My ispiration.

di vanessa_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.L'arrivo. ***
Capitolo 2: *** 2.L'amore ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: La lettera. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: Quel che mi piace e non di te. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: La corsa. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: 'La primavera nei suoi occhi' ***



Capitolo 1
*** 1.L'arrivo. ***


1. L'arrivo.

Harry Edward Styles era un uomo di venitsei anni, residente di una cittadina sperduta e malconcia a Londra, Inghilterra. La sua famiglia era benestante e possedeva svariati denari e beni, fra cui la villa color crema in cima al colle dove appunto viveva. Nessuno lì ci andava mai, semplicemente perché nessuno ne aveva il bisogno. Gli Styles erano degli eclesiastici che non sentivano alcun bisogno di mescolarsi con le classi inferiori a loro, o almeno questa era l'opinione della madre Adelaide. Harry era prigioniero in quelle mura, in quel meraviglioso giardino dalla quale lui non traeva alcuna emozione. Vedeva la strada e con un po' di fortuna, talvolta, poteva notare qualche cittadino passeggiarci con carri, cavalli, famiglie o solo. Lui non aveva la possibilità di uscire da quell'edificio e le unich persone con la quale parlava erano i domestici, dato che di fratelli non ne aveva e i suoi parenti erano troppo impegnati a lavorare per interessarsi a lui. Questo fino al 1839, il giorno in cui compì per l'esattezza i ventisei anni.
Non ci fu alcuna celebrazione o dono, se non da parte delle cameriere che, dopo essersi organizzate con gli addetti alla cucina, gli avevano preparato un dolce al cioccolato, ovvero il suo gusto preferito. Quel giorno ci fu un'altra sorpresa, ma di certo non era per il giovane Harry. Suo padre Christopher aveva aggiunto una fanciulla alla lista dei domestici; Clarissa.
Una ragazza dalla carnagione chiara e gli occhi scuri. Veniva dal nord Italia ed era giunta fin lì unicamente per soddisfare i desideri maliziosi e malintenzionati del signor Styles. Era una bella ragazza di soli diciannove anni, conosceva bene l'inglese per via di tutto il periodo trascorso a lavorare per famiglie di Londra. Era giunta a casa Styles con indosso un abito elegante, color magenta che le stringeva con un corsetto aderente i fianchi e lasciava alla mente poco da immaginare all'altezza del decoltè.
Dovete sapere una cosa riguardo Harry Styles: lui non piace a nessuno e a nessuno piace lui. Era un uomo solitario, cupo, irritato anche solo dalla presenza dell'ossigeno. Non si interessava mai a niente e trovava noioso tutto, dall'arcobaleno ai sorrisi che le dame erano solite rivolgergli, perché sì; Harry era un bell'uomo. Se non fosse per il suo atteggiamente scorbutico e maleducato e addirittura pessimista, sarebbe stato di certo circondato da donne per tutto il giorno. Trovava però gioia in qualcosa, ovvero nella musica. Suonava sette strumenti, ma il suo preferito era decisamente il pianoforte.
Per questo fu piuttosto sbalordido dalla reazione che ebbe non appena la giovane Clarissa gli si presentò di fronte. Stava tranquillamente passeggiando per il salone di casa sua, quando le comparve di fianco questa giovane che chiedeva informazioni riguardo il signor Christopher William Styles. Harry aveva separato a malapena le labbra per dire qualcosa, anche se tutto quello che riuscì a fare fu rimanere ad osservare gli occhi color cioccolato della ragazza. Aveva poi sospirato dicendo che era suo padre e che si trovava al piano di sopra, ma che avrebbe dovuto probabilmente aspettare che una cameriera la accompagnasse.
Nei giorni seguenti l'unica volta che vide quella fanciulla fu durante la notte, quando si alzò per via della sua pesante insonnia. Non aveva intenzione di svegliare nessuno o di disturbare, ma non appena giunse a metà del corridoio potè chiaramente sentire qualcuno ansimare senza sosta. Strizzando gli occhi riuscì ad intravedere, nella penombra, una figura femminile a terra con il volto coperto dalle mani. Clarissa quando lo vide scattò subito in piedi e gli corse incontro asciugandosi le lacrime. Aveva poi iniziando a pronunciare una serie di parole a lui sconosciute a raffica, era sicuramente un dialetto italiano, finché non comprese soltanto l'ultima, ovvero 'aiuto'. Si era allarmato e aveva iniziato a scandire bene le parole per dirle di rilassarsi e tornare a dormire perché, onestamente, non gli poteva importare di meno di quel che stesse succedendo.
Il signor Styles comparve all'improvviso, con il volto dipinto di ira e gli occhi che scrutavano imperterriti il buio della notte. Clarissa si era nascosta dietro Harry ed aveva indicato Christopher iniziando di nuovo a piangere.
-Padre, che state facendo?-si affrettò a domandare Harry preso all'improssivo da un senso di protezione e responsabilità nei confronti della ragazza.
-Quel che faccio ogni notte, ma questa sgualdrina è corsa via balbettanto una serie di parole incomprensibili persino al buon Dio!-alzò di qualche tacca la voce, così da probabilmente aver svegliato metà della servitù.
-Ma non lo vedete che è spaventata da voi?-
-Non m'importa. Io le do un tetto e del cibo e lei apre le gambe-dopo queste rudi e volgari parole, afferrò la giovane per una braccio strattonandola fino alla camera da letto. Lei piangeva e cercava di divincolarsi dalla presa, nel tentativo di raggiungere di nuovo Harry che era rimasto ad osservare la scena senza muovere un dito o dire niente.
La mattina ne approfittò del fatto che entrambi i suoi genitori fossero usciti per chiedere informazioni su di lei. Ne ricavò soltanto, dai badanti, che era una giovane italiana, di famiglia povera e mandata in Inghilterra per vivere come prostituta del signor Styles. Non era la prima donna che si presentava di fronte a quella porta, con aria smarrita, in cerca di Christopher, ma era di certo la prima che fuggì dalle stanze in lacrime. Di solito le donne che Harry era abituato a vedere erano alte, in carne, con forme prosperose e molto trucco in volto. Soddisfavano ogni richiesta di Styles e torturavano il sonno già leggero di Harry con gemiti che avrebbe preferito non sentire per tutta la sua infanzia e adolescenza. Bendetta era più minuta e non si era di certo messa a disposizione totale quella sera.
Proprio mentre Harry discuteva della giovane arrivata con Mary, una delle sue amiche fra le cameriere, Clarissa comparve in cucina più bella del giorno in cui si era presentata di fronte agli occhi di Harry, e il ragazzo non pensava davvero che potesse essere possibile. Dei boccoli scuri erano raccolti elegantemente ed alcuni scivolavano ordinatamente sfiorandole a malapena la pelle del collo nudo.
-Buongiorno-la salutò Mary, sorridente. Lei mosse di poco le dita, come per salutarci a sua volta e si accomodò di fronte a noi sospirando.
-Avete fame? Vi preparo qualcosa?-le chiese Mary. Clarissa annuì e sussurrò un dolce e innocente 'grazie'. Mary sorrise e raccolse la sua spettinata e folta chioma rossa per poi iniziare a cucinare balbettando una serie di cose del tipo Maggie si è scordata di nuovo di andare in paese per comprare il formaggio.
-Come state?-chiese all'improvviso Harry.
-Bene..-balbettò Clarissa. Harry annuì e si alzò, diretto verso il soggiorno dove avrebbe iniziato a suonare il piano fino al tramonto. Clarissa lo osservò con la coda dell'occhio allontanarsi, cercando di non farsi notare più di tanto. Lo trovava interessante. Trovava interessante i suoi occhi chiari penetranti, trovava interessante il modo in cui si scostava i capelli, il fatto che indossasse quasi sempre la vestaglia, il suo andamento rilassato e la sua voce che le trasmetteva sicurezza nonostante non lo conoscesse minimamente. La sera prima suo padre era stato un animale, tanto da spaventarla come non mai. Non c'era minimamente affetto nei suoi gesti e non gli importava niente del dolore che Clarissa provava ogni volta che lui si divertiva ad affondare bruscamente in lei. La ferì di più, però, vedere Harry rimanere impalato di fronte ad una scena del genere.
Quel giorno le fu detto che avrebbe potuto esplorare quanto voleva la casa, fino alla sera, ovvero il momento in cui sarebbe tornato lui e avrebbe di nuovo usufruito del suo corpo. Dopo aver ringraziato Mary per la colazione si allontanò elegantemente dalle cucine, in cerca degli occhi chiari tanto amati. Non voleva davvero affrontarlo, ma soltanto sapere dove fosse quasi come per rassicurarsi, come se fosse il suo momentaneo punto di riferimento. Aveva passeggiato lottando per la maggior parte del tempo con il suo nuovo corsetto, che non faceva altro che farle mancare l'aria per respirare. Proprio mentre prese la drastica decisione di entrare in una stanza qualsiasi per levarselo di dosso, udì una melodia armoniosa provenire dall'ala ovest della casa. La seguì a passo lento,  fin quando non giunse di fronte ad un portone in legno, largo ed alto. Era sicura che la musica provenisse da lì ed era certa che là dentro ci fosse un pianoforte; il suo strumento preferito.
Bussò, perché sapeva che non avrebbe potuto mancare di rispetto a chiunque ci fosse oppure ne avrebbe pagato le conseguenze. Nessuno rispose. Sbuffò e spalancò una delle due ante, interrompendo la melodia.
-Mi scusi, non avevo intenzione-balbettò nervosamente la giovane alla vista dell'uomo dai capelli scompigliati.
-E lo credo bene! Mi avete interrotto proprio..-lasciò sfumare la frase in uno sbuffo e scosse la tesa. -Non avete interropo proprio niente-disse con voce severa e voltandosi di nuovo verso il pianoforte. Ci furono attimi di silenzio e la ragazza non sapeva se sarebbe dovuta uscire, lasciandolo solo oppure dire qualche altra parole per scusarsi.
