Minaccia senza volto

di Luine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il dubbio di Roxy ***
Capitolo 2: *** Paura invisibile ***
Capitolo 3: *** Il misterioso Zephiro ***
Capitolo 4: *** Le Furie dei Sentimenti Negativi ***
Capitolo 5: *** L'angoscia di Bloom ***
Capitolo 6: *** L'ascoltatore imprevisto ***
Capitolo 7: *** Il Vortice dei Venti ***
Capitolo 8: *** Gelosia ***
Capitolo 9: *** L'Esercito del Vento ***
Capitolo 10: *** Furioso contagio ***
Capitolo 11: *** Un aiuto inaspettato ***
Capitolo 12: *** Bruschi risvegli ***
Capitolo 13: *** Rivalità ***
Capitolo 14: *** Un colloquio con Faragonda ***
Capitolo 15: *** Soli ***
Capitolo 16: *** Lunga vita al re ***
Capitolo 17: *** L'assedio ***
Capitolo 18: *** Lo Scettro di Domino ***
Capitolo 19: *** Nella biblioteca proibita ***
Capitolo 20: *** L'eredità ***
Capitolo 21: *** Tracix ***
Capitolo 22: *** Rosso, blu, oro ***
Capitolo 23: *** Il Dono ***



Capitolo 1
*** Il dubbio di Roxy ***


Capitolo 1.

Il dubbio di Roxy



Era una calda mattinata di fine Aprile a Gardenia; soffiava una leggera brezza che entrò nella cucina sopra il negozio di cuccioli magici, il Love & Pet, accarezzando il volto di una sonnacchiosa Musa che, appoggiata una guancia su una mano, sbadigliava oziosamente, mentre i suoi occhi si spostavano su Tecna che leggeva avidamente il giornale.

Ehi, siamo citate!” esclamò allegramente quest'ultima, indicando un punto all'interno della pagina.

Eh, cosa?” Stella piombò in cucina, lasciando cadere i bigodini che stava tentando di sistemarsi tra i capelli: da che i terrestri avevano cominciato a credere nell'esistenza delle fate, non faceva altro che spuntare dai posti più impensabili per ascoltare ciò che i media avevano da dire sul Winx Club. Chissà come, era sempre in prima linea, non appena sentiva una parola che somigliava vagamente al nome del suo gruppo di fate. “Chi ci ha citate? E che ha detto? E che...”

Buongiorno, Stella!” ridacchiò Aisha, impegnata nella preparazione della colazione. Ma la fata del Sole e della Luna non aveva risposto, si era piazzata dietro Tecna, chiedendo, convulsamente: “Dov'è? Dov'è? Dov'è?”

La fata della Tecnologia sospirò, tirò via dal quotidiano la pagina che parlava di loro e la passò a Stella che, con eccessiva veemenza, gliela strappò di mano e si gettò sul piccolo divano che aveva tanto insistito perché venisse sistemato in cucina.

Qualequalequale? Ehi... Tecna?”

Parla di un parco divertimenti!” sospirò l'interpellata, voltando pagina: forse, finalmente, sarebbe riuscita a finire di leggere il giornale.

Gli occhi di Stella rotearono sulla pagina, non ascoltò Bloom che entrava in cucina e che salutava, stiracchiandosi, le sue amiche, tanto era impegnata nella lettura dell'articolo. Musa rispose al saluto della Fata del Fuoco del Drago con un altro sbadiglio.

Ehi, Musa, sembri distrutta!” ammise quest'ultima, posandole una mano sulla spalla, preoccupata. “Che è successo?”

Musa si passò una mano tra i lunghi capelli neri e sospirò. “Ho studiato fino alle quattro la canzone che devo preparare per domani!” ammise. “Non mi sono resa conto del tempo che passava e così...” non completò la frase, ma lasciò bene intendere il finale. Bloom sorrise in modo comprensivo, mentre i loro cuccioli magici spuntavano da sotto il tavolo, rincorrendosi tra loro e ridendo gioiosi.

Devi essere davvero molto stanca!” esclamò, sedendosi accanto a Stella che continuava a fissare la pagina, la fronte corrugata e un'espressione concentrata stampata sul volto. “Tra la tua carriera musicale, il Love & Pet e il nostro dovere di fate, ti stai davvero esaurendo!”

Musa sorrise. “Sto bene, dico davvero! Ehi, piano!” esclamò, rivolgendosi ai cuccioli che avevano cominciato a litigarsi le orecchie del povero Kiko. Prese tra le mani Coco, il paperotto, e gli accarezzo le piume scure che gli spuntavano dalla testa. “Tengo molto alla mia carriera e non voglio arrendermi alla prima difficoltà!”

Certo, ti capisco perfettamente!” asserì Bloom.

E se avrai bisogno di una mano” aggiunse Aisha, sistemandole davanti un piatto carino di uova e pancetta. “noi saremo al tuo fianco!”

Musa sorrise, in direzione di quest'ultima. “Siete delle vere amiche!”

Puoi dirlo forte!” esclamò la fata dei Fluidi, rivolgendole una strizzatina d'occhio. Si voltò di nuovo, per distribuire la colazione a tutte le altre. “Allora, queste sono per Tecna, queste per Bloom, queste per Stella, queste per Flora...” si guardò intorno, cercandola. “Ehi, ma dov'è Flora?”

Senza alzare gli occhi dal suo giornale, rispose Tecna, col tono di una solerte segretaria: “E' andata con Helia a fare una passeggiata sulla spiaggia. Credo che ne avranno ancora per un po'.”

Okay, allora le terrò la colazione in caldo.” decise Aisha, aprendo il forno e sistemandovi il piatto con la colazione della fata dei Fiori.

Ormai si poteva dire che si fossero ambientate sulla Terra e che la convivenza, per quanto fosse sempre stata difficile, anche ad Alfea, per quanti litigi potesse aver portato l'improvviso cambio di abitudini, per via del bisogno di lavorare e di non sprecare il loro denaro, non portava loro grandi problemi. Anzi, si erano organizzate alla grande: ognuna aveva due giorni al mese in cui preparare la colazione, pulire la casa e mettere in ordine, ritirare la posta. Erano in sei e, anche se pulivano la casa due volte la settimana e due dovevano lavorare due volte nello stesso mese, decidevano a sorteggio ogni volta. Stella era l'unica che si lamentava del metodo, quando toccava a lei.

L'unico problema che davvero avevano era che avevano poco tempo da passare coi loro ragazzi ultimamente, tra il lavoro e le varie incombenze che avevano avuto combattendo. Aisha sentiva di vedere davvero poco Nabu, anche se, ormai, erano promessi sposi.

Oh, non è niente di che!” sospirò Stella, posando la pagina di giornale sul bracciolo accanto a cui era seduta. “E io che credevo che parlassero di me! Dice solo che, per la nuova attrazione, di più magico di questa, ci siamo soltanto noi!”

Bloom ridacchiò. “Il che non è falso!”

Oh, lo so!” rispose Stella, ancora molto delusa. “Ma avrebbero potuto invitarci come madrine per l'inaugurazione, avrebbero potuto chiederci di dare il nostro tocco magico, oppure...”

Non credi di andare troppo in là con la fantasia?” domandò Musa, con un ghigno.

La fata del Sole e della Luna chiuse gli occhi e si portò una mano al petto, con fare solenne. “Dico solo che dovrebbero tenerci maggiormente in considerazione! Non credo di sbagliare, dicendo che abbiamo fatto il bene di molte persone... almeno un ringraziamento...”

Ma Bloom le impedì di continuare, quando posata la forchetta nel piatto, le strinse gentilmente una spalla con la mano. “Noi non facciamo del bene per avere un tornaconto.” dichiarò, con aria severa. Le guance di Stella si imporporarono di vergogna e i suoi occhi si abbassarono sulle sue mani strette a pugno sui pantaloncini del pigiama color pesca.

Non sto dicendo che dovrebbero tutti acclamarci come salvatrici del mondo – anche se lo siamo.” aggiunse, come per fugare ogni dubbio. “Dico solo che dovrebbero chiamarci anche per gli avvenimenti mondani, non solo quando ci sono problemi da risolvere!”

E' il nostro compito di fate!” le fece notare Aisha, molto meno gentilmente di Bloom. “Siamo fate Guardiane, non dimenticarlo!”

Io non lo dimentico!” esclamò Stella, offesa. “Dico solo...”

Abbiamo capito, Stella...” sospirò Tecna che ormai aveva rinunciato alla lettura del suo giornale. “Vuoi anche divertirti, oltre che fare del bene, giusto?”

Sì, è così!” ammise la fata, annuendo con forza. “E, dato che siamo così famose, è giusto che ci invitino alle occasioni mondane!”

Musa sbuffò, divertita. “La nostra Stella non cambierà mai!” scoppiò a ridere e Bloom non poté fare a meno di rimanerne contagiata. Ben presto, le risate riempirono la stanza e i cuccioli magici e Kiko guardarono le loro padrone sconvolti, non riuscendo bene a capire che cosa stesse succedendo.

Bloom fu la prima a riprendersi, riscossa dal campanello che suonava. Posò il piatto sul tavolo, tra Tecna e Musa. “Vado a vedere chi è!” annunciò, allegramente. Così aprì la porta a: “Roxy!” esclamò, stupefatta, non appena vide la ragazza dai lunghi capelli violetti. Abbassò lo sguardo e così vide anche il cane dal pelo raso marrone e le zampe lunghe che la accompagnava. Si piegò, posando le mani sulle ginocchia. “Ciao anche a te, Artù!”

Ciao, Bloom!” rispose, cordiale, il cane. Stupefatta, Bloom si raddrizzò.

Hai fatto grandi progressi, Roxy!” esclamò. La ragazza sorrise, orgogliosa.

Puoi dirlo forte!” disse. “Pensa che ho fatto l'incantesimo prima di partire da casa.” ridacchiò. “Dovevi vedere mio padre, quando Artù lo ha salutato: ha lanciato le frittelle in aria e se le è ritrovate tutte sui capelli! Pensa se lo facesse anche al lavoro...”

Anche Bloom ridacchiò. “Sì, immagino che sarebbe un problema. Forse è meglio che Artù non parli, in certi momenti!”

Non ti preoccupare.” rispose lui, dandosi importanza. “So bene che non devo parlare in presenza degli esseri umani... non ancora, almeno!”

La voce di Stella interruppe quello scambio di battute. “Bloom, chi è?” chiese, leggermente annoiata. La sua testa fece capolino dall'arco della porta

Oh, ma sei tu, Roxy!” esclamò, sgranando gli occhi e mostrando una grande preoccupazione. “Sei in anticipo...”

Roxy chiuse gli occhi, sorridendo. “No, a dire il vero sono anche in ritardo!”

Bloom guardò l'orologio a pendolo che stava accanto alla porta di cucina, dalla quale stavano uscendo anche le altre Winx. “Sono già le dieci!” esclamò.

Già...” rispose Roxy. “mi avevate chiesto di aiutarvi a sistemare il negozio e di venire alle nove e mezza!”

Bloom ridacchiò. “Sì, siamo delle smemorate! Vieni, accomodati!” si fece da parte e lasciò entrare Roxy e Artù.

Si accomodarono in cucina, dove nell'aria aleggiava il buon odore delle uova fritte da Aisha.

Vuoi qualcosa da mangiare?” chiese quest'ultima, già tirando fuori un vassoio carico di biscotti e versando del latte in una tazza. L'ultima fata della terra aveva creduto che Flora fosse quella più materna, ma anche le altre non scherzavano: erano sempre pronte a coccolarla e ascoltarla, soprattutto Bloom, che le stava insegnando così tanto, ad avere fiducia in se stessa sopra ad ogni altra cosa.

Doveva essere molto grata ad ognuna di loro e cercava sempre in tutti i modi di ripagare quelle ragazze meravigliose. Decise di prendere qualche biscotto e ne divise due con Artù.

Dopo aver finito di sistemare il negozio, che facciamo?” volle sapere, addentando l'ultimo che aveva accettato.

Beh, potremmo fare una passeggiata!” propose Tecna, che sorrise. “Dopotutto, una pausa ce la meritiamo!”

Andiamo al Frutti Music Bar?” chiese Stella, rientrando e sistemandosi i capelli dietro la testa. Si era cambiata e, adesso, indossava un vestitino aderente arancione che risaltava le sue curve.

Pensavo di fare qualcosa di diverso, in realtà...” rispose Roxy, accarezzando la testa di Artù; un alone di luce verde brillante circondò il suo corpo e, un attimo dopo, si dissolse. La fata sospirò, dimenticandosi di cosa stava dicendo. “Ecco, è finito l'effetto dell'incantesimo.”

Kiko si avvicinò a lei e le toccò leggermente la caviglia; la ragazza lo prese in braccio e cominciò a grattargli delicatamente la pancia: era un po' demoralizzata e il coniglio se n'era reso conto.

Non te la prendere!” le consigliò Musa, posandole una mano sulla spalla, anche lei intuendo il motivo della sua tristezza. “Prima o poi l'effetto durerà molto più a lungo!”

Lo spero tanto, Musa!”

Il grande difetto di Roxy, tutte le Winx erano d'accordo, era proprio quello di scoraggiarsi alla prima difficoltà. Se qualcosa andava storto, subito pensava di non essere all'altezza, di non essere in grado di farcela. La guardarono tenere gli occhi chiusi, mentre ripercorreva a memoria, con le dita, la pancia di Kiko.

Non devi metterti a confronto con noi, Roxy.” disse Musa, posando entrambe le mani in grembo. “Tu sei, ehm... diciamo... appena nata! Noi siamo fate diplomate, abbiamo ricevuto un'istruzione alla scuola per fate...”

Alfea, giusto?” chiese conferma la ragazza, alzando lo sguardo su Musa, che annuì.

E' proprio così.”

Vorrei poterci andare anch'io...” mormorò, come se avesse avuto paura di poter esprimere il suo pensiero a voce più alta.

Ci andrai.” disse Aisha, rassicurante, chinandosi su di lei. “La preside Faragonda sarà felice di avere tra le sue allieve l'ultima fata della Terra!”

Roxy sorrise timidamente. “Lo pensi davvero?”

Certo!” sbottò Stella, mettendosi in mezzo a Musa e Aisha e facendo in modo di avere la giovane fata davanti agli occhi. “Lo pensiamo tutte! Adesso, per piacere, ci dici che cosa vuoi che facciamo dopo aver sistemato il negozio, se non andiamo al Frutti Music Bar?”


§


Roxy aveva pensato ad un viaggio in collina, dove avrebbero potuto ammirare lo spettacolo indetto dal Club degli Amanti degli Aquiloni di Gardenia; una gara in cui i partecipanti avrebbero potuto far volare gli aquiloni creati da loro. Il vincitore, indicato da una giuria, avrebbe avuto il diritto ad una vacanza di una settimana su una meravigliosa spiaggia tropicale.

Oh, come vorrei andarci io!” sospirò Stella, guardando il cartello affisso sopra al bungalow che ospitava la sede del Club. Guardò Roxy, avidamente. “Me la merito una bella vacanza, dopo tanto lavorare, lottare e aiutare! Allora? Dove posso costruire un aquilone? Voglio assolutamente andare in questa spiaggia topica!”

Tropicale, Stella!” la corresse Tecna, anche lei molto interessata al volantino.

Oh, fa lo stesso!”

Roxy rispose limitandosi a ridacchiare. “Devi costruirlo, il tuo aquilone!”

Stella rimase interdetta.

E devi anche iscriverti al Club, se vuoi partecipare.” continuò la fata della Tecnologia che scrollò le spalle: “Sempre che tu sappia costruirti un aquilone, Stella!”

La fata sembrò delusa. Sospirò e le guardò le sue amiche che, incuranti del premio che sarebbe spettato al miglior aquilone, stavano guardando lo spettacolo dato dalla città che si stendeva sotto i loro piedi, molti metri più in basso. Tutta la baia di Gardenia, poi, sembrava particolarmente luminosa: erano mesi che non c'era un sole così caldo.

Musa inspirò profondamente l'aria. “Sta tornando l'estate!” dichiarò.

Per certi versi, sembra quasi di essere su Solaria!” esclamò Stella, stiracchiandosi e dimenticandosi in un baleno della propria idea di costruire un aquilone.

Cos'è Solaria?” volle sapere Roxy, avvicinandosi a lei.

Stella abbassò immediatamente le braccia e chiuse gli occhi, assumendo un'espressione dolce. “E' un pianeta, mia cara. Il pianeta del Sole e della Luna.” si posò una mano sul petto per indicarsi. “Davanti a te hai la principessa di Solaria!”

Principessa...” soffiò incredula Roxy. Poi sogghignò ed aggiunse: “Ora ho capito perché sei così smorfiosa!”

Quelle parole fecero diventare Stella paonazza. Sgranò gli occhi, guardando l'ultima fata della Terra come se le avesse sputato addosso. “Che cosa hai detto?” gridò. Fece un balzo in avanti e Roxy cominciò a correre, invogliata dallo sguardo furente di Stella. “Fermati subito!” gridò quest'ultima, alzando un pugno al cielo. “Se ti prendo te la faccio pagare!”

Cominciarono così ad inseguirsi e le loro risate seguirono tutti coloro che erano fermi sulla collina in attesa dell'inizio della gara.

Aisha le guardò e un debole sorriso increspò le sue labbra carnose. I suoi pensieri, però, erano rivolti a Nabu e al rifiuto dei ragazzi di partecipare alla gita fuori porta.

Avrebbero dovuto esserci anche gli Specialisti!” sospirò.

Flora le posò una mano sulla spalla. “Dovevano lavorare.” provò a consolarla, anche se sapeva che non sarebbe bastato per togliere quel peso dal cuore di Aisha: Nabu le mancava molto, tutte lo sapevano; negli ultimi tempi, da quando le persone avevano cominciato a credere nelle Fate, con il lavoro e tutto il resto, si erano un po' persi di vista. Per lo stesso motivo, Helia aveva creato una piccola occasione per stare insieme, prima del lavoro. “Lo so quanto tenevi a vedere Nabu!”

Almeno tu hai passato qualche momento piacevole con Helia...” rispose Bloom, anche lei piuttosto scontenta. Teneva gli occhi puntati sulla baia e tutte poterono notare la sua tristezza. “Sento che non stiamo più insieme come un tempo. E'... come se... come se lui fosse tornato ad essere il re di Eraklyon.”

Già, la nostra Flora è stata fortunata ad averlo avuto per tutta la mattina. Sulla spiaggia.” aggiunse Musa, sogghignando.

Le guance di Flora si imporporarono, mentre le sue labbra si curvarono in un dolce sorriso.

Già...” Stella, attirata dall'argomento ragazzi, aveva dato tregua a Roxy e si era avvicinata a loro, guardando Flora con una punta di sospetto. Si strinse nelle spalle e si piegò sulla fata dei fiori, tirando fuori un sorrisetto malizioso molto simile a quello di Musa. “Allora, zozzoni, cosa avete fatto su quella spiaggia, eh?”

Il volto di Flora divenne paonazzo. “Ma... ma di che parli?” chiese, guardandosi intorno, in cerca di un aiuto da parte delle altre. Ma nessuna, neanche Roxy, sembrava disposta a mettere una buona parola per lei che fermasse Stella, tutte avide di sapere esattamente come lei: era lei l'unico legame che, per il momento, avevano con i loro Specialisti.

Parlo di te e Helia!” rispose la fata del Sole e della Luna, indicandola con un falso fare accusatore. “Sei tornata a casa così raggiante che ho subito pensato a...”

Flora si nascose il viso tra le mani, profondamente imbarazzata. “Ragazze, vi prego, non guardatemi così!” pregò. Ci fu un lungo silenzio, interrotto dalla risata cristallina di Bloom.

Ok, dai ragazze, non diamo il tormento alla povera Flora!”

Ma non è giusto!” protestò Stella. “Io sono curiosa!”

Anche Musa annuì e sorrise a Flora, in modo rassicurante. “Non importa. Se la nostra amica vorrà dircelo, sa che noi siamo qui e che siamo più che disposte ad ascoltarla.”

Propongo un mega abbraccio di gruppo!” gridò Stella, afferrando Flora per le spalle. Tutte quante si fecero avanti e si tennero strette.

Coraggio, Roxy, vieni anche tu!” la invitò Bloom.

La ragazza si guardò attorno, come per capire se la Winx si stesse rivolgendo a lei o a qualche altra Roxy. Artù, al suo fianco, la spinse con il muso verso le fate abbracciate, per spronarla ad accettare l'invito di Bloom. Dubbiosa, la ragazzina fece un passo avanti, ma non osò andare oltre.

Stella fu la prima a sciogliere l'abbraccio. “Cosa c'è? Perché non vuoi abbracciarci?”

Ecco...” Roxy si torse le dita, gli occhi bassi, incapace di rivolgerli a lei o a qualunque altra delle sue nuove amiche. “io... non credo di entrarci!”

E perché no?” volle sapere Aisha.

Io...” Roxy prese tempo inspirando profondamente, poi esplose: “io non sono una Winx!”

Stella e Bloom si scambiarono un'occhiata, la prima dubbiosa, la seconda intenerita. Si avvicinò a Roxy e le posò affettuosamente le mani sulle spalle. Scosse la testa e la guardò con aria materna. “Tu sei una di noi!” le disse, piano. “Sei una fata e una nostra carissima amica.”

La ragazza si irrigidì. “Ma io non c'entro con voi.” ribatté, ancora tenendo gli occhi bassi. “Voi siete un gruppo e io... io stono.”

Bloom non seppe cosa rispondere: era confusa, preoccupata da quelle parole. Le dispiaceva che lei ancora avesse delle riserve a considerarsi una di loro, parte integrante del gruppo. Persino le altre erano un po' turbate.

Io... scusatemi, devo stare un po' sola.” così Roxy tagliò la conversazione. Scivolò via dalle braccia di Bloom e scappò via. Artù guardò da lei alle sei fate e poi, senza indugiare, seguì la sua padrona che andò a rifugiarsi nella boscaglia.

Bloom provò a richiamarla, credendo di essere stata lei a far qualcosa di sbagliato, ad aver detto qualcosa che avesse, inavvertitamente, ferito la fata degli animali. Aisha le impedì di seguirla.

Scosse la testa.

Ma... Aisha...” provò a protestare.

Adesso è confusa.” le disse. “Essere una Winx la spaventa. Vedi...” chiuse gli occhi e tacque, cercando la forza per continuare. Quando la trovò, guardò la fata del fuoco del drago dritta negli occhi. Parlò sicura, ma con una punta d'amarezza: “All'inizio, anche io ho avuto molti problemi. Non mi sentivo accettata e parte di voi, avevo paura che, prima o poi, mi avreste abbandonata, perché il vostro legame era troppo forte! Si sente un'intrusa, dobbiamo cercare di capirla.”

Ma non dovremmo spiegarle che lei è già parte del gruppo?” domandò Flora. “Voglio dire... io credo che lo sia sempre stata!”

Lasciamola un po' sola. Sarà più facile parlarle, quando si sarà calmata.” consigliò Aisha.

Bloom annuì: adesso aveva capito. I suoi occhi osservarono i fili d'erba del terreno che si muovevano lentamente con il passaggio della brezza. Si sentiva triste: erano andate lì per passare un pomeriggio diverso, per divertirsi e, invece, si trovavano nel mezzo di quella nuova difficoltà.


§


Roxy arrivò nel boschetto oltre la radura utilizzata per la gara di aquiloni e si fermò per riprendere fiato. Era fuggita di fronte ad un semplice abbraccio. Era fuggita perché si era sentita in imbarazzo: quelle ragazze, con lei, erano sempre state molto dolci e gentili, disponibili. L'avevano protetta contro gli Stregoni del Cerchio Nero, le avevano insegnato il poco che sapeva della magia e l'avevano sempre spronata a dare il massimo.

E, ora, la ammettevano anche nel loro gruppo.

Solo che lei non si sentiva degna di quel gruppo! Quelle grandi fate, sempre così coraggiose e grintose che non si arrendevano di fronte a niente, neanche alla più piccola difficoltà dicevano che lei era parte del gruppo. Non si rendevano conto di essere... semplicemente troppo rispetto a lei? Lei non era così: come poteva essere parte di un gruppo di persone, di fate, tanto meravigliose ed essere tutto l'opposto?

Si appoggiò con la schiena ad un albero e scivolò a sedere. Si strinse le gambe al petto, nascondendo la testa tra le ginocchia: se ne avesse parlato con Bloom, lei le avrebbe detto che era coraggiosa e che sapeva fare cose meravigliose. Per Roxy erano parole vuote, senza alcun fondamento. Lei non era in grado di guardare un nemico in faccia e di combatterlo.

Contro gli stregoni era stato diverso: avevano attaccato suo padre. Per un momento si era sentita davvero forte, tanto che era riuscita a trasformarsi. Ma adesso, a distanza di alcune settimane, aveva cominciato a credere che fosse stata tutta una enorme casualità.

Giocherellò col Cerchio Bianco che portava al dito. Lo guardò: non era certa di meritarlo, a volte addirittura di non poter essere l'ultima fata della terra.

Era stata tanto felice quella mattina, quando aveva fatto parlare Artù, credendosi di aver fatto chissà che cosa.

Artù... il suo fedele amico animale era lì davanti a lei da un po' e le stava scodinzolando, in cerca di un po' d'attenzione e un segnale che gli facesse capire che la sua padrona stava bene. Roxy gli sorrise mestamente e allungò una mano per dirgli di avvicinarsi. Così lui si accomodò ai suoi piedi e si lasciò coccolare.

Sai, Artù, non credo di essere all'altezza.” a lui lo disse, perché solo lui riusciva a capirla davvero. Ripeté l'incantesimo che gli avrebbe permesso di parlare, così che potesse sentire la sua risposta.

Perché dici questo?” volle sapere quindi, perplesso, non appena la luce verde dell'incantesimo si dissolse. “A me sembri una fata molto in gamba!”

Io non mi sento così.” mormorò la ragazza. “Le Winx sono così diverse da me...”

Ognuno è fatto a modo suo, Roxy.”

Lei chiuse gli occhi. “Non mi consola molto.”

Ma è così.” Artù la guardò negli occhi e a Roxy sembrò che le avesse sorriso e anche in modo rassicurante. “E quando te ne accorgerai, capirai quanto sei forte!”

Anche Roxy sorrise, intenerita. “Sei molto dolce, amico mio!” lo abbracciò e lui passò una zampa dietro la sua spalla.

Improvvisamente, un qualcosa interruppe quell'idilliaco momento. Fu Roxy la prima a percepire che stava accadendo qualcosa, che quel pacifico boschetto di collina non era più un posto sicuro. C'era qualcosa di oscuro che serpeggiava tra le chiome degli alberi e che riusciva ad insinuarsi oscuro nella sua coscienza. Qualcosa di pauroso.

Si alzò in piedi.

Lo senti anche tu, Artù?” chiese, guardandosi intorno.

E' strano...” il cane annusò l'aria. “E' qualcosa di terribile, ma non sento la presenza di nessuno!”

Roxy guardò a destra e a sinistra, tra i rami più alti degli alberi, ma non vide niente. Sentiva solo quella paura ed eccitazione che precedeva un combattimento con gli Stregoni del Cerchio Nero. Eppure, qualcosa le diceva che non erano loro, adesso, a tenerla in trappola.

Dove sei?” chiese, all'aria. Stava tremando come una foglia e avrebbe tanto voluto scappare. C'era una forza, però, che si opponeva fieramente al suo desiderio. Era follia? O forse la paura stessa a paralizzarla? Si voltò di scatto, non appena sentì il fruscio delle foglie.

Chi sei?” domandò, con voce tremante e un po' stridula.

Quell'immobilità la inquietava; c'era un silenzio innaturale e neanche il vento soffiava più. Neanche Artù parlava. Sembrava che non ci fosse che Roxy in quel nuovo e oscuro mondo. Sola, indifesa.

Sentì una risata, una risata cattiva, di donna. Era intorno a lei, sopra di lei, dentro di lei.

Provò a scappare, gridò, ma non servì a niente.

Inciampò in qualcosa, in una radice, forse. Sentiva solo il dolore sordo del proprio ginocchio che aveva battuto a terra e quell'inquietudine che, invece di allontanarsi grazie a quella corsa, era cresciuta, come se lei fosse caduta in una vasca piena di quel sentimento liquido.

Di nuovo quella risata sinistra echeggiò nell'aria.

In lontananza, cominciò a materializzarsi una figura alta, avvolta in un mantello di fumo nero dal quale si spanse un odore pestilenziale.

Chi sei?” provò a chiedere Roxy, posandosi una mano davanti alla bocca e al naso, per evitare di respirarlo. Una cosa era certa: quello era l'odore della morte.

Tu mi conosci bene.” rispose la voce, sibillina. “Sei stata tu a chiamarmi.”

Non so di cosa tu stia parlando!” gridò la ragazza. Una forte rabbia si impadronì di lei, una rabbia che riuscì a farla alzare in piedi, a fronteggiare quella figura lontana; l'odore, però, non se ne andava ed era quello ad indebolirla, a tenerla malferma sulle ginocchia che tremavano.

Ma certo che lo sai...” rispose la voce, suadente. “Lo sai, perché se tu non mi avessi chiamata, non sarei arrivata.”

Beh, io non ti credo!” la sfidò Roxy, puntandole un dito contro. “Non avrei mai potuto evocare una creatura immonda come te!”

Sei proprio come tutti gli altri...” tagliò corto la voce, con un sospiro.

Che cosa vuoi da me?”

Credevo che fosse chiaro...” Roxy percepì il tuo sorriso dietro quel suo manto di fumo e le si rizzarono i capelli in testa.

Reagì in ritardo a causa di quell'odore terribile che le annebbiava la vista: la figura scattò in avanti, verso di lei, così veloce che Roxy ebbe difficoltà a vederla. Quella la investì in pieno e la attraversò all'altezza del cuore. La fata sentì un gran freddo invaderla, prima che il mondo intorno a lei diventasse nero.





Tempo fa avevo cominciato a scrivere questa fanfiction, in attesa della seconda parte della quarta serie. Non l'ho mai conclusa, ma spero che almeno pubblicandola riuscirò a trovare la motivazione per finirla. Ho quattro capitoli, di cui due da rivedere, per il resto, è ancora tutto da scrivere, ma la trama è già tutta in questa testolina. Bisogna aspettare e sperare. :)


Giusto perché non ho mai avuto modo di ringraziare coloro che hanno commentato l'altra mia fanfiction su questo fandom (Quando una strega è in libertà vigilata...), lo faccio subito. Quindi, oltre a mileybest e BAbyDany94, un ringraziamento speciale va a FairyFlora che ha fatto tanti complimenti alla fic e mi ha inserito tra i suoi autori preferiti, e a bellina97 che ha commentato in tempi recentissimi. :)

Ancora una volta grazie, per quella fic. Ha totalizzato sette preferiti, un ricordato e un seguito e per essere la mia prima fanfic, per me vuol dire tanto, anche se confrontata con altre storie è solo una goccia nel mare.

Vi lascio con questa nuova avventura. E speriamo che sia – a questo punto – all'altezza della prima.

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Capitolo 2
*** Paura invisibile ***


Capitolo 2.

Paura invisibile


Le Winx si erano sedute sull'erba vicino ad un gruppetto di ragazzi che chiacchieravano in modo molto rumoroso per riuscire a farsi notare, ma per loro fu facile ignorarli, soprattutto per ciò che era successo: la reazione che Roxy aveva avuto per un semplice abbraccio le aveva rese taciturne persino le une con le altre e si scambiavano occhiate tristi e imbarazzate. Continuavano a interrogarsi se rimanere lì a non fare niente, come aveva consigliato Aisha, oppure inseguirla, come avrebbe voluto fare Bloom. Se fosse stato per loro, il silenzio su quella collina sarebbe stato totale, ma ci pensavano quei ragazzi e le risate lontane di coloro che lanciavano in alto i loro aquiloni a ricordare loro che il mondo aveva ancora dei suoni. Neanche Stella era schizzata in piedi gridando, quando si levò, al centro di un gruppo di libellule di carta, una farfalla così simile ad una di loro, o quando uno dei ragazzi fece un apprezzamento non richiesto sul suo fondoschiena.

«Ignoriamoli.» propose Aisha, spostandosi per chiudere il cerchio e dare le spalle al tipo che stava vistosamente ammiccando, in modo che non pensasse di avere la minima speranza. «Sembrano solo dei galletti.»

«A me sembrano carini...» ammise Stella, adocchiando proprio quello che aveva fatto l'apprezzamento su di lei e che, adesso, le stava rivolgendo uno smagliante sorriso strafottente.

«Ha la bocca enorme.» tagliò corto Musa, scoccandogli un'occhiataccia. «Sembrano i soliti immaturi, proprio come Riven!»

Sospirò, rabbiosa e, come Aisha, girò la testa in modo da ignorarli completamente.

«Avete ancora problemi?» si informò Bloom, posandosi una mano sul petto, stupefatta.

«Già...» ammise Musa, allungando le labbra e assumendo così un'aria scontenta. «Abbiamo litigato ancora a proposito del mio lavoro di cantante. Dice che lo trascuro.»

«E loro allora?» sbottò Stella. «Come se io e Brandon avessimo fatto pace! Non mi ha più chiamata dal giorno dell'ultimo combattimento con gli Stregoni del Cerchio Nero! E poi... quella Mitzi! Oh, se la rivedo, le faccio vedere io!» tirò un pugno in aria, come se lì ci fosse stato il faccione inviperito della vicina di casa di Bloom.

Musa, però, la ignorò. Scosse la testa e guardò in alto, le nuvole che passarono sopra al sole, oscurandolo per un breve istante. «Io non vorrei trascurarlo. E' solo che, ogni volta che ci vediamo, litighiamo.» sospirò, riabbassando la testa. «E non sopporto più questa situazione, ma, ogni volta che penso di lasciarlo, mi piange il cuore!»

Bloom le sorrise, rassicurante. «Credo che le cose andranno a posto, vedrai.»

«Ah, sì? E come mai ne sei così sicura?» chiese Musa, scettica.

«Beh...» la fata del fuoco del drago sorrise, un po' in imbarazzo. «voi due avete un rapporto molto movimentato, ma in fondo vi amate. Sono sicura che, se ci sarà un po' di volontà da parte vostra, potrete risolvere i vostri problemi.»

«Non è così facile. Per esempio, l'ultima volta...»

Le Winx non seppero mai cosa avesse fatto Riven l'ultima volta, perché un terrorizzato Artù si materializzò nel loro campo visivo, correndo a perdifiato verso di loro, gridando a gran voce: «Aiuto, aiuto! Roxy!»

I ragazzi rumorosi che erano accanto alle ragazze lo indicarono e cominciarono a ridere, credendo in qualche effetto speciale, che niente aveva a che vedere con la magia. Qualcun altro, specialmente i bambini, però, capirono che c'era qualcosa che non andava e che quello che chiedeva aiuto era un animale vero. La gara di aquiloni perse molti spettatori in favore di uno spettacolo decisamente più interessante e, per le Winx, raccapricciante.

Artù si fermò davanti a Bloom, che si era messa a capo del suo gruppo per riceverlo. «Cos'è successo? Dov'è Roxy?» chiese, allarmata. Toccò la fronte dell'animale. «Artù?»

Il cane scosse la testa, cominciò a ringhiare. I suoi occhi divennero rossi e lui prese a contorcersi terribilmente, tra guaiti e urla raccapriccianti che atterrirono le Winx e quanti erano lì per la gara degli aquiloni.

«Che sarà successo?» Aisha scattò in piedi, allarmata.

«Io... non lo so...» mormorò Bloom, confusa. Non sapeva cosa fare: Artù continuava a guaire e lei non poteva aiutarlo. Provò ad invocare la sua magia di guarigione, ma non servì a niente. Doveva essere successo qualcosa a Roxy, non c'era altra spiegazione, qualcosa di veramente terribile, se aveva degli effetti anche sul suo amico animale. Alla fine decise di agire. Scattò in piedi e guardò Flora.

«Rimani qui con lui.» disse. «Cerca un veterinario, mentre noi andiamo a cercare Roxy!»

«Ma...» Flora sembrava più spaventata di lei. Avrebbe voluto avere qualcuno al suo fianco, ma pensò che l'incolumità di Roxy valeva molto di più della sua paura di rimanere da sola ad affrontare una crisi. Non completò la frase, ma si fece più risoluta. «Okay, ma fate attenzione, ragazze!»

Le altre si limitarono ad annuire, come se fossero state una sola. Presero a correre verso il boschetto, dove era sparita l'ultima fata della terra, seguite dagli applausi di quanti assistevano a quello spettacolo che a loro sembrava tanto meraviglioso, ma che, in realtà, era solo un altro incubo.

«Sono delle attrici bravissime!» esclamò qualcuno. Le Winx avrebbero davvero voluto che fosse solo una recita, l'avrebbero preferito perché si prospettava un'altra crisi.

«E se fossero gli Stregoni?» domandò Aisha.

«C'è la possibilità.» replicò Bloom, quando si fermarono. Camminarono circospette tra i cespugli, cercando qualcosa che tradisse la presenza di Roxy. Erano tutte tese come corde di violino e la paura che l'ultima fata della terra fosse stata catturata e il destino della terra fosse ormai segnato. Ma qualcosa diceva a Bloom che non era così e che la minaccia che stava incombendo su di loro non era terrestre, ma magica e che non erano gli Stregoni. Qualcosa di più antico e più familiare. Non sapeva come poteva avere questa sensazione, ma preferiva scoprirlo nelle sembianze di una fata, piuttosto che in quelle di essere umano.

«Ragazze, trasformiamoci!» le esortò.

Così, tutte insieme, invocarono il potere del Believix.

«E ora, Tracix!»

Più cercava di riprendere padronanza di sé e più si rendeva conto di non avere un piano: se gli Stregoni fossero tornati, avrebbe dovuto saperlo. E se non fossero riuscite a salvarla? Il destino della Terra sarebbe stato segnato. E se fosse stato davvero qualcos'altro... come si sarebbe comportata? Chiuse gli occhi e fu con questi sentimenti di paura che richiamò le ali della traccia magica.

Percepì il potere delle altre fondersi al suo, mentre le sue ali si trasformavano e le permettevano di rivedere ciò che era successo lì a pochi passi.

E così videro Roxy che parlava con Artù e che, improvvisamente, la fata degli animali si alzava terrorizzata e parlava con l'aria, si copriva la bocca con una mano, scappava. Il bello era che non c'era niente che non andasse o che la inseguisse! Tutto, intorno a lei, non aveva subito nessuna variazione. Non c'era la minima traccia di nemici. Neanche il più vago sentore, o la minima alterazione che potesse far pensare che ci fosse stato qualcuno che avesse potuto far avere quella reazione all'ultima fata della Terra.

Quello che Bloom vide fu inquietante solo per la mancanza di nemici. Eppure... lei sapeva che erano lì. Come potesse, lo ignorava.

«Cosa sarà successo?» sussurrò Aisha. Nella sua voce, c'era quello che Bloom sentiva dentro al cuore: terrore. «Non capisco...»

«Non preoccupiamocene, per adesso! E' scappata di là!» fece notare Musa. Indicò il punto in cui Roxy era scappata e la magia si esaurì, mentre l'ombra di Artù scappava via dal bosco.

«Andiamo!» le esortò Bloom, volando basso, ma molto velocemente. Si chiedeva cosa avesse potuto portare Roxy a comportarsi come aveva fatto. C'era qualcosa che le sfuggiva e questo la spaventava molto più di quanto fosse lecito. E quella sensazione... no, era più di una sensazione: era una certezza che riusciva a serrarle lo stomaco in una morsa dolorosa.

Cominciò a percepire una presenza, qualcuno che la stava osservando. Era davanti a lei, dietro di lei, intorno a lei. E anche dentro di lei. Ovunque guardasse, in ogni angolo del bosco, tra le foglie, in mezzo agli alberi, tra le radici, sentiva la presenza di una creatura oscura e senza nome che la fece fermare di botto.

Tutto si fece improvvisamente buio, così tanto che l'ambiente circostante parve venire inghiottito dal nero che aveva intorno. Non riuscì più a vedere un palmo dal naso e sentiva soltanto che quel luogo era sconfinato. Provò a chiamare le sue amiche, ma non le risposero. Non le ci volle molto per capire che era da sola in una dimensione diversa da quella terrestre, dove la paura regnava sovrana. In che modo ci fosse capitata, però, lo ignorava. Stava accadendo qualcosa di terribile. E la sua paura crebbe ancora, il suo cuore batteva all'impazzata e le ginocchia le tremavano.

«Stella!» gridò di nuovo. «Musa, Aisha, Tecna...»

Ma Stella non rispose. Nessuna lo fece.

In mezzo alla paura, una parte di lei cercò di farle mantenere la calma: come era possibile che fosse da sola, quando, fino ad un momento prima, aveva avuto le sue amiche al suo fianco? Era possibile che fosse dove era prima, forse era caduta in qualche trappola che le impediva di vedere le altre, una magia oscura di uno degli Stregoni. O forse era davvero finita in una dimensione parallela. Provò a correre in una direzione qualunque, ma più andava avanti e meno le pareva di avanzare: tutto era nero, lo spazio non aveva senso in quel luogo oscuro e senza nome. Provò ancora a chiamare le sue amiche, sperando di poterle trovare e di poter tentare di squarciare le tenebre. Neanche il fuoco del drago poteva fare niente. Non sapeva neanche se ci fossero degli ostacoli sul terreno e le sue ali e la sua polvere di fata non riuscivano a penetrare le tenebre. Si fermò, si posò le mani tra i capelli e si disperò: non sapeva cosa fare, non sapeva cosa combattere, né come reagire in una situazione del genere. Era preoccupata per Roxy, per le sue amiche e anche per se stessa. Per la prima volta, sentiva tutto il suo coraggio defluire da lei come acqua da una sorgente.

Chiuse gli occhi, cercando di esortarsi a reagire. Doveva trovare da sola la forza per trovare la luce. Lei era la luce, era la vita. Possibile che non potesse fare niente per salvarsi? Era sopravvissuta all'oscurità di Obsidian, alla malvagità delle Streghe Antenate... non poteva farsi battere da un nemico invisibile! Avrebbe dovuto usato il suo grande potere per rompere l'incantesimo che la teneva prigioniera. Una risata malvagia, acuta e molto divertita, però, riecheggiò nell'aria e le fece perdere la concentrazione; la fata si guardò intorno, cercando uno squarcio di luce in quel buio così resistente.

Cominciò a guardarsi intorno, cambiando direzione così velocemente che il collo prese a farle male. Sentiva paura, una grande e paralizzante paura.

«Chi sei?» gridò.

Come risposta, ricevette solo un'altra risata carica di scherno e cattiveria. Sembrava si spostasse in cerchio e che la fata fosse il suo centro. Bloom si girava ogni volta che la voce cambiava direzione e faceva un passo incerto indietro, o di lato, dipendeva dove si trovava la voce in quel particolare momento. Se ne voleva allontanare, ma più ci provava, più si rendeva conto che quella voleva ristabilire l'equilibrio e riportarla al centro del suo cerchio.

«Avanti, parla!» gridò, stringendo i pugni. «Chi sei?»

«Tu lo sai benissimo!» sibilò la voce, in modo cattivo.

Bloom fece un passo indietro. «Dovrei conoscerti?» dubbiosa, cercava la proprietaria di quella voce con gli occhi, ma per quanto provasse, non ci riusciva. La sua mente andò alle Trix e alle Streghe Antenate, prima di ricordare che era praticamente impossibile che avessero raggiunto la terra: le prime erano ancora chiuse a Roccaluce e le Antenate erano perse chissà dove, forse morte per sempre.

«Ma certo che lo sai... sei stata tu a chiamarmi!»

La fata si portò le mani al petto. Le batteva il cuore, ma aveva il presentimento di sapere davvero a chi appartenesse la voce. Era strano, ma era anche l'unica spiegazione che aveva. Le parve che fosse la stessa sensazione di familiarità che aveva avuto nel momento in cui aveva usato il Tracix con le altre: era stato come se avesse dovuto sapere che cos'era che aveva fatto scappare Roxy.

Bloom sussultò.

Roxy...

«Sei stata tu a prendere Roxy?»

Un attimo di silenzio, rotto solo dal suo respiro, seguì la domanda.

«Forse sì e forse no.» rispose, quindi, la voce. Ridacchiò ancora.

«Non mi piace questa faccenda! Dimmi subito chi sei!»

L'inquietudine di Bloom cresceva: non sapeva dove dirigere un attacco. Senza sapere contro cosa combatteva, come poteva farlo? Quella cosa, qualunque fosse, continuava a spostarsi e girarle intorno, ridendo.

«E va bene! Proviamoci!» Bloom richiamò quanta più energia possibile. Una lunga fiamma rossa cominciò ad avvolgerle il corpo come un serpente minaccioso, il potere del fuoco del drago. Con quello sarebbe riuscita a trovare il suo nemico. Doveva essere così. Doveva. «Vai, fuoco del drago!» lo incitò. «Trova il tuo nemico!»

Il serpente di fuoco, arrivato davanti al suo braccio, si scagliò contro un punto lontano e, svolgendosi da lei, cominciò a bruciare tutto quanto c'era intorno alla sua padrona. Bloom sperava di riuscire a combinare qualcosa, ma non ci riuscì.

«Non puoi uccidermi.» rise ancora la voce misteriosa.

Bloom scattò indietro, come se questo avesse potuto allontanarla da essa: la sua paura non accennava a diminuire, il suo potere era inefficace. «Come può essere? Chi sei?» gridò. Avrebbe voluto poter pensare lucidamente, riuscire a far qualcosa che non fosse tremare come una foglia. «Perché non posso sconfiggerti?»

«Perché io sono dentro di te.»

Il cuore della fata perse un battito a quella rivelazione: dentro di lei? Era vero che aveva sentito una presenza, ma non le pareva possibile. «Stai mentendo!» concluse. Quello era solo un modo per confonderla, per renderla ancora più vulnerabile. Ma se fosse stato vero? Altrimenti come avrebbe spiegato quella strana sensazione di familiarità?

Autodifesa era stata molto utile, ma tra le lezioni con Grizelda non c'erano mai state voci disincarnate che dicevano di essere parte del proprio essere.

«Lo pensi davvero?»

In principio, Bloom si scoraggiò: avrebbe voluto che ci fosse Faragonda con lei, perché le consigliasse cosa fare. Lei aveva sempre saputo tutto, ma da quando si era diplomata e aveva lasciato Alfea, aveva dovuto arrangiarsi e solo desiderare quei preziosi consigli di cui aveva bisogno. Ma adesso Roxy aveva bisogno di lei, forse anche le sue amiche.

Questo pensiero diede a Bloom la forza per reagire. Strinse i pugni e calò la testa, rimproverandosi per aver dimenticato la cosa più importante: l'incolumità dell'ultima fata della Terra, di una sua cara e nuova amica che aveva bisogno di lei.

«Tu hai una gran paura di quello che non puoi vedere... hai paura di me!» le stava dicendo la voce.

«No, ti sbagli!» negli occhi della fata apparve lo stesso fuoco che poco prima l'aveva avvolta. «Io non ho paura di te!»

La risata della cosa si spense. Era come se Bloom avesse detto qualcosa che era riuscito a farla tacere. Perché era vero, e anche la cosa lo sapeva: Bloom non poteva avere paura. Perché avere paura avrebbe significato arrendersi. «E io non mi arrenderò mai, ha capito? Mai!» richiamò il proprio potere. «Cosa c'è, non parli più? Hai finito di sputare sentenze?» Un muro di fuoco stavolta la avvolse, prima di concentrarsi tra le sue mani in un fiore, vorticante, desideroso di aiutare la sua padrona ad uscire da quello strano involucro. «Io non ho paura di te! Io salverò Roxy perché è una mia amica e ha bisogno di me! Che il mio nemico sia visibile o invisibile, lo sconfiggerò! Petali di fuoco!» così dicendo, il fiore tra le sue mani si disintegrò in tanti minuscoli petali fiammeggianti che attaccarono l'oscurità, la illuminarono, mentre la cosa gridava di terrore: «Non è possibile... non è possibile! Sono stata sconfitta!»

Ma prima di svanire, mentre l'oscurità si squarciava, lasciando intravedere il bosco sulla collina, lasciò alla fata una minaccia: «Tornerò e, allora, sarai mia!»

L'oscurità svanì, i petali di fuoco si dissolsero e Bloom si ritrovò nel bosco, in piedi, insieme alle preoccupate ed apprensive amiche, tutte strette intorno a lei, mano nella mano e concentrate. Probabilmente tentavano una convergenza per penetrare nella sua mente e aiutarla a sconfiggere l'essere invisibile. Bloom si chiese se l'avessero sentito anche loro.

«Ragazze!» le chiamò.

Tutte aprirono gli occhi, stupefatte e sconvolte, mentre la loro amica, del tutto normalmente, sorrideva loro con aria rassicurante, o almeno Bloom lo sperava perché non si sentiva rassicurante, né tanto meno rassicurata.

«Stai bene!» gridò Stella, gettandosi su di lei per abbracciarla, piangendo disperatamente. La fata del fuoco del drago, confusa, la strinse: era ancora molto provata per la battaglia appena avuta con un essere invisibile, ma si sentiva ancora in forma. Anzi, adesso che era tra le braccia di Stella, si sentiva molto più tranquilla, anche con tutta la preoccupazione che provava per Roxy.

«Calmati, Stella!» le chiese, accarezzandole i capelli.

«Ma cos'è successo?» volle sapere Tecna. Cominciò ad analizzare dati chiudendosi dentro la sua magica rete elettronica. «Io non riesco a capire... è tutto normale. Non c'è nessuna traccia di magia... solo la tua Bloom... che cosa...»

«Hai cominciato a parlare da sola... non sapevamo come comportarci!» spiegò Stella, tra un singhiozzo e l'altro. «Abbiamo avuto paura.»

«Già...» Musa scosse la testa. Era incredula, come le altre. «Non sappiamo che cosa sia accaduto. È stato...»

«E' stato orribile.» concluse Aisha, in tono funereo.

«Più che orribile!» rincarò la dose Stella, tirando su col naso.

«Aspettate un momento!» Tecna le riscosse. «Ho scoperto qualcosa.»

«E allora sbrigati, parla!» gridò isterica Stella. «Cosa è successo a Bloom?»

«Era dentro un campo di forza... una cosa molto strana.» spiegò, spiccia.

Bloom annuì, per dire che aveva compreso. «Devo ammettere che è stato strano, ma...» si guardò intorno. «E Roxy? Anche lei è finita dentro un campo di forza?»

«E come si è creato?» volle sapere Aisha.

«Questo proprio non te lo so dire. È apparso. Ma sembra che questa cosa abbia un nucleo della dimensione magica.»

Stella si rimise dritta, lasciando andare Bloom, e tirò nuovamente su col naso. «In che senso?»

«Nel senso che qualunque cosa fosse, proveniva da lì.»

«Dalla dimensione magica?» Aisha scosse la testa. «Cos'è successo?»

Bloom corrugò la fronte. «Forse è meglio proseguire. Lo chiederemo a Faragonda quando avremo recuperato Roxy!»

Tutte le Winx annuirono e seguirono la fata del fuoco del drago lungo la via che avrebbero preso se non fossero state fermate da quel contrattempo. Mentre volavano più velocemente che potevano, guardandosi intorno e cercando la fata della Terra, Bloom si ripromise di ringraziare Roxy: era stato merito suo se si era salvata e aveva trovato la forza per reagire. Ora doveva solo salvarla da qualcosa che proveniva dalla dimensione magica. Il suo pensiero andò di nuovo alle Streghe Antenate e si chiese quanto c'entrassero loro in tutta quella faccenda.

«A cosa pensi, Bloom?» volle sapere Stella.

La fata del fuoco del drago scosse la testa. «Niente di particolare, Stella. Sono solo preoccupata per Roxy.»

«Vedrai che andrà tutto bene.» la consolò Musa.

Bloom annuì. Era già pronta: se le avesse attaccate un altro nemico invisibile, forse, stavolta avrebbe avuto con sé le sue amiche e un po' di esperienza alle spalle. Sapevano due cose importanti: che la paura li alimentava e che venivano dalla dimensione magica. Questo avrebbe potuto aiutarle. O almeno era quello che sperava.

«Guardate! Eccole lì!» il grido di Tecna le fece alzare gli occhi verso la radura circolare e le fece vedere qualcosa che la atterrì: il corpo disteso di Roxy, sul volto un'espressione di puro dolore. Ma non era l'unica cosa inquietante e spaventosa: inginocchiato accanto a lei, c'era qualcuno e non era proprio invisibile.

A Bloom non diede nessuna sensazione, se non di ostilità: dalla corporatura, sembrava un ragazzo, ma il suo volto era nascosto dal cappuccio di un mantello bianco che ricopriva tutto il suo corpo, tranne un paio di stivali lucidi e neri.

«Roxy!» gridò, sgranando gli occhi. La testa del ragazzo scattò verso di lei e, per un secondo, a Bloom parve che stesse guardando verso di lei e, insieme alle altre, quasi si fossero messe d'accordo, scagliò contro di lui una magia.

Il suo grido esplose nell'aria e venne scaraventato lontano, contro un albero su cui scivolò fino a terra.

Bloom e le altre si avvicinarono, caute, e lei fissò a lungo, senza dire una parola, stringendo gli occhi in un modo che sperò essere abbastanza minaccioso, così da indurlo a reagire e a rivelare chi fosse. Non si era fatto molto male, si stava lamentando e aveva sollevato una mano fasciata da guanti bianchi per portarsela dietro la nuca.

Si avvicinò ancora, e insieme alle Winx pose un muro tra lui e Roxy che, ancora, giaceva a terra, svenuta.

«Avanti, parla!» lo esortò, in tono autoritario. «Chi sei e che cosa le hai fatto?»


Salve, ragazze!

Eccomi tornata col secondo capitolo.

Una settimana fa mi sono rivista il film delle Winx, c'erano un sacco di parti che non mi ricordavo, peccato solo che mi ricordassi giusto il finale. XD Tutta questa manfrina per dire che mi è tornata un po' di ispirazione (infatti ho finito capitolo cinque e sto cominciando a scrivere il sei). *.*

Adesso passiamo alle risposte alle recensioni:


Wingiudi: come vedi, eccomi qui col secondo capitolo, che spero sia stato di tuo gradimento. :) Ho un po' riflettuto sul fatto che non esistessero fanfiction su Roxy e devo dire che penso di sapere perché (oltre al fatto che siamo un po' tutte innamorate della coppia più movimentata della serie, certo XD ): Roxy può non stare molto simpatica, io stessa, riuscivo a digerirla a stento, ma poi ho anche pensato che lei, poverina, è così insopportabile perché insicura. Diciamo che mi sono ritrovata a capirla: lei è l'ultima fata della Terra, ha un enorme responsabilità sulle spalle quando, fino ad un momento prima era una normale adolescente; già da ciò che ho scritto nel capitolo precedente, mi pare proprio che tenda a confrontarsi con le Winx, che sono fate diplomate e molto esperte, mentre lei è alle prime armi. Diciamo che segamentalizza un po', che farebbe meglio a godersi la vita. XD


FairyFlora: ah, allora non sono stata l'unica a rimanere delusa dalla serie! L'ho trovata molto diversa rispetto alle altre tre e al film che, come dicevo, ho rivisto da poco. Diciamo che mi è sembrato che il nuovo “messaggio” che gli sceneggiatori abbiano voluto trasmettere non è tanto quello del dovere dei buoni di combattere il male, anche a scapito del proprio bene personale, ma quello di divertirsi e di pensare innanzitutto proprio a quest'ultimo, piuttosto che portare a termine il compito di fate guardiane come sarebbe giusto per delle eroine del loro calibro. Ogni volta che c'era un nemico da combattere (o almeno lo facevano la stragrande maggioranza delle volte) c'era una che diceva: “sì, però... andiamo a divertirci prima, ci pensiamo dopo”. Insomma, che razza di insegnamento vogliamo dare alle generazioni future, a queste bambine che crescono con loro? Divertiamoci e combattiamo solo quando non ne possiamo proprio fare a meno? U.U Okay, dopo questo mega papiro prolisso, ti ringrazio per la recensione e per i tanti complimenti. Mi auguro che questo capitolo sia di tuo gradimento. A presto! ^^


mileybest: grazie, sei molto gentile per tutte le tue belle parole. ^^ Mi fa piacere che segui anche questa storia. Speriamo che, andando avanti, non ti deluda. Ho in mente un paio di sorpresine che spero vengano gradite e in questo capitolo c'è già un assaggino. Chi si nasconderà sotto il cappuccio bianco? XD Alla prossima!



Ringrazio, inoltre:


  • Rick86 per aver inserito questa fanfiction e “quando una strega è in libertà vigilata...” tra le sue preferite (anzi, mi scuso per essermi dimenticata di citarla nel capitolo precedente);

  • FairyFlora per averla inserita nelle sue storie da ricordare e nelle sue seguite;

  • mileybest per averla inserita nelle sue seguite.


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Capitolo 3
*** Il misterioso Zephiro ***


Capitolo 3.

Il misterioso Zephiro


Bloom aveva fatto un passo avanti, quando lui aveva appoggiato a terra una mano con la quale si era puntellato per sollevarsi di nuovo in piedi, ma all'ultimo desistette e si gettò di nuovo a terra, massaggiandosi la pancia.

L'aria era ferma e il silenzio, mentre attendevano una risposta, era insostenibile: sembrava che tutto il mondo si fosse fermato, che la gara di aquiloni fosse stata spostata dall'altra parte del mondo e che la vita del bosco fosse scomparsa con l'arrivo delle fate e degli esseri invisibili. C'era qualcosa di inquietante in quella magra figura ammantata che scrutata da sotto l'orlo del cappuccio la fata del fuoco del drago, come per soppesare se fosse degna di ricevere una risposta o meno.

Dall'altra parte, le Winx lo fissavano bellicose, pronte a scattare al più piccolo movimento dello sconosciuto che era stato chinato su Roxy.

Ma Bloom non ce la fece ad aspettare ancora: Roxy poteva stare molto male.

«Rispondi!» gli ordinò, a voce molto alta.

Il ragazzo rimase immobile; si limitava a guardare nella sua direzione, senza che la minima emozione trasparisse dalla parte inferiore del viso pallido, unica parte di esso che le fate potessero scorgere. Una sola cosa era certa per Bloom: non era un Terrestre.

«Non hai sentito?» sbottò Musa. «Ti abbiamo chiesto chi sei!»

«Non farci arrabbiare, altrimenti te la vedrai con noi! Sai chi siamo?» domandò Aisha, minacciosa.

Dopo quella domanda, il ragazzo si alzò in piedi, cosa che fece stringere tra loro tutte le fate per proteggere la piccola Roxy.

«So chi siete...» disse, senza tradire il minimo sentimento. Dalla sua voce, Bloom intuì che poteva avere la stessa età degli Specialisti. Sarebbe stato bello se fossero stati con loro: quel tipo non ispirava nessuna fiducia.

«Bene!» disse allora Aisha. «Se sai chi siamo, sarebbe carino che ti presentassi e ci dicessi che cosa hai fatto alla nostra amica!»

«Io non ho fatto proprio niente alla vostra amica! Io l'ho solo trovata così!»

«E se noi non ti credessimo?» sbottò Bloom.

«Fatti vedere in faccia, screanzato!» replicò, invece, Stella. «Non lo sai che è buona educazione mostrarsi, quando si parla a qualcuno e, soprattutto, a noi?»

Il ragazzo sbuffò. «L'avrei fatto prima, se non mi aveste attaccato come se fossi stato un vostro nemico!» così dicendo, alzò una mano verso il cappuccio. Anche questo movimento produsse una reazione nelle fate che si misero in posizione d'attacco, tese, pronte ad agire al minimo accenno di magia: anche se faceva di tutto per tenerlo nascosto, tutte si accorsero del potenziale dello sconosciuto accanto a Roxy. Ed erano tese soprattutto perché, con un attacco, avrebbero potuto colpire anche lei, così indifesa, se non fossero state attente. Ma lui non sfoderò nessun tipo di arte magica, si tolse semplicemente il cappuccio, rivelando di essere un viso giovane con lineamenti forti e due inquietanti occhi di colori diversi, con i quali scrutò Bloom e Musa, le uniche rimaste coi piedi piantati a terra, le braccia intrecciate davanti al corpo in posizione difensiva.

«Non voglio fare del male alla vostra amica.» disse lui, allargando le braccia. «Ero nei paraggi, quando ha cominciato ad urlare.»

«Non hai ancora risposto alla nostra domanda!» sbottò Aisha, ignorandolo.

Il ragazzo chiuse gli occhi, uno di uno strano colore dell'oro e l'altro di un semplice azzurro. «Mi chiamo Zephiro e vengo da Flabrum.»

Questo provocò le reazioni delle fate: quattro di loro sussultarono, incredule, mentre Bloom fu più sconvolta dalla reazione delle sue compagne che da quella rivelazione. Lei non aveva mai sentito parlare di un posto di nome Flabrum.

«E' il pianeta dei Venti!» le fece sapere Tecna, in risposta alla sua domanda. «E' vicino a Melody e i suoi abitanti sono pacifici...»

Lui annuì.

«Non fare mosse avventate, amico!» lo ammonì Musa, facendo un passo indietro. «Vengo da Melody e, anche se so bene che Flabrum è un pianeta pacifico, tu non mi piaci! Si dice che abbia un potente esercito... e per quanto possano essere pacifici, le cose possono sempre essere cambiate!»

«Vi prego...» disse lui. «Non voglio farvi del male. La principessa di Zenith ha detto il vero: non sono malvagio... ero qui perché ho sentito questa ragazza gridare. Dico davvero. Credetemi!» Ma nessuna di loro era disposta a farlo. Rimasero ferme, chi a mezz'aria, chi a terra, tutte con qualche dubbio sulla veridicità delle parole del ragazzo. «Se non la portiamo subito via, potrebbe succedere qualcosa di irreparabile.»

«Che cosa?» gridarono loro all'unisono, sussultando.

«Potrebbe morire?» volle sapere Aisha, atterrita, guardando la ragazza alle proprie spalle. «Che le hai fatto?» gridò di nuovo, pronta a scagliarsi contro Zephiro.

«No!» Bloom la fermò, anche se a malincuore. Guardò lui con un'espressione tutt'altro che amichevole. Nel suo cuore, sentiva che quel ragazzo che diceva di chiamarsi Zephiro non aveva intenzione di attaccarle, ma non era sicura che stesse dicendo il vero riguardo a Roxy.

«Dicci cosa le è successo, Zephiro di Flabrum. Subito!»

Lui abbassò la testa e la scosse.

«Parla!»

Zephiro, però, invece di rispondere, guardò Tecna che stava analizzando il corpo di Roxy con aria grave. Mugugnava qualcosa ogni tanto, mentre muoveva le dita in aria, dove aveva creato uno schermo digitale; mormorava parole che nessuna delle fate riuscì a comprendere. Aspettavano tutte una risposta, senza fiatare, ma ognuna di loro aveva una gran voglia di gridarle di sbrigarsi e di parlare. «Il ragazzino ha ragione.» borbottò, dopo quella che sembrò un'eternità. «Roxy è affetta da un morbo magico o qualcosa del genere. Va curata o potrebbe davvero succedere qualcosa di irreparabile.»

«E come l'ha contratto?» domandò Musa.

«Credo che l'abbia inalato.»

«Ed è stato lui?» Stella lanciò un'occhiataccia a Zephiro.

«No, non credo... né mago, né fata potrebbero creare agenti patogeni.»

«E le streghe o gli stregoni?» volle sapere Aisha, scoccando anche lei un'occhiata sospettosa alle proprie spalle.

«Non so... nei miei database non c'è niente che parli di quello che ha Roxy.»

«E come? Cosa possiamo fare?» volle sapere Bloom.

«Portatela ad Alfea.» a parlare non fu la fata della tecnologia, ma il ragazzo. Tutte le fate sussultarono e si girarono a guardare lui che, però, sembrava più interessato al corpo di Roxy.

Bloom ragionò sulle sue parole: effettivamente, se c'era un posto in cui avrebbe potuto sapere cosa era successo a lei e a Roxy, era chiaramente Alfea, dove c'era Faragonda. Ma il fatto che il consiglio provenisse da lui la agitava quasi, anche se, intuiva, il ragazzo non rappresentava una minaccia. O, almeno, non nell'immediato.

«Ma cosa le è successo?» domandò ancora Aisha, debolmente.

«E' stata attaccata da una delle Furie dei Sentimenti Negativi.»

«Da cosa?» chiese Bloom, stupefatta.

«Ma andiamo!» sbottò Stella, irritata. «E' assurdo come un centro commerciale vuoto il sabato pomeriggio!»

Nessuno le diede retta: Bloom guardò il terrore sul volto di Tecna e Aisha, che si era portata una mano davanti alla bocca. Musa era indietreggiata e aveva quasi lanciato un gridolino acuto. Qualunque cosa fosse, Bloom capì che era qualcosa di orribile, anche se Stella minimizzava.

«E tu come lo sai, scusa?» sbottò Aisha.

«Non c'è un minuto da perdere.» replicò lui, freddamente. «Ma se preferisci rimanere qui a parlarne, presto potrebbe essere troppo tardi, per la tua amica.»

«Ha ragione!» esclamò Bloom, la prima a riprendersi. Guardò verso Stella. «Presto, usiamo l'anello di Solaria e dirigiamoci immediatamente ad Alfea!»

«Ma... Bloom, ascolta, le Furie non esistono! Perché dobbiamo stare qui a farci prendere in giro da un...»

«Stella!» gridò Bloom, afferrandole il polso. «Dobbiamo andare comunque, qualunque cosa dica questo tizio! Hai sentito cosa ha detto Tecna: qualunque cosa mi abbia attaccata, probabilmente è un morbo magico che non può essere curato sulla Terra! Dobbiamo muoverci, subito!»

Stella ci mise un po' a riprendersi, ma spinta dallo sguardo di fuoco della fata della musica, si era sfilata dal dito l'anello e l'aveva trasformato nel suo scettro. «Coraggio, tutte intorno a Roxy!»

«Aspettate! Aisha, forse è meglio se lo portiamo con noi, quel tizio. Puoi fare qualcosa?» Musa guardò Aisha che annuì, quindi allungò le mani verso Zephiro che aveva guardato preoccupato le sue mani tese.

Il ragazzo, intimorito, indietreggiò. «Che cosa vuoi fare?»

«Gabbia Morphix!»

Una linea rosa circolare si formò intorno a Zephiro. «Ehi... n...» non ebbe il tempo di finire di protestare: il Morphix si chiuse intorno a lui e lo imprigionò al suo interno. Zephiro cominciò a lottare, a dare spallate al Morphix come se farlo avesse potuto servire a romperlo.

«E' inutile che ti muovi! Ti porteremo con noi e risponderai delle tue azioni!»

«Ma io non ho fatto niente! Liberatemi!»

Con uno schiocco di dita, Aisha sollevò il Mophix con dentro Zephiro e lo pose tra sé e Musa, quindi diede il proprio benestare per partire. Tutte le fate si strinsero intorno a Roxy e Stella e furono pronte. Stella gridò: «Tenetevi forte!» costringendole a concentrarsi per rimanere nel cono di luce creato dall'anello di Solaria. Il suo bagliore le accecò; un attimo dopo, quando la luce fu svanita e loro riaprirono gli occhi, si ritrovarono sì in una radura di alberi, che sicuramente appartenevano a quelli della foresta di Selvafosca. Impossibile non riconoscere l'aria di magia che permeava l'aria.

Roxy era l'unica che non si era accorta di niente. Stella, dopo aver ridotto lo scettro ad un anello, schioccò le dita e fece apparire una barella che si sollevò da sola in aria sotto la fata della Terra.

«Andiamo, adesso. Ci sei, Zaffiro?» domandò, guardando dietro di sé la bolla Morphix che il ragazzo cercava di penetrare senza successo.

«Mi chiamo Zephiro.» la rimbeccò lui. «Liberatemi, dannazione!»

«Neanche per sogno.» ribatté Bloom, malevola. «Hai trovato Roxy e non vuoi dirci quello che sai, per cui, parlerai di fronte a Faragonda!»

«Mai visto fate più ottuse di voi!»

«In realtà, siamo agendo nel modo più logico possibile:» commentò Tecna. «dovremo pur controllare in qualche modo la tua identità. Sono sicura che la preside Faragonda saprà dirci se tu, bieco individuo, sei davvero un abitante di Flabrum.»

«Bieco... individuo...» sussurrò, sconcertato, Zephiro.

«Ti consideri così degno di fiducia?» lo sfidò Stella, piegandosi in avanti, verso di lui e rivolgendogli un'occhiata sarcastica. «Per esempio, perché devi portare quel cappuccio, se non hai niente da nascondere? I mantelli, poi, sono così fuori moda! Dovresti aggiornarti, lo sai?»

Zephiro le scoccò un'occhiataccia. «E' come chiedere a te cosa ci fai con quel completino ridicolo e succinto! Ma non mi sembra di aver tirato subito le conclusioni, dicendo che siete delle ragazze facili!»

Stella sbuffò in modo rumoroso. «La nostra fama ci precede!» disse, chiudendo gli occhi e mettendo su un'espressione di grande superiorità.

«Già, forse è proprio questo il problema.» sibilò lui, con astio.

«Che cosa hai detto?» la fata del Sole e della Luna si sarebbe gettata sul Morphix, se Musa e Bloom non l'avessero afferrata per le spalle. Lui si piegò su di lei e fece un mezzo inchino di cui si poteva notare una profonda dose di sarcasmo.

«Non di certo una menzogna, principessa di Solaria!»

Bloom si mise in mezzo ai due. «Okay.» tagliò corto, severamente. «Ora basta! Dobbiamo pensare a Roxy, prima di tutto! Al resto, penseremo in un secondo momento.»

Stella scoccò un'occhiata disgustata a Zephiro che ricambiò con tutto se stesso.

«Sì, è meglio.» borbottò Stella, posandosi le mani sui fianchi e girando la testa in modo da non poter vederlo in alcun modo. «Andiamo ad Alfea, ma tenetemi lontano questo ragazzino!»

Senza altri intoppi, con Zephiro che galleggiava nel Morphix molto lontano da Stella, si incamminarono verso i cancelli di Alfea. Bloom gli stava a fianco e lo teneva d'occhio.

«Allora, cosa ci facevi sulla Terra, se sei di Flabrum?» gli domandò, cercando di sembrare discorsiva, ma rendendosi conto di sentire ancora molto risentimento verso di lui.

«Ero... andato a cercare le Furie, anche se mi avevano ordinato di non farlo.»

«E perché proprio a Gardenia?»

Lui alzò le spalle. «Dicevano che sulla Terra, ormai, non c'erano più fate... ma sembrava che si fossero comunque avventurate da quelle parti.» Bloom non capì se quella era la risposta o una semplice constatazione fatta per cercare di medicare un po' l'orgoglio maschile ferito, dato che era stato sconfitto da una fata.

«Quindi, secondo te, esistono davvero?» domandò Tecna, che si era spostata all'altro suo lato.

«Già...» borbottò lui, e Bloom sentì una nota di scontento e forse di tristezza nella sua voce. ontinuò a scoccargli qualche occhiata di tanto in tanto, ma non si rivolsero più la parola, non sapendo bene quale domanda porre per prima.

Arrivarono ai cancelli di Alfea, prima che potesse aprire di nuovo bocca. Quando si aprirono, subito l'ordinato giardino della scuola si parò davanti ai loro occhi in tutto il suo splendore; era davvero strano essere tornate dopo tanto tempo, dopo che avevano aperto un negozio di cuccioli magici, che avevano trovato il potere Believix e l'ultima fata della Terra. Anche se avevano insegnato per un po', la sensazione di essere ancora delle studentesse, ogni volta che varcavano quella soglia, c'era ancora e non riusciva ad andarsene.

Nel parco c'erano poche ragazze che passeggiavano e chiacchieravano, alcune delle quali del primo anno, quelle con cui loro stesse avevano avuto a che fare nella prima parte dell'anno e che avevano dato loro parecchio filo da torcere, specialmente a Flora.

Bloom sussultò, pensando che non avevano pensato ad avvertire nessuno, né la fata dei fiori, rimasta sulla Terra, né gli Specialisti e la cosa le fece dimenticare tutti i suoi dubbi e le sue preoccupazioni.

«Ci penseremo dopo.» tagliò corto Tecna, alla sua obiezione.

«Zephiro!» il grido acuto di una ragazzina le costrinse a fermarsi: chi mai poteva conoscere il nome del ragazzo che avevano incontrato nella radura dove erano state attaccate? Si guardarono intorno, fino a che non videro una biondina correre a perdifiato lungo il parco verso il ragazzo coperto dal mantello bianco. Si aggrappò al Morphix come se quello fosse stato lui. «Zephiro, dove sei stato? E perché sei qui dentro?»

«Chiedilo alle Winx...» replicò lui, accennando alle cinque ragazze.

La ragazza bionda si girò verso di loro e scoccò un'occhiata omicida, come se l'avessero offesa personalmente; poi i suoi occhi si riempirono di repentine lacrime e cominciò a picchiare il Morphix. «Cattivo Zephiro! Sei davvero cattivo! Perché non hai detto alla tua Theril dove sei andato? Mi hai tradita non è vero? Chi sono queste ragazze? Maledetto fedifrago! Perché? Perché mi vuoi fare soffrire così?»

«Ma che... che stai dicendo?»

Quell'urlo ritrovò stordito non solo lui, ma tutte le Winx, intorno a cui si stava creando un immenso pubblico di ragazzine che arrivavano dall'interno del castello. «Guardate, Zephiro è tornato!» dicevano alcune. «Adesso si beccherà una punizione da Grizelda!», o anche: «Guarda che sfacciata che è, quella Theril!»

Bloom si scambiò un'occhiata sconcertata con Stella: entrambe non potevano credere a quello che vedevano e sentivano.

«Ma chi diavolo è questo qui?» chiese Musa, che aveva gli occhi sgranati dallo stupore. Aisha, che aveva la sua stessa espressione, approvò la domanda con un cenno di assenso. Tecna era l'unica sconcertata per altri versi: si chiedeva come tutte quelle ragazze potessero essere impazzite in un sol colpo per l'arrivo di quello strano ragazzino.

«Signorine!» la voce gracchiante e severa della professoressa Grizelda fece sussultare tutte, persino le Winx che erano, tecnicamente, professoresse della scuola tanto quanto lei. Si avvicinò come un avvoltoio, portando silenzio in tutti i gruppetti di ragazzine che si erano formate all'arrivo delle Winx e di Zephiro.

Non appena le vide, l'ispettrice si sistemò gli occhiali sul naso, guardando da Bloom a Stella, da Tecna ad Aisha, da Musa all'addormentata Roxy e solo infine, al ragazzo, ancora imprigionato nel Morphix con un'espressione decisamente annoiata stampata in faccia, mentre la ragazzina, Theril, era accasciata a terra, impegnata a piangere come una fontana.

«Tu!» disse l'ispettrice, indicando Zephiro. «Considerati in punizione per i prossimi sei mesi!»

«CHE COSA?!» gridò Stella isterica, mentre le altre sussultavano. «Che cosa vuol dire?» ripeté, addirittura terrorizzata. «Non mi dica che è suo figlio, ispettrice!»

«Ma che sta dicendo, ispettrice?» domandò Aisha, mettendosi davanti a Stella. «Quel ragazzo era sulla Terra, poco fa, con noi. Ha aggredito Roxy!» indicò la ragazza sulla barella a cui Grizelda lanciò uno sguardo approssimativo, prima di tornare a fissare torva Zephiro.

«E' vero?»

«Ma certo che no!» replicò lui. «Mi liberi di questa gelatina rosa!»

Grizelda lo ignorò e tornò a guardare Aisha, indicando anche lei la barella. «Chi è questa ragazza?»

Bloom si fece avanti. «Ecco, ispettrice,» rispose, compita. «si tratta di Roxy, l'ultima fata della Terra.»

Parlò piano, ma le fate di Alfea riuscirono comunque a sentirla e questo portò a diversi commenti concitati che ben presto, popolarono tutto il parco. Grizelda lanciò uno sguardo critico alla ragazza, sistemandosi meglio gli occhiali sul naso. «E cos'ha?»

«Ecco... non lo sappiamo. E' per questo che siamo qui. Abbiamo bisogno dell'aiuto di Faragonda...» spiegò Tecna. «Però pensiamo ad un morbo o qualcosa del genere. Le mie analisi dicono questo, ma i database non trovano nessun male con gli stessi sintomi.»

«D'accordo.» tagliò corto l'ispettrice, allora. «Mi spiegherete tutto mentre la portiamo in infermeria. Chiamate l'infermiera, io mi devo occupare di quel ragazzino.»

Le fate seguirono i suoi passi, sconcertate, chiedendosi tutte la stessa cosa: cosa c'entrava Zephiro con l'ispettrice Grizelda?

Con uno schiocco di dita, lo liberò del Morphix e lo fece cadere a terra, accanto a Theril che ancora piangeva disperata. «Esigo una spiegazione, principe Zephiro.» incalzò l'ispettrice, freddamente, guardandolo dall'alto in basso.

«Ma... ispettrice...» provò Aisha, sconcertata.

«Andate, signorine.» tagliò corto Grizelda.

Bloom non capì il perché l'avesse liberato, unito al fatto di doverlo mettere in punizione per sei mesi: un principe, a quanto pareva, del pianeta dei Venti che arrivava sulla Terra, trovava Roxy e diceva loro cosa l'aveva colpita e poi arrivava ad Alfea, dove tutti lo conoscevano. Decise che Zephiro era un vero mistero, ma che, se Grizelda l'aveva liberato a cuor leggero, era perché non era un tipo pericoloso.

«Ma chi cavolo è quello?» ripeté Musa, sempre più sospettosa, mentre entravano nel castello.

«A quanto sentiamo... il principe di Flabrum.» rispose Tecna.

«E cosa ci fa qui ad Alfea?»

«E perché Grizelda lo rimprovera?» volle sapere Bloom.

«Perché è suo figlio, ecco perché!» esclamò Stella, convinta.

«Non dire sciocchezze, Stella!» la rimproverò stizzita Aisha.

«E perché no?»

«E se fosse un alunno?» propose Bloom.

Le Winx la fissarono per un attimo e scoppiarono a ridere a crepapelle.

«Oh, sì, mi immagino che bel paio di ali che ha!» rise Musa.

Persino Bloom si lasciò contagiare, rendendosi conto dell'assurdità che aveva appena detto. «Okay, forse avete ragione.»

«Sì, ma forse ora è meglio che andiamo! Dobbiamo avvertire Faragonda!» le incalzò Tecna.

«E anche Flora.» aggiunse Aisha, salendo le scale. «Sentite: io e Tecna andiamo ad accompagnare Roxy in infermeria. Voi tre, invece...»

«Noi tre andiamo a chiamare Faragonda, d'accordo.» approvò Musa.

Quindi, insieme a Bloom e Stella, si diresse verso l'ufficio di Faragonda; furono silenziose per gran parte del tragitto, finché Bloom, rimuginando su ciò che era appena successo in cortile, non parlò di nuovo. Si chiese se davvero avesse detto una cosa così poco plausibile.

«Insomma, è così impossibile che sia davvero uno studente? Altrimenti, perché Grizelda avrebbe dovuto metterlo in punizione?»

«Bloom, Grizelda metterebbe in punizione Faragonda, se potesse!» sbottò Stella, indignata. «Alfea è una scuola per fate, non per ragazzi! Chiusa la questione.»

«Ma se... fosse un mago?» propose Bloom, che davvero non capiva perché Stella fosse così arrabbiata: era vero che Zephiro le aveva rivolto parole ben poco carine, ma non le sembrava proprio il caso di reagire così ad una innocentissima domanda.

«No, è assolutamente impossibile!» ribatté Stella muovendo una mano come per scacciare una zanzare particolarmente fastidiosa. «Per quello c'è Fonterossa!»

«In effetti...» si intromise Musa, pensierosa. «Non si è mai sentito parlare di uno studente maschio qui ad Alfea. E soprattutto di Flabrum. Lì c'è una specie di scuola di magia, ma è solo per i maghi guerrieri che poi andranno a comporre l'esercito dei Venti...»

Stella annuì con vigore. «Non scherziamo!» esclamò, con entusiasmo. «Si è mai sentito parlare di un... ehm... fato

Bloom scoppiò a ridere, di fronte alla definizione che aveva dato Stella.

«E se lui avesse... beh sì... poteri da fata?» insistette.

«Per quello non c'è scuola! Sarebbe comunque uno Specialista o uno dei maghi guerrieri del suo paese.»

Musa annuì. «Stella ha ragione. Non può essere uno studente di Alfea!»

Tutte le loro argomentazioni erano logiche, Bloom ne conveniva. Eppure non era del tutto convinta. «Ma allora perché Grizelda lo stava sgridando?» ripeté per la terza volta.

«Deve essere uno scapestrato, bricconcello Specialista di Fonterossa!» ridacchiò Musa, rivolgendole una maliziosa strizzatina d'occhio.

«Ma non ha la divisa degli Specialisti...»

Stella sospirò, mostrando tutta la propria esasperazione. Passò davanti ad entrambe per posizionarsi davanti alla porta dell'ufficio della preside Faragonda; la indicò, un po' annoiata.

«Che ne dici di chiederglielo, quando sapremo qualcosa di più su Roxy così la smetti di ripeterti, amica mia?»

Bloom non ebbe bisogno di pensarci, anche perché sapere che ruolo aveva Zephiro nella scuola di Alfea non era di così vitale importanza. Le sarebbe però piaciuto conoscere il motivo per cui dava la caccia a quelle fantomatiche Furie e perché si trovasse così vicino a Roxy al momento giusto – o sbagliato. Forse, pensò, aveva solo cercato di soccorrerla e lei aveva tirato le conclusioni un po' troppo in fretta. La situazione in cui si erano ritrovate era così equivoca... era sicura che chiunque avrebbe reagito come avevano fatto loro.

Annuì, rivolta a Stella, che già aveva il pugno pronto a colpire la porta della preside.


«Sì? Avanti!» rispose dall'interno la voce dolce della preside Faragonda.

Le ragazze entrarono una dopo l'altra, provocando nella fata un grande stupore. Si alzò di scatto dalla sua poltrona, davanti alla quale c'era un dispositivo olografico che le permetteva di vedere una miniatura di Saladin, il preside di Fonterossa, che, si girò anch'essa.

«Oh, Faragonda...» disse, stupito. «Ma... non sono... le tue studentesse, le Winx?»

La preside di Alfea rispose con un sorriso gentile, mentre aggirava la scrivania. «Non sono più studentesse da un pezzo, mio caro Saladin...» esclamò, gentilmente, avvicinandosi alle ragazze. «Puoi scusarci?»

Saladin si schiarì la voce. «Oh, ma... ma certo!» disse così e l'ologramma scomparve.

Faragonda, sospirando, posò una mano sul braccio di Bloom e l'altra su quello di Stella, che si trovavano ai lati di Musa. «Scusate tanto, ragazze, ma stanno accadendo un po' di cose strane qui a Magix e noi presidi delle scuole di magia ci stiamo organizzando.» abbassò gli occhi con fare stanco e preoccupato.

«Preside!» esclamò Bloom. «E' così grave?»

La fata sorrise con dolcezza, mostrando tutta la propria stanchezza. Le sue tre allieve si scambiarono occhiate apprensive. «Oh, non c'è da preoccuparsi, ragazze... piuttosto sono curiosa di sapere come mai voi siete qui, quando ricordavo che doveva riportare la magia sulla Terra...»

La custode del fuoco del drago strinse le mani in grembo. «E' proprio per questo che siamo qui!» mormorò, chiudendo gli occhi. Si sentiva veramente mortificata: la missione che la preside aveva affidato loro era andata, in qualche modo, per il verso sbagliato. «Roxy...»

«Chi?»

«E' l'ultima fata della Terra, preside!» rispose Stella, stupefatta che Faragonda non l'avesse capito da sé.

«Oh, già... già...» con fare assente, Faragonda tornò alla propria scrivania, dove sistemò un paio di fogli per infilarli dentro un cassetto della scrivania. Tornò a guardarle, incuriosita: «Ebbene? Cosa c'è che non va? Avete dei problemi? Ha avuto dei ripensamenti?»

«No, preside, magari fosse quello! Diciamo che Roxy è stata attaccata da quella che quel ragazzo... Zephiro... dice essere una Furia dei Sentimenti Negativi!» sbottò Stella, arrabbiata: la donna energica che ricordava sembrava essersene andata, sostituita da una sua copia debole e fiacca, per niente convincente e le guardava con fare stanco, spossato. Aveva sollevato lo sguardo al nome di Zephiro.

«Sta bene, quindi...»

Stella inarcò un sopracciglio. «Chi?»

«Zephiro. Ora che so che era con voi, sono molto più tranquilla. Ah, benedetto ragazzo!»

«Ah, lui... sì, sta fin troppo bene. Lei, invece? Preside, scusi se glielo dico, ma ha davvero una pessima cera! Sa, se è troppo stanca, dovrebbe decidersi a prendere una vacanza e andare un po' al mare. Di questi tempi, il sole è fantastico. Le farebbe bene una bella tintarella. Io le posso consigliare una fantastica crema di...»

Faragonda le fece un cenno con la mano per farla tacere. Stella capì l'antifona e mise la lingua tra i denti. «Hai detto che Zephiro... ha detto che è stata una Furia dei Sentimenti Negativi?»

«Sì, ha detto questo, ma...»

La preside si era alzata in piedi ed aveva fatto il giro della scrivania, chiedendo di essere scortata in infermeria. «L'avete portata lì, vero? A Roxy!»

«Sì, ma che cosa...» mormorò Musa, facendo un passo indietro, senza capire che cosa stesse succedendo, tanto la preside era stata veloce.

«Andiamo!» tagliò corto Faragonda. Le superò e, prima ancora che le tre fate si rendessero conto di cosa era successo, si ritrovarono da sole nell'ufficio. Riuscirono a scambiarsi solo una breve occhiata, prima che la preside le richiamasse all'ordine e loro sussultassero, tornando alla realtà. Schizzarono fuori e Musa ebbe l'accortezza di chiudere la porta, prima di inseguire le altre che non riuscivano a tenere il suo passo: quando voleva, Faragonda sapeva davvero sorprenderle.

«Preside...» la chiamò Bloom. «Che cosa sono le Furie dei...»

La preside la zittì con un cenno secco della mano. «Ogni cosa a suo tempo, Bloom. Non adesso: dobbiamo vedere come sta la piccola Roxy e poi ne parleremo!»

Bloom scoccò un'occhiata a Stella che, per tutta risposta, alzò le spalle, mettendo su un'aria decisamente contrariata: Faragonda aveva qualche preoccupazione, di questo potevano stare tutte sicure, ma, a quanto sembrava, continuava ad essere convinta che queste Furie fossero solo una leggenda. Bloom era frustrata: lei era l'unica che non sapeva niente su di loro e questo le faceva capire che, ancora, c'erano cose del mondo magico che le erano completamente sconosciute.

Scesero di un piano e svoltarono nel familiare corridoio dove si trovava l'infermeria e nella quale avevano passato diversi giorni, dopo le battaglie più dure contro le Trix.

Entrarono e trovarono, intorno al capezzale sul quale dormiva la ragazza terrestre, Tecna e Aisha; entrambe guardavano la loro nuova amica con la stessa espressione apprensiva. Quando entrò Faragonda, entrambe balzarono in piedi. Bloom notò che avevano le lacrime agli occhi e che non riuscivano quasi a parlare.

«Ma dov'è Flora?» volle sapere la preside.

«E' una storia lunga.» esclamò Aisha, debolmente, poi allungò una mano su Roxy e parlò precipitosamente: «Lei può fare qualcosa, non è vero? Neanche Tecna capisce cosa sia successo e... la prego, faccia qualcosa!»

La preside annuì, con fare grave. «Vi prego di uscire... chiamate Grizelda e ditele che ho bisogno di lei.»

Tutte e cinque, quindi, non senza lanciare un'occhiata preoccupata verso la piccola Roxy, uscirono. Bloom sperava che si riprendesse in fretta e che, alla fine, non fosse niente di grave. Tutta la segretezza con la quale Faragonda stava trattando la faccenda le metteva in agitazione e Bloom era più preoccupata di quanto fosse stata fino ad allora: se tutti sentivano il bisogno di mettere così a tacere la faccenda, doveva essere qualcosa di orribile e molto pericoloso.

«Non ci siamo nemmeno liberate della nostra trasformazione!» sospirò Stella, buttandosi a sedere sulle scale, facendolo in quel momento, una volta che furono fuori dall'infermeria.

«Ehi!» la richiamò Musa, già a metà scalinata, pronta a scendere le scale. «Dobbiamo chiamare Grizelda!»

Stella sbadigliò, oziosa, prima di posarsi una mano sotto il mento, il gomito posato sul ginocchio. «Perché? Dobbiamo essere tutte insieme per chiederglielo?»

Anche Aisha, oltre a Musa, le lanciò un'occhiata di rimprovero. «Sei un'insensibile!» le disse la prima, prima di raggiungere Musa e sparire giù per le scale, alla ricerca di Grizelda. Tecna si strinse nelle spalle e guardò la porta chiusa dell'infermeria. Tentava di mostrarsi fredda, ma si vedeva che era provata esattamente quanto le compagne.

Bloom si sedette accanto a Stella. Lei sapeva bene che la sua migliore amica non aveva mandato Musa e Aisha da sole perché insensibile. Aveva due buoni motivi per rimanere lì dov'era: il primo era che aveva una gran paura dell'ispettrice Grizelda, anche se non l'avrebbe mai ammesso; il secondo era che, come tutte le Winx, non avrebbe mai voluto lasciare da sola Roxy nel momento del bisogno.

Sospirando, la fata del fuoco del drago le posò una mano sulla spalla, per farle coraggio, o, forse, per averne un po' per sé. Si tennero abbracciate e Stella sospirò, disperata.

«Bloom, starà bene, vero? Roxy starà bene! Dimmi che starà bene!»

«Io ne sono sicura, Stella. Dobbiamo avere fiducia in Faragonda, come ne abbiamo sempre avuta!»

Stella strinse più forte una mano sui suoi vestiti. «Ma l'hai vista? Sembra invecchiata di dieci anni dall'ultima volta che l'abbiamo vista! È... è strana!»

Bloom non seppe darle torto. Era la prima volta che vedeva Faragonda così provata e stanca.

«Chissà che problemi hanno, qui a Magix! Hai sentito, ha detto che si stanno organizzando.»

«Ci sarà lo zampino delle streghe!» sbottò Stella, inviperita.

Bloom tacque per qualche istante, non del tutto convinta che la conclusione fosse azzeccata. L'istinto le diceva che le streghe di Torrenuvola non c'entravano niente. Era più propensa a credere a qualche nemico esterno che niente aveva a che fare con la rivalità tra le scuole.

«Che cosa sono queste Furie dei Sentimenti Negativi?» chiese, quindi.

Stella alzò gli occhi su di lei, confusa. «E' una vecchia storia che i genitori raccontano ai bambini per farli stare zitti!»

«E perché Zephiro avrebbe detto...»

«Si vede che è ancora convinto che esista l'uomo nero dietro le porte!» replicò Stella, liberandosi della stretta di Bloom e intrecciando le braccia sotto il seno. «Le Furie sono solo una stupida, vecchia leggenda, Bloom. Credimi, è più facile che ci siano le Trix dietro tutto questo e non le Furie.»

«E' illogico.» dichiarò Tecna, allontanandosi dalla porta e sedendosi dall'altra parte di Bloom. «Le Trix sono a Roccaluce da un pezzo, ormai. Piuttosto... parliamo di qualcosa che possa aiutarci a capire. Cos'è successo in quel bosco?»

Bloom non sapeva dirlo con certezza. Si guardò le mani, quasi quelle avessero potuto darle le risposte che la sua amica andava cercando. Provò a grandi linee a ricordare la paura, quello che aveva pensato e a riportarlo con le parole, il buio pesto intorno a lei, la voce che rideva; raccontò dell'essere invisibile che voleva convincerla che Bloom aveva una gran paura di lei.

«Diceva che l'avevo chiamata io.»

Tecna annuì. «Beh, dal tuo racconto... potrebbe davvero trattarsi di una Furia.»

Bloom la osservò stranita, confusa, mentre Stella era, sebbene interessata al racconto, piuttosto fredda. «Oh, andiamo!» sbottò. «Le Furie appartengono a quelle storie che...»

«Le leggende hanno sempre un fondo di verità!» le ricordò Tecna, con molto buon senso e anche con un certo tono di stizza.

«A me la raccontavano quando facevo i capricci!»

«Scusatemi...» Bloom alzò una mano, come se fosse stata tra i banchi di scuola: odiava non essere messa al corrente di cosa succedeva nel mondo di Magix, mondo di cui credeva di fare parte, dopo quattro anni. Peccato che, ogni volta, riuscissero sempre a sorprenderla con qualcosa di nuovo, come con quella storia delle Furie. Agendo in quel modo, ottenne l'attenzione di entrambe. «Posso sapere anch'io cosa sono queste Furie, per favore

«Sono degli esseri invisibili che vengono creati dai sentimenti negativi della gente.» rispose Tecna. «Più questi sentimenti sono forti, più queste creature vengono attratte dalla persona che li prova.»

Bloom corrugò la fronte e girò la testa, quando Stella sospirò, irritata: non aveva capito molto, sperava solo che la sua migliore amica fosse più esauriente.

«Glielo spiego io, genio del riassunto!» sbuffò. Tecna alzò le spalle, incurante: ormai si era abituata a tutti i nomignoli che la sua amica Stella le affibbiava. «Insomma.» continuò la fata del Sole e della Luna, prendendo un'espressione e un tono teatrali. «Secondo la leggenda, nel perfido regno di Obsidian esisteva...» in quel momento, alla base delle scale, comparvero Musa e Aisha tornarono, seguite da Grizelda che arrancava su per le scale cercando di tenere il passo delle due più giovani. Anche lei, come Faragonda, improvvisamente parve più vecchia e più stanca. Bloom e Tecna si scambiarono un'occhiata e Bloom si accorse che stavano pensando la stessa cosa.

Loro due e Stella, però, pensarono anche a qualcos'altro: si alzarono in piedi e, insieme, la scortarono fino alla porta dell'infermeria che l'ispettrice provvide a sbattere loro in faccia.

Bloom, dal canto suo, si sentì ancora più frustrata: non era riuscita a sapere cosa fossero quelle Furie e le insegnanti facevano le misteriose. Il comportamento di Grizelda, inoltre, l'aveva lasciata intontita: poteva essere che a Roxy fosse capitato qualcosa di molto brutto, che le Furie esistessero o meno, e che non volessero dirlo a nessuno, neanche a loro, che erano così in tensione.

Nessuno parlò più. Attesero in silenzio lungo il corridoio, camminando avanti e indietro senza riuscire a trovare pace, sperando che una delle due fate anziane uscisse per dare la loro diagnosi. Non avevano altro da fare, ma avrebbero voluto poter fare qualcosa e risvegliare Roxy. Ormai era più di un'ora che dormiva e nessuno riusciva a svegliarla.

Bloom si chiese quanto Zephiro sapesse. Le sarebbe piaciuto capire che cosa lui ci facesse ad Alfea e perché fosse stato sulla Terra nel momento in cui Roxy si era addormentata.

Si diresse verso le scale a passo sicuro e spedito.

«Dove vai?» domandò Stella, indignata.

«Devo fare una cosa.» replicò Bloom. «Chiamatemi, se sapete qualcosa, d'accordo?»



Eccoci arrivati alla fine del terzo capitolo. Scusate se ho impiegato tanto a pubblicare, ma penso che, d'ora in poi, a meno che non vada davvero molto avanti nella stesura, continuerò ad aggiornare una volta ogni venti/trenta giorni. È che ho scritto poco, in questo mese, e il poco che ho scritto sulle Winx è stato inteso a migliorare il personaggio di Zephiro. E posso dire che inserire un personaggio originale in un contesto «predefinito» è davvero molto difficile, se si vogliono fare le cose per bene. ^^


Ma passiamo alle risposte alle recensioni.


mileybest: dunque, per rispondere la domanda che mi hai fatto: credo che consideriamo Roxy un'intrusa, semplicemente perché lei non è una fata «fatta e finita», se capisci cosa intendo. Nel senso, lei ha appena scoperto di esserlo ed è alle prime armi, mentre le altre sono cresciute insieme, anche e soprattutto da un punto di vista magico. Tra loro c'è un rapporto che dura da anni e hanno vissuto insieme tante avventure che le hanno unite in modo particolare. Credo che Roxy sia un'intrusa apposta per questo, perché stona nel contesto. Ma, immagino, che presto o tardi, ci abitueremo a lei, esattamente come ci siamo abituati ad Aisha (ti dirò, all'inizio a me stava davvero sulle scatole XD ). Invece, per quanto riguarda la gelosia di Stella... io penso che non ha motivo di provarne. Ti spiego il mio punto di vista: Roxy è una «bambina» dal punto di vista magico e Bloom è la sua insegnante, un modello da seguire, più che «un'amica del cuore»; non mi è parso così esagerato il loro rapporto (diciamo che mi sembra che si smusino il giusto XD ). E questo si ricollega a quello che dicevo prima, a proposito del crescere insieme di Bloom e Stella e delle altre. Ma questa, naturalmente, è solo la mia opinione. ^^ Chissà che tu non possa scrivere una fanfic su questo argomento! ^^ Parlando del capitolo, che te ne pare di Zephiro e di tutto il resto? A presto!


WinGiudi: abbiamo fatto lo stesso pensiero sdolcinato, allora! Se continui di questi passo, svelerai il finale? XD Ci vorrà ancora qualche capitolo prima che Roxy si svegli, comunque, e, nel frattempo, devono succedere ancora un po' di cose, tra cui recuperare il famoso Scettro cui ho accennato nell'introduzione. Insomma, spero che anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento! Alla prossima! ^^


Inoltre:


  • Un saluto a Rick86 che ha tolto la fic dalle preferite

  • Un ringraziamento a lady marion per averla inserita tra le sue storie da ricordare.

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Capitolo 4
*** Le Furie dei Sentimenti Negativi ***


Capitolo 4.

Le Furie dei Sentimenti Negativi


Fece le scale a due a due, finché non sparì sulla seconda rampa, lasciando attonite le sue amiche a fissare il punto in cui l'avevano vista per l'ultima volta. Bloom non si fermò finché non fu di nuovo in cortile. Adesso era praticamente deserto, segno che Grizelda aveva ristabilito l'ordine e aveva mandato le studentesse di nuovo nelle aule o nei dormitori. Si diresse verso un gruppetto di ragazze che stavano sedute su uno spiazzo d'erba e che si godevano il sole di aprile.

«Scusatemi... sapete per caso dove è andato il ragazzo di nome Zephiro?»

Le ragazze si scambiarono un'occhiata e poi cominciarono incomprensibilmente a ridere.

Bloom sbatté le palpebre, perplessa. «Scusate...» le richiamò, quando vide che quelle non accennavano a smettere. «Che cosa c'è di tanto buffo?»

Una di loro arrossì vistosamente per l'imbarazzo. «Grizelda l'ha mandato dentro per scontare la punizione.» pigolò, riprendendo a ridacchiare.

«Nessuno deve sapere dove Zephiro sconta le sue punizioni.» rispose un'altra, seguendo la sua amica.

«E neanche dove dorme. Perché poi noi ragazze andremmo a trovarlo!» aggiunse una terza e tutte e tre risero di nuovo, emozionate.

Bloom decise che quella storia era incomprensibile. «Ma... quindi, lui studia qui?»

Di nuovo, le ragazze risero.

Bloom capì che era ora di svignarsela e che non avrebbe ottenuto altro: se c'era una cosa che odiava più di Mitzi, erano le ragazzine che ridacchiavano per un nonnulla. Ridacchiò a sua volta, leggermente tesa. «Okay, grazie ragazze, mi siete state... di grande... sì, beh... d'aiuto.»

Fece alcuni passi indietro e si affrettò a tornare dentro la scuola. Si guardò intorno, chiedendosi dove mai Grizelda avesse avuto in mente di mandare Zephiro a scontare quella misteriosa punizione. Tutte le volte che aveva messo lei e le Winx, in punizione, dovevano rimanere nelle loro camere, quindi magari a lui era successa la stessa cosa. Non riusciva proprio a liberarsi dell'idea che lui vivesse ad Alfea, anche se, magari, non era propriamente uno studente. Stella aveva ragione: Alfea era una scuola per fate.

Provò a chiedere ad un gruppetto di altre ragazze in corridoio se sapessero dove fosse la stanza di Zephiro, ma anche queste ridacchiarono come quelle in cortile. Sembravano tutte impazzire, ogni volta che si nominava Zephiro e finiva per non scoprire niente, se non che era un bel ragazzo, che il fatto che avesse un occhio dorato e l'altro blu lo rendeva bello e particolare. Ad ogni passo che faceva, Bloom sentiva di detestarlo sempre di più. Sembrava che non sapessero dire altro, come se tutte quelle giovani fatine non avessero mai visto un ragazzo in vita loro.

Dopo tanti tentativi falliti, rinunciò a domandare alle ragazze e optò per gli animali magici che giravano per la scuola. Il cavallino non lo sapeva, ma la paperella sì e fu ben felice di scortare Bloom fino ad un corridoio in un'ala del castello dove Bloom non avrebbe mai creduto esserci una camera da letto.

«Sei sicura?» domandò, rivolta alla paperella. Quella annuì e Bloom le sorrise. «Ti ringrazio molto.»

La paperella sorrise e, volando velocemente, si dileguò dal corridoio. Bloom era arrivata a destinazione, ma in qualche modo si sentiva un po' nervosa: inspirò per farsi coraggio, quindi bussò alla porta e attese. Non ottenne risposta.

Insistette altre due volte, prima di rendersi conto che nessuno sarebbe andato ad aprire.

«Zephiro?» lo chiamò. «Sono Bloom! Apri, devo parlarti!»

Nessuna risposta. Bloom usò la magia per far scattare la serratura: era quasi sicura che lui non fosse dentro e, quando vide la stanza, i suoi timori furono confermati. Tipico, pensò, e provò un moto di simpatia nei confronti di quel ragazzo: dopotutto, neanche lei e le Winx avrebbero fatto diversamente.

Si guardò intorno, per cercare di capire come potesse essere la stanza di un ragazzo; ma quella che aveva davanti era lungi dall'essere una camera per ragazzi. Bloom si chiedeva quanto dovesse essere difficile dover essere un ragazzo in una scuola femminile: davanti alla porta, addossato al muro accanto alla finestra, c'era un letto a baldacchino con un piumone dai tenui colori pastello, in sfumature di rosa, verde e bianco; dall'altra parte della stanza, accanto ad una spaziosa scrivania ricolma di libri, vi un grosso armadio chiuso. Bloom notò che era una camera molto diversa da quelle di Fonterossa e degli Specialisti e che era anche molto più ordinata. L'unica cosa fuori posto era il mantello bianco, gettato senza cura sul letto, quello con cui Zephiro era arrivato sulla Terra.

Bloom notò il comodino bianco accanto al letto e decise di sbirciare. Sapeva che era sbagliato, ma, se proprio non poteva parlare con lui, almeno avrebbe approfittato di quella capatina per carpire qualche informazione in più su di lui.

Il comodino, però, era vuoto, a parte alcune lettere chiuse con la ceralacca ancora intatta e che provenivano da un certo Maestral di Flabrum. Il simbolo sulla ceralacca pareva una faccia di profilo che soffiava verso tre linee arzigogolate; si ricordò che Grizelda l'aveva chiamato «principe», quindi Maestral doveva essere qualcuno della corte. A parte quello, Zephiro non teneva niente di importante lì. Era come se non avesse portato nessun tipo di affetto con sé dal suo pianeta.

Gli Specialisti avevano tutti qualcosa di loro e a cui tenevano particolarmente. Sky, per esempio, aveva una loro foto il giorno della festa su Domino, quando le aveva dato un bellissimo anello di fidanzamento. Quel ragazzo, invece... non aveva niente di personale, come se si divertisse ad essere un vero mistero per chiunque lo incontrasse.

Chiuse il cassetto, si avvicinò alla finestra aperta e guardò fuori il bellissimo panorama dato dalla foresta di Selvafosca; solo alzando lo sguardo verso il cielo vide spuntare una gamba fasciata in un pantalone blu e uno stivale nero, che ciondolava pigramente dal tetto. «Ah, ecco dov'eri...» Bloom si affacciò alla finestra e guardò in alto, trovandolo disteso sul tetto al di sopra della stanza: doveva essersi arrampicato lassù e, dal modo incurante con cui era disteso, Bloom capì che non doveva essere la prima volta che lo faceva.

Solo in quel momento, la fata si rese conto che la camera era su una delle torri di Alfea e forse era meglio così, per evitare che le ragazze lo assaltassero di sorpresa durante la notte. Volò fuori dalla finestra e si fermò di fronte a lui, incrociando le braccia al petto. Lui teneva gli occhi chiusi e sembrava del tutto incurante di ciò che succedeva nel mondo attorno a lui. Era come se non si fosse minimamente accorto della sua presenza; così la fata si schiarì la voce. Lui non diede segno di averla sentita.

«Ehi, Zephiro.» lo chiamò allora.

Ottenne di fargli aprire gli occhi e di farlo sedere. I suoi occhi di colore diverso le misero i brividi e le parve che l'occhio dorato avesse avuto un guizzo minaccioso.

«Che cosa vuoi?» le domandò. «Vuoi rinchiudermi in qualcos'altro?»

Bloom si ritrovò ad essere in imbarazzo. Lo sguardo carico di risentimento di Zephiro la aiutò a sentirsi maggiormente in colpa. «Ero solo venuta a parlare con te.»

Lui corrugò appena la fronte, facendole capire che la ascoltava.

«Volevo chiederti scusa a nome delle Winx per come ci siamo comportate.»

A quella frase, lui inarcò un sopracciglio, mostrandosi sarcastico. «Curiosando tra i miei effetti personali?»

Bloom si sentì in imbarazzo, quando si rese conto di essere stata scoperta con le mani sul fatto.

«Sì, hai ragione, ti chiedo scusa. È che... trovo strano che un ragazzo sia ad Alfea.»

Zephiro improvvisamente sembrò essere meno interessato. La guardò per un secondo, come per soppesare le parole che aveva sentito, poi guardò in basso, verso la foresta che si perdeva nell'orizzonte, fino al lago di Roccaluce.

«Però vorrei anche sapere che cosa è successo a Roxy. Tu eri lì... e...» continuò Bloom.

«È così che si chiama la ragazza che avete portato qui?» domandò, cauto, tornando a guardare nella sua direzione. «Roxy...»

Bloom annuì.

«E come potrei conoscerla?»

«Non mi chiedo come la conosci, ma cosa ci facevi lì... e se hai visto qualcosa. Hai detto che eri lì per via delle Furie, giusto?»

Lui sospirò, con fare stanco, quasi con debolezza. «Ti fidi a stare con un bieco individuo come me, principessa di Domino?»

«Beh, se Faragonda ti tiene qui, vuol dire che non sei cattivo. Allora?» volò fino al suo fianco e si sedette accanto a lui come per dimostrargli che si fidava abbastanza di lui da potergli stare così vicino. «Cosa puoi dirmi di Roxy e su queste misteriose Furie?»

Zephiro le rivolse un sorrisetto sarcastico, mentre sbuffava insofferente. «Scusa.» replicò, ma dal tono che stava usando non sembrava che avesse la minima intenzione di scusarsi. «Ma non credo che la faccenda ti riguardi.»

«Sono fatti anche miei se riguarda una mia amica!» esclamò lei, accigliata. «Mi piacerebbe sapere cos'è successo e credo che tu me lo debba!»

«No, non credo.» replicò lui, debolmente.

Bloom scattò in piedi. «Roxy sta male! Non sappiamo cosa abbia e tu sei il primo che l'ha trovata! Se sai qualcosa su queste Furie, devi dirlo e parlare anche con Faragonda!»

Zephiro non rispose. Si limitò a fissarla per qualche altro minuto, come per cercare di capire il significato nascosto delle sue parole. «Tu non sai niente, allora...» disse soltanto e sembrò che stesse solo constatando la realtà dei fatti.

«Sapere cosa?»

Lui sorrise amaramente. «Né i tuoi genitori né Faragonda ti hanno in alcun modo riferito questi fatti, principessa?»

«Di quali fatti stai parlando? Delle cose che tu chiami Furie intendi?»

Lui tornò a distendersi sul tetto, senza dire niente. Guardava il cielo, ma non sembrava realmente vederlo, né lui pareva intenzionato a continuare quella discussione. Bloom si sentiva parecchio frustrata: era andata da lui per avere qualche altra informazione, per capire cosa lui c'entrasse in quella situazione e, invece, si ritrovava solo a convivere con altri enigmi. La cosa la faceva andare su tutte le furie.

«Se tu sai qualcosa, hai il dovere di dirla! E' tuo dovere fare qualcosa per la dimensione magica!» esclamò severamente. «Non so per quale motivo tu sia qui, ma lo devi a Faragonda e a nessun altro! E se non vuoi parlare con me, sappi che dovrai parlare con lei, prima o dopo.»

Lui continuò a fissare il cielo terso, per un lungo periodo, senza degnarla neanche di uno sguardo. Bloom continuava a guardarlo, aspettando un segno da parte sua; avrebbe ripreso a parlare, se lui non avesse spostato entrambi i suoi occhi su di lei, fissandola come se volesse valutarla.

«Hai letto quelle lettere?» chiese.

«C-come?»

«Le mie lettere... le hai lette?»

«Oh, no...»

«E cosa hai fatto?»

«Non credo che...»

«Se vuoi che io mi fidi di te, voglio che tu ti fidi di me, principessa di Domino.»

A Bloom parve una risposta ragionevole. Annuì.

«Che cosa hai visto?» ripeté Zephiro.

«Solo il nome... Maestral, mi pare.»

Lui annuì e la sua espressione divenne cupa. «Se l'hai trovato così a colpo sicuro, evidentemente eri destinata a conoscerlo.»

Bloom trattenne il respiro. Le parve, improvvisamente, che il vento si fosse fatto gelido e lei si ritrovò a rabbrividire, mentre lui distoglieva lo sguardo e lo posava di nuovo sul cielo limpido del pomeriggio di Alfea.

«Le correnti portano a sud.» disse lui. «E' un buon tempo per volare...»

«Eh?»

Lui le rivolse un mezzo sorriso triste. «Le correnti ventose.» spiegò. Aveva una bella voce calda, austera, troppo per un ragazzo della sua età. Bloom sentì un freddo flusso di vento sfiorarle la pelle del viso e rabbrividì di nuovo; non era sicura di aver capito molto, ma immaginava che quello era tutto ciò che gli avrebbe cavato di bocca a proposito delle Furie.

«Maestral c'entra con le Furie? È stato lui a mandarle da Roxy?»

Zephiro chiuse gli occhi. «Questo proprio non lo so, ma immagino che sarebbe un altro dei tanti crimini di cui si è macchiato.»

Bloom sbatté le palpebre perplessa dalle parole che Zephiro aveva usato: era molto formale, forse troppo, molto più di quando lo avevano catturato solo poche ore prima. Forse cercava solo di impressionarla con false moine, oppure era tutto quello che aveva voglia di dirle, il che le pareva molto più plausibile.

«Tu non vuoi proprio dirmi ciò che sai, vero?»

«Non l'ha fatto nessuno di quelli che contano davvero... io non sono altro che una pedina su di una scacchiera.»

«Fai anche il filosofo, adesso?» sbottò, piccata. Quel ragazzino cominciava ad irritarla, soprattutto se si chiudeva in quel silenzio ostinato. «Sarai anche solo un pezzo della scacchiera, ma ogni pezzo è importante a modo suo.»

«Il mio è già fuori, abbattuto da un alfiere senza scrupoli.»

Bloom corrugò la fronte. «Vuoi parlare chiaro?»

«Ecco dove vi eravate cacciati, tutti e due!» sbottò la voce gracchiante di Grizelda da sotto di loro. La sua testa sbucava da dentro la finestra e, mentre Zephiro scattò a sedere, Bloom sussultò.

«Ispettrice!» esclamò, posandosi una mano sul petto per cercare di fermare il battito del proprio cuore.

«Signorina, vorresti spiegami cosa stai facendo su questo tetto, insieme a Zephiro E tu, principe, mi sembrava di aver detto che dovevi passare il resto della giornata in camera tua, non sopra

«Ecco...» Bloom guardò indecisa dalla finestra di Zephiro a Grizelda che le scoccava un'occhiata torva e carica di rimprovero.

«Parlavamo...» rispose lui, vago.

«Lui... lui sa qualcosa di tutta questa storia.» spiegò Bloom, tornando ad essere accigliata.

Grizelda si sistemò gli occhiali sul naso. «Oh, ma è naturale! Ora andiamo. La preside Faragonda ti sta aspettando nel suo ufficio insieme alle tue compagne.»

Bloom avrebbe voluto replicare perché fosse così ovvio che lui sapesse qualcosa, ma preferì evitarlo. «Ehm... sì.»

«E tu, Zephiro» l'ispettrice gli puntò un indice addosso, minacciosa. «Se non farai come dico, la punizione si protrarrà fino alla fine del mese.»

«Come comanda, ispettrice.» rispose lui, fin troppo rigido.

L'ispettrice non aspettò oltre, forse soddisfatta dalla risposta. Si voltò e condusse Bloom fino all'ufficio della preside Faragonda, mentre lei si guardava di tanto in tanto indietro per osservare la finestra chiusa dietro cui si era rifugiato Zephiro.


Quando arrivarono nell'ufficio, Bloom vide le sue amiche in piedi intorno alla scrivania. Tutte avevano una faccia da funerale che le fece perdere un battito.

«No! E'... è successo... qualcosa a Roxy?» gridò. Nessuno rispose e la cosa non fece altro che farla spaventare ancora di più. «Parlate! Cos'è successo?»

Faragonda sospirò e allungò una mano per mostrarle una poltroncina. «Forse è meglio che ti siedi, Bloom.» disse, mogia. «Abbiamo molto di cui parlare.»

Bloom guardò le sue amiche, ma tutte quante avevano un'aria sconvolta e sconfitta. «Sta bene? Cos'è successo? Ditemi qualcosa!»

Faragonda sospirò di nuovo, mentre si metteva a sedere alla scrivania. «Sta bene, non sta bene...» le guardò una ad una, con fare grave. La tensione nella stanza era a dir poco palpabile. «dovete ascoltarmi, ragazze. La vostra missione, adesso, non è più difendere Roxy dagli Stregoni di Ogron e dal Cerchio Nero. È una faccenda molto più delicata e potrebbe non essere facile riuscire a sconfiggere il nemico che state per affrontare.»

«Abbiamo esaminato Roxy.» rivelò Grizelda. «Per quel che abbiamo potuto.»

Bloom avrebbe voluto trattenersi, ma non ce la fece. «Cosa le è successo? Chi è stato? Perché...»

Faragonda fece un cenno delicato con la mano. «Ogni cosa a suo tempo, Bloom. Prima di tutto: fisicamente sta bene. E' una ragazza nel pieno delle sue forze, però...»

«Sono state le Furie dei Sentimenti Negativi, vero?»

Faragonda annuì e si alzò di nuovo. Andò alla grande vetrata dalla quale aveva una bella visuale di tutto il parco di Alfea, ma in quel momento era l'ultima cosa che vedeva. Si strinse le mani dietro la schiena e continuò: «Sì, Bloom, sono proprio le Furie.»

«Ah, ma andiamo!» tornò a protestare Stella, stringendosi nelle spalle. «E' solo una vecchia storia!»

«Non è solo una vecchia storia!» replicò Faragonda, facendo scattare la testa verso di lei, per lanciarle un'occhiata furibonda. Ma poi, come se si fosse accorta di ciò che aveva fatto, sospirò e parlò pacatamente: «E' una storia vera, Stella.»

«Preside, ma cosa dice questa storia?» volle sapere Bloom.

«Vi porterei nella biblioteca segreta, ma...» la preside sospirò e scosse la testa. «Ho paura.»

Un sussulto generale accolse quelle parole. Musa fu la prima a riprendersi.

«Paura? Preside Faragonda, lei ha appena detto di avere... paura?» chiese, sarcastica, ma era un modo per mascherare la sensazione di disagio che era nata in lei come nelle altre alla sconcertante rivelazione: non era possibile che la fata più carismatica che conoscessero avesse davvero paura.

«E' così, Musa, purtroppo.» ammise la donna. «Sono preoccupata: Alfea non è più un posto sicuro. Ci deve essere una spia e la biblioteca Segreta dei professori deve rimanere celata, almeno finché non ci sarà di nuovo sicurezza.»

«E chi può essere la spia? Lei ne ha una vaga idea?» volle sapere Tecna.

«E' Zephiro!» esclamò Bloom, scattando in piedi. «Vero, preside? Non può essere che lui!»

«Zephiro?» replicò Faragonda, stupefatta. «Come... come ti viene in mente?»

«E perché no? Lui sa qualcosa e...»

«Ma certo che sa qualcosa, lui è stato uno dei primi ad essere colpiti dalla maledizione delle Furie, non direttamente, ma... non credo che farebbe qualcosa per danneggiare chi vuole aiutarlo...»

«Non capisco, io...»

«Ogni cosa a suo tempo, Bloom. Abbi un po' di pazienza, per favore.»

Bloom scosse la testa e guardò Faragonda. «Preside, ho provato a discutere con lui su Roxy, ma lui non ha voluto dirmi niente... ha continuato a fare strani discorsi, ma... insomma! Lui era lì, sulla Terra, accanto a Roxy!»

Faragonda scosse la testa, prima di tornare a fissarle, una per una, trovando negli occhi di ognuna la stessa dilaniante preoccupazione. «Ci parlerò io con lui, puoi starne certa.» dichiarò, quindi. Ebbe la forza di sorridere, nel vedere che le sue migliori studentesse non erano affatto cambiate. «È un giovane mago, ma è un bravo ragazzo, anche se un po' irresponsabile, a quel che ho visto oggi.»

«Ma cosa ci fa ad Alfea?» domandò Aisha.

«E' una storia abbastanza lunga e, forse, ve la racconterò più tardi. Le Furie sono più importanti, adesso.»

