Plastic dolls

di malpensandoti
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo due ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo sei ***
Capitolo 8: *** Capitolo sette ***
Capitolo 9: *** Capitolo otto ***
Capitolo 10: *** Capitolo nove ***
Capitolo 11: *** Capitolo dieci ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Plastic dolls
Prologo

 

 

 

“Pensi che ci prenderanno?”
Leah arranca un respiro e una boccata di fumo, assottiglia lo sguardo per il vento e si stringe nelle spalle, scrollandole qualche istante dopo, senza rispondere.
“Insomma – Billie accanto a lei ha le gambe flette e i capelli biondi legati – So che non dovrei pensarci o robe varie, che siamo già abbastanza sfigate per conto nostro senza portare altra sfiga, ma sarebbe davvero, davvero una botta di culo, se ci prendessero”
Londra è immersa nel proprio tramonto estivo delle sette di sera. Il sole è uscito un paio di ore fa, il cemento è ancora umido di una pioggerella fresca e la città si estende davanti ai loro occhi.
Il tetto del 256 di Chapman Street è uno dei più alti della zona, nei giorni caldi si riesce a vedere la City e una parte del percorso del Tamigi.
Le loro schiene sono appoggiate al cornicione, i pacchetti di Camel blu per terra e le borse lasciate accanto alle loro gambe, sole.
“Se ci prendono – Leah finalmente parla e sta già tremando all’idea – probabilmente diventeremmo ricche”
Negli occhi blu di Billie passa un lampo di speranza: “Ricche quanto?”
“Abbastanza da permetterci questo – Leah batte la propria mano sul cemento del tetto – E tante Jimmy Choo”
“E anche il completo di Prada ad Oxford Street?” chiede ancora la bionda, con lo sguardo ora che scintilla sotto al sole arancione.
“Prada, Chanel, Gucci, Marc Jacobs, Just Cavalli…ogni cosa” mormora ancora Leah, prima di sorridere di sbieco e spegnere la propria cicca di sigaretta per terra. Si riavvia i capelli scuri, incrocia le gambe magre e appoggia i gomiti sulle ginocchia.
Billie rimane in silenzio, riflettendo. Si lecca le labbra, le morde e poi chiude gli occhi.
“E se non ci prendono?”
Leah stiracchia le labbra pigramente, voltando il viso verso l’amica: “Se non ci prendono – scandisce lentamente – non diventeremo mai aspiranti modelle. Passeremo l’estate a bestemmiare e a ubriacarci, continuando a ribadire quanto la nostra vita faccia schifo. A ottobre ci iscriveremo all’università come vogliono le nostre madri e tu sceglierai scienze della comunicazione e io filosofia. Troveremo un ragazzo, sarà una relazione stabile ma non troppo. Passeremo la nostra vita a chiederci quando sarà il momento giusto per esplodere e scappare, ma poi ci metteranno un anello al dito, ci rinchiuderanno prima in chiesa anche se non siamo praticanti e poi in un villetta a schiera, con una laurea attaccata al muro e un lavoro di merda. Il nostro corpo cambierà e ti si ingialliranno i denti perché fumi troppo, avremo due figli rompipalle con dei nomi particolari, che odieranno la musica e vorranno un telefono a dieci anni. La nostra vita farà ancora più schifo di quanto non faccia già adesso e probabilmente io non verrò neanche al tuo funerale perché sarò rinchiusa in uno di quei manicomi per vecchi che continuano a chiamare 'case di riposo'. Ah, e andremo all’inferno perché ci siamo scordate di battezzare i nostri figli”
Billie ha gli occhi sgranati e la bocca spalancata, le sue sopracciglia si aggrottano all’inverosimile e lei respira più veloce.
Le frullano in testa così tante parole che boccheggia per qualche minuto, Leah le sorride per quanto sia buffa e le afferra una mano, stringendogliela.
Soffia ancora il vento.
“E se ci prendono?”






In teoria, Billie in mano ha il diploma del liceo, un’esperienza come animatrice in un campo scuola e diciannove anni compiuti a maggio. In pratica, in mano adesso tiene l’accendino rosa che ha rubato dalla borsa di sua madre.
Leah è andata via cinque minuti fa, l’ultimo autobus per casa sua passa tra venti minuti prima del blocco del traffico. Lei invece è rimasta a fissare una Londra spegnersi e riaccendersi mentre il sole cala.
Fa scattare la rotellina dell’accendino e poi soffia sulla fiamma mentre sospira, un po’ impaziente e un po’ terrorizzata.
Stanotte deve dormire perché le occhiaie ad un casting sono improponibili, Billie però sa che non riuscirà a chiudere occhio perché avrà le mani tremanti anche sotto le coperte.
Chapman Street è il loro rifugio da quando hanno saltato la scuola per la prima volta, in terza media.
Il palazzo numero 256 è in cantiere da almeno dieci anni, l’agenzia di costruzioni ha fallito e nessuno ha ancora comprato alcun piano. È un edificio vuoto e abbandonato, con la polvere e le regnatele, alcune siringhe ai piani inferiori e un intero murales al sedicesimo piano.
Bisogna fare parecchie rampe di scale, ma per Billie ne è sempre valsa la pena.
È il loro appuntamento abituale, dopo scuola, il corso di violino di Leah e le ripetizioni di matematica di Billie, si sono sempre ritrovate sul tetto, e parlare, smezzarsi sigarette e a piangere.
Se le prendono, domani, al casting della 'Blue Jeans Agency', Billie probabilmente non dovrà più prendere la metro o rubare i soldi dal barattolo dei biscotti. E forse smetterà di guardarsi allo specchio ogni dannato giorno con la convinzione di essere bella e di potercela fare. E sentirsi ripetere continuamente “Dovresti fare la modella!” ogni volta che la signora Shubert la ferma davanti a casa.
Se domani le prendono, Billie sa che diventerà una diciannovenne felice e non una ragazzina appena uscita da scuola con la passione per la moda, i genitori divorziati e una voglia sul fianco sinistro.
E Leah magari imparerebbe a sorridere un po’ di più anche con gli occhi, e sfoggerebbe la sua dentatura perfetta davanti ad un obiettivo che vuole solo lei.
2012.
Il loro anno.
Billie stringe con più forza l’accendino e spegne la fiamma.


 

 







 


ok è una cosa un po' improvvisa questa mia storia, però ci tenevo un sacco a pubblicarla al più presto!
oggi, tra l'altro, è un giorno in cui sono particolarmente contenta
in più ho già delineato la trama, che sarà molto ma molto complicata.
anzi, più che complicata, sarà parecchio inusuale.
il prologo è molto simile - per chi se la ricorda - a 'written in the stars', ma in realtà questa storia è molto più seria perché tratta di tematiche che, oltre al fatto che mi sono sempre interessate un sacco, sono anche abbastanza attuali e spero che possano piacere anche a voi!
questa storia sarà abbastanza corta - conto su otto capitoli + prologo/epilogo, salvo idee improvvise - e tratterà del mondo dello spettacolo in tutte le sue sfaccettature.
in più, a differenza di 'written in the stars', questa è una trama molto verosimile, e nel prossimo capitolo ci sarà il cambio di tempo futuro.
vi lascio un'immagine delle due - meravigliose - protagoniste!
grazie di cuore a chiunque vorrà seguire questa storia e farmi sapere il proprio pensiero! mi trovate anche su ask.fm
a presto!
caterina






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Capitolo 2
*** Capitolo uno ***


Plastic dolls
Capitolo uno 






Prima le mutande, dopo il reggiseno, il vestito e la giacca. Si mettono le calze dentro la borsa perché non c’è il tempo materiale per indossarle e ci si infila la scarpe quando si è già fuori dalla porta.
È esattamente così che funziona ed è esattamente così che le hanno insegnato.
Questo appartamento è anche più lussuoso di quello della scorsa settimana, Billie si concede un attimo per osservarlo mentre si lega i capelli biondi in una coda improvvisata e recupera con un sospiro stanco il tacco finito sotto al letto.
Tra le lenzuola sbuca il corpo abbronzato e tonico di un uomo sulla trentina, dovrebbe chiamarsi Albert o Isaac, Billie non ne è sicura. Si è presentato come un produttore di una casa discografica…o era un grafico di una casa produttrice?
Scuote la testa, sospirando. Afferra la borsa per terra, ci infila le calze arrotolate, si abbassa appena il vestito blu elettrico e lancia un’occhiata verso Londra, chiusa fuori l’immensa vetrata della stanza.
Prima le mutande, dopo il reggiseno, il vestito e la giacca.
Infine, bisogna solo aspettare che il mal di testa finisca assieme alla nausea di una vita schifosa.
 
 
 
 
Una modella la riconosci ovunque.
Il più delle volte girano senza trucco, perché sono comunque belle lo stesso e perché sono, comunque, modelle. Hanno i vestiti stretti e l’espressione apatica, sono alte anche se sono basse e sono belle anche se sono brutte.
Per le grandi città le incontri anche in metro, o in strada, con il book una mano e l’iPhone nell’altra.
Hanno intorno a loro l’alone del mistero, non riesci mai a capire se siano un minimo soddisfatte della propria vita e del proprio lavoro.
Billie sospira e chiude gli occhi per un attimo. Quando li riapre, il ragazzo indonesiano seduto davanti a lei la sta ancora fissando. Distoglie lo sguardo e fruga nella tasca della giacca che indossa – che, ovviamente, le sta grande perché, ovviamente, è di Alber o Isaac ma che, ovviamente, non gli servirà più – e alza il volume della musica, sistemandosi meglio l’auricolare nell’orecchio sinistro.
La metro si ferma e le porte si aprono, scendono nove persone e ne salgono quattro. Una di queste è una signora anziana coi capelli legati e un vestito a stampa floreale bianco e indaco. Billie fa leva sulle sue Jeffrey Campbell nere e si sfila la cuffia dall’orecchio sinistro: “Vuole sedersi?” domanda alla signora, tirando un sorriso.
La donna piega le rughe eleganti del suo volto in un’espressione sorpresa, poi sorride e annuisce: “Grazie mille cara, sei molto gentile”
Billie si sistema la cuffia che pende, stringe con più forza la pochette di Chanel gonfia di calze nere e ringrazia il cielo di essersi fatta la ceretta perché, ora, metà delle persona dentro al vagone le stanno fissando le gambe nude.
Una modella la riconosci ovunque.
 
 
 
 
Al quarto piano del palazzo blu di Harley Street, terza porta dopo l’ascensore, c’è l’appartamento di Billie e Leah.
E di altri tre ragazzi.
Billie è più che sicura che se non ci fosse Leah in quella gabbia di matti, si sarebbe già data alla cocaina. Sono tutti modelli come loro e tutti lavorano nella Blue Jeans Agency (l’appartamento lo ha, appunto, trovato Samantha, la loro manager).
Sono le dieci e ventitré di domenica quando riesce finalmente ad infilare le chiavi nella toppa e ad entrare in casa.
Si toglie la giacca, l’appende alla parete e sospira. C’è odore di caffè.
L’appartamento è grande, spazioso. Il pavimento è interamente ricoperto con il parquet chiaro, le pareti sono di un bianco quasi accecante e intasate di decine di fotografie stampate su tela dei migliori servizi fotografici di sempre (Billie si sente sempre in soggezione quando per il corridoio incontra gli occhi di Twiggy).
Ci sono due divani blu che chiudono il tappeto e il tavolino di vetro, c’è una terrazza che ospita fin troppe passate di bong e un corridoio lungo che porta alle tre stanze da letto e ai due bagni.
Billie entra in cucina e i suoi tacchi picchiettano sul legno finché non si ferma di scatto, sorpresa.
La stanza è fin troppo piena per i suoi gusti. C’è  Leah che è seduta con le gambe accavallate su uno sgabello del ripiano in legno levigato dell’isola. Di fianco a lei, c’è un uomo sulla trentina che sembra essere anche più effemminato della sua amica, è seduto nella stessa identica posizione e tiene le mani incrociate tra di loro. Indossa una giacca elegante da uomo, di un marrone scuro, un paio di jeans stretti e neri con le ginocchia bucate e un paio di stivaletti in cuoio. Il viso è lungo e spigoloso, i capelli scuri sono alzati e tirati all’indietro per lasciare scoperta la fronte alta, gli occhi scuri e le sopracciglia folte.
In piedi, davanti ai due, c’è la sagoma di Samantha Holt, rinchiusa in un tailleur bordeaux. Il suo viso  è pallido, pulito ed elegante. L’ombretto chiaro le valorizza gli occhi azzurri, i capelli biondi e fini sono legati dietro la testa da un fermaglio in plastica e gli occhiali rettangolari le danno quell’aria professionale che Billie prenderebbe volentieri a schiaffi.
Appollaiato sul bancone accanto ai fornelli invece, con una sigaretta in mano e una tazza di caffè nell’altra, Calvin - uno dei suoi tre coinquilini maschi -  ha le gambe magre fasciate da un paio di pantaloni pesanti della tuta e i capelli neri rasati ai lati della testa. Il volto è scavato, le labbra sono sempre rosse (Billie gliele invidia anche se non glielo ha mai detto) e gli occhi sono chiarissimi, di un verde oceano pulito, a differenza della sua carnagione, che è leggermente olivastra.
C’è un altro uomo poi, che è vestito interamente di nero, coi capelli lunghi legati dietro al collo e la barba incolta che lo fa assomigliare vagamente ad un barbone. Si tiene leggermente in disparte rispetto al resto del gruppo, ma è il primo a notarla quando Billie entra del tutto in cucina.
Samantha alza gli occhi su di lei qualche secondo più tardi, prima di arcuare le sopracciglia e stendere le labbra in una linea dura. È arrabbiata.
“Oh, ciao Billie – dice comunque, cercando di moderare il tono – Ti aspettavamo”
Leah le sorride divertita, accennando con il capo all’uomo che ha di fianco, che la sta guardando con il mento appoggiato in una mano e l’espressione curiosa.
Calvin alza una mano in segno di saluto e manda giù un altro sorso di caffè, spegnendo poi la sigaretta dentro il posacenere lì affianco.
“Questo è Nick Grimshaw – Samantha ha la voce professionale che Billie non sopporta, ma Billie, comunque, sopporta ben poco – ed il suo collega, Sean. Sono qui per un progetto. Un progetto che vi coinvolge”
Billie fa una faccia schifata ma non risponde, piuttosto osserva Nick Grimshaw e…oh.
“Tu sei quello che conduce il programma in radio, vero? – gli domanda, puntandogli il dito contro – Mia madre ti adora”
“In carne ed ossa, principessa – risponde Nick, sorridendo sghembo – E tu sei?”
“Billie Newton” borbotta la ragazza, poi si aggiusta il vestito e scende dai tacchi, lasciandoli al centro della stanza. Si siede sullo sgabello davanti a quello di Leah e appoggia la testa sul legno, chiudendo gli occhi.
“Qualcuno qui ha fatto le ore piccole stanotte” mormora l’amica, ridendo.
Samantha storce la bocca e scuote la testa velocemente. Poi guarda Calvin, che sta sbadigliando a torso nudo massaggiandosi una guancia, e si lecca le labbra infastidita: “Infilati qualcosa addosso e muoviti – gli dice, diretta – Devi essere dall’altra parte della città tra quaranta minuti”
Il ragazzo sospira rumorosamente e si stiracchia mentre si rimette in piedi: “Agli ordini, capo” esala, ridendo piano.
“Mi devo congedare – dice ancora Samantha, rivolta ai due uomini – Spero che il progetto vada a buon fine. Se avete dei problemi potete contattarmi sul telefono o direttamente all’agenzia”
Nick annuisce e la ringrazia: “Arrivederci”
Samantha lancia un’occhiata d’avvertimento ad entrambe le ragazze e trascina Calvin prima in camera e poi direttamente fuori dall’appartamento.
A quel punto, Leah e Nick scoppiano a ridere rumorosamente, e Sean, ancora in disparte, sorride.
“È proprio una stronza” dice Nick, passandosi una mano tra i capelli.
“E questo non è niente – gli spiega Leah – Dovresti vederla prima di una sfilata…le sue orecchie diventano tutte rosse e una volta ha perfino bestemmiato”
Nick sogghigna, facendo leva con le braccia per muoversi sullo sgabello girevole: “Siamo soli in casa?” s’informa, guardandosi intorno.
Leah allunga una mano per infilarla dentro la scatola di biscotti posta sul ripiano e ne afferra uno, prima di darne un morso: “Sì – annuisce, facendo un gesto con il capo per invitare Sean a sedersi – Sid sarà sicuramente a riprendersi dalla sua dose di cocaina del sabato sera dentro qualche letto e Kendrick…beh, lui non saprei”
Sean, dopo un piccolo sorriso, si siede sull’ultimo sgabello libero, quello affianco a Billie, che tiene ancora gli occhi chiusi.
Nick invece annuisce lentamente, stringendo le labbra per pensare.
“Hai bisogno anche di loro?” gli domanda quindi lei, vedendolo quasi in difficoltà.
L’uomo scuote la testa e il suo ciuffo traballa spaventosamente: “Assolutamente no – asserisce – volevo solamente esserne sicuro”
A quel punto, Billie spalanca gli occhi chiari e alza il volto nella sua direzione, raddrizzando la schiena: “Quindi..?” domanda, sbrigativa.
Nick lancia un’occhiata a Sean, che in risposta gli fa un breve cenno col capo. Quindi, l’altro, prende fiato e fissa entrambe le ragazze: “Non so se voi lo sapete, - inizia, strascicando le parole col suo tono basso e illusivo – ma, oltre ad essere un uomo affascinante e un radiofonico eccellente, sono anche una persona piena di idee”
Sean sogghigna, Leah inarca un sopracciglio e Bilie mastica uno “sbruffone”.
“Ad ogni modo, mi occupo anche di varie associazioni che combattono il bullismo, la violenza sulle donne e la prostituzione minorile”
Billie alza gli occhi al cielo e fa un gesto noioso con la mano, incitandolo svogliatamente ad andare avanti.
L'uomo si sistema meglio coi gomiti sul legno e si fa improvvisamente più serio: “Voglio sperimentare e allargare i miei orizzonti oltre la radio inglese, - osserva bene prima Leah e poi Billie – e lo voglio fare con voi”
“Con noi?” la bruna aggrotta le sopracciglia, Nick la osserva per parecchi istanti e poi tira indietro la schiena, respirando profondamente.
“Voglio fare un documentario sulla vita tipo di una modella di oggi. Per le ragazzine ancora in via di sviluppo voi siete degli esempi, le vostre gambe chilometriche sono i sogni di ognuna di loro e i vestiti che indossate quando sfilate sono gli stessi per i quali pagherebbero oro se i loro genitori non esistessero. Per non parlare del mondo della moda in generale; quale ragazzina tra i tredici e i diciassette anni non vorrebbe farne parte?” il tono di voce di Nick è puramente convincente, degno di uno dei più bravi radio conduttori della Gran Bretagna.
Leah è parecchio sorpresa, si nota dagli occhi sgranati e la bocca carnosa leggermente spalancata. Volta il capo nella direzione dell’amica, che ha assunto la sua tipica espressione che usa quando è sulla difensiva.
Nick e Sean si alzano in piedi: “Avete tre giorni per riflettere e farmi sapere se accettate o meno” dichiara il primo, poi si avvicina al frigo e incastra sotto una calamita a forma di coccinella un piccolo foglietto.
“Buona domenica, fanciulle” dice infine, esibendo un sorriso storto, facendo un piccolo inchino e uscendo dalla cucina con Sean al seguito.
Quando la porta dell’appartamento si richiude, Leah ride quasi nervosamente, senza parole.
“Woah – biascica, scuotendo la testa – Cazzo, è assurdo”
Continua a dire cosa senza senso per qualche minuto, alternando piccoli sorrisi con imprecazioni mal trattenute.
Billie è più contenuta e formale, e dopo un paio di minuti in silenzio riesce solo a mormorare: “Hai notato quanto fosse strana la sua penna da taschino?”






