Il Grande Gigante Innamorato

di Bertu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


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GRAZIE A SAMMI PER IL BANNER *^*

Capitolo 1

Appollaiato sullo sgabello di fuori dal bar, Matteo aspettava i suoi amici. L’estate era ormai arrivata ed era piacevole stare all’aria aperta.
Come al solito era arrivato prima di tutti: Luca e Gianluca sarebbero arrivati da lì a poco mentre Ivan… Beh, Ivan era famoso in tutto il mondo per il suo ritardo cronico.

Quella sera non si sarebbero ritrovati al solito posto, ma in un localino vicino all’ospedale. Lo facevano soprattutto per lui: quella sera era reperibile.
Anche se Ivan era un po’ una testa di cazzo perennemente in ritardo, Luca un cucciolo tenebroso che cercava di mascherare i lati migliori del suo carattere e Gianluca si fosse completamente rimbambito da quando aveva incontrato la sua fidanzata… ecco, nonostante tutti i loro difetti la loro sembrava un’amicizia da manuale: dai banchi di scuola ai tornei di bocce (quando sarebbero stati abbastanza vecchi da indossare la dentiera e passeggiare con il bastone. Adesso, citando Ivan, avevano bocce più importanti di cui occuparsi).

Scosse la testa e guardò l’orologio.
Le nove e un quarto.
Distrattamente levò lo sguardo verso la porta.
“Uffa è mai possibile che siano tutti in ritardo sparato?” pensò Matteo, battendo un piede per terra, seguendo un ritmo immaginario. Lo faceva sempre quando era nervoso, irritato, imbarazzato… o quando non sapeva che altro fare.
Ivan aveva tante buone qualità, perché doveva influenzare gli altri con il suo gene del ritardo cronico?

Chi va con lo zoppo impara a zoppicare.

Guardò di nuovo l’orologio.
Le nove e diciassette.
- Gigante! Sono arrivato! – urlò Ivan smontando dalla moto. Poi si tolse il casco, continuando a parlare all’auricolare. - Visto non sono così in ritardo. In fondo dovevamo incontrarci intorno alle nove. Solo solamente le… fa niente, Alice, tu mi odi. Non mi più sposare? No… no… Io ti amo tantissimo! Sì, farò quel corso pre-matrimoniale a cui tiene tanto tua nonna. Certo, amore della mia vita. Ci sentiamo dopo. Ti amo… anche se non capisci i miei ritardi -

Dietro di lui erano scesi dalle rispettive macchine anche Gianluca e Luca, che salutarono Ivan con delle cameratesche pacche sulla spalla.
- Alice ti da del filo da torcere, vero? – disse Luca, prendendo una sigaretta dal pacchetto e mettendosela tra le labbra.
Ivan scosse la testa, sorridendo.
- Ѐ quello che amo di quella donna… Naturalmente insieme ad altre qualità che non scoprirai mai! Adesso devo anche fare un corso pre-matrimoniale cazzuto e non ne ho proprio voglia. Ma però… il mio cuore diventa più felice quando penso alla nostra futura gita a Las Vegas e alle spogliarelliste che mi godrò con voi! -
Gian sospirò, passandosi una mano tra i capelli.
- Per l’ultima volta. NOI NON ANDIAMO A LAS VEGAS! -
- Adesso non ho più dubbi: Giorgia ti ha castrato –

Tutti strabuzzarono gli occhi. Se Luca avesse bevuto un goccio di birra, certamente gli sarebbe andata di traverso.
Gian chiuse gli occhi stringendo la spalla dell’amico, fosse un pochino troppo forte.
- Lei non mi ha castrato. Mi ha aperto gli occhi e fatto scoprire le meraviglie dell’amore -
- Per me ti ha drogato. Comunque il suo pusher vende roba buona, quasi come la mia cicoria. Mia nonna, ah, che Dio l’abbia in gloria, coltivava tutto in maniera biologica. Acqua e ortiche, cacca di gallina, cacca di mucca, cacca di coniglio… -
- La smettiamo di parlare di cacca? Il discorso è un po’ di merda! – Luca si era fermato in mezzo alla strada, le braccia lungo i fianchi, l’espressione di chi avrebbe voluto trovarsi ovunque ma non lì.
- Perché? Tu non parli mai di cacca? È una cosa naturale, vero Gigante? –

Matteo guardò gli amici accomodarsi al tavolino e rivolse uno sguardo indulgente a Ivan.
Lui non gli avrebbe dato corda. Questa era una discussione da stroncare sul nascere. Rivolse alla cameriera un sorriso e questa si avvicinò per prendere gli ordini. Anche lei, per sua pura sfortuna, fu coinvolta nel discorso.
Scappò a gambe levate, il blocco degli ordini tra le mani.

- Allora… com’è andata questa settimana? – chiese Matteo.
- Alla grande, Gigante. Ho affittato ben dieci appartamenti! – Ivan era un agente immobiliare molto… bravo.
Davvero.
Nel suo lavoro erano in pochi a poter competere con lui. Merito del fascino, della parlantina incessabile e inarrestabile e della sua capacità di contrattazione.
Nonché della sua abbondante schiera di fan.
Manco fosse un campione olimpionico.

Luca scosse la testa e sventolò una mano nell’aria.
- Lascia perdere, Gigante -
Nell’ufficio tecnico continuavano i problemi di stalking.
La figlia del proprietario dell’azienda era letteralmente impazzita per il cerbiatto tenebroso e continuava ad andare a trovare il padre in ufficio che casualmente, sì… come no… casualmente, si trovava proprio davanti a quello di Luca.
Stalking e Mobbing.
Luca ne aveva le palle piene.

- La mia piccola ha la media dell’8.9 – disse Gianluca orgoglioso, gli occhi che brillavano.
- Falle i miei complimenti, architetto – si congratulò Matteo sorridendo.
- Ѐ così intelligente. E bella. E simpatica. E tenera. E affettuosa. E affascinante. E sexy –
- Ѐ brava anche a letto? – Ivan si intromise nel discorso con la sua solita delicatezza.

Luca si strozzò leggermente con i salatini (la birra non era arrivata).
Gianluca si girò, incazzato.
- La mia vita sessuale, molto appagante dovrei aggiungere, non è affar tuo -
- Ma dai, architetto. Era solo per scherzare… -
Gianluca prese un pop corn e lo lanciò addosso a Ivan.

Purtroppo fece male i suoi conti.
Ivan, per ripicca, gliene tirò addosso una manciata. In un colpo solo. Aveva le mani grandi.
- Oh! Adesso basta! Sembrate due bambini del mio reparto! – sbottò Matteo. Poi, più bonariamente, si rivolse a Ivan, pregandolo di lasciare in pace il povero architetto.

- Ascolta Matteo, te l’ho ripetuto già un sacco di volte. Sarai anche il Grande Gigante Buono, ma purtroppo non sei neancora il Grande Gigante Innamorato. Mentre io sto per sposarmi, quindi posso dire tranquillamente di essere un esperto in materia. E il nostro Gianluca ha lasciato le sue palle con Giorgia -
- Non ho lasciato le mie palle a casa di Giorgia! Sono ancora qui, vuoi vederle? –

Matteo sbatté il piede contro il tavolo e tutti si fermarono.
Dall’alto dei suoi 2metri e 8centimetri, sapeva davvero intimorire. Questo era molto utile in reparto con i bambini particolarmente dispettosi e capricciosi… ed era utile anche con quei due che poco avevano da invidiare alle piccole pazienti che avevano decorato il suo cercapersone con i brillantini fucsia, blu e bianchi.

Sapeva intimidire, ma non usava questo super potere molto spesso.
Matteo era un Gigante Buono. Una di quelle persone che si fanno in quattro, se non addirittura in quaranta, pur di aiutare il prossimo. Per questo aveva scelto scienze infermieristiche come facoltà all’università. Anche se i test di ammissioni erano stati abbastanza difficili, si era dovuto rimboccare le maniche per tutta l’estate, sapeva di aver fatto la scelta giusta. Dopo l’università si era concesso un anno sabbatico partendo con una onlus per il Mozambico: voleva aiutare più persone possibili. Ne aveva viste di ogni in quella avventura e mai e poi mai si sarebbe sognato di trarre così tanti insegnamenti da quell’esperienza.
Insegnamenti non solo di natura medica.
Soprattutto di natura umana.
Ancora non riusciva a capacitarsi del sorriso che campeggiava sempre sui volti di quei bambini. Era tornato a casa con una consapevolezza diversa e con una voglia pazzesca di cambiare il mondo.

E ora, all’incirca tre anni dopo, era l’infermiere più ben voluto di tutto l’ospedale.
Lo chiamavano perfino al pronto soccorso quando i piccoli pazienti avevano troppa paura da non riuscire a essere calmati neppure dalle loro madri.
Era in questo momento che interveniva Matteo.
Con una risata, una storiella o qualcosa inventato sul momento riusciva a far fronte a ogni crisi. Tutti amavano il Gigante Buono.

La cameriera arrivò con le ordinazioni, lasciò il biglietto e ripartì alla velocità della luce.
- Basta parlare di cacca e palle, ok? E basta con queste tue inutili pretese, caro Ivano. Non riuscirai a convincerci ad andare a Las Vegas… Se proprio vuoi credo che Luca sappia come procurarti delle spogliarelliste in zona, senza andare a spendere tutti i nostri fondi in un viaggio che non riusciremo a ricordarci a causa del troppo alcool – disse Matteo massaggiandosi la nuca. – E poi… io sono felicissimo di vedere il nostro Tinti così… così in coppia. E so che sei felice anche tu, anche se non lo dai a vedere -
Ivan diede una gomitata a Gianluca e poi rise di cuore.
- Non c’è bisogno che lo dica: Gianluca già lo sa che sono contento per lui. Adesso è ancora più divertente stuzzicarlo – sollevò la birra al cielo incitando un brindisi all’amore.

- E tu Gigante? Quando ti deciderai a mettere la testa a posto? -
- Ho già la testa a posto. Sono arrivato puntuale io –
- Abbiamo già uno scapolo d’oro nel gruppo… almeno tu devi trovare il vero amore. Fallo per noi – Matteo guardò Gianluca con occhio critico. Forse era da prendere in considerazione quello che aveva detto Ivan… ma era così bello vedere l’architetto innamorato.
Scosse la testa.
- Ho i miei pazienti a cui pensare -
- Ma loro non ti tengono al caldo di notte – obiettò Ivan.

Ma il Gigante scosse ancora la testa.
- Tengono caldo il mio cuore. Ѐ questo che conta -

Ripresero a parlare più tranquillamente, cercando di convincere Ivan che Las Vegas era tutto fuorché la scelta perfetta.
Improvvisamente un bip ripetuto e sordo cominciò a farsi sentire, sempre più forte.
Matteo bevve l’ultimo sorso della coca, slacciando il cerca persone dalla cintura.

1301 Em PrSoc !!!

- Non sei riuscito a staccare quei brillantini? – gli chiese Luca.
- Dai… sembra il cerca persone di una drag queen! Devi comprarne un altro! – rincarò la dose Ivan.

Matteo prese una banconota dal portafoglio e la piazzò al centro del tavolo.
- Il giro lo pago io, visto che devo andare. Ci sentiamo – disse scappando verso la sua macchina e avviando il motore.
Fortunatamente l’ospedale distava non più di tre minuti.

Mentalmente Matteo si preparò al peggio.
1301 era il codice usato per le situazioni più complicate, quelle che comprendevano anche l’intervento di membri delle forze armate.
E, se avevano chiamato lui, significava che erano coinvolti anche delle piccole povere anime innocenti.

Scalò la marcia parcheggiando al suo solito posto.
Corse verso il Pronto Soccorso, senza passare dallo spogliatoio.
Un’infermiera lo aspettava all’entrata e lo accompagnò nella stanza 3, sorvegliata da due soldati dell’esercito, ciascuno con un’arma in mano.
Matteo fece un respiro profondo e si preparò mentalmente a quello che poteva esserci dietro la porta.

***

Una donna era stesa sul lettino, circondata da dottori, infermieri e uomini in giacca e cravatta.
E da una bambina.
Una bellissima bambina bionda che Matteo riconobbe subito.
- Ciao Cisky! – disse con voce allegra avvicinandosi e posandole una mano sulla testolina.
Si ricordava benissimo di quella bambina: era venuta qualche settimana prima a farsi medicare una brutta ferita sul ginocchio e si era lasciata avvicinare solo da lui. Gli altri medici di turno erano si erano arresi nel sentire le sue urla e le sue proteste.
E avevano deciso di chiamare Matteo che aveva risolto la situazione in un baleno.

Francesca, così si chiamava la bambina, l’aveva ricompensato con un grande sorrisone e un abbraccio che aveva fatto breccia nel cuore di Matteo.
- Come stai piccola? – le sussurrò tenendo sempre una mano su di lei in modo da trasmetterle calore e rassicurarla.
La bambina si girò, gli occhi azzurri pieni di lacrime.
- La mia mamma sta andando in cielo – sussurrò stringendo la mano della donna stesa nel lettino.

Matteo la guardò più attentamente e riconobbe la donna che aveva accompagnato Cisky.
Ma non era la stessa.
Era molto più magra e pallida e respirava a fatica.
Sul torace si poteva chiaramente vedere una grande macchia scura rossa.
“Sangue” intuì Matteo. Anche senza vedere la cartella intuì che la situazione doveva essere grave. Ma Cisky era troppo pura, troppo innocente per subire un dolore del genere.
Doveva proteggerla.

Si inginocchiò, in modo da avere il suo viso alla stessa altezza di quello della piccola.
- Non ti preoccupare, piccina. Vedi tutti questi dottori? Loro sono qua per guarire la tua mamma come io ho aiutato a guarire te, ricordi? -

La mamma di Francesca aprì gli occhi a fatica e fece un segno con la mano.
L’infermiera che aveva accompagnato Matteo nella stanza prese Cisky in braccio e, nonostante le sue proteste, la portò fuori dalla stanza.

Matteo seguì la scena con gli occhi, ma poi la sua attenzione ritornò sulla donna. Gli aveva arpionato il braccio e lo fissava.
- Devi prenderti cura di Cisky – sussurrò debolmente.
- No. Lei deve prendersi cura di Cisky. Aver fiducia nei suoi medici, rimettersi al più presto e aver cura di Cisky – le disse mantenendo la voce calma e non facendosi prendere dal panico.
- Sto morendo Matteo. Mi hanno sparato e sto morendo. E voglio nominarti tutore legale di mia figlia –
- Tutore legale? Ma non mi conosce nemmeno! Come fa a essere sicura che sua figlia sarà in buone mani? –
La donna cercò di distendere il suo volto in un sorriso che si trasformò in una smorfia di dolore.
- Lo so, non ti dimenticare che noi donne abbiamo un sesto senso. Prenditi cura di mia figlia, insegnale le buone maniere, terrorizza il suo primo ragazzo, accompagnala al cinema a vedere i cartoni, indirizzala verso una buona università. Mi fido di te, ti prego -
Iniziò a tossire e i dottori si avvicinarono trafficando con i macchinari.
La donna aveva ancora lo sguardo fisso su Matteo.
Sul Gigante Buono che sospirò e chiuse gli occhi.

Prendersi cura di una bambina di poco più di tre anni.
Lui che non sapeva allevare neanche un coniglio e aveva fatto morire dozzine di pesci rossi nell’arco della sua vita.
Non sapeva cucire un bottone.
Non sapeva di vestiti, gonne o… barbie.

Ma era il Gigante Buono.
Aprì gli occhi e sorrise alla donna.
- Sì. Mi prenderò cura di lei -

Anche se un po’ avventata, il Gigante sapeva di aver preso la decisione giusta.


Ciao e benvenute :)
Matteo e Ivan vi stringono in un abbraccio  e sperano che il primo capitolo vi sia piaciuto :) Come potete vedere si divide principalmente in due parti e i toni sono molto diversi. Non vi preoccupate: le parti comiche abbonderanno a discapito di quelle drammatiche :D Concedetemi solo un altro capitolo per sistemare un po’ la situation e poi… diciamo che Ivan, e le sue battute, avranno molto spazio :P
Come potete intuire il protagonista e alcuni personaggi non sono nuovi: li abbiamo conosciuti in “Un nuovo Messaggio”, ma il GGI si può leggere tranquillamente come una storia a sé :) Questo non vuol dire che non potete leggere UNM… :P Anzi, se volete leggere qualcosa di spiritoso, carino e frizzante dateci un’occhiata ;)
Ma ritorniamo a parlare del nostro GGI :) Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto :) Riuscirete a dare un po’ delle vostre attenzioni anche a Matteo, l’infermiere tenerollo? ;)
E alla Bertu, che aspetta in grazia di ricevere una vostra recensione? ;) Ritornando serie un attimino, se avete due secondi di tempo e riuscite a lasciarmi due parole per consigliarmi, criticarmi oppure incoraggiarmi… mi farebbe molto piacere  *^*
Ricordo il mio account fb (https://www.facebook.com/bertu.efp)  dove potrete trovare spoiler, foto dei personaggi. Se avete dubbi, richieste o contestazioni (spero di no xD) contattatemi :)
Mi trovate anche su ask :D (http://ask.fm/BertuEfp )
Ivano vi manda un bacione e dice che vi ama tutte :D
Io vi stringo in un abbraccio <3
Tanto love
Robi

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


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UN GRAZIE ENORME ALLA MIA SAM PER IL BANNER
Capitolo 2
 
Matteo uscì dalla stanza, lasciando che i dottori si occupassero della madre di Francesca.
Si appoggiò, spalle al muro, vicino alla porta e iniziò a battere leggermente il piede sul pavimento lustro.
In che guaio si era cacciato?
Aveva promesso a quella donna di prendersi cura di sua figlia.
Proprio lui, che a malapena sapeva prendersi cura di se stesso.
 
Tuttavia, ormai, aveva fatto una promessa e non poteva fingere che non fosse successo niente.
Aveva dato la sua parola e non poteva rimangiarla solamente perché la situazione non gli era famigliare, anzi: era del tutto estranea, e non sapeva come comportarsi.
No, quello non sarebbe stato un comportamento da Gigante. Non sarebbe stato un comportamento da lui.
 
Matteo sarebbe riuscito a risolvere anche questa situazione
Nonostante non andassero affatto d’amore e d’accordo, avrebbe chiesto aiuto alla madre.
Alle sue colleghe.
Ai suoi amici.
Anche a Giorgia e Alice.
In un modo o nell’altro ce l’avrebbe fatta.
 
- Una brutta storia, davvero -
Immerso com’era nei suoi pensieri, Matteo non si era accorto che una parte degli uomini in giacca e cravatta era uscita dalla camera.
Il più vecchio, che a occhio e croce sembrava essere anche il responsabile, si era avvicinato a lui, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni neri.
- La prego, mi segua. Andiamo al bar. Le offro un caffè e ne approfitterò per darle parte delle spiegazioni che sta cercando. Credo che adesso sia... come dire… confuso -
Si incamminò quindi verso il bar, aperto anche a quell’ora, senza nemmeno voltarsi per assicurarsi che il Gigante stesse camminando dietro di lui.
 
Matteo seguì diligentemente l’uomo misterioso, non si era presentato, e, arrivati al bar, si accomodò sulla sedia del tavolino più vicino all’uscita, le mani strette a pugno sopra le ginocchia.
Poco dopo l’uomo ritornò con due tazze fumanti di caffè.
Matteo lo ringraziò con un cenno del capo e fissò il liquido nero.
- Quindi… è diventato padre -
Il Gigante sgranò gli occhi e strinse le labbra in una linea sottile.
Era diventato padre.
Padre.
Un brivido gli salì lungo la schiena.
Padre.
 
Sollevò lo sguardo dalla tazza e l’uomo in nero poté perfettamente leggere la disperazione e l’insicurezza negli occhi del Gigante
- Davvero non c’è nessuno che possa prendersi cura di Francesca? -
Qualcun altro che non fosse lui. Qualcuno con la testa a posto. Qualcuno con più esperienza. Lui sapeva prendersi cura dei bambini ammalati, non dei bambini in generale.
Aveva fatto una promessa avventata. Una promessa che doveva essere onorata e mantenuta, ma senza non poche difficoltà.
 
L’uomo più anziano scosse la testa.
- No, la piccola Francesca aveva solo la madre, Anna. Dalla scheda della nostra dipendente posso comunicarle che non aveva parenti in vita e l’identità del padre della bambina rimane ignota. Il campo sul certificato di nascita non è stato compilato e non l’ha rivelato neppure sul letto di morte. Un donatore di sperma, un’avventura di una notte, un incidente, uno sbaglio… non ho informazioni da comunicarle – l’uomo interruppe il monologo per bere un sorso di caffè, dopo aver continuamente mescolato il liquido con il cucchiaino.
- Posso sapere che genere di lavoro svolgeva Anna? – chiese Matteo. Il Gigante non aveva toccato neppure una goccia della bevanda. Immobile, sembrava una statua di sale. I pugni erano ancora stretti sopra le ginocchia.
 
- Assolutamente no! Non posso dirle nulla che riguardi le esperienze lavorative della nostra dipendente. È un argomento riservato, pericoloso e top secret. Il suo incidente è stato… è mancata a causa di una falla nel nostro sistema. Mi sono offerto io stesso di prendermi cura di Francesca, ma Anna mi ha detto che aveva già pensato alla persona adatta… lei -
- Ma da un punto di vista legale… - Matteo cercò di attaccarsi a qualsiasi cosa potesse somigliare a un appiglio, ma il destino sembrava giocare contro di lui.
- Beh, è stato nominato dalla madre in presenza di testimoni. Quindi, a rigor di logica, ha validità a livello legale. Questo fa di lei il padre della piccola. Naturalmente sta a lei decidere, ha lei l’ultima parola. Solo se se la sente, naturalmente – l’uomo interruppe ancora una volta il discorso, come a voler sottolineare le parole che stava per pronunciare. Guardò Matteo dritto negli occhi. Sembrava un avvocato o un professore: quello sguardo non voleva solamente porre enfasi, bensì convincere l’ascoltatore a fare la cosa giusta. In quel caso, adottare la bambina.
- Nel caso lei non voglia tener fede alla parola data… Ecco, in quel caso Francesca sarebbe affidata ai servizi sociali. Verrebbe trasferita in una struttura e sono poche le possibilità di un affidamento, data l’età. È provato che le coppie preferiscono adottare i neonati piuttosto che bambini più grandi. Come può ben vedere le alternative sono poche –
 
Matteo rilassò i pugni e guardò il caffè, ormai solo leggermente tiepido.
Aveva fatto una promessa. E l’avrebbe mantenuta.
 
Prenditi cura di mia figlia, insegnale le buone maniere, terrorizza il suo primo ragazzo, accompagnala al cinema a vedere i cartoni, indirizzala verso una buona università.
Queste erano state le ultime parole, le ultime volontà di Anna.
Forse aveva visto qualcosa in lui quando era riuscito a medicare la bambina. Qualcosa che il Gigante, nonostante si guardasse allo specchio tutti i giorni, non aveva neancora scoperto.
 
Era diventato padre. Così, all’improvviso. Non aveva avuto i classici nove mesi per abituarsi all’idea. Quei nove mesi si erano trasformati in nove minuti. Solo un’ora prima stava parlando di cacca con i suoi amici e adesso era… padre
 Era teso e provava una paura fottuta, eppure… Eppure non vedeva l’ora di prendersi cura di quel piccolo angelo.
Non sarebbe stato un papà in piena regola; avrebbe recitato di più il ruolo del fratello maggiore. Ma si sarebbe preso cura di Cisky.
Forse all’inizio avrebbe avuto qualche difficoltà, ma i Giganti Buoni non demordono.
Era tempo di iniziare una nuova sfida, di scrivere un nuovo capitolo della sua vita.
 
Si alzò dal tavolino, sovrastando l’uomo senza nome e salutandolo con un cenno della testa. Alla cassa pagò un succo di frutta e una brioches al cioccolato.
Si avviò verso le scale e iniziò a salire gli scalini due alla volta, percorrendo a ritroso il percorso il più velocemente possibile.
 
Sapeva poco di bambini, ma era tenace.
Il coniglio che Ivan gli aveva affidato più di un anno prima dopo averlo vinto alla fiera era ancora vivo. E un coniglio non parla. Francesca gli avrebbe comunicato i suoi bisogni: l’avrebbe aiutato. Sarebbe stato un salvataggio reciproco.
Ce l’avrebbe fatta. Ne era sicuro.
 
Con un sorriso sulle labbra entrò nella stanza delle infermiere, dove si aspettava di vedere Cisky circondata da tante donne adoranti che la stavano viziando in attesa di finire il turno.
Invece no.
Era da sola. Seduta composta sul divano, fissava la parete con sguardo triste.
Non l’aveva mai vista così tranquilla. Fece un altro passo verso di lei e la bambina si girò.
Gli occhi azzurri erano pieni di lacrime e il visino era sporco.
- Hai fame? – le domandò dolcemente, sedendosi accanto a lei.
- Un pochino. È un succo alla pesca, quello? –
- Sì. Ti piace? –
 
La bambina annuì, prese il succo per poi accorgersi della brioche.
- Ѐ al cioccolato? – chiese, indicandola con un movimento del viso.
 
Prima che il Gigante potesse dire qualcosa, Francesca iniziò a mangiare di gusto sporcandosi le guance con la cioccolata che usciva ovunque dalla brioches.
Matteo si avvicinò al lavandino, bagnando un fazzoletto e prese qualcosa da posare sulle ginocchia della piccola in modo che non si sporcasse.
 
L’osservò da lontano pensando che ora quella piccola creatura innocente era parte della sua vita.
Aveva molto da imparare, ma, fortunatamente, aveva fatto una buona scelta non presentandosi a mani vuote.
 
Cercò di ricordarsi qualche particolare in più su di lei, ma la sua memoria decise di non collaborare. Si ricordava solo che la bambina odiava essere chiamata Francesca e aveva apprezzato il nomignolo che Matteo aveva creato appositamente per lei mentre le medicava la ferita. E che aveva già compiuto i tre anni.
 
- Adesso che si fa? – gli domandò dopo aver terminato di mangiare la brioche.
Domanda più che legittima.
Con due falcate, il Gigante ricoprì la distanza che li separava e si inginocchiò davanti a lei.
- Adesso andiamo a salutare la tua mamma e poi andiamo alla mia casa. Che sarà anche la tua, d’ora in poi. Spero che ti piaccia: ha un bellissimo giardino -
 
La bambina gli prese la mano e annuì, con fare coscienzioso.
- Lo sapevo che venivo ad abitare con te. Me l’aveva detto la mamma. E devo fare la brava e fare quello che mi dici. Altrimenti verrà l’uomo nero e mi porterà via -
Matteo, senza pensarci due volte, l’abbracciò di slancio e le accarezzò la schiena.
- Non ti preoccupare, Cisky. Adesso ci sono io con te e nessuno ti farà del male. Non lo sai che gli uomini neri hanno paura dei Giganti? -
- Sei davvero un Gigante Buono, Matteo –
 
E i Giganti Buoni proteggono le creature indifese, così come Matteo avrebbe protetto Cisky.
 
***
 
Fortunatamente il signore senza un cognome, non aveva voluto rivelare questo particolare a Matteo, si era occupato di tutta le faccende burocratiche e del funerale della mamma di Cisky. Si era tenuto in maniera intima e discreta due giorni dopo la sua morte; in totale si trattava di una decinapartecipanti .
I partecipanti, in totale, saranno stati una ventina.
 
Matteo non aveva detto nulla a nessuno.
Nessuno (né sua madre né tantomeno i suoi amici) era al corrente dei cambiamenti che stavano accadendo in casa Piano.
Usando il lavoro come scusa, in quei due gironi era risultato irreperibile. Aveva avuto bisogno di tempo per sistemare il piccolo appartamentino dove viveva. Con l’aiuto di uno specialista e di una donna dell’età di sua madre, gentilmente chiamati dall’uomo senza nome, ora l’abitazione era a prova di bimba.
Le prese della corrente erano protette in modo che non vi infilasse le piccola dita, i detersivi erano stati riposti negli armadietti più alti e il ripostiglio svuotato. Ora, al posto dello scaffale di mogano che conteneva tutti i libri e le riviste di medicina collezionate negli anni, al centro della stanza si trovava un bellissimo lettino dalle lenzuola bianche con orsetti con il tutù rosa.
Per non parlare della quantità industriale di peluches, barbie e vestitini con fiocchi e pailettes e dell’armadio nuovo.
 
Dalla casa di Anna era stato impossibile recuperare qualcosa che non fosse una foto della madre con la figlia che ora, in una nuova cornice di conchiglie, si trovava sul comodino vicino al letto.
 
Matteo era stato tremendamente grato per l’aiuto.
La donna si era rivelata affabile e gli aveva dato tantissimi consigli preziosi, sia in campo pratico che non.
- Si ricordi che questa bambina ha bisogno di routine, di recuperare l’equilibrio che ha perso. Cerchi di stabilire degli orari e delle abitudini il prima possibile, magari coinvolgendo delle persone esterne, come un amico, un parente o un vicino di casa. Le parli della madre, ma puntando sempre su ricordi felici, su quanto le volesse bene e sulle cose belle che hanno fatto insieme – poi poso una mano sul braccio di Matteo e gli sorrise, un sorriso da mamma. – Non si preoccupi. Andrò tutto bene, abbia fiducia in se stesso e non si abbatta se vede che tutto non sta andando secondo i suoi piani -
Matteo sorrise, imbarazzato.
 
Il suo viso era sempre stato, e continuava a essere, un libro aperto per tutti.
E in quel momento la sua mente stava veleggiando da un’ipotesi apocalittica all’altra.
Se non avesse voluto mangiare le verdure ma solo cibo spazzatura?
Se avesse trascorso ore davanti alla TV rincoglionendosi?
Se fosse scappata da casa e investita da una macchina?
E se fosse stata rapita?
Oppure… se semplicemente stare con lui non le fosse piaciuto? Fino ad allora avevano passato poco tempo insieme mentre da quella sera… da quella sera avrebbero condiviso ogni momento, ogni secondo.
Gioie e dolori.
Tristezze o delusioni.
Scoperte e avventure.
 
Ancora non aveva chiaro il proprio ruolo in quella faccenda: non aveva chiaro perché Anna avesse scelto proprio lui, un infermiere squattrinato che aveva visto una volta, invece di un collega, magari sposato e con figli. Insomma, qualcuno che sapesse prendersi cura di una bambina, che sapesse quali fossero i suoi reali bisogni.
Forse, durante quella visita, Anna aveva visto solo il Gigante Buono e aveva creduto, per istinto, di potersi fidare di una creatura “mitologica”.
 
Matteo non ne era certo.
Sapeva solo che, man mano che i minuti scorrevano, un’eccitazione strana si stava facendo strada dentro di sé.
A dirla tutta… non vedeva l’ora di passare un po’ di tempo con quella bambina.
 
Con la sua bambina.
La sentiva già parte di sé. Per quanto potesse sembrare stupido e insensato… Cisky gli aveva lasciato qualcosa, come un buco nel cuore, un cratere che non vedeva l’ora di colmare.
 
Congedò la signora gentile e lanciò uno sguardo alla stanza della bambina. Certamente non era perfetta, ma si trattava pur sempre di un inizio. Avrebbe potuto decorarla come le pareva, perfino decorare la porta con degli stancil.
Cisky doveva essere felice.
Nient’altro.
 
Si diresse in cucina. L’acqua stava iniziando a bollire.
La tavola era già stata apparecchiata. Vicino al piatto della piccola aveva messo un orsetto di peluches nella speranza di fare breccia nel suo cuore.
Per cena le avrebbe cucinato degli spaghetti al pomodoro. Un piatto semplice ma buono. E salutare considerato che nel frigo non c’era soltanto la solita acqua, e le birre di Ivan, ma anche una bottiglia di Coca-Cola.
 
Gli sarebbe piaciuto andarla a prendere nella sua vecchia casa, fare un giro insieme e magari mangiare una pizza fuori, ma il signore-senza-un-cognome non gli aveva rivelato l’indirizzo dell’abitazione, scuotendo la testa ogni volta che il Gigante cercava di captare qualche informazione su quella che era stata la vita di Cisky fino al quel momento.
Come poteva darle equilibrio e tranquillità, sempre ricordando con affetto la madre, se non aveva la pallida idea riguardo le loro attività?
 
Pesando gli spaghetti sulla bilancina, battè il piede leggermente sul pavimento.
Avrebbero creato un nuovo equilibrio.
Delle nuove abitudini.
Una nuova routine che fosse soltanto loro.
 
Il campanello suonò, distogliendolo dai propri pensieri.
Abbassò la fiamma e si precipitò ad aprire sorridendo. Salutò Cisky prendendola in braccio e depositandole un bacio sulla guancia.
I capelli biondi erano raccolti in due codini e gli occhi azzurri erano più vispi e allegri dell’ultima volta che l’aveva vista.
Matteo salutò e ringraziò il signore Non-ho-un-cognome-fattene-una-ragione che subito si incamminò giù per le scale senza nemmeno salutare la bambina.
Matteo la tenne in braccio e chiuse la porta.
- Allora adesso siamo solo io e te – le disse facendole leggermente il solletico sul pancino. Cisky rise. Una risata cristallina che lo mise subito d’allegria.
- Hai fame? – le chiese. Cisky scosse la testa.
- Allora, cosa vuoi fare? – le domandò continuando a farle un leggerlo solletico.
- Mi fai vedere la mia camera? –
 
Sempre tenendola in braccio andò nella camera di Cisky e accese la luce, guardandola dritto negli occhi per vedere la sua reazione.
- Wooooooooooooooooooooooow! È bellissima! È tutta per me, Teo? – gli chiese con gli occhi che brillavano e un enorme sorriso sulle labbra.
- Certo, piccina –
Lei gli gettò le braccia al collo e gli baciò una guancia. Poi di dimenò e Matteo la mise a terra mostrandole i vestiti che straripavano dall’armadio e i giocattoli che aveva acquistato con il fiato sospeso. Cisky prese un mano una barbie dai lunghi capelli biondi.
- E sono per me anche tutti questi giochi? - la voce tradiva stupore e speranza.
Matteo annuì sedendosi sul letto.
- Spero solo che ti piacciano. Sai, non me ne intendo molto di barbie e bambole… -
 
Cisky si avvicinò con una bambola in mano anche per il Gigante.
- Non ti preoccupare, Teo. Ti insegnerò io -
 
***
 
Matteo non lo avrebbe mai ammesso, ma giocare con le barbie era davvero sfiancante.
Non si trattava solo di cambiare abiti, di parlare in falsetto e di inventare improbabili storie. Si trattava di tenere sempre l’attenzione alta, in modo da cogliere ogni segno di stanchezza o qualsiasi desiderio potesse passare per la testa della sua piccina. Si trattava di tenere sempre un linguaggio controllato: le barbie parlano come principesse, non come camioniste.
 
Troppo tardi capì che la piccola avrebbe continuato a giocare per tutta la sera, senza degnare la cena di uno sguardo. Posò la barbie che aveva in mano e si alzò, sovrastandola in tutta la sua altezza gigantesca.
Cisky lo seguì attentamente con lo sguardo, come se cercasse di capire cosa frullasse nella testa di quell’uomo strano che aveva giocato con lei senza battere ciglio.
- Forse dovremmo cenare, che dici? -
Cisky lo guardò, gli occhi azzurri cristallino gli comunicarono che aveva ancora voglia di giocare e cenare era l’ultimo dei suoi pensieri.
 
“Ecco” pensò Matteo “adesso come faccio a staccarla delle barbie e a convincerla a cenare? E, le piacerà la pasta? Cazzo cazzo cazzo..” si massaggiò la nuca e iniziò a pestare lievemente il piede sul pavimento.
Ma le cose non andarono come si era immaginato. Cisky posò la barbie che aveva in mano sul letto e gli strinse la mano, sorridendo.
 
In cucina giocò tranquillamente con il peluches che Matteo aveva sistemato vicino al suo piatto. Poi mangiò di gusto, sporcandosi il visino con il sugo al pomodoro.
Cisky rise.
Matteo rise, il cuore pieno di felicità e anche di orgoglio.
Sensazione che triplicò quando, finito di mangiare, si sistemò sul divano per vedere un film e la piccola si arrampicò in braccio a lui.
- Cosa vuoi vedere, piccina? -
- La bella addormentata –
Matteo non obiettò: si era preparato a quell’eventualità. Certamente non poteva far vedere alla piccola film come “La Casa” o “La Madre”. Non voleva avesse incubi.
 
Gli accarezzò i capelli mentre la bambina canticchiava felice con il cartone.
 
Quando tutto credeva che tutto stesse andando per il verso giusto, Cisky lanciò un grido e si precipitò verso il mobiletto. Matteo si alzò con lei, pronto a difenderla da uno scarafaggio, da un ragno o da un allucinazione.
Invece, tirò un sospiro di sollievo vedendo Cisky che guardava, ammirata e rapita, la piccola gabbietta vicino alla TV.
- Ma… è davvero un coniglio? -
- Certo –
- Ѐ vivo? –
Matteo annuì, il sorriso si faceva sempre più largo.
- E come si chiama? – disse infilando un dito nella gabbietta e iniziando ad accarezzarne il pelo.
- Palla –
 
Ah, il piccolo, grande, per non dire obeso, Palla di Lardo (nome scelto da Ivan) aveva fatto colpo più di tutti i giocattoli messi assieme. Il coniglio era stato vinto da Ivan sei mesi prima a una fiera in campagna. Poi lo aveva affidato a lui perché era la persona più affidabile del gruppo.
- Posso tirarlo fuori dalla gabbietta? – gli occhi della bambina brillavano di speranza.
Come poter dire di no?
Matteo l’aprì e appoggiò il coniglio sulle ginocchia di Cisky, che subito prese a parlargli come se fosse il suo migliore amico.
 
Era bastato poco.
Era bastato Palla!
Se l’era cavata.
Si sarebbe dato una pacca sulla spalla, ma la giornata doveva ancora finire.
Adesso doveva portare a letto la bambina e poi sistemare casa… e chiedere ai suoi amici di venirlo a trovare il giorno dopo. I giorni di ferie che aveva preso all’ospedale erano quasi a termine e doveva trovare un sistema per dare alla piccina l’equilibrio che si meritava.
 
Lasciò trascorrere dieci minuti e poi accompagnò Cisky a letto.
L’aiutò a infilare il pigiamino e poi le lesse due pagine di Cappuccetto Rosso.
Solamente quando sentì il suo respiro farsi profondo si azzardò a uscire dalla stanza.
 
Si accasciò sul divano, senza fiato.
Era padre da un giorno e già si sentiva stanchissimo, come se avesse corso tre maratone di New York un giorno dopo l’altro.
Però se l’era cavata.
E se la sarebbe cavata il giorno dopo e quello dopo ancora.
Forse essere padre non era poi così male.
 
Cisky
Oggi è stato il mio primo giorno con Teo.
Mi sono divertita tanto e spero che lui non voli in cielo come la mia mamma
Mi manca tanto, ma con Teo non sono triste.
Adesso ho un coniglio ciccione.
Si chiama Palla e siamo migliori amici.
Teo mi ha letto Cappuccetto Rosso facendo le voci, come al cinema
Mi piace come papà.
Spero non vada via.
 
 
Ciao ragazze :)
Questo capitolo è stato duro da scrivere. Non volevo che fosse troppo drammatico, ma volevo anche mostrare le paure del nostro Gigante. Come potete intuire il tono sarà diverso già dal prossimo capitolo, ma non potevo sorvolare su un cambiamento così importante.
Una precisazione: io non so nulla di giurisprudenza o di psicologia. Potrei spiegarvi come utilizzare un defibrillatore in tedesco, ma non è quello che mi serve in questo momento xD Quindi… prendete tutto con le pinze e chiudete gli occhi, godendovi al massimo questo viaggio insieme a me :)
L’ultima parte del capitolo è una specie di Diario di Cisky, quello che dice a Palla o immagina di dirgli.
Se avete un minuto vi prego di lasciarmi una recensione, per capire se ho fatto un buon lavoro :) e se la storia vi sta appassionando come appassiona me mentre la scrivo :) E se mentre la leggevate avete pensato “ma che stronzata è questa cosa…?” scrivete pure le vostre critiche e cercherò di migliorarmi. È un lavoro di squadra, ho bisogno anche di voi :P
Attimo spam :D Nelle scorse settimane, ho pubblicato il primo capitolo della mia long sui ragazzi (Una pinta di inchiostro irlandese) con protagonista Niall e una OS tenera e fluff *^* Se non avete nulla da fare, che ne dite di farci un salto? ;)
Vi ricordo il mio account fb (Bertu efp) per fare due chiacchiere, chiarimenti, spoiler e… vedere come me la passo :P
Mi trovate anche su ask :D (
http://ask.fm/BertuEfp )
Anche se non era presente, Ivano mi ha detto di dare un bacio a ognuna di voi :P
Ci sentiamo mercoledì tra due settimane per il capitolo 3 :)
Tanto amore e grazie :) <3
Robi
 
Ps: un ringraziamento speciale ad Anerol, IlaPerla, Serena25, Dobby17 e Maka_Soul_145 per aver recensito lo scorso capitolo *^*
Un bacione speciale solo per voi, girls :D <3
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


IL GRANDE GIGANTE INNAMORATO

Capitolo 3

Matteo non era una di quelle persone che impiegano un tempo indefinito per addormentarsi, ma da un po’ di notti soffriva d’insonnia.
A nulla erano valso il karkadè regalatogli dall’amico Luca, la conta delle pecore, e ancora il calcolare le tonnellate di carote che avrebbe dovuto comprare nei prossimi anni per sfamare il povero piccolo ma grande Palla. Aveva perfino provato ad ascoltare il richiamo dei delfini, ma tutte quelle onde avevano un solo effetto: aumentare le sue visite notturne al bagno.

Certo, non era così stupido da non capire da dove provenisse tutta quell’agitazione.
Cisky.
Non era facile diventare padre: in genere un uomo ha nove mesi per prepararsi. Lui, invece, aveva avuto solo tre miseri giorni. La notte i pensieri continuavano a correre come un cricetino sulla ruota: nulla sembrava volerli fermare.

Quella sera, invece, si addormentò subito, non appena la testa toccò il cuscino.
Ma in fondo era pur sempre un infermiere abituato al turno di notte e a svegliarsi non appena sentiva il minimo rumore.
“Un allarme perfetto in caso di furto” così amavano definirlo i suoi genitori. Certo, non avrebbe potuto fare nulla contro una banda di ladri, ma sapeva risolvere il problema che aveva aperto la porta tentando di non fare rumore.
L’aveva sentita scivolare giù dal lettino e attraversare il corridoio, per poi aprire la porta.
- Teo? – sussurrò pianissimo, come se fosse pronta a scappare in camera sua se non le avesse risposto.

Il Gigante allungò la mano e accese l’abatjour sul comodino.
Si mise a sedere sul letto, sorridendo. Sapeva di non essere il massimo appena sveglio, soprattutto se erano le tre e mezza di notte, e non voleva che la sua piccina si spaventasse e cambiasse opinione su di lui.
Ci teneva a rimanere il Gigante Buono. E i Giganti Buoni sorridono. Anche se hanno sonno.
- Che c’è piccina? – le domandò tenendole la mano in modo che si avvicinasse.
I piedi scalzi, gli occhi assonnati e il peluche che le aveva regalato a cena sottobraccio… era più tenera e bella che mai.

Cisky gli prese la mano e si arrampicò sul letto, abbracciandolo come un piccolo koala. Matteo la strinse a sé accarezzandogli i capelli e la schiena ritmicamente mentre aspettava una sua confessione. Aveva poco da temere, quell’angelo biondo. Le avrebbe perdonato tutto, anche l’omicidio di Palla o un buco nel muro.
- Posso dormire con te, Teo? – gli chiese a voce bassissima, il viso ancora premuto sulla maglietta del Gigante.
Matteo sorrise e, mentalmente, si appuntò di comprare il prima possibile delle lucine di emergenza da attaccare al muro. Non si era reso conto che la sua piccina poteva soffrire la paura più comune tra i bambini: il buio.
Fortunatamente l’uomo-che-non-aveva-un-cognome si era offerto di pagare qualunque necessità della piccola in modo da avere la coscienza pulita.
E per fortuna, altrimenti il conto corrente di Matteo sarebbe andato in rosso già dopo l’acquisto dei giocattoli.

- Certo che puoi dormire con me! C’è spazio anche per il tuo amichetto peloso, se vuoi – rispose indicando il peluche.
- Può venire anche Palla? –

Matteo si ritrovò a scuotere la testa. Il suo letto, o qualsiasi altro ambiente che non fosse la sua gabbietta, era off-limits per quel coniglio.
Contrariamente a quello che aveva pensato Matteo, la bambina non fece nessun capriccio. Si accoccolò su di lui tenendo stretto in mano il suo nuovo amico.

Non sapendo nessuna canzone per bambini, Matteo canticchiò la sigla di una serie tv ascoltando il respiro di quell’angelo biondo che diventava, secondo dopo secondo, sempre più profondo.

E lì, in quel letto, a un’ora improponibile della mattina, Matteo sentì la propria anima fondersi con un’altra. Credeva che gli sarebbe successo solo quando avrebbe incontrato la sua anima gemella, invece non era successo con una donna, ma con una bambina.
Era successo con la piccola Cisky.
L’abbracciò, respirando profondamente e chiudendo gli occhi, beandosi di quel momento di pura tranquillità.
Non si era mai sentito così in sintonia con qualcuno.
Né con sua madre.
Né con sua nonna.
Né con i suoi amici.

Conosceva Cisky da pochissimo tempo, eppure… eppure non si era mai sentito così completo come in quel momento.
Amava quella bambina e l’avrebbe protetta a ogni costo.
Protetta e viziata.

Era padre da poche ore, ma sapeva di avere delle grandi potenzialità.

Pensando a come sarebbe stata la vita con quell’angelo al suo fianco si addormentò con il sorriso sulle labbra.

***

Creare un nuovo equilibrio.
Tra tutti i consigli che aveva ricevuto, quello gli sembrava di gran lunga il più sensato. Equilibrio significa serenità, voglia di vivere la vita al massimo, di aprirsi a tutte le esperienze che può offrire e affrontare le avversità in maniera diversa.

Anche lui, dopo la morte della sua adorata nonna Tilde, era partito alla ricerca del suo nuovo equilibrio e poteva tranquillamente affermare che era solo merito dei suoi amici se ora riusciva a vivere in quella bellissima casa che era appartenuta alla nonna.

I suoi amici lo avevano aiutato a creare un nuovo equilibrio.
Lo avevano fatto una volta e potevano farlo ancora.
Cisky doveva essere circondata da persone affettuose, che sarebbero state capaci di volerle bene.
E, per quanto i suoi amici fossero ricchi di difetti, i pregi non scarseggiavano.
Lo avrebbero aiutato.

Fortunatamente era sabato mattina il che significava “Colazione dal Gigante”, un abitudine iniziata ai tempi delle superiori e che sembrava voler continuare nel tempo. A dirla tutti all0inizio non si trattava di una colazione, bensì di un pranzo. Gli anni avevano cambiato l’orario ma non lo spirito goliardico dei partecipanti.
Nonostante si fosse fatto sentire poco in quei giorni, aveva troppo da fare!, sapeva che si sarebbero presentati puntuali alle dieci.
Luca avrebbe preso brioches e caffè al bar sotto casa sua. La tresca che aveva avuto con la figlia del fornaio gli aveva garantito uno sconto a vita.

Matteo ritornò nella sua camera e rimboccò le coperte a Cisky. Durante la notte la piccola non aveva fatto altro che muoversi; si era calmata solamente quando Matteo aveva iniziato ad accarezzarle le braccine. Invece ora dormiva tranquillamente, senza muoversi neanche di un millimetro.

Il Gigante chiuse bene le imposte in modo che la luce non entrasse e socchiuse la porta. Sistemò poi la cameretta della piccina e prese una carota dal frigorifero per Palla. Restò stupito quando notò che nella gabbietta ce n’erano ben tre, tutte in punti diversi.
Scosse la testa reprimendo una risata.
A quando pare la povera Cisky doveva aver pensato al suo nuovo amico prima di chiedere a Matteo se poteva dormire con lui.
Di quel passo Palla avrebbe avuto bisogno di un’altra gabbietta. Sarebbe diventato il coniglio più ciccione del mondo.

Guardando fuori dalla finestra notò la Panda e la moto di Ivan.
Perché avevano scelto proprio quel giorno per essere puntuali? Proprio quando aveva bisogno di racimolare il coraggio e la calma ecco che già suonavano il campanello.
Matteo aprì il portone e si piazzò davanti alla porta del suo appartamento.

