come il vento

di sapphireye
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** lacrima di lupo ***
Capitolo 2: *** memories ***
Capitolo 3: *** marmellata ***



Capitolo 1
*** lacrima di lupo ***


~~Elizabeth non era una quindicenne come le altre, era una ragazza diversa dalla massa. Abitava a Milano, in Italia, in un appartamento del centro città, con i genitori e il fratello diciottenne. In molti la definivano una ragazza cupa e triste, a volte scontrosa e irritabile senza motivo, perlopiù timida e introversa, tanto che a scuola si ostinavano a chiamarla "Euforia" per questo. Elizabeth sapeva di non essere il massimo della simpatia ma odiava stare al centro dell'attenzione e quando vai in un liceo come quello che frequentava, stare su un piedistallo equivaleva alla felicità. Dopotutto era una bella ragazza, con i suoi capelli castano chiaro, mossi e talmente gonfi da farla sembrare un leone, gli occhi nocciola e le labbra piene. Nata a Febbraio, portava su di sé il peso del segno dei sognatori, l'acquario, anche se con qualcosa di più selvaggio, qualcosa che la chiromante di un luna park aveva definito con un sorriso "lacrima di lupo". La scuola era sfiancante, non tanto per lo studio, quanto per la costante lotta contro le continue e cattive insinuazioni dei compagni, a cui però rispondeva e dava del filo da torcere, evitando di mostrarsi debole e indifesa, ma solo impassibile e dura. Ma nessuno sapeva che, ogni notte, lei apriva la finestra della camera e guardava la luna mentre le lacrime scendevano copiose dal suo viso, per poi essere rapite dal vento fresco che soffiava quasi sempre in quella via di Milano. E proprio in una di quelle notti decise di assecondare il suo spirito, la sua "lacrima di lupo".

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Capitolo 2
*** memories ***


Faceva freddo. Tanto freddo.  Di certo avrei dovuto aspettarmelo, era Febbraio e in Alto Adige c’era almeno un metro e mezzo di neve fresca che sicuramente non mi rendeva le cose più facili. Come se non bastasse stava imperversando su di me una bufera di neve che mi oscurava completamente la vista e lo zaino teoricamente impermeabile ma praticamente bagnato che portavo in spalla sembrava pesare come un macigno. Ebbene si. Avevo finalmente deciso di abbandonare la mia vecchia e triste vita per ricominciare da capo e ora, camminavo decisa verso quello che sembrava un fienile abbandonato, in Alto Adige. 
Avevo deciso di venire qui per iniziare la mia grande fuga perché avevo sempre pensato che quella fosse la mia vera casa,l’unico posto in cui mi fossi sempre sentita al sicuro e protetta. Tutte le estati, fin da quando ero nata, io e la mia famiglia venivamo qui per un mese, perciò credevo di conoscere queste montagne come le mie tasche. Ricordo che a cinque anni, dopo aver litigato con mio fratello, ero scappata dall’albergo, rifugiandomi nei boschi, dove camminando avevo incontrato un piccolo lupacchiotto che si era messo a rincorrermi saltellando, per poi lasciarmi quando fummo arrivati in una piazzetta che confinava con il bosco. Da li ero poi tornata in albergo, dove mi aspettavano due genitori terrorizzati e un gruppetto di poliziotti insonnoliti… erano le tre di notte…
Qui avevo anche avuto il mio primo amore, Alexander,un tenero ragazzo che lo scorso anno mi aveva fatto innamorare,con i suoi capelli mossi e ramati, i grandi occhi verdi e quel suo accento leggermente tedesco che mi faceva sorridere ogni volta che parlava. Era il figlio di un contadino del sudtirol e ci eravamo conosciuti un pomeriggio durante una delle mie solite escursioni in solitudine pomeridiane nei boschi, mentre lui era in cerca di legna. Veramente era stato anche il mio ultimo amore, il primo e l’unico ragazzo che io abbia veramente amato. Poi però, dopo un mese di paradiso con lui, era arrivato un settembre scuro e triste che ci aveva separati, facendoci ritornare alle nostre rispettive vite. Decisi che sarei andata a trovarlo quando sarebbe calata la notte, per non farmi vedere. Sapevo che lui avrebbe capito, sapevo anche non mi avrebbe tradita e forse… forse mi avrebbe anche seguita…
Mi svegliai piano, con lo stomaco che mi brontolava come un cane affamato e una decina di vesciche ai piedi per cui dovetti aspettare cinque minuti prima di riuscire ad alzarmi. Guardai l’orologio: erano le quattro e mezza del pomeriggio, il che significava che ero ancora in tempo per andare da Alexander, sperando che non avesse cambiato casa. Volevo rivederlo da mesi e non vedevo l’ora di trovarmelo davanti e abbracciarlo. Infilai gli scarponi che magicamente si erano asciugati e misi in spalla lo zaino in meno di trenta secondi e come una furia corsi fuori dal capanno. Finalmente aveva smesso di nevicare e un pallido sole splendeva timidamente nel cielo, per poi riflettersi sulla neve fresca e mandare bagliori luccicanti ovunque. Quanto amavo quel posto… Presi una grossa boccata di aria pura e partii speranzosa verso la casa di Alexander.
Quando arrivai era quasi buio, il sole si era appena nascosto dietro la cima di una montagna innevata, liberando i colori caldi del tramonto. Raggiunsi correndo la casa e sbirciai attraverso le finestre, ma non vidi nessuno. Provai a bussare alla porta ma la casa era vuota. No. Non potevo partire senza nemmeno averlo salutato, non potevo e basta. Mi accasciai a terra con la schiena appoggiata sulla porta della casa, distrutta.      
<< Elizabeth? >>  Balzai in piedi, stupita.
<< Alex? >>
<< Elizabeth! >> mi girai e lo vidi arrivare correndo verso di me, i suoi occhi verdi che mi fissavano ridendo.
<< Alex!! >> gli andai incontro correndo anche io.  Ci schiantammo l’uno contro l’altro stritolandoci, le sue braccia come tenaglie attorno a me.
<< mi sei mancata Lizab… tantissimo>> mi sussurrò all’orecchio.
<< anche tu Alex, non sai quanto >> Risposi io piangendo.
 

