Funny, huh? di manubibi (/viewuser.php?uid=2858)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Disclaimer: Tutti i personaggi di
questa storia tranne quelli inventati non sono miei ma appartengono
solo a loro stessi (anche se sarebbe carino poter possedere Gerard e
Frank, ma sono dettagli XD), non ricevo un solo dindo da tutta questa
follia...ATTENZIONE, il primo capitolo contiene una scena erotica, quindi se pensate possa offendervi NON LEGGETE...e credo sia tutto...
*
Era distesa comodamente e si muoveva
sensualmente come un
serpente in quiete.
Spoglia di qualsiasi abito, la pelle
liscia, le linee
morbide dei fianchi, dei seni e del viso, rapiva lo sguardo
dell’uomo,
estasiato di fronte a tanta delicata bellezza. Osservò le
labbra piene e rosee
mormorare parole incomprensibili, gli occhi chiusi come in preghiera,
le mani
che stringevano con delicatezza i lembi del lenzuolo, i capelli neri,
lunghi e
ondulati sparsi con grazia sulla federa di seta, rossa come tutto il
resto del
letto.
Bella e selvaggia, alzava e abbassava
il petto assecondando
il respiro calmo e regolare, ed esponendo i seni alla voglia di
toccarli che si
stava impossessando rapidamente di lui.
Era un uomo giovane, i capelli
anch’essi neri scendevano
sugli occhi scuri quasi celandoli allo sguardo. Era bello, attraente,
vestiva
di nero come se partecipasse ad una parata funebre, e osservava quasi
con
distacco la donna che si agitava sempre più vogliosa davanti
a lui.
Fece il giro del letto e
appoggiò il ginocchio accanto a
lei, prendendo ad accarezzarle la spalla con lo stesso apparente
disinteresse;
scese al braccio per poi finire sulle dita che stringevano
convulsamente il
lenzuolo e che tremavano. Le sue labbra si aprirono in un lieve sospiro.
Poi lei aprì gli occhi
freddi, azzurri come il cielo limpido
che in una città come quella non esisteva, ma che ora
bruciavano lussuriosi
come se riflettessero una fiamma. E l’aria ardeva sul serio,
tanto che il moro
sentì il bisogno impellente di sbottonare la camicia
rivelando il busto
asciutto e muscoloso, che fece accendere ulteriormente gli occhi della
donna.
Lei ebbe bisogno di sfiorare quel
petto leggermente sudato e
caldo, e a quel tocco l’uomo si deliziò chiudendo
brevemente gli occhi, poi si
mise a cavalcioni su di lei, finalmente donandole le labbra. La donna
le
accettò con gioia e sollievo, mordendole e leccandole, poi
la bocca si aprì e
cominciò a sfiorare la sua lingua. L’uomo prese il
controllo, la premette sul
soffice materasso continuando a combattere con quelle labbra carnose e
delicate.
Sentì qualcosa sui suoi
pantaloni quindi abbassò lo sguardo
vedendo le mani affusolate e bianche slacciarglieli, lei non smetteva
di
guardarlo vogliosa e di baciargli le spalle e il collo.
Lui si liberò presto dei
pantaloni diventati superflui, e
per un momento si concesse di deliziarsi ancora delle sensazioni tese e
pulsanti che stava provando.
La mora, suadente, passò
il dito fra il bordo degli slip e
la carne di lui, che emise un gemito sussultando. Di lì a
pochi secondi era
finalmente libero, e si eccitò di più vedendo gli
occhi della ragazza sconosciuta
farsi brucianti di desiderio, più di prima. Lo cinse con le
gambe stringendolo
a sé e contemporaneamente rendendosi più
accessibile alla virilità pronta e
calda del ragazzo.
Lui non si fece attendere,
donò un altro bacio alle labbra
roventi e assetate sotto le sue, poi iniziò ad ondeggiare
con la schiena, col
bacino, finché sentì sé stesso
inoltrarsi in lei gradualmente, strappandole
gemiti sempre più forti mentre la donna stropicciava il
lenzuolo nel piacere
dell’amplesso, e sentendosi assecondare nei movimenti lenti.
Lei gli graffiò la
schiena, e le sue labbra si aprirono
ancora, cercando qualsiasi parte di lui che potessero raggiungere.
Entrambi sentivano i brividi caldi
percorrerli, e perle di
sudore formarsi su tutto il corpo, mentre lottavano in quel modo
sensuale. Arrivò
prima lui al traguardo con un gemito strozzato, sentendo
l’orgasmo invadergli
il cervello come un’onda anomala, tanto intensa da fargli
girare la testa, poi
lei lo raggiunse, irrigidendosi con la schiena inarcata. Il moro si
sciolse
dall’abbraccio lussurioso e vide il proprio seme scivolarle
lungo una coscia.
Lei ne raccolse una goccia con le
dita fredde e sottili, e
se ne bagnò il labbro continuando a guardarlo maliziosamente.
Poi parlò.
-Gee! Svegliati!-, esclamò
una voce maschile, accompagnata
da qualche spintone poco delicato alla spalla.
Il ragazzo grugnì qualcosa
di incomprensibile, poi si
accorse di avere la fronte bagnata di sudore. E una evidente erezione
fra le
gambe.
Si guardò intorno
spaesato: le pareti della stanza non erano
di un bianco immacolato, ma grigie, un po’ sporche e con
qualche rara crepa sul
muro; le tende rosse erano sostituite con altre bianche, con qualche
bucherello
a decorarle; il letto sul quale era steso non era affatto morbido e non
aveva
le lenzuola anch’esse rosse ed eleganti, invece erano bianche
e al momento
sparse disordinatamente sul materasso, perché lui e il
compagno erano abituati
ad agitarsi nella notte.
E al momento Frank lo fissava
accigliato.
Uh, cazzo. Se n’era accorto.
-Uh…che ore sono?-,
borbottò stropicciandosi gli occhi.
-Le nove-, rispose atono
l’altro ragazzo, senza però
smettere di fissarlo malevolo.
