Curiosa convivenza

di Relou
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio ***
Capitolo 2: *** inconfondibile imbarazzo ***
Capitolo 3: *** Equilibri ***
Capitolo 4: *** Questione di privacy ***
Capitolo 5: *** Tra impressioni e incomprensioni ***
Capitolo 6: *** Nostalgia ***
Capitolo 7: *** Fish and chips ***



Capitolo 1
*** L'inizio ***


Non vedo più Sherlolly in giro! Ma dove siete finite? Per ora mi occuperò io di ripopolare il fandom ma avrei anch'io il piacere di leggere qualcosa. Un abbraccio, spero vi piaccia, buona lettura.





Molly era seduta,  rannicchiata con le gambe sotto il mento,una maniera che a Sherlock risultava scomoda, sulla poltrona di John. Lo stava osservando. Quegli enormi occhi marroni erano puntati su di lui, lo studiavano, come potevano studiarlo una ragazza semplice come Molly Hooper. Sherlock aveva le mani unite sulle labbra ed era seduto sulla poltrona di fronte. I due si osservano insistentemente, senza cedere. Sembrava una battaglia di sguardi ma non c’era sfida in quegli occhi. Gli occhi di Molly erano terribilmente dolci e sembravano tristi, quelli di Sherlock curiosi e indagatori ma senza freddezza o ostilità. Rimasero così per un tempo che sembrava lungo delle ore. Nessun movimento, nessuna parola. Entrambi si chiedevano cosa stesse pensando l’altro ma allo stesso tempo, sembravano comunicare in quel silenzio. Sherlock non sembrava disturbato da quel momento che iniziava a risultare sempre più intimo. A Sherlock Holmes basta un’occhiata fugace per individuare le caratteristiche fisiche e caratteriali di una persona, alle persone normali, in questo caso a Molly Hooper, serviva un po’ più di tempo per comprendere certe cose. Molly ha sempre osservato Sherlock di nascosto, però. Non ha mai avuto l’occasione di godersi quella visione per intero e per un periodo così lungo. Non si sarebbe mai stancata di guardarlo.
  • Bene- sbottò Sherlock improvvisamente, abbassando le mani lentamente – Credo che, per la diversità di sesso e abitudini, ci sia il bisogno di mettere delle regole. – Molly non parlò, lei rimase immobile com’era. – Prenderai la stanza di John al piano di sopra. C’è solo un bagno purtroppo, in casi di emergenza potrai chiedere alla signora Hudson di offrirti il suo. – Sherlock continuava la sua spiegazione e Molly ascoltava, in silenzio. – Come già saprai, mi capita spesso di eseguire alcuni dei miei esperimenti in casa e non intendo cambiare abitudini- Sherlock fece una pausa, come ad accogliere delle proteste di Molly che però non arrivarono – Saprai, anche, che ho delle pessime abitudini, a volte, come suonare il mio violino in orari improbabili. Il mio umore è oggetto spesso a dei cambiamenti inaspettati e non è sempre piacevole, beh, per voi non lo è mai.- disse roteando gli occhi. – Per il resto, non credo ci sia molto da dire. Hai delle domande? – Molly fece no con la testa – Quindi, tutto chiaro?- Molly accennò un si con il capo e gli sorrise debolmente. I due ritornarono alle posizioni di prima. Si prospettava una convivenza curiosa.

     
Quella mattina Sherlock, accompagnato da John, aveva raggiunto di fretta il Bart’s. Molly stava concludendo il turno di notte e ritrovarsi i due uomini così all’improvviso la spaventò. Non aveva voglia di altro lavoro, aveva già lavorato fin troppo e stanca com’era voleva solo tornarsene a casa a risposare.
  • Molly Hooper – Sherlock scandii il suo nome con lentezza. -Prepara i bagagli, è ora di trasferirsi. –
Molly, presa alla sprovvista, rimase per un attimo a bocca aperta. Quando si riprese, Sherlock era già uscito dalla stanza, rimase solo John.
  • Sherlock, anzi tutti, riteniamo che tu, in particolare, sia in pericolo. Moriarty è di nuovo in circolazione e Sherlock non l’ha ancora individuato. L’unico modo per tenerti al sicuro è che tu ti trasferisca a Baker Street.- John spiegò serio la situazione e Molly accennò un si, un po’ confuso, con il capo.
  • Ma, John, non potrà certo tenerci tutti nel suo appartamento. Voglio dire, Moriarty non colpirà solo me. – a Molly tremava la voce ma non era paura. Lei non temeva Moriarty. A suo modo, si sentiva speciale, lei e Sherlock l’avevano depistato una volta e l’avrebbero fatto di nuovo.
  • Molly, io e Mary sappiamo difenderci e poi passiamo già molto tempo con Sherlock. La signora Hudson vive già lì e Lestrade è un agente della polizia. Tu rimani l’unica scoperta.- Molly annuii, John aveva ragione.

Sherlock li stava aspettando in strada con un taxi.
  • Finalmente! – esclamò irritato. Per Sherlock sembrava tutto così normale e semplice. Molly, invece, doveva ancora metabolizzare il tutto. Lei a Baker Street. Lei coinquilina di Sherlock Holmes. Il solo pensiero la fece arrossire violentemente e sperò, invano, che nessuno la notasse. Sherlock, proprio in quel momento, la stava fissando.

