Credi nell'esistenza del Multiverso?

di S t o n e r
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una cabina blu. ***
Capitolo 2: *** 'Farfalle' nello stomaco. ***
Capitolo 3: *** Occhi neri. ***
Capitolo 4: *** Impara e ama. ***



Capitolo 1
*** Una cabina blu. ***


Il mio nome è Henrietta Hoops, ho diciotto anni e questa non è una favola.
Pensate di sapere tutto, ma non è così.
Siete cresciuti con l’idea del “mondo normale” solo perché i vostri genitori (e i loro genitori a loro volta) vi volevano tenere all’oscuro di quello che c’è al di fuori del nostro pianeta.
Se state bene così come state, ottimo, chiudete questa pagina.
Ma se invece volete dare una svolta alla vostra vita, come me, allora continuate.
Il Dottore arriva sempre.
Sempre.
Questa è la mia storia, e sono certa che tra qualche tempo avrò il piacere di leggere anche la vostra.
 
Era notte e faceva freddo; da fuori provenivano rumori inquietanti, quali i respiri profondi del vento, il fruscio delle foglie degli alberi.
La mia era una camera ordinaria; un letto, una scrivania, un armadio, una libreria (forse un po’ troppo piena), e poi io, lì in mezzo, con indosso la mia amata vestaglia, lo stomaco ancora caldo per il cappuccino appena gustato, seduta sulla mia comodissima poltrona a leggere uno dei miei amatissimi libri Fantasy, mia madre fermamente convinta che stessi ripassando filosofia.
Babbana… Pensai sorridendo, sfogliando le pagine di quel libro che ormai conoscevo a memoria.
La mia lettura stava procedendo benone, fino a quando sentii un tonfo fuori dalla finestra.
Poggiai il libro su un morbido cuscino e mi affacciai alla finestra, rabbrividendo al gelo che mi investì in un secondo.
Scrutai nell’oscurità, ma non riuscii a vedere nulla.
E poi un suono.
Fui costretta a portarmi le mani alle orecchie, anche dopo aver chiuso la finestra.
E poi capii.
Il rumore proveniva dall’interno.
Mi voltai tremante, per poi trovarmi davanti una cabina della polizia di un blu intenso.
L’unico pensiero che mi passò per la mente, fu il sollievo di aver poggiato il libro da qualche parte, visto che, se tenuto in mano, sarebbe caduto a terra.
Ogni giorno impersonavo l’eroina di un libro in una situazione di pericolo, ma in quel momento non mi passava minimamente per la mente di prendere un bastoncino di legno e urlare una frase in latino.
E così, pronunciai le parole più stupide che potessi dire.
“C-Chi va la…?”
Due botti, e la porta si spalancò. Mi accovacciai senza pensarci due volte, proteggendomi il volto con entrambe le braccia.
“E tu chi sei?” Quella frase venne pronunciata da una voce maschile.
“Vattene!” Urlai, non osando alzare lo sguardo.
“Che posto è questo?” L’intruso parve non avermi sentita.
In quel momento alzai lentamente il volto, puntando la mia attenzione su di lui.
Era un uomo. Piuttosto magro, alto il giusto e con un’acconciatura molto singolare, ma mai quanto il suo abbigliamento.
Con uno scatto rapido mi avvicinai alla scrivania, impugnando un righello e scagliandoglielo contro.
“I Dalek sono più fastidiosi.” All’epoca non capivo di cosa stesse parlando.
“Ma che diavolo stai dicendo? Vattene se non vuoi che chiami la polizia” Gli urlai contro, e lui scoppiò a ridere, e sono certa che se non fossi stata terrorizzata, lo avrei fatto anch’io.
Indicò con un dito la cabina.
“Polizia.” Mi sorrise.
“Come diavolo hai fatto ad entrare qui dentro? Un secondo prima non c’eri… Ne sono sicura!” Stavo balbettando.
“Ma perché voi mortali siete così noiosi? Sempre le stesse domande!” Si grattò la testa; sembrava annoiato. Ridicolo, penserete, ma era proprio nel suo stile.
“Chi sei!” Gli urlai un’ultima volta. I miei occhi si inumidirono un po’, e lui parve notarlo, perché assunse un’espressione seria.
“Ma è ovvio; sono il Dottore.”
“Il “Dottore” chi?” Feci vagare la mia mano a lungo sul tavolo, per poi serrarla su un coltello, pronta ad attaccare l’uomo.
“Okay, è complicato. Una cosa alla volta, eh?” Sembrava eccitato.
“Prima di tutto, ti prego, non chiamarla più “cabina-della-polizia; la offendi.” Congiunse le mani, facendo un giro su se stesso.
“Non farmi ripetere la domanda.” Mi sorpresi di sentire la mia voce così fredda e dura.
“Va bene, va bene! Dicevo; questo è il TARDIS.” Mi spiegò, come se fosse la cosa più semplice e ovvia del mondo.
“Ovvero…?” Il mio sguardo si poggiava prima su di lui poi sul “TARDIS”.
“Tempo e Relativa Dimensione nello Spazio.” Affermò, ed io scoppiai in una risata.
“Okay, okay, finiamola. Hai fantasia, lo ammetto, ma adesso dovresti proprio andare.” Gli indicai la porta.
“Non mi credi?” La sua espressione era un misto tra il divertito e il ferito.
“Dovrei?” Domandai ridendo.
“Allora entra.” Mi porse una mano.
“Dove?” Indietreggiai di qualche passo.
“Nel TARDIS, no?” Si poggiò su di esso.
“E’ forse una nuova tattica per stuprare le adolescenti?” Già, ero una ragazza di coccio.
“Non molli eh? Di solito gli altri sono più curiosi.” Se la rideva, lui.
“Gli altri?” Ora sì che ero spaventata.
“Insomma, entra!” Fu molto veloce; non riuscii a fermarlo.
Mi si avvicinò afferrandomi per un braccio, trascinandomi all’interno del TARDIS.
Io chiusi gli occhi e lanciai un grido, più intimorita dal ‘non-sapere-cosa-stava-succedendo’ dall’azione vera e propria.
“Questo, ragazzina, è il TARDIS.”
Aprii gli occhi e mi guardai attorno.
“Dove diavolo siamo?” Domandai, e quando vidi la porta mi sentii svenire; dietro di essa si vedeva effettivamente la mia stanza.
Uscii dal TARDIS, e mi ritrovai a spalancare la bocca.
Entrai e uscii da questo per circa cinque volte.
“Ma è…”
“Più grande all’interno, sì!” Si accarezzava le mani, soddisfatto della mia reazione.
“Ma come…”
“Non chiedere, non capiresti. Ma ora dimmi, vieni o no?”
“Dove?” Infatti non capivo.
“Ovunque tu voglia.”
“Che intendi dire?”
“Quello che ho detto; ovunque tu voglia.”
“Ammetto che l’effetto della cabina è molto…” Ma lui mi interruppe.
“Ma perché fate tutti così? Negate anche se la realtà vi viene sbattuta dinnanzi agli occhi!” Incrociò le braccia.
“Mhh, sai; stavo nel bel mezzo della seconda prova del Torneo Tremaghi, quando sento un tonfo, e mi accorgo che una cabina della polizia è spuntata come per magia in camera mia. Il signore che la ‘pilota’ dice di essere un dottore e come se non bastasse, all’interno è più grande.” Fu la prima volta che vidi il Dottore confuso quanto me.
“Andiamo piano. Primo, cosa diavolo è il Torneo Tremaghi?” Secondo, Si chiama TARDIS. Terzo, non ho mai detto di essere un dottore; io sono il Dottore.” Parve sollevato da quella spiegazione, come se il destino del pianeta fosse dipeso dalla mia comprensione.
“Ma dove vivi? Harry Potter, accidenti! E’ la saga Fantasy più famosa al mondo!” Ripresi fiato, shockata dal fatto che lui non conoscesse quell’opera letteraria a cui dovevo moltissimo.
“Oh si, ho capito! I suo amico roscio mi deve ancora una burrobirra.”
“Ed io che pensavo di avere problemi mentali…” Portai una mano sul viso, soffocando l’impulso di ridergli in faccia.
“Ancora non mi credi, eh?” Per il Dottore ero sempre stata una sfida.
“Ma ti stai ascoltando?” Mi scompigliai i capelli, incapace di continuare ancora a lungo quella conversazione folle.
“Dovrò mostrartelo.” E si girò, dirigendosi al centro di quella sala all’interno del TARDIS.
“Ma di un po’” Aggiunse. “Qual è il tuo nome?”
“Henrietta… Il tuo invece?” Domandai contrariata.
“Te l’ho già detto; sono il Dottore.” Mi sorrise.
“Okay basta, ora smamma!” Diedi un pugno al TARDIS, come se quel gesto avrebbe convinto il Dottore a rinunciare.
“Facciamo una scommessa; se dico il vero, tu continuerai a viaggiare con me.”
Non riuscii a trattenermi; scoppiai a ridere.
“Ti piace tanto giocare eh? Allora giochiamo. E se invece dici il falso?” Ghignai.
“Qualsiasi cosa tu voglia.” Mi porse nuovamente una mano.
“Sei matto.” Risi un’ultima volta, ma poi entrai. Ancora oggi non riesco a ricordare cosa mi avesse convinto a credere a quella che sembrava un’enorme follia.
Ma io provai, e non me ne sono mai pentita.
“Bene, okay, un po’ qui, ora qua e… In men che non si dica dovremmo ritrovarci davanti al portone per Hogwarts.”
Mentre parlava muoveva dei comandi nel centro di comando del TARDIS.
“Visto che stiamo giocando, è giusto che lo si faccia per bene; Dottore, lei dovrebbe sapere che è impossibile materializzarsi all’interno del cancello d’ingresso di Hogwarts.”
In quel momento mi sentii tanto Hermione Granger, protagonista femminile della saga, cosa che mi aiutò a sembrare più sicura di me stessa.
“Ma per favore; il TARDIS è a prova di magia!” Mi spiegò con il suo solito modo alla “ma-non-è-ovvio?”.
Sbuffai, ma in realtà mi stavo divertendo.
Dopo due secondi, un movimento da parte del TARDIS mi fece sussultare.
“Cosa…?” Feci per chiedere, ma il Dottore fu più veloce.
“Eccoci ad Hogwarts.” Il suo sorriso mi riscaldò il cuore.
“Sappi che il favore che ti chiederò sarà molto costoso!”
Con una mano spinsi all’indietro i miei capelli aggrovigliati, convinta di aver vinto la scommessa, dirigendomi verso la porta, e finalmente aprendola.
“Bene, adesso compram…” Sentii una lacrima rigarmi il volto.
“Cosa…?” Non mi sorpresi di sentire la mia voce tremare.
“Te l’ho detto, no? Siamo ad Hogwarts!”