Gerard, finalmente, si mise a sedere,
e si guardò intorno in
cerca di qualcosa, ma prima doveva pensare a lui,
altrimenti l’avrebbe assillato per il resto della giornata
coi
suoi sguardi da interrogatorio.
-Frankie, che
c’è?-, chiese facendo finta di niente, e gli
stampò un bacio sul collo.
-C’è che ce
l’hai duro. E non ci sarebbe niente di male se
non avessi chiamato qualcuno che non ero io!-, ringhiò
l’altro ritraendosi
disgustato.
Proprio come temeva. Scelse di usare
la stessa collaudata
arma psicologica di cui il chitarrista si serviva sempre per
soggiogarlo: spalancò
gli occhi e fece sporgere leggermente il labbro inferiore in una
espressione
supplicante..
-Ma Frankie…non sarai mica
geloso!-, fece con la voce più
calda che poteva, appena sveglio a quell’ora, cercando di
rabbonirlo.
-Non fare il ruffiano! Chiamavi una
ragazza!-, sbottò
l’altro.
Evidentemente gli occhi dolci non gli
riuscivano molto bene.
-E…che nome aveva questa
ragazza?-, chiese Gerard,
rinunciando alla tattica psicologica e alzando un sopracciglio,
incuriosito.
Non si ricordava di essersi presentato a lei, nel suo sogno,
né di averla mai
nominata.
-Jole-, disse Frank socchiudendo gli
occhi, evidentemente
irritato.
-Jole-, ripeté confuso
Gerard, e aggiunse: -…mai sentito
prima.
-Ma non mi dire-, fece Frank
sarcasticamente, e si rivestì
rabbiosamente.
Gerard rimase seduto sul letto
grattandosi la testa per un
po’, poi scrollò le spalle. Evidentemente si era
inconsapevolmante inventato il
nome della ragazza.
Un sogno molto realistico. Tutto qui.
Ovvio!
Si alzò e
infilò i pantaloni, poi si specchiò esaminando la
cicatrice che gli era rimasta sul pettorale destro dopo essere stato
colpito da
una pallottola, pochi mesi prima. Abbassò lo sguardo alla
sua destra,
incontrando l’occhio nero della canna di una pistola.
La prese in mano giocherellando
dubbioso col caricatore, poi
la infilò nei pantaloni e finì di vestirsi,
completando l’abbinamento con una
camicia nera. Pensò che era buffo ritrovarsi vestito come
nel sogno…ma doveva
smettere di ripensarci, dopotutto si trattava solo di uno stupido parto
del
proprio cervello.
-Gee, muoviti!-, gridò
dall’altra parte della strada suo
fratello Mikey. Portava anche lui una camicia come la sua e un paio di
jeans scoloriti.
Gerard corse fino alla macchina nera
che li aspettava, e trovò
tutta la banda al completo: Bob al volante, che teneva la mano tesa
sulla leva
del cambio, pronto a partire; Ray accanto a lui che caricava una
pistola di
dimensioni discrete con un’espressione strana, quella
dubbiosa che aveva prima
il moro. Accanto al sedile posteriore di Gerard c’era Frank,
che lo ignorava
deliberatamente chiacchierando con Mikey.
La macchina partì
tranquillamente e si infilò nel caos
cittadino, con l’intenzione di passare inosservata. Durante
il breve tragitto,
Gerard non fece altro che rimanere assorto nei suoi pensieri, taciturno
come lo
era raramente.
Quando scesero dall’auto,
si misero tutti gli occhiali da
sole come sempre quando dovevano esibirsi, e si sistemarono i vestiti
assicurandosi segretamente di essere tutti armati a dovere.
Entrarono dal retro ed incontrarono
il padrone del locale.
All’interno la penombra
regnava in contrasto con la luce
dell’esterno, e inoltre c’era una spessa coltre di
fumo ad annebbiare
ulteriormente la vista e a riempire del proprio odore forte i loro
polmoni; in
quell’ambiente c’erano solo sagome vaghe e grigie,
non si riusciva a vedere
quasi nulla nel dettaglio. I loro strumenti li aspettavano
lì dalla sera prima,
quando erano andati a montarli, sistemati alla bell’e meglio
su un piccolo
palco.
I cinque ragazzi, con aria
strafottente –richiesta dal
contesto-, si misero in posizione. Non occorrevano presentazioni,
almeno perché
chi aveva gli occhi per vedere aveva probabilmente notato lo
scarabocchio a
pennarello sulla porta che recitava:
“MY CHEMICAL ROMANCE,
LIVE THIS AFTERNOON”
Gerard prese il microfono, passando
nervosamente in rassegna
il pubblico che aspettava annoiato di sentire un po’ di
musica diversa da
quella del Juke-Box.
‘Saranno appena una
cinquantina’, pensò il cantante
arricciando le labbra in disappunto, essendo abituato a locali
più grandi.
Dopotutto, non erano poi così sconosciuti! Ma
d’altra parte era una necessità
che ci fosse poco pubblico, date le loro preoccupazioni.
Guardò Frank, che fece una
smorfia e iniziò a dare veloci pennate,
poi anche Bob cominciò a rullare sulla batteria, poi
arrivarono anche il basso
di Mikey e la chitarra di Ray.
“I’m not
OK…well, I’m not ‘O’ fuckin’
‘K’!!”, urlò Gerard nel
microfono, poi quasi perse la voce,
sbiancando. Aveva visto proprio quello che aveva temuto da quando
avevano
concordato di esibirsi lì, eppure aveva sperato di
sbagliarsi. Deglutì
lasciandosi invadere dalla paura.
-Jared-, sillabò sperando
a ragione che Mikey capisse il
labiale.
Il bassista, infatti,
spalancò gli occhi spaventato e fece
in modo che il brano si concludesse in fretta.