spero abbiate passato una buona domenica!
ecco qui il nuovo e anzi, il primo capitolo di questa storia!
non so se avete più o meno chiaro cosa sia successo, e se così non fosse mi dispiace ma vi capirei perché, all'inizio, c'è sempre un po' di casino!
per farla breve, comunque, nick - che esiste realmente ed è realmente un conduttore radiofonico inglese e se non lo conoscete dovete per forza sentire una sua trasmissione, perché davvero , merita! - propone a billie e leah di girare un documentario (accennato per ora solo a grandi linee) sulla loro vita da modelle.
quindi, come è facile capire, abbiamo un cambio temporaneo e quindi le nostre ragazze sono state prese al casting! ahah
nick sarà un personaggio importantissimo nella storia, spero che col tempo imparerete ad apprezzarlo!
poi abbiamo samantha, la menager delle ragazze (e dei coinquilini) e calvin, che è appunto uno di questi ragazzi! gli altri e il rispettivo carattere di quest'ultimo li conoscerete senz'altro già dal prossimo capitolo!
ringrazio di cuore tutte voi per aver già inserito questa storia tra le seguite e grazie in particolare a chi si è fermato per lasciarmi un proprio parere nel prologo!
vi adoro quando mi scrivete cosa pensate dei miei scritti <3
harry e louis arriveranno prestissimo, ma spero che questo capitolo vi sia ugualmente piaciuto ed interessato!
fatemi sapere!
a presto,
caterina



 

 


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Capitolo 3
*** Capitolo due ***


Plastic dolls
Capitolo due

 




Leah accavalla le gambe magre sulla sedia rialzata e chiude con un nastro più stretto l’accappatoio panna che indossa, serra gli occhi quando una truccatrice le passa un pennello intriso di fondotinta sul volto e ridacchia quando sente Carl, il fotografo, sbuffare.
“Avanti, Billie! – esclama questo, dietro l’obiettivo della sua Canon – Sembri una scopa, sciogliti per l’amor del cielo! Sii cattiva, sii una tigre
La location per il servizio fotografico di questo martedì è un antico palazzo nel pieno di Londra, in un appartamento collocato all’ultimo piano. I mobili e gli affreschi alle pareti ricordano una mano prevalentemente rinascimentale italiana, i muri sono di un rosso vermiglio e il lampadario in cristallo che pende al soffitto oscilla pericolosamente ogni volta che uno dello staff accende il ventilatore.
Billie è in piedi su dei tacchi 16 centimetri, indossa delle culottes bianche e una giacca di pelle che copre il seno magro, ha i capelli vaporosi e probabilmente qualche extensions di troppo. Lo sguardo è accentuato da un grosso strato di eyeliner nero, le labbra sono di un rosso sangue e le guance sono più scure.
“Dai, Billie! – dice allora Leah, sorridendo sghemba – Tira fuori gli artigli
La bionda assottiglia lo sguardo e alza il dito medio della mano sinistra, facendo ridere l’amica e qualcun altro dello staff.    
“Esatto, così! – Carl sorride entusiasta con la schiena ricurva sul cavalletto – Fammi vedere quanto sei spietata”
Se c’è una cosa che Bilie odia più del ketchup sono i fotografi come Carl Doubert, ovvero uomini sgraziati con il colletto della camicia slacciato che per far reagire una modella iniziano a parlare metaforicamente. Lei il più delle volte s’incazza parecchio, perché oltre che sentirsi dire frasi parecchie ambigue,tutto ciò la deconcentra.
Samantha, posta dietro un riflettore del set, tossisce appena, lanciandole uno sguardo di rimprovero, proprio mentre Billie sta aprendo bocca per ribattere.
Quindi la richiude e sta zitta.

Un quarto d’ora dopo, Billie si siede sulla sedia libera accanto a quella di Leah, che nel frattempo si è alzata in piedi e si è tolta l’accappatoio, mostrando una lingerie rosa, la bionda fa un fischio di apprezzamento e, nonostante tutto, sorride alla bellezza della propria migliore amica.
Quando Leah è davanti all’obbiettivo, seduta sul divano verde pisello, Samantha affianca Billie, stringendo le labbra.
“Non mi hai ancora detto come è andata con Nick Grimshaw” le ricorda, senza guardarla.
“Nulla che ti possa davvero interessare – borbotta annoiata Billie, guardandosi le unghie. Deve rifare lo smalto – Non abbiamo intenzione di accettare questa cosa del documentario o quello che è”
Samantha finalmente sbatte confusa gli occhi azzurri nella sua direzione, osservandola con stizza e rimprovero: “Stai scherzando, spero – ringhia quasi, e la ragazza per poco non scoppia a ridere, schioccando la lingua in segno di negazione – Ma come vi viene in mente? Lo sapete almeno che occasioni come queste capitano una volta nella vita?”
Billie alza gli occhi al cielo, poi inclina il volto per guardarla a sua volta: “Se avessi voluto che la mia vita venisse ripresa – afferma, seria – avrei partecipato al casting del Big Brother e non a quello della Blue Jeans. In alternativa – riflette poi – sarei nata Kardashan o Osbourne”
“Il tuo sarcasmo è mediocre come il tuo lavoro da modella” sibila Samantha, tagliente. Billie le sorride e: “Non sapevo che le vipere conoscessero la parola ‘sarcasmo’, sono davvero allibita”
“State perdendo un’opportunità che non si ripeterà, Billie – la donna decide di ignorare l’ultimo commento – il mondo della moda non ti farà mai sfondare come quello dello spettacolo”
“Non ho mai voluto sfondare” chiarisce la ragazza, subito.
“Ed è questa la vita che vuoi? – le domanda a quel punto Samantha, usando un tono quasi materno che per un attimo la intimorisce più di tutti i rimproveri che le ha sempre dato – La vita che vuoi per Leah? Una vita fatta di modelle drogate e anoressiche? Fotografi pervertiti e feste a base di alcool e droga ogni sera? Vuoi finire in un letto diverso ogni sera per racimolare notorietà e finire su giornali mediocri senza ricevere il giusto compenso? È questo che sogni, per il tuo futuro e quello della tua amica?”
Billie socchiude gli occhi per la rabbia e il rancore. Le viene da piangere se solo pensa a quanto sia vero ciò che Samantha le ha appena detto.
Dio solo sa quanto faccia male.
“Questo – dice quindi, quasi sussurrando – è ciò che ci imponete voi. Tu e quella merda di agenzia. Volevo fare la modella, ho firmato il contratto per fare quel mestiere, non per essere un burattino nelle vostre mani. Il mondo della moda non è solo questo
Samantha stringe le labbra, boccheggia, incassa il colpo e non risponde.
 
 
 
 
 
La casa è un disastro. Ci sono lattine di birre dappertutto e una coppia di ragazze che sta pomiciando sul tappeto persiano vicino ad un bong mostruosamente grande. Sid è sul tavolo del soggiorno, in mutande e con una bottiglia di vino tenuta malamente in una mano, tiene il tempo di ‘Bad Girls’ di M.I.A con la testa e le gambe e intanto con le dita libere si porta una canna ormai consumata tra le labbra secche.
Sotto di lui, per terra, Calvin sta ballando goffamente mentre un metro e novanta circa di modella russa è china sul suo collo, intenta a lasciarli succhiotti rossi che domani qualche truccatrice maschererà con il fondotinta.
Il salotto è intriso di una nebbia spessa di fumo, musica e una decina di corpi che peseranno non più di 50 chili ciascuno.
Billie sbuffa e beve un altro bicchiere d’acqua, cercando di trattenersi dall’andare di là, afferrare Sid per il collo e strangolarlo finché non sentirà l’ultimo suo battito pulsare tra le sue dita.
Sbuffa di nuovo.
La convivenza forzata – perché , è forzata – coi suoi coinquilini sarebbe anche accettabile se non esistesse Sid.
Sid Clapton ha diciannove anni e tanta di quella cocaina sparsa tra il suo cuscino e le sue vene da far nevicare su tutta Londra.
È completamente fuori di testa, pieno di sé fino alle ossa magre, con una relazione malsana con un’altra modella – probabilmente anche più tossica di lui – e con quel sorriso perennemente provocatorio che a Billie fa accapponare la pelle.
Sid, nonostante non sia un ragazzo particolarmente alto e slanciato, la terrorizza. E, oltre a questo, ha pure il potere straordinario di dire la cosa sbagliata nei momenti sempre più pessimi, facendo scoppiare una lite furibonda che il più delle volte finisce con Calvin che trattiene Sid e Leah che blocca Billie con entrambe le braccia per evitare tragedie spiacevoli.
È martedì sera e se ne ricorda solo adesso, guardando di sfuggita il calendario bianco appeso accanto alla porta della cucina. Leah è andata ad un aperitivo con Edith, la stylist dell’ultimo set fotografico, lasciandola sola in quella gabbia di matti.
Si volta verso il frigorifero, corrucciando le labbra.
Tasta i jeans chiari che ha indosso, pesca il proprio telefono e si avvicina al foglietto che nessuno ha ancora staccato sul metallo dell’elettrodomestico.
La calligrafia di Nick Grimshaw è, se possibile, anche più gay della sua persona.
Lui non ci mette molto a rispondere, comunque.
Al terzo squillo, Billie sente un frastuono che è anche più alto di quello che è in salotto in questo momento.
“Pronto?” la voce dell’uomo è pimpante, per un attimo la ragazza si domanda se non lo stia disturbando. Non che le interessi più di tanto, comunque.
“Non accettiamo – scandisce soltanto, saltando la parte dei saluti – La tua idea è una merda”
Nick scoppia a ridere e Billie non capisce se sia per ciò che gli ha appena detto o per ciò che sta succedendo dall’altra parte della cornetta. Non che le interessi ancora, sia chiaro.
“Oh, principessa! – l’apostrofa, allegro – Sei tu! Aspettavo una tua chiamata, sai?”
“Volevo dirti solo questo” borbotta lei.
“È un vero peccato – mormora Nick, dispiaciuto – Ma non è la fine del mondo”
“Bene – sospira Billie, poi chiude gli occhi e fa finta di non sentire un vaso che, in salotto, si è inevitabilmente rotto – Allora ciao”

Riattacca ancora prima che lui possa finire di salutarla.
Billie serra gli occhi con più forza e si massaggia il collo con le dita magre.
Non passa molto, comunque, e il suo telefono vibra tra la mano destra per un nuovo messaggio.
“Upper Brook Street, 123. Siete già in lista”
E, nonostante tutto, Billie sorride perché gli uomini, anche se conducono un programma tv e sono irrimediabilmente gay, sono tutti uguali.
 
