WOLVES' REVENGE

di Sagitta90
(/viewuser.php?uid=29621)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La disfatta dei leoni ***
Capitolo 2: *** Sansa ***
Capitolo 3: *** Tyrion ***
Capitolo 4: *** Daenerys ***
Capitolo 5: *** Arya ***
Capitolo 6: *** Jaime ***
Capitolo 7: *** Ricostruire dalle ceneri ***



Capitolo 1
*** La disfatta dei leoni ***


Disclaimer: i personaggi di "Cronache del Ghiaccio e del Fuoco" o de "Il Trono di Spade" (scegliete la vostra versione, tanto è come nella proprietà commutativa: il risultato non cambia) non mi appartengono, ma appartengono a quel buontempone di George Martin!



IN WOLVES REVENGE


Approdo del Re attende. E’ immobile e tremante la città, e dentro le sue mura immobili sono i fabbri, i calzolai, i mercanti, le prostitute, gli orfani. Sono immobili i randagi nelle strade, i gatti sopra i tetti e i gabbiani sui pontili. Un’intera popolazione, piegata dalla fame e dalla miseria, attende quasi senza respirare questo nuovo annunciato miracolo. Nei loro cuori infuriano senza misericordia paura e rassegnazione, ma per la prima volta da mesi la speranza si fa spazio tra le pieghe dei loro animi spezzati; perché alla fine sono solo esseri umani, e non possono fare a meno di appigliarsi a questa flebile scintilla, a questo barlume di luce che proviene da Essos, e che sembra aver portato del bene ovunque sia arrivato.
E’ immobile l’esercito che è entrato in città alle luci dell’alba, così strano e disomogeneo, e altrettanto immobili sono gli uomini e donne al suo seguito, una vastissima schiera di persone vestite di bianco e azzurro, dalle espressioni così liete e serene da non sembrare reali.
E’ immobile Ser Jorah Mormont, la barba incolta, i capelli troppo lunghi ed una nuova spada -forgiata da un fuoco che nessuna fucina potrà mai produrre- al suo fianco. La sua postura è rilassata senza mai essere fiacca ed il suo sguardo oscilla tra il cielo ed i prigionieri.
Anche i prigionieri sono immobili. Come potrebbero non esserlo? Sono stati messi in piazza, trascinati fuori dalla Fortezza Rossa in un tripudio di sete e gioielli, da mani sporche e con le unghie rovinate dal lavoro. Lo stesso popolo li ha consegnati, incurante delle spade della Guardia Reale, e anzi felice di morire in nome della possibilità di ricominciare. Hanno affrontato i soldati del re per la speranza di vedere cibo nei loro piatti e un tetto sulle loro teste, con solo pochi stracci a separarli dalle lame e dalle fruste, ma ci sono riusciti.
Nessuno stendardo è stato appeso, nessun dispaccio emanato: soltanto delle voci, ad affermare che la nuova regina stava risalendo la costa, e veniva a risanare le ferite che i potenti avevano inflitto ai deboli. Pochi sussurri, che sono divampati in un incendio di aspettative, e hanno portato quegli uomini e quelle donne ad offrire di nuovo il loro cuore e le loro braccia agli dèi, vecchi e nuovi.  
Non c’è stato bisogno di espugnare la città, né di aprire le porte. Il solo compito che Jorah ha dovuto svolgere è stato quello di incatenare la famiglia e di scortarla lì dove si trova adesso: inginocchiata davanti alla Fossa dei Draghi, sulla collina di Raenys.
Ha qualcosa di poetico e di raccapricciante la decisione di portarli lì, dove piccole ossa di drago sono disseminate un po’ ovunque; di sicuro è il luogo adatto in cui accogliere l’ultima dei Targaryen.
 
Sono prigionieri i Lannister, ma orgogliosi. Sono guerrieri che attendono solo una breccia per poter colpire di nuovo, e forse è per questo che hanno resistito tutti quanti così a lungo.
Cersei ha le spalle dritte, l’odio negli occhi e le labbra strette in una linea sottile. L’hanno afferrata anche per i capelli pur di non farla scappare e della sua lunga chioma dorata restano ciocche ispide e spente, di lunghezze diverse, simili a fili di paglia aggrovigliati. L’umiliazione che prova è tale da non renderle quasi possibile ragionare lucidamente, ma le fa quantomeno capire che è la fine: se suo padre fosse ancora vivo non avrebbe mai permesso che arrivassero a quel punto, che una manciata di pezzenti usasse i suoi figli e suo nipote come fantocci da esibizione; sarebbe arrivato a capo di un’armata e avrebbe trucidato chiunque si fosse trovato sul suo cammino, come aveva già fatto.
No -pensa la ormai deposta regina reggente- la verità è che non esistono più alleati per i Lannister: i Tyrell sono morti dopo il matrimonio di Joffrey, in seguito alla scoperta del veleno nelle mani di Olenna; i Frey distrutti da quelle poche, restanti, dozzine di Stark che si sono sacrificate per vendicare l’affronto subìto alle Nozze Rosse. Ormai esiste un solo esercito ed è quello della puttanella Targaryen, che sta arrivando lì con i restanti membri della sua già imponente armata.
Tyrion a differenza della sorella non crede che quella sia la fine; è sempre stata troppo teatrale Cersei, troppo melodrammatica, per rendersi conto di quale sia la situazione: non è l’umiliazione il gradino finale. Ne sarebbe molto più che lieto, l’affronterebbe con gioia, abbracciandola come una vecchia amica; la vergogna non lo ha abbandonato mai, per tutto il corso della sua vita, e lui ha imparato a conviverci, sebbene non sempre serenamente. Ciò che la sorella ancora non comprende è che a decretare la loro sorte sarà la figlia di Aerys Targaryen, totalmente consapevole del fatto che la famiglia Lannister sia responsabile non solo della diretta morte del padre, ma anche della collaborazione nella morte del fratello Rhaegar: li scuoierà vivi lentamente, non esiste dubbio alcuno. Jaime sarà il primo e poi toccherà a loro.
Ancora una volta si chiede perché ha dato tanto per una famiglia che non ha mai mostrato una briciola di apprezzamento -figurarsi poi di affetto- per lui, e ancora una volta non sa rispondersi.
Ciò che Tyrion non ipotizza nemmeno è che suo fratello non è minimamente coinvolto in ciò che sta accadendo loro: è stato tirato giù da cavallo dopo essere rientrato in città, e scaraventato nella polvere, per poi essere trascinato nel fango fin sulla collina, ma non se ne è curato: i suoi pensieri sono troppo distanti. Forse dovrebbe riflettere su quanto tutti loro siano in pericolo e concentrare ogni suo sforzo nel tentativo di salvare Cersei e Joffrey, ma non ci riesce. Pensa invece che non ha mai visto Tarth, e che forse è davvero bella come gli è stata descritta. Pensa che non ha più uno scopo nella vita e soprattutto che non vuole averne uno. Ma ce l’ha avuto, per poco, accanto ad una donna sgraziata, che senza volerlo gli ha insegnato che cos’è la vera forza, che cos’è il vero onore…si chiede se forse, con un po’ più di tempo, senza volerlo gli avrebbe insegnato anche che cos’è il vero amore. Un amore che non sia malato e colpevole, che non lasci fitte di amarezza dentro il cuore.
Ma che importanza ha adesso? E’ tornato, ed in quel luogo lui sarà sempre Jaime Lannister, lo Sterminatore di Re.
I tre fratelli attendono insieme alla città trepidante, e ognuno di loro si prepara alla morte a modo suo; soltanto Joffrey resta convinto che tutto si risolverà a loro favore e continua a mormorare minacce, livido di rabbia, la mascella contratta ed il viso gonfio di ematomi ed incrostato di sangue secco.
L’aria vibra nell’attesa di un suono che non appartenga a quei confini: un colpo secco, un tuono roboante…basterebbe anche un sospiro. E poco dopo arriva, ma è qualcosa di inaspettato: è un suono cadenzato, costante, un “flap flap” che non somiglia a nessun altro suono che quella città abbia mai udito. Nessuno è saggio abbastanza da rendersi conto che è semplicemente un suono che quella città non ode da molto.
Non si sa di preciso chi sia il primo ad alzare gli occhi al cielo, né chi sia il primo a gridare di sorpresa, sgomento o paura, ma è certo che è Jorah a dire qualcosa in una lingua sconosciuta e a far muovere l’esercito in una formazione precisa. Circondano la Fossa dei Draghi -per quanto incredibile sia la cosa, il numero degli uomini lo consente- e aspettano con espressioni fiere il loro vero capo.
 
Il drago -la bestia immensa e leggendaria che dovrebbe ormai essersi estinta- è nero e le sue squame rilucono del sole alto nel cielo come se fossero fatte di ossidiana; è dieci volte più grande di qualsiasi animale di Westeros, una muscolatura imponente, e quando atterra al centro della grande cupola caduta, la terra trema. Le grida cominciano a risuonare nell’aria -i più sono troppo increduli per dar voce ai loro sentimenti- ma si spengono con velocità quando la creatura abbassa le ali, e tutti scorgono la figura seduta sul suo dorso.
Jorah si porta accanto all’animale e gli da una pacca sul fianco, poi porge le braccia al suo cavaliere.
Danaerys Targaryen scende nella città del Trono di Spade con eleganza e senza alterigia. Lo sguardo che rivolge ai prigionieri è insolitamente breve e disinteressato, ma quando guarda il popolo il suo viso si trasfigura: le sue labbra rosse si tendono nel sorriso che una madre rivolge ai suoi figli, che le raggiunge gli occhi e li fa risplendere di un viola più puro delle ametiste di Volantis. Il largo gruppo di donne e uomini che è entrato in città con l’esercito, le si stringe attorno. Ognuno di loro tende la mano, le sfiora i capelli o la veste, con riverenza, come se quella ragazza fosse la Vergine e la Madre insieme.
Dal punto più alto della collina, la diretta discendente di Raenys dà voce alle preghiere del popolo.
<<-Brava gente di Approdo del Re, la guerra è finita. E’ finita per i più forti e per i più deboli, e non ricomincerà. Dalle ceneri di questo continente in fiamme sorgerà una nuova reggenza, e in questo nuovo regno ogni uomo donna e bambino avrà quello che gli spetta e quello che merita. Vi prometto che tutto ciò che vi è stato tolto o che non vi è mai stato dato -cibo, cure, tranquillità- vi verrà restituito. Sarete padroni di voi stessi, sarete liberi di scegliere se sfruttare la vostra rinnovata dignità o gettarla al vento, ma la decisione sarà soltanto vostra.>> - Il silenzio che accoglie quella dichiarazione è tremulo di commozione e profonda gratitudine.
<<-Chiunque di voi abbia bisogno di un posto dove passare la notte si rivolga alla mia ancella. - Una giovane ragazza dalla pelle scura come l’ebano si fa avanti dalle file della gente della principessa. - Lei vi darà riparo. Domani cominceremo i lavori di costruzione. Sia chiaro questo: a nessuno verrà negato aiuto d’ora in avanti, ma nessun tipo di violenza o imposizione sarà tollerata.>> - In sostegno a quelle parole la coda del drago sferza l’aria e le fauci si socchiudono in una sorta di malevolo ghigno animale che fa trattenere il fiato a tutti, nessuno escluso.
La giovane scende il fianco della collina, accompagnata da due donne più anziane e seguita a breve distanza da tre guardie armate -Immacolati dell’altro continente- e si confonde in breve tra la gente.
E’ in quel momento che Daenerys dedica la sua attenzione ai Lannister.
Gli occhi di Cersei scintillano di rabbia sotto il pallore spettrale, ma nonostante il suo cuore perda un battito ogni volta che il drago si muove, la sua lingua tagliente articola:
<<-Intendi purificare questa cloaca di feccia e putridume con qualche pagliericcio? Non sei la prima ad avere questa idea, ti stupreranno come una troia e poi ti getteranno nei canali!>> - Jorah estrae la spada in meno di un secondo ma mentre Jaime chiude gli occhi, per risparmiarsi la visione della morte della sorella, Daenerys alza la mano per fermare il suo comandante. E’ un gesto lieve, appena accennato, e le dita che si posano sul polso dell’uomo sono leggere come il battito d’ali di una farfalla. Quando parla però la sua voce ha il suono dell’acciaio temprato.
<<-Ho saputo della generosità di Lady Margaery. Lei tuttavia non è stata stuprata e gettata nei canali, è stata uccisa dai soldati per vostro ordine, con tutta la famiglia. Sotto il vostro tetto. Come ospite. - La parola viene sottolineata e questo porta Cersei a diventare lievemente più pallida. - Mi è stato riferito che i Frey hanno agito nello stesso modo contro un’altra casata. Non meraviglia dunque la fine che hanno fatto.>> - Un istante dopo Joffrey si alza in piedi barcollando, l’espressione furibonda di un cane rabbioso. La spada di Jorah è sulla sua gola ancor prima che lui si alzi completamente. Cersei gli si aggrappa al farsetto, cercando di farlo tornare in ginocchio ma lui la scaccia con un gesto irato, e sibila a Daenerys:
<<-Quando mio nonno arriverà qui con il suo esercito farò squartare ogni uomo e violentare ogni donna, prima di staccar loro la testa per abbellire le picche di tutta Approdo del Re!>> - Tutto ciò che ottiene dalla ragazza è un sopracciglio inarcato. Jorah la guarda con trasporto.
<<-Posso ucciderlo ad un tuo comando.>> - Dany gli sorride.
<<-Certo che puoi, ma aspetteremo di essere tutti riuniti per prendere questa decisione.>> - Ed è allora che lo sentono di nuovo, il battito di ali. Questa volta la povere si alza dal suolo in un turbinio scomposto ed il sole si oscura per l’eccessiva grandezza di ciò che si staglia nel cielo.
Sopra la collina di Raenys appaiono altri due draghi. Uno scende in picchiata, scatenando un fuggi-fuggi generale nella città e fermandosi di colpo pochi secondi prima di impattare con il terreno; le sue squame sono di un verde brillante, il colore del muschio e delle fronde degli alberi al tramonto. Il secondo drago plana dolcemente prima di atterrare, con una grazia quasi impossibile per un animale di tale stazza; le scaglie che gli ricoprono il corpo sono di un uniforme color crema, ma le lunghe ossa delle ali hanno il colore dell’oro appena fuso.
I due cavalieri sono vestiti con identiche armature protettive, costituite da elmo, gorgiera, schinieri ed un solo mittene, quello con cui entrambi si reggono al pomello della sella su cui siedono. Il cavaliere del drago verde -più basso e tonico- lo porta al braccio sinistro, il cavaliere del drago bianco -più alto e snello- al destro.
Daenerys sorride ai due con calore, che smontano e le si inginocchiano davanti.
<<-In piedi. Ve lo ripeto per l’ultima volta: non dovete piegarvi davanti a me.>> - Dopodiché si volta nuovamente verso i prigionieri e, sebbene sia una cortesia non dovuta, presenta i nuovi arrivati.
<<-I miei consiglieri personali.>> - Quando i cavalieri si tolgono l’elmo le cose cambiano totalmente. E’ come se il tempo rallentasse, come se il vento soffiasse più forte per evidenziare la portata di quanto sta accadendo.
Gli occhi di Cersei perdono del tutto il loro astio, e la luce che sostituisce l’ira è quella dell’orrore quando i lunghi capelli rossi di Sansa Stark le ricadono sulle spalle. E quando anche il corto caschetto castano scuro di Arya Stark vede la luce, al danno si aggiunge la beffa. Nessuno si domanda che cosa ci facciano quelle due assieme all’ultima dei Targaryen; sono lì e tanto basta. Sono lì e assistono alla loro vergogna.
Il sorriso di Sansa è sottile, affilato come una lama e profondamente soddisfatto; i suoi occhi azzurri riflettono anni di umiliazioni, di minacce, di promesse a vuoto, di colpi messi a segno. Le labbra di Arya sono aperte in un ghigno che la ragazza non si premura di nascondere, elmo sotto il braccio e schiena dritta, ed il suo atteggiamento manifesta il desiderio di farla pagare a chi l’ha spinta alla fuga e all’anonimato, a rubare e ad ammazzare.  
<<-Arya…Lord Joffrey mi ha informata che intende ordinare all’esercito di Lord Tywin di uccidere e stuprare appena entrerà in città. Possiamo fare qualcosa per impedirlo?>>
<<-Tutte le fazioni dell’esercito di Tywin sono cadute. Banefort, Rayne, Westerling, Crakehall…non sono più una minaccia per nessuno.>> - Dany annuisce, senza staccare mai gli occhi da quelli del giovane rampollo dei Lannister.  
<<-E in quanto a Tywin Lannister in persona Sansa mia cara?>> - La voce di Sansa è fresca come l’acqua e dolce come il miele nel rispondere alla sua sovrana.
<<-La nostra migliore milizia lo sta portando qui Altezza. Mi spiace dirvi che forse dovremo attendere ancora qualche giorno: dopo aver distrutto l’intera flotta di Lannisport sono dovuti tornare via terra.>> - Lo sconcerto albeggia nelle iridi acquose del ragazzo, che con un sobbalzo violento finisce a terra in una posizione ridicola.
Non ci sono risate né versi di scherno che seguono la caduta e quel silenzio è già parte della vendetta che le sorelle Stark hanno nutrito con impegno e devozione nei loro cuori. La regina fa loro un cenno e le ragazze la seguono, incuranti dello sguardo spaesato e sconvolto di Joffrey e dell’ira di Cersei. 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Sansa ***


