Wicked Game di Stregatta (/viewuser.php?uid=26340)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***
Capitolo 12: *** XII ***
Capitolo 13: *** XIII ***
Capitolo 14: *** XIV ***
Capitolo 15: *** XV ***
Capitolo 16: *** XVI ***
Capitolo 17: *** XVII ***
Capitolo 18: *** XVIII ***
Capitolo 19: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** I ***
Wicked 1
DISCLAIMER : Ok… E’ un pairing un po’ strano. Anzi,
più che pairing è un triangolo. Spero che nessuno si
senta offeso da questo parto di quella cloaca fangirlistica che
è diventata la mia mente da giugno a questa parte ( …sono
un mostro XD! ), e vorrei ricordare che ciò che vi apprestate a
leggere è pura, purissima fiction, un distillato di menzogne
privo di alcun tornaconto economico ( sinceramente… Mi
paghereste per scrivere cose simili XD ? ).
Ho semplicemente preso la realtà e l’ho distorta come
meglio mi pareva ( vi sono diversi dati oggettivi un po’ sfalsati
e inventati, in effetti *mette le mani avanti* ) per puro diletto
personale, e forse anche vostro, chissà… C’è
un solo modo per scoprirlo, e sapete tutti qual è XD…
Enjoy!
Wicked Game
I
What a wicked thing to do
To let me dream of you….
Bill Kaulitz si reputava un ragazzo abbastanza intelligente.
Questa era l’opinione di quasi tutti coloro che avessero avuto a che fare con lui.
Le maestre delle elementari asserivano che fosse un bambino sveglio e
attento ai particolari, opinione confermata negli anni seguenti dalle
professoresse e professori dei livelli scolastici superiori.
Insomma,tanto ottuso non era.
E allora perché diamine non riusciva a venire a capo di ciò che stava succedendo al suo gemello?
Tom.
Tom, alias “Sex Gott”.
Tom il cinico.
Tom che la mattina entrava ed usciva dal bagno nell’arco di
cinque minuti, che non era ossessionato dalla sua immagine riflessa
nello specchio… Cioè,non nella stessa misura di
Bill, perlomeno.
Tom che odiava canticchiare.
Tom che in quel momento si trovava sotto la doccia da
mezz’ora, sbraitando a squarciagola le parole di quella che a Bill
pareva proprio una canzone d’amore.
Bill sbuffò,facendo svolazzare una ciocca di capelli riccamente
cotonati, mentre esaminava il proprio viso allo specchio nella sua
stanza, alla ricerca di eventuali imperfezioni nel trucco
impeccabile, nell’ombretto nero steso magistralmente, che rendeva i
suoi occhi castani più luminosi ed evidenti.
Abbassò lo sguardo sulle unghie smaltate, e anche lì non vi era nulla da criticare.
Era a posto. Adesso si trattava solo di aspettare che lo fosse anche il fratello.
E qualcosa gli diceva che avrebbe dovuto aspettare a lungo.
Tom uscì in quel momento dal bagno, avvolto in un enorme accappatoio bianco latte, con un sorriso giulivo sul volto.
Prese a strofinarsi energicamente i capelli aggrovigliati con un
asciugamano, sempre canterellando, stavolta con un tono di voce
più accettabile, la stessa melensa melodia.
Un intenso odore di vaniglia proveniva dalla sua chioma, segno evidente
che aveva usato il suo shampoo preferito,quello che Tom aveva sempre
considerato da “ femmina quattordicenne innamorata”.
Bill , entrato nella stanza del gemello, lo guardava, stupefatto.
Gli alieni avevano rapito Tom, e al suo posto avevano messo quella sua fotocopia sdolcinata e vanitosa.
Era l’unica spiegazione logica.
- Oh,ma tu sei già pronto?- gli chiese Tom, smettendo per un
attimo di sconvolgere il fratello con le sue stranezze canore.
Bill aggrottò le sopracciglia, irritato.
- Da quasi un’ora.-
Tom afferrò una delle sue enormi magliette da uno dei cassetti
del comò, abbandonandola sul letto assieme ai suoi pantaloni
extralarge.
Poi ci ripensò, borbottando : - Ma no, questa non va bene!- e
rimise la maglia al suo posto, ghermendone un’altra di uno
squillante giallo canarino.
- Naaaaaah, neanche questa!-
In breve l’ordinata pila di maglie sistemata nel cassetto venne
distrutta, mentre allo stesso tempo si andava costituendo un mucchio
ipercolorato di tessuti di ogni tipo sul materasso.
Bill assisteva allo sfacelo a bocca aperta.
A quel punto sperava che gli alieni venissero in pace, almeno.
- Tom…-
- No, Dio santo,questa è proprio l’ultima che scegl… Uh? Dimmi, Bill.-
Bill non si azzardò a dire ciò che pensava realmente
(“Cosa cazzo ti frulla per la testa??”), ma piuttosto si
offrì di aiutarlo nella scelta dell’abbigliamento, visto
che erano già in palese ritardo per l’appuntamento con
Georg e Gustav.
- Oh,grazie! Davvero,io non so dove sbattere la testa! Senti, mentre tu
cerchi qualcosa di decente io vado a vedere un po’ di TV, ok?-
esclamò ridendo Tom, e uscì dalla stanza ricominciando con
quella stessa,dannata canzone, che guarda caso era l’unica dei
Placebo che Bill aveva sempre detestato:
I'll be your father, I'll be your mother,
I'll be your lover, I'll be yours
Lo sentiva mentre urlava queste parole dal soggiorno, sempre le stesse.
Insopportabile.
Bill richiuse la porta della camera con un calcio, innervosito.
Quando non capiva qualcosa diventava furioso.
E in quel momento non capiva nulla del comportamento del fratello, del
mutamento avvenuto in lui da qualche giorno… E per fortuna che
fra gemelli avrebbe dovuto esserci un’empatia particolare.
Ma in quel momento la testa e il cuore di Tom erano sprangati ed impenetrabili per chiunque.
Si impose un minimo di calma, e cominciò a rovistare fra gli abiti, alla ricerca di qualcosa di presentabile.
Riuscì a raccattare una maglietta e un paio di jeans, alla fine.
Soddisfatto e allo stesso tempo esausto, il ragazzo si guardò
attorno, esplorando ogni angolino della stanza con gli occhi, come se da
qualche parte vi fosse nascosta la chiave del mistero del cambiamento
di Tom.
Il letto sembrava soffrire del peso dei vestiti, o perlomeno così
sembrava a Bill, perciò cominciò a raccapezzare i capi di
vestiario che lo ingombravano.
Stupido che non era altro.
Se non avesse smesso di comportarsi da genitore con Tom non
avrebbe mai avuto un attimo di pace… Ma ovviamente era
consapevole che ribadire il concetto e ripeterlo come un mantra ogni
qualvolta che si ritrovava a riaggiustare un disastro di suo fratello
non avrebbe cambiato la realtà dei fatti.
Voleva troppo bene a Tom per non cercare di tirarlo fuori da ogni
genere di casino nel quale si fosse cacciato,volente o nolente.
Il malumore sbollì rapidamente mentre rimuginava quei pensieri,e
il suo solito sorriso gli si riaffacciò sul viso,mentre finiva
di sistemare l’ultima T-shirt nel cassetto con cura, spiegandone
ogni grinza con un lieve gesto della mano.
- Che razza di perfezionista…- sogghignò, prendendosi un
po’ in giro per questa sua mania di pretendere il meglio in tutto.
Dagli altri, ma soprattutto da sé.
Perciò di nuovo ispezionò unghie e palpebre, e di nuovo non vi era nulla da eccepire.
Entrò in soggiorno, recando in mano i capi designati, e sorridendo
si avvicinò al fratello sprofondato fra i cuscini del divano
rosso, in contemplazione vuota dei canali televisivi mutilati dal suo
zapping continuo e svogliato.
Era sovrappensiero, si accorse Bill.
Infatti trasalì nel sentire il ragazzo chiamarlo sfiorandogli una spalla.
- Cazzo, Bill…Mi hai fatto prendere un colpo!-
- Non è colpa mia se hai la testa fra le nuvole, deficiente!- ribattè il gemello, piccato.
- Umpf… Cosa mi hai trovato?- chiese curioso Tom, sbirciando gli abiti che Bill portava in mano.
Bill stava per rispondere, quando il suo sguardo venne catturato dallo schermo televisivo, che trasmetteva immagini di MTV.
Conosceva quel video.
Quell’albergo lussuoso. Quella canzone insensata ed ipnotica.
Quell’uomo in nero che sembrava invitarlo a perdersi nel suo sguardo sfacciatamente provocante.
Sfacciato, e bellissimo.
Un leggero brivido corse lungo la schiena di Bill, mentre rimaneva incatenato agli occhi verdi e perforanti di Brian Molko.
Riuscì ad interrompere il contatto visivo solo perché
attirato da un leggero sussurro : - Mio Dio…E’
lui….-
Tom era il proprietario di quelle parole.
Bill rimase attonito nel notare l’espressione estatica di suo
fratello, la testa inclinata ed un sorriso ebete ad illuminarlo di
stupidità.
- E’ meraviglioso…Vero, Bill?-
Bill inarcò un sopracciglio.
Suo fratello che definiva “meraviglioso” qualcuno, invece di
dire "che figo", "che bel pezzo di
gnocco", "mi fa venire voglia di sbattermelo contro un
muro"?
... e finalmente Bill Kaulitz arrivò a far coincidere verso
un’unica tesi tutti i numerosi indizi seminati dal suo fratellino.
Quell’idiota era innamorato. Innamorato del cantante dei Placebo.
Note dell’autrice: Lo so, è un po’
cortino…Facciamo che è solo un capitolo atto a stuzzicare
la vostra curiosità ( casomai ci fosse qualcuno che
l’abbia gradito ) ^^ ! Comunque, dato che non sono cattiva,
aggiornerò ad intervalli regolari ed abbastanza ravvicinati,
ok ( Stregatta ci tiene a voi *___* ! ) ?
Baci :*** !
P.S. : La canzone citata all’inizio è Wicked Game di Chris
Isaak, è meravigliosa e vi consiglio di ascoltarla se già
non l’avete fatto *_____* !
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Capitolo 2 *** II ***
Wicked 2
II
Il vento gelido che batteva impietosamente la strada luccicante di
pioggia rendeva il fatto di essere in coda, stipati uno contro
l’altro come sardine in scatola davanti al locale, persino
confortante, visto che quell’agglomerato di calore umano serviva
in parte a compensare gli spifferi glaciali della notte di Lipsia, per
nulla attenuatisi dall’inizio di maggio.
Nonostante ciò Bill continuava a rabbrividire nel suo leggero
giubbino di pelle, e la sua irritazione iniziale era accresciuta da
quel freddo lancinante.
- Di questo passo morirò assiderato, o mi prenderò un
malanno di quelli seri…- borbottò fra sé e
sé, e Tom, accanto a lui, rispose : - Ecco cosa succede a
cercare di fare il duro a tutti i costi, fratellino…-
Bill rimase in silenzio, le braccia conserte sul petto e lo sguardo torvo.
I ragazzi erano usciti dal loro appartamento senza rivolgersi la parola, dopo la loro lite…
- Cosa?-
- Cosa “cosa”?-
- Mi riferisco a quello che hai appena detto.-
- Che Brian Molko è meraviglioso?-
- Esatto.-
Tom ridacchiò, un po’ sorpreso. – E quindi?-
- Tu non ti esprimi così di solito…- mormorò Bill, scrutandolo attentamente.
Tom continuò nella sua risatina, affondando di più nel
sofa.- Oh, bè, forse è arrivato il momento di cambiare,
no?-
Il fratello diede finalmente voce all’improvvisa intuizione che
lo aveva colpito in maniera inaspettata : - Tu sei… Sei
innamorato di lui?-
Tom non disse nulla, semplicemente lo guardò negli occhi.
- Gesù…- Bill si lasciò cadere sul divano accanto al gemello, stupefatto.
- Caro, tu puoi anche chiamarmi Tom…- scherzò il rasta.- Ma davvero questa cosa ti sconvolge tanto?-
- Bè, è… Strano… Voglio dire, in effetti
sono giorni che sei un po’ sottosopra, e poi canti canzoni
d’amore, e quasi sempre sono canzoni dei Placebo…
Cioè, come… Quando è successo?- Bill era curioso
di saperne di più.
- Dio, Bill, non stai parlando di un incidente automobilistico o di una
catastrofe ambientale! E comunque non lo so… Mi è sempre
piaciuto, però boh… Ultimamente penso sempre a lui,
ascolto solo sue canzoni, ogni volta che lo vedo mi sembra di…
Non so, scoppiare, credo… Ma è una sensazione troppo
strana da descrivere!- sospirò, scivolando ancora di più
sui cuscini morbidi con un sorriso sognante.
Bill non riusciva a capacitarsi di quella rivelazione, e poi era roso da strani ed inquietanti dubbi.
- E cosa hai intenzione di fare?-
Tom giocherellò con una ciocca di capelli ancora umidicci, con un ‘espressione assorta.
- Bè… Diciamo che sono un po’ grandicello per limitarmi ad una cottarella platonica…-
Il gemello scattò in piedi, esclamando : - Tu hai intenzione di metterti con lui??-
- No!- rispose Tom,continuando poi in tono sornione : - …ho intenzione di provare a mettermi con lui…-
- Tu sei completamente fuso! Ha praticamente il doppio dei tuoi anni!-
- Ed è un problema?-
- Certo che lo è… E poi ha una compagna!-
- Ehm… e naturalmente secondo la tua ottica anche questo sarebbe un problema, vero?-
- TOM!!-
- Senti…- Tom si alzò finalmente dal divano, stringendo
il laccio dell’accappatoio involontariamente allentatosi.-
… io so solo che non c’è nulla di male in quello
che sto facendo e provando, ok? E poi, ora che Brian è a
Lipsia…-
- Come come come?- lo interruppe Bill, gesticolando animatamente.- Brian si trova qui a Lipsia?-
Tom sorrise trionfante.- Già. Motivi di lavoro… Deve
incidere qualcosa con una cantante delle nostre parti, che ne
so… Comunque lui è qui. Nel mio territorio.-
Prima di passargli accanto per avviarsi verso la sua camera, brandendo
i vestiti che Bill gli aveva portato, Tom sibilò
nell’orecchio del fratello : - Oh, e poi sappi che non riuscirai
a fermarmi con le tue argomentazioni…. Io faccio quel che
voglio… Chiaro?-
Dopodiché non si erano più scambiati neanche un cenno, tantomeno una frase di senso compiuto.
Bill aveva la gola serrata dalla rabbia, mentre fissava la nuca di suo
fratello, che si era girato a scambiare qualche chiacchiera con Georg.
Cosa diavolo si era messo in testa quell’idiota?
Pensava davvero che un uomo adulto potesse interessarsi ad un ragazzino di diciott’anni?
E poi? Come avrebbe gestito un’eventuale relazione con Brian? E un altrettanto eventuale rottura?
Di certo non aveva voglia di stare lì, a raccapezzare i cocci
del cuore infranto del suo gemello incosciente e sconsiderato…
Ma forse non ce ne sarebbe stato bisogno, forse era solo uno dei suoi
soliti capricci.
Qualcosa di effimero ed inutile, che sarebbe stato spazzato via da un altro insensato desiderio, prima o poi.
Prendersela così tanto non serviva a niente.
Che ci sbattesse la testa da solo. Lui se ne lavava le mani.
Finalmente arrivò il momento di entrare nel locale.
Scesero delle scale ripide e oscure, ritrovandosi in un’enorme
sala da ballo invasa da un groviglio di corpi sudati e ballonzolanti a
ritmo di quella martellante, alienante musica che li stordiva, li
eccitava, li inebriava.
I quattro puntarono direttamente una grande porta situata in un angolo
della pista, spalancandola in fretta per liberarsi di
quell’assordante incubo sonoro.
La porta altro non era se non l’ingresso nella zona più
tranquilla del locale, una sorta di pub in stile anni ’50, con
tanto di juke-box multicolore incassato in un angolo e stampe
d’epoca appese alle pareti.
Gli avventori non erano moltissimi, e l’ambiente era senz’altro più rilassato e godibile.
- Dio, ogni volta che entro qua dentro dopo essere passato in quella
specie di girone infernale tiro un sospiro di sollievo!-
esclamò Gustav, e gli altri tre annuirono in risposta.
Bill cominciava finalmente ad aver caldo, e si tolse il giubbino.
- Oh, guarda che belle guanciotte rosse che ha il nostro Billino! La
nostra piccola Heidi dalle Alpi Svizzere!- lo prese in giro Tom,
additando gli zigomi arrossati dalla reazione al calore
dell’ambiente del fratello, che si finse offeso : - Come ti
permetti??-
- Mhm, no… In effetti ti identifico molto di più con una delle caprette….-
Bill rise, suo malgrado, mentre lo apostrofava : - Stronzo…- ma Tom non lo ascoltava più.
Fissava un punto indefinito del locale con aria improvvisamente assorta e trasognata, la bocca socchiusa e gli occhi sbarrati.
I suoi compagni si affrettarono a guardare in quella direzione, per
capire cosa diavolo avesse potuto sconvolgere in quel modo il loro
chitarrista.
Bill fu il primo ad accorgersene.
Individuò un profilo familiare, una fisionomia nota.
Un uomo moro che sorbiva lentamente il suo cocktail, le unghie
evidenziate dallo smalto nero e occhi sottolineati dallo stesso colore.
Impossibile. Non poteva essere vero.
Fra tutti i fottutissimi posti di quella fottutissima città proprio lì doveva andare a cacciarsi!
- Oh. Mio. Dio.- fu il commento di Georg, seguito a ruota da Gustav.- Lui qui??-
Tom sorrideva, gli occhi accesi da un'inquietante luce alla quale Bill non sapeva – o non osava – dare un nome.
Si girò verso i suoi amici e suo fratello, sussurrando: - State
a vedere, ora…- e prima che Bill potesse slanciarsi per fermarlo
Tom aveva cominciato a divorare a passo di carica i pochi metri che lo
separavano dal tavolo occupato da Brian Molko.
I tre lo videro chinarsi su di lui, che alzò lo sguardo
scoccandogli un sorriso cordiale e tendendogli la mano, che il rasta si
affrettò a stringere.
Dopo quei primi convenevoli il ragazzo agitò un braccio in
direzione dei suoi tre compagni, guardandoli di sfuggita e convogliando
lo sguardo di Brian su di loro, che disse qualcosa, inclinando il capo
e sorridendo sempre in quella maniera calma e disponibile.
Bill si sentì rabbrividire di nuovo come durante la fila per l’ingresso.
Aveva capito dove voleva andare a parare quel maledetto stronzo di suo fratello…
Infatti, come aveva previsto, Tom caracollò verso di lui,
sussurrandogli : - Che colpo di fortuna, eh…?- e poi,
rivolgendosi verso Georg e Gustav . – Ragazzi miei, il signor
Molko ci ha invitati al suo tavolo… Vogliamo accomodarci?-
I quattro si sedettero al tavolo un po’ appartato, un po’
titubanti nei loro sorrisi impacciati e nelle strette di mano che
seguirono le presentazioni.
Bill si sistemò sulla piccola panca imbottita fra Tom e
Georg, evitando accuratamente di scegliere un posto accanto a Brian,
che invece si ritrovò a condividere il sedile con Gustav,
proprio davanti a Tom, che sfoggiava un sorriso a trentadue denti.
Bill non faticava ad indovinare quale fosse il motivo della sua
allegria, e cercò di reprimere l’irritazione per
quell’atteggiamento da fangirl infatuata che stonava da morire
sul Tom Kaulitz che conosceva da diciott’anni, ormai.
L’atmosfera nel gruppetto era comunque abbastanza distesa, e ben
presto, superata la soggezione iniziale, si intavolò una
conversazione vivace su vari argomenti, primo fra tutti il concerto
della settimana seguente, al festival del Rock Am Ring, al quale, con
grande sorpresa e felicità di Tom e leggero disappunto di Bill,
avrebbero partecipato anche i Placebo.
- Sarà la prima volta che ci esibiremo ad una manifestazione
così importante… Sinceramente non sappiamo cosa
aspettarci!- esclamò Georg, sorridendo con un po’ di
giustificata apprensione nello sguardo.
Brian sorrise di rimando, rispondendo : - Capisco… Mi ricordo
ancora quando il timore della reazione del pubblico per noi era la
consuetudine, prima di ogni concerto… Anche se alla fine
l’adrenalina spazzava via ogni insicurezza!-
- Insicurezza? Non si direbbe, sei sempre molto…Come
dire… Disinvolto, nelle tue performances…- il tono di Tom
era velato di malizia e sottintesi, e questo non sfuggì di certo
a Bill, che aveva voglia di afferrare il gemello per le spalle e
scuoterlo, impedendogli di civettare così apertamente con
quell’uomo.
Brian rivolse l’attenzione verso il rasta.
- C’è modo e modo, per sconfiggere
l’insicurezza… E comunque trovarsi sul palco davanti ad un
pubblico in delirio aiuta di certo a sciogliersi!- replicò
l’uomo.
- Già… Infatti questa mezza specie di ologramma cotonato
seduto accanto a me non è sempre così silenzioso e
asociale, quando è sul palco è una vera bomba…-
scherzò Tom, indicando il fratello che stringeva in mano il suo
cocktail analcolico alla frutta senza proferir parola.
Bill si risentì per quell’attacco, e sillabò
sarcastico : - Dovresti essere felice se per una volta non ti sto
rubando la scena, fratellino…-
- Dio, in quel cocktail deve esserci finito qualcosa di davvero acido…- disse il rasta, offeso.
- Oh, scusa se non mi piace essere definito “ologramma cotonato
silenzioso e asociale”!- sbottò Bill con voce alterata, e
subito dopo si sarebbe morso la lingua a sangue, visto che non solo fra
i suoi quattro compagni era sceso un silenzio imbarazzato, ma diverse
teste curiose si erano voltate a guardarlo.
Brian sogghignò, per sdrammatizzare : - Certo che questo concerto vi rende davvero parecchio nervosi…-
Un timido sorriso si affacciò sui quattro volti che lo
fissavano, il più debole quello stampato sulle labbra di Bill.
Dopo quella battuta d’arresto la conversazione ricominciò, e il discorso virò sul versante sentimentale.
- Lasciamo stare…- si lamentò Gustav.- Avere una ragazza
in questo momento sarebbe tragico, non potremmo proprio dedicarle un
attimo di tempo…-
- Naaah,se veramente ti sta a cuore qualcuno cinque minuti di tempo
glieli puoi dedicare tranquillamente anche se sei in tour…- lo
contestò Tom, e Brian ne approfittò per chiedergli :
-Quindi la tua ragazza si accontenta di soli cinque minuti?-
Tom socchiuse gli occhi, e scandì tranquillamente : - Non ho una
ragazza, e neanche ci tengo ad averla, visto che sono gay…-
Bill avvampò, e si girò di scatto verso il fratello,
gettando un’occhiata anche al volto di Brian, per controllare la
sua reazione a quella rivelazione .
L’uomo si rivolse verso il moretto : - E tu?-
- No, no… Io non sono omosessuale!- balbettò Bill, avvampando.
- Intendevo dire se hai una ragazza…- precisò Brian, e
l’ironia che balenò per un attimo nei suoi occhi
arrivò come benzina ad alimentare il fuoco dell’imbarazzo
di Bill.
- No, non ce l’ho…- fu tutto ciò che il ragazzo
riuscì a dire, prima di rifugiarsi affannosamente nel suo
cocktail, affogando il nervosismo nel succo d’ananas e limone.
Quell’atteggiamento incuriosì Brian.
Georg e Gustav erano simpatici, alla mano e per nulla intimoriti dalla
sua presenza, mentre i gemellini sembravano piuttosto tesi, e
soprattutto fra di loro erano particolarmente astiosi.
Chissà cosa c’era sotto. Litigi tra fratelli…I peggiori.
Ma non era solo quel particolare a stimolare il suo interesse, quanto il contrasto fra i caratteri dei due ragazzi.
Tom era diretto, sicuro. Parlava chiaro e guardava dritto in faccia il
suo interlocutore, persino nell’ affermare tranquillamente di
essere gay.
Per l’età che aveva sembrava davvero molto a suo agio con sé stesso.
Bill invece… Bill era sfuggente. Sicuramente timido, e anche un po’ permaloso.
Brian durante la serata si sorprese più volte a fissarlo, ma
solo in rare occasioni il suo sguardo era ricambiato apertamente da
quelle iridi nocciola appesantite da uno spesso strato di
ombretto nero.
Quel ragazzo si truccava persino più di lui, per non parlare
della french manicure bianca e nera… Il piccolo tedesco aveva
stile.
Bill non capiva perché diamine si ritrovasse addosso
puntualmente gli occhi verdi di Brian ogni qualvolta osasse girarsi
nella sua direzione.
Era imbarazzante, soprattutto perché temeva che
quell’interesse, vero o presunto che fosse, non potesse sfuggire
all’attenzione del fratello, e la cosa lo seccava da matti.
Ma di cosa si preoccupava… Tanto Tom era troppo assorbito da Brian per accorgersi di qualcos’altro.
Sorseggiava lentamente con lo sguardo ogni particolare anatomico di
quell’uomo, un sorrisetto sibillino ad incurvargli le labbra.
Ogni tanto sottolineava l’importanza del suo discorso
sfiorandogli un braccio o una mano, in maniera cameratesca eppure
complice.
Era talmente palese che stesse cercando di sedurlo che si chiedeva se
lo smaliziato cantante dei Placebo ne fosse consapevole o addirittura
lusingato.
Di certo la situazione non sembrava essergli sgradita.
Le ore passarono velocemente e piacevolmente tra una chiacchiera e
l’altra, ma ben presto arrivò il momento di andar via,
visto che David Jost era più assillante ed apprensivo di una
madre, e pretendeva che i ragazzi riposassero adeguatamente per
presenziare alle prove lucidi e concentrati.
- Bè, è stato un piacere passare la serata con voi,
ragazzi… Forse vi verrò a trovare nel backstage
venerdì prossimo, se non disturbo, ovviamente…- si
accomiatò Brian, stringendosi nel cappotto per cercare riparo
dal freddo pungente che li aveva abbracciati appena usciti dal locale.
- Fastidio? Ma scherzi?- ribattè Tom.- Sarebbe un vero piacere per noi!-
“Soprattutto per te, vorrai dire!” pensò Bill, polemicamente, ma non diede voce al concetto.
- Sì, davvero…Per noi va benissimo!- esclamò Georg, mentre Gustav annuiva con un sorriso.
Un attimo di silenzio, mentre tutti e quattro aspettavano il parere di
Bill, che non potè far altro che borbottare qualcosa che
somigliava molto ad un consenso striminzito.
Brian si incamminò sul marciapiede con la sua andatura leggermente saltellante.
Tom aveva gli occhi liquidi e il volto trasfigurato da un espressione
estatica mentre lo osservava dileguarsi nella notte al neon della
città.
- Tom?- Georg agitò una mano davanti allo sguardo assente del
suo amico, che seppe rispondergli solo : -… avete visto come
cammina? Non è bellissimo??-
Bill, poco lontano, alzò gli occhi al cielo esasperato, mentre
il fratello sospirava tessendo le lodi degli occhi, dei capelli, delle
mani, del sorriso, della voce… In pratica di tutta la persona
del cantante dei Placebo.
- Diamine, Tom, vuoi piantarla??- proruppe alla fine suo fratello.
- E’ bello, è vero… Ed è anche simpatico e
gentile, più di quanto mi aspettassi… Ma adesso, ti
prego,smettila di parlare di lui!- continuò.
Tom lo fronteggiò duramente, sibilando : - Bill, ascoltami bene
ora… Continuo a non capire cosa ti dia fastidio del fatto che a
me piaccia Brian…-
- Te l’ho già detto, è più gran…-
- Cazzo, sono maggiorenne, Bill! Non sarebbe pedofilia o violenza
carnale, anche perché in caso io sarei più che
consenziente…-
- Dio, Tom!!-
- Bill, non provare a fare il santarellino con me!-
- Non sto facendo il santarellino, sono solo preoccupato per te!-
- E io ti ripeto che so cavarmela da solo, e non c’è bisogno che tu ti comporti da donnetta isterica!!-
- Se io sono una donnetta isterica tu sei un…Un…- la
creatività di Bill mancava dolorosamente all’appello, in
quell’istante, perciò la frase fu ultimata da un grugnito
furibondo, proprio mentre una limousine dai vetri oscurati posteggiava
accanto a loro.
- Questa è per noi…- mormorò Gustav, nascondendo
un ghigno divertito provocato dalla sfuriata dei gemelli, molto simile
a quello che tentava di occultare allo stesso modo Georg.
I quattro salirono a bordo della lussuosa vettura in totale silenzio.
Note dell’autrice : ok, prima di tutto sappiate che ho
letteralmente adorato le vostre recensioni, tutte deliziosamente
sospese fra il “ Ma che cazz…??” e il “
Daaaai, che figata :D !”... Non me l’aspettavo proprio, e
per questo mi sento di ringraziare tutti coloro che hanno espresso una
loro opinione sulla storia, per me conta moltissimo ( ma naturalmente
la mia gratitudine va anche a chi l’ha semplicemente letta e
preferita ^^ ! ) !
Comunque ho anche notato che alcune donnine perspicaci hanno colto
l’aspetto “gatta ci cova” dell’atteggiamento di
Bill… Ma io non vi dirò nulla al riguardo, dovrete
continuare a seguire la fic per scoprire qualcosa di più *risata
malvagia* !
Baci :*** !
P.S. :…confermo : il video citato nel capitolo precedente era
quello di Taste In Men (oddioddioddioddio, cosa non è quel video
*ç* …. ) ^^!
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Capitolo 3 *** III ***
Wicked 3
III
Stretto nell’angusto spazio dell’oblò della
fusoliera dell’aeroplano, l’aeroporto era poco più
di un ipertecnologico formicaio in vetro e acciaio brulicante di
animaletti minuscoli, un ecosistema insignificante ed asettico.
Una visione illuminante e metaforica della condizione umana, per chi fosse abbastanza lucido e attento da notarlo.
Peccato che Bill in quel momento avesse a cuore tutt’altro che dei bei ragionamenti filosofici.
Un tremore cominciò a diffondersi dalle sue gambe, fino ad
invadere ogni parte del suo corpo, ed in più si sentiva la bocca
fastidiosamente arida.
La solita fobia dei viaggi in aereo.
Annaspò nel tentativo di allacciare la cintura di sicurezza come
gentilmente suggerito dalla suadente voce dell’hostess che in
quel momento si spandeva dall’altoparlante, mentre un’altra
aggraziata ragazza in divisa si chinava su di lui, chiedendogli : - Va
tutto bene, signore?-
- Ehm… Sì, benone!- esclamò con una risata
allegramente isterica il tedesco, mentre ancora cincischiava con quel
dannato affare che non ne voleva sapere di congiungere le proprie
estremità in maniera accettabile e conforme alle norme di
sicurezza.
La donna lo guardò con un filo di compassione malcelata (quanti
ne aveva visti, nelle stesse condizioni…),prendendogli di mano
la cintura e assicurandogliela correttamente in poco meno di una decina
di secondi.
Bill sospirò, rassegnato all’umiliazione e grato per l’assistenza.- Grazie.-
- Si figuri.- rispose cortesemente l’hostess, accennando a
ricominciare il suo giro d’ispezione, quando Bill la trattenne
schiarendosi la voce, per darsi un tono, e domandando in tono
falsamente noncurante :- Senta… Che lei sappia… Per caso
esiste un qualche tipo di…Mhm….Rimedio per la fobia
dell’aereo? –
La ragazza gli rivolse un’occhiata ironica, prima di sentenziare
: - Sì. La macchina. O il treno. O la nave. C’è
solo l’imbarazzo della scelta.-
Mentre si allontanava Bill borbottò sarcasticamente : - Molto gentile…-
Quasi non vedeva l’ora che a quell’inarrestabile ed
irrazionale fobia si sostituisse l’eccitante terrore che
precedeva ogni concerto, e che in quell’occasione era amplificato
dall’importanza del festival al quale partecipavano
Il fratello, pochi sedili più avanti, non si era accorto di
nulla, perso com’era nella sua battaglia virtuale al Gameboy.
Degli altri due non vi era traccia, disseminati a caso in chissà quali angoli dell’aeroplano.
E naturalmente chiedere all’anziano signore accanto a lui, che
sbirciava torvo e leggermente disgustato il suo bel visetto truccato e
le sue unghie laccate, di tenergli la mano almeno durante la fase di
decollo non sembrava davvero un’idea brillante.
Quando finalmente quell’enorme bestione metallico arrivò
senza ritardi o intoppi a destinazione, i quattro ragazzi si
ritrovarono, recandosi all’uscita dell’aeroporto dove una
limousine bianca e lunga almeno un paio di chilometri li attendeva per
trasportarli all’hotel presso il quale alloggiavano.
- Fiùùùùù… Questa è
anche meglio di quella dell’altra sera!- commentò Gustav.
Bastò l’allusione vaga all’”altra sera”
per colorire leggermente le guance di Bill, e suscitare un’ombra
di ghigno furbetto sul volto del gemello.
Si accomodarono sui morbidi sedili in pelle, e trascorsero il breve
tragitto fino all’albergo ridendo e schiamazzando come compagni
di classe ad una gita scolastica.
Quella sera Bill era terribilmente nervoso ed eccitato.
Non riusciva a stare fermo un attimo e a non reagire bruscamente ai
lazzi di Tom, che si sentiva così stimolato a rincarare la dose,
fino a quando non si accorse di stare diventando piuttosto inopportuno
e irritante, e finalmente la piantò, accomodandosi in un
angolino tranquillo nella confusione del backstage in compagnia del suo
fido videogioco.
- Se non temessi di ledere troppo la mia già compromessa
dignità di pluritrentenne seguirei il tuo stesso esempio, sai?-
Non c’era dubbio su chi fosse il proprietario di quella voce nasale e acuta, ma sorprendentemente rimescolante.
Tom alzò lo sguardo dallo schermo lampeggiante, dedicando uno dei suoi migliori sorrisi a Brian che lo sovrastava.
- Non pensavo saresti venuto…- ammise il rasta, alzandosi dal suo cantuccio.
- Però… Sono commosso per la fiducia…-
ridacchiò l’uomo, infilando le mani nelle tasche dei
pantaloni con disinvoltura.
Tom intanto sezionava la figura di Brian in ogni minimo particolare, e non vi era nulla che non trovasse dannatamente attraente.
Il gilet, la camicia, i pantaloni, le scarpe… E tutto ciò che coprivano, ovviamente.
- Dove sono Bill e gli altri?- chiese Brian, curioso, facendo finta di
non notare l’esame scrupoloso della sua anatomia che Tom stava
compiendo.
- …Bill? Oh, si starà sottoponendo alla solita seduta di
trucco… La nostra diva!- scherzò il tedesco, arrossendo
violentemente nell’accorgersi che forse Brian si sarebbe potuto
offendere per quel commento.
- Tom…- il suo nome pronunciato da quella voce, da quel tono
basso, involontariamente e inevitabilmente sensuale fece sussultare
impercettibilmente il ragazzo, mentre Brian gli si avvicinava,
continuando il discorso: -…l’unica vera diva qui sono io,
mio caro…-
La tensione si sciolse in una risata generale.
Bill intanto tamburellava le unghie perfette sul ripiano della
specchiera del camerino, rimirando il riflesso del suo viso pulito
– spettacolo raro – circondato dalle lampadine
abbaglianti applicate sul bordo dello specchio.
Ma dov’era finita Klara??
- Proprio oggi doveva arrivare in ritardo…- si disse Bill,
proprio nel momento stesso nel quale la porta del camerino si
aprì, e una ragazza entrò con un sorriso.
- Ciao… Klara oggi ha avuto un problema familiare e non è potuta venire… La sostituisco io.-
La sconosciuta gli tese una mano, presentandosi.
- Mi chiamo Michelle.-
Bill ricambiò la stretta e le presentazioni, e subito Michelle
aprì la sua valigetta, cominciando ad armeggiare con pennellini
e boccette.
- Allora…- mormorò ponendosi di fronte al volto del
ragazzo, osservandone i tratti attentamente e cominciando la sua opera
di trasformazione.
Intanto Bill esaminava le sembianze della ragazza.
Un ovale delicato e minuto incorniciato da lunghi capelli biondo
platino spruzzati di rosa sulle punte, e grandi occhi castani, dotati
di lunghe ciglia.
Davvero carina.
Non parlarono molto, perciò il ragazzo sobbalzò nel
sentire la ragazza esclamare: - Finito!-, soddisfatta del risultato
finale.
- Wow… Sei brava!- disse sinceramente ammirato Bill, controllandosi accuratamente allo specchio.
- Eh, credo di possedere una sorta di talento innato…- sogghignò Michelle.
- …e poi truccare dei lineamenti come i tuoi è facile.-
Bill rise.- E’ un complimento?-
La ragazza replicò dopo qualche istante, concisamente ma in un
modo che non lasciava ampio spazio ad eventuali dubbi su come la
pensasse : - Sì.-
Bill arrossì, e la salutò a malapena quando uscì dal camerino.
Finalmente pronto, il tedesco si avviò verso il backstage, aggirandosi incuriosito in mezzo alla folla concitata.
Nessuno badava granchè a lui, fino a quando non sentì una leggera pressione su una spalla.
Si voltò, e il suo cuore mancò letteralmente un battito.
- Brian…- mormorò, sentendosi poi un completo imbecille per quell’uscita così poco dignitosa.
- Bill…- lo scimmiottò Brian, ridendo di gusto e
battendogli una pacca sulla schiena, aumentando il disagio del ragazzo.
- Pensavo non saresti venuto…- balbettò, cercando di
avviare una conversazione degna di tale nome con il suo interlocutore.
- Anche Tom la pensava così… Ma è mai possibile
che io vi dia l’impressione di essere così inaffidabile?-
scherzò giovialmente.
- No, non è questo, è che… Bè, sai….-
- No, non so.-
Cristo, ma si divertiva a prenderlo in giro??
Il silenzio si allungò fra i due, riempito solo dal fragore dei
pensieri confusi di Bill, mentre Brian si limitava ad aumentare la sua
confusione semplicemente puntandogli addosso gli occhi, senza tentare
di nascondere l’interesse che evidentemente nutriva nei confronti
della sua persona.
- Cosa… Cosa stai guardando?- sbottò infine il giovane,
stremato dal confronto impari fra l’imbarazzo e il nervosismo che
lo permeavano capillarmente e l’accurata lentezza di quel calmo,
intenso sguardo indagatore su di sé, dotato della stessa placida
e pensierosa tranquillità di cui era imbevuta la risposta di
Brian.
- Non lo so. Ma non mi spiacerebbe scoprirlo.-
Prima che il tedesco potesse realmente tentare di comprendere il
significato di queste parole, Brian tagliò corto sbrigativamente
: - Fra un po’ tocca a noi. Mi farebbe piacere se tu e i tuoi
compagni assisteste all’esibizione.-
Bill non potè far altro che annuire, come fosse in trance.
Un quarto d’ora dopo i Tokio Hotel erano seduti in contemplazione
dello show dei Placebo, scambiandosi di tanto in tanto qualche commento
su un’eventuale stecca o una nota resa particolarmente bene.
- Stecca? Ma dove l’avete sentita? Brian è… E’ un usignolo del Paradiso!-
Naturalmente le osservazioni di Tom non erano il massimo dell’oggettività.
Bill invece era insolitamente taciturno.
Era attento ad ogni espressione, ogni movimento, ogni passo di Brian, e
se per caso lo perdeva di vista anche solo per un attimo subito i suoi
occhi cominciavano a sfrecciare all’impazzata alla ricerca del
cantante.
E per quanto la cosa lo intimorisse e lo stizzisse, non riusciva a smettere di farlo.
Ben presto anche la loro performance arrivò al termine.
Brian era scomparso da qualche parte dietro le quinte, mentre il bassista ancora suonava ed incitava la folla eccitata.
Ad un tratto addirittura si inginocchiò, come ad offrirsi in sacrificio agli spettatori vocianti ed elettrizzati.
E poi finalmente si vide Brian fare ritorno sul palco, a passo di carica.
Fu tutto così veloce, eppure sembrò durare un secolo.
Brian che si avvicinava a Stefan.
Che gli prendeva il volto fra le mani, teneramente.
Che poggiava le sue labbra su quelle dell’altro, in un bacio languido e sensuale.