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Capitolo 3
*** marmellata ***


~~<<  ehi, perché piangi? >>  mi chiese staccandosi da me.
<< non è niente, sono solo felice che tu sia qui… >>  risposi singhiozzando.
<< oh, Lizab, anche io sono felicissimo di rivederti. Forza, andiamo dentro che qui si gela >> mi prese per mano e aprì la porta, mentre io, sognante, gli stavo dietro. Poi, all’improvviso, mi ricordai di suo padre.
<< Aspetta. C’è tuo padre? >>
   Chiesi io, preoccupata che qualcuno potesse vedermi e contattare la polizia e la mia famiglia. Mi fidavo di Alex, non che non mi fidassi di suo padre, ma non credevo che mi avrebbe coperta ed aiutata.
<< No… è andato in città, tornerà tra due  giorni… Perché me lo chiedi ? >> mi domandò lui entrando in casa e trascinandomi  con sé.
<< Perché …   Alex devo dirti una cosa… e ho bisogno che tu non dica niente a nessuno.  Nemmeno a tuo padre. Me lo prometti? >>
<< si… certo, tutto quello che vuoi Lizab >>   Mi rispose guardandomi con quegli occhi verdi e confusi che mi scrutavano il viso in cerca di risposte, indagando.
<< Quando  sono tornata dalle vacanze la mia vita era insopportabile. Tu mi conosci e sai quanto io odi stare in mezzo alla gente ed essere al centro dell’attenzione. La scuola era sfiancante con tutte quelle stronze e stronzi e così ho deciso di scappare di casa… Ora sono qui perché volevo salutarti, ringraziarti per avermi capita ma soprattutto volevo dirti che sei l’unica persona nella mia vita che amo e che abbia mai amato. Non volevo andarmene senza dirtelo… >>  mi tremavano le ginocchia. Temevo che lui mi avrebbe giudicata, anche se in fondo sapevo che non l’avrebbe fatto.
 Lui era davanti a me e mi guardava come si guarda un quadro.
 Poi iniziò ad avvicinarsi.
 Piano.
 Un passo.
 Un altro.
 Le braccia incrociate  sul suo petto erano ferme mentre avanzava.
Quando fu abbastanza vicino da potermi sentire respirare, lasciò cadere le braccia sui fianchi per poi alzare una mano e portarla delicatamente fino alla mi guancia. Lo sentii partire dalla guancia e seguire la linea del mio corpo fino ai fianchi, dove si fermò e mi attirò a sé. Vidi i suoi occhi avvicinarsi e le sue labbra dischiudersi, poi però si fermò appena prima di sfiorare le mie labbra.
<< io ti amo, Elizabeth >>  mi sussurrò.
Mi buttai letteralmente su di lui , incantata da quel ragazzo. Quel bacio fu come il vento, mi smosse il cuore e lavò via quella nebbia che il dolore di quei mesi aveva fatto proliferare attorno ad esso. In testa avevo solo una parola. O meglio, un nome: Alexander.

Mi svegliai  sorridendo, per la prima volta davvero felice dopo mesi.  Aprii gli occhi e mi misi a sedere sul letto. Indossavo una maglietta rosso antracite con uno scollo a V che mi arrivava al ginocchio e un paio di pantaloncini corti molli. Sentii l’odore del caffè arrivare dalla cucina e mi alzai. Corsi giù dalle scale fino ad arrivare in cucina, dove trovai ad aspettarmi un meraviglioso ragazzo intento a spalmare della marmellata profumatissima su delle fette biscottate dorate. Alex alzò lo sguardo
<< Buongiorno >> mi disse sorridendo.
<< Buongiorno >> risposi facendo altrettanto. Posò la marmellata per venirmi incontro. Mi baciò la fronte e poi mi abbracciò.
<< Dormito bene? >> mi chiese tenendomi stretta.
<< benissimo, grazie a te >> Lui rise e si staccò per tornare alla marmellata, poi mi porse una fetta biscottata che io presi subito, affamata. Alex accese la televisione e la voce di un giornalista inondò la stanza, parlando di una ragazza scomparsa a Milano. Mandarono in onda quella che sembrava la ripresa di una telecamera nascosta, dove si vedeva una figura femminile incappucciata con uno zaino in spalla che camminava furtivamente per strada. Poi la figura girò la testa, mostrando il viso alla telecamera e rivelandosi. Ero io.

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