Aprii lentamente gli occhi,
disturbata da uno spiffero
d’aria che portava con sé un nauseabondo ed
insolito odor di marciume (cosa
alquanto strana, specie qui a Canterlot).
Mi guardai intorno, avvolta dal buio
più totale.
Percepivo qualcosa di diverso
nell’aria, qualcosa che non
era… beh… di Canterlot.
Alzai lo sguardo, quando mi accorsi
con terrore che non mi
trovavo più nella mia stanza.
«Dove… Dove
sono?».
L’enorme atrio era
illuminato dalla luce della Luna, che
penetrava silenziosa dal soffitto in parte crollato.
Rimasi immobile in mezzo ad alcuni
detriti caduti sul
pavimento in pietra, avvolta da un sinistro silenzio tombale.
Non si udiva nulla. Né il
vento che soffiava, né il fruscio
delle foglie degli alberi.
Niente. Eravamo soltanto io ed il
silenzio.
Avanzai a piccoli passi in
quell’atrio così familiare,
udendo ad ogni mio passo l’eco dei miei zoccoli pestare la
pietra sotto di me.
«Ehilà?…
C’è nessuno qui?…».
La mia voce si disperse
nell’aria, rimbalzando tra una
parete e l’altra.
Inciampai improvvisamente su un
gradino in pietra, urtandolo
con lo zoccolo.
«Ahi!… Ma
che…?».
Strizzai gli occhi ed alzai lo
sguardo, fissando quello che
una volta era un maestoso affresco dipinto su un’enorme
tela color bordò che
raffigurava un alicorno dal manto bianco.
Era impossibile non riconoscere
all’istante quella
figura che si ergeva di fronte ai miei occhi.
«Sorella!…».
La mia voce echeggiò
nuovamente tra quelle vecchie mura
decrepite, affievolendosi poco dopo nell’aria.
«Ma… ma allora
questo…».
Roteai lo sguardo in tutte le
direzioni, scorgendo numerose
vetrate consumate dal tempo che splendevano in tutti i loro numerosi
colori
sotto i raggi lunari.
«… Questo
è il vecchio castello!».
Udii nuovamente l’eco della
mia voce disperdersi tra le
mura, accompagnata da un misterioso rumore proveniente dalle mie spalle.
Mi volsi di scatto, colta di sorpresa.
«Chi
c’è?!».
Scorsi, in un angolo buio, una
vecchia porta in legno.
Le trottai incontro, appoggiando lo
zoccolo sul legno marcio
ed impolverato ed ascoltando il sinistro cigolio che emise
nell’aprirsi
lentamente, svelandomi con mia grande sorpresa una scalinata a
chiocciola.
Non ricordavo la presenza di una
scala simile, non in quel
punto almeno…. Sembrava essere comparsa dal nulla, come per
magia.
Un rumore di zoccoli
attirò la mia attenzione, facendo
svanire i mille pensieri che avevo nella testa in quel momento.
Scorsi una flebile luce illuminare
quel passaggio, facendosi
via via sempre più fioca.
«Sorella? Sei
tu?».
L’unica risposta che
ottenni fu la dolce risata di una
puledrina che mi riempì le orecchie.
«Ehi! Aspetta!».
Scesi le scale con gran fretta,
giungendo in breve tempo
nelle segrete del castello.
«Ma…
cosa… come sono finita qui?».
Numerose fiaccole si accesero in una
magica sequenza,
illuminando il lungo corridoio in cui ero finita.
«Non era così
che me lo ricordavo, questo posto…».
Udii nuovamente quella dolce risata
riempirmi le orecchie,
accompagnato da un trottare che si faceva via via sempre più
distante.
«Ehi piccola! Non scappare!
Non voglio farti del male, sono
tua amica!».
Iniziai a correre nel corridoio
mentre il mio sguardo
saettava da una parte all’altra, speranzoso di scorgere la
misteriosa
puledrina.
«Dove sei piccolina? Vieni
fuori, io sono un’amica. Non ti
farò del male».
Continuai a correre senza mai
fermarmi, giungendo
improvvisamente in un’ampia stanza nel bel
mezzo di quello
strano posto.
«Ma...
cosa…?».
Una grossa fornace riscaldava
l'ambiente,
illuminando una vecchia panca in legno su cui erano stati riposti dei
vecchi
attrezzi da fabbro che attirarono la mia attenzione.
