C'est la vie.

di xnothingbutclaire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un. ***
Capitolo 2: *** Deux. ***
Capitolo 3: *** Trois. ***
Capitolo 4: *** Quatre. ***
Capitolo 5: *** Cinq. ***



Capitolo 1
*** Un. ***


capitolo 1 (c'est la vie)
C'est la vie.

Scrosci di foglie, cinguettii degli uccelli, sospiri del vento sono quello che sento dal mio appartamento.
E’ mattina, di nuovo.
Apro lentamente gli occhi, portando le mani tra i capelli sparsi sul cuscino.
Guardo l’orario sulla sveglia: 8.30.
Mi ci vuole solo un secondo per realizzare che sono terribilmente in ritardo.
Mi tolgo la coperta di scatto e mi alzo ancora mezza addormentata, affrettandomi per arrivare al bagno.
Cerco di svegliarmi con un po’ d’acqua sul viso, ma niente, prima della dieci non mi sveglierò mai del tutto.
Mi impegno con tutta me stessa di fare veloce, prendo i primi vestiti che trovo nell’armadio, afferro il cappotto e la borsa e corro fuori, salutando con un “ciao!” fuggente François, il mio gatto, che mi guarda come per rimproverarmi della mia pigrizia.
Controllo l’orario ancora una volta: 8.45. Dannazione!
Prendo alla svelta le chiavi della mia misera 500 usata azzurra, le infilo nella serratura e accendo il motore. Muoviti, andiamo!
Devo ricordarmi di prendere una nuova auto. Senza offesa per Lily (la macchina), ma è un vero catorcio.
Non posso andare a più di 120 km/h e si rompe in continuazione. Si ferma di botto mentre guido e certe volte non parte neanche!
E’ tutta colpa mia, quando ho detto ai miei che non c’era bisogno di comprare una macchina nuova.
Oh sì, che c’era bisogno!
Sfreccio verso la mia destinazione, il negozio di fiori, e ringrazio il cielo di abitarci abbastanza vicino.
Lavoro lì da circa un anno, e devo dire mi trovo molto bene.
I clienti sono gentili, il posto è curato e profumato e ci sono tantissimi fiori.
Ho sempre avuto il pollice verde, fin da bambina.
Alle elementari, per esempio, c’è chi amava i computer, chi gli animali e poi c’ero io, che amavo le piante.
Mi ritrovo in loro, dopotutto siamo simili. Entrambi tranquilli, entrambi sempre cortesi e gentili.
Non so come mai, forse la mia testa ha smesso di funzionare correttamente, ma quando vedo un vegetale mi sembra quasi di riuscire a capirlo.
Se fossero delle persone, le piante sarebbero davvero dei buoni compagni.
Sono tranquilli, non danno fastidio, ti stanno accanto senza mai affrettarti. 
Ti lasciano fare le tue cose con calma, ti aspettano sempre lì, non si muovono, non scappano, non ti lasciano. A pensarci, sono decisamente meglio degli uomini.
Eccomi davanti alla grossa insegna rosa e arancione “Flowers in your life”, il negozio dove lavoro.
E’ di proprietà di un uomo d’affari di origini inglesi.
Non so davvero cosa l’abbia spinto a comprarsi un negozietto in una cittadina insulsa come Saint-Germain.
Saint-Germain-en-Laye è un piccolo paesino francese dove abitano sì e no 40.000 abitanti.
E’ carino, questo sì, ma dopo un po’ che ci abiti e che continui a fare le stesse cose risulta noioso. Ed io ne so abbastanza.
L’unica cosa buona è che non succede mai niente di spaventoso. E’ tutto buono e tranquillo, comprese le persone.
Non è come le grandi città.
Qualche volta vado a trovare i miei genitori a Parigi e le differenze sono immense.
Soltanto l’aria che respiri è diversa. E’ tutto così frenetico, così veloce.
Non hai il tempo di dire una parola che ti ritrovi già un sacco di persone contro. Non hai il tempo nemmeno di valutare una scelta o di goderti una giornata.
Ma è divertente, almeno.
Quando sono stata costretta a trasferirmi qui, grazie alla casa che un amico dei miei mi ha lasciato, pensavo che sarebbe stato altrettanto divertente.
Avrei frequentato l’università normalmente, facendo trenta minuti di viaggio ogni mattina fino al giovedì per arrivare all’università più vicina, e il pomeriggio avrei lavorato in un negozietto.
Il venerdì mattina, invece, dato che non sarei andata all’università, avrei lavorato nel negozio. Il week-end sarebbe stato libero, così avrei avuto un po’ di tempo per me, per gli amici, per studiare un po’ di più.
Sembrava facile, ma non lo è affatto.
Mi sono stancata di questa città. E’ banale e noiosa.
I ragazzi che si vogliono divertire fanno sempre le stesse cose e sempre con le stesse persone. O vanno al pub ad ubriacarsi, o in discoteca.
Non c’è gente molto intelligente o interessante qui. Non che io lo sia – dopotutto, ho solo ventuno anni e molte volte faccio delle stupidaggini – ma qui i giovani sono davvero idioti.
Pensano soltanto a quello.
Non capisco proprio cosa abbia fatto decidere al proprietario di trasferirsi dalla sua bella cittadina in Inghilterra.
Se avessi la possibilità, sarei già andata via. Mi sarei trasferita a Tolosa, o, non so, a Lione… Oppure in Inghilterra, o in Spagna… Chissà, magari potrei fare un pensierino anche sull’America!
Sarebbe fantastico viaggiare per il mondo senza freni, senza problemi, senza complicazioni.
Semplicemente libera.
Ma non posso, assolutamente no. Sono da sola, con il mio stipendio tra poco non reggo nemmeno me stessa e non ho la più pallida idea di come si passi un check-in in aeroporto.
Chi penso di prendere in giro?
Controllo ancora una volta l’orario e tiro un sospiro di sollievo. Ho ancora cinque minuti per respirare.
Mi guardo allo specchio, cercando di migliorare il mio viso con un po’ di trucco e qualche forcina.
Di solito non metto mai trucco, se devo essere onesta lo detesto, ma in questo caso è necessario se non voglio spaventare i clienti.
Mi dò un’ultima occhiata e finalmente posso scendere.
Esco dalla macchina e mi avvicino al negozio.
Dopo aver rovistato un po’ nella borsa, riesco a trovare le chiavi del negozio.
Apro la porta con cautela e poso la borsa dietro al bancone.
Un nuovo giorno mi aspetta!
Riprendo a sistemare le piante di iris arrivate ieri negli appositi ripiani.
Adoro essere a contatto con i fiori, mi mette di buon umore.
Mentre sono concentrata a mettere a posto le piante, sento un tintinnio, segno che qualcuno sta entrando nel negozio.
“Buongiorno!” saluto amichevolmente.
Quando lavori in un negozio devi essere sempre alla mano e simpatico.
Non puoi essere arrabbiato, o triste, o depresso, devi avere sempre il sorriso sulle labbra.
Questa è una delle regole fondamentali che mi ha detto Des, il proprietario, prima di affidarmi le chiavi del negozio.
Affidarle a me, e a Rosette.
Rosette è la mia collega da circa un mese, ma non credo sia adatta a questo lavoro.
Non sopporta le piante, gli animali e qualunque altro essere al di fuori di se stessa e non ha per niente pazienza.
Io ci vado abbastanza d’accordo, nel senso che a volte è quasi un’amica, a volte mi verrebbe da strangolarla.
E’ arrogante… E acida. E non la smette di masticare gomme e di criticarmi per quello che faccio.
Sa essere anche simpatica, quando le va. Se le va.
E’ una ragazza come me, dovremmo avere più o meno la stessa età.
Forse lei è un po’ più grande, ma di poco. Ha ancora un viso da giovane – giovanissima, direi – donna, nonostante cerchi sempre di mascherarlo con un sacco di eyeliner viola.
A parte questo, non ci somigliamo affatto.
Oltre alle caratteristiche fisiche – che comunque determinano un bel po’ di cose e comportamenti – siamo completamente diverse anche caratterialmente.
Lei è un vulcano in continua eruzione. E’ impulsiva, arrogante, acida… Ma anche divertente, sexy, spumeggiante.
Non sarò mai come lei, è ovvio. E non mi comporterò mai come lei.
Ho un certo riguardo per le situazioni sentimentali, sono stata con pochi ragazzi e non ho mai fatto nulla di disarmante.
E’ un po’ imbarazzante per una ventunenne, ma sono fatta così.
Non ce la faccio proprio a buttarmi, a socializzare sempre e comunque, non sono il tipo. E poi, ho anche una grande inesperienza e, in un certo senso, paura.
Invece Rosette è l’opposto.
Lei ci sa fare con il sesso maschile, è capace di sedurre i ragazzi anche solo con uno sguardo, una battuta.
Lei si butta, non ha paura di risultare eccessiva. Lo fa e basta, non si fa mille problemi come me. Ed è giusto così.
“Ciao.” Risponde con aria seccata. Oggi è giornata no.
“Come stai?” cerco di sembrare il più simpatica possibile.
“Indovina?” dice sarcastica. Okay, meglio non continuare questa conversazione.
Chissà cosa è successo, come mai è così acida stamattina.
In effetti è sempre acida, ma di mattina di solito è abbastanza simpatica. Anche se non lo dà a vedere, ogni mattina è di buon umore.
Man mano che la giornata scorre via, il suo lato oscuro viene fuori, e sono costretta a stringere i denti per evitare di darle un pugno.
“Ehm, scusa Rosette, potresti darmi una mano con quei lillà? Dovremmo spostarli all’entrata.” Mi rivolge uno sguardo annoiato, poi ritorna a guardarsi le unghie, completamente disinteressata.
“Fai te, adesso non ho molta voglia.”
“Okay.” Sbuffo dentro di me, scocciata.
Sono sempre io a fare questi lavori del cavolo, e nonostante cerchi di coinvolgerla in ogni modo, non ci riesco mai.
Prendo con cautela il primo vaso e lo porto all’entrata, dopo il secondo e poi il terzo.
Porto delle decorazioni fatte ieri sera, avevo in mente di disporle all’entrata insieme alle piante.
Mi fermo davanti all’entrata, decidendo quale sarebbe la disposizione migliore.
Provo tutte quelle che avevo in mente, ma nessuna mi convince più di tanto. Sono banali, troppo.
Detesto le cose banali. E’ bello essere originale.
Mi piacerebbe che, quando una persona passa per questa via, si fermi ad ammirare la disposizione dei fiori in vetrina, o qualunque altro lavoretto costatomi tempo e pazienza.
Presa da un briciolo d’illuminazione e creatività, dispongo le piante nuovamente e vado a chiamare Rose per un consiglio.
“Rosette!” nessuna risposta “Rosette, dove sei? Mi serve un consiglio!”
Non la vedo da nessuna parte, così la cerco in magazzino.
Dove diavolo si è cacciata?!
Assottiglio gli occhi, per cercare di avere più concentrazione, e finalmente riesco a vederla.
E’ seduta per terra, appoggiata a un armadietto, mentre disegna cerchi con il fumo della sua sigaretta. Non so se scoppiare di rabbia per via del suo continuo disinteresse o per il fatto che sta fumando in un luogo dove è assolutamente proibito.
“Rosette?” la chiamo, cercando di nascondere l’ira che provo nei suoi confronti.
In questi casi, l’unico rimedio è sfogarsi contro il centro di tutti i tuoi fastidi, ma non credo sia l’idea migliore.
“Sì?” risponde con voce assonnata.
“Che ci fai qui?!”
“Stavo – fa un sorriso sghembo e caccia una risatina soffocata – dormendo. Sì, dormendo!” scoppia a ridere senza motivo. Oh Dio, perché tutte a me?
“Dai, andiamo, devi aiutarmi a sistemare le piante fuori!”
“Ma sistematele da sola quelle cazzo di piante!” continua a ridere, fumando la sua sigaretta senza degnarmi di uno sguardo.
Sento che scoppierò dalla rabbia, un giorno. E quel giorno, è molto, ma molto vicino.
“Questa la prendo io.” Prendo la sua sigaretta e la butto per terra, schiacciandola con la scarpa. Mi giro e vado via.
“Ehy, perché l’hai fatto?”
Non le rispondo, provo a calmare il mio sistema nervoso e a riprendere l’idea che avevo in mente prima.
Torno all’entrata e dò un’altra occhiata alla disposizione. Non mi piace.
Sbuffo sonoramente. Non sono riuscita a fare niente!
Prendo uno sgabello e formulo qualche disposizione su un foglio, disegnando qualche cesto da appendere fatto di foglie secche profumate.
Ma non mi viene in mente niente. Ah, sono spacciata.
Se per stasera non metto a posto l’entrata, il direttore mi farà una sgridata che non mi scorderò mai.
Torno dentro, infastidita più che mai.
Cerco qualche altro lavoretto da anticiparmi per passare il tempo, oggi non c’è davvero nessuno.
Dopo un po’, vedo Rosette ritornare dal magazzino, completamente ripresa.
“Sei riuscita a mettere a posto i lillà?” mi chiede, come se non fosse successo nulla.
“Uhm? No, non ancora. Sono a corto di idee.”
“Ci provo io, vado un attimo fuori.”
“Okay.” Le rispondo semplicemente. Se ci riesce, meglio così.
Almeno ha fatto qualcosa stamattina, oltre a imprecare e a lanciarmi occhiatacce.
“Clara! Vieni a vedere, subito!” sento Rosette che mi chiama da fuori.
Ha trovato una disposizione? Speriamo di sì!
Accorro fuori curiosa e devo dire che sono molto, ma molto sorpresa.
Rosette ha sistemato in modo fantastico le piante e le varie ghirlande  fuori.
Rimango a bocca aperta, non sarei mai riuscita a ideare qualcosa di più originale.
Improvvisamente, la mia rabbia verso i suoi comportamenti è sostituita da un grande senso di ammirazione.
“Rosette, sei stata grande! E’ meraviglioso!” esulto, non nascondendo un sorriso entusiasta. La mia collega si mette a ridere.
“Non devi ringraziare me, l’idea è tutta sua!” non capisco a  cosa si riferisca Rosette, finché da un lato spunta un ragazzo e si avvicina a lei.
Piacere, Harry.” Dice, mentre mi rivolge un sorriso amichevole.




