I vampiri cacciatori

di mydaimonissnake
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo caso ***
Capitolo 2: *** incontri ***
Capitolo 3: *** persone misteriose ***
Capitolo 4: *** squadre ***
Capitolo 5: *** profilo ***
Capitolo 6: *** un ospite inatteso ***
Capitolo 7: *** alle otto e trentatré ***
Capitolo 8: *** scontro ***
Capitolo 9: *** preoccupazioni ***
Capitolo 10: *** in attesa ***
Capitolo 11: *** ospiti o prigionieri? ***
Capitolo 12: *** risvegli ***
Capitolo 13: *** la prima ***
Capitolo 14: *** piccole crisi ***
Capitolo 15: *** collaborazione ***
Capitolo 16: *** domande ***
Capitolo 17: *** all'attacco ***
Capitolo 18: *** piani ***
Capitolo 19: *** attimi di panico ***
Capitolo 20: *** accordi ***
Capitolo 21: *** una nuova minaccia ***
Capitolo 22: *** un lupo buono ***
Capitolo 23: *** spiegazioni ***
Capitolo 24: *** sentimenti altalenanti ***
Capitolo 25: *** tornare a casa ***
Capitolo 26: *** la mattina dopo ***
Capitolo 27: *** aprire una porta ***
Capitolo 28: *** la mattinata di Alex ***
Capitolo 29: *** brutte sensazioni ***
Capitolo 30: *** Bobby Singer ***



Capitolo 1
*** Un nuovo caso ***


I VAMPIRI CACCIATORI
Un nuovo caso
 
Una volta che si furono tutti seduti intorno al tavolo, fecero silenzio, spostando la loro attenzione alla donna in piedi davanti alla parete, dove il proiettore stava già mostrando le immagini di quella, che un tempo, era stata una bella famiglia. In alto ce n’era una dove il bimbo più piccolo era impegnato a soffiare le sei candeline della sua torta di compleanno, con i genitori dietro di lui e il fratello di fianco. Più sotto le foto li ritraevano seduti sui divani della loro casa, tutti privi di vita. Prima di cominciare a parlare anche Penelope Garcia si girò per vedere le foto, fece un sospiro, si sistemò una ciocca di capelli che era sfuggita ad una delle sue mollettine colorate, dietro l’orecchio, poi iniziò a spiegare al resto della squadra di agenti investigativi federali di cosa si sarebbero occupati quel giorno.
-La famiglia Peterson è stata trovata morta due settimane fa, a Boston. Padre, madre e due figli, di 6 e 9 anni. Quella sera erano tutti in salotto a guardare la televisione.  L’ S. I. si è introdotto in casa attraverso la portafinestra del balcone e li ha uccisi tutti.- Garcia fece una pausa per cambiare le immagini, ora accanto alle foto della famiglia Peterson apparvero quelle di un’altra famiglia, anch’essa bene in posa che mostrava i tre componenti sorridenti e allegri in quella più in alto, mentre sotto trovavano posto quelle scattate dopo la loro morte. Poi riprese – Questi sono i Wright, genitori e figlia sono stati ritrovati morti proprio come i Peterson nella loro casa, nel quartiere di Beacon Hill. L’aggressione è avvenuta una settimana fa, di sera. La signora Wright stava finendo di preparare la cena, mentre il marito apparecchiava. La figlia, che aveva 14 anni, era in camera sua a fare i compiti. L’S. I. ha sorpreso i genitori in cucina, poi ha raggiunto la ragazza e ha ucciso anche lei. Ascoltava della musica con gli auricolari, per questo non si era accorta di niente. La polizia teme fortemente che il killer possa riprovarci anche questa settimana per questo ci ha chiamati.-
-La polizia ha ragione, ci riproverà sicuramente.- Intervenne il capo della squadra, l’agente Aaron Hotchner, -in che modo li ha uccisi?- L’attenzione dei presenti tornò a spostarsi su Garcia, che a quella domanda indicò loro i fascicoli che ognuno aveva davanti. –Come potete leggere anche nei referti delle autopsie, il metodo usato è un po’ strano.- A quel punto però prese la parola Spencer Reid, il più giovane del gruppo aveva sfogliato i fascicoli non appena si era seduto e grazie alla sua memoria eidetica era riuscito a leggere e memorizzare tutto.
-Non è poi così strano, in passato ci sono stati molti altri casi di persone che sono state uccise per dissanguamento. Per esempio…- l’uomo di colore al suo fianco lo interruppe, -ehi, ma qui c’è scritto che tutte le vittime hanno i segni di un morso sul collo, chissà che stavolta l’S. I. non sia un vero vampiro.-
-Non dovresti scherzare su certe cose Morgan, tanto più che probabilmente questo pazzo crederà di esserlo veramente.- Morgan guardò il collega che lo aveva ripreso, con un sorriso di scuse –era solo una battuta Rossi- si giustificò. Ignorandoli Hotchner esortò Garcia a riprendere il discorso. La donna spiegò che le vittime erano state tutte prese di sorpresa e che nessuna aveva lottato molto per difendersi. L’assassino aveva colpito tutti i componenti della famiglia con un colpo ben mirato alla testa, facendoli svenire, poi li aveva morsi e dissanguati portandoli così alla morte. Aveva fatto tutto con molta precisione e cura per i particolari, e a parte una piccola traccia di saliva sui corpi, non aveva lasciato nessun’altro segno di sé.
Una volta finita la discussione la squadra prese il jet a loro riservato e partì per Boston, tutti ad eccezione di Garcia che come al solito sarebbe rimasta nel suo ufficio, aiutando gli altri facendo ricerche al computer.


Sull’aereo gli agenti ripresero a parlare del caso, discutendo di varie cose finché una donna bruna, Emily Prentiss non esternò un dubbio che le era venuto mentre ricontrollava il rapporto sulla famiglia Wright. Aveva notato un particolare curioso che non sapeva spiegarsi. –Ragazzi avete notato che in entrambi i casi l’S. I. è entrato dalla portafinestra del balcone?- gli altri la guardarono annuendo, così proseguì  –Bè per quanto riguarda i Peterson, visto che abitavano al primo piano non è strano che abbia scelto questo modo, ma i Wright erano al quarto, come ha fatto a raggiungerli?-
-Anch’io l’avevo notato- le rispose Rossi –ma forse il palazzo è dotato di una scala antincendio.- A Prentiss però questa opzione non convinceva. –Se fosse stato così, il rapporto della polizia avrebbe dovuto riportarlo- gli fece presente. Rossi scrollò le spalle –forse se ne sono dimenticati, a volte capita.- L’occhiata che Emily gli lanciò mostrò che lei non era affatto convinta, ma non disse niente. Restarono tutti in silenzio per un po’ a riflettere sulla cosa, finché Jennifer Jareau, più comunemente chiamata JJ, l’unica altra donna presente nel gruppo, non si alzò per andare a prendere un caffè chiedendo agli altri se ne volessero uno. Hotch e Rossi accettarono l’offerta ringraziandola mentre Prentiss e Reid rifiutarono. Morgan invece si alzò e la seguì per prenderselo da solo. Tornarono dai loro compagni con due caffè per uno, tenendosi il proprio e consegnando l’altro ai colleghi che l’avevano chiesto. Una volta che si fu risieduto Morgan espose l’idea che gli era appena venuta. –E se in realtà l’S. I. non fosse entrato dai balconi, ma dalle porte? I vetri avrebbe potuto romperli in seguito per far credere di essere passato da lì.- JJ aggrottò le sopracciglia dubbiosa mentre soffiava sul suo caffè –perchè avrebbe dovuto fare una cosa simile?- gli chiese. –Perché lui vuole farci credere di essere un vampiro, e i vampiri passano dalle finestre, questo lo sanno tutti.- le rispose l’amico con un gran sorriso. Sembrava che questo caso lo divertisse parecchio, ma lei lo conosceva troppo bene e sapeva che in realtà Morgan si comportava così solo per non pensare ai piccoli Peterson. Il loro lavoro era sempre piuttosto duro, ma quando c’erano di mezzo dei bambini era molto più difficile da sopportare. Volò per un attimo col pensiero al suo piccolino, in quel momento all’asilo, ma poi lo ripose accuratamente da parte, ritornando a concentrarsi sulla conversazione in corso.  -Sai- stava dicendo in quel momento Prentiss rivolta proprio a Derek Morgan –non credo sia una cattiva ipotesi. Chiaramente si è dato molto da fare per allestire tutta la scena, mordendo le vittime e non lasciando la minima traccia di sangue, rompere i vetri delle finestre è quel particolare aggiuntivo che rende tutto più verosimile.-
-Credo anch’io che sia possibile- aggiunse la sua opinione Reid, stupendo i colleghi che lo credevano immerso in una rilettura del caso, visto che mentre loro parlavano lui stava sfogliando i fascicoli che aveva in mano. Hotch sorrise scuotendo un poco la testa, riflettendo su quanto Reid riuscisse sempre a sorprendere tutti, finì il suo caffè ancora abbastanza caldo con un lungo sorso, poi riprese il controllo della situazione. Ricordò a tutti che per il momento era ancora troppo presto per scartare un’ipotesi a favore dell’altra e che ne avrebbero riparlato dopo aver visitato le scene del crimine. Disse a Morgan e Prentiss che sarebbero stati loro due ad andare a controllarle, e a Rossi e Reid che loro avrebbero dovuto fare un salto all’obitorio per controllare i cadaveri. Lui e JJ invece sarebbero andati direttamente alla stazione di polizia per parlare agli agenti che si stavano occupando dei casi. Gli altri li avrebbero poi raggiunti lì.
 

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Capitolo 2
*** incontri ***


INCONTRI
 
Rossi e Reid erano appena arrivati all’ospedale dove si trovavano i corpi delle famiglie uccise. Il Massachusetts General Hospital era uno degli ospedali migliori della città, e i Peterson che abitavano nella vicina Cambridge Street erano stati naturalmente portati qui, visto che l’istituto comprendeva  anche un obitorio. In seguito vista l’ovvia somiglianza delle morti anche i Wright vi erano stati condotti. I due agenti mostrarono i loro distintivi ad una infermiera alla reception e le chiesero indicazioni per l’obitorio, dopodiché attraversati diversi corridoi, arrivarono alla stanza delle autopsie, bussarono alla doppia porta alla loro destra e dopo aver ricevuto il permesso entrarono. La stanza era molto spaziosa con ben quattro tavole di acciaio. Al momento solo due di queste erano occupate, il corpo più a destra era coperto interamente da un lenzuolo mentre quello vicino lo era solo a metà e ospitava quella che sia Reid che Rossi riconobbero subito essere la signora Wright.
L’uomo che la stava esaminando era piuttosto giovane, un bel ragazzo, alto, più o meno sul metro e novanta. Aveva i capelli neri tagliati corti, gli occhi verdi, il naso ben dritto e non eccessivamente grosso, le labbra fini e la pelle completamente liscia senza la minima traccia di barba, nei o quant’altro potesse rovinarne la perfezione. Il camice bianco che indossava era stato lasciato aperto rivelando i suoi vestiti, piuttosto semplici e comodi. Jeans neri e maglietta blu. Reid riuscì a notare tutti questi particolari nel breve momento che l’uomo impiegò per fare un paio di passi verso di loro, sfilarsi i guanti infilandoli in una delle tasche del camice e tendere un mano sorridendo.
 –Buongiorno signori, cosa posso fare per voi?- -Buongiorno dottore, io sono l’agente speciale dell’FBI David Rossi, e lui è il mio collega il dottor Reid, siamo qui per vedere le famiglie Peterson e Wright. Stiamo collaborando con la polizia nelle indagini sulle loro morti.- Mentre Rossi parlava, entrambi avevano stretto la mano al dottore. –Capisco, in questo caso forse fareste meglio ad aspettare il ritorno della dottoressa Scarpetta, è lei che ha eseguito tutte le autopsie, io sono solo il suo assistente- spiegò loro il ragazzo. –Sai quando tornerà? Noi non possiamo aspettare molto.- -Stia tranquillo agente Rossi, la dottoressa sarà qui fra poco.- -Perché intanto non ci dici qualcosa tu, cosa stavi facendo quando siamo arrivati?- intervenne gentilmente Reid. –In realtà stavo solo dando un’occhiata al morso che la vittima ha al collo, venite pure a vedere se volete.- Detto questo il giovane si avvicinò di nuovo al corpo solo parzialmente coperto della signora Wright. Loro lo seguirono disponendosi vicini dall’altra parte del tavolo. –Senti, scusa, ma prima quando ci siamo presentati non ci hai detto come ti chiami.-  gli fece notare Reid.  -Oh, davvero?- Reid fece un cenno affermativo con la testa, quel ragazzo aveva qualcosa di stano, sembrava distratto, e sebbene il suo comportamento fosse educato e gentile, lui aveva la sensazione che non fosse affatto contento di dover parlare con loro.
-Mi chiamo Alexander,  ma di solito mi chiamano tutti Alex. Questa invece è, o meglio era, la signora Wright, e qui- spegò loro indicando il lato sinistro del collo del cadavere –potete vedere dove è stata morsa.- Sembrava davvero il morso di un vampiro, sia per la larghezza dei due fori che per la loro distanza. Chissà con che cosa erano stati fatti. I due agenti erano intenti a rimuginare più o meno sulle stesse questioni, quando il ragazzo davanti a loro sussultò imprecando a bassa voce. Entrambi alzarono gli sguardi, sorpresi. –Scusate, ma mi sono appena ricordato di una cosa che la dottoressa Scarpetta mi aveva chiesto di fare, non vi dispiace se vi lascio da soli un attimo vero? Farò in fretta, e comunque lei ritornerà fra poco.- Intanto che parlava si era tolto il camice e a lunghi passi era andato ad appenderlo ad uno dei ganci che si trovavano vicino la porta. Poi, prima che uno di loro due potesse dire o fare qualcosa afferrò la giacca di pelle nera appesa lì affianco, li salutò sbrigativamente e uscì.
-Forse è solo una mia impressione ma quel ragazzo è un po’ strano, non credi?- gli disse Rossi girandosi a guardarlo e lui fece lo stesso rispondendogli –Ho avuto anch’io questa sensazione, non ci ha nemmeno detto il suo cognome, credi che nasconda qualcosa? Magari quando torna la dottoressa potremmo farle qualche domanda anche su di lui, che ne dici?- -Perché no, mi sembra una buona idea. Sai io l’ho incontrata una volta, e ti posso assicurare che è una donna in gamba, se il suo assistente nasconde qualcosa probabilmente lei l’avrà già scoperto. Ma ora torniamo a concentrarci sul caso, questo morso è inquietante, mi chiedo quanto sia profondo.- Sicuramente quanto basta per raggiungere l’arteria.- -Tutto questo non mi piace, questo S. I. è troppo preciso e attento sarà molto difficile prenderlo se continuerà così.- Si guardarono sconfortati, nessuno di loro voleva dirlo ad alta voce, ma sapevano entrambi che sarebbero riusciti a prenderlo solo se avesse commesso un errore, e questo significava che avrebbero dovuto esserci altre vittime.
 

Nello stesso momento Morgan e Prentiss erano nella casa appartenuta ai signori Wright. Emily aveva insistito ad andare prima lì, voleva accertarsi che il palazzo non avesse scale antincendio e lui l’aveva accontentata. –Hai visto Derek, lo sapevo che avevo ragione io, non ci sono scale fuori, né appigli di alcun tipo che possano aiutare ad arrampicarsi fino alle terrazze.- La donna era abbastanza infervorata, così la lasciò sfogarsi un po’, prima di ricordarle che non era lui quello che l’aveva contraddetta, e che  anzi l’idea che il colpevole avesse solo fatto finta di passare per le finestre era sua. –Ah già, hai ragione scusa. Be’ ora sarà meglio che entriamo.- concluse lei leggermente mortificata.
Si incamminarono e svoltato l’angolo si ritrovarono nuovamente davanti la facciata del palazzo. Si stavano avvicinando al portone quando ne videro uscire due ragazze. Una bruna e una bionda, piuttosto diverse tra loro seppure entrambe molto belle. Istintivamente Derek raddrizzò le spalle e fissandole sorrise, poi si avvicinò presentando se stesso e la sua collega. –Voi chi siete invece? Abitate qui?- aggiunse Prentiss anticipando le domande che lui stesso aveva in mente di fare. A rispondere fu la ragazza bruna, era piuttosto bassa probabilmente non arrivava nemmeno al metro e sessanta, e magra ma comunque con un bel corpo. Dopo averle lanciato un’occhiata veloce Morgan riportò l’attenzione al viso della ragazza, aveva dei lineamenti delicati, le labbra fini, il naso piccolino e la pelle chiara, che le avrebbero dato un aspetto molto dolce se non fosse stato per gli occhi. Morgan giudicò dovessero essere marroni, ma erano così scuri che forse dopotutto potevano essere benissimo neri. Guardandoli si capiva che sebbene minuta questa ragazza non andava sottovalutata. Doveva avere un bel caratterino.
-No, siamo venute semplicemente a trovare una nostra amica, è un tipo un po’ emotivo e quello che è successo nel suo palazzo l’ha sconvolta, ora però dobbiamo andare, scusateci ma siamo di fretta. Arrivederci agenti.- Ricambiarono il saluto e le due ragazze si allontanarono, attraversando la strada e offrendo a Derek l’opportunità di ammirarle anche da dietro. La cosa non sfuggì a Prentiss che lo riprese amichevolmente con un colpetto sul braccio, -lascia perdere, per quanto tu sia un bel ragazzo quelle due sono troppo per te, potrebbero benissimo essere due modelle, o almeno la bionda potrebbe esserlo, l’altra effettivamente è troppo bassa.- -Ehi guarda che così mi offendi, io sarei il sogno di qualsiasi modella.- Morgan lo disse fingendosi risentito, ma ovviamente l’amica non lo prese sul serio, e ridendo lo spinse ad entrare nel palazzo, spronandolo a tornare al lavoro.


Note:
in realtà avrei voluto inserirle nel primo capitolo, ma me ne sono dimenticata e a modificare il testo di quello non sono capace, quindi lo scrivo qui. Tutti i personaggi presenti nel primo cap. appartengono al telefilm criminal minds. Chi lo segue saprà cosa significa S. I., è un loro modo per indicare i criminali e sta per soggetto ignoto. Per il resto spero sia tutto chiaro, in caso contrario chiedete pure.
Per quanto riguarda questo cap. invece, sappiate che la dottoressa Scarpetta è la protagonista di una serie di romanzi di Patricia Cornwell. Alexander invece è un personaggio di mia creazione, così come la ragazza bruna con cui parlano Morgan e Prentiss. La bionda è la protagonista di un anime, ma per il momento non  dirò chi è.  Grazie per aver letto, spero che la storia piaccia almeno un po’.

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Capitolo 3
*** persone misteriose ***


PERSONE MISTERIOSE
 


La dottoressa Kay Scarpetta era decisamente indispettita quel lunedì mattina. Il motivo era semplice, il suo capo l’aveva costretta ad accettare un’intervista per il Boston Globe. Ovviamente il problema non era il giornale, ma l’intervista, a lei non piaceva parlare con i giornalisti. Nemmeno se, come in questo caso, erano  dei bei ragazzi. Il giovane uomo con cui aveva parlato nell’ultima mezz’ora era forse uno dei più belli che avesse mai incontrato, peccato che fosse un giornalista, e che fosse decisamente troppo giovane per lei, non che  a lei interessasse. Non le interessava perché l’unico uomo al quale pensava ora, era Benton Wesley, suo marito. Kay se lo ripeté un paio di volte giusto per ribadire il concetto con sé stessa. Fortunatamente raggiunse la sala autopsie prima che i suoi pensieri scivolassero nuovamente su un ragionamento che ultimamente la preoccupava un po’, si stava davvero avvicinando ai sessant’anni. Aprendo la porta ogni precedente pensiero svanì dalla sua mente, la stanza non era affatto come l’aveva lasciata. Squadrò per bene i due uomini in piedi di fianco al cadavere, realizzando immediatamente che il più anziano aveva un’aria familiare, anche se non ricordava il suo nome. Erano comunque agenti dell’FBI, ormai li riconosceva subito, ma non facevano parte della squadra di Benton. La loro presenza non la sorprese molto, dopo l’uccisione della famiglia Wright era prevedibile che la polizia l’avrebbe chiamati. Quello che l’aveva sconvolta erano i cadaveri sui tavoli. Sicuramente non potevano essere stati gli agenti a tirarli fuori dalle loro celle frigorifere, ma allora chi poteva essere stato?
-Buongiorno dot…- l’uomo più anziano la stava per salutare ma lei lo interruppe, non c’era tempo per i convenevoli, doveva far chiarezza su quella situazione il prima possibile. –Avete idea di chi abbia tirato fuori i corpi dalle loro celle?- Entrambi la guardarono sconcertati, poi l’uomo, che se ricordava bene doveva avere come lei un cognome italiano, prese di nuovo la parola –Forse è stato il suo assistente, quando siamo arrivati era ancora qui e stava esaminando il corpo della signora Wright.-
-Il mio assistente?- la dottoressa lo ripeté con tono incerto, sembrava stranamente confusa. Quell’atteggiamento stava confondendo anche lui ora, così glielo ridisse cercando di essere ancora più chiaro –sì, il suo assistente Alexander, un ragazzo alto, moro… - tuttavia mentre parlava Rossi si rese conto che la donna non aveva idea di chi fosse questo ragazzo di cui le stava parlando. Un terribile dubbio si affacciò alla sua mente e girandosi a guardare Reid capì che anche il collega aveva il suo stesso sospetto. Fu comunque la dottoressa Scarpetta a confermare i loro pensieri, spiegando che lei non aveva nessun assistente e che nessuno dei suoi colleghi si chiamava Alexander, né corrispondeva alla descrizione che le era stata fatta.
 

Aaron Hotchner aveva la sensazione che ci fosse qualcosa di molto strano, un qualcosa che gli sfuggiva. Era da un po’ che si era seduto alla scrivania, che i poliziotti di Boston avevano assegnato alla sua squadra, per stare solo a riflettere. Guardò di nuovo l’orologio, che segnava le quattro e cinquanta, erano trascorsi altri cinque minuti, gli pareva che il tempo stesse passando un po’ troppo in fretta. Aveva cominciato a sfuggirgli di mano già dalla mattina, subito dopo la telefonata di Reid che gli comunicava che avevano un sospetto, un certo Alexander con cui lui e Rossi avevano anche parlato un po’, credendolo un assistente della dottoressa Scarpetta. Chi era in realtà questo ragazzo? Hotch aveva detto loro di fare un identikit e mostrarlo poi a tutte le persone presenti in ospedale, ma nessuno l’aveva riconosciuto. Nemmeno Garcia era riuscita a trovare nulla, per ore aveva cercato notizie sul suo computer ma non ne aveva ricavato niente. Si erano sentiti un paio d’ore prima e la donna gli aveva assicurato che avrebbe continuato a cercare, ma a quel punto Hocth era convinto che non sarebbe servito a molto. In effetti l’unica cosa certa che sapevano di lui era il suo aspetto, Hocth era sicuro che il nome fosse falso, quindi in realtà erano punto e a capo. Tutte le loro speranze di catturarlo erano in mano ai cittadini di Boston, l’identikit era stato mostrato a tutti tramite il telegiornale a mezzogiorno e  all’una, e si erano accordati per farlo apparire anche a tutti quelli successivi.  JJ si era occupata di tutto con la sua solita efficienza. Avevano ricevuto già moltissime chiamate che i poliziotti avevano controllato scupolosamente, ma anche queste si erano rivelate tutte dei fallimenti.
Stavano facendo davvero tutto il possibile, Hotch era stato attento a non tralasciare nessuna possibilità, e nell’ipotesi che il misterioso Alexander non fosse l’S. I. che stavano cercando aveva chiesto a Prentiss e Morgan di seguire altre piste. Tuttavia le due famiglie uccise non avevano nulla in comune e parlare con tutti i loro vicini era servito a poco. Riepilogando la situazione e ricontrollando le mosse fatte, non riusciva a trovare niente di sbagliato, ma la sicurezza di aver gestito tutto al meglio delle loro possibilità non attenuava la fastidiosa sensazione che gli stesse sfuggendo qualcosa di importante. Facendo un sospiro sconsolato diede un’altra occhiata all’orologio, le cinque del pomeriggio, guardò poi fuori dalla finestra, il sole era ormai tramontato.
 

Alex spense la televisione e si alzò dal divano stiracchiandosi, da quando era tornato a casa dall’ospedale non aveva fatto altro che starsene seduto a guardare la tv. Non riusciva a ricordarsi l’ultima volta in cui si era annoiato così tanto, probabilmente risaliva a prima di incontrare Simona, da quando lei l’aveva accettato nel suo gruppo, la solitudine e la noia che riempivano le sue giornate erano svanite. Sorrise al ricordo del loro primo incontro, avviandosi ad aprire la porta, poi si concentrò sul suono dei passi fuori dalla villa a cui fece coincidere i propri, in modo che raggiungessero il portone nello stesso istante. Quando le aprì, la sua compagna non si sorprese minimamente, entrando in casa senza nemmeno rallentare il passo.  
-Bentornata mia signora, ed anche voi ragazzi. Prego entrate pure.- Alex parlò con tono solenne, mentre si spostava di lato per lasciarli entrare, e proprio come un perfetto maggiordomo fece loro anche un profondo inchino. Una volta chiusa la porta si offrì di prendere le loro giacche per appenderle, cosa che Oscar accettò ringraziandolo con un sorriso, chiaramente divertita dalla sua sceneggiata. Gli altri due non furono altrettanto gentili e invece di passargli le giacche preferirono tirargliele direttamente sulla testa, ridendo della sua performance.
-Ma che razza di modi!- si lamentò, -credevo che le persone di alto rango come voi fossero più educate! Nemmeno quando facevo lo stalliere mi lanciavano le cose in faccia in questo modo!- -Scusa Alex, hai ragione…- André era davvero mortificato, ma Simona lo interruppe –non ti devi scusare, ha iniziato lui a comportarsi come il buffone che in effetti è, se ora fa l’offeso è solo perché si diverte a lamentarsi, ormai dovresti saperlo.- -Sì, ma lui è molto più grande di me, dovrei ricordarmi di portargli più rispetto.- Intanto Alexander aveva appeso le giacche, e stava nuovamente aprendo la porta, -tranquillo André, Simo ha ragione non mi sono veramente offeso, poi lo sai in una famiglia conta più l’affetto del rispetto- lo rassicurò, facendogli un occhiolino e un grande sorriso.
 Poi si voltò a guardare i due fuori dalla porta e li invitò ad entrare.
 