    Giunsero a casa di Molly. Sherlock aveva insistito per seguirla così da aiutarla a preparare i bagagli e  portarli in fretta a Baker Street.
  • Molly, ricorda, solo lo stretto necessario. Non voglio che il mio appartamento si riempia di.. cuscini colorati e altre cianfrusaglie inappropriate. – disse Sherlock indicando la roba fin troppo colorata della casa di Molly Hooper. Era ordinata, ogni cosa aveva il suo posto, ma sembrava regnare il caos comunque. C’erano alte librerie finto legno scuro piene di libri di ogni genere, da quelli di medicina a quelli romantici e anche qualche Fantasy per ragazzi. C’era un divano a due posti con un copri divano sul verde chiaro un po’ invecchiato, su di esso erano sistemati vari cuscini colorati. Alle pareti non c’erano quadri, solo un paio di foto con amici e familiari. Già all’entrata si intravedeva l’angolo cottura spezzato da una colonna rettangolare. Sembrava tutto così piccolo. Sherlock si sentiva troppo grande e alto per stare lì dentro. John gli diede uno strattone – Cerca di essere più cortese. Dovrete convivere per un po’ e come lei dovrà sopportare te tu dovrai accettare lei. –
  • Credo di aver preso tutto. – Molly aveva solo due borsoni con sé.
  • Sei sicura? Sembra un po’ troppo poca quella roba, dovrete convivere per chissà quanto. – disse John premuroso.
  • Si, non avrò bisogno di molto e poi Sherlock ha specificato “solo il necessario”. Se dovessi accorgermi di aver dimenticato qualcosa potrò sempre tornare. – Molly era così gentile.
Molly aveva solo due borsoni con sé, contenenti indumenti e prodotti per il bagno, si guardò più volte indietro prima di uscire. Forse avrebbe voluto portare qualcos’altro, qualcosa di superfluo ma sentimentalmente importante che la facesse sentire a casa ma non prese nient’altro. Chiuse la porta e seguii i due uomini che si erano gentilmente offerti di portare i borsoni.
 

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Capitolo 2
*** inconfondibile imbarazzo ***


Le cinque del mattino, per Molly Hooper la sveglia suona molto presto. Si stiracchia e rigira nel suo caldo e morbido letto. Solo quando apre gli occhi sembra rendersi conto della realtà. Lei, nella camera che prima era di John Watson, in Baker Street.
È  mattino presto, magari Sherlock Holmes sta ancora dormendo, spera invano Molly. Infatti, lo trovò davanti alla finestra ad osservare chissà cosa. Era già pulito e in tiro, eppure, chissà perché, Molly aveva come l’impressione che lui non avesse dormito affatto. Si chiese ingenuamente come fosse Sherlock in tenuta da notte. Chissà se dorme in pigiama o in intimo, si chiese Molly arrossendo.
  • Buongiorno, Molly. – disse Sherlock ancora girato. Molly si sentii, solo allora, partecipe di quel momento, che prima vedeva solo come un sogno e stupidamente si sentii nuda e inappropriata. Cercò di coprirsi, in un movimento involontario, con la consapevolezza di essere ancora in pigiama.
  • Buongiorno, Sherlock . – disse timidamente correndo dritta verso il bagno.
Quando uscii era la Molly di sempre. Vestita con camicetta e maglioncino colorato e i capelli costretti in una treccia dall’aria complicata, Sherlock ne avrebbe dedotto il nervosismo e la voglia di concentrarsi su qualcos’altro.
Molly sembrava particolarmente di fretta, si sentiva soffocare da quella novità così difficile da metabolizzare e catalogare per la sua mente e il suo romantico cuore. Sherlock era consapevole, ormai, dei sentimenti di Molly Hooper.
  • Sherlock, io vado a lavoro.- disse Molly di corsa.
  • Siediti. – il tono di Sherlock non ammetteva repliche – La colazione è il pasto più importante della giornata e poi è stata la signora Hudson a darsi da fare-  Molly osservò intenerita il tavolino ricco di tutto ciò che richiede un abbondante colazione. Senza farsi pregare, si sedette, prese una tazza di tè e mangiò qualche biscotto.
  • Adesso, però, devo proprio andare. Sono in ritardo. – Molly, con ancora in mano un biscotto, si alzò in cerca della sua borsa. Intanto, Sherlock, senza dire una parola, prese il suo cappotto, si annodò la sciarpa e fece per uscire anche lui.
  • Hai qualche caso da seguire? – Sherlock guardò Molly come se avesse fatto la domanda più stupida del mondo.
  • La mia priorità per adesso è Moriarty. Sto venendo con te al Bart’s. – disse Sherlock sbuffando.
  • Ma non ce n’è bisogno, davvero, lì non sarò sola e poi.. –
  • Molly. – Sherlock non aspettò neanche che Molly finisse – non avrebbe senso farti vivere qui e poi lasciarti uscire da sola.- e vedendo l’espressione per nulla contenta di Molly aggiunse – Cos’è, la mia presenza ti disturba? -, sembrava offeso. Non aspettò che lei rispondesse e iniziò a scendere le scale.



    Quella non sarebbe stata una giornata facile per Molly Hooper. Lei, che aveva sempre sognato di passare giornate intere con Sherlock Holmes, si ritrovò a sfruttare  la più futile delle scuse per riuscire a sfuggire al suo sguardo curioso e protettivo, per trovarsi un po’ di intimità. Molly era invasa da mille emozioni che non riusciva a distinguere. Era in pericolo, eppure, sembrava ringraziare quella situazione, perché sapeva che solo così sarebbe riuscita ad ottenere qualcosa di più da Sherlock Holmes, a far parte maggiormente della sua vita. Ormai aveva rinunciato a cercare altri uomini, dopo il fiasco con Tom. Si era resa conto che per lei era diventato impossibile sostituire Sherlock Holmes. Non si era arresa però, non aveva senso passare la vita a rincorrere qualcuno di impossibile, aveva solo deciso di aspettare. Di prendersi una piccola pausa. E proprio adesso si ritrovava a realizzare una delle sue fantasie più grandi e folli, che cattiva la vita a volte. Molly si nascondeva perché non velava apparire debole agli occhi di Sherlock. Non voleva confessargli la triste verità che per lei c’era solo lui, perché lui non avrebbe capito, l’avrebbe solo creduta stupida.



