Una come tante

di Painting_Flowers
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***



Capitolo 1
*** I ***


CAPITOLO 1




Baltimora, Campbell High School
 
- E’ carina, non lo pensi anche tu? –
- Sì. –
- Insomma, magari con lei riesco a combinare qualcosa, no?-
- Sì. –
- Forse dovrei chiedere a Rian. Lui e Cass sembrano andare alla grande. –
- Sì-
- ...Tutto ok, Lex?-
- Tutto a posto, a parte il fatto che mi stai rompendo le scatole con quella tipa da almeno tre giorni. Poi, quando uscirà con te, smetterai di essere così ossessionato, come al solito. –
- No, io non la vedo così. Uscivo con le altre solo perché ci stavano. Dici che questa è diversa?-
- Non la conosco neanche!-
 
Alex Gaskarth, diciassette anni e occhi castani appena visibili sotto i capelli biondo scuro, si trovava accanto al suo armadietto e ogni giorno doveva subire i discorsi del suo migliore amico.
Jack Barakat, il migliore amico già nominato, si distingueva per un ciuffo biondo che faceva a cazzotti con i suoi capelli neri, inoltre non era difficile notarlo sopra la massa degli studenti, data la sua altezza. Una sua pessima abitudine era cercare ragazze sempre diverse con cui uscire solo una volta e, nel frattempo, far disperare chiunque gli stesse vicino parlando della sua prossima preda.
 
Stavolta il mirino di Barakat era caduto su Taylor Jardine, una ragazza del corso di spagnolo.
Un grande pregio di Tay che si poteva subito notare era il suo bisogno di distinguersi dalla massa. Di certo nessuno l’avrebbe mai vista in giro con addosso una camicetta di pizzo o una collana con il simbolo dell’infinito. No, decisamente non era possibile.
Lei indossava jeans strappati, magliette vintage con il logo di alcune vecchie rock band e si metteva le felpe larghe per coprirsi dal freddo pungente d’autunno. Era a posto, stava bene così, e se lo ripeteva mentre passeggiava ascoltando i suoi gruppi preferiti, tutt’altro che commerciali.
 
- Dai, si vede subito che non è il tipo che ci sta per una sera e basta!-
- Hai intenzione di andarle a chiedere di uscire o devo farlo io?- domandò Alex con impazienza.
- Sei impazzito? Stavolta devo pensare bene a cosa dire e prepararmi. – Purtroppo Alex si era già avviato in direzione della ragazza, deciso a mettere un punto definitivo a quella faccenda.
 
 
La giornata non era cominciata nel migliore dei modi per Taylor: prima si era versata addosso il caffelatte e poi aveva perso l’autobus. Se il buongiorno si vede dal mattino, allora le aspettava una giornata a dir poco terrificante.
Fece una smorfia tra sé e sé mentre pensava e si accorse a malapena del ragazzo che si trovava accanto a lei, convinta che dovesse solo aprire il proprio armadietto. Così prese il suo MP3, ma prima che avesse avuto la possibilità di ascoltare una sola canzone, questo le venne sottratto dalla mano e l’anta del suo armadietto fu sbattuta violentemente e chiusa.
 
-Arriviamo al punto, Jardine. – disse Alex con irruenza.
- No, no. Per prima cosa, dammi l’MP3. Per seconda cosa, non abbiamo nessun punto a cui arrivare. Anzi, spiegami cosa diavolo stai facendo.– replicò lei, rispondendo a quell'attacco improvviso.
- Il mio amico mezzo biondo laggiù vuole invitarti a uscire. Accetti?- domandò lui, ignorando l'altra.
 
Taylor guardò oltre la spalla dell’altro, osservando un ragazzo molto alto che stava imprecando ed era indeciso se andare verso loro o restare dove si trovava. Alex in quel momento pensò che lei dopotutto era solo una come tante. Era un numero in più per Jack e una ragazza in meno di cui sentir parlare per lui.
 
- Sono i Blink? – chiese Alex ascoltando la musica che proveniva dall’oggetto nella sua mano.
- Ho qualche loro canzone. La cosa ti crea dei problemi?- disse acidamente la ragazza.
- Non hai le orecchie un po’ delicate per loro? –
 
Stella, la sua ex, si era appena messa insieme ad un idiota. Era amareggiato, frustrato, infuriato e...qualsiasi altro aggettivo potesse andare bene. Come se non bastasse, non sapeva cosa fosse peggio tra la scuola e i suoi genitori. Aveva solo bisogno di sfogarsi.
 
- Io ascolto quello che mi pare! Qual è il tuo problema? –si difese nuovamente Taylor.
- Il mio problema è che non posso lasciare la mia band preferita nelle mani di una come te. –
 
Le stava praticamente ridendo in faccia, notando la rabbia che stava montando la sua interlocutrice. Se l’avesse fatta arrabbiare, non sarebbe uscita con Jack e lui stesso almeno non sarebbe stato l’unico solo. Inoltre voleva prendersela con qualcuno, solo per togliersi qualche peso. Due piccioni con una fava.
 
La campanella trillò. I gruppi di studenti si divisero e andarono ognuno nella propria classe e il corridoio ben presto si svuotò.
 
- Devo andare, dammelo. – ordinò Taylor, allungando la mano e aspettando il suo lettore musicale. Alex però la guardava divertito e malizioso e le si avvicinò, lasciando pochi centimetri di distanza dai loro nasi.
- Oh, va bene, anche se non mi aspettavo una proposta così diretta.-
 
Jardine arrossì e dopo aver urlato un “Smettila, stronzo!” se ne andò infuriata, sicura di avere un conto in sospeso con quel tizio.
Dopotutto lo conosceva. Andava al suo stesso corso di spagnolo, no? Perfetto, lo avrebbe rivisto di lì a poco e, soprattutto, gliel’avrebbe fatta pagare.
 
Il suo zaino però fu bloccato prontamente dalla presa di Gaskarth, che si giustificò con un “Non ho finito con te.”
 
- Sì, invece, abbiamo finito. Se io non vado ora, la prof di inglese mi ammazza, quindi lasciami. Subito.-
- Che problema c’è? Vedi, è questo quello che intendevo: ti preoccupi troppo per la scuola e tutto il resto, sei troppo delicata per i Blink. E anche per i Fall Out Boy.– replicò il biondino, osservando la maglietta dell'altra.
- Pensa quello che ti pare. Tieniti anche l’MP3 se vuoi, non mi interessa. Lasciami andare. – disse lei in tono minaccioso.
Con questa frase Taylor abbandonò il ragazzo in mezzo al corridoio, sperando intensamente che non la seguisse.
 
- E per il mio amico? Esci con lui? – gridò Alex, incurante delle aule vicine. Infatti pochi secondi dopo una donna sui cinquant’anni, con un orribile tailleur grigio fumo aprì la porta accanto a Taylor e vide i due.
 
- Perché voi due non siete in classe? In vicepresidenza, ora!- sputò lei, scortandoli e controllando che non fuggissero.
 
- Bella mossa, Gaskarth! Una nota di demerito, questa me la paghi. – disse Taylor , appena i due furono usciti dalla vicepresidenza.
 
- Ma rilassati! Hai preso una nota, quindi? Muori? Non credo proprio, anche se adesso non potrei desiderare altro. – rispose lui con rancore. La ragazza sbuffò e controllò il suo nuovo orario, poiché l’anno era appena cominciato e non lo aveva ancora imparato.
 
- Devo andare a spagnolo. Mi tocca vedere la tua faccia per un’altra ora. – commentò lei, dirigendosi verso l’aula giusta, seguita dal ragazzo, che non sembrava entusiasta all’idea.
 
- Ieri mi è venuta un’ottima idea per un nuovo progetto in classe. – annunciò allegramente la donna seduta dietro la cattedra, appena tutti i posti ai banchi furono occupati. Attendeva una reazione da parte della classe, che non arrivò mai, così continuò il suo discorso con molto meno entusiasmo.
 
- In classe farete esercitazioni di spagnolo e inscenerete dei dialoghi da voi inventati. – disse, sperando di ottenere una risposta, ma anche stavolta dovette ricredersi. Gli unici rumori udibili era il picchiettio di qualche penna e alcuni sporadici sospiri dovuti alla noia.
 
- Molto bene. – aggiunse duramente. – Le coppie verranno fatte in ordine alfabetico. –
Nell’aula improvvisamente ci fu un silenzio di tomba, seguito da un brusio confuso. Coppie? Quando aveva parlato di coppie?
 
- Quindi adesso le formeremo e poi vi metterete subito al lavoro. – disse la professoressa ad alta voce, cercando di sovrastare i borbottii.
 
- Prima coppia: Aline e Barakat. –
 
A quella frase, Jack cercò nell’aula la persona che era stata chiamata con lui, incontrando lo sguardo di una mora dai grandi occhi neri che gli sorrise.
- Niente male questo metodo. – disse con un sorriso rapito al suo amico che si trovava nel banco accanto.
- Bah...- si limitò a dire Alex guardando il vuoto.
 
Taylor, all’altro lato della classe rispetto ai due, cominciò a contare mentalmente i propri compagni, cercando di capire con chi sarebbe finita, ma solo quando venne annunciata la terza coppia lo capì.
 
No…
 
-Quarta coppia: Dawson e Ellis. –
 
No...
 
- Quinta coppia: Fletcher e Fowler. –
 
Per favore, no...
 
Taylor teneva le dita incrociate, sperando di aver sbagliato a contare o che venisse saltata, ma le sue erano solo illusioni
 
- Sesta coppia: Gaskarth e Jardine. –
 
Ecco, il responso fatale. Taylor osservò Alex, risvegliatosi dal suo sonno catatonico, rimanere a bocca aperta inorridito per poi incontrare il suo sguardo. Erano indecifrabili, nessuno dei due sapeva cosa pensasse l’altro, ma ben presto si tolsero questo peso, tornando ai propri interessi.
 
- Al lavoro! E che non vi senta chiacchierare! –





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*Lo so, come storia non è un granchè, ma mi piaceva come idea, anche se è palesemente banale e fuori contesto perchè ho notato che nel fandom la Jalex regna sovrana e detta legge...
MAAA sto sviando il discorso! Proverò ad aggiornare presto e il prima possibile, ma tra la scuola (maledetto triennio...) e un'altra fanfiction da portare avanti credo ci metterò un po', ma prometto di sforzarmi! See you soon*

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Capitolo 2
*** II ***


CAPITOLO 2

- Allora mettiamo le cose in chiaro: tu non piaci a me e io non piaccio a te. Finiamo questa cazzata e nessuno si farà male. –
 
Alex si era seduto sulla sedia davanti al banco di Taylor, per poi stravaccarsi comodamente dopo aver “messo le cose in chiaro”. Taylor lo guardò scandalizzata per qualche secondo, pensando solo “Perché? Oh, ma perché deve capitare a me? Sono sempre stata una brava ragazza, non fumo, non mi drogo e forse mi sono fatta il piercing di nascosto, ma per il resto sono brava, no? Anche se sono agnostica e non so a chi mi sto rivolgendo.”
 
Si schiarì la gola e decise di porre fine a tutte le possibili discussioni. La parte peggiore era iniziare a prendersi sul serio.
- Dobbiamo organizzarci. Questo pomeriggio vieni tu a casa mia o io a casa tua?– disse Taylor, cercando di controllarsi.
 
Un sorriso bastardo affiorò sulle labbra del ragazzo, che la guardò come se il divertimento dovesse ancora cominciare.
- Lo so che hai gli ormoni in movimento ogni volta che mi avvicino, ma potresti trattenerti? Siamo in pubblico, Jardine, suvvia. -
 
Mantenere la calma. Era il primo obiettivo da aggiungere alla lista delle cose da fare. Urlare in quella classe sovraffollata non sarebbe stata una buona idea.
- La prossima lezione di spagnolo è dopodomani. Abbiamo l’orario incasinato, se non te lo ricordi. – replicò lei con un sorriso sforzato.
 
- Speravo in qualcosa di più divertente, ma se vuoi proprio fare la brava scolaretta, fai pure. –
commentò Alex, osservando svogliatamente un punto vuoto sul muro oltre la ragazza.
 
- Mi stai forse dicendo che il grande Alexander Gaskarth avrebbe voluto finire in camera con la sottoscritta per combinare delle porcate? – replicò Taylor senza pensare.
Oh. No, se non l’avesse detto sarebbe stato meglio. La parte della sarcastica pungente avrebbe retto per poco e presto il lato silenzioso e balbuziente avrebbe prevalso. Decisamente era stata una pessima idea.
 
- Non ho detto questo! Tu non sai stare al gioco! – si difese lui, mentre Taylor notava che la voce dell’altro era diventata stranamente acuta, raggiungendo il ridicolo. Anche la prof se n’era accorta.
 
- Voi due, in seconda fila! Che state combinando? Lavorate! – abbaiò un mastino formato donna dalle origini messicane.
 
- Forse dovresti stare un po’ zitta, signorina. La tua vocetta si sente nel raggio di due chilometri. – commentò Taylor.
Finalmente aveva il coltello dalla parte del manico. Alex non ridacchiava più, nascosto in gran parte da quei capelli che avevano bisogno di una spuntata drastica. Taylor si sentiva finalmente soddisfatta di se stessa.
 
- Voglio dirti come la penso, allora. Parliamo tra ragazze. – cominciò Alex, ripresosi dalla batosta inflitta e cercando di controbattere.
 
- A scuola potrai anche essere la ragazza che vuole essere lasciata in pace da tutti, ma secondo me nascondi qualcosa. Allora, Taylor, qual è il tuo segreto? –
Metterla in difficoltà aveva qualcosa di interessante. La sfumatura rosata che l’altra assumeva quando era costretta a rispondere ad un commento spiacevole era curiosa. L’avrebbe osservata per tutto il giorno.
 
…Di colpo, Alex si rese conto di ciò che aveva appena pensato e si corresse. La Jardine era la persona più noiosa che avesse mai incontrato. Aveva “caso perso” scritto sulla fronte, nulla da aggiungere.
 
