Funny, huh?

di manubibi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia tranne quelli inventati non sono miei ma appartengono solo a loro stessi (anche se sarebbe carino poter possedere Gerard e Frank, ma sono dettagli XD), non ricevo un solo dindo da tutta questa follia...ATTENZIONE, il primo capitolo contiene una scena erotica, quindi se pensate possa offendervi NON LEGGETE...e credo sia tutto...

*

Era distesa comodamente e si muoveva sensualmente come un serpente in quiete.

Spoglia di qualsiasi abito, la pelle liscia, le linee morbide dei fianchi, dei seni e del viso, rapiva lo sguardo dell’uomo, estasiato di fronte a tanta delicata bellezza. Osservò le labbra piene e rosee mormorare parole incomprensibili, gli occhi chiusi come in preghiera, le mani che stringevano con delicatezza i lembi del lenzuolo, i capelli neri, lunghi e ondulati sparsi con grazia sulla federa di seta, rossa come tutto il resto del letto.

Bella e selvaggia, alzava e abbassava il petto assecondando il respiro calmo e regolare, ed esponendo i seni alla voglia di toccarli che si stava impossessando rapidamente di lui.

Era un uomo giovane, i capelli anch’essi neri scendevano sugli occhi scuri quasi celandoli allo sguardo. Era bello, attraente, vestiva di nero come se partecipasse ad una parata funebre, e osservava quasi con distacco la donna che si agitava sempre più vogliosa davanti a lui.

Fece il giro del letto e appoggiò il ginocchio accanto a lei, prendendo ad accarezzarle la spalla con lo stesso apparente disinteresse; scese al braccio per poi finire sulle dita che stringevano convulsamente il lenzuolo e che tremavano. Le sue labbra si aprirono in un lieve sospiro.

Poi lei aprì gli occhi freddi, azzurri come il cielo limpido che in una città come quella non esisteva, ma che ora bruciavano lussuriosi come se riflettessero una fiamma. E l’aria ardeva sul serio, tanto che il moro sentì il bisogno impellente di sbottonare la camicia rivelando il busto asciutto e muscoloso, che fece accendere ulteriormente gli occhi della donna.

Lei ebbe bisogno di sfiorare quel petto leggermente sudato e caldo, e a quel tocco l’uomo si deliziò chiudendo brevemente gli occhi, poi si mise a cavalcioni su di lei, finalmente donandole le labbra. La donna le accettò con gioia e sollievo, mordendole e leccandole, poi la bocca si aprì e cominciò a sfiorare la sua lingua. L’uomo prese il controllo, la premette sul soffice materasso continuando a combattere con quelle labbra carnose e delicate.

Sentì qualcosa sui suoi pantaloni quindi abbassò lo sguardo vedendo le mani affusolate e bianche slacciarglieli, lei non smetteva di guardarlo vogliosa e di baciargli le spalle e il collo.

Lui si liberò presto dei pantaloni diventati superflui, e per un momento si concesse di deliziarsi ancora delle sensazioni tese e pulsanti che stava provando.

La mora, suadente, passò il dito fra il bordo degli slip e la carne di lui, che emise un gemito sussultando. Di lì a pochi secondi era finalmente libero, e si eccitò di più vedendo gli occhi della ragazza sconosciuta farsi brucianti di desiderio, più di prima. Lo cinse con le gambe stringendolo a sé e contemporaneamente rendendosi più accessibile alla virilità pronta e calda del ragazzo.

Lui non si fece attendere, donò un altro bacio alle labbra roventi e assetate sotto le sue, poi iniziò ad ondeggiare con la schiena, col bacino, finché sentì sé stesso inoltrarsi in lei gradualmente, strappandole gemiti sempre più forti mentre la donna stropicciava il lenzuolo nel piacere dell’amplesso, e sentendosi assecondare nei movimenti lenti.

Lei gli graffiò la schiena, e le sue labbra si aprirono ancora, cercando qualsiasi parte di lui che potessero raggiungere.

Entrambi sentivano i brividi caldi percorrerli, e perle di sudore formarsi su tutto il corpo, mentre lottavano in quel modo sensuale. Arrivò prima lui al traguardo con un gemito strozzato, sentendo l’orgasmo invadergli il cervello come un’onda anomala, tanto intensa da fargli girare la testa, poi lei lo raggiunse, irrigidendosi con la schiena inarcata. Il moro si sciolse dall’abbraccio lussurioso e vide il proprio seme scivolarle lungo una coscia.

Lei ne raccolse una goccia con le dita fredde e sottili, e se ne bagnò il labbro continuando a guardarlo maliziosamente.

Poi parlò.

-Gee! Svegliati!-, esclamò una voce maschile, accompagnata da qualche spintone poco delicato alla spalla.

Il ragazzo grugnì qualcosa di incomprensibile, poi si accorse di avere la fronte bagnata di sudore. E una evidente erezione fra le gambe.

Si guardò intorno spaesato: le pareti della stanza non erano di un bianco immacolato, ma grigie, un po’ sporche e con qualche rara crepa sul muro; le tende rosse erano sostituite con altre bianche, con qualche bucherello a decorarle; il letto sul quale era steso non era affatto morbido e non aveva le lenzuola anch’esse rosse ed eleganti, invece erano bianche e al momento sparse disordinatamente sul materasso, perché lui e il compagno erano abituati ad agitarsi nella notte.

E al momento Frank lo fissava accigliato.

Uh, cazzo. Se n’era accorto.

-Uh…che ore sono?-, borbottò stropicciandosi gli occhi.

-Le nove-, rispose atono l’altro ragazzo, senza però smettere di fissarlo malevolo.

