Psyché

di Lilyth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


È strano come alcune volte io riesca ad immaginare la mia voce raccontare ad un pubblico la mia vita, una vita non ancora vissuta...
È strano sentire la voce dei miei pensieri litigare con me stessa, fare e disfare, montare e smontare immagini di un futuro che potrebbe accadere o di un passato, ormai impossibilitato a cambiare.
La sento la mia testa fare la supponente, governare lei il mio corpo, quel poco che le basta per dimostrarmi ancora quanto è più brava di me ad organizzare con i suoi progetti alquanto discutibili la sua, anzi, la mia vita.
Persino ora non saprei dire se sto scrivendo governandomi o lansciandomi andare alla mia mente contorta.
Forse è questa quella che alcuni chiamano anima, un qualcosa che è completamente distaccata dal corpo e dalla ragione, che si rifugia nei nostri pensieri più profondi, sfruttandone gli scomodi sentimenti, distruggendo tutto ciò in cui credevamo.
Sono posseduta da me stessa, io e lei, lei e io, me e me.
Siamo in due a guardarci le spalle dalla vita, camminando fianco a fianco, quasi a sovrapporsi;
siamo in due ad affrontare i problemi giornalieri e le delusioni, ma ciò non vuol dire che noi siamo amiche.
Il punto debole di una è la forza  dell’altra, basta un tentennamento e una delle due sottomette l’altra senza avere pietà del mio povero corpo, involucro ingenuo ed esposto alle cazzate altrui.
Sono la peggior nemica di me stessa, eppure una dei pochi di cui mi fido.
 

