— Elen síla lúmenn' omentielvo.

di Dulcamara_KR
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'anemone di una memoria che non avvizzisce. ***
Capitolo 2: *** — Quell'immortalità che non si spezza, che non ci spezza, Tesoro. ***
Capitolo 3: *** Luna bianca, luce spenta e la notte che cammina lenta. ***
Capitolo 4: *** — Quella nebbia che ci abbraccia, che ci dimentica, Tesoro. ***
Capitolo 5: *** La nera ombra che stretta ci avvolge, l'incerto Fato che lo sguardo a noi volge. ***
Capitolo 6: *** — Le gole bianche che noi spezzeremo, il fiume di rosso che coloreremo, Sméagol. ***
Capitolo 7: *** Noro lim, noro lim, Asfaloth! ***
Capitolo 8: *** — Oltre la nebbia che non ci distingue, oltre l'Oscuro che soli ci estingue, Sméagol. ***



Capitolo 1
*** L'anemone di una memoria che non avvizzisce. ***


Elen síla lúmenn' omentielvo.
L'anemone di una memoria che non avvizzisce

 


 
C.C. 1418, Terza Era - 23 settembre, Contea.

Casa Baggins è lontana.
Il profumo tenue di quei cespi sempreverdi che mi abbracciavano in un dolce sapore mattutino si insinuano nella mia mente come un ricordo distante, o ancora troppo vicino per essere dimenticato. Sento il vociferare gioviale della Contea estinguersi sempre più rapido, il fumo delicato di ogni sua brezza intensa reclamare un tenero sussulto in questa mia mente ora estranea e confusa, spoglia o perduta chissà dove, mentre osservo questo mio corpo mai macchiato dal tempo attraversare frontiere impervie, terre selvagge, sentieri inospitali nei quali i nostri occhi mai hanno visto dimorare un passante, un viaggiatore casuale, uno spirito errante in festa, se non sagome spettrali mai bagnate da quel buon sapore che la Contea adagiava sulle nostre bocche allegre.
Soltanto i Luminosi hanno illuminato il cammino, saziando le nostre bocche affamate, regalandoci una briciola della loro grande sapienza e condividendo quel frammento di sentiero che Gildor, l'elfo, tracciava verso Gran Burrone.
Ma le tracce sono scomparse in fretta; per me, per Sam e per Pipino, che abbiamo visto davanti a noi un mondo ed una strada del tutto ignoti.
Mi chiedo cosa mi abbia condotto ad abbandonare la dimora che allora mi accolse, quando tu madre decidesti di inoltrarti nel sentiero del non ritorno, porgendomi nelle braccia di quell'ostinato avventuriero e maldestro scribacchino che oggi riconosco come un padre coraggioso e spesso, aggiungo, anche un po' imprudente.
Tuttavia, immagino che la vita riemerga sempre con un addio, nello stesso istante in cui i nostri letti sembrano abbracciarci eterni e le nostre coperte si sollevano a proteggerci dalle tempeste dell'abbandono, della fuga, dell'orrore, del tempo.
Forse è davvero giunto il momento di lasciare ciò che mai ho posseduto, ma che spesso mi ha tenuto al caldo come nel morbido ventre di una madre.
E' giunto il momento di abbandonare quei passi che avanzavano irrequieti sul manto verde dei prati sulla collina, le acque scroscianti ad abbeverare le più stanche e soleggiate giornate come una piacevole linfa sempre nuova, quelle labbra mai asciutte sempre pronte a baciare un fiato di erba pipa, a brandire un sorso dell'oro più pregiato nei banchetti traboccanti di fine estate.
Il volto pallido del tempo mi ha raccolto, ha rubato i miei istanti e mi ha proiettato dove il mio sguardo mai era stato capace di giungere: fuori dalle lande incontaminate della Contea, oltre il confine di ogni paesaggio più tranquillo che il Decumano Ovest ci partorisse, che Hobbiville ci regalasse.
Via Saccoforino si trasforma ora come nella parte più piccola di un lieto scenario che mi appare sempre più distante; e distante è la mia casa, distanti sono quei fogli dispersi che zio Bilbo dimenticava sul pavimento come polvere mai tolta, e distante è quel sapore del buon vino di famiglia che la nostra dispensa raccoglieva come dono prezioso.
Distante è anche il sorriso di Hobbiville.
Sì, perché non chiamarlo sorriso?
Il suo conforto, il suo abbraccio caloroso, il suo sguardo sempre attento, risoluto, sereno, materno.
Sarei dovuto essere più cauto, avrei dovuto preservarlo meglio e portarlo con me lungo questo viaggio che non so dove mi condurrà, che non so se mi concederà il sollievo di guardare indietro, al passato, alla gioventù da semplice hobbit comune lasciata alle mie spalle come lascito che mi sono imposto di non dimenticare; ma non ci sono parole di conforto su questo sentiero, non ci sono risposte chiare ad alleggerire questo peso sconcertante che mi sembra di non conoscere, che mi sembra di indossare senza identificarne i colori, le sfumature, le battaglie più invisibili che vi si celano, che non giungono alla mia forse insignificante comprensione.
Cosa dovrei conoscere?
Cosa dovrei comprendere?
La giunta di questa fatalità improvvisa della quale non ne identifico la meta?
Il significato insito in questo strano anello dorato che porto con me per chissà quale lontana ragione, che sto conducendo verso un destino già scritto del quale non ne conosco la storia?
Sono in balia del suo sguardo imprevedibile, dell'oscuro, del remoto, di questa insanabile mareggiata che ora come non mai emerge con tutta la sua forza più nascosta.
E sono naufrago, figlio di terre sconosciute.
Ma i Baggins non cadranno nell'oblio, nella dimenticanza, nella più vana dissolvenza.
Porrò fine a questo Destino, qualunque sia la sua ignota natura, portando sulle spalle il medesimo messaggio che sarà capace di distruggerlo.

Senza timore,
senza rimorsi,
senza paura.

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Capitolo 2
*** — Quell'immortalità che non si spezza, che non ci spezza, Tesoro. ***


Quell'immortalità che non si spezza, che non ci spezza, Tesoro.


Montagne Nebbiose — Anno 2473.


