Contro il destino.

di NeverMe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cose non dette o dette a metà. ***
Capitolo 2: *** Momenti ***
Capitolo 3: *** Determinismo ***
Capitolo 4: *** Alla luce dei ricordi (parte 1) ***
Capitolo 5: *** Alla luce dei ricordi (parte 2) ***
Capitolo 6: *** Riflessioni ***
Capitolo 7: *** Confessioni ***
Capitolo 8: *** Come un aquilone. ***
Capitolo 9: *** Confronti. ***
Capitolo 10: *** Al di là delle nubi. ***
Capitolo 11: *** Le richieste alla congregazione. ***
Capitolo 12: *** La sera. ***
Capitolo 13: *** Un giorno importante. ***
Capitolo 14: *** Eccolo. ***
Capitolo 15: *** Il ritorno. ***
Capitolo 16: *** I tuoi gemiti. ***
Capitolo 17: *** Passato e futuro. ***
Capitolo 18: *** Scendere a patti. ***
Capitolo 19: *** Parlare. ***
Capitolo 20: *** Seguire i consigli. ***
Capitolo 21: *** Isabella Munari. ***
Capitolo 22: *** Incontro. ***
Capitolo 23: *** Fidarsi. ***
Capitolo 24: *** Partire. ***



Capitolo 1
*** Cose non dette o dette a metà. ***


~
Claudia era sul ciglio della porta di casa, ad aspettarlo.
"Ciao..." Giocherellava nervosamente con il ciondolo che portava al collo.
Gabriel si avvicinò "Ciao..." Si fermò a una spanna di distanza, indeciso sul da farsi. "E' tutto ok?"
Lei annuì, ma i suoi occhi erano lucidi.
Le accarezzò una guancia e le spostò delicatamente il viso, in modo che potesse guardarlo negli occhi "Che c'è?"
"Niente..." si affrettò a dire lei e si diresse verso il salotto.
"Claudia, c'è qualcosa che non vuoi dirmi?"
"E tu?" disse lei voltandosi a guardarlo.
Gabriel abbassò lo sguardo, sapeva di aver assunto un'aria colpevole, sapeva di essere stato smascherato. Non aveva voglia di parlarne, però, non aveva voglia di spiegarle che lo avevano nominato a capo del direttorio e che lui si era preso del tempo per decidere. Non aveva voglia di decidere adesso se doveva chiudere o no i conti col passato.
A Claudia caddero di mano le chiavi "Dimmi che non è vero..."
"Claudia...?"
"Tu avevi detto che volevi stare con me." Una lacrima le rigò il viso.
"Ma cosa?" Gabriel si avvicinò, ma lei usò il divano per separare i loro corpi.
"Hai cambiato idea... sei venuto per dirmi che rimarrai un sacerdote..."
Gabriel si rese conto di aver assunto un atteggiamento troppo colpevole, troppo per lei che riusciva a capire ogni suo gesto. Rimanere nella congregazione non avrebbe implicato rimanere un sacerdote, questo lo aveva messo in chiaro ai membri del direttorio.
"Se mi rivolete sarà alle mie condizioni..."
Sapeva di essere rincasato da quello che doveva essere un passo importante: la sua ultima riunione, avrebbe dovuto essere entusiasta, invece aveva assunto quell'atteggiamento! Ovvio che lei avesse pensato immediatamente al peggio.
Sorrise e cercò nuovamente di accorciare le distanze tra i loro corpi "Claudia, l'unico motivo per cui sarei disposto a tornare all'altare di una chiesa sarebbe per sposare te..."
Lei lo guardò con la stessa espressione intensa e sorpesa di quando lui le aveva detto di aver scelto e che non sarebbe più tornato indietro.
Gabriel la prese per mano "Te l'avrei chiesto appena uscito dal vescovato, quando ti ho chiesto di aspettarmi, prima che succedesse tutto..."
Gli occhi di Claudia vagavano su Gabriel e sembravano chiedergli lo stai facendo davvero?
"Mi sposerai?" gli chiese.
"Se vuoi..." sorrise Gabriel e cercò di baciarla, ma lei si spostò.
"Non me l'hai chiesto..." lo prese in giro.
"Mi hai già risposto" prese il suo labbro inferiore tra le proprie labbra, come aveva scoperto di amare fare. Amava da impazzirre la sensazione delle sue labbra morbide sulle proprie. Lei le aprì quel tanto che bastava per permettere alla sua lingua di insinuarvisi ed incontrare la propria. Claudia gli mise le mani sui fianchi, mentre Gabriel l'avvolse completamente tra le braccia. Abbandonò la sua bocca per baciarle il collo, le aprì la camicietta per poter continuare a baciare ogni centimetro della sua pelle, senza impedimenti. Amava sentirla fremere per i suoi baci, amava le sue mani sulla propria nuca.
Le diede un altro bacio sulle labbra e la prese in braccio.
"Gabriel..." rise, non se l'aspettava. Gli mise le braccia intorno al collo ed avvicinò la propria fronte alla sua.
"Mi alleno per quando sarai mia moglie..." disse cercando di dirigersi verso la camera da letto, ma rischiò di inciampare nel tavolino del soggiorno.
Claudia rise ancora "Sicuro di farcela?"
"Volevo vedere se ti fidavi..." finse di giustificarsi Gabriel.
"Lo sai che mi fido di te..." gli accarezzò la guancia e gli stampò un tenero bacio sulle labbra "... ma casomai volessi evitare di fare tutta quella strada, quel divano non sembra male!"
"Nemmeno quella poltrona..."
"Nemmeno il tavolino..."
"Claudia!"
"E' vero!"
Gabriel rise "Dobbiamo scegliere da cosa cominciare"
"Voto per il divano!"
"E divano sia!"
Risero insieme e fecero l'amore, un paio di volte, forse tre... testarono quante più superfici solide possibili, ecco.
***
"Gliel'hai detto?"
"No."
"Ma come no? Hai anche fatto le prove davanti allo specchio, dopo aver buttato via così la propria reputazione dirlo a lui avrebbe dovuto essere un gioco da ragazzi!" rise Teresa.
"E' che non era il momento giusto..." si giustificò Claudia.
"Mmm..." Teresa bevve un goccio di tè "Sarà sicuramente felice di saperlo quando il bambino sarà nato... questo? ah... è tuo figlio... perchè? Non te l'avevo detto che ero incinta? Devo essermi scordata... va beh, adesso lo sai!"
Claudia alzò gli occhi al cielo e scosse la testa.
"Perchè non hai ritenuto che fosse il momento giusto?" tornò seria Teresa.
Claudia alzò le spalle "Quand'è tornato a casa aveva un'espressione sul volto... non era sereno, Teresa, si portava dietro un peso, un peso che non ha voluto condividere con me."
"Claudia il passato di Gabriel lo tormenterà sempre, come questa storia. Non potete aspettare che vada tutto bene per iniziare a vivere, non puoi aspettare che sia completamente sereno per dirglielo! Dovete costruirla la vostra serenità!"
Claudia sorrise e annuì. Sapeva che l'amica aveva ragione. "C'è una cosa che non ti ho detto..."
Teresa le fece segno di parlare.
"Ci sposiamo!"
Teresa sorrise "Ma perchè non me lo hai detto prima? Non credevi che fosse il momento giusto?"
Claudia rise.
"Ti assicuro che sono completamente serena e pronta ad accogliere qualsiasi notizia!"
Claudia le diede una cuscinata, poi si abbracciarono.
"L'avresti mai detto?" chiese Claudia. "Perchè io non ho mai nemmeno osato immaginarlo e adesso sta accadendo tutto, tutto quello che desideravo... ed io ho paura che me lo strappino dalle mani, Teresa."

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Capitolo 2
*** Momenti ***


~Doveva parlarne con Claudia, prima o poi l'avrebbe fatto. Doveva prendere una decisione, dovevano prendere una decisione insieme.
Lasciò che l'acqua gli scorresse sul corpo, sperando che lavasse via i suoi pensieri, i suoi problemi.
Come avrebbe reagito? Dopo tutte le promesse, dopo che le aveva detto di volersi lasciare tutto alle spalle, di non volere altri legami, altri impedimenti... le aveva fatto una promessa... una promessa che lei non gli aveva chiesto di farle, ma che sentiva di doverle, che sentiva di dovere a se stesso. Dopo tutto il dolore, dopo tutte le bugie, l'unica cosa che desiderava era essere libero e ora la sua libertà era lei.
Voleva andare lontano da Roma.
Si passò una mano tra i capelli bagnati.
Lontano dalla congregazione, dalla profezia, dall'ordine. Lontano da tutte quelle contingenze che minacciavano di distruggere la sua felicità. Voleva vivere il proprio futuro, come meglio credeva...
Non c'è futuro per te al di fuori della chiesa, non c'è futuro con Claudia.
Aveva cercato di ucciderla, aveva cercato di togliergli il suo amore.
Dovunque sarete l'ordine vi troverà e sarai tu a reagire all'attacco.
Non voleva essere attaccato, non voleva reagire, non voleva essere l'Eletto. L'amore per Claudia lo rendeva libero di essere la persona che desiderava, è vero, ma lui sapeva bene che se l'avessero minacciata...
All'improvviso sentì tutte le proprie paure crollare, come i castelli fatti con le carte, con un leggero alito di vento...
Claudia entrò nella doccia, gli cinse i financhi con le mani e gli baciò la schiena. Sentiva le sue labbra bruciargli la pelle, il suo corpo nudo aderire perfettamente al proprio.
"Ciao" gli disse appoggiando la testa nell'incavo della sua spalla.
"Ciao" le sfiorò i capelli bagnati con un bacio.
"E' tutto ok?" il suo alito caldo vicino al suo orecchio.
Abbassò lo sguardo "Sì". Si voltò verso di lei e le diede un bacio "Ora sì". Le fece scorrere le mani lungo i fianchi, la schiena... "Tu sei tesa..."
Claudia si scostò un attimo dal bacio, per guardarlo negli occhi, gli accarezzò la testa. "Tesa?"
"Sì, hai i muscoli contratti..."
Sorrise con fare canzonatorio "Ma fai sul serio? Siamo qui, insieme, in una doccia e tu ti preoccupi che i miei muscoli siano contratti?"
Le sorrise anche lui e arrossì, le diede un bacio sulla fronte, poi la fece voltare... Iniziò a massaggiarle le spalle e a baciarle il collo, descrivendo con la lingua dei movimenti circolari.
Claudia appoggiò le mani e la fronte al vetro della doccia, il suo respiro caldo appannò lentamente il vetro...
***
Claudia aveva la testa appoggiata al petto di Gabriel, poteva sentire distintamente i battiti del suo cuore e il suo respiro regolare... anche il suo bambino poteva sentire i battiti del suo cuore, o meglio avrebbe iniziato a sentirli intorno al terzo mese di gravidanza... sarebbe stata la prima cosa che avrebbe sentito e che avrebbe riconosciuto una volta venuto al mondo. Lo avrebbe stretto al seno e lui avrebbe capito dal battito del suo cuore che lei era la sua mamma. Sentì un senso di eccitazione dipanarsi come una scarica per tutto il suo corpo. Lei fino a quel momento non si era pensata davvero come mamma, non più da quando aveva creduto di aver abortito, se ne rese conto solo in quel momento, così come si rese conto di desiderare davvero quel bambino.
Sollevò la testa, avrebbe voluto dirlo subito a Gabriel, condividere con lui la gioia che provava in quel momento, ma Gabriel dormiva, con le braccia avvolte intorno a lei, una mano proprio sul suo ventre... uno strano caso, come se inconsciamente sapesse e volesse coccolare suo figlio. Sorrideva nel sonno e ogni tanto sbuffava. Claudia sorrise, gli diede un bacio sulla guancia e lui mugugnò qualcosa, poi la strinse più forte a sè.
Decise di lasciarlo dormire, domani gliel'avrebbe detto.

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Capitolo 3
*** Determinismo ***


"Buongiorno Vantina!"
"Buongiorno Claudia, ha chiamato il signor Mauri, ha detto che oggi non potrà venire all'appuntamento."
Claudia sospirò "E' un tipico caso di resistenza. Mauri non vuole parlare dei propri problemi, richiamalo e digli che ci vediamo domani. Non possiamo mollare la terapia proprio ora."
Entrò nel suo ufficio, buttò la borsa in un angolo e si sedette sul divano, aveva un'ora libera.
Se l'avesse saputo prima sarebbe rimasta insieme a Gabriel, nel loro letto...

"Devo andare" riuscì a dire Claudia staccandosi dal bacio.
Le lenzuola frusciavano sopra i loro corpi, che si muovevano l'uno sull'altro.
"Mmh..." assentì Gabriel continuando a tempestarle le labbra di baci.
"Davvero!" rise lei.
Gabriel sorrise e la guardò con gli occhi luminosi "La commissione può aspettare, ma i tuoi pazienti no?"
"Hai ragione, non è equo..." gli rispose mettendosi a cavalcioni sopra di lui, avvicinò il proprio viso a quello di Gabriel, che aveva già gli occhi chiusi in attesa di un bacio. Strusciò il naso contro il suo "... ma così è la vita." Concluse sorridente.
Gabriel la guardò con il broncio di un bambino a cui erano state rubate le caramelle, scosse la testa e tornò a sorriderle. L'abbracciò "E va bene..."
Claudia si accoccolò tra le sue braccia, assaporando il calore del mattino e il suo profumo, le coperte leggere sopra di loro, non sarebbe mai andata via se avesse potuto...


"Carino."
Il fiato morì in gola. Non voleva voltarsi, non voleva vedere. Non fu necessario.
Serventi andò a sedersi sulla poltrona davanti a lei, col suo sorriso vuoto.
"Allora Dottoressa" si appoggiò il bastone sulle ginocchia "mi dica, secondo lei qual è il mio problema? Dopo quello che ha visto crede ancora che siamo una manica di pazzi?"
Avrebbe voluto rispondergli qualcosa, qualunque cosa, avrebbe voluto reagire, ma lui non le diede il tempo di pensare.
Serventi si alzò e andò ad inginocchiarsi di fronte a lei "Tu lo sai che lui è l'eletto vero? E' la sua natura, il suo destino."
Claudia sospirò "I geni non sono il destino."
L'uomo la guardò interrogativo.
"Di solito per natura si intendono i geni. Ad uno stesso genotipo possono corrispondere fenotipi diversi. Non importa quale sia il suo DNA, la sua espressione dipende dall'ambiente."
"Continua..."
"Io sono l'ambiente che silenzia il lato oscuro di Gabriel."
Le labbra di Serventi si inclinarono verso l'alto "La genetica come chiave di lettura ai fenomeni paranormali, affascinante." Si alzò con l'ausilio del bastone e andò alle sue spalle. Claudia lo sentiva camminare avanti e indetro, avanti e indietro. Non ne poteva più di quel falso silenzio, la stava facendo impazzire. Sentì i propri occhi inumidirsi, avrebbe voluto gridargli di andarsene.
"Se tu sei l'ambiente che potrà salvare Gabriel, quale sarà la salvezza di tuo figlio?"
Il cuore di Claudia prese martellarle in petto, come se volesse romperle le costole, all'improvviso era tutto confuso. Lui sapeva del bambino, il suo piccolo era in pericolo, lui non si sarebbe fatto scrupoli a fargli del male e lei non poteva fare niente per proteggerlo.
Si voltò lentamente verso Serventi, sapeva di avere il terrore negli occhi e sapeva che lui l'avrebbe colto immediatamente.
Infatti l'uomo sorrise soddisfatto "Se non volevi che lo scoprissi forse avresti dovuto evitare di accarezzarti la pancia tutto il tempo."
Claudia abbassò lo sguardo, si rese conto solo allora di non aver mai tolto la mano dal proprio ventre.
"L'istinto di protezione ti sarà utilie se vuoi che tuo figlio diventi un uomo. Stai tranquilla, non sono io la minaccia, a me potrebbe anche fare comodo il figlio dell'Eletto... non è di me che ti devi preoccupare." Guardò fuori dalla finestra. "L'Ordine non sarà felice della notizia, però. Sono preoccupati dai poteri di Gabriel, quel bambino potrebbe averne tanti di più. Per loro è meglio non rischiare. Capisci cosa intendo?"
Capiva cosa intendeva. Non si sarebbero fatti scrupoli ad uccidere una creatura innocente se li avesse anche solo lontanamente sfiorati l'idea che potesse essere una minaccia. Si portò una mano sulle labbra, la testa le girava, le sembrava di aver smesso di respirare, era tutto confuso, il cuore le martellava il petto.
"Ora spiegami come potrebbe Gabriel evitare di reagire all'attacco."
La gola le bruciava, era tutto confuso.
"Lui reagirà. Tu non potrai fare niente per impedirglielo. Sarai tu, sarete voi, il motivo per cui tornerà ad essere quello che è." Si diresse verso la porta, appoggiò una mano alla maniglia. "E questa volta non tornerà indietro."

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Capitolo 4
*** Alla luce dei ricordi (parte 1) ***


~~Claudia tremava, si prese la testa tra le mani, doveva calmarsi, il cuore continuava a martellarle il petto, non riusciva a trattenere i singhiozzi. Il suo piccolo era in pericolo, ancora. Aveva già rischiato di perderlo una volta. Non poteva accadere di nuovo...
Prese il telefono, compose il numero a fatica. "Gabriel... vieni qui? Ti prego."

Tra poche ore avrebbe dovuto raggiungere Gabriel davanti al vescovato, era tutto finito finalmente. Lui non sarebbe più stato un uomo di chiesa e avrebbero passato tutta la vita insieme. Non riusciva a smettere di pensare alla sensazione che aveva provato stringendo quel bambino tra le braccia. Aveva provato a parlarne a Gabriel, ma lui non aveva capito.
Se ne stava seduta, con le spalle appoggiate al muro. Doveva aspettare tre minuti. Le sembrava un'eternità. Non era così improbabile, lei e Gabriel non erano mai stati particolarmente attenti, era come se non fosse necessario. Si sentì stupida, forse avrebbe dovuto pensarci. Forse no. Forse un po' ci sperava. Se fosse stato positivo lui come l'avrebbe presa? Forse non ne sarebbe stato entusiasta e in fin dei conti ne avrebbe avuto tutto il diritto. La sua vita era già cambiata radicalmente. Diventare padre così per lui non sarebbe stato facile. Lui non aveva provato quello che aveva provato lei: la sensazione di essere nell'unico posto in cui doveva essere e di dover difendere un'altra vita a costo della propria, di un amore incondizionato e totale. Poi aveva sentito la sua bocca asciugarsi e una sensazione di vertigine, si sentiva la testa vuota. Era positivo. Aspettava un bambino. C'era sua figlio dentro di lei, c'era il figlio di Gabriel. Fino a poco tempo prima non osava nemmeno immaginare di poterlo baciare alla luce del sole e ora nella sua pancia c'era il suo bambino. Aveva il fiato corto. Non vedeva l'ora di essere lì, davanti al vescovato, di vederlo uscire. Aveva il disperato bisogno di un abbraccio. Sarebbe andato tutto bene. Lui sarebbe uscito da lì e quando l'avrebbe visto all'improvviso sarebbe stato tutto perfetto. Lui le sarebbe andato incontro sorridendo e avrebbero inziato la loro vita insieme...