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Capitolo 2
*** 'Farfalle' nello stomaco. ***


Una lieve brezza smosse i miei capelli.
“Non entriamo?” Mi poggiò delicatamente una mano sulla schiena, dandomi una leggera spinta.
Mi voltai verso di lui, con gli occhi sbarrati.
Normalmente –se così si può dire- avrei continuato a chiedere cosa stava succedendo, a lamentarmi per qualsiasi sciocchezza o altro, ma in quel momento mi venne in mente una sola domanda da porgergli.
“Tutto questo è reale?” Portai dietro la mia schiena una mano, incrociando le dita, con forza.
Anche se tutto ciò mi sembrava ancora troppo incredibile per essere vero, scoprire che si trattava effettivamente solo di un sogno mi avrebbe spezzato il cuore.
“Henrietta, è reale.”
Non chiesi più nulla.
Uscii dal TARDIS e mi guardai attorno; quel posto aveva ogni singolo dettaglio riportato nella descrizione del romanzo.
“Henrietta, il castello è da questa parte.” Estrasse dal taschino interno della giacca un oggetto che ero certa di non aver mai visto prima; sembrava un cacciavite.
“Dottore, cos’è quello?” Domandai, preoccupata dall’uso che ne stava facendo; infatti puntava quel misterioso oggetto contro sassi, foglie  e terra, e quello si illuminava di verde emettendo uno strano suono.
“Questo è un cacciavite sonico.” Mi ‘spiegò’ sorridente, aspettandosi che io gli chiedessi a cosa servisse.
Ma io ero nel mondo di Harry Potter; cos’altro poteva interessarmi?
“Okay. Ma senti, in che periodo dell’anno siamo? In che anno siamo?” Domandai preoccupata, pensando a quale aspetto dovessero avere i personaggi che sognavo fin da quando ero piccola.
“E’ quello che stavo tentando di scoprire.” La sua espressione si fece seria.
“E… non ci sei riuscito?” Azzardai.
“Ovvio che ci sono riuscito, Henrietta!” Parve ferito dalla mia mancanza di fiducia.
“Comunque; facendo riferimento ai libri dovremmo essere nel… Quarto.”
Il poco fiato che mi rimaneva mi morì in gola.
“In che periodo dell’anno siamo?”
“Diciassette dicembre.” Ripose il ‘cacciavite sonico’ all’interno della sua giacca, facendo poi incrociare le dita delle sue mani.
Per quanta gioia provavo nemmeno mi accorsi dell’anomalia termica; neanche un fiocco di neve.
“Ma non ci lasceranno mai entrare…” Sbuffai.
“Mi sono occupato anche di questo; sei una studentessa del quarto anno, Grifondoro, ma purtroppo vai male in molte materie.” Disse tutto d’un fiato, ripensando poi ai dati falsi che aveva inserito nel ‘database’ della scuola.
Dovetti trattenere l’urlo.
Un istante dopo mi ritrovai abbracciata a lui, le mie braccia intrecciate dietro il suo collo.
“Grazie… Grazie…” Sentii qualcosa di caldo percorrermi il volto.
“Dai, Henrietta… Mi fai arrossire.” Sussurrò, ed in effetti sembrava essere un po’ nervoso.
Prima che potessi aggiungere altro, mi prese per mano e mi condusse fino all’entrata di Hogwarts, fino all’ingresso.
“Ma Dottore, sono ancora in pig…” Ancora oggi non riesco a capire come ho fatto a non essere svenuta dallo stupore o dalla gioia.
Dove fino a pochi istanti prima c’era una camicia da notte con sopra una vestaglia, ora c’era un maglioncino, una gonna e un mantello con l’interno colorato di rosso.
“Ma com…” Feci per chiedere, ma il Dottore mi interruppe.
“Basta domande. Ora sei una studentessa di Hogwarts, chiederai solo ai tuoi professori.”
“Giusto…” Mi guardai intorno, poi guardai lui, imbarazzata.
“Adesso dovresti andare.” Mi fece lui, ed io sorrisi sollevata.
“Tu cosa farai?” Gli domandai intimorita, temendo che se ne andasse senza di me.
“Io devo controllare qualcosa qui nei dintorni.” Non appena vide la mia faccia spaventata, mi rassicurò.
“Henrietta, ho inserito nella tua bacchetta un dispositivo di intercettazione. Se sarai in pericolo, devi solo…” Questa volta fui io a interromperlo.
“Chiedere aiuto e tu spunterai al mio fianco?”
“Dio mio, no! Sei una strega ora. Devi pronunciare le parole “Expecto Medicus.”
Scoppiai a ridere, e poi lo riabbracciai, sorridendogli.
“Allora a dopo.” Mi incamminai verso le scale, voltandomi un secondo per salutarlo un’ultima volta, ma lui non c’era più.
 