Le nostre mani non possono più scrivere, vero, Tesoro?
Sono gialle come i pesci che nascondiamo nelle rocce perché la gente cattiva vuole rubarceli, Gollum, sono gialle come il nostro tesoro!
Le nostre mani si stanno sciogliendo e noi lo sappiamo; noi lo sappiamo, Gollum, ma il tesoro non può sciogliersi, non può bruciarsi, perché noi lo portiamo con noi, perché noi lo teniamo con cura nella nostra pelle gialla come il tesoro!
Il tesoro non può essere rubato, il tesoro è nostro, Sméagol.
E luccica, non si consuma, non può andare via, non possono prendercelo perché Sméagol sa nasconderlo, perché le Montagne Nebbiose sanno proteggerci.
Ma noi il tesoro l'abbiamo rubato. E chi ci protegge se non Sméagol, tesoro?! Gollum?!
L'anello è nostro amico, l'anello ci protegge, l'anello ci fa stare bene, perché è il nostro regalo più bello e noi siamo felici.
Il tesoro è nostro, Sméagol. Noi non l'abbiamo rubato, è il nostro regalo di compleanno. E' il nostro tesoro.
Déagol ce l'ha regalato quando la barca galleggiava sull'acqua, ce l'ha regalato quando gli hobbit sapevano nuotare, tesoro, ma gli hobbit adesso stanno morendo, gli hobbit non sanno più nuotare, gli hobbit non sanno più camminare, gli hobbit non sono nostri amici, non possono prenderci il tesoro!
Ma Déagol era nostro amico, ricordi, tesoro?
Era nostro amico prima che ci rubasse il tesoro! Lo voleva per sé, ma il regalo era nostro: era il nostro compleanno, Sméagol, non voleva darcelo!
E gli altri non capivano, non capivano che il tesoro era nostro, perché nessuno voleva bene a Sméagol, non è così, tesoro?
E quando tutti ci hanno cacciato, le Montagne Nebbiose ci hanno dato da mangiare, ci hanno dato tanti pesci succulenti ed un posto sicuro per il nostro tesoro!
Ma l'anello ci consuma, non è vero, tesoro?
Ti sbagli, il tesoro è buono e bello, il tesoro è gentile. Ci ha salvato dalla cattiva gente, quando gli altri ci hanno cacciato, quando gli altri ci hanno bastonato dicendo che Sméagol era un ladro.
Ma Sméagol non è un ladro!
La gente non capiva che noi eravamo soli, tesoro. Per questo il tesoro è con noi, perché lui ci ha salvati!
E Sméagol non ha più bisogno della luce per vivere, vero, tesoro?
Non ha più bisogno del sole perché il tesoro luccica e Gollum sta bene, sì, Gollum è felice!
Gollum si sente solo senza il tesoro.
Il tesoro è la nostra luce, è la nostra guida. Il tesoro è la nostra casa, Sméagol.
Perché fino a quando ci sarà il tesoro, possiamo vivere anche noi.
La notte è arrivata soltanto per te, Déagol.
Ma non per noi, Gollum.
Ci dispiace, vero, tesoro?
Ma lui è qui, non ci lascerà. E Déagol ci ha lasciati, Déagol ci ha traditi, ma lui non muore, lui è immortale, lui ci rende felici perché è il nostro regalo di compleanno e lui il nostro compleanno non l'ha dimenticato.
Il tesoro è nostro, il tesoro è vivo. E noi saremo sempre con lui, vero, tesoro?
Noi vivremo per il tesoro, perché noi siamo suoi amici, e gli amici proteggono sempre il tesoro.
Lui è qui con noi, noi lo proteggeremo.
Sì, sì! Noi lo proteggeremo, lui è nostro, sì!
E noi siamo con lui, Sméagol, noi siamo il tesoro.
Il mondo vuole rubarlo, ma lui vuole stare con noi, Sméagol vuole stare con il tesoro.
Sméagol non è un ladro.
E il  mondo non è per il tesoro, perché il mondo è ladro, il mondo non è per noi.
Lui è nostro.
Soltanto nostro, soltanto noi.
Soltanto mio.

E le mani di Sméagol si sciolgono, ma il tesoro rimane per sempre.

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Capitolo 3
*** Luna bianca, luce spenta e la notte che cammina lenta. ***


Luna bianca, luce spenta e la notte che cammina lenta.
 

Anno 1418, Terza Era Campagna di Buckburgo, Crifosso.


Le luci sempre più deboli bagnate dal bianco tocco del Brandivino non si dimenticano, come questi passi confusi che non so quanto sapranno spingersi avanti, se giungeranno alla fine del sentiero o dove si spingeranno, queste lune annebbiate che sembrano illuminare con luce debole soltanto un pezzo di vuoto, un cammino di maledizioni invisibili dove sottrarsi all'oscurità che ci perseguita diventa sempre più difficile.
Vedo ancora una volta calare fioche luci notturne nella notte come nebbia eterna, come soffio pesante, come l'ultimo bacio materno di un ricordo sonnolento e affaticato, e forse anche un po' nostalgico.
Penso che giungere qui sulle sue sponde mi abbia tolto il respiro, lasciando che potesse perdersi nell'aria silenziosa della notte, che mi abbia calato nelle sue acque gelide per guardare con sguardo vigile e diverso quei ricordi distanti che si costruivano nella mia mente come vivida immagine dal sapore non troppo piacevole, come braccia spigolose di un legno troppo leggero per affondare, troppo fragile per restare a galla e troppo sporco per rinascere ancora una volta in un giovane volto di madre, in una giovane dimora di padre.
La barca è scivolata troppo presto su quel fiume che scorreva rapido, troppo veloce per lasciarmi procedere con la stessa rapidità di una volta, con lo stesso passo schietto che passeggiava un tempo su queste lande ore desolate, su questa terra natia perduta che mai ha fatto ritorno; una terra i cui sentieri avevo ormai cessato di percorrere, le cui parole avevo ormai cessato di ascoltare.
Forse, dopotutto, sono stato io a fuggire, a desiderare di proiettarmi dove quel fiume troncato non potesse più osservarmi, dove non potesse più leggere i miei pensieri da bambino imprudente e rivestire le mie giornate di malinconica allegria.
