Alone Together

di holmeslessassbutttimelord
(/viewuser.php?uid=651190)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Fandom: Supernatural.
Capitolo: 1/24 (+2 capitoli extra)
Note: Allora, ho trovato questa fanfiction su "fanfiction.net" l'autrice è "holmesless-assbutt-timelord". Questa long mi ha colpito davvero molto. Mi sono messa in testa che il fandom italiano avrebbe dovuto amarla come me. Perciò prometto di essere il più precisa possibile con gli aggiornamenti e anche con la traduzione.
La storia originale si trova qui https://m.fanfiction.net/s/9196303/1/Alone-Together
Vi prego fatemi sapere cosa ne pensate e io provvederò a comunicare all'autrice i vostri commenti :) Per ragioni a me prima sconosciute (perdonate la mia ignoranza) ho dovuto creare un account con lo stesso nome dell'autore originale, chiedo umilmente scusa a tutti coloro che l'avevano messa nelle seguite. Scusate tanto T.T


Era seduto da solo ad osservare le persone girovagare nel “centro nutrizionale” come sempre. Odiava il modo in cui lo chiamavano “centro nutrizionale”, sembrava un vano tentativo per rendere la stinta e sudicia caffetteria sofisticata e adulta che, proprio come i suoi occupanti, non lo era affatto. In realtà la caffetteria gli ricordava molto le sue esperienze al liceo. Tutto era relativamente uguale: era un ragazzo solitario, escluso e preferiva sopratutto osservare che partecipare. L'unica differenza adesso era che anziché avere atleti pompati e cheerleaders ad infastidirlo, ci sono un gruppo di casi umani egomaniaci. A dir la verità, a pensarci bene, forse non era poi così diverso.

La maggior parte delle persone lo lascerebbe da solo, ma ogni tanto un nuovo paziente o un ottimista speranzoso provano ad intrattenere una conversazione con lui. Alla fine si annoiano a parlare ad un muro, lasciandolo, così, da solo ancora una volta. Preferisce così, in fondo. Tutta la gente in quel posto è troppo falsa per i suoi gusti. I loro sorrisi sembrano forzati, le loro parole ipocrite. A lui non piace perdere tempo con i bugiardi.

Parlando di persone false, ecco entrare Mr. Ken, che si agghinda come Ken, o Dustin come in genere viene chiamato, cammina lentamente verso di lui, un ampio sorrisetto sul volto e dice “La dottoressa Perri vorrebbe vederti, Castiel. Ha detto che è importante.” Castiel alzò gli occhi al cielo. A Dustin piaceva troppo scortarlo nell'ufficio della Dottoressa Perri. Forse gli piaceva vedere Castiel ignorare la dottoressa per l'ora che gli spettava, o amava vedere Castiel mettersi nei guai per essere “difficile” e “irrispettoso” giorno dopo giorno. Comunque sia era una strana perversione.

Castiel si alzò, lasciando il suo toast e i suoi cereali intatti; Becky se ne prenderà cura più tardi. Seguì Dustin attraverso i corridoi fino a quando non giunsero davanto l'ufficio della dottoressa Perri. La porta era chiusa, ad indicare che era con un paziente. Castiel odiava quando faceva così. Perché doveva farlo arrivare fin lì per poi farlo aspettare fuori?

Appena si lasciò scappare un sospiro annoiato la porta si aprì. Un uomo alto ed abbronzato passò accanto a Castiel. I suoi occhi erano puntati sul pavimento e le sue mani erano chiuse a pugno lungo i suoi fianchi. Se ne andò dall'ufficio con passi pesanti ed arrabbiati, era letteralmente infuriato. Era un uomo particolare, soprattutto per le sue gambe a parentesi. La bocca di Castiel si sollevò in un quasi sorriso. In fondo non era l'unico ad essere arrabbiato dopo una seduta con la dottoressa Perri.

Senza aspettare un invito, Castiel entrò nell'ufficio. Lei alzò lo sguardo dal suo bloc-notes e gli fece segno di sedersi. Come di consueto si sedette sulla sedia più lontana da lei. Accavallò e scavallò le gambe in attesa di una domanda.

“Buongiorno Castiel. Come stai?” Posò la sua penna sulla scrivania e puntò attentamente lo sguardo su di lui. Castiel alzò vagamente le spalle. “Vuoi parlare di qualcosa?” Castiel alzò lo sguardo sull'orologio, guardando i secondi passare. Alzò le spalle di nuovo.

“Okay. Cosa hai fatto questa mattina? Hai mangiato la tua colazione?” un tono duro si fece largo nella sua voce, stava iniziando ad irritarsi. Era in procinto di alzare di nuovo le spalle, solo per farle un dispetto, quando gli venne in mente una domanda. Fece cenno alla dottoressa di passarle block-notes e penna. Lei sospirò.

“Non puoi semplicemente chiedermelo, Castiel?”

Lui scosse la testa, allungando la mano per il blocco-note, la dottoressa Perri sospirò di nuovo, sconfitta, e glielo passò. Lui scarabocchiò un messaggio per lei.

CHI ERA QUELL'UOMO CHE È USCITO DAL TUO UFFICIO QUESTA MATTINA?

Castiel glielo porse per farglielo leggere, guardandola in attesa. “Perché lo vuoi sapere?” gli chiese, con malcelata curiosità, inclinando la testa. Castiel indicò nuovamente la domanda, ignorando la sua domanda. Quando rimase lei rimase in silenzio, scrisse un altro messaggio.

È UN PAZIENTE?

“Sì, ovviamente è un paziente.”

COME MAI È QUI?

“Sai che non posso dirtelo. Perché non parliamo un po' di te? Come mai non hai partecipato al Gruppo?” la voce della dottoressa era speranzosa, ma Castiel si perse nuovamente nei suoi pensieri. Sentiva di aver condiviso abbastanza in questa sessione. I suoi occhi vagarono di nuovo verso l'orologio. “Ti prego Castiel, non escludermi ancora! Questa è la prima volta che comunichi così tanto da mesi.”

Castiel la guardò di nuovo, i suoi occhi vuoti. Non era sicuro di cosa lei si aspettasse da lui. Pensava davvero di potercela fare? Di poterlo cambiare? Lui aveva abbandonato la speranza anni fa. Era al Centro di Riabilitazione Mentale Blue Grass da sei anni, ed ancora non era stato “aggiustato”. Non che avesse molta speranza già da quando arrivò nel primo centro. Questo non era il primo ospedale in cui è entrato. In realtà, ha lasciato casa quando aveva diciassette anni, è stato spostato da un ospedale all'altro per anni. Ogni volta che un dottore si stancava di lui, lo mandava in un altro ospedale, così da essere il problema di qualcun altro. Il Blue Grass era il posto in cui era stato per più tempo, ma sentiva che non ci sarebbe stato ancora a lungo. La dottoressa Perri stava perdendo la pazienza con lui, e di certo non poteva incolparla.

“Pensi di ignorarmi per tutta la durata di questa sessione?” gli chiese. Il silenzio di Castiel le bastò come risposta. “Oh va bene, Dustin, riportalo nella sua stanza, fino all'ora del Gruppo. Mi aspetto la tua partecipazione questa volta, Castiel.”

Castiel passò il pomeriggio a guardare fuori dalla finestra gli uccelli volare. Gli piaceva vederli planare e andare in picchiata nell'aria. Sperava di poter avere la loro stessa libertà. Avevano il cielo a loro disposizione; potevano andare dove volevano. Ma quegli sciocchi uccellini non si allontanavano mai troppo dal loro nido. Castiel non capiva perché perdevano tempo a casa piuttosto che volare lontano. Questo è tutto ciò che ha sempre voluto, la possibilità di andarsene dove voleva, quando lo voleva. Non l'ha mai detto a nessuno. Potrebbero pensare che era da immaturi e ridicolo avere un desiderio del genere. E probabilmente avevano ragione. Ma non gli ha mai evitato di sperare. Ha passato quasi tutta la sua vita rinchiuso con ogni singolo momento pianificato per lui. Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter fare una semplice passeggiata per la strada e vedere le macchine sfrecciargli accanto.

“Sogni ancora ad occhi aperti, Castiel?” Dustin era appoggiato allo stipite della porta della stanza di Castiel, quel brutto ghigno stampato sul volto. Castiel lo guardò corrucciato. “È ora del Gruppo.”

Secondo Castiel il Gruppo era senza senso. Sempre le stesse persone si offrivano per parlare ogni volta, e dicevano sempre le stesse cazzate. Qualcuno racconta una storia triste per racimolare un po' di compassione, qualcuno ha avuto una svolta ed altri hanno avuto un collasso. Era una cosa matematica e strutturata. Appena entrò nella stanza della terapia di gruppo, però il suo atteggiamento cambiò. L'uomo di quella mattina era seduto scomposto su una sedia con le braccia incrociate e le gambe stese. Sembrava annoiato e irritato; finalmente qualcuno che condivideva le sue stesse emozioni.

Con sgomento appurò che l'unico posto libero era alla sinistra della dottoressa Perri. Per un istante prese in considerazione l'idea di uscire semplicemente, ma poi decise che ascoltare la storia di quell'uomo sarebbe valsa la tortura. Appena si sedette la dottoressa si schiarì la voce, segno che stava a significare che era il momento di iniziare.

“Ora che tutti hanno preso posto, che ne dite se facciamo un giro per presentarci? Come probabilmente avrete notato, abbiamo un nuovo membro nel gruppo, e penso che sarebbe appropriato se iniziamo a farci conoscere. Perciò, per favore, dite il vostro nome e qualcosa di interessante su di voi.” disse sorridente. “Perché non inizi tu, Jenny?”

Jenny, seduta alla destra della dottoressa, si alzò e si lisciò la gonna nervosamente. “Beh, mi chiamo Jenny, e penso che qualcosa di interessante su di me sia il fatto che so fare qualsiasi cosa all'uncinetto.” Il tipo nuovo rise e Jenny lo guardò indignata. “Cosa ci trovi di divertente?” Anche se scosse la testa il suo ampio sorriso diceva diversamente.

“Okay saputello, che ne dici se ci parli di te se sei così fantastico.” affermò Allen aggressivamente.

L'uomo si alzò velocemente, con la testa alta, prima di iniziare fece un altro sorriso. “Il mio nome è Dean, la cosa interessante su di me è che ho lasciato la scuola ed ho una taglia sul mio nome.”

“E pensi che ci sia da ridere riguardo quello che ha detto Jenny?” lo rimbeccò Allen. Dean alzò semplicemente le spalle prima di tornare al suo posto.

“Okay Allen, basta così. Perché non ti presenti?” propose la dottoressa Perri.

“E lasciar fare a questo imbecille qualche battutina? No grazie.”

“Allen-”

“Ho detto no.”

Un silenzio scomodo riempì l'aria. Tutti evitavano di guardarsi negli occhi. Eccetto Castiel che fissava Dean. Dean non fece altro che battere gli occhi sotto lo sguardo di ghiaccio di Castiel.

“Okay allora, qualche altro volontario? Che ne pensi, Tim?”

“Perché io? Perché non Kim o Castiel?” borbottò polemico Tim.

“Pensi che Castiel voglia parlare? Stai scherzando?” lo sbeffeggiò Jenny.

“Può scriverlo.” disse Kim sperando di poter aiutare.

“Sì certo. Castiel non ha tempo per le persone come noi, lui è troppo importante.” disse Allen con voce satura di sarcasmo.

“Non attaccate i membri del Gruppo.” disse la dottoressa Perri severamente. “Vuoi condividere qualcosa con noi, Castiel?”

Con sorpresa di tutti, Castiel annuì, prendendo la carta e la penna che gli offriva la dottoressa e scrisse:

CIAO DEAN, SONO CASTIEL. E NON C'È NULLA DI INTERESSANTE SU DI ME DA CONDIVIDERE.

Lo passò a Dean che era proprio di fronte a lui. Dean lesse e sorrise. “Piacere di conoscerti, Castiel.” disse, allungando la mano. Castiel annuì semplicemente.

Dopo questo, la dottoressa Perri costrinse Kim e Tim a presentarsi, Allen continuò a rifiutare e saltò il suo turno per condividere, Dean si era ovviamente fatto un nemico. Quando il Gruppo finì e tutti stavano mettendo le sedie a posto. Dean si avvicinò a Kim.

“Quindi cos'è successo a quel tipo, Castiel?” sussurrò.

“Che cosa intendi?” gli chiese.

“Voglio dire... Perché non parla? È malato o qualcosa del genere?”