 
 
 
 
Tacchi dodici, un Burberry nero a maniche corte con la cerniera frontale e le tasche a fessura, le calze color carne e una pochette Fendi che ha rubato all’ultima sfilata del marchio.
I capelli sono legati in una coda piatta lungo la schiena, Billie si è messa un po’ di fondotinta e tanta matita nera e rossetto, ha mandato a quel paese Sid ed è uscita di casa, ha chiamato un taxi ed è arrivata alla festa di Nick Grimshaw.
Molti degli invitati li ha già incontrati in altre occasioni, ma lei si sente comunque un pesce fuor d’acqua mentre osserva con vago interesse gli arredi orientali dell’appartamento di lusso dell’ultimo piano del palazzo.
C’è puzza di alcool, Chanel n 5 e Manifesto, perché è qui?
“Principessa!”
Billie si volta di scatto quando sente quell’ormai odiato appellativo con cui Nick l’ha già chiamata troppe volte, per i suoi gusti.
È appena rientrato della terrazza ampia che si affaccia su una Londra ancora sveglia. Indossa una camicia rosa e sbottonata sulle prime asole, un paio di jeans neri ed un buffo cappello da donna. Le sorride ampiamente ed il suo alito da sbronzo, la ragazza, lo sente anche a metri di distanza.
Sotto il braccio dell’uomo sbuca il corpo goffo ma possente di un ragazzo che si tiene in piedi per miracolo. Sta ridendo, in un modo alquanto imbarazzato, mentre con le mani fa di tutto per cercare di liberarsi dalla presa di Nick. Questo, comunque, non sembra intenzionato ad ascoltarlo, perché scavalca con una risata tutte le persone in mezzo al salotto ampio e arriva di fronte a Billie, ammiccando. Ora e solo ora allarga il braccio destro e libera della sua stretta il giovane, che finalmente stiracchia la schiena e arriva all’altezza di Nick, scuotendo la testa.
Billie lo osserva e trattiene un sorriso.
“Sapevo saresti venuta – dice Nick, contento – Nessuno si perde un Grimshaw’s Party, neanche una modella antipatica come te”
La ragazza aggrotta le sopracciglia: “Fiera di essere tra le tue amicizie” borbotta sarcastica.
Nick le fa l’occhiolino e le indica con un cenno del capo il ragazzo accanto a lui: “Lui è Harry Styles, principessa – lo presenta, e quello deglutisce, s’imbarazza e le sorride – E vuoi sapere la parte più divertente? È etero
Harry lo colpisce con uno spintone, “Vaffanculo Nick” lo rimbecca, con la voce intrisa di fumo e canzoni che lo obbligano a cantare.
Billie lo guarda. Capelli scuri, occhi lucidi e verdi, mani grandi, vestiti da hipster miliardario e due rondini che sbucano da sotto la maglietta a scollo largo che indossa.
Nick ride ancora e: “Vado a salutare i miei ospiti – si congeda, facendo un altro occhiolino, questa volta per entrambi – Divertitevi. Ultima porta del corridoio, materasso ad acqua. Una vera goduria per chi sta sotto”
Billie avvampa e spalanca gli occhi, guardando per qualche istante i tacchi neri che indossa. Poi sente lo sguardo del ragazzo addosso e respira.
“Questa festa non ti piace molto” afferma Harry, avvicinandosi al suo orecchio per parlare meglio. È una voce forte, che si strascina tra le ‘r’ e ‘a’ aperte, dev’essere del centro o del nord.
Billie sorride e annuisce mentre lo guarda negli occhi: “Mi piace di più fumare” ammette, semplicemente.
Harry fa quindi un passo indietro, come per invitarla a seguirlo: “Ho quello che fa per te, se mi dici come ti chiami”
Lei ne fa uno avanti di conseguenza e già s’immagina le pareti della camera da letto di Nick Grimshaw. Ha sempre voluto provate un materasso ad acqua.
“Billie – risponde – Billie Newton”




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Capitolo 4
*** Capitolo tre ***


 

Plastic dolls
Capitolo tre





Billie ha smesso di preoccuparsi di quanto il vestito possa alzarsi sulle sue cosce circa tre cocktail fa.
Le feste col marchio Grimshaw, si sa, sono le migliori. Hanno sempre quel tocco di originalità inglese mischiata al mondo prettamente gay – Billie non saprebbe come altro definirlo – che fanno sempre divertire tutti.
E, per tutti, s’intende qualunque persona che vi partecipi.

Billie Newton odia le feste perché Billie Newton odia un po’ tutto, ma questa festa è la migliore alla quale, da quando sul sito della Blue Jeans Agency c’è la sua faccia, abbia partecipato.
Ha conosciuto almeno dieci celebrità, ha fatto un paio di selfie con Florence Welch - Florence Welch! -, ha giocato al gioco della bottiglia nello stesso giro con Olly Murs, ha stretto la mano – o la zampa, a seconda dei punti di vista – ad un barboncino e ha mangiato una tartina di sushi che in realtà s’è rivelata essere solo carne e riso.
Adesso tiene una canna appena rollata – la seconda della serata – tra le dita affusolate della mano sinistra e una bottiglia di Heineken nella destra. Si gratta il naso con il pollice e ride quando Nick Grimshaw infila un reggicalze al collo di Harry Styles, che spalanca gli occhi e sputacchia goffamente il drink che tiene in mano, tossendo subito dopo.
Harry Styles, quello della boy-band che ha come membro anche quel ragazzo biondo carino carino carino, deve avere la sua età, forse un anno in più. È un ragazzo davvero buffo, gentile, carismatico e parecchio affascinante, non c’è dubbio. A Billie è piaciuto parlare e stare con lui per tutto il tempo, hanno chiacchierato sui loro gusti musicali, su quanto Grimshaw sia cretino, di quella volta in cui Harry stava per essere investito da un paparazzo e anche di quando lui stesso stava per metterne sotto uno. Lui le ha gentilmente chiuso la prima canna e le ha sempre portato da bere.
Ora sono entrambi parecchio pieni – lei di più – e Harry è seduto sul tappeto persiano del salotto, con le gambe divaricate e la testa appoggiata contro il divano. Billie invece è più contenuta, tiene le gambe incrociate e un gomito sul ginocchio.
Il ragazzo ride per qualche secondo ancora, poi afferra la mano che Nick gli ha porto per alzarsi e si tira in piedi trascinando con sé il suo metro e ottanta di gambe magre, tatuaggi, ricci e quel paio di jeans che sicuramente deve aver visto giorni migliori.
“Ce la fai a guidare?” gli chiede Nick, apprensivo, senza però smettere di sorridere.
Harry fa un respiro profondo dovuto probabilmente al giramento di testa che ha avuto dopo il movimento brusco appena fatto. Poi sorride con gli occhi più ludici del normale e scuote la testa per riprendersi: “Non ti preoccupare, amico – biascica, con la bocca storta – Ho l’autista – si guarda l’orologio da polso che copre un paio di tatuaggi e strabuzza gli occhi – proprio ora”
Lancia uno sguardo d’intesa a Billie, che in un batter d’occhio si alza, quasi soddisfatta di sé. Nick la saluta con un abbraccio stritolante e un “A presto, principessa” che la mette sugli attenti.
Ll’uomo e Harry si stringono e si danno delle pacche affettuose sulle spalle, poi il ragazzo appoggia la propria mano sulla schiena di Billie e l’accompagna all’ingresso.
Salutano qualcun altro di cui Billie sicuramente scorderà il nome appena si riprenderà dalla serata ed entrambi escono dall’appartamento, infilandosi nel lussuoso ascensore del palazzo.
Harry le toglie la mano dalla schiena ma le sposta una ciocca dal volto, guardandola con uno sguardo particolare che Billie non nota.
“Devo avvisarti – le dice poi, schiarendosi la voce – ci saranno parecchi paparazzi in strada. Se è un problema ti posso chiamare un’altra macchina…”
Billie lo interrompe con una risata più roca del normale: “Harry – gli ricorda, come se stesse parlando con un bambino – è il mio lavoro, non m’interessa”
L’ascensore si ferma e le porte si aprono nell’atrio, lui s’infila le mani in tasca e “Giusto – annuisce, corrucciando le labbra – hai ragione”
 
 
 
 
 
L’appartamento di Harry Styles è una tipica casa in stie vittoriano nei pressi di Oxford Street. È buio e lei non è in uno dei suoi momenti propriamente ludici, ma ha sentito Harry dai sedili posteriori mormorare gentilmente all’autista un “appartamento di Oxford Street”.
Ciò ha fatto comprendere a Billie che quello non deve essere l’unica casa che lui possiede a Londra.

Non che le importi più di tanto, comunque, mentre è seduta su di lui e gli sta baciando il collo niveo che Harry le sta offrendo. Billie è più che sicura che non si rivedranno mai più come è convinta che il Sole sia una stella e che Harry Styles sia pieno di soldi.
Nella camera da letto si sentono gli Arctic Monkeys che hanno lasciato in salotto quando lui le ha offerto – ancora – un buon bicchiere di vino rosso e lei ha curiosato nel suo scaffale di cd. Poi c’è il respiro frettoloso di Harry e il ghigno compiaciuto di Billie, a cavalcioni su di lui.
“Mi piace come mi stai baciando” mormora confusamente Harry, stringendole la vita con le mani grandi.
Billie alza la testa e lo fissa sfiorandogli il naso con il proprio: “E come ti sto baciando?” gli chiede, a bassa voce. La luce del corridoio è accesa ed è l’unica cosa che le permette di osservare gli occhi verdi del ragazzo.
“Non lo so – ammette Harry – mi piace e basta”
“Sai vero che se adesso facciamo sesso sarà considerato uno stupro per quanto tu sia pieno?” gli domanda lei, accarezzandogli una guancia con le nocche.
Harry sorride divertito, poi le bacia il naso in un gesto un po’ troppo intimo e dopo le labbra, senza fretta.
“Parliamo” dice, qualche minuto più tardi.
Billie rimane interdetta per qualche istante, aggrotta le sopracciglia e sbuffa. Si alza dalle ginocchia del ragazzo e “Allora mi spoglio io – borbotta, sfilandosi le calze e il vestito – Tu non ce l’avresti mai fatta”
 
 
 
 
Harry Styles ha vent’anni, ventuno il prossimo febbraio, un po’ (tanti) milioni di sterline nel conto in banca e solamente quattro paia di jeans nell’armadio.
Billie lo ascolta parlare per quelli che sembrano giorni, tuttavia non è stanca e non ha freddo. Nel buio di quella camera da letto, Harry ha la voce stanca, di quelle rovinate dal tempo e canzoni di merda, di quelle un po’ sempre troppo gentili anche con chi non se lo merita. Tiene le mani sul tatuaggio che ha al centro dello stomaco e che, lui dice, è l’unica cosa che lo fa respirare.
“Un giorno ho letto una cosa su Tumblr riguardo questo tatuaggio - ha mormorato, verso le tre  - Dicevano che ogni volta che respirassi, la farfalla battesse le ali. È una cosa che mi ha fatto pensare. Ho iniziato a respirare di più, a farlo anche per lei, perché fosse in qualche modo... libera, capisci?”
Billie gli ha toccato il polso e sfiorato il tatuaggio del lucchetto chiuso, “Sì – ha risposto – ho capito”
Harry le ha parlato di sua sorella con l’intero AM a ripetizione, del fatto che sia così orgoglioso di lei, della laurea in psichiatria, di sua madre che non gli ha mai chiesto un soldo, dei suoi amici.
“Sono brave persone – le ha confidato mentre giocava con le sue mani a petto nudo – Sono dei cazzoni, delle bambine durante il loro periodo di crescita, ma sono pezzi di me, no? Fanno parte di me e io probabilmente sarei morto soffocato o bruciato sul palco se non ci fossero loro”
Anche lui è una brava persona, Billie lo ha capito qualche mezz’ora più tardi, mentre Harry tracciava segni infiniti sul suo stomaco e lei aveva gli occhi chiusi.
“Fare il cantante mi piace – le ha detto ancora – davvero, mi piace un sacco. Mi piace viaggiare e prendere in mano un microfono, sentire la mia voce amplificata al massimo, mi piace il brivido che ho quando qualcuno mi dice che stiamo attraversando il Pacifico o il Giappone. Mi piace dormire poco, restare sveglio per finire di registrare e dare fastidio ai miei amici. Ma…ogni tanto vorrei prendere un muro a pugni da quanto sono incazzato con Dio solo sa cosa. Mi viene voglia di spaccare qualcosa se solo penso di svegliarmi in questa stessa vita. E alla fine la gente pensa ma di cosa mi posso lamentare, io? E questo mi fa sentire un cazzo di coglione, perché è vero, cazzo!, è vero! Non mi manca niente, ho tutto ciò che mi serve”
Alle cinque e tredici aveva fermato la mano sullo stomaco di Billie e lei si era voltata nella sua direzione nel letto. Gli aveva toccato le rondini sul petto e tutti quei tatuaggi che, adesso, la facevano tremare per quanto facessero male.
“Siamo uguali – gli aveva sussurrato – Io volevo solo fare la modella, volevo sfilare a Milano e a Parigi con la mia migliore amica. Ho firmato un contratto che mi dà i giorni prestabiliti di quando posso mangiare, se vado a letto con un manager importante il mio stipendio automaticamente aumenta di cinquanta sterline e i miei coinquilini sono dei tossici dipendenti. Siamo uguali, Harry – ha detto ancora – Noi non siamo liberi”
Poi lui l’aveva stretta forte con entrambe le braccia, infilando il volto tra i suoi capelli e Billie aveva ascoltato in silenzio il suo respiro batterle nell’orecchio.
“C’è una qualche possibilità che quando mi sveglierò tu sarai ancora qui?” le aveva soffiato, già con gli occhi chiusi.
Billie aveva sorriso senza allegria, “No” aveva detto, intrecciando le loro dita un’ultima volta.
Adesso sono le dieci del mattino, Harry Styles dorme solo nel letto e Billie Newton sta aspettando la metropolitana con il trucco un po’ sbavato e le calze nella borsa.
Indossa una giacca da uomo e spera di aver preso una delle più belle dall’attaccapanni.
Spera, in fondo, che Harry Styles senta un po’ la sua mancanza.




 

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Capitolo 5
*** Capitolo quattro ***


Plastic dolls
Capitolo quattro

 





Billie rivede Nick Grimshaw tre giorni dopo la festa.
Lei è seduta su una delle sedie dietro le quinte della sfilata di TopShop a Somerset House.
Una truccatrice sta ripassando la matita nera sui suoi occhi chiusi mentre un parrucchiere si occupa di lisciarle i capelli biondi.
Accanto a lei, davanti ad un altro specchio, Leah tiene lo sguardo rivolto al suo iPhone bianco, i bigodini in testa e il rossetto nude sulle labbra.
Le prove della sfilata sono durate più del previsto, Billie ha dormito poco e male stanotte e vorrebbe semplicemente uccidere qualcuno.
È chiedere troppo?
Il dietro le quinte di una sfilata è qualcosa che non ha mai sopportato. O meglio, all’inizio era pure eccitante guardare come tutto avviene, conoscere altre modelle e qualche truccatrice, chiacchierare del più e del meno durante la messa in piega e pure starnutire per la cipria sul naso.
Poi però sono arrivate le lamentele dell’agenzia, la voce petulante di Samantha e pure il trucco troppo pesante, i vestiti stretti e le scarpe sempre un numero più piccolo.
Ogni tanto Billie fissa la valigia che ha dentro l’armadio e pensa che potrebbe semplicemente andarsene. Ha accumulato circa duemila sterline che okay, non sono davvero un cazzo, ma potrebbe comunque prendere un treno per Manchester e andare da suo padre o tornare a casa da sua madre. Potrebbe denunciare la Blue Jeans Agency, trovare un lavoro e dare ragione a tutti quei pezzi di merda che figurati se diventi una modella!, trovati un lavoro vero!, continua a studiare!
Poi però sospira e non fa niente. Perché, per quanto odi la sua vita e ciò che sta diventando, Billie ha un contratto che dura ancora fino al 31 dicembre 2014 e lei ha così bisogno di soldi che anche se fa schifo va tutto bene lo stesso.
Nick Grimshaw passeggia per i camerini con quel suo menefreghismo che passa comunque come educazione, si appoggia contro la mensola dei trucchi dando le spalle alla fila degli specchi e sorride a braccia incrociate: “Una buona giornata a voi”
Billie apre gli occhi mentre Leah alza il volto verso l’uomo. La mora gli sorride ampiamente, l’altra stiracchia un po’ le labbra ma è segretamente contenta che lui sia lì.
Nick ricambia i sorrisi e si rivolge a Leah: “La prossima volta devi assolutamente venire” dice.
La ragazza annuisce mentre un parrucchiere si disfa dei suoi bigodini, “Certamente – risponde, guardando Billie di sfuggita – qualcuno qui ha fatto colpo”
“E ha anche spezzato un cuore, a quanto so io – aggiunge l’uomo, sorridendo sghembo, poi guarda anche lui la bionda – Harry mi ha chiesto di te”
Billie non risponde ma un po’ ne è soddisfatta. Osserva con attenzione l’uomo davanti a lei: Nick indossa un paio di jeans strettissimi, in denim scuro, un paio di stivaletti in camoscio, una camicia a scacchi rossa e una giacca verde. I capelli sono tirati in alto e il volto sembra più stanco e trasandato del solito. Si guarda intorno fingendo indifferenza ma a Billie sembra ansioso.
Nel taschino della sua camicia sbuca di nuovo la penna che lei ha visto la prima volta che si sono conosciuti.
Leah inizia a scusarsi con lui riguardo il rifiuto del documentario, inventa scuse campate in aria e continua a sorridere in quel modo così assurdamente angelico e ingenuo che a Billie ogni tanto dà sui nervi.
“Mi piacerebbe prendere un caffè con voi, più tardi – dice Nick, qualche minuto dopo – Conosco un ottimo locale qui vicino”
“Non ce ne volere, Nick – blatera Billie, sbattendo gli occhi per far aderire meglio le ciglia finte – ma non siamo tipe che frequentano quei locali”
Sia Leah che Nick che la truccatrice di Billie scoppiano a ridere, l’uomo scuote la testa e “Non vi porterei in un locale gay, principessa – le risponde – Sono anni che non ci entro. Non per vantarmene, ma non ne ho bisogno”
Poi fa l’occhiolino a Leah che sorride ancora, manda qualche bacio volante qua e là e si allontana, non prima di aver mormorato un “Fateli secchi”, che suo malgrado, fa sorride anche Billie.
 