Ho abbandonato le sue terre, i suoi colli scoscesi, le sue valli fiorenti; ma il tempo non ha sancito la fine del suo interminabile percorso. Mi ha raccolto bruscamente concedendomi di dimorare nelle sue camere più nascoste, nei suoi segreti più distanti che ora stringo nelle mie mani come gemme inestimabili.
Ah, non sono pronto per portarle con me, non sono pronto per volgere uno sguardo al passato e sfumarle in questo oblio che mi appare sempre più affamato.
Le terre di Buck sembrano aver cessato di abbracciare il colore delle stelle, di essere baciati dal sole rilucente di quei giorni lontani, cessato di camminare sui verdi prati con l'allegrezza disivolta che il nostro piccolo popolo aveva sempre ospitato, seminato sui sentieri delle colline fiorite, sulle labbra affamate di un mezzodì che un hobbit non sapeva aspettare, sulle porte sempre aperte che riempivano di buon cibo, vino e sazietà quante più bocche ve ne possero alloggiare, quanti più sorrisi potessero irradiare le nostre piccole caverne colorate.
Ah, la viva e verde Contea!
Forse ho lasciato da tempo che il ricordo di Hobbiville sopraffacesse qualunque altra bellezza e prosperità io abbia mai incontrato in passato, che dissolvesse il vecchio paesaggio di un'infanzia partita per chissà dove. Dopotutto, è lì che giace ora la mia casa, è in quel frammento luminoso di Contea che ho trovato la pace, o perlomeno che avevo trovato.
Non riesco più a vedere Buckburgo con gli stessi occhi di una volta, se non come una terra ostile la cui aria mi parla di morte, di barche bagnate dal fiume, di corpi affogati.
Ed ora che una felice quiete mi aveva condotto tra le braccia di Hobbiville, dopo un arduo sforzo, ecco che devo lasciarla, mentre la Vecchia Foresta si estende davanti a noi in attesa di essere percorsa, in attesa di svelare il suo spaventoso mistero.
Devo dimenticare il bacio dei suoi venti gentili, dei suoi più dolci sapori, il silenzio di quella quiete inesauribile che ci concedeva un letto sicuro, quanto il desiderio di voler restare nelle sue calde lenzuola d'inverno.
Sono ora in fuga verso una comprensione che non si pronuncia, che si confonde nella mente come un inganno bugiardo o forse troppo reale per essere visto, stringendo tra le dita un abisso scavato dalle stesse mani che tanto desiderano colmarlo.
Il chiarore sulla strada, tuttavia, ci ha toccati ancora una volta contro ogni più oscura maledizione prevista dal nostro sentiero nascosto. Maggot ci ha saziati, ci ha condotti dove il fiume spalancava le porte alla nostra meta, dove la nera figura speravamo non potesse raggiungergi.
E Crifosso mi ha donato una piccola luce della quale godere con prontezza e senza troppa imprudenza in questa breve sosta che qui mi ha portato, con la quale potermi circondare dei piccoli doni di famiglia che con zio Bilbo avevo condiviso, che avevo visto nascere, spezzarsi, ricostruirsi; che avevo vissuto.
Ma la notte è calata anche su Crifosso, e mi chiedo quale scherzo la mia mente voglia tendermi, prima che io possa percepirne la sua natura, prima che io possa percepirne questo peso sempre più grande scavarmi il collo e parlarmi con parole che non sono capace di comprendere.
L'Anello parla lingue che non conosco, conosce verità che mai ho conosciuto, enigmi sui quali mai ho camminato.
Quali braci dovrò oltrepassare per raggiungere il vero fuoco, Gandalf?
Non posso aspettare, non posso indugiare.
I sogni senza luce vociferano durante la notte, parlano di creature confuse nella nebbia del crepuscolo, di tuoni troppo forti per essere ascoltati.
La scorsa notte sentii una voce sconosciuta, vidi un colle inesplorato accarezzato da una luna bianca.
Il sapore salmastro del mare rievocò ricordi che mi parvero irraggiungibili: non esitai a scalare la torre bianca per godere di quella sua brezza celata alle pendici, di una sua boccata rapida o di qualunque altra cosa di diverso e di remoto desiderassi in quel momento toccare, vedere, vivere.
Tesi il braccio a quel vento che mi toccò debole, privandomi di ogni capacità e volontà di scioglierlo dai miei fianchi; ma quest'ultimo parve sollevarsi nebbioso ed un fulmine ruppe la sua morsa squarciando il cielo, quanto la mia mente sbigottita che ne parve accecata. Non vidi altro: realizzai che la mia occasione era perduta, realizzai che mi trovavo nuovamente cieco dinanzi ad un tale incommensurabile frammento di infinito, realizzai che l'oscurità mi avrebbe una volta per tutte inghiottito sotto la veste bugiarda di un'ingenua avventura.
Era solo un sogno, e ben me ne rendo conto, ma non posso lasciare che queste immagini scorrano nella mia mente come una mera illusione priva di significato: non sono mai stato capace di mettere da parte i miei sogni ed i miei sciocchi presagi per il buonsenso del reale.
Molti deduranno siano l'imprevidenza e la schiettezza che contraddistinguono il nostro piccolo popolo a farmi da padrone, ma percepisco quanto vi sia di reale in tutta questa vicenda che mi si mostra sempre più percepibile, sempre più vicina, sempre più nascosta nella piccolezza dei miei gesti.
Temo che questo cammino sancirà l'epilogo della mia storia, che prima o poi mi strapperà gli occhi, rendendomi cieco ed incapace di osservare per un'ultima volta il volto quieto e radioso della Contea, ma sono consapevole come ogni indugio non mi sia concesso, giacché custodisco la consapevolezza di essere destinato a proseguire la trama di un manoscritto già da tempo iniziato e che ora, dopo secoli di storia, richiede impazientemente di essere terminato.
Perché le storie finiscono prima o poi, e la vita durerà fino a quando saremo capaci di convivere con la compiutezza di questo incerto pezzo di eternità.