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Capitolo 2
*** 1 ***


< uao, uao...in paradiso vendono droghe pesanti a quanto vedo... >
Cercai di nascondere un sorriso a metà tra il compiaciuto e  l’imbarazzato che però al mio interlocutore non sfuggì
< che fai, arrossisci davanti a me? Al tuo fedele compagno? >
Mi sventolo il foglio scarabocchiato sotto il naso provocandomi quel solletico precedente allo starnuto che tutti odiano
< dai, smettila, così mi fai passare la voglia di farti leggere quello che scrivo >
Mi guardò negli occhi smettendo di sventolare il frutto della mia mente, si sedette a gambe incrociate davanti a me e fece spallucce
< è bello >
Non sapevo se credere o no a quelle parole, infondo lui era il mio “compagno”, avrebbe potuto giudicare quelle quattro righe scribacchiate per caso basandosi sulla nostra solidale amicizia
< non mi guardare così, è bello veramente. E non capisco perché tu me lo faccia leggere solo ora >
Sgranai gli occhi
< che intendi con “solo ora”? >
Girò il foglio dalla mia parte indicandomi quattro cifre scarabocchiate sull’angolo destro
< 5 marzo 2012, ore 23:30...sono passati due anni da quando hai scritto questa cosa, due anni e cinque giorni >
Ripresi il foglio in mano e continuai ad osservare quella data, perché l’avevo scritto proprio quel giorno?
Perché a quell’ora? Che mi stava succedendo, cosa c’era nella mia vita in quei giorni di marzo?
< allora, perché ci hai messo tanto per tirare fuori le tue turbe mentali? >
alzai le spalle
< non lo so, in realtà l’ho ritrovata qualche giorno fa in un vecchio quaderno, non ricordavo neanche di averlo scritto >
< in quell’anno si può dire che noi eravamo appena diventati amici... >
Già, amici.
O forse no...
Ricordavo quell’anno come l’anno delle grandi fughe per non incontrarlo in ogni angolo della città, per non permettergli di guardarmi, di sorridermi e di dimostrarmi quanto, infondo, lui fosse innamorato di me.
Quindi, amici proprio no.
Ma ora lo eravamo, avevamo maturato quella rincorsa e quella fuga in un rapporto di complicità e solidarietà reciproca; la verità è che non ci eravamo mai detti la verità, ossia lui non mi aveva mai detto cosa aveva provato e io non gli avevo mai detto che avevo capito tutto.
Ma infondo era stato meglio così.
< allora, ti ricordi o no? >
lo guardai allontanando dalla mente quei ricordi scomodi
< certo che mi ricordo, sono passati solo due anni, non ho la memoria di una novantenne. >
Si appoggiò dondolando alla base del mio letto alzando gli occhi al soffitto per osservare i disegni e le bandiere che pendevano dal muro
< chissà che ti era preso quando hai scritto queste cose >
Scossi la testa
< te lo dico, ho già provato a ricordarmelo ma non ne ho la più pallida idea, ho come un vuoto nella mente, un oblio indefinito di quel periodo. >
Sentii il cellulare vibrare nella testa dei jeans, lo tirai fuori aprendo un messaggio
< chi è? >
Alzai gli occhi per guardarlo
< è lui? >
Tentennai nel rispondergli non capendo come lui aveva capito chi era il mittente del messaggio
< o, non mi fissare come se fossi un alieno, lo so che è quello. Sorridi quando leggi i suoi messaggi, quindi lo capisco da un’occhiata >
tornai a guardare lo schermo per scrivere una veloce risposta e far risprofondare il telefono nella tasca.
< ancora non vi siete visti? >
Scossi la testa
< e che aspettate? >
Alzai gli occhi al cielo spazientita
< o, insomma. Che sono tutte queste domande? Ci vedremo quando ci vedremo. Ora non ne ho bisogno e sinceramente non ho neanche il tempo. >
Si alzò da terra senza guardarmi
< sono tutte scuse e tu lo sai >
mi alzai anche io seguendolo lungo il corridoio
< scuse? Scuse per cosa? >
Vedevo il suo volto riflesso nello specchio alla fine del corridoio, non era arrabbiato, era corrucciato, preoccupato
< lo sai per cosa, vi siete presi e mollati tre volte di fila, a mesi alterni e in tutto questo non vi siete mai visti, eppure continuate a cercarvi ma non vi vedete mai dal vivo...non è normale e lo sai >
< beh, si da il caso che io una volta gliel’ho chiesto di vederci e lui aveva anche detto di sì, poi per un motivo e per un altro non è mai successo >
Si spaparanzò sul divano in salone fissandomi dal basso
< appunto, lui ha detto di si e poi ha fatto in modo di far saltare l’accordo...io non mi fiderei di uno così >
alzai le spalle evitando di guardarlo negli occhi
< beh, ma a me non interessa fidarmi di lui, a me lui non interessa, ci parlo solo per parlarci, per passare il tempo >
Scoppiò a ridere nel modo più finto che io abbia mai sentito
< seriamente? Ti sei convinta di questo? >
Stava riuscendo a farmi saltare i nervi, il che non era difficile, ma in questo caso il suo comportamento stava fungendo da catalizzatore
< non me ne sono convinta, è così e basta. È vero, ci stiamo sentendo da sei mesi a mesi alterni. Ma succede e basta, a me non interessa, non lo voglio incontrare, non mi serve. >
Annuì rimanendo immobile
< ok >
Gli lanciai un sorrisetto finto
< ok >
< da quant’è che siete nuovamente in contatto? >
Feci spallucce
< boh, tipo una settimana >
< bene, non venire a piagnucolare da me quando fra qualche giorno avrete nuovamente discusso per tua iniziativa e vi sarete nuovamente persi di vista. >
strinsi i pugni per evitare alla mia mente di prendere il sopravvento, come avevo ampiamente spiegato nel mio scritto, e di permettere al mio corpo di rivolgersi contro di lui in modo violento e decisamente coatto.
 