 
Note:
Breve spiegazione, per chi non lo sapesse Benton Wesley è veramente il marito di Kay Scarpetta e lavora per l’FBI. Anche lui come gli agenti di criminal minds si occupa dei profili psicologici dei criminali. Oscar e André invece sono i protagonisti dell’anime Lady Oscar, mentre Simona è una mia invenzione. Spero sia tutto chiaro, in caso contrario chiedete pure, un saluto,
Snake
 

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Capitolo 4
*** squadre ***


SQUADRE
 
 
Una volta che tutti furono entrati, ed accomodati in salotto, la conversazione tornò seria. Simona sedeva su una poltrona, si era tolta gli stivaletti e teneva le gambe raccolte al petto, le mani intrecciate insieme poggiate sulle ginocchia, in quella che era la sua posa preferita. Sua sorella Veronica sedeva, in maniera molto più composta nel divano alla sua sinistra, al suo fianco il suo compagno Mark. Oscar occupava con la sua solita eleganza l’ultimo posto disponibile, mentre André si era accontentato di appoggiarsi sul bracciolo accanto a lei. Nell’altra poltrona posizionata di fronte alla sua c’era il suo compagno Alex. Cominciò a parlare solo dopo aver guardato tutti negli occhi, per essere sicura di avere la loro completa attenzione.
-Adesso sono le cinque e un quarto, se deciderà di colpire oggi non credo lo farà prima delle sette, finora si è sempre accertato che fosse abbastanza buio prima di agire. Credo faremo meglio a riposarci un po’, alle sette usciremo per controllare la strade, sperando di beccarlo. Purtroppo la città è così grande che anche dividendoci non riusciremo a coprirla tutta, ma finché non lo troviamo questa è l’unica cosa che possiamo fare. Se nessuno lo incontrerà, all’alba torneremo a casa. Se invece uno qualsiasi di noi lo trova dovrà mandare un messaggio, tutti gli altri lo raggiungeranno. Non fate niente da soli, non importa se mentre aspettate lui uccide qualcuno, restate in disparte e non fatevi scoprire. Quello con cui abbiamo a che fare è un vampiro Adulto, nessuno di noi è abbastanza forte da poterlo battere da solo.-
Simona concluse il discorso guardando sua sorella, facendole capire che le sue ultime frasi erano rivolte soprattutto a lei. Veronica era in gamba, ma aveva il grande difetto di possedere un animo dolce e gentile, che la portava a cercare di salvare chiunque si trovasse nei guai. Simona ricordava bene che quando erano ancora umane la loro casa era sempre piena di animaletti bisognosi di cure. Diventare un vampiro non l’aveva minimamente cambiata, e ogni volta che vedeva qualcuno in difficoltà, sia che si trattasse di un animale o di una persona, sua sorella sentiva il bisogno di aiutarlo. Veronica sospirò, e abbassando lo sguardo le rispose a bassa voce che aveva capito.
-Bene, se questo è tutto, che ne dite se per rilassarci prima di questa missione facessimo qualcosa tutti insieme? Vi andrebbe di giocare a carte? Credo sia la cosa migliore, stando seduti non ci stancheremo e stasera saremo belli pronti a dare battaglia se servirà.- Alex si era alzato in piedi parlando, e guardava tutti sperando che accettassero la sua idea.
–No- Simona si oppose fermamente e lui la guardò un po’ abbattuto, -certe volte non capisco proprio come ragioni…- “ahia, qui le cose si mettono male, sta per partire con un’altra delle sue ramanzine”. Alex era abbastanza sicuro di non essere l’unico ad averlo pensato, ma dando un’occhiata veloce agli altri capì che nessuno di loro l’avrebbe aiutato, così chiedendosi dove avesse sbagliato questa volta, decise di scusarsi subito.
-Hai ragione Simo, scusa, ho detto una cavolata- mentre parlava gli venne in mente un possibile motivo, anche se un po’ improbabile, per cui la sua compagna poteva essersi arrabbiata tanto, così continuò –avrei dovuto pensarci subito, ovviamente anch’io ho voglia di stare un po’ da solo con te, dato che non ci siamo visti per tutto il giorno.-
Seppe subito di aver toppato, la sua dolce fidanzata aveva abbassato le ginocchia ed aveva assunto una posizione elegante, con le gambe accavallate e le mani poggiate sui braccioli. La testa alzata in alto per guardarlo negli occhi, in faccia l’espressione più fredda e distaccata del suo repertorio.
-Ovviamente io parlavo della missione di stasera, alla quale tu non parteciperai, perché in caso non l’avessi notato, la polizia e l’FBI ti sta cercando- la calma con cui aveva parlato aveva gelato la stanza, e Alex si ritrovò ad inghiottire a vuoto, tuttavia non poteva accettare di restarsene a casa, così le si avvicinò lentamente e si inginocchiò ai suoi piedi. Poi usando la massima delicatezza la prese per una caviglia e le scavallò le gambe. Appoggiò quindi il torace alle sue ginocchia, e le mani sulle sue cosce, stando ben attento a non posizionarle troppo in alto, altrimenti era certo che Simona gli avrebbe staccato la testa.
Guardandola di nuovo in faccia e sperando che lei non notasse il suo nervosismo, cercò di spiegarle le sue ragioni. –Mi dispiace Simo, ma non ho intenzione di rimanere qui lasciando a voi tutto il lavoro. Capisco che ora che la polizia sospetta di me io non possa più uscire durante il giorno, ma almeno di notte voglio farlo. Ti assicuro che starò attento a non farmi notare, indosserò un cappello e mi coprirò parte del viso con una sciarpa, ormai di notte fa abbastanza freddo perciò non sembrerò strano. Mi dispiace davvero, ma non c’è niente che tu possa fare per farmi cambiare idea.- Si fissarono in silenzio per un po’, Alex aspettava la sua risposta leggermente in ansia, ma cercò di non darlo a vedere.  -Fai pure come ti pare basta che ti sposti, voglio alzarmi.- Il tono di Simona indicava chiaramente quanto poco gli importasse di lui, e il lieve fastidio, che la sua presenza eccessivamente vicina, le procurava.
Alexander si alzò quindi subito in piedi, contento per averla spuntata, sapeva che lei gliel’avrebbe fatta pagare per questo, tenendogli il muso per un bel po’ ma ne valeva la pena.
-Oh bene, se avete finito di litigare muovetevi a raggiungerci, Mark ha finito di dare le carte!- li chiamò tranquilla Veronica. Lei e gli altri tre sedevano al grande tavolo rettangolare disposto all’altro lato della stanza, nessuno di loro era minimamente rimasto turbato dalla loro lite, erano anni che assistevano a simili scene ed ormai vi si erano abituati.
 
 

-Sono più di venti minuti che se ne sta seduto lì da solo, credi dovremmo raggiungerlo?- Jennifer guardò Emily un po’ dubbiosa sul da farsi, -ma sì, andiamo- l’amica d’altro canto le rispose molto più convinta, avevano capito entrambe i dubbi che assillavano il loro capo, erano gli stessi che tormentavano tutta la squadra e anche se non sapevano come risolverli speravano che parlarne potesse aiutarli.
Hotch accettò di buon grado la loro compagnia, così presero posto sulle sedie davanti a lui. –Immagino vogliate sapere a cosa sto pensando, vero?-  Le due donne annuirono, così lui continuò –ci sono troppe cose strane in questo caso. Stavo ragionando su Alexander e sul profilo dell’S. I. che abbiamo fatto mezz’ora fa, ma non riesco a concludere niente.-
-Allora riproviamoci un’altra volta, è tutto il giorno che proviamo a mettere insieme i pezzi ma finché non ci riusciamo non possiamo fare altro che continuare a tentare- Prentiss aveva preso in mano la situazione e guardava decisa i suoi compagni. JJ annuì convinta e con un sorriso gentile lo invitò a rispiegare loro tutti i suoi ragionamenti. La fastidiosa sensazione di essere completamente fuori strada non lo aveva abbandonato, ma per un attimo guardando le sue colleghe, Hotch si sentì risollevato. Era bello sapere di avere qualcuno su cui contare.
 

Note:
i due nuovi personaggi Veronica e Mark sono inventati da me, e a meno che io non cambi idea non ce ne saranno altri in futuro. Questo significa che tutti i personaggi che vedrete d’ora in poi saranno presi da telefilm, anime ecc…
Grazie per aver letto e per ogni domanda, critica o suggerimento contattatemi pure.
Ciao, ciao!
Snake

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Capitolo 5
*** profilo ***


PROFILO
 

-Allora per prima cosa, molto probabilmente questo Alexander non è l’assassino. Ci sono due motivi che mi spingono a dirlo, anche se la polizia non è d’accordo. Uno: è troppo giovane, questo S. I. è preciso e meticoloso, sicuramente questa non è la prima volta che uccide qualcuno, quindi non dovrebbe avere meno di 30 anni. Due: è troppo alto, la scientifica ha stabilito, basandosi sull’angolazione dei colpi inferti agli adulti, che il colpevole dovrebbe essere sul metro e ottanta. Sia Reid che Rossi sono del parere che Alexander dovrebbe avere circa 20 anni ed essere alto almeno un metro e novanta. Inoltre non vedo proprio nessun motivo per cui l’S. I. sarebbe dovuto andare all’obitorio.-
-La polizia dice che questi motivi non sono abbastanza validi, inoltre credo che la maggior parte di loro dubitino della descrizione di Rossi e Reid giudicandola non molto affidabile, visto che ancora nessuno è riuscito a trovare una prova che confermi l’esistenza di questo ragazzo.- Mentre parlava JJ sembrava  veramente contrariata per il comportamento dei poliziotti, sentimento che Hotch condivideva in pieno.
La guardò per un attimo prima di riprendere il suo discorso.
-La polizia non conosce David e Spencer bene come noi, loro potranno anche non fidarsi dei loro giudizi ma noi non commetteremo lo stesso errore. Se escludiamo Alexander dalla lista dei sospetti le cose si fanno leggermente più facili. L’uomo che cerchiamo è alto un metro e ottanta, ha dai 30 ai 50 anni, è atletico e ha una buona conoscenza del corpo umano. Quasi sicuramente ha qualche problema mentale che lo porta a credere di essere un vampiro, o magari fa tutto questo perché spera in questa maniera di diventarlo. È un tipo solitario che non ama stare a contatto con gli altri e quasi sicuramente fa un lavoro che non lo richiede.-
 Questa volta ad intervenire fu Prentiss, facendo notare che forse l’S. I. potrebbe avere un lavoro che richiede di spostarsi spesso ed essere giunto in città da poco. L’ipotesi era buona e coincideva con l’idea che in passato l’assassino potesse aver ucciso altre persone, cosa che non sarebbe stata possibile se fosse vissuto sempre a Boston.
-Il tarlo che mi tormenta però, è la domanda che ci siamo posti fin dall’inizio, come ha fatto ad entrare? Le porte non mostrano segni di scasso e tutte le copie delle chiavi sono dove dovrebbero essere, quindi possiamo escluderne il furto.-
-Anche l’ipotesi che sia entrato dalla finestra non regge, nonostante i vetri rotti.- Prentiss esternò nuovamente tutti i suoi dubbi su quella faccenda, ricordando loro che entrambi i palazzi delle vittime non avevano scale antincendio. Inizialmente il loro dubbio sul metodo usato per entrare riguardava solo il palazzo dei Wright, questo perché i Peterson abitavano al primo piano ed era quindi facilmente accessibile se ci si portava dietro una scala. Certo non era il modo più agevole per introdursi in una casa, ma non era impossibile. Quella mattina però Prentiss e Morgan avevano parlato con uno dei condomini, che aveva raccontato loro di essere uscito per buttare la spazzatura proprio all’ora del delitto, trovandosi così a passare proprio sotto il terrazzo dei Peterson e assicurando gli agenti di non aver visto nessuna scala. Anche l’idea che si fosse arrampicato era da scartare, non c’erano abbastanza appigli in quel tratto del muro.
Emily era sicura che se solo fossero riusciti a risolvere questo enigma, anche tutto il resto sarebbe poi risultato chiaro. Era questo il tassello mancante, quello che avrebbe spiegato ogni cosa. Il problema era che nessuno di loro possedeva il minimo indizio che avrebbe potuto condurli alla giusta soluzione.
 

-Hai perso di nuovo Alexander- Mark sembrava davvero compiaciuto, non che la cosa lo sorprendesse, loro due convivevano pacificamente solo per amore delle loro compagne. L’antipatia reciproca era dovuta alla incompatibilità dei loro caratteri, totalmente opposti. Mark era serio, elegante ed astuto, era molto intelligente ed aveva un’ottima memoria, riusciva ad essere cortese anche quando insultava qualcuno,  e che fosse dannato, aveva un’incredibile faccia da poker. Per questo anche questa volta era riuscito a batterlo. Alex d’altro canto era sempre allegro e in vena di battute, era irruento ed impulsivo, difficilmente riusciva a contenere o mascherare le sue emozioni e sebbene non fosse uno stupido elaborare piani o strategie non era il suo forte.
-Vorrei cogliere l’occasione per ricordarti che con questi di oggi, mi devi in totale 780 dollari.- Alex rispose al sorrisino dell’altro con un’occhiata poco meno che furiosa, borbottando che lo sapeva e che non c’era nessun bisogno che glielo ricordasse.
-Sono le sette, dobbiamo andare- al suono della voce della compagna Alex si girò a guardarla. Simona si stava infilando il lungo cappotto nero controllando che nascondesse alla perfezione la sua spada. Ognuno di loro era in possesso di un cappotto simile, erano un po’ la loro tenuta da combattimento. Erano fatti su misura, possedevano molte tasche, anche interne, e si adattavano perfettamente ai loro corpi lasciando loro la massima libertà di movimento.
Alex si infilò il proprio ripensando per un attimo alla prima volta che era entrato nella sartoria della Fata Smemorina, da cui l’aveva comprato. Sapeva che le fate erano bravissime nel tessere vestiti, molto più degli umani, che pure erano bravi, ma proprio per la loro grande abilità i loro abiti erano i più costosi, quindi non erano in molti a poterseli permettere. Per questo lui in una sartoria di fate non ci aveva mai messo piede, era stata Simona a trascinarlo lì, pochi giorni dopo il suo ingresso nel loro gruppo. Aveva fatto tutto senza consultarlo, prendendo accordi con la fata su come dovesse essere il suo cappotto, sul giorno e l’ora in cui effettuare le prove e sui termini di pagamento. Alexander aveva cercato di intromettersi solo una volta facendo notare, a quella che in seguito sarebbe diventata la sua compagna, che lui non aveva tutti quei soldi. Simo lo aveva guardato freddamente, e gli aveva risposto che lo sapeva e che per questo avrebbe pagato lei. Lo aveva detto come se fosse stato ovvio e lo aveva fatto sentire piuttosto stupido.
Il ricordo lo amareggiava ancora, anche perché nonostante i tanti anni passati insieme e l’evoluzione del loro rapporto, Simona continuava spesso a trattarlo in quel modo.
Alexander scosse la testa, non era il momento per certi ragionamenti, ora doveva concentrarsi. La spada e i due pugnali che si portava sempre, erano al loro posto. Controllò un’ultima volta il cellulare assicurandosi di avere la batteria carica, si sistemò la sciarpa in modo che gli coprisse il viso e si calcò un berretto sulla testa.
Quando furono tutti pronti uscirono, sapevano già cosa fare e dove andare, così senza dirsi nulla e scambiandosi solo qualche cenno col capo a mo’ di saluto, si divisero.
 
 
Note:
questa volta del tutto inutili, ma a scanso di equivoci, se esiste qualcuno che non conosce la fata Smemorina sappiate che è la fata di Cenerentola.
Grazie di nuovo a chiunque stia leggendo, spero davvero che la mia storia possa interessarvi.
Un ringraziamento speciale lo devo inoltre ad Aquilus per le sue recensioni, i suoi consigli e soprattutto per aver inserito la mia storia tra i suoi preferiti. Mi hai fatto davvero felice.
Ciao a tutti, e a presto!
Snake

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Capitolo 6
*** un ospite inatteso ***


UN OSPITE INATTESO
 

Quella notte Simona e il suo gruppo tornarono a casa senza aver trovato tracce del vampiro che cercavano, lo stesso fecero i tanti poliziotti di pattuglia, e questo fu un bene visto che loro stavano dando la caccia all’uomo sbagliato.
La mattina dopo le ricerche ripresero e continuarono per tutta la giornata concludendosi con un nulla di fatto. Questi insuccessi stavano abbattendo il morale dei poliziotti e molti di loro cominciavano a pensare che il sospettato avesse lasciato la città e che quindi non l’avrebbero mai preso. Gli agenti dell’FBI invece erano convinti che l’S. I. avrebbe colpito ancora, ed erano anche sicuri che sarebbe successo presto. Speravano che almeno questa volta commettesse un errore che li avrebbe condotti da lui.
I vampiri erano molto più ottimisti. Loro sapevano che era solo questione di tempo e che prima o poi avrebbero trovato l’assassino. Speravano tutti di riuscirci prima che facesse altre vittime, ma a parte Veronica nessuno di loro si sarebbe disperato troppo se non ce l’avessero fatta.  
 
 
Quel martedì sera Jen era felice. Non avrebbe mai immaginato che tra lei e Dawson potesse esserci di nuovo qualcosa di più della loro amicizia. Ricordava la storia che avevano avuto quando erano ancora al liceo con una tenerezza infinita. Dawson era stato il suo primo vero amore, il primo ragazzo a trattarla con rispetto. Il primo a farle capire che anche lei, nonostante tutti gli errori che aveva commesso, lo meritava.
Aveva sofferto tantissimo quando la loro storia era finita, e le ci era voluto molto tempo prima di riuscire a smettere di amarlo. Piano piano però erano riusciti a costruire un nuovo rapporto basato solo sull’amicizia e l’affetto reciproci e per lei questo era molto importante.
Ora però erano di nuovo innamorati ed entrambi decisi a darsi un’altra possibilità.
Si guardò allo specchio decidendo di completare il trucco per la serata con del semplice lucidalabbra invece del rossetto, perché Dawson preferiva le ragazze acqua e sapone. Sicuramente Joey non si sarebbe truccata molto, non lo faceva mai, e Jen voleva evitare paragoni che l’avrebbero messa in svantaggio. Sospirò leggermente guardando il risultato finale del suo make-up. Era una bella ragazza, ma anche Joey lo era, e nonostante l’altra lo negasse Jen era sicura che Joey fosse ancora innamorata di Dawson.
Il campanello suonò e Jen si affrettò ad andare ad aprire.
-Ciao Pacey! Hai per caso svaligiato un supermercato?- Il ragazzo dall’altra parte della porta sorrise, le braccia cariche di tre grosse buste  –no, ho preso tutto quello che mi serviva dal ristorante, ma ho l’approvazione del mio capo quindi non c’è problema.-
-Dammi qua una busta, ti dò una mano a portarle in cucina, a proposito ora finalmente potrò sapere cosa ci cucinerai stasera?-
Pacey era stato inflessibile nel non rivelare a nessuno il menù di quella cena, divertendosi a fare il misterioso. In realtà per lui questa serata era molto importante, ci teneva a passarla con i suoi più cari amici visto che era soprattutto per loro se aveva deciso di restare a Boston. Non era stata una scelta facile, lavorare su una barca e viaggiare gli sarebbe piaciuto molto, ma alla fine aveva capito che restare era la decisione migliore.
-Oh va bene, te lo dirò. Ad una condizione però, dovrai darmi una mano, sono un po’ in ritardo sulla tabella di marcia.- Appoggiarono le tre grandi buste piene di roba sopra il tavolo della cucina e si guardarono con un sorriso –affare fatto chef, ma lo sai, non sono un granché ai fornelli.- -Tranquilla, segui le mie indicazioni e andrai benissimo. Dove sono gli altri?-
-Bè, come sai mia nonna stasera non si unirà a noi. Ha un appuntamento con il suo nuovo spasimante.- Jen lo disse ridacchiando, era contenta che sua nonna avesse trovato un uomo che le piacesse, ma non riusciva proprio a non prenderla un po’ in giro per questo.
Cominciando a tirar fuori la spesa Pacey si unì alla sua risata –Dawson e Jack invece?- -Loro sono usciti giusto dieci minuti fa per comprare della birra, a sentir loro non possiamo cenare senza. Ho provato a farli ragionare, cercando di convincerli che non ci servirà, tanto più che abbiamo già un paio di bottiglie di vino e tu ora ne hai portate anche altre due,- mentre parlava infatti, ne aveva tirate fuori due da una delle buste -ma non mi hanno ascoltato- concluse. 
-Secondo me hanno fatto bene, in una casa la birra non dovrebbe mai mancare. Certo non la berremo durante la cena, ma possiamo farcene una prima o magari dopo. Mi meraviglio di te Jen Lindley, dove è finita la ragazza tutta alcool e feste? Lei avrebbe capito l’importanza di avere abbastanza da bere.-
-Quella ragazza è rimasta a New York credo, e comunque lei preferiva bevande a gradazione decisamente più alta rispetto a una qualsiasi birra. Comunque bando alle ciance, cosa dobbiamo fare?-
Per la successiva mezz’ora si impegnarono a cucinare, interrotti solo dall’arrivo di Dawson e Jack, e successivamente da quello di Joey. Tutti quanti vennero arruolati a forza da Pacey, con la minaccia che chi non avesse dato una mano sarebbe rimasto digiuno.
Alle 20:30 era tutto pronto, e i ragazzi si stavano per sedere a tavola, quando la finestra alla loro destra esplose in mille pezzi che si riversarono nella stanza. Le ragazze urlarono spaventate, mentre Jack e Pacey in uno slancio di cavalleria si portarono davanti a loro per cercare di difenderle. Dawson fu il primo a collegare il fatto con gli omicidi avvenuti di recente, così prese il cellullare dalla tasca e chiamò la polizia.
Fece appena in tempo a premere il tasto di invio e far partire la chiamata, quando l’intruso, “ma era un uomo quello?”, lo colpì alla nuca e lui perse i sensi.
L’uomo guardò i cinque ragazzi svenuti ai suoi piedi, poi il cellullare da cui veniva la voce di una poliziotta che chiedeva informazioni. Il suo primo impulso fu quello di distruggerlo, poi però si chiese quanto ci avrebbe messo la polizia a rintracciare la chiamata e mandare qualcuno sul posto. Lui non avrebbe impiegato molto tempo a dissanguare quei ragazzi, però era una sfida interessante. Ignorando il telefonino si chinò sul ragazzo biondo che aveva effettuato la chiamata, avrebbe iniziato da lui.
 
 
Note:
i cinque ragazzi che avrebbero dovuto cenare insieme sono i personaggi principali di Dawson’s creek, mentre il vampiro che sta per ucciderli è il personaggio di un anime. Non vi dico quale per non rovinare la sorpresa.
Vorrei scusarmi con Aquilus perché gli avevo detto che in questo capitolo la battaglia avrebbe avuto inizio, e invece non c’è stata. Mi spiace, ma ci sarà nella prossima promesso!
Ora vi saluto, grazie per aver letto e a presto!
Snake

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Capitolo 7
*** alle otto e trentatré ***


Note:
scusate se stavolta vi rompo le scatole prima invece che dopo, ma devo spiegare questa cosa prima che leggiate. In questo capitolo ci sono, e anche in futuro ci saranno, delle conversazioni mentali. Ora, come avrete notato, io per indicare i dialoghi uso i trattini ( -questi - ) mentre per i pensieri le virgolette ( “queste qui” ). Non sapendo che inventarmi per indicare questo altro genere di comunicazione ho deciso di usare entrambi ( -“in questo modo”- ) Spero di non aver creato troppa confusione, in caso contrario chiedete pure. Ora vi lascio al capitolo, ciao! 
 


ALLE OTTO E TRENTATRÉ
 

Non appena il suo cellullare iniziò a vibrare Simona si fermò, lo tirò fuori dalla tasca interna del cappotto e guardò il display luminoso. Alex le aveva mandato un messaggio con l’indirizzo della casa dove alloggiava il vampiro che stavano cercando, ma diceva che al momento lui non c’era. Riferiva inoltre che nell’abitazione erano presenti altri due individui, un vampiro e un umano. Se non era in casa significava che era a caccia di nuove vittime e che qualcuno stava per morire, forse un’altra famiglia, forse altri bambini. Simona strinse i denti, ma non si permise di mostrare nessun altro segno del suo nervosismo. Continuare la caccia nella speranza di prenderlo prima che uccidesse di nuovo era stupido e totalmente inutile.
“Qualche morto in più o in meno non fa differenza, anche se le vittime sono solo dei cuccioli umani”, allentò la presa sul telefonino prima di romperlo.
Sarebbero andati tutti all’indirizzo indicato da Alexander, poi avrebbero aspettato lì che la loro preda tornasse a casa e l’avrebbero ucciso. Stava per comunicare la sua decisione agli altri quando il suo cellullare vibrò di nuovo. Veronica aveva trovato il loro uomo che era appena entrato in una casa dove c’erano cinque persone. Ora Simona aveva due indirizzi, ma non ci pensò molto prima di ordinare a tutti di raggiungere Veronica. Non le era mai piaciuto dover aspettare.
 

Alle 20:33 erano tutti riuniti davanti casa Lindley. Per impedire all’altro vampiro di ascoltare la loro conversazione collegarono le loro menti. In questo modo i pensieri di Simona arrivarono a tutti senza che lei dicesse una sola parola.
 –“Alex, tu vai sul retro. Mark sul lato sinistro, mentre Oscar e André penseranno a quello destro. Io e Veronica entreremo dal portone principale, mi raccomando: non lasciate le vostre postazioni se non venite chiamati, non dobbiamo lasciarcelo scappare. Andiamo!”-
-“Aspettate! E quei poveri umani?”- Simona fece segno agli altri di andare avanti e mentre loro obbedivano si girò a guardare sua sorella   -“Veronica ormai è troppo tardi, lo senti anche tu no? L’unico cuore che continua a battere si sta spegnendo, non possiamo fare nulla per loro.”-
Considerata chiusa la questione Simona fece per avviarsi, ma l’altra vampira l’afferrò per un braccio costringendola a guardarla nuovamente. Veronica aveva l’espressione determinata che assumeva sempre quando voleva che lei l’ascoltasse seriamente. Questa non era proprio una buona cosa, perché ogni volta che succedeva lei finiva sempre con l’accontentarla e fare cose che non avrebbe mai voluto fare. Come aiutare un folletto in difficoltà che invece di ringraziarli li aveva derubati, o accettare di partecipare ad un ballo alla corte di re Luigi XVI. Simona represse un brivido al ricordo di quell’orribile serata.
-“Simo ascoltami ti prego. Prima che arrivasse il vampiro li ho sentiti parlare, lì dentro ci sono cinque ragazzi, so che ormai sono morti ma questo non significa che non possiamo salvarli. Non sono ancora passati cinque minuti da quando ha ucciso il primo, quindi siamo ancora in tempo per…”-
-“NO! Oh no! Non pensarci nemmeno, non mi convincerai a trasformarli, scordatelo.”-  Simona prese a scuotere la testa continuando a esporre le sue ragioni –“io ho già due figli a cui badare, non ho intenzione di averne altri, senza contare che questi ragazzi nemmeno li conosco. Quando ho scelto Oscar e André sapevo che loro erano due tipi in gamba, sapevano combattere ed erano in grado di mantenere la calma e il sangue freddo in ogni circostanza. Dubito che i ragazzi dentro questa casa possiedano anche solo una di queste caratteristiche.”-
-“E questo secondo te è un motivo valido per lasciarli morire?”- Veronica la guardava indignata.
La risposta sincera era: sì, decisamente. Il problema era che se l’avesse detto a sua sorella lei ci sarebbe rimasta malissimo, perciò rispose invece –“Oh, e va bene, facciamo come vuoi basta che ci sbrighiamo.”-
Veronica le sorrise tutta contenta, poi insieme corsero in casa.
Si fermarono in quella che doveva essere la sala da pranzo. Una stanza abbastanza spaziosa da contenere un grande tavolo, posizionato proprio al suo centro. Era apparecchiato con semplicità, i piatti, le posate e i bicchieri mostravano che chiunque li avesse scelti aveva buon gusto, ma non molto denaro. Il cibo non era stato toccato, ed i ragazzi erano tutti a terra, morti.
Quando arrivarono l’assassino stava raccogliendo un cellullare dal pavimento. L’uomo le guardò, poi spense il telefonino e lo rigettò a terra.
-Buonasera ragazze, mi dispiace non avere niente da offrirvi, ma temo di aver già prosciugato tutti gli umani presenti in questa casa.- Il vampiro parlò scostandosi i lunghi capelli neri dal viso, per poi rivolgere loro un sorriso feroce.
Invece di rispondergli Simona tirò fuori la sua spada e gli si avventò contro. Se l’uomo fu sorpreso dal suo scatto non lo diede a vedere, e velocemente alzò il braccio sinistro a pararsi il collo. La lama taglio la stoffa della maglia ma non scalfì minimamente la pelle del vampiro. Entrambi indietreggiarono di qualche passo, poi l’uomo sorrise di nuovo, nei suoi occhi brillava una luce di divertimento.
-Avrei dovuto capirlo subito, siete delle cacciatrici vero? Confesso che mi piacerebbe molto restare qui a giocare con voi, ma al momento non posso proprio trattenermi, quindi vi saluto.-
Un battito di palpebre e al posto del vampiro era apparsa una bella cornacchia grigia, che si lanciò in volo verso la finestra rotta. Quella finestra dava sul retro della casa, quindi Simona richiamò mentalmente Alex, che era appostato lì e gli inviò l’immagine mentale del volatile con una sola parola d’accompagnamento: -“prendilo.”-  
Poi sempre telepaticamente disse agli altri vampiri fuori di raggiungere Alexander.
 

Alex era pronto. Non appena la cornacchia mise il becco fuori dalla finestra uno dei suoi coltelli la colpì in pieno petto. Tuttavia l’uccello non cadde a terra, sbatté semplicemente un paio di volte le sue ali, mantenendosi in posizione con il sangue che gli colava dalla ferita, prima di riprendere le sue sembianze umane.
Orochimaru guardò il pugnale conficcato nel suo petto con solo una leggera punta di fastidio, tanto la maglia avrebbe dovuto buttarla comunque per via del taglio sulla manica. Lo prese e se lo sfilò dal torace che si richiuse subito.
Gettandolo a terra scoccò un’occhiata al Giovane vampiro che gliel’aveva lanciato, sconfiggerlo non sarebbe stato un problema ma lui non aveva molto tempo, la polizia sarebbe arrivata presto, inoltre questi scocciatori erano in sei e se l’avessero attaccato tutti insieme non era del tutto certo di poterli battere.
Deciso a fare sul serio Orochimaru si preparò all’attacco.