Dal fondo del pub li osservava una
figura abbastanza
giovane, alta e slanciata, i pantaloni a righe fasciavano le gambe
lunghe e
magre, una cravatta rossa spuntava dalla giacca gessata e i capelli
biondo
platino risaltavano in mezzo alle esalazioni di nicotina; quasi si
potevano
vedere gli occhi grigi che fissavano il palco malevoli.
‘Cazzo, cazzo, lo
sapevo…lo sapevo che se la sarebbe legata
al dito, quello stronzo fottuto…’,
pensò Gerard asciugandosi la fronte, e fissò
lo stesso punto di prima ringraziando il fatto di indossare gli
occhiali da
sole. Forse Jared non si era accorto di essere stato visto, e questo
dava loro
un piccolissimo vantaggio.
Dai tavoli ingombri di boccali di
birra, il pubblico vide il
gruppo riunirsi e confabulare.
-Finiamo il concerto come previsto,
così non capisce che
sappiamo che c’è. E poi filiamo subito, magari
riusciamo a seminare lui e i
suoi fottuti amici-, consigliò saggiamente Mikey.
-Sì,
ok…dovremmo dire a Jacob di preparare la macchina-,
aggiunse Mikey.
Gerard si diresse verso un ometto dai
capelli rossi,
presumibilmente un loro amico, e cominciò a gesticolare.
Jacob guardò
discretamente il punto in cui si trovava, ancora immobile, la persona
di cui
prima parlavano e corse fuori dal pub, con una certa fretta.
La band riprese subito a suonare, ed
eseguì il resto dei
pezzi senza tradire il nervosismo e la tensione che i cinque corpi si
scambiavano come in un flipper.
Alla fine Gerard mormorò
un “grazie” al pubblico -in gran
parte così ubriaco che altrimenti non si sarebbe accorto che
il concerto era
finito e che applaudì accompagnandosi con forti schiamazzi-,
poi individuò un
tipo con la sigaretta all’angolo della bocca, gliela
rubò per fare un tiro per
poi ridarla all’uomo esterrefatto, e si affrettò
fuori assieme agli altri
quattro ignorando le proteste.
Jacob uscì
dall’auto sospirando, i ragazzi si scaraventarono
sui sedili e Frank urlò:
-Forza Bob!
-Muoviti, muoviti!!-, gli fece eco
ansiosamente Gerard,
controllando che Jared non fosse ancora uscito, e così per
il momento fu.
La macchina uscì sgommando
dal cortile privato, e sfrecciò
via mettendo a dura prova la resistenza del motore, che passava
gradualmente ma
in poco tempo dalla prima alla quarta marcia.
Scoppiarono tutti in una breve risata
nervosa per la
tensione che si accumulava, e tennero d’occhio la strada
davanti e dietro di
loro, terrorizzati.
Dopo qualche chilometro pensavano di
essere al sicuro,
invece Frank smise di respirare vedendo in lontananza una grossa auto
bianca
che scintillava in fondo alla strada e che si stava avvicinando
minacciosamente.
-Jared! Jared! Dio santo, Bob, fai
correre questa stronza!-,
ululò aggrappandosi al sedile del guidatore.
Il biondo batterista diede
un’occhiata allo specchietto
retrovisore e impallidì, subito schiacciò
l’acceleratore e superò una fila di
macchine in paziente attesa, attraversando l’incrocio
seguente mentre il
semaforo era di colore rosso.
-Bob!!-, strillarono quattro voci
all’unisono, e i loro
corpi si raggomitolarono istintivamente aggrappandosi dove capitava,
anche se
Frank dovette cambiare appiglio con uno sbuffo dopo essersi accorto che
era
saltato in braccio a Gerard.
Fortunatamente non provocarono
incidenti anche se ci
andarono molto vicino, e Bob represse un urlo di tensione e paura,
cercando di
non tremare.
-Bob-, balbettò Frank,
-n-non lo…fare…mai…mai
più-, e si
abbandonò sul sedile mentre l’auto rallentava e si
infilava in una stradina a
senso unico, che sboccava in un’altra strada più
ampia ma meno frequentata
della periferia.
-Beh, volevate che Jared ci
prendesse?-, sbottò Bob fra un
lungo respiro e l’altro, cercando di calmarsi.
-No! Ma…ma…-,
cominciò Ray, però ci rinunciò e
tirò un
sospiro di sollievo,-comunque l’abbiamo seminato, grazie a
Dio…
Scesero davanti ad un locale, ed
entrarono nella porta sopra
la quale lampeggiava la scritta al neon
“Luigi’s”.
-Uff, adesso una bella pasta mi ci
vuole proprio-, esclamò
Gerard lasciandosi andare sulla sedia che prendeva di solito nel loro
ristorante italiano preferito, che miracolosamente quel giorno ospitava
solo
loro.
Dopo qualche minuto
risuonò una voce a pochi metri da loro
che li fece girare.
-Oh! Voi siete quelli che suonavano
prima!
Gerard fu fulminato al vederne la
fonte.
Aveva seguito il percorso del braccio
nudo verso la spalla
in parte scoperta, aveva notato l’elastico del reggiseno nero
che si
intravedeva sotto la spallina della graziosa camicetta rossa, e poi le
punte
dei capelli neri e mossi che si appoggiavano alla spalla e che
sfioravano i seni
sotto la scollatura. Poi lo sguardo cadde per qualche istante sulle
labbra
rosee, e infine incontrò due splendidi occhi azzurri.
Sbatté le palpebre
più volte, scioccato, chiedendosi se
quella fosse un’allucinazione dovuta alla botta di
adrenalina, ma lei era
ancora lì e sembrava non curarsi di lui.
-Cosa vi porto?-, chiese una
cameriera che intanto li aveva
raggiunti.
Gerard quasi non sentì gli
altri che ordinavano, così si
trovò in vistoso imbarazzo quando sentì che Ray
lo scrollava.
-Uhm, una…una pasta all’amatriciana-,
disse con un discreto accento italiano, guardando a malapena la ragazza
che
scribacchiava su un blocchetto.
-Sei italiano?-, chiese
l’altra ragazza, voltandosi verso di
lui.