“Cosa? No. Perché dovrebbe essere malato?”

“Non so, provavo a capire. Parla mai? O scrive sempre le cose?”

“No, non parla mai, ed in genere non scrive neanche. Tu sei, in realtà, la prima persona con cui condivide qualcosa, sono qui da sei mesi, e da quanto ho visto, semplicemente ignora le persone.”

“Dovrei sentirmi speciale o spaventato?” chiese scherzando.

“Sicuramente speciale. Ho passato tre settimane cercando di farlo parlare con me. Mi sedevo con lui a pranzo, lo seguivo nella sala ricreativa, gli facevo domande nei Gruppi, e lui a malapena mi guardava. Alla fine ho mi sono praticamente arresa, perché, ovviamente, non voleva avere nulla a che fare con me. Ma pare che tu abbia attratto il suo interesse. Forse sarai quello che riuscirà finalmente a farlo aprire.” continuò Kim vagamente sorridente. “Spero tu ci riesca, mi piacerebbe vederlo abbassare le sue difese.”

“Non ci conterei troppo. È solamente curioso. Sono solo un tipo nuovo, non appena si renderà conto che non c'è niente di speciale in me, ignorerà anche me.”

“Questo non lo so, Dean. Castiel è uno che trova la genialità in cose apparentemente ordinarie.”

Kim fece un sorriso smagliante prima di uscire dalla stanza. Dean si sentiva confuso da quanto quello che aveva appena detto Kim lo aveva lusingato, ma quelle parole gli diedero una speranza. Forse non era completamente inutile dopotutto.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Castiel vagava a colazione nel centro nutrizionale, la mattina seguente. Si era svegliato tardi e ora la stanza era piena di persone. In genere arrivava prima di tutti gli altri, così aveva il diritto di rivendicare un tavolo solo per lui, ma adesso era costretto a dividerlo con qualcun altro. Comunque i tavoli erano tutti occupati. Tutti, tranne uno.

“Hey, Cas! Vieni a sederti con me e Kim!” Dean lo chiamò dall'altro lato della stanza, salutando Castiel con la mano. Castiel pensò che sedersi con Dean sarebbe stata un'opzione decisamente più tollerabile rispetto al sedersi con un'altra persona, così riempì la distanza che lo separava del tavolo, e si sedette nel posto vuoto davanti a Dean, posando sul tavolo il suo vassoio.

“Allora Cas, è buono il cibo qui?” gli domandò Dean. Castiel scosse la testa, spingendo il suo vassoio verso Dean, chiedendogli silenziosamente di fare la sua scelta tra il cibo che lui aveva preso. Castiel non mangiava spesso, perché disprezzava abbastanza la “cucina” del Blue Grass. Dean spinse il vassoio verso il suo proprietario. “Nah, amico, devi mangiare. Almeno mangia un po' di toast o qualcos'altro.”

Castiel obbedì prendendo un piccolo morso dal toast, facendo una smorfia mentre masticava. Si pentì per non averlo imburrato prima di morderlo.

“Così si fa! Non è così male, eh? Io, invece, non sono particolarmente esigente. Mangio tutto ciò che non mangia prima me.” disse ingurgitando una cucchiaiata di farina d'avena. Castiel lo fissava, la sua testa piegata da un lato, confuso dall'esempio di Dean.

“Che c'è? Ho qualcosa in faccia?” chiese. Castiel scosse nuovamente la testa. “Amico, dove sono la tua carta e la tua penna? Come diavolo pensi io possa capire quello che cerchi di dirmi senza di esse?” Castiel rispose con la sua solita alzata di spalle.

“Okay, aspettami qui. Torno subito, non andare da nessuna parte, va bene?” Dean si alzò dal tavolo, lasciando Castiel e Kim seduti in un silenzio imbarazzante. Continuò a smangiucchiare il suo toast, cercando di non incontrare lo sguardo di Kim. Dopo quella che sembrò un'eternità, Dean tornò con un diario blu in mano.

L'infermiera Anna me l'ha preso dall'aula di arte. Ha detto che puoi averlo così possiamo, sai, parlare l'uno con l'altro, credo. Ah e qui c'è anche una penna.” Gliele offrì, porgendo il diario a Castiel, che lo prese con entrambe le mani, facendo scorrere le dita sulla copertina patinata. Lo aprì alla prima pagina scarabocchiò qualcosa.

GRAZIE.

Lo mostrò a Dean, che sorrise “Prego, Cas. Non sarebbe divertente girare con un ragazzo muto tutto il giorno, senza avere un modo per farlo comunicare con me.”

Quando finirono la colazione, Dean, Castiel e Kim si diressero verso la stanza ricreativa per il “tempo libero”. Kim andò verso lo scaffale dei libri per posare il libro che aveva finito il giorno precedente. Dean e Castiel si sedettero sul divano, lasciando lo spazio di un cuscino tra loro.

“Cas, non ti stanchi mai di ascoltare la gente parlare? Non ti viene mai la voglia di dirgli di stare zitti?”

A VOLTE.

“Vuoi che stia zitto?” chiese sembrando veramente curioso. “Ti ho annoiato tutta la mattina, dopo tutto.”

NO. DICI COSE INTERESSANTI E SINCERE.

“Davvero? Sono interessante? Non farmi arrossire ora.”

NON DICI BUGIE. DICI LE COSE COSÌ COME SONO. ODIO I BUGIARDI.

Gli angoli della bocca di Dean si sollevarono non appena lesse quelle parole. “Neanche io. Per questo dico le cose così come stanno.”

OVVIAMENTE.

“Quindi è per questo che non parli? Perché non vuoi istigare i bugiardi?” Dean fissava Castiel molto intensamente, ma Castiel non lo notò.

IN PARTE, CREDO.

“Quindi non è solo per questo?”

Castiel alzò le spalle. Non ricordava la vera ragione per cui era diventato muto. Lo è stato per così tanto tempo, che ha dimenticato il vero motivo.

“Odi il suono della tua voce? Perché il mio fratellino è sempre a disagio quando gli si abbassa la voce.” disse scherzando, Castiel sorrise lievemente. “Almeno ti ricordi com'è la tua voce?”

NON PROPRIO.

Dean si spostò sorpreso. Scherzava quando l'ha chiesto, ma Castiel sembrava serio. “Quand'è stata l'ultima volta che hai parlato?” chiese gentilmente.

QUANDO AVEVO DICIASSETTE ANNI.

“Diciassette? Santo cielo, da quant'è che sei qui dentro?”

SONO QUI AL BLUE GRASS DA SEI ANNI. MA SONO STATO IN DIVERSI OSPEDALI PER ALMENO VENT'ANNI.

“Quindi non parli da quando sei stato internato per la prima volta?” Castiel si sorprese dal modo in cui reagì Dean alla scoperta del suo internamento, pensava che Dean avrebbe fatto almeno una battutina sul fatto di esser stato in una casa di matti per più della metà della sua vita.

CREDO DI SÌ.

“È davvero tanto tempo, penso che ne uscirei pazzo. Non ti stanchi mai di scrivere sempre tutto?”

LA MAGGIOR PARTE DELLE VOLTE NON SCRIVO. SEMPLICEMENTE IGNORO LE PERSONE CHE PROVANO A PARLARE CON ME.

“E allora perché stai scrivendo ora?”

Castiel posò la penna per un istante, non sicuro di come rispondere. Perché stava rispondendo alle domande di Dean?

ONESTAMENTE NON LO SO.

“Beh, lo prenderò come un complimento, vuol dire che non mi odi proprio del tutto.”

PROBABILMENTE È UN'IPOTESI CORRETTA.

“Beh, almeno non stai cercando di levarmi di torno. Tutti gli altri pazienti mi irritano.” disse guardandosi intorno. “A loro piace manipolare la mente, ed a me non piace. Tu potrai anche non parlare, ma questo vuol dire che non menti.”

ESATTAMENTE.

“Allora come ti diverti da queste parti? So che c'è il ping pong e gli scacchi, ti piacciono?”

NON SO. NON CI HO MAI GIOCATO.

“Vuoi dire che sei stato rinchiuso per quasi vent'anni e non hai mai approfittato dell'unico intrattenimento?” Castiel alzò le spalle. “Forza, al Red Stone giocavo spesso a ping pong, te lo insegno.”

Senza aspettare una risposta da Castiel, Dean si alzò velocemente dal divano e corse verso il tavolo da ping pong. Prese una racchetta e fece cenno a Castiel di imitare le sue mosse. Castiel scosse la testa.

“Dai Cas! Un po' di divertimento non ti ucciderà!” esclamò, giocando con la pallina. Sembrava un bambino eccitato. Castiel sospirò e si alzò lentamente dal divano. Lasciando la penna e il diario dietro di sé, unendosi a Dean al tavolo. Dopo solo un'ora di insegnamento, Castiel aveva già battuto Dean tre volte di seguito. Anche se il ping pong non era un'attività particolarmente impegnativa, Dean era ugualmente impressionato dalla velocità d'apprendimento di Cas. Dopo la quarta sconfitta, Dean decise di provare qualcos'altro. Si spostarono alla scacchiera e Dean cominciò a spiegargli le regole.

“Quindi se vai su questo lato, devi dire “Scacco” e puoi spostare la pedina dove vuoi.”

Castiel prese il suo diario dal divano e scrisse:

PERCHÉ BISOGNA DICHIARARE LO SCACCO PER FAR MUOVERE LA PEDINA DOVE SI VUOLE?

“Non chiedermi queste cose, Cas. È parte del gioco, si fa e basta, per quanto mi riguarda puoi dire quello che vuoi.”

Come per il ping pong, Castiel imparò gli scacchi in fretta. Dopo la prima partita Castiel stava vincendo contro Dean con il doppio dei minuti [1].”

“Maledizione, amico, c'è un gioco in cui non mi fai il culo?” si lamentò Dean dopo la quinta sconfitta. Castiel rise.

SE PUÒ CONSOLARTI, SONO SICURO CHE LE TUE ABITILÀ ATLETICHE SIANO MIGLIORI DELLE MIE.

“Quindi non eri il capitano della squadra di football, eh?”

NEANCHE LONTANAMENTE.

“Quindi cos'eri? Il nerd? L'attore di teatro?” lo interrogò scherzosamente.

NEANCHE QUELLO. ERO INVISIBILE. MI IGNORAVANO TUTTI.

Al legger quelle frasi gli occhi color giada di Dean s'illuminarono di una luce malinconica e le sue labbra si contrassero. Voleva dire qualcosa, spezzare la tensione con una battutina, ma per la prima volta non sapeva cosa dire. Le parole di Castiel l'avevano preso alla sprovvista. Fortunatamente Kim arrivò per riempire quel silenzio imbarazzante.

“Forza ragazzi! È ora di andare a pranzo.” strillò uscendo dalla porta. Dean sorrise gentilmente a Castiel, mettendogli una mano sulla spalla.

“Andiamo amico. Sto morendo di fame.”

DI GIÀ?

Anche sulla carta la risposta era sarcastica, Dean rise sommessamente. “Sì. In fondo sono già passate due ore da quando abbiamo mangiato.”

Dean uscì dalla porta seguito da Castiel, le labbra del moro velate da un leggero sorriso.

 

 

[1] purtroppo la mia conoscenza sugli scacchi è molto limitata. Ho tradotto come meglio potevo e come mi sembrava più sensato. Perdonatemi.


Note: Ebbene eccoci qua, con un capitolo molto tranquillo, siamo ancora nella fase iniziale quindi non accade niente di molto eccitante, ma almeno stiamo vedendo il nostro Cas "parlare" apertamente con Dean... Che cuccioli.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Dean fu il primo ad arrivare alla terapia di gruppo quella sera, dandogli la possibilità di scegliere il posto. Scelse quello di fronte la porta così da poter vedere le persone che entravano. Kim arrivò per seconda e si sedette alla sua sinistra. Si girò verso di lui e disse “Come mai così presto, Dean? Di solito sono io la prima ad arrivare!”

“Onestamente non avevo niente di meglio da fare.” rispose Dean, gli occhi ancora puntati sulla porta. “Non mi è stato ancora assegnato un dottore, quindi il mio “piano terapeutico personale” non è ancora a disposizione. Tutto quello che mi è stato concesso di fare oggi è stato stare seduto nella mia stanza e giocare a scacchi da solo, e lo sarà finché non si decideranno a scegliere cosa fare con me.”

“Potevi stare con Castiel.” gli ricordò Kim.

“È stato nell'ufficio della dottoressa Perri tutto il giorno, ha persino cancellato tutti gli altri appuntamenti, dev'essere successo qualcosa di molto importante. O molto brutto.” spiegò, voltandosi verso di lei.