SANSA


Strofina via il sudore e la sporcizia che le impregnano la pelle con più forza del necessario, come se con quel gesto potesse lavare via anche i ricordi. Non può. Niente può eliminare le memorie intrise di sangue che quel luogo riversa su di lei.
Le sono state date delle nuove stanze -Dany ha tanto insistito- e queste affacciano sui giardini. Non ha avuto il cuore di dire alla sua futura regina -alla sua dolce, gentile amica- che le rose le ricordano i Tyrell.
In pochi sanno che quel giorno Sansa ha visto più del dovuto, più di quanto fosse auspicabile vedere; ma d’altro canto…lei ha visto la testa di suo padre staccarsi dal suo collo, il corpo dell’uomo che tante volte l’aveva tenuta in braccio accasciarsi in una pozza di denso sangue scuro...forse assistere a parte del massacro nel giorno del matrimonio di Joffrey non sarebbe stata poi tanta cosa.
E non lo era stata; né quando una cappa dorata aveva infilato la sua spada nella serica pelle di Margaery, né quando in tre avevano bloccato e ucciso Loras. Le rose su corsetti e farsetti erano sbocciate in una vallata di rosso carminio tutte nello stesso momento; lei aveva vissuto quel dramma quasi passivamente, nascosta in una nicchia della sala adiacente, avvolta in un mantello di lana scuro che un tempo sarebbe stato troppo male lavorato per una dama del suo lignaggio.
Soltanto quando Ditocorto era tornato a prenderla e l’aveva fatta uscire dal palazzo attraverso i sotterranei le aveva udite: le grida. Urla strazianti erano rimbombate sopra le loro teste e avevano creato echi metallici con le pareti di pietra, e soltanto in quel momento Sansa era tornata ad essere -per l’ultima volta- ciò che era sempre stata: una bambina. Stupida dentro ed eterea fuori, priva di qualunque risolutezza, priva di forza e di coraggio. Si era accasciata in un angolo e aveva vomitato la sua misera cena, perché le grida le avevano strappato un pensiero: forse anche sua madre e suo fratello avevano urlato in quel modo, mentre i Frey si divertivano ad ucciderli, rincorrendoli nei grandi saloni delle Torri Gemelle come in una macabra caccia al cervo.
Aveva sempre saputo perché Ditocorto l’aveva lasciata lì, ad assistere a quello scempio: per permetterle di comprendere a pieno l’immensa gratitudine che gli doveva. Ma una cosa il maestro del conio non aveva previsto: che la bambina svanisse a poco a poco, per essere sostituita da una donna che anche dopo la morte di sua zia Lysa aveva continuato a svuotare giù dai bastioni del Nido dell’Aquila i decotti “speciali” che venivano portati per suo cugino Robin.
Quando Ditocorto l’aveva scoperto non c’erano più stati appellativi affettuosi o baci rubati con finto riserbo. Era stata ad un passo dal gettarsi dalla Porta della Luna e raggiungere così la sua famiglia, quando era avvenuto l’impensabile.
Sansa sorride al ricordo, e affonda un altro po’ nell’acqua tiepida della vasca. Aveva ringraziato gli dèi quel giorno e ogni giorno a venire, perché aveva ritrovato ciò che temeva di avere ormai perso per sempre.
Era stata riportata dalla sua sorellina; la sua disastrosa, terrificante sorellina, sempre vestita da maschio e priva di qualsiasi grazia femminile, che era sopravvissuta ad avventure ben peggiori delle sue; dal piccolo Rickon, dal dolce Bran…e aveva chiesto loro perdono per non essere mai stata una buona sorella, una amica sincera, una confidente.
L’aveva riportata dalla sua famiglia.
Lui.
L’uomo che le aveva insegnato ad essere forte in un mondo di ladri, assassini e stupratori. Che le aveva detto come salvarsi dal covo di vipere in cui era caduta.
L’uomo che si era offerto di salvarla anche da se stessa e dalla sua ignoranza.
E trema a ricordare le lacrime che aveva versato per lui, alla notizia della sua morte; mentre tutti nella Valle esalavano un sospiro di sollievo per la fine del “macellaio delle Riverlands”.
Sansa aveva sempre pensato che fosse stato il fratello a guidare quelle stragi, e nelle ombre della notte aveva pregato lo Straniero di dare a Gregor Clegane dieci volte il dolore che lui aveva dato al mondo.
In cambio il dio -quel dio che nessuno nominava mai, che tutti temevano quasi quanto la morte stessa- le aveva restituito Sandor.
Lui l’aveva protetta durante il loro viaggio fino alle Terre del Nord, l’aveva aiutata a ricostruire Grande Inverno ed era stato il solo a non considerarla pazza quando aveva proposto un viaggio verso Essos, per essere i primi ad accogliere la giovane Targaryen e a cercare di fare ammenda per i peccati dei loro padri.
A poco a poco -non avrebbe potuto essere diversamente- erano passati dallo scambiarsi rapidi sguardi a qualche sporadica carezza; poi a brevi abbracci e baci rubati; infine ad appassionate notti d’amore.
Il sorriso che le sale alle labbra è istantaneo e testimonia felicità al ricordo di quell’ultima notte a Grande Inverno, nella quale era scesa a prendere altra legna per la sua stanza e aveva sentito tutto: Sandor che chiedeva a Bran la sua mano.
Il cuore le era quasi scoppiato nel petto a quella scena, in cui il suo uomo, rispettando la tradizione, aveva domandato il permesso al signore del maniero -il suo fratellino, dall’anima forte e pura, ma poco più di un ramoscello spezzato di dodici anni- e Bran aveva detto di sì, la soddisfazione mascherata a stento nel tono di voce inorgoglito.
Quando Sandor era salito in camera lei lo aveva praticamente assalito, tanto che erano finiti a fare l’amore sulla pelle d’orso sul pavimento, ancora mezzi vestiti.
Sansa arrossisce e cerca di concentrarsi sul bagno, e di togliersi lo sporco da sotto le unghie con un bastoncino di betulla, ma proprio in quel momento qualcuno entra nella stanza senza nemmeno bussare.
Lei trasale, accaldata dal vapore e dai ricordi ma quando vede che il suo visitatore è Arya torna a rilassarsi. La sorella si siede per terra, accanto a lei, e arriccia il naso per l’odore pungente dell’olio.
<<-Che roba è?>> - Sansa sorride.
<<-Erica Rossa. Scommetto che tu ti sei strigliata insieme ai cavalli.>> - Schizza la sorella con due dita e Arya sogghigna.
<<-Viserion non ti farà nemmeno avvicinare con quella puzza addosso.>> - Sansa si stringe nelle spalle, il sorriso che fa ancora capolino.
<<-Tu e Raegal avete lo stesso odore quindi non devi preoccuparti.>> - Arya socchiude gli occhi in una maniera fintamente minacciosa.
<<-Si può affogare anche in una vasca.>> - Sansa si insapona, pienandosi deliberatamente le mani di liquido ambrato.
<<-A tuo rischio e pericolo.>> - Il labbro superiore della più piccola si solleva con uno sbuffo divertito, poi cade il silenzio.
<<-Ci siamo quasi. Manca Tywin, poi sono tutti.>> - Sansa annuisce e non aggiunge alto. Poco dopo si alza dall’acqua che comincia a diventare fredda, rivoli di liquido le scivolando lungo il corpo nudo.
<<-Sei pentita?>> - Le chiede la sorella mentre lei si avvolge in un telo di cotone grezzo. Scuote la testa, ma questo non basta per convincere Arya.
<<-Sansa.>>
<<-Non sono pentita Arya. Non vorrei tornare ad essere ciò che ero nemmeno se questo significasse avere di nuovo un corpo senza cicatrici.>> - E di cicatrici lei ne ha molte: la sua pelle è sempre stata troppo pallida, e ogni colpo che ha ricevuto è diventato un marchio.
<<-E Danaerys ci ha fatto un dono in cui non volevo nemmeno sperare: saremo noi a decretare la fine dei Lannister Arya, noi due. Potremo vendicare la nostra famiglia. >> - Arya si alza da terra e si pulisce le mani sulle brache di cuoio.
<<-Ma? Perché lo so che c’è un ma! E’ quella cosa della differenza tra vendetta e giustizia di cui mamma parlava sempre?>> - Le si intenerisce il cuore nel rendersi conto di quanto sua sorella sia maturata.
<<-No…in questo caso la vendetta e la giustizia sono la medesima cosa…no sorellina, non è questo. Ma non abbiamo mai mandato a morte delle persone.>> - Arya si rabbuia.
<<-Abbiamo già ucciso.>>
<<-Sì, per difenderci e sopravvivere. Questa volta sarà diverso Arya. Sarà una esecuzione, come quella di nostro padre, e la ordineremo noi.>> - Richiama lo sguardo della sorella -fisso sulla parete- mettendole una mano sulla spalla.
<<-Sai che dobbiamo condannarli come singoli. Sai che alcuni di loro non hanno avuto parte nella distruzione degli Stark.>> - Arya stringe i pugni.
<<-Walder Frey è morto…Roose Bolton è morto…gli Umber…i Greyjoy…sono ridotti a poche manciate sparse in chissà quali terre! Chi puniremo Sansa? Chi puniremo per aver tradito la nostra famiglia? Chi puniremo per la morte di nostra madre e di nostro fratello, chi?!>> - Sansa la abbraccia e consola il suo dolore come può, cercando disperatamente di non mostrarle il suo: è venuto il momento che Arya si sfoghi e si riposi, sarà lei quella forte. 
<<-Preferisco quando il tuo uomo è nei paraggi…quando c’è lui sei sempre troppo presa per essere così puntigliosa.>> - Sansa sorride nei capelli scuri della sorella, perché sa che “puntigliosa” nella lingua di Arya significa “saggia”.
<<-Ma se non andate mai d’accordo…>> - Arya si stringe a lei appena un po’ di più.
<<-Ma fa parte del nostro branco.>> - Sospira Sansa Stark, e trema di paura e di gratitudine, perchè non molto tempo prima non avrebbe mai sognato di poter avere ancora un “branco”.
<<-Fa parte del nostro branco, sì.>> - Decisi colpi alla porta le fanno separare di colpo e ancora prima di razionalizzare, Arya ha estratto Ago e Sansa ha afferrato Eco, il lungo stocco che il “non fidanzato” di sua sorella ha forgiato per lei. Soltanto più tardi si ricordano che non devono più combattere, che non sono più in pericolo.
<<-Lady Sansa…Lady Arya…la principessa richiede la vostra presenza. Le nostre sentinelle hanno avvistato l’ultima milizia a due ore di marcia.>> - Sansa abbassa la spada e si rivolge alla sorella, mentre il suo cuore batte un po’ più forte.
<<-Quindi in poco meno di un’ora sarà qui! Dammi una mano a scegliere un vestito! >> - Arya alza gli occhi al cielo ma dopo sorride; perché non le dispiace che in fondo sua sorella sia rimasta la stessa.
 
