Lay Me To Sleep

di _Lith_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I - Meringhe al Limone ***
Capitolo 2: *** II - Ali di farfalla ***
Capitolo 3: *** III – Fiocco di neve ***
Capitolo 4: *** IV – Mettimi a dormire ***



Capitolo 1
*** I - Meringhe al Limone ***




 
Illustrazione personale
 

...This is what I brought you may forget me.
I promise to depart just promise one thing,
Kiss my eyes and lay me to sleep*

 
Lei non era fatta per rispondere alle domande, ma per strapparle in mille coriandoli di parole sprecate.
Lei non regalava certezze. Ti soffiava in volto la verità come il primo bacio di una madre.
Lei lo aspetta sotto l’albero rosso.
 
I - Meringhe al Limone
La prima volta che l’aveva vista gli erano venute in mente le meringhe al limone che sua madre era solita cucinare la domenica pomeriggio: una volta pronte le ammucchiava in una piramide ordinata su un piatto finemente decorato. Nella loro posa sembravano maestose e perfette.
Ma lui non c’era mai cascato.
Non era solito osservare le cose da lontano superficialmente. Da vicino tutto aveva un altro aspetto, nulla poteva sfuggire al suo occhio attento. Ed ecco quindi l’irregolarità di molte cose.
Le meringhe che sua madre impilava non erano tutte uguali, in molte lo zucchero formava delle crepe, lasciando una scia di briciole dolci sul bordo del piatto. Inoltre la costruzione della piramide aveva reciso molte delle punte arricciate dei ciuffi di uova e zucchero.
La prima volta che l’aveva vista non aveva potuto fare a meno di pensare alle meringhe di sua madre. Alla loro fasulla perfezione che nascondeva fragilità ed estrema delicatezza.
Ma quanto amava il loro profumo di limone…Quanto amava ciò che di loro non poteva essere visto.
 
La prima volta che la vide gli sembrò fosse fatta di zucchero. Se avesse provato a toccarla sarebbe crollata in polvere di glassa ai suoi piedi?
Ma…Vorrei scoprire comunque che profumo ha…pensò avvicinandosi a lei timidamente.
Era seduta su una coperta giallo canarino di lana, distesa sull’erba del Parco.
C’era luce ovunque, eppure lei se en stava seduta da sola all’ombra di un Acero dalle foglie rosse.
Rosse, come i suoi capelli. Ed aveva gli occhi neri come la corteccia scura dell’albero che la sovrastava.
Era davvero un bella bambina.
“Sei venuto a vedere com’ero?” gli chiese la bambina prima che lui potesse proferir parola.
Aveva la voce che risuonava come campanelle d’oro e d’argento.
“Non lo so esattamente perché sono qui, però penso di aver intuito qualcosa…Solo…Adesso volevo scoprire se profumavi di limone”
La bambina gli fece cenno di prendere posto accanto a lei sulla coperta battendo una manina diafana sul giallo vivo. Lui obbedì e lei gli porse una delle sue ciocche di capelli colo fiamma.
“Annusa!”
Lui portò delicatamente la soffice matassa all’altezza del viso e inspirò profondamente.
“Avevo ragione sai?”
“Su cosa?”
“Sapevo con certezza che profumavi di limone”
Lei sorrise scoprendo una fila di piccole perle bianchissime e lui aggiunse ancora “Mi piace il limone…”
“Ora però dovresti tornare indietro”
“Lo credo anche io…La mamma sta chiamando”
“Vai allora!”
 