“Beh parli del diavolo e spuntano le corna.” commentò Kim.

Castiel prese posto alla destra di Dean, il diario e la penna in mano, fece un cenno a Dean per salutarlo.

“Dove sei stato oggi pomeriggio, Cas? Mi stavo annoiando da matti da solo.” si lamentò Dean.

HO AVUTO UNA SESSIONE ESTESA CON LA DOTTORESSA PERRI. SEMBRA CHE HO AVUTO QUELLA CHE LEI CHIAMA UNA 'SVOLTA' IERI, E CHE FINALMENTE STO FACENDO 'PROGRESSI'. VUOLE MODIFICARE IL MIO PROGRAMMA TERAPEUTICO E RENDERLO PIÙ IMPEGNATIVO.

“Beh e in cosa consisteva il tuo programma prima?”

FONDAMENTALMENTE FACEVO QUELLO CHE VOLEVO. LA DOTTORESSA PERRI STA ANCORA DECIDENDO QUELLO CHE VUOLE FARMI FARE ORA. NON SA COME APPROCCIARSI CON UNO NELLE MIE CONDIZIONI.

“Muto?” chiese Dean.

POCO COLLABORATIVO, SOPRATTUTTO.

Dean si lasciò scappare una fragorosa risata. Kim sorrise al sarcasmo delle parole di Castiel.

“Chi avrebbe mai pensato che un ragazzo muto potesse essere così divertente?” esclamò Dean, Castiel sorrise compiaciuto. “Guardalo, lo sa anche lui! Sa che è divertente!”

“Stai parlando del piccolo Cassie?” li interruppe Dustin, scompigliando i capelli di Castiel. Cas lo guardò, i suoi occhi blu trapelavano rabbia ed erano freddi come ghiaccio. Quando Dustin si accorse dello sguardo di Castiel, levò la mano dai suoi capelli e il suo sorriso sparì. “Da quando è divertente?”

“Da quando gli parlo, Cas è sempre stato meravigliosamente divertente. Forse non cogli il suo umorismo.” disse Dean con aria di sufficienza. “È sopra il tuo livello intellettivo da quinta elementare.”

“Stammi a sentire sapientone-” Dustin iniziò a parlare proprio mentre la dottoressa Perri faceva il suo ingresso nella stanza. Serrò la bocca appena la vide e diede a Dean uno sguardo che diceva chiaramente 'Non è finita.' Dean si limitò a sorridere e a salutarlo.

Poco dopo la comparsa della dottoressa, il resto del gruppo entrò. Non appena lo sciamare di gente e l'agitazione furono terminate Dr. Perri parlò. “È bello vedervi tutti qui. Spero abbiate avuto una giornata produttiva. Siccome ci siamo presentati ieri, che ne dite di iniziare a condividere? Cominciamo da te, Dean, visto che è il tuo primo giorno. Com'è stato?”

“È andato bene, ho passato la mattinata a farmi fare il culo da Cas a ping pong e a scacchi. Non lasciatevi fregare, il ragazzo è un esperto. Invece, oggi pomeriggio non ho fatto molto. Ho guardato la TV nella sala ricreativa e sono stato nella mia stanza.” condivise Dean.

“Aspetta, aspetta. Castiel non solo ha deciso di venire a conscenza della tua esistenza, ma ha anche giocato con te? Cosa fai lo droghi?” lo interrogò Allen, un po' stupito e un po' infastidito. In tre anni che era lì, Castiel non l'aveva a malapena guardato.

NO, DEAN NON MI HA IMBOTTITO DI NARCOTICI. MI HA CHIESTO DI GIOCARE E COSÌ HO OBBEDITO.

Castiel tenne in mano il messaggio in modo che lo potesse leggere. Allen rimase accigliato e la testa piegata in un'espressione corrucciata.

“Quindi cosa? Il resto di noi non è abbastanza per te? Sei attratto solamente dai tipi divinamente sexy, coglioni e senza diploma?”

“Allen, un'altra parola e ti costringo ad uscire dal Gruppo e revoco il tuo tempo libero, stai attento.” lo avvisò la dottoressa “Noi non usiamo questo linguaggio.”

“Se Cas fosse gay che problema ci sarebbe? Non sto dicendo che lo sia, ma a chi potrebbe interessare?” disse Kim.

“Apprezzo il tuo aiuto Kim, ma allontaniamoci dall'argomento 'sessualità' okay? Torniamo alla condivisione. Castiel, com'è stata la tua giornata?” chiese.

Tutti si aspettavano che Castiel puntasse i suoi occhi sull'orologio, evitando gli sguardi degli altri ed ignorare ogni domanda che gli veniva posta, ma iniziò a scarabocchiare sul suo diario.

COME DEAN HA GIÀ DETTO, QUESTA MATTINA ABBIAMO GIOCATO A SCACCHI E A PING PONG, POI COME TU GIÀ SAI, DOTTORESSA, QUESTO POMERIGGIO ABBIAMO RIVISTO IL MIO PIANO TERAPEUTICO. E DOPO SONO VENUTO QUI.

“Come ti senti riguardo alla revisione del tuo programma?” chiese la dottoressa, dopo aver letto la sua risposta.

È OKAY, CREDO. CAMBIARE LE COSE DOPO TANTO TEMPO DOVREBBE ESSERE BELLO.

“Come ti senti riguardo il partecipare ai gruppi? Ti senti più coinvolto adesso?”

NON LO SO. VEDREMO.

“Ecco il Castiel criptico che noi tutti conosciamo ed odiamo.” lo schernì Allen.

“Ehy imbecille vuoi smetterla, ci sta provando okay? Non dire altro.” lo rimbeccò Dean.

“Chi sei tu per parlare? Come se veramente prendessi a cuore queste cazzate. Li ho già visti i ragazzi come te. Stai solamente giocando, aspettando il giorno in cui uscirai fuori di qui potrai riavere indietro le droghe e le risse.” Allen stava iniziando ad alzarsi. “Sei solo un falso, bugiardo figlio di puttana, proprio come il resto di noi.”

TI SBAGLI.

Castiel lanciò il suo diario ad Allen. Le lettere maiuscole e marcate. Era evidentemente arrabbiato con lui.

“Come puoi saperlo? Tu sei il più grande bugiardo, Castiel. Ti atteggi a persona dura e controllata, ma sei solamente un bambino spaventato.” strillò Allen.

“Basta così!” ruggì Dr. Perri. “Dustin, porta Allen nel mio ufficio. Il Gruppo è finito per questa sera.”

Uscì dalla porta senza dire altre parole. Dustin e Allen non molto dietro di lei. Rimasero tutti in un silenzio scioccato.

“Ehy, grazie per avermi difeso amico.” sussurrò Dean rompendo il silenzio. Castiel fece un piccolo sorriso.

NESSUN PROBLEMA, HAI FATTO LO STESSO PER ME.

Una volta messe le sedie a posto, Castiel, Dean e Kim decisero di passare il poco tempo libero rimasto, guardando American Idol discutendo su chi sarebbe stato eliminato quella sera. Alla fine, la preferita di Castiel, una ragazza piccola e magra, fu mandata a casa. Dean lo consolò assicurandogli che avrebbe stretto un accordo discografico una volta a casa. Di solito Castiel non passava le serate così, ma si sorprese a divertirsi molto di più rispetto alla sua solita solitudione. Forse la sua “abilità con le persone” stavano migliorando.



Note: Il mio Cas finalmente si sta facendo "sentire"! Grazie per le recensioni che lasciate, per chi ha messo la storia nelle seguite, nelle ricordate e nelle preferite. Vi amo (anche l'autrice vi ama). Non ci credo che sto aggiornando così in fretta, se continua così dovrei aggiornare ogni deu giorni, speriamo. Va bene, basta così, ci vediamo al prossimo capitolo.
Baci&Abbracci, Pletto_

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Nelle settimane seguenti Dean e Castiel passarono insieme una quantità di tempo sempre maggiore. Mangiavano insieme, e ogni volta Dean convinceva Cas a mangiare. Passavano il loro tempo libero nella stanza ricreativa rilassandosi a guardare America's Next Top Model o giocando a scacchi. Castiel era affascinato da come le modelle cambiavano durante i photo shoots, anche se Dean gli aveva spiegato tante volte che era il trucco a fare tutto il lavoro. Verso la fine del primo mese di Dean al Blue Grass, Castiel stava iniziando a considerare il loro, un legame d'amicizia.

In un pomeriggio particolarmente pigro, Dustin entrò nella stanza ricreativa per accompagnare sia Dean che Castiel nell'ufficio della dottoressa Perri. Quando entrarono, era circondata da scartoffie. I suoi occhi apparivano stanchi e pesanti.

Salve ragazzi, per favore, accomodatevi.” disse indicando le sedie di fronte la sua scrivania. Loro obbedirono senza dire una parola. “Quindi, ho una buona e una cattiva notizia per voi. La buona è che lo Stato ci ha garantito più fondi, cosa che ci permetterà di far entrare nuovi pazienti. La cattiva è che il numero di nuovi pazienti è superiore alle stanze, ciò vuol dire... Dovremmo iniziare ad assegnare dei compagni di stanza a ciascuno di voi.”

Entrambi rimasero seduti, lo sguardo fisso sulla dottoressa. E questo cosa aveva a che fare con loro?

“Siccome Castiel ti considera come un amico, pensavo che tu, Dean, potresti spostarti in camera sua, così che nessuno dei due debba condividere la stanza con una persona con cui si trova a disagio. Che ne pensi?”

“Credo, cioè a me non importa. Sta a Cas la decisione. Non voglio decidere per lui.” rispose Dean.

“Castiel?” chiese la dottoressa speranzosa.

SE DEVO CONDIVIDERE LA STANZA CON QUALCUNO, PREFERISCO CHE QUESTO QUALCUNO SIA DEAN.

“Okay, fantastico! Grazie ragazzi per essere così collaborativi. Questa situazione è davvero stressante ed è bello aver avuto così facilmente il consenso dei miei due casi più complicati.”

“I due più complicati? Cosa c'è di difficile in noi? So che Cas non parla, ma sta andando molto meglio ultimamente!” protestò Dean.

“Lo so, Dean, e sono contenta di questo. Ma voi due siete così testardi. La prima cosa da fare per me nella vostra cura è trovare la fonte del problema. Ma penso che la vostra amicizia sia molto d'aiuto. Vi siete davvero aperti da quando siete diventati amici.”

Dean e Castiel si scambiarono uno sguardo scettico.

“Okay doc, sarà come dici tu.” rispose.

“Ora, Dustin, voglio che tu ed Anna aiutiate Dean a raccogliere le sue cose e portarle nella stanza di Castiel. Io chiamerò un inserviente per far portare un altro letto.”

Dustin grugnì e si diresse insieme a Dean verso la sua stanza. Mentre Castiel era in procinto di uscire la dottoressa Perri lo fermò.

“Ti va bene questo cambiamento, Castiel? Se ti rende a disagio possiamo trovare un'altra soluzione. Non voglio che qualcosa ostacoli i tuoi progressi.” I suoi occhi erano carichi di sincera preoccupazione, cosa che fece fare a Castiel una smorfia imbarazzata.

VERAMENTE, È TUTTO OKAY. DEAN DOPOTTUTTO È MIO AMICO, NON HO PROBLEMI A CONDIVIDERE LA STANZA CON LUI.

“Mi fa piacere saperlo. È bello vederti così socievole, soprattutto con Dean. Penso che la tua gentilezza lo stia veramente aiutando. Ha passato un brutto periodo, un periodo davvero brutto e penso che la compassione che gli offri gli sia utile. Non tutti sono in grado di passare sopra al suo problematico passato.”

LUI È PASSATO SOPRA AL MIO, IL MINIMO CHE POSSO FARE È RICAMBIARE IL FAVORE. SONO CONTENTO DI POTER ESSERGLI UTILE.

“Lo sono anche io. Pensi che anche lui ti stia aiutando, Castiel?”

NON LO SO, MI AIUTA A FAR PASSARE LE GIORNATE UN PO' PIÙ IN FRETTA. È SIMPATICO ED È BELLO PARLARE CON LUI.

“Come mai ti sei affezionato a lui?” chiese, Castiel alzò le spalle.

NON NE SONO SICURO.

“Beh comunque sia, sono felice che tu abbia trovato un amico e finalmente tu stia comunicando con me. Sono molto ottimista per il futuro della tua cura.”

ANCHE IO.