Gerard, finalmente, si mise a sedere, e si guardò intorno in cerca di qualcosa, ma prima doveva pensare a lui, altrimenti l’avrebbe assillato per il resto della giornata coi suoi sguardi da interrogatorio.

-Frankie, che c’è?-, chiese facendo finta di niente, e gli stampò un bacio sul collo.

-C’è che ce l’hai duro. E non ci sarebbe niente di male se non avessi chiamato qualcuno che non ero io!-, ringhiò l’altro ritraendosi disgustato.

Proprio come temeva. Scelse di usare la stessa collaudata arma psicologica di cui il chitarrista si serviva sempre per soggiogarlo: spalancò gli occhi e fece sporgere leggermente il labbro inferiore in una espressione supplicante..

-Ma Frankie…non sarai mica geloso!-, fece con la voce più calda che poteva, appena sveglio a quell’ora, cercando di rabbonirlo.

-Non fare il ruffiano! Chiamavi una ragazza!-, sbottò l’altro.

Evidentemente gli occhi dolci non gli riuscivano molto bene.

-E…che nome aveva questa ragazza?-, chiese Gerard, rinunciando alla tattica psicologica e alzando un sopracciglio, incuriosito. Non si ricordava di essersi presentato a lei, nel suo sogno, né di averla mai nominata.

-Jole-, disse Frank socchiudendo gli occhi, evidentemente irritato.

-Jole-, ripeté confuso Gerard, e aggiunse: -…mai sentito prima.

-Ma non mi dire-, fece Frank sarcasticamente, e si rivestì rabbiosamente.

Gerard rimase seduto sul letto grattandosi la testa per un po’, poi scrollò le spalle. Evidentemente si era inconsapevolmante inventato il nome della ragazza.

Un sogno molto realistico. Tutto qui. Ovvio!

Si alzò e infilò i pantaloni, poi si specchiò esaminando la cicatrice che gli era rimasta sul pettorale destro dopo essere stato colpito da una pallottola, pochi mesi prima. Abbassò lo sguardo alla sua destra, incontrando l’occhio nero della canna di una pistola.

La prese in mano giocherellando dubbioso col caricatore, poi la infilò nei pantaloni e finì di vestirsi, completando l’abbinamento con una camicia nera. Pensò che era buffo ritrovarsi vestito come nel sogno…ma doveva smettere di ripensarci, dopotutto si trattava solo di uno stupido parto del proprio cervello.

-Gee, muoviti!-, gridò dall’altra parte della strada suo fratello Mikey. Portava anche lui una camicia come la sua e un paio di jeans scoloriti.

Gerard corse fino alla macchina nera che li aspettava, e trovò tutta la banda al completo: Bob al volante, che teneva la mano tesa sulla leva del cambio, pronto a partire; Ray accanto a lui che caricava una pistola di dimensioni discrete con un’espressione strana, quella dubbiosa che aveva prima il moro. Accanto al sedile posteriore di Gerard c’era Frank, che lo ignorava deliberatamente chiacchierando con Mikey.

La macchina partì tranquillamente e si infilò nel caos cittadino, con l’intenzione di passare inosservata. Durante il breve tragitto, Gerard non fece altro che rimanere assorto nei suoi pensieri, taciturno come lo era raramente.

Quando scesero dall’auto, si misero tutti gli occhiali da sole come sempre quando dovevano esibirsi, e si sistemarono i vestiti assicurandosi segretamente di essere tutti armati a dovere.

Entrarono dal retro ed incontrarono il padrone del locale.

All’interno la penombra regnava in contrasto con la luce dell’esterno, e inoltre c’era una spessa coltre di fumo ad annebbiare ulteriormente la vista e a riempire del proprio odore forte i loro polmoni; in quell’ambiente c’erano solo sagome vaghe e grigie, non si riusciva a vedere quasi nulla nel dettaglio. I loro strumenti li aspettavano lì dalla sera prima, quando erano andati a montarli, sistemati alla bell’e meglio su un piccolo palco.

I cinque ragazzi, con aria strafottente –richiesta dal contesto-, si misero in posizione. Non occorrevano presentazioni, almeno perché chi aveva gli occhi per vedere aveva probabilmente notato lo scarabocchio a pennarello sulla porta che recitava:

“MY CHEMICAL ROMANCE, LIVE THIS AFTERNOON”

Gerard prese il microfono, passando nervosamente in rassegna il pubblico che aspettava annoiato di sentire un po’ di musica diversa da quella del Juke-Box.

‘Saranno appena una cinquantina’, pensò il cantante arricciando le labbra in disappunto, essendo abituato a locali più grandi. Dopotutto, non erano poi così sconosciuti! Ma d’altra parte era una necessità che ci fosse poco pubblico, date le loro preoccupazioni.

Guardò Frank, che fece una smorfia e iniziò a dare veloci pennate, poi anche Bob cominciò a rullare sulla batteria, poi arrivarono anche il basso di Mikey e la chitarra di Ray.

“I’m not OK…well, I’m not ‘O’ fuckin’ ‘K’!!”, urlò Gerard nel microfono, poi quasi perse la voce, sbiancando. Aveva visto proprio quello che aveva temuto da quando avevano concordato di esibirsi lì, eppure aveva sperato di sbagliarsi. Deglutì lasciandosi invadere dalla paura.

-Jared-, sillabò sperando a ragione che Mikey capisse il labiale.

Il bassista, infatti, spalancò gli occhi spaventato e fece in modo che il brano si concludesse in fretta.

Dal fondo del pub li osservava una figura abbastanza giovane, alta e slanciata, i pantaloni a righe fasciavano le gambe lunghe e magre, una cravatta rossa spuntava dalla giacca gessata e i capelli biondo platino risaltavano in mezzo alle esalazioni di nicotina; quasi si potevano vedere gli occhi grigi che fissavano il palco malevoli.