Sentendo la voce di Ivan risuonare per le scale si calmò.
Si trattava dei suoi amici, non di una squadra di Inquisizione Spagnola.
- Allora… hai trovato le mie spogliarelliste? -
- Quante volte te lo devo dire? Io non conosco spogliarelliste! –
- E ballerine di lap dance? –
- No –
- Bourlesque? –
- Ti sembro il tipo? –
- A dir la sincera verità… sì. Gian ha già detto che lui non vuole saperne niente del mio addio al celibato. Ma non posso organizzarlo io! Sono il festeggiato –

Intanto i tre avevano raggiunto il pianerottolo di Matteo che, sconsolato e sconcertato, scuoteva la testa massaggiandosi la nuca.
- Gigante! Tu hai qualche collega che si spoglierebbe per arrotondare la paga? - chiese entrando in casa perfettamente a suo agio.
- Non so… posso provare a chiedere. Ma sai come si dice: mali estremi, estremi rimedi… Puoi sempre chiedere ad Alice se non ti fa uno spettacolino privato –

Ivan gli lanciò uno sguardo omicida e scosse la testa.
- Non voglio condividere con voi la mia donna, nonché futura moglie. E poi scusa… se Alice mi fa uno spettacolino per par condicio  dovrei chiedere anche a Giorgi e non credo che quella magnifica ragazza abbia dei problemi: farebbe qualsiasi cosa per il suo architetto sexy. E fin qui… nessun problema! Ma noi… beh, noi siamo in quattro e gli altri due, non farò nomi non vi preoccupate, non possono sempre andare a scrocco. Quindi è meglio trovare un’altra idea… e in fretta -

Gianluca si era seduto sul divano, la testa tra le mani. Matteo gli passò vicino allungandogli un cappuccino e una brioches.
- Allora dobbiamo trovare un’altra soluzione! –
- Ma mi ascolti quando parlo? Cos’ho appena detto?! – Ivan, senza troppe cerimonie, si accomodò al tavolo, prendendo la sua brioche dal sacchetto. A bocca piena, continuò la sua arringa. Grazie a Dio non faceva l’avvocato, altrimenti non l’avrebbe fermato nessuno.
- Ragazzi, io penso soprattutto a voi e alla vostra salute sessuale! Non potete stare in astinenza per così tanto tempo. Non è salutare! –
- Grazie per il tuo affetto. Come faremmo senza di te? – rispose Luca sarcastico.
Ivan, intento ad aprire la lavastoviglie, non si accorse del tono sarcastico e sorrise contento.
- Dovere, vecchio -

Tutti rimasero in silenzio un attimo, cercando qualcosa che distrasse la mente di Ivan dalle spogliarelliste. Ma la quiete non durò a lungo.
- Gigante! Lo sapevo che prima o poi saresti andato a segno! -
Tutti guardarono il biondo con fare perplesso. Cosa stava dicendo?
Ivan estrasse due bicchieri dalla lavastoviglie.
- Ragazzi! Ci sono due bicchieri, due piatti fondi e due piatti piani, due forchette e due coltelli. Matteo non sta vivendo più in castità! -

Matteo prese un respiro profondo.
- Ivan, ma di che stai parlando…? -
Da canto suo, il biondo cominciò a blaterare sulla felicità della vita di coppia e sui benefici che portava.
- Basta solitari per l’alzabandiera mattutina! Basta fantasie! Ora solo realtà! Gigante… vuoi negare che ieri sera hai cenato in compagnia? -

Matteo scosse la testa. Era inutile fingere. Per quanto avesse paura, doveva dire la verità.
Ivan sembrava toccare il cielo con un dito.
- Allora… chi è la fortunata? -
Il Gigante sospirò… fosse stato così facile parlarne.
Ivan, invece, continuava a incalzarlo. Non era stato così agitato da quando aveva cantato “Can’t fight this feeling” ad Alice.
- Gigante, con chi hai cenato ieri sera? DICCELO!!! -

La risposta di Matteo fu anticipata da una vocina da bambina.
- Con me -
Tutti si voltarono verso Cisky che, ancora assonnata, trotterellava verso Matteo per farsi prendere in braccio.
Poi, con sguardo angelico, guardò gli amici del Gigante negli occhi.
- Teo è il mio nuovo papà -

***

Il silenzio che calò nella stanza fu a dir poco inquietante. Fortunatamente fu interrotto da dei colpi di tosse di Luca che, rispettando la sua tradizione, si era bruciato la lingua e quasi soffocato con il caffè. I suoi occhi, come quelli del biondo e di Gian, erano puntati sulla bambina in braccio al Gigante.

Nessuno aveva il coraggio di parlare, di fare una domanda che potesse risultare insidiosa. Anche Ivan, sempre pronto a parlare per togliere i suoi amici dai pasticci, era inspiegabilmente diventato muto. Gli occhi sgranati e la mascella che toccava terra.
Se la situazione non fosse stata così complicata, Matteo sarebbe scoppiato in una risata fragorosa.
La sua Cisky era riuscita dove genitori, professori, amici e perfino poliziotti avevano fallito: far tacere Ivan.

I secondi passavano e quel silenzio continuava a farsi più fitto e nessuno sembrava volergli porre rimedio. La piccola stava iniziando ad agitarsi; sicuramente anche lei stava percependo la tensione che aleggiava tra loro e questo sicuramente non andava a favore del nuovo equilibrio.

Si sedette sul divano, sempre con la bambina in braccio, e si guardò intorno.
Le facce dei suoi amici erano… indescrivibili.
Scoppiò a ridere senza motivo, sempre con la testolina di Cisky nell’incavo del suo collo.
Certamente doveva sentirsi molto in imbarazzo.

- Allora… non siete contenti per me? – chiese con voce allegra anche se ancora incerta.
Fu Ivan a rispondere, dopo aver masticato accuratamente quello che restava del suo cornetto.
- Gigante… lo sapevamo che saresti stato il primo a diventare padre, su questo non c’erano dubbi. Ma, oltre a sperare che questa gioia avvenisse più in là nel tempo… come hai fatto a partorire questa bambina? Noi ti abbiamo visto sotto la doccia! Non ci hai mai nascosto nulla! -

Matteo incenerì Ivan con lo sguardo. Con Cisky all’ascolto non si poteva parlare così alla leggera di docce comuni, parti intime... e Dio sa cosa.
Cogliendo la frase inespressa, il biondo si strinse nelle spalle e mosse la mani convulsamente.
- Eh… Gigante, come posso spiegarmi! Dove hai trovato la materia prima? -
Matteo scosse la testa…
Materia prima. Come se Cisky fosse cresciuta su un albero e lui l’avesse colta prima che cadesse a terra.

Gianluca intervenne, cercando di togliere il migliore amico dall’imbarazzo. Si rivolse direttamente a Cisky sorridendo in modo aperto. Lui trattava tutti i giorni con Ivan e con neo laureati pazzi, quindi sapeva come comportarsi.
- Come ti chiami? -
La biondina si nascose nella maglietta di Matteo, stringendo forte il suo peluches. Matteo le accarezzò i capelli.
- Non vuoi proprio dire a Gian come ti chiami, piccina? -
Cisky scosse la testa, continuando a non voler vedere Gian. Fu Matteo a rispondere al suo posto.
- Questa bellezza si chiama Cisky. Lui è lo  zio Gian, quello biondo con la cresta è lo zio Ivan e poi c’è lo zio Luca. Sono i miei migliori amici e i tuoi nuovi zii -
Luca borbottò che era davvero bello essere presentati per ultimi e che non gli avrebbe più portato nessuna brioches se succedeva ancora una volta.

Cisky, a sentire parlare di cibo, si girò subito.
Scese dalle gambe di Matteo e trotterellò verso Luca, il sorriso aperto e l’imbarazzo completamente dimenticato.
- C’è qualcosa anche per me? -
Luca non potè resistere. Anche se aveva impiegato mesi a costruire la sua corazza impenetrabile di “uomo tenebroso e duro come l’acciaio”, si sciolse guardando quella bambina. Le sorrise, il primo sorriso vero da mesi, la prese in braccio e la coccolò mentre faceva colazione.

Ivan sentì la sua mascella cadere di nuovo.
- Sbaglio o ha sorriso? – sussurrò agli altri due esterrefatto.
- Quella bambina ha compiuto un miracolo – rispose Gian.
- Ѐ semplicemente un amore, vero? – Matteo constatò che Cisky non aveva conquistato soltanto lui, ma anche tutti i suoi amici.

Mentre osservava la sua bambina raccontò loro della chiamata d’urgenza all’ospedale e condivise quelle poche informazioni riguardanti l’uomo-senza-un-cognome e riversò su di loro le sue preoccupazioni.
Chi avrebbe badato alla piccola in sua assenza? Voleva che fosse circondata da persone fidate, persone che sapeva che l’avrebbero difesa, persone che conosceva e che sapeva l’avrebbero aiutato a costruire un nuovo equilibrio.
Persone come… come loro.

Tuttavia non aveva assolutamente il coraggio di chiederlo. Forse l’ospedale gli avrebbe permesso di restare a casa degli altri giorni in modo da fare dei colloqui e scegliere la babysitter più adatta per la biondina.
- Non pensarci neanche, Gigante – gli intimò Ivan, interrompendo il corso dei suoi pensieri.
Gianluca annuì e posò una mano sopra la spalla dei Matteo.
- Non ti preoccupare per Cisky. Non sei da solo e credimi… Tutti in questa stanza vogliono darti una mano. Non vedevo Luca sorridere in quel modo da tanto, tanto tempo -

I tre posarono lo sguardo sul cerbiatto tenebroso che faceva le smorfie per divertire la piccolina.

È vero, un bambino ti cambia, ma non si è mai parlato della rapidità di questo fenomeno. Luca, zio da poco più di dieci minuti, avrebbe dato tutto quello che possedeva per far felice Cisky e vederla sorridere.
E sono questi i cambiamenti che fanno veramente crescere, a ventotto anni come a cinquanta.

Cisky
Oggi ho conosciuto i miei zii.
Lo zio Ivan adora Palla.
Lo zio Gian ha la faccia simpatica.
Il mio preferito è lo zio Luca.
Aveva la guancia sporca di marmellata.
È il più simpatico di tutti.
Speriamo mi vogliano bene.

 

È davvero difficile scrivere le note finali del capitolo.
Sapete perché? Perché ho paura di trattare questo argomento delicato in modo irrispettoso, di non riuscire a comunicare bene i sentimenti di Cisky o le paure di Matteo :) In poco tempo mi sono affezionata tantissimo a loro e voglio trasporre al meglio tutto quello che mi sono prefigurata in testa :) Ecco… adesso sapete tutto  xD
Quindi… adesso la parola sta a voi. Spero che il capitolo via sia piaciuto e, se avete due minutini di tempo e riuscite a lasciarmi una recensione mi renderete felicissima :) Critiche, consigli, suggerimenti… fatemi sapere la vostra :)
Vi ricordo il mio account fb (https://www.facebook.com/bertu.efp). Friend me on fb per saperne di più sul nostro infermiere dal cuore d’oro e su tutti i suoi pazzi amici :P
Se proprio non potete resistere e volete domandarmi qualcosa… Mi trovate anche su ask :D (http://ask.fm/BertuEfp )
Prima di lasciarvi… c’è un angolo spam :)
“Una pinta di inchiostro irlandese” è la mia prima long nel fandom dei 1D. Ha come protagonista Niall :) Spero di potervi ritrovare anche dall’altra parte :)
Ivan e la sua cresta vi stritolano in un abbraccio :)
Tanto amore <3
Robi

P.s: un bacione enorme a Dobby17, IlaPerla, Serena25, Beatrice94 e Maka_Soul_145 per aver recensito lo scorso capitolo *^* <3

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


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GRAZIE A SAMMI PER IL BELLISSIMO BANNER *^*

IL GRANDE GIGANTE INNAMORATO

In genere le “Colazioni da Gigante” non erano niente di che. Cornetti e caffè e Ivan che raccontava quello che gli era successo durante la settimana. I quattro ne approfittavano per parlare tranquillamente e in pura libertà, mettersi d’accordo sui diversi “appuntamenti” previsti per la settimana successiva.
Da alcune settimane Ivan monopolizzava tutti parlando del suo matrimonio, non solo dell’addio al celibato (a quanto pare ci teneva veramente tantissimo) ma, soprattutto, ne approfittava per sfogarsi. Alice aveva iniziato ad avere dei comportamenti psicotici e ora non faceva che parlare di vestiti delle damigelle, tiare, fiori, invitati…

Fortunatamente il parroco che avrebbe celebrato la cerimonia si era rivelato da subito molto disponibile.
- Credo che Giorgi lo conosca, Gian. È lo zio di un compagno di classe del moccioso -
- Chiederò informazioni. Non ti ha fatto problemi per la tua cresta? –
Ivan scosse la testa, soddisfatto.
Il suo slogan personale era “Tieni la cresta alta”. Se non fosse stato per Alice, l’avrebbe trasformato nel motto di famiglia.

Ma quel sabato, neanche il matrimonio sembrava non avere più importanza.
Tutti erano ammaliati da Cisky che, seduta ancora sulle ginocchia di Luca, mangiava lentamente e tranquillamente il suo cornetto.
Luca, da canto suo, sembrava non voler smettere di sorridere. Non gli importava farsi vedere dai suoi amici, sapeva che non l’avrebbero mai preso in giro.
Gli importava solo la tranquillità di Cisky.

- Allora… chi fa il primo turno lunedì? – chiese accarezzando i capelli della bambina.
Matteo si massaggiò la nuca e poi aprì l’agenda.
- Faccio il pomeriggio: da mezzogiorno fino alle sette -
- Quindi pranzare e fare un pisolino di bellezza? – chiese Ivan controllando a sua volta l’agenda sullo smartphone passando una mano tra i capelli rasati ai lati della testa.
- Ce ne occupiamo io e Giorgi! – disse tranquillamente Gian, rimettendo il cellulare nella tasca posteriore del jeans - A lei piace cucinare e sono certo che andrà matta per questa bambina. Guarderemo un po’ la tv e se mai andremo a fare un giretto al parco. Che dici, bambolina? –

Cisky si girò verso Luca, che prese un tovagliolino per pulirle le ultime briciole intrappolate tra le sue labbra.
- Non puoi venire, zio Luca? -
Il cerbiatto tenebroso sentì il proprio cuore sciogliersi. Scosse la testa, intristendosi ancora di più vedendo la biondina sospirare. Purtroppo non poteva permettersi di assentarsi dall’ufficio. Con i tempi che correvano era già tanto che avesse un contratto a tempo indeterminato e che l’azienda gli facesse guidare quel carro funebre della Dacia quando partiva in missione per controllare i diversi pezzi.

Sorrise, cercando di mettere di buon umore la bambina promettendole che avrebbe cenato con lui quando Matteo avrebbe fatto il turno di notte. Le avrebbe raccontato delle storie bellissime e mangiato così tanta torta al cioccolato da far venire la pelle marroncina.
Cisky rise e Luca con lei.

- Martedì, mercoledì e giovedì posso tranquillamente prenderla con me. Le case che devo far vedere sono in zona e la maggior parte delle famiglie ha chiesto espressamente che siano a prova di bambino. Se porto la piccina con me avrò la vendita assicurata – Ivan si spostò vicino a Cisky, solleticandole leggermente il piedino scalzo.
Cisky rise, ancora un po’ intimidita, si svincolo dal leggero abbraccio di Luca e corse nel porto sicuro che erano le braccia di Matteo.
Quando lui le chiese se era contenta di passare un po’ di tempo con i suoi nuovi zii, la piccola annuì e poi rituffò il suo visino nella maglietta del Gigante, stringendo la stoffa tra i pugnetti.
Prima sembrava così allegra e ora… ora era così triste.

Matteo la strinse forte forte, pregando che il calore che provava nel cuore superasse le barriere dell’abbraccio e penetrasse nelle sue difese, ora irrimediabilmente alzate. La cullò leggermente, sempre con il sorriso sulle labbra.
Doveva andare tutto bene.
Non doveva essere triste.
Con un sorriso sulle labbra la vita sarebbe stata molto più facile.
La nonna Tilde gli aveva sempre detto: “Fa della gentilezza una tua abitudine e cambierai umore”.
Lui avrebbe insegnato a Cisky a far del sorriso la sua abitudine. Naturalmente sempre restando gentili.
“Si conquistano più mosche con il miele che con l’aceto” era un altro dei suoi insegnamenti. Sorrise pensando alla faccia che avrebbe fatto la nonna se avesse conosciuto Cisky.
Scosse la testa.
Insuperabile.

Restarono in quella posizione per un bel po’ e nonostante tutti cercassero di inserire la piccola nella conversazione, ogni tentativo risultava vano. Sembrava una statua da quanto era immobile contro Matteo. Luca le portò il peluche che aveva lasciato sul tavolo, ma la piccola non reagì. Il cerbiatto si sentì tremendamente in colpa… se solo fosse riuscito a spostare dei turni o chiedere delle ore di permesso.
Invece era sottomesso al capo e al volere di quella stalker della figlia.

- Vuoi giocare un po’ con Palla, piccina? – le chiese Matteo, sperando che quello che si era rivelato il suo asso nella manica, cioè il coniglio obeso, continuasse a rivelarsi un valido alleato nella missione “creiamo un equilibrio”.
Ma Cisky non reagì, continuando a rimanere silenziosa e immobile.

Il Gigante sollevò la testa cercando con gli occhi un appiglio, un aiuto.
Cercando qualsiasi cose che l’avrebbe aiutato a superare quel primo vero scoglio.
Ivan gli sorrise, con il fare di chi la sa lunga.

Lentamente entrò nel campo visivo della piccola e iniziò a parlare ad alta voce.
- Sei veramente sicura di non voler giocare con Palla, Cisky? Non vedi…? È tremendamente triste! Non vorrei che dimagrisse di qualche grammo per la tristezza! –
Si avvicinò alla gabbietta e, con calma, l’aprì.
Poi salutò il suo vecchio amico peloso.
- Ciao Palla di Lardo! Ma come stai…? Ma quanto sei bello, morbido e ciccione! Non vedo l’ora di mangiarti – facendo finta di portare un grande peso, che in fondo non era una propriamente una bugia, prese il braccio la grande Palla di Lardo (e di pelo) e si girò verso la bambina. – Non vuoi prenderlo in braccio? Accarezzare il suo pelo morbidissimo? Fargli il bagnetto e profumarlo di fragola? Dargli da mangiare un biscottino? Non aspetta altro che giocare con te tutto il giorno. Prima, quando c’era solo Matteo, si annoiava tremendamente! Ha aspettato tantissimo per un’amica come te… non puoi farlo piangere in questo modo! -

Matteo abbassò lo sguardo sulla bambina che teneva in braccio.
La sentì sorridere e vide le spalle sussultare.
Stava ridendo. Era felice.
Pericolo scampato.

- I conigli non piangono, Ivan – intervenne Gian scuotendo la testa.
Ma il biondo non si lasciò perdere d’animo e lanciò un’occhiata di fuoco all’amico.
- Palla di Lardo si. Mangia come un umano e quindi piange anche come un umano. Fa il bagnetto con il bagnoschiuma alla fragola e mangia i biscottini rosa -
- Forse gli piacciono anche le caramelle… – intervenne Cisky guardando Ivan speranzosa, ma rimanendo ancorata al suo Gigante.



- Le caramelle non le ha mai mangiate… Ma adora i biscottini rosa, le mele, le pannocchiette e naturalmente anche le carote. Dai, vieni qua con me. Giochiamo un po’ insieme -

La piccola guardò Matteo, come se volesse chiedergli il permesso, e quando lui annuì corse verso zio Ivan, impaziente di giocare con lui e Palla.
- Zio Ivan… posso chiederti una cosa? – chiese dopo un po’ con una vocina tremula.
- Tutto quello che vuoi, topina –
- Cosa vuol dire “Lardo”…? –
Ivan rispose senza pensarci troppo.
- Ciccia –
- Quindi Palla è una Palla di… ciccia? –

Sentendosi in imbarazzo, Ivan abbassò gli occhi.
Improvvisamente tutta la sua spavalderia era sparita e si sarebbe dato una testata contro il muro pur di rimediare al suo errore.
Perché doveva aver scelto proprio quel nome? Ok, Palla era un coniglio ciccione e obeso ma forse non si meritava d’essere trattato così male. D’essere vittima di bullismo.
Doveva assolutamente smetterla di chiamarlo così.

Fortunatamente, ancora una volta, la situazione si risolse da sola.
Cisky lasciò completamente perdere Palla e abbracciò Ivan, sorridendogli.
- Palla è un coniglio tenero. Non si offende perché diciamo che è morbido e fatto di ciccia. Secondo me è contento di essere così morbido. E poi… è proprio una palla di ciccia! Ma noi gli vogliamo bene lo stesso, no? -

Tutti guardarono Cisky, colpiti.
Doveva ancora compiere quattro anni, ma si stava mostrando davvero matura per la sua età. Forse era merito, o colpa, di quello che aveva vissuto sulla propria pelle, delle esperienze traumatiche passate con la madre.
Non ne erano certi.

Ma di una cosa erano sicuri.
Quella bambina li avrebbe resi degli uomini migliori.
Il cambiamento stava già avvenendo.

Matteo pensò che forse non dovevano essere loro ad aiutare la piccola.
Sarebbe stata lei ad aiutare tutti loro.

***
Cisky
Il cognome di Palla è Ciccia.
Credo sia giusto visto che è ciccione.
Gli zii sono andati via e io sto guardando i cartoni.
Ho pettinato anche il pelo di Palla.
Teo sta lavorando.
La mamma non voleva che la disturbassi quando lavorava.
Forse è meglio non rischiare.

***

Essere una studentessa universitaria è difficile.
Essere una studentessa universitaria fuorisede lo è ancora di più.
La situazione si complica ulteriormente se la propria coinquilina decide di trascorrere i tre mesi che precedono la laurea in ritiro sabbatico nella casa al mare del suo ragazzo.

Ritiro spirituale…
Certo.
Come no.

Comunque, ritiro spirituale o sesso estremo ventiquattro ore al giorno, Lucia si era ritrovata da sola, in un appartamento che senza Camilla le sembrava fin troppo grande.
Continuava a ripetersi che si sarebbe abituata a questa nuova situazione, che skype si sarebbe rivelato utile, ma tutte le sere si ritrovava sul divano, a guardare una stupida replica di Uomini e Donne mangiando gelato e poi sentendosi in colpa.

“Muovi il culo e conosci gente!” le avrebbe detto Camilla se fosse stata lì con lei. Le avrebbe lanciato il vestito a fiori che Lucia, considerandolo troppo scollato, si rifiutava di mettere e l’avrebbe costretta a uscire, bere qualcosa e a conoscere il ragazzo che aveva adocchiato da quando erano entrate nel locale.

L’avrebbe aiutata a non sentirsi in imbarazzo, a non arrossire per un complimento e a non sentirsi in colpa per aver spento la voce della coscienza che continuava a tormentarla.
Se Camilla le era vicino, Lucia riusciva a lasciarsi andare, a essere veramente se stessa.

Ma non appena si allontanava tutto tornava come prima.
Imbarazzo, guancie rosse, balbettii insulsi… scappava a gambe levate con un “ciao” sussurrato e addio al bel ragazzo che fino a un minuto prima sembrava essere gentile e disponibile.

Questo le era sempre successo e sembrava voler continuare a succedere.
Non aveva mai avuto un ragazzo come migliore amico e…
E non aveva mai avuto un ragazzo in generale.

Non che fosse un disperato caso perso in partenza. Non aveva difetti di pronuncia o dei tic nervosi che la mettevano permanentemente in imbarazzo.
Riusciva a essere tranquilla e disinvolta con i ragazzi che aveva incontrato nel corso della sua vita, pochi considerato che aveva frequentato un liceo e un’università a maggioranza puramente femminile, e anche con alcuni ragazzi che aveva conosciuto ad alcune feste.
Ma tutti loro avevano qualcosa in comune: non le avevano fatto battere il cuore.
Non le avevano fatto arrossire le guance e tremare le ginocchia.

Non aveva sentito niente.
Nulla.
Nessun brivido.
Nessuna sensazione strana.

E Lucia, non essendo abituata a perdere tempo, non aveva concesso loro nessuna chance per riscattarsi.
Come diceva sempre Camilla, Lucia era un’inguaribile romanticona. Voleva incontrare il ragazzo della sua vita subito e vivere la vita come in un film.
Innamorarsi al primo sguardo.
Un corteggiamento spietato e senza vie di fuga.
Una bella casa.
Un matrimonio e tanti bei bambini.

Lucia si lasciava spesso cullare da questi sogni, soprattutto dopo una lunga giornata in università, immersa nella vasca da bagno e circondata da una fitta schiuma.
Voleva incontrare l’amore della sua vita, era inutile negarlo.
A volte lo desiderava così tanto da stare male.

Voleva essere speciale.
Voleva che una persona in particolare la considerasse speciale.
E voleva che quella persona non fosse la madre, ma l’uomo dei suoi sogni.
Anche se non lo conosceva, naturalmente per il momento, immaginava di parlargli abbastanza spesso.
Considerato che non conosceva neancora il suo nome, lo chiamava “Mr X”.
“Amore, com’è andata la giornata?”
“Mr X, andiamo al cinema questo venerdì?”
“Caro, io vado a farmi un bagno. Vuoi venire anche tu?”

Conversazioni immaginarie, ma che la facevano stare meglio, anche per un misero minutino. Con il senno di poi, ripensandoci, si sentiva uno straccio e la sua depressione aumentava.

Possibile che tra tutti i miliardi di persone che abitavano questo pianeta non esistesse la sua anima gemella?
Certo, la situazione sarebbe decisamente migliorata se avesse imparato a parlare e non a balbettare come una stupida ogni volta che un ragazzo carino le faceva un sorriso.
La settimana prima era quasi caduta dalle scale quando un ragazzo con un’altissima cresta bionda l’aveva salutata facendole l’occhiolino.
Probabilmente per lui era una cosa normale.
Per lei un avvenimento da segnare sul calendario.

Solo quando era con Camilla le cose miglioravano.
E quando era insieme ai suoi bambini…
Lucia sospirò sorridendo, mentre apriva il portone del suo palazzo, cercando di non fare rovesciare il contenuto del sacchetto della spesa. La frittata andava fatta in cucina, non nell’atrio.

Amava i bambini, soprattutto quando erano ancora piccoli.
Tra tre mesi si sarebbe laureata in Scienze dell’educazione primaria e avrebbe iniziato la specialistica con un bellissimo tirocinio nell’asilo “Il Sassolino”.
Con i piccoli umani si sentiva perfettamente a suo agio, forse persino più che con Cami.

Aveva fatto spesso la babysitter e quando passeggiava nel parco con quelle piccole creature sorrideva felice al mondo e non aveva paura di parlare con nessuno.
Alcune volte si erano avvicinati anche dei ragazzi con il pretesto di fare dei complimenti al bambino in questione.
“Sei veramente bravo a giocare a pallone. Quando diventerai grande sarai un campione!”. Poi le sorridevano e cercavano di attaccare bottone, ma inutilmente.
Lucia parlava tranquillamente con loro, ma la sua attenzione era, sempre e irrimediabilmente puntata sulla piccola creatura con lei.

A casa Camilla scuoteva la testa e guardava l’amica come se fosse un caso disperato.
Però Lucia era felice.
Era riuscita a non balbettare e a evitare possibili e papabili figure di merda.
Un passo alla volta e ce l’avrebbe fatta.

Gradino dopo gradino era arrivata al suo piano.
Come una contorsionista riuscì a prendere le chiavi dalla tasca posteriore dei jeans senza far cadere nulla.
- Ciao! -

Spaventata, Lucia fece un saltello indietro e il sacchetto delle mele rotolò a terra.
Si girò verso la voce e scoprì una bambina.
Bionda, occhi azzurri.
Bellissima.

Era seduta sul gradino più basso delle scale che portavano al piano superiore e stava giocando con un coniglio di peluches.
Si alzò e trotterellò verso di lei, piegandosi per raccogliere il sacchetto.
- Sei molto gentile, grazie! – disse Lucia allegra.
Venne ricompensata con un sorriso.

- Come ti chiami? -
- Lucia. E tu? –
- Cisky. Abiti in questa casa? –
Lucia annuì, aprì la porta e depositò la spesa sul divanetto che si trovava all’ingresso per poi ritornare verso la piccola che, diligentemente, si era fermata sulla porta.
- Tu invece dove abiti? -
- Là –

Con il dito indicò l’appartamento che si trovava sullo stesso piano del suo. Era molto più grande e da quello che Camilla le aveva detto era appartenuto a una certa sig.ra Matilde, detta Tilde. Quando era morta, all’incirca due anni prima, vi si era trasferito il nipote, ma nessuna delle due non l’aveva mai visto.
Camilla sospettava che si trattasse di un vampiro o di uno zombie. O di una persona che viveva nella costante paura degli spazi aperti.
Studiava psicologia la ragazza, e per un certo periodo era stata in preda alla tentazione quotidiana di suonargli per chiedergli se voleva essere il soggetto sperimentale della sua tesi di laurea. Per fortuna, Lucia era riuscita a dissuaderla ogni volta che questo lapsus l’assaliva.

Ma in quel momento non riuscì a resistere alla curiosità.
- Ti sei trasferita con la tua mamma? -

Il visino della piccola divenne triste. Si guardò le scarpe e poi il peluches.
- No… Abito con il mio nuovo papà. Teo -

Come se fosse stato chiamato ad alta voce, il ragazzo uscì dalla porta con un’espressione disperata che subito si dissolse vedendo la bambina.
- Piccina! Oddio… finalmente ti ho trovata! Ero in pensiero! Ma perché sei uscita? Ero così preoccupato! -
Si abbassò al suo livello, il che fu abbastanza difficile data la sua altezza, e l’abbracciò.
- Cisky, ti prego. Non farlo più. Mi sono venuti i capelli bianchi dallo spavento -
Face un’espressione triste e li indicò alla bambina, che iniziò a ridere.
- Ma io non vedo nulla, Teo! -

La prese in braccio, raccomandandole di non lasciarlo mai da solo.
- Soffro di solitudine! Piango se non ci sei! E poi… come farei a sfamare Palla senza di te? Ho bisogno di te, piccola! -

Lucia, nel modo più silenzioso possibile, tentò di rientrare in casa.
Stava assistendo a una scena troppo privata, troppo intima e si sentiva una completa intrusa.
Estranea.
Non aveva il diritto di vedere quell’abbraccio, di sentire quell’amore che traspariva da un solo gesto. Un amore che trasporta, che ti fa battere il cuore, sbattere forte le ciglia per non far scendere le lacrime, che ti fa sorridere e sospirare ad alta voce.
Se l’avesse visto in un film, o letto in un libro, non avrebbe potuto fermare le lacrime.

Era quasi riuscita nel suo obiettivo, quando sentì il suo nome.
- Teo, la conosci già Lucia? -
Si girò verso di loro, tentando di darsi un contegno.
Tenendo la piccola con un braccio solo, Matteo si presentò, allungando la mano.
- Piacere. Matteo -
- Ciao… Lucia –

La ragazza si stupì di se stessa. Era riuscita a parlargli senza balbettare.
- Grazie per aver tenuto compagnia a Cisky. Davvero… grazie -
Quel ragazzo riusciva a esprimere tutte le sue emozioni in modo sorprendente. Non usando solo il linguaggio del corpo, ma soprattutto la voce.
Quelle parole erano sincere, non una frase espressa per circostanza.

Lucia, stringendo la sua mano calda e sicura, sorrise.
- Non ti preoccupare… è stato un piacere. E poi Cisky non mi ha affatto disturbato… sono tornata pochi secondi fa... È una bambina adorabile -

Matteo sorrise e baciò i capelli biondi della bambina.
Guardò Lucia ancora una volta, gli occhi riconoscenti, e poi rientrò in casa sua.
Lucia fece lo stesso e si accasciò sul divano, le gambe molli.

Aveva conosciuto Matteo. E poteva dire con certezza che non era né uno zombie, né un vampiro e non aveva disturbi di alcun genere.
Ed era così… oddio.
Un po’ alto, ma se la tenerezza si misurasse in centimetri, quel Gigante avrebbe certamente vinto un premio.

Ci aveva parlato.
E non aveva balbettato.

Aveva le farfalle nello stomaco.
Aveva parlato con lui.
Non aveva balbettato.

Brividi le percorsero la schiena.
Che fosse lui Mr X?
E quella bambina? Chi era?
La piccola aveva detto che Teo era il suo nuovo papà… che significava?
Se non erano parenti perché abitava con lui?

Ma l’affetto che aveva sentito nell’aria…
Doveva essere qualcuno di importante per lui.

Era così tenera…
Così dolce…

E poi lui era… da capogiro.
“Presentati da lui una sera con una torta e approfittane, Luci. La vita è troppo breve per passarla sognando”.
Lucia sentì distintamente la voce di Camilla, come se fosse stata ai fornelli o sul divano vicino a lei.

Erano anni che sognava il suo Mr X.
Forse era venuto il momento di dargli un volto.
E se le avesse risposto di no… Beh, almeno aveva tentato. Non aveva nulla di cui rimproverarsi.

Si alzò e mise a posto la spesa.
Avrebbe seguito il consiglio della Camilla nella sua testa. Non oggi e neanche domani, non voleva essere scambiata per una stalker, ma molto presto avrebbe attraversato il piccolo pianerottolo che separava le due porte con una torta.

Farfalle.
Tremolii.
Brividi.
Nessun balbettio.

Questi erano chiaramente i segni che aspettava da tempo.


Girls ciao :)
Ho impegnato un tempo infinito per scrivere questo capitolo. Spero che sia decente :D
Camilla e soprattutto Lucia sono i nostri ultimi personaggi. Impareremo a conoscerle meglio con il passare del tempo e vedere insieme cosa succede.
Ho adorato l’Ivan della prima parte del capitolo. È così tenero che mi viene voglia di spupazzarlo :P E Luca?  *-* Semplicemente un amore <3
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto :) Ringrazio chiunque abbia avuto il coraggio di leggerlo fino in fondo :) Se avete un attimo di tempo, vi dispiacerebbe lasciarmi una recensione? Davvero, tengo tanto a questa storia e spero che non stia uscendo uno schifo perché ci rimarrei troppo di merda.
Quindi, sta a voi dirmi che ne pensate. Nel bene e nel male.
Tranquille, ho le spalle larghe e le critiche costruttive mi servono.
Ricordo anche il mio account Fb, per spoiler, interagire con me, notizie e curiosità sui personaggi e molto altro ancora :D
Vi saluto e vi ringrazio ancora, dal più profondo del mio cuore.
Ivan vi ama e vi abbraccia tutte <3
Un bacione <3
Robi

Ps: un ringraziamento speciale a Maka_soul_145, Beatrice94 e DarkViolet92 per aver recensito lo scorso capitolo. <3 u girls!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


IL GRANDE GIGANTE INNAMORATO

Capitolo 5

Questo capitolo
È dedicato
A tre favolose ragazze
Che mi hanno supportato
Quando non vedevo la luce.
A Ilaria.
A Lorena.
A Silvia.
A voi.
Grazie.

Lavoro, lavoro e ancora lavoro.
C’è chi non vede l’ora di ritornare a casa e rilassarsi sul divano e chi brama dalla voglia di chiudere la porta di casa per precipitarsi in ufficio.

Matteo faceva decisamente parte della seconda categoria.
Nonostante potesse rivelarsi drammatico, amava lavorare in ospedale e soprattutto amava stare a contatto con i piccoli umani.
Medicarli, sorridere, dire che sarebbe andato tutto per il verso giusto. Quando, durante il turno di notte, faceva il giro di controllo, amava guardarli dormire e, cartella in mano, immaginava il loro futuro.

Calciatori, avvocati, astronauti, cantanti, ballerine e principesse.
Il futuro era ancora una nuvola, una scatola da scartare, aprire e scoprire.
Ogni possibilità era ancora aperta.
Non avevano ricevuto né porte in faccia né bastonate.
Il futuro li stava chiamando a gran voce.

Gli mancava la vita del reparto, essere considerato una creatura mitologica. Amava vedere i bambini sgranare gli occhi appena lo vedevano entrare dalla porta, ma, più che altro, amava vederli ascoltare attenti quando parlava del suo mondo di giganti, fate, gnomi e folletti.
Naturalmente, questo non valeva per tutti. E, purtroppo, non dipendeva solamente dall’età.
C’e chi a 10 gli chiede la ricetta per diventare alto come lui e chi, a 3, storce il naso quando l’infermiere iniziava a raccontare, per rivolgere l’attenzione al tablet che la mamma aveva diligentemente comprato.

Non era un periodo d’oro per i piccoli cuccioli d’uomo: crescevano troppo in fretta.
Troppo presto i giochi venivano sostituiti, per non dire soppiantati, dalla tecnologia.
Troppo presto la realtà crudele prendeva il posto della fantasia.
Si diventava adulti troppo in fretta.

Tuttavia, questo non sarebbe successo con la sua Cisky.
Amava vederla parlare con Palla, immaginare avventure con barbie e bambole.
Non sarebbe diventata una donna schizofrenica se Matteo le avrebbe insegnato i pregi e le potenzialità della fantasia.

Però, tutto ciò, non sarebbe successo quel giorno.
Con suo gran dispiacere, doveva ritornare in ospedale.
Lanciò un’occhiata alla bimba che, tranquilla e pacifica, stava giocando con Palla sul divano. Adesso quel povero coniglio aveva due codini e un pelo morbido morbido…
Altro che “100 colpi di spazzola prima di andare a dormire”. Cisky aveva spazzolato Palla già almeno mille volte.
Beh, a dir la verità se Cisky avesse continuato a rastrellarlo in quel modo... la sua folta pelliccia sarebbe stata soltanto un ricordo.

Le lanciò ancora un’occhiata prima di sistemare il biglietto con i numeri di emergenza sul frigorifero. Il coniglio in braccio e una carota in mano, la bambina stava guardando perplessa Peppa Pig.

Controllò i numeri e, per ogni evenienza, scribacchiò quello del suo cellulare in fondo alla lista. Già vedeva Gian scuotere la testa passandosi una mano tra i capelli per poi guardarlo in modo accondiscendente, cercando di mascherare il sorriso di scherno che, inevitabilmente, gli sarebbe comparso sulle labbra.

Finito di sistemare tutto prese Palla dalle ginocchia della piccola e rimise la sua gabbietta sull’armadietto vicino alla TV. Poi si accasciò sul divano e Cisky gli venne subito in braccio.
Per un po’ guardarono il cartone in silenzio, Matteo che accarezzava i capelli biondi della sua bambina. Erano passati pochissimi giorni eppure si era abituato già così in fretta ad averla accanto a lui.
Sì, la vita in reparto indubbiamente gli mancava, ma avrebbe preferito rimanere a casa a guardare quel maialino rosa insieme alla sua bambina.

Approfittando della pubblicità decise di liberare il suo cuore, appesantito da una domanda.
- Cisky… ti dispiace che vada a lavoro? Credimi... se potessi resterei qua con te tutto il giorno tutti i giorni -
La bambina lo guardò sorridendo e poi scosse la testa.
- Nono, Teo. Non ti preoccupare. Ci sono tanti bambini che hanno bisogno di te, come era successo a me. Noi staremo insieme stasera -

Matteo le baciò la punta del naso e poi la strinse forte forte.
Respirò il suo profumo di bambina, shampoo alle fragole e borotalco, e pensò di essere molto fortunato.
- Ricorda che sei la mia preferita, non dimenticarlo mai. Anche se guardi questo cartone un po’ da bambini piccolini… ti voglio bene -

Cisky si liberò dall’abbraccio e guardò Matteo sbattendo le ciglia.
- Ma se non mi piace neanche! -
- Cambiamo cartone? –
Cisky annuì.
- Cappuccetto rosso? -
La piccola scosse la testa.
- Nooo… Voglio Biancaneve e i Sette Nani! -

Matteo scelse il cartone richiesto, cercando di smettere di pensare a quando, all’incirca tre anni prima, Ivan aveva regalato a Luca, per il suo compleanno, il dvd di Biancaneve Sotto i Nani, reputandolo molto istruttivo per svezzarlo e iniziarlo a un’attività sessuale gratificante sotto ogni punto di vista.

Cisky si sedette composta e iniziò a canticchiare.
- Questi si che sono cartoni. Non quello con Peppa – disse tra sé e sé.
- Se facessero un cartone sulla vita di Palla sarebbe un successo – gli rispose Cisky, gli occhi che brillavano per l’idea.

Matteo rise scuotendo la testa.
Poi, guardando la sua bambina, si augurò che non lo dicesse a nessuno dei suoi zii…
Già si immaginava Gian dietro a una videocamera, Ivan con un copione in mano e Luca che dava voce al coniglio ciccione. Avrebbero poi caricato il tutto su you-tube solo per farla felice.
Beh, forse si sarebbe rivelato il trampolino di lancio per realizzare il sogno nel cassetto di Ivan.

Il biondo aveva sempre desiderato fare il regista. Il suo sogno era diventare il nuovo Tinto Brass… ma da qualche parte bisogna pur partire, no?

Prese in braccio la sua bambina e, canticchiando con lei, si godette quegli ultimi istanti di libertà.

Purtroppo Giorgi e Gian arrivarono prima del previsto.
Matteo aprì la porta e la ragazza entrò, sorridendo come sempre. Gian la seguiva, i capelli scompigliati e sommerso da dozzine di borse.

Appoggiò tutto sul pavimento e si massaggiò la spalla destra.
- Piccola… non avevi detto che almeno una borsa l’avresti portata tu? Adesso mi fa male tutto… -
Giorgi si alzò in punta di piedi per cercare di raggiungere la guancia di Matteo, ma il Gigante fu costretto, ancora una volta, ad abbassarsi.

Gianluca si stiracchiò in modo plateale e poi si schiarì la voce rumorosamente.
- Io non me lo merito un bacio, piccola? – disse scherzosamente, cercando di non nascondere quella traccia velata di malizia.

Giorgia appoggiò la felpa sullo schienale della sedia e poi scosse la testa.
Le spalle stavano sussultando.
Giorgi stava ridendo, anche se cercava di non darlo a vedere.
- Ti bacio già fin troppo spesso, non credi? -

Gian si avvicinò, colmando in pochi passi la distanza che li separava.
- I tuoi baci sono la mia droga. Non saranno mai abbastanza -
Le abbracciò la vita e posò il mento sulla spalla.
Giorgi si girò verso di lui.
Naso contro naso.
Occhi negli occhi.
- Ti amo troppo per farti morire di overdose -
- Meglio overdose che astinenza, piccola – disse sfiorandole lievemente le labbra.

Matteo aveva assistito a tutta la scena, il sopraciglio alzato e la bocca corrucciata.
Non era la prima volta che vedeva Giorgia e Gian baciarsi. E non era uno che si scandalizzava per così poco
Tuttavia, adesso, si stava sentendo decisamente di troppo.
Di troppo a casa sua… questo era il massimo.

Però non aveva mai visto Gian comportarsi così con una ragazza. Non che l’architetto avesse alle sue spalle una scia di cuori infranti, ma, citando Ivan, “sapeva come godersi la vita”.
Alla fine era arrivata Giorgia e anche Gian aveva messo la testa a posto.
Naturalmente era contento per lui, ma forse non era mai riuscito a capire sul serio il legame che li univa. In fondo si conoscevano da pochissimo tempo…

E invece no.
Nel suo salotto Matteo si stava sentendo a disagio. Sembravano essere in una sottospecie di bolla, un universo parallelo tutto loro.
Non esisteva più nessun altro.
Né Palla.
Né Lui.
Né Cisky.

Cisky…
Oddio Cisky!
Si giro verso il divano, già pronto a gettarsi su di lei e chiuderle gli occhi per poi portarla in un luogo sicuro dove i baci esistevano ma non contemplavano nulla di più.
Ma Cisky non c’era.

Diligentemente aveva bloccato il video ma non c’era nessuna traccia di lei.
Intanto gli sbaciucchiamenti continuavano e la sua biondina preferita non era lì.

Cercando di non farsi prendere dal panico, era già sparita una volta e gli erano spuntati all’incirca una decina di capelli bianchi, si diresse verso la camera.
La trovò seduta sul letto, intenta a guardare intensamente il suo coniglietto di pezza. Lo sguardo concentrato e la postura rigida tradivano la sua preoccupazione.

Matteo l’abbracciò d’istinto e le massaggiò la schiena.
Sentì la sua maglietta bagnarsi e la piccola singhiozzare leggermente.
- E se… e se… - Francesca non riuscì a finire la frase.
Matteo si domandò cosa le stesse passando per la testa. Cercò di immaginarsi le sue paure, le sue preoccupazioni, il suo passato.

Tuttavia in quel momento serviva decisamente a poco.
Era meglio agire.
Fatti non parole, anche se quelle certamente non guastavano.
- Piccina, non ti preoccupare. Lo zio Gian ti sta aspettando di là insieme alla sua ragazza. È veramente simpatica… Ti piacerà, vedrai. Ha portato anche lo smalto da mettersi sulle unghie… E io tornerò a casa in men che non si dica. E stasera guarderemo la fine del cartone pettinando Palla. Che dici? –

Matteo sentì la piccola annuire contro la sua maglietta.
Aspettò che si calmasse definitivamente e poi la prese in braccio e insieme si diressero in cucina.

Dopo nemmeno dieci minuti dovette partire e salutò la sua bambina con un bacio sulla guancia.

In macchina sorrise pensando che il mondo si era rovesciato.
Matteo Piano non avrebbe mai creduto di sperare che il lavoro finisse in fretta, così da ritornare a casa.
Eppure era appena successo.

Si allacciò la cintura e controllò lo specchietto retrovisore.
Si immerse nel traffico, ma più si allontanava da casa, più si sentiva il cuore pesante.
Sperò di ritornare il prima possibile.

La biondina gli mancava già.

***

Dopo una mattina di studio intenso niente rilassava di più delle… pulizie.
Ebbene sì… Lucia amava le pulizie. Lustrare, lucidare, innaffiare le piante, ma soprattutto stendere i panni. Quando Camilla non era casa, Lucia stendeva il bucato in ordine decrescente. Prima le lenzuola, poi gli asciugamani, jeans, magliette e per ultimi i calzini.
Sapeva di essere un po’ fissata, Camilla lo ripeteva di continuo, ma non poteva fare nient’altro.

Non le piaceva l’ordine.
Semplicemente amava crearlo per poi distruggerlo. Il che era un bene visto che Camilla scappava ogni volta che Lucia tirava fuori la scopa.

Era strano ma solo in quel modo Lucia riusciva a pensare. Le idee migliori le erano sempre venute proprio così e, certamente, non avrebbe mai rinunciato a questo metodo apparentemente perfetto.

Soprattutto adesso che doveva prendere una decisione importantissima.
Doveva presentarsi e suonare alla porta di Matteo oppure aspettare…?
Aspettare…
Era stufa di aspettare.
Per la prima volta in tutta la sua vita voleva agire.
Ok. Adesso avrebbe dato da bere da bere al ficus fuori dalla porta, poi avrebbe fatto una torta e avrebbe bussato alla porta di quella creatura magnifica che era il suo vicino di casa.

Tutti sanno che a stomaco pieno si ragiona meglio e si è più disponibili nei confronti degli altri, no? Beh, Lucia voleva sfruttare le sue qualità culinarie per fare colpo… e per capire il suo rapporto con la bambina che abitava con lui.

Toccò il secchio dell’acqua per vedere se era asciutto e poi lo ripose sotto il lavandino. Prese la bottiglia vuota che usava a mo’ di annaffiatoio e si diresse verso la porta.
Passando davanti allo specchio si toccò distrattamente i capelli. Purtroppo erano ancora troppo corti per riuscire a raccoglierli in una codina…

Convinta da Camilla, era andata con lei dal parrucchiere all’incirca due settimane prima. Avevano davvero bisogno di essere spuntati, ma invece la sua migliore amica e la parrucchiera l’avevano tanto assordata con le loro chiacchiere che era uscita con un bob lungo.
Ma in fondo… sempre di un caschetto si trattava.
A detta di tutti stava davvero benissimo, ma… i suoi capelli le mancavano.
Cercava di consolarsi ripetendo che sarebbero cresciuti ancora più belli e più forti di prima, ma quel momento le sembrava lontano anni e anni luce.

Sospirando aprì la porta e strabuzzò gli occhi.
- Ciao! – la bambina del giorno prima era proprio sulla porta, con un gran sorrisone sul volto. – Ciao Lucia! -
Sembrava veramente felice di vederla e la ragazza non riuscì a trattenere un sorriso.
Quello della bambina era davvero contagioso.

- Ciao Cisky! – la salutò dandole un buffetto sulla guancia.
- Cosa stai facendo? – le chiese avvicinandosi ancora di più a lei.
- Ho appena finito di pulire la mia casetta e adesso do da bere alle mie piantine –
- Uuuuh! Che bello! Posso darti una mano? –
Lucia rise e si abbassò al suo livello d’altezza per guardarla meglio negli occhi.
- Lo sa Matteo che sei qua, vero? Non è che sei scappata come ieri? -

La piccolina arrossì e si guardò la punta delle scarpette rosa.
- Matteo è al lavoro e ritornerà alle sette -
- E ti ha lasciato a casa da sola? – disse Lucia alzando un po’ la voce. Non poteva averlo fatto! Tutti… tutti ma non lui!
Cisky scosse la testa muovendo tutti i ricciolini biondi.
- Nono. Non sono da sola. Ho una babysitter. Adesso sta guardando la tv, ma le ho chiesto se potevo venire a trovarti e ha risposto di si -

Lucia la guardò sospettosa. La voce della piccola tradiva qualcosa, ma non poteva accusarla di star mentendo.
Quindi si limitò a domandarlo di nuovo e la piccola annuì convinta.
La fece entrare e le riempì una piccola bottiglietta in modo che potesse realizzare il suo desiderio.

Innaffiarono le piantine in silenzio, Cisky che canticchiava a bassa voce qualche sigla tv.
Lucia pensò che era bello stare in compagnia della bambina, le avrebbe fatto volentieri da babysitter senza volere nulla in cambio. Ma Matteo, diligentemente, ne aveva già assunta una che badasse alla piccola durante la sua assenza.

Quando ebbero finito la biondina la guardò piena d’aspettativa.
Forse anche lei si stava divertendo, come Lucia.
- E adesso che si fa? – le chiese saltellandole intorno.
Lucia sorrise e pensò in fretta a qualcosa da fare, ma non le venne in mente nulla.

- Beh, se vuoi possiamo fare merenda… -
La bambina sorrise a trentadue denti… o forse a ventotto.
Le abbracciò una gamba.
- Io aaaaaaaaaaaaaamo fare merenda. C’è anche il gelato? -
- Macedonia e gelato? – Lucia sorrise, arricciandosi una ciocca di capelli a un dito. Fare la spesa e abbondare di frutta si era rivelato utile.

Prese due coppette dalla credenza e servì due abbondanti porzioni di gelato.
Poi andò nella sua camera e prese un cuscino, così che Cisky potesse mangiare il gelato sul tavolo senza far fatica.
- Che buono che è questo gelato alla fragola! –
- Sì. Davvero molto buono –
- Sai che a casa ho un coniglio ciccione e gli faccio il bagno con il sapone alla fragola? –
Lucia sollevò un sopraciglio.
Un coniglio ciccione che faceva il bagno con il sapone alla fragola?
Wow. Questa sì che le mancava.
- Davvero? -
Forse la piccola si riferiva al peluche a forma di coniglio che aveva in mano il giorno prima.

La biondina annuì convinta, sporcandosi il naso con il gelato.
- Sisisi. Si chiama Palla di Lardo. Lo zio Ivan ha detto che mangia le pannocchiette e i biscottini. Ieri ha mangiato cento carote. Sai, è davvero ciccione -
Lucia non riuscì a trattenere un sorriso.
Palla di Lardo.
- E sai Lucia cosa significa “di Lardo”? Lo zio Ivan mi ha detto che significa “ciccione” ed è il cognome di Palla! Palla Ciccione si chiama il mio coniglio! È nero con delle macchiette bianche sulle zampette, e ha le orecchie grandi, un nasino rosa rosa bellissimo e poi ha il pelo morbido! Dopo vieni a casa mia che te lo faccio vedere. Se vuoi puoi anche dargli una carota, così diventi anche tu sua amica. È molto simpatico, sai…? -

Lucia annuì mentre la piccola continuò a parlare per un tempo infinito di tempo del suo coniglio, della sua cameretta e di Teo. Però, pronunciato il nome del suo nuovo papà improvvisamente si zittì e mangiò quel che rimaneva del suo gelato in silenzio.

Lucia intuì che c’era qualcosa che non andava, ma preferì non mettere nessun dito in nessuna piaga. Se c’era qualcosa che aveva imparato in quegli anni era che i bambini non andavano assolutamente messi sotto pressione da domande troppo insistenti. Dovevano essere loro stessi a lasciarsi andare quando dove e come l’avrebbero ritenuto più opportuno. Ora lei doveva solo ascoltare, sia le parole che i silenzi, e offrire il suo appoggio.

