Darkness Of Down-Dark

di Silvie_Marie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


«Che cosa raffigurerebbe quel quadro?» chiedo sottovoce a William, mentre visitiamo il museo d'arte contemporanea a Down-Dark un paese, non molto grande, nei pressi di Cardiff, che ospita una varietà di quadri e sculture infinita.  
William scruta il quadro dove ci siamo soffermati, lentamente, prima di darmi una risposta.
«Beh, Annabeth, io credo che questa ragazza sia vicino al fiume per passeggiare e schiarirsi le idee... »
Io incomincio a ridacchiare.
Lui mi guarda confuso. «Beh, che c'è? Io lo farei...»
«Appunto! Comunque perché secondo te è stata usata la tecnica a puntini?»
Lui sbuffa. «Annabeth, dimmelo se mi devi fare un'interrogatorio...»
Io lo guardo dispiaciuta. Certe volte esagero con le domande e molte persone pensano che io voglia fargli un interrogatorio, ma si sbagliano.
La mia è solo curiosità.
«Va bene, Annabeth... Proseguiamo?»
Io faccio un cenno.
Mentre passiamo tra i vari corridoi del museo, passo davanti a uno specchio.
Dovrebbe essere normale passare davanti a uno specchio: si vede la propria immagine riflessa e si scruta il proprio corpo.
Ma quando guardo lo specchio, in quel museo, oltre a vedere la mia immagine riflessa, vedo anche un'ombra passare velocemente.
Per un momento il mio sguardo resta fisso sullo specchio, poi sento William che mi chiama scuotendomi la spalla.
 Lo guardo, lui fa un respiro di sollievo. «Anna cos'è successo?! Ti ho vista guardare qualcosa nello specchio. Chi era?»
Io scuoto la testa. «Non chi, ma che cosa...»
Lui alza gli occhi al cielo, meglio dire al soffitto bianco. «Non mi dire che ancora "quell'ombra" ti perseguita... Ma quando capirai che non è possibile?...»
Io so che cosa ho visto e per l'ennesima volta ho visto quell'ombra.
Fin da quando mi sono trasferita qui, ovvero da due anni, ogni volta, dovunque io sia, vedo quell'ombra. Quanto vorrei sapere perché mi segue sempre...
«William, credimi, so cosa ho visto...»
«Ti credo, ma credimi non c'è e non ci sarà nessuna ombra che ti perseguita. Ora se non ti dispiace, dobbiamo andare... Ho una commissione da fare.»
Io faccio un cenno. Ripercorriamo il corridoio ed usciamo dal museo.
Ci avviamo verso il parcheggio, fino alla macchina nera di William.
Io salgo in macchina per prima, e poi con un leggero abbassamento della testa, William si china ed entra, per lui è facilissimo entrare in una macchina senza sbattere la testa, al contrario di me, che la sbatto sempre ogni volta che entro in una benedetta macchina.
William mi fa un sorriso storto mentre inserisce la chiave e la gira  facendo partire il rombo dei motori, poi mette le mano sul volante di pelle e schiaccia il pedale dell’accelleratore.
Guardo fuori dal finestrino. Il paesaggio sembra un sogno. Tanto arancione e giallo  nei campi deserti ed infiniti. D'altronde siamo in autunno, cosa pretendo?
Però mi manca vedere i campi pieno di verde e mille colori dei fiori selvatici che ispirano felicità.
Poi sposto lo sguardo su William che è letteralmente concentrato sulla strada.
«Dove andiamo?» chiedo incuriosita guardando la strada.
«Da Kevin... Devo ritirare la chitarra che ho lasciato lì, ieri.»
William, oltre ad essere amici da un secolo e mezzo, suona in una band da un anno come chitarrista e se la cava molto bene per non aver mai studiato musica in vita sua.
Io passo ogni giorno, dopo la scuola, da Kevin per sentire le prove del gruppo chiamato "B&S"... Che in realtà non ho la minima idea di che cosa voglia dire.
Ci siamo fermati per via di un semaforo. Rosso.
Al lato sinistro c'è il fiume di Down-Dark che dicono essere freddissimo e che una volta entrati non si riesce più ad uscire. Non so se è vero ma non vorrei mai provare.
Il semaforo diventa verde. William sfreccia mentre io guardo fuori dal finestrino. Non faccio in tempo a pensare una sola sillaba che un camion si schianta sul lato destro, ovvero il mio, della macchina di William.
Io sbatto la testa ma non perdo i sensi, mentre William, sì.
La forza del camion ci trasporta via e rompiamo quelli che devono essere gli argini del fiume. La macchina cade nel fiume e velocemente si riempie di acqua.
Io cerco di aprire la portiera strattonandola. Niente.
L'acqua è già arrivata al mio collo. Faccio un ultimo respiro, poi mi immergo.
Devo uscire da questa maledetta macchina. Dopo vari tentativi, riesco ad aprire  la portiera.