Il cupo mistero si avvalla nel fosso,
grandi bocche affamate e poi rotto è l'osso,
il fango fumante ci sporca le mani
e noi caccerem felici questi visi arcani.
Ma la verde collin il buio vuol mangiare,
tanta birra a sazietà e l'oscurità può andare;
con una limpida luna qui si può dormire,
e l'abisso d'un tratto vorrà scomparire.

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Capitolo 4
*** — Quella nebbia che ci abbraccia, che ci dimentica, Tesoro. ***


Quella nebbia che ci abbraccia, che ci dimentica, Tesoro.



 
Montagne Nebbiose — Anno 2475.


Oggi l'anello è più bello e luminoso di ieri, vero, Tesoro?
E' più caldo delle guance di Gollum perché lui le guance le ha perse tanto tempo fa, perché la nebbia le ha consumate nella notte, perché a Gollum fa freddo senza il suo tesoro e le sue mani non sanno più accendere il fuoco per riscaldarsi, le sue mani non possono più essere riscaldate, il fuoco non esiste più negli occhi di Gollum.
Ma il tesoro ci riscalda e i nostri occhi grandi riescono ancora a vederlo, Gollum, i nostri occhi sanno vederlo, i nostri occhi sanno assaggiare l'anello, Sméagol sa leccare con la sua lunga lingua il tesoro, perché il tesoro è buono e dolce, perché il tesoro ci protegge dagli orchi neri che vengono a disturbarci dal fiume e ci porta cibo gustoso da mangiare.
No, a noi gli orchi non piacciono, a noi gli orchi fanno male perché il sangue blu ci sporca la pelle dorata come il tesoro e la pelle dorata di Gollum deve luccicare come il tesoro, la pelle dorata di Gollum deve brillare come il tesoro!
Ma Sméagol deve mangiare, Sméagol ha fame, noi dobbiamo riempire le nostre bocche affamate perché le mani di Gollum devono saper indossare il tesoro, o lui non vorrà più toccarci, o lui non vorrà più abbracciare le dita di Gollum e ci sentiremo soli, non è così?
Ma lui non ci lascerà, vero, tesoro? Il mondo lo ha fatto, ma con lui non lo saremo più, con il tesoro non saremo più soli.
Il tesoro non può abbandonarci, il tesoro non può farci del male, il tesoro non può soffocarci.
Il tesoro ha soffocato Déagol, ma non può soffocare noi che brilliamo come il tesoro!
Gollum!
Gollum!
Lui è con noi e non ce lo ruberanno, Sméagol, nessuno ce lo ruberà perché nessuno saprà rubarcelo, noi sapremo cacciare quei vermi malvagi che vorranno portarcelo via. Gollum non andrà più via dalla caverne, Gollum ha trovato il suo tesoro e non scapperà più dal buio della notte. Lui sta bene qui, noi stiamo bene, noi siamo felici!
E li uccideremo, sì, li uccideremo. Che importanza ha?
L'anello è nostro.
Sì, vero, sì! Che importanza ha? Lui è sempre qui con noi, lui è nostro.
E' sempre sulla nostra pelle, sì, lo portiamo sulla pelle gialla di Sméagol e vediamo le nostre dita che luccicano, vediamo la luce che ci fa cadere i capelli brillare nel fiume come fulmini gialli, ci fa sentire importanti come il tesoro, siamo fulmini luccicanti come il tesoro, sì!
Perché il tesoro è importante, non è vero?
Sì, il tesoro è importante, il tesoro è la nostra casa più bella, lui è il nostro sole ma non ci brucia, no, lui è prezioso, tesoro.
Lo vedi, Sméagol, che i nostri capelli sono come i fulmini, che i nostri capelli sanno brillare?
E i pesci si spaventano di noi perché i fulmini fanno male, i fulmini fanno paura, ma noi non abbiamo paura perché siamo con il tesoro ed il tesoro non ha paura.
Lui è forte, lui ci ha insegnato a combattere e ad uccidere i cattivi per sopravvivere, ricordi, tesoro?
L'anello continua a luccicare nelle nostre mani, ma a volte scivola perché le mani di Gollum si sciolgono, ah, scivola, sì, è vero!
Il tesoro cade nel fiume, ma noi non possiamo perderlo, i pesci non possono mangiarlo, loro non possono rubarcelo!
Non possiamo dare l'anello ai pesci, perché l'anello è nostro, perché i pesci sono nostri e siamo noi a doverli mangiare, non il tesoro.
Ah, Sméagol deve stare più attento, l'anello è prezioso, l'anello non può brillare da solo nel fiume, perché vuole il suo padrone ed il padrone vuole il suo tesoro.
Ma l'anello può mangiare con noi, è vero, l'anello è nostro amico e se vuole possiamo dargli tutto il nostro cibo.
A Gollum non importa se abbiamo fame, vero, tesoro?
Così il tesoro e le Montagne Nebbiose ci ringrazieranno un giorno per aver pulito le caverne grigie da questi nemici schifosi, Gollum, l'anello caro ne sarà contento!
Quelle creature hanno chiamato gli orchi per ucciderci, hanno chiamato il vento per farci andare via e rubarci il tesoro.
Ma gli orchi ci hanno stancati, Sméagol, puzzano e ci staccano i denti perché la loro carne è troppo dura da mangiare, è troppo dura per i denti di Sméagol!
E lui sta perdendo tutto, non è così?
Noi stiamo scomparendo, Gollum, noi ci stiamo perdendo!
Ma il tesoro no, lui è qui, sì, lui è qui e noi non ci perderemo, giusto!
E a Gollum non piacciono gli orchi perché vogliono rubare il tesoro, ed il tesoro è nostro, lui è nostro, non ricordi, tesoro?
Sì, lui è nostro.
Gli orchi ci hanno stancato, sì. Noi vogliamo carne viva, viva come il tesoro!
Vogliamo carne viva!
Sì, vogliamo carne viva!
Viva come noi? Viva come il tesoro? Viva come Sméagol?
Ah no, no, Sméagol non è qui con noi, Sméagol non è vivo, perché Gollum fa dimenticare Sméagol, perché Gollum dimentica.
Sméagol non cammina più alla luce del sole, no, Sméagol non cammina! Sméagol non ha occhi né bocca, né carne, né denti, perché gli uomini ci hanno strappato la faccia e noi non riusciamo più a trovarla, noi non riusciamo più a vederla!
E' caduta nel fiume, Sméagol, l'abbiamo persa, non possiamo più portarla con noi, dobbiamo portare il tesoro, la faccia non serve, dobbiamo buttarla, dobbiamo dimenticarla, dobbiamo strapparla anche noi e proteggere il tesoro!
Il tesoro, sì, il tesoro! Sméagol non lo dimentica, Sméagol è gentile con l'anello perché lui ci ha sempre accettati, perché lui non voleva rubarci la faccia. Il tesoro voleva brillare per noi, voleva farci compagnia e riscaldarci durante la notte, tesoro.
Ma noi dimentichiamo, sì, noi non siamo forti come il tesoro, noi siamo deboli.
Noi dimentichiamo i colori e il giorno perché Gollum non ha bisogno di guardare fuori, dimentichiamo le stelle e la luna perché Gollum non ha bisogno del mondo, perché Gollum non ha bisogno della gente.
La nebbia delle Montagne Nebbiose ci fa dimenticare l'erba e l'estate, perché la primavera ed i fiori non servono a Sméagol, perché noi non abbiamo bisogno di loro, ma non possiamo dimenticare il tesoro!
No, non possiamo dimenticarlo!
E le Montagne Nebbiose?
Sì, Sméagol, le Montagne Nebbiose possiamo dimenticarle, come tutte quelle facce spaventose che volevano ucciderci, tesoro.
Noi vogliamo cacciarle dalla mente di Sméagol perché Sméagol non vuole più vederle, Sméagol vuole dimenticare, sì!
Così come Gollum dimentica sempre che Sméagol è qui, perché Sméagol non esiste, ma il tesoro è nelle nostre mani e lui non ci dimentica, vero, Tesoro?
Lui ricorda sempre che ogni giorno è il nostro compleanno.