-Clarissa, siete una brava ascoltatrice?-si alzò di scatto, puntando gli occhi dolci e spaventati della ragazza. Lei annuì e chiuse la porta, dopo che Harry glielo chiedesse.
-Io scrivo. Scrivo musica e canzoni, ma il mio problema, cara Clarissa, è che io non ho più alcuna ispirazione e senza un'ispirazione, un artista non può più scrivere. La verità è che l'ispirazione io non l'ho mai avuta ed è tutta colpa della mia famiglia. Credono che tenermi rinchiuso qui dentro mi serva a vivere meglio, quando invece l'unica cosa che mi aiuterebbe sarebbe respirare aria fresca che non sia quella della mia biblioteca o del mio cortile.-sospirò, abbassando lo sguardo.-Voi da dove venite?-chiese con indifferenza.
-Uhm, Milano, signore.-lui annuì comprensivo e si avvicinò alla sedia sulla quale Clarissa era seduta composta e dritta come una scopa. Aveva il terrore di sbagliare qualcosa, qualsiasi cosa.
-Bel paese, già. L'ho visto in molti dipinti ed ho letto un libro dove due giovani si erano sposati proprio lì. Siete fortunata, cara-
Clarissa ascoltava le parole del suo padrone come fossero poesia, ed ogni volta che sentiva quel cara sapeva che era riferito a lei e questo la faceva semplicemente andare in fibrillazione. Era calato il silenzio, e la ragazza suppose che Harry volesse che dicesse qualcosa, ma fu interrotta da lui, che strizzò gli occhi abbassandosi all'altezza del volto della giovane.
-Per l'amore del cielo, cosa avete sul collo, Clarissa?-non si azzardò ad allungare un dito. Lei si portò immediatamente una mano sui graffi che spuntavano da sopra il colletto e scosse la testa.
-Vostro padre conosce svariati modi per divertirsi..-
Harry rise. Riprese una posizione retta e continuò a ridere. Clarissa non ne capiva il motivo, credeva che l'avrebbe punita per una frase del genere che poteva essere benissimo intesa come un insulto.
-Ah, mio padre è un coglione-premette un dito su un tasto facendo risuonare nella stanza quella nota prescelta.
-Lui crede che mia madre sia troppo vecchia per fare scintille a letto, per questo prende ragazze della tua età da più o meno sempre e si diverte a sfruttarle come fossero bambole. Oltre al sesso crede anche che sia eccitante ferirle. Andiamo, solo un idiota lo penserebbe..-premette di nuovo il tasto e alzò lo sguardo verso quello di Clarissa.-Non trovate?-
-Io..io non lo so, signore-risposta vaga uguale nessuna punizione, brava Clary.
-Lo sapete, ma credete che anche io sia un idiota e per questo avete paura di dirmi quel che pensate-
-Voi non siete un idiota-disse d'istinto la giovane.
-Ah no? Come fate a saperlo? Potrei essere uguale a mio padre, potrei star solo aspettando che voi diciate qualcosa di inopportuno per punirvi con della violenza-
-Lo so e basta..-Clarissa abbassò il capo e osservò i suoi piedi scontrarsi fra di loro e sovrapporsi, mentre senitva il passo di Harry sempre più vicino.
-Vi farò credere il contrario, allora-sospirò portando le mani ai fianchi.
-Perché mai?-aveva alzato lo sguardo, incrociando quello di Harry e se ne pentì subito dopo una misera frazione di secondo.
-Perché voglio rispetto-
-Vi rispetto molto più di quanto rispetti vostro padre-Harry non diede alcun segno di sbalordimento, ma era chiaramente sconcertato dalla confessione. Indietreggiò senza degnare la giovane di uno sguardo e poi fece un segno con la mano.
-Lasciatemi.-Clarissa non tardò ad alzarsi ed avvicinarsi al portone che aprì con facilità, ma una voce la fermò improvvisamente, costringendola a voltarsi di nuovo.
-Ma vi prego, tornate qualche volta..-la ragazza annuì e chiuse l'anta sospirando. Non avrebbe di certo creduto che una cosa del genere sarebbe successa. Non con lui, con l'uomo più bello e interessante che avesse mai conosciuto.
Harry era rimasto all'interno di quella stanza, osservando il portone chiuso per circa altri dieci minuti dopo che ne uscì Clarissa. La sua mente era invasa da migliaia di pensieri che giravano  incredibilmente veloci e lo torturavano a tal punto da senitre il bisogno di fermarli urlando. Non aveva il controllo della sua mente e a quanto pare, anche delle sue parti basse. Si imbarazzò a morte quando Mary entrò chiedendo se avrebbe gradito una tazza di tè e scoppiò in una fragorosa risata.
-Cosa vi fa tanto ridere?-aveva esclamato coprendosi con la vestaglia velocemente. La ragazza, che con Harry non aveva nessun problema di libera espressione, fece una serie di battute di cattivo gusto che fecero spuntare sugli zigomi dell'uomo uno strano colorito rossastro.
-Non posso biasimarvi, se fossi un uomo, anche io reagirei così alla vista di quella ragazza-se ne era uscita così, affermando quella battuta che mise a disagio, forse per la prima volta, il signorino Harry Styles. I famosi pensieri che gli giravano in mente non erano mai stati così privi di castità e pure la tanto cara cameriera dai capelli rossi lo sapeva bene.
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Durante il pomeriggio Clarissa uscì per fare una breve passeggiata per i giardini accompagnata dal maggiordomo Albert, che la seguì e le mostrò ogni tipo di piantagione presente, anche se a lei non poteva importare di meno. Era così annoiata da tutto e tutti, ciò che voleva era tornare a casa sua, riabbracciare le sue sorelle e la madre. Eppure sapeva che l'unico modo per continuare a sopravvivere, era starsene in quella villa per il resto della sua vita a fare da giocattolo sessuale al suo volgare e prepotente padrone.
Mary amava cucinare, nel caso non lo si fosse capito, e non perdeva occasione di chiedere agli ospiti se fossero affamati o meno e anche se rispondevano negativamente, lei si metteva comunque ai fornelli e cucinava prelibatezze. Aveva cucinato dell'oca per cena, con l'aiuto di tutte le cuoche ed aiutanti, per dare un po' di gioia alla giovane prima che arrivasse l'uomo temuto dall'intera servitù.
Clarissa aveva aiutato a cucinare ed apparecchiare. Aveva preparato tutto per bene nella cucina della servitù, dove credeva dovesse stare per cenare. Non appena si sedette a tavola però, fu richiamata nella sala pranzo dei padroni. Si era pulita dal volto i segni di olio, aveva riacconciato i capelli e stirato per bene la gonna, per poi incamminarsi verso il soggiorno. Il tavolo centrale era circondato da una sei o sette maggiordomi pronti a eseguire qualsiasi ordine gli fosse comandato, mentre seduti c'erano solo il signor Styles, la moglie, Harry e un uomo piuttosto giovane ed affascinante a detta di Clarissa.
-Mia cara, non è educazione fare tardi a tavola..-aveva buffonchiato Christopher invitandola a sedere al fianco dell'uomo bello e misterioso con un gesto della mano.
-Scusate, credevo dovessi cenare con la servitù-quasi sussurrò senza alzare lo sguardo dal piatto di ceramica ricoperto da patate e l'oca che aveva lei stesso aiutato a cucinare.
-Neanche per sogno, voi cenerete ogni sera con noi, qui.-un sorriso falso che non aveva niene a che fare con quello caldo di Harry. La ragazza annuì ed abbassò di nuovo il capo, afferrando una delle ultime forchette, come le aveva insegnato Mary.
-Bene. Clarissa, lui è Louis Ozark e per questa sera sarà nostro ospite. Louis lei è la nostra nuova amica Clarissa. Viene dall'Italia.-la situazione stava diventando davvero troppo scomoda per Clary e dovette perfino allungare la mano per farla baciare dal giovane che sussurrò un 'bellissima' contro la sua pelle.
La signora Styles non la degnò di uno sguardo per tutta la serata, ma come biasimarla. Era la puttana di suo marito, non poteva aspettarsi un trattamente regale.
Harry sembrava essere nervoso e non parlava mai, non guardava mai nessuno negli occhi. Era perso nei suoi pensieri e nessuno gli chiese nulla, tranne qualche domanda di assecondamento dell'argomento come, 'non credete anche voi?' oppure 'e voi invece?'.
Clarissa era il giocattolo nuovo fra Christopher e Louis e sembrava se la contendessero, con complimenti e carezze distratte sulle braccia o sulle mani. Sembrava il premio da vincere e nonostante lei avesse capito la situazione maschilista di quel momento, non disse niente.
Dopo cena chiese il permesso di andare a ritirarsi nelle sue stanze, ma il signor Styles la fermò dicendolo di aspettarlo in camera da letto con un sussurro. Prese un bel respito ed annuì incamminandosi verso la sua camera con passo incerto e spaventato.
Quando fu dentro non ebbe il coraggio di sfilarsi gli abiti di dosso, ma sapeva che sarebbe stato ancora più difficile in presenza di quell'uomo, così fece scendere lentamente le spalline, fino a far cadere al suolo l'abito intero. Il corsetto era la parte più difficile e dovette slegare una serie di nastri prima di riuscire a liberarsene.
La camera da letto di Christopher era nell'ala est e quella di Harry nella ovest. Entrambe avevano una finestra su un fianco e si affacciavano l'una sull'altra. Clarissa non poteva saperlo e non poteva di certo sapere che in quel momento gli occhi del riccio erano involontariamente puntati su di lei e la stavano divorande come fosse il suo dolce preferito, quello al cioccolato, come il colore dei suoi occhi.
Non seppe mai il perché, ma in quel momento afferrò un pezzo di carta e si sedette al pianoforte, iniziando a suonare una composizione melodiosa di note che si seguivano in modo armonioso e perfetto. Non si sentiva così bene da tempo. Lo sentiva, lui lo sapeva: finalmente aveva trovato la sua ispirazione.