 
 
 
Il locale che Nick conosce non è nient’altro che un hotel – per la precisione, il The Wallesley, uno dei trenta hotel più lussuosi di tutta la città – a Westminster. Per arrivarci hanno usato la Mercedes con tanto di autista di Grimshaw, il quale non è stato zitto per un solo secondo del viaggio, interpellando anche il guidatore stesso.
Il bar dell’hotel è ovale, i muri sono ricoperti di specchi incastrati tra di loro e dipinti di oro che riflettono il grande lampadario di cristallo che pende al centro.
Sono le cinque e tredici del pomeriggio e Billie e Leah hanno ancora il trucco della sfilata.
Nick ordina un thè ai mirtilli con biscotti tedeschi e una brioche alla crema, Leah un caffè lungo e Billie una spremuta d’arancia.
“Siete sicure di non voler niente da mangiare? – domanda l’uomo quando il cameriere si allontana – Offro io, non c’è pericolo”
Probabilmente deve aver notato lo sguardo stralunato di Billie alla vista del menù – 76 sterline per una porzione di biscotti piccoli -, ma prima ancora che lei possa farglielo notare, Leah interviene.
“Oggi è dispari” dice semplicemente.
La gamba di Billie scatta contro quella di Leah, seduta davanti lei, facendole uscire un “Ahia!” detto con voce gracchiante.
“Tappati la bocca” ringhia la bionda, stringendo i pugni sui jeans.
Nick osserva la scena con un sopracciglio alzato per la curiosità e anche qualcos’altro di non abbastanza definito. Poi volta piano la testa verso Leah e, appoggiando il mento sulle mani congiunte sopra il tavolo, ripete: “Giorno dispari?”
Billie fulmina con un’occhiata d’avvertimento l’amica, che alza gli occhi al cielo e “Non guardarmi così – sbuffa –Nessun sano di mente crederebbe che delle sedentarie come noi non facciano nessuna dieta per essere così”
La bionda scuote la testa esasperata e incrocia le braccia al petto, guardando da un’altra parte.
Leah si avvicina a Nick confidenzialmente: “L’agenzia ci dà dei giorni prestabiliti per mangiare – spiega – I giorni pari sono quelli del no alcool, no glutine, no frutta, no cereali, no bevande gassose, no latticini e salume per un totale di mille calorie al giorno”
Oh – Nick è visibilmente spiazzato – e nei giorni pari?”
“Tutto il resto – risponde la ragazza, come se fosse ovvio – il primo martedì del mese digiuno totale, l’alcool si può bere solo alle feste importanti e l’ultimo del mese ci pesano sempre”
“E cosa succede se, per esempio, prendete qualche chilo in più?” domanda Nick, interessato, mentre gira con il cucchiaino il thè che hanno appena portato al tavolo assieme agli altri ordini.
Leah scrolla le spalle e “Digiuno finché non torniamo come ci è richiesto”
L’uomo annuisce lentamente, metabolizzando il tutto.
“Possiamo parlare di altro, adesso?” chiede Billie, scocciata.
“Certo, principessa – sorride Nick, beffardo – Parliamo del regalo che ho fatto ad Harry Styles che ti sei presa dal suo appartamento e che ora è dietro la sua schiena”
Billie, le guance rosse, volta appena il capo per guardare il giaccone che giace appeso alla sua sedia, poi si volta e sogghigna: “Ammettilo – mormora – sei solo geloso perché io me lo sono fatto prima di te”
Nick scoppia a ridere di gusto, “Touché”

 

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Capitolo 6
*** Capitolo cinque ***


Plastic dolls
Capitolo cinque



Due giorni dopo, la faccia sciupata di Billie Newton è ovunque.
Il suo account Twitter riceve altri cinquecento mila followers in più rispetto ai tremila scarsi di prima, l’ashtag Billie Netwon su Tumblr ha altre novemila nuove entrate e i più importanti siti scandalistici britannici e non hanno almeno una sua foto nella pagina principale.
Il tutto, senza che la protagonista di tale fenomeno ne sia a conoscenza.
Perché, esattamente due giorni dopo l’uscita con Nick Grimshaw, Billie Newton è in uno stato pietoso sotto le coperte del suo letto, dopo una serata sui tacchi per una sfilata di beneficenza più after party a Primrose Hill.

Le fanno tremendamente male i piedi ed è più che sicura che Sid abbia messo Snoop Dogg a tutto volume verso le undici del mattino.
Adesso sono le quattro del pomeriggio.

Leah entra nella loro camera con il telefono incastrato tra l’orecchio e la spalla e i capelli ancora umidi di doccia. Ha il volto struccato e le pelle più chiara rispetto all’olivastro che la caratterizza, sbuffa un paio di volte ancora e si siede sul letto dell’amica che è ancora seppellita dal piumone.
“Smettila di urlare! – esclama scocciata. Billie emette un verso strozzato – Non sono sorda!”
Poi inizia a scuotere il corpo dell’amica: “Billie, per favore – scongiura – Parlale tu prima che decida seriamente di gettarmi giù della finestra”
Billie borbotta un’altra cosa incomprensibile, poi volta la testa dalla parte del muro e continua a tenere gli occhi chiusi.
“Billie, ti prego – tenta ancora Leah, stavolta più seria e più disperata – E’ urgente”
Billie sbuffa una bestemmia, stringe i denti e scatta seduta coi capelli scompigliati e le palpebre ancora pesanti. Afferra con stizza il cordless che l’amica le sta porgendo e “Che cosa vuoi?!” ringhia.
“Che cosa vuoi tu, Billie! – la voce di Samantha è forse anche più severa del solito – Qual è il tuo piano? Rovinare l’agenzia? Rovinare la tua carriera?, la tua vita? Che cosa stai combinando, si può sapere?”
“Si può sapere di cosa tu stia parlando, invece?” chiede di rimando Billie, lanciando una breve occhiata a Leah che adesso sta alzando le persiane della stanza.
“Ti fai vedere in giro con un personaggio famoso come se nulla fosse e pretendi anche di fare la finta tonta?” Samantha ha la voce tagliente, deve essere parecchio arrabbiata. Più del solito, comunque.
“Qual è il problema? – Billie si alza di scatto dal letto, inciampando tra le coperte e alzando gli occhi al cielo per la frustrazione – Nick Grimshaw è la persona più gay di questo pianeta, non cred- ”
“Harry Styles”
Basta un nome, un solo nome per bloccare la parlantina esasperata di Billie e farla improvvisamente agitare.
“C-cosa?” domanda, con un fil di voce.
“Hai combinato un casino enorme, Billie – dice Samantha, secca – Ora sta a te pagarne le conseguenze. Ti chiamo più tardi per aggiornarti. Un altro passo falso e ti rovino”
 
 
 
 

Sid è in boxer bianchi seduto sul tavolo della cucina, le gambe larghe e la faccia scavata. I capelli biondo cenere sono scompigliati sulla fronte e gli occhi freddi e azzurri sono contornati da profonde occhiaie violacee.
Sta rollando l’ennesima canna della serata, coi movimenti delle dita meccanici di chi lo fa da troppo tempo. Il suo sguardo è immerso nell’ennesimo episodio di The Big Bang Theory che Calvin, appollaiato stancamente sul divano, sta cercando di seguire.

Kendrick è uscito o probabilmente è ancora chiuso nella sua stanza. Non che sia un tipo da compagnia, comunque. È il più vecchio della casa, ha 25 anni e fa il modello da quando ne aveva diciassette. Di giorno è sempre fuori o rintanato in camera sua, si fa vedere solo lo stretto necessario e Billie lo ha sentito parlare sì e no dieci volte scarse.
Leah è seduta sul proprio letto con le gambe incrociate, alza entrambi i pollici all’ennesimo cambio di abito di Billie e sorride: “Questo è perfetto – dice – Sei bellissima”
Billie ha indosso un Gabby di Motel in poliestere e paillettes blu con lo scollo a barchetta e una scollatura ampia sulla schiena. Ai piedi porta un paio di Albert di ASOS neri, i capelli sono legati in uno chignon fine e il trucco è pesante sugli occhi chiari.
“Sei in ritardo – le fa notare poi Leah – Non fare aspettare nessuno. Non oggi che sono tutti incazzati con te”
Billie stringe le labbra e annuisce. S’infila il cappotto appoggiato sul suo letto e “Tu cosa fai stasera?” domanda, dando un’ultima controllata al trucco davanti allo specchio della camera.
“Festa privata di qualcuno d’importante – mormora Leah, guardandosi le unghie – Le solite cose”
La bionda sospira e annuisce di nuovo, le augura una buona serata ed esce dalla stanza con ancora le parole di Samantha nella testa.
Pensi che indossare la giacca di un cantante dopo essere stata fotografata assieme a lui sia una cosa da niente? – Billie storce il naso alla puzza di erba che c’è già in corridoio – Non hai più dieci anni, lo capisci? Ci sono delle priorità in questo lavoro, priorità che devono entrarti in testa al più presto”
Osserva qualche istanti i suoi due coinquilini fumarsi una canna, poi apre il portone di casa ed esce con il petto più pesante del solito.
“Alle sette ti aspetterà una macchina sotto casa. Non. Tardare.”
 
 
 
 
 
L’auto parcheggiata davanti all’appartamento è un grosso suv nero, a Billie si apre un sorriso nervoso non appena capisce tutto.
Apre la portiera del passeggero con rabbia ed entra nella macchina imprecando.
Harry Styles la osserva con un sorriso storto, una mano sul cambio e l’altra sul volante.
“Deduco che questa uscita non sia di tuo gradimento” le dice, ingranando la marcia.
Ma Billie è troppo arrabbiata anche solo per parlare. Stringe così tanto forte i pugni che sente gli anelli e le unghie lasciarle i segni sui palmi e fa tutto così schifosamente male da toglierle il respiro.
E le viene da ridere istericamente e poi scoppiare a piangere perché non è giusto, non è giusto e non è bello essere così tanto programmati.
Programmati per l’autodistruzione.  
Chiude gli occhi e appoggia la testa al sedile, sente la mano calda di Harry posarsi sulla sua gamba, e la sua voce che, calma, le dice solo “Io sono qui”.
E, nonostante tutto, è la più grande consolazione.
 
 
 
 
Anche l’appartamento di Harry Styles odora di erba, adesso.
The 1975 è in ripetizione in salotto, l’unica luce accesa è quella del lungo corridoio e la stanza da letto è immersa in un’atmosfera quasi mistica.
Billie ha ancora la carne che hanno mangiato al ristorante italiano sullo stomaco, i flash abbaglianti dei fotografi dentro le pupille e Harry ancora vicino a lei.
Il fumo che esce dalla sua canna è denso e impastato tanto quanto la sua bocca, Billie aspira un altro tiro e continua a far ruotare la testa a destra e a sinistra, coi capelli ora sciolti che le coprono il volto e il sorriso estasiato.
Tiene il ritmo della canzone in sottofondo con le gambe molli e i piedi scalzi, continuando a fumare.

Harry è seduto sul letto, le gambe larghe, una risata roca incastrata tra i denti e i ricci avvolti nel fumo.
Billie continua a ballare, lo osserva e poi smette di ridere improvvisamente. Gli si avvicina, aspira un’altra boccata di fumo e gli mette in mano la canna. Inizia a passare le dita sul suo volto spigoloso come se ne stesse definendo i contorni. Harry chiude gli occhi.
“Siamo disperatamente uguali, sai? – sussurra Billie, piano – Siamo rinchiusi dentro noi stessi, non c’è via di scampo”
E dirlo ad alta voce spezzerebbe l’atmosfera e forse spezzerebbe anche loro.
Harry spegne la canna dentro al posacenere sulla coperta e la guarda con gli occhi lucidi. Dice: “Dammi un bacio”
Labbra contro labbra, mentre fuori sono le due del mattino e dentro fa anche più freddo, Billie trova il coraggio di mormorare: “Io sono qui”
E, per Harry, questa è comunque una rivincita.

 

 


anche se un po' in ritardo, buone feste :)
non mi soffermo molto sul capitolo, volevo semplicemente dirvi che nel prossimo capitolo ci saranno leah/louis e che beh, spero che il filo conduttore della trama vi sia chiaro.
volevo anche ringraziarvi di cuore per tutte le belle parole che mi state lasciando nelle recensioni, vi leggo sempre e mi dispiace rispondervi sempre in ritardo!
vi lascio i prestavolti di kendrick , sid e calvin :)
spero che le vacanze stiano procedendo bene!
a presto,
caterina






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Capitolo 7
*** Capitolo sei ***


Plastic dolls
Capitolo sei





Louis Tomlinson è un tipo parecchio esuberante dopo il terzo mojito blu. Inizia a ridere, a parlare ininterrottamente e a slacciarsi la camicia attillata mentre cerca in tutti i modi di ballare.

E balla con un sacco di gente, uomini e donne, fans e amici. Con il suo sorriso canino, i denti bianchissimi e il gel tra i capelli.

La festa di compleanno di Olly Murs è in una delle discoteche più note di Londra, ci sono più di duecento invitati e tutto sommato, anche la musica non è così male.

Louis ha indosso una camicetta indaco e un paio di jeans neri con ovvi risvolti alle caviglie, delle scarpe lucide e tanto gel.

Ha già bevuto parecchi drink ma, nonostante questo, si sente ancora in grado di parlare fluidamente e ridere alle battute che Liam Payne e Conor Maynard stanno facendo al loro tavolo.

Il primo puzza un po’ troppo di erba e il secondo ha una risata così aperta che copre l’ultima dei Daft Punk.

Louis ride a sua volta, appoggiando il bicchiere di champagne sul tavolo, poi batte le mani sulle cosce e si alza in piedi: “Vado in bagno” si congeda.

Gli altri due – beh, due più altre tre ragazze – continuano a parlare ininterrottamente e Louis non sa davvero chi sia più logorroico dell’altro. Sorride appena, scuotendo la testa e avviandosi verso il corridoio dei bagni.

Pesca dalla tasca dei suoi pantaloni il telefono, controlla l’orario e poi l’ultimo messaggio di sua madre che gli augura la buonanotte. Louis risponde velocemente, si lecca le labbra e sospira.

 

 

 

 

Leah non sa esattamente cosa stia succedendo. Percepisce a scatti, ogni tanto sente le ossa cedere e le palpebre abbassarsi, poi tutto si riaccende così velocemente da farle male. Ha il collo piegato e i capelli che le ricadono su una spalla, un sorriso estatico e le mani che stringono il lavandino dietro di lei quasi con violenza.