Bill e Tom finalmente ebbero una reazione simile davanti all’operato di quell’uomo.
Infatti entrambi rimasero di sale di fronte a quello spettacolo,
increduli e rapiti dalla naturalezza del gesto, dall’affetto
palpabile che trapelava dalla delicatezza con la quale la mano di
Stefan stringeva il braccio di Brian, dall’occhiata complice che
i due si scambiarono dopo essersi separati.
Non era solo una finzione scenica.
Magari non era amore, ma dovevano essere molto legati fra loro.
Tom sospirò, con aria afflitta : - Non ho mai desiderato
tanto essere nei panni di qualcun altro come lo desidero in questo
momento…-
Bill invece, come al solito, tenne i suoi pensieri per sé.
I quattro tedeschi distolsero ben presto l’attenzione dal
comportamento del frontman dei Placebo, per concentrarsi su ben altra e
urgente questione.
Fra soli quindici, striminziti ed eterni minuti sarebbe stato il loro turno.
Ognuno dei ragazzi cercava di tenere a bada i nervi terribilmente scoperti in un modo o nell’altro.
Bill sussurrava a fior di labbra una litania beneaugurante
pressochè impercettibile, gli occhi chiusi a tentare di prendere
per un attimo le distanze dai rumori incessanti che lo circondavano,
dal suono della chitarra che Tom stava controllando per
l’ennesima volta, mentre si produceva in risatine acute ed
euforiche che facevano eco a quelle di Gustav e che irritavano
enormemente Georg, impegnato nell’arduo compito di mordicchiarsi
a sangue le unghie.
Li avevano annunciati. Gesù, era già passato un quarto d’ora?
Si scambiarono un occhiata trepidante, e Tom sorridendo esclamò
con convinzione : - Ragazzi… Andrà tutto bene. Andiamo
là fuori e facciamogli vedere chi siamo!-
Battè una pacca sull’esile spalla del gemello, che
ricambiò il suo sorriso con una smorfia tremante, e uscirono
allo scoperto, esponendosi a centinaia di occhi e centinaia di voci che
si fusero in un unico sonoro ruggito di esultanza
nell’accoglierli.
Bill si avvicinò al microfono, urlando un saluto alla folla festante.
Come aveva auspicato, il terrore cominciava pian piano a sciogliersi, e
il fremito che lo agitava non era più dovuto alla tensione
macerante di qualche istante prima…
Era pura smania di cantare, finalmente.
Chiuse di nuovo gli occhi, percependo nell’aria le note
dell’immancabile “Durch den Monsun” , e gli
spettatori cominciarono a sillabare assieme a lui le prime parole della
strofa iniziale.
Indescrivibile.
Brian dal backstage assisteva all’esibizione silenziosamente,
scrutando l’espressione concentrata eppure distesa del viso di
Bill e soci, e non trovando assolutamente nulla da ridire sulla
professionalità dei giovani virgulti teutonici… Giusto
qualche incertezza in alcuni passaggi, ma se poteva sbagliare lui che
era un “veterano”, perché mai non avrebbe dovuto
perdonare loro qualche pecca veniale?
- Oh, eccoti qua.-
Brian si girò al suono della voce familiare di Stefan,
dedicandogli un sorrisetto nel rispondergli :- Sentivi la mia mancanza?-
- Mhm… Sì! Cominciavo a pensare che ti fossi dimenticato
di me…- scherzò il bassista, ostentando un finto broncio
petulante.
- Non ti ci vedo nella parte della tenera fanciulla sedotta ed
abbandonata, sai?- rise Brian, al che Stefan replicò
ironicamente: - Ma tu in compenso sei naturalmente portato per la parte
del bastardo sciupafemmine… O sciupamaschi, se è per
questo…-
Brian gli mostrò la lingua in maniera infantile, e tornò
a prestare la sua attenzione alla performance dei Tokio Hotel.
Stefan gli si avvicinò, commentando pensosamente: - Sono bravi.-
- Già.-
- E quel Bill canta con molto… Come dire…-
- Trasporto?-
- Sì, è la parola giusta.-
Per un po’ non parlarono,mentre dagli amplificatori giungeva loro
la limpida voce del giovane cantante, che si aggrappava all’asta
del microfono con sensualità inaspettata, il corpo sottile come
un giunco proteso in avanti a fendere l’aria umida, i capelli
voluminosi appena agitati dal vento leggero di quella sera.
Stefan ruppe il silenzio con una domanda posta indolentemente.
- A cosa pensi?-
Brian si riscosse dal leggero torpore che lo aveva preso mentre
contemplava l’esibizione dei ragazzi, e si voltò verso il
compagno.
- Perché vuoi saperlo?-
- Perché quando sei così assorto non è mai un buon segno.-
- Anche tu eri assorto.-
- Sì, ma tu non hai staccato un momento gli occhi di dosso a quei due ragazzini.-
- Cosa vorresti insinuare?- proruppe Brian, socchiudendo gli occhi in due scintillanti linee verdi.
Stefan non si fece impressionare da quello sguardo glaciale, e
replicò tranquillamente ma con fermezza : - Hai qualche idea al
riguardo, Bri?-
Brian scosse il capo, sorridendo in maniera incredula di fronte all’improvviso attacco dell’amico.
- Tu sei pazzo, Stef.-
- Non sono pazzo, Brian… E spero che neanche tu lo sia.-
sentenziò lapidario Stefan, lasciando il leader dei Placebo
interdetto mentre lo osservava dileguarsi fra i meandri rumoreggianti
del backstage.
Intanto i Tokio Hotel avevano terminato anche l’ultimo brano
previsto in scaletta, e si stavano congedando da quel pubblico caloroso
che li aveva acclamati per tutto il tempo, con la stessa passione dalla
prima all’ultima nota.
Bill appariva persino riluttante all’idea di abbandonare il
palco: continuava a dilungarsi in saluti e dichiarazioni di amore
imperituro verso le ragazzine in visibilio che esponevano cartelloni e
striscioni coloratissimi dedicati non solo a lui ma naturalmente anche
agli altri tre, così belli e vibranti nella loro maldestra e
deliziosa imperfezione…
Alla fine si decise a lasciar spazio al gruppo che doveva entrare in
scena da una decina di minuti, circa, e si ritirò nel buio del
backstage raggiungendo Tom e i suoi due amici, lontano dai riflettori
che lo avevano coccolato fino a quel momento.
- Dio santo, non riuscivi a schiodarti da quel cavolo di
microfono…- lo rimproverò bonariamente il fratello, in
realtà felice del fatto che Bill si fosse lasciato alle spalle
l’ansia iniziale e si fosse trasformato nel Bill Kaulitz sicuro e
padrone di sé stesso adorato dalle adolescenti ( e non solo ) di
mezzo mondo.
Georg e Gustav si unirono a Tom, cominciando a prenderlo in giro per le
sue nevrosi inutili che lo accompagnavano puntuali ogni volta che
doveva esibirsi dal vivo.
- Ma finitela! Voi non siete di certo meglio di me!- ribatteva Bill ad
ogni osservazione, ma senza sentirsi irritato, sapendo che non
c’era cattiveria nei loro scherzi.
Intanto Tom allungava il collo a destra e a sinistra,
nell’evidente ricerca di qualcosa… O, come i suoi tre
compagni intuivano benissimo, qualcuno.
- Oh… Dove sarà mai il tuo dolce principe, Tomi?- lo apostrofò Georg, ridacchiando.
- Vorrei saperlo… Pensavo che fosse rimasto ad
ascoltarci…- mormorò il rasta, incrociando le braccia sul
petto e chinando il capo, deluso.
Bill non condivideva il sentimento del gemello, anzi.
Si sentiva… Sollevato, in un certo senso.
In un baleno le sue guance avvamparono, mentre il flashback
imbarazzante del dialogo avuto con Brian prima del concerto si
affacciava prepotente alla sua mente.
Quel suo modo di fissarlo, come se lo stesse studiando, esaminando, analizzando.
La soggezione, il disagio, la voglia matta di sfuggire da quegli occhi
che lo frugavano impietosi, cercando chissà cosa…
Senza parlare poi di quel bacio.
Mentre Tom si lanciava in uno dei suoi soliti sproloqui sospirosi da
adolescente in preda ad un tornado ormonale davanti a quello
spettacolo, Bill non riusciva né a proferir parola né a
rivolgere lo sguardo altrove, catturato dalla visione dei due uomini
totalmente persi in quel bislacco ed imprevisto momento di tenerezza.
Era stato così spontaneo, così… Dolce e sensuale, dannazione.
E poi aveva provato quella strana stretta allo stomaco, alla quale non aveva saputo dar nome.
Qualcosa di ambiguo, alieno, a metà fra una languida malinconia e… E…
Non sapeva neanche lui cosa.
Né tantomeno era sicuro di volerlo scoprire.
Quando finalmente sembrò loro di aver accumulato alcool e
stanchezza a sufficienza, i quattro ragazzi lasciarono il party
dell’aftershow per far ritorno in albergo.
Tom si trascinò barcollando e ridacchiando fino alla sua stanza,
sostenuto dal gemello, appoggiandosi pesantemente alla porta e
afferrando le chiavi fra le dita malferme.
- Ehi… Hai bisogno di una mano?-
Tom lasciò stare per un attimo la complicata operazione di infilare la chiave nella serratura.
- Tranquillo, Billino… Posso farscela benissimo da
sciolo….- biascicò in risposta, mentre Bill lo fissava
sogghignando a braccia conserte.
Dopo diversi tentativi andati a vuoto, Tom si girò verso il fratello dedicandogli uno sguardo supplichevole.
Bill alzò gli occhi al soffitto, scrollando la testa con rassegnazione.
Gli prese le chiavi di mano, e le infilò a colpo sicuro nel buco
della serratura, guidando il fratello all’interno della camera
fino al letto, dove il rasta si gettò a peso morto, senza
neanche tentare di svestirsi.
Quando Bill cominciò a sfilargli le scarpe Tom lo scacciò.
- Bill, pensci di escere mia madre?Perchè invece non vai a nanna? Sciarai stanco…-
- Lo “sciono” eccome, Tomi… - sorrise il moro, e
subito dopo confermò la sua affermazione con un lungo sbadiglio.
- Buonanotte, fratellino…- mormorò Tom, la testa
abbandonata sul guanciale e le palpebre già grevi di sonno.
- ‘Notte, Tomi.- sussurrò l’altro, soffocando un
nuovo sbadiglio e passandosi distrattamente una mano fra i capelli,
scompigliandoseli, mentre usciva dalla stanza spegnendo la luce.
Note dell’autrice : se cercate dei responsabili per la scenetta
fra Brian e Stefan potrete notare, cliccheggiando qui, che la
colpa è esclusivamente del Nano Malefico, io mi sono limitata a
romanzare e ad adattare alla storia ciò che successe in quel di
Vilnius XD… Ok, basta così. Rinnovo i miei ringraziamenti
alle fameliche estimatrici di Molkaulitz (…carino come termine,
no *__* ? ) che hanno seguito i capitoli precedenti, thank you soooo
much!
Baci :**** !
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Capitolo 4 *** IV ***
wicked game 4
IV
All’indomani della loro esibizione ebbero un giorno di totale
relax da spendere in qualunque modo paresse loro più opportuno.
Tom si crogiolò lungamente fra le coltri del suo comodissimo
letto, cercando di utilizzare l’ozio più assoluto come
medicina contro il mal di testa post-sbornia che lo stava torturando.
Il gemello e i suoi due amici invece si erano alzati di buon ora, per
visitare un po’ la città e trovare un posto carino dove
passare la serata ventura.
Nürburg non era male, era la classica cittadina germanica popolata
da gente discreta e gentile e dotata d’inverno di un clima rigido
al quale si poteva tranquillamente porre rimedio con un buon maglione
di lana ed una tazza di densa cioccolata calda, da consumare in uno di
quei piccoli locali dai quali si poteva scorgere la sagoma imponente
dell’antico castello che dava nome al grazioso centro urbano, e
d’estate di un’umidità afosa ed asfissiante priva di
alcun tipo di sollievo.
Certo, sicuramente non era elettrizzante come una grande metropoli, ma
in quel periodo, grazie al Rock am Ring, si riempiva di ragazzi
provenienti da ogni dove e si trasformava in un affascinante crogiolo
etnico e sociale.
I tre ragazzi stavano chiacchierando a proposito delle loro prime
impressioni riguardo la città, seduti proprio in un piccolo e
caratteristico bar, quando il cellulare di Bill tremò dalla
tasca dei suoi pantaloni.
Il ragazzo gettò un’occhiata al display, che mostrava un numero del tutto sconosciuto.
Aggrottando le sopracciglia, perplesso, accettò la chiamata e rispose con un circospetto : – Pronto?-
- Ciao, splendore.-
Una ragazza, una voce pressochè ignota.
Bill, sempre più sorpreso, domandò : - Chi parla?-
- In questo momento tu… E adesso anch’io!-
La sconosciuta faceva la spiritosa, irritando enormemente il tedesco
con la disinvoltura con la quale aveva eluso la domanda precedente.
Bill esclamò seccamente : - Senti, se è uno scherzo non lo trovo affatto divertente, chiaro?-
Una risata argentina trillò direttamente nel suo orecchio,
seguita da una replica dal tono allegro : - Perdonami, sono fatta
così…. Scherzo anche quando non sarebbe il caso! Comunque
sono Michelle, la truccatrice di ieri sera.-
- Oh…- mormorò Bill stupito, rammentando in un lampo le
sembianze graziose della ragazza.- Come hai avuto questo numero?-
Di nuovo un trillo allegro e spontaneo.
- Oh, io ho i miei mezzi e le mie conoscenze… Non è stato difficile procurarmelo!-
Il ragazzo non potè fare a meno di sorridere, di fronte a quella franchezza disarmante.
- Accidenti, dovrei aver paura?- scherzò, anche se davanti a
quella determinazione in effetti si sentiva un po’ spaesato,
mentre Georg e Gustav cercavano con cenni frenetici di attirare la sua
attenzione per farsi rivelare l’identità della misteriosa
ragazza.
- Tranquillo, non mordo! Sono solo molto decisa…Diciamo che
quando mi metto in testa qualcosa non cambio idea tanto
facilmente…E non mollo mai.- il tono di Michelle era cambiato,
si era fatto più basso ed intenso, e Bill sentì la nuca
formicolare minutamente di piacevoli brividi, che gli si infilarono
sotto la maglietta andando a coinvolgere tutta la schiena.
- Wow…- Bill non sapeva cos’altro aggiungere a quella
misera onomatopea, anche se d’improvviso decise che alla fine non
sarebbe stata la fine del mondo giocare un po’ con la sua
interlocutrice, e cercò di imitare l’intonazione sicura e
maliziosa che il gemello usava nel flirtare con le proprie
“vittime”, buttando giù a caso la prima frase che
gli veniva in mente.- … e cosa hai in testa in questo momento?-
Quando per la terza volta la risata di Michelle riverberò a
riempire la breve pausa nella loro conversazione Bill si ritrovò
a pensare che quello era esattamente il genere di suono che
poteva tranquillamente dare dipendenza psicologica e persino
fisica ; il genere di suono che avrebbe potuto donare un sapore diverso
ad ogni giornata storta della sua vita.
- Non lo so… Secondo te?- gli domandò infine
allusivamente la ragazza, e Bill si sentì rispondere in tono un
po’ più disinvolto e meno “costruito” della
battuta precedente, con gran stupore dei suoi amici e persino di se
stesso : - Mhm…. Non ne ho la minima idea!-
- Oh… Credo che allora la questione vada approfondita a tu per
tu… Magari, che so, stasera, davanti a qualcosa da bere?-
Lo aveva invitato ad uscire? Si conoscevano da nemmeno due giorni, e lo aveva invitato ad uscire?
- Bè… Ok, vada per stasera!-
…e lui stava accettando?
Seppe immediatamente che la ragazza non si aspettava un cedimento
così repentino da parte sua, lo intuì da come la sua
risposta arrivò dopo qualche secondo di silenzio e dal modo in
cui la pronunciò : - Oh…Fantastico! E dove ci
incontriamo?-
Bill le diede il nome del pub che avevano scoperto quella mattina e
l’orario, chiudendo poi la comunicazione con un sorrisetto
soddisfatto ed incredulo al tempo stesso.
Incredulo come lo sguardo dei suoi amici, fisso su di lui… Anzi, erano praticamente sconvolti.
- Bè?- chiese Bill, divertito dalle loro espressioni.- Cosa avete da guardare?-
Bill fece ritorno all’albergo con un piacevole sentimento di ebbrezza a rendere più leggero ogni suo passo.
Decise di controllare se il suo povero fratello avesse smaltito i
postumi dell’alcool ed andò a bussare alla sua stanza.
Una voce lamentosa risuonò dall’interno, attutita dal
considerevole spessore del pannello della porta in pesante quercia : -
Chi è?-
- Aprimi, ubriacone, sono Bill!-
Udì i passi veloci di Tom che accorreva ad accoglierlo, facendo scattare la serratura rumorosamente.
- Guarda cosa ti ho portato!- esordì il moretto, sventolando sul naso del gemello una piccola busta di carta.
Tom si scostò bruscamente per evitare di prendere
l’oggetto sul volto, e subito emise un gemito di dolore, visto
che il gesto repentino gli aveva provocato un’ondata di fitte
dolorose al capo.
- Ancora mal di testa?- esclamò garrulo Bill.- Tranquillo,
adesso questo bel krapfen ti farà passare la bua alla testolina!-
Tom gli lanciò un’occhiataccia da sotto i dreads scomposti.
- Se nel mio krapfen c’è la stessa droga che c’era nel tuo… No, grazie!-
Bill rise, entrando nella camera ancora in disordine, e si sedette sul letto disfatto, invitando il fratello a raggiungerlo.
- Cosa hai fatto stamattina?- bofonchiò Tom con la bocca piena
del dolce e dello zucchero a velo ad imbiancargli persino la punta del
naso.
- Niente di che…- cominciò Bill con noncuranza,
enumerando sulla punta delle dita con finta aria concentrata : - Sono
andato un po’ in giro per Nürburg con Georg e Gustav,
abbiamo trovato un localino interessante, una ragazza mi ha invitato ad
uscire…-
Tom bloccò immediatamente le mascelle nell’udire
l’ultima parte del discorso di Bill, che ridacchiò per la
sua reazione basita.
Deglutendo il boccone, Tom disse a fatica : - Come come come? Hai…Hai rimorchiato?-
Bill roteò gli occhi con un’espressione innocente,
gorgheggiando un : - Bè… Sì, in un certo senso ho
rimorchiato!-
Tom battè una pacca sulla spalla del gemello, con aria
burlescamente commossa : - Il mio bambino sta crescendo… Ha
finalmente imparato a fare la prima mossa!-
- Bè, non esagerare, papà… E’ stata lei a
chiamarmi al cellulare!- rise Bill, sdraiandosi sul materasso e
stiracchiandosi pigramente.
- Chi è questa tizia? La conosco? E’ carina?- lo
bersagliò il rasta, senza trattenere la sua curiosità.
- Si chiama Michelle, è la sostituta di Klara, non la conosci ed
è decisamente carina… Soddisfatto, per ora?-
- Per ora…- annuì recisamente Tom, continuando poi nel
dire : - … ma la voglio… Anzi, la devo conoscere!-
- Ehi, rilassati… Non è mica detto che …-
- Non ci pensare nemmeno a fare il pessimista come al solito, chiaro?
Comunque vada, se questa ragazza ha il potere di farti comportare e
sorridere come un ebete deve essere davvero una da non sottovalutare!-
esclamò Tom, ammonendolo con l’indice puntato verso di lui.
Bill giocherellò con il bordo del lenzuolo di lino, mormorando con sguardo assente : - Lo penso anch’io…-
Tom cominciò a cercare nell’armadio dei vestiti da indossare, chiacchierando fittamente.
- Sono contento che almeno tu abbia una vita sentimentale
decente… Io invece con Brian ho l’impressione di stare
ballando un tango… Un passo avanti, due indietro! Mhm…
Non che l’idea di ballare un tango guancia a guancia con lui mi
faccia schifo, però vorrei che non si trattasse solo di una
metafora!-
- Ci sei rimasto male ieri sera, eh?- commentò Bill comprensivo,
comunque pensando che in fondo era un bene che Brian si stesse
comportando così… Forse questo avrebbe fatto desistere il
suo volubile fratellino dal proseguire il suo corteggiamento, con
conseguenze imbarazzanti per entrambi…
Illusione subito annientata dalla vivace risposta di Tom.
- Un po’, lo ammetto… Ma non sono tipo da mollare tanto
facilmente, io! E ho persino elaborato una nuova mossa…-
- Tom… Cosa hai in mente?- proruppe il moro, allarmato da quell’ultima affermazione.
- Bè… Ieri sera, non so se l’hai notato, ho parlato con Steve al party…-
- E…?-
- E ho fatto finta che Brian mi avesse dato il suo numero di cellulare,
e che “casualmente” lo avessi perduto… E ho chiesto
a Steve di “ridarmelo”! Così adesso ho il numero del
signor Molko!-
Bill era paralizzato da un miscuglio di stupore e voglia di tempestare
di sberle il viso soddisfatto e giulivo del gemello, un sentimento che
sfogò in un urlo : - …ma sei impazzito?? Tu hai mentito
ad un amico di Brian per ottenere qualcosa che avrebbe dovuto decidere
di darti lui?? Ma sei scemo??-
La testa disordinata di Tom scomparve in una enorme maglietta bianca,
riemergendo un secondo dopo, e Bill notò che era privo del suo
sorriso : - Secondo te ho fatto una cazzata?-
Il rasta temette che gli occhi del fratello potessero sfuggirgli dalle orbite, da quanto li aveva spalancati.
- Tom, è ovvio che hai fatto una cazzata!-
Tom lo guardò, gli occhi smarriti e confusi. Bill davanti a
quella visione si calmò, e si alzò dal materasso per
poggiargli una mano su una spalla, gravemente.
- Senti, non parliamone più, per ora… Finisci di vestirti, così scendiamo da Georg e Gustav, ok?-
- Ok…- fu la debole ed abbattuta replica del gemello biondo, e
Bill si diresse a grandi passi verso la porta della camera, uscendone
dopo aver sogghignato : - Ah, e datti una lavata ai denti… Sai
di rum andato a male!-
Quel giorno a pranzo Bill ebbe modo di pentirsi ampiamente del rimprovero aspro che aveva mosso nei confronti del fratello.
Tom non proferì parola, impegnato a tormentare con le punte
della forchetta il suo arrosto e a fissare il vuoto con aria
assolutamente fuori dal mondo, come se i suoi pensieri lo avessero
intrappolato in una dimensione parallela e distante da ciò che
lo circondava.
Bill, in preda al senso di colpa, cercava di rimediare alla meglio con
numerosi tentativi di includerlo nella conversazione che animava lui e
i suoi due compagni di band, ma era riuscito solo a strappargli di
bocca dei monosillabi inconsistenti e privi di interesse.
Così il moro decise che era molto più saggio lasciare che
suo fratello metabolizzasse con calma la sua tristezza, piuttosto che
forzarlo a parlare di questioni che non lo appassionavano per niente.
Però non per questo Bill rinunciò a tenerlo d’occhio, e quello che vedeva non gli piaceva affatto.
Non aveva mai visto Tom abbattersi così tanto per un rimbrotto
da parte sua, né prendersela così tanto perché non
riusciva a conquistare qualcuno.
Era indubbio che quella faccenda gli stesse a cuore… Forse non
avrebbe dovuto essere così duro nei suoi confronti, alla fine
non aveva fatto nulla di male… Aveva solo inventato uno
stratagemma per approfondire la conoscenza del ragazzo che gli
interessava…
Ragazzo?
Brian era un uomo, un uomo navigato e sicuro di sé…
I diciottenni ingenui ed entusiasti come Tom se li mangiava a colazione.
Doveva ammetterlo, era molto attraente, persino troppo per chiunque capitasse nella sua orbita,
perchè, e anche questo era obbligato ad accettarlo, quando Brian
ti piantava addosso quei suoi grandi, trasparenti occhi verdi
l’orgoglio e il raziocinio pensavano bene di uscire a fare una
passeggiata, e ti lasciavano tremolante e preso fra due diversi
impulsi, uno che ti implorava di sottrarti a quella lenta tortura, e
l’altro che supplicava con lo stesso fervore che
quell’atroce e incantevole supplizio non finisse mai.
Lo aveva sperimentato sulla sua pelle.
Bill scosse il capo, cercando di scacciare quei pensieri, e il volto di
Michelle, il suono della sua risata spumeggiante accorsero a liberarlo
del ricordo dello sguardo ipnotico di Brian.
Non sapeva cosa aspettarsi da quell’appuntamento, e per la prima
volta cercò di combattere la sua solita ansia, la solita paura
che, come tutto ciò che non aveva programmato e preparato in
partenza, la situazione potesse sfuggirgli di mano.
Dopotutto Tom aveva ragione… Doveva finirla di essere pessimista a priori.
Nel primo pomeriggio Tom si ritirò in camera per il suo solito sonnellino, ma non riusciva proprio a rilassarsi.
La sua mente decise di dargli tregua solo dopo una mezz’ora
passata ad inseguire scene vaghe ed incalzanti di Brian che gli
sorrideva, gli parlava, scherzava con lui, appena inframmezzate dai
rimproveri e dagli sbuffi insofferenti di Bill, dal suo inspiegabile
atteggiamento negativo nei confronti di Brian.
La luce colpì violentemente le sue palpebre serrate, spingendolo ad aprire di scatto gli occhi.
- Buongiorno, tesoro…-
Quella voce…
Tom rivolse la sua attenzione ancora intorpidita dal sonno verso la direzione dalla quale proveniva il gentile saluto.
Individuò, con gli occhi ancora restii a mettere bene a fuoco la
realtà circostante, un braccio sottile e candido accanto alla
sua testa poggiata sul soffice guanciale, percorrendolo fino ad
arrivare ad una mano dalle unghie smaltate di nero sulla quale riposava
la guancia di Brian Molko.
L’uomo lo fissava con un sorriso ad incurvare le labbra morbide,
gli occhi cristallini che sembravano catturare ogni più piccola
parte del fascio di luce solare che proveniva dalla finestra.
- Dormito bene?- gli chiese Brian in un soffio, allungando una mano a giocherellare con una ciocca dei capelli arruffati di Tom.
Il rasta, rapito dai gesti del compagno, mormorò fievolmente : -
Benissimo… E il risveglio è stato anche migliore del
sonno…-
Tom rabbrividì di piacere nel sentire la risatina che sfuggì dalla gola di Brian.
- Addirittura…- disse quest’ultimo, prima di chinarsi sul
volto di Tom, sussurrando sensualmente:- Ma sai cosa potrebbe essere
ancora meglio di un “buongiorno”…?-
Il tedesco rimase trepidante ad attendere il momento nel quale
finalmente avrebbe potuto baciare quelle provocanti, rosee
labbra…
…e si svegliò, da solo, nella sua suite, in un letto che
d’improvviso gli sembrò troppo, troppo vuoto.
Il ragazzo si portò due dita a sfiorarsi delicatamente la bocca,
gettando un’occhiata d’insieme alla stanza silenziosa.
Era stato un sogno così realistico… Poteva ancora
richiamare alla mente il calore del respiro di Brian che si avvicinava
sempre più al suo volto…
Sorrise estasiato al ricordo…
E subito dopo si issò dal materasso, sentendosi traboccante di energia e determinazione.
Perché mai avrebbe dovuto rinunciare alla possibilità che quel sogno si avverasse?
Perché fasciarsi la testa prima di essersela rotta?
Solo perché aveva un uccello del malaugurio come fratello?
No, non avrebbe mandato i suoi progetti a monte… Neanche per Bill.
Si avvicinò al giubbino che aveva indossato la sera prima al
party, abbandonato su una poltroncina, frugando in una delle tasche per
prendere il telefonino sul quale aveva registrato il numero di
cellulare di Brian fornitogli da Steve, e dopo qualche tentennamento
premette con forza il tasto che attivava la chiamata, augurandosi
mentalmente di avere fortuna.
Il segnale di libero risuonò a lungo, lugubre come una campana a morto.
Tom, deluso, pensò che probabilmente Brian non accettasse
chiamate da numeri sconosciuti, in quanto in passato aveva avuto dei
grattacapi riguardo ad alcune telefonate “sgradevoli”,
quando finalmente ricevette una risposta.
- Pronto?-
Tom sobbalzò per la sorpresa, e la voce sembrò svanirgli
tutto d’un tratto, come il discorso che si era mentalmente
preparato in precedenza.
- Chi parla?-
Il tedesco si riprese in tempo, prima che Brian decidesse di
riattaccare, e lo salutò recuperando l’abituale
disinvoltura : - Ciao, Brian… Sono Tom!-
- Tom… Tom Kaulitz?-
Il rasta prese fiato per un attimo ; non immaginava che la parola
“Kaulitz” pronunciata dal leader dei Placebo potesse
suonare così conturbante…
- Esatto!-
- Non ricordo di averti dato il mio numero…-
Ahi.
- Ehm… Sei arrabbiato?- si arrischiò a chiedere Tom,
strizzando gli occhi come a prepararsi ad un’esplosione,
aspettando una replica del suo interlocutore.
-… ma no, tranquillo… E’ solo che per un attimo mi
sono preoccupato, se cominciassi a dare il mio numero a destra e a
manca senza ricordarmi a chi sarebbe una cosa grave, non credi?- rise
Brian, e Tom potè tirare un sospiro di sollievo, unendosi alla
risata.
- Comunque mi chiedevo… Se stasera… Non so, hai da fare?-
chiese il tedesco, incrociando le dita e pregando che la risposta fosse
“no”.
- Bè, a dire il vero sì.-
Cazzo.
- Oh… Ok, non importa…- mormorò Tom, e la
delusione palese del suo tono sembrò stimolare da parte di Brian
una risposta che suonò decisamente interessante alle orecchie
del diciottenne.
- Oh, ma non è un problema, ci saranno tante altre occasioni per
incontrarci… Non so se te l’ho già detto, ma mi
fermerò a Lipsia con la band per registrare praticamente tutte
le tracce del nuovo album!-
Il volto di Tom si illuminò. – Da-davvero?-
- Sì, mi ci trovo molto bene… E’ un ambiente che mi rilassa molto, e anche gli studios sono…-
Ma Tom aveva smesso di ascoltarlo. Gli unici pensieri che ruggivano
ferocemente nel suo cervello erano semplici agglomerati delle seguenti
parole: “Brian”, “Lipsia”,
“registrare” e “album”.
Finalmente arrivarono le otto di sera, ora prestabilita da Bill per incontrarsi con Michelle.
Come suo solito, prima di un occasione importante, il tedesco era in fibrillazione.
Durante il tragitto fino al pub aveva sfinito di chiacchiere insensate
i suoi amici, una turbinosa sequela di “Non sarò stato un
po’ troppo precipitoso nell’accettare di uscire con lei,
vero? Sai, potrebbe pure trattarsi di una pazza maniaca intenzionata a
rapirmi, o ammazzarmi, o rapirmi ed ammazzarmi, magari dopo una serie
di sevizie erotiche… Però,vabbè, non credo…
Cioè, dovresti vederla, è così carina ed
mingherlina… Ha le punte dei capelli rosa proprio come volevo
farmele io, sai? Solo che, ti ricordi, ci ho rinunciato perché
giravano già troppi interrogativi sui miei gusti sessuali senza
gettare altra benzina sul fuoco…”, fino a quando Tom,
nonostante fosse ancora galleggiante sulla sua personale nuvoletta
vaporosa, si riscosse dal suo mondo incantato per apostrofarlo
acidamente : - Bill… Io ti voglio bene, ma se continui a parlare
fra cinque minuti farò finta di dimenticarmene e ti
gonfierò il faccino di ceffoni fitti come la nebbia, chiaro?-
Al che Bill ritenne più saggio tacere.
Appena arrivati rimasero per qualche minuto immobili tutti e quattro
davanti all’entrata del locale, e Bill riprese la parola per
domandare : - Ma dovete starmi per forza così vicini? Sembrate
le mie damigelle di compagnia!-
I suoi compagni sbuffarono, mentre si allontanavano di qualche passo, commentando lo stato d’animo del loro vocalist.
- Dio santo, è elettrico…- mormorò Georg, sbirciandosi le punte dei capelli distrattamente.
- Decisamente.- annuì Gustav.
Tom non fece in tempo a dire la sua, perché all’orizzonte
si profilò la sagoma minuta e aggraziata di una ragazza dai
lunghi capelli biondi appena screziati di un rosa acceso.
Una camminata un po’ frettolosa, ma decisa e piacevole da guardare.
Bill avanzò verso di lei, con un sorriso allargatosi istantaneamente sul suo volto.
Quando si trovarono abbastanza vicini la ragazza si alzò sulle
punte dei piedi per deporgli un discreto bacio su una guancia,
mormorando scherzosamente : - Sei un po’ troppo alto per le mie
possibilità, sai?-
Bill ridacchiò, mentre la zona che aveva ospitato per
così pochi secondi le labbra della biondina sembrò
divenirgli di fuoco.
Michelle inclinò la testa da un lato, scorgendo oltre Bill le
sagome di Gustav, Georg e Tom che li spiavano con un atteggiamento che
voleva essere di dissimulazione assoluta.
Tom, notando lo sguardo di Michelle su di sé, addirittura aveva
infilato improvvisamente le mani in tasca, fischiettando con noncuranza
e rimirando il cielo scuro punteggiato dalle rare stelle la quale luce
non era stata zittita dall’artificiale luccichio cittadino.
La bionda rise alla sua solita maniera, e come sempre Bill fu scosso da un brivido irresistibile.
- Ti sei portato la scorta? Temevi che volessi rapirti o peggio?-
Il moro non le confessò che per quanto riguardava la seconda
parte del discorso aveva completamente colto nel segno, e le rispose :
- No, è che l’unico locale carino che abbiamo scovato
è stato questo… Perciò siamo venuti tutti qui! Ma
se vuoi possiamo anche stare per conto nostro…- si offrì
Bill, arrossendo subito dopo per la sua improvvisa sfacciataggine.
Da quando era diventato così esplicito? Forse stava esagerando…
- Ma scherzi?- esclamò Michelle, cogliendolo di sorpresa.-
Passare una serata con i Tokio Hotel al completo è il sogno di
praticamente ogni ragazza !-
Lo afferrò gentilmente per il polso, cominciando a trascinarlo verso i suoi amici.
- Dai, che altrimenti non riusciamo più a trovare neanche un posto libero!-
Note dell'autrice : ... ok, date il benvenuto all'unico OC della fic, che avrà un ruolo piuttosto rilevante all'interno della storia... La cara Michelle XD! Per il resto, a parte i dovuti ringraziamenti per chi sta leggendo e seguendo la storia, non ho altro da aggiungere ^^ !
Baci :*****!
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Capitolo 5 *** V ***
Wicked Game 5
V
Farsi strada fra gli umidi ed accaldati avventori del pub fu
un’impresa che i cinque si sforzarono di affrontare senza perdere
la calma.
Michelle si infiltrava con destrezza fra i minuscoli pertugi
disponibili fra le membra aggrovigliate e vocianti,come se non avesse
fatto altro durante tutta la sua vita.
Un’abilità che Bill cominciava un po’ ad
invidiarle,visto che sentirsi circondato,risucchiato dal calore
pulsante ed estraneo della folla lo infastidiva in maniera esponenziale.
Certo,essere una ragazza minuta e piuttosto bassa la avvantaggiava moltissimo.
Per un istante la persero di vista,ritrovandola poi in un angolo
occupato da un tavolo ancora miracolosamente libero,mentre agitava
freneticamente un braccio cercando di attirare l’attenzione dei
ragazzi.
- Ha trovato un posto vuoto… Dio santo,è davvero una
forza…- esclamò Tom,ma le sue parole si mescolarono agli
altri mille discorsi che infuriavano in quel momento
nell’ambiente circostante.
A fatica riuscirono a sedersi,spostando le sedie per quel poco che lo
spazio limitato poteva permetter loro,e quando approdarono su di
esse,accasciandovisi esausti,vi fu un sospiro di sollievo generale.
- Bene,non ci speravo…- sorrise Bill,incrociando le braccia
comodamente sul ripiano del tavolo e guardandosi attorno soddisfatto.
- Ehm… Ragazzi…- cominciò timidamente Gustav.
-… e per ordinare come si fa?-
I suoi compagni lo guardarono per qualche secondo,e scoppiarono a ridere,urlando in coro : - Noooooo!!-.
Riuscirono in qualche modo ad ovviare al problema,e finalmente poterono accingersi a sorbire i loro cocktail in santa pace.
- Cosa hai preso?- domandò Michelle a Bill,sporgendosi verso di
lui per esaminare la bevanda gialla ed odorosa di frutta tropicale del
ragazzo.
- Niente di speciale… Ananas e limone. Analcolico.- le rispose
Bill,mentre lo sguardo gli cadeva inesorabilmente sul collo sottile
della biondina,ammirandone l’armonia e la
delicatezza,concentrandosi per qualche breve istante sul piccolo neo
così evidente contro l’uniformità della pelle
circostante e che non stonava affatto sulla sua carnagione,anzi…
- Analcolico? Bravo… Un vero boy-scout…- ridacchiò
la ragazza,sottraendosi alla curiosità del moro tornando seduta.
- Bill? Oh,ci puoi scommettere che lo è!- Tom attirò suo
fratello a sé,abbrancandolo con affettuosità un po’
brutale,e sorrise apertamente alla biondina,che già cominciava a
piacergli moltissimo.
Sembrava una tipa molto sveglia,ma non come una di quelle gattine
furbette che ti si avvinghiavano come piovre in cerca di un po’
di notorietà riflessa ed effimera… C’era qualcosa
di lei che ispirava simpatia al primo sguardo,e a quanto pareva neanche
il timido,riservato e “perbenino” Bill era riuscito a
sottrarsi alla sua influenza solare.
Ad un certo punto l’argomento della conversazione si
spostò verso una descrizione della prima volta in cui Bill e
Michelle si erano visti.
- Sapete,all’inizio ero un po’ nervosa,perché non
avevo mai truccato un uomo in vita mia… Però alla fine
non è stato così difficile… E poi sono riuscita a
procurarmi il numero di Bill,e ho deciso che non gli svelerò mai
come!- rise la ragazza,spiando maliziosamente la reazione di Bill,che
però in quel momento non stava badando a lei…
Quell’ultima affermazione di Michelle riguardante lo stratagemma
segreto con il quale era riuscita ad ottenere il suo numero di
telefonino lo aveva spinto a monitorare attentamente un qualsiasi
cambiamento dell’espressione facciale di Tom.
Temeva che il suo avventato fratellino tirasse fuori qualche
osservazione sul fatto che anche lui recentemente aveva compiuto
un’azione del genere,ma che stranamente a Bill era sembrato un
qualcosa di scandaloso,mentre invece era stato disposto a perdonare
tranquillamente lo stesso “crimine” commesso da
Michelle…
Fortunatamente Tom tacque,intento ad ingollare l’ultimo sorso
rimasto della sua tequila,e Bill si sentì sollevato al pensiero
di non dover affrontare in pubblico “l’affare Brian”.
- D’altronde…- continuò imperterrita la biondina
-… ho sempre avuto un debole per gli uomini un po’
“pittati”,anche quando ero più piccola…
Sai,gente come David Bowie,Robert Smith… Uh,e come posso
scordarmi della cotta fenomenale dei miei quindici anni,Brian
Molko… Ne andavo pazza!-
Quell’ultimo nome bastò a paralizzare i quattro ragazzi che costituivano il suo pubblico.
Georg si affrettò a sottolineare il commento di Michelle con
un’osservazione fintamente noncurante : - Brian Molko? Uhm,non ce
l’ho proprio presente… E tu,Tom?- e non fece in tempo a
completare la frase che Gustav scoppiò a ridere di
gusto,nascondendosi il volto fra le mani,mentre Tom tratteneva a fatica
l’ilarità rispondendo sullo stesso tono di Georg : -
Oh,non saprei,non l’ho mai sentito nominare!-
Bill intanto sorseggiava torvo e rosso in volto ciò che restava
del suo succo di frutta,cercando in tal modo di dissociarsi senza
destare troppi sospetti dall’improvviso attacco di risa che stava
affliggendo suo fratello e i suoi amici e che aveva profondamente
stupito Michelle,che li osservava con un sorriso incerto e un po’
confuso sulle labbra.
-…ma cosa ho detto?- riuscì a chiedere la ragazza quando i tre si concessero una pausa per riprendere fiato.