Gerard la fissò ancora
incredulo per qualche secondo, poi si
scosse e rispose:
-Uhm, più o
meno…alla lontana...
-Davvero? Guarda un po’, io
vengo da Napoli, mi sono
trasferita qui pochi mesi fa. Mi chiamo Jole- aggiunse, tendendogli la
mano.
Gerard sentì Frank
irrigidirsi accanto a lui, e poi lo
sguardo del proprio ragazzo puntato alla tempia, accusatorio. Lui,
d’altro
canto, sbiancò completamente, fissando la mano affusolata
come fosse stata
un’apparizione miracolosa.
-Io…io mi chiamo Gerard-,
balbettò stringendola infine,-loro
sono Bob, Ray, mio fratello Mikey e…il mio ragazzo, Frank.
Quest’ultimo contrasse i
pugni sotto al tavolo, e fulminò la
ragazza con una occhiata di pura gelosia, assumendo un ghigno eloquente.
-Oh…piacere-, disse lei
sorridendo e abbracciando tutti con
lo sguardo.
Prese una sedia e si sedette fra
Gerard e Ray, incurante
delle occhiate velenose che riceveva dall’altro fianco del
cantante.
‘Ecco chi è
questa dannata Jole…bah. Non si meritava neanche
che a lui diventasse duro. Neanche fosse così bella! Ok,
è carina, ma niente di
più! E poi, cazzo, perché Gee si comporta come se
non l’avesse mai vista
prima?!? La conosce eccome…chissà quante volte se
l’è scopata prima di
stanotte!’, pensò Frank accompagnandosi con una
serie di borbottii
indecifrabili di nervosismo, ‘allora oltre che a cantare
è bravo pure a
recitare. Ok, e anche a fare altro…comunque, pezzo di
merda!! Dopo mi sente,
fanculo a lui…’, aggiunse notando con stizza
quanto il suo forse prossimo
ex-ragazzo si trovasse bene a chiacchierare con la nuova arrivata.
Gerard intanto continuava a fissare
la ragazza, sempre più
imbarazzato di avere continue immagini del proprio sogno. E i pantaloni
si
erano gonfiati, costringendolo a coprire l’erezione come
poteva.
Era passata mezz’ora quando
sentirono un’altra voce. E
raggelarono.
[Eccomi con un'altra storia sui my
chem...chiaramente il mio amore per Frerard non morirà mai,
ma ho aggiunto un disturbo, seppur minimo...e un riferimento alla mia
tata Jole dovevo farlo XD cara, spero ti piaccia ghghgh...
L'ispirazione mi è venuta
ascoltando "You know what they do to guys like us in prison"...amo
quella canzone proprio per l'atmosfera che crea...quasi da sparatoria,
almeno secondo me...comunque spero l'idea vi piaccia ^^]
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
-Eccovi qua-, esclamò la
voce familiare, trionfante.
Si girarono lentamente, sperando con
tutto il cuore di aver
sentito male.
Davanti a loro. Pantaloni a righe,
giacca gessata, capelli
biondi quasi bianchi, occhi grigi.
Tutto al suo posto, purtroppo. Era
Jared.
-Lo sapevo che voi cinque figli di
puttana sareste venuti
nel solito posto del cazzo. Dovevo venire subito
qui…evidentemente non siete
furbi come pensavo-, sogghignò noncurante l’uomo,
che doveva essere all’incirca
sulla trentina.
Gerard si alzò in piedi.
-Jared-, rispose, cercando di
sembrare calmo e freddo,-Ci
hai tallonati per bene…visto, ragazzi? Abbiamo un fan, qui.
Gli altri ragazzi emisero un suono
strozzato e lo
fulminarono nello stesso momento, e quattro mani si diressero
istintivamente
alle tasche rigonfie delle loro giacche.
Jared represse una risata e rispose:
-Non direi. La
vostra…“musica”,- accompagnò
il virgolettato
col gesto delle dita,-decisamente non fa per me. Sai, a uno cresciuto a
pane e
Ray Charles non puoi propinare certo baccano-, pausa,-…E
dì ai tuoi amichetti
di lasciare i ferri a nanna-, aggiunse con estrema calma.
I compagni di Gerard sobbalzarono e
allontanarono le mani
dalle tasche, ma si alzarono in piedi.
-Che…che succede?-,
pigolò Jole. Gerard non la guardò
nemmeno rispondendo:
-Niente, ma ti consiglio di andartene.
La ragazza, spaventata, si
staccò dal gruppetto e si diresse
correndo verso l’uscita, ma fu bloccata da tre uomini vestiti
nello stesso modo
di Jared. Uno di loro la prese per il polso, riportandola vicino a
quello che
evidentemente era il loro capo, ignorando le stridule proteste.
-Che…-, mormorò
Gerard fissandola, e poi squadrando
l’avversario,-…che cazzo fai? Neanche la conosco!
Infatti aveva già intuito
cosa avesse pensato Jared e cosa
volesse combinare.
L’uomo infatti
tentennò per un momento, poi rispose:
-Beh, non vorrete comunque un altro cadavere sulla coscienza, no?
Bob ringhiò; Frank, Ray e
Mikey lo trattennero
dall’avventarsi su Jared, che sghignazzava divertito.
-Cazzo, Jared…lo sai che dovevo
farlo fuori, è stata legittima difesa, ci ha attaccati prima
lui, te l’ho detto
mille volte!-, urlò tutto d’un fiato Gerard, una
nuova espressione che dilagava
sul suo viso,
qualcosa di molto simile al rimorso.
-Sì, infatti credo di
averla sentita già un po’ di volte
questa solfa. Ma vedi, io e la mia famiglia siamo qui da molto
più tempo della
tua. Noi siamo entrati in affari molto tempo fa…Lui era mio
fratello, tu mi hai
levato un componente della famiglia e il mio socio in affari. E adesso
io devo
fare fuori te-, replicò
tranquillo
Jared.
