Holes

di serengleepity
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Lies ***
Capitolo 3: *** Hello Again ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Titolo: Holes
Rating: Arancione
Personaggi/Pairing(s): Demi Lovato, Joe Jonas, altri.
Avvertimenti/Note: Questa fanfic dalla lunghezza ancora indefinita è frutto di un pomeriggio all’insegna del cazzeggio e della voglia di mettere per esteso uno dei miei illimitatissimi estratti di film mentali. Demi e Joe sono solo i prestavolti, sia chiaro. Demi non è una popstar internazionale, bensì una semplice studentessa universitaria. Joe non fa parte della nota band dei Jonas Brothers, anzi, si rivelerà essere un comune pendolare con la passione per l’arte. Chiarito ciò, spero con tutto il cuore che la lettura vi intrighi/piaccia/aggradi/coinvolga! Ci si risente a fine prologo.

 
-

 
“Now he left a in hole in my heart, 
a hole in a promise, 
a hole on the side of my bed
Oh now that he’s gone well life carries on,

and I miss him like a hole in the head
Well sometimes you can’t change and you can’t choose,
and sometimes it seems you gain less than you lose
Now we’ve got holes in our hearts, 

we’ve got holes in our lives
Where we’ve got holes, we’ve got holes but we carry on.”

[Passenger - Holes]


 
 