Castiel incontrò lo sguardo della dottoressa per la prima volta in quell'incontro, un piccolo sorriso sulle sue labbra. Lei ricambiò con un ampio sorriso. Castiel sentiva per la prima volta di avere un futuro. Forse un giorno potrà finalmente fuggire da quella vita, da quelle mura.

“Puoi andare ora, Castiel.”

Castiel annuì, salutandola con un cenno del capo e si diresse verso la sua stanza. Dean stava già sistemando le sue cose, appendendo i suoi poster. A quanto pareva aveva bisogno degli AC/DC a vegliare su di lui. Un secondo letto era già stato portato in camera, posizionato all'opposto del suo. Entrambi ricoperti da quelle orribili lenzuola verdi date in dotazione all'ospedale.

“Non ti dispiace se li appendo vero?” chiese voltando le spalle ad Angus Young per guardare Castiel. Quest'ultimo scosse la testa. “Bene, perché queste persone sono dei del rock 'n roll e meritano la mia adorazione.”

Passarono il resto della serata a posizionare i poster di Dean e cercare un posto per le sue cose. Castiel dovette liberare metà dell'armadio per lui, non che ci fossero problemi, aveva solamente quattro paia di pantaloni e quattro t-shirts. Prima che le luci venissero spente, Dean si era completamente sistemato.

Entrambi si sdraiarono sui propri letti, guardandosi intorno per ammirare il loro operato. A Castiel piacevano i poster sulle pareti; rendevano la stanza meno vuota. E anche se Dean non l'avrebbe mai ammesso gli piaceva l'unico quadro appeso sul lato di Castiel. Era una copia di “Starry Night” di Van Gogh.

“Ehi Cas.” mormorò mezzo addormentato. “Come ci sei finito qui?”

Il rumore della penna sul voglio stava a significare che Castiel stava elaborando la sua risposta. Una volta finito di scrivere, Castiel strappò il foglio di carta con la risposta, lo accartocciò e lo lanciò a Dean.

HO AVUTO QUELLO CHE I DOTTORI CHIAMANO “CROLLO MENTALE”. ERO DA SOLO A CASA QUANDO È SUCCESSO, STAVO, PRATICAMENTE, DISTRUGGENDO CASA, MENO MALE CHE POI È ARRIVATO MIO FRATELLO A TRATTENERMI.

“Cos'è che ti ha fatto uscire di testa?”

TUTTO. LA GOCCIA CHE HA FATTO TRABBOCCARE IL VASO È STATO IL NON SUPERARE GLI ESAMI DEL SECONDO SEMESTRE AL TERZO ANNO DI LICEO. QUANDO HO AVUTO LA PAGELLA, IL FATTO DI AVER FALLITO MI HA DISTRUTTO. FINO AD ALLORA ERO UNO STUDENTE MODELLO, UNA GUIDA PER I MIEI COETANEI. LI AVREI DELUSI, E SAPEVO CHE MIO PADRE SI SAREBBE INFURIATO. E NON SO, NON CREDEVO DI POTERCELA FARE.

“Sembra che tuo padre ti abbia caricate di molte responsabilità.” disse Dean.

IN UN CERTO SENSO SI. SI ASPETTAVA IL MEGLIO DA ME. MA LUI, COME QUASI TUTTI GLI ALTRI, TENDEVA AD IGNORARMI. ALMENO FINO A CHE NON HO DISOBBEDITO, DOPO HO AVUTO TUTTE LE SUE ATTENZIONI.

“Ti capisco, anche mio padre si aspettava molto da me.”

IN CHE SENSO?

“Si aspettava che io proteggessi il mio fratellino, tutto il tempo. Diamine, l'ho praticamente cresciuto io quel ragazzino. Gli ho insegnato io ad andare in bicicletta, a sparare e a flirtare con le ragazze. Sono io che gli ho fatto 'il discorso'. Io che l'ho curato quando ha fatto la sua prima scazzottata. E se facevo qualche cazzata e Sammy ne veniva coinvolto, si scatenava l'inferno. Papà mi diceva di controllare Sammy, ogni volta. A volte credo che il mio unico compito fosse quello; che mio papà pensava a me come il guardiano di Sam, o qualcosa del genere.

È PER QUESTO CHE SEI FINITO QUI? TI SENTIVI OPPRESSO DALLA FIGURA DI TUO PADRE?

“Più o meno.” sospirò. “È una lunga storia.”

Restarono sdraiati in silenzio per un po', gli unici suoni udibili erano i loro respiri. Castiel iniziò a pentirsi di aver chiesto a Dean le ragioni della sua permanenza al Blue Grass, come se si fosse spinto troppo oltre e ora Dean lo stava ignorando perché era agitato. Ma presto Castiel lo sentì russare e capì che si era semplicemente addormentato, Castiel sorrise divertito dalla facilità con cui Dean aveva perso i sensi. Si scuserà domani.



Note: Una svolta? Sicuramente. Finalmente si scopre un po' di più sulla storia di Cas. Va bene fatemi sapere che ne pensate :D alla prossima.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


La mattina dopo Castiel si svegliò con Dean che cantava su una canzone rock che passavano alla radio. Era nel bagno, lavandosi i denti e fingeva che lo spazzolino fosse il microfono.
“Heat of the moment," farfugliava. "Na, na, na. This is the heat of the moment, the sun in your eyes."
Castiel si sedette sul bordo del letto e si stiracchiò prima di massaggiarsi gli occhi per mandare via il sonno. Si sentiva riposato e rilassato, cosa che non era mai successa prima d'ora. La maggior parte delle notti consistevano nel girarsi e rigirarsi nel letto, ma dopo la notte appena passata può, finalmente, dire di aver dormito come una roccia.
“'Giorno Cas! Spero di non averti svegliato.” lo salutò Dean, posando il suo spazzolino. Castiel scosse la testa. “Come hai dormito?”
DAVVERO BENE. E TU?
“Ho dormito più delle mie solite quattro ore, perciò bene. Proiettano un film sta sera, se vuoi andarlo a vedere. È Iron Man!” Quando Castiel cominciò nuovamente a scuotere la testa, Dean aggiunse. “Per favore? Iron Man è il mio film preferito! Non voglio andarci da solo!”
NON SARAI DA SOLO! PRATICAMENTE TUTTI VANNO ALLA SERATA CINEMA.
“Dai Cas! Sai cosa voglio dire, non essere noioso. Sarà divertente!”
SE DAVVERO VUOI LA MIA COMPAGNIA, VERRÒ.
“Così si fa! Devi essere avventuroso! Vedrai il film ti piacerà da morire, Robert Downey Jr. è un attore fantastico!” gli disse entusiasta, Castiel alzò gli occhi al cielo.
I due si diressero in mensa, non prima di passare a svegliare Kim. Per una volta era già pronta. Appena giunsero in mensa Dean invitò la ragazza ad unirsi a loro per il film.
“Mi dispiace, non posso.” spiegò. “Questo pomeriggio lascio la clinica per andare all'ospedale. A quanto pare si è sviluppata una cisti nello stomaco e Dr. Perri mi ha fissato l'appuntamento per farmela rimuovere questa sera. Tornerò fra un po' di giorni, poiché l'ospedale è lontano e vogliono tenermi sotto controllo nel caso qualcosa vada storto.”
È QUALCOSA DI GRAVE? Chiese Castiel passando il suo diario a Kim, lei scosse la testa e lo ridiede a Castiel.
“No, la dottoressa Perri dice che è una procedura molto semplice, starò bene.”
Castiel annuì, anche lui aveva subito delle operazioni da quando era lì, sapeva com'era la prassi.
“Come faremo Cas ed io senza di te, Kimmy? Sei tu che ci tieni uniti!” esclamò Dean, facendo ridere Kim.
“Non ricordarmelo! Dio solo sa cosa combinereste voi senza di me, vi tengo d'occhio.” diede un pugno scherzoso sul braccio di Dean. “Non mettetevi nei guai finché sto via, va bene?”
“Va bene.” concordò Dean. “Non che Cas mi faccia fare qualcosa di sregolato, sono riuscito a malapena a convincerlo a venire a vedere il film sta sera.”
Mangiarono in fretta la colazione, prima di dirigersi in direzioni diverse. I martedì erano sempre particolarmente impegnativi: Castiel aveva un sessione estesa con la dottoressa Perri, Dean aveva prima terapia occupazionale[1] e gestione della rabbia, e Kim aiutava gli altri pazienti a studiare per il loro GED[2]. Ha lavorato duramente con Tim nei mesi precedenti per fargli capire la matematica.
Quella sera a cena Dean commentò quanto fosse silenzioso senza Kim. “Lei è l'unica in questo nostro gruppo di disadattati a parlare, oltre me.”
IO E TE COMUNICHIAMO.
“Sì, lo so. Solo che è strano tutto questo silenzio. Kim non smette mai di parlare, e a volte per farti rispondere devo costringerti.” Castiel si scusò con uno sguardo. “Anche se stai facendo grandi progressi, Cas. Sono orgoglioso di te.”
SO CHE È DIFFICILE ANDARE D'ACCORDO CON ME. MA APPREZZO MOLTO IL TUO STARMI VICINO.
“Dai Cas, non fare lo sdolcinato! Siamo amici, è così che funziona, è semplice!”
Finita la cena si accomodarono sul divano nella stanza ricreativa, aspettando l'inizio del film. Dean si stiracchiò il busto facendo scrocchiare tutte le ossa.
“È inutile che provi a flirtare con la tecnica dello sbadiglio Dean, Castiel è un tipo pudico.” ghignò Allen mentre gli passava davanti.
“Solo perché non puoi averlo da nessuno non vuol dire che lo voglia io.” gli fece l'eco Dean. A Castiel scappò un risolino. “Che stronzo.”
HA SOLO BISOGNO DI UNA SCOPATA.
“Ah! E dice che sei pudico!”
Poco dopo, una volta che tutti presero posto Anna fece partire il film. Dean continuava ad osservare Castiel, per essere sicuro avesse le giuste reazioni. Per la sua felicità, Castiel rideva nei momenti giusti e pianse pure quando doveva piangere. Mostrò l'emotività di un normale essere umano.
Quando il film finì si voltò per guardarlo, con aria d'attesa, scrivere la sua recensione.
AVEVI RAGIONE! ROBERT DOWNEY JR. È UN ATTORE BRILLANTE.
“Lo so! E la colonna sonora? Tanta fantastica musica rock!”
OVVIAMENTE.
Dean sorrise caldamente, orgoglioso di se stesso per aver introdotto Castiel a qualcosa di nuovo. “Sono contento ti sia piaciuto.”
STRANAMENTE L'HO AMATO. E POI TONY STARK MI RICORDA TE.
“Cioè? Bello ed intelligente?” chiese Dean alzando le sopracciglia suggestivamente.
NO, SARCASTICO ED EGOISTA.
“Ouch, mi hai ferito nell'orgoglio, amico.”
Castiel rise per la sua battuta e Dean si unì a lui. Posò una mano sulla spalla dell'altro, scuotendo la testa.
“Sei uno spasso, Cas. Non cambiare mai.”
Castiel fece un grosso sorriso ed annuì. Se per Dean lui era un tipo okay, Castiel non avrebbe voluto essere diverso.

 

 

[1]È una disciplina riabilitativa. Consiste nel far sviluppare nelle persone la capacità di agire. Aiuta a prendere parte della società.

[2]General Educational Development. Dei test che permettono a chi li supera di raggiungere la Maturità (sia americana che canadese).