«Ehi,
c’è qualcuno qui?… Dove
siete?… Non abbiate paura, non
voglio farvi del male».
Ascoltai l’eco della mia
voce disperdersi nel corridoio,
affievolendosi sempre più e senza ottenere alcuna risposta.
Mi guardai intorno curiosa, quando
volsi nuovamente lo
sguardo su quei ferri.
«Quale fabbro verrebbe mai
a lavorare qui sotto, in un
vecchio castello decrepito?…».
Sentii nuovamente quella tenera
risata provenire da dietro
le mie spalle e cogliermi di sorpresa.
Mi volsi di scatto, scorgendo di
fronte a me tre piccole
puledrine intente a giocare serenamente con la corda vicino alla grossa
fornace.
Tutte e tre vestivano un elegante e
raffinato vestito
bianco.
«Oh cielo! Bambine, venite
via da lì! E’ pericoloso!».
Sembravano non darmi retta,
continuando a giocare
indisturbate.
Il rumore degli zoccoli della
puledrina intenta a saltare la
corsa echeggiava continuamente nella stanza.
«Piccole, i vostri genitori
sanno che siete qui?… Potrebbero
essere preoccupati…».
Nonostante la mia presenza
continuavano ad ignorarmi,
iniziando a canticchiare all’unisono una filastrocca che mi
fece drizzare tutti
i peli.
«Il caduto non
è morto, nei tuoi sogni è gia risorto…
ti
sta cercando, stai attenta sai, da lui non farti trovar mai…
non entrar mai
nell’oscurità, o nell’aldilà
ti trascinerà…».
All’udire quelle parole
sentii il sangue ghiacciarmisi nelle
vene. Quella filastrocca mi metteva addosso un senso di disagio
indescrivibile.
Mi guardai intorno in entrambe le
direzioni, colta da un
insolito senso di timore; le fiaccole che illuminavano i
corridoi
iniziarono ad affievolirsi, lasciando spazio alle tenebre.
«Piccole, per favore,
venite con me! Andiamo via da questo
posto!».
All’udire quelle mie parole
le tre si fermarono
all’improvviso, restando in silenzio e dandomi le spalle.
«…
Bambine…?».
«… I
suoi artigli son gia pronti ad afferrarti. Corri,
non voltarti, andranno ben oltre il semplice graffiarti…».
Quella volta percepii chiaramente dei
brividi corrermi lungo la groppa e pervadermi tutto il corpo.
Il disagio si trasformò in
paura.
Non vedevo l’ora di
andarmene da quel posto che parve
improvvisamente così spettrale ed inquietante ai miei
occhi… Ed io ero la
principessa della notte, c’era ben poco che potesse farmi
paura.
Le tre puledrine si volsero
finalmente verso di me,
mostrandomi i loro musetti brutalmente sfigurati e scuoiati che
mettevano in
risalto i loro denti marci, come per mostrarmi un terrificante e
macabro
sorriso che mi paralizzò letteralmente dal terrore.
«No…
No… NO!».
Si avvicinarono lentamente a me,
osservandomi attraverso i
loro occhi vitrei.
«Questo deve essere un
incubo!… Non può essere vero!… NON
PUò!…».
Udii improvvisamente
un’agghiacciante risata rintronare tra quelle mura, gelandomi
il sangue per la seconda volta .
Mi guardai intorno, arretrando dalle
tre puledrine che si
facevano sempre più vicine.
«Chi sei?! Chi
c’è qui?!».
Avvertii improvvisamente un forte
dolore al collo; una delle
tre piccole mi era saltata addosso, mordendomi e strappandomi
ripetutamente
pezzi di carne morso dopo morso.
Lanciai un urlo di dolore, mentre il
sangue mi colava dalla
ferita senza sosta.
«Lasciami!…
Lasciami…!».
Un senso di stanchezza mi avvolse
all’improvviso, facendomi
barcollare e cadere a terra.
Ero senza forze. Sentivo le palpebre
farsi sempre
più pesanti, ogni volta che chiudevo gli occhi, le
altre due puledre si facevano sempre più vicine,
aprendo e chiudendo
ripetutamente la bocca.
Poi fu il buio totale.
«NO! NO! NOOOO!».
Riaprii improvvisamente gli occhi e
mi guardai intorno. Il
mio cuore batteva all’impazzata.
Ero a terra, terrorizzata ed
impaurita. Il sudore mi colava
dalla fronte, e le fiamme della fornace mi riscaldavano con un
piacevole
calore.