 
-

 
 HOLES
prologo




 
L’estate volgeva al termine, come la durata della sua pazienza, d’altronde.
Un’estate segnata da libri e tanto studio.
Un’estate afosa e noiosa come poche.
Un’estate mai davvero sfruttata.
Demi Lovato, emerita idiota.
Quella vocina stridula ed estremamente petulante, probabilmente qualcosa di simile alla sua coscienza, non faceva altro che urtarle i nervi da quando non si trascinò di peso sul sedile del passeggero.
«Selena, diamine, perché proprio una festa? Sai che finirebbe senz'altro male per me!»
Il bello era che proprio non ci riusciva. Non riusciva a spiegarsi come avesse fatto quella moretta alta quanto un tappo a convincerla di punto in bianco, ma lamentarsi forse avrebbe fatto la differenza, seppur minima.
Era da troppo tempo che non si concedeva un’uscita all’insegna del bere. Dopotutto, Demi veniva sempre identificata come la figlia modello.
Era così che i suoi l’avevano educata. Beh, con “suoi” s’intende principalmente suo padre.
La madre venne a mancare qualche settimana dopo la sua nascita, a causa di un legata al parto. Eppure, da una parte, quando si introduceva l’argomento, Demi era solita dimostrarsi sollevata per non averla pienamente conosciuta, così la sofferenza si sarebbe fatta sentire meno del dovuto.
E poi c’era suo padre, quello che tutti in fondo vorrebbero avere.
Nicholas Lovato era un modesto scrittore di gialli. Giovane, premuroso e di bell’aspetto.
Demi non si era mai immischiata in grandi casini dai quali lui stesso avrebbe dovuto tirarla fuori, se non quelli rari causati da Selena, e non gli aveva mai dato reale motivo di preoccupazione di qualsiasi tipo.
Sapeva quanto sua figlia fosse una ragazza tranquilla, semplice e con i piedi ben saldati per terra nonostante il suo aspetto mozzafiato.
La scia infinita di corteggiatori del liceo non accennava mai ad una tregua.
Nel profondo, a Demi mancavano quei tempi.
Quando il liceo era semplicemente fonte di svago. Feste su feste. Ragazzi su ragazzi. Alcolici su alcolici.
Beh, fu così fino a quando lei e Selena non approdarono alla più prestigiosa delle Università della zona.
Di lì a poco tutto cambiò, compresa Demi e il suo modo di ragionare.
Per tutta l’estate, Selena non aveva fatto altro che invogliarla a seguirla fino alla festa in spiaggia più vicina, dove spensieratezza e fiumi di alcol scorrevano liberi e felici a più non posso, senza certo aspettare che Demi alzasse il culo dal divano sul quale pranzava e cenava persino.
E Demi era solita liquidarla nel modo più gentile e diretto possibile con scusanti poco credibili, come la zia malata, il saggio del fratellino o il tempo che stringeva insieme ai mille compiti da terminare.
Selena sembrava propensa ad arrendersi dopo l’ultima volta, nella quale Demi aveva sostenuto di essere stata sostituita da un perfetto clone proveniente da chissà quale galassia ancora inesplorata, ma quella sera dimostrò l’esatto opposto.
Selena l’avrebbe portata fuori da quell’obitorio di salotto, anche a costo di trascinarla per i capelli.
La risata sarcastica dell'amica impertinente riportò Demi alla scomoda realtà. «Questo perché, da perfetta idiota quale sei, tendi sempre e costantemente ad esagerare. Non mi stupirei se a fine serata ti trovassi a giocare all’ubriaca bisognosa di attenzioni con uno sconosciuto -, ridacchiò,- E poi, scusa, qui urge un piano d’emergenza. Hai finalmente lasciato Wilmer e, dannazione, era pure ora! Avrai pur diritto a qualche strusciata e bevuta qua e là, in fondo te lo sei meritato», quella punta di sarcasmo nella voce cristallina di Selena la portò istintivamente a roteare gli occhi.
Sapeva quanto Wilmer non le andasse a genio, e sapeva anche quanto lei stessa fosse da sempre stata poco fortunata in amore, a differenza sua.
La vittima sbuffò nuovamente, infastidita e vogliosa di scappare il più lontano possibile dalla mente manipolatrice dell’altra. «Allora perché ho un orribile presentimento?»
«Perché sei una lagna pessimista, D! In fondo ti sto chiedendo solo una semplice serata in completo stile liceo, poi chiamalo svago o divertimento, fa lo stesso. E’ questione di una sera sola! Ci stai o hai intenzione di costringermi a scaricarti qui in mezzo al nulla?»
Demi ridacchiò arrendevole; probabilmente l'aria di una Brooklyn notturna e sconsiderata le avrebbe fatto bene, per una volta dopo tanto. «E che svago sia!», acconsentì.
Ci misero poco ad arrivare al locale. Selena alla guida era un pericolo costante, ma Demi aveva ormai imparato a farci l’abitudine. Non le diede neanche il tempo di parcheggiare che già la più grande si catapultò fuori dall’auto.
L’insegna al neon sfavillava a chilometri di distanza, lasciando  scorgere il nome del locale sotto quella moltitudine di luci; Single's.
«Che scelta accurata, S, ti ringrazio.»
Selena le rivolse una scrollata di spalle divertita. «Mi sembrava il minimo per una rimpatriata tra le tenebre.»
Estrasse dalla borsa una piccola bottiglia di chissà quale sostanza paranormale e la puntò in direzione della diretta interessata, prima di cingerle il collo con un braccio. «Vedi tesoro, noi innocenti e solitari paladini del lato oscuro dell’amore ti stavamo aspettando; Demetria Lovato, bentornata nel favoloso e sballatissimo mondo dei single.»
Quelle furono le ultime parole famose della sua migliore amica, prima che potesse osservarla distrattamente prenderla sotto braccio e muovere la perfetta chioma corvina in direzione dell’entrata del locale.
In pochi secondi si ritrovò strattonata malamente fino all’interno di quell’ambiente rustico e stranamente piacevole.