"Claudia..." Gabril aprì la porta. Aveva il fiatone. La guardava con gli occhi spalancati.
Lei aveva il viso sconvolto dalle lacrime, tramava ancora, il suo tono di voce al telefono doveva averlo spaventato a morte.
Gabriel le si avvicinò . Claudia si alzò dal divano e gli si buttò tra le braccia. Lo strinse forte, più forte che poteva e iniziò a singhiozzare sul suo petto. Lui l'avvolse piano tra le braccia, sfiorandola appena. Con una mano le accarezzava la schiena, con l'altra i capelli. Le baciò la fronte "Shh, va tutto bene. Sono qui. Sono qui, Claudia."

Guardò l'orologio. Lui doveva essere già lì. Le sarebbe dovuto venire incontro e poi sarebbero andati nella loro casa. Lui doveva venirle incontro sorridendo. Lei doveva stampargli un bacio sulle labbra. Era così che doveva essere. Ma lui non c'era. Non rispondeva al telefono. Rebecca le disse che Alonso era stato ferito. Per questo Gabriel non c'era, ma come stava? Era vivo? All'idea che potesse essergli successo qualcosa si sentì mancare, non doveva e non poteva essere. Doveva trovarlo, assicurarsi che stesse bene. Si era fidata di Rebecca e lei l'aveva portata lì, da Serventi. Serventi che le diceva che il suo Gabriel in realtà era un mostro, che quella dannata profezia era vera. Lei credeva fosse pazzo. Lo erano tutti. Gabriel l'avrebbe portata via da lì, avrebbe preso lei e il loro bambino e li avrebbe riportati a casa. Perchè loro adesso vivevano insieme, avevano un posto in cui ritrovarsi ogni sera e ogni mattina si svegliavano l'uno accanto all'altra. E infatti Gabriel era arrivato, ma non era il suo Gabriel, non poteva essere lui quello con gli occhi iniettati di rabbia, quello che stava uccidendo un altro uomo con le sue mani, mani che solo ieri avevano stretto le sue. Non era il suo uomo quello. Non era quello di cui si fidava ciecamente, quello a cui avrebbe affidato la sua vita e quella di suo figlio.

Gabriel iniziò a cullarla mentre piangeva sul suo petto. La cullava e la baciava la fronte. La sua voce calda e rassicurante le diceva “Ehi, va tutto bene. Va tutto bene adesso, sono qui. Sono qui accanto a te. Shh... è tutto finito.” Non le aveva chiesto cosa fosse accaduto, evidentemente aveva capito che non avrebbe avuto la forza di parlarne. Aveva bisogno di averlo accanto, nulla di più. E questo lui l'aveva capito. “Sono qui” era l'unica cosa che aveva bisogno di sentirsi dire. Il suo pianto piano, piano si fece meno intenso, fino a che non rimasero solo delle lacrime che scendevano lente, che le riempivano gli occhi come i ricordi.

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Capitolo 5
*** Alla luce dei ricordi (parte 2) ***



Gli occhi celesti di Gabriel la fissavano, addolorati, mentre lui si scusava per averle nascosto quale fosse la sua natura. Sembravano implorarla di rimanere, di non abbandonarlo, perchè lui aveva bisogno del suo amore, aveva bisogno di sentirsi amato nonostante tutto, aveva bisogno di stringerla a sè dopo aver creduto di perderla per sempre.
E Claudia avrebbe voluto abbracciarlo forte e sussurrargli che andava tutto bene, che si fidava di lui e che non l'avrebbe lasciato solo. L'avrebbe voluto davvero. Nonostante tutto.
Il pensiero di allontanarsi da lui la uccideva, ma in quel momento non si trattava più di loro due.
Lei doveva andarsene, tenere il suo bambino lontano da quella storia, crescerlo in un luogo sicuro, dove non ci fosse Serventi, dove non ci fosse un'assurda profezia.
Lasciò andare le mani di Gabriel, sentendosi addosso gli occhi di lui, il suo sguardo perso. Sentendosi morire. Trattenne le lacrime finchè non fu abbastanza lontana, poi si rese conto che era vero: sarebbe tornata a casa senza di lui, avrebbe iniziato una vita senza di lui.


Gabriel le diede un casto bacio sulle labbra. "Andiamo a casa?" Le mise una mano sulla guancia e con il pollice seguì il profilo del suo mento, un tocco leggero, quasi impercettibile.
Claudia gli restituì un tacito segnale di assenso e lui le mise un braccio intorno alle spalle. "Vieni, andiamo via, andiamo via da qui." Le baciò i capelli.
Gabriel aprì la porta e una preoccupata Valentina scattò in piedi "Claudia! Dio mio, sei pallidissima!"
Claudia cerò di sorridere, per rassicurarla, ma la sua bocca non ne voleva sapere. Sentì gli occhi inumidirsi per lo sforzo e il pianto fermarsi all'altezza del petto.
Gabriel non la stava guardando, ma sembrò cogliere quel suo momento di smarrimento e la strinse più forte. "Chi c'era qui? Prima che entrassi io, chi c'era con Claudia?" la sua voce era incrinata e saliva di tanto in tanto.
Il tono che stava usando non aveva niente a che fare con quello calmo e ovattato con cui le si era rivolto un attimo prima. Aveva nascosto tutta l'ansia e la rabbia solo per rassicurarla, per farsi vedere forte come lei aveva bisogno in quel momento.
Com'era stata sciocca a non accorgersene. Era terrorizzato, sconvolto e arrabbiato, ma mentre la cullava, un attimo prima, sembrava essersene dimenticato lui stesso.
Sentì il cuore sciogliersi e uccidere il pianto che fino ad un attimo prima le stava stritolando lo stomaco, nel tentativo di arrivare fino agli occhi.
"Non c'era nessuno!" Valentina li fissava con la bocca spalancata, reggendosi alla sedia.
Claudia si sentì addosso lo sguardo di Gabriel, la sua preoccupazione la investì come un treno.
Alzò lo sguardo e lo vide massaggiarsi le tempie e annuire.
Il suo tono di voce cambiò ancora, tornò ad essere dolce e profondo. Le mise le mani sulle spalle "Le dai a me le chiavi della macchina? Mh? Adesso torniamo a casa." Le sorrise e le diede un altro bacio sulle labbra quando lei gli mise in mano le chiavi.

Si ritròvò a guardare il paesaggio che scorreva, dal finestrino di quel maledetto taxi.
Si stava lasciando Roma alle spalle, per sempre. Si stava lasciando alle spalle Gabriel. Gabriel che un attimo prima era sotto casa sua, con il viso sconvolto, Gabriel che aveva cercato in ogni modo di contattarla. Gabriel che era salito sulla sua moto e se ne era andato.
Avrebbe tanto voluto che lui passasse di lì, che la vedesse e avrebbe voluto dire all'autista di fermarsi, scendere e correre verso di lui, abbracciarlo, baciarlo, dirgli che lo amava e che non voleva abbandonarlo, che si sarebbe presa cura di lui, che non gli avrebbe mai permesso di tornare in quello stato, perchè sentiva di poterlo aiutare.
Non sarebbe mai successo.
Quel pensiero le strinse la bocca dello stomaco al punto da farla soffocare.
Faceva caldo... avrebbe vissuto tutta la vita senza di lui... un brivido di freddo... avrebbe cresciuto il loro bambino senza di lui... le girava la testa... non avrebbe mai più avuto sue notizie... voleva vomitare... non avrebbe mai più saputo se stava bene o no... sentì in bocca un sapore metallico. Non era il dolore per aver perso Gabriel a farla stare male, non solo.

Stava vomitando sangue. Si sentiva debole. Riuscì a fatica a trovare la forza per dire all'autista di fermarsi, ma non per buttarsi tra le braccia del suo amore.

Gabriel richiuse la porta alle proprie spalle e l'abbracciò, avvolgendole completamente le braccia intorno al corpo e tenendola stretta vicino a sè "Eccoci qui... andiamo a riposarci un po'?". Usava lo stesso tono che avrebbe usato con un bambino che si era spaventato per un brutto sogno, la stessa delicatezza. La cosa la fece commuovere, sentì le lacrime pungerle gli occhi. Sarebbe stato un bravissimo papà.
Lui confutò il significato delle sue lacrime "Shh... non piangere, non piangere. Va tutto bene adesso..." le prese il viso tra le mani e le diede mille baci sulle guance.
"Gabriel..." la sua barba le pungeva la pelle, alzò lo sguardo e vide i suoi occhi guardarla con estrema dolcezza.
Gabriel le sorrise "Finalmente una parola..." le sfiorò la punta del naso con l'indice e le diede un bacio sulla tempia. "Vuoi parlarne adesso?" le sistemò i capelli dietro all'orecchio.
Da dove avrebbe dovuto cominciare? Moriva dalla voglia di dirgli che aspettava un bambino. Non vedeva l'ora di sapere come avrebbe reagito. Le piaceva immaginarselo con in braccio un esserino minuscolo, a fare lunghi discorsi insensati nel tentativo di farlo addormentare.
Le piaceva da impazzire l'immagine che aveva di Gabriel come papà.
Ma non voleva che un momento così bello, quello in cui gli avrebbe rivelato che sarebbero diventati genitori, fosse rovinato dalla paura e soprattutto non voleva che Gabriel pensasse che la sua reazione fosse dovuta a quello; la maternità non la turbava, la rendeva immensamente felice. Era l'idea che potesse succedere qualcosa al piccolo che la divorava da dentro. D'altro canto Gabriel avrebbe dovuto saperlo il prima possibile anche per questo, come avrebbe fatto a proteggerlo finchè non avrebbe saputo della sua esistenza?
Forse però era meglio iniziare dall'incontro con Serventi, così Gabriel...
"Non fa niente." La prese per mano. "Ne parliamo dopo, quando te la sentirai".
Claudia decise di non ribeccare, infondo non aveva ancora la forza di parlane. Voleva solo starsene tra le sue braccia e sentire che andava tutto bene.
Gabriel la condusse in camera da letto, si bloccò un attimo, come se stesse soppesando un'idea. Le si avvicinò, le accarezzo una guancia e le baciò una spalla, mentre le sollevava la spallina del vestito, facendolo scivolare delicatamente a terra.
Claudia lo guardò confusa, forse voleva metterle addosso la camicia da notte... Lui si guardò per un attimo intorno imbarazzato e a lei fece sorridere il fatto che dopo tanto tempo avesse ancora quella reazione. Poi Gabriel sollevò il proprio maglione e lo mise sopra la testa di Claudia, in modo tale che tutti e due rimanessero nella stessa maglia, fece un po' di fatica a far passare la testa di entrambi e le scompigliò i capelli "Scusami" disse sistemandoli dietro all'orecchio. Lei istintivamente strinse le braccia intorno alla vita di Gabriel e gli sorrise.
C'era tanto in quel gesto, il contatto con la sua pelle nuda, le sue braccia avvolte intorno a lei, il suo profumo ovunque, era completamente immersa in Gabriel.
Voleva farle sentire che c'era, che erano solo loro, lontani dal mondo e che erano una cosa soltanto.
Gli diede un bacio sul collo e lo strinse più forte.
Era tutto perfetto, andava tutto bene, c'erano solo loro, mentre si sdraiavano sul letto, con movimenti impacciati, mentre Gabriel le accarezzava la schiena e la baciava teneramente i capelli per farla addormentare serena.
Gabriel non poteva tornare ad essere come lo aveva visto all'osservatorio.
Era forte, forse anche più di quello che sembrava, ma li avrebbe protetti col suo amore, non con la sua forza e lei lo avrebbe protetto da se stesso. Avrebbero tenuto il loro piccolo lontano da tutto il male che avrebbero affrontato.
Affondò il viso nell'incavo del suo collo e si addormentò lasciandosi cullare da lui, tenendo il loro bambino al sicuro in quell'abbraccio.

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Capitolo 6
*** Riflessioni ***


Visto che l'ultima volta vi ho fatto aspettare tanto, adesso ho cercato di scrivere in fretta il nuovo capitolo :)
Anche se purtorppo è breve...



Gabriel la guardava dormire, il viso nascosto sul suo petto e le braccia strette intorno alla sua vita, ne sentiva il respiro caldo sulla pelle.
Era bellissima, pensava mentre le accarezzava la schiena, ma così fragile, così piccola tra le sue braccia, sarebbe stato così facile per quella gente farle del male.
Lei era forte, profondamente intelligente, ma non aveva nessun potere paranormale, nessun modo di difendersi da un loro attacco.
Gabriel doveva proteggerla, ad ogni costo. Sentì il respiro mozzarsi. Se le fosse successo qualcosa sarebbe stata tutta colpa sua, sapevano che l'amava più di ogni altra cosa al mondo, lo sapevano tutti, sarebbe stata un'ottima esca per loro e lo sarebbe stata proprio perchè lui l'avrebbe protetta.
Era un circolo vizioso. E poi a pensarci bene... come avrebbe potuto fare a difenderla da quella gente? Non poteva farlo senza ricorrere al proprio potere. Senza il suo lato oscuro lui, per loro, era facile da spazzare via come un raccolto travolto da un uragano. Ed era proprio per questo che l'avrebbe attaccato il Candelaio: perchè diventasse l'Eletto e si compisse il suo destino.
Un destino che non conosceva, ma che rifiutava con tutte le forze. Non c'era niente di buono in tutte le parole che gli erano state rivolte approposito.

"Roma crollerà sotto i colpì dell'Anticristo... E' questo il vostro destino, voi vi state distruggendo da soli... L'Eletto rovescerà la chiesa dall'interno... Non c'è futuro per te al di fuori della chiesa, non c'è futuro con Claudia... E' questo il tuo destino, creare l'inferno sulla terra."

Si accorse che il suo cuore era accelerato in maniera incontrollabile, stava sudando freddo.
Accolse nei polmoni più aria che poteva e la buttò fuori piano, doveva calmarsi, non voleva trasmettere la propria agitazione a Claudia, ora che era tranquilla. Ora che sembrava aver trovato un rifugio contro la sua pelle, ora che respirava in modo regolare e che sognava chi sa cosa, ora che si era affidata completamente a lui.
Era la prima volta che accadeva.
Gabriel sapeva che Claudia si fidava ciecamente di lui e questo pensiero gli faceva stringere il cuore ogni volta, ma anche in altre situazioni di pericolo, non si era mai comportata così.
Il modo in cui gli si era buttata tra le braccia, le sue lacrime, i suoi silenzi, il mondo in cui aveva lasciato che si prendesse cura di lei... erano quanto di più vicino ci fosse ad un'esplicita richiesta di protezione.
Non era da lei. Che cosa le era successo? Che la sua preoccupazione in realtà fosse per lui e non per se stessa? O magari per loro.
Ormai anche i loro nemici li consideravano una cosa sola. Gli sfuggì un sorriso amaro. Claudia era coinvolta in questa storia tanto quanto lui.
Valentina le aveva detto che non c'era nessuno in quella stanza insieme a lei e a quelle parole aveva avuto un brutto presentimento...
Claudia sfregò il viso sul suo petto e gli fece scorrere le dita lungo la schiena, mentre si svegliava, provocandogli un brivido inopportuno in quel momento.
Gli rivolse uno sguardo carico d'amore, con i suoi grandi occhi assonnati. Anche Gabriel le sorrise.
Claudia cercò di risalire fino alle sue labbra, anche se in quel maglione, in due, era difficile muoversi e gli diede un bacio "Grazie per tutto quello che fai..."

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Capitolo 7
*** Confessioni ***


~Gabriel appoggiò la fronte a quella di Claudia. "Non lo dire neanche per scherzo."
Lei gli seminò baci sul collo, sul petto, mentre sentiva dentro una leggerezza dal sapore frizzante.
Nessuno si era mai preso cura di lei.
Quando era piccola nessuno aveva mai voluto, poi non aveva mai permesso a nessuno di farlo.
A lui sì. Con lui si sentiva libera di buttare giù la maschera, sapendo che non si sarebbe mai approfittato delle sue debolezze, che non le avrebbe promesso di esserci per poi abbandonarla.
E non l'avrebbe mai, mai sottovalutata. Non aveva bisogno di essere sempre sulla difensiva perchè lui pensasse che fosse in grado di cavarsela da sola.
La conosceva meglio di chiunque altro al mondo.
Nonostante ciò era sempre pronto a prendersi cura di lei, ad essere una presenza silenziosa alle sue spalle, a lasciarla agire da sola e prenderla al volo se stava per cadere.
Lei con lui non era molto diversa, tranne per il fatto che a volte sentiva il bisogno di scuoterlo, perchè troppo spesso pur di difenderla si trincerava dietro a muri di silenzio e affrontava il proprio dolore da solo.
Gabriel le diede un bacio all'angolo della bocca "Mangiamo qualcosa?"
"Sì, ti prego, ho una fame!" era vero. Il piccolino aveva bisogno di fare la pappa. Le sfuggì un sorriso a quel pensiero.
"Che c'è?" le chiese Gabriel accorgendosene.
Claudia scosse la testa, senza smettere di sorridere. "Niente..." e gli diede un bacio.

Mezz'ora dopo erano seduti davanti ad un piatto di spaghetti, all'angolo del tavolo, così potevano guardarsi in faccia mentre parlavano, senza essere lontani.
Gabriel le versò un bicchiere di vino e Claudia si morse le labbra.
Lui alzò un sopracciglio "Tutto ok?"
"Sì" abbassò lo sguardo.
"Claudia ascolta..." doveva dirglielo adesso? Forse era l'occasione buona. "... è per Serventi?"
Trasalì e fece rovesciare il bicchiere che Gabriel le aveva appena riempito "Oddio, scusami..." si alzò per prendere un asciugamano, ma Gabriel la fermò mettendole le mani sulle spalle.
"Ho ragione?" le prese una mano tra le proprie.
Abbassò lo sguardo ed annuì "Come hai fatto a capirlo?"
Il viso di Gabriel si irrigidì "Maledetto..." la prese delicatamente per la vita e iniziò a massaggiarla  con i pollici. "... Valentina ha detto che non c'era nessuno in quella stanza con te. Io credo che Serventi abbia il potere di materializzarsi nella testa delle persone, come se fosse un'allucinazione, e interagire con l'ambiente che le circonda, come se fosse reale."
Claudia aveva la bocca aperta "Tu come fai a saperlo?"
"L'ho visto anch'io." confessò Gabriel. La guardò negli occhi. "L'altra mattina, prima di andare alla congregazione, ma non era la prima volta. Lui ha già provato a mettersi in contatto con me, nei miei sogni."
"Per questo non eri sereno..." sibilò Claudia. Gli accarezzò una guancia.
Gabriel abbassò lo sguardo e fece un grande respiro. "Che cosa ti ha detto?"
"Che tu sei l'Eletto e il nostro amore non ti aiutera a cambiare la tua natura, anzi, sarà proprio a causa mia se tornerai come all'osservatorio." doveva dirgli adesso del bambino? Serventi sapeva che era incinta, lui no.
Gabriel sospirò. "Sì, ha detto la stessa cosa anche a me. Che è inutile scappare, perchè ovunque saremo l'Ordine ci troverà ed io reagirò all'attacco."
Seguì un momento di silenzio, scandito senza sosta dalle lancette dell'orologio. "Claudia mi dispiace." Una lacrima gli rigò il volto. "E' tutta colpa mia. Io non avrei mai, mai voluto metterti in questa situazione. Ho cercato di tenerti fuori per quanto possibile, ma..."
"Non devi più farlo" lo interruppe lei. Gli prese il volto tra le mani e lo guardò negli occhi, lucidi e spaesati. "Io non voglio che tu affronti una situazione come questa da solo. Mai più."
"Claudia..." Gabriel guardò a terra.
Claudia alzò la voce "Promettimelo." lo prese per le spalle e lo scosse. "Sono parte anch'io dei giochi, Gabriel, che tu lo voglia o no. Questa storia non riguarda più soltanto te... sono la tua compagna adesso..." aggiunse con voce più dolce "... e non ho nessuna intenzione di starne fuori, ok?"
Gli occhi azzurri di Gabriel si aprirono su di lei. Lui appoggiò la fronte alla sua spalla e l'abbracciò.
Claudia affondò una mano nei suoi capelli e gli massaggiò la testa.
Era come un bambino, a volte, capace di lasciarla totalmente disarmata.
"C'è un'altra cosa che non ti ho detto." mormorò acora stretto a lei.
Claudia sciolse quell'abbraccio, per guardarlo in faccia.
"Mi hanno dato il compito di dirigere la congregazione, devo decidere se accettare o no..."
Claudia deglutì e guarò alle spalle di Gabriel "Ma tu hai scelto me..." le ginocchia stavano per cederle.
Gabriel le mise una mano sulla spalla e l'altra sulla guancia "Ma certo, certo che ho scelto te. Ti sceglierò per sempre..." Il cuore di Claudia tremò, come se nel suo petto fosse passata una folata di vento. "... ho già chiarito con loro che se mai dovessi accettare tornerei in quanto membro laico. Io avrei voluto portarti via da qui, Claudia, avrei voluto dimenticare tutta questa storia e ricominciare da capo insieme a te, ma..."
"Devi accettare, Gabriel."
Gabriel la fissò, alzando un sopracciglio "Dici sul serio?"
"Sì. E' una buona notizia, se non altro non saremo soli ad affrontare questa situazione e avremo altri strumenti a nostra disposizione." Non potevano nascondersi, dovevano sconfiggere quella gente, così il piccolo sarebbe stato al sicuro.
"Ne sei convinta?"
"Assolutamente."
Si abbracciarono.
Claudia gli diede un bacio sulla guancia "Andrà tutto bene. Lo sento. Quando siamo insieme le cose non possono andare male."