La spalanco per bene, mentre slaccio William dalla cintura. Poi lo trascino fuori dalla macchina e incomincio a risalire.  Sono quasi alla superficie, sto per toccarla... Quando tutto si offusca , riesco solo a vedere una mano, prima di perdere completamente i sensi.

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Capitolo 2
*** Capitolo due ***


Sinceramente non so dove mi trovo. Sono spaesata.
So solo che sono sdraiata su un letto che non è mio e che mi trovo in una casa tetra e sconosciuta, chissà dove.
L’unica idea che mi viene in mente è di fuggire, ma come? Mentre cerco una via d’uscita,  uno sconosciuto alto, magro, capelli e occhi neri, entra nella stanza.
Rimango ferma, non che serva a qualcosa, ma non so… sembra l’unica difesa.
Il ragazzo si avvicina con un sorriso.
«Bene, sono contento che ti sei svegliata e che stai bene!!»
Io sono confusa. Come mai a uno sconosciuto importa se sto bene o male?
«Umm… Sono contenta che ti importi della mia salute, ma svelami un segreto… Tu chi diavolo sei? E saresti così gentile da dirmi dove mi trovo ?»
Lui ci pensa per un po’. Forse non trova le parole giuste. Questo mi mette ancora più ansia. Ha uno sguardo scaltro, con occhi che guizzano da una parte all’altra della stanza, quasi come se stesse cercando qualcosa…. ma cosa?
«Praticamente sono il ragazzo che ti ha salvato la vita dopo l’incidente in macchina… E comunque sono Kyle.»
Io abbasso la testa sulle lenzuola bianche. Sono troppo bianche per i miei gusti. Mi sa prorpio che questa casa è curata nei minimi dettagli, me ne meraviglio. Sembra quasi che sia stata creata apposta copiando in una rivista di arredamento. Molto strano!!!!
Dopo alcuni minuti di silenzio, Kyle si sposta vicino alla finestra da dove entra una luce fioca, debole, quella della sera.
«Okay, ti ringrazio di arvermi salvata, ma ora dovrei andare….»
«Dove vorresti andare di sera, Annabeth?»
Al suono del mio nome, mi allontano sempre di più dal letto, arrivando alla porta. «Io non ti ho mai detto il mio nome… Allora perché sai come mi chiamo?»
Lui fa spallucce. «Ho indovinato!»
«Sì… Come no…. Con tutti i  nomi del mondo tu avresti indovinato il mio?! Cerca di non prendermi in giro … Te ne sarei grata.»
Lui sbuffa. «Okay, magari non è l’approccio giusto… Però, veramente, credimi, non è sicuro andare di sera per le strade di Down-Dark.»
Alzo un soppraciglio. «Perché?»
Lui si gira verso la finiestra e guarda fuori. «Allora… C’è una leggenda che narra di un bosco, non lontano da Cardiff, nei pressi di Down-Dark, dove si nascondono di notte delle ombre vendicative… Nessuno sa se sia vera questa leggenda, ma ho notato negli ultimi tempi, che il bosco a una certa ora, diventa tutto nero e si sentono delle voci… No… delle urla spaventose. Credimi non è sicuro…»
«Umm… E cosa ti fa pensare che io creda a uno sconosciuto?»
Lui si gira verso di me. I suoi occhi illuminati dalla luce fioca della sera diventano più inquetanti di prima. «Perché ti ho salvata.»
«Questo è un punto a tuo favore, ma oltre al nome non so niente di te»
«Okay, sono un amico di Kevin e casualmente ero nelle vicinanze quando ho visto lo scontro, sono subito corso verso l’argine del lago ,  ho visto la tua mano che usciva dalle acque , sono riuscito a prenderti e così ti ho salvata…»
Nonostante gli sia grata per quello che ha fatto , non demordo, devo saperne di più sul suo conto. . «… non ho mai saputo che Kevin avesse un amico segreto…»
Lui sembra un po’ confuso, mentre si rigira nervosamente gli anelli della mano sinistra con le dita della mano destra. «Magari perché non te ne parlato… Ma sono un suo amico di infanzia e sono tornato da poco in città.»
Improvvisamente mi ricordo di Will. «E il mio amico…. sei riuscito a salvare anche lui ?»
«Certo tu lo tenevi con tanta forza che non lo mollavi anche se eri svenuta. Si trova nell’altra ala della casa, vivo e vegeto.»
Apro la porta. Esco e mi trovo un’infinità di stanze a destra e a sinistra e tanti  quadri su ogni parete.
Mentre cammino per i corridoi infiniti, sento i passi leggeri di Kyle dietro di me.
Dopo un po’ mi fermo e incomincio a sfiorare i quadri.   
«Come mai hai così tanti quadri? Sei un collezionista ossessivo?»
«No, sono i quadri dei miei antenati… In effetti sono un bel po’.»
Continuiamo a camminare. «Beh, quindi questa casa è tua?»
«Um… Praticamente è un regalo di mia nonna.» Il suo sguardo diventa  improvvisamente triste.
«Ah, mi dispiace di aver schiacciato un tasto dolente… Dov’è William?»
«E’ propro qui.» mi sossurra lui, aprendo la porta davanti a me.
La stanza è parzialmente illuminata da un caminetto acceso.
Faccio un altro passo ed entro nella stanza. C’è un letto, ma non c’è nessuno.
Poi avvicinandomi di più noto che sulla poltrona di fronte al caminetto è seduto William che sta bevendo un the caldo. Strano… di solito preferisce bere una birra scura!!!!  
Lo chiamo e lui si gira e mi fa il suo tipico sorrisetto. Vuol dire che sta bene. Faccio un sospiro di sollievo.
«Ciao, Annabeth! Dove ci troviamo e che è successo?»
Mi mordo le labbra. E’ difficile da spiegare anche per me. «Un camion ci ha investito e abbiamo rischiato di affogare e questo tizio chiamato “Kyle” ci ha salvato e ci ospita in questa strana e inquietante casa perché crede che ci siano delle ombre nel bosco di fronte e in tutta Down-Dark..»
Lui mi guarda e dice. «Non hai mai sentito questa leggenda? E’ tutto vero»

