L'espressione verticale di un desiderio orizzontale.

di Loreparda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Paola. ***
Capitolo 2: *** Luca. ***



Capitolo 1
*** Paola. ***


A Paola,
ai nostri discorsi seri
 e anche a quelli sciocchi.

 
CAPITOLO UNO: PAOLA.

Capelli biondi, occhi azzurri, corpo esile e slanciato: il prototipo di una ragazza oggettivamente figa, quella che le donne vorrebbero imitare e gli uomini vorrebbero scopare.
"Figa", però, è soltanto il primo dei numerosi aggettivi attribuibili a Paola; tra gli altri, "popolare", "estroversa" e spropositatamente "ricca" completano la sua descrizione.
Vi domandate da dove provenga questa energica canzone? È "Every teardrop is a waterfall" dei Coldplay, la suoneria che la bionda ha impostato come sveglia nel suo I-phone ultimo modello.
Dimenticavo, Paola ha anche ottimi gusti musicali.


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Prima che la voce di Chris si unisca alla base suonata da Guy, Will e John, muovo la mano destra in direzione del comodino e agguato istintivamente il cellulare, sfiorandone lo schermo con le unghie fresche di manicure.
Sollevo la mascherina nera che fino a questo momento ha protetto i miei occhi da qualsiasi fonte di luce e, nella penombra, distinguo le cifre che indicano l'orario sull'avanzato dispositivo elettronico: le sei in punto.
Scosto la calda coperta ed infilo i piedi, con diverse dita fasciate da garze e cerotti, nelle pelose pantofole ai piedi del letto.
Inizio così a seguire i quattro passaggi che, nel corso di un'ora, mi permetteranno di avere un aspetto quantomeno decente: lavaggio, pettinatura, trucco ed abbigliamento.
Entrata nel bagno annesso alla mia camera, allargo le sottili spalline e lascio cadere sul tappeto la sensuale sottoveste in pizzo e la biancheria intima del medesimo tessuto, per poi infilarmi nella doccia.
Quando la mia pelle risplende e profuma di vaniglia, stretta nell'accappatoio, asciugo, spazzolo e piastro i capelli annodati e crespi fino a trasformarli in lisci e setosi e li raccolgo in un ordinato chignon aiutandomi con forcine e lacca.
Passo al make-up che comprende uno strato sottile di crema colorata sul viso, mascara nero waterproof e rossetto idratante di una tonalità chiara; infine, mi dirigo verso il vasto armadio che copre un'intera parete della stanza.
Quando apro le ante, appaiono centinaia di indumenti, ma, dopo un'attenta analisi, opto per un completino intimo bianco, una camicia celeste stretta sotto il seno da una cintura bianca, degli aderenti jeans del medesimo colore e delle converse basse anch'esse celesti.
Completo l’accostamento con degli orecchini turchesi, che si sommano a due punti luce, e mi spruzzo del profumo Chanel.
Con un ultimo sguardo compiaciuto allo specchio che riflette la mia figura, afferro il borsone griffato che ho preparato la sera precedente e mi avvio fuori dalla camera.
Ritorno sui miei passi e, con una penna nella mano sinistra e un sorriso sul volto, traccio decisa una "X" sulla data di oggi, l'ultimo segno rosso di una lunga fila.
Percorro di nuovo il corridoio deserto - come d'altronde il resto della villa - e chiudo a chiave la porta.
***
«Amore!» Un cespuglio di capelli rossi corre all'improvviso verso di me, costringendomi a frenare bruscamente, e mi stritola; subito le mie narici vengono inebriate dall'odore della schiuma impiegata in quantità spropositata nel tentativo di domare quell'ammasso informe di ricci.
«Calma, lasciami almeno parcheggiare lo scooter!» Sbuffo infastidita, cercando di nascondere lo stupore di fronte all'energia sprigionata alle sette e quindici da quella ragazzina alta un metro e mezzo.
«Scusa, ti abbiamo tenuto il posto accanto ai nostri.» Saltella, entusiasta, indicando due scooter dall'aspetto identico a quello che ho guidato per un quarto d'ora; ora i tre veicoli, uno bianco, uno rosso e uno nero, ricevuti come regalo in occasione dei nostri sedicesimi compleanni, sono vicini.
«Bella!» Mi saluta una ragazza dai capelli castani, appoggiata sul mezzo nero di cui è proprietaria, e ci scambiamo due veloci baci sulla guancia.
«C'è poca gente.» Faccio notare loro, dopo aver scrutato il parcheggio vuoto: non devono aver faticato a riservarmi uno spazio.