Saaaaaaaaaaaaaaaaaaalve!
Per chi conosce già (verso dei grilli) posso semplicemente dire ciaaaao, so che faccio sempre e solo storie su Harry, ma è l'unico con cui riesco a scrivere. lol.
Per chi non abbia la minima idea di chi sia informo che mi chiamo Vanessa e tendo a fare storie principalmente drammatiche e che provocano forte voglia di svenarsi dalla mia mattina alla sera. Non aggiorno sempre con lassi di tempo uguali. O pubblico con differenza di tre giorni o 9 anni, ehh.
Tenete duuuuuro.
Vi prego, ditemi che vi ho incuriosito e che seguirete questa stooooria. Fatemi felice scrivendo il vostro parere qui sotto ;)
Baci,

Vanessa xx

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Capitolo 2
*** 2.L'amore ***


2. L'amore.

Clarissa era arrivata alla sesta notte senza che un episodio simile a quello della prima si ripetesse, anche se non le faceva piacere essere nella situazione in cui la sua famiglia la aveva incastrata.
Spendeva le sue giornate a cucire, in compagnia di Mary oppure ad ascoltare di nascosto, nel corridoio della villa, le armoniose melodie che Harry produceva con quel piano. Ne era sempre più incantata.
A proposito di Harold, sembrava che dopo quella chiacchierata non volesse più saperne di Clary e questo a lei non sembrò un comportamente corretto, dato che solo sei giorni prima le aveva chiesto di tornare il prima possibile. La aveva ignorata come i bambini fanno fra di loro quando si fanno un dispetto. A tavola non si parlavano, durante il giorno nemmeno si vedevano e la notte, appena il signor Styles si addormentava, lei apriva le pesanti ante di legno di quercia con assoluta calma e sbirciava con un occhio solo le stanze di Harry. Aveva scoperto di poter avere una vista sulla sua vita privata solo al terzo giorno. La notte il riccio non dormiva, ed andava avanti e indietro per la stanza, mettendosi le mani nei capelli e scrivendo qualcosa su un pezzo di carta, talvolta. Clarissa ridacchiava ogni volta che lo vedeva dare un pugno al tavolo per poi portarsi la mano alle labbra a causa del dolore provocato per conto suo. Una sera rischiò quasi di essere beccata; mentre osservava con occhi assonnati il suo misterioso e interessante ragazzo scrivere a testa china, socchiuse per un attimo gli occhi, ma non appena li riaprì Harry era alla finestra e stava chiudendo le ante. Si spaventò e le chiuse immediatamente anche lei, provocando un tremento frastuono. Christopher per poco non si svegliò e temette che anche Harry l'avesse udita.
Un giorno stava passeggiando per i corridoi e fra le mani reggeva un bicchiere di tè aromatico, e non potè fare a meno di fermarsi di nuovo di fronte alla porta del solitario musicista. Ascoltava con attenzione e ne fu talmente assorta da poggiarsi al portone di schiena, chiudendo gli occhi e godendosi la musica.
Sentì il vuoto alle sue spalle e all'improvviso un dolore forte alla schiena la turbò, ma non quanto la vista a testa in giù degli occhi più belli che avesse mai visto nei suoi diciannove anni di vita. Il tè si rovesciò sul suo abito in seta importato dalla Francia, fino a bagnarle anche la pelle chiara e sensibile. Rimase in quella posizione, incapace di scegliere cosa fare per rendere la situazione meno imbarazzante.
-Avete intenzione di alzarvi da terra o devo chiamare qualcuno che vi aiuti?-brontolò Harry portando le mani ai fianchi. Clarissa si alzò da terra implorando una decina di volte perdono e strofinandosi nervosamente la mano sulla gonna, nel tentativo di rendere meno visibile la macchia.
-Cosa stavate facendo qui fuori?-Harry raccolse da terra il bicchiere e lo posò rumorosamente sul tavolino alla loro destra, per poi tornare ad osservare gli occhi della giovane.
-Ascoltavo la vostra musica-
-Vi interessa la musica?-
Clarissa annuì portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e posando il suo sguardo sulle sue mani che giocherellavano nervosamente fra di loro, sudate.
-Il pianoforte è il mio strumento preferito, in assoluto..-si azzardò a dire sfidando gli occhi dell'uomo.
-Anche il mio-disse sereno Harry.-E sapete suonarlo?-
-Non ho mai avuto l'occasione di provare-
Harry sospirò in un soffio un ah e si morse le labbra, prendendo la mano della ragazza ed invitandola a raggiungere lo strumento che si trovava elegantemente al centro della stanza, sopra un tappeto circolare bianco di seta.
-Sedetevi e premete un tasto qualsiasi-
-Per quale motivo?-
-Così potrete dire di aver suonato un pianoforte-nelle sue parole non c'era briciolo di ironia, e sul suo volto non comparve nessun sorriso. Eppure Clarissa si lasciò sfuggire un sorrisino divertito, per poi dargli retta e premere con il dito indice un tasto bianco.
-Un la-esclamò Harry premendolo di nuovo.
-Mi piace pensare che sia la nota più femminile della scala, per via del suo suono così indistinto e grazioso, sempe perfetto. Quando suono rischio di stonare con svairate note; con il fa alto, con un re o con un si, ma mai con un la. Ottima scelta.-non diede nessun cenno di un sorriso, era serio.
-Posso farvi una domanda, signore?-lo sguardo di Clarissa ora passò dai tasti al volto di Harry, che nel frattempo, studiava ogni singolo movimento della ragazza con la massima attenzione.
-Dite pure, milady-
-Voi..voi componete sempre brani meravigliosi e so che non è facile, eppure voi..insomma, come ci riuscite?-il riccio si decise finalmente ad affrontare gli occhi della giovane e rimase in silenzio, per poi prendere un lungo e profondo respiro.
-Vedete, cara, comporre musica è difficile sì, ma non quando si è ispirati.-
-E cosa vi ispira?-
-Un artista non rivela mai la sua ispirazione.-affermò freddo, allontanandosi di qualche passo e concentrando il suo sguardo sui dipinti appesi alle pareti, che oramai conosceva a memoria. Eppure guardarli qualche volta lo aiutava ad assumere un'aria indifferente che in momenti come quelli gli era più che utile.
-Siete innamorato?-Clarissa non fece più caso al fatto che non fosse un amico di campagna, ma un nobile, figlio del suo padrone. Si sentiva sciolta nel discutere con lui e credeva che ci fosse un certo filing che gli permetteva di parlare e chiedere senza più vergognarsi di niente.-
-Per quanto provi simpatia nei vostri confronti, queste non sono cose che vi riguardano, mia cara-
-Mi scusi..-abbassò il capo, indietreggiando istintivamente.
-E per giunta, non credo che l'amore esista. E' soltanto un modo alternativo di chiamare l'attrazione fra i due sessi, niente di più. Quando si ha costruito un rapporto ci si sente in dovere di mantenerlo intatto e questo è un senso di responsabilità. Questo è quello che voi chiamate amore-
-Con tutto il rispetto, signore, io credo che l'amore esista-
-Non mi interes..-proprio nell'esatto momento in cui si voltò, il suo sguardo si incrociò di nuovo con quello di Clarissa e non trovò più un minuscolo granello di forza per proseguire quella rude e stolta frase che stava per rivolgerle. Rimase svariati secondi ad osservarla, con quelle parole in sospeso, quasi come fosse in attesa che svanissero.
-Spiegatemi perché ci credete, vorrei proprio sapere quale ragionamento sta dietro questa vostra affermazione-si sedette, attendendo la risposta della ragazza.
-L'amore non si può spiegare-
-Ah! Questo è il motivo per cui non ci credo. Se una cosa non è spiegabile, non è credibile.-Clarissa abbassò la testa.
Disse poi un arrivederci e uscì dalla stanza, senza ricevere alcuna risposta da parte di Harry, che era rimasto seduto su quella sedia osservando la giovane uscire elegantemente e con le mani intrecciate fra di loro, nel tentativo di mascherare l'enorme chiazza di tè caldo.
Aveva forse sbagliato a risponderle in quel modo? No, certo che no. Lui aveva semplicemente esposto il suo parere e non gliele importava niente di cosa in quel momento Clarissa avesse pensato di lui, forse.
Riprese a suonare, ma non produceva più della musica delicata e dolce, bensì energetica, movimentata, talvolta addirittura drammatica. Si rese conto solo in quel momento di tutto quanto, dal ritmo alle note, dalle parole a tutta la composizione. Tutto dipendeva dalla sua ispirazione, dal suo umore, dal suo atteggiamento nei suoi confronti, dalle sue parole, dalle espressisioni che gli rivolgeva. Tutto quanto.
Clarissa non fece altro che pensare a quella discussione per tutta la giornata ed arrivata l'ora di cena, aiutò in cucina, come sempre, a cucinare il ben di Dio che Mary era andata a comprare e che i padroni erano andati a cacciare. Per quella sera, dopo aver finito di sporcarsi le mani con dell'olio, farina e quant'altro, la giovane decise di indossare l'abito che la madre le regalò per il suo diciottesimo compleanno. Spese tanti di quei dei suoi risparmi per quel regalo, che Clarissa lo considera l'oggetto più prezioso in suo possesso. Sentiva che quella sera era la data giusta per indossarlo ed anche se per altri poteva sembrare un semplice vestito come gli altri nel suo enorme e nuovo guardaroba, lei dentro di sé sapeva che era speciale. Il motivo per cui l'avrebbe indossato? Il signor Styles quella sera non si sentiva bene, e rimase chiuso nelle sue stanze per tutta la serata, senza nemmeno scendere a mangiare qualcosa o farsi portare un misero pezzo di pane integrale dal maggiordomo. La ragazza ne fu sollevata: era passata una settimana intera, e quale festeggiamento migliore del non 'lavorare'?
A tavola il posto vuoto di Christopher le metteva un certo senso di tranquillità. Ogni volta doveva affrontare il suo sguardo con la consapevolezza che più tardi avrebbe dovuto denudarsi di fronte a lui e lasciare che usufruisse del suo corpo. Ma quella sera no, non quella.
Fu il posto vuoto di Harry a metterle angoscia, invece. Non aveva dato spiegazioni del perché si fosse assentato. Svariate persone provarono a bussare alla sua porta, ma fallendo miseramente; l'unica risposta che ricevevano era una triste e lenta melodia che si susseguiva senza fine.
Ora Harry sapeva di aver ferito, in un certo senso, la sua ispirazione. Sapeva che l'aveva turbata mostrando noncuranza nei suoi confronti e questo lo faceva soffrire. Faceva soffrire entrambi. Anzi tutti e tre; Clarissa, Harry e la sua musica.
Mentre nella sala da pranzo le due donne discutevano con sguardi troppo orgogliosi e pieni di disprezzo l'una per l'altra, mentre in cucina i camerieri correvano a destra e a sinistra per organizzarasi per le pulizie, mentre nelle sue stanze il signore sonnicchiava con degli enormi capogiri alla testa, Harry era solo. Era solo nella sua camera e componeva senza sosta. Non aveva mai scritto così tanto in un solo giorno, senza nemmeno mai gettare un foglio. Le sue dita scivolavano dai tasti alla penna con facilità e velocità e non aveva alcuna intenzione di fermarsi adesso; voleva continuare fin quando non avrebbe esaurito anche l'ultima briciola di creatività nel suo corpo.
Clarissa nel frattempo decise di chiudersi per la prima volta nella sua camera personale, che non fosse quella del suo padrone. Le avevano riferito che avrebbe potuto stare lì dentro tutte le volte che Christopher le avesse detto che non doveva lavorare, come quella sera.
Le sue stanze erano nell'ala ovest, proprio accanto a quelle di Harry. Non poteva fare a meno di ascoltare la malinconica canzone che continuava a suonare ininterrottamente. Clarissa pensava che lui sapesse benissimo cosa fosse l'amore, e non era decisamente il senso di responsabilità di cui le aveva parlato quel pomeriggio. Perché chiunque suoni in quel modo così magico e romantico sa perfettamente cosa è l'amore, lo sa meglio di chiunque altro.
Si alzò dal suo letto e cerchò dei fogli, una penna e dell'inchiostro. Ripensò alla domanda che le pose quel pomeriggio; le chiese di spiegargli cosa fosse l'amore e lei lo omesse. Non spiaccicò nemmeno una parola di senso compiuto, e poi uscì a testa china. Non conosceva bene Harry, però sapeva che non era il tipo di persona che apprezzava questo atteggiamento da vigliacca e lei volle rimediare.
Gli scrisse una lettera in risposta. Una lettera lunga con la sua storta, ma comunque delicata e raffinata calligrafia. Le insegnarono a scrivere all'età di dodici anni, quando fu assegnata ad una famiglia come guardiana delle stalle. Lì c'erano altri due ragazzi con lei, con in passato molti soldi ma che finirono poi in miseria. Avevano avuto un'istruzione ed erano di buon cuore perciò condivisero con Clarissa sviariate lezioni sulla lingua inglese.
Mentre la penna scivolava avanti e indietro sul foglio di carta, la musica di Harry non faceva altro che fare lo stesso; muoversi nell'aria senza alcuna interruzione. Quando ebbe finito la rilesse, credendo che con quel gesto avrebbe conquistato un sorriso sincero sul volto del riccio, oppure uno sguardo infuriato e menefreghista.

"Caro signor Harry,
oggi pomeriggio mi avete posto una domanda riguardo ad un argomento che entrambi vediamo in modi differenti; ovvero l'amore. Mi avete imposto la vostra idea a riguardo ed io vi ho affermato che fosse sbagliata. La verità, signore, è che quando vi ho detto che l'amore non si può spiegare, io mi sbagliavo. Ci ho ragionato ed ora so cosa è l'amore. Avete ragione, l'amore è responsabilità, ma l'amore è anche molte altre cose.
L'amore è sicurezza.
L'amore è ridere.
L'amore è divertimento.
L'amore è piangere.
L'amore è sofferenza.
L'amore è poter sentire il cuore sul punto di esplodere dentro al petto.
L'amore è mettere la vita del proprio amato di fronte alla propria, sempre.
L'amore è saper esprimere le proprie emozioni attraverso qualsiasi mezzo, credendo sempre che non sia mai abbastanza.
L'amore è quel sentimento che può farti credere di saper volare.
L'amore è la forza più potente che possa esistere al mondo e non sto parlando di armi o razionalità, perché in amore queste cose non esistono. In amore ci sono solo gentilezze, carezze, onestà, lealtà, risate, pianti, sacrfici, perché, signore, si dice che tutto sia lecito in guerra e in amore. Ma come ho già detto, la guerra di cui si parla non è con le armi, ma con i cuori, con la mente, con le proprie emozioni.
Perciò, voi credete veramente che l'amore sia una cosa da niente e che non esista? Non credete che sia quasi impossibile provare tutte queste cose nello stesso momento, ma soprattutto a causa di una sola persona? E' raro ed è anche difficile da comprendere, ma signore, le assicuro che è possibile.
Credo che questa sia una risposta sufficientemente completa per la vostra  domanda. Spero di essermi spiegata al meglio e che capiate quanto potere ci sia in questo sentimento che la gente tende spesso a sottovalutare.

La ringrazio,
Clarissa"

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: La lettera. ***


capitolo 3: La Lettera.