«Preside, mi scusi se la interrompo, ma questa storia delle Furie è semplicemente ridicola!» esclamò Stella. «Non riesco a credere che una persona intelligente come lei possa davvero credere che esistano creature simili! Sono vecchie storie per bambini capricciosi!»

Aisha le lanciò una seconda occhiataccia. «La vuoi piantare con questa storia, Stella?»

«Stella, credimi, le Furie sono reali quanto te e me.» Faragonda tornò a sedersi, mostrandosi ancora più stanca di quanto fosse. Sembrava un'anima in pena che non trovava pace, ovunque andasse. «Dovete conoscerne la storia. Se già la sapete, forse potreste apprendere dell'altro.»

Tutte annuirono, pure Stella e parve improvvisamente più preoccupata delle altre.

Faragonda intrecciò le mani sulla scrivania e chiuse gli occhi, cercando il modo corretto per cominciare. Alla fine, partì proprio da dove aveva cominciato Stella quando era stata interrotta: «Questa storia comincia molto tempo fa, alla fondazione del regno di Domino che, a quel tempo, era dominato da alcuni esseri che rendevano quel luogo freddo e inospitale. Lassù era impossibile provare un sentimento di felicità o amore. Il fatto è che, al tempo, l'espansione demografica nella dimensione magica rese impellente il bisogno di cercare nuovi mondi da abitare e Domino sarebbe stato perfetto, se non fosse stato per quelle creature che infestavano il pianeta. Così alcuni guerrieri scelti e coraggiosi, insieme ad un gruppo di fate, entrarono a Domino con l'idea di portare guerra a queste creature. Le fate perirono dopo pochi giorni, mentre i guerrieri furono costretti a ritirarsi in gran fretta. Alcuni di loro, posseduti dal potere di quelle che poi vennero chiamate Furie, si rivoltarono contro i loro compagni e poi morirono a loro volta. Fu solo molti anni dopo, quando il Primo Re forgiò una speciale arma magica, che Domino diventò il pianeta che è stato e che è tornato grazie a te, Bloom. Il Primo Re sigillò gli Spiriti delle Furie nei più profondi recessi del regno oscuro di Obsidian. Il loro potere, infatti, è quello di impossessarsi dei sentimenti negativi delle fate per cibarsene.»

«Cibarsene?» ripeté Bloom, inorridita.

Faragonda annuì. «Quando Domino ne era il pianeta, tutte le fate, di ogni mondo e pianeta, venivano attaccate da esseri invisibili che rappresentavano le loro peggiori paure e sensazioni; alcune di queste riuscivano a penetrare nel loro animo e a corroderlo, tanto che queste fate venivano uccise in modo atroce.» sospirò e sciolse le mani per posarle a palmi aperti sulla scrivania, mentre le sue ex-allieve trattenevano il respiro. Bloom sentiva un profondo malessere attraversarle le viscere.

«Come... come gli Stregoni del Cerchio Nero.» propose Aisha.

«Non proprio. Ogron e i suoi vogliono il controllo della Terra, mentre le Furie non controllano niente. Si muovono per distruggere tutto ciò che incontrano. Si cibano dei sentimenti negativi e diventano più forti, ma, con la loro forza, aumenta anche la loro avidità. Finché tutta la dimensione magica non sarà composta che da dolore e disperazione, le Furie continueranno a saltare da un mondo all'altro per portarla al prossimo. Il Primo Re di Domino non riuscì a trovare il modo per distruggerle. Sono state su Obsidian, fino a poco tempo fa, Bloom.» chiuse gli occhi e, quando li riaprì, guardò la sua ex allieva. «Quando risvegliasti il tuo regno e distruggesti Obsidian, involontariamente liberasti anche le Furie.»

Bloom sussultò e la sensazione di malessere si acuì: era stata lei. Se non avesse mai ritrovato i suoi genitori e non li avesse mai abbracciati, la sua amica Roxy sarebbe stata bene, la dimensione magica non avrebbe mai attraversato quel pericolo.

«Sono... sono stata io!»

«Bloom...» Stella allungò una mano verso di lei, preoccupata, quando la vide nascondersi il viso tra le mani per piangere.

«In realtà» continuò Faragonda, ritrovando l'attenzione di tutte. «è stata colpa di tutti noi, che non siamo stati attenti e che non abbiamo creduto alle antiche leggende. Vedete, Obsidian rappresentava per gli Spiriti un'ottima dimora dalla quale non avrebbero voluto separarsi, per questo non l'hanno mai lasciata. Per loro sarebbe stato facile, perché sono Spiriti, scarti di sentimenti che tutti noi proviamo. Ma quando distruggeste il loro habitat, non hanno potuto più resistere e si sono riversati nella dimensione magica, cogliendoci impreparati. Adesso sono alla ricerca di un corpo da abitare, per consumare i sentimenti negativi che albergano in esso, finché non si esaurirà. Se le Furie dovessero riuscire nel loro intento, potrebbe succedere ciò che è successo durante la Spedizione di Domino, all'inizio del regno: potrebbero uccidere le fate e costringere gli uomini a combattere tra loro, portando così la distruzione totale.»

Un lungo momento di silenzio seguì quelle parole. Ogni fata le soppesava, inorridita e spaventata, mentre la loro mente cercava di non figurarsi il terribile destino che aspettava Magix, nel caso in cui non fossero riuscite a distruggere le Furie.

Fu Musa a rompere il silenzio. «Ma... perché si manifestano solo ora? Insomma, sono passati mesi da quel momento! Non avrebbero...»

Faragonda annuì. «Ottima osservazione, Musa: hanno cominciato mesi fa, in effetti.» ammise. «Solo che l'hanno fatto su pianeti così lontani che la voce non si era ancora sparsa. Hanno cominciato su Flabrum e sono passati su Domino, Melody, Espero, Oppositus... l'elenco è lungo. Persino qui a Magix ci sono degli Spiriti... pensavamo di riuscire a contrastarli senza chiedere aiuto. Oritel e Marion sono in allerta e così tutte le fate della dimensione magica che sono riuscita a contattare. Griffin e Saladin stanno dando tutto l'appoggio possibile. Credevamo di poter contenere il danno, ma a quanto pare...»

«Sono arrivate anche sulla Terra.» concluse Bloom, senza alcuna enfasi: l'idea di essere stata lei a creare tutto quel trambusto la inorridiva più di quanto le altre avrebbero mai potuto immaginare. Era stata lei, che era una fata e che avrebbe dovuto portare pace e amore ovunque! «Credevo di aver combattuto con uno di loro, ma, dopo quello che mi ha detto... non lo credo più.»

«E perché, signorina?» chiese Grizelda, con aria inquisitoria.

«Perché... ecco, diceva di essere parte di me e poi... sono riuscita a sconfiggerlo... qualunque cosa fosse.» raccontò di nuovo quello che aveva vissuto non più tardi di qualche ora prima.

«E chi te l'ha detto che non si possono sconfiggere?» domandò Faragonda, stupefatta. Si alzò in piedi e si posizionò di fronte a Bloom. Le posò le mani sulle spalle e le sorrise. «Questo dimostra quanto sei forte e che non ti lasci dominare dalle tue paure ed emozioni negative, Bloom.» sorrise, orgogliosa. «Hai sconfitto uno Spirito eccome! Gli Spiriti si sconfiggono solo eliminando il sentimento di cui si cibano. Ognuno ha il suo: chi predilige l'invidia, chi la paura, chi la rabbia. Non si distruggono, ma li si allontanano. Per Sigillarli serve lo scettro del primo Re di Domino.»

«Ma... Roxy?» domandò Bloom . «Lei cosa...»

«Ma... preside!» esclamò Aisha. «Lei ha detto che non si possono distruggere!»

«E' vero, non si può. Dolore, morte, abbandono sono sentimenti umani. Fin quando ci saranno, esisteranno anche loro. Sono ciò di cui si nutrono e a Obsidian ce n'era così tanto che loro potevano sopravvivere senza mai staccarsene, quindi non hanno mai pensato di allontanarsene, ma adesso Obsidian non esiste più. Il problema è proprio qui: lo Scettro li cattura, ma non li distrugge.»

«Ma... allora, senza Obsidian...le Furie non si fermeranno mai!» esclamò Musa. «Come possiamo combattere un nemico che non si sconfigge? Vengono portati nella Dimensione Omega, allora?»

«Ci abbiamo provato, ma non è oscura come Obsidian e lì ci sono tutti i peggiori criminali della Dimensione Magica. Portarli lì sarebbe come dare una mano noi stessi a distruggere l'universo conosciuto.»

«Ma Bloom ci è riuscita! È tornata da noi!» esclamò, isterica, Stella. «Lei ha... ha...»

«Non ha Sigillato lo Spirito, lo ha solo allontanato.» rispose Tecna.

Faragonda annuì. «E' così, Tecna. La Paura tornerà, magari non da lei. Sarà sempre in agguato e cercherà di cibarsi di altre fate.»

«E cosa potrebbe succedere?» volle sapere Musa.

«Non lo so. E credo che sia meglio non scoprirlo.»

«Ma... Roxy?» domandò ancora Bloom.

«Roxy sta lottando. Ha una grande forza di volontà: è per questo che non è ancora morta.» Faragonda chiuse gli occhi. Le sue parole avevano riempito di sgomento le sue allieve: se Roxy avesse avuto un animo un attimo più debole, le avrebbe già lasciate.

«E allora come... come...» mormorò Bloom.

«Va' da tuo padre Oritel, su Domino e spiegagli la situazione.» consigliò Faragonda. «Lui avrà trovato lo Scettro ormai. Ogni sovrano di Domino lo tramanda ai figli, ma Oritel lo nascose, prima che le Streghe Antenate lo imprigionassero.» sorrise, cercando di sembrare rassicurante, poi guardò le altre. Sembravano avere delle domande. Tutte. Persino la scettica Stella.

«E Roxy?» domandò Aisha. «E Flora? Dobbiamo avvertirla e... qualcuno dovrà stare con Roxy, aiutarla a lottare!»

La preside annuì. «Roxy ha bisogno di tutto il nostro sostegno. L'ispettrice Grizelda ed io abbiamo tessuto un incantesimo potente che impedirà allo Spettro di contaminare di più il suo corpo, ma non durerà per sempre.»

«Quanto, più o meno?» chiese Stella.

«Due giorni, non di più.»

«E non si può rinnovare?» volle sapere Musa.

Faragonda scosse la testa. «Non credo che il suo corpo sia in grado di reggere ad un secondo attacco come quello cui l'abbiamo sottoposto oggi l'ispettrice Grizelda ed io. Aspettiamo per vedere. Inoltre, mie care Winx, avrei bisogno che due di voi tornassero sulla Terra. Se c'erano due Spiriti, ce ne saranno altri e tutti molto interessati alle anime dei Terrestri. Lì non ci sono fate e, se andrà come penso, dovrete essere preparate!»

Aisha annuì, consapevole. «Dobbiamo essere pronte ad intervenire, certo!»

Improvvisamente, Bloom ebbe una nuova paura: pensò a Mike e Vanessa, i suoi affettuosi genitori adottivi, a Sky e agli Specialisti, ai cuccioli, a Kiko. Nessuno sarebbe più stato al sicuro. Si posò le mani sulla bocca, cominciando di nuovo a tremare, con la nuova paura di poter incontrare una Furia, pronta a divorare i suoi sentimenti e quelli delle sue amiche, fino a consumare tutte le loro energie e portare la morte.

La paura stava tornando e stavolta non era sicura che sarebbe riuscita a non lasciarsi dominare.

«Ma cosa possiamo fare, se non si possono distruggere? Lo Scettro li terrà prigionieri, ma... se cadesse nelle mani sbagliate...»

Faragonda sospirò. «Stiamo cercando una soluzione, Bloom. Re Oritel non è tipo che dorme sugli allori e, sicuramente, avrà già escogitato qualcosa, anche se non me ne ha parlato. Sapendo ciò che succede ad Alfea, sto tenendo i contatti con lui al minimo indispensabile. Desidero che tu parta domani mattina, Bloom, e che torni a Domino per spiegargli la situazione.»

Bloom annuì, sentendosi solo un po' meno stordita di prima. «D'accordo, preside. Spero davvero che mio padre abbia trovato il modo per distruggerle, perché, altrimenti... non so proprio cosa farò.»


§


«E' colpa nostra!» esclamò Musa, ad un tratto, stringendo i pugni. «Non avremmo dovuto lasciarla sola!»

Erano le nove di sera e le fate di Alfea, dopo la cena, si erano ritirate nelle loro stanze; ma le Winx non avevano toccato cibo e avevano rifiutato di andare nelle camere a loro assegnate: da quando la riunione con Faragonda era terminata, tutte loro si erano sedute in infermeria, intorno al capezzale di Roxy per vegliare su di lei. Stella aveva fatto comparire delle poltroncine e si erano sedute a guardare l'ultima fata della Terra dormire avvolta in uno strano, spesso alone verde. Si sentivano impotenti e Bloom, oltre a quello, sentiva anche un grande senso di colpa schiacciarla come un macigno.

«Non potevamo sapere che ci avrebbero attaccate!» sospirò Tecna, massaggiandosi una tempia. «C'era solo il due percento di possibilità che succedesse. Gli Stregoni sono fuggiti e non torneranno tanto presto, quindi... non avevamo motivo per sospettare un attacco!»

Fu ignorata: «E' tutta colpa mia!» sospirò Aisha. «Se non avessi detto a Bloom di lasciarla sola...»

«E allora è anche colpa mia!» ribatté Bloom. «Perché ti ho dato ascolto!»

«E mia!» rincarò la dose Stella. «Perché... perché se è colpa vostra è pure mia!»

Tecna sospirò. «Non ci servirà a niente darci la colpa, ragazze... dobbiamo solo fare quello che ci ha detto Faragonda: prendere lo scettro di Domino e Sigillare le Furie.»

«Come fai a essere così calma?» gridò Stella, scattando in piedi e guardandola con occhi sgranati. Puntò un dito verso Roxy. «La nostra amica è qui, svenuta, con non si sa che male e tu...»

Tecna le lanciò uno sguardo molto stanco. «Ma non eri tu quella che non credeva alle Furie?»

«Furie o non Furie, Roxy è qui dentro!» fu la risposta isterica di Stella.

«Insomma...» continuò Aisha, in modo pratico, prendendo il braccio di Stella per chiederle di calmarsi. «Dobbiamo decidere chi di noi, oltre a Bloom, andrà a Domino per prendere lo Scettro e chi, invece, torna indietro. Ed è meglio farlo subito.»

«Sì.» confermò Tecna. «Senza ripensamenti dell'ultimo minuto.»

Stella decise di rimanere a Magix per stare accanto alla sua migliore amica: aveva visto come la rivelazione sugli Spiriti l'avesse provata e non voleva che affrontasse la cosa senza l'apporto della sua migliore amica.

«Verrò anch'io.» dichiarò Musa.

«Ma... devi incidere una canzone!» esclamò Bloom, sollevando per la prima volta lo sguardo da Roxy.

«Non mi importa della canzone! Roxy è in pericolo! È più importante di uno stupido singolo!»

«Non dire sciocchezze! È la tua vita!»

«Bloom, qui si tratta della vita di Roxy!»

«Sì, ma non possiamo chiudere il negozio e non possiamo neanche distruggere la nostra vita sulla Terra.» ribatté Aisha, posandole una mano sulla spalla. «Ascoltami, Musa: Roxy è importante per tutti noi, ma dobbiamo anche considerare che c'è la Terra da proteggere e che le Furie attaccheranno anche lì, hai sentito Faragonda. E Flora non ha la minima idea di cosa fare o contro chi combattere. In più è sola con cinque Specialisti e un mago un po' imbranati...» la cosa fece ridacchiare tutte e cinque le fate. «E' meglio che torni indietro. Con me. Inoltre, dobbiamo tenere conto che le Furie attaccano solo chi prova forti sensazioni negative. Dobbiamo fare di tutto per tenere alto l'umore dei terrestri!»

«Ottima idea! Così io, Stella e Bloom partiremo per Domino.» concluse Tecna.

Musa, seduta sulla poltrona, si mosse a disagio, ma non seppe ribattere alle argomentazioni di Aisha. Alla fine si arrese. «D'accordo.» disse. «Ma come facciamo a catturare gli Spiriti, se il modo per catturarli lo conosce solo Re Oritel?»

«Per questo non ci sono problemi!» Bloom guardò Stella, che stringeva convulsamente il suo braccio. «Vi faremo sapere non appena mio padre ci avrà detto tutto.»

«E che tutto vada per il meglio!» sospirò Tecna.

Tutte annuirono, sentendosi un po' più leggere di prima; Roxy continuava a dormire placidamente. Bloom, però, non era ancora del tutto convinta: c'era ancora qualcosa che le dava fastidio, un sassolino nella scarpa che non era riuscita a togliersi e che, tra una cosa e l'altra, aveva dimenticato di domandare a Faragonda.

«Non è che potresti trovare qualche informazione utile su Zephiro?» chiese, rivolta a Tecna.

«Ah, ma che ossessione!» sbottò Stella. «E' solo uno sbruffone che si crede chissà chi solo perché è il principe di Flabrum!»

Musa ghignò. «Mi sembra tanto la trasposizione maschile di una certa fata che conosco...»

«A chi ti riferisci?» domandò Stella, fissandola di sottecchi.

Musa si grattò una guancia, facendo finta di pensarci. «Non so se la conosci...» ridacchiò, ammiccando. «Ha i capelli biondi, è la principessa di Solaria e si chiama Stella.»

Stella distolse lo sguardo. «Non la con... eh? Ma come ti permetti!» gridò, balzando in piedi.

«Che strano... e io pensavo che fossi tu...» la fata della musica fece scattare il braccio e le dette un pizzicotto sul fianco, cosa che fece sobbalzare e gridare Stella. «la principessa di Solaria!»

Tutte quante risero e, almeno, sentirono un po' della tensione che si era accumulata durate il giorno scemare. Bloom pensava che, forse, quello era un modo per far sentire a Roxy – sempre se le sentiva – che tutto andava per il meglio e che l'avrebbero liberata presto della sua prigionia. Si concesse un breve sorriso.

«Davvero, Tecna» continuò, quindi. «quel ragazzo non mi piace. Hai sentito che c'è una spia ad Alfea... e io credo che sia lui.»

«Perché lo pensi?» volle sapere Aisha.

«Ammetterai che è misterioso: se c'è qualcosa di strano, qui ad Alfea, è proprio lui... chi altri potrebbe essere la spia?»

«E perché dovrebbe spiare Alfea?» domandò Musa.

«Per pura cattiveria, è ovvio!» sbottò Stella. «Non l'avete visto come mi prendeva in giro quello stupido sbruffone? Ve lo dico io: quello è un nuovo Valtor, altro che storie! Faragonda si sarà fatto incantare dalle sue false buone maniere, ma ve lo dico io che è un poco di buono! Si vede... e poi... andiamo! Lo avete visto come va in giro conciato? Ha un mantello! Un mantello!»

«Anche gli Specialisti hanno un mantello.» le fece notare Tecna.

«Che c'entra?» sbottò Stella, piccata. «Loro lo sanno portare con stile!»

«Sarà... anche io penso che sia un poco di buono, però... non lo so, Bloom...» Musa sospirò. «non credo che sia lui.»

Tecna ci pensò su. «Di certo, aveva un motivo per avercela con noi: l'abbiamo imprigionato e trattato come se fosse davvero un bieco individuo.»

Bloom arrossì. «Sì, beh... e poi... ho frugato tra le sue cose.»

«Ah ah... e cosa hai scoperto?» Stella si avvicinò a lei, sgranando gli occhi e guardandola con fare maniacale. «Qualche sordido segreto?»

«No... aveva solo delle lettere in un cassetto.»

«Lettere?» ripeté Tecna.

«Sì, venivano da Flabrum.»

Stella annuì, gli occhi le brillavano di curiosità. «E che dicevano?»

«Non ne ho idea...»

«Come no?» la fata del sole e della luna balzò in piedi, indignata. «Bloom... tu hai trovato delle lettere e non le hai lette?»

«Non erano mie! E comunque so solo chi le ha spedite.»

«E chi è stato? Accidenti, amica mia, non farti cavare le parole di bocca!»

Musa rise. «Ti prego, Bloom, dicci tutto quel che sai, altrimenti a Stella prende un infarto.»

Stella arrossì. «Niente affatto!» sbraitò. «Sono solo curiosa!»

Le sue quattro amiche risero di gusto, poi Bloom decise di rispondere: «Venivano da un certo Maestral e Zephiro non le aveva neanche aperte... erano chiuse con della ceralacca.»

«Maestral, hai detto?» domandò Tecna, pensierosa.

«Sì. Controlleresti, per favore?»

Tecna annuì. «Ci vorrà un po'.»

«Non importa. Voglio saperne di più su Zephiro.»

«Bene.» tagliò corto Stella. Afferrò il polso di Bloom e la costrinse ad alzarsi in piedi. «Adesso che sei tranquilla, puoi venire al mio salone di bellezza.» tutte quante la guardarono stupefatte e le chiesero spiegazioni con lo sguardo. Stella alzò gli occhi al cielo.«Ha un aspetto orribile! Sembra che abbia fatto una nuotata dentro un camion della spazzatura! Andiamo, Bloom! Ti rinfresco un po' io!» e così dicendo, la trascinò fuori dall'infermeria, lasciando le altre a guardare la porta scuotendo la testa, divertite: Stella non sarebbe mai cambiata.



Ammetto che non sono molto soddisfatta di questo capitolo: mi sembra che manchi qualcosa e spero che mi aiuterete a capire che cosa. Anche leggendo e rileggendo, non riesco proprio a trovare cosa manca. Mi pare che tutte le domande sulle Furie abbiano avuto una risposta, ma è come se mi sfuggisse qualcosa, non lo so. Fate domande, così che, se manca davvero qualcosa, possa risistemare il capitolo o aggiungere qualcosa successivamente. Siate severe, mi raccomando! >.<


Risposte alle recensioni:


WinGiudi: oddio, non volevo dire che non devi più dire niente! E' che mi hai stupita andando subito a colpire nel giusto! XD Anzi, se vuoi fare congetture, fai pure, mi daresti anche una mano a capire se faccio o meno un buon lavoro in mezzo a tutti questi misteri! Il mio nuovo obiettivo è fare in modo che tu non capisca!! XD E va beh, dai, povero Zephiro, cerchiamo di capire anche lui, dopo tutto quello che gli è stato fatto senza motivo! XD


mileybest: no, tesoro, non hai toppato. Hai giustamente espresso il tuo parere. ^^ E' sempre bello scambiarsi chiavi di lettura, se possibile! ^^ Comunque, non potevano fare tutto uguale ad Aisha, no? ;) Però sono d'accordo con te che Roxy ha cambiato idea veramente troppo velocemente, dall'antipatia, alla fiducia più totale... quella puntata non mi è piaciuta per niente. Sai quante fanfiction ci potrebbero venire su questa serie? Una marea e tutte, probabilmente, la migliorerebbero. U.U Speriamo bene per il film!! Esce il giorno del mio compleanno!! XD


FairyFlora: il film? Da parte mia, lo consiglio davvero, in questo capitolo ho anche inserito qualche riferimento. ;) Ad ottobre esce il secondo e andrò a vederlo (e spero davvero che sia all'altezza del primo!). Anche io ho letto Graceling (e non l'ho mai finito), ma, in realtà, gli occhi di Zephiro sono un "tributo" ad un personaggio di un altro anime, Zero No Tsukaima, dove c'è un personaggio con gli occhi diversi che mi piaceva da morire (e l'anime è davvero molto carino, fa morire dal ridere ed è ambientato in una scuola di magia). *.* Gli Specialisti arriveranno tra qualche capitolo e avranno una parte importante. Speriamo comunque di non deludere le aspettative, per quel che riguarda Zephiro: quel ragazzo è un portatore sano di "marysueite"! XD


Ragazze, grazie a tutte e al prossimo capitolo!

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Capitolo 5
*** L'angoscia di Bloom ***


Capitolo 5.

L'angoscia di Bloom


La mattina seguente fu salutata da un sole caldo e luminoso, così poco in sintonia con l'umore tetro di Bloom che fu svegliata da un raggio di sole birichino che filtrò dalle tende, accarezzandole il viso; si svegliò subito, di soprassalto, ritrovandosi a sedere tra le coperte, gli occhi spalancati e la mente stranamente lucida. Non del tutto, però: le ci volle un po' per rendersi conto di dove si trovasse, riconoscere la piccola stanza singola in cui si trovava e far cessare il furioso martellare del proprio cuore. Si trovava ad Alfea, Roxy era in infermeria, al piano inferiore, e le sue amiche nelle stanze che avevano utilizzato quando avevano cominciato la loro avventura di professoresse, finita molto presto a causa degli Stregoni del Cerchio Nero.

Passandosi una mano tra i capelli, si affrettò ad alzarsi. Era ancora molto stanca, a dire la verità: la sera prima, anche con tutti i trattamenti di bellezza e rilassamento di Stella, ci aveva messo il suo tempo per riuscire a prendere sonno, tanti erano i suoi pensieri e le sue preoccupazioni. La sua notte era stata costellata di pensieri negativi, sensazioni e tanto altro che riguardava Zephiro, le Furie, lo Scettro di Domino. Per la prima volta da che affrontava una missione, non si sentiva per niente sicura di farcela, o pronta. Continuava a pensare che era colpa sua: Roxy e la Dimensione Magica – per non parlare della Terra! – erano in grave pericolo e il senso di colpa la teneva stretta in una morsa a dir poco opprimente.

Neanche una doccia riuscì a farla sentire meglio, o a darle la carica di ottimismo con cui, di solito, riusciva a contagiare le amiche. Si sentiva un po' come quando Diaspro, complice di Valtor, aveva stregato Sky, o come quando aveva creduto che le sue possibilità di salvare i suoi genitori biologici fossero nulle; in quel momento, sentendosi orribile per quei pensieri, avrebbe preferito che fosse stato davvero così, per non dover vivere tutta la paura e l'angoscia di vedere Roxy in un letto, circondata da un alone verde, priva di sensi. E poi pensare a Mike e Vanessa, da soli, sulla Terra, senza protezione. Non si sentiva tranquilla e, piuttosto che su Domino, avrebbe preferito tornare da loro per proteggerli; ma c'era anche un altro fatto: voleva anche rivedere i suoi veri genitori e prendere l'unica arma che sembrava poter salvare le persone che, a causa sua, soffrivano tanto.

Fu nel mezzo di quei pensieri, mentre se ne stava seduta sul letto, in accappatoio e con una grossa asciugamano tra i capelli a mo' di turbante, che qualcuno bussò alla porta. Non ebbe bisogno di chiedere chi fosse, che un entusiastico e squillante: «Ehi, Bloom, sei morta dentro?», le fece capire che era la sua amica Stella a chiamarla.

«Stella!» rispose, senza riuscire ad impedirsi di sorridere. «Entra!»

Stella lo fece ancor prima che Bloom finisse di parlare. Si appoggiò alla porta chiusa, con le mani dietro la schiena, ma poi scattò in avanti.

«Bloom, ma sei ancora in queste condizioni?» sbottò. «Tesoro, lo sai che dobbiamo partire? La navetta di Fonterossa è già qui sotto e Faragonda ci vuole tutte nell'atrio!»

«Ecco...» Bloom non riuscì a fermare la fiumana di parole di Stella che, in quel momento, stava raccogliendo da terra i vestiti della sua amica e se li stava ammonticchiando su un braccio, continuando a parlare così velocemente che le risultò quasi impossibile seguirla. «Stella?» provò a chiamarla, ma Stella non la ascoltava: si era distesa a terra per ritrovare le scarpe, quando, a metà dall'allungare un braccio sotto il letto, si fermò e si chiese: «Ma cosa sto facendo?»

Balzò in piedi, lasciando andare tutti i vestiti, e schioccò le dita. Bloom si ritrovò vestita e con i capelli asciutti in un battibaleno.

Stella si pulì le mani l'una con l'altra, con somma soddisfazione, e poi si sistemò i lunghi capelli biondi dietro le spalle. «Lo sapevo che ci voleva il mio tocco stellare. Su, andiamo, siamo già in ritardo!» la afferrò per mano e le impedì di sollevare proteste o altro, che già erano fuori e si stavano dirigendo a grande velocità giù nell'atrio di Alfea, dove Faragonda le stava aspettando, insieme a Tecna, Musa e Aisha.

«Buongiorno, Bloom.» la salutò Musa, facendole l'occhiolino. «Oggi hai battuto persino Stella!»

La fata del fuoco del drago sorrise, in leggero imbarazzo. «Scusatemi. Ho avuto una nottata un po' pesante. Notizie di Roxy?»

Faragonda scosse la testa. «E' stazionaria e questo ci fa ben sperare che reggerà fino a domani sera senza problemi.»

«Torneremo molto prima del tramonto!» esclamò Aisha, con un entusiasmo che Bloom non riusciva a condividere.

«Sì.» confermò Stella. «Non si deve preoccupare di niente, e neanche tu, Bloom!»

Aisha annuì. «Roxy è in buone mani.»

«Ottime mani.» la corresse Stella. «Siamo il Winx Club e questo varrà pure qualcosa, no?»

Bloom annuì, grata alle sue amiche che volevano tirarla su di morale. Si detestò per essere riuscita a mostrare ciò che provava in quel modo; doveva essere forte anche per loro e, invece, aveva fallito.

«Mi dispiace.» mormorò. «Riesco solo a combinare disastri!»

«Sciocchezze!» replicò Stella, afferrandole di nuovo la mano. «Bloom, smettila di preoccuparti: che cosa vuoi che sia? Arriviamo su Domino, prendiamo lo Scettro e torniamo. Niente di più semplice.»

Bloom guardò Stella, dapprima scettica, poi più convinta: in effetti, che problemi c'erano? Roxy era davvero in ottime mani: nessuna delle sue amiche, che lei fallisse o meno, avrebbe lasciato che la loro nuova amica facesse una brutta fine. Annuì.

«Va bene, andiamo!» esclamò, determinata.

«Bene, è questa la Bloom che conosco!» esclamò Stella; non aspettò che si muovesse, la tirò verso l'uscita e la navetta di Fonterossa. Le altre le seguirono a distanza. Aisha rise.

«La nostra Stella non si smentisce mai!» esclamò.

«E' molto preoccupata per Roxy ed è un po' su di giri.» disse Musa. «Tutte noi vogliamo che stia bene e faremo qualunque cosa, soprattutto ora che il tempo stringe.» guardò Faragonda che, però, non parlava, ma seguiva con lo sguardo le due fate più avanti come per proteggerle con il solo sguardo. Non parlava, ma sembrava covare in fondo al cuore qualcosa che neanche le Winx volevano vedere, finché potevano evitarlo.

«Preside?» la chiamò ancora Musa.

«Dimmi tutto.» rispose lei, rivolgendole un sorriso tirato.

«Andrà tutto bene.»

Faragonda chiuse gli occhi e, quando li riaprì, cercò di nuovo Stella e Bloom, ormai all'aperto, illuminate dal sole del mattino. «Lo spero tanto, Musa, lo spero tanto.»


La navetta di Fonterossa era parcheggiata al centro del parco di Alfea e il pilota era un ragazzo di nome Tony, l'unico membro dell'equipaggio. Aspettava le sue passeggere accanto alla rampa di salita e scoccava occhiate tutto intorno, indugiando soprattutto sulle studentesse di Alfea che si affrettavano a raggiungere le compagne che proseguivano verso le classi; ogni qualvolta gli passava davanti una di loro, si tirava indietro i capelli castani così da farli sembrare più ribelli e sorrideva con quello che avrebbe dovuto essere un'espressione affascinante da uomo vissuto. In realtà, non sembrava avere più di sedici anni.

«Quello è il vostro pilota?» domandò Musa, posizionandosi sotto il portico accanto a Bloom e Stella che si erano fermate per aspettare le ritardatarie e salutarle. Faragonda rimase un po' più indietro, a guardare Alfea che si animava di risate e strilli. «Non vorrei che vi facesse precipitare a metà strada...»

Aisha le diede una gomitata, ma anche lei stava ridendo. «Dai...»

«E poi... quei capelli! Atroci! Per non parlare di come cammina...» replicò Stella, inorridita. «Sembra una specie di... di...»

«Di papero zoppo.» completò Tecna, al che tutte quante scoppiarono a ridere, mentre il ragazzo camminava verso di loro, impettito. Aveva le gambe leggermente storte e sembrava davvero un paperotto, mentre cercava di assumere anche un'espressione professionale che, davvero, non gli si addiceva.

Si fermò di fronte a loro cinque, in una rigida posa militare, dichiarando: «Specialista Tony al vostro servizio.»

Le ragazze ridacchiarono.

«E' proprio piccino!» commentò Stella, sprezzante.

«Non è molto diverso da te, principessa di Solaria.»

Tutte si voltarono di scatto, nel sentire quella voce e ognuna di loro fissò il suo proprietario con rinnovato astio, proprio come avevano fatto il pomeriggio precedente, in quella radura sulla collina sopra Gardenia.

«Che cosa hai detto?» gridò Stella che, al commento era scattata dal fianco di Bloom per posizionarsi di fronte a Zephiro e impedirgli di scappare, se mai ne avesse avuto intenzione. Ma lui non sembrava averne: era appoggiato svogliatamente ad una colonna, un piede posato su di essa e gli occhi fissi su un punto alle spalle di Stella, come se non la vedesse nemmeno. Bloom vide che stava fissando lei, ma non riusciva a capire se covava astio nei suoi confronti per aver guardato tra i suoi effetti personali, oppure stava pensando a tutt'altro. Non ebbe il tempo di capire, che lo sguardo di Zephiro si posò su ognuna delle Winx che ricambiavano con la loro onnipresente ostilità nei suoi confronti.

In quel momento non indossava il mantello bianco, ma una curiosa una casacca blu di cui non si vedevano i bottoni, con un colletto rigido che gli copriva il collo, un paio di pantaloni blu che gli fasciavano le gambe lunghe e lo stesso paio di stivali neri e lucidi che aveva avuto il pomeriggio prima.

«Brutto maleducato!» gridò Stella. «Ripeti quello che hai detto, se ne hai il coraggio!»

Lui, finalmente, sembrò accorgersi di lei. «Niente di che, principessa. Stavo solo facendo una constatazione!»

Furibonda, Stella si avvicinò ancora di più a lui e gli puntò un dito contro il naso, fissandolo con aria minacciosa. «Ti stai cacciando nei guai ragazzino!»

«Zephiro...» lo richiamò Faragonda, tra l'annoiato e l'esasperato, fermandosi al fianco della fata e lanciando a lui un'occhiata di rimprovero. «Non dovresti essere a lezione?»

Al che le cinque fate sgranarono gli occhi, persino Bloom che, dopotutto, l'aveva intuito. Il ragazzo si mise dritto, rigido quasi quanto lo era stato lo Specialista nel presentarsi, ma in modo più elegante, come se lui fosse stato educato a farlo. «Lei ha ragione, preside.» disse, cortese. «Ma Palladium ha annunciato che farà una lezione integrativa sulla trasformazione delle fate e...»

Stella si frappose tra lui e la preside. Gli puntò di nuovo un dito addosso, sul viso aveva un'espressione a metà tra il confuso e il terrorizzato. «No, aspetta... perché tu dovresti seguire le lezioni di Palladium?»

Zephiro chiuse gli occhi e mise su un'espressione insofferente, in cui non c'era spazio per la tristezza. «Sono uno studente.» ammise, con evidente malcontento.

Stella si congelò in quella posa, sconvolta dalla rivelazione. «Che... che cosa?»

«Stu-den-te!» scandì lui, aprendo gli occhi e muovendo vistosamente le labbra, così che lei potesse leggerle. «Studio magia, hai presente?»

Musa sbatté le palpebre, perplessa. «Allora Bloom aveva ragione!» esclamò, rivolgendole uno sguardo pensieroso. «Tu studi davvero per... ehm... ecco, diventare una fata

Le guance pallide di Zephiro presero un po' di colore, mentre Tony tornava a dare segni di vita e scoppiava a ridere.

«Io non sono una fata.» borbottò, scontento.

Anche Stella scoppiò a ridere, poi lo guardò con un'espressione di puro trionfo: «Non è che sei scappato perché non vuoi far sapere a tutti che anche tu hai un bellissimo paio di ali?» chiese, allusiva. «Certo, dovresti trovare qualcosa di più alla moda di questo antiquato completo da cadetto. E quei capelli... ti hanno mai detto che esistono i parrucchieri?»

Tony ululò dalle risate, ma Zephiro non era per niente divertito: era diventato paonazzo e, più le risate dello Specialista si facevano cattive, più gli occhi di Zephiro si facevano minacciosi e saettavano da lui a Stella, come se non riuscisse a capire chi dei due doveva mettere a tacere per primo. Decise, però, di rimanere in silenzio e guardò Stella, prima con odio tanto che il suo occhio dorato ebbe un guizzo; Bloom si irrigidì, sicura che avrebbe lanciato un incantesimo. Scoccò un'occhiata a Faragonda che, invece, guardava la scena con un sorrisetto enigmatico che non riuscì a decifrare.

Zephiro assunse un'aria furba. «Sai, principessa di Solaria? Credo che se le dimensioni delle ali si misurassero in base alle dimensioni del cervello, le tue dovrebbero essere infinitamente piccole!» sibilò, cattivo.

«Che cosa hai detto?» ruggì Stella, così forte che fece tremare persino le colonne del porticato sotto il quale erano. «Ripetilo, se ne hai il coraggio!»

«Scusa tanto...» replicò Aisha, indispettita, mettendosi le mani sui fianchi e facendo un passo avanti. «Ma così non ti offendi da solo? Dopotutto, tu le ali non ce le hai... vuol dire che sei senza cervello?»

Zephiro si voltò in modo da poter guardare anche la fata dei fluidi. Non perse neanche per un secondo la sua sicurezza. «Semplicemente, se avessi le ali, sarebbero troppo più grandi della mia persona. Sarei sproporzionato, principessa di Andros.»

«Ora basta, principe di Flabrum!» lo richiamò – finalmente, pensò Bloom – Faragonda, aiutandosi con una mano a far fare da parte Stella per riuscire a guardarlo negli occhi. «Credo che la tua lingua tagliente sarebbe più gradita altrove, non trovi? Va' da Palladium e assisti alla trasformazione delle tue compagne.»

Lui rimase fermo a farsi scrutare ed a scrutare la preside, poi, come se avesse capito che non poteva competere con lei, si portò la mano destra sul cuore e fece un lieve inchino rispettoso. «Come comanda.» disse. Girò sui tacchi e, senza voltarsi indietro, tornò da dove era venuto.

«E' un tipo davvero insopportabile!» sbottò Stella, guardandolo mentre si allontanava. «Ma chi si crede di essere?»

Faragonda sospirò e si massaggiò una tempia. «Abbi pazienza, Stella.» la pregò. «Zephiro ha un carattere un po' particolare... e nell'ultimo periodo ha subito una grave perdita... ricordate che vi avevo promesso una spiegazione? Beh, prima di andare, credo che sia il caso che ne parliamo un po'.»

Le Winx annuirono.

«E sarebbe anche ora.» sbuffò Stella.

Bloom le posò una mano sulla spalla, per farla calmare. «Preside, la prego, vorremmo arrivare su Domino il prima possibile.»

«Sì, non ci vorrà che qualche minuto e voglio che partiate tranquille, dato che sembra che siate così interessate a lui: mentre Stella era venuta a prendervi, Musa e le altre mi hanno parlato delle vostre perplessità riguardo a lui e mi sembra doveroso spiegarvi.»

Aisha annuì, per confermare quelle parole.

«Vedete,» riprese Faragonda. «sua madre, la Regina Auster, era una mia carissima amica. Mi ha fatto promettere che mi sarei presa cura di lui, se, per caso, le fosse successo qualcosa.»

«In che senso?» domandò Musa, corrugando la fronte.

«Era da tempo che nel suo regno non regnava più la pace: un agitatore era riuscito ad aizzare una parte dell'esercito di Flabrum contro di lei e la famiglia reale. Auster era molto preoccupata, ma più che per sé, per Zephiro.»

«Sarà anche così.» sbuffò Stella. «Ma nessuno gli dà il diritto di offenderci in quel modo!»

«In effetti...» ammise Aisha. «non capisco perché tanto disprezzo!»

«Non vi disprezza, ragazze! È l'unico ragazzo della scuola, cercate di capire il suo disagio.»

Tutte sentirono Tony sbuffare, ma nessuna capì se l'avesse fatto per frustrazione o per sbeffeggiarlo ancora un po'. Lo ignorarono.

«E' per questo che è qui?» domandò Bloom, dispiaciuta. «Vuol dire che sua madre è...» non continuò, non ci riuscì.

«Anche.» rispose Faragonda, con un sospiro. «L'ho portato qui perché imparasse ad usare i poteri del vento. Se fosse stato un periodo di pace, avrebbe completato la sua istruzione magica nel suo paese, ma non è stato possibile. Oltre a dover affrontare la sua condizione di esiliato, è molto viziato ed ha la cattiva abitudine di fare di testa sua, come certe fate di mia conoscenza...» il suo sguardo bonario si posò sulla fata del Sole e della Luna.

«Ehi, perché guarda me?» sbottò Stella, lanciandole un'occhiata offesa.

Faragonda ridacchiò.

«E chi è l'agitatore? Maestral, non è vero, preside?»

Faragonda sussultò e fissò Bloom con fare indagatore. «Come sai tu di...»

Bloom arrossì e dovette spiegare anche a lei ciò che le sue amiche sapevano già.

Aisha corrugò la fronte. «Va bene, ammettiamo che sia vero: perché un agitatore dovrebbe mandare della posta al principe in esilio del regno?»

La preside sospirò. «Non avresti dovuto leggere la sua posta, Bloom.»

«Lo so, preside, ma, a dirla tutta, non l'ho letta. Ho letto il mittente e lui mi ha detto di non dimenticarlo. Perché, secondo lei?»

Faragonda corrugò la fronte, ma non disse niente. «Forse è stato il destino a volerlo.» mormorò, ma non disse altro. Pareva di nuovo preoccupata.

«Allora, preside,» incalzò Stella. «ci vuole spiegare? Non è ancora arrivata alla fine, no? La storia di quell'odioso ragazzino continua!»

«Ve l'ho detto: è qui per imparare ad usare i suoi poteri. Lui è troppo giovane per governare Flabrum, ma al momento giusto dovrà salire al trono e compiere il suo dovere. Avrà molto da fare, allora, e deve essere preparato. Auster lo sapeva ed è per questo che ha pensato a me, ma lui non è tanto contento e non so come biasimarlo. Una scuola femminile dove lui è l'unico ragazzo...»

«Il galletto nel pollaio.» ghignò Musa.

Faragonda ridacchiò. «Sì, hai proprio ragione.»

«Beh, probabilmente, adesso non serve più che io indaghi...» borbottò Tecna, all'orecchio di Bloom. La fata scosse la testa: in realtà c'erano tante cose che ancora voleva scoprire, per esempio il collegamento che c'era tra le Furie e Zephiro; però, al contempo, si sentì molto in colpa per averlo trattato così male: lei non aveva mai saputo come era perdere una persona cara quasi in età adulta e per Zephiro doveva essere stato un colpo durissimo. Riusciva a capire meglio, alla luce di quei fatti, il dolore che gli aveva letto sul viso, sebbene fosse scomparso quasi subito. Inoltre lei, frugando tra la sua roba, non l'aveva certo reso meno ostile nei suoi confronti.

«E' solo uno stupido ragazzino! Dovrà fare molto lavoro per addomesticarlo, quello lì!» fece sapere Stella alla preside. «Si vede che è appena un bambino.»

Faragonda non poté impedirsi di sorridere dolcemente. «Suvvia, Stella, ha un anno meno di te!» la rimproverò, ma in modo molto blando e bonario. «E' ora di partire. Musa, Aisha, sappiate che sono stata felice di vedervi di persona.» Le abbracciò entrambe. «Salutatemi tanto Flora.»

«Non mancheremo. E comunque ci terremo in contatto.» le promise Musa, quando fu il suo turno di abbracciarla.

«E ci faccia sapere quando Roxy si sveglia!» le ricordò Aisha.

Faragonda annuì. «Non dovete dubitarne.» poi si rivolse allo Specialista di nome Tony. «Tu, so che Codatorta ti vanta come uno dei suoi migliori piloti: voglio che le mie ragazze arrivino sane e salve su Domino, a palazzo di Re Oritel, mi sono spiegata?» lo disse con un tono che non ammetteva repliche e, uno più attento, avrebbe intuito che era anche una minaccia. Ma Tony, troppo preso da se stesso, non vi badò: si tirò indietro i capelli ancora una volta, con l'aria più orgogliosa che avesse mai avuto.

«Non si preoccupi, signora Faragonda...» Bloom e Musa si presero a gomitate, ridacchiando tra loro per il modo affettato e mellifluo con cui lo Specialista stava parlando, rivolgendosi alla preside di Alfea con il poco consono appellativo di signora. «Le signorine Winx sono in ottime mani. Come ha detto lei, sono uno dei migliori piloti di Fonterossa! Sono molto disciplinato e non mi permetterei mai di offenderle in nessun modo.»

Faragonda annuì. «Buon viaggio, ragazze. E che la fortuna vi assista!»

Tecna, Bloom e Stella salirono sulla navetta, salutandola con la mano, seguite da Tony che ne approfittò per sbirciare i loro fondoschiena, mentre a terra, la preside, Aisha e Musa rispondevano ai loro saluti, cercando di mantenere un sorriso, per quanto tirato.

«I nostri Specialisti non sono mai stati così maiali!» commentò Musa.

«Hai ragione.» concordò Aisha. «Felice di aver trovato un signore come Nabu.»

Musa si rabbuiò e non spiccicò parola: non le andava proprio di fare paragoni.

«C'è qualcosa che non va, Musa?»

«No, va tutto bene.»

In realtà, qualcosa che non andava c'era: Riven. Vedere Tony le aveva fatto ricordare il suo ragazzo: non che Riven fosse noto per essere un maiale, ma non era neanche un signore... non era il tipo di ragazzo dolce e sensibile che potesse capire e comprendere i suoi sogni e cercare di appoggiarla, invece di ostacolarla con quel suo comportamento. Questo la preoccupava, per quanto riguardava le Furie: Riven era la vittima perfetta e quasi si aspettava che, tornando, l'avrebbe visto nelle stesse condizioni di Roxy. Sperava di sbagliarsi.

«Su, ragazze... adesso tocca a voi!» le esortò Faragonda, non appena la navetta cominciò a librarsi in volo, strappando Musa dalle sue cupe riflessioni. Effettivamente, almeno da fuori, sembrava che Tony sapesse davvero cosa stava facendo. Almeno, pensò Musa, poteva partire più tranquilla. Mandò un sms sul cellulare di Bloom: Avvertite quando arrivate. Sono preoccupata per Mr Pallone Gonfiato. Un bacione a tutte e tre.


§


Faragonda era tornata da un'ora nel suo ufficio, quando aveva fatto chiamare Zephiro. Si sentiva stanca, spossata, e avrebbe voluto solo potersi buttare a letto, invece di dover essere lì, a sobbarcarsi le molte cose che accadevano nella Dimensione Magica. Ma toccava a lei, e lei avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere: era il suo dovere di fata, di amica, di preside.

Aveva molte più preoccupazioni di quante ne avesse avute negli ultimi vent'anni: se prima nel suo cuore c'era stata Bloom e i suoi nemici, adesso toccava a Zephiro avere un posto speciale, ma non meno doloroso. Il fatto che lui fosse diffidente nei suoi riguardi, quando Bloom aveva avuto piena fiducia, non la aiutava per niente. E Faragonda sapeva quanto Zephiro avesse avuto bisogno di alleati, di amici, per riuscire a riprendersi quel trono rubato da quell'uomo assetato di potere; dopotutto, non riusciva a biasimarlo per essere così poco incline a dare fiducia alle persone, a stare sempre per conto suo e ad essere arrogante, dopo ciò che era successo ad Auster. Faragonda capiva che era la sua maschera, il suo modo per proteggere se stesso dagli altri, ma sperava che, prima o poi, la abbandonasse e che imparasse a fidarsi di qualcuno. Se non di lei, almeno delle Winx. Forse loro avrebbero potuto far qualcosa per lui, magari aiutarlo a superare le sue paure e insicurezze.

Stava sistemando alcune carte che aveva sulla scrivania, quando il ragazzo bussò alla porta. Si tolse gli occhiali e li appoggiò sulla scrivania, prima di rispondere con un gentile: «avanti».

La porta si aprì e rivelò l'alta figura snella di Zephiro che si piegò in avanti in un compito inchino, come conveniva all'etichetta di Flabrum.

«Vieni avanti, Zephiro, accomodati. Posso offrirti una tazza di tè?» si alzò dalla sua postazione per andare nell'angolo che aveva arredato con alcune poltroncine e, al centro, un tavolino su cui era posizionato tutto l'occorrente per un tè. La teiera, sollevatasi a mezz'aria, ne stava servendo un po' in due graziose tazze di porcellana bordate di rosso. Faragonda gli fece cenno di sedersi e lui eseguì, accavallando compostamente le gambe e appoggiando i gomiti sui braccioli, la schiena ben dritta e un'espressione di educata curiosità sul viso.

«Tua madre ha provveduto alla tua educazione in modo davvero lodevole, Zephiro.» a volte, Faragonda sapeva, era meglio ammorbidire le persone, per indurle a parlare. Ma il principe di Flabrum si limitò a ricambiare la sua occhiata e a fare un cenno di ringraziamento. Faragonda continuò. «E sono stata molto contenta che tu non abbia agito d'impulso.»

Lui inarcò elegantemente un sopracciglio, ma non disse una parola. Accorto, attento. Faragonda riconosceva in lui un po' della casata reale di Flabrum. Sorrise appena.

«Bloom mi ha raccontato ciò che ha fatto.»

Lui distolse lo sguardo. Ci mise un po' a rispondere, ma quando fu pronto, lo fece quasi con nostalgia, o semplice stanchezza. «Ovvero frugare nella mia corrispondenza privata?»

«Sì.»

«Detesto i ficcanaso.»

Faragonda sorseggiò il suo tè, aspettando forse che lui continuasse, ma lui aveva liquidato la questione, pareva.

«Prendine un po', Zephiro. È caldo. Vuoi dello zucchero?»

«Grazie, andrà benissimo così.» Zephiro alzò una mano e, dopo aver vibrato sul piattino, la tazza si animò e andò ad offrirsi direttamente alla sua mano, che la prese per il manico. Anche lui, come Faragonda, sorseggiò il tè senza fare alcun commento o lasciar trasparire alcun sentimento su cosa ne pensasse.

«Che te ne pare della tua sistemazione?» gli chiese allora.

«Ottima, grazie.»

«E delle lezioni con Palladium? Ti sono state utili?»

«Sì... immagino che nel mio paese non sarebbero diverse.»

Faragonda annuì. «E' quello che spero. Ma finché Maestral non toglierà quell'ordine, dubito che riuscirai ad avere un maestro più capace.»

«Non ho mai detto di trovarmi male.»

«No, sei molto cortese, Zephiro, ma...» Faragonda sorrise appena, in imbarazzo. «questa è una scuola per fate e non per maghi guerrieri con poteri del vento. Ma non è di questo che vorrei parlarti: quello che hai fatto, mi rincresce dirlo, non era ciò che mi aspettavo da te. Ti ho già spiegato che essere impulsivi non ti aiuterà nella tua missione e che non devi in alcun modo andare a cercare le Furie. Sei un soggetto particolarmente predisposto, con tutto ciò che è successo. Credevo di essere stata chiara su questo punto, Zephiro.»

«Mi dipinge come se fossi un criminale, preside.» replicò, prendendo un nuovo sorso di tè. «Non vado a cercare le Furie, ma non può chiedermi di rimanere indifferente. Non in questo.»

Faragonda rimase un attimo a fissarlo, cercando di valutare quanta rabbia lui avesse messo in quelle parole. Non poteva negare che lo fosse, dopo quel che era successo, ma il suo compito era quello di incanalare quella rabbia, utilizzarla per qualcosa di positivo e costruttivo. Solo che si rendeva conto di star fallendo miseramente e che, probabilmente, quello non era l'approccio giusto.

«Zephiro, stiamo lavorando per restituirti ciò che è tuo, questo cerca di capirlo. La Compagnia della Luce si sta esponendo per te. Credo che sia il caso che tu ragioni, prima di compiere qualunque azione che possa essere dannosa per la tua salute o per la tua vita.»

«Ma non è successo niente di grave, preside.» sospirò lui.

«No, hai ragione, ma se non avessi incontrato le Winx, ma qualcun altro? Se, per esempio, avessi scorto una qualsiasi minaccia? Tu avresti usato la magia per salvarti e Maestral, se non le Furie, ti avrebbe trovato e mandato qualcuno del tuo esercito a prelevarti. Ti avrebbe gettato nel Vortice dei Venti! Come ho già detto, Zephiro, la Compagnia della Luce si è molto esposta per te. Non vorrai che tutti i suoi sforzi siano vani!»

Zephiro abbassò lo sguardo e a Faragonda sembrò che in quello dorato passasse un guizzo. «No di certo.» mormorò, infine. Sembrava davvero mortificato, ma era anche arrabbiato. Le dita della sua mano destra erano strette intorno alla tazza del tè, mentre quelle della sinistra erano chiuse a pugno sul ginocchio per nascondere il tremore.

«So cosa significa per te, Zephiro. Questa è una bruttissima situazione. Tua madre era una grande fata e seguire le sue orme sarà molto difficile, ma ci devi riuscire per il bene di Flabrum e del tuo popolo. Lei provava un forte amore nei confronti del suo pianeta e, soprattutto, nei tuoi, caro Zephiro. Se un uomo malvagio ha sfruttato le sue debolezze per ucciderla, non è colpa tua. In te scorre la sua stessa forza, ma devi cercare di fidarti di coloro che ti stanno intorno per riuscire a sprigionarla appieno.»

«E di chi dovrei fidarmi? Di quelli che vengono a frugare tra i miei effetti personali? Non è così che ci si fida delle persone!»

«Zephiro...»

«Preside, ho accettato questo incontro perché pensavo avesse un piano adesso che...» esitò e si rimise seduto composto. Si era infervorato durante il discorso e si era sollevato, ma si era fermato a metà dall'ergersi in tutta la sua statura, quasi si fosse reso conto del gesto e non fosse stato appropriato farlo. Faragonda sapeva che, su Flabrum, tutti tenevano molto alla forma e all'etichetta e, anche se Zephiro tendeva a dimenticarsene – diamine, era un ragazzo! – qualcosa nella sua testa tendeva a rimproverarlo e a frenarlo. Sospirò appena. «Pensavo che, adesso che le Winx sono qui... avrebbero potuto aiutarmi... non avrei mai sperato nel loro aiuto, insomma... sapevo che hanno un'altra missione da compiere, ma ormai le Furie imperversano... e io...»

Faragonda annuì appena, ma nella sua mente cominciava a formarsi il vero motivo per cui Zephiro era andato sulla Terra. Un motivo che poteva comprendere, ma che riteneva davvero molto, troppo egoistico. Ma si rendeva conto che, anche punendolo, non avrebbe comunque ottenuto niente. «Tu sei andato sulla Terra per farti... inseguire da loro, Zephiro?»

«No! Assolutamente no, preside! Come le viene in mente?» Zephiro si mosse a disagio sulla sua poltroncina. Sembrava vergognarsi e lo dimostrò ampiamente quando si portò una mano alla bocca come per impedirsi di parlare.

«Non ti preoccupare, Zephiro, non ho nessuna intenzione di giudicarti o di punirti.» mormorò Faragonda, in modo gentile. «Sono sicura che a questo ha già pensato Grizelda. Ti rendi conto che quello che hai fatto, metterà in pericolo la vita di molte persone?»

Il ragazzo scosse la testa. «È che... volevo... volevo fare... qualcosa. Non credevo che le Furie mi avrebbero fiutato.»

«Sei un soggetto a rischio, Zephiro. Il tuo passato, la tua rabbia e la tua angoscia sono forti dentro di te e loro ti fiutano, anche se non riescono a trovare un varco per penetrare nella tua coscienza. Forse è perché non vuoi lasciarti dominare dalle emozioni, non lo so. Ma loro hanno seguito te. È stato incosciente, da parte tua, comportarti in questo modo, andare sulla Terra senza il mio permesso o una protezione. Avrei potuto farti scortare da uno dei professori oppure avrei...»

«Avrebbe detto di no, ecco cosa! Dovevo sapere che avrebbero combattuto per la mia causa!» ribatté lui. «Non potevo più aspettare! Sono mesi che sono qui, in attesa che succeda qualcosa! Ma l'unico che può far accadere qualcosa per il mio pianeta sono io e spero di non essermene reso conto troppo tardi!»

Faragonda lo fissò. «Devi avere fiducia nei tuoi alleati, Zephiro. I sovrani di Domino e sicuramente molti altri, le Winx, Magix e ancora altri saranno dalla tua parte. Puoi contare su Adalhard, che è ancora sul tuo pianeta.»

«E lei cosa ne sa? Adalhard è un soldato.»

«Sì, ma teneva molto a tua madre.»

Zephiro distolse lo sguardo, quasi con stizza.

«Che c'è, Zephiro? Non sei d'accordo?»

Lui non rispose; si limitò a guardare ostinatamente il liquido scuro dentro la sua tazza.

«Zephiro...»

A quel richiamo, il ragazzo alzò lo sguardo. «Non so di chi mi posso fidare... non so più niente. Chi mi era amico, adesso mi è nemico... sul mio pianeta non c'è nessuno di cui mi fidi! No, non posso contare su nessuno all'interno... ed è per questo che mi chiedo... faccio bene a pensare di riprendermi il trono? Se tutti sono contro di me...»

«Non sono tutti contro di te. Auster era molto ben voluta su Flabrum, ne era la Fata Guardiana e ha sempre avuto un grande amore per il suo popolo; non credo che vogliano essere governati da un assassino. Le cose non sono messe bene, sul tuo pianeta, Zephiro: Maestral arresta gli oppositori e un nutrito gruppo di soldati si nasconde per non essere preso.»

«Che cosa ne sa?»

«Gli ultimi messaggi che ho ricevuto sono più vecchi di un mese, ma penso che siano affidabili. Abbi fiducia in Adalhard, lui e il suo gruppo ti aspettano. Dovrai, per riprendere il posto che ti spetta di diritto.»

Lui sospirò, tristemente. «E cosa dovrei fare, allora?»

«Almeno fino a quando le Furie non verranno debellate, dovrai aspettare. Non possiamo permetterci che si alleino con Maestral, se non l'hanno già fatto.»

«Sembra tutto contro di me.» mormorò Zephiro, più a se stesso che a lei.

«Non ci dobbiamo scoraggiare.» replicò Faragonda. Gli posò una mano sulla spalla e gliela strinse con gentilezza. «L'unica cosa che puoi fare, finché non sarà tutto finito, è quello di aspettare e di rimanere nascosto qui ad Alfea. È uno dei posti più sicuri che siano rimasti dentro e fuori dalla Dimensione Magica.»

Zephiro la guardò per un istante, poi i suoi occhi tornarono sul servito da tè sul tavolino. Aveva assottigliato le labbra, ma non sembrava esserci rabbia nel suo sguardo, solo nuovo, sincero e profondo rammarico, come lei era rammaricata del fatto di avergli mentito sulla sicurezza di Alfea.

«Mi dispiace, preside. Per tutti i guai che ho procurato.»

Faragonda sorrise. «L'importante è che tu abbia capito di aver sbagliato, caro Zephiro, e che imparerai ad avere più pazienza.»

Zephiro posò la tazza sul piattino, in un gesto netto, che esprimeva tutto la sua frustrazione.

«Un re deve saper attendere il momento giusto. Deve guardare sempre tutti i pro e i contro di ogni azione che compie. Ha il destino di molte persone per le mani e non deve agire egoisticamente o in modo avventato.» gli ricordò Faragonda, osservandolo.

Lui sorrise appena. «Mi dica che cosa posso fare per rimediare a quello che ho fatto sulla Terra.»

«Per adesso... credo che sia meglio che tu non faccia niente.»

«Ma... è colpa mia se quella ragazza... Roxy... è in quello stato. Io... io non volevo che colpissero qualcuno, quelle maledette Furie! Volevo che le Winx mi aiutassero, non volevo che quelle cose mi seguissero! Volevo solo chiedere aiuto alle Winx! Lei deve credermi, preside. Non volevo che accadesse! Io... se c'è qualcosa che posso fare, voglio farla!»

Faragonda sospirò. «Lo so, Zephiro. Ma, ora come ora, non c'è niente che tu possa fare per le Winx o per me. L'unica cosa che puoi fare è tornare in camera tua e riposare.»

Zephiro, riluttante, stava per replicare ancora una volta, ma vide dallo sguardo risoluto della preside che discutere non sarebbe servito a niente, che tanto non avrebbe cambiato la propria decisione. Si alzò, allora, rivolgendole un inchino identico a quello che aveva fatto entrando. Mentre stava uscendo, però, si voltò di nuovo. «Posso fare un'altra domanda, preside?»

Faragonda alzò lo sguardo. «Sì, certo, dimmi pure.»

«Come sta Roxy?»

Faragonda sorrise. «Puoi andare a vederlo di persona, se lo desideri.»

Lui ringraziò con un cenno della testa e si sbrigò a uscire. Quando i suoi passi si furono spenti in lontananza, la preside si arrischiò ad allungare le gambe sotto il tavolino e a distendersi sulla poltrona, appoggiando la testa allo schienale. Sperava che le ragazze tornassero presto e che salvassero Roxy dalla stupidità di Zephiro.


§


Tony era un bravo pilota, su questo non c'era dubbio. In quanto a senso d'orientamento, però, era decisamente scarso: aveva installato sulla navetta di cui era responsabile un navigatore interstellare che gli indicava la via per arrivare in qualunque punto della Dimensione Magica volesse. Era stato un progetto di Timmy che, poi, era stato costruito dai suoi successori. Peccato che Tony fosse capace di seguire solo le sue indicazioni a metà, quindi, le Winx si poterono tranquillamente dichiarare sperdute.

Tecna, alla terza deviazione, alzò gli occhi al cielo, esasperata, ma cercava di mantenersi calma. Stella un po' meno: «Ma non puoi seguire quello che ti dice quel coso?» sbottò.

«Non è colpa mia, se sbaglia!» ribatté Tony. «Io voglio andare nella direzione giusta, ma poi...»

«Non hai studiato le mappe dimensionali?» sospirò Tecna.

«Certo, se no come saprei qual è la direzione giusta?» ridacchiò lui. Voleva mostrare sicurezza, ma si capiva benissimo che non sapeva dove stesse andando.

«Veramente stiamo girando intorno ad Espero da dieci minuti!» gli fece notare Bloom, guardando fuori da un oblò. Solo Tecna si accorse che il ragazzo si era irrigidito a quelle parole. Sospirò ancora.

«Vuoi che ti dia una mano?» gli propose.

«Non c'è bisogno!» rispose lui, piccato. «Sono perfettamente in grado di scortarvi fin su Domino, signorine. Vi prego di allacciare le cinture di sicurezza e far fare al pilota che, nella fattispecie, sono io. Grazie.»

Tecna non lo ascoltò, si sedette al posto di copilota e cominciò a digitare sul navigatore la loro destinazione, incurante delle sue proteste. «E ora vediamo di fare le cose per bene.»

«Signorina Winx, la prego di rimettersi al suo posto! Ci penso io!»

Tecna decise di ignorare il modo in cui l'aveva chiamata, anche perché altrimenti, al futuro signorina Winx, si sarebbe comportata in modo del tutto irrazionale e gli avrebbe tirato un pugno.

Stella sbadigliò e, annoiata, si buttò sdraiata su quattro seggioline in fondo, sul lato sinistro della navetta, accanto a Bloom che era immersa nei suoi pensieri, gli occhi puntati fuori dall'oblò.

Si chiedeva cosa sarebbe successo se gli Specialisti sulla Terra avessero saputo che erano lì. Pensò a Sky e a quanto le mancava. Avrebbe voluto raccontargli le sue paure e preoccupazioni sul nuovo nemico e, invece, non poteva. Si sentiva sola, anche se aveva l'appoggio di due delle sue migliori amiche.

Avrebbe voluto liberarsi di quel peso: era sicura che lui avrebbe capito i suoi sentimenti e l'avrebbe ascoltata. Non riusciva a credere di essere la causa del nuovo pericolo che incombeva sulla dimensione magica e, sebbene le sue amiche fossero una spalla necessaria, l'avere Sky al proprio fianco l'avrebbe aiutata a reagire a quell'angoscia che la stava assalendo. Era sicura che, con lui al suo fianco, tutto sarebbe andato meglio. Era stata lei la causa del male che si era abbattuto su Roxy e che avrebbe potuto abbattersi contro tutte le sue amiche, i suoi genitori adottivi e persino sugli Specialisti. Chiuse gli occhi, mentre il terribile desiderio di piangere la aggrediva con prepotenza.

«Che hai, Bloom?» il braccio di Stella si posò intorno alle sue spalle.

«Niente, Stella.» mormorò lei, con voce rotta.

«Non ti preoccupare, dai. Vedrai che andrà tutto bene! Dobbiamo solo prendere lo Scettro e...»

«Stella, sono stata io!» la interruppe Bloom. «E' colpa mia se è successo! E' colpa mia se Roxy rischia la vita!»

Stella la strinse a sé e posò la testa su quella della sua migliore amica. «Ascoltami, Bloom: tu non potevi saperlo e, comunque, sono state quelle megere delle Streghe Antenate a liberarli!»

«Ma io li ho dispersi!» insistette Bloom. «Se non ci fossi stata io a distruggere Obsidian...»

«E allora? Se non fossi stata tu, l'avrebbe fatto qualcun altro! È inutile fasciarsi la testa adesso. Quel che è stato è stato. Ora non ci resta che fare il nostro lavoro di fate guardiane e di tornare vittoriose, come al solito!»

Bloom scosse la testa: Stella non riusciva a capire cosa c'era nel suo cuore. Non era stata lei a liberare il potere maligno degli Spiriti. Non aveva idea di cosa potesse provare lei nell'aver portato male, battaglie e dolore a tutta la Dimensione Magica e sulla Terra.

Cominciò a sentire freddo. Espero si allontanava velocemente dal suo campo visivo, anzi, tutto si allontanava da esso, persino Stella. Dapprima la sua voce si fece come un sussurro appena udibile, poi il suo braccio sparì dalla sua spalla. Tutto era diventato nero, buio. Neanche le stelle brillavano più; Stella era scomparsa, così come Tecna e lo Specialista di nome Tony.

Non le ci volle molto per capire.

Si alzò in piedi. Era lì. Lo Spirito stava lì, da qualche parte, e la stava aspettando.

Si trasformò. Subito, sentì la risata malvagia, così simile – ma anche diversa – a quella che aveva sentito il giorno prima. Ed era anche tremendamente familiare. Ora capiva perché lo era: era una sensazione che aveva percepito quando le Streghe Antenate avevano quasi ucciso Sky, quando avevano liberato insieme i suoi genitori dalla prigionia cui erano stati costretti. La conosceva perché veniva da quel luogo oscuro, Obsidian.

«Chi sei?» si ritrovò a domandare: sapere contro quale di essi combatteva, l'avrebbe resa più forte, le avrebbe permesso di fare ciò che aveva già fatto con la Paura. Ma non ne era davvero così sicura. Stavolta sapeva contro cosa combatteva, ma si sentiva impotente perché sapeva che, quando l'avesse sconfitta, se ne sarebbe andata ad importunare qualcun altro; anche se una seconda vittima fosse stata capace, come lei, di scacciare la Furia e così altri cento, era possibile che il centounesimo non fosse così forte. E allora ci sarebbe stata un'altra Roxy.

No, non poteva permetterlo! Ma come fare a sigillarla senza lo scettro?

«Tu lo sai chi sono...» sussurrò la Furia, spezzando il filo dei suoi pensieri. Aveva una voce più dolce, ma allo stesso tempo più amara di quella di Paura. Somigliava tanto al suo umore. «Mi hai chiamata tu.»

«In che modo?» volle sapere. Anche questa le vorticava intorno, cercandola come aveva fatto la Paura nel bosco sulla collina di Gardenia. Bloom faceva scattare la testa da una parte all'altra, cercandola, senza riuscire a trovarla.

«Tu lo sai...» sibilò ancora quella. «Ci pensi in continuazione. Mi hai chiamato grazie ai tuoi pensieri, ma io ero lì, dentro di te. E dovevo crescere. Oh, se non fosse stato per te...»

«Non mi avrai!» gridò Bloom. Invocò di nuovo i suoi Petali di Fuoco: la prima volta avevano funzionato, perché non ancora? Li lanciò, ma stavolta si limitarono a colpire invisibili pareti nere per poi dissolversi miseramente. La paura per la propria impotenza cominciò a farsi strada dentro Bloom, insieme alla sua angoscia.

Come un fulmine, quella parola la illuminò: ecco chi era. Era chiaro... era stata la sua angoscia per aver liberato gli Spiriti ad averne attirato uno fino a lei. Quella Furia era stata con lei fino a quel momento e lei le aveva permesso di crescere e di nutrirsi dei suoi stessi sentimenti. Doveva sconfiggerla scacciando le sensazioni che l'avevano alimentata. Ma come poteva farlo? Non riusciva a pensare: l'unico modo in cui avrebbe potuto farlo, era riportare tutto com'era prima, ma la cosa avrebbe significato anche riportare i suoi genitori nella loro gelida prigione di pietra, un pensiero che quella mattina l'aveva sfiorata.

Non riusciva a credere di aver davvero condannato la Dimensione Magica e la Terra a quell'atroce destino. Non riusciva a credere di essere stata lei la causa della sofferenza di tante persone, delle tante che aveva giurato di proteggere nel momento in cui era diventata una Fata Guardiana.

Si accasciò a terra, tremando e piangendo disperata. Non riuscì a trattenersi dal farlo, sfogare tutta la propria amarezza e il proprio senso di colpa che rischiava di sopraffarla. E fu allora che una luce squarciò le tenebre. «Stella!» gridò, speranzosa.

Stella aveva trovato un varco nel suo antro! Stella aveva trovato il modo di portarla via.

Ma proprio nel momento in cui stava per alzarsi in piedi, vide che la persona che aveva davanti non era la luminosa Stella, la sua migliore amica. Era una creatura informe, con un mantello di fumo grigio che la stava guardando da sotto il cappuccio. Era lei, era venuta a prenderla. E forse era meglio così: se fosse stata con lei, si rese conto, non avrebbe potuto in nessun modo tormentare qualcun altro.

Avrebbe salvato la Dimensione Magica da uno di quei mostri, con il proprio sacrificio. Era il suo compito di Fata Guardiana.

Percepì il sorriso dell'Angoscia dietro quel mantello fumoso e poi la vide scattare verso di lei, ridendo, gridando felice per qualcosa, forse di potersi ricongiungere con colei che l'aveva fatta crescere fino a diventare quella massa senza forma. Bloom la aspettò. Non dovette neanche sforzarsi per farlo: il proprio sentimento era così forte da spingerla ad accogliere a braccia aperte la strana creatura che le entrò in corpo.

Non seppe cosa accadde. Seppe solo che improvvisamente si sentì in pace con se stessa. Niente fu più importante e allora chiuse gli occhi e si lasciò cadere in un baratro senza fine.




Ta ta ta daaaa. Ebbene? Che ne pensate del capitolo?

Dico solo che sono di ritorno dal cinema dopo aver visto... beh, dopo aver visto il film delle Winx. Soprassediamo sul fatto che eravamo in otto in sala e, a parte me e mia sorella, erano tutte famigliole (e c'era pure un bambino!). Un mamma ci guardava così: O.O

Ma per il resto... il film è sconsigliabile ad un pubblico con un'età superiore ai dieci anni, dico davvero (infatti questi bimbi avevano massimo sette anni!). Età media 15 (perché io la alzavo di molto con i miei ventitré anni appena compiuti XD ).

Note positive? Una: quel bonazzo di re Oritel! *ç*

Ho seriamente pensato (ma anche no) ad una self inserction per una scena hot (trama tipo: la regina muore e una nuova amica di Bloom (di nome Luine, certo!) si accaparra il bel reuccio vedovo). XD


Passiamo alle risposte alle recensioni:


FairyFlora: sì, mi sa che hai ragione sulle "troppe" informazioni tutte in una volta. E' che a volte scrivo, scrivo, scrivo e non so mai quello che le mie dita tirano fuori. XD A volte, mi perdo talmente tanto nelle mie elucubrazioni che mi lascio convincere io stessa, ma mi rimane la sensazione che ci sia qualcosa di non detto e magari di importante. Ma se tu (e anche le altre) pensi che non abbia tralasciato domande o dubbi... bene, traguardo raggiunto. ;) Per Flora... eh, cara... mwhahahahah! Continuo a traccheggiare per farti continuare a leggere e a sperare!! XD No, dai, a parte scherzi: nel prossimo capitolo c'è un'intera parte dal suo punto di vista e poi la vedremo più spesso, adesso che due delle Winx sono tornate sulla Terra. D'ora, in poi, finché saranno separate, ogni gruppo avrà un suo capitolo, quindi tranquilla ci sarà spazio per tutti. ;)


WinGiudi: ho appena distrutto le speranze sul film. U.U No, dai, a me non è piaciuto, ma io sono veramente strana in fatto di gusti. XD E, come ho già detto, re Oritel merita davvero di essere visto, ragazzi! Per quanto riguarda Musa e Riven... è proprio lì che mi sono fermata a scrivere (capitolo nove è pronto, mentre l'otto è ancora a metà a causa loro, maledetti! XD ): rischiava di diventare il solito pappone e vorrei scrivere qualcosa di (almeno un po') originale.


Mileybest: in tre mi avete confermato che il capitolo non ha niente che non vada (tre indizi dovrebbero dare una prova, no? ^^ ), quindi mi fido e vado avanti! XD Zephiro, Zephiro... l'uomo (ragazzo, dai) del mistero! Per arrivare a qualcosa di concreto ci vorrà ancora un po', ma di certo ancora non può essere innamorato, dato che l'ha vista solo una volta, quando era addormentata. ^^ Qualcosa succederà, ma non anticipo niente di più. A presto!


Volevo infine ringraziare Flamara che ha inserito la fic tra le sue seguite. ^^


Vi lascio e grazie per essere arrivate fin qui.

Luine.

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Capitolo 6
*** L'ascoltatore imprevisto ***


Capitolo 6.

L'ascoltatore imprevisto


Il viaggio di Musa e Aisha fu relativamente breve, proprio come quello d'andata, solo che si sentivano entrambe più stanche che mai, come se non avessero chiuso occhio per tutta la notte. Era quasi vero: avevano parlato fino a tardi della piega che avrebbero potuto prendere gli eventi, cosa fare e come comportarsi finché Bloom non fosse tornata con lo scettro; alla fine, erano crollate solo verso le quattro del mattino e si erano svegliate poche ore dopo, per la partenza.

Quando tornarono a casa, stanche e lievemente demoralizzate – con Musa che non aveva ancora rivelato i suoi timori su Riven, dato che credeva che farlo avrebbe solo messo in allarme le altre, attirando altre Furie – avrebbe dovuto essere chiaro che corresse loro incontro una agitatissima Flora: non aveva ricevuto notizie e nessuna delle cinque Winx partite per la Dimensione Magica aveva pensato di farle un colpo di telefono, sebbene avessero più volte nominato l'amica rimasta a casa, preoccupata e senza notizie. La verità era che tutte quante erano state sottoposte a varie prove di nervi e il semplice pensiero di comporre il numero di Flora non le aveva sfiorate e farlo durante la notte era l'ultima cosa che era passata loro per la mente, contando soprattutto che l'umore sulla Terra doveva essere mantenuto alto, non essendoci le protezioni magiche di cui Faragonda e i maghi della Dimensione Magica si erano dotati per loro e i loro regni.

E, anche per questo, non avrebbe dovuto essere una sorpresa, per loro, che la fata dei fiori si fosse praticamente gettata su di loro. Eppure lo fu comunque.

«Ma dove siete state?» chiese, stringendo forte prima Aisha e poi Musa. «Ho provato a contattarvi, ma i vostri cellulari erano spenti o non raggiungibili! Ero così preoccupata! Gli Specialisti hanno chiesto a Fonterossa informazioni e Sky ha sguinzagliato tutte le sue guardie in giro per la Dimensione Magica!»

Musa e Aisha si scambiarono un eloquente sguardo esasperato: quel ragazzo era sempre esagerato quando si trattava di Bloom.

Aisha posò una mano sulla spalla di Flora e le rivolse con sguardo implorante. «Sediamoci, e ti spiegheremo tutto.»

«E' così grave? Come sta Roxy? Ragazze, per favore... sono stata così preoccupata per voi e per Roxy! Sta bene? Che ha detto?»

«È una storia parecchio lunga.» replicò Musa.

Aisha annuì. «Dobbiamo partire dal principio.»

Flora acconsentì, ma le sue paure andarono aumentando, guardando le sue amiche così stante e sfibrate; prima di cominciare, comunque, si prodigò per preparare loro qualcosa da mangiare più un infuso di erbe che avrebbe tolto loro la stanchezza. Una cosa era certa: per essere coccolate, bastava lasciar fare a lei.

Davanti ad una tisana bollente, sedute intorno al tavolo della cucina, Musa e Aisha raccontarono il poco che aveva appreso da Faragonda, sugli Spiriti e sulla missione di Bloom, Stella e Tecna. Flora le ascoltò avidamente, continuando a mescolare la propria tisana senza portarne alle labbra neanche un goccio.

«Non c'è mai un attimo di tregua!» sospirò, tristemente. «E adesso abbiamo di nuovo un nemico da combattere.»

«Un nemico invisibile, per giunta.» le ricordò Musa, nel tono più leggero che riuscì a tenere.

Flora annuì debolmente.

La fata della musica notò che era molto preoccupata e che non sarebbero bastate tutte le parole del mondo per far capire quanto; il fatto, poi, che lei l'avesse saputo più tardi e non dalla bocca di Faragonda stessa, rendeva tutto in qualche modo più difficile perché erano informazioni di seconda scelta. Inoltre non conoscevano la maggior parte delle risposte alle tante domande che avevano e non sapevano neanche come lo Scettro di Domino potesse aiutarle o anche solo cosa fosse.

Fu Aisha a rompere il silenzio. «Come sta Artù?»

Flora si posò le mani sulle guance, lasciando la tazza in bilico sulle ginocchia. «Oh, insomma. Fisicamente bene, è il suo umore un po' preoccupante. Volevo tenerlo qui, ma lui non ha voluto, mi ha fatto proprio capire di voler aspettare Roxy a casa sua. L'ho portato dal veterinario, non appena voi siete sparite nella boscaglia...» sospirò. «Come glielo diciamo che lei è svenuta, in un lettino dell'infermeria di Alfea, colpita dalle Furie dei Sentimenti Negativi?»

Tutte e tre abbassarono la testa e ripresero a fissare i bordi delle loro tazze in un silenzio pesante e imbarazzato. Aisha bevve, ma era lungi dall'essere più calma, anche se la tisana era buonissima e impregnata di tutto l'amore con cui Flora l'aveva preparata.

«Beh, Bloom ce l'ha fatta.» provò ad incoraggiarle Musa, con un sorriso. «Ha sconfitto una Furia ed è tornata da noi. Questo ci fa capire che non sono invincibili! Dobbiamo avere fiducia in noi stesse e andrà tutto bene!»

Flora sospirò di nuovo. «Bloom è molto forte. Non credo di essere capace di fare lo stesso.»

«Tu, Flora, sei forte esattamente come lei!» le fece notare Aisha. «E come noi! Sei una del Winx Club, non dimenticarlo mai!»

La fata dei fiori le sorrise, grata, e annuì; ma poi le saltò alla mente un pensiero che la fece balzare in piedi, facendo sussultare le altre due e rovesciando la tazza; tutto il suo contenuto si sparse sul pavimento. «Gli Specialisti sono ancora in allarme!» gridò e corse a cercare il cellulare in mezzo ad una cesta di roba sporca sopra la lavatrice. «Che sciocca!» borbottò, mentre lo cercava. Evidentemente, capirono le altre due, mentre le aspettava, doveva aver fatto poca attenzione a dove teneva le sue cose.

Così, sia Musa che Aisha, afferrarono i loro rispettivi cellulari.

«Riven non si è fatto sentire...» fece sapere Musa, mentre scorreva la lista dei messaggi. Non ce n'erano di nuovi, comunque, non di Riven: quel musone doveva aver pensato che non voleva parlargli per qualche motivo; ce n'era solo uno di Jason, invece, che le ricordava l'appuntamento di quel pomeriggio. Alzò di nuovo lo sguardo sulle due amiche: «Non dovrebbero essere già arrivate su Domino, Bloom e le altre?»

«Vedrai che ci chiameranno!» la rassicurò Aisha, posandole una mano sulla spalla.

Calò di nuovo il silenzio, nella stanza. C'era tensione, adesso, anche per la sorte delle loro amiche.

Flora lasciò perdere il cellulare e, preso uno straccio, cominciò a pulire per terra; Aisha avrebbe quasi voluto dirle di lasciar stare ma non lo fece. Era tutto così in ordine e pulito che sembrava fosse passata un'intera impresa di pulizie, a parte quella piccola macchia e aveva capito che Flora, durante la loro assenza, era tornata e aveva cominciato a pulire la casa per allentare la tensione. Quel giorno, inoltre, aveva fatto gli straordinari.

«Ehi, con tutta questa pulizia» scherzò Musa. «potrò saltare il mio turno di pulizia, la settimana prossima!»

Tutte e tre risero; non durò a lungo, però. Quando Flora rimise lo straccio al proprio posto, andò alla finestra e guardò giù la grande piazza davanti al Love & Pet. Era tranquilla, proprio come tante altre volte; il cielo era terso, le chiome degli alberi si muovevano gentilmente mosse dalla brezza. Tutto sembrava normale, in perfetto equilibrio. Ma non lo era più, era cambiato e in peggio: avrebbero dovuto combattere un nemico diverso da tutti i precedenti, persino dagli Stregoni. Strinse forte lo stipite della finestra.

«Ce la faremo.» guardò Aisha che aveva cercato di fare coraggio alle altre con quelle parole e che, comunque, si sentiva persa tanto quanto loro. «Ce l'abbiamo sempre fatta. Stavolta non sarà diverso!»

«Ci puoi giurare! Non ci arrenderemo.» Musa ammiccò. «Siamo il Winx Club, no?»

Le altre due annuirono, anche se stavolta non erano proprio convinte che quello fosse il biglietto da visita per la vittoria. Si sorrisero e poi Flora, sgranando gli occhi, si posò entrambe le mani sulla bocca

«Gli Specialisti!» gridò.


§


«Sì, ho capito...» Riven chiuse la chiamata e guardò gli altri che, raggruppati all'ingresso del Frutti Music Bar, aspettavano un pronostico fissando il loro amico come se si fossero aspettati di vederlo esplodere davanti ai loro occhi. Tesi e preoccupati, si chiedevano che cosa fosse successo e chi, tra le ragazze, l'avesse chiamato. Lo Specialista si voltò verso di loro e si infilò il cellulare in tasca. «Stanno bene.» fece sapere, laconico.

«E allora?» Sky fece un passo avanti. «Che altro hanno detto? Dove sono? Che hanno fatto?»

Riven si passò una mano nei capelli, quasi fosse stato esausto. «Hanno detto che devono parlarci di una cosa importante. Sembra che sappiano contro chi dobbiamo combattere, questa volta.»

Brandon batté un pugno sul palmo della mano e dichiarò, trionfante: «Lo sapevo che c'entravano quegli Stregoni!»

«No, gli Stregoni non c'entrano niente.» replicò Riven, fissandolo dall'alto in basso.

Brandon sgranò gli occhi. «Le Trix sono fuggite di nuovo da Roccaluce?»

«No.»

«E allora... non mi dirai che Valtor non è morto!»

«Brandon...» Sky gli posò una mano sulla spalla e inarcò un sopracciglio. Gli voleva dire di fare silenzio, ma lo scudiero non lo stette a sentire.

«Le Streghe Antenate? No, Sky, non è possibile! Tu e Bloom le avete sconfitte su Obsidian... è passato un po' da allora...»

«Brandon?» stavolta fu Helia a chiamarlo.

«Che c'è?»

«La tua capacità di ascoltare è pari a quella di una saponetta.» sbottò Riven, acido.

Sky, però, dimostrò di non essere da meno: ficcò una mano in tasca ed estrasse il proprio cellulare per comporre un numero.

«Che stai facendo?» volle sapere Riven, allungando una mano per afferrargli il polso.

Sky si liberò della stretta con uno strattone. «Chiamo Bloom.»

«Non puoi.»

«Che cosa?» Sky e Riven si squadrarono in cagnesco. «Perché non potrei contattare la mia fidanzata? Sentiamo, Riven, sono proprio curioso di saperlo!»

Riven scosse la testa. «Lei, beh... non è qui. Non è sulla Terra, intendo.»

«E dove diavolo sarebbe?» grugnì Brandon.

Sky strinse i pugni e il cellulare scricchiolò lievemente; non gli importava di romperlo, solo di sapere che diavolo stesse dicendo Riven con le sue frasi sibilline e fin troppo essenziali. «Vuoi parlare o ti dobbiamo cavare le parole di bocca? Dov'è Bloom?»

«Sta andando su Domino.»

«E perché?» chiese Timmy, sussultando stupefatto. Gli altri si limitarono a scambiarsi occhiate preoccupate. Nabu chiese di Aisha.

«Sta bene.» rispose Riven. «Ma se non ci muoviamo non sapremo mai dell'altro! È quello che sto cercando di dirvi da un'ora!»

«Le ragazze sanno dov'è Roxy?» domandò Helia, sbirciando all'interno, per cercare Klaus intento a fissare un cocktail preparatogli da Nabu perché lo bevesse e si tirasse un po' su. Non aveva una bella cera: era rimasto fuori tutta la notte alla disperata ricerca della figlia scomparsa e poi era andato al locale con l'intento di aprire; aveva perso le forze e si era seduto a fissare disperatamente il vuoto, nella posizione in cui i ragazzi lo avevano trovato. Di comune accordo, l'avevano aiutato a sfogarsi, e Nabu si era offerto di tirarlo un po' su di morale, senza successo.

Fu Riven a stringere i pugni, tra il furibondo ed il frustrato. «Musa non ha voluto dirmi di più.» sibilò. «Mi chiedo che stia succedendo.»

«L'unica che può dircelo è lei!» lo consolò Brandon, posandogli una mano sulla spalla. «Su, muoviamoci.»

Sky sospirò insieme a Riven. Entrambi stavano provando le stesse emozioni, anche se nessuno dei due sarebbe mai andato a parlarne all'altro: le loro ragazze erano sparite per ventiquattro ore e Bloom stava partendo per Domino; l'aveva fatto senza avvertire nessuno, neanche Flora, l'unica misteriosamente rimasta sulla faccia della Terra, mentre le altre, compresa Roxy, erano sparite per lo stesso lasso di tempo. Flora aveva parlato del cane di Roxy, Artù, e aveva detto che era svenuto per un po', ma che poi si era ripreso magnificamente, ma che latrava parecchio e che si era messo in camera della sua padroncina, in attesa del suo ritorno. Adesso era lì con loro, ai piedi di Klaus che l'aveva usato per cercarne la traccia, ma era stato tutto inutile.

Sky sentiva che, in giro, c'era una bella gatta da pelare, ma sperava che tutto si risolvesse per il meglio, anche se era assai preoccupato. Scambiò uno sguardo con Brandon.

«Non fasciamoci la testa prima di essercela rotta.» gli disse l'amico, come se avesse intuito i suoi pensieri. «Sono sicuro che stanno bene e che non è niente di grave!»

«Se lo dici tu...»

Nabu, mentre loro parlavano, andò da Klaus a spiegargli che se ne stavano andando e gli chiese, anche se inutilmente, di non preoccuparsi perché sarebbero tornati presto e con delle notizie. Klaus non si mosse dalla sua posizione.


Si incontrarono con le ragazze nel negozio Love & Pet, in quel momento chiuso; tutto era deserto come se anche i clienti avessero capito che i loro cuccioli potevano aspettare. Quando, però, videro la cera di Aisha, Musa e Flora, l'ottimismo che si erano infusi tra loro per tutta la strada durante la quale pensarono di minimizzare la faccenda andò disperdendosi e capirono che era successo qualcosa di più del solito.

«Flora!» esalò Helia, andandole vicino. Le accarezzò il viso e non gli era parso mai come in quel momento di sfiorare un fiore appassito.

«Oh, Helia...» sospirò lei, abbracciandolo.

«Tu stai bene, Aisha?» domandò Nabu, corrucciato.

Aisha si strinse nelle spalle e tenne lo sguardo basso. «Fisicamente sì. Stiamo tutte bene.»

Riven, invece, si grattò la nuca e guardò di sottecchi Musa, senza sapere se avvicinarsi e chiederle come stava, o se lasciar perdere come stava facendo. Lei risolse il problema sedendosi sulla poltroncina, con le gambe accavallate e le braccia conserte; inclinò la testa, fissandolo, come per sfidarlo a trovare il coraggio di comportarsi come le altre, o per chiedergli quando si sarebbe deciso a togliersi dalle scatole. E Riven, ferito nell'orgoglio, fece ricadere il braccio lungo il corpo. Anche lui si sedette ed evitò lo sguardo della sua ragazza, risentito e offeso da quell'atteggiamento.

«Allora, che volete?» sbottò, scoccando occhiate torve ai piccioncini che, ancora, si stavano scambiando effusioni. Anche Sky e Brandon erano un po' a disagio e si muovevano sulle loro poltrone leggermente scontenti. Solo che Riven riteneva che non ne avessero il diritto: la sua ragazza era a due passi da lui e non poteva neanche sfiorarla, mentre le loro erano in missione su Domino. Secondo il suo punto di vista, quello messo peggio era proprio lui. Timmy, al contrario, sembrava come sempre preso dal congegno elettronico che aveva tra le mani più che al momento drammatico.

Quando anche Nabu e Aisha si furono seduti e Helia ebbe tenuto più stretta la mano di Flora come se avesse dovuto perderla la riunione poté cominciare. «Allora, ragazze, parlate.» le esortò Sky.

Fu Musa ad attirare l'attenzione di tutti. Parlò di una strana storia, partendo dal giorno prima, quando Roxy le aveva portate a fare una gita in collina, del fatto che fosse scappata e che avessero trovato un ragazzo di nome Zephiro chino su di lei, ma non riuscì ad andare più avanti di così che Sky, con le braccia conserte e l'aria corrucciata, si piegò in avanti.

«Zephiro, hai detto?» chiese.

«Sì, perché?»

Il ragazzo si mostrò accigliato e tutti portarono l'attenzione su di lui che si buttò letteralmente sullo schienale, sospirando con fare insofferente. «Ah, quel ragazzo è un incosciente.» soffiò e questo portò gli altri a scambiarsi delle occhiate perplesse.

«Tu lo conosci, Sky?» domandò Helia, cauto.

«È il principe di Flabrum.» spiegò Aisha, voltandosi a guardarlo. «Magari sono le loro famiglie, a conoscersi.»

«Sì, è il legittimo erede al trono del regno di Flabrum.» confermò Sky. «I nostri regni e le nostre famiglie sono sempre stati molto amici, ma, da quando la Regina Auster è stata assassinata, tutti i rapporti tra Eraklyon e Flabrum si sono bruscamente interrotti.»

Musa e Aisha si scambiarono un'occhiata, Sky sospirò di nuovo.

«E che altro sai di questo ragazzo?» domandò di nuovo Helia. «C'è da fidarsi?»

«Sì, questo credo di sì. Di lui si dice molto, in questo periodo, a Magix, e che sia apparso per questa storia mi insospettisce assai.»

«Che intendi?» volle sapere Aisha.

«La Dimensione Magica è in fermento.» raccontò Sky. «Sembra che uno dei capitani del suo esercito, Maestral, abbia preso il posto di reggente del regno, ma la popolazione non è contenta di questo: sembra che Maestral abbia ucciso la Regina e messo una taglia sulla testa del principe, in modo che non potesse più nuocergli. Mio padre ha offerto protezione a Zephiro e così la Compagnia della Luce. Sapevo che aveva lasciato Flabrum, ma non sapevo che si fosse esposto in questo modo.»

«E' così che sono andate le cose, quindi...» mormorò Aisha, pensierosa.

«Faragonda non ci aveva raccontato proprio tutto di Maestral e di Zephiro.» fece sapere Musa.

Flora, che seguiva le loro battute, passò lo sguardo dall'una all'altra. «Conoscete anche voi questo Maestral?» chiese.

«Sì, è il mittente delle lettere trovate da Bloom.» le ricordò.

«Gli manda delle lettere ad Alfea? Quindi Zephiro vive lì e lui lo sa! Ma allora perché Maestral non ha attaccato la scuola? Forse sta per farlo... e... se viene ucciso Zephiro, nessuno potrà rivendicare il trono di Flabrum... che cosa terribile!» esclamò Flora. Si posò le mani sulla bocca. «E Alfea? Alfea è già parecchio in pericolo!!»

«Faragonda non ci ha detto niente a proposito dell'Esercito.» fece notare Musa, con un'alzata di spalle. «Forse non lo temono. Ricordiamoci che è di Faragonda e di Alfea che stiamo parlando!»

Sky annuì.

Musa lo guardò, piegando la testa. «Però c'è qualcosa che non quadra: Faragonda ci ha detto che è stata una Furia ad uccidere la Regina Auster, non una persona. Qual è la verità?»

«Non te lo so dire.» rispose lui, scuotendo la testa. «Faragonda dovrebbe saperne più di me.»

«Tutto questo spiega un sacco di quesiti, a proposito di quel ragazzo.» dichiarò Aisha, che non aveva dubbi su quale fosse la versione giusta della storia. «Deve riprendersi ciò che Maestral gli ha preso, ha detto così, la preside Faragonda! Probabilmente lo sta addestrando o qualcosa del genere.»

«Spiegherebbe anche le molte altre cose che ha detto a Bloom a proposito della scacchiera.» le fece eco Musa.

«Non ho ben capito cosa intendete, ragazze, ma credo che stiamo prendendo sotto gamba la questione: Maestral ha a disposizione tutto l'Esercito dei Venti. Se, per caso, ha intenzione di attaccare Alfea, lo farà, ve l'assicuro. Il più grave problema sarebbe se dovessimo combattere tutti: nel mio regno non siamo pronti per fronteggiare una battaglia di quelle proporzioni, non contro l'Esercito dei Venti.»

«Che cos'ha questo esercito dei Venti?» chiese Musa, sollevando una mano, perplessa. «Da come ne parli sembra che tu ne abbia paura.»

Rispose Aisha per lui: «E' l'esercito più potente di tutta la Dimensione Magica. È antico ed è una specie di istituzione leggendaria. Ogni componente dell'esercito di Flabrum subisce un duro addestramento magico. Per loro è una missione, uno scopo nella vita e lo adempiono fino alla morte. Sono addestrati per proteggere la popolazione e la loro Regina, ma una volta erano ben più di questo. Su Flabrum ci sono regole molto rigide.

«Già.» confermò Sky, «Come per esempio quella che sono una principessa può prendere il regno e che, se una Regina genera solo un maschio, questi deve prendere il potere e tenerlo per la futura figlia. La sua unica mansione è quella di Reggente del regno. Questo spiega perché un principe ucciderebbe la sorella.» dichiarò Sky, corrucciato.

«Che intendi?» chiese Musa, inorridita. «Che Maestral è il fratello di Auster e che ha approfittato della sua morte per... prenderne il posto e dare la caccia a suo nipote?»

«E' una cosa davvero terribile!» ripeté Flora.

«Quindi... suo zio lo cerca.» riassunse Nabu, piegandosi in avanti dalla sua postazione sul divano accanto ad Aisha, interessato. «E' un bel problema, soprattutto per Alfea. Ma questo che c'entra con le ragazze?»

«Lui era alla collina, ieri, vicino a Roxy.» rispose Musa. «E forse sa più di quel che dice.»

Riven alzò gli occhi al cielo, decisamente annoiato. «Non capisco cosa c'entri col fatto che le altre Winx se ne stiano andando su Domino. Chi è questo ragazzino non è affar nostro. Se suo zio lo cerca per ammazzarlo, è un perfetto idiota ad andarsene in giro senza un'adeguata scorta. O, forse, Faragonda sta cominciando a perdere colpi...»

Incredula, Musa balzò in piedi. «Riven! Non ti permettere mai più di dire una cosa del genere di Faragonda! Se non si è accorta che Zephiro è scappato sulla Terra è perché stanno affrontando una crisi senza precedenti, a Magix!»

Riven distolse lo sguardo, ancora molto arrabbiato per quello che era appena successo tra loro. «E allora volete cominciare a parlarcene?» la rimbeccò, acido.

«E' quello che stiamo già facendo! Se tu evitassi di interromperci, forse, saremmo già andate avanti col nostro racconto, sciocco!»

Anche Riven si alzò, adesso, e squadrò Musa con la stessa espressione battagliera che lei gli stava rivolgendo già da prima. «Non chiamarmi...»

Helia li seguì a ruota, ma gli posò una mano sulla spalla per aiutarlo a calmarsi. «Siediti, amico. Magari tra le due cose c'è un collegamento. Aspettiamo di sentire cosa hanno da dirci le ragazze.»

«Su una cosa Riven ha ragione.» commentò Timmy, per mitigare le acque. «Ed è che il principe Zephiro non dovrebbe andare in giro a mettersi nei guai, se per lui le cose stanno davvero così.»

«Ma... perché non ne abbiamo saputo niente?» domandò Aisha. «Andros e Flabrum non sono mai stati molto in contatto, ma una cosa del genere, nella Dimensione Magica, avrebbe fatto molto scalpore!»

Nabu le posò una mano sulla spalla. «Credo sia inutile preoccuparcene, in questo momento, Aisha.»

«Sì, Nabu ha ragione.» approvò Sky. «Quel che è fatto è fatto. E finché Maestral non si arrischierà a lasciare il suo paese, non abbiamo di che preoccuparci.»

«Chi ti dice che lo sapremo,» sbottò Aisha, improvvisamente irritata. «dato che i miei regali genitori non hanno detto niente riguardo a tutti questi disordini?»

«Sono in contatto con mio padre. Me lo direbbe, se succedesse qualcosa di grave.»

«Speriamo che, comunque, continui così, data la situazione...» commentò Musa.

«Oh, insomma, qual è la situazione?» sbottò Brandon.

«Ma sarebbe stato nostro dovere di Fate Guardiane andare a controllare! Magari avremmo potuto evitare molte delle cose orribili che sono successe! Oh, accidenti!»

«I sovrani di altri mondi non possono intromettersi nelle politiche di altri. Per quel che mi riguarda, tendo a crederci, ma non ne abbiamo le prove e, come ho detto, una guerra con l'esercito dei Venti è l'ultima cosa che serve ad Eraklyon, in questo momento.»

«E' una cosa orribile, ha ragione Flora.» continuò Aisha. Strinse le mani sulle ginocchia e Nabu ne approfittò per cingerle le spalle con un braccio e attirarla a sé per consolarla.

Tutti presero a parlare, tutti cercavano di scambiarsi opinioni riguardo ai due argomenti che erano nati parallelamente: Zephiro e il motivo della partenza di Bloom e delle altre per Domino, tanto che, ad un certo punto, nessuno capì più niente e Sky si ritrovò costretto ad alzarsi in piedi e a chiedere a tutti un po' di silenzio; riuscì ad ottenerlo, ma Musa, che era voltata verso Flora, quasi non se ne accorse e la sua voce risuonò nel silenzio che si era venuto a creare.

«Zephiro potrebbe essere venuto sulla Terra per cercare noi?»

«Ed è inciampato casualmente nelle Furie che hanno attaccato Roxy?» Flora si portò una mano sul petto. «Cosa possiamo fare per lui? Flabrum è un pianeta così lontano. E il suo Vortice è anche molto pericoloso! Sarà impossibile entrarci.»

Calò il silenzio per davvero, adesso: tutti sapevano bene che Flora aveva ragione. Riven riusciva quasi a sentire le rotelle dei cervelli dei suoi amici che lavoravano febbrilmente per escogitare un piano per aiutare il principe e fare qualcosa per l'intera Dimensione di Magix. Lui, invece, cominciava davvero ad annoiarsi di tutta quella storia: finora si erano limitati a sciorinare chiacchiere senza senso su di un principino stupido che, invece di pensare a guardarsi la pellaccia, pensava di farsi le scampagnate sulla Terra. Per quanto Musa potesse avergli fatto quella lavata di capo, lui continuava ad essere convinto che Faragonda stesse perdendo colpi.

«E cosa c'entra tutto questo con Bloom su Domino?» ripeté.

«Ci stavamo arrivando.» replicò Aisha.

Raccontò di quello che era successo, della magia fatta da Faragonda per dare tre giorni in più a Roxy, di quello che la preside di Alfea aveva detto a proposito delle Furie dei Sentimenti Negativi che inghiottivano la Dimensione Magica del loro terrore e dello Scettro di Domino che Bloom, Stella e Tecna erano andate a recuperare.

Riven sbuffò, sdegnoso. «Andiamo! Tutta questa storia delle Furie è folle. Le Furie sono solo una stupida leggenda!» disse, ripetendo involontariamente le parole che, per un bel po', Stella aveva continuato a dire, convinta che le Furie non esistessero.

«Non sono una leggenda!» replicò Musa, molto più acida di quanto lo fossero state le Winx con Stella. «Bloom ne ha combattuta una e Roxy è in bilico tra la vita e la morte per lo stesso motivo! E Faragonda ha detto che sono in circolazione da parecchio! Quindi, smettila di fare l'ottuso musone e cerca di capire che questa è una crisi seria, che tu le chiami Furie o come ti pare!»

«Non c'è bisogno che mi attacchi per ogni parola che dico!»

«E allora smettila di comportarti così!»

Riven strinse i pugni e digrignò i denti, ma inghiottì le brutte parole che aveva sulla punta della lingua. Stavolta, il silenzio che si venne a creare fu molto teso e imbarazzato, rotto solo dai loro respiri e da alcuni rumori sospetti dall'altra stanza, ma nessuno se ne curò più di tanto: avevano come l'idea che i cuccioli magici si fossero dati da fare per combinarne qualcuna delle loro, ma nessuno si stava preoccupando di andare a controllare, preoccupati com'erano per tutt'altro.

«Quindi...» commentò, infine, Sky. «lo Scettro può aiutarci.»

«Il fatto è che Faragonda non conosce tutta la storia.» spiegò Aisha. «Credo che il solo Re Oritel possa aiutarci, adesso come adesso.»

«Speriamo che sia così.» sospirò Brandon. «Non sono tranquillo, sapendo Stella così lontana e senza aiuto.»

«Le nostre ragazze sono in gamba e non sono sole.» esclamò Sky, convinto, posandogli una mano sulla spalla. «Dobbiamo avere fiducia in loro. Fino ad allora, possiamo solo tenere gli occhi aperti e fare quel che possiamo per preservare la felicità della Terra..»

Timmy alzò gli occhi dal suo congegno per dire, con un sorriso: «Sì, sono d'accordo.»

«Sì, anche io: non c'è molto altro da fare.» sospirò Helia. Guardò Flora che posò la testa sulla sua spalla.

«Sono molto più tranquilla, se sarete con noi!» dichiarò.

«E noi se vi avremo sempre sotto controllo! Se le Furie si cibano dei Sentimenti Negativi delle fate, è meglio essere in allerta.» esclamò concitato Sky.

«Ma sono invisibili!» disse Flora.

«Beh, non vi lasceremo sole comunque! L'unione fa la forza, ricordate?»

Riven alzò gli occhi al cielo. Approfittò del rumore nell'altra stanza per andarsene da tutte quelle smancerie fuori luogo e nauseanti; l'idea di stare ancora un po' nella stessa stanza con Musa, poi, gli faceva quasi esplodere la testa. Così si alzò dalla poltrona senza dire una sola parola e si ritrovò nel negozio, in mezzo ai colori di poltroncine e cuscini tutti in perfetto ordine. Pure gli articoli da toeletta di Stella, o quelli per il fitness di Aisha erano a posto. Sembrava che lì non ci fosse nessuno da giorni e giorni.

Dei cuccioli neanche l'ombra.

Ma c'era un'altra ombra, una molto più grossa e proveniva da dietro la scrivania di Tecna, dove c'era un computer che, come sempre, attirava magicamente i cuccioli magici e li recapitava direttamente a chi li aveva scelti.E se fosse uno di quegli Stregoni?

Si guardò indietro, chiedendosi se avvertire gli altri oppure fare da solo, ma alla fine decise per la seconda opzione e fece di testa sua: se c'era qualcuno in agguato, non poteva perdere tempo ad avvertire persone che volevano parlare di uno stupido ragazzino e di un pericolo leggendario, soprattutto perché facendolo avrebbe rischiato di rovinare l'effetto sorpresa. In questo modo, poi, si sarebbe beccato le occhiate ammirate della sua ragazza che avrebbe smesso di rimbeccarlo per ogni parola.

In punta di piedi, si mosse verso la scrivania di Tecna. Sbirciò dall'altro lato e gli parve di vedere dei ciuffi di capelli che spuntavano da là dietro. Dal colore, Riven fu sicuro che appartenevano a Gantlos. Si acquattò, camminando in punta di piedi verso la scrivania. L'idea era semplice: balzare su di essa e tramortire il malcapitato. Gliel'avrebbe fatta vedere lui ai loro nemici, visibili o invisibili che fossero.

«Ti ho preso!» gridò, trionfante, afferrando per le spalle lo Stregone e tirandolo su abbastanza per tirargli un pugno; quello barcollò e cadde all'indietro, battendo con la testa sulla scrivania. Il suo corpo svenuto scivolò a terra, sulla pancia. E Riven, quando l'adrenalina gli scivolò via di dosso, vide di aver commesso un errore così terribile da essere imperdonabile: l'uomo che aveva catturato e tramortito non era Gantlos.

Lo Specialista si sentì come se Musa gli avesse tirato uno schiaffo senza motivo e stupido come se si fosse fatto la pipì nei pantaloni.

«Che succede, Riven?»

La voce di Musa lo raggiunse alle spalle e lui, sorpreso e pieno di vergogna, mentre si voltava, si piazzò in modo che lei non potesse vedere chi aveva tramortito senza pensare o guardare. Tutti i cuccioli magici, nascosti dietro una colonna, avevano cominciato a ridere come matti, mentre lei faceva scivolare lo sguardo oltre Riven per guardare ciò che stava palesemente nascondendo. Quando si rese conto di chi era gettato a terra, svenuto, lanciò un grido e corse immediatamente dal padre di Roxy per soccorrerlo.

«Che cavolo facevi, Riven?» gridò di nuovo, facendo scattare la testa verso di lui. «Sei completamente impazzito?»

«Certo che no!» rispose lui, allo stesso modo. «Credevo che fosse uno degli Stregoni del Cerchio Nero! Stavo cercando di aiutarvi!»

Musa era furibonda a dir poco. «Che razza di idiota! Solo tu potevi scambiare il povero Klaus per uno degli Stregoni! Ma perché non ragioni, prima di colpire?»

Riven strinse i pugni e digrignò i denti. Nel frattempo, anche le altre Winx si spostarono nella sala. Dopo un primo momento di stupore, Aisha diede un colpetto al braccio di Nabu e Flora e li costrinse ad andare verso il povero, svenuto padre di Roxy.

Si piegarono su di lui e lo scossero, per aiutarlo a rialzarsi.

«Vado a preparargli una tisana curativa.» propose Flora. Gli altri, intanto, si apprestarono a farlo tornare in sé. Riprese presto conoscenza, borbottando però parole senza senso che volevano, forse, essere scuse per essersi introdotto in negozio senza permesso.

Riven e Musa avevano smesso di litigare, ma continuavano a fissarsi in cagnesco e lei era rimasta piazzata tra Klaus e Riven, quasi si aspettasse che lo Specialista tornasse a colpirlo senza motivo.

«Vieni a sederti.» gli consigliò Aisha.

«Roxy...» soffiò lui, quando fu sistemato tra i cuscini, e quella fu la prima parola coerente che disse, con sommo sollievo da parte di tutti, pure di Riven che rimaneva in disparte per sua scelta e per l'immensa figuraccia che aveva fatto.

Guardando Klaus, poi, non poteva fare altro che sentirsi ancora più in colpa: aveva i capelli spettinati e il volto più provato di prima, i suoi occhi erano velati di lacrime, come se avesse pianto, e un lungo taglio sulla faccia, lì dove lui l'aveva colpito. Si poteva essere più idioti?

«Nabu mi ha detto che ve ne andavate...» cominciò a biascicare, confuso. «E poi parlottavate tra voi, mi è parso di sentire il nome di mia figlia... insomma, lo so quanto voi, ragazze, siete legate a mia figlia e allora... allora ho pensato... che sapeste qualcosa. Mi avevate promesso che sareste tornati con notizie e non volevo rimanere indietro. Sono venuto qui e vi ho sentito parlare di tante cose strane... stavo per andarmene, quando avete cominciato a parlare di Roxy e della sua strana malattia! E poi lui è uscito... mi sono spaventato e mi sono nascosto, ma adesso...» li guardò uno per uno. Il suo volto già magro sembrava esserlo diventato ancora di più, ma i suoi occhi esprimevano una vitalità che gli Specialisti non avevano visto quella mattina, quando lo avevano trovato seduto a fissare il vuoto. «Se Roxy sta male, voglio starle accanto. Ditemi dov'è e la raggiungo subito!»

Flora tornò in quel momento con una grossa tazza fumante che gli porse, sedendosi al suo fianco, decisa ad aiutarlo. «Bevi tutto, e piano perché scotta!»

Lui la ignorò, ma continuò a guardare gli altri che avevano tutti un'aria mortificata.

«Ecco, vedi Klaus...» mormorò Flora, sedendosi accanto a lui. «Sarebbe meglio che tu prendessi questa, prima. Ti spiegheremo tutto quando starai meglio.»

«Io devo stare con mia figlia, devo...» provò ad alzarsi, ma Sky lo tenne fermo sui cuscini. Non ce ne sarebbe stato comunque bisogno: un forte giramento di testa lo avrebbe fatto al posto suo e fu solo per questo che accettò la tisana che Flora insisteva nel tendergli. Quando ne bevve un sorso, si sentì già molto meglio e questo lo convinse a finirla.

«Roxy starà bene, vedrai.» lo rassicurò Sky, tenendogli forte la spalla anche un po' per far coraggio a se stesso. «Bloom, Tecna e Stella hanno trovato il modo per aiutarla. Torneranno presto.»

«Io non ci ho capito niente.» commentò Klaus, finendo di bere. «Scettro di Domino, Furie, spettri, leggende... che cos'ha mia figlia?»

Le Winx e gli Specialisti tacquero, fissandosi l'un con l'altro completamente smarriti. Certo, lui sapeva che sua figlia era una fata, l'aveva scoperto quando lei, con una forza fuori dal comune, aveva atterrato il capo degli Stregoni e tutti avevano dovuto battere in ritirata.

«Ragazzi...» Helia guardò Flora e tutti gli altri, poi chiuse gli occhi. «Sono dell'idea che dovrebbe saperlo. Ne ha il diritto: è suo padre e sa molto più di quanto noi vogliamo nascondergli. È inutile girarci intorno.»

Klaus guardò da lui a tutti gli altri. Stringeva così forte la tazza che Flora credeva sarebbe riuscito a romperla. «Che cosa dovete dirmi? Parlate!» ordinò, con un tono imperioso davvero inusuale per lui.

Fu questo che, probabilmente, rese Sky più loquace. «Tua figlia è stata attaccata da un mostro di cui sappiamo poco. Bloom e le altre sono andate a recuperare lo Scettro di Domino, che è uno strumento che potrà salvarla.»

Klaus muoveva gli occhi di qua e di là; era visibilmente confuso. «Sono quegli strani tizi che l'hanno minacciata tempo fa?»

Aisha scosse la testa e si strinse nelle spalle come se avesse avuto freddo. «No, pensiamo che ci sia qualcun altro dietro. Non ti preoccupare, vedrai che andrà tutto bene! Devi fidarti di Bloom, lei sa che cosa deve fare.»

«No!» Klaus balzò in piedi, stavolta e guardò il gruppo degli Specialisti e le tre Winx; sembrava che la tisana, oltre che ridargli un po' delle forze che Riven aveva contribuito a togliergli, gli avesse dato anche il potere e il coraggio di affrontare qualunque nemico. «Andrò da Roxy. Ditemi dov'è! Devo stare con lei in un momento come questo! Sono suo padre!»

«Non ci si può arrivare prendendo un treno o un taxi.» gli spiegò Flora, prendendogli un braccio; lui glielo strappò dalle mani con veemenza e si rivolse a lei con gli occhi che gli scintillavano di coraggio.

«Prenderò qualunque mezzo! Dovessi anche prendere un'astronave per trovarla!»

Timmy si sistemò gli occhiali. «Magari con uno dei nostri Owl...»

«Uno dei vostri... ma di che state parlando?» Klaus si mise una mano sulla fronte e barcollò appena. Nabu fu subito dietro di lui per sorreggerlo. «Io... io sono sempre più confuso!»

«Quello che vogliamo dire» si intromise Aisha. «è che Roxy non è sulla Terra.»

Alla dichiarazione, Klaus la guardò inorridito.

«È nella Dimensione Magica, a Magix, alla scuola di Alfea.» disse Musa.

«Alfea...» l'espressione sul volto di Klaus, nel pronunciare quel nome, si fece meno confusa. Riconobbe qualcosa, in quel nome. Sospirò e si passò una mano sulla fronte, come per riordinare i pensieri che gli passavano confusi per la testa e Nabu si arrischiò a lasciarlo andare. «Roxy mi ha parlato di quella scuola... dice che vuole andarci, prima o poi... ma che ci fa lì?»

«Potrebbe spiegarglielo la preside, dopotutto.» Sky guardò Timmy che si stava sistemando di nuovo gli occhiali.

«Sì, io voglio starle vicino!» dichiarò Klaus, con molta dignità.

Flora, invece, si rivolse a Helia. «Credo che qualcuno di voi Specialisti dovrebbe accompagnarlo.»

«E come? Non possiamo lasciarvi sole con tutto quello che sta succedendo. Ricordi cosa abbiamo detto prima? L'unione fa la forza!»

«Non ci lascerete sole! Potrebbe partire Sky, con lui. Basterà chiamare Fonterossa. Non è un problema, noi possiamo cavarcela!»

«Sì, credo che Flora abbia ragione.» commentò Musa, voltandosi anche lei verso gli altri, rimasti in silenzio e dubbiosi.

«Klaus ha bisogno di vedere sua figlia.» ammise Aisha. «Sì, sono d'accordo con lei. Penso che Sky dovrebbe accompagnarlo.»

Tutti quanti annuirono, Riven si astenne dal commentare, ancora troppo impegnato a pensare alla magra figura che aveva fatto e ad osservare Musa che non lo degnava di uno sguardo. Era arrabbiato e, per quanto gli dispiacesse per Klaus per ciò che gli era capitato, sentiva di non avere voce in capitolo.

«Sky, a te sta bene?» domandò Aisha.

«Sì, certo. Ma, se non vi dispiace, dato che vado a Magix...» non completò la frase, ma tutti conoscevano la conclusione.

Aisha sorrise e ammiccò, con fare complice. «Ma certo che puoi raggiungere Bloom.»

Sky annuì, in segno di ringraziamento, e allora anche Brandon si fece avanti. «Vengo anch'io. Ci deve essere qualcuno con te, amico mio: fare tutta questa strada da solo, quando ci sono queste Furie in giro per la Dimensione Magica...» scosse la testa, mentre gli altri scoppiavano a ridere.

«Dai, Brandon, raccontala giusta!» rise Musa. «Tu vuoi solo raggiungere Stella!»

Lui divenne rosso come un peperone e, voltate loro le spalle, guardò per aria. «Beh, anche loro avranno bisogno di aiuto! Non possiamo lasciare le nostre ragazze da sole! Potrebbero aver bisogno di aiuto e una mano in più non fa mai male, no? La volete smettere di ridere?»

Sky guardò Brandon e, ridendo anche lui per il suo imbarazzo, lo esortò a voltarsi. A parte gli scherzi, pensava che avesse detto una cosa molto giusta. E poi c'era anche un altro discorso che doveva fare a quattrocchi con Faragonda, a proposito della fine di Auster: era sicuro che avesse detto alle Winx una bugia perché lui sapeva per certo che Auster era morta assassinata da Maestral. Non lo disse loro, comunque: se Faragonda aveva mentito, ci doveva essere sicuramente una ragione buona per farlo e lui non doveva mettersi in mezzo senza saperne di più. Se non lo avessero proposto per quella missione, si sarebbe fatto avanti da solo, proprio come aveva fatto Brandon.

«Va bene, Brandon, andiamo. Helia,» si rivolse a lui e si rivolsero un reciproco cenno di assenso. «chiama immediatamente Saladin. Brandon e io partiamo per Alfea!»



Vorrei dedicare questo capitolo a FairyFlora, che ha aspettato tanto l'arrivo di Flora, sua omonima. :P

A proposito, sto aspettando la sua storia e sono oltremodo curiosa!


Sto cercando di di far tornare tutto e mai come in questa fic mi sembra difficile, sarà che la trama è complessa (forse troppo); appunto perché è così complessa, ci tengo in particolar modo e, dunque, anche ad essere coerente con quello che ho scritto nei capitoli precedenti. Alcune piccole incoerenze sono volute e mi serviranno per i capitoli e colpi di scena vari, ma non so se ne esistono altre; questo capitolo dovrebbe introdurne alcune, insieme a dubbi che fugherò tra qualche capitolo. Se notate qualcosa che non vi torna, comunque, scrivetelo. Non dirò se sono incoerenze di distrazione/dimenticanze o quelle volute, perché altrimenti qui si spoilera. XD Se saranno non volute, le sistemerò e ve lo farò sapere.

Grazie come sempre a tutti quelli che leggono, recensiscono e ricordano o seguono o vorranno preferire.


Luine.

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Capitolo 7
*** Il Vortice dei Venti ***


Capitolo 7.