«Le audizioni cominciano alle nove. Perché ci hai costretto a venire qui così presto?» Si lagna la rossa.
«Per riscaldarci, ovviamente.» Alzo gli occhi al cielo, devo spiegarle tutto io? «Piuttosto, dov' è finito...?»
«Arriva.» Mi precede la castana sistemandosi un ciuffo ribelle e alludendo al ragazzo in moto che sfreccia poco lontano da noi.
A circa un metro, si toglie il casco da motociclista rivelando capelli rossi, occhi verdi e labbra carnose, che ben si adattano al corpo muscoloso che si intravede sotto i jeans strappati in prossimità delle ginocchia e la maglietta interamente bianca ad esclusione del coccodrillo verde della lacoste.
«Sei in ritardo.» Sentenzio, senza neanche salutarlo.
«Ciao anche a te, tesoro.» Mi risponde lui, con espressione beffarda. «Stavo comprando dei dolci per rendervi meno acide.» Si giustifica così, mostrandomi la sua lingua e un vassoio proveniente dalla migliore pasticceria del centro.
«Sai che ti voglio bene, fratellone?» Esulta la mia piccola amica traditrice, mirando al prezioso pacchetto.
Se non fosse per le innegabili somiglianze fisiche, stenterei a credere che Carlotta e Alessandro siano fratelli, gemelli per giunta: lei è solare, ingenua e dolce, lui malizioso, ironico e fissato col sesso.
Attratta dalle gustose paste  o dal fascino di Alessandro, anche l'altra mia amica, l'enigmatica Elisa dagli occhi nocciola, abbandona la sua postazione - e il proposito di perdere qualche chilo - per ricevere un cornetto al cioccolato e ringraziare con un sorriso civettuolo il ragazzo.
«Tu non hai fame?» Mi chiede Alessandro lasciando il cibo nelle mani della sorella, la quale continua ad ingozzarsi, e sventolandomi sotto il naso una sfoglia alla crema, la mia preferita come ben sa.
«No.» Mento, il mio stomaco è vuoto perché se stamattina avessi mangiato qualcosa l'avrei vomitata all'istante a causa dell'agitazione.
«Sei nervosa?» Ora è serio, il suo sguardo privo della solita allusività, l'atteggiamento degno del migliore amico qual è.
«Un po'.» Sussurro, ma mento ancora, sono nervosa più di "un po'". «Andiamo a prepararci, dai!» Ordino con un tono di voce maggiormente alto, in modo che la frase giunga fino a Carlotta e Elisa.
Stefano mi mette un braccio sulle spalle, un gesto amichevole mentre mangia la mia sfoglia, e ci dirigiamo verso l'imponente edificio; a me brontola la pancia, perciò, approfittando del fatto che sia sovrappensiero, mi alzo sulle punte e do un morso al dolcetto.
«Ehi! Prima non lo volevi e adesso me lo rubi?» Mi domanda sorpreso e geloso della crema di cui l'ho privato.
«Mi è venuta fame.» Mi giustifico, scrollando le spalle e sorridendo innocentemente, consapevole di aver ingerito la parte migliore.
«Dai, non fare la faccia da cucciolo abbandonato!» Quell'espressione farebbe sciogliere chiunque come un ghiacciolo al sole d'agosto.
Mi sollevo di nuovo sulle punte per avvicinarmi a lui che mi tende la guancia convinto che voglia farmi perdonare con un bacio; io, invece, gli blocco il viso con le mani e, quando i nostri nasi oramai si sfiorano, gli pulisco con un polpastrello l'angolo della bocca in un gesto fulmineo.
«Eri sporco di rossetto.» Informo uno Alessandro allibito dalla velocità con il quale si sono susseguiti gli eventi, sfilandogli dalle mani ciò che resta della pasta e fuggendo via.
Ha fatto tardi per comprare i dolci, sì, sicuramente!
Ciao a tutti! *rotolano delle balle di fieno*
Leggendo le storie di 
Bertu e di IlaPerla, mi sono appassionata alle originali e ho colto l’occasione delle vacanze natalizie per concretizzare l’idea di scriverne una.
Mi impegnerò ad aggiornare ogni due domeniche, ma i tempi di pubblicazione potrebbe variare in base ad impegni ed ispirazione.
I primi due capitoli si incentreranno sulla presentazione dei protagonisti, evidenziando le loro differenze caratteriali e si capirà di più sull’audizione a cui stanno per sottoporsi.
Ho lasciato qualche indizio, se qualcuno ha idee, suggerimenti e critiche sarei lieta se me le comunicasse con una recensione o con un messaggio.
SPOILER SECONDO CAPITOLO (aggiornamento domenica 12 Gennaio 2014):
Capelli neri, occhi verdi, aspetto efebico e gracile: la personificazione del sostantivo “sfigato”, quello che gli uomini insultano e le donne evitano.
Ringrazio la mia paziente Atarassia_ per aver betato il capitolo.