Era facile volere bene a Francesca.
Aveva un qualcosa che affascinava subito, al primo sguardo. Sembrava una creaturina bisognosa di protezione, ma in realtà avrebbe potuto affrontare le avversità del mondo da sola.

Notando che i codini si erano stortati le chiese se poteva sistemarglieli e la biondina rispose di sì. Chiacchierarono ancora del più e del meno, di cani, gatti e conigli e poi si sedettero un attimino sul divano.
Cisky si strinse subito a lei, affondando il viso nel suo braccio.
- Posso rimanere qui con te finché non arriva Matteo? Posso Lucia? Posso…? Ti prego... -
La ragazza non riuscì a dire di no e sintonizzò il canale su qualcosa di più adatto a entrambe.
I puffi capitarono proprio a fagiolo.
Era bello ritornare bambini semplicemente cantando una canzone.

***

Quando sale l’omicidio non c’è nulla da farci.
Sale e basta.
Respirare non serve a nulla e nemmeno contare fino a dieci.
L’umore poteva migliorare solo in un modo.
Con una bella scazzottata.

- Cosa vuol dire che “non sai dove sia finita”? Ti sei offerto tu di badare a lei! Sei stato tu a voler fare da babysitter! E ora mi stai dicendo che la mia bambina è sparita…? -
Quando si arrabbiava, Matteo aggiungeva centimetri alla sua altezza, già fin troppo fuori dal normale.

Gianluca si guardò i piedi e poi Giorgia.
- L’abbiamo cercata ovunque. Poi alle cinque e mezza… Puff… è sparita nel nulla -
- E, di grazia, come ha fatto a sfuggirvi? Eravate qua in due, cazzo! –

Gian si passò la mano nei capelli e Matteo scosse la testa. Sapeva che quello era chiaramente un brutto segno. Un’ammissione di colpevolezza.
- Stavamo guardando “La Bella Addormentata nel Bosco” e… sai com’è. Ci siamo distratti! Non è colpa nostra! -
- DISTRATTI? –
Matteo, in piena rabbia omicida, urlò tutta la sua paura.
- Come avete fatto a distrarvi? -

Gianluca si ripassò la mano tra i capelli.
- Dai, Gigante. Come facevo a non baciare Giorgia quando quel figaccione di Filippo salva Aurora? È fuori da questo mondo! Dovevo farlo, cazzo! E poi, sai… i baci sono come le ciliegie.. Non siamo riusciti a resistere -
- Avete scopato sul mio divano davanti agli occhi innocenti della mia bambina? –
Giorgia e Gian sgranarono gli occhi.
- No! Non abbiamo scopato. Dio, per chi ci hai preso! –
- Ci siamo solo baciati… - ammise Giorgia, gli occhi gonfi e rossi.
Gian rincarò la dose, ammettendo tutte le sue colpe.
- A lungo… -

Matteo cercò di calmarsi, massaggiandosi gli occhi.
- Quindi voi eravate nella bolla e Cisky è sparita -
- Sì… Matteo, abbiamo controllato ovunque. Non sappiamo dove possa essere andata! Non credi che forse l’agenzia segreta per la quale la madre lavorava l’abbia rapita perché la sua testa contiene un microchip che eviterà alla razza umana di trasformarsi in zombie? –
Giorgia toccò il braccio del suo ragazzo, facendogli capire che quello era il momento meno adatto per lasciarsi andare a queste assurde preoccupazioni.
- Una cosa è chiara. Voi col cavolo che farete ancora i babysitter INSIEME alla mia bambina. Spiegatemi io adesso cosa faccio! Lo sapevo che dovevo rimanere a casa, non andare al lavoro. A casa con la mia bambina dovevo rimanere e non affidarla a voi, coppietta novella ancora un preda agli ormoni -

 Si lasciò accasciare sul divano, la testa tra le lacrime.
- Io adesso cosa faccio? – continuò a ripetere, dondolandosi avanti e indietro.
Giorgia e Gianluca non sapevano che fare.
Consolare Matteo?
Chiamare i carabinieri?
Si sentivano tremendamente in colpa e la testa era vuota.
Che fare…?

Improvvisamente sentirono la porta d’entrata aprirsi.
Quando i capelli biondi di Cisky apparvero nel loro campo visivo, tutti tirarono un sospiro di sollievo. Giorgia ricominciò a piangere contro il petto di Gian.

Matteo si precipitò verso la sua bambina e l’abbracciò fortissimo.
- Piccina, ma dov’eri?! Lo zio Gian era preoccupatissimo! Non ti trovava più! E la zia Giorgia? Era così preoccupata che si è messa a piangere -
La piccola, in evidente imbarazzo, continuò a guardare il pavimento.
- Ma adesso sei qua e siamo tutti felici. Ti vogliamo bene, lo sai? Sei speciale per noi! Con chi eri? Qualcuno ti ha rapito? -

- Iii-in reallll-ltà… è veeeee..venuta llll-lei da me -
Tutti alzarono gli occhi e guardarono Lucia che, sulla porta, si stringeva le braccia sentendosi completamente fuori luogo.


Ciao ragazze :)
In questo capitolo abbiamo ritrovato i nostri Gian e Giorgi che, a causa dell’ormone impazzito, si lasciano andare, lasciando la piccola Cisky alle prese con la scoperta del mondo.
E lei che fa? Va da Lucia.
Lucia Lucia… che fai ai bambini? Prova ad applicare tutto questo ai bei maschioni adulti e avrai finito i tuoi problemi xD
E adesso…? Cosa succederà? Lucia avrà il coraggio di guardare Matteo o si sentirà malissimo e si richiuderà in casa?
Leggete il prossimo capitolo e lo scoprirete xD
Btw… grazie per aver letto questo capitolo :D Davvero, significa molto per me e semplicemente due parole possono fare la differenza. Se volete lasciarmi una recensione mi rendereste molto felice *^*
Ricordo il mio account fb (Bertu efp) per informazioni, spoiler, foto dei personaggi e fare quattro chiacchiere :D Non siate timide :) tranquille, non vi mangio :P Anzi, vi aspetto:)
Prima di lasciarvi vi lascio con un momento… spam :)
Se siete Niall’s girls o volete leggere una bella ff ambientata in Irlanda, vi propongo la mia “Una pinta di inchiostro irlandese” :D Vi lascio trama e link sperando vi piaccia :D
 http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2506423&i=1
- Sai cosa vorrei in questo momento? Una pinta -
- Di Guinness? -
Niall scosse la testa.
- No. Vorrei una pinta di inchiostro. Per scrivere quello che provo, quello che sono... Quello che sono. Scriverlo su pagine, sui muri, sulla mia pelle -
Niall si scoprì l'avambraccio destro, ancora intonso, privo di tatuaggi. Alzò lo sguardo e le prese l'indice, lo baciò, un bacio gentile, e lo posò sulla propria pelle bianca.
Muovendo l'indice di Cat, e sempre guardandola negli occhi, tracciò linee, curve, disegni e parole.
- Imprimerei questo momento sulla mia pelle -
Niall si avvicinò sempre di più, fino a sporgersi completamente dal bancone del pub.
- Quella pinta di inchiostro mi aiuterebbe a ricordarti per sempre -

Se volete sapere qualcosa di più dei personaggi del GGI, vi propongo Un nuovo Messaggio, originale romantica conclusa che ha come protagonisti Gian e Giorgia :)
 http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1983646&i=1
Lui: Giacomo Jack Zanni, 19 anni, capitano e unica punta della squadra di calcetto della scuola, rappresentante di classe, presidente del consiglio di istituto e sogno erotico di tutte le studentesse del Leonardo. Migliore amico di Giorgia e perdutamente innamorato di lei da sempre.
Lei: Giorgia Marton, ragazza semplice a cui piace giocare a pallavolo, cantare, ballare e spettegolare con Alessandra. Anche se lo nega è alla ricerca del grande amore, ma intanto si consola con la compagnia di Jack.
L’altro: Gianluca Tinti, 28 anni, architetto sexy con quel qualcosa in più che affascina ogni essere di sesso femminile. Conosce Giorgia per caso e non riesce più a fare a meno di lei.
La sua caratteristica: ottiene sempre quello che vuole.
Chi sceglierà Giorgia?
Il ragazzo o l’uomo?
Il migliore amico o l’ignoto?
Pronte a scegliere con lei?
Trailer : http://www.youtube.com/watch?v=7Zzeh2dmMA4

Adesso le note sono finite e vi lascio *^* ci sentiamo presto :)
Ivano vi abbraccia e vi riempie di baci!
<3
Robi

P.s: un grandissimo ringraziamento a Beatrice94, Maka_Soul_145, SoftKitty, Serena25, Loreparda e DarkViolet92 per aver recensito lo scorso capitolo :D

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


IL GRANDE GIGANTE INNAMORATO

Capitolo 6

 

Mai nella sua vita Lucia si era sentita così a disagio.
Eppure ne aveva collezionate di figure di merda nel corso degli anni, eppure l’imbarazzo che stava provando in quel momento non aveva eguali.

Quando era inciampata nell’ultimo scalino cadendo poco aggraziatamente sul suo relatore, nonché presidente di facoltà e di commissione in sede di Laurea, avrebbe voluto seppellirsi, ma lui l’aveva gentilmente aiutata a rialzarsi dicendo che queste cose potevano benissimo capitare quando si è di fretta e il pavimento è bagnato.
Adesso stava molto più attenta a dove metteva i piedi, eppure continuava ad arrossire ogni volta che vedeva il prof.
Anche perché lui era davvero affascinante… ma questo è un altro discorso.

Per non contare quella volta che aveva quasi castrato il ragazzo di Camilla…
Beh, a dirla tutta, la colpa in quell’occasione era solamente di Gabriele. Quel  sant’uomo voleva farsi perdonare per qualcosa che Cami accusava avesse commesso e aveva preparato una cenetta fantastica per la sua Milla. Avendo il doppione delle chiavi, era entrato nell’appartamento senza nessun problema e aveva iniziato a cucinare. Intanto che mescolava il sugo per la pasta, un’idea fantastica lo aveva illuminato.
Perché non dedicarle una canzone?
Perché non dedicarle una canzone nudo, coperto solo dalla chitarra?

In un certo senso era normale che Lucia si fosse spaventata vedendo chiappe sconosciute nel suo salottino. E visto che era una donna pratica, gli aveva lanciato addosso tutti i libri contenuti nella borsa.

Le opere complete di Pavlov e Skinner avevano lasciato i lividi sulla pelle di Gabriele che, dopo due anni, non riusciva a guardare la migliore amica della sua ragazza senza ricordarne la furia omicida.
In compenso, Lucia non aveva dimenticato il culo di Gabriele.
Annuiva con il fare di chi la sa lunga ogni volta che Cami sproloquiava di quella particolare parte anatomica.

Eppure l’imbarazzo che stava provando in quel momento era… epico.
Provò a fare un passo indietro, verso la porta, ma quasi inciampò in un pupazzo.
A eccezione di Cisky, ancora stretta nell’abbraccio di Matteo, la stavano guardando tutti. Tre paia di occhi, quattro se contava anche quelli animali del coniglietto nella gabbietta, la fissavano.

Tentò di controllare il suo respiro, era praticamente andata in iperventilazione, e mettere in pratica i consigli del professore che aveva tenuto il seminario sul controllo dello stress.
Il primo passo era figurarsi i suoi problemi e trasferirli in una mela.

Una mela..
Immaginò una Matteo-mela.
Oddio… che mela sexy. Non sarebbe riuscita a mangiarla nemmeno se fosse stato l’ultimo alimento sulla terra e lei stesse morendo di fame. Neppure Eva sarebbe riuscita a mordere una Matteo-mela.
Ci avrebbe fatto ben altro con una Matteo-mela.
Tutte le ragazze avrebbero avuto bisogno di una Matteo-mela.

Scosse la testa.
NO!
Non poteva nemmeno usare la tecnica della mela.
Vaffanculo.

E non poteva nemmeno guardare nessuno negli occhi.
Fissare Matteo le avrebbe ricordato la Matteo-mela e sarebbe diventata del colore di quella di Biancaneve, fissare il ragazzo vicino al Gigante le avrebbe scombussolato la pressione e la ragazza le avrebbe fatto venire un attacco di depressione.

Magra, ma non troppo, alta, ma non troppo, occhi chiari e lunghi capelli castani.
Adesso i suoi capelli erano corti e facevano veramente schifo.
Perfetto. Adesso la sua autostima era sotto i piedi.
Sospirò leggermente. Sarebbe stato meglio ritornare nel suo appartamento il prima possibile prima di combinare altre figure di merda da aggiungere all’album.

Prese un respirò profondo ma non riuscì a proferire parola.
Qualcuno la stava stritolando in un caldo abbraccio.
E, a giudicare dall’altezza, doveva sicuramente trattarsi di Matteo.

In due lunghe falcate l’aveva raggiunta e stretta in un abbraccio.
Immobile e impalata, le braccia incollate ai fianchi, chiuse gli occhi per poter percepire meglio ogni sensazione.
208 centimetri di tenerezza la stavano avvolgendo facendola sentire… amata.
I brividi ricominciarono a scorrere lungo la schiena e le farfalle nello stomaco si fecero così rumorose che la ragazza ebbe paura che anche Matteo potesse percepirle.

E la Matteo-mela… profumava.
Di buono.
Non di quelle strane colonie o dopobarba che gli uomini si ostinano a mettere credendo di attrarre più ragazze. Nessun profumo costoso, niente di complicato.
Profumo di pulito.
Profumo di… di cielo senza nuvole e passeggiate al parco sotto il sole.
Profumo di Matteo.

La metà sana del suo cervello, o meglio l’unico pezzettino che coraggioso non voleva arrendersi a quella mela, pregò che quel profumo non le restasse attaccato alla maglietta. “Lucia, sinceramente? Avresti il coraggio di lavarla?”
“Certo che no!” rispose la parte fan delle mele. “E la annuseremo ogni volta che ne avremo bisogno”.

Persa in quelle discussioni mentali, non si accorse che Matteo la stava guardando negli occhi.
Oddio.
Adesso sarebbe svenuta.
Prego intensamente di non dover rispondere a nessuna domanda prima di ritrovarsi a rispondere cose senza senso.
“Amo le mele. Ma se tu fossi una mela non ti mangerei. Ti venererei. Creerei una religione solo per te”.
“Il lato B di Gabriele non è male. Ma il tuo è il top”.

Fortunatamente Matteo non le chiese nulla.
La ringraziò di essersi presa cura di Cisky e di non averla lasciata con quei due deficienti che non riuscivano a stare lontani l’uno dall’altra.
- Voi due non farete più i babysitter insieme. Non commetterò lo stesso errore un’altra volta. Vedrete ancora la mia piccina, ma separatamente - disse sibilando e gli occhi stretti.

La sua mano destra abbandonò la schiena di Lucia che riuscì a tornare a pensare coerentemente. La ragazza si ritrovò a sperare che Matteo chiedesse a lei di prendersi cura di Cisky.
Forse, se lo avesse chiesto, Matteo avrebbe accettato la sua proposta, ma certe abitudini sono dure a morire.
E, ammettiamolo… parlare con lui senza balbettii sarebbe stato ancora un po’ fuori dalle sue capacità.

Il Gigante si sedette sul divano vicino a Cisky, che stava giocando con il coniglietto nella gabbietta. Cominciò ad armeggiare con il telefono e quando lo ripose nella tasca, prese Cisky in braccio.
- Domani la nostra piccina andrà a fare un giretto con lo zio Ivan. Non voglio pensare a come ti vizierà quello lì… - disse per poi iniziare a solleticarle la pancia.

Il secondo ragazzo, sempre tenendo quella bellissima ragazza per mano, si avvicinò a Matteo e gli diede una pacca sulla spalla.
- Ci sentiamo Gigante. E scusa ancora… -
Matteo sorrise… un sorrise che, anche se non diretto a lei, face tremare le gambe di Lucia.
- Tranquillo, vecchio. Tutto si è risolto per il meglio. Adesso… scheggia. E ti prego… non saltare addosso a Giorgi sul mio pianerottolo -

Lucia fece per uscire, ma Matteo la chiamò.
- Lucia… Vorrei ringraziarti per tutto quello che hai fatto per Cisky in questi giorni. Ti andrebbe di rimanere qui a cena? -

Incapace di parlare, Lucia sorrise e annuì.
Gianluca, ormai sulla porta, si girò verso l’amico.
Aveva appena chiesto a una donna di rimanere per cena?
Alzò il pollice.
Il Gigante stava facendo progressi.

***

Francesca era stata a dir poco entusiasta di avere Lucia, la sua nuova migliore amica, a cena.
Aveva aiutato Matteo ad apparecchiare la tavola mentre lo deliziava raccontandogli come aveva trascorso il pomeriggio.

Il Gigante rideva, il viso finalmente tranquillo e senza preoccupazioni.
- Sono davvero contento che tu ti sia divertita, piccina – le disse mentre tagliava a rondelle le carote.
Quando ebbe finito, porse la parte restante alla bambina che, felice, sgambettò in direzione di Palla.

Ma non da sola.
Aveva infatti preso la mano di Lucia e, con la carota nell’altra, stava elencando quello che il coniglietto aveva già mangiato nel corso della giornata.
Lucia stava letteralmente pendendo dalle labbra di Cisky e questo permise al Gigante di osservarla a lungo.

Quel pomeriggio era stato istintivo abbracciarla.
Non si era neppure accorto di quello che stava combinando finché non l’aveva stretta tra le braccia. Come sempre, si era dovuto abbassare e solamente in quel momento si era reso conto della fragilità della ragazza.

Era… bassa. Anche se tutti, compresi Gian, Luca e Ivano sembravano bassi se paragonati a lui.
Tuttavia Lucia era teneramente bassa.
Se lui era un Gigante le poteva essere… un folletto.

Ma si sa… i folletti sono dispettosi e tendono a fare scherzi in continuazione.
Lucia no. In quei brevi istanti gli era parso di stringere tra le braccia qualcosa di prezioso e fragile. Un qualcosa che si poteva rompere facilmente.
Qualcosa di soffice e veramente tenero.
Come un pulcino.

Gli era sembrato così giusto abbracciarla. Farle capire la sua gratitudine in un modo che andava oltre le parole.
Abbracciarla gli era sembrata la cosa migliore da fare.

Eppure…
Eppure era anche così sbagliato.
Quell’abbraccio gli aveva fatto capire che Lucia era reale.
Che il suo sorriso e i suoi occhi erano reali.
Che il suo profumo era reale.

Quell’abbraccio aveva risvegliato sentimenti e fantasie che credeva sopiti da tempo.
Erano anni che non sentiva quel pizzico sulla nuca. E oggi erano rispuntati non appena l’aveva circondata con le sue lunghe braccia.
Qualcuno oltre a lui aveva notato che non aveva voluto lasciarla subito andare? Che aveva tenuto premuta la sua mano sulla schiena, come per cercare di prolungare quel contatto il più a lungo possibile? Che la sua altezza era perfetta per lui?

Per tutta la cena continuò a osservarla, grato di avere una scusa per farlo.
Osservò i suoi capelli scompigliati e li trovò adorabili.
Osservò le sue labbra e le trovò deliziose.
Si concentrò particolarmente sulle sue attenzioni per la piccola di casa e la trovò… perfetta. Neppure lui avrebbe mai potuto fare di meglio.

Quando fu ora di mettere Cisky a dormire, Lucia chiese teneramente se poteva essere lei a leggere la favola della buona notte alla biondina.
Il sorriso della bambina andava da un orecchio all’altro. I suoi occhi luccicavano di speranza. Come poteva dirle di no?

Le osservò andare in camera, mano nella mano.
Palla, che nel corso della serata si era pappato qualcosa come quattro pannocchiette, era già stato salutato e ora, dormiva tranquillamente, il musetto nascosto sotto la zampetta destra.

Matteo iniziò a sparecchiare pensando come Cisky, in pochissimo tempo, fosse riuscita a costruire un legame con una persona conosciuta per caso.
Lui non conosceva nulla dei suoi vicini di casa, ma avrebbe rimediato quella sera.
E altre molte sere.

Quando sentì i passi leggeri di Lucia venire verso la cucina, si girò verso di lei.
Guardinga, si stringeva le braccia, come se avesse perso l’armatura che aveva indossato tutta la sera.
Vedendo Matteo indaffarato al lavello, si apprestò a dargli una mano.
- Non ti preoccupare. Posso benissimo fare da solo – le disse, temendo che si sentisse obbligata a sbrigare le faccende domestiche.
Lei lo rincuorò con un sorriso.
- Tranquillo. Ho mangiato anche io e non so se si è capito dal resoconto di Cisky di questo pomeriggio… Nel caso ti sia sfuggito, io amo fare le faccende domestiche -
Matteo rise leggermente, cercando di trattenere la voce per non svegliare la biondina.

- Io lavo e tu asciughi? -
Lucia annuì. – Andata! –

Per un po’ lavorarono in silenzio, ognuno avvolto nei propri pensieri.
Matteo poi sobbalzò.
- Oddio! Non ti ho chiesto se volevi un caffè o qualcosa di caldo dopo cena! -
Si girò verso la ragazza con sguardo colpevole.
- Vuoi un caffè? -
- No, grazie –
- Un the? – il rimedio di Gian a tutti i mali del mondo forse poteva aiutare anche lui.
- No, tranquillo… sono a posto –
- Una camomilla? Una tisana depuratrice…? Anzi, depuratrice no. Passeresti una notte d’inferno e un’esperienza del genere non la augurerei nemmeno al mio peggior nemico –

Lucia rise.
Una risata cristallina che fece ridere anche Matteo.
Si guardarono negli occhi.
Quelli di Matteo puntati verso il basso e quelli di Lucia verso l’alto.

La ragazza toccò l’avambraccio nudo di Matteo.
- Non ti preoccupare. Va tutto bene -

Quel contatto ruppe il ghiaccio.
Iniziarono a parlare del più e del meno, di quanto Palla fosse ciccione e di come la missione di Cisky fosse diventata continuare a farlo ingrassare.
- E dire che quando l’ho vinto a una fiera di paese era veramente un animaletto scheletrico. Ivan l’ha consegnato a me perché tra tutti sono il più affidabile e mi ha raccomandato di metterlo all’ingrasso. Come puoi vedere, ci sono riuscito alla perfezione -
Lucia rise di nuovo.
- Ivan è lo zio Ivano? -

Le mani ancora immerse tra le bolle, Matteo esitò prima di rispondere.
Non stava pensando alla sua sicurezza o a quella dell’agenzia dove aveva lavorato la madre di Francesca. Potevano andare a farsi fottere quegli uomini in giacca e cravatta che non si erano più fatti vivi dopo avergli consegnato Cisky come se si trattasse di un pacco.
No, non era preoccupato di questo.
E non era preoccupato neppure dell’incolumità di Lucia. Sapeva che nessuno le avrebbe mai fatto del male solo perché aveva raccontato il passato ci Cisky.
E se Cisky, tra tutti gli abitanti del palazzo, aveva scelto lei forse un motivo c’era.

No, non erano queste le cose che lo preoccupavano.

Era l’intimità a preoccuparlo.
Nessuno al di fuori dei suoi amici sapeva del passato della biondina.
Perfino i genitori di Matteo non sapevano di avere una nipotina. Effettivamente il Gigante non andava molto d’accordo con i suoi, ma erano pur sempre sangue del suo sangue.

Lucia non era nulla per lui.
Solo una vicina di casa.
Una sconosciuta, fino a pochi giorni prima.
Eppure si cambia, anche nel giro di pochi minuti.
Ma condividere quelle esperienze era troppo intimo. Forse sarebbe toccato a Cisky decidere quando se e dove raccontarle gli avvenimenti che avevano sconvolto la sua vita.

Intanto lui poteva rispondere alla domanda e dire poco altro.
Nulla di più.
- Ivan è lo zio Ivano. È uno dei miei migliori amici. Ci conosciamo e frequentiamo dai tempi delle superiori. Lo stesso vale per quel cretino che oggi doveva far da babysitter alla piccina, ma non riesce a controllare i suoi ormoni. Sai, è poco tempo che è fidanzato e Giorgia… per lui esiste solo lei. Non ho mai visto un legame del genere in nessun’altra coppia. Cioè… non che io ne sia un esperto, ma… si attraggono come due calamite. Anche solo per sfiorarsi o tenersi per mano. Come ho detto… è strano -

Lucia aveva diligentemente piegato l’asciugamano per poi appoggiarlo sul lavello.
Avevano finito di lavare i piatti e si apprestavano a sistemare la cucina.
- Quindi qui nessuno è veramente un parente della bambina? -
Lo guardò dritto negli occhi. Matteo capì che Lucia non voleva immischiarsi negli affari di famiglia o fare quattro chiacchiere per ricavarne un pettegolezzo.

Era veramente interessata a Cisky e forse, il Gigante non era un esperto in materia, voleva dare anche lei una mano come poteva.
- No. Nemmeno io. Sono stato nominato tutore dalla madre, ma non siamo non abbiamo nessun legame di parentela. Questo naturalmente non vuol dire che io non tenga a lei. Sono innamorato cotto! Sono pazzo di lei…! L’adoro! Se potessi non farei che riempirla di baci dalla mattina alla sera. È così facile volerle bene -

Lucia annuì e si sedette sul divano, rilassata.
Matteo notò entusiasta che le difese che la ragazza aveva innalzato ritornata dalla cameretta sembravano finalmente abbattute.
La vedeva completamente a proprio agio mentre gli raccontava le esperienze che fino ad allora aveva avuto nel campo dell’infanzia.

Con minuzia e passione gli raccontò del progetto presso l’asilo “Il Sassolino” e dei sopralluoghi che aveva già fatto alcuni pomeriggi prima.

- Ci sono alcuni bambini adorabili, da spupazzare! Altri invece cercando di essere indipendenti, vogliono imitarti… Ma sono tutti semplicemente fantastici -

Matteo si ritrovò ad ascoltare Lucia estasiato.
Era un vulcano di energia e si veniva contagiati dalla sua passione solamente stando ad ascoltare.

Quella sera parlarono di tutto e il Gigante scoprì molto sulle abitanti al di là del pianerottolo.
- Non abbiamo mai avuto occasione di presentarci come si deve… e di questo ci devi scusare. Cami aveva iniziato a fare strane teorie e io pensavo che era meglio farla stare il più possibile lontana dalla tua porta prima che ti utilizzasse come cavia per uno dei suoi esperimenti. Attualmente è dal suo ragazzo, ma non appena ritorna ti suono, così si presenta anche lei -

Matteo rise immaginando Lucia che tentava di fermare la sua amica.
Lo aveva già capito nel corso della serata e adesso ne aveva avuto la conferma: era una ragazza d’oro.

Si ritrovò a raccontarle della sua vita, del lavoro all’ospedale e di come prosciugasse ogni sua energia. Le raccontò dei piccoli pazienti che lo credevano un Gigante e che desideravano diventare come lui. Matteo ricordava una caratterista positiva e speciale per ognuno di loro.
Anche lui metteva passione nel suo lavoro, anima e cuore, proprio come Lucia.

Entrambi si stupirono quando guardando, guardando l’orologio per caso, scoprirono che mancava poco alla mezzanotte.

Insistendo, in fondo non era un tragitto particolarmente lungo e difficile, Matteo accompagnò Lucia alla porta.
- Beh… grazie per la bella serata – gli disse, gli occhi rivolti verso l’alto, dondolandosi da un piede a un altro.
- Grazie a te per tutto. Per aver tenuto d’occhio Cisky, per averci fatto compagnia a cena, per avermi deliziato con la tua compagnia. Grazie mille, Lucia – gli occhi rivolti verso il basso, un sorriso ampio stampato sulla faccia.

E poi accadde.
Il perché non lo seppe spiegare nessuno.
Eppure accadde.
Chinandosi verso di lei, come aveva fatto quel pomeriggio, Matteo la baciò sulle labbra.
Le mani le circondarono il viso e quelle di lei premettero sui fianchi del Gigante.

Stelle.
Farfalle.
Brividi.
Pizzichii…

Lucia non dovette nemmeno alzarsi in punta di piedi.
Tutto stava accadendo troppo velocemente.
Ma sfortunatamente non durò che un istante.

Troppo lento eppure troppo veloce.
Matteo si separò bruscamente, come se stesse improvvisamente riprendendo coscienza delle proprie azioni e del suo corpo.

Sgranò gli occhi e fece un passo indietro.
Cercò di mantenere il volto impassibile eppure non ci riuscì. Rivelò mille e altre mille emozioni mentre, nel modo più delicato possibile, il Gigante cercava di ritirarsi nel suo appartamento.
Balbettò un saluto e poi si rifugiò in casa sua, lasciando una Lucia sbalordita nel bel mezzo del pianerottolo. Cosa aveva combinato per farlo fuggire in quel modo?

Nel suo appartamento Matteo aveva chiuso a chiave la porta.
Poi, si era gettato sul divano emettendo un lamento di sconforto.
Aveva baciato Lucia.
Lucia.

LUCIA.

Oddio… cosa aveva fatto?
E soprattutto… perché?


MATTEO HA BACIATO LUCIA *^* waaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa :D
Solo io sono emozionata? :P Oddio… lui è così dolce e lei così teneramente insicura :) Sono fatti l’uno per l’altra :3
A tal proposito vorrei spendere quattro parole su questa originale: come potete notare è diversa da quelle che ho scritto. Non c’è quella confidenza di UNM oppure quell’attrazione di Cowboy Cercasi.
Il GGI è prima di tutto una storia d’AMORE. Ma quello tenero che a volte viene dato per scontato, quello fatto di insicurezze e di paranoie che si risolvono semplicemente con un sorriso.
Un amore fatto anche d’inesperienza perché nessuno nasce maestro, soprattutto in questo campo.
Si è già capito.
Matteo.
Matteo.
Matteo.
Eh, già… ma come? È qui che vi voglio xD State con me è lo scoprirete :) Grazie mille per aver letto questo capitolo :) Spero vi sia piaciuto e vi abbia trasmesso qualcosa :D Se avete due secondini di tempo, vi va di lasciarmi una recensione? Lo dico facendo gli occhi a cuoricino <3
Sapete, è scientificamente dimostrato che le recensioni migliorano il morale degli scrittori e donano felicità :P
Vi ricordo il mio account fb (Bertu efp) per chiarimenti, consigli, critiche, domande o semplicemente fare due chiacchiere :D
Ci sentiamo tra due mercoledì :)
Un bacione!
Robi

P.s: un super ringraziamento speciale a Beatrice94, Criminol, Silvietta_efp, IlaPerla, Elev, SoftKitty, DarkViolet92, Serpentina e Flulovebelieve per aver recensito lo scorso capitolo. I love you girls *^*








 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


IL GRANDE GIGANTE INNAMORATO

Capitolo 7

 

~~Era una un bel martedì di sole.
Gli uccellini cinguettavano, il vento frusciava tra le foglie e i fiori spargevano nell’aria il loro profumo. Decisamente, era la giornata adatta per affittare quelle villette a schiera con giardino nella nuova area residenziale appena fuori città.
Si sapeva, le coppie appena sposate non sognano nient’altro che un po’ di privacy e di tranquillità, un bel giardino dove fare barbecue e grigliate con i vicini e un nido d’amore che si sarebbe trasformato in inferno con l’arrivo di pargoletti dolcemente terribili.

Ivano controllò di aver sistemato tutti i documenti nelle diverse cartellette. I diversi contratti erano contrassegnati da post-it colorati, pronti a essere firmati.
Sorrise orgoglioso di se stesso.
Lui era un campione nel suo settore e la sua cresta bionda svettava su tutti.
Controllò l’orologio, era in ritardo solo di dieci minuti sulla tabella di marcia del Gigante.
Sulla sua era in anticipo di almeno mezz’ora.
Ma sapeva di non poter, e voler, deludere il suo amico e la sua nuova bellissima nipotina acquisita.

Il giorno prima era passato davanti a un negozio di giocattoli.
In vetrina, illuminato da mille luci scintillanti, un enorme coniglio di pezza catturava tutta la scena. Si era fermato, gli occhi sgranati e le mani sul vetro.
Doveva assolutamente comprare quel coniglio.
Era entrato nel negozio con una missione da compiere quando si era ricordato che quella mattina era andato al lavoro in moto. Il trasporto di quel Palla di Lardo Gigante sarebbe diventato un problema…

Si era passato una mano sui capelli rasati ai lati della testa.
La cresta bionda, nonostante fosse stata provata dal casco, era ancora in perfette condizioni.
Marmorizzata, avrebbe osato aggiungere.
Sul lavoro i colleghi lo definivano “El cresta”, ma parlavano di lui con ammirazione. Gian, Matteo e Luca lo prendevano in giro per quel vezzo creativo, ma quei capelli biondi che sfidavano la forza di gravità gli ricordavano di essere sempre al top, di osare e di non aver paura di far qualcosa contro corrente.

Come in quel caso.
Ivano, infatti, aveva acquistato il coniglio gigante e l’aveva legato alla moto facendolo accomodare sul sedile del passeggero.
Farlo passare per la porta era stata un’altra impresa.
Non far incazzare Alice perché il regalo non era per lei era stata una sfida.

Ma lui era Ivan, El Cresta, e le sfide erano il suo pane quotidiano.
Agguantò il coniglio e scese le scale, cercando non di non inciampare in quella massa di pelo che continuava ad avere tra i piedi.
Fu tentato più volte di farlo rotolare giù, ma non voleva che il pelo si riempisse di acari e chissà cos’altro e che la povera Cisky, la sua nipotina preferita, prendesse qualche malattia incurabile durante il suo primo turno da babysitter.

La sera precedente Gian lo aveva avvertito che Matteo non si stava trasformando in un padre modello e rilassato, ma in una madre ansiosa e ipocondriaca. Tuttavia Ivan, dal tono dell’amico, aveva intuito che c’era qualcos’altro sotto.
Qualcosa che quel coglione dell’architetto non voleva dirgli.
Se fosse stato a casa da solo avrebbe insistito, ma si stava ritoccando la cresta prima di andare al corso prematrimoniale con Alice.

Sistemò il peluches sul sedile del passeggero, cercando di non respirare per non intossicarsi con i peli bianchi che continuavano ad appiccicarsi ai suoi vestiti.
Aveva già sistemato gli agganci sul sedile posteriore, così da riuscir subito a sistemare il seggiolino. Avrebbe poi inclinato lo specchietto retrovisore, in modo da poter sempre vedere la bambina.

Mise in moto e accese la musica a palla.
Lungo il tragitto pensò alla sera precedente. Il corso prematrimoniale si era rivelato una stronzata, ma era stato bello presentare ufficialmente Alice come la sua fidanzata.
Sentire la sua mano sul ginocchio.
Vedere come riuscivano a essere in sintonia anche in un ambiente come la canonica.
Anche se si era mentalmente addormentato pochi minuti dopo che il prete aveva iniziato a parlare, aveva passato una serata piacevole.
Soprattutto perché era stato più che ricompensato una volta tornati a casa.

Alice.
La sua donna.
Lo stupiva ogni volta.

Con i suoi amici scherzava, ma sperava con tutto il cuore che avessero una vita sessuale soddisfacente come la sua.

Rallentò non appena vide il semaforo farsi arancione e appoggiò il gomito sul finestrino aperto.
Le vite sessuali di Luca e Gian non lo preoccupavano. Prendeva per il culo l’architetto perché era il suo migliore amico, più un fratello che un amico a dir la verità, ma era contento per lui
Era cotto, quel coglione.
Come una pera.
Forse Giorgia aveva delle qualità segrete e ne valeva la pena farsi castrare.
Luca, invece, aveva talmente tanto fascino che non doveva far altro che sorridere o fare il broncio che metteva al tappeto chiunque avesse voluto.

Era il Gigante a preoccuparlo.
Matteo.
Poteva chiaramente capire che in questo momento aveva ben altri grilli per la testa, grilli biondi e appassionati di conigli, ma non era un valido motivo per rinunciare a una vita amorosa.
Rinunciare all’appagamento sessuale.

Scosse la testa e si fermò alle strisce per far attraversare la vecchietta che, lentamente, stava attraversando la strada. Aveva sempre apprezzato gli automobilisti che si fermavano e facevano passare la sua cara nonna.
Fu per questo motivo che, all’ennesimo strombazzare del coglione dietro di lui, si girò completamente mandandolo a quel paese.
- Ma guarda te che teste di cazzo ci sono in giro… -

Arrivò a casa di Matteo e parcheggiò il più vicino possibile.
Chiuse la macchina e sorrise vedendo quella palla di pelo enorme sul sedile posteriore.
Non vedeva l’ora di consegnare il regalo alla bambina.

Fece uno squillo a Matteo e salì gli scalini due alla volta.
Bussò alla porta e pochi secondi dopo la sua preferita, nonché unica, nipotina gli aprì la porta con un sorrisone.
Lui la prese in braccio e le depositò un bacio sulla guancia.
Fu circondato dal suo profumo di bambina, profumo di shampoo e sapone alla fragola, e dal suo abbraccio.
Sentì le sue manine ai lati della testa e vide il suo sguardo farsi serio.

- Zio Ivan… perché non ti crescono più i capelli? -
Ivan rise scuotendo la testa.
- No, topina. Non sto diventando pelato, non preoccuparti… Mi piace solo avere i capelli corti corti. Non credi che sia bellissimo? -
Cisky annuì e poi si divincolò per andare a salutare Palla.

Ivano si guardò intorno.
La casa, sorprendentemente, era in disordine. Le tazze della colazione, ancora sporche, si trovavano vicino al lavandino. Le sedie in cucina non erano perfettamente allineate tra di loro e, sorprendentemente, sul divano si potevano distintamente vedere delle briciole. I cuscini erano scomposti, non ordinati come di solito, e un bicchiere era appoggiato per terra.

Ivano sgranò gli occhi continuando a guardarsi a destra e a sinistra cercando di captare qualsiasi altro segno di anomalia.

La cesta del bucato non era in lavanderia, ma all’entrata del corridoio che conduceva alle camere.
Seminati ovunque c’erano pupazzi e disegni, per lo più raffiguranti conigli.
Approfittando dell’assenza del Gigante, il che rendeva la situazione sempre più strana, aprì l’anta del frigorifero. Osservò le birre che, secondo i suoi calcoli, dovevano essere pari a due.
Matteo beveva solo in compagnia dei suoi amici, quindi avrebbero dovuto essere lì.

Invece no.
In frigo non c’era traccia di alcolici, ma solo di bottiglie di the e succhi di frutta.
Si abbassò, cercando di non rovinare la cresta sbattendo la testa contro i mobili, e aprì l’anta dove si trovava il vetro da buttare nella differenziata.
Eccole lì.
Due bottiglie di Heineken.

Sentendo i passi dell’amico, si girò cercando di mantenere l’espressione neutra.
Scrutò Matteo in faccia, lo scrutò bene, eppure non riuscì a trovare segni di depressione o quant’altro la sera prima lo avesse spinto a bere da solo due bottiglie di birra.
Lui poi… non beveva mai!
Al massimo una tisanina la sera, ma nulla di più.

Eppure il suo esame accurato non rivelò nulla.
Niente di niente.
Il viso di Matteo era disteso, le occhiaie erano quelle di tutti i giorni e stava parlando con la sua bambina delle carotine mangiate da Palla.

Fece scendere la bambina a terra e guardò Ivano dritto negli occhi. Gli porse una borsa bianca a strisce rosa e iniziò a snocciolare una serie di informazioni e raccomandazioni.
- Dentro troverai di tutto: un piccolo kit di pronto soccorso e tutti i numeri utili, alcuni giochi e il suo peluches preferito. Ricorda che deve pranzare e possibilmente niente di fritto. Mi raccomando la verdura, lo sai che è molto importante, non devo dirtelo, no? Ti ho messo dentro due merendine, un sacchetto termico con uno yoghurt e una passata di frutta. Non farti convincere dal suo broncio: deve mangiarla tutta. Nel caso volesse giocare ma non con il suo pupazzo troverai pastelli a cera e ogni genere di matite… -
Si passò una mano tra i capelli e Ivano potè confermare la sua tesi.
Sì, c’era qualcosa che non andava.

Capiva la sua preoccupazione, la capiva perfettamente.
Era stato lui a vincere Palla alla fiera di paese eppure lo aveva consegnato nelle mani esperte dell’infermiere credendo, e sperando, che Matteo si sarebbe occupato di quel coniglio mille volte meglio di quanto avrebbe fatto lui.

Fermò il monologo che stava per ripartire con una pacca sul pettorale.
Gli sorrise rassicurante e disse che avrebbe trattato quella bambina come una principessa. In fondo per lui era così. Era la sua principessa.

Poi, Cisky in braccio e la borsa in spalla, si decise a fargli la domanda del secolo.
- Gigante… perché ieri ti sei scolato due birre? -
Matteo si girò di scatto. Sicuramente stava per chiedergli come aveva fatto a scoprirlo, ma scosse la testa. Aveva già capito tutto.
In fondo conosceva Ivan da molti anni, ormai.
- Avevo bisogno di pensare – rispose semplicemente, infilando le chiavi nella tasca posteriore dei pantaloni.
- E quindi hai bevuto… -
- Sì –
- Da solo? – chiese Ivan, come se voleva assicurarsene a tutti i costi.

- Da solo -
- E perché non ci hai chiamato? –
Matteo sbuffò, saltando sul gradino.
- Era tardi e non avevo voglia di avere persone intorno a me… Dovevo pensare, riflettere -
- Su cosa? –

Matteo si fermò, obbligando Ivano a fare lo stesso. Fortunatamente Cisky si era distratta raccontando qualcosa al pupazzo che aveva in mano, l’ennesimo coniglio, così che Teo potè mimare un vaffanculo e mettere la parola fine alla conversazione.

Ivan pensò che era strano.
Era un comportamento davvero molto strano.
Doveva essere sicuramente successo qualcosa.

Ne ebbe la conferma poco dopo.
Appena svoltato l’angolo della rampa, Matteo, che lo precedeva di alcuni gradini in modo da non dover più parlare con lui, si scontrò contro qualcuno.
No, non contro un ragazzo.
Contro una ragazza.

Bassina, capelli corti, totalmente sovrastata dall’amico.
Solo quando Matteo si spostò riconobbe la ragazza che vedeva sempre salire le scale di corsa e fermarsi alla porta opposta a quella di Matteo.
Lui la salutava sempre con un occhiolino e lei arrossiva.
Che carina… gli era sempre sembrata un pulcino.

Sentì Cisky salutarla, ma lo sguardo di Ivan non si concentrò sulle guancie imporporate della ragazza. In fondo lui faceva sempre quell’effetto alle donne, non c’era da stupirsi.
Era Ivan “El Cresta”, non un uomo qualsiasi.
No, lui andò oltre la ragazza.
Fissò apertamente l’amico che stava tentando di diventare invisibile mimetizzandosi con il muro.
E… anche Matteo aveva le guance rosse e l’aria imbarazzata. E stava guardando Lucia con aria… di… interesse?

Oddio.
Se non fosse stata saldamente attaccata, la mascella di Ivano avrebbe toccato il pavimento.
Qualcosa si stava risvegliando.
Gli ormoni ormai completamente coperti dalla polvere stavano prendendo il sopravvento sul povero Gigante che non sapeva affatto come comportarsi.

Non badò alle parole che stava scambiando con Cisky. Quando sentì pronunciare il suo nome le schiacciò un occhiolino.
Come sempre.

Pregò intensamente affinché lei e il Gigante si guardassero.
Doveva vedere con i suoi occhi.
Doveva assicurarsi che l’imbarazzo della vicina di casa non era dovuto alla sua mirabile bellezza, in fondo si trattava di Ivano, non di un biondo qualsiasi, ma al trovarsi vicino al Gigante.

“Forza su! Che state aspettando!” urlò mentalmente. Se avesse potuto si sarebbe trasformato in una forza superiore e sarebbero stati costretti a baciarsi facendo scontrare le loro teste una contro l’altra.

Stava per dare tutto per perso, e annotare mentalmente di fare al più presto una ramanzina con i controfiocchi all’amico, quando accadde il miracolo.
Matteo uscì dall’ombra e salutò il pulcino… Lucia.
Inciampando nelle prime sillabe, Ivano si chiese come fosse possibile visto che la parola “ciao” ha solo quattro lettere, il pulcino lo salutò a sua volta.

Ivano sorrise, compiaciuto.
Aveva capito tutto.
Il Gigante ieri sera aveva riflettuto su qualcuno di specifico… lei. Ci avrebbe scommesso la cresta

In qualche modo, nella più arcana delle maniere, si erano conosciuti.
Forse avevano trascorso qualche oretta insieme.
Forse era successo qualcosa.

Dai loro sorrisi, imbarazzati ma genuini, quel qualcosa doveva essere stato bello.

Che dire…?
Alleluia!
Grazie a Jesus per questi piccoli miracoli!
Era ora che Matteo si desse una svegliata!
Per Ivan, lui non era solo un amico: era un fratello, e avrebbe fatto di tutto per vederlo felice. E se questo comportava un rapimento della vicina di casa… beh, non si sarebbe creato tanti problemi.

Tutto durò troppo brevemente e, tra altri rossori, mormorii e occhiate ricche di sentimento, gli uomini e Cisky si avviarono alle rispettive macchine.

Nel vedere un Palla formato gigante, la bambina si divincolò da Ivan, salutò il suo Teo e si arrampicò sul seggiolino, gentilmente prestato dalla collega di Alice.

Finito di allacciare le cinture di sicurezza, Ivan fece per sedersi e mettere in moto, ma Matteo lo trattenne per un braccio.
- Non combinare cazzate, oggi. Ti prego. Pensa a lei prima di pensare a te stesso -
Sotto i baffi, Ivano rise.
Pensare a se stesso…? Erano minuti che pensava solo a lui.
- Non ti preoccupare, Gigante. Ho la situazione sotto controllo -

E lo intendeva davvero.
Lo salutò con una pacca sulla spalla e poi salì in macchina. Accese la radio e controllò la bambina dallo specchietto retrovisore. Era completamente sommersa dai peli del pupazzo, ma quella piccola parte di viso che si scorgeva sembrava sorridere.

Mandò un messaggio a Gian. Anche lui doveva far parte del piano.
Così come Luca.

Architetto, buongiorno.
Cose strane accadono a casa Piano! Credo sia arrivato il momento di una riunione d’emergenza. Stasera al bar della Paola alle 18.00! Avverti anche l’altro. E mi raccomando… la puntualità! Abbiamo molto di cui discutere!

Inviò il messaggio e chiese a Cisky se era pronta a vendere tante casette.
A un suo sì, leggermente soffocato a causa dei pelucchi, mise in moto.
La giornata si prospettava interessante.

***

Da alcune settimane, il bar della Paola aveva acquistato un valore simbolico molto importante.
Se prima era rinomato per Paola e la sua abilità di servire delle birre spettacolari, ora veniva collegato a Giorgia e Gianluca. Infatti era in quel locale che avevano ammesso di essere una coppia.
Sempre merito di Ivan e delle sue domande pungenti al momento giusto.
I più importanti erano sempre i più sottovalutati.

Alle 18 in punto scese dalla macchina e slacciò le cinture di Cisky.
Era stata un’assistente perfetta ed era grazie a lei se El Cresta era riuscito a concludere tutti gli affari che aveva in mente.

Tirandosi dietro il suo peluches, Ivan lo sollevò di nascosto in modo che non si sporcasse, entrarono nel bar. Luca e Gian erano già seduti al solito tavolo. Non appena la biondina vide il suo zio preferito, corse come una matta per gettarsi tra le braccia di Luca.

Il povero cerbiatto tenebroso abbandonò le sue riserve e la coccolò come se non la vedesse da anni e anni. Le fece i complimenti per il suo vestitino e ricevette in cambio uno sguardo pieno d’ammirazione. Solo allora Ivano capì di non aver detto nulla sulla sua camicetta con i panda. Aveva ragione Alice: certe volte si comportava come un troglodita.

Quando arrivarono le bevande, Gian ruppe il ghiaccio.
- Allora… perché questa convocazione segreta? Non credi sia arrivato il momento di dire basta alle cospirazioni? -

Ivan si passò la mano ai lati della testa. La cresta era ancora intatta.
Come sempre, marmorizzata.
- A dir la sincera verità non si tratta di cospirazione, ma di qualcosa di più importante. Ne va della vita di due persone innocenti. Se non ne aiutiamo una, l’altra cadrà inesorabilmente, come una tessera del domino. E noi non vogliamo che ciò accada, vero -

Indicando la biondina con un gesto del dito, iniziò a parlare delle condizioni della cucina di Matteo quella mattina. Del disordine insolito e delle due birre scolate da solo.
Sia Luca che Gian sgranarono gli occhi.
Questo non era un comportamento da Gigante!!

- La faccenda inizia a infittirsi quando sulle scale incontriamo una ragazza e Matteo… vabbè, sembrava un animale che si prepara per la stagione degli amori. Prima cerca di mimetizzarsi con il muro, poi racimola coraggio e salta fuori e la saluta. E lei che non riesce a parlare dalla troppa emozione? Assurdo – disse scuotendo la testa.
Luca chiese il nome della ragazza.
- Mi sembra… dovrebbe chiamarsi… Lucia -

A quel nome Gian si risvegliò.
- Matteo ha invitato una Lucia ieri sera a cena! Deve essere la stessa ragazza! –
- Forse… non possiamo esserne sicuri –
Luca sbuffò.
- Ivan! Quante Lucie possono abitare nello stesso condominio di Matteo? -

Ivan scosse la testa.
No, non dovevano lavorare su ipotesi. Dovevano basarsi su fatti certi, concreti.