È tutto confusionario, la testa gira e i sensi sono alterati.

Percepisce delle mani ruvide sotto il vestito, sulle cosce, una lingua avida sul collo e tra le scapole e la pelle che fa fuoco fastidiosamente.

La luce di quel bagno è fortissima, lei chiude gli occhi e stringe le dita attorno a marmo.

“No” biascica solamente.

Non le piace quello che sta succedendo e non le piace quello che succederà dopo. È troppo instabile, troppo piena di alcool e di qualcos’altro per pensare, per baciare e toccare lucidamente.

L’uomo che la sta sovrastando non è dello stesso avviso, e ai suoi suoni strozzati di protesta la stringe ancora di più, lasciandole un segno rosso sul collo. Ha i capelli scuri, nota Leah, il respiro pesante e la voce alta. Si ricorda solo questo, nessun volto e nessuno sguardo.

Cosa ha bevuto?

“No – dice ancora, più convinta – adesso basta”

Ha solamente tanta voglia di tornare a casa, togliersi i tacchi e dormire per sempre. Vuole andare via e non vuole quelle mani sul suo corpo e un po’ dappertutto.

“Non fare la capricciosa – mormora l’uomo, mentre le bacia uno zigomo – ci divertiamo un po’”

Poi tutto torna normale con una velocità straziante, e Leah percepisce di nuovo la luce chiara del bagno, l’odore di erba e alcool e il vestito troppo alzato.

Toglie le mani dal marmo freddo del lavandino e le mette sulla camicia dell’uomo, spingendolo goffamente: “Basta”

L’uomo fa un paio di passi all’indietro e scoppia a ridere: “Non fare la capricciosa” ripete, stavolta più duramente.

Le si avvicina di nuovo con le mani ruvide già vicine alla sua vita, Leah gli blocca i polsi e grugnisce arrabbiata.

Le fanno male le gambe, vuole tornare a casa.

L’uomo mormora qualcosa e stringe i denti, dimenandosi. La tocca di nuovo, stavolta con rabbia e a Leah vorrebbe solamente piangere. Fa la prima cosa che riesce a fare, lo spinge ancora e gli sputa in faccia. Lui ringhia, stringe i pugni e fa scattare le sue dita contro la guancia della ragazza, che perde l’equilibrio e cade a terra in un tonfo.

“Siete tutte uguali, cazzo” biascica l’uomo, pulendosi malamente. Le lancia un’ultima occhiata, Leah prega mentalmente che sia tutto finito.

Lo sente allontanarsi, poi il rumore secco della porta.

È sola.

 

 

 

 

Louis sta riponendo il suo telefono nella tasca, quando un uomo gli arriva addosso.

Strilla un “Hey, imbecille!” e sbuffa, alzando gli occhi al cielo. La musica della pista è ancora forte e chiara anche in quel lungo corridoio con le pareti blu scuro, il ragazzo infila velocemente il telefono nei jeans e apre la porta del bagno maschile.

Si sposta i capelli dalla fronte e si blocca di scatto.

Accanto al lavandino, seduta sulle mattonelle del pavimento giallo, c’è una ragazza. Ha i capelli scuri e il volto nascosto tra le ginocchia e il le braccia.

Le spalle sono piccole e scosse da…singhiozzi? Piange?

Louis si guarda intorno, a disagio. Sposta il suo peso da una scarpa all’altra e la osserva ancora.

Poi sospira frustrato e si avvicina lentamente.

Louis Tomlinson odia le persone che piangono. Sul serio, non può sopportarle. Gli fanno venire i brividi, lo fanno sbuffare e imprecare, alzare gli occhi al cielo e poi di nuovo i brividi.

Si sente terribilmente a disagio mentre cammina piano verso la ragazza.

È una situazione imbarazzante.

Lei alza la testa di scatto, impaurita. Punta i suoi occhi dilatati e azzurri dentro quelli di Louis e il ragazzo percepisce una scarica partire dalle mani e stordirlo per un istante.

La ragazza ha le labbra carnose e rosse, la pelle abbronzata e gli occhi verdi e arrossati. Le guance sono segnate dal nero colato del mascara e le pupille sono esageratamente grandi.

Louis respira più velocemente, rendendosi conto di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo: “Stai, ehm, stai bene?” domanda, stupidamente.

La ragazza lo osserva per altri secondi, poi apre la bocca per dire qualcosa ma non lo fa.

Inizia a tremare però, a tremare forte.

Louis spalanca gli occhi, accovacciandosi davanti a lei. È in panico, completamente. Le prende il viso tra le mani e la guarda negli occhi attentamente: “Va tutto bene – dice, anche se non è vero – Va tutto bene. Stai tranquilla. Respira”

Lei sembra in preda ad una crisi respiratoria, gli afferra il polso e glielo stringe come se lui fosse l’unico appiglio stabile a cui aggrapparsi. Riprende a piangere mentre Louis sussurra come un mantra stai tranquilla, ci sono io, respira senza risultati e se fosse andato almeno ad una lezione di pronto soccorso, alle medie, forse adesso sarebbe più pratico.

La situazione sta degenerando e Louis non può neanche chiamare aiuto. Sente il polso intrappolato nella morsa ferrea delle dita della ragazza ma non si lamenta, stringe solamente i denti e cerca di far funzionare le cose come può.

La guarda ancora, le osserva attentamente gli occhi rossi, il volto etereo e il trucco ormai andato, lasciando da parte i brividi che gli percorrono le ossa.

E non sa neanche lui perché, ma in una frazione di secondo allarga le braccia e la stringe forte. Le scosta i capelli sudati dal volto, le fa distendere le ginocchia e affonda il viso sul suo collo magro, pregando un Dio a cui non crede affinché vada tutto bene.

“Stai calma, ti prego. Ci sono io. Ci sono io”

La sente come cera tra le sue braccia. È piccola e magra, fragile. I tremiti del suo corpo si spengono lentamente, il suo respiro si regolarizza fino a diventare piccoli singhiozzi trattenuti. Ha il volto nascosto contro la sua camicia, gli occhi serrati e la mano che gli stringe il tessuto indaco.

Louis riempie i polmoni, tira un sospiro di sollievo e le accarezza i capelli: “Brava” si ritrova a dire, senza sapere bene il motivo.

E forse quel “Grazie” ovattato è stato solo una sua immaginazione, ma Louis sorride ugualmente.

Abbracciare una perfetta sconosciuta in un bagno di una discoteca non è il suo typical Saturday ma, alla fin fine, le battute di Liam Payne facevano davvero schifo.

 

 




Harry si volta nel letto per spegnere l’abat-jour sul comodino bianco, Billie gli blocca il polso e “Non spegnerla” dice, facendolo distendere di nuovo.

Il ragazzo sorride appena a quel contatto, poi si sposta su un fianco per guardarla negli occhi, “Hai ragione – mormora – così è più bello”

 

 

 

 

Il retro della discoteca è – grazie a Dio – deserto. Louis ha chiamato Paul, l’addetto alla sua sicurezza, non appena la ragazza è riuscita a restare in piedi con le proprie gambe. L’uomo è arrivato dopo neanche dieci secondi, ha afferrato delicatamente la ragazza e le ha fatto un paio di domande pratiche per accertarsi delle sue condizioni – a Louis ha ricordato molto la scena del club in Australia, quando al posto della ragazza c’era Zayn e Paul era molto ma molto più arrabbiato –.

Quando l’uomo ha appurato che non fosse così grave come situazione, Louis ha tirato un sospiro di sollievo. Paul ha sostenuto la ragazza, portandola fino al retro del locale e chiedendole di scandire il suo indirizzo. Lei lo ha guardato per parecchi secondi, senza capire niente, poi ha scosso la testa e ha sussurrato un “Non me lo ricordo”.

Louis osserva la scena con un piccolo sorriso sghembo sulle labbra. Sa che Paul sta facendo una grande fatica a comunicare con lei – se fosse stato un lui non ci avrebbe messo neanche mezzo secondo a schiaffeggiarlo – e gliene è immensamente grato. Si guarda intorno, l’aria fredda della notte che gli fa venire la pelle d’oca.

“Sai almeno il tuo nome?” chiede Paul, sorreggendola.

La ragazza fa oscillare il capo a occhi chiusi per qualche secondo, poi annuisce piano: “Leah” biascica.

Louis alza gli occhi al cielo e si avvicina velocemente: “Okay, Paul – dice, sbrigativo – Non andremo da nessuna parte così”

“Qualcuno dovrà pure portarla a casa, Louis” lo riprende l’uomo, sbuffando.

Il ragazzo lancia un’occhiata al suv nero parcheggiato accanto ai bidoni della spazzatura. Poi guarda Leah, che adesso ha appoggiato il capo contro la spalla di Paul.

“D’accordo – sospira – ci penso io”

Afferra i fianchi magri della ragazza, sorreggendola. Le fa appoggiare un braccio dietro il suo collo e la stringe, chiudendo appena gli occhi. La conduce alla macchina, apre la portiera anteriore e la fa sedere delicatamente.

“Cos’hai intenzione di fare, Lou?” ruggisce Paul, quando il ragazzo chiude la portiera.

“Starò attento – ribatte il ragazzo, perché sa dove l’uomo vuole andare a parare – Non farò stronzate, davvero. Voglio solo.. – sospira pesantemente e si guarda intorno, cosa vuole? – voglio solo che stia bene”

Paul non risponde subito, le sue braccia nude si riempiono di brividi per il freddo e lui tentenna appena.

Poi scuote la testa esasperato e “Dovremmo fare uscire Harry Styles dal gruppo – mormora – State diventando tutti criptici come lui”

Louis sorride a denti scoperti, trattenendosi dall’abbracciarlo. Fa il giro della macchina, apre l’altra portiera e “Grazie” dice, sinceramente.

“Sì beh, - Paul alza le spalle – se succede qualcosa, se ti succede qualcosa, ti ammazzo io”

Louis sorride ancora e annuisce, poi s’infila nella macchina e l’autista mette in moto.

 

 

 

 

Harry passa un dito sulla sua pelle bianca del fianco, sull’orlo dei suoi slip e poi sopra la cassa toracica, fino a sfiorare il profilo del seno coperto dalla biancheria. Rabbrividisce.

“Sei il primo uomo con cui mi confido così tanto – mormora Billie, il volto sepolto per metà dal cuscino – è strano, ma è bello. Tu mi capisci, in un certo senso…Non lo so, è qualcosa che non si può spiegare”

“Puoi prendere tutte le giacche che vuoi quando andrai via – dice lui di rimando – A patto però che poi ritorni”

 













non voglio dire nient'altro, spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto.
stava venendo troppo lungo, così l'ho tagliato in due parti
fatemi sapere, buon anno nuovo <3 <3
caterina




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Capitolo 8
*** Capitolo sette ***


Plastic dolls
Capitolo sette






Leah ha gli occhi chiusi contro il finestrino e le mani intrecciate sulle cosce. 

Respira piano, come se stesse dormendo, Louis non è sicuro. 

Le lancia qualche occhiata, le osserva il naso elegante, il profilo da bambina e le labbra secche, i capelli scompigliati e le ciglia lunghe, poi sospira pesantemente e guarda fuori dal vetro.

Sono in viaggio da venti minuti quando la macchina si ferma e l’autista guarda dentro lo specchietto retrovisore: “Siamo arrivati, signore” dice, formale.

Louis annuisce e ringrazia, poi scende dall’auto e apre delicatamente la portiera dalla parte di Leah, che fa ciondolare la testa fino a perdere l’equilibrio. Louis l’afferra in tempo, facendola alzare e sorreggendola.

Si guarda intorno velocemente, controllando la via.

“Va tutto bene – sussurra allora, quando lei appoggia i piedi sul cemento – ci sono io”

 

 

 

Billie ha le gambe incrociate e il volto illuminato dall’unica luce della stanza. Harry invece è sdraiato con un braccio dietro la testa per osservarla meglio, piega la testa e sorride: “…E così siamo diventati gli One Direction” mormora, finendo il suo discorso.

Lei annuisce concentrata, metabolizzando tutto quanto. Apre bocca per chiedere qualcosa, ma poi il campanello di casa suona, bloccandola.

Harry si alza di scatto, confuso: “Ma cosa…?”

Il campanello di casa suona ancora, facendolo sbuffare. Si scosta le coperte dalle gambe e afferra il primo paio di pantaloni che trova sul pavimento: “Aspetta qui” mormora, stancamente.

Attraversa il corridoio che si illumina al suo passaggio, poi la cucina e il salotto.

Il campanello suona ancora, “Un attimo!” esclama, arrabbiato, arrivando all’ingresso.

“Harry, muoviti!” è senza dubbio Louis.

Harry toglie il catenaccio dal portone e fa scattare la serratura, aprendo la porta.

Louis sta sorreggendo una ragazza, che ha la testa sulla sua spalla e gli occhi chiusi. Il volto del suo amico è tirato in un’espressione di preoccupazione e impazienza, senza aspettare oltre lo spinge da un lato ed entra in casa.

Harry richiude la porta e si volta, sbalordito: “Si può sapere che cosa sta succedendo? Cos’hai fatto? Chi è quella ragazza?”

Louis lo ignora e fa sedere la ragazza sul divano bianco del salotto: “Portami un bicchiere d’acqua”

Harry sospira e fa un passo avanti: “Lou, mi spieghi c-”

“Portami un cazzo di bicchiere d’acqua, Harry!” urla l’altro, voltandosi a guardarlo.

Harry spalanca appena gli occhi, boccheggiando appena.

Louis è un tipo parecchio suscettibile, lo sa, ma difficilmente alza la voce così tanto. Specie con lui.

Il riccio deglutisce a corto di parole, poi incassa il colpo e fa un passo indietro, voltandosi.

Mentre Louis afferra saldamente il viso della ragazza per farsi guardare negli occhi, lui si blocca di scatto senza neanche essersi spostato di un altro metro.

Billie sta indossando la sua maglietta preferita, è sulla soglia del salotto e ha gli occhi allucinati mentre le mani sono sulla bocca, scioccata.

Harry si lecca le labbra per cercare di spiegare – spiegare cosa, poi? – ma la bionda non gli dà tempo di pensare a niente: impreca rumorosamente e si avvicina a Louis quasi correndo, inginocchiandosi davanti al divano.

“Leah! – parla confusamente, Harry riesce ad afferrare solo un paio di vocaboli – Leah, apri gli occhi”

Louis si scosta di scatto, ancora più confuso dell’altro ragazzo. Guarda Harry, poi osserva Billie e poi di nuovo Harry. Fa un paio di calcoli mentali probabilmente, perché si limita a stringere le labbra e ad annuire piano.

“Voi due…voi due vi conoscete?” chiede Harry, massaggiandosi le tempie con movimenti circolari mentre i muscoli sotto ai suoi tatuaggi del petto scoperto si tendono per l’ansia.

“Lei è Leah – risponde Billie frenetica, senza guardarlo – Leah”

Oh, Leah. Quella Leah.

Harry capisce, la bionda gliene ha parlato.

Ciò che non comprende però è tutto il resto. Guarda Louis, che ha l’espressione concentrata e gli occhi stanchi.

Leah sembra risvegliarsi lentamente dallo stato di trance in cui è caduta, fa ciondolare la testa ancora qualche secondo prima di aprire gli occhi e mettere a fuoco il volto angosciato dell'amica.

“Billie…” sospira, poi l’altra l’abbraccia forte e lei seppellisce il volto contro la sua spalla e tra i suoi capelli biondi.

Si stringono forte tra i “Vaffanculo, vaffanculo, vaffanculo” di Billie e i sospiri di sollievo di Louis.

Harry, ancora in piedi, si stringe le ciocca tra le dita e pensa che probabilmente questa è la cosa più strana che gli sia mai successa.

 

 

 

 

 

 

 

Il letto di Harry Styles è il letto più comodo su cui Leah sia mai stata.

È sdraiata di schiena, con le palpebre pesantissime e serrate, il buio della stanza a circondarla e Billie di fianco a lei, sotto le coperte.