Un’onda inverosimile di scoordinati ballerini senza futuro e il suono delle casse ai lati della sala la travolse con frenesia. Lo sguardo entusiasta di Selena la rese partecipe dell’imbarazzante situazione che da lì a poco sarebbe sfuggita loro di mano.
Dopo essersi scolata a tempo di record la bottiglia dalle proprietà anonime di Selena non si rese nemmeno conto di essere stata, per tutta la serata, protagonista di balletti indecenti insieme a perfetti sconosciuti in una folla senza nome e disordinata per una quantità di tempo indefinita.
La mente annebbiata dal troppo alcol e i piedi che a stento continuavano a reggersi su quei tacchi a dir poco vertiginosi la costrinsero ad una meritata pausa lontana da quel caos infernale.
Gettò un ultimo sguardo distratto al pienone che popolava la struttura, iniziando a ridere scompostamente e a gettare paroloni contro Selena, dispersa da qualche parte in quel mare di gente sudata.
A seguito di qualche scomposta imprecazione, si precipitò alla prima uscita laterale che scovò, trovandosi vittima del contrasto tra l’aria soffocante e claustrofobica del locale e quella umida e ventilata appartenente all’esterno.
Sapeva che non avrebbe resistito a lungo in mezzo a quel continuo via vai di cuori scheggiati, bisognosi di spensieratezza da parte di semplici anonimi.
Non fece neanche in tempo a riscuotersi da quel leggero tremolio alle gambe che il suo cellulare prese a squillare.
Come da copione, il blocca schermo si dissolse, rivelando il nome di Wilmer lampeggiare sul display.
Lasciò che il suo ex riprovasse ancora un paio di volte prima di dare segni di vita e staccare definitivamente la chiamata.
Giusto il tempo di fare qualche passo verso una direzione a caso che si ritrovò sprofondata in una pozzanghera di fango, sul punto di cadere.
Con tempismo perfetto, qualcuno l’afferrò saldamente per i fianchi impedendole una caduta che l’indomani le avrebbe di sicuro regalato qualche segno violaceo.
«Questo a casa mia si chiama karma; avresti dovuto rispondere, non credi?»
Una voce cristallina irruppe nel silenzio spezzato solo ogni tanto dal rimbombo malcelato della musica proveniente dall’interno del locale.
Un ragazzo sulla ventina la squadrava divertito, riportandola in posizione eretta. Statura fortunatamente più alta della sua, capelli neri, occhi nocciola e un mezzo sorriso che sembrava stesse nascondendo una piccola risatina divertita.
Demi sbarrò gli occhi cervini, «Tu risponderesti mai alla persona che hai mollato una settimana fa quando sarà circa la decima volta che richiama in tutta la serata?»
«Beh non potrai evitarlo per sempre, no?»
La sua aria da apparente insopportabile so-tutto-io riusciva comunque a non infastidirla più del dovuto.
Demi scosse la testa. L’alcol era un pretesto plausibile per spifferare senza ritegno i suoi problemi amorosi ad un perfetto sconosciuto? No, sarebbe stato troppo stupido persino per una lei in quelle condizioni. «Tu sei?»
«Un curioso osservatore, e tu?»
«Una curiosa e basta. Okay, forse una tipa alquanto sbronza. Una curiosa sbronza?», tentò, sprofondando nell’imbarazzo più totale.
Il giovane uomo posto di fronte a lei piegò le sottili labbra in un meraviglioso sorriso che dì li a poco avrebbe sicuramente fatto avvampare Demi nonostante i litri di alcol occupati ad intasarle l’organismo, «il curioso osservatore si chiama Joe.»
«Demi», sorrise.
Si persero entrambi per qualche istante, secondo, minuto, ora… Chi lo sa? Loro no di certo.
Il ragazzo scosse la testa, spezzando quel lieve velo di imbarazzo venutosi a creare subito dopo le presentazioni. «Beh Demi, spero tu non sia qui da sola.»
«No, c’è ancora la mia migliore amica lì dentro da qualche parte, credo.. Spero.», bisbigliò, voltando lo sguardo verso il locale alle sue spalle.
La mano del ragazzo si posò cautamente sulla spalla di Demi, «ti serve un passaggio per tornare a casa?»
Un sorrisino sarcastico si fece spazio tra le labbra della ragazza. Considerato l’aspetto di quel tipo, “portarla a casa” sarebbe stato l’equivalente di portarla da tutt’altra parte. «No, ti ringrazio.»
Joe corrucciò la fronte, «perché sei così acida? Dopotutto ti ho salvata.»
La ragazza alzò un sopracciglio, «da una caduta
«Voi ragazze non la fate sempre tragica per qualsiasi cosa? Del tipo, “oh no, sono caduta e mi si è rotta un’unghia! Si comincia con un’unghia e si termina con un cuore spezzato” o cose del genere?»
Demi rise, «se per ragazze intendi le capo-cheerleader dei film americani allora sì, credo che la tua interpretazione abbia reso loro giustizia»
Lo sconosciuto di cui per ora sapeva solo il nome avanzò di qualche passo. «Cosa ti porta qui, sbronza curiosa? Non mi sembri il tipo da festa.»
Demi aprì la bocca sul punto di rispondere, ma una voce fin troppo familiare richiamò la sua attenzione all’interno di quella sauna da ballo. Selena agitava le braccia, urlando frasi scomposte in direzione dell’amica. Sembrava decisamente più sobria di lei, per fortuna.
Demi sospirò, consapevole che quell’insolito incontro si sarebbe presto concluso. «Beh straniero, credo sia arrivato il momento di ritirarmi e non farmi vedere in giro per i prossimi trent’anni. Grazie per il salvataggio, è stato un piacere conoscerti.», la mora girò i tacchi e barcollò per qualche metro, recuperando i pochi effetti personali sparsi in giro.
Joe non poté fare a meno di guardarla e ridere di gusto, assecondandola. «Oh, anche per me.»
Demi sorrise al solo suono di quella risata e puntò in direzione di Selena senza voltarsi indietro, Dio solo sa come sia riuscita a staccarsi dalla sua presa una volta.
 