Chiara's corner.

 Heeeeeey people! *Sbuca da un angolino*
Sono di nuovo qui! Eh, eh,  vi avevo detto che sarei ricomparsa con una nuova storia, prima o poi! ;)
Okay, so di avervi detto che l'avrei pubblicata a settembre e invece adesso siamo a  gennaio, ma non sono riuscita ad essere puntuale. Quindi, vi chiedo scusa per la graaande attesa.
Beh, una cosa buona  di quest'attesa c'è: nuova storia! Ta dan! (?)
In questi mesi non ho avuto molta immaginazione e la mia mente non è riuscita ad elaborare un bel niente.
Questa storia mi è venuta in mente una settimana fa e, man mano che scrivevo, mi sono accorta che non era una cattiva idea.
La protagonista si chiama Clara e, come avete letto, è francese. Amo la Francia e il francese a prescindere, quindi mi sarebbe piaciuto dedicargli un mio scritto.
La città in questione, Saint-Germain-en-Laye, l'ho presa a caso. Le cose che scrivo sul suo conto potrebbero anche essere sbagliate, ma avevo bisogno di un luogo dove far svolgere la storia.
Clara non è ripresa da nessun personaggio famoso, potete immaginarvela come volete.

Un altro personaggio importante è Rosette, la collega di Clara, che è praticamente il suo opposto.
I ragazzi compariranno man mano nella storia, ma il personaggio maschile più importante è Harry.

Lo so, sempre lui, ma quando mi è venuta quest'idea, ho pensato subito ad Harry come personaggio maschile.
Non voglio che questa storia venga copiata, se dovesse succedere, verrete subito segnalati.
Che dirvi,  spero che questa mia nuova creazione non sia una cacca totale (lol) e che qualcuna di voi abbia pena di me e spenda il suo tempo per scrivere una recensione più lunga di dieci parole (vi preeeego!).

Mi piacerebbe davvero sapere cosa ne pensate!
Se avete dei consigli o delle critiche, o tutte e due, non abbiate paura di dirli! Aiutano molto entrambi!

Con questo, me ne vado... Sì, potete stappare lo spumante AHAHA.
Buon anno nuovo a tutti! :D

Twitter: @dj_chiara
Tumblr: chiarascorner

Chiara loves ya.

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Capitolo 2
*** Deux. ***


cap.2 c'est la vie
C'est la vie.

Squadro il ragazzo davanti a me con aria sorpresa, prima di rispondere.
E’ molto alto, quasi un metro e ottantacinque, con un corpo magro e slanciato, ma non gracile.
Ha delle spalle molto larghe, e braccia possenti, ricoperte di tatuaggi.
Di solito non trovo molto affascinanti le persone con tanti tatuaggi – da quello che riuscivo a vedere, i suoi saranno stati più di una quarantina – ma lui era diverso.
Il suo viso angelico è contornato da una folta massa di ricci color cioccolato, tirati indietro in modo disordinato.
Sul suo collo sono attorcigliate due catenine, una ha un ciondolo a forma di aeroplanino – che, secondo me, è davvero bella – e una con una croce.
La cosa più divertente di questo ragazzo sono i vestiti.
Indossa una maglietta bianca semplice abbastanza trasparente, dei jeans neri aderenti con dei buchi enormi sulle ginocchia e degli stivaletti marroni abbastanza rovinati.
Penso che, se non fosse così giovane, l’avrei scambiato per un barbone.
Okay, sto dicendo una cavolata. Non potrei mai scambiarlo per un barbone.
Nonostante il look abbastanza trascurato, è impossibile non notare la sua bellezza.
Il suo sorriso è luminoso e i suoi occhi verdi sono qualcosa di spettacolare.
E’ davvero attraente.
E’ una di quelle persone carismatiche, quelle che, dopo anche un solo sguardo, ti viene la voglia di conoscerli.
“Clara.” Mi presento e ricambio il sorriso, guardando poi Rosette. Non capisco il perché di quelle presentazioni. Insomma, ci ha aiutato con i fiori, ma basta.
Sicuramente quella ragazza ha qualche idea in mente.
“Ehy, Clara – mi giro verso la rossa, che mi sta parlando – stavo pensando che, forse, sarebbe stato giusto ringraziare Harry per il suo aiuto.” Eh?
“Oh, giusto, scusa. Grazie mille Harry, davvero non sapevo come fare.” Mi volto verso Rosette, come per dirle “E adesso?”.
Spero davvero si accontenti di questa risposta.
“Ehm, no. Intendevo che potremmo offrirgli il pranzo.”
Scuoto la testa involontariamente, corrucciando la fronte.
Le labbra di Harry formano un ghigno soddisfatto, il che mi fa innervosire ancora di più.
No! Ma che cavolo si è messa in testa? Non pago il pranzo a uno sconosciuto!
E poi, ci ha soltanto aiutato per la disposizione di alcune piante, non mi sembra che serva ringraziarlo così.
Se Rosette si è presa una sbandata, ci può andare anche da sola. Non ho assolutamente voglia di andare a pranzo con questi due per fare poi il palo durante i loro corteggiamenti.
“Mi dispiace, ma non ho soldi, non saprei come fare…” cerco di sviarla mentendo, ma nessuno se la beve. Sono sempre stata una pessima bugiarda.
Tanto bugiarda alla fine non sono, però, perché i soldi non ce li ho per davvero.
“Non importa, allora. Paghiamo noi.” Interviene Harry.
Ugh, questa non ci voleva! E adesso cosa mi invento?
“Non credo che possa lasciare il negozio, di solito a quest’ora c’è sempre un sacco di gente!” tiro fuori una scusa idiota, giusto perché non so più cosa inventarmi.
Questa strada è desolata da più di due ore.
“A me non sembra.” Ridacchia Rosette.
“Potrebbero arrivare!” Harry alza un sopracciglio.
Dopo la mia affermazione, Rosette mi tira per un polso e comincia a parlarmi sottovoce, dando le spalle a quel ragazzo.
“E dai, Clara! E’ finito il turno, possiamo anche chiudere il negozio!”
“In realtà manca mezz’ora! – la correggo – ma in ogni modo non voglio assolutamente partecipare a questi tuoi giochetti del cavolo. Sono stanca e voglio andare a casa.” Replico seccata e anche abbastanza alterata. Rosette sbuffa sonoramente.
Probabilmente sta pensando che io sia solo una palla al piede, una perfettina del cavolo che non si lascia mai andare.
Ed ha ragione, tutto questo è vero.
Ma a me, sinceramente, non importa, ci tengo a questo lavoro, per quanto insulso possa essere. E poi, so già cosa accadrà al ristorante.
Questi due si comporteranno tutto il tempo come due fidanzatini ed io sarò esclusa.
Preferisco evitare.
“Scusate ragazzi, ma non posso, davvero.” Che vadano anche senza di me.
“Oh beh, allora saremo solo noi due…” dice la rossa, rivolgendo uno sguardo malizioso a Harry, che, stranamente, non ricambia.
Sto per ritornare all’interno del negozio, quando il ragazzo continua a parlare.
“Ci parlo io con mio padre.” Che? Vedo Rosette che rotea gli occhi, infastidita più che mai.
“Tuo padre?”
“Sì, lui è Des Styles, il proprietario di questo negozio. Non credo si arrabbierà per questa uscita. Dopotutto, è venerdì e non c’è nessuno.” Aspettate un momento.
Il famoso e rinomato – almeno in questa città – Des Styles è suo padre?
Pensandoci un attimo, ci assomiglia parecchio. Non ci avevo mai fatto caso.
Stessi occhi verdi, stessi capelli ricci (anche se quelli del signor Styles non ci sono quasi più) e stesso sorriso.
Praticamente due gocce d’acqua, se non fosse per la differenza di età che li separa.
Harry mi rivolge un sorrisetto accattivante, ed io non posso far altro che annuire.
“Fantastico! Allora Harry, dove possiamo andare?”
“C’è una trattoria qui vicino, è italiana ed è davvero buona! – si gira verso di me – a te va bene?” annuisco, mostrando un timido sorriso.
Da quando in qua gli interessa del mio parere?
“Come fai a conoscere tutti questi bei posti? Si vede che vivi da molto qua!” esclama Rosette, attorcigliandosi i capelli attorno alle dita.
Sbuffo, roteando gli occhi al cielo.
E’ possibile che non si sia mai domandata se, con questo suo modo di fare, possa fare bella figura con gli altri?!
Capisco che ognuno può fare ciò che gli pare, ma andiamo!
Ogni volta che incontra qualche ragazzo carino fa la gatta morta! Mi dà suoi nervi.
Dovrebbe capire che ci sono cose più importanti di andare con tutti i ragazzi della città.
Dopo un viaggio alquanto silenzioso quanto imbarazzante, arriviamo alla trattoria di cui ci parlava Harry.
Appena entrati, un ragazzo lo saluta calorosamente, abbracciandolo.
E’ decisamente più basso di Harry, ma è bello quanto lui.
Occhi blu, capelli castani e un sorriso spiritoso.
Ha un’aria simpatica e spensierata.
“Louis!” Harry ricambia l’abbraccio, sorridendo.
“Cosa ti porta qui?” si volta e indica noi due, che lo salutiamo con la mano.
“Lei è Rosette – dice indicano Rosette – e lei è Clara” dice indicando me. “E lui… Beh, lui è Louis, il mio migliore amico nonché neo-cameriere di questo ristorante.” Conclude sorridendo raggiante.
L’amico ci stringe la mano e fa un occhiolino a Harry, per poi lasciarci entrare nella sala principale.
“Dove volete sedervi?” ci chiede.
“Qualunque posto va bene, per me.” Dico io.
“Idem per me” mi segue Rosette.
Il cameriere, Louis, ci fa accomodare in un tavolo al centro della sala e ci fa posare i giacchetti su un attaccapanni vicino all’entrata.
Rosette va un attimo in bagno e mi lascia da sola con Harry al tavolo.
Appena seduta, mi guardo intorno. E’ davvero un bel locale.
E’ piuttosto spazioso, arredato in stile vintage, con tanto di sedie in vimini e tovaglie a fiori dai colori sgargianti.
“Hey, che succede?” mi chiede Harry divertito, avendo notato il mio sguardo meravigliato.
“No, stavo guardando questo ristorante. E’ davvero bello, non sapevo nemmeno che ci fosse!”
“L’hanno finito di costruire una settimana fa, infatti – lo guardo interessata – quel mio amico all’entrata ci lavora da… Due giorni? E’ davvero un disastro. Perde il lavoro ogni due settimane!” Non posso fare a meno di sorridere alla sua affermazione.
“Sembra simpatico!” annuisce, sorridendo a sua volta.
“Già.”
Se prima ero a corto di idee, adesso lo sono di parole. Non è la mia giornata.
Me ne sto davanti a questo Harry, rigirandomi il cellulare tra le mani e tenendo gli occhi fissi sul tavolo.
“E quindi sei inglese, giusto?” chiedo, sperando di non fare la figura del poliziotto che fa il terzo grado al criminale.
“Esatto. Si nota tanto?”
“In effetti sì, molto. Il tuo accento si sente tantissimo.”
“In pratica il mio francese è pessimo?” chiede divertito, facendo ridere anche me.
“No! Si sente soltanto il tuo accento d’origine, cosa che, per me, è molto bella. Io vorrei avere l’accento italiano dei miei nonni, ma la mia voce è da perfetta francese.” Spiego sorridendo.
“Italiana, eh? Un po’ si vede.”
“Nah!” ribatto.
“Invece ti dico che si capisce almeno un po’. Sono stato diverse volte in Italia, ed ho avuto la possibilità di osservare molte ragazze – curva un angolo della bocca in alto, facendomi capire cosa intendeva – Ci assomigli molto.”
“Uh, mi fa piacere allora.” Lo ringrazio sfoderando un altro sorriso.
Avrò sorriso almeno venti volte oggi. Harry mi fa davvero quest’effetto?
Sembro quasi entrata in un film adolescenziale.
Ritorniamo all’estenuante silenzio di prima. Se ci fosse Rosette non ci sarebbe sicuramente. Aspetta, Rosette dov’è finita?
“Ma Rosette?” chiedo insospettita.
“Non lo so, è in bagno da almeno quindici minuti.” Mentre parliamo sentiamo la porta del bagno chiudersi, e entrambi ci giriamo verso di lei.
Si siede accanto a Harry, poggiando una mano sulla sua coscia.
Lui le sorride, visibilmente eccitato, e cominciano a parlare, estraniandomi completamente dalla conversazione.
Ecco, i miei presagi si sono avverati. Mi giro i pollici per un po’, ascoltando i loro discorsi e cercando di intromettermi, finché arriva il cameriere e prende le nostre ordinazioni.
Basta un secondo e gli occhi blu di Rosette si puntano nuovamente in quelli verdi di Harry.
I due flirtano ininterrottamente e, dato che non ho niente di meglio da fare, li osservo.
Rosette si gira una ciocca di capelli rossi tra le dita e fissa le labbra di Harry muoversi mentre parla.
Avere Harry così vicino mi fa rendere conto ancora di più di quanto sia affascinante. Quanti anni potrebbe avere? Ventitrè, ventiquattro?
Sta chiacchierando a non finire, e, mentre con una mano gesticola, con l’altra accarezza la mano di Rosette.
Sinceramente? Mi fa ridere quella situazione.
Da un lato ci sono questi due che si corteggiano senza pudore, da un altro ci sono io, la povera sfigata che si annoia da morire.
Mi chiedo il motivo per cui mi hanno portato con loro.
Ah, giusto, Rosette doveva farmi sentire una stupida, ancora una volta.
Guardo l’orologio, e spalanco gli occhi quando noto che sono ancora le tre e non ci hanno portato il primo.
Mi passo una mano sul viso, pensando all’enorme sbaglio fatto per essermi fatta convincere. A quest’ora potrei essere a casa e rilassarmi sul divano, bevendo una cioccolata calda e guardando la televisione in compagnia del mio gatto.
Sgattaiolo in bagno per passare il tempo, ripetendomi non andare mai più a questi stupidi appuntamenti a tre di Rosette.
Mi guardo allo specchio e mi vergogno di quello che vedo.
Ecco a voi una stupida spilungona, vestita come una nonnetta, che si intromette in un appuntamento tra due ragazzi palesemente innamorati.
Certo che è triste come cosa.
Esco dal bagno e sbatto contro qualcuno. Perfetto, le figuracce anche nel ristorante!
Mi verrebbe voglia di andarmene via e tornare a casa, chiudermi in camera, infilarmi sotto alle coperte e restarci per tutto il giorno.
“Scusa, non volevo!” grido in preda alla disperazione e alla stanchezza.
“Hey, non ti preoccupare!” finalmente trovo il coraggio di alzare il viso e vedo Louis, l’amico di Harry.
“Ti dò una mano a raccogliere i piatti.”
“Scusami tanto, davvero. Ero presa dai miei pensieri.” Aggiungo imbarazzata.
“Dai tuoi, o dai loro?” dice indicando il tavolo dove sono seduti Rosette e Harry, mentre si baciano appassionatamente. Scuoto la testa, in segno di disapprovazione e di disgusto.
“Ci avrei scommesso di tutto che entro dieci minuti avrebbero cominciato a sbaciucchiarsi! Da quanto si conoscono? Una, due ore?” Comincio a ridere, attraendo lo sguardo stranito degli altri clienti.
“Neanche, una mezz’oretta scarsa.” Rispondo sconsolata.
“Mi dispiace, devi essere stanca di tutti quei corteggiamenti.”
“Non ti preoccupare, sopravviverò!” gli dico, cercando di convincere più me che lui.
“Dai, che ce la fai.” Louis sorride e mi dà una pacca sulla spalla.
Ritorno al tavolo e i loro sguardi si puntano su di me.
“Ma dov’eri finita? Sono arrivati i primi.” Annuisco, sedendomi.
Mangio i miei spaghetti senza proferir parola.
Sicuramente, tra poco riprenderà la loro alchimia, ed io dovrò stare lì a guardare.
Ma aspetta, chi mi dice che devo farlo per forza?
Potrò anche non essere un asso nel mentire, ma nessuno mi costringe a sopportare questa noia mortale.
“Scusate ragazzi, ma devo andare via… Devo fare un sacco di faccende a casa, poi c’è anche il gatto…”
Sicuramente Rosette starà facendo i salti di gioia dentro di sé, ma la reazione più strana è quella di Harry, che si alza e mi segue fino all’uscita.
“Hey, hey, non andartene.” Un senso di rabbia mi pervade e gli rispondo con quello che penso. Tanto non lo vedrò mai più, non devo mentire anche con lui.
“Oh, andiamo, non mi sembra che vi interessi tanto della mia presenza! C’è una fermata dell’autobus qui vicino, torno a casa e mi tolgo di mezzo. Ciao, Harry.”
“Lascia che ti accompagni – mi ferma prendendomi per il polso – l’autobus arriva tra venti minuti.”
“Non mi interessa.”
“Ti prego.” Sospiro sconsolata e mi faccio convincere da lui, per la seconda volta.
Ci avviamo verso la sua auto, dopo aver avvisato Rosette, che non l'ha presa per niente bene, anzi, se non fosse stato per Harry lì davanti mi avrebbe dato un pugno.
E' solo un passaggio, no?
E allora perchè mi sento così... Strana?