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Capitolo 3
*** 2 ***


La “discussione” che avevo avuto con il compagno, o compare che dir si voglia, mi aveva parecchio scossa.
Il problema non era come mi aveva comunicato quello che pensava, ma quello che aveva detto nello specifico.
I suoi pensieri potevano essere sovrapposti perfettamente ai miei, i suoi dubbi erano le mie paure, ciò che lui era stato capace di dirmi io ancora non riuscivo a dirlo a me stessa.
 
“che dici?”
 
Che dovevo dire? Ma soprattutto, dovevo rispondere o no? Forse aveva ragione il mio compare e anche questa volta di questa “pseudo amicizia “ non se ne sarebbe fatto nulla, o forse aveva ragione la parte istintiva di me che mi spingeva a rispondere e a continuare questa conoscenza basata su parole, buongiorno e buonanotte.
Mi tremavano le mani per quanto ero nervosa, che poi nervosa di che, alla fine era solo uno stupido messaggio che avrei potuto ignorare senza tanti problemi se solo lo avessi voluto.
 
“o, ci sei?”
 
Fu la sollecitazione a farmi decidere repentinamente di rispondere, mio malgrado, a quella richiesta di chiacchiere serali
 
“ci sono, ci sono, stavo pensando, tu?”
 
I secondi che scorrevano tra una risposta e l’altra mi davano il tempo, se così si può definire, di riflettere e di cercare di interpretare quelle lettere sullo schermo che alcune volte mi sembravano incomprensibili
 
“tv, ma stasera non c’è nada”
 
Sorrisi tra me e me, infondo avrei potuto fare a meno di sentirlo; erano conversazioni vuote, prive di ogni significato intellettuale, condividevamo attimi di vita senza un senso apparente.
 
“già, immagino, in tv non c’è mai nulla”
 
Ecco, la conversazione poteva essere finita così, nel nulla, portandosi dietro quelle inutili informazioni e forse non sarebbe cambiato niente, la mia vita sarebbe andata avanti lo stesso e sicuramente anche la sua.
Potevamo farlo, potevo farlo.
Il cellulare iniziò a vibrare nelle  mie mani, il suo nome saltellava sullo schermo, risposi trattenendo il fiato.
 
< pronto... >
< ciao ciccia, allora veramente, che fai? >
Ridacchiai
< non stavo scherzando sa, penso, rifletto, indago >
< e a cosa pensi ? >
 
A te, anzi, non propriamente a te, ma a me e te.
A quello che devo fare,  per accertarmi che questa situazione non mi sfugga di mano, al motivo per il quale tu non mi hai voluto incontrare.
Al perché, contrariamente a quello che credevo io, hai deciso di volermi riparlare così, apparentemente senza motivo.
Vorrei chiederti con quante altre ragazze parli, cosa dici loro, se sono una delle tante e perché eventualmente mi stai prendendo per il culo.
Vorrei sapere se ti interessa ciò che penso di te, se ti interessa sapere che il mio attuale “compagno fedele” già ti odia ancora prima di incontrarti, che poi è un po’ difficile che voi due vi incontriate visto che non hai incontrato ancora neanche me.
Vorrei sapere se nascondi qualcosa o se semplicemente ti piacere fare il prezioso, o forse è perché di me non te ne frega niente e mi usi solo per passare il tempo, anche se in teoria anche io ti uso in parte per questo, ma se tu lo dovessi fare con me allora ti chiederei per qualche cazzo di motivi mi scrivi di tua spontanea volontà e perché rispondi ai miei messaggi se effettivamente di me te ne sciacqui le...
 
< allora, a cosa pensavi? >
trattenni un attimo il respiro
< a domani, ho compito >
scoppiò a ridere
< beh, tutto qui? >
Cercai di fare una voce seria
< beh, si dia il caso che quest’anno io ho la maturità e ogni compito è basilare >
< rilassati, scherzavo e poi lo sai che andrà bene >
rilassai la voce e cercai di dimenticare il flusso di pensieri che fino a pochi secondi prima mi ronzava in testa pregandomi di farlo uscire dalle mie labbra
< speriamo >
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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