Note: Mi scuro per l'immane ritardo, ma quei simpaticoni della ditta ci hanno levato internet per due settimane, quindi prendetevela con loro xD
Comunque immagino quanto possa essere bello svegliarsi con Dean che canta **
Grazie sempre a chi mi segue, chi recensisce e anche chi sta zitto, vi adoro!
Ciao ciao e alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


“Quindi, Castiel, ho notato che ancora non condividi molto nei gruppi.” Così la dottoressa Perri iniziò la loro sessione mattutina del mercoledì. “Dimmi se hai qualche modo per esprimere te stesso. Parli con Dean?”
A VOLTE. RIGUARDO DETERMINATE COSE.
“Tipo?”
COME SONO FINITO QUI, PER ESEMPIO.
“Non l'hai raccontata neanche a me quella storia.” disse sorpresa.
HAI ACCESSO AI MIEI FILES. SAI GIÀ COME SONO FINITO QUI.
“Castiel è un po' diverso vederla dal tuo punto di vista. So cosa ti ha portato qui, ma né io né gli altri dottori che hai avuto, sappiamo cosa ha causato il tuo crollo.” Castiel alzò le spalle, facendo accigliare la dottoressa. “Comunque... Che ne dici di tentare con qualcos'altro? Hai provato a scrivere, o magari a suonare uno strumento?”
Castiel scosse la testa, disinteressato. “Ti piace Van Gogh, non è vero? Perché non provi a darti all'arte?” suggerì.
NON SONO MAI STATO MOLTO BRAVO.
“Non è quello l'importante, devi esprimere te stesso in qualche modo. E comunque, la bellezza la trova l'osservatore. Potresti essere molto bravo, ma non lo sai a causa della tua scarsa fiducia nelle tue abilità.”
PENSO DI POTER PROVARE.
“Perfetto! Perché non vai da Anna e le dici di aver bisogno di un po' di scorte?”
Castiel seguì le sue istruzioni, Anna gli fornì tutto il necessario. Gli diede un blocco per gli schizzi, una matita, un assortimento di penne e gomme, e quattro carboncini. Si sedette al tavolo, nell'aula di arte, aprì il suo blocco alla prima pagina. Appoggiò il carboncino sul foglio pensando a cosa poteva disegnare.
“Che cosa disegnerai?” chiese Anna, sbirciando sul foglio di Castiel. Scosse le spalle, per farle capire che non ne aveva idea. “Prova a disegnare qualcosa che ispira.”
Castiel annuì. Seguendo il suggerimento di Anna iniziò a comporsi un volto, profondo e ombroso, ma al contempo, in qualche modo, allegro ed innocente.
“Ehi Cas!” Dean lo salutò allegramente, sedendosi al posto vuoto di fronte Castiel. “Che fai?”
STO DISEGNANDO, PER 'ESPRIMERE ME STESSO' COSÌ COME HA DETTO LA DOTTORESSA PERRI.
“Cosa disegni?” chiese sporgendosi verso il foglio. Castiel coprì il disegno con le mani e scosse la testa.
NON PUOI VEDERLO, NON È ANCORA FINITO. TU CHE FAI QUI?
“Terapia occupazionale. Siccome non so disegnare come te, faccio un po' di acchiappa-sogni. Vuoi vedere quello su cui sto lavorando?” Castiel annuì. Dean prese una scatola da sotto il banco e ne estrasse uno dei tanti acchiappa-sogni che conteneva.
“Vedi, ha le piume turchesi e le perline nere.” Dean lo teneva tra le mani, mentre Castiel l'osservava attentamente.
È BELLISSIMO! LO ADORO.
“Se ti piace puoi averlo, solo se mi farai vedere il tuo disegno quando sarà finito. Sono curioso.”
SEMBRA UN OTTIMO AFFARE.
Castiel restituì l'acchiappa-sogni così che Dean potesse mettersi a lavoro, e riportò la sua attenzione al suo disegno. Teneva ancora il braccio sinistro sul foglio, per far da scudo al disegno continuando a disegnare. Restarono in silenzio a disegnare per diversi minuti.
“Ehi, Cassie! Fammi vedere, cos'hai qui? Disegni qualcosa di bello?” Castiel alzò lo sguardo e vide Allen, torreggiare sul loro tavolo e sporgersi sul suo blocco. Prese la penna per scrivere una risposta sarcastica, ma appena si mosse, Allen prese il suo blocco dal tavolo, allontanandosi per sfuggire alla presa di Castiel. Si mise ad osservare il disegno.
“Oh guarda Dean!” lo sbeffeggiò, inclinando il blocco in modo da farlo vedere a Dean. “Quel frocetto del tuo migliore amico stava disegnando te, ha persino disegnato alla perfezione i tuoi zigomi.”
Castiel si alzò bruscamente dal suo posto, afferrando il suo blocco. Allen, però, era diversi centimetri più alto di lui e lo tenne sopra la sua testa schernendolo. Castiel si sentiva come un cane che cerca disperatamente di prendere un uccellino, troppo fuori dalla sua portata. Le sue guance divennero rosse di rabbia ed imbarazzo.
“Perdio, Allen, lascia Castiel in pace!” disse Dean, alzandosi dalla sedia.
“Sei proprio un bravo fidanzato, accorri subito in suo soccorso.”
Le mani di Dean si chiusero a pugno lungo i suoi fianchi, azzerò la distanza fra lui ed Allen e lo prese per il colletto della camicia. I suoi occhi infuocati per la rabbia.
“Ho detto di lasciarlo in pace, stronzo.” disse con un basso, feroce e furibondo ringhio.
“Cosa esattamente vorresti farmi, cattivone? Colpiscimi, e il tuo bel culetto verrà preso a calci fuori da questo posto. E poi dovrai tornare a casa con il tuo papino, e Dio solo sa quanto ti andrà bene. Quanto sei durato l'ultima volta che ti hanno rispedito a casa? Due settimane, poi hai tentato il suicidio, giusto?”
Sul suo volto passarono tutti i colori, i suoi occhi bianchi per lo shock. “Come cazzo fai a saperlo?”
“Diciamo solo che sono molto bravo come investigatore e la dottoressa Perri mi ha lasciato un paio di volte da solo nel suo ufficio. Quegli armadietti dovrebbero essere più sicuri.”
“Dì solo un'altra parole e-”
“E cosa?” lo interruppe. “Ti tagli i polsi? No, perché quello l'hai già fatto.”
Appena Dean aprì la bocca per sputare qualche insulto verso Allen, il pugno di Castiel si scontrò con la mandibola di Allen, mandandolo al tappeto. Castiel gli balzò addosso, continuando a dargli altri pugni prima che Dustin ed Anna lo bloccarono, e trascinarono Castiel via, Allen si sedette, prendendo la sua faccia sanguinante fra le mani. Castiel lo continuò a fissarlo finché non fu trascinato oltre la porta.
Quando Castiel fu rilasciato dall'isolamento la mattina seguente, Dean e Kim lo aspettavano fuori. Kim, appena lo vide, gli andò incontro.
“Che fine ha fatto il 'tenetevi fuori dai guai mentre sono via'?” chiese furiosa. Castiel semplicemente, la fissava. “Cosa pensavi di fare attaccando Allen in quel modo?”
“Dagli un po' di tregua, mi stava solo difendendo.” disse Dean.
“Cosa devo fare con voi, ragazzi?!” Kim alzò le mani in segno di frustrazione, mentre se ne andava. Castiel guardò Dean, aspettando una sua reazione. Dean si schiarì la gola, grattandosi la nuca.
“Beh, grazie amico per avermi parato il culo. Ma, che ne dici se mettiamo da parte la violenza, eh? Non vorrei che ti cacciassero per una cazzata.” Castiel annuì.
NON MI INTERESSA QUELLO CHE HA DETTO ALLEN. IL TUO PASSATO NON CAMBIA CIÒ CHE PENSO DI TE.
“Lo so Cas, lo so.”
E lo credeva veramente.



Note: Ed eccomi qua con un altro capitolo :3 Ma non li vedete già innamorati questi due? Sono meravigliosi... Okay basta fangirleggiare, come sempre fatemi sapere che ne pensate oppure fate un saluto.. Ciao a tutte/i voi che mi seguite, I love you!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Dopo due mesi di permanenza al Blue Grass, Dean era progredito in un modo sorprendente. Finalmente gli avevano diagnosticato la sua 'malattia' e poteva essere curato di conseguenza. I suoi sbalzi d'umore e la sua rabbia erano sotto controllo; si sentiva bene. Fino a quando la dottoressa Perri non gli aveva consentito di ricevere visite dai familiari. A quanto sembrava, la dottoressa aveva chiamato Sam, per conto di Dean, credendo di fargli un favore. Sam, e il padre di Dean, John, sarebbero arrivati a fargli visita quel week-end.
Dean andò nel panico più totale, fu in preda ad attacchi di follia per tutta la durata della settimana. Perdeva la testa con chiunque provava a parlare con lui, persino con Castiel e Kim. E il sabato mattina la sua ragione era completamente andata.
“Chi crede di essere, invitare la mia famiglia qui senza il mio permesso? Ha letto i miei fascicoli! Sa che non andiamo molto d'accordo!” sputò Dean, facendo avanti ed indietro davanti il letto. Castiel seduto ai piedi del suo, osservava Dean camminare.
PENSAVA DI POTER ESSERE UTILE.
“Beh, non lo è stata! Lo sai che succederà quando arriveranno? Ci siederemo, Sam mi guarderà come se fossi un patetico pazzo. Mi chiederà come me la passo, con calma, come se dovesse disinnescare una bomba, e continuerà a scambiare convenevoli, perché sente di doverlo fare, questo finché io o mio padre non diamo di matto. Poi se ne andranno ed io non li vedrò finché non uscirò o non mi manderanno in qualche altro posto come questo.”
NON PENSI CHE QUESTA VOLTA POTREBBE ESSERE DIVERSO?
“No Cas, non lo sarà. Forse se fossimo solo io e Sammy... Ma mio padre... Dio, rovina tutto quello che tocca.”
Dean si fermò, il volto tra le mani. “Cosa farò?”
Ci fu un leggero bussare alla porta, Anna stava in piedi davanti la porta con il suo solito sorriso. “Dean, tuo padre e tuo fratello sono qui, vuoi che li porto qui o li faccio aspettare in sala visite?”
“Oh Dio non portarli qui, arrivo fra un minuto.” mormorò. Anna annuì e sparì i fondo al corridoio.
“Cas, se non farò ritorno, puoi benissimo immaginare che mi abbia ucciso mio padre.”
VUOI CHE VENGA CON TE?
“No, tranquillo, sono grande e grosso. Posso farcela da solo. È giusto un visita, no? Devo stare con loro solo per un'ora, massimo due. Ce la farò.”
Dean scosse la spalle, cercando di allentare la tensione, guardò Castiel dritto negli occhi e con uno sguardo determinato stampato in viso uscì fuori dalla porta. Appena entrò nella sala visite, individuò Sam, curvo su una sedia in un angolo, ma rimaneva comunque più alto di qualsiasi altra persona all'interno della stanza. Appena vide Dean, il suoi occhi s'illuminarono.
“Hey Dean! Siamo qui!” lo chiamò, agitando la mano super elettrizzato. Dean ricambiò con un sorriso carico d'entusiasmo.
“Hey Sammy!” disse mettendosi a sedere. “Ciao papà.”
John grugnì un 'ciao'.
“Allora, come stai?” chiese Sam, ancora sorridente. “Questo posto è bello.”
“Si, non è tanto logoro. Il cibo è buono e mi trovo abbastanza bene. E tu come stai? Stanford?”
“Oh è fantastico! Sto studiando davvero tanto, e ho accumulato molte ore extra, sono entrato nella lista del preside della facoltà, il che è abbastanza fico. Oh, e poi ho conosciuto una ragazza, si chiama Jessica. Stiamo insieme da un paio di mesi.”
“È fantastico! Complimenti!”
“Grazie! E tu, hai fatto qualche nuova amicizia?” chiese, spostandosi sul suo posto.
“Beh, non ho incontrato nessuna tipa sexy, se è questo che intendi. Ma il mio compagno di stanza è molto divertente.”
“Ah si? E com'è?”
“Si chiama Castiel, lo so è strano. È forte, non parla molto, più che altro scrive. Tutto sommato è molto simpatico. È intelligentissimo, è un mostro a ping pong ed è anche un bravo artista.”
“Impressionante.” commentò John in tono sarcastico. “Potrebbe essere più frocio?”
“Papà.” lo ammonì Sam, lanciandogli un'occhiata. “Sii gentile.” John alzò gli occhi al cielo.
“Quindi, la tua dottoressa mi ha detto che hanno finalmente capito cos'è che non va nella tua testa.” disse John. Questa volta fu Dean ad alzare gli occhi al cielo. “Com'è che lo chiamano?”
“Disturbo borderline della personalità[1]” rispose stancamente.
“Che cosa vuol dire?” chiese Sam.
“Vuol dire che tuo fratello è pazzo, come lo è sempre stato.”
“Papà dicevo sul serio! Smettila!” scattò Sam.
“A che scopo, Sammy?” sospirò Dean, passandosi la mano sugli occhi. “Dai papà, so che vuoi dirlo.”
“Dean-” tentò di intromettersi Sam.
“No, papà, continua. So cosa stavi per dire, tanto vale dirlo ed affrontare la cosa.”
“Quello che stavo dicendo è che sono stanco di sprecare i miei soldi.” cominciò a parlare John. “Questo è il primo posto in cui sono stati in grado di dirmi cos'hai. Ti tengono qui per un po' di mesi, e poi? Ti rimandano a casa e tu provi di nuovo a suicidarti.”
“Papà!” s'intromise Sam.
“No, Sam, deve capirlo. Quindi o rimetti insieme i tuoi pezzi o la fai finita, perché sono stufo di perdere tempo ed il mio sudato denaro in questi posti.”
“Non posso semplicemente smetterla!” strillò Dean alzandosi in piedi. “Pensi che non l'avrei già fatto se fosse possibile? Sono stanco di dover pesare in questo modo su te e Sam, ma maledizione odio così tanto me stesso da volermi uccidere, e tu mi dici di rimettere a posto i pezzi o suicidarmi? Vuoi davvero sapere perché sono così incasinato?”
“Eh no, ragazzo, non prendertela con me. Non è colpa mia se ti sei rifiutato di gestire la tua sanità mentale.” rispose, urlando ed alzandosi anche lui.
“Papà, Dean. Basta, per favore!”
“Sei tu che mi hai incasinato! Ero un bambino e tu pretendevi la perfezione da me, ci hai lasciati soli, ho dovuto aiutare Sam a crescere, così che tu potessi spassartela! Per te erano più importanti le donne dei tuoi fottuti figli!”
“Ora basta!” gridò Sam, sbattendo i pugni sui braccioli della sedia. “Basta litigare, non vi porterà da nessuna parte!”
“Che razza di padre lascia solo suo figlio di otto anni a badare al suo fratellino, mentre lui se ne va in giro a bere e a scopare?”
“Dovevo evadere, Dean. Ogni volta che ti guardo negli occhi vedo tua madre e la nostra casa in fiamme! Se non fosse stato per te, lei sarebbe ancora viva!”
Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. Dean afferrò la sedia e la lanciò dall'altra parte della stanza.
“Vaffanculo papà!” strillò. “Vaffanculo!”
Uscì dalla stanza, passando accanto a Cas, che aveva assistito alla scena dall'esterno. Smise di correre, calde lacrime di rabbia scendevano lungo i suoi occhi. Non avrebbe più potuto guardare Castiel, non dopo quello a cui aveva assistito. Dean era certo che il suo migliore amico non avrebbe più potuto guardarlo nello stesso modo.