Nei libri trovare la sala comune della propria casa sembrava molto più semplice di come era in realtà.
Ma comunque, in un quarto d’ora riuscii a trovarla,  e mi ritrovai di fronte alla Signora Grassa.
“Parola d’Ordine?” Mi domandò, non preoccupandosi di fingere di essere meno infastidita della mia presenza.
“Guazzabuglio.” Dissi soddisfatta, rivolgendole il sorriso più splendente del mio repertorio, e quasi mi aspettavo le lodi per aver dato la risposta corretta, ed invece mi lasciò semplicemente accedere alla sala comune.
Non appena entrata, andai contro qualcosa di grosso e alto.
“Ma che diav…” Già, ero in procinto di dirgliene quattro, ma quando fece un passo indietro per vedere chi avesse appena ‘colpito’, non riuscii più a ragionare.
“E tu chi sei?” Mi domandò lui, sorridendomi.
“I-Io…” Sono sempre stata la numero uno nelle figure di merda.
“Fred corri, Ron è appena caduto!” Quel richiamo venne accompagnato da fragorose risate.
E proprio quando mi sentivo in grado di parlare, lui era sparito.
Così, non sapendo cos’altro fare, mi avvicinai alla massa, ma un secondo dopo una mano si poggiò sulla mia spalla.
“Tu chi sei?” Mi girai, ed era ancora lui, Fred Weasley, la mia prima –e attuale- cotta.
“He-Henrietta Hoops… Credo.” Chissà se lì il mio nome era quello.
“Io sono Fred Weasley.” Sorrise divertito, scrutandomi da capo a piedi.
“Sì, lo so.” Mi accorsi di ciò che avevo detto troppo tardi.
“Anche tu sei follemente innamorata di me?” Domandò, forse con un’espressione troppo seria.
“…” Come volevasi dimostrare, non riuscii a dire nulla di senso compiuto, così mi girai e feci per andarmene.
Ma ecco che la sua mano si ripoggiò sulla mia spalla.
“Dai, scherzavo! Perché non ti ho mai vista?” Si appoggiò contro il muro, non staccando mai gli occhi da me.
“Bèh… Non ho dei bei voti, per cui rimango sempre in camera a recuperare.” Fin da subito capii che quella non era la frase adatta per fare breccia nel cuore del Dio Fred Weasley, ma di certo non avevo altre scuse pronte.
“Che noia.” Sbuffò lui. “Eppure sembri un tipo interessante.”
Pregai affinché il mio volto non si fosse dipinto del solito rosso acceso che si espandeva ogni qual volta che ero nervosa.
Ma purtroppo, la sua reazione rispose alla mia domanda non espressa.
 “Sembri un peperone!” Disse, e poi sbottò a ridere.
Non feci in tempo a replicare, che George arrivò al suo fianco, interrompendo quel contatto visivo che ci univa.
“Freddie, è tutto pronto.” George mi lanciò un’occhiata, scrutandomi come aveva fatto precedentemente Fred. Poi guardò il gemello, sorridendogli, e dopo un secondo risero entrambi.
Ovviamente, pensai di avere l’aspetto più buffo del mondo.
“Ti capisco, ma dobbiamo proprio andare.” Gli diede un colpo sul petto con la spalla, e Fred fece lo stesso.
“Ci vediamo in giro, Henrietta.” Mi disse Fred, poi se ne andò.
Non ricordo quanto tempo rimasi lì, ferma nella stessa posizione.
Harry Potter. Hogwarts. Grifondoro. Fred Weasley.
Per un attimo mi venne il dubbio di essermi drogata, per quanto tutto fosse incredibile.
Ma sembrava sempre più reale, e forse, mi stava convincendo.
E proprio quando ripresi il controllo del mio corpo, tutti ripresero a spingere.
“Sbrigatevi, dobbiamo andare in Sala Grande!” Urlò Percy Weasley, e nonostante la mia forte repulsione nei suoi confronti da lettrice, non potei evitare di sentire le farfalle nello stomaco alla sua vista.
Tutto mi trasmetteva quelle emozioni.
Così mi unii alla fila di Grifondoro che si dirigevano in Sala Grande.
Mi alzai in punta di piedi, cercando di scovare Harry Potter, Ron Weasley e Hermione Granger, ma purtroppo, di loro nessuna traccia.
…Vi sarebbe dispiaciuto, eh? Ovvio che li ho incontrati.
Fu Hermione a rivolgermi la parola.
“Ciao, ti andrebbe di unirti al C.R.E.P.A.? E’ un’associa…” Sgranai gli occhi, ammirando in tutta la sua bellezza Hermione Granger, in carne ed ossa.
Sembrava ridicolo; qualcuno che spiegava a me cosa fosse il C.R.E.P.A.
“Sì, voglio!” Non la feci finire, ma lei parve non farne un problema, perché mi rivolse uno splendido sorriso e mi porse una spilla. Tastai le mie tasche in cerca di qualche moneta; il Dottore pensava davvero a tutto.
E senza vedere, le porsi non so quante falci.
“Ehm, mi hai dato un po’ troppo.” Fece lei, guardando shockata prima me poi i soldi.
“No, va bene così. Io ti ammiro tanto Hermione, davvero tanto.” Dovevo proprio avere uno sguardo inquietante, ma andiamo! La mia eroina era a pochi centimetri da me, e veniva pure a chiedere lei un favore a me! Divinamente assurdo.
Ma lei parve cogliere solo il lato positivo di quella rivelazione.
“Sei molto gentile, di certo non come te, Ronald!” A metà della frase si girò assumendo un’espressione disgustata. Ed eccoli.
Harry e Ron.
Qualcuno direbbe “Ma ti hanno degnato di uno sguardo appena!”, ma per me quello era anche troppo.
Interruppi la loro lite, porgendo loro la mia mano.
“Henrietta Hoops.” Sorrisi cercando di placare la mia eccitazione.
“Ron Weasley.” Fece Ron, stringendomi la mano.
“Harry Potter.” Fece Harry, stringendomi poi la mano.
E i miei occhi si inumidirono.
“Ho forse le mani che puzzano?” Mi domandò Ron terrorizzato, annusandosi nervosamente le mani.
Scoppiai in una risata, strofinandomi un dito sotto gli occhi.
“No, scusatemi… E’ solo che ogni giorno che passa sono sempre più felice di essere ad Hogwarts.” Mi sforzai di trattenere le lacrime.
Il “Golden Trio”…
Ron fu l’unico a sembrare un po’ disorientato dalla mia rivelazione, mentre invece Hermione e Harry mi rivolsero un sorriso comprensivo.
“E’ fantastico, vero?” Mi disse Hermione, stringendosi al petto una scatola con all’interno centinaia di spille per il C.R.E.P.A.
“Mah.” Ron sbuffò e ci superò, allontanandosi.
Ammetto che ci rimasi un po’ male, ma niente poteva rendermi triste in una situazione simile.
“Scusalo, ultimamente è molto nervoso.” Mi spiegò Hermione, mortificata. “Senti, scusa la domanda ma… Perché non ti ho mai vista? Mi chiese, guardandomi dritta negli occhi.
“Non ho buoni voti, per cui passo tutto il tempo in camera mia a recuperare le insufficienze ” Cercai di assumere un’espressione mortificata.
“Ma se vuoi ti posso aiutare io!” Propose lei, e mi parve ancora più bella di un momento prima.
“Se per te non è un problema, a me farebbe molto piacere!” Sapevo che stavo arrossendo, ma lei parve non accorgersene.
Percorremmo le scalinate e i corridoi ridendo e scherzando, poi arrivammo in Sala Grande.
Presi posto vicina a loro, e notai che Ron mi lanciò un’occhiata furiosa.
“…” Non riuscii a dire nulla; mi limitai ad abbassare lo sguardo, facendo di tutto pur di non incontrare il suo.
Ma Perché Ronald Weasley ce l’aveva con me?
Poi mi guardai intorno, giocando a trovare ad uno ad uno tutti i personaggi del libro.
“Buona sera ragazzi. Rimanderò a dopo il discorso, ora pensate solo ad ingozzarvi.” Annunciò un Albus Silente sorridente, ed io non riuscii a non provare una fitta allo stomaco, facendomi tornare alla mente il capitolo della sua morte.
Insomma, tornando alla cena; quello fu il pasto più buono che avessi mai gustato, e devo dire che il trascorrerlo con Harry Potter, Hermione Granger e –in un certo senso- Ron Weasley avesse contribuito a renderla ‘la migliore cena del mondo’.
“Ron, sei silenzioso.” Sussurrò Hermione, guardando Ron sbuffare di continuo, e addirittura mangiare la metà di quello che era solito ingerire.
“Non ho più fame.” A quelle parole sussultammo sia io, sia Harry, sia Hermione.
“Ma tu non puoi non avere fame.” Fece Hermione, sconvolta come non l’avevo mai letta/vista.
Ma prima che Ron potesse controbattere, Silente si alzò in piedi ed introdusse il suo discorso con un sonoro ehm ehm.
“Come voi sapete, il Ballo del Ceppo è un evento tradizionale del Torneo Tremaghi, ma devo informarvi che purtroppo, in questa edizione del torneo, non vi sarà possibile in alcun modo parteciparvi.”
Delle lamentele si levarono dalle quattro tavolate, e infondo anche a me dispiacque.
“A meno che, non vengano trovati i dieci ornamenti a forma di fiocco di neve.”
Dopo quell’annuncio, la sala venne riempita da acclami.
“E’ un evento che è stato organizzato per intrattenere anche voi non partecipanti al torneo, per cui i quattro campioni non possono prendervene parte.
La casa che riesce a recuperare il maggior numero di ornamenti, avrà l’importante compito e onore di eleggere il re e la reginetta del Ballo del Ceppo.”
‘La folla era in delirio’, pensai, osservando tutti che urlavano dalla gioia.
“Non posso darvi alcun indizio, se non che non vi sono più ornamenti in un posto solo, e che non sono stati nascosti in alcun dormitorio o sala comune.
E con questo, buona notte.”
Mentre tutti erano occupati a festeggiare e a studiare dei piani per essere i primi a trovare gli ornamenti, io mi accorsi di una cosa che mi fece insospettire; i professori si riunirono e si misero a discutere tra loro a bassa voce, le espressioni serie.
Cosa diavolo era quella caccia al tesoro? Nel libro non c’era nulla di simile.
Qualcosa non stava andando come doveva.
Improvvisamente, una graziosa farfalla dorata mi svolazzò vicino al volto.
Era così brillante, così splendente, che non mi accorsi della mancanza delle sue ali.
Strano, pensai, ma non ci diedi peso, visto che un istante dopo Hermione mi trascinò dietro di lei.
“Bella questa iniziativa, non è vero?” Fece Hermione, e quello che dissi dopo fece bloccare tutti e tre.
“Per me c’è sotto qualcosa; mi sembra strano.”
“Fantastico; adesso abbiamo due Hermione.”
E con questo, Ron si congedò una volta per tutte, entrando nella Sala Comune e varcando la soglia del dormitorio maschile.
“Mhhh, penso che andrò in biblioteca.” Hermione, ignorando totalmente Ron,  si voltò di scatto e uscì dalla sala comune; feci appena in tempo a raggiungerla, prima che il quadro si chiudesse dietro di lei.
Chiusi un istante gli occhi, e quando li riaprii mi ritrovai davanti al volto la stessa identica farfalla di prima.
“Ehi Hermione, guarda quanto è bella questa farfalla.” Sorrisi.
“Quale farfalla?” Domandò, guardandosi attorno.
“Ma come quale? Questa qui.” E mi indicai il naso, dove la farfalla si stava per appoggiare.
“Non c’è nessuna farfalla…” Sussurrò lei, guardandomi con uno sguardo confuso.
“Dai non importa, dobbiamo sbrigarci.” E così mi portò via, dirette verso la biblioteca.
Ma anche quando mi infilai nel mio letto, circa due ore dopo, non riuscii a levarmi dalla testa quella farfalla.