Gollum!
Gollum!
Gollum!

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Capitolo 5
*** La nera ombra che stretta ci avvolge, l'incerto Fato che lo sguardo a noi volge. ***


La nera ombra che stretta ci avvolge, l'incerto Fato che lo sguardo a noi volge.

 

Anno 1418, Calendario della Contea Colle Vento, 5 Ottobre.

Come narrano gli antichi manoscritti, le antiche storie impolverate o dimenticate sotto i letti dei buon cari lithe d'estate, anche le fronde delle foreste più fitte parlano; forse di lontane ere che un hobbit non ha mai visto, vissuto o sentito, o ricordato sui vecchi calendari della verdeggiante Contea, forse di remoti mondi troppo sconosciuti per essere osservati, forse di parole troppo difficili ed ignote per essere ascoltate.
Un bosco aspro è giunto sotto i nostri piedi scalzi come una lanterna spenta a regalarci le sue braci accese, a porgerci una culla di fiamme invisibili che si sollevano sulle nostre teste con fervore, violenza ed angoscia, a lasciarci una briciola di buio nel bel mezzo di un'incantevole bellezza ferita.
Sono forse queste le braci che avrei dovuto valicare, Gandalf?
Braci sulle quali delineare questo sentiero già visto, braci sulle quali dirigere il nostro sguardo per comprenderne i fuochi malati, braci da calpestare per vederne l'orizzonte estendersi oltre il suo confine e svanire lontano, lasciandoci un pezzo di vuoto da tracciare.
La notte ci ha sopraffatti ancora una volta nella Vecchia Foresta, ci ha denudati della più genuina comprensione che un hobbit possedesse, impedendoci di guardare oltre la linea di quelle nostre dita che parevano ai nostri occhi ormai perdute nei meandri dell'indefinito, dell'incomprensibile, del perduto.
La voracità del buio seguitava ad ingoiarci veloce, con il sussurro acuto di un'ombra inestinguibile che rapiva le nostre vie, che calava le nostre menti in una bianca foschia dominata da uno spietato tesoro gelosamente protetto.
Ho sentito la foresta mormorare parole che non conosco, maledizioni sussurate con la voce imperscrutabile del vento, enigmi dispersi nell'aria che la mia lingua si rifiuta ancora oggi di comprendere, mentre verso nei miei pensieri quei sussurri affaticati ora scalpitanti nella mia testa.
Abbiamo toccato quei sussurri, li abbiamo visti ingabbiarci, li abbiamo visti rapirci con la prudenza silenziosa di chi aspira a proteggere una ricchezza rara e pregiata.
Ah, avrei dovuto rifiutare questo Destino fin dal principio, se solo un pesante respiro non mi si fosse riversato addosso come una memoria sempre vigile ad indicare quali sentieri percorrere o come un falso canto a sfumare le mie veglie, ad allettare i miei sensi confusi, le pronte avventure da cogliere e da ammirare con occhio curioso e raggiante, e forse anche un pò bizzarro.
Ma quella voce è immobile nel mio silenzio: mi attende nella notte quando ogni corpo si adagia sotto la sola luce lunare a vegliare sulle tenebre, quando ogni palpebra muta il giorno in un inquieto sospiro notturno.
La dama dei fiori dai capelli dorati ed il canto melodioso di Tom Bombadil hanno abbagliato il mio sguardo con una luce del tutto nuova, ma non hanno nutrito di nuova speranza quegli occhi che sempre ci osservano dentro, che ci parlano di sogni dimenticati, che sembrano mangiare affamati quei ricordi una volta al riparo ed ora strappati al passato nel tentativo inconscio di averne il ritorno, di vederli fiorire ancora una volta o sorgere nei fievoli colori di una nuova primavera.
Ombre impervie hanno assalito il nostro cammino, hanno calpestato i nostri corpi tra le spirali di nebbia che si sollevavano impavide sui Tumulilande come un'antica profezia calata dai cieli più oscuri; hanno portato le nostre gole ad assaporare la lama tagliente delle tenebre più profonde, abbracciandoci nel freddo ventre dell'oltretomba e mostrandoci quel filo sottile che oggi ci vede camminare coraggiosi sulle sue corde sospese e che domani ci lascerà cadere in un eterno buio senza ritorno.
Ritorno. Potrò mai assaporare il dolce sapore della Contea ancora una volta, vedere una calda alba a me compagna crescere oltre questa coltre di fumo ostile che ora mi avvolge, credere che la speranza sia posta in un luogo a me noto per essere improvvisamente raccolta?
Cosa dovrò raccogliere durante questo viaggio, se non un fiore scolorito che non saprà più colorare il tempo, se non un ramo appassito che non saprà più vestire di foglie il suo manto ora sbiadito, se non un pasto velenoso che ora come ora sono pronto a consumare?
Se non pura discordia, se non inganno e follia, se non sogno e maledizione?
Porto le vesti di un'incognita che mi viene incontro con il peso di un'infinitezza racchiusa nel suo esile contenitore dorato, che sento sollevarsi come violenta tempesta a scuotere i miei passi più lenti e soffocare i nostri fiati sempre più stanchi, che vive come ombra nascosta richiamando a gran voce, nella notte, il padrone dei suoi tempi più remoti.
Il suo grande Occhio non chiude mai le sue porte, l'Oscuro Signore mai abbandona questo suo gioiello nero che bisbiglia di catastrofi già pronunciate in una guerra invisibile a rivelarsi silenziosa, che segretamente mi osserva calandomi in un crepaccio offuscato del quale riesco soltanto a percepirne una densa penombra; la stessa penombra che incendia il mio sonno notturno, distruggendo ogni prato più incantato che un hobbit custodisca nella sua chiara e vivida fantasia.
Il nostro ricordo diventa sempre più fioco, indefinito. Riesco quasi a vederlo abbandonarmi o perdersi nell'aria, anche quando mi ero ripromesso di non dimenticarne il colore ed il suo intenso profumo.
Non è il tipo di avventura che un hobbit ha mai desiderato ardentemente provare, vero, Sam, Pipino, Merry?
Brea non è stata una melodia piacevole che il nostro ascolto potesse accogliere, che il nostro compito potesse affrontare senza rischiare di uscirne scalfito: i Cavalieri Neri sono giunti a fiutare quei nostri corpi nascosti che le incerte lenzuola del Puledro Impennato avvolgevano con insidia e tormento.
Tuttavia, ci ha mostrato il volto impavido di un valoroso guerriero che ora bracca compagno il nostro sentiero, mostrandoci le terre da percorrere con una lungimiranza a noi hobbit forse mai lontanamente conosciuta.
Aragorn, figlio di Arathorn, è giunto sul nostro cammino come luce improvvisa, portando con sé non una parola di conforto, ma uno sguardo attento e navigato ad illuminare come guida i nostri sentieri oscuri, a rivelarci l'assaggio di una dolce melodia elfica, quanto dei tranelli più temibili che Sauron, signore di Mordor, si accinge a mettere in atto alle nostre spalle.
Non pensavo che una parola così estranea al tiepido calore della Contea potesse mai sorgere nei miei pensieri, non pensavo che questa tetra angoscia potesse attraversare la mia mente come un fuoco che continua a bruciare, come una tempesta che non mi da pace, come peso inconfondibile che mi sembra di non riuscire a toccare realmente, se non come fulmine improvviso a fuggire rapido o come lontano racconto a svanire in un battito di ciglia.
Non posso guardarmi indietro, non posso abbracciare il tempo in un'attesa che ora desidero rinunciare, non posso rischiare di lasciarmi risucchiare dal turbine insensato di una stupida imprudenza.
Non c'è spazio per i sorrisi assetati di birra dorata quaggiù, né per i pranzi sempre più colmi e festosi ad emanare la gioia di un intero piccolo popolo, se non paludi imperscrutabili che lasciano sulla mia lingua il gusto amaro di una guerra lontana dal mio sguardo, ma salda al mio petto come una vertigine che sussulta ad ogni passo, come una tenebra che mai dimentica di essere tale.
Ma Gran Burrone si adagia oltre i colli lontani, distesa dove i nostri occhi si augurano di approdare nella quiete di una tempesta placata o mai scossa.
Il bagliore intenso di quelle figure rigogliose sapranno ricompensarci con un frammento di luce sempre accesa ed incredibilmente candida, ma ci basterà soltanto un misero barlume di pace per poter rinascere un'altra volta e poter credere che il tempo, per noi, non si sia dileguato nel vento, cadendo come fredda foglia d'autunno e brace ormai spenta.
Ma lo sai anche tu, Gandalf, che le braci non smettono mai di bruciare.
La speranza ci culla ancora accesa, come acceso e vivo è questo pericolo infuocato verso il quale ci stiamo spingendo, mentre il Fato ci prende per mano accompagnandoci chissà dove, verso montagne inesplorate.
Forse verso la luce più chiara, forse verso la tenebra più fitta ed inestricabile.
L'Anello si accende al suo Richiamo.
Saremo noi torrente capace di spegnerlo?