- Di certo non vengo a raccontarlo a te. – replicò Taylor in tono tagliente.
Odiava quel genere di domande. Si sentiva come se la gente la stesse osservando con una lente d’ingrandimento, pronta a cogliere ogni difetto e a riderne sopra.
 
- Sono un ottimo confidente. Anzi, un’ottima confidente. Non hai detto circa due minuti fa che sono la signorina Gaskarth? –
A quel punto lasciò il tono ironico per assumere una posa da ragazzina pettegola, con la mano molle e la bocca a cuore.
Taylor non riuscì a trattenere una risata: vedere quel ragazzo fingersi una donna era uno spettacolo imperdibile.
 
- Tra ragazze si condividono i segreti. Non fate i pigiama-party e leggete le riviste di moda? – domandò Alex, appena l’altra si riprese dalla risata che era stata prontamente bloccata, nella speranza di non essere richiamati una seconda volta dalla professoressa.
 
- Sei rimasto indietro: succede alle medie, adesso tutti vanno in discoteca per ubriacarsi fino a vomitare e per ballare come un branco di zombie senza cervello. – rispose la ragazza, dimenticando per un momento il suo profondo odio verso l'altro.
- Ma gli zombie non hanno il cervello, giusto? Insomma...è il loro cibo preferito, perciò non ce l’hanno. –
Taylor lo guardò a metà tra il divertito e lo sconcertato. Avrebbe voluto che qualcuno riavvolgesse il nastro, solo per capire come erano arrivati a parlare di zombie ridendo come due amici, quando appena dieci minuti prima si guardavano in cagnesco.
 
- Ehi, è vero! Non hai mai visto un film sugli zombie? – si giustificò il ragazzo, credendo che lo sguardo si riferisse al suo ultimo commento.
Lei stava per controbattere, quando l’allarme antincendio suonò. In pochi minuti l’aula si svuotò, con la gente che correva all’esterno.
 
- Mike, cosa diavolo sta succedendo? – chiese Taylor.
Nel cortile, Taylor aveva finalmente trovato una faccia amica in mezzo a quel trambusto, ma ancora non sapeva spiegarsi il motivo di quell’uscita improvvisa, nonostante girassero la voci più assurde.
Qualcuno diceva che c’era stato un corto circuito e si era acceso l’allarme, altri che affermavano che dei teppisti avessero appiccato fuoco nella palestra, altri ancora erano sicuri che avessero lasciato acceso un bruciatore nel laboratorio di scienze.
 
- Due tizi hanno azionato l’allarme per saltare un’interrogazione.- rispose Mike.
- E come fai a sapere che non sia una balla come quelle che raccontano in giro? – domandò ancora Taylor, con le mani nelle tasche del suo giubbotto.
- Perché sono due miei compagni di classe. – replicò l'altro alzando gli occhi al cielo.
La faccia di Mike, un ragazzo occhialuto ritenuto bruttino dalla popolazione femminile, si corrucciò in un cipiglio critico, osservando i due colpevoli che ridevano.
 
- Robert e Jordan. Che idioti. – sbuffò, mentre Taylor li osservava sorridendo. Dopotutto quei due l’avevano salvata da un’ora con un idiota del loro stesso stampo.
 
- Almeno ci hanno fatto perdere un po’ di tempo. Questa scuola sta diventando soffocante, non riesco neanche a riposarmi un momento. - commentò lei, spostando lo sguardo dai quei due al suo amico.
- Poi ci sono anche gli assalti di alcuni ragazzi allupati, vero? – aggiunse Mike con sguardo eloquente.
 
- Parli di Gaskarth? Come fai a saperlo? – domandò stupita Taylor.
- Le voci girano in fretta e comunque...- ma si bloccò.
 
- Rian, amico mio! Devo ringraziare te?- urlò Alex, tanto da far voltare tutti i ragazzi vicini.
- è stato facile! Bastava dire di andare in bagno e andare vicino alla vicepresidenza, vero, Jordan? –
E Rian, basso e di corporatura robusta, batté il cinque ad un biondo allampanato.
 
- Ma lui non si chiama Robert? – chiese Taylor, indicando l’amico di Alex.
- Rian è il suo secondo nome. Odia il primo. – spiegò Mike. “Strano" pensò la ragazza “non ha mai avuto dei buoni rapporti con quelli della sua classe, come lo saprà?”
 
Nel frattempo l’amico mezzo biondo che Taylor aveva visto nel corridoio all’inizio della giornata si era unito al gruppo e parlava con gli altri, voltandosi spesso per cercare lo sguardo di una ragazza mora.
 
- Allora, Barakat, come va? Chi hai puntato stavolta? – domandò Rian con una sonora pacca nella spalla, mandando quasi al tappeto il ragazzo gracile.
 
- Ti rispondo io! Stavolta è la Jardine. Gli ho detto che è una sfigata, ma non mi vuole ascoltare. – disse Alex, mettendo un braccio attorno alla spalla di Jack.
 
- No, ti sbagli: adesso voglio farmi Nancy Aline. – annunciò fiero quest'ultimo, salutando la ragazza che sbatteva spesso le ciglia nella sua direzione, conosciuta grazie al progetto di spagnolo.
- Credevo ci volessi provare tu con Taylor. –
 
- Io e quella? Ma dico, ci hai visti? Ci hanno spediti in presidenza, non ci sopportiamo! – ribatté acidamente Alex.
Come faceva la gente ad essere tanto cieca? In nessuna vita, mondo o universo parallelo che sia, lui e Taylor Jardine si sarebbero messi insieme.
 
- Non sembrava così quando “Il Mastino” vi ha richiamati. Provaci, secondo me avresti la strada tutta in discesa. – consigliò Jack, non capendo perché Alex fosse tanto restio a buttarsi.
 
- Mai. Sul serio, non sto scherzando. Non accadrà mai. – affermò l’altro, alzando la testa per salutare tutti, mentre indietreggiava verso l’interno della scuola.
 
Appena si fu allontanato, Jack si avvicinò agli altri due, cercando la loro attenzione.
- Ragazzi, vi va di combinare un po’ di casini? – propose lui con gli occhi che brillavano.
 





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So che non mi faccio vedere da troppo tempo, ma ho avuto tanto da fare!!
Chiarimenti: ovviamente Nancy Aline è un personaggio totalmente inventato, quindi neo-fan degli All time low, non affrettatevi a cercarla! Ricordiamoci che Jack è un casanova dentro ad un maglietta BONER è.é
Jordan è il chitarrista ritmico degli We Are The In Crowd, oltre chei l cantante insieme a Taylor, mentre Mike è il bassista della stessa band. Finora la storia è mooooooolto scialla, ma vedrò di migliorarmi u.u non voglio annoiare il mio caloroso pubblico! *rumore di grilli in sottofondo*
Ah! E non voglio dimenticarmi di ringraziare le splendde persone che hanno recensito!
Grazie a: _redsky_, Fraraphernelia e Molly182!
(PS:Fraraphernelia, sei anche admin di quella stupenda pagina di facebook chiamata Sempiternal?)
A presto! (o al prima possibile!)

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Capitolo 3
*** III ***


Alzarsi la mattina. Non perdere l’autobus. Sopportare la scuola. Sopportare i professori. Sopportare i compagni di classe. Sopportare chi frequenta la scuola. Sopportare le persone in generale.
Taylor sbuffò. Sono troppi obiettivi per una ragazza che aveva trascorso la mattinata a sbraitare contro ogni essere vivente che gli rivolgesse la parola.
 
Inoltre era sorto un altro problema. Adesso il gruppo di amici di Gaskarth la seguiva dappertutto, come un branco di cani selvatici. Il motivo era avvolto nel mistero, ma stranamente non era irritata: finché l’avessero lasciata in pace, avrebbero potuto pedinarla quanto volevano.
 
- Ehi, Tay!- la salutò un ragazzo moro, da una finestra della casa più vicina.
Non doveva sforzarsi di sopportare Cameron invece. Anche se avesse voluto, non sarebbe mai riuscita ad essere infuriata con lui.
 
Forse c’era qualcosa di più in quel rapporto, magari una piccola scintilla che saettava nell’aria mentre si guardavano, rispecchiandosi uno negli occhi dell’altra...
In poche parole, a Taylor mancava un battito cardiaco ogni volta che il suo amico le veniva incontro e improvvisamente il ritmo di quel suo organo impertinente accelerava più il ragazzo le si avvicinava.  Non sapeva se la cotta fosse ricambiata, ma sapeva di poter contare su Cameron ad ogni ora del giorno. Era il suo vicino di casa, nonché un grande amico. Avrebbe potuto svegliarlo alle tre di notte per parlargli e lui avrebbe risposto di incontrarsi immediatamente sopra il ramo dell’albero.
Era un ramo di un albero nel giardino di Cameron che sporgeva in quello di Taylor, battezzato così il loro posto segreto quando da piccola lei aveva costruito un’altalena su esso e lui aveva rivendicato il dominio del gioco.
 
- Bella giornata? – domandò Cameron, uscito subito da casa e raggiungendola.
- Come?- chiese lei, assorta nei suoi pensieri.
- Mi sembri felice. – constatò il ragazzo. In seguito a quel commento Taylor si affrettò a distogliere lo sguardo per osservare un albero, mostrando improvvisamente un interesse maggiore di quanto chiunque avrebbe fatto.
- Direi...Normale. Non è successo niente. Non mi lasci nemmeno essere felice, una volta tanto?- protestò lei con un sorriso.

- Novità da raccontarmi? Si è fatto avanti qualcuno?- domandò lui.
Quella domanda la lasciò a bocca chiusa. A volte si chiedeva se questo suo interesse fosse causato da una cotta ricambiata o dal fatto che fossero migliori amici. Bisognava anche considerare però che lui potesse appartenere all’altra sponda. Questo vortice di intriganti possibilità la riconducevano al punto di partenza: è solo una domanda di gentilezza. Non c’era nessun significato nascosto o un commento sibillino dietro. Lui non si sarebbe innamorato di lei, lei sarebbe rimasta sola e tutti sarebbero stati felici e contenti.
 
Sarebbe stato così bello...
“Sai, stavo pensando una cosa...” quelle labbra così sexy avevano pronunciato una frase a pochi centimetri da lei. Cameron poteva sfiorarle il naso con la punta del suo.
“Dimmi...” rispose Taylor, facendo uno sguardo dolce e seducente
“Potremmo andare in un posto più intimo. “ replicò lui, osservando le labbra dell’altra con una luce negli occhi, come se il loro aspetto confermava il fatto che fossero deliziose.
“E dove di preciso?” domandò ingenuamente lei.
“Non saprei...” rispose Cam, circondandole il bacino con un braccio muscoloso e baciandola...
 
-Ehi...Mi ascolti?- le chiese Cameron perplesso, risvegliando Taylor da un sogno ad occhi aperti.
-Sì, stavo ascoltando! Stavi parlando di...Scuola?- azzardò lei, sperando di aver indovinato.
- Ritenta. – rispose l’altro sorridendo.
- Non lo so. Oggi ha fatto tutto schifo, cerca di capirmi. – replicò la ragazza cupamente. Sembrava che la gioia di pochi secondi prima fosse svanita nel nulla, lasciandola sola con i suoi pensieri e le frasi contraddittorie.

- Passi a casa mia dopo? Chissà che non riesca a migliorarti la giornata. – disse Cameron. Taylor parve spiazzata da quella proposta, ostentando un’espressione imbarazzata e confusa.
- Migliorarmi la giornata? Di che parli?- farfugliò lei arrossendo visibilmente. Si nascose dietro una manica della sua felpa, fingendo di grattarsi visino all’occhio.
- Un film e popcorn oppure possiamo stare a fissare il soffitto tutto il pomeriggio. Come vuoi! Non mi piace vederti di cattivo umore. – disse Cameron, senza essersi accorto dell’imbarazzo dell’altra.

- Ok, ma dopo. Devo scappare. Sai che oggi mia cugina viene a trovarmi!- replicò subito Taylor, pensando a come l’arrivo di sua cugina le avesse improvvisamente sconvolto piani migliori. Cameron invece cominciò a ridacchiare.
- Che c’è?- sbottò Taylor irritata. Sapeva perfettamente cosa avesse provocato quella reazione, ma fingere di non accorgersene era sempre stato un anestetico lieve alle sofferenze.
- Lisa verrà qui? Interessante. – commentò lui con un sorrisetto malizioso.
 
Lisa Ruocco si poteva definire l’esatto opposto della cugina: espansiva e dalla battuta pronta, questa ragazza aveva la tendenza a lasciare dietro sé una scia di cuori infranti, in quanto le sue conquiste erano alternate a relazioni brevi e altalenanti con ragazzi poco responsabili. L’unica eccezione fu Cameron, che non ebbe mai una relazione vera con lei, nonostante fosse palese che lui era cotto, mentre Lisa...Era cruda.
Taylor si chiese se nell’estate di due anni fa, quando i due stavano insieme, fosse accaduto altro oltre ai lunghi e profondi baci che la spregiudicata cuginastra si scambiava con quell’ingenuo del suo vicino di casa.
 
- Starà qui solo per pochi giorni. Non penserai di provarci ancora, vero? Cavolo, Cam, sono passati due anni! Ti stava usando, non lo capisci? – attaccò subito Taylor, senza lasciare tempo all’altro per rispondere.
- L’ennesimo stronzo l’ha mollata e lei cercava di consolarsi. Te l’ho detto un migliaio di volte. – continuò la ragazza, in un impulso di gelosia. Effettivamente non sapeva se fosse andata realmente così, ma il fatto che sua cugina vivesse in un’altra provincia e la venisse a trovare una volta ogni sei mesi la favoriva.
- Non si sa quello che potrebbe accadere. Le persone cambiano in così tanto tempo. – replicò duramente Cameron, prendendo il cellulare e controllando l’ora, come se fosse un semplice stratagemma per non guardare negli occhi l’altra.
Dopo i primi secondi di sbigottimento a quell’ultima frase, Taylor lo salutò fra i denti e si avviò verso casa, dove una valigia viola e una grande borsa nera erano appoggiate al muro.
 