    Intanto, Sherlock viene raggiunto da John.
  • Sherlock, come stanno andando le cose? Molly, dov’è?
  • Si è nascosta, a quanto pare la mia presenza la disturba- la risposta e il tono offeso di Sherlock fecero piegare in due John dalle risate. Non poteva crederci. Certo, la convivenza tra quei due aveva portato tutti ad elaborare diverse, curiose, teorie ma sentire questa realtà era davvero esilarante.
  • Neanche un giorno e già, la povera Molly, cerca una via di fuga. – John posò una mano sulla spalla di Sherlock, ancora sorridendo.
  • Sherlock, ricorda che devi proteggerla. – aggiunse, poi, John, serio. 

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Capitolo 3
*** Equilibri ***


Si stavano divertendo. Sherlock e Molly tornavano spesso dal laboratorio con parti del corpo umano da studiare e su cui sperimentare. Non potevano trascorrere l’intera giornata al Bart’s, non ci lavorava solo Molly. Ma a Sherlock non importava. Aveva sempre fatto esperimenti in casa e ne era sempre rimasto soddisfatto, in un modo o nell’altro. Adesso erano in due. Sembravano dei bambini con un nuovo giocattolo. Molly ne approfittava per apprendere metodi e teorie nuove, era davvero interessata agli studi di Sherlock. Anche lei vantava profonde conoscenze sull’argomento e a Sherlock, a volte, questo, dava fastidio, perché non poteva mettersi in mostra con lei, come con gli altri ma riusciva, comunque a farle brillare gli occhi, mostrandole i suoi pazzi esperimenti. La cucina, solitamente, viene usata per cucinare, loro non facevano proprio questo. Chi non li conosceva avrebbe potuto scambiarli per una coppia di cannibali, tipo Hannibal Lecter , professionisti cuochi di carne umana. Una coppia. È a questo che poteva pensare la gente, vedendoli? Molly non poté non soffermarmi su quel dettaglio. Quando Sherlock e John vivevano insieme tutti li scambiavano per un adorabile coppia. La signora Hudson sembra ancora non rassegnarsi alla realtà.
- Molly, ti sei distratta. – la riprese Sherlock.
- Si, scusami. – Molly cercò di ricomporsi ed evitare che Sherlock individuasse il genere di pensiero che le era passato per la mente.



Molly lavorava spesso, quindi non trascorreva molto tempo in casa. I suoi giorni liberi li passava a leggere qualcosa, seduta sulla poltrona di John, o a intraprendere una, sempre, interessante conversazione con Sherlock. Mary e John, venivano molto spesso a far visita e questo faceva molto piacere a Molly anche se, molte volte, si sentiva in profondo imbarazzo, perché sembrava tutto così strano. Si sentiva in una di quelle assurde, ma davvero piacevoli, uscite a quattro.
- Com’è vivere con Sherlock? – chiese Mary raggiungendo Molly in cucina.
- Direi che va bene. Abbiamo raggiunto un equilibrio. Io non ho particolari abitudini e, a me, le sue non disturbano, anzi. Casa mia è sempre così vuota e silenziosa. Sherlock è un soggetto interessante e quindi ciò che fa non mi disturba.- Molly accompagnò queste sue parole con uno dei suoi sorrisi semplici e genuini che coinvolsero pure Mary.
- Se osa infastidirti troppo, fammelo sapere. Io e John gli daremo una bella strigliata. – Mary era così dolce.


I Watson se ne andarono, ma era ancora molto presto e a Molly non andava andare a letto, anche perché l’indomani non avrebbe lavorato. Sherlock sembrava della stessa idea.
  • Giochiamo. – propose Sherlock, vedendo l’indecisione sul da farsi sul volto di Molly.
  • Come vorresti giocare? È tardi per degli esperimenti. – a Molly non andava andare a letto ma si sentiva, comunque, stanca per concentrarsi in qualcosa di importante. Non voleva rischiare di non assimilare i suggerimenti di Sherlock.
  • Potresti aiutarmi a risolvere un caso. –
  • Questo non sarebbe proprio un gioco, non che mi aspettassi che tu mi proponessi un gioco con le carte- rispose Molly ridendo.
  • Carte, no. Ma dovrei avere dei giochi da tavolo. – Sherlock affilò lo sguardo verso Molly. Per quanto l’attirasse l’idea di giocare, ad un qualunque gioco da tavolo, con Sherlock Holmes, preferì il brivido e la responsabilità di provare a risolvere un caso.
  • Ok, allora. – Sherlock cominciò ad esporre la situazione – Mettiamo che io abbia diverse spie sparse in tutto il mondo. Sto cercando qualcuno ma non lo trovo, però, trovo degli indizi. I casi a cui mi sono dedicato ultimamente, erano semplici ma sembravano avere tutti qualcosa in comune. –
  • Pensi ad un serial killer? Sherlock, tu stai parlando di Moriarty? – nonostante, Molly, avesse detto qualcosa che avrebbe provocato timore in chiunque, lei , sembrava tranquilla come prima. Sherlock non aveva trovato Moriarty ma aveva una pista. Sherlock Holmes, ha sempre una pista.
  • Si, sto parlando di lui. Io credo si stia avvicinando ma non riesco a scoprire dove si nasconde, chi sta lavorando con lui, niente. – Sherlock si portò le mani unite alle labbra, stava pensando.  
  • Lo troverai Sherlock, quando sarà il momento, lo troverai. – Molly cercò di confortarlo.
  • Lo troverò quando, lui, vorrà essere trovato- sputò Sherlock. Detestava trovarsi così indietro. Stava deludendo se stesso ed era preoccupato.
  • Sherlock, non ti farà altro male, ne a te, ne a John, ne a nessun’altro. Lo sconfiggerai come la prima volta, anzi, stavolta, una volta per tutte. – Molly era sicura e fiduciosa. Quanta fiducia riponeva in quell’uomo, lo faceva sentire forte ma allo stesso tempo non degno di tutto ciò.
  • Molly Hooper, come puoi, tu consolare, me?! – disse Sherlock, triste, forse.
  • È te che verrà a cercare per prima e poi me. Io, sono, io. È scontato che gli tenga testa. È ciò che vuole. Ma tu, una semplice ragazza, hai contribuito alla sua sconfitta. Io e Moriaty abbiamo molte cose in comune, tra cui l’orgoglio e fidati, che quello è stato colpito per bene. – Sherlock rivolse a Molly un sorriso complice. Lei quasi se lo immaginò avvicinarsi e abbracciarla. Naturalmente non lo fece ma Molly sentii comunque un piacevole calore.
  • Tu e Moriarty non avete nulla in comune. – Molly ne era sicura.