Solamente alle quattro del mattino era riuscito a prendere sonno. Si era alzato dallo sgabello del suo strumento e si era lasciato cadere di spalle sul suo morbido materasso, addormentandosi in volo. Verso mezzogiorno Mary era andata alla porta delle sue stanze picchiando e chiamando ad alta voce.
-Mary, vattene!-riuscì a brontolare Harry con la faccia affondata nei morbidi cuscini. Quando sentì i passi della ragazza farsi sempre più lontani e i suoi lamenti sempre più simili a dei sussurri, si trascinò fino all'ingresso di camera sua. Non appena aprì la porta il suo sguardo cadde su un foglio piegato su se stesso svariate volte. Con fare curioso ed assonnato Harry lo afferrò e richiuse la porta alle sue spalle iniziando a leggere. Sospirò.
-'La ringrazio, Clarissa'..-sussurrò ripetendo le parole scritte dalla giovane. Analizzò con precisione ogni singola caratteristica della calligrafia della ragazza. Notò le O e le A non del tutto segnate, con uno spiraglio di un millimetro aperto. Notò la grandezza delle L maiuscole e il ricciolino che le piaceva fare ad ogni R.
Sorrise avidamente e ripiegò il foglietto, dirigendosi subito verso la cucina, dove sperava di incontrare Clarissa per discutere di nuovo con lei dell'argomento. Non appena scese le scale sentì una voce femminile che sembrava lo stesse rimproverando e non appena si voltò ne ebbe la certezza; era Mary.
-Sono ore che vi chiamo per la colazione. Ormai abbiamo ripulito tutto e fra qualche minuto sarà pronto il pranzo, vedete di presentarvi almeno a quello-teneva fra le mani uno strofinaccio che le piaceva scuotere ogni volta che riprendeva il riccio. Harry sbuffò.
-Mary! Dove è Clarissa?-domandò all'improvviso fermando la donna che stava per scomparire nelle cucine.
-E' in giardino..-sospirò portandosi quel pezzo di stoffa sulla spalla destra e le mani sui fianchi generosi.
Harry non si preoccupò nemmeno di ringraziare e riprese a scendere le scale, fino ad arrivare all'ingresso. Tutte le volte che apriva quel portone provava una sensazione atroce; non gli è mai piaciuto il sole, il calore e l'aria fresca. O forse dice così per abitudine, dato che il sole lo vede solo in dipinti e dalla finestra.
Percorse tutto il dialetto controllando ogni singolo angolo affinché potesse intravedere quella chioma di boccoli mori. Fece il giro dell'intera casa, fin quando non raggiunse il labirinto di siepi basse dentro la quale si trovava lei.
-Clarissa!-urlò per attirare la sua attenzione. Lei si voltò immediatamente e rispose.
-Mi dica, signore-drizzò la schiena e smise di raccogliere fiori color porpora, che ora nascondeva dietro alla schiena per evitare di essere scoperta.
-Questa..-iniziò il discorso indicando la lettera ed inoltrandosi nel labirinto, avvicinandosi sempre di più alla ragazza.-L'avete scritta voi?-le domandò socchiudendo  gli occhi infastiditi dalla forte luce del sole. Clarissa annuì ed abbassò la testa, come è solita fare in situazioni di vergogna o disagio.
-Lo sapete che nessuna di queste parole ha senso, vero?-usò un tono di sarcasmo, quasi come se la stesse prendendo in giro. La ragazza non sapeva se volesse burlarsi di lei o rimproverarla.
-Perché dite questo?-lasciò cadere a terra il mazzo di fiori, fulminando l'uomo che di fronte a lei trovava divertimento in quella situazione.
-I sentimenti di cui voi parlate, non sono altro che scienza in realtà e la gente si 'innamora' grazie alla mente, non al cuore-
-Se fosse vero allora anche voi potreste innamorarvi-
-Non riesco a coglierne il senso, cara-
-Usate troppo la testa, perché non avete un cuore, signore.-Clarissa non seppe mai da dove uscirono quelle parole. Fece scomparire dal volto di Harry quell'odioso ghigno e s'incamminò impaurita verso l'uscita pregando di non essere ripresa, ma le sue preghiere non furono abbastanza. Il riccio la richiamò afferrandole bruscamente il polso con forza.
-Così mi fate male..-si lamentò cercando di lasciare libero il suo avambraccio, ma Harry aveva troppa forza nelle braccia per permetterglielo. A lui non interessava niente del dolore che le stava causando, perché in quel momento era troppo impegnato a tenere i suoi occhi pieni di ira fissi su quelli impauriti di Clarissa.
-Voi siete solo la puttana del momento in casa mia, non vi potete permettere di darmi dell'uomo senza cuore-sbraitò gettando a terra la lettera accartocciata.
-Guardatevi! Avevate ragione; siete proprio come vostro padre e mi sbagliavo a credere che non foste un idiota.-si riuscì finalmente a liberare dalla presa. Si massaggiò il polso dolorante tenendo lo sguardo basso e soffrendo nel silenzio che era calato fra i due. Harry sapeva di aver esagerato, ma lui esagera sempre e non gli importa più che cosa accada dopo una delle sue scenate. L'abitudine aiuta.
-Stupida prostituta-esclamò a bassa voce dopo, incamminandosi verso l'interno della casa. Era ancora in vestaglia e Clarissa ricordava di trovare interessante all'inizio questa sua caratteristica, mentre ora pensa solo che sia da idioti. Perché del resto, Harry era un idiota per lei, ora.
Da idioti che aspettano che la vita gli faccia piaceri e che la fortuna gli cada addosso. Idioti che odiano il mondo intero soltanto perché odiano sé stessi. Idioti che insultano senza sapere niente della loro vittima. Idioti come Harry.
Aspettò che svoltasse l'angolo per iniziare a correre fino alla porticina sul retro per i dipendenti. Entrò direttamente in cucina e si sedette coprendosi il volto con le mani, sbuffando.
-Tutto bene, Clarissa?-le domandò Bonnie, una delle cuoche. Clarissa disse di sì, annuendo pure, ma la verità è che voleva piangere per potersi sfogare. Bonnie questo lo comprese, ma non voleva forzare la nuova arrivata a raccontare. Se avesse voluto farlo si sarebbe sfogata subito, pensò.
Nei giorni successivi il signor Styles si riprese, mentre suo figlio sembrava star ignorando Clarissa più del solito e anche se potrebbe risultare impossibile, è così. Ma alla giovane non importava visto che nemmeno lei non voleva più averci niente a che fare. Nessuno dei due sbirciava più l'altro attraverso la finestra delle proprie stanze e cercavano entrambi di auto convincersi di detestarsi a vicenda, ma tutti sappiamo che un artista senza la sua musa ed una musa senza il suo artista non possono vivere a lungo.
Mary era al corrente di tutto, ma non voleva mettere il naso in faccende che non la riguardavano perché sapeva come avrebbe reagito il suo padrone. Harry non era il tipo che la lascia passare liscia a tutti, anzi, tendeva ad essere orgoglioso e vendicativo con chiunque.
-Mi potete passare il vino, padre?-erano tutti a tavola e dal giorno del litigio ne erano passati tre.
-Chiedete a Clarissa, è più vicina-gli occhi di Harry caddero sul volto seccato della giovane che stava già allungando la mano per afferrare la caraffa di bronzo, cercando di non incrociare lo sguardo del riccio.
-No, ho detto che dovete chiedere prima che ve lo passi. Imparate ad essere cortese con le fanciulle..-lo incitò il padre. Harry sbuffò e rivolse di nuovo lo sguardo a Clarissa, che stava aspettando una domanda. Fece trascorrere i secondi, finché la madre non lo incitò di nuovo con un po più di severità.
-Datemi il vino..-il padre lo fulminò in attesa che rimediasse alla sua maleducazione.-Per favore-aggiunse in fine in uno sbuffo. La ragazza fece come richiesto e gli diede la caraffa fra le mani, rimanendo poi in silenzio  e riuscendo nel suo tentativo di non guardarlo mai in volto.
I signori Styles si assentarono qualche minuto dopo, refilando una scusa e chiedendo ai due giovani di attenderli in sala perché più tardi gli avrebbero dato una notizia.
-Litigano-affermò indifferente Harry.
-Come, prego?-chiese confusa Clarissa.
-L'assentarsi significa litigare per un tempo indeterminato nella lingua dei miei genitori-brontolò bevendo l'ennesimo sorso di vino rosso.
In effetti fu così. Passò un bel po' di tempo, e tutto quel che si poteva sentire in quel totale silenzio erano le urla che ogni tanto si scagliavano contro i due che si erano nascosti nella stanza di fianco. Nessuno dei due ragazzi poteva alzarsi perché era stato chiesto ai maggiordomi di non lasciarli uscire; volevano a tutti i costi dare loro la notizia, ma solo dopo averne discusso.
-Sentite..-affermò improvvisamente Harry interrompendo quell'eterno ed imbarazzante silenzio. Si passò una mano nei capelli e li strofinò, con fare assonnato.-So che siete ancora turbata per quello che è successo l'altro giorno..-
-Mi avete dato della puttana e della stupida-precisò Clarissa.
-Voi mi avete chiamato senza cuore e idiota. Siamo pari-si difese immediatamente.
-Non esiste una parità fra gli insulti..-
-Siete troppo moralista-
-Smettetela di peggiorare la situazione. Ho intenzione di accettare le vostre scuse, comunque-
-Io non ho mai detto di volermi scusare-
-Mi avete detto che siamo pari-
-Ciò non significa che mi dispiaccia per quel che ho detto-
-Volete dire che mi dareste di nuovo della puttana e della stupida?-
-Non lo so, voi mi dareste ancora dell'idiota e senza cuore?-
Clarissa sospirò, arrendendosi di fronte alla mente contorta e la battuta sempre pronta di quell'uomo che la stava facendo diventare pazza. Provava un certo interesse nei suoi confronti, ma allo stesso tempo avrebbe voluto non vederlo mai più in vita sua. Le rendeva la sua residenza lì molto più complicata, piacevole e indecente del normale.
-Siete un uomo impossibile-affermò incrociando le braccia al petto, scuotendo la testa. Harry sorrise e si versò un altro bicchiere di vino.