Io sono confusa. Come fa a sapere della leggenda e perché non me ne ha mai parlato?

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Capitolo 3
*** Capitolo tre ***


CAPITOLO TRE
  Io sbuffo,non mi piace che mi si tenga all'oscuro di informazioni importanti,  anche perché William sa dell’ ombra che mi segue! Però… pensandoci bene è molto strano che non si sia preoccupato, è sempre stato così protettivo nei miei confronti…. anche troppo!!!! Improvvisamente noto che la camera perde i suoi contorni e cambia colore, diventando sempre più bianca, finché non mi ritrovo in una stanza completamente diversa  e vedo lo sguardo sollevato di William.
Ma non ero in quella inquietante casa? E come ci sono arrivata qui?
Sono veramente confusa, oltre ad avere un mal di testa molto forte.
William si alza dalla sedia dove era seduto pochi minuti prima, con il suo strano sorriso mi viene vicino,mi prende una mano e chiama l’infermiera.
Un'infermiera? Allora sono in ospedale.
È stato così terribile l'impatto?  
L'infermiera non arriva subito, così ne approfitto per parlare con William e chiarire alcuni punti.
Sospiro. «Ma.... Come mai mi trovo qui? Non eravamo … in quella casa…?»
William mi guarda confuso. Di sicuro starà pensando che sono pazza, ma io so quello che ho visto,… anche se forse era solo un sogno.  
«Annabeth sei sicura di stare bene? Non eravamo in nessuna casa. Ti ricordi tutto?»
Se il ricordare tutto comprende aver subito un incidente , rischiato di morire in un fiume gelato e essermi svegliata in una casa alquanto strana e aver scoperto che tutto ciò che ho visto è solo un sogno, beh allora sì.
Sospiro . «Sì, mi ricordo tutto e sto bene,  a parte un forte mal di testa .»
«Annabeth, vedrai che andrà tutto bene e fra pochi giorni potrai uscire da qui.  Nonostante tutto siamo stati fortunati, tu hai riportato un piccolo trauma cranico , ma poteva andare molto peggio.» cerca di consolarmi William, un gesto molto carino da parte sua, ma alquanto inutile.
Io sono confusa come non mai e ripensandoci, perché lui ha riportato solo piccole lesioni  sul viso dovute ai vetri che si sono rotti?
Quando glielo chiedo sembra spaesato, come se non riuscisse a trovare una risposta plausibile.
«Boh, credo  di essere una sorta di…. superman…. .»
Faccio un sorriso. Meno male. Nonostante tutto, noi stiamo bene ed è quello che importa, adesso come adesso.
«Vedo che non hai perso il tuo sorriso… Un buon segno, direi.»
 Continuo con un sospiro  «Che mi dici della macchina?»
 Lui abbassa lo sguardo sul pavimento macchiato.
«Ehm… Non è andata bene alla macchina… Mi è costata non so quanto… Ormai è perduta nel fiume….». «Mi dispiace. … E’ colpa mia
Mi sento in colpa. Non so perché ma sono sicura che se non fossi stata nella macchina non sarebbe successo niente.
«Annabeth, non dire sciocchezze, non è stata colpa tua. Se ci troviamo in questa situazione non è certo per colpa nostra…. E’ colpa del camion.»