- Toily, sono appena arrivata. Dammi un abbraccio! – la accolse una biondina con un brillante sorriso, aprendole la porta e abbracciandola con trasporto. Così si incontrarono nuovamente “Toily” e “Lila”. Da piccole le due storpiavano continuamente i propri nomi, ma in seguito essi si appiccicarono ad ognuna di loro e rimasero i soprannomi in famiglia. Taylor era l’unica a pensare che assomigliassero più a due nomi per cani, piuttosto che a soprannomi qualunque.
 
Dopo due pacche sulla schiena e un sorriso finto stampato in faccia, Taylor salì con la cugina in camera sua, al primo piano, e cominciò ad ascoltarla, nonostante la sua mente fosse altrove.
La cosa che più le rodeva era che tutto ciò che diceva riguardo sua cugina fosse totalmente falso. Lisa Ruocco lasciava dietro sé cuori infranti, ma solo perché non voleva prendere in giro nessuno, se la persona non le piaceva. È stata mollata spesso, perché i ragazzi la usavano e si stancavano di lei. La cosa peggiore di tutte, però, era che forse a lei Cameron era piaciuto veramente e ciò faceva infuriare Taylor. Di tutti i ragazzi esistenti sul pianeta, lei doveva stare insieme proprio con il ragazzo che piaceva a sua cugina! Ovviamente Lisa non aveva idea della sua cotta per Cameron, ma fortunatamente per Taylor la loro era stata una relazione breve a causa della distanza.
La verità era che Lisa rappresentava la perfezione fatta diciassettenne: sembrava una dama narrata in un romanzo cortese, uscita dal proprio tempo per giungere ai giorni nostri e portarci la sua bellezza, intelligenza, simpatia e gentilezza.
 
Al solo pensiero Taylor stava per vomitare dal disgusto. “Che gusto c’è nell’essere perfetti? Chi vorrebbe mai una persona che non sbaglia mai e che vaga per il mondo con un sorriso che sembra cucito sulla bocca?” pensava spesso lei. Cercava persino di ingannare se stessa. In realtà non sapeva cosa avrebbe dato per avere un briciolo delle qualità di sua cugina ed essere finalmente vista come una persona forte, invece di una nullità.
Passò lentamente la giornata, tra battute e finte risate che nascondevano una profonda tristezza, finché tutti andarono a dormire e Taylor ebbe finalmente modo di piangere in silenzio, nel buio della stanza e protetta dalla coperta del letto, che stringeva come se potesse darle conforto.





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Eccomi! Sono tornata, e con me un bagaglio di lamentele scritte dalla storie percè sono incomplete. Oggi ho acceso il computer e ho sentito delle proteste in corso nella cartella Documenti ed è persino apparsa la finestra "Vedi di finire quelle storie o niente internet per due mesi. E prendo fuoco da solo!" Le storie si stanno ribellando, devo pur tenerle buone, no? u.u
Ora sono qui, più in forma che mai e con due mesi di assenza. Sono la feccia del mondo, loso - nessuno mi cercava, lo so - ma chi ti vuole?, lo so. Ehi, gente, non vi accalcate, c'è spazio per tutti e potrete insultarmi durante la pubblicità.
*stacchetto musicale*
Bene, sono tornata. A questo punto arrivederci! A preeeesto.

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Capitolo 4
*** IV ***


CAPITOLO 4

- Non pensi mai a quanto sarebbe forte formare una band? –
Jack e Alex erano chiusi in camera del primo, ascoltando i New Found Glory e bevendo birra.
A quella domanda, Alex guardò l’amico perplesso e replicò :- Non sono il tipo che si impegnerebbe in una band. L’unica cosa bella sarebbe avere le groupie da portarti a letto quando vuoi. –
- Ci starebbe. Rian è un genio alla batteria, io sono un genio alla chitarra e tu...Beh, abbiamo bisogno di un supporto. – disse Jack, ricevendo uno spintone alla spalla dall’altro. Accadeva spesso che i due si trovassero uno a casa dell’altro, occupando il letto o una poltrona, per poi parlare di tutto quello che passava per la loro testa.
 
- Come va con Nancy? – chiese Alex, lasciando subito cadere l’altro argomento.
- è troppo appiccicosa per i miei gusti. Uscirò con lei sabato e poi lascerò perdere. – rispose Jack dopo aver bevuto un sorso di lager. L’altro sbuffò e alzò gli occhi al cielo, ormai annoiato dalla cantilena che si ripresentava ogni volta.
 
- Tu, piuttosto! Cos’hai intenzione di fare con Jardine? – domandò Jack, improvvisamente attento e non più assorto.
- Cosa c’è da fare? Lei non mi sopporta e io non la sopporto. Non c’è molto da dire. È noiosa. – rispose Alex, senza prestare attenzione al dialogo, ma guardando fuori dalla finestra.
La camera di Jack era di forma rettangolare, piccola e contenente solo un letto, un armadio e una scrivania che si trovava di fronte alla finestra e la rispettiva sedia. L’insieme sarebbe risultato piuttosto povero, se Jack non avesse aggiunto i poster e sparpagliato vestiti per tutta la stanza, che quasi nascondevano la custodia della chitarra appoggiata all’armadio.
 
- Non puoi continuare così. Non ti vedo con una ragazza dall’anno scorso, quando sei uscito per due settimane con Demi. Devi anche pensare alla festa di Halloween! Vuoi presentarti da solo? – lo stuzzicò Jack, facendo leva sulla vergogna maschile, che vale almeno cento volte quella femminile.
- Non mi interessa la festa della scuola, posso non andarci. Se volessi trovarmi una ragazza, lo farei. Sai che non ho mai avuto problemi in questo. – affermò Alex, scuotendo la testa per spostare il ciuffo di capelli che gli copriva gli occhi.
 
L’altro lo guardò divertito e pensò di commentare quei capelli, ma si bloccò, pensando che prima o poi l’amico si sarebbe accorto che urgeva chiamare il barbiere. In effetti, pensò Jack, anche lui stesso non avrebbe mai ottenuto quel successo, se non avesse cominciato a mettere su peso e farsi crescere i capelli e la leggera barba che compariva sul suo mento. Solo un anno prima nessuna ragazza lo degnava di uno sguardo a causa della sua magrezza.
 
- Secondo me hai solo paura che ti rifiuti. Se non ne avessi, la inviteresti alla festa. – ribatté Jack, sicuro di ciò che stava dicendo.
- Non fare lo scemo! – lo ammonì subito Alex, però ridendo e stando in silenzio per qualche secondo.
 
- Tu non l’hai sentita: è sempre preoccupata della scuola e di tutte quelle cose da secchiona. – continuò il biondino dopo aver represso il sorriso.
- Non mi sembra una secchiona, anzi! Forse ascolta la nostra stessa musica, dovresti chiederglielo. – disse Jack, non lasciando quella linea di elogio per Taylor.
 
- Se ti piace tanto, perché non ci provi tu? – domandò prontamente Gaskarth, sorridendo poiché era sicuro che a quel punto l’amico non avrebbe saputo ribattere.
- Perché forse riesco a provarci con Holly. – rispose Jack con sorpresa dell’altro.
In primis, era assurdo che fosse riuscito a trovare un’altra ragazza in così poco tempo, ma in particolare Alex era sorpreso per l’obiettivo. Quella ragazza aveva brutta fama, che però poteva essere confermata solo dagli aitanti atleti compresi tra i diciotto e i ventiquattro anni.
 
- Amico, posso capire che tu ti senta stimolato dalle nuove sfide, ma la Madison guarda solo i giocatori di football. – disse Alex, cercando di far tornare in sé il ragazzo.
-Ma sentiti! “Stimolato dalle nuove sfide”...La Jardine ti ha contagiato con la sua secchionaggine? – replicò ironicamente Jack, cercando di far cadere la preda nella sua trappola.
- Non riesci proprio a piantarla con questa storia? – ribatté sull’orlo dell’esasperazione il biondino.
 
- No e ti spiegherò anche il perché. Io mi sono buttato e ho ottenuto risultati; tu invece, dopo che sei stato lasciato da Stella, hai messo il cartello “Chiuso per ferie” e non ti sei più dato da fare. Devi rimetterti in pista o le più carine se ne andranno con un paio di sfigati. – disse tranquillamente l’altro, nonostante avesse finito in poco tempo la birra e il suo sguardo fosse diventato leggermente vacuo. Quelle parole, seppur dette rozzamente da un diciassettenne non molto lucido, fecero breccia nella mente di Gaskarth, che si affrettò a pensare all’ultimo anno trascorso: Stella, la delusione, le due settimane con Demi, un’altra delusione, le discoteche da una botta e via e poi il vuoto. Tirando le somme di quegli ultimi mesi, Jack sembrava aver colto nel segno.
 
- Per questo ti dico di provarci con lei: non è male come pensi tu! È a posto, te lo assicuro.- continuò Barakat, notando che l’altro non proferiva parola. La sua sicurezza portò Alex a chiedersi per quale motivo parlasse di lei come se la conoscesse.
- Non mi farai cambiare idea. Vorrei dormire ogni volta che la sento parlare! Non siamo fatti per stare insieme. – disse Alex, frammentando il discorso in piccole frasi, poiché non sapeva più cosa dire per difendersi dalla coerenza del suo amico.
 
- Allora ti propongo una scommessa. – azzardò Jack, colto da un’improvvisa illuminazione. La reazione dell’altro si limitò ad uno sguardo sospettoso e al pensar bene a ciò che avrebbe voluto dire, finché non domandò: - Che tipo di scommessa? –
- Tu invita Jardine alla festa di Halloween e io rinuncerò in partenza ad Holly. – disse Jack, annuendo e rivolgendogli un sorriso, come se in questo modo tutti risolvessero i propri problemi.
 
Alex parve soppesare quella proposta, ma poi si convinse che quel simpaticone non avrebbe mai ignorato una ragazza come lei, in particolare se le sue quotazioni in campo sentimentale fossero salite ultimamente. In più, lui stesso avrebbe sprecato una serata ad andar dietro ad una persona che a malapena considerava. Che vantaggio ci sarebbe stato in un accordo del genere? Sarebbe stato meglio farsi due risate.
 
- Cambio le regole. Se io inviterò la Jardine a quella stupida festa, tu fingerai di essere sbronzo e andrai a chiedere cose sconce alle ragazze che incontrerai per strada la prossima volta che usciremo. – replicò il biondino con un sorriso soddisfatto sulle labbra. Sapendo che Jack non avrebbe potuto rifiutare, si cullò in un senso di sicurezza e allegria, forse dovuto più alla birra e alla situazione rilassata, che alla propria pensata.
 
- D’accordo. Sono sicuro che poi non la inviterai, hai troppa paura.- rispose l’altro come se non gli importasse minimamente di quello di cui stavano parlando.
- Non ho paura. – ribatté stupidamente Alex, sembrando offeso.
- Oh sì, ne hai! Lex è un fifone, un fifone. – cominciò a cantilenare Jack, bloccandosi presto e ridendo steso sul letto.
- Sei ridicolo. – commentò l’amico, dandogli un calcio alla gamba dalla sedia su cui si trovava, ma sorridendo divertito.
 
 
 
 
 
Studiare chimica non era mai stato facile, nemmeno per chi avesse un talento naturale nella materia. Per Jordan invece quella scienza rappresentava la morte.
- Mike, aiutami. A cosa mi serve la nomenclatura di questa roba? – domandò il ragazzo al suo tutor.
- Per riconoscere ogni sostanza o miscela. Devi ricordarti che i nomi sono complicati, ma quando avrai capito la logica e la struttura del composto ti verrà facile. – rispose pazientemente Mike, sistemando gli occhiali sugli occhi.
 
- Sono due ore che ci provo, non possiamo fare una pausa? – implorò Jordan, con la testa fra le mani.
- Solo cinquanta minuti, ma va bene. Tra poco ricominciamo però, ok? – disse Mike, sedendosi sulla sedia accanto all’altro.
I due si trovavano in una classe vuota per il programma di recupero di inizio anno. Chi era uscito con il debito l’anno prima sarebbe stato seguito da uno studente più esperto nella materia, il quale avrebbe guadagnato crediti formativi. Solo per questo motivo un ragazzo pacato e intelligente come Mike si era trovato a parlare con un combina guai come Jordan. Inizialmente il loro rapporto si era basato solo sullo studio, ma ben presto scoprirono di tollerare la presenza dell’altro, fino a pensare di gradirla. A quel punto divennero conoscenti a tutti gli effetti, ma nessuno dei due avrebbe mai pensato di dichiararsi amico dell’altro.
 
- Ok. – replicò semplicemente Jordan, prendendo in fretta il cellulare e cominciando a inviare messaggi e controllare vari social network.
- Metti via quel telefono! Ti distrae e basta! Non riuscirai a capire niente dopo. – lo ammonì Mike, parlando in modo stanco. Era stata decisamente una giornata pesante.
 
- Esci con qualcuna adesso? - domandò il biondo, cercando di calmarlo e di tenere di nascosto il telefono nel frattempo.
- No, nessuno accetterebbe mai di farsi vedere con me. – rispose seccamente il tutor, volendo troncare subito l’argomento.
- Perché?- domandò l’altro mostrando poco interesse.
- Perché non sono certo il tipo di persona che piacerebbe ad una ragazza! Siamo troppo diversi...- replicò il moro, accorgendosi di essersi aperto con una persona che non avrebbe dovuto sapere nulla della sua vita e a cui probabilmente non importava. Con sua sorpresa, all’altro invece interessava, nonostante all’inizio stesse ascoltando svogliatamente. A quella risposta, il suo insolito interlocutore infatti aveva alzato la testa e prestava attenzione.
 