Arya le sferra una gomitata nel fianco, l’ennesima, e lei trattiene a malapena un insulto.
<<-Dany ti sta parlando.>> - Sansa distoglie l’attenzione dall’ingresso del salottino e si volta mortificata verso la giovane Targaryen, che dissimula una risata in un colpo di tosse.
<<-Vi chiedo perdono Altezza.>> - Dany la redarguisce con un sorriso.
<<-Siamo sole, non vedo nessun motivo per cui tu debba continuare con questi appellativi così formali. Arya si è adattata benissimo.>> - Sansa sbeffeggia la sorella.
<<-Arya non è mai stata troppo incline alle buone maniere.>> - In risposta l’altra le lancia un acino d’uva.
<<-Ecco cosa intendevo.>> - Questa volta Arya le lancia un raspo e Daenerys scoppia a ridere.
<<-Ero sovrappensiero, scusami.>> - Dany scuote la testa, il sorriso che non accenna a scomparire.
<<-Non devi scusarti, ti capisco. Nell’assedio di Yunkai Jorah combatté per tre ore, e io credetti di impazzire. Non posso nemmeno immaginare come ti senti tu che non vedi Clegane da…>> - Cerca la cifra esatta e Sansa viene in suo aiuto.
<<-Trentasette giorni.>> - Il sorriso di Dany si spegne un po’ nel notare il tono mesto dell’amica. Si sporge verso di lei e le prende una mano.
<<-Ti assicuro che quando questa faccenda sarà conclusa tu e tuo marito non dovrete più stare separati tanto a lungo.>> - Sansa fa per aggiungere qualcosa, ma la porta si spalanca di colpo e Sandor entra nella stanza, la cotta di maglia che tintinna e le cicatrici sul volto ancora più evidenti a causa della pelle abbronzata. Quando i suoi occhi si fissano su Sansa la sua espressione si trasfigura e sembra quella di un assetato che vede una sorgente d’acqua dopo settimane. Le va incontro ma la giovane si è lanciata verso di lui pochi secondi dopo che è entrato, e i due si incontrano a mezza strada.
Sandor la issa alla sua altezza come se pesasse poco più di un soffio d’aria ed un istante dopo le sue labbra scendono sulla sua bocca, calde ed esigenti. La ragazza gli allaccia le braccia attorno al collo, stringendo più di quanto abbia mai fatto e nel bacio riversa ogni emozione che ha provato dal primo giorno in cui gli è stata lontana.
E per la prima volta nella sua giovane vita, a Sansa Stark non importa di essere una nobile ben educata, che sta dando spettacolo di sé davanti alla sua regina -Dany è dolce, è comprensiva, la perdonerà- e in quanto a sua sorella…probabilmente Arya farà la solita faccia disgustata e guarderà dall’altra parte; non può fare qualcosa di diverso da quello che sta facendo: sarebbe sbagliato, sarebbe disumano. Ha bisogno di stare tra le braccia di Sandor, di sentire le sue mani che la stringono, la lingua che stuzzica la sua, ha bisogno di sentirsi a casa. A casa in un modo diverso da come si sente con i suoi fratelli o dentro Grande Inverno.
Ha bisogno di lasciarsi cullare per qualche istante da quel senso di appartenenza che prova solo accanto all’uomo che ama.
Quando Sandor la lascia è come se non se ne fosse mai andato. Gli bacia la fronte, la guancia segnata dalle bruciature, poi deposita un ultimo leggero bacio sulle sue labbra, e lo sente tremare. Sembra quasi impossibile ma quei gesti lo colpiscono ancora, dopo tutto quello che hanno passato, dopo l’intimità che hanno condiviso.
<<-Stai bene? Sei ferito?>> - Lui le scosta i capelli dal viso.
<<-Solo graffi. Tu stai bene?>> - Lei annuisce e preme la guancia contro la sua mano. Solo in quel momento sembra ricordare le altre persone nella stanza e si volta su se stessa per controllare le loro reazioni.
Dany sorride, Arya fa finta di vomitare dietro la poltrona.
<<-Oh sei così immatura!>> - Sandor la posa a terra con gentilezza e fa un cenno di rispetto a Danaerys.
<<-Siete voi che siete disgustosi!>> - Sul volto di Sandor si dipinge un’espressione di puro scherno.
<<-Compatisco il bastardo di Robert. Prima di riuscire a slacciarti quelle brache gli avvizzirà il…>>
<<-SANDOR!>> - Sansa si sente il volto in fiamme al solo pensiero della regina che assiste agli scambi vergognosi di sua sorella con suo marito; ma Dany non ci fa caso.
<<-Siete riusciti nel nostro intento Clegane?>> - Sandor le rivolge la sua attenzione.
<<-Abbiamo perso una dozzina di uomini nell’attacco ma abbiamo catturato Tywin Lannister. L’ho affidato a Mormont appena siamo rientrati.>> - Sansa guarda Arya, e la sorella perde del tutto il cipiglio offeso. Si comprendono in pochi secondi: capiscono che adesso le briglie del destino dei Lannister sono totalmente nelle loro mani.
<<-Abbiamo espugnato Castel Granito e fatto prigioniero anche Kevan Lannister, sebbene non ce ne fosse motivo.>> - Sandor non è un membro della guardia di Daenerys, non ufficialmente. Non è come l’imponente esercito radunato attorno alla Fortezza Rossa, votato alla Madre dei Draghi e pronto a dare la vita per lei, no.
Sandor è votato a Sansa ed è per lei che vive e respira, ed è per lei che darebbe la vita. Non vuole alcun male a Daenerys e ne riconosce la forza d’animo, ma combatte per lei fintanto che Sansa rimane al sicuro sotto la sua ala protettrice. Tutti lo sanno, Daenerys prima degli altri.
Forse è per questo che gli permette di dire la sua, e che prima di impartirgli degli ordini ne discute con lui, come fa con ser Jorah Mormont e ser Barristan Selmy.
“-In questo caso però non c’è bisogno di discutere… - Pensa Sansa mentre si stringe al fianco del suo uomo - ha ragione.”
Sanno che, tolto di mezzo Tywin, il fratello non riuscirebbe a rimettere in piedi le forze dei Lannister. E quand’anche ci riuscisse, a che pro? Dopo la morte dei figli Kevan non è più stato lo stesso.
Daenerys si alza in piedi e liscia le pieghe del suo abito. Dà un ordine al capo dei suoi Immacolati e quello esce dalla stanza con tre uomini a seguito.
<<-Andranno a prelevarli dalle loro celle. Clegane ti prego porta Lord Tywin nel salone principale appena Jorah avrà finito con l’interrogatorio. Chiamiamo i Lannister a giudizio.>>