Tom prese la parola per spiegare cosa avesse provocato il loro
istantaneo istupidimento esilarante : - Ecco,tu non lo sai,ma si da il
caso che io abbia un certo… Mhm… “Interesse”
per Brian…-
Gustav lo interruppe,esclamando : - Interesse?? Michelle,questo
individuo – indicò il rasta con atteggiamento accusatorio
– è totalmente ossessionato da quel pover’uomo...
Peggio di una groupie!-
Michelle annuì,affermando con convinzione : - Ma è
comprensibile… Voglio dire,Brian è davvero un figo.- e
Tom,agitando l’indice contro di lei,si rivolse a
Bill,apostrofandolo : - Ecco,Bill,perché non prendi esempio da
questa brava ragazza,che più passa il tempo e più mi sta
simpatica?-
Bill,che fino ad allora aveva assistito silente alle chiacchiere dei
suoi compagni,sillabò con astio palpabile : - Tom,sai
esattamente come la penso. E credimi,non sono sicuro che avrò
voglia di stare lì ad asciugarti le lacrime quando i tuoi sogni
si infrangeranno miseramente.-
Quel lapidario verdetto impose un gelido silenzio all’allegra
combriccola per un lasso di tempo sufficiente a Georg per gettare
un’occhiata all’orologio e avvisare tutti del fatto che si
era fatto tardi ed era ora di lasciare il posto per tornare
all’hotel.
Bill riuscì ad avere cinque minuti per stare da solo con Michelle,proprio di fronte all’uscita del pub.
- Bè…- mormorò esitante il ragazzo.- … non
è stato il classico primo appuntamento che ci si aspetta di
solito…-
Michelle si arrotolò una ciocca di capelli attorno a due dita,sorridendo lievemente.
- E’ stato… Divertente,comunque. I tuoi amici sono simpatici… E tuo fratello è adorabile!-
Una smorfia attraversò il volto di Bill fuggevolmente,e ci fu un
istante di silenzio imbarazzato sul quale aleggiava lo strascico del
momento increscioso precedente,prima che si decidesse a salutare la
ragazza definitivamente per raggiungere i suoi compagni.
- Allora ci vediamo!-
La ragazza lo studiò intensamente,prima di issarsi sulle
estremità dei suoi piedi per posargli un bacio leggero di
commiato sulla guancia,approfittandone per sussurrargli in un orecchio
: - Puoi scommetterci,Kaulitz…-,dopodiché si
separarono,prendendo vie opposte.
Bill passò il tempo che impiegarono a raggiungere
l’albergo osservando impotente Tom,che da quando avevano lasciato
il locale non gli aveva più nemmeno rivolto un misero
monosillabo,mentre Georg e Gustav si scambiavano rapide occhiate fra di
essi che testimoniavano tutto il disagio che quella cappa di glaciale
indifferenza stava procurando loro.
Il moro era,ancora una volta in quel giorno,amaramente pentito di aver ferito il gemello con quell’uscita infelice.
Non riusciva a capacitarsi di essere stato così perfido nei suoi
confronti,e cercava nel suo animo una risposta ai suoi mille
perché.
Perché non era riuscito a reprimere l’ondata di nervosismo
che lo aveva colto nel sentire Michelle tirare in ballo
Brian,perché non si era unito alle risate che avevano seguito la
sua citazione,perché, perché,Cristo,doveva colpevolizzare
suo fratello per essersi preso una semplice cotta,e perché al
solo sentire quel nome doveva provare un’improvvisa vampata di
calore che gli aveva imporporato le guance anche quella sera?
Il fatto che da quando Tom gli aveva confessato di essere innamorato di
Brian i suoi pensieri si fossero molte volte focalizzati
sull’oggetto del desiderio di suo fratello lo preoccupava non
poco.
Perché finalmente cominciava,seppur a tentoni,a farsi strada fra
le sensazioni confuse che lo attanagliavano,e ne aveva una paura immane.
Perché ci aveva trovato qualcosa che a molti sarebbe sembrato
del tutto innocente e giustificabile alla sua età,ma che
spaventava a morte l’ordinato,equilibrato,inappuntabile Bill
Kaulitz.
Qualcosa che lo spingeva a scontrarsi con il fratello in maniera inevitabile.
.
In preda a queste elucubrazioni laceranti Bill inseguì il gemello che si avviava a passo celere verso la sua stanza.
- Tom,aspetta!-
Tom si infilò in fretta all’interno della stanza,cercando
di richiudere l’uscio velocemente dietro di sé,ma Bill
glielo impedì,raggiungendolo con uno scatto fulmineo.
- Levati dalle palle,Bill…- sibilò il rasta con sguardo
assolutamente inviperito,voltandosi e lasciando che il fratello
entrasse,richiudendo la porta silenziosamente dietro di sé.
- Tomi,io…-
- Tomi un cazzo,Bill! Ma come ti sei permesso di trattarmi così??-
Bill giunse le mani,portandosele alle labbra e dicendo in tono
supplichevole . – Tu hai ragione… Hai tutte le ragioni del
mondo per essere arrabbiato con me,e ti volevo chiedere
scusa,perché sono stato uno stronzo prima… -
Tom si girò a fissarlo attentamente,e la luce che brillava nei suoi occhi era totalmente sconosciuta a Bill.
- Qual è il problema,Bill? Davvero,spiegamelo,perché
certe volte mi sembra di non capire nulla di quello che pensi…-
- Io sono…-
-… preoccupato per me,lo so. Ma devi renderti conto che stai esagerando,Bill. Stai proprio esagerando.-
Ed era vero,Bill se ne era reso conto proprio quella sera.
Il moro si avvicinò al rasta,allungando le braccia timidamente
verso di lui,e Tom,dopo un iniziale tentennamento,abbracciò il
fratello,che mormorò solamente un‘ultima volta : - Scusa.-
Note dell'autrice : Bene, direi che la follia di Bill sta aumentando a dismisura XD... Che vi devo dire, "qualcuno" sostiene che la mia scrittura tende o al porno o al dramma, quindi ho una reputazione da mantenere ( ah, vi vedo tutte lì sull'attenti che vi chiedete se manterrò anche in questa fic la mia inclinazione per il porno...Zozze XD!!! )!
Kiss :*****!
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Capitolo 6 *** VI ***
wicky 6
VI
Di ritorno a Lipsia dopo la parentesi esaltante ed inebriante del
festival del Rock am Ring, i quattro giovani trovarono che i primi
albori dell’estate avevano sensibilmente mutato le condizioni
climatiche della città.
Il sole sembrava essersi finalmente deciso ad irradiare calore e luce
al massimo delle proprie possibilità, avviluppando Lipsia in una
stretta afosa e languida, una cappa umida e densa che sembrava gravare
su ogni più piccolo movimento, rendendolo goffo e pesante.
Un caldo simile invitava ad approfittare di ogni più piccolo
momento di relax per rimanere fermi, immobili, a contare le gocce di
sudore stillate instancabilmente da ogni poro della propria superficie
cutanea.
Persino pensare era diventata un’attività difficoltosa da
perseguire ; infatti Bill, in quella pigra mattinata domenicale, era
disteso fra le lenzuola leggermente umide del suo letto, una gamba
allungata oltre il bordo del materasso, nuda e penzolante, mentre ogni
tanto si stiracchiava accuratamente ogni giuntura del corpo
illanguidito dalla calura, senza impegnare il cervello in altre
attività che non fossero l’osservare la vita cittadina
pulsare pigramente oltre la finestra spalancata della sua stanza.
Chiuse gli occhi. Immagini non richieste fluttuavano al di sotto delle
palpebre abbassate, lente e scollegate fra loro, come se risentissero
anch’esse dell’atmosfera sonnacchiosa circostante
rifiutandosi di seguire un filo logico.
Un caleidoscopio casuale che stava per condurlo verso un sonno
pacificamente ristoratore, quando dal mondo reale un trillo
riproducente lo squillo di un telefono d’epoca dissolse le forme
nebulose che nuotavano nel mare placido del suo subconscio.
Raddrizzò la schiena irrigidita e si stiracchiò
un’ennesima volta, prima di afferrare il cellulare depositato con
noncuranza sul comodino.
Il display urlava l’arrivo di un nuovo messaggio.
Bill lo aprì senza fretta.
Sapeva chi era.
“Scommetto che sei ancora a letto… Pigrone! Sono appena
arrivata alla stazione, fra un quarto d’ora vengo a
prenderti… Fatti trovare sveglio, vestito e profumato, chiaro??
Baci, Michelle”
Bill sorrise.
Michelle era l’unica persona che conoscesse in grado di mantenere
intatta la propria vitalità anche sotto il peso
dell’ondata di calore più imponente che venisse ricordata
nella storia della città.
Abitava in una cittadina piuttosto distante da Lipsia, perciò
ogni week-end prendeva il treno e affrontava due ore di viaggio solo
per stare con lui, la qual cosa lo lusingava da morire.
Certe volte lo squillo di Michelle era l’unico motivo per il
quale decideva di lasciare la comoda ed accogliente alcova del suo
letto, alzandosi e dandosi una sistemata.
Per andare dove, poi? Bè, questo era sempre una sorpresa.
Una volta era il luna park, un’altra l’acquario,
un’altra un concerto di una qualche band oscura e talentuosa in
un locale della città… Michelle sembrava avere sempre
un’idea nuova in testa, un modo diverso di divertirsi, un lato
sconosciuto dell’esistenza da esplorare con allegria e
curiosità.
Come quando una volta aveva convinto il timoroso e riluttante Bill a fare un giro sulle montagne russe.
Il ragazzo ricordava esattamente la sensazione dei capelli ritti sulla
nuca, il cuore che sembrava salirgli e scendergli nel petto ad ogni
curva, le dita che sembravano non volersi più staccare dai
dispositivi che lo tenevano ben incollato al seggiolino.
Per non parlare delle sue urla atterrite, un pallido eco di quelle eccitate di Michelle.
La ragazza non aveva ancora smesso di prenderlo in giro per
l’espressione di puro terrore che portava dipinta sul volto alla
fine di quel terribile giro.
- Ehi… Sembri un cadavere!- aveva commentato nel vedere
che Bill non riusciva a reggersi bene in equilibrio appena sceso dalla
giostra.
- Bè, come vuoi che stia, dopo essermi sottoposto a
quella… Quella follia!- era sbottato bruscamente Bill,
incespicando vistosamente ad ogni passo.
Michelle non sembrava offesa dal suo atteggiamento, anzi.
Rise, ed esclamò : - Bill Kaulitz, ti comporti come se fossi un vecchietto e non un diciottenne!-
Per un attimo però divenne seria, e lo guardò mentre
argomentava con calma : - A parte gli scherzi, Bill…Dimmi solo
una cosa.-
- Che cosa?-
- Hai avuto paura, giusto?-
- Certo che ne ho avuta, Michelle!Che razza di…-
-… ma sei ancora qui. E sei vivo.-
- E allora?-
- E allora, Cristo, smettila di avere paura e vivi, dannazione!-
Il loro primo battibecco. La prima volta che qualcuno lo riprendeva in maniera così dura.
E veritiera.
Perché lui di paura ne aveva tanta, eccome…Soprattutto negli ultimi tempi.
Bill sospirò, entrando in bagno per lavarsi, passando davanti alla porta semichiusa della camera di suo fratello.
Ne sbirciò l’interno per un attimo, cogliendo
l’immagine delle membra abbandonate in un sonno sicuramente
profondo del fratello, le braccia allargate come le ali di
un’aquila e le lenzuola intrecciate alle gambe magre.
Russava leggermente, notò Bill con una risatina. Un lieve rantolo, graffiante.
In bagno sorrise ironicamente al suo viso riflesso allo specchio,
trovandolo accettabile tanto da non aver voglia di ricoprirlo di trucco
come sempre.
Certo, comunque dei lineamenti come i suoi non sarebbero stati
difficili da truccare, rimuginò fra sé e sé,
ricordando le parole di Michelle.
Quella volta era arrossito, confuso e lusingato da quel complimento inusuale ed inaspettato…
Un imbarazzo quasi piacevole, se paragonato a quello che lo aveva
ghermito nel sentirsi esaminato come una cavia da laboratorio da…
Bill raccolse quanta più acqua fresca potesse contenere la conca
formata dalle sue mani e vi affondò il viso, godendo del
refrigerio provocato da quel gesto e tornando a fissare il proprio
riflesso gocciolante, stringendo il bordo del lavandino con forza.
Non doveva pensarci. Non doveva pensare a quella cosa.
Si mordicchiò le labbra, voltandosi verso la porta chiusa del
bagno, come a cercare di stabilire lo stesso un contatto con
l’immagine rilassata ed ignara di tutto di suo fratello.
Era preoccupato per lui.
Da quando erano tornati da Nürburg Bill aveva notato che il
gemello sembrava piuttosto pensieroso, ed evitava di parlare di Brian
in sua presenza, precauzione che in precedenza non aveva mai utilizzato.
Si era chiuso in sé stesso, privando Bill dell’accesso ai suoi pensieri più pressanti.
Certo, ridevano e ciarlavano di idiozie come sempre, ma la sottile
cortina che li separava era lì, palpabile ed imperscrutabile,
impossibile da abbattere con l’unica arma di una risata in gruppo
ogni tanto.
Entrambi si rifiutavano di riconoscere che esistesse un problema serio
a dividerli, ma non per questo Bill si sentiva meno abbattuto da
ciò che stava succedendo, anche perché era fermamente
convinto che la causa di tutto fosse quel dannato sentimento che ogni
tanto serpeggiava nelle profondità più recondite del suo
animo, e lo spingeva a fare strani, inquietanti sogni…
Bill si riavviò i capelli con le dita, ricordando con un brivido
improvviso quello strano parto della sua mente risalente a non
più di una settimana prima…
Erano di nuovo l’uno di fronte all’altro.
E anche la sensazione che, nonostante lui fosse il più alto fra
i due, l’uomo che lo fissava così gelidamente fosse in
grado di sovrastarlo era sempre la stessa.
Nessuna novità, nessuna sorpresa. Persino il luogo era familiare.
Il backstage di un concerto, stranamente vuoto e silenzioso.
Brian si fissò le unghie con un sorriso impercettibile, mormorando : - Rieccoci qui, Bill…-
Bill sibilò rabbiosamente : - Non certo per mia scelta…-
La risata di Brian lo sconcertò.
Era piena, scrosciante… E beffarda.
Bill colse quella particolare nota derisoria, sentendola bruciare
sulle sue guance accaldate, e urlò, stizzito : - Smettila!-
Brian non aveva alcuna intenzione di eseguire l’ordine, e
continuò imperterrito nel suo sfogo di ilarità, mentre la
rabbia del tedesco cresceva in maniera vertiginosa, tanto da spingerlo
in avanti ad afferrare l’uomo per le spalle, violentemente.
Bill ghignò soddisfatto nell’avvertire l’ennesima
risata di Brian morirgli in gola, mentre i suoi occhi verdi si
riempivano di glaciale indifferenza.
- Cosa vorresti dimostrarmi con questo gesto?- gli domandò
provocatoriamente l’uomo, sollevando leggermente il volto con
aria di sfida.
Bill contrasse le dita attorno alla carne di Brian, premendo con forza
ogni singolo polpastrello su quella superficie consistente.
Senza avvertirlo, senza nemmeno dargli il minimo indizio di ciò
che stava per succedere, Bill lo attirò a sé in un bacio
violento, mentre Brian si divincolava senza troppa convinzione fra le
sue braccia.
Non ridi più, eh?
Ancora una volta fu uno stimolo esterno a strappare Bill dalle sue fantasticherie.
Il suono del campanello distrusse l’immagine di un Brian inerme e
caldo sotto le sue labbra, e il ragazzo lo accolse con gioia.
Corse ad aprire, e Michelle gli gettò le braccia al collo, baciandolo con trasporto.
- Buongiorno…- mormorò ironicamente il ragazzo,
stringendo la ragazza con affetto, affondando il naso nel profumo dei
suoi capelli biondi.
- Buongiorno a te, razza di scansafatiche… Ma non ti vergogni?
Sei ancora in mutande!- lo apostrofò indignata Michelle, le mani
ben poggiate sui fianchi in maniera assolutamente e deliziosamente
pedante.
- Non tutti siamo come Super Michelle che resiste al caldo, alla fatica
e al sonno… - rispose Bill con un sorrisetto scherzoso.
La biondina si passò una mano sulla fronte, sbuffando.-
Sì, magari fossi davvero Super Michelle… Ti giuro, mi sto
sciogliendo! Ho bisogno di un bicchiere d’acqua!-
- Mhm… Sbaglio o le mie orecchie hanno sentito una vocetta noiosa chiedere un bicchiere d’acqua?-
Michelle e Bill si voltarono contemporaneamente verso il proprietario di quella voce notevolmente impastata dal sonno.
Michelle avanzò verso Tom con aria fintamente minacciosa, il
dito indice puntato contro il petto del giovane : - Ehi…
“Vocetta noiosa” a chi??-
Mentre i due litigavano giocosamente fra loro, Bill li avvertì
del fatto che sarebbe andato a vestirsi, dubitando comunque che
qualcuno lo avesse sentito, visto che Michelle era troppo intenta a
cercare di afferrare i dread di Tom per tirarglieli, e
quest’ultimo era troppo occupato a prenderla in giro ( “Oh,
Super Michelle sta proprio perdendo colpi… No, no, lasciami,
scherzavo! Ahi, aaaaaahi! Va bene, va bene, mi arrendo!” ).
Appena Bill si fu dileguato i due contendenti si separarono, e Tom
elargì il tanto sospirato bicchiere d’acqua alla sua degna
avversaria.
- Allora, Rasta-Man… Cosa mi racconti?- chiese Michelle, dopo
aver bevuto avidamente ed essersi accomodata sul divano del soggiorno
assieme a Tom.
- Riguardo a cosa?-
- Rasta-Man, non fare il coglione… Sai di cosa parlo!-
Tom ridacchiò, arrossendo lievemente.- Bè, non c’è molto da dire…-
Michelle rise. - Come “non c’è molto da dire”
? Si da il caso, caro, che tu stia cercando di portare a termine
l’impresa che avrei voluto compiere io nei miei quindici
anni… Quindi adesso mi devi fare il favore di riferirmi tutti
gli sviluppi della faccenda!-
Tom cominciò, gongolante : - Mhm… Diciamo che lui in
questo periodo sta registrando in uno studio discografico che conosco
molto bene… E domani avevo intenzione di fargli un’
“improvvisata”!-
Michelle battè le mani, estasiata.
- Che bello! Allora la prossima volta mi dovrai raccontare tutto nei minimi dettagli!-
Tom inclinò il capo, osservando la biondina ironicamente : -
Super Michelle… Non potresti farti gli affari tuoi, una volta
tanto?-
La ragazza gli lanciò un cuscino del divano in pieno volto, ridendo.
Note dell'autrice: Ok, capitoletto che serve solo a "fare il punto" della situazione... Inoltre, io adoro descrivere la gente addormentata, che posso farci XD? Oh, comunque ho notato che avete sentito molto la mancanza dello zio Brian... Bè, mi spiace, ma per ora dovrete accontentarvi di questa sua comparsata "onirica" XD... Ma giuro che prossimamente la sua presenza diventerà decisamente più assidua, e la vostra fame di Nano Malefico verrà ampiamente soddisfatta *sogghigna* !
Baci, e grazie del vostro sostegno *_______*!
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Capitolo 7 *** VII ***
Wicked 7
VII
Durante la notte che precedeva il tanto agognato lunedì mattina,Tom dormì pochissimo.
Passò la maggior parte del tempo a rotolarsi smaniosamente fra
le lenzuola umide del suo letto, cercando disperatamente requie dal
tormento di quella nottata afosa e cambiando posizione ogni qualvolta
il tessuto sotto di sé diveniva troppo caldo a causa del suo
tepore corporeo.
Ma non era semplicemente la calura a rendere irrequieto il ragazzo.
Infatti era investito ritmicamente da ondate di eccitazione euforica
che lo spingevano ad immaginare il venturo rendez-vous con Brian come
un sogno zuccheroso popolato di sorrisi ed occhiatine complici ; lui
che conversava amabilmente con l’uomo, magari, chessò,
allungando una mano ogni tanto ad accarezzargli con finta aria casuale
un braccio, sorridendogli… E poi magari avrebbero potuto
pranzare insieme, e forse sarebbe persino riuscito a strappare un
pomeriggio tutto per loro,lontano da scocciatori esterni al loro
idillio…
Purtroppo la sua seppur minima concentrazione di buon senso pessimista
lo spingeva anche a fantasticare su scenari completamente diversi.
E se Brian fosse stato infastidito dalla sua improvvisata?
E se lo avesse considerato solo un moccioso troppo insistente alla stregua di una delle sue numerose fans?
E se magari non lo avesse trovato abbastanza attraente? Forse avrebbe
dovuto cambiare look, smettere di indossare i suoi vestiti extralarge e
tagliarsi i dre…
Ah, no, quello proprio no.
Tom continuò ad agitarsi in preda ad un guazzabuglio di pensieri
altalenanti fra l’eccitazione e l’avvilimento, fino a
quando non cadde preda di un sonno esausto e vuoto che lo liberò
dalle sue elucubrazioni agitate.
Il mattino dopo era sveglio già alle otto di mattina e si stava
preparando a quello che fra sé e sé definiva pomposamente
“l’Incontro”, facendo come di consueto un gran
baccano per preparare la colazione e cercare gli indumenti che
potessero far risaltare al meglio le proprie caratteristiche fisiche.
Una confusione che penetrò fra le pieghe del dormiveglia di Bill
e lo spinse ad alzarsi, incuriosito e leggermente innervosito.
Si appoggiò allo stipite della porta della cucina, osservando
con occhi ancora annebbiati dal sonno lo spettacolo rappresentato dal
fratello in boxer e maglietta che armeggiava con una padella nel
disperato tentativo di cucinare un’omelette commestibile.
Si strofinò una palpebra, bofonchiando : - Tom, che stai facendo…?-
Tom sobbalzò, facendo ondeggiare pericolosamente il tegame con
l’uovo ancora liquido che cominciava appena a raggrumarsi, e lo
rimproverò : - Bill, mi hai fatto prendere un infarto! –
Bill stirò le labbra in un sorrisetto ironico, commentando con
voce infantile : - Oh, scusa, mammina… Che cosa stai cucinando
di buono, cara la mia massaia fricchettona?-
Tom assottigliò gli occhi, irritato, e rispose sarcasticamente : - Sto preparando un omelette… Per me, chiaro?-
Bill ridacchiò, continuando a stropicciarsi gli occhi e
reprimendo a stento uno sbadiglio : - Tranquillo, non
l’assaggerei per nulla al mondo… Torno a dormire… -
Tom non rispose, troppo assorto a calcolare l’inclinazione
più adatta per impugnare il manico della padella durante il
delicato momento dedicato a voltare dal lato meno cotto
l’omelette.
Il rasta pensò sarcasticamente che forse un’operazione del
genere sarebbe risultata più facile da compiere a suo fratello,
dato che lui era davvero un portento nel rigirare la frittata come gli
conveniva di più.
Era da quando avevano fatto ritorno a Lipsia che non ne parlavano, ma Tom non aveva ancora dimenticato la lite di Nürburg.
Quella sera qualcosa era emerso nel loro rapporto, e Tom non aveva potuto far a meno di notarlo.
Bill, il suo gemello, il suo migliore amico lo aveva attaccato deliberatamente ed ingiustificatamente.
Certo, in seguito si era profuso in mille scuse e si era sforzato di
farsi perdonare nei modi più disparati, ma Tom non riusciva a
dimenticare del tutto la sensazione che lo aveva pervaso quella dannata
serata.
La sensazione che Bill custodisse un segreto del quale non intendeva
metterlo al corrente come faceva di solito con la maggior parte dei
suoi pensieri.
E la cosa peggiore era che quel fantomatico segreto fosse collegato in qualche modo a Brian.
Avrebbe voluto comprendere in quale misura, ma Bill di certo non lo
avrebbe aiutato a scoprirlo, e allora semplicemente Tom cercò di
non toccare più l’argomento in presenza del gemello per
evitare altre liti con lui.
D’altronde poteva sfogare a sufficienza i suoi patemi con Georg e
Gustav, sogghignò fra sé e sé il rasta, i quali
erano arrivati al punto di sbuffare a priori ogni volta che Tom apriva
bocca per dire qualcosa… A ragione, perché una buona
percentuale degli argomenti che il ragazzo affrontava riguardavano
quello che i suoi compagni avevano soprannominato “il suo Sweet
Prince”.
Ruminando quei pensieri Tom rigirò l’omelette con un rapido movimento di polso.
Gettandola in terra.
Brian sbadigliò nascondendosi dietro una mano, mentre afferrava la sua chitarra per sistemarne le corde.
- Dormito poco?- gli chiese Stefan, osservandolo con un breve sorriso
mentre si adoperava nel controllare scrupolosamente lo stato del suo
basso.
- Pochissimo… E da schifo, per giunta.- borbottò Brian, passandosi una mano fra i capelli neri.
- E pensare che mi era stato detto che Lipsia era un posto freddo… Stanotte l’afa mi ha ucciso!-
Steve ridacchiò da dietro la batteria, sistemandosi meglio sullo sgabello rivestito in pelle.
- Siamo anche a metà giugno, Brian, e non ci troviamo mica in Lapponia…-
Brian si voltò per rispondergli stancamente : - Non parliamo di Lapponia, pagherei per trovarmi lì…-
Stef, continuando ad ispezionare il suo basso, esclamò con
apparente noncuranza : - Eh, già… E invece ci troviamo
qui a Lipsia…-
Brian gli dedicò un occhiataccia di sottecchi, ma si
rifiutò di cogliere la provocazione insita nella sua
affermazione.
Da quando aveva comunicato ai compagni che gli sarebbe piaciuto molto
fermarsi in Germania per ultimare la registrazione del loro nuovo album
– e nel suo gergo un’esternazione simile suonava un
po’ come un ordine celato…- Stefan era diventato un
po’ strano.
Ogni tanto gli lanciava strane frecciatine sarcastiche, e Brian intuiva perfettamente il motivo di tale comportamento.
Il suo amico era convinto che il suo improvviso interesse nei confronti
della Germania fosse legato alla presenza dei gemellini che aveva
conosciuto poche settimane prima.
Stronzate. Non aveva la minima intenzione di insidiare due ragazzini
poco più che adolescenti, anzi… Probabilmente erano loro
ad avere qualche mira su di lui, soprattutto il piccolo rasta.
Era venuto a sapere da Steve che Tom era riuscito ad ottenere il suo
numero di telefono con uno stratagemma che praticamente parlava da
sé della cotta colossale del ragazzo nei suoi confronti.
Ed era stato terribilmente, pateticamente tenero nella sfrontata
ingenuità con la quale lo aveva invitato ad uscire qualche
settimana prima, e il modo con il quale aveva incassato il suo rifiuto
lo aveva obbligato a cercare di riavvivare un po’ il suo
entusiasmo comunicandogli che sarebbe rimasto a Lipsia ad ultimare il
suo album… Riuscendo perfettamente nel suo intento.
Non sapeva perché avesse deciso di farlo, ma per qualche motivo
la delusione che aveva percepito nella sua voce lo aveva spinto a
gettargli una cima, permettendogli di alimentare le sue speranze.
Decisione stupida, probabilmente, ma di sicuro non avrebbe ripetuto l’errore.
Infatti, con la scusa del troppo lavoro, aveva declinato ogni invito ad
uscire con Tom, e di sicuro il ragazzo cominciava a mettersi
l’animo in pace, visto che…
Visto che in quel momento lo stava salutando con un enorme sorriso dall’altra parte del vetro che li separava.
Tom agitò allegramente una mano in direzione di Brian che lo
fissava con aria interdetta, rispondendo al saluto con un breve cenno
del capo, poi Stefan si avvicinò all’uomo mormorandogli
qualcosa all’orecchio che probabilmente non gli fece molto
piacere, visto che il suo sguardo si fece freddo e brillante di
irritazione, prima di tornare ad accordare la sua enorme chitarra
acustica.
Il ragazzo sospirò, accorgendosi subito dopo che una donna elegante e bionda lo stava fissando con aria interrogativa.
Probabilmente era la loro manager… Alex Weston, se non ricordava male.
Tom provvide a rassicurarla con un sorriso, dichiarando di essere un amico di Brian e presentandosi.
- Oh, ma certo…- rispose la donna.- Tom Kaulitz dei Tokio Hotel, giusto?-
Tom gonfiò il petto esile, inorgoglito dal fatto di essere stato riconosciuto. – Esatto…-
- E sei un amico di Brian…-
- Esatto!-
- Esatto…- ripetè la donna con un sorrisetto stampato sulla bocca perfettamente marcata dal rossetto.
Un’altra vittima di Brian, sogghignò mentalmente.
Dopo i convenevoli Tom allargò le gambe,distribuendo il peso del
proprio corpo su entrambe le estremità,e incrociò le
braccia sul torace,in atteggiamento di attenta osservazione.
Dio, Brian era tremendamente bello, quel giorno…
C’era qualcosa di particolare nel modo in cui il suo pollice
faceva vibrare le corde in un gesto lento, paziente, con il capo chino
e leggermente inclinato da un lato, il volto che mostrava tutta la sua
concentrazione mentre carpiva ogni variazione del suono prodotto
dal suo movimento, modificandolo fino a quando non era soddisfatto del
risultato ottenuto.
Quell’esercizio gli rubò non più di due minuti,
dopodiché avvertì il tecnico al di là della lastra
di vetro insonorizzato che si poteva incominciare a registrare.
Nel silenzio improvviso e totale della saletta il suono caldo ed
armonioso della chitarra acustica si dipanò con dolcezza,
accordo dopo accordo, srotolando alle orecchie degli astanti
un’armonia liscia e morbida, un vellutato nastro di note…
… e poi Brian iniziò a cantare.
Tom non conosceva la canzone, la quale faceva parte del nuovo album
ancora innominato, perciò tentò di prestare attenzione e
memorizzare la melodia, il ritmo e il testo.
… ma era così difficile concentrarsi su qualcosa che non
fosse la persona fisica di Brian… Su qualcosa di estraneo al
ritmico e fluido movimento del suo polso, della mano che si agitava
sulle corde, mentre le dita, armate di plettro, tessevano
un’incantevole rete sonora che fungeva da ordito alla trama
costituita dalla sua voce… Strana, come definirla altrimenti?
Una voce che pur essendo oggettivamente un po’metallica, acuta e
leggermente nasale riusciva lo stesso a smuoverti qualcosa dentro, un
brivido che si specchiava nell’espressione che Tom – che
tutti, a dire il vero, dai membri della band all’impeccabile ed
impassibile manager – avevano in quell’istante.
Persi. Erano persi fra le parole scandite con grazia da quella bocca socchiusa, fra le note vibrate da quelle mani veloci.
Troppo presto Brian interruppe l’incantesimo, esclamando nel
microfono : - L’ultima nota era un po’ calante…-
Tom lo fissò stupito.
- Calante? E dove?- chiese involontariamente, attirandosi
l’ennesima occhiata ironica da parte della bionda manager,
confermando l’opinione che ella aveva di lui.
Già, il ragazzino era talmente cotto da non notare nemmeno uno
dei mille difetti del signor Molko, ma non se la sentiva di dargli del
tutto torto.
Perché Brian aveva un’apparenza così levigata ed
ammaliante – decisamente il termine giusto - che ti impediva di
notare le piccole irregolarità presenti in superficie le quali
divenivano evidenti solo ad una distanza ravvicinata.
Ed era ovvio che il piccolo tedesco non si era ancora avvicinato abbastanza da notarle.
Quando, dopo tre ore di sessione, si arrivò al momento della pausa il cuore di Tom mancò un colpo.
Si tormentò nervosamente una ciocca dei suoi ruvidi capelli, attendendo che Brian gli si avvicinasse.
Appena lo ebbe raggiunto quest’ultimo gli dedicò un
sorriso a fior di labbra, mentre gli domandava con voce leggermente
stanca : - Allora, che ne pensi?-
Tom prese fiato e gli rispose con un sorriso agghiacciantemente entusiasta : - Ne penso un gran bene!-
Brian lo fissò per un attimo, con una risata tremante agli
angoli della bocca e che sbocciò un istante più tardi,
mentre si passava una mano sulla fronte con lentezza.
- Sei stanco? – chiese con circospezione il ragazzo, e la sua
espressione preoccupata ed attenta da infermierina sollecita
sembrò dannatamente esilarante agli occhi di Brian, che represse
a stento un’ulteriore risata replicando : - Un po’… -
- Mhm, deve essere questo caldo…-
- Eh, già…-
- Comunque, ehm… Siete in pausa, giusto?-
- Giusto.-
Silenzio.
Tom si grattò la nuca, sentendosi per la prima volta a disagio.
Decisamente non si immaginava che il loro incontro potesse essere così… Così terribilmente imbarazzante.
- Ti va di prendere un caffè insieme? Ne ho davvero bisogno…-
Tom sobbalzò nel sentire la richiesta provenire insperabilmente
da Brian, e si affrettò ad accettare, sentendo il buonumore
scacciare prepotentemente il disagio che lo aveva attanagliato in
precedenza.
Si affiancò a Brian, seguendolo fuori dalla saletta d’incisione.
Note dell'autrice:...toh, chi si vede, lo zio Brian XD! Ok, a parte ciò, di questo capitolo posso solo dire che è stato molto piacevole da scrivere, perchè oltre al descrivere gente che dorme, ho una passione insana per quanto riguarda la musica. Starei ore ed ore a parlare e a scrivere di essa. Spero che la mia passione per tale materia possa trasparire dalle mie parole e colpirvi positivamente...Ringrazio come al solito tutti i lettori, che Dio o qualunque entità nel quale crediate vi benedica *______*!
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Capitolo 8 *** VIII ***
Wicked 8
VII
Tom non avrebbe mai pensato di trovare il concetto di
“beatitudine” disciolto in un bicchiere di plastica bianca
colmo di un orribile caffè annacquato da trenta centesimi preso
alla macchinetta di uno studio discografico.
Ecco, magari il fatto di stare centellinando il suddetto abominevole
liquido davanti agli occhi dell’uomo che desiderava di più
al mondo contribuiva in una certa misura a renderlo totalmente
raggiante.
All’inizio non parlarono granchè. Brian sorseggiava la sua
pallida imitazione di espresso con aria indifferente, gettando di tanto
in tanto un occhiata al tedesco per studiarne l’espressione
perennemente sorridente.
L’uomo , dopo aver ingollato anche l’ultimo sorso della
bevanda, raschiò delicatamente il fondo del bicchiere con la
palettina trasparente atta a mescolarla, raccogliendo i rimasugli di
zucchero che vi giacevano e commentando con un lieve sorriso : - Questo
caffè fa davvero schifo…-
Tom ridacchiò, mentre osservava Brian suggere lo zucchero dalla palettina, sentendosi rimescolare a quel gesto.
Era incredibile come riuscisse a trovare dei sottintesi sessuali per qualunque azione compisse quell’uomo …
Il ragazzo si riscosse, mentre Brian gli domandava, giocherellando con
il bastoncino di plastica fra le dita : - Allora… Me lo dici
cosa ci fai qui?-
Tom alzò le spalle, rispondendo con semplicità disarmante
: - Volevo vederti, così ho pensato di farti una sorpresa.-
Brian inarcò appena un sopracciglio, sentendosi di nuovo
invadere dall’ilarità ma cercando di trattenerla ed
ingabbiarla per non offendere involontariamente il giovane.
- E perché volevi vedermi?- lo interrogò, dandosi
mentalmente del bastardo per voler mettere a tutti i costi a disagio il
suo interlocutore.
Tom lo sorprese di nuovo con la sua candida sincerità : - Ne
avevo voglia e basta… Però se ti do fastidio posso
sempre…-
- Ma no…- lo interruppe Brian, bloccandolo con un gesto della
mano libera.- … non mi dai per niente fastidio… Anzi, mi
stai simpatico. Sei un ragazzo a posto.-
Tom si sentì librare ad una spanna da terra nel sentire quelle parole.
Brian gli aveva fatto un complimento… Un complimento!
- Oh, anche tu lo sei… Cioè, io ti trovo molto…
Sì, simpatico, oltre che, bè, alle solite cose da fan
sfegatato …- rise il rasta, lasciandosi un po’ andare e
dando l’occasione a Brian di scherzare maliziosamente : -
Perciò tu saresti un mio fan sfegatato?-
- Più o meno… Diciamo che i Placebo mi piacciono
praticamente da sempre.- annuì convinto il rasta, e fu come se
nel tono di quell’affermazione, in quel “mi
piacciono” volutamente calcato con forza rimbombasse prepotente
ciò che il tedesco provava per il suo interlocutore.
E Brian se ne accorse, registrando l’informazione con un sorrisetto appena accennato.
E io da quanto tempo ti piaccio, Tom?
- E tu, invece? Cosa ne pensi dei Tokio Hotel?- gli chiese Tom,
incrociando le braccia sul petto, curioso di conoscere la sua opinione
a proposito della propria band.
- Ne penso un gran bene…- sorrise sornione l’uomo,
echeggiando la risposta che poco prima Tom gli aveva fornito, e il
biondo rise allegramente.
- Ne sono felice… Il tuo parere è molto importante per me.-
Brian si schernì con un risolino, ma Tom insistette : - E’ vero, credimi. Io ti stimo, Brian…-
Il rasta si fece più audace, pressandogli delicatamente
una mano sull’avambraccio e sorridendo in maniera
allusiva.-… ti stimo moltissimo.-
Brian lo guardò fisso negli occhi e meditò per un istante
di raccogliere la sfida lanciatagli da quel ragazzino che lo stava
fronteggiando in maniera così provocatoria e smascherarne le
intenzioni, ma si risolse a lasciar scemare nel vuoto quel momento,
ignorando l’invito che luccicava negli occhi di Tom.
- Stimare…- mormorò invece l’uomo, come se stesse riflettendo ad alta voce.
- Non riesco a ricordare l’ultima volta in cui qualcuno mi abbia detto “Io ti stimo”, sai?-
Tom lasciò la presa sul braccio di Brian, sentendosi perplesso
di fronte a quell’uscita inaspettata, e l’uomo si
spiegò meglio : - Intendo dire, non sono abituato a ricevere
attestati di stima pura e semplice. – Ridacchiò,
aggiungendo ironicamente : - Sono più avvezzo ad essere
idolatrato o detestato…-
Il tedesco era un po’ confuso davanti a quello sfogo, anche se
forse non poteva definirsi tale, visto che nella voce di Brian non vi
era traccia alcuna di rammarico o recriminazione… Stava
enunciando dei semplici dati di fatto. Stava riconoscendo che la gente
fondamentalmente con lui non riusciva a relazionarsi in maniera
normale, e questa realtà lo aveva portato ad aspettarsi dal
prossimo solo o sputi o ovazioni sviscerate.
Tom rimase immobile sotto il peso di queste considerazioni, cercando
disperatamente qualcosa da dire in preda all’impulso improvviso
di mostrargli che lui poteva essere diverso da tutti gli altri, che se
solo gliene avesse dato la possibilità avrebbe potuto
dimostrargli che… Che…
… che sarebbe stato in grado di amarlo sul serio.
Tom trasalì nell’avvertire quell’ultimo pensiero spazzare via tutti gli altri.
Amare? Amare? Aveva davvero pensato una cosa simile?
- Ti senti bene?- gli chiese Brian esaminandolo attentamente, notando che il tedesco era impallidito di colpo.
- Non credo che in te ci sia molto da detestare…- affermò
in tono leggermente alterato il ragazzo, senza rispondere
all’interrogativo postogli dal compagno.
Sentiva che ciò che stava per comunicargli sarebbe sembrato
assolutamente pazzesco ai suoi occhi, ma doveva farlo. Doveva fargli
capire in un modo qualsiasi quello che riusciva a provocare
nell’animo delle persone con la sua musica, e quanto ciò
fosse importante e degno di stima da parte di chi lo ascoltava.
- Vedi, io… Vorrei dirti qualcosa che ti sembrerà assurdo, però devo farlo comunque…-
Brian sperò fra sé e sé che non si trattasse di
ciò che temeva, perché in quel momento dare un sonoro due
di picche a quel diciottenne palesemente infatuato di lui era
l’ultima cosa che desiderava.
Affondò le mani nelle tasche dei suoi pantaloni, attendendo che il giovane esponesse il suo discorso.