- Non ho capito se il problema è trovare una ragazza o se quella che ti piace è già fuori dai giochi. – disse Jordan incrociando le braccia e appoggiandosi allo schienale della sedia.  
- Lei è troppo per me. Nessuno ci vedrebbe mai bene insieme: io sono un cesso, lei è carina; io sono un secchione, lei è un’alternativa che ascolta rock e punk e generi musicali di cui non mi intendo. – spiegò Mike con un disperato sospiro finale.
 
- Tu provaci lo stesso. Siete amici? Allora fatti avanti subito. Non lo siete? Cerca di conoscerla. Devi darti una svegliata! – disse Jordan con enfasi, felice di ricoprire finalmente il ruolo dell’insegnante e quindi di poter rimproverare il suo studente come lui faceva in altri ambiti.
- Mi vede come il suo migliore amico. Non c’è via d’uscita per questa situazione, sono destinato a lasciar perdere e a guardarla cambiare ragazzo dopo ragazzo. – ribatté tristemente Mike, dimenticatosi del suo corso di recupero.
 
- Ti darò una mano. Non esiste che lasci solo un fratello nel momento del bisogno. Io e Rian stiamo aiutando un nostro amico: se tutto andrà in porto, poi ci occuperemo di te, che ne dici? – propose il biondo, alzando il braccio per battere il cinque all’altro, ma, non vedendo una reazione in quel ragazzo, lo abbassò.
- Io non sono come voi. Io non batto il cinque e non vado ad azionare campane d’allarme per non essere interrogato in fisica. Io sono innocuo e invisibile. Non ho fascino, quindi perché dovrei piacerle? – rispose il tutor, trasportato dal proprio discorso.
 
- Ti prometto, Mike, che ti aiuterò con lei. Ti fidi? Mi hai aiutato ed è ora che io faccia la mia parte. – disse Jordan, guardandolo negli occhi e cercando di essere più solidale possibile.
Alzò il braccio e, aspettando qualche secondo, ottenne un cinque in risposta dall’altro. Forse si sbagliavano: dopotutto potevano essere amici.
 
- Come si chiama la tua amica? – domandò Jordan allegramente.
- Taylor. Taylor Jardine. – rispose Mike, ma si rabbuiò quando vide che l’altro sgranava gli occhi preoccupato.
 
 







 



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Ed eccomi di nuovo qui! Ho promesso che sarei tornata, perciò ora voglio un biscotto come premio. BISCOTTO.
No, scherzo, ma temo che questo sia l'effetto di troppe fanfiction...
Facciamo un punto della situazione? Dalla parte degli All Time Low abbiamo Alex, Jack e Rian, mentre da quella dei We Are The In Crowd ci sono Taylor, Mike, Cameron e Jordan. Nessuno si è chiesto che fine ha fatto Zack? Tranquilli, arriverà anche lui! Perciò io scriverò subito il quinto e voi...Preparatemi i biscotti. Grazie *distribuisce cuori e coriandoli e Gelatine tutti i gusti+1* (PS: Holly Madison è la ex fidanzata di Jack nella vita reale)

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Capitolo 5
*** V ***


CAPITOLO 5

Churchill Street era una via che collegava il centro alla periferia, tranquilla, piena di giardini e case bifamigliari che erano state costruite da poco. Tutto questo era il panorama di sette anni prima.
Ora i parco giochi nascondevano le bottiglie di birra e le siringhe con l’erba alta e incolta, mentre i muri dei centralini elettrici saltavano all’occhio per i loro graffiti colorati, con l’intonato che cadeva a pezzi, ed è proprio in questo ambiente che Jack venne a fare la conoscenza di Zachary Merrick.
 
La droga non era la ragione per cui quel ragazzo si rintanava in una strada tanto malfamata, ma sapeva bene che Holly abitava lì. Inizialmente si era chiesto se fosse il caso di passare da casa sua, dopo che Alex era tornato a casa e gli aveva messo la pulce nell’orecchio, per poi cambiare idea quando pensò che lei non lo conosceva. L’istinto però non lo mise di fronte ad una scelta, bensì lo catapultò tra i mozziconi di sigaretta e i vicoli stretti prima che lui stesso se ne rendesse conto.
 
Durante il tragitto si era reso conto che in fondo Holly non gli piaceva particolarmente, ma ormai si era puntato a provarci. Quella era una malinconia che Alex non poteva capire. Quel ragazzino si lamentava nonostante la sua vita fosse sempre così spensierata, così felice, che Jack aveva spesso voglia di mollargli due schiaffi e chiedergli di cosa diavolo si lamentasse.
Di certo non era lui che doveva combattere contro il diabete ogni santo giorno.
 
Nonostante la malattia al pancreas, Jack non aveva smesso di bere ogni sabato sera e trascorreva la sua vita come se nulla fosse, anzi, cercando di vivere più esperienze possibili. Non sarebbe vissuto a lungo, gli erano stati requisiti almeno venti anni dal momento in cui le analisi erano state confermate.
 
Jack quindi non capiva se quell’ossessione di avere una vita fuori dagli schemi e senza problemi né limitazioni fosse data dalla malattia o dal suo carattere stesso. Si ritrovò a pensare che Holly era un’autentica sgualdrina ed era svenevole solo con chi sembrava uscito da una rivista di intimo maschile e decise di cambiare strada. Svoltò al primo vicolo che trovò, senza preoccuparsi di andare a finire in brutti posti. Tra due muri grigi e sporchi, sostava un ragazzo intento a fumare una sigaretta, con due braccia muscolose che avrebbero potuto sollevare il cassonetto in fondo alla via senza troppi problemi.
 
- Merrick. – disse Jack, attirando l’attenzione del ragazzo.
- Barakat. – rispose l’altro con un cenno. Il suo piercing alla narice sinistra riluceva in un raggio di sole sfuggito alle nuvole che ricoprivano il cielo.
- Passa. – disse Jack, guardando il pacchetto in mano a Zack.
 
- Non sapevo fumassi. – dichiarò il ragazzo, lasciando che l’altro prendesse una sigaretta.
- Ogni tanto, ma so che tu fumi solo quando qualcosa non va. Che succede? – replicò Jack, con un atteggiamento distaccato che poco gli si addiceva.
- Malinconia. – spiegò Zack alzando le spalle. Non gliene fregava molto del mondo. Il fatto che fosse cresciuto con un’istruzione in casa data da una madre sempre impegnata a fare altro non l’aveva reso un amante delle relazioni sociali.
 

Erano passati otto mesi da quel giorno di febbraio. Jack girovagava in quei vicoli perduti e dimenticati da tutti per abbreviare il percorso verso casa, ma gli bastò avanzare per pochi metri per incontrare tre teppisti del posto. Tra loro tre, uno sembrava avere un’aria particolarmente indisponente, come se gli bastasse schioccare le dita per decidere il destino di qualcuno.
- Bella maglietta, amico, sembra quasi nuova. – cominciò questo, indicando la maglia con la scritta “BONER”. – Te l’ha lavata e stirata la mammina? –
Jack sembrava aver perso l’uso della parola, ma continuava ad aprire la bocca, cercando di riprendere l’ironia che lo caratterizzava. Il silenzio era un’arma a doppio taglio: la situazione poteva migliorare, come poteva semplicemente peggiorare.
- Avrai sicuramente dei soldi dietro. – continuò il tizio, avvicinandosi e fingendo un tono pacato.
- Veramente sono al verde, più al verde del prato e dei deliziosi capelli del tuo amico. – replicò disperatamente Jack con un sorriso molto tirato.
- Non sei simpatico, stronzo. Svuota le tasche o ti appendiamo al palo della luce. – ribatté il teppista, adottando il tono brusco e provocatorio. Gli aveva già tirato un pugno quando fu interrotto.
 
- Mike, ti consiglierei di lasciarlo perdere. – disse stancamente un ragazzo dai ricci capelli castani che aveva notato la scena.
- Zack, amico mio! Sembri in forma.  Ci occupiamo di questo frocetto e poi ti ascoltiamo. – disse allegramente il teppista di nome Mike.
- Mi devi un favore, ricordalo. Lascialo stare. – ribatté secco Zack. L’altro parve incupirsi e dopo qualche secondo di riflessione decise di allontanarsi.
- Ok, ma solo perché hai mantenuto il segreto. – rispose Mike con tono minaccioso, voltandosi per andarsene, seguito a ruota dagli altri due.
 
- Grazie, mi avrebbero pestato. – disse Jack dopo un sospiro di sollievo e un massaggio all'occhio colpito, ma quel ragazzo riccio l’aveva ignorato ed era tornato ai suoi impegni.
- Ehi, dai, ascoltami! Sei un genio, ti devo ringraziare. – gli urlò dietro Jack e corse per raggiungerlo.
- Vuoi ringraziarmi? Lasciami in pace e a mai più rivederci. Così siamo pari. – sputò seccamente Zack.
- Che favore hai fatto a quel tipo? Da queste parti sono tutti messi male, deve essere qualcosa di grosso perché non mi abbia riempito di calci. – disse l’altro, ignorando il riccio. Da parte sua, Zack pensava che avrebbe potuto lasciare quel petulante ragazzo al suo destino, invece di trovarselo tra i piedi.
- Hai intenzione di seguirmi? – domandò il riccio dopo qualche secondo di silenzio e camminata.
- Sì, mi stai simpatico. Non parli molto, ma sei a posto. – rispose Jack tranquillamente. Zack alzò impercettibilmente le sopracciglia, sorprendendosi per quella risposta: nessuno l’aveva mai ritenuto “a posto”. Lui era sempre stato il bambino silenzioso e invisibile del quartiere malfamato o il ragazzo muscoloso che non ispirava fiducia.
 
Così, in questo modo strano, era iniziata un’amicizia particolare, di cui nessuno era a conoscenza. Si vedevano qualche pomeriggio per parlare della propria vita in generale, ma nessuno di loro sapeva molto dell’altro. Conoscevano le proprie ombre interiori e i loro rimpianti, eppure Jack non aveva idea di cosa l’altro facesse il resto del tempo o della sua situazione famigliare. Parlavano di loro stessi e questo bastava: avevano trovato una persona che li comprendeva, perciò non necessitavano di altri argomenti.
Jack non poteva sapere che la madre di Zack faticava ad arrivare a fine mese, ma era una cosa a lui nota che volesse essere normale e passare il sabato sera con i suoi amici normali come un ragazzo normale. Zack non sapeva delle numerose storie di Jack, ma era sicuro che avesse il diabete e rimpiangesse i propri momenti di eccesso e pazzia perché gli avevano sempre causato solo guai.
L’unica cosa che nessuno dei due sapeva è che in poco tempo si sarebbero trovati più vicini di quanto non fossero.
 

- Che ne diresti di fare un giro? – propose Jack, tornato dal flashback che lo aveva assalito.
- Mi scoccia. Qui sto comodo. – rispose Zack appoggiato al muro.
- Almeno sediamoci su una panchina. Mi sono stancato di stare in piedi. – replicò l’altro ridendo, al che il riccio non disse nulla e se seguì l’amico verso la strada principale.
- Non mi hai mai detto che favore hai fatto a quel tizio che stava per picchiarmi. – buttò lì Jack, curioso di saperlo. Zack si limitò a grugnire di disapprovazione e decise di lasciar perdere.
- Non puoi tenermi sulle spine così! – protestò Jack, spintonandolo, ma vide che l’altro non si era spostato di un millimetro e mise il broncio. Appena Zack lo notò sbuffò e scosse la testa sorridendo: che ci poteva fare con quello? Ormai era diventato suo amico ed era difficile scrollarselo di dosso.
 
- Prima o poi dovrò presentarti Alex e Rian. Non so se andreste d’accordo ma potreste provarci. – disse Jack all’improvviso, sollevando l’argomento. A quella proposta, il volto di Zack si scurì: si sentiva geloso quando il suo amico nominava persone che non conosceva e questo Alex sembrava piuttosto frequente nelle frasi dell’altro.
- Non so neanche chi siano. Parli di gente e non so a chi ti stai riferendo, mi sento fuori luogo e non è bello. – disse seccamente il riccio.
- Calmati. Che ti prende? – domandò l’altro preoccupato.
- Allora da adesso fai parte della nostra compagnia. Vieni con noi ad una festa sabato? – continuò Jack con tono rassicurante e capendo il problema dell’altro.
- No. Io non giro il sabato sera e in più mi sentirei d’intralcio. Non mi conoscono, non mi rivolgeranno la parola. – rifiutò Zack, credendo di essere un peso per il mondo.
- Scordatelo, ti accoglieranno bene! Sei troppo negativo, devi rilassarti. – replicò l’amico con allegria.
-  Basta, Jack. Smettila di rompere le palle. – disse il riccio, infiammandosi e lasciando il silenzio tra loro due.
 
- Cercavo solo di aiutarti. – sussurrò Jack con i grandi occhi puntati sull’altro.
- Non capisco nemmeno perché mi stai vicino. Uno come te dovrebbe girare al largo da un asociale. – disse Zack tra i denti, sedendosi su un muretto.
- Sei mio amico. Ci sto bene con te, a volte credo tu sia l’unico che mi capisca davvero. Chi mi sta accanto da troppo tempo si sta stancando di me, tu invece mi ascolti. – rispose l’altro, guardando il marciapiede. A quella risposta il riccio si zittì, poiché non sapeva cosa replicare oppure perché preferiva non discutere.
- Fidati, non sto con te perché mi fai pena o cose simili. Vorrei anche che ti unissi al mio gruppo, così non ti sentiresti tanto solo. – continuò Jack, cercando di convincere il proprio amico. Stava pensando a come terminare il discorso, quando udì uno sbuffo e vide Zack voltarsi verso di lui.
Gli sorrise, sperando di inviargli un po’ di sicurezza che gli mancava e l’altro lo invitò a sedersi accanto a lui.
 