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Tyrion ***


TYRION


La Sala è esattamente come era tre giorni prima, con una differenza importante, si rende conto Tyrion: il Trono di Spade non c’è più. Ora in cima all’alta scalinata si trova un grande trono di legno scuro, con magnifici intarsi dorati, e ai suoi lati ci sono due sedie dallo schienale alto con cuscini imbottiti color porpora.
Il pavimento è stato lucidato, gli stendardi sostituiti e per la prima volta dopo decadi è il drago a tre teste dei Targaryen che svetta su colonne e pareti. La stanza è talmente lustra ed elegante che il Folletto si sente quasi a disagio ad insozzarla con la sua presenza. Non che possa fare diversamente: in seguito all’arrivo della giovane donna lui e la sua allegra famiglia sono stati gettati nelle fetide celle della fortezza e sebbene i suoi carcerieri non gli abbiano mai fatto mancare da mangiare non si può dire lo stesso di un bagno.
Gli Immacolati non si muovono dalle loro posizioni quando Daenerys entra nella stanza; Tyrion dà le spalle all’ingresso e anche se le catene gli bloccano soltanto le mani non ritiene necessario voltarsi per assistere.
Ben presto Daenerys lo supera, diretta verso il trono e al suo fianco, tutti loro se ne sorprendono, ci sono le due Stark; accanto ad Arya procede il suo meta-lupo, una bestia grande tre volte un lupo normale che lui non vede da almeno due anni e che ringhia non appena i suoi occhi gialli intercettano la figura ingobbita di Joffrey.
Le donne giungono in cima alla scalinata e solo allora li guardano: gli occhi di Arya Stark mandano bagliori violenti, quelli della sorella sono più pacati ma la linea della sua figura è rigida e tesa di rabbia.
Il Folletto non può fare a meno di sentirsi dispiaciuto. Anche in quella circostanza, nella quale senza dubbio finirà torturato in modo atroce, si dispiace per Sansa: la sua sola colpa è stata quella di essere stata troppo giovane ed innamorata dell’idea dell’amore per rendersi conto di quale fosse la vera natura del suo promesso sposo.
La guerra per lei è iniziata presto, tra quelle mura, in mezzo a persone che avrebbero dovuto proteggerla e non l’hanno fatto. Nemmeno lui ci è riuscito, per quanto possa aver tentato in quel brevissimo periodo in cui lei è stata sua moglie.
Si siedono tutte nello stesso istante e mai si sono viste tre donne dai toni più discordanti tra loro: Arya indossa stivali, brache e corsetto di cuoio; è sempre stata una ribelle ma sembra che alla giovane Targaryen questo non importi: il corsetto è impunturato sul seno da fili scarlatti che -per quanto assurdo sia- lo rendono un capo molto femminile. E femminile sta diventando davvero, la più piccola degli Stark, con i suoi vestiti di foggia maschile che cominciano a rivelare più che a nascondere. I suoi occhi passano da tutti loro, allineati uno accanto all’altro nell’attesa del giudizio, alla nuova sovrana.
Daenaerys indossa di nuovo vestiti di foggia oltremarina: un tessuto argenteo, lucido e frusciante come la seta, stretto in vita da una fusciacca color indaco. I capelli le ricadono sulle spalle in lunghe onde impossibilmente bionde ed il suo viso è un capolavoro: linee nere corrono sotto i suoi occhi e li rendono due fuochi abbaglianti mentre le labbra sono dipinte con un colore simile a quello delle pesche mature. Non ha la stessa espressione folle di suo padre, piuttosto quella risoluta di suo fratello maggiore.
Sansa non porta trucco, né monili o accessori di alcun tipo, ed è più bella di quanto sia mai stata in passato con quegli artifici: indossa un vestito verde e dorato, elegante nella sua linea semplice e le lunghe maniche strette evidenziano le braccia incrociate in grembo.
Un rumore di passi annuncia l’ingresso di un cavaliere e quando Ser Barristan Selmy si inginocchia davanti agli alti scranni dorati, Tyrion pensa che le sorprese non finiranno mai.
<<-Altezza…Clegane è qui.>> - Non fa in tempo ad afferrare questa nuova notizia che la stupidità di suo nipote si manifesta con clamore: Joffrey scoppia a ridere. Ride come un pazzo, il suono sguaiato della sua voce risuona nella stanza con un eco particolarmente spiacevole, e nessuno di loro, nemmeno sua sorella, sa come affrontare questo nuovo slancio di follia, quindi restano tutti e tre a fissarlo sgomenti; lui, Cersei e Jamie.
Quando l’isteria del ragazzo si dipana, lui punta un dito contro Daenerys e quel gesto da solo fa irrigidire le due fanciulle sedute al suo fianco e tinge i loro occhi di un colore simile al grigio della tempesta -il grigio dei lupi, il grigio del Nord al quale appartengono entrambe, il colore ancestrale del loro essere- ma Joffrey non se ne rende conto. Non comprende che quella che sta minacciando non è la donna che li finirà, ma la persona che ha restituito onore e dignità ai loro futuri carnefici, e che la loro morte diventa più lunga e dolorosa ad ogni respiro della sua stupida bocca.
<<-Hai visto?! Hai visto?! Mio nonno ha mandato il suo uomo peggiore! La Montagna ti ridurrà a poco più di carne macilenta! I Guitti Sanguinari si sbatteranno la tua carcassa finché ci sarà ancora un po’ di carne attaccata alle ossa!>>
<<-La Montagna che Cavalca è morto.>> - Non è Dany che risponde, ma Sansa. Tyrion inarca un sopracciglio senza volere: che cosa si nasconde in quel tono così pacato, così sereno?
<<-Ancora meglio! Il Mastino squarterà, sventrerà e spaccherà ossa fin quando io glielo ordinerò!>> - Che cosa celano quegli occhi azzurri fissi su suo nipote? Cosa si mimetizza dietro il sorriso che tende le sue labbra in una espressione tanto…compiaciuta?
Tyrion sgrana gli occhi, più sorpreso di quanto lo sia stato fino a quel momento. L’espressione di Sansa è serafica ma innegabilmente soddisfatta, come se il nocciolo della questione stesse proprio in quello che Joffrey ha detto.
Il Folletto cerca una risposta nella sua mente allenata alla deduzione: se Gregor è morto allora ogni possedimento, titolo e armata dei Clegane è passata a Sandor. E dal momento che nessuno sembra preoccuparsi della sua presenza ne consegue che il Mastino non possa che essere alleato dei Targaryen. Ma perché? Cosa potrebbe mai spingere un uomo come Sandor Clegane a offrire la sua spada per una guerra in cui non ha mai creduto?
Tyrion fissa Sansa quasi volesse cavare quella informazione dai suoi gesti, quindi quando gli occhi delle tre donne si fissano su qualcosa di imprecisato alle sue spalle, non può fare a meno di voltarsi.
Sandor Clegane entra nella stanza con impeto, trascinando con sé il suo augusto genitore. Tyrion non ricorda di aver mai visto suo padre tanto scuro in volto e la cosa gli strappa un mezzo sorriso: è da molto che non prova affetto per l’uomo che l’ha generato, e ci sono state diverse occasioni in ha desiderato di poter fare quello che sta facendo il Mastino, quindi torna a guardare avanti.
Daenerys osserva il capo dei Lannister con attenzione, Arya è del tutto incapace di mascherare l’eccitazione di averlo alla sua mercé, Sansa non gli presta nessuna attenzione.
No, Sansa fissa Clegane.
Ed è come se un lampo attraversasse il cervello di Tyrion, sbloccando una consapevolezza devastante.
“-Assurdo…” - Pensa lui; eppure non ci sono altre spiegazioni.
Sandor trascina Tywin accanto a Jaime e lì lo lascia, per portarsi alle spalle di Sansa.
“-Che meravigliosa vendetta.” - Vorrebbe quasi ridere. Scoppiare in una di quelle grasse risate che ti fanno alzare la testa al cielo e pizzicare la gola per la troppa intensità. Si azzarda a gettare un’occhiata a suo nipote e alla sua adorata sorellina ed è ripagato da volti terrei, occhi sgranati e labbra che cercano di balbettare qualcosa.
“-Sansa Stark e Sandor Clegane. La giovane che avete vessato e della quale credevate di poter disporre a vostro piacimento non solo è la protetta dell’ultima Targaryen, ma anche la donna del solo guerriero che potrebbe uccidere nostro padre e nostro fratello con una mano sola. Ecco cosa succede a dare per scontati i pesci piccoli…”
<<-E così hai sfruttato il mio consiglio, eh, Sansa?>> - Tyrion serra gli occhi con un sospiro ma d’altronde Cersei non è mai stata tipo da tenere la bocca chiusa, nemmeno davanti a Tywin.
<<-Eri così altezzosa e precisina ma alla prima occasione hai spalancato le gambe come una qualsiasi troietta da osteria! E dimmi Mastino: ti è piaciuto sbatterti lo scarto di mio figlio e di mio fratello?! Ma d’altronde non è questo quello che mangiano i cani?! Gli avanzi?! Beh vi meritate a vicenda: cani e lupi, e metterete al mondo un branco di cani e cagne come voi! >> - Tyrion capisce che Cersei è morta nell’istante in cui Clegane fa un passo avanti: non è tipo da farsi scrupoli ad uccidere una donna, specialmente una che ha pronunciato parole de genere. Ciò che lo frena è la voce di Sansa.
Riecheggia nel grande salone ed è tranquilla; non tremula, non tentennante e concitata come lui l’ha sempre udita, ma chiara.
<<-Ciò che io e mio marito facciamo tra le lenzuola non è affare di nessuno, e certamente non vostro Lady Lannister. Non so esattamente cosa Sandor veda in me ma sono abbastanza certa che non mi consideri uno scarto. In quanto poi ai nostri…come chiamarli…“cuccioli” ?>> - Sansa guarda Sandor come a cercare la sua approvazione, e lui piega la bocca in un ghigno divertito.
<<-Saranno tutti legittimi, e questo è molto più di quanto possiate affermare voi.>> - E quelle parole zittiscono sua sorella. Cersei ha fatto tagliare la lingua e cucire la bocca a ogni menestrello che abbia osato comporre versi sulla questione. Ha ignorato il massacro dei bambini di Approdo di Re perpetrato da suo figlio, segretamente felice di non essersene dovuta occupare personalmente. Ha aiutato Joffrey ad iniziare una guerra che si è protratta per anni, indirizzandola principalmente contro Stannis, che aveva emanato un proclamo in cui affermava pubblicamente l’incesto tra lei e Jaime.
Ha cercato di tappare la bocca a tutti quanti, sua sorella.
Ma a quanto pare non è servito. Parlando dalle labbra di Sansa Stark gli dèi hanno dichiarato ciò che i Lannister sanno bene ormai da una vita: che nessuno di loro ha diritti su Approdo di Re, ha diritto alla corona, ha diritto al Trono di Spade.
Cersei guarda la giovane come se le avesse ficcato una spada nel petto; gli occhi spalancati e vitrei, le mani ricadute in grembo, e sembra un po’ una bambola fatta con la paglia: scomposta, poco elegante, decisamente brutta. Suo padre schiuma di rabbia.
Tyrion è tuttavia colpito da una cosa diversa, da una semplice parola: “marito”.
Marito ha detto.
Guarda meglio, guarda con più attenzione, e comincia a notarli, piccoli particolari di nessun significato, che in realtà spiegano tutto: la mano che Sansa ha poggiato sul bracciolo della sua sedia tende verso l’esterno e si appoggia con le nocche al gambale destro di Clegane. Lui poi ha stretta al polso una striscia di stoffa strappata e macchiata -l’azzurro riesce ad emergere solo in piccoli spazi- che quasi sicuramente è il favore di Sansa.
Nel cuore del Folletto affiora una punta di mortificazione al fatto che la giovane che un tempo ha desiderato, che ha avuto nel proprio letto, lo abbia rimpiazzato con un uomo che di elegante ed affascinante non ha davvero niente; che molti considerano “mostro” tanto quanto lui, e si chiede perché Sansa Stark sia riuscita a vedere oltre la faccia sfigurata del Mastino ma non oltre la sua figura deforme e striminzita.
Quando Sansa alza gli occhi verso Clegane però la risposta giunge inaspettata.
E’ innamorata.
“-Cambia tutto allora…” - Cerca di ritrovare un po’ di dignità in quella scoperta. La giovane Sansa Stark…la giovane Lady Clegane…ha finalmente la sua occasione di essere felice -gli dèi soltanto sanno quanto la merita- e almeno di quello Tyrion non si dispiace.
<<-Lord Tywin Lannister… - E’ la principessa a parlare. - …voi e la vostra famiglia sarete oggi sottoposti a giudizio per le vostre azioni contro Westeros e contro la nobile casata degli Stark. A decretare la vostra sorte saranno Lady Arya e Lady Sansa della stessa Casa Stark. Io personalmente ho affidato loro questo compito, affinché i peccati e le violenze che avete commesso e quelli soltanto siano la causa del vostro destino.>> - E così comincia, l’inizio della fine.
<<-Al cospetto degli dèi vecchi e nuovi io, Daenerys Targaryen, vi chiedo: come giudicate Lord Tywin Lannister di Castel Granito?>> - Le sorelle non si guardano nemmeno. Alla destra e alla sinistra della principessa di Essos, alternano le loro frasi in un sincrono perfetto.
<<-Per la complicità nell’assassinio di nostro fratello Robb…>>
<<-Per la morte di nostra madre, Catelyn…>>
<<-Per la prigionia di nostro zio Edmure…>>
<<-Nell’evento sanguinario delle nozze alle Torri Gemelle, io Sansa Stark…>>
<<-Io, Arya Stark…>>
<<-Giudico Lord Tywin Lannister colpevole.>> - L’aria si satura di disperazione in pochi istanti, Tyrion non fa fatica ad avvertirlo. Sebbene non abbia emesso un fiato suo padre si è irrigidito e quel gesto ha avuto il potere di aprire finalmente gli occhi a Joffrey. Il suo stupido nipote comincia a mugolare e balbettare come un povero demente, ma nessuno ha la voglia o la pazienza per zittirlo.
<<-Come giudicate Lord Joffrey Lannister?>> - Non ci sarebbe nemmeno bisogno di porla quella domanda, il solo fatto che si stiano rivolgendo a lui come “Lannister” e non come “Baratheon” dice già tutto. Tyrion vede una luce un po’ folle accendersi negli occhi color tempesta di Arya.
<<-Per l’assassinio di nostro padre, Ned Stark, io Arya Stark…>>
<<-Io, Sansa Stark…>>
<<-Giudico Joffrey Lannister colpevole!>> - Arya pronuncia quel nome con un disprezzo che il Folletto ha udito poche volte nella sua vita, e che gli fa pensare che ci siano molte più accuse con le quali la piccola Stark vorrebbe condannare il ragazzo. Un ragazzo che passa in un secondo dai deliri di un povero demente allo starnazzare di un’oca strozzata. Le sue grida sono talmente acute che per qualche istante assumono un che di femmineo, cosa che ancora una volta fa ricordare a suo zio quanto assurda sia stata la pretesa che quel moccioso viziato, marcio fin nell’anima, potesse comportarsi con lo stesso contegno del padre.
I gemelli non muovono un muscolo mentre vengono emesse le loro condanne. Colpevoli entrambi: insieme, come sono sempre stati.
E Tyrion si ritrova ultimo -come anche lui è sempre stato- mentre la formula di rito viene ripetuta per la quinta volta. Vorrebbe chiedere alle tre fanciulle di farla finita velocemente, ma si rende conto che la loro soddisfazione sta proprio nel poter avere il controllo su coloro che glielo hanno a lungo imposto, quindi attende.
<<-Per i peccati contro la nostra famiglia…>>
<<-Per le violenze ed il massacro della Casa Stark…>>
<<-Io Sansa Stark…>>
<<-E  io, Arya Stark…>>
<<-Giudico Lord Tyrion Lannister...>>
<<-…Innocente…>> - Quattro teste si voltano di scatto verso di lui e se Tyrion fosse minimamente in grado di accorgersene capirebbe che non è mai stato tanto al centro dell’attenzione. Ma al momento le sue energie sono troppo impegnate nel tentativo di comprendere se il verdetto emesso sia reale o meno. Perché no, non ci crede per niente che lo abbiano risparmiato.
<<-Le vostre sentenze verranno eseguite domani all’alba.>> - E prima che se ne renda conto, Tyrion si sente trascinare via. Tuttavia quando escono dalla sala non si dirigono verso i sotterranei, al contrario salgono verso la torre ovest, verso le stanze degli attendenti.
Ed in una delle stanze degli attendenti lo scaraventano, chiudendo la porta alle sue spalle. Tyrion non sente rumori, segno che le due guardie che lo hanno scortato lì sono rimaste alla porta, come ulteriore misura di sicurezza oltre al massiccio battente di legno.
L’ambiente è piccolo ma ben tenuto, asciutto e caldo. Il fuoco è acceso nel caminetto ed una piccola vasca di acqua fumante riposa sul pavimento.
Ma ciò che sconvolge Tyrion più di ogni altra cosa sono Tommen e Myrcella che gli corrono incontro, con identici sorrisi sulle labbra, gridando “zio”.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Daenerys ***