 
 


SBAM.

Hey there! Grazie a te per essere arrivato fin qui, per la sottoscritta significa tanto, troppo.
Spero che questo inizio vi abbia incuriosito.
Questa fanfic, come avrete potuto notare, è stata scritta senza troppe pretese, con lo scopo di interessare almeno un minimo il lettore.
Riassumendo ed evitando spoiler inutili, la storia è questa; Demi è una neo studentessa universitaria, vive con il padre ed è (era) fidanzata con Wilmer da poco più di un anno. Si ritroverà nuovamente faccia a faccia con Joe dove non avrebbe mai immaginato di poterlo incontrare di nuovo. Più avanti subentreranno nuovi personaggi e la storia prendera una piega principalmente umoristica.
Ps. Il banner non è dei migliori, ne sono consapevole, ma almeno ci ho provato! Il trailer di questa fanfic è in cantiere; faccio pena con il video editing, per quanto mi piaccia smanettarci. AH, dilemma.
Opinioni, pareri, critiche e consigli sono sempre ben accetti, sempre.
Un abbraccio,
S.

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Capitolo 2
*** Lies ***







-
1. Lies

 
 
DEMI's corner

Passò un mese esatto da quell’insolito incontro.
Demi e Selena erano tornate alla solita e noiosa routine.
Il distacco con l’estate, però, non perdeva occasione di farsi sentire. Così come l’essere single.
Wilmer a dirla tutta - per quanto assillante e pesante potesse risultare - le mancava. Per lui la loro era una relazione storica, e troncarne le radici per un presunto tradimento da parte sua sarebbe stato assurdo. Eppure Demi non ci pensò due volte; tornò a Brooklyn solo per la soddisfazione di piantargli uno schiaffo in pieno volto.
Non a caso, i weekend erano la parte peggiore della settimana. Selena e quell’agglomerato di zuccheri del suo ragazzo non facevano altro che scambiarsi frasi degne di Tumblr in video chat per ore e ore.
E ovviamente sceglievano le ore più improbabili per farlo.
Ma quel tipo aveva dovuto letteralmente sudare per farsi notare da Selena, al liceo, ed evidentemente era intenzionato a non farsela soffiare, quindi probabilmente aveva un fondamento tutto quel “chiudi tu”, “no, ti prego, chiudi tu”, a cui solitamente Demi rispondeva con qualche imprecazione soffocata tra le piume del cuscino. Ricorda che una volta cercò persino di sabotare l’accesso a Skype e la password della migliore amica per disperazione. Ma quello era un capitolo chiuso.
Ora Demi si trovava tra la folla di una New York frenetica dell’ora di punta, appena uscita dalla caffetteria più vicina al loro appartamento.
Il corso di teatro era durato più del previsto, così aveva deciso di farsi perdonare dalla coinquilina con una bella colazione calda.
Una volta arrivata davanti all’edificio, ci vollero dieci minuti solo per trovare le chiavi sotterrate da scontrini accartocciati e biglietti della metro calpestati. Quelle tasche dovevano sicuramente fungere da portale segreto per qualche strana e ignota dimensione, quella sarebbe l’unica spiegazione alle cose che perdeva e ricordava di aver infilato l’ultima volta lì dento.
Percorse velocemente le scale fino al secondo piano e diede un leggero calcio alla porta semichiusa, purtroppo le mani erano troppo impegnate a reggere sacchetti, borse e dio solo sa cos’altro.
Non appena varcò la soglia, trovò Selena seduta all’estremità del divano ancora con il pigiama addosso, leggermente curvata in avanti, concentrata a mettere lo smalto ai piedi, quello che le aveva regalato tempo fa.
«Che programmi hai per oggi?», chiese, non appena vide la porta spalancarsi.
Demi si schiarì la gola; «buongiorno anche a te, mia dolce best friend forever. Ti ho portato la colazione», annunciò scuotendo il sacchetto bianco della colazione, beccandosi una smorfia contrariata da parte dell’amica.
«Ma è mezzogiorno.»
«Disse la tizia in pigiama.»
Selena le lanciò uno sguardo torvo, infilando di nuovo il pennellino nella piccola boccetta rosa. «Non mi hai ancora risposto, Dems.»
Cosa si aspettava che le rispondesse? Ormai i weekend erano contraddistinti come padre-e-figlia, Selena lo sapeva bene.
Sospirò, sistemandosi su una delle sedie affiancate al tavolo della cucina, non molto distante dal piccolo salotto. «Pensavo di sotterrarmi tra le coperte e non uscire più fino a lunedì.»
Selena scosse la testa. «Oh, andiamo, è sabato! Dovrai pur fare qualcosa di almeno minimamente produttivo e-»
«Okay Selena arriva al punto, dove avevi intenzione di trascinarmi?»
«Beh, visto che nei weekend sei da tuo padre, ho pensato che sarei potuta venire a farti un po’ di compagnia. Così, come sostegno morale.»
E fu quella leggera alzata di spalle finale a farla insospettire. La più piccola si alzò a sedere, aspettando che l’amica alzasse lo sguardo per alzare il suo famoso sopracciglio accusatorio, che Selena tanto temeva. «E rinunciare ad una diabetica video chat con il tuo smielatissimo ragazzo?»
Adorava farle saltare i nervi attaccando quella palla al piede del suo ragazzo, lo trovava fin troppo divertente per non farlo anche la mattina.
Entrambe si conobbero alle elementari, dopo che Demi le strappò senza ritegno il disegno che aveva dedicato alla sua acerrima nemica di quel tempo. Inizialmente non si sopportavano, ma con il tempo impararono a conoscersi e non si separarono più. Eppure loro non erano le classiche migliori amiche che si vedono nei film, anzi.
Ogni scusa era buona per prendersi a capelli. Erano come il sole e la luna, completamente diverse. Si volevano bene davvero ma entrambe erano troppe orgogliose per ammetterlo l’un l’altra.
«Dylan non è smielato, è dolce. C’è una bella differenza. E comunque non mi va di andare a trovare i miei oggi, mi tempesterebbero di domande sulla mia vita sentimentale, e tuo padre in questo ambito è decisamente più simpatico del mio.»
Demi sospirò pesantemente. «E va bene, se proprio ci tieni accompagnami», acconsentì.
«Perfetto!», il troppo entusiasmo della moretta la portò a sollevare il braccio che reggeva il pennellino, e lo smalto colò direttamente sul pigiamone autunnale. «Ma cazzo.»
L’altra sorrise scuotendo la testa, «sei un’idiota.»
 
 
La casa di suo padre distava una decina di chilometri dal centro di New York, e Demi era solita trascorrerli in auto accompagnata da della musica che la tenesse sull’attenti. Attivò la connessione con il suo ipod e fece partire “Sleepwalking” dei Bring Me The Horizon, girando la rotellina del volute verso destra.
La base partì tranquilla, ma dopo poco il volume schizzò al massimo e Selena arrivò a coprirsi le orecchie lanciando un urletto spaventato. «Cazzo, Demi, abbassa!»
Demi roteò gli occhi. «Ha intenzione di lagnarti per tutto il tragitto?»
L’altra si sporse in avanti e stoppò la canzone. «E tu hai intenzione di perforarmi le orecchie per tutti e dieci i chilometri?»
Demi sbuffò e accostò l’auto, voltandosi verso Selena. «D’accordo principessina dalle orecchie di vetro, si può sapere che caspita di musica ti aggrada?»
Selena sfoderò un sorrisetto compiaciuto e si appropriò dell’apparecchio, iniziando a far scorrere il dito tra la lista infinita di titoli. «Possibile che tu abbia solo roba che urla qui dentr-oh, aspetta… Ah-a!»
Partì la base di Misery Business dei Paramore e Demi tirò un sospiro di sollievo. «Bene, possiamo andare adesso?»
«Sissignora», ridacchiò.
 