‘Cazzo, cazzo, lo sapevo…lo sapevo che se la sarebbe legata al dito, quello stronzo fottuto…’, pensò Gerard asciugandosi la fronte, e fissò lo stesso punto di prima ringraziando il fatto di indossare gli occhiali da sole. Forse Jared non si era accorto di essere stato visto, e questo dava loro un piccolissimo vantaggio.

Dai tavoli ingombri di boccali di birra, il pubblico vide il gruppo riunirsi e confabulare.

-Finiamo il concerto come previsto, così non capisce che sappiamo che c’è. E poi filiamo subito, magari riusciamo a seminare lui e i suoi fottuti amici-, consigliò saggiamente Mikey.

-Sì, ok…dovremmo dire a Jacob di preparare la macchina-, aggiunse Mikey.

Gerard si diresse verso un ometto dai capelli rossi, presumibilmente un loro amico, e cominciò a gesticolare. Jacob guardò discretamente il punto in cui si trovava, ancora immobile, la persona di cui prima parlavano e corse fuori dal pub, con una certa fretta.

La band riprese subito a suonare, ed eseguì il resto dei pezzi senza tradire il nervosismo e la tensione che i cinque corpi si scambiavano come in un flipper.

Alla fine Gerard mormorò un “grazie” al pubblico -in gran parte così ubriaco che altrimenti non si sarebbe accorto che il concerto era finito e che applaudì accompagnandosi con forti schiamazzi-, poi individuò un tipo con la sigaretta all’angolo della bocca, gliela rubò per fare un tiro per poi ridarla all’uomo esterrefatto, e si affrettò fuori assieme agli altri quattro ignorando le proteste.

Jacob uscì dall’auto sospirando, i ragazzi si scaraventarono sui sedili e Frank urlò:

-Forza Bob!

-Muoviti, muoviti!!-, gli fece eco ansiosamente Gerard, controllando che Jared non fosse ancora uscito, e così per il momento fu.

La macchina uscì sgommando dal cortile privato, e sfrecciò via mettendo a dura prova la resistenza del motore, che passava gradualmente ma in poco tempo dalla prima alla quarta marcia.

Scoppiarono tutti in una breve risata nervosa per la tensione che si accumulava, e tennero d’occhio la strada davanti e dietro di loro, terrorizzati.

Dopo qualche chilometro pensavano di essere al sicuro, invece Frank smise di respirare vedendo in lontananza una grossa auto bianca che scintillava in fondo alla strada e che si stava avvicinando minacciosamente.

-Jared! Jared! Dio santo, Bob, fai correre questa stronza!-, ululò aggrappandosi al sedile del guidatore.

Il biondo batterista diede un’occhiata allo specchietto retrovisore e impallidì, subito schiacciò l’acceleratore e superò una fila di macchine in paziente attesa, attraversando l’incrocio seguente mentre il semaforo era di colore rosso.

-Bob!!-, strillarono quattro voci all’unisono, e i loro corpi si raggomitolarono istintivamente aggrappandosi dove capitava, anche se Frank dovette cambiare appiglio con uno sbuffo dopo essersi accorto che era saltato in braccio a Gerard.

Fortunatamente non provocarono incidenti anche se ci andarono molto vicino, e Bob represse un urlo di tensione e paura, cercando di non tremare.

-Bob-, balbettò Frank, -n-non lo…fare…mai…mai più-, e si abbandonò sul sedile mentre l’auto rallentava e si infilava in una stradina a senso unico, che sboccava in un’altra strada più ampia ma meno frequentata della periferia.

-Beh, volevate che Jared ci prendesse?-, sbottò Bob fra un lungo respiro e l’altro, cercando di calmarsi.

-No! Ma…ma…-, cominciò Ray, però ci rinunciò e tirò un sospiro di sollievo,-comunque l’abbiamo seminato, grazie a Dio…

Scesero davanti ad un locale, ed entrarono nella porta sopra la quale lampeggiava la scritta al neon “Luigi’s”.

-Uff, adesso una bella pasta mi ci vuole proprio-, esclamò Gerard lasciandosi andare sulla sedia che prendeva di solito nel loro ristorante italiano preferito, che miracolosamente quel giorno ospitava solo loro.

Dopo qualche minuto risuonò una voce a pochi metri da loro che li fece girare.

-Oh! Voi siete quelli che suonavano prima!

Gerard fu fulminato al vederne la fonte.

Aveva seguito il percorso del braccio nudo verso la spalla in parte scoperta, aveva notato l’elastico del reggiseno nero che si intravedeva sotto la spallina della graziosa camicetta rossa, e poi le punte dei capelli neri e mossi che si appoggiavano alla spalla e che sfioravano i seni sotto la scollatura. Poi lo sguardo cadde per qualche istante sulle labbra rosee, e infine incontrò due splendidi occhi azzurri.

Sbatté le palpebre più volte, scioccato, chiedendosi se quella fosse un’allucinazione dovuta alla botta di adrenalina, ma lei era ancora lì e sembrava non curarsi di lui.

-Cosa vi porto?-, chiese una cameriera che intanto li aveva raggiunti.

Gerard quasi non sentì gli altri che ordinavano, così si trovò in vistoso imbarazzo quando sentì che Ray lo scrollava.

-Uhm, una…una pasta all’amatriciana-, disse con un discreto accento italiano, guardando a malapena la ragazza che scribacchiava su un blocchetto.

-Sei italiano?-, chiese l’altra ragazza, voltandosi verso di lui.

Gerard la fissò ancora incredulo per qualche secondo, poi si scosse e rispose:

-Uhm, più o meno…alla lontana...

