You're living for the moment. You need to live for the future.

di fanny_rimes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Insieme ***
Capitolo 2: *** Solo ***



Capitolo 1
*** Insieme ***


♦ Personaggi: DamonxEnzo;
♦ Genere: Fluff, Inttrospettivo;
♦ Avvertimenti: Lieve accenno di slash (ma solo se siete delle slashomani compulsive come me!)
 

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Insieme
 



Dolore. Giorno dopo giorno, sempre più dolore. Se non fosse stato un vampiro, probabilmente non avrebbe superato neppure la prima notte; se fosse stato una persona normale, adesso non starebbe sopportando tutto questo dolore.
Ma lui non era umano e mai come in questi momenti, in cui la sofferenza diveniva insopportabile, aveva desiderato di poter porre fine alla sua immortalità, di essere un semplice uomo di nessun interesse per la Augustine.
Invece era un mostro, questo ripetevano quei sadici dottori ogni volta che lame affilate, strumenti di tortura e sieri infettivi penetravano nella sua carne, mentre il suo corpo soccombeva e la sua natura sovrannaturale gli impediva di morire.
Damon gemeva piano sul pavimento lurido della sua cella. La maglia logora era strappata in più punti; i capelli, incrostati del proprio sangue, una massa aggrovigliata color dell'ebano; mani e braccia completamente ricoperti di tagli e ferite che tardavano a rimarginarsi per la misera quantità di sangue che giornalmente gli veniva somministrata.
«Presto ce ne andremo di qui.» La voce di Enzo gli giunse dalla cella accanto. «E ci vendicheremo di ogni tortura subita in quel dannato laboratorio.» Il suo tono era calmo, come se fosse certo che prima o poi tutta quella sofferenza avrebbe trovato sfogo sui suoi rapitori.
Suo malgrado, Damon si ritrovò a sorridere, ma subito dopo un violento accesso di tosse gli squassò il petto, mentre una lancinante fitta di dolore lo immobilizzava al suolo.
Si pulì le labbra con la manica e, quando abbassò lo sguardo, vi scorse piccole macchie vermiglie su tutta la stoffa. «Ne stai tenendo il conto?» mormorò a fatica.
«Di ogni singolo taglio.»
Non senza difficoltà, Damon si trascinò sul pavimento finché non riuscì ad appoggiarsi contro la parete che lo divideva dall'altro prigioniero. Anche se la fredda pietra li separava, riuscì ad avvertire la presenza del vampiro alle sue spalle e quel pensiero parve farlo sentire meglio. Forse non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma sapere che non era solo, ascoltarlo mentre affrontava tutto quello con molta più forza di quanta ne avesse lui, lo aiutava a tenere duro. Lo distraeva dalla voglia di strapparsi il cuore dal petto per mettere fine a tutto quel dolore
«A che stai pensando?» L'eco delle parole di Enzo rimbombava attraverso la stanza vuota, ma a Damon parvero come ovattate. 
Le palpebre erano diventate pesanti e desiderava ardentemente una notte di riposo, anche se sapeva che presto sarebbero tornati a prenderlo.
«New York» rispose con voce trasognata.
Enzo rise. «È stato questo favoloso panorama ad ispirarti?» 
Damon gettò un'occhiata alla stanza, anche se ormai ne conosceva a memoria ogni singola crepa: qua e là, perdite d'acqua avevano formate pozze maleodoranti; aloni di muffa e sporcizia macchiavano le pareti ingiallite e le tracce del loro sangue erano un po' ovunque sul pavimento e sulla pietra. «Forse tutti questi mesi di prigionia hanno sviluppato la mia fantasia» commentò.
Enzo si raddrizzò contro la parete. «Io immagino un prato verde, un cielo di un azzurro profondo e un arcobaleno splendente ad attraversarlo. Non avrei mai pensato che la luce del sole potesse mancarmi così tanto» confessò.
In un'altra situazione, Damon avrebbe riso di lui. Ma adesso, imprigionato in quella cella che, giorno dopo giorno, pareva diventare sempre più angusta, riusciva a capire bene quello che l'altro provava.
Tese una mano infilandola tra le sbarre, stando attento a non toccare l'acciaio intriso di verbena. Le dita grattarono piano sul pavimento lurido, come alla ricerca di un po' di libertà da quella prigione. Stava per ritirarla, quando scorse quella di Enzo unirsi alla sua.
Le dita del vampiro lo sfiorarono piano, carezzandogli la pelle ferita sul dorso. 
Il suo primo istinto fu quello di scostarsi, ma quel contatto in qualche modo parve dargli una forza che non provava da tempo. Voltò la mano ed Enzo prese a disegnare piccoli cerchi sul suo palmo. Il suo tocco, così leggero, pareva infondergli uno strano calore che lo attraversò come una scarica elettrica.
In quel luogo, in quella vita così lontana da quella che aveva vissuto fino a un attimo prima di conoscere la Augustine, quel tocco soffice che un tempo l'avrebbe ripugnato adesso sembrava l'unica fonte di quella felicità che da troppo gli era negata.
«Non smettere, ne ho bisogno» sussurrò e avrebbe dovuto vergognarsi per quella debolezza, lo sapeva, ma sentiva anche che Enzo lo capiva. Perché ne aveva bisogno tanto quanto lui.
L'altro intrecciò le dita alle sue, stringendo forte come se da quella presa ne dipendesse la propria vita, come se non avesse voluto lasciarlo andare mai più.
«Arcobaleni e verdi colline, deve essere un bel posto. Vorrei andarci un giorno.» Damon si accorse che la sua voce era roca.
«Ci andremo insieme. Faremo una breve sosta mentre viaggiamo verso New York» fu la risposta dell'altro.
Damon sorrise.
Insieme. Era a quello che doveva aggrapparsi.
Erano insieme. E quella sarebbe stata la loro forza.
 


