The Jaguar's Shadow

di sve_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un doloroso risveglio ***
Capitolo 2: *** In trappola ***
Capitolo 3: *** Kobi ***
Capitolo 4: *** Il marchio del rimorso ***
Capitolo 5: *** Una via di fuga? ***
Capitolo 6: *** Che la lotta abbia inizio! ***
Capitolo 7: *** Vendetta ***
Capitolo 8: *** La ciurma di Rufy ***
Capitolo 9: *** Il destino di Alyce ***
Capitolo 10: *** Due settimane dopo ***
Capitolo 11: *** Il Richiamo Del Mare ***
Capitolo 12: *** Una Nuova Scintilla ***
Capitolo 13: *** Come Si Controlla Un Frutto Del Diavolo? ***
Capitolo 14: *** Terra In Vista! ***
Capitolo 15: *** Sarà Ancora Vivo? ***
Capitolo 16: *** L'Inseguimento ***
Capitolo 17: *** Persi Fra I Vicoli ***
Capitolo 18: *** È Tempo Di Spiegazioni ***
Capitolo 19: *** Alla Ricerca Di Raven ***
Capitolo 20: *** Un Piano (Quasi) Perfetto ***



Capitolo 1
*** Un doloroso risveglio ***


D-dove sono ? pensò la ragazza aprendo debolmente gli occhi, aveva la vista appannata e non riusciva a riconoscere il posto in cui si trovava. Lentamente si girò su un fianco, verso la luce e strizzò gli occhi finché non riuscì a vedere di nuovo in modo nitido. S-sono in una gabbia ? si chiese mentre osservava stupita le solide sbarre di ferro poste davanti a lei; provò a parlare, ma dalla sua bocca uscì solo un suono strozzato. Si sforzò allora di ricordare cosa fosse successo tre giorni prima, ma la sua mente era come invasa da un lenzuolo bianco, enorme, senza né forma né consistenza, un vuoto candido che le annullava ricordi e pensieri. Confusa provò a rialzarsi, ma le braccia le tremavano e le gambe erano troppo deboli per reggere il suo peso, così fu solo in grado di mettersi seduta, con la schiena appoggiata alla parete di legno. Non appena si mise a sedere fu invasa da un potente mal di mare, che subito la fece rannicchiare in posizione fetale, sembrava che l'intero oceano le si agitasse nello stomaco. Poi dal nulla la testa iniziò a dolerle, come se qualcuno gliela stesse martellando con forza e tutto il suo corpo bruciava, con una potenza tale che le parve di andare a fuoco. Intorno a lei la gabbia prese ad agitarsi e a girare in modo frenetico, ma lei non era in grado di capire se era vero o se si trattasse solo di una sua illusione. Intanto però il dolore che provava era terribile, talmente potente che la ragazza si piantò le unghie nelle mani per non urlare e chiuse con forza gli occhi, mentre calde lacrime le solcavano le guance scure. In un attimo la testa iniziò a girarle vorticosamente e il male aumentò, allora, non riuscendo più a trattenersi buttò la testa indietro e urlò forte, fu un grido straziante che si propagò a macchia d'olio per tutto lo spazio circostante. Quindi prese a contorcesi, gemendo di dolore e continuando a piangere, il dolore era tale che desiderava morire; si sarebbe gettata in mare, si sarebbe squartata con le sue stesse mani, si sarebbe soffocata con le catene che portava ai polsi, avrebbe fatto veramente qualsiasi cosa per far cessare quella straziante agonia. In quel momento la gabbia tremò e con un lugubre rumore l'intera stanza si inclinò pericolosamente, quasi si stesse per ribaltare. La ragazza non oppose resistenza alla forza di gravità che la attirava verso il basso, così fu trascinata verso il limitare della gabbia; non oppose resistenza neanche quando vide che stava per sbattere la testa contro una sbarra. E poi il suo mondo diventò nero...

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Capitolo 2
*** In trappola ***


Quando la giovane riprese conoscenza era di nuovo distesa e fissava le travi di legno scuro del soffitto. Sentiva la testa pesante e le membra erano intorpidite, ma almeno non aveva più quel male atroce di prima. Quanto aveva dormito ? Due giorni ? Poche ore ? Non lo sapeva, quel vuoto bianco era ancora nella sua mente e le impediva di accedere ad alcune memorie. Mano a mano che riacquistava lucidità, però, quel bianco si ritraeva e le permetteva di pensare in modo chiaro. Dieci minuti dopo riusciva a ricordare il suo nome, la sua età e il suo lavoro; riusciva a ricordare anche tutta la sua infanzia e parte della sua adolescenza; ma la sua memoria le si interrompeva quando tentava di ricordare cosa fosse successo un mese prima, perché e da quando fosse in quella gabbia e che fine avessero fatto i suoi compagni. Sospirò debolmente, se lo sarebbe di certo ricordato più tardi, quindi iniziò a guardarsi intorno già in cerca di una possibile via di fuga. La sua attenzione fu catturata da una finestra posta poco fuori dalla cella; all'esterno il sole splendeva e il cielo era limpido, si sentivano delle voci basse che impartivano ordini, il rumore della risacca delle onde e l'odore di salsedine. La ragazza non aveva dubbi: si trovava a bordo di una nave. Lentamente si issò sui gomiti e scoprì che una sudicia coperta le copriva il corpo completamente nudo ricoperto di tagli e lividi. Ad un certo punto si sentì osservata, girò la testa da un lato e notò che un uomo in divisa se la stava letteralmente mangiando con gli occhi. Sorpresa e spaventata si trascinò verso la parete di legno e coprì il fisico atletico con la stoffa. « Tranquilla, non serve che ti copri, ognuno di noi ha già visto abbastanza » disse l'uomo facendo un ghigno perverso e mostrando una fila di denti storti e giallastri; la giovane gli mandò un'occhiata inviperita e chiese « Dove sono i miei vestiti, le mie armi e i miei compagni ? » « Mmmm vediamo...i tuoi compagni sono tutti morti, le tue armi saranno vendute e per quanto riguarda i vestiti...fidati, stai meglio senza. ». La ragazza perse la pazienza: « Dove cazzo mi state portando ? » ruggì battendo un pugno per terra. « Ehi modera i toni, stai parlando con un marine! Io e la mia squadra siamo riusciti a sconfiggere la tua banda di mercenari da quattro soldi e adesso ti stiamo portando ad Eines Lobby per poterti giustiziare, mentre noi intascheremo la ricompensa. Hai una taglia di ben 200 milioni di Berry, niente male per una sgualdrinella come te. Magari se ti dimostri disponibile con noi potremmo farti diventare il nostro giocattolo, sai, girare per il Grande Blu è così noioso senza donne... » « Questo mai, bastardo! » la giovane diede un pugno ancora più forte che fece tremare la gabbia, dai suoi occhi neri pieni d'ira partivano saette e i muscoli del suo corpo erano tesi come quelli di una pantera che si prepara ad attaccare. « Senti ragazzina non costringermi ad usare le maniere forti con me, non sei in condizioni di scontrarti con un uomo in piena forma; guardati, sei nuda, debole e incatenata, mi fai pena! » il marine la guardò sprezzante e sputò per terra. « Vado a prendere una bottiglia di saké, mi annoio a farti la guardia se ti copri. » disse facendo finta di sbadigliare, quindi si alzò e uscì sbattendo la porta. Stolto -pensò la ragazza- mai sottovalutare il capo di una banda di assassini, per quanto debole possa essere. Si alzò con qualche difficoltà, strappò la coperta in due e ne avvolse un pezzo intorno al seno prosperoso e uno intorno ai fianchi. Quindi provò a fare qualche passo, ma non appena  mosse una gamba ebbe un capogiro e il male che l'aveva straziata tornò a stuzzicarla. Le ci volle un po' per riprendersi e si rese conto che purtroppo era troppo debole per intraprendere un combattimento contro un plotone di marines armati fino ai denti; ma doveva comunque escogitare qualcosa prima che fosse troppo tardi. Fece qualche passo barcollando, tentando di tenersi in equilibrio allargando le braccia e, finalmente, raggiunse il limitare della sua prigione. Lì scosse le sbarre più forte che poteva e ne saggiò la resistenza, parevano parecchio solide, ma le placche che le tenevano fissate al legno si muovevano e alcuni chiodi arrugginiti spuntavano da esse come funghi in un prato. La mente della ragazza iniziò a lavorare meccanicamente in cerca di una via di fuga, pensava velocemente, in modo che solo un'allenata assassina faceva, analizzando ogni particolare e valutando ogni possibile piano fin nei suoi più piccoli dettagli. Notò che le chiavi erano appese ad un chiodo dall'altra parte della stanza, che la finestra non era sbarrata e dava sul ponte di comando principale pieno zeppo di guardie, che la porta della stanza non veniva mia  chiusa a chiave e che gli uomini la sottovalutavano. Per prima cosa cercò un modo per sfilare o quantomeno allentare le manette che le stavano scorticando i polsi, ma a mani nude non riusciva a fare altro che aumentare il dolore ed allargare la ferita. Il metallo di cui erano composte era molto particolare, infatti era più pesante e presentava alcune sfumature bluastre; nonostante la ragazza fosse stata catturata più volte non aveva mai visto delle manette di questo tipo. Osservandole bene poté constatare che il suo incatenamento presentava alcuni aspetti insoliti: prima di tutto le braccia non erano state legate né dietro la schiena né ad una parete, come normalmente dovrebbero essere quando si ha a che fare con un personaggio pericoloso come lei e la catena che collegava le due manette era parecchio lunga e le permetteva di muoversi senza troppa difficoltà. La giovane giunse alla conclusione che fosse stata ammanettata in quel modo poiché i marine pensavano che fosse praticamente innocua. Al momento l'unica idea che le venne in mente per aprire le manette fu quella di scassinarle con un chiodo, così con un grande sforzo ne estrasse uno proprio mentre l'uomo rientrava. La ragazza sussultò e nascose il chiodo dietro la schiena sperando che non se ne accorgesse. Per fortuna il marine non notò nulla di strano e fece scivolare dentro la gabbia una ciotola di riso appiccicaticcio e una ciotola d'acqua insieme ad un pezzo di pane raffermo. « Questo è il tuo pranzo, mangia! » disse prima di sedersi sopra una sedia di legno, stappare una bottiglia di saké e iniziare a bere come un uomo appena uscito dal deserto. La giovane prese la ciotola di riso e il pane e li mangiò avidamente, doveva recuperare le forze e riallenarsi per mettere in atto il piano che le era venuto in mente poco prima. « Che schifo, mangi come un maiale! » l'uomo smise di bere per un attimo e sputò di nuovo per terra, quindi riattaccò le labbra secche alla bottiglia « Almeno non mi scolo bottiglie di saké come un pezzente ubriacone. » rispose lei alzando il dito medio. Il volto del marine diventò paonazzo « Come ti permetti stronzetta?! » si alzò dalla sedia e si avvicinò alla gabbia con fare minaccioso. « Mi permetto eccome! » disse la ragazza con un sorriso di sfida e gli fece segno di entrare, stringeva il chiodo dietro la schiena ed era pronta a colpirlo alla giugulare o strangolarlo con le catene, precisa e letale come una vipera; era stanca di essere trattata in quel modo subdolo. L'uomo afferrò il mazzo di chiavi e si avvicinò all'entrata della cella, mentre lei si impresse in mente la chiave che aveva usato, si accucciò, tese i muscoli delle gambe e si preparò a saltargli addosso. Si sentì lo scatto della serratura la porta si aprì appena, l'uomo stava per entrare quando un ragazzo dai capelli rosa comparve dietro di lui. « Ehi ehi fermo! Che diamine vuoi fare?! Quella è una dannatissima assassina, ti ucciderebbe! Ti ricordo che la nostra squadra è stata decimata per colpa sua! Dai che ti do il cambio. » l'uomo imprecò sottovoce, chiuse a chiave la gabbia, prese la bottiglia di saké e, infuriato, uscì. La ragazza sbuffò, rilassò i muscoli, bevve un po' d'acqua e chiuse gli occhi, mentre continuava a pensare a come fuggire e dove potessero tenere prigionieri i suoi compagni. Non voleva credere alle parole di quel marine, le aveva detto tutto solo per scoraggiarla e per farla arrabbiare. E c'era proprio riuscito bene, era terribilmente infuriata con lui e giurò a sé stessa che prima o poi l'avrebbe ucciso, giusto per il gusto di vederlo agonizzante chiedere pietà con le lacrime agli occhi. Il suo pensiero verté poi sulla sua banda, percorrendo tutti i ricordi che aveva con loro, da quando, ancora bambina aveva appreso tutte le tecniche per uccidere, fino al momento in cui era diventata il loro capo e si era innamorata perdutamente di uno di loro. Chissà se sono ancora vivi...chissà se lui è ancora vivo... . Una lacrima le uscì fuori dall'occhio destro, non voleva perdere quei ragazzi a cui era tanto affezionata e che costituivano ormai la loro famiglia. Tormentata da quei pensieri si rannicchiò in un angolo e in poco tempo scivolò in un sonno agitato.

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Capitolo 3
*** Kobi ***


Intanto la notte era scesa, il mare era piatto e la nave scivolava sull'acqua trasportata dalla corrente, come un grande spettro silenzioso. Il plotone dei marines dormiva, chi nelle amache sottocoperta e che sul ponte di comando, la calma era tale che anche la vedetta e il timoniere sonnecchiavano sotto la pallida luce della luna. Il ragazzo dai capelli rosa si era addormentato poco prima, cullato dal silenzio quasi surreale che regnava e sognava. Sognava la ragazza chiusa nella cella di fronte a lui, non aveva mai sognato molte donne, ma quella lo aveva particolarmente colpito. La sua bellezza esotica, la sua mente fredda e calcolatrice e la sua incredibile abilità in battaglia avevano raggiunto il suo cuore e la sua anima fin negli angoli più remoti, trascinando il ragazzo nelle loro spire spietate e seducenti.

Ad un certo punto un urlo lacerò l'aria, irrompendo in quella tranquillità con una forza devastante; il giovane marine si svegliò allarmato e scattò subito in piedi impugnando la pistola. Lei era lì, rannicchiata in un angolo; nonostante la penombra e la sua pelle scura si poteva chiaramente vedere che era pallida. Tremava come un cucciolo smarrito e si piantava le unghie nelle braccia fino a farle sanguinare, i suoi occhi arrossati guardavano senza espressione un punto imprecisato del pavimento. Aveva il fiatone e il cuore in gola. Aveva fatto un incubo, il peggior incubo che la sua mente avesse mai creato, talmente orribile e crudele che era riuscito a ridurre in quello stato pietoso una spietata mercenaria. Era spaventata da una paura che le attanagliava lo stomaco e le congelava il cuore; la paura di aver perso tutto, di non poterti fidare più di nessuno, di non avere più nessuno su cui contare, di dover ricominciare da zero; la stessa paura che aveva provato prima di entrare a far parte della banda. In quel momento si ricordò della prima regola che il suo maestro le aveva detto a cinque anni la volta in cui l'aveva trovata in lacrime nascosta sotto il letto: La prima regola per un assassino è mai far vedere al tuo avversario le tue debolezze perché lui le sfrutterà a suo vantaggio e riuscirà a sconfiggerti definitivamente. Devi mostrarti forte, invincibile. Tira fuori la forza perché ce l'hai, è lì, nel tuo cuore, potente come quella di un leone e non aspetta altro che tu la scateni...

Quelle parole la calmarono un po', ringraziò mentalmente il maestro ormai defunto i cui insegnamenti l'avevano salvata innumerevoli volte e si guardò di nuovo intorno, finché non vide lo sguardo preoccupato con cui il ragazzo la guardava. Allora sbuffando leggermente chiuse gli occhi, svuotò la mente e fece dei lunghi respiri profondi, concentrandosi sul battito del cuore. Quando riaprì le palpebre aveva la mente lucida e la paura se n'era andata totalmente, era tornata ad essere la fredda ragazza di sempre. Sentendo gli occhi del ragazzo ancora addosso lo guardò scocciata e disse: « Ma si può sapere che cavolo hai da guardare ?! Per tua informazione non sono nuda adesso quindi puoi anche smetterla di fissarmi! » il marine sussultò « C-cosa ?! Ah no, non è per quello...è che volevo chiederti se avevi bisogno di un bicchiere d'acqua visto che hai fatto un brutto incubo... » « Sto benissimo, non ho bisogno di niente » ripose lei secca « Mmmm fino a cinque minuti fa non sembrava così... » « Senti io non ho bisogno della compassione di un fottuto marine! Avere incubi è umano no?! Quindi tieniti per te i tuoi stupidi bicchieri d'acqua che so cavarmela da sola! » « Ok ok, calma! Se non vuoi fa niente, dico solo che dopo aver avuto un incubo fa bene bere un po' d'acqua e parlarne con qualcuno... » « E perché dovrei parlarne con te?! »      « Perché io non sono come gli altri...io non voglio farti del male... » « E io dovrei crederti?! Chi mi dice che tu non sia una subdola testa di cazzo come il tipo di prima che si finge mio amico nella remota possibilità che io gli riveli i miei segreti?! Voi marine siete tutti uguali! Tutti dei pezzi di merda senza cuore! E tu vuoi che io ti racconti del mio incubo?! Sai che ti dico?! Io e i miei compagni diventeremo il vostro incubo peggiore! Vi tormenteremo ogni notte, saremo la vostra ombra, i vostri angeli della morte, vi faremo vivere nel terrore! » « I...i tuoi compagni?! » « Sì loro! E non provare a dire che sono morti perché non ci credo! Non ci arrendiamo per così poco! » « Va bene...se proprio non vuoi crederci...ah comunque io mi chiamo Kobi, tu? ». La ragazza lo guardò storto        « Ma allora sei scemo o vuoi solo attaccare bottone?! Già lo sai il mio nome ». Kobi sospirò sconfortato e iniziò a giocherellare con i bottoni in finto oro della divisa fatta su misura. Lei invece prima osservò per un po' il cielo stellato, poi, incapace di riprendere sonno iniziò a contare le travi di legno che componevano la stanza. Ad un certo punto notò una cosa che le provocò un tuffo al cuore e che fece lavorare la sua mente ancora più in fretta di prima: il mazzo di chiavi era stato spostato e appeso ad un chiodo molto più vicino alle sbarre. é la mia occasione! pensò entusiasta. Così tornò, con finta aria annoiata, a guardare le stelle, aspettando pazientemente che Kobi si addormentasse nuovamente. Venti minuti dopo il ragazzo si alzò e si stiracchiò sbadigliando sonoramente « Ufff! Per colpa del tuo stupido incubo non riesco più a dormire. Vado a farmi una passeggiata... », quindi le lanciò uno sguardo veloce ed uscì. La ragazza allora raccolse il chiodo che aveva estratto precedentemente e provò a forzare la serratura della manetta destra. Il metallo continuava a muoversi e produceva un suono macabro, strusciando contro la carne del polso ormai totalmente scorticato. Lei sopportò il male, concentrandosi su ciò che stava facendo. Dopo un po' la serratura si aprì e la manetta cadde a terra con un leggero rumore metallico, la ragazza emise un leggero gemito di dolore ed osservò la ferita: sanguinava e si poteva intravedere la carne viva che pulsava, irrorata di sangue. Quindi strinse un lembo della sua gonna improvvisata intorno al polso e ne bloccò l'emorragia. Poi richiuse la manetta, si avvicinò alle sbarre, prese la mira e lanciò l'anello di ferro verso il chiodo. La manetta però sbattè contro la parete e cadde a terra. Lei imprecò a bassa voce e riprovò, ma anche quella volta sbagliò mira. Fece altri cinque tentativi infruttosi, poi al sesto finalmente riuscì ad agganciare il chiodo. Allora tirò la catena con la poca forza che ancora aveva nelle braccia e il chiodo saltò via senza troppa difficoltà. Le chiavi caddero a terra e lei tese una gamba fuori dalla cella e si allungò il più possibile per raggiungerle. Dopo qualche sforzo afferrò il mazzo con le dita dei piedi e lo trascinò fino alla gabbia, le prese in mano e soddisfatta andò alla porta della prigione. Si mise in ginocchio e iniziò a provare una chiave dopo l'altra, purtroppo era troppo buio per riconoscere quella che aveva usato l'uomo. Mentre tentava di aprire la porta il suo cervello elaborava e perfezionava un efficace piano di fuga: dopo essere uscita dalla stanza avrebbe stordito Kobi e le sentinelle che erano di guardia al ponte e senza farsi notare sarebbe scesa sottocoperta. Lì avrebbe cercato le sue armi e i suoi compagni e si sarebbe nascosta nel magazzino; così non appena la nave avrebbe attraccato per prendere altre provviste lei avrebbe liberato i suoi amici ed insieme sarebbero scappati. Un piano perfetto. Ma mentre stava ancora provando frettolosamente le chiavi il ragazzo rientrò. Appena lui la vide si bloccò sull'uscio con un'espressione a metà tra il disgusto e lo stupore. Lei gli mandò uno sguardo di fuoco ed accelerò il ritmo del lavoro. Kobi avanzò con passo deciso, le strappò le chiavi dalle mani, afferrò la catena e con un movimento fulmineo gliela riagganciò al polso.               « Ingrata -mormorò sprezzante- io volevo aiutarti, volevo essere buono con te. E tu invece mi tratti così...vuoi proprio convincermi a diventare stronzo eh?! Guarda che non ti conviene! ». Lei per tutta risposta gli sputò sulle scarpe « Te l'ho già detto: non voglio l'aiuto di un marine! ». Kobi allora con un moto di rabbia aprì la gabbia e strattonò con una certa forza la catena. La ragazza, nonostante i polsi le dolessero, riuscì a non farsi sfuggire neanche un gemito, ma la potenza del giovane fu tale che non riuscì a restare in piedi e cadde in avanti. « Cosa vuoi farmi adesso?! » chiese lei alzando lo sguardo e senza mostrare alcun segno di debolezza « Ti porterò dal mio ammiraglio, io non avrei mai il coraggio di farti del male, ma lui saprà di certo come punirti. » rispose serio, quindi strattonò di nuovo la catena e la trascinò fuori dalla stanza.