- Sai… Mhm,non sono molto bravo ad esprimermi, però… Ecco, volevo solo…-
- …sì?- lo incoraggiò Brian, chinandosi verso di
lui per catturare ogni sua sillaba e porgendogli tutta
l’attenzione di cui era capace.
Se per lui era così difficile esprimere il concetto che aveva in
mente,bè… Doveva essere qualcosa di davvero grosso.
Tom raccolse le idee per qualche istante,prima di iniziare con tono
sommesso,rimirandosi le punte delle dita senza realmente curarsi del
loro effettivo aspetto : - Non ho molti gruppi preferiti,o cantanti.
Certo,ho una predilezione per diversi artisti,ma nessuno di loro
è il classico gruppo da “una volta nella
vita”… Però…- si interruppe,tirando un dread
ribelle dietro un orecchio, dal quale poi ricadde a intralciare il suo
sguardo.
Brian sorrise, mentre di nuovo interveniva a sollecitarlo : -…però…?-
Il tedesco sbuffò un accenno di risata, prima di continuare a
parlare, combattendo sempre contro la ciocca di capelli che non voleva
saperne di trovare una collocazione accettabile.
- … però oggi è successo qualcosa di strano.
Mentre cantavi e suonavi è come se… Avessi capito
qualcosa di importante . C’era qualcosa di più
nell’aria, oltre alla chitarra e alla tua voce. O forse,
più che averlo capito, l’ho intuito… O subodorato,
non saprei in che altro modo spiegarlo, visto che non è chiaro
neanche a me. E’ stato come se mi stessi comunicando un segreto,
un concetto fondamentale che solo tu sembravi aver compreso appieno.-
A quelle parole strambe e stentatamente pronunciate da Tom fece seguito
un lungo e pesante silenzio, che Tom stesso infranse con una risatina
nervosa : - Ecco,adesso penserai che io sia un pazzo, o uno scemo che
non sa quello che dice… E forse hai ragione,
chissà…-
Brian scosse il capo lentamente senza smettere di fissarlo, negando
ciò che il ragazzo aveva appena affermato : - Non è vero,
anzi…-
Si interruppe, riordinando pensierosamente le idee da articolare,
continuando poi : - …sono contento che la mia musica riesca a
trasmetterti qualcosa di talmente “strano”, come dici tu ,
talmente più grande di te da essere pressochè impossibile
da spiegare a parole… So cosa significa, ed è una
sensazione bellissima.-
Il tedesco sospirò, e gli sembrò quasi che oltre
all’aria anche l’imbarazzo precedente scivolasse via
indisturbato dal suo corpo, mentre Brian si sorprendeva a guardare il
ragazzo sotto una luce completamente diversa ed inedita.
Quel discorso, quel tono impacciato ma convinto di ciò che stava
argomentando lo avevano colpito positivamente, portandolo a pensare che
in fondo sotto quel cumulo di capelli impietosamente attorcigliati ci
fosse un cervello decisamente ben funzionante…
Brian si riscosse dal suo flusso di coscienza, seguendo l’impulso
repentino di dare una lezione alla ciocca ribelle che stava tormentando
il ragazzo, ed allungò una mano a sistemargliela con garbata
fermezza dietro un orecchio.
In quel breve istante Tom lottò aspramente contro la voglia
matta di seguire con il capo quelle dita gentili, le desiderò
sul volto, desiderò una carezza che non arrivò, con sua
somma delusione.
Si interrogò ansiosamente sulle riflessioni che potevano stare
occupando la mente di Brian in quel momento, ma poi la sua attenzione
si concentrò sulla risatina maliziosa di quest’ultimo.
- Perché ridi?- mormorò perplesso il giovane.
- Bè, non sapevo che conoscessi il significato del verbo
subodorare!- lo sbeffeggiò allegramente Brian, e dopo un istante
di pura confusione il ragazzo replicò in tono fintamente piccato
: - Ah-ah, molto divertente, signor Molko!-, e di nuovo la risata di
Brian scrosciò spontanea alle sue orecchie, deliziandolo.
Un’ora dopo Tom tornò a casa con la testa ed il cuore
leggeri ed il corpo permeato in ogni cellula, in ogni molecola di un
benessere fisico e di un’energia che altro non erano se non un
riflesso della beatitudine del momento che si era accoccolata a
riscaldargli il petto, come un gatto affettuoso.
Cazzo, quindi era questo l’amore, andava ripetendo fra sé e sé.
Non solo aveva una dannata voglia di Brian, di passare più tempo possibile con lui…
Aveva voglia di farlo stare bene. Di non farlo soffrire.
E l’aveva capito solo quel giorno, davanti a quella voce
rassegnata che asseriva di essere abituata solo all’odio ed
all’adorazione ciechi.
Lui non sarebbe stato cieco.
Ci sarebbe andato piano, avrebbe cercato di guadagnarsi la sua
fiducia… Non poteva aver fretta, Brian non era un flirt facile
da ottenere e poi dimenticare…
Senza contare che c’era sempre di mezzo la sua compagna.
Tom sorrise con sicurezza, sfidando quello che per lui era solo un nome
su carta stampata – tale Helena Berg – a fermarlo.
Il rasta trovò suo fratello ai fornelli intento a preparare il
pranzo, vestito solo di pantaloncini e maglietta e con i capelli flosci
ed in disordine, segno evidente che si era appena levato dal letto.
Volò ad abbracciarlo e lo salutò esclamandogli con voce
stentorea all’orecchio : – Ciao, Bi-Bi!-, stordendolo poi
con un sonoro bacio sulla guancia e dileguandosi in direzione della sua
stanza.
Bill rimase immobile a fissare lo spazio vuoto che pochi decimi di
secondo prima aveva ospitato l’esile e dinoccolata figura del
gemello, pulendosi la guancia con aria confusa.
Ok… Cosa stava succedendo? Dove era stato suo fratello quella mattina? E con chi?
Ma soprattutto… Perché diamine essere baciati da Tom era
così simile all’essere leccati da un San Bernardo di
quelli davvero bavosi?
Note dell'autrice: ...cacchiarola, stavo per dimenticare di scrivere le consuete quattro minchiate di fine capitolo... Ormai è tradizione consacrata *annuisce*! Coooomunque, questo capitolo è praticamente...Mhm, sì, la chiave di volta di tutta la storia. Perchè dal prossimo i due cicisbei cominceranno ad avere un rapporto senz'altro più stretto, con la conseguente crescita delle paranoie di Billino....Ahhh, ma quanto ci sguazzo io in queste cose <3!!
Grazie a chi sta seguendo la storia, e baci :****!
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Capitolo 9 *** IX ***
wicked 9
IX
In seguito a quella mattinata trascorsa allo studio discografico con
relativa chiacchierata, il rapporto fra Brian e Tom cambiò
notevolmente.
Il giovane tedesco smise di assillare l’uomo con le sue richieste
di uscire assieme, rendendosi conto di dover aspettare che fosse Brian
a rendersi disponibile di sua spontanea volontà… E poi a
fare un po’ il prezioso non ci si rimetteva mai!
Infatti, qualche giorno più tardi, fu proprio Brian ad invitare
Tom a prendere un aperitivo per “fare quattro chiacchiere in
santa pace, davanti a qualcosa di decente da bere stavolta!”, e
poi ve ne fu un altro, e un altro ancora, e presto questi semplici
aperitivi con ciarle annesse diventarono vere e proprie uscite serali
complete di rientro a notte fonda, ben oltre l’ora cui era solito
far ritorno a casa quando era in compagnia dei suoi compagni di band.
Tutte le volte Bill, che non si addormentava mai se non quando suo
fratello fosse rincasato sano e salvo, tendeva l’orecchio per
cogliere il passo furtivo del gemello e il fruscio dei suoi vestiti
attraverso il corridoio buio.
Dopo le prima volte in cui lo aveva ripreso per le sue abitudini
decisamente troppo nottambule, Bill si era arreso alla volontà
del fratello… D’altronde, come Tom lo aveva apostrofato
tranquillamente in diverse occasioni, non era certo la sua balia, o sua
madre.
Doveva finirla di rimanere alzato la notte ad aspettarlo, di
rimproverarlo per ogni cosa, di preoccuparsi quando lo vedeva
pensieroso o imbronciato.
Era la sua vita, la sua strafottuta vita.
Solo che a Bill sarebbe piaciuto tornare ad occupare il posto che aveva in precedenza in essa.
Sembrava essere passata un’eternità dall’ultima
volta in cui Tom si era confidato con lui, dall’ultima volta in
cui gli era sembrato di essere davvero vicino a suo fratello, al sangue
del suo sangue.
Adesso invece, per cercare di capire come stava procedendo la storia di
Tom – ma era davvero una storia, poi? – con Brian, doveva
trattenersi con forza dal piegarsi a fare cose che lo avrebbero fatto
sentire tremendamente in colpa, come frugare fra i messaggini del suo
cellulare, spiare le sue telefonate…
Solo una volta non aveva potuto resistere ad un’irrefrenabile
curiosità : aveva afferrato una delle magliette di Tom dal cesto
dei panni sporchi e vi aveva affondato il naso fra le pieghe, cercando
tracce di un odore sconosciuto e diverso da quello del fratello…
Cercava tracce di Brian.
Anche se Tom non gliene parlava mai, Brian aleggiava fra loro come un fantasma malevolo, dividendoli.
La situazione era davvero pesante, e Bill faticava nel cercare di
barcamenarsi in quel ginepraio di emozioni affogate nel silenzio che
era ormai il suo rapporto con Tom.
Gli unici momenti in cui sentiva di poter respirare una boccata d’aria pura erano quelli passati in compagnia di Michelle.
Più passava il tempo e più Bill si stupiva di quanto la
ragazza riuscisse a farlo stare bene, a farlo sentire un po’ meno
impacciato e più sicuro di sè, e ciò lo spingeva a
confidarsi con lei, a parlare a ruota libera di quanto il legame con
suo fratello si fosse raffreddato a causa della sua amicizia con Brian.
Michelle lo ascoltava pazientemente, ma non riusciva mai a reprimere
uno sguardo vagamente perplesso, come se le motivazioni di Bill le
risultassero ostiche da comprendere appieno…
E un giorno la giovane sbottò, dopo l’ennesimo fiume di
parole amare sgorgato dalle labbra di Bill, : - Perdonami,ma io non
capisco ancora dove sia il problema.-
Bill l’aveva fissata con sguardo vacuo, sorpreso da quella reazione.
- Come?-
- Non riesco a capire il motivo che c’è dietro al tuo
atteggiamento… Voglio dire, Tom è maggiorenne,
consenziente ed innamorato… E allora? Perché non puoi
accettarlo?-
Il moro aveva inarcato un sopracciglio, cercando di domare il nervosismo che cominciava ad assalirlo.
- Dov’è il problema, mi chiedi?-
- Sì, vorrei saperlo.-
- Tom per Brian è solo un giocattolo, Michelle.-
- Non è detto, Bill. Per ora non credo che abbiano consumato
altro se non un paio di cocktail. Sono solo amici… Devi
smetterla di intestardirti sul concetto di “Brian è un
fottuto bastardo e spezzerà il cuore del mio fratellino, prima o
poi”!-
Bill era rimasto in silenzio per un po’, riflettendo sul fatto
che Tom si apriva con Michelle molto più di quanto non facesse
con lui, quindi probabilmente lei parlava con cognizione di
causa… Poi aveva alzato lo sguardo con un’espressione
disgustata., al che Michelle lo aveva fissato interrogativamente,
domandandogli : - E adesso cosa c’è?-
- Parlare di Tom che “consuma” mi ha fatto venire in testa delle immagini orribili…-
La risata di Michelle – che, come aveva previsto Bill in
precedenza, dava davvero assuefazione – aveva calato il sipario
sulla questione, per il momento.
Ma Bill continuava a non essere tranquillo, per niente.
Tom invece ormai era salito in sella alla sua nuvoletta rosa
cavalcandola fieramente, mentre l’amicizia con Brian che stava
pazientemente tessendo andava rafforzando le proprie fibre di giorno in
giorno, e a Tom pareva sempre più vicino il momento in cui
avrebbe potuto chiamare quel rapporto in maniera diversa, più
intima e raccolta…
Amore.
Tom era certo che Brian non si sarebbe potuto sottrarre alla
realtà dei fatti… E fantasticava su un primo bacio, su
una prima dichiarazione d’amore … E anche su una prima
volta, perché no?
L’unico neo che guastava leggermente la sua felicità era
il fatto che essa andasse a scapito del rapporto con suo fratello, ma
non dipendeva certo da lui… Se Bill fosse stato meno assillante,
meno rigido, meno prevenuto nei confronti di Brian
quell’imbarazzante cortina di silenzio che li separava non si
sarebbe mai venuta a creare, perciò che poteva farci?
Forse col tempo si sarebbe finalmente abituato all’idea di avere
un fratello impegnato con un uomo molto più grande di lui
– uh, a dirla così dava quasi l’impressione di stare
parlando di un vecchietto, mentre Brian era l’esatto
contrario…
Quando stavano insieme era rilassato, scherzoso e divertente.
Parlavano di musica, di film, delle mille piccole cose che facevano
parte dell’essere personaggi ormai pienamente affermati nel mondo
dello spettacolo, dei contenziosi aperti con altre band
“rivali” (“Mah, serve solo per motivi
pubblicitari… Sai, alla gente piace schierarsi a favore
dell’uno o dell’altro… Pensa se sapessero che in
realtà a me i Muse piacciono da sempre!” ) e altre simili
questioni …
Era bello chiacchierare a ruota libera con qualcuno, era… Riposante.
E Tom era sicuro che anche Brian apprezzasse la sua compagnia per la stessa ragione.
Brian dormiva placidamente raggomitolato sul suo letto leggermente
umido per il clima afoso che aveva ormai imparato a sopportare a
malincuore e che affliggeva anche quegli ultimi giorni d’agosto.
Il lenzuolo giaceva ai piedi del letto, scalciato via dall’uomo
durante il sonno, mentre i rari raggi solari che riuscivano a penetrare
dalle fessure delle persiane serrate disegnavano lame di luce sulle
pareti candide della silenziosa stanza d’albergo.
L’uomo si rigirò pigramente, e anche nell’abbandono
incosciente in cui versava percepì nel silenzio uno strano
fruscio accanto alla sponda del letto.
Si rifiutò comunque di aprire gli occhi per controllarne la
fonte, fino a quando sentì un sussurro infilarsi direttamente
nel suo condotto uditivo : - Brian…-
Brian sospirò, ma non diede segno di voler tornare nel mondo reale.
- … sveglia, idiota!!-
A quel “gentile” richiamo l’uomo si destò di
scatto, mettendosi seduto e quasi scontrandosi contro Stefan che si
trovava chino su di lui.
- Stef… Ma che diavolo…- biascicò con voce
impastata di sonno, passandosi una mano sugli occhi e rimirando torvo
la traccia nera di ombretto che dalla sue palpebre si era trasferita
sul palmo aperto per via del suo gesto.
- Ciao… Stavi dormendo, per caso?- esclamò sarcasticamente l’amico, rimirandolo con sguardo gelido.
- Si notava tanto?- mugugnò Brian, rigirandosi per appoggiare la testa al guanciale.- Cosa vuoi da me di prima mattina?-
- “ Di prima mattina”? Perché non da
un’occhiata al suo nuovo e costosissimo orologio, signor Molko?-
ribattè ironicamente Stefan, e gli lanciò l’oggetto
in questione occhieggiante dal comodino direttamente sul petto nudo ;
Brian gettò un’occhiata fugace al quadrante e
mormorò un attonito : - Cazzo…-
- Uh… Dimmi, ti sembra che le undici siano “prima mattina”?-
- Mhm… No? - ridacchiò Brian, nascondendo sotto la
superficie dell’ironia una certa irritazione al pensiero che
stava per arrivare una ramanzina coi fiocchi made in Olsdal, la quale
sarebbe stata solo un pallido eco del ben più temibile
cazziatone made in Weston che l’avrebbe seguita.
- Hai fatto le ore piccole, eh?-
- Più o meno.-
- Eh, già. Voglio dire, tipico dei ragazzini, vero, Brian?
Chissà quanti locali ti avrà fatto girare il piccolo
rasta prima di trovarne uno che giudicasse abbastanza cool, eh?-
- Stefan…-
- No, niente “Stefan”.- lo interruppe bruscamente il
bassista, muovendo alcuni passi in giro per la camera e continuando poi
con voce alterata : - Ti sei bevuto il cervello?? Ti abbiamo aspettato
tutta la dannatissima mattinata, ti abbiamo telefonato almeno un
centinaio di volte e ci siamo preoccupati, perché non
rispondevi, e abbiamo pensato che potesse esserti successo qualcosa, e
…-
- Stefan, mi dispiace, mi dispiace, va bene?- esclamò Brian,
fermando il flusso incontrollabile dell’indignazione
dell’amico alzando le mani in segno di resa.
Stefan si bloccò, fissandolo per un istante.- No che non va bene, Bri. Non va bene affatto.-
Gli si avvicinò e parlò con tono più calmo, da
maestro che stesse cercando di inculcare nella testa di un alunno un
po’ zuccone un concetto più difficile degli altri spiegati
in precedenza : - Senti, a me non importa se vuoi passare un po’
di tempo con quel ragazzino, anche se me ne sfugge il motivo…-
- Tom. Si chiama Tom.- puntualizzò con voce piatta Brian.
- Sì, Tom… Comunque, sarebbe il caso che tu ti ricordassi
anche del fatto che sei Brian Molko, e sei il frontman di una band in
procinto di ultimare un nuovo album…-
- Stef…- mormorò Brian con un sorrisetto
agro.-…puoi credermi quando ti dico che io non dimentico mai di
essere Brian Molko, non c’è un solo minuto, un solo
secondo in cui questa incontrovertibile verità mi sfugga anche
solo per sbaglio dal cervello…-
Tranne quando sto con Tom.
-…perciò non preoccuparti per oggi. E’ stato un episodio, e non si ripeterà più.-
Stefan tacque mordicchiandosi il labbro inferiore, dubbioso.
Brian sospirò, e poi giunse le mani, imitando la vocetta
squillante di un bambino : - Ti prometto che non lo farò mai
più-più-più, va bene, papà?-
L’espressione di Stefan sfociò in un lieve sorriso, e Brian ne approfittò per tornare serio.
- Comunque, a parte gli scherzi… E’ un ragazzo davvero a posto.-
- Oh…- gorgheggiò Stefan, fingendosi commosso e
intrecciando le mani con aria melensa.- ..e a quando la presentazione
ufficiale? Sai, così decido con calma come mi devo
vestire…-
- Cretino…- disse Brian, sorridendo e roteando gli occhi.
- Ma quindi… E’ una cosa seria, Bri?- indagò
Stefan, e Brian cercò di fugare il lampo di preoccupazione che
aveva visto balenare negli occhi dell’amico : - Dai, siamo solo
amici! Certo, lui è preso… Molto preso.-
- Mhm. E quindi lo stai illudendo.-
- Ma no… Usciamo, parliamo un po’ di tutto, ci divertiamo…-
- Ah-a. Lo stai illudendo, Bri.-
- Non è vero.-
- Sì che lo è. Ad illudere un diciottenne non ci vuole
nulla… Soprattutto se il diciottenne in questione vuole
illudersi.-
Brian si alzò dal materasso, stiracchiandosi e sbadigliando dietro una mano.
Guardò l’amico, e mormorò : - Tranquillo, la sua è solo una cotta. Gli passerà.-
Note dell'autrice : capitoletto di transizione...Lo so, lo so. Mi
odiate. E forse quanto leggerete nel prossimo capitolo mi
farà odiare ancora di più, perchè alla mia
malvagità non c'è limite, figliuole *risata malvagia*!
Baci :*******!!
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Capitolo 10 *** X ***
wicked 10
X
Bill era seduto sul divano del soggiorno, rimirando con aria assente il
vivace contrasto fra il cremisi del mobile e il nero dei pantaloni che
ricadevano morbidi a coprire le sue gambe magre.
Spianò distrattamente le pieghe del tessuto che ricopriva i
cuscini accanto a sé, poi li prese e li sprimacciò ad uno
ad uno.
Non contento, si alzò e sfilò il copridivano dallo
schienale imbottito per sistemarlo in maniera accettabile, lisciandone
con attenzione ogni più remoto angolo con i palmi delle mani.
Quando fu soddisfatto del risultato emise un sospiro di soddisfazione.
Per placare i nervi a fior di pelle non c’era niente di meglio
che riassettare un po’, anche se non poteva certo bastare a
tranquillizzarlo in vista di ciò che lo attendeva quella
sera…
Da un certo punto di vista era felice… Oddio, felice non era
forse il termine giusto… Piacevolmente colpito, ecco, dalla
proposta che suo fratello gli aveva fatto quel pomeriggio.
Poi però si era sentito vagamente ansioso, e l’ansia aveva
cominciato a risalire pian piano col passare delle ore, come
l’alta marea : lentamente, ma inesorabilmente.
D’altronde al pensiero di rivedere di nuovo Brian, anche se solo
per un’innocua uscita di gruppo, non poteva esimersi dal provare
una sensazione di disagio, un malessere che nasceva
dall’imbarazzo di sottomettersi di nuovo al famigerato sguardo
indagatore dell’uomo.
Ma forse stava esagerando, forse quella sera sarebbe stato diverso.
Dopo tutto, ci sarebbero stati anche i suoi due compagni di band, e
Tom…Ma soprattutto Michelle.
Già, Michelle, che al solo udire che a quell’uscita
avrebbe partecipato anche l’idolo dei suoi quindici anni aveva
urlato come una pazza furiosa, saltando su e giù e battendo le
mani.
Vabbè, ma era comprensibile, come reazione.
Non doveva sentirsi così infastidito da quello scoppio di
giubilo, e né tantomeno dal fatto che quando aveva provato a
lagnarsi della situazione imbarazzante che gli si prospettava la
biondina lo aveva zittito dicendogli con occhi brillanti di eccitazione
: - Di qualunque cosa tu voglia lamentarti, amore, posso solo dirti
questo : chiudi il becco e lasciami godere questo momento che aspetto
da una vita!- e poi era volata via a cercare qualcosa da mettersi nella
stanza di Bill, dove ormai alloggiava per il week-end quando veniva a
trovare il suo ragazzo.
Insomma, l’unico modo di sfogarsi che era rimasto al giovane era
accomodare con cura e pazienza certosine il copridivano, e
l’azione lo distrasse quel tanto che bastava per ricordarsi che
quella serata era un segno che Tom voleva riappacificarsi con lui
pienamente, cercando di coinvolgerlo nella sua… Relazione? Ma lo
era o no?
Bè, quella sera di certo sarebbe venuto a capo di
quell’intricata questione. Sicuramente quei due non si sarebbero
potuti nascondere ancora per molto, se fossero stati una coppia a tutti
gli effetti.
Tom uscì fischiettando dalla sua stanza, vestito di tutto punto
e con un cappello calcato in maniera sghemba sui capelli biondi.
Gettò un’occhiata a Bill, che ancora era intento a
torturare l’innocente divano rosso con il suo proverbiale
perfezionismo e domandò ironicamente : - Ma cosa ti ha fatto di
male quel povero mobile?- e, per stuzzicare la pazienza del suo
iperordinato gemello, si avvicinò facendo finta di volersi
accomodare sul sofa.
- Nononononono!- sbraitò convulsamente Bill, agitando le mani freneticamente per frenare i propositi del rasta.
- L’ho appena accomodato, se ti siedi si stropiccerà di nuovo e dovrò ricominciare tutto da capo!-
Tom emise un lieve sospiro, scuotendo il capo lievemente.- Bill, prima o poi qualcuno dovrà sedersi su questo divano.-
- Ma non adesso… Tanto fra cinque minuti si esce, giusto? A cosa serve sedersi ora?-
- Sant’Iddio, Bill, non c’è mica una norma scritta
che impedisca di mettersi comodi sul proprio divano prima di uscire per
un appuntamento!-
Bill incrociò le braccia sul petto assottigliando gli occhi, sillabando sdegnosamente : - E se esistesse, invece?-
Tom sentì il desiderio di allungare le mani ed infilarle fra la
massa ordinatamente gonfia dei capelli del fratello per strapparglieli
via uno ad uno, ma poi notò che l’angolo sinistro della
bocca di Bill era scosso da un lieve fremito e che i suoi occhi
bistrati luccicavano allegramente. Stava trattenendo una risata,
insomma.
- Fottiti, Bill!- rise il biondo, rendendosi conto che il gemello lo
stava prendendo in giro con quella storia assurda, e con un balzo gli
fu abbastanza vicino da raggiungere la sua testa per scompigliarne la
criniera leonina.
- No, cazzo…I capelli no!- urlò il moro cercando di
difendersi dall’attacco di Tom, e si sentiva quasi soffocare
dalle risa che lo stavano scuotendo mentre il gemello cominciava a
fargli solletico sulla pancia, conoscendo perfettamente lo scarso
livello di sopportazione del ragazzo.
Bill non potè evitare di considerare improvvisamente che momenti
giocosi del genere si stavano facendo sempre più radi, e tale
consapevolezza sembrò affiorargli sul viso come l’ombra di
una nuvola in una giornata di sole. Si stupì di notare un
mutamento nell’espressione del gemello, una sfumatura più
cupa a velargli il volto, e si chiese se la sua mente fosse stata
invasa dallo stesso pensiero.
I due si separarono, senza far parola dei propri sentimenti, di
qualunque natura essi fossero, e Tom controllò l’orario
con un’occhiata all’orologio che portava al polso.
- Non è tardi.- constatò asciutto, e Bill replicò
ironicamente, riaggiustandosi i capelli appena spettinati : - Mhm, un
miracolo, direi. Sei riuscito a finire di prepararti in tempo.-
Tom socchiuse le palpebre sugli occhi che rispecchiavano la dolcezza
del sorriso che gli inarcava le labbra in quell’istante.-
Bè, non è la prima volta che accade, da quando esco con
Brian… Lui è sempre così puntuale che mi sembra un
peccato farlo aspettare.-
Il gemello non seppe cosa rispondere, colpito dal tono in cui Tom aveva
pronunciato quel “Brian” – il modo in cui aveva
modulato il suono di ogni vocale e consonante trattenendole più
a lungo che poteva sulla lingua, spingendole contro il palato,
assaporando quella parola che per lui doveva avere mille significati
uno più dolce dell’altro, come tante caramelle.
Chissà se la sua maniera di dire “Michelle” era la stessa…
La ragazza sbucò dalla camera di Bill – lupus in fabula,
pensò il ragazzo – con un bel sorriso ad allargare le sue
labbra morbide.
Accorgendosi dello sguardo del suo ragazzo fissò su di
sé, Michelle fece una piccola piroetta, mostrandogli il suo
abbigliamento e chiedendo, entusiasta : - Allora? Come sto?-
Bill si mosse all’indietro di un passo esaminandola con
attenzione in tutta la sua deliziosa figura, mentre Tom esclamava
ironico : - Mhm… Gonna troppo corta, top troppo aderente…
Mica avrai intenzione di far colpo su qualcuno stasera, eh?-
Michelle ridacchiò, alzando gli occhi al cielo ed inclinando il
capo da un lato, dondolandosi con le mani dietro la schiena nella
classica posa da brava bambina, e mentre rispondeva all’allusione
di Tom con uno scherzoso “Ma no… Io? Ma che dici!”
Bill riflettè che il fratello non aveva tutti i torti, anche se
non stava parlando sul serio… E si sentì pizzicare
dall’irritante tarlo di una gelosia leggera ma persistente, al
pensiero che la sua ragazza si fosse agghindata così
esageratamente per cercare di attirare l’attenzione di Brian.
- Ok, direi che ci siamo persi fin troppo in chiacchiere
inutili… Vogliamo andare?- propose Tom, spingendo poi
sbrigativamente i due compagni verso la porta d’ingresso, ansioso
di non far aspettare Georg, Gustav e il suo Sweet Prince.
Davanti alle porte del locale era radunato un gruppetto di persone
seminascoste dal fumo perlaceo stillato dalle sigarette accese e
strette con nonchalance fra indice e medio e restituito all’aria
in ampi e lenti sbuffi da bocche contemporaneamente impegnate nel
costituire un nugolo di chiacchiericcio confuso e pigro.
Aspettavano che il pub aprisse i battenti, e tre persone aspettavano anche i loro amici.
Gustav si accorse dell’arrivo dei gemelli e di Michelle
mentre essi erano ancora lontani, e indirizzò loro un cenno col
mento in segno di saluto, attirando l’attenzione dei suoi due
compagni verso quella direzione.
Ci fu un momento strano, quando si trattò di presentare Michelle a Brian.
La biondina perse tutta la sua rinomata vivacità e disinvoltura
in un lampo, fissando con occhi immensi quella che per lei era sempre
stata solo un’entità dotata dello spessore tipico dei
sogni adolescenziali, la cotta irraggiungibile di una ragazzina
entusiasta, e che ora si trovava davanti mentre le sorrideva e le
tendeva una mano amichevolmente… Come un essere umano normale.
Sotto gli sguardi dei suoi amici Michelle trovò la forza di
mormorare il suo nome in risposta e di stringere quella mano - la sua
mano…- debolmente, ancora inebetita.
Bill tacque, avvertendo la stessa sensazione di leggero fastidio che lo
aveva pervaso in precedenza nel notare come il viso della ragazza
fosse assolutamente trasfigurato dallo shock di trovarsi a condividere
l’ossigeno da respirare con Brian Molko.
Era irrazionale, era stupido, ma… Cazzo, Michelle era sua. Amava
lui. Odiava vederla così in trance davanti ad un altro uomo.
D’altronde era difficile non soffermarsi anche solo per un attimo
a considerare quanto l’uomo in questione fosse assolutamente
splendido, quella sera, e se persino Bill si piegava riluttante ad
ammetterlo in un qualche angolo remoto di se stesso, era palese che Tom
fosse assolutamente sommerso da quel dato di fatto.
Mentre chiacchieravano aspettando l’apertura del locale il rasta
non riusciva a staccare gli occhi dall’oggetto delle sue brame,
deliziandosi nel notare ogni minuscolo particolare della persona del
cantante dei Placebo e reprimendo ogni tentazione di rivelare quanto lo
desiderasse in quel momento in maniera più esplicita di un
semplice sguardo adorante.
Nonostante i pensieri segreti che ribollivano in profondità ,
l’atmosfera nel gruppetto era distesa e rilassata. Persino
Michelle aveva cominciato a sciogliersi e a prendere confidenza con
Brian, partecipando alla discussione con la loquacità che la
caratterizzava e che sotto la spinta del sentimento di curiosa euforia
che la pervadeva si era addirittura acutizzata, costituendo il
contraltare ideale dell’ostinato ostracismo del suo ragazzo.
Quando finalmente il pub aprì le porte la gente si
riversò all’interno in un fiume pulsante di corpi, nel
quale i sei sembrarono per un attimo prendere le distanze gli uni dagli
altri, salvo poi ritrovarsi di fronte alla porta divisoria che
conduceva nell’area più tranquilla del locale, dove
vennero accolti dal consueto sottofondo soft di luci e musica, mentre
il juke-box dal suo angolino occhieggiava allegramente, come vantandosi
della sua livrea psichedelica.
Il tavolo presso il quale si accomodarono era lo stesso che aveva
ospitato il primo incontro di Brian con i Tokio Hotel al completo e che
Tom stava già sciorinando in ogni minimo dettaglio a colei che
non vi aveva partecipato ; Michelle beveva ogni parola scoccando ogni
tanto un sorrisetto a Brian, aumentando l’irritazione di Bill che
mentalmente si impose di mantenere la calma.
Il fatto che per caso – si sperava…- la biondina fosse
capitata in un posto a sedere a fianco dell’uomo lo rendeva
ancora più nervoso.
- … quand’è stato? Ah, sì, la settimana
prima del Rock am Ring…!- ricordò Tom, battendosi una
mano sulla fronte. – Il Rock am Ring… Che esperienza,
vero, Brian?- il rasta calcò la voce sull’ultimo nome,
attirando l’attenzione del suo proprietario.
- Non capisco dove vuoi andare a parare, Kaulitz…-
sogghignò Brian imitando il suo tono di voce, mentre in
realtà aveva perfettamente capito l’antifona.
- Lo sai benissimo… - alluse Tom osservandolo di sbieco,
provocando le risatine di Georg e Gustav e Michelle smascherò
quella sciarada scherzosa con un : - Uh, ma voi parlate del bacio!-
Bill commentò sarcasticamente : - Ah-a, e chi se lo dimentica quello!-
Tom gli dedicò un’occhiata fulminea ma glaciale.
Ma perché diamine doveva essere così indisponente?
Michelle continuò imperterrita : -…Dio, è
stato… Incredibile, davvero! Sinceramente non me
l’aspettavo…-
Brian la guardò, rispondendo con un sorriso ironico : - Oh,
neanche Stefan se l’aspettava… Ma non credo gli sia
dispiaciuto!-
Michelle si chinò verso di lui, e a Bill sembrò di
sentire ogni più piccola goccia del suo sangue affluire alla sua
testa minacciando di farla esplodere quando la ragazza mormorò
con voce troppo sensuale, troppo convinta di ciò che stava
enunciando : - Non sarebbe dispiaciuto neanche a me…-
Fu troppo.
Bill si alzò, senza aver bene chiaro in mente cosa fare, sapendo
solo che se non fosse fuggito da quel tavolo sarebbe balzato sopra a
Brian per picchiarlo selvaggiamente, e un paio di ceffoni li avrebbe
volentieri riservati anche alle morbide guance di Michelle.
- Io…Io devo… Prendere un po’ d’aria…
Scusate.- sibilò a denti stretti, con le mani scosse da un
tremito di rabbia, e spinse all’indietro la seggiola che
stridette sul pavimento sgradevolmente.
I cinque rimasti seduti seguirono con lo sguardo la schiena esile del
moro allontanarsi per raggiungere la porta divisoria del locale,
immergendosi nel frastuono della discoteca.
- Cazzo…- mormorò Tom, mentre Michelle era una statua di
sale, le labbra strette in una linea sottile, mortificata dalla
reazione del suo ragazzo.
Bill lasciò che la confusione di luci, corpi e musica permeasse
la sua mente, fondendosi con la rabbia che regnava in essa.
Dio, odiava quella situazione! Odiava sé stesso per aver
lasciato i suoi compagni… E odiava Brian, Cristo, se lo odiava!
Improvvisamente sentì due mani circondargli i fianchi, e una bocca posarsi calda sul suo collo.
- Ciao, fiorellino… Tutta sola?-
Chi cazz…?
Bill si voltò quel tanto che bastava per urlare in faccia a quel
tanghero schifosamente ubriaco e puzzolente di rhum : - NON SONO UNA
FOTTUTA DONNA, CHIARO??-
Non era la prima volta che succedeva, e quella sera essere scambiato
per una ragazza era davvero la goccia che faceva traboccare il vaso.
Si sganciò dalle mani rapaci dello sconosciuto e si avviò verso l’uscita secondaria del locale.
Bill accolse con gioia la squallida vista del vicolo vuoto e silenzioso
sul quale sbucava la porta, passandosi le mani sul volto accaldato.
- Che schifo di serata…- mormorò fra le dita, e
ciò che fece eco alla sua esternazione esasperata lo
paralizzò.
- Se vuoi te la ravvivo io … Fiorellino.-
Note dell’autrice: Ve l’avevo anticipato, no?
…intendo dire che vi avevo già detto che mi avreste
odiato XD! Cosa accadrà al nostro piccolo eroe isterico ?
Bè, non dovete far altro che aspettare per saperlo *risata perfida* !
P.S. : Ah, e comunque credo che nel prossimo capitolo riuscirò a riguadagnarmi il vostro amore XD…
Baci :*****!
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Capitolo 11 *** XI ***
Wicked 11
XI
Bill restò per un attimo immobile, dopo essersi girato di scatto
nel sentire quelle poche parole biascicate da una voce volgare e
strascicata.
L’estraneo non era molto alto, ma l’ampiezza delle sue
spalle era decisamente maggiore di quella del ragazzo, e il suo ghigno
era oscenamente inquietante.
Nonostante il sentimento sgradevole di timore che cominciava a farsi
sentire all’altezza dello stomaco, Bill riuscì a sillabare
freddamente : - Non sono il tuo “fiorellino”… Gira
al largo.-
Lo sconosciuto inclinò la testa da un lato, arricciando le labbra e accorciando le distanze fra loro.
- Oh, invece lo sei… Sei davvero la fighetta più carina che io abbia mai visto, sai?-
Stavolta Bill replicò con la voce incrinata da una sfumatura di
panico rabbioso : - Dì un po’, sei cieco, per caso? Sono
un maschio, idiota.-
Il sorriso becero dell’uomo si ampliò, mentre avanzava ulteriormente a passi lenti e vagamente barcollanti.
- Credi che me ne fotta qualcosa?-
Bill indietreggiò, cominciando ad essere seriamente impaurito
dalla situazione. Il vicolo era dannatamente solitario, e l’uomo
si era richiuso la porta alle spalle.
Nessuno avrebbe potuto sentirli o vederli.
Lo sconosciuto gli fu addosso con un balzo, spingendolo contro i mattoni freddi del muro del pub.
Bill gemette di dolore mentre sbatteva la schiena contro quella
superficie dura, e il tipo gli sorrise a pochi centimetri dal volto,
eccitato.
- Dannazione, sei davvero bello…-
Bill ricambiò lo sguardo con un’occhiata furibonda e
terrorizzata al tempo stesso, sibilando : - Lasciami, maledetto
stronzo!-
L’uomo rise nel sentirlo ribellarsi verbalmente e fisicamente al
suo assalto, e l’odore del rhum colpì Bill in un ondata
quasi solida, disgustandolo.
- Andiamo, non fare il prezioso… Tanto non ci metterò molto… E ti piacerà da morire…-
Bill strabuzzò gli occhi nel sentire le dita dell’uomo
afferrargli il cavallo dei pantaloni ampi, nell’evidente ricerca
della zip.
Il ragazzo cercò di allontanarsi da quella stretta viscida, ma
il tizio bloccò ogni suo movimento con il peso del suo corpo.
- Shhh, tranquillo…- gli sibilò ad un orecchio,
continuando a schiacciarlo contro il muro e muovendosi ritmicamente
contro di lui.
Bill trasalì nel sentire la lingua umida dell’uomo
tracciare una scia di saliva sul suo collo, e si inarcò
furiosamente per liberarsi di quella stretta asfissiante, di quelle
mani voraci che bruciavano contro la sua pelle, ma il suo aggressore
alzò un braccio e lo stordì con un ceffone violento al
viso.
Mentre mugolava sommessamente di dolore, l’uomo lo strinse con
forza ancora maggiore, ringhiandogli contro : - Ti ho detto di stare
tranquillo, piccolo finocchio che altro non sei!-
Il giovane si sforzò di non lasciarsi andare alle lacrime, se
non altro per non dare soddisfazione all’uomo che lo stava
brutalmente schiacciando contro quel muro freddo e che sembrava godere,
godere come un animale in calore – ne aveva persino
l’odore, considerò Bill in un barlume di lucidità
improvviso.
Nonostante il suo proposito iniziale, le sue resistenze sembrarono
venir meno mentre l’estraneo strattonava i suoi pantaloni verso
il basso, senza neanche più tentare di sbottonarli : il ragazzo
piagnucolò : - Ti prego…-
Un altro schiaffo, sull’altra guancia. Più pesante, stavolta.
Bill non si mosse più, chiudendo gli occhi. Non riusciva a
pensare con lucidità, la paura e la sensazione di essere violato
nel suo intimo lo stavano assalendo senza pietà, sbranando ogni
sentimento razionale come delle fiere impazzite.
Era talmente sconvolto e chiuso nelle proprie percezioni confuse che
notò solo dopo un considerevole scarto di tempo che il peso
dell’uomo non gravava più sul suo corpo.
Teneva ancora gli occhi chiusi, cercando di riprendere fiato, le ginocchia che gli parevano fatte di tremante gelatina.
C’era qualcun altro, qualcuno che doveva aver aggredito di
sorpresa l’estraneo, perché adesso ricordava di aver
effettivamente udito un gemito soffocato di dolore provenire da quella
schifosa bocca puzzolente, prima di tornare a respirare l’aria
pura della notte.
I suoi sensi sembrarono tornare a funzionare in maniera accettabile,
perché nel buio delle sue palpebre serrate come saracinesche
risuonavano gemiti di dolore provenienti sempre e solo dalla voce
ubriaca del suo aggressore.