Lo so, lo so, non gliel'ha ancora detto. Però siccome è una cosa importante penso meriti un capito a parte :)
Promesso che il prossimo è quello buono ;)

 

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Capitolo 8
*** Come un aquilone. ***


Non ho aggiornato per un sacco di tempo, ma questa parte della storia mi ispirava, diciamo che era l'idea di base da cui sono partita, quindi scriverla è stata più facile, anche se poi alcune cose le ho cambiate strada facendo.
Come al solito spero di non avervi deluso.
Per i prossimi aggiornamenti ci vorrà di più ;)


 

Una morsa allo stomaco. Il cuore di Claudia iniziò a battere sempre più veloce, fino a quasi a scoppiare. L'aria calda e leggera, Gabriel accoccolato nell'incavo della suo collo, l'amore tutto intorno a loro, come nebbia, pronto ad avvolgerli.
Era il momento giusto.
"Gabriel..." faceva fatica anche a parlare, a far entrare l'aria nei polmoni e non sapeva se fosse la paura o la gioia più estrema. Si sentiva come sull'orlo di un trampolino, come se si stesse preparando a gettarsi in acqua, l'istante prima di tuffarsi. Avrebbe sentito il vuoto, per il tempo di un battito di ciglia, poi l'acqua l'avrebbe accolta e accarezzata con le sue onde.
Gabriel era lì, davanti a lei, in silenzio, con uno sguardo interrogativo dipinto sul volto. Bello, bellissimo, come sempre. Lo amava da morire.
Gli accarezzò il collo e gli stampò mille baci sulle guance. Aveva voglia di ridere, forse per scaricare quella strana energia che sentiva dentro, che la faceva tremare.
La pelle morbida di Gabriel contro le proprie labbra, la sua barba, la sua bocca. Si avvinghiò a lui, forse per paura di cadere, senza smettere un secondo di baciarlo, di accarezzarlo.
Le mani calde di Gabriel sui fianchi. La confusione e l'amore, nitidi nei suoi occhi.
E lui ancora non sapeva, non sapeva di averle fatto il regalo più bello del mondo.
Gli diede un ultimo bacio sulla bocca, poi gli prese un mano tra le proprie e se la portò alle labbra, iniziò a baciarla con una lentezza quasi esasperante, come se fosse una sorta di benedizione. A quella mano stava per affidare suo figlio. Se la portò delicatamente al ventre e la tenne ferma lì, assaporandone il calore, sentendo che il suo piccolo era al sicuro, sotto quella mano grande. Ma la mano di Gabriel non si mosse, rimase lì, rigida.
Claudia sentì le vertigini, in quel benedetto istante, la paura. Aveva saltato prendendo la rincorsa, ma sotto di lei forse l'acqua era troppo bassa.
Era stata una sciocca. Chi le aveva detto che lui ne sarebbe stato felice, chi? Sentì il sorriso sparire dalle proprie labbra. Chi le aveva assicurato che lui non l'avrebbe mai abbandonata? Era già successo una volta. Perchè credeva che con Gabriel sarebbe stato diverso? Solo perchè lo amava? Solo perchè desiderava un figlio insieme a lui come non aveva mai desiderato niente nella vita?
Non ce la faceva nemmeno più a reggersi in piedi, ogni forza la stava abbandonando, voleva solo accasciarsi a terra. Voleva solo che quel salto nel vuoto finisse, raggiungere l'acqua, quale che fosse la sua altezza.
Gabriel iniziò ad accarezzarle la pancia, le sue mani tremavano. Una morsa le strinse il cuore.
Claudia alzò lo sguardo e ogni dubbio sparì quando vide i suoi occhi, accesi come due fari, lucidi ed enormi, le sue labbra che tremavano.
Gabriel deglutì e un lacrimone gli cadde dagli occhi e quella lacrima fece sciogliere Claudia.
Non c'era niente da temere. Lui l'amava da morire, era così chiaro.
Gabriel sorrise, nel pianto, e avvicinò il viso a quello di lei, inclinandolo di lato. Aprì le labbra e le richiuse su quelle di Claudia. La baciò. Un bacio, lento, profondo, delicato.
Claudia assaporò le sue lacrime salate. La manò di Gabriel che non smetteva di accarezzarle il ventre, l'altra che si spostava dalla sua guancia alle spalle. Leggera come l'acqua, come se lei fosse porcellana e potesse sgretolarsi sotto il suo tocco.
Le baciò i capelli e rimase lì, con la fronte vicina alla sua, le mani che erano scivolate  sui suoi fianchi.
Anche a lei sfuggì una lacrima e si aggrappò con più forza alle sue spalle. Un brivido le percorse la schiena quando sentì il cuore di Gabriel battere frenetico sul proprio petto.
Poi lui ruppe quel silenzio perfetto "Lo sapevi quando sei stata male?"
Strano che tra tutte le cose che avrebbe potuto dirle avesse scelto proprio quelle parole...

Nessuno sapeva che malattia avesse, nessuno lo sapeva.
 I medici le dissero semplicemente che dovevano capire, che la malattia aveva coinvolto tutto il sistema immunitario.
Per un attimo aveva sentito il vuoto, i rumori attuti, come se le avessero tappato le orecchie. Come se le avessero dato un sedativo per frenare il dolore. Poi quel pensiero arrivò e fu come la puntura di un ago. "Ma io sono incinta..." aveva detto al medico e lui aveva abbassato lo sguardo. "C'è qualcuno che posso chiamare?". Nessuna risposta approposito del bambino, come se fosse scontato che non ci fosse niente da fare.
Non sarebbe mai nato.
Lei non avrebbe mai dato alla luce quel bambino.
Poteva dimenticarsi tutte le fantasie in cui la notte lo faceva addormentare sul suo seno, in cui gli dava teneri baci, mentre lui la guardava con gli occhioni spalancati.
Niente di tutto questo sarebbe mai successo.
Lei non avrebbe mai avuto quel bambino.
Nel suo ventre un attimo prima c'era la vita, ora c'era la morte.
Il suo corpo non era più un posto ospitale.
Non sarebbe mai diventata madre, non era il suo destino.
E il dolore era così forte da impedirle di piangere.
Non avrebbe mai messo al mondo il suo bambino.
E il suo papà non doveva sapere niente, altrimenti il dolore l'avrebbe distrutto.
Gabriel non doveva sapere.
Gabriel non doveva sapere che stava morendo.
Gabriel non doveva sapere che aspettava un bimbo.

Gabriel non doveva sapere che era stato Serventi.
Altrimenti Gabriel non ce l'avrebbe fatta, sarebbe stato travolto dal dolore e dal senso di colpa.
Preferiva che lui credesse che non l'amava. Che arrivasse ad odiarla.
Ma lui non doveva vederla così.
"Sì. Potete chiamare Teresa, è la mia migliore amica."
"Vuole darci anche il numero del suo compagno?"
"No. Non ho nessun compagno."
E l'unica cosa che voleva era che lui fosse lì.


Iniziò a singhiozzare forte, con il viso sul suo petto.
"Sì, lo sapevo".
La mano di Gabriel le accarezzò i capelli. "Ma perchè non mi hai detto niente?" La sua voce tremava. "Hai affrontato tutto il dolore da sola..."
"Gabriel, ti prego..."
"Lo sapevi anche quando mi hai lasciato?"
"Sì..." sentì come se una spada la stesse trafiggendo. "... io volevo dirtelo appena l'ho saputo, ma poi è successo quello che è successo e... io dovevo proteggerlo, Gabriel."
"Anche da me?" le chiese lui piangendo. Qualcosa nel suo tono la uccise.
"Se fosse stato necessario." scandì con forza. Sapeva di avergli fatto del male, ma lei non voleva ferirlo, non voleva e non era per lui che se ne stava andando. Però la risposta era sì, l'avrebbe difeso anche da lui se fosse stato necessario, da chiunque al mondo. "Mi dispiace... non era per te che stavo andando via. Io volevo solo portarlo lontano da tutta questa storia." Si bloccò, cercò di riprendere fiato. Parlare tra i sussulti del pianto stava diventando troppo difficile. "Ma io mi fido ciecamente di te, Gabriel, lo so che non ci faresti mai del male. Tu sei sempre e comunque il mio porto sicuro... e io avrei tanto voluto averti accanto..."
"Ma non hai mai risposto alle mie telefonate..."

No. Era vero, lei non aveva mai risposto alle sue chiamate.
Sdraiata su quel divano, con la frebo attaccata al braccio, incapace di muoversi ascoltava i suoi messaggi in segreteria.
"Claudia, sono io. Ti prego, ho bisogno di vederti. Ti prometto che non cercherò di convincerti a stare con me, voglio solo vederti e sapere che stai bene... ti prego..."
"Claudia, per favore, rispondi al mio messaggio. Ho bisogno di sapere che stai bene, per favore. Se vuoi possiamo non incontrarci, ma tu dimmi che stai bene."
"Claudia. Ho capito che non mi vuoi incontrare e non vuoi parlarmi. Questo è l'ultimo messaggio che ti lascio, te lo giuro. Dimmi che stai bene, per favore, rispondimi. Te lo giuro, non ti cercherò mai più, in nessun modo. Io andrò via da qui. Sparirò dalla tua vita per sempre se lo vorrai... ma tu dimmi che stai bene. Ti prego."
Sentire la sua voce le faceva più male di quella malattia.
Sentire la sua voce e non averlo lì.


Claudia sciolse quell'abbraccio. Lo guardò negli occhi. Le lacrime continuavano a cadere, pesanti. "Avrei tanto, tanto voluto averti accanto, Gabriel... ma io non potevo dirtelo, non potevo..."
Lui la riprese tra le braccia e la strinse al petto.
"... non potevo dirti che stavo morendo e che anche nostro figlio..." non riuscì a proseguire.
Gabriel la cullava, le baciava la fronte, le spalle, le labbra, le guance e Claudia lo sentiva sussultare per il pianto.
"Non me l'hai detto neanche quando ti ho riportato indietro..."
"Sapevo che avevi riportato indietro me... ma lui? Io credevo che la mia malattia l'avesse..." si bloccò e cercò di respirare "... l'avesse ucciso, Gabriel."
"E se fosse successo? Voglio dire... non mi avresti mai detto nulla?"
"No." gli accarezzò i capelli. "No, tu non l'avresti mai saputo." Gabriel stava per replicare, se lo sentiva, ma lei proseguì. "Sarebbe stato più facile. Io convivevo già con l'idea che il nostro bambino non ci fosse più." La sensasione di vuoto nello stomaco si allargava come un buco nero. "Se tu non avessi saputo niente io ti avrei visto felice ed entusiasta, perchè stavamo iniziando una vita insieme e lo sarei stata anch'io. Avrei dovuto essere forte per te e alla fine avrei superato il dolore."
Seguì un momento di silenzio, scandito dai baci di Gabriel sul suo viso, dalle sue mani che l'accarezzavano e quella sensazione di vuoto iniziò a restringersi, lui era lì per lenire il suo dolore, per aiutarla a liberarsene prendendone un po' per se stesso e lei era lì per ricordargli quanto fosse inutile. "Ma il nostro bambino sta bene, non importa più. Lui c'è."
Lo prese per le spalle e Gabriel la guardò,sconvolto, come se avesse appena realizzato. Gli occhi spalancati e la bocca che finalmente tornava a sorridere.
"Non permetterò mai più a nessuno di farvi del male, te lo prometto..."
E il vuoto finalmente era scomparso. Il suo cuore era tornato leggero, come un aquilone trasportato dal vento e finalmente rise, tra le lacrime, liberando quell'energia che sentiva dentro, che la faceva tremare, che la faceva sentire viva.
E non c'era niente di più importante in quel momento. Niente di più importante delle loro lingue che si cercavano. Delle mani di Gabriel che le accarezzavano la pancia. Dei loro corpi avvinghiati. Di quella sensazione che normalmente si prova in riva al mare, quando le onde ti portano l'odore dello iodio e in piena estate riesci a sentire il sapore dell'inverno.
"Avremo un bimbo!" disse Gabriel.
E fu un'altra folata di vento nel suo petto, che la fece tremare. L'entusiasmo nella voce di lui, la tenerezza delle sue parole e il modo in cui l'aveva guardata: come se fosse la cosa più bella del mondo.
Gabriel si chinò a baciarle la pancia, con gli occhi chiusi, in silenzio, come se il suo corpo fosse stato sacro e Claudia finalmente poteva respirare.
Era tutto straordinario e perfetto come aveva immaginato.
Le mura della loro casa che li proteggevano dal mondo, il loro amore che li avvolgeva come nebbia e un futuro che avevano appena iniziato a disegnare.
E l'aria era cambiata ancora, dall'odore di iodio, a quello della pioggia sull'asfalto, a quello della neve quando sta per arrivare.

 

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Capitolo 9
*** Confronti. ***


Isaia sospirò e si strinse tra le lenzuola. Lì la notte era fredda quasi quanto il giorno era caldo.
Il mondo nel giro di poche ore diveniva sfigurato e irriconoscibile.
Per un attimo ebbe voglia di pregare. Gli mancava rivolgersi a Dio come se fosse un fratello, ma non poteva più. Non si fidava più di lui.
Affondò il viso nel cuscino. Avrebbe voluto indietro la sua fede.
Avrebbe voluto essere ancora a capo del direttorio, con Gabriel al suo fianco.
Dovevano essere alleati contro un nemico comune, ma questo non era ciò che il destino aveva scelto per loro: erano l'uno contro l'altro.
Non sarebbe stato lui a salvare Gabriel, non nel modo in cui avrebbe voluto salvarlo.
Per salvarlo avrebbe dovuto ucciderlo. Era tutto lì nelle pagine mancanti. In quel maledetto scrigno.
Qualcuno si sedette sul letto “Gabriel...”
Un sospiro irrisorio. “Povero Isaia, non sei ancora convinto del tuo destino.”
Serventi.
“Che cosa ci fai tu qui?”
Vide le sue mani accarezzare il bastone, nella penombra. “Forse tu adesso non riesci ancora ad essere arrabbiato con Gabriel, nonostante tutto, ma io so una cosa che ti farà ribollire il sangue.”
Sospirò e si mise seduto.  “Tu non sai niente. E comunque a te non conviene che io uccida Gabriel.”
Vide gli occhi di Serventi individuarlo, nel buio. “Tu non sai niente. A me conviene che ogni pezzo del puzzle sia al suo posto affinché la profezia si compia.”
L'immagine di Serventi sparì nel buio, il suo corpo smise di pesare ai piedi del letto.
Deglutì. Che cosa doveva sapere?