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Capitolo 8
*** scontro ***


SCONTRO
 
 
Sotto gli occhi increduli di Alexander l’altro vampiro si tirò fuori una lunga spada dalla gola, per poi scagliarglisi contro. Lui riuscì a pararlo con la propria, ma il colpo fu così forte che soltanto forzando tutti i muscoli delle sue braccia riuscì a respingerlo indietro.
A quel punto però, invece di attaccarlo nuovamente, il suo avversario compì un mezzo giro su sé stesso riuscendo a bloccare l’attacco di Oscar e quello di André parandosi con un braccio, e nello stesso momento fermare il fendente di Mark con la spada.
I suoi compagni erano stati veloci, precisi e silenziosi, ma non erano comunque riusciti a cogliere il loro nemico di sorpresa.
Alex stava per farsi avanti quando si ritrovò a dover invece indietreggiare, per evitare il calcio che il vampiro Adulto aveva sferrato nella sua direzione.
I suoi compagni avevano fatto lo stesso e ora avevano formato una specie di triangolo intorno alla loro preda, con Oscar e André abbastanza vicini tra loro da poter essere considerati un unico angolo.
-“Non credo sia un normale vampiro”- Alex inviò a Mark questo pensiero, unito all’immagine di Orochimaru che estraeva la spada dalla propria gola.
L’altro non rispose, ma da come assottigliò le labbra Alexander capì che anche lui era preoccupato.
Uccidere un vampiro Adulto era tremendamente difficile, perché più i vampiri invecchiavano più acquisivano nuovi poteri e capacità. Tuttavia nessun vampiro poteva ingoiare spade come fossero caramelle, ma se lui ci riusciva chissà cos’altro era in grado di fare.
Quello però non era il momento adatto per pensarci, il loro avversario infatti era di nuovo partito all’attacco ma Mark riuscì ad evitarlo abbassandosi. Da quella posizione riuscì ad afferrare il polso destro di Orochimaru, impedendogli così di usare la sua spada, ma prima di riuscire a conficcargli la sua lama nel collo quello gli tirò un calcio in piena faccia. Il colpo gli fece perdere la presa e permise ad Orochimaru di spostarsi in tempo per evitare il colpo di André.
Non riuscì a scansare del tutto quello di Oscar però, che si portò via una ciocca dei suoi capelli. Purtroppo però fu la ragazza ad avere la peggio, l’uomo la infilzò senza pietà al fianco sinistro passandola da parte a parte.
Oscar emise solo un piccolo verso di dolore prima di accasciarsi a terra dopo che Orochimaru le aveva estratto la lama dal corpo.
Notando le facce dei suoi avversari oscurarsi di rabbia sorrise con cattiveria, -andiamo ragazzi non arrabbiatevi, che cosa speravate di ottenere facendomi combattere contro due cuccioli? Ora tocca all’altro e poi mi occuperò anche di voi giovanotti. Però voglio essere buono, se le vostre amiche se ne restano in casa senza interferire le lascerò vivere, contenti?-
A quelle parole sia Alex che Mark scattarono a proteggere André ma prima che chiunque avesse modo di fare qualcosa si sentì il rombo di due auto che si avvicinavano rapidamente.
-Questa è la polizia, sarà meglio che io vada. Se volete un consiglio fareste meglio a svignarvela anche voi, soprattutto tu ragazzo, non sei tu quello che cercano al mio posto? A proposito, ti ringrazio per aver sviato i loro sospetti, sei stato molto gentile.-
Dopo queste parole l’uomo si rinfilò la spada in gola, si ritrasformò in una cornacchia e volò via.
Senza perdere altro tempo Mark assunse il comando della situazione e cominciò ad impartire ordini -Alexander occupati di Oscar. André, tu invece vieni con me, Veronica e Simona potrebbero aver bisogno di una mano.-
Quando Mark entrò nella casa con André al seguito trovò le due giovani donne impegnate a tener fermi i corpi sussultanti dei cinque ragazzi che si stavano trasformando. Nonostante le cinture o i pezzi di stoffa che avevano infilato loro in bocca per evitare che si mordessero la lingua, i lamenti dei ragazzi erano abbastanza forti, Mark ragionò che i poliziotti li avrebbero sentiti non appena fossero entrati.
-La polizia è qui, dobbiamo andarcene subito.- Il tono con cui parlò però era calmo così come i suoi gesti, Veronica lo guardò ammirata mentre si caricava i due ragazzi mori sulle spalle. Anche in momenti come questi il suo compagno risultava elegante e raffinato. Lei fece un po’ più fatica a mantenere i suoi modi graziosi mentre sbuffava prendendo in braccio Joey, che era decisamente più alta di lei.
Quando anche Simona e André ebbero preso gli altri due si affrettarono a uscire.
 

Alex stava esaminando la ferita di Oscar e c’era decisamente qualcosa che non andava. Di solito le ferite di un vampiro si rimarginavano piuttosto in fretta. Questa non lo stava facendo, sembrava che il processo di guarigione non fosse nemmeno iniziato. Alex non ne era del tutto sicuro perché c’era troppo sangue per vedere se almeno all’interno i tessuti si stessero ricomponendo, ma aveva una bruttissima sensazione.
Era così agitato che non sentì i passi dei due uomini in avvicinamento e fu veramente sorpreso, tanto da sobbalzare quando si ritrovò la luce di una torcia puntata addosso così come due pistole indirizzate contro di lui.
-Non ti muovere, alza solo le mani e tienile bene in alto. Subito!- L’uomo di colore che aveva parlato era stato così autoritario che Alex si ritrovò ad ubbidire in automatico. Spostando poi lo sguardo all’altro agente Alex si rese conto di conoscerlo –agente Reid! Agente, mi ascolti per favore. Non è come sembra. Questa ragazza è una mia amica, non sono stato io a farle del male. Io…-
-Ehi, ma io questa ragazza la conosco.- Sentendo le parole dell’uomo Alex si zittì.
-La conosci?- Reid era stupito dall’affermazione dell’amico tanto quanto il vampiro.
-Sì, io e Prentiss l’abbiamo incontrata davanti il palazzo dei Wright, lei e una sua amica ne stavano uscendo proprio mentre noi stavamo per entrare. Abbiamo scambiato qualche parola, ma loro ci hanno detto di non abitare lì e che erano di fretta, quindi le abbiamo lasciate andare. Ora che ci ripenso, non ci hanno detto nemmeno come si chiamavano.-
-Buonasera agente Morgan.- Derek sussultò sentendosi chiamare, non si era accorto dell’arrivo di tutte quelle persone. Sorpreso vide che a parlare era stata proprio la ragazza bruna di cui stava parlando lui. -Ha ragione, l’altro giorno non ci siamo presentate come si deve. Io sono Simona Rocher e questa è la mia famiglia. Le posso assicurare che nessuno di loro è implicato negli omicidi che sono avvenuti nelle ultime settimane. Noi siamo solo una famiglia di cacciatori. Se siamo qui è perché stiamo dando la caccia allo stesso individuo che cercate anche voi. È stato lui a ferire Oscar, così come a colpire questi ragazzi.- Simona fece dei cenni con la testa, prima ad indicare la ragazza appoggiata sulle gambe di Alex e poi a quella che teneva in braccio lei stessa.
I due agenti l’avevano ascoltata con attenzione, senza interromperla, ma non abbassando le pistole. Quel caso stava diventando sempre più ingarbugliato però Reid e Morgan erano convinti che Simona fosse sincera, anche se quasi sicuramente stava nascondendo loro qualche particolare. La cosa più importante al momento comunque, era soccorrere quei ragazzi, quindi Morgan spiegò quello che avrebbero dovuto fare.
-Va bene, ecco cosa faremo. Ora chiamiamo un’ambulanza, dopodiché mentre i feriti verranno curati in ospedale noi ci faremo una bella chiacchierata in centrale.-
 

Note:
nell’altro capitolo mi sono dimenticata di dirlo, ma penso che sappiate tutti che Orochimaru fa parte dell’anime Naruto.
Grazie per aver letto anche questo cap.
Ciao a tutti e buona Pasqua!
Snake

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Capitolo 9
*** preoccupazioni ***


PREOCCUPAZIONI
 
 
-Mi dispiace agenti, ma ora noi dobbiamo andarcene. Però credo anch’io che dovremmo parlare. Noi alloggiamo al 238 di Clarendon Street, raggiungeteci lì appena potete. Voi e i vostri compagni di squadra sarete i benvenuti, ma non portate nessun poliziotto. Arrivederci.-
Non appena Simona li ebbe salutati, si diedero tutti alla fuga, anche Alex che portava Oscar in braccio.
Morgan e Reid avrebbero potuto tentare di rincorrerli o magari di sparargli, invece si ritrovarono ad abbassare le armi quasi in contemporanea.
-Certo che corrono veloci! Dubito che saremmo riusciti a stargli dietro sai?- Derek si girò a guardare il collega che aveva un’aria decisamente pensierosa.
-Già, spero solo che non dovremo pentirci di esserci fidati.-
Non era propriamente la risposta alla sua domanda ma Morgan decise di lasciar perdere. Si rimise la pistola nella fondina e puntando la torcia a terra si mise a ispezionare il piccolo giardino, alla ricerca di tracce. Scoprì che l’erba era macchiata di sangue in due punti diversi, uno dove avevano visto la ragazza ferita, l’altro appena sotto una finestra rotta.
-Ehi Reid, guarda qua! Credo che stavolta l’S. I. si sia ferito mentre rompeva la finestra, c’è del sangue proprio qui sotto.-
-Bene, lo vado a dire ai due poliziotti che stanno perlustrando la casa, gli dirò anche che noi due ce ne dobbiamo andare. Tu aspettami in macchina faccio subito.-
Morgan lo guardò un po’ stralunato per quella strana risposta, certe volte quel ragazzino non lo capiva affatto.
Decise comunque di dargli retta e poco dopo lo vide correre e raggiungerlo in auto in tutta fretta.
Mettendo in moto Derek decise di chiedere spiegazioni: -si può sapere che ti prende? Capisco che tu sia nervoso, abbiamo fatto una scelta pericolosa a fidarci di quella ragazza, c’è il rischio che abbiamo mandato a puttane l’intero caso, però non puoi farti prendere dal panico proprio ora.-
-C’è qualcosa che mi sfugge.- Spencer era parecchio nervoso e le sue mani ne erano la prova, non faceva che muoverle, passandosele tra i capelli, sfregandosi le labbra e picchiettandosi le ginocchia.
Tutto quell’agitarsi dell’amico stava innervosendo anche lui, così allungò una mano ad afferrarne una dell’altro nella speranza che si calmasse un po’.
-Reid, per favore piantala con queste mani. E ti prego di darmi una risposta sensata stavolta, qual  è il problema? A parte il fatto che forse abbiamo commesso una cazzata che ci farà perdere il posto, intendo.-
A quel punto Spencer fece un profondo sospiro, si liberò della sua stretta e si portò entrambe le mani a stringersi le ginocchia. Sembrava più calmo però, così Derek lo lasciò fare.
-Ok, ascolta. Secondo la mia ricostruzione degli eventi le cose dovrebbero essere andate così. In casa cinque ragazzi stavano per mettersi a mangiare, e di questo sono sicuro perché ho visto il tavolo apparecchiato quando sono entrato. Prima che possano iniziare però arriva l’S. I. che fa loro qualcosa che li fa stare male, li hai visti anche tu come sussultavano e si lamentavano no? Forse li ha avvelenati, non so. Comunque non li ha uccisi. Io credo sia perché non ha fatto in tempo. Simona e i suoi familiari devono averlo interrotto. Quindi si sono scontrati, l’assassino ha colpito la ragazza bionda e poi è scappato. Tu che ne pensi?-
Mentre parlava Reid era rimasto a fissare la strada davanti a sé, ma nel porgere al collega quell’ultima domanda si girò ansioso a guardarlo.
-Penso esattamente la stessa cosa. Questo spiegherebbe anche perché Alexander fosse all’obitorio e le due ragazze sulla scena del crimine, stavano indagando.-
Spencer annuì piano con la testa, per dargli ragione, però continuava ad avere un’espressione preoccupata.
-Ok, allora spiegami. Se è andata così e loro sono dalla nostra parte, perché si sono portati via i ragazzi? Stavano male…-
-Reid, scusa se ti interrompo, ti confesso che anch’io sono rimasto stupito per questo, ma se abbiamo ragione, loro quei ragazzi li hanno salvati, quindi sono sicuro che a quest’ora li avranno già portati in ospedale. Cerca di restare calmo, ok?-
L’altro non sembrava del tutto convinto ma annuì brevemente, tanto ormai il danno era fatto.
Intanto che parlavano erano arrivati alla stazione di polizia e dopo che Morgan ebbe parcheggiato, si affrettarono a raggiungere i loro compagni per raccontare loro quello che era successo.
 
 
Mentre buttava i due ragazzi sul letto, Mark pensò che erano stati fortunati ad essere riusciti ad affittare quella villetta. Grazie alle quattro camere da letto e al divano-letto del soggiorno non avrebbero avuto problemi di spazio. Il vero problema era chi avrebbe dormito dove. L’idea di dormire su divano non gli piaceva molto, ma esternare apertamente la cosa non sarebbe stato elegante.
Facendosi indietro per permettere ad André di poggiare anche il terzo vampiro Neonato, continuò a ragionare sulla faccenda. Ovviamente non si poteva pretendere che Oscar e André cedessero la loro stanza, dato che lei era ferita. Lo stesso valeva per quei ragazzi e le due che erano state sistemate nella camera affianco.
Mark tornò in salotto, ragionando su come fare per convincere Simona a lasciare a lui e Vero la camera da letto. Manipolare le persone per ottenere quello che voleva era una delle sue doti migliori, ma spesso con lei non ci riusciva e sebbene fosse proprio questo il motivo per cui la rispettava, la cosa lo indispettiva parecchio.
Quando Alexander lo raggiunse sembrava molto preoccupato, perciò gli chiese educatamente notizie sulla salute di Oscar.
-Non so Mark, non me ne intendo molto di queste cose, ma Veronica è con lei ora, però non mi ha detto niente, solo di uscire e lasciar fare a lei.-
Mark non rispose e Alexander non aggiunse altro. Il primo era seduto sul lato destro del divano, le gambe accavallate, la mano sinistra poggiata sul ginocchio e la destra sul bracciolo. Chiunque guardandolo avrebbe assicurato che fosse più che tranquillo e anzi forse leggermente annoiato.
L’altro vampiro invece sedeva nella poltrona alla sinistra del divano, a gambe larghe, i gomiti poggiati sui braccioli e le mani intrecciate tra loro, dalla sua espressione si capiva benissimo quanto fosse preoccupato per la sua amica.  
Nonostante le apparenze però le emozioni che provavano in quel momento erano le stesse.
 
 
André era fuori di sé dall’ansia per la sorte della sua compagna. Desiderava più di ogni altra cosa di poterla vedere e starle vicino, ma quando aveva provato ad entrare nella sua camera Simona glielo aveva impedito. Ormai erano due o tre minuti che se ne stavano in piedi davanti la porta chiusa, ad ascoltare ogni più piccolo rumore provenisse dall’altra parte. In realtà non riuscivano a sentire molto, perché i ragazzi nelle altre camere si stavano ancora lamentando per il dolore della trasformazione, e le loro grida, sebbene diminuite d’intensità rispetto a pochi minuti prima, interferivano parecchio.
Quando finalmente la porta si aprì André cominciò subito a riempire Veronica di domande, su come stava Oscar, su quanto fosse stata ferita gravemente, e se poteva vederla.
Lei si chiuse l’uscio alle spalle e invece di rispondergli invitò sia lui che Simona ad andare a discuterne in salotto insieme agli altri.
 
 
Note:
in realtà questa volta non ho nulla da precisare, volevo solo ringraziare erol89 per aver messo la mia storia nella sua lista di quelle da ricordare. Ne sono davvero onorata, grazie mille!
Un grazie anche a tutti quelli che hanno letto, spero che continuerete a farlo!
Ciao,
Snake.

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Capitolo 10
*** in attesa ***


IN ATTESA
 


Quando finalmente André ed Alexander riuscirono a calmarsi un po’, Veronica poté spiegare a tutti la situazione.
-Le condizioni di Oscar non sono buone, il fatto è che la lama che l’ha colpita era impregnata di un particolare veleno che impediva alla ferita di guarire. Ora le ho dato un antidoto che ha già cominciato a fare effetto, ma ha perso troppo sangue, e prima che si rimargini completamente ci vorrà ancora una decina di minuti. Ha bisogno di nutrirsi e deve farlo entro la prossima ora, altrimenti non ce la farà.-
Veronica aveva parlato guardando tutti e nessuno, il suo sguardo passava da uno all’altro, senza riuscire a soffermarsi troppo su un singolo viso. Stringendosi forte le mani, aveva cercato di parlare senza scoppiare in lacrime. Era stata brava, la sua voce non aveva neanche tremato tanto, giusto un pochino alla fine del discorso.
Le sue parole avevano scosso tutti, soprattutto André che dovette deglutire più volte il nodo che aveva in gola prima di riuscire a chiedere il permesso di andare da Oscar.
Lei annuì e lui si precipitò nella sua camera, preoccupato come nessuno di loro l’aveva mai visto.
-Ok, ora muoviamoci e andiamo a cercare qualcuno disposto ad aiutarci, un’ora sarà più che sufficiente per trovare almeno una persona disponibile.-
Mentre parlava Alex si era già alzato in piedi, pronto a partire, quando la voce di Mark lo gelò sul posto.
-Non ti sembra di esserti dimenticato qualche piccolo particolare?-
-Cosa?-
-Tu sei ricercato, non puoi andare da nessuna parte. Inoltre l’intera città è spaventata da questi omicidi commessi da un vampiro, credi davvero sarà semplice trovare qualcuno che si fidi abbastanza da seguirne uno a casa?-
-Oh, ok hai ragione però…-
-Nessun però, c’è anche da considerare che abbiamo cinque ragazzi in fase di trasformazione. Tra una mezz’ora si riprenderanno e avranno sicuramente fame. Tutti i vampiri Neonati hanno bisogno di nutrirsi, lo dovresti sapere.-
-Certo che lo so! Per questo dicevo che dovremmo muoverci…-
-Tu non puoi venire.-
“Ora gli spacco la faccia.” –Lo so! Ma tu potresti anche darti una mossa no?-
-Ora basta! Finitela di litigare, abbiamo già abbastanza mocciosi a cui pensare, quindi almeno voi due cercate di comportarvi come gli adulti che dovreste essere.-
A quel richiamo si zittirono subito, e mentre Mark arrossiva leggermente per la vergogna di essere stato ripreso, Alex sospirò sconfortato ma in parte contento per non essere stato il solo ad essere rimproverato.
-Simo io sono d’accordo con te che litigare non serva a niente, però il problema rimane, come facciamo?-
Veronica aveva ripreso a tormentarsi le mani, tutti quei discorsi l’avevano angosciata ancora di più.
-Oh, per questo non devi preoccuparti Vero, ci ho già pensato io. Fra meno di venti minuti sei persone suoneranno alla nostra porta, forse ci vorrà un po’ a convincerli ad aiutarci, ma vedrai che alla fine lo faranno.-
-Hai ordinato a domicilio? Forte! E chi sarebbero queste persone?- Alex si rivolse alla sua compagna con un sorriso, sperando che la sua battuta potesse alleggerire la situazione.
-Gli agenti dell’FBI.-
La sua risposta però lo sconvolse, l’agitazione per la sorte di Oscar gli aveva fatto dimenticare l’invito di Simona agli agenti, di cui comunque non aveva compreso il motivo, ed ora la consapevolezza di come stessero le cose lo travolse completamente.
Non era di certo la prima volta che si ritrovavano ad essere nei casini, ma stavolta c’erano così tante cose che potevano andare storte che per la prima volta da quando si era unito al loro gruppo, Alexander sentì un sudore freddo invadergli l’intero corpo.
-Starai scherzando!- Alla sua esclamazione Simona non rispose, se non guardandolo molto male, come se lui l’avesse offesa.
“Quindi è per questo che l’ha invitati qui?” Mark era abbastanza sorpreso, anche se non lo diede a vedere. Era una mossa decisamente troppo azzardata per i suoi gusti, certo l’impulsività di Simona spesso si rivelava una fortuna ma altre volte era capitato che li mettesse nei guai ancora di più. Ormai però il danno era fatto, e non si poteva far altro che sperare che quegli agenti decidessero di collaborare.
Guardò la sua compagna che era più agitata che mai e le prese una mano, lei gli si aggrappò con forza, facendo un gran sospiro ma sentendosi già molto più rassicurata.
Poi in silenzio e immersi nei loro pensieri si accinsero ad aspettare.
 
 
 
Quando Morgan e Reid ebbero terminato il loro resoconto erano tutti così increduli che nessuno sapeva cosa dire. Non era mai capitato che i loro colleghi agissero in maniera così poco professionale e sconsiderata.
Hotchner aveva solo due possibili strade da seguire, raccontare tutto alla polizia e denunciare il comportamento dei suoi amici, che come minimo sarebbero stati sospesi, o rischiare la propria carriera non dicendo niente a nessuno ed agendo da soli.   
-Va bene, io Morgan e Reid andremo a controllare questo indirizzo, voi aspettate qui e fate finta di niente. Se le cose andranno male voi direte che non sapevate nulla…-
Alle sue parole cominciarono a protestare tutti insieme e dopo cinque minuti buoni di battibecchi e discussioni varie Hotch dovette capitolare, sarebbero andati tutti.
 
 
-Qui è la magnifica Garcia, cosa posso fare per voi?-
-Garcia, sono Reid e qui con me ci sono anche Hotch e JJ, volevamo sapere se hai scoperto qualcosa a proposito di Alexander.-
Reid aveva messo il vivavoce e sporgendosi verso i sedili anteriori dell’auto teneva il cellullare in modo che anche gli altri due potessero sentire la consulente informatica parlare.
-Oh mio giovane amico, mi spiace ma sembra proprio che questo ragazzo non esista, non ho trovato nulla su di lui.-
-Va bene non importa, ora abbiamo un nuovo nome per te: Simona Rocher, è una ragazza più o meno di vent’anni e potrebbe essere imparentata con Alexander, quindi forse hanno lo stesso cognome. Ha detto di abitare al 238 di Clarendon Street, puoi controllare subito per favore?-
-Ok! Aspettate un minuto.-  
-All’incrocio gira a sinistra.- Hotch obbedì, seguendo le indicazioni di JJ che controllava il loro percorso sul navigatore.
-Ragazzi ci siete?-
-Sì, Garcia parla pure.-
-All’indirizzo che mi avete dato corrisponde una villa che al momento è stata data in affitto ad un certo Mark Hughes. Per quanto riguarda invece la ragazza sembra un altro fantasma, non c’è nessuna informazione su di lei.-
Queste non erano affatto buone notizie, ma Hotch cercò di mascherare la propria preoccupazione quando le rispose. -Ok Garcia, grazie. Continua a cercare però e se trovi qualcosa faccelo sapere. Ciao.-
-Va bene, ciao!-
-No aspettate! Io quel nome l’ho già sentito prima.-
-Ne sei sicuro Reid?- Questa volta il tono di Hotch era chiaramente ansioso ma lui non se ne curò.
-Sì, io…-
-Hotch, ora devi girare di nuovo a sinistra.- Obbedì al comando di JJ, dando un’occhiata allo specchietto retrovisore, controllando che l’auto con Morgan, Rossi e Prentiss li stessero ancora seguendo.
-Volete altre notizie sul signor Hughes?- Alla risposta affermativa di Hotch, Garcia si mise al lavoro sperando di non ottenere un altro fallimento. Rintracciare le persone per lei era sempre stato facilissimo e questi continui insuccessi la stavano frustrando parecchio.
-Ora mi ricordo! Mark Hughes è il nome del giornalista che ha intervistato la dottoressa Scarpetta, il giorno che io e Rossi siamo andati da lei.-
Giustamente nessuno di loro pensò che potesse trattarsi di una coincidenza.

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Capitolo 11
*** ospiti o prigionieri? ***


OSPITI O PRIGIONIERI?
 
 

Hotchner parcheggiò dal lato opposto della strada che fronteggiava la villa. Morgan fece lo stesso, dietro di lui.
Una volta scesi, Aaron raccontò al resto della sua squadra quello che avevano scoperto su Mark Hughes.
In realtà anche su di lui non c’erano molte informazioni reperibili, oltre ad aver affittato questa casa per un mese, risultava fosse proprietario di una Toyota Verso nera a sette posti, comprata in Ohio, dove gli era stata rilasciata anche la patente. Le uniche altre notizie che avevano, erano che era nato in Inghilterra, aveva ventisei anni, e non aveva mai lavorato come giornalista presso il Boston Globe.
 
 

-Sono arrivati! Dite che dovremmo aspettare che bussino o gli apriamo direttamente?- Il tono di Alexander era tranquillo. Era riuscito a calmarsi un po’, trovando conforto nel ripulire il suo pugnale sporco di sangue. Dopo una caccia, anche se finita male, controllava sempre che le sue armi fossero a posto, e con il tempo questa sua abitudine era diventata una fonte di rilassamento.
-Facciamoli bussare, non è il caso di spaventarli ancor prima che entrino.- Veronica invece era ancora parecchio nervosa, era stata tutto il tempo con il capo poggiato sulla spalla di Mark, a giocherellare con la mano di lui, che docile l’aveva lasciata fare. Ora però era saltata su come se l’avessero punta con uno spillo, ed era chiaro quanto ci tenesse che tutto andasse nel migliore dei modi.
Simona la guardò per un attimo prima di assentire con un cenno del capo e poi si rivolse a lui -Alex vai ad aprire tu, e assicurati che entrino tutti.-
Alex si avvicinò quindi al portone d’ingresso e ci si appoggiò contro, aspettando pazientemente che gli agenti fuori finissero la loro discussione su Mark.
Quando bussarono e lui aprì, si trovò davanti solo tre di loro. La cosa non lo sorprese affatto poiché li aveva ascoltati per tutto il tempo e li aveva sentiti dire che si sarebbero divisi; e grazie al suo udito super sviluppato sapeva anche dove si fossero nascosti gli altri tre, percependo perfettamente il battito dei loro cuori.
Non volendo perdere troppo tempo, andandoli a prendere uno a uno, afferrò il più vicino dei tre e lo girò di schiena. Assicurandosi di bloccargli le braccia, lo strinse a sé e allo stesso tempo gli puntò uno dei suoi pugnali alla gola. –Buonasera agente Reid, non si preoccupi non le farò del male. O almeno non gliene farò, se i suoi amici la smetteranno di giocare a nascondino e ci seguiranno dentro senza fare storie.-
Se il suo sorriso doveva avere lo scopo di rassicurarlo non ci stava riuscendo molto bene. Reid era teso come una corda di violino.
Era accaduto tutto così in fretta che né Rossi né JJ erano riusciti a fare niente per fermarlo.
Non vedendo altra soluzione Hotchner uscì allo scoperto, lo stesso fecero Morgan e Prentiss.
Si avvicinarono agli altri lentamente e stando in guardia, le pistole puntate a terra, senza tenere sotto tiro Alexander, ma pronti a farlo al minimo segnale di autentico pericolo.
Quando li raggiunsero, Alex rimise il pugnale nel cappotto, da dove l’aveva tirato fuori, ma senza allentare la presa su Reid, che sebbene ancora molto preoccupato si rilassò un pochino. Entrò in casa camminando all’indietro, trascinandoselo dietro lungo il corridoio fino alla porta della sala, e gli altri li seguirono, guardandosi l’un l’altro per rassicurarsi a vicenda.
In salotto Mark stava sistemando delle sedie vicino al divano e alle poltrone in modo che anche gli ospiti potessero sedersi. Gli agenti però erano così nervosi che guardarono anche quel gesto con sospetto e si sedettero solo dopo che Simona li ebbe pregati di farlo.
Alex stava per fare altrettanto quando la voce della sua compagna gli risuonò in testa, dicendogli di rimanere a guardia della porta. Obbedì scocciato, appoggiandosi allo stipite e incrociando le braccia. Gli umani lo osservavano sospettosi, chiaramente dovevano aver compreso quello che stava facendo, così per non agitarli ancora di più, lasciò la porta aperta.
-“Se davvero non volevi spaventarli, avresti dovuto evitare di tirare fuori il coltello, non credi?”-
Mark gli lanciò quella frecciatina senza neanche guardarlo e lui preferì non rispondergli, decidendo che non ne valeva la pena. “Tanto prima o poi lo ammazzo.”
 


Simona aveva preso il controllo della situazione e dopo un veloce giro di presentazioni, era passata a spiegare brevemente il loro ruolo in quella storia. Hotchner la interruppe solo un paio di volte, prima per sapere come stessero i ragazzi che si erano portati via e poi per chiedere una descrizione dell’assassino.
Lei rispose tranquillamente e alla fine sembrava che gli animi si fossero calmati, gli agenti avevano riposto le loro pistole e sembravano credere alla loro versione dei fatti.
-Bene, fin qui direi che è tutto chiaro. Ora vorreste essere così gentili da dirci quello che ci state nascondendo?-
Simona sorrise alla domanda di Rossi, sapeva che sarebbe arrivata. Era il momento della verità. Forse esistevano metodi più adatti per dare certe notizie, modi meno scioccanti, magari avrebbe potuto girare un po’ intorno al discorso, ma Simona era una persona diretta così si limito semplicemente a dirlo.
-L’assassino che state cercando è un vampiro, così come lo siamo anche noi.-
Prima ancora che Hotch e la sua squadra avesse il tempo di capire appieno quello che aveva detto, si trasformò.
Le vene attorno ai suoi occhi si scurirono tanto da risultare più che evidenti, all’attaccatura del naso le si crearono delle piccole rughe che rendevano il suo viso più simile a quello di un animale che a quello di una persona. Gli occhi passarono dal marrone al rosso e i suoi canini superiori si allungarono tanto da superare il labbro inferiore.
In meno di due secondi il panico travolse gli agenti, Rossi chiuse gli occhi, si fece il segno della croce e cominciò a pregare, JJ scoppiò in lacrime e Prentiss e Reid tentarono la fuga ritrovandosi però la strada sbarrata da Alexander che pensò bene di trasformarsi anche lui. Mentre entrambi urlavano terrorizzati, Morgan tirò fuori la pistola pronto a far fuoco, ma Mark glielo impedì togliendogliela dalle mani.
Hotchner era l’unico ad essere rimasto calmo, anche se era bianco come un lenzuolo e sembrava seriamente sul punto di svenire.
Ci vollero dieci minuti prima che tutti si calmassero, i vampiri erano rimasti a guardarli, lasciandoli sfogare. Simona e Alex avevano ripreso il loro aspetto abituale e Veronica aveva ben pensato di offrire dei bicchieri d’acqua agli ospiti, che erano stati accettati più che altro per paura di quello che sarebbe accaduto se li avessero rifiutati.
 