Ray, Bob, Mikey e Frank trasalirono,
mentre Gerard deglutì
cercando di mantenere un minimo di autocontrollo.
-Fare fuori…me?-,
ripeté provando in tutti i modi a
mantenere un tono di voce calmo.
-Chiaro…occhio per
occhio…lo sai. E non dirmi che non
l’avevi previsto, Gerard.
Porca
Puttana. Sono
Fottuto. Gerard Arthur Way è Ufficialmente Fottuto!
-Senti, Jared…e quando lo
avrai fatto fuori…cosa…cosa avrai
ottenuto?-, sbottò Mikey pallido come un cencio, e prese il
polso del fratello,
sentendolo pulsare all’impazzata.
-Ma dai, la risposta è
facile…uccidere chi ha
ucciso...comincia per “V”…e il luogo
comune dice che è un piatto che va gustato
freddo…in effetti ho aspettato un po’ prima di
volerne assaggiare…e ne vale la
pena, pur di sentirne il sapore, no?-, rispose Jared beffardo, curvando
le
labbra in un mezzo sorriso, ma lo sguardo di odio e furia che aveva
negli occhi
non lasciava dubbi sulla serietà delle proprie parole.
-Dio santo…Non puoi
metterci una pietra sopra?-, fece Frank,
stringendo protettivo la vita di Gerard, che gli prese la mano in un
tentativo
di rassicurarlo.
-Certo. Provvederò io a
metterci una bella pietra sopra…in
marmo, con sopra il suo nome-, ringhiò Jared.
Non era disposto a rinunciare alla
rivalsa. Gerard sospirò
tremando sempre di più, e staccò dai fianchi le
mani del chitarrista, pur se
controvoglia.
-Allora lasciali in pace, loro. E la
ragazza-, balbettò con
gli occhi che si riempivano di lacrime di paura.
-Vedremo-, rispose trionfante Jared,
e lo afferrò per il
colletto, poi procedette a buttarlo sopra ad un tavolo, rompendo un
vaso pieno
di fiori e spargendo a terra tutto il coperto.
-No!!-, urlarono gli altri, Jole
compresa.
Jared teneva stretta la gola del
rivale, sentendo il sangue
pulsare a ritmo accelerato e il respiro caldo condensarsi sul proprio
viso.
Gerard tremava sensibilmente, tanto da far rabbrividire
impercettibilmente
anche il tavolo.
L’uomo che lo minacciava
tirò fuori una grossa pistola e la
puntò alla tempia del moro, che fissò la canna di
ferro, sentì il cerchio
freddo sulla pelle rabbrividendo ancora di più, e
deglutì rumorosamente.
-“Le ultime parole
famose?”-, bisbigliò ironicamente.
Gerard smise di respirare per qualche
secondo, la sua bocca
si socchiuse, esitò. Poi gli occhi si spostarono dalla
pistola agli occhi
dell’uomo che la teneva, e assunse una strana espressione
spavalda.
-Porta i miei saluti al Diavolo-,
mormorò lentamente, e
subito dopo si sentì un botto attutito, accompagnato da un
buco che comparve di
colpo sulla schiena di Jared.
Tutto sembrò fossilizzarsi
all’istante, tutti i presenti
raggelarono fino alle ossa, poi il corpo del biondo tremò.
-…Gli dirò che
si prepari al tuo arrivo-, ribatté con voce
flebile, sul viso quello che ormai era un fantasma del suo ghigno
sicuro.
Vacillò, la schiena si
inarcò pericolosamente all’indietro.
Infine cadde come fulminato, lo
sguardo vuoto e la bocca
semiaperta.
Morto.
Gerard, ancora steso sul tavolo, con
una mano sulla gola.
L’altra stringeva tremando
un’altra pistola, puntata ancora
verso il punto in cui prima c’era il petto di Jared.
-Digli anche che sarò
lieto di conoscerlo, quando arriverò-,
dichiarò sprezzante al cadavere ai suoi piedi, poi
guardò sorridendo gli altri,
-…di sicuro non oggi.
Appena tutti realizzarono quello che
era successo,
capitarono molte cose.
Uno dei tre scagnozzi di Jared
afferrò Jole per il collo,
trascinandola ad un angolo, e gli altri due tirarono fuori le loro, di
pistole.
Uno puntò la sua su Gerard, l’altro su Mikey.
-Siete in inferiorità
numerica-, fece trionfante Frank, non
essendosi accorto della pistola che teneva sotto tiro il suo uomo.
-Jared ci ha detto di fare fuori loro
due. Due fratelli per
due fratelli-, disse uno dei tre.
-E a voi non ci ha pensato?-,
urlò Bob, cercando di
avvicinarsi, una vena che pulsava sul collo.
-Ehi! Fermi, tutti quanti-,
gridò lo stesso tirapiedi, poi
continuò tranquillo:-…perché, voi
pensate che ci siamo solo noi?
I cinque ragazzi si guardarono
attorno e li videro. Almeno
altre otto persone che li osservavano da fuori, pronte ad agire.
-Cazzo-, bisbigliarono tutti nello
stesso momento.
-Avete ammazzato gli uomini
sbagliati, fottuti bastardi-,
ghignò quello che teneva Jole, che aveva tremato inerte per
tutto il tempo.
-E ora avete fatto fuori anche
Jared…Mi sa che oltre al nostro Mr.Ugola D’oro
dovremo ammazzare anche il
fratellino quattr’occhi-, disse quello che teneva sotto tiro
Mikey, che deglutì
sentendo il cuore battere a velocità doppia.
-No, no, senti…li ho fatti
fuori tutti e due io, ok? Mikes
non c’entra, proprio come non c’entrano gli altri.
Punta quella cazzo di
pistola su di me!-, strillò Gerard dopo aver lanciato
un’occhiata terrorizzata
al fratello.
-Certo, così poi ne avremo
sistemato solo uno per i due che
tu hai ammazzato. Sei proprio stupido come pensavamo, Gerard-, lo
canzonò
quello che minacciava lui.