***

Claudia sciacquò  il bicchiere e lo passò a Gabriel.
“Potrebbe essere meno grave di quello che pensiamo...”
Gabriel sollevò il sopracciglio, asciugò il bicchiere e lo mise nella credenza “Meno grave?”
Claudia si voltò a guardarlo, la schiena appoggiata al lavabo, le mani ancora bagnate. “Non mi fraintendere, è una situazione complicata, ma non è impossibile uscirne. Tu hai detto che io ti aiuto a trasformare il tuo potere...” gli sorrise.
Gabriel abbassò lo sguardo “Sì, lo so. Ma se tu non ci sei... o peggio... se succede qualcosa a te o al bambino...” deglutì, l'idea che potesse succedere loro qualcosa lo terrorizzava “... io sono perso.”
“Non se evochi una mia distorsione paratassica”.
Gli sfuggì un sorriso “Una cosa?”
Claudia si voltò e lavò un piatto “Una distorsione paratassica, devi evocare mentalmente la mia presenza... è un'operazione difensiva che viene usata comunemente in situazioni di angoscia.”
Gabriel rise e scosse le testa “E non potevi dirmi che devo pensare che tu ci sia?”
Claudia lo squadrò “No. Per due valide ragioni.” Gli passò il piatto.
Gabriel lo mise al posto, incrociò le braccia e cercò di lanciarle uno sguardo di sfida, ma si rese conto che riusciva soltanto a sorriderle, imbambolato “Cioè?”
Claudia si mise le mani sui fianchi e lo guardò maliziosa “Innanzitutto usare un costrutto psicologico conferisce validità scientifica a quello che dovresti fare...”
Gabriel abbassò la testa per nascondere la risata che gli stava sfuggendo.
Claudia gli si avvicinò “Qualcosa in contrario, Antinori?”
“No Dottoressa...”
“Bene” rispose lei, puntellandogli il petto con l'indice “perché posso credere che questi fenomeni esistano, ma non che non abbiano una spiegazione. Il nostro cervello lavora al risparmio... ammesso che sia il cervello a controllare i vostri poteri è probabile che si serva di meccanismi e circuiti propri di altre operazioni mentali.” Gli fece un cenno con la testa, come faceva sempre quando pensava di avere ragione.
“E la seconda motivazione?” riuscì a dire lui, dopo un momento di trance.
Claudia gli si avvicinò e gli sussurrò all'orecchio “Usare parole come distorsione paratassica fa molto più fico.”
Questa volta risero entrambi. La catturò prendendola per la vita e attirandola a sé, le diede un bacio sulle labbra. Le mani ancora bagnate di lei gli si tuffarono tra i capelli.
Si allontanò appena, per poter vedere il suo sorriso, i suoi occhi semichiusi che lo sbirciavano mentre la baciava. Li vide spalancarsi su di lui ed esplorargli il viso.
Avrebbe voluto dare voce agli altri dubbi che lo opprimevano, ma non ce la faceva, non quando lei gli sorrideva così.
La sua mano morbida gli accarezzò la guancia “C'è dell'altro, vero?”
Annuì, commosso, era assurdo il modo in cui riusciva a leggergli dentro.
Sospirò, mentre sentiva un peso enorme sul petto, che lo paralizzava. Non poteva dirglielo, non poteva deluderla così.
Claudia lo baciò sulla spalla e gli accarezzò la schiena “Ehi, va tutto bene.” Gli fece scivolare le mani sul petto “Respira e inspira, respira... bravissimo, così, inspira... respira...” le labbra di Claudia erano sempre più vicine e alle sue, tanto che Gabriel poteva inspirarne il respiro. Lo baciarono delicate, ma decise. Finalmente il suo cuore si calmò.
“Claudia...” Appoggiò la fronte a quella di lei “...posso provare a fare quello che mi dici tu, ma il punto è un altro...” la paura lo  stava per avvolgere di nuovo, la paura di deluderla, la paura di perderla, ma Claudia lo strinse più forte e lui riuscì a trovare la forza di continuare. “Se facessero del male a te o a nostro figlio potrei essere io a non volermi fermare...”
Abbassò lo sguardo, aspettandosi che la stretta di lei si allentasse, ma non successe, anzi. Claudia appoggiò la testa nell'incavo del suo collo. “Se dovessero toccare ancora nostro figlio ti assicuro che sarò io la prima a passare al lato oscuro.” Gli sorrise, con un velo di malinconia e lo baciò sulla guancia.
Le accarezzò la schiena. Era davvero ancora lì? Tra le sue braccia? Dopo quello che le aveva detto? Non lo aveva giudicato, non aveva avuto paura, era rimasta lì, lo aveva stretto più forte e lo aveva rassicurato.
“Ti amo, Claudia.”
Claudia gli sorrise, anche i suoi occhi sorridevano e si tuffò sulle sue labbra, questa volta era un bacio intenso e folle... un bacio che alimentò la fiamma che bruciava sempre, silenziosa, dentro di lui, mentre stava con lei, e la trasformò in un incendio.
All'improvviso non poteva più fermare le proprie mani, né quelle di Claudia, che ancor prima che se ne rendesse conto lo stavano già spogliando.
La guardò confuso e spaesato, dalla velocità con cui li aveva travolti la passione e si accorse che lo stava già guidando verso la camera da letto.
Le sue labbra sulla pelle lo confondevano, gli succhiavano via la capacità di pensare. L'afferrò per le spalle e le inumidì quelle labbra perfette con la lingua, poi si insinuò nella sua bocca e le diede un bacio famelico, un bacio che la lasciò stordita quanto lo era lui un attimo prima. Lo capì dal suo sguardo perso, che gli fece stringere il cuore. Le baciò la fronte e la sentì sorridere. La fece sedere ai piedi del letto e si sdraiò sopra di lei, stando attento a non pesarsi troppo, per non fare male al piccolo. Le accarezzò la pancia e sentì la mano di Claudia appoggiarsi sulla sua. Le sorrise e reggendosì sugli avambracci appoggiò la fronte contro quella di lei e le baciò il viso, scendendo molto lentamente fino al collo.
Il campanello suonò.
Gabriel andò in panico “No, ti prego non può essere vero... ancora...”
Claudia scoppiò a ridere “Ancora?”
Gabriel sentì le guance bruciare e capì di essere arrossito “Una volta ho sognato che stavamo per fare l'amore e ad un certo punto suonava il campanello e tu mi dicevi di andare ad aprire...” disse tutto d'un fiato.
Claudia lo guardò in silenzio per una manciata di secondi. Il campanello suonò ancora e lei scoppiò a ridere, poi si appoggiò al suo petto, per soffocare le risate. Anche a lui sfuggì una risata, ma Claudia gli appoggiò una mano sulle labbra “Zitto, ci sentono!”
“Ma come, non vuoi che vada ad aprire?”
“Non ti azzardare!”
Risero entrambi e si baciarono, mentre ridevano, intimandosi l'un l'altra di fare meno rumore.
Claudia strinse le braccia intorno al collo di Gabriel che, gattonando, raggiunse il cuscino, trascinandosi dietro lei, la cui stretta era forte.
Lo lasciò andare ed appoggiò la testa al cuscino, ancora sorridente.
Gabriel chiuse gli occhi e si avvicinò alle sue labbra.
Dei passi.
Qualcuno era entrato in casa. Che fosse Serventi? Che fosse un membro dell'Ordine? Qualcuno che avrebbe potuto fare del male alla sua donna e al loro bambino?
Si alzò e Claudia fece lo stesso, ma Gabriel l'afferrò per il polso e la trattenne alle proprie spalle, per farle da scudo. Nessuno si sarebbe più avvicinato a lei, questa volta non l'avrebbe permesso.

 

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Capitolo 10
*** Al di là delle nubi. ***


"Claudia? Claudia, stai bene?"
Teresa. Come aveva immaginato... Gabriel evidentemente no, perchè si era alzato di scatto e le si era parato davanti, pronto a difenderla.
Gabriel si voltò a guardarla, ancora pallido, disorientato "E' Teresa..." farfugliò.
Suo malgrado Claudia scoppiò a ridere "Era quello che volevo dirti... secondo te qualcuno con brutte intenzioni avrebbe citofonato?"
"Claudia?!"
"Teresa, va tutto bene, arrivo!"
Accarezzò la barba di Gabriel e lo strinse a sè "Va tutto bene." gli baciò il collo.
Lui abbassò lo sguardo, ma le sorrise. "Ho avuto paura." disse appoggiando la testa sulla sua spalla.
"Lo so, lo so" gli accarezzò la schiena, sperando di aiutarlo a scacciare tutta la tensione che aveva accumulato. "Sei il mio eroe" lo era davvero, gli baciò le labbra ancora inclinate dall'ansia e gli fece scivolare le mani sul collo, sul petto ed iniziò a riallacciargli la camicia. "Finisci di vestirti."
Gabriel annuì e le sorrise, ora sembrava più tranquillo.

Teresa era in piedi, in soggiorno, quando la vide le venne incontro "Ma che fine hai fatto? E' tutto il giorno che ti cerco! Hai il telefono spento, Valentina mi ha detto che oggi te ne sei andata dopo neanche mezz'ora e che non ha capito perchè! Che diavolo è successo?" abbassò la voce "Il bambino sta bene?"
"Mi dispiace non averti risposto, adesso ti racconto tutto. Comunque puoi alzare la voce" sorrise "Gabriel lo sa..."
"Alleluja!" sorrise anche lei finalmente "Come l'ha presa?"
"Bene, sono felice" disse Gabriel entrando in salotto, era rosso in viso e guardava il pavimento "Ma forse è meglio se ti racconta Claudia" sorrise "Vi lascio sole per un po'"
Teresa agitò le mani di fronte a sè "Ma no, no non c'è bisogno..."
"Sì, invece..." alzò il sopracciglio "Io intanto ne approfitterò per sistemare delle cose..."
"Cose del tipo?" lo punzecchiò Claudia.
"Lo sai. Il direttorio... e..."
"E...?" era dolcissimo, così impacciato.
La guardò negli occhi "Posso dirlo ad Alonso?"
Gli buttò le braccia al collo "Certo, certo che puoi!"
Lui si irrigidì per un attimo, imbarazzato da questo gesto di affetto davanti alla sua migliore amica, ma poi le appoggiò le mani sui fianchi e li accarezzò con i pollici. "Ok..." guardò le due donne "... però per il momento è meglio che lo sappiano solo poche persone, quelle di cui ci fidiamo ciecamente... Claudia, mi dispiace chiedertelo... ma più tardi si saprà, più a lungo sarete al sicuro."
"Sì" annuì lei "Sono d'accordo con te."
"Ok... allora a dopo..." la appoggiò una mano sulla spalla. "Ciao, Teresa!"
"Ciao!"
Lo guardò allontanarsi e chiudersi la porta alle spalle. Aveva ragione, per il momento sarebbe stato meglio che lo sapessero solo Teresa ed Alonso, una volta che si sarebbe saputo avrebbero avuto una ragione di più per guardarsi alle spalle. Le pesava questa situazione, avrebbe voluto gridarlo al mondo, ma era giusto così. Gabriel lo sapeva e ne era entusiasta, era l'unica cosa che contava.
"Allora?" la distrasse Teresa "Quando hai finito di fissare il vuoto con gli occhi luccicanti mi racconti?" si sedette sul divano.
"Sì..." sorrise, ma poi si rabbuiò, sentendo la paura tornare, avvertendo il desiderio che Gabriel fosse ancora lì con loro "... questa mattina me ne sono andata subito dallo studio, perchè ho visto Serventi."
Teresa la fissava immobile, attonita.
"Teresa, lui sa del bambino!" sentì le lacrime arrivarle agli occhi, si mise d'istinto una mano sulla pancia. Dov'era Gabriel? Aveva bisogno di averlo lì, credeva di aver superato la paura, ma parlarne senza lui accanto era più difficile, senza di lui sentiva tutte le certezze vacillare. "Mi ha detto cose terribili. Mi ha detto che l'Ordine non sarà felice di saperlo, che ci attaccheranno e che Gabriel reagirà e questa volta il suo cambiamento non sarà reversibile."
"E poi?"
"E poi ho chiamato Gabriel e lui si è preso cura di me. Mi ha portato a casa e mi ha tenuto stretta a sè per farmi addormentare ed è rimasto lì a coccolarmi fino a che non mi sono svegliata..." il pensiero la fece tranquillizzare quasi immediatamente. "Questo è Gabriel, non è l'Eletto, non è quello che vogliono loro! Può capitare che torni come all'osservatorio, è una parte di sè, non può distruggerla... ma lo farebbe per proteggerci e poi tornerebbe ad essere il mio Gabriel, non può rimanere fossilizzato in quello stato... lui non... lui è l'uomo migliore del mondo e io mi fido di lui. Non metterò mai più in dubbio il nostro legame. Sono arrivata al punto di pensare che non fosse nel nostro destino. Io, che al destino non ci ho mai creduto. Sono arrivata al punto di abbandonarlo, credendo di proteggere nostro figlio, ma non è così. Noi possiamo proteggerlo insieme."
Rimase in silenzio per un attimo a fissarsi le mani.
"Era così felice quando gliel'ho detto." un brivido le attraversò la schiena mentre ricordava il modo in cui l'aveva abbracciata, in cui le aveva baciato la pancia. " Adesso sembra tutto più reale..."
Alzò lo sguardo, Teresa le sorrise.
"Diventerò madre... al di là di tutto questo contorno con Serventi, la profezia, l'Ordine... io aspetto un bambino..." le sfuggì una lacrima "Ci aspettano le levatacce, i pannolini, i biberon e lui... o lei ci sorriderà, lo guarderemo incantati mentre dorme, gli leggeremo le favole... saremo una famiglia..."
Sentì la mano di Teresa stringere la sua "Andrà tutto bene... mi offro come baby-sitter per quando tu e Gabriel vorrete fare qualche fuga romantica..."
"A caccia di vampiri?"
Risero "Per fare quello che volete voi, non voglio entrare nel merito!" fece una pausa "E comunque sappi che il ruolo più duro in tutta questa storia è il mio..."
"Il tuo?"
"Sì! Il tuo fidanzato mi chiama ogni volta che non sa dove trovarti, ha il coraggio di perderti anche vivendo a casa tua!"
Claudia sorrise e si battè una mano sulla fronte.
Teresa alzò l'indice "C'è anche da dire che tu sei la campionessa indiscussa in sparizioni improvvise, eh! Se tuo figlio prenderà da te io sono rovinata!" sorrise l'amica.
Claudia finalmente sentiva di poter ridere, di poter guardare al di là delle proprie preoccupazioni nel futuro, aveva accanto due persone meravigliose, era fortunata nonostante tutto.
"Pensi di dirlo a tua madre?"
"Non lo so. Prima o poi lo saprà, ma non ci sentiamo da tempo... abbiamo deciso di dirlo solo a coloro di cui ci fidiamo ciecamente e francamente non so se lei rientra nei parametri."

 

 

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Capitolo 11
*** Le richieste alla congregazione. ***


Il monsignore si sistemò gli occhiali sul naso e lo squadrò.
L'odore dell'incenso in quella stanza ormai lo nauseava. Quel buio, quel silenzio, gli pesavano sulle spalle come un macigno.
Ma la congregazione non era nata per proteggere la Chiesa, per difendere i valori trasmessi da Dio? E Dio non era amore e gioia? Perchè non c'era gioia in quella stanza? Avrebbe dovuto essere un luogo felice, magari un po' spoglio, ma luminoso, un luogo dove il silenzio fosse leggero come la rugiada. La sua casa era molto più sacra di quanto non lo fosse quel posto.
"Padre Antinori, devo dire che il direttorio non si aspettava di ricevere una sua risposta adesso, credevo ci avrebbe messo molto di più."
Gabriel sospirò "Lo credevo anch'io, ma poi mi sono reso conto di avere ancora dei doveri da assolvere, qui dentro."
"Quindi ha deciso di non rinunciare ai voti?"
Alla sola idea provò una fitta alla bocca dello stomaco e la nausea si fece più intensa. "Ho detto che avrei accettato alle mie condizioni..." Per un attimo quando glielo avevano chiesto la prima volta aveva pensato di essere condannato, di non poter più essere libero, di dover rununciare alla donna che amava. Si era sentito come qualcuno gli avesse messo le mani intorno al collo, per soffocarlo. Poi aveva sentito le sue labbra soffici sul viso...

Claudia gli era corsa incontro, mentre stava per uscire di casa.
"Gabriel..." e lui si era voltato a guardarla, aveva addosso solo la sua canottiera, che le stava larga e la copriva a malapena. Ormai si era impossessata di tutti i suoi vestiti. Non aveva potuto fare a meno di sorridere, poi aveva letto nei suoi occhi la più sincera preoccupazione.
Lei gli si era avvicinata, gli aveva messo le mani sulle spalle e lo aveva baciato.
Le sue labbra sul viso, le sue carezze sulla nuca. Si meritava davvero tanto amore? Tanta tenerezza? Quella dolcezza che non aveva mai ricevuto da nessuno...
I suoi occhi che lo guardavano sempre come se fosse stato l'uomo migliore del mondo...
"Gabriel, poi torna da me, ti prego." gli aveva detto tutto d'un fiato e lui aveva cercato di dirle qualcosa, ma lei aveva continuato "Ho bisogno di te. Se tu te ne dovessi andare stavolta..."
E quelle parole lo avevano ucciso. 'Ho bisogno di te'. Lo sorprendeva ogni volta che tirava fuori la propria fragilità, che metteva a nudo l'anima con lui e per lui.
E avrebbe tanto voluto dirle che l'amava e che anche lui aveva bisogno di lei, più di ogni cosa al mondo, ma si era limitato a guardarla con le lacrime agli occhi e sussurrarle "Te lo prometto."


"Quindi vorrebbe ancora dirigere il direttorio da laico." la nota di scetticismo nel suo tono non gli piacque per niente.
"Sì, è mia ferma intenzione dirigere questa congregazione da laico, o non dirigerla affatto."
C'era stato un giro di sguardi, intorno a quel tavolo. Disapprovazione, rassegnazione.
Cercò il viso di Alonso, dall'altro capo della stanza e lui gli sorrise e gli fece l'occhiolino.
Per un attimo quel gesto lo liberò dal macigno che si sentiva sul petto.
"Se queste sono le condizioni noi ci vediamo costretti ad accettare. Dopotutto siamo stati noi a scegliere lei."
Gli sfuggì un respiro di sollievo.
"Ci sarebbe un'altra condizione" azzardò Gabriel.
Aveva l'attenzione di tutti, si schiarì la voce. Sapeva che sarebbe stato azzardato, ma doveva farlo. "Se io dovessi morire, o se dovessi passare al lato oscuro del mio potere... vorrei affidarvi un compito. Vorrei che proteggeste Claudia. La mia compagna. Vorrei che la portaste in un luogo sicuro e che vi assicuraste che l'Ordine e Serventi non si avvicinino a lei, lasciandola libera di fare le proprie scelte, però..."
Il silenzio si fece ancora più assordante.
Il cinguettio lontano di qualche passerotto gli giungeva ovattato di tanto in tanto.
"Lei sta scherzando vero?" intervenne uno dei monsignori. "La nostra congregazione è nata per proteggere la Chiesa. Non la sua donna."
"Me ne rendo conto, ma la Congregazione protegge anche i suoi membri e Claudia ci ha spesso aiutato nelle nostre ricerche, e continuerà a farlo, è come se lo fosse. Inoltre è la persona che rischia più di tutti in questa storia, perchè tutti sanno che sarebbe un'ottima esca per me." Si massaggiò la fronte. "E io credo che indipendentemente da me loro continueranno a cercarla. Controllare che lei sia al sicuro sarebbe utile anche a voi per individuare i nostri nemici, per conoscere le loro mosse."
Il monsignore a capotavola sospirò "E va bene. Se queste sono le sue condizioni, la nominiamo a capo del direttorio. Il suo massimo interesse, però, dovrà essere quello di proteggere la Chiesa, non la sua donna. Se i suoi interessi personali dovessero essere in contrasto con questo compito la invito a lasciare il posto vacante."
"Certo, Monsignore."

Alonso gli corse in contro "Hermano!" gli diede una pacca sulla spalla.
"Alonso" lo abbracciò, finalmente poteva parlare con il suo amico.
"Vieni Hermano, andiamo a fare due passi in giardino. Qui l'aria es un poco pesante..."
Sì, in quel giardino andava molto meglio, si sentiva più sereno. Aveva ottenuto ciò che desiderava.
"Amigo..." gli chiese dopo un po' che camminavano in silenzio "... ma perchè sei così convinto che l'Ordine e Serventi continuerebbero a cercare lei? Indipendentemente da te..."
Non era il contesto giusto per sorridere, lo sapeva, era una questione complicata, ma la pace che sentiva dentro gli impediva di assumere un'espressione crucciata.
Così si ritrovò a fermarsi, a fissare il suolo, sorridendo come un imbecille, con le lacrime agli occhi.
"Hermano? Va todo bien?"
"Claudia è incinta." disse piano, a bassa voce, come se stesse confidando il più bello tra i segreti.
Alzò lo sguardo. Alonso si era portato una mano alla bocca, commosso. "Congraturazioni!" gli diede una pacca sulla spalla, sorridendo e lo abbracciò.
Gabriel annuì, ancora in trance, staccandosi da quell'abbraccio "Per il momento è meglio che non lo sappia nessuno, però."
Alonso gli fece un rapido cenno d'assenso con la testa, poi boffocchiò "Diventerò zio..."