-Davvero? Guarda un po’, io vengo da Napoli, mi sono trasferita qui pochi mesi fa. Mi chiamo Jole- aggiunse, tendendogli la mano.

Gerard sentì Frank irrigidirsi accanto a lui, e poi lo sguardo del proprio ragazzo puntato alla tempia, accusatorio. Lui, d’altro canto, sbiancò completamente, fissando la mano affusolata come fosse stata un’apparizione miracolosa.

-Io…io mi chiamo Gerard-, balbettò stringendola infine,-loro sono Bob, Ray, mio fratello Mikey e…il mio ragazzo, Frank.

Quest’ultimo contrasse i pugni sotto al tavolo, e fulminò la ragazza con una occhiata di pura gelosia, assumendo un ghigno eloquente.

-Oh…piacere-, disse lei sorridendo e abbracciando tutti con lo sguardo.

Prese una sedia e si sedette fra Gerard e Ray, incurante delle occhiate velenose che riceveva dall’altro fianco del cantante.

‘Ecco chi è questa dannata Jole…bah. Non si meritava neanche che a lui diventasse duro. Neanche fosse così bella! Ok, è carina, ma niente di più! E poi, cazzo, perché Gee si comporta come se non l’avesse mai vista prima?!? La conosce eccome…chissà quante volte se l’è scopata prima di stanotte!’, pensò Frank accompagnandosi con una serie di borbottii indecifrabili di nervosismo, ‘allora oltre che a cantare è bravo pure a recitare. Ok, e anche a fare altro…comunque, pezzo di merda!! Dopo mi sente, fanculo a lui…’, aggiunse notando con stizza quanto il suo forse prossimo ex-ragazzo si trovasse bene a chiacchierare con la nuova arrivata.

Gerard intanto continuava a fissare la ragazza, sempre più imbarazzato di avere continue immagini del proprio sogno. E i pantaloni si erano gonfiati, costringendolo a coprire l’erezione come poteva.

Era passata mezz’ora quando sentirono un’altra voce. E raggelarono.

[Eccomi con un'altra storia sui my chem...chiaramente il mio amore per Frerard non morirà mai, ma ho aggiunto un disturbo, seppur minimo...e un riferimento alla mia tata Jole dovevo farlo XD cara, spero ti piaccia ghghgh...

L'ispirazione mi è venuta ascoltando "You know what they do to guys like us in prison"...amo quella canzone proprio per l'atmosfera che crea...quasi da sparatoria, almeno secondo me...comunque spero l'idea vi piaccia ^^]

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


-Eccovi qua-, esclamò la voce familiare, trionfante.

Si girarono lentamente, sperando con tutto il cuore di aver sentito male.

Davanti a loro. Pantaloni a righe, giacca gessata, capelli biondi quasi bianchi, occhi grigi.

Tutto al suo posto, purtroppo. Era Jared.

-Lo sapevo che voi cinque figli di puttana sareste venuti nel solito posto del cazzo. Dovevo venire subito qui…evidentemente non siete furbi come pensavo-, sogghignò noncurante l’uomo, che doveva essere all’incirca sulla trentina.

Gerard si alzò in piedi.

-Jared-, rispose, cercando di sembrare calmo e freddo,-Ci hai tallonati per bene…visto, ragazzi? Abbiamo un fan, qui.

Gli altri ragazzi emisero un suono strozzato e lo fulminarono nello stesso momento, e quattro mani si diressero istintivamente alle tasche rigonfie delle loro giacche.

Jared represse una risata e rispose:

-Non direi. La vostra…“musica”,- accompagnò il virgolettato col gesto delle dita,-decisamente non fa per me. Sai, a uno cresciuto a pane e Ray Charles non puoi propinare certo baccano-, pausa,-…E dì ai tuoi amichetti di lasciare i ferri a nanna-, aggiunse con estrema calma.

I compagni di Gerard sobbalzarono e allontanarono le mani dalle tasche, ma si alzarono in piedi.

-Che…che succede?-, pigolò Jole. Gerard non la guardò nemmeno rispondendo:

-Niente, ma ti consiglio di andartene.

La ragazza, spaventata, si staccò dal gruppetto e si diresse correndo verso l’uscita, ma fu bloccata da tre uomini vestiti nello stesso modo di Jared. Uno di loro la prese per il polso, riportandola vicino a quello che evidentemente era il loro capo, ignorando le stridule proteste.

-Che…-, mormorò Gerard fissandola, e poi squadrando l’avversario,-…che cazzo fai? Neanche la conosco!

Infatti aveva già intuito cosa avesse pensato Jared e cosa volesse combinare.

L’uomo infatti tentennò per un momento, poi rispose:

-Beh, non vorrete comunque un altro cadavere sulla coscienza, no?

Bob ringhiò; Frank, Ray e Mikey lo trattennero dall’avventarsi su Jared, che sghignazzava divertito.

-Cazzo, Jared…lo sai che dovevo farlo fuori, è stata legittima difesa, ci ha attaccati prima lui, te l’ho detto mille volte!-, urlò tutto d’un fiato Gerard, una nuova espressione che dilagava sul suo viso,

qualcosa di molto simile al rimorso.

-Sì, infatti credo di averla sentita già un po’ di volte questa solfa. Ma vedi, io e la mia famiglia siamo qui da molto più tempo della tua. Noi siamo entrati in affari molto tempo fa…Lui era mio fratello, tu mi hai levato un componente della famiglia e il mio socio in affari. E adesso io devo fare fuori te-, replicò tranquillo Jared.

Ray, Bob, Mikey e Frank trasalirono, mentre Gerard deglutì cercando di mantenere un minimo di autocontrollo.