 

-Ora che vi siete calmati un po’, lasciate che vi rassicuri su un punto. I vampiri non uccidono le persone, o almeno vi posso assicurare che la maggior parte di noi non lo fa. Certo ci nutriamo con il vostro sangue, ma non ce ne serve così tanto da dovervi dissanguare. Per un pasto decente ce ne basta circa il dieci per cento. E non abbiamo nemmeno bisogno di farlo tutti i giorni. Per una dieta sana ci basta un pasto ogni due settimane. Perciò davvero non avete alcun motivo per temere nulla.-
Il sospiro di sollievo collettivo che si levò quando Simona concluse il discorso fu quasi comico.
 

Note:
avevo promesso a Kurama che in questo capitolo avrei dato delle spiegazioni sulla trama e bè mi rendo conto che in realtà di spiegazioni ne ho date molto poche e tutte alla fine.
Voglio assicurare però che per chi avrà la pazienza di continuare a leggere, le risposte arriveranno.
Grazie per aver letto questo cap. e a presto.
Snake

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Capitolo 12
*** risvegli ***


RISVEGLI
 
 

“Per la miseria!” Quanto rumore che facevano. Gli stavano facendo venire un mal di testa tremendo.
In effetti Dawson non si sentiva molto bene, oltre al mal di testa, si sentiva tutto indolenzito ed aveva fame, sentiva il suo stomaco brontolare anche se il pensiero del cibo gli faceva venire la nausea. Ed aveva sete, tanta sete, la sua bocca e la sua gola erano così asciutte e secche da sembrargli carta vetrata.
Doveva essersi ubriacato, questi sembravano davvero tutti i sintomi di una dopo sbronza colossale.
Eppure non ricordava di aver bevuto, in realtà, ora che ci pensava, non ricordava nulla della cena con i suoi amici.
“Oooh! Bene, si sono zittiti, chissà che cavolo avevano da strillarsi tanto.” Ora che finalmente c’era più silenzio, il suo mal di testa diminuì un po’ e Dawson decise di aprire gli occhi e provare a tirarsi su.
La cosa positiva fu che non ebbe giramenti di testa e non sentì nemmeno il bisogno di vomitare, la cosa negativa fu rendersi conto che la stanza dove si trovava non apparteneva alla casa della nonna di Jen.
La stanza era buia, dato che le serrande della finestra erano completamente abbassate, ma lui ci vedeva comunque benissimo. Era però troppo confuso e dolorante per far caso a quella stranezza.
Stava cominciando a preoccuparsi, chiedendosi dove fosse finito, quando un rumore alla sua destra gli fece capire che non era solo.
Sdraiato al suo fianco c’era Jack e al di là dell’amico c’era Pacey. “Ma che diavolo…?” Dawson non si sforzò di concludere quel pensiero.
Con poco garbo, spinto dall’urgenza di sapere dove si trovavano e cosa fosse successo, diede una scrollata alla spalla di Jack.
Proprio in quel momento il letto si mosse, traballando rumorosamente.
-Oddio, un terremoto!-
Jack e Pacey si svegliarono di colpo, spaventati a morte dal suo grido e dal tremore del letto, che tuttavia durò solo i pochi istanti in cui Dawson scosse Jack.
-Dawson ti prego, qualsiasi cosa stia accadendo, non urlare. Ho la testa che mi scoppia!-
-Scusa Pacey, ma c’è stato un terremoto. E comunque anch’io ho mal di testa, credo che ieri sera abbiamo bevuto troppo.-
-Potreste parlare più piano, io sto male e voglio tornare a dormire.- Jack si era sdraiato di nuovo, ben deciso a rimanere a letto finché non si fosse sentito meglio.
-Ma dove diavolo siamo? Non ditemi che questa è la camera della nonna di Jen, non…-
-No Pacey, non è la sua stanza e io credo che non siamo affatto a casa di Jen. Voi vi ricordate niente di ieri sera?-
-Come sarebbe che non siamo a casa di Jen?- Pacey era così sconvolto che ignorò completamente la sua domanda.
-Cosa?- Sentendo questo, Jack si ritirò su, guardandosi intorno, e purtroppo quello che vedeva confermava quanto detto da Dawson, quella non era la casa che divideva con Jen e sua nonna.
-Dove siamo? E dove sono Jen e Joey?- Nonostante si sentisse a pezzi Jack si costrinse ad alzarsi –andiamo ragazzi, dobbiamo trovarle, e scoprire dove siamo e che è successo. Muovetevi.-
-Ok, vi dispiace però se cominciamo le ricerche dalla cucina? Ho una sete tremenda.- Alle parole di Pacey, i due amici annuirono più che favorevoli. Avevano tutti lo stesso bisogno.
 
 

Sebbene il discorso di Simona li avesse rassicurati un po’, infondendo loro la speranza che dopotutto non sarebbero morti a breve, erano tutti molto scossi. Inoltre, nonostante la trasformazione della ragazza fosse una prova più che valida che quello che aveva detto fosse vero, era difficile accettare l’idea che i vampiri esistessero.
Rossi fu il primo a riuscire a trovare il coraggio di parlare, sebbene la voce gli uscì tremante e spezzata -Quindi se ho ben capito, ci stai dicendo che i vampiri non sono tutti dei feroci assassini?-
-Esattamente.-
-Però l’hai detto tu che quello che ha ucciso quelle due povere famiglie era un vampiro!-
-Questo è vero, però solo perché un vampiro si diverte ad ammazzare la gente, non significa che lo facciamo tutti.-
Di certo il ragionamento sembrava sensato. Loro, più di chiunque altro, lo conoscevano bene. Era un concetto fondamentale da imparare per chi faceva il loro mestiere, non giudicare un intero popolo per le colpe di alcuni. Poteva valere anche per i vampiri? Potevano fidarsi delle loro parole? In realtà finora lo avevano fatto, avevano creduto a tutto quello che Simona aveva detto, prima di sapere che fossero dei vampiri. Era un motivo valido per mettere in discussione tutto?
-E voi date la caccia a quelli che lo fanno? Cosa siete dei vampiri poliziotti?- Nonostante la paura, Prentiss era curiosa di capire meglio chi erano questi esseri così misteriosi.
-No, dei compiti che voi affidate alla vostra polizia se ne occupano gli auror. Noi siamo cacciatori. Siamo indipendenti, seppur regolarmente iscritti all’albo e retribuiti dal ministero della magia.-
Gli agenti rimasero spiazzati da queste nuove informazioni e restarono tutti in silenzio, intenti a rifletterci sopra, per cui per i vampiri non fu difficile sentire che i ragazzi si erano svegliati.
Questo significava che non avevano più molto tempo, prima che un gruppetto di Neonati affamati li raggiungessero. Quindi Simona si affrettò a raccontare agli umani della morte dei ragazzi e di come loro avessero deciso di trasformarli.
Alla fine, vedendo che nessuno di loro sapeva cosa dire al riguardo, proseguì spiegando che ora che si stavano risvegliando avrebbero avuto bisogno di nutrirsi e concluse che sperava davvero che nessuno di loro avrebbe fatto troppe storie per questo.
In realtà le obbiezioni iniziarono non appena gli agenti si resero conto di quello che lei stava dicendo.
Per arginare quella che stava diventando una vera e propria rivolta, con tanto di minacce e pretese di essere lasciati andare, Simona, Alexander e Mark dovettero trasformarsi nuovamente.
L’effetto del loro gesto fu immediato e tutti si zittirono e calmarono di nuovo.
 
 

Il suono delle voci provenienti dal salotto fu percepito dai tre amici proprio nel momento in cui una porta a pochi metri da loro si aprì.
Joey e Jen sembravano sofferenti e confuse come loro, ma furono molto felici di vederli. Dopo una rapida serie di abbracci, decisero di raggiungere la stanza da dove sentivano parlare, nella speranza di capire cosa era loro capitato.
Avevano fatto soltanto pochi passi quando Jen si fermò di colpo, chiedendo agli altri di fare lo stesso. Sembrava molto spaventata, -e se fossimo stati drogati e rapiti?-
L’ipotesi li mandò letteralmente fuori di testa, e ognuno cominciò ad elencare vari motivi per cui poteva essere successo. Joey era abbastanza sicura che fossero stati presi per avere i loro organi da vendere, secondo Jen invece erano finiti in un giro di prostituzione, Dawson osservò che probabilmente sarebbero stati venduti ad un’asta e che il loro destino sarebbe stato deciso da chi l’avesse comprati.
Jack era convinto che stessero esagerando e che questo fosse solo lo scherzo di una delle confraternite della loro scuola, Pacey, che era a corto di idee, diede la colpa agli alieni. Gli altri lo guardarono piuttosto male.
-Forse dovremmo nasconderci da qualche parte e chiamare la polizia- disse, per cercare di rabbonirli.
A rispondergli però non fu nessuno dei suoi amici, bensì una giovane donna proveniente dalla stanza che avevano pensato di raggiungere.
-Tranquilli, non avete alcun motivo per farlo, e poi di là c’è già l’FBI.-
 
 

Note:
grazie a tutti quelli che hanno letto anche questo capitolo, ma soprattutto ci tengo a ringraziare jenny7992 per aver messo la mia storia tra i suoi preferiti. E per tutti i suoi complimenti, non hai idea di quanto ne sia stata felice.
Poi ci tengo a precisare che il ministero della magia e gli auror sono stati presi da Harry Potter. Qui però non faccio riferimento a quelli della saga che si trovano in Inghilterra, dato che la storia è ambientata in America.
Spero di essere stata chiara, ma come al solito se avete dubbi chiedete pure.
Ciao,
Snake. 

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Capitolo 13
*** la prima ***


LA PRIMA
 


JJ osservò i cinque ragazzi che Veronica stava facendo entrare.
Erano chiaramente spaesati e intimoriti, si bloccarono tutti, subito dopo aver oltrepassato la porta, portandosi le mani a coprire gli occhi, infastiditi dalla luce del grande lampadario di cristallo.
Strano, era convinta che ai vampiri desse fastidio solo la luce del sole. Eppure gli altri non avevano problemi a girare per la città di giorno. Era una faccenda decisamente curiosa.
JJ bevve l’ultimo sorso d’acqua che le era rimasto nel bicchiere, le mani le avevano finalmente smesso di tremare, forse perché ormai si era rassegnata all’idea che presto un vampiro, un vero vampiro, l’avrebbe morsa. Non c’era possibilità d’impedirlo, lei e i suoi compagni non erano preparati ad affrontare situazioni di questo genere. Combatterli non era un’opzione valida.
Il vampiro con i baffi e il pizzetto, quello che si chiamava Mark, andò in un’altra stanza a prendere altre sedie e JJ si spostò con la sua un po’ più verso Reid, che stava facendo lo stesso andando più vicino alla poltrona dove era seduto Morgan.
Alla sua sinistra Hotch aveva fatto lo stesso, e le loro sedie, ora erano così vicine che quasi si toccavano.
Quando i nuovi arrivati ebbero preso posto e il giro di nuove presentazioni fu terminato, Simona prese di nuovo la parola.
-Vi ricordate niente dell’aggressione che avete subito mezz’ora fa?-
Le espressioni sorprese sui volti dei giovani rivelarono che non si ricordavano nulla, ancor prima che lo confermassero a voce.
-Scusate ma è ancora sera? Insomma noi eravamo tutti insieme a preparare la cena e questo ce lo ricordiamo tutti, però nessuno di noi si ricorda di aver cenato, quindi è così? Non abbiamo mangiato perché siamo stati aggrediti?-
-Sì Pacey, è esattamente quello che è successo. Mi dispiace inoltre informarvi che purtroppo non siamo arrivati in tempo per salvarvi. Il vampiro che vi ha attaccati vi aveva già ucciso quando siamo arrivati, non potevamo fare più niente per voi, se non, appunto, trasformarvi.-
JJ scosse piano la testa, sconfortata. Possibile che i vampiri non avessero un minimo di tatto nel dare certe notizie? “Almeno stavolta non si è trasformata”, però i ragazzi erano sconvolti comunque. Le loro risate e il ripetersi a vicenda che doveva essere tutto uno scherzo, non mascherava la loro isteria.
-Ora piantatela! Se non mi credete ve lo dimostro subito.-
Questa volta però Simona non si limitò a trasformarsi, si portò anche un polso davanti alla bocca e senza pensarci due volte si morse.
Lasciò che due gocce di sangue le scivolassero giù lungo il braccio prima di ritirare i denti dalla ferita, che si richiuse subito dopo.
Fu più che sufficiente. La vista e l’odore del sangue portò i piccoli vampiri a trasformarsi senza nemmeno rendersene conto.
Per un attimo JJ temette che avrebbero assalito Simona, ma alla ragazza bastò uno sguardo e una sola parola -fermi- per scongiurare ogni pericolo.
I cuccioli si risedettero obbedienti, osservando bramosi la piccola scia di sangue sul braccio della donna, che si affrettò a leccarla via.
Solo a quel punto i nuovi vampiri ripresero il loro aspetto.
Erano ancora visibilmente scossi, ma sembrava che per il momento non ci sarebbero state altre scenate.
-Bene. Ora che è tutto chiaro, diamoci una mossa, abbiamo perso già troppo tempo. Vero accompagna uno degli agenti da Oscar e poi torna qui.-
-Mi scusi, ma a me, e credo anche ai miei amici, non è affatto tutto chiaro.- Gli altri quattro annuirono per confermare le parole di Joey.
-Non se ne parla, non vi permetteremo di dividerci. Né io, e tantomeno uno dei miei agenti, seguiremo da soli uno di voi in un’altra stanza.-
Hocth e Joey avevano parlato quasi in contemporanea, andando contro a tutto quello che la vampira aveva detto, ed era chiaro che Simona cominciava ad averne abbastanza.
JJ la vide fare un respiro profondo per cercare di calmarsi e forse funzionò perché quando parlò di nuovo la sua voce era molto calma.
-Bene. Vorrà dire che lei agente Hotchner potrà accompagnare Veronica e la donna bionda al suo fianco da Oscar. In quanto a voi, ragazzini, per il momento dovrete accontentarvi di quello che sapete e fare quello che vi diremo noi. Domani con più tempo e calma potrete chiederci tutto quello che vorrete, d’accordo?-
Hocth e Joey annuirono, il primo abbastanza soddisfatto che le sue parole fossero state prese in considerazione, la seconda terribilmente spaventata dall’idea di aver osato troppo nel contraddire la vampira, ma JJ non li vide. Il suo sguardo era perso a fissarsi le scarpe, in testa un unico pensiero fisso, era lei che sarebbe dovuta andare nell’altra stanza a farsi mordere. Sapeva che la stessa sorte sarebbe capitata anche ai suoi compagni, ma ora che il momento era giunto, avrebbe voluto restare con gli altri.
Veronica si avvicinò ai due agenti e li invitò gentilmente a seguirla.
Hotch intuendo il suo stato d’animo, le prese il bicchiere dalle mani e lo poggiò sul tavolinetto che avevano davanti, insieme al proprio ancora mezzo pieno. Poi le circondò la vita con un braccio, aiutandola ad alzarsi.
Nessuno disse nulla mentre uscivano dalla stanza e JJ notò appena le occhiate preoccupate, e i sorrisi forzati dei suoi amici che speravano di rassicurarla.
Sempre in silenzio avanzarono lungo il corridoio, superando diverse porte, finché Veronica li fece entrare in una camera da letto, dove si trovavano due ragazzi.
L’uomo si voltò subito verso di loro, alzandosi dalla sedia posta vicino al letto, dalla quale stava vegliando sulla ragazza. La vampira ferita era sdraiata sopra le coperte del letto a due piazze, che occupava il centro della stanza. Teneva gli occhi chiusi e sembrava dormire. La camicia bianca che indossava era completamente sbottonata, lasciandole scoperta la pancia e il petto, coperto comunque dal reggiseno di pizzo bianco.
La camicia era sporca di sangue, così come le coperte, ma la ragazza era pulita e non aveva nessuna ferita.
-Si salverà vero?- Il sussurro di André fu così fioco che gli agenti non lo sentirono nemmeno, ma Veronica gli fece un sorriso e annuì, poi prese JJ per mano e la fece avvicinare alla ragazza sul letto.
-Senti, so che sei spaventata, ma non devi temere nulla. La saliva di noi vampiri agisce come un anestetico per voi umani, quindi non sentirai alcun dolore. Ti morderò io, qui sul polso, poi Oscar berrà un po’ del tuo sangue. Io intanto preparerò una benda e quando avrete finito ti farò una piccola fasciatura. L’intera operazione richiederà meno di un minuto, quindi cerca di stare tranquilla, ok?-
JJ fece un respiro profondo, detta così sembrava facile, e Veronica aveva un aspetto talmente dolce e rassicurante che era quasi impossibile non fidarsi di lei.
Annuì in risposta, lasciando che la vampira si portasse il suo polso destro alle labbra. Chiuse gli occhi per non vederla mentre si trasformava e la mordeva, ma cercò con la mano sinistra la presenza di Hotch, che era rimasto qualche passo indietro e che si fece subito al suo fianco non appena la vide cercarlo.
Veronica aspettò che i due agenti si stringessero la mano, poi leccò brevemente il polso di JJ per assicurarsi di non farle male, quindi la morse.

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Capitolo 14
*** piccole crisi ***


PICCOLE CRISI
 
 

André si mise dall’altra parte del letto osservando in silenzio la sua compagna nutrirsi del sangue dell’agente bionda. Le prime gocce le erano scivolate sulle labbra chiuse, andando a sporcarle la guancia sinistra. Poi però l’odore del sangue doveva aver risvegliato Oscar, che si affrettò ad aprire la bocca e a berlo. Veronica spinse il polso di JJ fino a che non venne a contatto con le labbra della vampira ferita, così Oscar poté attaccarcisi e succhiare il sangue direttamente dai buchi già fatti dall’amica.
JJ sussultò appena a questa nuova e strana sensazione ma solo perché non se lo aspettava, Veronica non le aveva mentito quando le aveva detto che non avrebbe sentito dolore.
Un minuto dopo era tutto finito, Oscar la lasciò andare e Veronica si affrettò a bendarle il polso, assicurandola che entro un paio di giorni i segni sarebbero svaniti.
-Come è possibile che guariscano così in fretta?- Hotch era piuttosto scettico al riguardo, e JJ ne fu stupita “abbiamo appena scoperto che esistono veramente delle creature sovrannaturali, perché è così dubbioso? Io ormai sono disposta a credere in qualsiasi cosa”.
-È per via della nostra saliva, aiuta le vostre cellule a rigenerarsi più in fretta.- Veronica invece non sembrava sorpresa da quella domanda e gli rispose tranquillamente e con un sorriso gentile.
Intanto André si era avvicinato ad Oscar e con un fazzoletto le stava pulendo il volto.
-Come stai amore?-
-Molto meglio, grazie. Tu e gli altri invece?-
-Noi stiamo tutti bene, tranquilla.-
-E l’assassino? L’avete ucciso?-
-No, è scappato.-
-Dannazione!-
-Oscar! Che cavolo credi di fare, stai giù!- André si affrettò a rispingere la sua ragazza sul letto, mentre lei invece era più che decisa ad alzarsi.
-Levami le mani di dosso, voglio scendere.-
I due si guardarono negli occhi, entrambi infuriati. Non capitava spesso che litigassero, ma quando accadeva potevano andare avanti per giorni a battibeccare su tutto, troppo testardi per rivedere le loro idee e cercare un compromesso. Se alla fine facevano sempre pace era solo perché si amavano molto, e stare arrabbiati l’uno con l’altro dopo un po’ diventava sfiancante. 
Questo però era decisamente il momento meno indicato per iniziare una nuova lite, quindi Veronica intervenne nella speranza di evitarla.
-Oscar dovresti davvero restare sdraiata, almeno per i prossimi dieci minuti, così il tuo corpo potrà riprendersi completamente. Poi potrai raggiungerci in salotto, però sarebbe meglio se ti cambiassi prima, abbiamo diversi ospiti.- 
Solo a quelle parole Oscar sembrò rendersi conto dello stato dei suoi abiti, e arrossendo appena, si affrettò a coprirsi il petto con la camicia, gettando uno sguardo arrabbiato e imbarazzato ad Hotchner.
Capendo il suo stato d’animo l’agente fece notare che forse era il caso che loro tornassero dagli altri, così lui, JJ e Veronica si sbrigarono ad uscire, lasciando soli i due fidanzati.
 
 

Una volta che Vero e i due umani furono usciti dalla sala, Simona diede uno sguardo al resto dei presenti e con un sorriso che non le raggiungeva gli occhi chiese loro chi voleva iniziare.
Joey e i suoi amici non avevano idea di cosa stesse parlando, ma non si azzardarono a chiederlo.
Gli agenti invece avevano capito, ma nessuno di loro sembrava particolarmente propenso a farsi avanti.
Tuttavia sapendo di non avere scelta Prentiss si fece coraggio, bevve il suo ultimo sorso d’acqua e appoggiò il bicchiere accanto agli altri due sul tavolo, annunciando che l’avrebbe fatto lei.
-Oh bene, ora che abbiamo un volontario umano ce ne serve uno tra i piccoli vampiri, chi di voi si vuole fare avanti?-
-Simona se posso dire la mia, suggerirei di cominciare con l’atleta.- Gli occhi di Mark erano puntati su Jack, che presto si vide fissato da tutti.
Intimidito, e spaventato dal non sapere cosa volessero esattamente da lui, Jack si ritrovò a balbettare confusamente che lui non era un atleta, aveva solo giocato a football al liceo per un po’, ma i due vampiri lo ignorarono completamente.
-Per me va bene. Jack vieni qui.- Il tono di Simona era calmo e per nulla imperioso, ma lui non fece l’errore di non capire che era un ordine e ubbidì subito.
-Agente Prentiss potrebbe avvicinarsi anche lei, per favore?-
La donna fece un gran sospiro, ma li raggiunse con passo deciso e a testa alta, senza abbassare lo sguardo.
-Allora Jack, immagino tu abbia fame. So anche che in questo momento non ti senti benissimo, purtroppo finché non imparerai a controllarle, le tue nuove capacità ti causeranno qualche fastidio. Comunque vedrai che dopo aver mangiato starai meglio. Ora, dato che questa è la tua prima volta e che io non ho tempo da perdere con voi stasera, la faremo facile.-
Simona prese il polso destro di Prentiss e lo scoprì, -ecco guarda, la vena del polso è la più facile da prendere, devi solo trasformarti e morderla. Oh e ricordati di leccare la parte di pelle che vuoi mordere prima di farlo, serve ad anestetizzarla.-
Se prima Jack era spaventato ora era sull’orlo di una crisi isterica. “Non può dire sul serio. Non posso fare una cosa simile, non esiste che lo faccia, che poi io non ho mai chiesto di essere un vampiro. Perché devo fare questa… questa cosa, io non voglio. Non può costringermi a farlo. O forse sì. Lei è una vera vampira probabilmente può fare tutto. E se le dico che non voglio sicuramente si arrabbierà, e se si arrabbia chissà che farà. Forse mi ammazza. Oddio mi ammazza! Sono morto! No un attimo, io sono già morto, ma posso morire di nuovo? È…”
-Jack!- Il richiamo di Simona interruppe i suoi pensieri riportandolo bruscamente alla realtà. Si accorse con orrore che stava per mettersi a piangere e cercò di calmarsi.
-Si può sapere qual è il problema? Mi sembrava di essere stata chiara su quello che devi fare, cosa non hai capito?-
A quelle domande e soprattutto per il tono spazientito con cui erano state poste, i nervi di Jack crollarono definitivamente. Nonostante i suoi sforzi per controllarsi, le lacrime presero a scorrergli veloci giù per il viso. Jack si morse il labbro inferiore nella speranza di poter almeno evitare di mettersi a singhiozzare come un bambino e abbassò il capo per non farsi vedere.
A quella patetica scenetta Simona imprecò mentalmente, “dannazione! Perché il bamboccio più emotivo è toccato a me? Lo sapevo che trasformare questi ragazzini era una pessima idea!”
Facendo un bel respiro profondo Simona si impose di mantenere la calma, dopotutto anche se lei non l’aveva voluto quello che le stava davanti era suo figlio, perciò toccava a lei occuparsene.
 
 

Note:
voglio solo dire che mi spiace aver saltato ben tre aggiornamenti, ma spero che non vi siate dimenticati della mia storia nel frattempo.
Un saluto a tutti,
Snake.

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Capitolo 15
*** collaborazione ***


COLLABORAZIONE
 
 


Simona si avvicinò al ragazzo e per confortarlo gli poggiò una mano sul braccio, chiamandolo con quello che sperava fosse un tono più dolce del precedente. Purtroppo non era molto brava in queste cose.
Tuttavia non appena provò a toccarlo, Jack fece un brusco passo indietro, alzò il capo e la guardò ad occhi spalancati, terrorizzato dal pensiero che volesse punirlo in qualche modo.
A quello scatto anche Simona si tirò indietro. Quel gesto le aveva fatto capire che suo figlio aveva paura di lei, e questa consapevolezza le fece male.
Sapeva bene di non essere una madre modello, però non credeva nemmeno di essere tanto pessima da arrivare a spaventare i suoi stessi figli.
Fissandolo dritto negli occhi, cercò di spiegargli che poteva fidarsi di lei.
-Jack non devi avere paura. Nessuno qui vuole farti del male, e se mai qualcuno oserà farlo dovrà vedersela prima con me.  Sono tua madre ed è compito mio proteggerti. Spero che questo ti sia chiaro.-
Continuando a guardarlo, Simona si avvicinò di nuovo a lui e allungando lentamente una mano gli asciugò prima una guancia e poi l’altra. Jack trattenne il fiato, intimorito da quel tocco, ma non si spostò.
-Allora qual è il problema?-
-Non voglio bere il sangue di una persona, in realtà preferirei proprio non dover bere nessun tipo di sangue, è una cosa che non credo di poter fare.-
-Capisco, ma ora sei un vampiro perciò dovrai nutrirti per forza, a meno che tu non preferisca morire di fame.-
-Non c’è proprio nessun altro modo?-
-No.-
-Mi scusi, ma non potremmo bere sangue animale invece di quello umano?-
Simona voltò lo sguardo verso Joey, era la seconda volta che quella ragazzina le dava contro e la cosa cominciava a seccarla parecchio. Tuttavia decise di risponderle comunque, anche perché pure gli altri sembravano molto interessati a conoscere la risposta.
-Non sarebbe la stessa cosa. Il sangue animale non è abbastanza nutriente per noi, anche bevendone un po’ tutti i giorni non avrebbe lo stesso effetto di quello umano. Ed ora gradirei davvero che la piantaste di fare gli schizzinosi! Vedrete che una volta che l’avrete assaggiato vi piacerà.-
Jack guardò l’agente davanti a lui. La donna sembrava molto più calma di prima, tanto che gli fece addirittura un piccolo sorriso mentre gli porgeva il polso sinistro.
Le sorrise anche lui e le prese la mano, era ancora piuttosto nervoso, ma le parole di Simona l’avevano convinto a provarci. Leccò il polso dell’agente e prima di rendersene conto si ritrovò trasformato e con i canini affondati nella sua carne tenera.
Già dopo poche gocce si sentiva molto meglio. Bevve finché Simona non gli disse di smettere, addirittura un po’ contrariato da quell’ordine giunto così presto. Finalmente però la fame che aveva provato fino a quel momento si era placata, anche la testa aveva smesso di fargli male e nel complesso si sentiva veramente meglio.
Alexander arrivò subito da loro per bendare la ferita di Emily, alla quale si erano avvicinati anche i suoi amici per assicurarsi che stesse bene.
Mark invece lasciò andare i nuovi cuccioli, che nonostante i discorsi precedenti sul non voler mordere le persone, non appena avevano avvertito l’odore del sangue erano andati fuori di testa.
Non era stato facile tenerne a bada quattro contemporaneamente, aveva fatto bene a consigliare Simona ad iniziare con il più grosso. 
In quel momento tornarono anche Veronica, Hotch e JJ. Alle due sorelle bastò una semplice occhiata per rassicurarsi a vicenda che tutto fosse a posto.
Gli agenti invece si riunirono in gruppo e si scambiarono pacche sulle spalle e abbracci, come se non si vedessero da un secolo.
Una volta che tutti si furono calmati si poté procedere più velocemente, dato che ormai sapevano cosa aspettarsi.
 