Leah non può vederla, ma sa che l’amica non sta dormendo. Il respiro dormiente di Billie è rilassato, leggero, diverso da quello di quando è sveglia, che invece è perennemente pesante, quasi affaticato.

Per questo glielo chiede, a bassa voce. “Sei sveglia?”

“Mhmh”

“Quanto è piccolo il mondo, hai notato?”

Billie si muove e il fruscio delle coperte sfrega contro le braccia nude di Leah. Entrambe sospirano.

“Ho avuto paura – risponde la bionda, qualche secondo più tardi – Quando ti ho vista in quelle condizioni…ho avuto paura, tanta paura”

Leah non apre gli occhi ma si volta ugualmente verso Billie, stringendosi nelle spalle per via dei brividi sulla schiena: “Ti ricordi tutte le giornate a Chapman Street? – chiede, nostalgica – Probabilmente eravamo ancora vergini e parlavamo di tutti i progetti irrealizzabili che avremmo fatto una volta compiuti diciotto anni. Io ero quella responsabile, tu eri la mia bambina”

Ancora non la vede, ma sa che Billie sta sorridendo con lei.

“E ti ricordi quando ci hanno chiamato, due settimane dopo il provino? – continua, sempre più coinvolta – Quando ci hanno presentato Kendrick, Sid e Calvin e tu hai mandato a quel paese Sid dopo neanche tre secondi? E quando hai cercato di parlare con Kendrick e lui ti ha evitato? Quando abbiamo conosciuto Samantha e sfilato per la prima volta…ti ricordi?”

Billie ridacchia piano, “Sì – risponde – Mi ricordo. Sembrano passati secoli”

“Già – concorda Leah, sbadigliando – Erano bei tempi, immagino. Eravamo ancora troppo ingenue e avremmo fatto di tutto per stare in cima a tutti”

“E guardaci adesso – dice Billie – siamo nel letto di un membro di una boyband a concordare su quanto stiamo…sprofondando”

“Ho toccato il fondo, stanotte – sussurra Leah, alzando una mano alla cieca e toccando dolcemente il profilo elegante dell’amica – E’ stato assurdo, non credo di essere mai stata così male. Non voglio immaginare cosa sarebbe successo se non fosse arrivato Louis”

Tra le sue carezze confortanti, Billie stringe forte le palpebre e si addormenta.

 

 

 

 

 

I polpacci di Harry sono fuori dal divano nero per via della sua altezza, quelli di Louis, invece, entrano alla perfezione su quello bianco.

Sono entrambi sdraiati nel salotto del più piccolo, con il riscaldamento acceso e gli occhi aperti nonostante sia tardissimo.

Louis si stiracchia leggermente, passandosi una mano tra i capelli e prendendo un respiro profondo.

“Sei stato gentile a dare loro la tua stanza” mormora, con voce sottile.

“Suppongo – Harry si schiarisce la voce quando questa esce arrochita – suppongo di sì”

“Non ho mai visto nessuno tremare così tanto”

“Non dev’essere stata una bella esperienza”

“Già – dice Louis, girandosi su un fianco – avrei voluto evitare situazioni di questo tipo, non sono molto predisposto a cose del genere”

“Per questo sei venuto qui?” domanda Harry, curioso.

L’amico scrolla le spalle: “Mi sembrava la cosa più giusta da fare – risponde sinceramente, posandosi le mani sullo stomaco – ed è stato il primo luogo che mi è venuto in mente. Chi lo avrebbe mai detto che fossero amiche?”

Harry alza un angolo della bocca in un sorriso sghembo: “Quanto è piccolo il mondo” mormora.

“Ci sei andato a letto?” chiede poi Louis, qualche minuto dopo.

“No – risponde subito Harry, a disagio – siamo andati a cena come mi hanno detto di fare e poi l’ho portata qui”

Louis annuisce tra sé e sé, senza commentare.

Harry si sfila l’anello dalla mano sinistra, facendolo rotolare sulla sua maglietta e riprendendolo alla cieca.

“Sai, è strano – esordisce qualche minuto più tardi, quando Louis ha già gli occhi chiusi – Credo che mi piaccia, in un certo senso. È spigliata, carismatica e intelligente. E poi è bella e mi piacciono i suoi capelli. E le viene sempre la pelle d’oca quando parla di qualcosa d’importante ed è…mi sento bene, capito? La conosco da pochissimo eppure con lei sto anche meglio di quanto potessi immaginare. Sì, credo mi piaccia”

Louis non risponde più e quando Harry fa leva sui gomiti per guardarlo, lo scopre tra la luce lunare con la bocca semiaperta e gli occhi chiusi.

Scuote la testa, rimettendosi sdraiato e ridacchiando.







ciao ciao :)
volevo ringraziarvi anche qui per le recensioni dello scorso capitolo, sono stata davvero contenta che louis e leah vi siano piaciuti!
spero che questo capitolo non ti abbia fatto troppo schifo ahahaha
non manca molto alla fine della storia, direi tre capitoli + epilogo (tra l'altro ho in mente una sorta di os/missing moment per non farci mancare niente ahahah)
e quindi niente ahah fatemi sapere!

a presto,
caterina

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Capitolo 9
*** Capitolo otto ***


Plastic dolls
Capitolo otto


La mattina dopo, Louis si sveglia con la schiena dolorante e delle dita leggere tra i capelli. Prende un respiro profondo e fa un verso di apprezzamento mentre sente la propria cute massaggiata abilmente.

Apre gli occhi lentamente, mettendo a fuoco, e sorride di riflesso quando vede il volto divertito di Leah. Non è truccata ma la sua carnagione è decisamente più colorita di ieri sera, così come i suoi occhi verdi e le sue labbra carnose.

“Buongiorno” mormora lei mentre sorride, è in imbarazzo ma contenta. 

Toglie la mano dai capelli di Louis e l’appoggia sulla propria gamba, senza però alzarsi dal divano. Louis le sorride ancora di più: ha deciso che la sua voce gli piace.

“Buongiorno” risponde poi, col tono roco e la bocca impastata.

Si ritrova a far vagare la propria mano sul fianco della ragazza, distrattamente, come se fosse qualcosa di abituale.

“Grazie per ieri sera – dice Leah qualche secondo più tardi, senza scostarsi e scostarlo – e scusa, non dev’essere stata una cosa particolarmente entusiasmante”

Louis afferra lo schienale del divano e si mette a sedere, sentendo le ossa scricchiolare: “Non ti preoccupare – scrolla le spalle e si passa una mano sul volto – e anzi, ho sempre voluto provare i panni del principe azzurro”

Leah ridacchia ancora e si alza in piedi con un movimento leggero, poi lo guarda sopra i suoi tacchi e gli tende una mano: “Colazione?” chiede.

Louis si inumidisce le labbra prima di afferrarle le dita affusolate e alzarsi a sua volta, constatando tristemente la loro – seppur minima – differenza d’altezza.

Leah probabilmente intuisce i suoi pensieri, perché scoppia a ridere e gli volta le spalle, iniziando a camminare verso la cucina.

E Louis pensa che gli piace la sua voce, anche i suoi capelli e le sue labbra e pure i suoi occhi e quel neo che ha sul viso, ma neanche il lato B è così male.

Lei si gira un’ultima volta prima di scomparire in corridoio e il ragazzo la sente ridere più forte.

Sorride anche lui.

 

 

 

 

 

Billie lancia un’occhiata all’ultimo piatto che Harry ha appena appoggiato sulla penisola in marmo della cucina e storce la bocca: “Non ti fai mancare proprio niente” mormora, ancora assopita.

Il ragazzo accenna un sorriso imbarazzato e guarda la tavolata ormai colma di robe da mangiare, poi scrolla le spalle e: “Siamo in cinque” si giustifica.

“Cinque?” domanda la ragazza, confusa. Si è legata i capelli e sta indossando i vestiti della sera prima e un maglione largo di Harry – che ha preso senza chiedergli, ovviamente - .

Il campanello di casa suona tre volte, facendo bloccare la risposta del ragazzo, che esce dalla cucina velocemente, scontrandosi con Leah e Louis.

“Servitevi pure” offre Harry, congedandosi.

La ragazza spalanca gli occhi nell’osservare l’isola della cucina. C’è davvero tanto cibo. Latte, una caraffa di tea, una scatola di biscotti, una di cereali, qualche spicchio di torta al cioccolato e un paio di striscioline di bacon abbrustolite accanto a qualche uovo strapazzato.

Poi guarda Billie, che la sta osservando, e storce il naso, un po’ intimidita.

Louis la supera, mormora un ‘buongiorno’ rivolto alla bionda e l’affianca tranquillamente, sedendosi sullo sgabello accanto al suo.

Leah invece sembra decisamente più combattuta. Tentenna sui tacchi per qualche secondo di troppo, poi alza gli occhi al cielo e s’avvicina, sedendosi davanti all’amica.

“Buongiorno raggio di soli!”

Nick Grimshaw e la sua inimitabile pelliccia leopardata lunga fino ai fianchi entrano in cucina qualche secondo più tardi. L’uomo fa un sorriso dentato a tutti, per poi soffermarsi sul ragazzo e aggiungere un “Louis” a mo’ di saluto.

E, per chiarirci, a Louis Tomlinson non è mai piaciuto Nick Grimshaw. Forse nel 2011, quando aveva ancora i capelli a scodella e cinque chili in più.

Adesso, se potesse, lo prenderebbe a schiaffi perché è ovvio che le frecciatine che lancia in trasmissione siano solo per lui.

Quindi “Che diavolo ci fai tu qui?” esclama, indispettito.

L’uomo sorride sghembo in una maniera che assomiglia in modo inquientante a quella di Harry e fa un passo avanti, aggiustandosi il pellicciotto che indossa: “Un uccellino mi ha detto che le mie bamboline erano qui – risponde, facendo l’occhiolino a Leah che sorride – così ho pensato bene di unirmi a voi per colazione”

Louis aggrotta le sopracciglia e si volta verso le due ragazze: “Lo conoscete?” domanda.

Le due annuiscono all’unisono, e il ragazzo si massaggia le tempie, sospirando.

Harry entra in cucina, dà una pacca sulle spalle e Nick e poi un’altra a Louis, “Caffè?” chiede.

Billie osserva curiosa l’abbigliamento di Nick, focalizzando la propria attenzione sulla penna che sbuca anche oggi dal taschino della sua t-shirt strategicamente bucata.

“Senza zucchero” risponde qualche secondo più tardi, in un mormorio.

Nick la guarda di rimando, poi segue il suo sguardo e sorride: “Bella, vero? – borbotta orgoglioso, riferendosi alla maglietta – Milleduecento sterline mai spese meglio”

“Milleduecento sterline per una maglietta bucata?” esclama Louis, spalancando gli occhi.

“Bucata ma firmata” lo corregge l’uomo, togliendosi finalmente il pellicciotto e posandolo sul tavolo a lato della stanza.

Il ragazzo scuote la testa esasperato e sbuffa: “Non capirò mai il mondo della moda – dice, aggrottando le sopracciglia e dando una girata al suo tea alla vaniglia – Le firme, gli stilisti, le modelle…”

“…I modelli…” ghigna Nick, facendo sorridere ancora Leah.

“Bah – Louis sospira profondamente – assurdo. Alla fine sono solo vestiti”

Harry si gira nella sua direzione, la caffettiera in mano e il fuoco appena accesso, e: “Non è molto carino da dire, Lou” lo riprende, indicando le due ragazze con un cenno del capo.

L’amico sembra accorgersi solo in quel momento di ciò che ha appena detto e s’irrigidisce: “Con questo non voglio offendere nessuno! – si giustifica subito – Era solo una costatazione”

Leah fa un gesto incurante della mano e: “Non ti devi preoccupare di noi – lo tranquillizza – Ne abbiamo sentite di peggio, non sei il primo né l’ultimo ad avere questa visione. Anche per noi ogni tanto sembra tutto…mhm, esagerato”

“Ah sì? – Nick si fa curioso e serio mentre si siede sull’ultimo sgabello disponibile, davanti alla mora – Invece sembrate parecchio abituate a tutto ciò che vi propongono”

“Non siamo abituate – ribatte Billie, inclinando il viso nella sua direzione – siamo stanche. Stanche di non mangiare, stanche di sfilare in abiti troppo stretti, in scarpe di misure più piccole, della gente che ci scambia per animali da circo, delle merde dei nostri coinquilini e dell’agenzia per cui lavoriamo”

“E perché non ve ne andate?” domanda Louis, pratico.

“Per lo stesso motivo per cui non lo fate voi” risponde lei subito.

Louis non fiata per il resto della colazione.

 

 

 

 

 

 

La metropolitana traballa un po’ troppo per il mal di testa apocalittico di Billie. Se ne sta seduta con le gambe accavallate e la testa piegata da un lato, gli occhi chiusi e Leah di fianco.

Hanno ancora la bellezza di tredici fermate davanti a loro ed è davvero un miracolo che siano riuscite a sedersi in due in un posto che a malapena contiene un solo sedere.

E tutto questo perché una modella la riconosci ovunque.

“Potevi risparmiarti certi dettagli” borbotta Leah qualche minuto dopo, fissando i pantaloni dell’uomo davanti a lei.

Billie non apre gli occhi ma sospira un po’ più rumorosamente, “Sii più specifica” dice di rimando, apatica.

“Hai parlato per tutta la colazione di tutto ciò che facciamo – spiega Leah, aggrottando le sopracciglia quando la metropolitana inizia a rallentare – Sembrava lo facessi apposta. Nick ti chiedeva una cosa e tu aggiungevi particolari; la volta in cui Sid era così fatto che ti ha sbattuta al muro, quella volta in cui sono stata a digiuno per quattro giorni e anche lo stipendio che aumenta se…”

“Se succhiamo il cazzo alle persone importanti? – la interrompe Billie, sorridendo ancora a occhi chiusi – La nostra dieta? Lo sfruttamento che subiamo tutti i giorni e la violenza psicologica che patiamo se sgarriamo col cibo? Ho semplicemente spiegato il perché del nostro rifiuto a tutte quelle robe in tavola, mi sembrava carino”

“Sono tutte stronzate – Leah sbuffa e si volta a guardarla, la metro riprende – tu non fai qualcosa perché ti sembra carino. Le tue azioni hanno sempre un secondo fine. Perché hai detto tutte quelle cose, Billie? – richiede, senza preoccuparsi delle altre persone nel vagone – Sai non possiamo andare a dire in giro come funziona il sistema, è una regola”

Billie non risponde subito, fa oscillare il capo un paio di volte e poi apre gli occhi, accennando un sorriso di chi ha già capito tutto.

Si volta verso Leah e: “Ti piace la penna di Nick Grimshaw?”

 

 

 

 

 

Harry fissa il proprio telefono come farebbe se avesse dodici anni.

Ne ha diciannove e fra non molto addirittura venti e comunque Billie gli ha detto “ti chiamo”.

Harry sa che lei lo ha detto perché lui l’ha sentita, quando l’ha accompagnata alla porta.

Non si sono baciati e quella patina di logorante routine gli sta praticamente annebbiando la vista. E solo adesso si rende conto che Billie gli manca già più di quanto dovrebbe.

E questo è, beh, un gran casino.

 











ok mancano due capitoli (+ epilogo) alla fine di questa storia!
mi fa stra piacere sapere che questa follia di trama vi continui a piacere perché davvero io sto soffrendo come un cane se penso a questi personaggi
ah, per quanto riguarda il missing moment, non so proprio se farlo a mo' di epilogo oppure fare proprio una cosa a parte!
non lo so, adesso vedrò
comunque grazie di cuore per le recensioni e per seguire la storia e seguirmi un po' ovunque :)
fate attenzione ai particolari di questa storia, spero che il capitolo vi sia piaciuto!
a presto,
caterina



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Capitolo 10
*** Capitolo nove ***


Plastic dolls
Capitolo nove






Billie Newton smette completamente di leggere i messaggi di Harry Styles una mattina di gennaio.