    Alla fine, il resto della serata passò con una tranquilla sfida a Cluedo. 

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Capitolo 4
*** Questione di privacy ***


  È  vero che Molly aveva deciso di prendersi una pausa dagli uomini ma era sabato sera, il resto della settimana l’aveva passato chiusa in casa o al lavoro. Certo, viveva con Sherlock e, almeno per adesso, non si era affatto annoiata ma sentiva, comunque, il bisogno di uscire e respirare aria nuova. Tempo fa, anche prima di Tom, aveva conosciuto un uomo, Benedict. Era un ottimo collega, preparato, sveglio, interessante ma Molly non l’aveva mai visto in modo diverso, non aveva mai avuto chissà quale pensiero su di lui. Con lui, si era quasi formato un rapporto di amicizia, soprattutto dopo che con Tom era finita. Benedict l’aveva, forse, consolata raccontandole di tutte le sue disavventure romantiche, in modo ironico, per ricordarle che non era la fine del mondo. In questa settimana si erano visti poco, per via della costante presenza di Sherlock, ma lui era comunque riuscito ad individuarla da sola, il tempo di chiederle di uscire, per recuperare il tempo perduto, aveva detto, con un enorme sorriso.  Molly aveva accettato. Non aveva detto nulla a Sherlock, non pensava ce ne fosse bisogno.

Molly si aggirava agitata per casa. Faceva avanti e indietro dal bagno e sembrava aver perso qualcosa. Sherlock la osservava incuriosito dalla sua poltrona.
  • Vai da qualche parte, Molly? – le aveva chiesto, quasi indifferente.
  • Si. Ho un appuntamento. – disse Molly senza nascondere l’entusiasmo, fermandosi un attimo per rivolgergli un enorme sorriso. Notando che Molly era già pronta, Sherlock si alzò, cercando il cappotto. Notando questo, a Molly venne una brutta sensazione.
  • Che stai facendo, Sherlock? –
  • Mi sembra ovvio, vengo con te. – Sherlock aveva già indossato il cappotto e stava finendo di annodarsi la sciarpa.
  • Ho un appuntamento, Sherlock, con un uomo. – Molly scandii bene le parole come per assicurarsi che, Sherlock Holmes, capisse cosa gli stesse dicendo.
  • Ho capito, Molly. – disse Sherlock alzando gli occhi al cielo.
  • Non sembra, altrimenti ti saresti tolto il cappotto. – disse Molly infastidita.
  • Devo ripetermi? Che senso avrebbe farti vivere qui e poi lasciarti uscire da sola? – disse Sherlock con tono severo, che non ammetteva repliche.
  • So badare a me stessa e non sarò sola. Ci sarà un uomo grande e forte a proteggermi. Non sono una bambina. – disse Molly prendendo la borsa.
  • Molly Hooper, sono perfettamente a conoscenza della tua età e non ritengo che Benedicht Lewis sia davvero così in grado di proteggerti. –
  • C-come sai di Ben? – chiese Molly, indecisa se sentirsi lusingata dalle attenzioni di Sherlock o accusarlo di abusare del suo momentaneo “potere” su di lei.
  • È ovvio, vi ho visti. Io ti vedo sempre Molly. – Molly arrossii come una stupida, era ovvio che quella sua affermazione non aveva un secondo fine.
  • Non puoi uscire. – Sherlock stava approfittando di quel suo momento di debolezza, stavolta era davvero abuso di potere.
  • No, Sherlock, mi dispiace ma io uscirò. Sono anche in ritardo. – Molly senza attendere oltre uscii. Si guardò una volta indietro, ancora sulle scale, per assicurarsi che non la stesse seguendo.


    Avevano trascorso, davvero una bella serata. Avevano mangiato in un grazioso ristorante cinese, fatto una passeggiata nei luoghi più belli e, favolosamente illuminati ,di Londra e concluso con un gelato, nonostante il freddo gelido. Molly aveva davvero apprezzato la compagnia di Ben, si era divertita. Ma qualcosa non andava. Si sentiva continuamente osservata. A volte le capitava di incrociare lo sguardo di un barbone particolarmente interessato, secondo lei.
  • Sherlock! – sbottò Molly a bassa voce.
  • Scusa? – chiese Ben interrompendo il suo discorso su vecchi trascorsi, divertenti con amici.
Molly, accorgendosi di aver detto quel nome ad alta voce,aveva tossito,  negando di aver parlato. Forse, stava esagerando. Sherlock iniziava a renderla paranoica.
Giunti sotto casa, Ben si era fatto particolarmente vicino. Molly aveva esperienza in appuntamenti ma con Ben le era sembrato di trascorrere una serata con un amico. Non voleva rifiutarlo malamente quindi, semplicemente non gli permise anche solo di pensare di fare qualcosa che avrebbe reso tutto troppo imbarazzante. Gli si allontanò un po’, con la scusa di rovistare nella borsa in cerca delle chiavi. Poi l’aveva salutato, anticipando ogni mossa posandogli un bacio sulla guancia. Ben non avrebbe osato ostinarsi, infondo erano usciti solo una volta. Così, Molly, poté conservare la bellezza di quella serata.