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Capitolo 2
*** II - Ali di farfalla ***


II - Ali di farfalla
 
La seconda volta che l’aveva vista gli aveva ricordato le ali di una farfalla bianca che un mattino si era posata sul giglio preferito di sua madre in giardino.
Lui l’aveva sorpresa, mentre era intenta a succhiare il dolce nettare dal fiore, catturandola.
L’aveva tenuta fra le mani mentre tentava disperatamente di volar via.
Ma lui era solo un bambino, non riusciva a comprendere tutta quella disperazione, ma soltanto la bellezza nella leggerezza del tocco delle sue ali che solleticavano l’interno dei palmi chiusi a gabbia.
Quando aveva riaperto le mani per farla volar via se l’era ritrovate sporche e ricoperte da una strana polverina biancastra, mentre la farfalla se ne stava docile ed esausta su di esse.
Chiudendola in gabbia le aveva succhiato via la voglia di volare…La forza di continuare a vivere per un altro giorno.
La farfalla aveva tentato di lasciarsi cullare dal vento, ma era morta sfinita fra l’erba umida.
Quanto si era odiato per ciò che le aveva fatto.
La seconda volta che la vide non poté fare a meno di pensare a quella farfalla.
Lei se ne stava sempre lì. Distesa sulla coperta sotto l’albero rosso.
C’era il sole, ma a lei non sembrava importare.
“Qualcuno ti ha messa in gabbia rubandoti la voglia di volare?”
Lei sollevò il visino affilato incrociando il suo sguardo.
“Forse. Non rammento…Sei tornato per scoprire se ero ancora qui?”
“Forse. Non rammento.”

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Capitolo 3
*** III – Fiocco di neve ***


III – Fiocco di neve

La terza volta che la vide non poté fare a meno di pensare ai soffici fiocchi di neve. Quelli che adorava catturare con la lingua quando nevicava nelle mattine d’inverno e lui usciva a giocare in strada con gli amici.
Bastava sfiorarli per farli dissolvere in un battito di ciglia.
Bastava un debole raggio di sole per farli svanire per sempre.
La terza volta che la vide c’era il sole e lei era ancora seduta nell’ombra rossa dell’albero.
Le calze bianche dello stesso colore del vestito a maniche lunghe le ricoprivano le gambe sottili.
“Questa è la terza volta che ritorni…”
“Lo so…Non sta andando bene… Comunque, volevo portarti al sole con me questa volta.”
“Non oggi. Ma la prossima volta sì…”
“Perché sei fragile come una meringa di neve…”
“Non mi avevano mai definita così”
“Nessuno ti immagina così.”
“Allora forse potrei davvero essere come tu mi vuoi”
“Una farfalla bianca”
“Che profuma di limone”
“Non posso ancora restare con te…”
“Lo so.”
“Sento la mia mamma che mi chiama.”
“La sento anche io.”

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Capitolo 4
*** IV – Mettimi a dormire ***


IV – Mettimi a dormire
 
La quarta volta che la vide ripensò a sua madre.
Alle volte in cui gli baciava la fronte per misurargli la febbre che sembrava non voler più andar via; mentre il suo cuore diventava sempre più debole come quello delle farfalle.
Con quel bacio lei sembrava voler risucchiare via ogni male. Voleva incanalarlo dentro se stessa per poi lasciarlo svanire via come gli incubi alle prime luci del giorno.
Ma i baci non sempre bastano.
La quarta volta che la vide non poté fare a meno di ripensare a sua madre.
All’ultimo bacio che lei aveva potuto dargli. Un ultimo singhiozzo insieme ad una lacrima d’argento sulla guancia fredda.
“Ci rivedremo sotto un Acero Rosso Mamma” le aveva sussurrato mentre la bianca stanza d’ospedale svaniva per lasciare il posto al Parco della bella bambina.
 
“Speravo davvero che ci saresti tata anche questa volta”
“Ero proprio qui ad aspettarti.”
Lei si alzò in piedi raggiungendolo al sole. Gli strinse la mano e poi posò un bacio su ciascuno dei suoi occhi.
“L’hai salutata? Tua madre…”
Lui annuì “Non voleva che andassi via…”
“L’aspetteremo insieme sotto l’albero rosso”
“Quanto ci vorrà?”
“Il tempo di un battito di cuore.”
 
* AFI -Prelude

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