 


-Bene ora che abbiamo finito, voi agenti potete andare. Domani Alexander si presenterà spontaneamente al commissariato e voi lo aiuterete a far cadere ogni sospetto su di lui. Ovviamente per domani avremo pronti anche una serie di alibi per i giorni in cui sono stati commessi i delitti, quindi voi non dovrete fare molto in realtà. Per quanto riguarda il vero killer invece non dovete preoccuparvi, ce ne occuperemo noi stasera stessa, sempre che non sia già scappato. Ne dubito però, lui non sa che noi sappiamo dove abita.-
-Simona… ti dispiace se ti do del tu e ti chiamo per nome?- Lei fece cenno di no, così Hotch continuò –vedi anche se il colpevole è un essere sovrannaturale questo è sempre un mio caso, non posso lasciarlo a voi. Mi rendo conto che noi non siamo in grado di affrontare un vampiro, ma credo che potremo almeno collaborare. Che ne pensi?-
-Oh bè, se credi di esserne in grado.-
Hocth sorrise, -quindi ti va bene?-
-Se anche i tuoi uomini sono d’accordo, per noi non ci sono problemi. Però credo che almeno il ragazzino dovremo lasciarlo indietro, non mi sembra un gran combattente.-
-Capisco. Reid tu che dici? Ovviamente questo vale per tutti voi, non siete obbligati a venire. Decidete da soli.-
-Bè per quanto mi riguarda sarò più che felice di restarmene a casa, non ci tengo a combattere contro un vampiro, grazie.-
-Bene, qualcun altro vuole restare qui con Spencer?-
-Credo che rimarrò anch’io, sono troppo vecchio per queste cose, preferisco restarne fuori.-
-Scusa Hotch, ma resto pure io con Reid e Rossi. Ho già avuto abbastanza emozioni per stasera.-
-Ok. Morgan, Prentiss, voi che volete fare?-
-Io vengo con te capo.-
-Sì, anch’io.-
-Simona puoi dire ad Oscar che lei non può partecipare a questa missione?-
-Simona puoi dire ad André di piantarla di seccarmi?-
La vampira sentendosi chiamare si girò a guardare i due ragazzi appena entrati. “Fantastico! Ci mancava solo che si mettessero a litigare. Tanto di problemi stasera ne abbiamo avuti pochi. Dannazione!”
-Voi due restate a casa. E non voglio sentire lamentele- i due richiusero la bocca senza dire nulla, intimoriti dal suo sguardo furioso, -controllate che tutte le finestre siano ben oscurate, e tenete d’occhio i piccoli. Chiaro?-
Aspettò di vederli annuire, dopodiché tornò a rivolgersi agli agenti che avrebbero partecipato alla missione. -Il vampiro con cui avremo a che fare ha una carnagione molto chiara e lunghi capelli neri, è un vampiro Adulto e questo significa che ha molti più poteri di noi, che siamo solo dei Giovani vampiri. Non sparategli per nessun motivo, perché ha la capacità di rendere il suo corpo più duro dell’acciaio. Naturalmente questo discorso non vale per il collo, ma a voi questo non deve importare più di tanto. Di lui ce ne occuperemo noi. Voi tre dovrete pensare all’umano e al piccolo vampiro che abitano con lui. Con loro non dovreste avere troppi problemi e potrete sparare tranquillamente ad entrambi.-
-Sono suoi complici?-
-No, perché?-
-In questo caso non credo che gli spareremo, almeno se potremo evitarlo.-
“Altri buoni samaritani, ma che bello!” –Fate come vi pare, basta che ce li teniate lontani, d’accordo?-
-D’accordo.- La vampira considerando chiusa la conversazione stava per voltargli le spalle, così Hocth si affrettò a bloccarla per chiederle più informazioni su una cosa che l’aveva incuriosito.
-Simona aspetta! Tu hai detto che quel vampiro ha il potere di rendere il suo corpo duro come acciaio tranne per il collo, ma perché?-
-Non lo so, non lo sa nessuno. Però sai, è per questo che esiste il detto: in caso di dubbio staccagli la testa. Il collo è il punto debole di qualsiasi essere, maghi e scienziati hanno studiato e studiano tuttora questo fenomeno, ma nessuno ha saputo spiegarlo o trovarvi una soluzione.-
-Capisco.-
-Bene, c’è altro che vuoi sapere?- Hocth fece cenno di no. -Andiamo allora!-
Si avviarono tutti alla porta, dove persero altri due minuti per salutarsi, poi finalmente Simona trascinò sua sorella, che continuava a fare mille raccomandazioni ai suoi piccoli, fuori dalla porta, e partirono.    

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Capitolo 16
*** domande ***


DOMANDE
 
 
 

Morgan si girò a guardare il vampiro che stava guidando. Tra tutti gli era sembrato il più calmo ed equilibrato, anche la vampira che sedeva dietro con Prentiss dava l’idea di essere molto gentile, quindi pensò di rivolgere a loro qualcuna delle domande che gli affollavano la testa da quando avevano saputo la verità sulla loro natura.
-Da quanto tempo siete dei vampiri?-
Mark gli lanciò un’occhiata veloce prima di riportare lo sguardo sulla strada –Io ho 825 anni.-
-Io invece ne ho 812- gli rispose anche Veronica.
-Avete davvero più di ottocento anni? Eppure Simona ci aveva detto che voi siete dei vampiri giovani.- Prentiss era davvero sbalordita da quella notizia. –State dicendo che siete nati quando, nel 1100, 1200? Ai tempi delle crociate?-
-In effetti io sono stato trasformato proprio l’anno in cui ebbe inizio la terza crociata.- Mark sorrise, divertito nel notare le loro facce sconvolte.
-Comunque per noi vampiri 800 anni non sono molti, siamo davvero considerati giovani- spiegò loro Veronica.
-Oh, certo. Scusa.- Prentiss si morse le labbra timorosa di averla offesa, ma la vampira le sorrise facendole capire che non l’aveva fatto.
 
 
 

-Sentite, so che Simona ha detto che risponderà domani a tutte le nostre domande, ma non è che magari voi potreste spiegarci qualcosa mentre aspettiamo che tornino?-
Oscar guardò Jen e le fece un sorriso, -che volete sapere?-
-Bè, tutto?-
Oscar rise. –D’accordo.-
Si prese un attimo per decidere da dove iniziare a spiegare e ne approfittò per osservare meglio il gruppo di persone presenti. Gli agenti dell’FBI si erano seduti vicini sul divano e al momento sembravano abbastanza tranquilli, seppure chiaramente preoccupati per i loro amici. I nuovi vampiri invece occupavano ancora le sedie che erano state prese per loro. Oscar non riusciva a capire bene come si sentissero, però ricordava quello che aveva provato lei quando era stata trasformata e immaginava che per loro dovesse essere più o meno le stesso.
-Allora, per prima cosa, dovete sapere che noi vampiri possiamo vivere in eterno, ma non siamo immortali. Non possiamo ammalarci e non invecchiamo, ma ci sono molte cose che possono ucciderci.-
-Oscar stai cercando di terrorizzarli per caso?-  
-No.- Oscar era visibilmente infastidita. -Senti André, perché invece di stare qui a disturbarci non vai a controllare che le finestre siano oscurate?-
Si fissarono arrabbiati solo per pochi secondi, poi André si alzò dalla poltrona su cui era seduto, e indispettito da lei e dalla loro discussione, lasciò la stanza.
-Scusate ragazzi, è che certe volte André si diverte ad essere insopportabile. Torniamo pure al nostro discorso. Allora quello che dovete sapere è che più un vampiro cresce e più diventa forte e resistente. Ad esempio, la luce del sole, che per voi Neonati è mortale a noi non fa nulla. Questo avviene perché i corpi morti hanno bisogno di diverso tempo per abituarsi alla loro nuova condizione. Fra dieci anni, quando passerete dall’essere dei Neonati a dei Cuccioli, potrete di nuovo uscire alla luce del giorno.-
Oscar si zittì un momento per dare ai ragazzi il tempo di assorbire la novità. Sembravano di nuovo piuttosto confusi.
-Stai dicendo che non potremo uscire di giorno per i prossimi dieci anni?- disse Jack, abbattuto per questa notizia.
-Bè, perché fai quella faccia? Guarda che è una bella cosa.- Pacey cercò di tirarlo su di morale. -Io ero convinto che d’ora in avanti non avremmo più potuto esporci al sole, invece dovremo aspettare solo dieci anni.-
-Pacey ha ragione. Andiamo Jack, lo sanno tutti che i vampiri non possono uscire col sole, lo dicono in tutti i film.- Dawson diede ragione al suo migliore amico.
-Sì, certo, lo so. È solo che speravo che la realtà fosse diversa.-
-E lo è- riprese la parola Oscar. -Non dovete credere a tutto quello che vedete nei film, anche se alcuni sono abbastanza veritieri. Giusto per farvi capire: l’acqua santa ci fa davvero male, sia che la beviamo o che ci finisca addosso, mentre per entrare in una qualsiasi abitazione non abbiamo bisogno di alcun permesso.-
Joey rifletté qualche istante su quest’ultima informazione, prima di porre una domanda alla vampira più grande. -L’acqua santa ci farà sempre male, o come per il sole dopo qualche anno non ci darà più fastidio?-
-Si diventa immuni all’acqua santa a 1500 anni, quando si passa all’età adulta.-
-1500 anni? Ma sono tantissimi! E tu Jack che ti preoccupavi di aspettarne dieci…-
-Pacey piantala, per favore! Potremmo fare una pausa? Ho ricevuto davvero troppe notizie tutte in una volta, non è che potrei fare una passeggiata qui fuori?- Joey sentiva il bisogno di camminare, di muoversi, e scaricare così un po’ della tensione che tutta quella situazione le stava causando.
-Bè gli ordini erano di restare in casa, ma sono solo le dieci di sera, perciò il sole non sarà un problema. D’accordo potete uscire, ma restate qui vicino e tornate entro un’ora, non voglio che Simona torni prima di voi. Non è molto gentile quando si arrabbia.-
-Ok.- Joey si alzò, e con lei anche gli altri, tutti più che desiderosi di lasciare quella casa almeno per un po’.
 
 

-Simona, posso chiederti qualcosa di più sui cacciatori? Sono piuttosto curioso di sapere perché dei vampiri dovrebbero ucciderne altri solo per salvare noi umani. Non che mi dispiaccia, vi sono veramente grato per questo, però è strano.- Hocth diede un’occhiata allo specchietto retrovisore, guardando la vampira che sedeva dietro di lui, mentre le parlava.
-Noi non facciamo affatto quello che hai detto. I cacciatori non sono nati per aiutare gli umani, anzi proprio il contrario. Noi uccidiamo chiunque violi le leggi dello statuto di pace tra le razze. Siamo un’organizzazione superiore, che si occupa di difendere tutte le razze del pianeta da chiunque le minacci. Oggi ci è capitato un vampiro che uccide degli umani, ma in realtà non capita spesso. Noi vampiri siamo tra i popoli più pacifici. I peggiori sono sicuramente i demoni, ma solo perché voi umani non siete a conoscenza della nostra esistenza, altrimenti ci sareste voi al primo posto.-
-Credi davvero che siamo così pericolosi?-
-Non lo credo, lo so per certo. Lo sanno tutti in realtà. Perché credi che voi siate gli unici all’oscuro di tutto, perché credi che tutti noi abbiamo sentito il bisogno di nasconderci solo da voi? Fin dall’inizio dei tempi, ogni volta che il popolo umano incontrava una razza diversa dalla propria cercava di sterminarla.-
-Vi è capitato di uccidere delle persone?-
-Sì, qualche volta.-
-Siamo arrivati- si intromise Alex mentre accostava al lato della strada, e dietro di loro Mark fece lo stesso. 

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Capitolo 17
*** all'attacco ***


ALL’ATTACCO
 


Hocth bussò. Dietro di lui Morgan e Prentiss avevano tirato fuori le pistole, pronti a coprirgli le spalle.
L’uomo che venne ad aprire era giovane, sebbene avesse i capelli completamente grigi.
-FBI! Tieni le mani in alto ed esci lentamente- gli disse Hotchner mostrando il suo distintivo.
-Mi state arrestando?-
-No, ma sospettiamo che lei sia a conoscenza di alcune informazioni riguardanti una serie di crimini avvenuti recentemente, quindi per favore ci segua senza opporre resistenza.-
-Credo che siate in errore, sicuramente state sbagliando persona…-
-Questo lo lasci giudicare a noi, se dopo che avremo parlato lei risulterà innocente la rilasceremo subito.-  
-Posso almeno avvertire il mio padrone, prima di seguirvi?-
-Certo, ci faccia strada, in effetti ci sarebbe molto utile fare qualche domanda anche a lui.-
Kabuto era piuttosto confuso, non riusciva a capire cosa potesse volere l’FBI da lui. Certo sapeva bene che il suo padrone era invischiato in molti traffici illegali, lui stesso, spesso, veniva mandato a ritirare quelli che Orochimaru definiva ingredienti, che venivano poi usati per i suoi molteplici esperimenti. Erano però diverse settimane che il suo signore aveva sospeso tutto, e comunque non facevano molti affari con gli umani. In realtà Kabuto era un po’ preoccupato per lui. Sembrava aver perso la sua passione per la scienza e la magia, e se ne stava rinchiuso in camera sua per la maggior parte del tempo. Non badava più neppure a suo figlio, e questa era forse la cosa più preoccupante. Kabuto conosceva i piani che il suo padrone nutriva per il ragazzo, possibile che avesse abbandonato anche quei progetti?
Kabuto si riscosse dai suoi pensieri, e fece entrare i tre agenti. Quello che aveva parlato finora aveva appena tirato fuori le manette, anche se gli aveva detto che non voleva arrestarlo, e gli altri due continuavano a puntargli le pistole contro.
Stava per chiudere la porta quando un uomo sbucò dal nulla e glielo impedì, aprendola del tutto.
“Maledizione! Ci mancava solo l’attacco di un vampiro proprio ora.” Fu l’unico pensiero che gli riuscì di fare prima che il nuovo arrivato gli desse un pugno abbastanza forte da fargli perdere i sensi.
Alexander entrò, senza prestare troppa attenzione all’umano che aveva colpito, -ora voi tre restate indietro.-
Gli agenti annuirono in risposta e si fecero da parte per lasciar passare lui e gli altri vampiri che l’avevano seguito.
 

-Questo sì, che è un risvolto interessante. Non avrei mai immaginato che vi sareste alleati con degli umani, né che mi avreste trovato così in fretta in realtà.- Orochimaru li osservava infastidito dalle scale che portavano al piano di sopra.
Invece di rispondere i cacciatori sguainarono le spade. Simona si lanciò subito all’attacco, mentre gli altri si limitarono ad osservarli. Purtroppo il loro avversario si trovava in una posizione avvantaggiata, che non permetteva di attaccarlo alle spalle e nemmeno ai lati. Le scale infatti erano attaccate al muro lungo tutto il lato destro, ed avevano una ringhiera sul sinistro.  
Orochimaru afferrò la spada, con la quale Simona stava cercando di tagliargli la testa, ma si rese subito conto che romperne la lama sarebbe stato impossibile, pur usando tutta la sua forza. Era evidentemente l’opera di uno gnomo. La vampira sorrise del suo tentativo, ma rafforzò la stretta sull’elsa, impugnandola con entrambe le mani, impedendogli di strappargliela via. Per essere così giovane era molto forte. Avrebbe comunque avuto la meglio lui, se Alexander non si fosse intromesso lanciandogli uno dei suoi pugnali. Orochimaru lasciò andare la spada e afferrò il coltello al volo. Simona indietreggiò di uno scalino e cercò di infilzargli la spada nel collo, ma lui risalì di due gradini e riuscì ad evitarla.
Poi allungò il braccio sinistro verso la vampira da cui sbucarono fuori cinque serpenti e nello stesso istante rilanciò il coltello dritto al collo del suo proprietario.
Alex riuscì ad evitare l’arma spostandosi di lato, senza però pensare che in questo modo ad essere colpito sarebbe stato chi era dietro di lui.
Fortunatamente Mark fu abbastanza svelto da acchiappare il coltello giusto un secondo prima che si conficcasse nella fronte di Morgan.
-Forse è meglio se voi umani ve ne andate di là, in salotto. E tu vedi di fare più attenzione ai tuoi giocattoli- fece Mark, riconsegnando il coltello ad Alex.
Derek non se lo fece ripetere due volte e aiutando Hocth a trasportare Kabuto, che era ancora privo di sensi, ma già ammanettato, se ne andarono tutti nell’altra stanza.
Simona era stata presa di sorpresa. Fece un grande salto indietro arrivando alla fine delle scale, ma i serpenti erano comunque riusciti ad attaccarsi al suo braccio destro. Non riusciva a capire da dove fossero spuntati, ma quello che la sconcertava di più era che erano riusciti a morderla. Nessun animale al mondo avrebbe dovuto essere capace di affondare i propri denti sulla pelle di un vampiro della sua età.
Prima che potessero fare altri danni mozzò loro le teste, che prive di vita ricaddero a terra, come i loro corpi.
-Come hai fatto? Che razza di animali erano?- Simona cercò di porre quelle domande senza far capire al suo avversario quanto fosse sconvolta, ma dall’espressione compiaciuta del vampiro, capì di non esserci riuscita.
-Oh, carini vero? Sono una mia creazione, serpenti geneticamente modificati, con un pizzico di magia in aggiunta. Sono in parte vampiri, è per questo che riescono a mordere anche noi. Ho sempre trovato interessante che i nostri denti possano incidere la nostra pelle, quando nessun tipo di lama può fare lo stesso. Mi ci sono voluti più di 500 anni per riuscire a creare dei serpenti con denti da vampiro, ma sono molto soddisfatto del risultato. Ovviamente sono velenosi, ma secondo i miei calcoli non morirai prima di ventiquattro ore. Purtroppo per te però, esiste un solo antidoto, ed io sono l’unico a conoscerlo.-
 
 
 

Jen camminava dietro i suoi amici, ascoltando a malapena i loro discorsi. Non riusciva a smettere di pensare a sua nonna, sicuramente disperata dalla sua scomparsa. Alla fine decise che doveva andare da lei, per rassicurarla sulla sua salute. Non aveva idea di cosa dirle però e temeva che la verità sarebbe stata troppo scioccante per lei. Ma doveva vederla e salutarla un’ultima volta. Stava per comunicare ai suoi amici le sue intenzioni, ma all’ultimo secondo le venne in mente che forse Oscar stava ascoltando le loro parole, così sebbene le sarebbe piaciuto farsi accompagnare da loro, preferì rallentare il passo e distaccarsi ulteriormente dal gruppo. Quindi, stando attenta a non attirare la loro attenzione, fuggì via.    
 

Note:
come al solito vorrei ringraziare chi legge la mia storia . Poi informo chiunque non lo sapesse che Kabuto è un personaggio dell’anime Naruto.
Grazie ancora e a presto,
Snake.

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Capitolo 18
*** piani ***


PIANI
 



-“Dannazione! E adesso che facciamo? Simo tu come ti senti? Come…”-
-“Alex sta calmo!”- Simona si costrinse a ricacciare indietro la paura che sentiva dentro, i denti stretti e le mani serrate sull’elsa della sua spada. Teneva gli occhi puntati sul nemico e l’unico sentimento che vi si poteva scorgere era la rabbia. -“Non perdiamo di vista l’obbiettivo d’accordo? Prima lo facciamo fuori e poi pensiamo al resto, qualcuno di voi ha un’idea di come tirarlo giù da queste maledette scale?”-
-“Lo farò io, ma qualcuno deve cercare di distrarlo, così non mi noterà”- Il tono di sua sorella era terribilmente angosciato, Simona sperò che non si facesse venire una crisi isterica proprio in questo momento e decise di fidarsi di lei.
-“Ok Vero, io lo distraggo e tu lo butti giù, andiamo!”-
Intanto che discutevano mentalmente, Orochimaru ne approfittò per tirare fuori la sua spada dal suo corpo e prepararsi ad essere attaccato di nuovo. Non era molto preoccupato però, perché grazie alla posizione in cui si trovava, i suoi nemici non potevano far altro che attaccarlo uno alla volta, quindi sebbene loro fossero in quattro e lui da solo era abbastanza sicuro di vincere.
Quando Simona gli si avventò nuovamente contro, si concentrò su di lei. Tenne però sott’occhio anche il lanciatore di coltelli, che credeva fosse l’unico a potergli creare problemi anche a distanza.
Non colse i movimenti di Veronica che si spostò da dietro il suo compagno, fino a trovarsi dietro sua sorella, proprio ai piedi delle scale.
Fu quindi decisamente sorpreso quando nel bel mezzo di un attacco, invece di continuare l’affondo, la sua avversaria si abbassò. Guardandola accucciarsi ai suoi piedi non notò in tempo la frusta che si attorcigliò al suo braccio e che tirata con forza dalla sua proprietaria lo scaraventò giù, in fondo alle scale.
Prima che Veronica potesse anche solo pensare di fare qualcos’altro però, Orochimaru si rialzò e le strappò la frusta di mano, spezzandola poi a metà, contento di essere riuscito a rompere almeno quella.
Ragionando velocemente si rese conto che la sua posizione era ora tutt’altro che buona, con Simona alle sue spalle, Veronica davanti e i due uomini alla sua destra.
Si voltò verso questi ultimi così da avere almeno le spalle coperte, immensamente grato alla parete dietro di sé.
Mark si fece avanti e lui e Veronica cominciarono a combattere contro Orochimaru, Simona stava per unirsi a loro quando avvertì che il piccolo vampiro, che finora era rimasto ad osservarli in cima alle scale, stava scendendo per cercare di colpirla.
Quando fu abbastanza vicino si girò di scatto e gli afferrò il polso che reggeva il pugnale, il ragazzo cercò di divincolarsi, ma lei lo prese per la maglia e lo scaraventò giù dalla balaustra.
Alexander lo prese al volo e tenendogli il coltello puntato alla gola si rivolse ad Orochimaru.
-Arrenditi e dacci l’antidoto o ucciderò tuo figlio.-
-Fai pure, tanto ormai non mi serve più- gli rispose quello, senza degnarli di uno sguardo, impegnato nel combattimento contro gli altri due vampiri.
In un primo momento Sasuke ci rimase male, non che provasse dell’affetto per Orochimaru, ma era comunque suo padre e non credeva di contare così poco per lui. Poi però fu la rabbia a prevalere quando si rese conto che il vampiro non era più interessato a rispettare il loro piano. Lo sospettava già da qualche settimana, durante le quali l’uomo aveva smesso di allenarlo e istruirlo. Inoltre ogni volta che cercava di chiedergli spiegazioni veniva ignorato o scacciato, ma ingenuamente aveva continuato a sperare che Orochimaru stesse semplicemente passando un brutto periodo, e che una volta passato sarebbe tornato tutto come prima. Ovviamente si era sbagliato.
-No! Non è giusto! Orochimaru non puoi farlo, noi avevamo un accordo, non puoi rimangiarti la promessa che mi hai fatto!-
-Bè mi spiace per te, ma posso invece. Del resto ormai non avrebbe senso portare avanti quel progetto, visto che molto probabilmente moriremo tutti molto presto.-
Nel sentire quelle parole Mark smise di combattere e fece un paio di passi indietro guardando il suo avversario e chiedendogli che intendesse dire.
Veronica lo imitò e Orochimaru fece lo stesso osservando le loro facce, quando capì che nessuno di loro sapeva di cosa stava parlando ghignò divertito.
-Volete dire che voi cacciatori non ne sapete nulla?-
-Che cosa dovremmo sapere?-
-Ah, bè no, no. Se non lo sapete non ve lo dico. Non voglio certo rovinarvi la sorpresa.-
-“Veronica, Mark, dobbiamo riuscire a disarmarlo, solo così potremo avere la possibilità di interrogarlo. Stiamogli addosso senza dargli tregua!”-
 
 

Morgan e Hotch posarono Kabuto sul divano, e si sedettero sui braccioli. Prentiss invece camminava su e giù davanti a loro, per sfogare la tensione.
A nessuno dei tre, l’idea che avevano avuto di seguire i vampiri nella loro missione, sembrava più tanto buona. I rumori che provenivano dall’atrio non li rassicuravano affatto.
Con il passare dei minuti il leggero nervosismo che provavano diventò ansia allo stato puro. Il pensiero che i loro alleati fallissero, e delle conseguenze che ne sarebbero derivate, li stava terrorizzando.
Alla fine Emily decise di andare a vedere come stavano procedendo le cose, sicura che se fosse rimasta ancora lì, senza sapere niente, sarebbe uscita di testa.
I suoi amici non furono molto entusiasti di questa sua trovata, ma alla fine cedettero e la lasciarono andare.
Stando attenta a non fare rumore, aprì di poco la porta e sbirciò quello che succedeva nell’atrio.
Alla sua destra, voltato di spalle c’era Alexander, l’unico che al momento non stava facendo nulla. Gli altri  invece erano impegnati a lottare ai piedi delle scale.
Emily rimase a fissarli affascinata. Erano molto veloci, ma seppure con difficoltà, riusciva a seguire quasi tutti i loro movimenti. La situazione le parve piuttosto critica. Erano in stallo. Orochimaru riusciva a tenere testa a tutti e tre, ma non riusciva a mandare a segno nessun colpo, e lo stesso valeva per Simona, Mark e Veronica. Emily si chiese perché Alex non intervenisse. Poi però rifletté che anche volendo, il vampiro non avrebbe avuto spazio per unirsi al combattimento.
-Stai buono, non costringermi a farti del male.- Sentendo Alexander pronunciare quella frase, Emily decise di sporgersi un po’ e allora vide il ragazzo tra le braccia del vampiro.
“Ma certo, quello deve essere l’altro vampiro che abita con il nostro S. I.” Prentiss cercò di ragionare in fretta, era chiaro che quei tre avevano bisogno di una mano, ma sembrava che Alexander non avesse idea di come poterli aiutare. Osservò di nuovo il gruppo che continuava a battersi con tenacia, calcolò la loro e la sua posizione, fece un respiro profondo per cercare di calmarsi e tirò fuori la pistola.
Sapeva che non avrebbe avuto un’altra possibilità, un solo colpo dritto al collo del nemico, non poteva sbagliare, soprattutto perché altrimenti correva il rischio di colpire Mark.
Chiuse gli occhi, si concentrò, li riaprì, prese la mira e fece fuoco.
 
 

Note:
ciao a tutti! Come al solito ci tengo a precisare che anche il personaggio di Sasuke non mi appartiene, ma fa parte dell’anime Naruto.
Vorrei poi ringraziare Perenelle_flamel per aver inserito la storia tra le sue preferite, grazie davvero.
Ovviamente ringrazio anche tutti quelli che hanno letto fin qui.
A presto,
Snake.

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Capitolo 19
*** attimi di panico ***


ATTIMI DI PANICO
 
 

-Bene, ho controllato tutte le stanze. La casa ora è completamente oscurata, non…- André si interruppe, quando vide che nel salotto erano presenti solo la sua compagna e gli agenti dell’FBI.
-Oscar, dove sono i piccoli?-
-Fuori- gli rispose lei con fare distaccato.
-Stai scherzando, spero! Simona ha detto…-
-Lo so!- Oscar lo interruppe –So bene quali erano gli ordini, ma quei ragazzi hanno subito uno grosso trauma stasera, se ti ricordi nemmeno per noi due è stato facile all’inizio, e noi eravamo più preparati di loro. Noi almeno sapevamo dell’esistenza dei vampiri e conoscevamo già Simona e gli altri. Loro ci si sono ritrovati dentro senza sapere niente, e pure nel bel mezzo di una caccia. Avevano bisogno di stare un po’ per conto loro, fuori di qui, se non l’avessi fatti uscire probabilmente sarebbero andati fuori di testa.-
André sbuffò contrariato, in effetti credeva che lei avesse ragione, ma non aveva nessuna intenzione di dirglielo. –Li stai controllando?-
Sapeva che quella domanda l’avrebbe fatta arrabbiare, ma Oscar capì che glielo aveva chiesto apposta, quindi non gli diede soddisfazione e gli rispose con tutta la calma che le riuscì di trovare –certo, non preoccuparti.-
André si mise comunque in ascolto, sebbene si fidasse di lei, ma dopo qualche istante si rese conto che qualcosa non quadrava.
-Ne manca uno!-
-Cosa?-
-Ne manca uno, dannazione! Sono solo quattro!-
-No, non è possibile, me ne sarei accorta se… Oh, no. Ne manca davvero uno!- Oscar dovette ammetterlo, dopo aver ricontrollato il suono dei passi e delle voci dei ragazzi fuori, con più attenzione.
-Andiamo, non può essersi allontanato troppo, lo ritroveremo presto.- André cercò di sembrare tranquillo, tentando di scacciare il panico che stava per assalirlo. Oscar era ugualmente preoccupata e spaventata dalle possibili conseguenze di quel disastro.
-Volete una mano?- Rossi si offrì di aiutarli, non era ancora sicuro di aver capito bene come funzionava tra i vampiri, ma aveva come l’impressione di trovarsi davanti due adolescenti lasciati a badare ai fratellini più piccoli mentre i genitori non c’erano. Ed ora uno dei piccoli si era perso o era scappato, e quindi invece di chiamare aiuto o informare i grandi della cosa, quei due avrebbero cercato di sistemare la faccenda da soli, nella speranza di risolvere tutto prima del ritorno degli adulti, ai quali così non avrebbero dovuto raccontare nulla. Rossi si scoprì a riflettere che in fondo, sebbene non fossero della stessa razza, non erano poi così diversi.
Oscar e André si voltarono di scatto verso di lui, per un attimo avevano dimenticato di non essere soli.
Poi si guardarono l’un l’altro terribilmente indecisi sul da farsi.
-Non possiamo andare tutti. Se tornano e non trovano nessuno sarà ancora peggio.-
André annuì, a confermare le parole della ragazza, David non capì a quale dei due gruppi di vampiri si riferissero, quelli usciti a caccia o i cuccioli che erano fuori a passeggiare, ma disse loro di non preoccuparsi di questo perché potevano rimanere Reid e JJ.
Guardò i colleghi, che gli fecero un cenno per confermargli che erano disposti ad assecondare il suo piano, poi di nuovo i vampiri che sembravano ancora un po’ dubbiosi, così ricordò loro che avrebbero fatto meglio a muoversi, e li precedette alla porta.
Loro gli furono subito dietro.
 