«Perché sono
ancora qui?!… Celestia!
Sorella!
Aiutami, ti prego!».
Le mie urla rintronarono nel
corridoio con prepotenza,
interrotte all’improvviso da una risata agghiacciante.
«Perché urli, se
non ti ho ancora fatto nulla?…».
Quella voce…
Drizzai le orecchie e rimasi in
silenzio, cercando di capire da quale direzione proveniva.
«Fatti vedere! Chiunque tu
sia!».
Mentii. Avevo riconosciuto
perfettamente quella voce, ma non
volevo credere che fosse sua. Non ci avrei mai creduto e mai avrei
voluto
crederci.
Tutt’intorno a me
calò il silenzio, interrotto poco dopo da
dei passi provenienti dal corridoio buio di fronte a me.
Attivai il mio corno che si
caricò di una luce celeste. Ero
pronta a colpirlo, semmai si sarebbe fatto vedere.
«Vieni fuori, coraggio!
E’ inutile che ti nascondi
nell’ombra!».
Cercai di mascherare la paura che
provavo in quel momento.
Non volevo dargli la soddisfazione di farmi vedere terrorizzata.
Ci fu un’altra risata,
questa volta più sonora, seguita
dalla stessa voce.
«Io sono
il buio, principessa… sono come le tenebre che
alloggiano nel tuo cuore...».
Rimasi immobile senza scompormi
nemmeno di un centimetro. Il
mio corno mi supplicava di sferrare un colpo magico nella sua direzione.
«…La tua
amata sorella non può fare nulla per salvarti da
me… non qui… e non questa
volta…».
«Mostrati, codardo! O hai
forse paura?».
Cercavo disperatamente di reprimere
la paura dentro di me,
mentre aspettavo soltanto il momento giusto; quello in cui si sarebbe
mostrato
per poterlo colpire con tutta la potenza che avevo.
«Paura?…
Io?…».
Ci fu un lungo ed intenso attimo di
silenzio in cui non
sentii più nulla, nemmeno lo sfrigolio delle fiamme.
Rimasi immobile al centro della
stanza, continuando a tenere
il corno puntato verso il corridoio.
Mi aspettavo qualsiasi cosa. Un
rumore, un movimento… qualsiasi
cosa.
Improvvisamente, con la coda
dell’occhio, scorsi impietrita
la figura del vecchio nemico comparire al mio fianco, cogliendomi
di
sorpresa e facendomi sussultare il cuore dallo spavento.
Sui suoi denti cromati potevo
vedere chiaramente il
riflesso delle fiamme.
«… Io sono
la tua paura, Luna… Te lo leggo negli
occhi…».
Feci per puntare il corno verso il
suo viso, quando mi
sentii lanciare con violenza contro la parete alle mie spalle.
Caddi a terra, urtando
la panca su cui erano
appoggiati i ferri che si sparsero sul pavimento.
«Ugh!…
Non… non può essere!…».
Alzai lo sguardo verso di lui. Lo
vidi osservarmi in
silenzio, a braccia incrociate.
Gli ingranaggi del suo braccio
riflettevano nitidamente
il danzare delle
fiamme.
«Fallen!…
Noi… noi ti avevamo distrutto!».
Si avvicinò a me,
fissandomi negli occhi ed afferrandomi per
il corno in una solida stretta.
«Lasciami andare!
Lasciami!…».
Mi sollevò da terra con
una facilità terrificante,
sbattendomi poi contro il muro ed osservandomi in silenzio.
Avevo i suoi denti a poco
più di un centimetro dal mio naso.
Sentivo il suo sguardo agghiacciante penetrarmi l’anima.
«Ho sempre amato vedere la
paura
riflettersi negli occhi di chi mi guarda… e tu,
tu ne hai più di quanta ne ricordassi,
principessa».
«Lasciami andare,
maledetto!».
Mi osservò divertito,
avvicinandosi sempre più a me e
fissandomi in silenzio.
Chiusi gli occhi umidi. In quel
momento cercavo di
trattenere le lacrime, seppur con scarsi risultati.
Sentii la sua rivoltante lingua
appoggiarsi sul mio collo,
leccandomi fin sul muso e riempiendomi di disgusto.
Scoppiai a piangere come una
puledrina, in balia del terrore
più assoluto.
«Lasciami
andare!… Lasciami andaree!…».