Il Vortice dei Venti


«Tecna, quest'affare non può andare più veloce?» gridò Stella. Guardava Bloom, spaventata e impotente: la sua amica non dava segni di vita e diventava più pallida ad ogni minuto che passava, ogni richiamo, ogni grido sembrava inutile. Un attimo prima stavano chiacchierando e l'attimo dopo si alzava, parlava da sola, proprio come nella radura, quando era stata colpita dalla Furia della Paura. Allora aveva ripreso conoscenza, invece questa volta si era semplicemente accasciata al suolo. Stella l'aveva scossa, l'aveva chiamata, ma niente era servito per risvegliarla.

Aveva cominciato a piangere, a disperarsi, a cercare qualche potere speciale che potesse aiutarla, ma nel Libro delle Fate non c'era niente e la disperazione aveva preso il sopravvento. Tony, inoltre, non era di nessun aiuto: si era alzato dalla sua postazione e, avendo visto che Tecna aveva la situazione sotto controllo, aveva preso dell'acqua, l'aveva gettata sul viso di Bloom che aveva continuato a dormire profondamente.

«Oh no, è morta!» aveva detto. Stella era balzata in piedi gli aveva tirato uno schiaffo.

«Ora stai zitto e seduto e non dici più neanche un parola, stupido Specialista!» gridò, isterica. Si era gettata di nuovo a terra e aveva stretto la sua amica tra le braccia. Guardava la schiena di Tecna che sussultava alla velocità con la quale premeva sui tasti. «Non puoi fare più in fretta?»

«Faccio quel che posso!» esclamò la fata della Tecnologia, tesa. «Ma il carburante è poco, dato che l'abbiamo sprecato tutto per fare inutili giri intorno a Espero... mmm... non possiamo andare più veloce di così, mi dispiace.»

Allungò le gambe al di sotto della postazione e fece ruotare la sedia verso Stella.

«Come sta?» domandò, squadrando il volto pallido di Bloom, piena di preoccupazione.

Stella si posò una mano sul petto. «Non parla, respira a malapena... guarda com'è pallida! Sembra Brandon quando mangia pesante... io... io...» si nascose il viso tra le mani e riprese a piangere più forte di prima. «Che cosa devo fare? La mia migliore amica è in queste condizioni e io non posso fare niente per aiutarla, abbiamo poco carburante e c'è uno Specialista deficiente ad aiutarci, invece del mio Ciccino! Come vorrei che fosse qui!»

«Stella... calm...»

«Non mi dire che devo calmarmi!» con gli occhi sgranati rossi di pianto e il trucco tutto sfatto, Stella guardò Tecna come se avesse voluto farle fare la stessa fine di Bloom. «Come faccio a calmarmi con la nostra Bloom che sta lottando contro una delle Furie e io non posso aiutarla?»

«Non eri tu quella che non ci credeva?»

Per tutta risposta, Stella prese a piangere ancora più forte. Tecna capì che doveva essere lei a prendere in mano la situazione e fare in modo di tenere gli animi abbastanza in alto per non sprofondare nella depressione nel tempo che intercorreva tra loro e Domino. Ma come si faceva, quando lei stessa sentiva che tutte le loro speranze erano appese ad un filo?

«Quanto manca alla destinazione?» domandò Stella, tirando su col naso.

«Poco più di un'ora.»

«Il carburante basterà, vero?»

Tecna sospirò. «Sì, Stella, sì.»

Probabilmente, gliel'avrebbe detto anche se non fosse stato del tutto vero. Non aggiunse altro. Rimasero ferme, abbracciate tra loro e una mano stretta intorno al braccio di Bloom, così che, speravano, potesse sentire che erano lì con lei. Ma non durò a lungo, perché Stella si divincolò.

«Non potremmo tentare una magia come quella di Faragonda? Non ce la faccio a stare con le mani in mano!»

«Una magia di contenimento?» propose Tecna.

Stella annuì. «Perché, è difficile?»

«Non lo so... ma... in due...»

«E allora? Faragonda e Grizelda erano in due.»

Tecna sospirò. C'erano tanti motivi per cui era indecisa: il primo era che non avevano mai provato a farlo e il secondo era che le uniche due persone a cui l'aveva intravisto fare erano proprio Faragonda e Grizelda che erano due fate di un livello molto alto e con un'esperienza sicuramente maggiore. Le magie di contenimento erano lunghe e complesse e richiedevano un'alta dose di concentrazione. Se ci fossero stato gli Specialisti lì con loro, e non quel Tony, Tecna era sicura che si sarebbe sentita molto più tranquilla, ma non poteva avere di meglio: se la qualità degli Specialisti si era abbassata fino a quel punto, Magix era veramente nei guai. «Ma sì, dai, proviamo.» sospirò, alla fine.

Stella annuì e si piazzò sull'altro lato di Bloom, quindi allungò le mani e strinse quelle di Tecna sopra la loro amica. «Pronta? Al mio tre, convergenza Winx. Uno... due... tre!»

Si trasformarono e sprigionarono contemporaneamente il loro potere; sgorgò come da una fonte un fascio di polvere di fata che andò a posarsi delicatamente sul ventre di Bloom e da lì si diramò per tutto il suo corpo. Ci vollero diversi minuti e tutta la concentrazione di cui erano capaci. Sia Tecna che Stella sentirono gocce di sudore scivolare lungo le loro fronti e, mentre si tenevano strette per le mani, si sentivano tremare. Sembrava che, insieme alla polvere di fata che scivolava su Bloom e la avvolgeva come una brillante coperta, scivolasse via anche la loro forza vitale.

Stella sentì che la testa cominciava a girarle e si dovette piegare in avanti, incapace di reggersi ancora solo sulle ginocchia.

«Stella...» la voce affaticata di Tecna sembrava provenire da un altro mondo. Se almeno fossero state tutte insieme! «Devi resistere! Capito? Per Bloom!»

La fata del sole e della luna annuì. «Sì, per Bloom!» sentì un po' della propria forza di volontà darle quello che le mancava e toglierle di dosso almeno un po' di stanchezza. Doveva andare avanti, per la sua amica.


Mentre le due fate si prodigavano ad aiutare Bloom con la loro magia di contenimento, lo Specialista di nome Tony sentiva di non poter rimanere impalato – e con una guancia in fiamme per lo schiaffo di Stella – a guardarle, mentre andavano alla deriva per la Dimensione Magica. Quella odiosa saccentona che si chiamava Tecna diceva che la rotta era impostata su Domino, ma quanto potevano esserne sicuri? La verità era che lui ne sapeva poco di quelle cose e che, di tutta la sua squadra di Specialisti, Tony era quello messo peggio in quanto a senso d'orientamento. Di solito, lasciavano le questioni di rotta al suo caposquadra, ma tutti quanti erano piuttosto impegnati con quella nuova minaccia che imperversava su Magix e lui era uno dei pochi rimasti senza fare niente o, comunque, molto poco. Per quanto fosse bravo a pilotare, non si era mai curato dell'orientamento, avendo avuto sempre il suo navigatore, ma quella volta era quasi sicuro che quella saccentona di nome Tecna fosse stata troppo impegnata a salvare la vita della sua amica rossa, piuttosto che a impostare bene il percorso.

Avrebbe dovuto pensarci lui. Roba da uomini, si disse, orgoglioso, mentre si sedeva alla sua postazione e digitava qualche comando che riguardava il pilota automatico. Vide che, davvero, il carburante era ridotto al minimo e che potevano viaggiare ancora per pochi parsec prima che toccasse loro andare alla deriva e aspettare che qualche pianeta li catturasse nella propria orbita. Doveva prendere una decisione in fretta. E così digitò velocemente alcuni comandi per controllare la rotta e, pian piano, la navetta virò verso sinistra.

Sulla loro rotta si delineò, a una decina di parsec, un pianeta azzurro e dai contorni sfumati. Sul lato dello schermo, quando Tony chiese al computer di rivelargli le coordinate alle quali avrebbero dovuto atterrare, trovò anche qualcosa che non andava. Al di sopra delle coordinate, vi era un nome... un nome che non avrebbe dovuto esserci... il nome sbagliato.

Tony si sentì gelare il sangue nelle vene. Si voltò a guardare che cosa combinassero le Winx dietro di lui, sperando con tutto il cuore che non si fossero accorte di niente o che se ne fossero accorte per rimediare al terribile errore, ma tutte e tre, adesso, erano nel mondo dei sogni, la bionda e Tecna addormentate sul corpo della rossa che, adesso, brillava di una intensa luce argentata.

«Fantastico!» sbottò, disperato, rivolto non si sapeva bene a chi. Tornò a fissare lo schermo, allora, e tentò di riportare la navetta alla rotta originaria. Stavolta, il programma gli restituì un errore:


Carburante insufficiente per eseguire l'operazione richiesta. Verranno mantenute le impostazioni correnti.


Tony ululò, sperando così di svegliare le Winx per farsi aiutare a trovare una soluzione alternativa, ma non riuscì nel suo intento: quelle due continuavano a dormire profondamente, come se fossero state prese loro stesse da una Furia ciascuno.

Lo Specialista guardò davanti a sé, terrorizzato, guardando il pianeta azzurro avvicinarsi inesorabilmente. Erano diretti verso Flabrum, adesso. E questo significava solo guai.


Tecna fu la prima a svegliarsi. Si sentiva intontita e ci mise un po' a capire che cosa era successo. Vide il bagliore che circondava Bloom; sorrise, rendendosi conto che lei e Stella erano riuscite a creare una perfetta magia di contenimento, anche se decisamente più debole di quella di Faragonda. Non sarebbe durata tre giorni, forse, ma abbastanza perché Re Oritel potesse far qualcosa per guarirla. Guardò la fata del Sole e della Luna che ancora dormiva, china su Bloom con un orecchio premuto contro il suo stomaco; decise di lasciarla dormire ancora un po', mentre lei, massaggiandosi la fronte, si chiedeva che ore fossero e perché non fossero ancora arrivati su Domino. Guardò verso l'esterno, oltre la console di tasti illuminati e Tony, seduto al suo posto, che piangeva come un disperato.

«Che è successo?» domandò, alzandosi in piedi, barcollando. Ma non ebbe bisogno della sua risposta perché ce l'aveva davanti agli occhi: il pianeta azzurro dai contorni sfocati le diceva che quello stupido Specialista aveva fatto qualcosa che non doveva. Si stavano avvicinando al pianeta a una velocità costante ma inesorabile; la spia del carburante diceva che erano andati in riserva e che era troppo tardi per tentare una manovra di qualsiasi tipo. Stavano per dirigersi su Flabrum e non c'era niente che potessero fare.

La frustrazione la assalì e non riuscì a contenersi dal riversarla sullo Specialista. «Perché hai cambiato la rotta?» gridò puntando un dito verso l'esterno.

Tony sobbalzò e si voltò a guardarla, gli occhi pieni di lacrime. Afferrò i suoi fianchi e cominciò a scuoterla. «Non volevo!» esclamò, riprendendo a piangere. «Volevo aiutare... controllavo che la direzione fosse giusta e... e... non lo so, porca miseria!»

«La direzione era giusta! Ci stavamo dirigendo su Domino!» sbraitò Tecna, afferrandogli le mani e scagliandole lontano da sé. «Ti rendi conto di quello che hai fatto?»

«Ma... ma...»

Tecna sospirò, evidentemente esasperata. «Dove siamo diretti?» sbottò.

Tony la guardò spaventato e balbettò qualche parola sconclusionata.

«Dove siamo diretti?» gridò di nuovo la fata e lui, sobbalzando e gemendo, si costrinse a rispondere, sebbene balbettando.

«F-Fla-Flabr-rrr.» deglutì e quando parlò, lo fece timidamente. «Flabrum.»

«Che cosa?!»

Tecna sapeva una cosa di Flabrum ed era che non era un pianeta come gli altri: solo i piloti veramente esperti, che possedevano una patente speciale, potevano sperare di atterrare senza subire dei danni. C'era un vortice, su Flabrum, che raccoglieva e poi rilasciava, tutti i venti che soffiavano sul pianeta. Veniva generato dal nucleo del pianeta – come il magma era quello della Terra – e attirava, non solo i venti, ma anche tutto ciò che vi veniva in contatto anche solo brevemente. Una volta che un oggetto fosse stato afferrato, il Vortice lo teneva avviluppato alle sue spire per l'eternità. C'erano voluti diversi tentativi e moltissimi morti, prima di capire come fare per atterrare sul pianeta senza incappare nel terribile Vortice dei Venti e, ancora adesso, molti sbagliavano: per questo Flabrum non era la meta turistica più ambita della Dimensione Magica, subito dopo la Dimensione Omega. Flabrum era un pianeta indipendente, ai limiti dell'universo magico; persino Valtor, intimorito dal Vortice, aveva evitato di entrarvi: era al centro del pianeta che si trovava il suo potere, quello che lo Stregone aveva sottratto a tutti i pianeti per diventare più forte. L'unico modo per raggiungere il cuore di Flabrum era di attraversare il Vortice o di gettarsi nel Muro dell'Oblio, uno spesso strato di nebbia che ricopriva il pianeta e dal quale nessuno – stregone o fata che fosse – era mai riuscito a risalire.

Nessuno Specialista veniva addestrato per sopportare le misteriose correnti ventose di Flabrum e nessuno era in grado di vederle, a parte i soli maghi del pianeta. Era per questo che Flabrum veniva praticamente ignorato in tutte le carte che gli Specialisti adoperavano: nessun insegnante avrebbe rischiato la morte di qualche ragazzo per niente più di una patente speciale.

Gli unici in grado di pilotare al di fuori e dentro il regno, alla fine, erano i suoi stessi abitanti e, quindi, Flabrum rimase per sempre un pianeta isolato. In particolare, erano i soldati del potente esercito del Vento a saperlo fare in modo impeccabile, quegli stessi soldati di cui Sky stava parlando, nel momento in cui le fate si stavano avvicinando al pianeta Flabrum.

Sullo schermo, sulla sinistra di Tecna apparve il piccolo pianeta giallo di Melody e la fata desiderò quasi di poter modificare la rotta per riuscire a raggiungerlo, fare rifornimento e ripartire. Ma niente: la navetta rifiutava qualunque tipo di comando perché non avevano più un briciolo di carburante. E Bloom non avrebbe retto per molto.

«Dannazione!» gridò, picchiando la tastiera, proprio come aveva fatto anche Tony. Stella si svegliò di soprassalto.

«Che succede? Siamo arrivati?» strillò.

Tecna sospirò. «No.» riuscì solo a mormorare, sconfitta.

«No?» fu il grido isterico di Stella. «Come sarebbe a dire no? Tecna! Bloom non...»

«Sarebbe a dire che non possiamo più cambiare rotta!» la interruppe la sua amica, con eccessiva foga. «Siamo costretti ad atterrare su Flabrum!»

«Ah, e allora qual è il problema?»

Stella non sapeva del Vortice dei Venti o, forse, aveva preferito dimenticare quello spiacevole dettaglio. In quel momento così poco opportuno, Tony si mise ad ululare sul fatto di non voler morire così giovane.

«Un po' tardi per pensarci, tu che dici?» sibilò Tecna, acida.

«Eh? Morire? Chi ha parlato di morire?» gridò Stella, alzandosi in piedi. «Non ne posso più di sentirti parlare di morte e di...» la fata alzò lo sguardo e i suoi grandi occhi divennero ancora più grandi per lo stupore. «E... e quello... cos'è?»

Davanti a loro, c'era un enorme, immenso imbuto vorticante, bianco e azzurro che raccoglieva in sé alcuni nastri appena visibili di vento, simili a fili di raso che venivano avviluppato intorno ad un'asta rotante e che venivano slegati all'altra estremità, sparendo, man mano che si allontanavano dal vortice. Sembrava un gioco, ma era comunque un gioco terribile. Stella sgranò gli occhi, mentre cercava qualcosa che non capiva neanche lei; avevano oltrepassato le nuvole che si addensavano tutto intorno a questo immenso imbuto rotante che sembrava attirarli verso di sé con la forza di un magnete. Poi le nuvole si squarciarono; riuscirono a vedere il pianeta azzurro trasformarsi in un'immensa distesa di nebbie impenetrabili che non lasciavano vedere niente di quello che c'era al di sotto. Ma, disposte senza un ordine logico, c'erano grossi pezzi di roccia che sembravano essersi staccati da qualche altura o burrone e lì fossero rimasti, fluttuanti e immobili nel cielo, tutti ricoperti di fitta vegetazione selvaggia; non si vedeva traccia di forme di vita, non un insediamento umano, non un cartello che dicesse: visitatori per di qua. C'era solo quel grosso imbuto e la navetta che stava lentamente prendendo velocità e sembrava volersi buttare volontariamente lì dentro.

I passeggeri svegli della navetta si aggrapparono al primo appiglio che trovarono. «T-Tecna, che cosa... che cosa succede?» domandò Stella, isterica.

Tecna non rispose, troppo concentrata nella ricerca di una risposta da parte della navetta. Abbandonarla sarebbe stato comunque un suicidio: tutto quello che poteva fare era tentare di dirottarla per quanto poteva, il giusto perché non entrasse nell'imbuto: una volta che avesse sfiorato la sua strana barriera, la navetta sarebbe stata risucchiata dentro il vortice e loro sarebbero morti. Neanche le ali che le avevano salvate a Linphea erano efficaci, in quel Vortice malefico.

«Vuoi rispondermi?!» strillò Stella.

«Zitta, Stella!»

Tecna cominciò a muovere febbrilmente le dita sulla tastiera, tanto veloce che neanche lei era sicura di scrivere ogni singola istruzione nel modo giusto. I suoi occhi, fissi sull'imbuto che si avvicinava sempre di più, riuscivano a vedere l'oscurità della sua stretta apertura che conduceva in un qualcosa che faceva paura. Tecna era nervosa per conto suo, ma forse sarebbe riuscita a rimanere maggiormente concentrata, se i suoi due compagni non fossero stati così maledettamente rumorosi: Stella continuava a strillarle nelle orecchie di fare qualcosa, Tony, invece, piagnucolava come una femminuccia e continuava a ripetere sempre la solita lagna: «E' finita, siamo spacciati!».

Se non avesse avuto le mani impegnate, Tecna avrebbe volentieri annodato la lingua ad entrambi.

Intanto continuava a ricevere sempre un solo messaggio di errore da parte della navetta, sempre per via del poco carburante a disposizione. Il simbolo di una batteria, più una spia luminosa, lampeggiavano per dirle la stessa cosa, beffandosi del fatto che lei stesse cercando in tutti i modi di salvarli. Ma niente. Sempre, ad ogni comando che lei tentava di dare, il computer rispondeva che il carburante era in esaurimento.

«Oh, insomma!» gridò. «C'è qualcosa che posso fare?»

Nell'attimo stesso in cui smise di parlare, le luci della navetta si spensero. Tecna si sentì gelare il sangue.

«Che succede? Che... che succede?» ripeteva Stella, facendo ruotare la testa da una parte all'altra. «Tecna? Che stai facendo? Che cosa succede? Vuoi rispondere, DIAMINE?»

Ma anche il computer si spense, lasciando un ultimo inquietante messaggio:


Carburante in esaurimento. Tentare una manovra di atterraggio manuale.


Un lugubre silenzio, mentre la navetta continuava a scendere in picchiata verso l'imbuto, calò all'interno dell'abitacolo. Nessuno aveva il coraggio di dire niente. Tecna continuava ad arrovellarsi senza sapere neanche il perché, dato che ormai era tutto finito: Roxy era destinata a morire tanto quanto loro. Era terribile sapere di non poter far niente per aiutarla, era terribile sapere di essere state catturate dal Vortice dei Venti solo per una manovra stupida di uno Specialista stupido.

Cavolo, io sono la fata della Tecnologia! Possibile che non possa fare niente?

Come se quella domanda avesse aperto uno spiraglio nella cupa nebbia che si era formata nella sua testa, Tecna alzò lo sguardo e guardò il portellone che portava all'esterno. Lei era la fata della Tecnologia! Lei poteva fare qualcosa... lei doveva solo...

«Okay.» disse, lentamente. «Okay.»

Posizionò le mani sulla tastiera ormai disattiva e chiuse gli occhi. Cacciò i rumori esterni dalla sua testa, le domande di Stella, i piagnucolii senza senso di Tony. Ora erano solo lei e la macchina.

Spero solo di fare in tempo.

Sentì i mille fili interconnessi da qualche parte sotto di lei, una gabbia di zero e di uno che si muovevano in una sequenza che lei riusciva a distinguere e a comprendere. Un codice binario, dei caratteri codificati che lei riuscì a tradurre e a cui poteva rispondere con altre sequenze dello stesso tipo. Gli alettoni dovevano soltanto spostarsi, il portellone doveva solo aprirsi. Non c'era tempo da perdere.

«Stella...» disse, risoluta, mentre inviava ancora qualche stringa e induceva gli alettoni ad aprirsi senza nessun'altra forza che non fosse lei stessa. «Prendi Bloom e tienila stretta... non devi mai perderla.»

Fortunatamente, Stella non perse tempo a fare domande, annuì soltanto e fece come le era stato chiesto.

«Tra poco il portellone si aprirà e dovremo essere veloci...»

«Che... che vuoi...» balbettò Tony.

«Te lo spiego dopo.» tagliò corto Tecna. «Ora vieni qui e abbracciami!»

Vide solo di sfuggita l'espressione sconcertata apparsa sul volto dello Specialista. «C-come?»

«Abbracciami!» gridò Tecna. «Il portellone si aprirà tra tre... due... uno...»

Tony si gettò su di lei come se avesse dovuto atterrarla, ma Tecna non staccò la presa dalla tastiera. Il portellone si aprì proprio nel momento in cui la navetta virava verso destra. Un forte vento gelido cominciò a penetrare dalla fessura che, mano a mano che il portellone si apriva, si faceva sempre più forte e sibilava in modo così acuto che Tecna sentì l'impulso di tapparsi le orecchie; invece strinse un braccio intorno alla vita di Tony che singhiozzava sulla sua spalla e bagnava la manica della sua spallina. «Gettati sulla destra, Stella!»

«Eh?»

«SULLA DESTRA!»

Tecna allungò la mano per indicarle la direzione. Stella, dubbiosa, chiuse gli occhi e trattenne il respiro come se avesse dovuto tuffarsi sott'acqua, quando l'aria gelida e il vento impetuoso si scagliarono contro di loro e sembrarono volerle spingere fuori con tutta la forza di cui erano capaci. La navetta cominciò a tremare e sbandare e infine a ruotare su se stessa. Tecna tenne stretto a sé Tony e cominciò a sbattere le ali contro il vento per opporsi alla sua immensa forza; l'urlo di Stella che veniva catapultata fuori fu coperta dall'ululato del vento che, come una mano che stesse cercando di cacciare da una dispensa tutto ciò che c'è dentro, l'aveva afferrata e trascinata via e fatta sparire dalla vista della fata della Tecnologia. Tecna sapeva che sarebbe toccato a loro subito dopo, non appena la lunga striscia argentata del vento li avesse afferrati nella sua morsa.

Spero solo di non aver sbagliato i miei calcoli o siamo spacciati!

La lunga striscia di vento la afferrò davvero; non faceva male, era fredda e inconsistente, ma le sue ali magiche non potevano resisterle. La trascinò fuori senza che lei potesse opporsi e si sentì librare in aria senza che lei lo volesse. Era la sensazione più brutta che potesse esserci, quella di non essere libera di volare a proprio piacimento, era come se l'aria che le era sempre stata amica fosse ora diventata la sua peggiore nemica; non era solo una brutta sensazione: era una sensazione che faceva paura. Rabbrividì, cercando di non pensarci, per evitare di attirare una Furia, ma non ebbe il tempo di pensarci più di tanto: il vento che l'aveva trascinata fuori la lasciò andare e una corrente forte la travolse con la potenza di un'onda oceanica. Non ebbe tempo di avere paura. Tutte le sue emozioni vennero confuse dal vento.

Urlò, mentre veniva sballottata di qua e di là in quell'onda senza che potesse controllare la volontà delle sue ali che svolazzavano inermi e le rendevano solo il viaggio più difficoltoso, facendola rotolare e farle fare tante e indesiderate capriole. Sentiva la presa di Tony farsi ad ogni scossone più blanda ed era lei che, con grande sforzo, gli chiedeva, urlando, di tenersi stretto, ma le sue parole non gli arrivarono mai così come le non sentì mai i suoi continui piagnucolii, se non fosse stato per le lacrime che si cristallizzavano di fronte ai suoi occhi.

Non poteva andare peggio di così!

Cominciava veramente a pensare che, ormai, aveva trascinato quello stupido Specialista, Stella e Bloom nel Vortice e che avevano per sempre perso la possibilità di salvare Roxy. Era un incubo, quello, una vera tortura.

Stava cominciando a disperarsi e a lasciar cadere le lacrime che ormai lottavano prepotentemente per uscire, quando le sembrò che il vento cominciasse a calmarsi, che l'onda che l'aveva travolta perdesse un po' della sua potenza e che si stesse lentamente quietando. All'inizio fu solo una sensazione, ma poi anche l'ululato del vento si abbassò e lei riuscì a sentire distintamente Tony piangere e balbettare frasi sconnesse.

Fu allora che provò di nuovo a spalancare le ali e si accorse di riuscire a volare e di aver ripreso il controllo del proprio corpo e della rotta. Capì che avrebbe dovuto cercare Stella, ma la sua prima preoccupazione fu di liberarsi del proprio fardello. Scorse lontano uno degli isolotti fluttuanti ricoperti di vegetazione e, abbandonando la corrente che ancora la trasportava, seppure gentilmente, si diresse verso l'isolotto. La corrente, ben presto, mentre Tecna si allontanava, scomparve, lasciando l'aria quasi immobile. Tecna fu talmente euforica che non poté non fare una nuova capriola. Era sopravvissuta al Vortice di Flabrum. Ce l'aveva fatta e aveva idea che fosse così anche per Stella.

Guardò dietro di sé, in lontananza, il grande Vortice bluastro venato di bianco, dal quale scorreva la corrente in cui si era gettata per salvarsi la pelle. Era stato l'unico modo che aveva trovato per salvarsi: immergersi nella corrente che usciva dal Vortice e farsi trasportare lontano; se avesse sbagliato di poche miglia, adesso sarebbe stata intrappolata per l'eternità. Ma era andato tutto bene, per fortuna. Sorrise, stanca, ma non allegra, e si lasciò alle spalle l'incubo.

«Su, Tony,» sospirò. «è finita! Siamo salvi!»

Tony si sganciò appena da lei e la guardò negli occhi, pieno di ammirazione e gratitudine. «D-davvero?»

«Sì, sciocco Specialista. Tutto a posto... adesso ti porto lì, vedi?» indicò l'isolotto che si faceva sempre più vicino. Era uno sperone di roccia circolare e frastagliato, piatto in alto e ricoperto di fitti alberi dentro cui non filtrava neanche il più piccolo spiraglio di luce; di sotto, la roccia era a forma di cono e convergeva in una punta che indicava in basso, verso la nebbia compatta.

Era un pianeta strano, Flabrum, e tutti gli abitanti, vivevano su quelle piccole Isole, lontane dalle Correnti. Lei l'aveva studiato quando aveva avuto il suo Dono, il giorno del diploma. Era stata connessa ad ogni computer del mondo e aveva trovato davvero tante informazioni su Flabrum che, però, vista l'inutilità di quella conoscenza, aveva sempre tenuto per sé. Si era resa conto che, in quell'occasione, quelle informazioni si erano rivelate comunque molto utili.

Quell'Isola, però, era del tutto disabitata. La vegetazione era fitta e impenetrabile, i rami degli alberi mastodontici e intricati; sembrava non esserci un'apertura che permettesse di trovare il fondo. Sperava comunque, qualunque cosa fosse successa, che Stella avesse avuto maggior fortuna; calcolò che, comunque, non doveva essere atterrata molto lontano, dato che la forza della Corrente era diminuita a pochi metri da dove si trovava lei in quel momento. Guardò verso la scia che aveva lasciato, ma niente tradiva la presenza della fata del Sole e della Luna.

«Che... che facciamo?» domandò Tony, distogliendola dai suoi pensieri. Si era ripreso magnificamente in fretta dallo spavento: adesso la sua presa era di nuovo salda, forse troppo, tanto che una delle sue mani, adesso, stava sfiorando, non troppo casualmente, il posteriore di Tecna. La fata evitò di farlo precipitare per pura bontà d'animo, ma gli assestò un pizzicotto sul braccio che lo fece ululare e smettere.

«Non possiamo cercare un'altra Isola... vediamo di trovarci un posto dove accamparci per un po'. Riprendiamo le forze e poi andiamo a cercare Stella e Bloom.» disse, decisa.

Girando intorno all'isolotto e dopo vari tentativi falliti, Tecna trovò un ramo sporgente, nudo sulla punta, ma che, man mano che rientrava nella vegetazione, si riempiva di foglie verdi, larghe e spesse che lo ricoprivano e nascondevano. Doveva essere una specie di entrata protetta, pensò; analizzando i dati, sembrava che da quelle parti ci fossero delle forme di vita, ma non era riuscita a capire di che tipo. Forse era Stella, ma dubitava fortemente delle sue capacità deduttive, specialmente se la Corrente le aveva disfatto la messa in piega. Sorrise appena, pensando divertita a tutte le lamentele che avrebbe dovuto sorbirsi, se fossero state insieme. E sperava di sentirle presto.

Atterrò sul ramo che era stato reso piatto e largo dal tempo o, forse, dal lavoro umano; simile ad una strada dritta e senza curve fino alla piccola apertura di foglie, era impossibile perdere l'equilibrio e cadere. Constatato questo, depose Tony al proprio fianco, felice di toglierselo di dosso una volta per tutte.

«Bene.» disse. «Adesso andiamo. E stammi vicino. Questo pianeta è pieno di trappole mortali.»

«Ah, signorina Winx! Io di trappole mortali me ne intendo un po'... sono uno Specialista, no? Ho anche un'arma, con me!» sguainò una spada a due lame con una sola impugnatura sottile. Avrebbe fatto più paura se solo non fosse stata rosa shocking. In un attimo, Tecna sentì tutta l'antipatia per lui andarsene, ma cercò di celare con un ampio sorriso, la risata che le era nata spontanea nel vederlo con quell'arma: sembrava un pulcino bagnato, proprio come Timmy durante le loro prime missioni insieme. Si disse che avrebbe preferito avere lui al suo fianco e non solo per ragioni sentimentali: Timmy era un professionista, un ragazzo in gamba e con idee brillanti. Ma, se quello passava il convento, doveva accontentarsi e non aspettarsi niente di brillante. O almeno è così che provò a consolarsi.

«Okay,» disse, senza riuscire a smettere di sorridere. «allora fai strada, Tony!»

Il ragazzo si mise di fronte a lei, impettito e sicuro, l'arma puntata in avanti come se fosse una lancia. Squarciò le foglie e rese l'apertura appena più visibile; Tecna, da sopra la sua spalla, riuscì a vedere che il ramo scendeva giù ripido e scompariva nel buio della vegetazione. Tony si era fermato e non osava andare avanti.

«Dai...» Tecna lo spinse leggermente, timorosa di farlo precipitare nel vuoto. Si chiedeva quanto distasse il fondo, da lì, ma non era sicura di volerlo scoprire in quel modo. «Comincia a scendere.»

«Sì. Stammi dietro. Ti proteggo io!» e mise un piede più in basso. Non appena lo fece, dal ramo si accese una luce azzurrognola che, partendo dal punto che aveva toccato Tony, si diramava verso il basso, in un percorso tortuoso che illuminava un grande tronco d'albero bianco, posto al centro dell'isola. Tony non gridò per lo stupore solo perché lei aveva avuto la prontezza di mettergli una mano davanti alla bocca.

Dal loro punto d'osservazione, non si riusciva a vedere il fondo: le piante erano fitte e impedivano di vedere ciò che c'era al di sotto. Quello che Tecna credeva essere un ramo, era in realtà una scalinata ricoperta di materiale plastico ed era l'unica cosa che non era ricoperta di foglie; analizzando i dati, si rese conto che era stata costruita diversi anni addietro e che era stata attraversata da poco da due persone, almeno a giudicare dall'indicatore di calore del suo computer.

Tony guardò prima lei e poi giù. «Che... che facciamo?»

«Proviamo a scendere...» propose Tecna. Le sembrava la cosa migliore da fare, soprattutto perché l'idea di tornare fuori non la rendeva propriamente entusiasta. Flabrum non le piaceva così come non le piaceva l'Isola su cui erano capitati. Ma, si disse, sempre meglio dentro e nascosti, che fuori ed esposti.

Così, quatti quatti, fecero le scale una ad una, intorno allo spesso tronco, fino a che la strada non smise di girare intorno all'albero, ma continuò dritta, verso il fogliame, prima di scendere di nuovo a picco fino ad uno spiazzo erboso, dove gli alberi erano meno fitti. La strada, però, continuava, liscia, illuminata e incassata nel terreno, aggirava una grossa quercia e spariva tra la boscaglia.

Tecna si rese conto che lì c'era stato qualcuno, l'erba era calpestata in più punti e, probabilmente, se avesse usato le Ali della Traccia Magica, avrebbe sicuramente ritrovato quella di Stella e di Bloom. Alzò gli occhi verso la volta di rami e foglie che costituiva il soffitto impenetrabile e le parve di vedere un'ombra muoversi nella boscaglia, un bagliore bianco, o qualcosa del genere che scomparve nell'attimo stesso in cui sbatté le palpebre.

Tecna credette di esserselo solo immaginato.

«Tecna, attenta! È una trappola! Ah!»

Il grido stridulo di Stella spezzò l'inquietante silenzio. Le foglie tremarono. Tecna girò lo sguardo e, un attimo dopo, un vento gelido e potente, la investì come quando si era gettata dalla navetta; ebbe i riflessi abbastanza pronti da riuscire ad allungare le braccia innanzi a sé per richiamare una gabbia di dati che avrebbe dovuto proteggerla. Fu veloce, ma non abbastanza per proteggersi da un secondo attacco: il vento la investì con violenza e lei si ritrovò sbalzata all'indietro. Inciampò su Tony e cadde a terra, stordita, come se fosse stata spinta da due mani senza consistenza che la attendevano.

Alzando lo sguardo, le parve di vedere un paio di stivali neri e lucidi e, sollevando appena la testa, un mantello bianco con il cappuccio che copriva il volto di qualcuno e le impediva di riconoscere i suoi lineamenti. Ma a Tecna non sarebbe servito: lei aveva già visto un abbigliamento simile. Lo sapeva chi c'era dietro quel cappuccio.

Non è possibile. Lui non può essere qui.

«Tu...» ringhiò, con rabbia.

Ma lui non rispose. Sollevò appena una mano avvolta in un guanto bianco e un forte alito di vento si abbatté su di lei, senza che potesse fare niente per fermarlo.



Ecco, siamo arrivati al famoso capitolo sette di cui sto parlando da eoni e che spero sia stato di vostro gradimento e che non vi siate addormentate sulla tastiera. Non ho scritto una parola su questa storia da gennaio, ma ho un tantino la testa altrove (con la parola primavera ho detto tutto XD ).

Non ho molto altro da aggiungere, ma voglio fare un po' di pubblicità occulta alle altre storielle di questo fandom (e ringraziare infinitamente le persone che ancora preferiscono/ricordano/seguono la mia prima storia sulle Winx, “Quando una strega è in libertà vigilata...”).

Quindi, se volete leggere delle brevissime fic scritte da me, eccole qui:


Non mi resta che ringraziare chi continua a leggere e a inserire la storia in una delle tante liste e a darvi appuntamento al prossimo capitolo, se vorrete.

Luine.

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Capitolo 8
*** Gelosia ***


Capitolo 8.

Gelosia


«Mi raccomando, ragazzi, fate molta attenzione.» esclamò Sky, risoluto, guardando prima Timmy, poi Aisha e Nabu, Flora e Helia, infine, Musa e Riven. Quei due erano ancora ai ferri corti, pareva, e non sembravano proprio avere alcuna intenzione di perdonarsi quel loro nuovo motivo di screzio con così tanta facilità. Solo che, adesso, non aveva il tempo per occuparsene, anche se sperava che quei due la smettessero di litigare in vista della grande crisi che aveva già colpito Magix e che stava per incombere sulla Terra: doveva partire, insieme a Brandon e Klaus per Alfea e la cosa lo preoccupava, si sentiva come se stesse per succedere qualcosa di molto spiacevole.

Avevano fatto arrivare una navetta da Fonterossa sulla stessa collina dove Roxy aveva portato le ragazze per la gara di aquiloni: quel giorno era deserta e nessuno si sarebbe accorto del portale che la navetta aveva aperto per entrare nel mondo degli Terrestri. Quando si era aperto il portellone, si erano aspettati una squadra di giovani Specialisti, invece, avevano accolto il professor Codatorta in persona. Brandon aveva sussultato, quando l'aveva visto.

«Ma guarda chi si rivede!» aveva esclamato, contento.

«Non avevo molti Specialisti da mandare.» aveva replicato il professore, alla muta domanda che lesse negli occhi di tutti i ragazzi. «Come avrete saputo, ci sono dei grossi problemi a Magix. Ma... esattamente... qual è il nostro ospite speciale?»

Klaus aveva fatto un passo avanti e tutti quanti si erano quasi aspettati di vedere la barba di Codatorta cominciare a ruotare intorno alla sua bocca. Per un attimo, un mezzo sorriso aveva increspato le labbra di tutti, tranne quelle di Klaus che, naturalmente, non sapeva niente di Specialisti e dei loro professori. Il burbero Codatorta, inoltre, poteva ispirare soggezione e poca fiducia in coloro che non lo conoscevano.

«Sono Klaus.» disse, allungandogli una mano che Codatorta, non capendo il gesto, non afferrò. Questo creò un po' di imbarazzo e le parole gli morirono in gola. Sky gli pose una mano sulla spalla in segno di incoraggiamento.

«Professore, il padre di Roxy, l'ultima fata della Terra, ha bisogno di vedere sua figlia. Inoltre, vogliamo partire con lui e, oltre a proteggerlo, desideriamo raggiungere le nostre ragazze. Sembra che siano in missione su Domino e che sia una faccenda piuttosto delicata.»

«Sì, una faccenda da Specialisti!» aveva annuito Brandon, convinto.

Codatorta non aveva chiesto troppe spiegazioni e, anzi, sembrava aver fretta di tornare indietro. «Se non me l'avesse chiesto Faragonda in persona, non l'avrei fatto, ma a quanto sembra sono costretto a portarlo su ad Alfea. Andiamo.» disse e nessuno di loro capì bene quel discorso. «Il tempo stringe.»

«Perché non dovrebbe andare ad Alfea?» chiese Brandon, ma nessuno gli rispose. Sky non lo sapeva e Codatorta non era prodigo di spiegazioni, in quel momento soprattutto che stava usando per squadrare il mingherlino Klaus. Aveva borbottato qualcosa che nessuno aveva capito, prima di voltarsi indietro, verso la navetta.

«Credo di non stargli molto simpatico...» mormorò il padre di Roxy, all'orecchio di Sky che sorrise.

«Ah, non ti preoccupare. Codatorta è fatto così, ma è una brava persona e ci aiuterà con ogni mezzo possibile!» l'aveva fatto salire sulla navetta, seguito da Brandon e Timmy. Lui, invece, era rimasto un altro po' a terra, a guardare i suoi amici e Musa e Riven lontani l'uno dall'altra.

«Fate attenzione e, se dovesse succedere qualcosa, inviateci un messaggio e saremo da voi... con o senza lo Scettro di Domino.» disse.

«Non preoccupatevi per noi!» chiese Flora, pallida in volto.

«Ce la caveremo. State attenti voi, piuttosto. E buona fortuna.» mormorò Aisha, quasi avesse avuto paura a dirlo a voce un po' più alta. Sky annuì. Voleva essere rassicurante per infondere negli altri un po' di coraggio, ma vedeva dagli occhi di tutti che quella era la situazione più disperata che potessero affrontare: dovevano combattere contro i loro stessi sentimenti negativi e sarebbe stata molto dura.

Salì a bordo della navetta e, anche allora, non smise di guardare a terra le sei persone che aveva lasciato, non senza provare ancora una volta una strana sensazione di imminente pericolo. Pensò a Bloom e, chissà perché, sentiva un nodo alla bocca dello stomaco che non voleva saperne di sciogliersi.

Brandon gli posò una mano sulla spalla, lo guardava come se avesse capito il suo stesso stato d'animo e lo provasse a sua volta. «Arriveremo in tempo.» lo rassicurò, anche per convincere se stesso.

Sky annuì, guardando in basso gli Specialisti e le Winx rimasti sulla Terra che rimpicciolivano sempre di più. Poi ci fu un bagliore accecante e la Terra scomparve, lasciando spazio ad un universo immenso e punteggiato di stelle lontane. Erano tornati nella Dimensione Magica e, adesso, dovevano solo dirigersi ad Alfea.

Bloom, pensava Sky, i pugni stretti e l'espressione risoluta, sto arrivando!


§


Mentre la navetta spariva oltre il cielo, le tre Winx continuavano a tenere lo sguardo puntato su di esso, come se potessero bucarlo e vedere oltre di esso, Alfea e le loro amiche, magari corredate di uno scettro che si sarebbe rivelato la soluzione di tutti i loro problemi. Aisha fu la prima a distogliere lo sguardo. Ormai le loro amiche dovevano già essere arrivate su Domino: come mai non avevano chiamato? Forse c'era stato qualche imprevisto? Le si contorse lo stomaco per la tensione e non osò andare oltre con le apprensioni. Guardò, però, l'ora all'orologio da polso che aveva regalato a Nabu per l'anniversario del loro primo incontro, e vide che mancava poco più di un'ora alle tre. Un pensiero attraversò la sua mente e la fece sussultare.

«Musa! La tua canzone!» le ricordò, concitata.

Musa annuì, con aria assente, i suoi occhi, come quelli di tutti gli altri, erano posati sul cielo, là dove la navetta era sparita.

«Devi andare!» la ammonì la fata dei fluidi, con cipiglio severo, afferrandola per la spalla. «Ricorda cosa abbiamo detto: tenere alto l'umore dei terrestri!»

«Sì, è vero!» esclamò Flora. «Con la tua voce e le tue bellissime canzoni ci riuscirai sicuramente!»

Musa si girò e rivolse loro un sorriso di stanca gratitudine. «Grazie, amiche mie!»

«E mentre tu inciderai il tuo singolo, noi andremo al Love & Pet! Ci sono molte persone che aspettano che ci occupiamo dei loro cuccioli e ormai sono due giorni che siamo chiuse.» continuò Aisha, con un'allegria che non provava, ma che riuscì ad essere contagiosa anche per gli altri.

«Giusto!» annuì Timmy, prendendo per le spalle Riven e Helia, rivolgendo alle ragazze un sorriso a trentadue denti. «E visto che anche il Frutti Music Bar sarà chiuso, vi daremo una mano!»

«Davvero?» esclamò Flora, aggrappandosi al collo del suo ragazzo. «Oh, Helia, sarebbe meraviglioso!»

Riven distolse lo sguardo, scettico. «Bah.» fu il suo unico commento.

Helia gli diede una gomitata nello stomaco. «Ci divertiremo molto, vero amico?» esclamò, scoccandogli un'occhiata di rimprovero.

Lo Specialista arricciò le labbra, poi guardò Musa che, in quel momento, lo stava guardando come per valutarlo; distolse il suo, irritato. «Sì, certo... tantissimo.» mentì, a malincuore e ancora molto scettico in proposito.

«Andiamo, allora.» li esortò di nuovo Aisha.

Lasciarono la collina a piedi, cercando di trovare argomenti divertenti di cui parlare, Aisha punzecchiò Musa a proposito della cottarella che Jason Queen aveva per lei. Lei arrossì lusingata, ma, anche in imbarazzo, le chiese di smetterla. Riven, però, non trovò la cosa divertente allo stesso modo: divenne ancora più torvo e non partecipò alla conversazione, anche se Helia e Nabu cercavano in tutti i modi di tirarlo in ballo e di farlo almeno sorridere. Quello era l'unico modo che conoscevano per allontanare le Furie, ma si sentivano un po' stupidi a ridere come dei matti, quasi volessero affermare: «siamo troppo felici, Furie pussate via!», cosa che non avrebbe convinto neanche un vecchio rimbambito e soprattutto Riven che si stava rodendo di gelosia e riusciva solo a pensare a Musa e alle sue guance che diventavano rosse al solo sentir parlare di quel produttore da strapazzo.

Per Riven, poi, far parte di quella comitiva di sciocchi, così come li definì lui, non fu facile e lo divenne ancora meno, quando, arrivati al Love & Pet, videro che c'era già una coda che non finiva mai. Si accorse che c'era più lavoro di quanto si aspettava di dover fare: venne sistemato al lavaggio dei cuccioli e, armato di spugna, shampoo e asciugacapelli speciale, si maledisse di aver accettato per amore di Musa: lei neanche aveva apprezzato lo sforzo, non un grazie, non un sorriso. Era andata di sopra, a casa, per cambiarsi ed era scesa giù vestita di rosso, i capelli appuntati sulla nuca.. Riven aveva sentito il sangue ribollirgli in testa. Avrebbe volentieri scagliato lontano la spazzola che teneva in mano e che stava usando sulla schiena di uno di quei piccoli essere pulciosi, mentre lei era circondata dalle sue amiche che le dicevano quanto stesse bene. Le avrebbe imposto di non andare e poi sarebbe andato a spaccare la faccia a Jason per il solo fatto che pensava di potergli rubare la ragazza.

«Jason ti cadrà ai piedi, vedrai!» rise Aisha.

Riven avrebbe tanto voluto gridarle di smetterla, invece, abbassò lo sguardo stringendo tanto forte la spazzola da arrivare a frantumarla. Arrabbiato, decise di ignorare Musa e quelle galline delle sue amiche e di continuare a fare il suo lavoro. Continuava a ripetersi che non importava, che andava tutto bene, ma nessuna delle due cose era vera: non poteva fare a meno di pensare che la sua ragazza si fosse agghindata in quel modo per Jason Queen, che l'espressione emozionata e il rossore sulle sue guance fossero dovuti all'impazienza di vederlo.

Riven non aveva mai sofferto tanto in tutta la sua vita: si era fidato di una donna e lei gli aveva dato un due di picche che riteneva di non meritare. Rabbioso, spazzò via le lacrime con la mano che sorreggeva la spazzola; nella foga, rovesciò la vasca e si versò addosso tutta la schiuma. Molti cuccioli magici, compresi quelli delle Winx, andarono a sguazzare in mezzo alle bolle, ridendo spensierati; le clienti li seguirono presto, divertite dal buffo spettacolo di lui, con una paperella in testa e l'acqua e il sapone che gli grondavano da ogni dove. Persino Musa rideva, ma la cosa non gli fece piacere: umiliato come non mai, si alzò e se ne andò, sotto lo sguardo e le risate generali.

Si rifugiò nel bagno attiguo al negozio, prese un asciugamano e si strofinò per bene, ottenendo solo di spalmarsi il sapone addosso. Rabbioso, scagliò l'asciugamano contro il muro e diede un calcio al muro. Avrebbe tanto voluto avere qualcosa da rompere, ma non fece in tempo a raccogliere il portasapone che qualcuno, con un tempismo da manuale, andò a bussare alla porta.

«Riven?» era la voce di quella scocciatrice di Flora.

«Che cavolo vuoi?» abbaiò, in risposta. «Vattene!»

«Pensavo che... forse... ti farebbe piacere farti una doccia... qui ci pensiamo noi! Dico davvero, puoi usare il bagno in camera di Bloom e Stella.» Riven non rispose, guardò la propria patetica immagine riflessa che gli restituiva uno sguardo spento.

«Sì.» borbottò. Non si sentiva più tanto arrabbiato, adesso, o sicuro di sé. Aveva voglia di essere lasciato solo o di sprofondare.

«Ah, Riven?»

«Che altro c'è?» sbottò, infastidito.

«Sei stato molto carino, poco fa.» rispose Flora. «A fare quello spettacolo, intendo... hai fatto ridere tutti.»

«Lo so da me, grazie!» gridò lo Specialista, aggressivo.

«No... io... io intendevo...»

«Sparisci, Flora!»

«I-io... non volevo dire...»

«Vai via!»

Flora esitò. «O-okay.» borbottò, dopo un po', e fece come le aveva chiesto, ma Riven non si sentì meglio come aveva sperato. Anzi, si sentiva anche peggio: il pensiero di Musa con un altro, da sola, in una sala di registrazione, gli dava i brividi e lo faceva impazzire di gelosia.

E allora corri a prenderla, no?

Riven alzò la testa di scatto e guardò attraverso lo specchio l'angusto spazio del bagno. Girò la testa da una parte all'altra, cercando il proprietario della voce che era sibilante, fredda; Riven si ritrovò a pensare che, semmai un serpente avesse parlato, avrebbe avuto quella voce.

Pensò di esserselo immaginato, o che fosse stata la sua stessa testa a parlare, ma non ci credeva davvero. Proveniva da qualche parte intorno a lui, ma non sapeva bene dove.

Non pensi alla tua ragazza, che è tra le braccia di un altro? Ricordi come si è messa in ghingheri per lui? Come si chiama? Jason Queen? Ah, che nome banale... e poi è un terrestre... tu e lei, invece, appartenete allo stesso mondo, avete respirato follia e condiviso tanti momenti, belli e brutti per tanto tempo. Lei dovrebbe ricordarlo, invece cosa fa? Ti molla per il primo biondino con i baffi che passa per strada e che le vende sogni come se fosse un bel vestito. Così lei dimentica quello che avete passato, dimentica quanto la ami. Non senti il bisogno di picchiarlo a morte per averti portato via tutto?

Sì, Riven sentiva quel bisogno, solo che si frenava perché era sbagliato: capiva che Musa non avrebbe apprezzato il gesto, non lo avrebbe capito.

È così, amico mio, rispose la voce. Lei non capirebbe. Non ci si può fidare delle fate. Sempre così buone, dolci e poi si dimostrano peggio di chiunque altro: sono pronte a voltarti le spalle non appena capita loro l'occasione.

Riven abbassò il capo, come esausto, e guardò dentro il lavandino, senza davvero vederlo: che cosa significano quelle parole? Chi era che parlava? Capiva di non doversi fidare di quella voce disincarnata e, anzi, di doverla combattere, ma non riusciva a non ascoltarla: diceva cose giuste, cose che aveva sempre pensato, ma che si era sempre vergognato di formulare persino con se stesso, nel buio della sua camera, in quello squallido appartamento che era costretto a condividere con altri cinque idioti che scodinzolavano dietro le loro ragazze e non si accorgevano di comportarsi come patetici cani.

Già, ti vogliono far credere che l'amore sia quella ragazza, i tuoi cari amici, ma quella ragazza non ti desidera. Si è annoiata, vuole uomini più maturi, che possono offrirle la realizzazione dei suoi sogni. Questa donna non ti ama. Questa donna si comporta così perché non sei come gli altri, perché tu non scodinzoli. Merita di morire.

Morire? No... nessuno meritava di morire per così poco, ma Riven voleva che Musa soffrisse almeno un po'. Lui stava soffrendo come un cane e gli sarebbe piaciuto che lei provasse almeno un quarto delle emozioni che lo stavano spaccando in due e rischiavano di ucciderlo.

Qualcosa doveva farla. Ma cosa?

Oh, è molto semplice: se non vuoi che muoia lei, prenditela con lui. È lui che te l'ha portata via, è a causa sua che stai soffrendo. È a causa sua che la tua ragazza non ti vuole più. Quando lui sarà sparito dalla vostra vita, lei sarà tutta per te!

Riven scosse la testa, si portò le mani sulla testa, convinto che stesse per scoppiargli. No, c'era qualcosa di sbagliato in quelle parole sussurrate da un serpente, c'era qualcosa di malvagio e spaventoso. «Ora basta!» esclamò, a voce alta, e si odiò per il tono piagnucoloso che sentì uscire dalla propria bocca. «Vattene! Non tormentarmi più.»

Mi spieghi come la tua stessa coscienza potrebbe smettere di tormentarti? Dovresti non avere più una coscienza, per poterla far tacere... devi fare qualcosa per riprenderti la tua Musa. Devi schiacciare l'insetto che vi divide, devi fargliela pagare. Non vuoi ucciderlo? Fagli capire chi è che comanda, chi è il ragazzo di Musa, chi è che la ama davvero.

Riven cadde in ginocchio. Le forze gli mancavano senza che lui ne capisse il motivo; tremava e non per il freddo. La voce diceva la cosa giusta: Musa doveva capire chi era l'uomo giusto per lei, doveva capire che non era Jason Queen, che faceva l'interessante solo perché lei aveva una bella voce e voleva vendere i suoi dischi per fare tanti quattrini. Non gli importava proprio di Musa come persona.

Bravo, vedo che hai capito. Vai subito agli studi di registrazione. È bene battere il ferro finché è caldo, finché lei è ancora confusa e indecisa! Va' e non voltarti. Va'. Riprenditi ciò che è tuo e non permettere a nessuno di portartelo via. Spazza via coloro che vogliono sbarrarti la strada.


§


Musa aveva finito di incidere l'ultima delle canzoni del suo singolo e si sentiva sfinita. Jason, quando era uscita dalla sala, l'aveva invitata a prendere un caffè, per parlare d'affari, così aveva detto. Ma il parlare degli affari si era presto tramutato in una chiacchierata tra amici, avevano riso e scherzato, parlato del più e del meno e Musa non si era mai sentita tanto a suo agio.

Non riusciva a non pensare che Jason Queen fosse una persona davvero interessante e piacevole, una persona adulta, matura, con la quale potersi confrontare senza avere paura di una reazione negativa o di una scenata di gelosia immotivata. Sembrava un tipo capace di fidarsi e di amare in modo sano, dando ad una ragazza ciò di cui ha più bisogno: sicurezza e tenerezza, cose che Riven non riusciva più a darle da tempo. Mentre parlava, rideva e mangiava con lui, Musa aveva continuato a fare confronti tra lui e il suo ragazzo – si poteva considerare ancora il suo ragazzo?

Era inutile: su qualunque fronte provasse a metterli a confronti, Riven andava sempre in perdita.

«Allora brindiamo, Musa.» esclamò ad un tratto Jason, prendendo il proprio bicchiere ricolmo. Arrossendo, lei lo imitò.

«A cosa brindiamo, Jason?»

«A te, e al tuo straordinario talento.»

Ancora più rossa, Musa annuì e, dopo aver fatto tintinnare il bicchiere contro quello di lui, bevve un lungo sorso. Si sentiva bene davvero, quella sera. Nessuna Furia avrebbe potuto attaccare lei o il suo compagno. Nessuno avrebbe potuto intaccare la perfezione di quel momento. Tranne, forse...

«Riven!» esclamò, balzando in piedi. Lui era fuori del locale e stava fissando, attraverso il vetro, proprio lei e con un'espressione omicida. Non era uno sguardo che lei avrebbe saputo associare a Riven. Lui non era capace di poter esprimere un odio così potente. Musa aveva anche dei seri dubbi che si trattasse davvero di lui. Guardò Jason che, curioso, aveva seguito il suo sguardo fino a Riven il quale, immobile, la guardava fisso senza accennare a volersene andare o a smettere.

«Non è il tuo ragazzo, quello?» domandò, quasi incurante.

«I-io... torno subito, aspettami qui, Jason.» gli chiese Musa, cercando di modulare nel miglior modo possibile il tono di voce. Ma lei si sentì tremare ugualmente e, mentre si avvicinava all'uscita e a Riven, si chiese di tenere gli occhi bene aperti: c'era qualcosa che non quadrava e aveva una pessima sensazione.

Uscì all'aria della sera che, stranamente, sembrava essersi fatta ancora più gelida. «Riven!» esclamò, per attirare la sua attenzione, ma non ce ne sarebbe stato bisogno, perché lui la stava fissando già da un po', come un animale che abbia puntato la sua preda. Musa sentì di avere una certa paura e che le stava correndo un lungo brivido lunga la spina dorsale. «Riven, perché mi guardi così? Cos'è successo?»

«Hai anche il coraggio di chiederlo.» la sua voce sembrava più il sibilo di un serpente che non la voce di una persona. «Stai facendo la smorfiosa con quello, ecco cosa è successo!»

Musa si accigliò. Ora capiva il motivo di quello sguardo, capiva molte cose. «Non hai il diritto di...»

«Non ho il diritto?» sibilò Riven, con malignità. «Te lo faccio vedere cosa ho o non ho il diritto di fare!» afferrò la propria spada.

Musa si irrigidì e fece un passo indietro, ancora più spaventata. «Riven... che cosa?»

«L'hai voluto tu. Ciò che succederà d'ora in poi, sarà colpa tua!»

La fata non capì quelle parole finché lui, con la spada, non colpì con tutta la propria forza il vetro del locale. Urla e terrore che avrebbero alimentato le Furie squarciarono l'aria calma della sera; Musa sentì la paura sfiorarla e un vento gelido penetrarle la pelle, facendola rabbrividire. Per un attimo, rimase paralizzata a guardare, incapace di prendere in mano la situazione, cercando di raccapezzarsi e di capire chi fosse il pazzo con la faccia di Riven che stava facendo tutto quello.

Intanto lui entrò nel locale, inesorabile, con un ghigno maligno stampato in faccia. Puntava verso Jason Queen che lo fissava con un'aria smarrita ed incredula, timoroso e desideroso di scappare. Musa sapeva di dover far qualcosa per salvarlo, ma non fu lui a darle la forza di reagire. Non riusciva a fare altro che pensare a Riven, a ciò che gli era successo, alle tante volte che era stato raggirato da qualcuno e usato per i suoi scopi; in quel momento si sentì in colpa per quello che aveva fatto: mentre lei si divertiva e provava piacevoli emozioni in compagnia di Jason Queen, Riven si rodeva di gelosia, facendo sì che diventasse un perfetto bersaglio per le malvagie Furie. Come aveva potuto essere così superficiale? Ci aveva anche pensato, quella mattina, ad Alfea!

Aveva preso la cosa sotto gamba: non riusciva a credere che la sua gelosia l'avesse portato a compiere da solo quell'atrocità, a portare il terrore in così tante persone che, adesso, se ne stavano abbracciate tra loro sotto i tavolini o al bancone. No. C'entravano le Furie e lei ne era alquanto sicura, anche se si erano manifestate in modo diverso che con Bloom e Roxy. Le parole di Faragonda le attraversarono la mente e capì cosa era successo: quello che tanto tempo prima era successo su Domino, qualunque cosa fosse, stava capitando di nuovo e proprio di fronte ai suoi occhi.

«Fermati!» gridò con quanto fiato aveva in corpo. Ma Riven non la ascoltava: era arrivato di fronte a Jason e l'aveva sollevato da terra prendendolo per il bavero. Musa cominciò a correre verso di lui, attraverso il vetro del bar.

«Riven! Riven, ascoltami! Ti sta controllando una Furia, devi combattere contro di lei! Riven!»

Lui sogghignò malvagio di fronte all'espressione confusa di Jason.

«Che cosa vuoi da me?» gli chiese l'uomo, divenuto cianotico per via della stretta poderosa di Riven.

«Voglio che tu sparisca dalla faccia della terra!»

Musa non pensò più, terrorizzata com'era: si trasformò in fata Believix. Era combattuta, però: non poteva usare i suoi poteri per fermare Riven. Avrebbe potuto fare del male a lui o a tutti gli altri. Doveva agire in fretta e il modo migliore che trovò fu quello di addormentare tutti. Pure Jason.

Allargò le braccia e, con i suoi poteri, intonò un canto che ebbe il potere di far crollare tutti in un sonno profondo. Riven, però, non cadde addormentato e neanche Jason che gli sferrò un pugno e lo fece barcollare all'indietro; stupefatto, Riven si girò verso di lei con uno sguardo assassino che la fece indietreggiare di nuovo, mentre anche Jason, con uno sguardo maniacale e un sorriso a dir poco spaventoso, la fissava come se volesse farle del male, quando, fino a poco prima, aveva brindato a lei e alla sua splendida voce. Sembrava passata un'eternità da allora, sembrava appartenere ad un'altra vita.

«J-Jason?»

Musa fece un passo indietro; guardò Riven che cominciò a ridere sguaiatamente. «Hai paura, vero, fatina?» la schernì.

«No, ti sbagli!» si impose di non avere paura, farlo avrebbe voluto dire venire sconfitta o farsi catturare a sua volta: quello non era il vero Riven, era solo una Furia che si era impossessato del suo corpo e che, adesso, voleva vendetta contro di lei, qualunque fosse il motivo.

Si rivolse a Jason. Cosa gli era successo? Perché aveva quello sguardo e stava accanto a Riven con quell'aria servile e con quello strano sorriso, dopo che l'aveva colpito con violenza? Il cuore le batteva e la sua testa non trovava risposte. Di quello, Faragonda non aveva parlato.

Fu lui il primo ad attaccare e Musa lo scansò volando via e rimanendo ferma sulle loro teste.

Riven si riprese stranamente in fretta e con un agile balzo con capriola, cercò di colpirla all'altezza dell'addome per farla cadere. Musa usò uno scudo magico per proteggersi. Riven cadde, producendo uno schianto fragoroso e frantumando un tavolo e ciò che c'era sopra. «Coraggio, fatti avanti!» lo sfidò, atterrando di fronte a lui e fissandolo con risolutezza. «Non ho paura di te! So che non sei lui!»

Riven, disteso sui resti rise di gusto e in modo agghiacciante, una risata che ebbe il potere di farle rizzare i capelli in testa e farle venire la pelle d'oca. «Non dimentichi qualcosa, fatina?» le chiese. Musa corrugò la fronte. Il suo primo impulso fu quello di usare la magia per colpirlo: ma non voleva fare del male a nessuno, soprattutto a Jason che doveva essere stato preso da un incantesimo di cui neanche Faragonda sapeva niente.

Il pensiero la colpì come un fulmine. Jason. Ecco cosa dimenticava! Si voltò, ma era già troppo tardi: l'uomo affascinante e maturo con il quale aveva passato dei momenti piacevoli, adesso si era gettato su di lei per colpirla. Musa saltò in alto e lo usò come perno per saltare più in alto, facendogli così perdere l'equilibrio e cadere in avanti.

Si voltò di nuovo e tornò a fissare Riven che si era rialzato e che si stava pulendo di dosso i frammenti delle stoviglie che aveva frantumato cadendo. «Riven, ribellati alla Furia! So che puoi farlo e so anche che mi senti!» gridò, volando in picchiata su di lui, con una mano tesa. «Lo so che sei un musone e so anche che tra noi le cose non vanno bene, ma tu sei più forte di una Furia! Ribellati, Riven, se sei tu! Non puoi lasciare che ti controlli! Tu non sei un burattino, non lo sei mai stato! R... ah!»

Lui afferrò quel braccio e la costrinse ad avvicinarsi al suo viso così tanto che Musa ne sentì il fiato, freddo come la morte. «Che svenevole!» le sbuffò sul viso, con disprezzo; l'attimo dopo, come se lei fosse stata una piuma, riuscì a scaraventarla dietro le spalle. Il mondo di Musa ruotò su se stesso e lei si sentì sbalzare all'indietro a grande velocità contro il muro. Andò a sbattere contro un quadro che le cadde addosso e la costrinse a gridare di nuovo di dolore, quando entrambi caracollarono al suolo.

Tremando per la tensione e per il dolore, la fata si puntellò sulle mani e sulle ginocchia, cercando di rialzarsi, lo sguardo rivolto verso Riven sul cui volto vi era un'espressione folle; sotto i suoi occhi si erano formate occhiate scure che gli davano un'aria ancora più inquietante. Musa si sentì rabbrividire ancora una volta. Provò ancora a parlare, ma Riven, ovunque era, non la sentiva. Forse era addormentato, nascosto da qualche parte nel proprio corpo e la Furia, per qualche strana ragione, lo stava controllando. Dopo Mandragora e le Trix, adesso la Furia.

Musa sentiva una grande angoscia invaderla e un forte senso di gelo avvolgerla, le lacrime lottavano per cadere sulle sue guance, ma le ricacciò indietro. Si rifiutò di cedere, o di ascoltare la voce che, come un'eco, la richiamava irresistibilmente. Avrebbe salvato Riven, come era giusto che facesse e solo poi si sarebbe occupata dei suoi demoni personali. Era quello che doveva fare e l'avrebbe fatto a qualunque costo.

«Riven!» lo chiamò ancora e Jason, apparso dal nulla, come se avesse usato quello come segnale, le prese le braccia, bloccandogliele dietro la schiena e la costrinse a sollevarsi e a mettersi in ginocchio. La Furia, con gli occhi di Riven, la guardò e un lampo attraversò gli occhi del ragazzo così brutalmente trasformato e le parve di veder tornare il suo ragazzo che la guardava a così breve distanza da lei.

«Non dici più niente, ragazzina?» sibilò con una voce fredda e sibilante Jason, dietro di lei.

In quel momento, Riven strinse la spada e se la portò dietro la testa, pronto alla carica. Cominciò a correre verso di lei che, sgranando gli occhi, capì cosa voleva fare.

«Riven, no!» gridò.

Non è più lui, non è più lui, disse una voce nella sua testa, ma non quella di Musa, un'altra, una voce melodiosa eppure infinitamente triste e anche molto familiare. La Furia della Gelosia l'ha preso con sé. Ormai non c'è più niente da fare. Non si fermerà e non lo lascerà finché non avrà distrutto il motivo della sua gelosia.

Musa si ritrovò improvvisamente sola, in un universo buio e senza pareti, sconfinato e capì dov'era finita: Bloom l'aveva descritto, la sera prima, quando avevano vegliato su Roxy.

Non c'era nessuno. Non c'era Riven e neanche Jason. E lei si rialzò velocemente, come se avesse avuto paura di poterli ritrovare.

«Dov'è Riven?» chiese, impaziente.

«Non qui.»

La voce, adesso, non era più nella sua testa, ma fuori da lei, da qualche parte lì intorno. La cercò con gli occhi, voltandosi da una parte all'altra e ruotando su se stessa lentamente. E poi, dopo il terzo giro, vide la Furia che era con lei, quella dolce e triste voce apparteneva ad una ragazza seduta su una sedia di fumo; un mantello informe la ricopriva e Musa non riusciva a vederla in faccia.

«E dove?»

«In un limbo, proprio come te.»

«Lo devo trovare!» Musa scattò verso un punto lontano dalla Furia, ma, ben presto si accorse di non essersi allontanata, o se l'aveva fatto, la Furia l'aveva seguita. Ma allora perché era sempre così vicina e immobile, come se non si fosse mossa, senza un filo di fiatone come, invece, era accaduto a lei? «Ma tu chi sei? Bloom mi ha detto che le Furie sono crudeli e malvagie!»

«Alcune lo sono.» rispose quella, affranta.

Musa non capì. «E... e tu no? Con chi credi di parlare? Io non ti credo!»

«Io ho bisogno di nutrirmi. Faccio questo solo per nutrirmi, non perché sono malvagia. Tu mi hai chiamata e ora sono qui. Sei una fata e quindi i tuoi sentimenti negativi sono più facili da sentire rispetto a quelli degli altri. La Gelosia, ogni tanto, mi accompagna, oppure lo fa la Morte, il Dolore e anche l'Ira. Ma oggi è stata la Gelosia a voler venire con me. È tutto il pomeriggio che vi seguiamo e, sebbene non mi sia piaciuto, ho dovuto. E poi... poi sei diventata così trasparente ai miei occhi che ho dovuto portarti con me.» la Furia sospirò.

Musa non capiva come potesse provare pena per quella Furia, quando sapeva che era malvagia e che voleva solo farle del male, eppure, i dubbi la assalivano: dato che era così disperata, era davvero possibile che lo fossero solo alcune e non altre? Era stata convinta che fossero tutte malvagie come quella che aveva attaccato Bloom e ora scopriva che ne esisteva una capace di provare sentimenti tanto quanto un essere umano. Era vero? O era solo l'ennesima bugia? «Qual è il tuo nome?» si ritrovò a chiedere contro ogni logica.

La Furia non si mosse, ma sospirò ancora con quel suo fare strappacuore. «Non lo sai?»

«Posso immaginarlo.»

«Allora riconosci di provare una sensazione negativa?»

«I-io...» Musa era più confusa, adesso, che altro: provava pietà per una Furia che l'aveva catturata. Che cosa stava succedendo? Era reale ciò che vedeva o sentiva? Non doveva fidarsi, era chiaro solo questo. Doveva andarci cauta, ma fece comunque un passo verso di lei, come se il suo corpo non le appartenesse più.

La Furia compì un gesto della mano e la invitò a sedersi. «Parla un po' con me. Non mi piace la solitudine.»

Musa non si mosse. Quella era la richiesta più bizzarra che le fosse capitato di ascoltare. E se fosse stato tutto un trucco?

«Devo tornare indietro! Il mio ragazzo è stato preso da una delle tue sorelle e io devo salvarlo!» non capì perché tentava di giustificarsi. Non ne aveva bisogno. Doveva subito tornare indietro. Il problema era che non sapeva come fare.

«Ti prego.» il tono della Furia si fece implorante e Musa sentì disagio; qualcosa nel suo cuore le chiese di prestare attenzione a quei modi gentili, ma la sua testa le chiedeva di prestare attenzione: le Furie erano malvagie, volevano distruggere i sentimenti positivi e cioè le fate, era il loro unico scopo. «Non te ne andare! Non lasciami sola!»

Musa sentì lo stomaco contrarsi in modo doloroso: perché le sembrava di capire perfettamente i sentimenti di quella Furia? Forse ora lo capiva: il suo tono di voce le ricordava qualcosa che aveva provato mentre Riven e Jason combattevano contro di lei come se fosse un nemico di cui liberarsi. Abbassò lo sguardo e non seppe cosa fare.

«Non posso...» mormorò, indecisa.

«Ti prego.»

Musa sospirò: che cosa ci sarebbe stato di male a dire di sì, almeno per un po'? Quella creatura era così sola, proprio come lei che aveva perso Jason e Riven. Ma anche le sue amiche avevano bisogno di lei, e anche Roxy. Il pensiero di quella povera ragazza, riversa in un alone di magia, da sola, a combattere contro qualche entità malvagia di cui non conoscevano la natura le diede nuova forza. E anche Bloom, che era andata fino a Domino per prendere lo Scettro che avrebbe aiutato l'ultima fata della Terra. «Non...»

Non concluse la frase, non ci riuscì. La Furia si girò verso di lei e Musa si era aspettata di vedere un volto, ma non vide altro che una cavità scura attorno al cappuccio senza forma e da cui emanava una strana sensazione di paura e morte, qualcosa che la bloccò all'istante e le spezzò il respiro. Capì subito cosa era successo, capì di essere stata ingannata e che non sarebbero stati cinque minuti, il tempo che avrebbe passato con lei.

«Tu!» esclamò, debole, mentre le gambe cominciavano a tremare, incapaci di reggerla in piedi. Crollò a terra, mentre una risata lamentosa e senza gioia usciva da quella cavità.

Poi si sollevò dalla sua sedia invisibile e camminò verso di lei con flemma, come se avesse saputo che la sua preda non si sarebbe mai spostata o cercato di reagire. Ma anche volendo, Musa non avrebbe potuto: era paralizzata sul posto, resa del tutto incapace di fare qualcosa per via della disperazione che la schiacciava come un macigno. Ed era la Furia a permettere tutto questo. Solo con uno sguardo. Non riusciva a capire. Doveva andarsene... Roxy e Bloom contavano su di lei.

Si inginocchiò di fronte a lei e le sfiorò il viso con le sue mani putride.

Roxy e Bloom...

«Ora,» sussurrò, dolente, la Furia.

contavano su...

«sei preda della Disperazione.»

di lei.




Donne! Era da un po' che non ci si sentiva, vero? Tanto immagino che tornerò presto in letargo. In questi ultimi mesi i miei ritmi sono stati serrati e alla prima occasione di vacanza non mi sono lasciata sfuggire l'opportunità di fare quello che mi riesce meglio: niente. XD

Insomma, per farla breve, sono stata una vera mucca con tutti: non ho risposto alle recensioni, non ne ho lasciate, non ho pubblicato... la mia era una presenza evanescente e muta, fino a che non ho pensato di tornare alla vita (ho già ripreso a pubblicare e recensire, con calma e parsimonia, ma a farlo, quindi ho anche risposto alle recensioni a cui non ho risposto da giugno o anche prima).

Il capitolo precedente non ha riscosso successo (e, come spesso accade, era quello che a me piaceva di più, ahahha), speriamo di rifarci coi prossimi, va'.

Vi lascio, con tanto di scuse e ringraziamenti per chi ha preferito la storia, commentato, ricordato e deciso di seguire.

Alla prossima, quando sarà.

Luine.

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Capitolo 9
*** L'Esercito del Vento ***


Capitolo 9.

L'Esercito del Vento


Quando si fermarono e tolsero loro i cappucci, le due fate e Tony furono accecati da una fonte di luce molto forte. Stella cominciò a gridare, Tecna scosse la testa, cercando di mettere a fuoco forme e colori, mentre il giovane Specialista gemeva ed emetteva suoni sconclusionati.

«La mia messa in piega!» stava gemendo, invece, Stella. «Lo sapete quanto ci ho messo per farmi venire i capelli così? Dannazione, spero proprio che abbiate i soldi per rimborsarmi, perché se no... ahi!»

«Silenzio.» le intimò una voce profonda, sconosciuta, così calma da essere fredda.

Tecna vide, ancora infastidita dalla luce, la forma indistinta della sua amica al suo fianco che si muoveva a disagio e lanciare un altro gridolino, senza che nessuno la toccasse. Ci mise un po', ma alla fine la vide e la sua messa in piega stava benissimo. Quello che interessava alla fata della tecnologia, però, era il luogo in cui erano state portate da... da chi?

Ben presto, la luce smise di essere così forte, o forse fu lei ad abituarsi, non riuscì a capirlo. Erano in una stanza circolare, bianca, sormontata da un soffitto di foglie, dalle quali pendevano molte lampade, il pavimento era lucido e di marmo bianco, le pareti alternavano tronchi d'albero ad altro marmo, costruendo così un solido muro compatto. C'erano alcuni uomini con loro, tutti vestiti di un mantello bianco e di stivali lucidi, e ognuno di loro era ugualmente impettito; i due di fronte a loro, davanti alla porta e due dietro, a protezione di quella alle loro spalle sembravano i più severi di tutti. La sicurezza di Tecna sul fatto che fosse stato Zephiro ad attaccarla vacillò all'istante: quando aveva visto quell'uomo vestito esattamente come lui, con un cappuccio sulla testa, aveva immediatamente pensato al principe di Flabrum. Ora veniva smentita dalla presenza di quei tanti uomini.

«Chi diavolo siete?» chiese, ma si rese conto che era una domanda sciocca: quello che l'aveva colpita era stato un soldato di Flabrum e, adesso, erano circondate dai maghi guerrieri di quel paese. Quindi, dedusse, erano andati a rifugiarsi in una base militare o comunque in un luogo controllato dall'Esercito. Restava solo da stabilire se quelli erano amici o nemici.

«Silenzio.» ripeté lo stesso uomo che l'aveva imposto a Stella, che le stava alla sinistra e che le tratteneva il braccio incatenato all'altro da una gabbia di energia magica che dava una leggera scossa, se si provava a muoversi. Era inconsistente, ma molto resistente e le ricordò il vento che l'aveva investita quando era arrivata su quel pianeta infido. Tecna trattenne sulla punta della lingua un'imprecazione e capì cosa rendeva la sua amica così nervosa. Faragonda l'aveva detto loro: erano maghi davvero molto potenti e ben addestrati.

«Silenzio un corno!» strillò Stella. «Sono la principessa di Solaria e intendo avere un trattamento di riguardo! Come vi permettete di prenderci prigioniere e di ammanettarci? Non siamo criminali, siamo fate!» cominciò a dimenarsi, incurante delle scosse. «Mio padre non sarà per niente contento! E non provate a toccarmi! Se osate disfarmi pure lo smalto, non so come potrei reagire! Il Regno di Solaria potrebbe davvero trovare molto offensivo questo vostro trattamento!»

Tecna guardò i due soldati di fronte a loro che, poco più che ragazzi, sorridevano appena, unico segno della loro simpatia per Stella. La fata della tecnologia provò a chiamarla per chiederle di smetterla di rendersi ridicola, ma apparve un altro uomo dalla porta di fronte che scorse verso l'interno della parete con uno scatto secco, riuscendo magicamente con la sua sola rigida presenza, a far tacere Stella che deglutì, in soggezione; anche i due soldati che si paralizzarono. Quello, capì Tecna, doveva essere un personaggio importante.

Il nuovo arrivato era alto, il mantello bianco che gli copriva le spalle metteva in mostra un abito blu scuro – lo stesso che aveva avuto Zephiro, in effetti – e sulla casacca erano appuntate diverse medaglie lunghe, sottili e d'argento. I suoi capelli corti di un azzurro così chiaro da risultare bianco alle forti luci delle lampade erano leggermente spettinati e gli conferivano una certa aria sbarazzina che spariva immediatamente quando lo si guardava camminare, così rigido e preciso. Era uno dei soldati di Flabrum, addestrato fin da giovane ad essere tale.

«Sono queste le spie?» chiese, fermandosi di fronte a loro e rivolgendosi a quello che tratteneva Stella.

«Spie? Noi non siamo spie!» gridò lei, indignata, al fianco di Tecna. Poi ripeté, in tono offeso, ma decisamente più basso: «Non potete trattarci così! Sono la principessa di...»

«Silenzio!» ordinò il nuovo arrivato, con la stessa intonazione di quello che aveva parlato prima. «Parlerete quando vi verrà chiesto.»

Stella accolse l'ordine con un certo disappunto. «Questo si chiama essere dei veri barbari! Guardate cos'avete fatto al mio completino! Ah, non vorrei avere uno specchio per tutto l'oro del mondo! E voi! Voi... quelle divise dove le avete prese? Sono così... così... uhmpf...» un bavaglio magico comparve sulla sua bocca non appena l'uomo con le medaglie fece schioccare le dita fasciate in guanti bianchi. Tony ridacchiò, mentre sul volto dei due ragazzi che prima avevano sorriso scappò uno sbuffo divertito. Solo l'uomo con le medaglie non tradiva la minima emozione. Guardò l'imbavagliata Stella che aveva cominciato a dimenarsi e a strillare suoni sconnessi e incomprensibili, prima di scoccare un'occhiata a Tecna, a Tony e, infine, a Bloom che era distesa su una barella fatta di vento, ancora avvolta dall'incantesimo di contenimento. Non erano stati così barbari come dichiarava Stella, dopotutto.

«Seguitemi.» tagliò corto l'uomo con le medaglie.

Seguiti dagli strilli di Stella, lasciarono la stanza e si diressero oltre un'apertura ad arco che li portò in un'armeria. C'erano una decina di altri soldati lì, anche loro vestiti di blu, ma nessun mantello e neanche il comportamento marziale che contraddistingueva gli altri. Alcuni stavano spolverando le armi, altri, invece, si erano fermati per guardare passare il gruppo che venne condotto fino alla stanza successiva, ma erano seduti o appoggiati alle pareti e si alzavano solo per fare un cenno di rispettoso saluto al loro superiore.

La stanza in cui erano dirette era un salone circolare, dentro cui aleggiava uno strano bagliore azzurro che infondeva una strana sensazione di pace e sicurezza, forse dato dal pavimento lucido. Le pareti bianche, costituite di uno strano materiale plastico simile a quello del pavimento, erano ricoperte di quadri, alcuni dei quali raffiguravano paesaggi di mondi lontani, altri ancora membri di una famiglia, uomini e donne dall'aria fiera e nobile. Si fermarono solo quanto furono arrivati al centro della sala in cui, oltre a loro, era presente solo un uomo girato di spalle, ricoperto da una veste bianca, nascondendo alla loro vista il ritratto che sembrava osservare con tanta attenzione.

«Comandante? Gli esploratori sono tornati e hanno portato con loro le spie.» gli fece sapere il soldato con i capelli scompigliati.

Stella sbuffò da dietro il suo bavaglio.

«N-non siamo spie!» borbottò Tecna. Tony tremava al suo fianco. Quell'atmosfera era resa tesa da quella presenza silenziosa girata di spalle e anche Tecna dovette dire di sentirsi in soggezione e di condividere appieno il tremore dello Specialista.

Fu lei, ancora prima dei soldati, che gli diede una gomitata per farlo stare più tranquillo: non potevano aggravare la loro posizione e lei doveva anche trovare un modo per liberarli da quella situazione spinosa, tutto il suo essere concentrato su Bloom, priva di sensi e distesa sulla barella galleggiante dietro di loro. Non avevano tanto tempo per salvarla. Provò a parlare, ma il soldato voltato di spalle girò appena la testa e distolse la sua attenzione.

«Molto bene, Terchibald.» la voce dell'uomo era bassa, molto calda, ma abbastanza forte perché vibrasse in tutta la stanza. Da lui emanava una certa aura di potere, tanta, in effetti, che anche Stella smise di strillare. Allora l'uomo si voltò, rivelando bei lineamenti forti, due severi occhi blu cobalto e una lunga capigliatura corvina. Quella che, da dietro era sembrata una veste, era in realtà un lungo mantello bianco, appuntato alla spalla sinistra da una spilla d'argento scintillante. Con un gesto della mano, liberò Stella del suo bavaglio, mentre si rivolgeva ai due soldati che, insieme a quello chiamato Terchibald, li avevano accompagnati fin lì. «Voialtri potete andare.»

«Oh, finalmente!» sbraitò la fata del sole e della luna, mentre i due soldati univano i tacchi e si allontanavano. «Vi sembra il modo di comportarsi con una fata del mio calibro?»

«Avete violato almeno sei o sette leggi vigenti nel Vecchio Regno e forse tutte quelle del Nuovo. Il trattamento che vi è stato riservato è stato decisamente cordiale.» rispose il comandante, squadrandoli uno alla volta, facendoli trovare tutti in una spiacevole posizione di imbarazzo. «Recate con voi uno degli Specialisti di Fonterossa. Ciò mi fa supporre che voi siete...» corrugò la fronte, cercando di valutare le due ragazze legate e in piedi di fronte a lui. «fate di Alfea?»

«Sono la principessa di Solaria!» strillò Stella, perdendo tutto l'imbarazzo e facendosi travolgere, invece, dalla rabbia e dal disappunto. Li stavano trattando come criminali. Stavano trattando lei come una criminale ed era un atto davvero troppo grave per poter essere ignorato, taciuto o perdonato. «Avreste dovuto mandare cori di benvenuto, invece che queste rozze guardie! Mi hanno rovinato tutto il vestito!»

«Siamo le Winx.» concluse Tecna, parlando a voce più alta per farsi sentire al di sopra delle proteste della sua amica. Fissava il comandante, cercando in lui un qualcosa che le permettesse di far breccia nella sua espressione granitica e le desse la possibilità di essere ascoltata. Aveva come l'impressione che qualunque cosa avesse fatto e detto, però, sarebbe stata inutile per ottenere la sua fiducia: i suoi occhi blu erano carichi di ostilità e sembravano averli già condannati tutti, pure Bloom, che era così vulnerabile, distesa su quella barella galleggiante che si erano portati dietro per tutto il viaggio e che adesso giaceva ai loro piedi.

«Le Winx.» ripeté il comandante e inspirò a fondo. «Dunque, io dovrei credere» riprese con voce imperiosa e da cui trasudava un leggero, ma tagliente, sarcasmo, sistemandosi le mani dietro la schiena e avvicinandosi a loro con passo rigido ed elegante. «che le Winx e la principessa di Solaria siano state tanto stupide da venire fin dentro la tana del lupo? Non sarebbe più credibile supporre vi siete vendute a lui?»

«E' stato un errore.» chiarì Tecna, chiedendosi solo vagamente chi fosse questo “lui” a cui avrebbero dovuto “vendersi”. «Non ci siamo vendute a nessuno.»

«E, se sapessi davvero chi siamo, non sputeresti tutte queste sentenze!» esclamò Stella. «Sentimi bene, secondo te, dovremmo avere paura di te o di quei tuoi modi da manichino inamidato? Posso darti un consiglio? Perché non cambiate quelle brutte divise, che sono così fuori moda? Quelle di Solaria le ho disegnate personalmente e, se mi fate parlare con uno stilista di corte vi assicuro che la smetterete di andare in giro conciati in questo modo! Allora, chi mi passa un metro?»

Tecna avrebbe voluto sprofondare.

«Sono sicura che è per questo che avete tutti un pessimo carattere, da queste parti!» continuò imperterrita Stella.

Il comandante la fissò con i suoi occhi penetranti per un lungo istante, al termine del quale si rivolse prima a Tecna e poi a Tony e stavolta un'altra emozione attraversò i suoi occhi: ilarità, mista a disprezzo, confermando i sospetti della fata della Tecnologia. «Maestral ha mandato davvero voi tre per spiarmi? E la ragazza svenuta perché? Per farmi impietosire?»

«Impietosire?» gridò Stella, stringendo i pugni. «Non vogliamo impietosire nessuno! La nostra amica è stata presa dalle Furie e dobbiamo andare immediatamente su Domino per...»

Tecna le diede una leggera spallata.

«Che cosa c'è?» gridò Stella, indignata, voltandosi battagliera verso la compagna. «Questo bellimbusto crede che siamo delle spie e che Bloom stia solo fingendo!»

Tecna si fermò a guardare il comandante che aveva lo sguardo fisso sul Bloom e sembrava non volerle staccare gli occhi di dosso. Era pensieroso e un sentimento nuovo attraversò di nuovo i suoi occhi, un sentimento che rimase indecifrabile perché veloce arrivò e veloce passò, lasciando perplessa e indecisa Tecna su quali sentimenti provare nei suoi confronti.

Scosse la testa per dire a Stella di aspettare, ma senza mai togliere gli occhi da lui. Aveva bisogno di diplomazia per trattare; l'unica cosa che aveva capito era che aveva a che fare con un pragmatico, cosa che giocava sicuramente a suo favore. Ma doveva giocare bene le sue carte. «Mi chiamo Tecna e sono la principessa di Zenith, mentre lui è Tony, uno Specialista di Fonterossa, proprio come hai intuito, mentre lei, la ragazza addormentata, è Bloom, la figlia di re Oritel di Domino. È stata attaccata da una delle Furie dei Sentimenti Negativi e adesso è sottoposta ad un incantesimo di contenimento. Come diceva Stella, dobbiamo andare subito su Domino per trovare un modo per salvarla. Pare che Re Oritel abbia... ehm... un metodo per riuscire a scacciare la Furia dal suo corpo. C'è anche un'altra nostra amica nelle stesse condizioni: Roxy, l'ultima fata della Terra. Siamo partite stamattina da Alfea con un Owl di Fonterossa che si è schiantato contro il Vortice, Tony ci stava scortando, quando la navetta è andata in avaria. Non siamo spie, siamo davvero capitati per un caso fortuito.»

Lui parve soppesare quelle parole. L'aveva guardata per tutto il tempo in cui Tecna aveva parlato e non aveva fatto capire cosa stava pensando neanche per un istante. «E come posso crederti, dato che Flabrum non è nella traiettoria di Domino?» chiese, alla fine.

«C'è stata un'avaria nel motore, come ti ho spiegato...» Tecna fissò con disappunto Tony che stava guardando da lui a lei con terrore e pareva volerla pregare di non dire niente di più. Le fece pena, quel ragazzino, e decide di evitare di dargli la colpa perché, in fondo, a quell'uomo così sospettoso non avrebbe cambiato niente. «Così siamo finiti fuori rotta, il carburante era scarso e non c'è stato più niente da fare. Ho dovuto tentare un atterraggio di fortuna.»

L'uomo non replicò, ma si soffermò a guardare Bloom e a Tecna parve che stesse soppesando tutte le possibilità; si sarebbe servito della logica, come sperava, e per questo lei era fiduciosa. Quando lo sentì sospirare, sentì di aver fatto breccia. «Un gruppo di fate che lascia le zone protette di Magix e si reca nel pericolo di Flabrum per un errore.» fece un mezzo sorriso amaro e sarcastico al tempo stesso. «E una fata colpita dalla Furie. Evidentemente, quel maledetto mi crede tanto sentimentale da dimenticare i miei doveri verso il mio paese e i miei uomini. Eppure dovrebbe conoscermi.» scosse la testa, quasi rammaricato. «Come l'ha catturata?»

Tecna non ci capiva più niente. «Che intendi?»

«Dice cose senza senso, questo qui, lascialo perdere!» le spiegò Stella, facendo un cenno verso di lui e squadrandolo in cagnesco. «Senti, amico, l'unica cosa di cui abbiamo bisogno è una navetta per lasciare questo pianeta e salvare la nostra amica, se hai sentito qualcosa di tutto quello che ha detto Tecna. Hai capito o preferisci un disegnino?»

«La Furia. Come ha catturato questa giovane?»

Lo sguardo del comandante tornò su Bloom e calò il silenzio. Nessuna delle due poteva rispondere a quella domanda.

«Non è importante il come.» dichiarò improvvisamente Stella, facendo un cenno della testa come per scacciare una mosca. «L'importante è che possiamo salvarla! Devi lasciarci andare!»

Ci volle un minuto, ma il comandante sollevò lo sguardo da Bloom e lo posò su di loro, ritrovando tutto il contegno militare che aveva perso con quell'interessenei confronti della principessa di Domino, distesa e svenuta. «Questo è impossibile, mi dispiace.»

Un grosso nodo si formò nello stomaco di entrambe. Tony fece solo un sospiro affranto, ma per il resto avrebbe preferito non esistere. «Ci deve essere un sistema perché tu ci creda!» esclamò Tecna, facendo un passo avanti. Il suo tono si era fatto disperato, i suoi occhi imploranti: non poteva credere che quell'uomo che aveva cominciato a sembrare così empatico nei confronti di Bloom, adesso dicesse che non era possibile. «Siamo amici di Flabrum e della sua Regina!»

«Non tentare questa via, giovane fata!» ringhiò lui. Aveva visibilmente perso la pazienza. Persino l'uomo con la casacca piena di medaglie sottili e argentee alle loro spalle trattenne il respiro: evidentemente, quello non era il solito modo di fare del comandante e se lo ricordò anche lui che, dopo un sospiro, continuò, a voce bassa: «Gli unici amici che le sono rimasti sono dispersi, stanchi, del tutto sfiduciati. Ed essere suoi amici significa venire condannati a morte. Non è più un vanto, da queste parti, l'essere fedeli ad Auster. Ma ho sentito abbastanza.» il comandante non volle ascoltare le proteste; alzò semplicemente una mano, segno che li stava congedando. Guardò Terchibald, che era rimasto impettito dietro di loro e non si era mosso di un millimetro. «Conducili in cella. Voglio che stiano lì fino a che non avrò maggiori informazioni su di loro.»

Stella non gradì quel trattamento e ringhiò, rabbiosa. «Come sarebbe a dire? Siamo in ritardo sulla tabella di marcia, due nostre amiche rischiano la vita e dobbiamo ripulire la Terra dalle Furie! Non puoi metterci in prigione! Devi lasciarci andare via! Domani sarà già troppo tardi!»

«Terchibald, portali via, ma lascia qui la giovane dormiente.»

«Sissignore.»

«Non puoi farlo!» gridò ancora Stella; quando Terchibald la afferrò per un braccio, lei si divincolò e fece qualche passo verso il comandante. Lo fissò negli occhi, il cuore che batteva, gli occhi che scintillavano, lucidi di lacrime di disperazione. «La mia amica Bloom sta per morire e tu... cosa vuoi farle? Non ti permetterò di separarmi da lei, è chiaro? Qualunque cosa tu voglia farle, non lo farai senza il mio permesso!»

Il comandante sbatté le palpebre, mostrando una leggera curiosità. «Non voglio farle del male.»

«Ah, no?» sbottò Stella, scettica. «Tu non ti fidi di noi e noi dovremmo fidarci di te?»

Lui alzò una mano. «I miei soldati hanno l'ordine di uccidere chiunque si addentri in una delle nostre Isole, ma dato che eravate delle donne e il ragazzo che era con voi nient'altro che questo, il mio capitano vi ha concesso di vivere e di lasciare a me l'ultima parola. Ora, la mia ultima parola è semplice: vi terrò in gabbia fino a che non deciderò se siete spie o meno. La guerra in corso nel mio paese mi impone di essere prudente e di non fidarmi di nessuno di cui non posso avere notizie certe, ma di questo potete andare sicure: cercheremo di non farvi mancare ciò di cui avete bisogno.»

«Cercheremo di non farvi mancare ciò di cui avete bisogno.» gli fece il verso Stella, isterica. «Bel modo di dimostrarlo! I miei polsi sono tutti bruciacchiati dalle vostre magie da quattro soldi! Se mi rimarrà una sola cicatrice...»

Il comandante, come risposta, la liberò con un gesto della mano. Tony barcollò e cadde a terra per la sorpresa, quando toccò a lui. «Oh, cavolo!» boccheggiò.

Il comandante, intanto, alzò lo sguardo su Tecna che si ritrovò libera e si massaggiò i polsi per togliersi la sensazione di avervi qualcosa intorno e del dolore.

«Che cosa vuoi fare a Bloom?» chiese.

«Voglio rafforzare la magia di contenimento.» rispose lui, pensieroso, distogliendo lo sguardo. «Anche se non so a cosa potrebbe servire. Terchibald? Vai a chiamare una squadra. Se proprio queste giovani non si fidano, voglio che vedano.»

Il capitano Terchibald, dopo aver unito i piedi, uscì e si chiuse la porta alle spalle. Sulla sala cadde un pesante silenzio, interrotto solo dagli acuti di Stella che, blaterando di creme, pelle e capelli sciupati, si era chinata su Bloom che dormiva placidamente nella sua magia contenitiva.

Tecna, invece, osservava il comandante, che si stava allontanando di nuovo da loro, con aria critica, cercando di capire cosa gli passasse davvero per la testa; cominciava a pensare che non fosse cattivo e che non doveva essere malvagio e che, anzi, dovesse essere uno di quelli che aveva organizzato una resistenza contro l'agitatore Maestral.

Avrebbe voluto che Stella la smettesse di parlare per darle modo di riuscire a trovare un modo per ottenere un mezzo di trasporto e per capire quali punti deboli avesse quell'uomo così rigido e severo. Per adesso, aveva dimostrato gentilezza, forse solo per la presenza di Bloom, ma non avrebbe fatto niente, a parte rafforzare la magia.

Guardò Tony che, ancora a terra, sembrava voler abbracciare il pavimento per trovare un po' di consolazione e si chiese perché Codatorta avesse loro affiancato un tipo così poco coraggioso come lui, quando avevano bisogno di un personaggio più deciso come Sky. Ma anche quella testa calda di Riven non sarebbe andata male, in quel momento critico.

«E dovremmo anche fidarci di lui!» stava dicendo Stella, senza preoccuparsi di abbassare la voce. Accarezzava i capelli di Bloom. «Non sappiamo neanche come si chiama! Su questo pianeta sono tutti un branco di maleducati. Ma cosa ci potevamo aspettare, dato che il principe stesso è un gran cafone? Ha condannato a morte Roxy e anche te, amica mia, per la sua ottusità! Maledetto Zephiro! Se non lo avessimo incontrato, a quest'ora saremmo tutti più felici!»

Il comandante si girò verso di lei, i suoi occhi blu la fissarono con intensità. «Che hai detto?»

Stella fece scattare la testa verso di lui e dai suoi occhi cadevano dolorose lacrime di rancore. «Ho detto che il tuo principe ci ha creato problemi! Perché è anche colpa sua se siamo in questa situazione! Se lui non fosse stato lì... se Roxy non fosse scappata... e se non avessi proposto quell'abbraccio di gruppo... io... io...»

Tecna si avvicinò a lei e, inginocchiatasi, la strinse a sé e Stella le si aggrappò al collo e nascose lì il suo viso, singhiozzando rumorosamente. Tecna sentiva dentro di sé tutta l'angoscia che Stella stava esternando: doveva essere forte anche per lei; i suoi occhi incrociarono quelli del comandante e fu lui a parlare, leggendo forse l'accusa nello sguardo della fata.

«Mi dispiace per la vostra amica.» disse lui.

«Se ti dispiacesse davvero, allora ci permetteresti di andare via e di raggiungere Domino.» replicò Tecna, dura.

Lui distolse lo sguardo e lo rivolse al ritratto alla parete. Raffigurava una donna, una bellissima fata dai lunghi capelli scuri con un'espressione dolce e comprensiva che Tecna si ritrovò a notare solo in quell'istante. Il suo sguardo rasserenava e quel suo vago sorriso riusciva a portare quella tranquillità che non possedeva e che, anche contro la propria volontà, si ritrovò a provare.

«Devo pensare all'incolumità dei miei uomini. La guerra miete delle vittime e io... io non posso farci niente.» disse piano il comandante, con voce spenta.

«E'... è la Regina Auster?» chiese Tecna, riferendosi al quadro, ignorando il tono dolente con cui aveva parlato.

Lui fece solo un cenno affermativo. Non c'era bisogno di parlare, il suo dolore era palpabile. «L'amavi molto.» mormorò lei e non fu una domanda.

«Ha importanza?»

«Ha sempre importanza.» disse Tecna, solenne, alzandosi per rendere il suo discorso ancora più d'impatto. «So cosa è successo al tuo pianeta e so anche che la Regina non ce l'ha fatta e che c'è un tizio che vuole prendere il potere. Credo che tu sia uno di quelli ancora fedeli ad Auster e che quel quadro ne sia la prova concreta e sento di potermi fidare di te. Ascolta: le Furie dei Sentimenti Negativi stanno infestando la Dimensione Magica e la Terra. Le mie amiche sono solo due delle tante vittime. Non si tratta solo del tuo pianeta! È una crisi globale, che ci riguarda tutti, chi più chi meno! E so che anche la Regina Auster è stata colpita da una Furia e che è per questo che è morta, per questo mi chiedo come tu possa rimanere indifferente alla sorte di due persone che stanno per condividere quella della tua Regina! Chiediamo il potere di salvarle. Possiamo farlo, ma non possiamo riuscirci, se non ci lasci libere di andare!»

Stella, tirando su col naso, aveva alzato gli occhi su di loro e Tony si era alzato da terra, come se questa l'avesse spinto via, non desiderando le sue lacrime e le sue braccia o forse, più probabilmente, sorpreso dalla forza dimostrata dalla fata, dal suo coraggio e dalle sue parole che le nascevano direttamente dal cuore.

«Non faresti qualunque cosa, se potessi ancora salvarla?» lo incalzò Tecna, quando vide che lui non si decideva a dire o fare niente.

A quella domanda, però, il comandante sbuffò aria dal naso, la sua bocca si piegò in un mezzo sorriso amareggiato. «Anche se vi lasciassi andare, non potreste lasciare comunque il pianeta.»

Le due fate trattennero il respiro e Tony gemette come un animale ferito.

Dopo aver preso un grosso respiro, riprese: «Se anche voi lasciaste la base e vi dessi le coordinate per raggiungere uno dei gruppi ancora sotto il mio comando, potreste trovare degli Esploratori Reali, venire catturate o, nel peggiore dei casi, far scoprire il gruppo e provocare la strage di quelli che ancora si oppongono allo strapotere di Maestral. Così non solo voi non lascereste il pianeta, ma compromettereste la resistenza e tutti i nostri sforzi. Anche se riusciste a prendere la navetta, verreste comunque intercettati: tutti i nostri velivoli sono registrati e questo rende irrimediabilmente facile intercettarvi. Non c'è modo di lasciare Flabrum.» fece una pausa. «Mi dispiace.»

«Ma Tecna è la fata della Tecnologia!» saltò su Stella. «Questo varrà pure a qualcosa! Non è un problema l'intercettazione!»

«Un problema in meno, forse.» replicò lui, senza battere ciglio. «Ma ne rimangono molti altri.»

«Non ha importanza! Ne abbiamo affrontati tanti, in passato, di problemi, non vedo perché questo dovrebbe essere diverso! È solo più difficile, ma questo non ci impedirà di andare avanti e di fare qualunque cosa sia possibile per salvare Bloom e Roxy!»

«Siete coraggiose, non lo nego. E so che arriverete lontano, ma i fattori di rischio sono troppi. La mia risposta è sempre la stessa: no.»

«Sei... sei un... un...» Stella si avventò su di lui e Tecna dovette afferrarla per impedirle di saltargli addosso e ucciderlo seduta stante. Cercava di calmarla e di blandirla senza risultati: la fata del Sole e della Luna era sicura di poterlo convincere con le maniere forti, ma la porta della sala che si apriva di nuovo le impedì di continuare la sua invettiva contro l'insensibile soldato: arrivò un gruppetto di uomini al seguito di Terchibald che si pose intorno a Bloom camminandole intorno. Ognuno di loro aveva un passo marziale e lo sguardo fisso su un punto lontano posto di fronte a loro. Erano gli esseri più inquietanti che Stella avesse mai visto, i soldati di Flabrum, il pericoloso Esercito del Vento tanto decantato in tutta la Dimensione Magica. Piangendo ancora, si aggrappò alla manica dell'abito di Tecna.

«E se la uccidessero invece di salvarla?» chiese, in tono lamentoso. «Dato che lui è così crudele, perché dovremmo fidarci di loro?»

Tecna le strinse la mano che Stella teneva puntata su di lui e cercò di mettere su un tono rassicurante. «Dicono che i soldati dell'Esercito dei Venti siano i maghi più abili di tutta la Dimensione Magica.»

«E se fossero tutte voci senza fondamento?»

«Lo stiamo per scoprire, credo.» sussurrò Tecna. Guardò quei soldati che come un solo, ad un comando di Terchibald, allungarono le mani sopra Bloom formando intorno a lei una corolla di mani in guanti bianchi. Un attimo dopo la stanza cominciò a farsi più fredda, come se invece di invocare i loro poteri, fosse arrivata la strega Icy.

Le Winx si accorsero ben presto che il freddo derivava dall'uso della magia di quei nove uomini che avevano circondato Bloom. Dalle loro mani sprigionava un bagliore azzurro e sulla fata del fuoco del drago si stava formando una patina argentata dal colore intenso che andava a fondersi con la precedente. Terchibald, invece, si piegò sull'addormentata Bloom.

«Che vuoi farle?» gridò Stella.

Il soldato, invece di ignorarla, alzò lo sguardo e le fece cenno di avvicinarsi con l'aiuto di due dita unite. Tecna e Stella lo fecero insieme, facendosi spazio tra i soldati che, molto gentilmente, si spostarono per farle passare.

«Puoi controllare tu stessa, se vuoi.» offrì Terchibald. “Dieci soldati contro due fate. Anche se provassero ad attaccarci, non credo avrebbero molte speranze.”

Dimentichi me!” lo rimbeccò Tony, mettendosi impettito. Il soldato aveva notato il tremore delle sue mani e si limitò a lanciargli uno sguardo di biasimo. Tony abbassò lo sguardo, contrito e disperato.

Terchibald si alzò in piedi e si fece da parte per permettere alle due ragazze di fermarsi dietro Bloom. Tecna e Stella guardarono da lui a lei senza sapere come comportarsi. Terchibald parve a disagio e, con un'espressione perplessa, strinse le mani dietro la schiena. «Non l'avete mai fatto?»

Entrambe scossero la testa e il soldato calò la sua. «Che cosa insegnano nelle scuole di magia, al giorno d'oggi?» lo sentirono borbottare. «La qualità delle fate di Alfea è calata negli ultimi tempi, o sbaglio?»

«Senti un po', bellimbusto fuori moda, come ti permetti?» sbottò Stella, scattando in piedi, furibonda. Gli puntò un dito addosso. «Alfea è la miglior scuola per fate di tutta la Dimensione Magica e non me ne frega niente se su questo strambo pianeta vi sentite tanto superiori a noi. Basta guardare le vostre facce per vedere quanto siete antiquati e noiosi! Anzi, siete così barbari che non trattate neanche con il dovuto rispetto le povere damigelle in difficoltà! I veri uomini sono gentili come i nostri Specialisti! Escluso questo qui con noi, ovviamente!» e, per dar maggior credito alle proprie parole, indicò il povero Tony che era immobilizzato in mezzo alla sala.

«Ehi!» si lamentò, ma la sua protesta cadde nel vuoto.

Stella stava per continuare, quando Tecna le chiese, mettendole di nuovo la mano sulla spalla, di mantenere la calma. «Appoggia la tua mano sulla patina grigia.» le ordinò Terchibald. «Senza toccare la tua amica, o l'incantesimo si spezzerà.»

Stella gli scoccò un'occhiataccia, ma si affrettò a fare quel che diceva. Si immaginava che avrebbe visto o sentito qualcosa, ma l'unica cosa che riusciva a sentire era il calore emanato dalla magia.

«E allora?» chiese, impaziente.

«E allora dovresti essere in grado di capirlo dal calore. È caldo?»

«Sì.»

«Allora concentrati. Saprai cos'è una convergenza.»

«Certo che lo so!» sbottò Stella, acida.

«Molto bene, allora dovrai usare la convergenza con questi otto soldati. Pensi di poterlo fare?»

Stella si morse il labbro inferiore: non aveva mai fatto niente del genere con gli sconosciuti. La convergenza era qualcosa che univa lei e le sue amiche, era come un gioco di squadra con persone di cui si fidava. E lei non si fidava minimamente di loro.

«Posso farlo io.» si offrì Tecna.

«No!» esclamò Stella, decisa. «Voglio farlo io!» inspirò un paio di volte, guardando Bloom. «Devo farlo io, Tecna. Per Bloom. Perché, se fossi stata più brava, la mia migliore amica sarebbe ancora tra noi! E poi devo risollevare un po' il buon nome di Alfea! Questi qui si credono tanto bravi, ma farò vedere loro cosa sa fare una Fata Guardiana!»

La fata della Tecnologia annuì: capiva che era anche una questione di orgoglio. Uscì dal cerchio, al che i soldati si compattarono di nuovo. Stella, però, a dispetto delle sue parole, non si sentiva sicura di ciò che stava facendo, di fare una convergenza con otto gelidi sconosciuti con divise fuori moda con la fama di appartenere all'Esercito più forte della Dimensione Magica. Guardò Terchibald, attraverso uno squarcio tra due soldati, quindi il comandante al suo fianco e infine Tecna, in mezzo ai due che le stava facendo un cenno di assenso e le dava coraggio con lo sguardo.

Annuì anche lei.

«Sei pronta?» chiese la voce di Terchibald.

«Sì.» lo disse, ma non si sentiva più rincuorata, anche se la sua voce fu spavalda. Chiuse gli occhi per concentrarsi e allora sentì un forte calore avvolgere lei e la mano che teneva ferma su Bloom senza toccarla. Vento e luce si fondevano e lei percepì la forza di quegli otto uomini unita alla sua. Erano davvero chi dicevano di essere.

Ma non era la stessa cosa, unire i suoi poteri ai loro e fare la stessa cosa con le sue amiche, esattamente come aveva pensato. Una convergenza Winx era diversa. In quella che, invece, faceva con loro, non c'era complicità, non li univa un'amicizia spassionata; e solo tra loro, tra i soldati, c'era solo un obiettivo comune e una sorta di reciproco rispetto che niente aveva a che vedere con il profondo affetto che univa loro sei. Freddezza era ciò che Stella sentiva. E stanchezza, nessuna fiducia, nessun amore per la magia. Fu sentendo tutto questo che Stella capì di dover far qualcosa non solo per loro, ma anche per sé e per Bloom, altrimenti la magia non sarebbe servita. Il suo potere Believix poteva fare qualcosa, le era stato dato perché la gente della Terra credesse nella magia e, ora, si rendeva conto che anche coloro che la usavano non credevano più in lei; era un credo diverso, ma il Believix avrebbe fatto qualcosa.

Si librò in volo e sprigionò il suo potere. Accadde qualcosa che tutti sentirono e che li fece rimanere sgomenti e allo stesso tempo affascinati. Persino coloro che erano fuori dal cerchio ne rimasero toccati, anche se Stella era ancora in convergenza con gli otto soldati.

Poi la convergenza si spezzò e l'incantesimo su Bloom e su di loro fu concluso. Tutti ripresero il contatto con la realtà e si guardarono l'un con l'altro, chiedendosi cosa fosse successo e cosa fosse stato quel fiotto di luce che li aveva attraversati. Stella, invece, rimase dov'era e, guardando Bloom, vide una patina dura e verde come quella che, molto lontano, ad Alfea, avvolgeva ancora Roxy. La magia era completa, adesso, e ne era sicura. Atterrò vicino a Tecna e la abbracciò.

«Che tipo di magia hai compiuto?» le chiese il comandante, trafelato.

Stella sciolse l'abbraccio e guardò verso l'uomo ammantato dall'altro lato della sala. «Parli con me?»

«E con chi altri? Che tipo di magia...»

Non completò la frase. Il suono insistente e stridulo di un allarme coprì la sua voce; la stanza, avvolta in un bagliore azzurro divenne cupa e una intensa luce rossa intermittente si sostituì ad essa. Tutti i presenti, sulle prime, si guardarono intorno confusi.

Il comandante fu il primo a riprendersi e cominciò a gridare ordini che Stella non capì per via del rumore troppo forte; tenendosi le mani premute contro le orecchie, si strinse a Tecna esattamente come Tony, che le si era aggrappato di nuovo al collo strillando per lo stupore e la paura.

I soldati, intanto, erano usciti e un mega schermo venne calato giù dal soffitto. Da lì apparvero le immagini di un corridoio simile a quello che le Winx avevano percorso per scendere fino laggiù, ma stavolta non c'erano fate e non erano neanche Specialisti in cerca delle loro ragazze come, sulle prima, aveva sperato Stella, quando aveva capito che c'era stata un'intrusione: era un gruppo di soldati, i cui membri erano vestiti come quelli della base, ma avevano, a differenza di questi, un fazzoletto rosso legato al braccio.

L'allarme venne disattivato, ma il bagliore non lasciò la stanza. «Chi diavolo sono?» chiese Tecna, avvicinandosi al mega schermo seguiti in punta di piedi da Tony e da Stella.

«Gli Esploratori Reali.» rispose il comandante.

«Ci hanno localizzato?» gridò Stella.

Tony si strinse di nuovo alla fata della Tecnologia, tremando. «Ci cattureranno e ci friggeranno!»

«Non dire sciocchezze, Tony!» sbottò Tecna, spingendolo via.

«Forse è una normale ispezione: ce ne sono state diverse, ultimamente.» propose il capitano Terchibald, rivolgendosi al comandante. «Ordino di chiudere gli accessi alla base e di attuare la procedura di camuffamento.»

«No. Se sono qui per noi, ci metteremmo in trappola da soli. Ordina di mantenere le posizioni, ma di stare all'erta e pronti per un eventuale scontro.» le ragazze, dietro di lui, notarono che stringeva le mani le une nelle altre davvero troppo convulsamente. «Tu, invece, scorterai queste ragazze fuori dalla base, attraverso il Corridoio. Dovreste essere abbastanza al sicuro.»

Terchibald si girò verso di lui. «Ma... signore...»

«I miei uomini hanno bisogno di me e tu sei l'unico di cui mi fidi davvero. Una volta, sapevamo bene per cosa combattevamo. La sfiducia e la mancanza di speranze e la nostra posizione ci fa vedere tutto più nero di quello che è, la nostra magia è una maledizione e questo ci rende aridi, pessimi servitori della magia stessa. Ma ora ho capito che dobbiamo darci una mossa. Il tuo incantesimo, principessa di Solaria,» disse, voltandosi verso di lei. «mi ha ricordato qualcosa che avevo dimenticato e ha fugato ogni dubbio sulla vostra reale identità: solo una Fata Guardiana avrebbe potuto usare una magia simile. Perciò voglio sdebitarmi e l'unico modo che conosco è darvi la possibilità di salvare le vostre amiche, anche se sarà rischioso.»

«Vuoi dire che...» Terchibald era senza fiato e, per qualche istante, lo furono anche le Winx e Tony. Persino Stella era senza parole e guardava il comandante come se l'avesse visto per la prima volta. Poi, riprendendosi, si posò una mano sulla nuca e strizzò l'occhio.

«Lo so, sono una fata illuminante!» ammiccò, portandosi una mano dietro la nuca.

«Io voglio combattere, non voglio andarmene come il peggiore vigliacco!» sbottò improvvisamente Terchibald. «Sono un soldato di sua maestà esattamente quanto te e io non sono Zephiro. Non puoi mandare via anche me!»

«Ora basta con le polemiche, Terchibald. Va'.» fece un gesto con la mano, mentre il capitano, squadrandolo pieno di biasimo, si affrettava a lasciare la sala. Lui, invece, si voltò verso i tre ragazzi. «Venite con me. In fretta.»

Li superò e seguì Terchibald con passi veloci, tanto che le Winx dovettero correre per tenergli dietro, una volta che si furono riprese dallo stupore. Bloom le seguiva placidamente distesa sulla sua barella di vento. Tornarono nell'armeria, adesso molto più affollata di quanto fosse stata inizialmente e anche molto più rumorosa. Solo che c'era un'atmosfera diversa da quella di prima; ogni soldato prendeva un'arma e se ne andava, con passo veloce seguendo gli altri in corridoi che Tecna, Stella e Tony non avevano notato passando la prima volta, gli ordini che venivano urlati e che volevano sopra le loro teste con violenza inaudita, facendo battere forte il cuore per lo spavento delle due fate e dello Specialista; nessuno badava al comandante che passava in mezzo a loro con passo spedito, seguito da due ragazze e un ragazzo che stringeva la mano di Tecna così forte da volergliela stritolare.

Non proseguirono dritto verso la sala in cui erano state portate ammanettate e incappucciate, ma svoltarono verso uno stretto corridoio laterale, buio e umido, il cui forte odore di muffa fece partire le rimostranze di una disgustata Stella. Si fermarono davanti all'apertura e, da lì, non riuscivano a vedere il fondo.

«Non ci entro là dentro: puzza terribilmente!» dichiarò, stringendosi nelle spalle. «Non c'è un'uscita un po' meno... meno fetida?»

Il comandante, però, guardò Terchibald che si avvicinava, da solo, con il cappuccio bianco calato sui capelli chiari e con altri tre ripiegati che porse ai ragazzi.

«E cosa ci dovremmo fare con quello? Non posso mettermene uno più colorato? Sono un'ottima stilista e potrei farne apparire di più alla moda con un solo schiocco di dita.»

«Non dire sciocchezze!» sbottò Terchibald, prima di scoccare un'occhiata piena di accuse al comandante. «Solo un mantello bianco, simbolo dell'appartenenza all'Esercito, ci darà una speranza. Purtroppo, non possiamo fare altro, saremo comunque abbastanza vulnerabili, senza fascia rossa. Voi fate dovrete fare a meno delle vostre ali e, tutti e tre, indossare questi.» porse una divisa perfettamente ripiegata sotto ai mantelli a tutti e tre e Stella la guardò quasi schifata.

«Avevo capito solo il mantello!» esclamò.

«Avevi capito male.» replicò Terchibald, ostile.

Provò a protestare ancora, ma dopo una spintarella da parte di Tecna si costrinse ad ubbidire. Con l'aiuto della magia cambiò se stessa e l'amica, mentre Tony era andato a nascondersi dietro un muro di lunghe lance magiche senza punta, mentre loro si infilavano il mantello e nascondevano il viso sotto di esso.

«Non c'è niente di peggio di indossare un vestito fuori moda come questo sotto un mantello ancora peggio! E poi il bianco mi smuore! Devo essere orribile.»

Terchibald sbatté le palpebre e guardò il comandante, stavolta senza rancore, quasi con stupore. Lui, invece, tenne d'occhio Tony che tornava vestito, ma con i bottoni della giacca sfasati.

I due uomini non se ne accorsero, Stella ridacchiò e Tecna volle limitarsi ad un leggero sorriso: quel ragazzino, dopotutto, era un paperotto che le faceva tenerezza.

Quando gli passò il mantello, lui la ricompensò con uno sguardo ammirato e quasi ammaliato.

Stella ridacchiò. «Lo sai, Tecna?» le disse piano, piegandosi verso il suo orecchio. «Credo che Tony si sia preso una bella cotta per te!»

«Bene,» disse il comandante, impedendo a Tecna di rispondere indignata e schifata e distogliendo Stella dalle sue malignità. «le nostre strade qui si dividono. Seguite le istruzioni di Terchibald e che possiate arrivare sane e salve a destinazione, su Domino. Date questo messaggio al principe Zephiro: il suo popolo lotta ancora per lui e il suo ritorno e ci sono molti soldati che aspettano il suo ritorno, di avere fiducia e di fidarsi delle Winx e di suo padre. Pensate di poterlo fare?»

«Il re di Flabrum, intendi? Non credevo che ci fosse un Re di Flabrum, altrimenti... non ci sarebbe tutto questo caos, dico bene?»

Tecna diede una gomitata a Stella che protestò e si posò una mano sul gomito.

«Facevo una domanda legittima: ci chiede di dare un messaggio da parte del padre di Zephiro! Perché Faragonda non ci ha parlato di lui? Forse potremmo trovarlo e... ehi, scusami, tu, non possiamo andare da lui?»

Tecna mise su un sorriso tirato e ridacchiò, tesa. «Lascia stare Stella...” si voltò verso i due soldati. “scusatela, a volte è proprio ottusa. Comunque non ti preoccupare, il tuo messaggio arriverà a destinazione. Vero, Stella?»

Lei si strinse nelle spalle. «Oh, sì, questo è certo, ma...» Tecna le impedì di continuare dandole un'altra gomitata.

«Vi ringrazio.» il comandante si voltò verso Terchibald. «Fa' attenzione.»

«Anche tu. E non farti ammazzare.»

I due si fissarono per un attimo, poi Terchibald fece una cosa che le fece sussultare entrambe: abbracciò il comandante. Fu solo un secondo, ma bastò perché rimanessero sgomente: nessuna delle due si sarebbe mai aspettata che quegli uomini così rigidi fossero capaci di simili dimostrazioni d'affetto. Stella, che si massaggiava il braccio per via della gomitata di Tecna, aveva la bocca aperta, ma la richiuse subito, quando Terchibald indicò l'interno del corridoio.

«Ma dobbiamo proprio entrarci?» chiese, disgustata.

«Proseguite fino all'Isola di Tramontana. Lì, giovani fate, se tutto andrà per il verso giusto, troverete la navetta. Terchibald è il nostro miglior pilota. Buona fortuna.»