DAENERYS


Il processo è terminato in fretta e lei non può che esserne lieta: la sua vita si è sempre basata su azioni rapide, decise, nell’eventualità che attendere potesse farle cambiare idea.
Ha rinchiuso Xaro Xhoan Daxos velocemente. Ha acquistato gli Immacolati velocemente e altrettanto velocemente ha distrutto Astapor.
Dany osserva le guardie portare via i cinque Lannister, e una volta che la sala è stata liberata dalla loro presenza rivolge la sua attenzione alle ragazze. Scorge la paura nello sguardo di Sansa, e l’incertezza in quello di Arya.
Sui loro volti un’espressione quasi implorante: desideravano giustizia per la loro famiglia ma forse -al tempo stesso- desideravano anche che qualcuno togliesse dalle loro spalle quella responsabilità.
Non è molto che si conoscono ma sono simili, e sebbene la loro devozione le porti a credere di essere sue debitrici, non sanno che in realtà è lei a dover loro molto.
Danaerys ricorda le immense distese di polvere e fango che ha dovuto affrontare a Essos, il modo in cui la sua gente si è trascinata fino ad Astapor, e poi fino a Yunkai e a Mereen, finché non è giunta al grande mare.
Ricorda il terrore che i suoi stessi uomini hanno cominciato a provare alla vista dei suoi figli, di Drogon in particolar modo, che cominciavano a superare l’altezza di un uomo adulto; ma più di ogni altra cosa ricorda i sentimenti che infuriavano dentro di lei: la rabbia, il dolore, la solitudine, il rimpianto. Nonostante la presenza di Jorah il senso di perdita era più forte di qualunque altra cosa.
Loro erano arrivate un giorno qualunque, mentre lei ed i suoi generali pianificavano lo sbarco a Westeros.
Erano entrati nel porto di Pentos con una nave con la fiancata dipinta di rosso e oro, con il simbolo di un sole trafitto da una lancia, e quando si erano presentate alle porte del suo accampamento domandando udienza, Jorah le aveva riferito il rapporto di vassallaggio che i Martell avevano da secoli con i Targaryen. Tuttavia lei si era rifiutata di cedere di un millimetro quando aveva udito i loro nomi.
Stark. Aveva ricordato le parole di Viserys, in una di quelle innumerevoli notti in cui erano fuggiti da questa o quella taverna: “Quando torneremo a casa li distruggerò tutti Dany, tutti loro: Baratheon, Stark, Lannister. Vedranno tutti che cosa si ottiene a scatenare l’ira del drago!”
Quando le tende si erano scostate però, lei non aveva potuto fare a meno di considerare la mossa di Ned Stark curiosa e azzardata: inviare entrambe le sue figlie come messaggeri senza la certezza di rivederle vive.
Le erano sembrate molto piccole sebbene Sansa avesse la sua stessa età; molto piccole, troppo pallide e pelle e ossa. O forse era soltanto la loro guardia del corpo ad essere esageratamente grande: tra tutti i suoi uomini non ce n’era uno che avesse la stessa stazza.
Erano venute a porgere i loro omaggi e ad offrirle riparo e accoglienza nel loro rinnovato maniero appena avesse ultimato i preparativi per la partenza.
Lei aveva sorriso con amarezza.
<<-Vostro padre crede di comprare la mia alleanza mandando voi a patteggiare con un castello?>> - Ed era stato allora che Arya aveva alzato gli occhi nei suoi e senza timore, senza pesare le parole, le aveva detto:
<<-Nostro padre è morto, ora nostro fratello Brandon è il signore di Grande Inverno. Non è venuto con noi perché non può camminare: lo stesso uomo che ha ucciso tuo padre gli ha spezzato le gambe.>> - Da quel giorno ne erano passati altri sette, in cui le giovani sorelle le avevano raccontato ogni cosa: della guerra dei Troni, di alleanze secolari disgregate dall’avidità, di famiglie distrutte, di orrori impensabili che si erano succeduti per anni, finché l’ultimo baluardo di speranza per il popolo del Continente Occidentale era svanito come una nuvola di fumo.
Era stato sconvolgente sapere che quelle due ragazze non desideravano niente da lei: niente terre, niente uomini per ricostituire il Nord, nessun favore o trattamento di riguardo. Tutto ciò che desideravano era che lei assumesse la guida del nuovo regno. Volevano che diventasse regina, per ricreare un mondo basato sulla giustizia e sull’onore.
Poi una sera, mentre passeggiava per schiarirsi le idee, aveva visto Sansa, seduta tra le braccia del gigante, mormorare parole che non aveva compreso. Non era stata sua intenzione intromettersi, ma quel tono così cauto e misterioso le aveva impedito di allontanarsi. Si era fatta più vicina, mantenendosi nell’ombra, ed i sussurri avevano cominciato ad avere un senso.
<<-E cosa ne pensa quella piccola bestia sanguinaria di tua sorella di questa decisione?>> - Sansa aveva emesso un lungo sospiro.
<<-Non ne è felice.>>
<<-E tu lo sei? Hanno trucidato la tua famiglia un membro dopo l’altro.>>
<<-Lo so Sandor, lo so.>> - Il sospiro si era ripetuto.
<<-Cosa dovrei fare allora? Supplicare Daenerys perché ci dia la possibilità di vendicarci? Oltre a mio padre i Lannister hanno ucciso anche il suo.>> - L’uomo aveva preso il mento della ragazza tra le dita.
<<-Non supplicherai più nessuno finché sarò vivo. Ma potresti chiederlo. Non sembra una cattiva donna.>>
<<-Cersei sembrava un angelo e invece…ma hai ragione, lei sembra avere buon cuore. Ed è già stata generosa ad accoglierci ed ascoltarci.>>
<<-Cersei è sempre stata una puttana malvagia e vendicativa, eri tu a volerla pensare migliore.>> - Il loro discorso era stato intervallato da un momento di silenzio, poi Sansa aveva chiesto.
<<-E’ anche molto bella, non credi?>> - In seguito a quella domanda Dany aveva udito una risata raspante e poi solo rumore di labbra contro labbra.   
Si era allontanata sorridendo, e quando era rientrata a dormire aveva preso la sua decisione.
L’indomani mattina aveva convocato le ragazze nell’intimità della sua tenda e, con Jorah e Clegane come unici ulteriori testimoni, aveva fatto la sua proposta: loro l’avrebbero aiutata a conoscere ogni aspetto del nuovo continente, sarebbero state oneste e leali, ed in cambio lei le avrebbe messe sotto la sua protezione e avrebbe assicurato loro sicurezza e serenità nei tempi a venire.
<<-I miei obblighi saranno molti, e difficili, e in nome di quella giustizia che desiderate da me, temo di non poter essere in grado di processare correttamente i Lannister: mi hanno tolto un padre che non ho mai conosciuto, ed un fratello di cui non ho alcuna memoria; ciononostante i loro peccati sembrano estendersi oltre il mio dolore. Se lo vorrete, se crederete di esserne in grado, sarà a voi due che affiderò questo compito.>> - Era iniziata lì, nell’abbraccio con cui entrambe l’avevano spiazzata, la loro amicizia.
Il viaggio era proseguito in mare, con Arya che cercava di avvicinarsi in ogni modo ai suoi draghi e con Sansa che ogni volta la trascinava via. Dany aveva visto dell’innocenza nelle due, e della profonda sincerità, e quando i suoi figli avevano cominciato a ricercare intenzionalmente le loro attenzioni non aveva più avuto dubbi.
C’erano volute settimane per vincere la reticenza di Sansa ad avvicinarsi a Viserion, un mese intero per convincerla a cavalcare; ma quando finalmente erano spiccate nel loro primo volo, tutte e tre insieme, Dany aveva sentito il cuore fare un piccolo balzo per l’intensa sensazione che l’aveva travolta: finalmente, dopo tutti quegli anni in cui si era sentita sola e isolata, amata per il solo motivo di essere rispettata, aveva delle amiche.
Non ne aveva mai sentito la mancanza finché non erano entrate nella sua vita.
E dopo mesi -trascorsi un po’ nei regni a sud per aiutare la povera gente, un po’ nelle battaglie per debellare le ultime difese militari dei Lannister- erano arrivate in quel luogo, Approdo di Re, dove suo fratello affermava tutto avesse avuto inizio, e dove -grazie a lei- quell’era di devastazione avrebbe finalmente avuto fine.
<<-State bene?>> - Arya fa spallucce. Un gesto impertinente al quale però lei non reagisce. Sansa la guarda negli occhi e sorride mestamente.
<<-Ho sempre pensato che se mi fosse stata data la possibilità di giudicarli sarei stata felice di quella decisione…ma condannare morte è meno facile di quanto avevo previsto.>>
<<-Siete state sagge a decidere in questo modo.>> - Arya guarda sua sorella con un misto di rancore e stizza, sbuffa e se ne va, con Nymeria che la segue fedelmente.
<<-Perdonala Dany…non è del tutto concorde con la decisione che abbiamo preso per Jaime e Cersei.>> - La Madre dei Draghi le carezza una guancia.
<<-Và anche tu. Riposa un po’.>> - Poi si rivolge a Clegane con un sorriso malizioso.
<<-Ti prego di non tenerla impegnata tutta la notte, domani dovrà essere più sveglia ed in forze di quanto era oggi.>> - Incurante del volto paonazzo di Sansa, Clegane stira le labbra bruciate in un sorriso accennato.
<<-Aye Altezza.>> - Dopodiché porta via la sua giovane amica, che incespica appena nelle pietre levigate del pavimento, più per l’imbarazzo che per vera mancanza di equilibrio.
 
Sale i gradini con calma. Jorah la scorta con pazienza, anche se lei gli ha detto molte volte che può muoversi da sola.
“Non sei al sicuro qui khaleesi, non finché la città non sarà rimessa a nuovo ed i suoi abitanti saranno divenuti tuoi fedeli sudditi.” Non la chiama più per nome quando altri sono nei paraggi, forse perché il suo tono diventa inevitabilmente tenero. Quel pensiero le strappa un sorriso prima di giungere davanti alla porta che cerca. Chiede ai due Immacolati che vi sostano davanti di lasciarla passare, e uno apre la porta per farla entrare.
Tyrion Lannister è da solo. Indossa vesti pulite e né i capelli né la pelle recano più quella traccia di sporco che avevano poche ore prima, nella sala del trono.
Non abbassa lo sguardo davanti a lei e questo le piace. Dany lo fissa a sua volta, ma senza curiosità, dal momento che dopo gli stregoni di Qarth è abituata a tipi ben diversi di stranezze.
<<-Lord Tyrion.>> - Il Folletto accenna ad un lieve inchino che lo fa sembrare ancora più basso.
<<-Altezza. E’ così che devo chiamarvi?>> - Benché quella sia chiaramente una domanda provocatoria Dany non avverte il tono sferzante che dovrebbe accompagnarla, quanto piuttosto un sincero interrogativo.
<<-In verità questo è un titolo che mi è stato attribuito prima del tempo. Potreste chiamarmi “khaleesi” ma non credo lo desideriate, dal momento che solo il mio popolo mi chiama così.>>
<<-Il vostro…popolo?>>
<<-I miei dothraki. Gli Immacolati e gli schiavi che ho liberato. Ed i miei generali.>> - Lancia un’occhiata a Jorah, che ricambia lo sguardo senza mai allontanare la mano dall’elsa della spada. Quel gesto è la sua quotidianità, la sua sicurezza in ogni istante, ma lei desidera ardentemente un po’ di pace nella vita del suo guerriero.
<<-Capisco.>> - La voce del Folletto è roca, quasi gracchiante, senza dubbio effetto dell’umidità dei sotterranei. Arya le ha detto che le celle sono ancora macchiate dal sangue dei loro costruttori, quando essi vi furono rinchiusi per scoprire se avessero o meno creato passaggi segreti.
“-Fuoco e sangue. E’ su questo che i miei antenati hanno fondato questa fortezza.”
<<-Potete chiamarmi Lady Daenerys, credo che a Westeros si usi così. Vorreste scambiare qualche parola con me?>> - Tyrion le fa cenno di accomodarsi. Lei siede sul piccolo sgabello a tre gambe, essenziale ma robusto.
<<-Grazie per avere risparmiato i miei nipoti.>> - Dany sente forte l’impulso di ridere, ma si trattiene, sebbene a malapena.
<<-Vi diverto?>> - Un mezzo ghigno aleggia sui lineamenti contorti del nano e lei non può fare a meno di sorridere di rimando.
<<-Comprendo che non possiate riporre della fiducia in me circa la sicurezza della vostra famiglia, ma se aveste idea di quello che ho passato sapreste anche che non potrei mai far del male a dei bambini. A prescindere dal loro nome o dai peccati dei loro parenti.>> - Tyrion sembra a disagio, ma le domanda comunque.
<<-Allora perché sono qui? Sapevo Myrcella al sicuro a Dorne.>>
<<-Sansa ha pensato che avessero il diritto di dire addio ai loro famigliari.>> - E’ un colpo per l’uomo, non è difficile notarlo.
<<-Ah sì…suppongo che sia stata la gentilezza di Lady Clegane a farmi graziare.>> - Ad orecchie meno allenate ad ascoltare potrebbe sembrare un tono disinteressato, ma lei percepisce una nota di profonda gratitudine aleggiare in fondo a quelle parole.
<<-Quella e molte altre cose. Ma la verità è che vi siete salvato da solo. Risparmiando Sansa dalla messa a letto la notte del vostro matrimonio, impedendo a vostro nipote di continuare a picchiarla, restituendo al giovane Lord Stark la parvenza di ciò che vostro fratello gli aveva tolto.>> - Gli occhi del nano si sgranano e la bocca storta si spalanca in un verso a dir poco grottesco; pochi istanti di aperto stupore, e poi torna a fissarla immobile e turbato.
<<-Sapete tutto di me.>>
<<-Non esattamente. So che siete un uomo che ha tentato di ridare dignità alla gente di questa città; che ha messo la sua famiglia sopra ogni altra cosa, sebbene assecondandola abbia costantemente calpestato i suoi princìpi. So che non avete avuto alcuna parte nella morte di mio padre né in quella di Ned Stark.>>
<<-Questo semplicemente perché ero troppo impegnato a ubriacarmi e a scopare.>> - Lei non si lascia impressionare da quelle parole.
<<-Ciononostante è andata così. E so una cosa che molti ignorano.>> - Lo guarda dritto negli occhi -uno verde e uno azzurro- assicurandosi che le sue parole gli penetrino nella mente.
<<-So che siete un uomo pericoloso Lord Tyrion. Possedete un’ intelligenza ed un’ arguzia pari a quella di nessun altro in questo regno devastato. Quello che non so è che cosa farete quando domani sarete lasciato libero.>> - Tyrion ride, un suono forzato, che di allegro non ha niente.
<<-Non esiste una grande scelta Lady Daenerys: uscirò in strada e la gente di Approdo di Re mi sventrerà come una lampreda.>> - Dany guarda Jorah e lui annuisce impercettibilmente.
<<-Potreste liberarvi di questa pericolosa possibilità restando qui.>> - Ancora una volta il Folletto non si premura di nascondere la confusione.
<<-Che cosa?>>
<<-Potreste restare qui e consigliarci sulla ricostruzione della città. E quando essa sarà ultimata potreste consigliarci su tutto il resto.>> - Dany non è una stupida. Ha vissuto più di altri e molto più pericolosamente, e sa che quando il ruolo di salvatrice sarà svolto fino in fondo -quando la riconoscenza delle grandi città, delle antiche casate, sarà esaurita- allora avrà bisogno non solo di una guardia armata di eccelsa potenza, ma anche di uomini consapevoli delle infide strade della politica e del potere.
<<-E voi accogliereste un Lannister tra i vostri consiglieri?>>
<<-La vera domanda Lord Tyrion è un’altra: voi sareste leale verso chi ha portato alla morte la vostra famiglia?>> - L’uomo la guarda intensamente e per alcuni istanti il silenzio ammanta la piccola stanza. Quando parla di nuovo è come se dal suo cuore fosse stato tolto un peso.
<<-Joffrey è un mostro; mio padre non è molto migliore di lui. Jaime e Cersei…moriranno insieme. Esattamente come hanno programmato da quando sono venuti al mondo.>> - Dany sorride e si alza.
<<-Non sarà così Lord Tyrion: le mie ragazze hanno in mente una sorte completamente diversa per i vostri fratelli.>> - Dopo di che esce dalla stanza, soddisfatta ed incurante dello sgomento che deve nuovamente animare i lineamenti del Folletto.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Arya ***


