Vuoi giocare con me?

di Jeles
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Simuliamo un rapporto ***
Capitolo 2: *** Xander ***



Capitolo 1
*** Simuliamo un rapporto ***


Credevo di poter evitare questo sentimento. Dimenticarlo, sopprimerlo, cancellarne i desideri, divorare parte della memoria se necessario, avrei fatto di tutto per tornare al momento prima di lasciare che mi venga rubato un organo vitale. Ed ero convinta, anzi sicura, che sarebbe stato semplice: era solo una cotta, una comune cotta che si dimentica dopo un pò di tempo, ma diamine, non avevo calcolato che l'emozione mi avrebbe trascinata sino ad affezionarmici. Mi ha portato alla paranoia, mi ha ferita, ma ormai non riuscivo più a farne a meno, e mi ha portato a compiere un passo fatale che mi è costato il cuore.


Passai mezz'ora a rigirare quel pezzo di carta sul banco che mi trovai di fronte: giocherellai con la matita per distrarmi, ma non ci riuscii, e alla fine sospirai portando le braccia incrociate al petto. L'aula che mi avvolse fu vuota e spoglia. Ho sempre voluto riempire quelle mura bianche con disegni, poster, scritte di ogni genere, tutto frutto dell'inventiva dei miei compagni di classe, ovviamente. Avrebbe vivacizzato l'ambiente. E avrebbe reso quel luogo nostro, personale: non saremmo mai tornati in quella stanza, perché non approfittarne? Pensai così intensamente a quell'aula, che non mi accorsi del suo arrivo. Sentii la porta aprirsi poco a poco, e vidi la sua figura spuntare con un tenue sorriso: “Ehi. Come mai qui?”. Mi domandò. Una semplice domanda esige una semplice risposta, giusto? Ma in quel momento avrei voluto tacere, godere, forse, di quegli istanti a contemplarlo da sola.
Perché sei così distante da me...? Egli proseguì verso il suo banco, esattamente dalla parte opposta dell'aula rispetto a me, perché così doveva essere, giusto? Se non potevo avvicinarmi a lui, allora anche il destino, che è così sveglio, doveva portarmelo il più lontano possibile. Sospirai un poco, rispondendo a quella domanda: “Nulla di che, sto cercando di scrivere una storia..”. Ripresi in mano la matita, e disegnai sul foglio qualche scarabocchio, così stilizzato che certamente era difficile da decifrare.
“Forte. Cosa scrivi?”.
“Non lo so, sto cercando proprio un'ispirazione. Qualche suggerimento?”
“Oh, hai chiesto alla persona sbagliata, mi spiace!”. Lui accennò giusto un sorriso, mentre io risi. Questa era una tipica conversazione che c'era tra noi, nulla di più. Non era mio amico, potevo definirlo un conoscente se volevo, ma per quanto avessimo trascorso un po' di tempo insieme e avessimo condiviso degli interessi, non riuscimmo mai a prolungare un discorso. Mi sentii terribilmente triste al pensiero. Strinsi così forte la matita che la spezzai, e nel momento in cui lui tornò verso l'uscita dell'aula per tornare dagli altri, scattai in piedi e mi piazzai di fronte all'uscio.
"Aspetta! Simuliamo un rapporto." Dissi. Lui mi osservò per qualche istante assumendo un'espressione incredula: “Come scusa?”.
“Ho detto esattamente quello che intendevo, simuliamo un rapporto.” Sono sicura che in quel momento anche lui avesse notato il mio volto bianco dal timore e il sudore che cominciava a grondare dalla fronte. Di che avevo paura, diamine!
“Che intendi dire con simulare un rapporto..?”. Il suo sguardo divenne sempre più perplesso, ma forse una parte di lui era altrettanto curiosa. Esitai qualche istante prima di rispondergli, volevo quantomeno evitare di balbettare o dare mezze risposte. E così ho fatto. Presi un bel respiro.