«Se è bravo come Tony, allora possiamo proprio stare tranquille!» ironizzò Stella, ma intanto Terchibald l'aveva spinta dentro il corridoio e l'aveva spinta a seguire Tecna e Tony che erano già un po' avanti. Rabbrividendo per l'odore fetido della muffa che ammorbava il grosso tubo che era quello scuro corridoio, avanzavano passo passo, verso la più completa oscurità.

Voltandosi indietro, Stella vide la sagoma del comandante Adalhard farsi sempre più lontana fino a scomparire del tutto e l'apertura non divenne che un punto luminoso in lontananza. Poi, quando ormai furono avvolti dall'oscurità più completa e non ci fu che oscurità intorno a loro, tornò a guardare avanti, dove si era messo Terchibald. Il bianco dei mantelli li aiutava a non perdersi e a vedersi l'un l'altro; Tecna le si mise a fianco e Tony rimase alla retroguardia insieme a Bloom, distesa e ignara, nel suo alone verde, di loro che viaggiavano verso l'ignoto per salvarla.



Ehilà, gente! Come va? Spero tutto bene.

Avevo detto che avrei aggiornato ad ottobre, giusto? Sì, ho fatto le cose per tempo, ovviamente. XD

Questo capitolo è per non farvi dimenticare che la storia esiste e per augurarvi un buon Natale e un felicissimo Anno Nuovo, ma soprattutto per informarvi (non ve ne fregherà niente, ma vi informo ugualmente) che ho quasi finito di scrivere la storia. Mi mancano circa tre capitoli, poi gli aggiornamenti si faranno più serrati. In caso, vi avvertirò, in questo periodo non ci sto molto con questa fic, ma conto di finirla in tempi relativamente brevi (sempre più brevi di quelli che ho messo finora comunque). XD

Grazie come sempre a chi preferisce, segue, ricorda, legge e recensisce. Sappiate che vi adoro, a qualunque categoria apparteniate.

Al prossimo aggiornamento.

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Capitolo 10
*** Furioso contagio ***


Incredibile ma vero! Il capitolo 10 è finalmente online e, a dispetto di quel che ricordavo, non mi pare poi così malvagio. Rileggendolo, mi sono resa conto di essere praticamente un pezzo avanti e che mancano all'incirca otto capitoli alla conclusione (per cui forse in otto/nove anni ce la faccio XD ). I capitoli successivi sono tutti da riscrivere o scrivere da zero, ma questo decimo mi dà un ottimo punto di partenza.
Allora, per chi si fosse perso le puntate precedenti o non avesse voglia di rileggere qui un riassuntino: dopo che gli Stregoni si sono indeboliti nella prima metà della quarta stagione le Winx hanno finalmente un po' di tempo per loro, ma vengono minacciate da un nemico invisibile che cattura Roxy nella sua rete portandola a dormire un profondo sonno che potrebbe condurla alla morte. A salvare la ragazza è un misterioso ragazzo dagli occhi di colore diverso di nome Zephiro che le porta tutte ad Alfea, dove studia e viene tenuto nascosto dai ribelli del suo pianeta. Intanto Faragonda spiega alle ragazze che il nemico che le ha attaccate sono le Furie dei Sentimenti Negativi, spettri senza corpo che si nutrono di sentimenti negativi. E' stata Bloom a liberarli e perciò lei, sentendosi in colpa, viene catturata e, come Roxy, comincia a dormire. Intanto la navicella su cui lei, Stella e Tecna stanno viaggiando per raggiungere Domino per prendere lo Scettro che salverà Roxy, va in avaria. Si trovano quindi costrette ad atterrare su Flabrum, il pericoloso pianeta dei venti. Le altre Winx sono tornate sulla Terra, Musa deve vedersi con Jason Queen e Riven, geloso, viene sedotto da una Furia. Brandon, Sky e Codatorta, intanto, stanno raggiungendo Alfea.
Il capitolo parte proprio da qui. Buona lettura (spero). ^^


Capitolo 10

Furioso contagio

 

Sky, Brandon, Codatorta e Klaus arrivarono in prossimità di Alfea che ormai era il tramonto. La Foresta di Selvafosca era tranquilla e sulle chiome degli alberi scivolava una leggera brezza, le foglie tremavano incerte, il lago era calmo e, in lontananza, Alfea, macchiata di rosso e oro, pareva disabitata. Sembrava tutto normale, tranne per il fatto che c'era qualcosa di spettrale e teso nell'aria che fece trattenere il respiro a tutti.

Sky sentiva dentro di sé che era successo qualcosa, ma non riusciva a capire cosa e il pensiero di dover parlare a tu per tu con Faragonda lo agitava. Guardò la foresta che si stendeva sotto di loro, mentre Codatorta governava la navetta in modo che potesse entrare nella scuola ad una velocità che non producesse distorsioni sula barriera che la preside aveva eretto per proteggere la sua scuola dalla Furie.

Klaus guardava il paesaggio, ma in realtà non lo vedeva; i suoi occhi erano spenti, la sua pelle grigia e tirata e le sue mani strette a pugno. Aveva un po' sofferto quel viaggio, ma era così preoccupato per sua figlia che il resto contava poco, nel suo animo tormentato: dopo quello che aveva sentito, Sky poteva dire di capire le sue sensazioni. Pure lui aveva un cattivo presentimento, ma non riusciva a dargli forma, non riusciva a capire che cosa potesse causarlo. Pensava a Bloom, ma Bloom era su Domino e, presto, sarebbe tornata per salvare Roxy e portare un po' di speranza nella Dimensione Magica.

Allora perché sentiva di averne così poca, di speranza?

«Professore, è così grave la minaccia?» chiese, guardando Alfea che si avvicinava fin troppo lentamente.

«Abbastanza per tenerci tutti in agitazione.» rispose Codatorta, annuendo. «Se Flabrum ci attacca come ha promesso, non credo che ce la faremo.»

«Flabrum? Flabrum attacca?» domandò Brandon, stupefatto. «Perché? Aspetta, Sky... quando è che mi hai detto che erano pacifici? Già questa storia dell'Esercito mi aveva messo dei dubbi, ma qui andiamo ben oltre!»

Uno scossone impedì a Sky di replicare ed entrambi si tennero forte ai loro sedili, Klaus si era tenuto le cinture di sicurezza per tutto il viaggio; il suo sguardo era puntato su Alfea e le sue dita tamburellavano sulle sue ginocchia, come segno della sua grande impazienza di scendere e di vedere sua figlia.

Atterrarono nel parco di Alfea senza altri problemi e trovarono Faragonda e Grizelda, sotto al portico, che aspettavano che le operazioni di sbarco fossero completate. Anche da così lontano si vedeva che entrambe erano pallide, stanche e molto provate. A Sky quello parve il peggiore dei presagi che avesse avuto fino ad allora. Non disse niente. Codatorta era impegnato nelle ultime operazioni e non sarebbe stato comunque prodigo di spiegazioni.

Quando il portellone si fu aperto, non fu Sky il primo a scendere, anche se avrebbe voluto esserlo per interrogare subito la preside su cosa fosse successo per renderle così inquiete. Anche Codatorta era teso e le sue parole non facevano che incrementare i suoi timori che, ora, non gli sembravano così ingiustificati. Klaus si fiondò fuori correndo e chiamando sua figlia come se lei avesse potuto sentirlo.

Ma non c'era traccia di Roxy, né di nessun'altra fata nel parco; l'uomo, però, non dette segno di voler lasciar perdere e continuò a chiamare disperatamente la figlia: guardava in alto, come se si aspettasse di vederla affacciarsi da una delle grandi finestre della scuola. Era un'immagine che fece male a tutti, persino a Grizelda che lo afferrò per una spalla e con un gentile «venga, la accompagno da lei», lo condusse fino all'interno della scuola. Klaus annuì senza fare storie.

«Quando Saladin me l'ha detto non ci potevo credere!» esclamò, invece, Faragonda, facendo qualche passo verso di loro. Aveva un'espressione dura eppure molto stanca. Forse Riven aveva avuto ragione a dire che stava perdendo colpi. «Mi chiedo ancora perché non vi abbia fermato! Lo sa che siamo in stato di allarme! Anche a lei, Codatorta, cosa le è saltato in mente di portarli qui?»

Codatorta sospirò. «Mi dispiace, preside Faragonda.» disse. «Ma sono del parere, come Saladin, che tenerli all'oscuro di tutto non sia una mossa saggia.»

«E' troppo pericoloso.» tagliò corto Faragonda.

Sky sentiva di non capirci niente e passava, come Brandon, lo sguardo da uno all'altro. «Un momento.» chiese, mettendosi in mezzo e allungando un braccio per dividerli. «Che sta succedendo? Che significa?»

Faragonda si torse le mani. «Avete fatto male a venire qui, ragazzi, con la grande crisi che stiamo per affrontare.»

«Le ragazze ci hanno raccontato delle Furie. Non abbiamo paura.» dichiarò Brandon, gonfiando il petto come se questo bastasse per rendere meglio l'idea.

Codatorta guardava Faragonda da sopra il braccio teso di Sky e lei, invece, stringeva le mani ossute tra loro; i suoi capelli sembravano molto più bianchi del solito e anche molto più sciupati. «Lo so, ragazzi, ma non si tratta solo delle Furie.»

«Che significa?» chiese Sky, sgomento. «Le ragazze ci hanno detto solo questo e che c'è una spia ad Alfea.»

Faragonda guardò verso l'interno, su una delle torri di Alfea e riabbassò lo sguardo. «Meglio parlarne dentro. Codatorta, lei non dovrebbe andare?»

Il professore annuì, con aria grave. «Sì, stavo giusto per congedarmi.» disse, guardando un orologio da polso. «Per quel nostro Owl uscito dai radar interspaziali.»

Sky si sentì mancare l'aria come se gli fosse stato dato un pugno nello stomaco: un Owl che usciva dai radar interspaziali, la sua ragazza che andava su Domino... che ci fosse un collegamento era evidente e le parole gravi di Faragonda non fecero che confermarglielo: «Vada, la prego. E anzi, dica a Saladin di tenermi aggiornata.»

«Certo, preside, tornerò non appena saprò qualcosa di più.» Codatorta fece un cenno di saluto e cercò di andarsene, quando Sky fece un passo verso di lui e allungò il braccio per fermarlo.

«Veniamo con lei.»

«Sky.» lo richiamò Faragonda, con gentilezza. «Vorrei che tu e Brandon rimaneste ad Alfea, questa notte.»

«Cosa?» Sky si voltò di scatto, incredulo. Brandon aveva un'aria quasi schifata.

«E... e perché mai?» chiese. «E Stella e Bloom e Tecna?»

«Non voglio che lasciate le protezioni della scuola, per questa notte. Purtroppo, le Furie sono molto più persuasive durante le ore notturne, quando i pensieri delle persone mutano. La Dimensione Magica non è un posto sicuro, in questo periodo, e vorrei sapervi al sicuro dentro queste mura, con me. Tuo padre, Erendor, sarebbe d'accordo con me, Sky.»

«Preside,» Sky non tentò nemmeno di mascherare il fastidio. «le nostre ragazze sono andate su Domino questa mattina e non hanno ancora chiamato nessuno per dire che sono arrivate. Crede che non capiamo che l'Owl sparito dai radar è il loro?.»

Faragonda sospirò. «Purtroppo non posso fare altrimenti: è possibile che le ragazze siano state catturate.»

«Ma allora a maggior ragione dovremmo andare ad aiutarle!» replicò Brandon, indignato dal comportamento di Faragonda. «Che cosa aspettiamo? Codatorta, ci porti subito su Domino!»

Codatorta parve a disagio e, grattandosi il mento, guardò Faragonda.

Lei riprese: «Anche se arrivaste sani e salvi, non abbiamo garanzie che le troverete. Una navetta che esce dai radar interspaziali non è cosa da poco: potreste anche trovare emissari di Flabrum e alcuni dei suoi soldati. Sono disposti a tutto e, se sapessero che appartenete alla Compagnia della Luce, che siete il Re di Eraklyon e il suo scudiero, potrebbe non finire bene, per voi. Vi voglio proteggere. E pensate che le Furie potrebbero colpirvi! Di che utilità potreste essere alle vostre ragazze, in quel caso? Saladin e Codatorta ci terranno informati.»

«E' così.» promise il professore.

«Dobbiamo fare qualcosa! Non può...» protestò ancora Sky.

«Non un'altra parola, Sky.» il tono di Faragonda fu duro e la risolutezza dei suoi occhi riuscì a far desistere il Re di Eraklyon dal protestare ancora. Non avrebbero lasciato Alfea quella notte, ma se la preside pensava che avrebbe chiuso occhio si sbagliava di grosso: una navetta era finita fuori dai radar interspaziali, Bloom doveva andare a Domino e non c'era arrivata. C'erano poche possibilità che non fosse stata catturata o non fosse in pericolo o entrambe le cose. Strinse i pugni, per la frustrazione. Purtroppo sapeva che Faragonda aveva ragione: non avevano garanzie di ritrovarle, senza contare che non sapevano neanche dove andare a cercarle. E se le Furie fossero state in agguato e loro non avessero potuto difendersi dal loro micidiale potere, la loro ricerca sarebbe stata comunque inutile.

Era bloccato lì, ad Alfea, quando il suo compito principale sarebbe stato quello di proteggere la sua ragazza. Si sentiva un inetto.

Brandon stava avendo il suo stesso conflitto interiore e si dava pugni sul palmo della mano, gli occhi puntati di fronte a sé, mentre seguivano Faragonda all'interno della scuola.

Alfea era deserta, le luci attenuate e quell'atmosfera cupa non faceva altro che aumentare l'inquietudine nell'intimo di Sky e non poteva fare a meno di ricordare le parole di Riven di quella mattina. No, Faragonda non stava perdendo colpi. Era semplicemente molto preoccupata per qualcosa e, chissà come, pensava che non c'entrassero le Furie. Non del tutto.

«Cosa c'entra Flabrum, in tutta questa storia?» chiese e la sua voce riecheggiò nel largo corridoio.

Faragonda si fermò all'istante, ma ci mise un po' per girarsi. Quando lo fece, lo guardò dritto negli occhi.

«Venite nel mio ufficio, ne parleremo lì.» disse, nel suo solito tono pacato, ma risoluto che usava solo nelle occasioni veramente importanti.

Una volta nel suo ufficio, i due ragazzi furono invitati a sedersi. Brandon si sentiva a disagio: era la prima volta che entrava in quell'ufficio senza le ragazze e, mentre il sole moriva definitivamente, lasciando spazio ad un cielo cupo e punteggiato di stelle stanche e opache, anche lui avvertì netta la sensazione che aveva stretto le viscere di Sky.

«Allora, che c'entra l'Esercito di Flabrum?» incalzò lo scudiero, spezzando così il silenzio. Faragonda accese le luci muovendo appena le dita di una mano e il grande ufficio venne illuminato a giorno. Ma anche così la sensazione di disagio rimase in entrambi i ragazzi. «E che se ne fanno, se sono tanto pacifici?»

Faragonda giunse le mani sulla scrivania, prima di cominciare a parlare. «È uno dei residui del vecchio regno di Flabrum, quando ancora c'erano guerre per il predominio dell'Universo Magico da parte delle Antenate. Parlo di molto prima della guerra che vide Domino distrutta e i sovrani Oritel e Marion fatti prigionieri. L'Esercito di Flabrum era il più rispettato e temuto, nel mondo di Magix, ed era formato dai migliori maghi che esistessero. Saladin, prima di diventare preside di Fonterossa e prima ancora di combattere la guerra di Domino, servì nell'Esercito dei Venti e conobbe il duro addestramento cui vengono sottoposti i giovani dell'età del principe Zephiro.»

«Sta... sta scherzando!» gridò Brandon, saltando sulla sedia. «Saladin... nell'Esercito dei Venti?»

Faragonda annuì. «Proprio così.»

Brandon fischiò la propria sorpresa.

«Col tempo la popolazione di Flabrum si è chiusa nel suo mondo e ha smesso di scambiare rapporti con gli altri mondi. I piloti che si spingono fin sul pianeta sono pochi, per via del Vortice dei Venti che non perdona. È così gli scambi di Flabrum con gli altri pianeti sono spariti pian piano e l'Esercito del Vento ha smesso di essere il più importante della Dimensione Magica... adesso ha più una funzione cerimoniale ed è preposto alla protezione della famiglia reale.» Faragonda prese un attimo di pausa per passarsi una mano sulla fronte. «La popolazione è pacifica e schiva di natura e si occupa solo dei propri affari. Almeno era così, finché era in vita Auster.»

«Come l'ha conosciuta, preside?» domandò Sky.

«Era una fata e, come tale, ha frequentato Alfea, a suo tempo.»

Brandon sussultò. «Ha lasciato il suo pianeta per venire fin qui a studiare? Quando?»

«Oh, è stato tempo fa. Era una donna straordinaria: è stata lei a voler venire qui, contro il parere dei suoi genitori e ha sempre cercato, con scarso successo, purtroppo, di ripristinare i collegamenti tra il suo pianeta e gli altri. Sapeva che il suo popolo poteva aver bisogno di noi e non si è mai fatta scrupolo di nasconderlo. Ha impiegato molto tempo a raggiungere il livello Enchantix e le Winx mi ricordano molto lei. Lei è... era la fata di tutti i venti e, ogni tanto, quando poteva, lasciava il suo pianeta per venire qui, a chiedermi consiglio. Siamo diventate molto amiche.»

«Quindi, se eravate così amiche, perché adesso dovrebbero catturarci?» insistette Brandon. «Hanno dimenticato di essere pacifici con la morte di Auster?»

«C'entra Zephiro, immagino, e il fatto che Faragonda lo tenga nascosto nel castello di Alfea.» suppose Sky. «Con un usurpatore al potere, l'Esercito tornerà a fare quello che faceva in passato: combattere.».

«E' così.» annuì lei. «Ma ancora la miccia non si è accesa. Ho paura che lo farà, non appena Maestral avrà consolidato il suo potere sul pianeta. Alcuni dei soldati di Flabrum hanno lasciato il loro regno, all'incirca pochi giorno dopo la notizia della morte della Regina Auster. Mandarono dei messaggi a Fonterossa e Alfea, da parte del comandante Adalhard. Dicevano che Zephiro era in grave pericolo di vita e che Maestral, il fratello di Auster, si era arrogato il diritto al trono, che non gli spettava. Inoltre, aveva creato delle squadre di soldati impegnati giorno e notte nella ricerca dei ribelli e dei fuggitivi; l'incolumità del principe era a rischio e Adalhard mi chiese di tenere al sicuro Zephiro e di prestare fede alla promessa che feci ad Auster. Successivi messaggi mi hanno riferito che Zephiro era diventato il nemico numero uno del regno e che, semmai si fosse presentato su Flabrum sarebbe stato processato e condannato come un traditore. Da allora, il comandante non ha più mandato messaggi, fino a due giorni fa. È passato da Alfea e da Fonterossa, portava un fazzoletto rosso legato sulla spalla. Non era per niente cordiale, come potrete immaginare. Ha consegnato dei messaggi a me e Saladin, alcuni dei quali per Zephiro e sono quelli che Bloom ha visto in camera sua. Capisco solo ora di aver sbagliato a consegnarglieli... quei messaggi dicevano che, se noi lo nascondessimo, l'Esercito del Vento prenderà possesso di Magix. Sono disposti a mettere tutto a ferro e fuoco pur di ritrovare il loro principe. Per ucciderlo, ma questo non l'hanno specificato.» la donna si voltò per nascondere il viso e mascherare la disperazione. «E' per questo che Zephiro è andato sulla Terra alla ricerca delle Winx. È per questo che, ora, la Terra è infestata dalle Furie... è stato inseguito, come era normale che succedesse con un ragazzo che prova un dolore grande come il suo.»

Sky strinse i pugni sui braccioli della sedia. «Parla sul serio? Pensavo che le Furie fossero l'unico problema. Le Winx non ci hanno parlato di Flabrum... ed è gravissimo! Che cosa pensano di fare gli altri regni?»

«Ma non era solo un esercito cerimoniale?» insistette Brandon, coprendo la voce di Sky.

«Sì.» sospirò Faragonda, tornando a fissarli. «Ma non c'entra: hanno mantenuto le loro tradizioni e abitudini. La loro Accademia di magia è un misto tra Alfea e Fonterossa.» poi si rivolse a Sky. «Non so cosa intendano fare i regni di Magix, ma immagino che, per adesso, non possano fare niente, a parte custodire Zephiro. Il suo momento non è ancora arrivato. Dovrà essere al massimo delle sue forze per riconquistare quella parte della popolazione che gli ha voltato le spalle.»

«Non hanno perso tempo, eh?» domandò Brandon, stringendosi nelle spalle, a metà tra lo scontento e il sarcastico.

Sky guardava accigliato la preside, però. Aveva notato qualcosa che al suo scudiero era sfuggito del tutto. «Perché le ragazze non ci hanno detto niente? Erano turbate, ma non credevo fino a questo punto!»

Faragonda si limitò a scuotere la testa.

«Non capisco: non c'era motivo perché Musa e Aisha ci nascondessero la più grave crisi esistente in tutta la Dimensione Magica!» insistette il Re di Eraklyon.

«Le Winx non sanno niente di questo.» spiegò la preside, in un tono flebile, ma incredibilmente deciso. «Non gliene ho parlato, in effetti.»

I due Specialisti sussultarono. Sky si lanciò contro la scrivania e picchiò le mani sulla scrivania. «Alfea e Fonterossa sono minacciate da Flabrum e non vuole che le Winx lo sappiano? Ma è folle! Quindi è per questo che ha mentito anche sulla morte di Auster?»

«Non ho mentito sulla morte di Auster. Ho omesso dei particolari, Sky. L'ho fatto per il loro bene.» dichiarò Faragonda, alzando gli occhi su di lui, in tono solenne, il busto impettito.

Sky, però, non era d'accordo. Diede un altro pugno sulla scrivania. «Non ha senso quel che dice, se ne rende conto?» guardò Brandon che gli lanciava un'occhiata apprensiva. Il Re di Eraklyon cominciava a credere di aver capito cosa avesse spinto Zephiro a lasciare la protezione di Alfea per cercare le Winx o le Furie, secondo quanto aveva detto a Bloom: voleva i rinforzi che i presidi sembravano non voler prendere neanche in considerazione. C'era una guerra in corso e le ragazze avrebbero dovuto fare finta di niente, anche con tutto quello che succedeva per via delle Furie? «E' solo una questione di tempo! Non vorrà davvero aspettare e rimanere a guardare!»

«Certo che no, Sky. Ma mi rendo anche conto che ci sono troppe cose in ballo e che le Winx sono impegnate in una missione importante, sulla Terra. C'è l'ultima fata del pianeta da proteggere dagli Stregoni del Cerchio Nero e riportare indietro dalla loro prigionia tutte le altre. È successo il peggio che poteva succedere: Roxy, l'unica che può aprire il portale per la Dimensione in cui sono tenute prigioniere le sue sorelle, è stata ghermita da una Furia. Dimmi, Sky, se Bloom dovesse fallire, quale sarà il destino di queste fate?»

«Ma...»

«Pensa se le Winx venissero catturate dalle Furie, o se tu e gli Specialisti sconfitti dall'Esercito. Pensate, forse, che Maestral sarebbe contento di liberarvi? Lui è disposto a tutto, a tutto, pur di prendere Zephiro, di soggiogare interi pianeti, di uccidere voi, le Winx, se solo pensasse che siete coinvolti nella sua sparizione! Cercavo solo di proteggere le mie ragazze da un pericolo in cui si getterebbero a capofitto, e ci sarei anche riuscita, se solo Zephiro non avesse deciso di fare di testa sua e fosse andato a cercarle! Glielo avevo proibito, almeno per il momento, finché la crisi terrestre non si fosse risolta. Ma ho sbagliato io a dargli quelle lettere e a fargli sapere quello che stava accadendo.»

«E quando pensavate di chiederci aiuto?» sbottò Sky. «Quando ormai Alfea e Magix fossero state rase al suolo dall'Esercito del Vento o dalle Furie o magari da entrambi insieme? Quando Magix fosse stata sotto il controllo di Flabrum e fosse appartenuta ad un uomo solo?»

Faragonda abbassò la testa. «Lo so di aver fatto delle scelte discutibili, Sky. Me ne rendo conto, ma abbiamo diversi problemi e ci attaccano da più fronti: le Furie e anche Maestral, per non parlare degli Stregoni del Cerchio Nero. Da quando sono ricomparse quegli Spettri, gli eventi sono andati precipitando sempre di più.»

Sky serrò la mascella. «Adesso Bloom e le altre potrebbero essere su Flabrum, lo sa?»

«Sì, ci ho pensato.» ammise la preside. «E spero di no. Purtroppo non riesco a mettermi in contatto con Adalhard.»

Sospirando, si buttò contro lo schienale, distrutta, e anche Sky sentì di non essere più arrabbiato come prima. Anche lui tornò a sedere e si massaggiò la fronte e gli occhi, pensando di nuovo al racconto di Musa e Aisha su Obsidian e sulla liberazione delle Furie da parte sua e di Bloom.

«Almeno Roxy sta bene?» chiese. Si sentiva in colpa come se l'avesse messa in pericolo lui stesso e, in effetti, era un po' così.

«E' stazionaria.» gli occhi di Faragonda si abbassarono. «Reggerà, ma solo altre ventiquattro ore. Se entro allora Bloom e le altre non torneranno, manderò voi ragazzi a prendere lo Scettro: il tempo stringe. E voglio che restiate sulla Terra, dopo averla ripulita, e che vi teniate lontani da tutto questo. Sono gli Stregoni i vostri nemici e la vostra priorità!»

«E le ragazze?» insistette il re di Eraklyon.

Faragonda si passò una mano sulla bocca e poi la posò di nuovo sull'altra. «Farò tutto il possibile per aiutarle e anche l'impossibile, Sky. Tu sai che tengo a Bloom come se fosse una figlia.»

I ragazzi si consultarono con uno sguardo. Cosa fare? Dare retta a Faragonda o al cuore che diceva loro di partire subito?

«E se fossero in pericolo di vita?» domandò Brandon. «Sky ha ragione: non possiamo rimanere qui e guardare.»

«So cosa pensate, ragazzi, sono perfettamente consapevole del grande pericolo a cui le Winx vanno incontro e sono molto preoccupata anche io. Sapete bene che vi manderei a cercarle subito, partirei io stessa, se potessi, ma questa volta i rischi sono grandi: potreste essere catturati e uccisi!»

«Non ci importa! Non le lasceremo sole ad affrontare chissà che cosa!» esclamò Brandon, indignato.

«È ciò che dobbiamo fare per il bene delle ragazze che amiamo! Siamo disposti a correre il rischio.» dichiarò imperterrito il Re di Eraklyon. «Non possiamo rimanere qui con le mani in mano, ad aspettare che le nostre ragazze tornino in fin di vita o non tornino affatto! Non ce lo perdoneremmo mai!»

«Non sareste di nessun aiuto alle Winx, se le Furie vi prendessero: diventereste i loro nemici e cerchereste di ucciderle. Volete essere voi stessi a finirle?»

I due tornarono a squadrarsi, inorriditi; fu Sky il primo a riprendersi e a parlare per tutti e due. «Ma che cosa dice? Le Furie non ci faranno quello che hanno fatto a Roxy, mi sta dicendo questo, Preside?»

«Le Furie.» disse Faragonda, sospirando ancora una volta. «Le Furie posseggono un corpo, ma addormentano solo le fate fino a consumarle. Chiunque altro venga posseduto da una Furia diventa suo schiavo, vi aizzerebbe contro di loro e finirebbe come durante la battaglia per la conquista di Domino.»

«Non faremmo mai del male alle nostre...»

Faragonda si alzò e il suo sguardo era duro, la sua espressione corrucciata. «Non è detto che riuscireste ad avere la meglio. Volete correre questo rischio? Volete unirvi alle fila dell'esercito delle Furie che imperverseranno nel mondo distruggendo tutto e tutti prima ancora di Maestral? Volete questo, ragazzi? Mandare a monte la missione, il vostro cuore e tutto quello per cui abbiamo lavorato finora? Pensateci bene. Non è questo che Bloom vorrebbe.»

Brandon e Sky si guardarono di nuovo e trovarono negli occhi dell'altro la reciproca stupidità e la stessa risposta a quelle domande retoriche; abbassarono il capo, guardandosi ognuno le proprie scarpe. «No, ha ragione.» dissero, piano e si sedettero di nuovo, sconfitti e improvvisamente troppo stanchi per combattere, vergognandosi della loro impulsività.

«Mi sembra impossibile.» sussurrò Sky. «Non potrei neanche immaginare di fare del male a Bloom.»

«E io a Stella.»

«Purtroppo neanche i legami di sangue sono una garanzia, ragazzi. Sapete che ho molta fiducia in voi e sono sicura che tentereste di resistere, ma niente e nessuno può fermarle.» Faragonda si sedette e si posò la mano sulla bocca per evitare che le uscisse dalla bocca dell'altro, ma tanto i due Specialisti capirono perfettamente la conclusione del discorso.

«Aspetti un attimo.» esclamò Brandon, d'un tratto. «Che significa che neanche i legami di sangue sono una garanzia?»

Faragonda prese un po' di tempo, mentre Sky si sentiva come se gli avessero afferrato le viscere e gliele stessero tirando via. Aveva fatto anche quello. Oh, era davvero troppo da sopportare. Era stato lui ad aver portato la Dimensione Magica alla più grande crisi di tutti i tempi, dopo le Antenate?

Guardò la preside, i cui occhi lo stavano scrutando attraverso gli occhiali. «So cosa stai pensando.» gli disse. «E non lo devi credere. Il tradimento di Maestral, come ho detto, ha radici profonde. Nell'intervento delle Furie, ha solo trovato un pretesto per rovesciare il potere. Era pronto già da tempo. Parlavo di questo, Brandon. Le Furie sono così forti da permettere ad un fratello di accanirsi contro la propria sorella.»

Brandon la guardò confuso.

«Maestral e Auster sono fratelli, te l'avevo già detto.» spiegò Sky, con voce spenta. «Gliel'ho dato io, il pretesto per attaccare: usare le debolezze delle fate! Come fa a dire che non è colpa mia?»

Faragonda scosse la testa. «Credo che avrebbe trovato altri modi. Ho il sospetto che lui sia stato catturato dalla Furia più potente di tutte.» dichiarò. «E' un ottimo soggetto.»

«E quale sarebbe la Furia più potente?» volle sapere Brandon.

«L'Odio. La Furia dell'Odio è la più forte ed è la padrona di tutte le altre. Se possiede un corpo, lo userà come un burattino per i suoi scopi. È la Furia intorno alla quale tutte le altre si stringono per fare fronte comune. È stata l'unica a non essere stata imprigionata su Obsidian dallo Scettro di Domino, che non può contenerla. Si dice che si sia addormentata, e che il suo risveglio sia avvenuto solo quando le Furie sono state liberate. La leggenda dice che solo un enorme concentrato di Sentimenti Positivi possa distruggerlo, ma nessuno ha mai trovato un tale potere e questa rimane una teoria, per adesso, e una convergenza non basta: le fate non sono così potenti, le Furie possono essere davvero molto persuasive, se lo desiderano. Re Oritel sta facendo ricerche, ma per adesso ha fatto solo buchi nell'acqua. Da sola, la Furia dell'Odio può fare ben poco: può solo ospitare un corpo ed avvelenare la sua mente, tanto da spingerla a fare ciò che dice.»

«Lei crede che Maestral sia controllato dalla Furia dell'Odio e che stia comandando le altre per soggiogare la Dimensione Magica al suo volere?» domandò Brandon.

«E che sia stato lui ad aizzarne una contro Auster, sì. È esattamente ciò penso. Era l'unico che poteva farlo.»

Sky si piegò in avanti. «Ma per attecchire, così mi hanno spiegato Aisha e Musa, il soggetto deve essere... predisposto

«E' così. Maestral era più che predisposto: lui è il fratello maggiore di Auster e sarebbe stato l'erede al trono, se non fosse nata lei. Su Flabrum c'è una legge che impone che solo una fata può salire al trono e che il fratello maggiore prenda il posto di comandante dell'Esercito. Se, però, nasce solo un erede maschio, allora prenderà il posto di Reggente, finché non nascerà una fata che possa prenderne il posto.»

Brandon era confuso. «Ma... non ha detto che si chiama Adalhard il comandante dell'Esercito?»

Faragonda annuì. «Maestral era uno scapestrato, non ha mai avuto la stoffa del comandante ed è sempre stato molto arrogante. Non rispettava i suoi superiori, durante l'addestramento. Si sentiva in una botte di ferro perché il posto di comandante gli sarebbe spettato per legge, una volta che Auster fosse stata incoronata. Ma lei mi confidò di non fidarsi di lui e del suo giudizio: Maestral è sempre collerico, viziato e indisponente, non è mai stato disposto ad ascoltare le opinioni altrui ed era insicuro, un mix che lo avrebbe reso una bomba pronta ad esplodere. Auster aveva paura che, non solo potesse combinare qualche disastro, ma che potesse spingere se stesso ad atti estremi che lo avrebbero condotto al suicidio. Così decise che non sarebbe stato lui a ricoprire quel ruolo, a meno che non dimostrasse di meritarlo. Così, quando salì al trono, indisse un torneo in cui i soldati che si erano distinti durante l'addestramento si sarebbero sfidati in gare di intelligenza e di abilità. Maestral perse contro Adalhard e la Regina scelte di dare a lui la spilla d'argento, simbolo della carica più alta dell'Esercito dei Venti.»

Sky annuì. «D'accordo. Ma ciò non toglie che siamo stati noi io e Bloom a...»

«Avrebbero trovato un altro modo, Sky, per tornare, prima o dopo. Non dare la colpa di questo a te stesso. Magari sarebbe stata la Furia dell'Odio stessa a trovare un modo per liberarle. E, per quel che riguarda Maestral, lui ha sempre desiderato il trono e lo avrebbe preso in qualunque modo e a qualunque costo.»

Il ragazzo scosse la testa, non del tutto convinto di quel che sentiva. «Mi dica un'altra cosa: se noi riuscissimo ad estirpare dal corpo di Maestral la Furia... poi le altre che farebbero?»

«Sarebbero divise, come un Esercito che non abbia più il suo capo: i soldati non saprebbero a chi rispondere e diverrebbero vulnerabili. Sarà a quel punto che le Furie dovranno essere spazzate via e Zephiro dovrà entrare in scena. Non prima. Prima sarebbe troppo presto.»

«Allora dobbiamo estirpare l'Odio dal corpo di Maestral!» esclamò Sky, alzandosi di nuovo, impettito e con sguardo risoluto. «E disperdere le Furie. Allora tutto tornerà a posto.»

«Ma... dove le cerchiamo?»

La domanda di Brandon rimase sospesa nell'aria.

Faragonda abbassò lo sguardo. «Vorrei che fosse così semplice. Dovremmo distruggere le Furie per impedir loro di fare ancora del male, ma lo Scettro le imprigiona soltanto. Dobbiamo solo sperare in Re Oritel e nelle sue ricerche, per il momento.»

Sky sospirò e abbassò di nuovo la testa. «Le Winx si arrabbieranno molto, quando sapranno tutta la storia, lo sa questo, vero, preside?»

Lei sospirò. «Preferisco che siano arrabbiate con me, piuttosto che doverle seppellire.»

 

§

 

Aver seguito Riven che era uscito in gran fretta dal Love & Pet era stata una grande idea, soprattutto quando avevano visto che non era solo il solito burbero scontroso che conoscevano e che c'era qualcosa che non andava nel suo sguardo. Il primo pensiero di tutti si era rivolto alla Furie e non avevano sbagliato.

Aisha e Flora non avevano dovuto discutere più di tanto: uno sguardo e poche parole e avevano lasciato Nabu e Timmy in negozio ad espletare le ultime formalità, chiudere il negozio e allontanare le clienti ritardatarie. Le avrebbe raggiunte non appena finito e, in quel momento, Flora pensò che avevano davvero bisogno di aiuto, di tutto quello possibile, in effetti, e si chiedeva perché Bloom e le altre non fossero già di ritorno con la soluzione ai loro problemi.

«Sono preoccupata.» confidò ad Aisha, mentre volavano per tenere dietro a Riven che camminava per le vie della città con passo spedito, senza badare a niente e nessuno. Sembrava un proiettile in cerca del suo obiettivo, un cacciatore pronto a stanare la preda. Metteva i brividi. «Non vorrei che fosse accaduto loro qualcosa!»

«Non ti preoccupare!» rispose Aisha, mantenendo un tono risoluto. «Sono in gamba e se la caveranno. Poi Sky e Brandon sono sicuramente con loro e le stanno aiutando.»

Eppure Flora aveva una strana sensazione e così Aisha, anche se voleva mostrarsi ottimista per non dare un pretesto alle Furie per prendersela con lei o con la sua amica.

Riven sparì dalla loro visuale; Helia, poco dietro di loro, alzò lo sguardo per cercarle e scosse la testa, per dire che anche lui non lo vedeva più.

«Andiamo alla sala di registrazione.» propose Aisha. «E intercettiamo Musa prima di lui! Se è diretto da qualche parte, abbiamo buone probabilità che stia andando lì.»

Flora si disse d'accordo, l'aveva visto molto scosso, dopo che Musa era uscita per andare da Jason Queen e questo non faceva che avvalorare la tesi di Aisha; si scambiarono un cenno di assenso e, insieme, decisero di utilizzare le ali dello Zoomix, che le avrebbe portate istantaneamente nel luogo desiderato.

Quando arrivarono non si erano aspettate il gran caos che, invece, trovarono: dentro il locale fuori dalla sala, Musa stava combattendo contro Riven e Jason che reggeva un mucchietto di lustrini. Non videro la loro amica, ma in compenso notarono lo Specialista che brandiva la spada, pronto alla carica. Ma come poteva essere stato colpito anche Jason e, soprattutto da quale Furia?

Poi all'improvviso capirono: quel mucchietto tenuto insieme da Jason era la fata della musica!

«Oh, no, Musa!» gridò Flora, atterrita.

La loro amica era a terra, inginocchiata e trattenuta da Jason e Riven stava prendendo la rincorsa, la spada posata contro la sua spalla, pronto a tagliarla in due, completamente impazzito. Ma perché Musa non reagiva? Flora, d'istinto, lanciò un incantesimo, che si infranse contro una barriera sonora che proteggeva il locale; l'unica cosa che ottenne fu quella di distrarre Riven e di fermarlo a metà della strada che lo divideva da Musa.

«Ma che cosa...» Aisha atterrò accanto a Flora, sul marciapiede. Riven rivolse loro un sorriso cattivo e astuto, un sorriso di quelli che lui non avrebbe mai fatto, non rivolto a loro. Entrambe sentirono rimescolarsi il sangue nelle vene.

«Che stai facendo, Riven?» chiese Flora, oltrepassando la barriera, ma camminando cauta verso di lui. Una volta all'interno del locale, la sensazione di disagio si acuì; l'aria era quasi irrespirabile, pesante, ed entrambe le fate si sentirono più deboli. Desiderarono di essere di nuovo fuori, all'aria aperta e di potersi togliere di dosso l'inadeguatezza, la paura e la preoccupazione.

«Questo posto deve essere pieno di Furie.» azzardò Aisha, guardandosi intorno con sospetto come se si aspettasse di vederne spuntare una da sotto un tavolo. «Teniamo gli occhi aperti e non facciamoci abbindolare da quello che dirà Riven. Sono quasi sicura che sia stato posseduto da una Furia... ricorda cosa ha detto Faragonda, riguardo alla prima battaglia di Domino.»

Flora annuì, ma si sentì rabbrividire comunque. Riven posseduto dalle Furie... non poteva crederci. Lo guardava mentre lui, indolente, si appoggiava la spada alla spalla e continuava a fissarle con spavalderia, come se sapesse che loro due non avevano nessuna speranza di vittoria. Ed era così che si sentivano, anche se sapevano che era sbagliato, che stavano solo dando del vantaggio alle Furie.

«Che cosa volete, fatine? Non ditemi che volete morire pure voi!» disse Riven, con una voce che non somigliava per niente alla sua. Era fredda, agghiacciante, sembrava provenire da un altro mondo.

«Non abbiamo nessuna paura di te, quindi vedi di lasciare in pace i nostri amici!» Aisha lo indicò con fare minaccioso. «Altrimenti te la dovrai vedere con noi!»

Riven alzò le spalle. «Sciocche ragazzine. Tipico di voi fate, farvi tante illusioni.»

«Sicuro di non fartele tu, le illusioni?» Aisha scattò a mezz'aria e tese le braccia, per scagliare un incantesimo su di lui, che, con un gesto pigro, fece roteare la spada di fronte a sé. Non spezzò i fili di Morphix che si erano abbattuti su di lui: fu solo l'arma a venire imprigionata e lui se ne staccò sibilando come un gatto contro il nemico.

Poi la Furia fece schioccare la lingua di Riven. «Povere ingenue.»

Fece un cenno verso Jason, cui erano apparse delle grosse occhiaie nere che gli davano un'aria spettrale; questi lasciò subito andare Musa e lei cadde sul pavimento, tra i frammenti di vetro e i tavoli rovesciati come un sacco vuoto.

«È stata presa da uno di quegli Spettri!» capì Flora. Tremando, posò le mani davanti alla bocca, inorridita e ancora più spaventata.

Jason si alzò e, scrocchiandosi le dita, si avvicinò a lei barcollando appena, lo sguardo maniacale rivolto nella sua direzione. Solo dopo, quando si scagliò contro Flora, la fata si accorse del grosso pezzo di vetro che aveva in mano quando, alla luce del neon, scintillò, rivelando una punta acuminata che avrebbe potuto ferirla a morte. Lanciando un gridolino, volò via appena in tempo.

Aisha si scagliò, invece contro Riven, ingaggiò un corpo a corpo con lui e lanciava incantesimi che spesso e volentieri non andavano a segno, ma ricoprivano di Morphix qualche bottiglia o una tazzina o su una delle persone addormentate. Riven era agile, veloce, neanche i calci più poderosi di Aisha o i suoi destri furiosi riuscivano a fare niente contro di lui.

«Dobbiamo andarcene di qui! Colpiremo qualcuno!» esclamò Flora, rivolta alla sua amica. «E... ah!»

Qualcuno l'aveva afferrata per la caviglia e l'aveva tirata giù verso di sé. Solo dopo si accorse che era di nuovo Jason e con lo stesso pezzo di vetro; glielo avvicinò alla faccia pronto a sfigurarla. Sgranando gli occhi, d'istinto, Flora alzò una mano e lo schiaffeggiò. La cosa colpì profondamente Jason, tanto da lasciarla andare; la fata sfrecciò via, verso il corpo di Musa che, esanime, sembrava essere diventato anche più leggero.

Aisha continuava a combattere contro Riven ed era riuscita a mandarlo a tappeto con una finta.

«Ora ti imprigionerò e...»

Ma non aveva potuto farlo: Jason, persa la sua prima vittima, si era gettato su di lei e l'aveva fatta crollare a terra, in mezzo a due persone distese a terra, addormentate dall'incantesimo di Musa. Lottarono per un po', la mano di Jason si chiuse intorno al collo della fata che aprì la bocca per chiedere aiuto. Il panico la travolse. Riven si stava rialzando e si era diretto anche lui verso Aisha, deciso ad aiutare il suo strano alleato, forse a tenere ferma la ragazza che si muoveva spasmodicamente, cercando uno spiraglio di speranza in tanta disperazione.

Flora sentiva la stessa sensazione di paura e pericolo provata dalla sua amica farsi strada dentro di lei, tanto da soffocarla; le pareva di sentire anche lei una mano intorno al collo e una voce che, lontana, sussurrava parole di resa. Cercò di ignorarla e di mettersi in piedi; allungò una mano per scagliare un incantesimo. Lasciò Musa, mentre volava verso Jason per fermarlo.

In quel momento un lampo di luce verde attraversò il suo campo visivo e si tramutò in tre fili che bloccarono il braccio di Jason che si ritrovò strattonato lontano da Aisha, come un sacco vecchio. Nel frattempo delle liane rampicanti si frapposero tra Riven e Aisha e lo Specialista, stupefatto, cadde a gambe all'aria.

«Helia!» gridò Flora.

Lui le rivolse un sorriso rassicurante. «Scusatemi per il ritardo, ragazze! Ho fatto più veloce che potevo!»

«Per fortuna sei arrivato.» sospirò Aisha che ancora stava tossendo, stringendosi una mano intorno alla gola, finalmente libera. Flora volò verso di lei e le atterrò vicino; la prese per le spalle e la sorresse, mentre l'amica cercava di riprendere fiato.

Guardò verso Riven che, barcollando, aveva scalato le liane rampicanti di Flora e adesso si muoveva verso di loro con quel suo ghigno malefico, mentre Jason lottava con i fili di Helia che faceva sempre più fatica a tenerlo. «Questo... non è il... il produttore di Musaaa...» lo Specialista cadde, quando Jason, afferrati i fili di Helia, li unì nella mano e tirò con tutta la forza che aveva verso di sé.

«Helia!» gridò Flora, in preda al panico; fece per volargli incontro, ma fu distratta da Aisha che continuava a sussultare. La sua amica aveva bisogno di lei, mentre il suo ragazzo... non si alzava più e la cosa la preoccupava tanto da farla tremare: la caduta non era stata poi così brutta, ma allora perché...

«Vai da lui.» mormorò Aisha. Si girò verso di lei per guardarla negli occhi; sembrava che avesse intuito o letto nei pensieri di Flora tutte le sue preoccupazioni. «Vai a vedere come sta, presto!»

«Ma...»

«Non discutere, vai!» Aisha le diede uno spintone e cadde di nuovo, priva di forze.

Flora vide Riven che stava scendendo dalle piante rampicanti e puntava verso di lei; volando a mezz'aria, cercò di nuovo il controllo delle piante e alcuni di quei rampicanti risposero, muovendo appena le loro punte. A quel punto, Flora comandò loro di prendere Riven e di immobilizzarlo al muro.

Le liane che si erano mosse, si intrecciarono di fronte allo Specialista che stava per saltare e, quando lo fece, loro fecero in modo che atterrasse su di loro, come se fossero braccia che accogliessero un bambino piccolo, poi, ad una grande velocità, si spostarono indietro, verso il muro e vi schiacciarono Riven, la cui ultima protesta fu un basso ringhio.

La sua testa ciondolò su di un lato, così come i suoi piedi e le sue mani che spuntavano da sopra i rampicanti. Flora lo lasciò lì, lanciò un'occhiata ad Aisha e si gettò in picchiata su Helia che, invece, era rimasto a terra. Jason non sembrava più interessato a lui: aveva strappato i fili verdi dal suo braccio, li aveva gettati a terra come una cosa senza alcuna utilità e aveva provato di nuovo ad attaccare Aisha.

Flora non ci pensò più di tanto: richiamò una liana e fece in modo che lo afferrasse per una caviglia e lo tirasse verso l'alto, a testa in giù, così che potesse smetterla di nuocere a chiunque. Poi atterrò vicino al suo ragazzo e lo tirò a sé; stava dormendo, così pareva almeno, ma il suo viso era contratto e sembrava che stesse avendo un incubo; scuoteva la testa, gli occhi si muovevano da sotto le palpebre con molta frenesia, ma non li apriva. A Flora batteva il cuore, capiva che stava succedendo qualcosa di sbagliato.

«Helia, ti prego, svegliati! Non lasciarti contagiare dalle Furie! Helia!»

Lo chiamava, ma Helia non la ascoltava. Aveva digrignato i denti e gemeva come se stesse combattendo una furiosa battaglia inferiore.

«Helia... reagisci! So che puoi farlo! Ti prego!»

Strinse più forte le sue spalle. Pensò al potere del Believix e di usarlo, ma anche quando lui fu avvolto dall'alone verde brillante del suo potere di fata, non accadde niente; era come se su di lui il Believix non potesse avere effetto.

Si arrischiò a guardare Aisha che, barcollando, era riuscita a rialzarsi, mentre Jason, dietro di lei, era riuscito a conservare quel pezzo di vetro con cui aveva minacciato entrambe. E allora, non visto, lo fece: affondò la sua arma improvvisata nel rampicante di Flora che, stupefatta, si sentì mozzare il fiato. L'alone verde intorno a Helia scomparve, mentre lei cominciò a gridare di dolore: era come se qualcuno le avesse conficcato una lama fredda e affilatissima nel cuore.

Senza fiato, cadde a terra e, senza volerlo, lasciò andare il suo ragazzo, ma non solo: anche il rampicante lasciò andare Jason che, cadendo, fece una capriola su se stesso con un'abilità che nessuna di loro avrebbe pensato che avesse e atterrò in piedi, come i gatti.

Caricò su Flora che fu salvata da una di nuovo scattante Aisha e depositata sopra ad un tavolo intatto e vuoto.

«Ma...» provò a protestare Flora.

«Ora tocca a me salvarti, principessina.» replicò Aisha, con una strizzatina d'occhio. Caricò lei stessa su Jason, tenendo le mani tese di fronte a sé, muovendo le ali molto velocemente, pronta a tutto. «E ora... Gabbia Morphix!»

Sfiorò le spalle di Jason, sulle quali si tese e, dopo essere rimasta in equilibrio sulle mani, fece una capriola su se stessa e atterrò sulle gambe. Intanto, il Morphix aveva avvolto Jason e lo aveva intrappolato, facendo in modo che non ne potesse uscire; Jason vi si scagliò contro, cercando un varco, ma il Morphix era come gomma e lo rispediva indietro, impedendogli ogni via di fuga.

«E questo dimostra che niente e nessuno ferma le Winx!» dichiarò la fata dei fluidi, strizzandogli l'occhio a nessuno in particolare.

Helia cominciò a riprendersi. Si era risvegliato e si era rimesso in piedi, lamentandosi, mentre si posava una mano tra i capelli, sulla nuca.

Flora sospirò, rincuorata. «Stai...»

Helia si girò verso di lei e la guardò con una strana espressione. Non era più quella dolce e innamorata che era stata fino ad un momento prima che cadesse... adesso era diversa e somigliava a quella folle di Riven.

Flora gridò per la sorpresa e, incredula e spaventata, si alzò in piedi. «He-Helia...» si ritrovò a balbettare, confusa, mentre gli occhi cominciavano a pizzicarle per le lacrime di dolore. Che cosa gli era successo? Dov'era finito il suo adorabile fidanzato?

«Ehi, che cosa sta...» la voce di Aisha era lontana, da qualche parte alla sua sinistra.

Le lacrime le impedivano di mettere a fuoco la stanza come si conveniva, ma qualcosa che la attrasse più di tutto il resto: la frusta di Helia che si attorcigliava attorno alla vita sottile di Aisha e la scagliava via come un oggetto senza valore. Inorridita e spaventata, Flora si posò le mani sulla bocca, per trattenere un urlo che le stava nascendo spontaneo. Le tornò in mente il racconto che le sue amiche, tornate da Alfea, le avevano fatto sulle Furie e su Domino e stavolta in tutta la loro forza e brutalità: gli uomini coraggiosi che avevano seguito le fate sul pianeta e che avevano cominciato a combattere contro di loro, uccidendosi a vicenda. Era quello che stava accadendo: stavano combattendo gli uni contro gli altri! Amici contro amici. Ed era la cosa più orribile che le Furie erano riuscite a combinare.

«E ora tocca a te!» sibilò la voce di Helia, ma era una voce diversa, non quella del suo poeta. Era una voce fredda, vendicativa, aspra che non gli riconosceva. Scacciò le lacrime e, sebbene tremante, trovò la forza di alzarsi in piedi.

«Helia, ascolt...» la frusta partì senza che quasi se ne rendesse conto. La schivò all'ultimo, lanciandosi di lato e facendo una capriola che finì malamente, quando, con la testa, colpì la gamba di un tavolo.

«No!» la voce di Aisha la riscosse e le fece guardare nella sua direzione, alla sua sinistra. Helia fece fischiare nuovamente la sua frusta e lei volò in alto, schivandola un'altra volta. La fata dei fluidi scagliò il suo Morphix, ma anche quello parve inutile perché il ragazzo si gettò di lato, facendo sì che il Morphix avvolgesse un tavolino invece che lui.

Helia finì tra Aisha e Flora che, ancora a terra, era ancora troppo scossa per reagire. Non poteva combattere contro il suo stesso ragazzo: aveva già combattuto contro Riven e l'aveva imprigionato nei suoi rampicanti. Era rimasto coinvolto anche il produttore di Musa che si stava ancora muovendo forsennatamente dall'interno del Morphix di Aisha; le Furie le costringevano a soffrire. Era questo il loro scopo: far colpire loro le persone che amavano di più, facendo sì che le loro sorelle potessero afferrarle.

Una forte rabbia si fece strada in lei, ma non sapeva a chi rivolgerla e non voleva di certo farlo contro Helia. «Siete orribili!» gridò all'aria. «Orribili! Non combatterò contro il mio ragazzo! Non potete costringermi a farlo!»

Helia si voltò e i suoi occhi si strinsero di nuovo, il suo ghigno si fece ancora più largo; il suo braccio si tese verso di lei, mentre Aisha gridava qualcosa oltre le spalle dello Specialista, ma di nuovo Flora non riusciva a sentirla perché si sentiva in un mondo a parte, in un mondo dove non c'era nessuno, a parte lei e Helia. Erano soli, da qualche parte, un luogo vuoto e nero, senza confini.

«Non combatterò.» dichiarò lei; la sua voce rimbombava ed era rabbiosa, rispecchiava molto il modo in cui si sentiva e le sue mani strette a pugno, tremanti, ne davano un'idea a chiunque si trovasse di fronte a lei. Non c'era più Helia, si rese conto; era qualcun altro di cui non riusciva a distinguere il volto, ma era quasi sicura che fosse lui. Non sapeva chi le desse questa consapevolezza. Voleva che fosse lui. Non voleva essere sola in quel mondo.

Flora non era forte come Bloom, ne era consapevole. «Non combatterò contro di te, Helia. Ovunque tu sia e qualunque cosa tu faccia... so che sei buono e che sei stato controllato da una Furia. Non è colpa tua e io ti perdono, per qualunque cosa tu stia facendo.»

Abbassò lo sguardo e chiuse gli occhi; la rabbia pian piano passò e Flora attese che Helia si muovesse e che la finisse. Era inutile arrabbiarsi con qualcosa che non si poteva vedere e che si comportava in modo così meschino. Provava pietà, non rabbia. Attese, sì. Ma attese invano.

Un tonfo sordo di un qualcosa di pesante che cadeva la fece sussultare e riaprire gli occhi. Il mondo nero era sparito e, al suo posto, c'era il bar in cui avevano combattuto contro Riven e Jason Queen. Era distrutto, pieno di piante rampicanti e vetri, corpi di persone distese e dormienti, del tutto ignare di quello che era capitato. E, di fronte a lei, ai suoi piedi, il corpo di Helia, le cui braccia erano distese sopra la sua testa, il volto girato verso la destra, gli occhi chiusi.

Flora sentiva di non capirci più niente. Sollevò una mano per toccarlo, scuoterlo e chiedergli cosa fosse successo, ma il grido di Aisha glielo impedì.

«Non lo fare!» le diceva, lasciando andare un tubo di ferro.

«Dove l'hai preso quello?»

Aisha gettò il tubo e allungò una mano su Helia. Lo imprigionò dentro un budino di Morphix.

«L'ho preso da lassù.» indicò il tetto, con una leggera aria preoccupata. Aisha si avvicinò a lei e, dopo essersi inginocchiata, la prese per le spalle per costringerla a rimettersi in piedi con lei.

«Ma cosa è successo?» domandò confusa Flora.

«Non c'è tempo, adesso.» nella voce di Aisha si sentiva tutta l'urgenza del momento. «Dobbiamo tornare subito a casa: Musa ha bisogno di aiuto: credo che sia stata catturata da una Furia.»

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Capitolo 11
*** Un aiuto inaspettato ***


Capitolo 11

Un aiuto inaspettato



A Stella sembrava che camminassero da ore. Aveva perso il conto di quante svolte avevano fatto e il freddo e l'odore di umidità e di muffa non faceva altro che aumentare il suo malumore. Terchibald continuava a camminare in perfetto silenzio, sicuro come se fosse all'aperto; neanche Tecna sembrava molto intenzionata a parlare, Bloom era svenuta e Tony... lei voleva proprio lasciarlo perdere.

Era tutta colpa sua se si trovavano in quella situazione, se erano arrivate su Flabrum, se la vita di Roxy era appesa ad un filo in modo sempre più incalzante, e se dovevano essere aiutate dall'uomo più silenzioso che la Dimensione Magica avesse mai partorito. Era colpa sua se, invece che su Domino, erano su un pianeta fatto di maleducati che non permetteva loro di muoversi come meglio credevano, travestite da soldati in scomodissime divise di un colore che la faceva sembrare smorta.

«Ehi, Terchi?» chiamò.

La sua voce rimbombò nell'oscurità e la cosa la spaventò al punto che si coprì la bocca con la mano, come se questo avesse potuto in qualche modo negare il fatto che avesse parlato a voce troppo alta.

Tony gridò, mentre il resto sveglio della compagnia, che le camminava davanti, si voltava di scatto.

«S-scusate.» balbettò lo Specialista, rivolto al capitano che gli rivolgeva la stessa occhiata omicida che era apparsa sul volto di Tecna, benché la fata della Tecnologia fosse rivolta a Stella. «Mi ha... spaventato.»

«Non vi avevo chiesto di tacere?» sibilò Terchibald e la sua voce risuonò nel vuoto di quel corridoio oscuro tanto quanto quelle di Stella e Tony. «La segretezza, ora, è tutto ciò che ci divide dalla morte.»

«Oh, non farla tanto lunga!» sbottò la fata del sole e della luna, di malumore. «Piuttosto, quanto manca alla destinazione?»

Terchibald si girò nella direzione che stavano seguendo. «Abbastanza perché usiate tutta la cautela possibile. Entreremo in un tunnel sospeso fino all'Isola di Tramontana e, anche se non potranno vederci, saremo comunque all'aperto e ciò significa che potranno facilmente sentire le nostre voci.»

Stella si piegò su Tecna. «Secondo te,» borbottò, sperando di non farsi sentire, senza però rendersi conto che il tunnel in cui si trovavano amplificava magicamente tutte le voci, anche le più basse. «è normale che su questo pianeta si parli un linguaggio così... antiquato?»

Tecna alzò lo sguardo sul soffitto nero. «Stella, Flabrum è un pianeta molto lontano dal resto della Dimensione Magica. È normale che il loro linguaggio si sia sviluppato in modo differente, non risentendo dell'influenza degli altri.»

Stella, confusa, si limitò ad osservarla.

Tecna sospirò e guardò Terchibald per dirgli che erano pronti a ripartire, ma Terchibald guardava nel buio da dove provenivano con una strana forma di nostalgia. Entrambe le Winx capirono che il soldato di Flabrum sentiva il desiderio di tornare indietro e di aiutare i suoi compagni rimasti a fronteggiare il nemico, composto da soldati che, come gli altri, avevano servito Auster al suo fianco.

Stella trovava che fosse crudele. Il solo pensiero che, un giorno, avrebbe potuto trovarsi a combattere contro le Winx o gli Specialisti le dava il voltastomaco. Odiava le guerre ed era felicissima che suo padre fosse figlio unico e di esserlo lei stessa: non le sarebbe piaciuto affatto dover avere un fratello assetato di sangue che non si sarebbe fatto scrupolo ad ucciderla per prendere il suo posto.

«Cosa starà succedendo, nella base?» domandò.

Terchibald abbassò lo sguardo. Aprì la bocca e, quando parlò, la sua voce fu ferma e dura: «I miei compagni stanno morendo per dare a me la possibilità di aiutarvi. Vi conviene seguirmi senza fare altre storie o perdere altro tempo.»

Stella guardò Tecna e infine Bloom, ignorò Tony e si fece forza. Doveva andare avanti anche per quell'uomo di cui capiva i sentimenti. Perciò gli diede una pacca sulla spalla coperta dal mantello bianco gemello del suo.

«Ce la faremo, vedrai. In fondo, siamo le fate guardiane della Dimensione Magica, di noi puoi fidarti. Sei in una botte di ferro!»

Terchibald la osservò per un secondo, come chiedendosi se stesse parlando seriamente, poi, senza dire un'altra parola, riprese a camminare.

Stella sentì la furia montarle dentro. «Non ci posso credere!» sibilò, ma ottenendo comunque l'effetto di un ululato. «E' maleducato proprio come quel Zephiro!»

Tony le passò davanti e affiancò Tecna passandosi una mano tra i capelli. Con l'altra giocherellava con la spada. «Signorina Tecna!» esclamò. «Anche tu sei in una botte di ferro! So che sei preoccupata, ma non temere, io ti proteggerò!»

Quando Tecna si voltò a guardarlo, lo Specialista arrossì e abbassò lo sguardo.

La fata della Tecnologia si voltò allarmata verso Stella che, invece, era in vena di sogghigni. «Non parlavi sul serio, prima, vero?» domandò. «Non crederai davvero che...» fece una smorfia inequivocabile.

La risata di Stella, che era più che altro una sghignazzata, trillò nell'aria. «E' vero come il bellissimo abito che ho comprato l'altro giorno. Anche se, adesso, mi sembra più un sogno.»

Tecna scosse la testa e la fata del sole non ebbe difficoltà a capire la ragione: alla sua amica non piaceva per niente che le si parlasse di abiti, soprattutto se era un momento critico. Ma era proprio per questo che Stella lo faceva: per non pensare sempre e solo a quello, per non farsi sopraffare dal panico e dalla voglia di strillare.

Si accorse in quel momento di quanto Bloom le mancasse. Non avrebbe mai alzato gli occhi al cielo o scosso la testa, ma avrebbe sorriso come solo lei sapeva fare e l'avrebbe ascoltata. Con Tecna non c'era proprio gusto a descrivere un abito, anche se era bello come quello che aveva trovato in un'occasione imperdibile al centro commerciale di Gardenia.

Sconsolata, si guardò alle spalle, dove c'era Bloom distesa sulla sua barella che si spostava placidamente sollevata da terra di soli pochi centimetri. Sembrava che dovesse svegliarsi da un momento all'altro, che dovesse stropicciarsi gli occhi e chiedere che cosa fosse tutto quel trambusto.

Ma Stella sapeva che non l'avrebbe fatto e la cosa la faceva sentire sempre peggio. Il fatto di essere stata lei la responsabile della liberazione delle Furie doveva averla resa molto vulnerabile e, di conseguenza, era diventata un bersaglio molto facile. Stella credeva che fosse tutta colpa sua, se erano arrivati a quel punto: Bloom era la sua migliore amica e pertanto avrebbe dovuto starle molto più vicino di come aveva fatto. Invece, era andato tutto storto, non era stata attenta ai suoi sentimenti. Si sentiva egoista.

Ricacciò indietro la lacrime, anche se con difficoltà. Cercò di concentrarsi su Tony che si muoveva davanti a lei e allungava un braccio, e poi l'altro al ritmo dei suoi passi, con la schiena dritta al punto che si era anche un po' arcuata all'indietro, come se sul petto avesse una specie di peso.

Anche in mezzo alle sue sensazioni e al suo sempre più acuto senso di colpa, non riuscì a non notare che lo Specialista stava tentando di imitare la camminata cadenzata e marziale del capitano Terchibald. L'incedere di quest'ultimo, però, era elegante e gli conferiva qualcosa di affascinante che catturava l'attenzione. Tony non avrebbe potuto mai raggiungere quell'aura di potere ed eleganza, neanche se fosse stato addestrato alla stessa dura vita dei soldati di Flabrum: era un perfetto imbranato anche con le armi. E poi aveva le gambe storte.

Stella non riuscì a non ridacchiare.

«Che c'è?» domandò Tecna.

«Niente... è che pensavo a...» non lo disse, ma ridacchiò di nuovo.

Tecna rinunciò a capirci qualcosa. Sospirò ancora, poi alzò di nuovo lo sguardo verso Terchibald. «Capitano, come mai questo tunnel ha questa curiosa acustica?»

«E' stata concepita come un'arma difensiva.» raccontò l'interpellato, dopo un'evidente attimo di esitazione. A Stella cominciava a stare davvero stretto, quel tunnel polveroso e odoroso di muffa. «Se qualcuno penetrasse nella base, anche per sbaglio, e emettesse un suono qualunque, allora verrebbe sentito all'istante. Questo permette di anticipare le mosse di un possibile avversario.»

Stella sussultò dall'orrore: non doveva essere un genio come Tecna per capire che, se era così, allora loro avevano emesso un suono di troppo. «E allora perché non stiamo correndo come se avessimo le Trix alle calcagna?»

«Credo che sarebbe inutile: portiamo una barella che ci rallenta e il tunnel che stiamo per affrontare è troppo pericoloso per essere percorso correndo. Meglio mantenere quest'andatura, oltre che la calma, principessa.»

«Beh,» commentò Tecna. «almeno sapremo se qualcuno ci è alle calcagna.»

Terchibald annuì.

«Deve essere una magia davvero fantastica.» incalzò la fata della tecnologia, ammirata. «Nella Dimensione Magica non abbiamo mai visto incantesimi di questo genere. Sono sicura che Musa l'apprezzerebbe.»

«Già.» rispose Stella, ma non entusiasta come la sua amica. «Per me, invece, è una noia. Questo posto puzza!»

«Questo è un condotto antico, talmente tanto che è difficile stabilire quando fu effettivamente creato. E la magia di cui è permeato è davvero prodigiosa.» dichiarò Terchibald, nella cui voce era comparsa una sfumatura d'orgoglio. «Si sa solo che nessuno è stato in grado di riprodurlo. Gli antichi maghi guerrieri di Flabrum erano potenti, molto più di quanto lo siamo noi adesso. Se vedrete incantesimi così, in futuro, saprete che provengono da qui.»

«Ne avevo sentito parlare, in effetti.» riferì Tecna, entusiasmata. «Ma non avrei mai creduto di poterne vedere uno così da vicino. È un vero peccato che sia nell'ordine naturale delle cose: alcune parti della nostra cultura vengono distrutte dal tempo o dall'incuria. Le civiltà, come tutto quanto, sono costrette a morire prima o dopo.»

Stella cominciò a sbuffare in modo vistoso: stavano parlando di cose che, per lei, erano completamente fuori da ogni pensiero razionale. Troppe parole difficili, troppi concetti che le si confondevano in testa e non prendevano mai forma.

«Non farebbe male poter contare su quelle antiche civiltà, a volte.» commentò Terchibald, in tono impotente.

«Dobbiamo fare con quello che abbiamo. E usare la logica.» rispose – ovviamente, pensò Stella – Tecna. «E la logica mi suggerisce una domanda: non potrebbero anche aver deciso di aspettarci all'uscita?»

La risposta di Terchibald, inizialmente, fu una risatina. «Sei una fata davvero in gamba, principessa di Zenith. Saresti un ottimo soldato di Flabrum.»

«Preferiamo chiamarci fate, grazie.» replicò Stella.

Tecna le posò una mano sulla spalla, mentre continuavano a camminare l'una di fianco all'altra, con Tony alle calcagna. «Stella, credo che volesse farci davvero un complimento. Su questo pianeta, è un grande onore essere dei soldati dell'Esercito dei Venti! Anche l'ultimo dei soldati di Flabrum viene ritenuto degno della più alta considerazione e, dicendo a chiunque, di essere degno di lui, non è sminuirlo, ma attribuirgli valore, un grande valore.»

«Beh, sarà, ma non mi azzarderei mai ad arruolarmi, sapendo che non mi permetterebbero di indossare altro che un abito del tutto fuori moda!»

Tecna le rivolse un'occhiata esasperata. «Non si tratta di questo, Stella. È semplicemente parte della cultura di questo pianeta. È come chiedere ad uno di Flabrum di indossare un abito sgargiante perché è fa parte della cultura del tuo paese. È una cosa che, forse, li farebbe rabbrividire.»

L'espressione di Stella divenne disgustata. «Come può far rabbrividire un po' di colore, dopo tutto questo mortorio di blu e di bianco?»

Tecna lasciò ricadere la mano lungo il fianco, sconsolata. «A volte è impossibile ragionare con te, Stella.»

«Parlo seriamente!» protestò lei.

«E' proprio questo che mi preoccupa.»

«Ehi, come ti...» il ringhio di Stella si perse nel vuoto: la voce di Terchibald riecheggiò nel vuoto del tunnel e il suo tono aveva perso tutta la sua leggerezza.

«Ora statemi molto vicine:» disse, asciutto. «non ci potranno vedere, ma la strada che stiamo per percorrere è invisibile.»

«Cosa?» sbraitò Stella. «Invisibile? E come facciamo a camminarci sopra?»

Se Terchibald trovò irritante il tono stridulo della fata non lo diede a vedere. «Il corridoio finisce dentro una corrente ventosa che è una strada fatta di vento e magia che collega questa Isola, con quella di Tramontana. Il problema è che non rimane fermo. Provate a pensare a una corda tesa in balia del vento: vibra. In un certo senso, quella strada fa la stessa cosa, solo che invece di limitarsi a scuotersi cambia forma e si contorce, proprio come un serpente. Dovrete starmi molto vicine, o potreste cadere nel vuoto e venire inghiottite nella nebbia che ricopre il pianeta.»

«S-serpente? Io odio i serpenti.» balbettò Tony, interrompendolo, ma si accorse presto dell'occhiata delle due fate e allora si mise impettito di fronte a Tecna. «Non temere, signorina! Non devi avere paura dei serpenti se ci sono io con te! Quelle brutte bestiacce viscide non ti toccheranno! Non permetterò che ti mettano gli occhi addosso!»

«Ehm... ti ringrazio, Tony... anche se... il capitano Terchibald non parlava di un serpente vero.» sospirò Tecna, trovando stupefacente come si fosse aggrappato ad una parola piuttosto che alle grosse implicazioni che avrebbero potuto esserci, nel caso in cui avessero sbagliato strada.

Il ragazzo la guardò e gli occhi cominciarono a brillargli. «Seguimi, signorina Tecna!»

«Ehm... okay, Tony.» fu la risposta imbarazzata di Tecna.

Stella si chiese cosa sarebbe successo se Timmy fosse stato lì con loro ad osservare quello strano quadretto.

«Dimmi un'altra cosa, capitano:» continuò la fata della tecnologia, per scacciare l'imbarazzo. «anche se questo sentiero vibra, la sua lunghezza rimane la stessa... giusto?»

Lui sospirò, ma anche se nel suo tono sentì rammarico, Stella non poté non notare che Tony si era molto rabbuiato per essere stato subito messo in secondo piano, in favore di Terchibald. Tutta quella situazione, con Timmy presente, sarebbe stata davvero uno spasso. «Sì.» fu la risposta del capitano. «Ma a volte, ci vogliono dei giorni per arrivare dall'altra parte. Perché non è facile intuire l'esatta posizione della strada ventosa.»

«Dei giorni?» gridò Stella e la sua voce parve arrivare oltre il soffitto puzzolente di quel tunnel oscuro. Lo aveva seguito appena, con tutto quello che le passava per la testa, ma le era bastato sentire le ultime parole del capitano per farle tornare tutta intera la preoccupazione, aggressiva come non mai. «Non abbiamo dei giorni, caro il mio bellimbusto! Bloom e Roxy sono in bilico tra la vita e la morte! Non capisci che non abbiamo un minuto da perdere? Domani potrebbero essere già morte!»

L'uomo si voltò a guardarla. «Lo so, e mi dispiace. Ma è l'unico modo di raggiungere l'Isola di Tramontana in sicurezza. Forse dovremo pensare di lasciare qui...»

«Mai!» gridò Stella isterica, stringendo i pugni. Sentiva gli occhi pungerle e un singhiozzo sfuggì dalle sue labbra. «Non lascerò mai la mia amica qui, a marcire per l'eternità, neanche se fosse davvero tutta una questione di vita e di morte! Te lo puoi scordare, capitano! La verità è che non ti stai impegnando abbastanza! Tu vorresti solo essere lì a morire come tutti gli altri soldati! Non me ne importa niente della sicurezza! Voglio solo salvare Bloom e Roxy e tu non me lo impedirai con la tua inettitudine!»

«Stella...»

Tecna non riuscì a completare la frase, la mano che voleva posare sulla spalla della sua amica si fermò a mezz'aria: un'altra voce di materializzò come da un altoparlante, una voce autoritaria, sconosciuta, ma che ebbe il potere di far irrigidire non solo le due Winx e lo Specialista, nascosti nelle divise dei soldati di Flabrum.

«Arrendetevi,» diceva una voce che sembrava provenire da appena dietro di loro. «non potete sfuggirci ancora per molto. L'Isola è caduta e Tramontana sarà presto in mano nostra. Non avete nessuna possibilità di scappare. Arrendetevi e non vi verrà fatto alcun male.»

Terchibald aveva lanciato uno sguardo penetrante dietro di sé, poi si era fermato del tutto. Nessuno parlava, neanche Tony che, divenuto paonazzo, aveva stretto forte l'impugnatura della sua spada rosa shocking e la rivolgeva contro gli invisibili nemici, una volta verso il punto da cui era arrivata la voce e una volta dall'altra parte, quella dove una volta avrebbe potuto esserci una possibilità di salvezza. Erano in trappola, Stella cominciava a sentire il cappio del boia intorno al collo.

Guardò Tecna che, immobile al fianco di Terchibald, stava esaminando le loro opzioni.

Ormai non c'era altra speranza se non quella di affidarsi ai propri poteri. Guardò la sua amica e non poté fare a meno di voler prendere la sua mano per ricevere un po' di conforto.

Era più forte di lei: la paura, mista all'impotenza rendeva l'attesa ancora più terribile. Una parte di lei le urlava di scappare, ma lei non l'ascoltava, rimaneva ferma e risoluta a guardare il buio lontano. Non potevano uscire: c'erano tre pesi da trasportare e le fate ancora in grado di volare erano solo due. E scappare usando lo Zoomix... per andare dove? Il pianeta di Flabrum era inospitale, era diverso da qualunque altro loro avessero conosciuto, più diverso perfino della Terra. Usarlo avrebbe potuto rivelarsi fatale e allora chi avrebbe salvato Bloom e Roxy? Chi avrebbe sconfitto le Furie?

Tony continuava a brandire quell'arma. Stella dubitava che sapesse come usarla e, comunque, aveva ragione di credere che non sarebbe servito a molto, anche se fosse stato un maestro di spada.

Tecna strinse la presa e guardò la fata del sole.

Non si erano mai sentite così vicine come in quel momento.

Stella lo sentiva. Stavano pensando alla stessa cosa: combattere fino all'ultimo per la salvezza delle loro amiche. Annuì e Tecna lo fece a sua volta. Erano pronte a tutto, adesso. Non potevano scappare, sapendo ciò che c'era in gioco.

Lo stomaco le si contrasse, quando pensò a Brandon e al bisogno che lui fosse lì a darle una mano, al fatto che fosse lui a tenerle la mano nei loro ultimi istanti di libertà, prima che i soldati dell'esercito divenuti nemici li catturassero... o li uccidessero. E pensò anche a Bloom che, col suo carattere deciso, avrebbe fatto forza a lei e Tecna e deciso un piano di battaglia folle, ma sicuramente vincente. Invece non c'erano nessuno dei due. Brandon era sulla Terra, Bloom a terra svenuta, incapace di reagire.

Una voce lontana cominciò a sussurrare qualcosa nel suo orecchio, era una voce incorporea, che non aveva consistenza. Le sue parole erano così lontane che era difficile udirle, ma tentò di scacciarle via scuotendo la testa, senza alcun successo. Decise di ignorarle.

«Winx.» la voce di Terchibald le fece sussultare. «Le nostre strade qui si dividono.»

«Non fare mosse avventate, Terchibald.» la voce proveniva dal fondo del tunnel oscuro, ma Stella dubitava che fossero rimasti fermi come loro. «Consegnaci le ragazze e verrà risparmiata loro la vita.»

«Andate in fondo al tunnel e seguitelo. Non dovrebbe essere difficile per la fata della tecnologia trovare la via, anche senza di me. Trovate una navetta. Sono sicuro che ce la farete ad uscire: siete sopravvissute entrando, lo farete uscendo.»

«Terchibald, hai forse deciso di morire?»

Terchibald ignorò la voce carica di rabbia così vicina, il cui proprietario era ancora invisibile. «Andate. Non possono trovarvi finché sarete nel tunnel.»

«Ti darò una mano.» si offrì Tony, spada alla mano, affiancandolo dall'altro lato rispetto a Tecna. «I-io... farò qualunque cosa per aiutare le signorine Winx a salvarsi!»

«Uccideresti dei ragazzini solo per la tua testardaggine, Terchibald?»

Il capitano sorrise verso il tunnel nero. «Andate, anche tu, Specialista. Andate e salvate le vostre amiche.»

«Verrai condannato a morte, Terchibald.»

«Allora morirò da uomo libero.» la voce di Terchibald non avrebbe potuto essere più risoluta. La voce nella testa di Stella riprese a parlare, stavolta con più convinzione, ma non sapeva cosa fosse, ancora non riusciva a distinguere le sue parole. Non si era mai sentita così sola, così inutile. Non poteva lasciare che quell'uomo, per quanto cafone, si sacrificasse per lei... voleva fare qualcosa, ma non poteva. E le lancette dell'orologio scorrevano in fretta.

«Ma... sei sicuro?» domandò Tecna, dando voce ai suoi pensieri.

«Andate.» le esortò di nuovo il soldato e fece un cenno verso il punto che avrebbero già dovuto raggiungere. «Non rallentate. Seguite sempre il sentiero e, se incontrerete alcuni dei soldati con una banda rossa al braccio...» sul suo viso si formò un sorriso che aveva qualcosa di letale che fece rabbrividire entrambe. «usate la vostra immaginazione, mie giovani fate.»

Stella avrebbe preferito che non lo dicesse. Non credeva di poter porre fine ad una vita così a cuor leggero, neanche per tutto l'oro del mondo: era una Fata Guardiana, lei.

«Conto su di te, Specialista, per la loro incolumità.»

«Questi bellimbusti dovranno passare sul mio cadavere!» promise Tony sollevando la spada in alto, ma facendole fare un giro così pericoloso che, per poco, non avrebbe tagliato il naso di Terchibald, se questi non si fosse spostato in tempo. Meno male, pensò Tecna, che i soldati di Flabrum avevano anche i riflessi pronti.

La voce sconosciuta proruppe in una risata che riecheggiò sul soffitto basso del tunnel, facendo rizzare i capelli in testa a Stella. «Cosa speri di ottenere, Terchibald?» domandò, in tono canzonatorio. «Diventeranno una facile preda molto presto.»

Terchibald non colse la provocazione, fece solo un altro cenno. Tecna fu la prima a riprendersi e ne fece uno a sua volta, di commiato e a Stella parve tanto un addio. Era inutile, e questo lo confermava una volta di più. La fata più luminosa della Dimensione Magica era perfettamente inutile.

Si sentì trascinare via da Tecna, mentre alcune lacrime le rigavano il viso. Camminavano a passo spedito verso l'esterno che si faceva sempre più vicino. Bloom le seguiva da vicino, mentre Tony, per una volta, apriva la strada con la spada sguainata e la sua camminata da paperotto.

Un'apertura, in fondo al tunnel, mostrava un cielo chiaro e rosato, segno che l'alba era vicina, anche l'aria si era raffreddata e i loro capelli cominciarono ad essere scompigliati da una leggera brezza. Il buio, ormai, era alle spalle. Dovevano averci messo tutta la notte, ma ormai erano arrivati in fondo, ce l'avevano fatta, anche se a Stella sembrava che l'oscurità fosse appena arrivata, dentro di lei.

Non c'era sollievo. Perché non c'era garanzia di riuscire a raggiungere l'Isola di Tramontana e la navetta che il comandante Adalhard aveva loro promesso.

Stella sentiva sempre meglio la voce nella sua testa. Ad ogni passo che faceva verso l'uscita, riusciva a distinguere sempre meglio le parole, a dare loro un significato preciso, un significato invitante. Era come se le sussurrassero un bisogno di qualcosa che non aveva, sicurezza, desiderio di allontanarsi dal mondo per cui era inutile. Le diceva di arrendersi, perché non c'era più niente da fare.

Eppure lei cercava di lottare, di dirsi che c'era ancora qualcosa, che, finché fossero state libere ci sarebbe stata speranza, avrebbero combattuto contro cento uomini, prima di dichiararsi sconfitte. Era così che avrebbe fatto Bloom. Ma la voce era comunque forte, continuava a ribattere, a dirle che non era il caso di farlo, perché sarebbero state comunque sconfitte.

Lascia perdere, Stella, lascia perdere, non ne vale la pena. Bloom morirà ugualmente. Roxy morirà, e anche Tecna, quello sciocco di Tony e persino Terchibald, che si sta sacrificando per voi... se non foste scappate, forse ci sarebbe ancora una possibilità per lui, ma ormai è fatta. Arrenditi, Stella, non c'è motivo per combattere, non puoi fare niente. Sei inutile.

Stella si fermò, impossibilitata a proseguire. Era come se le gambe non le ubbidissero più. Chiedeva loro di andare avanti, ma non potevano, non ci riuscivano, perché era come diceva la voce: era inutile. Era la sua impotenza, la sua sfiducia, quella che aveva criticato tanto ai soldati di Flabrum e che aveva curato con il suo potere, a ridurla in quello stato. La voce aveva ragione.

Stella sapeva che era una Furia, e che era venuta a prenderla. L'aveva sentita avvicinarsi e, pian piano, senza volerlo, si era lasciata sedurre dalle sue parole senza fare altro che aspettare che gli eventi prendessero forma. Non aveva fretta, la Furia.

«Stella!» la voce di Tecna era così lontana...

Non valeva neanche la pena di starla a sentire, perché non avrebbe potuto fare niente per lei. Nessuno poteva. La Furia era lì per lei, così come era arrivata per Bloom e per Roxy.

Non opporre resistenza, Stella. Arrenditi.

Stella chiuse gli occhi, la voce di Tecna proveniva da un baratro e la chiamava a squarciagola, da qualche parte, in un mondo che non le apparteneva più. Quando li riaprì, il mondo era cambiato, era nero proprio come il tunnel, ma non c'era nessuna luce, lì in fondo, non c'era vento, in quello spazio sconfinato, fatto di disperazione e resa. C'era solo lei, che ne era il centro, e una figura fumosa che la guardava da sotto un cappuccio.

Cercò di guardarvi attraverso, ma non ci riuscì; era tutto nero, un vuoto senza fine dentro di esso, proprio come al di fuori. Capì che la Furia non aveva volto.

Stella, Stella, ti prego, reagisci, non farti prendere dalla Furia!

«Tecna è proprio sciocca. Non si è ancora arresa.» disse la Furia, in tono dolente. «Ma tu sì.»

Stella non parlò. Riusciva solo a guardare dentro quel cappuccio. Aveva pensato che avrebbe visto qualcosa, dentro di esso, dal quale usciva quella voce così triste, la voce di chi, ormai, non aveva più alcuna utilità nella vita. Era proprio come lei. Anzi, no, era diverso, la Furia era lei, era stata lei a crearla, a chiamarla. Ora capiva cosa aveva voluto dire Bloom, quando aveva parlato di quello che le era successo, quando aveva detto che era stata lei a chiamarla e di averla sempre conosciuta. Sapeva tutto ed era tutto vero.

Quella che aveva davanti, quella minaccia senza volto, era reale tanto quanto quello che provava dentro di sé.

Stella, Stella, ti prego, non arrenderti alla Furia! Non farlo, Stella! Stella!

La voce di Tecna somigliava sempre di più ad un'eco.

«Lasciala stare, Stella. Vieni con me.»

Stella non si mosse. «Dove?» chiese.

Le parve quasi di percepire un sorriso su una bocca che non esisteva. Era una cosa che non aveva senso, ma allo stesso tempo, non avrebbe potuto essere diversa.

«Nel mio mondo.»

Stella, Stella!

La fata del sole e della luna scacciò la voce della fata della tecnologia con un gesto impaziente. «E quale sarebbe il tuo mondo? Troverei anche Bloom?»

La domanda aleggiò nel teso silenzio che seguì. «Sì.»

«E anche Roxy?»

«Sì.»

«E allora portami lì.»

Stella! Non puoi lasciarmi, non puoi farmi questo, non puoi fare questo a Bloom e Roxy! Ti prego, torna in te, torna in te, piccola testarda! Sei la fata del sole e della luna, una Fata Guardiana, non puoi abbandonare tutto senza combattere!

Quelle parole la toccarono fino in fondo al cuore. Strinse i pugni e le lacrime cominciarono a scendere copiose sulle guance. Tecna aveva ragione, lei era una Fata Guardiana, lei doveva proteggere il suo mondo, aveva delle responsabilità nei confronti della sua gente e della vita; e voleva salvare le sue amiche. Ma non poteva, non ne aveva la forza. Non ne aveva i mezzi. Era inutile.

«Abbandonerai la tua amica?» domandò la Furia della Debolezza, allora, curiosa e paziente, come se non le importasse molto di perderla in quel momento oppure in un altro. Sarebbe tornata, era questa la verità e Stella lo sapeva. Anche se l'avesse lasciata – e sapeva di poterlo fare, di essere ancora abbastanza forte per farlo – quella sarebbe tornata, prima o poi.

La fata si guardò intorno cercando di sondare quel vuoto impenetrabile, naturalmente senza riuscirci. Abbassò lo sguardo, vergognandosi molto di quel che stava facendo a Tecna che ancora la chiamava da quel mondo lontano che lei aveva lasciato. Ma non poteva tornare in un mondo dove non aveva nessun potere.

«Portami dove devi. Andiamo.»

La Furia annuì. La voce di Tecna raggiunse livelli tali da rompere l'immobilità. Stella cominciò a sentirsi debilitata e quasi perse l'equilibrio. Fu quello l'attimo in cui vide che la Furia stava avventando su di lei famelica e brutale. E Stella capì che non avrebbe potuto fare niente, una volta che la Furia l'avesse presa. Ormai non c'era più niente da fare. Non aveva senso resistere. Aveva scelto. Era stata ingannata.

Stella urlò.

Una luce misteriosa si frappose tra lei e la Furia, ma non era Stella, non era lei quella che emanava quel calore, quella voglia di vivere, quel bisogno di combattere che lei aveva perso. Era una sensazione che aveva dimenticato da quando aveva cominciato a correre in quel tunnel, una sensazione che la riscaldava fino in fondo al cuore.

La Furia cominciò a gridare e a contorcersi in quel mare di luce, in cui lei era una macchia indistinta del nero della morte stessa. Stella la guardava ipnotizzata, incapace di distogliere lo sguardo, sapendo che era lei che permetteva tutto questo, con la sua rinnovata voglia di combattere.

Lei non era inutile, lei poteva fare la differenza, lei era la fata del sole e della luna, proprio come aveva detto Tecna. Lei era la persona più vicina a Bloom, quella che avrebbe potuto salvarla e ora lo sapeva. Ne era convinta più che mai.

Si concentrò al massimo e respinse via gli ultimi rimasugli di quel sentimento così nefasto che aveva permesso alla Furia di nutrirsi. Con un ultimo urlo, la Furia della Debolezza esplose in milioni di frammenti; la luce fu talmente forte che Stella dovette coprirsi gli occhi.

Un boato seguì la distruzione della Furia e, quando cessò, credette di essere tornata con Tecna in quel tunnel fatto d'aria di cui aveva parlato loro Terchibald. Ma non fu così. Era dentro un alone di luce calda e confortante. Eppure non era sola.

C'era una figura con lei, la figura di una donna alta, vestita di abiti antiquati, forse, ma che conferivano al suo viso pallido un aspetto regale. I suoi capelli corvini cadevano giù in una chioma dal taglio scalato, ma le conferivano comunque una certa austerità. Con tutto questo, persino Stella, con la sua fissazione per la moda, dovette ammettere che era bellissima. Sapeva di essere al cospetto di una Regina, e non di una Regina qualunque.

Sgranò gli occhi, capendo. «T-tu... tu sei...»

La Regina sorrise, l'unico segno con cui Stella seppe di essere nel giusto.

«Ma non dovresti essere...»

«Salva le tue amiche.» rispose la Regina. «Hai questa unica possibilità. Porta loro il conforto di cui hanno bisogno. Porta loro la cura ai loro sentimenti negativi.» Stella la vide aprire le mani e porgerle qualcosa di inconsistente quanto pieno di calore. «Sicurezza nelle proprie capacità, serenità e perdono. Va', giovane fata. Salva le tue amiche. Proteggi Zephiro.»

Stella non era sicura di aver capito cosa intendesse. Aprì la bocca per chiederglielo, ma la Regina aprì le braccia e un vento persino più forte di quello che avevano dovuto superare una volta a Linphea la colpì con tutta la propria forza. Stella si ritrovò sbalzata lontano da quel mondo di luce, sopraffatta dal potere di una fata in tutto e per tutto uguale a lei, ma con anni e anni di esperienza in più.

La luce scomparve, la Regina pure.

Stella si ritrovò nel mondo oscuro in cui aveva combattuto la Furia. Fu sicura di essere appena stata al cospetto della defunta Regina Auster, la madre di Zephiro, la Fata Guardiana di Flabrum, che era stata uccisa dal suo stesso fratello per il trono. Rabbrividì, ma non si fermò: aveva visto il suo spirito, che le aveva dato la forza per continuare a combattere e le era molto grata.

La Regina aveva fatto un lungo viaggio dal mondo dei morti solo per farle avere la fiducia che le serviva per non farsi sopraffare dalla Debolezza. Stella strinse a sé quello che le era stato dato: la serenità e la fiducia in sé stessi, i rimedi per i problemi di Roxy e Bloom, come lo era stato per lei il coraggio che aveva perso. Era così bello sentirsi così, forti, pronte a tutto, utili a qualcosa, con delle armi a propria disposizione.

E lei lo era, era pronta a tutto, era utile. Era degna di salvare le sue amiche, avrebbe potuto smuovere mari e monti per riuscirci. Non le fu difficile scegliere una strada da percorrere in quel vuoto nero, furono i sentimenti positivi che portava con sé a trovare la strada per lei, era come se sentissero dove si trovasse la loro controparte negativa e volessero fondersi con esse per eliminarle.

Stella seguì quelle sensazioni. Camminò a lungo e per molto tempo, forse più di quello che le sarebbe servito perché quei sentimenti fossero efficaci. Ma poi trovò Bloom e Roxy, le trovò, vicine eppure così lontane, prive di coscienza, tra le braccia di alcune Furie che, non appena videro Stella, le sibilarono contro con i loro cappucci privi di volto. Avevano capito che era una minaccia.

Stella strinse i luminosi sentimenti positivi e poi vide anche un'altra figura, poco più lontana.

«Musa!» gridò. «Cosa ci fai anche tu...»

Guardò le essenze luminose dei sentimenti che aveva tra le braccia: erano solo due. E servivano per Bloom e Roxy. Come poteva salvare anche Musa, se i sentimenti positivi erano solo due? Stava di nuovo per cadere in quel vortice dal quale era stata strappata, quando una voce nella sua testa, la voce del sentimento positivo che ancora albergava in lei, fece in modo che non perdesse la calma, le diede la forza necessaria per fare quello che doveva.

Non lasciare che gli sforzi di Auster siano vani.

No, Stella sapeva di non poterlo fare, sapeva di non poter tradire la fiducia che quello spirito aveva riposto in lei. Decise di provare. Decise che doveva riuscirci, per Bloom, Roxy e Musa. Per il Winx Club.

Sollevò le braccia al cielo e liberò quei sentimenti insieme ai suoi poteri del sole e della luna. Per un attimo, riuscì a sentirli mentre si fondevano gli uni con gli altri e le Furie si dibattevano, gridavano, lontano, oltre quel muro di sole che era riusciva a creare nel vasto vuoto nero che era il regno delle Furie, quello dove imprigionavano le loro vittime. Il potere Believix esplose dentro di lei, permettendole di trasformarsi.

Si librò a mezz'aria, divenendo un tutt'uno con quei poteri. Sentì una connessione particolare con Bloom, e Roxy e anche con Musa. Sentiva i loro sentimenti, l'angoscia di Bloom per essere stata la causa della liberazione delle Furie, l'Inadeguatezza di Roxy nei loro confronti, e la Disperazione di Musa a causa di Riven.

«Svegliatevi, amiche mie!» esclamò, nel tono più autoritario che conoscesse. «Svegliatevi. Sono qui con voi, e non me ne andrò. Svegliatevi!»

La luce che sprigionava divenne ancora più forte, la serenità si spezzò in due e colpì i petti di Bloom e Musa, la fiducia in sé stessi andò a posarsi su quello di Roxy. Tutte e tre li assorbirono, mentre le Furie, che si contorcevano, divenivano sempre più piccole ed evanescenti, al contrario delle loro urla che si facevano sempre più stridule e acute, chiedevano aiuto, chiedevano di essere risparmiate.

«No, mai!» gridò Stella e sprigionò ciò che rimaneva del suo potere, spezzò il legame che aveva con i sentimenti positivi che andarono ad inglobare del tutto quelle Furie. Quelle si spensero come le fiammelle sulle candele di cera, una volta che il vento ci avesse soffiato troppo forte.

Ma non fu un vento piacevole quello che investì Stella che, esausta, si lasciò scivolare giù, tra le nuove tenebre. Fu un vento di odio, di un odio così puro e viscerale da strapparle un gemito di dolore che la colpì al diaframma così forte da spezzarle il respiro. Le lacrime le rigarono il volto, mentre guardava nell'unica macchia dorata che illuminava una creatura visibile solo a metà, fumosa e terribile.

Stella guardò attraverso di essa e sgranò gli occhi, capendo una terribile verità.

Nel tunnel magico dell'Isola di Flabrum, intanto, Bloom apriva gli occhi, e molto più lontano, ad Alfea, Roxy cominciava a rendersi conto di non essere più nel bosco sulle colline di Gardenia.

A Gardenia, Musa cominciava a muoversi nel sonno.

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Capitolo 12
*** Bruschi risvegli ***


Capitolo 12

Bruschi risvegli



Quello che Roxy percepì non appena fu completamente sveglia fu l'odore di disinfettante tipico degli ospedali. Il fatto che suo padre fosse accanto a lei e che dormisse con le braccia incrociate sul morbido materasso di quel lettino di ferro, le faceva capire che doveva essere davvero finita in ospedale.

Solo non riusciva a spiegarsi la presenza di quello strano ragazzo vestito di una casacca blu, di un paio di pantaloni dello stesso colore, con ai piedi un paio di stivali neri di cuoio lucido, gli occhi di colori diversi e i capelli corvini, che se ne stava impettito di fronte al suo letto. Era molto alto e il suo fisico era asciutto e ben proporzionato.

Roxy si sentì arrossire, non solo perché lo trovava molto bello, anzi, era probabilmente il problema minore: era il modo in cui lui la guardava, con quella curiosità puramente accademica, come se lei fosse una specie di fenomeno da baraccone, a metterla a disagio.

S-sei un infermiere?” si costrinse a chiedere, per rompere il silenzio e quello scambio di sguardi davvero troppo imbarazzante.

Si maledisse per quanto era sciocca quella domanda e per quanto dovesse esserlo sembrata a lui: era troppo giovane, per essere un infermiere.

Lui sbatté le palpebre. Il suo occhio destro era blu, di un colore che ricordava molto quelli di Roxy, mentre l'altro era dorato ed era, secondo lei, quello più inquietante, forse proprio perché era così particolare.

Ma oltre alla bellezza, il ragazzo non sembrava avere il dono della parola. O almeno quello dell'educazione. Si voltò e afferrò la tenda tirata intorno al letto di Roxy senza degnarla di una risposta. Klaus, ancora, dormiva accanto a lei, non si era accorto di niente e forse era meglio così: non era detto che avrebbe preso così bene la presenza di quel ragazzo sconosciuto.

Ehi!” esclamò Roxy, per richiamare indietro lo sconosciuto. Lui si fermò e si girò quel tanto che bastava perché lei potesse vedere solo l'occhio dorato. Deglutì. Visto da quell'angolazione, sembrava non solo bello, ma anche regale. Tutto in lui, anche il più piccolo movimento, lo sembrava. E lei si sentì molto goffa, su quel letto, coperta solo da una misera coperta e da una camicia da notte rosa che, di sicuro, non era sua. “Dove stai andando, adesso?”

A chiamare Faragonda.” rispose solo lui. Aveva un timbro profondo, e il suo tono era gentile. Era un genere di voce che non aveva mai sentito e le venne da pensare che quel tipo dovesse venire di un altro pianeta.

No, aspetta!” gridò, ancora. Klaus si mosse nel sonno, ma non si svegliò.

Il ragazzo si fermò e attese, senza parlare, che lo facesse lei.

Sai che fine ha fatto Artù?”

Lui la valutò per un istante con il suo sguardo penetrante e non rispose. Roxy si sentì molto a disagio e cominciò a tormentare la coperta con le mani. “E' il mio cane.” si sentì in dovere di spiegare, per spingerlo a parlare. “Non vorrei che gli fosse successo qualcosa di male... io... io ci tengo molto e anche lui tiene molto a me. Non potrei mai perdonarmelo, se gli fosse successo qualcosa!”

Quando alzò lo sguardo, credette che lui se ne fosse andato via senza ascoltarla e fu stupita di vederselo davanti, accanto all'apertura della tenda che aveva lasciato di nuovo andare. “Mi dispiace.” le disse soltanto. “Non l'ho visto. Non era con noi, quando... quando siamo partiti.”

Il cuore di Roxy sprofondò e gli occhi le si riempirono di lacrime. Quel ragazzo le sembrava così freddo e insensibile, alla faccia della sua bellezza; non riusciva neanche a guardarlo negli occhi mentre stringeva più forte la coperta e singhiozzava, sperando che il suo adorato cagnolino stesse davvero bene. Non ricordava cosa era successo esattamente, sapeva solo che era stata con lui nel boschetto sopra Gardenia, lì dove ci sarebbe stata una gara di aquiloni, e che poi aveva avuto una strana sensazione. Era svenuta, quindi, e aveva perso ogni traccia di Artù.

Ma dov'erano le Winx, adesso? E perché lei era sola con un ragazzo gelido e suo padre?

Che cosa mi è successo?” chiese, anche se non era sicura di voler ricevere una risposta. “Partiti per dove?”

Ti spiegherà tutto Faragonda.” rispose il ragazzo.

Roxy credette di non capire. Scosse la testa. “L-la preside di Alfea?”

Il ragazzo inarcò un sopracciglio. “Ovvio.”

Ovvio un cavolo!” sbottò in risposta lei, fissandolo in cagnesco, ma non ci riuscì per molto tempo, perché qualcosa nell'espressione smarrita sul volto di lui le fece perdere il cipiglio severo, in favore di una risatina, cosa che riuscì a mandarlo ancora più in confusione. Era il ragazzo più strambo che le fosse mai capitato di incontrare. “Comunque, io mi chiamo Roxy. E tu?”

Zephiro.” la risposta di lui sembrò arrivare ancora prima che avesse il tempo di comprendere cosa stava facendo. L'espressione stupita di lui pareva dare credito a questa teoria. E forse Roxy non era del tutto in torto.

Decise di prendere la cosa a proprio vantaggio. Si mosse leggermente sul letto e lo fissò, cercando di assumere un tono quantomeno risoluto. “Dove siamo? E dove sono le mie amiche?”

Siamo ad Alfea.” lui sospirò. “E le tue amiche... le tue amiche sono partite.”

Partite? E per dove? E perché mi hanno portato ad Alfea? Cosa ci fa qui mio padre? E...”

Senti,” lui agitò le mani in aria, con l'intento di farla smettere di porre domande. “ti spiegherà tutto meglio la preside... io... io non ci capisco niente.” scosse la testa e sparì così velocemente che Roxy credette che volesse scappare da lei e dalle sue domande.

L'ultima fata della Terra rimase immobile a guardare il paravento nel punto in cui era sparito Zephiro – così aveva detto di chiamarsi quello strano ragazzo – e a finire di porre quesiti sempre più ingarbugliati alla propria testa.

Ogni volta che rifletteva su quello che era successo, incapace di capirci più di lui, tornava a pensare a lui e al suo strano nome, al suo portamento e alla sua scarsa loquacità. Si chiedeva chi fosse e come mai fosse stato con lei, nel momento in cui si era risvegliata. E, se era davvero ad Alfea, come poteva essere che ci fosse anche suo padre?

Non riusciva a spiegarsi questa cosa. Forse era tutto uno scherzo della sua mente, magari era ancora addormentata e quel ragazzo era solo un parto della sua immaginazione.

Decise di no, però: era difficile riuscire a sognare un tipo così poco attraente, lasciando perdere un punto di vista più puramente fisico. Perché era uno schianto, molto simile agli Specialisti, non possente come Sky o Riven, ma quello di Zephiro era un fisico che comunque si lasciava guardare con grande piacere.

Arrossì, rendendosi conto di quali pensieri le stavano attraversando la mente. “Ma che cosa vado a pensare!” sbottò. Le era capitato altre volte di guardare dei bei ragazzi, ma mai come allora le sue emozioni erano state così forti.

Il solo fatto di essere ad Alfea avrebbe dovuto farle un effetto maggiore, avrebbe dovuto occupare gran parte delle sue preoccupazioni e sogni. Era nella scuola per fate, la stessa che anche le Winx avevano frequentato prima di diventare le meravigliose paladine della gente di Gardenia, le coraggiose ragazze che l'avevano protetta dalla minaccia degli Stregoni del Cerchio Nero. Era in quel luogo che l'aveva messa in soggezione dal primo momento in cui ne aveva sentito parlare!

Il solo nome, Alfea, che dava, in chi lo ascoltava, un senso di fiabesco e magico, per lei era sempre stato motivo di timore: un giorno, anche lei – così aveva detto Bloom – avrebbe studiato lì, sarebbe diventata una fata, avrebbe incontrato ragazze che volevano imparare la magia buona, come lei.

Ma Roxy sapeva che non era così, che non erano come lei. Perché le altre ragazze che avrebbe conosciuto in quel futuro ipotetico, avrebbero saputo così tante cose sulla magia che lei neanche immaginava perché erano cresciute a stretto contatto con essa, fin dalla più tenera età. Lei aveva scoperto solo da pochi mesi di essere una fata, figuriamoci se poteva conoscere qualcosa del mondo magico. Sarebbe stata lo zimbello di tutta la scuola.

Il nome di Alfea era terribile come il Cerchio Bianco che portava al dito e che, una volta, era stato il tramite che aveva permesso a Nebula di possedere il suo corpo. Era ancora lì, quel dannatissimo costrutto magico, e sembrava scintillare più che mai, forse per via dell'aria che lei stava respirando. Non era più densa, non sapeva di magia. Era semplicemente aria. Chissà perché, si era immaginata che Magix sarebbe stato un luogo dove niente avrebbe assomigliato alla sua adorata Gardenia. Invece, l'aria era identica.

Senza svegliare suo padre, decise che voleva dare un'occhiata in giro. Non voleva svegliarlo per una semplice ragione: voleva affrontare da sola quella piccola battaglia, era una cosa che riguardava solo lei e nessun altro, neanche il suo adorato genitore che l'aveva seguita fino ad Alfea. Chissà cosa ci faceva lì e come ci era arrivato.

Uscì dal suo piccolo rifugio e capì subito di essere in un'infermeria.

Le sfuggì uno sbuffo divertito: era un'infermeria così come ce n'erano tante, anzi, c'era da dire che persino quella della sua scuola a Gardenia era infinitamente più fornita di quella, che pareva contenere solo due letti e un armadietto dei medicinali con dentro roba colorata che sembrava chiedere a chiunque fosse malato di starvi lontano. Forse quella scuola, in fin dei conti, non era poi tutto questo granché e le Winx erano solo la proverbiale eccezione che confermava la regola.

Andò alla finestra.

Non era preparata alla vista mozzafiato che aveva di fronte.

Si era aspettata un luogo buio e pieno di fulmini, pipistrelli alati e strade putrescenti piene di gente bieca, magari di qualche troll e di streghe con le verruche sul naso. Le scuole di magia, nei libri, non avevano niente di così lontanamente bello come il parco smisurato che si stendeva sotto i suoi occhi, neanche le mura rosa del castello luminoso e pieno di vetrate, le alte torri con i tetti azzurri. E che dire di quel cancello a ventaglio, che pareva fatto di vetro? O la rigogliosa foresta che si perdeva al di là del muro di cinta?

Roxy rimase semplicemente a bocca aperta nel vedere degli strani mezzi di trasporto volanti che si fermavano nel parco e ne facevano scendere alcune ragazze.

Vedo che sei già in piedi, Roxy.” la voce dolce di una donna anziana ruppe quel momento di meravigliata contemplazione.

La ragazza si voltò, sgranando gli occhi, quando vide la preside Faragonda in persona che le sorrideva bonariamente. Era proprio come la ricordava, dall'ultima volta che l'aveva vista dal computer di Tecna: con i capelli bianchi e gli occhiali a mezzaluna, il sorriso dolce e comprensivo di una nonna. In lei, però, c'era anche una certa aura di potere che, dal vivo, era molto più presente che attraverso uno schermo.

Anche Zephiro era tornato, stava a debita distanza dietro la preside e osservava la scena con una compostezza militare, le mani intrecciate dietro la schiena. Se aveva pensato che era strano, Roxy adesso credeva di poterlo confermare al duecento percento.

Sono felice di poterti conoscere di persona, mia cara.” continuò Faragonda. “Zephiro ha detto che, non appena sveglia, hai cominciato a fare un mucchio di domande!” ridacchiò.

Roxy arrossì. Ho fatto un'altra volta la figura della stupida, pensò.

Faragonda rise di nuovo. “Non ti preoccupare, mia cara.” disse, come se si fosse resa conto di cosa passava nella mente della ragazza. E Roxy pensò che potesse davvero essere così. “E' normale che tu abbia delle domande e io sarò più che felice di risponderti, però, non adesso. Vorrei che tu ti riprendessi ancora un po'.”

Ma io sto benissimo!” protestò Roxy. “La prego, mi dica che cosa ci faccio qui!”

Faragonda scosse la testa. “E' ancora presto e devo sbrigare alcuni affari urgenti, prima di poterti ricevere adeguatamente. Vorrei parlare con Grizelda, prima di tutto. Volevo vedere se stavi bene come Zephiro mi ha detto e mi sembra che non abbia affatto esagerato.” si voltò verso di lui che, invece, non stava facendo una piega. Sembrava addirittura essersi fossilizzato sul posto.

Roxy si chiedeva che cosa mai potesse aver detto, oltre al fatto di essere stato mitragliato di domande. “Ma io...” provò di nuovo.

Beh, dato che sembri così impaziente di fare qualcosa,” continuò Faragonda. “mi sembrerebbe un'ottima idea farti visitare la scuola. Che cosa ne pensi?”

Ma...”

Faragonda alzò una mano e questo ebbe il potere di porre fine a tutte le sue obiezioni.

Roxy si chiese se non fosse stata opera di una magia, ma no: era solo il senso di rispetto che scaturiva da quella donna.

La preside si voltò verso il ragazzo alle sue spalle. “Zephiro, vorresti essere tu a farle vedere la scuola?”

Gli occhi vuoti di Zephiro si riempirono della luce della sua ritrovata presenza mentale. Si girò a guardare Faragonda, ma Roxy non avrebbe saputo dire se era più incredulo o terrorizzato. “Io?” domandò. “Perché io?”

Sarebbe molto carino da parte tua, visto che sei rimasto con lei fino al suo risveglio.”

Roxy, stupefatta, non riuscì a non guardare lui che, invece, era diventato rosso fin sopra le orecchie. “Ma, preside... sono in punizione!”

Oh, lascia perdere, parlerò io con Grizelda. Roxy ha bisogno di svagarsi.” concluse Faragonda, rivolgendogli un sorriso. “E mi farebbe piacere se fossi tu, caro Zephiro, a fare gli onori di casa.”

L'espressione incredula sul volto di lui si trasformò in una smorfia risoluta. Si impalò di nuovo in quella postura rigida in cui sembrava trovarsi tanto a suo agio.

Roxy non sarebbe stata stupita se avesse fatto cozzare i tacchi degli stivali.

Come...” Zephiro deglutì. “Come comanda, preside.”

Roxy alzò gli occhi al cielo.


La visita guidata di Alfea fu una vera noia. Il suo anfitrione era l'essere più noioso esistesse al mondo; non aveva detto che qualche parola e solo per dire: “questa è l'aula di questo, questa è l'aula di quest'altro, questa è la biblioteca e di là ci sono i bagni e gli appartamenti delle studentesse”. Quando lei faceva qualche domanda, lui si limitava a rispondere con un grugnito o un monosillabo.

Roxy lo trovava irritante, tanto che, già dopo la prima rampa di scale che avevano sceso per arrivare al più ampio e bel corridoio che avesse mai visto, aveva deciso che Zephiro le stava molto antipatico e che, con lui, non avrebbe più voluto averci niente a che fare.

Aveva deciso, inoltre, che invece di dedicarsi a lui, doveva guardare le bellezze di Alfea, i marmi pregiati, la luminosità dei corridoi e la magnificenza di ogni atrio e delle decorazioni e delle rifiniture di quel castello maestoso e colorato, che dava un vero senso di pace.

Ricordava molto la bontà e l'amore che le fate avrebbero dovuto portare nel mondo. E la vista dalle ampie vetrate che lasciavano entrare la brillante luce mattutina la rilassava. Le sarebbe molto piaciuto andare un po' all'aperto, annusare l'aria della Dimensione Magica, perché, adesso, era convinta che avrebbe avuto un altro sapore, che avrebbe sentito un profumo intenso e diversissimo da quello che aveva potuto percepire sulla Terra.

Anche gli animali fatati che, ogni tanto, svolazzavano di qua e di là nel castello, per lei, erano motivo di meraviglia, perché erano completamente diversi da quelli che avevano creato le Winx, quelli che curavano nel loro Love & Pet e che lei aveva prelevato a migliaia.

Possiamo andare nel cortile?” domandò, rivolta a Zephiro che si era fermato in mezzo al corridoio come se fosse stato una specie di automa. Faceva sempre così: ogni volta che Roxy si fermava ad ammirare qualcosa, lui si fermava e riprendeva a muoversi solo quando lei gli si posizionava a fianco.

Se vuoi.” le rispose.

Roxy gli si affiancò di nuovo e allora Zephiro riprese a camminare. Per lei, quel ragazzo con gli occhi dal colore diverso, era davvero un mistero.

Tu parli sempre così poco?” gli domandò, incapace di trattenersi.

Lui si voltò a guardarla, aveva un'aria curiosa, come se la domanda gli risultasse strana. Indicò una porta aperta sulla loro destra. “Questa è l'aula del professor Palladium.” lo disse come per smentire il fatto che parlasse poco.

Roxy non avrebbe potuto sentirsi più sconcertata, se le avesse sputato addosso. L'attimo dopo avevano già ripreso a camminare lungo i corridoi. Ancora non c'era nessuno, neanche una studentessa. “Ma come mai Alfea è così vuota?”

La sua voce rimbombava nel silenzio dei corridoi e le pareva quasi di aver svegliato l'intero castello.

Non è vuota.”

Roxy si sentiva sempre più frustrata e arrabbiata. Avrebbe voluto colpirlo con un pugno e chiedergli quale fosse il suo problema. Non sapeva neanche lei perché si trattenesse.

Quanti ragazzi ci sono, nella scuola?” insistette.

Ragazzi?” fu la sua unica risposta.

Intanto erano arrivati nell'atrio deserto come il resto della scuola. Un'ampia scalinata che si allargava mano a mano che si scendeva si stendeva di fronte a loro e portava verso le porte principali di Alfea.

Roxy non aveva mai visto niente di più magnifico, ma non bastò per sanare la sua voglia di uccidere quel bamboccione.

Sì! Ragazzi! Quanti altri stupidi come te ci sono, in questa scuola?” sbottò, acida, squadrandolo in cagnesco. Lo stupore sul volto di lui si acuì.

Stupidi come me?”

Esatto.” ringhiò Roxy, a denti e pugni stretti. “Stupidi come te.”

Zephiro sbatté le palpebre. “Intendi studenti... studenti maschi?”

No! Intendo proprio stupidi imbranati!” gridò Roxy e stavolta non lo aspettò. Non voleva più vederlo in tutta la sua vita, non avrebbe risposto delle sue azioni, altrimenti. Si avviò a grandi passi giù per le scale; voleva mettere più distanza tra loro possibile, pur di non vedere più la sua faccia da fesso che la guardava come se stesse parlando una lingua straniera o avesse una lingua forcuta o cose del genere. Lei non li sopportava proprio, i maschi, se erano tutti così.

Sperava che gli altri non fossero come lui e che, anzi, conoscessero un po' di buone maniere.

L'aria esterna era più fresca e l'odore era davvero diverso da quello della Terra: la brezza leggera portava le fragranze degli alberi oltre le mura e il cielo era splendente e privo di nuvole. Ce n'erano solo un gruppo molto lontano e scuro, quasi non riusciva a scorgerle, tanto erano lontane. Da quelle parti, doveva esserci un brutto temporale. Ma aveva comunque una brutta sensazione che la fece rabbrividire e che la fece stringere nelle spalle. Non era il freddo della mattina che, anzi, era anche piuttosto calda anche per la primavera, erano proprio quelle nuvole a metterle quella sensazione di gelo addosso.

Ehi, tu! Roxy. Roxy, aspetta! Non puoi allontanarti!” Zephiro le corse dietro, fin nel porticato che precedeva il giardino dove la ragazza si era fermata. Avrebbe voluto non aspettarlo, ma la sua presenza, scoprì, era rassicurante: quel mondo sconosciuto e sconfinato, era meglio affrontarlo con qualcuno che ci era vissuto.

Che cosa c'è laggiù?” lei indicò le nuvole scure e sperò che Zephiro potesse risponderle senza dire qualcosa di stupido. Lui guardò nella direzione del suo dito puntato e tacque, come se anche lui fosse stato colpito dalla stessa sensazione di gelo. “Allora?”

Zephiro distolse lo sguardo. “Torrenuvola.”

Torrecosa?”

Torrenuvola.” ripeté lui. “La scuola delle streghe.”

Roxy sgranò gli occhi, stupefatta. “C'è una scuola anche per le streghe? Quelle con le verruche al naso e i cappelli a punta?”

Zephiro girò la testa per nasconderle un sorriso divertito. “Sì, alcune sono così.”

Roxy fu stupefatta più di quello che gli aveva visto fare che del fatto che esistessero davvero streghe con le verruche. Guardò il ragazzo, i cui occhi si erano spostati nel parco della scuola e lo sondavano silenziosamente. Roxy si chiedeva cosa gli passasse per la testa e chi fosse in realtà quel misterioso ragazzo.

Posso farti una domanda?”

Lui sembrò risvegliarsi da un sogno agli occhi aperti e si voltò di nuovo verso di lei. Si limitò a fissarla, e Roxy pensò che fosse il suo modo per dirle di andare avanti. Allora si fece coraggio e prese un lungo respiro.

Perché sono stata portata ad Alfea?”

Per salvarti.”

Roxy sbatté le palpebre. “Dagli Stregoni del Cerchio Nero?”

Lui la squadrò come se si stesse chiedendo se venisse preso in giro. “No.” disse, infine.

E allora da cosa?” Roxy si stava di nuovo alterando. “Oh, insomma,” sbottò, infatti, stufa di ricevere solo monosillabi in risposta. “non sai fare un discorso senza venire imboccato ogni due per tre? Voglio sapere cosa è successo! Per quanto tempo sono rimasta addormentata? Prima di svegliarmi ero nella mia città, a Gardenia, e ora sono qui ad Alfea, nella scuola per fate, c'è mio padre e le Winx non sono qui! Che cosa sta succedendo?”

Zephiro aprì la bocca per rispondere e Roxy non ci poteva credere, stava quasi per mettersi a ballare di gioia perché finalmente avrebbe ricevuto le risposte che neanche Faragonda aveva voluto darle, dicendole che doveva parlare con una certa Grizelda. Però dalla sua bocca non uscì alcun suono: i suoi occhi di colore diverso si spostarono oltre la sua spalla, e allora il suo viso pallido, se possibile, divenne ancora più bianco.

Quando Roxy si voltò per guardare che cosa gli avesse fatto avere quella reazione, si accorse che era un gruppetto di ragazze, guidato da una ragazza con i capelli biondi legati in due code. Sembravano molto allegre e affiatate. Roxy capì che erano delle studentesse, dato che non erano poi molto più vecchie di lei, anzi, la più piccola tra di loro sembrava non avere più di quindici anni ed era come se seguisse le altre da lontano; tentava di tenersi al passo con loro ed era la più goffa del gruppo. Immaginava che lei, una volta entrata a scuola, non sarebbe stata da meno e che, forse, sarebbe stata addirittura presa in giro. Non voleva entrare ad Alfea, non aveva intenzione di fare la fine di quella povera ragazza.

Zephiro, dietro di lei, gemette. “Vieni via.” le sussurrò.

Cosa?”

Le afferrò la mano. “Non parlare! Vieni via!” e così dicendo la strattonò di nuovo dentro la scuola.


§


Musa scosse la testa, confusa e non del tutto sicura di dove si trovasse. Sapeva solo di avere addosso le facce preoccupate di Aisha, Flora e Nabu. Le immagini, però, che ricordava erano ancora molto confuse. C'era una Furia, con lei, una Furia che si fingeva disperata, e c'era Stella... che usava un potere benefico e magnifico. Era stato un sogno davvero strano; non credeva che, potendo scegliere, avrebbe scelto lei per sconfiggere la Furia, anche se Stella era di certo una delle sue migliori amiche.

Che... che succede?” domandò, con la voce impastata dal sonno. Poi, come un lampo, ricordò tutto: il suo incontro con Jason al bar, la faccia spiritata di Riven, la sua lotta contro di lui, e anche la trasformazione dello stesso Jason che, per motivi inspiegabili, si era alleato con Riven come se, anche lui, fosse stato contagiato dal potere di una Furia. L'ultima cosa che ricordava era che una di quelle creature maligne aveva raggirato e catturato anche lei.

Si alzò a sedere di scatto, facendo gridare le sue amiche per lo spavento. Ricordava tutto, e si sentiva il cuore rimbombare nelle orecchie. “Riven!” gridò, improvvisamente del tutto sveglia. “Dov'è Riven?”