Luca, con attenzione e delicatezza, chiamò Cisky al mondo reale. Come al solito la bambina si era persa in un mondo di fantasia abitato solo da lei e coniglietti.
- Patatina, hai visto Lucia oggi? -
Cisky rispose affermativamente, con un sorriso.
Incoraggiato, Luca continuò.
- Ti ricordi se è la stessa Lucia che è venuta ieri sera a cena? -
Cisky continuò ad annuire.
- Sisi zio Luca! Ho passato tutto il pomeriggio insieme a lei! Abbiamo innaffiato le piantine, fatto merendina, giocato… è veramente simpatica! E poi ieri sera è rimasta a casa a mangiare e mi ha rimboccato le coperte e letto una storia! È stato super bellissimo! -

Gian intervenì raccontando a grandi linee cosa era accaduto il giorno prima. Luca e Ivano fecero promettere solennemente alla bambina che non avrebbe mai più lasciato la casa e il povero Gian da solo. Era vecchietto… aveva bisogno di qualcuno che badasse a lui.
- Ma c’era la sua ragazza… e sono così belli insieme! Come Aurora e il suo principe! Perché Teo non ha la ragazza? –

Ivan sospirò, passandole una mano tra i capelli. Luca la teneva stretta a sé, un gesto molto possessivo.
- Però… io ho un segreto -

Tutti la guardarono intensamente. Cisky aveva appena sparato una bomba.
- Che segreto, patatina? -
- Non posso dirlo –
- Certo che devi dirlo allo zio Ivano! Lo zio Ivano vuole conoscere tutti i tuoi segreti –
- Ma la mamma mi diceva sempre che non bisogna dire i segreti. Se è un segreto non bisogna dirlo a nessuno. Per esempio… un segreto era che nella cassetta nera teneva il lavoro super segreto che andava in un posto supersuper segreto –

Cisky ci pensò un po’ su.
Guardò negli occhi tutti e tre, i suoi nuovi zii, un po’ pazzi ma che le volevano già bene.
Erano i suoi zii… gli zii devono sapere i segreti. Anche la mamma sapeva i suoi… e lei sapeva quelli della mamma.
Era la scelta giusta informare lo zio Ivano del suo segreto?
Prese una patatina dal piattino e guardò lo zio Luca.

Lo zio Luca era simpatico, anche se non era sporco di marmellata.
Sì, poteva dire a lui il suo segreto!
- Stamattina Matteo continuava a ripetere “perché l’ho baciata!” mentre guardava la tv! Quindi credo abbia baciato puffetta… c’era lei in tv! -

Ivan si sentì molto orgoglioso della sua piccola spia eschimese. Si era meritata un altro pupazzo!

Luca le regalò il più ampio dei suoi sorrisi.
- Grazie per aver condiviso con noi il tuo segreto, principessa -
Cisky arrossì e riparò il viso contro il suo petto.

Quindi, stando a indiscrezioni, Matteo aveva baciato Lucia.
Mmm… interessante.
Quindi il primo passo era già stato fatto… forse un po’ affrettato, ma in fondo si trattava del Gigante. Se non faceva una cosa subito non l’avrebbe fatta per il resto della sua vita.

Adesso non dovevano far altro che trascorrere la maggior parte del tempo insieme.
E se…
E se lui e gli altri avessero rifiutato un ruolo di babysitter per Cisky?
E se Lucia si fosse rivelata l’unica soluzione al problema?
Due piccioni con una fava.

La piccola, inconsciamente, si stava rivelando la soluzione a tutti i problemi di questo mondo.
Era veramente orgoglioso di lei.
E del suo intuito, naturalmente.

Un altro punto per Ivano.

Cisky
Secondo lo zio Ivano, Teo e Luci sono perfetti insieme.
Noi lo sappiamo, adesso devono accorgersi loro.
E devono passare taaaaaaaaaaanto tempo insieme.
Un po’ avevo paura che fosse una bugia.
Cioè… e se lui non voleva stare con me?
Ma poi ho guardato lo zio Luca.
E mi ha sorriso.
Lo zio Luca mi vuole davvero bene.
E quindi lo zio Ivano ha detto la verità.
Me lo ha detto il sorriso dello zio Luca.

Ciao girls  *^*
Tutto bene? Ivano mi dice di salutarvi e dare un bacio a ciascuna di voi. Se non si stesse per sposare… :P
Questo è uno dei miei capitoli preferiti e spero davvero vi sia piaciuto :) Ci sono dei riferimenti a UNM e, se non avete nulla da leggere, vi consiglio questa mia originale finita, ormai, da un po’ di mesi.
Sinceramente… non ho commenti da fare. Solo alcune precisazioni: un grazie a Ilaria che mi ha fatto interagire con il vero Matteo via twitter. Il sorriso di Luca, così splendido quanto raro, è tutto per Sara.
E grazie a tutte voi per essere qui, con me. A soffrire con Lucia, a dar da mangiare a Palla, a ridere con Ivano.
Il primo capitolo ha superato le 1100 visualizzazioni e sono semplicemente ENTUSIASTA *^*
Se avete un minutino che vi avanza… fatemi sapere cosa ne pensate. Adoro leggere le vostre recensioni :)
E, a tutte voi che state affrontando la scuola, la maturità o gli esami all’uni IN BOCCA AL LUPO.
Un bacione e tanto love solo per voi.
<3
Robi

Ps: e GRAZIE!!! *^* a IlaPerla, Silvietta, Criminol, Beatrice94, Serpentina, Softkitty, Dark_Violet92, Serpentina, FlyBelieve, Bijouttina e Loreparda per aver recensito lo scorso capitolo  :) Tanto amore per voi ragazze :)

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


IL GRANDE GIGANTE INNAMORATO

Capitolo 8

 

~~Quella giornata sembrava non voler finire mai.
E più i minuti passavano, più la situazione non faceva altro che peggiorare.

Lo aveva capito già da quella mattina, quando si era svegliato. Un mal di testa allucinante lo aveva costretto a tuffarsi di nuovo a letto, nascondendo la testa sotto il cuscino.
Decisamente non avrebbe dovuto scolarsi quelle due birre tutto d’un fiato e poi lasciarsi andare all’autocommiserazione.
Dio, non aveva combinato nessun casino.

In fin dei conti aveva solo baciato Lucia.
Solo baciato Lucia.
Baciato Lucia.
Lucia…
Gemendo sbatté la testa contro il materasso.
Cosa cavolo gli era saltato in mente?

Accaduto il fattaccio aveva tentato di pentirsi.
Di pentirsi amaramente.
Si era seduto su quel divano, nello stesso identico posto dove la nonna Tilde, anni e anni prima, era solita sgridarlo dopo aver combinato qualche marachella.
- Giuro… non lo farò più – le ripeteva sempre, prima di andare a giocare e combinarne, nel giro di qualche giorno, un’altra delle sue.

“Giuro… non lo farò mai più”.
Avrebbe tanto voluto dirlo anche adesso, dopo quel bacio. Ma sarebbero state parole vuote, prive di significato.
Perché, anche se era scappato subito, se quel bacio era durato pochi secondi… lui mai nella sua vita aveva desiderato baciare qualcuno con la stessa intensità provata con Lucia.

Essere avvolto dal suo profumo, abbracciarla, rispolverare quelle sensazioni che, per troppo tempo, erano rimaste coperte sotto uno strato di polvere.
Morte.
Forse per paura.
Forse perché non era arrivato il momento giusto.

Eppure quel maledetto ne aveva avute di occasioni. E ne avrebbe avute.
E invece no, il fato aveva deciso di fare è meglio la sua mossa con Lucia.
Se si fosse trattata di un’altra vita, perfino di un altro momento della sua attuale vita, avrebbe potuto farci un pensierino.
Beh… forse qualcosa di più di un pensierino.

Aveva aperto il frigo per bere un goccio di acqua ed era stato allora che aveva visto la birra, che di solito beveva solo in compagnia dei suoi soci.
Aveva allungato la mano e rabbrividito leggermente per il contatto con il vetro verde, gelido; senza pensarci, senza premeditazione, l’aveva stappata.
Si era seduto sul divano pensando a Lucia.
Ai suoi capelli corti.
Ai suoi occhi grigi.
Alle sue labbra al suo profumo.

E a quel bacio.
Perché poteva confessarlo a quella bottiglia, ormai quasi vuota.
Aveva voluto baciarla. Lo aveva desiderato da quando l’aveva vista per la prima volta, da quando Cisky era scappata per la prima volta, portandolo per caso da lei.

Chissà perché non l’aveva mai vista.
Chissà se la sua nonna la conosceva.
Chissà come sarebbe stato stare ancora seduto con lei su quel divano, magari sentire la sua testa appoggiata sulla spalla.
Sentire i loro profumi mescolarsi.

Diventare una cosa sola.
Matteo si era poi alzato e aveva diligentemente buttato la bottiglia nel raccoglitore del vetro. Era un bravo cittadino, aveva sempre fatto la raccolta differenziata.
Aveva provato a guardare un articolo che parlava di un nuovo trattamento per il soffio al cuore nei neonati. Ma la concentrazione sembrava averlo abbandonato, sembrava essere scappata dall’altra parte del pianerottolo.
Forse, se avesse guardato dallo spioncino, l’avrebbe vista accampata davanti alla porta di Lucia, in attesa che quella fantastica donna uscisse e lo degnasse di uno sguardo.
Di una minima attenzione.

Senza accorgersene si era avvicinato di nuovo al frigo per prendere la sorella gemella della bottiglia che giaceva nel contenitore verde.

L’aveva aperta senza pensarci due volte per poi bere tutto d’un fiato.
Ancora una volta si sentiva preso in giro dalla vita.
Possibile che per lui ci fossero solo beffe? Mai un momento di gioia?
Mai una soddisfazione?

Si passò una mano sulla nuca e, diligentemente, gettò la bottiglia con la gemella.
A passi pesanti, si trascinò verso la sua camera.
Si era fermato in corrispondenza della cameretta di Cisky. Sentiva un leggero chiacchiericcio, come se stesse parlando con qualcuno. Era entrato il più silenziosamente possibile, cercando di non andare a sbattere contro nessun mobile. E soprattutto di non svegliarla.

La lucina che le aveva comprato emanava delle dolci luci color pastello.
Cisky era nel suo letto. Dormiva a pancia in giù e una gambina penzolava dal letto, scoperta.
I capelli biondi le ricoprivano il viso e alcuni le erano entrati in bocca.

Teo le rimboccò le coperte e poi si sedette vicino a lei. Più che parlare stava borbottando frasi senza senso, ma era così tenera e innocente che il Gigante sentì il suo cuore stringersi.

Cisky.
La sua Francesca.
La sera prima, dopo aver finito il turno all’ospedale, aveva chiamato l’avvocato e il signore senza nome per firmare a tutti gli effetti il documento di adozione. Nonostante fossero una famiglia da relativamente poco tempo, la sentiva già sua. Forse non sangue del proprio sangue, piuttosto un pezzo del proprio spirito, della propria anima.
Le accarezzò una ciocca di capelli biondi per poi depositarle un bacio sulla guancia.

Si era sbagliato prima.
La sua vita era ricca di gioie.
E la prima era proprio lei.
Quell’angelo biondo passato attraverso esperienze terribili per poi giungere a lui.

Ancora una volta si domandò perché proprio lui.
Lui tra tutti. Lui era stato il prescelto.
Scosse la testa alzandosi.
Non era il momento di pensare a queste cose. In un certo senso non doveva più pensarci.
Era accaduto, successo. Nulla poteva cambiare quello che era stato.
Poteva solo cercare di fare il meglio per il futuro e il presente.

Iniziò a pensare a Lucia solo come a una vicina e a non recriminare nulla a Cisky. Certamente non era colpa della bambina se non aveva mai visto la dirimpettaia prima. Doveva solo recriminare se stesso, il suo spirito da orso polare e la sua mania per gli straordinari. Se l’avesse incontrata prima le avrebbe chiesto di uscire e forse sarebbe riuscito a togliersi questo dubbio che lo stava attanagliando da alcune ore a quella parte.
Beh, in fin dei conti uno se l’era levato: dopo quel bacio sapeva bene cosa significava averla tra le braccia.
Un ricordo di loro due insieme, in fin dei conti, ce l’aveva.
Un qualcosa a cui aggrapparsi segretamente.
Forse ne avrebbe parlato con Luca. Forse, con il passare del tempo, sarebbe riuscito a dimenticarla oppure le avrebbe chiesto di uscire. Naturalmente quando Cisky avrebbe avuto almeno dieci anni. Così era certo di non traumatizzarla.

Scosse la testa, infilandosi i pantaloni del pigiama.
Quella povera creatura era stata abbastanza traumatizzata quel pomeriggio da Gian e Giorgia. sospirò… era così difficile per loro mettere la testa a posto?

Sotto le coperte, il Gigante aveva pensato ancora al bacio, ma cercando di rimanere il più possibile nel mondo reale.
Assolutamente, non avrebbe fatto finta che non fosse successo nulla.
Era successo non c’era modo di nasconderlo o di nascondersi.
Ok, sicuramente l’avrebbe nascosto da Ivano, ma non avrebbe mentito con se stesso.

Lucia certamente non avrebbe avuto bisogno di spiegazioni.
Il suo comportamento sgarbato e maleducato valeva da solo già più di mille parole.
Se la nonna Tilde fosse stata ancora viva certamente lo avrebbe guardato con tristezza e infinito disappunto.
- Matteo! Dove sono finite le tue buone maniere? -

Forse lei sarebbe riuscita in un qualche modo ad aiutarlo a conciliare la vita lavorativa, quella da neo-papà e… Lucia, perché no?
Tante volte ce l’aveva fatta soltanto con l’aiuto della nonna.
Questa sarebbe stata la sua prima e vera sfida affrontata da solo.
Forse sarebbe stato meglio dormirci sopra.
Come diceva la nonna, una bella dormita era il migliore dei rimedi.

La mattina dopo si era risvegliato un po’ intontito, aveva nascosto la testa sotto il cuscino ed era rimasto lì per un tempo infinito. Aveva ascoltato il silenzio della casa, poco dopo interrotto dai passettini di Cisky. L’aveva vista sbucare alla porta, un coniglio di pezza sotto braccio e le aveva fatto segno venire nel lettone.

Avevano parlato di tutto quello che si può parlare con una bambina di quell’età.
Palla.
I conigli in generale.
I cartoni.
I capelli lunghi lunghi di Giorgia.
E lo zio Ivano.

Sembrava impaziente di trascorrere la giornata con lui, il che era soltanto un bene.
Se la presero comoda per tutta la mattinata, rilassandosi, ridendo e sentendosi una famigliola unita.

Ivan era arrivato troppo presto, così come il confronto con Lucia.
L’aveva salutata tranquillamente, forse con un po’ troppo trasporto e sperava con tutto il cuore che l’occhio di Ivano non fosse così vigile quella mattina.

Nel parcheggio aveva salutato la sua bambina, già conquistata dall’ennesimo peluches gigante, ed era partito in direzione dell’ospedale.

Fino a quel momento era stata una bellissima mattinata, ma poi si era trasformata in un inferno. E non stava parlando della truppa di bambinetti accompagnati dai loro genitori, tutti alle prese con le conseguenze di un’intossicazione alimentare apparentemente causata dalla torta di compleanno.

E non parlava di quel piccolo pulcino che stava stringendo i denti dopo essersi fatto male durante una partita di calcio. Né di Stefano, che gli faceva visita almeno una volta ogni due mesi per lo stesso motivo: continuava ad arrampicarsi sui rami degli alberi del parchetto e a cadere perché, ostinatamente, continuava  a provare a fare le capriole sui rami per trovare il modo di sconfiggere le leggi di gravità.
E, puntualmente, continuava anche a cadere.
Era sempre Matteo che gli medicava le ginocchia e i gomiti sbucciati, gli diceva di stare attento e non farlo più.

No.
Ancora una volta, Matteo non era arrabbiato con i suoi piccoli pazienti, nemmeno con quelle principesse che gli avevano decorato il cercapersone con i lustrini.

Era piuttosto arrabbiato, e preoccupato, dai loro genitori.
Sapeva che la mamma e il papà perfetto non erano neancora nati e forse lui, considerato che ufficialmente non era padre della piccola Cisky, non doveva aver voce in capitolo.

Eppure aveva imparato molte cose in così pochi giorni.
E poteva dire, senza giri di parole e peli sulla lingua, che non si sarebbe mai comportato come la metà dei genitori lì presenti.
Cisky si sarebbe arrampicata sugli alberi solo in sua presenza.
Al compleanno si sarebbe assicurato della freschezza degli ingredienti della torta.
E avrebbe medicato lui stesso le ferite procuratesi sul campo da calcio o su quello di pallavolo.
O in altri campi.
E ci sarebbe sempre stato.

Forse solo adesso che era immerso in quel mondo, poteva capire chiaramente le paure e gli ostacoli che avevano dovuto affrontare i propri genitori. Non andava molto d’accordo con loro, ma adesso iniziava a capirli.

Parlò con i genitori, cercando e riuscendo a reprimere le emozioni che provava in quel momento. Cercò di distribuire il proprio tempo in parti eque, sperando che quei genitori naturali e biologici tenessero ai propri bambini come lui teneva a Cisky.
Sperò vivamente che si stesse divertendo con lo zio Ivano e che non si soffocasse con quel pupazzo gigante.

Sapeva che non c’era nulla di cui preoccuparsi, ma aveva come una strana sensazione.
Un presentimento.
Che il suo nuovo ruolo di padre lo stesse aiutando a sviluppare un sesto senso femminile?
Scosse la testa, passandosi una mano sulla nuca.
Era meglio non pensarci e continuare a proseguire nel suo lavoro.

Prese le cartelle dall’angolo della scrivania e iniziò a fare il suo solito giro.

Era meglio concentrarsi sui fatti reali che su sensazioni e paure.
Che restassero confinate nell’immaginazione. Matteo aveva una vita da vivere.
E anche delle vite da salvare. O semplicemente bambini a cui far compagnia portando loro un sorriso

***

Eppure quella sensazione non lo abbandonò per tutto il giorno.
L’aveva accompagnato nelle interminabili, seppur soddisfacenti, ore all’ospedale. Era certo che Cisky stesse bene, a questo proposito Ivano era più affidabile che l’architetto, eppure sentiva che c’era qualcosa che non andava.

Aveva perfino chiamato a casa e la madre, stupita da quel gesto veramente fuori dal normale, l’aveva rassicurato. Sia lei che il padre stavano bene. Stavano pensando di comprare un gatto e chiamarlo Nuvola così da avere una compagnia affettuosa sempre pronta a fare due coccole.

Matteo chiuse la comunicazione e finii il giro nel reparto.
Salutò delle sue fan promettendo che sarebbe ritornato il giorno dopo, come sempre, e si avviò alla macchina.

Telefonò a Ivano e si sorprese quando rispose al secondo squillo. Strano, di solito il telefono suonava per un’eternità.
- Gigante, stiamo arrivando a destinazione sani e salvi! Ti metto in vivavoce, così può sentirti anche Cisky -
- Ciao piccina! Ti sei divertita con lo zio Ivano? –

Sentì Cisky ridere per poi rispondergli che lo zio Ivano era davvero divertente e che avevano passato una bellissima giornata insieme. Poi rise di nuovo e Matteo se la immaginò portarsi le manine alla bocca, cercando di soffocare le risate. Si immaginò i suoi occhi azzurri ridere sinceri e le guancie diventare sempre più rosse.
Gli mancava. Dopo solamente una giornata di lavoro gli mancava da morire.

- Vecchio… tra quanto sei a casa? – gli domandò Ivano riportandolo alla realtà.
- Dieci minuti… se non c’è traffico anche meno. Tu? –
- Noi siamo già arrivati… Stiamo un attimo in macchina e ti aspettiamo, ok? –
Matteo rimase un attimo in silenzio. Sgranò la marcia e imboccò la curva.
- Perché non vuoi salire? Sai dove tengo le chiavi di scorta… -
- Ma no, Gigante… Devo solo dirti una cosa. Poi vado a casa da Alice… Credo che mi voglia proporre diverse combinazioni per la decorazione della navata della chiesa, ma io vorrei fare qualcos’altro tipo…. –

Matteo si mise a tossire e dallo specchietto Ivano sorrise a Cisky.
Il Gigante aveva ragione: doveva imparare a misurare le parole.

Matteo fu di parola e meno di dieci minuti dopo si presentò al parcheggio.
Scese dalla macchina e abbracciò Cisky, che si era letteralmente scaraventata su di lui. Ivano arrivò camminando lentamente, la borsa con il necessario per la piccola sulla spalla. Gi toccò un pettorale, facendogli un sorriso tirato.
La sensazione provata lungo tutta la giornata si fece ancora di più viva.
- Che sta succedendo, Ivano? -

Matteo lo vide prendere un respiro profondo e poi guardarlo dritto negli occhi.
- Non posso più portare Cisky al lavoro con me… Credo che corra troppi pericoli e oggi è passato anche il responsabile a fare un giro e non ha apprezzato che avessi una bambina come assistente. Mi dispiace davvero tantissimo, Gigante. Voglio bene a questa bambina come se fosse sangue del mio sangue ma non posso perdere il mio lavoro proprio adesso. Mi sto per sposare e Alice merita stabilità ed equilibrio… -

Matteo sentì il proprio mondo crollargli addosso.
Lo sapeva, l’aveva saputo per tutto il giorno. Aveva veramente sviluppato un sesto senso femminile. Quel presentimento che l’aveva accompagnato per tutta la giornata non era altro che quell’ennesimo problema che aveva bussato alla sua porta.

Un problema che apparentemente non si sarebbe risolto così in fretta.
A chi avrebbe potuto chiedere aiuto?
Ivan, Luca e Gian erano tutti nella stessa situazione e non poteva chiedere ai suoi amici di rinunciare a se stessi pur di aiutare lui.
Rassicurò Ivano e lo salutò mentre si allontanava in macchina.

Cisky era abbracciata al suo pupazzo, troppo grande per lei.
- Gli hai già dato un nome? – le chiese aiutandola a trasportarlo su per le scale.
- Dici che devo dargli un nome? – chiese Cisky guardandolo negli occhi e inciampando in uno scalino.
- Secondo me si… Come ti piacerebbe chiamarlo? –
La bambina ci pensò un po’ su e poi scosse le spalle.

Con fatica e lentezza arrivarono sul pianerottolo. Matteo aprì la porta e Cisky corse subito dentro per far conoscere a Palla il nuovo arrivato nella famiglia dei conigli. Una famiglia che stava crescendo a un ritmo insostenibile.
Fortuna che la maggior parte mangiavano carote immaginarie…

Sistemò tutto il contenuto della borsa e poi si accasciò sul divano.
Doveva trovare qualcuno per il giorno dopo.
Un qualcuno che si trovasse bene con Cisky, che la capisse senza il bisogno di tante parole. Senza il bisogno di tante domande.
Qualcuno di cui potersi fidare.
Qualcuno che non lo facesse sentire in colpa perché andava a lavorare piuttosto che restare insieme alla sua bambina, che aveva bisogno di lui come tutti gli altri, se non di più.

Sentì la parte del divano vicino a lui abbassarsi e si voltò verso Cisky che lo stava guardando fisso in viso. Con una piccola mano gli toccò la guancia.
- Sei preoccupato Teo… -
Il Gigante scosse la testa. Non poteva essere preoccupato. I Giganti avevano una soluzione per tutto, non erano mai preoccupati. Non poteva essere l’eccezione alla regola.

Non rispose.
Non voleva mentirle.
Sorprenderla in negativo.
Deluderla facendo cadere un mito.

- Chiedi a Lucia -
Matteo strabuzzò gli occhi.
Che cosa gli stava suggerendo la piccola?
Chiedere aiuto a Lucia?
Quella Lucia? Quella che lui aveva baciato meno di ventiquattro ore prima?
Quella Lucia che si era ripromesso di vedere il meno possibile?
- Lucia? -

Cisky annuì.
- Sì, Lucia. È molto gentile e mi piacerebbe stare con lei. È simpatica! -
Matteo cercò di salvarsi in extremis dicendo che forse Lucia era troppo impegnata, che aveva da studiare per l’università o che magari sarebbe dovuta andare via in vacanza.
Cisky sembrò spiazzata, come se non avesse pensato a quelle possibilità.
- Proviamo a chiederlo! Magari ci risponde di si -

E fu così che il Gigante e la bambina uscirono dalla loro tana per suonare a quella del lupo, dall’altra parte del pianerottolo.
La sfortuna volle che Lucia fosse in casa e che accolse la richiesta di Cisky con un sorriso, come se si trattasse della cosa più naturale del mondo.

Con una scusa, Matteo rispedì Cisky a casa e rimase solo con Lucia. In quel momento gli sembrava perfino più piccola del solito. Forse era per i pantaloncini o la maglietta colorata, ma qualcosa gli bruciò nel petto e improvvisamente tutti i secondi passati insieme la sera prima gli passarono davanti agli occhi.
- Lo sai che la mia priorità è Francesca, vero? – chiese coinciso e senza preamboli.
- Sì –
- Lo sai vero che quello di ieri è stato il nostro primo e ultimo bacio, vero? – quella leggera constatazione gli faceva male al cuore.
- Sì –
- Lo sai che non ci potrà mai essere nulla tra di noi… -
Lucia rispose con un ennesimo “sì”.

- Ci vediamo domani mattina – specificò orario e detto ciò la salutò.

Lucia lo guardò chiudere la porta e poi rientrò in casa sua.
Appoggiò la schiena contro alla porta.
Rispondere a quelle domande non era stato per nulla facile. E non aveva risposto con il cuore, ma con la testa. Altrimenti lo avrebbe baciato fregandosene delle conseguenze.
Lei voleva che qualcosa cambiasse.
E, per la prima volta nella sua vita, avrebbe combattuto per ciò che voleva.
Voleva Matteo.
Un altro suo bacio.
Cenare ancora con lui e con la piccola.

Fino ad allora il mondo aveva conosciuto una Lucia Fattori passiva, che si lasciava scivolare i fatti addosso, che allontanava tutto e tutti per paura e timidezza.

Ma era tempo di cambiare, cambiare in meglio.
Per Matteo.
Per lei.

Perché nessuno lo sapeva, nemmeno Camilla, forse nemmeno lei stessa, ma quando Lucia voleva veramente qualcosa… non c’era nulla che potesse frapporsi tra lei e il suo obiettivo. Anche se si trattava di qualcuno.
Anche se si trattava di Matteo.

Ci sarebbe riuscita, soprattutto perché si trattava di lui.
Perché si trattava di Matteo.

Cisky
Lo zio Ivano non si è sbagliato.
Luci ha detto di sì.
E io non vedo l’ora di stare con lei.
E con Palla.
Ci divertiremo tanto.
Oggi sono davvero felice.

Ciao girls :)
Capitolo che è stato un po’ un parto, ma alla fine ce l’ho fatta :D
Spero vivamente che ne sia uscito qualcosa di buono… Come sempre questa storia mi assorbe ogni energia e, letteralmente, prego affinchè io riesca a trascrivere su word tutto quello che mi passa per la testa.
Ivano mette in pratica il suo piano con l’aiuto della piccola Cisky… In questo modo Matteo e Lucia saranno costretti (:D) a frequentarsi e chissà che da cosa non nasca cosa :)
Ringrazio tutte voi che leggete questa originale e, come sempre, la vostra opinione è ben accetta :D Quindi… consigli, critiche, constatazioni… :D Lasciatemi una recensione e scrivete tutto ciò che vi passa per la testa :)
Ivano mi dice di dirvi che vi ama tutte e siete tutte, una dopo l’altra, nel suo cuore *^* Ma quanto è dolce quell’uomo? :)
Io vi ringrazio e vi mando un bacione :)
<3 tanto love e tanto amore! E tanti cuori :)
Robi

P.S: mi sento in colpa perché non ho neancora risposto alle vostre magnifiche recensioni :( Rimedierò al più presto, giuro. Un ringraziamento speciale a Beatrice94, Criminol, Patatinafritta, Serpentina, ViaColVento, Silvietta_efp, DarkViolet_92, Softkitty, Bijouttina, giuliacucciola e Ornella SN per la pazienza e per la recensione :) <3
Love u girls :)

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


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UN GRAZIE ENORME ALLA MIA SAM PER IL BANNER *^*

Capitolo 9

Il giorno dopo Lucia si era svegliata presto. Aveva sistemato casa, pensato a cosa poter fare con Cisky e aveva cercato di organizzare la giornata nel miglior modo possibile. Ancora una volta, Matteo sarebbe ritornato giusto in tempo per cenare e voleva chiedergli se voleva farlo insieme a lei, com’era successo alcune sere prima.
 
Quella mattina si sentiva carica e piena d’energie, pronta a spaccare il mondo. Si trattava di una situazione nuova per lei, eppure non aveva paura di rovinare tutto. Per la prima volta nella sua vita, Lucia si sentiva così sicura da poter rischiare.
Rischiare di rimanere amareggiata e delusa.
Rischiare la faccia, perché non avrebbe potuto trasferirsi e cambiare casa da un momento all’altro.
Rischiare di ricevere un no per risposta e continuare a vivere.
Rischiare la sanità mentale che doveva mantenere intatta per continuare gli studi.
E, naturalmente, rischiare anche il suo cuore. Perché, se aveva ricominciato a battere dopo aver incontrato Matteo, qualcosa doveva pur significare.
 
Controllò l’ora. Mancavano dieci minuti e il Gigante e la bambina sarebbero arrivati.
Si guardò allo specchio vicino alla porta, toccandosi i capelli ancora troppo corti per i suoi gusti.
Scosse la testa, pizzicandosi leggermente la guancia.
No.
 
Non doveva pensare a come sarebbe stato se
Assolutamente no.
Quei pensieri erano da bandire.
Positività e sicurezza.
 
Seguendo il ritmo della canzone che aveva sentito alla radio quella mattina iniziò a ballare per il salotto. Diede da bere alle sue piantine e buttò alcune foglie secche nel sacchetto dell’umido. Decise poi di spostare la giacca che Camilla teneva all’ingresso in camera, così che Cisky potesse appendere il suo zainetto. Sospettava che fosse a forma di coniglio… la biondina sembrava andare matta per quelle piccole palle di pelo.
 
Nella foga di far tutto e in fretta, Lucia inciampò nella tenda andando a sbattere il ginocchio contro il mobiletto.
 
La sfiga (o il karma oppure una serie di congiunzioni astrali poco benevole) volle che Matteo e Cisky bussarono alla porta proprio mentre era coperta dalla tenda e accasciata a terra dolorante.
- Avanti – gemette cercando di alzarsi e poi accorgendosi che stava perdendo copiosamente sangue da una ferita sul ginocchio. Cavolo, ma come aveva fatto?
Matteo entrò con Cisky in braccio e la borsa in spalla, ma mollò tutto quando si accorse della situazione di Lucia.
 
Cisky le corse subito incontro, abbracciandola.
- Ti sei fatta male? C’è tanto sangue! Matteo!! C’è tanto sangue!!! -
Gli occhi azzurri erano spaventati e si vedeva lontano un chilometro che stava disperatamente tentando di non piangere.
Il labbro iniziò a tremarle mentre, con sguardo disperato, fissava Matteo.
Una lacrima iniziò a scorrerle lungo la guancia.
- E se… se… e se poi… Lucia non c’è più? -
- No Cisky… -
- Anche la mia mamma era tutta sporca di sangue –
 
Matteo si inginocchiò davanti a lei, asciugandole quelle lacrime calde con il polpastrello dell’indice.
- Cisky, non ti preoccupare. Non succederà nulla a Lucia. Ci siamo qui noi. È solo un piccolo taglietto, guarda... -
 
Con un sorriso, e sempre mantenendo un contatto visivo, prese il piccolo kit di pronto soccorso che aveva preparato nel borsone.
Estrasse del disinfettante, un po’ di cotone e una piccola garza.
Con calma, e sempre parlando con Cisky, Matteo iniziò a medicare Lucia.
La ragazza avvertii la mano calda di Matteo sulla propria pelle e la stretta ferrea di Francesca sul suo braccio allentarsi.
 
Matteo le sorrise, per poi dedicare tutta la sua attenzione alla bambina tra di loro.
- Vedi, Cisky? Con un po’ di cotone, il sangue non c’è più. Vedi, Lucia sta bene. Non le è successo nulla. È solo inciampata… sono sicuro che sarà successo anche a te, vero? A me succede spesso… A volte, proprio non so dove metto i piedi! -
Cisky non rispose.
 
Sembrava assorta nei suoi pensieri. Per la prima volta la bambina mostrò il suo lato distrutto, il lato che Matteo stava cercando disperatamente di riparare.
Si era mostrato all’improvviso, come un temporale estivo, ma sembrava non volerla abbandonare.
Stringeva la mano di Lucia in una morsa dolorosa, mentre con l’altra aveva intrappolato tra le dita parte della stoffa rosa del vestitino.
 
Lucia guardò Matteo e poi Cisky. E seppe di dover far qualcosa. Di dover intervenire.
Strinse la vita della bambina e affondò il viso tra i suoi capelli. Respirò il suo profumo e poi depositò un bacio.
La strinse a sé e cercò di sincronizzare il proprio respiro con quello della bambina.
La rassicurò con della parole gentili. Le parlò dei programmi per il pomeriggio, di quello che avrebbero fatto insieme.
Una torta.
Un giro al parco.
Guardare un cartone in tv.
Parlare di Palla. Forse andare al supermercato a vedere se le carote o le pannocchiette erano in offerta.
 
A poco a poco Cisky si calmò e tornò a sorridere.
Matteo aiutò Lucia ad alzarsi, mentre la bambina cercava nella borsa i pastelli per colorare.
 
- Devi spiegarmi un po’ di cose – disse Lucia a Matteo, a bassa voce.
Il Gigante abbassò lo sguardo e si massaggiò la nuca.
- Hai ragione -
- Stasera a cena? –
 
Matteo strabuzzò gli occhi e scosse violentemente la testa.
- Te l’ho già detto, Lucia. Grazie per l’aiuto, ma dimenticati il bacio, dimenticati di me… Fa finta che sia asessuato e che tu mi sia completamente indifferente. Aspetta… cancella anche l’ultima parte -
Lucia sorrise e cercò di interrompere il monologo del Gigante. Ma Matteo non voleva sentire scuse.
- Non posso, Lucia. Non posso. Non posso pensare a te… la priorità è Francesca. È fragile, troppo fragile. È solo una bambina, eppure ne ha già passate tante. Hai visto cos’è successo prima? Un po’ di sangue e il viso le è diventato cereo. Non posso essere così egoista da mettere i miei desideri davanti alle sue priorità. Ha bisogno di me -
 
Lucia gli toccò il braccio e gli si avvicinò.
- Matteo… anche tu hai bisogno di qualcuno. Non puoi farcela da solo -
- Sì! Certo che ce la posso fare! –
- Hai bisogno di qualcuno che si occupi di te. Non puoi fare sempre tutto da solo –
 
Matteo la guardo a lungo, senza sbattere le palpebre. Sembrava stesse combattendo una dura battaglia dentro di sé.
 
Chiuse gli occhi, fece un bel respiro profondo, si massaggiò la nuca e distese le labbra in un sorriso. O, almeno, ci provò.
 
- Non ti preoccupare, Lucia. Ho la situazione sotto controllo. Ti ringrazio per l’aiuto con Cisky. Non esitare a chiamarmi se dovesse avere un’altra crisi di panico. Sono sicuro che riusciresti a gestirle, ma… Ma è in occasioni come queste che si vede se si ha la stoffa del papà -
Le strinse un braccio e poi si sedette sul divano vicino a Cisky.
Le parlò, l’abbracciò, e le disse di fare la brava.
 
Poi aprì la porta e uscii, ma non prima di aver mandato alla sua biondina un ultimo bacio volante.
 
Lucia si sedette sul divano e Cisky mollò tutto per abbracciarla.
Per fare due coccole.
Non parlarono, Lucia non chiese nulla e la bambina rimase lì, in silenzio, abbracciata a lei.
 
La ragazza pensò a quello che era successo e, soprattutto, alle parole di Matteo.
Aveva scoperto di non essergli indifferente. Le aveva fatto capire che se si fossero incontrati, anche solo un mese prima, sarebbe potuto nascere qualcosa.
Aveva ribadito che Cisky, quella biondina indifesa abbracciata a lei, era la sua priorità. Aveva messo il bene della piccola davanti al proprio.
Aveva la stoffa del padre: si era appena comportato come tale.
 
Che avesse ragione il Gigante?
Era davvero il momento di iniziare una relazione?
Ne valeva davvero la pena?
 
Lucia guardò Cisky, accoccolata su di lei.
Voleva bene a quella bambina. Si affezionava in fretta a quelle piccole creature, eppure non aveva mai provato con nessuno quel legame viscerale che sembrava unirle.
Non avrebbe mai osato rompere l’equilibrio di una creatura fragile come lei.
Eppure…
Eppure sapeva che il sacrificio di Matteo non era giusto.
Sentiva nelle ossa che nemmeno Cisky voleva che Matteo si sacrificasse in quel modo.
 
Non avrebbe infranto l’equilibrio di nessuno.
No.
Però avrebbe continuato a combattere.
Un passo dopo l’altro.
Verso il Gigante.
Verso il suo cuore.
 
***
 
Nessuno le aveva detto che sarebbe stato semplice.
Ma nessuno non l’aveva avvertita che sarebbe stato così complicato.
 
Lucia sapeva che la strada per arrivare al cuore di Matteo era dissestata e in salita. Sapeva di poter contare solo sulle proprie forze, ma credeva che lungo il sentiero avrebbe potuto fermarsi in una piazzetta di sosta.
 
Invece no.
Matteo non le lanciava segnali ambigui.
Affatto. Non le lanciava nessun segnale.
 
Rifiutava costantemente ogni contatto con lei. Non bussava nemmeno più per “prelevare” Cisky finita la giornata in ospedale. La biondina, tremendamente perspicace, aveva imparato a conoscere il suono dei passi del Gigante e il motivetto che fischiava quando saliva le scale. Si girava verso Lucia e con lo sguardo l’avvertiva che doveva andare via. Le lanciava un bacio e poi scappava dal suo papà.
Alla povera ragazza non restava altro che affacciarsi alla porta, appoggiarsi allo stipite con la spalla, e guardare il Gigante che prendeva in braccio la bambina.
 
Spesso, però, rientrava subito.
Era una scena troppo privata, troppo intima. Il Gigante diventava ogni giorno di più il padre buono e generoso che sarebbe stato; quell’unica volta all’ospedale Anna aveva veramente individuato il potenziale che vi era in lui.
 
Anche quella sera Lucia si era sentita fuori posto ed era rientrata come un fulmine in casa, attenta a non sbattere la porta per non spaventare Cisky.
Sapeva ancora poco di lei e del suo passato, ma in quelle tre settimane aveva imparato a conoscerla meglio di qualunque altro.
Forse solo Matteo la conosceva meglio di lei.
 
Le piacevano le fragole, ma dopo averne mangiate più di due, le si sviluppava uno sfogo sulla pancia e sulle braccia.
Il suo zio preferito era lo zio Luca, ma “non bisogna dirlo allo zio Ivano che poi si offende”.
Amava le avventure di Tom e Jerry e i Beatles. La sua canzone preferita era Yellow Submarine. Cantava inventandosi le parole e ci metteva sempre tanta allegria.
Aveva paura dei tuoni e dei rumori troppo forti. Una volta era scoppiata a piangere dopo aver sentito il rumore di una porta sbattere troppo violentemente.
Quando veniva rimproverata passava le due ore successive seduta immobile sul divano, come una statua di sale. Non muoveva un muscolo e fissava il vuoto davanti a sé. Ritornava la Cisky di sempre solo quando veniva abbracciata e coccolata.
 
Si sedette alla scrivania e guardò l’orologio.
Poco dopo il computer squillò: Camilla e le sue chiamate su skype avevano una puntualità svizzera.
- Ciao Cami! -
- Ti vedo ma non ti sento!!! Mi vedi? –
Lucia annuì.
- Mi sentiiiiii?? -
Lucia annuì.
- Io ti vedo ma non ti sento. Pronto? Pronto? -
 
Lucia rise e Camilla le lanciò un’occhiata sinistra.
- Ci credo che non ti sentivo! Non mi parlavi! Cavolo Luci! Quante volte devi propinarmi questo scherzo? -
- Finché non ci cascherai più, mia cara –
 
Camilla liquidò tutto il discorso con un gesto della mano e si alzò per farle vedere un abitino che aveva acquistato il giorno prima in un negozietto vicino alla spiaggia.
Gabriele, da grande cavaliere senza macchia e senza paura, ma con un grande amore e tanti soldi, voleva prenderle anche la variante nera a pois bianchi, ma quell’abito era più che sufficiente.
- Ma basta parlare di me! Parliamo di te, piuttosto! Allora, come procede l’operazione “Il Gigante e la Nana”? E con “nana” intendo te e non la piccolina che non vedo l’ora di conoscere -
Lucia sbuffò e poi si passò una mano tra i capelli.
- Male, Cami. Male. Dopo quel bacio non c’è stato nulla tra di noi. Lui stesso ha ammesso che non gli sono indifferente, eppure… Non mi parla, non mi saluta, cerca in tutti i modi di non avere nemmeno una scusa per parlare con me. Cami… non è che… -
 
L’amica zittì tutto sul nascere e gridò nel microfono del pc.
- Non farti venire in testa idee di questo tipo! Cavolo, certo che è proprio vero: Dio li fa e poi li accoppia. Lui ha troppa paura delle bellezze che la vita può offrirgli mentre tu… Luci, tu a volte hai paura della vita, in generale. E adesso che, senza il mio aiuto, ti sei data una svegliata. Devi risolvere questa situazione, gioia. E al più presto -
 
Camilla e Lucia si guardarono dritte negli occhi, per quanto lo permettessero le rispettive webcam. Camilla sapeva di essere stata troppo dura. Sapeva che l’amica aveva bisogno dei suoi spazi, dei suoi tempi… ma non voleva assolutamente vederla soffrire in alcun modo.
Incontrate per caso, entrambe cercavano una casa per l’università, sembravano completarsi a vicenda. Ormai si consideravano sorelle: passavano più tempo l’una con l’altra che con le rispettive famiglie. Lucia aveva anche visto Gabri nudo…!
Camilla voleva solo ed esclusivamente il bene dell’amica; e se questo significava spronarla e spingerla un po’ fuori dal suo guscio…
Beh, l’avrebbe spronata, spinta e sprangato la porta, così che non potesse più rifugiarsi, ma che si lasciasse trascinare dal turbinio delle emozioni.
 
- Dobbiamo formulare un piano d’azione, gioia – disse Cami dopo un po’, spezzando quell’atmosfera che si era creata.
Lucia sorrise e le strizzò l’occhiolino, ridendo perché l’immagine nello schermo si era fermata in una posa improbabile.
- Tranquilla, Cami. Ho tutto sotto controllo. Ho già elaborato un piano e intendo metterlo in pratica domani. Mi serviranno tutte le mie capacità culinarie e una buona dose di coraggio -
 
Camilla si sporse totalmente verso la webcam, così che l’amica poté avere un primo piano per nulla voluto e a dir poco… esilarante.
- Hai intenzione di fare sesso selvaggio sul tavolo della cucina e cospargerlo di nutella per poi leccargliela via piano piano? Ragazza, credo di averti insegnato proprio bene! -
 
Le guancie di Lucia si imporporarono e abbassò lievemente il viso, in modo che Camilla potesse notarlo il meno possibile.
In tutta calma e tranquillità, e ripristinando la chiamata per due volte, Lucia riuscì a spiegarle il suo piano e, in cambio, ricevette solo mormorii di assenso e una virtuale pacca sulla spalla.
- Ricorda che io faccio il tifo per te, gioia! -
Chiacchierarono ancora un po’, ma quando Lucia fu sul punto di terminare e disconnettere, Camilla le diede quello che, secondo lei, era un consiglio estremamente prezioso.
- Mi raccomando i preservativi. Nel cassetto della cucina ne troverai una scatola. Giusto dietro la pasta integrale. Sai… per ogni evenienza. Non avere paura a usarli! Ciao! -
Le fece l’occhiolino e terminò la chiamata.
 
Lucia non seppe spiegare perché, ma quel gesto le ricordò lo zio Ivano.
Secondo lei, sarebbe andato estremamente d’accordo con Camilla.
 
***
 
Cisky accolse di buon grado la nuova esperienza post-merendina.
Al posto della solita passeggiatina brucia grassi e calorie, Lucia aveva proposto un’attività più interessante.
- Oggi faremo una torta! -
 
Quel giorno Cisky era arrivata in compagnia del suo coniglio gigante, regalo dello zio Ivano. Trovarselo davanti era stata una bella sorpresa, apparecchiare per lui era stato abbastanza… strano.
Fortunatamente aveva chiesto solo una carota, che alla fine era tornata nel frigorifero intatta. Dai suoi studi di psicologia, Lucia ricordava che, all’età di Cisky, era perfettamente normale avere degli amici immaginari, oppure parlare con oggetti inanimati, come gli animali di pezza.
 
Dopo l’incidente, Lucia stava particolarmente attenta a Cisky: voleva evitarle il maggior stress possibile e coinvolgerla in numerose attività differenti. Era certa che Matteo e i suoi amici stessero facendo un buon lavoro; se non fosse stato così Cisky non avrebbe recuperato in fretta quella serenità che la caratterizzava. Tuttavia, era anche sicura che parte di quel merito era da attribuire a lei.
 
Forse si nascondeva dietro queste scuse, sperando che prima o poi anche Matteo si accorgesse che lei, e di conseguenza anche una possibile relazione, non potevano essere un pericolo, bensì un’ancora di salvezza.
Potevano essere solo ed esclusivamente delle scuse, ma Lucia sapeva che avevano un fondo di verità.
 
E forse la torta l’avrebbe aiutata a dimostrarlo.
 
Intanto Cisky fremeva dalla voglia di aiutare. Continuava a saltare di qua e di là, i riccioli biondi che si muovevano a destra e a sinistra.
Vedere il suo entusiasmo trasmetteva un’allegria pazzesca e Lucia le sorrise, portandola verso la camera di Camilla.
- Ogni brava cuoca che si rispetti ha bisogno di un grembiule, così da non sporcarsi il vestito. Io non ce l’ho, ma credo di avere una soluzione -
 
Depositò Cisky sul letto e, con un gesto sicuro, aprì l’ultimo cassetto a destra del cassettone. Sapeva per certo che proprio lì c’erano alcune vecchie magliette di Gabri, che il ragazzo usava quando veniva a dormire da loro, oppure quando andava a correre con Camilla e poi facevano la doccia insieme.
 
- Quale preferisci Cisky? Ne vuoi una con i teschi? - disse Lucia voltandosi e tenendo tra le mani la maglietta incriminata. Cisky scosse la testa e la ragazza dovette concordare con lei: quella maglietta non era proprio il massimo della vita.
- Questa nera? – propose ancora, ma la bambina aveva le idee chiare.
- Non c’è rosa? –
- No –
- Arancione? –
- No –
- Azzurra? Magari con i puffi… Hai una maglia con i puffi? Possiamo puffare una torta? –
- No –
Decisamente Gabriele non aveva mai acquistato una maglia con i puffi in tutta la sua vita. O, almeno, da quando aveva una relazione con Camilla.
- Gialla? –
 
Con il cassetto ormai sottosopra, Lucia individuò la maglietta perfetta.
- Gialla con le scritte bianche? Ti piace? -
Cisky si avvicinò, la guardò piegando la testa di lato, un gesto che a Lucia ricordò molto Matteo, e poi annuì.
Si spogliò del vestitino rosa cercando di piegarlo al meglio delle sue possibilità e poi, aiutata da Lucia, indossò la maglietta.
 
Andarono poi in cucina, dove prepararono la torta alla Nutella.
- Oh! A Matteo piace tanto la Nutella! La mangia sempre a colazione con il pane! -
- Dici che questa torta gli piacerebbe? – virtualmente, Lucia incrociò le dita.
- Certo! Lui ama mangiare! Come Palla! –
Perfetto! Lucia avrebbe quasi saltato sul posto dalla gioia.
- Allora… che ne dici se gli chiediamo di mangiare questa torta dopo cena, tutti insieme? Io la porto di là, a casa vostra, e poi la mangiamo insieme! -
 
Cisky annuì e corse da Bianco il Coniglio a informarlo che a cena ci sarebbe stata anche Lucia. E che avrebbe cercato di salvare due fette di torta: una per lui e una per Palla.
 
***
 
Come la biondina riuscì a convincere il Gigante rimase un mistero, fatto sta che Lucia, puntuale puntuale, si presentò dopo cena con la sua magnifica torta alla Nutella.
Fortunatamente era lievitata più del solito, lasciando l’impasto alto e soffice, permettendo a quella buonissima crema al cioccolato di amalgamarsi alla perfezione con gli altri ingredienti.
 
Quando entrò nell’appartamento al di là del pianerottolo notò che Cisky indossava ancora la sua uniforme da cuoco e che stava aiutando Matteo ad apparecchiare la tavola con dei piattini da dolce.
- Grazie per la torta, Lucia. Davvero, non dovevi – esordì il Gigante dandole ancora le spalle.
Non dovevi assolutamente disturbarti. Non fare più torte per noi che stiamo bene così. E meno ti vedo, meglio sto.
 
- Tranquillo, è stato un piacere poter cucinare con Cisky e poi mangiare tutti insieme il nostro piccolo esperimento. Un grande, immenso piacere -
Non mi escluderai dalla tua vita. Fosse l’ultima cosa che faccio, non mi escluderai mai.
 
Mangiare il dolce fu… strano.
Era strano come ogni parola ne sottintendesse un’altra.
Era strano che non si fosse creata un’atmosfera tesa e ostile.
Era strano vederli mangiare insieme, come una vera famiglia.
Era strano vedere Matteo che guardava Lucia per poi distogliere lo sguardo quando era lei a guardarlo.
Era strano vedere la sicurezza di Lucia che, finita la cena e le chiacchiere, prendeva Cisky in braccio per portarla a dormire, leggendole prima una storia.
 
Era tutto strano.
Sì, perché se uno spettatore esterno avesse visto tutto, non avrebbe esitato nell’affermare che erano davvero una famiglia.
 
Quando Lucia tornò dalla cameretta, aiutò Matteo a sparecchiare, come quella volta.
In silenzio, ma senza imbarazzo. Perché il silenzio è spesso sottovalutato.
Poi si guardarono negli occhi, ancora vicini al lavello.
 
- Grazie per tutto quello che fai per Cisky – sussurrò Matteo.
- Voglio bene a Cisky come se fosse la mia sorellina. Stai facendo un buon lavoro, sei davvero un papà fantastico –
Matteo distolse lo sguardo imbarazzato e si massaggiò la nuca.
- Grazie -
 
Lucia inspirò profondamente e appoggiò le proprie mani sui suoi pettorali, per poi stringere la camicia. Sempre guardando Matteo negli occhi, avvicinò la propria bocca al suo orecchio.
- Sei sporco di zucchero a velo -
 
E senza dargli tempo di riflettere, di tirarsi indietro oppure di pensare, lo baciò.
Un bacio leggero, a stampo, senza intrusione e giochi di lingue.
Un bacio che voleva dire: “Ehi, io ci sono. Cosa aspetti? Vieni a prendermi”.
Un bacio che sapeva di Nutella, tenerezza e di sentimenti che erano pronti a sbocciare.
 
Matteo chiuse gli occhi e premette le labbra su quelle di Lucia.
La circondò con le sue lunghe braccia e scoprì di provare una tenerezza infinita nel vedere il corpo minuto della ragazza abbracciato al suo.
Posò il mento sulla sua testa e la tenne stretta per un tempo che gli sembrò troppo breve.
 