 
 
 

Alexander maledì in processione: gli umani, le donne, gli agenti federali, e la propensione che aveva ad incasinare le cose chi possedeva tutte quelle caratteristiche. Poi pregò che Orochimaru e il piccolo vampiro tra le sue braccia non si accorgessero di lei.
Il moccioso continuava ad agitarsi, cercando di liberarsi e lui non sapeva proprio che fare. Non aveva mai colpito un cucciolo, e non voleva cominciare ora. Gli disse di restare buono, ma quello lo guardò male e cercò di morderlo. Lo evitò facilmente, poi però si irrigidì, rendendosi conto che Prentiss aveva tirato fuori la pistola. Stavolta la sua maledizione si concentrò solo sulle pazze che credevano di poter risolvere tutto da sole, semplicemente sparando un colpo.
Urlò mentalmente a Mark di stare giù, e fortunatamente quello obbedì senza pensarci due volte e senza fare domande.
Il colpo di Prentiss non l’avrebbe colpito comunque, Alex se ne rese conto quando vide la pallottola sfrecciare dritta al collo di Orochimaru, quella donna aveva davvero una mira eccellente.
Il loro nemico però aveva ormai imparato la lezione, i suoi avversari non si abbassavano nel bel mezzo di un attacco senza un buon motivo. Alzò il braccio destro a coprirsi interamente il collo e la pallottola che avrebbe potuto ucciderlo ci rimbalzò contro, finendo poi a conficcarsi sul muro alla sua sinistra.
Mark riuscì comunque ad approfittare di quel momento per sferrare un colpo dal basso e disarmarlo.
Veronica raccolse anche la sua spada e gliele puntò entrambe al collo, una sul lato sinistro e una dietro.
Simona gli puntò la propria a destra e Orochimaru si rese conto di aver perso.
Abbassò le mani in segno di resa, ma poi li guardò ghignando.
-Ok, credo che dopotutto potremmo giungere ad un accordo, quali sono le vostre condizioni?-
 
 
 

Jen si fermò quando si rese conto che erano ormai diversi minuti che stava camminando senza sapere dove stava andando. Non era ancora molto pratica di Boston, e non era mai stata in quella parte della città. Si chiese come fare per tornare a casa da sua nonna. Poi si ricordò che ora che era un vampiro aveva acquisito diversi superpoteri, quindi pensò di poterne sfruttare qualcuno, anche se non sapeva quali fossero e come si usassero. Cercò semplicemente di pensare e concentrarsi solo su sua nonna, ma all’improvviso fu investita da tutti i rumori e gli odori presenti nell’isolato. Le venne la nausea e un mal di testa tremendo, si accasciò lentamente a terra, una mano sulla tempia sinistra e l’altra alla bocca, stava davvero malissimo.
Provò a non respirare ma non aveva idea di come smettere di sentire, e comunque non appena il bisogno d’aria si fece di nuovo necessario gli odori tornarono ad assalirla. Si rannicchiò sul marciapiede respirando il meno possibile, a scatti e solo con la bocca, ma servì solo ad accentuare il senso di nausea.
Vide un paio di scarpe da ginnastica avvicinarsi e sollevando lo sguardo vide un ragazzo accucciarsi vicino a lei.
-Tranquilla, andrà tutto bene, ora ti porto via di qui, ok? Non aver paura, conosco chi potrà aiutarti a stare meglio.- Nonostante il ragazzo stesse bisbigliando le parole, lei le sentì come urlate nella sua testa e si portò le mani a comprimersi le tempie con un piccolo gemito di dolore.
Lui la prese tra le braccia con cautela, per paura di poterle fare male e la portò via.

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Capitolo 20
*** accordi ***


ACCORDI
 
 



Simona fece un sorriso cattivo, guardando Orochimaru con disprezzo.
-Le uniche condizioni che accetteremo sono che tu ci dica tutto quello che vogliamo sapere, in cambio noi non ti tortureremo per farti parlare e ti daremo una morte rapida. Ci stai?-
L’uomo finse di rifletterci su, -sembra interessante, ma credo che preferirei suicidarmi subito e senza dirvi niente. Almeno avrei la soddisfazione di sapere che tu mi seguirai a breve. Del resto non è che comunque avremo la possibilità di vivere ancora a lungo.-
-Perché no?-
-Se lo vuoi sapere dovrai lasciarmi andare.-
-Scordatelo!-
-Forse dovremmo prendere in considerazione l’idea di accettare- intervenne Alexander.
-No! Non faremo accordi con qualcuno che non si fa scrupoli nemmeno ad uccidere dei cuccioli.-
-Ok, ammetto che quello è stato piuttosto ignobile da parte mia,- riprese la parola Orochimaru, -ma a mia discolpa vorrei dire che quei due sono stati un’eccezione, e prometto di non farlo più.- Quando vide che le sue parole non stavano avendo nessun effetto nell’ammorbidire la vampira aggiunse: -dico davvero, sono molto dispiaciuto- cercando di assumere l’espressione più contrita che conoscesse.
-Non puoi ripagare le vite che hai distrutto con delle scuse, dicci quello che vogliamo sapere o sarà peggio per te. Da quello che ho visto hai uno stomaco piuttosto resistente se riesci a tenerci una spada, mi chiedo se resisterebbe altrettanto bene se lo riempissimo di benzina, tu che dici? Vuoi provare?-
-E se ti pagassi con un’altra vita? Anzi due, visto che i cuccioli che ho ucciso erano due. In questo modo può andare, no?-
Simona stava per rifiutare di nuovo, quando la voce di Mark la raggiunse telepaticamente.
-“Credo anch’io che dovremmo accettare.”-
-“Sei impazzito per caso? Noi non trattiamo con i criminali, lo sai!”-
-“Sì, lo so. Questa volta però la situazione è più complicata del solito. Devi cercare di vedere le cose da una prospettiva diversa. Se lui sa davvero che qualcosa ci sta minacciando tutti, noi dobbiamo scoprire di che si tratta. Soprattutto se è qualcosa di cui il ministero non sa nulla. Ed è l’unico che conosce l’antidoto al veleno che ti circola in corpo. Inoltre sembra che sia intenzionato a donarti due vite, anche se non ho capito che intende dire. Io credo che dovremmo accettare la proposta e lasciarlo andare, almeno per stavolta.”-
Simona non gli rispose, ma si prese un momento per rifletterci sopra, infine chiese al loro prigioniero -che vuol dire che mi pagherai con due vite?-
Soddisfatto di avere finalmente l’occasione per convincerla a lasciarlo andare, le spiegò che le avrebbe donato Sasuke e Kabuto, di cui lei avrebbe potuto disporre come voleva.
Simona era sempre più convinta di aver a che fare con un pazzo, ma il discorso di Mark l’aveva convinta e sapeva che se avesse chiesto a Vero o Alex un consiglio, loro l’avrebbero spinta ad accettare qualsiasi cosa pur di ottenere l’antidoto che l’avrebbe salvata.
-Orochimaru ti lasceremo libero di andare alle seguenti condizioni: ci dirai tutto quello che sai sulla minaccia che ci coinvolge tutti, mi darai l’antidoto e mi donerai Sasuke e Kabuto, inoltre dovrai lasciare Boston stasera stessa e non tornare mai più. Accetti l’accordo?-
L’uomo sorrise, -accetto.- E nonostante la sua potesse sembrare una resa, sapevano tutti che era lui ad aver vinto.
 
 
 

Nello stesso momento in cui Jen veniva soccorsa e Oscar, André e Rossi uscivano di casa per andare a cercarla, Dawson si girò indietro per rivolgersi alla sua ragazza e non la vide.
Si fermò di botto e prese a chiamarla, e finalmente anche gli altri si accorsero della sua scomparsa.
Si guardarono intorno preoccupati, sperando di trovarla, dopotutto non si erano allontanati molto dalla loro nuova casa.
-Non posso credere che sia sparita senza che me ne accorgessi! Fino a un attimo fa era proprio qui di fianco a me.- Dawson si portò le mani a scompigliarsi i capelli, nervoso.
-Ok, stiamo calmi. Qualcuno ha idea di dove possa essere andata?- Pacey cercò di riportare tutti alla calma.
-Lo so io!- Jack gli rispose convinto. –Di sicuro è andata a casa, vorrà parlare con la nonna per rassicurarla sulla nostra salute.-
-Non lo so Jack, a me sembra improbabile. Se fosse come dici tu ci avrebbe chiesto di accompagnarla, no?- Dawson era piuttosto dubbioso.
-Dawson ha ragione, e poi non conosciamo questi quartieri, Jen non si sarebbe allontanata da sola col rischio di perdersi, ti pare?- Joey parlò continuando a guardarsi attorno, sempre più preoccupata che alla sua amica potesse essere successo qualcosa.
-Quindi che cosa facciamo?- Ora anche Jack stava per lasciarsi prendere dal panico, Jen e sua nonna erano ormai parte della sua famiglia, e il solo pensiero che a una di loro fosse successo qualcosa, era per lui intollerabile.  
-Voi tornate a casa. Subito.- La voce autoritaria di Oscar li sorprese tutti e li fece sobbalzare, nessuno di loro si era accorto del suo arrivo, né di quello di André. Qualche secondo dopo li raggiunse anche Rossi che era rimasto un po’ indietro.
-Non possiamo tornare a casa, Jen è sparita!-
-Tranquillo Dawson, lo sappiamo già. La troveremo noi, voi potete andare.-
A quel punto però, la situazione cominciò a degenerare, in quanto tutti i ragazzi cominciarono a protestare a gran voce, decisi ad andare a cercare la loro amica.
Oscar ed André, che erano già piuttosto nervosi, stavano perdendo la pazienza e anche le loro risposte stavano salendo di tono, Rossi capì quindi che avrebbe fatto meglio ad intervenire se non volevano fare una scenata pubblica. Stavano già attirando l’attenzione di alcuni passanti, che fortunatamente erano molto pochi, incuriositi da quell’accesa discussione.
Rossi batté le mani un paio di volte, -ora state tutti zitti!- aggiunse, quando vide di aver attirato la loro attenzione.
-Capisco la vostra preoccupazione ragazzi, davvero. Dovete però rendervi conto che in questo momento non c’è nulla che possiate fare per la vostra amica. André ed Oscar invece, grazie ai loro poteri riusciranno sicuramente a trovarla. So che vorreste andare con loro, ma se Jen è nei guai voi sarete più di intralcio che altro. Non avete alcuna preparazione nell’affrontare situazioni come questa. Inoltre vorrei farvi notare che continuando questa discussione ci state solo facendo perdere tempo prezioso.-
Rossi si complimentò con sé stesso, la sua ramanzina aveva funzionato alla perfezione. Tutti i piccoli vampiri se ne stavano ora a capo chino tremendamente mortificati.
Oscar ed André lo guardavano con ammirazione e rispetto, sembrava aspettassero istruzioni da lui su cosa fare adesso. Così disse loro, che se erano d’accordo, lui avrebbe accompagnato i quattro ragazzi a casa e loro due sarebbero andati a cercare Jen. Diede loro il suo numero di telefono, raccomandandoli di chiamarlo se si fossero trovati in difficoltà, e li guardò correre via.
-Avanti, andiamo anche noi.-
I quattro giovani si incamminarono e lui gli andò dietro, ben deciso a tenerli d’occhio e non perderne di vista nemmeno uno.

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Capitolo 21
*** una nuova minaccia ***


UNA NUOVA MINACCIA
 
 




-Ora che siamo d’accordo, vi spiacerebbe allentare un pochino la presa? Non vorrei che a furia di stringere, le vostre lame mi decapitino per sbaglio.-
-Tranquillo, se ti uccideremo, non sarà stato uno sbaglio. Ora parla!-
-Oh bene, come volete.- Orochimaru fece una piccola pausa ad effetto, poi finalmente si decise a spiegare.
-Due mesi fa, due umani sono stati così idioti da liberare Lucifero dalla sua gabbia. Io l’ho scoperto solo qualche settimana fa, ma credevo che a quest’ora il ministero lo sapesse già. Certo gli angeli sono piuttosto decisi a mantenere il segreto solo per loro, a quanto ho capito la considerano una questione di famiglia. Hanno ricevuto tutti il divieto assoluto di parlarne con chiunque altro. Io l’ho scoperto per caso. Sapete, qualche settimana fa ho trovato un angelo in difficoltà, o forse dovrei dire un’angela, dopotutto era una ragazza, stava davvero molto male. L’ho quindi portata a casa e ho cercato di salvarla. Ho tentato varie cose, e bè, mentre cercavo di aiutarla, ad un certo punto, mi sono ritrovato a leggerle il pensiero. Così ho scoperto tutto.-
-E l’angela? Sei riuscito a salvarla?- Veronica lo chiese veramente interessata, e tutti i presenti nella stanza si chiesero come avesse fatto a credere davvero a quella storia.
-Purtroppo no. Raf è morta tra le mie braccia, senza che potessi fare nulla per lei, mi è dispiaciuto molto sai. Era davvero una bella ragazza, e in gamba anche, aveva molto coraggio.-
-Stai parlando della stessa ragazza che hai comprato per 800 galeoni da quegli stregoni, giorni fa? Quella che hai tenuto legata giù in cantina e sulla quale hai fatto tutti quegli strani esperimenti, finché non è morta? La stessa che hai poi smembrato per usare le sue cellule, chissà per che cosa?-
-Sasuke, figliolo, non dovresti raccontare queste brutte bugie, capisco che tu sia arrabbiato con me, ma certa gente potrebbe crederti, e non è carino prendersi gioco delle persone in questo modo.-
Orochimaru parlò con calma, ma poi mandò a Sasuke un messaggio mentale decisamente furioso.
-“Chiudi quella bocca, o ti giuro che il prossimo a finire legato ad un tavolo sarai tu!”-
Il ragazzo tremò a quelle parole, ma cercò di non mostrare la sua paura, tuttavia non disse altro. Era sicuro che se l’avesse fatto Orochimaru avrebbe mantenuto il suo giuramento. Almeno questo, l’altro, quello con cui l’aveva convinto a farsi trasformare, invece, probabilmente non l’aveva mai nemmeno preso veramente in considerazione. Sasuke si dette dell’idiota. Non avrebbe mai dovuto fidarsi di quell’uomo.
-Hai torturato un angelo?- chiese Veronica sconvolta.
-Certo che no!-
-Ok, lasciamo perdere questa storia per il momento. Davvero Lucifero è stato liberato?- Simona era veramente preoccupata. Nel corso degli anni il ministero aveva cercato con ogni mezzo di impedire al demone Lilith di liberare Lucifero, senza riuscire mai ad ucciderla però. A quanto pareva ora lei ci era riuscita, e l’aveva fatto facendosi aiutare da due umani, se le informazioni del pazzoide davanti a lei erano esatte. Simona non dubitò nemmeno per un secondo del fatto che la demone fosse implicata.
-Sì, sì. Sono stati due cacciatori umani, bè loro si fanno chiamare cacciatori, ma ovviamente non fanno parte del vostro ordine. Si chiamano Winchester, credo siano fratelli, ma non so altro su di loro. Però conosco le intenzioni di Lucifero, che sono quelle di portare l’apocalisse. So per certo che sta cercando il modo di richiamare anche i quattro cavalieri. Quindi come vi dicevo prima, è solo questione di tempo e moriremo tutti.-
-Non vedo perché tu sia così pessimista, certo la situazione è piuttosto brutta, ma hai detto che gli angeli se ne stanno occupando, no?- Alex chiese spiegazioni, tenendo ancora saldamente Sasuke per le braccia, anche se ormai il ragazzo aveva smesso di divincolarsi da un pezzo.
-No, ho detto che gli angeli non vogliono intromissioni esterne, ma solo perché la maggior parte di loro sono d’accordo nel permettere che l’apocalisse avvenga. Per quel che ne so, ce ne sono alcuni che si oppongono, e per questo è in atto una vera e propria guerra, lassù in paradiso. Il problema è che mentre quelli si scannano a vicenda Lucifero può agire indisturbato.-
Simona prestò poca attenzione a quest’ultimo discorso, era concentrata su un altro ragionamento, che la portò a capire il comportamento di Orochimaru. Decise comunque di chiedergli una conferma.
-È per questo che hai cominciato ad uccidere gli umani vero? Speravi che nutrirti di tutto quel sangue ti rendesse abbastanza forte da sopravvivere alla fine del mondo?- Simona gli rivolse un’occhiata tra l’incredulo e il disgustato.
-Sì, lo ammetto, è stato un gesto disperato, e probabilmente inutile, ma qualcosa dovevo pur provare, no? Dopo tanti anni passati a studiare il modo di ottenere la vera immortalità, mi sono ritrovato a provare anche questo miserevole tentativo. E lo so che non sarebbe servito, lo so.-
Simona si trattenne a stento dallo sbuffare, Orochimaru era davvero patetico. La vera immortalità, ma si poteva essere più idioti? I vampiri erano già una delle razze più longeve, perché affannarsi tanto a ricercare qualcosa di impossibile? Nessun essere vivente poteva sperare di essere invincibile a tutto, era nell’ordine naturale delle cose. Per quanto riguardava, poi, il fatto di nutrirsi più del necessario, bè quella era un’altra cavolata. Non serviva a niente e lo sapevano tutti. Certo aumentava un po’ la forza e la velocità, ma aveva un effetto a breve termine. Davvero non ne valeva la pena.
Si riscosse dai suoi pensieri quando sentì Alex domandare dell’antidoto.
-Ah, sì. Quello in realtà ve l’ho già dato, è il mio assistente Kabuto, ex-assistente ormai. L’antidoto è il suo sangue. Devo dire che mi dispiace parecchio darlo via, è stato uno dei miei esperimenti più riusciti. Ma chissà, forse in futuro incontrerò un altro magonò da poter assumere.-
-Non prenderci in giro! Anche se è di un magonò il sangue resta sangue, non riuscirà a guarirmi dal veleno.-
-No certo, il sangue di un qualsiasi magonò non potrebbe, è quello di Kabuto che devi bere.-
-Che gli hai fatto?-
-Niente che lui non mi abbia permesso di fargli. Davvero. Puoi chiederlo a lui se non mi credi. Posso andare ora?-
Simona non rispose, ma abbassò la spada. Mark e Veronica la imitarono, ma nessuno dei tre lo perse di vista nemmeno per un secondo.
-Immagino che chiedere di riavere indietro la mia spada sarebbe inutile oltre che stupido, vero? Posso almeno andare a fare i bagagli? Ci sono alcune cose che vorrei davvero…-
-Vattene! La prossima volta che ci incontreremo morirai, spero che questo ti sia chiaro.-
Questa volta fu lui a non risponderle, si limitò a lanciarle un’occhiataccia, poi guardò Mark, finché quest’ultimo non capì che stava intralciando la sua strada e si spostò.
Orochimaru camminò senza fretta fino alla porta, poi uscì, senza mai guardarsi indietro.
 



Note:
Ciao a tutti, come sempre grazie a chiunque si sia preso la briga di leggere anche questo capitolo.
In questo cap. vengono nominati parecchi personaggi di Supernatural, per chi non lo conoscesse sono questi: i fratelli Winchester, Lucifero e Lilith.
Per quanto riguarda invece la povera Raf, lei è la protagonista di Angel’s friends. Mi spiace averle riservato una fine così brutta, ma ci tenevo a dare un volto a questa povera vittima, non vogliatemi male.
A presto,
Snake.

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Capitolo 22
*** un lupo buono ***


UN LUPO BUONO
 
 



Quando Jen aprì gli occhi, la prima cosa che vide fu il viso di una ragazza che non conosceva. Lei le teneva una mano sulla fronte, e Jen non aveva idea di come fosse possibile, ma quel tocco la stava facendo sentire davvero bene. Si ricordò del dolore terribile di poco prima e del ragazzo che l’aveva soccorsa, ma poi doveva essere svenuta perché non rammentava nient’altro.
La ragazza la stava guardando chiaramente preoccupata per lei, ma quando vide che si era svegliata le sorrise. Era uno dei sorrisi più dolci che Jen avesse mai visto.
-Ciao, come ti senti?- Le parole erano state sussurrate piano, con un tono tenero e delicato.
-Bene, grazie.- La ragazza sorrise di nuovo, e le tolse la mano dalla fronte.
Il senso di benessere che aveva avvertito passare dalla mano della sconosciuta alla sua testa, se ne andò, ma Jen si sentiva perfettamente in forma, quindi di qualsiasi cosa si trattasse doveva aver funzionato.
Si alzò, fino a mettersi seduta, e la ragazza si affrettò ad aiutarla, prendendo il cuscino e sistemandolo tra la sua schiena e la testiera del letto, in modo che potesse appoggiarcisi e stare più comoda.
La stanza era piccola, ma accogliente. C’era un armadio piuttosto grande che ricopriva la parete davanti al letto, e pochi altri mobili. Giusto un comodino e una piccola cassapanca. Dai poster appesi alle pareti e dai numerosi peluche sparsi in giro Jen capì che quella doveva essere la camera da letto della ragazza al suo fianco. Doveva avere più o meno la sua età, probabilmente due o tre anni meno di lei.
-Io sono Lucy, e il ragazzo che ti ha portato qui è mio fratello Edmund. Ora sei nel nostro appartamento. Questa è la mia camera, Ed è di là in cucina, al momento, ti sta preparando una tazza di tè per sistemarti lo stomaco.-
-Oh, io mi chiamo Jen, e grazie, a tutti e due. Siete stati molto gentili ad aiutarmi.-
 Edmund rientrò proprio in quel momento, con una tazza fumante in mano.
-Ah! Vedo che ti sei svegliata, sono contento. Tieni questa è per te.-
Jen prese la tazza e lo ringraziò.
Lucy si era seduta ai piedi del letto alla sua sinistra e lui fece lo stesso alla sua destra, Jen raccolse le gambe al petto, si sentiva un po’ in imbarazzo per tutte quelle attenzioni, anche se le facevano piacere.
-Jen, posso chiederti come mai stavi girando per strada da sola? Chiaramente è da poco che sei stata trasformata in vampiro, visto che non hai idea di come utilizzare i tuoi poteri, non vorrei toccare un tasto dolente per te, ma se vogliamo aiutarti dobbiamo saperlo, sei stata abbandonata?- Lucy la stava guardando molto dispiaciuta.
Jen ci mise un po’ a capire il senso del discorso, inizialmente sorpresa nel rendersi conto che loro avevano capito che fosse un vampiro. Però poi rifletté che probabilmente nemmeno loro erano umani, dopotutto Lucy l’aveva guarita col solo tocco della sua mano. Fu quindi con qualche secondo di ritardo che si rese conto che le stavano chiedendo se chi l’aveva trasformata l’avesse abbandonata. Si affrettò a negare, chiedendosi se anche per le creature soprannaturali, l’abbandono di un minore fosse un reato.
Cercando di cambiare argomento chiese loro se fossero dei vampiri come lei, ma Edmund le disse di no. Poi le comunicò che lui era un lupo mannaro.
Al che, tutta quella situazione le sembrò così assurda che non poté fare a meno di scoppiare a ridere.
I due fratelli la guardarono confusi, quindi lei cercò di calmarsi quel tanto da potersi spiegare.
-Scusate, ma è veramente ridicolo. Vedete il fatto è che prima di sentirmi male io stavo andando a casa di mia nonna, e bè, se a questo aggiungete che indosso un golfino rosso e che ho incontrato un lupo…- Jen scoppiò a ridere di nuovo e stavolta Edmund e Lucy risero con lei.
Ripensando però ai guai in cui si trovava, per essere fuggita, fu con un sorriso mesto che aggiunse –ed abbiamo pure i cacciatori, che sicuramente a quest’ora mi staranno cercando.-
Lucy ed Edmund tornarono subito seri, e quest’ultimo le chiese spiegazioni, chiaramente preoccupato di aver accolto in casa una criminale.
Tuttavia anche dopo aver spiegato l’equivoco, i due ragazzi non sembravano rassicurati. Soprattutto Edmund sembrava ansioso che se ne andasse, tanto che Jen ebbe l’impressione che non le avesse creduto.
Lucy fu più brava a nascondere il suo nervosismo, ma Jen si accorse comunque che ogni tanto, quando pensava di non essere vista, sbirciava il suo orologio.
Si affrettò quindi a finire il suo tè, e a dire loro che forse era meglio se usciva, così i suoi familiari l’avrebbero trovata più facilmente.
Edmund le sorrise, genuinamente sollevato a questa idea e anzi si offrì di riaccompagnarla nel luogo dove l’aveva trovata, che era a diversi isolati di distanza.
Lucy li accompagnò alla porta, e salutò Jen con calore, raccomandandole di nuovo di fare attenzione. Per un attimo Jen ebbe l’impressione che volesse dirle qualcos’altro, ma poi la vide scuotere la testa e farle un altro sorriso dolce e forse in parte un po’ dispiaciuto, senza dire nulla.
Edmund la aspettava impaziente sul pianerottolo fuori dalla porta, così Jen ricambiò il sorriso di Lucy e uscì.
 
 



-Non posso crederci! L’avete lasciato andare sul serio?-
-Agente Prentiss, non mi sembra questo il momento più opportuno per questa discussione, qualora non l’avesse capito siamo tutti in guai molto seri.- Mark la riprese con severità, e lei non ebbe il coraggio di dire altro. Anche se il pensiero che quel pazzo fosse ancora a piede libero la spaventava.
-E adesso? Cosa facciamo?- Alex guardava Simona e Mark, sperando che almeno uno dei due avesse una minima idea di cosa fare.
-Andiamo di là, voglio parlare con Kabuto, per vedere se conferma quanto ci ha detto Orochimaru. Poi telefonerò ad Alucard, non è il caso di agire senza prima averlo consultato.- Simona cominciava a sentirsi male, ma riuscì a non darlo a vedere. Il veleno stava iniziando a mostrare i suoi effetti.
Raggiunto il salone, spiegarono brevemente quello che era successo agli altri due agenti, poi svegliarono Kabuto e lo interrogarono, ma a parte confermare che il suo sangue era un antidoto per parecchi dei veleni creati dal suo signore, non seppe dir loro nient’altro.
 



Note:

ciao a tutti! E come sempre grazie per aver letto.
I ragazzi che hanno salvato Jen sono i fratelli Pevensie, due dei quattro protagonisti del libro le cronache di Narnia. Nel libro i fratelli sono quattro, Edmund e Lucy sono i due più piccoli.
Qui sono più grandi rispetto ai libri, quindi dovete considerare che hanno già vissuto tutte le loro avventure a Narnia, sostanzialmente i fatti accaduti sono quelli che potete leggere nei libri, ho apportato solo un paio di modifiche che spiegherò più avanti.
Alucard è invece il protagonista di un anime: Hellsing.
Grazie ancora per l’attenzione e se qualcosa non vi è chiaro chiedete pure.
A presto,
Snake.