Quando udì un : - Cazzo… Cosa c’è stasera,
un raduno di finocchi effeminati?- si costrinse ad aprire gli occhi per
comprendere meglio la situazione.
- Cazzo… Cosa c’è stasera, un raduno di finocchi effeminati?-
Brian fissò l’ubriacone con un sopracciglio incurvato a rendere ironico il suo mezzo sorriso.
- Non saprei… Se anche fosse nessuno si è preoccupato di
invitarmi.- ribattè, gettando all’indietro una ciocca di
capelli con uno scatto del capo, osservando il tanghero che giaceva
poco lontano da lui con le labbra spaccate ed uno sguardo truce.
Non era di certo un gigante, e per di più era ubriaco come una
spugna. Tutto sommato non era stata un’impresa così
difficile staccarlo da Bill e assestargli un pugno che lo aveva
evidentemente rintronato.
- Adesso… Adesso me la paghi, brutta checca del cazzo!-
- Quando vuoi, bello.- lo provocò Brian, sollevando appena il volto con aria di sfida.
Il tizio si risollevò sulle gambe vacillanti, con un rivolo di
sangue che gli colava copioso sul mento , e si avventò contro
Brian come un toro inferocito dallo sventolare impertinente del drappo
rosso del torero sul muso.
Il pugno che Brian gli assestò alla bocca dello stomaco sembrò paralizzarlo per un istante.
Lo sguardo confuso dell’ubriacone incontrò quello gelido
di Brian un ultima volta, prima che il tipo si accasciasse con un
gemito ai suoi piedi.
Brian guardò divertito quella sagoma grottescamente contorta
distesa a terra, prima di spostare la sua attenzione sulla figura
allungata sul muro davanti a sé.
Sospirò lievemente, prima di domandare a Bill : - Tutto bene?-
- Come hai fatto…?- sussurrò Bill con un filo di voce,
non del tutto sicuro di aver voglia di abbandonare il sostegno
offertogli dal muro in quel momento.
Brian ridacchiò, scavalcando con nonchalance l’uomo che
giaceva ancora sull’asfalto nell’avvicinarsi a Bill e
replicando tranquillamente : - Bè, quando sei alto poco
più di un metro e sessanta e risulti essere un uomo solo ad un
esame molto ravvicinato imparare a difendersi dagli stronzi diventa una
necessità irrinunciabile…-
Bill tacque, ancora stupefatto da ciò a cui aveva appena assistito.
Il suo stato d’animo fluttuava dal sollievo per essersi salvato
da un brutale stupro alla meraviglia per aver scoperto un lato di Brian
che non aveva ancora avuto occasione di conoscere.
Diamine, per una volta gli era sembrato terribilmente virile.
Mentre il suo cervello si rifiutava ancora di depennare i pensieri
più inutili che lo affliggevano nel tentativo di trovare un
“grazie” da dedicare a Brian, il tizio si era rialzato con
un’espressione terrorizzata ed era sgusciato in fretta verso la
porta del locale per farvi ritorno, dissolvendosi nella confusione che
vi imperava.
- Cazzo…- mormorò Brian, aggrottando le
sopracciglia.-…è fuggito. In quel casino sarà
impossibile riacciuffarlo.-
Bill lo fissò confuso, staccandosi finalmente dai mattoni che lo avevano sorretto fino a quell’istante.
- Riacciuffarlo?-
Brian annuì, continuando : - Tipi così sono pericolosi.
Potrebbe cercare di fare a qualcun altro ciò che voleva fare a
te.-
Era vero, si ritrovò a pensare Bill. E quel qualcuno poteva non essere altrettanto fortunato.
In un lampo rammentò tutta la vicenda – le mani, la bocca,
la voce, l’odore di quell’essere… La sua voglia
bestiale, la paura, la rabbia…
La consapevolezza di ciò che aveva scampato gli si
rovesciò addosso violentemente, e mentre fissava Brian senza
parlare alcune lacrime si affacciarono sul bordo delle sue palpebre.
Chinò il capo, vergognandosi di quello sfogo infantile, mentre si rifugiava meccanicamente fra le braccia di Brian.
Per il momento aveva dimenticato di detestare quell’uomo, in
preda com’era ad un terribile bisogno di conforto, di essere
consolato, protetto.
‘Fanculo la dignità. Aveva bisogno di un abbraccio.
L’uomo, vagamente stupito dal gesto del ragazzo, gli
accarezzò piano i capelli scomposti, racchiudendo le spalle
esili di Bill in un abbraccio sicuro, caldo, gentile.
Bill soffocò ogni singolo singhiozzo infilandosi a forza
nell’incavo fra spalla e collo di Brian, lasciando che le sue
lacrime appesantite dal trucco piovessero addosso ai vestiti
dell’uomo.
Dovrà portare la giacca in tintoria, pensò distrattamente Bill, il conto glielo pagherò io, in caso.
Era una bella sensazione essere stretti a lui. Era incredibilmente
saldo, solido e forte, una forza che dall’esterno non traspariva
granchè perché coperta da quella particolare grazia che
lo contraddistingueva.
Un abbraccio del genere ti faceva venir voglia di sparire, di farti piccolo piccolo in quella stretta affettuosa.
Bill si mosse piano fra le braccia di Brian, mentre i suoi singhiozzi
si acquietavano a poco a poco e cominciava a rilassarsi, pur trovandosi
in una posizione scomoda per via della differenza di altezza.
Per la prima volta non si sentì di biasimare l’adorazione cieca che suo fratello aveva di quell’uomo.
Chiunque sarebbe morto volentieri, fra quelle braccia.
Infatti non aveva voglia di rialzarsi, di separarsi da quel corpo
caldo, consistente… Proprio come nei suoi sogni, quei sogni
strani e male accetti che la sua mente produceva apparentemente senza
un perché .
Respirò a fondo l’odore di buono – non sapeva
ricondurre quella fragranza ad una sostanza precisa, sapeva di buono e
basta…- della pelle morbida del suo collo… Sì,
doveva essere davvero morbida, e poi era così… Candida,
contro quelle ciocche di capelli neri che scendevano a sfiorarla
appena…
Che razza di taglio di capelli che aveva, Cristo. Ma a lui stava bene, alla fine.
Anzi, a lui stava tutto bene, riflettè controvoglia Bill,
sospirando pesantemente nel sentirsi abbassare la guardia, per una
volta, mentre con un ulteriore spostamento era riuscito ad affondare
ancora di più in quel sentore delicato, sfiorando il collo di
Brian casualmente ed impercettibilmente con le labbra…
E poi finalmente si accorse di ciò che gli stava succedendo.
Oddio .
Si staccò da Brian bruscamente, voltandosi per nascondersi da quegli occhi confusi che lo scrutavano attentamente.
- Che succede, Bill?-
No, non poteva dirgli cosa gli stava accadendo.
Decisamente non poteva confessargli che con quell’abbraccio era
riuscito a fare ben altro che semplicemente consolarlo…
Lo aveva eccitato. E adesso si trovava a fare i conti con un tremendo,
vistosissimo gonfiore di natura inconfondibile all’altezza del
cavallo dei suoi pantaloni.
- Mhm…Nulla, nulla! Ma perché non… Mhm… Mi
dici come sei riuscito a trovarmi?- tergiversò Bill dandogli
ancora le spalle, nel tentativo di placare gli istinti fin troppo
pressanti del suo corpo.
- Bè, appena sei uscito ti ho seguito e ti ho visto andare verso
la porta secondaria… Ho perso un po’ di tempo nel cercare
di farmi largo fra la folla, ma sono comunque arrivato in tempo.-
Il ragazzo non riuscì a trovare altri argomenti atti ad
allungare il brodo di quella conversazione, ma per fortuna non ne ebbe
bisogno, visto che finalmente l’erezione si era attenuata
abbastanza da poter voltarsi di nuovo verso Brian e mormorare,
arrossendo come un pomodoro : - Grazie.-
- Figurati.- gli rispose asciutto l’uomo, sorridendo della propria concisione.- Che ne dici di tornare dagli altri?-
Bill alzò il viso, fissandolo incerto. – Ma…
Ecco… Si vede molto che quello lì mi ha quasi…
Quasi…-
Brian scrutò attentamente il tedesco dall’alto in basso,
commentando dopo qualche secondo : - Non si vede praticamente nulla, a
parte le guance un po’ rosse.-
- Mhm…- sorrise lievemente Bill, abbassando gli occhi.
Non erano arrossite solo per gli schiaffi, si disse, avvampando ulteriormente al pensiero.
- D’altronde mi ha dato due sberle coi fiocchi, lo
stronzo…- argomentò per giustificarsi, ricordando con un
brivido il dolore che quelle mani pesanti gli avevano procurato, per
poi ridacchiare sommessamente. - …ma anche tu non lo hai
risparmiato!-
- Già… Faccio paura, vero?- scherzò Brian, e il
più giovane rispose sullo stesso tono : - Uh, certo, sei peggio
dell’incredibile Hulk!-
I due si avviarono verso la porta, per tornare dai loro compagni.
Note dell’autrice: ….eh, bè. Cioè, scrivere
dello zio Brian che fa a cazzotti è assolutamente grandioso, ve
lo posso assicurare. E anche scrivere dell’ira funesta degli
ormoni di Bill non è stato male XD! Spero che abbiate gradito
altrettanto nel leggerlo… Baci :*****!
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Capitolo 12 *** XII ***
XII
XII
Bill non aveva molta voglia di tornare al tavolo dai suoi compagni e raccontar loro l’accaduto.
Sapeva che si sarebbero preoccupati, che magari avrebbero insistito
affinché denunciasse il tanghero che lo aveva aggredito, ma
nonostante il pensiero che il tipo avrebbe potuto balzare addosso a
chiunque altro persino in quell’istante stesso, aveva deciso
semplicemente di segnalare l’episodio al proprietario del locale,
chiedendo informazioni su chi fosse l’estraneo.
Nemmeno il proprietario sapeva nulla al riguardo. Era come se
quell’essere non fosse mai esistito, e persino il ricordo dei
suoi lineamenti stava sbiadendo, rifiutato categoricamente dal cervello
di Bill.
Anche se l’odore era intatto.
Brian non si oppose alla decisione del ragazzo di lasciar correre. Non era compito suo decidere per il piccolo tedesco.
- Senti…- mormorò titubante il ragazzo mentre
attraversavano la soglia del pub, schiarendosi nervosamente la voce
subito dopo.- Glielo…Glielo dobbiamo dire per forza?-
L’uomo si fermò, dedicandogli un lieve sorriso nello scorgere un barlume di incertezza nei suoi occhi.
- Pensi di essere in grado di nasconderlo?-
Bill chinò il capo, e disse flebilmente : - Non sono nemmeno sicuro di essere in grado di raccontarglielo.-
Risollevò il viso, guardando il tavolo occupato dai compagni che
sembrava lontano anni luce dal luogo in cui sostavano lui e Brian.
Sospirò, e si avviò verso di loro.
Le prime reazioni furono comprensibilmente sconvolte.
Tom, Georg e Gustav avrebbero voluto alzarsi per andare a cercare
l’ubriacone e pestarlo fino a ridurlo ad un misero mucchietto di
carne tritata, e ci volle tutto il potere persuasivo di Bill per
distoglierli dai loro propositi omicidi.
Michelle, mentre gli altri si agitavano e progettavano le più
atroci nefandezze da commettere nei confronti dell’aggressore,
rimase silenziosa per buona parte del racconto.
Poi abbassò la testa, e l’unico suono che Bill
sentì provenire dalla sua ragazza fu un singhiozzo sordo a cui
seguirono molti altri.
Bill l’aveva abbracciata, aveva raccolto le sue lacrime con i capelli, con la maglietta, con la giacca.
Fra i singhiozzi che la scuotevano il ragazzo riuscì a
distinguere pochissime parole con cui la ragazza dichiarava di sentirsi
in colpa per quello che era successo, perché se non
l’avesse fatto arrabbiare con il suo atteggiamento non si sarebbe
mai allontanato e non avrebbe mai incontrato l’aggressore.
- Andiamo, adesso sono qui…- la rassicurò lui.- E non
sono arrabbiato con te. Sono stato stupido ad andarmene, non
c’entri nulla.-
In effetti Bill sentiva di aver esagerato. Adesso che riusciva a
guardare Brian con occhi per forza diversi si rendeva conto che tutto
sommato la sua reazione era stata dovuta più che altro alla
gelosia…
Insomma, prima Tom, e poi Michelle… Cosa diavolo aveva Brian per poterli attrarre così tanto?
Questa domanda era spuntata all’improvviso nella sua mente,
mentre si alzava dalla sua sedia per fuggire in preda alla collera.
Poi l’aggressione. E Brian. Le braccia, il calore, il profumo di Brian.
In poche parole, aveva cominciato a comprendere che perdere la testa
per lui anche solo per un secondo non doveva essere poi così
strano… E anche una certa parte del suo corpo lo aveva compreso
più che bene.
Quell’episodio aveva contribuito a sconvolgerlo, addizionato all’aggressione.
Non se ne era nemmeno accorto all’inizio, non si era reso conto
di quanto la reazione del suo corpo a quel tepore, a quel profumo fosse
stata così esplicita e prepotente.
E quel che era peggio era il fatto che al solo ripensarci si sentisse
rimescolare in preda ad un mix effervescente di eccitazione mista ad
una gelida traccia di timore e senso di colpa.
Si sentiva colpevole nei confronti del fratello, e di Michelle, ma
sentiva di non poterci fare nulla, di essere del tutto impotente di
fronte al maremoto emotivo che ribolliva in lui nel vedere, nel
toccare, persino nel sentire parlare di Brian.
Pensandoci lo aveva sempre saputo, fin da quella sera passata a
battibeccare col fratello al tavolino di quello stesso pub, sotto un
impietoso e scrutatore sguardo cristallino.
Fin da quando aveva sottolineato frettolosamente di essere completamente eterosessuale.
Fin da quando aveva sognato Brian fragile ed impotente sotto la pressione furiosa delle sue labbra.
Da allora ricordava solo la tensione spasmodica di reprimere un
qualcosa senza nemmeno permettersi di portarlo ad un livello più
elevato di consapevolezza per ponderarlo con calma.
Fino ad allora, quando i suoi istinti più fisici, più
carnali lo avevano avvisato che quella cosa non poteva più
rimanere a cuccia da qualche parte nel suo inconscio.
Restava da augurarsi che fosse solo un’attrazione passeggera, che
passasse in fretta e senza lasciare traccia nella sua vita… E
fino a quel momento avrebbe dovuto solo dissimulare e nascondere i suoi
sentimenti, senza dare adito a sospetti di alcun genere.
Non c’era altro da fare.
Quella notte Bill non riuscì a dormire, e la colpa non era del solito caldo.
Ancora rifletteva sugli avvenimenti della serata, gli occhi puntati
verso un angolo vuoto e semibuio della stanza illuminata di un morbido
chiarore arancio da un lampione accanto alla finestra.
Michelle lo aveva strettamente abbrancato nel sonno, stringendosi a lui
saldamente e lasciando libera una buona metà dell’ampio
letto del ragazzo.
Certo, magari il suo stato emotivo non gli permetteva di abbandonarsi
al sonno, ma comunque il fatto che la sua ragazza lo stesse sospingendo
lentamente verso il bordo del materasso non era molto piacevole.
Bill afferrò le mani della ragazza districandosene delicatamente
e si alzò, stirandosi i muscoli e sbadigliando silenziosamente.
Non sapeva bene cosa fare. Non aveva voglia né di leggere,
né di ascoltare musica, né di guardare la TV…
Gli sarebbe piaciuto dormire, a dirla tutta, ma la sua mente si
rifiutava di dargli tregua e rimaneva lucida ed intransigentemente
sveglia.
Alla fine si rassegnò a piazzarsi sul divano dedicandosi ad una serrata seduta di zapping selvaggio.
Stava quasi per appisolarsi davanti ad una replica di uno dei centinaia
di film con protagonista Lassie, quando delle dita calde gli
artigliarono una spalla facendolo balzare via dal dormiveglia nel quale
era sprofondato.
Il moro emise un gemito soffocato, afferrando la mano misteriosa per il polso.
- Bill!- esclamò suo fratello, strattonando il braccio per liberarsi dalla sua presa fulminea.
- Santo Dio, Tom, mi hai fatto quasi infartare!- sussurrò
concitato Bill, premendosi teatralmente una mano sul petto per sedare
le pulsazioni inferocite del suo cuore.
Tom sghignazzò : - Rilassati, Drama Queen… Non voglio
averti sulla coscienza!- e si sedette accanto al fratello, scavalcando
lo schienale del divano con un balzo che gli costò
un’occhiataccia da parte di Bill, visto che con quel gesto aveva
spiegazzato il copridivano fino ad allora intonso.
Tornando serio, Tom mormorò, cambiando canale : - Non riesci a dormire?-
- Se ci riuscissi non starei qui a guardare televendite di tappeti e la
milionesima replica di “Torna a casa, Lassie”…-
ribattè Bill, sbadigliando rumorosamente subito dopo.
Tom sbuffò, spegnendo il televisore e voltandosi verso il fratello.
- Sei ancora sconvolto per quello che è successo stasera?- gli domandò, premurosamente.
- Più o meno.- sospirò Bill, allungandosi pigramente contro lo schienale del sofa.
Il rasta si guardò le unghie con fare noncurante, mentre
affermava con tono fintamente casuale : - Già… Fortuna
che c’era Brian, eh?-
Bill represse l’ondata di calore che lo invase al ricordo
dell’abbraccio dell’uomo, sempre in agguato in un angolino
della sua mente, e sorrise ironicamente : - Tomi, non ti riesce
granchè bene essere tendenzioso.-
Tom rispose al sorriso, alzando le mani in segno di resa : - Ok, ok, mi
hai scoperto… Volevo solo sapere se il fatto che l’uomo
che fino a ieri odiavi a morte e trattavi come se fosse
l’incarnazione di Satana ti abbia salvato da un maniaco sessuale
possa aver cambiato un po’ l’opinione che avevi di
lui…-
Il moro si prese un po’ di tempo, prima di rispondere cautamente,
soppesando il valore di ogni vocabolo : - Bè… Sì.
Ho cambiato opinione.-
Tom si sporse verso di lui, sorridendogli estasiato : -… quindi
non ti comporterai più da asociale scorbutico e acido con lui,
vero? E approverai un’eventuale – eventuale? Una imminente
– relazione fra noi due, vero??-
- Imminente? Oh, questo sì che è ottimismo!-
- Bill…- lo apostrofò Tom, e il suo tono era in bilico fra la minaccia e la supplica.
Bill lo guardò, e quello che vide gli fece una gran tenerezza.
Era così… Assorbito, così innamorato di Brian.
Non avrebbe mai pensato di poter assistere ad uno spettacolo simile… Tom innamorato. Davvero, stavolta.
Pensò a quanto suo fratello fosse fragile in quel momento.
Pensò a quanto avrebbe sofferto prima o poi, per via di
quell’amore stupido, inopportuno, cieco e vibrante, eppure era
allo stesso tempo così puro, così bello…
Bill non aveva voglia di contrariare quegli occhi brillanti e fiduciosi
che gli chiedevano appoggio ed approvazione, e rispose, rassegnato : -
E va bene. Ti do la mia benedizione.-
Il moro subì uno dei tremendi baci alla Tom Kaulitz, mentre
quest’ultimo contemporaneamente cercava di
ringraziarlo per la sua resa.
- Ok, ok, piantala adesso, altrimenti mi rimangio tutto!- lo
ammonì seccamente Bill, e il gemello biondo si alzò dal
divano ridacchiando e correndo in camera sua, gridando sottovoce un
ennesimo “grazie!” durante il tragitto.
La mattina dopo il ricordo del dialogo avuto col fratello la notte
prima cullò dolcemente il risveglio di Tom, assieme alle ormai
usuali immagini di Brian in ogni possibile declinazione…
Quella mattina Brian era deliziosamente e provocatoriamente imbronciato.
Tom immaginò di sollevargli il mento con un dito, scoprendo la curva delicata delle sue labbra…
Gli occhi che brillavano come sempre di luci fuggevoli ed ambigue…
Il sorriso che sbocciava lentamente su quella bocca da mordere…
…e rise maliziosamente, immaginando il resto.
Un resto molto peccaminoso.
Con quelle immagini in mente, e un senso di pace per via
dell’accordo raggiunto con il fratello, il rasta decise di
telefonare all’uomo, solo per aumentare la sua beatitudine
ascoltando il suono della sua voce.
Il telefono squillò a lungo, proprio come la prima volta. Forse di più.
Tom comunque non volle mollare, deciso ad assumere la propria
dose di Brian quotidiano per ingranare al meglio la giornata.
Quella mattina non si registrava, e a quell’ora doveva essere per forza in albergo.
Sbuffò, impaziente.
Andiamo, rispondi…
Persino la sua determinazione aveva cominciato a vacillare, quando finalmente la chiamata venne accolta.
- Brian? – esclamò subito il ragazzo, senza aspettare nemmeno che l’uomo parlasse per primo.
- E’ sotto la doccia… Chi parla?-
Il ragazzo sobbalzò,fissando la cornetta come se si trattasse di una qualche specie di serpente dal morso letale.
Una donna…
- Pronto? E’ ancora in linea? –
Chi diavolo… Chi diavolo era quella ??
- Ehi? Insomma, mi risponde?-
- Ehm… Sì, scusi, mi ero distratto un attimo…- balbettò il rasta, confuso.
- Si figuri. Ora, però, se potesse avere la cortesia di
rivelarmi la sua identità…- domandò la tipa, con
una sfumatura di ironia acidula nell’intonazione che a Tom non
piacque. Per niente.
- Sono un amico di Brian.- affermò altezzoso il biondo, calcando
con cura il tono sulla parola “amico” per far capire alla
sconosciuta che non era di certo un ragazzetto qualunque tanto facile
da liquidare.
- Oh… Bè, come ho già detto al momento Brian non
può venire al telefono, ma se vuole posso avvisarlo di
richiamarla più tardi…Il suo nome? – computò
efficientemente la donna.
Sembrava quasi un’assistente, una segretaria… Ma la cosa non quadrava…
- Tom. Tom Kaulitz. Devo fare lo spelling?- disse Tom, e la donna rise.
- Oh, non si preoccupi… Conosco il suo nome.-
Ovvio che lo conoscesse… Dannazione, era il chitarrista dei Tokio Hotel!
- Brian mi ha parlato tanto di lei.-
Ouch… Ecco, magari quello era meno ovvio.
- Brian le ha parlato… Di me?- domandò inebetito Tom, che
a quel punto era ormai persuaso del fatto che quella non fosse una
semplice segretaria o un’assistente.
- Mhm… Bè, deduco dalla sua reazione che Brian non ha ricambiato… Sono Helena, la sua compagna.-
D’un tratto Tom si sentì prendere da un capogiro, non credendo alle proprie orecchie.
Helena… Helena Berg, il… Il nome sui giornali… Il fantasma cartaceo…
- Pronto? Si è distratto di nuovo?- scherzò la donna, e Tom si sforzò di pronunciare una risposta decente.
- S-sì, ci sono… Comunque non si preoccupi,
richiamerò dopo… E’ stato un piacere…
Helena.-
Quel nome pesante come un macigno rotolò sulla sua lingua a fatica.
Eccolo là. L’ostacolo più grande. E doveva superarlo per forza, se voleva davvero stare con Brian.
Udì a malapena la replica della donna nel riabbassare il ricevitore, perso nei suoi pensieri frammentati.
Note dell’autrice : ok, salutiamo tutti quanti il Bastone fra le
Ruote per eccellenza della fic finalmente palesatosi… Ciao,
Helena XD! Comunque sappiate che io la adoro, e se parlerete male di
lei ve la dovrete vedere con me >_< !
Vi amo alla follia, baci :******!
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Capitolo 13 *** XIII ***
Wicked 13
XIII
Brian uscì dal bagno seguito da una vampata di vapore profumato,
strofinandosi energicamente i capelli bagnati con un asciugamano bianco
come l’accappatoio di spugna che lo avvolgeva.
- Mi ha cercato qualcuno ? – domandò alla sua compagna,
seduta sul bordo del letto recando in mano il suo cellulare.
Helena riattaccò, chiudendo l’apparecchio con uno scatto,
e rispose : - Sì, ha chiamato quel ragazzo… Quel Tom di
cui mi hai tanto parlato.-
Brian si guardò allo specchio del comò, riavviandosi le
ciocche umide di capelli che erano rimaste incollate alla sua fronte,
commentando : - Oh… E cosa voleva?-
La donna incontrò lo sguardo del compagno riflesso nello
specchio, dopo essersi pigramente distesa sul materasso. – Non ne
ho la minima idea, non è stato molto loquace… Anzi,
sembrava piuttosto… Strano.-
- Strano? – ripetè Brian, voltandosi verso di lei.
- Bè, era chiaramente piuttosto sorpreso del fatto che io avessi
risposto. All’inizio credo non avesse nemmeno immaginato chi
fossi.-
La donna sorrise, continuando ironicamente : - Forse pensava fossi una delle tue amanti occasionali…-
Brian la fissò, scuotendo la testa con rassegnazione : - Ormai
ho rinunciato a convincerti del fatto che ho definitivamente
accantonato le sveltine post-concerto con delle groupie
qualsiasi…-
- Oh, tesoro, guarda che non lo dico per lamentarmi. Nel tuo mestiere
le sveltine nel buio dei back-stage sono - come dire? -
fisiologiche… Lo capisco. –
- Oh, ma come sei comprensiva…- la prese in giro Brian,
continuando ad armeggiare con i propri capelli leggermente annodati
mentre spiava il riflesso della silhouette della sua donna stagliata
contro il bianco delle lenzuola immacolate del letto.
Ricordò che il primo pensiero che gli era balzato in mente la
prima volta che l’aveva vista era che Helena fosse la sua nemesi,
riguardo l’aspetto esteriore.
Alta, asciutta, tonica ed abbronzata. I lineamenti marcati ma non
grossolani ; gli occhi, neri come i suoi capelli, dotati di una luce
ferma, decisa, quasi mascolina.
Presto aveva scoperto che quelle iridi scure nascondevano
un’intelligenza pronta ed efficiente, naturalmente incline ad
un’ironia pungente ed arguta… Il tutto unito ad un
temperamento indipendente e disinvolto, che certe volte appariva quasi
venato di cinismo.
Odiava i fronzoli, le romanticherie stucchevoli e inutili da romanzetto d’appendice.
Esprimeva il suo amore per il compagno in maniera concreta, standogli
vicino nei momenti difficili e in quelli più solari, godendo
ogni sfaccettatura della sua relazione con Brian, per lui una delle
più durature e “tranquille” mai intraprese nel corso
della sua vita.
Merito del pragmatismo della donna, che riusciva sempre a conciliare le
esigenze di entrambi evitando litigate inutili e sterili scenate di
gelosia tipiche di molte altre partner di Brian, le quali non
riuscivano ad accettare che il mestiere del loro uomo implicasse anche
una buona scorta di tentazioni di ogni genere.
Persino nel parlare del sentimento che la legava al suo uomo Helena
sembrava riuscire ad anteporre una quieta razionalità alle
pulsioni nude e crude… Come quella volta in cui lui le aveva
chiesto, poco prima di partire per un tour che sapeva essere di una
durata pressochè spropositata, se il fatto di non poterlo vedere
per così tanto tempo la disturbasse oppure no.
La risposta ottenuta quel giorno faceva parte del filone di quelli che
Brian chiamava fra sé e sé “teoremi bergiani”
:
- Per me non è un problema…Ma non perché non me ne
freghi nulla di te, amore…Anzi. Il fatto che io riesca a
sopravvivere anche senza vederti per buona parte della giornata o
addirittura per settimane e mesi interi vuol dire che tu per me non sei
una droga, non sei qualcosa da ricercare meccanicamente solo per dare
un senso alle mie giornate, ben sapendo che se non ti trovassi
soffrirei come un cane per l’astinenza. Sei l’uomo che amo,
l’uomo con cui ho scelto di stare. E non è poco, Brian,
credimi.-
Era rimasto colpito da quel discorso pacato e razionale, e soprattutto
lo sconvolgeva quanto quelle parole fossero perfette per descrivere
l’amore maturo che la univa a lui.
Sì, perché l’amore per Helena non era una sbornia
inebriante, ma un bicchiere di whisky da sorseggiare accanto al fuoco,
centellinandone ogni singola goccia per farlo durare il più a
lungo possibile.
Già, Helena era decisamente la sua nemesi.
Mentre si dedicava a quei pensieri, finendo di asciugarsi la chioma
corvina, la sua donna lo fissava con attenzione, tanto che Brian
osservò scherzosamente : - Finirai per consumarmi con lo
sguardo…-
Helena rise, sollevando la schiena dal materasso per mettersi seduta.
– Bè, chi distoglierebbe gli occhi da un Brian Molko
umidiccio e coperto solo da un accappatoio? –
Si alzò in piedi, raggiungendo il suo uomo a passi lenti come
l’occhiata che riservò al suo corpo e al suo volto.
Sospirò. – Senza quella roba in faccia sei molto più bello.-
Brian abbassò lo sguardo, increspando le labbra in un sorriso minuscolo.
- Quella roba mi serve, Helena. Fa parte…-
- … del personaggio. Lo so.- Le dita sottili e ambrate della
donna si strinsero con noncuranza sul laccio che chiudeva
l’accappatoio bianco, e vi rimasero mentre Brian sussurrava : -
Mhm… Così distogliere lo sguardo da un Brian Molko in
accappatoio ti risulta difficile, giusto?-
Helena annuì impercettibilmente, mentre l’uomo davanti a
lei scostava le sue mani, indietreggiando di un passo con un sorriso
felino sul viso, e spalancava i lembi dell’accappatoio,
lasciandolo scivolare a terra con un fruscio.
-… chissà quanto deve essere difficile distoglierlo da un Brian Molko completamente nudo, allora…-
- …quindi stavo pensando che per la canzone che avevo in mente
potessimo modificare un po’ il nostro solito sound…-
- Mhm.-
- Sì, insomma, vorrei renderlo più… Psichedelico,
ecco!Soprattutto per quanto riguarda la parte della chitarra…-
- Mhm.-
-…ora, io non sono un esperto, però c’è quel
coso luminoso che si mette sulla chitarra, e poi ci si suona sopra con
il plettro per ottenere degli effetti strani…-
- Mhm.-
- Tom?-
Il rasta sollevò finalmente lo sguardo dai suoi spaghetti al
pomodoro fumanti, dei quali stava arrotolando una forchettata da circa
cinque minuti buoni senza decidersi a mangiarli né in compenso a
rispondere in maniera articolata e coerente al gemello entusiasta, che
gli stava sottoponendo diverse proposte per modificare lo stile della
musica dei Tokio Hotel.
- Ehm… Sì?-
- Non mi stavi ascoltando, vero?-
- … scusami.-
Bill sospirò, poggiando la forchetta sul bordo del piatto ed appoggiò il mento sui palmi uniti delle sue mani.
Aveva una domanda da porgergli che gli era ronzata per la testa tutta
la mattina, nel notare il comportamento insolito del fratello…
Era silenzioso e vagamente triste : aveva addirittura a malapena
salutato Michelle quando l’avevano riaccompagnata alla stazione,
e ciò non era da lui… Cazzo, Tom adorava Michelle!
- Qual è il problema, Tomi?- lo interrogò pazientemente il moro.
- Bè… E’ una cosa un po’…
Particolare…- cominciò tentennando il rasta, grattandosi
con aria impacciata la nuca, e Bill capì che doveva essere
effettivamente una questione piuttosto spinosa, perciò
indagò cautamente : - Si tratta di te e Brian, Tomi?-
- Bè… Diciamo di sì. Cioè, più che
altro si tratta di me, Brian… E Helena.- riuscì ad
ammettere il ragazzo, arrossendo come un papavero.
Bill inarcò un sopracciglio, sorpreso. – Helena? La
compagna di Brian? Che vuoi dire? – e Tom si lasciò
andare contro lo schienale della propria sedia, mugugnando : - Lei
è qui, Bill. Ho telefonato a Brian, stamattina, e mi ha risposto
lei.-
Il gemello si sporse in avanti, mormorando : - Quindi lei è qui a Lipsia? E cosa hai intenzione di fare?-
Già… Cosa diavolo aveva intenzione di fare?
Quella domanda echeggiava ossessivamente in ogni antro del cervello di
Tom da quella mattina, e l’unica risposta che era riuscito ad
ottenere era quella che stava dando a Bill in quel preciso istante : -
Non lo so con certezza, ma la voglio vedere. La devo vedere. Devo
capire che rapporto c’è fra lei e Brian e poi agire di
conseguenza.-
Bill non volle replicare in maniera differente da un commento generico
sulla necessità di valutare la situazione attentamente prima di
programmare qualunque mossa futura, e poi si gettò con foga sul
suo piatto di pasta per evitare di proseguire la discussione, seguito a
ruota dal fratello.
Era assolutamente allibito dalla notizia fornitagli da Tom.
Helena. A Lipsia.
Forse per il suo gemello era arrivato il momento di aprire gli occhi
sulla realtà dei fatti, e a Bill dispiaceva un po’.
Avrebbe sofferto. Da morire. E per quanto fosse confortevole e
disponibile ad accogliere le sue lacrime, la sua spalla non era certo
paragonabile a ciò che suo fratello avrebbe perso.
Se solo Brian fosse stato meno incoraggiante, meno propenso ad
alimentare le speranze di Tom con il suo atteggiamento
amichevole… Non riusciva a credere che l’uomo non si
rendesse conto dei sentimenti del gemello nei suoi confronti. Non era
certo uno stupido.
E allora… Perché? Perché aveva permesso che Tom si innamorasse di lui?
Perché aveva intrapreso quel gioco crudele, lasciando che Tom si nutrisse dei suoi sogni impossibili?
Confrontata con la sua situazione quella del gemello appariva
catastrofica, anche se di certo prendere a calci il desiderio e
l’attrazione che provava per Brian non era comunque una
passeggiata…
Certe volte avrebbe voluto trasmettere un po’ della sua forza di volontà e del suo realismo al gemello.
Però poi gli veniva da pensare che un po’ di sale in zucca
in più non lo avrebbe comunque salvaguardato dalle eventuali
sofferenze e delusioni in cui sarebbe incappato nel suo percorso
esistenziale.
Perché di certo non stava salvaguardando lui dal sentirsi diviso
in due fra ragione e sentimento, fra lealtà e desiderio, fra il
senso di colpa e il brivido caldo che lo attraversava da capo a piedi
ogni volta in cui la sua mente si rifiutava di seguire le direttive
della sua coscienza e preferiva andare a braccetto con la parte
più folle, più nascosta ed inquietante di
sè… Ogni volta che poggiava la testa sul cuscino per
abbandonarsi al sonno e si chiedeva come sarebbe stato giacere accanto
a…
No, in effetti non riusciva nemmeno a completare il pensiero. Si rifiutava di farlo.
Come se fosse servito a qualcosa.
Il telefono dell’appartamento dei Kaulitz suonò diverse
volte quel pomeriggio, prima che Bill si decidesse ad alzarsi dal
divano nel quale era sprofondato mentre seguiva distrattamente un film
fantasy popolato di mostri, elfi e principesse.
Controllò il display, sul quale riconobbe con un tuffo al cuore un “Brian” scritto a lettere cubitali.
Sollevò il ricevitore tremando, emozionato e un po’ incuriosito : - Brian?-
Dalla TV i folletti di un bosco incantato sbraitavano formule magiche
incomprensibili, mentre dall’altro capo del telefono una voce
gentile pronunciava : - Ehi… Pensavo non foste in casa, il
telefono ha squillato così a lungo!-
- No, solo Tom è uscito… Io stavo per addormentarmi
davanti alla TV, figurati!- rise nervosamente Bill, lisciandosi i
capelli con gesto meccanico.- Come mai hai chiamato? –
- Volevo solo sapere se per questo giovedì sera tu e Tom avete
degli impegni… Perché se non fosse così vorrei
invitarvi a cena fuori.-
- Oh, un invito a cena da parte di Brian Molko! Che emozione!-
esclamò scioccamente Bill, ridacchiando della sua insipida
battuta, nascondendosi dietro di essa come uno scudo.
- Che simpatico…- ribattè Brian sullo stesso tono,
continuando poi : -… comunque a dire il vero non è un
invito solo da parte mia, ma anche da parte di Helena, la mia
compagna… Adesso che si trova qui vorrebbe conoscere i due
fratellini di cui le ho tanto parlato!-
Bill riflettè un attimo sulla risposta da dargli.
Da un lato temeva che per Tom sarebbe stato difficile fronteggiare
quella che era a tutti gli effetti la sua rivale principale, ma
d’altronde era anche stato molto chiaro sul fatto che desiderasse
incontrare la donna che si frapponeva fra lui e Brian…
Era una questione spinosa, e per ora non se la sentiva né di
confermare la loro presenza né di sottrarsi a
quell’incontro.
- Oh, e poi volevo parlarvi di una cosa… di una proposta che intendo farvi e che per ora non voglio anticipare…-
- Proposta? – mormorò Bill, sorpreso…E un po’ allarmato.
- Bè, se avete intenzione di accettare l’invito ve ne
parlerò a cena questo sabato, altrimenti ve ne parlerò
comunque in seguito… -
- Mhm… Perché tutti questi misteri? Cos’hai in
mente? – gli chiese Bill, una sfumatura sospettosa ad influenzare
il tono della sua voce.
Brian rise, e una serie di minuscoli brividi di piacere si diffusero
dalla nuca del tedesco percorrendogli la schiena, provocati da quel
suono argentino.
Ma perché non riusciva ad impedire al suo corpo di reagire in modo così eloquente?
- Non ho in mente nulla di sconvolgente, tranquillo! Ci penserai? –
Bill rispose con un semplice “D’accordo”, prima di
salutare l’interlocutore riagganciando con un sospiro.
Quando Bill parlò dell’invito a cena di Brian a suo fratello la sua reazione lo stupì profondamente.
- Così ci sarà anche lei… – mormorò
Tom, prima di prorompere in un sorriso luminoso esclamando : - …
e mi chiedi se voglio venire? Ma certo che sì! Te l’avevo
detto che volevo vederla! –
Bill lo fissò, obiettando preoccupato : - Ma non credi che sia
un po’… Ecco… Inopportuno per te incontrarla? -
- Inopportuno…?-
- Sì, insomma… Potrebbe essere imbarazzante, no? –
Tom alzò le spalle, rispondendo con disinvolta noncuranza.
– Potrebbe. Ma di certo non sarò il primo ad abbandonare
il campo.-
Il gemello moro inarcò un sopracciglio, perplesso, mentre Tom si
recava in camera sua, e mormorò : - … abbandonare il
campo…? –
Tom si voltò sulla soglia della porta della sua stanza, e gli
sorrise replicando : - Sì, perché in pratica è
come se stessi giocando una partita contro Helena, non ti sembra?-
Il suo sorriso si fece più largo. - … e io gioco in casa, fratellino.-
Note dell'autrice : Capitolo che mi sfuggì letteralmente di
mano, a suo tempo. Parlo del "ritratto" di Helena, che mi è
venuta estremamente donna-che-vorrei-essere-ma-non-sarò-mai e
che in teoria avrebbe dovuto solo attenersi al suo ruolo di BFLR (
Bastone Fra Le Ruote ) senza particolari guizzi narrativi. Brian senza
accappatoio invece era un'immagine che ho ritenuto indispensabile
descrivere per motivi che non sto ad esporre xD *arf!*... Comunque, per il
resoconto del "match" vero e proprio Kaulitz vs Berg dovrete aspettare
la prossima puntata... Baci, e grazie delle recensioni, delle letture
ecc :*******!
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Capitolo 14 *** XIV ***
XIV
XIV
Unforgettable, that's what you are
Unforgettable though near or far
Like a song of love that clings to me
How the thought of you does things to me
Never before has someone been more...
A Brian non era mai piaciuta quella canzone di Nat King Cole. Troppo sentita, troppo melensa, troppo datata.
E in quel momento si trovava a sopportare la voce languida ed impostata
di un vecchio cantante di piano-bar che intonava lentamente ogni parola
con aria trasognata e piaciona, mentre diverse matrone sulla tarda
cinquantina lo fissavano dai loro tavoli sospirando e rimpiangendo
“i bei vecchi tempi, quando la musica faceva sognare”.