«Papà, sono a casa!»
La casa del padre era immensa e sempre molto disordinata, in quanto uomo single con nessuna esperienza nell’ambito “pulizie”. Come al solito, lo trovò al computer con le dita che saettavano da una parte all’altra della tastiera. I leggeri occhiali da vista poggiati sul naso e dei capelli ribelli sparati in ogni direzione possibile. Probabilmente stava lavorando a quel tanto agognato romanzo di cui le aveva parlato al telefono qualche giorno prima.
Al suono della porta chiusa, l’uomo sobbalzò, voltandosi verso l’entrata.
Un enorme sorriso piegò le labbra sottili del padre, che si catapultò tra le braccia della figlia. «Tesoro, non ti aspettavo così presto!»
«Già, beh, abbiamo fatto presto stamattina», azzardò casuale, non curandosi di dove potrebbe essere nel frattempo caduta Selena. Forse dirgli che Strike detestava chi non si faceva vedere da tempo non sarebbe stata una brutta idea.
Nicholas corrucciò la fronte, «Abbiamo?»
«Oh, giusto, abbiamo un’ospite a sorpresa oggi.»
L’espressione solare che da sempre gli illuminava il volto si tramutò in uno sguardo accigliato tutto per la figlia. «Non sarà quel Wilmer, spero!»
Demi boccheggiò a vuoto per qualche secondo, prima di venire interrotta dall’urlo e successivamente da un’entrata particolarmente sgraziata da parte della migliore amica.
Troppo tardi.
A giudicare dal pantalone leggermente strappato da un lato aveva già fatto conoscenza con Strike.
Selena si aggrappò alla maniglia della porta chiusa di forza, portandosi una mano al petto e cercando di tenere i battiti del cuore sotto i settemila. «Okay, non vengo qui da anni e potrei essermi persa qualche passaggio… Ma da quando avete un cane?»
 
 
Il resto della mattinata era trascorso in modo del tutto piacevole, Nicholas non vedeva Selena da molto tempo, così ne approfittò per chiederle come stessero i suoi e come si trovasse a condividere un appartamento con la figlia. E lo stesso fece Selena.
«Allora, come se la passa signor L?»
Demi ridusse gli occhi a due fessure, mimandole un secco “Signor L? Sul serio?”.
Per tutta risposta, Selena scrollò le spalle, come se avesse appena detto la cosa più naturale del mondo.
Nicholas sorrise. «Bene, direi. Non c’è molto movimento qui.»
Demi fece un giro di perlustrazione per la cucina, notando qualche particolare in più rispetto all’ultima volta. Era un bene, voleva dire che alla fine suo padre usciva ogni tanto, anziché passare la vita a scrivere di misteri.
Si fermò davanti al ripiano del cucinotto, osservando un’alta pila di fogli scritti a computer occupare gran parte della postazione. «Che sono questi?»
Il padre sollevò lo sguardo, abbassandolo dopo aver visto a cosa si stesse riferendo. «Appunti»
«Del romanzo di cui mi hai parlato?»
«Esatto»
Demi incrociò le braccia, appoggiandosi allo stipite del muro portante. «Sarei interessata ad averne una copia in anteprima.»
L’uomo sorrise. «Certo, si può fare. Vale anche per te, Selena?»
Selena sospirò, poggiando il peso della testa sul palmo della mano. «Non amo leggere. Credo aspetterò il film.»
Nicholas aggrottò le sopracciglia e Demi non poté fare a meno di sorridere a quell’affermazione. Sapeva che stava scherzando, ma era comunque divertente per non riderci su.
«Selena, tu che hai i posti in prima fila per quello sulla vita di mia figlia – Demi roteò gli occhi - potresti dirmi con chi si sente?»
«Papà!», strillò Demi.
L’uomo alzò le braccia, «che c’è? Ti vedo solo due giorni a settimana e tu non mi racconti mai nulla. Questo si chiama trascurare il proprio padre.»
«A dire il vero si chiama privacy. E poi la mia vita sentimentale non ha avuto grandi risvolti.»
Nicholas annuì poco convinto. Se la figlia le avesse detto di aver lasciato Wilmer avrebbe sicuramente dovuto raccontargli altre mille cose, e non sarebbe finita bene.
Il pomeriggio si trasferirono in salotto, guardando qualche film non troppo violento o strappalacrime. Una via di mezzo, insomma. La scelta cadde su We’re The Millers, così si tennero occupate ridendo fino alle cinque.
«Quindi resterete qui questo weekend?»
«A quanto pare sì.»
Nicholas tornò alla sua postazione computer, poco distante dalla loro. «Beh, so che voi ragazze non amate stare chiuse in casa.. Quindi, se vi interessa, hanno aperto un nuovo pub qui di fronte. E’ poco frequentato, se vi annoiate potreste andarci e bere qualcosa. Di analcolico, possibilmente.»
Le due sorrisero divertite. «Ricevuto.»
 