"… Voglio scrivere una storia.. Ebbene, ho bisogno di ispirarmi. Io ti affiderò il mio cuore, e ogni istante che mi vedrai o mi parlerai, dovrai ricordarti di prendere in mano quel pezzo di me e stringerlo. Non ti chiederò di tenermi per mano, né di uscire con me. Il nostro rapporto si baserà su un amore a senso unico. Io ti corteggerò in tutti i modi, ma anche se per un istante sarai tentato e vorrai cedere alle mie avance, non cadrai nella mia tela. Anche se la tua ragazza avrà compiuto atti discutibili, non dovrai mai rifugiarti da me, e mi abbandonerai portando con te in un bagaglio il mio cuore. Ci stai?”
L'ho detto! Ecco l'ho detto! Ora è finita, scapperà da me e non potrò nemmeno più parlargli, ma dovevo dirglielo, giusto? Insomma, odio questa distanza...
Lui stette a guardarmi per qualche istante, mentre io presi a tremare un poco, e notando che non accennò a rispondermi ma mi osservò con uno sguardo serio, scoppiai in una fragorosa risata.
“Cos'è quello sguardo serio? Ehi, rilassati, stavo scherzando, sai che non potrei mai fare richieste del genere..”.
In realtà avrei voluto piangere, farmi scoppiare gli occhi e divorarmi il cuore; pensai che forse era meglio se non lo disturbavo, se dovendo scegliere tra fargli credere di essere strana e fargli continuare a trattarmi come una conoscente, sarebbe stata meglio quest'ultima. Ma mi sorprese ancor prima che potessi dire altro.
“Davvero? Scherzavi? Eppure io avrei accettato.”.
Spalancai gli occhi. Mentre mi girai verso il muro, tornai ad osservarlo, e accennai un sorrisetto, il più tranquillo che potevo abbozzare.
“Dici davvero? Mi aiuteresti?”. Ormai il gioco era fatto, non potevo tornare indietro.
“Certo. Ma mi chiedo perché l'hai domandato proprio a me.”
Accennò una risata. Amavo il suo volto quando allargava le labbra per sorridere o per ridere, e in quell'istante avrei potuto diventare un vulcano. Mi accorsi ben presto, però, che non era il momento di pensare troppo. “Beh, sei l'unico ragazzo della classe con una ragazza. Tu puoi ben interpretare questo personaggio.” ..E poi sei intelligente, carino, affascinante, emani un'aura irresistibile..
Sarebbe stato bello dirglielo, avrei voluto proprio vedere la sua espressione, ma questo era troppo per me da poter confessare. Lui si limitò ad incrociare le braccia al petto e ad annuire alle mie parole: “E' vero, è vero! .. Che brutto però essere l'unico..”. Si scompigliò un poco i capelli, quindi riprese solamente ad avviarsi verso l'uscita della classe: “Beh, ma ora è meglio che torni di là. Dovresti venire anche tu, non ti pare? Gli altri stanno giocando a basket!”. Sorrisi: “Arrivo subito! Sistemo giusto lo zaino..”. Sollevò un braccio per agitarmi la mano, e uscì tranquillo dall'aula, come se nulla fosse. In realtà uscii anch'io quatta quatta per osservarlo allontanarsi, e non appena svoltò l'angolo del corridoio, mi rinchiusi in classe e mi gettai con le ginocchia a terra. Guardai per un istante le mie mani tremolanti, e con quelle stesse mani mi toccai il volto che oramai divenne una fiamma grondante di sudore. Cercai di respirare, o quantomeno di calmare quel cuore che batteva così forte oramai da molto, e a meno che non volessi prendermi un infarto, era meglio rilassarmi.

Lentamente mi sollevai da terra, tornai di fronte a quel foglio bianco lievemente scarabocchiato, e cominciai a scrivere...