All’inizio usa la solita scusa, un impegno qua, un viaggio lì, un set fotografico in Francia e una riunione spostata di qualche ora. Si vedono tramite amici in comune qualche sera, si baciano nascosti in qualche bagno di qualche lussuosa casa fino alla Vigilia e poi Harry parte per il Cheshire.

Le chiede se vuole accompagnarlo tramite una telefonata, “So che non hai un bel rapporto coi tuoi genitori e, insomma, casa dei miei è parecchio grande…” le dice e ha la voce tempestata da sintomi invernali che per un attimo la fanno sorridere.

“Non posso” risponde però, sedendosi sul proprio materasso, tra le coperte aggrovigliate e i vestiti stropicciati.

Oh – Harry è deluso, si capisce e Billie non è stupida – d’accordo. Ci vediamo l’anno prossimo allora”

Riattacca lei cinque secondi più tardi, poi spegne il telefono e passa tutte le vacanze seduta contro il muro, le gambe strette al petto. Si alza solo per le cose importarti, cede al cibo – due pacchetti di cracker integrali – il quinto giorno.

Non pensa, non parla neanche con Leah quando questa entra nella loro camera e la guarda preoccupata, neanche quando le si siede accanto e l’abbraccia e neanche quando Sid organizza una festa per Capodanno nell’appartamento.

Il tre gennaio apre la finestra e si fa la doccia più lunga di tutta la sua vita, poi accende il telefono e risponde con qualche smile agli auguri dei suoi genitori.

Harry le ha mandato in tutto tre messaggi. 

Il primo è del venticinque, recita un semplice “Buon Natale. x” , il secondo è arrivato qualche minuto dopo l’inizio del 2014 e dice “So che è un po’ stupido, ma mi piacerebbe passare questo nuovo anno con te. E forse anche tutti gli altri. Auguri x”

L’ultimo è di ieri, e Billie alza un angolo della bocca in segno di rassegnazione, poi cancella il suo numero dalla rubrica e prende il primo autobus per l’agenzia.

“Vorrei che tu fossi qui”

 

 

 

 

Il tredici gennaio, Burberry organizza la sfilata di apertura dell’anno con la collezione primaverile. Una delle stylist le ha spiegato che il tutto si concentra sui colori sgargianti, Billie ha ascoltato fino a quando ha potuto e poi ha appoggiato il capo contro la spalla di Leah, che ha ridacchiato e atteso paziente che finissero di dettare l’organizzazione. 

Ci sono cinquantatré modelle, Leah è la numero quarantuno e Billie la trentanove.

Hanno fatto le prove per tre giorni di fila, il capannone ha quel tema che s’affaccia sul futurismo e ci sono già i primi fotografi.

La truccatrice sta passando un pennello ricoperto di ombretto rosa sulla palpebra destra di Billie, mentre uno dei tanti parrucchieri le sta alzando i capelli in un’acconciatura un po’ troppo eccentrica per i suoi gusti.

Lei indosserà un cappotto lungo, una gonna a scacchi fino al ginocchio e una camicetta trasparente con un paio di zeppe bianche.

A Leah invece hanno dato un vestito nero, da sera, con un giacchetto grigio e un paio di saldali con i calzini.

Questa, seduta davanti a uno dei tanti specchi del camerino, sta raccontando della sua uscita con Louis Tomlinson, interrompendosi ogni volta che la truccatrice ripassa il colore scarlatto delle sue labbra con il pennellino.

“Non siamo amici perché non siamo amici – dice, guardando nel riflesso la figura di Billie, seduta accanto a lei – Ma non siamo neanche qualcosa di più perché non ci siamo ancora baciati”

“Però ti piace” sottolinea la bionda, con un sorriso.

“Beh, a chi non piacerebbe? – ribatte Leah, ridendo a occhi chiusi – Insomma, è giovane, carismatico, bello e ricco”

Billie inclina la testa, “Sai come la penso” borbotta, guardandola di sfuggita.

“Sei troppo negativa, darling – sbuffa a quel punto l’amica, mentre il parrucchiere le copre il volto e spuzza della lacca sulla sua treccia nera – E poi, dopo tutto quello che tu hai detto riguardo la nostra vita in quella famosa mattina a casa di Harry Styles, è una fortuna che Louis mi voglia ancora frequentare”

Billie non risponde ed evita di mordersi il labbro per evitare di essere rimproverata dalla truccatrice.

“Comunque ti vedo più tranquilla, oggi – le fa notare Leah, qualche minuto più tardi – Di solito sei sempre agitata. Successo qualcosa?”

Si stringe nelle spalle.

Indifferenza.

“Ho preso qualcosa per calmarmi”

 

 

 

 

 

 

Billie Newton e Nick Grimshaw hanno la loro conversazione più lunga il cinque gennaio.

Lei arriva in ritardo al bar dove si sono dati appuntamenti e poi dritta al centro della questione, senza giri di parole.

Nick Grimshaw ha già ordinato un Martini perché sa che sarà una lunga chiacchierata. Incrocia le dita di entrambe le mani sul tavolo, sorride e poi, finalmente, si concede di togliersi il cappotto con tanto di taschino.

“Credevo ci avresti messo di più a capire” mormora, e poi comincia a raccontare.

 

 

 

 

 

 

 

Il rinfresco post sfilata è in uno degli Hilton della città.

Ci sono un sacco di celebrità, Leah ha già postato su Instagram una selfie con Rita Ora, Tom Daley, Georgia May Jagger e con Kelly Osbourne.

La gente si complimenta con lei, le regalano sorrisi e lei si mette in posa per i fotografi mentre risponde alle domande dei giornalisti.

Intercetta Nick a lato dell’immensa sala e subito dopo sente una presenza al suo fianco.

Bonjour mon amour” la saluta Louis, un sorriso dolce sul volto e uno smoking elegante che lo rende ancora più bello.

Leah ridacchia per il suo accento storpiato e gioca con il bicchiere di champagne che ha tra le mani: “Il francese non è il tuo forte, sai?” lo rimbecca, divertita.

Il ragazzo le appoggia una mano sulla schiena per invitarla a seguirlo ed esibisce un’espressione fintamente scioccata: “..E io che ero venuto qui apposta per te..” borbotta, mascherando un sorriso.

“Che gentiluomo” dice Leah e vorrebbe baciarlo.

Louis le sorride ancora con una strana luce negli occhi chiari, poi la porta al bancone della frutta e: “Hai mangiato?” le domanda, apprensivo.

Lei annuisce subito e lui sbuffa: “Una mela” la rimprovera, indicando col capo il cesto di frutta curato nei minimi dettagli.

Leah alza gli occhi al cielo, ma gliene è segretamente grata.

E forse Billie si sbaglia, pensa, percependo ancora la sua calda mano sulla schiena, forse una chance, ai cantanti delle boy band, bisogna pur darla.

 

 

 

 

 

L’hotel è immenso e lei è alla disperata ricerca di un bagno. È al decimo piano o forse al terzo, la testa le gira da fare schifo e i tacchi sembrano stringerle i piedi all’inverosimile.

Billie si appoggia al muro del corridoio e chiude gli occhi.

Non voleva davvero scappare dal rinfresco, ma improvvisamente tutto le è sembrato soffocante, troppo anche per lei, abituata a stare in gabbia e a dieta.

Ha in faccia ancora i resti del trucco e tutto quello che adesso vorrebbe fare è sedersi sulla moquette sotto ai suoi piedi e dormire per secoli interi.

Quando, dopo la sfilata, Leah le ha chiesto di nuovo se stesse bene, Billie ha accennato vagamente ad una tisana tranquillante, ma in realtà stanotte è entrata nella stanza di Sid e Calvin e ha preso qualche flacone di calmanti di cui il primo è ormai dipendente.

Ha preso tre pasticche blu, di quelle un po’ ovali e grandi, e adesso tutto gira.

Non manca tanto, comunque. Tutto questo sta per finire.

I suoi sensi vacillano ma riesce comunque a distinguere il rombo dei suoi pensieri e il rumore dei passi dietro di lei.

Stringe più forte le palpebre, quando Harry inizia a parlare.

“Puoi anche scappare tutte le volte che vuoi se questo serve a farti sentire grande – non sta urlando, ma la sua voce graffia forse ancora di più – Puoi evitare le mie chiamate, spegnere il telefono e non rispondere ai messaggi, ma sai una cosa, Billie? Mi sono rotto il cazzo, adesso”

Lo sente fare qualche passo verso di lei, senza raggiungerla. Billie appoggia la testa contro il muro del corridoio e si chiede quante stanze, all’incirca, possiede questo hotel.

“Possiamo fare sesso, se questo può farti sentire meglio, possiamo anche passare la notte a parlare di stronzate, ma devi smetterla di giocare a questo gioco in cui solo tu detti le regole”

Billie apre gli occhi pesanti e li punta sulla figura di Harry. 

Indossa dei vestiti scuri ed è serio, bello da togliere il fiato.

Non risponde.

Lui fa un altro passo.

“Per tutto questo tempo ho pensato di aver conosciuto qualcuno che mi capisse al volo – mormora ancora Harry, come se stesse riflettendo con sé stesso – Ti ho dato troppa importanza, ti ho messa su un livello su cui tu non riesci a stare perché l’unica cosa che hai mai fatto nella tua vita, oltre che fregartene di tutti quanti, è quella di essere bella. Tu sei qui solo perché sei bella”

Lui stringe i pugni forte, ma non la guarda e anche se fa davvero tutto male, Billie sa che non lo pensa davvero. Sa anche di meritarsi tutta quella pagliacciata e pure il suo tono arrogante.

Sorride, quindi e: “Non è lo stesso motivo per cui sei qui anche tu?” gli domanda.

E può vedere quanto le sue parole lo abbiano sgretolato, perché gli occhi di Harry si spengono contro il pavimento, prima che torni a fissarla con una rabbia quasi cieca.

Neanche lei lo pensa, ma forse così, un giorno, farà meno male.

Harry è davanti a lei con una falcata, la spinge contro il muro sovrastandola col suo peso e togliendole il respiro per un istante.

Non parla perché è troppo furioso, ma la guarda intensamente, soffiandole il proprio respiro irregolare sulle labbra.

Billie gli accarezza uno zigomo irrigidito, sorridendo come chi non vuole piangere.

C'è un cambio di atmosfera, adesso.

“In un’altra vita – gli sussurra – mi sarei potuta innamorare di te”

“Se tu mi avessi dato più tempo – le confessa lui, la voce vellutata solo grazie al tocco delle sue dita – ti amerei già”

“Io non ci posso rimanere qui – balbetta Billie, con il tono incrinato e le mani che gli stringono le braccia – Non ce la faccio. È troppo”

Harry sospira ma le bacia la fronte, poi l’abbraccia e nasconde il proprio volto tra i suoi capelli. “Va bene così”

Billie vorrebbe rispondere che non c’è proprio niente che vada bene, ma sta zitta e chiude gli occhi e forse così farà davvero meno male.

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Capitolo 11
*** Capitolo dieci ***


Plastic dolls
Capitolo dieci

 


Il tetto di Chapman Street, senza Billie, è tutta un’altra storia.
E okay, ci sono i messaggi nella segreteria telefonica di Louis Tomlinson, le sigarette dell’India e le scarpe firmate, però Leah lo percepisce, che manca qualcosa.
Così come nella loro stanza si nota l’armadio vuoto vicino al suo, l’altro letto che nessuno sta più usando, niente più l’odore di colonia italiana, niente spazzole di capelli biondi, niente più discorsi silenziosi.
Billie è andata via.
A Leah fa un po’ ridere tutta questa situazione, se fosse stata più furba, forse, avrebbe capito tutto molto più velocemente.
I fondotinta e i mascara le hanno tolto la sensibilità alle piccole cose che non siano firmate, e Leah adesso capisce un po’ tutto.
E magari Billie le avrebbe anche potuto lasciare una di quelle lettere strappalacrime che si vedono nei film americani, se non fosse sempre stata troppo pigra anche nel dire addio.
Forse, riflette con la quarta sigaretta in bocca, non c’è stato nessun addio e neanche un ciao. Un “torno dopo”, un “ci vediamo a casa”.
Leah non ha pianto, quando è tornata a casa dall’Hilton e ha visto metà della sua camera vuota. Non piange neanche adesso contro il tramonto grigio di Londra.
E se qualcuno se lo stesse chiedendo, è tremendamente incazzata con Billie per averla lasciata da sola. È andata via senza avvisare nessuno, né l’agenzia, né i loro coinquilini e neanche Harry Styles.
Sono passate più di 72 ore e Leah non ha provato a scriverle nessun messaggio. L’ha lasciata andare perché Billie ne aveva bisogno e Leah è insensibile abbastanza da sopportare tutto quello da sola.
Il suo ultimo augurio personale, mentre spegne la sua sigaretta, è quello che almeno, una delle due, stia bene davvero.
 
 
 
 
 
Il portone si apre sul tetto con un piccolo urlo schifato.
Leah appoggia più comodamente la schiena contro il cornicione, voltando la testa e sorridendo sghemba al nuovo arrivato.
“Questo posto fa schifo”
“Ciao, Nick”
Nick Grimshaw si lascia cadere di fianco a lei sollevando le ginocchia bucate dei jeans e appoggiandoci sopra i gomiti.
Devono essere passate le otto di sera e c’è davvero buio adesso, oltre che freddo e il pacchetto di sigarette quasi finito.
Leah ha i capelli legati, senza trucco, il telefono spento nella borsa e la borsa chiusa.
Nick indossa un cappotto verde bosco e un’espressione seria che in un’altra circostanza, a Leah, avrebbe messo ansia.
Continua a fumare.
“Si chiamava Noel Piotrowski – Nick parla con un sorriso sfumato, come se si fosse perso ancor prima che iniziasse – ma per gli amici era semplicemente Penny. Per me, invece, era il ragazzo più bello del mondo”
Leah si volta verso di lui, colpita, e Nick sorride ancora di più: ha fatto centro.
“Ventidue anni, – continua a spiegare – l’ho conosciuto durante la settimana della moda di un paio di anni fa. Era alto, e magro. Mezzo russo e con gli occhi più belli che avessi mai visto. Me ne sono innamorato nel momento in cui mi ha detto che avevo una camicia buffa”
Nella testa di Leah iniziano a fabbricarsi milioni di ipotesi su dove questa storia voglia condurre, la sigaretta che adesso si consuma da sola.
“Gli ultimi giorni era sempre più nervoso e stanco. Mi diceva di non preoccuparmi e io facevo finta di non farlo per non perderlo. Aveva smesso di mangiare, ingeriva quintali di vitamine e tranquillanti e poi vomitava tutto di notte – l’uomo congiunge le mani che hanno iniziato un po’ a tremare e forse non è colpa del freddo – Sono stato uno stupido e non mi sono accorto di quanto il problema fosse grave…è morto il giorno dopo il mio compleanno”
È come se tutto si bloccasse e ricongiungesse nel modo corretto il secondo successivo, Leah guarda il volto scavato di Nick e sembra vecchio di una quindicina d’anni in più. Non c’è più alcun cenno di malizia tra le ossa della sua faccia.
C’è dolore, e rabbia. Tanta rabbia.
“I giornali tendono a prendere solo il lato peggiore di te – l’uomo esala un sospiro, alza un angolo della bocca però non sorride – ma lui, Noel, era senza dubbio la parte migliore della mia vita. Forse è per questo che è morto nell’anonimato, dentro il bagno del mio appartamento”
Leah non dice ‘mi dispiace’ perché ha imparato che in circostanze come queste, le parole sono inutili. Che quando ti manca qualcosa che non può tornare, poi diventa tutto un “mi dispiace”. E okay, mi dispiace, e quindi?
Appoggia, piuttosto, le sue lunghe dita sul ginocchio scoperto di Nick, che è teso come un violino.
“La polizia ha archiviato il caso – procede – classificato come l’ennesimo mix di alcool e pillole. Quando sono andato all’agenzia per cui lavorava e per cui lavori tu tutt’ora, quegli stronzi mi hanno detto che Noel lo sapeva, era il suo lavoro, correva il rischio e basta. Non hai idea di quanto questo mi abbia fatto incazzare”
“E di tutta questa storia – mormora Leah, cauta – Billie ne è al corrente?”
A quel punto Nick mostra i denti in un sorriso divertito, scuotendo  la testa con fare incredulo: “Billie è più intelligente di quanto pensassi – ridacchia – Ha capito il mio piano prima ancora che lo mettessi in atto. Ho pensato che se avessi mostrato a...qualcuno ciò che Noel aveva passato, avrei trovato un po’ di conforto. Immagino che Billie volesse solamente aiutarmi facilitandomi il compito”
“Parlava sempre della tua penna – ricorda la ragazza – stava cercando di farmi capire tutto”
“Ci ha fottuti  entrambi” ghigna Nick e si accende una sigaretta.
“E se n’è andata via”
“Tornerà” dice lui semplicemente.
Leah tace per qualche altra boccata.
“Ho raccolto circa trenta testimonianze – l’uomo parla minuti più tardi, la voce resa rauca dal fumo – tu e Billie siete state essenziali, così come tutte le vostre colleghe che ho raggirato con la stessa scusa del documentario. Ho collaborato con la polizia e mi sono sentito James Bond ma più gay. La settimana prossima avvieranno le pratiche per il processo, le accuse sono pesanti, sai? – si volta a guardarla – La Blue Jeans Agency è destinata al fallimento”
“Era ora” sorride Leah e si alza in piedi.
L’incazzatura con Billie c’è ancora e resterà finché non rivedrà le sue chiappe bianche un’altra volta, ma subito dopo questo c’è la consapevolezza che non l’ha lasciata sola. È tutto finito.
Ci sarà tempo per altre spiegazioni, tempo per testimoniare e cercare un’altra agenzia, tempo per piangere e salvarsi (magari tra le braccia di Louis).
Aiuta Nick a rialzarsi a sua volta e dice solo: “Sembra figa la storia del documentario” mentre infila le mani in tasca e si avvia verso la porta per le scale.
“Ah sì?” fa Nick, di rimando.
“Già, dovresti proporla a qualcuno in grado di mettertela a posto. Potresti diventare un ottimo regista”
L’uomo ride, aprendo l’uscio e scostandosi per farla passare: “E sentiamo, come dovrei chiamarlo, questo fantomatico film?”
Leah si fa seria, ci pensa un po’ e poi lo guarda: “Chiamalo ‘Plastic dolls’”
 