Salì le scale con lentezza. Non aveva molta voglia di ritrovarsi lo sguardo accusatore di Sherlock, addosso.
Era davvero molto tardi, forse anche oltre le due di notte. Ma era certa che avrebbe trovato Sherlock ad aspettarla. Infatti, era seduto sulla sua poltrona, con le mani unite sulle labbra. Molly si trattenne dal ridere, Sherlock sembrava un padre arrabbiato e preoccupato che aveva atteso tutta la notte la figlia sciagurata.
- Ancora alzato? – chiese Molly per rompere quel pesante silenzio.
  • Ti sei divertita. – non era una domanda. Sherlock sembrava davvero irritato, Molly non ne capiva il motivo.
  • Si, mi sono davvero divertita. – Molly stava accogliendo le provocazioni, aveva voglia di vedere fin dove l’avrebbero portato, cosa sperasse di ottenere.
Molly notò il cellulare di Sherlock di fronte a lui. Non riuscii a trattenersi, era un dettaglio stupido per poter confermare la sua teoria ma lei ne era davvero convinta.
  • Non c’è bisogno che ti racconti nulla, sai già tutto. Spero ti abbiano informato bene. – Molly aveva ragione, quegli sguardi che si sentiva addosso, erano quelli delle spie di Sherlock. Si sentii terribilmente in imbarazzo, non che tra lei e Ben fosse successo qualcosa, ma era un momento privato e Sherlock era stato praticamente, lì, a guardare.
  • Già. – rispose semplicemente lui.
  • Sherlock, i-io davvero ti ringrazio. Ti ringrazio per l’aiuto e la protezione che mi stai dando, so quanto ti costi divedere i tuoi spazi con qualcuno che non è John e con una donna, poi. Come hai detto tu, la diversità di sesso richiede delle regole. – Molly gli fece il verso. – Ma non puoi permetterti di togliermi la mia privacy. -  
  • Ristorante cinese, poco di classe per un primo appuntamento. – Sherlock aveva ignorato il discorso di Molly e questo la face davvero arrabbiare.
  • Perché, tu ti intendi di appuntamenti, vero Sherlock? – disse Molly correndo nella sua stanza e sbattendosi dietro la porta. Sherlock aveva davvero esagerato. Quante volte le aveva mancato di rispetto e quante volte lei non si era lasciata sopraffare. Ma adesso, adesso era un altro discorso. Sherlock non poteva permettersi un simile atteggiamento, Molly l’aveva pure ringraziato.



    Molly non si fece vedere in giro per un po’. Andava a lavoro, Sherlock l’accompagnava ma non parlavano. Quando lei era a casa, passava tutto il tempo nella sua stanza. Questo durò quasi due settimane. A Molly non piaceva litigare con Sherlock ma vedendo che lui non aveva neanche tentato di chiederle scusa, lei non si era permessa di fare la prima mossa. Non si considerava una bambina per questo, aveva solo deciso di prendere posizione, per una volta.
John e Mary erano presi dalle preparazioni per l’arrivo del bambino, quindi non si fecero vedere molto ma sapevano che c’era qualcosa che non andava. John, era costretto a farsi vedere tutti i giorni anche solo per poco tempo, doveva aiutare Sherlock a rintracciare Moriarty. Non avevano preso casi, ultimante. Moriarty li impegnava già abbastanza e non c’era nulla che potesse interessare a Sherlock.


Erano, quasi arrivati alla terza settimana, quando Molly si arrese.
  • Vuoi del tè, Sherlock? – chiese con aria indifferente.
  • Non ho motivo di chiederti scusa, Molly e il silenzio non mi infastidisce. – Sherlock aveva preferito andare dritto al sodo, cosa che fece piacere a Molly.
  • Ne sei sicuro? –
  • Si. Io ti sto proteggendo e non vedo perché debba scusarmi per questo. – Sherlock intanto si era avvicinato.
  • Ti ho ringraziato per questo. Sai che il motivo è un altro. –
  • Quale, Molly? Ho turbato la tua privacy, è questo il problema? – Sherlock era così vicino, quegli occhi di ghiaccio, così freddi e ancora arrabbiati.
  • I-io.. Sherlock.. – Molly non sapeva che dire, in parte perché messa nella prospettiva di Sherlock la discussione sembrava averla vinta lui, in parte perché era passato molto tempo e la rabbia era stata sostituita da una gran voglia di fare pace, in parte perché lui era così vicino da confonderla. Molly distolse lo sguardo.
  • Va bene, Sherlock. Forse ho esagerato ma tu avresti comunque di che scusarti. – detto questo prese la tazza di tè e tornò nella sua stanza. Avevano chiarito, per i loro standard, ma Molly non si sentiva ancora pronta a farsi osservare e studiare. Voleva riuscire a conservare un minimo di dignità.
 

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Capitolo 5
*** Tra impressioni e incomprensioni ***


Tra gli alti e bassi, vivere con Sherlock Holmes non era poi così male, come tutti lasciavano intendere. Lestrade le chiedeva, ogni volta, come andasse e sembrava non crederle quando, Molly, semplicemente, rispondeva che andava tutto bene.