- Pensi mai a come le persone si incontrano? È strano. – disse Jack dopo qualche secondo.
- Parli del destino? Io non ci credo. Ognuno fa quello che vuole e poi subisce le conseguenze: secondo me funziona così. – replicò Zack, guardando il cielo che si era liberato da alcune nuvole.
- No, sembra troppo assurdo. Io credo ci sia qualcos’altro. Non sto pensando a chissà quale divinità, ma a uno schema. Ognuno di noi ha delle strade e da quelle strade poi ci sono altri rami, come un grande diagramma. – ribatté l’amico, fermamente convinto di ciò che diceva, ma l’altro iniziò a ridere.
- Che c’è? – domandò Jack sulla difensiva.
- è quello che ho detto io, idiota. – spiegò Zack, prendendo la testa dell’altro e strofinando.
- Dai, piantala! Te la farò pagare un giorno. Ricorda le mie parole. – lo minacciò scherzosamente Jack, con la testa bloccata da un suo braccio muscoloso.
In effetti era strano come quelle due persone fossero entrate in contatto, appartenenti a mondi diversi. Nonostante tutto, c’era una profonda amicizia tra loro, ma per uno dei due, era molto di più.
 
 
 





 
 
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Scusate per il ritardo di due settimane, ma ho avuto un po' da fare. Mi sono accorta che la mia storia è troppo superficiale e ovlevo aggiungere qualche fattore problematico. Vi piace l'entrata di Zack? Fatemi sapere!

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Capitolo 6
*** VI ***


CAPITOLO 6

- Ti spiacerebbe comportarti come una persona normale una volta tanto? –
Taylor doveva sopportare ancora Gaskarth all’ennesima lezione di spagnolo ed era inutile aggiungere che non stavano affatto facendo progressi.
Alex infatti aveva iniziato a togliersi un chewing-gum appiccicato alla suola della scarpa con un paio di forbici e ignorava completamente la sua compagna di studi.
 - Non è colpa mia se buttano le cose per terra! Io non giro con una schifezza nella scarpa. – si difese il ragazzo.
- Io sto parlando con una schifezza fatta persona, quindi...- rispose Taylor con un sorriso tirato e alzando le sopracciglia, mentre Alex la guardava con sufficienza.
- Doveva far ridere? – chiese lui retoricamente.
 
- Come facciamo con l’interrogazione? La prossima settimana vuole sentire cosa abbiamo da dire. – disse la ragazza con una leggera ansia nella voce.
- Sei sicura di conoscere la Garcia? – domandò Alex dopo un po’.
- No, seguo il suo corso da quest’anno, ma se ci dice di lavorare, significa che dobbiamo farlo. – rispose Taylor leggermente irritata. A quella risposta si bloccò e guardò di sfuggita Gaskarth, che stava sorridendo malignamente: per quanto sperasse il contrario, aveva colto il doppio senso involontario.
- Ormai non è più divertente. Dici sempre le stesse cose e prenderti in giro non ha più gusto. – disse lui sospirando.
 
- Tu staresti cominciando a stare bene con me? – chiese l’altra perplessa e stupita.
- No, ma mi ci sto abituando. È molto diverso. – replicò Alex e poi aggiunse: - Però non sei divertente. Non riesci a farmi ridere per quanto tu ti sia sforzando. –
- Non mi sto sforzando di fare niente. Voglio solo che abbiamo un rapporto civile, visto che siamo conoscenti. – ribatté acidamente Taylor, prendendo la matita e picchiettandola sul banco per il nervoso.
- Cerchi di farmi ridere con battute stupide, me ne sono accorto, sai? Non starai forse prendendo una cotta per me? – la provocò Alex con un’occhiata investigatrice.
- Scordatelo. Io? Non essere idiota. – rispose lei seccamente, arrossendo. Alex non le piaceva, ma ponendola davanti a discorsi simili con una persona che la osservava la metteva a disagio. L’altro invece sghignazzava: finalmente aveva trovato come divertirsi nuovamente con quella ragazzina.
 
Taylor pensava a come sarebbe stato se Gaskarth le fosse piaciuto veramente: si sarebbe comportata come con Cameron e sarebbero diventati amici oppure avrebbe dovuto sopportare le battute di un gruppo di stupidi insieme a quelle del suo amato? Non riusciva ad immaginare una situazione simile, perché sapeva che lei non si sarebbe mai abbassata ad essere umiliata tanto.
 
Alex invece ragionava sulla scommessa: forse era il momento adatto per vincerla e godersi uno spettacolino, sia per la penitenza futura di Jack, sia per la reazione che la Jardine avrebbe avuto.
Non era certo il tipo da lasciarsi perdere un’occasione simile e ovviamente non lo fece.
- Allora visto che non ti piaccio, non ti dispiacerebbe se io ti invitassi alla festa di Halloween. – disse Alex con tono ironico annuendo.
- Ovvio che non mi dispiacerebbe. Così mi daresti la soddisfazione di dirti “piuttosto mi butto da un ponte” oppure “piuttosto mangio un secchio di vermi” o “piuttosto mi faccio venire il vomito ficcandomi due dita in bocca”. – replicò Taylor con la stessa ironia e finta allegria dell’altro.
Alex la guardò aggrottando le sopracciglia e lei aggiunse: - Se preferisci posso risponderti “piuttosto mi butto da un ponte mentre mangio un secchio di vermi e cerco di vomitare. –
- Grazie, hai reso l’idea. – disse lui, sorpreso da come lei si fosse ripresa in così poco tempo.
 
 La professoressa Garcia entrò in quel secondo dalla sua pausa caffè improvvisa e il brusìo si placò.
- La ringrazio, signor Anderson, lei è davvero gentile. – disse lei con una voce smielata.
- Nessun problema, è stato un piacere. – rispose un professore di bell’aspetto sulla soglia della porta.
- Allora arrivederci e spero potremo incontrarci presto, magari per un caffè o una cena. – replicò la professoressa, spostandosi i capelli con un gesto plateale. Metà della classe stava già ridendo.
- Certamente. – rispose lui dopo qualche secondo di perplessità e se ne andò in fretta, lasciando la signorina Garcia a sospirare.
 
- Ragazzi, sono felice di annunciare che potete lasciar perdere quell’assurdo progetto. Preferisco parlarvi di un libro meraviglioso, prestatomi dal professor Anderson, il supplente di fisica. – dichiarò la professoressa con un sorriso stampato in faccia, sedendosi con grazia sulla sedia.
La metà che prima non aveva ridacchiato, cominciò subito a farlo. Taylor in particolare sorrideva divertita e sembrava confusa, non aspettandosi una reazione simile.
- Succede ogni volta. Quando inizia l’anno, quel mastino abbaia contro tutti perché non ha trovato nessuna storia estiva e se arriva un nuovo supplente comincia a flirtare e scodinzolare. – spiegò in breve Alex, indicando la donna dietro la cattedra.
- Quindi non avete finito neanche un progetto? – domandò sorpresa Taylor.
- No, qualcuno l’abbiamo completato. Me ne ricordo uno dell’anno scorso, ma in quel momento era incazzata: il suo “uomo”, probabilmente l’unico della sua vita, l’aveva lasciata quando ha cominciato a parlare di matrimonio. – rispose Gaskarth pensando. Quell’informazione gli era stata data da Rian, in seguito ad una crisi isterica della Garcia in cui scoppiò a piangere e parlò di quanto gli uomini fossero insolenti, arroganti e sleali. E subito dopo diede una nota a tutti gli studenti maschi della classe.
 
- Quella donna è pazza. – commentò Taylor, dopo aver ascoltato la storia raccontata da Alex.
- Ci puoi giurare. Secondo me ha il ciclo perenne. – replicò lui e sussultò quando sentì Taylor ridere: non c’entrava niente con la risatina dolce che aveva sentito qualche giorno prima, quella era simile al guaito di un cane.
- Ma che risata hai? – disse il ragazzo, guardandola con due occhi sgranati e cominciando a ridere anche lui.
- Scusa, so che è assurda, ma non sono riuscita controllarmi stavolta. – spiegò lei, tra un guaito e un altro.
- Stavolta? Cioè, volevi fare così altre volte? È fantastico! Voglio registrarti. – disse subito Alex, ma la ragazza preferì respirare profondamente e riprendersi, invece di continuare ed essere presa in giro. Quell’atmosfera rilassata aveva trasformato gli animi di entrambi: erano amichevoli l’uno verso l’altra e scherzavano, cosa che in condizioni normali non sarebbe mai accaduto.
 
- Eri serio quando volevi invitarmi alla festa? – domandò Taylor, allegra per lo sfogo precedente.
- Certo. Non puoi entrare se non sei accompagnata, sarebbe triste. Entriamo insieme e poi ce ne andiamo per i cazzi nostri. Almeno possiamo passare una bella serata. – rispose Alex alzando le spalle. La campanella suonò in quel momento e lei sembrò tornare in sé, accorgendosi istantaneamente della situazione.
- Io però non voglio venirci con te. – ribatté la ragazza alzando un sopracciglio e andandosene in fretta con la borsa in spalla, senza guardare la faccia di Gaskarth, con la bocca aperta dallo stupore per il cambiamento repentino.
 
 
L’armadietto di Taylor aveva raggiunto un disordine tale da non riuscire più a contenere i fogli sparsi delle diverse materie. Fogli, oggetti e a volte anche quaderni cadevano ogni volta che l’anta era aperta e lei era costretta raccoglierli da terra. Quel normale rito mattutino l’aveva inconsciamente portata a immaginare scenari in cui Cameron passava per caso e raccoglieva il suo quaderno nello stesso istante in cui lo faceva lei, portando così al toccarsi le mani...
Fino a quel momento era solo riuscita a farsi pestare tre dita da un ragazzo che, nonostante le ripetute e sincere scuse, non aveva ancora perdonato.
Così non si stupì quando raccolse in solitudine i suoi fogli di algebra e si promise nuovamente e invano di rimettere a posto quel metro quadrato di casino totale.
 
- Buongiorno. – disse Cameron, salutandola con un cenno della testa. Taylor stava per replicare al saluto, quando l’altro guardò dentro l’armadietto e fece una divertita smorfia di disappunto.
- Sei allergica all’ordine? Me lo chiedo da anni. – commentò lui, ricordando lo stato della camera della sua amica.
- Ho solo qualche problema di organizzazione. – disse lei, concentrandosi su come far entrare un quaderno in quel straripante mare di carta e appunti scribacchiati a matita e penna.
- Ti ha invitato nessuno per la festa di Halloween? – domandò tranquillamente Cameron, senza sapere quale reazione suscitò quella domanda in Taylor.
La catena di pensieri che venne a formarsi apparteneva alla solita serie che trovavano la stessa soluzione: era palese che lui la considerasse una semplice amica, perciò era normale voler sapere le novità, giusto? Questo ragionamento razionale non le impedì di provare un moto d’orgoglio e compiacimento mentre diceva: - Un ragazzo, niente di importante. Non ho accettato. –
 
Sperava di scatenare una scintilla di gelosia nell’altro o perlomeno interesse; ciò che invece non si aspettava era quello che rispose.
- Perché non hai accettato? Secondo me dovresti: se ti ha invitata significa che gli piaci. Lo conosci? – replicò Cameron. A chiunque una risposta simile sarebbe parsa banale e amichevole, stranamente anche Taylor se ne accorse, perciò decise di ribaltare il discorso.
- Tu invece hai invitato qualcuno? – chiese lei con nonchalance. Aveva deciso di adottare un atteggiamento distaccato per fargli vedere che lui non era la sua ragione di vita, cosa che non poteva sapere dopotutto.
 
- Sì. – rispose il ragazzo con tono compiaciuto e faticava a trattenere un sorriso.
- Chi?- la domanda di Taylor fu fin troppo secca e acida, tanto che l’altro la guardò preoccupato, come a chiederle se andasse tutto bene. Quando cominciò a parlare però Cameron riprese il suo tono allegro e soddisfatto.
- Sai, Lisa resta fino a domenica e il ballo è sabato, perciò ho pensato di...- cominciò lui, senza sforzarsi di trattenere la gioia.
- Di invitarla per avere la vostra serata speciale e poi addio e arrivederci e sono tutti felici e contenti. – sbottò all’improvviso Taylor, accalorata dalla rabbia tanto da dire parole senza un senso vero e proprio. Si sentiva inerme e inutile, come se non potesse fare niente per migliorare la situazione. Si sentiva abbandonata e dimenticata da tutti, come se il suo destino comprendesse solo subire dardi infuocati che le trapassavano il cuore, lacerandolo e distruggendolo pezzo per pezzo.
 
Senza aggiungere altro, la ragazza se ne andò, chiudendo l’armadietto con tutta la calma di cui disponesse. A chi importava ormai? Era già scoppiata di rabbia e le lacrime erano solo la prossima tappa, perciò si chiuse in bagno, dove le guance si bagnarono e le gocce caddero fitte sulle pagine del quaderno che teneva sulle ginocchia.
Allora cominciò a pensare: e se potesse cavarsela? Se non soffrisse più, come reagirebbe? Cosa farebbe una persona a cui non importa? Sostituirebbe la mancanza.
Uscì in fretta dal bagno delle ragazze, nell’immediata ricerca di un accompagnatore che avrebbe dimostrato la sua totale indifferenza per quella coppietta felice.
 
L’urto con un’altra persona la costrinse a massaggiarsi la spalla destra. Stava per urlare infuriata, quando si accorse che era esattamente la persona che stava cercando.
- Gaskarth, ho bisogno di parlarti. – iniziò lei con decisione. Una lacrima fuggiasca scese dall’occhio e lei la asciugò subito, mentre Alex la guardava con apprensione.
- Verrò al ballo con te. –
 
 
 





 
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Eccomi di nuovo qui, sono impressionata dalla mia velocità nell'aggiornare...
Spero che vi piaccia questo caitolo perchè fin'adesso la storia è stata molto leggera, ma se ci riuscirò (forse sì, forse no), aggiungerò qualche dettaglio che farà luce sulle ombre di ognuno.
Fatemi sapere e a presto!