“Tu mi hai detto che se ti avessi dato più tempo, avresti potuto innamorarti di me. Io non lo so che cosa siamo, se siamo ancora qualcosa. So che sarei voluta restare a sentire le tue parole con la musica in sottofondo per tante altre sere. E in una di queste mi sarebbe piaciuto fare l’amore con te e poi svegliarti con un bacio e fare un milioni di altre cose di cui mi vergogno ma farle solo con te.
Io non lo so cosa siamo, Harry. Ho imparato che le etichette sono costose e certe volte scadenti. Allora forse è meglio rimanere così, senza nome, magari con qualche speranza in più.
Io torno, nel caso mi rivolessi ancora.
Torno con tutto il tempo del mondo.
Buonanotte xx”







 

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Capitolo 12
*** Epilogo ***



Plastic dolls
Epilogo

 








 
Il messaggio di Nick è stato più conciso di quanto Harry si aspettasse. Nessuna richiesta, più che altro un vero e proprio ordine.
“Non puoi mancare stasera. Non mancare”
In effetti è un po’ che Harry manca, anche se tende sempre a non farci caso. Manca gli scalini del suo appartamento, o la doppia porzione di zucchero nel caffè. Manca le due passate di gel tra i capelli, le asole delle camicie, manca i buchi dei lacci nelle scarpe, manca in qualche specchio o in qualche intervista.
A volte vorrebbe semplicemente stringersi così tanto la testa da far uscire tutto, smettere di ricordare qualsiasi dettaglio ormai troppo affilato, ogni tipo di dialogo fatto, qualche pezzo di sorriso che di notte non riesce a farlo dormire.
Harry ha sempre creduto nell’amore, non è il tipo da una vita solitaria. Lo stare solo gli dà quel senso di claustrofobia che non ha niente a che fare con quella sul palco. Stare da solo, per lui, implica il sentirsi solo, che è ancora peggio.
Ogni tanto prova a chiedersi come abbia fatto ad innamorarsi così tanto e così presto di un corpo così piccolo, di un paio di occhi così banalmente azzurri dietro quelle ciocche così comuni. Di quel sorriso sghembo di chi non è abituato a ribattere, di quelle parole messe lì in notti come le altre che però avevano quella sfumatura di verità che ancora adesso riesce a farlo tremare.
Qualcuno gli ha ripetuto che sì, beh, ce ne sono a milioni come Billie. E lui continua dire che lo sa, certo. Ma non basta, capito? Perché è Billie quella che lo accarezzava così dolcemente, era Billie che gli parlava, Billie a sussurrare, a ridere contro di lui, Billie e solo Billie a baciare con quella forza che sapeva di “anche io”.
Anche io ci sono passata, anche io vorrei solo chiudere gli occhi.
Harry è un tipo che alle persona ci si affeziona fin troppo presto, sua madre glielo ripeteva sempre. Forse per questo che si è messo il cuore in pace e a iniziato a mancare e soprattutto a sentire la mancanza senza farci caso. La mancanza di qualcuno che c’è stato solo per un secondo.
Billie lascia il segno, gliel’ha detto Leah una volta nell’appartamento di Louis.
E Harry avrebbe anche riso senza rispondere, con le guance più arrossate, se non fosse stato troppo preso a sentirsi un po’ più vuoto del solito.
E ci può mettere la mano sul fuoco e solo dio sa cos’altro, che i baci che gli dava Billie sapevano anche di anche io mi sto innamorando di te.




Nick Grimshaw gli viene incontro a braccia aperte, con quel sorriso obliquo che non promette mai nulla di buono. La sua terrazza sembra ancora più grande senza tutte le piante orientali e con quelle piccole luci colorate appese tra i pali della ringhiera.
C’è più gente di quanto si aspettasse, tutti finti hipster ricconi che pubblicano selfie su Instagram e si colorano i capelli di rosa.
Fa già buio, ma l’aria fresca che tira non è fastidiosa, Harry rilassa le sue spalle intrappolate nella sua camicia leggera e cerca di ricambiare il sorriso all’uomo che ha davanti.
“Harry! Come sei bello stasera”
Nick lo abbraccia con un’insolita eccitazione, ha le pupille leggermente più strette del normale e i capelli più lunghi dell’ultima volta in cui si sono visti.
Il ragazzo fa un paio di calcoli e si accorge che è passato più tempo di quanto pensasse.
“Sì, beh – tentenna, guardandosi intorno – anche tu”
Lancia qualche saluto qua e là, giusto per non sentirsi così tanto a disagio, e accetta di buon grado il bicchiere di champagne che Nick gli offre.
“È tanto che non ti fai vedere da queste parte – borbotta quest’ultimo – come stai?”
“Bene, suppongo – risponde l’altro, passandosi una mano tra i capelli che ha dimenticato di sistemare – e tu?”
Nick gli sorride ancora, stavolta quasi con dolcezza, come se avesse capito tutto. Gli accarezza una spalla e “C’è una sorpresa per te” gli mormora.
Harry aggrotta le sopracciglia e sta già pensando all’ultima sorpresa targata Grimshaw che ha ricevuto – una spogliarellista per i suoi diciannove anni. Grazie tante -, poi però l’uomo gli fa segno di girarsi e gli indica il dentro dell’appartamento.
Ed Harry improvvisamente sente tutto il corpo andare in escandescenza, le dita tramare e le guance a fuoco. Perché, dopo quasi quattro mesi di totale silenzio - mancanza -, sta guardando Billie Newton.
È seduta a gambe incrociate sul divano blu metallizzato, un bicchiere vuoto in mano e lo sguardo concentrato sulla ragazza con la quale sta parlando. Harry non riesce a capire cosa sta indossando, ma i suoi capelli sono più corti adesso e stanno fermi dietro la testa da un’acconciatura elegante.
Gli si è prosciugata la lingua e la gola e tutto il resto. Lei è lì e lui non ha parole.
“Questa è la faccia che ti volevo vedere addosso! – esclama Nick contento, schiaffeggiandogli amorevolmente una guancia – Vai a parlarle ora”
Harry vorrebbe tanto rispondere che non sa cosa dire, che dopo tutte le volte ha pensato e non ha dormito a causa di tutto quello che avrebbe voluto urlarle, adesso non ha più parole. È come se il suo cervello si rifiutasse di pensare a quanto sia stata mancanza ma che pensasse solo che adesso c’è. È presenza.
Inizia a camminare verso la finestra del terrazzo senza neanche rendersene conto, e già la può sentire, con il suo tono di voce basso e graffiante e la risata lenta.
Si passa le mani sui jeans e respira forte, leccandosi le labbra e schiarendosi poi la voce quando le è davanti. Billie e la ragazza con la quale sta parlando si bloccano, poi entrambe si voltano verso di lui, in piedi, incerto.
La bionda spalanca gli occhi per la sorpresa, ma poi sorride subito, con quell’espressione di chi ha appena trovato ciò che stava cercando.
“Harry” dice, senza smettere di sorridere.
“Già. Sono io” mormora lui di rimando, impacciato.
Billie ridacchia e appoggia il suo bicchiere vuoto sopra al tavolino davanti a lei, poi si congeda brevemente con l’altra ragazza e si alza in piedi.
Ha preso un paio di chili, e Harry pensa che sia ancora più bella.
“Ti va di andare a parlare da qualche parte?” gli domanda, con la fronte aggrottata.
Il ragazzo annuisce subito: “Non aspettavo altro” si lascia sfuggire.
Billie sorride, un sorriso dolce, “Sì, beh – lo osserva – prendi la giaccia però”




Finiscono inevitabilmente sul tetto del palazzo, appoggiati contro la ringhiera. Quando Harry fa per chiedere qualcosa, Billie scrolla semplicemente le spalle e risponde che è stato Nick a dirle di quel posto.
“Probabilmente – dice – è perché sapeva che avremmo parlato”
Restano in silenzio, comunque, per dieci minuti abbondanti. Fissano entrambi le luci di Londra che compaiono nel buio e le nuvole illuminate dalla luna che si spostano velocemente.
Non è un silenzio pesante, non è un silenzio che manca di parole. È un silenzio che avvolge, abbraccia.
Poi però, Harry sospira pesantemente e si sfila le mani dalle tasche della giacca, voltandosi a guardarla.
“Sei tornata?” le chiede, semplicemente.
Billie stringe le labbra e lo sguarda di rimando, gli occhi socchiusi e truccati: “Già – risponde, piano – La settimana scorsa, a dire il vero. Sono stata in tribunale martedì e giovedì, ho cercato casa e ho rivisto un paio di vecchi amici”
Harry annuisce lentamente, metabolizzando la questione: “È un gran casino” mormora poi.
Billie sorride, “Non c’è giornale che non parli dello scandalo ‘Plastic dolls’ – concorda – Hanno coinvolto tre agenzie per induzione alla prostituzione, sfruttamento minorile e istigazione al suicidio. È un gran casino, sì”
“Tu sai bene?” le domanda Harry.
“Starò meglio quando tutta questo finirà – sospira la ragazza – e tu?”
Harry si stringe nelle spalle: “Vado avanti? – risponde, ma sembra più altro una domanda – Sono stati mesi, ehm, vuoti. Ho perso il filo logico di un paio di cose. Spero di stare meglio anch’io, prima o poi”
“Io non scherzavo quando ti ho detto che tornavo – è ciò che gli dice Billie, il tono serio e il sorriso scomparso – So che probabilmente ti ho dato l’idea di essere una codarda, ma c’erano troppe cose che dovevo mettere in ordine nella mia vita. Sono stata dalla mia famiglia, ho pensato e ho cercato disperatamente dormire”
Abbassa la testa, sorride e guarda davanti a sé, gli occhi lucidi.
“Ma poi pensavo al fatto che avessi, come dire, abbandonato tutti. Ho lasciato Leah nel momento del bisogno, ho lasciato Nick a combattere una guerra praticamente da solo e ho lasciato te con un misero messaggio alla Nicholas Sparks. Quando non riuscivo a dormire era perché pensavo al fatto che se ci fossero state le tue mani a toccarmi, forse avrei chiuso gli occhi e non avrei più avuto paura”
Ed Harry accanto a lei trema un po’. Ha una fitta che gli parte dallo stomaco e quasi lo fa piegare in due per tutta la sofferenza e la sincerità di quelle parole. Parole empatiche, parole giuste, perché probabilmente lui avrebbe detto lo stesso.
“Anche io – mormora infatti, le dita a stringere con forza la ringhiera – anche io non sono riuscito a dormire”
“Possiamo provarci – esclama Billie d’improvviso, guardandolo con una piccola scintilla di eccitazione – Provare a fare finta di niente. Possiamo conoscerci di nuovo, partire da zero come se fossimo due perfetti sconosciuti”
“Ma io sono innamorato di te” le ricorda Harry, d’impulso. Si morde forte le labbra quando capisce cosa ha appena detto, e Billie sorride dolcemente. Gli si avvicina, maliziosa, e gli stringe i fianchi, baciandogli il mento.
“E anche io – ridacchia – e quindi?”
Harry poi la bacia forte coi denti che sbattono e i nasi che si fanno male. E non c’è niente di più rigenerante che riempire i vuoti, sentire le farfalle nello stomaco e le ali tatuate sullo stomaco che prendono a volare perché si sta bene davvero.
Due mesi dopo Nick Grimshaw aprirà un’associazione per donne e uomini che hanno subito violenze sul lavoro, il nuovo cd degli One Direction sarà in vetta alle classifiche mondiali e Louis Tomlinson litigherà con una quindicenne su Twitter perché avrà insultato la sua fidanzata ufficiale.
Billie e Leah riprenderanno la loro carriera da modelle, vincendo la causa in tribunale e finendo a vivere insieme in un loft dopo Oxford Street.
Questa però, come si dice sempre, è un’altra storia.
 
 










 

 
ci sono un milione di cose che dovrei dire prima di passare ai ringraziamenti. questa è la storia più strana che abbia mai scritto e seriamente, non so proprio da dove mi sia saltata fuori se ci penso ahahaha
probabilmente questo epilogo vi lascerà con tanti di quei punti di domanda in testa da farvi chiedere del perché io non mi sia ritirata mesi fa ahahah
il fatto è che volevo far capire quanto non sia davvero tutto rose e fiori anche per chi apparentemente ha belle gambe, un buon lavoro, una bella voce e un bel ragazzo
tornando indietro avrei sicuramente scritto altro e forse avrei scritto di più, lasciato maggior spazio ai personaggi secondari e aggiunto qualcosa di meno angst
ma pultroppo - o per fortuna - è andata così! sono contenta perché è la prima fan fiction che porto a termine e come finale non mi dispiace granché
passando invece ai ringraziamenti, ormai non so più come farvelo capire ahaha
grazie, grazie e grazie di cuore per tutti i complimenti e le parole che avete sempre dedicato alla sottoscritta, sia nelle recensioni, sia su ask o facebook, ovunque!
grazie perché avete imparato ad amare personaggi che non sono stati delineati alla perfezione, perché li avete apprezzati nonostante tutto, grazie perché avete letto e perché state - spero - leggendo anche adesso.
non credo che questo sia un 'addio' a plastic dolls, perché avrei tanto di quel lavoro da scrivere ancora su billie, leah, louis e harry che probabilmente scriverò davvero il missing moment. vedremo :)
è tutto, per ora!
a presto,
caterina ❤❤

 

 

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