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Capitolo 3
*** Occhi neri. ***


La mattina seguente venni svegliata da un rumore assordante.
“Buongiorno Grifondoro!” Mi urlò in un orecchio il Dottore, particolarmente entusiasta.
“Dottore, dove…” Quella era la prima notte che passavo ad Hogwarts, e per un terribile momento che mi parve non finire mai, temetti che fosse stato tutto solo un sogno.
“Devi svegliarti, presto!” Mi incoraggiò ad alzarmi, lanciandomi sul letto la divisa scolastica e chiudendo le tende del letto a baldacchino, così che potessi avere un po’ di privacy per cambiarmi.
“Ma è prestissimo… Stanno tutti dormendo…” Bofonchiai, strofinandomi gli occhi con le mani chiuse a pugno.
“C’è una cosa di cui vorrei parlarti. Da soli.” La sua voce si fece ad un tratto seria, ed io mi sentii avvampare.
“Dottore, non ho nemmeno sedici anni…” Sussurrai, sbrigandomi a vestirmi.
“Una cosa riguardante Hogwarts.” Lo sentii ridacchiare, e in quel momento non potei sentirmi più stupida di così.
“Certo, ovvio. Lo avevo capito.” Balbettai, uscendo dal letto vestita e posizionandomi davanti allo specchio, pettinandomi.
Dopo una manciata di minuti ero pronta, così il Dottore ed io ci dirigemmo fuori dal castello, sulla riva del lago nero.
“Cosa dovevi dirmi di così urgente?” Gli chiesi sedendomi a terra, incrociando le gambe.
“Hai sentito cos’ha annunciato ieri Albus Silente, no?” Il suo sguardo non puntava da nessuna parte specifica.
“Gli ornamenti del ballo del ceppo, sì.” Cominciai ad innervosirmi, sempre più certa che i miei dubbi non fossero infondati.
“E’ un modo per tenervi impegnati.” Il suo sguardo si spostò su di me.
“Devi sapere, Henrietta, che il TARDIS non mi porta semplicemente dove voglio andare, ma dove c’è qualcosa che non va come dovrebbe.”
“Quindi? Cosa sta succedendo? Questo è un libro già scritto; com’è possibile che accada qualcosa di nuovo?” Ero così confusa.
“Eppure noi due siamo qui, no?”
“Quindi è così; non è il mondo di Harry Potter.” Mi morsi il labbro, trattenendo così l’impulso di piangere.
Allora dov’eravamo?
“Henrietta…” Si chinò, in modo tale che le nostre teste fossero alla stessa altezza. “Credi nell’esistenza del Multiverso?”
“Cosa vorresti dire?”
“Esistono infiniti universi paralleli di Harry Potter. Evidentemente questo è quello che ha bisogno di aiuto.”
Mi alzai di scatto, camminando avanti e indietro.
“Mi sembra tutto così assurdo!” Il Dottore mi si posizionò davanti, prendendomi il visto con entrambe le mani e stampandomi un bacio sulla fronte.
“Henrietta, devi fidarti di me. Andrà tutto bene.” La sua voce era così confortante.
“Dimmi cosa succede…” La mia voce si ridusse ad un sussurro.
“Qualcuno, non so ancora chi, sta mettendo a rischio tutta Hogwarts. I professori stanno cercando di capire cosa stia succedendo, quindi hanno messo in scena questa messa in scena.” Rise per la sua battuta, ma vedendo il mio volto ancora serio, prese la saggia decisione di finirla.
“Il ‘cattivo’ del quarto libro è Barty Crouch Jr, nei panni del professor Alastor Moody.” Le mie labbra si allargarono in un sorriso, certa che la mia fosse una riflessione più che intelligente.
“Henry Hoops, sei proprio adorabile. Non si tratta solo di Harry Potter, ma dell’intero Multiverso.”
“Ehi, ehi! Non osare chiamarmi ‘Henry’, è da maschio! E poi cosa vorresti dire?”
“Vedi, Henry.” Sorrise alla vista della mia espressione corrucciata. “Probabilmente si tratta di alieni, e molto probabilmente hanno preso l’aspetto di uno studente di Hogwarts. Geniale!”
Alzai gli occhi al cielo.
“Ti dispiacerebbe mostrarti più preoccupato per la situazione in cui ci troviamo? Un alieno poi! Dio, come sono confusa!”
“Dobbiamo muoverci, quasi certamente ci resta poco tempo.” E lo vidi cominciare a camminare a passo spedito.
“Ehi fermo, dove stiamo andando? Che tipo di alieno? Quanto tempo ci manca? Mi vuoi aspettare?!”
“Umani…” Rise lui.
“Perché, tu cosa saresti se non un umano?” Il Dottore parve offeso dalla mia espressione beffarda.
“Un Signore del Tempo, no?” E mi sorrise.
“Giusto. Strano che non ci abbia pensato subito, vero?” Sbuffai esasperata.
“Comunque, tralasciando il fatto che io sia un Signore del Tempo super sexy e super intelligente… Ora puoi rivolgermi tutte le domande che vuoi.”
“Bene; dove stiamo andando?”
“Non lo so.” Ritirò fuori dal taschino il cacciavite sonico, puntandolo un po’ ovunque.
“Fantastico. Che tipo di alieno?”
“Non lo so.” Parve divertito.
“Quanto tempo ci manca?”
“Forse tre… No, non ne ho idea.”
“Ma se non sai nulla come pensi di uscire da questa situazione?” Gli diedi una spinta, fuori di me.
“Idromele.” Si immobilizzò.
“…come?”
“Devo bere un Idromele.” E riprese a camminare.
“Che piano geniale!” Mi spiaccicai una mano sul volto, sempre più esasperata. Quando la feci scivolare giù, riecco quella farfalla dorata, proprio davanti agli occhi.
Allungai un dito e la sfiorai.
Caldo, freddo.
Felicità, tristezza.
Luce, buio.
Un istante dopo, giusto il tempo di chiudere e riaprire gli occhi, la farfalla non c’era più.
“Henrietta Hoops, si può sapere dove diavolo sei stata?” Era la prima volta che lo sentivo urlare.
“Come siamo severi! Mi sono fermata giusto due secondi, calmati accidenti!” Gli rivolsi un’occhiata piena di odio.
“Due secondi…? E’ da due ore che ti cerco!” Mi si avvicinò, poggiò le mani sulle mie spalle e mi scosse.
“Non capisco, io… Sì, ne sono sicura. Due secondi.” Mi girava la testa.
“Henrietta, ora calmati e spiegami esattamente cos’è successo.” Il suo sguardo era fisso su di me.
“Tu hai cominciato a camminare, io ti stavo seguendo, ma poi mi sono fermata un istante a guardare una splendida farfalla…” Il Dottore mi interruppe.
“Una farfalla?”
“Sì, una farfalla, e allora?” Gli occhi del Dottore si sbarrarono.
“E dimmi… Com’era fatta questa farfalla?”