-Fare fuori…me?-, ripeté provando in tutti i modi a mantenere un tono di voce calmo.

-Chiaro…occhio per occhio…lo sai. E non dirmi che non l’avevi previsto, Gerard.

Porca Puttana. Sono Fottuto. Gerard Arthur Way è Ufficialmente Fottuto!

-Senti, Jared…e quando lo avrai fatto fuori…cosa…cosa avrai ottenuto?-, sbottò Mikey pallido come un cencio, e prese il polso del fratello, sentendolo pulsare all’impazzata.

-Ma dai, la risposta è facile…uccidere chi ha ucciso...comincia per “V”…e il luogo comune dice che è un piatto che va gustato freddo…in effetti ho aspettato un po’ prima di volerne assaggiare…e ne vale la pena, pur di sentirne il sapore, no?-, rispose Jared beffardo, curvando le labbra in un mezzo sorriso, ma lo sguardo di odio e furia che aveva negli occhi non lasciava dubbi sulla serietà delle proprie parole.

-Dio santo…Non puoi metterci una pietra sopra?-, fece Frank, stringendo protettivo la vita di Gerard, che gli prese la mano in un tentativo di rassicurarlo.

-Certo. Provvederò io a metterci una bella pietra sopra…in marmo, con sopra il suo nome-, ringhiò Jared.

Non era disposto a rinunciare alla rivalsa. Gerard sospirò tremando sempre di più, e staccò dai fianchi le mani del chitarrista, pur se controvoglia.

-Allora lasciali in pace, loro. E la ragazza-, balbettò con gli occhi che si riempivano di lacrime di paura.

-Vedremo-, rispose trionfante Jared, e lo afferrò per il colletto, poi procedette a buttarlo sopra ad un tavolo, rompendo un vaso pieno di fiori e spargendo a terra tutto il coperto.

-No!!-, urlarono gli altri, Jole compresa.

Jared teneva stretta la gola del rivale, sentendo il sangue pulsare a ritmo accelerato e il respiro caldo condensarsi sul proprio viso. Gerard tremava sensibilmente, tanto da far rabbrividire impercettibilmente anche il tavolo.

L’uomo che lo minacciava tirò fuori una grossa pistola e la puntò alla tempia del moro, che fissò la canna di ferro, sentì il cerchio freddo sulla pelle rabbrividendo ancora di più, e deglutì rumorosamente.

-“Le ultime parole famose?”-, bisbigliò ironicamente.

Gerard smise di respirare per qualche secondo, la sua bocca si socchiuse, esitò. Poi gli occhi si spostarono dalla pistola agli occhi dell’uomo che la teneva, e assunse una strana espressione spavalda.

-Porta i miei saluti al Diavolo-, mormorò lentamente, e subito dopo si sentì un botto attutito, accompagnato da un buco che comparve di colpo sulla schiena di Jared.

Tutto sembrò fossilizzarsi all’istante, tutti i presenti raggelarono fino alle ossa, poi il corpo del biondo tremò.

-…Gli dirò che si prepari al tuo arrivo-, ribatté con voce flebile, sul viso quello che ormai era un fantasma del suo ghigno sicuro.

Vacillò, la schiena si inarcò pericolosamente all’indietro.

Infine cadde come fulminato, lo sguardo vuoto e la bocca semiaperta.

Morto.

Gerard, ancora steso sul tavolo, con una mano sulla gola.

L’altra stringeva tremando un’altra pistola, puntata ancora verso il punto in cui prima c’era il petto di Jared.

-Digli anche che sarò lieto di conoscerlo, quando arriverò-, dichiarò sprezzante al cadavere ai suoi piedi, poi guardò sorridendo gli altri, -…di sicuro non oggi.

Appena tutti realizzarono quello che era successo, capitarono molte cose.

Uno dei tre scagnozzi di Jared afferrò Jole per il collo, trascinandola ad un angolo, e gli altri due tirarono fuori le loro, di pistole. Uno puntò la sua su Gerard, l’altro su Mikey.

-Siete in inferiorità numerica-, fece trionfante Frank, non essendosi accorto della pistola che teneva sotto tiro il suo uomo.

-Jared ci ha detto di fare fuori loro due. Due fratelli per due fratelli-, disse uno dei tre.

-E a voi non ci ha pensato?-, urlò Bob, cercando di avvicinarsi, una vena che pulsava sul collo.

-Ehi! Fermi, tutti quanti-, gridò lo stesso tirapiedi, poi continuò tranquillo:-…perché, voi pensate che ci siamo solo noi?

I cinque ragazzi si guardarono attorno e li videro. Almeno altre otto persone che li osservavano da fuori, pronte ad agire.

-Cazzo-, bisbigliarono tutti nello stesso momento.

-Avete ammazzato gli uomini sbagliati, fottuti bastardi-, ghignò quello che teneva Jole, che aveva tremato inerte per tutto il tempo.

-E ora avete fatto fuori anche Jared…Mi sa che oltre al nostro Mr.Ugola D’oro dovremo ammazzare anche il fratellino quattr’occhi-, disse quello che teneva sotto tiro Mikey, che deglutì sentendo il cuore battere a velocità doppia.

-No, no, senti…li ho fatti fuori tutti e due io, ok? Mikes non c’entra, proprio come non c’entrano gli altri. Punta quella cazzo di pistola su di me!-, strillò Gerard dopo aver lanciato un’occhiata terrorizzata al fratello.

-Certo, così poi ne avremo sistemato solo uno per i due che tu hai ammazzato. Sei proprio stupido come pensavamo, Gerard-, lo canzonò quello che minacciava lui.

Il moro si bloccò.

Non aveva pensato a questo.