Chiara's corner.

Ciao a tutti!
Sono di qui, a sfracassarvi le scatole con il secondo capitolo di questa fan fiction!

Yayy! (?)
Okay, andiamo subito alla storia che altrimenti ricomincio a scrivere uno dei miei soliti monologhi idioti che finiscono soltanto per annoiarvi.
Anche se avevo detto che avrei cercato di far conoscere di più i nostri personaggi principali, Harry e Clara, non intendevo che l'avrei in questo capitolo.
Come vedete, è un capitolo di "passaggio".
Cioè, il personaggio di Clara è anche abbastanza ben solidato. E' una ragazza per bene, posata, un po' timida, impacciata e molto studiosa.
Ma non ho ancora parlato della sua vita, dei suoi hobby, degli amici, della famiglia... Insomma, c'è ancora tutto da vedere.
Di Harry invece non si sa praticamente niente, a parte che, beh, si chiama Harry (ma va? lol), è il figlio del proprietario del negozio di fiori, ha un passato in cui ha viaggiato molto ed è attratto da Rosette ma gli sta simpatica anche la nostra Clara. Le ha pure offerto il passaggio, che gentleman!
Potrà sembrare che Styles in questa fan fiction faccia la solita parte del duro e senza sentimenti che si scopa mezza popolazione femminile, ma no. Assolutamente no.
Non voglio che lui risulti una persona che non è.
Nei prossimi capitoli si scoprirà un po' più di lui, ve lo prometto!
Poi, come avete letto, si è aggiunto anche il nostro carissimo Louis Tomlinson, yay!
Gli ho dato la parte del cameriere perchè anche nella realtà lo è stato!
Mi sembrava carina come cosa!

Mi raccomando, ditemi cosa ne pensate di questo capitolo!
Qualche commento, negativo o positivo che sia, o consiglio mi aiuterebbe davvero molto.

Ringrazio immensamente le persone che hanno recensito lo scorso capitolo (thank you soo much!), quelle che la hanno aggiunto tra le preferite e tra le seguite.
Tra le ricordate nessuna, nuo! :c
AHAHAHA just joking!
Adesso vi saluto tutte! (immaginatemi mentre faccio "ciao, ciao" con la mano lol).
Buon martedì (?), si spera che questa settimana sia più veloce e meno pesante di quella passata!
Au revoir! xx

Ps. Se volete il mio twittah, sono @dj_chiara :)
Se volete contattarmi, chiedermi scambi recensioni o qualunque altra cosa che vi venga in mente, io ci sono!

Ps. 2: Ho anche tumblr! Voglio conoscere tanti nuovi profili faighissimi (non come il mio, che è una mezza cacchetta AHAHA), quindi, seguitemi e vi seguirò subito!
Sono chiarascorner :D

Ps. 3: Se qualcuna di voi avesse voglia di scrivere qualcosa sulla mia fan fiction su twitter, l'hastag è #C'estlavieFF

Chiara loves ya.


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Capitolo 3
*** Trois. ***


cap. 3 c'est la vie
C'est la vie.

 Siamo arrivati.” Afferma Harry, scendendo dall’auto e aprendomi la portiera.
Di già? Sono passati davvero velocemente questi minuti!
Sono stata tutto il tempo a guardare il paesaggio fuori dal finestrino.
C’erano davvero delle bellissime piantagioni di fiori vicino a delle ville lì fuori.
C’era anche un vasto prato di girasoli, mettevano un sacco di allegria.
Amo i girasoli. Sono uno dei miei fiori preferiti, nonostante non abbia una grande simpatia per i colori accesi come il giallo.
E, probabilmente, grazie ai fiori sono riuscita a scampare a un imbarazzantissimo silenzio.
Sentivo lo sguardo di Harry su di me, lo vedevo con la coda dell’occhio, ma cercavo in tutti i modi di distogliere l’attenzione.
E’ stato un viaggio terribile, almeno per la mia dignità.
Scendo dall’auto senza controllare nemmeno di aver preso tutto.
Voglio smetterla di sentirmi così.
“Ehm, grazie mille Harry, non dovevi.”
“Avevo piacere a dartelo, e a stare con te.”
“A stare con me, cosa?” fingo di non aver capito, quando invece ho compreso benissimo quello che voleva dire.
“Avevo piacere a stare con te.” Fa seriamente?
Abbasso la testa e mi pare di vederlo arrossire.
Un ragazzo come lui che arrossisce per una… Come me?
Oggi è una giornata davvero strana.
“Oh.” Non riesco a dire altro. Stupida, stupida, stupida!
Sono praticamente bloccata davanti a lui, e non riesco a smettere di fissarlo.
“Uhm, va bene. Allora, io vado.” Continua lui, interrompendo finalmente il silenzio.
“Grazie ancora.” Dico sorridendo timidamente.
“Di niente.” Ricambia il sorriso, mentre mi saluta con la mano e se ne va.