Brian sbuffò, e si sporse verso Helena, seduta accanto a lui,
per chiederle velenoso : - Sapresti dirmi di nuovo cosa ci facciamo
qui?-
La donna non si spazientì, e spiegò tranquillamente : -
Amore, questo ristorante è il più rinomato di Lipsia, e
lo chef prepara delle escargots davvero eccellenti…-
- Helena… Siamo in Germania. Se mi avessi detto che volevi una
cena a base di dannatissime lumache francesi avrei preso un aereo e ti
avrei portato a Parigi. E lo avrei fatto nonostante
quelle… Cose mi facciano incredibilmente schifo!-
esclamò a bassa voce Brian, per non farsi udire da nessuna delle
vecchie signore sedute, che al suo ingresso nella sala riccamente
decorata del ristorante lo avevano squadrato da capo a piedi,
riservando la loro attenzione sdegnata soprattutto agli occhi
ombreggiati di nero e ai suoi capelli.
Non che gli importasse molto ciò che pensavano di lui… Babbione retrograde e svenevoli.
Helena gli posò una mano sull’avambraccio, carezzandolo dolcemente per calmare il compagno.
- Amore… Tranquillo. Vedrai che quando arriveranno gli antipasti e ti sarai riempito lo stomaco sarai meno irritato.-
- Sarò meno irritato quando saranno arrivati quei due…-
borbottò Brian, giocherellando con il bordo della tovaglia di
batista ricamata.
Intanto Helena spulciava la lista dei vini, alzando poi la testa ad un tratto e sussurrando : - Bri…-
-Mhm?- mugolò l’uomo, ancora alle prese con il suo malumore e con la tovaglia.
- Potresti leggermi la lista dei vini ad alta voce, per favore?- gli chiese la donna, passandogli il menu.
Brian prese l’oggetto, gettandogli un’occhiata. – Perché?-
Helena sorrise nel rispondere : - Perché adoro la tua pronuncia
del francese…-, strappando al compagno un accenno di sorriso.
- Ehm… Ma sei sicuro che sia proprio questo qui?- mormorò dubbioso Tom, grattandosi la nuca distrattamente.
Bill roteò gli occhi esasperato di fronte all’evidente
ottusità del gemello, e esclamò : - Di un
po’… Che c’è scritto sull’insegna?-
- “ La fleur doreè”…-
- E dove ci aveva dato appuntamento Brian?-
-…-
-… qui, Tom, qui! Si chiama così il ristorante di cui ci aveva parlato Brian!-
- Ok, non c’è bisogno di alterarsi!-
Bill non aggiunse altro e prese il fratello letteralmente per la collottola, trasportandolo oltre le porte del locale.
Appena varcata la soglia della sala principale ai due ragazzi parve
evidente che il loro abbigliamento, sebbene fosse adatto ad altri
contesti, fra quei colletti inamidati e quei gioielli sfavillanti e
vistosi apparisse alquanto eccentrico.
Ad un tavolo una signora anziana tossicchiò, nascondendo la
propria disapprovazione nel suo tovagliolo candido, mentre un signore
dai radi capelli color grigio topo dava di gomito ad un terzo
commensale, mormorando : - La ragazza mora sarebbe davvero molto bella,
se solo non si conciasse a quel modo…-
I ragazzi erano intimiditi dallo sfarzo che li circondava, e si guardavano attorno alla ricerca disperata di Brian.
L’uomo si accorse della loro presenza, e si alzò per andare loro incontro, attirando ulteriori sguardi indiscreti.
- Scusa il ritardo… Ma come al solito è lui quello da
incolpare!- sussurrò Bill indicando con il pollice il fratello,
temendo di catturare dell’ulteriore attenzione non richiesta con
un tono di voce più elevato.
Ciò che aveva affermato era effettivamente la verità.
Tom aveva passato un’oretta buona nel cercare degli abiti che lo
facessero apparire “al top della forma”, per non sfigurare
accanto alla compagna di Brian che sicuramente sarebbe stata
bellissima, “come se Brian potesse mettersi assieme ad una
bruttona!”
Tom si voltò verso Bill, indignato, ma Brian mise fine al battibecco con una risata divertita, la prima di quella sera.
- Su, non litigate… Seguitemi!- e li guidò al tavolo prenotato.
Tom vide il profilo di Helena stagliato contro la tenda color beige
pallido della finestra centrale della sala, e pensò che non
aveva avuto torto nel credere che dovesse essere bellissima.
La donna si voltò ed incontrò il suo sguardo con
curiosità, mentre Brian presentava i suoi due amici alla
compagna.
- Quindi voi due siete i famosi gemellini…- sorrise affabilmente Helena.
Si rivolse a Tom con lo stesso sorriso : – Io e te abbiamo già avuto occasione di parlare…-
Tom era ancora piuttosto intimorito dall’aria sicura e disinvolta
della donna, e mosse il capo in un timido cenno di assenso.
In quel momento arrivarono i tanto sospirati antipasti, e i quattro si
accinsero ad assaggiare le portate dall’aspetto piuttosto
misterioso.
Ben presto un’espressione lievemente perplessa, nel caso di
Helena, e apertamente disgustata, nel caso degli altri tre, si
impadronì dei loro volti.
- Cosa… Diavolo… E’ questa roba?- chiese sottovoce
Brian, e Helena sussurrò : - Non ne ho la più pallida
idea… So solo che è orribile!- e i gemelli annuirono,
pienamente d’accordo col giudizio appena espresso dalla donna.
Ci fu un attimo di silenzio, prima che Tom si facesse coraggio e
proponesse esitante : - Ehm… Ma se andassimo a cena da
un’altra parte?-
In pratica, quell’ “altra parte” altro non era se non
l’appartamento dei Kaulitz, dove la cena si svolse in maniera
decisamente meno francese e molto più italiana, visto che
l’unico piatto che a Bill riusciva particolarmente bene erano gli
spaghetti al pomodoro e basilico… Senza quest’ultimo, ma
poco importava.
- Spero non ti manchino troppo le tue escargots, amore…- disse
Brian a Helena, e quest’ultima indicò il suo piatto vuoto,
esclamando : - Assolutamente no! D’altronde, certe cose sono
davvero sopravvalutate…-
Tom sorrise, applicando l’affermazione della donna a ciò che provava per lei.
Una tipa in gamba, quella Helena. Peccato che avrebbe dovuto spazzarla via dalla vita di Brian per prenderne il posto…
Poi li guardò. Attentamente.
Guardò le loro mani spesso posate l’una sopra
l’altra in una tacita carezza, spiò gli sguardi fuggevoli
che si scambiavano di tanto in tanto, e i sorrisi che parlavano di un
rapporto legato da un doppio filo di intimità e
complicità costruite in anni passati assieme, conoscendosi e
imparando l’uno dall’altro piano piano, in un lento
processo di sedimentazione paziente ed accurata.
Realizzò per la prima volta da quando tutto era cominciato di
stare cercando di espugnare una fortezza solida e dotata di fondamenta
robuste.
E come in tutti gli assedi, avrebbe mietuto vittime innocenti.
Buffo. A pensarci provava un senso di vertigine, come nel cercare di
individuare la cima di una montagna rimanendo alle pendici di essa,
mentre lo sguardo si perdeva fra le nuvole.
La sua determinazione non stava di certo vacillando, ma il constatare con i propri occhi quanto
l’obiettivo che si era prefisso fosse oggettivamente ambizioso
aveva raffreddato un po’ la sua solita ed euforica sicurezza in
sé stesso.
E poi Helena gli piaceva, tutto sommato.
E ciò concorreva non poco a farlo sentire sgradevolmente in colpa per ciò che aveva progettato.
Anche Helena ogni tanto dedicava dell’attenzione a quel buffo
ragazzino, troppo esile per quegli abiti extralarge e quella massa di
capelli selvaggiamente arrotolati ed ispidi.
Ci aveva messo relativamente poco a rendersi conto che il ragazzo aveva una bella cotta per il suo Brian.
Bastava far caso a tanti piccoli gesti, al suo modo di rivolgersi a lui, al modo in cui lo guardava…
Era così trasparente, così palese che Helena non
dubitò nemmeno per un istante che Brian potesse averlo capito.
L’altro ragazzo invece la incuriosiva per altri motivi.
Era molto educato e compito nell’atteggiamento, come un bambino a
cui la madre avesse raccomandato di fare il bravo, ed aveva un qualcosa
che la spingeva ogni tanto a soffermarsi con lo sguardo sul suo viso
impeccabilmente truccato, su quei malinconici occhi uguali ed allo
stesso tempo completamente diversi da quelli limpidi del gemello.
Osservandolo più intensamente comprese la natura di quel misterioso “qualcosa”…
Non sapeva nemmeno lei come definire quella sensazione. Quella strana e
vaga impressione che al di sotto di quella superficie così
ordinata e “trasgressiva” allo stesso tempo covasse
qualcosa di più, qualcosa che sfuggiva a lei così come a
tutti gli altri in quella sala da pranzo.
Forse dipendeva solo dal fatto che Bill sembrava incapace di reggere lo sguardo di qualcuno per più di pochi secondi.
Magari era semplicemente molto, molto timido.
O forse aveva paura di tradire qualcosa…
Ok, ora sto esagerando, si disse Helena.
Non conosceva abbastanza il ragazzo per trarre delle conclusioni sulla
sua personalità, e probabilmente non ne avrebbe neanche avuto
tempo, visto che sarebbe rimasta solo per poco.
Ma di certo il giovane Bill doveva essere un soggetto davvero affascinante da studiare…
E a giudicare da alcune occhiate che gli aveva scoccato durante la
serata, anche il suo Brian sembrava pensarla allo stesso modo.
- Allora…- cominciò Tom rivolto a Brian, appoggiandosi
allo schienale della sua sedia per stiracchiarsi con
disinvoltura.-… non dovevi parlarci di qualcosa?-
Brian intrecciò le lunghe dita sotto il suo mento, asserendo : -
Giusto… Si tratta di una proposta che mi gira per il cervello da
un po’ di tempo, e volevo proprio la vostra opinione al
riguardo…-
Bill e Tom si guardarono per un istante, prima che il rasta sorridesse replicando : - Spara!-
L’uomo ponderò per bene le parole con le quali esprimere
il concetto, e subito dopo disse : - Ok… Cosa ne direste di una
collaborazione fra i nostri gruppi?-
I due gemelli rimasero per un attimo silenziosi, increduli di fronte a quella richiesta inaspettata.
Tom fu il primo a riprendersi, sillabando estasiato : - Sarebbe…
Magnifico!- , come Brian si aspettava facesse, d’altronde.
Bill invece appariva ancora piuttosto pensieroso, come se non fosse convinto che l’idea di Brian fosse buona.
- Bill…?- lo sollecitò il fratello, accorgendosi della
sua titubanza e cercando di spronarlo a manifestare il suo parere.
- Perché vorresti collaborare con i Tokio Hotel?- chiese il moro, fissando intensamente Brian negli occhi.
Brian cercò una spiegazione da fornire al ragazzo, ed nel frattempo tentò di fornirla a sé stesso.
Già… Perché voleva lavorare con loro?
Avevano sound differenti, un pubblico differente ed obiettivi differenti.
… ma non era forse quello a stuzzicarlo? Il fatto di unire due
realtà completamente diverse per vedere cosa sarebbe potuto
saltare fuori?
Voleva osare. Voleva verificare tutto ciò che quei ragazzini
avrebbero potuto combinare lavorando insieme al suo gruppo…
Chissà cosa avrebbe potuto tirare fuori Tom da quella sua testa
matta!
Una personalità come la sua avrebbe semplicemente reso
più “scoppiettante” la routine ( se così si
poteva definire ) lavorativa.
E inoltre non poteva negare di essere anche curioso di lavorare gomito a gomito con Bill.
Quel ragazzo era così sfuggente… E più ci pensava
più avrebbe voluto scoprire qualcosa su di lui, ed arrivare
così finalmente a comprendere se quella strana connessione,
quella somiglianza che percepiva fra Bill e sé stesso fosse
frutto della sua immaginazione o no.
Lo aveva avvertito fin dalla prima volta in cui lo aveva visto…
Un’attrazione particolare dettata da quella sua aria un po’
enigmatica, che aveva tentato di dissipare diverse volte con scarso
successo.
Il ragazzo era palesemente a disagio nel relazionarsi con lui e solo
recentemente, dopo la sua “disavventura”, aveva cominciato
a sciogliersi un po’. Ma delle volte ancora permaneva un velo
di mistero sui suoi pensieri.
Ed era un peccato, perché avvertiva una bizzarra affinità di spirito col giovane tedesco.
Gli ricordava un po’ sé stesso da giovane, quando ancora
non aveva bene chiaro in mente il potere e il fascino che si trovava a
dover gestire nei confronti del pubblico… E c’era stato un
momento in cui si era perso dietro allo smalto nero, dietro
all’ombretto e al mascara.
Aveva perso di vista Brian, per un istante. Si era sentito pesare
addosso una maschera che non voleva saperne di restituirgli il suo vero
io, ingoiato da essa con tanta destrezza.
Poi grazie all’età, all’esperienza, a Helena era
riuscito a separare la parte di sé stesso da utilizzare ad uso e
consumo del pubblico che lo seguiva da quella che custodiva e
proteggeva gelosamente da ogni interferenza esterna.
Ma delle volte era dura, molto dura. Perché essere sempre quello
che dà scandalo, quello da cui ci si aspetta solo azioni
strambe, eccentriche, fuori dal normale non era facile.
E poi rimaneva il fatto che, al di là di pochi, per la gente lui
era solo il tizio che sgambettava sul palco con indosso un kilt in
denim . E, pur elaborando il dato razionalmente, a volte provava un
moto di fastidio verso quel personaggio che poteva essere molto, molto
divertente da interpretare, ma delle volte diventava una barriera
antiproiettile fra lui e il mondo circostante.
Qualcosa gli diceva che anche Bill era intrappolato in quella tremenda
fase in cui non si riusciva a trovare il bordo della maschera per
poterla sfilare e prendere un po’ d’aria…
Non voleva certo tenergli la mano nell’ascoltare le sue toccanti
confidenze a proposito di quanto fosse duro conciliare Bill Kaulitz dei
Tokio Hotel con il Bill che si ritrovava a fissare allo specchio ogni
mattina, avrebbe solo voluto avere con lui un rapporto un po’
meno congelato da timidezza e soggezione.
Brian decise naturalmente di rivelare solo la prima motivazione ai due
ragazzi, spiegando quanto sarebbe stato stimolante un confronto fra le
due band.
Bill sembrava avere ancora qualche riserva, ma Tom intervenne
esclamando : - Eddai, Bill, sarebbe una ficata! Pensaci… Non mi
parlavi qualche giorno fa di voler dare una “scossa” alla
nostra musica?-
Tutti ormai pendevano dalle labbra di Bill, che decise di concedere
loro solo un tiepido : - Dovremo parlarne anche con Gustav e Georg,
prima.- che il rasta prese come una dichiarazione di resa, ridendo
soddisfatto : - Lo sai che saranno sicuramente d’accordo…
Cavolo, che fico!-
Bill lo guardò, sempre con la stessa espressione pensierosa, e
poi incontrò gli occhi di Brian, provando i soliti brividi lungo
la schiena.
Lavorare con lui? In che razza di ginepraio era andato a ficcarsi?
Note dell'autrice: questa fic sta sfociando sempre più verso
prospettive fantascientifiche XD... Colpa mia, lo so. Comunque, spero
di avere un po' chiarito le posizioni di Brian nei confronti di Bill (
oddio, non che non siano ambigue, eh, però se non altro
finalmente si è venuto a sapere cosa pensa del suo teutonico
collega...), anche se magari potrebbero lasciar spazio a varie
interpretazioni XD.... Vabbè, quelle le lascio a voi, o Donnine
mie che mi seguite incessantemente, recensendo, preferendo o
semplicemente leggendo la storia....Un bacio a tutte, e grazie :******!
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Capitolo 15 *** XV ***
XV
XV
Inutile dire che, come aveva già previsto Tom con certezza
matematica, Georg e Gustav avevano accolto la proposta di Brian con un
entusiasmo che rasentava l’euforia.
Come dar loro torto… Era una specie di sogno che si avverava,
un’opportunità che anni prima sarebbe sembrata loro
assolutamente impensabile, quasi fantascientifica.
Bill non aveva davvero voglia di dare battaglia opponendosi
all’opinione comune dei suoi amici e di suo fratello, pur sapendo
che quella collaborazione lo avrebbe obbligato a passare molto,
moltissimo tempo con Brian. E ciò era indubbiamente un male per
i suoi freni inibitori, che recentemente avevano dimostrato di non
essere molto saldi.
E sarebbe stato un male anche per Tom.
La vecchia palazzina del centro storico di Lipsia era un edificio dall’aspetto severo ed elegante.
I cornicioni un tempo bianchi erano ricoperti di una sottile fuliggine
nerastra dovuta allo smog ed al tempo che scorreva irrefrenabile,
portando via pian piano ogni traccia del biancore degli stucchi
sottostanti. Le finestre erano imprigionate dietro tristi inferriate
grigie, e sembravano ammiccare come ad implorare un po’ di
libertà sotto il sole mattutino timidamente affacciatosi
aldilà della spessa coltre di nubi che pareva fungergli da
coperta.
Bill alzò lo sguardo verso la finestra che sapeva corrispondere
allo studio discografico presso il quale tante volte avevano registrato
le loro canzoni.
Brian e gli altri già li stavano aspettando.
- Allora… Un respiro profondo…- esclamò Tom,
accanto al fratello, inspirando con la veemenza di un aspirapolvere e
sbuffando subito dopo un piccolo uragano di aria dai polmoni
iperventilati.
- Non stiamo mica andando dal dentista, Kaulitz! – rise Georg,
mollandogli una sonora pacca sulla spalla.- Non c’è
bisogno di tutta questa preparazione psicologica!-
- Ah, per te è facile, perché lì dentro non
c’è l’uomo con il quale vorresti passare non dico il
resto della tua vita ma perlomeno una buona parte di essa!- rispose
Tom, fissando il portone dello stabile mordicchiandosi il labbro
inferiore nervosamente.
- Andiamo, Tom… Cerca di rilassarti! Tanto Brian mica
morde… Bè, forse sarebbe un preliminare interessante, ma
di certo non oggi e non davanti a noi…- scherzò Gustav
maliziosamente, e il rasta si voltò verso di lui replicando con
occhi scintillanti ed ironici : - Non scherzarci troppo su, Gusty
caro… Sai che le mie inibizioni sono quelle che sono, e che non
mi farei troppi scrupoli ad agguantare Brian e…-
- Sentite, sarà il caso di andare?- lo interruppe bruscamente
Bill, forse con un tono di voce un po’ troppo stridulo.
Infatti i tre compagni lo fissarono, straniti.
- Ecco, voglio dire… Siamo qui da cinque minuti buoni a
cianciare di sciocchezze e loro ci staranno aspettando…-
balbettò confusamente il moro indicando la finestra che poco
prima stava rimirando con tanta concentrazione.
Così i ragazzi si incamminarono finalmente verso l’entrata.
I quattro tedeschi arrossirono della stessa sfumatura di vermiglio
quando si trattò di fare la conoscenza degli altri due
componenti dei Placebo e della loro manager, che cercarono subito di
metterli a loro agio, notando il loro imbarazzo.
L’unico che sembrava leggermente più disinvolto dei
ragazzi era Tom, che sorrise a Steve nel salutarlo, visto che avevano
già avuto occasione di conoscersi.
Stefan dal canto suo dedicò una buona parte della propria
attenzione ai “famigerati” gemelli dai quali Brian sembrava
tanto affascinato, cercando ogni tanto di incontrare lo sguardo
dell’amico per interpretare i suoi pensieri.
Non era molto entusiasta di quell’insolita collaborazione, ma
Brian sembrava più che mai deciso a fare di testa sua…
Come sempre, d’altronde.
Persino Alex si era arresa senza protestare troppo di fronte alla sua
determinazione, e questo era di certo un segnale eloquente…
- Allora…- cominciò Brian, osservando gli astanti con un
sorriso, sedendosi su una morbida poltroncina della sala
d’incisione.-…avete qualcosa da proporre o passo
direttamente ad illustrarvi le mie idee? –
Tom diede di gomito al fratello, che mormorò quasi impercettibilmente : - Lo so… Ma non ora! –
- Nulla ? Benissimo.- replicò asciutto l’uomo, alzandosi
dal suo posto a sedere per avvicinarsi al grande pianoforte nero e
lucido della stanza, accomodandosi sullo sgabello senza troppe
cerimonie.
Il gruppetto di persone presenti avevano seguito senza fiatare
l’azione dell’uomo, aspettando di scoprire cosa avesse in
mente.
Brian si voltò, rivolgendo loro i suoi occhi brillanti e
concentrati mentre ordinava, serio : - Adesso ascoltatemi, e ditemi che
ve ne pare.-
L’ambiente venne riempito da una melodia lenta, bassa, grave
sprigionata da una lunga sequenza di movimenti delle dita di Brian
sullo strumento.
Un paio di accordi semplici, ripetuti più volte.
L’aria era densa, raccolta e imbevuta della concentrazione degli spettatori dell’uomo.
La melodia ad un certo punto sembrò accelerare, facendosi via
via sempre più convulsa, impennandosi in vette acute che fecero
sussultare Bill, e Tom se ne accorse, premendo delicatamente il polso
del fratello per far sì che il moro incontrasse il suo sguardo,
rendendolo partecipe dei sentimenti che stava provando in
quell’istante.
Sorrisero, e si sentirono complici. Uniti.
Brian era di schiena rispetto a loro.
Le sue spalle tremavano ad ogni nuova nota, la camicia si tendeva sulle
sue braccia impegnate a plasmare una musica strana, che non sembrava
somigliare a nessun’altra che avessero mai ascoltato in vita
loro, tutti quanti.
Dopo un apice di suoni acuti, la melodia si smorzò in uno
strascico di morbidi accordi sempre più bassi e meno sonori,
fino a quando non si udì più alcuna nota provenire dal
pianoforte, e Brian per un istante rimase immobile, il capo lievemente
chino in avanti, come fosse stremato dallo sforzo di suonare.
Finalmente ruotò su sé stesso, poggiando le mani sulle ginocchia ed esclamando : - Vi piace ? –
I suoi spettatori sembrarono riscuotersi da un torpore profondo,
persino la bionda e granitica manager appariva stranamente incantata da
ciò che era appena avvenuto.
Brian ridacchiò. – Però… Vi ho stesi, eh?-
Stefan si grattò la nuca, con aria stupita : - E’ davvero
notevole, Brian.- e Steve concordò in pieno : -
Decisamente… E’ inusuale, è stramba…
E’ originale.-
Alex sogghignò ironicamente : - Devo ammetterlo, sei riuscito a sorprendermi.-
A quel punto toccava solo ai Tokio Hotel esprimere la propria opinione
riguardo alla sinfonia appena suonata, ma i ragazzi ancora nicchiavano,
imbarazzati.
Brian li fissò, spalancando gli occhi con aria un po’
smarrita : - Che c’è ? Non vi è piaciuta ?-
- No!- quasi urlò Tom, che nel notare l’espressione di
Brian aveva provato l’improvviso impulso di rassicurarlo con un
abbraccio.
- Cioè… Ci è piaciuta… Mi è piaciuta
da morire, è solo che non trovo le parole per dirlo…-
farfugliò confuso il rasta, sentendosi un completo imbecille.
- E’ un crescendo.- commentò recisamente Georg, cercando
di dare una mano all’amico in evidente difficoltà.-
E’ molto intenso, come pezzo. Quasi da pianista romantico
dell’ ‘800.-
I suoi amici si voltarono stupiti a fissare Georg, che esclamò :
- Che c’è ?! Mica posso solo ascoltare roba moderna!-
Gustav annuì, mormorando un semplice : - Bellissima.-
Naturalmente qualcuno mancava all’appello.
E Brian non sarebbe stato davvero soddisfatto senza aver ottenuto la sua opinione.
-… Bill ? – lo sollecitò Brian, fissandolo intensamente.
Il moro sollevò il volto, cercando di donare una forma ai suoi
pensieri in modo tale che ciò che essi esprimevano non sembrasse
troppo privo di senso.
- Io…- iniziò rauco il giovane, schiarendosi la voce con
un suono che raschiò il silenzio calato improvvisamente sul
gruppetto.
Come spiegarlo? Come far capire loro ciò che aveva provato nell’ascoltare quel brano?
-…io credo che sia davvero molto bello, ma forse è poco
adatto… Ad una band come la nostra…- argomentò
esitante Bill, attirandosi un’occhiata seccata da parte di Tom ed
una sorpresa da parte di Georg e Gustav.
- Bè…- mormorò Brian pensierosamente, dopo un
istante in cui era rimasto in silenzio a guardare il moro.- …non
deve essere per forza eseguita al pianoforte. Potrebbe diventare un
assolo di chitarra da inserire in una canzone.-
A quelle parole Georg rise, spontaneamente. – Mi spiace, Brian,
ma non sono sicuro che in questo caso tu possa contare sul nostro
aiuto… Non credo che Tom sia così bravo!-, e il rasta si
voltò verso lui, mugugnando un offesissimo : - Ehi!-
- Perché partire così prevenuti, scusate? – si intromise Gustav, con decisione.
Stefan lo guardò, prima di rivolgersi a Tom : - Ha ragione.
Perché essere così disfattisti? Intanto si può
tentare… Se non riusciamo a convertirla in maniera decente per
la chitarra possiamo semplicemente lasciarla così
com’è… Chi l’ha detto che sia tanto
impensabile? –
- Lui l’ha detto…- scherzò Tom, indicando Bill e
assestandogli uno schiaffo sul braccio, provocando la reazione stizzita
del gemello, che ululò : - Ehi, avevo solo espresso
un’opinione!-
- Va bene, va bene… Calmiamoci tutti quanti.- ordinò
Brian, alzando le mani per sedare lo scontro fra i Kaulitz e
proseguendo nel dire : - Dunque… Prima, quando ho chiesto se ci
fosse già qualche idea da sviluppare, ho notato che Bill
sembrava aver qualcosa da dire…-
Bill arrossì violentemente, mentre tutti gli sguardi dei
presenti si concentravano su di lui, attendendo di venire a conoscenza
dei suoi pensieri.
- Bè, io… Io avevo già preparato qualcosa a
livello… Di testi…- balbettò il tedesco,
massaggiandosi la nuca con aria imbarazzata.
- Hai scritto una canzone, quindi…- dedusse Brian, tornando
seduto sulla poltroncina che poco prima aveva abbandonato e incrociando
le braccia sul petto, fissandolo con attenta concentrazione.
- Argomento? –
Già, era quello il problema, si disse Bill irosamente. L’argomento.
Era per quel motivo che aveva esitato nel sottoporre la canzone al
giudizio di Tom, qualche giorno prima, nonostante poi il rasta si fosse
rivelato assolutamente estasiato da ciò che aveva prodotto.
- Bill, ma è fantastica! Cioè… E’ molto
profonda! Non credo tu abbia mai scritto nulla di simile…-
Già, non aveva mai composto niente di neanche lontanamente paragonabile, fino ad allora.
Forse perché non aveva mai provato prima il sentimento che aveva riversato in quelle parole…
Ora si sentiva un po’ intimorito dall’eventualità
che Brian e gli altri potessero intuire che dietro a quei versi che lui
aveva buttato giù per sfogare la tensione di quel periodo non si
nascondesse altro che sé stesso, le sue sensazioni e le sue
paure.
Aveva sbagliato a far vedere la canzone a Tom. Sapeva che il fratello
non avrebbe fatto cadere la questione e lo avrebbe costretto anche a
sottoporla all’attenzione di Brian.
Grande, grandissimo, enorme sbaglio.
- Parla di… Mhm… E’ difficile da spiegare…- iniziò il tedesco, titubante.
Prese un respiro profondo, cercando di ricacciare sul fondo della sua
mente ogni preoccupazione, e finalmente le sue parole cominciarono ad
incolonnarsi ordinate nel formare un discorso coerente e coeso.
- La canzone tratta di un adolescente, di un ragazzo come ce ne sono a
centinaia… Questo ragazzo un giorno scopre di provare un
sentimento nuovo, diverso, sconvolgente verso una persona che in teoria
sarebbe al di fuori della sua portata… E’ un sentimento
che lo mette a soqquadro, che sovverte l’ordine che era riuscito
a darsi in precedenza, e lui ne ha paura. Una paura boia.-
Bill tacque, attendendo trepidamente repliche da parte degli astanti,
il cuore che martellava nel suo petto in maniera incontrollabile.
Non riuscì a guardare Brian negli occhi, in quel breve lasso di tempo.
L’uomo invece lo fissava, pensieroso, tamburellandosi un dito contro una guancia.
- Come tematica non c’è male…- sentenziò
alla fine, con lentezza.- Hai a portata di mano il testo? –
- Sì…- asserì il giovane, tirando fuori un
foglietto di carta ordinatamente piegato in quattro parti da una tasca
dei suoi jeans e porgendolo a Brian.
Quest’ultimo lo aprì, scorrendo le parole attentamente e formulandone qualcuna a fior di labbra.
Alzò lo sguardo dal foglio solo dopo qualche minuto, con una luce negli occhi assolutamente indecifrabile.
- Sei bravo…- mormorò all’indirizzo di Bill, e il
moro non potè far altro che borbottare un timido ringraziamento,
le guance color cremisi.
- Credo che tutto sommato le parole potrebbero adattarsi molto bene
alla melodia che ho composto… Anche nel testo mi sembra di
avvertire un climax, dico bene?- chiese Brian, e Bill annuì
silenziosamente.
- Dunque niente assolo alla chitarra? – domandò Tom , evidentemente deluso, intrufolandosi nella conversazione.
- Direi di no. Dovremo lavorare ancora un po’ sulla parte
musicale, definire il ritmo e la melodia di strofe e inciso… Poi
se ci saranno delle modifiche da fare al testo dovrai occupartene tu,
Bill… Da quel punto di vista potremmo collaborare.-
Bill sobbalzò, avvertendo una vampata di calore sommergere i suoi zigomi repentinamente.
- Intendi dire che noi due dovremmo… Lavorarci sopra insieme ?-
- Se ti va, ovviamente.- precisò Brian, fraintendendo
l’atteggiamento di Bill che subito replicò : - Sì,
sì, certo che mi va…-
- Scusi se la interrompo, generale…- esclamò ironico
Steve, facendo ridacchiare Brian con quell’allusione al suo modo
di fare un po’ autoritario.
-…avremmo un album da completare entro una certa data, e questo
progetto è completamente al di fuori di ciò che avevamo
programmato in precedenza… -
- Si rilassi, sergente… La canzone non interferirà con il
nuovo disco, e casomai dovesse farlo congeleremo il tutto…
Comunque non è detto che non potremo aggiungerla agli altri
brani già composti.- affermò Brian, sorridendo
soddisfatto.
- Oh, vedo che ha già pianificato tutto, signore…-
- Pianificare è rilassante, sergente. Anche se non sempre possibile.-
E quell’ultima osservazione Bill la sentì direttamente
sulla sua pelle, diventando per l’ennesima volta di fuoco.
Si misero al lavoro alacremente, seguendo la traccia della composizione
pianistica di Brian per arrivare ad estrapolare una melodia che
sembrasse abbastanza soddisfacente per tutti quanti.
Tom si sentiva al settimo cielo.
Era qualcosa troppo bello per essere vero : stava facendo ciò
che più adorava al mondo assieme alla persona che amava .
Un altro po’ e avrebbe sbattuto la testa contro una nuvola per la felicità.
Il clima nel gruppo era semplicemente perfetto : l’intesa era
ottima, e persino Stefan, che all’inizio era apparso molto
cordiale ma piuttosto riluttante nei confronti della loro
collaborazione, si era sciolto, dando il proprio contributo alla
struttura del brano.
Un’esperienza molto piacevole, insomma. E insolitamente facile da
affrontare, visto che i pochi disaccordi presenti venivano gestiti con
calma civiltà.
In quell’atmosfera Bill era riuscito a rilassarsi, esprimendo
finalmente tutto ciò che gli veniva in mente e che poteva essere
utilizzato ai fini della composizione del pezzo.
Le idee che lo avevano solleticato nei giorni precedenti erano tornate
tutte intere e pronte a essere impiegate e migliorate anche da
interventi esterni : preso com’era dalla frenesia creativa che lo
aveva travolto, quasi non si accorgeva di essere oggetto di alcuni
sguardi attenti e curiosi, che si posavano spesso su di lui.
A Brian la situazione appariva molto interessante.
Il giovane tedesco era finalmente immerso nel suo habitat, e
l’uomo riusciva a scorgere qualcosa in più in lui che in
precedenza gli era sfuggito, una passione, un fuoco che lo animava
tutto rendendo il suo sguardo brillante, la sua voce più
squillante e chiara nell’esporre i propri pensieri, il suo
sorriso più ampio e spontaneo.
Una cosa era certa : Bill Kaulitz amava dannatamente la musica. Ed aveva una sensibilità molto, molto sviluppata.
Quei versi che aveva scritto… Erano potenti, concisi ed intensi.
Forse anche troppo, per non essere almeno un po’ autobiografici.
Brian ogni tanto ricordava qualche frase della canzone, tentando di
adattarla a ciò che sapeva del ragazzo, e non poteva fare a meno
di chiedersi chi fosse quella persona.
Chi è, Bill ? Chi ti ha fatto perdere la testa in questo
modo?Quella Michelle, forse? Eppure perché non mi sembra
così plausibile?
Non erano affari suoi, certo, e non era nemmeno una questione che gli
avrebbe impedito di passare delle nottate tranquille,
però… La sua curiosità era stimolata
dall’alone di mistero che celava parecchie cose di Bill, cose che
forse non avrebbe mai svelato a nessuno… Tantomeno a lui.
Ma questo non mitigava il suo interesse nei suoi confronti, né
la sensazione che i loro caratteri si somigliassero in maniera assurda.
Note dell’autrice: io ho davvero amato scrivere questo capitolo,
che mi ha fatto anche accorgere che io Brian non l’ho mai visto
suonare il piano O_O … Per chi mi conosce non suonerà
dunque strano il fatto che per la scena dell’assolo mi sia
ispirata al modo di suonare di Matthew Bellamy ( meraviglioso. E’
così dimentico di tutto quando suona che vorresti tirarlo per
una manica e dirgli : - Ehi, bello, torna sulla Terra!- XD…),
nonostante l’immagine di quella cosetta piccola che è
Brian intenta a martellare i tasti sia ancora piuttosto nitida nella
mia mente *______*… Spero sia piaciuta anche a voi, mie esigenti
lettrici, come anche il resto del capitolo =)! Baci e grazie
dell’attenzione :****!
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Capitolo 16 *** XVI ***
XVI
XVI
I giorni passarono in fretta, più in fretta di quanto avessero
previsto i componenti delle due band all’inizio.
Proprio in virtù della loro celerità e del loro accordo,
alla canzone mancava poco per venire finalmente alla luce, dopo quasi
due settimane di lavoro che avevano lasciato anche spazio alla
registrazione dell’album dei Placebo.
La musica era stata ultimata, mancava solo la parte relativa all’adattamento del testo.
La parte che Bill temeva di più, perché avrebbe coinvolto anche Brian.
Solo loro due, insieme, senza nessun altro attorno ad interferire fra loro…O a fargli da scudo.
Ok, poteva farcela. In fondo si trattava solo di lavoro, no?
Lavoro. Lavoro. Lavoro. Il mantra di quella mattinata, per Bill.
Brian non aveva ritenuto necessario invitare gli altri compagni allo
studio per sistemare la questione testuale, possedendo già la
base musicale incisa su CD, quindi la sala d’incisione era
piuttosto vuota e silenziosa rispetto ai giorni precedenti, che
l’avevano sentita risuonare di risate, battute e tanta,
tantissima musica.
Bei giorni, quelli, si disse Bill, facendo ingresso nell’ambiente
con aria circospetta, guardandosi attorno quasi furtivamente.
- Sembri un ladro, lo sai? – lo apostrofò ironicamente una voce.
Bill trasalì per la sorpresa, voltandosi verso la direzione
dalla quale sembrava essere provenuta la frase, e notò la
presenza di Brian, seduto come sempre in un angolo sulla solita
poltroncina, della quale era gelosissimo.
Una delle piccole caratteristiche che rendeva Brian più umano ai suoi occhi, fra l’altro.
La sua fissa per i dettagli anche minimi, il suo essere un po’
egocentrico ed autoritario, la testardaggine con la quale difendeva le
proprie convinzioni, salvo poi ammettere di aver sbagliato quando
effettivamente l’evidenza dei fatti lo metteva con le spalle al
muro… Tutte cose che Bill aveva avuto modo di notare in quei
giorni di lavoro fianco a fianco, e che nonostante avessero mutato la
percezione un po’ “mitizzata” che il tedesco aveva di
lui non avevano diminuito nemmeno di un grammo il fascino che
l’uomo esercitava sul suo animo.
Perciò la canzone che si accingevano a modificare in maniera
più o meno importante ancora rispecchiava perfettamente
ciò che si agitava nel suo intimo.
- Non ti avevo visto…- replicò Bill, a mo’ di
giustificazione per il modo in cui si era “intrufolato”
nello studio.
Brian sorrise, e si alzò dal suo posto per andare incontro al suo interlocutore.
Tentando di mantenere una parvenza di tranquillità, Bill
cercò di concentrarsi solo su dettagli che potessero distogliere
la propria attenzione da quella presenza inebriante che si avvicinava
sempre più a lui.
Primo dettaglio : la stanza era molto più in ordine dei giorni
scorsi, senza fogli di carta appallottolati e bicchieri di plastica
lasciati ovunque… Non c’era traccia di polvere sui pochi
mobili che riempivano l’ambiente, e il parquet del pavimento
splendeva, tirato a lucido.
La ditta di pulizie che si occupava del palazzo doveva essere molto
efficiente, sì sì… E a proposito di pulizia Bill
notò un secondo dettaglio che lo colpì molto : quel
giorno Brian era completamente struccato.
Struccato, e vestito di bianco, per giunta… Una specie di imitazione di angelo, insomma.
Un’incantevole imitazione.
Brian si passò una mano fra i capelli, sospirando : -Ok…
Vogliamo cominciare? Così entro l’ora di pranzo dovremmo
aver completato l’opera… Devo incontrarmi con Helena verso
l’una e venti .-
Bill annuì con fermezza, ignorando di proposito il leggero
brivido che lo aveva scosso nel sentire il nome della donna di Brian.
L’uomo si lasciò cadere a peso morto sulla poltroncina,
invitandolo a sedersi accanto a lui e cominciando ad esporre le sue
idee riguardo ai cambiamenti da apportare al testo per permettere che
la metrica si adattasse alla melodia, senza che il concetto espresso
perdesse in forza espressiva.
Lavorarono per un’oretta circa, senza incontrare particolari
ostacoli sul loro percorso, e quando alzarono le teste dai versi
modificati sospirarono entrambi con soddisfazione.
Tutto sommato era stato meno difficile del previsto, e il testo
continuava ad esprimere una carica emotiva molto intensa, che ben si
fondeva col crescendo della musica eseguita al pianoforte.
- Bene, allora non ci resta che incidere il cantato, visto che avanza
del tempo…- mormorò Brian, gettando un’occhiata
all’orologio.
- Come, scusa? – domandò Bill, confuso, e Brian rispose :
- Bè, la base ce l’abbiamo, il tecnico
c’è… Perché no? –
Bill provò ad opporsi, sentendosi un po’ preso alla
sprovvista : - Ma non lo avevamo pianificato prima…- al che
Brian rise, replicando : - Lo sai come la penso al riguardo,
Bill… Pianificare è rilassante, ma non
indispensabile… Gli imprevisti possono capitare, e possono
essere proficui o persino divertenti, delle volte…-
L’uomo si chinò verso il tedesco, terminando con tono serio : -…e forse dovresti fartene una ragione.-
Così finirono per registrare il duetto, e fu un’esperienza che Bill non avrebbe scordato facilmente.
Un conto era trasformare in inchiostro i propri sentimenti, lasciando
che un foglio di carta li accogliesse con il suo disponibile e
silenzioso abbraccio… Ma urlare la frustrazione e la confusione
che lo dominavano da molto tempo, ormai, contro un microfono che non
faceva altro che amplificare e sbattere in faccia a tutti coloro che
ascoltavano la verità su di sé non era cosa facile da
sopportare.
E poi c’era lui, accanto.