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Ciao a tutti ragazzi, io sono Celestite, autrice della storia.
No, non voglio riempirvi la testa con avvisi, attenzioni, o altro, anzi, vorrei che possiate godervi questo capitolo! Mi piacerebbe parlarvi meglio della natura e dell'origine di questa storia a capitoli ultimati, ed anche per questo ho voluto rendere adatta a tutti la lettura. Ma giusto per informarvi, se vi sentite confusi perché non capite un accidenti della storia, non abbiate timore. Abbiate fiducia in me, e riceverete presto le risposte che attendete.
Buona lettura!

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Capitolo 2
*** Xander ***


Il mio nome è Bliss Frost. Sono una ragazza decisamente poco talentuosa: io e lo sport andiamo d'accordo come un topo e un elefante, e non ho avuto nella mia vita particolari passioni che mi portassero a frequentare corsi, studiare, o darmi quel pizzico di vitalità che sembra mancare nella mia vita quotidiana. Se state pensando che io sia una persona pigra e impacciata, beh, in parte posso darvi ragione. Non mi sono spinta a fare qualcosa che mi valorizzasse, né ci ho provato. O meglio, ricordo di aver fatto un corso di cucina, giusto per allenarmi, ma frequentai si e no tre lezioni su sette, per cui lasciai perdere subito. Provai anche con lo sport: feci basket, giusto perché mi venne consigliato data la mia altezza, ma mi resi conto sul campo che l'altezza non basta, soprattutto se ti ritrovi nanerottoli la metà di te che ti passano sotto le gambe e ti rubano la vittoria. Ciò di cui ho bisogno ogni giorno è solo un pezzo di carta su cui scrivere, e una tavola da disegno per dipingere. Queste sono le mie uniche passioni che tengo per me, e a malincuore sono costretta a negare il totale disinteresse per la scuola che sto frequentando, un liceo scientifico. Non l'avessi mai fatto... Sapete, questa è una tipica situazione in cui avete 13 anni, un foglio davanti con delle scelte, e due genitori che con un sorriso smagliante ti guardano e ti chiedono “Allora, che scuola vuoi scegliere?”. A quel tempo non avevo idea di cosa volesse dire scegliere una scuola e percorrerla fino alla fine, credevo si trattasse solo di un secondo percorso, che mi avrebbe portata ad altre scelte, ma mi sbagliavo. Ed eccomi qui ora, all'ultimo anno di un liceo a dir poco mediocre, con degli insegnanti che si e no sono buoni, e con un bagaglio di conoscenze che nella mia vita non mi serviranno mai. E' frustrante. Ma ho imparato a conviverci, e per non deprimermi, il mio obiettivo è diventato ottenere un diploma e iscrivermi poi ad un Accademia d'Arte. E io credo fervidamente in questo desiderio.
Ma non perdiamoci troppo in chiacchiere. Vi ho introdotto in parte il mio carattere, giusto per darvi un'idea di chi io sia, e avrete capito che la cosa che meno vorrei nella mia vita è farmi notare. Conoscerete tutti nella vostra classe un compagno che se ne sta sempre nell'angolino o all'ombra, e che alla domanda “E' assente?” lo cercate freneticamente non notando che lui è di fronte a voi a guardarvi. Ecco, in parte la mia timidezza mi porta ad essere quell'elemento, ma dopo aver trascorso quasi cinque anni con una classe molto vivace, questo lato del mio carattere in loro presenza è svanito poco a poco; ciò non vuol dire che io sputi in faccia sentenze su di loro, solo che sono a mio agio: non ho bisogno di alzare costantemente la voce per farmi sentire, discutere con una persona ottusa è come discutere con un muro, non si smuoverà mai, e chi si alza per ribattere è una persona ottusa nel 90% dei casi.
Fin dal primo anno ho amato alla follia la mia classe. La mia esperienza alle scuole medie mi aveva portata a porre delle distanze con le persone attorno a me, ma loro hanno volutamente rotto questo muro che mi ero creata, e uno ad uno sono entrati nel mio cuore: qui ho conosciuto Kara, divenuta poi la mia migliore amica. Non posso fare a meno di lei, parlarle, chiacchierare, confidarmi, è diventata una sana abitudine che condividiamo reciprocamente, e abbiamo creato un rapporto d'armonia a dir poco splendido.