Poi fu costretto a staccarla da sé. Le baciò la fronte e la guardò, triste.
- Vorrei, ma non posso. Non posso… non posso -
Lucia lo zittì con un altro bacio, sempre leggero.
- Potrai in futuro? -
- Non lo so… se fosse per me, di sicuro –
 
Allora lei sorrise e iniziò a incamminarsi verso la porta.
- Allora ci vediamo in futuro… Ma non far passare troppo tempo. Io ti voglio. E ti voglio adesso -
 
Cisky
Teo e Luci si sono baciati.
Io li ho visti: ho fatto finta di dormire e poi mi sono nascosta.
Si sono baciati.
Io sono felice per Teo.
Cioè, lui si merita Lucia.
E sono felice anche per lei… perché Teo è perfetto.
Solo che… se poi lei è la mia nuova mamma…
Significa che devo dimenticare la mia vera mamma?
E se poi lei va via?
Rimaniamo io e Teo da soli.
E questo renderebbe triste anche Teo.
Non so…
Sono felice ma anche triste.
E ho paura.
 
 
Hi girls :)
In questo piccolo angolo dell’autore vorrei sottolineare un aspetto di Matteo a cui tengo molto. Matteo ha 28 anni, da quello che fin’ora sappiamo non ha un bel rapporto con i genitori, ha degli amici fidati e nessuna compagna. E una bambina piccola con traumi a cui badare. Per me Matteo, per come vedo io il mio personaggio, è innanzitutto il ragazzo più altruista del mondo. Non mette se stesso al primo posto, ma Cisky, una bambina che nemmeno conosceva bene, l’ha presa in casa con tutti i rischi del caso. Lucia, in questo momento, è solamente una vicina di casa che ha baciato due volte. Non pensa a lei in quel senso, o meglio… cerca di non farlo perché questo significherebbe comportarsi da egoista. E lui è tutto, fuorché egoista. Eh… nulla. Ci tenevo a fare questa precisazione perché il suo comportamento non è da “uomini” oppure “ambiguo”. È un comportamento di un uomo disposto a dare il proprio cuore in pasto a un drago se servisse a salvare Cisky.
E mi sento tremendamente in colpa se non sono riuscita a spiegarvi questo lato del suo carattere :(
Super spoiler: nel prossimo capitolo ritroveremo Jack :) Eh sì sue fan (Lore, sto parlando di te :P) gioite :P
Se avete tempo lasciatemi una recensione :) Ricordate: recensione lasciata = autrice felice = capitoli scritti più velocemente = lettori felici :P
Ahahahhahahahhahahahahahahahahahhahahaha :D
Un bacione e ci vediamo mercoledì tra due settimane :)
Robi
 
P.s: un grosso GRAZIE a Beatrice94, Serprentina, Criminol, Softkitty, Dark_Violet92, FlyBelieve, Bijouttina, Giuliacucciola, Launa e Silvietta per aver recensito lo scorso capitolo! Love u, girls <3

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


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UN GRAZIE ALLA MIA SAM PER IL BELLISSIMO BANNER *^*

Capitolo 10
 
Matteo si aggirava per il reparto con lo sguardo perso nel vuoto.
Quel turno si stava rivelando più difficile del solito e l’infermiere non aspettava altro che rintanarsi nella stanzetta riservata al personale mangiando una mela e pregando che il cercapersone non iniziasse a trillare. Di nuovo.
Aveva bisogno di un momento di silenzio per riflettere. Effettivamente, nell’ultimo periodo, pensare era diventato il suo chiodo fisso… I pensieri sembravano perseguitarlo anche al lavoro, persino quando era in compagnia dei piccoli umani.
 
L’infermiere chiamava i suoi pazienti “i suoi pulcini”, naturalmente con affetto, perché cercavano di stare sempre in gruppo. Erano teneri, morbidi e profumati, la maggior parte delle volte, e quando lo vedevano correvano subito verso di lui. Trascorreva con loro ogni suo momento libero, non che ce ne fossero molti però.
 
Alcune settimane prima erano arrivate tre ragazze, che abitavano nello stesso quartiere. All’incirca, avevano la stessa età.
Nonostante non si conoscessero, avevano subito legato e passavano ogni minuto della giornata insieme, cospirando contro il povero Matteo. Lo chiamavano anche quando non c’era di bisogno e, una volta entrato, facevano di tutto pur di non farlo uscire.
 
Questo era ciò che era accaduto quel pomeriggio.
Adducendo come scusa un mal di stomaco che sembrava volerla aprire in due, e gemendo di sofferenza all’interfono, Matteo si era precipitato nella stanza. Era ancora molto ingenuo sotto questo punto di vista: sapeva benissimo che tutte e tre, le sue galline, sarebbero state dimesse da lì a pochi giorni, eppure aveva paura di eventuali complicazioni. In fondo erano sotto la sua responsabilità e lui era lì per svolgere il suo lavoro, non per minimizzare i sintomi e scuotere la testa per poi chiamare a uno dei tirocinanti e chiedergli di andare a controllare.
Era un Gigante Buono.
Anche quando avrebbe avuto di meglio da fare.
 
Era corso in camera e, per caso o per fortuna, il dolore era sparito non appena le ragazze lo avevano visto.
- La tua sola presenza fa miracoli, Matteo -
L’infermiere scosse la testa, pronto alla fuga, le braccia incrociate all’altezza degli addominali.
- Lo sapete che non bisogna scherzare su queste cose, vero? Non posso correre per tutto l’ospedale, poi arrivare e scoprire che il dolore è sparito. A questo punto ci si può chiedere: è mai esistito? -
 
Cercò di fare una faccia da duro, ma non ci riuscì. Ivan e Gianluca avrebbero saputo spaventarle a dovere, invece lui si stava trattenendo dal sorridere.
 
Le vide guardarsi negli occhi e poi, silenziosamente, ammettere la loro colpevolezza.
Rilassò i muscoli e controllò il cercapersone attaccato al passante dei pantaloni.
I brillantini luccicavano e lo mettevano di buon umore, facendo nascere un sorriso.
No, decisamente non l’avrebbe cambiato solo perché era un po’ diverso. Era questa la sua caratteristica, il suo tratto unico.
Doveva essere valorizzato, non gettato.
 
Guardò l’orologio. Il tempo stava passando troppo lentamente.
Non che si lamentasse; ogni tanto era bello passare una giornata tranquilla, anche se non poteva dirlo con certezza visto che non era nemmeno a metà del turno.
 
I suoi pulcini stavano riposando sotto l’occhio vigile delle loro mamme, mentre le sue galline… a quanto pare volevano solo qualcuno con cui chiacchierare.
Si sedette sulla poltrona e le guardò: sorridevano. Erano riuscite nella loro missione. Convincere il Gigante a fermarsi e a chiacchierare un po’ con loro.
 
Iniziarono con un argomento neutro, la scuola, per poi spostarsi a uno più scottante: i ragazzi.
Matteo si sentì improvvisamente a disagio: come potevano delle ragazzine avere quasi più esperienza di lui? Come era successo tutto ciò? Come funzionava il mondo di adesso?
Oddio… e se Cisky fosse stata una bambina precoce? Chi le avrebbe spiegato il ciclo della vita della api e dei fiori?
Sarebbe toccato allo zio Ivano, naturalmente. Il biondo aveva quella qualità di parlare tranquillamente anche degli argomenti più imbarazzanti.
 
Quello che Matteo non riusciva proprio a capire era perché si sentisse così in imbarazzo. Era riuscito a non arrossire, ma tutto, dalla sua postura allo sguardo perso nel vuoto, indicava disagio. Mentalmente si diede una pacca sul braccio. Cavolo, era un infermiere non un asociale monaco eremita!
 
Cercò di darsi un minimo di contegno ed essere parte attiva di quella conversazione. Forse sarebbe riuscito a dare il suo apporto personale, a far riflettere quei pulcini starnazzanti e chiassosi. O forse sarebbe scappato oppure l’avrebbero cacciato dalla stanza.
Le possibilità erano tante e varie.
 
- Era l’unico modo per dimostrare il suo amore -
- Lo so… -
- Lui doveva farle capire che l’amava! Con tutto il cuore –
- Ma forse questo non era abbastanza! Forse non era il metodo più giusto… -
 
La più bassina delle tre si girò verso Matteo e il Gigante capì che stava per entrare in azione.
- Tu sei d’accordo, Matteo? Sull’amore… e ciò che gira intorno. Amare significa condividere i propri demoni oppure trascinare l’altro nel proprio inferno? -
 
Matteo si alzò e andò alla finestra.
Davvero, non sapeva come rispondere, cosa rispondere.
Però sapeva di dover dire qualcosa. Erano tempi difficili per i piccoli umani, che affrontavano il mondo armati di speranze, ma, contemporaneamente paure.
Piccoli umani che venivano presi in giro dalla vita, che non vedevano le loro aspettative realizzarsi.
Umani forse non così troppo piccoli che avevano bisogno, ora più che mai, di un consiglio.
Un parere.
Una parola di conforto.
 
E lui avrebbe provveduto.
Avrebbe aiutato le sue galline.
 
- La vita non è un film, un libro o un racconto. È molto più complicata di quanto possiamo minimamente immaginare. Non c’è un autore che può salvarci all’ultimo momento, farci rinsavire, farci cambiare personalità, carattere. Renderci diversi. Nei romanzi esistono delle regole… convenzionali. C’è il bello che si innamora della sfigata, l’imbranato cronico che perde la testa per la cheerleader, chi improvvisamente cambia anche la marca delle mutante per amore… - 
Matteo si girò, scrutando le tre ragazzine negli occhi.
Strano ma vero, stava veramente parlando delle api e dei fiori. Tuttavia non si sentiva a disagio. Sentiva che doveva far passare un messaggio, che doveva assicurarsi che quei pulcini un po’ cresciuti lo recepissero alla perfezione.
 
- Le cose sono diverse nel mondo reale. Tutto non è solo bianco oppure solo nero. Esistono, tanto per restare in tema, infinite sfumature di grigio. L’amore non è solamente cercare di vincere i propri demoni insieme, facendo scorgere alla propria metà solamente una minima parte del proprio inferno. Nella vita reale entrano in gioco fattori mai presi in considerazione: l’orgoglio, la testardaggine, la possibilità che lei o lui vada via per sempre. Sono queste le variabili della vita reale -
Si passò una mano tra i capelli per poi massaggiarsi la nuca. Aveva la piena attenzione delle ragazzine e, doveva ammetterlo. Il suo discorsetto stava venendo veramente bene.
Mentalmente, si diede una pacca sulla spalla. Bravo Matteo. Dai che stai vincendo.
Coraggio… solo un altro piccolo sforzo.
- Avete ragione, i demoni vanno condivisi. Se vengono combattuti insieme, vengono sconfitti insieme. E vengono anche sconfitti prima. E se si ama veramente una persona, si è disposti anche a vivere nel suo inferno, cercare di trasformarlo in paradiso. Tuttavia, adesso vi do un ultimo consiglio… poi vado a controllare i bambini -
 
Si avvicinò a loro e si abbassò, così che i loro occhi fossero sullo stesso piano.
- Attenzione all’inferno che scegliete. Pensate accuratamente, rifletteteci. Ne vale veramente la pena? Rinunciare un po’ a voi stesse per favorire l’altro? Ѐ sempre la solita domanda: “cosa si è disposti a fare per amore?”. Non valgono i suggerimenti, le nostre esperienze, ciò che le amiche hanno provato in passato: ogni innamoramento è un caso a sé. Ma c’è una regola universale: la violenza non è mai né la risposta né la soluzione.
Siete donne. E le donne non vanno toccate nemmeno con un dito -
Le salutò e quando aveva già una mano sulla maniglia, venne richiamato per un’ultima importantissima domanda.
- Matteo… tu hai qualcuno per cui credi valga la pena lottare? -
Matteo annuì. Il suo pensiero andò subito a Cisky
- Certo -
- E c’è… c’è anche qualcuno che ti piace? -
L’infermiere respirò profondamente mentre vedeva davanti a sé il suo sorriso.
- Sì. Qualcuno c’è… e mi piace molto -
 
- Affronteresti i suoi demoni, pur di stare con lei? -
L’infermiere sembrò pensarci un po’ su.
- Credo di sì. Anche se lei non ha demoni… è una pozza di acqua cristallina -
 
Era quasi riuscito a chiudere la porta dietro di sé che venne assalito da quella che sembrava essere veramente l’ultima domanda.
- E come si chiama? -
Matteo sorrise, imbarazzato.
- Lucia -
 
***
 
- Lucia guarda!!!! Lucia guardaaaaaaaaaaaaaaaa!! Lucia vado senza mani!!! -
La ragazza alzò lo sguardo dal libro e si concentrò su Cisky che, a tutta velocità, pedalava per uno dei vialetti del parco. Lo zio Luca le aveva regalato un triciclo rosa dicendo che l’aveva ricevuto in omaggio con i punti del supermercato. Aveva poi aggiunto un enorme cestino, abbastanza capiente da contenere il povero Palla di Lardo.
 
Il bel cerbiatto tenebroso aveva capito che alla biondina dispiaceva andare al parco senza il suo amico peloso e, in quel modo, grazie a un triciclo e a un cestino, era riuscito, ancora una volta, a rendere felice la sua nipotina preferita.
 
Adesso il povero Palla veniva scarrozzato ogni giorno al parco: quella cesta di vimini rosa era un’accogliente seconda casa. Tranne quando Cisky decideva di assomigliare allo zio Ivano pedalando a tutta velocità lungo la piccola discesa oppure andando senza mani e rischiando la salute di entrambi.
Come in quel momento.
Se al povero coniglio non era ancora stato colpito da un infarto… beh, significava che aveva un cuore d’acciaio.
 
- Sei proprio brava Cisky – si complimentò Lucia, sorridendole, ma rimproverandola.
Andare senza mani era pericoloso e non bisognava farlo.
La bambina parcheggiò il triciclo sotto l’albero e, con l’aiuto della ragazza, fece accomodare il coniglietto nella sua gabbietta.
- A Palla piace tanto andare al parco! E andare in triciclo gli piace tantissimo! -
- Come a te? – domandò la ragazza abbracciando Cisky e facendosela sedere in braccio.
- Come a me –
 
Per un po’ restarono così, la testa sollevata e gli occhi chiusi, intente ad assaporare la brezza che frusciava tra le foglie. Appena arrivate, Lucia aveva disteso una coperta sotto l’albero, così che potessero sedersi o sdraiarsi sull’erba senza sporcarsi. Era stata un’idea molto apprezzata e, come diceva Cisky, ogni merenda sembrava un pic-nic.
 
- Ѐ bello il libro, Luci? -
Lucia storse il naso e poi si lasciò andare in un sorriso.
- Ѐ molto più bello quello che sto leggendo a te -
Cisky rise e l’abbracciò, senza dire nulla. Si erano così abituate l’una all’altra che sembrava fossero sempre state insieme.
- Mi piace tanto stare con te… Facciamo merenda? Hai il budino alla vaniglia? E la carota di Palla? -
 
Diligente, Lucia prese tutto l’occorrente per la merenda, e quindi anche una bavaglia, e sistemò tutto sulla coperta. Il povero piccolo e indifeso Palla Di Lardo venne preso in braccio e iniziò a mangiare la sua carota.
 
- Anche a Matteo piace il budino? – chiese Lucia guardano la sua mela.
Da quando aveva provato ad applicare la tecnica antistress, quello era il suo frutto preferito.
Cisky scosse la testa.
- No. Lui preferisce la Nutella -
 
Lucia vide Cisky fare un respiro profondo, come se dovesse prepararsi per fare un lungo monologo, che non iniziò nemmeno. Il cucchiaino a metà strada lo sguardo fisso su qualcuno davanti a lei. Lucia la vide irrigidirsi e subito abbandonò la sua mela, pronta a difendere la bambina.
Si rassicurò quando vide una figura avanzare verso di loro, un sorriso aperto sul volto e una mano premuta sul fianco.
- Ciao Francesca! -
 
Lucia si accorse che la piccola aveva storto il naso. Non le piaceva essere chiamata con il suo nome completo. Le tocco il braccio, incitandola a rispondere al saluto. Ricordava chiaramente che quella era la ragazza dell’amico di Matteo, più precisamente colei che aveva spinto Cisky a scappare e andare a rifugiarsi da lei.
Quel giorno aveva dato una svolta alla sua vita.
Quel giorno Matteo l’aveva baciata.
 
Eppure non ci voleva un genio a capire che la biondina si sentiva a disagio. Giocherellava con il tessuto della sua maglietta e aveva a malapena sussurrato un saluto alla ragazza.
Forse si sentiva ancora in imbarazzo per ciò che aveva combinato l’ultima volta.
 
Lucia la prese in braccio e la cullò leggermente per poi fare delle domande di rito alla ragazza, Giorgia.
- Gian sta bene, grazie per averlo chiesto. Sono qui al parco per fare una corsetta con il mio migliore amico… ma si sta facendo attendere. Posso aspettarlo qui con voi? -
 
Non fece nemmeno in tempo a sedersi che qualcuno l’abbracciò da dietro, facendola ridere.
- Jack, dai… sei sempre il solito. Non potresti comportarti meglio adesso che sei immatricolato all’università? -
-  Credo che questa decisione abbia dimostrato una cosa… che sono davvero un idiota! –
 
Lucia guardò il ragazzo e dopo un breve esame si chiese perché le sfortune capitavano sempre a lei e non agli altri. Si chiese perché il destino le avesse fatto incontrare Giorgia, una ragazza che, da sola, incarnava tutto quello che lei, Lucia, avrebbe voluto essere.
Non solo era bella.
Non solo aveva un ragazzo.
No. Era spigliata e disinvolta e aveva anche un migliore amico.
Maschio.
Oltre al danno, la beffa.
 
Egoisticamente, si chiese perché fosse venuto a disturbare la sua oasi di pace, la tranquillità di Cisky e sperò che andassero via al più presto. Forse si trattava di invidia, forse dell’acidità premestruale, forse…
- … perso? -
Giorgia scosse la testa, la fronte appoggiata sul palmo della mano. Lucia capì che il ragazzo si era rivolto a lei e il suo sguardo perplesso lo costrinse la ripetere la frase.
- Ti ho chiesto se l’avevi perso in giro… -
- Cosa? –
- Il tuo bellissimo sorriso –
 
Giorgia diede un pugno al ragazzo.
Lucia fece una smorfia. Che battuta da rimorchio orrenda.
Cisky prese in braccio Palla e poi lo spinse sul piede del ragazzo, che gemette dolorante.
- All’attacco, Palla!! All’attaccoooooo!! -
 
Palla, fortunatamente, era un coniglio innocuo. Infatti, si limitò a mordicchiare i lacci delle scarpe di un invitante color arancione.
 
La bambina si posizionò davanti al ragazzo, le braccia incrociate.
Assomigliava terribilmente a Matteo… con un tocco furbetto preso dallo zio Ivano.
- Lucia non potrà mai essere la tua fidanzata. È già la futura fidanzata di Matteo… e lui è più bello di te. Perché è alto, gli piace la Nutella, è simpatico, non mi sgrida mai, è bravo a cucinare e non ha i denti storti -
- Ma io non ho i denti storti… -
- Non mi interessa. Matteo non ha paura di Palla, tu sì –
 
Jack guardò Palla Di Lardo, un insieme non omogeneo di ciccia e pelo, soprattutto ciccia, tanta ciccia, che ancora stava tentando di mangiargli la scarpa.
 
Lucia era diventata rossa dall’imbarazzo e Giorgia stava cercando di non ridere, anche se non ci riusciva.
Salutò la piccola con un bacio e portò via un Jack a dir poco sconcertato.
 
Cisky prese Palla in braccio e si girò verso Lucia.
- Tu sei perfetta per Matteo -
E con un sorriso ricominciò a mangiare il suo budino.
 
***
 
Budini
Carote --- almeno un chilo
Carta igienica
Ammorbidente
Sapone alla fragola
Birra
Schiuma da barba
 
Matteo appoggiò pensieroso la penna sul tavolino, cercando di ricordarsi cos’altro doveva aggiungere alla lista della spesa. Era in pausa e il silenzio della saletta degli infermieri non gli era mai parso così invitante come quel giorno.
 
Patatine
 
Aggiunse quell’ultima voce alla lista, poi la ripiegò, riponendola nella tasca della divisa.
Controllò l’orologio, la pausa era quasi finita e poi prese il cellulare dalla tasca.
Stava vibrando: Gian lo stava chiamando.
Strano, nessuno dei suoi amici lo chiamava mai sul lavoro.
Ebbe un tuffo al cuore. Era successo qualcosa alla piccola Cisky.
 
- Ѐ successo qualcosa alla bambina? – chiese senza preamboli, senza nemmeno salutare.
- Ha cercato di convincere Palla di Lardo a mangiare il moccioso –
- Cosa? –
- Sì, perché Giorgia e il deficiente hanno visto Lucia e Cisky al parco. E Giacomo ci ha provato con Lucia –
- COSA? –
Matteo urlò al telefono. Fortunatamente era solo, quindi nessuna testa si girò verso di lui. Una volta non avrebbe saputo gestire l’imbarazzo si sarebbe scusato per aver urlato quella parola a voce così alta. Lucia era solo una vicina di casa… eppure.
Eppure…
 
- Lo vuoi un consiglio da amico? Lucia non rimarrà libera ancora per molto. Ѐ una bella ragazza e, in più, da quanto mi ha detto Giorgi, è anche davvero molto dolce. Se vuoi fare una mossa… falla ora. Oppure la tua occasione sarà persa. La vita da innamorati è bella. Muoviti un po’. Provaci. Altrimenti… lo rimpiangerai per tutta la tua vita. Adesso vado. Sai… devo fare un po’ di movimento anche io -
 
L’architetto chiuse la comunicazione e il Gigante guardò allibito il cellulare.
Palla aveva attaccato Giacomo?
Giacomo ci aveva provato con Lucia?
 
Decisamente uno come Giacomo non era adatto a una ragazza dalle molteplici qualità come Lucia.
No, decisamente no.
 
Rischiare… ne sarebbe valsa la pena?
Solo tentare avrebbe dissolto ogni dubbio.
In fondo era abbastanza adulto per proteggere sia sé stesso che Cisky da ogni disastro.
Da ogni delusione.
Era venuto il momento di concedersi, e concedere a Lucia, una possibilità.
 
***
 
Matteo si trovava davanti alla porta di Lucia da ben dieci minuti.
Fissava il legno, ma non riusciva assolutamente a stendere in avanti un braccio e bussare.
Era immobile come una statua, respirava affannosamente. Sarebbe potuto benissimo rientrare nel suo appartamento, fare finta che tutto ciò che era successo nel pomeriggio non fosse stato che un frutto della sua immaginazione.
 
Invece non voleva fare la figura del codardo.
Non voleva scappare di fronte alla prima difficoltà. No, lo avrebbe rimpianto per sempre.
 
Tutto quello che doveva fare era… racimolare un po’ di coraggio.
E fare delle prove davanti alla porta. In questo modo non avrebbe balbettato e sarebbe stato pronto a qualsiasi evenienza.
 
Si schiarii la voce e chiese alla porta se volesse uscire con lui.
- Ciao… vieni a mangiare una pizza con me? -
Poi scosse la testa.
No, così non andava. Doveva rendere l’invito più accattivante.
 
- Che ne dici di uscire a bere qualcosa con me. Insieme potremmo fare tante bollicine -
No. Assolutamente no.
Non voleva di certo passare per un maniaco.
 
- Ti andrebbe di dividere una Margherita con me? -
Perfetto… questa andava perfino peggio della precedente.
 
- Vieni a cena con me. Poi potrai continuare a evitarmi. Altrimenti sarò io a trasferirmi in un’altra casa -
Troppo pessimistico.
 
- Se credi che Giacomo abbia tutte le qualità del tuo uomo ideale… vuol dire che non mi conosci bene -
No. Troppo sicuro di sé.
 
Il ragazzo scosse la testa e si battè la mano sulla fronte.
Perché tutto questo era sempre così complicato per lui? Perché si faceva così tante paranoie?
 
Fece un passo indietro, verso la sua porta. Forse era meglio tentare quando avrebbe avuto la mente più lucida e le idee più chiare.
 
Si voltò completamente e fu allora che le vide.
Lucia e Cisky. Non erano in casa, come credeva. Erano rientrare più tardi dal parco e si trovavano sulle scale. Dal sorrisone di Cisky e dalle guance rosse di Lucia, dovevano aver ascoltato tutto.
 
Sorrise anche lui, imbarazzato e a disagio, e alzò un sopraciglio. Lui le sue figure di merda le aveva fatte. Adesso toccava a Lucia.
Doveva rispondere ad almeno una delle domande.
 
Lei si avvicinò, tenendo Cisky per mano. Con quella libera gli toccò un braccio.
- Mi avevi convinto già al ciao -
 
Il Gigante sorrise.
L’aveva convinta già al ciao.
 
Per fortuna.
 
 
Ciao girls :)
Premetto che per scrivere questo capitolo ho impiegato ben 3 mesi perché Matteo mi ha creato non pochi problemi  -.-“
Poi… non so, tutto si è risolto. A dir la sincera verità… a me fa ancora un po’ schifo :P hahahhahahahahahha xD
Quindi, spero vivamente che vi piaccia :)
Ho poco da dire, se non che amo Palla di Lardo *^*
Ultimamente sono troppo presa dai conigli *^*il mio avatar è una dimostrazione.
Tornando al capitolo, vi ringrazio tutte perché mi accompagnate lungo il percorso. Se avete tempo riuscite a lasciarmi una recensione? Vi sarei immensamente grata :)
Jack e Ivan (anche se non è presente) vi salutano e vi ricoprono di baci :) Così come me :)
Tanto amore :)
Robi
 
P.s: un grande abbraccio e un GRAZIE enorme e affettuosissimo a IlaPerla, Loreparda, Silvietta, Criminol, Beatrice94, Serpentina, Bijouttina, DarkViolet_92, SoftKitty, ViaColVento e GiuliaCucciola per aver recensito lo scorso capitolo :) Non vi ho neancora risposto, e vi chiedo scusa, ma rimedierò al più presto <3 <3 <3
 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


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UN GRAZIE ALLA MIA SAM PER IL BELLISSIMO BANNER *^*

Capitolo 11
 
- Non azzardarti a uscire con quel reggiseno, Luci. Te lo proibisco. Davvero, non mette assolutamente in risalto le tue tette! Anzi, te le appiattisce… dove hai messo quel push-up che avevamo preso quando c’erano i saldi? Adesso lo cerchi e se non lo trovi ne prendi in prestito uno dei miei -
 
Lucia si guardò allo specchio e poi si girò verso il computer. Forse non era stata una buona idea fare quel collegamento Skype prima dell’appuntamento, ma la ragazza credeva di star per impazzire. L’amica l’aveva calmata, e su questo non c’erano dubbi, ma si era trattato solamente della quiete prima della tempesta. Adesso continuava a impartire ordini… e quel reggiseno le stava bene. Aveva già deciso di indossare l’abito a fiori. Non voleva sembrare troppo appariscente.
Semplicemente, voleva sembrare se stessa.
Voleva che Matteo uscisse con lei, non con un alter ego creato secondo le volontà di Camilla.
 
Si girò, guardandosi di profilo.
- Stella, davvero. So a cosa stai pensando… ti conosco da fin troppo tempo. Però penso che non sarà un vestito o dell’intimo a fargli cambiare idea, no? Ti ha già vista nelle tue condizioni peggiori, senza offesa. Adesso dobbiamo fargli vedere cosa si perderebbe se mai dovesse decidere di scappare in ritirata -
 
Lucia sorrise alla webcam. Anche se non era nella stessa stanza, Camilla riusciva a farla sentire meglio. Più coraggiosa, più forte.
Dai meandri dell’armadio prese il reggiseno rosso ciliegia e tolse l’etichetta. Dopo un anno, anche lui aveva l’occasione di essere sfoggiato.
Lucia poi guardò l’abito a fiori, ancora sulla gruccia.
Prima che Camilla potesse dirle qualcosa, lo indossò.
 
- Sei bellissima, Luci. Mozzafiato -
Un po’ titubante, la ragazza si guardò nello specchio, cercando di non concentrarsi sulla parte superiore del vestito. Sorrise, non stava male.
Era un vestito allegro, come lei. Le arrivava poco sotto il ginocchio e le maniche arricciate conferivano un tocco romantico.
A differenza di quel che ricordava, non le segnava la vita..
Indubbiamente si sentiva un po’ a disagio… però ne sarebbe valsa la pena.
 
Sorrise allo schermo del pc, un sorriso complice e si posò una mano alla fronte quando vide che Camilla faceva finta di asciugarsi delle lacrime.
- Ma stai scherzando? -
Per risposta l’amica si soffiò il naso rumorosamente e chiamò Gabriele.
- Gabri! Guarda quanto è bella la nostra Lucia! Stasera è la gran sera e io non sono là a stringerle la mano. Mi sto sentendo un po’ in colpa… Ma guardala, amore! Non credi sia bellissima? -
 
Dallo schermo emerse il viso di Gabriele, pronto ad assecondare in qualsiasi cosa la sua Milla. Però non fu costretto ad ammettere che Lucia era veramente bellissima.
Poi se ne andò, dicendo che doveva buttare la pasta, lasciando alle due ragazze la dovuta privacy.
- Andrà tutto bene, Cami… Vero? -
- Perché non dovrebbe andare tutto bene? Sei bellissima dentro e fuori e credo che lui sia stato abbastanza intelligente a vederlo. E poi lui ti piace… altrimenti non saresti mai uscita con lui. Per qualsiasi cosa… chiamami. Non posso fare molto, così lontana, ma un po’ di compagnia intanto che cerchi un taxi. Anche se so che non ne avrai bisogno –
 
Prima di arrivare all’orlo delle lacrime, Camilla interruppe la chiamata e Lucia si trovò da sola, con i suoi pensieri. Si piastrò i capelli e si truccò leggermente, cercando di non accecarsi con il mascara.
 
Camilla aveva ragione. Lucia non aveva motivo per dubitare.
Sapeva che quella serata sarebbe andata nel migliore dei modi.
Sapeva che non aveva motivo per essere rassicurata: sapeva di potersi fidare di lui.
Forse aveva un po’ di paura perché aveva avuto solo due giorni per prepararsi psicologicamente.
 
Però non vedeva l’ora di andare a mangiare qualcosa con quel Gigante.
Stare con lui.
Magari tenersi per mano.
Forse si sarebbero anche baciati.
Un brivido le attraversò la schiena.
 
Calzò i sandali e poi si sedette sul letto, in attesa del suono del campanello.
Mancava ancora un’ora. Tuttavia, se fosse stato per lei, si sarebbe precipitata alla sua porta, gettandogli le braccia al collo e felice di stare con lui.
Anche solo per una sera.
 
***
 
- Ascolta… è inutile che tu mi faccia la ramanzina che hai già propinato a Gian e Ivan prima di me. Sì, Cisky andrà a dormire presto. No, non le farò vedere film horror. Le racconterò una fiaba e poi dormirà felice e beata abbracciata a quel coniglio gigante che, a dirla tutta, mi fa un po’ paura. Ogni tanto andrò a controllarla per vedere se è ancora ben coperta. Anzi, non lascerò la stanza e finirò di leggere Narciso e Boccadoro dal tablet -
- Daremo anche da mangiare a Pallina? Posso essere Boccadoro nel tuo libro? Chi è Narciso? Non è un fiore? Il tuo libro parla di fiori? Possiamo travestirci da fiori? Qual è il tuo fiore preferito, zio Luca?  -
 
Cisky saltellava, i capelli biondi che andavano su e giù. Era davvero troppo felice di poter passare una serata con lo zio Luca che, teneva a ribadire, era in assoluto il suo zio preferito. Ma non bisognava dirlo allo zio Ivano, o sarebbe diventato triste.
Anche il ragazzo non era da meno e aveva già preparato una serie di attività da fare con lei.
Adesso non doveva far altro che convincere Matteo che ce l’avrebbe fatta a gestire una bambina che a malapena gli arrivava a metà coscia.
 
- Tu sei proprio un bellissimo fiorellino, non devi preoccuparti. Vedremo da cosa possiamo travestirci… Che ne dici di una bella margherita? Oppure una bella rosellina? Che ne dici? -
Cisky corse verso la gabbietta di Palla di Lardo felice di poter essere una margheritina, come aveva sempre sognato.
 
Matteo si accasciò sul divano vicino a Luca.
L’amico guardò l’infermiere negli occhi, scuotendo leggermente la testa.
-  Non devi preoccuparti, Teo. Esci con la tua bella che alla mia ci penso io, capito? -
Matteo si alzò e iniziò a gironzolare attorno al tavolo.
Nonostante mancasse ancora mezz’ora era già pronto per uscire. Cosa avrebbe pensato Lucia se si fosse presentato così in anticipo? Forse era meglio riprogrammare la serata, ancora una volta, così che fosse perfetta. Talmente perfetta da desiderarne una seconda… anche il giorno dopo.
 
- Matteo ti prego… Basta pensare e togliti quella camicia. Decisamente l’arancio zucca non è il tuo colore -
- Ma è la mia camicia porta fortuna…! –
Luca scosse la testa e si preparò a controbattere. Fortunatamente intervenne Cisky che, con tutto il candore dettato dalla sua età, disse ad alta voce che il colore preferito di Lucia era l’azzurro.
- Puoi indossare quella camicia azzurra che mi piace tanto! Sono sicura che piacerà tanto anche a Lucia! – e, con un coniglietto in braccio, andò tranquillamente in camera di Matteo per tirare fuori dall’armadio la camicia per poi trascinarla in salotto.
 
Sorridendo, attese che il suo Gigante si cambiasse e fosse più bello che mai per uscire con Lucia. Matteo prese una giacca nera, elegante ma non troppo, e controllò di avere abbastanza soldi nel portafoglio. Quello che assolutamente non voleva era arrivare al momento del conto e ritrovarsi senza un soldo in tasca e poi dover chiedere a Lucia un contributo.
No.
Assolutamente no.
Durante il primo appuntamento, sono gli uomini a dover pagare.
 
Si guardò allo specchio, si aggiusto la giacca e i capelli, e poi salutò Luca e Cisky che sorridevano allegramente.
 
Aprì la porta e attraversò il pianerottolo con passo deciso. Assolutamente non si era pentito di averle chiesto di uscire e davvero: non vedeva l’ora di arrivare in pizzeria e passare del tempo con lei. Tuttavia c’era quella giusta combinazione di paura, adrenalina e voglia di scoprire il mondo.
Più che il mondo… voglia di scoprire lei.
 
Sorridendo, bussò e Lucia aprì subito la porta.
- Ciao -
- Ciao –
- Pronta? –
- Sì. Andiamo –
 
Scesero le scale in silenzio e Matteo pensò a qualcosa da dire per alleviare la tensione. Sfortunatamente, l’unica cosa che gli veniva in mente era una descrizione accurata del menù della pizzeria e, in assoluto, non voleva annoiare Lucia quando non erano nemmeno usciti dalla porta del palazzo.
- Tutto bene con Cisky? -
- Sì, grazie. È con Luca e non so chi sia il più emozionato tra i due –
 
Poi ricaddero nel silenzio.
Nel garage Matteo le aprì la portiera del passeggero, e poté godere di una breve visione delle sue gambe. Era bellissima quella sera: indossava un vestito leggero, a fiori, che le stava divinamente.
Era difficile dire cosa le piacesse di più in quella ragazza. Non era quel genere di bellezza che ti fa rimanere a bocca aperta e fa viaggiare il subconscio verso i pensieri meno puri.
E non era nemmeno quel genere di bella irraggiungibile, da guardare ma non toccare.
 
Si trattava di qualcosa di diverso, decisamente.
Una bellezza che ti fa sentire a proprio agio, che emana voglia di tenerezza, di coccole, di protezione… ma senza abbandonare il lato maturo della relazione.
Voglia di immergere le proprie dita tra i suoi capelli, annegare nel suo profumo, rivivere grazie a un suo bacio, stringerla forte tra le braccia, sentendo la sue pelle completamente a contatto con la propria.
 
Per lui, Lucia era questo e molto altro ancora.
Un mix fenomenale di ingredienti che rendevano il tutto ancora più squisito.
 
Salì in macchina e mise in moto. Nel fare retromarcia appoggiò il braccio destro sul sedile del passeggero. Inavvertitamente, le toccò una spalla. La sentì rabbrividire.
- Scusa… -
Lei scosse la testa guardandolo apertamente in faccia per la prima volta da quando aveva bussato alla sua porta. Adesso che lui era concentrato sulla strada era decisamente meno intimorita.
 
L’inizio non era stato dei migliori.
Si erano salutati un po’ freddamente e lei non aveva avuto il coraggio di baciarlo sulla guancia, come aveva pensato di fare mentre immaginava l’incontro. In macchina l’atmosfera era ancora freddina, ma era solo una questione di tempo.
O almeno così sperava.
 
Fermi al semaforo, Matteo si voltò verso di lei.
Le strinse una mano, che non voleva abbandonare quella presa ferrea sulla borsa.
- Grazie per avere accettato di uscire con me -
Le sorrise incerto, completamente consapevole di non essere riuscito ad esprimere chiaramente ciò che gli passava per la testa.
Lucia contraccambiò la stretta, sperando che anche il cuore del Gigante stesse battendo forte come il suo.
- Grazie a te per non aver aspettato così a lungo -
Si guardarono complici.
Lucia abbandonò la presa, Matteo rilassò le spalle e poi accese la radio.
L’atmosfera stava decisamente migliorando.
 
***
 
Lucia non riusciva a ricordarsi l’ultima volta che aveva riso così di gusto con qualcuno che non fosse Camilla. L’amica era sempre presente nei suoi ricordi più divertenti, alcune volte complice, altre vittima, altre ancora carnefice.
 
Ma adesso la ragazza stava costruendo un ricordo divertente tutto suo, e senza la migliore amica. Ma con Matteo. Il primo dei tanti, sperava.
Rise di nuovo, coprendosi la mano con la bocca e cercando di trattenersi, ma proprio non ci riuscì.
- Lasciala andaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaare come va, come deve andare. È una cometa che sa giààààààààààààààààààààààààààààààààà… dove illuminare… Ma come fai a non cantare questa canzone? È semplicemente spettacolare! Ti entra nelle vene, fa cantare persino il tuo sangue -
- Ti piace Irene Grandi? –
- Perché… a te no? Lei è semplicemente… scusa il gioco di parole, ma lei è una grande! –
 
Lucia scese dalla macchina continuando a ridere.
- Non mi piace molto, a dir la verità -
Matteo fece una faccia scandalizzata e poi scosse la testa.
- Vedrò di farti cambiare idea -
 
Le mise una mano sulla schiena e si incamminarono verso la pizzeria. Non era molto affollata e così riuscirono a ordinare in breve tempo.
 
La ragazza si guardò intorno. Era un ambiente tranquillo, con un ampio spazio all’esterno con uno scivolo e diverse altalene. Era un localino alla buona, senza troppe pretese, ideale per chi voleva trascorrere una serata fuori con la propria famiglia oppure per chi voleva staccare la spina.
Perfetto per un primo appuntamento.
Perfetto per loro: il chiacchiericcio generale agevolava la conversazione e non marcava il silenzio che, ancora una volta, era calato tra la coppia.
 
Lucia allungò la mano per prendere il bicchiere e, inavvertitamente, toccò le dita di Matteo, strette intorno alla bottiglia.
Lo guardò negli occhi, la prima volta da quando erano entrati in pizzeria.
Lucia arrossì.
- Scusami… -
Matteo scosse la testa e sorrise, un sorriso ampio e luminoso che face arrossire ancora di più il pulcino che gli stava davanti.
 
- Sei bellissima stasera… Ok, non che gli altri giorni tu sia da meno ma stasera… stasera sei proprio magnifica -
La ragazza alzò gli occhi dal piatto, cercando di rispondere in maniera sensata e non con una serie di borbottii incomprensibili e nemmeno con ciò che stava veramente pensando, cioè “tu sei mille volte più bello di me”.
Lo ringraziò, inciampando più volte nella prima sillaba e poi fece un respiro profondo.
Era il suo turno; doveva portare avanti quella conversazione.
 
- Mi piace molto… la tua camicia. La tua camicia… Mi piace. Molto. La camicia -
Se fosse stata capace di fermare il tempo si sarebbe schiaffeggiata ripetutamente la guancia destra. Era un caso perso, senza speranza. Perché non era capace di parlare normalmente, come qualsiasi persona sana di mente? Perché doveva balbettare? E quante volte aveva detto “camicia”? Era possibile raggiungere un record di ripetizioni all’interno di un’unica frase? Beh, sicuramente lei ne aveva stabilito uno proprio in quel momento.
E perché tra tutto ciò che in quel momento le stava piacendo aveva scelto di elogiare la sua camicia?
 
Poteva elogiare la pizzeria, la sua macchina, la sua giacca… il suo sorriso.
No, il suo sorriso no.
Bevve un altro sorso di Coca-Cola pregando che l’illuminazione arrivasse presto e che potesse iniziare una conversazione degna di quel nome.
 
Nel seminario di psicologia al quale aveva partecipato, Affrontiamo le nostre paure, il professore aveva spiegato che il metodo più immediato per sconfiggere una fobia era trasformarla in qualcosa di concreto. Secondo la sua teoria, sviluppata nel corso degli anni, un confronto a livello astratto non era nemmeno da considerarsi tale.
Nonostante si trattasse del professore della mela, o meglio della Matteo-Mela, Lucia pensò che la cosa migliore da fare era, appunto, cercare di affrontare Matteo.
 
Allungò una mano e la posò sulla sua.
Matteo era reale, non il frutto della sua fantasia. Aveva toccato la sua paura, e poteva sentirne il calore della pelle.
Gli sorrise.
 
Altre ragazze avrebbero già flirtato con lui, gli avrebbero già fatto il piedino sotto il tavolo, o avrebbero alluso a un dopocena fantastico senza dover arrivare in un letto.
Tuttavia Lucia non era così. Il termina “diversa” sarebbe risultato troppo… riduttivo.
Forse era un po’ all’antica.
Sicuramente stupida.
Certamente innamorata dell’idea dell’amore.
Senza ombra di dubbio… un’inguaribile romantica, piena di sogni e di aspettative.
 
E la ragazza era certa anche di un’altra cosa: Matteo lo sapeva.
Matteo lo avrebbe accettato, capito. Non ne avrebbe fatto un difetto.
Lucia sapeva che quel Gigante dal cuore grande la rispettava, come lei rispettava e ammirava lui.
Ed era per questo che avrebbe affrontato le sue paure, il suo piccolo inferno personale.
Solo per poter stare con lui.
 
Fece un respiro profondo e gli sorrise, continuando a stringergli la mano sopra il tavolo e sentendo il proprio cuore gonfiarsi di gioia quando si accorse del pollice di Matteo che le accarezzava il palmo.
 
- Ketchup oppure maionese? – le chiese quando arrivarono le patatine.
- Nessuno dei due. Non mi piacciono le salse –
Matteo sgranò gli occhi.
- Potremmo avere gusti musicali diversi, ma su questo punto andremo d’accordo -
 
Il silenzio scomparve, lasciando il posto a un’allegra conversazione.
Le mani si separarono solamente quando arrivarono le pizze.
Eppure i ragazzi sentirono ancora legati, in contatto.
Si guardarono, complici, come se in quella stanza esistessero solamente loro.
Ci sono sguardi che valgono più di mille parole e, decisamente, esprimono meglio concetti più importanti.
 
***
 
- Non avresti dovuto -
- Cosa? –
- Pagare anche per me –
- Stai scherzando, spero –
- No… -
 
Matteo aprì la porta e fece uscire Lucia prima di lui per poi liquidare il discorso con un gesto della mano.
- Ho trascorso una bellissima serata -
- Anche io. Se però mi avessi fatto pagare per la mia parte… -
 
Matteo scosse la testa e le prese il gomito, costringendo Lucia a fermarsi.
Mai, durante il corso di quella serata erano stati così vicini.
- Gli uomini pagano sempre durante il primo appuntamento. Questo era un primo appuntamento, io sono un uomo, io ho pagato -
Lucia sorrise, imbarazzata ma felice, poi intrecciò una mano del ragazzo con la propria.
- Allora… grazie -
- Per aver pagato anche la tua pizza? –
- No. Per essere uscito con me –
 
Matteo cinse le spalle della ragazza con il braccio libero e le baciò i capelli.
- Credimi, Luci. Dovrei essere io a ringraziarti -
 
Per un po’ camminarono così, abbracciati, lungo il viale alberato.
Tagliarono per il parco e Lucia si sedette sulla panchina vicino alla grande quercia.
Matteo la raggiunse, poi prese ancora la sua mano e la strinse tra le proprie. La ragazza gli appoggiò la guancia sulla spalla.
Parlarono poco.
Guardarono le stelle.
Guardarono i loro corpi vicini, le loro mani unite.
 
- Devo ringraziarti ancora una volta, sai? – esordì Matteo dopo un tempo incalcolabile.
- Perché? –
Il Gigante si voltò verso il suo pulcino. Anche da seduta lei era così piccola, così fragile.
Così dannatamente perfetta.
- Per aver dato un volto a qualcosa che non sapevo di aver bisogno, per aver iniziato a riempire un vuoto che non sapevo nemmeno esistesse -
 
Lucia gli strinse la mano e gli baciò la guancia, incapace di andare oltre, al di là. Incapace di fare qualcosa che potesse anche minimamente rovinare il momento.
 
Il Gigante, però, la pensava diversamente.
Posò una mano sulla sua nuca e avvicinò i loro visi.
E la baciò.
Un bacio completamente diverso dai due precedenti. Forse un bacio più consapevole, più voglioso, più passionale, più intrigante, più… più.
 
Un bacio prima lieve, poi più intenso.
Lucia sentì la lingua di Matteo disegnare il contorno delle proprie labbra. Gli gettò le braccia al collo e gemette, come a volerlo sentire più vicino, a volerlo avere più vicino.
Dischiuse le labbra e il Gigante ne approfittò: la sua lingua entrò e stuzzicò quella di Lucia mentre la mano continuava ad accarezzarle i capelli mentre l’altra era sul fianco. Lo accarezzava, stuzzicava la pelle di Lucia attraverso il tessuto.
 
Per la prima volta nella sua vita, Lucia provò il desidero irrefrenabile di strapparsi i vestiti di dosso, di strappare quelli di lui e stare pelle contro pelle. Sentirlo davvero, in tutti i modi possibili.
 
Gli circondò il viso con le mani e, a occhi chiusi, le labbra ancora vicinissime, mentalmente, lo ringraziò.
 
Grazie.
Per aver dato un volto a Mr X.
Perché mi stai aiutando a superare le mie paure.
Perché mi fai sentire in pace con me stessa.
Perché sei quello di cui ho bisogno.
 
Matteo le baciò il naso e la ragazza capì che, ancora una volta, il ragazzo aveva intuito tutto.
Matteo.
Il suo Gigante che poteva leggerle nel pensiero.
 
 
Scoppio di feels.
Questo, fino ad adesso, è in assoluto il mio capitolo preferito.
Descrivere il primo appuntamento dei MaLu è stato abbastanza emozionante. Non da saltellare a destra e a sinistra urlando come una ragazzina, ma… Sì, ok. Li shippo da tantissimo, ancora da giugno 2013 (porca troia! È già passato un anno?!) quando non erano che una folla idea nata guardando il vero Matteo alla tv. Li amo. E… sì, ho davvero saltellato qua e là.
Spero che possiate identificarvi un po’ in Lucia, nelle sue voglie, nelle sue aspettative, nel suo desiderio di sconfiggere quel piccolo inferno personale composto da tutte quelle paure che non le permettono di vivere come una ragazza normale. Perché a volte capita di sentirci così : troppo “grandi” e senza nessuna esperienza, così desiderose di colmare le nostre lacune da dimenticarci cosa sia veramente importante.
Anche se non vogliamo e cerchiamo in tutti i modi di nasconderlo, c’è una Lucia in tutte noi. Tuttavia, spesso dimentichiamo che ci vuole un bruco per far nascere una farfalla. E quanto sia spaventato il bruco quando attraversa la sua metamorfosi…
Spero il capitolo via sia piaciuto e che vogliate lasciarmi una recensione :)
Un bacione
Robi
 
Ps: scusate il ritardo… so di essere rimasta indietro con le risposte alle recensioni, ma ce la farò a rimettermi in pari. Sappiate che mi fanno piacere e che le leggo tutte, e non solo una volta (minimo dieci) e poi sono tutta felice e contenta :P
Detto questo, un ringraziamento speciale a Beatrice94, AmaZa1n, Bijouttina, Engel2, Silvietta_efp, DarkViolet92, Serpentina, Romy2007, SoftKitty e Criminol per aver recensito lo scorso capitolo.
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


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Capitolo 12
 
Sotto la grande quercia, seduti sulla panchina, Matteo e Lucia avevano sentito il campanile della chiesa battere l’una. Completamente persi in un mondo tutto loro, avevano perso la cognizione del tempo che, incurante della coppietta, continuava a correre.
Lucia teneva la propria guancia posata sulla spalla del Gigante.
Aveva un buon profumo. Ma, del resto, se n’era già accorta.
Era la sua Matteo-Mela profumata.
E, sì.
Proprio sua.
 
- Credi che dovremmo tornare a casa? – chiese la ragazza, guardando le loro mani allacciate. Sapeva che Matteo le avrebbe risposto affermativamente, ma sperava, sperava con tutto il suo cuore, di poter trascorrere ancora qualche minuto lì, al parco, con lui, prima di dover reimmergersi nella vita reale.
- Non vorrei, ma credo che sia la cosa più giusta da fare. Ma non devi preoccuparti, gioia. Questa non è che la prima di molte serate passate insieme –
 
Si alzarono e il Gigante le cinse la vita con un braccio. Lucia si appoggiò a lui, inspirando ancora una volta il suo profumo. Era normale continuare a volerlo annusare? Era normale provare tutte quelle emozioni dopo solo un uscita?
Era normale… desiderarlo? Non solo a livello fisico.
No, assolutamente.
 
Desiderava qualsiasi aspetto di Matteo, qualsiasi sua sfumatura.
Non voleva solamente baciarlo e avventurarsi in territori inesplorati.
 
No.
Voleva addormentarsi tra le sue braccia e vederlo al mattino. Sentire se, durante il sonno, mormorava o cantava. Voleva guardare un film, sapere se le parti che più preferiva erano piaciute anche a lui. Voleva andare al parco con lui. Ridere mentre la piccola Cisky pedalava con Palla nel cestello. Voleva vederlo con Cisky, magari mentre leggeva ad alta voce uno dei suoi libri preferiti. Voleva semplice parlargli, sentire la sua voce, la sua erre leggermente arrotondata.
 