Flora e Aisha si scambiarono un'occhiata, stavano esitando e la cosa non fece che allarmarla ancora di più. Il cuore le era arrivato letteralmente in gola.

Ragazze?” le chiamò. “Ragazze... non fate scherzi, che sta succedendo?”

Ecco...” balbettò Aisha, ma fu Nabu a parlare e aveva l'aria contrita proprio come le due Winx: . “Riven è scappato.”

La fata della musica sgranò gli occhi. “Che... che cosa?”

Aisha distolse lo sguardo. “E' colpa mia, avrei dovuto imprigionare anche lui nel Morphix!”

Pensavo che le liane avrebbero retto!” raccontò Flora, posandosi le mani sulle guance, evidentemente mortificata.

Non è stata colpa tua, Flora. Non potevamo sapere che avrebbe usato quell'attimo di distrazione per strappare le liane!” la consolò Aisha, mettendole una mano sulla spalla. “Con tutto quel vetro non era certo difficile.” disse, rabbuiata. “Se c'è qualcuno da biasimare, quella sono io che non ho agito in fretta!” sospirò e si rivolse a Musa con un sorriso rassicurante. “La cosa più importante, però, è che sei riuscita a liberarti della Furia, Musa.”

Siamo così sollevate!” esclamò Flora, con trasporto. “Stavamo per contattare Faragonda. Timmy è al computer da un'ora, che cerca di mettersi in contatto con la preside, ma non risponde nessuno...”

E' successo qualcosa?” Musa non immaginava cos'altro avrebbe potuto accadere oltre quello. Riven era scappato. Era sotto il controllo di una Furia ed era scappato chissà dove, a combinare chissà che cosa. Si posò una mano sulla fronte. “Sta andando tutto a rotoli!”

Aisha scosse la testa. “Non avere notizie è così frustrante!” esclamò, stringendo i pugni, tremante. “Ma piuttosto... come hai fatto a ristabilirti? Credevamo che ti avesse presa una Furia! Sei riuscita a liberartene?”

Musa sbatté le palpebre. “Beh...” si fermò, impensierita. “In realtà, non capisco.” ammise. Gli sguardi si posarono su di lei, confusi e lei alzò il proprio verso di loro, come cercando in loro una spiegazione. “Non credo di essere stata io a liberarmi della Furia.”

Che stai dicendo, Musa?” domandò Aisha, per tutti. “Che intendi?”

Non lo so.” ammise la fata della musica, guardandosi i palmi delle mani. C'erano piccoli tagli e ferite che si era procurata durante la battaglia con Riven. “Non ne sono sicura. Penso che sia stata Stella.”

Stella?” ripeté Flora. “Ma come... ha usato lo Scettro?” il suo tono si era fatto urgente e speranzoso. “Vuoi dire che... oh, ma è magnifico!”

Musa scosse la testa. “Non so cosa fosse, ma da come Faragonda ha descritto i suoi effetti non mi pare. È stato come se una sferzata di sentimenti positivi fosse entrato dentro di me e avesse distrutto la Furia che mi stava corrodendo. Non è qualcosa che è partito da me... veniva da Stella. Forse ho sognato tutto. Non so spiegarvelo meglio di così, ragazze, scusatemi.”

Non appena ebbe finito di parlare, il silenzio cadde pesante. Poi la fata dei fluidi scosse la testa e si aggrappò al collo di Musa, stringendola forte. “Qualunque cosa sia stata, sono felice che tu sia ancora con noi!”

Musa si sentì commossa dal gesto di Aisha e non poté fare altro che abbracciarla a sua volta, felice di poter sentire il contatto amorevole di una delle sue migliori amiche. Rimasero così per un po', e quando si separarono lo fecero perché Musa aveva bisogno di risposte.

Dov'è arrivato Riven?” si guardò intorno. ”L'avete preso?”

Flora abbassò lo sguardo e si rabbuiò, anche Aisha distolse lo sguardo. La loro reazione fu preoccupante. “E Jason?” Musa sentiva sempre più la tensione crescere, soprattutto perché le sue amiche sembravano così reticenti. “Ragazze... cos'è successo? Parlate! Non preoccupatevi di dirmi qualcosa di male... sto bene! E devo sapere se è successo qualcosa ai nostri ragazzi!”

Fu di nuovo Nabu a prendere in mano la situazione: “Sono scappati anche loro.” borbottò, così piano che Musa ebbe un po' di difficoltà a sentirlo, era come se il mago avesse parlato in quel modo come per negare anche a se stesso che fosse successo.

Loro chi?”

Helia.” ammise Floria. I suoi occhi, già colmi di lacrime, dissero alla fata della musica che la sua amica stava compiendo uno sforzo enorme per non mettersi a piangere. “Anche lui è stato... preso. È stato... è stato terribile.”

E come è potuto accadere?”

Aisha si strinse nelle spalle e si passò le mani sulle braccia come se avesse avuto un improvviso brivido di freddo e fu Flora di nuovo a parlare. “Stava combattendo contro gli altri... un attimo prima era il mio Helia e l'attimo dopo...”

Flora singhiozzò e Aisha proseguì nel racconto, come se questo potesse bastare per scacciare il dolore della sua amica. “Ti stavamo soccorrendo, quando Riven è riuscito a scappare. Abbiamo lasciato a Nabu il compito di riportarti indietro e Aisha ed io siamo corse dietro a Riven... Jason e Helia” deglutì, nel dire il nome dello Specialista. “erano nel Morphix, non avrebbero creato problemi... o almeno così credevo. Che stupida a pensare una cosa del genere!” scosse la testa, contrariata.

Insomma, quando siete tornate non c'erano più?” capì Musa, fissando prima l'una e poi l'altra, allarmata. “E ora dove sono?”

Aisha si rabbuiò. “Abbiamo perso di vista Riven e, quando siamo tornate indietro, anche gli altri due erano spariti.”

Ma... il Morphix...”

Lo hanno distrutto.” nella voce di Aisha c'era un fremito di rabbia e il suo pugno tremante lo confermò. “Non so come hanno fatto. Deve essere una specie di potere delle Furie. Se il loro potere è forte, allora il nostro si indebolisce, come quello che succede se le persone non credono in noi. Solo che, stavolta, sono i sentimenti negativi che ci indeboliscono.”

Perché non siamo abbastanza pronte e piene di sentimenti positivi che possano contrastarli.” capì Musa.

Guardò Flora che era andata ad affacciarsi alla finestra, guardando fuori con aria malinconica. Era mortalmente pallida e poteva capire benissimo quanta paura provasse per la sorte del suo fidanzato. Anche lei era molto tesa, pensava a Riven che l'aveva attaccata, a Jason che era impazzito con lui... poteva benissimo capire come si sentisse la sua amica e avrebbe voluto chiederle di andare pure a cercare il suo ragazzo, piuttosto che rimanere lì. E il fatto che il Morphix fosse stato distrutto era particolarmente preoccupante, oltre al fatto che tre persone contagiate dalle Furie erano scappate.

Forse è meglio se torniamo ad Alfea” propose. “e chiediamo l'aiuto di Faragonda. Ma dove è finita Bloom? Non è ancora...”

Aisha scosse la testa e la fata della musica, per quel suo gesto così definitivo, si sentì raggelare. “E'... è successo qualcosa? Non è che...” il pensiero la faceva terrorizzare. “Non è che Timmy non riesce a mettersi in contatto perché è successo qualcosa alle nostre amiche o ad Alfea?”

Musa, calmati!” esclamò Aisha, posandole un braccio sulla spalla. “Ti sei appena svegliata e non sappiamo...”

La fata della musica scacciò la mano con un gesto e gettò le gambe oltre il letto. “Senti, Aisha, Riven, Helia e Jason sono stati attaccati da una Furia e sono scappati, e gli altri sono tutti spariti e non danno notizie di loro! Non c'è tempo davvero per pensare a me! Dobbiamo trovare i nostri ragazzi e Jason e impedir loro di nuocere finché Bloom non tornerà da Domino! Che cosa sta facendo? Vi ha detto niente? Perché non è ancora qui?”

Di nuovo, gli sguardi lontani dei suoi amici che non riuscivano neanche a guardarla negli occhi parlarono molto più di quanto avrebbero potuto usando la voce.

Sta succedendo di nuovo,” le parole di Flora le riscossero e fecero distogliere tutti e tre dalla discussione per dare attenzione a lei. “proprio come accadde ai guerrieri che seguirono le fate su Domino, proprio come allora. Amici che combattevano contro gli amici e che uccidevano, prima di venire uccisi..” gli occhi le si riempirono di nuove lacrime.

Flora....” chiamò Aisha sollevando una mano verso di lei, come se volesse toccarla e non potesse.

La fata dei fiori alzò lo sguardo e nei suoi occhi brillava la più assoluta risolutezza; per quel che la riguardava, aveva deciso che cosa voleva fare. “Ha ragione Musa: dobbiamo cercarli e catturarli prima che sia troppo tardi. Helia... Helia rischia la vita, così come Riven e Jason. Non possiamo rimanere qui con le mani in mano!”

Sì, abbiamo perso fin troppo tempo.” disse Musa. “E potremmo non averne altrettanto.”

Aisha non trovò come controbattere, guardò Nabu che le restituì uno sguardo pieno del suo appoggio. Poteva benissimo immaginare come si sentissero le sue amiche: senza di lui, si sarebbe sentita persa e distrutta e il fatto che Flora fosse rimasta lì fino ad allora, doveva esserle costato uno sforzo immane. Capì di non poterla trattenere ancora e che se lei l'aveva fatto era stato per la preoccupazione per la sua migliore amica e, forse, anche perché covava la speranza che lui tornasse indietro, al Love & Pet, da lei, dalla ragazza che amava.

Non potevano più aspettare, le sue amiche avevano ragione. Annuì. “Avete ragione. Dobbiamo pensare a Helia, Riven e Jason.”

Contate su di me.” Nabu fece un passo avanti. “Se ci divideremo, avremo più possibilità.”

Timmy,” Aisha si rivolse al ragazzo che, incitato dal suo tono autoritario, si era messo sull'attenti, da dietro lo schermo del computer dal quale non si era alzato mai, febbrilmente impegnato sullo schermo del computer. Anche lui, come gli altri, voleva disperatamente ritrovare le altre e i suoi amici Specialisti. “tu, allora, cerca anche di scoprire a che punto sono Bloom e le altre a proposito dello Scettro. E mettiti in contatto con Faragonda. Dobbiamo sapere che cosa è successo. Non possiamo continuare così. Quando saremo di ritorno, i ragazzi dovranno essere con noi, imprigionati oppure liberi dalle Furie.”

Contate su di me, ragazze!”

Le ragazze si scambiarono delle occhiate, poi si presero per mano. “Siamo le Winx.” disse Musa, sorridendo in modo rassicurante a Flora, che si costrinse a fare lo stesso. “Ce la faremo!”

Winx Believix!”

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Capitolo 13
*** Rivalità ***


Chiedo perdono per il ritardo mostruoso con cui aggiorno e se non ho risposto alle recensioni, prometto che non accadrà più. Ringrazio Tressa che è sempre così carina da lasciarmi una recensione e tutti quelli che hanno inserito la storia in preferiti/seguite/ricordate. Ecco il nuovo capitolo, con la promessa di finire entro breve di scrivere i tre capitoli che mancano da una vita (ancora).

Buona (spero) lettura!




Capitolo 13

Rivalità



Re Oritel si grattò il naso, subito dopo aver starnutito per quella che credeva essere la centesima volta da quando era entrato nella Biblioteca di Domino, sulla Montagna del Rock, diverse settimane prima. Quella Biblioteca aveva davvero bisogno di una spolveratina, dopo vent'anni passati a marcire in mezzo al niente che era stato Domino. E, mentre pensava a questo, si accorse di essere stanco morto. Aveva letto per tutto il giorno senza concedersi neanche un'ora di sonno, e cominciava a non capirci più niente.

Sospirando, sollevò un'altra nuvola di polvere. Quell'ala della Biblioteca era una delle più antiche, e risaliva ai tempi in cui era stato fondato il regno di cui ora era sovrano e non ci entrava qualcuno da quei tempi, a giudicare da come tutto sembrava opaco e invisibile sotto quelle coltri spesse come piumoni.

Era stato proprio lì, quasi per un colpo di fortuna, che aveva trovato resoconti molto dettagliati sulle Furie dei Sentimenti Negativi e aveva permesso a lui, Faragonda, Griffin e Saladin di proteggere le loro scuole, per quanto possibile, dalla loro minaccia.

Era stato sempre lì che aveva scoperto che il simbolo del potere del re era lo Scettro di Domino, un costrutto magico i cui poteri erano sconosciuti a tutti i maghi viventi.

Aveva trovato la sua storia, i modi che avevano utilizzato per costruirlo e dargli il potere di sigillare quelle creature maligne. Aveva un'unica pecca: doveva essere «svuotato» – così come si esprimevano i testi – prima di essere riutilizzato. E il bello era che ancora non era riuscito a trovare un luogo adatto a svuotarlo.

Durante le sue lunghe settimane di studi, Oritel aveva scoperto che solo una fata poteva attivarlo senza danneggiarsi e venire condizionata dalla Furie, meglio se una Fata Guardiana.

Nel frattempo, aveva trovato racconti inquietanti di gente morta dopo essere stata posseduta che gli avevano lasciato dei brividi lungo la schiena, smorzati soltanto dai suoi frequenti starnuti.

Giocherellò con lo Scettro rigirandoselo tra le mani e guardandolo con una certa aria disgustata.

«Che porcheria!»

Quel concentrato di pacchianeria era stato tramandato di regnante in regnante dal primo re di Domino fino a lui. Ancora non riusciva a credere che avesse trovato come impiegare quella grossa asta dorata incastonata di pietre preziose, sormontata da un grosso rubino sfaccettato che serviva per contenere la Furia catturata.

Scuotendo la testa, lo pose sul tavolo a fianco del libro che aveva deciso di consultare per ultimo.

L'unica cosa bella di quelle letture era che, ogni tanto, sua figlia Dafne andava a trovarlo e a chiedergli come stavano andando le cose, dandogli qualche consiglio, o trovando i libri che avrebbero potuto interessargli. La ninfa era una compagnia molto utile e preziosa, oltre che una compagnia e basta. Scoprire sempre nuove cose sulle Furie riusciva a rovinargli anche il sonno.

Oritel non riusciva a non essere grato alle donne della sua famiglia. Ma ora l'avevano lasciato solo: Dafne era andata a scoprire dove fosse Bloom che doveva essere arrivata su Domino da tempo, ormai. Marion era rimasta a palazzo, nel caso la loro ritrovata secondogenita potesse arrivare da un momento all'altro.

Oritel aveva capito che era successo qualcosa a sua figlia, se non era già arrivata e non aveva fatto sapere niente sulle sue intenzioni. Sperava che le Furie non c'entrassero. E neanche quel pazzo di Maestral.

Da quando avevano smesso di ricevere informazioni da Flabrum era divenuta tutta una questione di attesa e lui sapeva di non poter indugiare.

Avrebbe dovuto lasciare che Dafne si occupasse delle ricerche per organizzare il suo piccolo esercito, ma adesso c'era anche questo grosso problema e Dafne aveva voluto andare a cercare la sorella. «Devi rimanere qui: qualunque informazione tu possa estrapolare dai libri potrebbe essere vitale», gli aveva detto, con un tono così convincente che lui non aveva potuto dire di no. «Anche Bloom potrebbe ricevere beneficio da queste informazioni. Tornerò non appena saprò cosa è successo, tu non lasciarti distrarre da niente. Io posso passare inosservata, tu no».

Proprio mentre ripensava alle parole della figlia, un leggero bip dal suo trasmettitore portatile lo fece voltare verso di esso. Subito dopo, apparve la miniatura di Faragonda resa instabile per via della poca ricezione sulla Montagna del Rock.

«Oritel, spero che tu stia bene.» esordì lei. Era sempre stata molto educata, la sua vecchia amica preside.

«Benissimo.» grugnì lui e, come se sapesse che era una bugia, la polvere lo costrinse a starnutire. Oritel agitò la mano. «Lascia perdere. Questo è un postaccio!»

Sul viso della preside apparve un'espressione di bonario rimprovero. Lo faceva sempre sentire come se fosse l'ultimo discolo della classe. «Come vanno le tue ricerche, Oritel?»

«Ho trovato altri resoconti, ma sono piuttosto confusi. Notizie di Bloom?»

Si aspettava un cenno affermativo, ma Faragonda scosse la testa. «L'ultima fata della Terra si è risvegliata.» gli disse soltanto.

Sulle prime, Oritel fu sul punto di dire «Benone, benone», ma senza nessun entusiasmo, poi si rese conto di cosa gli era stato effettivamente detto. Si alzò di scatto dalla sedia e, mentre il terreno gli tremava sotto i piedi, l'immagine di Faragonda scomparve e riapparve come se si fosse spaventata. «Oh, Rock sta' fermo!» imprecò lui. «Si è svegliata, dici, da sola, così?»

«Questo ancora non lo so, prima di parlare con lei ho bisogno di tempo.»

«E di Bloom non hai proprio notizie?»

La preside scosse la testa. «Purtroppo no.»

Oritel grugnì di nuovo. «E allora che facciamo?»

«Per adesso aspettiamo. Ho chiesto a Codatorta di raggiungere Alfea perché mi dica che cosa è successo alla navetta scomparsa. Sono preoccupata, Oritel.»

«Bloom è in gamba. Sono certo che sta bene.»

Faragonda non sembrava convinta della cosa. Si costrinse a dire: «Una volta che le Winx avranno debellato il problema, dovremo trovare le altre e poi studieremo tutti insieme un piano d'attacco per prendere la Furia che alberga nel corpo di Maestral. Dobbiamo agire in fretta, ma non senza pensare. Questo improvviso risveglio di Roxy potrebbe essere un piano architettato dalle Furie e, finché non avrò capito che cosa succede, voglio tenerla d'occhio. Avrei tanto voluto tenere Bloom e le ragazze lontano da tutto questo, ma Zephiro... quel ragazzo è troppo impetuoso, alle volte. Altre non riesco proprio a capirlo. Mi preoccupa molto.» sembrò sul punto di dire qualcos'altro, ma si fermò. Guardò re Oritel dritto negli occhi. «Pensi di poter aspettare ancora un po'?»

«Oh, io posso aspettare quanto vuoi, non so se lo faranno anche Maestral o le Furie.»

Faragonda chiuse gli occhi. «Grazie, Oritel. Posso sempre contare su di te.»

Il re di Domino fece un gesto con la mano, come per dire che non doveva neanche pensarci.

Chiusero la comunicazione e allora lui si rese conto di non aver detto una cosa molto importante a Faragonda. Trovò il manoscritto proprio sotto le dita, dove le aveva appoggiate quando la preside aveva parlato di attendere. Le rilesse ancora una volta, ma era quasi inutile, dato che le conosceva a memoria.


Lo Scettro da solo non può aiutarci. Solo Flabrum potrebbe, ma nessuno può raggiungerlo. Forse non esiste. Siamo perduti. Le Furie vinceranno e il mondo cadrà nella distruzione totale.


Era stato uno dei paragrafi più agghiaccianti di tutti quelli che aveva letto durante la notte, ma era stato un piccolo passo avanti: nessuno degli altri aveva parlato del lontano pianeta dei Venti. Aveva creduto di aver fatto una scoperta importante, invece, aveva cercato in altri libri e i riferimenti a Flabrum erano finiti, o almeno lui non ne aveva più trovati. Quello era l'ultimo volume tra quelli a disposizione.

«Flabrum...» sussurrò. «Lì dove è cominciato tutto questo. È come un cerchio che si chiude.»


Tra le Furie, una è la più importante e la più crudele. È l'Odio, che tutte comanda allo scopo di distruggere il mondo.

Abbiamo ucciso colui che ospitava la Furia. Le altre, senza la loro guida, sono state bersagli facili.

Abbiamo subito molte perdite, tra cui quella della nostra adorata Fata Guardiana che ha dato la sua vita per riuscire a portare le creature fin dentro l'inferno di Obsidian, dove poi noi abbiamo apposto i sigilli magici che impediranno loro di tornare.

La Furia dell'Odio è andata distrutta con il corpo ospite.

Non c'è motivo di non pensarlo: le altre Furie sono diventate vulnerabili. Se la loro guida fosse sopravvissuta, sarebbero rimaste intatte e potenti. Ma c'è la possibilità che sia addormentata da qualche parte e che aspetti solo il momento giusto per attaccare di nuovo.

Nessuno può saperlo. Bisogna diffidare di tutti coloro il cui cuore è stato corrotto da rabbia e disperazione: saranno i candidati ideali per ospitare la Furia dell'Odio.


Oritel era stato particolarmente frustrato. Rabbia e disperazione. In quanti potevano dire di corrispondere a quella descrizione? Anche lui era un candidato ideale, in quel momento.


I corpi maschili sono gli unici che possono venire condizionati: sono le Fate i veri obiettivi delle Furie. Non esiste corpo maschile che non possa venire contagiato dal contatto con un altro già abitato da una Furia.

La Furia si divide e intacca il cuore del nuovo contagiato e poi, quando raggiunge la fata, uccide il suo ospite e si ciba del potere della fata e della sua vita.


Sperava per questo che gli Specialisti fossero tutti al sicuro. Il cuore batteva anche a lui, pensando di poter diventare un bersaglio e di non potersi ribellare in alcun modo; solo il fatto di possedere la sua prodigiosa spada gli dava una qualche garanzia: Hagen gli aveva detto di averla imbevuta di una magia tale per cui coloro che erano armati di cattive intenzioni non avrebbero osato avvicinarsi a lui.

Ma non era quello il problema.

Il problema era la Furia dell'Odio: se anche avessero trovato il modo di strapparla dal corpo di Maestral, come avrebbero potuto intrappolarla prima che scomparisse come aveva fatto nel passato?

Oritel starnutì di nuovo e si grattò il naso.

Flabrum... quel nome continuava a martellare nella sua testa. C'era qualcosa in quel pianeta che lo aveva sempre affascinato, a partire dai loro territori fluttuanti, quel vortice impossibile da fermare, la nebbia che ricopriva la superficie del pianeta... perché abitare un posto così inospitale?

Tamburellò le dita sullo Scettro di Domino. C'erano ancora diverse ricerche che voleva fare, ma stavolta doveva andare nelle biblioteche superiori: doveva trovare qualche informazione sul misterioso pianeta dei Venti.


§



Zephiro rientrò nella scuola correndo. Reggeva la mano di Roxy così forte che la ragazza la sentì perdere velocemente sensibilità. Quando provò a riprendersela, non ce la fece, lui era troppo forte e troppo impegnato a correre per rendersene conto. «Ma che stai facendo?» gridò d'un tratto. Intanto avevano cominciato a salire la grande scalinata dell'atrio. Lui non si fermava, non le rispondeva e sembrava non ragionare neanche sulla strada da prendere. Svoltò d'improvviso a destra e riprese a salire due scale per volta, costringendola a fare lo stesso per non inciampare in avanti e sbattere i denti contro il marmo e si accorse solo vagamente che erano tornati al piano da cui erano appena scesi.

Roxy non ci capiva niente.

Correva e basta, i corridoi di Alfea cominciarono a scorrerle e ben presto perse il senso dell'orientamento e anche quello della realtà. Era tutto così assurdo! Che cosa era successo di così terribile da costringerlo a scappare come se ci fossero i diavoli che lo inseguivano?

A parte quella domanda, l'unica cosa che rimbombava nelle sue orecchie era il rumore sordo delle loro scarpe che colpiva il pavimento con inaudita violenza. Non riusciva a capire perché quello strano ragazzo avesse cominciato a correre come un forsennato. Portandosi dietro lei, per giunta!

Il suo orgoglio ebbe la meglio sulla confusione.

«Ehi!» ringhiò. E un attimo dopo puntava i piedi. Sentendo una forza che lo tirava indietro, Zephiro si fermò, facendo un passo indietro per evitare di sbilanciarsi e cadere. Si voltò di scatto, stupefatto, quando lei gridò: «Ti ha dato di volta il cervello?»

Lui, però, non era attento, non la calcolava nemmeno. Ma che strano!, pensò Roxy, furibonda.

Zephiro era troppo impegnato a guardare dietro di lei, per accorgersi che esisteva. «Non ci ha seguito!» e sospirando, si accasciò contro la parete. Passò una mano sulla fronte e rimase lì, a farsi passare il fiatone. «Meno male!»

Roxy, però, non condivideva il suo sollievo. Puntò le mani sui fianchi. «Si può sapere di che stai parlando?» sbottò, acida.

E allora lui si accorse che esisteva. Zephiro la fissò, così intensamente che Roxy si sentì immediatamente a disagio. Arrossì, distolse lo sguardo e la sua rabbia diventò cocente solo per il fatto di averla messa in imbarazzo. «Tu sei tutto matto.» borbottò.

«Scusa.» rispose lui e non aggiunse nient'altro, nessuna spiegazione, niente di niente. Poi si spostò dal muro. «Beh, si è fatto tardi.»

Allibita, Roxy fece scattare la testa verso di lui. «Che cosa?» sbottò. «E dove te ne vai?»

Lui inarcò un sopracciglio. «A lezione.» rispose. «Non vorrei beccarmi un'altra punizione per colpa tua.»

Roxy sperava di non aver capito bene. «Colpa mia?» si accigliò. «E cosa avrei fatto per farti meritare una punizione? Io non ti conoscevo nemmeno prima di stamattina! E, se proprio vuoi saperlo, il mio bellimbusto, stavo molto meglio senza conoscerti!» la sua voce era salita di un'ottava con ogni esclamazione, la sua rabbia con ogni parola. E lui, che dapprima era stupefatto si arrabbiò quanto lei. Come se avesse avuto di che essere arrabbiato!

«Beh, cara signorina, se proprio vuoi saperlo, per me è lo stesso! Sei così chiassosa! Chiacchieri troppo, mi fai venire il mal di testa!»

«E tu sei uno scemo e un villano!»

«Meglio che essere una piagnucolona!»

«Io non sono una piagnucolona!» ma a dispetto delle parole, i suoi occhi stavano già riempiendosi di lacrime di rabbia. «Ti odio!»

Gli voltò le spalle e fece per imboccare il corridoio che lui aveva corso a velocità forsennata per chissà quale motivo. Lui non la fermò, anzi le disse: «Ma sì, vattene.»

«Lo sto facendo!» replicò lei. «Non provare a fermarmi, stavolta, hai capito?»

«Ma sei ancora qui?»

«Ehi, che succede, ragazzi?» la voce piccola fece trasalire i due litiganti. Roxy si voltò per vedere chi era che aveva parlato, ma non vide nessuno, fece un giro intorno a se stessa e solo quando vide la direzione dello sguardo puntato di Zephiro anche lei capì di dover guardare verso il basso. E allora lo vide. Quello che vedeva era un mezzo tra un elfo e un lepricano, con grandi orecchie a punta, un naso piccolo e lungo, i capelli ricci castani e un completo verde con appuntato un quadrifoglio rosso, il tutto completato da un cappello a punta e le falde a mezzaluna le cui punte ricadevano verso il basso. Era l'essere più strano che Roxy avesse mai visto. Almeno aveva l'aria bonaria.

«Principe Zephiro, signorina, che cosa fate ancora fuori dalla classe? E perché state litigando? Su, su! È tardi!» e così dicendo trotterellò fino a Roxy e la prese per il gomito, spingendola di nuovo verso Zephiro che, pur di non guardarla, si fissava gli stivali.

Lei non riusciva a smettere di fissarlo, un po' incredula, a dire il vero. Principe, pensava. Quella parola aveva avuto il potere di ammutolirla. Che significava che era un principe?

Osservando il suo profilo, Roxy pensò che quel titolo non collimava per niente con il suo comportamento: lei aveva sempre creduto che i principi fossero tutti forti e valorosi come Sky, senza macchia e senza paura, non addormentati e di pochissime parole, pronti a scappare al primo segno di qualcosa che non andava, lasciando le ragazze che dovevano guidare a vedersela da sole.

Sky era un vero gentiluomo, uno per il quale ogni ragazza romantica avrebbe perso la testa... Zephiro era uno scemo che lanciava insulti a destra e a manca senza pensare alle conseguenze. E poi le aveva detto che era una piagnucolona, che era rumorosa e chissà cos'altro sarebbe uscito dalla sua boccaccia, se non fosse intervenuto quel piccolo lepricano.

Faragonda dovrebbe smetterla di fidarsi di questo qui.

Mentre pensava questo, si accorse di non aver raggiunto un altro corridoio. Avevano camminato molto e neanche se n'era accorta.

Erano di fronte alla porta di una classe, adesso, una porta aperta dietro cui riecheggiavano delle voci allegre di ragazze. Sporgendosi un po', Roxy poté vedere le loro teste colorate, gli scintillii prodotti da varie magie e il sole che entrava dalle vetrate.

«Su, perché ti sei fermata?» domandò il lepricano.

«Ecco... ecco io...» provò a protestare Roxy, quando vide che la spingendo in quella classe. «Signore... io...»

«Su, su, mia cara. Non abbiamo molto tempo! Siamo già in ritardo!»

«Professor Wizgiz...» lo chiamò Zephiro.

«Ne parleremo dopo, ragazzo mio. Su, entrate, entrate.» e così dicendo spinse entrambi in classe con una forza che nessuno dei due credeva che un essere così piccolo possedesse. Poi saltellò anche lui, all'interno e si piazzò con un'acrobazia proprio sulla cattedra. «Buongiorno, signorine!» esclamò, nel suo tono più allegro.

Le ragazze si voltarono, alcune stavano per rispondere, ma pian piano si spensero tutte le chiacchiere e le risate e i sorrisi. Una fata si voltava e c'era sempre un gomito che richiamava sull'attenti le altre ragazze ancora distratte. Ma non perché il professore lepricano le aveva richiamate col suo buongiorno.

Tutti l'attenzione era su di lei, la sconosciuta.

E le espressioni prima incuriosite, si fecero stupefatte e infine divennero torve.

Ben presto, ognuna di quelle occhiate che aveva ricevuto, se avesse potuto ucciderla sul posto, l'avrebbe fatto. La più cattiva, poi, era della stessa ragazzina coi capelli biondi raccolti in due code che aveva visto nel parco, poco prima che Zephiro la prendesse per mano e la costringesse a correre come una forsennata in giro per la scuola.

Roxy non si era mai sentita così a disagio in vita sua. E non poteva neanche scappare, perché tra lei e la porta c'era quell'odioso Zephiro.

«Beh, che vi prende?» domandò il professore, come se non si fosse accorto di niente di tutta la tensione che aleggiava sulla classe. «Andate ai vostri posti!»

«Ma io...» provò di nuovo Roxy. Ma si zittì, quando Zephiro la prese di nuovo per mano e la tirò verso un banco in fondo alla stanza.

«Inutile discutere.» le spiegò.

Quello fu più imbarazzante di tutto il resto. Le ragazze che li fissavano da quando erano entrati, adesso li seguivano con lo sguardo senza tentare nemmeno di nascondersi, il brusio si era sollevato insieme con il gesto del ragazzo e lei riuscì a sentire qualche sprazzo di conversazione.

«Ma chi è quella lì?»

«E perché Zephiro la tiene per mano?»

«Ma sarà la sua ragazza?»

«Impossibile!» la voce più alta fu quella della ragazza con le code bionde. «La sua ragazza sono io!»

Anche Zephiro la sentì. Roxy vide l'espressione di pura rassegnazione che era comparsa sul suo viso.

Incredibile ma vero, erano riusciti ad arrivare in fondo, lui le fece fare una giravolta – e ancora lei non sapeva dire come ci fosse riuscito – e le gambe non l'avevano retta. Si era ritrovata seduta ancor prima di rendersene conto, seguita da un coro di: «Ohh», invidiosi e ammirati. Wizgit non disse niente neanche una volta.

Roxy era un po' confusa. Non poté impedire al suo cuore di battere più forte, né ebbe il tempo di negare a se stessa che quella prova di maestria non le avesse fatto almeno un po' piacere. Certo, lui era uno spaccone e le ragazze la fissavano con odio, ma quella sensazione non voleva sapere di andarsene.

Poi una mano scattò verso l'alto. Quella della ragazza coi capelli biondi.

«Professore!» chiamò. La sua voce era alta e querula, un po' acida, al momento. «Professore, chi è questa sconosciuta?»

Wizgit vagò in cerca della proprietaria della voce e la individuò, non appena vide la mano alzata. «Ah, signorina Theril!» disse. «La sconosciuta chi?»

«Quella.» Theril fece un cenno verso il banco dove era seduta Roxy. «Chi è? E perché ha preso il banco di Zephiro?»

Un brusio, stavolta di assenso, seguì la domanda.

Roxy si rese conto per la prima volta che non c'erano altri ragazzi, in classe. Il tutto mentre il professore si accorgeva che, effettivamente, lei non era una delle sue studentesse. Si grattò i capelli sotto il suo strano cappello verde e la fissò con aria dubbiosa. «Eh, già... accidenti.» borbottò. «Ancora non sono riuscito a memorizzarvi. Chi sei, signorina?»

«Ehm... Roxy.»

«L'ultima fata della Terra.» specificò Zephiro, prima che Roxy stessa potesse pensare di rispondere più adeguatamente di quel che aveva fatto lei stessa poco prima. Si sentiva tanto stupida, in quel momento, e le ragazze ridacchiavano di quel suo fallimento con evidente piacere, ma non quella bionda che si chiamava Theril e che, invece, la fissava con una invidia che aveva del morboso.

«Abbiamo provato a dirglielo,» borbottò Roxy. «ma lei non ci ha dato il tempo di spiegarglielo.»

«Oh.» fu l'unica risposta di Wizgit.

«Beh, allora deve andarsene!» esclamò Theril. «Se non è una studentessa non può partecipare alle lezioni, le pare?»

«Ma è una fata!» rispose un'altra ragazza, una mora con i capelli a caschetto. «Forse potrebbe...»

«Non è stata ammessa!» replicò la bionda. «Quindi non può seguire!»

«Professore?» la voce di Zephiro si levò alta tra quelle delle ragazze che avevano cominciato a discutere. Entrambe si zittirono, Theril lo guardò e sospirò mielosa. «In fondo, Roxy non sarà ammessa l'anno prossimo?» guardò Wizgit e Wizgit guardò da lui a Roxy per qualche secondo. «La preside Faragonda non ha detto che non può. Può seguire, finché non verrà detto diversamente.»

Roxy si risvegliò con quelle parole. «Ehi!» esclamò, balzando in piedi. Anche così, però, era più bassa di lui di tutta la testa. Non le importò, piantò di nuovo le mani sui fianchi. «Chi ti ha detto che io voglio seguire le lezioni? Come ti permetti di prendere delle decisioni per me senza consultarmi?»

«Beh, qualcosa dovrai pur fare!» ribatté lui, irritato. «Tanto vale che rimani qui. Faragonda ti ha affidata a me, quindi è meglio se mi rimani vicino e non combini disastri.»

«Io non combino disa...»

«Bene bene bene!» la voce del professore interruppe la loro discussione. «Non c'è bisogno di fare tanta confusione per nulla! Dato che non lo sai, Roxy, io sono il professore di incantesimi e oggi avevo in mente una lezione teorica, ma... dato che ci siamo... signorine, perché non facciamo vedere a Roxy quello che siamo capaci di fare in pratica? Così servirà a voi per affinare le vostre tecniche e per far vedere alla nostra ospite che cosa studierà l'anno prossimo!»

Alcune applaudirono, Theril sbuffò e incrociò le braccia al petto. Subito dopo si voltò. Nel suo sguardo, Roxy percepì tutto il suo odio.

Questo le fece capire che che sarebbe stata una lunga, lunghissima mattinata.


§


Roxy si guardò intorno, la piccola arena all'aperto dentro cui il professor Wizgit le aveva portate per quella «esercitazione pratica». Tutte le altre ragazze erano eccitatissime, ridevano tra di loro, erano in gruppo e già pensavano alle magie che avrebbero potuto fare per impressionare «la ragazza nuova».

Per la maggior parte, dopo la tensione iniziale, avevano cominciato ad essere gentili, si erano presentate, ma tutti i nomi si erano confusi nella testa di Roxy che non li aveva tenuti a mente. Solo uno, ci rimaneva, quello di Theril che era l'unica che continuava a guardarla con astio, insieme al suo gruppetto di amiche, le stesse che aveva intravisto nel cortile.

Zephiro se ne stava in disparte, anche se lei aveva notato che le altre non gli staccavano gli occhi di dosso, così come non smettevano di tartassare lei di domande: «Ma tu e lui come vi siete conosciuti?»

«E perché ti tiene sempre per mano?»

«Perché Faragonda ha chiesto a lui di farti fare il giro della scuola?»

«Ma lui ti piace?»

«È vero che è carino?»

«Ha uno sguardo così penetrante!»

«E i suoi capelli! Avete visto che capelli, che ha? Mi piacerebbe toccarglieli!»

«Oh, a me piacerebbe dargli un bacio!»

«Guarda che devi lasciarlo perdere! È il ragazzo di Theril!»

«Macché! È lei che se l'è inventato. Zephiro non è il ragazzo di nessuna! E pensare che potrebbe averci tutte, se solo schioccasse le dita!»

«Sì, è vero! Lo sai che non ha mai toccato nessuna di noi?»

«Oh, tu sì che sei fortunata, Roxy!»

Roxy taceva e annuiva. Tutte quelle chiacchiere cominciavano a darle il voltastomaco. Mentre erano impegnate a lodare l'eterocromia di Zephiro che si stava strofinando da un po' l'occhio dorato con foga eccessiva, lei lo raggiungeva sugli spalti più in alto. Lo sguardo di Theril era fisso su di lei, ma lei decise che non le importava niente, che Theril era una smorfiosa e che le fate di Alfea erano frivole e sciocche.

«Ora capisco perché sei così scontroso.» gli rivelò, buttandosi a sedere accanto a lui.

Zephiro continuò il suo strofinio dell'occhio. Sembrava che dovesse cavarselo. Si alzò senza dire una parola e, barcollando leggermente, si allontanò da lei e si avviò verso l'uscita. Il tutto senza dire nemmeno una parola.

La fata degli animali lo odiava, lo odiava a morte. «Che antipatico.» sibilò, astiosa. «Poteva almeno salutare!»

«Ehi, tu!» la voce di Theril le penetrò le orecchie come il sibilo di una frusta, la sua ombra la sovrastò e la costrinse ad alzarsi di scatto, spaventata da quell'improvvisa intrusione.

Dietro la fata bionda, c'era tutto lo stuolo delle sue amiche, una piccola corte che, sembrava, non la lasciasse mai, ovunque andasse. «Lascia che mi presenti a dovere: io sono Theril, come avrai già avuto modo di capire. E loro sono le mie amiche.» le indicò una per una e tutte quante, sebbene non fossero bionde come Theril, erano comunque molto belle, tranne la ragazzina che stava dietro a tutte e che aveva fatto fatica a stare loro dietro, che era l'unica che risultò in qualche modo simpatica a Roxy, forse perché anche lei sembrava così persa in quel mondo sconosciuto. Ma non riuscì a finire il pensiero, che si ritrovò a fissare di nuovo l'ape regina che le rivolgeva un furioso sguardo omicida. «Dobbiamo chiarire un paio di cosette, noi due, carina.»

«E che cosa?»

«Stai lontana dal mio ragazzo.»

«Non è il tuo ragazzo.» proruppe Roxy.

«Non sono affari tuoi. E comunque sì, per tua informazione, lo è. Solo perché le altre sono invidiose, non vuol dire che non sia il mio ragazzo. Che cosa vuoi da lui?»

Roxy cercò in giro il professor Wizgit e lo vide, mentre toccava la spalla di un provato Zephiro e lo accompagnava fuori dall'arena.

«Niente! Mi stava facendo fare un giro della scuola!» replicò, tornando a guardare la fata bionda. «Puoi tenertelo, il tuo stupido ragazzo!»

Lo sguardo di Theril si fece altezzoso e sul suo viso si formò un sorrisetto condiscendente. «Lo sapevo, sei solo una piccola sciocca invidiosa. Solo perché sei amica delle Winx credi di potermi intimidire? Magari non sei neanche una fata!»

Roxy si accigliò, accantonando in un istante ciò che aveva detto la ragazza goffa riguardo alle Furie, qualunque cosa fossero. «Io sono una fata!»

Il sorrisetto sulla bocca di Theril si estese anche al suo sguardo. «Ma davvero? Sei una fata ed è stato così facile farti catturare da una Furia?» rise di gusto, una risata argentina e bella tanto quanto era crudele. Le sue parole avevano fatto il giro dell'arena, le altre ragazze, chiuse in altri gruppetti, si girarono verso di loro. Anche loro, come Roxy, avevano sentito le cattiverie che aveva detto Theril.

«L'ho scoperto da poco!»

«Oh, lo immagino! Devi essere così incapace che nemmeno ti hanno voluto ammettere ai corsi!»

Roxy si accigliò. Ma cosa voleva quella lì? Perché le diceva tutte quelle cattiverie gratuite se neanche si conoscevano? «Io non sono incapace!» dichiarò, rossa in viso per la frustrazione, i pugni stretti lungo i fianchi. Stava tremando. «So fare degli incantesimi! Le Winx mi hanno insegnato qualcosa, sai? E ho imparato da sola a far parlare gli animali.».

«Sì? Dimostralo!»

Roxy si sentì con le spalle al muro. Non le veniva in mente come fare, tanto più che Artù non era lì con lei e non poteva far vedere a quella smorfiosa cosa riusciva a fare. Le mancava tanto il suo amico a quattro zampe, lui sicuramente avrebbe saputo cosa fare per riportare a più miti consigli quella ragazza tanto cattiva.

«Come immaginavo.» continuò Theril, con voce flautata, spostandosi i capelli anche se non c'era bisogno. Roxy si sentì solo molto più mortificata. «Non sai nemmeno trasformarti, suppongo!»

«Certo che so farlo!» fu l'unica cosa che riuscì ad esclamare.

Theril, però, sorrise, di nuovo condiscendente. «Certo, come no. Io so trasformarmi! Sono stata la prima a saperlo fare! E te lo dimostro subito!» non fece in tempo a finire di parlare che aveva già sprigionato una quantità di luce tale da costringere le altre a coprirsi gli occhi. Era una luce rosa e verde e gialla che, ben presto venne risucchiata dal corpo di Theril che si ritrovò cambiata, con un completino luccicante molto attillato nei colori delle luci, le scarpe alte, viola chiaro, un paio di leggins verde scuro e un top con una sola manica rosa e due coppie di alucce gialle che la lasciavano fluttuare a mezz'aria sopra Roxy. Completava il tutto un cerchietto verde e rosa, mentre le code rilucevano come se fossero stato di oro puro.

Era bellissima, e Theril ne era così consapevole che guardava tutte le altre d'alto in basso.

«Bene...» disse la fata bionda, fissando Roxy con aria di sfida, tronfia in un modo inaudito. «Io mi sono trasformata, tu che aspetti?»

Roxy si accigliò e così facendo accettò tacitamente la sfida. Attinse al potere che c'era dentro di lei, lo trovò, proprio come le aveva sempre detto di fare Bloom. «Vuoi che mi trasformi? E va bene!» chiuse gli occhi, trovò il suo potere, lo afferrò con la forza di un leone e poco dopo fronteggiava Theril con la sua stessa arma. Le scappò un sorrisetto maligno.

Un coro di «Ohhh» ammirati si levarono dalle ragazze rimaste più in basso.

«Avete visto com'è bella Roxy?»

«E le sue ali! Oh, avete visto come sono grandi! Sembrano quelle del livello Believix!»

«Oh, come la invidio!»

«Vorrei anche io delle ali belle così!»

Theril tremava, sentendo tutto quello. Non riusciva a sopportare di essere stata messa in ombra da una perfetta signora nessuno, il completo disinteresse per lei, l'ammirazione per Roxy, l'attenzione dirottata da quella nuova arrivata che aveva provato a denigrare in tutti i modi. Anche le sue amiche, quelle che la seguivano ovunque e che la consideravano così brava e piena di poteri incredibili, nel vedere quella sciocca ragazzina nuova che si prendeva tutte le attenzioni, anche da parte loro. Che si faceva notare da Zephiro semplicemente rimanendo addormentata, che si faceva notare dalle altre semplicemente facendosi prendere per mano da lui, che poteva seguire le lezioni semplicemente perché era un'amica delle Winx, che poteva trasformarsi, avere le ali appena più grande del normale e tutte quante subito andavano in visibilio.

Theril odiava Roxy.

Come in sogno, allungò una mano contro di lei. Non sapeva che cosa avrebbe fatto. Voleva solo farlo, voleva vendicarsi, riprendersi solo il posto che le spettava di diritto, in cima alla piramide. Perché lei voleva essere bella e ammirata, perché se lo meritava. Era una principessa, in fondo, e nessuna sciocca ultima arrivata doveva soffiarle il posto che le spettava di diritto.

La rabbia fu incanalata in quella mano tesa.

«Ehi! Che stai facendo?» la apostrofò Roxy. Si era messa in posizione difensiva.

Theril teneva i denti stretti per la collera.

E poi improvvisamente apparve il globo di luce. «Ecco, prendi questo, piccola strega!» lo lanciò con tutte le forze che aveva. Quella sciocca non aveva modo di difendersi... sarebbe tornata tra le braccia delle Furie in un batter d'occhio.

Roxy sgranò gli occhi, non ci capì più niente. Solo che un globo di luce stava andando dritto verso di lei e che non aveva modo di fermarlo. Incrociò le braccia sul volto, la palla la colpì al centro dello stomaco, si sentì sbalzare all'indietro, gridò. L'aria sembrava non esistere più, continuava a prendere velocità e le ali non le rispondevano neppure.

«Aiuto!» gridò, ma ormai cominciava a volare a precipizio, giù, verso il suolo. Sentì le grida disperate di qualcuno sotto di lei, immagini confuse di persone che correvano da una parte all'altra. Theril che volava verso di lei come se volesse aiutarla a cadere più in fretta, le mani tese verso le sue gambe.

Vide solo indistintamente una figura bianca e blu e un mulinello bianco intorno ad una mano, in basso, sotto di lei e poi vide fili di vento che la avvolgevano dolcemente, come nastri di uno dei vestiti particolari di Stella, cominciò a rallentare la sua caduta, si ritrovò sdraiata su un letto fatto d'aria. Theril, invece, si bloccò a mezz'aria, sbalzata indietro da due fruste ventose che volevano colpirla.

Roxy d'improvviso si fermò, due mani le toccarono la schiena alata e quando guardò di lato, mentre il suo corpo, che non le ubbidiva più, crollava a terra spinto dalla forza di gravità e la fine della magia, vedeva il viso di Zephiro e il suo occhio arrossato per via dello strofinio selvaggio. Era inginocchiato al suo fianco e la sorreggeva con le braccia.

«Z-Zephiro.» disse, con voce piccola. «Mi hai... mi hai salvato?»

«Io...» il ragazzo sembrava smarrito quanto lei. «Io credo di sì.»

E mentre loro tentavano di raccapezzarsi su quello che era appena successo, poco lontano, Theril scoppiava a piangere senza ritegno.

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Capitolo 14
*** Un colloquio con Faragonda ***


Capitolo 14

Un colloquio con Faragonda



«Signorine! Questo comportamento è inaudito, increscioso! Theril, cosa ti è venuto in mente?» la voce del professor Wizgiz non era lontanamente stentorea o autorevole come avrebbe dovuto essere quella di un insegnante che doveva fare una ramanzina del genere, tutti erano d'accordo su questo punto.

Theril, dal canto suo, non riusciva a smettere di piangere. Quando provava a parlare, tutto quello che le usciva dalla bocca erano suoni inconsulti che si traducevano in singhiozzi più forti. «N-n-n-» provava, ma tutto era inutile e riprendeva a singhiozzare più forte di prima.

«Dovrò darti una punizione!» dichiarò il professore, scuotendo la testa, come se si fosse prima interrogato sul potersi esimere dal farlo. «Non ho mai visto un comportamento peggiore del vostro! Ciò che avete fatto oggi è degno delle streghe!»

«N-n-n-non so che... che...» Theril sussultò due volte e tacque, se non fosse stato per il suo pianto rumoroso.

«Tu stai bene, Roxy?» domandò, quindi, il professore facendo un cenno verso di lei. «Devo portarti in infermeria?»

Roxy scosse la testa. «Sto bene, non mi sono fatta male.» si voltò verso Zephiro. Aveva ricominciato a tormentarsi l'occhio e imprecava a mezza bocca, da dopo che l'aveva aiutata a rimettersi in piedi, Theril, piangendo, era atterrata e Wizgit era corso verso di loro per quanto le sue corte gambette gliel'avevano permesso.

Non sapeva bene cosa dire a quello strano ragazzo, se ringraziarlo oppure continuare a tacere. E fu proprio mentre prendeva fiato che si ritrovò faccia a faccia con una terza persona, una donna dagli strambi abiti grigi, una gonna a campana, i lineamenti spigolosi, il volto severo e gli occhi stretti a due pericolose fessure.

«Oh, no.» gemette Zephiro.

Roxy pensava che quelle due parole esprimessero benissimo la sensazione che aveva provato lei nel guardare in quegli occhi nascosti da un paio di lenti triangolari che si adattavano perfettamente alla figura della donna. Deglutì, allora, mentre quella sondava con lo sguardo prima lei, poi Zephiro e infine Theril.

«No cosa, principe Zephiro?» domandò la donna, con la sua voce gracchiante, piegandosi un po' verso di lui. Anche il suo caschetto era rigido e sembrava seguire i suoi movimenti come una fredda campana da cui riprendeva anche il colore. «Che cosa è successo qui? Perché la principessa Theril sta piangendo in questo modo?»

Wizgit si incamminò verso di lei, facendosi largo tra le studentesse. «Te lo dico io, Grizelda! Lei e la signorina Roxy, qui, hanno fatto una lotta di magia!» raccontò, indignato. «Come vere streghe!»

«I-io non volevo!» riuscì a gridare Theril, ritrovando improvvisamente la voce.

«Beh, mi toccherà dare una punizione.» concluse la donna, rimettendosi composta con la schiena dritta, fissandoli entrambi come se fossero i peggiori criminali.

«N-non so che mi ha preso!» gridò ancora la fata bionda, ancora trasformata. «Io non volevo... ma mi sono tanto arrabbiata e poi... poi l'ho fatto! È stata... è stata colpa di Roxy, però! Lei... lei mi ha provocato... lei voleva... voleva farmi arrabbiare e... e...»

«Qualunque fosse il motivo, non vi abbiamo insegnato a lottare tra di voi, qualunque sia il motivo della disputa!» replicò Grizelda, in tono gelido.

«Ma lei...» Theril indicò Roxy. «Lei... mi ha ridicolizzato davanti a Zephiro!»

«Ti sei ridicolizzata da sola.» ribatté lui, acido. Sibilò un'imprecazione, mentre continuava a tormentarsi l'occhio.

Ferita, la fata bionda riprese a piangere senza ritegno.

«Sei stato cattivo!» lo rimproverò Roxy.

«Ho detto solo la verità.» replicò lui, aspro.

«La verità su cosa?»

Roxy non riuscì a parlare, un po' per lo sguardo della donna che si era posato su di lei impietoso, un po' per il tono usato dalla donna che si chiamava Grizelda. «Allora, signorina?» la incalzò.

«Ecco... io...»

Zephiro le posò una mano sulla spalla e la spinse indietro, mentre lui faceva un passo per pararsi davanti a lei. «Lei non c'entra niente, ispettrice Grizelda!» esclamò. E anche l'interpellata fu incredula quanto la donna che aveva inarcato un sopracciglio. «Lei non è una studentessa. È... insomma... è Roxy! Ed è stata Theril a provocarla, non il contrario. Non è un crimine, cercare di difendersi dalle provocazioni, tanto più che Roxy non ha fatto niente di male, si è solo trasformata.»

«E' andata così?» lo sguardo indagatore di Grizelda si spostò dall'una all'altra, costringendo tutte quante ad abbassare gli occhi, in imbarazzo. Nessuna ebbe il coraggio di parlare, sul momento. Neanche Roxy ci riuscì, anche perché non sapeva bene cosa dire e neanche se fosse giusto parlare.

«L'abbiamo vista tutte.» commentò d'un tratto una delle ragazze che aveva ubriacato Roxy di parole su Zephiro. Fece un cenno verso le altre. «Non è vero? Theril ha provocato Roxy!»

Le amiche di Theril abbassarono lo sguardo e non presero parte alla discussione. Alcune, invece, facendosi coraggio, annuirono a loro volta. Ben presto, un coro di voci si levò per raccontare come era andata la storia.

«Ho sentito abbastanza.» tagliò corto Grizelda, quando non riuscì a capire più niente, in quel caos di voci acute. Si girò verso la fata bionda con le mani puntate sui fianchi, in un modo minaccioso che fece rabbrividire Roxy. Ora capiva perfettamente perché Stella e le altre ne parlassero con tanto timore. «Signorina Theril, stasera andrai a catalogare i libri in biblioteca, e toglierai un po' di lavoro a Barbatea.» e puntò il dito verso l'uscita dall'arena. «E ora andate tutte a lezione, anche tu, principe Zephiro. Non tollero che si saltino per frivolezze simili!»

Zephiro non rispose. Continuò a strizzarsi l'occhio, mentre le altre si incamminarono silenziosamente e quasi deluse verso l'uscita, come se si fossero aspettate di vedere dell'altro o magari che Theril si meritasse ben altra punizione. Quest'ultima le seguì da lontano, un fanalino di coda col viso rosso e gli occhi gonfi. Guardandola, anche se le aveva fatto tanto male e continuava a non volersi pentire, Roxy sentì di avere pena per lei.

L'ispettrice guardò lei e poi dietro di lei. «Sei ancora qui, principe Zephiro?» domandò, accigliandosi.

Roxy si voltò verso di lui e lo vide barcollare sul posto. «Che ti succede?» allungò le mani verso di lui, titubante.

«Non lo so.» borbottò lui. «Non mi ha mai dato così fastidio.»

«Vai in infermeria, principe Zephiro, e non attardarti per la prossima lezione.» gli consigliò Grizelda, sistemandosi gli occhiali sul naso, ma senza risultare in alcun modo rassicurante. «Tu, invece, vieni con me, giovane fata. La preside Faragonda desidera parlarti.»

Roxy non seppe se essere sollevata ed emozionata perché, finalmente, avrebbe ricevuto le risposte alle sue domande, oppure terrorizzata per quello che era appena successo. Forse Faragonda voleva solo parlarle a proposito di quello che era appena successo, forse le avrebbe semplicemente detto che era inadatta alla scuola e l'avrebbe rispedita sulla Terra senza spiegarle niente e, anzi, umiliandola. «N-non è stata colpa mia.» si giustificò. «Theril mi ha sfidata a trasformarmi e...»

«Non voglio più sentire una parola sull'argomento, signorina. Su, andiamo.» ribatté Grizelda e si voltò per guidarla nell'ufficio della preside di Alfea.

Deglutendo, Roxy si fece coraggio e guardò verso Zephiro. «Non dovremmo accompagnarlo in infermeria?»

«Vai.» le disse lui, a metà tra l'incredulo e l'infastidito. «Ci so arrivare, all'infermeria.»

«Fai come ti pare.» ribatté lei, sentendosi una stupida per essersi preoccupata per lui. Avrebbe dovuto capirlo che era un villano, anche se l'aveva salvata da una caduta che avrebbe potuto ucciderla. Si affrettò a fare come diceva Grizelda: aveva idea che contraddire quella donna non fosse una buona idea. Odiava Zephiro, si diceva, intanto, lo odiava a morte.


§


Sky sgranò gli occhi quando vide che Roxy stava entrando nell'ufficio della preside Faragonda sulle sue proprie gambe, tra l'altro seguendo a ruota l'ispettrice Grizelda. Sul visetto della giovane fata degli animali c'era un certo timore, quello classico che ogni studentessa provava nei confronti della terribile insegnante di difesa. Era comunque incredibile come sembrasse piena di energia e, quando scambiò un'occhiata con Brandon, Sky scoprì che non era l'unico che non riusciva a raccapezzarsi.

Il suo amico si grattò la testa e poi alzò le spalle. Poi guardò Codatorta che, dall'altra parte della stanza, stretto nelle spalle, osservava le due fate che entravano con la sua solita espressione torva.

Sky sapeva che il suo ex insegnante era lì per un motivo: parlare loro dell'Owl scomparso dai radar. Che lui fosse lì solo per accompagnarli su Domino come avevano chiesto la sera prima era improbabile. Faragonda, però, quando li aveva convocati, aveva chiesto loro di essere presenti perché c'erano delle cose che anche loro avrebbero dovuto sapere. Quindi erano lì, increduli e curiosi. Perché sembrava che la preside si divertisse a dare loro informazioni un poco alla volta, a spizzichi e bocconi e la cosa cominciava a farsi irritante.

«Sky!» gridò la ragazzina, non appena lo notò, strappandolo ai suoi pensieri. «Brandon!»

Corse verso di loro, felice di potersi liberare dell'inquietante ombra di Grizelda. I due ragazzi si avvicinarono a loro volta e Sky le posò una mano sulla spalla, come per accertarsi che fosse reale. «Roxy.» esalò. «Allora Faragonda aveva detto la verità, allora! Com'è possibile che tu...»

«E' un fenomeno inspiegabile.» si intromise Grizelda, sistemandosi gli occhiali sul naso e studiando Roxy con un'aria da vero avvoltoio. Sky avrebbe voluto chiederle chiedere di non fare in quel modo, perché stava mettendo a disagio la fata degli animali, ma si trattenne perché, in fondo, Grizelda aveva il potere di mettere a tacere chiunque.

«Cosa è inspiegabile?» volle sapere Roxy, rivolgendosi a Sky.

Faragonda, dietro la sua scrivania, si alzò e si sistemò accanto allo Specialista per posare la mano sopra la spalla libera dell'ultima fata della Terra. «Che tu sia sveglia, mia cara, e che stia così bene. Non mi spiego come tu possa esserci riuscita a sopravvivere senza l'aiuto dello Scettro di Domino. Siamo tutti curiosi di sapere che cosa è successo.»

Roxy si accigliò. Un costrutto magico, pensò, un altro mistero da risolvere, altra magia che si impossessava di lei. Si liberò violentemente della presa della preside e del Re di Eraklyon. «Ero qui per avere delle spiegazioni, non per doverne dare! Io non so niente!»

«Ogni cosa a suo tempo, mia cara.» le chiese la preside, ma avrebbe dovuto fare i conti col carattere impulsivo della ragazza che, come sempre impaziente, aveva cominciato a perdere le staffe.

«Eh, no, adesso basta! Mi volete spiegare che cosa sta succedendo?» scattò. «Ho fatto tutto quello che mi avete chiesto! Sono stata in giro per la scuola con quello scemo di Zephiro, mi sono quasi rotta l'osso del collo cadendo da un'altezza spaventosa e adesso non mi volete neanche dire che cosa succede? Di che state parlando? E perché sono ad Alfea? Volete spiegarmi qualcosa, per favore? Continuate a parlare come se io dovessi sapere tutto! Ma io non so niente, capito? Niente!»

Faragonda congiunse le mani e se le posò in grembo, continuando ad assumere un'espressione tranquilla. «Sei stata attaccata dalle Furie, Roxy. Si tratta di particolari creature magiche che si nutrono dei sentimenti negativi delle fate. Tu sei stata posseduta da una di queste creature. Finora ho creduto che servisse questo costrutto magico, lo Scettro di Domino, per riuscire a salvarti. Per questo sei qui.»

«Io sarei stata... posseduta?» Roxy si mosse a disagio sul posto. No, non di nuovo, pregò. «Come... come è successo con Nebula?»

«Non so se il fenomeno sia lo stesso, ma... vieni, cara Roxy, sediamoci.» Faragonda allungò una mano verso la sua spalla per invitarla a farlo, ma Roxy, di nuovo accigliata, si sottrasse a quella stretta.

«No! Voglio sapere che cosa sta succedendo! Basta aspettare! E perché mio padre si trova qui? Che cosa avete in mente?»

Faragonda scambiò un'occhiata con Sky che capì cosa la preside volesse chiedergli e annuì. Fu di nuovo lui a posarle una mano sulla spalla. Parlò con fare accomodante, per aiutarla ad appianare la sua ostilità nei confronti di quella che, per lei, era una sconosciuta di cui non fidarsi. «Forse ha ragione, Roxy. Ascolterai sicuramente meglio, seduta.»

La ragazza rispose fissando in cagnesco Faragonda: «Sto benissimo in piedi.» strinse forte i pugni, fissandola in modo più ostile che ci fosse. «Voglio sapere che cosa ci fa qui mio padre e perché ci sono anche io!»

Fu di nuovo Sky a parlare: «Stavamo parlando con le Winx di questo problema, le Furie, e tuo padre ci ha sentiti. Ha sentito che tu eri in pericolo e ha voluto seguirci. Abbiamo dovuto portarlo da te, era giusto per lui e anche per te. Ma adesso sta riposando: ha passato tutta la notte a vegliare su di te e quella precedente a cercarti per tutta Gardenia.»

Roxy stette zitta per qualche minuto, per assimilare le informazioni che aveva appena ricevuto, poi partì all'attacco con un'altra domanda: «E quello scemo, Zephiro, cosa c'entra?»

«Zephiro ti ha trovato a Gardenia.» raccontò Faragonda, ignorando volutamente il modo in cui Roxy lo aveva apostrofato. «Se non fosse stato per lui, forse le Winx ci avrebbero messo molto più tempo a trovare una soluzione e, forse, l'avrebbero fatto troppo tardi, magari pensando ad un qualche attacco degli Stregoni del Cerchio Nero. Almeno, ti abbiamo potuto aiutare a sopravvivere grazie ad un incantesimo e darti un po' più di tempo.» Sky notò che Faragonda non le aveva detto proprio tutto, che si era limitata ai fatti essenziali, ma non la biasimò per questo: non credeva che ci fosse bisogno di caricare sulle spalle di quella ragazzina più fardelli di quanti ne avesse già. Lui credeva che stesse reagendo anche in modo piuttosto naturale e, anzi, forse meglio di quanto avrebbero fatto molte altre persone, sottoposte alla pressione cui era sottoposta lei. «Ho risposto a tutte le tue domande?»

Roxy la squadrò ancora per qualche minuto, poi abbassò la testa. «Sì,» mormorò, come se anche lei fosse stanca di tutte quelle ostilità. «credo di sì.»

«Bene.» concluse Faragonda. «Adesso vorrei essere io a fartene una. E vorrei che tu fossi assolutamente sincera.»

Roxy e la preside si guardarono per un attimo; la seconda aveva un sorrido dolce che voleva rassicurare la ragazza che si era afferrata con le mani una ciocca di capelli e aveva cominciato ad accarezzarsela nervosamente. «Che cosa?» domandò, tremante.

«Oh, niente di così trascendentale.» le garantì Faragonda. «Vorrei solo sapere come sei riuscita a liberarti. Vorrei che mi raccontassi tutti i particolari della faccenda, qualunque particolare, anche quello che ti pare insignificante.»

Roxy rimase in silenzio, gli occhi bassi.

«Prenditi pure tutto il tempo che ti serve, Roxy.» le concesse gentilmente la preside di Alfea.

«No, io... io credo di poterle spiegare il poco che so... e che mi ricordo.»

Faragonda annuì. «Molto bene. Allora parla pure.»

Roxy si strinse più forte la ciocca di capelli. «Beh, non lo so... era tutto molto buio e c'era questa creatura che parlava con me, poi... è tutto molto confuso, ma ricordo un sentimento molto caldo che si è posato proprio qui.» si toccò il petto con entrambe le mani. «Non so cosa sia successo. So solo che dopo mi sono svegliata.»

«E' tutto qui? Sei sicura?» insistette Grizelda.

Roxy annuì, irrigidita. «Assolutamente.» dichiarò, piccata, come se qualcuno avesse voluto mettere in dubbio la sua parola.

Faragonda strinse di nuovo le mani tra loro, ma stavolta dietro la schiena e si spostò dietro la scrivania, passando prima davanti alla grande finestra per controllare il parco di Alfea, popolato di ragazze che si affrettavano ad andare a lezione.

Sky era preoccupato e fece un passo avanti. «Se ti venisse in mente altro, Roxy, ce lo farai sapere?»

La ragazza annuì. «Certo.» poi si fermò, con l'aria di aver visto il Re di Eraklyon e il suo scudiero veramente solo in quel momento. «Ma dov'è Artù? E cosa ci fate voi, qui?»

«Il tuo cagnolino è...» raccontò il re di Eraklyon, a disagio, beccandosi un attimo dopo una gomitata di avvertimento da parte del suo scudiero. «sta bene.»

«Sì, una meraviglia!» esclamò Brandon, annuendo con vigore. «Mai stato meglio!»

Roxy reagì esattamente come Sky si era aspettato: liberandosi ancora una volta della sua mano, strinse i pugni e li sollevò davanti al viso, gli occhi sgranati e colmi della più nera preoccupazione. «E allora perché non è qui? L'avete lasciato sulla Terra?»

«Ma lì starà benissimo!» esclamò Sky, allungando le mani per chiederle di calmarla.

Ma invece di calmarsi Roxy diventava sempre più nervosa. Aveva capito benissimo che quei due stavano mentendo. «Smettetela!» gridò. «Ditemi che cosa gli è successo! Come sta Artù? Parla!»

«Sta bene. Flora l'ha portato dal veterinario. Non c'è niente di cui preoccuparsi. Davvero.»

Ma Roxy non sembrava d'accordo, tremava e gli occhi le si erano riempiti di lacrime, le mani tese erano andate a nascondere il tremore della sua bocca. Sicuramente, il saperlo così solo, malato e con nessuna idea di cosa stesse succedendo, la angosciava in modo incredibile. Sky sentiva di dover dire qualcosa per aiutarla a calmarsi. «Sta' tranquilla. Adesso che stai bene, sicuramente anche lui starà meglio.»

«E se non fosse così? Devo tornare da lui, devo...»

«Non credo che sia possibile.» si intromise Faragonda. Roxy scattò verso di lei, le braccia tese, i pugni così stretti che Sky temeva si fosse conficcata le unghie nei palmi delle mani.

«Non è possibile?» strillò. «Io devo andare dal mio amico! Lui sta male ed è da solo! Può immaginare, lei, come possa sentirsi adesso che l'ho abbandonato? Io avevo mio padre accanto a me, mentre lui non ha nessuno! Solo un freddo ospedale veterinario dove sarà tutto solo e spaventato! Devo tornare da lui e basta! Non sarà di certo lei a impedirmelo!»

Faragonda alzò una mano per cercare di placarla. «Roxy, ascolta...» la pregò, con voce materna. Ma Roxy sollevò le mani e si coprì le orecchie, strizzando gli occhi per non guardare quella donna che le impediva di correre dal suo cane.

«No!» dichiarò, con voce stridula. «Io non ascolterò niente! Non voglio ascoltare niente, ne ho abbastanza della magia, ne ho abbastanza di essere posseduta da qualcuno! Ne ho abbastanza di questo posto!» fece qualche passo indietro, guardò tutti loro con l'aria di essere un animale braccato e l'attimo dopo era già scappata via dall'ufficio della preside, sbattendo la porta.

Faragonda mostrò tutto il proprio dispiacere per l'avversione per la magia che la ragazzina aveva sviluppato. Sky sapeva che Roxy aveva paura perché aveva già un sacco di responsabilità sulle spalle. Non se la sentiva di condannarla per quel suo comportamento e, se fosse stato un altro momento, avrebbe fatto anche lui qualcosa per aiutarla, solo che non era così.

Faragonda, che si accasciò sulla sedia dietro la scrivania con l'aria di non essere mai stata così tanto stanca, doveva pensarla allo stesso modo. «Povera ragazza.» sospirò, infatti. «Grizelda, per favore, seguila da lontano... non vorrei perderla e neanche che le capitasse qualcosa di male.»

«Certo. Ma se posso permettermi, preside, la ragazza dovrebbe evitare di farla andare in giro per la scuola in questo modo.»

Faragonda sembrò molto interessata ad una frase così strana. Squadrò l'ispettrice per qualche secondo, prima di rispondere: «In che senso?»

«Beh,» Grizelda intrecciò le mani dietro la schiena e si mise impettita, assumendo un'aria di disapprovazione. «poco fa sono stata testimone di un fatto. Roxy ha già litigato con le alunne.»

«Cosa?!» sbottò Brandon, senza fiato, in un modo che lo fece quasi somigliare a Stella quando vedeva un succulento pettegolezzo penzolarle di fronte. «La nostra Roxy? Ma come? Così in fretta?»

Grizelda lo ignorò, mentre Faragonda, la cui attenzione era stata distolta dalle parole dello Specialista, tornò a guardare l'ispettrice .«E con Zephiro? Come se l'è cavata, il principe di Flabrum, con la nostra impetuosa fata degli animali?»

«Per il poco che ho visto, neanche lui sembrava troppo contento della sua compagnia.»

La preside aveva un sorriso che Sky non riuscì ad interpretare.

«Lascia che i ragazzi si frequentino.» disse la preside, in tono dolce. «Credo che a Zephiro farà bene... potrebbe essere un buon punto di partenza per spingerlo a fidarsi di qualcuno, finalmente. In fondo, Roxy è una ragazzina affidabile e lui mi è sembrato già abbastanza coinvolto.»

«Bene, se questi sono gli ordini, allora mi terrò alla larga. Ma non permetterò loro frivolezze per i corridoi della scuola.» chiarì l'ispettrice.

Faragonda continuò a sorridere, ma si posò una mano sul petto. «Non chiedo di meglio, Grizelda, grazie.»

Grizelda si congedò con un cenno del capo e, a quel punto, Sky fece un passo avanti: la verità, adesso, era troppo importante. «Che cosa potrebbe significare il racconto di Roxy?» domandò, rivolgendosi a Faragonda che si voltò di nuovo a guardarlo. Non gli era mai parsa così stanca come allora.

«Non lo so, Sky.» sospirò. «Non ho abbastanza conoscenze sulle Furie, a quanto sembra. Per quel che mi ha detto Oritel, solo lo Scettro avrebbe potuto liberare una fata catturata da una Furia e, invece, mi ritrovo ad osservare un fenomeno del tutto inspiegabile.»

«Ma a quanto sembra tutto si sta risolvendo!» esclamò Brandon, eccitato. Quando nessuno gli rispose e, anzi, sembravano diventati tutti più torvi, cercò l'approvazione di qualcuno, con un balbettante: «giusto?»

Guardò Sky per un po' d'aiuto, ma il suo amico era fermo ad osservare la preside. «Ebbene? È come dice Brandon? Si sta risolvendo?»

«Questo è un avvenimento che non riesco in alcun modo a collegare al resto. Mentirei se vi dessi una risposta precisa.»

«Quindi possiamo partire, finalmente?» insistette Brandon. «Voglio dire, abbiamo risolto! Possiamo cercare le ragazze senza problemi!»

«Forse non avremo risolto, ma Brandon ha ragione: dobbiamo partire immediatamente per cercare le nostre ragazze.» approvò Sky. «Potrebbero aver bisogno di noi. E poi le ragazze devono avere lo Scettro comunque, dovunque siano. Sarà il caso che almeno uno di noi vada su Domino.»

Brandon annuì, favorevole alla proposta.

«E' davvero così saggio, partire allo sbaraglio?» il volto di Faragonda si rabbuiò e Sky ebbe un brutto presentimento che gli aveva fatto contrarre le viscere. «Abbiamo qualcos'altro da dirvi, ragazzi.»

«Si tratta di Bloom, non è vero?»

Faragonda sospirò. «E' proprio per questo che vi ho fatto convocare, in realtà. Codatorta è tornato non appena ha finito di ricevere i rapporti sull'Owl scomparso ieri.» fece un gesto verso il professore di Fonterossa che, chiamato in causa, fece un passo avanti. «Ci sono delle cose che dovete sapere.»

Quelle parole non fecero altro che far preoccupare anche di più i due Specialisti che, non appena il professore si mise a parlare, si irrigidirono sul posto; i loro cuori battevano all'impazzata ed entrambi si aspettavano in ogni momento di sentire i nomi delle loro fidanzate associate a qualcosa di terribile. Sky si costrinse a stare calmo e ad ascoltare fino in fondo, anche se il cuore continuava a chiedergli di lasciare la stanza e di correre in aiuto di Bloom, ovunque fosse.

«Siamo risaliti alla rotta tramite il computer centrale.» stava dicendo Codatorta. «Come sapete, il nostro localizzatore registra in ogni momento la posizione delle navette in volo. Siamo dovuti risalire al punto in cui il segnale del dispositivo mobile installato sulla navetta è scomparso, ne abbiamo tracciato il percorso e...» fece un ampio gesto, estraendo da dietro la schiena il rotolo di una mappa. Chiese con lo sguardo a Faragonda di poterla posare sulla scrivania e, non appena la ricevette, srotolò la mappa che rivelò essere una carta stellare della Dimensione Magica.

C'era disegnata una linea contorta di colore giallo, perché si potesse distinguere sul nero della carta interplanetaria.

«Perché una vecchia mappa cartacea e non una di quelle digitali?» domandò Brandon, osservando quell'intricata linea.

«Abbiamo dovuto farla a mano... il computer si rifiutava di riprodurla.» Codatorta, corrucciato, scosse la testa con aria di disapprovazione mentre si grattava il pizzetto. «Quel ragazzo è sempre stato un vero e proprio cataclisma.»

«Quale ragazzo?» volle sapere Sky.

«Lo Specialista che ho mandato in missione con le Winx: Tony. È un bravo pilota, pieno d'entusiasmo, ma un po' lento di comprendonio.» Codatorta sospirò. «Mi dispiace di aver dovuto mandare lui, ma gli altri Specialisti erano impegnati nella protezione del castello di Fonterossa. Alcuni dei nostri sono stati presi della Furie e... voi sapete cosa succedere quando un ragazzo viene preso da una Furia?»

Sky e Brandon si scambiarono un'occhiata. «Sì. L'abbiamo saputo.» borbottò il primo, rabbuiato, ricordando il discorso che avevano fatto con Faragonda la sera prima, in quello stesso ufficio.

«Già. Diviene un violento, il cui unisco scopo è uccidere le fate. Abbiamo dovuto isolarli. Tony era uno dei pochi rimasti senza un compito, ed era l'unico che potevo usare nella missione affidatami. È un pilota, uno dei più bravi. È stato il primo ad apprendere le nozioni di volo. Pessimo in senso d'orientamento, purtroppo. Ma c'è il navigatore e il pilota automatico. Non credevo che potesse combinare disastri. Mi dispiace.»

«Non credeva che...» Brandon sentì la rabbia montare. «Si tratta delle nostre ragazze!» esclamò, indisgnato. «E lei le ha mandate con un incompetente?»

«Ora calmati, Brandon.» gli chiese Faragonda. «Hai sentito cosa ha detto: ha dovuto mettere in isolamento molti dei suoi ragazzi. È stato un miracolo che non sia successo anche a Tony.»

«E chi ce lo dice, dato che sono spariti dai radar?» sbottò Sky, trovando solo il silenzio ad attenderlo in risposta.

«Il perché sono spariti è semplice.» Codatorta puntò il massiccio indice sulla mappa, nel punto in cui la linea gialla si interrompeva, vicino al confine della mappa, lì dove poi partiva la Dimensione Omega. «La rotta impostata doveva essere errata e...» sospirò pesantemente. «sono finiti su Flabrum.»

Sky e Brandon si abbassarono per vedere, dietro al dito puntato, il nome del pianeta azzurro e bianco che era stampato sulla mappa interplanetaria. Era così, dietro, in chiare lettere bianche, c'era scritto il nome «Flabrum», insieme alle sue coordinate. Una parte di Sky l'aveva sempre saputo e lo stupore, in qualche modo, fu minimo, ma non l'angoscia.

«E allora? Come ha fatto il radar a spegnersi?» volle sapere Brandon, con una leggerezza che, per Sky, aveva dell'incosciente. Avrebbe voluto chiedergli di non scherzare in un momento simile, non con le implicazioni di quello che avevano appena scoperto. «Non si saranno schiantate! Andiamo, sono fate! Saranno volate via.» si guardò intorno di nuovo. «Vero?»

Sky capì che non stava scherzando. Flabrum era un mistero per tutti, anche per le persone della Dimensione Magica. Sospirando, gli posò una mano sulla spalla. «Non è così semplice. Si tratta del Vortice dei Venti.»

Brandon lo guardò confuso, sbattendo le palpebre.

«C'è un vortice che rende quasi del tutto inaccessibile il pianeta dei Venti.» spiegò Faragonda, al posto di Sky. «Per secoli gli abitanti della Dimensione Magica hanno cercato dei modi per entrare e uscire in tutta sicurezza, ma solo i flabrumiani, dopo diversi sacrifici da parte dei piloti, sono riusciti a trovare un modo efficace per farlo, ma non l'hanno divulgato, pensando che il loro pianeta dovesse essere preservato.»

Anche il Re di Eraklyon era rimasto spiazzato da quella considerazione. «Preservato da cosa?» domandò, insieme a Brandon.

Faragonda chiuse gli occhi e scosse la testa. «Non ne ho idea, ragazzi. È qualcosa che risale ai tempi antichi di cui si sono persi tutti i resoconti. Persino Auster, quando era in vita, anche se sapeva molto poco di quel segreto, voleva aprire il suo regno al mondo.» sorrise in modo tetro. «Credo che sia anche per questo che Maestral abbia perso il senno e la Furia sia riuscita a prenderlo.»

«Pensa che sia stata la Furia a volergli far conquistare il trono?» domandò Sky.

Faragonda distolse lo sguardo. «Non so. Forse è sempre stato nei suoi intendimenti e la Furia l'ha solo aiutato.»

«Ma se è così difficile entrare sul pianeta dei Venti, com'è possibile che ci siano arrivati, la prima volta?» domandò Brandon, guardando prima Sky, poi Codatorta e infine Faragonda.

«Ci sono diverse teorie, in proposito.» disse lei. «Alcuni pensano che il Vortice, semplicemente, non esistesse.»

«Ma adesso non è importante.» tagliò corto Sky, impedendole di elencarle. «Le nostre ragazze sono scomparse su quel pianeta e Maestral sta solo aspettando il momento giusto per attaccarci: e se usasse la loro presenza sul pianeta come pretesto per invaderci? Che cosa può essere successo alla navetta, Codatorta?» si voltò a guardare il professore che aveva ripreso a tormentarsi il pizzetto con aria assorta. «Quando si sono persi tutti i contatti con il localizzatore?»

«Una volta che la navetta era già sul pianeta.» il professore sospirò. «Mi dispiace, ragazzi, ma credo che la navetta sia stata... ecco... inghiottita nel Vortice dei Venti.»

Di nuovo, l'ufficio di Faragonda fu permeato dal più totale silenzio. Era impossibile. Non poteva essere vero. Sky si rifiutava di credere ad un'opportunità come quella prospettata da Codatorta.

«No!» gridò Brandon, poi proseguì, indeciso e spaventato: «Stella... Stella non può... Stella non può essere... non può essere morta!» fissò la pallida preside Faragonda, i cui occhi si erano inumiditi di lacrime, cercando man forte dall'unica persona che avrebbe potuto, secondo la sua mente ottenebrata dal dolore, confutare quelle parole.

«Mi dispiace, figliolo.» rispose Codatorta, tenendo lo sguardo basso.

«Preside, io non ci credo.» concordò Sky, afferrando il braccio di Brandon che singhiozzava, perso nell'idea che la ragazza che amava fosse morta inghiottita da un vortice di cui aveva ignorato l'esistenza fino ad un momento prima. «Sono sicuro che avranno fatto qualche tipo di manovra che le avrà portate ad un atterraggio di fortuna o...»

Faragonda chiuse gli occhi per non mostrare i propri occhi colmi di lacrime.

«Non c'è davvero nessuna possibilità?» chiese, allora, con voce flebile. «La prego, professor Codatorta. C'è qualche possibilità che le ragazze siano... siano sopravvissute?»

Codatorta stava scuotendo la testa. «Non lo so. Forse. Ma non voglio darvi false speranze: le possibilità di salvezza delle ragazze e di Tony sono sostanzialmente nulle. Se, però, ci fossero riuscite, c'è la possibilità che Maestral le abbia catturate e che, beh, abbia fatto fare loro la stessa fine della Regina Auster.»

«La prego, Codatorta!» mormorò Faragonda.

«C'era almeno una possibilità?» scattò Sky, coprendo la voce della preside. «C'è qualche... Codatorta, per favore! Ce lo dica!»

Il professore, sospirando, abbassò la testa. «Mi dispiace, ragazzi. Ma anche se fossero sopravvissute e Maestral le avesse catturate, se come pensiamo sia lui che è stato ghermito da una Furia, allora non ci sono possibilità.»

«No!» gridò ancora Brandon. Scattò in avanti e lo afferrò per le ampie spalle. Cominciò a scuoterlo con violenza eccessiva. «Non è vero!» diceva. «Stella non è morta! Stella non è... cosa mai può averle condotte lì?»

Sky non ce la faceva a farlo smettere, le sue urla riempivano la sua testa, gli impedivano di poter elaborare la notizia, lo faceva sentire sospeso in un limbo dove lui conosceva la notizia, ma non poteva assimilarla. Preferiva quello, al pensiero di dover affrontare faccia a faccia la possibilità che la sua ragazza potesse essere... non poteva neanche formulare la parola nella propria mente.

Non poteva essere vero. Su questo era d'accordo col suo migliore amico che era crollato in ginocchio e adesso, mentre singhiozzava, le spalle sussultavano con lui. Codatorta, di fronte a lui, sembrava alquanto imbarazzato e addolorato, mentre Faragonda rimaneva impalata dietro la sua scrivania, a guardare la mappa stellare dove c'era stato il crollo di ogni loro certezza.

Poi Sky venne attraversato da un pensiero: le Winx che erano rimaste sulla Terra non sapevano niente. E Timmy! Come faceva a tornare indietro a dire che tutto era perduto e che anche la sua ragazza era morta? Come poteva tornare a dire che Bloom non c'era più, che non gli avrebbe più sorriso, che non l'avrebbe più preso per mano e che non lo avrebbe più baciato dolcemente?

Il solo pensiero bastava per farlo impazzire di dolore.

Eppure...

Bloom era una delle Winx.

Le Winx.

Capì. E quasi sarebbe scoppiato a ridere per quanto la soluzione fosse semplice, per quanto si sentiva stupido a non averci pensato subito.

«No, preside Faragonda.» disse, risoluto, asciugandosi le lacrime con un rapido gesto. «Se c'era anche solo una possibilità che le ragazze si salvassero, allora l'hanno colta. Sono le Winx! Se c'era la più remota possibilità... Bloom e le altre l'hanno trovata!»

«Sky...» mormorò la donna. «Non devi attaccarti a false speranze... per quanto anche io vorrei che fosse vero...»

«Ma è vero!» sbottò lui. «Sono le Winx! Tecna è un genio, Bloom non si sarebbe arresa di fronte all'evidenza e Stella... beh, Stella è Stella! Hanno trovato sicuramente un modo per salvarsi. Sono vive!»

Faragonda si posò di nuovo una mano sul cuore, ma stavolta come se le facesse male per il modo in cui era stato spezzato. Lei stessa sembrava essere stata spezzata. Si sedette, come se non riuscisse più a tenersi in piedi. «Oh, Sky.» sospirò. «Tu sapessi come vorrei poterci credere! Ma pensaci bene: se fosse come dici, perché non ci avrebbero contattato? Hai sentito cosa ha detto Codatorta: Maestral...»

«Il paese è in guerra, è vero, e Maestral ha il potere, preside, ma non credo che le avrebbe uccise, non ancora: Bloom, Stella e Tecna sono tre principesse di tre regni diversi. Non le ucciderà, ma le terrà fino a che gli serviranno. E gli serviranno. Gli serviranno come spettatrici della sua ascesa al potere. Le userà come messaggere, preside, per i regni vicini, per quelli che lui vorrà conquistare. È questo lo scopo di Maestral: instillare la giusta paura nei regni di Magix.» replicò il Re di Eraklyon, ad un tono di voce così alto che stava quasi urlando. E avrebbe voluto farlo, avrebbe voluto scuotere Faragonda per farla rinsavire, per farle tornare la fiducia nelle capacità delle Winx. «Non si sarebbero fatte fermare da un Vortice, piuttosto penso che sia riuscito a catturarle. Preside, le Winx valgono molto più da vive che da morte. Lei sa quanto mi fa male parlare in questo modo, ma è così che ragionerebbe Maestral. Si ricorda di quando dicevamo che ripristinare il regno di Domino era impossibile? Che il Regno Perduto era perduto irrimediabilmente e per sempre? E guardi dov'è ora! Re Oritel sta curiosando nella Biblioteca di Domino alla ricerca di vecchi resoconti sulle Furie, il regno di Domino è di nuovo in piedi con lui alla sua guida! Quindi, se le Winx hanno incontrato un pericolo che per tutti gli altri è stato insormontabile, allora loro sono riuscite a superarlo! Se Maestral le ha catturate, dobbiamo andare, preside. Dobbiamo andare su Flabrum e salvarle! Non possiamo più rimanere qui. Le nostre ragazze hanno bisogno di noi, soprattutto se, come pensa, Maestral le ha ghermite coi poteri delle Furie. Siamo ancora in tempo, se partiamo subito!»

Faragonda guardò Brandon che si era di nuovo alzato in piedi e guardava il Re di Eraklyon come se fosse la sua unica ancora di salvezza, la saggezza in un mondo di follia. Negli occhi di Faragonda, però, si era creata una luce nuova. C'era quella speranza che aveva perso, ma fu una scintilla che si spense subito.

«Anche se voi poteste arrivare su Flabrum, ci sarebbe sempre il problema del Vortice e le misure di sicurezza che adesso i soldati che sono dalla parte di Maestral hanno messo a punto, per non parlare di quelli della Resistenza, che sono fedeli alla causa di Zephiro. Ragazzi, quel pianeta è come una fortezza inespugnabile. Se anche le Winx fossero, come voi pensate, riuscite per caso o per fortuna ad entrare e a sopravvivere... e Maestral le avesse sotto la sua custodia, ma non le avesse consumate, non avrete la stessa dose dell'una o dell'altra, temo.»

Sky non ci vide più dalla rabbia. Batté un pugno sulla carta stellare. «Ci dia Zephiro!» esclamò. «Ci dia l'unico che sappia come entrare lì, ci dia la guida di quel pianeta! Con lui saremmo invisibili!»

Faragonda scosse la testa. «No.» dichiarò, risoluta. «Non posso rischiare la vita di quel ragazzo e ti ho già spiegato il perché, Sky.»

«Può rischiare la vita di Bloom e delle sue amiche? Useremo lo Scettro contro Maestral e lo libereremo dalla Furia dell'Odio.»

«Non è così semplice, Sky. Zephiro è l'unica speranza per quel regno e lo Scettro, con la Furia dell'Odio, non dà garanzie. Se vi contagiasse tutti? Zephiro deve prendere il suo posto, ma se dovesse morire... dimmi, chi potrebbe prendersi la sua responsabilità? Non posso rischiare così tanto. Non possiamo lasciare che Maestral prenda il potere che vuole su Magix! Non posso rischiare che Maestral prenda quel ragazzo. Purtroppo, Sky,» Faragonda abbassò lo sguardo. «al contrario delle Winx, Zephiro vale molto più da morto che da vivo.»

«Ma noi staremmo attenti a lui!» la implorò Brandon.

«Dobbiamo trovare le nostre ragazze, preside. E lo faremo con o senza Zephiro.» replicò Sky. «Se però avessimo lui e lo Scettro, avremmo più possibilità di sopravvivere.»

«Giusto.» confermò Brandon, annuendo con vigore. «Andremo lo stesso. Sfideremo la morte per ritrovare le nostre ragazze. E stavolta non ci fermerà con la scusa delle Furie. Abbiamo aspettato abbastanza e ne abbiamo abbastanza di stare qui in giro a bighellonare mentre Stella potrebbe essere in pericolo mortale! Correrò il rischio di essere preso, piuttosto che fare la figura del pavido! Sono uno Specialista. E anche Sky!» aggiunse, indicandolo col pollice.

Il re di Eraklyon annuì. «Ne approfitteremo anche per conoscere meglio la situazione sul suo pianeta. Se Maestral è il nemico che dobbiamo affrontare, allora dobbiamo sapere tutto il possibile.»

Faragonda scambiò un'occhiata con Codatorta che sospirò e scosse ancora la testa, stavolta mostrando tutta la propria disapprovazione. «Questi ragazzi sono troppo testardi.» dichiarò.

Faragonda si ritrovò assolutamente d'accordo. «Senza un rimedio sicuro contro l'Odio non sarà possibile batterlo.» chiuse gli occhi. «Ma avete ragione. Bloom e le altre devono tornare da noi.»

Sky e Brandon si scambiarono un'occhiata, poi annuirono.

«Che cosa consiglia, preside?» volle sapere Sky.

Faragonda scambiò un'occhiata con Codatorta. «Chiamiamo re Oritel. È lui che ha in mano lo Scettro, è lui che sta compiendo le ricerche per debellare le Furie. È a lui che dobbiamo affidarci.»

«Bene! Tutto, pur di ritrovare le nostre ragazze!» esclamò Brandon, picchiando il palmo della mano destra col pugno chiuso della sinistra. Era tornato alla vita al solo pensiero di poter rivedere Stella e Sky credeva di poter capire benissimo come si sentiva perché provava esattamente gli stessi sentimenti, uniti alla gratitudine per Faragonda, che aveva finalmente capito.

Faragonda si alzò e un debole sorriso si delineò sulle sue labbra. Era un sorriso carico di sollievo, una sorta di tacito accordo tra loro. Dal canto suo, Sky avrebbe fatto di tutto, per mantenerlo.




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Eccomi qui! Dopo un mesetto, circa, a pubblicare il nuovo capitolo. Non ho molto da dire, se non grazie a tutti coloro che hanno inserito in preferiti/ricordati/seguiti la storia e a chi, ovviamente, continua a commentare. <3<3<3

Spero che il capitolo sia di vostro gradimento. Sto continuando a lavorare alla fic, tra alti e bassi. Abbiate fede che prima o poi mettiamo la parola fine a questa storia, dopo anni che è all'attivo. XD Alla prossima!


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Capitolo 15
*** Soli ***


Capitolo 15

Soli



Roxy aveva passato da sola la giornata, sul terrazzo in cima ad una torre, con le gambe strette al corpo e la faccia affondata nelle ginocchia. Aveva pianto a dirotto per ore intere, intervallando momenti di disperazione a momenti di assoluta apatia, fino a che non si era alzato il vento freddo della sera. Non aveva voluto vedere nessuno, né aveva mangiato: aveva paura che, per farlo, avrebbe dovuto raggiungere una sala mensa e l'ultima cosa che voleva era essere additata dalle fate di Alfea. Non riusciva ad affrontare loro, gli Specialisti o Faragonda. E neanche suo padre. Aveva voluto stare sola per riflettere.

Il palazzo, adesso che era sera, era di nuovo deserto, il parco desolato. Sembrava che le fate fossero scomparse, che la vita fosse stata risucchiata via da quel posto che, per lei, era lugubre come una tomba, soprattutto in quel momento, quando anche tutte le luci erano spente, dando a quel luogo magico un che di vagamente spettrale.

Pensava al povero Artù, da solo, in qualche ospedale veterinario, spaventato e preoccupato per la sorte della sua padroncina quanto lei lo era per la sua, pensava alla propria impotenza, alla propria incapacità di tornare indietro, sulla Terra, nella sua adorata Gardenia dove avrebbe potuto stare vicino a lui e confortarlo – ed essere confortata –, stringerlo tra le braccia.

Stavano insieme da praticamente sempre e non c'era momento della giornata che non passassero l'uno accanto all'altra... e adesso? Adesso era in una scuola per fate che, più che creature del bene, sembravano delle streghe, dove la preside voleva per forza fare la parte della figura materna e dove i ragazzi erano di così poche parole da essere irritanti, ma che non perdevano l'occasione per abbracciare le ragazze dietro le colonne buie.

Odiava quella sensazione. Odiava la magia. Odiava il dover stare lì contro la propria volontà. Non voleva saperne più niente di Furie, di Stregoni e tanto meno di fate e scuole di formazione.

Sollevò appena la testa verso la foresta oltre le mura della scuola. Aveva un che di invitante, vista da lì. Sarebbe stata capace di sorvolarla e... e... e poi? Dove sarebbe andata? Come avrebbe potuto raggiungere Gardenia? Era in un altro mondo, su un altro pianeta, addirittura. Dove sarebbe andata, dopo aver lasciato quella dannatissima scuola?

Era in trappola. Riprendendo a singhiozzare, nascose il viso tra le mani. Aveva bisogno di Artù, aveva bisogno di suo padre e del Frutti Music Bar. Aveva bisogno di normalità, aveva voglia del suo bel letto caldo e non di quel postaccio dove niente era come sembrava.

«Artù! Oh, Artù, come mi manchi!» gemette, tra le lacrime calde che le scendevano sulle guance.

Sentì un rumore, come di un tonfo, e un'imprecazione assai colorita. Trasalendo, spaventata, tolse le mani dal volto e guardò nella direzione da cui le pareva fosse arrivata la voce. Notò, stupita, qualcosa a cui prima non aveva fatto caso: una figura avvolta nell'oscurità che si era inginocchiata e si stava massaggiando il piede. Come lei, chiunque fosse doveva aver dimenticato l'ultimo gradino.

Roxy si asciugò rabbiosamente le lacrime dal viso. «Voglio stare da sola!» disse, piccata, a voce abbastanza alta perché lo scocciatore potesse sentirla. Peccato che avesse ancora la voce roca per il troppo pianto.

La figura sollevò di scatto la testa. «Ah, sei tu.» la sua voce. Incredibile che, tra tutte le persone che c'erano in quella scuola, proprio lui avesse deciso di nascondersi proprio dove si era nascosta lei. Roxy ebbe un moto di fastidio.

«Vattene.» gli disse. «Voglio stare sola!»

Si appiattì contro il muro della torre, come se questo potesse risucchiarla al suo interno e negare così la sua presenza lì. Posò le mani in grembo e sbirciò verso di lui, con l'unico risultato di incrociare quello stupefatto di Zephiro che, con la mano sul piede, si affrettò a rialzarsi in piedi e a mettersi di nuovo impettito. «Beh, non sei l'unica.»

«Questo posto l'ho trovato prima io.» replicò lei, guardando verso l'orizzonte di alberi scuri.

«Se è per questo, allora io lo conoscevo da un pezzo.»

Lo stomaco di Roxy cominciò a produrre un brontolio sordo che rombò come un tuono. Il suo viso già rosso divenne paonazzo. Tremante, sollevò le mani verso il suo stomaco che, non contento del primo suono, ne produsse un altro, un po' meno forte, come se avesse sentito le sensazioni della sua padrona.

Roxy, di nuovo in imbarazzo, non poté fermare il calore in cui era avvolto il proprio viso.

«Perché non sei scesa a cena, sciocca?» domandò Zephiro, allora.

«Come ti permetti di chiamarmi sciocca? Sei un maleducato!»

Lui si fece più avanti. La luce della luna illuminò il suo viso. Aveva ancora l'occhio dorato arrossato, ma adesso aveva smesso di tormentarlo. «Tu e Stella andreste molto d'accordo.»

«Vado più d'accordo con Bloom.»

Zephiro annuì, con un sorrisetto di sufficienza. Roxy sentì di odiarlo profondamente. Digrignò i denti. «Che cosa vuoi da me?» sbottò. «Non te ne puoi tornare da dove sei venuto?»

«Non riuscivo a dormire.»

«Ma sono arrivata prima io. Trovati un altro posto dove stare da solo!»

«Trovatelo tu.» e senza essere stato invitato, si sedette di fronte a lei, appoggiando le spalle al muro e le mani sulle ginocchia piegate. Piegò la testa all'indietro e rivolse lo sguardo al cielo. Non la guardava, mentre lei non poteva fare a meno di tenere lo sguardo puntato su di lui. Rimasero in silenzio a lungo, ognuno con i propri pensieri.

Roxy sentiva di essere anche molto a disagio.

«Tu sei davvero un principe?» la domanda le uscì di bocca ancor prima che potesse chiedersi se dirlo davvero o continuare a tacere.

Zephiro si volse verso di lei. «Perché?»

«Perché tu non somigli affatto a un principe.»

«E come dovrebbe essere un principe?»

«Beh...» Roxy fece mente locale, mentre i suoi occhi incrociavano quelli intensi e diversi del ragazzo. Dovette deglutire, mentre un brivido le percorreva la schiena. «Beh, ecco... dovrebbe essere galante e rassicurante ed educato, dovrebbe sempre anteporre il bene di una ragazza al proprio e, soprattutto, non metterla continuamente in imbarazzo.»

Lui la squadrò in silenzio finché non ebbe finito di parlare, poi distolse lo sguardo senza degnarla di una risposta.

Roxy si sentì montare su tutte le furie. «Almeno di' qualcosa!» sbottò.

«Qualcosa.» replicò lui.

Dopo quello, la fata sentì che non si sarebbe trattenuta ancora a lungo: si sarebbe gettata su di lui e l'avrebbe strangolato. «Sei sempre così spiritoso o ti concedi la domenica di riposo?»

«E tu sei sempre così acida o anche tu hai la domenica di riposo?»

Lei gli rispose con uno sberleffo, a cui lui rispose mostrando la sua, di lingua, e poi ridacchiò. Chissà cosa ci trovava di così divertente. «Mi dispiace di aver disatteso le tue aspettative.»

Roxy lo guardò, confusa. Chi diamine usava quelle parole nella lingua parlata? Lei aveva appena la vaga idea di cosa significasse la parola 'disatteso', e lui la usava con tanta naturalezza! Scosse la testa, nel silenzio che permeava la stanza e tutta Alfea, ma allo stesso tempo non riusciva a distogliere lo sguardo da quello strano ragazzo, dal suo profilo, dalla sua mascella decisa e dai suoi lineamenti induriti dalla sua perenne espressione corrucciata. Sembrava incapace di rilassarsi e di ridere apertamente.

«Come va l'occhio?» decise di chiedere, per dissipare la tensione.

«Meglio.»

Fine della conversazione. Strano. Zephiro era così loquace!

Roxy sospirò. Non sarebbe mai riuscita a coinvolgerlo in una conversazione che non implicasse insultarsi a vicenda per diversi minuti.

«Insomma, quanti ragazzi ci sono, qui ad Alfea?» insistette.

«Uno di troppo.»

Lei si accigliò. «Perché? Vuoi essere l'unico della scuola solo perché le ragazze della tua classe ti ammirano e vuoi avere il primato addirittura nella scuola?»

«Ah, tu non capisci.» il tono imperturbabile di Zephiro si venò di pura disperazione e il suo viso solitamente così privo di espressione non riuscì a mascherare il tormento. «È uno strazio stare in un covo di femmine! Tutte quelle fatine che mi guardano e bisbigliano ogni volta che attraverso un corridoio, che entro in classe o che metto le mani nei capelli! Ho sempre paura che mi saltino addosso da un momento all'altro e che mi sbranino! Ogni volta che le vedo sospirare, ho paura che mi stacchino la testa per portarsela nei loro appartamenti e venerarla come un santino! Tu non hai idea di che cosa significhi stare tutto il giorno in mezzo a delle assatanate!» scosse la testa.

«Sì, immagino che la tua vita debba essere molto dura.» ironizzò Roxy che, a quanto pare, aveva trovato l'unico argomento di conversazione che riuscisse ad attivarlo.

Lui sbuffò. «Una scuola per sole ragazze... i miei compagni dell'Accademia di Magia sarebbero tutti entusiasti di fare un'esperienza simile... e poi si accorgerebbero di cosa significa davvero.»

«Ma se...» balbettò lei, improvvisamente confusa. «se è una scuola per sole ragazze, tu che ci fai qui?»

Zephiro si rabbuiò. Esitò prima di rispondere, cosa che le fece pensare che avrebbe smesso di parlare, invece la stupì: «Faragonda mi ha portato qui, dopo la morte di mia madre... per proteggermi da coloro che vogliono uccidermi.»

«Qualcuno vuole ucciderti? Chissà perché non lo trovo strano.» poi, quando vide che non rideva o che rispondeva per le rime, capì di essere stata troppo cattiva. Si passò una mano dietro il collo. «Scusa...» borbottò. «non so perché mi è uscita.»

Lui scosse soltanto la testa e, poco dopo, riprese a strofinarsi l'occhio dorato.

Roxy intuì che doveva essere una sorta di reazione nervosa. Non capiva proprio chi dovesse voler uccidere un ragazzo, per quanto odioso potesse essere. Ma in fondo anche lei era un bersaglio per gli Stregoni del Cerchio Nero, sapeva che cosa significasse essere braccati, spaventati e arrabbiati con il mondo intero. Forse, Zephiro si comportava in quel modo perché si sentiva... solo.

Quella situazione le faceva venire in mente che loro due erano più simili di quanto avesse immaginato in un primo momento.

Si strinse di più le gambe al petto e appoggiò il mento sopra le ginocchia. «Sai,» disse. «neanche io ho più mia madre e c'è qualcuno che vuole uccidermi.»

«Già.» rispose lui.

«Almeno tu sei bravo, con la magia.» borbottò lei. «Io so soltanto far parlare Artù e neanche tanto bene. Immagina cosa potrei fare contro gli Stregoni del Cerchio Nero...»

Zephiro sorrise appena, amaro. «A mia madre non è servito essere una fata Enchantix.»

Roxy non capì. «Cos'è una fata Enchantix?»

«Un livello magico.» lui cominciò a disegnare ghirigori con l'indice nello spazio che divideva la sua gamba e le punte delle scarpe di lei. Guardava la sua opera come se non ci fosse niente di più importante al mondo e Roxy non riusciva a non fare lo stesso.

«Ed esattamente che cosa comporta?»

«Polvere di fata, miniaturizzazione e altre sciocchezze del genere. Si deve salvare un membro del proprio pianeta. Si dimostra di esserne degne con lo spirito di sacrificio. Non ci sarà una sola fata che riuscì a raggiungerlo, quest'anno.»

«Pensi che le Winx l'abbiano raggiunto?» volle sapere lei e si stupì, rendendosi conto che stavano sostenendo una conversazione. Una vera conversazione. Da quando avevano scoperto di avere qualcosa in comune sembrava che fossero riusciti a trovare una sorta di ponte di collegamento che riusciva a farli interagire senza ricorrere agli insulti.

«Raggiunto e superato, a quel che ne so.»

«Superato?» Roxy si posò un dito sotto il mento, pensosa.

«Il Believix è un livello magico ancora più in alto dell'Enchantix.»

La fata sussultò, mentre tutti i pezzi tornavano al loro posto: ricordava di essere stata lei a permettere loro di trasformarsi, nel momento stesso in cui aveva creduto nell'esistenza della magia e in quelle ragazze che l'avevano salvata da quei quattro malvagi Stregoni del Cerchio Nero. In un certo senso, lei aveva sempre creduto alla magia, solo che non ne aveva mai dimostrato l'esistenza, né poteva sapere che la grande empatia che aveva con gli animali derivava proprio dal suo essere una fata. Ora capiva cosa era successo quel giorno, al porto.

«Non molte fate riescono a raggiungerlo.» continuò Zephiro. «La prima volta che l'ho visto è stato quando... quando sono stato sulla Terra, pochi giorni fa. Sul mio pianeta, viene considerato un mito. Ma tanto quel livello non ha risparmiato neanche loro. Le Furie non risparmiano nessuno. A che servono, se poi questi grandi poteri non servono a niente?» smise di disegnare, la sua mano si chiuse a formare un pugno che lui, adesso, guardava con odio, come se fosse stato quello ad uccidere sua madre. Era talmente arrabbiato che sembrava che il suo occhio dorato scintillasse. «Raggiungere l'Enchantix non l'ha aiutata contro le Furie, non l'ha aiutata contro Maestral! Questa faccenda dei livelli magici è una sciocchezza bella e buona!»

Roxy annuì, ma non perché fosse molto convinta della cosa. Solo che riusciva a capire che cosa provava Zephiro: la sua stessa impotenza, la sua stessa rabbia. Gli toccò la spalla con una mano e l'espressione dura e carica d'odio sul suo viso si trasformò, lui trasalì e lo scintillio nel suo occhio dorato scomparve.

Lei non gli dette molto peso. Era strano anche per lei toccare una persona conosciuta appena con così tanta familiarità. «Io mi fido delle Winx. Non mi hanno mai deluso finora.» sospirò. «Lo so che ti senti da schifo, io ancora non riesco a credere che... che tutto questo sia capitato a me. Ma almeno tu hai un vantaggio.» mormorò.

«E quale sarebbe?»

«Sai tutto sulla magia. Per voi... per voi che vivete qui... nella Dimensione Magica deve essere una cosa naturale, ma sulla Terra non c'è la magia. Soltanto di recente, la gente del mio mondo ha cominciato a crederci... e tutto grazie alle Winx e al loro coraggio.» sollevò la mano destra e guardò il Cerchio Bianco che aveva al dito. «Senza di loro non avrei saputo neanche di potermi trasformare. E non sarei mai stata in grado di liberarmi di Nebula. Ma tu hai questo vantaggio. Conosci la magia, l'hai usata per salvarmi! È stata... è stata un'esperienza incredibile! Hai dei grandi poteri!»

«Ah, sì? E cosa saprei di speciale, sulla magia?»

Roxy sbirciò la sua espressione curiosa: se già quando sapevano così tanto, le stesse persone di Magix che dicevano di non sapere granché, quanto lavoro avrebbe dovuto fare lei, per raggiungere un livello di conoscenza tale per cui avrebbe potuto diplomarsi? Più stava in quella scuola e parlava con gli esseri magici, più capiva di non potercela fare, di essere troppo indietro.

«Tutte queste cose sui livelli magici! Sono sicura che tutti, qui a Magix, lo sapete!»

«Oh, andiamo! Perché dovrebbero saperlo tutti? Che gliene frega, alla gente comune, dell'Enchantix? E quell'incantesimo che ti ha salvato è stato... è stato un colpo di fortuna.»

Roxy sussultò, lo guardò, con gli occhi sgranati e poi, inaspettatamente anche per lei, scoppiò a ridere.

Zephiro riuscì solo a guardarla, interdetto. «Che... perché ridi?»

«Perché,» Roxy si portò una mano davanti alla bocca. «perché ho scoperto che puoi parlare come le persone normali!»

«Eh?»

Roxy continuò a ridacchiare, quell'espressione confusa sul suo viso era troppo spassosa e poi era sicuramente un bel diversivo rispetto a quella corrucciata di sempre. «A proposito,» disse, quando si fu un po' calmata. «grazie... per avermi... sì, per avermi salvata. Colpo di fortuna o no, è andata benissimo.»

Zephiro le sorrise, un sorriso vero, un sorriso dolce che riuscì a farla sciogliere tutta. E fece sciogliere anche il suo stomaco che, non contento, si mise di nuovo a brontolare.

Il principe rise. Sembrava diventato un'altra persona rispetto a poco prima. «Ti porto in cucina.» le disse. «Così almeno metti qualcosa sotto i denti.»

«E mio padre? Tu sai qualcosa, ha mangiato o... ha chiesto di me?»

Zephiro la guardò, poi tornò a tormentarsi l'occhio. «Io... io non lo ricordo più. Ma di certo Faragonda gli ha dato tutta la sua ospitalità.»

Lei sospirò, esasperata. «Non importa. Dopo che avrò mangiato, lo cercherò. Almeno sai se è ancora in infermeria?»

«Ti accompagno.»

«Posso trovare la strada da sola.»

Lui fece un sorrisetto di sufficienza. «Faragonda ti ha affidato a me, ricordi?»

«Sì sì.» Roxy sbuffò, scocciata, ma gli andò dietro, felice di sapere che, un po', lui provava quel senso di protezione verso di lei. Gettò un ultimo sguardo alle proprie spalle, al tetto di alberi che si stendeva oltre il muro di cinta della scuola. Non sapeva perché, ma d'improvviso ebbe una spiacevole sensazione.

Si costrinse a rientrare e seguì Zephiro in fondo alle scale, poi presero un corridoio buio e continuarono ad avanzare senza mai svoltare, in silenzio e in punta di piedi. Nessuno dei due si azzardò a parlare, ma Roxy notò che il ragazzo prima di fare ogni passo si guardava intorno con aria guardinga.

Lei credeva di capire il perché: se i professori facevano delle ronde, avrebbero potuto scoprirli e, magari metterli in punizione. Ricordare l'ispettrice Grizelda le fece correre un brivido lungo la schiena e la fece esitare. Credeva che sarebbe scappata a gambe levate, se si fosse di nuovo trovata faccia a faccia con lei, come quella mattina.

Zephiro si voltò quando arrivò ad un angolo, si girò per guardare se lei gli era dietro. Roxy si fermò e allora sentì un rumore in fondo al corridoio e un urletto lanciato da una ragazza. Trasalendo, spaventata, raggiunse il ragazzo in punta di piedi e sbirciò da sopra la sua spalla nella direzione da cui le pareva fosse arrivata la voce.

Notò, stupita, un timido bagliore ambrato e soffuso che si perdeva in lontananza, nel corridoio che svoltava verso sinistra. «Chi può essere?» sussurrò.

«Non lo so. Stai dietro di me.»

«O-okay.»

Camminò guardinga e in punta di piedi fino al punto dove la luce ambrata si faceva più forte, lì vicino all'angolo; poi lo imitò, quando Zephiro appiattì la schiena contro il muro. Col cuore che le batteva forte, attese di percepire il più piccolo suono, e trattenne il respiro, quando lui fece capolino all'interno.

«Non c'è nessuno.» commentò lui. «Forse è meglio se...»

Non lo fece finire. «Fammi vedere.»

Si aggrappò al suo braccio e si sporse verso l'interno. Poi sgranò gli occhi: dentro la stanza, c'erano migliaia di scaffali e di librerie che sembravano accatastarsi l'uno sopra gli altri, i volumi non si contavano; se non fosse stata in quella situazione, avrebbe di certo apprezzato di più la biblioteca di Alfea e la sua naturale curiosità l'avrebbe portata a curiosare in giro, meravigliata.

Ma vide un'ombra che si muoveva, percepì un sibilo e una sensazione agghiacciante si impossessò del suo cuore. Per lo stupore e spinta da Zephiro, Roxy si appiattì di nuovo contro il muro, come se questo potesse risucchiarla al suo interno e negare così la sua presenza lì.

«Beh?» sussurrò Zephiro, infastidito.

«Non lo so...» commentò lei, agitata. «Ma hai sentito anche tu urlare... e Theril! Ti ricordi? Doveva fare qualcosa in biblioteca! Quella Grizelda aveva detto che doveva passarci la sera! Che fine può aver fatto? E se le fosse successo qualcosa? Non possiamo stare qui, dobbiamo fare qualcosa!»

Lo guardò, sperando che lui annuisse, ma Zephiro guardava il corridoio e le ombre che le luci della biblioteca gettavano sulla vetrata.

Roxy poteva leggere il dubbio negli occhi diversi del suo accompagnatore. Di nuovo, il suo occhio dorato pareva scintillare.

«Theril dovrebbe già essere a letto.» constatò Zephiro.

«Ma se le fosse successo qualcosa?» insistette lei, con sollecitudine. «Non possiamo lasciare che...»

«Senti,» lui tornò a guardarla con il suo sguardo affilato e, sempre tenendola contro il muro, si voltò appena verso di lei. «forse non è Theril.»

«E chi potrebbe essere?» replicò lei, scettica. «Comunque ha urlato e dobbiamo fare qualcosa!»

«Ascolta...» Zephiro esitò, sulle prime. «Sembra... sembra che ci sia una spia, qui ad Alfea. E se fosse così... che cosa potremmo fare, noi? Ricordi il discorso che facevamo prima sui poteri magici?»

«Sì, ma... che genere di spia?»

Lui scrollò le spalle. «Che importa? Potrebbe essere pericoloso!»

La fata degli animali strinse i pugni e serrò le braccia lungo i fianchi. Non riusciva a credere alle proprie orecchie. «E se Theril fosse dentro, tu vorresti permetterle di correre dei pericoli? Anche se è una streghetta insopportabile non vuol dire che dobbiamo lasciarla al suo destino! E se c'è davvero qualcuno che spia i segreti di una biblioteca magica, allora non possiamo stare con la mani in mano e fargli fare tutto quello che vuole!»

«No, ma vorresti davvero fermarla tu che non hai saputo difenderti da una sfera di luce di una fatina del primo anno neanche molto brava?»

Quelle ultime parole furono come uno schiaffo in piena faccia. Il silenzio si era fatto assoluto, lei non riusciva a muoversi, ma il suo bisogno di piangere si faceva sempre più impellente. Roxy voleva gridargli contro e scappare via, invece strinse i pugni perché le dita le tremavano di rabbia e frustrazione.

Zephiro le dava l'ennesima conferma che era un'incapace, che la magia che scorreva nelle sue vene non era in alcun modo forte come quella delle altre, che lei era una nullità che aveva bisogno di essere protetta. Era un peso per tutti, per le Winx e lo era anche per lui.

«Pensi che non sappia mettere un piede davanti all'altro?» proruppe. «Pensi che non sappia cavarmela da sola solo perché sono stata presa alla sprovvista, questa mattina, o perché ti ho detto che conosco poco la magia?»

«Eh già... chissà come mai potrebbe venirmi in mente che una spia che non si è fatta catturare da una delle fate più potenti della Dimensione Magica sarà certamente terrorizzata dalla fatina che viene dalla Terra!»

La schiena di Roxy si irrigidì, le lacrime che rigarono le sue guance e che aveva accumulato erano di rabbia; sollevò la mano e... ciaf... lo colpì in faccia con tanta violenza che lo fece barcollare, la pressione sul polso di Roxy si allentò, mentre lui si allontanava di un passo per riprendere l'equilibrio.

A quel punto lei entrò dentro la stanza, decisa a darsi da fare.

La biblioteca era grande, con soffitti alti e scaffali ancora più alti, ma la stanza era deserta, immersa nel più completo silenzio. Si chiese se, per caso, non si fossero immaginati tutto, se quello che avevano sentito non fosse una sedia che grattava sul pavimento e produceva uno stridio simile al grido di una ragazza.

Ma c'era una spia ad Alfea. Roxy sentì un brivido percorrerle la schiena. Lei non era abbastanza forte, Zephiro, per quanto crudele fosse stato, non aveva tutti i torti.

Non riusciva a muoversi, non sapeva cosa fare o da dove cominciare a cercare. Trasformarsi, prima di tutto, e poi?

Ci pensò Zephiro a toglierla da quell'imbarazzante dilemma: la afferrò di nuovo per il polso, di nuovo a sorpresa. In un attimo, Roxy fece una giravolta su se stessa e, poco dopo, era accovacciata all'ombra di una libreria, di fronte a lui che la guardava appena un poco accigliato.

Zephiro guardò di nuovo verso l'ingresso della biblioteca. «Sei proprio una testarda!» la apostrofò. Poi, senza aggiungere altro, afferrò uno dei volumi dallo scaffale poco più in alto della sua testa e lo passò a Roxy. Era molto pesante. «Ascolta: tu farai da esca, mentre io...»

«C-cosa? Dopo che mi hai fatto tutta quella predica, ora vuoi che faccia da esca?»

«Non è che ci hai lasciato molta scelta!»

«Senti un po', brutto saccente che non sei altro, tu...»

Zephiro le posò la punta delle dita sulle labbra e le parlò in modo concitato per impedirle di continuare con la sua invettiva. Il gesto solo gesto bastò per mandarla in confusione. «Ormai siamo in ballo. Ascoltami: se è davvero la spia di Alfea la persona con cui stiamo per confrontarci, non possiamo permetterle di prendere e di portare fuori dalla scuola delle informazioni contenute qui dentro: non sai neanche quanto sapere magico contengono questi scaffali! Se è Barbatea, ovviamente, non succede niente, ma se non lo è... dobbiamo agire in fretta. Devi aiutarmi a distrarlo, mentre io lo colpisco da dietro, hai capito?»

Lei strinse le labbra. Non sapeva se il piano fosse così folle come sembrava o se lei, tanto quanto lui, si stava lasciando trasportare dalle emozioni. Annuì soltanto, incapace di replicare o di trovare un piano un po' più solido, e Zephiro si affrettò a toglierle la mano dalla bocca; lei ci mise un po' per rendersi conto che l'aveva fatto, tanto era a disagio sotto il suo sguardo ardente e risoluto.

«Ora faccio il giro della biblioteca.» le fece sapere. «Quando ti farò un segnale, tu esci allo scoperto e io lo colpisco col libro, capito? Io tenterò di immobilizzarlo con la magia. Mentre lo faccio, vai a svegliare Faragonda, il re di Eraklyon e chiunque ti venga in mente. Anche Grizelda, se necessario.»

«E... e tu? Non posso lasciarti solo!»

«Ci hai messo tu in questo guaio!»

«Potevi andartene!»

«Senti, sono stanco di discutere con te. Facciamo come ti ho detto, oppure tanti saluti! Pensi di farcela a sollevare quel libro e ad usarlo, se serve?»

Roxy annuì, ce l'avrebbe messa tutta, gli avrebbe dimostrato di non essere così incapace e debole come si sentiva e come lui pensava che fosse. «Fermeremo quella spia, vedrai!»

Zephiro sorrise di nuovo e lei si sentì avvampare. Si sentiva stupida a pensare a quanto fosse carino in un momento del genere, ma non ne poté fare a meno.

Il suo cervello, poi, andò completamente in confusione, quando lui, preso forse dalla frenesia del momento, parlò di nuovo: «Perdonami... per quello che ti ho detto... non avrei dovuto dirti quelle cose. Tu... sei una ragazza coraggiosa, Roxy.» aveva parlato in tono strano, un tono che Roxy, imbambolata com'era, non era riuscita a definire, forse nostalgico, forse addolorato. Non riusciva a capire.

Rimase ferma nella sua postazione, mentre lui correva lungo il corridoio per poi svoltare a destra. Si riscosse solo quando sentì di nuovo il rumore di passi. Ce l'avrebbe fatta. Non poteva tradire la fiducia di Zephiro, non quando c'era qualcosa di così importante da fare. Avrebbe svolto bene il suo lavoro di esca, senza contare che Zephiro le aveva detto che non le sarebbe accaduto niente e lei gli credeva.