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Capitolo 4
*** Il marchio del rimorso ***


la cabina del capitano era piccola e odorava di fumo. Alcune lampade ad olio la illuminavano, proiettando ombre tremolanti di fantasmi irrequieti sulle pareti e sullo scarno arredamento. L'ammiraglio era lì, seduto su una sedia foderata di velluto rosso porpora e guardava con aria truce la porta di legno. Improvvisamente la porta venne spalancata da Kobi, che spinse dentro la ragazza incatenata. Lei barcollò per un paio di metri e poi cascò sulle ginocchia, il giovane marine invece chiuse con una certa delicatezza la porta e si mise sull'attenti.     « Kobi, perché irrompi nella mia cabina nel cuore della notte? » chiese l'uomo con una voce cavernosa che pareva provenire dalle viscere della terra « S-spero di non averla svegliata ammiraglio Akainu, ma la prigioniera ha tentato di scappare... », mentre parlava le mani del ragazzo tremavano leggermente, probabilmente temeva l'ira del suo superiore; ma chiunque sarebbe stato messo in soggezione da quella figura imponente e minacciosa. Sul volto dell'uomo comparve un'ombra di stupore, a quanto pare non si aspettava un tentativo di rivolta da parte di lei già poche ore dopo il suo risveglio. « E come è successo? » « In un attimo di distrazione l'ho persa di vista e lei si è impossessata delle chiavi...l'ho fermata appena in tempo! ». Akainu accennò un sorriso crudele, quindi si alzò in piedi, spense nel posacenere il sigaro che stava fumando e, con dei passi lenti e pesanti come macigni fece il giro della scrivania fino ad arrivare di fronte alla ragazza. La giovane sussultò in maniera impercettibile quando vide le mani dell'uomo grandi come pale sollevarle il volto e il suo sguardo di ghiaccio osservarla come per giudicare i suoi peccati; ma nonostante questo lei lo guardò senza mostrare il minimo timore, quindi si liberò dalla presa con un rapido movimento del collo.      « Mmmm a quanto pare qualcuno si sente ribelle sta notte - commentò Akainu con finta ammirazione - Sentiamo, che cosa ti spinge a fuggire da qui? Sei su una nave della marina, non hai speranze di salvarti. Ci credi veramente così stupidi da sottovalutare te e la tua banda? » la ragazza annuì spavalda « Tu non sai che cosa siamo capaci di fare! » mormorò. L'ammiraglio buttò la testa indietro e rise forte, era la risata cavernosa del demonio che osserva le sue vittime che sperano di salvarsi dalle sue grinfie, una risata crudele e agghiacciante « Oh ma certo che lo so ragazzina, per questo ho preso alcune...chiamiamole  precauzioni. Dimmi un po, le hai sentite le urla dei tuoi compagni quando erano sotto tortura? Hai sentito i loro gemiti di dolore e i loro rantoli mentre si spegnevano lentamente tra atroci agonie? Hai sentito come invocavano il tuo aiuto mentre li uccidevo? No, non li hai sentiti perché eri troppo impegnata a sopportare quello strano dolore che ti stava divampando dentro. Non sai che cos'era vero?! Io invece lo so e fidati che rimpiangerai di non essere morta per quel male, ti renderò la vita un inferno, proprio come ho fatto con i tuoi amici. Li ho torturati fino alla fine della loro patetica esistenza, infondo è questo il destino che spetta agli assassini: crepare in un modo orribile ed essere divorati dalle fiamme degli inferi per l'eternità, così imparate a mettervi contro la giustizia. Peccato che tu non abbia assistito alla scena, forse avresti goduto come il sottoscritto a vederli soffrire come bestie. » La giovane a quelle parole sentì una tremenda fitta al cuore e un brivido freddo le attraversò la schiena, ma continuò a sostenere lo sguardo beffardo dell'uomo « Mi vendicherò - disse quasi sottovoce - mi vendicherò sappilo! Voi bastardi cani del governo, non potete neanche immaginare a chi avete pestato i piedi! ». In quel momento la ragazza notò che alle spalle del capitano, appoggiate al muro c'erano delle katane e dei coltelli che scintillavano alla luce delle torce e che sembravano chiamarla con voce suadente; erano le armi della sua banda. All'improvviso sentì la rabbia montarle dentro e la sua mente calcolatrice fu sopraffatta dall'ira. In un attimo riuscì a sfilare il polso dalla manetta e il suo braccio scattò in avanti, verso le spade. L'ammiraglio però la bloccò con una mano sola e le strinse il braccio con una forza tale che per poco non le spezzò le ossa « Ehi, non pensare di fare la furba con me! » « Akainu io giuro davanti a te e a Kobi che ti ucciderò, ucciderò te e tutto il tuo plotone. Ti farò pagare per ogni mio compagno ucciso, per ogni suo grido, per ogni goccia di sangue che ha versato! Morirai in modo lento e doloroso sotto i colpi delle mie katane! ». L'uomo fece un ghigno sadico « Kobi, portala nella sala delle torture, so come punirla. », quindi, ancora prima che il giovane potesse rispondere con un Sissignore diede un colpo talmente potente alla testa della ragazza le cui ossa del collo scrocchiarono in modo sinistro e che perse subito conoscenza.

 

Non appena riaprì gli occhi la prima cosa che sentì fu un forte dolore al collo, allora provò a sollevare un braccio per massaggiarselo, ma una cinghia lo teneva fermo e le impediva di muoverlo. Con orrore si accorse che anche le gambe e l'altro braccio erano stati immobilizzati. Quindi ruotò lentamente il collo per capire dove si trovasse, ma era distesa in un luogo buio e l'ombra intorno a lei era piena di fantasmi pronti ad assalirla. Dopo cinque minuti passati in silenzio e nella più completa oscurità, sentì il rumore di un fiammifero che veniva sfregato contro una superficie ruvida e poco dopo la flebile luce di una fiaccola si fece largo tra le tenebre. Il volto di Akainu e quello di Kobi furono illuminati per un istante dal fuoco, che successivamente fu usato per accendere un altro paio di fiaccole. I visi di altri cinque marines apparvero dal nulla, avevano lo sguardo severo puntato sulla ragazza e il loro volto non tradiva alcuna emozione. << Dove mi avete portata?! >> chiese apparentemente tranquilla, ma non ottenne risposta. I marines allontanarono le fiaccole da loro e le misero in un grande braciere. La fiammata che provocarono fu tale che la ragazza rimase accecata per un istante e, quando riacquistò la vista, si trovò davanti un alto soffitto annerito dalla fuliggine , da cui pendevano delle lunghe catene e altri strani oggetti in metallo. Era finita in una camera delle torture. Si udì quindi un rumore metallico: un marine stava immergendo nel braciere un lungo tubo di ferro. << Che volete farmi?! >> urlò con tutto il fiato che aveva in gola. << Diciamo che vogliamo lasciarti un regalino″. >> la voce dell'ammiraglio risuonò agghiacciante nel buio. Il soldato estrasse il tubo dalla brace e la giovane poté notare che sulla sommità era stata fissata una placca con su inciso lo stemma della Marina. << Volete... marchiarmi? >> il suo tono disgustato lasciò trasparire una nota di sordo terrore. Sentì un fruscio di stoffa e immaginò che l'uomo stesse annuendo con aria soddisfatta. << Complimenti, hai indovinato! Voglio marchiarti, voglio che tu ricordi questo dolore come quello che hanno sopportato i tuoi amici, voglio che tu viva per sempre col rimorso di non averli potuti aiutare perché eri troppo debole! >> << Bastardo! >> ruggì mentre tentava di liberarsi dalle cinghie. Due uomini le bloccarono il corpo, ma lei continuava a dimenarsi con rabbia, mentre faceva forza sui lacci di cuoio che la imprigionavano, ma erano troppo solidi. Allora girò la testa e vide il marine con il tubo in mano che si stava avvicinando con un ghigno sadico. La ragazza fu presa dal panico: il corpo si paralizzò, il respiro si fece affannoso e gli occhi si velarono di lacrime. L'ultima cosa che udì prima della sua marchiatura furono i passi di qualcuno che si allontanava velocemente e poi una scossa di dolore si impadronì del suo braccio destro. Il marchio penetrò facilmente nella carne e la bruciò, lasciando un solco profondo e permanente. L'assassina si morse le labbra con forza per non urlare e sentì il sapore metallico del sangue in bocca, ma riuscì a non farsi sfuggire neanche un gemito, solo qualche lacrima. Il soldato estrasse la placca e la ferita iniziò a bruciare. La ragazza per poco non perse i sensi per il male, aveva la mente annebbiata e il corpo privo di forze. << Adesso portatela via, ho visto fin troppa feccia sta notte! >> ordinò Akainu e i marines le liberarono gli arti e la sollevarono, senza che lei opponesse resistenza, non reagì neanche quando un uomo fece l'ennesimo commento sul suo fisico. La portarono di perso fuori dalla stanza, mentre tremava, piangeva ed era pallidissima; nessun assassino si sarebbe mai dovuto far vedere in quelle condizioni pietose, ma il dolore era troppo forte. Sul ponte di comando vide con la coda dell'occhio Kobi, che la osservava in silenzio, mentre il senso di colpa già gli stava divorando il cuore. I soldati la trasportarono  fino alla sua cella, dove ce la buttarono come se fosse stata un sacco di spazzatura. Lei rimase accasciata a terra, il male era veramente devastante e non aveva il coraggio di toccarsi la ferita o di muoversi. Dopo qualche minuto Kobi la raggiunse, con gli occhi lucidi e lo sguardo basso, e lanciò nella gabbia un piccolo contenitore metallo avvolto in un pezzo di stoffa bianca. << E' un unguento contro le ustioni gravi... spalmalo sul braccio e vedrai che guarirà prima... >> disse con la voce incrinata, quindi, senza neanche guardarla, si girò e uscì, lasciandola sola.

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Capitolo 5
*** Una via di fuga? ***


Passarono così dieci giorni, dieci lunghissimi giorni. La ragazza, dopo quarantotto ore di tremenda agonia dovuta alla bruciatura, aveva finalmente trovato il coraggio di osservare il marchio. Non appena lo vide dovette trattenere un conato di vomito: la ferita si era infettata; i suoi contorni erano diventati neri e gonfi di pus, la carne viva era a contatto con tutto e bruciava al minimo tocco. Quindi, tentando di non urlare, ci aveva spalmato sopra la pomata che le aveva dato Kobi e aveva fasciato il tutto. Negli otto giorni rimanenti decise invece di organizzare seriamente la sua fuga prima che la nave attraccasse ad Eines Lobby. Ogni volta, scesa la notte, aspettava pazientemente che la guardia di turno si addormentasse, quindi con un chiodo forzava la serratura delle manette e le metteva in un angolo. Poi si scaldava velocemente con un po' stretching e iniziava ad allenarsi come faceva quando era solo una piccola assassina inesperta. Ricominciò a lottare partendo dalle basi, eseguendo ogni movimento con cura, come se fosse un passo di danza. Quando riacquistava sicurezza in una mossa allora la riproduceva veloce, scattante e precisa; con la stessa grazia e potenza di un giaguaro. Si allenava in questo modo per diverse ore, a volte anche per tutta la notte ed era sempre riuscita a non svegliare il guardiano; silenziosa come un'ombra, un'ombra letale. Durante il giorno invece, stanca come era, dormiva fino a mezzogiorno, poi mangiava avidamente quella sottospecie di brodaglia di riso e il pezzo di pane raffermo che le portavano come pranzo. Quindi rimaneva seduta con la schiena poggiata alla parete e fissava il cielo. Non proferiva parola con nessuno, mandava giusto qualche occhiata tagliente come la lama di un rasoio non appena qualcuno le faceva una battuta stupida o perversa; le classiche battute da marine insomma. Ma tutte le volte che entrava Kobi lei distoglieva lo sguardo dalla finestra e lo guardava, lo fissava con quegli occhi simili a due perle nere, voleva farlo sentire ancora più in colpa di quanto non lo fosse già; magari in quel modo l'avrebbe aiutata a scappare. Il ragazzo invece provava a parlarle, le chiedeva più volte come stava il braccio o se aveva ancora incubi, ma non otteneva mai risposta perché l'assassina si limitava ad osservarlo, come se volesse scavare fin nel profondo della sua anima, per scoprirne i più oscuri segreti. Questo a Kobi dava un gran senso di nausea e disagio, la notte non riusciva neanche a dormire, tormentato dalle immagini degli assassini agonizzanti. Sono un vigliacco! continuava a ripetersi, ma non aveva il coraggio di chiederle scusa, così come non aveva avuto il coraggio di assistere alla marchiatura. Il fatto di dover trascorrere ore in quella stanza e di essere fissato per tutto il tempo lo inquietava e faceva sempre i salti mortali per saltare il turno, ma senza alcun risultato. Così si era rassegnato all'idea di fare la guardia alla ragazza, di cui ormai evitava accuratamente lo sguardo.

In dieci giorni la giovane era diventata parecchio più potente e aveva riacquistato buona parte della sua forza, doveva solo cogliere l'attimo giusto per mettere in atto il suo piano e doveva trovarlo in fretta visto che il patibolo si avvicinava sempre di più. Una mattina fu destata dal rumore di un tuono, la gabbia tremò violentemente e le assi di legno scricchiolarono. L'assassina si alzò e si strofinò gli occhi ancora assonnata, Kobi, che quella volta aveva avuto il turno presto, era in piedi vicino alla finestra e guardava il ponte con aria preoccupata, imprecando a bassa voce. Da fuori si levò un grido << I pirati! >> seguito da un altro tuono. La ragazza si svegliò all'istante: quello non era il rumore di un temporale che si avvicinava, ma bensì quello di un cannone! La nave della Marina era sotto l'attacco di una nave ribelle, era la chiave d'accesso per la fuga! Fuori dalla finestra si poteva notare il ponte dell'altro veliero e un gruppo di ragazzi che, grazie a delle funi, stava raggiungendo la nave del governo. Animata da un improvviso moto d'entusiasmo prese il chiodo e aprì le manette con una certa facilità, quindi le scagliò via. Intanto all'esterno era iniziata la battaglia, si sentivano le voci dei generali che impartivano un ordine dopo l'altro, lo sferragliare delle spade e le urla dei soldati feriti. Quei rumori la eccitarono ancora di più: voleva uscire e combattere con i pirati, voleva uccidere Akainu e tutti i suoi sottoposti. Così si fiondò sulla serratura della gabbia e iniziò a forzarla sempre con il chiodo. Kobi la notò e si girò di scatto << Ehi, cosa vuoi fare?! >> esclamò stupito. Lei non lo degnò di un'occhiata e si concentrò sul suo lavoro. Il ragazzo allora le si avvicinò e le strappò il chiodo dalle mani, ma la giovane, infuriata, lo riprese e glielo conficcò nella mano. Il marine gridò di dolore e si strinse la ferita sanguinante con l'altra mano. L'assassina riuscì finalmente a scassinare la cella, che si aprì con un cigolio sinistro e velocemente uscì. Il giovane impugnò la pistola che portava alla vita e gliela puntò contro, benché tremasse e stava perdendo molto sangue. << F-ferma... o ti g-giuro che sparo... >> balbettò con finta determinazione. Lei non lo ascoltò, pensava che non avesse avuto il coraggio di spararle, ma non fu così: dalla pistola infatti partì un colpo, che la ferì a bruciapelo ad un fianco. La ragazza guardò per un attimo la ferita e poi, prima che Kobi potesse reagire, si avventò su di lui e lo disarmò. Il soldato era terrorizzato << Scusa... mi dispiace... >> mormorò sotto voce mentre due grosse lacrime gli scivolarono lungo le guance. L'assassina lo guardò e storse il naso << Patetico... non vale neanche la pena di ucciderti! >> disse sprezzante; quindi con un movimento fulmineo gli afferrò il braccio e glielo torse dietro la schiena. Kobi gemette debolmente e continuò a singhiozzare. La ragazza allora lo spinse dentro la gabbia, che chiuse con violenza. << Fai pena! >> commentò prima di sputare per terra. << A-aspetta... io so che non tutti i tuoi compagni sono morti... dopo lo scontro ho v-visto un ragazzo che fuggiva c-con un braccio insanguinato... aveva i c-capelli biondi e una benda sull'occhio sinistro... >> << ...Raven! >> la giovane sussultò << E-ecco... noi non l'abbiamo c-catturato... quindi f-forse è ancora v-vivo... >> << Non dire cazzate! Sei solo un bugiardo! Vigliacco e bugiardo! >> arrabbiata, sputò di nuovo ed uscì sbattendo la porta. Non voleva credere alle sue parole, Raven non sarebbe mai potuto fuggire, lui non avrebbe mai fatto una cosa simile sapendo che lei era in pericolo! Al solo pensiero che lui potesse essere vivo il suo cuore accelerò e il suo stomaco si contrasse. No, no, no! Raven è morto! Non devo farmi illusioni assurde! L'ammiraglio ha detto che sono tutti morti. Se credo a Kobi mi farò solo più male!.Chiuse gli occhi, respirò profondamente e si concentrò sui suoi muscoli che fremevano e sulla parte di lei che non vedeva l'ora di gettarsi nella mischia. Quando dischiuse le palpebre si trovo davanti ad una battaglia che infuriava ormai da un po', il ponte brulicava di marine che tentavano di contrastare, senza successo, otto giovani pirati. Akainu era in mezzo alla nave e stava lottando contro un ragazzo con un gilè scarlatto e un cappello di paglia. Alcuni di quei pirati avevano mangiato un frutto del diavolo e combattevano con una certa maestria. La ragazza li ammirò in silenzio, complimentandosi mentalmente per le  tecniche usate e rabbrividì quando notò che uno di loro era uno scheletro alto più di due metri, con i capelli afro che combatteva con un fioretto, mentre rideva in modo alquanto strano. L'assassina voleva lottare subito, ma si ricordò che era praticamente mezza nuda e che aveva bisogno delle sue armi, poiché la pistola era scarica. La cabina del capitano era solo dall'altra parte del ponte e doveva essere vuota, visto che Akainu era fuori, il problema era arrivarci senza farsi ammazzare. In quel momento vide, non molto lontano da lei, un ragazzo con i capelli verde brillante e una cicatrice su un occhio che combatteva con tre katane stupende. Beh, dato che ha tre spade, non sarà un problema se gliene prendo in prestito una, vero? ″. Pensò prima di iniziare a correre verso il pirata.

 

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Capitolo 6
*** Che la lotta abbia inizio! ***