 
JOE's corner
 
Quella mattina si alzò più tardi del previsto. Si sentiva stranamente scombussolato, probabilmente a causa del folle orario in cui era tornato a casa la notte precedente.
Grazie alle svariate conoscenze del suo migliore amico, era riuscito a trovare un lavoretto part-time in zona come barista da un paio di mesi. I turni si sopportavano e la gente era quasi sempre propensa a lasciare buone mance.
Quel giorno gli sarebbe toccato il turno pomeridiano, dalle cinque fino alle dieci.
A malincuore sollevò le coperte e abbandonò il caldo tepore del materasso, rimanendo travolto da una folata di aria fredda. Sbuffò e recuperò la camicia stropicciata sulla sedia.
Si stiracchiò e buttò uno sguardo distratto all’orologio appeso al muro. Erano le cinque passate, il che significava che era in ritardo.
Si fiondò in bagno e si vestì come meglio riuscì in quel poco tempo che aveva a disposizione.
Prese la sua auto e inizio a percorrere i dieci chilometri che lo dividevano dal pub.
Nel bel mezzo della guida, il cellulare prese a squillare.
«Pronto?», borbottò.
Un timbro fin troppo familiare occupò l’altro capo della cornetta, «Che è quel tono? Stai pur sempre parlando con la tua sorellina.»
«Hayley?» chiese, quando finalmente i rumori di fondo si placarono.
Sentì un risolino. «Yup. Come se la passa il mio fratellone?»
Sua sorella aveva compiuto diciotto anni da poco e l’aveva vista appena due mesi prima per il conseguimento del diploma. Era la piccola di casa e, come da copione, la più viziata. Joe, Ethan e Kendra erano più grandi di lei. Joe di tre anni, Ethan di cinque e Kendra di uno. Per qualsiasi cosa, doveva sempre e costantemente avere ragione lei.
Joe si stiracchiò sul sedile, sbadigliando. «Hayley, c’è un motivo per cui hai chiamato?»
«Cosa te lo fa pensare?»
«Non chiami mai senza avere un secondo fine.»
«Quanto sei una palla. Adesso una sorellina non può chiamare e tenersi aggiornata sulla vita del suo fratellone?»
La interruppe con fare prepotente e da buon fratello maggiore che si rispetti. «Hayley Miller, hai dieci secondi per vuotare il sacco.»
Hayley sbuffò arrendevole, «Oh e va bene! Mi serve che tu venga da una parte.»
«Specifica.»
Il tono della sorella divenne più teso, quasi timoroso. «Ricordi il ballo scolastico per il diploma che tanto attendo con ansia?»
Joe aggrottò le sopracciglia. «Che senso ha fare un ballo dopo il diploma?»
Sentì Hayley sbuffare rumorosamente. «Joseph, non cambiare argomento.»
«Okay, continua.»
«Mi serve un accompagnatore»
«E non puoi chiedere a Ethan? E’ lui il maggiore.»
«E’ in Francia con quella palla al piede della sua ragazza.»
Joe si massaggiò la nuca, sospirando pesantemente. Voleva bene a sua sorella e avrebbe fatto di tutto pur di vederla felice, ma i turni lavorativi sballati questa volta non gliel’avrebbero permesso.
«Hayls, davvero, non posso.»
«Ti prego, fratellone. Ne va’ della mia reputazione! Faresti sul serio andare la tua sorellina al ballo che sogna da una vita tutta sola e senza protezione?»
Non poteva vederla, ma era certo che stesse roteando gli occhi con quel suo fare da bambina che adottava ogni qualvolta che non riusciva ad ottenere ciò che voleva.
«Quando si terrà questa seccatura?»
«Lunedì sera. Ti prego, ti prego, dimmi di sì.»
«Ah-a, non se ne parla, lunedì devo lavorare.»
E non era una scusa. Se voleva una paga degna di essere chiamata tale non poteva assentarsi dal lavoro.
«Allora fatti dare il cambio, firmare un permesso o quelle cose che si fanno tra colleghi senza futuro»
«Sei davvero irritante, sorellina.»
«E dai Joy, ti prego»
«Se accetto non ti risentirò fino a lunedì?»
«Promesso.»
Joe ringhiò, consapevole di non poter vincere una discussione con quella piccola mente manipolatrice. «Bene, allora a lunedì.»
«Grande! Oh, aspetta fratellone. Ovviamente potrai portare la tua ragazza. Anzi, devi.»
«Ragazza?»
«Sì, ragazza. Hai una ragazza, non è vero?»
«Certo che ce l’ho.»
Alla fine sarebbe bastato convincere e successivamente portare una delle bionde che rimorchiava ogni sera al pub.
«E non valgono quelle stangone siliconate che ti porti a letto una sera sì e una no! Ci sarà tutta la famiglia e a quel punto puoi anche non venire.»
Ma che faceva? Le leggeva la mente per caso?
«Pronto, terra chiama Joe!»
«Eh?»
«Come sarebbe ‘eh?’, hai una ragazza seria, sì o no?»
Joe si sentì inspiegabilmente in trappola. Non voleva raccontare la sua attuale situazione sentimentale, specialmente a sua sorella. Conoscendola l’avrebbe spifferato a tutti nel giro di un minuto, e si sarebbe sicuramente sentito un perfetto idiota. 
«Assolutamente»
Nel silenzio più assoluto, un urletto eccitato lo portò a imprecare a denti stretti.
«Oh mio dio… Non ci credo! Il mio fratellone è cresciuto, sono così felice per te! Non vedo l’ora di conoscerla, a lunedì!»
Senza attendere una replica, Hayley terminò la chiamata, e Joe si maledisse mentalmente per il disastro che si era appena venuto a creare.
Adesso dove avrebbe trovato una ragazza seria e disponibile disposta a reggergli il gioco?
 






 


HEY THERE.

Buondì! 
Grazie a te se sei arrivato fin qui. *lancia cuori rosa*
Allora, questo capitolo è ancora molto introduttivo, come avrete notato. Non è nulla di eclatante.
Le sorprese e i guai prenderanno il via dal prossimo.
I personaggi sono più o meno quelli che sono stati presentati qui, con l'aggiunta a sorpresa di Wilmer, che però non avrà una presenza fissa.
La trama credo di avervela già anticipata nell'introduzione e nel prologo, alla fin fine.
Quindi, buh, non saprei che altro dire.
Oh, c'è un Ps.; presto o tardi, sarò inevitabilmente costretta a cambiare rating.
Pensieri, opinioni e pareri sono sempre ben accetti, sempre.
Un abbraccio grande,
Serengleepity.