«Okay.» sussurrò, puntando alla porta, rimanendo nascosta dietro agli scaffali. «Coraggio, Roxy. Ce la puoi fare. Sei una fata, anche se alle prime armi. Non avrai grandi poteri, ma hai questo bel librone! Sei una fata coraggiosa, Roxy. Sei coraggiosa.»

Guardò verso l'entrata della biblioteca. Un'ombra si stagliò nell'ingresso, producendo un cono d'ombra grande e grosso. Deglutì rumorosamente.

Doveva aspettare il segnale di Zephiro e voleva vedere chi era il nemico che avrebbe dovuto affrontare.



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Salve a tutti/e! Avete visto che lampo nell'aggiornare. Un motivo c'è... eh eh eh. D'ora in poi, voglia permettendo, andrò avanti così, anche perché se voglio lasciarmi questa storia alle spalle è ora che mi dia una mossina... detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Alla prossima! ^^


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Capitolo 16
*** Lunga vita al re ***


Capitolo 16

Lunga vita al re





Bloom si sentiva intontita e uno strano suono metallico continuava a striderle in testa. Avrebbe gridato a quel qualcuno di piantare di far sbattere delle catene – o almeno era quello che credeva che fossero. Non era un sogno, eppure lei non era del tutto sveglia. Qualcuno la trasportava e la faceva ballonzolare su e giù su un terreno molle.

C'era una luce bianca che le feriva gli occhi chiusi e che lei strinse di più per paura di rimanere accecata dopo tutto il buio da cui era stata avvolta. Non sapeva dove si trovava e, in più, sentiva quello stridere, urla lontane che parevano ordini gridati per farsi sentire fino in fondo alla strada.

Bloom si costrinse a pensare e a ricordare che aveva fatto prima di addormentarsi. E subito la sua mente fu strappata dall'intontimento del sonno. Adesso ricordava che era partita da Alfea insieme a Stella e Tecna, con uno Specialista che non sapeva bene dove stavano andando e che continuava a girare intorno a Espero senza la minima idea di ciò che stava facendo. Ricordava di aver pensato alle implicazioni dei suoi gesti su Obsidian, di quanta parte di colpa fosse sua nella liberazione delle Furie. E ricordava anche che una di loro l'aveva presa, che lei si era sacrificata per permettere agli altri di vivere senza che quella Furia facesse più del male. Ma ora era andata. Lei era di nuovo sveglia, di nuovo nel mondo che aveva volontariamente lasciato. La Furia si era stufata di lei? No, sapeva di no. Era stata Stella a salvarla. Forse aveva trovato lo Scettro di Domino e l'aveva usato su di lei...

Ma Roxy allora? E perché aveva la strana sensazione di essere ancora in pericolo?

Socchiuse gli occhi quel tanto che bastava per non far sapere a chiunque la stesse trasportando che si era svegliata. Non vide niente, aveva il sole in faccia, e fu costretta a chiudere gli occhi, accecata davvero dalla luce troppo forte. Non poteva sapere dove si trovava, e aveva anche un discreto svantaggio nei confronti del proprietario della voce che urlava; l'unica cosa che poteva continuare a fare era fare finta di essere addormentata e usare il momento più opportuno per attaccare di sorpresa.

Non sentiva la voce di Stella, né quella di Tecna, solo voci maschili che, ogni tanto, lanciavano un grido. Ogni volta che succedeva, dopo qualche attimo, la strana lettiga su cui era distesa si spostava in una direzione differente da quella che avevano seguito fino all'attimo prima.

Le voci maschili, capì, quindi, davano istruzioni su come proseguire... ma non ne capiva la ragione, dato che erano all'esterno e che avrebbero potuto vedere, grazie a tutta quella luce, il paesaggio circostante.

Aspettò che vi fosse uno scossone per voltare la testa da una parte e socchiudere di nuovo gli occhi. C'era qualcuno al suo fianco, ma non era Stella: era un uomo con un mantello bianco e una divisa blu. In un primo momento, pensò a Zephiro, ma non poteva essere quel ragazzo per il semplice fatto che quell'uomo era molto più alto e più muscoloso. Al braccio, aveva legata una fascia rossa i cui lembi del nodo svolazzavano con il vento e colui che la portava si muoveva con una compostezza marziale a dir poco inquietante.

Aspettò un altro scossone, per girarsi a guardare dall'altro lato. Anche lì c'era un grosso uomo con una fascia al braccio. Dovevano essere una specie di scorta, o qualcosa del genere. Solo una cosa le era chiara: non era su Domino. Nessuno, su Domino, usava quel tipo di abbigliamento.

Per quanto poco conoscesse la propria patria d'origine, c'era stata quel tanto che bastava per sapere che quello non era lo stile dei sudditi di suo padre.

Bloom guardò oltre l'uomo che le camminava a fianco, per tentare di capire dove fosse e prendere senso di orientamento, ma quello che vide la fece sussultare: cielo. Stavano attraversando il cielo.

Il cuore prese a batterle forte.

«E cammina!» l'aspra esclamazione le fece scattare la testa verso i suoi piedi, da dove proveniva. E così perse tutto il proprio vantaggio su quegli uomini. «Ah, allora si è svegliata.»

Bloom si ritrovò faccia a faccia con Tecna, che, vedendola sveglia, sgranò gli occhi a sua volta. «Tecna!» esclamò, allora, la fata del fuoco del drago, dato che ormai la sua farsa era stata smascherata. Guardò la sua amica che veniva letteralmente trasportata da due energumeni vestiti anche loro di una divisa blu, coperti da un mantello con cappuccio bianco e con una bandana rossa al braccio.

«Bloom, che cosa...» riuscì solo a balbettare la sua amica. Non disse nient'altro. Bloom si guardò intorno alla ricerca di Stella, ma vide solo Tony, al fianco di Tecna, che tratteneva le lacrime.

Oltre di lui, poco più dietro, c'era un terzo uomo, anche lui legato, con una catena al collo e una alle mani e ai piedi. Era lui che produceva quel rumore metallico e veniva tirato come se fosse stato una bestia. Aveva il viso tumefatto, segno probabile del fatto che cadeva molto spesso o forse per via dei pugni che gli avevano dato: quegli uomini che lo strattonavano parevano molto brutali.

Eppure, con tutto questo, il viso di quel prigioniero esprimeva ancora una fierezza invidiabile: Bloom riusciva a leggere nei suoi occhi la determinazione di resistere fino all'ultimo, di non piegarsi a quella prepotenza. Le ricordava molto l'espressione che aveva visto negli occhi di Tecna. Era vestito come gli altri, con le uniche differenze che lui possedeva una quantità molto elevata di medaglie d'argento molto sottili e nessuna bandana rossa legata al braccio. Ma allora perché era legato?

«Dov'è Stella?» domandò.

Non ebbe il tempo di ricevere risposta: venne letteralmente scaraventata giù dalla barella. Guardandola, Bloom si era accorta che era un intreccio di poteri magici e, quando questa scomparve, gridò per la paura: aveva creduto che avrebbe cominciato a precipitare, invece si ritrovò semplicemente a sbattere contro una pavimentazione trasparente e dalla strana, fluida consistenza. Era come stare sul Morphix e, al tempo stesso, nell'aria. Non aveva mai provato niente del genere. Credeva che, se avesse dovuto cavalcare il vento, avrebbe avuto proprio la stessa sensazione.

«Se sei sveglia, camminerai con le tue gambe.» dichiarò uno di quei due uomini che le avevano camminato a fianco. I due la costrinsero a sollevarsi in piedi con rudezza, strappandole diverse proteste e le legarono le mani dietro i polsi con delle manette fredde come ghiaccio e inconsistenti come la pavimentazione, ma che, ad ogni movimento non consentito, le faceva arrivare una scarica elettrica.

«Ma chi diavolo siete?» sbottò, irritata e spaventata da quel trattamento. «Non potete farci questo!»

«Sì, sì, abbiamo già sentito la stessa manfrina.» replicò, acre, quello alla sua destra, che le afferrò una spalla proprio come avevano fatto con Tecna e la spinsero in avanti, verso la fiumana di persone davanti a loro. Ma quanti erano? La fata del fuoco vide Stella: era riversa su una barella a sua volta, davanti a lei.

«No!» gridò, dimenandosi e ricevendo scariche elettriche che le attraversavano le braccia e le facevano male. Ma non era un dolore abbastanza forte, se paragonato a quello che stava sentendo nel cuore vedendo la sua amica addormentata. «Stella!» gridò, sull'orlo delle lacrime. «Stella!»

La sua amica... la sua amica l'aveva salvata dalle Furie. Credette di capire cosa era successo: si era sacrificata per permettere a lei di vivere. Ma non era giusto. Lei aveva scelto di essere catturata, per salvare gli altri dalla Furia dell'Angoscia. Perché Stella aveva dovuto sacrificarsi per lei? Sentì calde lacrime scenderle lungo le guance, la frustrazione, insieme col senso di colpa, la assalì con la forza di un'onda.

«Dovete fare qualcosa!» gridò, dimenandosi ancora, incurante delle scariche. «Dovete salvarla! Dovete fare quell'incantesimo di contenimento, per favore!»

«Sta' buona!» ringhiarono le sue due guardie.

«No!» gridò di nuovo lei. «Lasciatemi! Devo aiutare Stella!»

«C'è poco da fare.» tagliò corto uno dei due energumeni. «Sta' dritta e cammina, ragazza.»

«Avevano detto che ti aveva preso una Furia!» esclamò l'altra guardia, quasi gemendo per la frustrazione. «Devono averci mentito.»

Bloom provò di nuovo a liberarsi strattonando i polsi, ma quelle manette inconsistenti erano più resistenti di quel che avesse creduto. Esausta per via di tutte quelle scariche che le facevano dolere le braccia, le rilassò e abbassò la testa, sconfitta.

Si lasciò trasportare dalle guardie lungo quel percorso tortuoso, osservando l'incosciente Stella, che dormiva su una lettiga affiancata da due uomini, proprio come lo era stata lei. Avrebbe tanto voluto che anche la sua migliore amica stesse facendo solo finta di essere addormentata, ma ormai la conosceva troppo bene per sapere che stava davvero dormendo: Stella non era brava a fingere, né a stare zitta troppo a lungo. Il solo sentire che Bloom era sveglia, l'avrebbe fatta desistere dai suoi propositi.

Bloom avrebbe voluto fare qualcosa, invece l'unica cosa che poteva fare era guardarsi intorno, cercando uno spiraglio di speranza in mezzo a tutti quei nemici. Cominciava a capire dov'erano, aveva sentito i racconti di Faragonda e le era bastato guardare quelle uniformi così identiche a quella di Zephiro per capire che erano sul pianeta natale del principe, Flabrum.

Solo che non capiva come potessero esserci arrivati. Forse per colpa dell'inesperienza di Tony? Oppure avevano deciso per qualche motivo di passare su quel pianeta? Si preoccupò per suo padre: e se Oritel fosse stato catturato e le Winx si fossero precipitate a salvarlo mentre lei era svenuta? Il cuore le batteva forte e il fatto di non poter comunicare liberamente con Tecna le metteva addosso un'agitazione ancora più grande.

Un altro urlo dal capofila e tutta la fiumana che stavano seguendo si spostò verso sinistra, come se fossero la pancia di un serpente; quella strada invisibile nel bel mezzo del nulla la metteva in agitazione, anche perché non sapeva dove stavano andando e che cosa cercavano di raggiungere.

In lontananza, di fronte a sé, riusciva a vedere quello che sembrava un vero e proprio ciclone che partiva dalla nebbia compatta sotto di loro e si perdeva nel cielo, molto in alto, dove si dipanavano fili argentei che somigliavano a increspature e che attraversavano il cielo come delle ferite.

Bloom sarebbe rimasta incantata da quello spettacolo, se solo non fosse stata in quella spinosa situazione.

«Che cosa volete da noi?» domandò, mentre svoltavano di nuovo. Nessuno rispose. Era come se non l'avessero neanche sentita. «Dove ci state portando?»

Fu tutto inutile. Nessuno parlò.

Camminarono per così tanto tempo che Bloom perse la cognizione del tempo. Pensava a Roxy e al fatto che non potevano fare niente per aiutarla, all'attesa delle sue amiche che erano occupate a tenere le Furie lontano dai terrestri, a Sky, che non aveva neanche avuto la possibilità di salutare, a Faragonda con la spia che minacciava Alfea, a Zephiro che aveva perso sua madre e che era stato spodestato da un usurpatore che era anche suo zio. La situazione era disperata, senza contare che adesso lei, Tecna e Stella erano state catturate e non sapevano quale sarebbe stato il suo destino. Vide, mentre si spostavano di nuovo, e stavolta perpendicolarmente alla via che avevano seguito fino a quel momento, che c'erano molti uomini incatenati come quello che era dietro Tecna e Tony che stava singhiozzando rumorosamente. Ci fu un rumore sordo e poi un ululato da parte dello Specialista.

«Tony!» la voce preoccupata di Tecna le avrebbe fatto voltare la testa, se uno dei suoi carcerieri non l'avesse strattonata e costretta a muoversi più velocemente. Tenne le orecchie tese e sentì Tony che, tra un lamento e l'altro, rispondeva.

«Non ti preoccupare, signorina Tecna. S-sto bene.»

«Tu, brutto energumeno, lo vuoi lasciare andare? È solo inciampato! Lascialo, lascia... ah!»

«Tecna!» Bloom si voltò di scatto, troppo velocemente perché quei due che la trattenevano potessero fermarla prima che succedesse, ma non abbastanza per non cadere a terra, in ginocchio, a guardare lo spettacolo della sua amica che, piegata leggermente in avanti, mostrava tutta la sua sofferenza, e poi anche Tony che uno di quegli uomini brutali teneva per i capelli.

Bloom sentì la propria rabbia crescere a dismisura. Avrebbe voluto avere le mani libere per poter scagliare contro di loro incantesimi tali che avrebbero fatto pentire ognuno per il dolore che avevano provocato ai suoi amici. Tremante per la rabbia e per il male provocato dalle scariche, chiuse gli occhi e tentò di recuperare il proprio potere per liberarsi. Solo che venne strappata violentemente da terra dai suoi carcerieri che la costrinsero, prendendola sotto le ascelle, a voltarsi di nuovo verso la folla che aveva continuato a spostarsi anche intorno a loro.

«La pagherete cara!» esclamò, a voce alta.

«Chiudi il becco!» la apostrofarono, senza prestare attenzione alle sue minacce.

In quel momento, la folla cominciò ad aprirsi a ventaglio, sempre stando su quel pavimento fatto d'aria. Stavolta, oltre il vuoto, vide quella che era una vera e propria isola fluttuante. Sgranò gli occhi per lo stupore.

Era la cosa più straordinaria che avesse mai visto: terminava in una punta che indicava verso il basso, dove c'era quella nebbia compatta che sembrava ricoprire l'intero pianeta e saliva su, a cono, come un pezzo di roccia frastagliata che si fosse staccato da una montagna, ma sulla superficie piatta, invece di esserci vegetazione, c'era un'immensa cupola che rifletteva la luce del sole. Bloom riusciva a scorgere ciò che c'era all'interno: navette spaziali, dalle eleganti forme affusolate. Era sicura che Tecna, che camminava poco dietro di lei e dei suoi due gorilla, fosse ancora più meravigliata di lei. Sicuramente la fata della tecnologia riusciva a comprendere molto meglio di lei il loro valore.

«Dove ci portate?» domandò.

«Quella è l'Isola di Tramontana.» dichiarò quello alla sua destra. «Lì incontrerete il nostro signore. Sarà lui a decidere cosa fare di voi.»

«Il vostro...» sempre più confusa, Bloom, osservò la fila di soldati che si riversava dentro la cupola.

«Re Maestral, signore di Flabrum.» specificò quello, interpretando bene la perplessità della fata.

Bloom ammutolì. Maestral, l'usurpatore di cui aveva parlato Faragonda. Erano davvero su Flabrum e stavano per incontrare l'uomo che aveva strappato il trono a Zephiro.

Smise di opporre resistenza: doveva essere al massimo delle sue forze per poter far qualcosa; non avrebbe lasciato il regno in mano ad un uomo così ingiusto e ai suoi uomini brutali. Per Tecna, per Tony, per Stella, per Roxy e per Zephiro.



Guardò l'hangar, cercando qualcosa che potesse essere usato come punto di fuga, invano: per quanto grande, quel posto, sembrava costantemente e perfettamente sorvegliato. Era pieno di uomini vestiti tutti della stessa divisa blu con mantello bianco, tutti con una benda rossa stretta al braccio destro.

Non c'erano suoni, se si escludevano quello delle centinaia di piedi che stavano scalpicciando sulla pavimentazione liscia e lucida su cui erano atterrati dopo aver lasciato il camminamento invisibile. Bloom non poté dire di essere scontenta di camminare su di un terreno così solido, ma i suoi rudi carcerieri e quelle manette che alla minima mossa più strana delle altre le lanciava una scossa, uniti al fatto che la sua amica Stella era ancora addormentata e probabilmente catturata da una Furia, rendeva quel sollievo effimero e fuori luogo.

Lanciò un'occhiata a Tecna accerchiata dai suoi energumeni, e poi una anche al povero Tony, senza osare fare più di questo, spaventata dall'idea di poter essere brutalmente picchiata da quelli come facevano con lo sconosciuto incatenato.

Abbassò la testa e si aspettò di fermarsi da un momento all'altro come avevano fatto gli altri soldati che erano stati incolonnati di fronte a lei e che si erano disposti, con una coordinazione davvero invidiabile, in blocchi ai lati loro e dei loro carcerieri che camminarono gli uni dietro gli altri, Stella sulla barella in testa, seguita da Bloom, da Tecna, da Timmy e infine dall'uomo incatenato.

Sfilarono in mezzo ai blocchi di soldati impalati sul posto, con gli occhi rivolti verso il vuoto.

Di fronte a Stella, c'era un nutrito gruppo di altri soldati, i quali erano tutti senza bandana rossa al braccio e che venivano pungolati da picche speciali, con le punte pregne della magia del vento.

Bloom capì di avere di fronte i soldati ribelli che si erano opposti al regime di Maestral, ma nessuno di loro era legato come l'uomo che era stato messo in fondo alla fila, segno che quello doveva essere considerato un uomo pericoloso.

Il cuore le batteva forte per la tensione: aveva idea che, una volta arrivati in fondo a quell'hangar e attraversata la porta che c'era in fondo, avrebbe incontrato l'usurpatore faccia a faccia e che lui avrebbe deciso della sua sorte e quella delle sue amiche.

Strinse forte i pugni per darsi maggiore coraggio, sperava di trovare un modo per salvare se stessa e le sue amiche prima che potesse succedere qualcosa di irreparabile, ma le pareva impossibile: con tutti quei soldati fedeli a Maestral riuscire a scappare sarebbe stato difficile anche per un essere invisibile. Così mise su un'espressione risoluta e sollevò il mento, per non fargli vedere che Maestral, anche se l'aveva presa prigioniera, non l'aveva sconfitta.

Ci volle molto tempo perché tutti i soldati catturati fossero fatti passare attraverso la porta,. Infine arrivò il turno di Stella, quindi di Bloom, di Tecna e dell'uomo legato. Vennero condotti in una stanza ampia come la prima, sul cui fondo c'era una parete alta che curvava dolcemente verso l'alto e che si congiungeva con la parete dietro di loro; era una sala circolare che riproduceva perfettamente la forma dell'isola fluttuante che Bloom aveva visto dalla strada invisibile. In fondo, sul pavimento lucido, si innalzava una predella rialzata con quattro gradini; sopra al primo e all'ultimo, vi erano sistemati due gruppi di cinque soldati, tre più in basso e gli altri due più vicini all'uomo che stava al centro della pedana, un uomo coi capelli coloro sabbia e un viso aperto e abbronzato, tipico di chi è abituato a stare al sole, un uomo con un fisico possente e asciutto, con ampie spalle e gambe forti. Era vestito con una divisa come quelle degli altri soldati, ma di colore marrone e il mantello, appuntato su una spalla, era bianco come quello di tutti gli altri.

Non dovette fare un grande sforzo mentale, Bloom, per capire che quello era Maestral. Non somigliava molto a Zephiro, ma aveva la sua stessa espressione gelida e misteriosa.

Era infine arrivata ad incontrarlo.

Era di fronte all'uomo che aveva ucciso la sua stessa sorella, costretto suo nipote alla fuga e preso il trono con la forza. Era lì, di fronte a lei, e a quella manciata di soldati che si erano strenuamente opposti alla sua vile ascesa, e stava guardando pieno di compiacimento – come se fosse stato lui stesso e da solo ad aver debellato l'ultima minaccia rappresentata dal suo stesso popolo – gli astanti. Si soffermò su Stella con un certo disgusto e poi su Tecna, su Tony e solo alla fine su Bloom stessa.

La guardò per qualche istante in più, con un'espressione che la fata del fuoco del drago riuscì a definire sorpresa, poi indugiò sull'uomo incatenato che era entrato per ultimo e che, adesso, se ne stava al suo fianco, tra i suoi due carcerieri.

Lei e le sue amiche erano allineate, come se quei soldati stessero mettendo davanti ad un compratore indolente dei capi di bestiame. E quel compratore vide qualcosa che, evidentemente, lo deliziò.

La sua bocca si contrasse in un sogghigno malvagio, quando scorse qualcuno, un uomo che per Bloom era un perfetto sconosciuto. Era incatenato all'altro lato di Tony, ma era tenuto inginocchiato a terra e i suoi lunghi capelli corvini gli cadevano di fronte al viso così che le impedivano di vederlo bene. Riusciva solo a scorgere vagamente le sue mani strette intorno alle catene, tenute insieme per i polsi, le lunghe dita affusolate da cui stavano scivolando copiosi rivoli di sangue.

Bloom rabbrividì: doveva avere lottato strenuamente o essere stato picchiato. Fu a lui che Maestral dedicò completa attenzione, poi quando la fata del fuoco del drago cominciò a credere che sarebbero rimasti lì per tutta la sera, spalancò le braccia come se volesse attirare tutti i presenti in un caloroso abbraccio.

«Figli miei,» disse, con voce tonante, che esprimeva tutto il proprio trionfo. «oggi è un gran giorno per Flabrum!»

I soldati sollevarono il braccio destro, quello a cui era legata la bandana rossa, e gridarono il loro assenso in un rombo che fece tremare il pavimento. Bloom cominciava a pregare che il soffitto crollasse e che, così, si potesse liberare e aiutare le sue amiche a scappare.

«I traditori sono stati catturati,» altre grida di assenso. «e tutti gli oppositori alla mia giusta sovranità finalmente hanno ceduto terreno e hanno riconosciuto la legittimità delle mie rivendicazioni. Tutti voi siete stati cruciali per questa impresa, ognuno di voi ha dato il proprio sangue e alcuni la propria vita per riuscire a rendere sicuro il mio giusto regno e a dargli la forza che la precedente regina voleva smembrare e dare in pasto alla gente di Magix!»

Di nuovo, come un solo uomo, gli uomini risposero con un boato e un braccio sollevato in aria.

«Oggi, avete reso possibile il futuro di Flabrum! Per quanto amassi mia sorella, non potevo permettere che mandasse in rovina questo paese, l'adorato regno che i nostri padri e le nostre madri hanno a lungo cercato di preservare dalla contaminazione esterna. Non potevo permettere che aprisse i nostri cancelli e che il mio adorato paese, il vostro adorato paese, da sempre indipendente, diventasse una colonia di quella che viene chiamata Dimensione Magica! Noi siamo stati indipendenti troppo a lungo per poter diventare schiavi di un governo e di usanze che non sono le nostre! I nostri migliori piloti verrebbero trasferiti chissà dove, la nostra cultura verrebbe contaminata, persone che non conoscono il vero significato della nostra prestigiosa Accademia di Magia, vorrebbero mettere bocca sui nostri metodi di insegnamento, giovani audaci cercherebbero di imitarci o, peggio ancora, di distruggere il grande sapere che infondiamo in ognuno dei nostri maghi e soldati di Flabrum. Tutto questo porterebbe solo rovina. Tutto ciò che è stato nostro ci verrebbe privato! È stato per questo che, con mio grande rammarico, ho dovuto prendere il posto di mia sorella, quando le Furie l'hanno portata via da noi!»

Maestral prese fiato e un silenzio assordante dilagò per tutta la stanza. I soldati ascoltavano rapiti e i pochi che non sembravano minimamente convinti da quanto stava dicendo fremevano di indignazione.

«Sei solo un ignobile bugiardo!» gridò l'uomo accanto a Bloom, spezzando quel silenzio e facendo trasalire lei, Tecna e Tony. Stella dormiva ancora, mentre il terzo uomo, quello con i capelli davanti al viso, sollevò la testa e cacciò indietro le ciocche, mostrando il suo viso pallido; c'era qualcosa di molto familiare in lui, Bloom ricordava di aver visto lo stesso profilo non molto tempo prima, su di un tetto sulla torre di Alfea. Lo ricordava fin troppo bene.

Non c'erano dubbi: quello doveva essere il padre di Zephiro.

«Sta mentendo!» gridò ancora l'uomo incatenato che aveva viaggiato con loro. Fece un passo avanti con uno sforzo immane. «Sono tutte ignobili...» il suo grido fu spezzato da un calcio che gli arrivò nelle reni che lo gettò a faccia a terra, dove fu scosso da terribili colpi di tosse.

Bloom sentì montarle la rabbia, mentre Maestral non aveva neanche tentato di fermare la barbarie, si era limitato ad osservare la cosa con una freddezza che aveva del mostruoso.

«Ecco dove è arrivata la mia sventurata sorella!» disse, a quel punto, sollevando di nuovo la testa e le braccia verso la folla. «Ha traviato un giovane capace e l'ha portato al tradimento del suo stesso popolo! Il giovane capitano Terchibald è stato irretito dai seducenti pensieri di grandezza, di un paese che viene a contatto con altre culture, senza pensare – per ingenuità, penso io – a quello che avrebbe comportato per la nostra gente e per le nostre correnti di pensiero che ci hanno guidati fino ad oggi e ci hanno permesso di crescere e prosperare. Ma ora il mondo esterno ci reclama!» esclamò, con forza e indignazione. Strinse il pugno e lo sollevò contro quel mondo esterno che tanto sembrava fargli paura. «Il mondo esterno vuole che ci uniformiamo ad esso, che perdiamo la nostra identità, che diventiamo una colonia della Dimensione Magica. Questi stranieri ci porteranno via tutto, ci costringeranno a lasciare le nostre case per vivere nelle loro, ci costringeranno a dimenticare ciò che abbiamo tanto gelosamente custodito nei confini del nostro meraviglioso regno per secoli!»

Il suo grido venne lacerato da migliaia di altri di approvazione. Bloom era inorridita da quanto stava sentendo. Tecna stava scuotendo la testa con tutta l'incredulità che i suoi occhi sgranati potevano esprimere.

«Se i nostri avi hanno voluto tenere al sicuro il nostro popolo, dando a noi le barriere magiche del Vortice dei Venti, che motivo abbiamo – chi siamo – per andare contro ai loro insegnamenti e le loro decisioni? Perché essi volevano che il nostro pianeta fosse lasciato libero, che fossimo noi e solo noi a decidere come vivere e non quelli là fuori, in quella Magix in cui gli altri regni sono uniformati e solo nominalmente liberi!»

«Questa è una bugia!» esclamò Tecna. «I regni di Magix sono tutti liberi! La visione che hai tu della Dimensione Magica è del tutto distorta!»

Maestral puntò il dito su di lei. «Hanno già cominciato, figli miei!» gridò, coprendo la voce di Tecna con la propria. «Queste fate provengono da Alfea, questo giovane che portano con loro è uno Specialista di Fonterossa! Questa gente è venuta qui per conquistarci, è venuta con lo scopo di privarci della nostra cultura e di farci credere che la gente della Dimensione di Magix sia libera di fare come vuole! Ah! E quest'uomo,» indicò l'altro uomo, quello coi capelli lunghi. «quest'uomo che voi chiamavate con tanta lealtà comandante, colui che la vostra sconsiderata regina chiamava marito e che aveva, ingiustamente, elevato al rango di comandate generale dell'Esercito di Flabrum, l'esercito più potente che pianeta abbia mai visto, l'esercito che ci vogliono strappare per conquistare quei regni che, come il nostro, è ancora libero! Quest'uomo, che era al di sopra di voi per via di un contratto matrimoniale, si è alleato con siffatta feccia per rovesciare me, Maestral, fratello della regina e principe di sangue reale! Voleva mettere al trono un ragazzino, mio nipote, per manovrarlo con la stessa facilità con cui ha manovrato mia sorella, costringendola a dargli il titolo che spettava a me, vostro sovrano! È stato lui a portarla alla fine ingloriosa che ha fatto! È stato lui a portarla tra le braccia delle Furie!»

«Sono menzogne!» la voce potente dell'uomo con i capelli lunghi, il comandante generale e marito della regina Auster sovrastò quella di Maestral senza bisogno di alzare la voce. Sebbene fosse incatenato e in ginocchio, aveva un'aura di potere molto più forte dell'usurpatore stesso. C'era regalità, in lui, la stessa che aveva visto in Zephiro, e un'autorità per la quale tutti furono costretti al silenzio. «Sai di stare mentendo al tuo popolo solo per ripulirti la coscienza per il grave crimine di cui ti sei macchiato. Vuoi essere considerato un salvatore, hai messo in testa a questi ragazzi, mi chiedo come, che sei nel giusto, che lo stai facendo per loro, quando il tuo unico scopo è solo quello di sederti sul trono di Aus...» una scarica magica lo mise a tacere. Il comandante si piegò in due, gemendo per il dolore, ma non cedette, non ancora. «Puoi farmi pestare a sangue, se ti fa piacere, puoi uccidermi, ma le cose non cambieranno. Sei e sarai sempre uno sciocco capriccioso che gioca a fare il re, indegno di sederti sul trono di una donna grande come Auster, che sapeva vedere più lontano di te e dei tuoi sciocchi e mentalmente chiusi avi!»

Maestral impedì al soldato di punirlo di nuovo con la magia con un cenno della mano. Bloom si chiese perché l'avesse fatto e perché stesse sorridendo in un modo così soave; quel sorriso era inquietante, in verità, e lei si ritrovò a scambiare un'occhiata con Tecna. Entrambe si aspettavano il peggio. Ma per il momento Maestral si limitò a scendere dalla predella e a camminare con passo lento e marziale verso di lui, inginocchiato a terra e costretto alla resa, tutto nel più totale silenzio, rotto soltanto dal rimbombo del passo ritmato dell'usurpatore.

Bloom trattenne il fiato e così anche Tecna e Tony, tutti e tre concentrati a guardare Maestral che, adesso fermo di fronte al comandante generale, allungava una mano e gli afferrava la mascella con la forza che veniva solo in presenza di una forte rabbia.

Continuava a sorridere, velenoso e consapevole del proprio trionfo. «Per diciassette anni ho aspettato questo momento, Adalhard.» gli disse, a denti stretti. «Per diciassette anni ho visto te girare fianco a fianco di mia sorella, vederti prendere tutto ciò che era mio, dal mio titolo ai miei privilegi.» il suo sorriso si fece ancora più disteso, ma Bloom e Tecna capirono perché aveva fatto tutto quello che aveva fatto: Maestral aveva voluto il potere, invidiando quello che un uomo qualunque aveva conquistato insieme al cuore della precedente regina, nascondendo tutto quello dietro a parole distorte e ideali senza senso, ma a cui la maggior parte di quelle persone – se non tutte – sembravano credere fermamente. «Sarà per me un enorme piacere darti questa notizia: sei appena stato destituito dalla tua carica di comandante generale.» detto ciò, tolse la mano dalla sua mascella e gli afferrò la spalla destra e strappò via anche la stoffa del mantello.

Quando Maestral aprì la mano e mostrò cosa aveva in mano a tutti i presenti, la fata del fuoco del drago vide la stessa spilla d'argento che aveva colpito Tecna e Stella durante il loro primo incontro con Adalhard. «Ecco! Ecco il simbolo che rappresenta il potere che mi è sempre appartenuto!» gridò ai soldati che, come un unico uomo, sollevarono il pugno e gridarono la loro approvazione, prima di tacere di nuovo. «Il ladro ha restituito ciò che non gli è mai appartenuto, dunque, come vostro signore e sovrano, prendo su di me la carica che mi spettava per diritto di nascita!» e detto questo si appuntò la spilla d'argento al mantello, sulla spalla destra. Tornò sulla predella per mostrarsi ai suoi soldati e questi tornarono a gridare la loro approvazione.

Bloom era livida dall'indignazione.

«Come puoi dichiararti re?» gridò, incapace di trattenersi. «Hai rubato il trono, ucciso tua sorella e scacciato Zephiro dal suo regno! E hai anche derubato un uomo del suo titolo solo per invidia e per brama di... ah!» a lei toccò una scarica che arrivò dalle sue manette e così forte che la costrinse a piegarsi in ginocchio, come se si fosse sottomessa a Maestral.

«Bloom... ah!» anche a Tecna, che aveva tentato di aiutarla, fu riservata la stessa sorte.

La fata del fuoco del drago tentò di rialzarsi in piedi, ma riuscendo solo a farsi dare un'altra scarica e a dover rimanere piegata in quella posizione umiliante. Bloom si sentiva tremare di rabbia, sentiva il proprio potere fluirle nelle vene.

Maestral sollevò di nuovo le braccia. «Figli miei, sento di meritarmi questi malanimi, ahimè, per aver usato questi metodi per aver preso il trono. Ma la salvezza del mio popolo sarebbe stata garantita solo così. Preghiamo che il principe Zephiro torni, convertito e pentito di aver scelto il nemico piuttosto che il popolo!»

«Lui ha sempre amato il suo popolo!» l'uomo di nome Terchibald ricevette un'altra scarica e Maestral non fece niente per fermare l'aguzzino.

«Prego perché Zephiro capisca a chi debba andare alla sua lealtà. Se al popolo e alle decisioni prese dai suoi avi, tempo fa, oppure a questa Dimensione Magica che ci vuole privare della nostra identità! Alcuni di voi mi chiamano tiranno, ma non lo sono! Voglio essere per voi un re buono e magnanimo e, per dimostrarvelo, voglio perdonare tutti coloro che mi hanno contrastato! Voglio perdonare voi, soldati di Flabrum, che avete, erroneamente e sicuramente animati dalle migliori intenzioni e convinzioni, seguito il traditore Adalhard e suo fratello Terchibald!» guardò il gruppo di soldati senza bandana rossa al braccio.

«Lunga vita al re!» gridarono quelli con la bandana. «Lunga vita al re Maestral!»

«Basterà che vi inginocchiate e prestiate giuramento di fedeltà come avete fatto con mia sorella. Lo stesso vale per te, capitano Terchibald. Giurami fedeltà e sarai ricompensato, mantenendo il tuo titolo e la tua posizione. Non ci saranno ripercussioni, per te.»

Il capitano venne afferrato per i capelli e fatto mettere in ginocchio. Lui scosse la testa per farsi togliere le man di dosso e guardò Maestral con strafottenza. «E mio fratello? Perdonerai anche lui e lo reintegrerai nell'Esercito col suo titolo e la sua posizione?»

Maestral gli rivolse un sorriso enigmatico e cortese. «Per quanto sia magnanimo e giusto, questo proprio non posso farlo: non posso permettere che mandi sulla cattiva strada tanti giovani come te, Terchibald. Adalhard verrà condannato a morte per alto tradimento, impiccato sulla pubblica piazza.»

«No!» gridò Tecna, con un'ovvia conseguenza.

«No, signorin... ah!» fu Tony, adesso, a cadere a terra, al suo fianco.

Bloom schiumava di rabbia, più che mai voleva evocare il suo potere, più che mai, adesso, voleva sentire la fiamma del drago ardere tra le sue mani e finire quel traditore. Non poteva far soffrire un'intera famiglia solo per la sua sete di potere. Non poteva. Quando provò ad alzarsi, la scarica elettrica che la attraversò completamente fu così dolorosa da farle scendere le lacrime. Non poteva finire così, non poteva vincere Maestral!

«Decidi ora, Terchibald.» lo incalzò il tiranno.

«Cosa mi succederà, se dirò di no?»

«Farai la fine di tuo fratello.»

Non un solo sentimento trasparì dal viso del capitano Terchibald. «Lunga vita a re Zephiro!» gridò.

E tutto ciò che ottenne fu un ultimo calcio nelle reni.

Bloom non riuscì più a controllare il proprio potere, a quel punto. Esplose in un grido di rabbia e una accecante luce rossa avvolse tutti i presenti: aveva appena scatenato il potere del fuoco del drago.



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Ho scritto questo capitolo qualcosa come... due anni fa ed è praticamente il cuore di tutta la storia... non si capisce ancora bene cosa succederà nel finale e questo mi piace. XD A questo proposito, ho dovuto aggiungere un capitolo che se no l'ultimo mi veniva lungo e palloccoloso (per citare un mio prof). Confesso, oltretutto, che ho mentito quando ho detto che i capitoli sarebbero stati 21, ma perché non avevo fatto i conti per bene e non avevo ancora finito di scrivere il 21. XD I capitoli sono infatti 23, uno aggiunto per i motivi detti sopra e l'altro perché avevo sbagliato a numerare i capitoli e avevo due capitoli 18. LOL

Grazie a chi continua a seguirmi e chi si aggiunge via via!

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Capitolo 17
*** L'assedio ***


Capitolo 17

L'assedio



Lo spettacolo che si era presentato davanti a Flora, Musa e Aisha era devastante. Sembrava che Gardenia fosse stata presa da un'ondata di follia collettiva altamente distruttiva: le strade erano nel caos più completo, la gente litigava, combatteva con le mani e i denti snudati, distruggeva quello che trovava. Vetrine, automobili, idranti. Niente era al sicuro.

Il Frutti Music Bar era diventato un cumulo di macerie, due parchi di Gardenia erano stati dati alle fiamme e Flora e Aisha non erano riuscite a sanare quella follia dilagante in nessun modo, il potere Believix sembrava non avere alcun effetto sui terrestri inferociti. Era successo tutto così, una scintilla che aveva dato luogo ad un incendio di proporzioni colossali e adesso era impossibile estinguerla. Solo un miracolo, e forse non sarebbe bastato.

Nella luce del giorno che scemava, la tranquilla cittadina dove Bloom era cresciuta e dove ora lei e le sue amiche vivevano in armonia si era trasformata nella patria dei demoni, non c'era un angolo di strada che non fosse distrutto, dove ci fosse un'auto che non bruciava o un albero che non fosse stato divelto. Mentre volavano, Musa, Aisha e Flora guardavano tutto questo e sentivano una grande preoccupazione non solo per i tre che erano scomparsi in mezzo alla folla, ma anche per Nabu e Timmy che proseguivano con le loro ricerche via terra.

«E se anche loro impazzissero in quel modo?» domandò Flora, ricordando bene cosa era successo a Helia, quando era stato il suo turno. «Senza una spiegazione. Non ha senso!»

Musa non sapeva cosa rispondere e preferiva tacere: ogniqualvolta lanciava un'occhiata sotto di sé per tentare di riconoscere nel buio sempre crescente un viso familiare, lo stomaco le si contorceva in modo doloroso, come se le viscere si fossero trasformate in serpenti velenosi. Aisha era nelle stesse condizioni e Flora aveva sempre paura di riconoscere, in questa o quella persona brutale che sollevava le spranghe in direzione di poveri incauti e ignari passanti ancora liberi dall'effetto delle Furie, il suo Helia. Ma anche questi poveri sventurati, non appena la spranga si calava sopra di loro, prima ancora di venire colpiti, venivano posseduti e diventavano più forti e feroci.

La fata dei fiori, dopo l'ennesimo spettacolo di violenza, non poté rimanere a guardare: una ragazza, con quello che pareva un grosso tubo, resto di una delle tubature di scolo al di fuori dei palazzi, stava minacciando un bambino che chiamava la sua mamma a gran voce, una madre indifferente che era impegnata a distruggere i vetri delle auto i cui allarmi avevano cominciato a suonare tutti insieme e a rendere Gardenia il regno del caos sonoro.

Flora, però, sembrava non sentirlo. Vedeva solo quella ragazza che le dava le spalle e che stava stringendo con tutta la sua forza sul tubo, incurante delle grida di protesta e di preghiera del bambino che non riusciva più a muoversi. Il bisogno di salvarlo fu più forte di tutto il resto: alla fata dei fiori non importava di perdere la vita o di dover affrontare lei stessa una Furia, l'avrebbe fatto, avrebbe riportato indietro Helia; aveva paura, ma aveva più paura di quello che sarebbe potuto succedere a quel bambino innocente.

Si lanciò verso la ragazza con una mano tesa, come se anche da quella distanza avesse potuto fermare quel tubo di ferro arrugginito che si stava per abbattere sulla testa del bambino. Era arrivato all'apice della sua altezza e stava compiendo una parabola diretta verso di lui.

Flora non poteva permettere quella brutalità, ma non ce l'avrebbe fatta ad arrivare in tempo, lo vedeva dalla sua mano che era sempre troppo lontana, troppo impotente e piccola.

Non era abbastanza veloce.

Liberò il proprio potere con un urlo lacerante che le fece male alla gola. Ma almeno le liane cominciarono a rompere l'asfalto e tutte si concentrarono, incalzate dalla fretta della loro padrona, sulla minaccia che stava per abbattersi sul bambino. In un attimo, la ragazza impazzita si ritrovò stretta in una morsa di rampicanti d'edera, ma resistente come l'acciaio.

Quella dovette lasciare andare il suo tubo arrugginito, anche se continuò, quel poco che poteva, a scalciare e gridare di essere lasciata andare. Flora, con un sospiro di sollievo, atterrò tra lei e il bambino che, piangendo, andò ad aggrapparsi alle sue gambe, dimostrandole la sua gratitudine con parole sconclusionate, intervallandole ad un racconto su come anche la sua mamma fosse impazzita.

«Andrà tutto bene, vedrai.» gli disse Flora, abbracciandolo in modo che tenesse la testa premuta contro la sua spalla e che non potesse vedere quello che stava succedendo intorno a loro: quella strada era stata completamente distrutta, non solo dai suoi rampicanti, ma anche dagli istinti selvaggi risvegliati dalle Furie.

Le auto incendiate e i vetri sparsi per terra delle vetrine e dei lunotti posteriori che rendevano scintillante quella parte ancora intatta del manto stradale, il puzzo di bruciato e il suono degli antifurto, la sporcizia e gli elettrodomestici che erano stati lanciati dalle finestre rotte erano solo l'inizio dell'orrore.

Guardando in alto verso la ragazza che continuava a dibattersi e a gridare, per poco non le scappò da ridere, quando Aisha si concesse una risatina nervosa.

«Non ci posso credere!» esclamò Musa, invece. «Guarda un po' chi hai preso... ciao, Mitzi!»

Sentendosi chiamare, Mitzi gridò ancora più forte e si dibatté ancora di più, come un pesce che lotti per tornare in acqua. Se non fosse stata una scena drammatica, ci sarebbe stato da ridere davvero.

D'un tratto, forse stanca, si fermò, rigida e paonazza per il troppo sforzo. Per un attimo, le tre fate pensarono che stesse per soffocare e che le liane fossero strette troppo strette, tanto che Flora stava chiedendosi se allentarle, ma si ritrovò a stringere più forte la nuca del bambino che ancora teneva tra le braccia, quando Mitzi gettò in avanti la testa e strabuzzò gli occhi tanto che sembrava che la Furia che l'aveva posseduta glieli volesse far saltare via.

«Fate!» cominciò a gridare con una voce deformata che non sembrava più neanche la sua. «Fate! Fate! Fate! Uccidete le Fate!»

Il suo richiamo riscosse coloro che ancora stavano distruggendo ciò che era rimasto intatto.

Si voltarono tutti come se fossero stati uno solo. Come in uno di quei videogiochi di zombie che piacevano tanto a Tecna e Timmy.

I loro sguardi si fecero così furiosi che tutte e tre le Winx dovettero a fare un passo all'indietro. Gli occhi di quelle persone erano attraversate da un bagliore che le rendeva ancora più pericolose, le occhiaie erano profonde e i loro denti digrignati; non avrebbero fatto più paura se fossero stati aguzzi come quelli delle bestie. Alcuni avevano fatto solo qualche passo avanti, altri invece, si limitavano a leccarsi le labbra come se stessero per fare effettivamente un banchetto succulento.

«Uccidete le Fate!» continuava a gridare Mitzi con quella sua voce raschiante e profonda che non le apparteneva.

«Credo che non ci voglia Tecna per capire che siamo nei guai.» dichiarò Musa, spostando lo sguardo da una parte all'altra, forse per stemperare quella sensazione di gelo che aveva atterrito tutte e tre.

Un piccolo esercito si stava riversando su di loro, tutti con delle armi in mano, tutti spediti e pronti a farle a pezzi, tutti decisi ad ubbidire alla voce che li incitava ad eliminarle.

Uno si lanciò su di loro. Tutte e tre scattarono in volo e cercarono di raggiungere un punto fuori dalla sua portata, ma gli altri non si lasciarono intimidire da così poco: tirarono le loro armi improvvisate e a volte anche i loro cappelli o scarpe, gioielli e quant'altro purché potesse raggiungerle. Qualunque cosa, pur di ubbidire alla voce che continuava a lanciare quel raccapricciante richiamo.

Flora sentiva il bambino tremare tra le sue braccia, mentre si libravano in volo il più velocemente possibile. Lei non lo fu abbastanza, però: qualcuno la afferrò per un piede.

Gridando, per poco, non aveva lasciato andare il bambino per la sorpresa e lo spavento. Si voltò per guardare chi l'avesse afferrata e vide uno di quegli invasati con quello strano luccichio negli occhi e un principio di bava alla bocca, che si sporgeva in modo pericoloso da una finestra distrutta al secondo piano di un palazzo.

La fata dei fiori strillò per la paura e lottò, strattonò forte il proprio piede, che perse la scarpa, e schizzò verso il centro della strada, dalla quale continuavano ad arrivare oggetti di tutti i tipi. Fu colpita al viso da qualcosa di affilato che le graffiò il viso e sentì il proprio sangue scorrere lento sul suo viso. Non le importò, perché il suo urlo di angoscia era rivolto all'uomo che l'aveva afferrata e che stava cadendo giù, verso la strada, sempre stringendo tra le dita lo stivale di Flora come se fosse stato ciò che l'avrebbe protetto da ogni male.

«Ci penso io!» gridò Aisha e tese le braccia in avanti, creò una gabbia Morphix intorno all'uomo che non sentì minimamente l'impatto con l'asfalto e, almeno, rimase illeso, sebbene intrappolato.

«Allontaniamoci da qui!» esclamò Musa, schivando alcuni oggetti. «Oh, adesso basta!» fece cenno alle altre due di imitarla e poi salì ancora di qualche metro. Allungò le braccia in avanti come aveva fatto Aisha e gridò: «Onde sonore!» al che un'onda d'urto molto potente spinse tutti gli oggetti a terra, insieme ai loro proprietari che caddero a terra come birilli. La stessa Mitzi, ancora legata ai rampicanti, fu stordita abbastanza da smettere di urlare. Gli antifurto stessi si zittirono e un po' del caos che regnava intorno a loro fu placato.

«Ottima idea, Musa!» la lodò Aisha. «Adesso andiamo a cercare Riven e gli altri.»

«E del bambino che ne facciamo?» domandò Flora, accarezzando la testa del bambino ancora stretto tra le sue braccia, volando via velocemente insieme alle amiche, per impedire a quelle persone di riprendersi dalle onde sonore di Musa. «Non può venire con noi! Sarebbe sempre in pericolo!»

«Non possiamo neanche lasciarlo, o lo sarà comunque!» le fece notare Aisha.

«Che possiamo fare, allora?»

Fu il bambino a decidere per loro: libero di muoversi tra le braccia di Flora, allungò una mano e la colpì sul viso con così tanta violenza da procurarle un dolore tale che la fece gridare. Non precipitò solo perché il suo istinto di protezione glielo impedì. E non ebbe bisogno di chiedergli perché l'avesse fatto, perché capì solo guardandolo: era stato anche lui catturato da una Furia; i suoi occhi erano stati attraversati dallo stesso lampo dorato degli altri e, come era successo per gli altri, anche lui aveva scritto nel suo sguardo cattivo l'intento di ucciderle.

Le venne da piangere, mentre lottava contro di lui e le sue piccole mani, con quelle unghie che, aguzze, sembravano volerle strappare la faccia. Si muoveva molto e con violenza, tanto che lei sentiva che le braccia non lo avrebbero retto ancora per molto.

«Ti prego!» esclamava, scostandosi da quelle mani che le graffiavano le guance e, a volte, si impigliavano tra i suoi capelli. «Ti prego, smettila! Potresti prec... ah!»

La mano le artigliò la pelle del viso, come se volesse davvero strappargliela via. Erano le Furie che gli facevano fare quello che faceva, non era colpa sua, forse non ne era neanche consapevole; il solo pensiero faceva fremere Flora di orrore: era a quello che le Furie le avevano condannate, a quel clima di terrore e di disperazione, era quello che volevano, era quello che avevano creato nel regno prima di Domino, il terribile dominio che avevano sperimentato su Obsidian prima di essere liberate. Volevano rendere il mondo un posto infernale, e lo volevano fare attraverso quel bambino e tutte le persone innocenti che, invece, avrebbero voluto vivere le loro vite in pace e serenità.

«Flora, lascialo andare!» gridavano Musa e Aisha, alternativamente. «Flora!»

Ma lei non poteva lasciarlo andare: da quell'altezza, forse, il Morphix non avrebbe potuto fare niente. Non poteva farlo, non poteva lasciare che quel bambino si facesse male, anche in leggera misura. Non voleva.

Non lasciarlo andare, Flora, non importa la tua vita, lascia che vivano, lascia che vivano la loro vita, lasciati andare, lascia che succeda quel che deve, in modo che lui possa vivere. Lui vivrà solo se tu lascerai che faccia quello che vuole.

Se solo avesse saputo che sarebbero davvero stati tutti davvero al sicuro! Se solo fosse stata certa di questo, allora l'avrebbe fatto. Non poteva esserlo, però. Perché era quello che le Furie volevano: la sua distruzione. Come poteva essere certa che quello che diceva era la verità? Come?

Stanne sicura, Flora: le Furie vogliono le fate, non le persone innocenti. Fidati, Flora. Te l'hanno detto anche le tue amiche, che l'hanno sentito da Faragonda. Ricordi, Flora? Ricordi che sono state proprio loro a dirlo?

Sì, Flora lo ricordava. Erano state le sue amiche a riferirle le parole di Faragonda, era perfettamente consapevole di quello che le Furie volevano... e sarebbe stata disposta a darglielo, pur di salvare quel povero bambino che lottava strenuamente contro di lei.

L'avrebbe fatto, glielo doveva: quella guerra che il piccolo stava combattendo non era soltanto contro di lei, ma anche contro se stesso, lo stava facendo per liberarsi della Furia che si era impossessata di lui, stava facendole del male solo per liberare se stesso.

Flora riuscì a vedere le lacrime che scorrevano copiose sul suo viso per convincersene e smise di lottare contro di lui. Voleva che facesse ciò che doveva. Perché era vero: le Furie non volevano lui, ma solo lei, una fata.

Uccidete le Fate!

L'urlo di Mitzi echeggiava ancora nell'aria. Forse anche l'antica rivale di Bloom si era liberata della prigionia cui l'aveva costretta; benché fosse stata anche normalmente una persona cattiva, Flora non pensava che meritasse di venire imprigionata da una Furia.

Flora!

Chissà. Forse sarebbe riuscita a rivedere Helia e a dirgli quanto lo amava, prima di...

«Flora!» il grido di Aisha spezzò il filo dei suoi pensieri. Tutto accadde molo velocemente: il bambino le scivolò di mano, il volto di Aisha apparve nel suo campo visivo con un'espressione carica di rabbia e subito dopo la sua mano aperta le tirava uno schiaffo così forte da farle ruotare la faccia da una parte. «Ma sei impazzita?!»

Flora sentì mozzarsi il respiro per la violenza del colpo e il grido furioso di Aisha la investì con la stessa veemenza, tanto che la mente annebbiata tornò lucida immediatamente. Il mondo intorno a lei, che aveva perso consistenza e colore, tornò ad essere quello di una Gardenia devastata e distrutta, in un lugubre paesaggio notturno di una fresca serata primaverile. Era terribile tutto quello e le faceva più male dello schiaffo di Aisha.

Guardò in basso, posandosi una mano sulla guancia e vide che il bambino era salvo, grazie al potere di Musa. Gli occhi le si riempirono di lacrime, mentre pensava a ciò che stava per combinare.

«Flora...» la voce di Aisha si fece flebile. «Non devi... non devi mai più...»

«Pensavo che, se avessi ceduto ad una Furia, allora questa avrebbe... avrebbe lasciato in pace gli abitanti di Gardenia e...» Flora tremava e aveva gli occhi colmi di lacrime che tentava in tutti i modi di trattenere invano.

Aisha sollevò di nuovo una mano per aiutarla a tranquillizzarsi.

«Non è giusto!» continuò la fata dei fiori, tra i singhiozzi. «Non è giusto, Aisha! Non è giusto che queste persone soffrano a causa nostra!»

«Sì, ma non è neanche giusto rinunciare alle nostre vite!» sbottò Aisha, allora, improvvisamente più dura. «Non per degli esseri spietati e malvagi, dei parassiti che hanno bisogno che qualcun altro faccia il lavoro sporco per loro! Non piangere, Flora, non ce n'è bisogno!»

«Ma che dobbiamo fare?» domandò lei, che nonostante le esortazioni dell'amica proprio non riusciva a smettere. Sentì un fremito di paura e di dolore, quando qualcuno, da qualche parte, incendiò degli alberi lontani, ma non abbastanza perché lei non sentisse spezzarlesi il cuore. Vedeva e percepiva quelle piante che tentavano di dimenarsi, sentiva i loro aguzzini che strappavano le loro radici e gli alberi che crollavano a terra, morti.

Gridò per il dolore e si strinse forte le mani sulla testa; non seppe neanche lei quanto durò, ma abbastanza perché si sentisse stremata; quando finì, Musa dovette sorreggerla per non lasciarla cadere verso il suolo.

Aisha scambiò con la fata della musica un'occhiata. «Il sacrificio non è la soluzione, mi hai capito?» disse però rivolta a Flora.

Quest'ultima non rispose. Sapeva che Aisha aveva ragione, che quelli erano solo esseri malvagi, ma ormai era sfiduciata.

«Flora!» la richiamò Musa; la sua voce era tetra e le sue mani, sebbene fossero strette intorno alle spalle della fata dei fiori, la sua presa non era salda e le dita le tremavano. «Helia non vorrebbe che tu lo facessi. Sacrificarti per questo non ha senso, te lo dico io che sono stata tra le grinfie di una Furia: non si fermeranno, Flora. Non appena avranno finito di prosciugare i sentimenti di una fata, andranno alla ricerca di un'altra. Non sono mai abbastanza sazie. Credimi, so di cosa parlo, l'ho capito nel momento stesso in cui una di loro mi aveva presa! Ho creduto anche io, ad un certo punto, che se io mi fossi sacrificata, tutti sarebbero stati risparmiati, erano loro che volevano farcelo credere, perché sapeva che noi avremmo fatto qualunque cosa! Ma mentono, Flora!» la voce le tremò appena. «Mentono solo per farci del male! Se io non mi fossi svegliata, se Stella – chissà come – non fosse arrivata, a quest'ora, la Disperazione sarebbe già a caccia di un'altra preda!»

Flora capì. Percepì dalla voce di Musa e dal suo dolore che era vero, che il suo sacrificio sarebbe stato insensato e che non avrebbe protetto nessuno, ma solo favorito quegli esseri spietati. Provava disgusto, adesso, per loro, e una gran pena.

Abbassò lo sguardo, incapace di non provare vergogna per essersi fatta ammaliare in quel modo, dopo che Musa aveva provato sulla propria pelle quelle sensazioni. «Sono proprio una sciocca.» disse. «Mi dispiace, ragazze.»

Musa scosse la testa. «E' normale. Quei parassiti si nutrono dei nostri sentimenti e giocano sulla nostra natura.»

«Sono spregevoli!» rincarò la dose Aisha.

«Non preoccuparti, Flora.» continuò la fata della musica. «È normale, quello che hai provato.» ghignò. «Meno male che c'era Aisha!»

Aisha si guardò la mano. «Scusami, Flora. Sono stata un po' brusca, ma avevo paura che potesse succederti qualcosa!»

Flora scosse la testa. «L'hai fatto per salvarmi, non hai davvero motivo di scusarti!»

Si abbracciarono forte, tutte e tre.

Forse lo fecero in un momento che non lo richiedeva, forse lo fecero perché tutte e tre provavano le stesse, forti e contrastanti emozioni su quella situazione e avevano bisogno del reciproco conforto per tutto ciò che avevano visto e provato, per tutte le battaglie – anche interiori – che avevano dovuto sopportare; volevano sentirsi vicine l'une alle altre adesso più che mai, per non cadere mai più preda delle Furie. Ma questo comportò che abbassassero la guardia e che non vedessero cosa accadeva più in basso.

Quelli che avrebbero dovuto cercare, quei due che erano riusciti a liberarsi dalla loro prigionia di Morphix e di piante nel locale dove avevano combattuto contro le Winx, erano sotto di loro e stavano aspettando il momento migliore per attaccare. Riven, con un ghigno malvagio stampato in faccia e gli occhi riempiti di un bagliore dorato, sollevò la spada stretta nella mano destra e fece un cenno a Helia, con lo stesso scintillio che gli illuminava le iridi, indicando verso l'alto con la spada.

Lo Specialista annuì e allungò la mano, dalla quale fece partire le sue corde verdi che, letali, si mossero veloci verso le fate abbracciate, con un unico scopo.

Uccidere le Fate.


§


«Faragonda!» la preside comparve come ologramma portatile di Re Oritel, nella biblioteca superiore, dove lui stava sfogliando un grande librone che conteneva tutta la storia di Flabrum, seduto sulla scala appoggiata alla grande libreria che seguiva il percorso circolare della sala. Lo chiuse, tenendo il segno con l'indice, non appena lei fluttuò di fronte a lui. Ci volle poco perché l'espressione di Re Oritel divenisse preoccupata. «Che è successo? Bloom sta bene?»

«E' su Flabrum.» disse lei. «E perciò Sky e Brandon vogliono andare a riprenderle. Per fermarli, ho detto che avrei chiesto a te, ma... lo Scettro di Domino... a che punto sono le tue ricerche? Come faccio a mandarli in missione, allo sbaraglio?»

«Ne ho abbastanza. Se vedo altra carta stampata, andrò al manicomio.» sospirò Re Oritel. Gettò il libro nel vuoto e quello atterrò sul pavimento della biblioteca con un tonfo secco. «Sono ore che sto leggendo... e non ho ancora trovato niente!» si tirò i capelli indietro in un gesto di frustrazione. «Mandarli su Flabrum? Perdere mia figlia e le sue amiche e adesso anche i loro ragazzi? Bah!»

«Consigli di non partire?» l'espressione di Faragonda era carica di preoccupazione.

Lui sorrise appena. «Come possiamo fermarli? Se fosse Marion, io correrei! È già tanto che si siano trattenuti finora!»

«Già...» la preside chiuse gli occhi, nella sua affermazione un sacco di significati.

Oritel grugnì, perché lui, quei significati, li aveva colti tutti. «Falli preparare, allora! Non abbiamo più molto temp e Dafne è via, ma confido che torni con qualcosa di più che il nulla!»

«C'è dell'altro.»

Re Oritel imprecò. «Altro? Cos'altro ci può essere?»

«Le Furie... ho appena avuto una comunicazione da Gardenia. Pare che le Furie abbiano infestato la città e adesso le ragazze siano in grave pericolo.»

Re Oritel non disse niente. La lingua gli si era incollata al palato.

La preside non attese oltre, chiuse la comunicazione e solo allora Oritel si rese conto che non era più solo, nella stanza. Sua figlia Dafne fluttuava a mezz'aria con l'aria di dovergli dire qualcosa.

«Parlavo proprio di te.» la salutò re Oritel, senza nessuna gioia. «Dimmi che hai trovato qualcosa di molto interessante.»

«Sono stata su Flabrum.» cominciò la ninfa.

«Ah! Flabrum non è mai stata la meta più gettonata per le vacanze come in questi ultimi giorni.» Oritel fece un gesto come per scacciare quest'ultima affermazione gratuita. Gardenia era stata attaccata e lui era ancora lì, i ragazzi stavano andando su Flabrum per riprendersi le Winx... ma erano tutti storditi da quelle parti? Lo Scettro ce l'aveva lui, dannazione, qualcuno doveva andarlo a prendere, no?

«Padre, c'è qualcosa che devi sapere su Flabrum!» gli disse Dafne. Oritel credeva di sapere già tutto di quel pianeta ostile, ma quando la figlia cominciò a raccontare, rimase stupefatto di quello che scoprì mano a mano che lei andava avanti, ogni passaggio era incredibile, ogni più piccolo pezzo del puzzle andava al suo posto e comprendeva anche quello che aveva voluto dire il resoconto che aveva letto, quello che gli aveva fatto intraprendere quella ricerca estenuante che si era conclusa con il lancio di un libro.

«Avevamo ragione.» mormorò, alla fine.

Dafne annuì.

Re Oritel si passò una mano sul pizzetto, pensava a quello che aveva appena scoperto e cercava di farlo collimare con ciò che aveva letto... sarebbe stato facile, adesso, arrivare su Flabrum è finirla una volta per tutte... così facile... ma aveva bisogno di una fata per usare lo Scettro di Domino e le tre che erano su Flabrum erano state catturate, c'era Maestral che era un pazzo furioso che avrebbe potuto scatenare una guerra al solo sentire parlare di un re in avvicinamento dalla Dimensione Magica. Inoltre c'era la questione del pianeta Terra da considerare, le Furie che impazzavano. Ma lui che ci faceva ancora lì?

«Devo andare a prendere le Winx rimaste sulla Terra.» decise, alzandosi in piedi. «Chiamo subito Faragonda.»

«Cosa hai in mente, padre?»

Re Oritel alzò lo sguardo per guardare la figlia che fluttuava nell'aria e lo guardava preoccupata. «Debellare la minaccia delle Furie dal pianeta Terra, ovviamente.» rispose, come se, invece, le avesse proposto una scampagnata. «E farmi una vacanza su Flabrum. Tu...» la indicò, cercando un compito adeguato per lei.

«Avvertirò la mamma della follia che stai per commettere.»

«Sì... e dille che raggiungerò Alfea, non appena avrò finito a Gardenia.»

«Non è detto che ce la farai, questo lo sai, vero?» la voce di Dafne era venata di preoccupazione, ma Re Oritel sorrise.

«Tranquilla, figliola.» rispose. «So quello che faccio. Per la prima volta da quando è cominciata questa storia, credo che sia la cosa giusta!»



_________________________


Rieccomi, dopo mesi e mesi, finalmente riesco a scavarmi un buco per riuscire a pubblicare questa storia. *me balla*

Grazie per la vostra pazienza e per la vostra fiducia, perché i seguiti continuano ad aumentare nonostante i miei tempi e le mie promesse da marinaio (siete 15!), più 2 preferiti e 1 ricordato! Grazie davvero, a voi e a chi commenta. Bacioni a tutti! :)

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Capitolo 18
*** Lo Scettro di Domino ***


Capitolo 18

Lo scettro di Domino



Quando Aisha si sentì afferrare per una caviglia, capì immediatamente cosa stava succedendo, ma non poté fare niente per fermare la forza che la attirò verso il basso e la strappò dalle braccia delle sue amiche. Non riuscì a trattenere un urlo e a niente valse la forza delle due Winx che tentarono di trattenerla. Qualcuno la stava tirando con veemenza, qualcuno che non riuscì a distinguere, mentre precipitava.

I colori erano sfocati, le sue amiche erano puntini luminosi in un cielo trapuntato di stelle. Poi qualcosa accadde: vide che una scia dorata che, ruotando, si stava avvicinando a lei a grande velocità. Pensò subito che fosse un'arma di qualcuno posseduto dalle Furie; con uno sforzo sovrumano, riuscì a rannicchiarsi su se stessa, chiuse gli occhi, aspettando il dolore provocato dall'impatto e un attimo dopo l'oggetto rotante passò sotto di lei, tranciò di netto la corda che la tratteneva e lei si ritrovò a precipitare come una bomba sganciata dall'alto, finché qualcuno non l'afferrò, mentre era ancora in caduta libera.

Aisha si irrigidì di paura e cominciò a lottare.

«No, Aisha, calmati, sono io!» esclamò una voce familiare.

Lei aprì gli occhi, lo riconobbe. «Timmy!»

Lo Specialista le stava sorridendo in modo rassicurante. L'attimo dopo era atterrato in ginocchio sull'asfalto, a pochi metri da dove era dilaniato da una profonda ferita che faceva somigliare la strada ad un cratere vulcanico.

Scese dalle sue braccia, e vide che Nabu stava fronteggiando tre persone – proprio le tre che stavano cercando! – dando a lei le spalle. Quell'oggetto rotante che aveva visto poco prima altro non era che il suo bastone, che tornò tra le sue mani con la precisione di un boomerang. «Nabu!» lo chiamò, capendo cosa era successo: il suo ragazzo e quello di Tecna le avevano appena salvato la vita.

Il mago girò appena la testa e sorrise. «Tutto bene, Aisha?» si assicurò.

Aisha non riuscì a rispondere, le sue amiche volarono anche loro verso di lei, con gli occhi sgranati dallo spavento e le mani tese verso di lei, come se avessero paura di potersela vedere scivolare via dalle braccia come era successo prima. «Aisha!» esclamò Flora. «Aisha, tutto bene?»

«Sì, grazie a Timmy e Nabu!»

Flora e Musa atterrarono ai lati della fata dei fluidi.

«Voi rimanete qui.» esclamò Timmy, estraendo la sua arma. «A quei tre pensiamo noi!»

«E noi dovremmo stare qui con le mani in mano?» ironizzò Musa. «Neanche per sogno, saremo al vostro fianco, come sempre!»

«E allora combattiamo!» e ciò detto Timmy, con gran coraggio, si buttò nella mischia, pronto a proteggere le Winx.

Riven, Helia e Jason Queen, che erano rimasti fermi fino ad allora, come se non avessero aspettato altro che quello, si lanciarono anche loro, coordinati, all'attacco. Helia estrasse la spada, Riven sollevò la sua e si diresse contro Nabu, deciso più che mai a fare a pezzi il suo bastone da mago e Jason, invece, libero di agire, tentò di mandare un colpo a segno contro le fate. Tutte e tre scattarono in volo e Musa, chiedendogli perdono, allungò una mano liberando il suo potere contro di lui e facendolo finire gambe all'aria.

«Ottimo lavoro, Musa!» esclamò Aisha e imprigionò Jason nel suo Morphix. «Meno uno!»

Helia sembrava essere diventato più agile del previsto, mentre Flora usava dei rampicanti per tentare di fermarlo, lo Specialista posseduto saltò su di esso e lo usò come un windsurf per tagliare di netto l'asta con la quale Nabu si stava difendendo strenuamente dagli attacchi sempre più serrati di Riven.

Intanto, accorgendosi con la coda dell'occhio dell'attacco di Helia che aveva spiccato un salto dal rampicante e si era librato in volo, il mago si liberò di Riven con uno spintone e si preparò a ricevere il colpo.

Sembrava che Helia e Riven concordassero sul fatto che, se volevano davvero ottenere qualcosa, dovessero prima avere ragione su di lui, più che su Timmy. Ma Nabu non si lasciò impressionare. Ruotando il bastone con la solita maestria, parò il colpo di Helia che si ritrovò disarmato.

La spada finì molto lontano, il rampicante di Flora che aveva continuato fino ad allora a correre parallelo alla strada si infranse con forza contro un muretto che crollò. Senza armi, ma pur sempre letale, Helia si lanciò su Nabu a mani nude. Non sarebbe stato un problema, se fosse stato da solo, Nabu avrebbe avuto ragione di lui in men che non si dica, ma Riven non si era certo dimenticato di lui: lo afferrò per i capelli e gli tirò indietro la testa, lasciandogli la gola esposta.

Nabu rimase fermo ad aspettare la morte, ma Musa usò il suo potere sonoro per far sentire a Riven suoni tanto acuti da costringerlo a lasciare la presa sul mago per coprirsi le orecchie e far finire il supplizio.

«Riven, scusami, scusami tanto!»

Nabu si ritrovò subito libero, ma non indenne: Helia stava caricando su di lui con tutto il proprio peso. Ma non ce la fece: Timmy si parò davanti a lui e, senza troppe cerimonie, colpì forte in faccia il suo amico posseduto, facendolo cadere a gambe all'aria.

Il ragazzo di Flora non si mosse più e Timmy sospirò di momentaneo sollievo. «Mi dispiace, amico.» disse, allo svenuto Helia, senza mai aspettarsi che, un attimo prima di voltarsi per fronteggiare Riven, sarebbe stato colpito lui stesso in faccia da due grossi scarponi e che sarebbe finito a faccia a terra, tramortito e confuso. Il dolore si diffuse su tutto il viso, mentre la schiena cozzava contro l'asfalto duro e freddo. Perse la sua arma, perse anche gli occhiali e alcune delle schegge che si erano prodotte con l'impatto col terreno gli si conficcarono intorno all'occhio, facendolo urlare di dolore, mentre il sangue gli scivolava sul viso copioso.

Non riusciva più a pensare o a trovare una soluzione. Aprì la bocca per chiedere aiuto, o per invocare Tecna.

C'era una gran confusione, intorno a lui, dentro di lui, riusciva solo a vedere alcune immagini che non riusciva ad interpretare e una di queste era Nabu che, con grosse occhiaie, uno scintillio dorato negli occhi e un sorriso maniacale, se ne stava sopra di lui con la sua lancia sollevata.

La sensazione di pericolo lo investì come un fiume in piena, gli argini si ruppero e il suo cervello si svegliò improvvisamente: non poteva stare fermo, o sarebbe morto, trafitto dal suo stesso alleato, adesso passato al lato delle Furie.

Fece per spostarsi, quando si sentì mancare il terreno sotto i piedi; fu una sensazione così debilitante che gli mozzò il respiro in gola, anche perché i suoi occhi smisero di vedere qualunque cosa, l'ambiente intorno a lui sembrava fatto a righe tanto si spostava velocemente. Solo una persona era perfettamente visibile.

«A... Aisha.» riuscì a gracchiare, al che lei sorrise, segno che era vero, era proprio Aisha.

«Tu hai salvato me, e io adesso ti restituisco il favore.» esclamò.

«Non possiamo batterli.» continuò Musa, frustrata. «Sono troppo forti per noi!»

«Ragazze,» gemette lo Specialista. «sono... sono riuscito a mettermi in contatto con Faragonda.»

«Bene, Timmy!» esclamò la fata dei fluidi. «Adesso dobbiamo solo aspettare i rinforzi!»

«Nabu...» gracchiò Timmy, guardando in basso, sentendosi sempre più debole e stordito.

«Lo so.» rispose Aisha, e sul suo volto apparve un'espressione buia. «L'ho visto.»

Una volta arrivate alla velocità Speedix di fronte al Love & Pet, lo spettacolo che si trovarono davanti fece fermare il piccolo gruppo. Si nascosero tra gli alberi che circondava la piazza in cui si trovava il negozio e guardavano con gli stessi sentimenti di orrore e spavento la stessa scena: Mitzi si era liberata dei rampicanti di Flora e adesso capeggiava un folto gruppo di posseduti; tutti reggevano delle fiaccole incendiate e mannaie da cucina, spranghe, tubi, pezzi d'acciaio che avevano rubato alle macchine distrutte. Il negozio era circondato. Tutti volevano vedere le fate morte.

Aisha seppe con una sola occhiata che il suo potere Morphix non sarebbe bastato.

«Che cosa facciamo?» domandò alle altre.

Timmy guardò quello spettacolo attraverso la lente attraversata da un profondo solco e dovette chiudere gli occhi. Lo fece appena in tempo, o avrebbe visto Mitzi che, sollevato il grosso pezzo d'acciaio che aveva in mano, scagliava contro il vetro della porta che andò in frantumi quasi fosse fatta di cristallo. Il potere delle Furie, non solo annullava le personalità di coloro che ne venivano toccati, ma li dotata di una forza tale da non poter essere ostacolati da niente e da nessuno.

«Dobbiamo fare qualcosa!» esclamò Flora, ma l'unica cosa che le veniva in mente era entrare nel negozio e cercare di salvare il povero Timmy: non c'era niente che potessero fare, erano perdute, a meno che Faragonda non arrivasse a salvarle.

Non avevano la minima speranza di scappare: ovunque fossero andate, sarebbero state inseguite e scappare avrebbe significato anche lasciare al proprio destino persone che avevano un disperato bisogno di aiuto. Era una situazione disperata.

Infuriata, Aisha fece l'unica cosa che pensava fosse giusta. «Ragazze! Le ali del teletrasporto presto! Dobbiamo aiutare Timmy!»

«Sì...» approvò Musa. «Andiamo.»

Entrarono così in casa, dentro quella cucina dove, qualche solo pochi giorni prima avevano fatto colazione tutte insieme, ridendo felici e spensierate come ragazze normali. Tutto quello era stato spazzato via in un attimo dall'arrivo di Zephiro e delle Furie. Tutto era stato distrutto dal momento stesso in cui la piccola Roxy era stata catturata. Chissà come stava... se lo Scettro di Domino era riuscito a salvarla... ma se era così, che fine aveva fatto Bloom? E perché non avevano dato nessuna notizia?

«Mettiamo qualcosa davanti alla porta!» ordinò la fata dei fluiti.

«Ci penso io.»

Musa usò la sua magia per spostare l'armadio davanti alla porta, abbassò le serrande delle finestre e così si ritrovarono nel buio più completo, finché la fata della musica non accese una lampada che, con la sua luce biancastra, rendeva quel salotto spettrale.

Quelle difese avrebbero retto, pensò Aisha, ma non molto. Depose Timmy sul divano che, unico tra tutti a non essere stato contagiato, si lasciò cadere sul divano e sospirò amaramente. Flora, intanto, si era messa al computer.

«Non ce l'ho fatta.» borbottò lo Specialista. «Mi dispiace, ragazze. Non sono forte... non sono forte come Sky.»

«Oh, piantala!» sbottò Aisha. «Sei stato molto coraggioso e sei riuscito a rimanere in te! È più di quanto potessimo sperare in... in una situazione disperata come questa!»

Musa le posò una mano sulla spalla tremante. «Mi dispiace che sia successo proprio a Nabu, Aisha.»

La fata dei fluidi sorrise appena, mesta, ma le prese la mano nella sua per mostrarle tutta la propria gratitudine. Flora continuava a chiamare Faragonda, ma senza ottenere risultati. «Niente!» piagnucolò. «Che cosa può essere successo?»

«Lascia provare me.» si propose Musa.

«Oh, come vorrei che Tecna fosse qui! Avrebbe trovato la soluzione!» esclamò Flora.

Anche Musa non ebbe migliori risultati di lei. Dopo diversi tentativi andati a vuoto, si arrese. «Che anche Alfea sia...»

Le tre si scambiarono un'occhiata preoccupata.

Timmy gemette e, sebbene fuori non ci fosse neanche una nuvola, a loro parve di sentire il rombo di un tuono provenire da lontano, la loro condanna eterna, quella dell'ennesima auto che veniva incendiata da qualcuno che voleva prendere un'arma per portarla di fronte al Love & Pet.

I cuccioli magici, anche quelli che non appartenevano loro, erano ammassati nelle camere da letto, tremanti e preoccupati, Kiko se ne stava invece con quelli delle Winx, deciso a proteggerli, ma anche lui, da bravo coniglio, non vedeva l'ora di nascondersi in quella scatola di biscotti che stava adocchiando da parecchio tempo.

Erano in trappola, senza protezione, Timmy era in condizioni critiche e loro non potevano fare del male a qualcuno che non aveva colpa. «Non possiamo fare il gioco delle Furie!» sbottò Aisha, sempre più rabbiosa. «Non possiamo combatterci l'un l'altro, coi nostri simili solo per rendere il mondo un posto vuoto e pieno di dolore, così che loro possano crescere e prosperare, come hanno fatto su Obsidian!»

«Non possiamo neanche stare con le mani in mano, aspettando che arrivino a salvarci!» commentò Musa, alzandosi dalla postazione vicino al computer di Tecna. «Dobbiamo aiutare Timmy che è ferito... dobbiamo fare qualcosa

Flora la prese in parola: andò a prendere il kit di pronto soccorso per togliere i vetri dal contorno dell'occhio dello Specialista.

Il pavimento tremava sotto i loro piedi, ogni bancone e ogni oggetto veniva gettato a terra e distrutto nel negozio.

Il Love & Pet, da sempre un luogo di gioia e d'amore, era stato devastato come tutto il resto, distrutto dall'odio per ogni cosa che era buona e bella. La rabbia di Aisha montava ad ogni scossone che sentiva. Guardò Musa e poi Flora che stava aiutando Timmy. Finché fossero state lassù, forse sarebbero state al sicuro.

Ovviamente, parlò troppo presto: l'armadio che avevano messo davanti alla porta per proteggersi dalle incursioni cominciò a vibrare, prima un po', poi sempre più forte, finché la vibrazione non divenne un dondolio. I tonfi che venivano dati alla porta erano così rombanti che tutte e tre le fate, se fosse stato possibile, pensarono ad un ariete. E chissà che non fosse davvero così.

«Dobbiamo andarcene.» dichiarò Musa, freddamente, ma dentro di sé fremeva: la loro casa, quella che avevano risistemato loro con le loro forze, stava per essere distrutta come tutto il resto. Neanche quello che avevano ritenuto un rifugio sicuro lo era più.

Aisha si disse d'accordo con lei: non potevano più rimanere lì dentro.

«Un momento!» esclamò Flora, che stava applicando una garza sull'occhio di Timmy.

«Non c'è tempo! Andiamo al Frutti Music Bar, forse per adesso non andranno a cercarci lì!» sbottò Aisha e prese per mano sia lei che lui, prima di attivare di nuovo il potere Zoomix e di teletrasportarsi.

La situazione del Frutti Music Bar era quella che avevano già visto in precedenza, ma almeno il posto era deserto; il mare notturno era calmo e si riversava sulla spiaggia a lente ondate, incurante dell'inferno che si era scatenato su Gardenia.

Se solo avessero potuto contattare Faragonda! Ma ora era tutto perduto. Tutto!

«Ma bene. Sapevo che sareste venute qui, fatine!» la voce fredda le riscosse immediatamente, furono costrette a voltarsi e, aspettandosi chissà quale creatura mostruosa, videro invece solo Riven, con la propria spada appoggiata mollemente sulla spalla.

Dietro di lui, con la stessa espressione ghignante e pericolosa, c'erano ovviamente Helia e Jason Queen, con un nuovo elemento: Nabu. Tutti e quattro si erano allineati in modo da formare una cuspide di cui Riven era la punta. Era come se lui fosse stato il capo, e tutti accettavano quella sua tacita autorità, non litigavano tra loro e questo rese le Winx ancora più inquiete: se solo quei quattro fossero stati dediti a volersi prevaricare l'un l'altro, sarebbero stati più deboli e dunque meno reattivi.

Ma le Winx avevano capito da tempo che sarebbe stato sperare troppo, che avrebbero caricato e che le avrebbero spazzate via in un battibaleno. Indietreggiarono di un passo, ma poi Aisha strinse i pugni.

«Helia!» chiamò Flora, disperata. «Ti prego, torna in te! Non possiamo combatterci! Sono le Furie che ti stanno confondendo! Helia, ascoltami ti prego!»

Ma Helia non la sentiva. Aspettava solo un ordine di Riven per attaccare.

«Prendiamoli prigionieri!» sbottò Aisha.

«E come?» domandò Musa, lanciandole un'occhiata con la coda dell'occhio e stando bene attente a cosa stessero facendo quei quattro. «Come facciamo a prenderli? Sembrano inarrestabili!»

«Maledizione!» Aisha spinse Timmy da una parte, per proteggerlo, quando quelli cominciarono a caricare con la forza dei bisonti su di loro. Stavolta avrebbe fatto di loro un enorme budino tremolante, li avrebbe fermati tutti insieme in modo da non permettere loro di liberarsi l'uno con l'altro dal suo Morphix. Stavolta non ci sarebbe stato scampo. «Non permetterò alle Furie di avere la meglio su di voi! Vi salverò, ragazzi!»

«Preparatevi a morire, fatine!» gridò Riven.

«Non così in fretta, ragazzino!»

Prima ancora che i posseduti potessero cercare l'impatto e Aisha sprigionare il suo potere, un'ombra saltò giù dal muretto dietro di loro e balzò agilmente tra i contendenti. Come se questo nuovo personaggio avesse richiamato a sé il giorno, il cielo cominciò a schiarirsi, i primi raggi del sole nascente illuminarono la sua figura snella e la spada scintillante sguainata stretta nel pugno della mano destra. Nella mano sinistra stringeva uno strano oggetto con un pomo grosso e prezioso. Si mosse così veloce contro i quattro che caricavano in avanti e riuscì a rompere la cuspide con la sola forza della sorpresa.

«Re Oritel!» gridarono, stupefatte, le Winx, quando il profilo del re di Domino si stagliò contro il cielo chiaro, prima che si infilasse di nuovo nella mischia, dove con eleganza e determinazione, spazzò via un avversario dopo l'altro.

Schivò Helia, Jason, Riven e Nabu come se niente fosse, girò su se stesso, utilizzò la spada per parare tutti i colpi che arrivarono; se stava cercando di impressionarle con la sua tecnica, stava avendo successo. Nello sfavillio prodotto dal sole che si sollevava, Re Oritel aveva l'aria minacciosa di un portatore di morte e la grazia di un salvatore.

Ad un tratto, fece mulinare la spada sopra la testa e poi, mentre ruotava su se stesso, si piegò per parare un colpo che stava per arrivargli dietro la schiena e usò la piccola asta con sopra il grosso rubino che teneva nell'altra mano per colpire in faccia Jason Queen, che lo stava minacciando con una pietra, e che cadde a gambe all'aria.

Con un sogghigno per congratularsi con se stesso della perfetta prova, il re di Domino saltò sopra il corpo del produttore, fece una capriola in aria e atterrò in ginocchio; prima di girarsi, lanciò l'asta col rubino alle Winx e Aisha l'afferrò al volo.

«Prendete lo Scettro di Domino e andate in un punto molto alto di Gardenia!» gridò re Oritel, tornando alla carica. «Usatelo per riportare la pace!»

Riven si scagliò contro di lui con un urlo che esprimeva tutta la veemenza che voleva imprimere al colpo. Re Oritel si tuffò di lato: sapeva che, se avesse tentato di ingaggiare uno scontro, sarebbe arrivato anche l'altro, Helia, a colpirlo e allora sarebbe stato vulnerabile.

Rotolò un paio di volte, si rimise in piedi e si ritrovò faccia a faccia con Nabu che voleva colpirlo da lontano con la sua lancia, per trafiggerlo come un cinghiale.

«Correte!» esortò le Winx, allungando una mano verso di loro per esortarle ad allontanarsi il pericolo. «Non penso di poter resistere ancora a lungo!» fece una giravolta su se stesso, scacciò Helia dalla sua traiettoria e ruotò la spada in modo da avere il pomo stretto tra il pollice e l'indice chiusi. La lancia gli passò sopra la testa, producendo un sibilo minaccioso. «Sprigionate i vostri sentimenti positivi!»

Colpì Riven in faccia, proprio come aveva fatto con Jason Queen, quindi cambiò la spada di mano e si occupò degli altri due. Quando Riven lasciò andare la spada e gridò per la sorpresa e il dolore, Re Oritel alzò le spalle. «Scusa, figliolo, niente di personale.»

Aisha guardò l'asta col pomo col grosso rubino e ancora non riusciva a crederci. Aveva tra le mani lo Scettro di Domino, l'oggetto che avrebbe fatto rinsavire il suo ragazzo e quello delle altre Winx. Chissà perché, adesso che ce l'aveva tra le mani, non provava le sensazioni che pensava avrebbe dovuto provare: non sentiva niente, era di freddo metallo, ed era brutto, oltre che pesante. Non era quello l'aspetto che avrebbe dovuto avere lo Scettro di Domino.

«Muoviamoci, Aisha!» la esortò Flora, afferrandole un braccio. «Dobbiamo andare, prima che Re Oritel...»

Guardò verso il sovrano di Domino che, saltando sopra il muricciolo dell'imbarcadero vicino alle macerie del Frutti Music Bar, stava combattendo con un sanguinante Riven: sembrava il più agguerrito di tutti e anche se era stato colpito ed era ferito non voleva arrendersi. Ma era lui, che ospitava la Furia vera e propria, era da lui che era partito il contagio.

Aisha si chiedeva se era davvero il caso di continuare a combattere. Che senso aveva? Il suo ragazzo era stato contagiato anche lui, e lo Scettro di Domino non aveva niente della potenza che avrebbe dovuto avere, niente della sua magnificenza. Era un oggetto come tanti altri, e poteva essere inutile.

«Aisha...» Flora la chiamava e la spronava. Musa anche la stava invocando dalla sua posizione a mezz'aria. «Aisha, dobbiamo andare.»

Aisha non ne era sicura. Aisha non sapeva cosa fare; possibile che fosse davvero quell'oggettino così pacchiano la soluzione ai loro problemi?

Se non sei convinta, gettalo via. L'indecisione è davvero terribile, non credi? Non farlo, gettalo via. Se non sei sicura che funzionerà, che senso ha provare?

Aisha trovava che quella voce fosse davvero molto allettante. In effetti, perché provare?

«Aisha?» la voce di Flora era fastidiosa, le sue mani sulle sue spalle e tentava di scuoterla, mentre gettava un occhio preoccupato sulla battaglia senza requie – una battaglia inutile – di Re Oritel.

Sì, lui è bravo, ma a che gli servirà? Verrà comunque contagiato dalla forza di Riven. Lui è l'untore, lui è colui che possiede la Gelosia. Tutti quei giovani che lo seguono, sono stati contagiati, e con lui condividono la stessa furia distruttiva. Lo seguiranno ovunque e lo serviranno comunque, a costo di perdere la vita. Prima che lui possa morire, sarà Re Oritel a soccombere, o a venire lui stesso contagiato. È la sorte. Quello Scettro non può niente. Gettalo in mare. Gettalo adesso. GETTALO!

Re Oritel stava ancora combattendo sul muretto del piccolo imbarcadero. Stava cedendo terreno, ma non il suo coraggio: aveva respinto un altro degli attacchi di Nabu e aveva dato un calcio nello sterno di Jason Queen, scacciandolo indietro e riguadagnando un po' di vantaggio per fronteggiare Riven.

Flora continuava a chiamarla e a scuoterla. «Aisha, ti prego, torna in te.»

Cercò anche di prenderle lo Scettro dalle mani, ma non servì a niente: Aisha lo teneva così stretto tra le sue che, neanche con l'aiuto di Musa, la fata dei fiori riuscì a fare qualcosa.

Aveva ragione quella voce disincarnata.

«Mi dispiace, Aisha, mi dispiace tanto!» piagnucolò Flora, ma questo non le impedì di restituirle lo schiaffo che la fata dei fluidi le aveva dato all'inizio di quella lunghissima notte.

Aisha sentì le proprie gambe cedere, capì di essere appena stata sedotta da una Furia... una Furia che si nutriva dell'indecisione e dell'incapacità di agire. Aveva voluto che si liberasse dello Scettro... ciò voleva dire che i suoi dubbi erano del tutto infondati, che era l'oggetto che l'avrebbe portata alla vittoria, che poteva eliminare quella minaccia per sempre.

Sbatté le palpebre e abbassò lo sguardo. «Mi dispiace, amiche mie... mi sono quasi lasciata...»

«Che fate ancora lì?» gridò Re Oritel. «Sbrigatevi!»

A quel suo richiamo accorato, tutti e quattro i suoi avversari si voltarono verso le tre fate, ma apparve Timmy che, ancora mezzo barcollante e con gli occhiali rotti, si frappose tra loro. «Ce la posso fare!» esclamò, come per esortare se stesso a non cedere. «Voi andate, ragazze... andate.»

«Timmy!» esclamò Flora, tra le lacrime. «No!»

Timmy sorrise, mentre loro si libravano in aria, portando dietro anche l'indecisa Flora.

«Dobbiamo andare, Flora. Non possiamo indugiare!» fu Aisha a parlare, con la nuova determinazione data dalla consapevolezza.

Dovevano andare tutte, avevano una possibilità e non dovevano lasciarsela sfuggire, anche se una parte del loro cuore sarebbe rimasta lì, a preoccuparsi per il fidanzato di Tecna che si stava inginocchiando, provato dalle troppe ferite che aveva ricevuto, e anche per Re Oritel che stava cominciando a mostrare tutta la sua stanchezza.

«Andiamo alla collina degli aquiloni!» gridò Aisha. «Presto!»

«Winx Zoomix!» esclamarono all'unisono e, in un istante, il paesaggio cambiò.

Timmy e Re Oritel scomparvero dalla loro visuale e apparve un luogo che non era stato ancora toccato dalla devastazione, un grande prato che dava su uno strapiombo dal quale si poteva vedere tutta la baia di Gardenia. A quell'ora del mattino, con la luce rosata del sole nascente, dava l'idea di essere il posto più pacifico del mondo.

Era lì che era cominciata, non più tardi di due giorni prima. E adesso stava per finire.

Si guardarono l'un l'altra e Aisha si mise nel mezzo, con lo Scettro di Domino sollevato sopra la testa, le mani delle sue amiche premute sulle sue, tutte decise a concentrare il loro potere su quello strumento che le avrebbe salvate.

Aisha riversò i propri sentimenti per Nabu dentro lo Scettro, ricordando i momenti più belli e felici, con una punta di dolce nostalgia e di divertimento il loro primo incontro. Erano sensazioni positive, erano quelle che le facevano palpitare il cuore ogni giorno; pensava alle sue amiche e alle tante persone che avevano reso felici grazie ai cuccioli magici e al potere del Believix.

Le sue amiche stavano facendo pensieri analoghi: la fata dei fluidi lo sentiva dal calore del loro corpo, ricoperto di un alone di magia che era gemello del suo, rosa per Flora, azzurro per Aisha e rosa violaceo per Musa. Erano una sola fata, una sola sensazione positiva e lo Scettro se ne nutrì come se ne fosse stato affamato. Poi si saturò e fu allora che, all'unisono, capirono di dover liberare quel potere.

Lo fecero. E lo Scettro si trasformò: da piccolo e tozzo, divenne lungo e affilato, l'oro giallo si trasformò e divenne del colore dell'argento scintillante, il rubino incastonato cambiò forma e acquisì le sembianze di una punta di lancia affusolata, alla cui base si diramava in due direzioni e si curvava verso l'asta, riproducendo un cuore.

Aisha sorrise: era quella la vera forma dello Scettro di Domino, lo Scettro che avrebbe portato la pace su Gardenia.

Dalla punta della lancia, partì una sottile colonna di luce che bucò il cielo e lo liberò delle stelle che ancora non erano scomparse, poi quando arrivò al suo apice, si spezzò in migliaia di altri piccoli fili che si gettarono su Gardenia, in ogni strada, in ogni casa, su ogni persona.

Gardenia era diventata il centro di una gabbia di luce e i rumori molesti, le grida, le esplosioni, divennero dapprima rade, e poi scomparvero del tutto.

Il sole risplendeva così tanto che, quando una patina d'argento ricoprì la città, i suoi raggi si riflessero lassù e crearono strani giochi di luce che, dal punto di osservazione delle tre fate, risultarono commoventi. Poi tutto questo scomparve. La patina d'argento passò così come era arrivata, come se qualcuno avesse tirato via un velo da sopra la città, le strisce di luce che avevano ricoperto Gardenia si ritirarono dentro la colonna di luce, che scomparve anche questa dentro la punta della lancia.

Lo Scettro di Domino tornò ad essere quel piccolo e tozzo oggetto che Re Oritel aveva lanciato loro nel bel mezzo della battaglia, ma adesso la grossa pietra che c'era stata sopra non era più un rubino, ma uno smeraldo dentro cui vorticavano delle forme indistinte. Flora, Aisha e Musa non riuscirono a trattenere delle risate di gioia e sollievo.

Ce l'avevano fatta: avevano debellato la minaccia delle Furie dal pianeta Terra.


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Salve, ragazze! Rieccomi con un nuovo capitolo che spero vi ripaghi di quest'attesa.
Grazie di esserci.

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Capitolo 19
*** Nella biblioteca proibita ***


Capitolo 19

Nella biblioteca proibita



Tesa come una corda di violino, Roxy stava acquattata dietro la libreria e guardava l'ombra mostruosa che le si stagliava davanti; vedeva solo che era enorme e che, sulla testa, aveva delle grosse corna piegate all'ingiù. Ormai era sicuro che non era Barbatea, la bibliotecaria.

Anche se aveva già fatto l'esca così tante volte che aveva perso il conto, era nervosa. Certo, c'era da dire che le altre volte non era stata proprio costretta da qualcuno, che le Winx erano sempre state dietro l'angolo e che i pericoli erano stati relativi. Ora, però, le Winx non c'erano.

Non riusciva a far smettere al proprio cuore di battere all'impazzata. Era inutile ripetersi che c'era lui a proteggerla. Aveva paura della spia di Alfea, di quell'ombra mostruosa che stava entrando. Anche se aveva in mano quell'enorme tomo, credeva che non sarebbe bastato contro di lui.

Si aspettava di tutto – anche un uomo grande e grosso, o uno stregone capace di tramutarsi in animale come Duman – ma mai un mostro con le corna.

Deglutì ancora. Ce la poteva fare, pensò, le corna potevano non essere molto spaventose, se erano all'ingiù. Ma doveva stare ancora più attenta, se, come sospettava, era capace di farle ruotare in modo che diventassero pericolose.

L'idea la atterriva, ma doveva attenersi al piano di Zephiro che stava per lanciarle il segnale. Doveva anche ricordarsi che aveva un forte vantaggio sull'avversario con le corna: lui non sapeva che lei era lì dietro. Le sarebbe bastato prenderlo alle spalle e tramortirlo col solo aiuto del librone. Aspettò ancora, l'ombra si avvicinava sempre di più e, mano a mano, si riduceva, prendeva sembianze più umane.

Uno schiocco metallico le diede il segnale che aspettava e mai come allora si sentì carica.

Roxy saltò fuori dal suo nascondiglio brandendo il libro come se fosse una grossa pietra. Gridò per caricarsi e sollevò le braccia sopra la testa... si fermò appena in tempo e il libro cadde tra lei e l'intrusa che, voltatasi verso di lei, gridò a sua volta, ma di spavento. Qualcosa cadde a terra, qualcosa che conteneva un liquido, il quale si sparse a terra e le bagnò tutte le scarpe. Aveva l'odore tipico dei solventi.

Roxy guardò allibita la ragazza che aveva davanti, senza riuscire a credere a quello che vedeva: quelle che aveva creduto essere grosse corna erano in realtà due lunghe code legate ai lati della testa. E le sue mani, piccole, erano strette a pugno ed erano salite a proteggere la faccia rigata da lacrime, la bocca aperta per lanciare prolungati lamenti.

«Theril!» sbottò Roxy, ancora tremante per lo spavento. «Che diamine ci fai qui?»

Sentendo la sua voce, Theril sbirciò da dietro le braccia e smise di lagnarsi. «Che cosa ci fai tu, qui?» replicò allora, con voce stridula. «Sei venuta a farmi prendere un'altra punizione? Io... io ero andata a...» abbassò lo sguardo sulla boccetta di solvente rovesciato che era andato a bagnare il libro, oltre che le sue scarpe e l'orlo dei suoi pantaloni, con sommo orrore di Roxy. La ragazza bionda si accigliò. «Stupida che non sei altro! Ero andata a prendere un solvente per la signorina Barbatea e quando torno tu mi aggredisci! Ti vuoi vendicare per oggi, vero? Ti vuoi vendicare per... per...» e tirò su col naso.

Roxy si infuriò. «Cosa ne potevo sapere che eri tu? Mi hai fatto prendere uno spavento! Credevo che fosse la spia di Alfea!»

«Io ti ho spaventata? Guarda cosa hai combinato tu, hai pure rovinato un libro della biblioteca!»

«Eh, no, carina! È stata colpa del tuo solvente! Io ho preso il libro per difendermi!»

«E da cosa?»

«Ma dalla spia!»

«Ah, la spia!» strillò Theril e si guardò intorno, spaventata, mentre le code le mulinavano attorno. «Dove? È qui?»

Roxy fece un sospiro di irritazione. «Non c'è nessuna spia, stupida!» esclamò, accigliata. «Eri solo tu che venivi qui col tuo solvente! Adesso Zephiro mi ammazzerà!»

«Zephiro?» replicò la fata bionda, piccata. «Zephiro è il mio ragazzo, e ti ho già detto che non puoi ronzargli intorno!»

«Ancora con questa storia! Lo vuoi capire che non ci credo più?»

«Guarda che è vero! Sono le altre che sono invidiose e che lo vogliono per loro!»

Roxy non riuscì a dirle che era patetica solo perché l'onda d'urto di una forte esplosione nell'interno della biblioteca costrinse entrambe a terra, tra grida di spavento e detriti, sul libro e sul solvente. Intrecciate l'una nell'altra, le due fate cominciarono a lottare tra loro per guadagnare l'uscita; il fumo cominciò ad invadere la stanza, una fitta nebbia ricoprì l'intera biblioteca fino a terra e le avvolse, insieme ai detriti e pezzi di carta bruciata dall'odore acre.

Roxy era spaventata soprattutto dal suo corpo a corpo con Theril che le tirava i capelli e cercava di scalciarla via, strillando e scuotendo la testa. Non sarebbero riuscite più a respirare se non faceva qualcosa per fermarla. Provò a chiederle di stare ferma, ma la fata bionda non la ascoltava. Alla fine fece l'unica cosa che le riuscì: afferrò le sue stupide code e gliele tirò come se fossero le redini di un cavallo. Theril strillò ancora, ma si calmò.

Roxy riuscì così a liberarsi di lei e delle gambe così strettamente intrecciate alle sue e a sedersi sul pavimento accanto a lei. Ragionò: c'era qualcosa che non andava. Se Theril era lì con lei e c'era la spia di Alfea da qualche parte...

Sollevò la testa di scatto.

«No, no!» la voce di Zephiro ruppe il silenzio che era seguito all'esplosione e alle urla di Theril.

Era così diversa dalla solita, fredda che Roxy aveva imparato ad associare a lui: era disperato, sembrava anche che stesse piangendo, da qualche parte, in quella nebbia, lontano da lei eppure abbastanza vicino perché potesse udire i suoi singhiozzi. Non vedeva niente, sapeva solo dove si trovava Theril che si era avvinghiata a lei così stretta da non lasciarla quasi respirare, e oltretutto piagnucolava e tremava; questo non dava propriamente modo a Roxy di capire che cosa stesse succedendo, ma non tentò di spingerla via, perché anche lei aveva bisogno di un conforto qualunque, anche di quello ossessivo della fata bionda.

Fu allora che sentì di nuovo la voce del principe che, lontana dal punto indistinto in cui si trovava, stava lottando contro qualcuno. «No, smettila, basta. Basta! Basta

«Smettila di resistermi, ragazzino.» la voce che gli rispose era aspra, di ghiaccio, una voce che le faceva accapponare la pelle, una voce carica del più profondo odio.

Il suo primo impulso fu di trasformarsi, ma si chiedeva se fosse una buona idea. E poi cosa avrebbe fatto? Guardò Theril.

«Smettila.» quell'unica parola fu una supplica. E fu anche l'ultima che Zephiro pronunciò, poi il silenzio fu totale, neanche Theril riusciva più a singhiozzare.

Roxy sentì il proprio cuore fermarsi, persino il respiro della fata al suo fianco si era del tutto interrotto. Non si sentì rumore di passi, né in un verso né nell'altro, era come se chiunque avesse fatto del male a Zephiro – di questo Roxy ne era sicura – si fosse fermato per vederlo morire. E se fosse veramente questo quello che aveva fatto? L'aveva colpito a morte?

Roxy perse un battito, di nuovo.

Ma, dentro di lei, quella forza che aveva sentito poche volte, ma che era sempre stata presente, quel potere che Bloom le aveva insegnato a riconoscere, le chiese di agire; lei voleva farlo, voleva salvare Zephiro. Non le stava, poi, così antipatico, anche se parlava a sproposito. Loro due erano simili, stavano affrontando cose troppo grandi per loro e lei capiva benissimo come ci si sentiva. Non l'avrebbe lasciato da solo neanche se ne fosse andato della propria vita. In qualche modo, sapeva che anche lui, con tutto che aveva cercato di contrastarla, l'avrebbe fatto.

Afferrò la mano di Theril che, silenziosamente, sussultò.

«Dobbiamo vedere cosa è successo.» le disse Roxy, a bassa voce.

«No!» pigolò lei, afferrandole la spalla con maggior vigore e trattenendola a terra. «Non possiamo! Ci ucciderà!» le uscì solo un singulto dalla bocca e lacrime copiose scivolarono sulle sue guance. Roxy era indignata: lei lo considerava il suo ragazzo! Avrebbe dovuto essere quantomai determinata a salvarlo, se c'era una minima possibilità, invece se ne stava lì a frignare come se non ci fosse più niente da fare. La disprezzava, la disprezzava davvero.

«E queste sarebbero le fate di Alfea?» Roxy, arrabbiata con lei, tentò di alzarsi di nuovo, ma strattonata da Theril che piangeva disperata, fu costretta a rimanere dov'era.

«Non lasciarmi sola, ti prego!»

Adesso che aveva gli occhi gonfi e rossi, che il suo viso era paonazzo e che tutto il suo corpo tremava con così tanta veemenza, Theril somigliava di più a quella goffa ragazzina che seguiva lei e il suo codazzo di amiche bellissime e sicurissime di loro stesse che avevano abbassato lo sguardo quando le altre alunne l'avevano denunciata per la magia che aveva scagliato contro Roxy.

Adesso, la stessa Roxy non riusciva a fare a meno di sentire un po' di pena per quella ragazza.

«Torna indietro.» le disse, più risoluta di quello che si sentisse. «Vai ad avvertire la preside Faragonda, Grizelda... insomma, qualcuno.»

Theril tirò su col naso, ma non la lasciò andare. «E... e tu? Andiamo insieme. Non voglio stare sola!»

Ma Roxy ormai aveva deciso. «Tu fai quello che vuoi, io devo salvare Zephiro!»

Theril si pulì il naso con la manica sporca di solvente. A Roxy venne quasi da ridere per quanto sembrava smarrita, ma si trattenne. Sentiva nel cuore l'urgenza di andare a salvare Zephiro. Basta! Rabbrividì nel ricordare quelle parole disperate; si chiese se era possibile che Zephiro conoscesse il suo aggressore, che conoscesse l'identità della spia di Alfea, che l'avesse sempre conosciuta e che anche lui fosse coinvolto.

«N-no, non mi lasciare!»

Roxy le lasciò andare le mani, con sommo dispiacere della fata bionda che piagnucolò ancora più forte. «Cercherò di vedere che cosa è successo e...» deglutì. «Di fare da esca. La porteremo direttamente tra le braccia di Faragonda. Ma tu devi...»

Theril parve pensosa per qualche momento, poi dovette vedere qualcosa di buono in quel piano, perché annuì. «N-no!» disse, in tono piagnucoloso. «Io non me ne vado! Ho paura!»

A Roxy era parsa una bella idea, anche se non sapeva quanto lo sarebbe stata per lei, sempre che la spia non la facesse a pezzi o che, anche Roxy stessa, chiedesse una morte pietosa come aveva fatto Zephiro. Basta! Sentendo rintoccare quella parola nella sua testa, non riuscì più a trattenere il potere dentro di sé e, quando esplose, lei si era trasformata in una fata.

Guardò Theril e la esortò a muoversi a fare lo stesso, e lei lo fece. A Roxy era parso, prima che la luce la avvolgesse, che la fata bionda avesse provato anche un certo timore, nel guardarla e questo le fece piacere.

Solo che non sapeva come incutere lo stesso sentimento contro la spia di Alfea.

«Vai.» sibilò a Theril. «Vai a chiamare Faragonda!»

Ma ancora una volta, Theril disse: «N-no!»

Roxy strinse i pugni, per evitare di colpire quella scema, poi raccolse il libro che gocciolava di solvente e si costrinse a camminare: avrebbe tramortito la spia di Alfea come aveva già detto che avrebbe fatto, oppure avrebbe corso più veloce di lei e avrebbe svegliato mezzo castello.

Fece qualche passo avanti, aggirò la scrivania della bibliotecaria, sempre con Theril alle calcagna. Insieme, si addentrarono ancora di più nella biblioteca. Avevano entrambe quasi paura di respirare e Roxy esitava a chiamare Zephiro e attirare su di sé l'attenzione: in quel caso, quel libro che teneva davanti al corpo come se fosse stato uno scudo non sarebbe stato più utile di un paio di pinzette per le unghie.

La nebbia che era derivata dall'esplosione le impediva di vedere più di un palmo dal proprio naso, ma da che aveva riconosciuto al tatto una delle librerie, era riuscita a sentirsi vagamente più sicura: camminava con le spalle contro di essa per evitare che qualcuno le arrivasse alle spalle, ma era molto difficile muoversi come un granchio e poter stare attenta a ben tre angolazioni dalle quali sarebbe potuta spuntare la minaccia. Theril, poi, era completamente inutile: tremava e gemeva ad ogni nuovo passo e ogni volta che Roxy muoveva la testa da una parte all'altra, incassava la testa nelle spalle e chiudeva gli occhi. Era pure inutile ripeterle di andarsene.

Il fatto che la preoccupava più di tutto era che non avesse incontrato da nessuna parte Zephiro. Ricordava fin troppo bene il suo tormento, il modo in cui aveva pregato per essere lasciato andare. Le sue parole ancora rimbombavano nella sua mente con così tanta vividezza che ancora la turbavano; la sua voce si era spenta e da allora non aveva più sentito un rumore provenire dalla biblioteca.

Arrivò in fondo al corridoio tra due scaffali. Fu allora che intuì chiaramente chi era stato a gridare prima che lei e il principe di Flabrum entrassero nella biblioteca: una donna con i capelli vaporosi e un abito nello stile di quelli di Faragonda. Se ne stava riversa sulla schiena, gli occhi vitrei puntati verso l'alto, la bocca semi aperta in un'espressione di terrore mista a stupore, gli occhiali storti sul naso stretto.

Roxy si sentì rimescolare il sangue nelle vene, mentre Theril cercava di soffocare un grido. «Barbatea!» disse, in un tono di voce acuto e pigolante. «Che cosa le è successo? La spia l'ha uccisa!»

Roxy, infastidita da tutto quel piangere inutile che non le avrebbe aiutate a trovare la spia o a passare inosservate, si avvicinò circospetta alla donna, guardandosi intorno, alla ricerca di quel nemico che aveva provocato tutto quello. Invece non trovò niente, se non la nebbia. Si inginocchiò e allungò una mano sulla bocca della donna. Sentì il palmo venire investito da un sibilo d'aria che pareva un rantolo. «E' viva.» fece sapere alla sua compagna. «Forse è stata colpa delle Furie.»

Di nuovo, Theril ricorse a quel suo spaventato strillo soffocato. «E... e Zephiro?» domandò, poi.

Roxy cercò di sondare la nebbia.

Si chiedeva se, per caso, non avesse sbagliato strada e il ragazzo fosse da tutt'altra parte rispetto a lei. In fondo, era facile perdersi, in tutta quella nebbia. Se solo avesse avuto Artù, con lei, non ci sarebbero stati problemi: l'avrebbe condotta da Zephiro senza colpo ferire, senza perdersi neanche una volta. Ogni tanto pensava che le sarebbe piaciuto avere l'olfatto di un cane e, adesso, ne sentiva distintamente la necessità. Solo che, se avesse avuto Artù al proprio fianco, si sarebbe sentita molto più sicura. Ma in fondo era meglio così: non voleva che il suo migliore amico si facesse del male, non voleva che corresse più rischi di quelli che aveva corso.

Si rialzò, portando con sé il libro che le aveva procurato Zephiro. «Vieni, andiamo avanti.»

Ben presto si accorse che la strada era quella giusta: c'era un mantello bianco strappato per terra e alcune macchie di sangue... Zephiro doveva essere passato di lì, proprio sulla soglia di un passaggio protetto da una cancellata d'oro, spalancata. Sembrava risplendere di luce propria, anche in mezzo alla nebbia, come se quello fosse un cancello che conducesse addirittura in un altro mondo. Roxy rabbrividì.

Si mosse a disagio sul posto, trattenendo stretto il libro tra le braccia.

«No, ferma!» la voce di Theril era ridotta al solito pigolio.

Roxy si voltò a guardarla con aria omicida. «Che c'è, adesso?» sbottò.

«Quella... non si può entrare da quel cancello.»

«Ti pare? È aperto.»

«Ma è la biblioteca proibita!»

Roxy non la ascoltò più. Liquidò la faccenda con un: «Tanto non sono una studentessa.» e varcò la soglia.

Si era quasi aspettata che succedesse qualcosa, che si attivasse un muro magico, una botola o qualcosa del genere. Invece il pavimento rimase intatto, i suoi piedi ancorati al terreno. Non accadde nulla più che far sgranare gli occhi di Theril. «Dai, muoviti.» la esortò.

Allungò una mano per prendere quella dell'altra fata, quando quest'ultima sgranò gli occhi e lanciò un grido: «Roxy, attenta!»

L'interpellata si girò, vide l'ombra nera che stava sfrecciando verso di lei. Spiccò il volo, colpì di testa il soffitto e quando crollò a terra, mille puntini di luce le invasero il campo visivo. Confusa, si mosse a tentoni, priva di senso di orientamento. «Theril.» chiamò. «Ehi, Theril, dove sei?»

Ma nessuno le rispose.

Proseguì con il solo tatto per un po'. Trovò Theril, riconobbe le sue code e le posò le dita sul viso, sotto il naso. Respirava ancora, un respiro molto lento, di chi si sia assopito. Mentre riprendeva l'uso della vista la vide e gemette: la fata bionda aveva gli occhi vitrei piantati sul soffitto. Roxy non ebbe dubbi su quello che le era successo e una valanga d'orrore le cadde addosso. Adesso era sola. Adesso avrebbe dovuto fronteggiare da sola una minaccia ignota e crudele che ghermiva le persone, le fate, in quel modo. Avrebbe voluto che Bloom fosse lì con lei, che le facesse coraggio, ma era sola e questo le fu così chiaro da spaventarla tanto, abbastanza perché le si mozzasse il respiro in gola. Si accorse in quel momento che la presenza di Theril, per quanto ingombrante e inutile, era stata confortante. «Zephiro ha bisogno di aiuto.» mormorò a se stessa. E fu solo per questo che riuscì ad andare avanti. Era colpa sua se si erano trovati in quella situazione.

Entrò in quella che Theril aveva chiamato biblioteca proibita con passo malfermo e insicuro. I libri sembravano guardarla dagli scaffali, sembravano contorti e le loro copertine sembravano sussurrare qualcosa di oscuro e misterioso. Era come se volessero invitarla a prenderli o sconsigliare di farlo e lei ascoltò questo secondo impulso, mentre, con le mani strette intorno al librone, avanzava sempre più all'interno, verso il buio, verso un punto in cui credeva che una spia, chiunque fosse, si sarebbe di certo addentrata. Ma non c'erano rumori, a parte quelli dei suoi passi e del suo cuore che le rimbombava nelle orecchie. «E dopo che gli avrò lanciato il libro?» sussurrò a se stessa, come se ci fosse un'altra se stessa. «Scappo? Chiamo aiuto?» gemette, ma continuò ad avanzare. Il pensiero di Theril e Zephiro era l'unica cosa che non la faceva correre via a gambe levate, non avrebbe reso vano il sacrificio di lei e non avrebbe lasciato lui nei guai per niente al mondo.

Arrivò in fondo al corridoio, la biblioteca proibita scivolava con una rampa in un luogo ancora più oscuro. Roxy si sporse. «Z-Zephiro?» chiamò nel buio.

Nessuna risposta.

Continuò a scendere. Arrivò in fondo alla rampa e trovò una biblioteca dalle pareti rosse, gli scaffali contorti e alcuni ritratti. In uno vide un uomo affascinante con lunghi capelli biondi, un lungo giaccone di uno strano color prugna e un sorriso crudele, poi un altro su cui erano ritratte tre donne vecchie e contorte e in un'altra altre tre, più giovani, con strane tutine di colori diversi e una lettera sulla cintura I, D, S. Si chiese che significassero, ma lasciò stare. Andò avanti. E quando li vide, gridò e, nella foga di indietreggiare incespicò nei propri piedi e cadde. Erano proprio gli Stregoni del Cerchio Nero! Tutti e quattro, brutti e ripugnanti e vestiti di nero, pallidi e malvagi come sempre. Come erano riusciti a trovarla?

Era pronta a vender cara la pelle, quando, nello sforzo di rialzarsi, si rese conto che tutto era fin troppo tranquillo. Nessuno ringhiava, nessuno sembrava essere intenzionato a sferrarle un attacco e soprattutto, quei quattro stregoni continuavano a sogghignare senza muovere neanche un muscolo. Guardando meglio, si rese conto di essere una vera imbecille e arrossì da sola al pensiero di quanta paura avesse avuto per nulla: anche gli Stregoni erano stati immortalati su tela, come gli altri. «Chi mai terrebbe un quadro di così cattivo gusto?» si domandò.

Il suo sguardo vagò in giro per la grande stanza contorta, aspettandosi di vedere qualche altro mostro, magari un'altra delle forme degli Stregoni, o magari il vero aspetto di Nebula, invece notò un corpo riverso a terra in una nicchia vuota.

Roxy ebbe un sussulto. «Zephiro!»

Corse verso di lui e gli si inginocchiò accanto. Lo tirò un po' su, tenendolo per le spalle, quel tanto che riuscì a fare col corpo pesante del ragazzo. Sembrava stordito, ma di sicuro non era morto. Lo chiamò di nuovo, lo scosse e lui, gemendo, si riebbe. «Che... che succede?» domandò, confuso. Mosse gli occhi, quello dorato che sembrava vorticare come un cumulo di foglie in balia del vento, mentre l'altro era quieto e vacuo. «Dove... Roxy... Roxy, dove siamo?»

«Nella biblioteca proibita... o qualcosa del genere... come sei arrivato qui?»

Lui si rimise a sedere, allontanandosi da lei. Si piegò su se stesso e riprese a stropicciarsi gli occhi. «Non lo so.» mormorò, quando ebbe smesso. «Non ricordo niente. Non riesco a ricordare un sacco di cose... ci sono dei vuoti. Io... lei... è stata lei e io non ho potuto fermarla. Credevo di esserci riuscito, ma... come ho fatto a non capire?»

«Chi? Di che parli?» Roxy cominciava a sentire una certa inquietudine, mentre lei parlava. «Lei chi? A fare cosa? Parli della spia?»

Zephiro si guardò le mani, così vicine al viso. Sembrava affaticato, come se stesse reggendo un peso troppo grande per lui. «Ha fatto tutto lei. Ha cominciato ogni cosa. Ha alimentato la gelosia e l'invidia di Theril nei tuoi confronti... voleva lei, l'ha presa con sé e poi... e poi ha preso anche...» si voltò lentamente, guardò oltre ad una stralunata Roxy per un lungo istante con gli occhi così vuoti che sembrò entrare in una specie di trance. La ragazza non capiva, quello strano ragazzo aveva cominciato a dire cose senza senso, in un certo tono lugubre che le fece accapponare la pelle. «Forse è meglio se...» ma si interruppe, perché lui guardava dietro di lei e non poté fare a meno di guardare a sua volta, per cercare di capire che cosa mai avesse potuto provocare quella reazione. Si aspettava di vedere qualcun altro di raccapricciante, la spia. Era pronta a vender cara la pelle.

Ma, quando vide lui, il sollievo la sciolse e la fece ridere. Balzò in piedi. «Papà!» gridò e fece per abbracciarlo. Ma si accorse che c'era qualcosa di strano. «Papà, che ci fai qui?»

Successe tutto in un lampo, ma a lei parve che succedesse al rallentatore. Vide la sbarra di ferro che Klaus teneva in una mano e che, lentamente, portò al di sopra della testa, come se fosse una spada. Roxy lo guardava, suo padre guardava lei con uno strano sguardo vuoto e un ghigno maligno.

«Roxy, scappa!» gridò Zephiro, ma Roxy non si mosse. Era imprigionata negli occhi di suo padre, lo guardava e non capiva quasi che cosa stesse succedendo, mentre la sbarra di ferro calava verso di lei. «Roxy!» una mano potente la afferrò e lei vide il suo mondo rovesciarsi. La mano la scaraventò a terra, la sbarra di ferro calò con un tonfo sul punto in cui un attimo prima c'era stata lei. Per un lungo attimo la fata degli animali non capì che cosa stesse succedendo e cosa avesse significato tutto quello. Poi il suo cervello registrò la verità tutto insieme: suo padre aveva provato a falciare la sua unica figlia come se fosse stata un inutile ostacolo sul suo cammino.

«Papà!» gridò Roxy, liberandosi delle mani di Zephiro, che l'aveva salvata. «Papà, che fai? Non vedi che...»

«Non discutere con lui!» gridò Zephiro, tirandola in piedi con urgenza. «Scappiamo!»

E, prima che lei potesse pensare di fare qualunque cosa, la allontanò di nuovo dalla traiettoria del secondo colpo. «Papà!» la ragazza allungò il braccio verso di lui, ma il principe di Flabrum opponeva una fiera resistenza e la trascinò letteralmente verso l'interno della biblioteca.

«Dobbiamo scappare! Sbrigati o ci farà a pezzi!» la incitò.

«No!» lei cercò di svincolarsi più che poteva, ma non servì a niente: Zephiro la tratteneva in modo ferreo e deciso. Klaus non fece niente per fermarli, anzi li seguiva con indolenza e un certo compiacimento come se sapesse che non potessero scappare e allora poteva prendersela più comoda che mai. Rideva un ghigno maligno come le sei donne nei loro ritratti e gli Stregoni del Cerchio Nero e l'altro uomo con il giaccone color prugna. «Mio padre!» gridava lei, angosciata, mentre correva, spinta da Zephiro, ogni tanto occhieggiando dietro di sé. «Papà! Papà, svegliati!»