Ora anche Mikey avrebbe pagato per un suo fottutissimo sbaglio. E non trovava nessun compromesso che potesse soddisfare quei tizi in cambio delle loro vite, o almeno di quella del fratello.

-Mikes…-, mormorò. Il bassista si girò verso di lui con uno sguardo lugubre, poi una lacrima scappò dall’angolo dell’occhio, e poi tutto il viso si trasformò in una espressione disperata.

-Ho paura, Gee-, esalò.

Gerard sentì lo stomaco comprimersi e il nodo alla gola che aveva avuto per tutto il tempo diventare un enorme tappo, troppo grosso da sopportare.

Non doveva andare così.

Porca puttana, non doveva!!! Mi aspettavo di morire da solo, ma ora…

Fanculo, non lascerò che succeda, a tutti i costi.

Gerard formulò questo pensiero.

Subito dopo fece qualcosa di molto, molto stupido.

Si lanciò contro il proprio aggressore fulminandolo con una pallottola e attirò su di sé l’occhio nero dell’altro uomo liberando Mikey, poi si gettò a terra e si sentì un secondo sparo.

Quello che prima minacciava il bassista cadde a terra esanime e poi un altro sparo.

Jole strillò e si divincolò dal cadavere dell’uomo che la teneva.

Gerard e gli altri quattro corsero dall’altra parte del ristorante tenendosi chinati il più possibile, e si nascosero dietro un angolo cominciando a rispondere al fuoco che intanto era scoppiato da parte degli altri otto uomini fuori dal ristorante.

Qualcosa di molto stupido che funzionò.

…almeno in parte.

In effetti, tutto il resto andò molto, molto male.

Gerard pov

Dovevo prevederlo, che sarebbe successo…una volta fatto un passo falso, sei costretto a farne un altro per non soccombere, e poi un altro e un altro ancora, e nella mia idiozia pensavo che sarei sfuggito a questa regola.

E’ successo così in fretta! Cioè, Dave che mi punta contro la pistola e mi dice: “Bastardo, ora mi paghi la macchina o ti faccio fuori!”, solo perché andavo di fretta e mi ci sono schiantato! Ma se uno non ha soldi mica può pagare una cazzo di assicurazione, sant’Iddio! Specialmente se quello che ti tiene sotto tiro con la sua fottuta, enorme Magnum è un cazzo di pezzo di stronzo mafioso…

In pratica, lui mi ha sparato in un vicolo. Mi ha beccato al petto, niente di grave, anche se una cicatrice che mi fa male ad ogni cambio del tempo –non mi si chieda perché-, di sicuro non era il regalo che mi aspettavo di ricevere da una giornatina così, luminosa e calda.

Ma Dio santo, io gliel’ho detto a Jared che è stato un incidente, o perlomeno che io non volevo ammazzare David, ma che dovevo fare?! Farmi colpire di nuovo?? Avevo una pistola, ho fatto quello che tutti avrebbero fatto!

E così è successo tutto il resto, qualche mese dopo arriva quel maledetto coglione e mi dice che mi vuole ammazzare. Ma stavolta ci andava di mezzo anche Mikes, e col cazzo che glielo lasciavo fare!

E pensare che stava andando tutto così bene…cioè, le munizioni mi stavano finendo, ma avevamo messo KO almeno cinque dei tizi che ci sparavano da fuori…e poi? E poi niente, poi è andato tutto nella canna del cesso.

In the middle of a gunfight, in the centre of a restaurant

They say “Come with your arms raised high”

Scrivo. E mi blocco un attimo.

Pensavo che non sarebbero arrivati presto, e invece quei fottuti sbirri ci hanno sgamati praticamente subito…e adesso non so quanto durerà questa cazzosissima situazione, ma Jacob dice che ci tirerà fuori da questo orrendo letamaio il prima possibile…e Jole è scappata, urlandomi che non ci rivedremo più, che non vuole più rischiare la sua vita…beh, ha fatto bene, per un momento ho avuto davvero paura di dover portare sulla coscienza un altro cadavere. Innocente, poi.

Guardo il foglio quasi completamente bianco sopra il tavolo davanti a me e le mie labbra si dischiudono in un mezzo sorriso sarcastico. In effetti è molto ironica, come situazione.

Io che odiavo i criminali e che dicevo sempre che uno si merita la prigione a vita per i reati che commette, perché io sono un bravo ragazzo, perché io non le faccio, certe cose.

Non mi ero mai fermato a cercare di capire, e di conseguenza avevo sempre pensato che io non ci sarei mai finito, mai, io.

Beh, cazzo, ora ho capito. E, cazzo, ora ci sono finito, in prigione. Buffo, eh?


[Eccomi col capitolo 2!! ^^
Intanto ringrazio:
1 - Anna94_17
2 - Chemical Lady
3 - ElfoMikey
4 - Lizzie Black
5 - pogo

per avere aggiunto la mia storia fra le preferite...*____________________________*
Chemical Lady: Sì, Frankie in versione "teenager isterica" mi divertiva troppo XDDD La scena lemon...non so quanto c'entri ma mi affascinava l'idea di cominciare con qualcosa di assolutamente staccato dalla trama ^^ comunque grazie mille, io invece ho adorato la tua 'Cause The Hardest Part Of This Is Leaving You ç_____________ç
ElfoMikey: Ciao!! Grazie fa sempre piacere....quella canzone per me è una Musa vera e propria...come vedi ho aggiornato presto, spero ti piaccia ancora ^^

Un bacio e un grazie anche a chi legge senza recensire^^ al prossimo chap]

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Dal primo giorno avevano visto così tante volte il sole sorgere e tramontare attraverso le sbarre che avevano perso la concezione del tempo, e chissà perché forse preferivano fosse così.