“Come vuoi che sia fatta una farfalla? Un ‘corpo’ e due al…”
“Due ali.” Concluse il Dottore.
“Non è possibile…” Abbassai il volto.
“Lo è.”
“Quella farfalla quindi… E’ l’alieno di cui parlavi?” Cominciai a tremare.
“Non essere scioccia Henry Hoops, è solo un loro subalterno.” Si bloccò di scatto. “Per farci perdere tempo! Evidentemente ti hanno vista come una minaccia… Geniale!” Si allontanò da me, girando su se stesso.
Loro subalterno? Ce n’è più di uno?” Perché lui era il Dottore, e nulla riusciva a spaventarlo.
“Milioni, forse.” Si portò un dito in bocca.
“E me lo dici così?” Sbarrai gli occhi.
“Sbrighiamoci, abbiamo già perso troppo tempo.” Questa volta mi afferrò per il braccio e mi trascinò via con lui.
“Si può sapere dove?” Feci scivolare il mio braccio, così da far intrecciare la mia mano alla sua.
Improvvisamente mi sentii avvolta da uno strano calore.
“Mi verrà in mente quando saremo dentro.” Poi fece silenzio, come aspettando un’altra mia predica. “Perché non parli più?” Mi chiese, voltandosi verso di me.
Il mio sguardo era ancora puntato sulle nostre mani.
“Questa è… La prima volta che mi tengo per mano con un ragazzo…” Arrossii, abbozzando un sorriso.
“Umani… Non prendertela Henry, tu vali mille volte più di loro.” Mi rivolse un ultimo sorriso, poi mi trascinò fino all’interno di Hogwarts.
“Ora sai dove dobbiamo andare?” Domandai guardandomi attorno.
“Ancora non l’hai capito?” Ghignò, aumentando la stretta della presa.
“Dimmi che non è quello che penso…” Mi ritrovai a sbarrare gli occhi, con il cuore che mi batteva all’impazzata, e purtroppo non più solo per la sua mano intrecciata alla mia.
“Emozionata, èh?” Si morse un labbro e cominciò a correre, più eccitato che mai.
“Non la Camera dei Segreti, ti prego!” Mi bloccai, così da fermare anche lui.
“Non dirmi che hai paura.”
“No, non ce l’ho, però…”
“E’ mattina, svegliatevi!” L’intero castello venne investito da urla; probabilmente dei prefetti.
“Ti sei salvata, Henry Hoops.” Fece scivolare via la sua mano e si voltò, da solo.
“Dove vai?” Gli urlai dietro.
“Nella Camera dei Segreti! Tu vai a fare colazione, poi a lezione, poi a studiare e infine, forse, ti dirò cosa avrò scoperto!” Si stava già allontanando.
“E nel frattempo cosa devo fare?” Alzai ancor di più la voce.
“Stai lontana dalle farfalle!” Riuscii a comprendere quell’ultimo suono, già molto lontano.
Poi il silenzio.
 
“Oh, eccoti!” Hermione mi si avvicinò, le occhiaie più evidenti della sera prima.
“Ciao, ero andata a fare una passeggiata!” Le sorrisi.
“Scusa per ieri. Per averti fatto fare nottata, intendo.” Parve mortificata.
“Non devi chiedermi scusa, mi ha fatto piacere.”
Improvvisamente una voce maschile urlò il mio nome.
“F-Fred…” Ebbene sì, Fred Weasley mi si avvicinò, facendomi l’occhiolino.
Subito dopo arrivò Ron, che afferrò il fratello maggiore per le spalle e lo trascinò via da me, per poi girarsi e lanciarmi la solita occhiata piena di odio.
“Mi odia proprio, èh?” Sussurrai ad Hermione, scompigliandomi i capelli.
“Ti assicuro che di solito non è così… Non so che gli prende.” Hermione seguì con lo sguardo Ron.
Dopo qualche istante si rigirò verso di me, fissandomi confusa.
“Hai gli occhi…neri? Ero convinta fossero verdi.” Mi scrutò attentamente.
Sono verdi. Bah, sarà un effetto della luce.” La rassicurai, grattandomi un sopracciglio.
“Comunque” Riprese la mia nuova amica, liquidando il discorso sugli occhi. “Ti senti bene?”
“Sì, perché?”
“E’ il soprannome di un ragazzo che ti ha spezzato il cuore?” Mi strinse la mano, come se l’argomento potesse farmi chissà quale effetto.
“Soprannome? Ragazzo? Ma di che diavolo stai parlando?” Azzardai una risata.
“Ma sì, dai… Il Dottore. Questa notte non hai fatto che invocare il suo nome.” Mi sorrise. “Se non ti va di parlarne, io lo capisco.”
“No no, ti assicuro che non è così! Lui è solo un Signore del Tem…” Mi bloccai appena in tempo. “Ehm…”
“Del…? Continua.” Mi incitò Hermione.
“Scherzavo!” Annunciai scoppiando in una delle più false risate a cui mi ero mai aggrappata.
“Henrietta…” Il tono della sua voce si fece profondo.
“Sì, Hermione?”
“Non ti stavi riferendo al Signore del Tempo, vero…?” Sussurrò, ed io mi sentii impallidire.
“C-Cosa sarebbe il Signore del Tempo…?”
“Se ne parlava spesso, prima. Il ‘prescelto’.”
“E poi cosa è successo?” Volevo saperne di più. Effettivamente il Dottore sembrava conoscerlo bene quell’universo.
“Non è più arrivato nessuno. L’ultima speranza dei maghi… andata perduta.” La sua espressione era piena di malinconia.
“Ma non è Harry il prescelto?”
“Sì, ora sì. Ma sai, tu-sai-chi non c’è sempre stato. Prima di lui c’erano altri Stregoni. Ma… Riguardo al Signore del Tempo… Probabilmente non è mai esistito. Sai, una di quelle storie che si inventano per non far spaventare tutti.” Tutta quella preoccupazione in una ragazza… Osservarla era straziante.
“No, Hermione, non devi dire così!” Le diedi le spalle prendendo fiato, poi poggiando le mani sui fianchi, cercando una soluzione.
“Dottore, non avercela con me…” Sussurrai.
“Come dici?” Chiese Hermione.
“Hermione, quello che tu hai appena detto… Del fatto che non credi nell’esistenza del Signore del Tempo, che si trattava solo di una voce per far mantenere la calma a tutti… Non è forse quello che si pensa ora di Harry?” Hermione mi guardava con un interesse che nessun altro aveva mai mostrato nei miei confronti o nelle mie parole.
“Ciò che voglio dire è… Harry esiste, ed è il prescelto. E quindi… Insomma! E’ il Dottore, il Dottore esiste!” Un sorriso si espanse spontaneamente sul mio volto.
“Il Dottore? Vorresti dire che…? Ma… Dovrebbe essere morto!”
“E’ immortale. O una cosa simile. Non lo so!”
“E lui è qui? Può aiutarci?”
“Sì è qui, ma prima devo dirti una cosa.”
Feci sedere Hermione.
“Non sarà breve… E nemmeno semplice, te lo assicuro. Ma ti prego, devi fidarti di me.”
 