E poi ho conosciuto lui. Il suo nome è Xander Fox, un ragazzo alto e snello, con dei ribelli capelli corvini che tiene costantemente corti, e un paio di occhi tondi e scuri. Confesso che inizialmente l'idea che mi ero posta di lui era solo di un ragazzo con la passione per la natura e null'altro. I primi due anni non ci parlammo nemmeno, e solo nel terzo anno per conoscenza di una compagna di classe amica in comune abbiamo avuto l'opportunità di conversare, ma non mi disse nulla di che, né io mi interessai poi così tanto in lui. Ma al quarto anno qualcosa cambiò. Premetto che si trovò la ragazza proprio quel famoso quarto anno. Io ne ero consapevole, e continuai a provare indifferenza nei suoi confronti, ma il fato volle che qualche mese dopo si mise accanto a me come vicino di banco, e da lì iniziò tutto. Chiacchierammo, ridemmo, ci confrontammo e parlammo molto, scoprii un lato di lui che mi era sconosciuto, e fui molto contenta di aver allacciato un piccolo rapporto, mi diede la possibilità di conoscere meglio il resto dei compagni di classe con cui parlavo poco, o almeno così pensai all'inizio. Tuttavia non mi resi conto che nel momento in cui si sistemò vicino a me, il mio cuore cominciò a cambiare. E poi venne l'estate. Calda e afosa, non mi diede mai il tempo di pensare con lucidità ai miei compagni di classe, lo confesso, passai piuttosto le giornate al mare o chiusa in casa con l'aria condizionata, uscii davvero pochissimo con gli altri, ma di questo non me ne pentii. Mi divertii, ma il tempo prezioso di cui non mi resi conto della sua importanza cessò, e cominciò il quinto e critico anno della nostra vita: l'anno che sarebbe stato una pedana di lancio per noi e per il futuro, che ci avrebbe lanciato a miglia di distanza, che si sarebbe potuto rompere, o che ci avrebbe fatto fare una mediocre performance. Ricominciare la scuola è sempre difficile. Sei eccitato perché rivedi i tuoi compagni di classe, ma riprendere il ritmo degli studi soprattutto se si moltiplicano vuol dire sforzarsi il doppio e avere meno tempo da dedicare agli altri. Così abbiamo cominciato, ma bene o male tutti si sono impegnati a tal punto da potersi rilassare, ed è stato in questo momento che me ne resi conto in modo più forte dei sentimenti che provai. Già mi capitò in verità di pensarci l'estate appena trascorsa. Stavo camminando tranquillamente per la spiaggia in compagnia di Kara, e a lei balenò in mente una domanda abbastanza sciocca che mi pose. Visto che non ebbi mai il coraggio di guardare i miei compagni di classe come veri e propri ragazzi, mi chiese quale fosse il più carino e con chi uscirei volentieri. Balzarono alla mente due nomi, che si ridussero ad uno: Xander.
Uhm, effettivamente Xander sarebbe perfetto come ragazzo. E' carino e intelligente, educato e tranquillo, talvolta è un po' impacciato, oh, effettivamente è adorabile quando sorride imbarazzato! Oppure quando fa una delle sue risate..!
Ci facemmo due risate sui pensieri che ci vennero in mente in quel momento.
Avrei dovuto rendermene conto già in quel momento, ma ignorai, e lasciai il tempo al mio cuore di rifletterci per bene su questo sentimento. Ebbi qualche mese dopo una forte risposta, nel momento in cui lui si avvicinò all'improvviso e mi chiese con aria di sfida se avevo già terminato il progetto di letteratura per la settimana dopo, essendo in cerca di ispirazioni. Non divenni una fiamma, ma il mio cuore cominciò a battere all'impazzata, tant'è che temei di balbettare o di dare una risposta troppo rapida, ma alla mia risposta lui si allontanò, e ancora una volta volli ignorare la sensazione provata. Ma mi era impossibile. Non fu da quel momento che pensai a lui in modo diverso, tutto iniziò probabilmente da quando ci sistemammo come vicini di banco, da quello sguardo che attesi ogni mattina, da quel quotidiano saluto che ci rivolgemmo, dall'inaspettata chiacchierata che aprimmo, e al solo pensiero che mi feci sfuggire una tale occasione per conoscerlo meglio mi si strinse il cuore. Lo ammetto, mi pentii di non aver aperto discorsi più profondi con lui.
E così passai diversi mesi ad osservarlo da lontano. Gli lanciai sguardi di sfuggita, o seguii i suoi movimenti di nascosto, avrei voluto fissarlo per far si che si accorgesse di me, ma fui timorosa. Il solo pensiero che potesse intuire la faccenda mi terrorizzò, non so perché, d'altronde, non avevo nulla da perdere giusto? Non eravamo amici. Non mi salutava più tutti i giorni. Se avesse capito che provavo qualcosa per lui e mi avesse rifiutata, non sarebbero cambiate le cose tra noi, avrebbe continuato la sua routine come se niente fosse. E questa è una cosa che non potei accettare, per nessun motivo.
Per questo, quella fredda mattina d'inverno gli feci quella proposta. Senza peli sulla lingua, con un acceso coraggio, volli tentare di avvicinarmi a lui ancora una volta. Non ebbi aspettative, né mi aspettai una qualche reazione, a dir la verità non mi aspettai proprio nulla nemmeno su come si sarebbero evolute le cose, ma non me ne importò.