C’era Brian che urlava e cantava con la sua stessa
intensità di quell’attrazione che non aveva fatto in tempo
a nascere che subito era stata condannata a morire soffocata nel suo
petto, cantava, e sembrava impadronirsi di quel dolore, farlo suo,
sentirlo su ogni singolo centimetro della sua pelle, e Bill aveva
voglia di fermare la musica, strappargli via le cuffie dalle orecchie
per potergli prendere il viso fra le mani e implorarlo di
tacere… Doveva tacere. Perchè lui non sapeva cosa diceva,
e anche se lo avesse saputo avrebbe preteso che smettesse di cantare
comunque.
Lasciò sfogare quel desiderio selvaggio nella musica,
permettendo che essa lo imbrigliasse con destrezza, e cantando come se
quella fosse l’ultima registrazione della sua vita.
Quel trasporto, quell’intensità non sembrarono passare
inosservate agli occhi di Brian, che pure non lasciava trasparire nulla
dello stupore che provava in quel momento nel notare come la voce di
Bill fosse arrochita, cruda, potente nello scandire parole che, e
adesso l’uomo ne era perfettamente sicuro, dovevano essere il
riflesso di un conflitto provocato da un sentimento impossibile da
spiegare, da cancellare o da ignorare.
Per la prima volta Brian aveva davanti a sè Bill Kaulitz.
E forse finalmente, attraverso il canale atipico della musica, la
connessione che andava cercando fra loro aveva trovato modo di
attuarsi…
Era l’unica spiegazione valida che riusciva a giustificare la
maniera in cui le loro voci si intersecavano alla perfezione, in un
gioco di controcanti che fece scorrere un brivido lungo la schiena
anche al tecnico presente al di là del vetro insonorizzato.
- Wow…- mormorò Brian, appena le ultime note del brano
svanirono nel silenzio ed entrambi poterono uscire dalla sala
insonorizzata.
- …ci hai davvero messo il cuore.-
Bill, ancora tremante e scosso dalla potenza delle emozioni che aveva
sprigionato attraverso il canto, rispose atono, senza pensare : -
Purtroppo sì.-
La replica del tedesco lasciò Brian un po’ interdetto :
rimase ad osservarlo con aria interrogativa, senza però osare
chiedergli il significato di quelle parole.
Alla fine decise di cambiare argomento, per superare quel momento di
perplessa e pesante empasse, commentando con aria casuale : - Mhm,
sarà meglio che adesso vada in albergo per darmi una
sistemata… Sembro uno straccio, oggi.-
Strano, pensò Bill, a me non sembra proprio.
Se tutti gli stracci somigliassero a te non avrei cuore di usarli per pulire il pavimento…
Strizzò gli occhi e scosse il capo, cercando di sbarazzarsi di
quell’osservazione improvvisa che fungeva da ciliegina sulla
torta della propria instabilità emotiva.
Però, e fu il primo a sorprendersene, non potè fare a
meno di bisbigliare frettolosamente, evitando lo sguardo del suo
interlocutore : - Non è vero… Stai bene anche
così.-
Brian sembrò metterci qualche secondo ad elaborare il
complimento – chiaramente non se l’aspettava – e lo
ringraziò con un breve sorriso.
Dopodiché si salutarono senza troppi salamelecchi, e Bill decise
di fare una passeggiata nel centro storico per schiarirsi le idee
confuse.
Il cellulare vibrò come un calabrone impazzito e furibondo nella
tasca posteriore dei suoi jeans, proprio mentre si accingeva a scalare
la montagna di gelato che troneggiava davanti a lui in quel momento,
sul tavolino di legno chiaro.
Anche se il caldo torrido dell’estate era sbiadito
nell’insoddisfacente tepore dell’autunno da poco iniziato,
non aveva saputo resistere al richiamo di quella piccola gelateria
semideserta e di quel donnone della proprietaria, la quale appena lo
aveva visto gli aveva rimproverato la sua magrezza, accalorandosi non
poco.
Quello era stato il primo avvenimento della giornata che lo aveva fatto ridere di cuore.
Affondò il cucchiaino nella coppa ipercolorata e afferrò
di malagrazia il telefonino, accingendosi ad accettare la chiamata,
proveniente da casa sua.
Senza lasciar tempo all’interlocutore di pronunciare
alcunché, sillabò con strascicata insofferenza : - Tom,
mi trovo davanti ad un Everest di pistacchio, cioccolata, crema e
fragola guarnito con panna e Smarties… Quindi dovrai inventarti
qualcosa di molto valido e sensato per catturare la mia
attenzione…-
- Mhm, Smarties! Deve essere davvero buono…-
Bill quasi cadde dalla sedia, riconoscendo la proprietaria della voce e
della risata che stavano trillando allegramente in quell’istante
direttamente contro il suo timpano.
- Michelle!- urlò, stupito. Poi si ricordò che era sabato
mattina e che era quasi ora di pranzo ( della qual cosa si era
altamente infischiato, cedendo alla tentazione di quel gelato
stratosferico ), ergo la sua ragazza doveva essere arrivata dalla sua
cittadina da un bel po’, e Tom doveva essere andato a prenderla
come d’accordo.
- Perché sembri così sorpreso di sentirmi ? –
chiese la biondina, e Bill bofonchiò qualcosa di incomprensibile
come risposta.
Non poteva certo rivelarle che, fra Brian e la canzone, il suo posto
nella graduatoria dei suoi pensieri pressanti era notevolmente
sceso… No, proprio non poteva dirglielo.
Michelle glissò con noncuranza sull’argomento, abbordando
invece proprio quello che era stato fonte di preoccupazione e
turbamento per lui nelle ultime due settimane.
- Tom mi è venuto a prendere alla stazione e mi ha detto che non
avevi potuto farlo tu perché eri impegnato, stamane …E
poi mi ha parlato del fatto che avete inciso una canzone con i Placebo,
in questi giorni! Perché non me l’hai detto prima?
Accidenti, per una volta che non ho potuto raggiungerti mi dovevo
perdere una cosa del genere! A proposito, ti sono mancata, la settimana
scorsa? –
Il modo di parlare di Michelle, il suo tono così frizzante, allegro, la sua presenza solare e positiva…
Era tutto così… Così…
- Che domande… Certo che mi sei mancata, tesoro! –
esclamò Bill, raggelando subito dopo nell’accorgersi
dell’effettivo sforzo che aveva impiegato nel rendere
l’intonazione più gaia e convinta possibile.
Insomma, non era felice di sentire la sua ragazza e di rivederla dopo
due lunghissime settimane? Non si era forse sentito perso quando la
ragazza lo aveva avvertito che non avrebbe potuto venire a Lipsia, lo
scorso week-end?
Quella risata, quella voce rassicurante, gentile non gli erano mancate?
- Oh, amore, anche tu mi sei mancato da morire!- sussurrò Michelle, ed era senza ombra di dubbio totalmente sincera.
- Senti, perché stasera non usciamo io e te da soli? Ho voglia
di stare un po’ con te, le nostre chiacchierate mi sono mancate
tantissimo… A te no?- continuò dolcemente la ragazza, e
Bill rispose un po’ impaziente : - Ma certo che mi sono
mancate… E’ ovvio, no?-
Dall’altro capo vi fu un silenzio strano, pesante, che parlava da
sé della profonda confusione che aveva colto la biondina
nell’avvertire quel tono leggermente seccato e brusco, giunto in
maniera del tutto inaspettata.
Bill riempì subito quel vuoto facendolo risuonare del suo
repentino senso di colpa : - Scusami, tesoro… Sono un po’
stanco, al momento, e non ci sto granchè con la testa… Ti
prometto che stasera usciremo e parleremo fino allo sfinimento di tutto
quello che vuoi, va bene?-
Michelle si riscosse con la consueta prontezza dalla sua
perplessità, ritornando entusiasta e carica di energia come
sempre : - Oh, che bello! Allora ci vediamo quando torni, ok ? –
Il giovane tedesco la salutò con distacco pensieroso e
sbrigativo, dicendole che sarebbe tornato dopo aver finito la
tonnellata di gelato che cominciava a liquefarsi in grosse gocce
cremose, le quali colavano lente sovrapponendosi fra di loro.
Bill sgranocchiò con lentezza gli Smarties ad uno ad uno,
dicendosi che tutto sommato non c’era bisogno di andare tanto di
fretta.
Quella sera Michelle aveva voluto occuparsi personalmente di truccarlo,
e Bill non si era rifiutato…Come sempre, di fronte alle
decisioni della sua ragazza.
Mentre Michelle si affaccendava con pennellini e arnesi vari per
trasformare il suo viso nella solita maschera così familiare a
milioni di persone nel mondo, Bill rimuginava silenziosamente i suoi
pensieri.
Nell’osservare le movenze di Michelle, le espressioni del suo bel
visetto e i commenti che ogni tanto lasciava cadere per sottolineare
quanto la sua opera stesse riuscendo bene, Bill tornò con la
mente ai frenetici minuti che avevano preceduto la performance dei
Tokio Hotel al Rock am Ring di quell’anno.
Stava aspettando la sua fidata Klara, e invece si era trovato davanti quell’apparizione bionda e rosa.
Chi lo avrebbe immaginato che avrebbe fatto irruzione così prepotentemente nella sua vita?
Era stata una delle tante variabili impazzite che si erano presentate
sul suo percorso nel giro di qualche mese, che a rivederli apparivano
una giostra di emozioni convulse e indistinte, un caleidoscopio folle
di pensieri e pulsioni contrastanti.
E in mezzo a tutto ciò, l’unico punto fermo era costituito da lei.
Oh, quante volte si era servito di lei per scacciare altri desideri nascosti ed intollerabili, per uno come lui?
Quante volte era stata il suo alibi di ferro?
…ma perché diamine stava pensando quelle cose?
Il troppo lavoro doveva avergli dato al cervello.
Note dell’autrice : Cambio di stile, per quanto riguarda il mio
spazietto… Perché è giusto che io risponda
personalmente a tutte le vostre lusinghierissime recensioni
*_____* ( davvero, siete troppo buone >///////< ! )!
Dunque, cominciamo…
Nainai : ….perchè quella risata sardonica O_o ? Brian fa
così schifo al piano XD?? E comunque credo che mi sarei ispirata
a Matt comunque, non resisto senza fare almeno un timido accenno a quel
benedetto ragazzo ogni tanto ( e non credo che comunque sia un male,
visto che Matt è sempre e comunque l’Amore *_____*
)… Per quanto riguarda la storia sono felice di averti trasmesso
quel clima di serenità in cui volevo immergere soprattutto Bill,
per strapparlo una volta tanto dalle sue fisime XD… Povero caro,
e lo aspetta ancora tanto altro!
Valux91 : il palaaaazzoooo, quanto ho adorato descriverlo *________* !!
Io sono la Donna Che Si Perde Nei Dettagli Secondari,
d’altronde… E adoro descrivere anche caratteri
“fumosi” come quello del piccolo Bill, o dello stesso
Brian ( è bello che tu condivida questo mia passione per questa
tipologia di personaggi XD! ) ….Sono contorta, lo ammetto XD!
Muny_4Ever : mhm….Diciamo che la ragione principale per cui Bill
si tiene tutto dentro è anche quella, ma ci sono tanti altri
fattori che contribuiscono a mandarlo in crisi, e molti di essi sono
riconducibili sotto il nome di *a-hem*…. Sega mentale, se mi
passi il termine un po’ forte XD… Sono contenta che il
capitolo ti sia piaciuto *____*!
Facy : Aaaahh, tu vuoi davvero farmi scomparire >/////< ! Tutti
questi complimenti XD! Grazie, davvero! E, per rispondere alla tua
domanda sulla “macchina da presa”…Bè,
fondamentalmente ammetto che il rapporto Brian/Bill mi ha sempre
attratto di più, in quanto contiene al suo interno molte
sfaccettature e zone d’ombra che per essere almeno un po’
chiarite devono per forza occupare un po’ più di spazio
rispetto al rapporto Brian/Tom… Adoro letteralmente quello
sciroccato del “mio” rasta, ma fondamentalmente io ho il
pallino per le storie un po’ “oscure” XD… E in
Tom non c’è nulla che non sia stato già esposto
alla luce del sole <3 ( la mamma ti ama ancora, Tomi *______* ! ),
quindi XD…
Naturalmente ringrazio di cuore anche chiunque abbia letto la fiction senza commentare! Baci :****!
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Capitolo 17 *** XVII ***
XVII
XVII
Tom era disteso a pancia in giù sul suo letto, completamente
assorto nella melodia che il suo stereo stava diffondendo
nell’intimità della sua camera.
Due voci che conosceva fin troppo bene disegnavano parole e note
nell’aria con una precisione netta e professionale, come gli
sembrava non avessero mai fatto prima.
Due voci incattivite e disperate, irriconoscibili.
Non aveva mai captato nel timbro di Bill una rabbia simile, quel tono così rancoroso e cupo.
Era assolutamente sbalordito dalle capacità interpretative del
suo gemello, e mentre la canzone si esauriva in un ultimo accordo
soffuso e il rasta si era già pigramente allungato verso il
lettore CD per selezionare di nuovo la canzone e riascoltarla, Bill
entrò nella stanza, aprendo la porta con sguardo severo.
- Insomma, hai finito con questa dannata canzone ? E’ la quarta volta di fila che la ascolti! –
Tom gli rivolse un’occhiata contrariata, esclamando irritato : -
Ehi, dovresti essere contento del fatto che il brano mi piaccia
così tanto, no? –
Il moro sbuffò, roteando con effetto involontariamente comico
gli occhi per manifestare la propria insofferenza nei confronti del
fratello. Poi gli concesse, magnanimamente : - Va bene. Però
almeno tieni il volume un po’ più basso, mi hai davvero
ucciso con questa canzone, da una settimana a questa parte.-
- Lo sai che quando perdo la testa per qualcosa divento un po’
ossessivo…- sogghignò Tom, riavviando la canzone con un
breve gesto e tornando sdraiato sul suo letto, nella più totale
e rapita concentrazione nei confronti di ogni singolo vocalizzo ed
acuto vagante fra i ristretti confini dell’ambiente circostante.
Bill non potè fare a meno di sorridere, mentre chiudeva la porta
uscendo dalla camera di Tom, mormorando fra sé e sé : -
Questo lo avevo capito, Tom…-
Il ragazzo tornò davanti allo specchio del bagno, riprendendo a truccarsi con attenzione.
Quella sera non avrebbe potuto approfittare dei servigi di Michelle,
visto che la ragazza era scappata nel pomeriggio lasciandolo solo,
affermando misteriosamente di “avere in serbo una sorpresa per
lui”.
Ogni tentativo di scoprire in cosa consistesse la
“sorpresa” era stato vano ; la ragazza sapeva essere
assolutamente impermeabile a qualunque tipo di moina ed astuzia, e
aveva riso della sua irrefrenabile curiosità fino a quando Bill
non si era arreso di fronte al suo silenzio imperscrutabile.
Doveva essere comunque una serata da soli a tu per tu, visto che Georg
e Gustav erano fuori città per tutto il week – end e Tom
si accingeva ad uscire un’ultima volta con Brian.
Già, perché Brian il giorno seguente sarebbe partito per
tornare a casa, e il gemello aveva insistito per passare
un’ultima serata insieme, loro e i Placebo al completo…
Ma poi Michelle aveva parlato di quella misteriosa sorpresa, e Bill aveva rinunciato all’incontro.
Senza fra l’altro sentirsi davvero dispiaciuto per questo.
Avrebbe salutato tutti quanti la mattina dell’indomani, chiudendo
finalmente quella parentesi aperta da fin troppi mesi, ormai.
… finalmente?
Era davvero sollievo, quel sentimento che stava provando? O meglio, era solo sollievo?
Rifugiandosi nel solito schema di dissimulazione che tanto gli era
divenuto familiare, durante tutto quel tempo passato a relazionarsi con
Brian, il ragazzo decise di non indagare a fondo le proprie emozioni,
per il momento, e continuò a prepararsi di gran lena.
Il citofono suonò aspramente verso l’ora stabilita da
Michelle per il loro appuntamento, e Bill rispose dando per scontato
che fosse la sua ragazza a chiamare : - Sali, Michelle. –
Una risatina civettuola precedette la replica della biondina : - No, devi scendere tu. –
Quando il giovane uscì dallo stabile rimase a bocca aperta di
fronte allo spettacolo che gli si parò davanti agli occhi.
Certo, non che non avesse mai visto né usufruito di una
limousine prima di allora, ma di certo non si aspettava di trovarsene
una davanti proprio quella sera.
Un finestrino nero si abbassò lentamente, rivelando il volto
sorridente di Michelle, incorniciato dal bianco luccicante della
carrozzeria della vettura.
- Andiamo… Perché quella faccia ? Dovresti essere
abituato a tutto questo lusso! – scherzò la ragazza,
notando l’espressione confusa che albergava sul volto del
compagno.
Il moro si avvicinò al finestrino aperto, gettando
un’occhiata all’interno dell’abitacolo che la
ospitava e poi soffermandosi a lungo sugli occhi scintillanti di lei.
Sentì il senso di colpa solleticare la sua coscienza, involontariamente.
Stava facendo tutto ciò per lui, per lui che in quelle
pochissime ore che avevano trascorso ultimamente assieme era stato
distante, pensieroso e freddo.
Si era sentito morire quando, nel riaccompagnare Michelle alla stazione
la scorsa settimana, non era riuscito a trovare in sé un
sentimento più caldo e più consono di un timido affetto
nei suoi confronti.
Dov’era finito l’amore? E la passione?
… c’erano mai stati, poi ?
Aveva mai provato qualcosa di ardente, di accecante nei suoi confronti?
Si era mai sentito in preda alle vertigini, nel pensare a lei?
Per una volta, non era riuscito a nascondere a sé stesso anche quella inconfutabile verità.
No, non la amava.
Era affezionato a lei, a quella deliziosa abitudine che era diventata
nel corso del tempo, ma la passione era un’altra cosa.
Era una minaccia che lo soffocava e lo terrorizzava, era quella cosa
che si rifiutava di ammettere senza riuscire ad ucciderla
definitivamente.
E fu proprio in quel momento che Bill Kaulitz smise di lottare contro di essa.
Fu un cambiamento repentino, fulmineo ma appena percettibile all’esterno.
Infatti Michelle sembrava non aver notato come le spalle di Bill si
fossero afflosciate improvvisamente mentre lo invitava a salire
sull’automobile, alla volta di chissà quale destinazione.
La limousine accostò di fronte ad un hotel che
dall’insegna agli infissi sembrava trasudare un’aura di
soldi e lusso sfrenato.
Un portiere dall’aria impeccabilmente annoiata salutò
cerimoniosamente Bill e Michelle quando fecero ingresso nella hall, i
loro passi considerevolmente attutiti dallo spessore dell’enorme
e sgargiante tappeto persiano che riposava sul pavimento in granito
dell’ambiente.
Senza scambiare una parola con Bill la bionda si avvicinò alla
reception, bisbigliando qualcosa in gran segreto alla sorridente
impiegata dietro al bancone di legno scuro, che le passò subito
una chiave ancorata ad un pesante ninnolo di ottone.
Michelle si voltò verso il suo ragazzo, facendogli segno di seguirla nell’ascensore.
- Santo Dio…- mormorò Bill, appena si furono bloccati
davanti ad una porta del lungo corridoi nel quale si era infilato,
seguendo Michelle fedelmente come un cagnolino.
La ragazza sorrise del più largo dei suoi sorrisi.
- Un numero familiare, eh ? – chiese ironicamente, mentre Bill
sillabava a fior di labbra un basito : - Stanza 483…-
- Io non lascio mai nulla al caso, Kaulitz!- esclamò
allegramente Michelle, infilando la chiave nel buco della serratura ed
aprendola con uno scatto appena udibile.
Per la seconda volta Bill si trovò di fronte qualcosa di inaspettato.
La stanza era illuminata dal soffice e discreto chiarore di tante
candele disseminate in punti diversi di essa, di modo che
l’effetto fosse intimo ma allo stesso tempo l’illuminazione
fosse abbastanza intensa da permettere di notare i particolari che
agghindavano la suite.
Una scia di petali rosso scuro tracciava un sentiero dalla soglia fino al letto a baldacchino.
Il raso del copriletto appariva cangiante nel bagliore fuggevole e
tremolante che lo illuminava : la stoffa era macchiata dai tocchi di
colore dei petali di rose presenti anche sul materasso, e quella
visione sembrava un’invitante e dolcissima promessa di una notte
d’amore.
- Deve esserti costato un casino…- fu tutto ciò che Bill
riuscì a commentare, mentre ancora si guardava attorno e
respirava il profumo delicato che sembrava spirare direttamente dalle
pareti della camera.
Michelle gli si avvicinò, prendendogli il volto fra le mani e
sussurrando con un lieve sorriso : - E’ tutto quello che sai
dire, Kaulitz ? –
Lo baciò teneramente, gettandogli languidamente le braccia al
collo e permettendo che i loro corpi aderissero perfettamente
l’uno all’altro.
Si staccò da lui solo per bisbigliargli ad un orecchio : - Da
qualche tempo ti ho visto giù di corda, e ho pensato di poter
fare qualcosa al riguardo… Una serata tutta per noi, da soli, in
questo posto meraviglioso… E pensa, stavolta non dovremo nemmeno
fare attenzione a Tom dall’altra parte del muro… Potremo
urlare, far cigolare il letto, essere liberi di fare ciò che
vogliamo…-
Bill arrossì violentemente a quelle parole, e provò
l’impulso di fuggire da quell’alcova ovattata per tornare
nel proprio appartamento, seduto sul divano davanti alla TV .
Respinse con garbo la ragazza, guardandola appena negli occhi, prima di
voltarle le spalle ed allontanarsi di qualche metro da lei.
Ma Michelle non era tipo da arrendersi tanto facilmente di fronte ad un ostacolo.
- Amore… Ma cos’hai?- domandò premurosamente la
bionda, avvicinandosi alla schiena di Bill quel tanto che bastava da
poterla sfiorare affettuosamente.
Bill si morse il labbro inferiore, combattuto fra la voglia di essere
finalmente sincero con lei e la paura di ferirla e deluderla.
Valutò per un attimo la possibilità assurda di correre
verso la porta e svignarsela in tutta fretta, ma naturalmente
l’ipotesi venne scartata immediatamente.
Purtroppo l’unica maniera giusta e razionale di affrontare la
situazione era anche quella più ardua da mettere in atto.
Bill si sedette pesantemente sul ciglio del letto, schiacciando sotto il suo peso alcuni petali rossi.
- Dobbiamo parlare, Michelle. –
Il ragazzo non riuscì ad interpretare il guizzo di luce che
animò gli occhi della biondina per un secondo : preferì
credere che si trattasse del riflesso di una candela.
Michelle seguì l’esempio di Bill, sedendosi accanto a lui.
- Ok… Allora, parliamo.- rispose lei aggrottando le
sopracciglia, palesando in quella smorfia la sua confusione per
l’atteggiamento tenuto dal suo ragazzo.
Nonostante l’invito di Michelle, Bill rimase in silenzio per un
po’ torcendosi le mani, flettendo e distendendo le dita come se
con quel gesto avesse voluto afferrare le parole giuste da pronunciare
in quella circostanza.
- Non… Non sono stato sincero con te, Michelle. E’ molto
tempo che io… Io…- balbettò il ragazzo, sospirando
pesantemente nel fermarsi a metà del discorso.
Era orribilmente difficile parlare con quel groppo in gola che
paralizzava la propria voce, rendendola un verso strozzato ed
incomprensibile.
- Sincero? Bill, che cosa stai cercando di dirmi? – si
allarmò Michelle, afferrando una mano di Bill strettamente, per
poi lasciarla andare bruscamente, come fosse incandescente.
- Oddio… Tu… Tu sei…-
Il moro la fissò negli occhi, sentendosi quasi galleggiare in
aria di fronte al peso della rivelazione che recava lo sguardo di
Michelle.
- … tu sei innamorato di un’altra…-
Con enorme sorpresa della biondina, Bill gracchiò una risata sterile ma sonora, priva di alcuna traccia di gioia.
- Santo cielo, perché cazzo staresti ridendo, ora ?? –
urlò la ragazza, scattando in piedi con occhi fiammeggianti di
ira.
Bill smise all’istante di ridere, e abbassò lo sguardo sul
pavimento, mormorando : - Perdonami, non volevo prenderti in giro. Solo
che, bè, hai ragione… Ma solo in parte.-
Il ragazzo raccolse un minimo di coraggio per tornare ad affrontare il
viso affranto e sconvolto di Michelle, e con voce più chiara e
squillante del solito pronunciò una frase che sembrò
frustare l’aria con la sua graffiante semplicità : -
… io sono innamorato di Brian. –
Tom era impaziente.
Brian e i suoi compagni erano in ritardo di qualche minuto, e
più l’attesa cresceva più il ragazzo si sentiva
oppresso da un incontrollato nervosismo.
Fu tentato di chiedere una sigaretta ai ragazzi che ciondolavano fuori
dal solito pub, chiedendosi se avesse potuto avere un effetto benefico
sui suoi nervi tesi, ma rinunciò all’idea quando vide
trotterellare all’orizzonte una figura inconfondibile.
- Ehi, sei in ritardo, ragazzo! – scherzò Tom quando Brian
gli si avvicinò abbastanza per salutarlo con un breve abbraccio
: il rasta allungò poi il collo per guardare dietro
l’uomo, come aspettandosi di vedere sbucare Stefan e Steve da un
momento all’altro.
- No, non credo di essere abbastanza grosso da nascondere dietro di me
Stef e Steve, Tom…- commentò ironicamente Brian, notando
le manovre del tedesco e ridacchiando sotto i baffi.
- Ma non dovevano venire anche loro? – chiese Tom, confuso dall’assenza dei due uomini.
Brian si strinse fra le spalle, replicando : - Mi hanno detto che
preferivano restare in albergo a fare i bagagli e andare a dormire ad
un’ora decente, perché domattina dovremo comunque
svegliarci presto, quindi…-
Poi l’uomo sorrise all’indirizzo del rasta, mormorando : - Ma, come vedi, io non ti ho tradito…-
Quelle parole si trasformarono in un lungo brivido caldo lungo la
schiena di Tom, che sorrise di rimando, mentre si avviavano verso le
porte del locale.
Così, erano soli, si disse Tom appena ebbero preso posto al
solito tavolo… L’unico terzo non troppo incomodo era
l’esaltazione che lo rendeva elettrico e loquace più del
solito, alimentata dalla consapevolezza che finalmente, quella sera, si
sarebbe dichiarato.
Avrebbe rivelato a Brian i suoi sentimenti prima che fosse troppo
tardi, prima che partisse per tornare da lei, e forse… Forse
sarebbe cambiato tutto…
Come sempre i due amici bevvero e chiacchierarono animatamente per
buona parte della serata, mentre i bicchieri vuoti accanto a Tom
cominciavano ad aumentare di numero, come di pari passo stava
aumentando la sua euforia.
Le luci e le voci attorno al rasta apparivano sfuggenti ed
indistinte… L’unica certezza che ad un certo punto il
ragazzo incontrò dinanzi a sé era un Brian che
ridacchiava malizioso : - Sai, a vederci così, sempre in giro
insieme, la gente potrebbe equivocare…- , riappropriandosi poi
della cannuccia del suo bicchiere con le labbra.
Tom drizzò il capo di scatto a quell’affermazione, e il
gesto fece oscillare ancora di più la sua vista annebbiata
dall’alcool.
L’uomo non si era accorto del movimento del suo compagno, e continuò a sorseggiare lentamente il suo cocktail.
Forse erano il tasso alcolico nel suo sangue ad obnubilare i suoi
sensi, ma a Tom Brian non era mai sembrato tanto bello, tanto
provocante come in quell’istante.
Si accigliò, e mandando al diavolo la prudenza decise che quello era il momento in cui tentare la sorte .
Si avvicinò a Brian, lasciando che il suo sguardo scivolasse su
quel collo pallido e tentatore che gli si offriva emergendo dallo
scollo della maglia nera, e gli sussurrò ad un orecchio :
-… e a te darebbe fastidio, se la gente equivocasse?-
Brian si girò, allontanando il volto di qualche centimetro per
guardare il rasta dritto negli occhi lucidi, e mormorò piano,
giocherellando con aria indifferente con la cannuccia del suo bicchiere
semipieno : - Cosa vuoi che ti risponda, Tom? –
Tom cedette alla voglia di toccare quella pelle così morbida,
così vicina, così disponibile e sfiorò il viso di
Brian con le labbra, nel biascicare : - Voglio che tu dica che non ti
darebbe fastidio…-
L’uomo assottigliò le palpebre sulle iridi verdi, scuotendo il capo e tentando di allontanarsi dal ragazzo.
- Sei ubriaco, Tom.-
- Sì, di te…- sogghignò il rasta, praticamente cadendo su Brian nel tentativo di baciarlo.
Evitando con scioltezza l’abbraccio di Tom, Brian cercò di
sdrammatizzare la situazione imbarazzante, sorridendo nel dire : - No,
sei ubriaco perché hai in circolo nel sangue circa due Sex on
the Beach, un Manhattan e due birre! Non credi di aver un po’
esagerato stasera? –
In effetti Tom non prendeva una sbornia simile da molto tempo ormai ; Brian non lo aveva mai visto in quello stato.
- Non è colpa… Dei cocktail… Io… Io…-
- Tu devi andare a casa, non riesci nemmeno a parlare.- lo interruppe
il compagno, alzandosi dal tavolo e costringendolo a seguire il suo
esempio.
- Ma… Brian…- sillabò a fatica Tom, sentendosi le
ginocchia molli e la testa stranamente leggera, invasa solo dalla
sensazione delle braccia di Brian che lo sostenevano nel camminare
infiltrandosi fra la folla del locale, fino a quando non lo
adagiò sul sedile anteriore della sua auto.
Non reagì quando l’uomo circondò il suo corpo con
la cintura di sicurezza e accese il motore con un rombo che
echeggiò a lungo fra le pieghe della sua mente alterata.
- Bill è a casa?- gli domandò Brian sommessamente ; il
tedesco cercò di rispondere in maniera sensata, ma l’unico
suono che le sue corde vocali produssero fu un gorgoglio sordo e privo
di significato.
Brian sospirò, dedicandogli un’occhiata fugace, e
continuò imperterrito a guidare, arrivando
all’appartamento dei Kaulitz in pochi minuti.
Il rasta si sentiva a pezzi, ma non era semplicemente la sbornia a renderlo inerte e frastornato.
Ripensava a ciò che aveva biascicato confusamente nel locale,
mentre le luci cittadine scorrevano rapidamente al di fuori della
barriera trasparente e fredda del finestrino dell’auto.
Stupido. Stupido, stupido e ancora stupido.
Come gli era venuto in mente di assalire Brian a quel modo?
Che diavolo avrebbe pensato – o meglio, che diavolo stava pensando – di lui?
Oh, lo sapeva… Sapeva che idea si sarebbe fatto della sua persona.
Un mocciosetto arrapato come tanti altri, un coglioncello da respingere
con una risata di scherno, un idiota che non sapeva autogestirsi
nemmeno quando si trattava di scolarsi un paio di cocktail, figuriamoci
se era in grado di dominare le proprie pulsioni.
Aveva rovinato tutto, tutto quanto.
Il contatto con l’aria fresca della notte sembrò ridonare
un barlume di lucidità al cervello annebbiato di Tom.
Rifiutò gentilmente l’aiuto di Brian nell’uscire
dall’abitacolo della vettura, nonostante non si sentisse ancora
molto saldo sulle gambe tremolanti come budino.
Prese una lunga boccata d’ossigeno, chiudendo gli occhi per un
istante prima di avviarsi verso il portone dello stabile nel quale
abitava, incespicando leggermente.
Brian camminava al suo fianco, scoccandogli di tanto in tanto uno
sguardo attento per individuare segni di cedimento improvvisi sul volto
del giovane.
Tom raggiunse la porta del suo appartamento, senza aprirla.
Sostò davanti alla barriera di legno chiaro per qualche istante,
spiando il proprio viso cereo riflesso sull’ottone lucido del
pomello. Poi si voltò stancamente verso Brian.
- Senti… Mi dispiace per prima…-
- Non importa…- tagliò corto l’uomo, sorridendogli
con una comprensione che stritolò letteralmente il cuore del
tedesco.
- E invece sì, importa… Noi due siamo amici, e vorrei che
questa storia non influisse sul nostro rapporto…- quasi
singhiozzò Tom, in tono neanche troppo velatamente supplichevole.
Il pensiero di perdere l’amicizia di Brian gli sembrava
intollerabile… Dopo tutte le risate, le parole, gli incontri, la
musica che avevano colorato la sua vita negli ultimi mesi si sentiva
atterrito nell’ipotizzare la fine di quel rapporto che lo aveva
fatto cambiare nel bene e nel male, donandogli e togliendogli
così tanto.
Brian avvertì quella tensione, quel timore nascosto dietro le
sue parole, e provò un’ondata di tenerezza quasi
fastidiosa nei confronti di quel ragazzino colpevole solo di essersi
innamorato della persona sbagliata.
- Non succederà niente al nostro rapporto, Tom. Puoi stare tranquillo.- lo rassicurò l’uomo.
Non era solo una frase buttata a caso per rassicurare il giovane.
Nemmeno Brian era disposto a rinunciare a tutto ciò che li
legava, nonostante sapesse che probabilmente sarebbe stato un po’
difficile mantenere la stessa naturalezza di sempre, perlomeno i primi
tempi.
Tom lasciò andare un lungo sospiro, sentendosi sollevato, e
cercò le chiavi della porta in una delle tasche dei suoi ampi
jeans.
La serratura scattò rumorosamente, e il ragazzo si voltò
verso Brian, invitandolo ad entrare con un timido : - Vuoi…-
- Non credo sia il caso, Tom.-
- Oh…- mormorò Tom deluso, per poi sogghignare : -
Peccato… Avresti potuto, chessò, cantarmi una ninna nanna
o qualcosa del genere…-
Brian rise nel rispondere : - Sei troppo grande per queste cose!-
- Bè…- cominciò il rasta con un sorrisino
innocente. - …allora potresti darmi il bacino della buona notte!-
- Mhm… Per quello potrei fare qualcosa…- mormorò Brian pensosamente.
Tom si illuminò in volto, chiudendo poi gli occhi in attesa del
bacio promesso, ma senza i riferimenti della vista il suo senso
dell’equilibrio ancora non perfettamente tornato a funzionare lo
tradì, facendolo quasi crollare a terra.
Brian lo sorresse appena in tempo per evitargli una dolorosa caduta, e
disse : - Ok, sarà il caso che ti porti a dormire, non vorrei ti
facessi male.-
- Oh, come sei premuroso…- lo sbeffeggiò bonariamente
Tom, addossandosi a lui docilmente, mentre lo portava in casa
sostenendolo fra le sue braccia.
Arrivarono in camera del ragazzo, dove Brian lo fece stendere sul letto
dolcemente dopo aver sfilato il copriletto, senza spogliarlo degli
abiti che aveva indosso.
Gli rimboccò le coperte, e gli venne quasi da ridere per quel gesto da paparino affettuoso.
Ci mancava solo che prendesse un libro di fiabe e cominciasse a raccontargli qualcosa.
Anche Tom stava sorridendo, mentre giocherellava con una ciocca di capelli biondi.
Brian lo interrogò, sedendosi sulla sponda del letto accanto a lui : - Perché ridi?-
Tom scosse il capo, e alcuni dreads gli frustarono la fronte delicatamente. – Non vorresti saperlo.-
Brian aggrottò le sopracciglia, perplesso : - E perché? –
Il ragazzo lo fissò maliziosamente, mormorando : - Vuoi che te
lo dica davvero?- e Brian annuì lievemente, chinandosi verso il
suo volto per captare il flebile sussurro che rappresentava il massimo
che potesse emettere il rasta in quel momento.
- Stavo pensando… Che i tuoi vestiti adesso sono dannatamente
superflui…- confessò candidamente il tedesco, le parole
strascicate dal sonno incombente, e Brian non rispose, emettendo
semplicemente un lieve sospiro rassegnato e rimanendo ad aspettare che
Tom scivolasse nel sonno prima di abbandonarlo.
Il ragazzo riaprì gli occhi quando avvertì il materasso
cigolare nel liberarsi del peso di Brian, che camminava con passo
felpato verso la porta per andarsene.
- Brian? – lo chiamò piano, facendolo girare di scatto.
- Dimmi.-
- Ma tu… Tu lo hai capito che ti amo,vero?-
Brian gli apparve tremendamente affascinante, nel sonno che lo stava
ghermendo senza pietà e nel chiarore soffuso
dell’abat-jour che si rifletteva nei suoi occhi brillanti, nel
loro inintellegibile verde chiaro.
Affascinante, e lontano. Lontanissimo.
Mentre il ragazzo lo contemplava in silenzio, l’uomo rispose
sommessamente : - L’ho capito, piccolo.- e subito dopo
uscì dalla penombra della camera.
Note dell’autrice : penultimo capitolo, e si vede. Finalmente si
scoprono gli altarini, e la cosa non può che farmi godere da
pazzi *_____* ….Ma ammetto che il capitolo in cui mi sono
cimentata con più entusiasmo è l’ultimo,
perché ci ho messo quel tocco di dramma che mi piace tanto
*ghigna*… Vabbè, ma mica vorrete degli spoiler, eh XD ?
Per scongiurare questa eventualità, veniamo a noi….
Muny_4Ever : eh, in effetti devo ammettere che in una situazione del
genere anch’io mi lascerei andare a pensieri molto simili a
quelli di Bill… Però è arrivato il momento di
sbarazzarsi di ogni dubbio e prendere il coraggio a due mani, visto XD?
Sono fiera del mio bambino *_____* *commossa* !
babygirlLucy : non preoccuparti, non tutte possono avere il pallino
dello yaoi…Ti perdono senza problemi XD! Anzi, sono
assolutamente felice di essere riuscita a farti gradire una tematica
simile, anche se forse qui non si può parlare di yaoi vero e
proprio… Ho davvero cercato di rendere il tutto il più
tenue possibile, perché il mio intento alla fine era raccontare
la storia di due ragazzini alle prese con la Cotta del Secolo, solo
che, essendo io una slasher praticante, ho dovuto per forza cedere ai
miei istinti e rendere il tutto un triangolo fra soli maschietti
XD…
revy_kau : … cavolo, ti ho rubato parecchie ore di sonno,
insomma XD! Non immaginavo che Wicked potesse avere effetti simili
sulle persone *ridacchia*… Comunque, solo una cosa : io credo
che nella rete di Brian mi ci getterei allegramente, infischiandomene
delle conseguenze e di altre cosette trascurabili tipo….
Ehm… La mia dignità e il mio equilibrio emotivo XD?
Nainai : tesoro, sai perfettamente che il destino delle donne nello
slash non può che essere quello di essere abbandonate, è
la legge del fangirling che lo impone *annuisce come se tutto
ciò fosse incontrovertibilmente provato… E lo è,
in effetti.* ! Consolerò Michelle da parte tua…
Comunque solo il “mio” Bill può essere talmente
idiota da cadere in una rete che non sia stata precedentemente gettata
XD ( vedi? Brian non è poi così diabolico come lo si
dipinge, no?! ) !
valux91 : bè, ma se la tua scrittura è efficace e va
subito al punto dov’è il problema XD? Insomma, è
anche questione di stile, non è detto che debba essere per forza
un difetto =)… Tornando alla fic, comunque… Il
“fumo” comincia un attimino a dileguarsi da questo
capitolo, finalmente… Spero non ti dispiaccia XD! Uh, anche se
il bello deve ancora venire *…ma vuoi stare un po’ zitta,
diamine?!* …
ginnyred : credimi, non è la proposta ad essere improbabile, ma
l’intera storia, direi XD! Mi fa piacere che ti sia piaciuto il
momento del duetto… Sì, l’idea era quella di far
sì che Bill per una volta potesse essere sè stesso, ma
senza “scoprirsi” troppo nei confronti di Brian… E
invece, per quanto riguarda Tom… Visto che ritorno alla grande?
Direi che ha recuperato in pieno il tempo perduto XD!
Grazie anche ai lettori “silenziosi” e a chi ha messo la
storia fra i preferiti… Al prossimo, e ultimo ( gasp O_O! )
capitolo… Baci :*****!
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Capitolo 18 *** XVIII ***
XVIII
XVIII
Brian si massaggiò una spalla, voltandosi appena per posare lo
sguardo sulla porta socchiusa della camera di Tom, dalla quale alcuni
raggi luminosi si davano alla fuga colpendo il muro del corridoio di
fronte ad essi.
Sospirò, scuotendo la testa con un sorriso quieto, non privo di una leggera malinconia.