Il moro si bloccò.
Non aveva pensato a questo.
Ora anche Mikey avrebbe pagato per un
suo fottutissimo
sbaglio. E non trovava nessun compromesso che potesse soddisfare quei
tizi in
cambio delle loro vite, o almeno di quella del fratello.
-Mikes…-,
mormorò. Il bassista si girò verso di lui con uno
sguardo lugubre, poi una lacrima scappò
dall’angolo dell’occhio, e poi tutto il
viso si trasformò in una espressione disperata.
-Ho paura, Gee-, esalò.
Gerard sentì lo stomaco
comprimersi e il nodo alla gola che
aveva avuto per tutto il tempo diventare un enorme tappo, troppo grosso
da
sopportare.
Non doveva
andare
così.
Porca
puttana, non
doveva!!! Mi aspettavo di morire da solo, ma ora…
Fanculo, non
lascerò
che succeda, a tutti i costi.
Gerard formulò questo
pensiero.
Subito dopo fece qualcosa di molto,
molto stupido.
Si lanciò contro il
proprio aggressore fulminandolo con una
pallottola e attirò su di sé l’occhio
nero dell’altro uomo liberando Mikey, poi
si gettò a terra e si sentì un secondo sparo.
Quello che prima minacciava il
bassista cadde a terra
esanime e poi un altro sparo.
Jole strillò e si
divincolò dal cadavere dell’uomo che la
teneva.
Gerard e gli altri quattro corsero
dall’altra parte del
ristorante tenendosi chinati il più possibile, e si
nascosero dietro un angolo
cominciando a rispondere al fuoco che intanto era scoppiato da parte
degli
altri otto uomini fuori dal ristorante.
Qualcosa di molto stupido che
funzionò.
…almeno in parte.
In effetti, tutto il resto
andò molto, molto male.
Gerard pov
Dovevo prevederlo, che sarebbe
successo…una volta fatto un
passo falso, sei costretto a farne un altro per non soccombere, e poi
un altro
e un altro ancora, e nella mia idiozia pensavo che sarei sfuggito a
questa
regola.
E’ successo così
in fretta! Cioè, Dave che mi punta contro
la pistola e mi dice: “Bastardo, ora mi paghi la macchina o
ti faccio fuori!”,
solo perché andavo di fretta e mi ci sono schiantato! Ma se
uno non ha soldi
mica può pagare una cazzo di assicurazione,
sant’Iddio! Specialmente se quello
che ti tiene sotto tiro con la sua fottuta, enorme Magnum è
un cazzo di pezzo
di stronzo mafioso…
In pratica, lui mi ha sparato in un
vicolo. Mi ha beccato al
petto, niente di grave, anche se una cicatrice che mi fa male ad ogni
cambio
del tempo –non mi si chieda perché-, di sicuro non
era il regalo che mi
aspettavo di ricevere da una giornatina così, luminosa e
calda.
Ma Dio santo, io gliel’ho
detto a Jared che è stato un
incidente, o perlomeno che io non volevo ammazzare David, ma che dovevo
fare?!
Farmi colpire di nuovo?? Avevo una pistola, ho fatto quello che tutti
avrebbero
fatto!
E così è
successo tutto il resto, qualche mese dopo arriva
quel maledetto coglione e mi dice che mi vuole ammazzare. Ma stavolta
ci andava
di mezzo anche Mikes, e col cazzo che glielo lasciavo fare!
E pensare che stava andando tutto
così bene…cioè, le
munizioni mi stavano finendo, ma avevamo messo KO almeno cinque dei
tizi che ci
sparavano da fuori…e poi? E poi niente, poi è
andato tutto nella canna del
cesso.
In the middle of a
gunfight, in the centre of a restaurant
They say “Come with
your arms raised high”
Scrivo. E mi blocco un attimo.
Pensavo che non sarebbero arrivati
presto, e invece quei fottuti
sbirri ci hanno sgamati praticamente subito…e adesso non so
quanto durerà
questa cazzosissima situazione, ma Jacob dice che ci tirerà
fuori da questo
orrendo letamaio il prima possibile…e Jole è
scappata, urlandomi che non ci
rivedremo più, che non vuole più rischiare la sua
vita…beh, ha fatto bene, per
un momento ho avuto davvero paura di dover portare sulla coscienza un
altro
cadavere. Innocente, poi.
Guardo il foglio quasi completamente
bianco sopra il tavolo
davanti a me e le mie labbra si dischiudono in un mezzo sorriso
sarcastico. In
effetti è molto ironica, come situazione.
Io che odiavo i criminali e che
dicevo sempre che uno si
merita la prigione a vita per i reati che commette, perché io sono un bravo ragazzo,
perché io non le faccio,
certe cose.
Non mi ero mai fermato a cercare di
capire, e di conseguenza
avevo sempre pensato che io non ci
sarei mai finito, mai, io.
Beh, cazzo, ora ho capito. E, cazzo,
ora ci sono finito, in
prigione. Buffo, eh?
[Eccomi col capitolo 2!! ^^
Intanto ringrazio:
1 - Anna94_17
2 - Chemical
Lady
3 - ElfoMikey
4 - Lizzie
Black
5 - pogo
per avere aggiunto la mia storia fra le
preferite...*____________________________*
Chemical Lady:
Sì, Frankie in versione "teenager isterica" mi divertiva
troppo XDDD La scena lemon...non so quanto c'entri ma mi affascinava
l'idea di cominciare con qualcosa di assolutamente staccato dalla trama
^^ comunque grazie mille, io invece ho adorato la tua 'Cause The
Hardest Part Of This Is Leaving You
ç_____________ç
ElfoMikey:
Ciao!! Grazie fa sempre piacere....quella canzone per me è
una Musa vera e propria...come vedi ho aggiornato presto, spero ti
piaccia ancora ^^
Un bacio e un grazie anche a chi legge senza recensire^^ al prossimo
chap]
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Dal primo giorno avevano visto
così tante volte il sole
sorgere e tramontare attraverso le sbarre che avevano perso la
concezione del
tempo, e chissà perché forse preferivano fosse
così.