«Oh,
sì… è proprio questo
quello che volevo vedere… la
paura…».
Udii uno schiocco metallico,
accompagnato subito dopo da un
sinistro cigolio che mi fece riaprire gli occhi ricolmi di lacrime.
«La mia rinascita
è ormai vicina, mia cara Luna… presto
tornerò a comandare gli eserciti di Canterlot e
riesumerò il mio titolo di Generale! Il titolo che tu e la
tua amata sorella mi avete strappato quando mi bandiste dal regno,
rilegandomi sulla Terra ed imprigionandomi in questo corpo... lo
ricordi quel momento?».
«Quando mia sorella ti
vedrà ti distruggerà di nuovo,
maledetto traditore! La tua misera vita è prossima al
termine!».
Singhiozzai dalla paura mentre
sentivo le lacrime segnami i
lati del muso.
Fallen sghignazzò ancora
compiaciuto. Riuscii a scorgere da dietro le sue
spalle la porta della fornace spalancata.
«Sì...
può anche
essere che tu abbia ragione, principessa…».
Mi lasciò cadere sul
pavimento tra i ferri, afferrandomi nuovamente per
il corno e trascinandomi senza troppa fatica vicino alla fornace.
Puntai lo sguardo su di lei,
osservando terrorizzata le
fiamme al suo interno danzare ardentemente, facendomi percepire il loro
calore.
«… E se
così fosse, allora, sarà meglio iniziare a
godermi
già da adesso la mia vendetta!».
Le sue parole mi strinsero il cuore
in una morsa di puro
terrore.
Mi sollevò di nuovo, i
suoi occhi
iniziarono a brillare di un rosso quasi accecante, come
l’Amuleto che
portava incastonato
nel petto.
«Il mio ritorno
è ormai prossimo, Luna…».
La sua stretta si
avvinghiò con più forza attorno al mio
corno.
«… Ma questa
volta sarete voi che andrete a far
visita al creatore… a cominciare… DA TE!».
Il cuore mi si fermò
all’istante. Ogni muscolo del mio corpo
smise di rispondere ai miei comandi, completamente pietrificato dalla
paura.
Non riuscivo a reagire.
Venni lanciata all’interno
della grossa apertura della
fornace, le fiamme mi
avvolsero con
voracità.
Lo sportello alle mie spalle si
richiuse al'improvviso,
emanando lo stesso cigolio di quando si aprì.
Sentii il mio corpo bruciare con la
stessa
rapidità di una foglia secca. Le mie carni sfrigolavano, la
mia criniera e la
mia coda evaporarono come misero vapore.
La mia carne si scioglieva
lentamente, facendomi urlare in
preda ad una lenta e dolorosa agonia, fino a quando tutto non divenne
buio e
silenzioso.
«NOO!!».
Riaprii gli occhi e mi guardai
intorno.
Ero nel mio letto. Nella mia camera.
Ansimavo a grandi respiri, mentre il
sudore mi gocciolava
dalla fronte segnandomi i lati del muso come fossero lacrime.
Qualcuno bussò
improvvisamente alla porta, facendomi
sussultare dal terrore.
«Sorellina? Va tutto
bene?».
«Sorella?!…
Sei… sei proprio tu?!».
Celestia spalancò la
porta, osservandomi con aria
preoccupata.
«Certo che sono io. Chi
dovrei essere altrimenti?».
Mi lasciai cadere
all’indietro, sprofondando la testa nel
cuscino bagnato di sudore.
«Hai fatto un brutto sogno,
sorellina?».
«Si… si, non
puoi immaginare…».
Iniziai a calmarmi, mentre nella mia
testa mi ripetevo che
era tutto soltanto un sogno. Nulla di reale. Nulla che potrà
mai avverarsi.
«Ti lascio riposare allora.
Se hai bisogno di me, sai dove
trovarmi».
Sentii la porta chiudersi lentamente.
Mia sorella si
allontanò a passi leggeri.
Chiusi gli occhi e feci un lungo
respiro, tirandomi indietro
un ciuffo della criniera.
«Era soltanto un
sogno… Soltanto uno stupido sogno…».
Sorrisi, felice di essere ritornata
finalmente alla realtà,
quando sentii un
flebile
spiffero d’aria rinfrescare la stanza.
Alzai la testa e puntai lo sguardo
verso la finestra, dove
una sagoma nera mi osservava in silenzio.
«I sogni celano sempre un
fondo di realtà,
principessa…».
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