Salì in macchina, continuando a guardarlo con la coda dell’occhio.
Sospirò mentre cercava di distogliere lo sguardo. Perfino mentre faceva manovra emanava un fascino irresistibile. Camilla avrebbe riso, ma Lucia non sapeva proprio che fare pur di non guardarlo.
 
Al semaforo Matteo si voltò, ma non disse nulla. Sicuramente aveva sentito lo sguardo di Lucia su di sé, eppure si stava comportando in modo disinvolto.
Le sorrise e la abbracciò con lo sguardo.
- Hai qualcosa in particolare in programma per domani? – le chiese mentre ingranava la seconda.
 
- Volevo portare Cisky in biblioteca. Devo prendere dei libri per l’università e forse anche lei potrebbe trovare qualcosa di interessante da leggere. O meglio… da farsi leggere -
- Io domani dovrei iniziare un’oretta più tardi. Direi che è perfetto visto che stiamo facendo le ore piccole –
Lucia rise e il Gigante rise con lei.
 
Arrivati davanti a casa la prese subito per mano, si abbassò alla sua altezza e le diede un bacio sulla tempia.
- Non vedo l’ora di fare di nuovo le ore piccole con te… o di stare semplicemente con te -
Lucia si strinse di più a lui.
- E io non vedo l’ora di poterti finalmente mandarti un messaggio senza sentirmi invadente e fuori posto -
 
Sul pianerottolo che divideva gli appartamenti Lucia si alzò in punta di piedi e allacciò le braccia intorno al collo del Gigante. Lui si dovette abbassare leggermente, ma era un sacrificio più che accettabile se era Lucia la ricompensa.
 
Si guardarono negli occhi e Matteo avvicinò la propria fronte a quella di Lucia, finché non si toccarono. Come sempre, l’imbarazzo fece capolino, ma la ragazza si sforzò per farlo scomparire. Non doveva provarlo, si trattava di Matteo, non di una persona qualunque. Se il mondo intero li aveva fatti incontrare, qualcosa di sicuro voleva dire. Forse che non doveva provare imbarazzo, forse qualcosa di più profondo.
 
Prese l’iniziativa e, schiacciandosi contro il suo petto, lo baciò. Gli mordicchiò leggermente il labbro inferiore finché non sentì le sue labbra socchiudersi. La sua lingua iniziò a esplorare, a farsi più avventurosa, a volere di più.
Lucia sentì che anche qualcosa nell’atteggiamento di Matteo stava cambiando: sentì le dita sulla sua schiena allargarsi per poi stringere in un pugno stretto il tessuto del suo vestito. Anche il respiro era diventato più corto e affannoso e la lingua si stava divertendo a giocare con quella di Lucia. A rincorrerla, a respingerla, ad abbracciarla. A smettere il gioco per poi iniziarlo ancora.
 
Le baciò le labbra e poi le mordicchiò il mento.
- Ci vediamo domani, gioia -
- A domani, Teo –
Si baciarono ancora, ma solo un leggero sfioramento di labbra e poi il Gigante guardò sparire la ragazza dietro la sua porta di casa.
 
Quella serata era stata fantastica e, decisamente, non vedeva l’ora di avere un altro appuntamento con Lucia.
 
***
 
Aprì la porta di casa abbastanza intontito, sia dal sonno che da tutti i pensieri che gli stavano vorticando in testa, ma si riscosse abbastanza velocemente non appena vide le condizioni del suo salotto.
 
Il divano era stato spostato e, al centro, torreggiava una… tenda?
Tutto era avvolto dall’oscurità, ma una leggera luce proveniva dall’interno.
Una luce e… una voce.
 
- O Zarathustra, sussurrava beffardamente sillabando le parole, tu, pietra filosofale! Hai scagliato te stesso in alto, ma qualsiasi pietra scagliata deva cadere. Guarda questa porta carraria! Nano! Continuai: essa ha due volti. Due sentieri convengono qui: nessuno li ha mai percorsi fino alla fine. Questa lunga via fino alla porta e all’indietro: dura un’eternità. E quella lunga via fuori dalla porta e in avanti… è un’altra eternità -
 
Matteo si accigliò: cosa stava leggendo Luca alla sua Cisky? Si rendeva conto di quanti anni aveva? Sempre se stava leggendo… Luca era una di quelle persone che nel sonno mormoravano interi capitoli di libri e poesie che sapevano a memoria. Fortunatamente questo lo sapeva solo Matteo, e Matteo non avrebbe mai tradito l’amico, ma… cavolo! Come qualità era abbastanza sconvolgente.
Una volta, durante un viaggio in macchina, non aveva fatto altro che ripetere “Il 5 Maggio” di Manzoni. Un’esperienza alquanto inquietante…
 
Matteo aprì la cerniera della tenda aspettandosi di trovare entrambi addormentati, ma Luca… Luca era ancora sveglio. E, dal suo tablet, stava leggendo per Cisky.
“Così parlo Zarathustra”, di Nietzschie.
All’una e mezza di notte.
Matteo si accigliò ancora di più.
- Tutto bene? – chiese a bassa voce aspettandosi di vedere i segni di una possessione sul volto di Luca.
 
L’amico si voltò e Matteo trattenne a stento le risate.
Sulla guancia aveva disegnata una margherita, sulla maglietta c’era il disegno di un coniglio che abbracciava un’altra margherita. Come un coniglio riuscisse ad abbracciare una margherita… una domanda che andava oltre i misteri della fisica, ma Cisky sembrava averle trovato una risposta.
 
- Shhhhhhhhhhh! Non parlare! Poi si sveglia! -
- Luca! Ma sta dormendo! –
L’amico lo guardò male, come se avesse detto una stupidata, gli occhi fuori dalle orbite.
- Questo lo dici tu! Poi si sveglia e il tablet ha solo altri quaranta minuti di autonomia! E ho le ho già letto tutto… Mi resta solo la trilogia di Gideon Cross, che non credo sia adatta -
- Non so di cosa tu stia parlando e non voglio nemmeno saperlo. Tuttavia, non ti devi preoccupare. La tua scelta si è rivelata così interessante che l’ha messa ko. Dai, esci da questa cosa e raccontami cosa è successo… spero che, dopo tutto, tu ti sia divertito –
A fatica Luca uscì dalla tenda e poi si stiracchiò. Matteo si accorse che indossava anche gli occhiali da lettura, e questi erano storti: segni inequivocabili di una serata… interessante.
 
Prima che il Gigante potesse iniziare a fare il terzo grado all’amico, Luca iniziò a parlare e a muoversi per il salotto. Spostò la gabbiettina di Palla, poi la rimise al suo posto, si guardò intorno spaesato, si sistemò più volte gli occhiali per poi toglierli e rimetterli nella loro custodia.
Pieno di dubbi e di domande, Matteo osservava quello spettacolo. Un brivido gli corse giù per la schiena quando l’amico gli sorrise e fece un piccolo salto sul posto.
- Ѐ stata una delle serate più belle e strane della mia vita! Posso fare il babysitter più spesso? -
- Certo, Luca. Ma non di sera. Non so a chi farebbe più male… sembri un personaggio uscito da un film dell’orrore. Che è successo? Siediti che metto su il caffè –
 
Matteo vide l’amico muoversi a disagio sulla sedia.
- Forse… forse è meglio qualcosa di diverso -
- Lo sa che ti fa male… quanto ne hai bevuto?
- Sì, lo solo... Due… -
- Tazze? –
- No. Moke –
 
Il Gigante strabuzzò gli occhi e decise che la decisione migliore, in quel momento, era bere una tazza di tisana rilassante. Era meglio che Luca si rilassasse un po’ e non iniziasse a correre per la stanza urlando come se fosse inseguito dal demonio.
Il caffè aveva uno strano effetto su Luca… era una sostanza assolutamente da non sottovalutare.
- Comunque Cisky è viva -
 
Matteo rise mentre prendeva una tazza dalla credenza e la posizionava davanti all’amico.
- Cosa avete fatto di bello? -
 
Luca prese un respiro profondo e poi iniziò a raccontare.
- Abbiamo cenato e Cisky ha mangiato tutta la sua bistecchina. Sai, sono uno zio bravo e mi sono assicurato che mangiasse anche una bella porzione di frutta. Poi mi ha chiesto se potevo farle una treccia e sono riuscito anche in questo. Cioè, Teo, non puoi capire… Mi sentivo invincibile! Sono riuscito a fare una treccia! Quando lo dirò a mia sorella… non ci crederà. Vabbè, poi le ho chiesto cosa voleva fare e Cisky ha proposto di guardare una puntata dei puffi… io l’ho assecondata, perché, sai… non sono un cartone diseducativo. Eppure sono stati proprio loro a rovinarmi la serata. Perché i puffi stavano puff-campeggiando e Cisky… anche lei voleva puff-campeggiare -
 
Luca indicò una tenda e poi l’amico.
- Perché cazzo non hai una puff-tenda? E dov’è il tuo sacco a puff-pelo? L’abbiamo puffato dovunque e non puffava fuori. E non potevo puffarti e rovinarti l’appuntamento chiedendoti “scusa, amico… dov’è il sacco a puff-pelo che dobbiamo andare in puff-campeggio?”. E la mia bellissima nipotina ci teneva troppo ad andare in puff-campeggio… Allora l’ho caricata in macchina e sono andato a casa mia a prendere la mia puff-tenda e il mio sacco a puff-pelo -
 
Matteo iniziò a ridere sommessamente immaginandosi la scena. Luca lo guardò male e poi si portò le mani al volto.
- Ma è stato quando sono arrivato alla porta che… è successo l’impensabile. Sono arrivato a casa mia con Cisky in braccio che indossava già il suo pigiamino rosa con le fragole. Mi avvicino alla porta e vedo che è aperta. Già mi viene un infarto perché se qualcuno dovesse rubarmi il pc con tutta la mia biblioteca virtuale potrei andare in depressione per anni e anni… e poi se quei malintenzionati fossero stati armati? Come avrei potuto difendere la mia nipotina? E non potevo nemmeno tornare qua a casa tua e lasciare Cisky per poi ritornare a casa mia e magari, non so… morire. Tu non me lo avresti mai permesso e, a dir la sincera verità, nemmeno io. Allora… non ci resta che affrontare i ladri. Entro con il cellulare in mano dicendo di aver già chiamato la polizia e sai chi trovo in cucina? -
 
Luca si alzò dalla sedia e posò la tazza nel lavandino.
- Mia madre! Stava lavando i vetri della cucina! Ma ti rendi conto? Stava lavando i vetri…! Senza dirmi nulla! È casa mia… e se avessi avuto qualcosa da nasconderle? Non so… una bambola gonfiabile, una copia del kamasutra… un gatto! Una coltivazione di marijuana biologica! No, assolutamente, non avrei potuto… perché lei viene a casa mia quando vuole e io non posso farci nulla… nemmeno cambiare la serratura visto che sa scassinare una porta. E come cazzo ha fatto ha imparare? E, soprattutto, dove? Ha frequentato il San Raffaele, non i quartieri di Sesto! Poi, mi guarda e mi saluta come se nulla fosse e quando vede Cisky e mi chiede, con nonchalance, se l’avessi rapita. Quando le ho detto che è la mia nipotina preferita quasi le è venuto un infarto visto che mia sorella ha appena compiuto i diciotto anni. Quando le ho detto che era tua figlia si è calmata, ha posato lo straccio e… ha giocato a far la nonna. Ecco, sappi che Cisky è stata invitata per un the da signore a casa di mia mamma e io non ho la minima intenzione di farmi strizzare le guance e di essere la loro bambola gonfiabile per il pomeriggio… E ancora mi chiedo come poteva credere che IO potevo giocare al rapitore… Mia madre è completamente fuori di testa!!! -
- Potrei chiedere a Lucia se vuole andarci. Sempre che tua madre non le faccia il terzo grado e non la faccia scappare a gambe levate –
 
Luca si sdraiò sul divano alzando una mano, come se volesse controllare di avere ancora tutte le dita.
- Guarda che mia madre è un osso duro… Potrebbe convincere la tua bella a uscire con me e sai che io faccio uno strano effetto alle donne. Poi potrebbe non volerti più -
Matteo si toccò la nuca e pensò che Luca doveva iniziare a evitare la caffeina… sembrava sotto i fumi di qualche droga pesante. E, invece, erano solo chicchi di caffè.
- Spero tu abbia passato una buona serata… Ascolta, non è che potrei fermarmi qui a dormire? Lo sai che amo il tuo divano, sa di pulito. Ciao… buonanotte -
Matteo non riuscì a rispondere che l’amico si era già addormentato.
 
Il più silenziosamente possibile, cercò di sistemare il salotto, che ora sembrava un campo di battaglia. Nella tenda, Cisky dormiva beatamente con un leggero sorriso sulle labbra e i capelli biondi in grande contrasto con il verde militare del sacco a pelo.
 
Era contento di aver lasciato la bambina con Luca. Poteva essere un po’ strano, guardando la sua famiglia non c’era da stupirsi più di tanto, forse aveva uno sguardo misterioso che sembrava freddo, ma andare a recuperare una tenda solo per giocare al campeggio… Luca aveva un gran cuore.
Come Lucia… anche lei aveva un cuore grande.
 
Lucia…
Oh, Lucia.
 
Ci sarebbe stato tempo per raccontare i dettagli al mondo, adesso preferiva tenerli per sé.
Tenere per sé che per la prima volta, dopo tanto tempo, aveva provato il desiderio di portare una ragazza a casa sua, nel suo letto. Darle la possibilità di dividere qualcosa di più di una semplice cena.
Voleva trascorrere con Lucia ogni parte della giornata.
Voleva condividere con lei qualunque pensiero, ogni emozione, tutto quello che gli succedeva.
 
Matteo era un ragazzo che si affezionava subito.
Era un ragazzo che sapeva passare dal “nulla” al “tutto”, soprattutto se si trovava in sintonia con la ragazza in questione.
E Lucia… beh, era perfetta per lui.
 
D’altronde se n’era accorto subito: correva uno strano magnetismo tra i due.
Certo, le riserve che aveva all’inizio non erano sparite del tutto. Rimanevano lì, momentaneamente nell’ombra, in attesa che di un qualcosa che le avrebbe riportate alla luce. Tuttavia, il Gigante era fiducioso. Il primo appuntamento era andato magnificamente. Baciarla era stata un’esperienza che non avrebbe dimenticato tanto facilmente, così come sentire il suo seno premuto contro il suo petto e il suo respiro contro la sua pelle.
 
Scosse la testa, cercando di ricomporsi
Fece un respiro profondo e si mise a letto.
Si girò per diversi minuti cercando di trovare la posizione più adatta, poi accese la luce e prese il cellulare sul comodino.
Doveva mandarle un messaggio.
Voleva che lei, il giorno dopo, non appena si svegliasse, pensasse a lui.
Voleva dimostrarle che non era uno come tanti, uno tra tanti.
Voleva farle capire che lui la considerava speciale e che gli dispiaceva averla allontanata, magari ferendo i suoi sentimenti.
 
M > L
Dolce notte, gioia. Ci vediamo domani.
Un bacione
 
E dopo aver mandato quel messaggio, potè finalmente addormentarsi in pace.
 
***
 
- A volte mi sento un po’ un terzo incomodo quando parlate tra di voi. Nonostante ci sia sempre, spesso e volentieri non riesco a capire nulla. I miei neuroni non lavorano come dovrebbero, non riesco mai a dire la mie nelle vostre conversazioni. Eppure un punto di vista maschile non potrebbe che aiutarvi. Invece no. Mi tagliate fuori… sempre! -
 
Lucia rise mentre versava l’acqua bollente nella tazza e aspettava che andasse in infusione. Dall’altro lato dello schermo, anche Camilla e Gabriele stavano facendo colazione… o meglio, Camilla mangiava tranquillamente mentre il suo ragazzo cercava di farle notare il suo punto di vista.
Erano ancora via, dispersi su quell’isola d’amore fuori dal mondo, ma era quasi giunto il momento di ritornare all’ovile. Camilla sarebbe ritornata e le avrebbe presentato ufficialmente Matteo.
- Non spaventarlo, Cami. Mi piace davvero… sul serio! Incontrarlo è stata l’unica nota positiva dopo la tua partenza -
 
Cami le mandò un bacio e poi continuò a immergere i biscotti nel latte. Al lato dello schermo comparve anche Gabriele che minacciò Lucia con un coltello sporco di burro.
- Ti prego… adesso raccontaci com’è andato l’appuntamento ieri sera che stiamo morendo dalla curiosità. Non so chi tra i due sia il più curioso -
Senza farsi vedere, Cami indicò il suo ragazzo e poi gli baciò una guancia.
 
Lucia abbassò leggermente lo sguardo, ma dovette ammettere di non sentirsi completamente in imbarazzo come le capitava prima di Matteo. Non che odiasse i suoi amici, anzi! Voleva molto bene a Camilla così come a Gabriele, solo che le loro effusioni in pubblico a volte non solo la imbarazzavano… spesso la intristivano.
Scosse la testa. No, non doveva assolutamente permettere a quei pensieri di infilarsi ancora una volta nella sua testa.
 
Per scacciarli definitivamente iniziò a raccontare della sera prima, raccontando anche i dettagli più insignificanti: Matteo aveva tenuto slacciato il primo bottone della camicia “una camicia di un azzurro stupendo”, quando la ascoltava si sporgeva verso di lei, appoggiando il mento al palmo della mano e sorridendole, incitandola, con piccoli movimenti del viso a continuare a parlare, aveva prima mangiato tutto il condimento della pizza e poi la pasta.
 
Tuttavia avrebbe tenuto per sé le emozioni, le sensazioni, la voglia di fargli piedino sotto il tavolo, di prendere un carciofino dalla sua pizza. Di correre, sia metaforicamente che no, anche se sapeva che il traguardo avrebbe avuto un sapore più dolce se avesse saputo aspettare. Matteo aveva saputo zittire le paure e i dubbi e creare domande… più innocenti.
 
La sera prima, distesa nel letto, non aveva fatto altro che pensare a lui.
Chissà se gli piaceva leggere… chissà cosa stava leggendo.
Chissà cosa gli passava per la testa mentre era sotto la doccia.
Chissà quali erano i suoi gusti… se era più un tipo da boxer o slip.
Se quando era a casa preferiva dormire fino a tardi oppure alzarsi presto e iniziare la giornata con una corsetta.
 
A pensarci bene, Lucia ignorava tantissimi piccoli aspetti della vita di Matteo. Lacune che avrebbe voluto colmare al più presto, magari con una semplice chiacchierata sul divano dopo aver messo a dormire Cisky, mentre, in sottofondo, la televisione continua a funzionare. In fondo non era un sogno irraggiungibile, ma la ragazza non voleva darsi false speranze. Sì, erano usciti insieme, avevo avuto appuntamento… ma il Gigante poteva cambiare nuovamente idea e lei non avrebbe voluto ritrovarsi immersa in un mare di disperazione, gelato, fazzoletti e lacrime… non necessariamente in questo ordine.
 
Cercò di scacciare il pensiero e salutò gli amici, chiudendo poi la comunicazione e spegnendo il pc. Sistemò la tazza della colazione e prese il cellulare che aveva lasciato in salotto, sotto carica.
Non appena lesse il messaggio di Matteo, avvampò come una ragazzina e le guance si colorarono di più quando notò che il messaggio era stato spedito ancora la sera prima. Lucia si tuffò sul divano, portandosi il cellulare al petto.
Dopo essersi salutati lui l’aveva pensata ancora e il pensiero era stato così insistente da costringerlo a mandarle un messaggio.
Lanciò un gridolino estasiata.
Quella per lei non rappresentava solo una vittoria… era una rivincita sui dubbi e le paure che avevano continuato ad attanagliarla, facendola sentire continuamente a disagio.
 
Ammirò persa la sua foto profilo, un primo piano di un Gigante immerso tra l’erba e, vedendolo online, si affrettò a rispondere.
 
L > M
È stata semplicemente una serata fantastica.
Spero la prima di molte…
Ben svegliato!
Un bacio
 
Spedì il messaggio senza pensarci, senza voler rimuginare sulle parole usate, sulla possibile presenza di messaggi nascosti. Non c’era niente di male a voler lasciarsi andare un po’, a voler vivere in modo più spensierato. O semplicemente a preoccuparsi un po’ per un motivo futile.
 
Chiuse gli occhi e sorrise.
Quando sentì il cellulare vibrarle tra le mani, per poco non lanciò un urlo di gioia.
Matteo le aveva risposto.
 
M > L
Buon risveglio anche a te, gioia.
È stata una notte un po’ dura… se apri la porta ti spiego tutto
;)
 
Senza pensarci due volte, Lucia corse verso la porta, fermandosi giusto un momento prima di aprire per vedere se avesse qualcosa tra i denti.
Accolse Matteo con un sorriso e lui la prese subito tra le braccia e le baciò i capelli.
Lucia si accoccolò contro il suo torace, sorridendo a contatto con la maglietta.
Stentava a crederci che dopo così tanto tempo i suoi desideri si fossero realizzati e il suo Mr X fosse diventato di carne e d’ossa e che la stesse abbracciando, come aveva sempre immaginando.
- Vuoi entrare? – gli chiese alzando lo sguardo e guardandolo negli occhi.
Era così alto…
Lui scosse la testa e declinò l’offerta.
- Mi dispiace, gioia… Sono un po’ di corsa. Sono passato per dirti che Cisky resterà con Luca, oggi. Sta giocando a fare l’infermiera e il paziente sta delirando versi di Ungaretti steso sul divano –
Lucia rise e gli baciò la mascella… più in alto non riusciva ad andare nemmeno in punta di piedi.
- Potevi mandarmi un messaggio… Non voglio farti arrivare in ritardo all’ospedale -
 
Matteo rise e la strinse di più a sé.
- In realtà volevo vederti… e baciarti -
- E allora baciami… che aspetti? –
E il Gigante baciò la sua bella, rossa dall’imbarazzo.
 
Cisky
Lo zio Luca dice che si illumina di immenso.
Lo zio Luca è una lampadina?
Forse è una stella, non ho ben capito…
Quello che so è che Palla oggi non ha fame e che…
Matteo ha baciato Lucia come il principe Filippo bacia Aurora!
Sono belli, così abbracciati.
Sono… diversi.
Sorridono.
E anche io sorrido… sono felice se loro sono felici.
Anche se non capisco perché adesso lo zio Luca dice che è una foglia caduta.
È caduto dal letto?
Boh.
 
 
Si sta come di mattina, Luca, sul divano.
Ho voluto giocare con queste poesie… Luca sa quel che dice, Cisky no :P
Quindi… I MaLu sono troppo belli insieme *^*
* Fangirl mode ON…* YEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEY *
Non so che dire se non… come sono teneri :D
Credo, e spero, che il capitolo parli da solo. Amo questa ff e non vedo l’ora di sapere se l’amate anche voi… Anche se non capisco come si fa a non amare Matteo… quindi, diventate mie discepole e diffondete il Matteismo, una nuova religione :D
Grazie per avermi seguita fino a qui :) Sappiate che se il GGI esiste è anche, se non soprattutto, merito vostro. Per questo capitolo, non vi supplico di lasciarmi una recensione. No, scherzo… se me la lascerete sarò molto felice :P
Grazie ancora… :)
Un bacione e tanto amore :)
Robi
 
P.s: un ringraziamento enorme a voi, fantastiche ragazze che avete recensito lo scorso capitolo *^* Grazie a SoftKitty, FlyLoveBelive, Serpentina, Criminol, Beatrice94, DarkViolet92, Giuliacucciola, Bijiouttina, AlyaBlack, ViacolVento, Romy2007, PerfectStranger, Silvietta, e Engel2 . Potrei scrivere paragrafi interi di ringraziamenti lacrimosi. Mi scuso per non aver risposto ancora a tutte le vostre magnifiche recensioni, prometto che rimedierò :)
Un bacione!

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


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UN GRAZIE ALLA MIA SAM PER IL BELLISSIMO BANNER *^*

Capitolo 13
 
- Allora va tutto bene? Sei sicura di non voler tornare a casa per un po’ durante quest’ultima parte d’estate? Lo sai che ci farebbe molto piacere vederti una volta ogni tanto… -
- Potete sempre venire a trovarmi. Mamma, non abito poi così distante da voi –
- Lucia… tra l’andata e il ritorno sono quasi sei ore di macchina... Se non di più. Lo sai che al papà non piace viaggiare tanto… e poi è troppo impegnato con il negozio. Puoi venire tu con il treno… e darci una mano. Lo sai che è questo il periodo più impegnativo e redditizio –
 
Lucia incastrò il cellulare tra l’orecchio e la spalla e continuò a inserire il bucato nella lavatrice.
- Mamma… il biglietto costa troppo e poi mi piace stare qui. È… è casa mia. Lo so che non ti piace sentirmi parlare in questo modo, ma è così -
La ragazza sentì la madre sbuffare e si sedette sul pavimento della lavanderia, pregando che quella telefonata smettesse al più presto. Invece la madre non sembrava dello stresso parere e stava descrivendo i particolari di tutti i clienti che erano passati per il negozio quella settimana. Lucia avrebbe tanto voluto sbattere la testa contro il muro o lanciare il telefono dalla finestra.
 
Non aveva mai avuto un rapporto splendido con i genitori.
Anzi, non aveva mai avuto un rapporto di nessun tipo.
Magari perché erano persone all’antica o forse perché erano interessati soprattutto al negozio di gastronomia che avevano aperto appena sposati. Lucia vi aveva sempre lavorato, dalle elementari fino all’estate scorsa. In quel modo sperava di riuscire ad allacciare un qualcosa, a condividere un pezzo della loro vita.
Imparare a conoscerli e scoprire se stessa.
Si era impegnata, tantissimo, eppure ogni fatica era stata vana.
 
Certo, i suoi erano genitori modello. La aiutavano a pagare l’affitto e si accertavano, adesso come in passato, che non le mancasse nulla. Però… Lucia voleva di più. Un qualcosa che i suoi genitori non sapevano di doverle dare.
 
Dopo un tempo che le sembrò infinito, riemerse dallo stanzino e trovò Camilla che armeggiava con i fornelli. Al suo fianco, una Cisky con le unghie smaltate di fresco, ascoltava rapita come la ragazza aveva incontrato il suo principe azzurro. Lucia sorrise e iniziò a preparare la tavola per tre. Matteo sarebbe rientrato tardi a causa di un corso sulla sicurezza in ospedale. Ivano si era offerto di badare a Cisky dicendo che Alice non vedeva l’ora di conoscerla, ma poi aveva dovuto disdire per l’appuntamento settimanale del corso di preparazione matrimoniale.
 
Matteo aveva, allora, chiesto a Lucia che si era rivelata più che felice di aiutare il suo Gigante. Matteo l’aveva ringraziata con un lungo bacio, pensando di avere trovato la ragazza perfetta per lui.
- Mi sdebiterò, non preoccuparti… - le aveva sussurrato all’orecchio massaggiandole la schiena.
La ragazza si era stretta ancora di più a lui, respirando contro la maglietta e sentendo il suo profumo di menta, sorridendo pensando a come quelle lunghe e bellissime braccia la stavano avvolgendo. La facevano sentire… protetta.
Desiderata.
Voluta.
Amata.
 
- Non preoccuparti, Teo. Lo sai che mi piace stare con Cisky -
- Ѐ perché sai che dopo passerai del tempo con me? –
Lucia era arrossita.
- Anche -
Matteo le aveva baciato i capelli, facendo scorrere le dita tra le ciocche.
- Vuoi sapere un segreto? Io amo passare le mie ore con te… se solo fosse possibile passerei tutto il mio tempo con te -
 
Lucia aveva riso, sprofondando nelle profondità della sua maglietta.
- Lo zio Ivano approverebbe -
Matteo aveva riso.
- Ivan approverebbe… ma Ivan non sa nulla di noi due. Nemmeno Matteo sa come funziona il suo cervello quando vede Lucia -
Lucia gli aveva baciato il collo, tanti piccoli baci verso la mascella, e si era rannicchiata ancora di più addosso a lui.
Perché nemmeno Lucia si riconosceva quando era vicino a lui.
 
Ritornò alla realtà sentendo Camilla che aveva fatto sbattere un armadietto troppo forte. Cisky si era spaventata, la postura sulla sedia, diventata all’improvviso rigida e le mani strette a pugno sul bordo del tavolo erano un sintomo evidente.
Tuttavia Camilla continuò con il suo racconto, come se non fosse successo nulla.
-  E quindi la mia vicina di casa aveva fatto un incidente con il motorino con questo tizio. Che, detto tra me e te, tesoro, era davvero brutto. Credo di non avere mai visto nessuno più brutto di lui in tutta la mia vita. E io lavoro part-time in un bar quindi ne vedo tante di persone… ogni giorno. Sai cosa significa part-time, tesoro? -
Cisky scosse la testa, la bocca ancora aperta. Quando Camilla le parlava, pendeva letteralmente dalle sue labbra.
- Ma possibile che Luci non ti abbia insegnato nulla? Allora, part-time significa… mezza giornata. Ecco, io non lavoro tutto il giorno come fa Matteo, ma solo la mattina o la sera. Oggi ho lavorato la mattina, così potevo cenare con te e Luci. E farti assaggiare la mia fantastica pasta alle verdure. Perché lo sai… mangiare le verdure è molto importante e ti fa diventare alta e bella -
- Come Lucia! –
 
La ragazza abbracciò la bambina e le sistemò il tovagliolo, così che non si sarebbe sporcata. Non disse nulla riguardo la sua statura… in confronto a Cisky poteva essere una montagna, ma paragonata a Matteo era solo una briciola.
E poi… non era bella.
O almeno, non nel senso classico del termine.
Però, a Matteo piaceva. Ed era questa la cosa importante.
 
Ascoltò distratta l’ultima parte del racconto e pensò ai casi della vita.
Camilla avrebbe potuto avere qualunque uomo avesse mai desiderato. Letteralmente.
Non solo era stupenda, una bellezza dai capelli biondi e dagli occhi azzurri, ma emanava un fascino particolare. Chiunque nella stanza se ne rendeva conto e, inconsapevolmente, cercava di trascorrere del tempo con lei.
Nel corso degli anni, Camilla aveva frequentato ragazzi che l’avevano corteggiata.
Fiori, regali… uno le aveva perfino regalato un computer.
 
Eppure non era scattato nulla.
Finché, per caso, non era stata costretta dalla sua vicina di casa ad andare a un appuntamento al buio con il migliore amico del tipo che aveva quasi distrutto il suo motorino.
Gabriele.
E sì… in quell’occasione era davvero scattata la scintilla.
E stavano insieme da allora.
 
Dopo aver ascoltato il racconto, Cisky guardava Camilla rapita e innamorata.
- Sembra una fiaba! Hai incontrato anche tu il tuo principe azzurro… -
Camilla rise, leggermente imbarazzata, e si portò una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio.
 
Lucia sorrise e allungò a Cisky della frutta lavata e sbucciata.
 
Prima per lei la normalità significava una puntata di Uomini e Donne sul divano, intenta a meditare sulla vita, sulle sue sfortune e su come sarebbe rimasta zitella per tutto il resto della sua vita. Significava voler bene a Camilla, un bene dell’anima, ma invidiare il rapporto che aveva con Gabriele. Significava sentirsi in imbarazzo ogni volta che, in un luogo pubblico, vedeva una coppietta baciarsi e abbracciarsi teneramente.
Tuttavia, adesso non era più così.
Era tutto nuovo, luccicante. La tv era stata sostituita da una storia della buona notte sui conigli. E, finalmente, sapeva cosa significava voler bene a un'altra persona, forse amare un’altra persona, ed essere ricambiati.
 
A volte le sembrava di aver ricevuto un regalo troppo grande, troppo nuovo e troppo fragile. Non riusciva neancora a muoversi in modo sicuro in quella relazione e aveva ancora paura che, toccando il punto sbagliato, questa sarebbe caduta portando con sé miliardi e miliardi di cocci che non sarebbero mai potuti tornare insieme.
Ma ogni volta che vedeva Matteo questi dubbi sparivano perché, citando il suo Gigante, nemmeno Lucia sapeva come funzionava il suo cervello quando vedeva Matteo.
 
Lucia sparecchiò la tavola mentre Cisky seguiva Camilla in ogni suo spostamento.
- Vedi il tuo principe stasera? –
Camilla annuì. Gabri avrebbe fatto un salto prima di ritrovarsi al campetto con i suoi amici per l’ultima partita del torneo. Non che Gabriele fosse un asso del calcio, anzi: faceva un po’ pena, però era un abile osservatore e anche dalla panchina riusciva a osservare la squadra avversaria e individuarne i punti deboli.
Quindi, anche non volendolo, era diventato un protagonista essenziale della squadra.
 
- Luci… dici che riuscirò a vederlo? O arriverà dopo che sono andata a dormire? -
La bionda controllò sul cellulare e informò l’amica e la bambina che Gabriele sarebbe passato verso le dieci.
 
Cisky sospirò: il principe di Cami sarebbe passato troppo tardi. Di solito, quando era con Lucia, si infilava nel lettino prima delle nove, così avrebbe potuto leggerle una storia.
Quando era con lo zio Luca, invece, poteva andare a dormire molto più tardi. Lo zio Luca aveva sempre delle nuove storie da raccontarle: di maghi, streghe, orchi e nani… Alcune erano spaventose, ma non così tanto da farle smettere di sognare.
Lo zio Luca era semplicemente fantastico.
 
Dal suo zainetto a forma di coniglio, la bambina prese dei fogli da colorare e dei pastelli.
- Voglio fare un disegno per Gabriele. Così sarà felice anche se la sua squadra perderà… gli piacciono i coniglietti? O preferisce le farfalle…? -
Nel dubbio, Cisky disegnò entrambi gli animali.
 
Rispettando la rutine, Lucia aiutò Cisky a indossare il suo pigiamino, la prese in braccio e attraversò il pianerottolo. Quella sera la bambina non aveva avuto bisogno della fiaba della buonanotte. Il capo appoggiato alla sua spalla era un chiaro segno: era immersa completamente nel mondo dei sogni.
 
Con un po’ di fatica riuscì a infilarla sotto le coperte e rimase lì con lei finché non sentì il suo respiro farsi più pesante. Prese uno dei suoi pupazzi e lo sistemò vicino alla sua manina e accese la piccola luce che si trovava vicino alla porta.
Indubbiamente Matteo aveva aiutato moltissimo la bambina, ma un trauma come quello affrontato da Cisky era difficile da dimenticare e impossibile da lasciarsi alle spalle. E se una lucina l’aiutava a mantenere i nervi saldi e non spaventarsi troppo se si fosse svegliata di notte.
 
Come un lampo, corse nel suo appartamento, salutò un Gabriele intento a baciare la sua Milla, prese il cellulare e dei libri per l’università e ritornò di corsa in casa di Matteo. Ancora con il fiatone controllò se Cisky si trovava ancora nella sua camera. Non si sarebbe mai perdonata se, in quei pochi minuti d’assenza, la bambina si fosse svegliata e non l’avesse trovata.
Fortunatamente era ancora addormentata, anche se la gambina scoperta lasciava capire che si era mossa.
 
Socchiuse la porta e si accomodò alla tavola, cercando di studiare. Tuttavia non aveva né la voglia né la testa… Voleva trascorrere un po’ di tempo con Matteo, voleva farsi trovare sveglia quando sarebbe arrivato a casa, non addormentata su un libro.
 
Si alzò, accarezzò Palla che stava dormendo nella sua gabbietta e poi si sedette sul divano.
Nemmeno un minuto dopo, il cellulare squillò.
Matteo.
- Ehi -
- Ehi –
 
Trascorsero un momento in silenzio, Lucia lo sentiva armeggiare con le chiavi della macchina. Sentì che cadevano per terra, seguite da un’imprecazione molto colorita.
- Tutto bene? – gli chiese, preoccupata.
Lui le rispose con una voce stanca.
- Sì, gioia. Solo che non vedo l’ora di essere a casa e stendermi sul divano. Magari appoggiando la testa sulla tua spalla… non sarebbe male come programma. Che dici? -
 
Lucia abbracciò le ginocchia con il braccio sinistro.
Ridacchiò. Le sembrava un programma perfetto.
- Direi che si può fare -
Sorrise e, dal silenzio, capì che stava sorridendo anche lui.
 
Si schiarì la voce.
- Vuoi che ti faccia compagnia mentre guidi…? Oppure… non so… Se vuoi ti preparo una tazza di the… o una tisana -
Matteo sospirò.
- Credimi, Luci. Dopo una giornata come questa tutto ciò che voglio è ascoltare la tua voce. Potresti parlarmi di quello che vuoi, perfino della forma delle nuvole…  sii certa che io ti ascolterò -
- Posso sempre parlarti mentre metto su l’acqua –
Lucia sentì il suo Gigante ridere.
- Questa è la mia ragazza -
 
Lucia arrossì.
Matteo non l’aveva mai chiamata così prima d’allora. E le piaceva, eccome se le piaceva.
 
***
 
C’erano giorni in cui Matteo pendeva dalle labbra di Lucia. Letteralmente.
Non vedeva l’ora che la giornata in ospedale finisse per trascorrere un po’ di tempo con lei. Non per far avanzare la loro relazione, come continuava a suggerire Ivano, ma semplicemente per parlare un po’. Gli piaceva il suono della sua voce… gli piaceva tutto di lei. Parlavano tantissimo, parlavano di tutto, eppure aveva come la sensazione che la sua Lucia stesse attenta a non rivelare troppo di se stessa. Forse voleva lasciare un’aurea misteriosa intorno a sé, forse non lo riteneva degno dei suoi pensieri più profondi, oppure… oppure erano pensieri così intimi e delicati che non credeva opportuno dividerli con altri.
 
Matteo voleva penetrare quella corazza, magari sacrificando parte della sua sanità mentale. Voleva che si confidasse con lui, che gli dicesse tutto ciò che le passava per la testa, senza paura di essere giudicata o altro.
Voleva essere più di un amico, più del suo ragazzo… voleva essere suo complice.
Decisamente, voleva trasferire la relazione a un altro piano… anche se aveva ancora le idee confuse su come farlo.
 
Nel frattempo avrebbe continuato a parlare, a cercare di farla confidare con lui. Non gli importava se avrebbe continuato a raccontagli di Cisky o di argomenti neutri, come stava accadendo in quel momento.
 
- Sei arrivato? - gli chiese sentendo sbattere una portiera.
- Sì… ho appena parcheggiato. Dammi due secondi e mi vedrai entrare dalla porta –
- The o tisana? –
Matteo sorrise. Lucia era sempre così premurosa con lui, così tanto che spesso si sentiva a disagio. Non sapeva come ricambiare tutte quelle attenzioni… anche se, per una volta, era bello essere quello coccolato.
 
Terminò la comunicazione e, poco dopo, entrò dalla porta, cercando di fare il meno rumore possibile. Lucia era al bancone della cucina, gli dava le spalle. Stava armeggiando con i filtri.
Piccola e fragile.
Sua.
 
Si avvicinò e l’abbracciò, ma capì che non si era spaventata dalle spalle: erano rilassate.
Le baciò i capelli e poi la strinse di più a sé.
- Mi sei mancata… -
Lucia si girò, gli gettò le braccia al collo e gli baciò il mento.
- Ѐ strano se ti dicessi che anche tu mi sei mancato? -
Matteo scosse la testa.
- Sarebbe strano se non ti fosse successo… -
 
Matteo vide le guance di Lucia farsi rosse e fu felice di vedere che aveva scelto il suo torace per velare il suo sguardo. Sorridendo, prese la sua tazza dal bancone in una mano e intrecciò l’altra a quella di Lucia. La condusse sul divano e poi seguì il programma alla lettera. Bevve un sorso di the e, una volta appoggiata la tazza sul mobiletto, appoggiò la testa sulla spalla di Lucia.
 
Restarono in silenzio per un po’, ascoltando il rumore dei reciproci respiri.
- Cisky sta dormendo? -
Lucia annuì e si strinse di più a Matteo, che posò la tazza sul tavolino.
C’era qualcosa che non andava.
Decisamente.
La sua Luci non era una grande chiacchierona, ma quella sera era più taciturna del solito. Matteo aveva l’impressione che volesse tenerlo fuori da suo mondo, di nuovo. Sapeva di doverle dare i suoi spazi, sapeva di non poter pretendere una confessione in piena regola se la ragazza non se la sentiva di parlargli. Doveva darle tempo… Se fosse riuscito a farli avvicinare ancora di più, era disposto a dare tutto il tempo di questo mondo alla sua Lucia.
 
- Vuoi guardare un po’ di tv? Forse dovrebbe esserci quel programma sui dolci che ti piace tanto… -
La ragazza scosse la testa.
- Vuoi fare qualcosa di particolare? -
Ancora una volta, Lucia rispose negativamente.
 
Si strinse di più a lui e, con una mano, iniziò ad accarezzargli il braccio.
- Ho sentito i miei genitori, oggi -
Il Gigante le baciò i capelli, incitandola a continuare.
Lei si sistemò sul divano, cercò una posizione più comoda, ma non fece che addossarsi ancora di più a lui. Però, diversamente da altre volte, non si allontanò. Le piaceva stare lì con lui, addosso a lui.
La faceva sentire… protetta.
Non che avesse bisogno di una guardia del corpo, ma era bello, anche per pochi secondi, non doversi preoccupare di nulla e lasciare che fossero gli altri a occuparsi di tutto.
A occuparsi di lei.
 
- Io… Noi… Vedi… non andiamo molto d’accordo. Non mi hanno mai visto come la loro bambina, piuttosto come un adulto in miniatura. Ho iniziato a lavorare da subito nel negozio, stare alla cassa, servire i clienti con un bel sorriso. Vedevo i miei soddisfatti e credevo che, almeno in parte, fosse merito mio. Invece no… era sempre quello stupido negozio e io non ero meno stupida a sperare di poter ottenere un minimo d’attenzione. Sono ancora quella stupida bambina che cerca di ottenere un briciolo della loro attenzione e oggi ne ho avuto un’ulteriore prova -
 
Matteo notò le lacrime che, imperterrite, scorrevano lungo le guance della ragazza. Avrebbe fatto di tutto per calmarla, per prendersi cura di lei… solamente che non poteva fare nulla. Certamente non aveva nessun super potere e cambiare il passato non era nelle sue possibilità e non aveva il quadro completo per dargli consigli su come gestire meglio i rapporti con la famiglia. Lui stesso non andava d’accordo con i genitori e cercava di sentirli il meno possibile e vederli solamente durante le ricorrenze più importanti. Ma Lucia non era come lui: era diversa, più sensibile. E, da quel poco che gli aveva confidato, desiderava disperatamente l’attenzione dei genitori.
 
- Non parlarne se ti fa stare troppo male – le sussurrò baciandole i capelli e stringendola a sé in un abbraccio caloroso. Gli costava troppo vederla piangere.
Lucia sollevò il volto e lo guardò con quegli occhi grigi così profondi e velati di lacrime.
- Io ne devo parlare… e voglio parlarne con te. Camilla non sa nulla e preferirei che restasse nella… beata ignoranza. Ma tu… sei troppo importante per me. Ho chiamato mia madre perché volevo vi incontraste, volevo che lei conoscesse te e Cisky, volevo dimostrarle che non sarò brava nella gestione di un negozio, ma che non me la cavo male con quello che, spero, diventi il mio lavoro. Volevo raccontarle della forza di Cisky… e di te. Di come in poco tempo sei riuscito a cambiarmi la vita. Perché non avrò esperienze e sarò ingenua come Bambi, ma ti assicuro che percepisco chiaramente tutto ciò che sta succedendo tra di noi. E non voglio che quello che sento sparisca. Tuttavia, a quanto pare, ha cose migliori da fare che perdere tempo con sua figlia. E ha avuto anche il coraggio di rimproverarmi perché non passerò l’estate a sgobbare in quel negozio… ma io voglio essere qui, con te. Voglio vederti alla mattina e darti il bacio della buona notte, voglio parlare con te, anche se devo ancora fare pratica perché sei troppo bello e non mi fai pensare coerentemente. E voglio rivivere questa conversazione perché sto parlando troppo, mi sto confidando troppo e ci sono cose che volevo dirti con calma e non far uscire così precipitosamente. Sono un disastro… -
 
Nascose il viso tra le mani e Matteo la attirò a sé, finché non la fece sedere sulle proprie gambe. Avvicinò il viso al suo orecchio e le sussurrò delle parole di ringraziamento.
Lucia era pura, come la neve appena caduta.
Aveva chiamato la madre, nonostante questo la facesse star male, solo per raccontarle di lui e della biondina.
Stava cercando di mettere da parte le sue riserve e le sue paure… e anche se spesso tornavano a galla nei momenti meno opportuni, ce la stava mettendo tutta per essere una donna migliore.
Per Cisky.
Per Matteo.
Ma anche per se stessa.
 
E anche se scontate, banali e troppo sentite, Matteo non poté far altro che ripetere le parole che gli ronzavano in testa.
- Non sei un disastro… sei perfetta –
 
Qualche secondo dopo il viso della ragazza riemerse dal suo nascondiglio per guardarlo dritto negli occhi. Matteo sentì che quegli occhi stavano leggendo le profondità più oscure della sua anima. Lei aveva saputo dirgli molto, forse si era perfino pentita.
Anche il Gigante aveva tante cose da dirgli, alcune semplici, altre più difficili.
 
- Non ti lascerò andare, se è questo che credi. Sono così felice che tu ti sia aperta con me che non potrò far altro che rivivere nelle orecchie il tuo bellissimo discorso… spero non ti rimangerai nulla perché io non mi rammarico dei miei sentimenti. E anche se è troppo presto, vorrei dirti tante cose. Ma c’è tempo… abbiamo tutto il tempo che vogliamo -
 
Le baciò le labbra e Lucia gli gettò le braccia al collo.
Avevano ancora così tante cose da dirgli.
Lui certamente l’aveva capito, ma dovevano parlare anche della sua… inesperienza.
Voleva chiedergli se poteva iscrivere Cisky al Sassolino, in modo da vedere come si comportava quando era circondata dagli altri bambini. Al parco non era riuscita a farsi amicizie e Lucia non capiva se era dovuto a lei, alla bambina o alla carenza di amanti dei conigli.
 
Ma c’era tempo.
Come aveva detto Matteo… avevano tutto il tempo del mondo.
 
 
PIANGOOOOOOOOOOOOOO
Questo è stato un altro capitolo scoglio, quei capitoli che non si vogliono scrivere perché si reputano più importanti degli altri e allora decidono di diventare delle carogne.
A ben vedere non c’è nulla di particolare, è un capitolo introspettivo… solo che adesso i MaLu devono abituarsi a essere una coppia e una buona comunicazione è alla base di qualunque rapporto felice.
Spero che il capitolo vi piaccia :)
Oggi piove, come da MILLANTA ANNI DA QUESTA PARTE, e sono reduce da una lunga giornata passata a dare ripetizioni di tedesco… cosa che succederà anche oggi. Quindi sono un pochino… depressa. L’unica cosa che potrebbe rallegrarmi sarebbe una battuta dello zio Ivano… o una vostra recensione :P Fatemi sapere che ne pensate del capitolo, se siete curiose di vedere il nostro Gabri Nazionale oppure se vi manca lo zio Ivano :D
Un bacione!
Vostra Robi
 
P.s: as always sono in ritardo con il rispondere alle recensioni. Mi dispiace, davvero, ma questo è un periodo assurdamente caotico e… e poi ho scoperto delle nuove saghe che mi stanno rubando l’anima. Sappiate, però, che amo le vostre recensioni e che le ho lette tantissime volte *^* Grazie a Beatrice94, Criminol, Serpentina, Romy2007, SoftKitty, AlyaBlack, Bijiouttina e Silvietta per aver recensito lo scorso capitolo! Love you, girls :) <3
 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


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UN GRAZIE ALLA MIA SAM PER IL BELLISSIMO BANNER *^*

Capitolo 14
 
- Sei ancora in tempo a dire di no… La invento io una scusa con mia madre, non ti preoccupare. Ti capisco alla perfezione se non vuoi andare a bere quel caffè da lei… e probabilmente restare anche per cena. Tuttavia ci terrebbe tanto a vedere Cisky, c’è tutto il suo circolo di Ruba Mazzetto radunato a casa sua… hanno fatto anche dei regalini alla piccola… Se vuoi l’accompagno io. O potete non andarci per nulla… dirò che avete un virus intestinale e non riuscite ad allontanarvi dalla porta del bagno. Che ne dici? Guarda che non sei obbligata! -
 
Lucia rise e continuò a preparare Cisky, con il telefono di Matteo incastrato tra la spalla e l’orecchio.
- Luca, non devi preoccuparti… Questo pomeriggio Cisky e io verremo prenderemo volentieri un caffè insieme a tua mamma. E se ci chiederà se vogliamo cenare con lei… risponderemo di sì -
- Guarda che sei ancora in tempo a ritirarti! Io ho vissuto per anni con mia madre, credo di conoscerla abbastanza bene, ma ancora adesso non smette di stupirmi. Tralasciando quella volta che l’ho trovata che mi puliva l’appartamento alle nove e mezza di sera… e quella volta che sono tornato alle tre e stava stirando… e quando dice di avermi fatto una sorpresa in realtà mi ha comprato un paio di boxer –
 
Lucia guardò Matteo che, seduto sul divano, scuoteva la testa perplesso. Con un segno della testa le indicò di passargli il telefono così che potesse far ragionare il suo amico. Cisky scappò verso la sua camera, pronta a completare il disegno che voleva portare alla mamma dello zio Luca. Lui l’aveva descritta come una signora un po’ strana e sopra le righe… ma era pur sempre la sua mamma. Quindi doveva essere simpatica.
Per forza.
 
Dopo alcuni minuti passati a guardare il soffitto cercando di non replicare alle sciocchezze che l’amico stava dicendo, il Gigante terminò la comunicazione e appoggiò il cellulare sul tavolino davanti al divano. Allungò una mano verso Lucia e la fece sedere sulle sue ginocchia. Le sorrise e, senza perdere altro tempo, la baciò.
Un bacio all’inizio casto e dolce, ma che con il passare dei secondi sembrò diventare sempre più esigente. Le teneva una mano sulla guancia e l’altra sul fianco, sotto la maglietta, accarezzandole leggermente e delicatamente la pelle. Si ritrasse leggermente e appoggiò la propria fronte contro la sua.
 
Si beò della sua vista.
Anche se restio ad ammetterlo, aveva capito da subito che Lucia era speciale.
E vederla davanti a lui, gli occhi luccicanti, le labbra gonfie a causa dei baci e il respiro leggermente affannoso non faceva che rafforzare l’idea.
Era meravigliosa.
Era sua.
Solamente sua.
 