Così era successo, alla fine… Ciò che aveva
intuito fin dall’inizio, e palesemente ignorato in nome solo del
piacere che gli procurava intrattenere quell’amicizia con il
ragazzo si era rivelato attraverso poche, confuse parole .
-Tu lo hai capito che ti amo,vero?-
Lo aveva capito eccome.
Si guardò attorno oziosamente, concentrando la propria
attenzione su ogni particolare di quell’appartamento grazioso,
piccolo, pulsante della presenza degli inquilini che ne usufruivano,
anche in quell’istante.
C’era un po’ di Bill, in quella cucina splendente ed
ordinata, c’era la sua incredibile mania per l’ordine e la
pulizia.
C’era un po’ di Tom, in quel cappellino abbandonato sul
divano con tranquilla noncuranza, completamente in antitesi con la
precisione millimetrica del fratello.
Conosceva i gemellini solo da pochi mesi, eppure riusciva a riconoscere
perfettamente i segni che le loro personalità avevano impresso
in quell’ambiente…
Una foto dei Tokio Hotel al completo faceva bella mostra di sè
appesa ad una parete ; era una foto vecchia, non dimostravano
più di quattordici, quindici anni. Sorridevano in quella maniera
piena, pulita che poteva appartenere solo a quel periodo della vita in
cui il mondo è semplicemente un meraviglioso ed eterogeneo
contenitore di cose colorate ed entusiasmanti.
Chissà quanto sarebbe costato un sorriso simile se fosse stato possibile acquistarlo…
Dio, ma perché era così sentimentale quella sera?
Bill aprì la porta di casa con lentezza, spingendola appena con la punta delle dita.
Entrando la richiuse con la stessa delicatezza, appoggiandovisi contro
pesantemente e sospirando come se gli risultasse difficile respirare in
maniera normale, come se l’aria si fosse fatta d’improvviso
troppo densa per essere inalata senza sforzo.
Rimase per un istante con la schiena perfettamente aderente al pannello
di legno freddo, gli occhi risolutamente chiusi sul suo tumulto
interiore.
Cercò di appigliarsi al gelo concreto della porta per liberarsi del ricordo di ciò che era successo poco prima.
Non ricordava nemmeno con esattezza come fosse riuscito a tornare a
casa, tanto la sua testa si rifiutava di concentrarsi su
qualcos’altro che non fosse Michelle, le sue lacrime, la sua voce
spezzata, la stanza d’albergo che offriva una cornice
lussuosamente impersonale e neutra alla loro ultima discussione.
Gli unici rumori udibili nel silenzio della stanza erano
l’abbaiare di un cane lontano, un antifurto impazzito da qualche
parte giù in strada, il suo respiro…Ed un passo leggero
proveniente da molto vicino.
Dall’interno dell’appartamento, per la precisione.
Bill spalancò gli occhi di scatto, spaventato, ed
individuò immediatamente la sagoma di Brian stagliata contro il
buio del corridoio.
Con il cuore ancora scalpitante di paura contro le sue costole, Bill
emise un mormorio strozzato : - Che… Che ci fai tu qui? –
Brian si avvicinò al ragazzo, stringendosi nelle spalle con noncuranza.
- Tom si è ubriacato di brutto, stasera… L’ho
riaccompagnato a casa e sono rimasto con lui fino a quando non si
è addormentato.-
L’uomo sorrise ironicamente, continuando : - Diciamo che tuo
fratello è riuscito a stimolare il mio istinto paterno.-
Per un attimo Bill dimenticò i propri problemi personali,
chiedendo con aria preoccupata : - Non si è sentito male, vero?
–
Il suo interlocutore scosse il capo, replicando : - No, ma non riusciva
a reggersi in piedi e non poteva tornare a casa da solo.-
Non c’era molto altro da dire.
Bill non aveva voglia di parlare, soprattutto non con lui.
L’unica cosa che desiderava era tuffarsi nel proprio letto,
seppellire la faccia nel suo cuscino e magari versare qualche
lacrima… O mordere la federa fino a strapparla, per sfogarsi su
qualcosa che non avesse sensibilità e non potesse
lamentarsi… O difendersi.
Ovviamente Brian, privo del dono della telepatia, non poteva intuire tutto ciò.
L’uomo guardava il tedesco con una strana espressione, senza che Bill capisse le sue intenzioni.
Alla fine sussurrò, con un tono insolitamente dolce : - Ci tieni davvero molto a lui…-
Bill, desideroso di porre fine a quella conversazione indesiderata,
scrollò le spalle, rispondendo con voce rauca : - E’ mio
fratello, e non voglio che soffra.-
Si resero entrambi conto di quanto quelle parole significassero in
realtà, di tutte le verità sottintese e che mai avrebbero
voluto svelare… Ma Brian cominciava ad essere stufo di segreti e
misteri, e per la prima volta si sentì di parlare chiaro e tondo
della situazione che stava coinvolgendo non solo lui e Tom, ma anche
Bill.
- Tu credi che io sia in grado di farlo soffrire ? –
Bill sobbalzò, stupito da quella domanda.
Piantò gli occhi in quelli di Brian, notandone la risolutezza limpida e chiara… E capì che sapeva tutto.
Preso dalla sua personale frustrazione per via della freschissima
rottura con Michelle, dovuta anche all’uomo che si trovava di
fronte, Bill provò un moto di fastidio per quell’approccio
diretto, e non si preoccupò di non apparire troppo gentile o
diplomatico nel rispondere bruscamente con un’altra domanda
: - Lo sei ?-
Brian non battè ciglio, ignorando il tono poco amichevole del
ragazzo, e mormorò con placida sicurezza, come se non ci fosse
bisogno di specificare ulteriormente l’argomento del quale
stavano parlando : - Sta facendo tutto da solo, Bill. Io non
c’entro nulla.-
Forse era la sua tranquillità confrontata all’agitazione che lo scuoteva in quel momento.
Forse era il fatto che stesse declinando ogni responsabilità nei
confronti di Tom e dell’amore che provava per lui.
Forse era che anche in quel momento si sentiva le gambe molli di fronte
a quello sguardo penetrante, così implacabile, così
spietato nella sua calma cristallina, come se non stesse discutendo dei
sentimenti di un diciottenne, ma di qualcosa di inutile e trascurabile.
Fatto sta che Bill avvertì un’onda anomala di rabbia
montare dentro di sé, un accesso di ira bollente ed
inarrestabile, un effetto domino provocato dagli avvenimenti di quella
sera, dei giorni, dei mesi precedenti.
E scoppiò, letteralmente.
- Non c’entri nulla, Brian? Tu non c’entri nulla? –
sibilò il giovane, calcando pesantemente la voce sul “
nulla” finale.
- Io non credo che tu sia talmente cieco o stupido da non accorgerti di
quanto Tom ti vada dietro come un cane del cazzo, mendicando anche solo
una briciola della tua attenzione…-
Brian schiuse le labbra, sbalordito dal discorso di Bill, che ormai
sembrava aver perso il controllo di sé stesso, ringhiando
furiosamente : - … oh, ma ovviamente tu sei innocente, Brian!
Dopotutto hai solo permesso che fraintendesse il tuo atteggiamento e si
illudesse di poter ottenere qualcosa di più che una birra con te
il sabato sera… Povero, povero Brian, come posso essere
così maligno nei tuoi confronti?-
- Bill…- lo chiamò sommessamente Brian, cercando di
calmare il tedesco, che paonazzo in volto e con gli occhi fiammeggianti
continuava imperterrito a bersagliarlo con il suo sfogo velenoso.
- La verità è che tu sei solo uno stronzo egoista ed
insensibile, uno che si diverte ad avere attorno a sé una corte
di ragazzi e ragazze sbavanti, magari dispensandoli di
un’occhiata e addirittura della tua preziosissima
“amicizia” come se fossero dei doni divini, godendo della
loro cieca ammirazione nei tuoi confronti…-
- Bill, adesso smettila.-
- Dimmi, hai mai pensato che oltre il confine del tuo ego strabordante
c’è tutto un mondo popolato di gente dotata di un cuore, e
di una sensibilità, e di una dignità ? E che forse queste
persone potrebbero rimanere ferite dalle tue manovre ? Ma no,
ovviamente no, nel tuo piccolo mondo c’è posto solo per te
e per tutti coloro disposti a leccarti i piedi e…-
Quando Brian lo afferrò per il bavero, schiacciandolo
violentemente contro il muro del corridoio, Bill ebbe una fuggevole
reminescenza della sera lontana in cui era stato aggredito da quel
tanghero ubriaco fuori dal solito pub.
L’unica differenza era che in quel momento era proprio colui che
lo aveva salvato in quel frangente ad averlo strattonato per la maglia
e spinto contro la parete in maniera davvero inaspettata.
Il respiro caldo e leggermente ansimante di Brian solleticò il
collo del giovane tedesco, che boccheggiò in preda allo stupore,
dimentico della sua rabbia, mentre l’uomo pronunciava a denti
stretti : - Adesso hai proprio esagerato, razza di idiota… Credi
davvero di sapere cosa mi lega a tuo fratello ? E credi davvero di
conoscermi ? Bè, indovina un po’… Tu di me non sai
un cazzo. Mi hai dipinto come una specie di tirannello egocentrico e
senza scrupoli, ma se fosse così credi forse che non avrei
approfittato del fatto che un bel diciottenne fosse innamorato di me
per farne ciò che volevo? E invece, guarda un po’ che
strano, a me interessa solo la sua amicizia!-
Adesso era Brian a sfogare la sua furia, anche se in maniera molto
più gelida e razionale dell’iperbolico turpiloquio del
quale si era servito Bill in precedenza.
Il ragazzo giaceva arrendevole sotto il peso del corpo di Brian, senza
la minima intenzione di ribellarsi ad esso, scrutando con occhi immensi
il volto contratto dalla rabbia dell’uomo che intanto continuava
a parlare, sussurrando astiosamente : - Già, ti sembra assurdo,
vero ? Voglio dire, il concetto di “amicizia” dovrebbe
essermi sconosciuto, secondo la profonda analisi che hai fatto della
mia personalità… Ma credo che faresti meglio a correggere
la tua visione della situazione tendendo presente una cosetta
irrilevante : io sono un essere umano, Bill. Un fottutissimo essere
umano. Mi piace circondarmi di amici, non di schiavetti decerebrati. E
tuo fratello non è certo uno di questi. E’ una persona
splendida, è positivo, è sincero, e quando stiamo insieme
riesco a scordare anche solo per una serata che al mondo esiste anche
chi, purtroppo, su di me ha il tuo stesso parere.-
Bill era sopraffatto da una miriade di emozioni contrastanti ; rabbia, vergogna, frustrazione…
Se solo fosse riuscito a stabilire il predominio di una sulle altre,
forse avrebbe potuto esprimere un pensiero coerente, una replica
qualsiasi di fronte a quelle parole sensate e ragionevoli, seppure
venate di rabbia cocente.
Avvertiva con lucidità i pugni di Brian premere contro il suo
petto, le loro gambe sfiorarsi attraverso il tessuto dei pantaloni, il
freddo dell’intonaco infiltrarglisi sotto la maglietta.
Si odiò immensamente, quando si inarcò contro Brian
sfregandoglisi addosso per liberarsi della sua presa, senza poter
reprimere un moto di improvvisa eccitazione.
Ecco, l’unico pensiero davvero chiaro che si era delineato nella
sua mente sconvolta era l’irresistibile voglia di stringersi
ancora di più a lui, di abbassarsi sulla sua bocca per
catturarla in un bacio, e un altro, e un altro ancora…
…ma l’unico modo in cui il tedesco reagì fu
ringhiare un : – Vaffanculo! - con violenza disperata
contro quel viso impassibile, prima di sgusciare via dalle sue braccia
per andare a rifugiarsi di corsa in camera sua, chiudendosi con forza
la porta alle spalle e scivolando seduto sul pavimento, coprendosi gli
occhi mentre scoppiava a piangere in maniera convulsa ; fra i
singhiozzi nervosi che lo facevano tremare come una foglia
avvertì a malapena la porta di casa che veniva aperta e poi
richiusa con uno scatto rumoroso.
Il ragazzo si addormentò ad un’ora estremamente tarda,
mentre la fredda ed umida notte di Lipsia cominciava a sfumare in un
alba di un pallido grigioperla ; riuscì a riposare pochissimo,
agitato da incubi evanescenti e dai ricordi del sabato sera più
brutto di tutta la sua vita.
Nonostante ciò, Bill era intenzionato a riprendere coscienza
più tardi possibile, per non dover affrontare troppo presto
anche la domenica più brutta della sua vita.
Al contrario del gemello, Tom si era alzato abbastanza presto,
nonostante il mal di testa che pulsava rabbioso nelle sue tempie, un
souvenir della sbornia presa qualche ora prima.
Era in preda ad un’eccitazione che lo rendeva irrequieto, ed era dovuta agli avvenimenti della sera precedente.
La sbornia, anche se terribile, non era riuscita a cancellare del tutto
dalla sua mente il ricordo della sua stanza immersa nell’intima
penombra di un abat-jour, della sua voce strascicata che confessava
goffamente i propri sentimenti all’uomo che amava.
Proprio per questo si sentiva in balia di un’agitazione feroce :
Brian sarebbe partito nel primo pomeriggio, dopo aver sistemato delle
cose allo studio discografico, e quindi aveva poco tempo per spiegargli
esattamente tutto ciò che sentiva nei suoi confronti in maniera
lucida e comprensibile, in modo tale che le sue parole non potessero
essere scambiate per un semplice sproloquio da ubriaco fradicio.
- Ti mancherà, vero ? – chiese Stefan ironicamente,
rivolto verso la schiena di Brian che sostava di fronte alla finestra
della saletta d’incisione, attorcigliandosi pensosamente una
ciocca di capelli fra le dita nell’osservare le minuscole sagome
di alcuni passanti che camminavano a passo rapido sul marciapiede
sottostante.
Chissà dove stavano andando così di fretta…
- Mhm? – mugolò l’uomo un istante più tardi, accorgendosi della domanda postagli dall’amico.
Il bassista sospirò, precisando : - Parlo del tuo “trono”…-
Brian sorrise, capendo che si stava riferendo a quell’adorabile
poltroncina di cui era stato praticamente l’unico proprietario
durante quelle lunghe settimane di registrazione.
- Dici che potrei portarmela via, se lo chiedessi con il dovuto garbo?
– scherzò Brian, e Stefan replicò : - Bè,
Steve potrebbe prenderla di soppiatto, mentre noi due distraiamo i
proprietari dello studio con un bacio appassionato…-
Brian lo guardò con aria burlescamente circospetta, scuotendo il
capo : - Olsdal, tu cominci davvero a preoccuparmi… Mica ti
starai innamorando di me, eh?-
Il più alto dei due si strinse nelle spalle, commentando con
aria innocente : - Non è colpa mia se sei così carino,
Bri…-
I due stavano ancora ridacchiando del loro scambio di idiozie, quando
entrambi notarono nello stesso momento che una snella figura li stava
timidamente spiando sulla soglia della porta, torcendosi le dita in
preda ad un evidente nervosismo.
- Ehi, Tom! – lo salutò giovialmente Stefan, andandogli incontro. – Sei da solo? –
Tom abbozzò un sorriso, rispondendo : - Sì… Non
c’è stato verso di svegliare Bill, stamattina…
Credo che abbia avuto una notte piuttosto “turbolenta”, se
capisci cosa intendo…-
- Oh…- annuì il suo interlocutore, mentre Brian alle sue
spalle si produceva in un lieve sorrisetto ironico, nell’udire
quella frase.
Per un momento i tre non proferirono parola, consci
dell’atmosfera di soffuso imbarazzo che li avvolgeva, e Stefan
ritenne più saggio lasciare che a gestirla fossero i suoi
compagni, uscendo dalla stanza con una scusa.
Brian avanzò lentamente verso il rasta, mormorando : - Allora… Come ti senti, oggi?-
Era una domanda atta unicamente a rompere il ghiaccio e avviare la
conversazione, perciò Tom rispose meccanicamente : - Bene.
– prima di pronunciare tutto d’un fiato, come se temesse
che, indugiando ancora per un istante, i concetti che voleva riferire a
Brian potessero disperdersi e non essere più ritrovati : -
Senti, sono venuto qui per un motivo ben preciso… Tu stai per
partire, e questa potrebbe essere l’ultima occasione per me
di… Insomma, volevo solo che tu sapessi delle cose… E non
so se siano le stesse che ti ho detto l’altra sera, ma di sicuro,
anche se fosse così, è meglio che io te le ripeta da
sobrio.-
L’uomo non ardeva di certo dalla voglia di udire quelle
“cose”, ma comunque accennò il suo consenso
annuendo lievemente, e permettendo che Tom iniziasse il suo discorso.
- Io ti amo. Non mi sono mai trovato tanto bene con qualcuno, non ho
mai avuto tanta voglia di stare accanto a qualcuno come ne ho di stare
con te. Mi rendi felice anche solo sorridendomi, guardandomi,
parlandomi…-
- Io ti rendo felice, Tom?- lo interruppe Brian in tono molto serio,
quasi scettico, come se dubitasse di ciò che il ragazzo gli
aveva appena confessato, e il tedesco replicò, stupito, come se
si trattasse di un’ovvietà : - Sì, certo! Per
me sei… Indispensabile. Ho bisogno di te, di poterti vedere e
sentire, e se non lo faccio mi sembra di andare in pezzi, e magari ti
sembrerà un delirio da ragazzino, ma è la verità,
e io…-
- Tom, ascoltami…-
- No, Brian, per favore, lasciami finire. Oddio, proprio non riesco a
spiegarlo in maniera semplice… Io credo che tu sia l’uomo
giusto per me. Credo che non si possa amare qualcuno più di
quanto io amo te.-
Il ragazzo si avvicinò a Brian, fissandolo con gli occhi accesi
di una luce ferma, limpida, mentre gli domandava, con tono sicuro : - E
tu? Tu non provi la stessa cosa, per me? Non stai bene con me ? –
Grandioso, pensò Brian. Adesso si trattava solo di trovare le
parole giuste per far si che il ragazzo comprendesse che il suo amore
poteva anche essere ardente, puro e sincero, ma rimaneva comunque
viziato da un enorme difetto : era esclusivamente e definitivamente
unilaterale.
Dannazione, e pensare che tutti coloro che lo conoscevano lo consideravano uno con la risposta pronta!
- Io...- iniziò Brian, esitante : poi emise un sospiro
rassegnato, rendendosi conto che non c’era un modo di indorare la
pillola.
- Io trovo che tu sia un bravo ragazzo. Sul serio, sei intelligente,
sei dolce, e sei di una trasparenza e di un’onestà
assolutamente…Sconcertanti. La nostra amicizia per me è
importantissima, perché con te non c’è bisogno di
tenere alzata la guardia, di guardarsi le spalle per evitare un
attacco. Riesci a farmi sentire a mio agio, mi sento me stesso, quando
sto con te…-
Quando Brian tacque, Tom ridacchiò debolmente, dicendo :
-… non so perché, ma sento che sta per arrivare un bel
“ma”…-
Per l’ennesima volta il suo interlocutore si trovò a
sospirare, passandosi lentamente una mano fra i capelli e
riprendendo con il suo discorso : - Esatto. C’è un
“ma”. Prima di tutto, sei decisamente troppo giovane. Senza
contare il fatto che sono impegnato, Tom. Ho una relazione che mi
soddisfa pienamente e…-
- Ma anch’io potrei soddisfarti, Brian!- proruppe Tom impetuosamente.
Muovendo un passo in avanti riuscì ad arrivare abbastanza vicino
a Brian da afferrargli le mani, fissandolo intensamente e affermando
con convinzione : - Io potrei starti vicino, potrei amarti esattamente
come lei … Se solo mi mettessi alla prova…-
- Tom, non è una questione di “mettere alla prova”!
Io sono innamorato di Helena!– sbottò infine Brian,
esasperato da quella conversazione che lo stava mettendo orribilmente a
disagio.
Si pentì subito del tono di quell’uscita, perché
Tom gli rivolse lo sguardo più sconcertato e deluso che avesse
mai avuto occasione di vedere in vita sua.
Sembrava un pugile rintronato, sul punto di andare a tappeto.
- Quindi… Quindi… E’ finita? –
sussurrò il rasta, sempre con quell’espressione attonita
stampata sul volto, un dread sceso a coprirgli un occhio – il
solito dread ribelle, si disse Brian.
L’uomo scosse la testa, sorridendo leggermente, nonostante la situazione.
- Non è finito nulla, Tom… Te l’ho detto anche ieri sera. Siamo amici, no ?-
Tom scostò la ciocca di capelli, portandola dietro
all’orecchio… Un gesto che gli ricordò il giorno in
cui aveva parlato con Brian davanti ad un disgustoso caffè
annacquato, sentendosi al settimo cielo perché per la prima
volta aveva realmente compreso la portata del sentimento che lo legava
a quell’uomo…
E adesso, invece, si trovava lì, ad essere definitivamente scaricato da lui.
Il tedesco trovò appena la forza di annuire, accorgendosi che
Brian era ad una distanza tanto breve da poter essere coperta dalla
lunghezza di un braccio.
Provò una serie di brividi nell’incontrare i suoi occhi,
così vicini, ed essi si moltiplicarono quando il suo sguardo
cadde inesorabilmente più in basso, verso la bocca che tante
volte aveva piacevolmente turbato i suoi sogni.
Gli venne in mente all’improvviso che, bè, almeno una cosa
avrebbe potuto osare chiederla, visto che gli era rimasto ancora un
residuo di amor proprio da pestare crudelmente sotto i piedi.
- Brian… Io… Ecco, lo so che ti sembrerà assurdo,
però…- balbettò con tono appena percettibile Tom,
rompendo il silenzio tra loro.
La risata di Brian scrosciò leggermente troppo frenetica per
risultare dovuta solo alla pura e semplice ilarità ;
ancora rideva nel replicare : - Dovresti saperlo che io non sono uno
che si lascia impressionare tanto facilmente… Dimmi.-
- Vorrei baciarti.-
La reazione dell’uomo a quella richiesta fu appena accennata, uno
schiudere la bocca come per rispondere qualcosa ed un lieve guizzo
nello sguardo ad indicare che quel qualcosa non era ancora affiorato
alla sua mente in maniera concreta.
Decisamente il piccolo tedesco aveva trovato il modo di impressionarlo.
Tom tenne gli occhi ben saldi a terra, rifiutandosi di sollevarli anche
nel continuare il suo discorso : -… ok. E’ evidentemente
pazzesco, però… Vorrei sapere cosa si prova ad averti,
anche solo per una volta.-
Dopo quelle parole Tom sollevò lo sguardo su quello di Brian, che ascoltava ammutolito il giovane.
Non c’era traccia di lacrime o disperazione per il modo in cui la
sua illusione si era fragorosamente infranta, ma solo una
determinazione limpida e disarmante nella sua ingenua fermezza.
Ingenuo, e dannatamente forte.
Quel ragazzo non sarebbe mai crollato davanti a nulla durante la sua esistenza, pensò Brian.
Sarebbe caduto prima o poi, certo, ma avrebbe sempre trovato il
coraggio di rialzarsi, spolverandosi di dosso ogni residuo del suo
capitombolo con una spallucciata.
Non avrebbe mai avuto paura di vivere, né di chiedere per
ottenere ciò che voleva., come aveva fatto con quel bacio.
Un bacio che gli avrebbe concesso, decise Brian d’impulso.
Si avvicinò ulteriormente a Tom, sollevando il mento e chiudendo gli occhi senza dire una sola parola.
Il rasta emise un leggero sbuffo d’aria, interpretando giustamente il gesto come una resa al suo desiderio.
Con il cuore che scalpitava nel petto a velocità esorbitante,
Tom gli prese il viso tra le mani, rimirandone per un attimo
l’espressione rilassata.
Con lentezza riverente posò le sue labbra su quelle di Brian, mordicchiandogli con dolcezza quello inferiore.
Giocò per un po’ su quella superficie così
delicata, così rossa e piena, prima di cercare di approfondire
il contatto, e le sue mani scivolarono in basso, sul suo collo,
disegnando poi il contorno delle sue clavicole sporgenti con i palmi
prima di arrivare ad afferrargli le spalle con forza, mentre il bacio
si faceva via via più appassionato e meno insicuro.
Non era come se lo aspettava… Era sicuramente meglio.
La stretta del ragazzo aumentò, mentre i suoi sensi minacciavano
di offuscarsi, di perdersi nell’oblio vorticoso e bollente della
passione che cominciava a non essere più tollerabile, affamata
com’era di qualcosa di più di un unico bacio…
Proprio quello fu il motivo che spinse Tom a fermarsi, ad appoggiare
teneramente la fronte su quella di Brian, mormorando ad occhi e denti
serrati : - Sei proprio sicuro, Brian? –
- Sono sicuro, piccolo.-
Tom sorrise malinconicamente, scrollando le spalle : - Dovevo provarci.-
Quando si separarono Tom avvertì una sensazione improvvisa di
gelo attraversargli il corpo, e per non soccombere a quel tremore che
lo scuoteva si mosse rapidamente per raggiungere la porta ed uscire
dalla stanza, senza azzardarsi nemmeno ad accennare un saluto nei
confronti di chi lo incrociò in quell’istante.
Brian si stupì di quanto il tempo potesse decidere di accelerare o frenare la sua corsa nei momenti meno opportuni.
L’ora prestabilita per recarsi all’aeroporto ormai era
prossima, e lui non si sentiva felice come pensava all’idea di
tornare alla confortevole ed abituale atmosfera di casa sua.
Si sforzò di dirigere i suoi pensieri su Helena,
sull’accoglienza che gli avrebbe riservato e su quanto gli era
mancato il fatto di trovare qualcuno ad aspettarlo nel rincasare.
Ma sapeva che non era Helena il problema, se l’unica visione che
occupava la sua mente, mentre ancora bighellonava in giro per gli
studios dividendosi fra il suonare il piano e stravaccarsi
un’ulteriore volta sul suo “trono”, era un unico
flusso di spezzoni di pub, birre, risate giovanili, di gola,
sincere… E uno sguardo brillante e concentrato che sembrava
voler inglobare ogni particolare di sé per poterlo immagazzinare
nel proprio cervello e non scordarlo mai più.
- Tutto solo ? – lo apostrofò una voce, il cui suono
sembrava provenire direttamente dalla sua mente, tanto essa era
correlata agli avvenimenti degli ultimi mesi.
Brian sollevò lo sguardo dai tasti del pianoforte.
Bill.
Fantastico, si disse sarcasticamente l’uomo.
Un’altra dose di ormoni adolescenziali impazziti… Doveva proprio essere il suo giorno fortunato.
- Già. – replicò recisamente, fissandolo negli
occhi fermamente, proseguendo : - Credevo non saresti venuto…-
Bill gli dedicò un sorrisetto storto, avanzando verso di lui.
– Non potevo lasciarti andare così, senza nemmeno essermi
scusato per… Bè, lo sai.-
Brian inclinò il volto, affermando ironicamente : - No, non lo
so.- e Bill arrossì leggermente per quell’allusione
all’imbarazzante conversazione tenutasi fra loro nel backstage
del Rock am Ring.
- Comunque accetto le tue scuse.- sillabò piattamente Brian,
lasciando che i suoi polpastrelli scorressero sulla tastiera del piano
a caso e che le note fluttuassero nell’aria indifferenti e
slegate le une dalle altre.
Mentre proseguiva in quell’esercizio pigro, l’uomo mormorò distrattamente : - Non hai una bella cera.-
- Ho dormito poco, stanotte…- si giustificò Bill,
stringendosi fra le spalle, e le immagini di quella notte, degli
incubi, delle lacrime, di Michelle si riaffacciarono alla sua mente,
mescolandosi con quelle riguardanti la ragazza tornata quella mattina
nell’appartamento per riprendere le sue cose, il suo incarnato
terreo, i suoi occhi gonfi e arrossati.
Si era sentito in colpa per lei, ma non aveva avuto la forza di rivelarglielo, sapendo che sarebbe stato inutile.
Suo fratello di certo non l’aveva aiutato a stemperare la tensione.
Appena rientrato in casa gli aveva rivolto solo un “ciao”
soffocato, prima di chiudersi in camera sua, senza più dare
segni di vita… Tranne della musica proveniente dallo stereo.
Non aveva avuto cuore di chiedergli quale fosse il problema, perché riusciva ad intuirlo benissimo da sè.
Dopo aver pranzato da solo, si era sentito incredibilmente triste.
Quella situazione faceva schifo, per tutti.
Aveva pensato anche a Brian, e il ricordo della loro lite aveva fatto affluire il sangue alle sue guance.
Si era detto che aveva esagerato nell’aggredirlo. Si era detto che non era davvero stata solo colpa sua.
Non era colpa di nessuno, se tutti quanti erano – compreso lui - solo esseri umani… Fottutissimi esseri umani.
Così, all’improvviso, aveva deciso di recarsi agli studi, pregando di trovare Brian per potersi scusare con lui.
E adesso era lì, a disegnare cerchietti inesistenti sul
pavimento della saletta con il piede, l’imbarazzo che stagnava
indisturbato fra di loro, appiccicoso ed asfissiante.
- Volevi dirmi qualcos’altro?- chiese Brian in tono neutro,
avvicinandosi al compagno con i pugni bene affondati nelle tasche dei
pantaloni.
Il tedesco sollevò leggermente il volto, e per la prima volta
riuscì a sostenere con rassegnata tranquillità quello
sguardo che era stato croce e delizia dell’ultimo periodo della
sua vita.
Voleva dirgli qualcosa? Sì. Ma non sarebbe servito a nulla.
- No, e tu?- rispose Bill in un sussurro, provocando un debole sorriso da parte di Brian, che scosse il capo lentamente.
- Allora… Ci sentiamo, giusto?- pronunciò calmo l’uomo subito dopo.
Bill annuì, incamminandosi poi a passi lenti verso l’uscita.
Si arrestò. Si voltò.
I suoi occhi erano stranamente scuri, gravi.
A passi veloci annullò la distanza fra sé e Brian. Gli posò una mano sulla guancia, con dolcezza.
Brian non si mosse, stupito da quel dietrofront e dalla familiarità improvvisa acquisita dal ragazzo.
Ma non aveva ancora finito di meravigliarsi, perché Bill si
sporse appena in avanti, sfiorandogli la bocca con le sue labbra, gli
occhi che brillavano alterati da un sentimento inafferrabile.
A pochi millimetri dal volto di Brian, il tedesco esalò : -
Arrivederci, Sweet Prince…-, scappando via in fretta qualche
secondo più tardi.
L’uomo rimase attonito ed immobile nel centro della stanza, poi si riscosse con forza da quello stato d’animo.
Era stato baciato da due deliziosi gemellini nello stesso giorno.
Chiunque avrebbe sostenuto che, sì, quello doveva essere proprio il suo giorno fortunato.
Note dell’autrice : ultimo capitolo. Caspita, mi sembra impossibile, eppure eccoci qua. Mhm, che tristezza =(...Ok, ok, adesso mi riuprendo XD! Comunque per i vari
ringraziamenti vi rimando all’epilogo ^_^! Baci :****!
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Capitolo 19 *** Epilogo ***
Epilogo
Epilogo
Pioveva, quel giorno.
Lipsia era ammantata di un grigiore che sapeva di stanchezza ed
immobilità, e le gocce di pioggia formavano una nebbiolina
leggera che rendeva i contorni degli edifici più lontani confusi
e sfocati.
Bill era appena rientrato in casa, e aveva stancamente appoggiato le
chiavi sul tavolino del corridoio, provocando un lieve rumore di
metallo contro legno che gli impedì per un attimo di captare una
melodia proveniente da dietro la porta chiusa della stanza di suo
fratello.
Avvicinatosi ad essa, Bill sostò per un attimo, cercando di
identificare la canzone che Tom stava ascoltando in quel momento.
Sempre la solita, sempre quella, si rese conto Bill con un sospiro.
Quel brano risuonava nell’appartamento dal giorno prima, quando
Brian aveva lasciato la città per tornare a casa, dalla sua
donna…Alla sua vita di sempre.
Già, era la stessa voce che avevano udito tante di quelle volte
scherzare, ridere, chiacchierare a ruota libera a cantare quelle
parole, sussurrandole appena in un francese tanto malinconico quanto
lascivo…
Protege-moi de mes desirs…
Proteggimi dai miei desideri, tradusse meccanicamente Bill.
Proteggimi da quello che voglio.
A Bill non sarebbe dispiaciuto se qualcuno si fosse offerto di difenderlo da ciò che desiderava, in quell’istante.
Naturalmente era un pensiero assurdo…
Ma dopotutto, in fondo, da qualche mese la sua vita gli sembrava tutta
un’assurdità… Aggiungerne una nuova non avrebbe
inciso granchè sul bilancio finale.
Aprì la porta lentamente, senza far rumore.
Tom era disteso sul letto, supino.
Le braccia piegate flessuosamente dietro la nuca, i dreads sparpagliati
disordinatamente sul guanciale, gli occhi ostinatamente fissi al
soffitto ; suo fratello era l’immagine del tipico adolescente dal
cuore infranto rinchiuso nella sua camera a leccarsi le ferite con solo
un sottofondo musicale deprimente e sdolcinato a fargli compagnia.
Oddio, a dire il vero, anche con tutta la sua buona volontà, non
sarebbe mai riuscito a definire i Placebo sdolcinati…
Il rasta finalmente roteò gli occhi verso di lui, notando la sua presenza.
- Ehi…- mormorò Bill, con un piccolo sorriso :
espressione imitata dal fratello, che lo salutò sommessamente :
- Ciao, Bi-Bi…-
Il moro si strinse nelle spalle, fissando lo stereo ancora acceso che riproduceva gli ultimi accordi della canzone.
Un ultimo “protege-moi” sussurrato rocamente, e la musica
morì d’improvviso, lasciandoli in balia del loro silenzio.
- Mandala indietro.- ordinò Tom con voce inespressiva al
fratello, ma Bill rifiutò, scuotendo la criniera leonina in un
cenno di diniego.
- Bill, per favore.- gli chiese con tono più fermo il rasta, e
l’unica risposta che ricevette dal fratello fu : - Non ti fa
bene, fratellino.-
- Se non ti dispiace decido io cosa mi fa bene e cosa no.-
esclamò Tom, alzandosi di scatto dalla sua posizione iniziale
con lo sguardo sfavillante di irritazione.
A Bill piacque vedere quella scintilla nei suoi occhi, così
diversa dalla patina di depressione che li aveva velati fino a quel
momento, ma decise di non stuzzicarlo ulteriormente…
L’ultima cosa che desiderava era litigare col gemello.
Premette il tasto per adempiere alla volontà del biondo, e le
prime note di “Protege-moi” risuonarono ancora fra quelle
quattro mura che tante volte in quei due giorni le avevano accolte.
Il sospiro rassegnato di Bill si perse fra le prime parole della prima
strofa, mentre Tom tornava a distendersi ad occhi chiusi sul suo
materasso, seguendo il ritmo della musica con un piede.
I ragazzi non parlarono più, c’era solo Brian a riempire il silenzio della piccola camera.
Tom ad un tratto disse, come se la cosa non lo riguardasse : - L’ho baciato, sai?-
Bill era ancora in piedi, appoggiato al davanzale della finestra,
scrutando il cielo cinerino e le luci delle automobili in strada
riflesse sull’asfalto lucido e bagnato.
Si voltò verso di lui, sorpreso, domandando : – Davvero?-
e accorgendosi solo dopo della stupidità di ciò che aveva
appena detto.
Non pensò nemmeno per un istante di confessargli che anche lui lo aveva fatto.
Certo, se si poteva veramente definire così quel rapidissimo
contatto di labbra, quel breve lampo di morbidezza che lo aveva
sfiorato appena…
Il sorriso sul volto di Tom era quanto di più opaco avesse visto in quegli ultimi tempi.
- Davvero.- ripetè atono il rasta, le palpebre ancora serrate a rendere inaccessibili i suoi occhi.
- Te lo ha permesso? – chiese Bill, suscitando una risata amara da parte del biondo.
- Sì, gliel’ho chiesto e lui…-
…lui mi si è offerto, Bill, ed era così bello,
così perfetto per me che non avrei mai smesso di baciarlo.
Nemmeno se ne fosse andato della mia vita.
-… lui ha acconsentito.-
Forse era la leggendaria sinergia che legava le menti e i cuori dei
gemelli a suggerirgli ciò, ma Bill sapeva che quelle parole
nascondevano ben altro.
Avrebbe voluto che Tom gli si aprisse completamente, che si confidasse
con lui, perché sentiva di poter capire ciò che provava.
Quella sensazione di vuoto, di perdita, come dopo aver visto una stella
cadente senza aver fatto in tempo ad esprimere un desiderio.
Ma perlomeno aveva assistito a qualcosa di infinitamente bello.
Avvertiva ancora un dolore strano partirgli da un luogo situato
più in profondità del cuore e della coscienza stessa, uno
stimolo che lo costringeva a strizzare gli occhi per impedirsi di
piangere… Per il momento.
Avrebbe potuto sfogarsi in seguito in camera sua … Ma adesso doveva pensare a Tom.
- Allora…- mormorò Bill, salendo sul letto per stendersi
accanto al gemello, che sollevò una palpebra per dargli ad
intendere che lo stava ascoltando.
-… così lo hai baciato.-
- Mhm.- mugugnò Tom indistintamente, infastidito dalla constatazione inutile del fratello.
Bill rotolò accanto a lui, guardandolo maliziosamente e sogghignando : -…e bacia bene?-
Il moro sorrise, divertito dall’espressione esterrefatta
dipintasi sul viso del gemello, il quale si riprese in pochi secondi,
rispondendo a tono con un sorrisetto : - Non bacia bene… Bacia
da Dio!-
Bill alzò gli occhi al cielo, sbuffando : - Cavolo, Tom, lo sai che voglio i dettagli, su!-
- Uff… Pervertito…- lo apostrofò Tom, senza alcuna
intenzione di insultarlo veramente – anzi, per un attimo i suoi
occhi avevano lampeggiato di un sentimento più complesso della
pura e semplice gratitudine per ciò che stava facendo per
lui… - ed iniziando subito dopo a raccontare : -... comunque in
pratica io ho dovuto chinarmi, perché lui è tanto carino,
per carità, ma un po’ troppo bassino per la mia
statura…-
…e adesso è proprio finita. Finita-finita-finitissima.
Accidenti, in questi casi non so mai cosa dire…Mi sembra
così strano essere arrivata a questo punto.
L’unica cosa che mi sento di fare è ringraziare
un’ultima volta coloro che hanno seguito questa storia,
recensendola, preferendola, leggendola e basta…Ammetto che
all’inizio credevo che sarei rimasta seppellita da una valanga di
insulti XD, e poi invece ho ricevuto tante di quelle badilate di amore
da rimanerne quasi commossa ç_ç !Ma facciamo i nomi,
allora :
_Princess_, sakura_kinomoto, chemical_kira, CaTtY, Gufo,
blackmoon, enlil, lisachan, loryherm, Simo_lovesFrankie_, valux91,
nainai, Linalee, catlady, Muny_4Ever, kate35, Facy, NanaOsaki, Kina89,
ginnyred, LunacyFringe, Sweet Bee, I LoVe BiLl, elenoire, babygirlLucy,
revy_kau…Je vous lovve, mes petites <3!
Grazie di cuore anche a : Berenice, billa483, Carillon, cerridwen,
CrazyCat, Dying Atheist, fteli, joey_ms_86, Kheth_el, Kiki Daikiri,
kikikaulitz, Lithia del Sud, Mandy Kaulitz, nihal_chan, noirfabi,
PrinzexKikka, Rogue17, selina89, Sissymissy91, sole a mezzanotte,
SweetPissy, vivihotel, Whity, _Crystal_Heart_, _IllusioN_ che hanno
messo Wicked Game fra i preferiti ( de-lurkatevi, se volete e se
trovate un po’ di tempo…Mi farebbe piacere ^_^! )
A chi ha solo letto la fic un bacione generale *smuaaaackk – eccolo qui xD!*!
Non saprei davvero cos’altro dire, tranne che credo proprio che,
tirando le somme, questo mio “esperimento” sembra sia
andato abbastanza bene… Io mi ritiro nell’ombra ( con
questo caldo ne ho proprio bisogno *sbuffa* ) e vi saluto… Alla
prossima :****!
P.S. : vi lascio un ultimo regalo : clic.
Ditemi se quello non è il volto di Dio.
[ / post-scriptum inutile ]
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