 

 

[1] Un disturbo caratterizzato dall'instabilità nelle relazioni interpersonali, nell'umore, nell'immagine di sé, nell'identità.

Note: Okay tristezza infinita per questo capitolo, ma vi prometto che le cose torneranno al proprio posto! Nel frattempo lasciate una recensione, che è sempre gradita, ed a tutte quelle cui non ho risposto! Giuro che ora vi rispondo <3 Ciao a tutti e alla prossima!!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Dopo aver dato a Dean un paio d'ore per calmarsi, Castiel decise di rischiare ed entrare nella loro stanza. Dean era seduto sul letto, spalle alla porta e volto rivolto alla finestra. Castiel esitò sulla porta, aspettando che Dean si accorgesse di lui, tossì rumorosamente per avvertire Dean della sua presenza.
“So che sei tu Cas, vai via, non ho molta voglia di giocare con i tuoi foglietti di carta adesso.”
Castiel aggrottò le sopracciglia, incerto sul da farsi. Non era completamente senza empatia, ma le sue capacità nel confortare gli altri, lasciavano molto a desiderare. Dean voleva veramente essere lasciato da solo, o era una prova? Dean lo stava cacciando, nella speranza che Cas rimanesse, perché teneva a lui?
Castiel s'inginocchiò al lato del letto, posando una mano, sperando di potere essere rassicurante, sulla gamba di Dean.
“Apprezzo il tuo aiuto, davvero, ma niente che tu possa scrivere può sistemare questa faccenda. So cosa stai pensando: un suicida, un caso da esibire per mio padre. Non devi far finta che non ti infastidisca.” disse in tono basso. “So di essere patetico.”
Castiel scosse la testa, disperato, sperava che Dean si voltasse per poter vedere nei suoi occhi. Quel che aveva detto John non aveva influenzato la sua opinione su Dean. Non gli interessava il passato di Dean, né di quello che nasconde. Voleva solo poterlo aiutare, tirarlo fuori dall'oscurità in cui è immerso, ma Dean non gli dava neanche un'opportunità. I suoi occhi color smeraldo fissavano ancora attentamente fuori dalla finestra, lasciando Castiel impotente.
Mai prima d'ora si era sentito così frustrato per colpa del suo silenzio. Mai il suo voto si era rivelato così soffocante e restringente. Le parole erano lì, se solo potesse aprire la bocca e parlare! L'irritazione e la mortificazione avevano creato un blocco che minacciava di esplodere. Doveva trovare un modo per comunicare, per far sapere a Dean che non lo trovava affatto patetico. Doveva tenerselo stretto prima di poterlo perdere per sempre.
“Mi dispiace.” Castiel pronunciò con una voce calma, forte e molto roca. “Mi dispiace, Dean.”
Dean si girò per guardare Castiel, gli occhi e la bocca spalancati, era sotto shock.
“C-cosa?” chiese incerto. “Cosa hai detto?”
“Ho detto: mi dispiace ti senta così.” disse più forte. “Personalmente, non penso tu sia patetico. Penso tu abbia dimostrato una grande forza continuando ad andare avanti quando avevi tutti i diritti per abbandonare tutto.”
Rimasero seduti in religioso silenzio per un po', mentre Dean cercava di assimilare ciò che aveva detto Castiel, o meglio il fatto che Castiel avesse parlato.
“Hai appena interrotto vent'anni di silenzio per dirmi questo?”
“Credo di averlo appena fatto, sì.”
“Wow, perdonami, ma non so proprio come risponderti.” disse. Castiel annuì.
“Capisco che dev'essere molto... Sorprendente per te. Lo è anche per me, ma al di là di questo voglio che tu capisca che non provo pena per te. Comprensione, sicuramente. Ma compassione e pena, assolutamente no.”
“Io... Ehm... Grazie, Cas. La tua voce è leggermente più bassa di come me la immaginavo.” commentò.
“Non posso dire di non esserne sorpreso anche io. Mi chiedo se è a causa del poco uso, oppure è semplicemente così.”
“Non lo so, ma la mia teoria del tuo essere muto, in quanto imbarazzato dalla tua voce acuta alla Alvin Superstar, è infondata ormai.”
“Non capisco l'allusione[1]” disse inclinando la testa. “Chi è Alvin e perché la mia voce dovrebbe essere come la sua?” lo interrogò.
“Non preoccuparti, Cas. Ma, ehi, sarà sempre così adesso? Tu che parli?”
“Non... Non lo so, prima d'oggi parlare mi sembrava inutile, pensavo servisse solo ad incoraggiare persone che non mi piacevano ad interagire con me. Ma ora che ho scoperto altri usi, potrei riconsiderare il mio silenzio, e poi mi piace comunicare con te in questa maniera.” sentendo queste parole, Dean sorrise. “E poi dovrebbe essere più facile minacciare Allen, senza dovermi affidare al suo grado d'istruzione.”
“Ehi, piano tigre. Non mi servi rinchiuso un altro giorno in isolamento. Comunque, dopo l'ultima volta, credo che Allen non ci darà fastidio per un po' di tempo.”
“Non voglio sfociare ancora nella violenza, ma non potevo permettergli di parlare ancora in quel modo. Non aveva alcun diritto di ficcare il naso nei tuoi file.” borbottò.
“Sì, è vero, doveva aspettarselo quella volta. Ma non devi preoccuparti delle sue parole, può dire quello che vuole, tanto sono sopravvisuto al peggio, non è vero?”
“Devo ammettere che è vero. Ma non sono comunque fatti suoi, e non dovrebbe andare a dire in giro per l'ospedale i tuoi dati personali. Io non sono al corrente di come gli altri pazienti siano entrati qui, e avrei preferito non venire a conoscenza della tua diagnosi, a meno che non fossi stato tu a dirmelo.”
“È tutto okay, Cas, te l'avrei detto comunque. E poi, non ha detto nemmeno tutta la storia, forse non ha letto tutti i file, oppure l'hai messo al tappeto prima che potesse finire la sua 'condivisione'. Comunque un giorno ti racconterò tutto.” concluse.
“Vuoi davvero condividere queste informazioni con me?”
“Un giorno, Castiel, spero tu venga a conoscenza di tutto, e spero anche che tu mi racconterai tutta la tua storia.”
Quello che Dean non disse è che sperava che Castiel non l'abbandonasse una volta aver appreso tutta la sua storia.

 


[1] Okay questa è la solita battuta di Cas “I do not understand that reference” e purtroppo, guardandolo solamente con le voci originali, non ho idea di come l'abbiano tradotto nel doppiaggio italiano.
Note: Finalmenteee!! Cas ha parlato :') sono emozionata ** okay comincio col ringraziare TUTTI/E coloro che lasciano sempre una recensione vi voglio davvero tanto bene (Anche l'autrice è contentissima di come procede il tutto), voglio ringraziare anche tutti coloro che seguono perché OMMIODDIO SIETE TANTISSIMI e sì mi emoziono con poco... Grazie ancora a tutti e arrivederci al prossimo capitolo (ora che arriva Pasqua dovrei aggiornare molto più spesso :3)