Dopo circa mezz’ora, riuscii a spiegarle tutto, proprio tutto; le mie origini, il suo mondo, il mio essere una sua grandissima ammiratrice, la ‘figura’ del Dottore, ed il pericolo imminente.
“Wow…”
“Già.” Mi sfregai le mani, alquanto nervosa della conversazione.
“E’… Strano.” Si morse un labbro, e con una mano cominciò a grattarsi la testa.
“Quindi mi credi?” Le domandai titubante.
“Bèh, in realtà sì.”
“Forte!” Mi venne spontaneo ridere.
“Alieni, èh? Chi potrebbe mai essere? Non mi viene in mente nessuno che possa essere controllato da un alie…” Si bloccò, e improvvisamente entrambe ci girammo verso l’altra, sbarrando gli occhi.
“Ron!” Urlammo all’unisono, ed io cominciai a correre via.
“Dove vai?” Mi urlò dietro.
“Dal Dottore, e tu vieni con me!” Tornai verso indietro verso di lei, la afferrai per la divisa e la portai con me.
 
Già da lontano riuscii a sentire il Dottore parlare a chissà chi o cosa.
“Weasley… Tutto solo nella Camera dei Segreti? La questione sta diventan…”
“Dottore! Ron Weasley! Lui è lo studente che è stato possedu…” La frase mi morì in gola, quando vidi Ron a terra, dinnanzi al Dottore.
“Henry Hoops, eccoti! E c’è anche Hermione Grager.”
“Granger, Dottore.” Lo corressi io, guardando preoccupata Hermione, ma lei non parve accorgersene; aveva occhi solo per il Dottore, e la cosa –lo ammetto- mi diede un po’ fastidio. “Comunque… Vedo che hai catturato l’alieno!” Sorrisi soddisfatta.
“Alieno? Lui?” Il Dottore scoppiò a ridere.
“Che c’è da ridere?” Portai una mano sul fianco, guardandolo con aria confusa.
“Lui non è un alieno, Henry! Devi ancora farne di strada, Hoops!” Aveva l’aria di chi si stava divertendo un mondo.
“Ma… Il suo atteggiamento è strano! Nel libro non è così, e…”
“Vi ho visti arrivare.” Mi interruppe Ron.
“Come?”
“In quella cabina blu. Vi ho visti materializzarvi dentro al cancello di Hogwarts, e quella tua storiella sulle materie da recuperare non mi ha convinto nemmeno un po’.”
Sentii Hermione ridere.
“Cosa c’è?!” Fece Ron, guardando Hermione di traverso.
“Mi hai stupita. Non pensavo lo ricordassi.” Sorrise, riferendosi all’intervento –stranamente intelligente- di Ron.
Mi portai improvvisamente una mano su un occhio, cominciando a sfregarmelo. “Ahi!”
“Henry, cos’hai?” Il Dottore arrivò al mio fianco, poggiando una mano sulla mia schiena.
“L’occhio… Mi brucia da morire!” Mi piegai maggiormente. Il dolore era estenuante.
“Fammi vedere…” Sussurrò il Dottore, prendendomi dolcemente la mano e allontanandomela dal volto. “Henry…”
“Cosa c’è…?” Cominciai a tremare, stringendo automaticamente la mia mano attorno al suo polso.
“Da quanto tempo ti fa male?” Mi chiese, evitando completamente la mia domanda.
“Da ora, credo. Perché?”
“L’occhio nero… Sì.” Disse Hermione, ed il Dottore si girò verso di lei.
“Da quanto ce l’ha così?” Il tono della sua voce era profondo, pauroso.
“Da quaranta minuti, all’incirca. Perché?” La voce calma di Hermione non fece che innervosirmi di più.
“Henry, quello che ti dirò ora non sarà piacevole, ma voglio che tu mantenga la calma.” Mi sussurrò il Dottore, accarezzandomi i capelli.
“Dottore, dimmelo. Ora!” E mentre io cominciai a farmi un elenco mentale riguardante tutti i possibili modi in cui potevo morire, il Dottore cercava di essere divertente.
“Ecco… Bèh, detto in parole umane…”
“Dottore!” Urlai spazientita.
“Stai per diventare un alieno.” Sorrise.
“Io cosa?” Gridai sbarrando gli occhi, dimenandomi.
“Calma Henry Hoops, rimani calma!”
“Come puoi dirmi di rimanere calma? Io sto pe… distruggere Hogwarts con il Dottore.”
“Cosa?” Fecero Hermione e Ron, sbalorditi.
“Male, Va molto male.” Il Dottore girò su se stesso, portando entrambe le mani sul suo volto.
“Va male cosa? Non capisco…” Le loro facce erano sconvolte, ed io non ne capivo il motivo.
“Henrietta… Gli alieni ti stanno trasformando nello strumento che spazzerà via Hogwarts, con tutti noi all’interno.” Il suo sguardo si fece serio, ed io mi sentii mancare.
Se il Dottore non fosse stato così veloce, se non mi avesse presa all’improvviso, sarei caduta a terra.
“Dottore… Quanto tempo mi manca…?” Sentii le lacrime sgorgare dai miei occhi; stavo per distruggere il luogo, l’universo che consideravo una ‘casa’ da anni. Stavo per uccidere gli eroi della mia infanzia e del mio presente.
“Nemmeno un’ora.”
Tick Tock
 

 

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Capitolo 4
*** Impara e ama. ***