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Capitolo 12
*** La sera. ***


Gabriel entrò in casa, si chiuse la porta alle spalle e riprese in mano la busta di cartone che aveva messo sul pavimento. Appoggiò le chiavi sul comodino.
"Claudia?" nessuna risposta.
Probabilmente lei e Teresa erano uscite per una passeggiata.
Aprì la porta della camera da letto. No, non era uscita per una passeggiata, lei era lì, nella semioscurità della sera, con addosso una camicia da notte leggera e il lenzuolo tirato fino al seno. Dormiva come un angelo, accoccolata al suo cuscino. Lo stringeva come faceva sempre con lui. Il viso sereno e i capelli scompigliati dal sonno.
Appoggiò la busta al comodino e si sdraiò accanto a lei, lentamente, cercando di non svegliarla.
Aveva le labbra leggermente schiuse, respirava piano e il petto che seguiva i movimenti del suo respiro. Avrebbe passato ore a guardarla dormire.
Anche nel sonno non riusciva a non avere qualcosa di infinitamente sensuale e Gabriel avrebbe voluto baciarle il collo e scendere fino al seno, abbassarle le spalline della camicia da notte e cospargerle il corpo di teneri baci, leggeri, come se fossero solo respiri sulla sua pelle delicata, su quel ventre meraviglioso dove stava riposando anche il loro bambino. E il piacere l'avrebbe svegliata e lui le avrebbe sorriso e accarezzandola le avrebbe dato un bacio in bocca... Claudia ebbe un fremito, probabilmente per il freddo, allora Gabriel prese il piumone, la coprì fino alle spalle e glielo rimboccò.
Claudia sfregò il viso contro il cuscino e lo strinse più forte.
Gabriel ebbe un moto di tenerezza e non potè resistere, appoggiò le labbra a quelle di lei e le spinse con le proprie, facendole sobbalzare, lei nel dormiveglia rispose a quel bacio labbra a labbra.
Spalancò lentamente gli occhi e gli sorrise.
"Ehi..." le scostò una ciocca di capelli dalla fronte.
Gli tremò il cuore per come lo guardava.
"Ciao..."
Le accarezzò la fronte e lei fece un altro sorriso.
"Questo bambino mi lascia completamente senza energie..." si accarezzò la pancia ed abbassò lo sguardo. "Credevo non ci fosse più e invece si fa sentire..." sollevò gli occhi verso di lui e si accorse che erano lucidi. "Non vedo l'ora di sentirlo scalciare!"
E in quel momento Gabriel amò più di ogni altra cosa al mondo il suo sguardo sognante e orgoglioso. Coprì la mano di Claudia con la propria e lei gli si accoccolò vicino, la fronte contro il suo petto.
Le sfuggì qualcosa che assomigliava ad una risata trattenuta. "Sei emozionato? Sembra che ti stia per esplodere il cuore..." gli baciò una spalla.
"E' così..." ammise.
Se possibile il sorriso sul volto di Claudia si allargò e lo strinse forte. "Sei andato alla congregazione?"
Le solleticò le spalle con la punta delle dita e sorrise compiaciuto quando la sentì fremere. "Sì, è tutto a posto." Fece un sospiro. "Claudia..."
"Mmm..."
"In tutto questo io non ti ho ancora detto quanto sono felice. Ero preoccupato e spaventato e non te l'ho detto..."
La sua mano calda gli accarezzò i capelli e la guancia, chiuse gli occhi per assaporare quel tocco che aveva il potere di portare via ogni sua paura. "Lo so, non ti preoccupare. Te lo leggo negli occhi e me ne accorgo quando parlo del piccolo, poi ti abbraccio e sento il tuo cuore che va a mille..."
Gabriel deglutì e se la strinse vicino "Sì, ma io voglio dirtelo... perchè io lo amo già questo esserino." Sentì le lacrime agli occhi. "E penso che sarà bellissimo crescerlo, con te, che finalmente saremo una famiglia e gli daremo tutto l'amore che non abbiamo avuto noi. Lo terremo lontano da tutte le bugie e la sofferenza che abbiamo dovuto subire, per lui sarà diverso. Gli daremo amore, solo amore."
Claudia gli accarezzò il petto con la guancia.
"E lo penso da sempre, sai... tu sarai una madre meravigliosa. Perchè ti prendi sempre cura di tutti e lo fai con una dolcezza e una dedizione che... ti lasciano disarmato, totalmente. Credo che morirò tutte le volte che ti vedrò con in braccio nostro figlio." La voce tremò per l'emozione.
Sentì qualcosa di bagnato sul collo. "Stai piangendo, dottoressa?" le chiese sorridente.
"Sono gli ormoni..." rispose lei mentre una lacrima silenziosa le rigava il viso.
Gliela portò via con il pollice. "Ho un regalo per il bambino..."
"Di già?" lo guardò adorante.
"Sono passato davanti a un negozio per bambini e non ho potuto fare a meno di entrare..." si voltò e prese la busta.
Claudia si era sistemata con la schiena contro la spalliera del letto.
"Ecco qua, aprilo tu..."
Lei gli diede un bacio sulle labbra. Aprì la busta e ne estrasse una copertina, bianca, con disegnati dei pois in colori pastello. L'accarezzò con la punta delle dita.
"E' bellissima, Gabriel..."
"Aprila" sussurrò al suo orecchio.
Claudia lo guardò confusa e dispiegò la coperta, poi spalancò la bocca e si voltò a guardarlo.
Gabriel prese l'anello, nascosto tra le pieghe della copertina e si portò la mano di Claudia alle labbra, le baciò il palmo e poi le nocche.
"Quando te l'ho chiesto non ce l'avevo, era nel mio vecchio appartamento, sono andato a prenderlo prima di venire a casa..." le infilò l'anello al dito e le accarezzò il dorso della mano.
Claudia gli diede un bacio sulle labbra e gli mise le mani dietro al collo, accarezzandogli il viso con il pollici, mentre lui le accarezzava la vita.
Si sdraiarono l'uno accanto all'altra, senza smettere di baciarsi e di accarezzarsi.
"Avevamo un discorso in sospeso io e te..." disse lei guardandolo maliziosa negli occhi.
"E cioè?"
"Te lo spiego subito" gli rispose baciandogli il collo e investendolo completamente con il proprio profumo e il mondo, quella stanza, lentamente sfumarono tra le sue braccia e rimasero loro, solo loro.

Nota dell'autrice:
Ecco qua :) Spero di non avervi deluso... so di essere lunga come la morte, ma purtroppo Gabriel e Claudia mi mancano e quindi mi sento in dovere di inserire mille momenti di coccole tra loro ;)
Sempre più spesso nei commenti a questa fanfiction leggo cose come "la terza serie non si farà" e siccome credo che le persone che hanno commentato non siano le sole a pensarlo volevo lasciarvi un messaggio di incoraggiamento: ragazzi, non è detto :) Se davvero ci tenete passate in evento, qui non posso fare pubblicità, ma se volete aiutarci ad ottenere la terza stagione contattatemi pure in privato.
Perchè sinceramente, se pensassi che non ci fosse neanche la minima possibilità 1) non perderei tempo con le attività dell'evento, nè lo farebbero tutte le persone che partecipano, in particolare l'amministratrice che si fa veramente un c**o allucinante, non ne avete un'idea; 2) e mi dispiace dirlo... non riuscirei neanche a scriverle... mi piace pensare che il mio sia uno scenario ipotetico che un giorno potrò confrontare con qualcosa di concreto...
Scsusate lo sfogo ragazzi, non perdete le speranze, coraggio :)

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Capitolo 13
*** Un giorno importante. ***


Claudia guardò l'orologio e sbuffò. Erano le due e Gabriel non era ancora arrivato. Si alzò dal divano. Sapeva che non era colpa sua, che quel giorno aveva una riunione importante e avrebbe potuto fare tardi, ma avrebbe tanto voluto che lui ci fosse.
Aprì la porta e vide una figura nell'ombra del pianerottolo, in attimo quell'uomo fu su di lei.
"Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace"
Tirò un respiro di sollievo, accoccolandosi tra le braccia di Gabriel. Le sue mani le accarezzavano i capelli e le spalle.
"Sono in ritardo?"
Claudia affondò il viso nel suo collo, godendosi il tocco delle sue mani, le sue braccia che l'avvolgevano. "No, stavo uscendo ora..."
"Mi dispiace, la riunione stava andando per le lunghe..." aveva il fiatone.
Lo guardò negli occhi, stanchi, preoccupati, ma con qualcosa di indefinito, che oscillava tra la gioia e l'impazienza.
"Stava andando?" avvertì l'ombra di un sorriso emergere sulle labbra mentre appoggiava la fronte a quella di lui.
"Gli detto che non stavo bene..."
Le sfuggì una risata "Non ce n'era bisogno..."
"Sì invece" la guardò negli occhi "Voglio esserci, non mi voglio perdere neanche un secondo" sussurrò con gli occhi lucidi e la voce incrinata.
La sua commozione per poco fece commuovere anche lei. "Va bene, papà, allora andiamo a vedere il nostro bambino..." L'emozione le strinse lo stomaco, lasciandola quasi senza fiato.
Era la prima volta che vedeva il piccolo insieme a Gabriel, la prima volta che lo vedeva da quando le avevano detto che era ancora incinta...

Il medico teneva la cartella con i risultati degli esami aperta tra le mani. I suoi occhi continuavano a muoversi su quel foglio, apperentemente sempre sulla stessa riga.
Si tolse gli occhiali con un gesto teatrale e la guardò “Di quante settimane ha detto di essere incinta quando le hanno diagnosticato quella malattia?”
“Tre” aveva risposto soltanto. Stanca, atterrita, senza speranze, voleva solo tornare a casa e gettarsi tra le braccia di Gabriel, sempre che lui poi fosse tornato da lei. Quella mattina aveva avuto un brutto presentimento.
“Credo che dovremmo fare altre analisi.”
“Perchè?”
“Perchè secondo il beta hcg lei è incinta di sei settimane.”
E non aveva più capito nulla, il tempo che era passato tra quelle parole e lei stesa su quel lettino ad aspettare che le dicessero la verità non era mai esistito. Non era mai esistito.
Poi le avevano spalmato sulla pancia quel gel ghiacciato e le avevano fatto l'ecografia.
Lei di quelle macchie sullo schermo non capiva nulla e guardava apprensiva il medico e leggendo il labbiale per un attimo le era sembrato che dicesse “E' un miracolo...”
Poi lui le aveva sorriso e  indicando una macchiolina sul display le aveva detto “Lo vede? E' suo figlio. Lei non ha abortito...”
E nonostante la commozione, nonostante una sfumatura di gioia che aveva sentito dentro non era riuscita a provare altro. Aveva paura che non fosse vero, che fosse solo il sogno. Il suo bambino non era dentro di lei. Si era alzata come un'automa, senza riuscire a convincersi che fosse reale e l'aveva comunicato a Teresa.
Solo più tardi, mentre era sdraiata sul petto di Gabriel e sentiva il battito del suo cuore si era finalmente resa conto che sarebbe diventata madre...


“Dammi le chiavi della macchina.” Gabriel era in piedi davanti alla portiera sinistra.
“Perchè?”
“Beh, guido io per andare in ospedale.” Incrociò le braccia, per darle l'impressione di una persona seria e decisa.
Claudia scoppiò a ridere “Non ci pensare nemmeno! Ci andiamo per fare l'ecografia, non perchè sono malata...” si mise davanti a lui, per guardarlo negli occhi.
Gabriel sorrise ed abbassò lo sguardo “Sì, lo so ma... ti prego, ti prego, ti prego...” iniziò a baciarle il collo, a solleticarla con la barba.
“Va bene, va bene, mi arrendo!” prese le chiavi dalla borsa e le diede a Gabriel.
Si sedette al suo fianco, lui la guardava adorante, felice di poter essere colui che avrebbe portato lei e suo figlio sani e salvi fino a destinazione. Scoppiò a ridere.
“Che c'è?” chiese Gabriel. Provò a mettere le chiavi nella macchina, ma non entravano. Provò una volta, una seconda, non soddisfatto anche una terza... poi si voltò a guardarla, attonito.
“Antinori, lei non sa distinguere le chiavi della sua moto da quelle della macchina. Non è nelle condizioni psicofisiche adatte alla guida.”
Lui aprì la bocca per protestare, ma poi rise e abbassò lo sguardo.
“Coraggio, scendi e lascia il posto all'autista...” gli diede un bacio sulle labbra, scese dalla macchina e lo osservò dal vetro mentre squoteva la testa divertito dal suo scherzetto, godendosi i suoi occhi che si alzavano su di lei mentre apriva la portiera per farlo scendere, che la guardavano come se fosse stata la cosa più bella del mondo.


Sono tornata! Sepolta sotto una valanga di cose da studiare, ma sono tornata :) Sempre lunga come il tempo che intercorre tra uno shapoo e l'altro di Serventi, sì...
Rileggendomi mi sono resa conto che potrebbe sembrare che l'intera trama di questa fanfiction sia volta ad inserire momenti coccolosi tra Claudia e Gabriel. E' esattamente come sembra! :D
No, va beh, una trama, indipendentemente dagli spupazzamenti vari ce l'avrei anche in mente... però sinceramente... a me piace inserire scene spupazzose, quindi sopportate ;)
Notte!

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Capitolo 14
*** Eccolo. ***


Gabriel si sistemò meglio sul sedile "Sei emozionata?"
Le labbra di Claudia si disteserò in un sorriso paziente "Gabriel, calmati..." Lei era bellissima, sicura, entusiasta... "... e smettila di fissarmi, mi distrai!"
Distolse lo sguardo e tornò ad osservarne il viso dallo specchietto retrovisore. Gli occhi castani e sorridenti, che ogni tanto indugiavano nella sua direzione, come a volersi assicurare che fosse tutto a posto.
Sentì un brivido freddo alla bocca dello stomaco. Perchè era ancora lì? La macchina nera con i vetri oscurati dietro di loro, da quanto li stava seguendo?
Arrivarono all'incrocio, Claudia mise la freccia a sinistra, non era da quella parte l'ospedale... e girò a destra. La macchina nera svoltò a sinistra.
"L'abbiamo seminato" commentò.
Gabriel sorrise. Davvero l'aveva fatto? Era sempre un passo avanti e riusciva a sorprenderlo in ogni momento.
"Sì, l'ho notata anch'io." commentò lei "Più che altro ho notato la tua faccia... Non dobbiamo farci prendere dall'angoscia, ma è sempre meglio non rischiare, no?"
Ancora una volta era riuscito a capirlo e tranquillizzarlo, senza giudicarlo e ancora una volta si ritrovò a ringraziare Dio per averla incontrata.

***

Era come se il cuore gli si fosse spostato dal petto alla testa, lo sentiva rimbombare nelle orecchie e correva sempre più veloce. Cercò di sorridere a Claudia, ma doveva aver fatto qualcosa come uno strano ghigno, perchè lei gli rispose scuotendo la testa, con un sorriso sconsolato e gli accarezzò la barba.
Spostò il viso nella direzione della sua mano, per prolungare quel contatto ancora un secondo.
"Dunque, lei è incinta di dieci settimane..."
Claudia fece segno di sì con la testa e in quel momento i suoi occhi ebbero un guizzo di gioia. Le prese la mano e lei gliela strinse forte.
"... bene, facciamo l'ecografia, poi procederò a spiegarle alcune cose, ok?"
Il medico le sollevò la maglietta e le spalmò sul ventre il gel. Claudia trasalì.
"Pronti?" li guardò entrambi.
Sembravano attutite le parole. Come se gli avessero infilato la testa in un sacco di plastica, che rallentava la velocità del suono e ne affievoliva l'altezza prima che giungesse alle sue orecchie.
Claudia sembrava entusiasta "Pronti."
"Il papà?"
Cercò di annuire, ma forse lo fece con un po' troppo vigore. Il medico ridacchiò "E' uno dei sintomi della gravidanza negli uomini, non si preoccupi." disse rivolto a Claudia.
Decise di non sforzarsi di sorridere, avrebbe solo peggiorato la situazione. Aveva bisogno di bere qualcosa, sentiva la gola secca, come se non bevesse da secoli.
"Ecco qua..."
Silenzio. Non avrebbe saputo dire se era reale o se invece era stato il suo cervello.
Sì sentì incapace di respirare, come se si fosse dimenticato come si facesse, come se qualcuno gli avesse sparato.
Era così piccolo... avrebbe potuto tenerlo tra le dita.
L'aveva immaginato tante volte quel momento, ma adesso... aveva già l'aspetto di un bambino... solo che era minuscolo.
Il medico stava spiegando qualcosa, aveva detto qualcosa come "questa è la testa", ma lui non riusciva ad ascoltarlo. Non aveva bisogno che lui gli spiegasse, era suo figlio e lui lo vedeva chiaramente. Lo vedeva già mentre passeggiavano al parco e lo rincorreva per farsi dare quella manina, che a malapena era riuscito a riconoscere su quello schermo.
"... cuore?"
"Sì!" aveva detto Claudia.
"Come?"
Claudia gli accarezzò il dorso della mano "Ha chiesto se vogliamo sentire il cuore, va bene?"
Anche lei aveva gli occhi lucidi, ma non sembrava tesa. Lei era a suo agio, come sempre, padrona della situazione.
Appoggiò la fronte alla sua e le fece cenno di sì. Le prese la mano. Voleva ascoltarlo così il battito del loro bambino, accanto a lei e lei gli avrebbe dato la forza perchè il suo cuore non si fermasse. Voleva leggere l'emozione passare nei suoi occhi.
Sentì i propri riempirsi di lacrime. Quel suono era stata l'unica cosa in grado di rompere quel silenzio irreale. Chiaro e forte, impossibile da ignorare.
Claudia per un momento gli sembrò smarrita, poi iniziò a respirare normalmente, gli strinse la mano e guardandolo sembrava chiedergli "E' vero? L'hai sentito anche tu?"
Le diede un bacio sulle labbra e le accarezzò il viso. Era lì con loro, adesso più che mai.


Forse avevo promesso che avrei inserito un po' di azione in questo capitolo... rimandiamo al prossimo, almeno dividiamo un po' per aree tematiche, se no viene fuori un minestrone ;)

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Capitolo 15
*** Il ritorno. ***


Che si fossero accorti che li stava seguendo?
Lui non era abituato ad eseguire questo genere di inseguimenti, era impreparato.
Si sistemò gli occhiali.
Ad ogni modo era riuscito a raggiungerli. Erano andati in ospedale. Che stessero esaminando insieme qualche caso?
Nel tempo in cui era riuscito a seguirli aveva scoperto che Gabriel era tornato a capo della congregazione. Probabilmente gli avevano commissionato di andare a parlare con qualche tale e lui si era portato dietro la Munari.
Eccoli...
Camminavano l'uno al fianco dell'altra, in silenzio, poi lui l'aveva presa per mano e l'aveva fermata, la guardava con certi occhi... Era così ingiusto che la guardasse in quel modo, così ingiusto. Poi le aveva messo l'altra mano sul fianco e l'aveva tirata delicatamente verso di sè . Lei lo guardava imbambolata, senza fare nulla. Aveva un'aria vagamente stupida.
Lui le aveva baciato lentamente le labbra e non sembrava intenzionato ad allontanarsi da lei, che sorrideva inebetita.
Era assurdo che Gabriel si comportasse così sul luogo di lavoro...
Come se non bastasse le aveva avvolto le braccia intorno al corpo ed aveva iniziato a baciarle i capelli, mentre l'accarezzava.
Per un po' era rimasto spiazzato, poi aveva capito. Quando aveva visto la mando di Gabriel posarsi sul ventre della Munari aveva capito. Lei gli avrebbe dato quello che lui non avrebbe mai potuto dargli, lei sarebbe stata per Gabriel quello che lui e la chiesa non sarebbero mai stati: una famiglia.
Era come se si fosse accorto, solo in quel momento, di avere i piedi immersi nelle sabbie mobili e ormai era tardi per uscire, stava sprofondando e non poteva fare niente, non poteva divincolarsi, sarebbe morto più in fretta.
La vita che facevano, le preghiere, le regole e la lotta contro il Maligno a Gabriel non bastavano più. Questa volta davvero non avrebbe cambiato idea.
Lei l'aveva portato via da lì, per sempre. E lui non aveva l'aria di una persona che era stata costretta dal destino a fare ciò che non voleva. Aveva l'aria di una persona incapace di desiderare altro se non quello che già aveva.
La Munari aveva coperto la mano di Gabriel sul suo ventre ed aveva appoggiato la fronte a quella di lui. E non aveva l'aria di una persona cattiva, che aveva trovato un modo per tenere per sempre Gabriel legato a sè, aveva l'aria di una persona innamorata.
Isaia si morse le labbra, aprì la portiera della macchina e mentre saliva pensò di non avere l'aria di qualcuno che aveva perso un amico, non aveva l'aria di qualcuno che disapprovava delle scelte che andavano contro le regole.
Aveva l'aspetto di qualcuno che aveva perso l'unico punto stabile della propria identità, identità che aveva cercato in ogni dove: nella chiesa, in quella setta dove aveva conosciuto Immanuel e la cui ricerca l'aveva spinto tra le braccia degli illuminati. E non aveva mai pensato prima a se stesso come un uomo innamorato, che non avrebbe mai potuto essere amato dall'uomo che amava.