Molly aveva, anche partecipato attivamente ai casi che Sherlock, alla fine, aveva deciso di seguire. Credeva ci fosse qualche collegamento con Moriarty. Non sempre John era presente. Doveva prendersi cura di Mary e il loro futuro bambino, occuparsi del suo lavoro di medico e poi si cullava sulla consapevolezza di non lasciare Sherlock solo, anzi, secondo lui, Molly, poteva rivelarsi molto più utile e attiva. Molly, già in passato aveva dimostrato di sapersi perfettamente destreggiare. Sherlock non aveva obbiettato all’affermazione di John e questo, per lei, era già un gran complimento.
- E anche questo caso è concluso. – aveva detto Molly sospirando, più a se stessa che a Sherlock.
  • Patatine. – si era limitato a dire, lui, quando aumentò il passo. Molly lo seguii, quasi correndo.


- Sono davvero buone. – disse Molly con la bocca ancora piena.
  • Molly Hopper, non ti hanno detto che non si parla con la bocca piena?! – la riprese Sherlock, ma più per gioco, perché, senza che Molly potesse vederlo, gli era comparso un sorriso sulle labbra. Lei arrossii ma aggiunse incuriosita – Perché ti danno patatine gratis? –
  • Li ho aiutati ad uscire fuori da qualche guaio. – certo, domanda stupida, era ovvio.


Avevano appena finito di mangiare quando bussarono alla porta. Sherlock aveva un’aria infastidita ma si alzò lui per aprire, Molly era impegnata a togliersi la sensazione di unto dalle mani.
  • Ciao – salutò il nuovo arrivato, forse un po’ imbarazzato. – Quindi, siete fratelli? –
  • Non ti sembra più opportuno dare la precedenza ad una probabile somiglianza, peraltro assente,  che ad un apparante convivenza? –
Benedict guardò Sherlock perplesso, non era sicuro di aver chiaro cosa intendesse. Per fortuna in quel momento comparve Molly. Sorrise imbarazzata per la situazione e la sua espressione sottintendeva delle scuse, senza sapere realmente se ce ne fosse bisogno.
  • Ben, ciao, come mai qui? – Molly si fece strada, scostando un po’ Sherlock.
  • Ciao, volevo farti una sorpresa. Non sono più riuscito a vederti a lavoro- Sherlock tossi un “sola” attirando lo sguardo ammonitore di entrambi – e ho pensato di venirti a trovare e magari invitarti a cena. – aveva proseguito Ben riportando lo sguardo a Molly. Non sembrava intimidito da Sherlock.
  • Ho già cenato. – rispose Molly piano e un po’ in imbarazzo.
  • Con lui? – chiese Ben ridendo.
  • Si ma non è come pensi, davvero, siamo amici e.. –
  • Viviamo insieme. – aggiunse subito Sherlock, senza attendere che Molly terminasse.
  • Capisco. – disse Ben divertito, facendo rilassare Molly che non voleva affatto affrontare nessuna discussione con nessuno, soprattutto di quel genere. Sarebbe stato assurdo dire e spiegare che lei non stava facendo nulla di male, che tra lei e Sherlock non c’era nulla. In parte perché per lei Sherlock non era per nulla indifferente e in parte perché per lei Ben era solo un buon amico. Eppure, era un uomo fantastico, anche adatto, che avrebbe potuto rispecchiare le sue fantasie ma non riusciva a provare nulla di più e questo le dispiaceva e la preoccupava perché temeva che il motivo principale fosse proprio Sherlock. Che stupida sperare ancora, anche inconsciamente, che Sherlock, un giorno, potesse ricambiarla.
  • Se vuoi possiamo fare un giro, una passeggiata. – propose Molly, mordendosi la lingua subito dopo. Non voleva illudere Ben ma fu più forte di lei. E poi passare del tempo con lui le piaceva, era, anche un occasione per staccarsi un po’ da Sherlock e ciò che lo riguardava, non l’avrebbe illuso oltre. Gli avrebbe fatto capire, ugualmente, che non ci sarebbe potuto essere dell’altro, almeno non adesso. Prendendo la giacca guardò Sherlock, timorosa di una sua scenata o che come l’altra volta, provasse a venire anche lui. Invece niente, si era seduto sulla poltrona con il violino in mano. Non la salutò nemmeno. A Molly si strinse il cuore, si sentiva in colpa anche se non sapeva bene per cosa.




    Ovviamente, la serata con Ben trascorreva serena e, felice, aveva notato in lui un atteggiamento che non richiedesse romanticherie o altri segnali che segnassero quella uscita come un appuntamento romantico.
  • Hai mangiato anche il dolce? – chiese Ben sorridendole. Erano in un parco e si stavano avvicinando ad un camioncino di zucchero filato.
  • No – rispose Molly sorridendo, si stava proprio divertendo.  Non le dava fastidio la consapevolezza che qualche barbone la stesse tenendo d’occhio, era per il suo bene e in ogni caso non era nulla di invasivo, si stava godendo la serata.
  • Tieni. – Ben le porse la nuvola di zucchero rosa.
  • Grazie. – Molly iniziò a spezzettarla con le dita, giocandoci un po’ prima di mangiarla. – Erano anni che non ne mangiavo. –
  • Non c’è età per il cibo. – rispose, con finta serietà, Ben. Mangiarono, chiacchierarono e giocherellarono con lo zucchero.
  • Come hai fatto a farti arrivare lo zucchero lì? – chiese Ben mentre Molly cercava di individuare il punto. In quel momento, approfittando della distrazione di Molly, Ben le strappò un bacio. Lei non ricambiò ma automaticamente aveva chiuso gli occhi. Quando Ben si staccò, lei, tardò un attimo a riaprirli. Stava per iniziare a spiegarsi ma Ben non glielo permise.
  • Lo so, non devi dirmi nulla. A me non importa. È una cosa che capita spesso, purtroppo. Anche se devo ammettere che il tuo è un caso un po’ più particolare, nello specifico.- Nessuno aggiunse altro. Ben la riaccompagnò a casa.