Avrebbe voluto dirglielo, comunicarle tutti quei pensieri importanti che gli stavano passando per il cervello. Eppure, ancora una volta, preferì tacere.
Forse si stava comportando da mammoletta, da sfigato.
“Da coglione” avrebbe aggiunto Ivano, senza mezzi termini.
“Non c’è niente di male a lasciarsi andare all’amore” avrebbe sospirato Gian, pensando alla sua Giorgia.
“Se è quella giusta…” avrebbe detto Luca.
 
Il Gigante scosse la testa. Non doveva pensare a cosa avrebbero detto i suoi amici o come si sarebbero comportati. Loro non conoscevano Lucia. Lui sì.
O almeno così credeva… e sperava.
 
- A che pensi? – gli chiese Lucia, facendo scorrere le dita tra i capelli corti del ragazzo.
- A te –
- A me? –
Matteo annuì e Lucia, le guance leggermente rosse, gli baciò la mascella stringendosi di più a lui. Risalì piano piano verso la sua bocca e baciò il labbro inferiore continuando a stringere tra le dita i suoi capelli.
- Mi piace sapere che pensi a me… - gli sussurrò sulle labbra.
 
Il Gigante reagì d’istinto e si avventò sulla bocca di Lucia, baciandola a fondo e con passione. I capelli della ragazza, ora leggermente più lunghi, gli solleticavano le guance, ma era una sensazione piacevole. Con una mano le cinse la nuca e, delicatamente, la inarcò verso di lui, in modo che potesse esplorare meglio la sua dolcissima bocca.
Lucia gemette sulle sue labbra e Matteo sentì un brivido corrergli lungo la schiena.
 
In quel momento tutti i dubbi che lo avevano assalito a quando conosceva Lucia si dissolsero come neve al sole. Aveva sentito come il proprio corpo reagiva al suo.
Era quella giusta.
 
Spostò entrambe le mani sotto la maglietta e iniziò ad accarezzarle la pelle.
Scottava.
Allora non era l’unico a voler continuare… Lucia, anche lei desiderava sentirlo.
Amarlo.
 
Le labbra di Matteo scesero a baciarle il collo.
La sentì prendere un respiro profondo e poi posargli le mani sul petto, per spingerlo via.
I capelli scompigliati, il respiro affannoso e lo sguardo famelico.
Il Gigante capì che non l’aveva fermato perché si trovava male con lui… tutt’altro.
 
Ma si stava facendo l’ora di partire… e lui doveva cercare di riposare almeno un po’ per affrontare in modo diligente il turno di notte. Probabilmente non avrebbe fatto altro che pensarla, pensare a loro due, insieme, e rivivere quel momento altre mille volte.
 
Lucia si alzò, cercando di sistemarsi alla bell’e meglio. Matteo continuò a guardarla, felice di vedere con i propri occhi Lucia muoversi a proprio agio nel suo appartamento. Nello specchio, i loro sguardi si incontrarono di nuovo.
Lucia abbassò gli occhi, imbarazzata. Stavano vivendo la loro relazione appieno e lei non si vergognava più come prima. Matteo la aiutava a sentirsi più sicura, più a proprio agio nel suo corpo, ma quando lo scopriva a osservarla così… si sentiva nuda nonostante i vestiti.
 
Il Gigante si alzò dal divano e le abbracciò la vita.
- Dormi qui, stanotte. Nel mio letto. Non andare a casa. Resta qui… sarai la prima cosa che vedrò quando rientrerò dal lavoro. Per tutto il turno non vorrò far altro che essere con te -
Lucia annuì, cercando di battere le proprie paure e non correre via.
Era certa che lui lo sapesse, però… doveva dirlo.
Mettere le carte in tavola… anche se questo la imbarazzava non di quel poco.
- Teo… io -
Lui la zittì con un bacio.
- Voglio solo abbracciarti, tutto qui. Beh, naturalmente se succederà qualcosa e ci sentiremo pronti, non dirò di no. Ma quello non è il mio scopo. Io voglio te… e non vedo l’ora di tornare a casa per dormire abbracciato a te -
 
Lucia sbatté forte le ciglia per costringersi a non piangere. Si alzò in punta di piedi e gli baciò le labbra. Poi si accoccolò sul suo petto e restarono lì così, finché il campanello non suonò, segno che Luca era pronto per accompagnarle da sua madre.
Lui avrebbe indicato la strada, poi sarebbe scappato.
Una serata in compagnia della combriccola del Ruba Mazzetto non era proprio nei suoi piani.
 
Non appena sentì il campanello, Cisky si precipitò in salotto e non rimase per nulla turbata nel vedere Lucia e Matteo abbracciati. Anzi, sorrise, come a dar loro la propria benedizione. Prima di partire, abbracciò Matteo dicendogli di curare tanti bambini.
- Io ti prometto di fare la brava con la mamma dello zio Luca. E farò tutto quello che dice Lucia… anche mangiare le zucchine, anche se non è che mi piacciono molto -
Detto questo mostrò a Luca il disegno che aveva fatto per la sua mamma. Mano nella mano, iniziarono a scendere le scale.
 
Matteo e Lucia rimasero a guardarsi sulla porta, occhi negli occhi.
Lucia sorrise e gli diede un ultimo bacio, sulla guancia.
- Non vedo l’ora che sia stasera -
Inspirò il suo profumo e poi scese le scale.
 
Matteo sorrise per poi chiudere la porta.
 
***
 
- Allora… non vieni? – Lucia strinse il volante della macchina, guardando Luca allacciare le cinghie del seggiolino.
- Ma scherzi? Piuttosto mi faccio prete… Non fraintendermi, voglio bene a mia madre, ma ci sarà un perché se sono andato a vivere fuori casa non appena ho finito le superiori. Ti spiego come arrivare a casa sua e poi vado a fare un giro dalla Paola. Già mi preoccupo per voi e ho come la sensazione che mia madre si proporrà come Nonna Ufficiale. Non avremo un momento di tregua… Saremo sommersi da maglioncini fatti a mano, bavagliette ricamate… è una presenza femminile molto molto  ingombrate –
 
Chiuse la portiera e si affacciò al finestrino di Lucia.
- Sei una tosta, una dura… questo te lo devo concedere. Ma se riuscirai a sopportare mia madre per più di un’ora… allora diventerai il mio mito. Adesso devo andare, chiama Matteo  se devo venire a salvarvi. Ciao Lucia. Ciao Cisky! Ti voglio bene! -
 
Lucia aspettò che il ragazzo uscisse dal parcheggio e poi mise in moto.
- Secondo te la mamma dello zio Luca è così cattiva? Io l’ho vista una volta e mi sembrava simpatica -
Dallo specchietto, la ragazza guardò la biondina dagli occhi.
Era leggermente spaventata, anche se cercava di non darlo a vedere.
- Hai paura? Lo sai che a me puoi dire tutto. Non ci devono essere segreti tra me e la mia biondina preferita… -
 
Cisky abbassò lo sguardo e iniziò a torcersi le mani. Si voltò a destra e poi a sinistra, come se stesse cercando qualcosa.
“Per la prima volta da quando la conosco non ha un coniglio per le mani” realizzò Lucia e, mentalmente, si rimproverò. Cisky non usava i conigli solo per giocare: erano il suo scudo, il suo modo per comunicare con il mondo senza paura… Una specie di assicurazione pelosa che le permetteva di vivere la sua vita più serenamente.
Alcuni bambini preferivano creare degli amici immaginari con cui parlare, giocare e relazionarsi con il mondo. Altri non sentivano questa esigenza: solitamente si trattava di personalità più sicure ma che, improvvisamente, avevano dovuto affrontare un grande cambiamento nella propria vita.
Esattamente come Cisky.
 
Ferma al semaforo, Lucia sbatté la testa contro il finestrino.
Come poteva diventare una brava maestra d’asilo se non riusciva a riconoscere queste piccolezze nemmeno quando erano sotto i suoi occhi?
- Vuoi tornare indietro? – le chiese, cercando di rimediare al pasticcio che aveva combinato.
Cisky scosse la testa.
- No -
- Non vuoi far vedere alla mamma di Luca uno dei tuoi coniglietti? –
Cisky rispose nuovamente negativamente.
- La mia mamma diceva sempre che è maleducazione portare cose non necessarie in casa degli altri. Io non sono maleducata… non voglio che la mamma dello zio Luca dica che sono maleducata… -
- Tranquilla, Cisky. Non lo penserà… le abbiamo perfino fatto una torta! –
La piccola si guardò le ginocchia e Lucia capì che era meglio lasciar perdere la conversazione.
 
In fondo, Cisky si sarebbe mossa in un ambiente protetto. Lei l’avrebbe vigilata costantemente… e le signore del Ruba Mazzetto non erano ladre o criminali.
Era una buona possibilità per vedere come la piccola si sarebbe mossa in un ambiente che non conosceva, come avrebbe relazionato con degli estranei.
 
Era già da un po’ che Lucia voleva suggerire a Matteo di iscrivere Cisky all’asilo. Questa sarebbe stata la prova del nove per capire se la piccola era davvero pronta o se, delicatamente, suggerire a Matteo degli incontri con una psicoterapeuta specializzata.
 
Arrivarono a casa della mamma di Luca, una stupenda villetta vicino alla campagna. Lucia scese e aiutò Cisky a smontare dal suo seggiolino. Lei le prese subito la mano, una morsa ferrea.
Intuendo i sentimenti della biondina, Lucia, con la scusa di allacciarsi una scarpa, si portò alla sua altezza, la abbracciò e le schioccò un bacio sulla fronte.
Cisky aprì la bocca per parlare, ma la ragazza, intuendo la preoccupazione, la bloccò subito.
 
La rassicurò, usando le parole che Camilla le diceva sempre.
Andrà tutto bene. Non devi preoccuparti, ma stare tranquilla. Come lo so? Beh, ti conosco e so che è umanamente impossibile non adorare un esserino come te.
 
Le diede un buffetto e poi si avvicinarono al cancello.
Fu la bambina a suonare il campanello; un’impresa non da poco considerato che si era dovuta arrampicare sul muretto.
Quando le porte si aprirono, Cisky entrò con passo spavaldo per poi fermarsi in mezzo al giardino, girarsi verso Lucia e tendere una mano verso di lei.
 
“Non ti preoccupare, topina” pensò Lucia. “Anche io ho teso la mano quando ne avevo bisogno, come te. E non sarò di certo io a rifiutare una richiesta di soccorso”.
 
***
 
Luca doveva essere stato adottato.
Sicuramente.
Ci avrebbe messo la mano sul fuoco.
 
Un amante della letteratura e dei classici, uno spirito riflessivo come lui non poteva essere figlio di una donna energica come Caterina. Da subito, la ragazza non si meravigliò affatto che il rapporto tra i due fosse fragile come un filo di seta.
Se Luca nascondeva il suo sorriso e lo riservava alle occasioni speciali, Caterina, invece, lo sfoggiava sempre, abbagliante e brillante, pronto a partecipare a uno spot televisivo.
 
Non appena avevano messo piede in casa, la donna le aveva abbracciate, facendo tintinnare i braccialetti ricchi di campanelline che portava ai polsi. Aveva preso Cisky in braccio, facendo delle smorfie per farla ridere e lamentandosi di un mal di schiena inesistente, per poi presentarla alle ragazze.
 
Lucia era rimasta in disparte, la torta appoggiata al tavolino dell’ingresso e la borsa ancora in spalla. Attenta, l’occhio sempre vigile, osservava ogni reazione di Cisky.
Era pronta a inventarsi una scusa e scappare a gambe levate, anche a costo di chiamare Luca e cercare, in qualche modo, di convincerlo a intrattenere la madre mentre pianificava una via di fuga. Anche rinchiudersi nel bagno poteva essere una valida alternativa.
E lo zio Luca poteva usare, finalmente, la sua scusa a lungo programmata: il virus intestinale assassino. Un virus che colpisce e non fa prigionieri: miete solo vittime.
 
- Dammi il giacchetto, bambina. E andiamo a sederci… Francesca ha bisogno di ambientarsi usando solo le sue forze e tu hai tante cose da dire… Iniziando dalla domanda da un milione di dollari. Mi spieghi dove diamine è mio figlio? -
 
Facendo ondeggiare la gonna gispy e in un turbine di tintinnii, Caterina si diresse in cucina. Lucia la seguì a ruota pensando a cosa avrebbe potuto chiederle; le domande non sarebbero state troppo difficili. Tuttavia Caterina non sembrava avere nessun problema a dire le cose come stavano, a parlare senza fare mille inutili giri di parole.
La ragazza intuì che, per Luca, crescere con accanto a una figura femminile come lei era stato abbastanza difficile. Se non traumatico.
L’idea che fosse stato adottato si rafforzava sempre di più.
 
Caterina armeggiava ai fornelli e poco dopo le piazzò davanti una tazza… vuota.
- Ho come la sensazione che non ti piaccia il caffè. E le mie impressioni non si rivelano mai errate. Ho diversi infusi e the naturali… posso sceglierlo io per te? Azzecco sempre la combinazione migliore -
Lucia annuì e portò le mani in grembo.
Frugò nella mente, cercando un argomento neutro di cui parlare… non le venne in mente nulla.
 
- Le ho portato una torta… spero le piaccia – disse dopo interminabili secondi di silenzio.
Caterina si sedette al tavolo e allungò la teiera.
- Non dovevi disturbarti, Lucia. Ti ringrazio veramente molto per questo pensiero… L’impressione positiva non fa che rafforzarsi. Ma ora, dimmi. Parlami un po’ di te. E non preoccuparti per la bambina. Ilaria è un’assistente sociale da ben venticinque anni, e non intende mollare il posto molto presto, e Piera è caposala nel reparto di traumatologia. Francesca è in buone mani… deve imparare a camminare da sola senza avere paura delle ombre -
La donna bevve un sorso dalla propria tazza.
 
Lucia abbassò lo sguardo, indecisa se chiacchierare veramente oppure rimanendo sul vago.
- Invece… Lei di cosa si occupa? -
La donna sorrise e bevve un altro sorso.
- Prima di tutto, bambina, dammi pure del “tu”. Sarò vecchia, ma ho ancora tanti anni da vivere. E vorrei instaurare con te un bel rapporto… qualcosa mi dice che resterai nella vita di Cisky, e di Matteo, per tanto tempo… forse addirittura per sempre. Vorrei essere una medium per saperlo, invece lavoro in psichiatria. Per fortuna, almeno questo aspetto della mia vita è tutto fuorché noioso –
 
Lucia strabuzzò gli occhi e la donna rise della sua reazione. Allungò una mano attraverso il tavolo, rassicurandola. No, non l’avrebbe psicoanalizzata, la paura perenne di Luca, e non le avrebbe giudicata. Chi era lei, in fondo?
- Ho potuto osservare solamente due volte la bambina, nessuna delle quali per molto tempo. Tuttavia, posso reputarmi soddisfatta di Matteo… ho sempre saputo che sarebbe stato un padre fantastico e, decisamente, non ha deluso nessuna delle mie aspettative. Ha saputo gestire la situazione utilizzando al massimo le sue risorse… Ma, ammettiamolo! La CIA pagherebbe fior di miliardi per avere Ivano dalla loro parte -
 
Caterina si alzò dalla sedia e depositò la propria tazza nel lavandino.
- Tuttavia, per quanto sia speciale, Ivano non è la risorsa più importante di Matteo. Quella, bambina, sei tu -
Lucia cercò di sostenere il suo sguardo, cercò di comportarsi con disinvoltura, come se affrontasse ogni giorno discorsi di quel genere. Tuttavia non ci riuscì e spezzò il silenzio ridendo nervosamente.
- Io? Speciale? Se questo è vero, credo che la definizione del termine debba essere riveduta -
 
Essere speciale per qualcuno… era sempre stato il suo sogno.
Sotto la timidezza, sotto i balbettii, sotto strati e strati di asocialità, in realtà si celava una ragazza che non avrebbe desiderato altro che essere notata. Non voleva passare tutta la vita mimetizzandosi con la tappezzeria, guardando Camilla che ballava al centro della pista.
No, assolutamente no.
Lei avrebbe voluto a tutti i costi essere lì con lei, ma ogni volta che tentava di convincere i piedi a muoversi, qualcosa la bloccava. A volte era un’altra ragazza, più bella, più spigliata, più tutto rispetto a lei. A volte era la gente che affollava la pista a metterle ansia: aveva paura di non riuscire più a respirare, di sentirsi soffocare.
Altre volte, semplicemente, la musica terminava proprio in quel momento.
 
Speciale…
In quel momento, avrebbe fatto qualsiasi cosa affinché Matteo pensasse a lei in quel modo. Sì, erano usciti insieme diverse volte e sembravano godere della reciproca compagnia. E, certamente, le etichette non erano la parte più importante in un rapporto. Tuttavia… chi era lei, in realtà, per Matteo?
La vicina di casa?
La babysitter di Cisky?
Un’amica?
Oppure… la sua ragazza?
 
Ascoltare i silenzi: certamente era una scuola di vita molto produttiva se si aveva a che fare con un uomo sicuro di sé, un uomo con un piano, un uomo che esprimeva chiaramente le proprie intenzioni.
Non con qualcuno criptico come Matteo.
 
Per quanto fosse adorabile, e Matteo rincarnava la terza essenza dell’adorabilità, i pensieri del ragazzo rimanevano per Lucia ancora un mistero.
 
Immersa nel suo mondo, e con una tazza di the, ormai freddo, tra le mani, Lucia non si accorse che Caterina si era avvicinata, fino a posarle la mano sulla spalla.
- Capirai tutto a momento debito, bambina. La vita non andrebbe assaporata momento dopo momento? Io conosco Matteo da molto tempo… non si è mai rivelato una persona avventata. Pianificava le vacanze con almeno sette mesi di anticipo e aveva una routine meticolosa che faceva impazzire persino sua nonna. Ha preso solo due decisioni impulsive: andare via di casa prima della maggiore età e prendersi cura di Cisky. E poi, se non vado errata… sei arrivata tu. Il terzo grande cambiamento nella vita di Matteo – la presa sulla spalla si strinse. – Dagli tempo, dagli spazio, ma rammentagli sempre la tua presenza. Fidati, lui è già cotto di te… solo che deve trovare il modo per ammetterlo a se stesso. E, nel frattempo… potete divertirvi. Su su, non fare quella faccetta scandalizzata. La vita è una sola, non si possono aspettare i treni per sempre… le corse finiranno prima o poi. Bisogna avere il coraggio… trovarlo anche nei luoghi che ti fanno più paura -
 
Lucia sentì l’impulso di abbracciare la donna, ma si trattenne limitandosi a stringerle la mano e cercare, con quel gesto, di trasmetterle tutta la gratitudine possibile.
Una domanda, però, le frullava nella mente: come faceva Caterina a sapere tutte quelle cose sul suo conto. Ci pensò attentamente per alcuni secondi, stava per riporre la domanda nel dimenticatoio quando la signora rispose.
Evidentemente il suo viso era un libro aperto e facile da leggere.
- Bambina, non devi preoccuparti. È stato mio figlio Luca a dirmi tutto. Apparentemente non siamo molto uniti, ma ti giuro che non è così. Inoltre basta prenderlo per il verso giusto… quando voglio sapere qualcosa mi presento a casa sua con una scorta di budini alla vaniglia -
 
Perfettamente sicura di se stessa, Caterina uscì dalla cucina per precipitarsi ad abbracciare la piccola che, calma, tranquilla e con un sorriso sulle labbra, non aspettava altro che essere coccolata.
Lucia sorrise, vedendo la Nonna Ufficiale abbassarsi per stringere in una morsa ferrea la nipote. Le fece delle pernacchie sul braccio e tutte scoppiarono a ridere.
Anche lei.
 
Sistemando la tazza nel lavello, Lucia si rese conto che la prima impressione era stata completamente erronea.
All’apparenza Luca e Caterina non potevano essere più diversi: una diversa fisionomia dei colori, lei bionda dagli occhi chiari, lui moro e occhi scuri, caratteri agli antipodi.
Una differente visione di vedere il mondo.
Tuttavia Lucia riconobbe nel sorriso di Caterina i modi affabili del figlio, la disponibilità a prendersi cura di Cisky, la voglia di dare del proprio meglio solo per far divertire la bambina.
 
Se Luca era la persona fantastica che conosceva, il merito era solo di Caterina.
 
***
 
Dopo un turno di notte estenuante, Matteo era finalmente nello spogliatoio maschile. Gettò la divisa nel borsone che usava per andare a lavorare, appuntandosi mentalmente di gettarla in lavatrice il prima possibile… prima che imparasse a camminare e riuscisse a trovare da sola la strada per la pulizia. O per la sporcizia definitiva.
Si sa, la felicità non è che un punto di vista.
Una medaglia ha sempre due facce.
 
Quella notte era stata un incubo.
Non solo perché un intero squadrone di scout, dopo aver mangiato chissà che alimento trovato nella foresta, ma con un colore accattivante, si era riversato al pronto soccorso con dei lancinanti dolori allo stomaco.
Prendendo in mano le redini della situazione, si era sentito in dovere di fare una ramanzina a tutti, sottolineando come le piante, e anche gli animali, più pericolosi avessero dei colori più brillanti o profumassero maggiormente per attirare le povere vittime.
- In questo caso… voi, poveri sciocchi – aveva aggiunto incrociando le braccia all’altezza del petto e concentrandosi per permettere al proprio viso di non scoppiare a ridere, come avrebbe voluto fare.
 
A metà del turno era arrivata una madre, disperata.
Il figlio, nel scendere dalla macchina, aveva incastrato il dito nella portiera.
Questo… due giorni prima.
Adesso era gonfio, dolorante e di uno strano colore violaceo con sfumature arcobaleno.
 
Dopo aver chiamato orto, si era rifugiato nella stanzina degli infermieri cercando di smaltire un po’ della rabbia che provava nei confronti del genere umano.
 
Grazie a Jesus, la serata era servita a non pensare a Lucia troppo spesso.
Una volta al minuto era più che sufficiente.
 
E adesso si stava dirigendo da lei…
Era tardi, così tardi che poteva sembrare quasi presto.
Era stanco, stravolto, e non vedeva l’ora di buttarsi a letto.
Tuttavia, se pensava a chi gli aveva promesso di aspettarlo in quel letto… ritrovava tutte le energie.
 
Entrò in casa il più silenziosamente possibile, cercando di non far sbattere la porta e di non incappare in nessuno dei giocattoli di Cisky, sparsi sul pavimento. Abbandonò il borsone in bagno e si diresse verso la camera della bambina.
La luce era accesa, come sempre, e la piccola stava dormendo abbracciata a Bianco il Coniglio, il pupazzo gigante regalo dello zio Ivano. Era così enorme che di Cisky si vedeva solo il piede che, ribelle, spuntava dal lenzuolo. Sorridendo, Matteo cercò di rimetterlo al proprio posto, controllò ancora una volta se nella camera c’era tutto ciò di cui la bambina avrebbe potuto avere bisogno e poi uscì per andare nella sua camera.
 
Spinse la porta socchiusa e la vide subito.
Un intruso nel suo letto… un intruso che avrebbe accolto sempre a braccia aperte.
 
La luce della luna entrava dalla finestra e le illuminava il cuscino, ma, fortunatamente, non le infastidiva il sonno. Dormiva di lato, con una mano stretta intorno al lenzuolo. Il respiro era leggero e Matteo ebbe paura di compiere anche il minimo rumore; non avrebbe mai voluto svegliarla, infrangere il sonno e i suoi sogni, e farsi sorprendere a guardarla, spiarla… ammirarla.
 
Delicatamente, per quanto permesso dalla sua altezza, si infilò nel letto, abbracciò Lucia e non resistette. Le bacià la nuca, lasciata scoperta dai capelli. La ragazza sospirò e si inarcò verso di lui, cercandolo, bramando il suo calore, il suo corpo.
Le baciò una spalla, cercando di trasmetterle tutto ciò che provava in quel momento, cercando di rendere carico quel bacio di tutte le sensazioni che provava quando gli stava vicino. Cercando di trasmettere la felicità che aveva provato quando l’aveva vista nel suo letto, come gli aveva promesso. Lucia aveva affrontato un ostacolo, per lui.
Per stare con lui.
Lui, Matteo, e nessun altro.
 
Erano anni che non provava il desiderio di spingersi così in là con una ragazza. Aveva seriamente iniziato a dubitare del futuro, credendo che l’amore di cui la nonna Tilde gli aveva spassionatamente parlato non arrivasse mai.
E, quando ormai aveva deciso che l’ospedale, il lavoro, il suo reparto erano l’anima gemella, era arrivata lei.
Lucia.
 
Le baciò la pelle dietro all’orecchio e la strinse di più a se, cingendola con un braccio sotto il seno.
Era morbida.
Profumata.
Arrendevole contro il suo corpo.
Calda.
Era sua.
 
Sua non come un oggetto, non come una proprietà.
Sua come un tesoro, un qualcosa di prezioso e luccicante. Qualcosa che si maneggia con cura, per paura che si rompa.
 
Il respiro di Lucia cambiò, così come il battito del suo cuore. Tutto divenne più rapido.
Matteo capì che la sua Bella Addormentata era sveglia.
Si stiracchiò contro di lui e poi si girò tra le sue braccia. Si ritrovarono faccia a faccia.
- Ciao, mia bella Aurora -
- Ciao, mio bel Principe Azzurro –
Lucia colmò la distanza che li separava prendendo l’iniziativa e baciandolo come mai aveva fatto prima.
 
Strinse le mani intorno al suo collo e intrecciò una gamba tra le sue.
Approfondì il bacio.
Giocò con la sua lingua e poi scese a baciargli il collo.
- Se questa è la ricompensa che mi aspetta dopo ogni turno di notte… vedrò di farli più spesso -
Matteo la sentì ridere contro il suo petto, ma solo brevemente. Poi, continuò l’esplorazione del suo collo.
Oh, benedette esplorazioni! Una mano corse tra i capelli di Lucia, stringendo forte alcune ciocche, l’altra, invece, stringeva forte il lenzuolo, uno stratagemma per cercare di tenere la mente lucida e non spingere Lucia più in basso.
 
Aveva una bocca magica, questo doveva ammetterlo.
E di quel passo non sarebbe più stata la Bella Addormentata, ma la Principessa sul Pisello. “Se il pisello è il tuo che male c’è?” pensò, in balia degli ormoni e di un’euforia generale.
 
Scosse la testa e ribaltò la situazione, intrappolandola sotto di lui.
La guardò negli occhi e le circondò il viso con le mani, come se le stesse chiedendo il permesso di portare la loro relazione fisica su un gradino più alto.
Lucia annuì ed espresse esplicitamente il suo consenso portando una mano di Matteo sul suo seno.
 
Deglutendo e non interrompendo il contatto fisico, Matteo si intrufolò sotto la maglietta. Quando toccò direttamente la sua pelle, quando annullò gli ostacoli che li separavano, si fermò, come se aspettasse un improvviso rifiuto.
Cosa che non avvenne.
 
Lucia si inarcò verso di lui, permettendogli di togliere la maglia e di slacciare il reggiseno. Timida, chiuse gli occhi, cercando di assaporare ogni sensazione che Matteo poteva regalarle.
 
Sentì le sue mani scostarle gentilmente le spalline e le sue labbra baciare ogni lembo di pelle scoperta. Sentì il suo naso tracciare un percorso verso le labbra e poi baciarle a fondo. Sentì la sua voce sussurrarle parole d’apprezzamento e di incoraggiamento sulle labbra.
- Sei perfetta per me – sussurrò, prima di baciare il collo e compiere il sentiero a ritroso, per ritornare al punto di partenza.
 
Lucia non sapeva se crederci o no.
Non era mai andata particolarmente d’accordo con il proprio corpo e, ancora adesso, lo considerava più un nemico che un alleato.
Eppure a Matteo piaceva.
Lo diceva chiaramente vezzeggiandolo, accarezzandolo, baciandole il seno e toccandole i capezzoli.
 
E mentre la sua lingua ruotava vellutata attorno al suo capezzolo, mentre sospirava come mai aveva fatto in tutta la sua vita, mentre sperava che quel momento non finisse mai, ma fosse solo il primo di molti… Lucia capì.
Capì cosa significava essere desiderate, amate, coccolate…
Capì cosa significava essere speciali.
 
E si rese conto che ne era valsa la pena aspettare. La ricompensa, Matteo, era meglio di qualunque Mr X mai prodotto dalla sua mente.
E, i suoi sospiri e gemiti, erano una prova.
Mr X era una fantasia, Matteo, invece, no.
Poteva toccarlo.
Era reale.
 
Avete presente quella pubblicità del rasoio, che termina con HALLELUJA? Beh… HALLELUJA ragazze…! Ho impiegato un mese e mezzo a scrivere questo capitolo e ce l’ho fatta solo perché… non so il perché, ma ce l’ho fatta e questo è l’importante.
Allora… i Malu stanno diventando fisici… mi piace :D Questa scena arancione non è esattamente quella che avevo programmato all’inizio… ma scrivendola (e adesso sono quasi le 2 di notte quindi non so) ho sentito la voce di Matteo che “dolcissima Bertu… io farei così blablablablablabla” e come non assecondare le mie voci da pazza? L’Asylum mi aspetta xD Forse bisogna anche sommare la mia full immersion nella saga “La Stirpe di Mezzanotte” che non fa altro che ricordarmi di scrivere scene hot più spesso. Qualcuna di voi l’ha letta? Io aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaamo Dante <3
Scherzi a parte spero che questo capitolo non sia schifoso… qual è la vostra impressione? Fatemela sapere… è importante :)
Grazie per aver letto questo capitolo e, se anche voi sentite voci e non… lasciatemi una recensione :D Anche se alle scorse non ho risposto (dire che sono indietro non rende minimamente l’idea) vi assicuro che le leggo sempre. Sono un po’ incasinata al momento, alcune di voi sanno il perché, e cerco sempre di ritagliarmi un po’ di spazio per il GGI, anche se è difficile, perché la mente è da tutt’altra parte. Ma nessuno mi può rubare il mio Matteo e Bertu non si arrende facilmente. Quindi… lasciatemi la vostra recensione e, prima dell’Apocalisse, vi risponderò :D
Dal manicomio è tutto… scusate la digressione :)
Un bacione!
Robi
 
P.s: un ringraziamento speciale alle stupende ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo *^* Grazie a Bijiouttina, Silvietta, Romy2007, Beatrice94, DarkViole92, Criminol, Serpentina e SoftKitty :D Love ya, girls!
 
P.p.s: nel caso vogliate vedere Matteo, Ivano e Luca vi ricordo il mondiale di volley maschile che si sta tenendo in Polonia in questi giorni :) Sul mio profilo fb (Bertu efp) e twitter (@Ms_Robyn_) troverete tutto, anche i giocatori più fighi delle altre squadre (vedesi Matt Anderson OOOOOOOOOOMIOOOOOOOOOOODIOOOOOOOOOOOOO e Bruno Rezende CHENONOHOPAROLEPERDESCRIVERE!!!).
Un bacione e scusate per il papiro :P
<3

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


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UN GRAZIE ALLA MIA SAM PER IL BELLISSIMO BANNER *^*

Capitolo 15
 
Matteo non amava stare a letto fino a tardi, ma se in quel letto, aggrappata a lui, c’era la sua bella… avrebbe potuto rimanerci per sempre. Nonostante il turno di notte, e una montagna di ore di sonno da recuperare, non riusciva ad addormentarsi o a chiudere gli occhi semplicemente per riposare.
 
La sentiva contro il suo fianco.
Sentiva il suo respiro contro la sua spalla.
Lucia.
La sua Lucia. Il suo pulcino che, all’occorrenza, sapeva anche trasformarsi in tigre.
Com’era successo alcune ore prima.
 
Non erano andati così in là… eppure era stato fantastico sentire la propria pelle nuda a diretto contato con quella profumata della sua ragazza.
Una sensazione semplice, eppure così immediata, che gli aveva fatto vedere le stelle.
 
Non gli era mai successo prima.
Nonostante le numerose insinuazioni di Ivano, Matteo non era un verginello… e l’amico lo sapeva bene.
 
Lontano da occhi indiscreti, anche il Gigante aveva avuto le sue prime esperienze. In Mozambico, durante il suo anno sabbatico che lo aveva portato a intraprendere la carriera infermieristica, aveva creduto di aver finalmente trovato l’anima gemella. Poco importava non parlare la stessa lingua… per lei aveva cercato di imparare il francese in poco tempo. Gli sarebbe tornato utile: non era Parigi la città dell’amore?
“Tranne per i cinesi… Secondo loro è Torino la città della Mole” pensò ridendo ancora una volta alla battuta che gli aveva propinato un piccolo paziente quella sera, mentre gli cambiava la flebo.
 
Odette aveva già finito l’università ed era il quinto anno che partiva come volontaria insieme all’associazione Terres des Hommes. Da subito aveva affascinato Matteo: i capelli biondi tenuti sempre in ordine nonostante le continue raffiche di vento, la calma che usava per parlare a un paziente e tranquillizzarlo, anche se la procedura si stava rivelando rischiosa, il sorriso contagioso e la risata cristallina.
 
Matteo aveva scambiato quell’ammirazione sconfinata per attrazione e infinito amore e, quando se n’era accorto, era ormai troppo tardi. Il danno era già stato consumato.
Quella sera, in una tenda polverosa, circondati da strumenti tecnici e da una quantità infinita di garze e cerotti, Matteo l’aveva stretta a sé, credendo di aver finalmente capito cosa significa trovare qualcuno di cui prendersi cura. Era pronto a dividere le proprie giornate, a non pensare più egoisticamente, pensare a un futuro che includeva tante gite in Africa e altrettante gite in Francia.
 
Eppure non era andata così.
Già dal giorno dopo il comportamento di Odette gli aveva fatto comprendere che la serata precedente non era stata che una serata come le altre. Forse un po’ più divertente e meno problematica, forse si era divertita a insegnarli quei trucchetti da donna navigata.
Eppure non era cambiato nulla.
 
Aveva sospirato, aveva cercato di capire come cambiare la situazione, come farle cambiare idea. Eppure nulla sarebbe servito. Allora si era messo l’esperienza alle spalle, continuando a sorridere e a imparare da lei i trucchi del mestieri senza lasciarsi incantare come uno stupido.
 
Una volta iniziata l’università, Odette non era che acqua passata. Durante il primo anno in ospedale, qualsiasi corpo femminile gli sembrava sexy. Sbavava su dottoresse e infermiere, a volte immaginandosi scenari tanto reali da dover scappare per l’imbarazzo quando le vedeva, le guance rosse e altre parti del corpo visibilmente eccitate.
Con la calma, molto yoga, e un aiuto fondamentale da parte di Ivano che gli aveva presentato qualsiasi donna disponibile nell’arco di sessanta kilometri da casa sua (Matteo ancora non riusciva a comprendere come Ivano avesse questa vasta rete di conoscenze), gli anni successivi si erano rivelati una passeggiata.
 
Tutto era cambiato una volta assunto a tempo indeterminato all’ospedale e… e quando la signora Tilde aveva iniziato a guardarlo in modo diverso, come se avesse capito che dietro il fisico del suo Teo stava nascendo qualcuno di diverso. Una volta visto il viavai dalla camera da letto del nipote, non aveva impiegato molto a fare i conti e a lanciargli continui sguardi di disapprovazione.
Era stata lei a sottolineare, non molto velatamente, come il suo comportamento fosse degradante e disonesto, non solo nei confronti delle ragazze che uscivano con lui, ma soprattutto nei propri confronti.
 
Se il Gigante chiudeva gli occhi, era capace di rivederla in sala, seduta sul divano, mentre gli confezionava la sciarpa azzurra che, dopo anni, era ancora la sua preferita.
La vedeva alzare gli occhi dal gomitolo e guardarlo, sistemandosi la montatura degli occhiali.
Viola. Un colore alla moda, come diceva sempre lei.
 
- Sei meglio di questo, Matteo. Ti ho insegnato meglio di così. Le donne, di ogni età, vanno corteggiate anche quando sono cadute già ai tuoi piedi. Tutte quelle poverine… meritano di più di una toccata e fuga. Meritano le tue attenzioni, la tua complicità. Il tuo comportamento le disonora… e disonora anche te stesso. Puoi fare meglio di così, ti ho insegnato meglio di così… -
 
Il povero Gigante, la coda tra le gambe, era corso in camera, il telefono in mano, pronto a disdire ogni suo appuntamento per i prossimi tre mesi.
 
Aveva pensato che con il passare del tempo la nonna si sarebbe rivelata più comprensiva, si sarebbe messa al passo con i tempi e avrebbe iniziato a fargli vivere la sua vita in modo più sereno e meno stressante.
Invece lo sguardo indagatore non si era mai abbassato. Anzi! Non lasciava il suo volto finché, attraverso prove che solo lei sapeva, non si era accertato che il suo unico nipote avesse re intrapreso quella strada malsana.
 
Ancora una volta si domandò cosa avrebbe pensato la nonna di Lucia, anche se era consapevole di non poterla paragonare a nessuna delle ragazze con le quali era uscito in passato. Gli aveva saputo dimostrare di che pasta era fatta, aveva tenuto duro quando lui sembrava solo interessato a comportarsi male e a considerarla solamente una vicina.
Lucia non aveva reagito, anzi. In quella battaglia senza esclusione di colpi, aveva saputo giocare alla perfezione le sue mosse. Aveva tenuto gli occhi fissi sul traguardo, sul premio.
Su di lui.
 
Matteo si sentì talmente soddisfatto da poter toccare il cielo con un dito.
Preferì, però, toccare lei, abbracciarla e sistemarla più vicina al suo corpo.
Con un dito, iniziò a stuzzicarle il braccio, percorrendo più volte la strada tra il polso e la spalla. Mancavano pochi minuti alle nove, la casa era ancora avvolta nel silenzio e Cisky si sarebbe svegliata da lì a poco. Aveva dormito due ore massimo, eppure si sentiva pieno di energie.
 
Il suo corpo era completamente sveglio.
Forse, se non addirittura sicuramente, avrebbe dovuto fare una doccia fredda in modo da congelare i bollenti spiriti. Invece aveva preferito svegliare la Bella Addormentata avvinghiata a lui per… Una parte remota sperava che lei potesse occuparsene, mentre l’altra voleva solamente rivivere quei momenti meravigliosi della serata precedente.
 
Sospirò sul suo collo e Lucia lo gratificò con un gemito soddisfatto.
- Buongiorno – lo salutò, senza nemmeno aprire gli occhi.
- Buongiorno, stella del mattino –
Le baciò gli occhi e poi il collo, per poi scendere verso la spalla scoperta.
- Che ore sono? – aprì un occhio e controllò l’orologio per poi tornare a sprofondare nel cuscino.
- Teo, ti prego… torna a dormire. È presto e avrai sicuramente sonno. Posso pensare io a tutto, non ti preoccupare –
Matteo continuò a baciarla, anche se il percorso si stava facendo più difficile perché Lucia continuava a muoversi. Cercò di immobilizzarla, senza farla sentire in trappola. A volte anche lui aveva paura della sua altezza e avrebbe preferito essere alcune spanne più basso… eppure a volte era tremendamente utile.
- Sarei perso senza te, gioia – le sussurrò all’orecchio.
 
Lucia per poco non si infiammò per autocombustione. Il Gigante non era il tipo da dichiarazioni sexy e romantiche dette piano e con voce roca… La sua erre moscia faceva diventare tutto più divertente.
Ma non in quel momento.
Non quella maledetta frase.
Avesse potuto, avrebbe ribaltato la situazione e gli avrebbe dimostrato come poteva disegnare una mappa stradale sul suo corpo… in modo che in si perdesse mai più.
Stava per partire per un’avventura quando entrambi tesero le orecchie.
 
Un rumore di leggeri passi soffocati stava per venire verso di loro.
Pochi secondi dopo, la porta si aprì e una dolcissima Cisky comparve sulla porta, accompagnata da Bianco il Coniglio, il pupazzo gigante regalo, azzeccatissimo, dello zio Ivano.
- Ciao Raggio di Sole! – la salutò Matteo, precipitandosi verso di lei.
La piccola abbandonò il coniglio per dedicarsi completamente a lui.
- Mi sei mancata ieri -
 
Cisky si guardò intorno, ancora un po’ confusa.
Era mattina anche per lei, in fondo.
Quando notò Lucia non disse nulla, si limitò ad appoggiare la sua testolina sulla spalla del Gigante. Sorrise leggermente, ma rimase in silenzio.
 
Matteo sapeva di dover dire qualcosa, sapeva che una situazione del genere meritava una spiegazione, che Cisky era importante e non poteva lasciarla all’oscuro. Lei aveva trascorso molto tempo con Lucia, la considerava parte della sua routine e ricordava ancora ciò che gli aveva detto la psicologa: l’equilibrio era molto importante.
 
Doveva mettere le cose in chiaro?
Doveva aspettare e vedere come si sarebbe evoluta la relazione?
Doveva lasciar perdere e tenere la bambina fuori da tutto?
 
Stava riflettendo, cercando di trovare una soluzione abbastanza veloce, quando una voce leggera interruppe il corso dei suoi pensieri.
- Mi piace Lucia. Mi piace vedere te che baci Lucia… è come vedere il principe Filippo che sconfigge Malefica e poi con la spada taglia tutti i rovi e poi bacia Aurora e poi vivono per sempre felici e contenti. Se volete cantare, posso farlo anche io? Quando sono insieme allo zio Ivano cantiamo sempre… lui dice che cantare rende le persone felici. E io ci credo perché lo zio Ivano non mi direbbe mai una bugia. Allora… chi inizia? Inizio io? -
 
Lucia si sporse verso Matteo e baciò la testolina bionda di Cisky. Poi, la prese in braccio e andò con lei in cucina.
- Dai, bella bimba. Prepariamo la colazione al nostro Gigante. Lo lasciamo riposare un attimo. Lo sai che ha lavorato tutta notte. Recupererà in fretta tutte le energie, così trascorreremo una bellissima giornata insieme -
 
Cisky strinse ancora di più le braccia intorno al collo di Lucia. La ragazza sentì qualcosa bagnarle la pelle e, dolcemente, sollevò il mento di Cisky.
- Non piangere, amorino. Non c’è motivo per essere tristi… -
La bambina scosse la testa.
- Io non piango perché sono triste… piango perché sono tanto felice -
 
Cisky
So chi sei
Vicino al mio cuor
Amor sei tu
So chi sei
In tutti i miei sogni
Il dolce oggetto sei tu
Anche se nei sogni
Tu sei un fiore e nulla più
Il mio cuore batte
Nella realtà
E che tu verrai
E che mi amerai
Ancor
Di
Più
 
***
 
- Si è addormentata? Dimmi di sì, ti prego… Ho esaurito tutte le mie energie di oggi e l’unica soluzione che mi viene in mente è chiamare Luca e fargli leggere qualcuno dei suoi libri noiosissimi… Sempre che non sia in dolce compagnia… è un po’ di tempo che fa lo spirito libero -
Matteo stava parlando a ruota libera, disteso sul divano.
Non riusciva a ricordarsi l’ultima volta che era stato così stanco. Perfino i turni in ospedale erano meno faticosi della gita in bicicletta che avevano fatto quel giorno.
 
- Gioia, ti prego… Ricordami di non imbarcarmi mai più in un’avventura come questa. Sento dolori ovunque! Ho scoperto muscoli che mi sembravano solo un pallido ricordo dell’esame di anatomia. Credo che non mi muoverò più da questo divano, che farò le radici e rimarrò qui per sempre -
Lucia rise e gli spedì un bacio voltante mentre finiva di sistemare le stoviglie.
- Teo, se non sbaglio sei stato tu a proporre l’idea. Quando hai aggiunto che lungo la strada ci saremmo fermati in un allevamento di conigli… secondo te, c’era modo di fermare la situazione e tirarsi indietro? Qualcuno non te l’avrebbe mai permesso. E non ti preoccupare per gli acciacchi… non so se te l’ho mai detto, ma sono molto brava a fare i massaggi -
 
Il Gigante guardò la sua ragazza di sottecchi, un sorriso malizioso sulle labbra.
- Davvero? -
Chi l’avrebbe mai detto che in così poco tempo avrebbe iniziato ad aprirsi, sempre di più?
Solamente un mese prima non avrebbe mai detto qualcosa del genere, invece adesso… La sentiva più vicina, più complice.
Più sua.
Strano ma vero, era così.
- Sì -
E lui non poteva che essere più che felice.
 
Si alzò dal divano, accusando dolori fittizi, e la strinse in un abbraccio ferreo. Le baciò il capo, immergendo il naso nei capelli e respirando il suo profumo.
Lei rise, cercando di liberarsi. Tuttavia non ci riuscì e, capendo che stava combattendo una battaglia persa in partenza, si lasciò andare e appoggiò la sua schiena al petto del Gigante.
- Nonostante tutto è stata una bella giornata. Mi sono divertita tantissimo -
- Io un po’ di meno… Sai, avere un coniglio è impegnativo, non oso immaginare cosa sarebbe successo che Cisky mi avesse convinto ad adottare quella magnifica palla di pelo femmina che non aspettava altro che noi e il nostro amore
Lucia rise e intrecciò le mani a quelle del ragazzo.
- Avresti potuto trovarti la casa invasa da coniglietti – disse, tra una risata e l’altra.
Matteo storse il naso.
- Dici? -
 
La ragazza si girò verso di lui, con il viso falsamente allarmato.
- Non sai come nascono i coniglietti? -
Matteo sorrise malizioso. Indipendentemente da come sarebbe andata a finire la faccenda, probabilmente in doccia, sotto un getto di acqua ghiacciata, gli piaceva questo nuovo lato di Lucia. Un aspetto scherzoso che combaciava alla perfezione con quello del Gigante, come se fossero stati destinati, destinati a rimanere separati per anni finché non fossero stati entrambi pronti a imbarcarsi in quell’avventura insieme.
Una visione decisamente utopistica della realtà, ma che gli piaceva davvero tanto.
 
- Mmm.. non ne sono molto sicuro. Forse dovresti dirmelo tu… -
Se Ivano fosse stato presente, e Ivano avrebbe pagato per essere presente a quella scena, l’avrebbe applaudito con una standing ovation.
Lucia si avvicinò di più e gli baciò in mento. A volte la differenza d’altezza diventava un ostacolo insopportabile, eppure bastava incontrarsi a metà strada, mettersi in punta di piedi oppure abbassare il viso.
 
Lucia gli circondò il viso con le mani e il Gigante si sentì andare a fuoco.
Letteralmente.
Ogni parte del suo corpo, ogni centimetro di pelle toccato da lei bruciava, pizzicava, reclamava maggiori attenzioni.
Matteo strinse tra le dita la stoffa della canottierina di Lucia.
Di quel passo non ce l’avrebbe mai fatta. Doveva anticipare la doccia, mollare Lucia e andare a gelarsi anche l’anima, pur di raffreddare, seppur in minima parte, i bollenti spiriti che lo avevano pervaso.
Soprattutto dopo che Lucia aveva effettivamente iniziato a massaggiargli la schiena con ampi gesti circolari.
 
Gemette, a metà tra il piacere e una frustrazione tremenda.
Appoggiò la fronte sulla testa della ragazza, pensando a qualche frase gentile per congedarsi.
Anche se non avrebbe voluto.
Lucia era così…
Ogni suo movimento era così…
Inaspettato.
Inaspettatamente… perfetto.
E lui si sentiva ricettivo. Perfino troppo ricettivo.
Ogni cellula era stata riattivata. Ogni cellula era pronta per il passaggio successivo.
 
Le baciò la fronte e le accarezzò i capelli, cercando di ammorbidire il distacco.
- Devo andare a fare la doccia… per te, devo sempre essere pulito e profumato -
Sorrise e Lucia sorrise con lui.
- Anche io voglio essere pulita e profumata per te… -
Si sollevò in punta di piedi e avvicinò le labbra all’orecchio di Matteo.
- Possiamo fare la doccia insieme - consiglio in un leggero sussurrò, stringendo la mano in quella del ragazzo.
Trattenendo a stento l’euforia, Matteo annuì e le baciò le labbra, dapprima con dolcezza, poi con più passione e possesso.
 
La sentiva sua.
Era sua.
E adesso avrebbero fatto insieme.
 
Lentamente, anche se avrebbe voluto correre, si avviarono verso il bagno. Più volte Matteo fu tentato di fermarsi, di convincerla a non seguire il desiderio che stava provando, a consigliare di progredire più lentamente… di far qualsiasi cosa pur di ritardare il momento. Ma, per una volta, sia il cuore che la pancia era d’accordo.
 
Matteo aveva sempre diviso l’umanità in tre categorie: c’erano gli uomini che pensavano con il cuore, gli impulsivi che prendevano decisioni ascoltando solo e unicamente la pancia e coloro che prendevano in considerazione le direttive della testa.
 
Il Gigante non aveva mai ascoltato la propria testa, preferendo seguire i consigli del cuore e della pancia. Come quella sera.
 
Si spogliarono guardandosi negli occhi, provando quella giusta dose d’imbarazzo che si prova vedendo un altro corpo nudo. Lucia si strinse le braccia al petto, coprendo leggermente il seno. Però non si sentiva a disagio, o almeno questo era ciò che comunicava il suo viso. Stava sorridendo, un bel sorriso aperto… solo per lui.
Matteo sistemò gli asciugamani e l’accappatoio e poi aprì il getto d’acqua, regolando la temperatura in modo che risultasse gradevole.
 
Entrò, poi allungò una mano e fece accomodare anche Lucia.
Si tenettero stretti per mano, condividendo l’acqua, per poi iniziare a insaponarsi a vicenda. Le mani vagavano lungo i corpi, silenziose. Stavano attente a sfiorare con delicatezza, come se stessero maneggiando qualcosa di prezioso.
Quelle di Matteo le massaggiarono le spalle, le braccia, i fianchi, toccando lievemente anche il seno; niente di lascivo, solo tanta dolcezza che riusciva a trasparire anche da semplici gesti. L’avvicinò di più a sé, iniziando a baciarle una spalla.
Anche se non era sua intenzione, Matteo sapeva che in quell’esatto punto sarebbe comparso un lieve, ma visibile, segno del suo passaggio. Non intendeva affatto marchiarla, come se dovesse rivendicarne il possesso. Non si era mai permesso di lasciare segni sulle proprie compagne.
 
Tuttavia, ancora una volta, capì che il legame che lo univa a Lucia era diverso da qualsiasi cosa avesse sperimentato in passato. E lui voleva scoprire ogni aspetto in ogni minimo particolare.
 
- Sei fantastica – le sussurrò all’orecchio, baciandole il lobo.
Avrebbe voluto stringerla di più a lui, ma preferì allontanarsi leggermente.
Fu allora che scoprì veramente quanto Lucia si sentisse a proprio agio con lui. Quanto a fondo avesse deciso di spingersi.
 
Con un braccio, gli circondò le spalle, mentre con l’altra mano gli circondò il membro.
Matteo sgranò gli occhi, incapace di proferire una qualsiasi parola.
- Io… io non so pronta in questo momento per un rapporto completo. Tu… tu lo sai che io… io… -
Il Gigante le posò un dito sulle labbra.
Lo sapeva… e non gli importava.
 
