca la mia età insolenti!> li apostrofò lo stregone.
< ma noi li portiamo meglio!> urlò l’elfa, provocando una risata generale.
La battaglia si era conclusa,
e loro avevano vinto, ed erano tutti li, vivi e in salute.
Ma improvvisamente… un movimento attirò lo sguardo
dell’elfo.
<Ithilwen attenta!> urlò, scoccando una freccia.
L’elfa si girò in tempo
per vedere l’orco cadere vicino al suo fianco.
Un sospiro di sollievo si alzò dal gruppo, ma
improvvisamente..Ithilwen
iniziò a tremare.
Con uno sguardo di terrore, osservò la smorfia
contenta dell’orco, e nella sua mano.. il ciondolo Ailyan.
Alzò gli occhi terrorizzata e sconvolta,
incontrando quelli blu dell’elfo.
La luce del sole accarezzava dolcemente il viso
pallido e il corpo atletico, attraversato dagli spasmi.
un sussurro
disperato le uscì dalle labbra, mentre i suoi occhi terrorizzati, si velavano
di rosso..