“Dottore, cosa possiamo fare?” Sussurrai, tenendo gli occhi chiusi.
“Henry, devi tenere gli occhi umidi.” Mi ordinò il Dottore.
“Ti assicuro che questo non è un problema!” Affermai io, sentendo un’altra lacrima scivolarmi sul volto.
“Sei grassa!”
“Come?!” Sbarrai gli occhi, rivolgendogli un’occhiata truce.
“Devo farti piangere.”
“Questo non mi farà piangere! E poi, sto già piangendo!”
“Dottore, si può usare la magia?” Domandò ad un tratto Hermione.
“Dovrebbe, sì.”
Hermione mi si avvicinò cautamente, impugnando la bacchetta e dicendo chiaramente “Aguamenti”, e un getto d’acqua mi si scagliò sul viso.
Tossii, battendo più volte le palpebre.
“Guardate!” Esclamò Hermione, allontanandosi.
“Cosa c’è?” Chiese il Dottore, continuando a guardarmi.
“Un ornamento del Ballo del Ceppo!” Disse.
“E tu in un momento simile pensi agli ornamenti del Ballo del Ceppo?” Gridai, furibonda.
“Aspetta.” Il Dottore si raddrizzò, voltandosi e raggiungendo Hermione.
Estrasse il cacciavite sonico e lo puntò contro l’ornamento.
“Lo sapevo…” Sussurrò, stringendo una mano a pugno.
“Sapevi cosa?” Domandò Hermione, scrutandolo.
Ma il Dottore si voltò, mi raggiunse e mi afferrò per un braccio.
“Dobbiamo andare.” Non disse nient’altro. Era sempre così misterioso.
“Dove? Cosa sta succedendo?” Gli domandai terrificata. Le cose sembravano andare di male in peggio.
“Bombe.” Sussurrò il Dottore.
“Bombe?” Ripetemmo io, Hermione e Ron, confusi dal suo intervento fuori luogo.
“Gli ornamenti. Sono tutte bombe.” Io e Ron sbarrammo gli occhi, mentre invece Hermione si lasciò sfuggire una risatina alquanto fastidiosa.
“Dottore, è assolutamente impossibile. Le misure di sicurezza ad Hogwarts sono eccellenti, e di certo Silente non l’avrebbe mai permesso.” Un largo sorriso si espanse sul volto di lei, certa di aver contraddetto il Dottore.
“Siete così adorabili.” Sorrise il Dottore, facendoci uscire dalla Camera dei Segreti, la sua mano ancora stretta attorno al mio braccio. “Non è ovvio? Albus Silente è stato ‘posseduto’.”
“Questo è impossibile!” Hermione sembrava non voler proprio cedere.
“Allora lo scoprirai da sola tra meno di due ore.” Disse schietto il Dottore, dirigendosi all’esterno di Hogwarts.
“Cosa accadrà tra due ore?” Domandò Hermione, incrociando le braccia.
“Le bombe esploderanno, e magicamente il corpo di Albus Silente verrà ritrovato –se ci saranno superstiti- a qualche miglia di distanza, intatto, ma senza vita.” Riuscii a sentire qualcosa nel tono di voce del Dottore mutare; sembrava preoccupato, o perlomeno agitato.
“Quindi? Che si fa?” Chiese Ron, lanciando di sfuggita delle occhiate a Hermione.
“Nel TARDIS.” Esclamò il Dottore.
“Dove?” Chiesero Ron e Hermione, un po’ confusi.
“E’ una lunga storia.” Feci io, interrompendo il Dottore. Se non l’avessi fatto avrebbe cominciato a vantarsi e a parlottare per ore e ore, e di certo non avevamo tempo da perdere.
Dopo circa dieci minuti ci ritrovammo davanti al TARDIS.
“Una cabina telefonica?” Chiese Hermione, con tono beffardo. “E cosa dovremmo farci?”
“Entrarci.” Il Dottore le rivolse un sorriso.
Aprì la porta e mi trascinò dentro con lui, attendendo che Ron e Hermione facessero lo stesso.
“Ma…” Cominciò Ron.
“E’ più grande all’interno!” Finì Hermione, e il Dottore sfoggiò uno splendido sorriso.
“Hanno tutti questa reazione la prima volta, vero?” Sussurrai al Dottore, facendomi scappare un sorrisetto.
“La tua è stata la più divertente.” Mi disse, e si girò affinché io non lo vedessi ridere al ricordo della mia imbarazzante prima visita nel TARDIS.
“Dottore, dove andiamo adesso?” Domandò Hermione, avvicinandosi al centro di comando e osservando tutto molto attentamente.
“A prendere Harry Potter.” Esclamò, e sentii Hermione e Ron sussultare, come se si fossero dimenticati del loro migliore amico.
“E dopo? Se gli ornamenti sono bombe, perché non abbiamo distrutto quello nella Camera dei Segreti?” Hermione parve innervosita.
“Vanno distrutti in contemporanea.” Annunciai d’un tratto io, e riuscii a sentire i loro sguardi poggiati su di me, quello del Dottore entusiasta.
“Come fai a saperlo?” Mi domandò, e non riuscii a non sorridere alla vista del suo sorriso.
“Leggo molti libri fantasy. La mia è stata solo una supposizione.” Incrociai le braccia.
“Ed hai ragione, Henrietta Hoops.” Cominciò a darsi da fare con gli ingranaggi del TARDIS; ci fu un lieve tremolio, un rumore lievemente assordante e poi il silenzio.
“Quando usciremo ci troveremo dove?” Domandai.
“Torre di Astronomia. E adesso ascoltate il piano.” Il Dottore si sfregò le mani, guardando prima me, poi Ron, poi Hermione e poi ancora me.
“Prima di tutto andate a trovare Harry. In seguito dovrete andare a cercare sette maghi fidati in grado di fare un incantesimo medio-alto.”
“Ma così poi saremmo in undici.” Lo interruppi io.
“Non essere sciocca Henry, non puoi fare alcun incantesimo. In un certo senso adesso sei per il 22% alieno. Il tuo incantesimo potrebbe rafforzare l’ornamento, anziché distruggerlo.” Mi spiegò il Dottore.
“22% alieno? Fantastico!” Mi morsi le labbra, trattenendo a fatica le lacrime.
“Coraggio, andate! Prima le distruggete, meglio è. Alle 17:00 in punto, dovrete sferrare l’attacco.” E ci spinse fuori dal TARDIS.
“E tu cosa farai?” Chiesi io, prima che richiudesse la porta.
“Non lo so.” Sorrise, e poi sparì insieme al TARDIS.
 