My friend, my cellmate, 
the only soul with whom I'd connected with 
in all those years of captivity.
(Fifty shades of Grayson, TVD)



Note: Il riferimento all'arcobaleno e alle verdi colline si rifà alla conversazione tra Damon e Alaric nella 3x19, in cui
Rick descrive in questo modo il luogo in cui il vampiro conduce Roso subito prima di ucciderla.

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Capitolo 2
*** Solo ***


♦ Personaggi: DamonxEnzo;
♦ Genere: Angst, Introspettivo, drammatico;
♦ Avvertimenti: What if?; Spoiler! 5x14
 

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Solo
 
 

Enzo se ne stava appoggiato contro la parete della casa in cui erano intrappolati. Nonostante la sua espressione ostentasse un'apparente calma, se ne stava a distanza di sicurezza dall'amico vampiro che, seppur legato da grosse catene alla sedia del soggiorno, avrebbe potuto da un momento all'altro porre fine alla sua vita.
«C'è bisogno che ti distrai. È proprio come alla Augustine: devi rivolgere la tua mente altrove, concentrarti sul futuro.»
Damon abbassò lo sguardo, ripensando alla sua situazione attuale. «Sono un vampiro che si nutre di vampiri, Elena ha scoperto che sono solo un mostro, mio fratello mi ha detto di non tornare a Mystic Falls. Non ho nemmeno più Katherine da tormentare, scusami se non riesco a fare progetti per il futuro in questo momento.»
«Allora concentrati su qualcos'altro!» Enzo era chiaramente preoccupato, ma si sforzava di controllare il tono della voce. «Un ricordo del passato, un momento felice... ci sarà qualcosa che possa distrarti dal mio sangue.»
Damon rise. Una risata amara che terminò con un gemito di dolore in risposta ai morsi della sete.
Stava per ribattere  di trovare un'altra idea, quando il suo cervello parve venirgli incontro, mostrandogli le immagini di un ricordo che non credeva nemmeno più di avere. 
Era sera e lui era nella sua stanza. Sua madre gli stava rimboccando le coperte. 
A volte faticava a ricordare il suo volto, ma stavolta la sua figura gli apparve stranamente nitida: aveva il viso piccolo e ovale, i capelli bruni raccolti in una treccia sulla nuca e le sue mani erano calde, mentre gli carezzava il viso, così come i suoi grandi occhi celesti. Si era chinata su di lui, baciandogli la fronte, e aveva mormorato qualcosa che Damon non riusciva a ricordare.