Dopo aver buttato a terra la pistola si fece largo tra la mischia. Procedeva accucciata, mimetizzandosi tra le ombre e pugnalando le gambe dei marines con il chiodo che stranamente stringeva ancora in mano. Quando i soldati si resero conto che alcuni di loro avevano una strana ferita all'altezza dell'arteria femorale che imbrattava le divise candide e il pavimento di sangue, si accorsero della ragazza che scattava con l'abilità di una pantera verso il pirata dai capelli verdi. Allora si avventarono su di lei con sciabole e fucili, ma l'assassina era abituata a combattere disarmata, quindi quella situazione non la mise troppo in difficoltà; anzi, le diede una scarica di adrenalina pazzesca. Sentiva il corpo pervaso da una nuova forza, potente e devastante; le pareva che di nuovo di andare a fuoco, ma questa volta non faceva male, era invece una sensazione nuova per lei, calda e piacevole che la faceva sentire potente come un leone. Con quella nuova adrenalina in circolo iniziò a lottare con foga: schivava i colpi dei fucili e gli scoordinati fendenti delle sciabole e usava quelle punte acuminate per trafiggere i nemici, sfruttando i corpi impacciati dalle divise a suo vantaggio, spingendoli con una forza inaspettata contro i loro compagni. Mentre combatteva avanzava sempre di più verso il pirata, che stava facendo una strage di nemici. Teneva due katane nelle rispettive mani e una in bocca, una cosa insolita da vedersi e probabilmente stringere una spada fra i denti doveva essere molto scomodo, ma lui la muoveva con una certa sicurezza e ciò gli conferiva una potenza bellica spaventosa. I muscoli del suo corpo scolpito erano imperlati di sudore e si contraevano e si rilassavano a ritmo con i colpi di spade. La ragazza si fermò per un attimo ad ammirarli, estasiata, per poi concentrarsi di nuovo sulla lotta. Quando gli fu sufficientemente vicina, notò che il giovane aveva intrapreso una feroce battaglia contro un capo dei marine, che faceva roteare con fare minaccioso una grande accetta. Il ragazzo era molto impegnato nel combattimento e il fatto di perdere all'improvviso una delle sue armi l'avrebbe messo subito in una situazione altamente svantaggiosa, così l'assassina decise di aiutarlo. Dandosi un grande slancio saltò sulle spalle di due marines, per poi saltare di nuovo e atterrare a cavalcioni sulle spalle dell'avversario. Aveva un collo incredibilmente muscoloso e lei non sarebbe mai riuscita ad ucciderlo all'istante, così iniziò a premere con forza sui centri nevralgici più sensibili della zona per indebolire i muscoli più resistenti. L'uomo, che sarà stato alto quasi due metri, ruggì e iniziò a muoversi come un dannato per tentare di farla cadere, ma la ragazza non cedeva così facilmente; gli tirò con forza i capelli scuri per farlo fermare e poi ricominciò col lavoro di prima. L'energumeno allora lasciò cadere l'arma e prese a strattonarle e graffiarle le gambe per tentare di romperle le ossa. L'assassina riuscì a sopportare il dolore e in pochi istanti finì il suo dovere. Quindi gli passò una mano sotto il mento e una sulla nuca, chiuse un attimo gli occhi e poi girò le braccia con forza. Si sentì un forte ″crack″ di ossa spezzate, il marine si fermò, rovesciò gli occhi e stramazzò a terra senza vita e con la testa piegata in modo innaturale. La ragazza saltò via dal cadavere, si avvicinò al braccio del pirata, che fino a poco prima la stava guardando stupito, e premette forte il nervo della sua spalla destra. Mentre faceva ciò non poté fare a meno di complimentarsi mentalmente per il perfetto sviluppo di quei muscoli, ma neanche l'uomo più forte del mondo sarebbe mai riuscito a resistere alla pressione sui punti nevralgici; l'assassina lo sapeva bene, per questo anni prima aveva appreso tutti i segreti del corpo umano. Come previsto la mano del pirata si intorpidì per un istante, il tempo che bastava per lasciar cadere la spada, che lei afferrò saldamente. Il giovane, accortosi dell'accaduto si girò verso l'artefice del gesto ancora più stupito e confuso di prima, facendo cadere la katana dalla bocca. << Ehi, che diamine fai?! >> le urlò con una voce profonda << Scusa! Prometto che poi te la riporto! >> rispose lei mentre si stava già dirigendo verso la porta della cabina. La spada era affilatissima, perfettamente bilanciata e molto facile da maneggiare, così si fece largo tra i nemici con fendenti veloci e letali. Il ragazzo, ancora sorpreso, la guardò per un attimo ammirando la sua tecnica di combattimento, quindi raccolse la sua arma e tornò a lottare. L'assassina in qualche minuto raggiunse la porta della cabina, l'aprì e sgattaiolò dentro. Non appena chiuse la porta sentì il rumore di una pistola che veniva caricata e il suono di una voce odiosa che lei ormai conosceva fin troppo bene. << Oh ma chi abbiamo qui?! La mia sgualdrinella preferita! >>. La ragazza si girò lentamente, fece cadere la katana, alzò le mani e fissò l'odioso marine che l'aveva sorvegliata la prima volta. << Brava, vedo che hai capito che con me non si scherza! >> l'uomo fece un ghigno perverso e le si avvicinò sempre puntandole contro la pistola. Quindi le passò una mano tra i lunghi capelli corvini e li annusò. << Hai proprio un profumo eccitante, lo sai? >> il suo ghigno divenne un sorriso malato da vecchio maniaco. Il marine iniziò ad accarezzarle il viso e le spalle, fino ad arrivare al nodo che le fermava la stoffa intorno al petto. La giovane tentò di non pensare al fatto che lui, con immenso piacere, la stava per denudare e rimase ferma ad osservare la canna dell'arma. Ad un certo punto l'uomo perse la concentrazione e lei ne approfittò: gli afferrò il polso armato e lo girò con forza, facendogli cadere l'arma e spezzandogli qualche osso. L'uomo mugugnò e, prima che potesse in qualche modo reagire, fu colpito all'inguine da un calcio rabbioso. Il marine barcollò e cadde all'indietro con le gambe larghe e le mani intorno alla parte colpita. L'assassina riprese la spada e la fece roteare tra le mani con sicurezza. << F-ferma... che vuoi fare?! >> chiese lui con voce dolorante. << Secondo te?! >> sulle labbra morbide della ragazza comparve un sorrisetto sadico. << U-uccidermi non riporterà in vita i t-tuoi compagni... ne cancellerà il m-marchio dal tuo bracc... >> << Silenzio! - Urlò lei irata - tu mi hai riempito di insulti, mi hai osservata mentre ero nuda e priva di sensi, hai torturato i miei compagni e osi chiedermi di risparmiarti la vita !?!? So che farti morire non cancellerà il passato, ma vuoi mettere la soddisfazione di farti soffrire?! >>. Davanti a quel freddo sadismo l'uomo impallidì e iniziò a sudare freddo. Il soldato sollevò le mani in segno di resa << G-guarda che... io ho una m-moglie... >> << Oh peccato... vorrà dire che da te non potrà avere avere figli! >> detto questo sorriso sorrise e gli piantò la katana in mezzo alle gambe, trapassando con facilità pantaloni e carne. L'uomo lanciò un urlo straziante con un tono che poco si addiceva ad un adulto virile, riportò le mani all'inguine e tentò disperatamente di estrarre la lama, con l'unico risultato di ferirsi anche quelle. La ragazza gli lanciò uno sguardo velenoso << Voi marines siete tutti uguali! Quando si tratta di maltrattare qualcuno di debole fate tanto gli invincibili, ma quando siete di fronte alla morte piangete e vi lamentate come delle donnicciole! >> girò la katana dentro la ferita e sentì il marine che continuava a gridare con una voce sempre più acuta. << E' un vero peccato non poterti lasciare vivo... saresti diventato un ottimo cantante lirico! >> aggiunse prima di estrarre la spada e sgozzarlo. La ragazza allora lo lasciò a morire dissanguato e si diresse verso il muro dove erano poggiate le armi. Arrivata notò con piacere che che vicino ad essere c'erano anche i suoi vestiti. Così si levò di dosso la coperta e indossò la biancheria, i pantaloni cortissimi e il corsetto scollato, quindi si legò in vita la cintura con le fodere delle sue katane e il contenitore dei coltelli da lancio e infilò gli stivali di pelle. Osservò il suo riflesso nella finestra e sorrise, abbastanza soddisfatta del risultato. Quindi, presa la katana del pirata, accarezzò con dolcezza le sue spade bianche. << Bentornate piccole mie. >> sussurrò prima di uscire nuovamente dalla cabina.

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Capitolo 7
*** Vendetta ***


Quando uscì la battaglia infuriava ancora, ma con meno foga di prima. I marines erano già stati decimati e i pochi che rimanevano lottavano come dei disperati o scappavano con la coda fra le gambe. Ad un certo punto la ragazza sentì un'acuta fitta di dolore al braccio destro, all'altezza del marchio. Allora levò lentamente la fasciatura e notò che l'infezione era peggiorata ulteriormente e che necessitava di un'incisione per far uscire il pus. Fasciò la ferita con cura, mentre si mordeva le labbra e controllò le altri tagli che aveva sul corpo: la ferita sul fianco sanguinava ancora, ma per fortuna i suoi precedenti vestiti erano riusciti a fermare la maggior parte dell'emorragia. Ciò che la preoccupava però (oltre all'infezione) erano i profondi graffi che aveva sulle cosce, aveva perso molto sangue da lì, che adesso le imbrattava le gambe e gli stivali; erano talmente profondi che sembravano provocati da artigli o spade e non dalle unghie di un uomo. Fece alcuni passi avanti e fu presa da un capogiro, a quanto pare l'infezione le aveva fatto venire pure la febbre, aveva bisogno di cure mediche il prima possibile. Si fermò per un attimo ed aspettò finché la sua testa non finì di girare, quindi cercò con lo sguardo Akainu, non aveva ancora finito con lui. La sua attenzione fu catturata da uno dei pirati: era biondo, con sopracciglia sottili che terminavano con uno strano ricciolo e baffi e pizzetto curati. Indossava un elegante smoking nero, una camicia giallo chiaro e una cravatta color ocra e combatteva a suon di calci infuocati. Non appena lui la notò  tirò un potente colpo ai nemici che si trovavano davanti a lui, facendoli finire in mare o sbattendoli violentemente contro qualche ostacolo, quindi si girò verso di lei e la fissò, prima di correrle incontro. << Oooh giovane donzella siete ferita?! Non vi preoccupate, Sanji è qui per voi! >> disse prima di abbracciarla così forte che le mancò per un attimo il fiato. << Ehi che cazzo fai?! Lasciami! >> l'assassina tentò di liberarsi da quell'abbraccio tentacolare, ma senza successo. Il pirata la strinse ancora più forte e lei sentì che una mano le stava accarezzando la schiena e i capelli. << Brutto maniaco, ho detto di lasciarmi andare! >> urlò, ma lui non l'ascoltava, poiché era tutto preso a mormorare frasi che non capiva (o che non voleva capire), ma che erano certamente rivolte a lei. Rimase appiccicata a quell'uomo ancora per un po', anche se continuava a dimenarsi; finché una voce femminile alle sue spalle non disse: << Sanji, smettila di fare il pervertito e lascia stare la ragazza! >>. Lui obbedì all'istante e sciolse l'abbraccio << Certo mia Nami, come vuoi tu! >> gongolò, quindi si voltò verso la persona che aveva parlato. Era una ragazza di circa vent'anni, con dei bellissimi capelli lunghi lievemente arricciati e di un colore arancione molto forte, gli occhi verdi e un seno esorbitante. La giovane la ringraziò e lanciò un occhiataccia all'uomo. Quindi le tornò in mente che aveva ancora in mano la katana del pirata dai capelli verdi, così lo raggiunse. Stava combattendo insieme ad una strana renna con le braccia enormi e un buffo cappello, contro l'ultimo drappello di nemici. Il ragazzo sembrava leggermente a disagio senza una spada. << Ehi marimo! >> il giovane si girò infastidito e lei gli mostrò l'arma. << Lanciala! >> le urlò e la ragazza lo guardò storto. Poi alzò le spalle << Come vuoi tu, prendila al volo! >> e gli lanciò la katana. Lo spadaccino saltò, ne afferrò il manico con la bocca e mugugnò qualcosa di incomprensibile. << Penso che ti stia ringraziando, o si sta complimentando del lancio! >> disse la renna. L'assassina soffocò una risata, un po' per il modo in cui il ragazzo aveva preso la spada e un po' perché l'animale, nonostante la stazza massiccia, aveva una voce alquanto infantile. Quindi estrasse un paio di coltellini e li scagliò con pochi gesti precisi dritti tra le scale dei soldati. L'adrenalina tornò a scorrerle nel sangue, come un fiume in piena che all'improvviso straripa, facendole dimenticare il senso di stordimento che provava fino a poco tempo prima. Rinvigorita estrasse le spade e le fece volteggiare, prima di conficcarle nel pavimento << Akainu, dove sei?! >> urlò presa dall'ira. Tutti si girarono a guardarla, stupiti, come era possibile che con tutte quelle ferite avesse ancora un sacco di energia? Il pirata biondo si schiarì la voce per attirare la sua attenzione e indico silenzioso il ponte rialzato di prua. L'assassina annuì, riconoscente e corse verso le scale, uccidendo chiunque tentasse di bloccarle il passaggio. Il suo cuore era infiammato dalla rabbia e dal desiderio di vendetta, anche se era contro i suoi principi che dicevano che vendicarsi era solo un modo per perdere la testa e aumentare il dolore. Ma a lei non importava, voleva uccidere quell'uomo spregevole che non meritava di vivere per i suoi compagni. Salì le scale di corsa e, non appena arrivata, vide che l'ammiraglio stava lottando contro il ragazzo col cappello di paglia. Era una battaglia furente, resa più aspra dal fatto che entrambi avevano mangiato un frutto del diavolo: il pirata infatti aveva il potere di allungare parti del suo corpo a piacimento, mentre le braccia di Akainu si erano trasformate in due grossi pugni di lava incandescente. Non appena l'uomo la vide estrasse un'enorme pistola che portava legata alla cintura e, parando con un braccio l'attacco del giovane, le sparò. Il proiettile fendette l'aria con un sibilo sordo e la ragazza, presa alla sprovvista, lo evitò per un soffio, piegando pericolosamente la schiena all'indietro. L'assassina imprecò e si lanciò nello scontro. Mentre il pirata attaccava da davanti, lei tentava di salire sulla schiena del marine per spezzargli il collo, ma lui se ne accorse e fermò il salto della giovane con un braccio. Lei evitò il contatto con il magma grazie alle katane, quindi tornò a terra e, prima che l'uomo potesse accorgersene, scivolò sotto i suoi pugni minacciosi e gli conficcò con forza una spada nella coscia, girando la lama. Si sentì un urlo strozzato e l'ammiraglio cascò in ginocchio, mentre il sangue sgorgava come una fontana sul ponte. Lei estrasse l'arma, ma non riuscì ad evitare in tempo un braccio di Akainu che le colpì il fianco destro. La ragazza scattò all'indietro, piegata in due. La ferita era parecchio estesa, partiva dal petto e finiva all'altezza delle anche, bruciandole gran parte del corsetto. Al contrario del marchio sul braccio, questa bruciatura sanguinava e non poco. << C-cappello di paglia... attacca! >> mormorò lei agonizzante. Il ragazzo annuì e si mise il pollice in bocca. L'assassina lo guardò male, poi notò che la sua mano si stava gonfiando a dismisura e in pochi istanti raggiunse una dimensione incredibile. Il pirata colpì Akainu con un urlo di rabbia. L'ammiraglio volò letteralmente fuori dalla nave, sembrava che fosse precipitato in mare da un momento all'altro e sarebbe annegato, ma non fu così. Una piccola imbarcazione infatti sbucò dal nulla e, non appena l'uomo toccò l'acqua, un gruppo di soldati si tuffarono, lo legarono con delle corde e lo issarono sulla barca. << Akainu, sei un codardo! Ma ricordati il giuramento che ho fatto, prima o poi porrò fine alla tua patetica esistenza! >> urlò l'assassina con l'ultimo filo di voce che le era rimasto, mentre il pirata guardò l'ammiraglio con rabbia e disprezzo, probabilmente si stava trattenendo dal gridare anche lui. Ad un certo punto la giovane si ricordò che sottocoperta c'erano i suoi compagni... vivi o morti... L'adrenalina e il dolore furono subito sostituiti da una cieca disperazione e dalla flebile speranza che qualcuno (magari Raven) fosse sopravvissuto. Queste sensazioni la obbligarono a correre incespicando giù dalle scale e ad attraversare il ponte. Era giunta circa a metà quando vide che il pavimento era disseminato di cadaveri e soldati moribondi e che i pirati erano tornati sul loro veliero. << Ehi! - urlò il marimo- che ci fai ancora lì?! >> << Devo andare a liberare i miei compagni! >> << Loro... se la caveranno... tu però sei gravemente ferita! Quindi vieni con noi, salta!>>. La ragazza si fermò un attimo ansimante, poi, senza pensarci, raccolse le ultime forze che le erano rimaste, prese la rincorsa, tese i muscoli e saltò. Sentì l'aria che le fischiava nelle orecchie, lo stomaco che si contraeva e le ferite che tiravano. Atterrò sull'altro ponte sulle ginocchia, rotolò per qualche metro e poi, stanca e debole, perse i sensi.

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Capitolo 8
*** La ciurma di Rufy ***


Appena riaprì gli occhi la prima cosa che vide fu il muso di un cucciolo di renna che le stava mettendo un panno umido sulla fronte. Era distesa su un letto incredibilmente morbido in confronto al pavimento dove aveva dovuto dormire fino ad ora e per la stanza aleggiava un inconfondibile odore di sciroppo e disinfettante: si trovava in un'infermeria. Provò a parlare, ma la sua gola era talmente secca che riuscì solo a fare un suono strozzato. Allora tentò di muovere il braccio destro per chiedere un bicchiere d'acqua,  ma non appena lo spostò fu pervasa da una scossa di dolore. Tutti i nervi del suo corpo si svegliarono di colpo e con essi tutto il male che l'adrenalina era riuscita a mascherare. Sentiva la testa pesante come un macigno, le orecchie fischiavano ancora e ogni parte del suo fisico doleva come se la stessero scorticando viva. Strinse i pugni e gli occhi le si inumidirono, provò di nuovo a parlare, ma dalla bocca uscirono solo alcuni gemiti flebili, come quelli di un cagnolino appena nato. In quel momento vide il marimo che la guardava apparentemente sollevato, ma con una nota di preoccupazione nello sguardo. Le mormorò qualcosa, ma le parole le arrivarono come un'accozzaglia di suoni che parevano provenire dalle profondità degli abissi. Poi il ragazzo si rivolse alla renna, che gli porse un bicchiere d'acqua. Quindi il pirata le sollevò delicatamente la testa e le poggiò il bicchiere alle labbra; lei bevve qualche sorso e si sentì come rinascere. Riuscì a riacquistare un po' di lucidità, così osservò il luogo in cui era finita: era una piccola stanzetta con un soffitto basso e una finestrella da cui filtrava la flebile luce del mattino. Lungo le pareti si trovavano grandi scaffali stracolmi di bende e medicinali e svariati poster illustranti il corpo umano erano stati appesi vicino ad essi. L'animale si chinò nuovamente su di lei e iniziò a levarle la fasciatura del braccio. << F-fermo... cosa stai facendo? >> chiese con la voce ridotta ad un sussurro, quindi tossì violentemente un paio di volte. << Tranquilla, lui è il nostro medico di bordo. >> la voce del marimo era calda e tranquilla. Ma la ragazza non arrivò a chiedersi come mai il medico fosse proprio una renna, perché l'enorme scheletro con i capelli afro entrò all'improvviso nella stanza. << Yohohohoh si è svegliata la piccola?! >> gridò con uno strano accento e l'animale annuì; lo scheletro si avvicinò all'assassina e la squadrò con i suoi occhi vuoti, cosa che avrebbe terrorizzato chiunque, se non fosse che lei era troppo stordita per rendersene conto. << Certo che hai un viso talmente bello da farmi strabuzzare gli occhi... ma aspetta... io non ho gli occhi! Yohohohoh skully joke! >> esclamò poi lo strano essere. La giovane lo guardò storto e lui aggiunse << Che ne dici di farmi vedere le mutandine, cara? >>. Prima che lei potesse rispondere, il pirata con i capelli verdi afferrò l'altro per le clavicole e lo scaraventò vicino alla porta. << Ma ti sembrano queste le domande da fare ad una ragazza che sta male?! >> urlò. << Ragazzi, smettetela! - intervenne la renna- Così la fate solo sentire peggio! >> la sua voce aveva lo stesso tono infantile che aveva la renna sulla nave della marina e l'assassina si chiese se fossero la stessa persona. Ma in che ciurma sono capitata?! - pensò poi- c'è un cucciolo che fa il medico, un ragazzo con un'alga in testa, tre katane e senza un occhio e uno scheletro afro che fa il maniaco... speriamo che gli altri membri siano un po' più seri... o più... non fece in tempo a finire la frase che la porta si spalancò di nuovo e il pirata biondo si fiondò su di lei. << Oooh povera donzella, come sei ridotta male! Ma sta' tranquilla, ti curerò io con... l'amore! >> disse con aria sognante prima di provare a baciarla, ma fu fermato da una mano che spuntò all'improvviso dal petto  dell'uomo  e che lo colpì in faccia. << Sanji, non iniziare! >> una donna comparve dietro il pirata, aveva dei lunghi capelli neri ondulati, tenuti indietro da un paio di occhiali da sole e un braccio nella stessa posizione di quello che premeva sul viso del biondino; probabilmente era il potere di un frutto del diavolo. Quindi entrarono anche la ragazza con i capelli arancioni e il ragazzo con il cappello di paglia. Per ultimo fece la sua entrata un omone con due braccia di dimensioni spaventose, i capelli di un azzurro quasi accecante e un paio di occhiali scuri; l'assassina notò con orrore che andava in giro senza pantaloni. Oddio, chi manca ancora all'appello qui, un clown? Un travestito? Un mutante?! la ragazza guardò la porta per un po', ma per fortuna non entrò nessun altro strano individuo. Tirò un sospiro di sollievo, i componenti di quella ciurma erano finiti. L'occhio del marimo divenne improvvisamente più cupo e il suo tono di voce più freddo << Te la senti di parlare? >> le chiese, lei annuì debolmente tentando di mettersi seduta, ma con scarsi risultati. La ragazza con i capelli neri allora prese un grande cuscino e, mentre il pirata sollevava delicatamente la giovane, l'altra le mise il cuscino sotto le spalle. << Grazie... >> mormorò l'assassina e i due accennarono un sorriso. Poi il giovane prese una sedia e si sedette a cavalcioni. << Allora - disse socchiudendo l'occhio- chi sei e perché ti trovavi sulla nave della marina? >>. L'interrogata diede due colpi di tosse, chiuse gli occhi e parlò: << Mi chiamo Alyce Crow... e sono il capo di una setta di assassini... The Black Jaguars... o meglio ero... circa due settimane fa mi sono svegliata nella cella del veliero... senza ricordarmi né perché io ci sia finita... né che fine abbiano fatto i miei compagni... >> tossì di nuovo e guardò un punto imprecisato della parete. << Mi ricordo di te! - disse ad un tratto la piratessa dai capelli corvini- Ho visto il tuo manifesto un po' di tempo fa, avevi una taglia di 150 milioni di berry! >> << No... è aumentata ancora... adesso sono a 200 milioni... >> << 200 milioni?! E quanti anni hai?! >> chiese il biondino anche lui serio. << Sedici... >>. L'atmosfera si era fatta subito pesantissima, i pirati la guardavano preoccupati, come se stavano cercando le parole giuste per andare avanti. << Ma... voi chi siete? >> la voce di Alyce era diventata ancora più flebile. << Io sono Monkey D. Rufy -disse il ragazzo dal cappello di paglia- e questa è la mia ciurma! >> << Wow... sei veramente tu?! ...Alcuni miei amici mi hanno raccontato cose incredibili su di te... e tuo fratello... >>. Rufy fece un triste sorriso << Lui sì che era incredibile... >> mormorò. << Io sono Gambanera Sanji, al tuo servizio mia Alyce! >> il biondino fece un inchino elegante e sorrise gentilmente. << Io mi chiamo Nami - disse la ragazza con i capelli arancioni- e l'altra ragazza invece è Nico Robin. >>. << Io mi chiamo Tony-Tony Chopper e sono un medico! >> esclamò la renna con foga. << Io sono Brook, lo scheletro gentiluomo, Yohohohoh! >> il grande scheletro porse la mano ossuta all'assassina, che la strinse esitante. << Io invece sono Franky, il cyborg suuuuuper! >> l'omone unì le enormi braccia in una strana posa che gli fece comparire sugli avambracci una stella azzurra come i suoi capelli. << ... e questo marimo qui è Roronoa Zoro. >> aggiunse Sanji con un ghigno. << E smettila di chiamarmi così una buona volta! >> sbottò lo spadaccino. << Ma anche Alyce ti chiama così! >> << Scusa Zoro... è che quando ti ho visto per la prima volta mi è subito venuta in mente quell'alga... >> la ragazza fece una risatina imbarazzata. << Visto?! Che ti avevo detto?! >> il biondino gongolava soddisfatto << Taci, nosebleed boy! >> lo sguardo di Zoro diventò infuocato e digrignò i denti. I due si guardarono in cagnesco, mandandosi insulti silenziosi sotto forma di occhiate colme d'ira; finché Alyce non sfiorò il braccio del marimo. << Senti... quando hai detto che i miei compagni se la sarebbero cavata... stavi mentendo, vero? >> gli occhi della ragazza si velarono di lacrime. << Hai ragione... scusa... ma non volevo che li vedessi... >> << Perché...? >> << Li hanno torturati e uccisi in modo brutale... è stata una carneficina... >>. Tutta la ciurma abbassò lo sguardo e chi aveva il cappello se lo levò in segno di lutto. << Siamo andati sottocoperta a vedere se c'era qualcuno... ma era troppo tardi... >> mormorò Robin. Alyce scoppiò a piangere  come non faceva da anni, grosse lacrime di rabbia e tristezza le scivolarono sulle guance, andando a bagnare il cuscino. << Quel bastardo di Akainu... non mentiva allora... >> disse fra i singhiozzi. I pirati si guardarono, non sapendo bene che fare, anche se sapevano quanto fosse doloroso perdere i propri cari in quel modo orribile. Poi, inaspettatamente, Zoro si chinò sulla ragazza è l'abbracciò con le sue braccia muscolose, aveva paura di farle del male, così la strinse con delicatezza. Anche gli altri, spinti da quel gesto, si avvicinarono e l'abbracciarono, mentre Nami le accarezzava dolcemente i capelli. << Tranquilla Alyce - le sussurrò Sanji- va tutto bene, ci siamo noi adesso. Troveremo Akainu, vedrai, e gliela faremo pagare cara. >>