ARYA


Il sasso disegna un arco perfetto nell’aria tersa del mattino. Si solleva in alto e poi ricade nelle acque profonde del mare con un tonfo deciso, e si va ad aggiungere agli altri ciottoli e detriti che compongono il fondo della baia. Altrettanto pesante e altrettanto inutile. Come tutte le ore che si sono succedute dalla sera precedente.
Arya ne afferra un altro e lo scaglia con più impeto. Vuole un suono forte, secco, che testimoni il rancore e l’ira che imperversano dentro di lei, ma il sasso affonda con un tonfo stupido, con un “plonf” che non le permette minimamente di sfogarsi.
Vorrebbe urlare a pieni polmoni che li vuole tutti morti. Di più, li vuole impiccati, squartati, spellati vivi e lasciati sotto il sole ad arrostire. Vuole che siano riportati in vita due, tre, cento volte, e vuole ripetere quel trattamento ogni volta. Li vuole annientati nel profondo delle loro anime. Tutti, uno per uno.
“-Li informeremo della morte del padre e del figlio maggiore, e poi li faremo esiliare.” - Si è opposta alla decisione di sua sorella, con tutte le sue forze. Non importa che Cersei non abbia dato ordini diretti, non importa che lo Sterminatore di Re non fosse nemmeno a conoscenza delle intenzioni di Roose Bolton; non deve esserci pietà per i Lannister.
“-Per una madre non esiste sofferenza più grande dell’essere privata del proprio figlio.” - Solo le parole che Daenerys aveva pronunciato in seguito erano riuscite a strappare il suo smozzicato consenso.
Afferra un’altra pietra, e quella è così pesante da costringerla ad utilizzare entrambe le mani per gettarla in mare. Il volo non è lungo e -cosa ancor peggiore- termina in uno “splash” quasi armonico.
In risposta Arya cerca di afferrare un grosso masso lì vicino. E’ la metà di lei, ed il triplo del suo peso: è scontato che non riuscirà a smuoverlo di un millimetro, ma ci prova lo stesso. Si graffia i palmi, stringe i denti fino a sentirli stridere gli uni contro gli altri e punta i piedi nella sabbia soffice e bagnata con tanta forza da perdere aderenza al terreno.
Scivola a terra in uno scompiglio di metallo, cuoio e sabbia.
Se possibile questo non fa che aumentare la sua irritazione. Batte i piedi contro il masso ed i pugni contro la sabbia combattendo contro il grido che resta incastrato nella sua gola: gli Immacolati che la seguono probabilmente penserebbero ad un attacco e la riporterebbero alla Fortezza Rossa. E lì sarebbe costretta a dare spiegazioni a Dany e a Sansa. Soprattutto a Sansa.
Cerca di calmarsi nell’unico modo che conosce: chiude gli occhi e a bassa voce comincia a ripetere.
<<-Ilyn Payne…Dunsen…Tywin Lannister…Re Joffrey…Regina Cersei…>> - I nomi dell’odio scivolano dolcemente sulla sua lingua. La lista si è fatta notevolmente più corta man mano che i suoi appartenenti hanno incontrato la loro meritata fine. Non si aspettava che il carnefice di Approdo di Re fosse tanto difficile da eliminare, e deve ancora mordersi la lingua per non aggiungere il Mastino all’elenco ma è tutto sommato lieta della piega che hanno preso gli eventi: se Clegane non l’avesse presa come ostaggio non sarebbe sopravvissuta al massacro delle Due Torri.
Al pensiero sente in bocca il sapore del sangue: caldo, salato e ferroso, e ricorda con gioia il momento in cui l’esercito di Danaerys aveva spazzato via le armate dei Bolton. Il momento in cui lei e Raegal avevano soffiato il fuoco dentro i bastioni, il momento in cui nuovi fantasmi avevano preso il loro posto all’interno delle mura di Harrenhall.  
<<-Valar Morghulis.>> - L’aria comincia a diventare più tiepida, segno dell’avvicinarsi dell’alba.
<<-Valar Dohaeris.>> - Arya apre gli occhi a quella risposta, sillabata con accento disastroso da una voce che non sente da molto e che le strappa un palpito che la lascia decisamente infastidita.
Gendry Water si staglia sopra di lei con un sorriso sbilenco che sa un po’ di tenerezza sulle labbra, quasi trovarla in certe situazioni non sia una novità per lui.
 <<-Perché la mia signora si agita sulla battigia come un salmone?>> - Lei gli tira una manciata di sabbia negli occhi. Se fosse stata Sansa l’avrebbe presa, ma lui no. Si toglie dalla sua traiettoria prima ancora che lei abbia il tempo di mirare.
“-Bastardo di un armaiolo svelto come un coniglio…” - Arya si alza in piedi e si scuote di dosso i granelli ruvidi e sottili come può.
Gendry è più alto, più abbronzato, e ha la barba più lunga.
<<-Ti sapevo a Grande Inverno.>> - Lui si adombra appena.
<<-Se la mia signora lo preferisce posso tornarci.>> - Arya pesta il piede a terra con forza.
<<-Non mi chiamare in quel modo ridicolo! E no che non voglio che torni là! Ti voglio qui e ho bisogno di te qui!>> - Forse non c’era bisogno di tanta veemenza. Qualcosa dentro di lei le manda quel messaggio nel momento in cui Gendry sorride. Perché è un sorriso diverso da quello che gli ha sempre visto fare: ha qualcosa di sottile, di ferino, di predatorio forse.
<<-Ah. Hai bisogno di me qui.>> - E benché quelle siano esattamente le parole che lei ha pronunciato, sulle labbra del ragazzo sembrano assumere un nuovo significato, diverso da quello che lei voleva dargli.
<<-Mi vuoi. Qui.>> - Molto molto diverso da quello che lei voleva dargli.
<<-Certamente, Ago potrebbe avere bisogno di una affilatura!>> - L’espressione sul viso di Gendry non cambia: resta distesa e pacata, con quel sorriso da gatto che ha appena catturato un piccione, ma lui si fa più vicino, e Arya non indietreggia, perché sa che non deve difendersi da lui: lui non le farebbe mai del male.
Ma le manca il fiato quando restano distanziati dallo spazio di un respiro. Non si era resa conto di quanto lui fosse diventato...spesso. Non riesce a trovare un altro termine. Sono spessi i suoi avambracci, è spesso il suo torace, sono spesse le sue gambe, ed è caldo; riesce a percepirlo attraverso i vestiti: ha la pelle che brucia. Forse dipende dal fatto che passa tutto il suo tempo nella fucina a creare spade, punte di freccia e armature, ma è diventato maledettamente massiccio, uomo più di quanto lo abbia mai percepito, mentre lei rimane femmina e piccola.
<<-Ho paura che ci sia un’altra spada che ha molto più bisogno di attenzioni della tua.>> - Inarca un sopracciglio, irritata da quella notizia.
<<-Allora dopo che ti sarai occupato di chi ha la precedenza ti occuperai di Ago!>> - Ed il sorriso sul volto di Gendry si congela a quelle parole, per essere rapidamente sostituito da un’espressione quasi sconsolata.
<<-Sei veramente senza speranza…>> - Arya gli scalcia la sabbia contro.
<<-La regina ti manda a chiamare, comunque. Sembra che lei e la lady tua sorella vogliano cominciare ad eseguire le sentenze.>> - E’ allora che lei lo nota: il chiarore che proviene dall’orizzonte. L’alba che tinge il cielo di arancione e giallo.
<<-Ti raggiungerò quando tutto sarà finito.>> - Gendry annuisce e lei si volta e corre. Il sangue le brucia nelle vene mentre i suoi passi divorano il sentiero prima e le strade della città poi.
Ed il suo cuore palpita per la corsa e per l’eccitazione nel momento in cui raggiunge l’alta corte davanti al Tempio di Baelor. Quella è stata una decisione di Sansa.
“Affinché sappiano che la loro condanna perdurerà anche dopo la morte, nel giudizio degli dèi vecchi e nuovi.”
Un tempo non avrebbe parlato così, sua sorella. Un tempo si sarebbe semplicemente tappata gli occhi o sarebbe svenuta in modo molto elegante e quella risolutezza dimostra che anche lei ha sofferto molto.
Questo pensiero la spinge accanto a Sansa, ad accogliere il suo rimbrotto per il ritardo con un mormorato ma sentito “scusami”. Dopo di che le prende la mano, e Sansa la stringe, senza esitare un attimo.
Tywin Lannister viene condotto davanti a Dany da due Immacolati. Le catene che gli intrappolano i polsi vengono tolte e Arya sopprime un ringhio: lo stanno trattando con maggiore dignità di quanta ne sia stata data al loro padre.
<<-Lord Tywin Lannister, da questa corte siete stato giudicato colpevole. La sentenza è morte.>> - Tywin guarda verso di loro e Arya rammenta per un istante il momento in cui ha fatto da coppiera a quell’uomo. “Sei troppo intelligente per il tuo stesso bene” le aveva detto. E adesso lei pensa che sì, è così. Di sicuro è stata troppo intelligente per il bene dei Lannister, sfuggita alle loro grinfie e tornata per trucidarli come loro hanno trucidato gli Stark. Anche sua sorella è oggetto dell’attenzione del capofamiglia dei Lannister, e di certo lui la starà condannando per la sua schiettezza, per la sua sincerità: benchè tutti i presenti conoscessero la vera natura della relazione tra i suoi due figli, soltanto Sansa ha avuto il coraggio di condannarli ad alta voce.
<<-Avete qualcosa da dire prima che la sentenza venga eseguita?>> - L’uomo non smette di guardarle e Arya comincia ad infervorarsi. Vorrebbe colmare la distanza che li separa e cavargli gli occhi, ma proprio quando sta per farlo, lui parla.
<<-Che cosa farete quando anche la mia famiglia avrà raggiunto la vostra nella tomba, donzelle? Dove finirà il vostro fuoco, il vostro furore, quando la vendetta non sarà più un valido compagno?>> - Arya resta immobile assorbendo suo malgrado quella domanda, e per un istante si sente persa. Sono anni che ormai vive cercando di arrivare al giorno successivo; sperare in un futuro lontano non è mai stata una sua possibilità. Ma la stretta di Sansa la riporta al presente e Arya sente che -ora più che mai- sua sorella le è vicina. Sua sorella non le permetterà di sentirsi sola o isolata di nuovo.
<<-Torneremo ad essere ciò che eravamo prima che voi ci privaste di un nome.>>
“-Prima che Sansa fosse costretta a chiamarsi “Lannister” e prima che io mi facessi chiamare “Arry”. ”
<<-Torneremo ad essere Sansa e Arya Stark.>> - Arya stringe la mano alla sorella. Non è abituata a manifestare il suo affetto ma adesso non può esimersi. Oggi Sansa è grandiosa. E’ regina al posto di Dany. E’ migliore di Dany. E’ migliore di tutti.
Tywin Lannister sorride in modo strano, poi si inginocchia e china la testa. E’ Mormont ad occuparsene: lui ed il Mastino lo hanno concordato la sera precedente.
Arya trattiene il fiato, e per un istante sente la nausea che le monta dentro: è certa che succederà qualcosa. Qualcuno all’ultimo momento si intrometterà. Qualcuno sottrarrà quell’uomo alla giustizia. Un alleato, un parente, una qualche arcana, oscura magia.
Invece non accade niente: Tywin Lannister cade come tutti gli altri uomini. Cade come Eddard Stark è caduto, con la sola differenza che suo padre non lo meritava.
Il liquido scuro si espande con velocità, come se fosse acqua, ed inzuppa le pietre, e gocciola sulla terra dalla lama di Mormont.
Arya azzarda uno sguardo a sua sorella e la trova pallida, con gli occhi rossi. Esattamente come l’ha scorta il giorno dell’esecuzione di Ned, e non può fare altro per consolarla che tornare a guardare avanti e stringerle la mano un po’ più forte.
Attendono qualche momento e dopo che il corpo viene portato via, dopo che il sole è salito un po’ più su nel cielo, i due Immacolati appaiono di nuovo. Con Joffrey.
A quel punto Arya dimentica tutto: la vendetta, la giustizia, la differenza tra le due…nel suo cuore c’è posto soltanto per quel momento.
Chiunque può essere ucciso. Anche un Lannister. Adesso è chiaro, e lei vuole che la sentenza di Joffrey venga eseguita immediatamente. Senza formule, senza possibilità. Che muoia e basta. Che muoia subito.
<<-Lord Joffrey Lannister, da questa corte siete stato giudicato colpevole. La sentenza è morte.>>
<<-Voglio un processo per combattimento!>> - La sua voce è stridula, a dir poco insopportabile. E ancora meno sopportabile è la sua figura: indossa i velluti color porpora e oro della sua casa ma, sebbene adesso siano lerci e strappati, lui li porta come se fosse ancora il re.
“-Parla come se fosse un re, grida come se fosse un re, esige come se fosse un re.”
Nessuno si sorprende più di tanto all’udire quelle parole. Daenerys annuisce, e Joffrey sbraita.
<<-Voglio il Mastino!!!>> - Arya strabuzza gli occhi e non può fare a meno di gridare a sua volta.
<<-Cosa?!>> - E’ impossibile; semplicemente impossibile quello che ha udito. Eppure, come a rimarcare che quello che ha udito è reale, il fu re continua ad urlare.
<<-Stà zitta troia!>> - Se solo fosse compita come le altre due donne che sono in quello spiazzo ignorerebbe il commento e si beerebbe di quella stupidità, ridendo di tutte le eresie che precederanno la morte di quella creatura tanto idiota. Ma non lo è, e non può impedirsi di stare zitta.
<<-E credi che il marito di mia sorella venga a salvarti il culo stupido pidocchio?!>> - Il Mastino scoppia a ridere e perfino Sansa deve sopprimere il lieve sorriso che le tende le labbra.
<<-Voglio mio zio!>> - Dany lo guarda con pietà.
<<-Vorreste far combattere Lord Tyrion?>>
<<-Mio zio Jaime!>>
<<-Vostro padre non è disponibile Lord Lannister. Temo che se vorrete un processo per combattimento dovrete occuparvene da solo. Slegatelo. Jorah dagli una spada.>> - Arya guarda la folla radunata lì attorno e sa con certezza che non esiste nessuno che voglia rischiare la propria vita -adesso che ha finalmente un senso- andando contro una lama d’acciaio.
Ed è così che capisce; è un segno degli dèi, e lei non dubiterà mai più della loro esistenza, della loro presenza. Le hanno offerto la sua vendetta contro il responsabile di tutte le loro tragedie.
Ago vibra al suo fianco ed è come se cantasse. Non ci sono nuvole ma “Le piogge di Castamere” risuona già per Joffrey Lannister, e lei sarà il menestrello. Sarà la viola ed il flauto. Sarà tutta l’orchestra.
<<-Combatterò io contro di lui.>> - Tutte le teste si voltano e sua sorella la scuote per le braccia per cercare di farla rinsavire, ma lei non vede altro che Joffrey. E quando il Mastino tira indietro Sansa, lei si fa avanti.
Non si accorge nemmeno degli Immacolati che creano l’arena del duello. Non sente niente se non la terra sotto i suoi piedi ed il sole tiepido sulla testa.
Appena estrae Ago il duello comincia. Ultimo sangue, non primo: non è un torneo e loro non stanno giostrando.
Joffrey usa la spada come se fosse una frusta: mena fendenti che se le arrivassero addosso la farebbero a fette. Ma non la colpirà mai: quello non è un duello equo, perché tutti i membri della sua famiglia sono con lei e le muovono le mani, le braccia, le gambe.
E alla voce di Syrio che le ripete “ferma come acqua stagnante” si sovrappone quella di suo padre che adesso dice “non affondare mai se non puoi tirarti indietro”. Ed è Robb che le permette di parare quella stoccata, ed è sua madre che le raddrizza la schiena, proprio come dovrebbe fare una vera lady.
Ben presto Arya smette di duellare e comincia a danzare. Sfregia il bel volto crudele di Joffrey con la punta del suo stocco e nel sangue che comincia a fuoriuscire dalla ferita pensa: “Questo è per Lady.”
Il ragazzo tenta un affondo gridando come un ossesso ma Arya guizza via con agilità e utilizzando la stessa spinta pianta Ago nel fianco scoperto del giovane Lannister.
“-Questo è per Micah.” - Il sangue spilla e Joffrey grida di nuovo, questa volta di dolore e non di rabbia. Con un rapido volteggio la piccola lama taglia il tessuto e si conficca nella spalla sinistra.
“-Questo è per Sansa.” - Il ragazzo non fa nemmeno in tempo ad accorgersene che Ago affonda nel polpaccio, trapassandolo da parte a parte. Le grida diventano sempre più alte.
“-Questo è per Robb.” - Joffrey carica con la forza della disperazione e riesce a deviare la direzione del colpo di Arya. Tuttavia quando riprende l’equilibrio, zoppicando ed imprecando, le è troppo vicino e lei gli tira una testata al volto. Il naso si spezza ed il sangue schizza anche sul viso della ragazza, che sfrutta la sua confusione e l’ennesimo urlo di dolore per portarsi ad una distanza sicura.
“-Questo è per nostra madre.” - Joffrey cade in ginocchio e non sa più su quale parte del corpo premere. Quando Arya gli si avvicina alza la spada per cercare di affondare ancora una volta e, scivolando sotto il suo braccio alzato, lei gli pianta la lama nel cuore.
Joffrey fa cadere la spada con una smorfia stupita, guarda di nuovo la piccola Stark e solo in quell’ultimo istante sembra ricordare che la giovane donna che l’ha ucciso è la stessa bambina che l’aveva umiliato anni prima, sulla Strada del Re, con un bastone di legno.
“-E questo è per nostro padre.” - Joffrey Lannister muore in pochi istanti e Arya sente che i suoi cari possono riposare in pace. E tra le braccia di sua sorella, che le bagna i capelli con le sue lacrime, sente di poter tornare ad essere serena e felice come era prima della guerra. Prima dei Lannister. Quando su Grande Inverno regnava ancora Eddard Stark con la sua famiglia.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Jaime ***