«Sbrigati!» gridò Zephiro e la fata degli animali sentì subito dopo una folata di vento che le si levava da sotto i piedi che la rendeva leggera come una piuma. Solo così Zephiro riuscì a trasportarla senza difficoltà fino alla fine del corridoio, dove una scalinata lunga e ripida si dipanava verso l'alto e che terminava in una porta chiusa. Erano senza via d'uscita e Klaus continuava a ridurre la distanza.

Roxy non capiva come potessero essere arrivati a tutto questo. Zephiro era troppo preso dal desiderio di correre e di sfuggire per prestarle attenzione, per fare qualcosa di così banale come rispondere ad una domanda. Lei era in sua balia e questo le bastò per rimanere incredula del modo assurdo in cui si era ripreso subito e correva come se non fosse stato aggredito.

«Papà...» gemette, guardando dietro di sé il padre che le rivolgeva il ghigno malvagio delle donne dei ritratti. Le venne da piangere. Suo padre non l'avrebbe mai guardata così, mai. È Alfea, pensava. Alfea aveva rovinato tutto. Alfea non era la scuola meravigliosa che le Winx le volevano far credere che fosse, non era quel meraviglioso castello rosa e dorato che aveva visto la mattina. Era un luogo buio, oscuro e crudele, dove le fate erano cattive e suo padre era un mostro e un ragazzo strano la stava portando lungo una scala senza via d'uscita.

Stava per mettersi a piangere, quando si fermarono davanti ad una porta sbarrata.

Zephiro si fermò lì di fronte, ma si guardò indietro. Klaus saliva ogni gradino con lentezza esasperante. Roxy sapeva di dover fare qualcosa per salvare suo padre da Alfea. «Papà!» gridò, allora. «Papà, torna in te.» provò ad attingere al proprio potere, ma le sembrava di non averne e, anche se avesse potuto attingervi, non sapeva come usarlo.

«Non ti sentirà.» la voce di Zephiro era fredda come ghiaccio.

«Che dici? Certo che mi sentirà. È mio...»

«Lui non ti sentirà! Non è più l'uomo che hai conosciuto!» Zephiro allungò una mano sulla porta chiusa e la appoggiò, il palmo guantato aperto. «Da qui si va verso l'ufficio di Faragonda... «Dobbiamo trovare un modo per aprire la porta!»

««Non me ne frega niente di dove andiamo!» gridò lei, furibonda. «Vuoi lasciare mio padre in queste condizioni? Di lui non ti importa niente! Tu... tu... sei solo un egoista!»

«Ora stai zitta!» tuonò lui.

Roxy non riuscì a non ubbidirgli. Le sembrava quasi di sentire la voce di quella stessa donna che l'aveva catturata nel bosco di Gardenia, da qualche parte, nei recessi della sua mente, come se non se ne fosse mai andata. Ma la scacciò, perché suo padre era più importante, aveva bisogno di lei e Bloom le aveva insegnato che, a dispetto di tutto, doveva essere coraggiosa, doveva fare qualunque cosa. E lei aveva promesso. Lei era l'ultima fata della Terra, lei doveva proteggere i terrestri e la loro fede nella magia. «Papà! Papà, ascoltami! Sono io, mi senti? Lo so che puoi sentirmi! Ascoltami! Lotta contro quella Furia che ti ha preso! Lo so che puoi farlo! Io lo so! Tu sei mio padre e io lo so che provi dell'affetto per me! È sempre stato così! Siamo sempre stati io e te! Possibile che tu l'abbia dimenticato solo perché una stupida Furia ha preso la tua mente?!»

Chiuse gli occhi, cercò dentro di sé il proprio potere. «Smettila.» la voce di Zephiro, dietro di lei, era debole, mentre dalle sue mani scaturivano folate di vento che volevano forzare la porta. «Non funzionerà mai.»

Non lo ascoltò, lei doveva salvare suo padre. Lui, che era andato ad Alfea per lei, che l'aveva cresciuta e sostenuta in ogni modo, sempre, anche adesso che sapeva che era strana e diversa da tutte le ragazzine terrestri della sua età. Trovò la fonte del proprio potere e lo trattenne. Spiccò il volo, pronta a lanciarsi verso di lui e toccarlo con il potere di fata. L'avrebbe liberato? Non lo sapeva, ma doveva fare un tentativo. L'avrebbe toccato come aveva toccato Artù per liberare la sua coscienza e aiutarlo a parlare. Ma una forza irresistibile la prese per una caviglia e le fece sfuggire l'incantesimo.

Si girò, cercando di capire cosa fosse stato, provando ad attingere alla propria aggressività per liberarsi e fu davvero sorpresa di vedere che era stato Zephiro. «Lasciami andare!» si divincolò. «Che fai? Lasciami!» gridò, affondando nella propria disperazione. Perse il potere, la volontà, rivide il buio in cui era stata intrappolata prima del risveglio.

E subito ne fu strappata. Percepì un grido, un fascio di luce che entrava dentro di lei e ne usciva e correva veloce verso il padre che aveva interrotto la sua salita indolente e adesso guardava quella luce con curiosità. La sua espressione crudele divenne terrorizzata. Il fascio lo colpì dritto nel petto e lo trapassò. Barcollò. Roxy gridò di orrore, mentre cadeva, ruzzolava giù per le scale. «Papà!»

«Ci penso io!» e qualcuno di familiare le sfrecciò davanti, volando, in un turbinio di rosa e verde, prima che si fermasse e lanciasse qualcosa di rosato intorno a Klaus.

Roxy sgranò gli occhi, quando capì che si trattava di Morphix e che la persona che aveva parlato era Aisha. La fata dei fluidi si era voltata verso di lei e le sorrideva. In mano aveva uno strano oggetto con un pomo sulla parte alta, grosso come un'arancia e particolarmente pacchiano. «Siamo arrivate in tempo, vero?»

«Ma cosa... dove...» Roxy balbettava.

«Ti piace?» volle sapere Aisha, intercettando la direzione del suo sguardo. «Lo Scettro di Domino ti ha salvato dalla Furia che aveva posseduto tuo padre!»

«Io...» Roxy, incapace di dire alcunché, si girò e vide che, alle sue spalle, la porta era spalancata e che c'era un altro uomo, insieme con Zephiro, un uomo col pizzetto e i capelli castani, vestito in modo strano, con una spada dalla lama enorme davanti e poi altre persone dietro di lui. Erano Riven, Helia, Flora e Musa. «Ragazzi!»

«Ehilà!» la salutò Musa, allegra, agitando la mano.

Zephiro guardava tutto questo, mentre teneva lei per il piede, ancora. Tanta era stata la sua sorpresa che neanche se n'era accorta.

«Principe Zephiro.» lo salutò l'uomo strambo, in tono così cordiale che sembrava che fossero ad un party.

«Re Oritel.» rispose il ragazzo, più compassato.

L'uomo, quello che Zephiro aveva chiamato re, sorrise a lei. «Piacere di conoscerti, Roxy. Vorrei che ci fosse più tempo per i convenevoli, ma devo cercare la spia di Alfea. Auguratemi buona fortuna!» disse così, e con la spada in pugno si lanciò sulle scale, scomparendo rapidamente alla vista. Lo seguirono tutti gli Specialisti e Musa.

«E' re Oritel, il padre di Bloom, quello biologico.» rispose Aisha, alla domanda rimasta inespressa della fata degli animali.

«Ma...» continuò a balbettare Roxy. «Mio padre...» e guardò verso il Morphix che lo teneva imprigionato, la sua testa reclinata su di un lato, mentre faceva qualcosa che somigliava a dormire, una cosa così semplice che adesso la terrorizzava.

«Stai tranquilla.» Aisha le volò vicino e le toccò gentilmente una spalla. «Starà bene, vedrai. La Furia non lo possiede più. È qui dentro!» e agitò appena lo Scettro pacchiano.

«Principe, lasciala andare, ti pare il modo di tenere una ragazza?» disse, invece, Flora a Zephiro.

Zephiro, esortato da quelle parole, arrossendo anche un po', la lasciò andare. Roxy si sarebbe subito fiondata dal padre, ma Aisha le sbarrava la strada. «Lo so che ti è difficile stargli lontano, ma non possiamo lasciarti lì, con la spia che imperversa in biblioteca. Non ti preoccupare. Ti prometto che sarà un po' intontito, ma andrà tutto bene. Finché starà lì sarà impossibile contagiarlo nuovamente e, per quello che sta succedendo, è meglio così.»

Roxy non capì. Un'ondata di panico e di confusione, insieme con tutta la disperazione del mondo le si erano rigettate addosso. «Oh, Aisha!» si buttò tra le sue braccia, in cerca di consolazione e di una via di fuga. Le veniva da piangere e non si fece scrupolo a farlo, allora, mentre la fata le accarezzava i capelli con fare materno.

«Su, su, andiamo. Adesso va tutto bene, siamo qui, siamo insieme, c'è lo Scettro di Domino... adesso andrà tutto a meraviglia, vedrai!»

«Non ne voglio più sapere niente!» protestò Roxy, tra le lacrime. «Basta con la magia, basta con tutto! Hanno preso di mira anche mio padre! Come possono fare questo? Come?»

«È terribile ed è ingiusto, lo so, piccola Roxy, ti capisco. Non sai quante volte è capitato anche a me, a Bloom, a tutte le altre, di sentirci così, come se volessimo liberarci di tutte le responsabilità. So come ci si sente, ma è adesso che si deve vedere il tuo coraggio. Io lo so che ce l'hai! Le Furie ti hanno attaccato e ti hanno liberato perché la tua forza d'animo è fuori dal comune, so che ce la puoi fare. Ce la faremo insieme, non sarai sola! È quasi tutto finito!»

Roxy non ce la fece a replicare. Non se la sentiva di dire niente, non aveva modo di confutare quelle parole a cui non credeva minimamente, la fine le sembrava lontana come non mai. Si lasciò condurre, però, docile, fin dentro l'ufficio, dove Flora e Zephiro erano rientrati prima di loro e adesso guardavano dalla grande vetrata dietro la scrivania vuota di Faragonda. Era da poco passata l'alba, il sole era chiaro e faceva sfumare le nuvole nei colori del rosa e dell'arancio.

«Ma come avete fatto a trovarmi?» domandò la fata degli animali, rendendosi conto di come fosse stato provvidenziale il loro arrivo.

Aisha ammiccò, allegra. «E' presto detto: abbiamo debellato le Furie dalla Terra e poi siamo venuti qui perché re Oritel ci ha detto che avevate bisogno di noi. A quanto sembra, siamo proprio arrivate al momento giusto! Stavamo atterrando, quando abbiamo sentito l'esplosione e così siamo corse immediatamente nella Biblioteca.»

«Ho visto i cancelli aperti e Faragonda ha capito che cosa stava succedendo.» si intromise Flora, dopo averla stretta in un rapido abbraccio. «Diceva che la spia di Alfea sarebbe entrata nella biblioteca degli insegnanti e così ci siamo diretti immediatamente qui... sapevamo che la spia cercava di entrare nella biblioteca proibita per carpire alcuni segreti... la biblioteca degli insegnanti era la sua meta più vicina.»

Aisha ammiccò. «Ed ecco che abbiamo salvato te e Zephiro. Comunque, Roxy,» e si avvicinò a lei con fare cospiratore. «a parte tutto, il principe di Flabrum non è niente male e lui sembra molto protettivo nei tuoi confronti... avanti, racconta, cosa c'è tra voi?»

Roxy divenne paonazza, di fronte a quelle insinuazioni. «Ma... ma niente!» sbraitò. Guardò lui, per avere man forte, ma quando lo guardò vide che era di nuovo pallido e smunto e più che dare retta alle fate, si tormentava l'occhio azzurro, adesso.

In basso, al centro del parco, un piccolo gruppo di persone tra cui c'era la preside e anche l'ispettrice Grizelda e altri che Roxy non conosceva sembrava intento ad usare la magia contro il cielo. La fata degli animali si accorse ben presto che non era il cielo il loro bersaglio, ma una cupola invisibile che appariva ogni qualvolta un lampo azzurro la colpiva. Rimaneva visibile per il tempo di un battito di ciglia poi scompariva lasciando il posto al niente, come se questa cupola non esistesse.

«E' la barriera protettiva di Alfea.» spiegò Zephiro, in tono tetro, spossato. «La preside l'ha eretta quando sono arrivato io... per proteggere le studentesse dalle Furie.»

«Non ha funzionato granché.» ribatté Aisha, sconsolata.

«No, infatti.» confermò il principe. «Non servirà a niente, tutto questo... le Furie sono qui dentro... sono state liberate, attirate dai sentimenti delle fate... loro sono sempre state qui.»

«E tu come lo sai?» domandò Aisha, dubbiosa.

Zephiro scosse la testa e abbassò lo sguardo.

Nessun altro ebbe il coraggio di dire niente. Continuarono ad aspettare, guardando verso il basso gli insegnanti che cercavano di rafforzare la barriera. Poi successe qualcosa: l'ispettrice Grizelda interruppe la sua magia per avvicinarsi a Faragonda, parlarono per un po', poi la preside indicò verso l'interno della scuola. Grizelda guardò, annuì e si allontanò dal resto del gruppo, presto seguita dal professor Avalon e da Wizgit.

«Che cosa sarà successo?» volle sapere Flora, apprensiva.

«Non lo so.» mormorò Aisha. «Lo scopriremo presto, immagino.»

«Dovremmo dare una mano.» propose la fata dei fiori. «Possiamo rendere più compatta la barriera o qualcosa di simile. Con lo Scettro...»

«E'... pieno.» sospirò Aisha, che ancora lo stringeva tra le mani. «Guarda la pietra di contenimento.»

«E allora non c'è niente che possiamo fare!» di nuovo Zephiro, il solito uccellaccio del malaugurio che riprese a strizzarsi ferocemente l'occhio sinistro.

Roxy si accigliò. «Qualcosa dovremmo pure tentare! Non possiamo lasciare che le fate di Alfea vengano tutte inghiottite dai loro sentimenti negativi!»

«E cosa tenteresti, sentiamo? Le Furie sono qui... sarete bersagli facili... lo saremo tutti.»

Aisha annuì. «Ha ragione, ma non possiamo stare qui con le mani in...» si interruppe, quando il suono delle voci che proveniva dall'interno della biblioteca degli insegnanti si fecero più forti.

Re Oritel si affacciò per primo dalla soglia. Helia uscì subito dopo di lui, mentre Timmy, Riven e Musa ancora non erano tornati. Sia lo Specialista che il re di Domino erano particolarmente pallidi e tesi.

«Dov'è mio padre?» esclamò subito Roxy, correndo loro incontro. «Come sta?»

«E' ancora nel Morphix, tranquilla.» la blandì Helia, posandole una mano sulla spalla con fare rassicurante. «Non gli accadrà nulla, finché sarà lì dentro.»

«Sì, ma... la spia...»

«La spia è riuscita a scappare.» le fece sapere re Oritel, ma aveva la mascella contratta. Sembrava che stesse sforzandosi di non dire qualcos'altro. «Beh, comunque ho lasciato che Musa e i ragazzi continuassero a perlustrare la zona, ma non mi sento molto tranquillo... prima partiremo per Flabrum meglio sarà. Dobbiamo muoverci immediatamente, ragazzi.»

Zephiro trasalì. «Per Flabrum? Che vi salta in mente, re Oritel?»

Il re lo guardò con solennità. «E' tempo che tu torni sul tuo pianeta d'origine, figliolo.»

Il ragazzo fece per dire qualcosa, quando una fitta particolarmente dolorosa all'occhio lo costrinse a portarvi di nuovo la mano. Barcollò gemendo e si fermò solo quando la parete gli impedì di andare più oltre.

«Che ti succede?» gli chiese Roxy, facendo qualche passo verso di lui. «Zephiro?»

«Niente...» rispose lui, pieno di rincrescimento e disperazione. «E' troppo forte. Non resisto... è troppo più forte.»

«Cosa?» domandò Aisha che lanciò un'occhiata confusa a Flora. «Che ti prende, principe? Sei ferito?»

Zephiro scosse la testa.

«La spia di Alfea deve avergli fatto qualcosa. Lo ha aggredito... l'ho trovato a terra privo di sensi e... e gridava...» mormorò Roxy che si sentiva in colpa per lui. Si torse le mani. «Se non fossimo entrati in biblioteca...»

Re Oritel mugugnò una lunga nota bassa di preoccupazione.

In quel momento, mentre Roxy tentava una spiegazione più esauriente, mentre si ricordava che anche Theril e Barbatea erano nella biblioteca delle studentesse, tutte e due svenute, arrivò la preside Faragonda, seguita da Wizgit e un alto professore con una massa di fluenti capelli biondi e le orecchie a punta. Chiudeva la fila il professor Codatorta di Fonterossa.

La preside era pallida. «Le Furie...» disse. «Alcune delle mie fate sono state prese e alcuni dei professori sono... sono stati posseduti. Avalon sta cercando di usare una magia di contenimento, ma non sappiamo quanto passerà ancora prima che lui stesso venga posseduto. Oritel, ragazze. Specialisti, è meglio che partiate subito.»

«Sì, non c'è tempo da perdere.» confermò il re di Domino. «Vita o morte, non c'è altro da fare.»

«Non possiamo andarcene via così!» esclamò Flora, in tono stridulo. «Preside, se dobbiamo aiutare...»

«Non c'è niente che possiate fare qui.» replicò brusca Faragonda. «Che cosa pensate di poter fare, se una Furia vi prendesse? Lo Scettro non può aiutarci, finché non raggiungerete Flabrum e vi ricongiungerete alle altre e... Oritel vi dirà tutto strada facendo. Avevamo in mente di farvi partire comunque, ma adesso è più importante che mai.»

Zephiro sollevò appena la testa, la sua espressione di puro dolore nascondeva anche una buona traccia di qualcos'altro, un misto di rassegnazione e trionfo. Roxy si ritrovò a guardarlo, a vedere tutto questo e a provare inquietudine.

«Sky e Brandon stanno mettendo in moto l'Owl in questo momento, con loro c'è Grizelda che li terrà al sicuro dal potere delle Furie, per quanto possibile...» stava dicendo Faragonda. «ma non possiamo continuare così. Sta per abbattersi la più grossa crisi mai vista sulla Dimensione Magica. Tutte le fate verranno distrutte, se le Furie verranno lasciate libere di vagare, l'equilibrio su cui si regge il mondo verrà spezzato, se i sentimenti positivi verranno distrutti e sarà permesso al male di vincere. Oritel, tu lo sai che cosa deve essere fatto. Torna non appena avrai ciò che serve, lascia agli Specialisti e le Winx il compito di mettere Zephiro sul trono.»

Il re di Domino annuì, risoluto. Si incamminarono velocemente per i corridoi di Alfea che mai erano stati così spettrali come in quel momento. Piccole urla, esplosioni, rumori di passi affrettati che volevano sfuggire ad un pericolo invisibile. Mentre anche loro camminavano veloci verso l'esterno, sentivano che stavano voltando le spalle alle fate.

«Volete spiegare anche a noi?» domandò Aisha, impaziente, mentre seguiva Faragonda da presso. «Vi sembra il momento di occuparvi di lotte di successione, quando c'è in atto questa grossa crisi? Preside, da lei non mi sarei mai aspettata che... cosa facciamo su Flabrum quando il nostro compito è stare qui ad aiutare le altre fate?»

«No, un momento. C'è qualcosa che non ci stanno dicendo:» disse Flora. «che cosa c'è su Flabrum che può risolvere tutto? C'è un'arma? Di cosa non ci avete parlato, preside?»

Il re di Domino guardò la fata dei fiori. «Non lo sapevamo neanche noi, fino a poco tempo fa, fino a che Dafne non è andata sul pianeta non avremmo mai potuto immaginare quello che abbiamo scoperto. Vi spiegherò tutto sulla strada per Flabrum... quel pianeta è sempre stato la chiave di tutto. Andiamo, però. È tardi.»


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Udite udite! La storia è ufficialmente completa! Un'ora fa circa ho finito di scrivere il ventitreesimo e ultimo capitolo, quindi gli aggiornamenti si faranno più serrati. Vi ho stupito, eh? XD Chi non se l'aspettava alzi la mano *tutti*. Bene. XD Ci vediamo con il prossimo aggiornamento la prossima settimana. Grazie a tutti coloro che leggono e continuano a seguire/preferire/ricordare la storia. Vi adoro. <3<3<3

Luine.


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Capitolo 20
*** L'eredità ***


Capitolo 20

L'eredità


Bloom aveva provocato il caos. Il fuoco del drago si era dipanato nell'hangar come un inferno, le fiamme si alzavano e abbassavano e si contorcevano tutto intorno alla grande piattaforma sopra la quale si trovava Maestral, che ne fu avviluppato come da un enorme serpente che inseguiva e inghiottiva ogni cosa tentasse di opporsi ad esso. Alcuni dei soldati furono inseguiti e fuggirono, la maggior parte di loro venne travolto dall'essenza del Drago che Bloom aveva liberato e imprigionato al suo interno, come in una gabbia dalle sbarre di fuoco.

Lei e le sue amiche si ritrovarono libere, Tecna prese di peso Stella; Bloom afferrò Terchibald e Tony il quale, in uno slancio di lucidità e coraggio, prese il comandante Adalhard per le ascelle.

Volarono in alto, schivando le fiamme che i soldati di Flabrum, detentori del potere del Vento, non potevano contrastare.

Maestral, rinchiuso in un anello di fuoco impenetrabile, non riuscì a contrastare il potere del Fuoco del Drago e tutto ciò che riuscì a fare fu di alimentare le fiamme voraci.

Le fate volarono via da tutto quello, di nuovo verso l'esterno, verso la libertà. Avrebbero preso da qualche altra parte una navetta e sarebbero andate a Domino, dove re Oritel le stava sicuramente aspettando da troppo tempo. Bloom si chiedeva quanto suo padre potesse essere preoccupato e anche quanto tempo sarebbe passato prima che tutto tornasse normale, si domandava se Roxy fosse ancora viva, se tutti gli altri stessero bene e come se la stessero cavando con la spia di Alfea. Tutto sembrava dover volgere al peggio. Era in ansia e niente riusciva a farle provare un po' di sollievo, soprattutto perché pensava che Stella era sotto l'influsso di una Furia a causa sua.

Si fermarono su un isolotto che si librava a mezz'aria sulla loro traiettoria, mentre da lontano guardavano le fiamme alte che ancora imperversava sull'altro isolotto. Quello su cui erano finite era una zona boscosa e rocciosa, dove le fronde degli alberi ricadevano come quelle dei salici per nasconderle alla vista.

«Non durerà a lungo.» sospirò Terchibald che Bloom librò con la magia per non buttarlo a terra come un sacco di patate. Lo stesso fece con Tony e Adalhard. «Non possiamo stare qui.»

«Dobbiamo curare le vostre ferite e poi proteggere Stella!» dichiarò Bloom, categorica. Non se ne sarebbe andata senza aver curato il comandante delle guardie e la sua amica.

Ma proprio mentre stava rimuginando su questo, alla magia di contenimento che aveva compiuto Faragonda su Roxy e al modo di farla su Stella, questa si svegliò con un gemito.

«Stella!»

«Stella?» ripeté, stupidamente, Tecna, guardando la sua amica.

La fata del sole e della luna era mezza intontita tra le braccia di Tecna, distesa a terra, sull'erba fresca di rugiada. «Uh?» chiese. «Che è successo? Dove siamo?» si guardò intorno, spaesata, ancora mezza intontita dal sonno indotto.

«Stella!» gridò ancora Bloom e le si gettò al collo, con gli occhi colmi di lacrime per la commozione. «Oh, Stella, credevo che le Furie ti avessero preso!»

«Ehi, Bloom, piano! La mia messa in piega!»

Era Stella e stava benissimo, di questo furono ben presto tutte persuase. Adesso, la fata del sole e della luna guardava verso l'inferno di fuoco e fiamme che era diventato l'hangar dove Maestral aveva fatto quel discorso folle e privo di senso e che ancora si poteva vedere attraverso la muraglia di foglie.

«Ma che è successo?» domandò Stella, confusa. «Quanto tempo sono stata addormentata?» e guardò Terchibald e Adalhard, trovando entrambi particolarmente sconvolti. «Ma quello non è quell'antipatico comandante? Che cosa gli è successo? E voi! Bloom! Sto ancora sognando? Bloom!» si alzò di scatto e sgranò gli occhi. «Ma che... cosa... sto sognando? Ora mi direte che ci sono i saldi e...»

«Ti spiegheremo tutto dopo. Ce la fai a...» Tecna non riuscì a finire di chiederle se ce la facesse a volare che subito Stella si liberò di lei e la guardò come se si accorgesse della sua esistenza solo in quel momento prima di gettarsi tra le braccia di Bloom, stringendola con vigore.

«Bloom tu sei viva!» gridò, tra le lacrime. «Oh, amica mia! Tu sapessi come sono stata in pena! Stai bene!»

«Sì, Stella, sto bene!» esclamò Bloom.

«Stupida amica mia! Ti sei fatta prendere dalle Furie invece di cercare una soluzione! Sciocca sciocca sciocca!» la chiamava così, ma intanto la abbracciava con tutta la foga del mondo e per un po' l'unica cosa udibile fu la sua voce acuta che continuava a dare a Bloom della sciocca. Poi Stella allungò le braccia per guardare la sua migliore amica e capire se era veramente lei o solo un parto della sua mente.

«Mi hai salvata tu, Stella.» le disse Bloom.

«Io?» la fata sembrò piuttosto stupita.

«Sì, mi hai strappato alle Furie proprio quando ne avevo bisogno, con le sensazioni di cui avevo bisogno! Come... come hai fatto?»

Stella si grattò la testa. «Ecco... è una cosa strana.» e dicendo così distolse lo sguardo. «Credevo che fosse un sogno, ma...»

«Che cosa?» si interessò Tecna.

«Beh, ti ricordi quando abbiamo parlato della nebbia che ricopre il pianeta? Tu hai fatto uno dei tuoi soliti blabla, hai detto qualcosa a proposito del Vortice dei Venti e... lo ricordi, Tecna?»

La fata della tecnologia cercò di rimuginare, ignorando il riferimento ai blabla, così come li chiamava Stella. Lei, dopotutto, non parlava a vanvera, ma diceva solo cose logicissime degne di tutte le attenzioni possibili. «E allora?» si limitò a rispondere, quando si rese conto che non vedeva nessun nesso con quello che era successo.

«E allora io credo di essere stata là sotto!»

«Là sotto dove?»

«Sotto la nebbia!» esclamò Stella, come se tutti avessero dovuto capire.

«Tu non sei stata là sotto.» replicò Tecna. «Sei rimasta con noi per tutto il tempo. Sei stata qui.»

Bloom tentò di andare incontro a Stella. «Sì, ma le Furie combattono dentro di noi, giusto?»

«Sì, suppongo di sì.» rispose la fata della tecnologia, non proprio convinta.

«E allora non è possibile che Stella...»

Tecna si grattò il mento, cercando la risposta alla domanda. «In realtà,» disse dopo qualche attimo. «non credo che sia equivalente. Cerchiamo di vederla da un punto di vista razionale: se la Furia entra dentro la mente e il cuore della fata, allora la fata combatte dentro di sé, dunque vedendola sempre dal solito punto di vista, il fatto che Stella dica che è stata sotto la nebbia di Flabrum non ha nessun senso, perché implicherebbe che lei... si è spostata da qualche altra parte.»

«E perché non potrebbe essere?» domandò Bloom.

«Come avrebbe fatto?»

«Non lo so!»

«Appunto non credo lei possa averlo fatto, a meno che non ci sia stato qualcuno che l'abbia aiutata dall'esterno.»

«Per esempio chi?» volle sapere Stella, confusa.

«Stella, sei tu che hai detto che sei stata laggiù...» proruppe Tecna. «Dovresti saperlo tu.»

Ma Stella non sapeva niente e nemmeno aveva capito un'acca di quello di cui parlavano le sue amiche. Il silenzio calò pesante tra di loro e permeò a lungo lo spiazzo erboso. All'esterno, avevano cominciato a suonare degli allarmi che si propagavano attraverso le correnti visibili del pianeta e che sembravano voler riempire tutto il mondo con il loro suono odioso e penetrante.

«Beh,» commentò Bloom, guardando quel cielo così particolare. «è meglio che mi occupi delle ferite del comandante. Se vi viene in mente qualcosa, ditemelo subito!»

Si allontanò per compiere la sua magia di guarigione. Non fu un processo lento, ma parve durare un'eternità. Tecna, mentre pensava a cosa potesse essere successo realmente a Stella, si piazzò in un punto coperto per guardare fuori e capire da dove i nemici sarebbero arrivati, cercando di raccapezzarsi di tutto quello che era successo a loro e a lei. Il capitano Terchibald fu l'unico che seguiva il suo esempio: quell'isola era il rifugio più ovvio dove chiunque si sarebbe nascosto e il primo luogo in cui un inseguitore sarebbe andato a cercare.

Tony si era seduto su una roccia e si teneva le mani nei capelli e i gomiti sulle ginocchia, il viso che tradiva tutta la propria disperazione. «Non mi vorranno mai per il saggio degli Specialisti.» diceva, tra le lacrime. «Sono una frana! Codatorta mi farà espellere alla prima occasione, altro che saggio!»

«Perché dici così?» domandò Tecna, dal suo posto rialzato. «Sei stato coraggioso.»

«Sì, Terchi è sicuramente d'accordo.» replicò Stella, facendo un cenno verso il capitano di Flabrum il quale, sentendosi chiamare in quel modo le lanciò solo una breve occhiata omicida.

«Ma io... non ci saremmo trovati nei guai, se fossi stato un pilota migliore!» protestò Tony. «Codatorta mi diceva che ero bravo, ma con me vicino sembra che le strumentazioni impazziscano. Io faccio di tutto per impegnarmi, ma come mi muovo... puf... faccio un gran pasticcio! Non mi diplomerò mai se continuo in questo modo!»

Tecna sospirò. «Sono certa che, se ti impegnerai al massimo, ce la farai. Devi solo avere fiducia in te!»

Tony arrossì. «Signorina Tecna... tu... tu sei una ragazza speciale.»

«Sì, sì! Specialissima!» esclamò Stella, sogghignando e, per questo, si beccò un'occhiataccia anche da parte della fata della tecnologia. Allora distolse lo sguardo e incrociò quello di Adalhard che, grazie alle cure di Bloom, si stava riprendendo in fretta.

Fu nel guardare lui che ricordò qualcosa, come in un lampo, un sogno che aveva fatto, ma che sapeva non essere altro che la pura verità. Quando era stata presa dalle Furie, aveva liberato tutte e aveva anche incontrato una persona...

«Ragazze!» gridò, improvvisamente, facendo trasalire tutti e beccandosi le maledizioni a mezza bocca del capitano che continuava a guardare fuori sempre più preoccupato. Lei balzò in piedi, nel mentre Bloom era ancora impegnata a rimarginare le ultime ferite di Adalhard, la cui espressione non era cambiata. Era sofferente, ma per altri motivi rispetto a prima, quando aveva prevalso il dolore fisico. «Non c'è un minuto da perdere! Non crederete mai a quello che sto per dirvi!»

Bloom corrugò la fronte, perplessa. «Che cosa? Ti sei ricordata?»

«Sì! Sì! Sì!» esclamò eccitata la fata del sole e della luna.

«Di che cosa parli?» volle sapere Tecna, avvicinandosi anche lei.

«Auster!» gridò Stella, saltellando e guardando però prima Adalhard e poi Terchibald. «La regina di Flabrum è viva!»

Per un momento, quello che seguì a questa frase fu un silenzio sgomento.

«Auster sarebbe...» borbottò poi Adalhard, prima di abbassare lo sguardo sulle proprie gambe distese. «Non è possibile, giovane fata.»

«Non mi sembra un argomento su cui scherzare!» sbottò, invece, Terchibald, molto meno pacato del fratello.

«Stella, che stai dicendo?» domandò Tecna, facendosi severa. «Auster è morta. Credo che il capitano abbia ragione nel dire che...»

«No, no!» Stella scosse la testa. «Mi dovete credere! Io l'ho vista! L'ho vista nella mia testa, cioè... non è così davvero. Mi sono ricordata che c'era lei nel mio sogno e mi diceva che dovevo salvare Zephiro. Era lì, vi dico! Là sotto!» e puntò il dito verso terra, intendendo però sotto la nebbia che ricopriva il pianeta.

Bloom e Tecna si scambiarono uno sguardo preoccupato. Non le credevano, pensavano che fosse ancora confusa per via delle Furie, che avevano distorto la sua realtà.

«Dico la verità!» gridò Stella, esasperata. «Vi dico che Auster è lì!»

Terchibald scosse la testa. «Principessa, credo che tu abbia sentito delle storie che riguardano la morte di Auster. Il corpo della regina fu gettato, in segno di disprezzo, proprio nella nebbia dove tu dici di averla vista.» disse, piano, come se parlando più forte potesse profanare un luogo sacro. «Hai solo rielaborato in un sogno ciò che sapevi nella veglia.»

«Sì, ha senso.» replicò Tecna. «Stella, non sappiamo neanche se ti sei davvero estratta dal tuo corpo. Ti ho già spiegato che...»

«Ci avessi capito qualcosa!» sbottò Stella, irritata. «Vi dico che ho ragione! Vi dico che io sono stata là sotto e che ho visto Auster! Perché non mi credete? Vi dico che ho visto Auster! L'ho vista ed era reale come voi e me in questo momento! Perché non mi credete?» Stella guardò implorante da Tecna a Bloom. «Bloom, ti prego! Ho visto anche Musa e Musa è reale o no?»

Le due Winx si scambiarono un'occhiata.

«Dovremmo provare.» disse la fata del fuoco del drago.

«Ma se fosse un'altra delle magie delle Furie?» domandò Tecna. «Non ne sappiamo abbastanza su di loro e...»

Adalhard prese la spalla di Bloom che lo aiutò a rialzarsi. Il comandante aveva sul viso un'espressione dura e risoluta. «Dobbiamo tentare.» dichiarò, in tono solenne. «Se c'è la possibilità che la regina sia ancora viva, dobbiamo accertarcene personalmente.»

«Ma, fratello,» replicò Terchibald, cercando di assumere un tono ragionevole. «non abbiamo nessuna garanzia che...»

«Che scelta abbiamo?» lo interruppe l'altro. «la principessa di Solaria è sicura! E non dimenticare che Maestral ha conquistato Flabrum e che sta per catturarci. Che altro possiamo fare, prima che ci riprendano e finiscano il lavoro? E se non saranno loro, saranno le Furie, ma finirà sempre nel solito modo: saremo schiavi o morti. Se anche le probabilità che Auster si trovi lì sotto sono minime, se non nulle, che cosa ci costa tentare? Non esiste più nessuna resistenza, non esiste più nessun pianeta da proteggere. Se la principessa di Solaria ha detto il vero, se Auster è viva, allora il pianeta ha una speranza. In caso contrario, niente cambierebbe. Tanto vale provare. Non abbiamo assolutamente niente da perdere.»

«Ben detto, Addy!» esclamò Stella, eccitata.

Sgomenti, i due soldati di Flabrum la squadrarono come se avesse detto qualcosa di scurrile, poi Terchibald sospirò per la disperazione.

«Ha senso.» esclamò Tecna. «E forse capiremo che cosa ha visto Stella, quando dice di essere stata là sotto.»

«Ma non abbiamo idea di cosa ci sia!» replicò Terchibald, che non abbandonava quel suo irritante tono ragionevole. «Per quanto mi ritrovi d'accordo, per quanto io capisca quanto voi che non abbiamo molta scelta, potremmo ritrovarci chissà dove e a dover affrontare chissà cosa! Potremmo anche liberare qualcosa di più terribile delle Furie, per quel che ne sappiamo! Nessuno si è mai avventurato nella nebbia di Flabrum, nessuno sa che cosa nasconda!»

«E' arrivato il momento di scoprirlo!» dichiarò Bloom, risoluta. «Il comandante Adalhard ha ragione, non possiamo rimanere qui senza fare niente. Finché siamo liberi, non possiamo indugiare.»

In quel momento, Tony si alzò mosso dalla solennità del momento, per mettersi di fronte a Tecna. «Signorina Winx, prima che partiamo per questa missione suicida, ti devo dire una cosa!»

Tecna lo guardò appena appena spaventata. «Ehm... forse... forse potremmo aspettare...»

«No!» dichiarò lui. «Signorina Tecna, io... io... io ti... ti...»

«Non c'è tempo!» replicò Tecna, in preda al panico. «Dobbiamo andare e... me lo dirai più tardi, okay?»

«Ma...»

«Glielo potrai dire mentre andiamo.» dichiarò Stella, in tono pratico. «Perché non lo prendi tra le braccia, e lo trasporti? Io prendo Terchi!»

Il capitano sbuffò per quel nomignolo che Stella aveva capito dargli sui nervi.

A Bloom non rimase che stringere tra le braccia il comandante, il più impaziente di tutti di intraprendere quel viaggio che avrebbe avuto del pericoloso.

Si spostarono volando basso tra le piante di quell'isolotto sospeso a mezz'aria verso il punto più distante dall'hangar, in assoluto silenzio, spaventati di poter essere localizzati da un solo respiro. Gli allarmi avevano smesso di suonare, in compenso erano arrivate delle navette dalla forma affusolata che ricordavano vagamente delle gazze in volo e che si confondevano benissimo col panorama dato dalle nuvole e dal cielo azzurro del primo mattino di Flabrum. Rimasero nascosti, sul ciglio del burrone, guardando un po' in alto e un po' in basso, pronti a scattare non appena le navette avessero cambiato traiettoria.

«Quanto durerà la prigione di fuoco, principessa di Domino?» domandò Adalhard, aggrappato a Bloom.

«Quanto basta. Poi, quando saremo laggiù, avrò bisogno di tutto il mio potere per poter fronteggiare qualunque pericolo vi si nasconda.»

Tony deglutì e si avvinghiò con tutte le forze al collo di Tecna. «I-io farò di tutto per proteggerti, signorina Tecna.» dichiarò, anche se sembrava più un bambino tra le braccia della madre che uno Specialista di Fonterossa.

«Ehm... sì, certo.»

«Sarà un bel tuffo.» commentò Bloom, guardando la nebbia in basso che pareva mulinare come il Vortice dei Venti che, implacabile e terribile, si stagliava in lontananza. Tutte quante sentivano lo stesso crescente sentimento di disagio. «Trattenete il respiro, quando saremo prossimi all'impatto, va bene? Non sappiamo che cosa può aspettarci... siete pronte, ragazze?»

Guardò le sue amiche, fece un cenno di assenso per dare loro il via.

«Winx Speedix!» gridarono tutte insieme. Le ali si trasformarono, guizzavano leste in attesa che le loro padrone le spingessero alla massima velocità possibile. Tony cominciò a trattenere il fiato già da subito, gli altri due si aggrapparono alle fate con risolutezza, senza lasciar trapelare alcun tipo di sentimento.

Quando il cielo fu sgombro e le navette si furono allontanate quel tanto che bastava, Bloom uscì allo scoperto per prima insieme con Adalhard. «Ora!» gridò. E l'attimo dopo si buttò in picchiata, spinta dalle ali Speedix, le sue amiche dietro di lei che guadagnavano terreno. Non erano solo le ali a dare loro velocità, ma anche la gravità e a Bloom sembrava di essere in caduta libera. Più si faceva vicina al muro compatto di nebbia, più questo sembrava diradarsi e le permetteva di percepire la presenza di qualcosa che stava oltre di essa, qualcosa che somigliava ad un terreno dal colore scuro.

L'aria si addensava come succedeva quando, sulla Terra, si saliva sulle montagne, le mancava quasi il respiro e seppe ben presto che anche per Adalhard era lo stesso, se non peggio. Gli chiese mentalmente di resistere, mentre si addentrava sempre di più nella nebbia e non riusciva ad aprire la bocca. Aveva creduto che sarebbe stato come tuffarsi in acqua, ma quella in cui si trovava adesso era davvero nebbia, una nebbia densa che le si stringeva addosso e le si attaccava alla pelle. Non riusciva a tenere gli occhi aperti e dovette strizzarli per poter vedere attraverso di essa.

Il terreno si faceva sempre più vicino, benché non riuscissero a raggiungerlo, ma più scendevano più Bloom si rendeva conto di una cosa: che non c'era nessuna preoccupazione, in lei, che la paura se ne andava, che tutto era perfetto e a posto, niente l'avrebbe attaccata. Sapeva anche che non era una sensazione fallace e quasi tutto insieme percepì dell'altro, come una presenza.

Si fermò di botto, le ali si trasformarono di nuovo, le sue amiche erano ognuna ad un suo fianco. Si guardarono tra di loro. Tecna pareva disorientata, mentre anche Tony non sembrava più tanto spaventato. Si guardava intorno e odorava l'aria intorno a loro come per cercare di capire da dove proveniva un certo odore. Stella era l'unica che sorrideva. «E' proprio qui! Sono stata proprio qui!» diceva, elettrizzata. «Venite, ragazze! So dove dobbiamo andare!»

Tecna e Bloom si lanciarono solo un'occhiata, poi si sbrigarono a seguire la loro amica.

Scesero ancora di qualche metro e si ritrovarono dentro una valle nebbiosa la cui polvere era dorata e scintillò non appena vi posarono sopra i piedi. Le fate si liberarono dei loro fardelli e si guardarono intorno, fissarono la nebbia che era sopra di loro e adesso sembrava un cielo grigio e coperto. L'aria era rarefatta come in montagna e Bloom dovette fare dei profondi respiri per riuscire a non sentire come una certa oppressione sul petto.

«Sei già stata qui, Stella?» le chiese, perplessa.

La fata del sole e della luna si guardò intorno. «Sì, ma non proprio qui... era un posto con più montagne... venite, di qua!» indicando, cominciò a muoversi a piedi.

Di nuovo, Tecna e Bloom si scambiarono un'occhiata e la seguirono. Tony afferrò uno dei nastri dell'abito di Tecna e le seguì così, infinitamente più tranquillo di come fosse stato dall'inizio della missione, ma era deciso a non perdere di vista neanche per un istante la fata della tecnologia. Gli uomini di Flabrum, invece, si guardavano intorno e sopra le loro teste con l'aria di non aver mai visto niente del genere.

«C'è questo» disse Terchibald ad un certo punto. «sotto Flabrum?»

«Dentro Flabrum.» lo corresse il fratello.

«E' come essere in quella convergenza delle fate.» dichiarò ancora il capitano, mentre le seguivano da vicino, sulle loro proprie gambe. Per loro era molto meglio che volare. «C'è speranza, in questa terra, e una gioia come non credevo di averne mai provata.»

«Sì.» confermò Adalhard. «E consolazione.»

Tecna, che li aveva sentiti, si ritrovò ad annuire tra sé e sé. In quella terra deserta, con il pulviscolo che scintillava come rugiada colpita dai raggi solari c'era un concentrato così vasto di sentimenti positivi che si chiedeva come le Furie potessero sopravvivere. «Perché non abitate queste terre, ma solo gli isolotti al di sopra della nebbia?» domandò.

«Nessuno si è mai avventurato qua sotto e coloro che l'hanno fatto non sono mai tornati.» disse Adalhard. «Qui dovrebbero esserci migliaia di cadaveri e relitti delle navette che hanno provato a sfidare il Vortice dei Venti, ma non vedo niente. È tutto vuoto, pulito, sebbene l'aria sia decisamente irrespirabile. È un luogo associato alla morte, eppure è così... così bello.»

«Forse è facile entrare ma non uscire.» suppose Bloom, guardando Tecna per una conferma.

La fata della tecnologia, però, sembrava solo molto pensierosa. «E' strano... da quello che ho visto era una nebbia molto normale... dovrò fare delle ricerche per essere più sicura, ma qui... quando ho provato a connettermi alla rete globale di Magix non sono riuscita ad accedere. È come se qui non ci fosse campo.»

«Deve essere colpa del Vortice.» disse Terchibald. «Anche la strumentazione di bordo delle nostre navette o dei nostri posti di comando impazzisce letteralmente quando siamo più vicini al dannato Vortice... per questo alcune delle nostre postazioni sono state spostate. Nessuno dei dati che raccoglievamo era affidabile, ogni misurazione quasi impossibile. È possibile che al di sotto della nebbia la sua influenza sia molto maggiore che al di sopra.»

«E' possibile.» ammise Tecna. «Ma... c'è qualcosa di strano.»

«Cosa?» volle sapere Bloom.

«Pensavo alla natura del Vortice. La Dimensione Magica è stata creata dal fuoco del drago.» ricordò Tecna. «E sappiamo anche che la popolazione della Dimensione Magica si è estesa a partire da Domino, giusto?»

«Perché ti metti a fare storia, adesso, Tecna?» le domandò Stella, quasi disperata. «Ti pare il momento? Al solo sentirla mi viene da sbadigliare!» e sbadigliò davvero, se per ostentare noia o perché la noia le fosse venuta davvero nel sentire parlare della storia di Magix, nessuno seppe dirlo. «Accidenti! Dopo la dormita che ho fatto, avrei dovuto essere arzilla e pimpante! E se adesso mi venissero le rughe perché ho dormito troppo? Sarebbe tutta colpa tua, Tecna!»

«Sì, immagino.» tagliò corto la fata della tecnologia, asciutta.

«Insomma,» disse Bloom, per mettere pace. «che stavi dicendo, Tecna?»

«Stavo dicendo che sappiamo che il Vortice è antichissimo e che forse esiste da sempre, ma come ha fatto a popolarsi Flabrum, se così fosse? Anche se fossero esistite delle navette spaziali in grado di viaggiare non erano lontanamente avanzati come quelle odierne e, anche se lo fossero state, non avrebbero avuto molte più possibilità, più di quante ne ha avute la nostra. Sono stati fatti tanti sacrifici, sono morte molte persone, noi siamo sopravvissute per miracolo! E di tutti i testi di storia di volo che si possono leggere, si parla solo di come gli abitanti abbiano fatto diversi tentativi per uscirne, non di entrare. Quello è successo... dopo. Mi spiego?»

«Tu stai dicendo... che il Vortice potrebbe essere venuto dopo la popolazione di Flabrum?» domandò Bloom, perplessa.

Stella sgranò gli occhi. «Dici... dici che è possibile?»

«Sembrerebbe logico pensarla così.»

«In effetti...» mormorò Bloom. «Ma allora... qualcuno avrebbe creato apposta il Vortice.»

«Apposta per che?» volle sapere Stella. E non seppe di aver centrato esattamente il problema.

Tecna si fermò e guardò i flabrumiani che camminavano dietro di loro e che avevano ascoltato ogni parola. «Comandante, cosa sai dirci a questo proposito?»

Adalhard scosse la testa e così fece anche Terchibald subito dopo. «Abbiamo sempre creduto» disse quest'ultimo. «che la gente di Flabrum sia nata qui. Non ci sono state tramandate leggende in proposito di entrate o uscite. Però, in effetti, è strano.»

«Forse avevano trovato il modo di risalire da qui.» propose Stella.

«E non ci è riuscito nessun altro, dopo?» rispose, in tono retorico, Bloom.

«Potrebbe essere.» mormorò Tecna. «Ma voi ci credete? Mi sembra illogico. Forse questo Vortice è stato creato per qualche motivo particolare. Forse doveva proteggere proprio questa valle e...» ad interromperla fu il grido acuto di Tony.

Tutti girarono lo sguardo prima verso di lui e poi verso il suo dito puntato. Qualcosa di scuro e grosso si stagliava all'orizzonte e fu subito chiaro dal suo profilo decisamente contorto che non poteva essere una montagna. «Sembra...» borbottò Tecna, irritata per non essere riuscita a finire quello che aveva da dire, ma allo stesso tempo curiosa di sapere se quello che vedeva era ciò che pensava oppure no.

«Non sembra. È.» confermò Bloom.

«Cos'è?» volle sapere Stella che aveva posato la mano sopra gli occhi, appoggiandola alla fronte come una vedetta in controsole.

«L'Owl che abbiamo perso...» esalò Tony, incredulo.

Fecero più in fretta che poterono.

Non appena furono nei pressi dell'Owl, videro che era ridotto ad un ammasso di macerie o quasi, non c'era modo di salire senza incappare in qualche lamiera, il portellone di apertura pendeva da una parte, inerte e quasi distrutto. Tecna deglutì nel vedere tutto quello, pensando a quanto poco ci sarebbe voluto per fare loro la stessa fine della navetta, ma la sensazione spiacevole passò presto, insieme con un venticello leggero che, accarezzandola, le portò via ogni sgomento. Era tutto molto strano, per lei, molto illogico, niente di quello che provava aveva senso. Sembrava che l'aria stessa le volesse impedire di essere triste.

La fata della tecnologia si guardò intorno e così fece tutto il resto del gruppo. Si trovavano dentro una sorta di cimitero di navicelle spaziali. Non solo l'Owl di Fonterossa, ma anche altre navette fatte in modo diverso, alcune che provenivano da Zenith, altre da Solaria e anche alcune molto più vecchie, ridotte a lastre arrugginite e ammaccate quasi senza più una forma precisa. Solo gli emblemi tipici dei pianeti, sbiaditi e contorti, riuscivano a far capire qualche fosse la loro provenienza. Parecchi di quelli, comunque, erano di Flabrum stesso.

«E' inutile continuare a stare qui.» disse Adalhard. «Principessa di Solaria, sai dove dobbiamo andare?»

Stella si puntò l'indice sul mento, cercando una via. «Non sono proprio passata di qui... c'erano delle montagne, vi dico!»

Terchibald sospirò. «E' tutto inutile. Il pianeta è vasto e potrebbero volerci dei giorni per riuscire a trovare qualunque cosa stiamo cercando. Le Furie potrebbero aver preso il controllo di tutta la Dimensione Magica.»

«Lo pensi davvero?» domandò Tony, stupefatto.

Il capitano dell'Esercito dei Venti si passò una mano dietro la nuca con un certo disagio. «Sì, voglio dire... prima pensavo di sì, ma questo posto mi fa provare una strana speranza. È strano, non trovate anche voi?»

«Sì, anche io ho notato la stessa cosa.» disse Bloom. Non riuscì a finire di parlare, perché Stella le picchiettò la spalla con la punta dell'indice.

«Ecco... come dire... c'è qualcuno laggiù.» e usò lo stesso dito per indicare il punto in cui diceva di aver visto qualcuno. Era un'ombra che si muoveva nella loro direzione, un'ombra alta di cui non si riuscivano a distinguere bene i contorni, che sembrava avvolta in un mantello dalla testa ai piedi e che non faceva niente per nascondersi. Era sicura di sé, forse proprio per lo stesso motivo per cui lo erano loro e non avevano paura: quel luogo impediva loro di provare qualunque sensazione negativa.

«Le andiamo incontro?» propose Tony.

Tecna sapeva che tutto quello che tutto quello che stava succedendo non aveva un senso logico, ma sentiva che non dovevano temere niente da nessuno, sotto quella coltre nebbiosa che ricopriva il pianeta di Flabrum. Perché come in loro ogni emozione negativa veniva spazzata via, allora anche in tutti coloro che abitavano lì la situazione non doveva essere dissimile. Non dovevano avere niente da temere.

«Eppure... mi sembra di riconoscerla...» mormorò Stella, di nuovo posandosi la mano sulla fronte. Rimase per un lungo momento a osservare con tutta l'attenzione possibile, poi lanciò un grido, anche se non era di paura. Riconosceva la persona che li stava raggiungendo a piedi. «È Auster! È Auster!» strillò e spiccò il volo per raggiungerla prima degli altri, lasciandoli indietro, contenta che non fosse un sogno né una fantasia come avevano supposto che fosse. «Ve l'avevo detto!» gridò, fermandosi di fronte alla donna.

Quello che prima avevano preso per un cappuccio, erano in realtà i suoi capelli lunghissimi che le arrivavano quasi fino a terra, ed erano neri con riflessi bluastri dello stesso colore dei suoi occhi grandi.

«Sapevo che saresti tornata.» le disse, con la sua voce melodiosa, la regina di Flabrum.

«Avevo ragione!» tronfia, la fata del sole e della luna si girò per guardare gli altri che correvano verso di lei, Tecna e Bloom volavano davanti al gruppo, Tony come fanalino di coda, i due soldati che correvano, ma Adalhard con maggiore slancio. Quando si fermarono lì di fronte rimasero tutti ammutoliti per un bel po'. Le fate, i soldati e lo Specialista.

Tutti erano impegnati ad osservare la donna che Stella aveva chiamato Auster.

Bloom pensò che fosse una delle fate più belle della Dimensione Magica, i suoi occhi grandi esprimevano una grande intelligenza e la sua bocca piegata in un sorriso debole le fecero capire che era anche una persona buona.

Poi la vide piegare la testa su una spalla e rivolgersi ai due uomini. «Però, Adalhard, ce ne hai messo di tempo.» disse, in tono leggermente canzonatorio.

Il comandante aprì e chiuse la bocca un paio di volte come se cercasse le parole per dire quello che doveva, poi la richiuse definitivamente e abbassò la testa, evidentemente sconfitto.

«Mia regina,» disse Terchibald. «siete... siete davvero voi? Intendo... non siete una specie di allucinazione data da questo posto?»

«No, capitano. Credo di non esserlo. E tu?» rispose, senza perdere il tono lievemente sarcastico.

«Io...» perdendo del tutto la compostezza militare che gli era stata propria fino a quel momento, il capitano si grattò la nuca. «Io non lo so proprio.»

Auster rise, allegra.

«Maestà,» Tecna si fece avanti. «ci perdonerai se siamo tutti un po' frastornati, ma...»

«Io lo sapevo che eri viva, regina Auster!» dichiarò Stella, con aria d'importanza. «Erano loro gli scettici! E siamo venuti fin qui solo perché io ho insistito!»

Bloom ridacchiò. «In realtà, Stella, ricordo bene che è stato Adalhard ad insistere!»

«Ma solo perché io ho detto che Auster era qui!» insistette la fata del sole e della luna. «Nessuno ci avrebbe pensato, regina Auster! Devi credermi!»

La regina rise a sua volta e le posò una mano sulla spalla. «Sì, Stella, ti credo per certo. Solo con la tua determinazione avresti potuto portare due dei migliori soldati di Flabrum qui sotto. Tu e le tue amiche, certo.» e guardò Bloom e Tecna con un moto di profonda gratitudine. «Grazie, ragazze, per tutto quello che state facendo per la Dimensione Magica e per il mio regno.»

«Ma... mia regina,» balbettò Adalhard, come un bambino. «Io... come hai... tu eri... eri morta.»

Auster si girò verso di lui, lo guardò per un lungo momento a osservare con tutta l'attenzione possibile, poi allungò la mano che aveva appoggiato sulla spalla di Stella per porgergliela. «Prendi la mia mano.» gli chiese e lui, ubbidiente, lo fece. In quel momento, quando le loro dita si incrociarono, lui sollevò di nuovo lo sguardo su di lei e allora Stella ridacchiò.

Prese Terchibald, che era rimasto impalato di fianco al fratello, e lo costrinse a fare qualche passo indietro, costringendolo a protestare per quell'imprevisto. «Ma andiamo.» disse Stella, in quello che doveva essere un tono basso, ma che risultò semplicemente acuto. «Non vedi che quei due sono in un momento intimo? E hai visto che faccia da pesce lesso che ha tuo fratello, Terchi?»

Terchibald invece di guardare il fratello piantò, rosso in faccia, gli occhi a terra e lo fecero anche Bloom e Tecna ed entrambe sentirono il bisogno di sospirare per la meraviglia di quel momento di tenerezza. Tony rimase imbambolato quasi non capisse cosa stava succedendo.

«Tra poco Addy si metterà a sbavare.» disse ancora Stella.

«E' per questo che l'ho sposato.» scherzò Auster.

La fata del sole e della luna trasalì. «Che cosa?!» sbraitò subito. «Lui... vuoi dire che lui è...»

«Il padre di Zephiro, sì.» replicò Adalhard, assorto, lasciando andare la mano della regina. E sospirò, scuotendo la testa come se non potesse ancora credere a quel prodigio che gli aveva messo davanti la moglie.

«Quindi...» Stella guardò Terchibald con un certo disgusto, facendo un passo lontano da lui. «quindi tu... sei suo zio...»

Terchibald sollevò un sopracciglio. «Qualcosa in contrario?»

«Mi chiedevo solo perché non ci ho pensato prima. Avrei dovuto sospettarlo. Avete lo stesso caratteraccio!»

«Regina Auster,» si intromise Bloom, cercando di non ridere. «siamo ancora tutti molto confusi su quello che sta succedendo... vorresti spiegarci dove siamo?»

«Già!» esclamò Stella. «Ben detto! E come mai, tu che dovresti essere morta, sei viva?»

Auster sorrise. «A dire il vero, non credo di essere mai morta.»

«Ma come?» farfugliò Adalhard, perplesso. «Noi... noi ti abbiamo...»

«L'unica cosa che qualcuno ha fatto, ritengo, è constatare che non respiravo più, anche se posso confermarvi che non ero morta. Il mio respiro era molto rallentato perché è quello che succede alle fate quando vengono catturate dalle Furie. Voglio raccontarvi tutta la storia quindi, forse, è meglio se ci sediamo. Mettiamoci in cerchio, venite, così potrò guardarvi tutti. Era così tanto tempo che non vedevo delle persone... che ero così sola, senza la possibilità di fare niente per tornare indietro!»

«Oh, no, di nuovo con la storia!» si lamentò Stella.

Ma dopo essersi beccata una gomitata nel fianco da parte di Tecna, non protestò più. E le fate, lo Specialista e i soldati si ritrovarono ben presto a sedere in cerchio. Tony sgomitò tra Tecna e Stella per mettersi in mezzo; ai lati di Auster si sedettero Bloom e Adalhard. Dopo Bloom ci fu Tecna, dopo Stella Terchibald e il cerchio si chiuse. Allora Auster sospirò.

«In che senso non sei più riuscita a tornare indietro?» domandò Tecna, quando tutti furono seduti. «Non ci sono strade per...»

«No, Tecna, non ci sono, ma lascia che ti spieghi esattamente cosa è successo. Credo di dovervi una spiegazione, e a voi più di tutti, Adalhard e Terchibald.»

I due uomini inchinarono il capo in segno di rispetto. Bloom si ritrovò a pensare che sul pianeta dei Venti avevano davvero un grande culto della regina. Credeva che neanche suo padre e sua madre fossero così venerati come lo era Auster.

La regina parlò: «Dovete sapere che Maestral era il mio fratello maggiore, ma che solo una fata può salire al trono di Flabrum come custode della magia dei Venti. È una legge che risale a tempi molto antichi, a prima ancora della fondazione della scuola di Alfea, forse addirittura ai tempi antichi. Comunque, la legge stabilisce anche che, se la regina non dà alla luce una figlia, può passare il trono al suo figlio primogenito e dare a lui il compito di generare una fata che possa essere custode della magia dei Venti, altrimenti è relegato al posto di comandante dell'Esercito del Vento, la carica che, per mio volere, ricopre Adalhard.»

«Ecco perché Maestral ha parlato di...»

Adalhard annuì, tetro.

«L'ha battuto correttamente in una gara di abilità e intelligenza.» disse Terchibald, orgoglioso più del fratello. «La nostra regina indisse una sorta di gioco per permettere a tutti i soldati diplomati all'Accademia di Magia e a Maestral di gareggiare secondo le più eque regole. Maestral fu sconfitto e così Adalhard prese il suo posto.»

«Non gli è mai andata giù.» capì Bloom, pensando allo spettacolo cui avevano assistito nell'hangar molto sopra di loro.

«No, infatti.» confermò Auster. «Mio fratello è sempre stato un tipo vanesio e incapace di rispetto per i suoi sottoposti. Capii che non sarebbe stato un buon capo, né amato e per questo indissi questo torneo. Fu questo che lo portò ad essere un vero e proprio nemico, quasi. Non voleva in nessun modo capire che non l'avevo defraudato dei suoi diritti, ma glieli avevo tolti secondo giustizia. Forse fu colpa mia che lui divenne pazzo. Pensava che i miei tentativi di aprirmi al mondo di Magix fosse una follia, che tutto quello che i nostri padri ci avevano lasciato, la nostra eredità, fosse quella di preservare questo pianeta, incontaminato, chiuso in se stesso. Non mi capacitavo che potesse essere così terribilmente chiuso a riccio su idee che appartenevano al passato. Ho creduto questo per tanto tempo e avevo una paura incontenibile che potesse fare qualcosa contro Zephiro, più che contro di me. Ero sempre più preoccupata, soprattutto perché faceva proseliti tra i soldati di Flabrum, con le sue idee. Così... quando arrivarono le Furie ero impreparata e vulnerabile. Caddi in preda del buio delle Furie e, quando me ne risvegliai... ero qui. Ho vagato per così tanto tempo in queste terre e quando ho visto per la prima volta questi relitti ho capito.» il suo sguardo vagò malinconico tra le lamiere ammaccate appartenenti a vecchie navette ormai inutilizzabili. «Mi trovavo al di sotto delle nebbie di Flabrum, di quel mondo di cui io ero regina e di cui non sapevo niente... e che qui tutto il mondo era pace, senza preoccupazioni di sorta. Nessun sentimento negativo era permesso, veniva spazzato via non appena cominciava ad aggrapparsi a me. C'è qualcosa, qui, di diverso da qualunque altro posto e pian piano, mentre vagavo, trovai gli spiriti.»

«Gli spiriti?» domandò Tecna, dubbiosa.

Auster fece un cenno col capo. «Sì. Sono qui vicino a noi, gli spiriti sono nella nebbia, sono la polvere, sono l'aria che respiriamo. Qui sotto, gli spiriti camminano da centinaia di anni. La loro voce è debole, ma io ero sola e nel silenzio sono riuscita a rendermi conto di tante cose che prima non mi erano sembrate importanti. Si diceva che il contagio delle Furie fosse cominciato su Flabrum, che io fui la prima a venire contagiata, ma non era vero. Trovai altre persone, disperate, andai nel mondo delle Furie portando con me gli spiriti, ma il mio raggio d'azione era limitato alle persone di Flabrum. Nessuna di loro è stata contagiata a lungo, nessuno dei miei soldati né quelli di Maestral hanno avuto un problema in tal senso... quando succedeva, io me ne accorgevo subito ed ero pronta a debellare il potere. E così cominciai a chiedermi... perché su Flabrum c'è questo potere, questo posto? Più viaggiavo e più capivo. Pensavo alla storia di Flabrum e sul perché eravamo un popolo tanto chiuso. E capivo più che mai che, per quanto le argomentazioni di Maestral fossero folli, avevano un fondamento solido e giusto che non avrei dovuto respingere con tanta forza. I nostri antenati ci dissero di rimanere protetti dalla nostra barriera, dal nostro Vortice dei Venti e io capii che era proprio per questo concentrato di sentimenti positivi. In qualche modo, questi antenati avevano fatto sì che questi venissero imprigionati sulla superficie di Flabrum, rendendola però inabitabile e inaccessibile. O meglio, accessibile, ma solo in un verso.»

Tecna trasalì. «Vuol dire che... il Vortice dei Venti è stato creato quindi dopo che la gente di Flabrum vi si stabilisse!»

«Proprio come dicevi prima!» esclamò Bloom.

«Sì! Stavamo parlando proprio di questo e di come il Vortice si fosse formato nei tempi antichi... avevamo supposto che doveva essere stato creato dopo, ma non capivamo a che scopo... questo... questo mette sotto una luce completamente diversa quello che è successo finora! Vuol dire che il Vortice è stato creato per imprigionare i sentimenti positivi!»

«O per proteggerli.» mormorò Auster. «Non dimenticate che l'equilibrio tra bene e male deve essere preservato. Troppo bene o troppo male, se non adeguatamente equilibrati, possono creare il caos.»

«Sì, è la teoria dell'equilibrio che ci insegnano alla prima lezione del primo anno.» rispose Stella, annoiata. «Ma cosa c'entra con questo?»

«Non capisci?» domandò Bloom, perentoria. «Potrebbe essere la spiegazione per cui tanto tempo fa il Vortice fu creato: per sigillare i sentimenti positivi e non permettere che troppo bene o troppo male divenissero predominanti l'uno sull'altro.»

«Ma scusa... allora noi dovremmo venire distrutte immediatamente!» replicò Stella, indignata. «Perché noi facciamo tanto bene!»

«Ma lo fate per riportare l'equilibrio nel mondo.» rispose Auster. «In fondo, voi Winx agite solo quando una grande catastrofe si sta abbattendo su Magix e, in questo caso, sulla Terra. Le Streghe Antenate, Valtor, lord Darkar... pensateci bene, cosa avete fatto voi, più che contrastare il loro potere, essere guardiane di questo equilibrio?»

«Sì, è vero. È un ragionamento perfettamente logico.» rispose Tecna. «Quindi, ammettiamo che questi sentimenti positivi possano neutralizzare le Furie...»

«Non è una semplicemente possibilità.» dichiarò Auster. «E' esattamente ciò che è.»

«Ma... in questo modo...» balbettò Terchibald. «Noi... noi avevamo la soluzione a portata di mano! L'abbiamo sempre avuta!»

Auster scosse la testa. «Non è così semplice. Il Vortice dei Venti è uno scudo impenetrabile. Niente di tutto quello che entra qui può uscirne. Ci ho provato molto e per lungo tempo. Non esistono correnti ascensionali che posso usare per volare via di qui. C'è come una forza magica e irresistibile che mi riporta sempre indietro. E questo, ritengo, significa che chi ha creato il Vortice nei tempi antichi ha messo in conto la possibilità che i sentimenti positivi, se spinti nella giusta direzione, potevano riuscire a liberarsi, sfruttando una di quelle correnti. Se io fossi riuscita a liberarmi, allora ci sarebbero riusciti anche gli spiriti dei sentimenti positivi.»

«E allora come possiamo fare per liberare questo potere?» domandò Bloom. «Se possiamo salvare il mondo di Magix, allora dobbiamo provare tutto e di più. Auster, so che ci hai già pensato prima di noi! A quale conclusione sei arrivata?»

Auster la guardò intensamente e vide nei suoi occhi il potere del fuoco del drago che ardeva, bisognoso di essere liberato. «C'è una sola cosa che potremmo fare, ma il potere di una sola fata non basta, il mio non basta.» disse.

«Allora agiremo tutti insieme.» dichiarò Adalhard. «Tutti, qui, abbiamo dei poteri.»

E Tony abbassò lo sguardo, arrossendo un po'.

Auster sorrise, gli prese di nuovo la mano, ma guardò ancora una volta Bloom.

«Allora, Auster?» la spronò. «Dicci quello che dobbiamo fare!»

La voce della regina di Flabrum si fece dura e risoluta e fece vibrare le fate come corde di violino. «Dovete distruggere il Vortice dei Venti. Dovete distruggere l'eredità che mi hanno lasciato le mie antenate.»



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Come sempre, grazie a tutti. Non ho molto da dire, se non... siamo agli sgoccioli!

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Capitolo 21
*** Tracix ***


Capitolo 21

Tracix



L'Owl di Fonterossa viaggiava veramente troppo lentamente per i gusti di Musa. Da quanto stavano viaggiando, un'ora, due? E da quanto tempo avevano saputo che il regno di Flabrum era in realtà il contenitore di quello che avrebbe potuto salvarli fin da subito? Re Oritel era stato chiaro in proposito: Dafne era andata su Flabrum e aveva scoperto che sotto la nebbia compatta che ricopriva il pianeta c'erano nascosti, sigillati, i Sentimenti Positivi che servivano per distruggere quelli negativi. I resoconti che il re di Domino aveva trovato nella Montagna del Rock non parlavano chiaro, però: dicevano solo qualcosa a proposito del pianeta dei Venti che avrebbe potuto aiutare a distruggere la minaccia delle Furie, senza sapere che cosa volesse dire.

«E a nessuno è mai venuto in mente di cercarli?» domandò, polemica. «Come mai Dafne non è mai andata su Flabrum prima d'ora?»

«Chi mai andava a pensare che su quel pianeta fosse celato un segreto del genere?» sospirò re Oritel. «A te sarebbe mai venuto in mente, Musa? Un pianeta così inospitale e lontano! All'inizio neanche io volevo crederci, ma in effetti ha un senso! Collimava tutto perfettamente con le storie che avevo letto su Flabrum, di cui si vocifera stia proteggendo uno oscuro segreto che poteva distruggere gli equilibri del mondo come lo conosciamo.»

«Addirittura?» domandò Aisha, sbigottita.

«Certo.» rispose Timmy, sistemandosi gli occhiali, prima di riportare la propria attenzione sulla console luminosa dei comandi. «La teoria degli equilibri è molto chiara: il bene e il male devono sempre bilanciarsi oppure sarà il caos. Troppo bene o troppo male producono lo stesso effetto: l'instabilità del mondo su cui si regge Magix.»

«Mi sembra tanto roba da romanzi fantasy.» dichiarò Roxy, stringendosi nelle spalle.

«Ti può sembrare, ma non sai quanto è vero questo principio. È il fondamento di ogni cosa. Ogni volta che il male sta per trionfare, il bene deve porre fine al suo predominio, per evitare che tutto il mondo piombi nel caos.» spiegò Timmy. «Non si sa bene cosa sia questo caos, ma... si immagina che sia qualcosa che c'era prima della creazione dell'universo di Magix da parte del fuoco del drago.»

«E' una lezione che ti verrà impartita il primo giorno, non appena entrerai ad Alfea.» Aisha consolò Roxy, posandole sulla spalla la mano libera dallo Scettro che non aveva lasciato andare neanche per un minuto.

La fata degli animali non disse niente a proposito della sua volontà di andare ad Alfea, sempre che Alfea avesse continuato ad esistere, dopo che le Furie l'avevano invasa. Avevano fatto in tempo a salire sulla navetta che quella montagna di muscoli di Codatorta era completamente impazzito, aveva provato a prendere Faragonda per il collo e Grizelda era stata costretta con una sfera di energia a scagliarlo il più lontano possibile. Aisha aveva concluso imprigionandolo nel Morphix.

«Nessun altro maschio è rimasto ad Alfea! Resistete fino a quando non avremo distrutto il Vortice dei Venti! Torneremo presto! Cercate di stare attenti alla spia!» aveva gridato la fata dei fluidi. Allora il portellone si era richiuso velocemente, mentre loro prendevano quota.

Roxy non aveva mai viaggiato in aereo in tutta la sua vita, ma sospettava che non fosse così comodo o così lontanamente simile al viaggiare in treno come sembrava con quella navicella spaziale che si chiamava Owl. Non uno sbalzo, non un vuoto d'aria. Poi si ricordò che viaggiano nello spazio e che lì non c'era aria, ma comunque rimaneva sempre più incredula dal fatto che ognuna di quelle leggi che credeva governassero l'universo da quelle parti non valessero. Poi Timmy era un pilota eccezionale e, coadiuvato da Riven e Brandon, sembrava un capitano imbattibile. Mentre re Oritel raccontava, lei si era seduta e Zephiro era rimasto poco lontano, da solo, silenzioso.

Fu lui che guardò adesso e notò che era sempre più pallido e che tremava leggermente. Era convinta che la spia gli avesse fatto qualcosa. E fu questo che la colpì: quel nemico che entrava ad Alfea non lo aveva ucciso quando avrebbe potuto. Lo aveva tenuto in vita forse perché non aveva avuto il tempo di fargli qualcosa perché era arrivata lei. Ma la cosa non la convinceva, perché, come diceva Zephiro, lei era solo l'ultima fata della Terra, una ragazzina inesperta: nessuna spia avrebbe avuto paura di lei quando non aveva avuto paura di Faragonda.

«Perché tu non sei stato contagiato?» gli chiese, costringendolo a voltarsi per guardarla. «Insomma... mi aspettavo che...»

Lui parve esitare un istante. «Io... io non lo so.» disse, infine, distogliendo lo sguardo arrossato.

«Che cosa voleva da te la spia di Alfea?» insistette la fata degli animali.

Zephiro scosse di nuovo la testa, più rassegnato che mai.

«Sapevi qualcosa che poteva aiutarla, vero?»

«Io...» ammise lui, annuendo piano. «Forse.»

«E cosa?»

«Non lo so. Non so niente!» ringhiò lui, balzando in piedi. Nessuno, a parte Roxy, parve notare quello strano comportamento.

«Che cosa starà succedendo ad Alfea?» stava, infatti, domandando Flora. Per la fata degli animali fu come venire privata di una risposta che sentiva aver avuto ad un passo da lei.

«Non lo so.» sospirò re Oritel. «Ma sono certo che non ci saranno più problemi.»

«A parte le Furie, vorrà dire. E la spia di Alfea, quella che non siamo riusciti a trovare da nessuna parte.» lo corresse Musa, che non riusciva a liberarsi del proprio cattivo umore. Era nervosa, perché avevano sempre avuto tutto a portata di mano, perché su Flabrum c'era la Furia dell'Odio, nonché zio di Zephiro, e loro, nonostante tutto, non avrebbero avuto vita facile.

Re Oritel grugnì un: «Già... la spia...»

«Chi mai potrebbe essere? Come fa a sfuggirci?» volle sapere Flora.

«La prenderemo non appena avremo finito su Flabrum.» disse Aisha, per tranquillizzarli tutti. «Anzi, sono certa che Faragonda ha già tutto sotto controllo.»

«Ah, sì? E come facciamo a distruggere il Vortice dei Venti?» domandò Musa, scuotendo la testa.

Re Oritel scosse la testa. «Non ne ho la minima idea. Entrare sul pianeta sarebbe... forse creare un reticolo di convergenza e cercare di comprimerlo sempre di più...»

«Ma ci sono gli abitanti!» esclamò Sky, inorridito. «Se si trovassero nel raggio di azione, se non bastasse distruggere il Vortice, rischieremmo di mettere tutti in pericolo, di ucciderli.»

«Appunto non si può fare.» rispose il re di Domino.

«Siamo partiti allo sbaraglio, fantastico!» replicò, acida, Musa.

«Musa, ma... che c'è?» le domandò Flora.

«C'è che questa missione è nata male fin dall'inizio! Abbiamo affrontato migliaia di pericoli! Abbiamo eliminato le Furie dalla Terra, ma adesso non sappiamo se torneremo indietro e se le Furie uccideranno tutti quanti! È... è... è orribile questa incertezza! Adesso che sappiamo che dobbiamo distruggere il Vortice dei Venti non abbiamo un metodo sicuro per farlo e non sappiamo se funzionerà davvero. Se Dafne si fosse sbagliata?»

«Musa...» Flora fece qualche passo verso di lei, con la mano tesa per poterla toccare, ma la ragazza era completamente fuori di sé. C'era una Furia che aleggiava nell'aria, la Furia della Paura e della Disperazione... era tra loro, ne sentivano quasi tutti l'odore e ne erano ancora più spaventati: se avesse preso una fata avrebbe potuto ucciderla, se avesse preso un ragazzo avrebbe potuto contagiare gli altri e uccidere comunque le fate.

Aisha la schiaffeggiò come aveva già schiaffeggiato Flora. «Smettila!» gridò. «Nessuno si è sbagliato! E, se anche la missione fallisce, dobbiamo tentare! Siamo le Winx, per la miseria! Siamo le Winx e vinceremo! Abbiamo combattuto contro le Trix innumerevoli volte, contro Valtor e lord Darkar, persino contro Bloom, per non parlare del fatto che siamo riuscite a far credere la gente in noi e a indebolire gli Stregoni del Cerchio Nero! Siamo sempre tornate vincitrici, sempre! Musa...» sospirò, addolcendo il tono di voce. «Vuoi dire che non credi più nel Winx Club?»

Musa cercò qualcosa da dire, ma si accorse che non c'era niente che potesse fare per contrastare le argomentazioni della sua amica. Chinò la testa. «No... hai... hai ragione. Ho sbagliato. Scusami.»

Sky prese la parola: «Abbiamo bisogno di un piano come diversivo. Dobbiamo fare in modo che l'attenzione di Maestral sia completamente concentrata su altro che non siano le Winx, mentre cercano di distruggere il Vortice. Per quel che riguarda il reticolo di convergenza...»

«Dobbiamo per forza costruirglielo intorno.» concluse Musa. «Non si può fare.»

«E se, invece, cercassimo l'occhio del ciclone?» propose Timmy, senza togliere gli occhi dalla loro rotta.

Le ragazze fissarono lo Specialista alla ricerca di una spiegazione. Lui si sistemò meglio gli occhiali sul naso e si girò rimanendo sulla sedia verso di loro. Posò le mani sulle ginocchia e le guardò con espressione accademica. «Come di certo saprete, c'è un punto di quiete intorno a cui si sviluppa il ciclone e lì si può di solito notare che il tempo è bello e a volte soleggiato... è un punto di quiete, che però implica l'arrivo della cosiddetta coda del ciclone. Forse... forse se voi riuscite ad interrompere il flusso generato dall'occhio, allora potrete distruggere il Vortice.»

Per un attimo rimasero tutti in silenzio, poi Aisha parlò per tutti gli astanti che erano senza parole. «Timmy, tu... tu sei un genio!»

Il ragazzo arrossì. «Beh... non... non è niente di speciale...» balbettò. «Semplice cultura atmosferica.»

«Bene. Questo potrebbe essere un punto di partenza.» approvò re Oritel, interrompendo i balbetti dello Specialista imbarazzato.

«Non è solo un punto di partenza!» esclamò Musa, improvvisamente elettrizzata. «E' tutto! Sappiamo dove dobbiamo atterrare: al centro dei Vortice e, una volta lì, dobbiamo trovare il punto di inizio e distruggerlo! Una volta che il Vortice si sia trovato senza la sua fonte di alimentazione... si disperderà.»

«Sì, ha senso! È geniale! Ah, se Tecna fosse qui!» sospirò Timmy, anche lui entusiasta.

«Anche lei la penserebbe come me, con qualche metafora in più sui computer.» scherzò Musa, strizzandogli l'occhio.

Lo Specialista rise nervosamente, mentre Riven, a cui non piacque quel gesto, si girò di nuovo offeso. La fata della musica, però, fece finta di non accorgersene. Non ne poteva più della gelosia di Riven, dopo quello che aveva combinato in quel bar e a Jason Queen.

«Bene. Dato che siamo tutti d'accordo sulla questione della distruzione del Vortice, per quel che riguarda la questione del diversivo...» disse re Oritel.

«Quale miglior diversivo di me?» domandò Zephiro. Ben presto tutti gli occhi furono puntati sul ragazzo sofferente che continuava a stropicciarsi gli occhi con foga incredibile. «Io... io devo...»

«Ma cosa vuoi fare tu?» sbottò Roxy, irritata. «Stai male... non ti reggi nemmeno in piedi e vuoi fare da diversivo?»

«E' me che Maestral vuole.» sibilò il ragazzo, senza guardare nessuno in particolare, come se stesse parlando con se stesso. «Se volete renderlo cieco a qualunque altra cosa... è me che dovete mandare a fare da diversivo! È per questo che mi avete portato. È per questo che Faragonda vi ha detto di prendermi! Perché avrete bisogno di tempo per distruggere il Vortice!»

«No, non possiamo farlo» replicò Aisha, severamente. «Faragonda non ti permetterà mai di rischiare la vita per...»

«E'...» lui gemette. «è quello che deve essere fatto. Io devo affrontare Maestral ed è meglio che lo faccia subito. Devo farlo... e devo essere io.»

Di nuovo calò il silenzio, ma non era come quello stupefatto che aveva seguito le parole di Timmy sull'occhio del ciclone. Era un silenzio angosciato, pieno di paura. Era chiaro a tutti che Zephiro non aveva la forza per affrontare una minaccia, figurarsi lo zio usurpatore che era stato contagiato dall'Odio. Eppure era ancora più chiaro che aveva ragione su tutto, che lui era l'unico che avrebbe funzionato da schermo per Maestral.

«Tu sei matto!» ribatté Roxy, veemente.

A fermarla dallo scagliargli contro un'invettiva fu la mano di re Oritel che le afferrò la spalla, stringendola in modo pacato. Lei girò lo sguardo verso di lui per chiedergli spiegazioni, ma il re di Domino guardava Zephiro che, con un enorme sforzo di volontà, aveva sollevato la testa per guardare lui. Nei suoi occhi di colore diverso c'era tanta risolutezza, tanto bisogno di compiere quella missione. Ma allora perché Roxy non si sentiva tranquilla? Perché, quando lo guardava, sentiva che c'era qualcosa che non andava?

«Verrò con te.» disse re Oritel.

Sky si fece avanti. «Sì, anch'io.»

«Due re su due?» grugnì il padre di Bloom, inarcando un sopracciglio. «Biondino, sono certo delle tue buone intenzioni, ma... come dire... c'è mia figlia, una ragazza con i capelli rossi, tanto per intendersi, che dovrebbe essere sul pianeta che stiamo per raggiungere e, dato che il suo papà non sarà lì per aiutarla... dovrebbe almeno farlo il suo ragazzo, dico bene?» e lo guardò con fare eloquente, tanto che Sky aprì la bocca e la richiuse senza protestare.

«Sì, re Oritel.» disse, dopo un po', mettendosi impettito, in posa solenne. «Troverò Bloom e la proteggerò. Può contare su di me!»

Il sovrano di Domino non disse niente, lo squadrò a lungo con l'intento di metterlo a disagio e di fargli dubitare delle sue stesse capacità, ma quando vide che non ci riuscì, almeno apparentemente, deluso, tornò a guardare Zephiro.

«Ma se non viene Sky» dichiarò Brandon. «vengo io, con lei, re Oritel.»

«E anche io.» si aggiunse Helia.

«I-io non posso venire.» disse, invece, Timmy. «Io... devo accompagnare le Winx, con l'Owl... nel Vortice.»

«No, è una pessima idea.» replicò Riven, sgarbato. «L'Owl non può entrare nel Vortice dei Venti! Altrimenti come farebbe Zephiro a raggiungere il posto dove si trova suo zio? Se non sbaglio, solo le ragazze sanno volare autonomamente. A proposito di questo... non ci hai ancora detto, ragazzino, come si fa ad entrare nel pianeta dei Venti. Forse te lo sei dimenticato, ma io no: su Flabrum non si entra come si fa da tutte le altre parti... la Dimensione Omega è addirittura più facile da raggiungere!»

Zephiro lo guardò. «Te lo spiegherò quando saremo lì vicino... prima non avrebbe senso... dovete guardare le correnti... e nello spazio non potete certo farlo.»

«Bene.» disse Sky, per stemperare un po' gli animi. «Allora è deciso, l'Owl andrà con Zephiro, ma le ragazze dovranno atterrare su Flabrum senza problemi. Quindi, re Oritel, credo che noi ragazzi dovremo accompagnare Zephiro. Tutti.»

Re Oritel grugnì, evidentemente contrariato.

Sky lo ignorò. «Come faranno a raggiungere l'occhio del ciclone? È una questione di correnti?»

Zephiro non rispose subito. Distolse lo sguardo e per un lungo momento tutti trattennero il respiro, fino a quando lui stesso non lo rilasciò e disse: «Io non lo so. Nessuno si è spinto all'interno del Vortice e quelli che l'hanno fatto non sono mai più tornati.»

Aisha scambiò un'occhiata con Flora e Musa. «Allora dovremo trovare il modo da sole. Voi ragazzi preoccupatevi solo di farci arrivare su Flabrum sani e salvi. Non appena sarà il momento, aprite il portellone e dirigetevi verso il palazzo reale. Prendete tempo con Maestral, ma non fate niente che possa nuocere a Zephiro.»

«E io che farò?» domandò Roxy.

«E' meglio che tu stia sulla navetta.» dichiarò Sky, risoluto. «Non è per cattiveria, Roxy, ma è più sicuro se non corri dei rischi inutili.»

«Inutili per chi?» ringhiò lei, stringendo i pugni, sentendosi sempre più frustrata. «Inutili per voi, che non potrete ripristinare il regno delle fate sulla Terra! Certo! È lo stesso che per Zephiro! Non volete sprecare le nostre vite per motivi del tutto egoistici! E io ne ho abbastanza di tutto questo! Non ne posso più di essere protetta e usata, non ne posso più della magia e di tutto quello che sta succedendo, non ne più di Stregoni e spiriti maligni, e non me ne starò con le mani in mano! Farò di tutto e dico proprio di tutto per impedire loro di venirmi a dare fastidio! Io verrò con voi e con Zephiro o darò una mano alle Winx. E su questo non si discute!»

«Roxy, io capisco quello che stai passando,» dichiarò Flora, posandosi una mano sul petto. «ma penso che questo modo di vedere le cose non ti porti da nessuna parte. Ascoltami, tesoro, noi ti vogliamo bene e capiamo come ti senti, davvero, sappiamo che sei confusa e... se ci fosse Bloom, qui con noi, saprebbe di certo trovare le parole giuste per non farti compiere un gesto avventato! Quello che facciamo, lo facciamo per te, perché ti vogliamo bene e non vogliamo che ti capiti niente di male!»

«Esatto!» replicò Musa, risoluta. «Noi pensiamo innanzitutto alla tua incolumità. Non c'entra niente il regno delle fate terrestri, non c'entra niente il pianeta di Flabrum. Qualunque cosa facciamo, la facciamo per il tuo bene!»

Aisha le prese le mani, prima che lei potesse mettersele sulle orecchie per non dover più ascoltare quelle parole che le suonavano così false, sebbene le Winx parlassero col cuore. «Se Bloom si è ritrovata in questo pasticcio è perché voleva arrivare in fretta su Domino e salvarti la vita e l'avrebbe fatto a costo della sua, tutto perché prova un enorme affetto per te. Pensaci, Roxy. Tu sei forte e sei una ragazza intelligente. Devi capire che...»

«Che sono una schiappa con la magia!» la rimbeccò lei.

«Che sei inesperta e che, per stavolta, dovrai solo aspettare.»

«Ma io non posso stare senza far niente! È colpa mia se Bloom è finita nei pasticci, proprio perché voleva salvarmi e non ne posso più di essere un peso! Devo fare qualcosa!»

Aisha strinse la presa. «Allora promettimi che seguirai i ragazzi e che farai tutto quello che ti dicono di fare!»

Roxy la guardò a lungo, ma alla fine annuì, spinta dai suoi occhi imploranti più che dalla vera volontà di farlo.

«Ecco! Siamo in vista di Flabrum!» gridò quasi Timmy, balzando sulla sedia. Aisha e Roxy si voltarono nella sua direzione e la prima si affrettò, insieme agli altri, a raggiungerla. Lo Specialista cominciò a digitare velocemente sulla tastiera luminosa che aveva davanti. «L'impatto con l'atmosfera avverrà tra meno di cinque minuti. Siamo appena entrati nel raggio gravitazionale del pianeta. Da qui in poi i comandi sono quasi del tutto inutili, se non per il cambio di propulsione. Zephiro, è arrivato il momento di dirci che cosa dobbiamo fare.»

Quello che avevano davanti era quanto di più spaventoso Roxy si fosse mai trovata a dover guardare era un enorme imbuto roteante di cui non si riusciva a vedere che il suo cuore, nero e profondo, che sapeva di ignoto; una quantità immane di fili di vento che si dipanavano intorno a lui, e ne fuoriuscivano e rientravano. La navetta veniva attirata lentamente, ma inesorabilmente.

«Zephiro...» gemette Timmy.

Il ragazzo barcollò verso di lui. Roxy ebbe l'irrazionale paura che lui non avrebbe detto niente, che avrebbe lasciato che tutti loro venissero inghiottiti dal vortice gigantesco. Si guardarono per un attimo, solo per un attimo, l'occhio dorato guizzò di un bagliore particolare che la mise a disagio, poi lui lo nascose di nuovo dietro la mano. Guardò la stessa scena con l'occhio blu e fece un cenno con la mano libera. Anche il suo respiro si era fatto più pesante.

«Devi... scegli una corrente che sta uscendo dal Vortice... la più vicina.»

«L-la più vicina?» balbettò Timmy, perplesso.

«Fai come ti dico oppure verrai risucchiato! Scegli la corrente più vicina! A destra! A destra!» la voce di Zephiro si fece improvvisamente stridula, isterica... spaventata, quasi. Non era escludere che lo fosse, perché tutti gli altri, le fate, gli Specialisti e anche re Oritel erano in tensione. Tutti quanti loro avevano chiara la consapevolezza di poter essere risucchiati da quell'inferno che impediva gli accessi al pianeta. Timmy batté le dita sulla tastiera con frenesia, la navetta cominciò a spostarsi lentamente sulla destra, verso la corrente indicata da Zephiro.

Il cuore batteva ferocemente a tutti, Roxy riusciva a sentire il proprio che le rimbombava nelle orecchie e non sapeva se era per la paura perché la navetta tentava un atterraggio tanto pericoloso o perché non si fidava troppo delle direttive del ragazzo.

Un attimo dopo, si sentì trasportare in avanti. Fu come essere risucchiati e la fata degli animali comprese che cosa provava l'acqua quando veniva calata dentro un imbuto e fatta passare in quel tubicino. Si sentì come se qualcosa la stesse strizzando, la navetta cominciò anche a vibrare, oscillare di qua e di là, la console mandò segnali luminosi intermittenti a velocità impazzita, Timmy – il pacatissimo Timmy – imprecava e digitava sempre più speditamente, Riven ringhiava come un animale, mentre Sky e Brandon si erano aggrappati alla sua sedia, Oritel a quella di Helia e le Winx, tenendosi per mano, a quella di Timmy.

Roxy rischiò di scivolare, ma fu Zephiro ad afferrarla prima che cadesse. Rimase stretta a lui, sentendo le guance che si incendiavano, mentre lui rimaneva con la mano artigliata alla spalla del fidanzato di Tecna ed era l'unico che sembrava avere il totale controllo di sé.

Poco dopo tutto finì, la navetta finì di vibrare e tutta la console tornò ad emettere impulsi luminosi ad intervalli regolari. Tutti i componenti dell'equipaggio sospirarono all'unisono. Solo Zephiro era rimasto completamente indifferente a tutto, come se per lui fosse del tutto normale. Guardando nel suo occhio dorato, Roxy poteva vedere tutto il gelo che c'era dentro.

«Stai bene?» gli chiese.

Lui non rispose.

Gli Specialisti, e Sky soprattutto, avevano visto quel suo sangue freddo. Il re di Eraklyon, poi, aveva intuito che stava preparandosi ad affrontare lo zio, l'usurpatore che aveva ucciso sua madre e che quell'impresa avrebbe richiesto tutta la determinazione possibile. Se fosse stato nella sua situazione, Sky era sicuro che si sarebbe comportato allo stesso modo. Roxy, però, percepiva che non tutto andava bene, che la spia di Alfea gli aveva fatto qualcosa. In quel Zephiro, del ragazzo sensibile che aveva conosciuto, non c'era più spazio. Era gelido, crudele, quasi.

«Che cosa devo fare, ora?» domandò Timmy. «Abbiamo fatto quello che ci hai detto... siamo su una corrente d'aria che ci porterà fuori dalla rotta del Vortice. Ci stiamo allontanando senza problemi e...» non finì di parlare. Un messaggio rosso cominciò a pulsare su un display in basso, alla destra dello Specialista.

«Che cos'è?» domandò Aisha.

Tutti si sporsero a guardare.

C'erano scritte due parole:


Prego, identificarsi


Riven afferrò una leva. «Credo che, se c'è un momento buono per scaricare le ragazze, è questo.» dichiarò, osservando il vetro davanti a loro, là dove si stavamo materializzando in lontananza alcune delle navette bianche e azzurre di Flabrum.

Le Winx si posizionarono vicino alle altre davanti al portellone, persino Roxy cercò di nuovo di raggiungere le amiche e fu re Oritel a posarle una mano sulla spalla, con abbastanza fermezza perché rimanesse indietro. Roxy si rassegnò subito.

Flora le sorrise, rassicurante. «Torneremo presto, vedrai.»

«Vai, Riven!» lo incitò Aisha.

Lo Specialista annuì. Gettò una breve occhiata a Musa, un'occhiata anche un po' triste, che le fece capire che quello che aveva fatto a Jason e quello che era successo sulla Terra lo faceva sentire tremendamente in colpa. Non è colpa sua, capì la fata con un moto d'affetto dovuto ai tanti anni e le tante avventure che avevano passato assieme, sono state le Furie e quelle non gli hanno lasciato molta scelta. Così, mentre lui tirava giù la leva e il portellone cominciava ad aprirsi e a lasciar entrare il vento freddo di Flabrum all'interno, gli sorrise brevemente. Era giusto che lo perdonasse, almeno per questo. Essere geloso era parte di lui, era una cosa che non sarebbe cambiata mai.

«Prendiamoci per mano.» propose Flora e tese l'una a Musa e l'altra ad Aisha. «Potremmo rischiare di perderci.»

Nessuna delle due fece obiezioni. Si strinsero le mani l'una con l'altra, mentre le loro ali cominciarono a vibrare per tenere testa al vento.

«Non potrò tenere a lungo aperto il portello o il vento ci risucchierà tutti! Reggetevi forte, ragazzi!» esclamò Riven. Aspettò ancora qualche secondo, il portellone si aprì fino a metà. «Ora, ragazze! Buona fortuna!»

«Lo stesso a voi!» gridò Aisha, prima che si lanciasse fuori insieme alle due Winx.

In un secondo, furono fuori dalla portata della loro vista. Riven tirò di nuovo la leva e il vento fu tagliato fuori con violenza. La navetta, adesso, col portellone di nuovo sbarrato si muoveva da sola, per inerzia, sulla corrente uscente dal Vortice. Intanto, alle due navicelle flabrumiane che avevano di fronte se ne aggiungevano altre due. Il loro messaggio continuava a lampeggiare sul display. Nessuno si era accorto della manovra che avveniva sul retro dell'Owl.

«Gli stiamo andando proprio incontro.» sussurrò Helia, guardando fisso di fronte a sé. «E non possiamo fermarci o cambiare rotta.»

«Bene.» disse re Oritel. Sky e Brandon estrassero le loro armi, pronti per combattere, ma il re di Domino fece un gesto blando con la mano. «No, ragazzi, non facciamoci prendere dalla sindrome dell'eroe. Quello che faremo adesso è lasciarci prendere.»

Sky e Brandon lo guardarono interdetti e non furono gli unici.

«Che cosa?!» domandò Roxy, indignata. «Farci prendere? Ma... credevo che avremmo combattuto!»

Zephiro chiuse gli occhi e, quando li riaprì, sollevò la testa per guardare re Oritel. «E' l'unico modo per prendere tempo.» spiegò, sempre con quel suo nuovo tono gelido.

«Esatto, figliolo.»

«Ma io avevo capito che non avremmo dovuto metterlo in pericolo!» sbottò Sky, furente. «Che cosa ha in mente, re Oritel? Quegli uomini lo uccideranno non appena capiranno chi è!»

Il sovrano di Domino si strinse nelle spalle. «Io dico di no. Ho una certa esperienza di reali, giovanotto, e ti posso assicurare che Zephiro non morirà, almeno finché Maestral non darà l'ordine di uccidere. Il punto è che qui, caro il mio biondino, ci sono ben due re della Dimensione Magica e non credo che Maestral sia pazzo al punto di passare sui nostri cadaveri, altrimenti sai come andrà a finire: tuo padre Erendor muoverà guerra e mia moglie farà lo stesso, a costo di dover dare fuoco e fiamme alla Dimensione Magica.» re Oritel sorrise, nel pensare a Marion. «Sono quasi certo che sai che ho ragione e che Zephiro, con noi al suo fianco, è in una botte di ferro.»

Sky parve dubbioso, ma non rispose. Quello che diceva re Oritel aveva senso, era perfettamente logico pensare che Maestral non avrebbe fatto scorrere il sangue di due dei sovrani più potenti della Dimensione Magica, ma chi poteva sapere che cosa avrebbe potuto fare un uomo catturato dalla Furia dell'Odio?

«Speriamo che lei abbia ragione, re Oritel.» grugnì Riven. «O saremo tutti spacciati.»

Mentre finiva di dirlo, le navette li avevano circondati.

«E' arrivato il tempo di aprire le danze.» sussurrò Zephiro e nella sua voce risuonò qualcosa di sinistro.


§


Aisha, Flora e Musa non si erano aspettate che il vento di Flabrum potesse essere così violento o così terribilmente potente. Flora pensò alle correnti che soffiavano sul suo pianeta, quelle che solo un paio di ali Enchantix potevano contrastare. Quello di Flabrum, però, aveva qualcosa di diverso, qualcosa di ancora più potente che non aveva mai sperimentato; era come se volesse respingere chiunque volesse avvicinarsi al Vortice, attirandolo verso di sé.

Le ali, per quanto lei e le sue amiche continuassero a muoverle e sempre con più frenesia, non le aiutavano, anzi, sembravano essere ancora più d'intralcio. Tenersi per mano era arduo e il vento frustava loro il corpo e la faccia in un modo che impediva loro di tenere gli occhi aperti o di parlare, perché le frustate di vento entravano anche in bocca. Così, con le palpebre semichiuse, continuavano a cercare un sentiero davanti a loro, ma a parte l'azzurro e il bianco di cielo e nuvole non riuscivano a distinguere niente e aprire gli occhi più di così avrebbe significato perderli. Ora so come si sente un lenzuolo steso fuori!, pensò Flora, mentre veniva sballottata insieme con le sue amiche su e giù, in avanti e indietro in quella corrente violenta. Il Vortice... ci ucciderà... Bloom, ragazze, dove siete? Come facciamo a distruggere qualcosa che ci impedisce di avvicinarci all'occhio del ciclone?

Pensò alle ali dello Zoomix e allo Speedix, ma a cosa sarebbero servite? Non avevano modo di contrastare quell'orribile malefico vento!

«Il... sento... vento...» la voce di Musa le arrivò a spezzoni nell'orecchio sinistro, il resto fu inghiottito dal furore del vento che tirava loro addosso e sulle ali, bloccandole. Andava sempre peggio. «Ca... to... ven... pite?»

«Co... mu...»

«Non vi sento!» voleva gridare Flora, ma il vento le entrò in bocca e quasi la soffocò. Sentì che la presa sulle sue amiche si stava affievolendo. Il Vortice tentava di separarle. Poi Musa – credette che fosse Musa – la strattonò verso di sé e la presa si rinsaldò.

«Tra... gica...»

Tragica? La situazione era tragica? Lo vedeva da sola! Stavano cominciando a perdere le speranze e il vento si faceva sempre più forte, le attirava verso il Vortice come una grossa mano gigante.

Musa la strattonò di nuovo. Ripeté la parola. Ora suonava diversa: «Tra... ama!»

Flora provò a riaprire gli occhi, ma non le riuscì. Allora girò la testa in modo che il vento non le colpisse la faccia. Cercò gli occhi di Musa e vide solo qualche sprazzo del completino luccicante della sua amica. «Traccia!» gridava adesso la fata della musica. «Traccia! Tra... gica.»

La traccia?

Flora non riuscì a pensare, il Vortice era sempre più vicino, era inesorabile, impetuoso e troppo forte per loro. Pensò a Faragonda, che le aveva mandate lì con lo scopo di distruggere il Vortice, a lei che aveva avuto fiducia nelle Winx, tanta da mandarle sulla Terra per ripristinare la magia, che aveva fatto tanto e insegnato loro tutto. Possibile che quella fosse la fine? E poi la voce di Faragonda, come se stessero comunicando telepaticamente, ma sapendo che era solo la propria memoria, le parlò: ci sono tre tipi di ali, per il livello Believix. Le ali de teletrasporto, della super velocità e della traccia magica. A quel punto Flora sussultò. Capì cosa voleva dire Musa. Non le aveva detto che la situazione era tragica, ma che dovevano usare le ali della traccia magica! Strinse forte la mano di Musa, due volte, sperando che capisse ciò che aveva voluto dirle e vide che la sua amica rispondeva allo stesso modo. Fece lo stesso con Aisha. Anche lei aveva capito.

Stavolta non ci pensò nemmeno. Abbandonò la paura. «Winx Tracix!» gridò con tutto il fiato che aveva in gola. Il vento le entrò in bocca e quasi ebbe il potere di soffocarlo, ma durò un istante. Poco dopo il mondo cambiò, il vento scomparve e si ritrovarono su di un terreno rigoglioso e verdeggiante di un bel color seppia.


§


Bloom si fermò in mezzo al cimitero delle navette. Il mondo era in pace con se stesso, persino lei e le sue amiche, a cui era stato dato il compito di distruggere il Vortice dei Venti sentivano che tutto sarebbe andato bene. Ma ancora non sapevano come fare per trovare quello che Auster aveva chiamato Occhio del Ciclone e questa doveva essere la loro priorità assoluta.

La regina di Flabrum le aveva seguite, insieme ai due soldati dell'Esercito del suo pianeta. Nel punto in cui si trovavano, la magia era più forte, i crateri anche più profondi che nel resto del cimitero. Tutto intorno, su quel terreno accidentato e coperto di lamiere e alcuni scheletri, infatti, ce n'erano tanti, alcuni più larghi e altri più stretti, come se vi fossero state sganciate delle bombe grosse e devastanti o fossero passati dei giganti che avevano dato dei pugni al terreno. Auster aveva detto che non sapeva cosa fossero, né come potessero esistere o chi o cosa le avesse provocate realmente. Guardando all'interno, vi si potevano vedere altre navette distrutte, oppure un abisso oscuro e senza fondo che, però, non dava nessun senso di orrore come avrebbe fatto in altri tempi. Perché lì erano tutte le cose buone, lì sembrava non esistere spazio per il disagio.

«Credo che qui vada bene.» dichiarò Tecna. «E' pregno di magia per fare quello che dobbiamo.»

«Pensate davvero che la Traccia Magica possa aiutarvi?» volle sapere Auster.

«Noi lo speriamo.» disse Bloom, piena di emozione. «Perché altrimenti non sapremmo proprio come trovare l'Occhio del Ciclone.»

«Sempre ammesso che esista.» rispose Stella, che non era riuscita a dimenticare ciò che aveva detto Auster in proposito: ogni ciclone, aveva detto, si sviluppava intorno ad un punto, dove il tempo era sempre buono, senza vento, a volte soleggiato. Quello doveva essere il punto da cui era stato formato anche il Vortice dei Venti che, essendo un costrutto magico, doveva per forza avere un punto di inizio ancora più evidente di uno normale. Forse, addirittura, il Vortice di Flabrum si evolveva verso l'alto come una spirale, ciò avrebbe dovuto permettere loro di trovare il punto di sfogo come se sopra ci fosse una X rossa, come nelle mappe del tesoro.

L'idea del tesoro era piaciuta molto a Stella, ma capiva anche che quelle di Auster erano supposizioni. Certo, aveva avuto modo di pensarci parecchio, da quando quella storia era cominciata, ma questo non le impediva di essere scettica.

«L'unico modo che abbiamo per riuscire a trovare qualcosa di concreto è la Traccia Magica.» dichiarò Bloom, parlando con Tecna.

«E allora sbrighiamoci. Comincio a non poterne più di questo pianeta dei Venti.» disse Stella, poi guardò Auster. «Senza offesa.»

La regina sorrise appena. «Non posso che darti ragione. A volte, anche io non ne posso più.»

«Allora non perdiamo altro tempo.» disse Bloom, in tono definitivo. Allungò le mani verso le sue amiche e, non appena queste le ebbero strette, liberarono il loro potere.

«Winx Tracix!»

Subito, il mondo cambiò, divenne color seppia, Auster, i soldati di Flabrum e Tony scomparvero, ma apparvero altre persone, il terreno su cui si trovavano divenne rigoglioso e verdeggiante, i crateri furono coperti dalla vegetazione e dagli alberi che erano tutto intorno a loro. Non c'erano navette distrutte, il terreno era punteggiato di migliaia di spiriti che, se non fosse stato per il color seppia, sarebbero stati di mille colori meravigliosi che variavano dal rosa all'oro e che restituivano a coloro che li guardavano, o solo sfioravano, dei Sentimenti tanto belli da far dimenticare a tutti i loro malanni. Ma c'era una donna, una fata, compresero le Winx, che piangeva in preda alla disperazione.

«Non possiamo fare a meno?» domandò, alla sua compagna. Entrambe erano vestite in modo curioso, con abiti legati ad una spalla come una toga e i loro capelli lunghi e fluenti erano tenuti su sulla nuca da un cerchietto d'oro che lasciava scivolare giù una coda lunga fino in fondo alla schiena. Capivano la loro lingua solo perché era la traccia magica a permetterlo.

«L'Equilibrio deve essere preservato.» rispose l'altra, chiudendo gli occhi asciutti.

«Lo so, ma perché così?»

«Se gli Spiriti dei Sentimenti Positivi verranno rinchiusi qui, se arrivassero i Sentimenti Negativi... quando gli uomini e le donne di Flabrum li faranno crescere al punto da renderle entità reali... gli Spiriti non saranno più liberi di catturarle e allora per il mondo sarà la catastrofe! Ho visto... ho visto cosa accadrà, se noi imprigioneremo gli Spiriti!» e si portò le mani alle tempie. «I miei poteri divinatori mi hanno permesso di vedere le brutture che seguiranno all'imprigionamento. Ma fino ad allora il mondo propenderà solo per il bene e questo farà sprofondare la Dimensione Magica nel caos. Sai che non abbiamo scelta. Quando il Fuoco del Drago è stato sigillato dentro una persona, ha lasciato il bene e il male, ma adesso il bene sta prendendo il sopravvento. Non possiamo fare altro.»

La prima donna annuì, anche se in modo dolente.

«Quando creerò la Barriera,» disse la seconda, togliendosi le mani dalle tempie. «allora nessuno potrà più entrare... se tenterà, è probabile che muoia nel tentativo e a questo punto nessuno più potrebbe distruggerla, quando la catastrofe avverrà. Nessuno, anche chi riuscisse a superare la Barriera, potrà... a meno che non ci sia qualcuno a ricordare cosa è successo!»

«Io ci sarò!» dichiarò la seconda stringendo più forte la spalla dell'amica. «Io non abbandonerò questo pianeta!»

«Ma non si potrà vivere qui sotto! Lasciare qui sotto la gente vorrà dire non poter mai più rivedere il cielo e le stelle, vorrà dire essere peggio che prigionieri e allora la gente comincerà a volere risalire e una volta che i Sentimenti Positivi verranno consumati, non ci sarà più nessuno che fermerà le Furie. Rimanere nella Barriera significa consumare i Sentimenti Positivi. E allora i Sentimenti Negativi diverrebbero troppo forti. Di nuovo, la Dimensione Magica sprofonderebbe nel caos.»

Entrambe si scrutarono a lungo. Poi la prima sospirò. «Beh, ma non succederebbe niente se... se per caso qualcuno rimanesse al di sopra della Barriera, giusto?»

L'altra ci pensò per un secondo. «No, la Barriera proteggerebbe i Sentimenti Positivi e impedirebbe di influenzare i sentimenti propri delle persone, ma... perché me lo chiedi?»

«Perché creerai un modo per penetrare la Barriera e farai in modo che chiunque tenti di farlo accidentalmente e senza la giusta motivazione ne rimanga intrappolato. La Barriera deve essere preservata a qualunque costo fino al momento in cui non servirà che vengano liberate. Ed è qui che entro in gioco io.»

«Ma... cosa... che dici?» la seconda era confusa, addolorata. «Che vuoi dire?»

«Quando arriverà il momento, la Barriera dovrà essere distrutta e solo chi conosce il segreto della Barriera potrà distruggerla, non è così?»

«Sì.»

«E allora,» negli occhi della seconda donna c'era una luce nuova e raggiante, carica di speranza che veniva più da se stessa che non dai Sentimenti Positivi. «c'è bisogno che questo pianeta sia abitato, che una fata tenga il segreto finché non sarà giunto il momento. Mi capisci? E non deve andar via dal pianeta, oppure tutti i nostri sforzi saranno vani.»

«Ma non ci sarà modo di vivere qui, dopo che avrò eretto la Barriera, e non ci sarà modo di sapere quando succederà. Se anche fossi tu quella fata, sorella, allora cosa pensi che accadrà se le Furie non dovessero presentarsi nel nostro tempo?»

«Tramanderemo la verità ad una fata. Solo ad una fata che la tramanderà alla figlia e questa alla figlia e così via. Questo pianeta sarà protetto dalle fate e perciò una piccola comunità dovrà vivere qui. Uomini e fate proteggeranno noi e il nostro segreto.»

La prima sorella parve dubbiosa. «E se non nasceranno fate?»

«Ma nasceranno maschi con sangue di fata. Saranno loro a tenere il regno finché non avranno generato una fata ed è a lei che dovranno tramandare il segreto. È così che deve andare, sorella. Dobbiamo proteggere questo pianeta e i Sentimenti Positivi.»

«Ma non hai ancora risposto all'ultima domanda. Come facciamo a far vivere qualcuno da queste parti, se il pianeta sarà completamente sigillato?»

«Così!» la seconda fata aprì le braccia e un alone di potere la avvolse.

Ammutolite, le Winx guardarono quella scena che si svolgeva prima che Flabrum diventasse il pianeta dei Venti, prima ancora che le Furie arrivassero lì, quando il segreto di cui parlavano doveva ancora venire tramandato. Bloom capì che era così che erano andate le cose: le generazioni erano passate, le tradizioni di Flabrum mantenute, ma la verità su di esse era andata persa con il tempo e l'incuria. Maestral, nella sua follia, voleva solo che quella tradizione, che la protezione del pianeta e del suo segreto, un segreto perso nella storia, non venisse divulgato. Lui agiva per i motivi sbagliati, ma faceva una cosa giusta.

Guardò la seconda sorella che sprigionava il suo potere e dopo poco la terra tremò tutto intorno a loro. Tremò a lungo e violentemente, il terreno cominciò a spaccarsi in più punti, lì dove si trovavano le Winx, e le crepe si facevano sempre più profonde e si allungavano sempre di più. Durò a lungo, forse dei giorni o forse solo delle ore, ma magari degli anni. Quando il terreno smise di tremare, zolle di terra si sollevarono. Erano grandi quanto isole e cominciarono a volare in alto contro ogni legge fisica esistente, ma Tecna non trovò niente da obiettare, perché era la magia a permettere tutto questo, una magia antica e perduta per sempre.

Le Winx guardarono a bocca aperta quei grandi pezzi di terreno mentre si sollevavano sempre più alto, ed erano tanti, tantissimi e rimanevano pur sempre distanti gli uni dagli altri. Ben presto, il cielo fu costellato di terra come di stelle. A terra erano rimasti quei crateri di cui prima non avevano compreso l'esistenza.

«Erano così potenti, un tempo.» esalò la fata della tecnologia. «Nessuno è più capace di compiere un sortilegio capace di reggere per centinaia di anni!»

«No.» confermò Bloom, allibita. «E neanche un Vortice dei Venti scommetto.»

Stella era rimasta semplicemente senza parole.

D'improvviso, la seconda sorella crollò a terra e l'altra la soccorse. «Ma cosa hai fatto?» la rimproverò, strillando appena. «Cosa... cosa hai fatto?»

«Quello che doveva essere fatto.» sospirò l'altra, stremata. E le sorrise debolmente. «Adesso tocca a te... devi costruire la tua Barriera.»

«Dovrai essere tu a tramandare il segreto.» sussurrò l'altra.

«Lo faremo insieme. Come abbiamo sempre fatto tutto.»

La prima scosse la testa e i suoi occhi erano pieni di lacrime. «Per fare quello che ho in mente... per fare quello che ho in mente... io dovrò... sacrificarmi.»

«No!» gridò la seconda, ritrovando improvvisamente le forze. Le strinse le spalle e la scosse. «No! Non puoi farlo! Non puoi morire per...»

La prima sorella stava sorridendo tra le lacrime. «E' l'unico modo, credimi.»

«E allora io...»

«No! No, tu devi vivere per proteggere Magix. E l'unico modo per farlo è dire a tua figlia che la Barriera dovrà essere distrutta quando verranno le Furie. Ricordatelo. Ricordatelo sempre! Addio, sorella mia. Addio per sempre!»

Le Winx trovarono la scena così straziante che, mentre le sorelle piangevano, piansero con loro. E si sentirono anche un po' in colpa per quello che stavano facendo: stavano origliando, spiando un momento intimo tra due sorelle e amiche che si stavano dicendo addio. Come se anche la Traccia Magica se ne fosse accorta, la scena cambiò totalmente, il luogo in cui si trovavano anche.

Adesso si trovavano su una collina, insieme con la sola prima sorella. Non c'era una lacrima o una singola esitazione sul suo viso. Adesso le sue parole non erano più distinguibili, recitava una formula magica che, come il segreto di Flabrum, si era perso nel tempo. Il vento cominciò ad avvolgerla, si concentrò ai suoi piedi e salì, salì sempre più in alto muovendo il suo abito e i suoi capelli lunghi. Da lei partì l'energia. Il tratto d'aria al di sotto delle isole a mezz'aria cominciò a scurirsi, si addensarono velocemente nuvole grigie come quelle che portavano pioggia, le stesse che Bloom e le altre avevano attraversato prima di incontrare Auster.

Poi la prima sorella sollevò un braccio e intorno ad esso cominciò a svolgersi un lungo filamento spesso di vento. Un vortice piccolo e potente che si svolse, andò verso l'alto e si nutrì del vento che vi era intorno e dell'energia della fata, ma lei continuò a rimanere ferma dove si trovava, guardò ancora il vortice che cresceva... cresceva... cresceva...

La Traccia Magica si esaurì.

Bloom, Tecna e Stella si ritrovarono a guardare il cimitero, i colori tornarono ad essere quelli della realtà. Tony, Auster, Adalhard e Terchibald le fissarono senza dire una parola. Videro sui loro volti le lacrime e quanto fossero provate in quel momento e non trovarono da dire niente, tanto erano stupiti. Fu la fata del fuoco del drago a trovare la forza per parlare. Lo doveva alle due sorelle che si erano sacrificate per quello, per un momento simile, per proteggere l'Equilibrio e la Dimensione Magica e a cui loro dovevano essere più grate che mai.

«Sappiamo dove dobbiamo andare.» disse e, liberata la mano da quella di Tecna, l'allungò verso la regina di Flabrum. Non riuscì, e non volle, liberare l'altra dalla presa di Stella che era così provata e triste che non la finiva di scuotersi in singhiozzi. «Dobbiamo andare.» le disse, allora, in tono gentile, sperando di consolarla un po'. «Useremo il teletrasporto e ho bisogno che tu sia al tuo meglio, Stella. Dov'è finita la luminosa fata del sole e della luna?»

«Si è commossa.» piagnucolò lei.

Tecna sorrise. «Lo sapevamo, dopotutto, che sei una tenerona.»

«Ah, Tecna!» sbraitò la fata del sole e della luna. E subito si fermò, quando vide che Terchibald, con fare indifferente, le picchiettava la testa con le nocche. Lei lo guardò con un misto di risentimento e sospetto. «Guarda che io sono fidanzata!» lo ammonì.

Lui le sorrise. «Non sai come mi sento fortunato. Volevo solo guardare più da vicino le macchie rosse che ti vengono sulla faccia quando piangi.»

Stella lo fulminò con un'occhiataccia.

Adalhard sospirò. «Sei un bambino, fratello.»

«Siamo pronti?» domandò Tecna, per far tornare l'ordine.

«Non mi vengono le macchie rosse, quando piango!» insistette Stella, paonazza, ma quando vide che le sue amiche non erano tanto propense a proseguire su quella linea, si schiarì la voce e si preparò a liberare il suo potere per il teletrasporto. «Attaccati, capitano dei miei stivali.»

Terchibald le posò una mano sulla spalla senza lamentarsi. Adalhard e Auster fecero lo stesso con Bloom. Tony prese la mano di Tecna. «Signorina Tecna, io ti devo dire una cosa importante!» dichiarò.

«Dopo.» tagliò corto la fata della tecnologia. «Abbiamo molto da fare.»

«Ma...»

«Sei dei nostri, Tecna?» la canzonò Stella, un po' maligna, del tutto dimentica delle sue macchie rosse. «Oppure tu e il tuo spasimante volete un po' di privacy?»

Paonazza, Tecna, per non rispondere, fu la prima a sprigionare il suo potere.

«Winx Zoomix!»



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Capitoletto triste, ma necessario a capire come effettivamente si è creato il Vortice e il perché delle strane tradizioni di Flabrum. Forse sulla prima parte è un po' palloso, ma spero che, nel complesso, sia stato di vostro gradimento. Il prossimo capitolo è il penultimo. Yeah! Grazie a tutti, come sempre. Alla prossima settimana!

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Capitolo 22
*** Rosso, blu, oro ***


Capitolo 22

Rosso, blu, oro



Le ali del teletrasporto funzionarono. Si ritrovarono all'interno di un cono costituito di vento, ma se avesse dovuto essere in quiete, allora Stella era un tirannosauro. Perché il vento era violento e faceva scuotere i capelli delle fate, dello Specialista e dei flabrumiani con la violenza, era proprio il caso di dirlo, di un uragano. Tutto intorno non c'era niente, solo il vento che si torceva sempre più velocemente. Se solo avessero fatto un passo, certamente sarebbero finite in pasto al crudele Vortice dei Venti che le imprigionava al suo interno.

«Che cosa dovremmo fare, adesso?» domandò, gridando, Tecna.

«Non lo so!» rispose allo stesso modo Bloom. «Cerchiamo un modo per attivare la convergenza!»

Ma proprio mentre si tenevano per mano, cercando di sprigionare il loro potere, capitò qualcosa: una luce improvvisa le accecò e, un attimo dopo, cominciarono a modellarsi delle forme che divennero via via più nitide. Erano persone, questa era l'unica cosa certa, ma nessuno le riconobbe finché la luce non fu sparita.

Stella gridò.

«Musa!» strillò Bloom. «Aisha e Flora!»

«Ehilà!» esclamò Musa, facendo un occhiolino.

Le tre arrivate per prime si lanciarono sulle altre e stritolarono le nuove arrivate in un abbraccio, piene di commozione. Ma la prima a riprendersi fu Bloom. «Dobbiamo sbrigarci, ragazze!» disse. «Il Vortice...»

«Sappiamo tutto.» disse Aisha. «Abbiamo usato la Traccia Magica per arrivare fino a qui.»