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Capitolo 9
*** Il destino di Alyce ***


I pirati consolarono la giovane finché non si fu riaddormentata, quindi lo spadaccino la riadagiò sul cuscino e raggiunse in silenzio i suoi compagni che erano già usciti e si trovavano nella sala da pranzo. << Zoro, si può sapere che ti è preso? Non ti ho mai visto abbracciare una ragazza in quel modo, o meglio, non ti ho mai visto abbracciare qualcuno e basta! >> disse Robin non appena lo vide. << Mi faceva pena vederla ridotta in quel modo, dai ragazzi ha appena perso i suoi amici! Aveva bisogno di un attimo di conforto... e comunque non penso di doverti alcun tipo di giustificazione! >> il ragazzo afferrò una bottiglia di saké e si sedette al tavolo dove Sanji aveva già servito alcuni dei suoi deliziosi manicaretti. << Marimo, non iniziare ad ubriacarti! Il liquore è per tutti, non solo per te! >> << Taci cuoco da strapazzo! Oggi ho voglia di alcol. >> << Tu hai sempre voglia di alcol, spadaccino ubriacone! >>. I pirati ricominciarono a guardarsi male, dai loro occhi irati partivano scintille di odio puro. Nami sospirò esasperata << La volete smettere voi due?! >> sbuffò incrociando le braccia. << Sì Nami-swan, scusami. >>. Sanji si girò verso di lei con un leggero inchino di scuse e Zoro mormorò qualcosa come << Peggio di un cagnolino. >> ma il cuoco lo ignorò. << Allora, cosa vogliamo farne di Alyce? Insomma lei adesso è sulla nostra nave, ma la facciamo entrare anche nella ciurma o meno? >> chiese poi la ragazza. << I-io non mi f-fido... cioè dai... è un'assassina!>> << Ed è per questo che non sei voluto entrare in infermeria, Usopp? >> chiese Robin rivolta all'uomo con un lungo naso, i capelli ricci e un cappello beige che aveva appena parlato << Sì... >> rispose abbassando lo sguardo imbarazzato. << Guarda che lei non fa per niente paura, anzi è veramente una signorina very beautiful, yohohohoh! >> disse Brook prima di emettere un sonoro rutto, simbolo che il suo apparato digestivo inesistente aveva finito di digerire. Sanji si alzò in piedi di scatto, afferrò una padella e gliela sbatté sul cranio << E tu saresti uno scheletro gentiluomo?! Vedi di comportarsi come si deve! >> << Ehi, vediamo di calmarci! >> esclamò Franky mentre lo scheletro si accasciava a terra con un bernoccolo sulla tempia destra. << Sentite ragazzi... io non mi fido! L'ho vista lottare prima contro i marines, ha una tecnica potente e spietata... chi ci dice che non appena si sarà rimessa in salute non ci uccida tutti?! Io dico di lasciarla in qualche posto... >> mormorò Usopp << Anche io l'ho vista lottare e diciamo che non sarei molto contenta di dover affrontare una persona del genere. Ma penso che in realtà la sua tecnica di combattimento non rispecchi a pieno il suo carattere, insomma, prima è scoppiata in lacrime! E ho anche letto da qualche parte che gli assassini hanno un codice d'onore molto rigido, che mettere tra i valori più importanti la gratitudine. Quindi dubito che possa fare una cosa del genere... >> rispose Nami. << Sì ma... magari sta solo fingendo... forse i suoi compagni sono ancora vivi e lei vuole solo rubarci la Sunny per poterli andare a riprender... >> << Usopp, smettila di dire cazzate! - Zoro interruppe le parole del pirata, sbattendo un pugno sul tavolo- Io li ho visti i suoi compagni e fidati che sono tutti morti! E lei, nonostante fosse gravemente ferita e già temesse il peggio si è precipitata a tentare di salvarli! Adesso è debole, sola, tormentata dal dolore e dal rimorso e braccata dalla Marina e tu la vuoi abbandonare al suo destino?! L'ho vista piangere come una disperata, questo non è il solito carattere freddo e sadico degli assassini. Poi è di una potenza spaventosa, potrebbe tornarci utile, no?! >> << Ma allora ce l'hai un cuore, marimo! Per una volta sono d'accordo con te! >> disse Sanji preso un po' alla sprovvista da quelle parole, così come gli altri ragazzi. Rufy invece chiuse gli occhi per un attimo, come se stesse formulando chissà quale pensiero, poi disse: << Secondo me Alyce è una brava persona, non so perché, è solo una mia sensazione. Akainu ha ucciso le persone che amava, come ha fatto con Ace e sia io che lei vogliamo rendere giustizia ai nostri cari. Perciò voglio che entri a far parte della ciurma. Se poi vediamo che sta tramando qualcosa di losco la lasceremo in un porto qualsiasi e ce ne andremo. Anche se dubito fortemente che lei oserà mai sfidarci, siamo nove persone contro una, non riuscirebbe mai ad avere la meglio. Per voi va bene? >>. Se prima i pirati erano rimasti stupiti dal discorso di Zoro, ora erano letteralmente senza parole; sentire un discorso talmente serio da parte del capitano era un evento abbastanza raro, ma annuirono, a parte Usopp e Chopper, che non erano affatto convinti. << Chopper, Usopp, voi che ne pensate? >> chiese Rufy. I due lo guardarono un po' intimoriti dalla sua espressione veramente troppo seria, poi l'uomo sbuffò << Ok, ok, faremo come vuoi. Ma al primo passo falso dovrà vedersela con Sogeking! >>. Sul volto del ragazzo comparve un luminoso sorriso. << Bene, e ora... cibooooo!!! >> esclamò prima di fiondarsi su un piatto stracolmo di arrosto che Sanji nel frattempo aveva poggiato sul tavolo. << Ehi, guarda che non è tutto per te! >> il cuoco riprese la padella e lo colpì in testa. Rufy si tirò indietro con aria di scuse e anche lui con un bernoccolo, ma continuò a fissare la carne con sguardo famelico pari a quello di un leone davanti alla sua preda. Il biondino invece osservò la padella ormai deformata e commentò: << Se continuate così prima o poi esaurirò tutte le mie padelle! >>, quindi iniziò a distribuire pezzi di arrosto fumante, dando ovviamente una porzione spropositata al suo capitano. Dopo aver finito di pranzare, decisero di andare a parlare ancora un po' con Alyce per vedere se veramente meritava di essere inclusa nella ciurma o meno. Così uscirono sul ponte e si diressero verso l'infermeria; stavano per arrivare quando udirono un grido soffocato. Chopper accelerò il passo e spalancò la porta: l'assassina era rannicchiata sul letto con un'espressione sconvolta dipinta sul volto e i capelli spettinati. In mano stringeva un bisturi, lo teneva con talmente tanta forza che le nocche le erano diventate bianche. Le lenzuola erano imbrattate di sangue, che colava copiosamente dal marchio sul braccio destro, ormai irriconoscibile a causa di una grande X che la ragazza aveva inciso con la lama. La ciurma si precipitò dentro la stanza e rimasero sbalorditi nel vedere ciò che aveva fatto; ma lo stupore durò poco perché Chopper urlò : << Che ci fate tutti lì impalati?! Datemi una mano! >>. Il marimo fu sul punto di avanzare, ma fu bloccato da Sanji e Nami che accorsero in aiuto del medico. La ragazza prese dei pezzi di garza e un asciugamano e li premette sulla ferita per fermare l'emorragia; il cuoco invece prese con delicatezza la mano di Alyce e le forzò piano le dita per farle lasciare il coltello, quindi la  fece distendere di nuovo. Usopp fu sul punto di dire qualcosa ma Zoro lo incenerì con lo sguardo << Zitto! Non lo vedi che è sotto shock?! >> mormorò il marimo secco. Fortunatamente la ferita smise di sanguinare in cinque minuti e la renna poté medicarla e fasciarla a dovere, quindi Sanji diede un po' da bere alla giovane, che sembrò riprendersi. << Si può sapere che ti è preso?! Perché l'hai fatto?! Potevi morire dissanguata! >> disse Chopper allarmato. << ...Quando mi sono svegliata ho levato le bende... e ho visto che stava diventando troppo nitido... troppo visibile... non potevo sopportarlo... così... >> Alyce si interruppe e fissò i piedi del letto. Il cuoco le accarezzò il viso << Tranquilla, non è successo niente... neanche io avrei potuto sopportare una cosa del genere... >> disse rassicurante. Rufy avanzò di qualche metro, fino ad arrivare di fronte a lei, quindi la guardò negli occhi e, nuovamente serio, disse: << Senti, visto che sei ricercata dalla Marina e non hai un posto dove andare, che ne dici di entrare a far parte della mia ciurma? >>. Il volto dell'assassina fu attraversato da un'espressione di sorpresa, tutto poteva aspettarsi fuorché; anche gli altri pirati erano rimasti basiti dalla schiettezza della domanda,  ma mai quanto Usopp che pareva terrorizzato. La giovane si tirò su a fatica e si mise a sedere, quindi fece un debole ma riconoscente sorriso << Ti ringrazio per avermi ospitata sulla tua nave e per aver curato le mie ferite e accetto molto volentieri il tuo invito. >> disse leggermente emozionata, prima di fare un leggero ed educato inchino colmo di gratitudine e perché no, anche un po' di gioia.

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Capitolo 10
*** Due settimane dopo ***


Passarono intanto due settimane, durante le quali le condizioni di Alyce migliorarono in maniera esponenziale. I primi giorni furono i più duri per lei, debole e col morale a pezzi poco poteva fare oltre che dormire e piangere. Tutte le volte che scoppiava in lacrime si dava della stupida e della debole e credeva che prima o poi le si sarebbero prosciugati gli occhi, ma non successe mai. La notte aveva sempre lo stesso incubo: si trattava dei suoi compagni che, con urla strazianti, invocavano il suo aiuto tra le fiamme dell'inferno, erano coperti di sangue, mutilati da molteplici ferite, con gli occhi bianchi e le bocche schiumanti. Raven invece sedeva in mezzo a loro su di un trono d'ossa, il fuoco degli inferi pareva divertirlo, così come le grida degli assassini. Il suo sguardo malefico squadrava Alyce con la stessa espressione con cui un cane osserva una bistecca fumante << Tu sei la prossima! >> le diceva sadico prima di fare una risata che racchiudeva in sé tutta la cattiveria del mondo. Così la ragazza si svegliava nel cuore della notte tremante come una foglia scossa dal vento, con gli occhi lucidi e il cuore stretto in una morsa dolorosa; le pareva che ormai fosse stato abbracciato dalle gelide membra della morte. Vicino a lei trovava sempre Zoro, probabilmente era stato messo lì per farle la guardia. A volte anche lui era sveglio, svegliato forse dalle parole confuse che la giovane farfugliava nel sonno, allora provava a consolarla come riusciva e lei si aggrappava a quelle braccia forti e gli poggiava la stessa sul petto, in modo da addormentarsi sentendo il suo lento e ritmato battito cardiaco che la rassicurava. Altre notti invece il marimo dormiva e non c'era veramente verso di svegliarlo, Alyce aveva provato di tutto: dagli schiaffi ai bicchieri d'acqua in faccia, ma lui continuava a russare, senza curarsi minimamente del suo stato emotivo. Così lei si rannicchiava in un angolo del letto e fissava il vuoto finché, sopraffatta dalla stanchezza, non si addormentava alle luci dell'alba. La mattina veniva sempre destata da Chopper che le cambiava la fasciatura al braccio. << C-come sta? Si vede tanto? >> gli chiedeva sempre con la voce ancora impastata dal sonno, ma non otteneva risposta, se non un << Va tutto bene >> detto frettolosamente dalla renna. Quindi, se lei non si riaddormentava, Rufy, Nami o Sanji le venivano a fare visita e insieme parlavano del più e del meno, ma la ragazza a volte non riusciva a trattenere le lacrime, la perdita dei suoi amici le faceva ancora un male incredibile ed era compito dei suoi nuovi compagni tentare di farla calmare. Dopo pranzo rimaneva un po' da sola, Chopper in realtà la teneva d'occhio dalla porta per controllare che non compisse azioni sospette; ma lei in realtà lo vedeva sempre, in quanto il medico pensava di essere ben nascosto se celava solo metà del muso dietro allo stipite. Nel pomeriggio invece sonnecchiava o guardava le nuvole che, fuori dalla finestra, compivano una lenta ed elegante danza creando le forme più fantasiose. L'assassina si addormentava solitamente subito dopo cena, per poi svegliarsi qualche ora dopo per il suo solito incubo. E così per alcuni giorni, finché non iniziò a migliorare. La prima volta che riuscì ad alzarsi dal letto era sostenuta da Sanji e Nami e notò che qualcuno le aveva fatto indossare una morbida vestaglia color crema che le metteva in risalto le curve con dei movimenti morbidi, non si stupì quindi del modo in cui la guardava il cuoco. Mano a mano che si sentiva meglio anche il suo umore diventava più lieto, certo la notte era ancora tormentata dall'incubo, ma il fatto di potersi alzare e camminare un po' la rendevano felice. Ogni giorno, aiutata dai pirati scendeva dal letto e usciva all'aperto. La prima volta che c'era stata era rimasta estasiata dalla bellezza della nave: il ponte centrale era lungo e spazioso, foderato da una morbida erbetta. Su un lato si trovavano anche un paio di alberi, intorno ad uno era stata costruita una panca di legno, mentre all'altro era stata appesa una grande altalena. Dalla parte opposta si trovava una tettoia, sotto la quale era stato collocato un pianoforte laccato di nero. Sopra la sua testa un'enorme vela bianca si muoveva gonfiata dal vento, sovrastata da una bandiera nera su cui era cucito un teschio con un cappello di paglia. Era lo stemma della ciurma di Rufy, a cui lei adesso apparteneva . Quando venne a sapere che il veliero era stato costruito interamente da Franky e che anche le altri parti di esso erano spettacolari quanto il ponte, se non di più, si era vivamente complimentata con il cyborg per lo splendido lavoro e lui aveva risposto con un lungo Suuuuuuuper. Passeggiando lungo il veliero insieme alla ciurma aveva iniziato a conoscere meglio ogni suo componente, anche se non aveva ancora rivolto la parola a Usopp e i discorsi, da distratti e sfuggenti, si erano trasformati in appassionanti racconti di avventure e molte volte partivano lunghe risate. Non appena Alyce fu sufficientemente in forze da reggersi in piedi da sola, Chopper le concesse di trasferirsi dall'infermeria alla cabina delle ragazze. Così Franky costruì in poco tempo un bellissimo letto in legno di cedro e la giovane poté finalmente lasciare il suo alloggio precedente. La camera di Nami e Robin era situata sopra la cucina, in una stanza larga e molto luminosa, i tre letti, con i lenzuoli color pastello, erano situati a sinistra, mentre di fronte a loro c'era un enorme armadio e uno specchio in stile vittoriano. Alla destra dei letti si trovava un baule di legno scuro placcato in oro e un tavolo sormontato da uno specchio ricolmo di trucchi e gioielli con una sedia accanto. Dalla parte opposta invece erano state posizionate tre poltroncine e un tavolino di vetro con una fruttiera piena di mandarini. Alla parete, sopra il baule, erano stati affissi i due manifesti delle ragazze con le loro taglie, rispettivamente di 16 milioni (Nami) e 80 milioni di berry (Robin). Le due la accolsero con calore e la fecero accomodare su una poltrona dall'imbottitura morbidissima. Nami aprì la sua parte di armadio, per cercare dei vestiti adatti ad Alyce. << Mica vorrai restare in vestaglia per sempre! >> le aveva detto ridacchiando. La ragazza iniziò quindi a tirare fuori un vestito dopo l'altro, gettandoli alla rinfusa sul letto. Cinque minuti dopo aveva trovato una dozzina di abiti diversi, tutti più o meno della taglia dell'assassina. << Guarda - disse Nami- per ora indossa questi. Poi non appena approdiamo in qualche città ti porto a fare shopping! Tranquilla, sono puliti e comodissimi, li indossavo circa due anni fa ma adesso non posso più perché... >> la ragazza indicò con una punta di imbarazzo il suo seno, quindi si sistemò il pezzo sopra del costume a strisce verdi che glielo copriva scarsamente. Alyce la ringraziò, si alzò un po' faticosamente e andò a scegliere i vestiti da indossare; optò quindi per un paio di shorts blu elettrico e una canottiera bianca che si allacciava dietro il collo. Dopo che si fu cambiata si guardò allo specchio e si levò la fasciatura del marchio per vedere com'era ridotto. Fortunatamente l'infezione era passata e la ferita si stava rimarginando, ma lo stemma era ancora riconoscibile; sopra di esso però l'incisione col bisturi si vedeva eccome. I bordi erano leggermente deformati e la ferita era ancora aperta, ma l'idea che voleva dare appariva chiara: trasmetteva un sentimento di vendetta, di ribellione, era la promessa fatta a sé stessa e ai suoi amici di farla pagare cara ad Akainu per l'orrore che aveva commesso, era il segno che niente l'avrebbe potuta distogliere da quello scopo. La giovane si rimise le bende, immersa nei suoi pensieri, quando l'irruzione di Rufy nella cabina non la fece sobbalzare. << Ragazzeeeee, venite a fare il bagno con noi?!?! >> esclamò felice. Indossava dei pantaloncini rossi e blu e si erano infilato qualcosa come una dozzina di salvagenti di colori sgargianti, un paio di braccioli arancioni, maschera e boccaglio; le solite precauzioni per chi aveva mangiato un frutto del diavolo, insomma. Nami sembrò entusiasta della proposta: << Che dite, andiamo? >> chiese mentre stava già prendendo due costumi da bagno. << Mmmm, io non ho voglia di riempirmi di salvagenti, penso che mi leggerò un bel libro in santa pace, tu, Alyce? >> << Io vengo molto volentieri! Adoro nuotare! >> << Davvero? Non hai mangiato alcun frutto del diavolo? >> << No no, sono solo un'assassina. >> << Allora, Rufy, ci cambiamo e arriviamo, aspettaci giù! >> concluse Nami. Quindi, una volta che il pirata se ne fu andato, diede ad Alyce un bikini bianco con dei decori turchesi, mentre ne scelse per sé uno arcobaleno. Le due si cambiarono in fretta, Robin invece prese un libro che doveva essere parecchio difficile e un paio di occhiali da vista e insieme uscirono dalla camera.