Era felice, allora, ancora capace di amare e di ricevere amore; quell'amore incondizionato che solo una madre sa dare.
Ma anche lei se ne era andata. Certo, sapeva che non avrebbe voluto lasciarli, che avrebbe dato qualunque cosa per stare accanto ai suoi bambini, eppure non era servito. Già allora, poco più che un bambino,  Damon aveva imparato la dura lezione che desiderare qualcosa con tutto se stessi non serve a farlo avverare. 
All'immagine di sua madre si sostituì d'improvviso quella di suo padre. Così come lei era stata la persona che  più lo aveva amato al mondo, lui era stato forse quella che più lo aveva disprezzato e, tenendo conto che viveva da centinaia di anni e che la lista dei suoi nemici in questo tempo aveva raggiunto cifre esorbitanti, il vecchio Salvatore doveva essersi impegnato davvero molto per raggiungere il primato.
Nemmeno da umano reggeva il paragone con suo fratello. Nemmeno allora, prima che Katherine entrasse a far parte della sua vita e lui si trasformasse in ciò che era, suo padre lo aveva mai accettato.
Anche prima di diventare un mostro, lui era il figlio sbagliato. La scelta sbagliata.
«Direi che non funziona» sentenziò quando la sua mente ritornò al presente.
La ferita di Enzo inflitta dal dottor Whitmore si era richiusa, ma l'odore di sangue continuava ad impregnare la stanza. Un richiamo alla realtà troppo forte per essere ignorato.
«Parlami di lei. Raccontami di Elena.» Enzo si sarebbe aggrappato a qualunque cosa, pur di distrarlo. Era certo che Stefan sarebbe arrivato presto. Non lo avrebbe lasciato solo, non dopo aver saputo che la vendetta di quel sadico dottore avrebbe potuto mettere in pericolo la vita di suo fratello.
Damon sembrò perdersi nei suoi pensieri. Per un attimo socchiuse gli occhi e la sua mente lo riporto nel soggiorno di casa sua, davanti alle fiamme cremisi che bruciavano piano nel camino.
Ti amo, Damon.
Quanto aveva desiderato sentirle pronunciare quelle parole. Lo aveva voluto così tanto che, nella fretta di correrle incontro e legare le proprie labbra alle sue, come se ne dipendesse la propria vita, non si era fermato a pensare.
Ci aveva creduto davvero. Mentre il fuoco del camino scaldava la stanza e la voce di Elena scaldava il suo cuore, aveva pensato davvero che lei avesse scelto lui, alla fine, che lo amasse sul serio.
 Ma troppo intontito da quel ti amo, non aveva prestato attenzione a quello che lei gli stava dicendo, alle parole che avevano preceduto quella dolce dichiarazione. “Tra tutte le scelte che ho fatto, questa sarà di sicuro la peggiore”. Avrebbe dovuto sapere che era solo questione di tempo prima che quella scelta sbagliata si sarebbe rivelata solo per quello che era: un madornale errore.
Forse Enzo non era esattamente la persona a cui avrebbe voluto confessare il dolore che in quel momento gli struggeva l'anima.
«Dannazione, quanto vorrei una bottiglia di Bourbon, adesso» si lamentò, raddrizzandosi sulla sedia e lasciando che le catene gli lacerassero la pelle dei polsi. Il dolore forse l'avrebbe distratto. Se fosse riuscito a mantenere il controllo, forse non avrebbe dovuto guardare ancora una volta un amico morire tra le sue braccia.
Rick”, pensò. Ecco cosa gli ci sarebbe voluto: una bottiglia di whisky e un amico con cui far tintinnare i bicchieri. 
Rick. Lui avrebbe capito il suo dolore senza bisogno di spiegare nulla. Se ne sarebbe stato lì, in silenzio, seduto sullo sgabello del Grill accanto a lui e avrebbe semplicemente riempito i loro bicchieri finché i fumi dell'alcol non lo avrebbero stordito così tanto da impedirgli di pensare a lei.
Non avrebbe dovuto fingere di essere quello che non era. Alaric l'aveva giudicato per alcune delle sue scelte, certo,  ma non l'aveva mai disprezzato, nemmeno per quelle più disastrose.