-Lo so-esclamò soddisfatto. Proprio mentre Clarissa era sul punto di controbattere, le porte si aprirono e entrambi i signori Styles comparvero. Sembravano avere uno sguardo sereno, nonostante si fosse sentita benissimo tutta la loro vivace discussione.
Decisero che toccasse a Christopher spiegare la notizia. Si trattava di un viaggio, un viaggio per incontrare la famiglia reale, che si era generosamente proposta di ospitare tutti per una settimana intera per motivi di lavoro. Pare che il signor Styles stesse organizzando un unione con un membro dei reali per poter arrivare un gradino più in alto nella scala delle classi sociali. La giovane rimase sbalordita e chiese il motivo per cui sarebbe dovuta venire anche lei.
-Perché oltre al fatto che siete la mia dama, perciò vi porto ovunque e quando voglio, siete anche l'unica che parla con mio figlio-sorrise Christopher ammiccando ad entrambi i ragazzi.
-Quindi la portate come mia tata?-domandò con fare maleducato Harry.
-No. Sappiamo che voi tendete ad annoiarvi in qualsiasi luogo che non sia la vostra camera da letto, perciò vogliamo portarvi un'amica-questa volta fu Adelaide ad intervenire, anche se dal suo sguardo non sembrava molto entusiasta di avere sulle spalle il peso di Clarissa anche in viaggio.
Harry non disse più nulla. Si alzò dalla sedia e si allontanò verso le sue stanze, con aria indifferente. Non sembrava infuriato, ma nemmeno entusiasta o rattristato.
Non avevano chiesto il  parere di Clarissa, ma la cosa non la stupì. Era solamente parte dei dipendenti e non si aspettava di certo che mi chiedessero se avesse voglia di andare o meno. Rimase tutta la sera a pensare al fatto che avrebbe incontrato la regina Vittoria fra meno di due giorni e si sentì quasi mancare il fiato. Non sapeva se l'avessero presentata come amica di Harry o sgualdrina di Christopher. Attese due notti, per poi essere aiutata da Mary per preparare tutte le borse qualche minuto prima della partenza.
Ad Harry non piaceva l'idea di uscire dalla sua villa, ma poteva farlo semplicemente perché sarebbe stato con la famiglia e non avrebbe corso pericolo di immischiarsi con gente di classi sociali inferiori, come temeva la madre. Durante tutto il viaggio in carrozza era rimasto in silenzio. Era in carrozza con Clarissa, mentre nell'altra ci stavano i signori Styles che discutevano riguardo all'improvvisa amicizia scoppiata fra i due giovani.
-Non credo sia un bene..-borbottò la moglie.
-Smettetela di preoccuparvi, Adelaide, sono solamente amici e lo sappiamo che non succede spesso con nostro figlio-rispose a tono Christopher. Zittì la donna che era ormai più che abituata ad essere messa a tacere con poche parole e ad essere sottomessa dal prepotente marito.
Nel frattempo, nella seconda carrozza, anche Clarissa ed Harry parlavamo, ma con meno frequenza. Il riccio si limitava a produrlo dei versi indistinti ad occhi chiusi per ogni domanda gli venisse posta dalla giovane che non aveva la minima idea di come comportarsi una volta arrivati a corte.
-Cercate di darvi una calmata, i reali non mordono. Sono solo degli stronzi-
-Come potete saperlo?-
-Tutte le persone con soldi lo sono, altrimenti non avrebbero i soldi, appunto-
-Non vi seguo..-
-Per avere soldi devi essere stronzo-
-Quindi, secondo voi, io non sono stronza?-
-Perché dovete sempre mettervi al centro dell'attenzione, Clarissa?-
-Io? Siete voi che non fate altro che fare il ciarlatano e il cafone.-
Harry sbuffò, mettendo fine alla discussione che sembrava essere destinata a durare molto di più. Rimase così in silenzio, sforzandosi di non incrontrare gli occhi di Clarissa che non facevano altro che scrutarlo ogni secondo trascorresse.
Quando furono a metà viaggio decise di voltare lo sguardo e notò il volto angelico della giovane appoggiato delicatamente allo schienale del suo sedile. Stava dormendo ed il riccio non poté fare altro che studiare ogni singola caratteristica del suo volto con attenzione. Notò le ciglia lunghe, le guance con un leggero colorito rosa, le labbra carnose e socchiuse. Dedicò anche molta attenzione alle mani, che si trovavano entrambe posate elegantemente sulla gamba destra timidamente distesa sotto l'enorme gonna che rapiva buona parte dello spazio in carrozza.
Harry ogni volta che la vedeva era ispirato da cotanta bellezza. Aveva l'irrefrenabile istinto di sfiorarle la pelle, ma sapeva che non sarebbe stato opportuno, soprattutto perché di lì a pochi minuti dopo, il cocchiere fermò i cavalli ed annunciò l'arrivo al palazzo. Il pianista sbuffò e diede una leggera spinta alla spalla di Clarissa dicendo con voce ferma siamo arrivati. La ragazza sbadigliò e si stiracchiò contendendosi dalla voglia di allungare le braccia, le gambe e spalancare la bocca in un enorme sbadiglio. La presenza di Styles glielo impedì.
Scese prima Harry, che fu poi obbligato da un'occhiataccia del padre ad aiutare la giovane a scendere dalla carrozza stringendole la mano. Furono scortati fino all'interno, mentre dietro di loro una decina di servitori reggevano i loro bagagli. Era tradizione presentarsi subito ai reali non appena si avesse varcato la soglia del palazzo. E così fecero.
Entrò prima Christopher, accompagnato dalla moglie che lo teneva a braccetto e dietro di loro i due giovani che preferivano di certo stare a lecita distanza, nonostante la pace fatta.
-Sua maestà, il nobile Christopher Styles e la moglie Adelaide Mendelssohn -annunciò l'uomo in divisa all'entrata. La regina Vittoria rivolse un enorme sorriso e tutti gli ospiti.
-Benvenuti a corte-affermò mantenendo il sorriso e evidentemente squadrando la coppia che stava alle spalle dei signori Styles.
-E' sempre un piacere vedervi, Styles-si alzò dopo aver posato un bicchiere sopra un vassoio sorretto da servitore. Si avvicinò e Christopher e abbassò il capo in segno di rispetto salutando dignitosamente la regina.
-Ditemi Christopher, chi sono i due giovani dietro di voi?-buona parte delle persone nella stanza si voltarono verso Clarissa ed Harry.
-Questi, vostra maestà, sono mio figlio Harold e una sua dama di compagnia Clarissa-la informò immediatamente e sorridendo il signor Styles. I due fecero un inchino. La regina fece un cenno di testa e prese in disparte l'uomo, accompagnato dalla moglie. Iniziarono a discutere mentre Clarissa ed Harry se ne stettero lì in piedi ad osservarli, sognando riguardo a cosa stessero discutendo.
Più tardi vennero tutti accompagnati nelle proprie stanze e ci fu un piccolo imprevisto. Clarissa e Harry furono messi nella stessa camera matrimoniale, e non appena chiesero spiegazioni gli venne risposto che a corte non avrebbero potuto sapere che un uomo di cui la regina si fidava ciecamente aveva una prostituta personale, così disse a Vittoria che si trattava della dama del figlio, così non avrebbe corso alcun pericolo.
-Soltanto perché credono che abbia una puttana non significa che ci debba dormire insieme-si ribellò Harry di fronte al padre.
-Se chiedessimo alla regina di farvi spostare sospetterebbe di qualcosa. Lei crede di avervi fatto un piacere mettendovi a disposizione la vostra puttana quando volete-
Durante questa accesa discussione fra uomini, Clarissa se ne stava seduta sul letto e pensava a quanto fosse disgustoso il fatto che stessero parlando di una donna, di una persona, di lei. Non avevano nemmeno chiesto se lei avesse preferito starsene lì o pretendere un'altra stanza, perché tanto il suo parere non conta, vero? Ma doveva starsene in silenzio e sorbire.
Non appena il padre uscì dalla camera Harry sbuffò, tirando fuori il peggio di sé. Ovvero la sua fragilità.
-Lo sai, io nemmeno ci volevo venire qui e adesso mi trovo incatenato in una camera con la prostituta di mio padre perché lui non vuole fare brutta figura.-non sembrava arrabbiato, ma sul punto di crollare.
-Dormirò sulla poltrona-Clarissa cercava di strappagli dal volto almeno un piccolo ghigno, ma non ci riuscì. Il riccio sbuffò e scosse la testa, senza dire più nessuna parola per lunghi ed eterni minuti.
-Non è questo il punto. Mio padre crede che non valga niente e mi tratta come se fossi uno della servitù-confessò.
-Lui vi vuole bene-
-No, non è vero-
-Siete il suo unico figlio maschio; lui deve volervi bene-
Harry si sentiva confortato dalle parole della ragazza, anche se non lo dava a vedere per questioni di orgoglio. Puro orgoglio che nessuno, nemmeno la dama di cui credeva di essersi invaghito, poteva disfare. La osservava in silenzio. Il loro rapporto era formato da eterni silenzi che valevano molto più di mille parole.
Clarissa fece per alzarsi ed andarsene, ma fu fermata dalle parole del riccio che sentiva il forte bisogno di qualcosa, anche se non aveva la minima idea di che cosa si trattasse. Rimasero svariati secondi così; la mano di lui stretta intorno al braccio della giovane che osservava impaurita dall'improvvisa azione dell'uomo.
Fu un attimo. Un attimo fuggente quello in cui le loro labbra si scontrarono formando un perfetto puzzle. Nessuno dei due sembrava pentirsene, nessuno dei due sembrava volersi ribellare. Non è ben chiaro chi fosse a baciare chi, sappiamo solamente che in quella stanza ci stavano due ragazzi, nel loro solito silenzio, a gustarsi la scintilla che in loro stava per accendersi.
Le mani di Harry si posarono sui fianchi di Clarissa, e quelle della giovane sul collo del pianista. Entrambi avevano gli occhi serrati e, mentre il loro cervello li spingeva a pensare a che diamine avrebbero fatto dopo quell'enorme sbaglio, i loro cuori combattevano per scacciare via quei pensieri negativi per lasciare che i due vivessero il loro momento.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: Quel che mi piace e non di te. ***