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Capitolo 11
*** Il Richiamo Del Mare ***


Non appena le ragazze furono all'aperto vennero sopraffatte da un'afa talmente pesante che si sentirono soffocare. << Wow, che caldo! Ci vuole proprio un bel tuffo in piscina! >> commentò Nami mentre riparava gli occhi dalla forte luce solare con una mano. << Già, ma come facciamo? Ci buttiamo giù dal parapetto? >> chiese Alyce. << No, ma che dici?! Noi abbiamo una piscina segreta, un altro gioiellino ideato da Franky >> rispose Robin con un sorrisetto misterioso. Le tre camminarono un po', fino a che non raggiunsero il centro del ponte, quindi Nami si chinò e armeggiò per qualche istante con una maniglia che sbucava dall'erba che l'assassina non aveva mai notato prima. Si sentì uno scatto metallico, la ragazza tirò la maniglia senza alcuno sforzo e una botola si spalancò sotto gli occhi increduli della nuova compagna. Dentro si vedeva una scala a pioli che si estendeva per un paio di metri fin nel cuore del veliero e un pavimento di legno chiaro. Robin incastrò il libro nel pareo leggero che indossava, inforcò gli occhiali da vista e iniziò a scendere. << Te la senti di fare le scale? >> chiese Nami << Forse sì... >> rispose l'altra per niente convinta. << Tranquilla, sono solo pochi pioli e poi sotto c'è Sanji che ti può prendere al volo, vero, Sanji? >> la testa del cuoco comparve alla fine della scala: << Non temere, mia Alyce, ci sono qua io! >>. L'assassina annuì debolmente, quindi scivolò dentro la botola e iniziò anche lei a scendere. Ma quando portò il peso sul braccio destro sentì una fitta di dolore, a quanto pare era ancora troppo debole per poter fare una cosa del genere. << Ehi, va tutto bene? Ce la fai? >> la voce di Nami era leggermente preoccupata << Sì, sì... tutto apposto... >> mormorò la giovane tentando di trattenere un gemito di dolore; in realtà non andava per niente bene, ma lei era stufa di essere considerata debole e di essere sempre aiutata a fare qualsiasi cosa. Così si morse il labbro e continuò a scendere lentamente, concentrandosi per non perdere l'equilibrio e scivolare. Ma più scendeva, più sentiva male, ormai anche il fianco le doleva. Avrei fatto meglio a restarmene in cabina a dormire! pensò. Ad un certo punto, quasi al limite delle sue forze, girò la testa per vedere quanto le mancava a raggiungere il pavimento; e quello fu un errore fatale. Mentre notava che mancavano solo tre metri, si distrasse un attimo e stupidamente staccò il braccio sinistro; l'altro braccio però non riuscì a resistere e la ragazza cascò. Alyce fece un debole grido, ma non si fece prendere dal panico, anche se aveva il cuore in gola; in una frazione di secondo constatò che stava cadendo all'indietro, così buttò le gambe in avanti e compì un notevole salto mortale, atterrando sulle ginocchia tra lo stupore generale. Sanji, che non aveva fatto in tempo a prenderla, la guardava, pallido come un fantasma; Nami era rimasta senza parole, con la bocca paralizzata in un grido muto. Solo Robin fece un debole sorriso: << Sei come un gatto, atterri sempre in piedi! >> << Naaa, io non sono un gatto - disse Alyce, stupita anche lei per quello che era riuscita a fare- i gatti sono troppo paurosi e di certo non sono sadici quanto me! Diciamo che più che un micio sono un giaguaro! >>. L'assassina provò a rialzarsi, ma fu presa da un capogiro, il biondino allora la aiutò, lei alzò il viso per ringraziarlo, ma non appena lo fece vide che i loro volti erano vicini, troppo vicini; quindi abbassò la testa e farfugliò un << grazie... >> imbarazzata. Quando anche Nami fu scesa, i quattro si diressero verso la piscina. Alyce notò che si trovava in una sorta di autorimessa, infatti intorno a lei c'erano cinque garage, di cui quattro chiusi da una saracinesca; su ognuno di essi era stato dipinto un numero con la vernice rossa. Solo uno era aperto, ed era lì che si trovava la piscina. Era parecchio estesa e coperta da una cupola di legno su cui si rifletteva l'acqua quando veniva colpita dalla luce proveniente da tre piccole finestrelle. Tutta la ciurma si trovava lì: Rufy e Chopper nuotavano allegramente ricoperti di salvagenti; e Brook e Franky chiacchieravano seduti su una panca. Lo scheletro era in costume da bagno e si potevano vedere la sua cassa toracica e la spina dorsale; i cyborg era sempre in mutande e beveva una bottiglietta di cola. Zoro invece sonnecchiava in un angolo, russando sonoramente. Nami si tuffò subito in acqua; Robin invece si sedette sul bordo, immerse i piedi nella piscina e aprì il libro; il cuoco le si sedette vicino e iniziò ad adularla. Alyce, che stava già pregustando il bel bagno rilassante che si sarebbe fatta, scese la piccola scala di ferro che portava in acqua e sentì che aveva una temperatura molto piacevole, né troppo calda, né troppo fredda. Allora tirò indietro la testa e lasciò che le piccole onde le lambissero i capelli. La ragazza sospirò e chiuse gli occhi, quindi, quando il livello dell'acqua le arrivò al petto, si diede una spinta con i piedi. Stava per rilassarsi definitivamente quando una forza invisibile la prese e la trascinò verso il basso, la giovane iniziò a muovere gambe e braccia disordinatamente per tentare di galleggiare, ma fu tutto inutile. Allora gridò forte, mentre la testa le andava sott'acqua, poi riuscì a tornare in superficie e prese una breve boccata d'aria, per poi ritornare sotto. Stava lottando con tutte le sue forze contro quella presa fredda e salda che l'afferrava per una caviglia e la trascinava verso l'abisso. Ad un certo punto, non riuscendo più ad opporre tanta resistenza si immerse ancora più a fondo di prima. Agitava le braccia ma non risaliva, l'acqua diventò ad un tratto gelida e le congelò il cuore e i pensieri. Stava trattenendo il respiro per troppo tempo, la vista le si stava appannando e il corpo esausto le doleva. Aveva bisogno di ossigeno, ma in quel momento stava lottando contro sé stessa per non aprire la bocca sott'acqua; anche se sentiva che non aveva la forza necessaria per tornare di sopra. Va bene ragazzi, sto arrivando da voi... pensò, mentre tentava di prepararsi psicologicamente al fatto che sarebbe morta annegata di lì a poco. In quel momento delle braccia muscolose la avvolsero, Alyce guardò in alto e vide un volto sfocato, ma dal colore di capelli inconfondibile: si trattava di Zoro. La ragazza si tenne a lui con le sue ultime energie e sentì che stava risalendo molto in fretta, pochi istanti dopo infatti poté di nuovo respirare. L'intera ciurma era ammutolita e terrorizzata, ma tirò un sospiro di sollievo quando la videro riaffiorare insieme allo spadaccino. L'assassina iniziò a tossire e a sputare un po' d'acqua che le era entrata nei polmoni, mentre lui la aiutava a risalire sulla piattaforma. Una volta che si fu seduta, Robin le poggiò un morbido asciugamano sulle spalle e non appena si fu ripresa le chiese: << Ma non avevi detto che sapevi nuotare? >>. L'altra tossì ancora << Sì che so nuotare! >> << E allora perché stavi annegando? >> << Non ne ho idea! Non appena ho lasciato la scaletta qualcosa di invisibile mi ha presa e trascinata verso il fondo, è la prima volta che mi succede! >>. Robin tacque e rifletté per un attimo, quindi aggiunse: << Mmmm, questa è una delle conseguenze di aver mangiato un frutto del diavolo... >> << Io non l'ho mangiato! - sbottò l'altra- o almeno... non ricordo di averlo fatto... mi ricordo solo che non appena mi sono svegliata sulla nave sono stata pervasa da un terribile dolore che non era causato da alcuna ferita... e ho qualche vuoto di memoria, ma... >> << Interessante - la ragazza si toccò il ponticello degli occhiali con un dito- è una reazione piuttosto anomala, ma potrebbe essere compatibile con gli effetti di aver mangiato un frutto del diavolo... >> << E come faccio a capire se ne ho ingerito uno o no? >> << Semplice, concentri tutta la tua energia in un braccio, provi a farla scaturire da una mano e vediamo se accade qualcosa. >>. L'assassina annuì, chiuse gli occhi e convogliò tutte le sue (poche) forze rimanenti nel braccio sinistro. Percepiva una strana energia che fremeva nel suo sangue, la sentiva, calda e potente che non vedeva l'ora di uscire. Allora lasciò che scaturisse fuori dalla mano e una scarica della stessa adrenalina che aveva provato in battaglia mista a un insolito benessere le attraversò il corpo. Si sentiva potente come una dea. Ad un certo punto sentì un urlo strozzato di Nami, aprì gli occhi e vide che tutti la stavano guardando con incredulità mista a spavento, e non appena guardò la sua mano capì il perché. Aveva il braccio interamente avvolto da fiamme viola.

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Capitolo 12
*** Una Nuova Scintilla ***


Alyce non riusciva a credere ai suoi occhi, non aveva mia visto prima d'ora delle fiamme di quel colore. Queste non bruciavano, anzi, le avvolgevano il braccio con un piacevole tepore; quella nuova adrenalina che aveva sentito in battaglia era tornata a fremerle sotto la pelle, era l'energia del suo frutto del diavolo. Tanto stupita quanto entusiasta, la ragazza provò a far scaturire il fuoco anche dall'altro braccio, che dopo pochi istanti fu circondato la lingue violacee. << Wow... >> sussurrò meravigliata mentre osservava e rigirava le braccia per vedere meglio quello strano fenomeno; non sapeva né come era entrata in possesso di quel potere, né quando, ma adesso non le importava granché. La ciurma di Rufy intanto era congelata, sembrava che qualcuno avesse fermato il tempo, l'unica persona che si muoveva era Usopp, che fino a poco prima stava sorseggiando un drink; anche se più che muoversi è meglio dire che stava tremando come una foglia mossa dal vento. << C-chi sei?!... Un d-demone?! >> balbettò l'uomo dal lungo naso mentre stupidamente allungava una mano verso Alyce. << Fermo!- Chopper gli afferrò il polso - Che ti salta in mente?! Quelle fiamme sono vere e a giudicare dal colore anche velenose! >>. << Fiamme viola?! >> mormorò l'assassina mentre, eccitata, pensava a tutto quello che avrebbe potuto fare con esse durante una lotta. << G-guarda che se ci v-vuoi uccidere... d-dovrai vedertela con il temibile Sogeking! >> Usopp scattò in piedi e si mise in posizione da scontro. Alyce sospirò e con un po' di concentrazione riuscì a far sparire il fuoco. << Se non l'avessi ancora capito, io non ho alcuna intenzione di farvi del male e poi tu non ti chiamavi Usopp?! Chi diamine è questo Sogeking?! >>. L'uomo con uno scatto fulmineo tirò fuori, chissà da dove, una maschera colorata con un buco fatto apposta per il suo lunghissimo naso e una fionda. Era un'arma parecchio curiosa, che poco assomigliava a quelle usate dai bambini per colpire gli oggetti dei loro scherzi. Il bastone di legno era lungo un metro e mezzo e alla sua biforcazione erano state fissate quattro funi che reggevano un pezzo di cuoio rigido. Usopp infilò la maschera e tese le corde della fionda. << Io sono Sogeking, il re dei cecchini! >> urlò mettendosi in una posa alquanto ridicola. Oh ecco chi mancava nella ciurma, il supereroe mascherato...! pensò l'assassina con un sospiro. << Usopp, finiscila con 'sta pagliacciata, piuttosto, Alyce, perché ti sei buttata in acqua se hai mangiato un frutto del diavolo?! >> chiese Zoro. << Eeeh, sai com'è avevo voglia di vedere che sensazione dava il fatto di morire affogata. >> rispose lei ironica. << Davvero?! >> esclamò Chopper preoccupato. << Ma certo che no, furbo! Sentite, io non so quando quando l'ho mangiato, ho un vuoto di memoria da quando la mia banda è stata sconfitta, a quando mi sono risvegliata sulla galera. Non so neanche com'è fatto un frutto del diavolo! >> << Mmmh- il medico rifletté per un attimo, quindi le si avvicinò- potresti tirare su i capelli per favore? >>. << Sì, ma perché ? >> chiese la giovane mentre scansava i lunghi capelli corvini dal collo sottile. La renna iniziò ad osservarle il collo e le spalle, aiutandosi con gli zoccoli senza tralasciare neanche un centimetro. << Ehi, che stai facendo?! >> esclamò lo spadaccino e la ragazza poté giurare che le sue guance si colorarono in maniera quasi impercettibile di rosso. << Sto cercando segni di puntura, è possibile le sia stata iniettata una sostanza strana e che per qualche motivo qualcuno le abbia fatto mangiare il frutto. Solo che è abbastanza difficile riuscire ad individuare un segno a circa quattro settimane o più di distanza, anzi, è pressoché impossibile, ma voglio fare un tentativo... >>. Chopper cercò per tre minuti abbondanti finché, all'altezza della giugulare sinistra, non notò un buchetto del diametro di due millimetri. << Wow, devono averti messo nel sangue qualcosa di veramente potente se ti hanno fatto un buco del genere! >> commentò la renna leggermente spaventata. << Sì, ma adesso dobbiamo capire perché te l'abbiano fatto ingerire e quali sono le sue potenzialità... che ne dici di lottare un po'? >> disse Zoro con un sorriso di sfida. << Figurati se mi tiro indietro davanti all'allettante proposta di uno scontro contro un marimo! >> rispose Alyce entusiasta. << E piantala di chiamarmi così! >> sbottò lo spadaccino mentre Sanji ridacchiava alle sue spalle.

Così i due tornarono nelle rispettive cabine, l'assassina si cambiò e indossò una canottiera viola, dei jeans blu e un paio di sandali neri. Legò quindi alla vita le sue due katane, lasciano il contenitore dei coltelli da lancio sul letto. Quando uscì, il ragazzo la stava già aspettando sul ponte con le spade sguainate, pronto la combattimento. L'adrenalina tornò, con una potenza devastante, a scorrerle nelle vene, quasi volesse prendere il posto del sangue. Alyce tirò fuori le katane e le fece roteare velocemente, prima di impugnarle con forza; era concentrata, pronta a sferrare il primo attacco, ma la faccia spaventata del suo avversario la fece distrarre. << Che succede?! >> chiese confusa e lui per tutta risposta le indicò, con un cenno del capo, le sue armi. La giovane le guardò e rimase senza parole, così come la ciurma, che si era radunata sotto la tettoia vicino al pianoforte. Senza volerlo le fiamme viola avevano preso il possesso delle candide katane, che ardevano mandando bagliori violacei. La ragazza ritirò il fuoco in fretta per evitare che le spade si rovinassero, ma quelle sembravano non aver ricevuto alcun danno. << Fantastico! >> disse Alyce a mezza voce e fece scaturire di nuovo le fiamme, che dalle mani passarono alle armi. L'assassina sorrise, quindi iniziò a menare attacchi e fendenti in aria, che grazie al fuoco avevano una potenza e una velocità incredibile. Allora fece cadere le katane e le fiamme tornarono sugli avambracci. Provò poi a simulare attacchi e mosse di judo e arti marziali; il fuoco seguiva ogni suo movimento scaturendo dalle mani o dai piedi. Alyce rise forte, si sentiva invincibile; grazie a quel potere avrebbe ucciso Akainu e vendicato i suoi compagni ormai defunti. << Ohi, guarda che io sono qui! >> le urlò ad un certo punto lo spadaccino. << Scusa, Zoro, ma è meglio se non combattiamo, ho troppa paura di ucciderti! >> << Ma figurati se riesci a farlo, io non muoio per fiamme viola da quattro soldi! >> << Okay, okay -rispose lei- almeno mettiti un paio di guanti spessi, voglio provare una cosa. >>.

Il marimo alzò gli occhi al cielo esasperato, ma andò lo stesso a prendere un paio di guanti, che altro non erano che due spessissime presine da cucina, per la gioia di Sanji. Dopo esserseli indossati, Zoro impugnò di nuovo le spade. << E leva la katana dalla bocca, che adesso non ti serve! >> esclamò Alyce mettendosi in guardia. Lo spadaccino farfugliò qualcosa di incomprensibile e lasciò cadere l'arma a terra. << Uff, contenta adesso?! >> chiese annoiato. La ragazza annuì, avvolse le spade nelle fiamme e si lanciò all'attacco. Lui parò i fendenti e le armi dei due si incrociarono, ma non appena le katane di Alyce fecero pressione su quelle dell'avversario il fuoco si propagò fino alle spade di Zoro. Si sentì uno sfrigolio anomalo, ma nessuno dei due volle cedere, continuarono a far forza per un po'; finché la ragazza urlò: << Zoro, molla le katane! >> << E perché dovrei farlo?! >> << Le fiamme ti stanno bruciando i guanti! >> << E con ciò? >> << Sono avvelenate, dannazione, molla la presa! >>. Lo spadaccino lasciò cadere le spade, che non appena toccarono terra tornarono alla normalità e l'assassina, con un grandissimo sforzo spense il fuoco. Il marimo si guardò le mani, i guanti erano stati corrosi quasi del tutto e per poco la pelle non venne scalfita. << Visto? Che ti avevo detto?! >> << Mmmh, avevi ragione, certo che hai una potenza spaventosa! Ma ci vuole ben altro per mettermi k.o.! >> commentò Zoro. Sì, sarà anche spaventosa- pensò Alyce- ma riuscirò a tenerla sotto controllo?.

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Capitolo 13
*** Come Si Controlla Un Frutto Del Diavolo? ***


Il pomeriggio e la sera passarono velocemente; per un paio d'ore Alyce si era allenata con spade e fiamme, quindi aveva fatto un po' di yoga. Anche se il fatto di stare ferma ad occhi chiusi e svuotare la mente non si addiceva molto ad una personalità vivace come la sua, sentiva di doverlo fare per calmare il potere del suo frutto del diavolo. Le pareva infatti che, una volta fatte scaturire le fiamme da una mano, ciò che teneva sotto controllo quell'imponente energia fosse stato spazzato via. Le serviva sempre molta concentrazione per far rientrare il fuoco e, non appena si distraeva, quello usciva fuori improvvisamente da una mano o un piede. L'assassina pensò allora che fosse colpa dell'adrenalina e dell'euforia che le attraversavano il corpo come scariche elettriche. Quindi si era seduta nella posizione del loto, le gambe incrociate, gli avambracci poggiati sulle ginocchia, pollice e indice di entrambe le mani uniti, gli occhi chiusi e aveva provato a confinare tutto il suo potere in una parte del suo corpo dove sarebbe dovuto rimanere docilmente. Rimase così una mezz'ora abbondante, un vero record per lei, che dopo solo cinque minuti di meditazione già non vedeva l'ora di alzarsi e andare a fare qualcos'altro. Quando riaprì gli occhi la prima cosa che vide fu lo sguardo accigliato del marimo. << Beh, che hai da guardare?! Non hai mai visto qualcuno meditare?! >> gli chiese spazientita. << Sì che ho già visto qualcuno meditare, non sono nato ieri! E' che sei una visione alquanto insolita, stai facendo yoga per calmare le fiamme e invece... ne sei totalmente avvolta! >> lo spadaccino ridacchiò, divertito. Alyce invece si guardò il resto del corpo e constatò con un certo fastidio che Zoro aveva ragione, il fuoco infatti aveva presso possesso di tutto il suo fisico, trasformandola in una fiaccola vivente. La ragazza sbuffò e mandò un'occhiataccia al pirata, nella speranza che potesse essere incenerito con la sola forza del pensiero; poi strizzò le palpebre e con un grandissimo sforzo riuscì a tornare normale. Passò così la serata a debita distanza dal resto della ciurma, per evitare di ustionare o avvelenare qualcuno inavvertitamente. Il fuoco ovviamente continuò a stuzzicarla, comparendo improvvisamente da una mano e avvolgendo tutto quello che stava toccando in quel momento : la forchetta con su un pezzo di carne, un bicchierino di saké (che non aveva mai bevuto prima e che le fece girare la testa come una trottola per cinque minuti abbondanti, tanto era forte), una crosta di pane, uno dei deliziosi mandarini di Nami; perfino il pianoforte prese fuoco sotto gli occhi scandalizzati Brook, non appena lei aveva provato a suonarlo. Ogni volta che accadeva, l'assassina sospirava, si scusava, serrava le palpebre e faceva rientrare le fiamme. Ma queste poco tempo dopo si facevano rivedere, più insistenti di prima, pareva che quelle lingue violacee si divertissero a farle perdere la pazienza. Robin, dopo aver osservato quelle scene per un po', propose alla ragazza di aiutarla a prendere il pieno possesso del suo potere, lei accettò entusiasta e sollevata e decise che avrebbe iniziato a partire dalla mattina seguente. Durante la notte l'assassina fece un sogno strano: si trattava di Akainu che, alto e massiccio come una montagna, teneva in mano una gabbia dorata con decori vittoriani. In quella cella, coperto di stracci e col capo chino, sedeva Raven, che l'ammiraglio mostrava orgoglioso come se si trattasse del suo trofeo più illustre, sogghignando malignamente. Alyce allora avvolgeva le katane con le fiamme e si lanciava all'attacco per salvare il ragazzo, compiendo un salto verso il Marine con le spade alzate e tranciando il braccio che teneva la gabbia. Ma quando si svegliò vide che non erano le sue armi ad andare a fuoco, ma bensì il suo letto. << Ma non è possibile!!!! >> urlò al limite della sua pazienza, prima di concentrarsi e farlo sparire di nuovo. Quindi, dopo una colazione veloce in cui incendiò caffè e croissant, uscì sul ponte, dove Robin la stava aspettando. Era seduta sull'erba a gambe incrociate, con gli occhi chiusi, i lineamenti del viso distesi e i capelli morbidi mossi dal vento. Indossava un top viola aderente con una piccola rosa nera di stoffa sulla spallina sinistra e un paio di pantaloncini cortissimi che provocarono a Sanji una violenta emorragia nasale. Non appena Alyce arrivò, la giovane donna sollevò le palpebre e le fece segno di sedersi di fronte a lei,  sembrava estremamente tranquilla, al contrario dell'assassina che era parecchio inquieta. La ragazza si sedette incerta e piegò la testa di lato, in attesa che accadesse qualcosa. L'altra richiuse gli occhi, incrociò gli avambracci sul petto e mormorò << Sies fleurs. >>; dalla gamba sinistra di Alyce comparve un braccio che le afferrò il polso. << Ehi, che fai?>> chiese lei confusa e per tutta risposta ottenne da Robin un cenno con una mano che la invitava a stare tranquilla. << Ascoltami - disse la donna a mezza voce- adesso chiudi gli occhi anche tu e concentrati. Devi focalizzare l'energia di cui il tuo corpo è impregnato, devi sentirla scorrere lungo la tua schiena, sulle tue gambe, sulle tue braccia. Poi la devi raccogliere e incanalare nel punto da cui vuoi che venga fuori. Io ti dirò quale parte del corpo dovrà prendere fuoco e tu non dovrai perdere il controllo del tuo potere; anche perché io ti sto toccando e se le fiamme mi sfioreranno, io rischierò di morire avvelenata o di ustionarmi profondamente e tu non vuoi che questo accada, giusto? - l'assassina scosse la testa, senza rendersi conto che l'altra non la poteva vedere- Bene, adesso concentrati e dai fuoco al tuo braccio destro, solo al tuo braccio destro. >>. La ragazza chiuse gli occhi, focalizzò la sua attenzione sulle particelle di energia che si agitavano sotto la sua pelle e le incanalò sul suo braccio destro, da cui partì una potente fiammata. Robin, che nel frattempo aveva sollevato le palpebre, sudava freddo, ma si costringeva a mantenere la calma e a non mollare la presa, aveva deciso che avrebbe aiutato la compagna a tenere sotto controllo il fuoco e per questo doveva fidarsi ciecamente di lei e della sua forza di volontà. << Okay, adesso fallo rientrare. >> le ordinò, sempre pacata ed Alyce obbedì seduta stante. << Ora la gamba sinistra. >> << Stai scherzando, vero?! >> l'assassina aprì gli occhi di scatto. << Certo che no. >> Robin accennò un sorriso rassicurante. << La mia gamba destra è attualmente a contatto con la sinistra e quindi con il tuo braccio! Se non riesco a controllarmi finirò per ucciderti! >> << Lo so, ma in qualità di tua maestra è necessario che io mi assuma questo rischio e che mi fidi di te e della tua forza di volontà o non migliorerai mai! >>. La calma della donna spiazzò Alyce che tornò a concentrarsi sul suo potere, ma questa volta sentiva l'enorme peso della responsabilità della vita stessa di una persona gravarle sulla schiena come un macigno. Così fece uscire le fiamme dalla gamba destra, ma purtroppo la fiammata fu troppo potente e anche il piede sinistro prese fuoco. << Merda! >> sussurrò l'assassina, mentre il fuoco non sembrava voler fermarsi al piede, infatti stava risalendo velocemente verso il braccio di Robin. La ragazza provò un paio di volte a imporre su quello il suo controllo con calma, ma senza alcun risultato. Adesso basta, dannazione! pensò allora, tanto disperata quanto arrabbiata e il suo potere obbedì fermandosi di colpo e ritirandosi successivamente dalla gamba sinistra. La donna sorrise soddisfatta, poi disse: << Visto? Basta solo avere la  giusta determinazione e le fiamme non sfuggiranno mai più al tuo controllo. >>. Alyce annuì e fece rientrare il fuoco. Robin aveva ragione, se lei si imponeva come entità superiore rispetto a quella energia sarebbe sempre riuscita a dominarlo. << Adesso proviamo a far prendere fuoco solo alla tua mano sinistra. >> aggiunse mentre spostava il suo braccio di qualche centimetro più indietro. L'assassina fece un profondo respiro e si concentrò nuovamente, ma questa volta usò un atteggiamento più fermo e autoritario verso il fuoco, ordinandogli mentalmente di non espandersi oltre la mano sinistra. E quello obbedì, docile come un cagnolino, sotto lo stretto controllo di Alyce che ancora temeva che il braccio di Robin potesse essere aggredito dalle fiamme. Provò ancora un paio di volte e notò che il metodo che aveva usato per mantenere il controllo funzionava in maniera eccellente. Se fino a quel momento era rimasta stupita, quasi spaventata dal suo nuovo potere, aveva capito che per dominarlo doveva dimostrare di essere superiore. Quelle fiamme viola non erano un'entità indipendente capitata accidentalmente nel suo corpo, al contrario, erano una parte di sé, un compagno, un potente alleato pronto a seguire i suoi ordini e ad aiutarla in battaglia e nelle situazioni di pericolo; come i compagni che aveva perso.