Ma aveva deluso anche lui: non era riuscito a salvarlo, l'aveva guardato morire, impotente, e per un attimo si era dimenticato che desiderare che vivesse non sarebbe bastato e l'aveva ripetuto più e più volte, senza risultato, mentre il cuore si spezzava per l'ennesima volta: “Non sei morto. Non sei morto.
Era stato l'amico più importante che avesse mai avuto, quello che Lexie era stata per suo fratello, la sua ancora di salvezza, la sua coscienza, anche se era durato troppo poco. Forse averlo avuto accanto un po' di più l'avrebbe aiutato a diventare un pochino migliore. 
O forse non c'era possibilità di redenzione per uno come lui.
«Non farlo, Damon.» La voce di Enzo lo distolse dai suoi pensieri.
«Fare cosa?»
«Tormentarti nel passato, pensare alle persone che hai perso, lasciarti andare. Cerca ricordi piacevoli, quei momenti in cui eri fiero di essere il vampiro che sei.
»
Una donna dai lunghi capelli rossi si materializzò nei suoi ricordi. I riccioli color del fuoco, il sorriso impertinente e quella sensualità che di rado aveva incontrato in un'altra donna. 
Sage. Lei non puzzava di Bourbon e non russava sul divano tutta la notte dopo una serata passata a bere, e di certo si concedevano momenti di intimità che con Alaric non avrebbe mai condiviso, nemmeno se avesse scolato tutte le bottiglie di whisky di questo mondo. Ma a suo modo era stata una buona amica.
Di sicuro lei non perdeva tempo a farlo ragionare sui suoi errori; anzi, era stata lei a far emergere il suo lato peggiore di vampiro, conducendolo sulla via del piacere estremo, del peccato più oscuro.
Anche a lei si era aperto più che con chiunque altro, e forse si era perfino illuso che quei momenti potessero significare qualcosa. Ma la vampira era rimasta fedele al suo unico amore, per centinaia di anni, come se sapesse bene che il suo posto era accanto al suo Finn e che avrebbe solo dovuto aspettare prima di tornarci.
Si erano amati ed erano morti insiemi. L'universo era stato clemente con loro in un certo senso. Alla fine li aveva fatti rincontrare e, quando uno se ne era andato lasciando sola l'altra, aveva privato quest'ultima della sua immortalità, della sua vita, facendo in modo che stessero insieme almeno nell'aldilà.
Lui invece non avrebbe mai conosciuto questo tipo di amore. Per quasi tutta la sua vita da immortale, aveva rincorso la donna che credeva di amare, che aveva fatto di lui il mostro che era, pronto a donarle la sua anima, la sua purezza, il suo cuore. Invece lei lo aveva tradito, ingannato, rifiutato. Anche anni dopo, quando aveva potuto stringerla di nuovo tra le sue braccia, lei gli aveva confessato di non averlo mai amato.
A lui l'universo non aveva concesso un lieto fine.
Katherine aveva scelto Stefan, Elena – presto o tardi – sarebbe tornata di nuovo da lui e a lui non restava più niente.
In parte era felice che Stefan non si fosse ancora fatto vivo. Senza di lui suo fratello ed Elena avrebbero potuto essere felici. Eppure non riusciva a sopportare l'idea che anche lui lo avesse abbandonato.
Non tornare più.” 
No, non sarebbe venuto. Probabilmente in questo momento stava stringendo Elena tra le braccia, contento che la sua presenza non sarebbe più stata d'intralcio.
D'altronde era mai riuscito ad essere il fratello perfetto. Nemmeno quando si era ritrovato a badare a Jeremy, come se fosse un secondo piccolo di casa da proteggere, aveva fatto un buon lavoro. 
Jer gli aveva voluto bene, si era fidato di lui, l'aveva accettato come fidanzato di sua sorella e forse anche come sostituto di quella figura paterna che più di una volta gli era stata sottratta. Ma lui aveva rovinato tutto, perché era questo quello che sapeva fare meglio: costringere le persone che si avvicinavano a lui a temerlo, ad odiarlo, perché così non avrebbe dovuto ricambiare la loro fiducia, non avrebbe dovuto guardarli mentre faceva la cosa sbagliata e l'ennesimo sguardo di delusione si posava sul suo viso.