Un sussurro tra gli alberi li abbraccia soavi,
brillanti labbra che cantan gioviali,
volti gentili dal bianco candor,
luce di sol a cacciar ogni grigior.
Senti quel canto che brucia ogni notte,
aria di fronde e mai buio di grotte,
canta il sentiero per Gran Burrone,
più  verde linfa, melodiosa canzone.
E i Luminosi una freccia scoccan,
abili arcieri che sangue non toccan,
il fuoco vivo è a loro lontano,
solenne bacio di amor mai profano.

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Capitolo 6
*** — Le gole bianche che noi spezzeremo, il fiume di rosso che coloreremo, Sméagol. ***


Le gole bianche che noi spezzeremo, il fiume di rosso che coloreremo, Sméagol.

Anno 2941Montagne Nebbiose.

Le Montagne Nebbiose non possono più dormire adesso, Sméagol.
Le Montagne Nebbiose stanno piangendo, perché la notte ci fa paura, lo senti, Tesoro?
E gli occhi di Sméagol ora non vedono più, la pelle di Sméagol ora sta cadendo, Sméagol si sta spezzando; ah, Sméagol è diventato invisibile agli occhi del tesoro perché il tesoro non ce li ha più i suoi occhi, perché noi li abbiamo persi, perché il tesoro ci ha dimenticati ed il buio ci sta mangiando, tesoro. Il buio ci vuole strappare l'anello dal dito e prenderlo soltanto per sé, il buio non vuole condividere con Sméagol il tesoro. E Sméagol non vuole condividere l'anello con il buio, no.
Lui ci vuole uccidere, Gollum, lui ha dimenticato di proteggerci ed è diventato un viscido verme schifoso, è diventato una brutta ombra nera che Sméagol non vuole toccare. Sméagol non vuole essere più un'ombra, Sméagol non vuole dimenticare il tesoro, noi non vogliamo essere disperati per colpa di quella vecchia tenebra schifosa, non è vero, tesoro?
Il povero Sméagol però è disperato, il povero Sméagol è arrabbiato, il povero Sméagol non può vedere il tesoro partire lontano, no!
Il povero Sméagol non vuole vedere l'anello scappare via senza di noi, perché questo ci farebbe tanto male, sì, tanto male. E noi non vogliamo soffrire, noi non vogliamo sapere ancora che cos'è la solitudine, no!
E noi non lo dimentichiamo il tesoro, vero, Sméagol? Lui non ci ha mai dimenticati, lui ha sempre curato le nostre ferite e noi stavamo bene! Ma lui se n'è andato, e noi non riusciamo più a mettere qualche orchetto nero sotto i denti perché il tesoro non ce li porta più e noi non abbiamo più carne morta da mangiare, noi non abbiamo più gli orchetti che sporcano la bocca di Gollum perché gli orchetti se ne sono andati. Sono andati via da Gollum, sono andati via!
Il tesoro si è dimenticato di noi, povero, povero Sméagol. Cosa faremo senza il nostro adorato anello, cosa, tesoro? Ci uniremo ai morti?
No, i morti fanno paura a Sméagol, Sméagol non vuole morire! Noi vogliamo mangiare, sì, Gollum non vuole essere mangiato dalla nebbia, Gollum non vuole soffocare! No, noi non lo vogliamo, tesoro!
E chi dobbiamo soffocare, Sméagol? Il tesoro? Il buon anello dorato?
No, il tesoro caro non può essere soffocato, il tesoro caro è bello, il tesoro caro luccica, il tesoro vive sempre dentro di noi e noi siamo amici del tesoro, non possiamo soffocarlo!
Ma loro ce lo hanno rubato, maledetti hobbit, stupidi, stupidi hobbit!
Chi è stato, tesoro?
Baggins. Baggins. Sì, Baggins, sì. Gli indovinelli di Baggins noi li ricordiamo, quelle parole cattive Gollum non le dimentica, perché Baggins ha preso in giro Gollum con quelle parole! Baggins ha giocato contro le regole, Baggins non è stato gentile con Sméagol e Sméagol non può essere gentile con Baggins.
Lui ce lo ha rubato, tesoro, quello stupido hobbit ce lo ha rubato, loro ce lo hanno tolto, Gollum, non possiamo perdonarlo!
E noi non possiamo più vederlo luccicare, noi non possiamo più toccarlo, noi non possiamo più guardare l'anello brillare nella notte perché la notte è buia ed il tesoro ce lo hanno preso!
Gollum!
Che cosa faremo ora, tesoro? Gollum!
Dove andrà ora il povero Sméagol? Ce lo hanno rubato!
La notte è buia, Gollum. La notte ci ha traditi! Sméagol era felice nel buio con il suo tesoro, ma ora il tesoro è sparito e Gollum è triste, Gollum non può più coccolare la sua luce perché la bella luce di Gollum è scomparsa, non c'è più!
Ah, la notte ci ha traditi, sì, ma Sméagol può muoversi nella nebbia e riprendersi il tesoro caro, Sméagol può farcela!
Noi siamo bravi a svignarcela, tesoro, Sméagol è bravo a rubare i pesci crudi agli uomini alti, Sméagol è bravo a rubare cose succulente senza farsi vedere, sì. Sméagol è bravo! La gente aveva paura di noi perché noi eravamo bravi a nasconderci, ricordi, tesoro? E lo siamo ancora! Noi siamo bravi a rubare! Ma noi non dobbiamo rubare niente, no.
Noi riprenderemo il tesoro, il nostro tesoro, perché noi non vogliamo restare soli, tesoro, e lui è nostro amico, lui è il nostro unico amico. L'anello non è come tutti gli altri, lui non ci ha mai lasciati soli, l'anello è sempre con noi!
Ma ora non è con noi, Gollum.
E dov'è, dov'è l'anello, tesoro?
Baggins l'ha preso, Baggins!
Gli hobbit la pagheranno cara, gli hobbit vedranno i denti di Gollum toccare la gola di Baggins. Gollum terrà stretta la gola di Baggins perché la gola di Baggins non deve più respirare, e Sméagol strapperà gli occhi a Baggins perché Baggins non deve più guardare il tesoro! No, Baggins non deve guardare il tesoro, perché solo Sméagol può farlo, solo Sméagol ha occhi per il tesoro ed il tesoro deve avere occhi soltanto per Sméagol, giusto?
Sì, sì, e noi non lo lasceremo più respirare, vero, tesoro? Noi non lo lasceremo più guardare il tesoro, perché il tesoro brilla soltanto per Sméagol, perché gli hobbit sono persone cattive e non possono rubarcelo! Nessuno può farlo!
Noi lo prenderemo, sì, ci riprenderemo il tesoro e così saremo di nuovo felici nella nostra casa; le Montagne Nebbiose non vorranno più mangiarci e la notte saprà proteggerci.
Ah, il luccicante tesoro è soltanto per noi, vero, tesoro?
Sì, lui è soltanto per noi e rende sempre felice il povero Sméagol.
E questa volta ci porterà anche buona carne viva, proprio come volevamo noi! Carne rossa, carne fresca, ah, carne viva, sì! Finalmente Sméagol mangerà qualcosa di buono, finalmente Sméagol potrà assaggiare un piatto prelibato e leccarsi i baffi.
Noi potremo fare festa, non è vero? Potremo festeggiare la carne viva, potremo festeggiare il tesoro!
E il tesoro ci farà un regalo, il tesoro è sempre il nostro regalo!
Noi porteremo le mani sul collo di Baggins e lo soffocheremo, sì, così, noi lo soffocheremo, Sméagol.
E Gollum potrà strappargli la pelle piano piano, sì, piano piano, perché noi non vogliamo fargli del male, no! Taglieremo bene bene la sua pelle e Gollum la toglierà via, perché a Gollum non piace la pelle, Gollum mangia soltanto carne morbida e pesci freschi, ed ora gli orchetti non li vorrà più mangiare! Sméagol ha di meglio per saziarsi! Abbiamo Baggins da tagliare a pezzettini succosi, Sméagol.
E Sméagol lo mangerà crudo perché non ha bisogno del fuoco, Sméagol non vuole bruciarlo! Sméagol è dolce e buono, Sméagol è caro, Sméagol è sempre gentile con gli hobbit, non può trattare male gli ospiti! A casa di Gollum gli ospiti si trattano sempre bene, non possiamo non aprirgli la porta, non possiamo farli scappare!
Sméagol non brucia gli ospiti, Sméagol non fa loro del male, Sméagol canta loro una canzone perché il tesoro lo rende felice!

Carne rossa e sempre viva
Sméagol divora ogni faccia cattiva
sotto il fiume cancella ogni traccia
l'anello adorato, che Sméagol non caccia!


E Sméagol un giorno saprà soffocare il buio, non è vero, tesoro?
Noi sapremo ricambiare il regalo, Sméagol, prima che il tesoro possa soffocarci.
Lui non ci soffoca, no, Gollum.
O ci ha già soffocati, tesoro?

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Capitolo 7
*** Noro lim, noro lim, Asfaloth! ***


Noro lim, noro lim, Asfaloth!
 

Anno 1418, Calendario della ConteaGran Burrone, 24 Ottobre.