16:30
Dopo un quarto d’ora di ricerca riuscimmo a reclutare altri sette maghi; Fred, George, Ginny, Neville, Dean, Seamus e Angelina, che accettarono di aiutarci senza una vera e propria spiegazione, e di questo gliene fui enormemente grata.
Ron scomparve per dieci minuti, e quando tornò con lui c’era Harry, lo sguardo un po’ confuso.
“Gli ho un po’ spiegato la situazione, ma non penso abbia capito.” Mi sussurrò Ron.
“Sarà il Dottore a spiegarglielo, ma non ora.” Risposi, ma poi mi bloccai all’improvviso.
“Cosa succede?” Mi domandò Ron, e lo vidi spostare lo sguardo da me a Hermione; evidentemente entrambe ci stavamo porgendo la stessa, identica domanda.
“Non sappiamo dove sono.” Iniziai io.
“Dove sono cosa?” Chiese Ron, guardando prima noi poi i reclutati, che erano alquanto confusi.
“Gli ornamenti.” Finì Hermione, cominciando a camminare avanti e indietro.
“Miseriaccia…” Sussurrò Ron, assumendo improvvisamente un’espressione sconvolta.
“Ci dev’essere una soluzione. Se il Dottore ci ha lasciato questa missione significa che lui sapeva che noi sapevamo. Noi dobbiamo saperlo!”Ad un tratto mi ricordai di quello che mi aveva detto non appena arrivammo a Hogwarts.
“Sì… Dovrebbe funzionare…” Dissi tra me e me.
“Cosa?” Mi domandò Hermione.
Ma io non le risposi.
Expecto Medicus!” Esclamai, e  per un attimo temetti che quello fosse solo uno scherzo del Dottore.
Ma invece sentii la sua voce.
“Dottore? Non ti vedo!”
“Sono nella tua mente, in un certo senso.” Disse. I reclutati mi guardavano come se fossi pazza, mentre Harry, Ron e Hermione innervositi, così ne dedussi che non ero l’unica in grado di sentirlo.
“Dottore, non sappiamo dove sono gli ornamenti!” La mia voce era un grido, ma da parte del Dottore, solo una risata.
“Cara, dolce, adorabile Henrietta Hoops. Tu lo sai bene. Lo sai.” La sua invece era una voce calma.
“Dottore, sono seria! Tra poco esploderemo tutti, io stessa contribuirò nel farlo… Non abbiamo tempo da perdere! Fai il serio!” Le mie gambe tremavano, eppure lui non mi rispose. O meglio, così credevo. Un indizio, seppur piccolo, contiene ugualmente una parte della risposta.
“Impara, Henrietta Hoops. Impara e Ama. Tu lo sai. Impara, Henrietta Hoops. Impara e Ama.” Fu l’ultima cosa che disse, poi il segnale scomparve.
“Che cosa vorrebbe dire!” Urlai, saltando dall’ira. Mi sentii addosso gli sguardi di tutti, ma poco mi importava.
Hermione mi si avvicinò. “Imparare e amare, ha detto.” Si portò una mano dinnanzi alle labbra, meditando.
“Sono indizi troppo va…distruggere Hogwarts con il Dottore.
Tutti mi rivolsero uno sguardo sconvolto.
“Cosa succede?” Feci io, guardandomi alle spalle.
“Hai appena…” Cominciò Harry.
“Dobbiamo sbrigarci, il tempo sta finendo.” Lo interruppe Hermione, dandosi dei lievi colpetti in testa. “Ma certo!” Gridò ad un tratto.
“Sai dove si trovano?” Chiesi io, stupita.
“Noi sappiamo. Dobbiamo imparare. Dobbiamo amare.” Hermione scandì attentamente ogni singola sillaba.
“Noi sappiamo che uno dei dieci ornamenti si trova nella camera dei segreti. E siamo ad uno.” Ben venti orecchie ascoltavano attentamente tutto ciò che Hermione diceva.
“Dobbiamo imparare. Le classi! Le lezione obbligatorie, quelle fino al terzo anno. Otto classi, otto ornamenti. E siamo a nove.” Continuò lei.
“E amare?” La interruppi io.
“Bèh, in realtà quello non riesco a decifrarlo.” Confessò, mortificata.
“Ah, non importa. Dobbiamo sbrigarci, manca davvero poco! Dividiamoci!” Il mio tono di voce si fece autoritario.
“Ron andrà nella Camera dei Segreti, Harry nel Campo da Quidditch, Hermione nell’aula di Trasfigurazione, Ginny nell’aula di incantesimi, Neville nella serra, Dean nell’aula di Difesa contro le Arti Oscure, Seamus nell’aula di Storia della Magia, Angelina nell’aula di Pozioni, George nella torre di Astronomia.” Man mano che li nominavo, si separavano dal resto del gruppo ed uscivano, diretti dove gli era stato detto.
“Alle 17:00 in punto. Niente dovrà distrarvi dal vostro obbiettivo.” Avevo detto all’inizio, e tutti parvero aver compreso perfettamente.
“E Fred… Tu verrai con me.” Deglutii.
“Dove?” Mi chiese lui, a metà tra il sorpreso e il divertito.
“Nel cuore di Hogwarts, no?”
 
16:50
“La Sala Grande?” Mi domandò Fred, che parve non aver notato il mio nervosismo nello stare sola con lui, oppure pensava lo fossi solamente per la situazione.
“Sì, il cuore di Hogwarts.” Sorrisi.
“Sei sicura che quello intendesse proprio la Sala Grande?”
“Lui è il Dottore.” Lo corressi io. “No, in realtà non ne sono sicura. Ma non aver paura.” Aggiunsi, sempre meno convinta delle mie parole.
“Non dovrei essere io a tranquillizzarti?” Ammiccò lui, ed io mi sentii avvampare.
“S-Senti, ammetto che accetterei di flirtare con te per il resto dei miei giorni, ma se non ci muoviamo a trovare l’ornamento moriremo tutti.” Abbozzai un sorriso, e lui scoppiò a ridere.
“Nessuna riesce proprio a resistere al mio fascino, èh?” Alzò le sopracciglia, rivolgendomi un sorriso splendente.
“Senti…” Cominciai. “Quando tutto questo sarà finito…” Ma lui mi interruppe, come leggendomi nella mente.
“Vuoi venire al Ballo del Ceppo con me?” Mi domandò, e un istante dopo la sua mano afferrò la mia, con dolcezza.
“S-Sì…” Tutto il resto parve scomparire. “Certo…” La paura, la preoccupazione… Non c’era più nulla. Solo io e lui.
Fino a quando il mio cuore non si fece più pesante. Letteralmente. Un istante dopo il dolore e la pesantezza passò alla mano, e qualcosa all’interno d’essa mi punse, ed evidentemente anche Fred riuscì a sentirlo, perché fece scivolare la sua mano dalla mia, e qualcosa d’argentato cadde a terra.
“Cosa…” Feci io, chinandomi.
“Ma questo è…” Io e Fred restammo a bocca aperta; era il decimo ornamento del Ballo del Ceppo.
Ama…” Pensai, ricordando gli indizi del Dottore e sorridendo. La risposta era davvero sotto il nostro naso.
“Quindi ora ci resta da fare una cosa sola.” Disse Fred.
Annuii.
“Distruggerli.”
 
17:00
Strinsi la mano di Fred, e lui puntò la sua bacchetta sull’ornamento. Insieme al battito del mio cuore, riuscii a percepire anche quello degli altri. Tutti noi avevamo paura, ma eravamo anche intenzionati a proteggere un luogo, una casa a cui tutti eravamo legati.
Vidi le labbra di Fred muoversi, ma non riuscii a sentirlo pronunciare l’incantesimo.
La mia mano si staccò dalla sua, e venni scaraventata via.
 
E un attimo dopo non ero più lì. Mi trovavo dinnanzi al Dottore.
“Dottore!” Gli sorrisi, ma subito dopo mi accorsi di non aver parlato. Il suo sguardo era serio, e d’un tratto mi puntò contro il cacciavite sonico.
“Cosa succede…?” Ma ancora una volta non riuscii a dare voce ai miei pensieri.
Eppure sentii le corde vocali vibrarmi, e mi sentii muovere la mano. Ma non era la mia mano.
“Anche se mi hai scoperto, non riuscirai a fermare tutto. Ho fatto posizionare dieci bombe in questa scuola, e tu non sai come distruggerle.” Queste parole uscirono dalle mie labbra, ma non con la mia voce, non con la mia volontà.
E infine capii.
Ero in un certo senso Albus Silente.
“Oh, sono stata posseduta…” Pensai, sentendomi d’un tratto assurdamente pesante. Una lacrima mi rigò il volto, o quello che era rimasto di me. Ma quello che sentii dopo, mi fece sussultare.
“Una… Lacrima? Perché sto piangendo?!” Chiesi io/Albus l’alieno.
“Non temere, Henry Hoops.” E sorrise.
“Henry Hoops? Cosa diavolo stai farfugliando?!” Urlò Albus l’alieno.
“Te lo spiego subito; Il ‘capo’ della loro razza si è impossessato del corpo di Albus Silente, per cui tra di te e lui si è creato un legame fisico. Non so ancora come, sei finita al suo interno, ma non temere. Ora ti tirerò fuori.” Mi sorrise un’ultima volta, poi strinse tra le dita il cacciavite sonico.
“Basta! Cosa stai dicendo? Dimmi cosa sta succedendo!” Domandò ancora Albus l’alieno, indietreggiando d’un passo.
“Dieci ragazzi si sono radunati” Cominciò il Dottore.
“No…” Sussurrò Albus l’alieno.
“Si sono divisi…” Continuò il Dottore.
“Non è possibile…”
“Alle 17:00 in punto.”
“Come hai…?”
“Come l’ho scoperto? Sono il Dottore.”
Non so cosa o come fece, ma il corpo di Albus Silente venne scaraventato all’interno del pensatoio, ed io con lui; mi sentii tremare, annegare, risucchiata da qualcosa, poi buio.
 

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