Si allenò così per tutto il giorno, salvo brevi pause per riposarsi e, su consiglio di Robin, fece anche dieci minuti di meditazione per far sì che l'adrenalina che le scorreva freneticamente nel sangue non rovinasse i progressi che aveva fatto. Durante il pranzo e la cena riuscì a non incendiare il cibo; tranne a un certo punto quando notò che Zoro stava bevendo troppo, che gli aveva afferrato la bottiglia di saké e gli aveva dato fuoco, avvelenandone il contenuto fra le imprecazioni del pirata. Dopo cena si era finalmente potuta riunire alla ciurma ed era andata a dormire verso mezzanotte, con la fiera certezza che quella volta non avrebbe bruciato il letto.

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Capitolo 14
*** Terra In Vista! ***


L'allenamento intensivo di Alyce durò altri due giorni, in cui, grazie alla pazienza di Robin, la ragazza riuscì a prendere quasi totalmente il controllo sulle sue fiamme viola. Le uniche volte in cui non riusciva a controllarle erano quando la sua mente fredda veniva sopraffatta da un turbinio di emozioni; fatto che accadeva poco spesso, abituata com'era a non mostrare alcun sentimento in battaglia. Quindi sia lei che la sua insegnante erano alquanto tranquille.

Quella mattina il cielo era di un azzurro immacolato, senza neanche una nuvola all'orizzonte, il sole splendeva e donava alla pelle un piacevole tepore e le piccole onde del mare, piatto come una tavola, si infrangevano con un movimento pigro e ritmato contro lo scafo. La nave avanzava lentamente, trasportata dalla corrente marina, mentre le vele si afflosciavano per l'assenza di vento. La ciurma era calma e rilassata come il tempo: Robin leggeva dondolandosi lentamente sull'altalena, Chopper e Usopp nuotavano nella piscina segreta, Brook suonava il pianoforte, Alyce prendeva il sole al centro del ponte, Nami curava i suoi adorati alberi di mandarini, mentre Sanji era in cucina intento a prepararle un cocktail e Franky sorseggiava soddisfatto la quinta lattina di Cola della giornata. Rufy invece era seduto sopra la grande testa di un leone stilizzato, che altro non era che la polena del veliero, e fissava il mare con aria assorta, nessuno in quei momenti sapeva a chi o a che cosa stesse pensando il capitano e di certo non osavano interrompere quelle riflessioni. Il tempo scorreva lento e inesorabile, ma la ciurma non gli dava peso e non aveva la benché minima intenzione di pensare al futuro o ad altri ricordi infelici, volevano solo godersi quegli attimi di assoluto relax e riposarsi dopo tutti gli avvenimenti dei giorni precedenti. Ad un certo punto l'allegra sonata che Brook stava eseguendo con grande precisione fu rovinata da un urlo di Rufy, che lacerò l'aria come un coltello: << Nami!!!!! Terra in vista!!!! Dobbiamo attraccare al porto!!!! >>. Il ragazzo saltò giù dal leone, e corse a sporgersi dalla balaustra che dava sul ponte principale, mentre lei dall'altra parte della nave sollevava lo sguardo dai frutti succosi che aveva appena colto. << E perché mai dovremmo farlo?! >> << Perché Sanji ha finito la mia scorta di carne!!! >>. Il biondino uscì proprio in quell'istante con un vassoio su cui era poggiato uno bicchiere lungo e stretto colmo di un liquido giallo chiaro. << Non sono io che l'ho finita - gli ricordò il cuoco-, sei tu che ieri sera hai divorato tre maialetti arrosto! >> << Sì ma io ho fameeeeee!!!! >> Rufy assunse un'aria disperata. << Ufff... e va bene. >> si arrese Nami, quindi prese due mandarini maturi, scese dal ponte di poppa su cui era e raggiunse il capitano presso il timone che girò in direzione dell'isola. La nave si inclinò leggermente e virò con un movimento lento e aggraziato. Alyce, che si era stufata di abbronzarsi quando la sua pelle aveva già un colorito abbastanza scuro, andò dai due, proprio mentre Sanji le stava porgendo il drink; quindi colse l'occasione per chiedergliene uno anche per lei. L'uomo fece un profondo inchino e, dopo aver mormorato qualcosa come << Ogni tuo desiderio è un ordine, mia Alyce. >> se ne tornò nel suo regno, ovvero la cucina. L'assassina invece si avvicinò alla polena che adesso puntava verso un'isoletta non troppo lontana e rimase lì ad osservarla. Vista da lontano sembrava come un enorme masso dalle sommità aguzze scagliato in mezzo all'oceano da chissà quale divinità infuriata, Dubito che lì troveremo buona carne... pensò dubbiosa. Qualche minuto dopo sentì come presenza che incombeva alle sue spalle, ma poiché sospettava già chi fosse si trattenne dallo sferrare un attacco a sorpresa. Le sue supposizioni si rivelarono giuste, infatti era solo Sanji che le aveva portato il drink, una bevanda frizzante al limone dal retrogusto alcolico. I due allora iniziarono a chiaccherare e in poco tempo furono raggiunti anche dal resto dei pirati, che erano curiosi vedere il luogo in cui stavano approdando.

L'isola non era altro che una perfetta simbiosi fra civiltà e luoghi inospitali: poco sopra un boschetto di conifere infatti si ergevano, saldi ed imponenti, alti speroni rocciosi; su cui crescevano, ammassati in gruppetti sparsi, piccoli cespuglietti, talmente vicini fra loro che pareva che avessero paura di rimanere soli in quella distesa di pietre. In quelle macchioline di verde trovavano riparo piccoli roditori, che si celavano agli occhi attenti di aquile e falchi che implacabili planavano sopra le loro teste. Vicino al mare invece si trovava una città, neanche tanto grande, con un sacco di case alte e strette, una più colorata dell'altra; non era certo il classico covo marcio di pirati in cui Alyce era abituata a vivere. Sotto il veliero intanto il fondale si tingeva di tutte le sfumature di azzurro, da quelle più chiare a quelle più scure, fino ad arrivare al verde, quando sulla sabbia erano cresciuti banchi di alghe. Poco sotto la superficie dell'acqua invece piccoli pesci argentati nuotavano, mentre la luce solare colpiva le loro scaglie, producendo giochi di luce sul legno dello scafo. Usoppo approfittò della situazione e iniziò a pescare nell'acqua cristallina. Mano a mano che la nave si avvicinava al porto, si sentivano sempre di più rumori e odori tipici della tarda mattinata in una città marittima: l'odore del pesce appena pescato, i mercanti che urlavano per attirare la clientela, i bambini che giocavano e le mamme che strillavano di non combinare pasticci. All'improvviso però Nami sterzò bruscamente, facendo barcollare il veliero e l'intera ciurma. << Che diamine stai facendo?! >> le chiese il marimo con la stessa delicatezza che ha un elefante in una gioielleria. Lei per tutta risposta gli indicò, seria, una piccola nave attraccata al molo. Alyce rabbrividì quando vide che la bandiera della marina sventolava minacciosa sulla sommità dell'albero maestro e accarezzò la x del suo marchio. I pirati erano ammutoliti e torvi scrutavano la nave nemica per individuare qualche ammiraglio o per attaccare nel caso in cui qualcuno li avesse riconosciuti. Ma lo scafo pareva deserto, un fatto parecchio insolito, sopratutto perché imbarcazioni di quel genere spesso trasportavano armi e munizioni di vario genere. Nonostante le cupe previsioni di quel pessimista di Usopp, nessuno si mise a gridare << Pirati, pirati!!! >> e non prese luogo alcuno scontro armato. Nami decise allora di cercare un posto più nascosto dove attraccare e poco tempo dopo trovò un porticciolo all'ombra delle montagne che pareva tranquillo e non sorvegliato. Così ì, grazie all'aiuto di Franky fermò la nave ad uno dei forti piloni metallici del molo e raggiunse il resto della ciurma che nel frattempo si era riunita sotto la tettoia, per decidere il da farsi. << Bene - esordì Sanji- la città sembra essere calma, non troppo grande e sorvegliata dai marines... quindi direi che lo scheletro, la renna e il cyborg rimangono qui. >> << Nooo, perché?! >> protestò Chopper << Perché date troppo nell'occhio e almeno per oggi vorrei evitare di combattere contro un plotone di soldati del governo, le signorine potrebbero non gradire affatto. >> << Ma allora perché Usopp non rimane con noi? >> << Perché non attira troppo l'attenzione e poi serve qualcuno che mi aiuti a trasportare le mie scorte di cibo e gli acquisti delle ragazze. >>. << Ehi! >> esclamò Usopp, ma i due non lo considerarono. << E davvero credi che non dia nell'occhio? >> la vocina del medico aveva assunto un tono insolitamente velenoso, in netto contrasto con il suo musetto dolce e la sua personalità spensierata. << Certamente! >> rispose Sanji convinto. << Allora dimmi... quante persone conosci che hanno una bacchetta al posto del naso?! >> << Ehi!!! >> esclamò di nuovo Usopp, ma anche quella volta nessuno gli prestò attenzione. Alyce, che ne aveva abbastanza di quel battibeccare, si alzò di scatto. << Ma la volete smettere voi due di litigare in questo modo per un motivo talmente futile? Datevi una calmata! Chopper, come diamine ti viene in mente di insultare così un tuo compagno, ma non ti vergogni? >> la ragazza aveva incrociato le braccia e guardava i due con l'aria ferma e autoritaria di un leader alle prese con i suoi sottoposti più indisciplinati. La renna abbassò la testa, arrossendo violentemente << Hai ragione... scusa Usopp... >> balbettò imbarazzata. Anche Sanji, sebbene a malavoglia, si scusò e poi, rivolto alla ragazza, chiese: << Allora chi facciamo restare sulla nave? >> << Beh, io direi che chiunque abbia voglia di scendere possa benissimo farlo, per quanto il suo aspetto spicchi tra la folla; se ci scoprono io non ho alcun problema a far assaggiare a qualche stolto cane del governo le mie fiamme velenose, siete tutti con me? >> dalla ciurma si alzò un << Sì! >> collettivo, mentre Usopp le mandò uno sguardo colmo di riconoscenza. Così ognuno andò a preparare le sue cose, tranne Franky che si era offerto di badare alla nave e, dopo aver posizionato la passerella di legno, scesero dal veliero.

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Capitolo 15
*** Sarà Ancora Vivo? ***


Il porticciolo, nonostante fosse di piccole dimensioni e non molto frequentato, aveva alcune bancarelle di pescatori che scaricavano il pesce fresco dalle loro barche e altre che invece presentavano un'ampia gamma di ortaggi e altri generi alimentari. Quel piccolo mercato era un tripudio di colori e odori che diede ai pirati un frizzante benvenuto in quella che a prima vista pareva un ridente cittadina marittima. Brook fu molto preso da quella visione e con un solo passo fu in mezzo al molo. Lo scheletro si guardò intorno soddisfatto e disse: << Siamo capitati in un posto così delizioso da riempirmi il cuore di gioia... anche se io non ho un cuore! Yohohoh skully joke! >>. La sua insolita risata oerò destò l'attenzione di una giovane donna, che si voltò e lo guardò. Non appena si rese conto che colui che stava parlando altro non era che un morto vivente, impallidì, cacciò un urlo terrorizzante e scappò via convulsamente. Brook la osservò mentre lei se la dava a gambe: << Perché quella signorina sta scappando? >> si chiese calmo e chinò la testa imbarazzato quando capì che era lui la causa di quella fuga. Quindi affranto decise di tornare sulla nave a fare compagnia a Franky. Alyce fu molto dispiaciuta della reazione del suo compagno, ma dovette ammettere che uno scheletro di due metri e venti, con una capigliatura afro, una corona di finto oro sul capo, vestito in modo sgargiante con tanto di pitone arancio intorno alle spalle calamitava gli sguardi più di quanto potesse fare un'intera compagnia circense. Da questo punto di vista Sanji non aveva proprio tutti i torti a non voler camminare insieme a gente troppo bizzarra, perciò sapeva di meritarsi l'occhiata da saputello che il cuoco le stava mandando in quel momento; ma lei gli allungò ugualmente una gomitata nelle costole come gesto di stizza, troppo orgogliosa per ammettere che avrebbe dovuto dargli retta almeno un po'. Dal piazzale con il molo e il mercato partivano tre grandi viali colorati brulicanti di negozi e botteghe; il biondino prese quello che pareva più colmo di cibo e si portò dietro Usopp per aiutarlo a portare le provviste per la stiva e Rufy,  che già si era fiondato sul bancone di un macellaio e stava sbavando davanti alle bistecche messe in bella vista. Le ragazze insieme a Chopper e Zoro decisero invece di fare un giro per il centro; Alyce infatti aveva bisogno di vestiti nuovi, Robin di libri e Nami di gioielli. Il marimo e il medico non necessitavano di niente in particolare, ma la renna aveva voglia di rovistare nei negozi di medicinali e lo spadaccino voleva rimanere il più lontano possibile dal cuoco. Così i due seguirono le compagne in negozi di abbigliamento e gioiellerie. Nami si era portata dietro una quantità ingente di denaro e correva da un orafo all'altro, i suoi occhi verdi brillavano come smeraldi, riflettendo l'oro e le pietre preziose dei gioielli che osservava. Dopo aver fatto incetta di collane, bracciali e orecchini portò Alyce in un negozio che pullulava di ragazze. Sanji amerebbe questo posto. pensò l'assassina domandandosi se l'uomo avesse mai pensato di lasciare la sua grande passione per la cucina per un lavoro simile solo per essere circondato costantemente da donne. La ragazza dai capelli arancioni si fece largo fra la gente e tirò l'altra per un braccio. Un minuto di spintoni dopo, le ragazze raggiunsero una parte del negozio meno affollato con un piccolo camerino coperto da una spessa tenda di velluto. Nami iniziò a rovistare tra i vestiti entusiasta e consegnò alla giovane una montagna di capi diversi, quindi la spinse dentro al camerino. Alyce non aveva mai amato andare a fare shopping, per quanto si fosse sempre presa una grande cura del suo corpo, che considerava estremamente prezioso, non si era mai preoccupata troppo di come si vestiva; tanto a detta di Raven lei sarebbe stata comunque bellissima anche con addosso un sacco di tela sporco. Raven... il suo pensiero tornò a lui senza un motivo apparente. La ragazza sentì una stretta allo stomaco e il cuore le diventò piccolo come una moneta. Era inutile negare che lui le mancasse terribilmente e dimenticarlo le sembrava qualcosa di impossibile, sopratutto dopo che Kobi le aveva detto che lo aveva visto scappare dal luogo di battaglia. Anche se lei all'inizio aveva respinto con forza le parole del marine, reputandole come una patetica bugia per aver salva la vita, il dubbio le sie era insinuato nelle crepe della sua anima apparentemente solida e da quel momento aveva continuato a tormentarla. Così, immersa nei suoi pensieri, provò con una certa meccanicità i vestiti fra i commenti ammirati di Nami, che a lei arrivarono come una voce lontana e distratta. La navigatrice decise di prendere tutto, senza neanche sentire il parere di Robin o Alyce che, con due enormi buste in mano, uscì di corsa dal negozio e si precipitò dal marimo che le stava aspettando. Gli voleva chiedere una cosa, una domanda che rimbalzava nella mente, come una mosca che si ostina a sbattere contro il vetro della finestra in cerca di una via d'uscita. << Zoro... -mormorò titubante.- devo farti una domanda... >>. Lo spadaccino alzò un sopracciglio, sorpreso: << Certo, chiedi pure. >>. Alyce fece un profondo respiro per calmare il suo cuore che pareva impazzito da quanto batteva forte. << Nella stiva della galera... tra i cadaveri - la ragazza ebbe un brivido nel pronunciare quella parola, ma si fece coraggio e continuò.- c'era anche un ragazzo... alto, biondo... con una benda sopra l'occhio sinistro?... >>. Il marimo rifletté un attimo, quindi si guardò attorno sempre pensieroso. L'assassina intanto tremava per la tensione, una parte di sé si rifiutava di sentire la risposta, mentre l'altra parte era sopraffatta dalla curiosità e strepitava per sapere il responso il prima possibile. Dopo un tempo che ad Alyce parve interminabile Zoro disse: << Intendi come il tizio che sta correndo verso di te? >> e indicò un punto alla sua destra. << Ma che cazz... >> esclamò la ragazza girandosi,  ma non riuscì a completare la frase che qualcuno la scansò con un braccio. Il ragazzo che l'aveva appena spinta si girò a guardarla e il cuore di Alyce fece un salto mortale, mentre il tempo introno a lei pareva essersi fermato, come se qualcuno avesse levato l'ingranaggio che gli permetteva di scorrere. Il giovane aveva un fisico atletico e slanciato ed era di poco più alto di lei; il suo corpo era perfettamente scolpito e la pelle era leggermente rosea. Una marea di capelli biondi mossi gli ricadevano a ciuffi spettinati sulle spalle larghe e si appiccicavano sulla fronte imperlata di sudore. Il volto era ovale e squadrato, con le guance scarlatte per lo sforzo ed era in netto contrasto con il resto del corpo. Aveva infatti dei tratti delicati e raffinati che stonavano con la robustezza del corpo. Il suo naso era sottile e le sue labbra fini e sensuali, simili a due petali di rosa. Gli occhi invece erano grandi e di colore blu elettrico, sembravano uno specchio d'acqua, profondo, limpido, incapace di nascondere alcuna emozione. Una benda candida però gli copriva l'occhio sinistro, ma senza sconvolgere l'equilibrio di quel volto etereo. Alcye avrebbe potuto riconoscere quel volto anche in mezzo ad un milione di sosia, era il suo Raven, senza ombra di dubbio! Ma perché era lì e come mai correva? La ragazza ebbe la risposta alla seconda domanda quando il tempo ricominciò a scorrere e il ragazzo, che non l'aveva riconosciuta, riprese a correre. Pochi istanti dopo un uomo in divisa travolse Alcye e si gettò all'inseguimento di Raven. L'assassina si riprese dalla trance in cui era caduta e non appena di rese conto di come stavano le cose sussultò. Se non avesse fatto qualcosa subito avrebbe rischiato di perdere il giovane per la seconda volta! Così, mossa dall'euforia di averlo rivisto e dalla disperazione di vederlo disarmato braccato da un soldato munito di fucile, lasciò cadere le buste a terra e iniziò ad inseguirli; lasciando Zoro con un'espressione di confusione estrema dipinta sul volto. 