JAIME


<<-Smettila Cersei, ti prego.>> - Sorda alle sue suppliche sua sorella continua a dar sfogo al suo terrore: grida il nome del figlio maggiore con rinnovata forza e Jaime non riesce davvero a comprendere come possa avere ancora tanto fiato dopo tutto quel tempo. Deve essere passata più di un’ora da quando sono scesi a prendere loro padre, più di due da quando hanno preso Joffrey, e le sue urla non sono mai cessate.
Dovrebbe gridare con lei, sarebbe la cosa giusta da fare. Era anche figlio suo quel ragazzo…quella bellissima, crudele creatura, alla quale era stato consegnato un intero regno affinché ne facesse la sua personale scacchiera.
Non ha mai imparato l’onore, né la giustizia. Non ha mai imparato ad avere coraggio, a cadere e a rialzarsi con le sue sole forze: da che è venuto al mondo Cersei gli ha dato ogni cosa; più di quanto qualunque essere umano potesse desiderare, e gli ha insegnato che non esisteva nulla che dovesse essere guadagnato, che tutto in quel continente gli sarebbe stato dovuto per il semplice fatto di essere Joffrey Baratheon.
“Il re Joffrey Baratheon non è né un vero re, né un vero Baratheon”.
Ricorda le parole di Robb Stark, Jaime. Dette in un altro luogo, in un altro tempo, in una cella identica a quella in cui siede adesso. E si chiede ancora come abbiano fatto, lui e Cersei, a dimenticare quella verità.
Loro sono cresciuti utilizzando le loro arti, le loro doti, i doni che gli dèi avevano loro concesso, per andare avanti. Per percorrere la strada della grandezza con le unghie e con i denti e giungere ad essere quello che erano stati. Perché non hanno insegnato a Joffrey a fare la stessa cosa? Non è mai stato un Baratheon il loro bambino dai capelli dorati; non ha mai avuto lo spirito di Robert, la serietà di Stannis o la fierezza di Renly.
Joffrey era un Lannister e avrebbero dovuto crescerlo come tale.
Ma può veramente accusare Cersei per questo? L’amore che ha provato per lei è sempre stato secondo alla sua assenza nelle vite dei suoi figli.
Non può che pensare a Tommen e a Myrcella. Saranno buone persone? Cresceranno nel rispetto e nell’onestà quando i loro genitori moriranno come il fratello più grande?
E’ ridicolo come l’attesa della fine lo porti a riconsiderare tutta la sua vita. E una vita da poco è stata la sua: trascorsa nello sfarzo, ad affondare dolcemente tra le cosce del suo grande, proibito, amore…a cavalcare lontano, in nome del suo re, e a ridere della sorte di tutti quei poveracci che il destino poneva sulla sua strada.
Oh, ha fatto del bene, ma dal suo gesto ha ricavato soltanto un titolo ignominioso. Ha salvato milioni di vite innocenti, eppure nessuno lo sa.
“-No…non è così…qualcuno lo sa.” - Qualcuno che gli ha fatto venire le vesciche ai piedi e che lo ha umiliato con la spada quando possedeva ancora entrambe le mani.
Sorride mestamente al ricordo. Nemmeno quando lo ha visto ripulito, con indosso la sua cappa bianca, ha cambiato espressione: ha continuato a guardarlo come se fosse un qualunque locandiere incontrato sulla Strada del Re, nemmeno particolarmente interessante, figuriamoci avvenente.
E’ stata un colpo al suo orgoglio in tutti i sensi Brienne di Tarth. Ma è stata la cosa più simile alla pace che lui abbia mai avuto. Non una pace effimera, illusoria, come quella ricavata da una notte tra le braccia di Cersei; ma qualcosa di più ampio, più profondo.
Brienne sarebbe stata un glorioso traguardo: se fosse riuscito in qualche modo a raggiungerla avrebbe trovato qualcosa di grande. Non sa esattamente cosa, forse la felicità. Sembra che quelli come lui, abituati a combattere e ad andare in guerra, non debbano mai raggiungerla la felicità; sembra che debbano accontentarsi di momenti, delle briciole, di tempo rubato.
Cersei grida di nuovo, si sporge dalle sbarre così tanto che le sue costole scricchiolano contro il metallo, e con la sua ultima riserva di fiato chiama il figlio. Poi si accascia su se stessa, quasi non riuscisse più a sostenere il peso del suo stesso corpo.
Jaime le si avvicina e le tende la mano attraverso le fessure che li separano. Soltanto quando vede il suo sguardo disgustato si rende conto di aver utilizzato il braccio sbagliato. La sua mano d’oro è finita chissà dove, probabilmente ben nascosta tra gli averi di uno dei tanti mendicanti di Approdo del Re.
<<-Non toccarmi con quella cosa schifosa!>> - La pelle del moncone è liscia, ben cicatrizzata, e Jaime si domanda come Cersei avrebbe reagito alla vista della ferita appena inflitta, se solo descrive il suo arto menomato come “una cosa schifosa” adesso. Gli stringe un po’ il cuore sentire quelle parole uscire dalle labbra dell’unica donna che abbia mai amato e quella sensazione si somma a tutte le altre e lo allontana da lei un altro po’.
Quando è tornato a casa per la prima volta, felice di essere ancora vivo e di poterla stringere di nuovo, ha fatto fatica a ignorare il dolore, alla notizia che durante la sua assenza la sorella aveva accolto nel suo letto il loro giovane cugino. Si è sentito ferito più di quando la sua mano è stata mozzata via, ma non ha potuto fare altro -per sopravvivere- che perdonarla.
Ma niente è stato più come prima. Dall’istante in cui gli occhi di Cersei si sono posati sul braccio ferito le cose hanno cominciato a cambiare.
<<-Perdonami.>> - Vorrebbe solo stare con lei per quei pochi istanti che li separano dalla morte. Tenerla stretta per quanto le sbarre lo consentano e dirle che andrà tutto bene, anche se sa che non è così.
In verità vorrebbe molto altro: vorrebbe avere una seconda possibilità dalla vita. Vorrebbe spogliarsi del nome “Sterminatore di Re” e ricominciare tutto da capo. Vivere in modo diverso, amare una donna diversa e avere dei figli che possano chiamarlo “padre” e non “zio Jaime”.
Ma ecco la risposta del destino: quattro Immacolati, scuri come la notte, che scendono le strette scale di pietra scura -trasudante umidità e disperazione- e vengono per loro.
Aprono la cella ma diversamente da quanto fa Cersei, che si getta su di loro come una furia e con le unghie spezzate cerca di strappare brandelli di pelle, lui si alza con calma e li segue senza protestare.
Nel gioco dei troni si vince o si muore, e Jaime Lannister accetta la sconfitta quanto più dignitosamente possibile.
Vengono nuovamente condotti nella sala del Trono, dove ancora una volta, Daenerys Targeryen li accoglie con quieta serenità e con le sue due ancelle.
“-Ucciso da tre bambine. Un tempo ne avrei riso.” - Quando i suoi carcerieri si fermano lui fa altrettanto. La giovane Targaryen si alza, e con lei le Stark.
Questa Targaryen è diversa dall’ultimo, non è un mistero per nessuno. La prima cosa che ha fatto è stata togliere il Trono di Spade, una mossa stupida. Talmente stupida da essere dannatamente saggia.
Questa Targaryen vivrà molto più a lungo di suo padre. E chissà, forse sarà anche in grado di governare rettamente.
<<-Lord e lady Lannister, da questa corte siete stati giudicati colpevoli, come vostro padre e vostro figlio maggiore, i quali hanno pagato con la vita per i loro peccati.>> - Il grido che prorompe dal petto di Cersei porta in sé la nota nauseante della tortura, e in Jaime affiorano il rimpianto e l’amarezza.
<<-La vostra sentenza è l’esilio per il resto della vostra esistenza.>> - Deve farsi strada tra le pieghe del suo animo consumato dal cordoglio, ma alla fine la notizia lo raggiunge, ed è inaspettata.
<<-Lady Sansa e lady Arya hanno concordato nel risparmiare le vostre vite, poiché non avete avuto parte diretta nel massacro della loro famiglia. Per i vostri peccati contro di loro hanno ritenuto che siate già stati puniti con dolorose privazioni.>> - La perdita di un arto e la perdita di un figlio. Certamente. Non hanno mai avuto intenzione di ucciderli, le due sorelle Stark.
Sono figlie del loro padre: onorevoli oltre la sopportazione; è un tipo di clemenza che i Lannister non avrebbero mai contemplato.
Forse è proprio per questo che ci sono loro due sedute accanto alla nuova regina, e non lui e sua sorella.
<<-Le mie lady hanno deciso inoltre di condurre ad Approdo del Re i vostri figli minori. Avrete la possibilità di vederli prima di lasciare la città. Lord Tyrion si occuperà che vengano poi riportati dai loro promessi.>> - La notizia riporta un po’ di luce nei meandri dei suoi pensieri.
Si volta verso Cersei, per infonderle un po’ di speranza, ma quando la guarda vede qualcosa che non ha mai visto prima: gli occhi azzurro pallido sono accesi da una luce febbrile, i lineamenti distorti dalla furia. Jaime fa appena in tempo ad afferrarla per le braccia prima che lei si slanci con un grido verso i tre troni, e si chiede chi avrebbe cercato di raggiungere per prima, se Daenerys, che ha preso il suo posto, se Sansa, che la umilia come un tempo lei è stata umiliata, o Arya, che adesso è stranamente rilassata, quasi si fosse tolta un peso dalle spalle.
<<-Cersei…- Le sussurra -…smettila, pensa a Myrcella, pensa a Tommen…pensa agli altri nostri figli!>> - Ma la sua gemella non smette di divincolarsi, né di gridare inferocita, e in Jaime giunge la consapevolezza che non le importa degli altri. Non le importa più di niente: non della giovane donna che anni prima ha guardato allontanarsi diretta verso Dorne, né del bimbo paffutello innamorato dei suoi cuccioli. Non gli importa più nemmeno di lui, l’uomo che le si era votato anima e corpo.
E forse è quello che gli permette di recidere quel sottile filo che lo tiene ancora legato a lei. La lascia andare. E si ritrova da solo, una parte soltanto. Non più la metà di un tutto, ma un elemento unico e completo.
Le guardie armate prendono il suo posto e la portano via, e Jaime resta lì, nel mezzo della grande sala, finché qualcuno non scorta fuori anche lui.
 