Capitolo 4: Quel che mi piace e non di te.


Una piccola mano si posò delicatamente sul petto di Harry ed iniziò a pressare affinché si allontanasse da Clarissa. Dopo qualche secondo obbedì e lasciò le sue labbra, rimpiangendo però di averlo fatto. Fu un minimo lasso di tempo in cui i loro occhi si incontrarono, poi ricominciarono ad assaggiare il sapore delle labbra di entrambi.
-Siete ancora più bella in queste condizioni-sorrise il riccio contro la pelle della giovane sbalordita dalle sue parole improvvise.
-Condizioni sbagliate..-indietreggiò prendendosi la testa fra le mani, socchiudendo gli occhi quasi come se sperasse di scomparire da un momento all'altro e non tornare mai più.
-Andiamo Clarissa, non pensate subito alle conseguenze. Lasciate solamente che..-allungò una mano per poterle sfiorare di nuovo la pelle, ma lei si scostò affrontando spaventata il suo sguardo.
-Voi siete il figlio del mio padrone, non posso.-affermò quasi come per convincere sé stessa più che Harry. Fece per allontanarsi ed uscire dalla stanza, per andare a cercare qualcuno a cui dire se per piacere avrebbe potuto cambiare camera da letto, ma fu di nuovo fermata dall'uomo che l'afferrò per il polso.
-Non potete farvi spostare, sospetteranno.-Clarissa non se ne accorse, ma quella del riccio era una scusa per poterla convincere a restare con lui in quelle stanze. Perché, davvero, desiderava la sua compagnia più di qualsiasi altra cosa al mondo.
-Va bene, ma promettetemi che non farete parola con nessuno e che nulla di simile accadrà di nuovo e..-non fece in tempo a terminare la frase, che le labbra del riccio furono di nuovo sulle sue e le massaggiavano freneticamente. La ragazza questa volta si oppose, ma non abbastanza prepotentemente da convincere Harry ad allontanarsi da lei. Rimase quei pochi secondi a gustarsi il momento, finché non decisero che fosse l'ora di riprendere del fiato.
-Lo prometto.-disse in fine, sogghignando divertito. La fanciulla non seppe come reagire, ma si limitò ad incrociare le braccia al petto e far comparire un sorriso sul volto, distenendo le carnose e rosee labbra.
Furono aiutati da miriadi di maggiordomi a svuotare le loro valige, riponendo ogni singolo indumento in due armadi ben separati. Clarissa si diede alla lettura di un libro che ora mai poteva ripetere tutto a memoria da quante volte lo ha letto e riletto, glielo aveva donato sua zia quando tornò dal viaggio in Francia. Harry invece si era fatto dire dove fosse anche un vecchio pianoforte che avrebbe potuto suonare tutte le volte che voleva e lo trovò. L'ultima stanza in fondo al corridoio del secondo piano, lì c'era la camera degli strumenti, ma a dire la verita gli unici strumenti presenti erano un pianoforte e due violini. Non poteva avere accesso a strumenti più professionali, e questo ferì il suo fragile orgoglio.
Sembrava filare tutto liscio, fin quando non giunse l'ora di cena. Furono invitati ad unirsi al tavolo dei reali e, mentre Christopher non faceva che parlare bene di Harry in modo tale da poterlo presentare come un buon partito per la regina, Clarissa e il riccio sembravano come congelati e di questo Adelaide se ne rese conto. Chiese cosa ci fosse che non andava, ma entrambi risposero con un frettoloso e indifferente niente che fece sospettare l'astuta madre.
-Vi conosco bene, figliolo, cosa vi mette tanto disagio?-insistette sua mamma con fare gentile ed attirando l'attenzione della maggior parte delle persone sedute al tavolo. Ora erano tutti in silenzio, ed aspettavano solo che Harry parlasse.
-Nulla, madre. Siamo a tavola con la regina, questa è una giustificazione più che sufficiente-si scusò senza alcun accenno di sorriso. Clarissa lo guardava consapevole del motivo del suo comportamento, ma preferì tenere testa bassa ed ignorare la cosa. Sapeva che quella sera avrebbe dovuto affrontare la prima notte con il figlio del suo padrone e sapeva anche che non le avrebbe mai permesso di dormire sul divano a due posti di fronte al caminetto della camera.
Dopo cena furono tutti invitati ad assistere allo spettacolo che ogni Sabato mettevano in scena per sua maestà, ma a nessuno dei due giovani piacque. Clarissa credeva che la figura femminile fosse troppo poco considerata e disprezzata e che i loro costumi fossero orrendi. Harry, invece, sosteneva che la musica presentata fosse noiosa e poco coinvolgente. Non c'era alcun passaggio piano-forte in nessun brano; mentre lui amava quando veniva eseguito, trovava che ci fosse classe in passaggi di quel genere. Furono scortati, una volta oltrepassata la mezzanotte, alle loro camere.
-Siete sicuro che non vi recherà disturbo la mia presenza?-si assicurò la giovane giocherellando con le dita delle sue mani. L'uomo sorrise amaramente lasciando che i due domestici presenti in camera gli sfilassero gli abiti di dosso. Anche Clarissa fu assistita da due dame, e si ritrovò improvvisamente di nuovo terribilmente a disagio. Di fronte a lei, a separarla dal riccio e i suoi aiutanti, c'era un elegante ed alto separé di circa due metri. Le infilarono una camicia da notte di seta color rosa pallido e i suoi lunghi e ricci capelli le cadevano lungo la schiena morbidi. Una vestaglia color crema le fu donata e dopo che le due finirono di piegare elegantemente il suo abito, uscirono con un inchino ed accompagnando i due altri servitori.
Ora i due erano totalmente soli ed avevano la certezza che nessuno sarebbe potuto entrare; o almeno questo è quello che credeva Clarissa e che sperava Harry.
-So che siete a disagio-affermò infilandosi sotto le coperte come se fossero quelle di casa sua.
-E da cosa lo avreste intuito?-domandò sarcastica la giovane avvicinandosi a passo lento verso il letto enorme di fronte a lei. Non appena fu abbastanza vicina da poter coricarsi sopra, esitò per qualche secondo.
-Andiamo, non vi toccherò nemmeno con un dito!-esclamò alzando gli occhi al cielo l'impaziente Harry che non vedeva l'ora di gustarsi la vista della donna più bella mai esistita stesa di fianco a lui.
-Ricordate che avete promesso..-farfugliò Clarissa infilandosi in modo impacciato sotto le pesanti coperte color bronzo. Le lenzuola sembravano pungerle la pelle e i cuscini erano fin troppo rigidi per poterci posare la testa per tutta la notte. Inoltre, accanto a lei, aveva un uomo che non sembrava apprezzare particolarmente in quel momento.
-Certo, ma non avete mai sentito il detto le promesse sono fatte per essere infrante?-scherzò Harry rivolgendole lo sguardo. Clarissa lo fulminò con occhi di ghiaccio, nonostante i suoi fossero color della terra. Diede perfettamente l'idea di quel che stava pensando, ovvero fastidio per le parole dell'uomo e timore che si sarebbe spinto fin troppo in là durante quella notte.
-State tranquilla, non vi recherò alcun fastidio-sorrise di nuovo e si stese fino ad appoggiare il capo sul cuscino, attendendo che la ragazza fece lo stesso al lume della candela che di fianco a lei tremolava.
-Sarebbe un peccato però deludere le aspettative dell'intera corte-sospirò.
-Come, scusate?-
-Sono sicuro che i nostri vicini di stanza si aspettino un po' di azione da ascoltare stanotte-sorrise malizioso gustandosi lo sguardo disgustato di Clarissa.
-Siete un animale! Chiudete la bocca e dormite-esclamò. Si coricò poi sullo scomodo materasso e avvicinandosi il più possibile verso il limite della sua parte di letto, per evitare di anche solo sfiorare il corpo di Harry. Lui sembrò accorgersene ed iniziò a sghignazzare senza fine.
-Avete veramente paura che vi mangi?-domandò in un sussurrò ed avvicinandosi silenziosamente alla ragazza che si poteva notare tremare da lontano un miglio. Non appena le avvolse un braccio intorno alla vita, Clarissa sussultò e si alzò velocemente dal materasso terrorizzata. Non sapeva di preciso cosa temesse, ma una situazione del genere le metteva ansia.
-Stavo solo giocando un po'-si scusò il moro con il solito ghigno sul volto.
-Me lo avevate promesso. Io in quel letto non ci torno-affermò con convinzione e dirigendosi verso il caminetto, dove si sarebbe scaldata le mani e poi seduta sul comodo divanetto con una coperta di lana.
-Allora mi unisco a voi-Harry si sedette velocemente di fianco alla giovane e le cinse un braccio intorno alle spalle sospirando. Clarissa non osò muoversi, ma sbuffò rumorosamente, facendo sghignazzare ancora il riccio evidentemente divertito dalla situazione.
-Sapete, più vi guardo e più mi sento rinascere-confessò chiudendo gli occhi ed alzando il volto verso il soffitto. La ragazza si paralizzò e si chiedesse che diamine potesse significare una confessione del genere. Insomma, che genere di sentimenti provava quell'uomo nei suoi confronti? Per un attimo si sentì apprezzata, ma ritornò poi sul pianeta terra credendo che un nobile e per di più così scorbutico non si sarebbe mai potuto invaghire di lei.
-Potreste spiegarvi meglio?-chiese con aria scocciata. Era stanca di tutte quelle complicazioni, voleva solamente poter fare in tutta tranquillità il suo lavoro senza alcuna interruzione o difficoltà.
-Mi ispirate, Clarissa. Ispirate serenità, musica, gioia, vita, voglia di ridere e piangere..Siete una musa. Conoscete le muse, vero?-le domandò tornando alla realtà dopo aver riaperto gli occhi. La giovane annuì timidamente. Nella sua mente stava ancora ascoltando le dolci parole che il suo padrone le aveva appena annunciato in modo così sincero e commovente. Improvvisamente la voglia di ricambiare l'abbraccio che lui le stava concendendo da una bella manciata di minuti la investì. Chinò la testa posandola sulla spalla dell'uomo e socchiuse lentamente gli occhi, abbandonando alle spalle tutte le preoccupazioni.
Harry la osservò addormentarsi dolcemente pensando, per la centesima volta, quanto fosse bella. Credeva che nemmeno un angelo avrebbe potuto battere la sua luminosa bellezza. Sospirò , ringraziando poi il Signore del fatto che la piccola Clarissa non si fosse accorta di quanto ubriaco fosse quella sera. Sapeva che a lei non faceva piacere quando una persona assumeva sostanze alcoliche perché glielo aveva rivelato in una delle loro chiacchierate riguardo il signor Christopher Styles. Una sera si era presentato in camera puzzando come una lattrina ed ubriaco fradicio, la giovane rimase inorridita di fronte a quella scena; odiava l'alcol, lo odiava davvero. Ed inoltre, se avesse saputo della sua sbronza, non avrebbe creduto alle parole oneste che le rivolse il riccio quella sera.
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La mattina seguente, quando Harry aprì gli occhi, il peso della dolce ragazza che fino a poche ore prima aveva fra le braccia non c'era più. Si guardò nei paraggi sbadigliando e ad occhi socchiusi, ma non vide nessuno. Allora si alzò dal divano, notando la camicia da notte di Clarissa piegata perfettamente sull'appoggia-abiti dietro il separé. Si vestì senza nemmeno curarsi di come apparissero i suoi indomabili capelli ed uscì, non rendedosi conto che l'orologio segnava ormai mezzogiorno.
Nel correre per le scale fece attenzione a non cadere e non scontrarsi con un qualsiasi maggiordomo o servitore. Decise poi di chiedere informazioni riguardo alla sua dama di compagnia, o così almeno è come era conosciuta in quel posto, e ricevette una risposta dalla servitù, come sempre. Loro vedono sempre tutto. Clarissa era nella biblioteca e dissero anche che non usciva di lì da ben tre ore. Harry s'insospettì e senza rivolgere alcuna parola a nessuno, si diresse verso la biblioteca, ma solo dopo aver chiesto informazioni riguardo anche riguardo quest'ultima.
Clarissa stava comodamente seduta su una delle eleganti poltrone di velluto rosso di quel luogo pieno di pace e silenzio. Ne aveva aprofittato del fatto che non ci fosse nessuno per accavallare le gambe in un modo poco elegante e che metteva in mostra buona parte della sua gamba coperta da un paio di strettissime e fastidiosissime calze. Le venne un tuffo al cuore quando la porta di legno si spalancò e di fronte a lei comparve il giovane Harry.
-Ma voi non mi lascerete mai in pace, insomma-sospirò chiudendo il libro. L'uomo non emise un verso o si mosse di una virgola, ma la indicò e inclinò di poco la testa a sinistra corrugando la fronte.
-Se qualcuno potesse vedervi in queste condizioni vi considererebbe una poco di buono..-
-Perché? Non lo sono già?-
Harry sorrise e scosse la testa. Poi le si avvicinò a passo lento.
-Io non riesco a vedervi sotto quell'aspetto. Siete troppo incantevole per essere definita in questo modo-diede una svelta sbirciata all'enorme rifornitura di libri in quella stanza, sentendosi gli occhi della giovane puntati addosso.
-Vi ringrazio-affermò posando il libro ed incamminandosi velocemente e con passo deciso verso l'uscita. Harry corse fino a raggiungerla e le impedì di lasciarlo, di nuovo.
-Dove pensate di andare?-domandò serio.
-Fuori-sospirò lei.
-Ma non potete. Voi siete qui unicamente per tenermi compagnia e se non lo fate, potrebbero addirittura licenziarvi e farvi fare una brutta fine-
-Sapete..-incrociò le braccia al petto e strizzò gli occhi con fare complice nei confronti del riccio.-Non credo che voi permettereste mai a nessuno di farlo-
-Voi giudicate troppo in fretta, mia cara-affermò con un finto tono esasperato ed enfatizzando sulle due ultime parole.-Vi siete fatta un'idea fin troppo positiva di me-
-Voi non credete di essere buono?-
-Io sono uno stronzo-sorrise, quasi soddisfatto di quel nomigliolo dispregiativo che si è assegnato da solo. Osservando lo sguardo confuso di Clarissa scoppiò di nuovo a ridere, ma non di gusto, no. Una di quelle risatine, sghignazzando.
-Avete molta stima di voi, vedo-
-Oh sì, io ho molta stima di me proprio perché riconosco i miei punti forti e quelli deboli-più parlava e più le sue labbra sembravano chiedermi di aggrapparmi a loro, pensò Clarissa in quel momento, osservandolo mentre esponeva ogni perché ed ogni dove della sua vita. Le piaceva, le piaceva molto.
-Voi li riconoscete?-domandò poi alla ragazza ormai persa nel discorso per via di quelle due carnose e sensuali labbra che non smettevano di muoversi in quella maniera lenta e seducente.
-Come, scusate?-scosse la testa in modo confusionario. E l'uomo sghignazzò di nuovo.
-Voi riconoscete i vostri punti forti e deboli?-ripetè rivolgendole un sorriso.
-No-affermò Clarissa scuotendo la testa decisa. Perché era vero, lei non sapeva riconoscere il meglio e il peggio di sé.
-Vi andrebbe se ve li dicessi io?-rimase spiazzata dall'iniziativa che Harry le propose. Intrigata ed incuriosita dall'offerta, concesse al riccio di provare ad indovinare quali secondo lui fossero le sue caratteristiche negative e positive.
-Siete testarda. Siete anche permalosa, avete la lingua troppo lunga, siete spesso insicura, siete anche troppo fuggitiva-Harry sorrise.-Siete impertinente e nonostante proviate a fare l'opposto, avete dei modi di fare da montanara-scosse la testa ridendo, dopo aver ricevuto un colpo sulla spalla dalla fanciulla.
-Siete però anche molto bella ed intelligente. Siete piena di vita e la trasmettete a chiunque, la vostra voglia di vivere. Siete solare ed onesta, responsabile ed innocente-
-Innocente dovrebbe essere un aspetto positivo?-lo interruppe non appena si recuperò da tutti quei complimenti che le aveva riferito.
-L'innocenza tiene la mente sana e pura, questo è un bene.-Clarissa annuì, rimanendo senza parole. Poi osservò il volto del suo padrone e sorrise.
-Posso provare io, ora?-Harry rimase stupito dalla sua proposta, proprio come reagì lei. Ma alla fine acconsentì, divertito.
-Dunque..siete maleducato e rigido. Siete scorbutico, solitario e dovete fare polemica su ogni tipo di argomento di cui si parla. Usate troppo la testa e la ragione. Siete spavaldo e avete sempre una battuta pronta, spesso sarcastica ed offensiva..-ci fu un attimo di silenzio, poi la ragazza prese un lungo respiro.
-Poi però viene tutto offuscato dai vostri occhi verdi che rapiscono il cuore di qualsiasi donna vi incontri. Siete pieno di umorismo ed avete un bellissimo sorriso. La vostra voce è così rassicurante che potrei stare ad ascoltarla per ore.Siete profondo, sensibile e sapete dire le cose giuste al momento giusto quando vi fa comodo. Avete un incredibile dono per la composizione e la vostra musica fa letteralmente sognare..-
Le ultime parole furono strappate dalla bocca di Clarissa per colpa di un bacio. Un improvviso e passionale bacio che zittì la fanciulla e s'impossessò del silenzio della stanza. Era il terzo che si scambiavano alla corte, ed erano passati solamente due giorni.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5: La corsa. ***


capitolo 5.