Il greve sospiro dell'Anello mi scuote ancora una volta sotto il cielo ormai spento che domina la notte, sotto lo sguardo veggente di una luna che fioca ed arcana mi parla di lingue inconoscibili: lingue del passato, lingue inestricabili ed aspramente proferite al Tempo, lingue che custodisco pericolosamente con una vaga ed incerta dimenticanza a condurmi chissà dove, verso chissà quali ignoti ed impenetrabili sentieri.
Notti di tempesta e fuochi sempre accesi cadono su questo mio sguardo toccato dalla più oscura maledizione, mentre un oblio incompreso, come fedele compagno, scaglia la sua nebbia più fitta su questa Via già annunciata da chissà quale infausto Fato.
Chissà: già, chissà, Sam, se questo bagliore calatoci dalle stelle rilucenti dei Luminosi saprà divampare nel buio sentiero che insicuri attraversiamo.
Chissà se questo caloroso consiglio, baciato dalla Luce, saprà rivestire di nuova speranza i nostri stanchi respiri toccati dall'affanno.
I dolci canti, sotto questa silenziosa dimora, stimolano i miei più morbidi risvegli, quanto i miei più nascosti timori che al fiorire dell'alba vengono cullati dalla quieta melodia di questo angolo di pace.
Elrond Mezzelfo, signore di Imladris, ci ha accolti nelle verdi colline che il Rombirivo rinvigorisce con la cauta gentilezza delle sue acque spumeggianti; ha condiviso con noi la giovialità di un vento pronto ad abbracciare i suoi numerosi viandanti con le braccia di una madre saggia e profeta, ha posto sulle mie pelli infrante un respiro nuovo e segreto, salvifico e immortale.
L'oscuro marchio dei Nove è giunto a sopraffare i nostri passi, a dipingere di grigio il nostro passaggio inquieto, o forse troppo incauto per tracciare orme di follia sulle pendici di un colle silenziosamente burrascoso.
Colle Vento ci ha mostrato il volto polveroso dell'oltretomba, ci ha rivelato la tenebra più profonda che la più truce lama di un Cavaliere Nero potesse generare, ha colorato le nostre gote di cenere sporca e sottile, insinuatasi con sottigliezza nei nostri ricordi più lontani, dileguando l'ingenuo sorriso di quel bambino ora dimenticato che accoglieva con gioia i profumi più intensi che la Contea potesse concepire.
Il battito dell'Anello mi ha rapito: ha vestito di terrore ed ardore lo scricchiolare di quelle dita che si apprestavano a brandire un fiato di furia, un fremito incontrollato, scosso dalle più gelide tempeste del Nord; ha investito quegli sterili paesaggi erbosi con un lampo fulmineo ed imprevisto, bruciando ogni più calda stagione che la Terra di Mezzo potesse offrire.
Sapevo ormai che il tenue abbraccio di quella dimora che solo zio Bilbo era capace di regalarmi era giunto al termine: non c'era banchetto a colmare le bocche con sapori antichi e familiari, con primavere sempre nuove e compagne.
La Contea mi mancava; forse soltanto adesso sono capace di risanare il ricordo delle sue grandi e verdi vallate con una visione nuova e luminosa, con lo sfavillare instancabile di stelle a riflettersi di nobile pacatezza su queste terre immortali, delle quali ebbi lontanamente racconto da sole e vicine parole di famiglia.
Sam decantò con il suo incalzante canto hobbit avventure di cui solo pochi eletti avevano ormai memoria; mi ritenni fortunato nell'udire il mormorio docile che vedeva Gil-Galad, l'ultimo dei grandi Re Elfici della Terra di Mezzo, fronteggiare territori, epoche e orizzonti sconosciuti sotto quegli occhi di elfo nobilmente dipinti.
Ma la ferita continuava a pulsare; non ci fu sollievo ultimo che potesse adornare ogni parola pronunciata con un colore intenso, con un gioco divertito di sguardi e di schiamazzi larghi e sempre vivaci, se non un gradevole tocco abbandonato dall'Athelas su quella striscia d'ombra generata da uomini senza dimora, né gesta umane.
Li ho visti: ho assaporato il grigiore di un mondo oltre il mondo, ho osservato il biancore di una morte interminabile gravare sui popoli mortali, ho proiettato nella mia mente una tempesta di sorrisi macchiati dal tempo e dall'orrore di una guerra ora giunta.
Le memorie si consumano come autunni sempre costanti, come foreste aride e fronde porpora a ravvivare il solo colore del sangue appena versato.
Per Elbereth e Lùthien la Bella, cosa ne sarà delle nostre terre di pace?
Glorfindel, messaggero degli Elfi, mi ha mostrato il volto del candore più puro sotto una celeste chioma dorata, quello stesso candore che sarà presto infranto e abbandonato sulle rive sventurate del terrore, quello stesso candore che bacerà le nostre spalle mosse dal vento per perdersi ancora una volta tra le fredde montagne notturne che calpesteremo ancora con i nostri percorsi incompresi.
Tuttavia, attraversare interminabili foreste selvagge, estese pianure di erica ed ignoti luoghi di mondo è forse stato come godere di un pezzo di infinito, come nutrirsi di paesaggi e mondi estranei per respirarne la linfa più nascosta e rinvigorirsi con i silenziosi respiri dei boschi che si sollevano sul Mitheithel e si riflettono con dolce suono sui visi increduli dei passanti.
Lo scrosciare di quei fiumi raccolti nell'infinitezza di miliardi di gocce celesti ha abbeverato i nostri giorni, ha bagnato le nostre lingue inaridite dalla sete con una primavera eterna e con un inverno infinitamente spoglio, ci ha lasciato la dolcezza di un sapore floreale e il gusto aspro di un'incertezza inestinguibile che ora ci insegue come l'ombra dei nostri corpi affaticati.
Il Flagello di Isildur porta con sé l'inquietudine del suo creatore, il grande ed impetuoso Potere del Signore di Mordor, la maestosità di un frammento di distruzione misteriosamente protetto in un giaciglio di incomprensione, in un tesoro malamente vissuto d'oro sporco, dettato dalle labbra di un Male che infonde il suo veleno con un sussurro soffocato.
Sussurrano le dita tremolanti, sussurra il petto in un sussulto incapace di estinguerne la voce; ha sussurrato il mondo nel gemito dei popoli, ha sussurrato il cielo in un richiamo di guerra e sacrificio, ha sussurrato la luce che si dilegua sempre più fioca sotto i nostri occhi ora incapaci di osservarla; sussurrò l'Anello in un nuovo inganno consegnatomi in dono, quando la spada cadde frantumata ed il mio cuore conobbe un nuovo affanno.
Le acque del Rombirivo hanno sancito la fine del mio lungo sonno velato con un potere congiunto di nobile benevolenza; la battaglia ha scalfito la mia coscienza, ma mai la consapevolezza di questo compito colmo di insidie del quale mi appartiene la sua compiutezza.
Non ho lasciato sospiri alle mie spalle, non ho abbandonato miseri rimpianti che potessero incantenarmi al ricordo di un passato ormai lontano su questo lungo ed impervio cammino da percorrere che non trova spazio negli istanti più felici della Contea.
Non ho coltivato semi da raccogliere al mio passaggio, ma respiro ora qui, a Gran Burrone, i lasciti della sua più viva speranza, quanto il subdolo gioco che il Nemico innescherà ad ogni mia partenza.
Non avrei mai pensato di poter approdare in una simile terra, né il mio capriccio aveva mai desiderato navigare con una tale ostentazione verso il mondo oltre il confine, rivelando la piccolezza di ogni sua più piccola creatura, la placidità di ogni suo silenzio e il fragore di ogni suo uragano, lo scalpicciare di ogni sua pioggia più lieve e delle sue acque più furiose, i tranelli di una torre lontana immersa nell'oblio e lungi dalla mio più intimo pensiero.
Conoscere le materie di questo mondo non è avventura semplice, zio Bilbo, non credi?
Oltre i colli rigogliosi di Imladris e della sua stirpe elfica, il Destino mi ha tuttavia mostrato come la grandiosità di queste terre mortali possa a volte manifestarsi in piccoli anfratti di lande sconosciute così che si possa scorgere, dove si adagia l'ignoto, una sottile linea familiare. Una linea di sagome e fisionomie troppo vicine per dimenticarle e spesso troppo distanti per essere capaci di lasciarle andare, fisionomie che sorgono come astri agli albori del mattino, illuminando senza invocazione le selve tanto beneamate e le mille fioriture da incoraggiare nell'augurio che esse possano risplendere in un dolce frutto d'estate.
Zio Bilbo giaceva lì, sotto i canti ed i versi soavi da egli messi al mondo, sotto le rime che cinguettavano alla sua antica poesia, figlia di storie mai raccontate e di segreti mai pronunciati dalle bocche dei tanti.
Egli non proferiva l'aria carezzevole che i soli Elfi erano capaci di concepire, ma inondava di fragranze piacevoli e di familiari parole mai ascoltate la veste variopinta che la Gente Alta aveva adornato dei cibi più appetitosi.
Ma nessun banchetto assume mai il sapore della Contea, né dei sorrisi che cascavano come gioie incontenibili dalle labbra sempre bagnate del nostro popolo, che spiccavano sui tavoli traboccanti con una stonata melodia danzante e con qualche capitombolo sempre capace di innescare la grassa risata dei convitati.
Temo il tempo abbia ormai sancito la fine di queste memorie che ora avvizziscono nel torpore dell'autunno, poiché la nube che cala sui nostri giorni si infittisce ad ogni attesa e mangia vorace i nostri respiri più quieti.
L'Anello scuote il vento notturno e richiama a gran voce il suo antico giuramento, vocifera nella notte come incubo senza terra a vagare nella desolazione della sua fuga, nutre i nostri passi di veleni sempre più spietati e visioni sempre più sporche, mentre il chiaro bagliore della luce si dissipa sotto il suo soffocante ghigno malato.
Il monte Fato ha spalancato le sue grandi fauci, indicandomi le fiamme sempre accese sulle quali il mio sguardo cadrà e sarà capace di risollevarsi, dalle quali il mio cammino sarà capace di acquisire vigore, dalle quali si ergerà la bontà di una nuova speranza qui ad Imladris finalmente raccolta: la speranza di quel giorno che porterà con sé la sua fine a colorare di oro lo sgomento di ogni popolo.
I cancelli della morte verranno annientati al loro schiudersi, ed il grande Occhio potrà osservare il potere della sua infinita rovina con la sua infinita veggenza.
Il Fato ci spinge sotto le sue polveri roventi; saremo, noi, capaci di estinguerne il fuoco?
L'Anello si accende ancora una volta al suo Richiamo, ma il richiamo si interrompe all'alba di un nuovo silenzio.


Fato irto sui monti oscuri
mostra i suoi artigli imperituri.
Negromante, tempesta obliata,
dilegua respiri, terra divorata.

Spoglio è il passaggio
che manca di speme,
insipido è l'assaggio
che brutal geme.