***

L'odore di incenso diritto nelle narici, bruciava come la sua nuova consapevolezza.
“Se sei qui deduco che ci siano delle novità” disse una voce dietro la scrivania.
L'uomo guardava fuori dalla finestra e la sua sagoma in contro-luce gli conferiva un aspetto spettrale.
“Ebbene?” lo esortò.
Isaia fece un sospiro “Claudia Munari aspetta un figlio da Gabriel.”

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Capitolo 16
*** I tuoi gemiti. ***


Gente, fondamentalmente questo capitolo è una scena erotica. Non trovo che sia spintissima, ma se qualcuno si dovesse sentire infastidito, basta arrivare a "fenomeni paranormali" e sostituire il resto del capitolo con: fecero l'amore ;)

Gabriel si sedette sul divano accanto a Claudia.
"Sì, ma c'è un elemento che non hai preso in considerazione, le paralisi notturne sono spesso associate ai viaggi astrali..." alzò il sopracciglio con fare eloquente.
Claudia sospirò "Gabriel le paralisi notturne non hanno niente a che vedere con i viaggi astrali, il nostro cervello durante il sonno REM autogenera degli impulsi che ci dicono di muoverci, ci serve per consolidare le nostre conoscenze motorie... però chiaramente non possiamo muoverci davvero, dobbiamo allenare le aree cerebrali e non i muscoli... e sai com'è possibile? Produciamo una sostanza che causa la paralisi di tutti i muscoli volontari ad eccezione di quelli degli occhi... è raro, ma se si diviene coscienti durante questo processo sperimentiamo le paralisi notturne..."
Gabriel fissava il vuoto "Sì, hai ragione, ma non mi sento ancora di escludere nessuna ipotesi..." si tolse gli occhiali e sbirciò nella sua direzione con la coda dell'occhio. "Che cosa c'è?"
Gli accarezzò il collo e vide i suoi lineamenti distendersi, gli baciò la guancia e si allontanò per guardarlo negli occhi, che la guardavano teneramente.
"Sei affascinante mentre risolvi i casi paranormali..."
Gabriel le mise le mani sulla vita e l'attirò verso di sè, delicato ma deciso. Quel gesto, chissà perchè, la faceva impazzire, le faceva desiderare di essere sua.
Lo guardò avvicinarsi lento alle sue labbra, seducendola con i suoi occhi grandi, massaggiandola delicato con i pollici.
Pochi secondi dopo la sua barba le pungeva la bocca e le sue mani si muovevano desiderose sul suo corpo. La sua lingua le accarezzava il collo.
Si sdraiò su di lei, nascondendola sotto il proprio corpo, riscaldandola col proprio fiato.
Gli strinse le braccia intorno al collo e cercò le sue labbra. Voleva baciarlo fino a che aveva fiato, distrarlo e sbottonargli la camicia, come una ladra. Sentiva la sua pelle nuda e calda sotto le dita e le dita di Gabriel intrufolarsi sotto il suo vestito e sfilarglielo in un attimo.
Aveva addosso i suoi occhi, che la guardarono incantati prima di chiudersi, prima che quella pioggia di baci ricominciasse e si estendesse rapida ed umida fino al suo ventre.
Gli strinse le gambe intorno al bacino. Aveva le pupille dilatate e i capelli scompigliati, la camicia aperta e stropicciata. Gliela sfilò di dosso e potè finalmente accarezzare quelle spalle larghe forti. Le mani di Gabriel le stavano accarezzando il viso. Amava da morire le sue mani. Le bacio mentre lui seguiva il profilo della sua bocca.
Era così strano che potesse essere tutto così tranquillo e familiare. Non aveva mai sperato che succedesse davvero e quelle volte in cui la fantasia la tradiva e viaggiava da sola, si immaginava una passione consumata nella disperazione, nella convinzione che potesse essere l'ultima volta. Ma lui era lì, le sue mani le stavano davvero accarezzando il basso-ventre mentre la guardava fisso negli occhi per leggere il suo piacere. Lui era lì davvero a farla fremere e contorcere, a studiare ogni sua reazione. Potevano donarsi l'uno all'altra con tutta la calma e la tenerezza del mondo, la loro passione era da alimentare, non da consumare. Sarebbe stato così per sempre.
Lo aiutò a liberarsi dei Jeans e lo stuzzicò con la mano. Adesso sarebbe stata lei a torturarlo. Baciò ogni lembo della sua pelle e fece aderire i loro corpi nudi. Gabriel era sempre più impaziente. La sua erezione ed i suoi gemiti, il tocco delle sue mani e i suoi occhi le dicevano che non avrebbe resistito ancora molto. Infatti l'afferrò per le spalle e l'immobilizzò sotto di sè. Avrebbo voluto morire nella stretta di quelle mani forti, che la facevano sentire minuscola, indifesa, ma al sicuro. Ora le stava accarezzando le gabe e lei non desiderava niente se non abbandonarsi completamente a lui. Le allargò delicatamente le cosce ed entrò dentro di lei. Claudia si morse le labbra mentre una scossa di piacere si espandeva dal loro punto di unione alla testa. La sua testa era vuota e leggera, come nei sogni e Gabriel si muoveva esperto dentro di lei, rallentando ed accelerando, guidato dalle espressioni del suo viso e dal piacere. Claudia non sapeva più di chi fosse il piacere che provavano, gemevano all'unisono e a volte pensava di ricevere impulsi direttamente dal sistema nervoso di Gabriel, come se il corpo di Gabriel fosse stato il suo. Lei non sentiva più il proprio piacere, sentiva quello del suo amore e lui sentiva quello di lei. Gli accarezzava la schiena, mentre lui concentrato le baciava il collo ed alzava lo sguardo solo per vederla ansimante e incapace di reagire, sotto di sè. E Claudia adorava quello sguardo che vegliava su di lei. Il ritmo dei loro movimenti era sempre più concitato, l'odore della saliva di Gabriel disseminato sul suo corpo, i suoi capelli morbidi, sentiva le braccia pesanti e il piacere le mozzava i respiri prima che potesse portarli a termine, lampi di luce, carezze, scosse, brividi senza origine nè direzione... e poi il calore tra le sue gambe, i loro uomori fusi. I baci di Gabriel sulla fronte, mentre si accoccolava accanto a lei e l'avvolgeva nella coperta di pile.
Si strinse forte alla sua vita, prima di addormentarsi cullata dalle sue carezze.


 

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Capitolo 17
*** Passato e futuro. ***


Claudia si coprì gli occhi con una mano, la luce del sole filtrava attraverso le palpebre.
La luce del sole? Che ore erano? Tra un paio d'ore aveva un appuntamento con un paziente. Grazie al cielo si era svegliata. Lei e Gabriel si erano addormentati sul divano dopo aver fatto l'amore.
Si girò su un fianco e Gabriel nel sonno si accoccolò con il viso contro la sua schiena. Cercò di allontanarsi molto lentamente e lui mugugnando le mise un braccio intorno alla vita.
Scosse la testa e sorrise, niente da fare era appiccicoso anche nel sonno.
Gli sollevò delicatamente il braccio e si mise a sedere.  Ce l'aveva fatta...
Si sentì tirare verso il basso e un attimo dopo Gabriel era sopra di lei. Risero insieme.
"Eri sveglio?"
"Mmm..." le bacciò le labbra "Dove vai?"
"Stavo andando a fare una doccia, tra poco devo essere allo studio." gli accarezzò la barba.
"Stavi?"
"Sì, forse un bagno è meglio... tu devi andare all'università tra non molto, non possiamo perdere tempo aspettando che l'altro lasci il bagno libero..."
Gabriel chiuse gli occhi sorridendo e le diede un altro bacio sulle labbra "Non fa una piega..."


Un signore alto, con i capelli castano spento, la carnagione chiara e qualche riga sul viso entrò timidamente nel suo studio.
"Buongiorno..." Claudia si alzò per accoglierlo, gli tese la mano.
Il signor Greco la strinse. La sua mano era fredda, tremava.
"Si sente bene?" non tutti si sentivano a proprio agio al primo colloquio con un psicoterapeuta, ma lui sembrava particolarmente agitato. "Posso offrirle una tazza di te?"
La fissava in modo strano, come se da un momento all'altro avesse potuto iniziare a piangere. Claudia si sentiva studiata.
"Grazie." rispose lui senza staccarle gli occhi di dosso.
Aveva qualcosa di strano, di familiare... che sciocchezza. Si stava facendo suggestionare. Non aveva ancora parlato, ma lei aveva già assorbito la sua agitazione e tutti i suoi sentimenti contrastanti.
Si accarezzò la pancia, probabilmente lui avrebbe notato questo gesto, ma non importava, il suo piccolo doveva sapere di essere al sicuro.
Era troppo spesso agitata, dalla situazione in cui si trovavano, da tutto... e il cucciolo poteva sentire tutti quei suoi sentimenti, non andava bene, non andava affatto bene.
Per fortuna il suo papà li riempiva sempre di coccole e tutte le sue paure in un attimo scomparivano. Il comportamento di Gabriel faceva bene sia a lei che al bimbo.
"Allora..." si sedette di fronte al signor Greco. "Ha fatto fatica a trovare lo studio?"
Scosse la testa, aveva gli occhi lucidi "No..." era solo un sussurro. "Grazie..."
"Perchè mi ringrazia?"
Il signor Greco appoggiò la tazza di tè ed abbassò lo sguardo "Perchè tu sei tanto gentile con me e io non me lo merito."
"Perchè dice così?"
Si passò una mano sul viso "Perchè nel mio passato ho fatto tanti errori..."
Claudia rimase in silenzio e dopo un po' lui decise di continuare.
"Ero un ragazzino. Stupido, incosciente... io credevo di poter cambiare il mondo, capisci? Di essere destinato a cose grandi. Sono fuggito... ho abbandonato le persone che avrei dovuto amare..."
"E adesso?"
"E adesso sento che la mia vita è vuota. Che le mie scelte erano sbagliate... ho sbagliato tutto. Ho ferito delle persone, ma quelle persone sono felici nonostante la mia assenza, ho saputo che stanno bene. Sono io quello che non ha più una vita. Sono stato io a condannare me stesso. E forse anche se adesso stanno bene io a quei tempi gli ho fatto passare l'inferno. Mi sento come se stessi scontando ora la pena per i miei errori del passato."
"Chi sono le persone di cui parla?"
"La mia fidanzata e la mia bambina..."
Claudia si alzò e camminò verso la finestra, come un automa, senza smettere di accarezzarsi il ventre.
"Adesso pensi anche tu che sono una cattiva persona, vero?"
"No..." si voltò verso di lui "No. Mi dispiace averla fatta sentire giudicata..."

"Mi porterai via da qui, vero?"
"Tesoro il collegio non è un posto così brutto, ti insegnano tante cose e le suore sono gentili!"
"Io voglio stare con te e la mamma..."
"Claudia..."
"Papà ti prego!"
Suo padre le aveva dato un bacio sulla fronte.
"Tesoro il tuo papà deve andare via per un po'..."
Le pareti del suo piccolo mondo avevano iniziato a sgretolarsi.
"Ma torni?"
"Te lo prometto..."


Si asciugò una lacrima, sperando che il suo paziente non lo notasse.
Quei ricordi avevano smesso di farle male, o almeno così credeva e lei non piangeva spesso, specialmente non durante le sedute con i suoi pazienti.
Forse era la gravidanza a renderla più sensibile, tutti quegli ormoni. Forse l'idea che presto avrebbe avuto tra le braccia un furgoletto da amare e proteggere e il pensiero che se a lei o a Gabriel fosse successo qualcosa lui avrebbe passato lo stesso. Forse semplicemente avrebbe voluto avere una famiglia normale per poter dire ai suoi genitori quanto fosse felice e innamorata.
"Non importa quello che è successo nel suo passato, lei può ancora cambiare il suo futuro..."
"Per questo sono qui..."

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Capitolo 18
*** Scendere a patti. ***


"Nonna, quando torna papà?"
Sua nonna l'aveva guardata da sopra gli occhiali "Quel disgraziato? Non torna." Gliel'aveva riferito con tale freddezza, come se le avesse detto che quel giorno a cena non avrebbero mangiato il dolce. "L'avevo detto io a quell'ingenua di tua madre... lei niente, ha voluto avere una storia con lui e non contenta si è fatta anche mettere incinta!"
Lei era rimasta in silenzio per tutto il resto del tempo. Si sentiva in colpa. Il suo papà se n'era andato perchè lei era stata cattiva, aveva insistito perchè la portasse via da lì, non aveva capito che lui aveva altri problemi. Se lei non fosse stata un peso forse lui sarebbe rimasto, non avrebbe avuto bisogno di andare via...


"Bene ragazzi, ci vediamo settimana prossima" aveva detto Gabriel.
Si era seduta in fondo all'aula, aveva bisogno di sentire la sua voce.

Si era dimenticata la sua voce ormai. Ogni tanto aveva qualche ricordo lontano. Qualche prosodia nella parlata di qualcun altro sembrava la sua, ma non riusciva mai a sentirla forte e chiara. Ricordava perfettamente l'odore del suo dopobarba, il suo viso, ma la sua voce no. Si sforzava di richiamarla a sè e quando le sembrava di esserci quasi riuscita ecco che una suora la richiamava all'ordine, l'accusava di essere distratta e quel suono che le sembrava riemergere da lontano precipitava di nuovo nell'oblio.

Era sicura che quell'uomo fosse suo padre. Non aveva bisogno di un test del dna. Era la sua voce quella. Un po' più stanca, un po' più fragile, ma aveva lo stesso modo di indugiare sulle parole, di fare pause per prendersi i propri tempi. La voce di suo padre non era più dispersa nei meandri della sua memoria.
Alzò una mano per richiamare lo sguardo di Gabriel, che quando la vide si illuminò.
"Ehi" le era corso incontro e le aveva dato un bacio sulle labbra, incurante del fatto che quella fosse un'aula universitaria, che lui fosse un professore e che i suoi studenti fossero ancora in giro. L'aveva fatta sorridere quel suo gesto spontaneo. "Non ti ho visto entrare..."
"Mi sono mimetizzata con i tuoi studenti."
"Che cosa ci fai qui? E' tutto ok?"
"Posso parlarle, professore, o devo attendere l'orario di ricevimento?" aveva preferito giocare con lui, per non farlo preoccupare e perchè con lui giocare era bello.
Le aveva sorriso, ma aveva capito che qualcosa non andava "Venga, andiamo nel mio ufficio" e le aveva indicato la strada con una mano, mentre l'altra l'aveva appoggiata sulla sua schiena e l'aveva accarezzata.
Quando arrivarono Gabriel si richiuse la porta alle spalle e la guardò interrogativo.
Claudia osservò il pavimento, dopo tutto quelle piastrelle erano interessanti, avevano una fantasia quasi psichedelica. I piedi di Gabriel coprirono un dettaglio su cui si stava focalizzando. Alzò lo sguardo e si trovò il suo viso vicino. Appoggiò la fronte alla sua.
"Non so da dove cominciare..."
"Iniziamo a sederci?"
Claudia annuì. Si sedette su una sedia e Gabriel prese quella dietro la cattedra e la mise di fronte a lei.
"Ti ricordi quando ti ho raccontato di mio padre? Io avevo dieci anni quando lui è andato via..." ora non le veniva più da piangere. Era arrabbiata. Sentiva la rabbia arrivarle fino alla punta delle dita, fino a farle tremare, come se volesse fuoriuscire, come un incantesimo malvagio. Lei si era sentita così in colpa, aveva pensato di essere sbagliata, ma era solo una bambina, solo una bambina e lui era andata via. Doveva essere il suo eroe, doveva farla sentire amata, invece no. Era cresciuta con la convinzione di dover bastare a se stessa, perchè prima o poi tutti l'avrebbero abbandonata.
Gli occhi di Gabriel la guardavano attenti, non aveva detto niente. Lui no, lui sarebbe rimasto per sempre, era grazie a Gabriel se era riuscita a superare quella convinzione. Il loro amore era troppo forte, separarsi era un male fisico che nessuno dei due avrebbe più voluto provare o far provare all'altro. Specialmente adesso che avrebbero dovuto imparare a prendersi cura di qualcun altro. Ma il ritorno di suo padre le aveva ricordato che dovevano scendere a patti con le loro ferite e dovevano farlo per diventare dei bravi genitori indipendentemente da ciò che avevano passato, dovevano capire cosa volevano per il loro piccolo. In generale lo sapevano già: amore, sicurezza e libertà. Quello che adesso loro avevano.
Era dura doversi confrontare con i fantasmi del proprio passato, fantasmi che erano più vivi che mai, riscoprirsi figlia mentre stava per diventare madre, era una dimensione che complicava tutto.
"... è tornato." si limitò a dire dopo aver soppesato mille modi per spiegare, dopo aver passato in rassegna tutto quello che il suo ritorno implicava.
Gabriel la guardò negli occhi e si alzò per abbracciarla e lei si buttò tra le sue braccia. Il suo porto sicuro. Non aveva bisogno di aggiungere altro. Sentiva che tutte le sue paure, tutti i suoi sentimenti lui li conosceva già.