E il cantante si rammaricava di non
avere delle sigarette, ora
ne aveva bisogno più che mai:
Frank si era raffreddato ogni giorno
di più, tanto per
cominciare, e ormai non gli parlava più;
Secondariamente, lì dentro
continuavano a sentire i peggiori
rumori: rutti, bestemmie, pianti isterici, urla animalesche e il suono
di altre
attività di cui non voleva sapere nulla, non riusciva a
sopportarli soprattutto
perché non smettevano nemmeno di notte, ma
d’altronde non avrebbe dormito lo
stesso, perché c’era un altro pensiero che,
più di tutti gli altri, non lo
faceva stare tranquillo nemmeno un momento.
Guardava i suoi compagni di sventura,
uno più grigio e
triste dell’altro, e non poteva fare a meno di pensare che
tutto quello era
successo solo e unicamente per colpa sua, sarebbero rimasti in prigione
a tempo
indeterminato per qualcosa in cui non c’entravano minimamente.
In pratica, Gerard era scosso tutto
il tempo dal senso di
colpa. E da tutto il resto, piccole cose intuibili pensando allo stato
in cui
si trovava.
-Ma porca puttana, non esistono le
cicche in questo posto?-,
sbraitò all’improvviso un giorno.
Gli altri quattro si voltarono
sorpresi, essendo quella la
prima volta che lo sentivano dire una frase intera da un bel pezzo, ma
poi
alzarono tutti le spalle.
-Cazzo, amico, bastava dirlo-,
gracchiò una voce dalla cella
di fronte, e fra le sbarre comparve un viso giovane, che sorrise
gioviale.
Il secondino sbirciò nella
sua direzione, ma scrollò le
spalle, sorridendo divertito.
Il ragazzo gli lanciò una
sigaretta spiegazzata e un
accendino, e Gerard li afferrò con in faccia un sorriso di
gratitudine. Accese
la punta del rotolino di carta e subito i suoi lineamenti si
rilassarono,
nell’estasi della nicotina. Cazzo, pensò,
finalmente un po’ di sollievo.
-Grazie, amico-, bofonchiò
lanciando indietro l’accendino.
-Di niente-, rispose
l’altro,-quando vuoi…mia sorella viene
ogni settimana a farmi da rifornimento, Dio la benedica.
Dando un altro tiro sentì
la mente sgombrarsi, il peso sul
petto vaporizzarsi…e finalmente si era sciolto dallo stato
di asocialità.
-Come sei finito qui dentro?-, chiese
espirando lentamente
il fumo, come se lo facesse scappare controvoglia dai polmoni.
-Ah, niente…sai, fino
all’anno scorso spacciavo…attività di
famiglia-, rispose l’altro con un mezzo sorriso sarcastico.
-Capisco-, replicò Gerard,
appoggiando la fronte alle
sbarre. Pensò che quel tipo non aveva l’aspetto di
uno che ha passato un anno
in prigione.
-E tu che hai fatto?-,
domandò il ragazzo.
-Ho ammazzato due fratelli della
mafia…per legittima difesa,
certo, ma stranamente non
c’è nessuno
disposto a credermi-, rispose ironico il moro, tornando a fissare il
viso che
scorgeva appena nel buio.
-Beh, non è una
novità che la mafia tenga per le palle tutto
il distretto di polizia-, mormorò l’altro annuendo.
-Già-, disse lugubre
Gerard, poi tutto tornò all’abituale
silenzio finché il ragazzo non disse:
-Beh, comunque io mi chiamo Billie
Joe…Billie Joe Armstrong.
-Gerard Way-, replicò
atono il cantante.
-Piacere…Sai, devo averti
già visto, mi sei familiare!-,
fece Billie.
-Sono in una band…loro-,
accennò ai compagni di cella,
-suonano con me.
-Davvero?! Anch’io suonavo,
un bel po’ di anni fa, ma
all’epoca ero dalle parti di Los Angeles…Oakland,
non so se hai presente-,
rispose l’altro in tono estatico, e si sporse di
più sulle sbarre mostrando
meglio il proprio volto: i ciuffi disordinati di capelli neri
incorniciavano il
viso rotondo, gli occhi verdi lampeggiavano come se la vita si fosse
riaccesa
in loro, le labbra piccole e spesse erano ricurve in un sorriso.
-Oakland…più o
meno…la nostra zona invece era dalle parti di
Belleville, in New Jersey , ma poi ci siamo trasferiti in questo buco
di
città…-, disse Gerard dando un tono sprezzante
alle ultime parole. In effetti
ora New York era in cima alla lista delle sue città
più odiate.
-Come vi chiamate?-, chiese Billie,
-noi ci chiamavamo Sweet
Children, ma ci siamo sciolti da un bel pezzo…
-Noi siamo i My Chemical
Romance…ma non so se esistiamo
ancora-, ammise Gerard con un sorriso malinconico.
-Ma Gee, non dire queste cose-,
intervenne la voce pacata di
Bob,-vedrai che usciremo presto e torneremo a suonare. Piacere io sono
Bob
Bryar-, aggiunse rivolgendosi a Billie Joe.
-Sì, ha
ragione…al processo vi hanno mandati qui dentro con
quali prove?-, chiese quest’ultimo.
-Beh, è bastata la
deposizione dei due tirapiedi ancora
vivi…sai, non è stato un processo molto lungo-,
rispose Bob.
-Cazzoni di sbirri-, sputò
Billie, attirando su di sé lo
sguardo irritato del secondino:-…beh, che hai da guardare?
Vorrei vedere te al
posto mio!
-Oh, andiamo, Billie, neanche fossi
quel tipo innocente che
credi-, replicò l’agente con un mezzo sorriso.
-Beh, Charlie, fai conto che io lo
facevo per dare da
mangiare ai miei figli…da quando Adie se
n’è andata non è stato facile-,
sospirò il californiano.