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Il giorno seguente, Dean passò la maggior parte del suo tempo, nell'ufficio della dottoressa Perri, a discutere dell'orribile visita di suo padre e suo fratello. Dovette spiegare cosa era successo e come le cose siano degenerate in un duello all'ultimo urlo. Nella spiegazione tralasciò la parte di Cas e della sua ritrovata voce, visto che non era sicuro che il fenomeno potesse perdurare nel tempo, disse semplicemente che Cas lo aveva confortato e ora si sentiva decisamente molto meglio.
“Devo dire, Dean, che sono davvero impressionata da come stai gestendo la situazione, ovviamente non era l'esito che mi aspettavo, quando li ho invitati a farti una visita, ma ti stai comportando davvero bene. Magari la prossima volta non ci saranno urla e tu e tuo padre potreste godervi una bella e civile conversazione.” disse speranzosa la dottoressa.
“Non ne sono certo, ma ho chiamato Sammy questa mattina ed era contento di sentirmi. Mi fa male metterlo sempre in mezzo a questa faccenda, viene sempre immischiato nelle nostre liti. Dio, quando dissi a mio padre che partivo per l'Iraq, ha praticamente usato Sam, dicendomi quanto lui avesse bisogno di me e come fosse necessario qualcuno che badasse a lui. Sono quasi rimasto a casa per questo motivo. A volte mi pento di non averlo fatto.”
“Lo sai che Sam non è una tua responsabilità, che è un uomo grande e grosso?”
“Beh, sì, ora lo è.” concordò Dean. “Ma quando feci domanda per arruolarmi andava ancora al liceo. Aveva bisogno di qualcuno che si prendesse cura di lui, che lo proteggesse, che gli insegnasse come vivere. E io l'ho abbandonato a se stesso.”
“Perché dovevi occuparti di Sam in questo modo?”
“Perché se non lo facevo io, chi altro l'avrebbe fatto? Dopo la morte della mamma, papà ha iniziato a bere, lo fa tutt'ora, e se non avessi deciso di prendermi cura di Sammy, chissà a quest'ora dove potrebbe essere? Gli ho curato le ferite, aiutato con i compiti di matematica, gli ho insegnato ad andare in bicicletta, cucinato i nostri pasti e gli rimboccavo le coperte la sera. Non importava in quale città ci portasse papà, mi assicuravo sempre che Sam frequentasse le migliori scuole. Ero tutto ciò che aveva e l'ho lasciato solo.” la voce di Dean si fece incerta, carica di rimpianto, e le spalle iniziarono a tremare. “Ed eccomi qui, a trascinarlo in queste stronzate. Perché non posso semplicemente superare questa cosa?”
“La Guerra non è qualcosa che si può 'superare' facilmente, Dean. C'è il trauma, tanto dolore con cui imparare a convivere. Crescere Sam non era tuo dovere, e non l'hai deluso o abbandonato quando ti sei arruolato. Sei stato un ottimo esempio decidendo di difendere il tuo paese. Non incolparti per questo.” lo rincuorò la dottoressa. “Anche se sembra che Sammy stia facendo un ottimo lavoro anche da solo, non hai detto che sta frequentando Stanford? E che si è fidanzato? Mi sembra un ragazzo di successo, grazie a te.”
Dean alzò le spalle, non l'aveva mai pensata in quel modo. Sam andando bene: iscritto ad una delle migliori scuole della nazione ed aveva incontrato una ragazza che lo rendeva felice. Doveva esserne orgoglioso. Pensò. Ma non riusciva ancora a perdonarsi per averlo lasciato. Non dopo quel che aveva visto in Iraq, se c'era una cosa che aveva imparato dal tempo speso all'estero, era quanto fosse importante la famiglia.
“Penso tu abbia ragione.” disse accondiscendente, era stanco di discuterne.
“Bene, mi piacerebbe scavare ancora più a fondo nella tua psiche, ma sembra sia l'ora del Gruppo. Vuoi unirti a me?”
Dean e la dottoressa furono gli ultimi ad entrare nella stanza della terapia di gruppo, tutti avevano già preso posto, lasciando uno spazio tra Castiel e Kim per Dean. La dottoressa Perri si sedette nell'unico posto rimasto tra Tim e Allen, prima di schiarirsi la gola ed iniziare.”
“Buona sera a tutti. Spero abbiate avuto tutti una giornata produttiva. Non abbiamo nuovi pazienti da presentare, perciò mettiamoci subito a lavoro. Chi vuole iniziare?”
Come al solito, Allen alzò la mano per prenotarsi ed incominciò con una monotona e dettagliata storia delle sue avventure giornaliere. Si proseguì in senso orario in modo da far parlare tutti quanti. Jenny aveva passato la giornata lavorando a maglia, niente di nuovo, ed il ragazzo nuovo, Kevin, aveva passato tempo a studiare matematica. Kevin era uno studente di liceo, internato per aver avuto un crollo durante i test attitudinali[1]. Soffriva di disturbi ossessivo-compulsivi.
Infine arrivò il turno di Castiel. Tutti gli rivolsero verso di lui, aspettando che tirasse fuori il suo blocco note e scrivesse. Lanciò a Dean un'occhiata nervosa, alla quale il ragazzo rispose con un sorriso incoraggiante. Ce la poteva fare, poteva parlare adesso, non aveva bisogno del suo bloc-notes.
“Oggi è andata... Bene.” mormorò. La dottoressa Perri quasi si soffocò con la soda che stava sorseggiando.
“S-scusami?” bisbigliò incredula.
“Oggi è andata bene. Perlopiù ho dipinto.”
“Castiel, da quando hai iniziato a parlare?” chiese Tim, spaventato.
“Da ieri. Dean era sconvolto dalla visita di suo padre ed io ho sentito il bisogno di consolarlo, visto che è un mio amico. È così strano?”
“Se si tratta di te, si!” disse Allen, gli occhi spalancati.
“Castiel posso vederti nel mio ufficio? Dustin resta qui finché non torno.” disse la dottoressa alzandosi dalla sedia, seguita da Castiel.
Una volta dentro il suo ufficio, la dottoressa Perri chiuse la porta dietro Castiel e lo invitò a sedersi. Lei stava davanti la sua scrivania, e lo fissava, Castiel continuava a tacere senza offrirle spiegazioni, lei sospirò e chiese. “Ti andrebbe di spiegarmi cosa è appena successo?”
“Ho condiviso oralmente per la prima volta.” fu la risposta noncurante di Castiel. La dottoressa alzò gli occhi al cielo.
“Beh, ovvio. Ma perché?”
“L'ho già detto. Dean era sconvolto ed era mio dovere confortarlo.”
“Sì, ma perché hai scelto di parlare ora? Molte persone in passato sono state sconvolte o tristi eppure tu non hai mai detto una parola.”
“Perché nessuna di quelle persone era mia amica. Fino all'arrivo di Dean, preferivo la mia solitudine. Ora non ne sono più così sicuro. Vedo molta utilità nel relazionarmi con gli altri, e parlare ha i suoi benefici. Ci sono cose che un cambio di tono possono trasmettere mentre la scrittura non può, come l'empatia, che sono utili per consolare qualcuno.”
“Credo tu abbia appena avuto una svolta, Castiel.” disse tutto d'un fiato. “Non avrei mai pensato sarebbe arrivato il giorno in cui ti avrei sentito parlare.”
“Neanche io.”
“Bene, se Dean è stata l'ispirazione per rompere il tuo silenzio, sono contenta sia venuto qui. Moltissimi dottori vi hanno etichettato entrambi come cause perse, ma penso di aver trovato una soluzione per le vostre situazioni, e cioè la fiducia che avete l'uno nell'altro.” si fermò per sorridere. “Il tuo futuro è così luminoso, Castiel e anche quello di Dean. Questa vostra amicizia ha dimostrato di essere curativa per entrambi.”
Ed anche se Castiel non lo disse ad alta voce, era d'accordo. La loro amicizia l'aveva guarito in un modo in cui Castiel neanche sperava.

 

 

 

[1]Nell'originale: SATs (Scholastic Aptitude Test)

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


“Buongiorno Castiel!” trillò la dottoressa Perri. “Mi scuso per questa sessione anticipata, ma volevo continuare a parlare con te riguardo alla svolta di ieri sera. Come ti senti?”
“Mi sento bene.”
“Perfetto. Da dove vuoi cominciare oggi?”
“Non so, da dove vuole lei, credo.”
La dottoressa sorrise, come se fosse la risposta che desiderava sentire. “Bene, okay, sappiamo cosa ha rotto il tuo silenzio, giusto? Ma non sappiamo veramente cosa ti ha portato a fare il tuo voto.” Castiel aprì la bocca per contrastare l'affermazione, ma la dottoressa lo azzittì con un gesto della mano. “Non provare a dirmi che avendo già letto i tuoi files non abbiamo bisogno di parlare, Castiel. Ho bisogno di sentire le cose dalla tua prospettiva. Tutto ciò che ho è un profilo poco dettagliato e preciso da parte di tuo fratello, devi darmi qualche informazione in più.”
Castiel chiuse la bocca ed annuì debolmente.
“Bene, cos'è che ti ha condotto fino ai corridoi del centro d'igiene mentale Bridgway?” lo incitò la dottoressa Perri.
“Ho avuto quello che i dottori, come te, chiamano crollo mentale. Prima che mio fratello Gabriel tornasse a casa distrussi mezza casa, fortunatamente è riuscito a fermarmi.” la voce di Castiel era fredda e priva di emozioni. La risposta sembrava come se fosse stata ripetuta molte volte.
“Cosa ha causato il crollo? Pensi di saperlo?”
“Non ci fu una sola causa. Fu tutto: il bullismo, l'innocenza, gli standard incredibilmente alti che mio padre aveva posto... Non ce la facevo più. Ho mollato, abbandonato e mandato tutto a puttane, e tutto ciò mi portò a quel... Episodio.”
La dottoressa annuì, prendendo meticolosamente appunti. “Tuo padre, non l'hai mai nominato, parlami di lui.”
“Non c'è molto da dire. È quello che si considera generalmente con il classico padre assente: non stava molto a casa, ma quando c'era si aspettava la perfezione. Voti rigorosamente alti, non inferiori alla A[1], stanze ordinate e pulite, l'apparenza era tutto. Per un po' sono riuscito a seguire i suoi standard, facevo del mio meglio per impressionarlo, per attirare la sua attenzione, ma le uniche volte in cui mi prestava attenzione era quando facevo degli errori. E si fidi, non la gradirebbe neanche lei quel tipo di attenzione.”
“Come li puniva tuo padre questi tuoi errori?” chiese con delicatezza.
“In molti modi, cinture, cucchiai di legno, lavori. Una volta mi chiuse nella mia camera da letto per tre giorni, solo perché ruppi un bicchiere mentre lavavo i piatti. Aveva un carattere molto irascibile, soprattutto se beveva.”
“E com'era il tuo rapporto con i tuoi fratelli?”
“Era buono, credo. Gabriel e Michael, i più grandi, si preoccupavano per me. E Lucifer si assicurava, prima di passare a trovarci, che mio padre non fosse a casa. Ho fatto il possibile per prendermi cura di Balthazar e Uriel, visto che erano i miei fratellini. Io e Balthazar eravamo molto uniti. Una volta veniva a trovarmi spesso, ma credo si sia stufato di essere ignorato. Anche se ogni anno mi spedisce una lettera facendomi gli auguri per il mio compleanno.” ricordò affettuosamente.
“E Lucifer? Hai detto che era l'unico a passare a salutarvi, come mai non viveva con tutti voi?”
“Nostro Padre l'ha buttato fuori di casa quando era ancora un ragazzo. Era un ragazzo ribelle, anche se amava molto nostro Padre, pensava fosse troppo dispotico. Tutto ciò che ricordo di lui erano le continue liti tra di loro. Probabilmente ha fatto la cosa migliore ad andarsene.”
“Cosa pensavi delle regole di tuo padre?”
“Aveva... Aveva le sue ragioni per essere così severo. Voglio dire, dopotutto aveva sei figli di cui prendersi cura. A volte era sicuramente eccessivo, ma era difficile occuparsi di noi. Gabriel e Balthazar erano degli incubi ed io e Michael ci scontravamo sempre... Ha dato del suo meglio. Mi meritavo ciò che mi infliggeva. Non creavo scompiglio come faceva Gabriel, e non ero un ribelle come Lucifer, ma ciò che ho fatto era molto peggio. Non obbedivo spesso, non facevo mai ciò che mi era stato detto. Mi dava un ordine, e dovevo seguirlo. Prima di essere internato qui, rischiavo di essere cacciato come Lucifer. Ho infranto una delle regole più importanti di mio Padre.”
“Che regola era?”
Castiel si agitò sulla sedia, abbassò lo sguardo cercando la risposta sul pavimento.
“Io... Io mi sono innamorato. Mio Padre ci aveva imposto una regola, non ci era permesso socializzare, o meglio avere degli appuntamenti, con persone che fossero fuori dalla cerchia della nostra chiesa. E anche allora, avrebbe dovuto incontrare e dare la sua approvazione a quelle persone.” spiegò. “Chiunque non rientrasse nei suoi standard, entrava direttamente nella lista nera, e la ragazza di cui mi innamorai... Beh era molto lontana da tutto ciò che era 'okay' per mio Padre.”
“Lei com'era?”
“Era la tipica cattiva ragazza. Beveva, andava alle feste e si vestiva in un modo provocante. Era tutto ciò che per Lui era il male, ed io ero assolutamente affascinato da lei. Non avrei mai pensato, mai, di poter catturare l'attenzione di una come lei. Meg, lei era bellissima, interessante e pericolosa, ed io ero, beh... Io ero io.”
Castiel fece una pausa, sorrise amaramente. Rivivere le sue esperienze con Meg era abbastanza doloroso.
“Comunque sia, in qualche modo abbiamo iniziato a frequentarci. Uscivo di casa ogni notte per incontrarla al parco vicino casa. Bevevamo e parlavamo... Era piacevole. Ma non potevo sapere che Michael ci seguiva, e dopo un litigio fra noi due, lui finì per dirlo a nostro Padre. Era oltremodo furioso, stavo già oltrepassando il limite da lui impostomi quando portai i risultati della fine del semestre. Tutte le sere fuori portarono la mia carriera scolastica ad un abbassamento, avevo brutti voti in quasi tutte le materie. Credo che questo fu il mio punto di rottura, mi sentivo un fallimento totale. E credo di essere semplicemente esploso.”
“E come sei finito da qui a diventare muto?” chiese la dottoressa.
“Una volta tornato a casa, mio Padre vide il casino che avevo combinato in casa, anche se tentai di scusarmi ero completamente instabile, e le parole non uscirono fuori. Annaspavo e balbettavo, non riuscivo a parlare.... Alla fine mio Padre disse solamente 'Se non riesci neanche a scusarti correttamente, tanto vale che non parli affatto!' Così decisi, dopo aver distrutto mezza casa ed infranto tutte le sue regole, che almeno quest'ordine avrei potuto rispettarlo. Perciò divenni muto.”
La dottoressa Perri lo fissava, pena e compassione stampate sul suo volto.
“Castiel, non puoi controllare chi ami. E tuo padre non avrebbe mai dovuto sottoporti a questo tipo di pressione, sei un brav'uomo.”
Castiel scosse la testa. “Non ho fatto altro che complicarle la vita, dottoressa, e ancora mi difende.”
“Hai fatto tutt'altro che complicarmi la vita! Hai minato pesantemente alla mia pazienza e mi hai fatto venir voglia di strapparmi i capelli, ma Castiel, tu sei il mio caso più soddisfacente! Sei passato dall'essere muto e non cooperativo alla bellissima e brillante persona che sei ora. Sei un bravissimo artista, parli eloquentemente e intelligentemente, e hai costruito una meravigliosa amicizia con Dean. Non potrei essere più orgogliosa di te!” esclamò onestamente.
“Davvero?”
“Sì, Castiel, davvero! Così tante persone mi dissero, quando accettai il tuo caso, che non avrei mai visto un miglioramento in te, ma non solo vedo il progresso, vedo un futuro da poter vivere fuori dalle mura di quest'ospedale. Penso che potrai liberarti di tutte le cose che ti hanno afflitto in questi anni. Perché non vedi lo stesso potenziale?”
“Io... Io non credo di poterlo fare. Ho già fallito così tante volte in passato. Chi mi assicura che non fallirò ancora?”
“Non è mai troppo tardi per fare le cose in maniera corretta, Castiel. Puoi sempre riprovare.”
In quel momento, la piccola scintilla di speranza che Castiel aveva sempre mantenuto accesa, esplose e divenne un fuoco. Avrebbe potuto avere una vita fuori da un istituto mentale, avrebbe potuto avere una casa ed un lavoro. Magari avrebbe potuto avere veramente il controllo sulla sua vita e sulle persone che avrebbe potuto frequentare. Magari si sarebbe imposto da solo le regole da rispettare.”
“Pensa davvero io sia in grado di farlo?”
“Non lo penso, lo so.”
Se la dottoressa aveva una tale speranza nel suo futuro, pensò, allora poteva averla anche lui. Poteva andarsene una volta per tutte.