    Molly salì le scale lentamente, con aria stanca e insicura. Ignorò la figura silenziosa seduta ancora sulla poltrona con il violino in mano e andò in camera sua. Sherlock aveva visto, non con i suoi occhi, ma sapeva. Molly non aveva motivo di sentirsi in colpa, di temere il suo sguardo. Altre volte, Sherlock, aveva saputo dei suoi appuntamenti ma quella volta suonava tutto così sbagliato. Quella notte Molly si addormentò piangendo.  

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Capitolo 6
*** Nostalgia ***


La notte, passò anche se per lo più in bianco. Molly sentiva un enorme peso sulla bocca dello stomaco e non riusciva a giustificarlo. Si stava illudendo. Stava cominciando a credere che a Sherlock potesse importare qualcosa di lei. Si, la stava proteggendo da Moriarty ma non era questo che intendeva..
-Buon giorno Sherlock. – Molly fu più naturale e rilassata possibile.
-Buon giorno Molly. – Sherlock non doveva sforzarsi di fare nulla, rimaneva sempre indecifrabile.
La quotidianità stava man mano prendendo forma. Molly, accompagnata da Sherlock, raggiungeva il Bart’s e faceva le sue ore di lavoro e nel frattempo, durante la pausa pranzo Ben rubava la sua attenzione per qualche minuto.
Ben le aveva detto che capiva, che non c’era bisogna che lei spiegasse nulla, perciò Molly si godeva la sua compagnia, senza lasciare che strani pensieri le facessero tornare quel fastidioso peso sullo stomaco. Era incredibile come quella faccenda quasi sentimentale la preoccupasse più del fatto che Moriarty potesse trovarla. Molly si sentiva protetta, nonostante Sherlock avesse finalmente imparato il concetto di privacy non la lasciava mai in situazioni che avrebbero potuto diventare pericolose. I due improbabili e curiosi coinquilini ripresero a parlare e a “giocare” come all’inizio. Quei disguidi avuti sembravano appartenere ad un passato molto lontano se non ad un brutto sogno. Sherlock, poi, sembrava quasi di buon umore da quando si sentiva sempre più vicino a comprendere a pieno la rete di Moriarty. Molly si sentiva ancora più stupida, aveva quasi sfiorato il pensiero che Sherlock potesse essere geloso o chissà cosa, quando invece semplicemente era offeso e preoccupato all’idea di tutto il tempo che a lui, il signor Sherlock Holmes, volesse per avere: la pista giusta.
 
Passarono mesi e Molly iniziava a chiedersi quando sarebbe tornata nel suo appartamento. Fino ad allora il pensiero di tornarci non l’aveva neanche sfiorata e neanche adesso avrebbe voluto andarsene ma sentiva nostalgia di tutti gli oggetti che erano rimasti in quella casa e avrebbe voluto recuperare qualche altro indumento.
-Sherlock, vorrei passare dal mio appartamento nel pomeriggio. –
Sherlock, senza distogliere lo sguardo dal suo esperimento, ripose – Hai dimenticato qualcosa di importante? –
-No, non proprio. Vorrei accertarmi che sia tutto a posto e magari prendere qualche altro vestito.. –
C’è già qualcuno che controlla il tuo appartamento ma se hai bisogno di prendere qualcosa allora ci passeremo. –



Il taxi stava svoltando l’angolo, il portone di casa sua era sempre più visibile. Incredibile quanto tempo fosse passato, eppure, arrivata lì si sentii come se non se ne fosse mai andata. Scesa dal taxi, Molly iniziò a ripercorrere con la mente il giorno in cui aveva lasciato l’appartamento per trasferirsi in Baker Street ed un sorriso intenerito le balenò sul volto.
-Ne hai sentito la mancanza.- provò a dedurre Sherlock. Molly lo lasciò nel dubbio e aprì il portone.
La casa era impolverata ma i colori vivaci dell’arredamento continuavano a spiccare. Era così diverso da dove viveva adesso. Molly entrata lì dentro si sentii quasi in una casetta delle bambole, contrariamente al covo del grande Sherlock Holmes.
-Predi ciò che ti serve e andiamo, non ho molto tempo da perdere qui. – Sherlock le fece fretta.
Molly non sprecò molto tempo a guardarsi intorno, sapeva che dovendoci venire con Sherlock non avrebbe avuto tempo di perdersi in sentimentalismi.
-Va bene Sherlock, penso di aver preso tutto. – mentre Molly avvisava Sherlock di ciò, stava cercando di ficcare tutto quello che aveva recuperato in un’unica borsa, in modo da non far pensare che stesse esagerando, infondo sarebbe tornata a vivere lì un giorno non molto lontano, perciò non si accorse di come Sherlock si era perso nello studio di quella casa. Non era sicura lo avesse mai fatto. Sherlock aveva in mano una delle spazzole di Molly, la più vecchia , quella che aveva deciso di non portare ma che aveva comunque conservato in quella casa.
-Stavo cercando di immaginare i tuoi capelli incastrati con i miei nella mia spazzola. – disse Sherlocke, come se nulla fosse.
Molly sussultò a quelle parole. Non seppe cosa dire, non seppe darsi un vero contegno. Sherlock per fortuna sembrò non farci troppo caso.
-Adesso possiamo andare, Molly? –
Molly fece si con la testa e i due non parlarono per tutto il tragitto fino a Baker Street.
 