La guardia rispose qualcosa ma ormai
quella era una
conversazione solo fra lui e Billie, dato che Gerard e Bob erano
tornati fra i
compagni di cella.
Frank dormiva, e la vista del suo
viso sofferente anche nel
sonno, delle occhiaie che annerivano lo spazio sotto i suoi occhi e
tutto il
suo apparire malconcio fu un nuovo colpo per Gerard.
D’un tratto la sua mancanza
si fece sentire, non perché
prima non fosse stato accanto a lui, ma perché da quando
erano stati arrestati,
il chitarrista aveva perso ogni sua abitudine, non parlava nemmeno con
Mikey, e
al cantante mancava molto il Frankie di cui era innamorato.
Certo, lo amava, anche se ultimamente
non lo dimostrava come
prima. Lo amava da quando l’aveva visto entrare
nell’aula grigia della loro
adolescenza, e gli attimi che avevano passato insieme erano serviti a
superare
le rispettive separazioni dei genitori.
Perciò decise di parlarci,
per la prima volta in settimane.
-Frankie-, chiamò
scrollandolo leggermente per la spalla.
Il ragazzo disteso mugolò
infastidito, si rigirò un po’ e
poi aprì gli occhi. Appena vide chi lo aveva svegliato,
assunse subito un’espressione
scontrosa.
-Che vuoi?-, sbottò.
-Voglio parlare, Frankie-, rispose
Gerard, pure irritato da
quel tono.
-Io no-, lo lapidò il
moro, girandosi dall’altra parte.
Tempo prima avrebbe saputo
esattamente come ammorbidirlo e
gli sarebbe venuto naturale, ma in quella situazione era un
po’ difficile
entrare nello stato d’animo giusto.
‘D’accordo, Gee,
fa un bel respiro’, si disse.
Sospirò, poi
appoggiò una mano alla spalla del suo ragazzo,
che cercò di scrollarsi.
-Frankie…dimmi qualcosa-,
riprese in tono lezioso.
-Vaffanculo-, rispose prontamente
Frank, come se avesse
aspettato proprio quelle parole, e si girò
dall’altra parte.
Stavolta fu Gerard a sbottare:
-andiamo, ancora da quella
volta!
-Sì! Perché al
ristorante non mi hai minimamente
considerato…
-ma non volevo escluderti!-,
protestò il cantante.
-…e poi mi hai levato le
mani dai fianchi come fossi un
lebbroso-, continuò Frank ignorandolo.
-Perché volevo
proteggerti, idiota! Quello mi puntava contro
una pistola, non volevo che finissi sotto tiro anche tu!-, rispose
Gerard
dandogli uno spintone.
Il chitarrista sussultò di
stupore, poi si voltò di nuovo.
-Comunque non sono in vena di
parlare, non so se si
capisce-, disse mascherando quell’attimo di incertezza.
-Nemmeno io, ma tu mi manchi
così tanto che faccio sto
sforzo-, replicò l’altro, guardando poi altrove in
imbarazzo.
Non sapeva perché ora
avesse voglia di essersi tappato la
bocca in tempo per non dirlo.
Frank spalancò gli occhi
come se non capisse il senso di
quella frase, poi accennò un sorriso e rispose:
-Anche tu mi manchi, pensavo che non
saresti più tornato.
Fece una pausa, poi sbuffò:
-Oh, ma vaffanculo…
E si appropriò delle
labbra del cantante, avvicinando il suo
viso tenendolo per la nuca.
Gerard aveva dimenticato cosa si
provava a sentire quelle
labbra soffici che premevano contro le sue, a morderle e sentire un
leggero
sapore di sangue, ma soprattutto aveva scordato la reazione che aveva
il suo
corpo a quel contatto: la cassa toracica cominciava a sobbalzare come
se si
trovasse su una macchina in una strada sterrata, le mani partivano da
sole
senza un’autorizzazione della base di comando, troppo
occupata a girare come
una trottola, e il viso gli si infiammava dando alle guance un delicato
color
magenta.
Subito partirono esclamazioni da
parte dei tre compagni di
cella che nessuno dei due comprese, e quando si staccarono Frank disse:
-Beh…bentornato, Gee.
Gerard scoppiò a ridere, e
fu travolgente il suo stupore nel
notare il piacere che provava nel farlo di cuore dopo tanto tempo, fu
come se
non avesse mai riso prima.
-Comunque-, intervenne la voce
annoiata di Billie Joe,-mi
sono stufato di questo posto.
I due ragazzi si voltarono stupiti,
controllarono che il
secondino se ne fosse andato e il cantante chiese:
-Che hai detto?
Il californiano li guardò
con un ghigno, poi replicò.
-Mi sono stufato di stare in prigione.
-Beh, che novità-, fece
Frank, -come se qui ci si fosse mai
divertiti!
Billie ignorò il commento.
-Mi sembrate i tizi
giusti…che ne dite se facciamo una
piccola e discreta evasione?
[Scusate per il ritardo, ma l'ispirazione se n'è andata e
pensavo di scrivere qualche altro capitolo prima di aggiornare...ma
alla fine ho pensato di pubblicare lo stesso, anche se il prossimo
capitolo è ancora in lavorazione da un mese ormai...quindi
non ho idea di quando aggiornerò ancora, purtroppo...spero
che la Musa si decida a tornare a farmi visita...
Comunque finalmente adesso c'è un motivo al fatto che ho
messo i Green Day fra i personaggi xDD
Grazie a Emanuela_smile
per avere aggiunto la storia fra le preferite ^^
Chemical Lady:
A me fa piacere che ti piaccia XD sei una delle poche
ç___ç si, a Gerard ho fatto fare la scenetta da
film xD ma sarò scema uhahahaha *manu cerca di darsi un tono
serio* se ti va fammi sapere che ne pensi di questo capitoletto, anche
se è un pò tanto corto ed è vergognoso
che ci abbia messo tanto a postarlo ç_____ç
Alla prossima, non so quando ma spero che ci sarà u.u]
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