E il cantante si rammaricava di non avere delle sigarette, ora ne aveva bisogno più che mai:

Frank si era raffreddato ogni giorno di più, tanto per cominciare, e ormai non gli parlava più;

Secondariamente, lì dentro continuavano a sentire i peggiori rumori: rutti, bestemmie, pianti isterici, urla animalesche e il suono di altre attività di cui non voleva sapere nulla, non riusciva a sopportarli soprattutto perché non smettevano nemmeno di notte, ma d’altronde non avrebbe dormito lo stesso, perché c’era un altro pensiero che, più di tutti gli altri, non lo faceva stare tranquillo nemmeno un momento.

Guardava i suoi compagni di sventura, uno più grigio e triste dell’altro, e non poteva fare a meno di pensare che tutto quello era successo solo e unicamente per colpa sua, sarebbero rimasti in prigione a tempo indeterminato per qualcosa in cui non c’entravano minimamente.

In pratica, Gerard era scosso tutto il tempo dal senso di colpa. E da tutto il resto, piccole cose intuibili pensando allo stato in cui si trovava.

-Ma porca puttana, non esistono le cicche in questo posto?-, sbraitò all’improvviso un giorno.

Gli altri quattro si voltarono sorpresi, essendo quella la prima volta che lo sentivano dire una frase intera da un bel pezzo, ma poi alzarono tutti le spalle.

-Cazzo, amico, bastava dirlo-, gracchiò una voce dalla cella di fronte, e fra le sbarre comparve un viso giovane, che sorrise gioviale.

Il secondino sbirciò nella sua direzione, ma scrollò le spalle, sorridendo divertito.

Il ragazzo gli lanciò una sigaretta spiegazzata e un accendino, e Gerard li afferrò con in faccia un sorriso di gratitudine. Accese la punta del rotolino di carta e subito i suoi lineamenti si rilassarono, nell’estasi della nicotina. Cazzo, pensò, finalmente un po’ di sollievo.

-Grazie, amico-, bofonchiò lanciando indietro l’accendino.

-Di niente-, rispose l’altro,-quando vuoi…mia sorella viene ogni settimana a farmi da rifornimento, Dio la benedica.

Dando un altro tiro sentì la mente sgombrarsi, il peso sul petto vaporizzarsi…e finalmente si era sciolto dallo stato di asocialità.

-Come sei finito qui dentro?-, chiese espirando lentamente il fumo, come se lo facesse scappare controvoglia dai polmoni.

-Ah, niente…sai, fino all’anno scorso spacciavo…attività di famiglia-, rispose l’altro con un mezzo sorriso sarcastico.

-Capisco-, replicò Gerard, appoggiando la fronte alle sbarre. Pensò che quel tipo non aveva l’aspetto di uno che ha passato un anno in prigione.

-E tu che hai fatto?-, domandò il ragazzo.

-Ho ammazzato due fratelli della mafia…per legittima difesa, certo, ma stranamente non c’è nessuno disposto a credermi-, rispose ironico il moro, tornando a fissare il viso che scorgeva appena nel buio.

-Beh, non è una novità che la mafia tenga per le palle tutto il distretto di polizia-, mormorò l’altro annuendo.

-Già-, disse lugubre Gerard, poi tutto tornò all’abituale silenzio finché il ragazzo non disse:

-Beh, comunque io mi chiamo Billie Joe…Billie Joe Armstrong.

-Gerard Way-, replicò atono il cantante.

-Piacere…Sai, devo averti già visto, mi sei familiare!-, fece Billie.

-Sono in una band…loro-, accennò ai compagni di cella, -suonano con me.

-Davvero?! Anch’io suonavo, un bel po’ di anni fa, ma all’epoca ero dalle parti di Los Angeles…Oakland, non so se hai presente-, rispose l’altro in tono estatico, e si sporse di più sulle sbarre mostrando meglio il proprio volto: i ciuffi disordinati di capelli neri incorniciavano il viso rotondo, gli occhi verdi lampeggiavano come se la vita si fosse riaccesa in loro, le labbra piccole e spesse erano ricurve in un sorriso.

-Oakland…più o meno…la nostra zona invece era dalle parti di Belleville, in New Jersey , ma poi ci siamo trasferiti in questo buco di città…-, disse Gerard dando un tono sprezzante alle ultime parole. In effetti ora New York era in cima alla lista delle sue città più odiate.

-Come vi chiamate?-, chiese Billie, -noi ci chiamavamo Sweet Children, ma ci siamo sciolti da un bel pezzo…

-Noi siamo i My Chemical Romance…ma non so se esistiamo ancora-, ammise Gerard con un sorriso malinconico.

-Ma Gee, non dire queste cose-, intervenne la voce pacata di Bob,-vedrai che usciremo presto e torneremo a suonare. Piacere io sono Bob Bryar-, aggiunse rivolgendosi a Billie Joe.

-Sì, ha ragione…al processo vi hanno mandati qui dentro con quali prove?-, chiese quest’ultimo.

-Beh, è bastata la deposizione dei due tirapiedi ancora vivi…sai, non è stato un processo molto lungo-, rispose Bob.

-Cazzoni di sbirri-, sputò Billie, attirando su di sé lo sguardo irritato del secondino:-…beh, che hai da guardare? Vorrei vedere te al posto mio!

-Oh, andiamo, Billie, neanche fossi quel tipo innocente che credi-, replicò l’agente con un mezzo sorriso.

-Beh, Charlie, fai conto che io lo facevo per dare da mangiare ai miei figli…da quando Adie se n’è andata non è stato facile-, sospirò il californiano.