Un sonoro schiaffo si fece spazio nella stanza e questa volta, non ci furono promesse non mantenute o carezze dolci. Solamente un uomo basito ed una ragazza molto, molto infuriata.
-Mi avevate detto che non mi avreste più toccata!-esclamò furente.
-Oh beh scusate, ma non mi sembrava che i miei baci vi dispiacessero poi così tanto e poi le parole che avete detto sembravano urlare sono attratta da voi-confessò massaggiandosi la guancia dolorante. La fanciulla si ritrovò all'improvviso sprovvista di uno scudo, perché era vero, le piacevano i suoi baci e le cose che aveva detto le pensava veramente e sì, era attratta da lui.
-Non mi piace questa situazione-sospirò prendendosi il capo fra le mani disperata. Il riccio si assicurò di non avere la mandibola frantumata e dopo di che rivolse lo sguardo verso il volto preoccupato della giovane.
-Vi fate così tanti dannatissimi problemi inutili. Voi mi piacete, sì, e avete ammesso che vi sentite attratta da me. La cosa è semplice.-affermò trattenendo la sua voglia di toccare il suo corpo quasi più bruscamente, che passionalmente.
-Io non so come reagirebbe vostro padre..-
-Si troverà un altro intrattenimento. A lui potrebbe piacere l'idea che io finalmente abbia una compagna che lui stesso trova abbastanza. Altrimenti non vi avrebbe prescelto-
-Mi sembra troppo strano. E poi, compagna?-Clarissa portò le braccia al petto e rimase basita di fronte alle parole del riccio che stava già costruendo la loro intera vita sentimentale fondata su tre baci rubati.
-Oh scusate..preferireste essere il giocattolo di mio padre?-Clarissa scosse immediatamente la testa, perdendosi poi di nuovo nei suoi pensieri e ragionamenti.
Al signore potrebbe dispiacere, pensò, ma a me piace davvero Harry ed anche lui è un mio padrone,si contraddisse osservando gli occhioni di Harry sorriderle. Decise in fine di aspettare ancora, per pensare meglio ai pro e ai contro e a capire che cosa cavolo volesse lei. Solamente lei.
-Penso di aver bisogno di tempo..-affermò afferrando la maniglia dietro di lei.
-Potete almeno rispondere ad una semplice domanda?-
-Sarebbe?-
-Vi piaccio?-le servì quella domanda cruda ed improvvisata. Non era preparata ad un quesito di quel genere e certamente la vecchia e responsabile Clarissa avrebbe scosso la testa ritendendo che la situazione fosse inapropriata e da dimenticare, ma da quando ha conosciuto quella famiglia la vecchia Clarissa non sorge molte volte. Si morse l'interno della guancia ed annuì a testa bassa, meritandosi il quarto bacio improvviso. Non si oppose e per una volta non pensò al signor Styles o alla fine che avrebbe fatto; per una volta pensò a sé stessa ed al presente.
-Lasciate che accada-sorrise il riccio stringendole le mani. La giovane ricambiò il sorriso e seguì l'uomo che ora stava correndo lungo tutti i corridoi del secondo piano, superando ogni cameriere come fossero ostacoli di un videogame. Arrivarono fino all'ultima scalinata, che scesero fra risate e urla che sembrarono recare disturbo a qualcuno. Nella sala in cui corsero si trovava la regina Vittoria, accompagnata da una dama sola. Quella donna era veramente fin troppo poco presentabile agli occhi di chiunque.
-Cosa è questo frastuono?-si lamentò alzandosi ed interrompendo la sua partita a scacchi con la fanciulla bionda al suo fianco. I due ragazzi si irrigidirono facendo scomparire dal loro volto qualsiasi traccia di divertimento.
-Ci perdoni vostra maestà, stavamo soltanto divertendoci un po'..-si scusò Harry mimando una specie di inchino che Clarissa imitò per evitare di mancare di rispetto. La donna sospirò e disse loro di tornare da fossero venuti in silenzio, e se avessero proprio voluto fare tutto quel fracasso sarebbero potuti uscire in cortile. Ringraziarono con un vero e proprio inchino, prima di uscire ridacchiando ed incamminandosi verso l'uscita. Le guardie all'entrata si assicurarono che non fossero diretti verso l'uscita del palazzo sbarrando il cancello, ma i due volevano semplicemente divertirsi insieme nei giardini fioriti.
-Correte veloce?-domandò Clarissa all'uomo che sembrava star per avere un attacco cardiaco. Lui rise ansimando, non era proprio uno sportivo.
-Abbastanza. Per quale motivo?-
Dopo aver controllato che nessuno li stesse guardando, la fanciulla si sfilò le scarpe scomode e troppo strette nascondendole dietro ad una siepe di rose. 
-Il primo che raggiunge il laghetto là in fondo vince-affermò raccogliendosi le maniche in modo poco raffinato e femminile. Harry sospirò divertito, ma la imitò levandosi le scarpe e il cappello che si scoprì nascondere un cespuglio di capelli che quel giorno erano particolarmente in disordine.
-Posso sapere cosa vinco?-le pizzicò il fianco ridendo, mentre lei sussultò sghignazzando a sua volta.
-Quello che volete..-rispose molto vaga la fanciulla stirandosi i muscoli delle braccia.
-Voi-rivelò Harry portandosi una mano alla fronte, nel tentativo di riparare i suoi occhi sensibili dal sole. Clarissa gli rivolse lo sguardo smettendo di ridere.
-Sarà quello che avrete, allora-affermò mettendosi in posizione di partenza.
-Cioè, potrò letteralmente avervi?-si assicurò.
-Una persona non può appartenere ad un'altra, ma mi avrete in qualsiasi modo voi intendiate-
Entrambi sorrisero preparandosi per la corsa. Stabilirono il punto di partenza tracciando una piccola linea nel terreno e quello di arrivo affermando che avrebbero dovuto toccare il tronco dell'albero di fianco all'acqua. Fu Harry a dare il via, subito dopo aver annunciato pronti, partenza e subito dopo il fatidico via.
Sfrecciarono lungo il terreno ben curato e ricoperto di erba tagliata alta all'incirca tre centimetri, ridendo a squarciagola. In testa c'era Clarissa, però poi ci fu Harry e pochi secondi dopo di nuovo la fanciulla che aveva accellerato il passo dandosi più spinta con le braccia. Il tronco era a pochi metri, c'erano quasi e a toccarlo per prima fu il pianista, che a detta della giovane, aveva barato allungando il suo braccio prima del dovuto. Ma una promessa è una promessa, disse Clarissa dopo aver ripreso fiato. 
-Allora è deciso; sarete mia.-sorrise il moro accarezzandole il viso.
-Ora potreste dirmi in che modo?-Harry rise ancora, scuotendo la testa e rivolgendo il suo sguardo verso l'orizzonte illuminato dal sole.
-Sarete mia, questa notte, nella nostra camera da letto-le sussurrò in un orecchio, mentre la sua mano sinistra si era appoggiata al suo fianco, provocandole una serie di brividi lungo tutta la schiena.

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Harry non sembrava il tipo di persona a cui piace non mantenere le promesse, e questo fu all'incirca il motivo principale per cui il cuore di Clarissa sembrò stare per esplodere da un momento all'altro per tutto il resto della giornata. Dopo quella confessione le aveva impresso un bacio sulla guancia e se ne era andato con grande stile, con la sua andatura sghemba e quasi gobba, oserebbe dire la giovane. Clarissa aveva passato ore ed ore ad assistere alle prove dell'opera che avrebbero messo in scena a fine settimana per il compleanno della regina. Non aveva alcun intrattenimento all'infuori dei libri e dato che lì non facevano altro che dirle come da brava signorina si sarebbe dovuta comportare, si tolse questo dente comportandosi come tale, ma ogni cosa, ovunque ed in qualsiasi occasione sembrava ricordarle cosa le sarebbe aspettato quella notte. L'opera parlava di una storia d'amore fra un uomo ricco ed educato e una fanciulla di campagna con modi un po' bruschi e semplici. Cominciamo bene, commentò mentalmente la ragazza. Ogni tentativo di avance del ragazzo le ricordava vagamente tutti i sorrisi e gli sfiori che Harry le concedeva più che spesso. L'unica differenza era il semplice fatto che lì entrambi i protagonisti erano dei giovincelli di diciassette anni, mentre la differenza fra Clarissa e il riccio era di sette anni e mentre lei era ancora in guerra con gli ormoni e la scoperta del mondo degli adulti, Harry era un uomo con una certa cultura, maturo e vicino alla trentina, più o meno.
Qualche fila più in giù si trovavano altre dame ad assistere alle prove e Clarissa non potè fare a meno di osservarle con quasi disprezzo; provava una certa antipatia per la gente della borghesia. Ha sempre avuto un'idea negativa riguardo tutti loro e aveva raramente delle eccezioni da considerare. 
Finite le prove fece una visita alle stalle, dove era solita lavorare qualche anno prima e si ritrovò ad accarezzae dai cavalli più vecchi a quelli più giovani, come i puledri che amava particolarmente. Clarissa adorava gli animali e non può fare a meno di intenerirsi e mostrare uno splendido sorriso di fronte a loro. 
Avrebbe voluto trattenersi per sempre in quel luogo, anche se non le dettero il permesso di cavalcare, ma purtroppo l'ora di cena era giunta e la signorina si sarebbe dovuta ritirare nelle sue stanze per prepararsi, con l'aiuto delle due solite dame. Si affrettò a raggiungere il castello rendendosi conto che si era già fatto molto tardi dato il cielo scuro e, dopo essersi assicurata che nessuno la stesse guardando, accellerò il passo in una corsa anche se non sembrava il comportamento migliore per una milady della sua età. Una volta arrivata ai giardini privati riprese fiato sotto gli occhi indiscreti della servitù che le lanciava sguardi sbalorditi e da ficcanaso. 
Quando corse fino alla camera da letto, Harry stava già indossando la giacca di velluto per completare la tenuta da sera, mentre dall'altra parte della stanza, il suo abito celeste era fra le mani delle due giovani che l'attendevano impazienti.
-Dovrete essere in grado di vestirvi in..-Harry diede una sbirciata all'orologio da tasca-sei minuti-sorrise. Clarissa fece una smorfia e lo pregò di uscire, lasciando le ragazze sole. Le sfilarono velocemente il vestito sporco di fango -non osarono porre domande a riguardo- e mentre una delle due le chiudeva il corsetto e le infilava la gonna, l'altra le spazzolava i boccoli spettinati e crespi. Ahio, si lamentava Clarissa ad ogni colpo di spazzola.
Fu pronta in cinque minuti e, dopo aver ringraziato le giovani, si affrettò a correre per le scale per poi raggiungere il piano terra, dove tutti si stavano già riunendo per dirigersi verso la sala pranzo.
-Ce l'avete fatta-sghignazzò Harry offrendole un braccio. Clarissa lo strinse e sorrise soddisfatta.
-Avevate dubbi?-Harry sorrise divertito ed avanzò, seguendo la miriade di persone dirette verso la cena. Accompagnò la giovane e la scortò fino alla sua sedia, poi ci si sedette di fianco.
Per tutta la serata non fece altro che rivolgerle sguardi gentili e di sfuggita, talvolta, per evitare che qualcuno potesse sospettare di qualche legame sentimentale fra i due. Spesso dimenticava che la gente lì, considerava Clarissa la sua sgualdrina. Lui ci provava e non pensava di dover fare tutta quest fatica, dati i sei anni di recitazioni che gli toccarono lungo la sua infanzia, ma non ci riusciva. Non riusciva a vedere Clarissa come una macchina per divertirsi in modo così indignoso. Non avrebbe mai voluto che una creatura così adorabile e dolce, quasi innocente, fosse trattata a livello di donne senza pudore. Era pur sempre un uomo, certo, e i suoi pensieri riguardanti la fanciulla non erano sempre casti come una passeggiata lungo il sentiero ricoperto di roselline di tutti i colori possibili. Non poteva di certo smentire che, qualche volta, l'occhio fosse caduto sull'ampia scollatura della donna, che durante quella prima notte non avesse avuto la tentazione di accarezzarla, che, tutte le volta che le rivolgeva lo sguardo, non avesse dovuto impedire alle sue parti intime di scatenarsi. 
-Harold?-la voce forte e decisa di Adelaide interruppe i pensieri di Harry.
-Uhm, si?-scosse il capo, rivolto precedentemente verso il volto di Clarissa. Era totalmente distratto.
-La regina vorrebbe sapere che programmi avete per il fine mese-alzò un sopracciglio con fare severo, mentre l'uomo dalla folta chioma scosse di nuovo la testa intontito dalla proposta. Vittoria si lasciò sfuggire una risata di fronte al disagio del ragazzo e spiegò meglio il fatto che gli stesse proponendo di accompagarla nel fine mese durante la sua escursione al lago. Balbettò, distolse lo sguardo parecchie volte e chiuse per una frazione di secondo gli occhi.
-Ne sarà entusiasta!-interruppè suo padre sorridendo, notando la giovane di fronte a lui con il capo chino e lo sguardo deluso. Clarissa era gelosa.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: 'La primavera nei suoi occhi' ***


Capitolo 6: 'La primavera nei suoi occhi'