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Capitolo 19
*** Parlare. ***


Gabriel aprì la porta della camera da letto.
Claudia era sdraiata sopra le coperte, aveva addosso soltanto una canottiera lunga, che le lasciava scoperte le gambe nude e accavallate.
Leggeva un libro con la schiena appoggiata al cuscino, uno dei suoi libri complicati, che ogni tanto si divertiva a farsi leggere ad alta voce.
Si sdraiava su un fianco e l'ascoltava leggere, di tanto in tanto la interrompeva per farle delle domande a cui lei rispondeva con dovizia di dettagli e con un linguaggio semplice.
In quei momenti sorrideva e pensava che sarebbe stata brava come professoressa.
Poi si addormentava cullato dalla sua voce, oppure le prendeva il libro di mano ed iniziava a baciarla, ogni tanto era lei a gettarlo via...
Claudia alzò gli occhi su di lui e gli sorrise.
"Come stai?" le chiese sedendosi sul letto.
Appoggiò il libro sul materasso. "Meglio..." gli diede un bacio sulle labbra. Gli passò una mano tra i capelli e gli accarezzò la nuca e Gabriel per un po' rimase imbabolato, con gli occhi chiusi.
"Sei sicura?"
Claudia annuì, ma i suoi occhi vagarono verso l'altro lato della stanza, per poi abbassarsi.
"E' che, sai... da quando ho scoperto di aspettare un bambino, qualunque cosa accada il mio primo pensiero è per lui. Se sono agitata penso: farà male al bambino? se leggo una ricetta penso: a lui o a lei piacerà? Torna mio padre e penso che non voglio che nostro figlio si senta mai abbandonato, per nessun motivo... poi mi chiedo... com'è possibile che il loro primo pensiero non sia stato per me? Anche adesso che è tornato... lui l'ha fatto perchè stava male, l'ha fatto nonostante sapesse che io avevo una vita ed ero felice. E' arrivato, ha mescolato le carte e basta. Non ha pensato a me..."
Gabriel le accarezzò la pancia.
"Dovresti parlare con tua madre..."
"Approposito di cosa?"
"Lo sai di cosa, Claudia. Di tuo padre, del bambino... di tutto."
"Non posso dire a mia madre che mio padre è tornato, non ho idea di come potrebbe rea..."
"TU SEI SUA FIGLIA" si massaggiò le tempie e la prese per mano. "L'hai detto tu. Loro non hanno pensato a te per prima, forse credono di averlo fatto, ma il risultato non è stato quello. Adesso devono farlo, ne hanno l'occasione. Lasciaglielo fare. Tu muoveresti mari e monti se tuo figlio o tua figlia ti nascondesse qualcosa per non ferirti..."
Claudia annuì, con lo sguardo basso.
Gabriel le mise un braccio intorno alle spalle e se la strinse vicino, indifesa com'era in quel momento, in cui il suo mondo stava cambiando. Era una sensazione che conosceva bene, troppo bene, da cui lei l'aveva salvato tante volte e adesso che toccava a lui sperava tanto di essere all'altezza. "Anche il mio primo pensiero è per voi. Non vi abbandonerò mai..." le diede un bacio sui capelli "... mai..." sulla fronte "... mai..." sulle labbra. Claudia gli sorrise e gli afferrò il viso tra le mani con tutta la forza che aveva e lo baciò.
Gabriel le lasciò scivolare le mani sulla schiena, le solleticò le spalle, la nuca, con la punta delle dita e la pancia. Si lasciò baciare per un po' e poi si allontanò sorridendo.
Claudia lo massaggiò delicata dietro le orecchie, il viso ancora a pochi centimetri dal suo, gli occhi grandi e dolci lo guardavano senza imbarazzo, studiavano ogni dettaglio del suo viso.
"Gabriel..." il tono della sua voce era serio. "Tu non ti stai mettendo nei guai, vero? Perchè mi hai detto che mi avresti coinvolta nei casi della congregazione solo se non fosse stato pericoloso e quindi mi chiedevo... quando non mi chiedi di venire con te è perchè la situazione è pericolosa? Non metteresti mai a repentaglio la tua vita per la congregazione, no? Rischi già abbastanza tutti i giorni..." aveva le lacrime agli occhi.
"No, no, no, ehi..." le accarezzò la base del collo "Se non ti chiedo di venire con me non è perchè rischio la vita, ma perchè sono situazioni in cui occorre correre, saltare... niente che si addica ad una donna in dolce attesa..." le sorrise e lei si rilassò.
"Sei sicuro?"
"Sicuro." le diede un bacio sulle labbra.
Claudia annuì, come per confermare qualcosa a se stessa, qualcosa che aveva pensato.
Doveva averla guardata con aria interrogativa, perchè lei gli disse "E' proprio vero, anche il tuo primo pensiero è per nostro figlio..." e gli diede un bacio sulla guancia, con le sue labbra morbide e delicate.
"Com'è avere un'altra vita dentro di sè?" le chiese Gabriel.
Claudia sbattè le palpebre "Come?"
"Che cosa si prova? Voglio dire... avere una vita che cresce dentro di te, deve essere qualcosa di bello e devastante..." sentì la commozione stringergli la bocca dello stomaco, pensando al loro bambino ancora accoccolato nella pancia della sua mamma, indifeso... forse incapace di capire tante cose, ma depositario di tutto il loro amore e di tutte le loro paure.
Claudia aveva gli occhi lucidi e le labbra schiuse. Lo guardava come se fosse arrivato da un altro pianeta, forse aveva fatto una domanda inopportuna.
"Vieni qui..." gli disse sdraiandosi. Lo fece accoccolare vicino alla sua pancia e gli accarezzò piano i capelli. Era la sensazione più dolce del mondo. Prima le sue mani erano tra i suoi capelli, poi sulle guance, ora così vicine alle sue labbra che riusciva a baciarle.
"Tu sei perfetto..." il cuore gli si strinse.
Le baciò la pancia diverse volte e sembrava quasi surreale pensare che davvero lì c'era il loro bambino, che lui fosse tanto vicino, eppure che dovessero aspettarlo ancora per tanto tempo... anche se era lì...
"Non te lo so spiegare... ricordi la sensazione di cui ti avevo parlato? Quella sensazione, come se fosse la cosa più importante della mia vita... non mi abbandona mai. Hai ragione tu, è bellissimo e spaventoso perchè hai la certezza che lui sentirà tutto quello che sentirai... e ti chiedi se sarà pronto per sentire certe cose... perchè è così piccolo. All'improvviso vorresti essere sempre felice perchè lui sia sempre felice... inizi a pensare che dipenda tutto da te, che tocchi a te proteggerlo, perchè lui vive in te... poi ti accorgi che non è così..." gli strinse forte la mano. Aveva gli occhi persi nel vuoto, ma felici, come se stesse guardando qualcosa di bellissimo, che poteva vedere dentro la mente. "Non sono io che ho una vita dentro di me... noi l'abbiamo. Certo... io ho le nausee e i capogiri..." sorrise "...ma quello che il piccolo sente dipende da noi."
Gabriel si accoccolò di più sulla sua pancia. Strusciò la fronte vicino al loro piccolo e gli diede altri teneri baci, mentre sentiva le lacrime agli occhi.
"Se stiamo bene è grazie a te. Siamo così felici quando ci sei... quindi smettila di sentirti in colpa, di avere paura di non essere in grado di proteggerci... lo fai sempre. Tu ci rendi felici, ci fai sentire amati..."
"Anche tu ci fai sentire amati..." le stava bagnando la canottiera con le lacrime. "Mi dispiace" farfugliò...
Claudia scosse la testa, come per dire che non aveva importanza, poi si sfilò di dosso la canottiera. Era bellissima.
"Fa freddo, mi fai spazio dentro la tua maglia?"
"Sì..." la sua voce era flebile.
Aiutò Claudia ad infilarsi la maglia. Era bellissimo essere pelle contro pelle, avere il suo viso così vicino, poter respirare il suo respiro ed avvolgerle le braccia interno al corpo, mentre lei si stringeva alla sua vita.
Si sdraiarono sul letto dandosi tanti baci.
"Hai i piedi ghiacciati..." rise Claudia.
"Scusa..." si affrettò ad allontarli da lei, ma Claudia disse "No, no... vieni qui..." e intrecciò le gambe calde alle sue.
"Non c'è bisogno..."
"Tanto lo faresti lo stesso nel sonno!"
"E tu me lo lasci fare?"
Rise. "Certo!"
Gabriel sorrise e la strinse più forte.
"Hai ragione tu. Sentirsi amati e non essere più soli è davvero la cosa più bella del mondo."

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Capitolo 20
*** Seguire i consigli. ***


Avvertì Claudia affondare ancora di più il viso nell'incavo del suo collo, le labbra addormentate appoggiate alla sua pelle, i respiri umidi che lo scaldavano e gli provocavano brividi.
Non era ancora arrivato il momento di svegliarsi, c'era solo una luce leggera a filtrare attraverso le tende, a illuminarli appena.
Si sentiva ancora immerso in un sogno che aveva dimenticato e Claudia nel sonno cercava ancora il contatto con lui, come se gli fosse stato in qualche modo possibile separarsi, stretti com'erano in quel maglione. In due. In tre.
Sorrise. Doveva ricordarsi di comprare un paio di maglie del pigiama di qualche taglia in più.
Si mosse appena, per interrompere il contatto delle labbra di Claudia con il suo collo e lei protestò leggermente nel sonno, come un bambino a cui avevano rubato il gelato.
Si affretto a darle un lungo bacio sulle labbra, non voleva che si svegliasse, gli piaceva guardarla dormire, e il suo sonno tornò ad essere profondo.
C'era sempre qualcosa di nuovo da scoprire, un nuovo modo di accoccolarsi contro di lui, di respirare, qualche espressione buffa e involontaria in risposto alla luce del sole o a un suo movimento. Gli venne da ridere pensando a quella volta che aveva provato a svegliarla con un bacio e lei nel dormiveglia aveva fatto un'espressione infastidita e si era girata dall'altra parte. Tutto si sarebbe aspettato meno che quella reazione!
Ormai i giorni in cui si svegliava, solo, nella sua stanza fredda, stanco, spaventato, con il respiro affannoso, con gli incubi ancora negli occhi, sembravano un ricordo lontano.
Non che non avesse più avuto incubi, quello era chiedere troppo.
Solo che adesso sapeva da chi cercare conforto. Appoggiava la testa vicino al suo seno, ascoltava i battiti regolari del suo cuore, annusava la sua pelle fresca e lasciava che le mani di Claudia lo accarezzassero e lo cullassero, come un bambino. Altre volte i suoi incubi non facevano in tempo ad arrivare a termine, un momento prima era terrorizzato, poi il sogno sfumava e si trovava in terre luminose, calde, si sentiva felice. Se si sforzava di aprire gli occhi si accorgeva che lei lo stava abbracciando e baciando, lei aveva il potere di accorgersi dei suoi incubi e trasfigurarli in sogni.
Le scostò i capelli dalla fonte. Era il suo bellissimo angelo. Un angelo scettico, caparbio, assolutamente ateo, con un'insana passione per i panini pieni di salse. Sorrise. E si fidava di lui. Aveva visto il peggio. Ciò che nemmeno lui credeva di poter accettare di se stesso ed era rimasta con lui, era in quel letto insieme a lui, addormentata, indifesa, ancorata alla sua pelle.

"Tutti abbiamo un lato oscuro, Gabriel. Io ho cercato di ucciderti con un'accetta!" gli aveva detto una volta, inclinando la testa di lato ed allargando gli occhi. Quindi questo per lei significava che aveva ragione e basta.
"La differenza fondamentale è che tu non mi avresti mai fatto del male, io a te stavo per farne, giusto un pochino! Nemmeno tu sei scappato a gambe levate!" e prima che potesse replicare gli aveva stretto le braccia intorno al collo e gli aveva dato un lungo bacio. "Devo ancora farmi perdonare..."gli aveva sussurrato slacciandogli il primo bottone della camicia.


Si sentiva sulle labbra un sorriso ebete. Come aveva potuto pensare di rinunciare a lei?
Era stato così stupido. Adesto quest'angelo incantevole avrebbe potuto essere tra le braccia di qualcun altro. Provò un'orribile fitta acida allo stomaco. O sola in un letto freddo, senza nessuno che si prendesse cura di lei, che le stesse accanto mentre affrontava il suo passato. Potevano non avere quello che avevano adesso. Rinunciando a lei aveva rinunciato alla vita che voleva ed aveva obbligato anche Claudia a fare lo stesso. Per questo era così arrabbiata quella notte, alla villa, quando aveva cercato di ucciderlo.

"Io ho rinunciato a tutto per te, tu non sei l'uomo che credevo, non lo sei mai stato.  Sei solo un bugiardo e un vigliacco!"

Aveva rinunciato a tutto per lui. Lo aveva fatto davvero. Aveva rinunciato ad avere accanto a qualcuno che l'amasse, qualcuno con cui condividere le cose più piccole della vita, qualcuno di cui prendersi cura. Lei che aveva quell'istinto di cura e amore innato a scorrerle nelle vene, poteva non avere la possibilità di esprimerlo. Poteva non avere una famiglia. Lo voleva così tanto il loro bambino. Era così fiera, entusiasta. E lui avrebbe potuto negarle la possibilità di diventare madre. Lei che sarebbe stata una mamma perfetta. Poteva costringerla a rinunciare a tutto ciò che aveva sempre desiderato.
Perchè in fondo al cuore lo sapeva bene, nonostante il timore che aveva ogni giorno che lei potesse trovare qualcun altro e allontanarsi di lui, stanca della sua indecisione, lo sapeva che non l'avrebbe mai voluto fare. Sentiva che lei lo amava come lui amava lei e dovevano stare insieme, loro due o nessun altro, non erano ammessi compromessi.
Le diede un bacio sulla fronte e la ringraziò silenziosamente per averlo aspettato. Si scusò mentalmente anche con suo figlio, perchè anche lui aveva dovuto aspettare tanto per venire al mondo e si ritrovò a sorridere di quel pensiero ingenuo e privo di logica.
Lo amava così tanto quell'esserino, non vedeva l'ora di poterlo tenere tra le braccia! E amava così tanto Claudia... l'idea di starle ancora lontano lo faceva morire.
Claudia aprì gli occhi. Dio... come facevano ad essere così belli e luminosi?
"Gabriel..." fece qualcosa a metà tra un sorriso e uno sbadiglio "... cosa ci fai già sveglio?"
Si sistemò meglio con il mento sulla sua spalla.
"Grazie." le sussurrò all'orecchio.
"Sei strano. Dormi..." borbottò lasciandogli un bacio sulla guancia.
Gabriel sorrise. Tanti cari saluti al suo tentativo di essere romantico.
Sonno batte romanticismo. Prese mentalmente appunti.
...
Gabriel aprì gli occhi. Era abbracciato al cuscino di Claudia, che giaceva accanto a lui, in verticale. Un accorgimento che Claudia aveva adottato per non farlo svegliare evidentemente. Scosse la testa, divertito, e andò verso il soggiorno.
Claudia era seduta sul divano. Il telefono di casa tra le mani. Abbracciata alle sue ginocchia. Sembrava agitata.
"Pronto... mamma sono io..."

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Capitolo 21
*** Isabella Munari. ***


Erano seduti sull'orlo della vasca da bagno, Gabriel le avvolgeva le spalle con un braccio e con l'altra mano le accarezzava la vita. Le aveva appena sciacquato il viso e la bocca, dopo l'ennesimo attacco di nausea mattutina.
Si accoccolò con la testa al suo petto e lo baciò. Le piaceva restare lì, in quel posto caldo e sicuro, la dedizione con cui Gabriel si prendeva cura di loro.
Gabriel le lasciò un lungo bacio sulla fronte. "E' passato?"
Annuì ed affondò ancora di più il viso nel suo petto, era l'unico posto da cui non avrebbe mai voluto essere portata via.
"Dovresti andare a riposarti prima che arrivi tua madre..."
"Sto bene qui." rispose senza spostarsi.
Gabriel sorrise. Era bellissimo capirlo dai sussulti del suo petto. Poter sentire quando era emozionato, quando rideva, quando sospirava preoccupato, quando sospirava rassegnato, ormai aveva imparato le diverse sfumature del suo sospiro e ne sapeva capire i significati.
"Vengo con te." le accerezzò i capelli. In teoria non doveva esserci nulla di erotico in quella carezza, ma lo desiderava da impazzire, nonostente la stanchezza.
"Allora va bene..." si attaccò con forza alla sua camicia, per tenerlo stretto vicino a sè ed iniziò a baciargli il collo.
"Claudia..." Gabriel sorrise.
"Un bel bagno rilassante, io e te... poi potremmo andare in camera da letto..."
Sentiva già l'acqua calda addosso, Gabriel alle sue spalle, le sue mani delicate che le accarezzavano il corpo, le massaggiavano le spalle, le sue labbra sul collo...
Gabriel era d'accordo con lei, ne era sicura, i suoi baci erano profondi e intensi e le sue mani le si erano intrufolate sotto la maglietta e adesso le stava disegnando ghirigori sui fianchi, con la punta delle dita, che lente e silenziose stavano per raggiungere i suoi seni.
Il campanello.
Ma era una maledizione?
Gabriel rise e le diede un bacio sulla fronte, mentre le sistemava la maglietta. La strinse a sè ed appoggiò la fronte a quella di lei, come per trovare il coraggio di allontanarsi.
"La casa che compreremo quando saremo sposati sarà senza campanello, ok?"
Provò una piacevole scossa al cuore all'idea di essere sua moglie.
"Sono assolutamente d'accordo con te..." le diede un bacio sulle labbra. "Andiamo ad aprire, coraggio!"
"Mamma!"
Sua madre entrò in casa, con un sorriso a trentadue denti "Ciao tesoro!" le diede tre baci sulle guance e andò ad attaccare Gabriel. Gli prese il viso tra le mani e stampò anche a lui tre vigorosi baci sulle guance.
"Non c'era traffico oggi, così sono riuscita ad arrivare prima... che fortuna vero?"
Le mani di Gabrilel adesso potevano essere intente a spalmarle addosso il bagnoschiuma, poteva mordergli piano il pomo d'adamo e scendere lentamente verso il basso, tornando di tanto in tanto alle sue labbra...
"Sì, un'enorme fortuna!" disse con un po' troppo entusiasmo e Gabriel trattenne una risata.
"Quanto tempo è passato dall'ultima volta che ti ho visto, Gabriel!" si diressero verso il salotto. "E guardi mia figlia nello stesso identico modo..." aggiunse maliziosa.
Gabriel arrossì e si inumidì le labbra con la lingua. "Vi preparo un tè? Un caffè?"
Sua madre si lasciò cadere sul divano "Un tè non sarebbe male, ti ringrazio... che bravo ragazzo!" Tornò a posare lo sguardo su Claudia. "Ti trovo bene..."
"Sto bene, grazie..." si sedette accanto a sua madre.
Isabella Munari si strofinò le mani, eccitata come una bambina. "Allora... queste novità?" sorrise.
Claudia scosse la testa "Hai fretta?"
"Una la conosco già... sono così felice che finalmente tu abbia trovato qualcuno con cui stare..."
Claudia rise ed inclinò la testa per sbirciare in cucina, dove Gabriel stava trafficando con il brico del tè. "Anche io. Sono felice che sia lui."
"Lo so... lo immaginavo. Il sorriso che non sei riuscita a trattenere quando ti ho fatto notare il modo in cui ti guardava... beh... non l'ho visto spesso nei tuoi occhi." Deglutì ed abbassò lo sguardo sulle proprie mani. "Ma adesso ce l'hai ancora... da quanto tempo...?"
"Circa sei mesi." sorrise e si ritrovò a giocherellare distrattamente con l'anello di fidanzamento. "Mi ha detto di aver scelto me. Non ci speravo nemmeno..."
"E invece? Sto facendo finta di non aver capito... voglio che mi raccontiate tutto voi!"
Claudia si portò una mano alla pancia e guardò sua madre interrogativa.
"Beh... vivete insieme, no? Ci sono cose sue ovunque... come questo libro... a meno che tu non sia interessata all'insegnamento della teologia... non ricordo che fosse la tua materia preferita..."
Claudia tirò un sospiro di sollievo. "Sì. Vive qui."
"Meraviglioso! Sono così felice per te! Come lo avete deciso? Raccontami tutto!"
Claudia sentì uno strano calore invaderle le guance, era imbarazzata. Di solito non parlava con sua madre della propria vita privata. Era strano. Ma era anche bello poterle raccontare di quanto fosse felice... moriva dalla voglia di dirle tutto. Forse la questione di suo padre, però, se avesse potuto l'avrebbe taciuta volentieri. Era qualcosa che minacciava di far crollare quel delicato equilibrio che si stava costruendo...
"Claudia?" sua madre le stava sventolando una mano davanti agli occhi.
"Una sera sono andata ad aprirgli la porta. Lui è entrato e... e mi ha detto che voleva vivere con me." Sollevò le spalle e si ritrovò a sorridere teneramente.
"Tutto qui? Non è una cosa che avete deciso insieme?"
"Non c'era niente da decidere. Lo desideravo da sempre." Le sfuggì.
Sua madre fece un enorme sorriso. "Sono felice per voi!"
"Ecco qua..." Gabriel appoggiò il vassoio con il tè sul tavolino e la guardò negli occhi. "Vuoi qualcosa da mangiare?"
Ovviamente si riferiva al fatto che dopo l'attacco di nausea di poco prima non aveva più niente nello stomaco. Gli strinse la mano per rassicurarlo. "Per adesso no..."
Gabriel annuì "E lei? Mangia i biscotti col tè?" Era bravo a fare l'indifferente, più bravo di quello che credeva.
"Dammi del tu! Sono la tua futura suocera, dopo tutto!"
Gabriel e Claudia si scambiarono un'occhiata. Sua madre si diede una paca sulla fronte.
"Io questo non gliel'avevo ancora detto" disse Claudia a bassa voce.
Gabriel sorrise "Credo che ci abbia pensato lui..." le prese la mano e fece cenno all'anello di fidanzamento.
"Scusate, mi è sfuggito! Volevo che foste voi a dirmelo... rifacciamo da capo... io non ho detto niente! Non so perchè sono qui!" Bevve un goccio di tè. "No, va benissimo così, Grabriel. Ti ringrazio!"
Gabriel ridacchiò "Abbiamo sparso indizi ovunque..."
Su madre alzò un sopracciglio "Di che cosa parli, caro?"
"Di niente." Guardò Claudia con tenerezza e le lasciò un bacio sulla fronte.