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Capitolo 23
*** spiegazioni ***


SPIEGAZIONI
 
 
 




Dopo aver bevuto il sangue di Kabuto, Simona si sentì subito meglio.
A quel punto decisero di dare un’occhiata alla casa e agli oggetti di Orochimaru. Avrebbero portato via tutto quello che avrebbe potuto tornar loro utile, distrutto quello che avrebbe potuto essere pericoloso ed avrebbero abbandonato il resto.
Sasuke e Kabuto vennero mandati a fare i loro bagagli. Il piccolo vampiro aveva protestato a lungo, dicendo che non aveva nessuna intenzione di seguirli e che se la sarebbe cavata da solo.
Loro lo avevano ignorato e alla fine lui si era arreso, ma Alexander lo seguì comunque di sopra per tenerlo d’occhio, quando andò in camera sua a prepararsi.
Kabuto invece aveva reagito anche troppo bene, aveva accettato subito il fatto che il suo ormai ex padrone lo avesse dato via. Ora chiamava Simona: -la sua signora- cosa che lei non apprezzava troppo, ed eseguiva ogni cosa lei gli comandasse.
Dato che nemmeno gli altri si fidavano molto di lui, anche Kabuto venne seguito quando lasciò la stanza. Mark si assunse volontariamente la responsabilità di osservarlo.
Veronica si era messa a curiosare in giro, subito imitata da Morgan e Prentiss, mentre Hotch decise che quello era il momento migliore per chiamare gli altri ed informarli sull’esito della missione.
Anche Simona decise di fare una telefonata e chiamò il suo capo.
Dopo tre squilli Alucard rispose.
Simona lo sentì dire: -pronto- e poi udì il suono di diversi colpi da sparo.
-Alucard, sono Simona, ti devo parlare di una cosa piuttosto importante ed è urgente, puoi ascoltarmi?-
-Certo scimmietta! Dimmi tutto.-
-Sento un sacco di colpi di pistola però, sei sicuro di poter parlare liberamente?-
-Oh, sì, tranquilla. C’è solo questo stupido demone che si ostina a spararmi contro, ma non mi dà così fastidio, puoi parlare.-
-A me dà fastidio però, non puoi farlo smettere? Per favore.-
-Ok, dammi un minuto.-
Simona rimase ad ascoltare il suo capo mentre disarmava e catturava il demone, mettendoci anche meno di un minuto. Conoscendolo, Simona rifletté che Alucard non doveva essersi divertito affatto, il tutto era durato decisamente troppo poco.
Una volta che ebbe ottenuto la sua completa attenzione gli raccontò tutto quello che Orochimaru aveva detto loro su Lucifero e gli chiese cosa ne pensasse.
-Bè a quanto pare presto avremo di che divertirci. Gli angeli sono molto potenti e si dice che Lucifero sia uno dei più forti della sua specie. Persino io ho avuto difficoltà a batterli, quelle poche volte che mi è capitato di combatterci contro. Però dobbiamo assicurarci che le informazioni che ti ha dato quel delinquente siano vere, e visto che al momento io sono impegnato qui in Egitto, dovrete farlo voi. Chiamami non appena avrai interrogato questi Winchester e ne riparleremo, ok?-
Alucard era tranquillo, Simona sapeva che il pericolo non lo spaventava e che anzi, probabilmente ne era entusiasta, ma lei invece sentiva la paura cominciare a spedirle brividi lungo tutta la schiena al pensiero che nemmeno il suo mentore sarebbe stato capace di sconfiggere il loro nuovo nemico.
-D’accordo. Ciao!-
-Ciao, scimmietta, e salutami Vero e tutti gli altri.-
-Sì, certo.-
 
 
 
 


-Hotch! State tutti bene? L’avete preso?-
-JJ calmati! Sì stiamo tutti bene, ma purtroppo non lo abbiamo catturato.-
Hotchner spiegò la situazione all’amica e una volta che ebbe finito, la sentì sospirare, nervosa nel sapere quel pazzo ancora in libertà. Poi fu il turno di lei di spiegargli che anche loro avevano avuto dei problemi e gli raccontò della scomparsa di uno dei nuovi vampiri. Ad Hotch non fece piacere sentire che Rossi era andato da solo con quelle creature a cercarne altre, ma si fidava del collega, perciò non si preoccupò più di tanto.
 
 
 


Camminavano da diversi minuti quando finalmente Edmund si decise a parlarle. Lei non gli aveva rivolto la parola da quando erano usciti di casa e lui aveva passato tutto il tempo a chiedersi cosa fare. Si era quasi pentito di averla salvata quando aveva scoperto che faceva parte di una famiglia di cacciatori, ma poi si era vergognato di sé stesso per averlo pensato. Jen era una vampira e se non l’avesse soccorsa lui, ma un umano, si sarebbe sicuramente trovata in difficoltà. Ora però quelli nei guai erano lui e Lucy. I cacciatori non dovevano assolutamente sapere di Lucy, ma Edmund non sapeva come convincere Jen a non raccontare di lei alla sua famiglia, almeno non senza farle capire la verità. Edmund non avrebbe mai osato dire la verità su sua sorella ad una perfetta estranea. Però non poteva nemmeno lasciar andare Jen senza dirle nulla, doveva farsi promettere che non avrebbe parlato di Lucy a nessuno.
Alla fine aveva trovato una scusa da rifilarle che sperava lei si sarebbe bevuta.
Iniziò chiedendole scusa per il suo comportamento, e poi le raccontò una storia lacrimevole su come la sua famiglia fosse finita nei guai dopo la morte dei suoi genitori. Le disse che lui e Lucy erano stati cresciuti dal loro fratello maggiore, dei debiti che questo aveva contratto con degli strozzini per far fronte a tutte le spese, e di come lui fosse scappato da Londra, la città dove vivevano, non appena ne aveva avuta la possibilità. Continuò poi dicendole che qualche mese prima Lucy gli aveva scritto dicendogli quanto le cose fossero peggiorate, che Peter aveva cominciato a bere e che la picchiava spesso. Lucy era disperata e purtroppo per ottenere la cittadinanza americana ci voleva molto tempo, quindi le spiegò che avevano fatto tutto illegalmente. Le giurò che non avevano mai violato nessun’altra legge e che erano dei bravi ragazzi. Concluse quindi chiedendole di non dire a nessuno di Lucy, soprattutto ai cacciatori che se l’avessero scoperta sarebbero stati obbligati a denunciarla al ministero, che poi l’avrebbe rimandata in Inghilterra. Jen aveva creduto a tutto ed Edmund si accorse che sembrava sinceramente commossa per la loro triste sorte. Gli promise che non avrebbe detto nulla e addirittura lo ringraziò per la fiducia che le aveva mostrato raccontandole tutto.
Edmund si sentì come il peggiore dei traditori, la sensazione non gli era per niente nuova, ma erano anni che non la provava più e la cosa lo fece sentire ancora peggio, perché aveva infranto la promessa che si era fatto tanto tempo prima, quella di non tradire mai più la fiducia di nessuno.
Cercò di non pensarci, e di scacciare il senso di colpa che lo colse quando lasciò Jen da sola davanti al ristorante dove lavorava, esattamente dove l’aveva trovata quando era uscito alla fine del suo turno.
 
 


Note:
Per chi non lo sapesse Peter è davvero il fratello maggiore di Edmund e Lucy.
Come sempre grazie a chiunque ha letto anche questo capitolo, ma soprattutto voglio ringraziare Chicasensibile per aver messo questa storia tra le sue seguite e preferite. Grazie!
Un saluto a tutti,
Snake.

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Capitolo 24
*** sentimenti altalenanti ***


SENTIMENTI ALTALENANTI
 
 
 


-Alucard ti saluta, e ha detto che per il momento dovremo cavarcela da soli. Vuole che troviamo i Winchester per avere la conferma che Lucifero sia stato liberato veramente.-
-Capisco. Senti Simo, io ho ispezionato la sala e la cucina mentre Morgan e Prentiss sono andati di sopra, ma non ho trovato nulla di interessante. C’è solo questa porta nascosta che dà su queste scale, che presumo portino nel suo laboratorio.-
Veronica mostrò a sua sorella il passaggio segreto nel muro che avevano di fronte.
-Mi accompagni giù?-
-Ok.-
Veronica sembrava più preoccupata da quello che avrebbero trovato in quel laboratorio, che per la possibile minaccia di cui erano venute a conoscenza, ma questo non la stupì affatto. Sapeva che sua sorella stava semplicemente costringendosi a non pensarci. Era il suo modo per affrontare la paura: non pensare a quello che la spaventava, almeno finché non ne era costretta.
Stavano per scendere le scale quando Hotchner le raggiunse.
L’agente disse loro tutto quello che JJ gli aveva raccontato, mandando Veronica nel panico più totale al pensiero che uno dei suoi piccoli fosse in pericolo, mentre Simona imprecava mentalmente contro tutto e tutti. Possibile che in questa giornata andasse loro tutto storto?
 
 
 
 

-Quanti anni hai?-
-Ne ho 16, se vuoi sapere quelli umani. Altrimenti, fra due giorni saranno sei mesi che sono un vampiro.- Sasuke gli rispose senza girarsi, si limitò a tirare la cerniera per chiudere il borsone dove aveva infilato le poche cose che aveva, perlopiù vestiti.
Questa era la quarta volta che si ritrovava nella situazione di dover radunare tutto quello che gli apparteneva, per andare a vivere in un posto che non conosceva, con persone che non conosceva.
Ormai avrebbe dovuto farci l’abitudine, eppure si sentiva ancora come la prima volta, e come la seconda, triste, arrabbiato e soprattutto impotente. Era una cosa che detestava. L’ultima volta non era stato così.
Sasuke aveva deciso autonomamente di andare con Orochimaru, anche se quell’uomo non gli piaceva molto. L’accordo che avevano fatto però l’aveva convinto. Ci aveva creduto. Aveva davvero creduto che Orochimaru avrebbe mantenuto quanto gli aveva promesso. Ora l’illusione si era infranta. Era stato così stupido!
Andò al comodino e recuperò la collanina che si era tolto prima di fare la doccia, e che non aveva fatto in tempo a rimettersi quando erano stati attaccati. Accarezzò il semplice cristallo azzurro con un dito, una carezza lieve, un gesto che aveva ripetuto tante volte nel corso degli anni. Faceva male. Eppure era anche piacevole. Era l’unica cosa che gli era rimasta di lui. Sasuke se la rimise al collo, e la nascose sotto la maglia.
Un’abitudine che aveva preso, per nasconderla agli occhi degli altri, per proteggerla dai loro sguardi.
Era una cosa troppo personale per mostrarla al resto del mondo.
Sasuke si concesse un ultimo secondo, poi scacciò i ricordi, costringendoli di nuovo a fondo, e fece riaffiorare la freddezza con la quale si ammantava sempre per non mostrarsi a chi gli stava intorno.  
Quando si girò verso Alexander ogni traccia di una qualsiasi emozione era sparita dal suo viso.
-Sono pronto.-
Il vampiro più grande sospirò sconfitto, aveva sperato di riuscire a parlargli, di sapere un po’ di più di lui e magari scoprire perché un ragazzino come lui avesse attirato le attenzioni di un tipo come Orochimaru, ma guardandolo capì che non ci sarebbe riuscito.
Sasuke aveva eretto un muro massiccio tra loro, non avrebbe ottenuto nulla se gli avesse fatto delle altre domande adesso.
-Bene, allora scendiamo.-
 
 
 
 
 

-André aspetta, fermiamoci. Non credo riusciremo a trovarla così facilmente. Forse se ci dividiamo avremo più fortuna.-
-Va bene. Non pensi che dovremo chiamare Simona, però? So che in questo momento probabilmente staranno combattendo, però potremmo mandarle un messaggio. Tanto alla fine lo scoprirà comunque.-
Oscar lo guardò seccata, poi però sospirò e si rassegnò a dargli ragione. –D’accordo.-
André le fece un piccolo sorriso e Oscar sentì la rabbia abbandonarla. Non era sicura che fosse perché le aveva sorriso o perché in quel momento avevano cose più importanti di cui preoccuparsi di una stupida lite, ma lei era stanca di avercela con lui. In realtà era stanca anche fisicamente, rischiare di morire porta via parecchie energie, stava scoprendo. Non vedeva l’ora di potersi fare una bella dormita.
-André ascolta, mi dispiace per prima, avevi ragione tu…-
Oscar smise di parlare quando sentì le braccia del suo compagno stringerla a sé. Si appoggiò a lui, con la guancia sulla sua spalla, il naso a sfiorargli il collo, le mani sul suo petto a stringergli il cappotto.
-Mi dispiace davvero- gli ripeté, mormorandolo piano al suo orecchio.
-Dispiace anche a me.-
Lui la strinse un po’ di più, poi le baciò la tempia e si scostò.
Non appena sciolsero il loro abbraccio, Oscar sentì il proprio telefono vibrare.
Si affrettò a prenderlo e si lasciò sfuggire un lamento quando vide chi la stava chiamando.
 
 
 
 

Dawson si riscosse dai suoi cupi pensieri quando sentì Joey chiamarlo e prenderlo per mano.
-Sono sicura che Jen sta bene, vedrai che la troveranno presto.-
-Lo spero.- Dawson fece un gran sospiro. Si sentiva in colpa. Jen era la sua ragazza, gli stava camminando accanto, come aveva fatto a non accorgersi che era sparita? Ricambiò la stretta di Joey, ultimamente tra loro due c’erano stati dei problemi, ma lei era sempre stata prima di tutto la sua migliore amica e in questo momento saperla al suo fianco gli era di grande conforto.
Dietro di loro Pacey cercava di rassicurare Jack, anche lui piuttosto in ansia per le sorti di quella che ormai considerava a tutti gli effetti una sorella.
Rossi chiudeva la fila. Stava in silenzio e bene attento a non perderli di vista. Solo quando finalmente arrivarono a casa si permise di allentare la guardia su di loro.
Reid e JJ furono molto felici di rivederlo, e lo misero subito al corrente di quello che era successo ad Hotch e gli altri. I vampiri si allarmarono un po’ quando seppero che Simona e Veronica erano state informate della loro uscita, ma alla fine furono tutti contenti quando capirono che gli altri sarebbero tornati presto. Sicuramente loro avrebbero saputo come risolvere tutto.
 
 



Note:
volevo solo avvisare chi segue questa storia che c’è la possibilità che il prossimo aggiornamento ci metterà un po’ ad arrivare (come ha fatto questo del resto). Mi spiace, ma spero che per la fine di ottobre riuscirò a tornare a postare di nuovo regolarmente.
Grazie a tutti, e a presto!
Snake. 

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Capitolo 25
*** tornare a casa ***


TORNARE A CASA
 
 
 


Quando Simona chiuse il telefono, tutte le persone presenti nella casa le si erano radunate intorno.
A beneficio degli umani presenti, che non avevano potuto seguire l’intera conversazione, come invece avevano fatto gli altri, spiegò brevemente quello che Oscar le aveva riferito.
-Ora cosa facciamo?- Veronica era ancora molto preoccupata, anche se sapere che a sparire era stata Jen e non uno dei suoi piccoli le aveva fatto tirare un sospiro di sollievo. Il senso di colpa per questo gesto istintivo la stava già logorando.
-Credo che l’unica cosa che possiamo fare sia andare a cercarla anche noi, più siamo e prima la troveremo, no?-
-Hai ragione Alex, ma non possiamo farlo. Qualcuno deve restare qui a finire di controllare questo posto. Soprattutto lo scantinato, in cui non siamo ancora stati. Inoltre qualcun altro dovrebbe tornare a casa a tenere d’occhio gli altri e a portarci questi due.- Simona fece un cenno in direzione di Sasuke e Kabuto, che la guardarono inespressivi. Era chiaro che a loro non importava nulla dei loro problemi.
-Che ne dici se io resto qui con gli agenti Prentiss ed Hotchner, mentre Veronica porta a casa loro, con l’aiuto di Morgan? In questo modo tu e Alexander potrete unirvi ad Oscar ed André nel cercare la ragazza.- Mark diede un’occhiata generale a tutti, per vedere se agli altri la sua proposta andava bene.
Molti annuirono e nessuno parve avere obiezioni, Simona e Alex salutarono brevemente e si affrettarono a uscire, mentre Vero gli si avvicinò e gli diede un bacio leggero, sfiorandogli appena le labbra, prima di prendere gentilmente Sasuke per un braccio e andarsene. Morgan le fu subito dietro facendo lo stesso con Kabuto, ma mettendoci molta meno premura.
-Bene, diamoci da fare allora- disse Hotch una volta che rimasero solo loro tre. –Emily tu e Derek avete trovato niente di interessante di sopra?-
-No, ma credo che Orochimaru abbia preso alcune cose dalla sua stanza prima che noi arrivassimo, ho notato che uno dei suoi cassetti non era ben chiuso, ed è strano perché per il resto la camera era molto ordinata.-
-Questo non ci voleva, non mi piace per niente questa situazione. Mi rendo conto che se quello che ci ha detto è vero siamo molto più in pericolo a causa di Lucifero che per colpa sua, ma comunque sapere che Orochimaru è in libertà mi preoccupa. So che non sarebbe stato onorevole ucciderlo dopo che gli avevate detto che non l’avreste fatto, ma non potevate passar sopra al vostro onore per una volta?-
-Agente Hotchner, è ovvio che avremmo potuto farlo, ma a quel punto cosa ci avrebbe resi diversi da lui? Mi sorprende che proprio lei mi chieda una cosa simile.-
-Ha ragione, mi scusi. La verità è che sono ancora un po’ sconvolto per aver scoperto l’esistenza di un mondo che non è affatto come credevo che fosse. Ho sempre saputo che i mostri esistono, ma credevo che fossero tutti umani e sa, io sono abbastanza abituato a loro, so come trattarli, ma questi nuovi mostri, di altre razze, come posso combatterli se ne incontrerò altri? Certo sapere che ci sono persone come voi che li cacciano mi fa stare un po’ più tranquillo, ma sono comunque preoccupato.-
Mark sorrise, comprensivo. –Non si preoccupi, non importa. Per il resto, chissà, se Lucifero non ci uccide tutti forse potremo trovare il tempo di allenare un po’ lei e la sua squadra. Ora però muoviamoci.-
 
 
 


Jen sbuffò annoiata. In realtà non era da molto che Edmund l’aveva lasciata sola ad aspettare che la sua nuova famiglia la trovasse, ma lei era già stufa. Erano successe troppe cose quella sera e lei poteva sentire l’adrenalina scorrerle in corpo, non sarebbe riuscita a stare ferma a non far niente ancora per molto. Inoltre il desiderio di vedere sua nonna non le era passato, anche se non aveva la minima intenzione di provare ad usare ancora i suoi poteri. No, Jen si era ripromessa che non li avrebbe più usati, almeno finché qualcuno non le avesse insegnato come utilizzarli senza lasciarci le penne.
Di chiedere indicazioni ai passanti non le andava molto, era chiaro che Boston era piena di creature strane e visto che lei non sapeva riconoscerle non le andava di fermare qualcuno per poi scoprire che era un troll pazzo. Certo, sempre che i troll esistessero, e che il loro aspetto fosse uguale a quello umano.
Un autobus che si fermava dall’altra parte della strada le fece passare di mente i troll, ci mise meno di mezzo secondo per decidere che nessuna creatura sovrannaturale avrebbe mai potuto fare l’autista come mestiere, così attraversò di corsa la strada e salì sul mezzo avvicinandosi in fretta all’autista per dirgli il suo indirizzo e chiedergli se lo conosceva. L’uomo le disse che faceva parte del suo giro, avrebbe dovuto aspettare solo altre cinque fermate. Jen fece il biglietto e si sedette contenta ad uno dei primi sedili. Certo si sentiva un po’ in colpa verso il signore anziano che era salito prima di lei a cui aveva rubato i soldi per il biglietto, ma cercò di non pensarci per non rischiare di fare una faccia colpevole e soprattutto di non guardarlo, si concentrò solo su sua nonna e il pensiero che presto l’avrebbe rivista.
 
 
 


-Simo aspetta! Dobbiamo girare di qua, altrimenti ci allontaneremo troppo.- Alex la prese per un braccio, facendola fermare con lui e indicandole la direzione opposta a quella che stava seguendo lei.
-No, perché non ho intenzione di andare verso casa nostra. Ci sono già Oscar ed André a controllare da quelle parti, noi andremo verso casa di Jen. Sono abbastanza sicura che è lì che è diretta.-
-Davvero?-
-Sì, so come ragionano le persone sentimentali come voi, sono sicura che voglia perlomeno salutare la sua famiglia per un’ultima volta, è anche per questo che abbiamo tolto a tutti i ragazzi i loro cellulari mentre erano privi di sensi. Quando si sa di dover abbandonare le persone che si ama, si sente il bisogno almeno di dir loro addio.-
“E visto i problemi che abbiamo al momento, questa era una situazione che avrei proprio voluto evitare.” Questo però fu un pensiero che Simona preferì tenere per sé, perché come tutti, anche Alex che pure era molto innamorato di lei, la giudicava già abbastanza insensibile. Non c’era bisogno di rafforzare questa sua convinzione, anche perché nonostante tutto era sbagliata.
Simona non era insensibile, capiva i sentimenti degli altri, e lei stessa ne provava. Pensava solo che non fosse saggio affidarsi troppo a loro. Era molto meglio seguire il cervello che il cuore, secondo lei, e la infastidiva un po’ quando qualcuno faceva il contrario.
Ignorando quello che pensava, Alex sorrise nel sentire le sue parole e concordò con lei.
-In effetti anch’io prima di partire con la mia madre vampira sono andato a salutare tutti i membri della servitù, che come me lavoravano per i padroni, e con i quali avevo stretto amicizia.-
Simona non commentò ulteriormente, e entrambi ripresero a correre.

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Capitolo 26
*** la mattina dopo ***


LA MATTINA DOPO
 
 
 


Non appena Jen scese dall’autobus e avvistò la casa della nonna, che aveva tutte le luci accese ed era ancora piena di poliziotti che la esaminavano centimetro per centimetro, Simona e Alexander svoltarono per quella via e la videro.
La ragazza poté fare solo pochi passi prima di venir bloccata e nonostante le suppliche che fece per poter esser lasciata andare non ottenne nulla. Alexander provò a spiegarle che la sua non era una buona idea, mentre Simona si limitò a guardarla molto male, prima di attaccarsi al telefono per dire a tutti che l’avevano trovata. Dopodiché presero il primo taxi libero che trovarono e tornarono a casa.
 
 


La ramanzina che Simona fece a tutti i ragazzi, compresi Oscar ed André che erano arrivati poco prima, fu lunga e terrificante. Fece notare loro tutti i pericoli che avevano corso, e già solo quelli avevano fatto passare la voglia di uscire di casa a tutti quanti, compresi i poveri agenti dell’FBI che con quel discorso non c’entravano niente. Passò poi a spiegare con chiarezza quanto la loro bravata aveva fatto perdere tempo a lei e agli altri e a quanto li avesse fatti preoccupare, facendoli sentire tremendamente in colpa. Per finire illustrò loro le punizioni che avrebbero subito se avessero osato disubbidirle di nuovo.
Quando finalmente Simona smise di parlare avevano tutti il morale sotto i piedi, perciò soddisfatta da quanto ottenuto li spedì tutti a letto, inclusi Sasuke e Kabuto.
 
 
 


Hotchner, Prentiss e Mark rientrarono poco dopo. Raccontarono che il laboratorio di Orochimaru era in parte scientifico, mentre un’altra parte somigliava più ad uno magico, l’ultima parte invece ricordava più una sala per le torture.
Avevano deciso di distruggere tutti i macchinari scientifici, che sebbene all’avanguardia e molto costosi sarebbero stati complicati da trasportare o rivendere.
Si erano portati via tutte le boccette che erano riusciti a trovare, riempiendone una bella sacca. Nessuno di loro tre aveva compreso cosa contenessero, ogni boccetta conteneva un liquido o una polverina diversi, ma Mark aveva pensato che valesse la pena studiarle, magari avrebbero potuto essere utili.
L’unica altra cosa che avevano preso era un libro, scritto a mano, molto vecchio, eppure in buono stato. Avevano convenuto che dovesse trattarsi di un diario, probabilmente dello stesso Orochimaru, era scritto in una lingua che Prentiss aveva stabilito potesse essere coreano antico, ma nessuno di loro lo conosceva quindi non ne erano sicuri.
Continuarono a parlare di praticamente qualsiasi cosa, fino alle tre di notte, quando la stanchezza prese il sopravvento su tutto il resto e decisero di salutarsi.
Si lasciarono con la promessa da parte degli agenti di sistemare le cose con la polizia, così da discolpare Alexander, che comunque sarebbe andato a parlarci la mattina dopo.
Inoltre gli agenti si offrirono di aiutarli a cercare i Winchester, cosa che i vampiri accettarono con gratitudine.
In cambio loro li assicurarono che li avrebbero tenuti informati su tutto, si scambiarono i numeri di telefono e si salutarono calorosamente, come fossero vecchi amici.
 
 
 


-Andiamo a dormire anche noi? Io comincio ad essere stanca.-
-Certo Vero, però prima dovremo decidere chi resterà a dormire qui sul divano, visto che con tutti questi nuovi ospiti c’è rimasta una sola stanza disponibile. Non che per me sarebbe un problema, però mi preoccupo per te, non vorrei che riposassi male, in un letto più scomodo- disse Mark, guardandola dolcemente e accarezzandole una guancia.
-Certo come no! E tu credi davvero che noi crederemo a queste stupidaggini?- Alex gli andò subito contro.
-Alex non essere polemico, non c’è né bisogno. Mi sembra ovvio che essendo disponibile una sola camera, voi ragazzi sarete tanto cavalieri da cederla a noi, mentre voi vi dividerete il divano, che comunque vi basterà aprire per avere anche voi un letto. Buonanotte, cari.- Detto questo Simona baciò Alex e se ne andò con la sorella, dopo che anche lei ebbe salutato il proprio compagno e fatto ad entrambi un sorriso di scuse.
“Mi ha fregato di nuovo, quella maledetta!” Mark era abbastanza seccato per la cosa, anche se non ce l’aveva veramente con Simona. L’unica cosa che detestava veramente di lei era il suo fidanzato, con il quale ora avrebbe dovuto dormire lui, tra l’altro.
Anche Alexander non era per niente contento per la situazione, ed era un peccato, perché altrimenti si sarebbe potuto godere il disappunto dell’altro.
 
 



Il mattino dopo si svegliarono tutti presto, per le otto infatti erano tutti in piedi e pronti per iniziare la giornata.
Kabuto era riuscito anche a trovare qualcosa per fare colazione, sebbene il frigorifero e la dispensa fossero praticamente vuoti.
Se volevano i vampiri potevano mangiare come gli umani, anche se il loro corpo non ne avrebbe tratto nessun nutrimento, e a volte lo facevano, giusto per avere il piacere di assaporare i cibi che preferivano. Tuttavia in quei giorni avevano avuto altro da fare e non avevano avuto tempo da perdere nel dedicarsi a fare la spesa o addirittura cucinare. Ora però Kabuto viveva con loro e quindi avrebbero per forza di cose dovuto comprargli qualcosa da mangiare.
Lui disse che non avrebbe avuto problemi ad andare a fare spesa da solo, ma visto che nessuno si fidava di lui, la sua proposta non venne accettata. Oscar ed André si affrettarono ad offrirsi volontari per accompagnarlo, un po’ per cercare di rientrare nelle grazie di Simona e un po’ per starle alla larga nel timore che volesse riprenderli ancora.
 
 


Veronica si era messa ad esaminare le boccette rubate ad Orochimaru. Si era accaparrata l’intero tavolo del salotto, posizionandocele sopra tutte in fila, e aveva un sacco di libri poggiati un po’ dappertutto intorno a lei e che consultava concentrata. Davanti a lei aveva posizionato il suo microscopio con cui al momento stava esaminando il contenuto della prima boccetta che le era capitata sotto mano.
Sapeva che sarebbe stato un lavoro lungo, che probabilmente le avrebbe richiesto interi mesi, quindi non voleva perdere tempo. Lei era l’unica del gruppo che si intendeva di scienze e pozioni, perciò avrebbe dovuto fare tutto da sola, non che le pesasse troppo a dire il vero, quella era una delle sue passioni.
 
 

A Mark era toccato il compito di aiutare Alexander a crearsi degli alibi inattaccabili per la polizia.
I due erano sul divano, a ragionare e litigare, facendo anche parecchio baccano, ma venendo ignorati da tutti.
 
 

Simona aveva invece portato i cinque nuovi vampiri e Sasuke nell’unica stanza della casa non ancora ammobiliata. Era ora di iniziare il loro addestramento.