La guardia rispose qualcosa ma ormai quella era una conversazione solo fra lui e Billie, dato che Gerard e Bob erano tornati fra i compagni di cella.

Frank dormiva, e la vista del suo viso sofferente anche nel sonno, delle occhiaie che annerivano lo spazio sotto i suoi occhi e tutto il suo apparire malconcio fu un nuovo colpo per Gerard.

D’un tratto la sua mancanza si fece sentire, non perché prima non fosse stato accanto a lui, ma perché da quando erano stati arrestati, il chitarrista aveva perso ogni sua abitudine, non parlava nemmeno con Mikey, e al cantante mancava molto il Frankie di cui era innamorato.

Certo, lo amava, anche se ultimamente non lo dimostrava come prima. Lo amava da quando l’aveva visto entrare nell’aula grigia della loro adolescenza, e gli attimi che avevano passato insieme erano serviti a superare le rispettive separazioni dei genitori.

Perciò decise di parlarci, per la prima volta in settimane.

-Frankie-, chiamò scrollandolo leggermente per la spalla.

Il ragazzo disteso mugolò infastidito, si rigirò un po’ e poi aprì gli occhi. Appena vide chi lo aveva svegliato, assunse subito un’espressione scontrosa.

-Che vuoi?-, sbottò.

-Voglio parlare, Frankie-, rispose Gerard, pure irritato da quel tono.

-Io no-, lo lapidò il moro, girandosi dall’altra parte.

Tempo prima avrebbe saputo esattamente come ammorbidirlo e gli sarebbe venuto naturale, ma in quella situazione era un po’ difficile entrare nello stato d’animo giusto.

‘D’accordo, Gee, fa un bel respiro’, si disse.

Sospirò, poi appoggiò una mano alla spalla del suo ragazzo, che cercò di scrollarsi.

-Frankie…dimmi qualcosa-, riprese in tono lezioso.

-Vaffanculo-, rispose prontamente Frank, come se avesse aspettato proprio quelle parole, e si girò dall’altra parte.

Stavolta fu Gerard a sbottare: -andiamo, ancora da quella volta!

-Sì! Perché al ristorante non mi hai minimamente considerato…

-ma non volevo escluderti!-, protestò il cantante.

-…e poi mi hai levato le mani dai fianchi come fossi un lebbroso-, continuò Frank ignorandolo.

-Perché volevo proteggerti, idiota! Quello mi puntava contro una pistola, non volevo che finissi sotto tiro anche tu!-, rispose Gerard dandogli uno spintone.

Il chitarrista sussultò di stupore, poi si voltò di nuovo.

-Comunque non sono in vena di parlare, non so se si capisce-, disse mascherando quell’attimo di incertezza.

-Nemmeno io, ma tu mi manchi così tanto che faccio sto sforzo-, replicò l’altro, guardando poi altrove in imbarazzo.

Non sapeva perché ora avesse voglia di essersi tappato la bocca in tempo per non dirlo.

Frank spalancò gli occhi come se non capisse il senso di quella frase, poi accennò un sorriso e rispose:

-Anche tu mi manchi, pensavo che non saresti più tornato.

Fece una pausa, poi sbuffò:

-Oh, ma vaffanculo…

E si appropriò delle labbra del cantante, avvicinando il suo viso tenendolo per la nuca.

Gerard aveva dimenticato cosa si provava a sentire quelle labbra soffici che premevano contro le sue, a morderle e sentire un leggero sapore di sangue, ma soprattutto aveva scordato la reazione che aveva il suo corpo a quel contatto: la cassa toracica cominciava a sobbalzare come se si trovasse su una macchina in una strada sterrata, le mani partivano da sole senza un’autorizzazione della base di comando, troppo occupata a girare come una trottola, e il viso gli si infiammava dando alle guance un delicato color magenta.

Subito partirono esclamazioni da parte dei tre compagni di cella che nessuno dei due comprese, e quando si staccarono Frank disse:

-Beh…bentornato, Gee.

Gerard scoppiò a ridere, e fu travolgente il suo stupore nel notare il piacere che provava nel farlo di cuore dopo tanto tempo, fu come se non avesse mai riso prima.

-Comunque-, intervenne la voce annoiata di Billie Joe,-mi sono stufato di questo posto.

I due ragazzi si voltarono stupiti, controllarono che il secondino se ne fosse andato e il cantante chiese:

-Che hai detto?

Il californiano li guardò con un ghigno, poi replicò.

-Mi sono stufato di stare in prigione.

-Beh, che novità-, fece Frank, -come se qui ci si fosse mai divertiti!

Billie ignorò il commento.

-Mi sembrate i tizi giusti…che ne dite se facciamo una piccola e discreta evasione?


[Scusate per il ritardo, ma l'ispirazione se n'è andata e pensavo di scrivere qualche altro capitolo prima di aggiornare...ma alla fine ho pensato di pubblicare lo stesso, anche se il prossimo capitolo è ancora in lavorazione da un mese ormai...quindi non ho idea di quando aggiornerò ancora, purtroppo...spero che la Musa si decida a tornare a farmi visita...
Comunque finalmente adesso c'è un motivo al fatto che ho messo i Green Day fra i personaggi xDD
Grazie a Emanuela_smile per avere aggiunto la storia fra le preferite ^^
Chemical Lady: A me fa piacere che ti piaccia XD sei una delle poche ç___ç si, a Gerard ho fatto fare la scenetta da film xD ma sarò scema uhahahaha *manu cerca di darsi un tono serio* se ti va fammi sapere che ne pensi di questo capitoletto, anche se è un pò tanto corto ed è vergognoso che ci abbia messo tanto a postarlo ç_____ç
Alla prossima, non so quando ma spero che ci sarà u.u]

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