«Bene. Allora saprete che dobbiamo distruggere il Vortice, se vogliamo avere delle possibilità di salvare Flabrum dalla minaccia dell'Odio che cresce dentro Maestral. Lì c'è la regina Auster.» e Bloom indicò poco lontano, dove si trovavano la regina e i due soldati di Flabrum.

«Ma...» balbettò Flora. «Io credevo che...»

«E' una storia lunga.» tagliò corto Tecna. «Ve la spiegheremo non appena avremo finito.»

«Sì, è bene sbrigarsi.» acconsentì Aisha. Le ragazze si presero per mano e formarono un cerchio. Adesso che erano tutte insieme, connesse dal loro potere che scorreva l'uno nel corpo delle altre, sembrava che il Vortice si fosse messo a roteare con maggiore veemenza, come per proteggersi ed evitare quello che di lì a poco sarebbe successo. Bloom e le altre sentivano la sua forza vitale scorrere rabbiosa nei fasci che lo formavano, ne sentivano la furia e l'enorme potenza, la resistenza che faceva alla distruzione. L'aveva creato il sacrificio di una fata che voleva proteggere gli spiriti dei sentimenti positivi che, adesso, si stavano spingendo verso di loro, come se volessero aiutarle e allo stesso tempo liberarsi di secoli di prigionia. E il Vortice, che voleva proteggerli, perché quello era il suo compito, faceva ancora opposizione al potere delle fate, ma le Winx non recedevano. Pensavano alle ragazze rimaste sulla terra, quelle giovani apprendiste che stavano studiando ad Alfea e che stavano combattendo contro i sentimenti negativi che le avrebbero consumate e poi anche agli Specialisti e alle persone della Terra che erano stati posseduti e avevano perso la loro personalità, desiderosi solo di distruggere tutto e, soprattutto, le fate e la loro magia buona. E fu questo a spingere il Vortice a interrompere quella resistenza. Per un po' fu come se le osservasse mentre la convergenza sprigionava i colori dell'arcobaleno e la polvere di fata che scaturiva dalle ali delle Winx. Pian piano ripiegò su se stesso, la forza con cui vorticava divenne sempre più veloce, sempre di più, ancora e ancora.

E i fili presero a sciogliersi, si dispersero in lontananza, il Vortice perse la sua compattezza; adesso si poteva vedere il cielo e sprazzi delle isole che, un tempo, erano state ancorate alla terra al di sotto della nebbia. Anche la nebbia venne spazzata via, i raggi del sole cominciarono a filtrare attraverso di essa. Poi accadde. Il vento scomparve e la nebbia si diradò del tutto.

Una leggera pioggerella cadde sulle Winx, mentre le isole fluttuanti vibravano leggermente, come incapaci di credere che la nebbia sotto di loro le avesse sorrette in equilibrio. Per un istante, le Winx ebbero paura che crollassero, ma le isole si fermarono, come se finalmente, dopo essersi destabilizzate per via della scomparsa del Vortice, si fossero tranquillizzate. Il cielo era sgombro, non c'era più vento, né quel mulinare minaccioso. Adesso c'erano centinaia degli stessi spiriti che avevano visto volteggiare nel passato grazie alle ali Tracix che scivolavano loro intorno e se ne andavano via, verso luoghi dove c'era più bisogno di loro.

«Ragazze... ce l'abbiamo fatta!» esclamò Stella, guardando le altre che, come lei, erano raggianti. «Ce l'abbiamo fatta!»

Ridendo, le ragazze tornarono ad abbracciarsi, per festeggiare. Ma la loro allegria non durò a lungo.

«Non è finita.» disse, infatti, Auster, in tono tetro.

«Ma abbiamo distrutto il Vortice, adesso gli spettri dei sentimenti positivi potranno...» Bloom si interruppe, quando vide che la regina di Flabrum stava scuotendo la testa con aria affranta.

«No. Non è finita. Ora dobbiamo salvare Zephiro.»

«Sì, è vero. Maestral è...» anche Aisha si fermò, perché Auster continuava a scuotere la testa.

«Che sta succedendo?» domandò il comandante Adalhard. «Auster, che cosa ci stai nascondendo?»

La donna sospirò e si fece avanti, tra le Winx. «Non c'è tempo di spiegare. Dobbiamo andare. Zephiro è qui.»

Bloom trasalì. «Avete portato qui Zephiro? Ma Faragonda aveva detto...»

«Cambio di piani.» le spiegò Musa.

Adalhard sospirò. «Faragonda non ha capito... nessuno poteva... chi l'aveva mai visto, prima, nella Dimensione Magica?» farfugliò. «Era la mossa giusta, però, vero? Ha fatto tutto ciò che le ho chiesto di fare, nel caso in cui Zephiro si fosse trovato in guai simili e adesso lo rimanda indietro, proprio dove tutto è cominciato. È giusto. Mi aspettavo che mio fratello avrebbe fatto qualcosa del genere, da quando avevo scelto Adalhard come comandante dell'Esercito del Vento. Ma non potevo prevedere che Zephiro... adesso che gli spiriti sono liberi, si dirigeranno da lui... ma non basteranno. L'Odio è forte. E, mentre ero qui, tra gli spiriti, e ti ho trovato, Stella,» disse la regina, guardando la fata del sole e della luna. «ho capito che non sarebbe bastato lo Scettro di Domino, né qualunque spirito che ho incontrato. Serve... serve una forma d'amore molto profonda. Credo... credo, in effetti, di essere io l'unica persona che può fermare l'Odio.»

«Ma cosa stai... mia regina...» balbettò Adalhard.

«Basta parlare. Dobbiamo per forza andare o sarà troppo tardi per tutta la Dimensione Magica!»

«Sì, ma dove?» domandò Stella.

«A palazzo.» fece Aisha. «Era lì che erano diretti gli Specialisti, quando ci hanno scaricato vicino al Vortice... stavano facendo da diversivo per Maestral. Immagino proprio che è lì che abbiamo portato Zephiro.»

«Ci sono gli Specialisti?» domandò Bloom, incredula.

«E anche re Oritel.» confermò Flora.

Bloom non credeva alle proprie orecchie, ma non c'era molto tempo per lo stupore: dovevano fare in fretta, come aveva detto Auster.

«Se è così, spero che non sia troppo tardi.» disse. «Voliamo, ragazze!» Bloom spiccò un volo e insieme a loro, anche le Winx. Tecna tornò a prendere Tony, mentre Stella Terchibald. Auster, che si era trasformata anche lei, decise prese Adalhard. Volarono sulla mutata terra di Flabrum, osservando la quantità di relitti che ricopriva il terreno molto al di sotto di loro, mentre volavano tra le nuvolette pigre che, ogni tanto, capitò loro di incontrare lungo il tragitto. Della vegetazione rigogliosa che avevano visto grazie alla magia non rimaneva quasi nulla, solo qualche arbusto qua e là dall'aria malaticcia, un netto contrasto con le isole fluttuanti che, invece, erano cariche di piante intricate e contorte come quella in cui Tecna e le altre avevano trovato rifugio prima di scoprire che si trovavano nella base segreta dei ribelli. Quello di cui si accorsero, però, mentre volavano verso nord, verso un gruppo di isole molto vicine, era che tutto il verde stava ricrescendo velocemente, forse grazie a quella pioggerellina che si era creata alla fine, quando il Vortice e la nebbia se n'erano andate.

Auster, di fronte a tutti, li stava guidando proprio al gruppo di isole, volando ad un ritmo incalzante che, se non fossero state allenate al volo, avrebbero fatto fatica a tenere.

«Non volevo che i sovrani di Domino si esponessero tanto a causa mia e del fatto che non ho saputo cose che, purtroppo, sono andate perse nel corso del tempo!» esclamò Auster, d'un tratto.

«Non devi preoccuparti, regina Auster. I miei genitori l'avrebbero fatto in ogni caso!» esclamò Bloom.

«Dove saranno gli Specialisti?» domandò Stella, rivolta a Flora, che le volava di fianco.

«Non lo so, ma speriamo di trovarli presto. Pensate che siano stati catturati?»

«I soldati di Flabrum potrebbero averlo fatto.» sibilò Terchibald. «Quegli odiosi voltagabbana... come hanno potuto dimenticare tutti quanti la fedeltà alla nostra regina?»

«Non c'è tempo per questo! Dobbiamo andare più... che cosa c'è laggiù?»

«Sono delle navette!» gridò Tecna.

«Di Flabrum.» ringhiò Terchibald.

Nessuno replicò, non ne ebbe il tempo. Poco dopo che Tecna e il capitano dell'Esercito ebbero parlato, una navetta si stagliò all'orizzonte. Andava verso di loro ad una velocità molto elevata e sembrava voler per forza tagliare loro la strada. Bloom la vide. Era bianca e lucida e non somigliava minimamente ad un Owl di Fonterossa.

«Arrendetevi!» si sentì una voce amplificata che proveniva dall'interno.

«Non abbiamo tempo da perdere!» sbottò Aisha. «Gabbia Morphix!» sprigionò il proprio potere contro la navetta, ma qualcosa come uno scudo deflettore rese inattivo l'attacco della fata dei fluidi.

«Non funzionano questi trucchetti!» sbottò Terchibald.

Poco dopo, sopra la navetta si aprì un buco circolare e ne salì lentamente una piattaforma sopra cui erano ritti in piedi alcuni soldati di Flabrum. Erano vestiti di blu e di bianco, ma al braccio avevano una fascia rossa e reggevano una lancia fatta di elettricità statica e di vento condensato.

Le fate si fermarono a mezz'aria.

«Toglietevi di mezzo!» ordinò Bloom. «Dobbiamo raggiungere Maestral per...»

«Non raggiungerete nessuno! Abbiamo ordine di catturare le fate che hanno attentato al nostro pianeta!» e così dicendo il soldato di destra puntò la lancia contro Bloom e sprigionò una forte corrente ventosa usando l'arma come catalizzatore. Bloom si tolse dalla linea di tiro e la magia corse veloce verso la terra che fino a poco tempo prima era stata nascosta dalla nebbia.

«Ma... dov'è il Vortice dei Venti?» domandò un altro, guardandosi attorno.

«Non può essere sparito!» esclamò un altro, interdetto.

«Sono state loro! Vi ordino di dire che cosa ne avete fatto del Vortice dei Venti!» disse quello che aveva attaccato e lanciò ancora un altro incantesimo. Altri tre uomini uscirono dalla piattaforma, ma questi, al contrario degli altri due, si lanciarono e atterrarono a mezz'aria, come se, invece che il vuoto, ci fosse stata una strada.

«Quindi le strade invisibili non erano magia del Vortice.»

«O lo era e ancora non si è distrutta...» borbottò Adalhard.

Solo Flora, Aisha e Musa, che non avevano idea che su Flabrum esistessero strade invisibili, sussultarono. Tutte le altre si prepararono a combattere.

«Fammi scendere, principessa di Solaria.» ringhiò Terchibald, colto da un'improvvisa rabbia. «Ho una gran voglia di dare a questi bellimbusti una lezione che non si scorderanno facilmente!»

«Ma...»

«Sì. Fai scendere anche me, Auster.» disse Adalhard.

«Non possiamo lasciarvi andare!» protestò la regina.

«Invece sì.» disse, risoluto, Tony, guardando Tecna con occhi scintillanti. «Signorina Tecna, ti farò vedere che cosa sono capace di fare! Voglio che tu sia orgogliosa di me!»

Tecna gli rispose con una smorfia preoccupata.

«Non possiamo fermarci!» esclamò Bloom, guardandosi attorno. «Dobbiamo trovare Maestral prima che lo faccia la Furia dell'Odio. Qualcuno rimanga qui. Flora, Stella, Aisha... rimanete voi ad aiutare!»

«Conta pure su di noi, Bloom!» rispose la fata del sole e della luna e così cominciò a scendere più in basso, dove si trovava il sentiero invisibile, con le direttive di Terchibald che poteva, al contrario delle fate, vedere il sentiero come ogni abitante di Flabrum.

Adalhard lo seguì e un attimo dopo, insieme con Flora e Stella e Tony, che anche lui si era lanciato ed era atterrato di faccia sfuggendo alla presa di Tecna. Gli uomini di Flabrum, quelli con la fascia rossa al braccio non persero tempo e si lanciarono contro di loro.

«Andiamo!» esclamò Bloom, cercando di ignorare la lotta crudele che i soldati avevano ingaggiato.

«Aspettate!»

Le tre Winx si voltarono verso Aisha, che aveva parlato.

«Portate questo con voi!» la fata dei fluidi lanciò a Bloom uno scettro vecchio e brutto, con un enorme smeraldo incastonato all'estremità superiore. «Lo Scettro di Domino... non so a cosa possa servire, ma... forse gli spiriti distruggeranno le Furie prima che ci riesca lo Scettro stesso.»

Bloom lo guardò, poi strinse più forte la mano contro l'asta. «Ci vediamo dopo, ragazze!»

«Sì!»

I poteri magici del comandante e del capitano era molto forti e più volte combinati con quelli delle due Winx riuscirono a fermare gli attacchi violenti degli altri. Tony, al contrario, che aveva solo una spada, si limitava a mulinarla in alto, riuscendo anche, per un po', ad allontanare i nemici che tentavano di avvicinarsi. Questi smisero presto, allora, e cominciarono ad attaccarlo con la magia. Qualcosa, però, sembrava essere successo al giovane, imbranato e insicuro Tony, che voleva compiacere in tutti i modi Tecna, la ragazza di cui si era innamorato e che gli suscitava più rispetto di tutti i professori di Fonterossa messi insieme: riuscì a schivare gli incantesimi balzando di qua e di là con la spada dritta verso l'alto quasi volesse usarla per nascondercisi dietro. Continuò così, finché non inciampò nei suoi stessi piedi e cadde a terra.

«Regina Auster, non possiamo perdere altro tempo...»

Auster, indecisa, guardò ancora una volta Adalhard che si stava battendo a colpi magici contro uno di quelli che avrebbero dovuto essere i suoi stessi soldati, poi si costrinse a seguire Bloom e le altre. Dovevano raggiungere il più in fretta possibile il castello Bloom, Musa, Tecna e la regina dovevano adempiere alla missione, salvare il pianeta e Magix dalla Furia dell'Odio.

«Non possiamo rimanere!» gridò Tecna.

«Va bene.» sussurrò Auster.

«Gabbia Morphix!» invocò Aisha, imprigionando uno degli avversari che provò a colpire alle spalle le ragazze che stavano volando velocemente via dal campo di battaglia. «Andate, ora

Le Winx e Auster si lasciarono così alle spalle tutto quanto, pronte per una nuova battaglia.

Tony, intanto, si era rialzato e adesso combatteva contro uno dei soldati di Flabrum ad armi pari, la sua spada rosa shocking contro una fatta di puro vento, ma così solido da sembrare di acciaio puro.

Con grande sorpresa, lo Specialista riuscì non solo a schivare con facilità, ma anche rispondere agli attacchi. Per un attimo, l'imbranato Tony sentì di poter fare tutto. E solo perché doveva salvare la signorina Tecna che l'aveva tolto dai guai tante volte, per farle capire che era degno di lei! Non ne poteva più di essere un eterno zero. Avrebbe partecipato al saggio degli Specialisti, per la miseria! E questa ambizione gli dette ancora più forza per controbattere il suo avversario, per rispondere alle sue stoccate precise. Gli insegnamenti di Codatorta, che prima gli erano sembrati così inutili, si rivelarono efficaci, adesso. Respingeva i colpi, osservava il polso dell'avversario e tentava di prevedere le sue mosse. A volte si rivelarono essere finte, ma lui schivò balzando di qua o di là con l'agilità di un gatto. Si sentiva onnipotente. Lanciò un ululato di vittoria, mentre il suo avversario, grazie ad una sua finta, inciampava nel mantello e perdeva la sua spada. Tony con un calcio la fece cadere di sotto. Con un sorriso che gli arrivava da un orecchio all'altro, gli premette la punta della spada contro la gola. «Sei finito.»

Aisha rimase a controllare che il volo delle altre potessero oltrepassare senza essere fermate. Lanciò la sua gabbia Morphix contro quelli che erano più lontani e che nessuno copriva, mentre al suo fianco, Flora scagliava i suoi incantesimi e la sua polvere di fata contro quelli che la fata dei fluidi non poteva controllare. «C'è qualcosa che non va!» esclamò, quando vide che la polvere di fata non faceva nessun effetto e che, anzi, pareva rendere gli uomini di Flabrum ancora più desiderosi di combattere.

Flora volò via dalla linea di tiro. «Rosa d'inverno!» esclamò, allungando un braccio. L'avversario con la lancia, invece, le mandò contro un alito di vento tagliente che si scontrò a mezz'aria con la sua magia e si annullarono tra di loro, spandendo i petali di rosa tutto intorno.

Terchibald approfittò della confusione prodotta per scagliarsi letteralmente addosso ad uno dei nemici e buttarlo a terra. Dimenticandosi dei poteri magici, cominciò a colpirlo violentemente al viso e sul corpo. Seduto a cavalcioni sull'antagonista, cominciò a prenderlo a pugni.

Stella abbagliava i suoi nemici con i suoi poteri e questi, storditi, finivano per inciampare e cadere. Uno, però, riuscì ad afferrarla per una gamba e a tirarla in basso. Stella, per liberarsi, cercò di usare anche lei la polvere di fata. Inutilmente.

«C'è qualcosa che non va...» ripeté Flora, scansandosi di nuovo dalla linea di tiro di un altro dei nemici. «Stella, Aisha... guardate i loro occhi!»

Aisha lo fece, o almeno cercò di farlo, ma era quasi impossibile, perché gli uomini si muovevano molto velocemente dall'uno all'altro e, anche quando si fermavano, i loro occhi saettavano di qua e di là e subito erano pronti per scagliarsi contro qualcun altro, di solito Tony che, comunque, non sembrava più lo Specialista imbranato che le Winx avevano conosciuto all'inizio.

«Si muovono troppo. Tempesta solare!» gridò Stella, lanciandola contro il soldati che la tratteneva e che, grazie alla magia, la lasciò andare, colpito in pieno. Uno stava per abbattere una spada alle spalle di Tony e lei ripeté l'incantesimo con maggiore impeto.

«I loro occhi!» gridò Aisha, che era volata vicino ad uno con il solo scopo di farlo voltare. «E' come se fossero... Gabbia Morphix!»

«E' come se non fossero padroni di se stessi!» completò per lei Flora. «Vento d'autunno!»

«Che cosa? Tempesta solare!» Stella creò uno scudo di luce per deviare una magia. Adalhard la intercettò e la rimandò direttamente al suo mittente, che cadde a gambe all'aria.

«Guardali attentamente!» Flora indicò uno che era stato imprigionato nel Morphix e che era stato atterrato da Tony. «Hanno gli occhi velati... proprio come se fossero stati vittime di un qualche maleficio!»

«Maleficio!» sbottò Terchibald. E dette un pugno sonoro a quello che aveva atterrato. «Glielo do io il maleficio! E ora...» strappò la fascia rossa dal braccio dell'uomo e glielo ficcò in bocca. «mangiala bene.» ringhiò, rabbioso. «Vediamo se ti piace...»

Quello cominciò a divincolarsi e a cercare di parlare, ma tanto più Terchibald gli infilava la fascia in bocca, meno quello ci riusciva. Il capitano gli dette un ultimo schiaffo e fece per alzarsi, quando il suo avversario, con un colpo di reni, riuscì a ribaltare le loro posizioni, subito dopo si strappò di bocca la fascia rossa e la lanciò di sotto. Quindi si alzò in piedi e fece una cosa sorprendente: si ribellò ai suoi compagni e usò i suoi poteri contro di loro. «Traditore!» gridarono questi ultimi e si lanciarono quasi tutti contro di lui. Aisha, grazie a questo imprevisto, riuscì a imprigionarne molti nel suo Morphix.

«Ehi!» esclamò Stella.

«Che succede? Perché ha smesso di...»

«Forse serve un po' di forza bruta!» e così Stella schiaffeggiò uno dei soldati che ancora non era stato imprigionato dal Morphix, ma l'unica cosa che ottenne fu di essere catturata a sua volta. Urlò e quasi fu trafitta da una scarica di vento tagliente, quando proprio lo stesso che era stato picchiato da Terchibald gli arrivò alle spalle e gli strappò dal braccio la fascia. Subito, gli occhi velati dell'uomo che aveva quasi fatto del male a Stella ritornarono vigili. Lui si guardò attorno, senza capire, quasi chiedendosi perché tenesse per un braccio una fata.

L'aria si fece immobile. Tutti i contendenti si squadrarono gli uni gli altri, poi il soldato che aveva afferrato Stella la lasciò andare. «Che succede? Che è successo? Cosa...» si guardò intorno.

«Togliete le fasce a tutti!» gridò d'improvviso Adalhard. «Le fasce! Sono le fasce! Terchibald, togli le fasce! Winx! Strappate dalle loro braccia quelle dannate fasce rosse!»

Terchibald trasalì e così anche le ragazze.

Aisha fu la prima a reagire. Strappò quella dal braccio di uno dei soldati che aveva imprigionato nel Morphix e anche lui ebbe la stessa reazione degli altri. Ben presto, quanti più venivano privati della fascia rossa, tanti più smettevano di combatterli. Quelli che venivano dopo di loro e uscivano dalla navetta venivano immobilizzati in fretta e poi liberati dal misterioso pezzo di stoffa. Uno per uno, tutti i soldati tornarono normali. L'ultimo toccò a Tony che, con un ululato di trionfo, sventolando la fascia come se fosse stata il migliore dei trofei, saltellava da una parte all'altra.

La battaglia era finita.

«Ma che cavolo...» balbettò Terchibald, abbassando lo sguardo, dimenticando ogni protocollo. «Ma che cavolo è successo?»

L'uomo che aveva schiaffeggiato si rabbuiò. «Capitano,» disse. «Maestral aveva sì dei seguaci, ma erano molto pochi, rispetto a quelli fedeli alla regina. Ha rapito molti di noi e costretto tutti ad indossarla. Quando siamo stati catturati, siamo stati costretti ad indossare anche la fascia... è stato terribile. Ogni nostro pensiero è stato spazzato via e la fedeltà che provavamo per Auster si è tramutata in fedeltà per Maestral. È impossibile da contrastare: eravamo talmente soggiogati che non potevamo neanche togliere la fascia: era il simbolo della nostra fede nell'usurpatore. Tutto quello che diceva sembrava giusto, tutto quello che ci ordinava doveva essere eseguito, diventava vitale per noi. Quindi avevamo anche l'ordine di non toglierci la fascia, ma... grazie. Grazie, capitano, grazie a voi, Winx.»

«Bene.» rispose Aisha, sbrigativa. «Ma adesso dobbiamo andare. Auster sta andando da Maestral. Speriamo che non sia troppo tardi.»

«Auster?» domandò lo stesso soldato che aveva raccontato loro la storia, confuso. «Ma la nostra regina è...»

«E' troppo lunga da spiegare.» rispose Stella sbrigativa. «Ci dobbiamo muovere a raggiungere il palazzo!»

«Allora venite, giovani fate, prendiamo la navetta.» disse ancora il soldato. «Ci avete salvati e abbiamo un grosso debito nei nostri confronti. Non vedo l'ora di vendicarmi di Maestral per l'omicidio della nostra regina!»


§


Le navette scortarono il gruppo di re Oritel fino ad un agglomerato di isolette che galleggiavano in aria come se fossero state in acqua. Tutte erano ricoperte di verde e in ognuna c'erano case e casette dalle forme bizzarre, negozi scintillanti che Roxy non aveva mai visto. Guardava in basso, per non dover guardare quelle immense navi volanti minacciose che le avevano costrette a seguirle e così notò i ponti che collegavano le isole a mezz'aria, solidi e grandi che riflettevano la luce del sole, con la pavimentazione in marmo. Però, a dispetto della grandiosità del posto, non sembrava che ci fossero persone. Era come se tutto fosse stato abbandonato.

Rabbrividì e non poté fare a meno di alzare lo sguardo, adesso. Quando si erano identificati, la prima cosa che re Oritel aveva fatto era dare il proprio nome, quello di Sky e degli Specialisti. Non aveva fatto il nome né di Zephiro né di Roxy e adesso il re di Domino se ne stava tranquillo su uno dei posti dei passeggeri, con le gambe incrociate e l'aria più pacifica del mondo, come se quella fosse una scampagnata o una visita di piacere.

Sky non condivideva la sua tranquillità o la sua sicurezza. Addirittura arrivò a pensare che, se non avesse saputo che re Oritel era uno degli uomini più in gamba di Magix, avrebbe potuto pensare che non prendesse sul serio un pericolo così grosso come quello rappresentato da Maestral. Quando aveva provato a dirgli che l'usurpatore era stato scelto per essere posseduto dall'Odio, re Oritel aveva risposto con un semplice: «aha» e aveva spostato lo sguardo su Zephiro, il quale non aveva affatto una buona cera. Il ragazzo era semplicemente livido e sembrava sempre più debole, addirittura respirava a fatica.

«E abbiamo lasciato solo Nabu a difendere Alfea dalla spia.» sussurrò a Brandon il re di Eraklyon. Mai come in quel momento, quella gli era sembrata la peggiore delle loro scelte.

«Rilassati, Sky.» disse re Oritel, come se avesse sentito il corso di tutti i suoi pensieri. «Andrà benissimo!»

«Come fa a dirlo?»

«Le ragazze distruggeranno il Vortice e sarà tutto a posto.»

«Ma la spia di Alfea?» domandò Brandon per il suo re.

Il sovrano di Domino sorrise come se la sapesse più lunga, ma non rispose. Il suo sguardo vagò e si fermò ancora su Zephiro. Il ragazzo, che si stava ancora tormentando l'occhio dorato, si fermò per osservare il padre biologico di Bloom.

«Credevo di averlo già spiegato. Ho l'impressione che la scuola non debba già temere più niente.»

Zephiro alzò lo sguardo e lo guardò con l'occhio blu, l'unico che non era coperto dalla sua mano guantata.

«Che significa, re Oritel?» domandò Helia, confuso.

Il re non rispose, forse perché erano cominciate le manovre di atterraggio anche senza che uno degli Specialisti ai comandi facesse niente. Il sovrano di Domino si alzò. «Vieni, Zephiro, fatti vedere bene, quando il portellone si aprirà. Coraggio, non abbiamo molto tempo.»

«Un momento.» Sky si frappose tra Oritel e Zephiro. «Che cosa dovrebbe succedere se uno dei soldati, per fare piacere a Maestral, uccidesse il ragazzo?»

Roxy sentì l'orrore crescerle dentro. «E'... è possibile? Insomma...»

Il sovrano di Domino scosse la testa. «No, ragazzi. E per un semplice motivo:» il suo sorriso fu tetro. «Maestral vorrà fare la festa al ragazzo per contro proprio.»

«E noi gli permettiamo di venire con noi?» domandò incredulo Riven. «Io capisco la follia, ma qui...»

«Andiamo! Siete Specialisti!» sbottò re Oritel, infastidito. «Non ditemi che siete diventati dei ragazzini che tremano di fronte ad una lancia! Ma per piacere! Saladin mi sentirà, quando torneremo!»

Non ebbe il tempo di finire di dirlo, il portellone finì di aprirsi e subito entrarono circa dieci soldati vestiti di blu e con un mantello bianco, gli stivali neri e i guanti bianchi. Erano tutti armati di lance magiche, dal bastone bianco e la punta somigliava ad un misto di elettricità statica e vento condensato.

«Seguiteci.» ordinò quello che sembrava il capitano, duro e perentorio, che portava una fascia al braccio rossa con un simbolo dorato. Tutti gli altri si disposero a quadrato intorno agli Specialisti, a re Oritel, a Zephiro e Roxy, senza dire niente. Non guardarono i componenti del gruppo, tutti quegli uomini non sembravano volere altro che ubbidire agli ordini del capitano.

Anche i loro occhi avevano qualcosa di strano, notò Roxy, era come se fossero vuoti, privi di una vera luce. Si guardò intorno, negli spiragli lasciati tra un uomo e l'altro nel quadrato dove li avevano stretti. Non avevano vie di fuga, nessun modo per fuggire, neanche lei che era piccola e veloce. Forse neanche Artù avrebbe potuto passare tra le loro gambe, tanto si muovevano rigidamente ed erano vicini gli uni agli altri, come se non osassero camminare un po' distaccati l'uno dall'altro.

Scesero dalla navetta e si ritrovarono all'aria aperta, gelida, su un pavimento lastricato bianco e grigio. C'era un vento perenne, su Flabrum, un vento spesso e volentieri freddo e, soprattutto, magico perché era quello prodotto dal Vortice mostruoso che Roxy aveva visto entrando sul pianeta e che, credeva, fosse visibile da ogni angolo di quel posto inospitale.

Guardandosi oltre le teste di quegli uomini marziali che li guidavano verso un grosso edificio grigio con alte finestre, colonne elevate e terrazze dai parapetti intarsiati, altissime torri rotonde e guglie sottili che si elevavano verso il cielo come se volessero bucarlo, le pareva di averlo sempre sott'occhio, come se il Vortice ci tenesse a dire: sono qui e non voglio che mi dimentichiate.

Roxy, rabbrividendo, si disse che non avrebbe mai potuto.

Ma non era la sola cosa inquietante di quel pianeta, in fondo. Tutto, dal vuoto della città al passo cadenzato di quegli uomini, aveva un che di allarmante e, soprattutto, l'aveva quell'enorme palazzo le cui grandi porte a forma di cuspide erano sorvegliate da altri due soldati con dei muscoli grossi come tronchi d'albero, quello destro fasciato da un fazzoletto rosso. Tutti e due erano biondi e con le lance uguali a quelle dei loro compagni. Anche il loro sguardo era vuoto.

Davanti a lei, camminava Zephiro, che non era più piegato su se stesso e non sembrava che l'occhio gli bruciasse come prima. Probabilmente, pensò Roxy, era stata l'adrenalina a farlo smettere, l'idea che, finalmente, sarebbero stati faccia a faccia con l'usurpatore del trono. Solo non capiva come avrebbero fatto a farla franca, se era vero che Maestral ospitava la Furia dell'Odio. Ricordava come aveva agito suo padre, quando era stato posseduto, quindi Maestral, probabilmente, avrebbe cominciato a dire che voleva uccidere le fate o qualcosa del genere, avrebbe avuto quelle profonde occhiaie e quella faccia da pazzo. Non era nemmeno tanto propensa ad escludere una possessione di quegli uomini dagli sguardi vacui. Ma allora perché non li attaccavano?

Oltrepassarono il portone senza che nessuno dicesse niente. I due omoni alle porte non si spostarono dai loro posti, ma il loro drappello si fece avanti. Si ritrovarono dentro una lunga sala dagli alti soffitti, di fronte ad un'enorme scalinata di marmo che si stringeva mano a mano che si saliva e si diramava in due direzioni. Lì di fronte, sulla parete, c'era un enorme dipinto che raffigurava una donna bionda con lunghi capelli e un abito che si legava su una spalla come una toga che guardava verso il Vortice dei Venti. Dietro di lei, c'erano alcune persone e lei tendeva le mani con fare protettivo, come se sapesse che il Vortice avrebbe fatto loro del male e volesse salvarli.

«Avete notato la mia antenata?» la voce che aveva parlato apparteneva all'uomo che stava di fronte al dipinto e dava loro le spalle. Si voltò immediatamente. Era un uomo alto e con i capelli color sabbia, con un lungo mantello bianco attaccato alla spalla sinistra da una spilla d'argento scintillante. Indossava un abito simile a quello di Zephiro, solo che il suo era di colore marrone.

L'uomo sorrideva, ma senza alcun calore. «Lei ha visto la nascita del Vortice e lei giurò che avrebbe protetto la gente da coloro che volevano superarlo ed entrare nel nostro mondo. Quelli che vogliono omologarci al resto della Dimensione Magica e farci dimenticare le nostre sacre origini.» sorrise appena, con un che di malefico, mentre parlava in tono quasi tragico. «E quello di cui avevo più paura è successo. Prima quelle Winx, che con i loro poteri mi hanno fermato. Ma qui i loro poteri non hanno avuto molto effetto, vero? Dopo un po', la Fiamma del Drago è sparita e noi abbiamo potuto liberarci. Cosa significa, mi sono chiesto? Il potere che ha generato la Dimensione Magica non mi distrugge? Allora anche lui mi considera il signore di questa terra e approva ciò che facciamo! Eppure, gli uomini non lo ritengono. Mentre io venivo qui, dopo che avevo catturato gli ultimi ribelli, mi ritrovo a dover fronteggiare una nuova minaccia: un Owl di Fonterossa che arriva senza preavviso. E guardate un po' chi porta! Il Re di Domino, il Re di Eraklyon e un certo giovanotto che non avrebbe dovuto sfuggirmi.» ridacchiò, mentre tutti, dagli Specialisti a Roxy a Zephiro si sentivano tutti rizzare i capelli in testa.

«Maestral, ascoltaci bene...» cominciò a dire Sky.

«Silenzio!» tuonò l'usurpatore. E subito, come se il sentirlo parlare fosse stata un'offesa, Sky gridò e si ritrovò a gettare le ginocchia a terra: uno di quei soldati dallo sguardo vacuo gli aveva piantato la lancia nelle spalle e lui era stato percorso da una violenta scarica elettrica. «Mi dispiace di dovermi comportare così, ma non mi lasciate molta scelta. Entrate sul mio pianeta, senza avvertirmi. Ma,» e qui gli occhi di Maestral si posarono su Zephiro. «ammetto che non mi sarei mai aspettato che mi avreste portato mio nipote su un piatto d'argento. Non mi aspettavo tanto da parte vostra, a dire il vero. Credevo che la Compagnia della Luce mi avrebbe fatto scagliare un attacco contro la Dimensione Magica prima di scendere a più miti consigli e invece... è forse un modo per... come dire... evitare la guerra? La eviterò, se posso. Ma voi ve ne andrete immediatamente.»

«Ce ne andremo solo dopo che avrò riavuto mia figlia e le sue amiche.» rispose tranquillamente re Oritel. Sky, indignato, girò la testa verso di lui, nonostante il dolore forte che ancora lo scuoteva tutto dopo la forse scossa ricevuta.

Maestral arricciò le labbra. «Non credo che siate nella posizione per negoziare. Siete tutti miei prigionieri, adesso.» e fece qualche passo verso le scale, che cominciò a scendere molto lentamente. «Vostra figlia, re Oritel, mi ha scagliato il potere del Drago contro, ma questo non mi ha consumato, anzi mi ha liberato. E le amiche di vostra figlia sono delle sobillatrici che hanno aiutato i miei oppositori nella resistenza, opportunamente sedata solo poche ore fa. Ma ancora mi sfuggono Adalhard e Terchibald, i quali mi stanno dando non pochi grattacapi, proprio grazie a loro, che li hanno strappati alla giusta punizione. Quando li avrò, li farò uccidere e poi credo che farò un piccolo processo anche a Bloom di Domino e alle sue amiche... solo perché sono principesse reali. Per rispetto a voi, re di Domino.» si fermò solo quando fu di fronte a loro. Li guardò con uno sguardo carico di sfida e un certo sorrisetto compiaciuto.

Brandon strinse i denti. «Maledetto...» e anche lui lanciò un grido e si ritrovò in ginocchio al fianco di Sky.

Maestral fece finta di niente. Si avvicinò a Zephiro, in mezzo a due guardie che gli tenevano le braccia dietro la schiena in modo che non potesse muoversi in nessun modo. Aveva la testa china in avanti, come se non ce la facesse più e stesse per svenire. «Dunque, caro nipote, hai finalmente deciso di piegarti a me, come avrebbero dovuto fare il tuo adorato padre e il tuo altro zietto quando ne avevano l'occasione? Mettiti in ginocchio, Zephiro, e io ti risparmierò. Di' a tutti chi è il vero re di Flabrum e avrai un posto al mio fianco. Ti darò il posto di Comandante dell'Esercito, posto che è stato occupato da tuo padre per lungo tempo e ingiustamente. Sono certo che, insieme, faremo grandi cose.»

Stava per allungare una mano sul suo viso messo in ombra dai capelli che erano ricaduti in avanti, quando Roxy gridò: «Non lo tocchi!»

Maestral trasalì e si girò a guardare Roxy, alla sua destra. «E tu chi sei?»

«Lasci stare Zephiro!» gridò ancora lei, invece di rispondere.

L'usurpatore ghignò e tornò a guardare il prostrato Zephiro. «Ti sei fatto anche una ragazza, nel frattempo... bene, bene... è molto carina, no? Altrimenti potrei farle del male... prima di farne un po' anche a te, mh?»

«Non farai del male a Roxy.» disse Zephiro, digrignando i denti. E la sua testa, lentamente, molto lentamente, si sollevò. I suoi occhi incrociarono quelli del fratello di sua madre il quale si ritrasse appena, con l'aria di non capire che cosa stesse guardando. Roxy se ne stupì. «Non le farai del male come l'hai fatto a mia madre, immondizia umana che non sei altro.»

Maestral continuò a guardarlo con un vago senso di dubbio e disgusto. «Ma... chi sei tu?»

«Sono ciò che tu hai creato.» sussurrò ancora Zephiro, in tono crudele, un tono definitivo che Roxy gli aveva sentito usare sulla navetta e un'altra volta sola, quando erano nella biblioteca proibita. E, guardandolo, poté vedere il sorriso che gli deformò la bocca e che lo fece sembrare molto brutto. Roxy non capiva cosa stava vedendo, ma qualunque cosa fosse, le faceva paura. «Non mi riconosci, Maestral?»

Un attimo dopo, i due uomini avevano liberato il principe. I loro sguardi non erano solo vacui... Roxy gridò, mentre anche i suoi la lasciavano andare e così facevano anche con il resto degli Specialisti.

«Ma che cavolo...» cominciò Riven, ma non finirono. «Ehi!» disse e balzò in avanti, mentre uno di loro voleva usare una lancia per infilzarlo. Non avevano armi, ma re Oritel, dando una gomitata ad uno dei suoi carcerieri, riuscì ad impadronirsi della sua lancia e scagliò una parte del suo potere a quelli che gli capitavano a tiro, riuscendo a liberare Timmy e Helia. Sky e Brandon si rimisero in piedi, mentre anche quelli che avevano tenuto prigioniera Roxy cadevano a terra, colpiti da un pugno e da un calcio, prontamente sferrati da Riven.

Gli avversari si ritrovarono senza armi e non poterono fare altro che arrendersi.

«Non una parola.» sibilò re Oritel, puntellando con la lancia l'ultimo dei soldati di Flabrum che non era finito a terra con una scarica. «Oppure ti faccio diventare uno spiedino.»

«Stai bene, Roxy?» le domandò Sky, tenendo sotto tiro un altro soldato allo stesso modo di re Oritel.

Roxy annuì, ma non era tanto preoccupata per sé. Il suo sguardo tornò a quegli uomini che avevano tenuto Zephiro, erano immobili e con le facce abbassate come lui poco prima. Zephiro, invece, con la sua nuova espressione crudele, guardava il paralizzato Maestral. «Non ti è venuto in mente,» gli chiese. «che avrei potuto essere in agguato? Che avresti alimentato il sentimento nel ragazzo, non è vero?»

«Tu... tu non sei chi dici di essere!» gridò Maestral, improvvisamente terrorizzato. «CHI AVETE PORTATO? CHI?»

«Ma... che sta dicendo?» domandò Brandon.

Re Oritel, che ancora teneva la lancia puntata contro il soldato, girò appena lo sguardo. «Sta dicendo che è lui.» e fece un cenno verso Zephiro.

«A fare cosa? A fare cosa, re Oritel? Che ha fatto Zephiro?» domandò Brandon, confuso. «Di che sta parlando? Lui a fare cosa?»

Il re di Domino non parlò, ma Roxy sentiva che il cuore le sarebbe schizzato in petto da un momento all'altro, mentre il sapore della bile le riempiva la bocca.

«Non era ovvio?» sussurrò re Oritel. «Non avremmo dovuto capirlo subito, fin dall'inizio?»

«Vuol dire che è lui che...» sussultò Helia. «E' lui... la spia

«Ma come è possibile?» domandò Roxy. «No, io non ci credo... Zephiro... Zephiro non è la spia! Ha cercato di aiutarmi a sconfiggerla e...» ma qualcosa non tornava, qualcosa le diceva che il re di Domino aveva sempre avuto ragione. «Non è vero!»

Zephiro ridacchiò. «Ah, la spia di Alfea!» esclamò, e rise ancora più forte. «Come se fosse stata quella il vero problema! Il ragazzo era la vittima ideale. Quando l'ho catturato, ha fatto un po' di resistenza, ma... nessuno resiste a lungo, dico bene? Sono stata fortunata: il ragazzo ha un grande potere. È stato così che ho potuto riunirle tutte, portarle fuori dal mondo di Obsidian nel quale erano state imprigionate dal dannato Scettro. Le ho portate ad Alfea, e sulla Terra, dove sapevo che c'erano delle fate. Era lui a volere andare sulla Terra: voleva aiuto perché Faragonda non era disposto a portarlo sul suo pianeta... voleva che le Winx facessero fuoco e fiamme, sapeva che ci sarebbe riuscito perché aveva sentito tante e tante volte parlare di loro, di quante volte avevano salvato la Dimensione Magica. E io l'ho lasciato fare, anche se ora capisco che è stato un errore: pensavo che potevo diffondere il potere delle mie Furie anche sul pianeta Terra, prendere tutti i sentimenti negativi che potevo. Non avevo immaginato che le Winx fossero davvero quella spina nel fianco che hanno dimostrato di essere, non ci avrei mai creduto. Così ho sperimentato il mio potere sulla ragazzina terrestre, su quella Roxy, che è una fatina così indifesa e così insicura... la vittima ideale. Speravo di riprenderle tutte e, invece Zephiro riprese il controllo di se stesso... ma la seconda occasione è arrivata dopo. Le mandai nell'Owl di quello Specialista, Tony. Lui aveva fatto irritare Zephiro, l'aveva umiliato ridendo di lui che veniva chiamato 'fatina'. Ne approfittai e basta. Speravo che la Furia dell'Angoscia prendesse quell'imbecille di uno Specialista, che era tanto angosciato per essere un incapace, l'ultima scelta in ogni situazione, ma andava bene anche una fata qualsiasi... e poi avevo anche abbandonato delle Furie sulla Terra. Ero soddisfatta. Riven, Helia, quell'umano... tutti gli umani erano stati contagiati. Ma poi ho sentito chiaramente che il potere delle mie Furie diminuiva, ad un certo punto. Faragonda, inoltre, mi aveva favorito in ogni modo: aveva portato il ragazzo ad Alfea, mi ha dato libero accesso ai sentimenti delle fate, ai loro pensieri e alla scuola intera. Avrei potuto distruggere tutto in un unico momento, eppure ho preferito far credere a tutti che fossi altrove. Dovevo capire perché in tutto quel tempo che avevo posseduto Zephiro, il ragazzo continuava a riprendere il contro di se stesso quando nessun altro ne era stato in grado... e poi ho capito: era Flabrum il problema. Flabrum mi aveva impedito di raccogliere tutto l'essere di Zephiro. Su questo dannato pianeta i miei poteri sono sempre stati deboli e dove meglio di Alfea avrei potuto scoprire la verità? La biblioteca proibita, quella grande fonte di sapere doveva per forza contenere un libro che descriveva il metodo per distruggere una volta per tutte lo Scettro di Domino e Flabrum. È qui che i miei poteri sono più deboli, ma ora non più e tutto grazie a te, Maestral! L'odio del ragazzo è così forte, e io mi sono alimentata di tutti i suoi sentimenti negativi per tutto questo tempo... sono diventato sempre più forte mano a mano che ci avvicinavamo, mano a mano che Zephiro tentava di liberarsi di me, non poteva fare a meno di odiarmi e così facendo mi alimentava sempre di più. Non poteva fermarmi. E le fatine accanto a cui ha vissuto mi hanno nutrito al pari di lui. Non vista, ho continuato a crescere e crescere. Ho fatto ingelosire le fate, ho fatto tutto questo per avere la conoscenza che mi manca. Non potete battermi, lo Scettro non riuscirà mai a smaltire i sentimenti negativi in tempo e io ne sono immune.» la Furia, attraverso la voce di Zephiro rise in modo macabro, e si indicò l'occhio sinistro, quello dorato. «Ha cercato di combattermi, ma non è cavandosi quest'occhio che potrebbe liberarsi di me. Io sono lui... e lui è me. Avreste potuto vedermi in qualunque momento, ma non avete capito, poveri sciocchi!»

Roxy gridò. «No!» strillò, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. Non ci credeva, non voleva credere che il ragazzo con cui aveva parlato sul tetto di Alfea, quel ragazzo che le somigliava, fosse in realtà una di quelle Furie crudeli. Ma le tornarono in mente le tante cose che erano successe attraverso il suo racconto e non poté non sentire il cuore che perdeva un battito. «Allora... allora hai fatto ingelosire Theril per fomentare i suoi sentimenti negativi! È stata colpa tua se mi ha scagliato contro quella palla di luce, per questo che mi hai preso per mano di fronte a tutte, che hai preso le mie difese, che mi hai salvato... tutto perché loro ti volevano e tu non ti sei mai sbottonato con nessuna!»

«Sì.» rispose il ragazzo, ridacchiando in quel suo nuovo modo macabro.

«Cercavi qualcosa in quella biblioteca... che ti permettesse di capire che cosa Flabrum aveva di speciale... la spia di Alfea... sei sempre stato tu.» per quanto avesse cercato di trattenersi, non ci riuscì: Roxy scoppiò a piangere.

«Ma... ha combattuto per noi, ti ha salvato sulla Terra e da Klaus posseduto.» disse Brandon, incredulo.

Roxy scosse la testa, mentre piangeva. Guardava Zephiro come se non lo avesse mai davvero visto prima. «Lui ha posseduto mio padre.» ringhiò, tra le lacrime. «Probabilmente l'ha fatto mentre io ero addormentata. Ecco perché venivi da me, non per vedere come stavo!»

«Ma che brava!» la canzonò la Furia.

«Come facevi ad essere ancora vivo, dopo che la Furia ti aveva preso. Non lo sai! Lo sapevi eccome! E come facevi a sapere che anche Theril era stata presa, se non eri lì con noi? E poi come facevi a sapere che erano dentro la scuola? Solo la Furia dell'Odio poteva saperlo!»

«Che arguzia!»

«Ma che cosa... re Oritel, credo che Roxy abbia...» cominciò Helia, ma il sovrano di Domino aveva un'espressione feroce.

«La ragazza ha ragione su tutto.»

«Come hai potuto prendermi in giro così fino alla fine?» sbraitò Roxy, ignara dei discorsi degli Specialisti.

Il ragazzo rise. Non guardò mai lei, però. I suoi occhi, quello blu e quello d'oro, guardavano tutti e due Maestral, che era paralizzato dalla paura. «Sapevo che esisteva qualcosa in grado di contrastare il mio potere, e dovevo dunque trovare qualcosa per proteggermi. Avevo il timore che ci fosse qualcosa su questo pianeta che poteva distruggermi. Quella fata del sole e della luna ha liberato Musa e Bloom e Roxy dalla prigionia... come ci sia riuscita... non capisco, ancora. Non ho mai trovato niente in quella dannata biblioteca, forse proprio perché questo ragazzo ha continuato, fino ad ora, a resistermi. O forse non esiste davvero niente che possa farmi del male. I poteri delle Furie si sono indeboliti, ma non era mai successo che addirittura andassero distrutti! Quando ho posseduto il ragazzo... ho sentito come una forza, nel cuore di Flabrum che mi aveva indebolito tanto da permettermi di prendere solo una parte di lui... ma ora avrò il sopravvento. E tu non ti sei neanche accorta che sono sempre stato qui, davanti al tuo naso, mi guardavi e non mi vedevi. »

Si voltò, guardò Roxy con quel suo sorriso crudele. Era una Furia nella sua forma più potente. Del ragazzo che era stato, quel ragazzino un po' arrogante e chiuso in se stesso, sembrava non essere rimasto che l'involucro. Entrambi i suoi occhi, adesso, erano dello stesso colore dorato.

Roxy provava dolore, si sentiva usata come mai, neanche quando Nebula l'aveva posseduta. Aveva creduto che quel ragazzo strano avesse avuto per lei delle attenzioni particolari per motivi diversi da quelli che aveva confessato, ci aveva quasi sperato... allora anche quando l'aveva salvata, quando Theril l'aveva colpita, era tutta una messinscena. Anche la rabbia di Theril stessa... la sua cattiveria, tutto era stato provocato da quella Furia crudele. «Quella storia di tua madre... tutto falso! Volevi che ci avvicinassimo solo perché... solo per questo

Lui le sorrise quasi con gentilezza. «È solo grazie a quella storia di Auster che ho potuto prendermi il tuo principino, ragazzina. Ed è colpa tua se quello stupido stava riprendendo il controllo di sé. Quindi comincerò da te. Mi darà un'enorme piacere, sapere che questo lo farà soffrire e mi odierà, sai? Questo stupido non capisce che, tanto più mi odia, tanto più mi alimenta. Non importa su chi è incanalato l'odio, se su una persona o sull'odio stesso. L'odio cresce ed è tutto ciò che conta.»

Sky scosse la testa. «Questo è pazzesco!» dichiarò.

«Il contagio non risparmia nessuno, neanche quelli toccati dai sentimenti positivi.» commentò Zephiro, in tono piatto. «La positività viene sempre annullata, il ricordo del piacere può essere doloroso, provocare nostalgia e dunque ogni sentimento positivo viene inghiottito da quello negativo. Nessuno verrà risparmiato. QUESTO È OBSIDIAN, IL REGNO DEL CAOS E DEL DOLORE PERPETUO.»

Allungò una mano verso Maestral e, nello stesso momento, i due soldati che avevano avuto la testa china la rialzarono. Roxy vide subito le borse sotto i loro occhi e l'espressione invasata che aveva avuto anche suo padre. Gridò, mentre cercava di farsi indietro, perché sapeva bene che cosa sarebbe successo. Un grande vento, intanto, aveva cominciato a levarsi dai piedi di Zephiro, e una quantità di sentimenti negativi investì tutti coloro che erano nel suo raggio. Roxy si sentì sollevare da terra e scagliare lontano. Anche altri soldati di Flabrum cominciavano ad avere un aspetto strano, tutti con le borse sotto gli occhi, tutti pronti a uccidere tutti coloro che erano nei dintorni e non fossero come loro. Re Oritel, Brandon e Sky si ritrovarono davanti sei uomini tutti pronti a colpirli. Helia e Riven avevano ingaggiato una lotta furiosa con altri quattro, a mani nude. Gli altri cercavano di battere Timmy che saltava di qua e di là per evitare le scariche di vento tagliente che gli arrivavano addosso.

Re Oritel si batté armato di lancia, usandola come una spada a due mani, ricacciando indietro tutti quelli che gli venivano incontro. Roxy cominciò a scappare verso l'alto, sulle scale, superò Maestral e un altro che era a terra e che cercò di afferrarla.

Zephiro, intanto, guardava Maestral. «Voglio fare un regalo al ragazzo.» disse, con voce soave. «Voglio ucciderti e farti tanto male nel mentre. Ti spingerò ad odiarmi per alimentarmi.»

«Principe!» la voce tonante di Re Oritel interruppe il movimento della mano della Furia nel corpo di Zephiro. Dentro di lui, c'era un tono allarmato e preoccupato e grugnì, per respingere un altro attacco di uno dei posseduti. «Ascoltami, giovanotto prima che sia troppo tardi! So che sei ancora da qualche parte! Devi ribellarti! Sei in tempo! Sei in tempo!» e corse fuori dalla linea di tiro di un incantesimo, per andare incontro a lui.

«Fiato sprecato.» replicò la Furia, con la voce di Zephiro. «Non c'è tempo per niente. La via è spianata, il ragazzo mi appartiene.»

«No!» la voce che gridò quell'unica parola li costrinse tutti a voltarsi.



_________________________


Ed eccoci belle donzelle (e donzelli)! Ve l'aspettavate, si poteva capire, banale, chi se ne frega ( XD )? Ho cercato fino all'ultimo di non far capire niente, ma, insomma... a voi. Speravo tanto che fosse una sorpresa da: O_O perché è da quando ho cominciato a scrivere la storia che avevo in mente il colpo di scena. XD

Ultimo capitolo la prossima settimana!

Grazie a tutti!


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Capitolo 23
*** Il Dono ***


Capitolo 23

Il Dono


Quando Auster lanciò l'urlo, tutta la sala d'ingresso del palazzo si fermò, sia gli uomini posseduti che la Furia dell'Odio nel corpo di Zephiro. Tutti smisero di combattere, quasi avessero sentito che finalmente una fata era entrata nel loro raggio di azione che avesse lanciato un incantesimo tra i più potenti. Roxy si voltò di scatto e così fece anche il soldato che l'aveva afferrata. In un attimo, alle spalle della nuova arrivata, comparvero prima Bloom, Tecna e Musa, tutte e tre agguerritissime e pronte a dar battaglia.

Re Oritel fu il primo a riprendersi e, con un colpo ben assestato di spada, riuscì a liberarsi dell'avversario che l'aveva quasi intrappolato nella sua morsa. Roxy fece lo stesso, dando un calcio al tipo che l'aveva afferrata e costringendolo a mollare la presa e a ruzzolare giù dalle scale.

Zephiro, invece, del tutto imperturbabile, inarcò il sopracciglio sinistro con fare perplesso alla volta di Auster. Per un attimo, aprì la bocca, ma sembrò incapace di parlare, pareva anzi, che fosse paralizzato sul posto, che non riuscisse a compiere quel mezzo giro che gli avrebbe permesso di averla di fronte. Forse non lo faceva per via di Maestral, perché lo considerava una minaccia, ma l'usurpatore non avrebbe potuto fare del male ad una mosca, in quel momento: era accoccolato a terra, come un bambino e guardava terrorizzato dalla madre al figlio, incredulo, mentre gemeva afflitto e disperato, con l'aria di volere per sé un po' di compassione o solo che qualcuno fermasse quella che, evidentemente, era una follia bella e buona. Perché Auster era morta. Era morta ancor prima che lui stesso la gettasse nel vuoto, in quella nebbia compatta che ricopriva il pianeta.

La regina, però, non lo guardava e non guardava neanche tutti gli uomini di Flabrum posseduti e caduti in una specie di trance, proprio come la loro padrona, la Furia dell'Odio nel corpo di Zephiro che pareva incatenato al suolo, nella posizione in cui l'aveva fermato il «No!» forte e disperato di Auster. La regina osservava il figlio, con espressione dura.

«E così sei riuscita nel tuo intento.» le disse, in tono misurato.

Sentendosi apostrofare così, la Furia dell'Odio, con la faccia di Zephiro, si accigliò. «Sapevo che c'era qualcosa di sbagliato.» rispose, con la voce del principe di Flabrum. «A quanto sembra non sei morta, eh, fata?»

«A quanto sembra.» replicò la regina, con calma. Nel frattempo, il combattimento era ripreso, gli Specialisti e re Oritel avevano avuto la meglio sui soldati, aiutati anche dalle tre Winx.

Zephiro non la considerò più. Guardò Bloom, poi Musa e infine Tecna, che portava lo Scettro di Flabrum. «Siete più coriacee di quel che avevo creduto... anche quelle che le mie Furie erano... erano... piccolo sciocco!» e fece scattare la mano verso il viso, ma stavolta non verso l'occhio sinistro, quello che si era sempre tormentato. Roxy notò che la sua mano destra scattò verso l'altro occhio, il destro.

«E' Zephiro!» esclamò Bloom, trasalendo. «Sta cercando di resistere!»

«Non ce la farà! Soldati, uccidete le fate!» sbraitò la Furia dell'Odio, respingendo la mano destra con la sinistra. La tenne stretta, mentre quella tremava, come se appartenesse ad un estraneo, un estraneo che tentava di liberarsi. «Non ce la farai.» sibilò a denti stretti. «Stupido ragazzo!» e subito dopo gemette, con una voce diversa, una voce carica di profondo rimorso e disperazione, la voce di un ragazzo, mentre la sua espressione cambiava: «N-no... non... ce la farai ad avere... la meglio...» ma subito dopo cambiò ancora una volta: «ZITTO! ANDATE, SOLDATI! UCCIDETELE!»

E, sebbene prima non l'avessero fatto, i soldati posseduti tentarono invano di ubbidire: gli Specialisti e re Oritel si misero in mezzo con le loro armi e quelle che erano riuscite a prendere disarmando prima gli avversari. Ma questi si erano improvvisamente fatti più forti, come se la rabbia della Furia che li comandava li avesse caricati: l'avversario di re Oritel gli strappò di mano la spada magica dopo averlo colpito dritto allo stomaco, dopo una finta che il re non si era aspettato.

«Papà!» gridò Bloom e vide che anche gli Specialisti, uno dopo l'altro, cadevano e che, quando si rialzavano, non erano più gli stessi, ma avevano le stesse occhiaie che avevano anche i soldati di Flabrum. «Indietro!» ordinò, puntando contro tutti la pietra verde all'estremità dello Scettro che le Aisha le aveva prontamente lanciato.

«E' inutile. Sono stati posseduti!» riconobbe Musa. Lei e le Winx, più Auster, salirono di qualche metro da terra, per allontanarsi dalla linea di fuoco. Sky lanciò qualcosa verso di loro, ma Musa, con le sue onde sonore, riuscì a rispedirlo indietro, colpendo inavvertitamente Helia che crollò a terra, svenuto. «Spero che non sia niente di grave o Flora mi ammazzerà...»

«Non possiamo stare qui senza far niente!» intervenne Tecna. «Auster, hai qualche idea?»

Lei scosse la testa, guardava Zephiro, però, che combatteva contro se stesso in una lotta che non aveva granché senso. Sembrava che la sua parte destra e la sua parte sinistra fossero completamente scollegate tra di loro e fossero mossi da due marionettisti litigiosi che volevano far fare al corpo di Zephiro chi un qualcosa, chi un'altra. La parte sinistra era impegnata a cercare un modo per distruggere Maestral, che era rimasto paralizzato a terra dalla paura e dall'incredulità, quella destra, invece, voleva fermare la Furia in tutti i modi. Il ragazzo si spostava anche in modo strano, oscillando da una parte all'altra come se non capisse su quale gamba dovesse appoggiare il peso, mentre dalla sua bocca uscivano sia suppliche che ordini che parole piene di disprezzo.

Roxy, che si era trasformata e anche lei cercava di aiutare le Winx come poteva, non riusciva a distogliere lo sguardo da quello spettacolo più di qualche istante. I suoi attacchi non erano più efficaci di quelli delle altre che mancavano i bersagli e, spesso, ne erano sfiorati. Ma in qualche modo quegli uomini non erano molto interessati a lei: le Winx continuavano ad apparire sempre nel mezzo quando qualcuno le scagliava addosso uno di quegli incantesimi che parevano tagliare di netto l'aria trasformandole in lamine di vento, oppure volevano ferirla con le loro armi boomerang, anche queste fatte di vento ed elettricità.

Bloom stava combattendo in uno scontro quantomai improbabile con Brandon, che aveva una lama di un colore rosso acceso e lei solo un'arma dall'aria strana con quel grosso smeraldo attaccato in fondo che usava altrettanto bene dello Specialista; le altre erano impegnate ad allontanare con i loro poteri i soldati di Flabrum; i ragazzi delle Winx, anche loro posseduti avevano ingaggiato una lotta furiosa con la regina di Flabrum, ma il più forte di tutti era re Oritel che, visti gli scarsi risultati degli altri, si era sostituito a loro e aveva sfidato la donna a colpi magici che saettavano da una parte all'altra illuminando la sala come di fuochi d'artificio.

«Onde sonore!» ruggì Musa e una forte onda d'urto si abbatté contro tre soldati di Flabrum che andarono all'aria come birilli.

Zephiro, intanto, nella sua lotta solitaria, era incespicato nei suoi stessi piedi ed era caduto. Roxy sussultò, piena di orrore: si chiese chi avesse appena avuto la meglio sull'altro, se la Furia che aveva messo zizzania tra le fate di Alfea, la spia che aveva cercato un modo per eliminare il problema che rappresentava Flabrum oppure il ragazzo gentile che aveva parlato con lei sulla torre. La fata degli animali ricordava fin troppo bene quel momento, le era rimasto dentro. Quel ragazzo che le aveva sorriso e raccontato tante cose sulla magia, che aveva paura che le ragazze potessero rinchiudere la sua testa in un barattolo, non poteva essere cattivo. E anche il suo dolore nella biblioteca era autentico, lo ricordava così bene e le faceva ancora così male!

«Roxy! Spostati di lì!» gridò Tecna e mandò contro una lunga lama di vento una serie di zeri e uno che la mandò in frantumi.

Roxy scese fino a terra, per raggiungere il suo amico, ma alla fine esitò ad avvicinarsi: non sapeva chi avrebbe avuto davanti, se il ragazzo della torre oppure la Furia dell'Odio.

Ma proprio in quel momento, mentre Musa respingeva un altro attacco spalleggiata da Tecna, Bloom, che era impegnata a disarmare Nabu, si vide arrivare Sky alle sue spalle. La fata del fuoco del drago si girò, ma non fu abbastanza veloce per tentare di fermare l'attacco del suo fidanzato: aveva fatto un enorme salto, gridando furiosamente, ed era atterrato su Bloom che, strillando a sua volta, perse la presa sullo Scettro e lo lasciò cadere. Quello atterrò, a metà tra Roxy e il braccio teso di Zephiro che stava ancora a terra, incapace di alzarsi del tutto, anche se la sua parte sinistra tentava in tutti i modi. Nel vedere lo Scettro, il suo viso si contrasse di dolore, più che di altro, forse proprio perché una parte di lui cercava di esprimere un sentimento e l'altra un altro completamente diverso.

Poi accadde qualcosa, qualcosa di inspiegabile e il vento cominciò a soffiare. Aveva uno strano profumo e sembrava che cantasse una melodia dolcissima e rasserenante. Calò su di loro, mentre tutti erano ancora impegnati nella lotta. Il vento si levò più forte, il canto si trasformò in musica, ma sembrava che il solo Zephiro non se ne fosse accorto, al contrario degli altri che si erano guardati intorno, increduli e confusi. Lui cominciò a strisciare verso lo Scettro. Roxy, immobile, guardava la figura attraente del principe che si muoveva con fatica. Non riusciva a pensare a qualcosa da fare. Intanto il vento avvolse tutto e tutti, persino lo Scettro, Sky e Bloom che lottavano, anche se lei provava a chiamarlo e a chiedergli di smetterla e di ricordare chi fosse. Si posò sulla Regina, su Zephiro stesso, su tutti i soldati di Flabrum. In tutto quel parapiglia, Maestral, che aveva finalmente ripreso l'uso delle gambe, ne approfittò per sgattaiolare via. Intorno alla stessa Roxy, che si sentì invadere da un piacevole tepore, dal coraggio e dalla sicurezza. Si sentì come non si era mai sentita prima, ma durò un istante, poi quel vento svanì e con esso la musica.

«Ma che cosa...» balbettò Sky e guardò sotto di sé, verso Bloom che teneva imprigionata con le mani sui polsi e le ginocchia sullo stomaco in modo che non potesse muoversi. «Bloom...»

Gli Specialisti gettarono improvvisamente le armi facendosi la stessa domanda: «Che è successo?»

Re Oritel si inginocchiò, passandosi una mano sulla fronte, davanti alla regina di Flabrum. «Accidenti che esperienza!» balbettò. «Sei ferita, Auster?»

«No...» balbettò lei, altrettanto perplessa. «E tu, re Oritel?»

Roxy guardò tutti i soldati tornare normali, guardandosi attorno alla ricerca di qualcuno o qualcosa che li aveva liberati della possessione. È finita, allora, si disse, speranzosa. È finita! Guardò anche lo Scettro, la cui pietra, adesso, era diventata del colore del sangue e brillante come il sole del mattino.

«Gli spiriti...» sussurrò Musa, la prima a riprendersi. «Sono arrivati a salvarci...»

«Sì.» confermò Tecna. «Sono stati loro.»

Ma nessuno sembrava così convinto. Auster anche guardava verso il ragazzo ancora riverso a terra.

«Zephiro...» lo chiamò Roxy, decidendo di fare finalmente un passo avanti. Lui alzò la testa di scatto e lei, gemendo, fece un passo indietro. I suoi occhi... i suoi occhi erano cattivi, i suoi occhi, entrambi dorati, sembravano brillare più che mai, ma era successo qualcosa, in quello destro: ogni tanto le pareva di riuscire a vedere degli sprazzi di blu, come dei giochi di luce. Piena d'orrore, Roxy capì che la Furia dell'Odio non se n'era affatto andata e che, anzi, stava ancora lottando.

E infatti rise, con la sua intonazione fredda, sebbene la voce fosse quella di Zephiro.

«Non funziona.» disse, trionfante. «Il ragazzo è troppo debole e non esiste spirito benigno che possa distruggere l'Odio. Povere fatine... gli spiriti benigni possono anche aver distrutto le mie Furie, ma se io vivo, anche loro vivran... di nuovo... prima o poi...» strinse l'occhio sinistro, mentre la sua mano destra si allungava ancora verso lo Scettro che, al posto dello smeraldo, aveva un rubino luminoso.

Nessuno riusciva a parlare. Lo guardavano tutti, mentre si sforzava, sempre strisciando, muovendo praticamente solo una parte del suo corpo, di andare avanti.

«F-finché...» gemette, con sforzo, la Furia dell'Odio. «esisterò io, esisteranno i sentimenti negativi. Finché esisteranno i sentimenti negativi esisteranno le Furie e finché esisteranno le Furie... finché esisteranno... nessuno... potrà...»

«Zephiro sta resistendo alla Furia!» esclamò Bloom, capendo. «Sta ancora resistendo! Auster, che possiamo fare?»

La regina non le rispose. Immobile, guardava il figlio con le lacrime agli occhi.

«Proviamo con una magia di contenimento...» suggerì Musa. «Potrebbe...»

«Non funzionerà.» sussurrò la regina di Flabrum. «Speravo... ho sperato fino all'ultimo...»

«Ma perché non lo ha abbandonato? Se i sentimenti positivi hanno liberato gli altri...» Bloom guardò gli Specialisti che adesso, per farsi perdonare, cercava di fare da scudo.

«L'ha detto lui.» rispose Auster, atona. «L'Odio non si può distruggere con i mezzi convenzionali.»

«E allora come facciamo?» insistette la fata del fuoco del drago, a voce alta, isterica quasi. «Hai detto che una grande quantità d'amore potrebbe...»

«Sì.» disse Auster, ma sembrò incapace di continuare e distolse semplicemente lo sguardo. «Ma io non basto... lui sta lottando... sta lottando, ma non ci sono riuscita... chi potrebbe mai, allora?»

Zephiro non pareva sentirla. Era tutto concentrato nello sforzo di raggiungere lo Scettro. Gli sarebbe bastato allungare la mano per stringerla intorno all'asta. Roxy non seppe perché lo fece, ma le pareva importante che non la toccasse. Si chinò, molto più velocemente di lui, e prima che lui potesse pensare di allungare la mano, troppo provato dal modo in cui lottava con la Furia dentro il suo corpo, la tirò via dalla sua portata. Lui gemette forte, di frustrazione.

«D-dammelo.» pregò, più che ordinare, cercando di allungarsi un po' verso l'alto, allungando una mano. «Dammelo!»

«No!» replicò Roxy, stringendo al petto lo Scettro.

«S-sì...» disse lui, con voce fredda. «Non... dammelo!» ringhiò, stringendo i denti e cadendo di nuovo a terra.

Roxy tremava. Non sapeva bene nemmeno lei perché fosse così importante tenerglielo lontano, ma aveva paura. La disperazione con cui Zephiro aveva cercato di raggiungerlo, il modo in cui lo guardava... lei sapeva dell'eccezionale potere dello Scettro di Domino, le Winx gliel'avevano spiegato. Poteva incarcerare le Furie, ma aveva anche sentito che cosa avevano detto riguardo alla Furia dell'Odio, che non poteva essere contenuta nello Scettro. Aveva paura che, prendendolo, Zephiro avrebbe consegnato la vittoria alla Furia, che l'avrebbe distrutto, oppure liberare di nuovo tutte le Furie. Non potevano correre rischi.

«Roxy... ti prego.»

Lei sentì le lacrime affiorarle agli angoli degli occhi. «Che cosa... che cosa vuoi...» ma non riuscì mai a finire la frase, perché un enorme boato li riscosse tutti e li costrinse a voltarsi verso l'enorme portone, dal quale si stavano riversando almeno una cinquantina di soldati di Flabrum, tutti armati e tutti con l'aria di avere appena ricevuto l'ordine di uccidere.

Arrivò Adalhard, accanto al fratello e si guardarono in giro. «Prendete gli uomini con la fascia rossa.» ordinò il comandante.

Quelli che erano all'interno non capirono subito, ma gli altri sì. Si gettarono addosso ai soldati che erano stati loro nemici, li colpirono violentemente e strapparono dalle loro braccia le fasce rosse, il segno distintivo degli uomini che avevano giurato fedeltà al nuovo re.

Roxy non riuscì a capire che cosa stava succedendo, ma si dimenticò tutto, quando, nel bel mezzo del caos, un corpo piombò su di lei, le strappò lo Scettro dalle mani e la spinse lontano con un colpo sul petto che la fece barcollare e cadere a terra. Quando aprì gli occhi, di fronte a lei, torreggiava Zephiro con i suoi occhi di nuovo di colore diverso. In una mano reggeva lo Scettro di Domino, l'altra era inerte al suo fianco, come tutta una parte di lui.

«Zephiro...» lo chiamò la fata degli animali. Ma Zephiro non le dette alcuna importanza. Guardava lo Scettro con un misto di venerazione e ipnotismo. La fata degli animali vide la sua mano guantata che veniva contornata da un alone bluastro che presto si disperse sullo Scettro. Inorridita, improvvisamente conscia di ciò che lui avrebbe fatto, balzò di nuovo in piedi, gridando, e afferrò lo Scettro per strapparglielo di mano. Nonostante la debolezza, però, Zephiro non lasciò andare la presa, ma anzi fece una doppia resistenza che lei non riuscì a spezzare. «Dammelo!» disse lei, cercando di strattonarlo ancora. Ma lui fu ancora più veloce e lo spinse violentemente contro il proprio viso.

Zephiro cominciò a gridare e così Roxy. La luce azzurra si accentuò ancora di più e sprigionava dalla grande pietra sull'estremità, li avvolse come un'esplosione e cominciò a vorticare sopra di loro, intorno a loro e fece sparire tutto il resto. Lei continuava a fare resistenza contro quell'atto così strano e sconsiderato, ma non riuscì a staccare lo Scettro da lui, a staccarsi lei che, invece, sentiva di doversi tenere aggrappata ancora più forte per non essere spazzata via.

Zephiro gridava in modo doloroso e terribile, la faceva sentire così come era successo nella biblioteca, con la variante che sentiva di non avere speranza di salvarlo, di non avere la possibilità di conoscere meglio quel ragazzo. Le parve di rivedere il suo sorriso gentile sulla torre, di rivederlo salvarla mentre lei cadeva per via della magia di Theril, resa gelosa dalla Furia dell'Odio e di nuovo di vederlo mentre le stringeva il braccio per impedirle di cadere, o le dava il libro per respingere in quel modo la spia di Alfea. Capiva che cosa era successo... le sembrava di vederlo proprio come dentro un film. La Furia dell'Odio era riuscita ad imprigionarla solo perché lui era disperato per la morte di sua madre, perché aveva desiderato la vendetta contro lo zio. Non provava più nessuna rabbia contro di lui, ma pietà e anche una punta di rispetto, perché lui aveva cercato di ribellarsi più di una volta. Mentre si teneva allo Scettro, sentì di nuovo apparire delle lacrime. E mentre piangeva capì perché lui stava facendo tutto questo e le venne da piangere ancora di più. Lo percepì attraverso la strana connessione che lo Scettro aveva creato, vide altre immagini. Le immagini di lui al castello di Flabrum, felice con i suoi genitori, vide anche l'invidioso Maestral, che aveva preso il potere, e la madre di Zephiro che crollava a terra, che veniva gettata oltre l'orlo di un precipizio e Zephiro che lottava per non cedere la propria volontà all'Odio, che veniva portato ad Alfea, la sua paura delle ragazze, i modi in cui la Furia si impadroniva di lui e lo costringeva a sgattaiolare in giro per la scuola, alla ricerca del modo di distruggere il pianeta di Flabrum. E poi lo vide lottare di nuovo, come lo aveva visto poco tempo prima, prima di cominciare a strisciare verso lo Scettro.

Ma Roxy scoprì anche qualcos'altro: ad Alfea, in quella notte terribile della battaglia della biblioteca proibita, Zephiro aveva scoperto che lo Scettro di Domino aveva il potere di assorbire le Furie, ma il suo potere poteva funzionare anche in un altro modo, se vi si infondeva il proprio potere e questo terrorizzava la Furia. E, come l'aveva percepito lei, sicuramente lo doveva aver percepito il ragazzo.

«No!» gemette Roxy, tra le lacrime. «Non puoi farlo... non puoi toglierti la vita così!»

«Va' via o assorbirà anche la tua vita!» gridò lui, di rimando. «Devo... devo farlo!»

«No! Lascialo! Lasciamolo insieme!»

«Non posso, testona!» ripeté lui e le dette un calcio sul ginocchio con il tacco dello stivale. Roxy sentì di perdere la presa per il dolore lancinante. Piegò il ginocchio, ma quella forza irresistibile che la spinse indietro, lontano da Zephiro, lontano dallo Scettro, fuori dalla bolla di luce.

E mentre lei cadeva a terra, all'indietro, anche la bolla scomparve, mandando raggi da ogni parte. Lo Scettro si era trasformato, l'asta si era allungata e il rubino era diventato un cuore lucente così rosso da fare male agli occhi. Zephiro rimase in piedi per qualche altro secondo, poi cadde e, mentre questo succedeva dall'occhio sinistro cominciarono a uscire delle scaglie di polvere dorata.

Un grido di dolore e terrore si levò nell'aria, ma non proveniva dal ragazzo che era caduto a terra, a braccia spalancate. Quella voce aleggiò nell'aria e la polvere d'oro si contorse in aria, tra i molti occhi che guardavano pietrificati e inorriditi ciò che stava succedendo.

La polvere cominciò a spostarsi, prima verso Roxy, ma si allontanò di nuovo strillando, poi verso gli altri. Provò con Auster che si era precipitata dal figlio con un grido lacerante e disperato, poi con Adalhard e Terchibald, ma tutti rimasero immuni, anzi riuscirono, come se fossero stati corredati di uno scudo che li ricopriva interamente, a scacciare la polvere d'oro che provò con le altre Winx e con gli Specialisti e i soldati di Flabrum che, adesso, erano tutti sprovvisti di fascia rossa e osservavano attoniti la scena. Nessuno venne posseduto.

Bloom sbatté le palpebre. Era il loro momento. «Andiamo, Winx! Possiamo battere la Furia dell'Odio, adesso! Non riuscirà a prenderci! La magia di contenimento la distruggerà!»

Le Winx non persero tempo: si presero per mano, sprigionarono il loro potere di convergenza, imprigionarono ciò che rimaneva dell'Odio in una sacca di luce multicolore. La sacca si fece sempre più piccola, sempre di più e la polvere d'oro venne compressa e, come aveva fatto la bolla dentro cui si era imprigionato Zephiro, scoppiò. Un vento freddo e caldo insieme scivolò loro addosso, fece tremare i loro capelli, i vestiti, le ali. Poi tutto si calmò.

«E' finita.» sussurrò Aisha, ma, come le altre, guardava verso la regina Auster che aveva sollevato a metà il figlio riverso a terra.

«Non ancora.» replicò, però, Sky. «Dov'è finito Maestral?»

Le Winx e gli Specialisti si guardarono intorno, ma di lui non c'era traccia. Nessun altro sembrò considerare importante la fuga dell'usurpatore, tutti troppo impegnati a guardare cosa succedeva al centro della sala, dove si trovavano la regina, il principe e Roxy.

I soldati di Flabrum erano fermi nella sala davanti alle grandi porte di ingresso. Uno dopo l'altro, sollevarono le braccia, strinsero il pugno e lo posarono sul cuore in segno di rispetto per il loro principe caduto.

«Andiamo a vedere.» propose Timmy, chinando il capo con fare vergognoso. Tutti coloro che non erano di Flabrum si sentivano come se stessero spiando un momento privato. «Vieni anche tu, Tecna?»

«Sì.» lei gli rivolse un mezzo sorriso stanco, anche se non si sentiva del tutto felice. Con la coda dell'occhio, vide che anche Tony stava a sentire e osservava lei che interagiva con gli altri.

«Ah... v-vengo anch'io, signorina Tecna!» esclamò, facendo un passo avanti.

«Sta' fermo, tu!» gli ordinò Stella, posandogli una mano sul petto. «Vengo con voi, piccioncini.» e ammiccò in direzione di Tony, che sembrava rosso, ma solo perché Stella aveva chiamato “piccioncini” Tecna e Timmy. «Vieni, Bloom? Dobbiamo trovare quel bellimbusto di Maestral... non è molto coraggioso, vero?»

«Sì...» rispose lentamente lei, quasi assorta. Aveva altro a cui pensare, la fata del fuoco del drago.

«Cosa è successo a Zephiro? Non è... non morto... vero?» gemette Flora.

Nessuno seppe rispondere, non osavano.

Bloom, però, guardava lo Scettro di Domino, trasformato come quando assorbiva l'energia delle Furie, che era a mezz'aria sopra Auster e Zephiro e luccicava ancora di una strana polvere di un colore tra l'azzurro e l'argento.

Poi cominciò a dissolversi e, come una leggera pioggerella, la polvere in cui si ridusse andò a posarsi sul corpo esanime del principe. Sparì così lo Scettro che non aveva più senso di esistere. E per un lungo istante tutti rimasero fermi, con il fiato corto, a guardare cosa sarebbe successo.

«Non possiamo più indugiare, Bloom.» mormorò, contrito, re Oritel, posandole delicatamente una mano sulla spalla. «Dobbiamo andare a cercare Maestral, prima che ritorni con dei rinforzi.»

«Sì, abbiamo ripulito i soldati dal loro lavaggio del cervello, ma non sappiamo se ce ne sono degli altri.» commentò Flora.

«Ce ne sono alcuni che sono davvero convinti che Maestral abbia ragione.» borbottò Terchibald, rabbuiato.

«Dobbiamo andare subito a prenderlo.» confermò Sky, agguerrito. «E così loro non saranno più una minaccia.»

Il capitano annuì.

«Ma Zephiro...» Bloom continuava a guardare la sua figura inanimata, tra le braccia di una madre che non riusciva né a chiamarlo né a piangere. E poi guardò la turbata Roxy, che si era rialzata e non riusciva a staccare gli occhi dal suo nuovo amico.

«Lasciamolo alle cure della madre.» rispose re Oritel. «Non possiamo fare più niente. Nessuna magia può aiutarci, adesso. L'Odio è sconfitto. Il ragazzo... Zephiro sapeva a cosa andava incontro, l'ha fatto consapevolmente.»

«Ma... lui ci aiutato! Senza il suo aiuto non avremmo... non avremmo sconfitto la Furia! Dobbiamo provarci!»

«Lo so.» sospirò suo padre. «Ma... non c'è niente che possiamo fare. Se proprio vogliamo aiutare Flabrum, prendiamo Maestral, prima che ricongiunga ai suoi fedelissimi.»

«Bloom, ha ragione re Oritel, andiamo.» Aisha, dolcemente, la spinse verso la direzione in cui era sparito l'usurpatore. «Penseremo a lui dopo. C'è ancora un responsabile che dobbiamo inchiodare!»

Fu questo, più di tutto, a riportare Bloom alla ragione. Corrugò la fronte. «Sì, sì, avete ragione, andiamo.»

«Aspettate!» la voce di Roxy coprì quella delle Winx che si preparavano ad inseguire Maestral. La ragazza tremava, ma il suo viso cupo era pieno di una risolutezza tutta nuova. Stringeva forte i pugni e guardava Bloom, quella che, secondo lei, l'avrebbe capita più degli altri. «Non lasciatemi qui. Voglio venire anch'io... voglio vedere... voglio vedere il responsabile dritto in faccia. Vi seguirò comunque.» aggiunse, quando vide che le Winx esitavano.

«Va bene.» approvò Bloom. «Ma stammi vicino.»

«Vi guiderò io.» sibilò, gelido, il capitano Terchibald.

Nessuno gli disse di no.

Volarono via, il capitano, gli Specialisti e Tony correvano per tenere il loro passo. Erano pronte a dar battaglia, ma bastò loro arrivare in fondo alle scale per capire che non ce ne sarebbe stato bisogno: nella fuga, Maestral era inciampato ed era ruzzolato giù. Adesso, giaceva scomposto, una figuretta patetica che aveva perso i sensi.

«Ah, lo faccio io!» sbottò Aisha.

«No, lo faccio io!» ribatté Terchibald. E scese le scale due alla volta, si fermò vicino all'usurpatore e lo afferrò per i capelli. Lo risvegliò con un paio di schiaffi, dopo avergli imprigionato le mani in quelle manette di vento ed elettricità che avevano fatto del male anche a Bloom, Tecna e Stella al loro primo incontro. Maestral gemette, sulle prime, poi aprì completamente gli occhi, mandando un grido sia perché si era ritrovato faccia a faccia con una delle ultime persone che avrebbe voluto vedere e un po' per le manette che gli avevano dato una scarica elettrica.

«T-Terchibald... che... liberami! Sono state le Furie, sono state... sono state loro, ragazzo mio, liberami, presto! Hai visto... Auster è viva! Mia sorella... la mia adorata sorella...»

«Non è vero!» esclamò Bloom, severamente. «Non ho visto nessuno spirito circondarti! Tu non hai idea di cosa hai fatto a Zephiro, ad Auster, a tutto il tuo popolo!»

Maestral cominciò a scuotere forsennatamente la testa. «No, no, ragazza! Io non c'entro, sono state le Furie, vi prego... sono state le Furie!» gemette. «Credetemi!»

«Ah, sì? Le Furie, la tua adorata sorella... ma per favore!» sbottò Terchibald. «No, caro traditore, non ti libererò. Ti ho solo risvegliato per guardarti in faccia, mentre...» con la mano libera afferrò qualcosa appuntato sulla sua spalla destra. «Mi riprendo il maltolto.» e così dicendo dette uno strattone e lasciò cadere a terra l'usurpatore che cominciò a contorcersi e a mandare ululati di disperazione.

«Vi prego! Ho detto la verità! Perdono! Chiedo perdono! Clemenza!»

Le Winx, gli Specialisti, Tony e Roxy guardarono da quella figura pietosa a Terchibald, che lasciava sparire in tasca una spilla d'argento. Solo Bloom, Tecna e Tony capirono.

Nessuno si stupì quando il capitano dell'Esercito del Vento chinò il capo. «Ve lo lasciò.» sussurrò, e la sua voce tremò appena. «Io... io dovrei essere di sopra... con mio nipote.» e senza dire altro si affrettò su per le scale affollate e si dileguò.

«Che ne facciamo?» volle sapere re Oritel, guardando Maestral che piangeva e chiedeva pietà per la sua follia.

«Sarebbe più gentile ammazzarlo.» commentò, pungente, Stella.

«Stella!» la rimproverò Bloom.

«Ci penserà la corona di Flabrum a decidere.» tagliò corto Aisha, con voce dura, trovando che Stella non aveva poi tutti i torti. «Gabbia Morphix!»


§


«Pensi che tornerà tutto come prima, Faragonda?» sospirò Auster. Erano nello studio privato della regina e quest'ultima era affacciata alla finestra e guardava il giardino reale che si stendeva a vista d'occhio sulla grande isola su cui era costruito il palazzo. In fondo, adesso, molto al di sotto delle isole, non c'era più la nebbia, ma il terreno era di nuovo stato coperto dalla vegetazione rigogliosa che le Winx avevano visto attraverso il potere Tracix. Sarebbe cambiato tutto, pensava spesso la regina di Flabrum, lei sarebbe stata ricordata come la regina che aveva distrutto il loro Vortice e... sospirò, non osando andare più avanti di così.

«Zephiro si riprenderà benissimo, Auster.» la rassicurò Faragonda. «Il sacrificio che ha compiuto ha distrutto la Furia dell'Odio e la sua vita è stata salva proprio perché il suo gesto, dettato dall'amore, l'ha protetto. È così che funziona lo Scettro, non so dove l'abbia letto o come lo abbia capito. Credo che sia successo solo perché sei tornata tu, perché è stato abbastanza forte e coraggioso da riconoscere quale fosse il punto debole dell'Odio. L'aveva alimentato per tutto questo tempo col suo proprio rancore verso lo zio, e quindi deve aver capito che l'unico modo per distruggerlo era... dargli l'esatto contrario di quel che gli aveva già dato. Un sacrificio per amore. Degno di un vero sovrano, se mi posso permettere.»

Auster si sentì a metà tra il distrutto e l'orgoglioso perché suo figlio era stato davvero degno di un sovrano, voleva dire che l'aveva cresciuto bene e con i giusti valori. Però disse: «Mi dispiace, che abbia creato tanto scompiglio mentre era da te, Faragonda. Non credevo che...»

Faragonda scosse la testa. «Non è colpa tua, e neanche sua, ma anzi mia, che non ho saputo... sì, che non ho saputo accettare il fatto che fosse lui davvero, la spia di Alfea. Avevo avuto dei sospetti fin dall'inizio, ma non l'ho fermato e non volevo crederlo davvero. Credevo che, in fondo, non volesse fare niente di male, perché Zephiro era un ragazzo molto solo e affranto dalla perdita di sua madre.»

«Quindi, lo perdonerai?»

«Non ho mai avuto niente da perdonargli.»

«Ma lui non perdonerà facilmente se stesso.» commentò Auster, pensierosa. «Continua a stare tutto il giorno da solo, ad evitare tutto e tutti. Non è mai stato molto socievole, ma in questo periodo sembra ancora più chiuso in se stesso di quanto sia mai stato. Faragonda, ho paura che possa ricaderci. È sicuro che le Furie non torneranno?»

Faragonda scosse la testa. «No, Auster. L'Odio, che le riuniva tutte, è stato sconfitto, l'equilibrio tra bene e male ripristinato... credo che potremo stare tranquilli.»

«Quando... quando il potere dello Scettro me l'ha restituito...» sospirò Auster. «Faragonda, tu non sai come mi sono sentita sollevata... come... come ho avuto paura che potesse succedere di nuovo e che accadesse l'irreparabile!»

«Ma non è successo, cara Auster, ed è tutto quello che conta.» tagliò corto la preside di Alfea, dandole un leggero colpetto sulla mano. «Parlami di Maestral, piuttosto. Sei proprio sicura che Roccaluce sia la cosa migliore, per lui?»

Nel sentire il nome del fratello, la regina parve riprendersi dal suo stato di prostrazione. «Sì.» disse, risoluta. «Rimarrà dai Templari finché non imparerà ad essere buono, o qualunque cosa diventino coloro che vanno a Roccaluce. So che con quelle Trix non ha funzionato, ma... tentar non nuoce. E poi l'alternativa sarebbe ucciderlo. E io non sono come lui.» concluse Auster, stringendosi nelle spalle. «Se non dovesse cambiare niente, rimarrà comunque lì, incapace di usare i propri poteri, per sempre.»

Faragonda annuì. «Bene...» commentò, in tono grave, ma sembrava delusa da qualcosa.

«Cosa c'è?» le chiese la regina di Flabrum.

La preside di Alfea non parlò subito, ma esitò, guardando il servizio da tè che giaceva sul tavolino di fronte al divanetto sul quale avrebbe dovuto essere seduta. «Si tratta delle Winx. E della missione che hanno sulla Terra. Dopo tutto quello che è successo qui, ho paura che possano essersi indebolite oppure demotivate. La stessa Roxy non mi sembra molto propensa a...»

«Tranquilla, Faragonda,» la interruppe Auster, con un mezzo sorriso, sedendosi al suo fianco e prendendole una mano. «Adesso le ragazze sono in giro per la capitale a fare acquisti... sai, per la festicciola di stasera. Non hanno resistito all'idea, quando ho loro proposto un ballo in loro onore. Soprattutto Stella, sembrava un po' esaltata.» e rise, ricordando il modo in cui la fata del sole e della luna aveva cominciato a saltare su e giù, immaginando la sfilza di negozi di Flabrum che avrebbe voluto visitare per far impallidire d'invidia tutte le persone che la conoscevano. «Staranno bene!»

Anche Faragonda rise, ricordando. «Non è per questo che sono preoccupata. Vedi...»

«La missione che le Winx hanno sulla terra è molto difficile.» capì Auster, che sorrise all'espressione stupefatta che si era dipinta sul volto della sua ex insegnante. «A questo proposito, non mi sento arrogante nell'affermare che sono certa di poterti aiutare. Sono giorni che penso al modo di poter ripagare te e le Winx per quel che hanno fatto per me, per mio figlio e per il mio pianeta.»

«Di che si tratta?» domandò la preside, molto attenta ed emozionata.

«Ah, di certe cosette che ho trovato in fondo alla nebbia, prima che arrivassero a salvarmi.» Auster sorrise ancora, stavolta con un accenno di furbizia. «Vedi, non so esattamente che cosa siano o come funzionino, ma le ho prese lo stesso, in caso che potessero servire, sai. Ma adesso desidero che li abbiano loro, per aiutarle nella loro missione.»

«Auster, smettila di tenermi sulle spine...» sussurrò Faragonda, in tono trepidante. «Che cos'è che hai trovato nel cuore della nebbia?»

La regina di Flabrum non sorrideva più, era immensamente seria. «Credo che si chiamino... Doni del Destino.»

Faragonda trasalì. «Sei... sei sicura?» balbettò. «I Doni... ma credevo che...»

«Dalli alle Winx, ma non dire che te li ho dati io, non mi piace che pensino che ho liquidato quello che ho fatto per loro con una cosetta...»

«Una cosetta? Ma i Doni del Destino sono...»

Auster sorrise. «Quel che sono non importa. Vorrei che li avessero loro, al momento opportuno. E spero che questo serva a riportare le fate sulla Terra. Non sentirò un no come risposta: loro hanno aiutato me a salvare il mio pianeta, ora voglio aiutare loro a salvare il pianeta di Roxy.»


§


Roxy era scappata da Stella. Non ne poteva più di tutto il suo entusiasmo di fronte alla montagna di abiti che aveva comprato per la festa di quella sera in loro onore. Ne aveva presi di tutti i tipi, di tutte le misure, con ogni tipo di scarpa abbinabile e non, insieme con un considerevole e categoricamente inutile assortimento di gioielli e fermagli per capelli, accompagnati da smalti per unghie di tutti i tipi. Ma se fosse stato questo e basta, Roxy non si sarebbe lamentata più di tanto, avrebbe potuto estraniarsi dal tutto con molta meno fatica. Il problema era un altro: la fata del sole e della luna l'aveva praticamente costretta a fare la prova di moltissimi di quei modelli e vestiti per vedere quale fosse quello che le stava meglio, accompagnando ogni vestito con un commento.

Oro («L'oro è il colore che preferisco!»), bianco («No, fa troppo sposa...»), blu («Come gli occhi di Zephiro!»), verde («No, ti smuore!»), grigio («E che è, un funerale?»), porpora («No, fa a pugni con i tuoi capelli!») e così via. La cosa che le dava più fastidio, poi, era che continuava a nominarle Zephiro in ogni salsa, riusciva a farlo entrare in qualunque discorso e ammiccava in sua direzione come se sapesse cose che gli altri ignoravano.

Era inutile che Bloom le ripetesse di finirla, Stella era proprio sorda a qualunque cosa non fosse la sua voce. Così, non appena la fata del sole e della luna si era girata per trovare un modello che, a detta sua, era perfetto per Roxy, la ragazza era sgattaiolata fuori con l'idea di nascondersi per tutto il resto del pomeriggio e, magari, anche durante la festa.

L'idea di partecipare non la entusiasmava, anche perché aveva sentito dire che, alla festa, ci sarebbero state anche le studentesse di Alfea e altra gente importante di cui non le importava molto e che, comunque, avrebbe fatto parte del mondo magico. Lei voleva solo tornare a casa e rivedere il suo cagnolino Artù. Era sicura che stesse bene, ormai, anche se aveva paura che si sentisse solo e abbandonato. Sarebbe stata felice, quando finalmente avrebbero preso una navetta e fossero tornati a casa, sulla Terra. Persino Duman e gli altri stregoni le parevano più allettanti di tutto quello che aveva passato da quando era stata catturata da una Furia.

Ma, si disse anche, se non fosse stato per la Furia, non avrebbe mai incontrato Zephiro, il quale, a dispetto di quello che pensava Stella, non aveva nessuna voglia di stare in sua compagnia, figuriamoci ballare con lei, come aveva predetto quella fata così impicciona. Eppure, una parte di lei, non poteva dimenticare quello che aveva detto Faragonda, quando si erano incontrate quella mattina. Le aveva chiesto come stava e Roxy, benché avesse risposto che stava bene, capì di non aver convinto la preside di Alfea.

«So che sei preoccupata per Zephiro, mia cara.» le aveva detto. «Forse dovresti parlargli.»

«Ma ci ho provato! È lui che non vuole avere a che fare con me!»

«Lo so, ma credo che tu, tra tutti, possa capirlo... e forse potresti aiutarlo ad accettare.» la preside di Alfea non aveva detto nient'altro. Le aveva solo augurato buona giornata e se n'era andata. Roxy, comunque, non aveva capito dove avesse voluto andare a parare. E adesso anche quelle parole, che all'inizio le avevano lasciato solo un vago senso di perplessità, adesso la facevano infuriare molto più delle allusioni di Stella.

«Che sciocchezza! È una sciocchezza bella e buona! E lui non mi piace, non mi piace proprio!» sbottò, rivolta al niente, mentre entrava nel parco del palazzo e lo percorreva a grandi passi per farsi passare quel cattivo umore. «Non mi piace! È antipatico! È un... un...»

«Chi?» domandò una voce spenta, che la fece trasalire e voltare di scatto.

Ed eccolo lì, proprio lui, lupus in fabula, Zephiro, che si era nascosto in una siepe e stava seduto con una gamba stretta contro il petto e l'altra distesa, con un'espressione appena appena ostile. Lei arrossì.

«Ma nessuno.» replicò, in imbarazzo. «Che ci fa lì?»

«Ho sentito le note soavi della tua voce e allora mi sono messo qui, per non farmi vedere.» e girò la testa. «Ma non ho potuto fare a meno di notare che stavi parlando male di qualcuno e mi chiedevo solo di chi.»

Lei si accigliò. «Se non volevi farti vedere, bastava che continuassi a stare zitto!» ribatté, sempre più rossa.

«Di chi parlavi?» ripeté lui, senza guardarla. «Scommetto del tuo ragazzo che non è qui per la stupida festa di mia madre...»

«Io non ce l'ho, il ragazzo.» rispose Roxy, secca.

«Ah, no? E quell'anello bianco chi te l'ha dato?»

Lei si accigliò, mentre si ritrovava a guardare il Cerchio Bianco che, oltretutto, aveva anche infilato nel medio e non nell'anulare. Come poteva pensare, quello stupido, che si trattasse di un pegno d'amore? «Senti,» disse abbassando la mano. «se sei arrabbiato con te stesso non prendertela con me, va bene?» ma poi trasalì e tornò a guardare il cerchio bianco. Aveva capito cosa le voleva dire Faragonda, a proposito del fatto che lei avrebbe potuto aiutarlo. Certo! Certo era ovvio che lei poteva!

«Bene, allora te ne vai?» sbottò Zephiro, però, proprio mentre lei ragionava così, euforica. «Perché, sai, questo è il mio parco, quindi credo proprio che, questa volta, debba essere tu ad andartene!» la fissò con occhi di fuoco, un po' rosso anche in faccia.

«Ma... ma...» Roxy fremette di rabbia. «Puoi andartene dove vuoi, per il tuo stupido parco!»

«Già, hai ragione!» fece per alzarsi, ma trasalì anche lui, quando vide che Roxy, non solo si stava abbassando, ma lo stava di nuovo spingendo contro la siepe. «Ehi, ma...»

«Ora ascoltami!» ordinò lei.

«Senti un po', con chi credi di parlare? Qui non siamo ad Alfea!»

Roxy stava per mandarlo al diavolo, quando si costrinse a ricordare cosa aveva appena capito. Sospirando, si inginocchiò davanti a lui e si sedette a gambe incrociate. «Ascoltami,» gli disse, in tono più gentile. «poi puoi anche andartene, okay?»

Zephiro incrociò le braccia al petto con fare leggermente sprezzante, ma non se ne andò e neanche rispose in modo tagliente. Evidentemente era il suo modo di dirle che quel patto andava bene.

Roxy decise di ignorare la sua espressione, anche se ebbe voglia di dirgli che lo preferiva posseduto da una Furia, invece lo guardò fisso negli occhi e notò solo allora che erano entrambi dello stesso intenso blu scuro, come i suoi capelli. Si accorse di preferirlo così, piuttosto che con quell'inquietante occhio color dell'oro. E, sorpresa dal suo stesso pensiero, arrossendo, abbassò lo sguardo sulle mani e prese il Cerchio Bianco, ben consapevole di avere lo sguardo di Zephiro addosso. Dovette, perciò, concentrarsi più del solito per renderlo della grandezza giusta.

«Ecco.» disse, senza guardarlo, e porgendoglielo. «Prendilo un po' e dimmi cosa senti.»

Lui eseguì e Roxy si arrischiò a guardarlo solo quando fu ben certa che lui fosse completamente concentrato sul Cerchio Bianco. «Mmm.» commentò lui, ad un certo punto. «Sembra che qui dentro ci sia un'intensa rabbia... le fate imprigionate nella loro isola che vogliono vendicarsi degli Stregoni del Cerchio Nero...»

«Esatto.» e Roxy arrossì. «Quella è la chiave per entrare sulla loro isola. E io sola posso fare questa cosa, pare. È una gran scocciatura, se vuoi saperlo, ma non è questo che ti volevo dire. Insomma... una volta... una volta... sono stata posseduta da una fata. Si chiamava Nebula.»

Zephiro trasalì di nuovo. Stavolta non ci fu imbarazzo tra loro, mentre si guardavano. «Che cosa...»

«Sì.» continuò Roxy, in tono piatto. «E' stato terribile. Non riuscivo a liberarmene, lei faceva del mio corpo quello che voleva... faceva delle cose cattive, faceva del male alle Winx perché volevano fermarla e impedirle di fare del male agli altri... e io ero in un angolino e guardavo, attraverso il Cerchio, dove ero imprigionata... se non fossero arrivate loro... le Winx... io... io potrei essere ancora lì dentro.» e fece un cenno verso il Cerchio che era ancora tra le mani di Zephiro.

Lui la ascoltò fino in fondo, poi le restituì il Cerchio. «Bella storia.» commentò, freddo. «Cosa mi dovrebbe dire? Anche io ho avuto la stessa esperienza, però tu sei tornata quella di prima? Dovrei essere contento che qualcuno possa capirmi e... non lo so, dimmelo tu.» e la guardò con rabbia, prima di balzare in piedi. «Dimmelo tu come mi dovrei sentire ad aver permesso ad una Furia di impossessarsi di me!»

«Impotente e scemo.» replicò Roxy, che lo sapeva benissimo. «E... e incapace. Ecco come mi sentivo io e... e come mi sento, a ripensarci.»

Abbassò di nuovo lo sguardo e strappava alcuni ciuffi d'erba solo per non dover vedere nei suoi occhi l'espressione sprezzante di prima e sentirsi sferzare dai suoi commenti pungenti. Ma capì che lui non avrebbe detto niente e che era proprio ora di togliere il disturbo. Si alzò, mentre faceva tornare piccolo il Cerchio Bianco e se lo infilò di nuovo al dito.

«Beh... ci vediamo.» borbottò. E corse via. Quasi quasi avrebbe fatto meglio a rimanere a provare vestiti e ad ascoltare i commenti odiosi di Stella.


§


«Allora, non si è visto?» domandò Stella, arrivandole vicino, fasciata nel suo nuovissimo abito color oro e con i capelli sollevati sulla nuca, da cui pendevano le sue lunghe ciocche bionde. Era radiosa e trascinava Brandon in lungo e in largo nella sala da ballo gremita, quindi Roxy si stupì che si fosse accorta del suo debole scuotere di testa.

«Non verrà.» replicò, perentoria, Roxy, alzando gli occhi al cielo. «Abbiamo litigato...»

«Beh, allora sarà il caso che trovi un cavaliere alternativo. Potresti invitare Tony, sai... non credo che abbia accettato granché bene che Tecna e Timmy stiano insieme.» e lanciò uno sguardo eloquente ai due.

Roxy non poté fare a meno di guardare lo Specialista di nome Tony che era dall'altra parte della sala circolare illuminata a giorno da migliaia di luci che lei sospettava fossero fatate. Anche lui, come la fata degli animali, era appoggiato alla parete, appiattito come se volesse sparire e chiedendosi come mai avesse alla fine accettato di prendere parte a quella stupida festa, guardando scontento Tecna e Timmy che ballavano fissandosi negli occhi e sorridendo come due sciocchi.

Lei capiva benissimo come quel giovane Specialista dovesse sentirsi, anche se Zephiro non stava ballando proprio con nessuna e, anzi, non si era proprio presentato. La regina e suo marito, invece, ballavano in mezzo agli altri e sembravano non considerarla una cosa strana, mentre il capitano Terchibald se ne stava di fianco al trono così rigido che sembrava gli avessero infilato un palo nel didietro. Bloom e Sky si erano appartati nel grande balcone a semicerchio su cui si affacciava la sala, mentre Aisha e Nabu, insieme con Musa e Riven, avevano raggiunto il buffet e, piluccando tartine, ridevano tra loro di chissà che cosa. Faragonda aveva scelto re Oritel come partner e la regina Marion, la madre di Bloom, come compagno di ballo aveva preso il preside di Fonterossa, Saladin.

«Beh, noi andiamo a buttarci nella mischia, Roxy!» la salutò Stella, tutta felice, e spinse di nuovo Brandon in pista, cominciando a ballare con la grazia degna di una prima ballerina.

Roxy e Tony sembravano gli unici che non si godessero la festa, ma lei pensava che, piuttosto che invitare lo Specialista, sarebbe andata a fare compagnia a Terchibald. Mentre osservava tutto questo, chiedendosi se la sua assenza sarebbe stata notata, la fata degli animali fece per andarsene, quando si accorse che Theril era anche lei tutta sola e faceva altalenare le gambe al di sotto della sedia. Sembrava triste, mentre tutte le sue compagne di Alfea si stavano divertendo, ridacchiando giulive alla vista dei ragazzi dell'Accademia di magia che, fino ad allora, aveva sfornato tutti i soldati di Flabrum.

Fu a lei che Roxy si avvicinò, senza sapere neanche perché e Theril, che evidentemente si aspettava di tutto tranne che lei, balzò in piedi, arrossendo violentemente. «I-io... devo andare a...»

«Volevo dirti che mi dispiace di aver pensato male di te.» disse, invece, Roxy, tutto d'un fiato. «Non era colpa tua, se ti comportavi così male!»

Theril arrossì. «Ma... ma io ero gelosa davvero... pensavo che tu... tu e Zephiro...» non finì la frase, ma si vedeva che era a disagio.

Roxy scosse la testa. «Figurati. Io, a quello lì, nemmeno ci penso.» e arrossì furiosamente anche lei. «E' così odioso e altezzoso! Lui... non merita nessuna delle due, Theril, te lo dico io!»

E la fata bionda sembrò contenta di quel che aveva sentito, perché sorrise debolmente e in modo anche un po' timido. «Non volevo colpirti... non so che mi ha preso. Cioè... credo di saperlo, però... non avrei dovuto lo stesso. Mi... mi puoi perdonare?»

«Ma certo! Anzi, spero che... se verrò ad Alfea, tu potrai aiutarmi ad ambientarmi!»

Theril adesso sorrise più apertamente. «Ma certo!» ripeté lei.

Le due ragazze, quasi si fossero messe d'accordo, si strinsero la mano e Roxy si sentì piacevolmente sorpresa a considerare Theril, benché la conoscesse da così poco, già un'amica.

«Bella festa, vero?» continuò la fata bionda, guardandosi attorno.

«Io... beh, sì... credo di sì.» rispose dubbiosa Roxy, quando finalmente si lasciarono andare la mano.

«Va bene... allora... io vado... provo a... sì, provo ad invitare quel ragazzo laggiù.» Theril arrossì, mentre indicava, incredibilmente, Tony. «E' tutta la sera che è da solo... e pure io. Quel ragazzo, ho sentito, è stato invitato a partecipare al saggio degli Specialisti da Saladin in persona! Hai sentito che ha fatto una cosa molto eroica? Ha aiutato i soldati di Flabrum a liberare quelli ammattiti dalla fascia rossa! Deve essere così coraggioso! E poi Saladin gli ha detto lui stesso che partecipava al saggio e... deve essere intelligente, no? Pensavo che... dato che con Zephiro non ho possibilità... insomma... è anche carino, no?»

«Oh!» esclamò la fata degli animali, incredula. «Sì... e poi... anche lui... esce da... una situazione complicata con una ragazza...»

«Ma è fantastico!» trillò Theril, ritrovando una parte del carattere che Roxy aveva imparato a conoscere già ad Alfea, anche se la fata degli animali non vedeva proprio cosa ci fosse di fantastico in una relazione complicata finita male. «Io vado da lui, allora. Sembra che abbiamo già un sacco di cose in comune!» e sfrecciò via, lasciando sola Roxy.

A qualcosa quella serata era servita, si disse. Almeno Theril e Tony non sarebbero stati da soli a rimuginare sui loro amori non corrisposti. Ma lei non aveva davvero più niente da fare. Si annoiava, i ragazzi di Flabrum erano stupidi galletti e l'unico con cui le sarebbe piaciuto ballare non c'era perché era uno stupido galletto pure lui.

Ma proprio in quel momento, qualcuno cominciò a picchiettare sulla sua spalla con due dita. Giratasi, Roxy non fu per niente stupita di vedere Zephiro. Era convinta che solo lui avrebbe potuto comportarsi così.

«Ah, hai finito di fare il prezioso?» lo apostrofò, acida.

«Stavo per non venire.» replicò lui e distolse lo sguardo, come se non ce la facesse a guardarla in faccia più di così. «Ma poi... beh, insomma, sono qui.»

«Però.» rispose lei, sarcastica. «Dovrebbero darti un titolo diverso da principe. E sa quale? Capitan Ovvio!»

Zephiro si grattò il lato del naso e, guardandola in modo appena appena perplesso, si schiarì la voce. «Senti... mi dispiace, per oggi, okay? Non volevo mica dire... ero arrabbiato.»

Lei rimase ancora accigliata, perché lui parlava senza neanche guardarla, anzi, tenendo gli occhi sulla sala. La regina Auster aveva cambiato partner e ora ballava con re Oritel, mentre Faragonda era finita tra le braccia di Brandon e Stella, col suo abito dorato, era andata a prendere il capitano Terchibald e ora lo stava guidando in una danza che a lui non sembrava affatto piacere.

«Me ne vado.» dichiarò Roxy, che non capiva perché dovesse rimanere ancora lì.

«Ma... non vuoi ballare?» domandò lui, stupefatto.

Roxy si fece paonazza. «No!» sbottò, anche se la risposta sarebbe stata quella contraria. «Non ho nessuna voglia di ballare con un idiota come te!» e corse via dalla sala, camminando rasente il muro per non dar fastidio a quelli che ballavano e si divertivano certamente più di lei.

Senza saperlo, Zephiro si girò per guardarla mentre percorreva a grandi passi, incapace di fare qualcosa. Era evidente che lei lo trovava proprio insopportabile... si sarebbe lasciato andare ad un sospiro se Stella, che aveva visto tutta la scena nonostante il ballo, glielo impedì. Aveva lasciato andare il capitano che si era diretto più veloce che poteva di nuovo sulla pedana rialzata del trono.

«Allora, non le corri dietro?» gli chiese a bruciapelo, la principessa di Solaria.

Zephiro trasalì. «Chi? Perché?»

La fata del sole e della luna sospirò in modo teatrale. «Lo sai, penso che, per essere uno che fa tanto l'eroe, sei proprio un gran vigliacco!» e si accigliò, indicando con veemenza verso Roxy. «Lo vedi che la tua ragazza se ne sta andando? È un chiaro segno! Devi correrle dietro! È così che si fa!»

Zephiro la guardava come se fosse impazzita e Stella si stizzì ancora di più. «Non è la mia ragazza!»

Ma lei lo zittì. «Senti, ragazzino,» disse, e gli picchiò l'indice contro il petto. «tu non piaci proprio, ma penso che a lei piaci, chissà perché.»

«Ma... ma che dici?» balbettò lui, rosso fino alla punta delle orecchie.

«E immagino che anche lei piaccia a te. Quindi vai, sbrigati!» e cominciò a spingerlo verso l'uscita. «Muoviti, prima che il ballo finisca e qualcun altro acchiappi Brandon! Un conto è che balli con una vecchia come Faragonda, un conto con una di quelle ridacchianti bambocce di Alfea!»

Zephiro si lasciò convincere solo per liberarsi di lei e della sua estenuante chiacchiera. Ed era già fuori dalla sala della festa, quando si chiese che cosa ci faceva lì e come avrebbe fatto a trovare Roxy, che avrebbe potuto essere dovunque sia dentro che fuori dal palazzo. E fu quasi un colpo di fortuna che, affacciandosi ad una vetrata, vide il profilo della fata, affacciata da una balaustra qualche piano più sotto, che guardava in basso, il nuovo panorama di Flabrum.

Per un momento, rimase lì a fissarla, senza sapere che fare. Forse sarebbe scappata di nuovo, vedendolo, ma Stella aveva detto una cosa che non poteva ignorare e, in fondo, lui pensava che avrebbe dovuto capire, quando lei gli aveva detto tante cose su quella Nebula. Non era stato forse per questo che aveva improvvisamente smesso di essere così arrabbiato e aveva deciso di fare una capatina alla festa, vedere lei? Così, preso tutto il coraggio che gli rimaneva, decise che Stella, per quanto odiosa, aveva ragione e che doveva andarle dietro. Pregò per tutto il tragitto che non fosse sparita, che avesse deciso di cambiare posto, ma la ritrovò proprio sullo stesso ponte dove l'aveva beccata stando alla finestra.

«Ehi!» la chiamò, ma lei si voltò di scatto, lo guardò attraverso gli occhi velati di lacrime e poi voltò di nuovo di scatto la testa. «Perché... perché piangi?»

Lei si asciugò rabbiosamente gli occhi. «Perché... perché... Zephiro, sei... sei uno stupido!» singhiozzò lei.

«Lo so.» mormorò lui. «Sono un disastro. Con le ragazze non ci so proprio fare.»

«Eh, già...» disse Roxy, continuando a pulirsi il viso. «Sei proprio uno scemo!»

«Mi dispiace...» e cominciò a frugarsi addosso alla ricerca di un fazzoletto. Ma non l'aveva preso, tanta era stata la sua fretta di arrivare alla festa, spaventato che lei potesse aver trovato un cavaliere.

E, chissà perché, lei scoppiò a ridere.

Zephiro avrebbe giurato di non capirla.

Ma Roxy rideva proprio per questo, perché lui si dispiaceva di essere uno scemo.

«E'... è vero che te ne vai?» le chiese lui, improvvisamente. «Che non ci vedremo più?»

«Forse.» rispose lei. «Insomma, non so se vengo ad Alfea, l'anno prossimo. A me la magia fa un po' paura, lo sai.»

Lui non disse niente e lei si affrettò ad aggiungere, per riempire il silenzio: «Tu... tu andrai all'Accademia di qui, no?»

«Eh...» confermò. E poi, dato che tacere stava diventando penoso, aggiunse: «Ma forse mia madre farà un qualche accordo con Saladin di Fonterossa, la sentivo ieri, mentre ne parlava con lui e Faragonda... penso che voglia fare un gemellaggio o cose... cose del genere... immagino che... sarà anche più facile incontrarsi ora che il Vortice è... sì, insomma, se andrai ad Alfea... pensi... pensi che pioverà?»

A Roxy non importava proprio nulla della pioggia, lei guardava il cielo notturno al di là del ponte per un altro motivo. Lì aveva solo trovato rifugio e conforto di fronte alla rabbia e alla frustrazione che provava per essere stata una sciocca e non aver accettato l'invito e il fatto che Zephiro era talmente scemo da non capire che cosa lei aveva capito di provare per lui.

«Credevo... credevo che non saresti venuto.» disse, dopo un po', ignorando il suo stupido commento sulla pioggia.

«Ah... beh, all'inizio credevo di non doverlo fare, insomma... visto che...»

Ma lei lo interruppe a metà del discorso staccandosi dalla balaustra per arrivargli di fronte e posargli una mano sulla bocca. «Ti prego, sta' zitto!» gli chiese e poi, quando vide nei suoi occhi che non avrebbe detto una parola più di un'altra, gli tolse la mano da sopra la bocca, anche perché il viso di lui era diventato bollente. E lei sentì anche se stessa raggiungere la stessa temperatura, quando fece una cosa che non si sarebbe mai aspettata: gli dette un bacio veloce sulle labbra e si ritrasse. «Ecco... beh, ci vediamo.»

Ma lui, che non la guardava, non glielo permise. La afferrò per il braccio.

«Ma... te ne vai così?» le chiese, guardandola confuso.

«Beh... sì... insomma, devo proprio.» rispose lei, tutta rossa.

«Ma non puoi baciarmi e andartene via!»

«E allora che dovrei fare, sentiamo?»

Zephiro parve spaesato. Allargò le braccia e la guardò come per chiederlo a lei. Roxy sbuffò, poi lo condusse su per il ponte e camminarono mano nella mano. «Se io... se io venissi ad Alfea, tu... verresti a trovarmi?» gli chiese, allora, dopo un altro lungo e imbarazzante silenzio.

«Ehm... sì... cioè... no... insomma... tu... io ti piaccio davvero?» farfugliò lui.

«Tu sei proprio scemo, lo sai?»

«Ehi, ma... oh, e va bene! Senti... lo so che sembro scemo, ma... come dire... è la prima volta che mi capita!» tentò di giustificarsi lui.

«Che cosa?»

«Insomma... dai che hai capito...» sbottò lui, rosso fin sopra i capelli.

«No, non ho capito.»

«Ma sì, dai...»

«Non mi sembra che non piaci a nessuna!» ribatté scontrosa Roxy, strappandogli dalla mano la propria e stringendosi nelle spalle con fare sostenuto. «Ad Alfea eri pieno di ragazze!»

«Ma era una cosa completamente diversa!» replicò lui, frustrato. «Non lo capisci?»

«No.» Roxy continuò a camminare e a fare la finta tonta, piuttosto divertita dal tentativo di lui di arrampicarsi sugli specchi.

Zephiro si fermò di botto e si posizionò di fronte a lei, inspirando ed espirando con l'aria di dover fare qualcosa e di dover raccogliere tutto il coraggio che aveva. «Tu... tu mi piaci.» sbottò, brusco. E poi, più piano: «Non venivo a trovarti solo per fare del male a tuo padre... quello lo faceva la Furia... io... io venivo perché... perché un po' mi piacevi.»

Roxy rimase sbigottita e non ebbe il tempo di trovare una risposta adeguata perché, inaspettatamente, prima che lei avesse il tempo di raccapezzarsi della cosa, Zephiro si chinò per baciarla. E lei, soddisfatta dopo il primo momento di incredulità, rispose al bacio con più sicurezza della prima volta. Nessuno dei due sapeva che, più in alto, sei altre coppie li stava osservando in silenzio: Stella era stata provvidenzialmente imbavagliata da un incantesimo di Musa.



FINE

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Ed è... finita! Non ci credo nemmeno io! XD

Questo era l'ultimo capitolo, è un po' lungo ma ho messo tutto qui perché farne un altro ancora mi sembrava ridicolo e poi nelle Winx non c'è mai stata un'ultima puntata in cui non c'era anche una parte del combattimento. Ho voluto, diciamo, dare un'impronta più “da serie televisiva”.

Altra cosa.

Forse vi sarete stupiti dei Doni del Destino. Li ho inseriti per dare una sorta di “continuità temporale” con la seconda metà della quarta serie. Mi pareva proprio che non si sapesse da dove scappassero fuori i Doni del Destino, quindi ho deciso di scriverlo io e di dare una giustificazione per la loro comparsa così provvidenziale.


Adesso passiamo ai ringraziamenti finali.

Siete in tanti, siete andati e venuti, siete arrivati a metà, avete lasciato a metà, chi è andato via dal sito, chi non segue più il fandom e chi, invece, ha avuto un ritorno di fiamma, chi mi ha mandato messaggi privati e chi è rimasto nell'ombra a leggere fino a qui e non ha mai, ma proprio mai, perso le speranze. A chi ha commentato, chi c'è stato dall'inizio, chi ha lasciato e chi è arrivato in itinere e ha continuato a commentare nel tempo. A voi tutti. Grazie.

E ora, un po' di nomi

Nell'ordine (dall'inizio dei tempi):

  1. Fairyflora

  2. mileybest

  3. Wingiudi

  4. Ginny_theQueen

  5. Luna95

  6. Kelly Neidhart

  7. Tressa

  8. Bibi96

  9. KittyPride

  10. marvullisara

Grazie ai miei 3 preferiti:

1 - ila952119

2 - Kelly Neidhart

3 - Mistero95


Ai 2 ricordati:

1 - cullen96

2 - Kitty Pryde


Ai 17 seguiti (ragazzi, siete tantissimi per i miei standard!):

1 - Anto62

2 - Bibi96

3 - Bitter_sweet

4 - Flamara

5 - Ginny_theQueen

6 - ila952119

7 - JCMA

8 - jonas4e

9 - kikkab

10 - Maka000

11 - marta_uzumaki86

12 - mileybest

13 - pikkola_puffetta

14 - Raven_Warrior96

15 - Sara JB

16 - stefania881

17 - Tressa


Ma in modo speciale devo ringraziare Tressa che, da quando ha scoperto la storia, non ha perso un aggiornamento e li ha commentati tutti.

A tutti coloro che, in un modo o nell'altro, mi hanno sostenuta, grazie. Ognuno sa perché.

Luine.

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