Me ne stetti seduta con il volto spiaccicato sul banco e le braccia accasciate accanto alla testa. Sospirai più volte, mentre una ragazza dai capelli castani e corti seduta accanto a me sbuffò, portando la propria mano al mento, e osservando silenziosamente i compagni di classe lontani sbatté le palpebre.
“.. Fammi capire bene. Te lo sei ritrovato lì davanti e ti sei buttata facendogli una proposta così indecente?”
”... Si...”
”Ti posso dare dieci punti per il coraggio! E lui che ha detto?”
”... Ha detto di si...”
La ragazza si voltò di scatto verso di me, mentre io girai giusto un poco il capo per poterla osservare con la coda dell'occhio, coprendo comunque il resto del volto con le braccia. Kara mi fissò stupita.
”In che senso ha accettato? Che razza di svergognato!”
” No no... Non glie l'ho chiesto seriamente, gli ho detto che era tutta una finzione, e che mi sarebbe stato d'aiuto per scrivere una storia.”
Mi decisi a sollevare la testa da quel banco, lasciando sulla guancia destra una striscia rossa, e me la toccai appena, mentre Kara corrucciò la fronte assumendo uno sguardo preoccupato.
”Sai Bliss che da questa esperienza potresti uscirne piena di ferite? Perché non provi a concentrarti su qualcun altro anziché inseguire un ragazzo occupato? E' una follia.”
Le sorrisi.
”Va bene così. E' una mia scelta, e se mi farò male, sarà più facile dimenticare il dolore di questa ferita.”
”Ok ma, attenta a non mettere la mano sul fuoco. Lo dico per te, potresti cominciare questo gioco scherzandoci su, ma sai bene che mentre lui crederà sia tutta una finzione, tu proverai veramente quelle emozioni.”
Ridacchiai divertita alle sue parole.
”Ma come siamo protettive! Va bene mamma, starò attenta, starò attenta...”
Cercai di rassicurarla velocemente, mentre riportai il capo sul banco, e lasciando che le docili e delicate mani di Kara mi accarezzassero i capelli, il mio sguardo cadde casualmente sulla figura di Xander, che da lontano chiacchierò animatamente con i suoi amici. Sorrisi.

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