Lei era così perfetta per lui anche per quel motivo.
Perché aveva deciso di aspettare qualcuno di importante e non sciupare la propria prima volta per togliersi uno sfizio. Nell’intimità che stavano condividendo, Matteo capì quanto fossero veramente importanti i principi di Lucia, come si fosse sentita a disagio per aver seguito un percorso tutto suo, come fossero state difficili quelle settimane, come avesse sofferto a causa dei suoi comportamenti da stronzo.
 
- Io ti rispetto – disse, usando un tono basso, ma non privo di emozione. – E ti ammiro, perché non hai paura di apparire come sei -
 
E mentre la mano di lei cominciava a muoversi, dalla base fino alla punta, il Gigante si sporse per un bacio lungo e appassionato.
Un bacio che descriveva alla perfezione quello che stava iniziando a provare con lei.
 
E mentre il tocco delle delicate dita della ragazza continuava, Matteo sentì le labbra di lei stringersi in un sorriso.
Un sorriso diverso da quelli che aveva visto in passato.
Aveva un qualcosa di intimo, come se fosse riservato solo a lui.
Come se fosse solo per lui.
 
E mentre il piacere iniziava a montare e i gemiti si facevano sempre più forti, Matteo capì che quello era un sorriso intimo.
Un sorriso che non era dedicato al Matteo di tutti i giorni, ma al Matteo che le lasciava i segni sulla spalla, che sussurrava proposte non proprio caste, che pensava ai loro corpi aggrovigliati. Ma anche al Matteo che avrebbe saputo aspettarla, finchè non si sarebbe sentita pronta per condividere con lui un’esperienza indimenticabile.
 
E mentre realizzava tutto questo, l’orgasmo lo travolse, facendogli rovesciare la testa all’indietro e abbandonandosi completamente nelle mani di quella ragazza fantastica.
Lucia.
Colei che lo aveva fatto impazzire e godere come nessun’altra. Non perché possedesse chissà quali capacità, ma era riuscita a coinvolgere non solo il pene di Matteo, ma tutto il suo corpo.
Perché era in sintonia con lei… e questo non gli era mai successo.
 
La baciò, stringendola a sé e toccandola, senza più avere paura.
- Preparati… la prossima volta toccherà a te -
 
E si sa… Matteo aveva sempre mantenuto ogni sua promessa.
 
 
Ciao ragazze…
O meglio, BUONANOTTE. Sono le 00.32 e tutto va bene. Stanotte sono sicura che sognerò il Gigante, ma… dettagli!
Scusate se sono in ritardo di due giorni sulla tabella di marcia. Chi mi segue su fb sa il perché… in compenso posso dirvi che sono abbastanza soddisfatta dal capitolo *^* All’inizio avevo pensato a un’altra cosa, ma, ancora una volta, la voce di Matteo mi ha persuaso a prendere un’altra direzione. A questo punto vorrei fare una precisazione: il rating è arancio e sono sicura di essere stata sufficientemente nei limiti. Seconda cosa… spero di non essere stata volgare. È sempre difficile per me scrivere capitoli del genere e cerco sempre di esprimermi al meglio. Come potete vedere, la storia MaLu è d’AMORRRRRRRRRRRE, ma con quel pizzico che… *^* ;)
A questo punto lascio la parola a voi: vi è piaciuto? Avete dei consigli? Qualche libro da suggerire? Lasciatemi una recensione, pls. Ho notato che ultimamente queste sono diminuite, spero che tutte voi vi facciate vive così posso ricoprirvi di baci!
Un abbraccioneeeeeeee!!
Robi

P.s: un grandissimo GRAZIE alle ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo! Dobby17, Beatrice94, SoftKitty, Bijiouttina, Serpentina e DarkViolet92 :D
 
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


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Capitolo 16
 
Un evidenziatore in mano e la matita incastrata tra i capelli, Lucia cercava di concentrarsi per poter leggere il regolamento dell’asilo dove avrebbe iniziato il tirocinio in meno di una settimana.
“Il tempo vola quando ci si diverte” pensò fissando per l’ennesima volta le lancette dell’orologio, fisse ancora sulle 16.30
 
Con un sospiro si lasciò andare contro lo schienale della sedia e lasciò la presa dall’evidenziatore, che andò a schiantarsi vicino al resto del materiale che sommergeva la scrivania.
 
Decisamente, il tempo non stava volando.
Il tempo voleva quando era insieme a Cisky… e a Matteo.
 
Arrossendo leggermente, ripercorse con la mente gli istanti passati insieme sotto la doccia, una settimana prima. Contrariamente a quanto si sarebbe aspettata, una volta usciti dal getto caldo, non aveva provato alcun imbarazzo. Matteo l’aveva avvolta in un asciugamano bianco e di spugna che, contrariamente alle scene viste nei film, le era sembrato un po’ ruvido. Tuttavia anche quella sensazione era sparita quando il Gigante l’aveva stretta tra le sua braccia. Non si erano parlati, erano rimasti in silenzio, come se avessero paura di infrangere il momento.
 
Lucia chiuse gli occhi, rivedendo mentalmente, dietro le palpebre chiuse, il corpo nudo di Matteo. Era… perfetto. Forse fin troppo. Aveva perfino la tartaruga e la ragazza aveva deciso che le avrebbe dato un nome… o avrebbe fatto meglio a dare un nome a ciascuno dei suoi addominali?
Si sa, a volte la vita ci presenta delle situazioni troppo difficili da affrontare.
 
Peccato che la parola “orgasmo” avesse ben sette lettere e gli addominali di Matteo fossero solo sei; dove sarebbe finita la “o”? Magari quella avrebbe potuto indicare il pacchetto completo, una vocale che era solita concludere un grido concitato, pieno di passione e di brividi.
 
Chiuse gli occhi, mentre tentava di scacciare immagini di lei che, nel letto di Matteo, e sopra di lui, toccava con mano quel ben di Dio, sillabando lettera per lettera.
Sbatté la testa contro la scrivania, ma non ottenne nessun risultato positivo. Anzi… aveva ancora più voglia di attraversare il pianerottolo per andare a farsi medicare dal suo infermiere preferito.
 
Sconcertata dalla piega che, in poco tempo, avevano assunto gli eventi, si avviò in cucina, fermandosi dietro il divano e osservando divertita la smorfia disgustata di Camilla durante una scena d’amore.
- Tutto questo zucchero… mi fa venire la nausea! - disse afferrando il telecomando e cambiando canale.
- Devo dedurre che… hai litigato con Gabriele? –
La bionda si girò scuotendo la testa. Camilla era bella anche con i capelli in disordine.
- Niente affatto. Amo Gabri, credo di non aver mai amato nessuno come lui. Solo mi danno fastidio queste scene letteralmente surreali! -
 
Lucia si sedette sul divano, un sopraciglio inarcato.
Non riusciva assolutamente a capire cosa ci fosse di sbagliato nella scena d’amore che aveva avuto modo di vedere per una manciata di secondi.
- Scusa Cami… ma davvero, non riesco a capire. Se ami Gabriele così tanto come hai affermato alcuni secondi fa, perché sei infastidita da una coppia innamorata come voi? Posso capire le scarse capacità recitative… ma non devono per forza influenzare il contenuto! -
 
Cami si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli ancora di più.
Lucia si preoccupò: conosceva bene la sua amica e sapeva che quel gesto non avrebbe procurato altro che guai.
 
- Luci… credimi. Mai e poi mai nella vita sentirai un coro di angeli cantare “I will always love you” mentre farai l’amore con Matteo. E assolutamente non lo sentirai durante la prima volta. È per questo che mi arrabbio, cavolo. Noi ragazze cresciamo con delle aspettative che puntualmente non sono reali. Non ci sono petali di rose che cadono dal cielo, cori angelici o visioni divine… C’è sangue, si prova dolore, a volte anche imbarazzo. È un lato dell’amore strano, a volte traumatizzante. Capisco esattamente che la maggior parte dei film romantici voglia vendere un lieto fine e noi fanciulle riponiamo troppe speranze nell’amore da poter abboccare a qualsiasi cosa… ma questi comportamenti si ritorcono contro di noi! -
 
Lucia inarcò un sopraciglio, portandosi le ginocchia al petto e le cinse con le braccia.
Ciò che aveva appena sentito sembrava così… terribile!
Non c’era magia?
Non si provava una sensazione di appartenenza?
I cuori dei partner non diventavano una cosa sola, come i loro corpi?
 
Chiuse gli occhi.
Non stava capendo nulla.
 
Per 23 anni aveva creduto in una bugia, in una fandonia, in qualcosa di irreale?
Che senso aveva preservarsi, rimanere illibate, se poi non accadeva nulla di straordinario?
Qual era lo scopo di resistere a ogni tentazione possibile se poi il coinvolgimento emotivo era pari a zero?
Perché aveva aspettato tutti quegli anni un Mr X credendo che avrebbe saputo portarla sulle vette più alte del piacere umano quando avrebbe provato soltanto dolore e disagio.
 
Di sottecchi, guardò Camilla, impegnata a rispondere a un messaggio. Stava sorridendo, quindi il mittente doveva essere Gabriele. Era quasi scontato.
Lucia ritornò ai suoi pensieri, continuando a rimuginare sulle parole dell’amica.
Come mai aveva commentato in modo così acido quando lei stessa diventava uno zuccherino appena sentiva la voce del suo ragazzo?
Forse perché…
“Perché io non sono esperta di queste cose e non ci sto capendo un’emerita minchia!” sbottò mentalmente la ragazza, iniziando a giocherellare con i suoi capelli.
 
Si sentiva a disagio.
Erano settimane che non le succedeva, in pratica da quando aveva bacio Matteo di sua iniziativa. Credeva che quella sensazione l’avesse abbandonata definitivamente, andando a tormentare altre ragazze con bassi livelli di autostima. Invece no, era rimasta in agguato, pronta a tenderle un attacco quando si sarebbe rivelata più debole. Proprio come in quel momento.
 
Tuttavia, quel mostro non aveva fatto i calcoli esatti.
Lucia non era la stessa. Era maturata, aveva acquistato una nuova sicurezza e… spigliatezza. Matteo, e la relazione con Matteo, la stavano cambiando, trasformandola nella ragazza che aveva tanto desiderato essere.
Una ragazza che si sarebbe fatta in quattro pur di portare a termine un obiettivo.
Una ragazza che non si arrendeva dopo la prima difficoltà.
 
Guardò Cami, con rinnovata sicurezza, e le pose una domanda che le ronzava in testa da… anni.
- Com’è stata la tua prima volta? -
L’amica si voltò, facendo svolazzare i capelli biondi. Contrariamente a quanto aveva sempre pensato Lucia, non si scandalizzò per nulla. Il viso rimase disteso e le labbra si sciolsero subito in un sorriso.
Sembrava… sprizzare gioia e felicità da tutti i pori.
- Hai presente da quanto tempo aspetto che tu mi ponga questa domanda? Sei la mia migliore amica, mi aspettavo un terzo grado! Invece arrivi con anni e anni di ritardo! -
- Ma non è vero! Se ben ti ricordi non appena ti ho vista ti ho fatto un terzo grado con i fiocchi! –
Camilla le lanciò un fazzoletto, per poi parlare con voce indignata.
- Me lo ricordo perfettamente, come fosse ieri. Mi hai fatto tre domande: “Tutto a posto?”, “Ѐ andato tutto bene?” e l’ultima, che preferirei dimenticare, “Avete usato protezioni?”. Luci, guarda… ti avrei tirato addosso un armadio. E la storia si è ripetuta anche quando ho fatto l’amore per la prima volta con Gabri. Io smaniavo dalla voglia di raccontarti tutto, ma invece… mi trovavo di fronte a un muro -
Camilla guardò l’amica con occhi tristi.
- Per molto tempo ho pensato non ti importasse nulla di me… che non volessi condividere nulla. Ti conoscevo e con gli anni ho imparato a conoscerti meglio… a capirti meglio. Ho compreso che l’hai fatto inconsciamente, che non volevi ferirmi oppure mancarmi di rispetto. Però nel primo periodo è stato difficile per me – Camilla prese un respiro profondo e si avvicinò a Lucia, fino ad abbracciarla.
 
- Adesso non pensiamoci più, ok? Matteo ha risvegliato una parte di te che mi piace molto e sono davvero felice di condividere con te tutto ciò che mi è accaduto e che accadrà. Tuttavia, devi promettermi una cosa. Che quando succederà... me lo dirai. Mi dirai se sei stata bene, se Matteo ti ha messa a tuo agio, se avete trovato il vostro feeling, il vostro ritmo. Vedi… quello è la cosa più importante -
 
Camilla si stiracchiò, allungando le gambe sul tavolino, preparandosi a raccontare la sua storia.
- A dir la sincera verità… non mi ricordo cos’è esattamente successo durante la mia prima volta. O meglio, la meccanica la ricordo, ma non so perché ho deciso di farlo proprio con lui. Si può dire che l’abbia data via, anche se non so il perché. Lui non era granché… si dava delle grandi arie da grand’uomo quando invece non sapeva minimante cosa fare e come farlo. Mi ricordo di aver pensato “ma è tutto qui?”. È stato velocissimo e poi si è accasciato su di me stile piovra e, o mio Dio, metteva le mani ovunque. Mi sono sentita tremendamente a disagio, tremendamente in imbarazzo… e ho capito di aver fatto un errore. Ma di quelli grossi, che non puoi nascondere. Se poi aggiungiamo che non ho ricevuto nemmeno una parola di conforto dalla mia migliore amica, direi che la situazione è passata velocemente dalla padella alla brace. E la cosa si è ripetuta anche per i ragazzi successivi. Non capivo cosa non andava in me… e stavo male perché non potevo parlarne con nessuno. Poi è arrivato Gabriele -
 
La bionda sorrise, guardò il cellulare e rispose a un ulteriore messaggio del suo amato.
- Appena ho visto Gabri ho subito capito che le cose sarebbero andate diversamente. È stata una sensazione che si è rivelata vera, perché prima di fare l’amore per la prima volta abbiamo rispettato tutte le tappe. Lo volevamo entrambi, non solamente io o solamente lui… entrambi. Secondo me è stato questo che ha dato la carica al nostro rapporto: ci siamo aspettati, l’abbiamo voluto veramente. Sembra strano e troppo smielato, ma siamo voluti fidare l’una dell’altro prima di impegnarci così a fondo. È questo quello che, secondo me, è mancato nelle mie altre relazioni. La fiducia. Solo con Gabri ne ho capito la vera importanza -
Camilla guardò Lucia e poi fece una smorfia.
- Questo non significa che durante il rapporto sono scesi petali di rosa e ho sentite sussurrate all’orecchio poesie in francese romanzo. Assolutamente no. Non è un gesto che puoi generalizzarlo. È passione, pura voglia e puro istinto… altre volte, invece, è più dolce. Tante volte si ha semplicemente voglia di sentirsi vicini, di sapere che c’è qualcuno pronto per te -
 
- E… fa male? – chiese Lucia in un sussurro.
- Credo dipenda da persona a persona. Personalmente, non ho sentito molto dolore e, per fortuna, non c’è stato molto sangue. Poi sta molto al ragazzo. Non abbiamo bisogno solamente di una preparazione psicologica, ma anche di una preparazione fisica vera e propria. In fondo è un corpo estraneo… se non si è sufficientemente, sai, pronte, può fare malissimo. E quando provi dolore è meglio non continuare… aggraveresti solamente la situazione –
- E poi come ci si sente? –
 
Camilla sollevò un sopracciglio e poi scoppiò a ridere.
- Guarda che so cosa è successo con Matteo… me l’hai detto tu! -
Lucia sgranò gli occhi e puntò il dito contro il proprio petto.
- Io? Ma se non ti ho detto proprio nulla! -
Camilla rise più forte, posando le mani sulla pancia, come se si trattasse della migliore delle barzellette.
- Non me l’hai detto tu, espressamente. Me l’ha detto il tuo corpo, i tuoi comportamenti. Il fatto che stai prendendo coscienza di te stessa e delle tue capacità, l’essere consapevole che delle proprie qualità. Non hai più le spalle incassate, non balbetti più quando il cassiere del supermercato ti fa una battuta. È vero, non riesci ancora a rispondere a tono, ma ti vedi diversa, migliore, e questo aiuta gli altri a vederti come tu vuoi essere vista. Psicologicamente parlando, la visione che gli altri hanno di noi è fortemente influenzata dalla visione che noi abbiamo di noi stessi. Se noi ci piacciamo, se andiamo d’accordo con il nostro corpo, se sappiamo di essere meravigliosi nonostante tutti i nostri difetti… anche gli altri lo percepiranno e ci guarderanno con occhi diversi. Comportandosi di conseguenza. E, come ti dicevo, ho visto questo cambiamento in te, Lucia. E se prima eri meravigliosa… ora brilli come una stella -
 
***
 
Mentre si preparava a uscire con Matteo, Lucia ripensò attentamente alle parole di Camilla. Sapeva che erano vere, anche se non riusciva a capacitarsi del loro effettivo significato.
Però aveva ragione… si sentiva bella.
Perché Matteo la faceva sentire bella.
E brillava perché i sorrisi del Gigante erano da un miliardo di volt e ogni volta che lo baciava tutta quell’energia la contagiava.
 
Mai si era sentita così.
Ed era bellissimo sentirsi così.
La cosa migliore era non essersi annullata, essere una persona diversa per piacere di più a Matteo. Sì, era sempre la stessa. Pregi e difetti. Ma se lui era riuscito ad accettarli perché anche lei non poteva farlo? Accettare se stessa?
“Sto imparando… ci vorrà tempo e fatica, ma sto imparando”.
 
Stava imparando ad amare i suoi capelli corti e a vederli sotto una luce più sofisticata, più elegante.
Stava imparando ad amare i suoi fianchi. A volte avrebbe voluto segarli per entrare in jeans più stretti e più alla moda. Tuttavia, Matteo vi appoggiava sempre le mani. Li stringeva, li accarezzava, li vezzeggiava… e non avrebbe fatto nulla di tutto ciò se non gli fossero piaciuti.
Stava imparando ad apprezzare il suo carattere timido e a volte troppo introverso, perfino asociale, perché aveva saputo aprirsi con le persone che contavano davvero.
Stava imparando ad apprezzarsi anche da un punto di vista lavorativo: non c’era niente di male nell’intraprendere la carriera come “maestra d’asilo”. Non doveva assolutamente prestare attenzione alle critiche dei genitori, ma fidarsi di chi le voleva veramente bene.
 
Come Matteo.
 
Matteo si fidava dei suoi consigli. Non la prendeva mai in giro se aveva un’opinione diversa dalla sua. Anzi, sembrava apprezzare questo scambio di idee, come se fosse una ventata di aria fresca
Per questo motivo voleva suggerirgli di iscrivere Cisky all’asilo.
Un qualunque asilo.
 
Con il tirocinio alle porte non avrebbe più potuto dedicare la maggior parte del suo tempo a quella bambina fantastica, ma non voleva che Matteo prendesse una babysitter per rimpiazzarla. Era tempo per Cisky di affrontare una nuova sfida, di stare insieme ad altri bambini, nonostante i comportamenti infantili lo zio Ivano e lo zio Luca erano decisamente troppo cresciuti, e imparare le regole dello stare insieme.
Forse all’inizio avrebbe avuto dei problemi, ma Lucia conosceva delle strutture con personale validissimo. La biondina non avrebbe sentito troppo la mancanza del suo Gigante Buono e la sera tutto sarebbe stato come da routine.
 
Sistemandosi la camicetta, la ragazza attraversò il pianerottolo per bussare alla porta del Gigante.
Poco dopo fu Cisky ad aprirle, attaccata alla maniglia e in punta di piedi.
Le sorrise subito e allungò le braccia per venir presa in braccio e fare due coccole.
- Tutto bene, topina? Qualcosa non va? -
- Matteo ha deciso di indossare la sua camicia arancio. Credevo l’avesse buttata via, fa così schifo che Palla non la userebbe nemmeno per pulire la sua gabbietta. Anzi, forse la salverebbe perché è dello stesso colore delle sue carote preferite… anche se ho dei seri dubbi –
 
Quando Matteo comparve in salotto, Lucia non riuscì a resistere e scoppiò a ridere.
Il Gigante, sorridente, si guardò in giro e poi parlò con tono di finta polemica.
- Stai ridendo di me? Come osi…? Sono meraviglioso! -
- Assomigli a una carota!! Sei una grande carota gigante! – si portò poi le mani alla bocca, l’espressione sorpresa. Chiese a Lucia se poteva metterla a terra, in modo che andasse da Palla a dargli una carota, o più di una, da mangiare. Sgambettò allegramente verso il frigorifero, il vestitino rosa che svolazzava attorno alle gambine.
 
Matteo si avvicinò a Lucia e, con un braccio, le cinse la vita.
- Sta diventando grande – sospirò.
- Sta crescendo bene. Stai facendo un ottimo lavoro. Sei un bravissimo papà –
Il Gigante la guardò scettico, portandosi una mano agli occhi.
- Faccio del mio meglio… anche se non credo sia abbastanza. Cisky è una bambina… diversa, diversa da tutti i bambini che ho incontrato nel corso degli anni. A volte ho come la sensazione che lei capisca tutto, che sia come una grande spugna: vuole assorbire il sapere degli altri. Le piace stare con Luca perché insieme… leggono tanti libri diversi. Non le solite favole che le leggo io, ma anche classici alla sua portata come “I viaggi di Gulliver” oppure altre letture. Credo che con me si annoi… -
 
Lucia gli baciò una spalla, non riusciva ad arrivare fino alla guancia senza un aiuto da parte sua, e iniziò a massaggiargli la schiena con ampi gesti circolari.
- Andrà tutto bene. Avevo intenzione di farti una proposta che, a questo punto, cade proprio a fagiolo. Tuttavia, credo che dovrai aspettare la fine della festa – gli prese una mano e ne baciò il dorso, per poi sorridere.
Matteo la guardò con occhi lucidi e strinse la mano di Lucia e, attraverso quel gesto, cercò di farle capire quanto stava diventando importante per lui e cosa significasse veramente averla accanto.
Un gesto che da solo valeva più di un milione di parole.
 
Lucia abbassò gli occhi, sorridendo. Aveva capito tutto, ma ancora non riusciva a realizzare di essere diventata così importante per un ragazzo. Una spalla d’appoggio, un partner per risolvere i problemi, qualcuno con cui dividere preoccupazioni e gioie della vita.
Gli sarebbe piaciuto baciarlo, baciarlo per davvero, stringerlo a sé e distendersi sul divano e stare insieme a lui.
 
Non era passato molto tempo dalla doccia e non si sentiva ancora pronta per esplorare territori che un tempo le apparivano così lontani, ma che adesso si stavano facendo sempre più vicini. Però iniziava a desiderarlo ed era felice che fosse un sentimento partito da lei, non da spinte esterne.
Matteo non le stava mettendo alcuna pressione, anzi… sembrava godersi ogni passo del cammino.
 
Ci sarebbe stato tempo.
Doveva continuare a fare ciò che si sentiva, cioè che veniva spontaneo, senza forzature.
Anche il Gigante sembrava vivere la stessa situazione perché sorrise e, silenziosamente, le mimò una parola.
Dopo.
 
- Io sono prontaaaa – urlò Cisky ricomparendo in salotto. – Palla ha la sua riserva di carote così non deve digiunare mentre siamo via. Adesso possiamo andare dallo zio Ivano -
 
***
 
Ivano, o meglio la sua fidanzata, aveva organizzato un ultima grigliata all’aperto, prima che il tempo costringesse tutti a rimanere isolati in casa.
Alice ne aveva approfittato per invitare alcune nuove colleghe, in modo che si sentissero le benvenute non solo all’interno dell’ambiente di lavoro, ma anche fuori.
 
C’erano anche delle ragazze single che aveva sperato di poter presentare al cerbiatto tenebroso, ma di Luca non c’era l’ombra. Come di Gian e Giorgia.
Non appena Ivan avvisto la coppietta e la bambina che entravano dalla porta corse verso di loro.
- Scappate finché potete, sciocchi! Questa casa sta diventando un manicomio. Portatemi con voi verso un luogo sicuro, al riparo da queste donne con gli ormoni alle stelle o con un’acidità che nemmeno una zitella di ottant’anni… -
 
Fu interrotto da Alice, o meglio, da una gomitata nelle costole.
- Ivano, tesoro, puoi andare ad accendere il fuoco? Stiamo morendo di fame… -
Scuotendo la testa, l’uomo si avviò verso il barbecue, lasciando i neo arrivati in compagnia della sua dolce metà.
 
Alice baciò e abbracciò tutti, riservando un’attenzione speciale a Cisky.
- Ci sono anche dei bambini della tua età! Puoi giocare con loro, se vuoi. Vieni, ti accompagno -
La biondina scosse la testa, lanciando sguardi imploranti a Matteo.
- Forse è meglio aspettare un pochino… - cerò di suggerire Lucia, il cuore in gola nel vedere il comportamento di Cisky. Perché una bambina così solare doveva comportarsi in quel modo?
- Sciocchezze… non vedono l’ora di giocare con te! E quando ho detto che hai un coniglio vero a casa volevano tutti diventare tuoi amici –
 
Cisky si dimenò per sfuggire dall’abbraccio di Alice e andare a rifugiarsi dietro le gambe di Matteo.
- Io non voglio che mi rubino Palla. Palla è il mio coniglio, io non voglio dividerlo con loro. Loro me lo porteranno via, è mio! -
Lucia si abbassò, fino a guardare la biondina negli occhi spaventati.
- Tesoro, nessuno ti ruberà Palla. Ti giuro che nessuno lo farà… che ne dici di andare a vedere questi bambini? Da lontano… Alcuni saranno antipatici, forse, ma sono sicura che ci sarà almeno una bambina che ama il rosa e i fiori come te. Puoi provare a giocare con lei, senza farlo per forza… vedere com’è. Se non ti piace, torniamo subito da Matteo, non ti devi preoccupare. Nessuno ti farà del male, ok? -
 
Lucia prese in braccio la bambina e, a passi lenti e misurati, si avvicinò alle altre mamme. Teneva Cisky stretta contro il proprio petto, per farle sentire il proprio calore e il proprio affetto.
 
Matteo sospirò e sentì il cuore allargarsi.
Le sue ragazze.
- Sembra un angelo, chissà cosa hai fatto per meritare una ragazza del genere – gli chiese Alice, incrociando le braccia.
- Non lo so… ma è… -
- Perfetta? –
- Sì –
- E allora che aspetti? Non fartela scappare per nulla al mondo, la perfezione è difficile da trovare. Soprattutto se sa incastrarsi con l’altra metà del tuo mondo. Non permettere a nessuno di portarla via, potrai pentirtene amaramente –
 
Alice se ne andò, lasciando Matteo da solo con i propri pensieri.
Aveva ragione,  non doveva permettere a nessuno di portargli via Lucia.
Perché non era solo perfetta per lui, lo era anche per Cisky.
E sapeva capirlo. Accettarlo. Sapeva gestire crisi di ogni tipo.
Ma, soprattutto, si fidava di lei.
 
Poche erano le persone degne della sua fiducia.
Ma sapeva che a Lucia non avrebbe potuto affidare solo la propria vita.
No, avrebbe potuto affidarle anche quella di Cisky.
Perché era speciale.
 
Sorridente si incamminò verso di loro. Anche se la ragazza aveva gestito la situazione alla perfezione, non voleva che si sentisse da sola.
Da adesso in poi avrebbero affrontato le situazioni difficili della vita in due.
Sempre insieme.
Come una coppia.
Come una famiglia.
 
 
Ragazze… ciao :)
A tutte voi che avete iniziato l’università oggi o in questi giorni vi faccio un grande in bocca al lupo.
Non so, ma oggi non sono in vena di scrivere delle grandi note, quindi dovete perdonarmi. Spero che il capitolo vi sia piaciuto :) è stato “strano” ma contemporaneamente “bello” scriverlo. Devo ringraziare Ilaria e soprattutto Elisa perché hanno risposto al mio terzo grado.
Grazie mille per avermi seguito fino a qui… spero che mi seguirete anche oltre ;) Come sempre, se questo capitolo vi è piaciuto, non vi è piaciuto, vi ha trasmesso qualcosa, o semplicemente volete dire la vostra all’autrice… lasciate pure una recensione :) Mi renderete molto felice :) Se siete timidi… aggiungetemi su efp, così da poter sapere le ultime dal monto del GGI.
Eh… niente.
Non ho nient’altro da dire per oggi. Strano xD
Un abbraccio :)
Robi
 
Ps: è vero, non ho risposto alla recensioni dell’ultimo capitolo, ma ne ho alcune in arretrato e sto andando in ordine. Questo non significa che non le abbia lette e ADORATE *^* Grazie mille a Romy2007, Criminol, Engel2, DarkViolet92, FlyLoveBelieve, Cardie9980, Beatrice94, Bijiuottina, Serpentina, Silvietta, thebest89, SoftKitty, Niglia e Beatrice94 ! Il vostro supporto significa molto per me.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


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Capitolo 17
 
Avrebbe potuto tranquillamente chiamarla “La giornata del ricordo”: quel mercoledì ogni cosa sembrava volergli ricordare la sua famiglia.
E, per una volta, non intendeva i suoi amici, Lucia e la piccola Ciksy.
 
No.
Per una volta, per una sola, misera volta, aveva passato tutta la giornata a pensare ai suoi genitori e ai suoi nonni. Quei genitori con i quali non andava assolutamente d’accordo e i nonni che l’avevano adorato finchè avevano potuto.
 
Tutto era iniziato in modo estremamente dolce: la pausa di metà mattina stava giungendo al termine così come il pacchetto di patatine acquistato alla macchinetta. Si era fermato davanti ala finestra intento a osservare il panorama quando aveva sentito un nome fin troppo famigliare rimbombare per il corridoio.
 
- Tilde! Tilde! Smettila di correre!! Maria Tilde, fermati ti prego. Ascoltami, andrà tutto bene…!! -
Matteo si girò, credendo di vedere una ragazza prossima alla maggiore età, invece si imbatté in una bambinetta che, su per giù, era più vicina agli otto anni.
Indossava un pigiama viola con delle nuvole bianche e, ferma nel bel mezzo del corridoio, stava facendo dei respiri profondi, cercando di normalizzare il battito cardiaco e il fiatone.
 
Matteo le si avvicinò, lasciando sul bordo della finestra ciò che rimaneva delle patatine.
- Stai bene? – le chiese con tono professionale, cercando con lo sguardo di capire ciò che le parole non avrebbero mai detto. Lei non rispose, continuando a tener lo sguardo fisso sul pavimento. Per incentivarla, Matteo le posò una mano sulla schiena e cominciò ad accarezzarla, cercando di calmarla e di trasmetterle delle sensazioni positive.
- Sto bene, grazie – la voce era ancora tremante, ma l’infermiere vi percepì una forza insolita per una bambina di quell’età.
- Sicura? –
- Sì –
 
Maria Tilde alzò lo sguardo e Matteo sentì il proprio cuore in gola.
Occhiali viola.
Occhi verdi.
Un piccolo neo sopra al labro.
Il viso di quella piccola era identico a quello di un’altra Tilde che Matteo aveva amato con tutto il cuore.
Sua nonna.
 
Inginocchiandosi lo osservò meglio per vedere se ci fossero ulteriori somiglianze o se si trattasse solo di un’allucinazione.
Ma gli occhi non cambiarono colore e il neo non si spostò.
Cercando in tutti i modi di respingere i ricordi che sembravano volerlo assalire come un’onda, il Gigante si alzò, sovrastando la piccola con tutta la sua altezza.
- Sei sicuro di star bene… sai, anche i dottori si ammalano! Lo hanno fatto vedere anche a una puntata di “Esplorando il corpo umano” -
Matteo si ritrovò a sorridere, pensando che quelle due avevano in comune anche la passione per i cartoni istruttivi.
Fece un respiro profondo cercando di ricordare che in quel momento non doveva dedicarsi a se stesso, ma agli altri e si concentrò interamente sulla bambina.
 
Fu in quel momento che notò il piccolo braccialetto di plastica blu intorno al suo polso e che prestò attenzione alla donna che l’aveva inseguita fino a lì.
Era Sandra, l’assistente sociale dell’ospedale.
Il braccialetto blu serviva a identificare i figli minorenni delle vittime coinvolte in un incidente stradale. Raramente gli veniva chiesto di prestar servizio in quel reparto e anche durante il periodo di tirocinio aveva evitato traumatologia come la peste.
Fece un segno con la testa a Sandra, comunicandole mentalmente che avrebbe portato la piccola Tilde in pediatria e che le avrebbe medicato meglio quella ferita che aveva sul braccio. I punti, applicati malamente, sembravano essere saltati.
 
La prese per mano, allungandosi e acchiappando il pacchetto di patatine lasciato vicino alla finestra per poi porlo alla bambina.
- Come ti chiami? -
- Matteo –
- Matteo, il Grande Gigante Gentile – disse con un sorriso, per poi fare spallucce. – Ѐ un romanzo di Roal Dahl… mi piace leggere –
 
Il Gigante sorrise, come per dirle che non le importava.
- Anche alla mia bambina piace leggere… o meglio, ama quando le leggiamo le storie. È piccolina, inizierà a breve l’asilo -
Tilde sobbalzò per poi stringere i denti e far finta che non fosse successo nulla.
- Tu sei un dottore? -
- Un infermiere –
- Se ti chiedo una cosa, risponderai sinceramente? –
- Se posso… certo –
 
La bambina abbassò gli occhi, prendendo gli occhiali in mano prima che cadessero.
- Puoi dirmi se la mia mamma morirà? –
 
***
 
Matteo era arrivato a casa più tardi del solito. Aveva mandato un messaggio a Lucia inventandosi una conferenza, ma in realtà aveva passato buona parte del pomeriggio con Tilde. Si era preoccupato di medicarla e assicurarla che nonostante la madre avesse avuto un incidente stradale molto grave, il dottor Borri era un medico geniale e sapeva il fatto suo. L’intervento di chirurgia generale era andato bene e Tilde si era risollevata quando il suo papà era comparso in sala d’aspetto.
 
A dir la verità, Matteo aveva finito il turno puntualmente. Però, mentre si cambiava e si dirigeva alla macchina, aveva deciso di fare una deviazione. Era andato dal fioraio dove lavorava Alice e aveva preso una dozzina di girasoli e altrettante rose gialle. Era poi andato al cimitero, dove era restato per tanto tempo a fissare quel marmo bianco e quella fotografia che lui stesso aveva scattato.
L’aveva toccata con la mano fredda, tentando di stabilire un contatto, sperando, in un modo o nell’altro che quella cosa lo calmasse. Purtroppo, nulla era andato secondo i suoi piani ed era arrivato a casa più triste e depresso che mai.
 
Non voleva che né Lucia né Cisky lo vedessero così, ma d’altronde cosa doveva fare?
Le sue donne lo aspettavano a casa e non poteva rimanere in giro per sempre.
E ormai era al parcheggio da più di dieci minuti.
 
Si sentiva… strano.
Di solito quando gli succedeva provava nostalgia, ma nulla che qualche bel ricordo non riuscisse a far scomparire. Invece, adesso, ogni pensiero era inutile.
Mentre cercava di non sbattere la testa contro il volante, pensò a una soluzione. Per la prima volta in tanti anni gli venne voglia di chiamare i genitori per poter ricevere un po’ d’affetto, ma poi si ricordò che qualsiasi tentativo avrebbe fatto… sarebbe stato inutile.
 
Sospirò, aprì la portiera e scese dall’auto, incamminandosi lentamente lungo la strada per arrivare a casa. Contrariamente a quanto faceva di solito, non salì gli scalini in fretta, ma cercò di ritardare l’arrivo alla porta il più possibile.
Prima di entrare fece un respiro profondo.
Tuttavia, appena aperta la porta, non riuscì a trattenere la rabbia.
 
Cisky era seduta sul divano e toccava uno degli oggetti che stava più a cuore a Matteo.
- Dove l’hai trovata? – chiese dandole le spalle, cercando di sbollire la rabbia.
- Non è bella? Mi piace tanto –
Cisky sorrideva e scuoteva i codini a ritmo.
- Francesca, rispondi alla mia domanda. Dove l’hai trovata? -
La piccola lo guardò meglio e il sorriso si spense. Non rispose e, sotto lo sguardo inquisitore di Matteo, cerco di sprofondare nel divano.
Matteo si avvicinò di un passo, facendo pesare tutta la sua altezza sulla piccola.
- Francesca, quando ti viene fatta una domanda è cortesia rispondere. Dove l’hai presa? Dimmelo. Subito. Prima che mi arrabbi sul serio -
 
- Ehi…. Ma si può sapere che ti prende? -
Solo in quel momento Matteo sembrò accorgersi della presenza di Lucia, comparsa all’improvviso davanti ai suoi occhi, il corpo che faceva da scudo alla bambina.
I suoi occhi erano battaglieri e le mani sui fianchi le davano un tono più aggressivo. Nonostante ciò, nulla reggeva al confronto con l’altezza di Matteo.
- Dove l’ha presa? –
La ragazza sbuffò e si avvicinò ancora di un passo verso il Gigante.
- L’ho trovata io e pensavo che sarebbe stato bello suonare e cantare insieme -
 
Matteo scosse la testa, portandosi le mani tra i capelli.
- Tu non sai un cazzo, Lucia. Non devi immischiarti in cose che non sai -
Lucia guardò Matteo, poi Cisky e quello che teneva in mano.
Poi ancora Matteo.
- Spiegami… stiamo litigando per una chitarra? Una chitarra che risale alla Preistoria e che era nel tuo ripostiglio a fare la polvere, finché io e Cisky non l’abbiamo tirata fuori, accordata e suonata? -
 
Effettivamente, usando quelle parole la rabbia di Matteo sembrava del tutto fuori luogo, eppure era arrabbiato esattamente per quel motivo.
- Quella è la mia chitarra e voi non avevate diritto a utilizzarla. Assolutamente nessun diritto -
 
Matteo diede un calcio al tavolino e il vaso tremò; dell’acqua trasbordò e sporcò il ripiano superiore. Per una volta pensò solo a se stesso, al suo dolore, alla sua chitarra, quella chitarra che non aveva visto la luce per anni e anni e che non era destinata a vederne ancora per molti. Per una volta da molto tempo non pensò agli altri, non mise al primo posto il loro benessere e il loro stato d’animo.
No.
Pensò solo a se stesso, a ciò che avrebbe dovuto fare per rimediare al disastro e portare di nuovo pace nella sua mente.
 
Solo quando la porta si richiuse, il Gigante capì di essere rimasto da solo.
Perfetto.
Ottimo.
Era esattamente ciò che chiedeva.
Prese il vaso e lo schiantò contro il muro. Si avvicinò al disastro e fu attratto dalle grandi schegge di vetro che, adesso, popolavano quella parte di parquet.
Ne prese una in mano e urlò tutto il suo dolore.
 
***
 
 
Diario di Cisky
Nonostante il chiasso che c’è nella casa di Luci e Cami, sento Matteo urlare dalla nostra casa. Dalla sua casa. Non avrei dovuto prendere quella chitarra. Matteo non la usa mai, quindi non avrei dovuto usarla nemmeno io.
Ma mi piace cantare e la mamma suonava sempre la chitarra. Io avevo un po’ imparato prima che andasse via… e adesso dovrò andare via anche dalla casa di Matteo. Dovrò lasciare Palla, lo zio Ivano e lo zio Luca, Luci, Cami e tutto il resto.
Sono molto triste.
Luci se ne accorge e mi abbraccia, stringendomi forte.
Forse si aspetta che io pianga. Ma non lo faccio. Solo le persone deboli lo fanno e io sono forte.
Però ho tanti dubbi e tanta paura.
- Mi vuole ancora bene? -
- Ti vorrà sempre bene. Gli passerà in fretta, vedrai. E se non succederà… lo convinceremo noi –
 
Luci mi tiene stretta ancora un altro po’, poi si alza e va verso la porta.
- Topina, non ti preoccupare. Ci penso io -
 
E mentre Luci esce e Camilla si affaccenda intorno a me, penso che se proprio Matteo mi farà andare via voglio che il mio Palla venga con me.
 

***
 
Lucia aprì la porta leggermente, senza bussare.
Tremava ma non voleva darlo a vedere.
Aveva paura. Sapeva che Matteo non avrebbe mai potuto farle del male, ma non lo aveva mai visto in quelle condizioni. Così arrabbiato e… ferito. Desiderò non aver mai visto quella chitarra o di aver resistito alla tentazione di prenderla, guardarla e sognare di spiagge, falò e baci dati sotto la luna.
 
L’appartamento era silenzioso. Con un passo superò la porta, ma continuò a tenere la mano sulla maniglia per prepararsi alla fuga.
Lo vide subito, seduto sul divano con un pezzo di vetro stretto in mano, il sangue scendeva lungo la superficie trasparente. Il suo sguardo era perso nel vuoto, non si voltò nemmeno verso di lei quando, superate tutte le sue paure, entrò dirigendosi direttamente alla cassetta del pronto soccorso.
Poi si sedette vicino a lui, facendo attenzione gli tolse il vetro tra le mani e cominciò a medicarlo. Sapeva che le sue doti infermieristiche lasciavano molto a desiderare, ma voleva fargli capire che sarebbe stato vicino a lui.
Sempre.
In qualsiasi situazione.
Avrebbero superato ogni litigio per poi uscirne più forti che mai.
 
- Era di mio nonno – disse Matteo evitando il suo sguardo.
- Doveva essere una persona speciale – disse Lucia finendo la medicazione. Poi portò la sua mano alle labbra e ne baciò il palmo.
Matteo la guardò, come se la vedesse per la prima volta. Si rilassò contro di lei, per poi scendere e appoggiare la testa sulle ginocchia della ragazza.
Se qualcuno fosse entrato all’improvviso, avrebbe certamente riso. Un Gigante d’uomo disteso su un divano che conteneva a malapena le sue gambe si faceva accarezzare i capelli da una ragazza minuta come uno scricciolo.
Ma le apparenze non contano, soprattutto in situazioni come queste.
 
- Amavo i miei nonni. Li amo ancora adesso, nonostante non ci siano più da anni. Se ne sono andati via troppo presto. Avrebbero amato Cisky. – Matteo la guardò, per poi chiudere gli occhi, come se il ricordo fosse troppo doloroso. – Avrebbero amato te -
 
Non sapendo bene che dire, Lucia preferì restare in silenzio, continuando ad accarezzare i capelli di Matteo, cercando di trasmettere in quel gesto tutto l’amore possibile.
- Provenivano da due classi sociali diverse, eppure si sono trovati e si sono amati. I genitori di mia nonna erano sarti e anche durante la Seconda Guerra Mondiale se la passavano abbastanza bene. Cucivano abiti su misura anche a personaggi importanti del Fascio, vivevano in città, avevano tutto. I genitori di mio nonno, invece, avevano una fattoria. Anche loro non se la cavavano malaccio, soprattutto perché avevano diverse mucche e conigli, e l’allevamento dei porcellini d’india di mio nonno -
 
Matteo rise mentre Lucia si limitò a sorridere, impaziente di ascoltare il resto della storia.
 
- Come avrebbero mai potuto incontrarsi? Sembra strano, forse un po’ troppo moderno, ma si conobbero a un bar. O meglio, a un’osteria. Non so cosa sia successo di preciso, perché ogni volta che provavano a dirmi qualcosa a riguardo ridevano entrambi, per poi guardarsi negli occhi e perdersi in un mondo tutto loro. Tuttavia, sono assolutamente certo che la nonna portò il nonno in negozio, perché si era rotta la manica della camicia. Cominciarono ad uscire insieme, ma di nascosto perché i genitori non approvarono. Quando il nonno chiese per la prima volta il permesso ufficiale di uscire con mia nonna, ricevette uno schiaffo in pieno viso. Ma lui non si diede per vinto e ritornò tutti i giorni e quando iniziarono a non aprirgli nemmeno il portone trovò un altro modo per farsi sentire. Un modo che nessuno avrebbe dimenticato -
 
Improvvisamente a Lucia parve tutto chiaro.
- La chitarra -
Matteo le baciò un ginocchio e poi continuò a raccontare quella bellissima storia.
- Mio nonno cominciò a farle serenate a ogni ora del giorno e della notte. Le cantava di tutto, oppure stava sotto la sua finestra semplicemente per farle compagnia. Tra di loro è stato amore a prima vista e non voleva che, non potendo più stare fisicamente insieme alla luce dei suoi occhi, lei credesse che aveva preferito andare a spassarsela con conquiste più facili -
 
Matteo si alzò, cominciando a riordinare il casino che aveva fatto. Lucia lo seguiva con gli occhi.
- Mio nonno suonò ogni giorno e ogni sera per sei mesi. La pioggia si trasformò in neve, poi di nuovo in pioggia. Vide le rose gialle fiorire e poi prepararsi all’inverno. Imparò a tenere la chitarra come se fosse un’estensione di se stesso. Ma quando ebbe il permesso ufficiale di uscire con mia nonna l’abbandonò per molto tempo. E poi, alcuni giorni prima di morire, la diede a me -
 
Matteo si risedette sul divano, pendendosi la testa tra le mani e cercando di non piangere. Non aveva mai parlato della morte del nonno con nessuno, quando era successo si era fatto forza per consolare la madre e soprattutto la nonna. Tutti credevano che avesse voluto la sua chitarra per capriccio, non sapeva nemmeno suonarla, perché tenerla?
C’erano ricordi migliori, eppure Matteo aveva puntato i piedi.
La chitarra.
Voleva la chitarra.
E alla fine l’aveva ottenuta.
 
Nessuno, forse adesso solo Lucia, sapeva che quella chitarra era destinata a lui. Era stato lo stesso Sergio a volerlo. Voleva che il nipote conoscesse il vero sapore dell’amore, i sacrifici che venivano fatti in suo nome. Quella chitarra doveva essere un augurio a trovare la sua Tilde, la luce dei suoi occhi e avrebbe dovuto, in qualche modo, essere uno strumento per conquistarla.
 
Matteo non aveva mai suonato la chitarra.
Nessuna delle ragazze con le quali era uscito o che avevano fatto sesso con lui non avevano mai superato la fase di conoscenza. Lo strumento era rimasto nel ripostiglio, non dimenticato, ma semplicemente a riposo, pronto ad aiutare il suo padrone a conquistare la ragazza dei suoi sogni.
 
- So di essermi comportato da coglione. Cisky non meritava un trattamento del genere. Eppure… - non trovando le parole Matteo preferì continuare a guardarsi i piedi.
Lucia gli prese la mano e poi si sedette a cavalcioni su di lui, le ginocchia che gli stringevano i fianchi. Lo obbligò a guardarla negli occhi e poi gli sorrise, uno di quei sorrisi non scontati che lo lasciavano senza respiro.
- Ti capisco. E non ti devi scusare… almeno non con me. Solo con Cisky. Non avremmo dovuto invadere il tuo spazio privato, mi dispiace -
 
Lucia lo baciò, gettandogli le braccia al collo e avvicinandolo il più possibile a sé.
Sentì le sue mani sulla schiena, che stringevano il tessuto della maglia per poi intrufolarsi al di sotto.
- Mi capisci così bene – le sussurrò all’orecchio. – Sei mia anche se non ti ho mai suonato nulla. Mia. Solo mia -
 
E così come aveva detto Camilla, Lucia capì che era quello il momento giusto.
Il momento che aveva aspettato da una vita.
Lì.
Non su un canonico letto, ma su un divano.
Non tra le candele profumate, ma tra i vetri rotti.
Non dopo aversi dichiarato amore eterno, ma dopo essersi confidati un segreto.
 
Si premette di più contro di lui, approfondendo il bacio, accarezzandogli il collo e i capelli. Sospirando quando le labbra di Matteo si spostarono sul suo collo e le sue mani le diedero brividi alla schiena.
Lo voleva. E per la prima volta capiva perfettamente cosa significassero queste parole.
 
Dopo minuti scanditi da sospiri, lui l’allontanò leggermente, in modo da poterla guardare negli occhi.
- Grazie -
Lucia lo baciò.
Spesso i gesti, le azioni, rendono più di mille parole.
Poi gli circondò il viso con le mani e lo guardò negli occhi.
Senza bisogno di parole, Matteo capì tutto.
 
E le sorrise.
Le baciò i capelli, guardando oltre di lei.
Ancora una volta, la chitarra aveva visto la vera nascita di una storia d’amore.
 
 
Ciao ragazze.
Eh sì… finalmente è arrivato il capitolo tanto atteso. Spero vi sia piaciuto e che ne sia valsa la pena aspettare così tanto.
Cosa vi è successo in questi luuuuuunghi mesi?
Io… mi sono laureata, ho iniziato la magistrale, aperto un blog e fatto l’iscrizione in palestra xD Quante cose, Bertu! Brava! E voi? Raccontatemi :)
Vi ringrazio per i messaggi su fb e su efp, siete le migliori. E grazie per non aver tolto questa storia dalle preferite/ricordate/seguite. Anzi! In questi mesi siamo cresciute ed è bellissimo vedere come vogliate bene a Matteo, Lucia e alla piccola Cisky *^* Sapete che in questi mesi ho sentito il vero Matteo? Adesso ho una sua registrazione dove mi chiama Bertu. Ragazze, a momenti morivo. Se non mi è venuto un infarto quando l’ho ascoltata per la prima volta non mi verrà più nella vita. Grazie Sara, non smetterò mai di ringraziarti.
Davvero, vi voglio bene. A tutte voi :)
Se potessi vi abbraccerei, invece vi mando solo una ciambella virtualmente.
Adesso passiamo alle note dolenti. Quando pubblicherò il prossimo capitolo? Non lo so, ragazze. Prometto che farò il prima possibile, ma sono davvero molto impegnata… ma Matteo avrà la sua fine e dopo parleremo di Luca. È una promessa :)
Intanto vi ricordo il mio profilo FB: Bertu Wheeler. Eh sì, ho cambiato cognome dopo aver visto #babydaddy. RAGAZZE, VOGLIAMO PARLARE DI DANNY??? Poi, vi aggiungo anche il mio blog dove troverete recensioni di libri e fan fiction di efp
http://annidinuvole.blogspot.it/ e relativa pagina fb del blog.https://www.facebook.com/pages/Annidinuvole/851076638246607
Grazie per le recensioni! Lo so che devo ancora rispondervi, prometto che lo farò, ma sono una persona egoista e mi piace molto leggerle :P quindi… scrivete, scrivete, scrivete!
Io vi ringrazio dal profondo del mio cuoricino e vi rinnovo l’invito a parlare con me su fb per farmi sapere che ne pensate della storia e come va la vostra vita!
Un abbracioneeeee
Robi
 
 

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