Nicholas
Hayley

 

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Capitolo 3
*** Hello Again ***







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2. Hello again






«Maya, ti prego, sarà solo per una sera.»
Era inconfutabilmente disperato.
Per la prima volta in tutta la sua spericolata vita aveva seriamente il terrore di non ottenere qualcosa che l’avrebbe portato alla salvezza certa.
Aveva passato buona parte del suo turno tra un cliente e una telefonata, con quell’apparecchio infernale costantemente sorretto dal ristretto spazio tra guancia e spalla. Con la linea spesso e volentieri occupata dalle urla isteriche delle sue ex.
Joe intuì distrattamente il perché effettivo della loro totale riluttanza; dopotutto, se non ci avesse passato beatamente la notte per poi abbandonarle tutte la mattina seguente con lo stesso e prevedibile post-it sul cuscino stile “non credo possa funzionare, ma grazie lo stesso”, probabilmente a quest’ora avrebbe già una ragazza da portare alla serata di Hayley.
Ma nonostante l'aria e l'animo da playboy patentato, Joe era davvero un bravo ragazzo.
«Jonas! Piantala con le suppliche da checca e dammi una mano!»
Phoebe sbucò dal piccolo magazzino con una pila vertiginosa di scatoloni stretti tra le braccia minute, in attesa dell'intervento di Joe, che accorse all’istante, occupandosi della stabilità di quella torre contente probabilmente il nuovo materiale.
Aiutò la ragazza con il resto del lavoro e, dopo aver finito, si lasciò cadere su una delle sedie girevoli che contornavano il bancone.
Phoebe Stahl era la figlia del proprietario della catena di pub in cui Joe lavorava e trascorreva buona parte del suo tempo.
Si erano conosciuti al secondo anno di liceo, quando i genitori di Phoebe la trascinarono nell'ennesima scuola per motivi strettamente legati al lavoro. Scambiarono la prima interezione al corso di biologia, nel momento in cui Phoebe - già divenuta popolare - lo difese da due bulletti dell'istituto.
A quei tempi, Joe era lo sfigato della situazione. Portava sempre strani pullover malandati a quadri e orrendi occhiali quadrati che presto - per volere di Phoebe - vennero saggiamente aboliti e sostituiti da jeans aderenti e giacchetti di pelle.
Il cambiamento radicale che ne seguì fu sorpendente; bastò ripristinare completamente il suo guardaroba con il doveroso aiuto della nuova arrivata e un salto da un parrucchiere professionista per porre fine ad una vita fatta solo ed esclusivamente di fumetti e personaggi di fantasia.
Joe si rivelò essere alquanto attraente, imparò a rimorchiare e a farsi amici, a come parlare alle ragazze e ad essere aperto a nuove esperienze.
Cambiò tutto di lui, ma custodì sempre la sua passione per il disegno, che nutriva fin da bambino.
Phoebe fu la sua prima ragazza e il suo primo cuore spezzato, sua unica, sola e vera amica.
Si frequentarono per qualche mese, ma qualcosa non funzionò e durante l'estate del terzo anno, a notte inoltrata, Phoebe piombò in lacrime in camera sua, rivelandogli a singhiozzi il reale motivo della loro rottura.
Phoebe si decise a fare coming out all'età di sedici anni, quando ne fu completamente sicura, perdendo gran parte delle amicizie costruite probabilmente sulla base del suo aspetto e dei soldi che aveva in tasca.
Joe non le nascose nulla fin dall'inizio, la preparò alle conseguenze che la sua coraggiosa dichiarazione le avrebbe procurato, specialmente in un ambiente mentalmente chiuso come quello di un abbandonato liceo dell'Ohio.
Phoebe si trasferì insieme al padre a New Heaven dopo aver perso i contatti con una madre che si dimostrò disgustata dalla vera natura della figlia.
Ne seguì il divorzio dei genitori, con l'uomo sempre presente e attento e una mamma completamente assente, risposata e di nuovo felice.
Joe ne fu distrutto, e i suoi saldi rapporti con la ragazza furono scossi dalla distanza sbriciolandosi dopo un anno.
Ora, a distanza di cinque anni, il destino li aveva portati a ricontrarsi in un piccolo bar di New York, e da lì Phoebe lo aggiornò su come fosse finalmente felice con la sua ragazza e suo padre, rimastole sempre vicino, ad accompagnare le sue giornate. Joe, quel giorno, sentì di aver ritrovato un pezzo di se stesso, e non appena Phoebe menzionò la possibilità di vedersi tutti i giorni tramite un posto libero come dipendente all'Orange's, Joe fu entusiasta di accettare.
Da quel momento, entrambi tornarono ad essere l'ancora dell'altro, raccontandosi anche i più piccoli particolari delle più piccole stranezze. Timorosi di perdersi ancora.
«Mh, conosco quello sguardo. O ti hanno rigato la macchina o sei nella merda. Personalmente confido sulla seconda.», Pheobe prese a lucidare il bancone al posto del ragazzo, gettandogli ogni tanto qualche sguardo interrogativo.
«Ho un problema», biasicò, tracciando con le dita il contorno del bicchiere da cocktail con cui stava giocherellando da almeno venti minuti.
La ragazza soffocò una risatina. «Ho notato! Di che si tratta?»
Joe sospirò pesantemente, per poi raccontarle l'accaduto. «Tu che faresti se tua sorella ti costringesse indirettamente a portare al ballo del diploma una ragazza seria che effettivamente non hai?»
«Rimorchierei una ragazza seria e con una laura in teatro.»
Joe la guardò torvo, «uhm, la fai facile tu!»
Phoebe si lasciò un sfuggire un verso di scherno, per poi riprendere il suo lavoro, «sul serio, Joe, tutto qui il problema?»
«E ti sembra poco? Conosci mia sorella.»
«Sì, la conosco. E conosco te. Sei un ragazzo in gamba, idiota, ma pur sempre in gamba. Te la caverai, come sempre.»
Joe abbozzò un sorriso pieno di gratitudine, per poi ridere e battere ripetutamente il fondo del bicchiere sul legno del bancone. «Voglio il mio drink, Stahl. Non ho tutto il giorno.»
Phoebe si abbassò al suo livello, sorridendo compiaciuta. «Oh, questo è poco ma sicuro... Perché non appena risolvi tutto questo casino ti aspetta un turno extra, oltre a questo.»
Stabilito ciò, la ragazza si allontanò divertita, lasciando l'amico spiazzato e con un'espressione sorniona in volto.
«Oh, andiamo Phoebs! Non farai sul serio!», urlò, ma ormai l'orda serale si era già avvinghiata al bancone.