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Capitolo 2
*** Luca. ***


CAPITOLO DUE: LUCA.
 
Capelli neri, occhi verdi, aspetto efebico e gracile: la personificazione del sostantivo "sfigato", quello che gli uomini insultato e le donne evitano.
Luca è il tipico ragazzo scuola e casa, introverso, mai un euro nel portafoglio; è solito perdere i suoi tanto spessi quanto indispensabili occhiali da vista ed è spesso bersaglio di insulti a causa della sua fisicità poco mascolina.
Riconoscete anche qui "Every teardrop is a waterfall"? È diffusa dal preistorico cellulare del moro, universalmente conosciuto come "Nokia con la lampadina".
Almeno Luca ascolta della musica diversa dalla colonna sonora di Fifa 2014.

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"Luca!" Il mio sonno viene bruscamente interrotto da una voce che sul momento non riesco ad associare a nessun conoscente; mi limito a rigirarmi nel letto, premendo prima la schiena e ora la pancia contro il duro materasso.
"Luca!" Ripete la voce dal timbro femminile con più insistenza, tanto da costringermi a coprire le orecchie con il cuscino per continuare a dormire in tranquillità.
"Luca, ma sei sordo? Sono più o meno quindici minuti che quel cellulare suona, è troppo chiederti di bloccare questa dannata canzone prima di svegliare tutti i vicini?" Quella che finalmente realizzo essere mia madre urla, mentre mi toglie a tradimento le coperte e mi lancia il Nokia sul petto.
Sbadiglio assonnato e blocco la sveglia, quando mi accorgo della data di oggi e dell'ora: le otto e quarantacinque minuti.
"Cazzo, cazzo, cazzo!" Grido, poggiando i piedi sul pavimento gelato e correndo in bagno, sotto lo sguardo allibito di mamma. Solitamente parlo di rado, dunque sentirmi pronunciare tre parole di fila - seppur tre parolacce - deve essere sconvolgente per lei.
Entro nella doccia con lo spazzolino in una mano e il dentifricio nell'altra, insaponandomi e lavandomi i denti contemporaneamente; esco, scuotendomi neanche fossi un cane, e mi passo il pettine tra i capelli, che decido di lasciare umidi per non perdere tempo con l'asciugacapelli.
Ritorno in camera, indossando solo dei boxer neri, e mi immergo tra il mucchio di vestiti gettati a caso su una sedia, analizzando il loro stato di putrefazione in base all'odore.
I jeans sono strappati in prossimità delle ginocchia, pertanto la mia scelta ricade sul consumato paio di pantaloni della tuta neri; le magliette, poi, o presentano evidenti aloni di sudore in prossimità delle ascelle oppure sono scucite lungo i bordi, e l’unica dall'aspetto apparentemente pulito è una di colore grigio; ai piedi, ho le mie fedeli scarpe grigie, imitazioni delle vans comperate al mercatino ad un prezzo conveniente.
"Ma'?" Dov'è finita quella donna? "Ma'?" Mai che mi risponda quando la chiamo. "Ma'!".
"Perché strilli?" Si arrabbia lei, accorrendo dalla cucina, da dove sento provenire i tipici odori  e rumori del caffè che bolle sul fuoco.
"Sono le nove meno cinque..." le faccio notare. Sarà per il mio tono implorante, sarà per evitare che le mie urla le perforino i timpani, fatto sta che riesco a far breccia nel suo cuore e a convincerla a rispondere positivamente alla mia richiesta sottintesa.
"Muoviti, che altrimenti faccio tardi pure io al lavoro." Mi risponde con un sospiro ed una pacca di rimprovero misto ad affetto sulla spalla.
In cucina il caffè continua a gorgogliare, riversandosi all'esterno della caffettiera: colazione ormai imbevibile.
***
"Accelera!" ordino alla donna al volante. In qualsiasi altro giorno, starei attento a darle un suggerimento simile - si sa, "donna al volante, pericolo costante" - ma non oggi.