Prendo la mia borsa e ci infilo una mano dentro per trovare le chiavi di casa.
E’ sempre una tragedia quando devo trovare delle cose nelle mia borsa.
E’ un po’ quello che succede anche nei miei cassetti.
Magari il giorno prima sistemo tutto accuratamente, e il giorno dopo mi ritrovo la stessa bomba atomica di prima.
L’unica differenza è che non ho mai sistemato i miei oggetti nelle apposite tasche delle borse. Io infilo semplicemente tutto dentro e, se ho fortuna, metto tutto.
Non ho mai tempo per essere precisa e ordinata.
Sono sempre disordinata, e la mia vita nel disordine va più che bene, a parte quando devo cercare una cosa che non uso da parecchio tempo e quando deve venire gente a cena e devo mettere a posto la casa.
Non che fosse grande, eh, è solo un piccolo bilocale comprato con i soldi dei miei zii e dei miei genitori, ma quando si tratta di mettere a posto qualcosa, qualunque cosa, per me è una tragedia.
Magari lo faccio anche, ma, man mano che metto a posto e butto oggetti inutili, scovo sempre altri ricordi che non mi ricordavo nemmeno di avere e così la faccenda diventa ancora più lunga.
Eppure mi piace l’ordine. Mi piace vedere tutto al proprio posto, pulito e curato.
Mi piacerebbe davvero tanto avere per una volta nella vita qualcosa sotto controllo senza perderla o fare confusione. Ma è impossibile.
Sono nata per essere disordinata. Anche nella mia testa c’è un tale casino!
Mi vengono in mente sempre idee nuove, e per rincorrere i pensieri e le idee che mi vengono in mente, devo oltrepassare ogni ostacolo.
Oppure, per esempio, le brutte copie dei temi a scuola: un disastro!
Piene di cancellature, asterischi di tutti i tipi e lunghi quanto, se non tutta la Divina Commedia, almeno due o tre canti.
Alla fine delle due ore che ci concedevano restavo sempre e solo io a scrivere, molte usavo anche l’intervallo.
E da quello ho capito che scrivere sarebbe stato la mia più grande passione.
Lo è da circa quindici anni, sin da quando ho preso per la prima volta una penna in mano e ho cominciato a “ordinare” i miei pensieri in fogli di carta.
E’ uno sfogo dei miei pensieri, delle mie idee, di tutto quello che mi passa per la testa.
Quando scrivo mi sento molto più libera.
Non ho dei limiti, posso dire tutto quello che voglio e nessuno può dirmi se è giusto o sbagliato.
Lo decido io e soltanto io.
Finalmente, mentre frugo nella borsa, sento un oggetto di metallo che mi sfrega la mano e capisco che sono le chiavi.
Le tiro fuori e, mentre con una mano le infilo nella piccola serratura, con l’altra tengo la borsa e apro il portone.
Il mio è un appartamento di una villetta a due piani.
Il primo piano è occupato da una vecchietta di nome di Daisy. E’ davvero dolcissima, sin dal primo giorno in cui sono venuta ad abitare sopra di lei è sempre stata simpatica e gentile.
Ha due figli ormai grandi che vivono in Germania, se non mi sbaglio, e che cercano di venirla a trovare almeno tre o quattro volte all’anno.
Per lei, io sono come una nipotina acquisita. Quando le capita, mi porta sempre una teglia di biscotti fatti da lei e mi invita a prendere il thè delle cinque insieme per passare il tempo.
Di solito mi racconta sempre della sua vita quand’era giovane e a me piace molto ascoltarla e rilassarmi con le sue memorie.
Dice che sono l’unica che riesce a ascoltarla senza addormentarsi o cercare di scappare. Rido sempre a questa affermazione.
E’ una signora molto importante per me. Quando, appena arrivata in questa città, ho avuto dei problemi è subito corsa ad aiutarmi.
Mi preparava il pranzo e mi aiutava nelle faccende domestiche quando avevo tanto da studiare.
I primi mesi è stato veramente difficile, soprattutto all’Università.
Tra esami, corsi e studi vari, non avevo il tempo nemmeno per bermi una camomilla in pace. Ma gli sforzi sono serviti e adesso posso essere fiera di dire che sono ad una delle più importanti Università francesi e i miei esami sono andati tutti benissimo.
In questo momento della mia vita, sono fiera di tutti quei pomeriggi passati a studiare e dell’etichetta che alcune volte mi davano: “la secchiona”.
Beh, la secchiona sta realizzando il suo sogno mentre voi probabilmente siete ancora in terza media.
Salgo le scale velocemente, apro la porta di casa mia e, dopo aver posato giacchetto e borsa, mi distendo sul mio letto.
E’ da stamattina che non vedo l’ora di tornare a casa e rilassarmi. E’ stata fin troppo estenuante questa giornata.


Le fusa di François mi risvegliano dal mio sonno profondo.
Apro lentamente le palpebre e mi ritrovo un paio di occhioni verdi davanti al viso.
Focalizzo il musetto del mio gatto che mi lecca il naso.
Gli sorrido, sono così felice di averlo qui accanto a me sempre. E’ il miglior compagno di vita che potessi desiderare.
Lo accarezzo e lui si accosta vicino al mio braccio, strofinandosi contro di questo.
“No, non mi alzo!” farfuglio ancora mezza addormentata.
Non ho assolutamente voglia di alzarmi, fare colazione o qualunque altra cosa che non comprenda stare nel letto.
La mattina dei giorni feriali succede sempre così: non mi alzo mai prima delle dieci e mezza.
Ieri sera sono andata a letto alle nove – cosa mai accaduta in tutta la mia vita – e l’unica cosa che ricordo di aver fatto è quella di aver rimuginato a quello che era successo con Rosette e Harry.
Non sono mai stata più confusa di così. Sentivo dentro di me sensazioni mai sentite.
In un attimo, ripenso alla trattoria italiana, ai baci tra Harry e Rosette, al suo sorriso imbarazzato dopo avermi detto che aveva piacere a stare con me.
E’ stato così strano per me.
Mi sono sentita una ragazzina entrata in un triangolo amoroso complicato.
François continua a strusciarsi contro la mia gamba, e la mia reazione non è delle migliori.
“François, smettila!” mi rigiro nelle coperte e cerco di ritornare a dormire.
Finalmente il gatto scende dal letto e smette di darmi noia.
Non potrei essere più felice di così. E’ sabato, non devo andare a lavoro, non devo sopportare Rosette, non devo fare cose che mi annoiano e, soprattutto, posso restare nel letto tutto il tempo che mi pare.
Eppure in tutta quella felicità c’è qualcosa che non mi convince.
Come se avessi ancora delle faccende da fare o qualcos’altro che non comprenda il restare nel letto e non fare assolutamente niente.
Apro per la seconda volta gli occhi e mi guardo intorno.
Le faccende le ho fatte ieri sera, i lavori nel negozio di fiori sono tutti finiti, le piante all’entrata le ho sistemate e… Che altro?
Ho fatto tutto.
Mi rigiro per un po’ nel letto cercando di riprendere sonno, ma niente da fare.
Sono troppo annoiata per restare nel letto, ma sono troppo annoiata anche per alzarmi! Cosa fare?
Cerco il cellulare sul comodino per il solito controllo mattutino di messaggi, chiamate e social network, ma non lo trovo.
Dov’è finito?!
Mi alzo dal letto e lo vado a cercare, angosciata all’idea di averlo perso.
Nel cellulare ho tutti i miei dati personali ed è costato anche un bel po’ di soldi!
Detesto perdere le cose, è frustrante.
Eppure sono abituata a farlo, perché mi capita molto spesso.
Mia madre dice che sono costantemente distratta, e non dò mai la giusta importanza alle mie cose. Sono sbadata, ecco.
Dove lo posso aver messo?!
Controllo nei cassetti, nella camera da letto, nella cucina, nel bagno, nei cappotti, nella borsa… In tutto quello in cui potevo averlo messo, ma non c’è nessuna traccia.
Mi metto le mani tra i capelli, esasperata. Il mio cellulare è tutto per me.
Mi distendo nuovamente sul letto, facendo mente locale di quello che ho fatto ieri.
Sono andata a lavoro, ho discusso con Rosette e sono andata a pranzo con lei e Harry. E fino a lì non ho tirato mai fuori il telefono dalla borsa.
Poi cosa è successo? Harry mi ha accompagnato a casa e mi ricordo di aver cacciato fuori il cellulare per vedere l’orario.
La macchina di Harry! Devo averlo perso lì, sono sicura!
Ma come faccio a riaverlo?
E’ il figlio del proprietario del negozio, avrò sicuramente altre occasioni per rivederlo, ma non passerà prima di lunedì, e a me serve oggi, assolutamente.
Giro un po’ per la casa, mordendomi il labbro, poi decido di andarmi a lavare.
Una bella doccia calda mi calmerà almeno un po’ e mi farà venire in mente una soluzione.
Entro in bagno con tutto il necessario e ci sto almeno un’oretta.
Mi appoggio al muro freddo della doccia e strofino l’esfoliante sulla pelle, rilassandomi completamente.
Chiudo gli occhi e i miei pensieri vanno a qualcuno di inaspettato: Harry.
Ripenso alla prima volta che l’ho incontrato, ai suoi folti capelli color cioccolato, ai suoi occhi così verdi, al suo sorriso, alla sua gentilezza disarmante.
E non posso fare a meno di sorridere. Oh, ma che sto dicendo?
Scuoto la testa e riapro gli occhi, pronta per risciacquarmi.
Uscita dalla doccia, mi asciugo il corpo e i capelli ed esco dal bagno, completamente rinvigorita. Mi vesto e sono finalmente pronta.
In quel momento suona il campanello della porta. Chi sarà mai?
“Un attimo!” grido prima di andare ad aprire.
Ed è l’ultima persona che mi aspettavo.
“Ehy – esclama il riccio – ti sei dimenticato questo nella mia macchina, ho cercato di ridartelo il più presto possibile. Se tieni al tuo cellulare quanto ci tengo io, beh, penso mi avresti odiato per tutta la vita se te l’avessi riportato solo lunedì.” Dice sfoderando un enorme sorriso, e porgendomi il mio Iphone nero.
Non posso fare a meno di sorridere a quella vista.
“Grazie mille, sei stato gentilissimo, davvero.” Lo ringrazio, contenta più che mai.
Mi verrebbe quasi da abbracciarlo ma scaccio via quel pensiero. Troppo affrettato?
Insomma, potrei sembrare una facile.
Ma perché mi dovrebbe interessare questo? Forse, mi piace Harry?
“Non c’è di che.” Risponde lui, scostandosi i capelli dalla fronte con una massa che mi lascia senza fiato. E’ senza dubbio molto attraente.
“Vuoi entrare?” gli chiedo con tutto il coraggio che ho dentro di me.
“Certo.”
Gli prendo il giacchetto e lo attacco all’attaccapanni, mentre con la coda dell’occhio lo vedo accarezzare François, che ricambia strofinandosi contro la sua gamba.
Osservo Harry accarezzare il gatto con amore, e sorrido alla scena.
“Ti piacciono i gatti, vedo.” Esclamo, sedendomi su una poltrona e facendogli cenno di sedersi nella poltrona di fronte.
“Eh già, devo dire che li adoro – quando vede la mia faccia si corregge subito – cioè, non sono ossessionato e non ho una casa piena di gatti! Mi… Piacciono.”
“Non ti preoccupare, anche se fosse stato così non ti avrei certo cacciato di casa. Dopotutto, io amo i gatti ed è normale per me.” Replico divertita.
“Anche se avessi avuto una casa con ventidue gatti?” scherza.
“Uhm, credo di sì.” Rispondo con lo stesso tono. “Anche se penso che saresti già impazzito con tutti quei gatti in casa che ti graffiano il divano e scalano le tende!” continuo, sfoggiando un sorrisetto a metà tra l’amichevole e il divertito.
“Non penso, sono un ragazzo molto calmo e rilassato.”
“Allora penso sarai di buona compagnia, perché anch’io sono fatta così.”
“Sai, l’avrei intuito.” Afferma con tono ovvio, ed io ridacchio.
Passiamo il tempo a parlare del più e del meno, di noi, dei nostri hobby e passioni, ma anche dei nostri genitori e, magari, dei nostri amici.
Non lo so, ma la sua presenza mi piace.
Al ristorante avevo intuito fosse un ragazzo simpatico, ma quella zecca di Rosette lo facevo sembrare soltanto uno “sciupafemmine”.
Eppure qui con me non sembra così. Sembra più spontaneo e genuino, un ragazzo semplice, come me, d’altronde.
Scopro tantissime cose che da sola non avrei mai intuito.
Ad esempio, Harry non ha l’aria di essere un ventisettenne, proprio per niente.