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Capitolo 16
*** L'Inseguimento ***


Tutta la scena dell’arrivo di Raven, che a Alyce sembrò durare un’eternità (tempo che, comunque, sarebbe risultato troppo breve per lei), per Zoro durò solo pochi istanti; giusto il tempo di rendersi conto che l’assassina si era lanciata in un folle inseguimento di un giovane e un marine furente. Lo spadaccino per un secondo rimase stupito, ma poi, senza un motivo vero e proprio, aveva iniziato a correre pure lui, stringendo con la mano l’impugnatura di una katana.
Più avanti Alyce era concentrata a non perdere di vista quel ciuffo di capelli biondi, che oscillavano, colpiti dalle larghe spalle del ragazzo. Purtroppo però era ancora molto debole per le ferite riportate in battaglia, che bruciavano sotto i vestiti, e non riusciva ad essere veloce quanto avrebbe voluto; ma non poteva mollare adesso che lo aveva ritrovato, avrebbe corso fino a distruggersi le gambe a farsi esplodere i polmoni pur di raggiungerlo. Il marine intanto tentava di accelerare per accorciare la distanza fra lui e Raven, ma l’assassino era molto più agile e veloce di quell’omone armato. Così il soldato, non riuscendo a raggiungerlo, aveva iniziato ad urlargli le classiche frasi da “amministratore della giustizia”, come << Fermo, in nome della legge! >> o << Smetti di correre o sparo! >>. Ma erano i classici ammonimenti senza alcuna minaccia concreta, il marine infatti, nonostante sbraitasse di voler piantare due pallottole fra le scapole del ragazzo, non aveva neanche sfiorato l’impugnatura del suo fucile e di certo non si sarebbe mai azzardato a sparare un colpo in mezzo ad una strada affollata come quella; se avesse ucciso per sbaglio un cittadino innocente come avrebbero reagito i suoi superiori?
Nel frattempo un’acuta fitta di dolore partì dal fianco destro della ragazza e si propagò per tutto il busto, come una scarica elettrica; Alyce imprecò a mezza voce e si piegò in avanti, senza però rallentare il ritmo della corsa e senza accorgersi che Zoro, che si trovava poco più indietro di lei, aveva sussultato a vederla in quelle condizioni. Più volte lui aveva provato a chiamarla e a implorarla di fermarsi, ma lei era talmente attenta a non perdere di vista Raven da non riuscire a sentirlo. Ad un certo punto, però, la mente allenata dell’assassina notò un particolare insolito, una delle prime cose da fare in caso di inseguimento che aveva insegnato alle nuove reclute era quella di frapporre fra sé e l’inseguitore più ostacoli possibili, come ad esempio carretti di ortaggi o barili, per rallentarlo; ma in quel momento la sua corsa proseguiva spedita e gli unici ostacoli che incontrava erano dei passanti riccamente vestiti, che comparivano occasionalmente sul suo percorso e che lei scansava con ampi gesti delle braccia. Sebbene pensasse che fosse un fatto alquanto strano, Alyce non diede troppo peso a quel particolare, molto probabilmente il ragazzo faceva grande affidamento sulle sue gambe snelle e riteneva di riuscire a seminare il marine contando solo sulle sue capacità.
Lo spadaccino intanto aveva iniziato a chiedersi che diavolo glielo avesse fatto fare di mettersi a correre come un forsennato dietro all’assassina, perché non si poteva semplicemente fermare e tornare dal resto della ciurma, lasciando che lei se la cavasse da sola? Infondo era stata lei che, ancora in convalescenza, si era messa imprudentemente ad inseguire un ragazzo che lui non aveva mai visto prima. Eppure le sue gambe non lo volevano ascoltare, infatti continuavano a muoversi, imperterrite, nella speranza che lei prima o poi si fosse fermata. E non erano solo le sue gambe a non dare retta alla parte razionale della sua mente, dato che aveva nel cuore la paura che le potesse accadere qualcosa di brutto e anche qualcos’altro che lo spingeva a non arrendersi e a proteggerla. Era la prima volta che gli succedeva una cosa simile, a detta di tutta la ciurma lui era solo un uomo insensibile, che non aveva idea di cosa fosse l’amore e che passava le giornate ad ubriacarsi, non curandosi di nessuno. Ovviamente nessuno a parte Sanji aveva mai osato dirgli queste cose in faccia, ma sapeva che anche gli altri in cuor loro lo pensavano. “Ma se veramente sono così insensibile – rifletté- allora qual è il sentimento che continua a farmi correre appresso ad Alyce?”. Infastidito dalla domanda che si era appena posto, provò a formulare qualche ipotesi, ma nessuna pareva convincerlo. “Questo di certo non è amore. –pensò subito, per mettere le cose in chiaro nella sua mente- Sono solo preoccupato che qualcuno le possa fare del male. Poi la ciurma è affezionata a lei, quindi è mio compito riportarla da loro sana e salva.”. Soddisfatto della spiegazione logica appena trovata, tornò a concentrarsi sull’inseguimento, giusto in tempo per notare, con la coda dell’occhio, che la ragazza aveva appena svoltato in una via secondaria. Il marimo sussultò, preso alla sprovvista, e girò bruscamente, travolgendo una signora con un sontuoso abito rosa.
Più Alyce continuava a correre, più il passaggio intorno a lei mutava: dalla spaziosa via principale affollata infatti erano passai alle strade più strette e con meno gente, fino ad arrivare a dei vicoletti malfamati. Le grandi case colorate con intarsi in foglia d’oro avevano lasciato il posto prima ad abitazioni più modeste e successivamente a vere e proprie catapecchie fatiscenti. I vicoli in cui ora stava correndo le ricordavano i luoghi in cui era cresciuta: erano stradine strette e polverose, in cui l’altezza dei palazzi in legno marcio e mattoni scadenti, che parevano reggersi in piedi per magia, ostruiva il passaggio alla luce del sole. I colori che prevalevano erano il nero e il grigio, così come gli odori che riempivano le narici non erano quelli del mercato, bensì quello opprimente della legna bruciata e il tanfo nauseabondo di escrementi, sporco e cadaveri in putrefazione. Il rumore della via principale, che ormai non si sentiva più, era stato sostituito da un inquietante silenzio, rotto qua e là dall’urlo di una donna, dal brusco parlare di un uomo o dal pianto di un bambino. Anche la gente era cambiata: al posto delle ricche signore che passeggiavano con grazia, seguite talvolta da qualche servitore, c’erano persone dalla magrezza sconvolgente, vestite di stracci, con il volto lurido e scavato di chi non mangia e non si lava spesso e gli occhi arrossati di chi non dorme per paura di morire o essere derubato dei suoi pochi averi. Neanche i bambini avevano le guance rosee tipiche dell’età in cui si pensa solo a giocare. Alcuni di loro erano accucciati o stesi in terra, chi in piccoli gruppi, chi da solo, ma forse questo non faceva alcuna differenza; infatti nessuno provava a intrattenere gli altri in alcun modo e chi provava a farlo non veniva ascoltato e in poco tempo si arrendeva. Rimanevano rannicchiati, stringendosi fra di loro in cerca di un po’ di conforto e cercavano di coprirsi il corpicino scheletrico con stracci o cartoni, troppo deboli e malati per alzarsi e giocare. Nei loro occhi non c’era alcuna traccia di spensieratezza, erano occhi colmi di sordo dolore e dell’orribile consapevolezza di non poter avere un futuro. Ad Alyce si strinse il cuore pensando che pure lei una volta era una di loro: una povera bambina senza speranze, che aveva solo la forza di piangere. Il filo dei suoi pensieri però fu interrotti bruscamente da un fisico possente che le colpì il fianco ferito. La ragazza si girò, mentre il dolore che si irradiava nel suo corpo si faceva sempre più forte. L’individuo contro cui aveva sbattuto era un burbero omaccione con la pelle scurita dal sole, i capelli brizzolati e gli occhi di colore diverso che guardavano in due parti contemporaneamente, probabilmente uno dei due era finto. L’uomo le mandò uno sguardo truce col suo unico occhio sano, ma l’assassina non lo notò, poiché la sua vista fu annebbiata da un violento capogiro, seguito da un’ondata di dolore. Ormai era allo stremo delle forze, le gambe le erano diventate morbide come il burro, i polmoni le bruciavano, così come le ferite che tiravano. “Non posso mollare adesso!” pensò allarmata, ma si sentiva sempre più debole e la testa le girava sempre più velocemente. Con un grandissimo sforzo riuscì a correre ancora per qualche metro, fino ad arrivare ad una piccola piazzetta, quindi, stremata, si fermò e si accasciò contro un muro, con la consapevolezza di aver perso Raven per la seconda volta.

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Capitolo 17
*** Persi Fra I Vicoli ***


La ragazza era piegata in due, le mani poggiate sulle ginocchia e una spalla contro il muro. All'improvviso il suo stomaco si contrasse dolorosamente e l'aspro sapore della bile le invase la bocca, rendendole ancora più difficile respirare. I polmoni le bruciavano e nonostante tentasse di incamerare più aria possibile in grossi respiri, l'ossigeno che attaversava il suo apparato respiratorio era comunque molto poco. Aveva la vista offuscata, la mente in subbuglio e le orecchie tappate; riusciva perfino a sentire il suo cuore che martellava senza sosta. Ogni suo muscolo protestava per l'ingente sforzo a cui era stato appena sottoposto, ma ciò che le doleva di più erano, ovviamente, il fianco ferito e la spalla marchiata che aveva sbattuto contro l'omone. Per qualche istante, Alyce boccheggiò, in cerca di più aria, ma sembrava che il suo diaframma non ne volesse sapere di funzionare correttamente; spaventata, per un attimo pensò che sarebbe morta così, soffocata per aver corso troppo. Ma subito dopo questo pensiero, qualcosa nel suo corpo si sbloccò e, con un grande respiro, recuperò tutto l'ossigeno di cui aveva un disperato bisogno. Quindi scosse la testa e il mondo le apparve nuovamente nitido. In quel preciso istante si rese conto anche che Zoro le si era avvicinato e, ansimando, le aveva poggiato una mano sulla spalla. L'assassina sussultò lievemente e si voltò verso di lui, come faceva ad essere lì? Lei non si era neppure accorta che lui la stava seguendo! La ragazza provò a dire qualcosa, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono: la sua gola bruciava troppo per permetterle di parlare. Lo spadaccino la guardò per un attimo, poi spostò lo sguardo sulla piazzetta che si apriva accanto a loro; infine, senza dire niente, le mise un braccio intorno ai fianchi e la fece indietreggiare, finché non ebbe la schiena totalmente appoggiata contro il muro. Alyce sussultò ancora, visibilmente sorpresa e confusa e le sue guance, già rosse per la corsa, divennero scarlatte. Zoro però teneva gli occhi fissi sulla piazza, come se qualcosa in quel posto lo avesse ipnotizzato e intanto era avanzato verso di lei tanto che i loro corpi erano praticamente appiccicati. L'assassina tentò di capire che cosa stesse guardando con tanto interesse il marimo, ma aveva la visuale bloccata un po' dal suo fisico imponente e un po' da una catasta di casse di legno marcio alta quasi quanto lei. All'improvviso il ragazzo voltò di scatto la testa verso il vicoletto che avevano appena attraversato e trattenne il respiro. Alyce riusciva a sentire i suoi muscoli premerle contro il petto e il suo cuore battere forte. Qualche istante dopo, Zoro si rilassò e volse lo sguardo a lei, guardandola intensamente negli occhi color pece leggermente allungati. La schiena della ragazza fu attraversata da un brivido, tanto i loro volti erano vicini... "Alyce, smettila di fare così! Ti ricordo che sei fidanzata!" La riproverò la sua coscienza e il brivido scomparve all'istante, mentre il cuore riprendeva a battere al giusto ritmo. << Zoro, si può sapere che... >> sbottò, infastidita, ma non finì la frase che il ragazzo le premette leggermente un dito sulle labbra e sussurrò un leggero <>. Lei lo guardò dubbiosa, allora lo spadaccino sollevò la mano dai suoi fianchi e gliela poggiò sulla spalla destra, poi la fece staccare dal muro quel che bastava per permetterle di vedere la piazza e le indicò un punto dall'altra parte di essa. La giovane trasalì preoccupata, il marine che stava inseguendo Raven si era fermato e stava parlando con il suo ammiraglio, arrivato da chissà dove. Alyce si accucciò dietro le casse e Zoro fece lo stesso, ma sempre rimanendole appiccicato. << Certo che potevi anche dirmelo, invece di comportarti come un maniaco sessuale! >> gli sussurrò lei stizzita, mentre sbirciava i due marines. << Oh scusa se ti ho fatto scudo col mio corpo per evitare che ti vedessero e ti catturassero! >> ribatté lui, secco. La ragazza sospirò << Hai visto per caso dov'è andato Raven? >> << Intendi il biondino? No mi dispiace, penso che sia riuscito a seminare il suo inseguitore... e anche noi. >> << Beh, se non altro non l'hanno preso e ucciso... >>. I due pirati rimasero nascosti per circa un minuto, cercando di capire più parole possibili del discorso, ma i marines parlavano in maniera alquanto sommessa, impossibile da comprendere e presto se ne andarono, prendendo un' altra via. "Strano che l'ammiraglio non abbia sgridato il soldato per aver lasciato fuggire Raven... " osservò Alyce. Quando i due cani del governo se ne furono andati, i ragazzi si alzarono e si stiracchiarono. << Bene -esordì Zoro- adesso dobbiamo solo trovare un modo per tornare dagli altri... >> << Okay, tu sai come tornare in centro? >> << Sì, sì, lascia fare a me. >>. Alyce annuì, non troppo convinta, e i due iniziarono a tornare indietro sui loro passi. Durante il primo pezzo di strada non parlarono, il marimo era arrabbiato con l'assassina per essere scappata senza motivo e lei era arrabbiata con sé stessa per non essere riuscita a raggiungere Raven. Dopo un po' che camminavano, si trovavano davanti a una biforcazione del vicolo squallido in due viuzze scarsamente illuminante. Il ragazzo fece per andare a destra, ma lei lo bloccò. << Dove credi di andare? >> << Come dove credo di andare?! Dal resto della ciurma, ovviamente! >> << Guarda che noi siamo venuti da sinistra! >> << Ma che diamine dici!? Siamo venuti da destra! >> << No, mi ricordo quei bambini lì... >>. La giovane indicò con un gesto del capo due ragazzini scheletrici, seduti contro un muro e il sangue le gelò nelle vene. << Sciocchezze, dobbiamo andare a destra! >> insistette lo spadaccino. Alyce allora perse la pazienza, camminò fino all'imboccatura della via di destra, trascinandosi dietro Zoro. << Guarda, è un dannatissimo vicolo cieco! Ma quanto hanno distribuito il senso dell'orientamento tu dove cazzo stavi, ad ubriacarti di sakè?! >>. Il ragazzo fece per dire qualcosa, ma lo sguardo furente di lei gli fece cambiare idea, anche se era ancora arrabbiato con lei, voleva aspettare di essere con i suoi compagni prima di farle qualche domanda. Così lo spadaccino fu costretto a seguire l'andatura veloce dell'assassina,  che intanto si guardava intorno in cerca di un punto di riferimento. Girarono per vie malfamate per un gran lasso di tempo, scansando, di quando in quando, donne che allattavano bambini, omoni che bevevano e ragazzi storpi che chiedevano l'elemosina. Tutte quelle scene di povertà estrema a Zoro non facevano né caldo né freddo, mentre ad Alyce facevano tornare in mente ricordi struggenti della sua infanzia. Lui la vedeva camminare veloce e piantarsi nervosamente le unghie nei palmi, ma non ne capiva il motivo, infondo non era anche lei una mente fredda e spietata? 
Fortunatamente però riuscirono a trovare la strada percorsa all'andata e tirarono un sospiro di sollievo non appena sbucarono in un'affollata via del centro. Fu lì che un altro giovane biondo urtò Alyce, ma questa volta invece di una benda sull'occhio e tratti giovani e delicati, aveva le sopracciglia che terminavano con buffo ricciolo, pizzetto curato e un completo elegante. << Sanji! >> esclamò la ragazza, riconoscendolo. << Ragazzi! -rispose lui stupito- Che cosa ci fate qui?! >> 

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Capitolo 18
*** È Tempo Di Spiegazioni ***


<< Beh, devo dire di non essere mai stato così felice di vedere un cuoco da strapazzo come te in tutta la mia vita! >> commentò sarcasticamente Zoro non appena riconobbe il pirata. Quello però era troppo stupito dalla loro comparsa per rispondergli a tono. << Pensavo che foste andati con Chopper e le ragazze dall'altra parte della città. -disse invece- Come diamine avete fatto ad arrivare fin qui?! >> << Chiedilo ad Alyce, è lei che si è messa a correre dietro ad un tizio con una benda su un occhi e ad un marine armato! >>. La ragazza guardò il marimo visibilmente irritata, << E tu sta' zitto che non sai niente del perché li ho seguiti! >> sibilò fredda, quindi distolse lo sguardo e si finse interessata ai suoi sandali di cuoio, mentre un'ondata di sentimenti contrastanti e domande le invadeva la mente come un fiume in piena. Vedendola turbata, Sanji le poggiò una mano sulla spalla. << Ehi, va tutto bene? >> le chiese con tono dolce. L'assassina alzò lo sguardo << Sì... tranquillo... >> rispose tentando di controllare la sua voce tremante il più possibile e di rassicurare il cuoco con uno sguardo calmo, ma lui non sembrava troppo convinto. Allora sospirò e tornò a guardarsi i piedi, mentre avevano già iniziato a tornare verso la nave. << Si può sapere cosa le hai fatto questa volta?! >> sussurrò Sanji fulminando lo spadaccino con gli occhi. << Come cosa le ho fatto? >> << Guardala, è distrutta! Di sicuro le avrai detto qualcosa di terribile per ridurla così! >>. Zoro sollevò un sopracciglio, infastidito. << E perché devo essere stato per forza io? >> << Perché sei un marimo insensibile e non sai come trattare le donne! >> << Ah perché tu sai come trattarle? >> << Certamente, io a differenza tua sono un gentiluomo! >> << Un gentiluomo? -lo spadaccino soffocò una risata- Ma se non fai altro che comportarti da maniaco e sbavare dietro alla prima ragazza che passa! >> << Almeno io non le riduco sull'orlo delle lacrime! >> il cuoco indicò Alyce con un cenno del capo. << Guarda che lei non fa così per colpa mia! >> << Figurati se ci credo! >>. I due continuarono a litigare sottovoce, sperando che il costante brusio della strada nascondesse le loro voci, ma era inutile, l'assasina li sentiva comunque. Aveva infatti ascoltato ogni singola parola e per quanto le stessero dando fastidio, non voleva dir loro di smetterla, così come non voleva allontanarsi dal rassicurante tocco di Sanji, poiché erano le sue uniche fonti di distrazione che le impedivano di pensare troppo a ciò che era appena accaduto. Nonostante ciò, sentiva il cuore piccolo come una nocciolina e nella testa le stesse domande rimbalzavano come mosche contro il vetro. Come aveva potuto perderlo? Perché non aveva resistito di più? Era diventata talmente debole da non riuscire più a salvare neanche la persona più importante della sua vita? Chissà dove si trovava lui adesso e se l'aveva riconosciuta... "Magari mi sta cercando! -si disse per ritrovare un po' di ottimismo- O magari è stato catturato..." . La ragazza strinse forte i pugni. "Se fossi stata più forte avrei potuto aiutarlo e poi fuggire insieme!". In quel momento, la ferita sul fianco tornò a stuzzicarla, come per ricordarle, con una certa riluttanza, che più di così non avrebbe potuto fare. "Dannata Marina, è sempre colpa sua!". Alyce, che desiderava ardentemente scoppiare a piangere, abbracciare Raven e uccidere qualcuno, si convinse, non senza una certa difficoltà, che la cosa migliore da fare adesso era evitare di farsi sopraffare dalle emozioni, spiegare l'accaduto alla ciurma e cercare il ragazzo, con o senza di loro. Così fece qualche respiro profondo e tenne a bada il suo cuore, in modo da riacquistare un minimo di autocontrollo necessario per pensare lucidamente. Quindi iniziò a pensare in quali luoghi della città si sarebbe potuto nascondere o dove lo tenessero prigioniero. Il filo logico dei suoi pensieri, però, fu quasi subito interrotto dal litigare sommesso dei due pirati, che stavano iniziando a prendersi a insulti. << Ragazzi, la volete smettere di litigare ogni volta come bambini?! -sbottò- Sanji, so che il marimo tratta le donne con la delicatezza di un elefante, ma non è stato lui a ridurmi così. E Zoro, non mi sono messa a inseguire "quello strano ragazzo con una benda sull'occhio" perché sono totalmente impazzita e mi metto a fare cose senza senso, ma perché c'è un motivo che spiegherò non appena saremo alla nave. Adesso se non vi dispiace, gradirei poter ragionare senza le vostre voci di sottofondo, grazie. >>. I due la guardarono esterrefatti, senza chiederle scusa per non farla infuriare ancora di più. Nessuno di loro parlò, finché non furono giunti al veliero, dove li attendevano gli altri. Nami sembrava estremamente preoccupata e, non appena vide Alyce, le corse incontro e la abbracciò forte, chiedendole dove fosse stata e informandola che tutti i suoi nuovi acquisti erano nel suo armadio. L'assassina, che stava per soffocare, ringraziò e cercò divincolarsi da quell'abbraccio tentacolare. Intanto anche il resto della ciurma si era avvicinato e aveva iniziato a bersagliarla di domande. << Calmatevi! -esclamò Sanji- La mia cara Alyce ha bisogno di un thè freddo e di sedersi un attimo; poi vi dirà tutto quello che volete sapere. >>. Nami allora la lasciò andare e l'assassina tirò un sospiro di sollievo, mentre mandava uno sguardo riconoscente al cuoco. La ciurma tornò quindi sulla nave, dove Franky stava rafforzando il parapetto con un grande martello. Il cyborg, che molto probabilmente era all'oscuro di tutto, si stupì nel vedere che gli altri erano tornati tanto presto, ma lì seguì ugualmente in cucina senza fare domande. Zoro, che era il primo del gruppo, aprì la porta della cucina e sussultò, per poi mettersi a ridacchiare senza sosta. << Marimo, perché ridi? >> chiese Sanji confuso. Lo spadaccino si limitò ad indicare l'interno della sala con un sorriso trionfante. Il biondino allora arrivò con due lunghi passi al limitare della cucina, guardò dentro e impallidì: Brook era lì, seduto scomposto su una sedia, con i piedi poggiati sul tavolo da pranzo, che sorseggiava, calmo, una tazza di thè. Ma ciò che fece quasi svenire Sanji furono le condizioni della cucina: c'era acqua ovunque. I frammenti di una teiera di porcellana giacevano sul pavimento e il suo contenuto gocciava dal piano di lavoro di legno pregiato e dai fornelli, c'era pure una chiazza umida e scura sulla parete. << Brook! Cos'hai fatto?! >> sbraitò Sanji con gli occhi che parevano in fiamme. << Niente, ho solo preparato un'ottima tazza di thè, yohohoh! >> << E questo tu lo chiami preparare del thè?! Mi hai allagato la cucina, idiota! È per questo che nessuno può cucinare senza il mio permesso! Fallo un'altra volta è pesto tutte le tue ossa nel mortaio per poi darle in pasto ai pesci! >>. Il cuoco era fuori di sé, aveva afferrato una padella e si stava avvicinando minacciosamente allo scheletro, che era rimasto pietrificato con la tazza ancora vicina alla bocca. << Ehi, calma! Non è successo niente  di grave! -disse Alyce, afferrandogli il braccio con la padella- Dai, ti aiuto a pulire tutto. >>. Sanji si passò una mano sul volto e rilassò le spalle. << Va bene, cara Alyce, grazie... -mormorò, poi rivolto a Brook esclamò- Con te faccio i conti dopo! >>. Lo scheletro deglutì a fatica, terrorizzato, mentre le ragazze aiutavano il biondino ad asciugare tutto e a raccogliere i pezzi della teiera. Quando ebbero finito, si sedettero con gli altri intorno al tavolo e, siccome Sanji non voleva più sentir palrare di thè per altri tre mesi, decisero di bere una cola ghiacciata. << Allora, -esordì Zoro, sporgendosi verso l'assassina- che diavolo è successo? >> << Beh, mi sembra ovvio, Zoro, voleva aiutare quel ragazzo a fuggire, oppure voleva solo ucciderlo per averla spinta. Io l'ho visto di sfuggita, ma sembrava estremamente carino... Che sia stato amore a prima vista?! >> disse Nami con aria sognante, mentre la sua fantasia iniziava a vagare. << Mmmm... in effetti è stato amore a prima vista... >> rispose Alyce, pensierosa. << Che cosa?! -Zoro si mise le mani nei capelli, esasperato- Vuoi dire che hai inseguito per mezza città un tipo che neanche conosci, solo perché lo trovavi carino?! >>. La ragazza represse l'impulso di tirargli uno schiaffo. << Non intendevo quello! Io quel ragazzo lo conosco benissimo, si chiama Raven Volture e da circa sette mesi è il mio fidanzato! >>