"Accelera, cazzo!" le ripeto più forte, aggiungendo la parola che a lungo andare mi farà ricevere uno schiaffo dalla mia genitrice. Oggi non mi riconosco neanch'io, di solito non sono affatto ineducato ed agitato.
"Luca, ti vuoi calmare? Non posso accelerare." Mi risponde lei stizzita, staccando una mano dal volante per indicare le altre automobili senza distogliere lo sguardo, fisso davanti a sé.
La dura realtà mi appare chiara: centinaia di veicoli divisi su due corsie, un semaforo rosso e una sorta di concerto di clacson suonati da automobilisti spazientiti.
Guardo per l'ennesima volta il quadrante sul cruscotto, mentre i numeri scorrono velocemente: le nove, le nove e cinque, le nove e dieci.
Socchiudo gli occhi e rifletto sul perché, quando si ha fretta, il tempo sembra passare meno lentamente rispetto a quando si è annoiati, finché non percepisco il tocco di una mano sul braccio e una frase mi riporta alla realtà: "Luca, scendi, siamo quasi arrivati."
Apro gli occhi, congedo mia madre con un "Non aspettarmi per pranzo" e salto giù dalla macchina, con tale entusiasmo che sento mia mamma constatare ad alta voce: "Però, è realmente preoccupato di arrivare in ritardo a scuola.", prima di premere sull'acceleratore per dirigersi verso il luogo in cui lavora.
Supero automezzi ancora fermi, scanso lavoratori dipendenti e autonomi diretti in ufficio, ma passo furtivamente davanti alle scuole superiori, fingendomi interessato al marciapiede e tenendo la testa bassa per non incrociare lo sguardo degli altri studenti.
Mi imbuco in una stradina laterale ed inizio una folle corsa che mi porta a percorrere un chilometro in cinque minuti, forse un nuovo record a livello mondiale, sicuramente un record per la mia fisicità.
Ad ogni modo, mi addentro in un curato giardino all'italiana, caratterizzato da decorazioni sia al suolo - grazie a siepi di sempreverdi - sia floreali, in particolare su fondi di ghiaia colorata. Oltre ai cespugli potati secondo forme geometriche, inoltre, numerosi sono i labirinti e gli altri monumenti.
Al centro di esso, delimitato da alcune colonne con base, sorge un edificio in stile classico: un restaurato tempio ionico con capitelli corinzi dalle immancabili foglie d'acanto. Unico elemento contrastante con l'antichità di cui la struttura pare avvolta, è una grande insegna dai caratteri e dalle figure stampati a colori.
Quando oltrepasso la massiccia porta d'ingresso, nonostante la fretta, non posso evitare di contemplare la ricchezza e la maestosità dell'Accademia, riflessa anche all'interno.
Rimango altrettanto esterrefatto dal silenzio che aleggia dai corridoi, perché mi ero aspettato lunghe file di rumorosi studenti in attesa del proprio turno; considerato il mio enorme ritardo, devono perciò aver tutti preso posto in un'aula adibita alle audizioni.
Dopo aver fatto tre giri, essermi ritrovato altrettante volte vicino all'entrata/uscita ed aver scrutato le varie porte, guidato da una lampante intuizione, spingo quella su cui campeggia la scritta "Sala audizioni" e vengo accolto dalle note di una melodia che si interrompe non appena scivolo maldestramente su un cavo.
Cerco di attutire la caduta, ma rotolo in avanti per alcuni metri, tra le risate di centinaia di ragazzi, che guardano ad intervalli me e qualcuno che si trova sul palco.
Mi decido anch'io a voltare la testa in quella direzione e solo allora arrossisco ancora più imbarazzato e colpevole.
 
Nelle storie tradizionali, una sfigata fanciulla dovrebbe incrociare lo sguardo di un valoroso giovane pronto a donarle una corona, un castello e tanti piccoli marmocchi.
È mio dovere informarvi che, nella presente storia, la furente fanciulla ha appena fulminato con un'occhiata l'imbranato giovane. Altro che fantomatico colpo di fulmine!

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