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Capitolo 8
*** — Oltre la nebbia che non ci distingue, oltre l'Oscuro che soli ci estingue, Sméagol. ***


Oltre la nebbia che non ci distingue, oltre l'Oscuro che soli ci estingue, Sméagol.

Anno 3015 Barad-dûr, Mordor.

Quanto tempo è passato, Tesoro?
Il dolore che ha provato Sméagol in questi giorni crudeli lui non sa contarlo, Sméagol non riesce più a contare i giorni perché qui a Mordor il tempo ci ha dimenticati.
Tutti ci hanno dimenticati, non è vero, Sméagol? Ci hanno lasciati qui da soli, ci hanno intrappolati, Gollum, perché gli altri non sanno che Gollum è buono, che Gollum è gentile, che Gollum non fa male a nessuno, no!
Perché ci hanno chiusi qui dentro, perché?
Sméagol non vuole sentire questa brutta puzza cattiva, Sméagol non vuole sentire gli aghi che pungono la sua pelle, Sméagol non vuole vedere il suo sangue che scende dal suo corpo giallo, Sméagol vuole uscire fuori e cercare il tesoro! Non può lasciarlo andare, vero, Tesoro?
E dove sarà finito, eh? Dov'è finito, Gollum? Da Baggins, stupido hobbit!
Ah, Baggins! Lui ci ha rovinati, lui ci ha fatti intrappolare qui e noi dobbiamo cercarlo! Baggins ci ha fregati con gli indovinelli ed ora noi non abbiamo più l'Anello; lui è andato via senza di noi.
Ce lo ha rubato, sì, ce lo ha rubato. E noi non possiamo perdonarlo, noi dovevamo mangiarlo prima che lui andasse via senza di noi, Sméagol.
Abbiamo sbagliato, sì, abbiamo sbagliato, Tesoro.
Sméagol è troppo gentile con gli ospiti. Sméagol non deve essere gentile, perché nessuno è gentile con Sméagol.
Già, ed ora cosa faremo? Cosa farà Gollum adesso?
Gollum non si lascerà torturare ancora da questi orchetti schifosi, no! Noi non vogliamo essere torturati ancora, no, no, Tesoro!
A noi non piace questo posto, qui è pericoloso, qui è oscuro e maledetto. Gollum non voleva arrivare in questo posto cattivo! Non volevamo arrivare a Mordor, non dovevamo farci catturare!
Shhh! Sméagol non deve pensare queste cose, perché pensare è pericoloso qui, pensare può farci male, tanto male, Tesoro.
Ma ora è successo, Sméagol. E cosa faremo, sì, cosa faremo?
Usciremo e sgattaioleremo via come solo Sméagol sa fare, sì! Sì, perché noi siamo stanchi e tutto questo buio ci soffoca, tutto questo buio non ci fa dormire la notte, noi abbiamo paura. Sì, Sméagol ha paura.
No, no, Gollum non ha paura. Gollum è forte, noi siamo coraggiosi, non lo ricordi?
Sì, ma Sméagol ha paura di scappare, noi abbiamo paura di attraversare tanti orchetti cattivi, loro possono ucciderci!
Ucciderci, Tesoro, ucciderci. Cosa facciamo, Tesoro? Ah, povero, povero, Sméagol!
Loro ci prenderanno, loro ci infileranno aghi dolorosi nella pelle, loro ci faranno parlare!
Sméagol non può dire dove si trova il Tesoro, perché il Tesoro è di Sméagol e nessuno può prenderlo. Ma se Sméagol non parla, Sméagol resta qui con gli orchetti e verrà mangiato, no! Ah, no! Lui non vuole, noi non vogliamo!
E Sméagol non vuole attraversare il Cammino della Distruzione.
Shelob potrebbe divorarci, Tesoro, Shelob potrebbe stringerci con le sue zampe e soffocarci. Sméagol non vuole, no!
No, Shelob è stata tanto gentile con noi, Gollum, Shelob ci ha dato tante creature succulente da mangiare, Shelob è buona, tanto buona, Tesoro.
Ma noi l'abbiamo lasciata, noi volevamo cercare l'Anello, Sméagol voleva il suo Tesoro. Sméagol vuole il suo Tesoro!
Dobbiamo parlare di Baggins se Sméagol vuole scappare, Tesoro.
E allora chi scegliamo? Sméagol o il Tesoro, il Tesoro o Sméagol?
Il tesoro! E allora Gollum non può parlare, Gollum non deve parlare per il bene del Tesoro o loro lo prenderanno!
Ah, no! Sméagol non vuole pensarci!
E se Gollum dice di Baggins e noi troviamo subito il Tesoro? Noi possiamo prenderlo prima, noi siamo più veloci di questi luridi orchetti, sì, Tesoro.
Noi possiamo farlo, Sméagol! Noi ne siamo capaci, noi siamo bravi a correre via!
Ce la faremo tesoro, non è vero? Sì, noi ce la faremo, noi prenderemo il nostro caro Tesoro e lo porteremo con noi nelle Montagne Nebbiose.
Le Montagne Nebbiose ci mancano, Sméagol, vero, Tesoro? Ma il Tesoro ci manca di più, il tesoro è andato via e ha spezzato il cuore al povero Gollum.
Dove sei, dove sei, tesoro, dove sei? Dove sei, stupido Baggins?
Noi ti troveremo, sì, noi ti faremo soffrire come Sméagol ha sofferto.
Il Signore Oscuro ti ucciderà e noi saremo liberi, il Signore Oscuro saprà essere riconoscente e ci lascerà andare, Tesoro.
Gollum non vuole restare qui, Gollum vuole essere libero per cercare il Tesoro che ci ci hanno rubato. Baggins lo ha rubato.
Baggins, Baggins, Baggins!
Non scappare, Tesoro, noi verremo a prenderti. Sméagol ti prenderà e ti terrà stretto nelle sue viscide mani, sì! E non ti lasceremo scappare, perché Sméagol sa che il Tesoro vuole stare solo con il suo padrone, non è vero, Tesoro?
E noi lo osserveremo luccicare la notte, Sméagol, il tesoro illuminerà la nostra notte come ha sempre fatto, come faceva sempre quando era con noi, sì, Tesoro.
Noi non lo lasceremo andare un'altra volta, noi staremo più attenti; Sméagol lo promette. Sméagol è stato tanto stupido a farlo scappare via.
Sì, lo so, Gollum, Sméagol è stato cattivo a lasciarselo prendere, Sméagol doveva essere più attento!
Ma noi abbiamo fatto una promessa ora, noi non saremo più così ciechi, noi staremo attenti, Sméagol ha promesso, Tesoro.
Dove sei, Tesoro? Manca tanto al povero Sméagol, noi vogliamo vederlo, noi vogliamo sentirlo riscaldarci le nostre dita appiccicose perché soltanto l'Anello riusciva a riscaldarci, soltanto il Tesoro!
Ah, come ci manca il Tesoro, come ci manca, povero, Sméagol.
Ma il povero Sméagol saprà ricompensarlo, il povero Sméagol lo troverà, e gli orchetti cadranno dalla torre in un capitombolo che Gollum ricorderà per tutta la vita, ah, sì!
Perché la vita di Sméagol è nel Tesoro, perché Sméagol vuole poter respirare ancora una volta fuori da questo schifoso luogo scomodo e buio.
Sméagol vuole essere libero, perché Sméagol vuole tornare a casa, Tesoro.
Sméagol vuole essere libero, perché Sméagol non ha dimenticato cos'è la vita.
Ma adesso la vita, Sméagol, dove l'ha lasciata?

Mordor ci sporca di sangue e di rosso,
mille orchi e mostri a salire dal fosso,
Barad-dûr ci cerca in ogni angolo oscuro,
occhi mai stanchi a proferir “ti catturo”.

Ma Sméagol sincero saprà uscire,
sotto grotte e caverne saprà svanire.
Sotto piogge e torrenti saprà camminare
per trovare l'Anello che tanto ha da amare.


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