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Capitolo 27
*** aprire una porta ***


APRIRE UNA PORTA
 
 
 


Simona si sedette per terra a gambe incrociate e loro fecero lo stesso, posizionandosi in due file davanti a lei.
Prima di iniziare la vera lezione spiegò cosa comportava l’essere un vampiro, quello che potevano e quello che non dovevano fare. Inoltre parlò anche del loro lavoro, chiarendo, che solo perché erano entrati a far parte di una famiglia di cacciatori non avrebbero dovuto diventarlo per forza, se non lo avessero voluto.
I ragazzi l’avevano ascoltata con attenzione, affascinati da questo nuovo mondo che si apriva davanti a loro.
Piano piano avevano cominciato anche ad intervenire con delle domande o con qualche esclamazione stupita o spaventata. Simona era stata molto più gentile e calma rispetto al giorno precedente, e sebbene ancora la temessero un po’ si ritrovarono molto più a loro agio in sua compagnia.
-Bene, ora passiamo alla parte pratica. Per imparare a controllare i vostri poteri dovrete esercitarvi ad usarli. Questa mattina voglio che vi concentriate sul vostro olfatto, che è uno dei sensi più importanti. Chiudete gli occhi e scacciate ogni suono e qualsiasi altra cosa possa distrarvi. Cercate gli odori, cercate di distinguerli e di trovarne più che potete. Vi do un’ora di tempo, poi vedremo i risultati.-
Fu a quel punto che Sasuke, che fino a quel momento se ne era rimasto in silenzio, aprì bocca per sbuffare contrariato. Finora aveva fatto tutto quello che gli avevano chiesto, compreso entrare in quella stanza e sedersi con gli altri, anche se in realtà aveva lasciato un bel po’ di spazio tra lui e loro, dimostrazione chiara del suo voler mantenere una certa distanza.
Simona lo guardò senza dire nulla, aspettando che fosse lui a parlare. Il ragazzo le lanciò un’occhiata sprezzante, poi usando un tono volutamente noncurante e quasi annoiato le chiese se poteva smettere di seguire le sue lezioni.
-Orochimaru mi ha già insegnato le basi, quindi non ho bisogno di imparare niente di tutto questo, magari potrei tornare a seguirle quando sarete arrivati a spiegare altro, ma per il momento vorrei evitare di sprecare il mio tempo in questo modo.-
“Ah bè, allora sì che siamo apposto! Chissà che diamine gli ha insegnato quel pazzo!” A Simona diede leggermente fastidio sentirgli dire certe cose, ma non lo diede a vedere. Si limitò a continuare a guardarlo senza rispondergli, finché Sasuke non riuscì più a mascherare il disagio che sentiva nell’essere osservato a quel modo e perse la calma.
-Allora? Posso andarmene?- sbottò.
-Se davvero non vuoi seguire la lezione, sì. Non voglio distrazioni qui, perciò chiunque rimane in questa stanza deve ascoltarmi. Tuttavia non sei obbligato a restare.-
La vampira gli aveva risposto con calma, e Sasuke fu contento di aver ottenuto quello che voleva senza averla fatta arrabbiare, se avesse saputo che l’avrebbe presa così bene avrebbe chiesto di poter andar via molto prima. Si alzò in fretta e si diresse alla porta, tuttavia quando abbassò la maniglia e tirò la porta verso di sé questa non si mosse.
“Strano, quando siamo entrati non mi ero accorto che l’avesse chiusa a chiave.”
Sasuke girò la chiave che si trovava nella serratura, però si rese subito conto che in realtà la porta non era inchiavata.
Sorpreso tirò ancora, stavolta mettendoci un po’ più di forza, ma non ottenne nulla.
Iniziava a spazientirsi, inoltre era sicuro che tutti gli atri lo stessero guardando, e il pensiero della figuraccia che stava facendo lo infastidì ancora di più.
Provò a spingerla, anche se sapeva che sarebbe stato inutile, poi la tirò di nuovo, ma ancora una volta  quella restò chiusa.
Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, cercando di calmarsi, non voleva rischiare di perdere il controllo e decidere di buttarla giù a spallate.  
Era ridicolo! Come era possibile che non riuscisse ad aprirla? Riaprì gli occhi, osservandola attentamente, nella speranza di scoprire cosa la teneva chiusa. Però non c’era niente. Nessun chiavistello, o catena, niente di niente, era una porta semplicissima, di legno, uguale a tutte quelle presenti nel resto della casa.
Si morse un labbro, frustrato. Se non fosse riuscito ad aprirla avrebbe dovuto girarsi ed affrontare Simona e gli altri, e fare la figura dell’idiota ammettendo di non riuscire nemmeno ad aprire una porta.
Sarebbe morto di vergogna. Ed avrebbe dovuto seguire la lezione, sicuramente Simona ne sarebbe stata soddisfatta. Era sicuro che lei si stesse divertendo un sacco alle sue spalle.
Decise di fare un ultimo tentativo prima di arrendersi, e fu allora che lo avvertì.
C’era del vento sopra la sua testa, un vento potente ma silenzioso che premeva contro la porta, in alto.
Si voltò di scatto per vedere da dove venisse, e la vide.
Simona era in piedi, il viso rivolto in alto e soffiava verso la porta.
Smise quando lui si girò e gli sorrise.
-Sei ancora convinto che non ci sia proprio nulla che io possa insegnarti?-
Nonostante tutto Sasuke si rese conto che non lo stava prendendo in giro, la vampira si era solo vendicata per quello che lui le aveva detto, ma non c’era scherno nella sua voce e non sembrava nemmeno arrabbiata.  
Era stata una dimostrazione. Lei gli aveva voluto mostrare la sua superiorità per fargli capire che se glielo avesse permesso avrebbe potuto aiutarlo a crescere e a diventare più forte. Ora toccava a lui decidere, Sasuke era sicuro che se avesse scelto di andarsene, stavolta lei non lo avrebbe fermato.
Possibile che lei volesse davvero aiutarlo? E che fosse disposta a farlo senza chiedergli nulla in cambio?
Nemmeno i suoi genitori adottivi erano stati così disinteressati. Sasuke sapeva bene che se l’avevano adottato era stato solo perché volevano un bambino da mostrare agli altri, per far vedere quanto erano generosi e caritatevoli. In cambio lui doveva essere perfetto, serio, educato, e non creare problemi.
Aveva passato sei anni con loro, e aveva odiato ogni singolo istante di quella vita.
Anche per questa strana famiglia di vampiri la disciplina sembrava essere molto importante, ma a parte questo non notava nessun’altra somiglianza tra le due. Forse poteva fidarsi. Di sicuro erano meglio di Orochimaru, che comunque aveva preferito ai suoi genitori adottivi.
Non che avesse molto da perdere. L’unica cosa che davvero desiderava era rivedere Naruto, ma il tradimento di Orochimaru gli aveva distrutto l’illusione che questo avrebbe potuto avverarsi presto.
Senza parlare riattraversò la stanza e si risedette al suo posto.
“Questo non significa che io mi fida di loro, gli sto solo concedendo una possibilità” si disse.
Sasuke si limitò a pensarlo, ma Simona lo capì lo stesso. 

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Capitolo 28
*** la mattinata di Alex ***


LA MATTINATA DI ALEX
 
 


La polizia lo interrogò per più di un’ora, prima di accettare il fatto che non fosse lui l’assassino.
I suoi alibi ressero bene, ma vollero comunque un campione della sua saliva per confrontare il suo DNA con quello che avevano ricavato dal sangue rinvenuto sull’ultima scena del crimine.
Alex e Mark però lo avevano previsto, e lui aveva già in tasca un tampone con la saliva di un umano da scambiare con il suo.
Un trucco simile sarebbe riuscito ad un qualunque abile prestigiatore, per un vampiro era praticamente una passeggiata.
La parte più sfiancante fu dover ripetere più e più volte perché si era introdotto nell’obitorio.
Lui e Mark ci avevano ragionato parecchio e alla fine avevano deciso di puntare proprio sui vampiri.
Alex raccontò alla polizia di aver seguito tutta la vicenda di quelle morti misteriose alla televisione e spiegò, che secondo lui, l’assassino doveva essere un vampiro. Dato però che nessuno dei suoi amici gli credeva, aveva deciso di partire da Malden, la città in cui abitava, per raggiungere Boston ed andare all’obitorio per fotografare i corpi, così da avere una prova materiale delle sue teorie. Cercò in tutti i modi di far capire ai poliziotti l’importanza di avere, quelle, che sarebbero diventate le prove dell’esistenza dei vampiri, in cui lui credeva fermamente. Purtroppo non era riuscito nel suo intento però, perché due agenti dell’FBI lo avevano sorpreso sul posto. A quel punto ammise di essersi un po’ fatto prendere dal panico, e per questo era scappato e aveva passato gli ultimi giorni a nascondersi. Alla fine aveva capito che stava sbagliando e quindi era venuto alla centrale per spiegare tutto. Si scusò per i problemi che aveva creato, ma ribadì quanto fosse importante che la gente si rendesse conto che i vampiri esistevano veramente.
Quando lo lasciarono andare, l’intero dipartimento era convinto che fosse un invasato.
Pur di non avere più niente a che fare con lui, avevano deciso di non accusarlo di nulla, nemmeno di aver ostacolato le indagini.
Camminò tranquillo fino alla fine dell’isolato, dove individuò la macchina in cui lo aspettava Rossi.
Salì e salutò l’agente, con un sorriso allegro.
-Hotch mi aveva detto che eri qui, che avete scoperto?-
L’uomo gli porse alcuni fogli.
-Qui ci sono tutte le informazioni che Garcia è riuscita a trovare sui Winchester. Sono ricercati per un’infinità di reati, un nostro collega, Victor Henricksen, si è occupato del loro caso. Li aveva quasi presi, poco prima di morire in un’esplosione. Non sappiamo bene come sia successo, forse l’hanno ucciso loro, chissà. Al momento purtroppo non c’è nessuno ad occuparsi della loro ricerca, è un caso difficile perché si spostano in continuazione da uno stato ad un altro, e al momento non abbiamo idea di dove siano.-
L’indignazione che l’agente provava per quella situazione, era chiaramente percepibile dal suo tono di voce e dalla smorfia amara che aveva in faccia.
-Tuttavia non ho solo brutte notizie da darti. Garcia è riuscita a compiere uno dei suoi miracoli e ha trovato un uomo che sembra collegato a questi due. Si chiama Robert Singer ed abita a Sioux Falls in Sud Dakota, le indicazioni precise sono scritte lì. C’è la possibilità che lui sappia dove sono. Mi rendo conto che non è molto, mi spiace.-
-Sciocchezze, ci avete aiutato tanto invece! Ora sarà meglio che vada, grazie per le informazioni, ci risentiamo presto, ok?-
Alex ripiegò i fogli e li sistemò con cura in una delle tasche interne del suo cappotto, scese dall’auto e salutò l’agente con un cenno amichevole della mano, prima di chiudere lo sportello e andarsene.
 
 
 
 

Il suo ritorno a casa non fu proprio come se l’era immaginato. Certo, sapeva che non avrebbe trovato la sua famiglia ad attenderlo ansiosa di sapere come se l’era cavata, ma sperava in un seppur minimo interessamento. Sembrava però che avessero tutti di meglio da fare.
Veronica era ancora immersa nello studio delle pozioni di Orochimaru e Mark le stava dando una mano. Nessuno dei due lo degnò di un’occhiata, neppure quando li salutò. Si limitarono a borbottargli un saluto in risposta, continuando imperterriti nel loro lavoro.
Oscar, André e Kabuto erano in cucina. A quanto pareva l’umano stava insegnando loro una ricetta asiatica, mentre raccontava un aneddoto buffo che gli era capitato in passato. I due ragazzi lo salutarono allegri quando lo videro, ma poi ripresero subito ad ascoltare l’altro. A dire il vero Kabuto fu abbastanza cortese da invitarlo ad unirsi a loro, ma lui preferì rifiutare.
Guardandoli aveva la bruttissima sensazione di essere lui l’intruso, piuttosto che l’altro, che seppure fosse l’ultimo arrivato sembrava essersi ambientato alla perfezione.
Simona e i piccoli vampiri erano ancora nella stanza degli allenamenti. Quando li raggiunse, Alexander vide che avevano finito l’esercizio sull’olfatto su cui si stavano esercitando prima che lui uscisse, quella mattina. Ora erano tutti sdraiati a terra, a fare gli addominali. A parte Sasuke, gli altri sembravano sul punto del collasso, ed Alex sentì un po’ di pena per loro. Sapeva che per renderli in grado di cavarsela in ogni situazione era importante che si allenassero anche fisicamente, ma sapeva anche che Simona era spesso troppo esigente. In effetti era abbastanza convinto che lei non avesse concesso loro nemmeno una pausa da quando avevano iniziato.
-Ah sei tornato! Che ti hanno detto gli agenti, ci sono notizie sui Winchester?-
Simona non si era sprecata neanche a salutarlo, figurarsi se poteva chiedergli come fosse andata!
La sensazione di non contare nulla, per nessuno di loro, si fece sentire di nuovo. Ultimamente la sentiva sempre più spesso, in realtà l’aveva sempre avvertita. All’inizio però era stato facile ignorarla, dopotutto quando Simona l’aveva invitato ad unirsi al loro gruppo non si conoscevano molto bene. Era convinto che in poco tempo l’avrebbero tutti accettato, invece ce n’era voluto davvero tanto.
Alla fine però credeva di esserci riuscito. Ovviamente il discorso non riguardava Mark, che lo detestava ancora oggi, ma di cui non gli importava nulla, visto che lo detestava anche lui.
Però sperava davvero che, almeno Simona e Veronica, lo considerassero importante.
Invece il tempo passava, altre persone si univano al loro gruppo, e lui si ritrovava sempre più messo da parte.
Guardò la sua compagna e le porse i fogli che gli aveva dato Rossi.
Lei cominciò subito a leggerli, ignorandolo di nuovo.
Era veramente così assurdo, desiderare che la donna che amava più di qualsiasi altra cosa, lo ricambiasse?
Alex sapeva che lei aveva accettato la sua corte più per sfinimento, che per un reale interesse nei suoi confronti, però ormai erano 347 anni che stavano insieme, quindi lei avrebbe anche potuto mostrarsi un po’ più affettuosa di tanto in tanto.
Non gli pareva di chiedere molto!
Non che lui lo avesse mai veramente chiesto, la verità era che non aveva mai trovato il coraggio di parlare a Simona, o a chiunque altro, di queste sue emozioni. Temeva che parlarne lo avrebbe fatto apparire debole e patetico.
Si riscosse dai suoi tristi pensieri solo quando Simona alzò lo sguardo dai fogli e disse ai cuccioli che per quel giorno l’addestramento era finito.
I ragazzi emisero un sospiro collettivo di sollievo e si accasciarono esausti al pavimento, ma lei li riprese subito, dicendo che dovevano seguirli in salotto. C’erano un sacco di cose da fare, e decisioni da prendere, non era certo il momento di riposarsi!  
 
 
 
 
Note:
per prima cosa vorrei ringraziare chiunque leggerà questo capitolo, anche se è arrivato con un ritardo enorme. Cercherò di tornare ad aggiornare un po’ più regolarmente, ma non prometto nulla.
Seconda cosa: le vere note al cap.
Credo che tutti i fan di Supernatural conoscano Robert Singer, meglio conosciuto come Bobby.
Comunque per chi non lo sapesse vi dico che sia lui che l’agente federale Henricksen fanno parte di quel telefilm.
Un saluto e a presto!
Snake.

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Capitolo 29
*** brutte sensazioni ***


BRUTTE SENSAZIONI
 
 
 
 
 

Quando la riunione finì, fu permesso a tutti i nuovi vampiri di ritirarsi nelle loro stanze per riposarsi un paio d’ore.
Joy e Jen si rintanarono silenziosamente nella camera che dividevano, accucciandosi ognuna nella propria parte di letto, dandosi le spalle.
Joy desiderava solo poter riuscire ad addormentarsi, era veramente sfinita, sia fisicamente che mentalmente.
I pensieri però non le davano tregua. Ovviamente era ancora sconvolta per tutta quella faccenda dell’essere diventata un vampiro, inoltre non era ancora sicura se poteva davvero fidarsi dei loro… protettori? Guardiani? Genitori? Non sapeva nemmeno come chiamarli!
L’unica di cui si fidava era Veronica. Lei era sempre così dolce e attenta, soprattutto con lei, Peacy e Dawson. Era contenta che fosse stata lei a trasformarla, e non invece Simona, che tra tutti era quella che più le faceva paura.
A parte tutto questo, ora aveva la sensazione che i più grandi stessero nascondendo qualcosa a lei e ai suoi amici. Qualcosa di brutto. Tanto per cominciare, nessuno aveva loro detto come era andata la caccia al loro aggressore,  si erano limitati a tornare a casa con altri due ospiti, dicendo semplicemente che anche loro adesso facevano parte della famiglia, senza spiegare altro.
Lei avrebbe voluto fare molte altre domande, ma tra la terrificante ramanzina della sera prima, e l’estenuante allenamento della mattinata appena trascorsa non ne aveva praticamente avuto tempo.
Quando Simona aveva detto a tutti di riunirsi in salotto aveva sperato di avere l’opportunità di farlo, ma i vampiri adulti avevano subito preso a chiacchierare di un viaggio che dovevano assolutamente fare per trovare dei fucili, e avevano praticamente parlato solo di quello.
Non era stato semplice mettersi d’accordo su chi dovesse partire e chi rimanere, ma alla fine avevano deciso che sarebbero andati solo Simona ed Alex, e Joy ne era stata più che contenta.
Non voleva lasciare la città, ed era convinta che Mark, che si era preso l’incarico di continuare il loro addestramento, fosse un insegnante migliore di Simona. Se non altro, almeno sembrava avere molta più pazienza.
-Joy… sei sveglia?-
Sentendosi chiamare si girò lentamente verso l’amica, trovandola già voltata verso di lei.
-Cosa c’è?-
Jen abbassò lo sguardo e fece un piccolo sospiro prima di risponderle –non so Joy, ma ho un brutto presentimento. Credo ci sia qualcosa che li preoccupa, e che non vogliono dirci.-
Jen non aveva specificato di chi stava parlando, ma Joy aveva capito lo stesso, e avrebbe voluto dirle che anche lei aveva la stessa sensazione, ma quello che Jen disse subito dopo, la lasciò così interdetta che dovette chiederle di ripeterlo, per essere sicura di aver sentito bene.
-Ho detto che vorrei che Simona non partisse, mi sentirei molto più tranquilla con lei qui- ripeté la ragazza, un po’ scocciata dal fatto che lei non le stesse prestando la giusta attenzione.
-Scherzi, vero?- Jen non poteva essere seria, la partenza della vampira era l’unica nota positiva in tutto quello che stava loro capitando.
-Certo che no! Andiamo Joy, ragiona! Se dovesse succedere qualcosa, metti che qualcuno ci attaccasse, cosa faremo? Mark da solo non riuscirà a proteggerci tutti, e non so quanto André ed Oscar siano in gamba, dopotutto ieri sera non mi è stato difficile fregarli, e io sono un vampiro da meno di 24 ore!-
-Dimentichi Veronica, lei…-
-Non l’ho dimenticata- la interruppe Jen, -solo non credo che in caso di pericolo lei possa essere utile, è così dolce e delicata. Non sembra affatto il tipo di donna in grado di combattere.-
-È una vampira- le fece notare.
-E allora? Sono sicura che al mondo ci siano un sacco di vampiri che non sanno battersi, hai sentito Simona stamattina, essere dei vampiri non basta per essere dei bravi combattenti, ci vuole allenamento.-
-Veronica è anche una cacciatrice, credo che per esserlo debba essersi allenata, no?-
-Non lo so, forse.- Jen sembrava ancora poco convinta.
-E comunque almeno di lei possiamo fidarci, non ci ucciderà se diremo o faremo qualcosa che non le piace.-
A quel punto Jen scoppiò a ridere, e Joy la fissò stranita. Non le sembrava proprio di aver detto qualcosa di divertente.
-Oh, andiamo Joy, non crederai davvero che Simona potrebbe mai ucciderci?-
Lei scosse le spalle, ma non rispose, e per un po’ se ne rimasero in silenzio a riflettere.
Alla fine, Joy si era quasi addormentata quando sentì Jen sussurrare piano -vorrei solo che potessimo tornare tutti a casa.-
Le ci vollero alcuni secondi per riuscire ad alzare le palpebre, che non volevano proprio collaborare, ma quando la guardò, Jen dormiva già.
Chiuse di nuovo gli occhi, sospirando di stanchezza.
-Lo vorrei anch’io- mormorò, prima di seguire l’amica nel mondo dei sogni.
 
 
 
 


Mark spense il computer e si alzò dalla sedia, arcuò la schiena, stiracchiandone i muscoli e allungò le braccia sopra la testa, stirandosi completamente.
Controllò quindi lo stato dei suoi vestiti, notando infastidito che effettivamente la camicia gli si era un po’ spiegazzata in fondo. Era sicuramente successo quando Veronica gli si era seduta sulle gambe, diversi minuti prima, per parlare con lui delle decisioni prese durante la riunione. Lei era così agitata per la partenza di sua sorella che non aveva potuto far altro che cercare di consolarla. A Vero le coccole piacevano un sacco, e a lui non dispiacevano, se si trattava di farle a lei, peccato solo che a farne le spese fosse ora la sua povera camicia. Il suo primo impulso fu quello di pensare di andarsela a cambiare, poi però ragionò che in un momento come quello, cioè quando sulle teste di tutti pendeva il pericolo della fine del mondo, preoccuparsi della piega dei propri vestiti poteva dare l’idea che lui fosse una persona poco seria.
Non avrebbe mai potuto sopportare che qualcuno lo considerasse frivolo, ma non gli piaceva neppure che si pensasse che fosse sciatto. Alla fine si risolse di infilare la camicia dentro i pantaloni, anche se, così facendo il suo abbigliamento avrebbe perso quel tocco casual che gli stava così bene.
Cercando di non pensarci, andò a bussare alla porta della camera di Alexander e Simona.
Quando Alex aprì, Mark gli disse che era appena riuscito a prenotare due biglietti aerei per Sioux Falls, e che la partenza era prevista per le 17:26, e quindi avrebbero dovuto sbrigarsi.
 
 
 

Note:
vorrei solo ringraziare Alexandra_J_Black per aver messo questa storia tra le sue seguite e Benvenuti ad Angbad che l’ha messa tra le sue ricordate. Grazie davvero!
Un saluto a tutti, e a presto.
Snake. 

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Capitolo 30
*** Bobby Singer ***


BOBBY SINGER
 
 
 
 


Il viaggio era andato bene. Avevano passato le ore in volo dormendo, ed erano atterrati perfettamente in orario. Avevano noleggiato un’auto, e poi avevano deciso di concedersi una mezz’ora per cercare qualcuno con cui sfamarsi.
Quando finalmente si erano messi in marcia per andare a trovare Singer erano quasi le undici di sera.
Nonostante le indicazioni avute da Garcia fossero piuttosto precise, ci misero circa tre ore ad arrivare, sbagliando strada più di una volta.
Sarebbe stato molto più semplice se avessero potuto affidarsi ai loro sensi super sviluppati, ma non conoscendo di persona l’uomo che stavano cercando purtroppo non ne erano in grado. In questa occasione l’unico aiuto che avevano era la mappa che l’FBI aveva loro fornito, e il navigatore dell’auto, che teoricamente avrebbe dovuto facilitarli, ma che in pratica li aveva fatti girare a vuoto per un bel po’, prima che si rendessero conto che avevano sbagliato a digitare l’indirizzo che cercavano.
Ovviamente avevano finito col litigare, dandosi la colpa a vicenda, e passando il resto del viaggio in un silenzio teso e rancoroso.
Alex parcheggiò davanti la casa di Singer alle due di notte, e sia lui che Simona rimasero sorpresi nel vedere che c’era una luce accesa in una delle stanze al pianterreno.
Entrambi si convinsero quindi di trovare l’uomo ancora sveglio, ma in realtà si sbagliavano.
Bobby si era addormentato circa un’ora prima, seduto alla scrivania, con una guancia poggiata sul libro ancora aperto davanti a sé. Nonostante avesse cercato di resistere il più possibile, alla fine era crollato, dopo più di trenta ore di veglia, passate a bere e preparare caffè e a cercare un modo di sconfiggere Lucifero, o almeno di richiuderlo nuovamente nella sua gabbia.
I due vampiri si avvicinarono alla casa con tutti i sensi all’erta, ma si rilassarono ben presto, non appena avvertirono il russare dell’uomo.
Entrare in casa non fu comunque una passeggiata.  Ad attenderli trovarono diverse trappole, e dovettero riconoscere l’ingegno e la vasta conoscenza del soprannaturale che l’umano doveva possedere per averle create.
Sulla scrivania dove lo trovarono addormentato, e anche tutto intorno a lui, videro numerosi libri che parlavano di angeli, demoni, e trattavano i temi dell’apocalisse.
Simona si ricordò che Orochimaru aveva detto che gli umani che cercavano erano due cacciatori, e da quello che poteva vedere anche Robert Singer sembrava esserlo.
Si chiese per l’ennesima volta se questa gente fosse realmente in combutta con Lilith. Conosceva abbastanza bene la demone, anche se non l’aveva mai incontrata di persona, ma dai numerosi racconti di Alucard sapeva molto di lei. C’era la possibilità che si fosse servita di loro senza che se ne rendessero conto.
Per questo motivo avevano deciso di andarci piano con loro, e di non ricorrere alla violenza se non in caso di assoluta necessità. Fece un cenno d’intesa al suo compagno, e lui si apprestò a svegliare Singer.
Al colpetto gentile che Alex gli diede sulla spalla, Bobby saltò su di scatto, quasi portandosi dietro il libro che gli era rimasto appiccicato alla faccia.
Se lo staccò di malagrazia, tutta la sua concentrazione focalizzata sui due intrusi, la sua mente ancora leggermente annebbiata dal sonno che faticava a trovare una spiegazione per la loro comparsa.
Come era possibile che avessero evitato tutte le sue trappole?
Chi erano? Cosa volevano?
-Chi siete?-
Simona sorrise ammirata, a quella domanda posta più con fastidio che con paura. Quell’uomo cominciava a piacerle davvero.
-Siamo dei cacciatori.-
-A me sembrate vampiri.-
-Siamo anche quello in effetti.-
Bobby continuava a lanciare sguardi dall’uno all’altra, mentre parlava con la vampira, e il suo cervello stava freneticamente cercando un modo per togliersi da questo guaio.
La pistola nel cassetto della sua scrivania gli sarebbe stata molto utile, ma l’uomo al suo fianco sinistro era troppo vicino, e lui sapeva che sarebbe intervenuto ad ogni suo più piccolo movimento.
Dubitava di riuscire ad agire più rapidamente di quel dannato essere.
La ragazza era più lontana, dall’altra parte della scrivania, ma a Bobby dava l’impressione che fosse ancora più pericolosa.
-Cosa volete?-
-I Winchester.-
Il cuore di Bobby perse un battito, non i suoi ragazzi, piuttosto che dare a questi due anche solo un’informazione su di loro sarebbe morto.
Fu un pensiero istintivo, una decisione presa senza tentennamenti, per cui quando parlò la sua voce fu più calma e sicura di quanto non lo fosse mai stata in vita sua.
-No.-
Lei continuò a guardarlo con quel sorriso lievemente accennato, non sembrando per nulla infastidita dal suo chiaro rifiuto nel collaborare.
-Lancia.-
Bobby corrugò la fronte, confuso da questa risposta, quando vide il vampiro al suo fianco lanciare il suo cellulare alla compagna. Evidentemente glielo avevano sottratto mentre dormiva!
Si maledisse per essersi addormentato e lasciato fregare, ma quando provò ad alzarsi una mano calò sulla sua spalla e lo costrinse a rimanere seduto.
La vampira non ci mise molto a trovare quello che cercava.
-Ecco qui, c’è scritto solo Dean ma è l’unico Dean della tua rubrica, quindi deve essere lui. Sentiamo se è sveglio.-
Simona premette il pulsante per l’avvio della chiamata e si portò il telefonino all’orecchio.
Bobby avrebbe voluto fare qualcosa, ma la mano del vampiro era ancora fermamente poggiata sulla sua spalla, non in maniera dolorosa, ma comunque impossibile da rimuovere.
Dean rispose dopo tre squilli, con la voce e il tono di uno che era appena stato buttato giù dal letto.
-Ehi, Bobby, che succede? Va tutto bene? Hai scoperto qualcosa di importante?-
-Dean… Tu non mi conosci, il mio nome è Simona e davvero ti direi di più, ma credo che sia meglio se parliamo di persona. Bobby sta bene, è qui con noi, quindi non devi preoccuparti. Sarebbe molto meglio però, se tu e tuo fratello veniste qui a casa sua il prima possibile. Diciamo entro domani mattina, ok? Non so dove siete al momento, ma spero proprio che quattro ore vi bastino per raggiungerci.-
-Chi cazzo sei? Fammi parlare subito con Bobby, e ti giuro che se tu o chiunque altro gli avete fatto del male la pagherete cara.-
-Dean non gridare, ti assicuro che ti sento benissimo lo stesso.- Simona guardò Singer e scostandosi il telefono dall’orecchio stese il braccio in avanti, così che la voce dell’uomo potesse arrivare chiara all’altro capo dell’apparecchio. –Bobby saluta Dean e rassicuralo sulle tue attuali condizioni di salute.-
Bobby la guardò con odio, ma ubbidì.
-Dean, stai tranquillo sto bene, e ti prego non darle ascolto, non venite qui per nessun motivo, io…-
Avrebbe voluto continuare a parlare, ma Alexander gli aveva tappato la bocca con la mano che non stava usando per tenerlo fermo, così la fine della sua frase si perse in un brusio indistinto, che servì soltanto a preoccupare Dean ancora di più.
Un secondo dopo la chiamata venne chiusa senza che la sequestratrice dicesse altro, e a Dean non restò che guardare infuriato e preoccupato il suo cellulare.
-Dean, che è successo?-
Sam parlò per la prima volta da quando si era alzato dal letto, aveva passato tutta la durata della telefonata a fissare suo fratello, senza osare interromperlo, nemmeno per chiedere dettagli, avendo capito quanto la situazione fosse grave.
-Qualcuno ha preso Bobby.-

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