 Non ha tutti i torti. Cerco di levarmi questo pensiero, quando  qualcuno apre la porta.
Entra un uomo con un completo molto elegante, un taccuino in una mano  e un’espressione di disappunto con l’infermiera che mi porge due pillole contro il mal di testa e subito dopo esce perché chiamata da un dottore.
   Io cerco di sedermi, ma non riesco. Mi gira troppo la testa per alzarmi.
L’uomo si presenta. «Io sono il detective Monrow… E devo indagare sull'incidente che la vede protagonista ... » poi si rivolge a William. «Potrebbe lasciare questa stanza?  Noi abbiamo già parlato. Non ci vorrà molto.»
Lui sospira. Sta per uscire, quando io parlo molto piano , forse stanno facendo effetto le pillole. «Detective Monrow… il mio amico William … preferisco stia qui con me .»
« Va bene… può restare.»
William si rimette  vicino alla finestra, in piedi con le braccia incrociate guardando per aria, non so esattamente che cosa.
Il detective scrive qualcosa prima di cominciare a parlare.
«Cosa si ricorda di preciso?»
Io incomincio a scorrere i miei ricordi ma  la voce tagliente del detective mi riporta alla realtà.
«Scusi, detective, ma non mi sono ancora ripresa molto bene… Comunque eravamo all'incrocio ad aspettare che il semaforo diventasse verde e quando è scattato , William è partito poi un camion ci ha preso in pieno,quindi l’urto ci ha spinti nel fiume.
La macchina stava affondando molto velocemente, William era svenuto, ma io no, anche se ho preso un forte colpo alla testa, così ho cercato di slacciare la cintura di William e dopo esserci riuscita, ho tentato di raggiungere la superficie, ma improvvisamente  ho perso i sensi e mi sono svegliata qui, in ospedale. Questo è tutto ciò che mi ricordo.»
Il detective  mi informa che qualcuno deve averci aiutato perché è arrivata una segnalazione anonima al 911, che ha permesso di prestarci soccorso.
Dopo aver detto questo il detective  mi saluta e mi chiede scusa per il disturbo.
Quindi William mi dice. «Io mi allontano per andarti a prendere un po’ d’acqua e per fare quattro passi. Qui si soffoca
In effetti ha ragione, nella stanzetta sembra non esserci aria.
E’ piccola con le pareti bianche  e delle tendine color panna, svolazzanti per via dell’aria corrente che ogni tanto entra nella stanza… peccato sia aria calda.
Mentre aspetto che William torni, sento una voce che chiede di me.  
Chiudo gli occhi. Anche se non ho  sonno.
La voce si avvicina. Spero che William arrivi con l’acqua, non so perché ma con lui mi sento sicura.
Quando apro gli occhi mi ritrovo davanti un ragazzo che conosco già.
Lui accenna  un sorriso  e mi guarda con due occhioni timidi, ma io so che in realtà non lo è.
  «Mi dispiace di averti disturbata…»
«Tranquillo, in realtà non stavo dormendo….»
«Beh, allora direi che posso presentarmi: io sono….»

Lo interrompo... rispondo io per lui «Kyle.»

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