Infatti, quando me lo dice, con assoluta tranquillità, rischio di strozzarmi con la saliva.
Invece, quando gli dico la mia età, lui annuisce, senza rispondere. Probabilmente non sembro né più grande, né più giovane.
Ad un certo punto ci ritroviamo a parlare persino di scuola, e intuisco che a lui non piace granchè, infatti lavora in una panetteria intanto che cerca lavoro.
Gli racconto dei miei due anni all’Università alla facoltà di Psicologia, e lui sembra quasi affascinato dalle parole che dico.
Mi guarda con la fronte leggermente corrucciata, come se stesse ragionando su ogni piccolo dettaglio che esce dalla mia bocca.
Non ho mai visto nessuno così interessato a me.
Quando gli chiedo com’è il suo rapporto con i suoi genitori, per poco non scoppia a ridere. Mi dice soltanto che la situazione è abbastanza complicata, e che per spiegarmelo ci vorrebbe troppo.
Io ho tempo, vorrei rispondergli, anche se alla fine rimango in silenzio.
La mia, di situazione, invece, va abbastanza bene.
Vivo da sola e non potrei stare meglio. Non ho mai amato stare con i miei genitori.
Troppe regole e orari da rispettare, ed io della parola “precisione” non ho neanche la “p”.
Parlando di hobby, invece, a lui piace cantare. Dice che una volta, quando aveva sedici anni, ha provato ad andare ad X-Factor, ma è stato subito eliminato ai Boot Camp.
Noto che, mentre mi racconta la sua esperienza, ha un po' malinconia negli occhi. Ci teneva veramente.
Non riesco a reggere il suo sguardo così dispiaciuto senza dire niente, ma l’unica cosa che mi esce è uno stupido e banale “mi dispiace”.
Se potessi, lo abbraccerei forte. Nonostante quello che possa sembrare, amo gli abbracci.
“Non fa niente” risponde lui, cercando di fare un sorriso per rassicurarmi, anche se invano. Dev’essere stato davvero difficile accettare questa sconfitta.
E, anche se sono passati dieci anni è più, la delusione resta lo stesso.
“Ti va un thè?” gli chiedo, provando a cambiare discorso. La sua espressione sembra cambiare, e mi rallegro subito anch’io.
“Come fai a sapere che amo il thè?” chiede, sorpreso.
“In effetti non lo sapevo, ho tirato a indovinare! Insomma, sei inglese! A quale inglese non piace il thè?” rispondo, con fare ovvio. Lui ridacchia.
“Il tuo ragionamento non fa una piega.”
Andiamo in cucina e, mentre tiro fuori dalla dispensa le mie bustine di thè – alla fragola, ovviamente – sento il suo sguardo su di me.
“Ti piace il thè alla fragola, vero?” spero in un suo sì, perché io lo adoro.
In effetti amo tutti i tipi di thè, ma quello alla fragola è in assoluto il mio preferito.
“Preferisco quello alla vaniglia, ma anche alla fragola va benissimo. Mi piace.”
“Fantastico.” rispondo, sorridendogli.
Preparo il thè con cura e, appena è pronto, gli porto la tazzina davanti al suo posto, sedendomi accanto.
Ma, purtroppo, mi dimentico di dirgli che è ancora caldissimo, perché di solito lo bevo a temperature molto calde. E quello che succede quando porta la tazza alla bocca è esilarante.
Beve tutto d’un sorso almeno un quarto della bevanda, e quando si accorge che è bollente, lo sputa immediatamente, tossendo.
Non posso fare a meno di scoppiare a ridere, poco dopo mi segue anche lui.
“Scusa, è che mi piace berlo caldo… E forse adesso era un po’ troppo caldo.” Mi scuso, appena riesco a tornare seria.
“Dici?” mi domanda, ancora ridendo per l’episodio di prima.
Scoppio a ridere nuovamente, mentre pulisco il tavolo.
Gli arriva un messaggio, così prende il cellulare in mano per leggerlo.
La sua espressione cambia totalmente, da sereno e sorridente ad annoiato.
Sbuffa sonoramente, facendomi girare.
“E’ successo qualcosa?” chiedo, perplessa.
“No, niente, è solo che mia, ehm, cugina è rimasta sola con la babysitter. Mi dispiace, ma devo proprio andare via, e anche veloce, perché questa babysitter non ha alcuna voglia di aspettare!” Dice, con un espressione dispiaciuta sul volto.
“Non fa niente, meglio che vai!” rispondo, comprensiva come al solito.
Prendo il suo giacchetto dall’appendiabiti e glielo porgo.
Lui lo infila velocemente e, mentre scappa via fuori, le sue labbra, morbide e rosee, si posano sulla mia guancia.
Anche se è stato soltanto un attimo velocissimo, quel momento per me è durato minuti e minuti.
Lo lascio correre via giù per le scale, urlandogli uno “stai attento!” un po’ preoccupata, ma anche abbastanza confusa da quella piccola effusione di prima.
Non riesco a non sorridere, e sento lo stomaco in subbuglio.
Tutto per un piccolo e veloce bacio sulla guancia, da un ragazzo conosciuto il giorno prima.
Appena prendo coscienza di quello che mi sta accadendo, cerco di pensare ad altro e togliermi quei pensieri dalla testa.
Non ho più quindici anni! E’ davvero ridicolo, ugh.

Beh, ridicolo o no, man mano che le settimane passano, mi accorgo del piccolo dettaglio che, sin dal giorno in cui l'ho incontrato, cerco sempre di non far notare: mi piace Harry.




Chiara’s corner.

Scusate, scusate, scusate, scusate, scusate, scusate, scusate e ancora: scusate!
Mi sono presentata di nuovo qui, dopo due settimane, con il terzo capitolo.
E so che molto probabilmente a molti  non interessa, ma li pubblico lo stesso ;)
Della serie: “Sono strana and I know it” AHAHAHAHA.
Adesso però passiamo alla storia! c:
La nostra Clara ci racconta un po’ meglio di sé!
Ama scrivere, ha un fantastico rapporto con la vecchietta del piano di sotto, è una disordinata cronica, studia molto per inseguire il suo sogno, frequenta il secondo anno alla facoltà di Psicologia all’Università, ama il thè alla fragola e ha una bella cotta per il nostro Harry!
Non si era capito, nono.
E a proposito di Aroldo… Anche lui si è finalmente presentato meglio!
Non direttamente, okay, ma grazie alla mia narrazione si è capito che:
1)    Si chiama… *rullo di tamburi* Harry!
2)    Ha ventisette anni! (l’ho un po’ invecchiato, poor Harry :c AHAHA)
3)    Lavora in una panetteria! (Indovinate un po’ come mi è venuta l’idea)
4)    Non ha un rapporto proprio fantastico con i suoi genitori.
5)    Non ama alla follia la scuola.
6)    Ha fatto l’audizione ad X-Factor ma è stato eliminato al Boot Camp. Mentre scrivevo, dispiaceva anche a me, ma ho dovuto farlo succedere per forza, altrimenti avrei dovuto cambiare le mie idee!
7)    Ama il thè alla vaniglia.
Sinceramente, non ho mai assaggiato il thè alla vaniglia, però deve essere buono!
Spero vi basti per questo capitolo, non voglio fare la fine di certe fan fiction che fanno succedere un sacco di avvenimenti in pochissimi capitoli.
Deve essere una cosa molto lenta, seppur estenuante, ma lenta.
Okay, estenuante magari no, altrimenti ve ne andate tutti!
La parte più bella è quella di quel piccolo bacio.
Anche se non è un bacio vero e proprio, è stato comunque molto dolce!
Mi piacciono questi momenti così, li preferisco mille volte alle scene di sesso selvaggio.
Se non fosse così, non avrei scritto storie tutte rating verde o giallo!
Beh, adesso la smetto di parlare di moi. Parliamo di voi!
Siete stati fantastici anche questa volta!
Siamo a dodici recensioni! *balla la conga, anche se non ha la più pallida idea di come si balli*

Ringrazio le meravigliose persone che hanno speso il loro tempo per scrivere una recensione più lunga di dieci parole!
Ringrazio mille volte anche chi ha inserito questa storia tra le preferite, seguite e, stavolta, anche ricordate! (yuhu!)
E, dulcis in fundo, ringrazio tutte quelle persone che leggono questa storia!
Grazie mille!
Per questo capitolo non fisso un record di recensioni, anche perché, come avete già visto, ritardo spesso e potrei anche non rispettare i tempi.
Aggiornerò quando mi sento di aggiornare AHAHA.
Mi raccomando ladies and gentleman, ho ancora bisogno dei vostri pareri!
Quindi, vi prego, se state leggendo questo “Chiara’s corner”, lasciate una recensione – anche piccola, ma di almeno dieci parole – su questo capitolo o sull’intera storia!
Non importa che sia positiva, negativa o neutra, qualunque consiglio e parere mi servirà sicuramente!
Pleeeease! *puppy face*
Vabuon, adesso posso andare via e lasciarvi finalmente in pace per una o al massimo due settimane!
Godetevele, prima che ritorni! AHAHAHA.
Sn prp simpy!!1! xdxd.
Okaaay, lasciatemi stare lol.
A presto, spero che passiate una buona settimana, non come me, che sono contornata da compiti in classe!
Domani ho quello di algebra e geometria, pregate per me! Lolz.
Ah, e Harry Edward Styles tra tre giorni non fa vent’anni, okay?! Okay.
Au revoir xx

Ps. 1: Come in tutti i capitoli, ecco i social network dove potete rintracciarmi, per parlare, scherzare, o anche per chiedere scambi recensioni o di leggere le vostre storie!

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Chiara loves ya.

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Capitolo 4
*** Quatre. ***


C'est la vie.