«Fate attenzione e niente ragazzi mentre io non ci sono!», Nicholas si preoccupava di fornire le ultime raccomandazioni, mentre sull'uscio della porta Demi e Selena erano già pronte a partire.
«Sì, papà, non hai di che preoccuparti.»
Nicholas sorrise, baciò la fronte della figlia e raccomandò Selena di tenerla d'occhio per entrambi con un gesto d'intesa.
«Quando accennavi al fatto che mio padre fosse simpatico in ambito relazioni eri seria o la lontananza ti aveva annebbiato la memoria?»
Demi ruppe il silenzio del tragitto, tenendo gli occhi fissi sulla strada da percorrere.
«Non sarà così spericolato, ma di certo è rimasto più transigente del mio.»
L'altra sbuffò, portandosi una mano alla tempia. «Come si chiama questa seccatura per adolescenti?», chiese, alludendo al pub che il padre le aveva suggerito poche ore prima.
«Orange's, secondo la mia annebbiata memoria», ridacchiò Selena, sistemandosi meglio sul sedile.
Demi emise un acuto verso di disapprovazione. «Speriamo non sia una totale perdita di tempo, ho una tesi da finire entro mercoledì e mi serve svago.»
Selena la cantilenò annoiata, giocando il ruolo della migliore amica che trasgredisce le regole. «Aaah, Lovato! L'anno è appena iniziato, come puoi già pensare allo studio?»
«Io, a differenza tua, mi preoccupo per il mio futuro», rispose secca.
«Tu, a differenza mia, sei una palla.»
Demi rise di gusto, per poi spostare lo sguardo sull'amica. «Sto per lasciarti a piedi.»
«D'accordo miss. Acidità, mi tappo la bocca, contenta?», Selena si portò entrambe le mani alla bocca, lasciando intravedere le fossette del suo sorriso.
«Ora che non hai libero accesso alle corde vocali, sì.»




Selena chiuse la portiera e diede libero sfogo al suo entusiasmo appena accennato dalla visuale dal finestrino. «E questo sarebbe il pub? Questo a casa mia si chiama Night Club!»
«Dovremmo tornare indietro», suggerì la più piccola, ancora appoggiata al cofano dell'auto.
Selena saltellò ancora in preda all'euforia, «Indietro un corno! Muoviti, nerd!»
Demi si fece svogliatamente trascinare fino all'entrata, prima di venire travolta da una miriade di persone e musica tenue, non troppo forte. «Portami via, ti prego.»
«Piantala di fare la lagna e divertiamoci, questa volta però prometto di starti vicino, tu l'alcool non lo reggi proprio.», l'ammonì Selena, stringendosi al suo braccio.
Tutto quel complesso e quell'ambiente le ricordò la serata di qualche settimana prima, quella in cui si scontrò con quel famoso sconosciuto che tanto l'aveva incuriosita.
Scosse la testa e cacciò via quel pensiero superfluo, concentrandosi sul posto in cui si trovava.
Le pareti erano tineggiate di verde e blu e quell'atmosfera futuristica in contrasto con la musica tenue e la zona illuminata le piaceva, in fondo.
Selena la spintonò in avanti con maestria, sollevando l'indice con fare esperto. «Okay, primo passo. Dissetarsi.»
L'altra sbuffò. «Ah-a. Quella roba la bevi tu, io mi farò bastare dell'acqua.»
«E chi a parlato di t- Oh no. No no no.» il sorriso di Selena le morì sulle labbra non appena notò la figura accostata al bancone. «Ti prego, non voltarti.»
Demi, ancora voltata di spalle, assunse un'espressione confusa. «Ma che diavolo ti prende?»
Nell'esatto istante in cui si voltò, l'imponente figura di Wilmer le fece eco nei pensieri.
Ma la cosa che più la spaventò fu che non si soffermò minimamente su di lui, bensì sul ragazzo al suo fianco, che lasciò cadere lo straccio sul pavimento per la sorpresa.
«Tu?», esclamarono in contemporanea, esterrefatti.






HEY THERE.

Salve!
Allora allora, questo capitolo è ancora di passaggio per il prossimo, le dinamiche sono ancora lente e prenderanno il via dal prossimo capitolo, quello della "proposta".
Abbiamo un nuovo personaggio, Phoebe (che, sì, diamine, è Phoebe Tonkin aka girl crush 5ever), amica d'infanzia del protagonista.
Phoebe e Selena avranno più o meno la stessa ricorrenza, al contrario di Wilmer che sarà presente un capitolo sì e ottanta no.
E nulla, direi che per questo piccolo capitolo è tutto.
Pensieri, opinioni e pareri sono sempre ben accetti, sempre.
See ya,
Serengleepity.


Phoebe

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