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Capitolo 7
*** VII ***


CAPITOLO 7

La settimana avanzò in modo scialbo e anonimo, senza accelerare il suo scorrere per permettere ad una isterica ragazza del 28 di Manchester Street di passare la serata peggiore della sua vita e poi dimenticarla all’istante. Ormai si era rassegnata al trovare una scusa che le sbarrasse le porte di casa propria e le concedesse una tranquilla e rilassante serata in casa, senza dover subire la presenza di un irritante accompagnatore inaspettato.
Fingersi malata avrebbe solamente accresciuto la quantità di imbarazzo a cui Gaskarth la sottoponeva e per di più preferiva divertirsi, possibilmente lasciando Alex in un angolino e pensando ai fatti suoi.
A quel punto, tanto valeva cominciare a prepararsi. Quale colore le stava meglio? Il blu o il nero?
Mentre ci pensava, Taylor andò in cucina per prendere una coppa di gelato e un cucchiaino: dopotutto perché avrebbe dovuto pensare a stomaco vuoto?
 
 
- Questa roba fa schifo. –
- Lo so, sarà pazzesco. Ci faremo due belle risate, fidati. –
- Secondo me ci ammazzeranno. –
- Anche quello, però moriremo felici: è un lato positivo. –
- Sono già abbastanza incazzati per conto loro...-
- E vorresti perderti quest’occasione? –
- Scherzi? Facciamolo! -
 
 
Il cielo stava sfumando lentamente dal rosato al celeste e le luci si accendevano all’improvviso, come se avessero dormito fino a quel momento. Stranamente le strade dei quartieri residenziali erano gremite di automobili che andavano e venivano per scaricare persone, viaggiare da una parte all’altra e correre con gli pneumatici color asfalto per tutta la città.
Persone della stessa età reagivano diversamente davanti ad un semplice ritrovo fra studenti: chi si grattava la pancia davanti alla televisione o chi passava ore con la testa nell’armadio; chi cercava disperatamente una compagna o chi osservava la propria cugina perfetta sfilare con la sua silhouette perfetta e con il suo vestito lilla che le stava perfettamente.
Alla fine, la sera calò per tutti, portandosi via parte della tensione che le ragazze in particolare provavano. Effettivamente non tutte erano entusiaste all’idea di partire, ma ormai il danno era fatto e Taylor si ritrovò in macchina con Lisa, somigliante ad una modella di copertina, grazie al suo vestito con lo scollo a cuore, mentre lei era infagottata in un abito blu notte.
 
- Stai benissimo, Toily. – disse Lisa con un sorriso gentile e un battito di ciglia opportunamente allungate e definite con il mascara.
- Mi sembra di essere un insaccato. – si lamentò l’altra, che sarebbe morta piuttosto che chiamare sua cugina “Lila”, e provò a sistemarsi, ma senza ottenere risultati soddisfacenti.
- Sei splendida invece. Hai delle bellissime curve e quel vestito te le valorizza. – commentò Lisa con fervore.
- Io però non mi vedo così. – sospirò Taylor con un sorriso triste. Il riflesso dello specchio inviava ai suoi occhi immagini sbagliate, sproporzionate e ingiuste; le abbassava costantemente l’autostima.
- Dovresti cominciare. – replicò sua cugina con un tono incoraggiante. Erano questi i momenti che Taylor odiava di più: non aveva un solo motivo per detestare quella ragazza, perciò si sentiva male nel constatare che, mentre lei stessa la guardava male, Lisa incitava le persone a vedere il meglio di loro stesse e le aiutava il più possibile. Le emozioni erano contrastanti, poiché sentiva di non sopportare e allo stesso tempo di essere amica di Lisa.
 

- Jack, sei pronto? Sei lì dentro da tre ore, peggio di una ragazza. – si lamentò Alex, bussando alla porta del bagno di casa propria.
- Adesso arrivo, dammi il tempo di mettermi a posto, cazzo. – urlò in risposta Jack, infuriato per una ragione non precisa.
- Datti una calmata! Rian ci aspetta davanti all’entrata. – replicò il biondino accalorandosi.
- Sarà con Cassadee a limonare da qualche parte. – commentò acidamente l’altro.
- Si può sapere che hai? – domandò Alex, aprendo di colpo la porta e trovando l’amico che si schiacciava brufoli davanti allo specchio.
- Stai scherzando, vero? – commentò lui con un’occhiata di fuoco dopo aver visto quella scena.
- Sto lottando contro un punto nero che non se ne vuole andare.- si giustificò Jack.
- Fuori da casa mia! – ordinò Alex e lo prese per il colletto della camicia, trascinandolo di peso giù per le scale.
 

- Era ora che arrivaste, ci avete messo un’eternità. – disse Rian senza salutarli e tenendo un braccio attorno alla vita della sua ragazza.
- Non che tu ti sia annoiato, eh. – ribatté Alex guardando Cassadee, ancora inacidito per prima.
- Siete da soli? Pensavo aveste invitato qualcuno. – continuò Rian ignorando l’amico.
- Io sono solo. Non mi interessa avere qualcuna per una festa, è una cosa stupida. – rispose Jack alzando le spalle, mentre Alex lo guardava ghignando.
- Holly gli ha dato un due di picche. – sottolineò il biondino, suscitando una risata canzonatoria da parte di Rian.
- Non mi ha dato un due di picche. Ho deciso io di non invitarla, per non caderle subito ai piedi. Sto elaborando una strategia e vedrete che funzionerà. – assicurò Jack con tono professionale. Cassadee si sentiva fuori luogo in quella riunione tra ragazzi e stava zitta, appoggiata al suo fidanzato.
- E tu, Alex? – chiese Rian, rivolta all’altro che stava per rispondere, quando fu interrotto.
- Alex, sta arrivando la tua dama. – lo sfotté Jack, scuotendolo per una spalla. Il biondino si girò visibilmente scocciato, ma dovette ricredersi.
 
Taylor stava scendendo dall’auto di sua madre in compagnia di due persone, un ragazzo e una ragazza, che Alex non conosceva e sembrava di pessimo umore. Avvicinandosi verso di lui pareva più spaesata che imbronciata, ma Alex non ci badava: i suoi occhi percorrevano tutta la figura della Jardine, dal vestito blu che le fasciava il corpo ai tacchi che le erano stati imposti dalla cugina e dalla madre.
- ...Alex. Hai un rigonfiamento nei pantaloni. – gli fece notare Jack, seguito dalle risate sue e degli altri.
- Cosa? – sussultò il biondino e si abbottonò la giacca, sperando che si notasse meno.
- Niente da fare. – commentò Jack, analizzando la sua mossa e soffocando le risa con una mano.
 
In quel momento Taylor, che non aveva prestato attenzione all’accaduto, li raggiunse e cercò di contenersi e cominciare la serata.
- Buonasera. – disse lei seccamente, rivolta ad Alex.
- Buonasera. – le rispose il ragazzo, però con un tono seducente, un sorriso stampato in faccia. Nessuno dei due se lo aspettava: che serata sorprendente, se una ragazza noiosa diventa interessante e un ragazzo arrogante gentile!
- Allora andiamo? – domandò Taylor a disagio. Non capiva se Gaskarth la stesse nuovamente prendendo in giro o fosse serio. In realtà non riusciva proprio a capirlo e basta.
Alex si limitò ad annuire, ma assunse un’espressione perplessa: perché si era comportato in quel modo? Lui non la sopportava, l’ha invitata per una semplice scommessa.
Anche se non poteva negare che stesse benissimo. Anzi, più che benissimo. Era...
No. La Jardine era la solita nerd da latte alle ginocchia.
Eppure qualcosa gli diceva che c’era di più...Taylor forse aveva una luce negli occhi, chi lo sapeva? Di certo non lui: le aveva guardato tutto tranne gli occhi.
 
Mentre Alex lottava con due fazioni in testa, Taylor avanzava a piccoli passi, non abituata a camminare su quelli che lei chiamava “trampoli”.
Entrarono a fatica, con un cavaliere che si guardava intorno spaesato a causa dello scontro in testa e una dama che non sapeva dove mettere i piedi.
- Ok, parliamone. Avevi detto che saremmo entrati e poi ci saremmo separati. Quando ci salutiamo una volta per tutte? – domandò Taylor, facendo sussultare l’altro.
- Aspetta. – disse lui dopo un’infinità di tempo.
- Non trovo più i miei amici e non credo tu conosca qualcuno qui. Non ha senso stare da soli, potremmo girare insieme finché non troveremo qualcuno dei nostri. – continuò Alex, decidendo di porre fine a quei dubbi. Per un maschio era sempre stato difficile andare contro i propri principi e uno di questi era la prima impressione. Valeva la pena di dare a quella un’altra possibilità?
 
Taylor lo guardò con sospetto: non riusciva a capire cosa stesse accadendo a Gaskarth, sembrava più strano del solito.
- Non mi fraintendere, è solo che...non mi piace la solitudine. – cercò di giustificarsi lui, mentre l’altra annuiva diffidente.
- Ti capisco, non è bello ballare da soli o non avere nessuno con cui parlare ad una festa. – concordò Taylor, scegliendo di deporre le armi e di abbandonare l’asprezza.
Stavano entrando nel corridoio in cui la mandria di ragazzi e ragazze affluiva, quando furono interrotti da una presenza intrusa che si pose tra loro due.
 
- Alex, ciao! – disse Jordan arrivando all’improvviso e dandogli una pacca sulla spalla con entusiasmo esagerato.
- Tu devi essere Taylor! Alex mi ha parlato tanto di te. – continuò lui stringendo vigorosamente la mano alla ragazza, che lo guardava con un sorriso a metà tra il sorpreso e il divertito.
- Ora devo andare, ma spero ci rivedremo! Mi occupo dell’organizzazione del tunnel stregato di Halloween, passate a vedere il lavoro! – urlò Jordan mentre camminava velocemente verso il corridoio vuoto, opposto all’entrata della palestra.
- Amico tuo? – domandò divertita Taylor, indicando il corridoio in cui l’altro era appena sparito.
- Io non lo conosco. – rispose ironicamente lui, guardandola negli occhi e fingendosi serio.
- E come giustifichi il “Alex mi ha parlato tanto di te”?- chiese lei. L’arrivo di Jordan era stata una benedizione, aveva allentato la tensione tra i due.
 
- Io non ho mai parlato a nessuno di te! Perché avrei dovuto? – disse Alex, ma non si era accorto che Taylor pensava fosse ancora ironico.
- Dai, smettila e entriamo. – replicò lei con il suo sorriso migliore e non guardando dove stava appoggiando il piede, ottenendo così una scivolata e un’istantanea risata da parte di Gaskarth.
- Madame. – disse il ragazzo, tendendo un braccio e sghignazzando.
- Oh, va’ a quel paese. – rispose Taylor non riuscendo a trattenere una risatina e alzandosi con l’aiuto del suo accompagnatore.
 
- Sai, non pensavo potessi avere tanta grazia mentre cadi. – cominciò Alex, appena ebbero raggiunto il tavolo con il cibo e le bevande, e la imitò, suscitando un finto broncio e una linguaccia nell’altra.
- Io non agito le braccia in quel modo. Sembrava stessi annegando. Se vuoi, posso fare in modo che accada mettendoti la testa nel punch. – propose Taylor facendo un sorriso stupido.
- Sei simpatica insomma. – commentò lui, fissandola per metterla a disagio. Era così carina quando arrossiva, se n’era accorto in classe.
- Molto. – rispose la ragazza incrociando le braccia in atteggiamento di sfida. Alex invece alzò l’angolo della bocca e sbuffò, poi guardandola di nuovo: non sembrava la stessa ragazza timida di qualche giorno fa.
 
- Salve, bella serata, non trovate? – li interruppe Jack, mettendo le braccia attorno al loro collo.
- Jack, non dovevi intortare Holly? – domandò Alex stizzito.
- Faccio una pausa, non posso? Ho forse interrotto qualcosa? – chiese a sua volta l’altro, prendendo un biscotto dal tavolo.
- No, ma credevo non ti avrei visto fino alla fine. – rispose il biondino con un sorriso tirato, mentre Jack sgranocchiava il biscotto, come se non si accorgesse del ragazzo a fianco a lui.
- Invece sono qui! Non sei felice di vedermi? – disse Jack, ben sapendo la risposta. Vedere la faccia incarognita di Alex era stupendo, ma non li stava infastidendo per diletto: aveva una missione da compiere dopotutto e lui sarebbe stato ben felice di completarla.
- Contentissimo. – replicò Alex con un sorriso sempre più tirato. Sembrava volesse strangolare il suo amico in una mossa veloce e pulita.
- Siete già passati nel tunnel stregato? – domandò l’altro, rivolgendosi a Taylor, che non aveva pronunciato una parola dall’inizio del discorso.
- No, la festa è appena iniziata. – rispose lei, sapendo che nessuno poteva esserci già andato.
- Allora vi accompagno io! Sono sicuro che vi divertirete. – disse Jack, spingendoli verso l’uscita e dirigendoli verso un corridoio vuoto senza che loro opponessero resistenza, nonostante fossero perplessi.
 
Una decina di studenti sostava davanti all’entrata, in cui una mummia piuttosto realistica faceva passare le persone con una voce cavernosa.
- Io sono già entrato. Jordan mi ha detto che ci saranno delle sorprese e non voglio rivelarvi niente. – confermò Jack aspettando in fila con loro per assicurarsi che non si separassero.
- Entrate. – disse la mummia con una voce proveniente dagli inferi e quando passarono, prese la spalla di Taylor, facendola sussultare.
 
L’interno del tunnel era buio, tanto da non riuscire a vedere le facce degli altri, e, nonostante l’odore di plastica e tintura, pareva una vecchia casa stregata, dopo che le luci che illuminavano flebilmente il percorso si accesero. Nessuno di loro aveva paura, considerando che si trattava solo di una trovata realizzata da studenti, perciò Taylor, seppur poco prima si fosse spaventata, cercò di contenersi e rimase calma.
- Esattamente perché sei entrato con noi se l’hai già visto? – domandò Alex a Jack.
- Perché mi piace e voglio fare un secondo giro. – rispose lui con indifferenza.
All’improvviso uno zombie con una torcia per illuminare la propria faccia apparve urlando e, dopo una risata malefica, scomparve nel buio.
 