Poche ore più tardi si ritrova a sellare un cavallo. E’ il suo, ed è un animale forte e caparbio, proprio come un tempo lo è stato lui. Si chiede perché le guardie di Daenerys non gli abbiano dato una diversa cavalcatura, una più vecchia, meno vigorosa…ma alla fine rinuncia a comprendere le loro motivazioni, non hanno importanza. La mancanza della mano gli impedisce di stringere le cinghie con rapidità, ma non si preoccupa neanche di questo: la giovane Targaryen gli ha dato fino al tramonto, e il sole volge appena a mezzodì.
Tanto più che ha già fatto ciò che doveva: è salito dai suoi figli e li ha tenuti stretti tra le braccia l’ultima volta, smarrendosi nei loro occhi chiari e nel colorito sano delle loro guance.
Myrcella assomiglia a Cersei. O meglio, le sarebbe somigliata molto se non fosse per la cicatrice che le taglia il volto. Ma nonostante la brutta ferita la sua vita è felice, gli ha assicurato lei: il suo principe, Trystane Martell, la ama teneramente, e la rispetta.
<<-Cerca sempre di essere alla mia sinistra, affinché possa udire meglio.>> - Glielo ha detto con serenità e con un sorriso, per palesare la mancanza dell’orecchio destro, e Jamie ha cercato di non spezzarsi davanti al coraggio della figlia. Il piccolo Tommen gli ha parlato a lungo delle meraviglie di Lancia del Sole, del clima caldo e arido, e di come lui e Obella Sand stiano legando.
Le sue paure non hanno motivo di esistere: i due ragazzi non hanno il suo temperamento avventato, né l’arroganza della loro madre; sono onesti, onorevoli, ma forti. Non sono due sciocchi e sapranno prendere sagge decisioni quando e se sarà il momento.
Li ha lasciati con questa certezza e con la speranza che le loro guide saranno migliori della sua.
Stringe il sottopancia quanto più possibile con la mano sinistra, ma quello resta comunque lento, e deve riprovare ancora una volta.   
<<-Potevi fartelo sellare da qualcuno.>> - Jaime sorride e si volta verso il fratello. Il suo piccolo, deforme, gentile fratello, la cui tempra e la cui onestà sono state finalmente ripagate.
Non lo vede dal giorno precedente. Forse ha pensato che sarebbe stato deriso per la decisione che le due Stark hanno preso. Forse pensa che sarebbe stato odiato.
Povero Tyrion…quella famiglia non gli ha mai dato qualcosa che poi non si sia ripresa.
<<-Ho già avuto la mia dose di fortuna.>> - Il Folletto gli si avvicina con il suo solito sorriso sghembo. Indossa un farsetto da poco, ma robusto e pulito, proprio come il suo.
<<-Che ne sarà di te fratello?>> - Lui si guarda intorno; fissa la sua attenzione sul legno delle stalle e sulla paglia fresca. Lo ha sempre fatto, per farlo esasperare un po’, ma questa volta torna a guardarlo dopo pochi istanti.
<<-Mi hanno offerto di restare.>> - Jaime inarca un sopracciglio.
<<-Quindi ti attendono di nuovo sete e velluti?>> - La risata che scuote il piccolo corpo dell’uomo è sarcastica.
<<-Non credo che nel regno che verrà ci sarà posto per sete e velluti. Non presto almeno.>> - Lui stringe di nuovo, e questa volta il gancio della fibbia si incastra nell’anello giusto. 
<<-Ti auguro ogni bene.>>
<<-Hai già saputo quale sarà il luogo del tuo esilio?>> - Jaime scuote la testa. I capelli biondi, lavati, gli finiscono negli occhi, e assurdamente pensa che avrebbero bisogno di essere tagliati. Tyrion si fa più vicino, finché solo pochi metri li separano l’uno dall’altro.
<<-Tarth.>> - Il silenzio accoglie quella rivelazione, poi Jaime ride. Un suono non propriamente allegro, ma nemmeno colmo di amarezza. Ama suo fratello. Non glielo ha mai detto, e senza dubbio è tardi per farlo adesso, ma Tyrion ha ereditato quella bontà che la loro madre aveva in abbondanza, e che nessuno di loro ha mai posseduto, e lui gli vuole bene.
<<-Tarth?>>
<<-Colpevole ma esiliato…è uno strano connubio. Lord Selwyn ha accettato di farti entrare nel suo territorio, il resto dipende da te.>> - Un ultimo dono quello che Tyrion gli ha fatto, un altro motivo per essergli grato.
<<-Lei dove andrà?>> - Il volto del fratello si rabbuia a quella domanda, ma come sempre è sincero nel rispondergli.
<<-Al Nido dell’Aquila, nella valle di Arryn.>> - Jaime capisce il motivo di quell’aria cupa, e concorda: tutto sommato quello è stato un tiro mancino.
<<-Il Nido dell’Aquila è sotto il comando di Robin Arryn.>> - Un ragazzino deboluccio il cui divertimento più grande è far volare uomini e donne giù dalla fortezza più alta di tutti i Sette Regni.
<<-Lo affianca il suo prozio, Brynden Tully. E’ un uomo d’onore.>> - “Ma amava sua nipote Catelyn con tutto il cuore”. Sono parole che Tyrion non pronuncia, ma entrambi sanno bene che Cersei non durerà più di tre cicli di luna in quel luogo. Di sicuro non nelle sue attuali condizioni.
<<-Chi lo ha deciso?>>
<<-Arya Stark. Vi voleva morti entrambi, ma alla fine si è accontentata di decidere la destinazione di Cersei. Ovviamente lo ha fatto per sua sorella.>> - Ovviamente. Nessuno più di lui può capire il profondo legame che unisce due fratelli, e Arya Stark ha comunque voluto la sua vendetta su chi è rimasto impassibile a guardare Sansa che veniva percossa.
<<-Mi dispiace Jaime, ho avuto il potere di cambiare le cose solo per uno dei due.>> - Jaime sorride appena, riconoscente, e poi sale a cavallo. La bestia scalpita per il desiderio di essere lanciata a briglia sciolta, ma lui tiene le redini con mano ferma. Tyrion gli porge un rotolo di pergamene tenute insieme da una stretta cinghia di pelle trattata. 
<<-Cosa sono? I miei documenti di sbarco?>> - Il Folletto sogghigna.
<<-Credi che li affiderebbero a me? No fratello, sono progetti da dare ad un buon armaiolo, se ne troverai uno. Una mano di metallo sarà peggiore di una in oro, ma sempre migliore di non averla affatto.>> - Quando li afferra cerca di dire qualcosa, qualsiasi cosa, che porti l’altro a capire che gli deve molto, che prova un profondo affetto per lui, ma non ci riesce. Tutto ciò che sa dire è:
<<-Grazie Tyrion.>> - Il nano annuisce.
<<-Addio Jaime.>>

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Ricostruire dalle ceneri ***


RICOSTRUIRE DALLE CENERI


Dalla collina di Aegon Tyrion resta a guardare suo fratello che si allontana lungo le strade della città, mentre la sua figura si sfoca nel caldo sole di mezzogiorno. Jaime merita una seconda possibilità, anche solo per essere l’unico membro della sua famiglia che lo abbia amato almeno un po’.
<<-Lord Tyrion?>> - Il Folletto si volta verso la voce e vede Sansa che si avvicina.
<<-Buongiorno a voi Lady Clegane.>> - Lei sorride e gli si affianca.
<<-Vostro fratello…>>
<<-Sì, è partito.>> - Il piccolo uomo le si rivolge per ringraziarla ma nella sua ombra scorge Clegane che lo guarda come se stesse progettando di seppellirlo in una latrina.
<<-Credete saggio star qui a discorrere con me quando il vostro consorte è chiaramente contrario?>> - Sansa ride e lui ne è lieto: è un suono che non sente da molto e che gli fa sperare che i tempi che verranno siano ricchi di risate e scevri di grida agonizzanti.
<<-Sandor sa che se non fosse stato per voi la nostra felicità avrebbe tardato ancora molto.>> - Tyrion non può fare a meno di pensare che forse lo sa, ma questo non significa che non voglia torcergli il collo per aver visto la sua donna nuda.
<<-Non vi ho mai ringraziato a dovere Lord Tyrion.>>
<<-Non è necessario. Sono felice che abbiate trovato la vostra strada.>> - Lei è radiosa quando guarda verso l’uomo dietro di loro, immensamente alto, oscuro e spaventoso ai più.
<<-Spero che anche voi troviate la vostra.>> - Il Folletto le sorride a sua volta.
<<-Lo spero anche io.>> - Questione di istanti e i due vengono quasi travolti da Arya, che corre a rotta di collo giù per la grande scalinata della collina. Sua sorella le grida dietro.
<<-Dove stai andando?!>> - Quando lei si volta ha le guance rosse e gli occhi che brillano.
<<-Alle fucine da Gendry!>> - Pochi istanti di confusione sul volto della sorella e lei è già sparita, gli Immacolati della sua scorta che le tengono dietro.
<<-Dovremo seriamente pensare al modo di farlo riconoscere come Baratheon. Mia madre sarebbe impallidita al sol pensiero che la figlia minore venisse corteggiata da un fabbro qualunque.>> - Lo dice quasi tra sé e sé, e quando si allontana è talmente pensierosa che Tyrion fatica a mantenersi serio.
<<-Oh, Lord Tyrion?>> - Lui si volta. Sansa è nuovamente con Sandor, le sue mani sul suo petto, le mani di lui sui suoi fianchi.
<<-La Regina vorrebbe che la raggiungeste sulla terrazza grande.>> - Lui annuisce con un inchino e rientra nella Fortezza Rossa.
<<-Se ti guarda in quel modo un’altra volta gli strappo gli intestini a mani nude.>> - Sansa arriccia il naso per nascondere il sorriso che le è istantaneamente salito alle labbra.
<<-Non è un pericolo.>>
<<-Ogni uomo con due occhi è un pericolo.>> - Lei ride, troppo felice per potersi trattenere ancora, si alza in punta di piedi e tende le braccia verso il viso del suo uomo.
<<-Nessuno è un pericolo. Sono tua. Soltanto tua. Hai preso tutto di me, ricordi? Il mio mantello, il mio amore, la mia verginità…>> - Il bacio che le dà le mozza il fiato e la lascia con un calore bruciante che le si diffonde in tutto il corpo e le infiamma la testa, dandole la sensazione di essere ubriaca.
<<-E cosa hai avuto in cambio, uccellino?>> - Vorrebbe rispondergli che ha avuto tutto: il suo amore, il suo nome, la sua forza, il suo coraggio, la sua gentilezza, la sua passione…
<<-Ho avuto te, ed è una gioia così profonda che delle volte mi spezza.>> - E sotto il sole di Approdo del Re, davanti ad una città brulicante di vita, Sandor la bacia profondamente; ancora. E ancora. E ancora.
 
Dany contempla dall’alto Approdo del Re, e con lei le migliaia di piccole, operose formiche in bianco e azzurro che sono il popolo che lei ha condotto lì.
E’ tornata a casa finalmente.
Forse tra qualche tempo potrà sedersi e piangere una lacrima per ogni persona amata che ha perso e che avrebbe dovuto essere lì con lei, ma non adesso. Non oggi.
Le braccia di Jorah si stringono sopra il suo stomaco e lei si abbandona con fiducia sul petto dell’uomo che l’ha accompagnata fin là.
<<-Ce l’hai fatta Daenerys.>> - Lei sospira di soddisfazione e chiude gli occhi per assaporare il gusto della vittoria.
<<-Sì...questo è il mio posto, il luogo a cui appartengo.>> - Guarda nuovamente la gente in strada e gli domanda.
<<-Saprò governare degnamente? Saprò essere una buona regina per questo continente devastato dalle battaglie?>> - Jorah le bacia la tempia.
<<-Sarai una buona regina per questo continente massacrato dalla guerra. E sarai una meravigliosa regina per questo continente, quando si rialzerà in tutto il suo splendore, come la madre dei draghi il primo giorno della sua esistenza.>> - Lei lo guarda negli occhi, voltandosi nel suo abbraccio.
<<-E tu mi resterai accanto? Come hai fatto oggi e tutti i giorni prima di questo?>> - E’ uno sguardo caldo quello che le rivolge. L’ha sempre guardata in quel modo, come se lei fosse il cielo e ogni astro mai esistito.
<<-Ogni giorno khaleesi.>> - Le bacia le labbra con dolcezza, per poi cullarla nuovamente in quell’abbraccio.
Ser Barristan entra nella stanza della terrazza e loro si separano, con calma ma senza indecisione. Verme Grigio entra qualche istante dopo di lui e Daario Naharis lo segue. Quando Tyrion Lannister si unisce a loro, Dany prende la parola.
<<-Miei generali, grazie al vostro aiuto e al vostro sostegno sono riuscita a riconquistare la mia casa. La vostra fedeltà è stata una preziosa amica e io vi giuro, sul nome dei Targaryen, che le vostre vite qui saranno liete e soddisfacenti. E se vorrete restarmi accanto nel difficile compito di ricostruire dalle rovine che ci siamo lasciati alle spalle, state pur certi che non chiederò altro se non quello che mi avete già dato: onestà, lealtà e coraggio. A coloro di voi che si aspettano di dover combattere per una regina chiedo venia: dovrete accontentarvi di continuare a combattere per Daenerys Targaryen.>> - Quelli che vede attorno a sé sono gli stessi volti che ha visto per anni, e come sempre le restituiscono sorrisi fieri, esclamazioni di incoraggiamento e giuramenti fatti con il cuore.
<<-Bene…Jorah!>> - Lui dispone sul lungo tavolo le mappe di Westeros, i confini ed i territori di tutto il continente. Dany si rivolge direttamente a Tyrion.
<<-Lord Lannister…>> - Tyrion si avvicina, minuscolo in mezzo ai suoi alti cavalieri, e sale sullo sgabello che lei ha fatto portare appositamente. Le rivolge un piccolo cenno del capo per ringraziarla del gesto.
<<-Approdo del Re non può avere la precedenza su tutti gli altri territori. Le macerie di case e castelli devono tornare ad essere costruzioni, i campi devono tornare a dare raccolti, la gente deve avere cibo e riparo. Io non tratterò questa terra come un campo da gioco, non riderò delle disgrazie dei più deboli e non smetterò di curarmi dei bisogni del mio popolo solo perché i miei sono appagati.>> - Afferra una piccola torre sbozzata nel legno, uno dei molti pezzi che sono sul tavolo, e lo consegna a Tyrion.
<<-Avete vissuto in questi luoghi prima che le ali dei miei figli li sorvolassero di nuovo, quindi Lord Tyrion…da dove dobbiamo cominciare?>> - Tyrion osserva la donna, osserva Jorah e a turno ognuno degli uomini presenti in quella stanza, quasi a sincerarsi della loro approvazione. E’ una grande responsabilità quella che hanno affidato ad un uomo così piccolo, ne è conscio. Studia la mappa, e nell’istante in cui decide, comprende anche che sta contribuendo a dare il via ad una nuova era.
“-E benchè i draghi abbiano ricominciato a volare come secoli fa, è possibile che adesso avrà inizio qualcosa di completamente diverso.” - Con decisione Tyrion Lannister posa la torre sulla mappa.













Commento dell’ autrice:
Finalmente sono riuscita a finire la mia ff su ASOIAF! Chiedo perdono a tutti i lettori che scorrendo i vari capitoli vedranno i loro personaggi preferiti (in molti amano i Lannister) maltrattati o decapitati, ma io li ho odiati tutti dal primo momento che li ho visti, quindi ho pianificato per tutti loro una fine tragica! Ho salvato Jaime solo perchè sono molto incline a farlo finire con Brienne. -____- Per quanto riguarda la SanSan posso solo dire che ho letto delle fanfiction scritte talmente bene da impedirmi di ipotizzare degli avvenimenti diversi; quindi ho preferito mettere la mia coppia preferita in secondo piano!
Senza dubbio tutti i protagonisti sono troppo introspettivi -alcuni decisamente OOC- ma ho cercato di fare il possibile per calarmi nel punto di vista di ogni personaggio, spero che la ff non sia venuta un disastro totale! Nel caso però sentitevi liberi di dirlo! ;) Come sempre se avete apprezzato lasciatemi un commentino! Baci!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2484201