La mia normale vita da studentessa universitaria e commessa in un negozio di fiori continua senza particolari novità.
La mia solita routine di questi giorni prevede quattro stadi, escludendo i pasti – che a volte nemmeno faccio – e i giorni feriali: lavoro – università – studio – dormita.
Lo studio si sta facendo man mano più duro e pesante.
Non che non sia capace a studiare, soltanto che avrei seriamente bisogno di un po’ di svago.
Non chiedo molto, eppure sembra davvero difficile.
Questa mattina, come tutte le altre, devo andare all’Università.
Stanotte non ho dormito molto bene, perchè il mio caro gattino ha pensato bene di divertirsi, facendomi svegliare con un terribile rumore di oggetti rotti.
Fortunatamente era solo un bicchiere, ma è riuscito comunque a farmi passare una notte insonne.
Mi sono già preparata tempo fa, così mi siedo sul letto e ripasso un po’.
Apro il libro di 500 e più pagine che ieri sera ho studiato fino a poterlo ripetere perfettamente persino nel sonno, ma lo richiudo subito.
Non ce la faccio più a rileggere nemmeno una parola.
Allora, prendo la mia amata borsa, assicurandomi di averci messo tutti i libri necessari, la mia giacca e il mio cellulare, e lascio casa mia.
Arrivo a quel grande e vasto edificio che identifico come Università, e entro dentro sorridendo lievemente.
Come se stessi pensando “questo sì che il posto per me”.
Sistemo la borsa sulle spalle e mi incammino, salutando tutti gli studenti che fin ora ho conosciuto.
Certo, non sono proprio tantissimi, ma mi accontento.
Meglio pochi ma buoni, giusto?
Mi fermo in un angolo e faccio mente locale.
Prima lezione del giorno: sociologia. Ce la posso fare.
Mi metto a cercare l’aula di sociologia come se fossi appena arrivata e, beh, non posso biasimare gli altri studenti che mi guardano come se fossi un alieno.
Non ho molto senso dell’orientamento, e a quanto pare nemmeno una buona memoria.
Possibile sia andata così tante volte in quella dannatissima aula e adesso non mi ricordo nemmeno dove si trova?!
Con la poca lucidità che mi ritrovo dopo tre orette scarse di sonno, mi ricordo della piccola mappa di questo edificio che ci hanno dato all’inizio del primo anno e che tengo sempre nella borsa.
Ringrazio il cielo di non aver perso anche quella.
Mentre cerco di decifrare cosa ci sia scritto sulla cartina dell’Università, sbatto contro una ragazza.
O meglio, una ragazza sbatte contro di me.
La spinta mi fa quasi cadere per terra, ma fortunatamente riesco a ritrovare l’equilibrio e ad evitare un'altra figuraccia.
Una parte di me è alquanto infastidita.
Ero concentrata e stavo quasi per trovare una soluzione al mio problema!
Un’altra parte, però, riesce a calmarmi.
Sarà stato un incidente, oppure potrebbe essere nuova e si è persa.
E’ una cosa assolutamente normale perdersi i primi mesi che sei in questa Università. Io lo faccio ancora adesso che è passato un anno!
Mi volto verso la persona che mi ha urtato e non faccio in tempo a prendere un respiro che comincia a parlare.
E’ una ragazza abbastanza bassina, almeno per me, ma con un corpo snello e minuto e degli occhi davvero belli. Blu, come l'oceano.
I capelli, lunghi e biondi, le ricadono sulle spalle in piccoli boccoli.
La prima cosa che noto è uno strano tatuaggio sul dorso della mano, un pettirosso, penso.
“Oh mio Dio, scusami tanto! Sono davvero sbadata, mi dispiace un sacco di esserti andata in contro! E’ che sono appena arrivata e mi sono ritrovata una scuola gigantesca!”
“Ehy, calma, non è successo niente! – la rassicuro, sorridendo – Ti posso assicurare che anch’io l’ho fatto, parecchie volte! E, a dirti la verità, lo faccio ancora!” continuo, ridacchiando leggermente.
“Comunque, io sono Clara e frequento il secondo anno della facoltà di Psicologia.” Mi presento, raggiante.
Sento che potrei consolidare una bella amicizia con questa ragazza.
Mi sembra semplice e molto gentile, non sgarbata come Rosette.
Lei sembra simpatica, e sicuramente di buona compagnia.
“Ehm, piacere, io mi chiamo Sarah e… Wow! Frequento anch’io questa facoltà!” dice a sua volta, con molto più entusiasmo.
“Sei del primo anno?” le chiedo.
“Io? No, no, sono del secondo, come te!” mi sorprendo leggermente a scoprire che è del secondo anno. Non si direbbe.
In realtà, da quel viso non si direbbe nemmeno che fosse una studentessa universitaria, ma mi astengo dal fare commenti.
“Sai per caso che lezione abbiamo?”
“Sociologia, esattamente tra… – guardo il mio cellulare – cinque minuti. Sbrighiamoci o altrimenti perdere i posti migliori! Ah, a proposito… Non mi ricordo dove sia l’aula di sociologia.” Dico imbarazzata fino al midollo.
Di norma mi sarei aspettata una risata in faccia, invece non succede.
“Non ti preoccupare, me l’ha spiegato quel ragazzo lì – bisbiglia, indicando timidamente un ragazzo a pochi metri da noi – è davvero carino.” Continua sognante.
Scoppiamo a ridere e ci dirigiamo verso la fatidica aula.
Riusciamo a prendere i posti migliori, ovvero quelli davanti, e aspettiamo che arrivi il professor Millet.
Durante l’attesa, chiacchieriamo un po’ e riesco a togliermi molti dubbi sulla sua presenza. Non l’avevo mai vista prima!
Mi spiega che è arrivata da pochissimi giorni dall’Inghilterra e si è iscritta a questa Università continuando il corso di studi che faceva nel suo paese.
Al sentire della parola “Inghilterra” sgrano gli occhi involontariamente.
Dopo qualche altra battutina, Monsieur Millet fa la sua entrata nell’aula e in un momento tutte le risate e le chiacchiere lasciano spazio a un silenzio di tomba.
Diciamo che il professore di sociologia non dà tanto l’aria di esserlo.
Non capisco proprio cosa l’abbia spinto a scegliere un mestiere dove si sta a stretto contatto con altre persone, quando sono proprio queste a dargli fastidio.
E’ un uomo insopportabile, ma è il mio professore e, in quanto tale, potrebbe farmela pagare agli esami orali, come e quando vuole.
Cerco di tenermelo buono, anche se a volte è davvero impossibile.
Detesto le persone come lui, sempre in guerra col mondo. E' irritante il fatto che anche se una persona cerca di essere gentile, loro ti trattano sempre e comunque male.
Ho avuto la sfortuna di incontrare molte persone così.
Faccio segno a Sarah di stare attenta nelle sue lezioni, perché anche solo uno sguardo altrove o un leggero chiacchiericcio può farlo imbestialire.
Inizia la sua solita paranoia sull’argomento su cui ci siamo soffermati da una settimana circa: sociologia della religione.
Mi piace molto sociologia, soprattutto perchè è basata soprattutto sulle idee delle persone e, di solito, durante la lezione si può anche esprimere il nostro parere.
Essendo una ragazza molto idealista, mi diverto a formulare pensieri.
Infatti, sono quasi sempre io ad alzare la mano per esprimere cioò che penso. Io, e un ragazzo, penso si chiami Zayn.
E' il ragazzo che stamattina ha dato informazioni a Sarah sull'aula di sociologia. Solo adesso mi rendo conto che era lui.
Lo vedo parecchie volte per la scuola, una volta ci ho anche parlato, ma sembra molto chiuso, sfuggente. Eppure, le sue riflessioni sono molto belle.
La voce del professore che continua a parlare mi risveglia dai miei pensieri.
“Come abbiamo visto negli scorsi giorni, nella Seconda Rivoluzione Industriale, si sviluppano diversi pensieri sulla religione. Marx, Durkheim e Weber sono i filosofici occidentali che più si interessano a questa e ai suoi effetti sulla società.
Dato che nei giorni scorsi abbiamo approfondito Durkheim e Weber, stavolta sarà il turno di Marx.” Lo dice quasi come se si stesse trattando di bambini che devono fare a turni per andare su uno scivolo.
Parla per tutta l’ora senza interruzioni, e l’unica cosa che posso fare è prendere appunti.
A volte, con la coda dell’occhio, sorrido a Sarah e prendo qualche secondo di pausa, prima di ritornare subito faccia a faccia col mio quaderno.
La campana suona la fine della lezione, e gli studenti si preparano per uscire fuori dall’aula. Anche noi ci alziamo e ci incamminiamo verso la prossima aula.


“E anche l’ultima ora è andata” sospiro, mentre mi siedo sulla panchina del parco dell’Università.
“Fortunatamente.” Aggiunge lei, sedendosi vicino a me.
“Come ti è sembrato?” le chiedo, riferendomi alle lezioni svolte oggi.
“Interessante, bello – risponde sincera – amo questo genere di argomenti quindi per me è tutto fantastico.” Annuisco, pensando le stesse cose.
“Senti, ti va di fermarti a mangiare qualcosa insieme?” propongo, sentendo lo stomaco brontolare.
“Uhm, ci sto! Dove andiamo?”
“C’è una trattoria che conosco, molto buona. Non è proprio vicinissima, ma in dieci minuti siamo là. Ti va?”
“Certo!”
Prendiamo la mia auto e ci dirigiamo verso la trattoria, la stessa dove sono andata con Harry e Rosette.
Non so, ma è la prima cosa che mi è venuta in mente.
Ho voglia di rivedere il cameriere, Louis, sempre che non sia stato licenziato.
E’ un ragazzo simpatico e quell’unica volta in cui ci siamo visti mi è sembrato alla mano, persino quando ho urtato contro di lui e gli ho fatto cadere tutti i piatti.
E, in un certo senso, ho anche voglia di ritornare nel posto dove ho incontrato Harry.
Come se stessi sperando di rincontrarlo di nuovo, anche se sarà poco probabile.
Appena arriviamo davanti all’entrata, Sarah sembra riconoscere il ristorante.
“Ehy, ma io conosco questo ristorante! Ci lavora un mio amico!” dice, entusiasta.
“Louis?” domando, ma mi fa cenno di “no” con la testa.
“L’ho sentito dal mio amico Niall, deve essere un suo collega – risponde – perché? Tu conosci Louis?” mi chiede, incuriosita.
“Ehm, sì, in un certo senso. Cioè, una volta sono andata a mangiare qui con due amici e gli ho fatto cadere tutti i piatti per terra… Beh, penso che si ricorderà di me.” Scherzo, per smorzare l’imbarazzo che provo nel ricordare quel momento.
Sarah ride, divertita “Ma lo sai che a me è successa la stessa cosa? Sempre qui, ero col mio migliore amico e ho sbattuto contro una pila di bicchieri. E’ stato esilarante!” spiega, ridendo.
Non posso fare a meno di ridere insieme a lei mentre ci avviciniamo all’entrata.
Il ristorante è molto bello, come sempre, e mi scappa un sorriso mentre cammino.
Il cameriere che accompagna ai tavoli è sempre Louis, fortunatamente, e colgo l’occasione per salutarlo.
“Ciao ragazze, in cosa posso aiutarvi?” ci domanda gentilmente.
“Non essere timida” mi dice il mio subconscio. Ha ragione, devo fare il primo passo.
“Ciao Louis, non so se ti ricordi di me, sono quella ragazza che è venuta qualche settimana fa con due amici, e che ti è andata a sbattere addosso facendoti cadere tutti i piatti!” dico tutto quello che mi passa per la mente in un piccolissimo arco di tempo.
Mi maledico mentalmente per la figura fatta anche questa volta. Non sono mai stata un asso nelle presentazioni.
Spero davvero abbia capito chi sono, sarebbe troppo imbarazzante dover ripetere tutto!
“Ah, sì, mi ricordo di te! Infatti il tuo viso mi ricordava qualcosa! E tu invece… Sei l’amica di Niall, vero?” Sarah annuisce, sorridendo.
Louis ci accompagna a un tavolo per due, stavolta più agli angoli della sala, e ci dà i menù.
“Che bello andare in un posto tutto made in Italy.” Sorrido all’affermazione di Sarah.
“Voi inglesi siete davvero tutti così, amate l’Italia e il suo cibo, eppure, guardate un po’, vi trasferite in Francia!” scherzo, facendo sorridere anche lei.
La mia situazione è abbastanza anormale. Ho conosciuto, in un piccolo arco di tempo, due inglesi doc che amano l’Italia e il cibo italiano e hanno amici che lavorano in una trattoria italiana.
“La mia non è una vera e propria scelta… Io sarei rimasta volentieri in Inghilterra!” afferma sinceramente – E’ che il mio migliore amico mi ha pregato in tutte le lingue del mondo di venire con lui ed io, dopo un anno, ho deciso di trasferirmi. Non per sempre, però, giusto per un anno o poco più.” Mi spiega.
“Il tuo migliore amico è Niall?” le chiedo, abbastanza curiosa.
 “Oh, no, no. Il mio migliore amico si chiama Harry, Niall l’ho conosciuto perché era un suo amico! Adesso però mangiamo, che sono arrivati i piatti!” cambia subito discorso appena vede arrivare i piatti fumanti di pasta.
Io, invece, mi sto ancora soffermando sulle sue parole.
Harry, inglese, trasferito… Ma no, non può essere.
Mica c’è solamente lui in tutta la Francia! Sarà sicuramente un altro Harry.
O almeno, spero. Sarebbe davvero un trauma, altrimenti.
Questi miei pensieri volano via velocemente, quando Sarah mi picchietta il braccio.
“Che c’è?” le domando. Lei non dice niente, ride soltanto.
Non capisco, cosa diavolo ha da ridere?
Alzo un sopracciglio e il mio fastidio cresce sempre di più, man mano che provo a chiederle il perché.
Ho sempre detestato queste situazioni, mi capitavano spesso al liceo.
Probabilmente, se fossi stata un’altra persona l’avrei presa meglio, ma sono me stessa e se c’è una caratteristica che mi contraddistingue è la mia pesantezza.
Ad un certo punto, mi giro per prendere il cellulare dalla borsa e noto uno spostamento d’aria notevole alla mia destra.
Mi giro impercettibilmente e noto un Louis accovacciato a terra che mi saluta.
Non posso fare a meno di sorridere.
“E così… E’ per lui che ridevi?” chiedo a Sarah mentre Louis si alza.
“Scusa, è che non sono riuscita a trattenermi!” spiega, mentre annuisco.
“Signore – annuncia Louis, una volta alzatosi – volete un dessert? Oggi la casa ne ha fatto uno alle mele, è fantastico.” Sorride smagliante.
“Uhm, per me noi va benissimo. No?” Risponde Sarah anche per me. Le annuisco, per confermare.
“Allora torno subito, a presto!” dice Louis, sgattaiolando in cucina.
Sarah mi guarda con uno strano sorrisetto sul viso.
“Clara, non ti trattenere, puoi tranquillamente dirmi che sei attratta dal bel cameriere, eh.” Sbarro gli occhi, sorpresa. Magari mi piacesse il cameriere.
“Ma chi, a me? Louis? Andiamo, Sarah, ho altro a cui pensare!” rispondo con tono divertito e ancora sorpreso per la sua affermazione.
Cioè, sì, mi sta molto simpatico Louis, ma non pensavo di sembrare così interessata.
Interessata, per cosa, alla fine? Louis potrebbe essere un amico, un grande amico, per me, ma niente di più.
Meglio lasciare perdere la persona che considero più di un amico. Harry…
Ah, è inutile che ci penso.
Non si è fatto più vivo, a parte quando viene a prendere Rosette al negozio, sulla sua moto fiammante nera ed io li guardo malinconicamente allontanarsi da me.
Sono rinomata per essere sempre la sorellastra della principessa, quella che guarda la sua sorellina prendersi il meglio, mentre lei se ne sta a guardare e a rodersi il fegato.
Certo, la sorellastra fa sempre la parte della cattiva, ed io non mi sento come la cattiva della situazione, anzi, ma volevo soltanto rendere l’idea.
“Ti capita spesso?” la voce squillante di Sarah mi risveglia dai miei ragionamenti.
“Cosa?” chiedo, confusa.
“Di guardare nel vuoto.”
“Solo quando mi metto a pensare.”
“Allora sei una che pensa tanto.” Deduce, sorridendo. Non è una presa in giro, è soltanto una… Costatazione. Vera, tra l’altro.
“Beh, sì, me lo dicono spesso.” Sorride di rimando e si mette ad armeggiare col cellulare. Mi dice che deve fare una chiamata urgente, e mi spiega che si è ricordata adesso che deve chiamare il suo migliore amico.
Annuisco, così lei si porta il telefono all’orecchio e comincia a parlare.
Riesco a sentire soltanto metà della conversazione, ma, sperando di non farle sospettare niente, elaboro ciò che dice, cercando di capire di cosa parlano.
E’ sempre stato divertente per me “intercettare” le conversazioni.
Non lo facevo perché fossi pettegola, lo facevo perché ero curiosa.
“No, non posso venire. – probabilmente lui le sta chiedendo di uscire – sì, lo so che ci eravamo messi d’accordo, ma mi sono scordata – o meglio, lei gli sta chiedendo di disdire – possibile Harry che tu debba per forza vedermi adesso?!”sbotta ad un certo punto, e tutti i presenti si girano.
Anch’io sgrano gli occhi un po’ più del dovuto sentendo quel nome.
“Aspetta, che? Senti, sono fuori, è impossibile.” sbuffa sonoramente, e posso tranquillamente sentire la voce maschile dall’altro capo del telefono. E’ una voce familiare, troppo.
Ad un certo punto, mi chiede come si chiama il ristorante per non so quale motivo e glielo dico, un po’ nervosa. Perché adesso le serve il nome del ristorante?
Un sacco di dubbi mi assalgono.
“Okay, ciao, ti voglio bene, ciao.” finalmente chiude la telefonata e appoggia il cellulare sul tavolo. Fa un sospiro di sollievo.
Incrocio le dita dentro di me, sperando che non succeda niente che abbia a che fare con la telefonata. Ma, evidentemente, la fortuna – come al solito – non è dalla mia parte.
“Ti dispiace se il mio migliore amico viene qui?” chiede, con uno sguardo leggermente dispiaciuto.
Rischio di strozzarmi con la mia stessa saliva, ma cerco di nasconderlo, tossendo un po’.
“No, non ti preoccupare! Quando, ehm, dovrebbe venire?” le domando, facendo il sorriso più falso che abbia mai fatto in tutta la mia vita.
Adesso.” Oh, cavolo.