- Che cosa stupida. – disse Gaskarth, fingendo di non essersi sorpreso.
- Stanno facendo del loro meglio, non essere così insensibile. – lo rimproverò Taylor.
- Tu che ne pensi, Jack? Jack? – chiese Alex, ma si accorse di non ottenere risposte.
- Dove diavolo si è cacciato? – riprese lui, guardandosi intorno.
- Forse è tornato indietro perché non gli andava di continuare. – propose l’altra, cercando di avanzare.
Tutto sembrava calmo nei primi secondi ed entrambi sembravano chiedersi quanto sarebbe durato questo clima di tranquillità, finché un uomo con addosso una veste da carcerato e la faccia maciullata piena di bende spuntò da una parete dietro di loro e li spaventò spingendoli in due percorsi diversi. A quel punto le luci si spensero.
 
In due lati diversi di quel posto, l’uno cercava l’altra e avanzavano a tentoni, sentendosi soli e persi.
Dopo un paio di fantasmi e un mostro della palude, l’uscita con la sua luce biancastra sembrava quasi un sogno ad occhi aperti. Ad entrambi mancavano pochi passi per raggiungere la civiltà...
Dall’alto fu rovesciato un secchio che li ricoprì da capo a piedi di schifezza dal nome ignoto.
In due secondi si ritrovarono zuppi e appiccicosi e uscirono maledicendo chiunque li avesse conciati così.








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Questo capitolo è stato un osso duro perchè non sapevo se dividerlo o lasciarlo come capitolo lungo. In realtà se l'avessi unito sarebbe stato incredibilmente pesante e ho pensato fosse meglio lasciar perdere. A questo punto il prossimo sarà meno ricco, ma cercherò di spiegare dubbi e situazioni il più possibile. Spero vi sia piaciuto e anche di non aver fatto errori di battitura, perchè ultimamente me ne lascio scappare molti e non so come mai...
Fate mi sapere come vi sembra! A presto e al prossimo capitolo!

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Capitolo 8
*** VIII ***


CAPITOLO 8

- Te l’avevo detto che sarebbe stato pazzesco! – esclamò Rian ridendo e battendo il cinque al suo amico.
- Se scoprono che abbiamo buttato noi la gelatina e la tintura ci distruggono. - commentò sogghignando Jordan.
- Adesso continuiamo? – chiese lui.
- Tu da Taylor, io da Alex. – confermò il moro e si allontanò verso una delle due uscite del percorso, mentre l’altro si dirigeva verso la seconda.
 
- Porca puttana...- imprecava Gaskarth pulendosi gli occhi dall’appiccicume verde.
- Bella mascherina, Alex. Sei moccio? – domandò Rian sghignazzando e assaggiando la faccia dell’amico; - con vomito di unicorno in testa. – aggiunse dopo aver visto la macchia rosa sui suoi capelli.
- Buono. Sai di zucchero. – commentò il moro, dopo essersi pulito le dita nella propria maglietta.
- Chiudi quella fogna e va’ a dire al tuo amico Jordan che lo strangolerò appena gli metterò le mani addosso. – replicò Alex, con la rabbia che lentamente svaniva e cominciando a prenderla sul ridere.
- Non è mica colpa sua. – lo difese Rian, mentendo completamente. Non aveva mai messo in dubbio neanche per un secondo il suo complotto, era sempre stato sicuro di ciò che faceva e sapeva che in un modo o nell’altro quel piano avrebbe funzionato.
- Io vado in bagno. – disse il biondino terminando la conversazione e lasciando lì il suo amico.
 
- Taylor? Oddio, stai bene? Che ti è successo? – disse Jordan alla ragazza con apprensione. Chiunque conoscesse Jordan da più di dieci secondi capirebbe che la parte del ragazzo ansioso e preoccupata gli stava come i calzini stanno al gelato alla crema. Purtroppo per lei, lo conosceva solo da sette secondi, nei quali lui si era comportato da ragazzo volenteroso e responsabile.
- Non lo so. Mi hanno buttato della roba addosso. – disse lentamente Taylor, guardando un punto fisso sul muro. La situazione era così assurda che non riusciva a darne una spiegazione: era un’azione di bullismo? O un semplice scherzo di Halloween a vittime casuali? Non riusciva a spiegarselo.
- Ti consiglio di andare in bagno. – gli suggerì Jordan, che sembrava sinceramente preoccupato dopo aver visto la reazione dell’altra. Per un secondo si chiese se lui avesse fatto la cosa giusta: il fine era positivo, ma il mezzo lo era altrettanto? No, quella volta aveva esagerato e se ne rendeva conto.
- Quello delle femmine è chiuso per un guasto. Ci hanno buttato dentro un paio di assorbenti e un mucchio di carta e ha rigurgitato tutto. – continuò lui, ragionando su come ormai non potesse fermare tutto, ma solo rimediare dando il proprio contributo.
- Ti accompagno in quello dei maschi. – propose il ragazzo.
 
Il bagno dei maschi sembrava vuoto, nessuno rispondeva al bussare, così Jordan la fece entrare.
Taylor si diresse subito verso il lavandino e guardandosi allo specchio, vide che un paio di occhi la stavano fissando.
- Gaskarth. – disse lei, sorpresa di vederla sporco come lei. Fortunatamente i buffoni che si erano divertiti a fare quello scherzo non disponevano di molto materiale e i vestiti dei due si erano in parte salvati, mentre le uniche zone danneggiate erano spalle e testa.
- Jardine. – replicò l’altro seccato, continuando a lavarsi i capelli nel lavandino.
- Ci hanno tirato un brutto scherzo. – commentò Taylor, prendendo una ciocca di capelli e cercando di districarla.
- Secondo me Jack c'entra qualcosa. – disse Alex, strofinandosi i capelli ormai puliti.
- Che è quella roba rosa? – domandò Taylor, cominciando a bagnarsi il viso a sua volta.
- Boh. Non capisco perché non vada via. – rispose lui guardando in cagnesco quelle ciocche rosa. Alzò le spalle mostrando indifferenza e cercò di uscire, ma la porta era bloccata. Cominciò a bussare, ma l’unico che rispondeva alla sua chiamata fu il silenzio e l’assordante musica della palestra.
 
- Siamo chiusi dentro. – dichiarò Alex con occhi sgranati.
- Cosa? – esclamò l’altra, sbattendo la testa contro il rubinetto, mentre il ragazzo continuava a provare ad aprirla.
- La finestra è aperta. – disse Taylor, cercando di camminare verso la parete, ma bloccandosi.
- Mi sono stancata di queste fottutissime scarpe. – inveì la ragazza, togliendosele e lanciandole contro il muro.
- La prossima volta non le metti e fai prima.- rispose Alex acidamente.
- Dammi una mano a uscire piuttosto. Con questo vestito non riesco a muovermi. – disse lei, aggrappandosi ai lati della finestra per uscire e sentendo le mani di Gaskarth che la spingevano. Appena uscita, tese la mano per aiutare l’altro, il quale con un balzo atterrò sul prato del cortile.
- I tacchi! – ricordò improvvisamente Taylor, con l’orrore negli occhi per ciò che avrebbe detto la madre. Alex tornò indietro visibilmente irritato e li riprese, solo per farla stare zitta.
 
Si diressero verso l’altro lato della scuola, ma una recinzione appena messa sbarrava loro il percorso.
- Da quando è qui? – domandò Taylor, osservandola sconcertata.
- L’hanno messa oggi per non trovare coppie in movimento. – spiegò Alex, battendo i pugni su essa.
- Quindi come facciamo a uscire? – chiese ancora la ragazza con disperazione. Lui la guardò infastidito: non faceva altro che chiedere, chiedere e chiedere; mai una volta che riuscisse a trovare una risposta ai suoi problemi.
- Scavalchiamo la staccionata.- propose il ragazzo, osservando la casa a fianco alla scuola.
- Ma è una zona privata, non possiamo! – disse Taylor, dandogli uno schiaffo in testa.
- Piantala! Vuoi tornare a casa? Allora fai come dico. – sbottò Alex, cominciando a salire. Mentre cercava di scendere senza svegliare qualcuno, borbottò qualcosa, simile a “Non ci credo...” e “Ma come ho fatto a pensarlo?”
 
Alex atterrò con un tonfo nell’erba e dopo aver visto che non vi era alcun pericolo, incitò Taylor a seguirlo. In quello stesso istante lei sentì un ringhio dall’altra parte della staccionata, così si affrettò a salirla per aiutare l’altro a fuggire dal cane che lo inseguiva.
Appena scesa e caduta a terra, Taylor si riprese e vide come il suo accompagnatore, dalla sicurezza quasi arrogante, fosse irrimediabilmente chiuso in un angolo da un grosso labrador.
- Gaskarth, corri! Sbrigati! – urlò lei, correndo con tutta la velocità di cui disponesse verso l’altra parte del giardino, seguita a ruota dall’altro, il quale dovette zigzagare per evitare il cane che lo inseguiva abbaiando.
Ben presto si ritrovarono nel giardino accanto, fortunatamente sprovvisto di presenza canina.
- Era innocuo quel cane. - disse Taylor con il fiatone per la corsa e cominciando a ridere senza ragione.
- Mi sarebbe saltato addosso! – si difese Alex con la schiena appoggiata alla staccionata, mentre il labrador abbaiava ancora.
- Povero piccolo, il cane cattivo ti voleva fare la bua? – lo canzonò lei tirandogli una guancia.
- Hai le guance morbide. – commentò la ragazza, tastandole e tirandole.
- Per tua informazione, mi stai rompendo le palle. – replicò il biondino, alzando quei tronchi che aveva al posto delle sopracciglia, ma sopportò l’ingiuria.
 
Taylor si divertiva modellando le sue guance e facendogli fare le facce più assurde e stupide, fino a che Alex le tolse le mani di dosso.
- Basta. – disse con uno sguardo cupo e si stese a terra, con la testa nell’erba dalla stanchezza. La ragazza invece rimase in piedi, osservando il viso della persona stesa ai suoi piedi. Era strano, pensava di poter rimanere tutto il giorno a fissare quel volto, con due occhi castani semplicemente...
- Da qui ti vedo le mutande. – dichiarò Alex. “Ecco, Gaskarth” pensò lei “non potevi rovinare questo momento in un modo peggiore.“ Gli mollò un calcio alle costole, facendogli fare un verso di dolore e mugugnare un “stronza”, e si stese accanto a lui.
- Non si guardano le mutande alle ragazze. – disse Taylor rimproverandolo e mollandogli un pugno sul braccio.
- Troppo debole. – commentò Alex con indifferenza. A quel punto l’altra concentrò tutte le sue forze e gliene diede un secondo, che stavolta fece lamentare la sua vittima.
- Meglio? – domandò retoricamente lei.
- Decisamente. – replicò l’altro, tenendosi il braccio con gli occhi chiusi.
- Non dovresti sottovalutarmi. – continuò l’altra soddisfatta.
- Certo che no. A proposito, carine le mutande a pois. – disse lui sogghignando, ottenendo solo uno schiaffo in testa e esalando un “ahi”.
- Sei violenta però! – protestò Alex, guardandola sconcertato. Taylor voleva controbattere, ma era troppo stanca per farlo, perciò guardò il cielo, puntinato da poche stelle.
 
- Ti piacciono le stelle? – domandò il ragazzo, guardandole con lei.
- No, ma mi rilassa. A volte le guardavo dal terrazzo di casa mia. – ripose Taylor. Si era stancata di quell’alternarsi di atteggiamenti: dovevano detestarsi o essere amici, non potevano continuare con quel va e vieni di sensazioni, risate e discussioni.
- Io non ci ho mai fatto caso. Non mi interessano, le stelle. Non riesco a trovare tutta quella poesia di cui parlano. – replicò Alex, avvicinandosi alla spalla dell’altra.
- In realtà non la capisco neanche io. Sono pianeti che brillano, dove starebbe la parte poetica? – concordò la ragazza, senza essersi accorta della distanza accorciata con il suo interlocutore.
- Boh. Ma alla gente piacciono. Mi chiedo come sia, piacere alla gente senza sapere perché. – disse l’altro.
- Tu non eri il ragazzo popolare che piace a tutti? – chiese retoricamente Taylor, ricordando il suo status da emarginata sociale.
- No. Ho il mio gruppo e fine della storia. Questo posto di merda è troppo fighetto per gente come me. – spiegò Alex, alzando le mani in segno di resa. Non era migliore di lei e questo purtroppo lo capiva solamente in quel momento.
- Io ho un paio di amici sparsi per la scuola e persone che saluto. Non sono messa meglio di te. – disse lei, quasi leggendo la mente dell’altro.
- Però non sono il tipo di ragazzo che ti piacerebbe a prima vista. – continuò il ragazzo, scuotendo la testa con serietà.
- Non sembri un teppista, mi pare. – replicò lei. – Almeno quello. È una bella consolazione, pensando all’abitante medio di Baltimora.-
 
- Sai, alla fine non ti odio. – disse Alex dopo un silenzio che sembrava infinito.
- Non mi odi? – sillabò Taylor sconcertata. “E sarebbe un complimento?” voleva aggiungere.
- Non così tanto. Sei anche simpatica, più di quello che sembri. – replicò lui, rispondendo allo sguardo.
- è un complimento? – domandò la ragazza, confusa.
- Direi di sì, visto che prima non ti sopportavo. – continuò il biondino, mettendo le mani dietro la testa.
- Non me n’ero accorta. – replicò ironicamente Taylor, ma si ricordò della sua promessa a se stessa di deporre le armi e continuò :- Poi cos’è cambiato? –
- Non lo so. Abbiamo cominciato a parlare e eravamo in sintonia. Non so perché te lo sto dicendo. – rispose Alex, faticando a trovare le parole. Non voleva aprirsi con lei, ma si sentiva a suo agio chiarendo il loro bizzarro rapporto.
- Abbiamo un paio di cose in comune, ma non per questo dobbiamo essere amici, giusto? – intervenne Taylor, pensando a qualcosa di intelligente da dire. All’improvviso voleva solo parlare, anche dare aria alla bocca, pur di fare colpo su di lui. Voleva rimanesse colpito dalla sua personalità e avesse un’impressione positiva di lei. Era la prima volta che si preoccupava tanto per l’opinione altrui.
 