Lo aveva usato per i suoi scopi, sfruttato per ottenere la sua vendetta, era rimasto impassibile mentre Enzo gli faceva del male, e la sua inerzia era stata forse ancora più dolorosa. 
Aveva ferito l'ennesimo innocente, aveva tradito un altro fratello. 
D'improvviso la sua sete divenne incontrollabile. Aveva bisogno di sangue, era necessario per lenire quell'arsura che sembrava gli stesse prosciugando anche l'anima. 
Gli bastò un solo movimento e le catene che lo bloccavano si spezzarono.
«Damon.» Enzo indietreggiò di qualche passo, pronto a difendersi. «Sono l'unico amico che ti è rimasto, cerca di tenermi in vita o resterai solo.»
Solo. No, lui non voleva restare più solo. Non voleva più soffrire, non voleva più guardare un amico morire.
Aveva guardato già una volta Enzo gridare in preda al terrore, avvolto dalle fiamme, e non aveva potuto aiutarlo...
Con un balzo raggiunse l'altro vampiro, scoprendo i canini e aggrappandosi alla sua gola.
«Damon, fermati!» Enzo avrebbe voluto urlare, ma la voce uscì roca dalle sue labbra, mentre concentrava tutte le forze per sovrastare l'altro.
Aveva guardato Alaric mentre la vita lasciava il suo corpo, freddo e immobile tra le sue braccia, e lacrime silenziose rigavano il suo viso.
Si fermò, anche se lo sforzo che dovette compiere per farlo fu immane. Lo slancio per allontanarsi dal corpo sanguinante del vampiro gli fece perdere l'equilibrio, e Damon rovinò contro la sedia a cui poco prima era legato, rompendola e finendo sul pavimento.
Aveva guardato Andie compiere quel passo nel vuoto, i suoi occhi imploranti che chiedevano aiuto, il terrore così intenso da apparire palpabile mentre si schiantava al suolo con l'unica colpa di averlo amato.
«Enzo, ti prego... se non lo fai tu, ti ucciderò io. Non posso resistere ancora.» Le parole furono sussurrate, ma parvero rimbombare attraverso la stanza.
Damon si mosse piano, spingendo verso l'amico un pezzo del bracciolo appartenente alla sedia appena distrutta. «Fallo. Fallo adesso, finché ho ancora un po' di controllo.» 
«No.» Un'unica parola, urlata con rabbia. «Non ti ucciderò, Damon, deve esserci un altro modo per-»
«Non c'è un altro modo!» Damon si contorse dal dolore. Non sarebbe riuscito a trattenersi ancora. 
Le unghie stridettero sul parquet, mentre tentava di restare lucido, mentre provava con tutte le forze a impedirsi di compiere un ultimo scatto verso Enzo per attaccarsi ancora una volta alla sua vena, stavolta finché non ne avesse bevuto fino all'ultima goccia di sangue.
«Se non lo fai, ucciderò te» continuò, «e metterò in pericolo Stefan ed Elena...» 
Una lista breve, si fermò a pensare con rammarico. Ormai non gli restava più nessun altro di cui gli importasse davvero qualcosa.
Vide Enzo avvicinarsi e chiuse gli occhi. «Fallo» ripeté e, stranamente, il sorriso gli si allargò sulle labbra. 

L'aria profumava di fresco e avvertiva il calore del sole sulla pelle mentre camminava piano su un'immensa distesa di verde. Ricordava quel posto, l'aveva visto quando...
Rose apparve difronte a lui. Indossava lo stesso abito turchese che aveva l'ultima volta e brillava di una luce così intensa che quasi si confondeva con il cielo splendente alle sue spalle.
«Ti stavo aspettando» disse dolcemente. 
Il suo sorriso gli scaldò il cuore. «Aspettando per cosa?»
Rose chinò appena la testa, tendendo la mano per accarezzargli una guancia. «Voglio la rivincita. Facciamo a chi arriva prima a quegli alberi. Si parte al mio tre.»

Uno...
Due... 


 

Enzo's friendship kept me alive,
he gave me a reason
to hang into my humanity
(The Cell, TVD)

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