Chiara's corner.

Hiiii people!
*borbotta, tossisce, soffoca, muore* lol.
Okay, no, non sono morta fortunatamente, ma penso lo sarò molto presto.
Lo so, vi avevo detto che avrei aggiornato prima e blablabla, ma non ci sono riuscita!
Non trovavo l'ispirazione, e ogni volta che mi sedevo al computer e rileggevo quello che scrivevo non mi piaceva.
Adesso, però, sono qui con il capitolo... Quattro! Yaaaaaay!
Immaginatemi a fare la ola con un gonnellino di paglia stile hawaiana e una corona di fiori in testa.
Che dire di questo capitolo?
Uhm, io direi soltanto che è una mezza cacchetta.
Cioè, tanto male alla fine non è, altrimenti non l'avrei pubblicato, solo che non mi piace particolarmente, non come gli altri.
Non succede niente di particolare, a parte l'entrata in scena di Sarah e Zayn.
A proposito di Sarah... Amo questo personaggio.
Mi piace un sacco! Oltre al fatto di essere bellissima (me la sono immaginata come Nina Nesbitt con gli occhi azzurri, che cosa bella), è anche molto simpatica, almeno per me.
Zayn invece è perfetto come al solito.
Anche se non è ancora entrato in scena definitivamente, immaginatevelo tra i banchi di scuola, con un giacchettino di jeans e una borsa a tracolla...
Oddio, non vedo l'ora di farlo entrare nella storia!
Vi dò una piccola anticipazione su di lui: non avrà molto a che fare con Clara.
Capirete tutto in seguito!
Clara, invece, si vive la sua monotona vita tra università e lavoro (e gatto, aggiungerei AHAHA), ma non sa che l'amicizia con questa Sarah le farà vivere moolte esperienze!
Ho parlato un po' delle lezioni all'Università, ma non ne sono molto sicura, dato che non ho la più pallida idea di come e cosa si studi alla facoltà di Psicologia.
Quindi, scusatemi per gli eventuali errori!
Comunque, che ne pensate degli intrugli che ho creato? Sono sempre stata una grande ad ingarbugliare le situazioni lol.
Allora, Clara è amica di Sarah che è amica di Harry che è amico di Niall e Louis che sono amici di Clara che è amica di Zayn e Rosette, che è amica di Harry ecc.
E... Liam?
Liam arriverà, non vi preoccupate, non prestissimo, ma arriverà.
Alors, vorrei ringraziare tutte quelle bellissime persone che anche stavolta hanno letto, recensito e messo tra le preferite/ricordate/seguite la storia.
Anche se sono state soltanto in tre, vi sono comunque grata per il tempo che avete speso per recensire la mia storia.
Quindi, grazie a tutti e a tutte!
Mi raccomando, in questo capitolo vorrei avere tutti i vostri pareri!
Soprattutto da voi, lettrici silenziose!
Ho visto che siete abbastanza, mi piacerebbe davvero capire com'è davvero questa fan fiction!

Vi preeeego! Mi servono assolutamente i vostri pareri!
Bien, voilà le chapitre quatre! J'espére que vous aimez ça!
(Bene, ecco il capitolo quattro! Spero vi piaccia!)

Vi lascio, come al solito, i social network dove potete rintracciarmi...
Twitter: @dj_chiara
Tumblr: chiarascorner

Chiara loves ya. xx

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Capitolo 5
*** Cinq. ***


C'est la vie.

But you're so hypnotising
You got me laughing while I sing
You got me similing in my sleep
And I can see this unravelling
And your love is where I'm falling
But please don't catch me.



Sono sempre stata una ragazza calma e a modo, rispettosa e mai fuori di me.
Dopotutto, fin da piccola mi hanno insegnato a fare così.

Nello stesso modo in cui mi hanno insegnato a fare molte altre cose, come l'essere gentile in qualunque circostanza (e sottolineo il qualunque), ringraziare per ogni minima azione e persino stare diritta con la schiena.
Il mio autocontrollo è da record, devo ammettere, e, a meno che qualcuno non sia terribilmente irritante, cercherò sempre di stare zitta e sopportare.
O perlomeno, ci provo.
Adesso, però, il mio autocontrollo è andato a farsi benedire. In pratica, sono nel più totale panico.
Tra un po’, tutta la Francia sentirà il ticchettìo nervoso delle mie unghie sul tavolo di legno.
Cosa fare quando lui arriverà?
E’ questa la domanda che gira ininterrottamente nella mia testa.
Non riesco a smettere di pensare all’incontro con Harry.
Le mie gambe tremano in continuazone, e tra un po’ penso che mi metterò a urlare.
La mia testa mi urla “è solo un ragazzo!” ed io le dò ragione, ma non riesco comunque a calmarmi.
L’unica che non si è accorta di niente è Sarah, che continua a mangiare il suo tortino al cioccolato senza alcun problema.
Beh, per lei è una cosa normalissima, è il suo migliore amico.
Perché dovevo per forza conoscerlo?!
Diamine, potevo starmene a casa quel giorno o avere un improvviso mal di testa?
Il destino si è messo d’accordo con la mia sfortuna e mi ha fatto questa sorpresina.
Carino da parte sua.
Ad un certo punto, decido di andare a fare un giro fuori, con la scusa di voler andare in bagno. Spero soltanto non si sia accorta che stavo mentendo.
Corro fuori e prendo un grande respiro.
Il leggero venticello di questa mattina mi scompiglia i capelli e mi lascio sfuggire un sospiro.
Riesco subito a calmarmi un po’, così mi siedo su una panchina poco distante e chiudo leggermente gli occhi.
Via tutti i pensieri, le preoccupazioni, le complicazioni… Pensa al paesaggio.
E’ quello che facevo sin da piccola, quando avevo i miei attacchi di panico.
Da bambina ero molto insicura, molto più di quanto lo sia adesso (e vi assicuro che lo sono molto).
Non mi è mai piaciuto stare al centro dell’attenzione, eppure mi ci sono dovuta abituare.
Odiavo questi attacchi, dovevo prestare attenzione a tutto quello che facevo, o sarei potuta collassare da un momento all’altro.
In un certo senso, però, non era poi così male averli.
Mi sentivo, non so, leggera e, in una decina di secondi, ero per terra, inerme.
I miei pensieri svanivano e vedevo soltanto una luce bianca e attorno a me tante voci confuse. Ero come in una bolla.
Il problema più grande di questi attacchi era il risveglio.