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Capitolo 19
*** Alla Ricerca Di Raven ***


I pirati erano rimasti senza parole, sopratutto Zoro, che tutto aveva immaginato, tranne che Alyce fosse coinvolta in qualcosa di romantico con quel ragazzo. Davanti alla loro sorpresa e al loro silenzio, l'assassina capì che, se voleva ricevere il loro appoggio, avrebbe dovuto raccontare tutta la storia. Così fece un profondo respiro e iniziò: << Allora... tutto cominciò circa un anno fa. Il vecchio mentore era morto da qualche mese e io avevo preso il suo posto. Era una cupa serata estiva e una tempesta minacciosa si stava avvicinando, quando qualcuno bussò alla porta del nostro covo segreto. Quell'entrata la conoscevano solo ed esclusivamente i membri della setta, ma una sentinella mi avvertì che si trattava di uno sconosciuto; quindi andai a controllare di persona. Era un ragazzo all'incirca della mia età, debole, sporco e pieno di ferite... A volte lo sogno ancora... accasciato contro lo stipite della porta, con il sangue che grondava da ogni parte del suo corpo, tanto malridotto da non riuscire neanche a reggersi in piedi... Ma benché il fatto che fosse a conoscenza della nostra entrata segreta non mi convinceva minimamente, decisi di farlo entrare, per via delle sue condizioni pietose e della tempesta imminente. Mi disse che si chiamava Raven e che era un ladro che si guadagnava da vivere svaligiando i carri porta-valori della Marina. Purtroppo il suo ultimo colpo era stato un disastro ed era stato catturato e torturato brutalmente, ma per fortuna era riuscito a scappare prima che lo rinchiudessero in qualche prigione malridotta e per qualche giorno si era nascosto dietro ad un losco locale, finché non aveva incontrato Jacob, uno dei miei assassini migliori. Era stato lui ad informarlo della setta e dell'entrata segreta. Raven voleva unirsi a noi e, dopo che il mio sottoposto ebbe garantito per lui, dicendo che era degno di fiducia, decisi di includerlo nel gruppo... Così iniziò ad allenarsi come tutte le nuove reclute, ma visto che aveva un'abilità e una forza straordinarie, finii per allenarlo io stessa. In questo modo iniziammo a conoscerci sempre meglio e nel giro di qualche settimana... mi confessò che era innamorato di me... e ci fidanzammo... I mesi successivi furono lenti e pieni di gioia, non c'erano troppe missioni difficili e nessuno stava attentando alla setta... non mi ero mai sentita così tranquilla... e felice -Alyce fece un triste sorriso, che si spense quasi subito- E poi le cose iniziarono a precipitare... come un castello di carte troppo imponente per riuscire a sostenere il suo peso... iniziammo a subire parecchie imboscate da parte del Governo, tutte perfettamente pianificate... in quel mese persi una cinquantina di compagni... e l'atmosfera all'interno del covo divenne terribilmente agitata, ma Raven riusciva sempre a calmarmi... Alla fine ci fu lo scontro finale, di cui purtroppo non ricordo ancora niente... so solo che fummo sconfitti definitivamente e io venni rinchiusa nella nave. Dopo che Akainu mi spiegò che cosa aveva osato fare ai miei compagni... pensai che anche Raven fosse... morto -la voce della ragazza s'incrinò- Ma... prima di lasciare la mia gabbia, un certo Kobi mi disse che... l'aveva visto scappare, ferito, dal luogo della battaglia... Io all'inizio non volevo credergli... ma quando l'ho visto prima al mercato, ho capito che Kobi aveva ragione... e adesso lo voglio ritrovare! >>. Non appena Alyce finì di parlare, la sala ripiombò in un silenzio imbarazzante. Sanji le passò un braccio intorno alle spalle e la strinse forte, mentre Zoro le passo un fazzoletto con aria indifferente. Lei lo guardò storto, poi si toccò le guance e le sentì bagnate. ″Devo smetterla di piangere per ogni cosa, sembro una bambina!″ pensò, asciugandosi gli occhi con movimenti pieni di fastidio. Il resto della ciurma intanto teneva lo sguardo basso o si concentrava sul panorama fuori dalla finestra. Anche Nami non aveva il coraggio di guardare l'assassina negli occhi e, con le sue mani delicate, tormentava il bordo della tovaglia, pensando a qualcosa da dire. << Okay... -disse poi sollevando la testa di scatto- voglio aiutarti a cercarlo! >> << Anche io! >> aggiunse Robin, seguita a ruota da tutti gli altri. L'assassina non ci poteva credere, i suoi nuovi compagni, che la conoscevano da pochissimo, la volevano aiutare a cercare un ragazzo che per loro non significava niente, solo per lei. << Grazie ragazzi... vi sarò per sempre riconoscente! >> mormorò quasi commossa. << Io per te farei di tutto, Alycesuccia mia! >> esclamò Sanji, che ormai pareva sparare cuori ovunque. << No aspetta - Alyce si scostò da lui, mentre la felicità e il sollievo che aleggiavano per la cucina crollavano miseramente- come mi hai chiamata?! >> l'assassina inarcò un sopracciglio, irritata. << Alycesuccia! Ci sono Nami-swan e Robin-swan, ma Alyce-swan non mi piaceva, così ho deciso di cambiare! >>. L'assassina fece come un ringhio sommesso e avvicinò pericolosamente la mano, che nel frattempo aveva preso fuoco, al volto del pirata. << Okay, puoi benissimo fare il cascamorto con me, puoi anche insultarmi se vuoi... Ma. Non. Chiamarmi. Più. Così. O giuro che ti corrodo i ″gioielli di famiglia″ con le mie fiamme! Siamo intesi?! >>. Il cuoco fissò il fuoco velenoso e deglutì a fatica << V-va bene... posso almeno chiamarti Alyce-chan? >>. L'uomo fece un'espressione da cucciolo bastonato e la giovane sbuffò, esasperata. << E io che ti credevo un uomo serio! -esclamò, mentre Zoro soffocava una risata- Chiamami come ti pare, ma non Alycesuccia! >> << Ogni tuo desiderio è un ordine, Alyce-swan! >>. Il biondino fece un inchino educato e Alyce dovette trattenersi dal mollargli un pugno nello stomaco, se c'era una cosa che detestava quanto la Marina, erano i soprannomi idioti. << Ehi, ho un'idea! >> intervenne Nami, per calmare un attimo le acque. << Mmmh sentiamo. >> disse il marimo, per niente convinto. << Oggi, mentre vi cercavamo, ci siamo imbattuti in un locale chiamato ″Justice's Pub″ ... >> << Che era pieno di marines! >> la interruppe Chopper << Forse potremmo andare ad origliare e a cercare qualche informazione sul nascondiglio di Raven! >> continuò la ragazza. << Questa sarebbe un'idea eccellente, se non fosse per il fatto che abbiamo tutti un'ingente taglia sulla testa! >> commentò lo spadaccino, incrociando le braccia. Alyce, che pareva immersa in chissà quali ragionamenti, sussultò all'improvviso. << Per caso avete notato avvisi per nuove cameriere o personale vario? >> chiese con un fremito di emozione nella voce. << Mi sembra di sì... avevo visto che hanno bisogno di due cameriere e una ballerina... >> rispose Robin. << Perfetto! -lo sguardo dell'assassina si illuminò- mi è appena venuta un'idea! >> << Oh no, si salvi chi può! >> esclamò Zoro, passandosi una mano sulla faccia, disperato. Alyce gli colpì uno stinco i tacchi dei suoi sandali. Lo spadaccino imprecò. << Questo te lo sei meritato! >> gli dissero in coro Sanji e la ragazza. << Sentite- ricominciò lei- potremmo camuffarci e spacciarci per tre donne che hanno voglia di lavorare nel locale, se ci mascheriamo per bene nessuno si accorgerà che siamo noi! Gli uomini invece, saranno appostati, in incognito, nei pressi del bar e interverranno solo in caso di pericolo, grazie a un segnale che invieremo noi. Il nostro obbiettivo è riuscire a recuparare più notizie possibili su Raven e su altri miei compagni superstiti (anche se dubito che ce ne siano ancora). La nostra arma segreta per raggiungere lo scopo? Alcol e musica, ovviamente! Ma se qualche soldato ubriaco si azzarda a metterci le mani addosso, siamo autorizzate a ribellarci come meglio crediamo. Io sarò la ballerina: stando su un palco sopraelevato infatti avrò un'ottima visuale su tutto il locale e potrei avvertirvi di un eventuale pericolo; inoltre potrei anche riuscire ad ascoltare qualche discorso interessante. Che ve ne pare? >> << Come piano non fa una piega... circa... ma questo atteggiamento da leader da dove l'hai tirato fuori? >> chiese Zoro con una punta di sarcasmo. << Beh, non sono diventata il capo dei Jaguars perché abbiamo estratto a sorte! Comunque per attuare questo piano adesso devo avere il via libera dal capitano, quindi cosa ne pensi, Rufy? >>. Il pirata si fermò un attimo a ragionare, poi domandò: << Secondo te lì la carne è buona? >> << Ma ti sembra questa la domanda da fare?! -sbraitò Sanji- E poi la carne migliore la cucino solo io! >> << Lo so, ma che faccio se mi viene fame? >> << Ti preparo un panino da un metro imbottito di carne, va bene? >> << Ooooh, certo che sì! Bene, il piano si può attuare! >> concluse Rufy, con uno sguardo famelico. << Quando possiamo farlo? >> chiese Franky. << Anche questa sera se volete, l'importante è che si sia la carne! >> replicò il capitano. << M-ma è troppo p-pericoloso! -balbettò Usopp, alzandosi dalla sedia- I-insomma, così a-andiamo dritti n-nella tana del lupo! >> << Senti, smettila di fare il fifone una buona volta! Siamo noi ragazze quelle più esposte al rischio, il tuo ruolo è il più tranquillo del mondo...o quasi... quindi vedi di calmarti! >> disse Nami, battendo il cinque ad Alyce. << Che dite, andiamo a cambiarci? >> chiese Robin, mentre si alzava da tavola. Le altre due annuirono e la seguirono fino alla porta. << Ah, Sanji, -l'assassina si girò verso il cuoco- la minaccia è valida anche se provi a spiarci! >> Il biondino impallidì e mormorò un << Sissignora! >>. La ragazza sorrise, soddisfatta, e, con passo convinto, si diresse verso la sua cabina.

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Capitolo 20
*** Un Piano (Quasi) Perfetto ***


Dieci minuti dopo che le ragazze erano sparite dentro la cabina, gli uomini, che nel frattempo oziavano sul ponte, aspettandole, videro Alyce, che usciva di corsa dalla camera. Non aveva niente di diverso, salvo una maglietta in tessuto mimetico che aveva indossato al posto della precedente. << E tu vorresti ballare così? >> chiese Zoro, guardandola storto. << Certo che no, furbo! Voglio solo andare a fare un sopralluogo del locale, prima di entrare in azione, tanto sono solamente le quattro del pomeriggio, abbiamo tempo...>> << No, tu non vai da nessuna parte! -esclamò Nami, uscendo dalla cabina insieme a Robin- ti devo ancora trovare un vestito adatto per ballare! >> Alyce sbuffò << Ti ho già detto che ce l'ho! >> << Oh ma fammi il piacere, quello non va per niente bene! Più che una ballerina sembri una sposa! Hai bisogno di un colore più accattivante, tipo il rosso! Vieni con noi nel negozio di prima, che abbiamo bisogno di una divisa da cameriere. >>. << Uomini, vi prego, salvatemi da questo incubo! >> implorò Alyce, facendo gli occhioni dolci ai ragazzi, che guardavano la scena divertiti. << Dai Crow, non fare storie, i vestiti che scelgo per te ti stanno sempre benissimo! Non è vero? >> Robin annuì, seguita da Sanji, che aveva la bocca spalancata, un rivoletto di bava che pendeva da essa è gli occhi che brillavano, così come quelli vuoti di Brook. << A giudicare dalla reazione di quel cuoco di ultima categoria, direi di sì! >> disse Zoro con un ghigno. << Visto?! Quindi tu vieni con noi! >>. Nami prese la ragazza per un braccio e la tirò a sé. << Senti -Alyce si liberò dalla presa- ho  usato un vestito simile per un sacco di altre missioni, è bello, comodo per correre e lottare e non attira troppo l'attenzione; è perfetto per questa sera! E poi, se lo indosso, ci sono più probabilità che Raven mi riconosca! >>. Nami sospirò << E va bene, però dovrai farti accompagnare da Chopper, perché io e Robin adesso andiamo a fare shopping. >> Alyce borbottò qualcosa di incomprensibile riguardo a vestiti inutili e soldi sprecati e fu subito raggiunta da Chopper. << Tu non hai lo stesso senso dell'orientamento del marimo, giusto? >> gli chiese la ragazza. << Certo che no! Vedrai che arriveremo subito! >> rispose la renna, coprendo un commento molto poco gentile dello spadaccino riguardo all'assassinia.
I quattro allora scesero dalla nave, fecero un pezzo a piedi insieme, parlando distrattamente, poi si separarono. Durante il tragitto per arrivare al bar, il medico notò che Alyce, stranamente, teneva lo sguardo puntato verso l'alto e non sulla strada. << Che cosa stai guardando? >> le chiese, incuriosito. << Sto cercando una possibile via di fuga in caso la missione andasse male. I tetti sono la soluzione migliore se si è inseguiti da un gruppo di soldati impacciati da fucili e divise! Ovviamente questo percorso sarà solo per me e le ragazze, se qualcosa va storto vi farò un segnale e riuscirete a scappare prima che qualcuno vi noti. >> << Oh, bella idea! Sai -aggiunse Chopper dopo un attimo di silenzio- all'inizio avevo paura che potessi fare qualcosa di male alla ciurma... sembravi tanto cattiva... Ma in realtà sei buona come il pane! >>. Alyce distolse lo sguardo dai tetti al dolce muso della renna, mentre un grande sorriso le illuminava il volto. << Grazie Chopper, nessuno mi aveva mai detto una cosa simile... sei veramente tenero... -la ragazza gli accarezzò una guancia- Ma un'assassina non sarà mai buona del tutto... in passato ho fatto cose veramente brutte, cose che vorrei solo dimenticare... -Lo sguardo di Alyce si incupì- Però voglio molto bene a ciascuno di voi e quindi non ho alcuna intenzione di farvi del male... >>. << Eccoci! >> esclamò il medico all'improvviso. La giovane si rianimò, tirò fuori dalle tasche dei jeans un piccolo taccuino e una penna e iniziò a scrivere, mentre girava intorno al pub con aria pensierosa. Era un edificio basso, situato in una parte medio-povera della città; era uno di quei locali che un tempo dovevano aver ospitato clienti d'elite e feste mondane, ma adesso il suo antico splendore era scomparso quasi del tutto. Sulle pareti grigie scrostate e piene di crepe, si potevano intravedere tracce di una vecchia pittura azzurrina e alcune decorazioni di pietra, che erano state in parte distrutte o erose dalla pioggia. Le finestre erano larghe e sufficientemente pulite, affinché si riuscisse a vedere l'interno del locale, attualmente chiuso, senza difficoltà. Sulla pesante porta di legno era stato attaccato l'avviso di lavoro che le ragazze avevano notato in precedenza e, sopra di esso, troneggiava unca placca di legno più scuro, che iniziava a recare i primi segni di usura e che recava impressa la scritta "Justice's Bar" a caratteri dorati. "Il bar della giustizia... Che nome orribile! " pensò Alyce, schifata, mentre continuava a scribacchiare sul quadernetto e, di tanto in tanto, gettava occhiate circospette intorno a sé. Chopper aveva ragione, anche se il bar era ancora chiuso, il quartiere pullulava di marines! Qualche minuto dopo, la ragazza decise che aveva preso tutti gli appunti necessari e, una volta raggiunto il medico, fecero ritorno al veliero. Quando arrivarono a destinazione, l'assassina aveva già in mente i punti strategici più efficaci dove si sarebbero appostati i compagni e anche i segnali da fare. Così radunò gli uomini sulla panca vicino al pianoforte, salì un attimo in,cabina è tornò con un oggetto lungo e stretto di legno scuro fra le mani. Non appena ebbe raggiunto i pirati, afferrò l'oggetto con una mano sola e lo aprì con un rapido movimento del polso, rivelando il tessuto bianco a fiori neri di un ventaglio apparentemente prezioso. << Mi stai dicendo che la tua arma segreta è un ventaglio?! >> chiese Zoro, divertito. La ragazza lo guardò in cagnesco, fece qualche passo indietro, finché non fu illuminata dal sole pomeridiano e rivolse il ventaglio verso di esso. Appena la luce lo colpì, partì un bagliore che prese il marimo nel suo unico occhio funzionante. << Ehi! >> esclamò lui, accecato, la giovane ridacchiò e tornò sotto la tettoia. << Questo ventaglio è dotato di specchi nascosti, tramite i quali posso mandare segnali -spiegò Alyce- conoscete l'alfabeto morse? >> I pirati scossero la testa. << Okay allora facciamo così : io comunicherò solo con due di voi, che in caso d'emergenza o altro, avvertiranno gli altri tramite i lumacofoni. Un luccichio  significa che va tutto bene; luccichio, pausa lunga, luccichio vuol dire ritirata senza dare nell'occhio; luccichio, pausa breve, luccichio significa che sta uscendo una persona che dobbiamo seguire; mentre una lunga serie di luccichii veloci sarà il nostro segnale d'allarme. Intesi? >> Tutti annuirono. << Bene, inizieremo a prepararci non appena le ragazze torneranno. Dovete scegliere abiti scuri che attirano poca attenzione e mascherare meglio che potete i vostri segni particolari. >> Detto ciò, Alyce si sedette con loro e attese il ritorno di Nami e Robin, chiacchierando distrattamente e spiegando altri dettagli del piano. Le due tornarono un'ora e mezza più tardi, cariche di sacchetti. << Quanti vestiti avete comprato?! >> chiese l'assassina, che nel frattempo era impallidita. << Ah, giusto un paio... >> rispose Nami con leggerezza, mentre Robin mandò uno sguardo alla ragazza che pareva volesse dire "Dovrai farci l'abitudine a cose del genere.". Le ragazze poi entrarono in cabina per cambiarsi in maniera definitiva e anche i ragazzi fecero lo stesso. Le prime ad uscire ( dopo gli uomini, ovviamente) furono Nami e Robin. Indossavano gli stessi vestiti: pantaloni neri lunghi fino al ginocchio e camicia a scacchi rosa e arancione tenue annodata sul petto. Portavano i capelli raccolti in una semplice coda di cavallo e delle lenti a contatto per camuffare il colore degli occhi. Sanji e Brook rimasero a bocca aperta. << Alyce dov'è? >> chiese Zoro, per niente toccato dall'aspetto delle compagne. << Si sta ancora cambiando... >> fu la risposta di Robin, seguita da un commento velenoso del pirata. In quel momento la ragazza uscì, indossava un vestito bianco semplice, costituito da un corsetto rigido e una gonna ampia e lunga fino ai piedi, che celava fedelmente le sue katane.  Il colore candido della stoffa le metteva in risalto la pelle scura e l'abito evidenziava moltissimo le sue curve. Aveva raccolto i capelli in un elegante chignon alto e si era truccata in maniera lieve ma efficace. Ai piedi portava un paio di ballerine chiare, intorno ai fianchi una cintura di seta nera e in mano il suo amato ventaglio. Davanti a quella visione, Sanji iniziò a sciogliersi come un gelato al sole e a Brook stava per venire un infarto (per quanto non avesse un cuore); anche Zoro, Usopp e Franky, che normalmente non prestavano molta attenzione alle donne, erano ipnotizzati dalla sua bellezza mistica. Gli unici due immuni al fascino di Alyce, parevano essere Rufy, che stava divorando uno dei suoi panini straripanti di carne e Chopper, che osservava i riflessi delle ultime luci del giorno sulla superficie dell'acqua. << Beh che dite, andiamo? >> chiese l'assassina con un sorriso seducente.


Spazio autrice:
salve a tutti, volevo scusarmi per aver aggiornato così tardi, ma ho avuto problemi con il tablet, per quanto riguarda la stesura del capitolo, quindi perdonatemi se troverete errori di punteggiatura o grammatica, ma è stata un'impresa titanica riuscire a copiare il tutto. ;w;
Comunque,  visto che sono già al capitolo 20 ( wow! ) volevo ringraziare le persone che leggono, recensiscono e le avventure di Alyce Crow, sperando che continuate a seguire anche i prossimi capitoli. 
un bacio :*
l vostra Sve_chan
  

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