-Vi do la mia parola che non permetterò mai a quella donna di avvicinarsi a me-promise Harry afferrando la mano della giovane Clarissa. Erano soli, nella loro camera ed erano nel bel mezzo di un acceso dibattito riguardo quell'importante appuntamento che avrebbero dovuto avere Harry e la regina da lì ad una settimana all'incirca. Ovviamente questo non fece piacere alla giovane, che credeva avrebbe di certo preferito la regina d'Inghilterra ad una semplice contadina proveniente da un paesino d'Italia.
-Vostro padre sta già pensando al matrimonio, non potete contraddirlo-
-E da quando ci interessa quel che dice mio padre?-sbottò con tono esasperato. Era vero, fin a quel giorno, entrambi se ne erano infischiati della volontà di Christopher, ma Clarissa iniziava a credere che fosse un male continuare a trasgredire in quel modo.
-Ma ora non pensiamoci, e concedetemi piuttosto il premio che mi spetta-sorrise accarezzando il volto della ragazza, che si scostò con sguardo pietrificato. In mezzo a tutto quel baccano di pensieri, dedicati ad un possibile futuro per Harry e la regina Vitoria, si era totalmente scordata della promessa che fece ad Harry quel pomeriggio. Oh, come avrebbe voluto infrangerla.
-Non è il caso-fece sempre passi più veloci, indietreggiando.
-Ma come? Lo avete detto voi, una promessa è una promessa-Harry non sembrava afferrare il concetto che Clarissa, era terrorizzata all'idea di dover passare una notte con lui. Sicuramente lo avrebbe desiderato con tutta sé stessa, e ogni singola parte del suo corpo se lo sentiva tutte le volte che le veniva rivolto quel meraviglioso sorriso con tanto di fossette. Ma era troppo spaventata per affrontare quest'emozione così presto. Troppo presto.
Harry afferrò il bacino della giovane ed iniziò a percorrere una lunga scia di baci lungo tutto il suo collo. Assaporava ogni singolo secondo passato a sfiorare la sua pelle, e ad ascoltare i loro respiri farsi sempre più pesanti.
-Vi prego, no..-Clarissa prese tutto il coraggio che aveva dentro di sé e scostò Harry con una spinta. Non aveva alcuna intenzione di apparire scortese, ma il disagio che provava in quel momento la fece apparire tutt'altro che disponibile ai servigi del figlio del suo padrone.
-Clarissa, che voi lo vogliate o no, siete la mia accompagnatrice per questo viaggio e dovrete soddisfare le mie richieste-impose con tono severo. Clarissa quasi non lo riconobbe più, o meglio, riconobbe in pieno quello sguardo furioso e quella voce forte e chiara. Harry era identico a suo padre, e la giovane non aveva intenzione di cadere di nuovo nelle grinfie di un pretenzioso ed impertinente Styles.
-No, mi muoverò solamente sotto comando del mio padrone-suonava molto come scusa, ma non aveva tutti i torti. Avrebbe dovuto compiere tutto quello che le veniva richiesto da Christopher Styles, e non dal suo maleducato e lussurioso figlio.
-Io sono il vostro padrone durante questa settimana, perciò abbiate la decenza di darmi retta!-
-Ho paura-sbottò finalmente la ragazza, abbassando il tono di voce e sentendo gli occhi pizzicarle come fossero sul punto di perdere centinaia e centinaia di lacrime. Anche Harry sembrò calmarsi, e provare pena nei confronti della giovane che ora lo osservava con sguardo affranto.
-Di cosa avete paura? Pensavo che mio padre vi costringesse ogni notte a servirlo-
-Ma io non provo interesse per vostro padre-
Eccola, la prima lacrima che percorse il volto della piccola Clarissa. Era la prima di altre cento. Aveva sputato l'enorme rospo che si teneva dentro dal primo giorno in cui posò gli occhi sul giovane Styles. Aveva rivelato la cotta che credeva fosse una semplice idiozia che sarebbe passata con il tempo.
-Io vi piaccio-non era una domanda, ma un'affermazione. Un'affermazione con tanto di sorriso smagliante, sorpreso ed orgoglioso.
-Voglio che sappiate che è da quasi un mese che provo lo stesso per voi, mia cara-le allungò una mano, incoraggiandola ad afferrarla e concedergli di stringerla in un abbraccio. La sua richiesta fu accolta senza nessun minimo ripensamento. Avevano già confessato i loro sentimenti, ma ora aveva la certezza che quel che le faceva sentire nel suo corpo da adolescente, era comparabile a quel che lui provava nel suo da giovane adulto.
-E proprio perché tengo a voi, rispetto ogni vostra decisione..-sorrise, come se fosse consapevole che il sole non potesse competere con la luce che produceva con il suo smagliante sorriso.
-Davvero?-ricambiò con occhi speranzosi. Harry annuì e fece passare una mano fra i miei capelli, per poi baciarle in modo delicato la fronte.


Clarissa pov's.
-Ditemi, Clarissa, come passate il vostro tempo alla tenuta degli Styles?-
Quella mattina fui stata costretta a passarla giocando a cricket in compagnia della regina e di altre due dame. Ovviamente la proposta principale era stata posta alla madre di Harry, ma aveva rifiutato ritenendo che aveva un altro impegno. Sporca bugiarda, nemmeno lei sopporta la regina Vittoria.
Non sapevo nemmeno come tenere la mazza fra le mani, mentre la signorina Vittoria ne era esperta e sentivo quasi che godeva tutte le volte che sbagliavo un colpo.
-Uhm, di solito leggo oppure..parlo con le cameriere-risposi in tutta onestà. La donna annuì e sospirò, per poi fare un impeccabile tiro da tre punti. Quante arie che si da, sbuffai mentalmente.
-Il signorino Styles usufruisce di voi solo la sera?-rimasi imbambolata separando a malapena le labbra. Ero decisamente sbigottita dalla sua domanda così..così..immediata. Non credo fosse il caso di domandarmi a che ora fosse il mio turno da prostituta, o meglio, donna a cavallo fra l'amante e la prostituta. Già, sono talmente in basso da non avere nemmeno un titolo. E poi, certe volte dimenticavo che quella gente credeva che fosse Harry ad usufruire del mio corpo, e non suo padre che, vigliacco com'è, si è nascosto dietro un capriccio falso del figlio.
-Non mi è permesso parlarne-contadinella italiana uno, regina d'Inghilterra zero. Pensai nascondendo un ghigno.
-Scusatemi, ma siccome Harold è in lista per i miei promessi sposi, mi sarebbe piaciuto sapere le sue abitudini..-sorrise. Da quando aveva raggiunto quel patto con il padre di Harry, non faceva altro che ricordarmi che un giorno sarebbe diventata sua moglie. Non era ancora certo, perché oltre ad Harry c'erano molti altri pretendenti, ma era chiaro che lei volesse il mio.
-E voi sembravate la persona più adatta. Siete la sua dama da compagnia, no?-schiusi le labbra per rispondere, ma mi precedette.-E poi siete sempre così affiatati da sembrare amici d'infanzia..-sospirò permettendo ad una sua dama di ripararla dal sole con un ombrellino di seta. Ora le tiro la mazza in testa, pensai osservando il suo sguardo da superiore.
-Sì, ehm..-balbettai.
-Clarissa! Clarissa!-ci voltammo entrambe verso la terrazza, oltre la fontana al centro dell'enorme piazza bianca. Harry percorse tutti i gradini in fretta, fermandosi poi a metà strada ed in attesa che lo raggiungessi. Ero così felice di vederlo che avrei voluto correre fra le sue braccia, ma non dovevo scordare di essere in presenza di una reale ed anche stronza.
-Con vostro permesso..-mi inchinai iniziando poi ad accelerare il passo verso il riccio che mi sorrideva tenendo saldamente fra le mani un pacco di fogli scarabocchiati.
-Ecco, ho finito!-esclamò mostrandomi gli spartiti segnati da una calligrafia appuntita e storta, ma comunque elegante.
-Finito cosa?-chiesi sbigottita. Harry sorrise.
-'La primavera nei suoi occhi'-rispose.
-Oh, una nuova opera?-domandò con voce stridula la regina, che ci raggiunse alle mie spalle e s'impadronì dei fogli mantenendo un sorriso radioso. Harry sembrò prendersela per quel gesto; toccategli tutto ma non la sua musica. L'immagine del castello in fiamme mi invase la mente.
-Già.-sbottò.
-Di cosa parla?-
-L'ho preso da un libretto che parla di una storia d'amore fra un uomo ed una ragazza, in Francia-
-La trama?-
-Lei è considerata pazza da tutta la popolazione, perché crede di aver incontrato un angelo nel bosco. Questo ragazzo le crede però, ed insieme organizzano escursioni nel posto allo scopo di ritrovare l'angelo. Durante tutta la storia nasce qualcosa fra di loro, e alla fine ricompare l'angelo che aspettavano da tanto; cupido-rispose mantenendo quel tono freddo.
-E quante melodie avete composto per questo libretto?-
-Ventisette-
Ci furono istanti di silenzio, finché un'esclamazione della regina non fece sobbalzare sia me che Harry.
-Mi piace, la voglio per il mio compleanno!-
-Ma..avete intenzione di finanziarla?-
-Certo-
-Ma il vostro compleanno è fra pochi giorni ed io non ero nemmeno certo che potessi metterla in atto-
-Farete prove in questi tre giorni, e avverrà al posto della triste opera che avrebbero voluto eseguire.- fece un'uscita trionfale seguita da quelle due continuamente zitte e a testa china. Io mi voltai poi verso Harry ed attesi che qualcuno di noi spiaccicasse parola.
-Io..ero venuto a dirvelo perché l'ho scritta per voi-sospirò finalmente, porgendomi di nuovo i fogli. Il mio sorriso si dipinse di nuovo sul mio volto, rivolgendo il mio sguardo verso le note che immaginavo quale incredibile melodia avrebbero composto una volta messa in atto.
-Quando avete iniziato a scriverla?-
-Il giorno dopo avervi conosciuta-
-Se solo potessi stringervi..-non feci in tempo a finire la frase, perché ritrovai le braccia di Harold avvolte attorno al mio bacino. Per una frazione di secondo mi preoccupai per tutti gli occhi indiscreti che ci avrebbero potuto notare, ma non mi importava più. Lui mi aveva stretto sussurrandomi quanto fosse orgoglioso del suo lavoro, e felice del fatto che potesse mettere l'opera in atto, per mostrarmi quanto impegno ci aveva messo in tutto quel tempo. Non vedevo l'ora di sentire che incredibile intreccio di note avesse scritto.
***
-No! No! L'acuto deve essere più lungo, e voi dovreste sollevarla in questo modo..-Harry prese fra le sue braccia la giovane ballerina sollevandola a braccia tese.-..chiaro?-scese velocemente dal palco ed ordinò di ricominciare da capo la scena. Erano dodici ore che provava senza mai fermarsi. Quei poveri ballerini ed attori dovevano essere esausti, ma lui voleva che tutto quanto fosse impeccabile.
Talvolta assistevo alle prove, standomene seduta sulle poltrone alle spella di Harry, che sudava raccogliendosi spesso i ciuffi ribelli e dirigendo con insistenza ogni singolo movimento degli attori. Diceva che doveva essere tutto quanto impeccabile. Nessuno avrebbe dovuto commettere anche un piccolo ed invisibile errore. Percuoteva irrequieto quella bacchetta su e giù, a destra e a sinistra urlando ovunque i ballerini sbagliavano.
-Non dovresti riposarti? E' molto tardi..-domandai sporgendomi in avanti, abbandonando la comoda posizione che avevo assunto stando a schiena appoggiata su quella morbida poltrona.
-No, non finché quei due non saranno in grado di compiere un perfetto duetto e quello non farà volteggiare la ragazza in modo aggraziato..-sbottò facendosi chiaramente sentire dagli attori in questione. -Dov'è andato a finire lo scenario notturno?-sbraitò mettendo fine alla musica che suonava nel sottofondo.
-L'hanno sostituito per la scena..s-signore-una minuta ragazza dalla chioma corvina si fece avanti, rispondendo in un sussurro. Harry era talmente nervoso da non essersi reso conto che quella scena, non serviva il cielo di notte come sfondo.
Sospirò sedendosi e prendendosi il volto fra le mani, esausto. Scavalcai la poltrona ignorando gli occhi indiscreti degli attori e le damigelle alle mie spalle, sedendomi di fianco ad Harry.
-Vai a riposare, domani mattina riprenderai..hai ancora due giorni e ti mancano solamente i costumi e sei scene-cercai di consolarlo. Alzò lo sguardo sfinito ed annuì sbuffando.
-Hai ragione..-

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