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Capitolo 7
*** Fish and chips ***


“Stavo cercando di immaginare i tuoi capelli incastrati con i miei nella mia spazzola.”, - Molly? – un fastidioso ronzio disturbava i pensieri della patologa, nei quali era immersa da chissà quanto. Non riusciva a non pensare a quella frase rimasta lì in sospeso, non riusciva a dargli un senso.
- Molly..? – Forse stava esagerando, magari alludeva a chissà quale suo esperimento. – Molly…..! – La patologa sussultò. – Ben. Scusami, mi ero distratta un attimo. –
  • Un attimo piuttosto lungo. È da un po’ che provo a farti tornare in questo mondo. A cosa stavi pensando? – Ben sorrideva ma sembrava più preoccupato che divertito. Lui non era Sherlock Holmes ma era comunque un uomo intelligente. A questo pensiero le sembrò di sentire sbuffare il geniaccio nella sua testa.
  • Non lo so, cose di lavoro. Comunque, hai detto che parti. Dove vai? –
  • Pensavo alla Francia, mi ha sempre affascinato. Ci sei mai stata? –
Molly stava seriamente lottando contro l’istinto di annegare nuovamente nei suoi pensieri. Si sentiva terribilmente in colpa nei confronti di Ben, l’attenzione che gli stava dedicando in quel momento era davvero minima.
  • No, non ho mai viaggiato molto a dire il vero. –
  • Ti andrebbe di venire con me? –




Molly tornò in Baker Street, dove si trovava la sua attuale casa, con la testa vuota. Salì le scale trascinandosi e con gli occhi sembrava non vedere davvero dove mettesse i piedi.
  • Molly. – stavolta la voce sembrò più decisa, non filtrò tra i suoi pensieri come un ronzio.
  • Sherlock.. – Molly non ebbe neanche molta voglia di sforzarsi a mantenere un contegno. Si sentiva stanca e non solo dal lavoro.
  • Va tutto bene? – Sherlock era serio ma sempre distaccato.
  • Si, grazie. Adesso vado in camera mia, cioè in quella di John. Insomma, vado a riposarmi un po’.- e si congedò con un sorriso.




Molly aveva passato il resto della  giornata chiusa nella sua stanza, sdraiata sul letto ma non era riuscita a rilassarsi molto. Infondo, dietro quella porta c’era Sherlock Holmes. Aveva l’impressione anzi, il timore che quell’uomo avesse il potere di leggere nel pensiero.
  • Cara, sono io. – la signora Hudson bussò piano alla porta – Ti ho portato del tè, tesoro. Ti aiuterà a rilassare i nervi. –
Di malavoglia, Molly si alzò dal letto e fece accomodare la tanto premurosa signora Hudson. Nel frattempo diede un’occhiata in cerca di Sherlock. Non c’era.
  • Sherlock è di sotto. Penso stia parlando con degli informatori o forse dei clienti. Chi può dirlo. Non preoccuparti cara, lui non ti lascia mai. Sei al sicuro. – la signora Hudson le poggiò affettuosamente una mano sul braccio. – La ringrazio del tè , non c’era bisogno. –
  • C’è sempre bisogno di una tazza di tè ogni tanto. –
Uscita dalla stanza la signora Hudson, Molly potè ritornare ai suoi pensieri. Ben le aveva detto di andare in Francia con lui. Non gli aveva neanche chiesto i dettagli, perciò non sapeva dove esattamente e per quanto tempo e soprattutto che scopo avesse quel viaggio. Ben l’aveva baciata ma le aveva anche detto, in seguito, che non c’era bisogno che lei dicesse nulla, che capiva da solo. Adesso Molly iniziò a credere che Ben in realtà non avesse capito proprio niente. Infonda cosa avrebbe potuto capire?! Neanche lei sapeva bene perché la sua mente e il suo cuore rifiutassero Ben. Forse era per Sherlock..
Molly non poteva abbandonare l’Inghilterra e neanche la sola Londra. Lei in quel momento era sotto protezione. Lei e gli altri si stavano preparando a chissà quale attacco. Sarebbe stato così stupido e imbarazzante Dire a tutti che sarebbe andata in Francia, sicuramente non avrebbero saputo se rimanere sconvolti o riderle in faccia. E Sherlock, cosa avrebbe pensato lui?!
Che stupida prendere, anche solo per un attimo in considerazione l’idea. Ma un attimo davvero breve dato che non si era per nulla informata su questo presunto viaggio. Lei non aveva intenzione di partire, non poteva abbandonare i suoi colleghi di avventura e poi non aveva motivo di fare un viaggio, anche se involontariamente, romantico con Ben ma sentiva comunque il bisogno di doverne parlare con Sherlock. Non aveva voglia, però di uscire fuori da quella stanza.
Uscita un attimo dal suo “palazzo mentale”, fissò la porta quasi come se riuscisse a vedere Sherlock attraverso. Forse ci stava pensando un po’ troppo, non aveva alcun motivo di temere qualcosa o di provare imbarazzo. Gli avrebbe raccontato l’accaduto come un qualsiasi argomento di conversazione. Gli tornarono in mente queste sue parole. Perché?! Molly si alzò di slancio dal letto sbuffando.



 
Molly prese coraggio e finalmente uscì dalla stanza. Sherlock guardava fuori dalla finestra, che la stesse aspettando?! Molly era uscita più per educazione che per piacere, allo stesse tempo si chiedeva se forse in realtà non fosse meglio rimanere chiusa in camera sotto gli occhi indiscreti di Sherlock. Lui però non disse nulla. Cenarono insieme. Sherlock aveva preso Fish and chips .




 

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