La maggior parte delle volte non c’è voluto molto, ma sono capitate altre in cui per svegliarmi mi ci sono voluti ben due giorni.
Per i miei genitori è stato un incubo, temevano fossi in coma, lo stesso i dottori.
Poi però, fortunatamente, la bolla di apatia dove ero “rinchiusa” è scoppiata, ed ho aperto gli occhi.
Ho ancora l’immagine impressa di mia madre piangere di sollievo accanto a me.
Sono passati anni dal mio ultimo attacco forte, non posso dire di aver dimenticato quei momenti, ma li ho abbastanza superati.
Immagino una bellissima valle verde in campagna, con fiori gialli e rossi ovunque. Ci sono diversi alberi da frutta, dove si rifugiano piccoli animali della foresta: scoiattoli, conigli, uccellini…
Il sole mi rilassa riscaldando la mia pelle bianchiccia.
C’è un cielo azzurro come il mare, un azzurro mai visto fino ad ora, un azzurro che fa sognare. La parte più bella, però, è il verde luminoso del prato.
Un verde così intenso da perdercisi, ma che dico, annegarci dentro.
Sento una mano grande e soffice scuotermi leggermente, accompagnata da una voce altrettanto bella, calda, roca.
Apro gli occhi più tranquilla che mai, ma alla vista di chi è davanti a me, dentro di me si scatena un putiferio.
Il cuore comincia a battere all’impazzata, e tutto quello che avevo sognato è stato sostituito dall’immagine del ragazzo che stavo cercando di dimenticare poco prima.
“C-ciao.” rispondo, balbettando leggermente.
Le sue mani si spostano lentamente dal mio braccio alla mia mano. Sento lo stomaco girare, e le gambe tremolanti come budini.
Le mie labbra sono bloccate in uno sguardo quasi di smarrimento e i miei occhi sono incatenati ai suoi, come se mi stesse ipnotizzando.
Improvvisamente, scuoto la testa e mi alzo in piedi, togliendo bruscamente la sua mano dalla mia.
Dentro di me si forma una sensazione di rabbia e desolazione che mi fa venire voglia di urlare.
Possibile debba fare soltanto figuracce?
“Stavi cercando Sarah, giusto?” trovo il coraggio di parlargli, con tanto di sorriso forzato.
“Ehm, sì.” Risponde, ricambiando con un sorriso falso quanto il mio. Chissà quanto imbarazzo gli avrò messo, mio Dio.
“E’ dentro, seguimi.” La mia affermazione prende più la piega di una domanda e trovo un’altra ragione per rimproverarmi e darmi un ceffone mentalmente.
Detesto il mio imbarazzo con i ragazzi, lo odio con tutta me stessa.
Non riesco mai a esprimermi liberamente con loro, sembro sempre una ragazzina, quando invece ho ventuno anni compiuti.
So che a volte può sembrare, ma non sono timida! Sono i ragazzi a farmi effetto, lui in primis.
Rientro nel ristorante giocando con le mani e tenendo la testa bassa, seguita da Harry che saluta chiunque.
Appena arriva a Louis, lo abbraccia calorosamente e indica Sarah per fargli capire che è venuto per lei.
Poi, i loro sguardi si fermano su di me, ed io sorrido lievemente. Louis ricambia, ma con un sorriso decisamente migliore del mio.
In questo momento, non sono in grado di fare nient’altro che riflettere su quello che è successo prima e a tormentarmi per la mia ennesima figura.
Sono fatta così, purtroppo, sono fatta male, forse.
Ragione molto sulle cose, a volte anche ore e ore, non riesco proprio a prendere le cose alla leggera.
Ora come ora, preferirei mille volte stare da sola e pensare per tutto il tempo che voglio, senza fingere.
Arriviamo al tavolo di Sarah che, appena ci vede, fa un sorriso a trentadue denti.
Con la coda dell’occhio noto lo sguardo del ragazzo su di me, che mi fa arrossire come un peperone.
Chissà quante risate si starà facendo Harry dentro di sé. Ah, sono proprio un caso perso.
“Sarah!” esulta Harry, abbracciando la bionda difronte a noi.
“Idiota, mollami!” risponde scherzosamente Sarah, poggiando le mani sul petto di Harry.
Si girano entrambi verso di me, ed io sorrido lievemente.
“Potevi anche parlarmi un’altra volta, no? Si dà il caso che ci stavamo divertendo senza di te.” Continua Sarah, prendendo in giro Harry.
“Volevo stare un po’ con la mia migliore amica, non si può?”
“Mh… No.” la bionda sorride, per poi avvicinarsi ulteriormente a me.
“Dato che siamo tutti qui, volevo fare un po’ di presentazioni. Altrimenti la povera Clara se ne scappa di corsa!” lascio spazio a un sorriso sul mio viso, stavolta vero, e già per questo mi sento un po’ più sicura.
“Harry, lei è Clara, mia compagna di Università, e Clara, lui è Harry, mio migliore amico, nonché essere più idiota sulla faccia della Terra.” Conclude ridendo. Harry la guarda truce, per poi scoppiare a ridere anche lui.
“Io e te ci conosciamo di già, no? Sei la collega di Rosette, siamo usciti insieme un mesetto fa… Proprio qui!” afferma Harry, parlando con me.
“E mi hai anche riportato il cellulare!” aggiungo, sorridendo.
“E tu mi hai offerto un thè.” Commenta lui.
“Con cui ti sei scottato e mi hai bagnato l’intero tavolo.” Continuo, facendolo ridere di gusto. Ha una bella risata.
“Beh, dato che vi conoscete di già, non devo nemmeno fare le presentazioni, no?”
Sia io che Harry scuotiamo la testa, e dentro di me spero davvero che si ricordi almeno il mio nome.
“Allora, di cosa mi dovevi assolutamente parlare?” esclama Sarah, sorridendo leggermente.
“Scusaci un attimo.” Risponde lui, trascinando l’amica poco più lontano da me.
Mi risiedo al tavolo e aspetto pazientemente, provando un po’ a capire cosa possano dire e perché io non li possa sentire.
Non capisco proprio perché Harry sia venuto fin qui per parlare con Sarah.
A meno che non sia una questione gravissima – e non mi sembra – sono praticamente una sconosciuta e tutto ciò che potrebbero dire resterebbe un mistero per me.
Ci sono due casi: o parlano di me, o di qualcuno che conosco.
E di chi? Non mi risulta che conoscano qualche mia amica stretta o parente, l’unica persona che ho in comune con Harry è… Rosette. Sì, Rosette!
Potrebbe essere lei, ma chi lo sa, le mie sono tutte prove infondate.
Mentre controllo sul cellulare l’orario, sento qualche parola sussurrata leggermente più forte rispetto alle altre, ma che riesco a percepire abbastanza bene: maschera, festa.
Una festa… In maschera!
La domanda sorge spontanea: perché Harry ne dovrebbe parlare in privato con Sarah?
Li guardo con la coda dell’occhio e mi sembra quasi che mi stiano fissando.
Non può essere, no.
“Ehy Clara, scusaci, ma quest’idiota – dà una gomitata ad Harry – mi doveva parlare.” Ridacchio all’affermazione di Sarah, ricevendo un finto sguardo truce di Harry.
“Adesso però possiamo restare sole, vero Harry?” continua, marcando sempre di più le parole.
“Uhm, sì, certo! Ciao Sarah – dice abbracciandola calorosamente – ciao… Clara – si avvicina a me come aveva fatto con Sarah ma non mi abbraccia, resta a guardarmi intensamente.
“Ciao Harry” sorrido leggermente, lui ricambia abbassando lo sguardo e andandosene via.
Dopo quel piccolo stato di trance, lo guardo attentamente incamminarsi fuori.
I suoi jeans neri aderenti si accostano perfettamente a quel maglione color crema forse un po’ troppo largo, ma giusto per lui.
Si toglie il cappello e, con un gesto semplice e deciso, si porta indietro con una mano i capelli, prima di rindossarlo.
E’ davvero… Bello.
Non di quella bellezza volgare, non è quel genere di uomo tipicamente californiano, abbronzato e pieno di muscoli.
Oh no, lui è una bellezza strana, troppo perfetta per essere vera.
“Clara, ci sei?” Sarah schiocca le dita davanti al mio sguardo perso e mi fa improvvisamente girare verso di lei.
“Uh? Oh, scusa. Ero persa nei miei pensieri.”
“Di niente, tesoro. Prima o poi ci si perde tutte, soprattutto se questi riguardano Harry, vero?” esclama, facendomi un occhiolino.
“No, ma che dici?! Non lo conosco nemmeno ed è fidanzato con la mia collega di lavoro! Non mi metto a fare la gatta morta con qualsiasi ragazzo, tantomeno lui!” rispondo, risvegliando quella piccolissima parte di me permalosa e irascibile.
Non so perché, ma quell’affermazione mi ha dato un fastidio tremendo.
“Okay, okay… Allora questo tuo “perderti” – virgoletta con le mani la parola – nei tuoi pensieri proprio davanti ad Harry non ha niente a che fare con lui, no?” incrocia le braccia al petto, in tono di sfida.
“Esattamente.” Cerco di imitare il suo tono, ma non riesco granché.
Sarah scoppia a ridere, e poco dopo anch’io. La finta aria di sfida creata tra noi due era davvero esilarante.
“Okay, dai, adesso però ti devo fare una proposta, che non potrai rifiutare. E con “potrai” intendo che, se lo fai, ti vengo a prendere comunque sotto casa!” esclama ridendo, contagiando anche me.
“Spara!” la incito a parlare, curiosa di quello che vuole dirmi.
“Questo sabato ci sarà una festa in maschera unicamente per single in una villetta di amici. Dato che tu ed io siamo single e ci saranno molti ragazzi carini, ci andremo. Intesi?”
Alzo un sopracciglio, confusa.
“In realtà questo sabato avrei devo progetti, dovrei andare…”
“Alla festa in maschera a casa Malik, esatto.” Mi interrompe, finendo la frase a suo piacimento.
“E chi è questo Malik? Sei sicura che mi voglia a casa sua? Insomma, chi lo conosce?!” le domando.
“E’ Zayn Malik, un amico di Harry e Louis, molto carino e simpatico. Per quanto riguarda l’entrata, non preoccuparti. Me ne occupo io.” Conclude, facendo un sorrisetto compiaciuto. Mi mordo il labbro, insicura.
Sinceramente non ho molta voglia di venire, anzi.
Non ho mai amato le feste, e da quello che ho intuito, sarà una di quelle così piene di gente che non entrano nemmeno nella reggia di Caserta.
Musica house, alcol, ubriaconi e gente che fa sesso ovunque; conosco queste situazioni.
Sono andata ad alcune feste e sono state le peggiori di tutta la mia vita. Forse è per questo che non ci vado dai tempi del liceo.
Non sono per niente una ragazza festaiola, nemmeno in un universo parallelo.
Già il fatto che detesto l’alcol e i luoghi troppo affollati sono segni che non sono fatta per una vita spericolata.
Non si sta parlando del liceo, adesso. Sei all’Università, sei adulta e vaccinata, non farti tutti questi problemi!
La parte coraggiosa di me convince quella insicura e fifona, e mi porta ad accettare la proposta. Se non va bene, non importa.
Non sono mica costretta ad andarci sempre! Solo per una sera, no?
“Mh, va bene. Vengo.” Accetto con un tono di voce sicuro, stavolta.
“Ti faccio sapere tutto nei prossimi giorni, magari via telefono. Okay?” mi porge un foglietto di carta con scritto sopra il suo numero, che prendo e segno sul cellulare.
“Ti mando un messaggio dopo, così che segni anche il mio.” Continuo, sorridendo.


Finalmente, alle undici e mezza, riesco ad infilarmi sotto alle coperte, stravolta dopo una giornata di Università e lavoro.
Spengo la luce, chiudo gli occhi e tiro un sospiro di sollievo.
Ad un certo punto, li riapro improvvisamente, scoprendo un dettaglio che prima non avevo considerato.
Ho sentito due semplici parole da Harry e Sarah: maschera e festa.
Chissà per quale coincidenza,
Sarah mi ha parlato di una festa in maschera, proprio quando Harry se n’è andato.
C’è qualcosa che non quadra.




Chiara's corner.

Buonsalve ladies and gentlemen!
Dopo due millenni – trascorsi, tra l’altro, a dirsi “adesso aggiorno” – sono di nuovo qui, per la vostra infinita gioia! Yay!
Okay, ormai è meglio che la finisco di scusarmi per i miei ritardi giganormici, non ho più idee per difendermi lol.
Ma adesso parliamo del capitolo!
Innanzitutto, ammetto che lo preferisco mille volte a quello di prima.
Finalmente succede qualcosa tra quei due poveri figli (Clara e Harry)!
Nel prossimo capitolo si accenderà una scintilla che, vi assicuro, 
sarà molto importante nel corso della storia della coppia.
Clara ci svela un altro dettaglio della sua vita, o meglio, della sua infanzia: gli attacchi di panico.
Come avete letto, Sarah è la migliore amica di Harry e si è persino trasferita dal suo paese per lui!
Non posso dirvi altro sul futuro di quest’amicizia, però.
Vi lascio affogare nei vostri filmini mentali.
La domanda sorge spontanea: dove sono finiti Rosette e Liam?
-Rosette ricomparirà tra un paio di capitoli.
-Per Liam dovrete aspettare un po’, scusate!
Il fatto è che non fa parte della compagnia di amici di Louis, Zayn, Niall e Harry, e quindi devo trovare il momento giusto per presentarlo.
Ah, e a proposito, vi siete accorte che il ragazzo che organizza la festa a casa è lo stesso di cui Clara ha parlato nello scorso capitolo?
Eh già, è proprio Zayn, che in questa storia ha le vesti del riservato, ma tremendamente intelligente.
Il punto, però, è che Clara non ha idea che sia quel Zayn.
Le cose si fanno già complicate adesso, ho fatto troppi intrecci di conoscenze lol.
In ogni modo, spero che voi li riusciate a capire e che, in qualche oscuro modo, riusciate a leggere il capitolo e a non addormentarvi prima.
Capisco che la storia non è il massimo del divertimento per ora, ma arriveranno le scene interessanti! (Con scene interessanti non intendo scene rosse, a proposito).
Perciò, vi incito a premere il tastino in fondo alla storia, con su scritto “lascia una recensione”, così da darmi tanti bei consigli e dritte.
Ringrazio le tre meravigliose persone che hanno recensito lo scorso capitolo, anche se all’inizio erano sei, e adesso sono tristemente diminuite.
Comunque, grazie mille a chi legge senza recensire, a chi legge e recensisce, a chi mette tra preferite/ricordate/seguite e anche a chi apre la pagina, legge due righe e la richiude subito.
Con questo, vi lascio con i siti dove potete rintracciarmi e vi saluto!
Salut et bon week-end! x

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