- Perché non dovremmo? – chiese il biondino. In fondo non gli sarebbe dispiaciuto: nonostante qualche sintomo da pre-mestruo e alcune frecciatine, quella ragazza non era niente male.
- Perché...Non lo so neanch’io, in effetti. – dovette ammettere Taylor. Col passare del tempo si era intestardita, catalogando Alex con un adesivo con la scritta rossa “Da evitare”. Alcune volte però rivedeva le proprie certezze, notando come la persona più odiosa diventasse piacevole all’improvviso.
 
- A volte ci penso. È buffo, abbiamo cominciato a odiarci e guarda dove ci ha portato tutto questo: siamo stesi sul prato di una casa sconosciuta coperti di...è gelatina? – disse Alex, assaggiando la sostanza zuccherina verde sul suo mento e Taylor rise.
- È tutta colpa di Jordan. Prima o poi lo soffocherò con il cuscino mentre dorme. – replicò lei con un sorriso dolce. Il cielo li sovrastava con le stelle che comparivano tra le sfumature blu scuro. Anche se sapevano che sarebbe stato meglio tornare da quel gruppo di scalmanati, preferivano rimanere lì: non sapevano che in realtà era esattamente quello che i loro amici speravano.









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Bunsalve a tutti voi! Sono sorpresa della mia incredibile puntualità, perchè spesso e volentieri ho lasciato perdere alcune fanfiction, ma voglio portare questa alla fine, quindi potete anche compatirmi perchè dovrete sorbirmi per un po'.
L'ho scritto nei ritagli di tempo di questi due giorni e non so quale accozzaglia di parole sia saltato fuori. Ripeto, compatitemi.
Ok, no, così suona troppo patetico...Creeeeeeeeeedo che adesso me ne andrò.
Bene. Arrivederci. Già. Mmmh. Yeah. Bye.

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Capitolo 9
*** IX ***


CAPITOLO 9
 
- Secondo te cosa stanno combinando? – domandò Jack a Jordan con gli occhi che gli brillavano e un sorriso eccitato, mentre Rian era in un angolino con Cassadee.
- Boh. Parlano. – rispose Jordan, piuttosto indifferente a tutto ciò. Non conosceva Alex molto bene e Taylor era ancora un mistero per lui. Quello di cui invece era sicuro era l’improvvisa voglia di smetterla con gli scherzi e le buffonate. Non riusciva ad essere come Rian o Jack, non poteva fare costantemente l’idiota.
- Sono chiusi in un bagno, non credo. Io vado a controllare. – replicò l’altro, correndo verso il bagno prima che l’amico lo fermasse.
Voleva passare la serata ad aiutare il suo migliore amico, contando che sicuramente Holly non l’avrebbe considerato di striscio. Forse i suoi amici avevano ragione, forse lei era un osso troppo duro per lui. In realtà la parte più difficile sarebbe stato convincerla ad accettare, poi sarebbe andato tutto in discesa. D’altronde con le altre era stato il contrario, una salita talmente ripida che non era mai riuscito a concludere, ma cosa poteva dire ai suoi amici? Raccontare i fine serata scoppiettanti era il suo forte, ma desiderava solamente che questi si avverassero.
 
- Alex, sei lì dentro? Sei bloccato? Vado a chiamare qualcuno. – disse Jack, aspettando una risposta. Dall’altra parte della porta sembrava non accadere nulla. Prese la chiave che gli era stata data da Jordan poco prima e aprì la porta, trovando il bagno vuoto.
- Ma che...- disse Jack guardandosi intorno. Sembravano essersi volatilizzati.
 

 
- Forse dovremmo tornare. Magari ci stano cercando. – disse Taylor, alzandosi. Le sue scarpe dal tacco alto si trovavano a fianco a lei, sembrava così bello avere i piedi liberi nell’erba umida.
- Ma chi se ne frega. Si sta bene qui. – replicò Alex alzando gli occhi al cielo.
- Vuoi restare sdraiato qui senza fare niente tutto il tempo? – domandò lei con tono scettico.
- Sì. Vuoi tornare in mezzo a una bomba H di ormoni, sudore e alcool? – ribatté l’altro con lo stesso tono.
- Sì. – rispose Taylor.
- Bene, allora ciao. – disse Alex, chiudendo gli occhi e godendosi la solitudine e il silenzio.
- D’accordo. Ci vediamo. – replicò l’altra, credendo che parlasse seriamente.
- Dai, scherzavo! Torna qui. – disse il biondino, seguendola mentre lei saltava allegramente.
 

 
- Sono spariti? Cosa vuol dire che sono spariti? – domandò Jordan con gli occhi fuori dalle orbite.
- Che sono scomparsi, volatilizzati, polverizzati, teletrasportati, invisibili, puff! Cosa cazzo dovrebbe voler dire? – replicò quasi urlando Jack.
- Torneranno. Magari sono usciti, che ne so. – rispose Jordan con indifferenza. Avevano corretto il punch, ma la cosa non lo sorprendeva. Ci sarebbe stato molto più alcool nel dopo festa a casa di Vinny.
- La porta era ancora chiusa a chiave. – puntualizzò il moro con irritazione.
- Allora non lo so. Hanno diciassette anni, non sono scemi, non si sono persi da qualche parte. – continuò il biondo, seccato per quella conversazione. Finché Rian l’aveva aiutato era stato divertente: la gelatina e la tintura erano facoltative per l’obiettivo, ma nessuno aveva impedito loro di divertirsi. Purtroppo in quel momento il suo migliore amico era con la sua ragazza e lui doveva sorbirsi quella giraffa mestruata che corrispondeva al nome di Jack.
 

 
- Io credo dovremmo cambiarci. – disse Alex, sentendosi appiccicoso e osservando la sua camicia rovinata.
- Oh, che idea geniale. Non ci avevo pensato. Appena riesci a far spuntare dei vestiti puliti dal nulla, chiamami. – replicò Taylor con ironia.
- Tu non hai un cambio nell’armadietto? – domandò sorpreso lui.
- No. Nessuno ha un cambio nell’armadietto, Gaskarth. A meno che non intendi quello per ginnastica, ma io di solito porto le cose a casa per lavarle, perché, sai, io non voglio puzzare.- rispose acidamente l’altra.
- Allora tieniti il vestitino e i tacchi. Ci si vede, Jardine. – replicò Alex con un sorriso ammiccante e fece per andarsene.
- No, ok, scusami. – disse subito Taylor, prendendolo per il colletto della camicia e quasi strangolandolo.
- Scusami. – ripeté lei, ritirate le mani e sfoggiato un sorriso per farsi perdonare.
 
 

- Avevi ragione, è meglio se lascio perdere. Saranno da qualche parte, magari a limonare come Rian e Cass. Alla fine rimaniamo noi due, amico. – disse Jack desolato, dando una pacca sulla spalla a Jordan.
- Questa frase è un po’ equivoca. – commentò all’improvviso il biondo con sospetto, allontanandosi.
- Cos...? No! Ho bisogno di compagnia, non mi lasciare solo! – purtroppo Jordan si era già avviato alla ricerca di qualcun altro che gli potesse rendere la serata più divertente.
- Bene. Grandioso. Grazie. – commentò trai denti Jack. In quel momento una coppia di ragazze gli passò davanti, una vaporosa bionda di sua conoscenza e la sua amica rossa. Oh, caro karma, giochi sempre a favore di chi fa del bene e lui ne aveva fatto, non dimentichiamocelo!
- Buonasera, Madison. Jack Barakat, incantato. – si presentò lui, con un baciamano, così da non notare la faccia schifata dell’altra. Di colpo, una lampadina si accese nella testa della bionda e decise di approfittare della situazione.
- Molto gentile da parte tua. Sei un ragazzo molto...- e faticò a trovare le parole – diverso da quelli che frequento, ma sembri interessante. Potresti parlarmi di te dopo che sono tornata dal bagno con la mia amica. – disse lei, guardandolo come se se lo stesse mangiando con gli occhi. A Jack sfuggì una risatina piuttosto stupida, che stonava totalmente con il tono sensuale utilizzato da Holly, ma l’atmosfera non cambiò.
Le due se ne andarono, lasciando il moro a sfogare la sua gioia. Non gli sfiorò neppure per un secondo l’idea che ci potesse essere dell’altro sotto.
 
 

Alex e Taylor avevano raggiunto l’armadietto di lui dopo un silenzio tombale che li aveva seguiti per tutto il tempo.
- Tu cambiati, io resto così. – disse Taylor, appoggiandosi al muro.
- Non fare la scema, ti presto qualcosa. Io devo solo cambiarmi la camicia. – replicò lui con calma.
Prese un paio di pantaloncini e una grossa felpa, mentre lui si sbottonava la camicia rimanendo a petto nudo. Taylor però non notò questo particolare, perché si era già voltata, preferendo non comportarsi da pre-adoloscente con gli ormoni impazziti. Nel frattempo pensò a dove cambiarsi: il bagno delle ragazze non si poteva usare per tirare lo sciacquone o per aprire il rubinetto, ma nessuno le impediva di cambiarsi lì.
Lasciò il suo accompagnatore e si diresse verso il bagno, trovandolo vuoto e silenzioso. Si chiuse in una delle tre cabine con il water e cominciò a spogliarsi, quando la porta del bagno si aprì.
- Si può sapere che ti è preso? Ma che razza di sfigato era? –
- Piantala, Claire. Ho bisogno di un imbecille qualunque e lui potrebbe andare bene. È da due settimane che mi fissa mentre passo, è una specie di stalker. –
- Se vuoi solo divertirti con qualcuno, puoi trovare di meglio. Basta che tiri giù un po’ questo vestito e Cole ti salterà addosso. –
- Se me lo tiro giù ancora, tanto vale andare in giro senza reggiseno. Cole mi è già saltato addosso e mi ha lasciato un brutto ricordino. - dall’altra parte si sentiva il silenzio, la sua amica sembrava non aver recepito il messaggio.
- Sono incinta. – disse la prima, con voce seccata.
- Ma, Holly, quand’è successo? – l’altra aveva una voce esagerata, che le dava un’aria da perfetta stupida.
- Un mese fa: si era rotto il preservativo e credevo che la pillola avrebbe funzionato. Adesso devo trovare uno a cui dare la colpa perché quello stronzo non ha voluto sentire ragioni, non mi considera e non ne vuole sapere. Abortirò e tanti saluti al tipo. –
- Perché pensi che lui vada bene? – domandò ingenuamente Claire.
- Perché si vede lontano un miglio che ci cascherebbe. Una bella sbronza, qualche bacio spinto e lui penserà di avermi messa incinta. Ha la faccia da stupido, secondo me non penserà neanche a quanto sia assurda la cosa. –
- Allora è tutto a posto, vero? Mi sarebbe piaciuto diventare zia però...-
- Claire, tesoro. Passami il rossetto e andiamocene. Ho un lavoro da fare questa sera. –
 
 

Taylor uscì, stupefatta per l’ipocrisia e lo squallore della gente, e vide che il suo neo amico la stava già aspettando fuori dal bagno.
- Che hai fatto? – domandò Alex dopo aver notato che stava facendo una smorfia.
- Un paio di ragazze zoccole dentro. – disse l’altra scrollando le spalle.
- Comoda? – gli chiese lui, guardando la sua accompagnatrice in una grossa e larga felpa grigia e un paio di pantaloncini blu.
- Molto più di prima. – rispose Taylor annuendo. Purtroppo però doveva tenersi le scarpe, ma non si può avere tutto dalla vita.
- E sentiamo, cosa vorresti fare ora che siamo dentro? – domandò con sguardo annoiato Alex.
- Niente. Parliamo con qualcuno, cerchiamo quelli che ci hanno fatto lo scherzo, beviamo un po’...- disse l’altra alzando le spalle.
- Andiamo ad un dopo festa...- propose lui.
- Eh? – commentò la ragazza stupita.
- Rian mi ha scritto prima. A casa di Vinny fanno un dopo festa, ci passiamo o preferisci tornare a casa? –
- Tu vacci, non devi seguirmi ad ogni mia mossa. – osservò Taylor, evitando accuratamente lo sguardo dell’altro. Stavano camminando lentamente lungo il corridoio, senza badare alle persone che li superavano. Erano più presi di quello che pensassero.
- Mi ero abituato a starti vicino. – replicò Alex con un sorrisetto, osservando la sua amica con la coda dell’occhio.
- Ti prego, risparmiami. Mi sta salendo il vomito. – commentò ironicamente l’altra, dandogli un colpetto con la spalla, ma sorridendo apertamente. Alex si limitò a fare una smorfia: quella ragazza non avrebbe cambiato facilmente atteggiamento.
- Andiamo con gli altri o no? – disse lui infine.
- Io non bevo. – premesse Taylor, leggermente preoccupata.
- Per una sera non morirai. –









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Chiedo scusa a tutti per questo ritardo di circa due mesi, ma dopo le due settimane di verifiche initerrotte, l'idea di scrivere non mi ha neppure sfiorata.
Ma vi prometto che tornerò a scrivere c: (lo so che state tirando fuori i festoni per la mia festa di bentornata, eheh)
*pomodori dal pubblico*
Grazie per il caloroso benvenuto. A presto! Il capitolo è corto e probabilmente scriverò più dei dieci capitoli promessi perchè rischiano di diventare lunghi e sufficientemente noiosi (io lo so, mi hanno già detto che scrivo troppo, ma vorrei evitare di scrivere appena una pagina)

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