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Capitolo 22
*** Incontro. ***


Passeggiare per le vie di Roma con accanto sua madre era insolito, ma piacevole.
Forse era la prima volta che passavano un po' di tempo insieme senza tirarsi frecciatine.
"Gabriel ti tratta con i guanti di seta..."
Sorrise. Gabriel doveva piacerle molto, trovava sempre una nuova scusa per elogiarlo.
"Sì, è molto dolce..." Aveva sempre avuto una delicatezza particolare nei suoi confronti, nel modo di parlarle, di toccarla, anche di ascoltarla. Non l'aveva mai giudicata e nonostante le tante discussioni non aveva mai alzato la voce, ma questo non era da lui, anzi quando era arrabbiato tendeva a sibilare. Il pensiero la fece sorridere.
"Ti rispetta." continuò Isabella "E ti ama."
Claudia scosse la testa. "E' stata dura aspettare, ma ne è valsa la pena."
Il profumo delle castagne riempiva l'aria di Castel Sant'Angelo. Le persone camminavano serene. Una mamma e un papà tenevano il loro bambino per mano e lo facevano saltare. Tra qualche anno sarebbe toccato anche a lei e Gabriel.
"Dimmi una cosa..." boffocchiò sua madre con voce furba. "E' così dolce anche a letto?"
Arrossì bruscamente "Mamma!"
Sua madre la guardò sbattacchiando le palpebre "Beh, era prete fino a non molto tempo fa, non mi aspetto che sia perfetto anche tra le lenzuola..."
"Mamma! No, non..."
"Eh dai!" le diede una gomitata di intesa. "Solo un commento piccolo piccolo!"
"Invece è perfetto ed è molto dolce." Strizzò le palpebre, pentita di averlo detto.
"Ma non mi dire!" rispose sua madre con tono soddisfatto.
"Sì, però è mio!" Si affretto a scherzare per abbandonare l'argomento.
Isabella rise. "Hai comprato un nuovo studio?" Probabilmente aveva capito l'antifona.
"Sì, è qui a due passi. Lo vuoi vedere?"
***
Gabriel entrò nel direttorio. Odiava quella stanza. L'aria era densa e pesante.
"Buonasera." disse rivolto ai membri. Erano tutti seduti intorno a quel tavolo di legno, avvolti nelle loro tonache rosse. Composti come statue. Tutti tranne Alonso, che era comodamente adagiato contro lo schienale.
"Buonasera Antinori. Ci dispiace averla disturbata nel suo giorno libero, ma abbiamo una questione da sottoporle."
"Prego." lo invitò a proseguire.
"Bonifacio Serventi, come lei ben sa, è latitante. Ci è giunta però una segnalazione. Dicono di averlo visto in Svizzera."
Perchè mai avrebbe dovuto essere in Svizzera? Non aveva senso. Era lontano dal Vaticano, forse troppo per organizzare qualcosa che lo riguardasse, ma non abbastanza per essere un nascondiglio efficace. "Mandate qualcuno a controllare." Rispose con tono piatto.
"Noi stavamo pensando che dovrebbe essere lei ad andarci."
Gabriel sgranò gli occhi "Perchè io?"
Il monsignore alzò un sopracciglio "Beh, perchè lei è a capo del direttorio ed è il diretto interessato in questa faccenda."
Gabriel si passò una mano sulla fronte "Veramente io... quanto tempo dovrei stare via?"
"Beh, fino a che non avrà effettuato tutte le indagini del caso. Per un sopralluogo accurato potrebbe volerci una settimana."
***
Isabella fece un giro su se stessa. "E' enorme! Cosa te ne fai di tutto questo spazio? Mandi Gabriel a dormirci quando litigate?". Fece una sonora risata.
Claudia scosse la testa sorridente "Non ci avevo mai pensato, potrebbe essere un'idea."
Qualcuno bussò alla porta, facendola trasalire.
"Aspettavi qualcuno?" chiese sua madre.
Scosse la testa. Bussarono di nuovo.
"Sì?"
"Claudia, sono io. Papà..."
Si voltò a guardare sua madre. Era bianca come un lenzuolo. Non ci voleva, non ci voleva proprio.
"Sei in contatto con tuo padre?" guardava il vuoto.
"Volevo dirtelo. E' uno dei motivi per cui ti ho voluto incontrare..."
Sua madre non disse niente. Rimase lì. Immobile. Forse persa nei ricordi.
"Claudia..." disse suo padre dall'altra parte della porta.
Non sapeva cosa fare. Forse aprirgli era la cosa giusta. Non poteva lasciarlo lì in eterno.
"Ciao. Scusami se mi sono presentato qui. Non sapevo nemmeno se oggi fossi in studio o no, ma..."
"Vattene!" sua madre era accanto a lei e lo guardava con occhi di brace.
"Isabella..." la sua voce era un sussurro.
"Devi lasciarla stare!"

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Capitolo 23
*** Fidarsi. ***


Durante tutto il tragitto per tornare a casa, sua madre era rimasta in silenzio.
Camminava con le mani nelle tasche della giacca, teneva lo sguardo basso.
Se cercava di mettersi nei suoi panni provava pena per lei: l'uomo che amava e con cui aveva avuto una figlia era andato via, non l'aveva rivisto per anni. Se rimaneva nei propri panni, però, era arrabbiata. Nemmeno lei le era stata vicina, non sapeva nemmeno che pochi mesi prima stava per morire, ma aveva ricevuto migliaia di seconde possibilità. Perchè lei sì e lui no? Non poteva chiedergli di starle lontano.
Avrebbe voluto arrabbiarsi con entrambi, ma non ci riusciva.
Si massaggiò la fronte. Sentiva un cerchio che le stringeva la testa. Forse la stanchezza, la frustrazione. Sarebbe stato bello non dover pensare a nulla. Accoccolarsi tra le braccia di Gabriel e riempire il suo viso di baci, mentre discutevano sul nome da dare al bambino.
"E' una tua scelta..."
Sua madre si era fermata davanti al portone di casa.
"Ho sbagliato a digli che doveva starti lontano. Tu sei grande abbastanza da decidere. Ma, Claudia, io non mi fido di lui e vorrei che anche tu andassi con i piedi di piombo, capisci?"
"Vorrei decidere da sola se posso fidarmi o no. Non l'ho mai dato per scontato."
Isabella annuì. "Lo so. Ma so anche che tu agisci d'istinto, non vorrei che ti mettessi nei guai."
Scosse la testa. "Non farei mai niente che possa mettere in pericolo mio figlio, niente."
Sua madre si bloccò, con una mano sollevata a mezz'aria e la bocca aperta. "Cosa?"
E così gliel'aveva detto. Così tanto tempo passato a rimuginare su cosa fare, cosa dire, quando e le parole le erano uscite da sole.
"Io e Gabriel aspettiamo un bambino." sentiva le lacrime agli occhi.
Sua madre si portò la mano alla bocca, forse era commossa, forse solo turbata. Schiuse le labbra un paio di volte e poi le richiuse. Le sfuggi uno sbuffo, che somigliava ad una risata. "Sei riuscita a lasciarmi senza parole... ME..." rise, mentre un paio di lacrime le colavano silenziose lungo le guance. "Vieni qui..."
Si lasciò andare nel suo abbraccio. Era così strano, ma familiare.
"E' per questo che mi hai chiamato. Per un attimo ho pensato che fosse per tuo padre... ero arrabbiata, sai? Credevo che l'unico motivo per cui mi avevi parlato di Gabriel, della convivenza... fosse perchè ero qui..." fece un risolino "Mentre il vero motivo per cui mi avevi chiesto di venire fosse raccontarmi di tuo padre... ma non è così. E' per dirmi questo che mi hai chiamato, non c'è una notizia più importante di questa..."
Claudia annuì. "Ho bisogno di te, adesso."
Isabella sorrise.
"Ma all'inizio non volevo dirtelo, non sapevo se potevo fidarmi di te."
Il sorriso sul volto di sua madre si spense.
"Sono quasi al quarto mese di gravidanza e solo tu, Gabriel, Teresa e un caro amico di Gabriel lo sapete..."
"Non capisco... ormai il bambino è fuori pericolo, superato il terzo mese..."
Claudia scosse la testa. "No, no tu non capisci. La situazione non è facile. Non l'abbiamo detto a nessuno perchè non possiamo fidarci di nessuno. Non importa se sono persone che conosciamo da anni, non possiamo permetterci che lo sappia qualcuno di cui non siamo assolutamente certi di poterci fidare!" Abbassò lo sguardo e sospirò. "Avrei voluto dirtelo prima, ma il mio bambino è più importante. Se per poterlo mettere al mondo dovessi fare in modo che nessuno al mondo lo sappia farei in modo che nessuno al mondo lo sappia..."
"Claudia io non capisco..."
"Gabriel mi ha convinto a dirtelo e sono contenta di averlo fatto... ma ora ho bisogno che tu mantenga il segreto. Tra non molto si vedrà, ma fino a quel momento..."
Sua madre le appoggiò una mano sul braccio. "Claudia, perchè?" aveva gli occhi spalancati e in quegli occhi riusciva a leggere le mille domande che l'aspettavano.
"Vieni di sorpa, ti racconto tutto."
***
Sua madre giocherellava con la tazza di caffè. "Questa storia ha un non so che di assurdo."
Claudia appoggiò i gomiti sul tavolo. "Ma è così."
"Quando hai detto che per metterlo al mondo saresti stata disposta a non dirlo a nessuno... dicevi davvero... stavi per tenerlo nascosto anche a Gabriel..."
Claudia chiuse gli occhi e abbassò il capo. "Sì." Si sentiva così in colpa per aver cercato di allontanare l'uomo che amava, ma era come impazzita, si sentiva una mina vagante, pronta ad allontanare qualsiasi potenziale minaccia dal suo piccolo, a qualunque costo. Anche se fosse stata la decisione peggiore che avrebbe potuto prendere, per tutti e tre.
"Cuore di mamma..." commentò Isabella.
"Ehi..." Gabriel si tolse la sciarpa, entrò in cucina.
"Ciao!" lo salutarono.
Si chinò per dare un bacio sulle labbra a Claudia. Le accarezzò la base del collo e si mise alle sue spalle.
Claudia affondò il viso nella maglia di Gabriel, profumava di buono, le sue mani erano calde e morbide. Le sentì sfiorarle la fonte e le guance.
"Quindi te l'ha detto?" chiese Gabriel a sua madre.
"Sì... me l'ha detto." Sorrise.
Le mani di Gabriel le accarezzarono di nuovo il viso. "Sei stanca? Hai l'aria distrutta."
Riuscì ad afferrarlo per il polso e gli bacio il palmo. "Sì, un po'..."
La mano di Gabriel le si posò sulla spalla e la strinse con affetto. "Vai a riposarti, intanto io preparo la cena"
Gli strinse le mani, in modo di immobilizzarlo e tenerlo vicino a sè. "Ma tuo figlio vuole stare col papà..."
Gabriel sorrise "Devi mangiare qualcosa, lo sai, oggi a pranzo hai mangiato pochissimo per colpa delle nausee." Claudia aprì la bocca per replicare, ma Gabriel continuò "E ti devi riposare, fa bene al bambino..."
"Ma il dottore ha detto che anche le coccole fanno bene al bambino..."
Le labbra di Gabriel le si posarono sulla fronte "E se non sbaglio tu hai detto al nostro ginecologo di non dirmelo perchè se no sarei stato ancora più appiccicoso!"
A sua madre sfuggi una risata, probabilmente per l'espressione 'Il nostro ginecologo', anche a lei era venuto l'impulso di ridere quel motivo.
Gabriel arrossì.
"Secondo me invece dovreste andare a riposarvi tutti e due, ci penso io alla cena" intervenne Isabella.
"Sei sicura?" chiese Gabriel "Non vorremmo approfittare..."
"Vai a coccolare mio nipote. Su..."
A Claudia parve di leggere una nota di malinconia nel suo viso, mentre si alzava per mettere a lavare la sua tazzina, ma non disse nulla.
Lei non aveva avuto la fortuna di avere accanto un uomo perfetto come Gabriel, sua mandre e suo padre non l'avevano desiderata quanto lei e Gabriel desideravano il loro bambino. Quei momenti pieni d'amore, in cui parlare insieme del futuro, in cui prendersi cura l'uno dell'altra probabilmente per lei non erano mai esistiti.
Adesso però non voleva pensare a se stessa, voleva rendersi utile, aiutarli a vivere bene quei momenti. Glielo leggeva negli occhi, anche lei voleva che per suo nipote fosse tutto migliore.

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Capitolo 24
*** Partire. ***


Le coperte calde che li avvolgevano. L'oscurità. Svegliarsi e ritrovarsi abbracciati in qualche modo strano. Accorgersi di non potersi allontanare senza risvegliarsi tra le sue braccia, che la tenevano stretta a sè. Che lui era già sveglio e le stava baciando e accarezzando, che ogni tanto la stringeva più forte contro il proprio petto e  la cullava piano. Fingersi addormentata per godersi il suo amore, indisturbata. Ritrovarlo addormentato, poco dopo e accarezzargli i capelli scompigliati. Vederlo accoccolarsi immediatamente contro di sè, come un gattino cerca calore da una mano che gli si avvicina in una notte fredda.
Gli baciò lo zigomo e il mento "Gabriel..."
Gabriel affondò il viso nel cuscino.
"Gabriel..." gli massaggiò la spalla.
"Non voglio andare a scuola."
Claudia piegò la testa di lato "Mi stai prendendo in giro?"
Sollevò la testa quel tanto che bastava e con fare furbo sibilò "Sì...", riaffondò il viso nel cuscino.
Claudia rise e gli pizzicò i fianchi.
Gabriel trasalì appena. "Mi arrendo, mi arrendo." La sua voce sorrideva. Non si mosse però. Era così buffo a pancia in giù, buffo e sexy con la sua t-shirt grigia, che gli risaltava le spalle larghe, con le braccia nascoste sotto il cuscino.
Gli abbraccio le spalle e si accoccolò con il viso tra le sue scapole.
Gabriel sospirò in modo strano, non era il sospiro divertito e rassegnato con cui di solito reagiva a quelle situazioni. Era più un sospiro da "Non posso dirglielo", da "Ho un peso sul cuore, ma lo voglio nascondere".
Gli accarezzò la schiena e appoggiò la testa accanto alla sua, pochi centimetri dividevano i loro volti, anche se quello di Gabriel era affondato per un quarto nel cuscino. Era buffo e crucciato. Le sue palpebre non erano rilassate, erano serrate, come se volesse chiudere un pensiero nella testa. Gli accarezzo la fronte. I suoi occhi si aprirono piano su di lei, opachi, sorridevano tristi.
"Gabriel che cos'hai?" la sua barba ed i suoi capelli le solleticavano il palmo della mano.
Gabriel alzò gli occhi al cielo e le avvolse le spalle in un abbraccio "Ogni tanto potresti fare finta di non aver capito tutto prima che io te ne abbia parlato..." le sue labbra sorrisero e le lasciarono un bacio sulla fronte.
"Potrei, ma perchè farlo quando possiamo parlarne finchè siamo ancora giovani?"
Gabriel chiuse gli occhi e scosse la testa. "Dopo cena..."
Aprì la bocca per domandargli cosa intendesse.
"Dopo cena ti racconto tutto."
"Perchè dopo cena?"
"Non è niente di grave, ma vorrei che ne parlassimo con calma, solo io e te. Adesso andiamo da tua madre." le scostò i capelli dal viso.
"Me lo prometti?"
"Che cosa?"
"Che dopo cena ne parliamo, me lo prometti?"
Gabriel mise una mano tra i loro volti, il pugno era chiuso, ma il mignolo era sollevato.
"Che cosa significa?"
"Devi stringere il mio mignolo con il tuo, è così che si fa una promessa."
Le sfuggì qualcosa tra uno sbuffo ed una risata. Era adorabile. "Non pensi che siamo un po' grandi?"
Gabriel alzò il sopracciglio, serio. La fece sorridere. Strinse il mignolo al suo e gli rubò un bacio sulle labbra.
***
Durante tutta la cena aveva avuto gli occhi di Claudia addosso. Anche sua madre si era resa conto che c'era qualcosa in sospeso tra loro e dopo il caffè si era defilata con la scusa di andare a prendere un bicchiere di vino con un'amica che non vedeva da tempo.
Quando Isabella si era richiusa la porta alle spalle Claudia si era voltata a gardarlo, le braccia stretta intorno al petto.
Gabriel sospirò e le mise le mani sulle spalle, aveva bisogno del contatto con il calore del suo corpo. Lei era rigida, i suoi occhi lo seguivano, preoccupati. Quando le baciò la fronte, però, gli si strinse subito al petto. Le accarezzò la schiena e la spinse contro di sè.
Le labbra di Claudia gli baciarono la spalla. Era un gesto che lo faceva sentire amato e protetto, che gli faceva provare un dolce calore.
Gabriel sospirò "Non voglio che ti preoccupi."
Caludia si allontanò quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi "Spiegami allora."
Si massaggiò la fronte. Non sapeva come dirglielo, era il primo a non voler andare via.

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