 

 

 

[1]Ormai ci siamo tutti “americanizzati” perciò non c'è bisogno che vi spiego come mettono i voti gli americani no?
Note della traduttrice:  Solo un appunto riguardo la traduzione, per quanto riguarda il racconto di Cas, per chi non l'avesse notato, padre è scritto con la maiuscola, il che è un chiaro riferimento a Dio.
Come sempre grazie a chi recensisce ma anche a chi tace, vi voglio bene, grazie per aver deciso di seguirmi *^*
 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Note della traduttrice: Questo, questo capitolo era pronto da più di un mese! Dovete incolpare la maturità e tutto il sistema scolastico T_T perdonatemi, spero che questo capitolo vi posso calmare un po'.
Allora ringrazio sempre tutti coloro che recensiscono e mi sorprende perché siete tanti, a volte non rispondo, ma è perché sono tonta e non so come rispondere perché i complimenti mi emozionano ^^' coooomunque spero vi piaccia e dovete anche sapere che da adesso in poi l'attesa potrebbe essere ancora più lunga, perché ho finito i capitoli già tradotti e non ho proprio tempo per mettermi a tradurre #shameonme
Come sempre grazie, e come avete fatto l'altra volta, fatemi sapere se ci sono errori <3 grazie mille :*

Quello che ha più apprezzato Castiel della sua giornata è stato il fatto di poter creare. Se solo potesse fare terapia occupazionale tutto il giorno, così da poter passare il tempo dipingendo e disegnando in pace senza stress. Ancora più belli erano i giorni in cui Dean decideva di unirsi a lui.
Per la maggior parte del tempo lavoravano in silenzio, godendosi la presenza l'uno dell'altro mentre si dedicavano ai loro progetti. Ogni tanto Castiel chiedeva a Dean di passargli un pennello o Dean esprimeva il suo parere sul dipinto di Castiel, ma in genere si sentivano a loro agio in un comodo silenzio. Non avevano bisogno di parole per sciogliere l'imbarazzo, stare insieme era abbastanza.
Ci fu, però, uno dei rari momenti in cui Castiel ruppe il silenzio. “Ho quello che chiamano blocco dell'artista.” disse, lasciando la matita libera di scarabocchiare sulla tela.
“Cosa intendi?” chiese Dean, senza spostare lo sguardo dall'acchiappa-sogni che stava costruendo.
“Voglio dire che non so cosa disegnare.”
“Perché non disegni una casa o della frutta o qualcosa del genere?”
“No, no, preferisco le persone. Le persone hanno dei sentimenti, fanno delle espressioni. Sono molto più interessanti, per non dire che sono come una sfida.”
“E allora disegna una persona.”
“Non capisci, Dean!” Castiel fece un sospiro carico di frustrazione, “Ho bisogno di un'ispirazione... Forse una sorta di modello?”
“Sì, certo un modello.” concordò distrattamente.
“Quindi sarai tu il mio modello?” chiese. Dean alzò lo sguardo per la prima volta, con un'espressione chiaramente scocciata dipinta in volto.
“Cas, no, non era quello che stavo dicendo.” protestò.
“Tutto quello che devi fare è stare seduto e sembrare carino. Sei molto bravo in questo, o sbaglio?” disse facendo un piccolo sorriso per alleggerire il sarcasmo della sua battuta. Dean aggrottò le sopracciglia.
“Non puoi semplicemente disegnarmi mentre lavoro?”
“No, voglio studiarti in ogni minimo dettaglio, e lo posso fare solo se stai fermo. Puoi interrompere il tuo lavoro su quell'acchiappa-sogni per un'oretta, no?” lo implorò.
“Un'ora intera?”
“Dean, per favore.”
“Va bene.” disse infine con aria sconfitta. “Ti do un'ora, non un minuto in più.”
Castiel annuì felice. “Certo, un'ora dovrebbe essere sufficiente.”
Dean posò il suo acchiappa-sogni e si sedette sulla sedia. “Quindi cosa devo fare?”
“Stai solamente seduto e fai del tuo meglio per sembrare carino.”
“Dai amico, è noioso!” si lagnò Dean.
“Possiamo continuare a parlare se ti può intrattenere.” disse Castiel, preparandosi. La matita schizzava da una parte all'altra della tela.
“Non posso credere che ti lascio fare tutto ciò, non sono una delle tue ragazze francesi, Jack.”
“Te l'ho già detto Dean: Il mio nome è Castiel e non capisco il tuo riferimento.”
Dean rise, divertito da quanto Castiel prendesse le cose alla lettera. Si divertiva citare ogni tanto qualcosa della cultura pop, in modo da poter vedere Castiel inclinare la testa e guardarlo con quegli occhi da cucciolo confuso.
“Comunque dove dovrei guardare?”
“Il pavimento, il muro, il posteriore di Dustin non mi interessa!” esclamò, ancora concentrato sul disegno, Dean grugnì.
“Qualcuno qui è un artista scontroso. Siamo un po' bipolari eh, Van Gogh?”
“Da quanto ne so, no, non soffro di quel disturbo. Van Gogh sì, comunque, e alla fine l'ha condotto al suicidio. Perdonami, ma non riesco a cogliere l'ilarità della situazione.”
“Wow Cas, non volevo offenderti.” si scusò, mettendo le mani in avanti. Castiel lo guardò con occhi duri, per poi addolcirli quando vide lo sguardo di Dean. Contrasse le labbra e disse. “Lo so.”
“L'hai presa molto seriamente questa cosa del disegno, eh?”
“Sì, è il mio modo di 'esprimere me stesso' così come ha detto la dottoressa Perri.”
“Se lo fai per esprimere te stesso, perché disegni me?”
Castiel si fermò un istante, la matita a mezz'aria, elaborando la risposta. “Ho bisogno di fare pratica con i volti maschili.” rispose debolmente.
“Okay, va bene. Mi sembra legittimo.”
Castiel continuò a lavorare appena la conversazione si spense, il suo disegno cominciava a prendere forma. Si lasciò la maggior parte del tempo per rifinire perfettamente gli occhi di Dean. Erano la sua parte preferita da disegnare in una persona, ma soprattutto in Dean. C'era qualcosa di fantastico nei suoi occhi luminosi, le iridi color giada e le pupille marroni spalancate. Brillavano di un'onestà che Castiel fece fatica a catturare nel suo dipinto.
“Come mai fai gli acchiappa-sogni?” chiese dopo un lungo momento di silenzio. Era quasi arrivata la fine dell'ora data a disposizione da Dean.
”Quando ero un bambino, mio padre mi raccontò la legenda, sai, quella che mandano via i brutti sogni; e mio fratello, faceva spesso gli incubi, quindi quando ce n'era la possibilità gliene facevo uno. Era il mio modo per proteggerlo sempre, anche quando dormiva.”
“Quindi adesso è diventata soltanto un'abitudine.”
“Ehm... Beh, no. Veramente ho notato che spesso ti agiti e ti rigiri nel letto quando dormi, quindi ne sto facendo un po' per te. Sono un po' arrugginito, quindi i primi non saranno bellissimi. Quello su cui stavo lavorando quando te e Allen avete litigate, è piuttosto bello, se ti va l'offerta è ancora valida.”
Dean si spostò sulla sedia e si grattò il collo. Castiel era sicuro che fosse in imbarazzo.
“Ne sarei felice. Grazie.”
“Okay, fantastico.” rispose. Il suo sorriso era nervoso. Castiel gli rispose sorridendo affettuosamente.
“Il tuo ritratto è pronto, se vuoi vederlo.”
“È già passata un'ora?”
“Un po' di più, in realtà.” lo informò, girando la tela in modo da farla vedere a Dean. “Quindi, cosa ne pensi?”
Lo stupore levò a Dean ogni possibile parola. Ogni linea era al posto giusto. Era quasi come guardarsi allo specchio, il suo sorriso sembrava sarcastico, ma i suoi occhi erano... Dolci, caldi, attorno ad essi c'erano delle rughe d'espressione, che mostravano come fosse felice. Il disegno aveva una nota dolce amara, un contrasto tra il suo sorriso ed i suoi occhi.
“Wow!” fu tutto quello che riuscì a dire.
“È così male? Voglio dire, so di non aver fatto molto bene il tuo naso e i tuoi capelli non sono molto azzeccati—"
“Zitto” lo interruppe. “Stai zitto. È bellissimo.”
Castiel si sedette, chiudendo la bocca, aspettando che Dean continuasse a studiare il suo disegno.
“Dio, Cas, sei così pieno di talento. È meraviglioso! Non ci sono parole per descriverlo... Solo wow!”
Castiel non poté fare a meno di non sorridere soddisfatto, le parole gentili di Dean gli avevano fatto salire un moto d'orgoglio. Continuava ancora a trovare mille difetti, ma se a Dean piaceva, avrebbe cercato di non notarli. Era felice di vedere la faccia di Dean così meravigliata.
“Ti piace sul serio?” chiese timidamente.
“Piacere? Lo adoro! Posso tenerlo?”
“Certamente.”
Dean prese la tela, ancora sorridente, e la posò per terra vicino il tavolo. Poi prese a rovistare nella sua scatola degli acchiappa-sogni, per poi tirare fuori il preferito di Castiel, quello che aveva visto l'altra volta e lo porse all'amico.
“Prendilo, ora abbiamo entrambi qualcosa da appendere al muro.”
Quella sera, dopo la cena ed il Gruppo, i ragazzi appesero i rispettivi doni alle pareti della stanza. Castiel lo appese sopra il suo letto, così come gli aveva detto di fare Dean, e l'altro appese il suo ritratto sull'armadio. La combinazione fra rock e arte era perfetta.
Dopo aver finito qualche schizzo e ascoltato qualche album dei Metallica era giunta l'ora di spegnere le luci. Castiel si sistemò nel letto, aspettando che il sonno lo raggiungesse.
“Cas?” bisbigliò Dean, giusto quando Castiel stava per addormentarsi.
“Sì?”
“Dovremmo fare terapia occupazionale insieme ogni giorno.”
“Vedrò cosa si può fare con la dottoressa Perri.”
“Okay.”
Non molto dopo Castiel sentì Dean iniziare a russare. Si domandò come riusciva ad addormentarsi così in fretta. La sua mente era ancora impegnata a creare e pensare, aveva milioni di idee che gli ronzavano per la testa. Se non fosse stato per la regola delle luci spente, Castiel avrebbe disegnato anche di notte. Aveva una voglia immensa di disegnare ancora Dean, riportarlo sulla carta proprio come era ora: tranquillo ed inconsapevole. Probabilmente la mattina dopo...
“Castiel” sospirò Dean nel sonno.
“Sì?” rispose, ignaro dell'inconsapevolezza del suo compagno di stanza. Dean non rispose, ma si girò nel letto scalciando la coperta e scoprendo le gambe.
“Cas...” mormorò ancora, in tono rilassato.
“Buonanotte Dean.” Castiel abbracciò il cuscino, sbirciando la sagoma di Dean, avrebbe dovuto informarlo della sua nuova abitudine di parlare nel sonno.
Non molto tempo dopo Castiel si addormentò. Per una volta non fece incubi, sembrava veramente che Dean stesse vegliando sul suo sonno.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2507904