We are golden

di httpjohnlock
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***
Capitolo 12: *** XII ***
Capitolo 13: *** XIII ***
Capitolo 14: *** XIV ***
Capitolo 15: *** XV ***
Capitolo 16: *** XVI ***
Capitolo 17: *** XVII ***
Capitolo 18: *** XVIII ***
Capitolo 19: *** XIX ***
Capitolo 20: *** XX ***
Capitolo 21: *** XXI ***
Capitolo 22: *** XXII ***
Capitolo 23: *** XXIII ***
Capitolo 24: *** XXIV ***
Capitolo 25: *** XXV ***
Capitolo 26: *** XXVI ***
Capitolo 27: *** XXVII ***



Capitolo 1
*** I ***


I


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *

 «Marco, Marco!» Una voce quasi isterica mi fa sobbalzare dal letto. «Mmh» rispondo con un grugnito abbracciando involontariamente il cuscino. «Porco di un rapper stitico, devi andare a lavoro!» esclama, insistente. «Nah, oggi no» ribatto con la bocca ancora impastata dal sonno. «Ma come no?» dice ancora il mio coinquilino. Sento improvvisamente il mio corpo venire a contatto con un'aria fredda, e non più quella calda e accogliente della coperta; spalanco gli occhi e mi accorgo che quello stronzo ha scaraventato la coperta sul pavimento. «Mi lasci dormire o no?» quasi urlo dalla rabbia. «No! Guarda che se non ti alzi e vai a lavoro metto “Rap God” a tutto volume» dice con tono minaccioso. «Per l'amor di Dio. Ho capito, mi alzo.» rispondo acidamente. Mi alzo e mi stiracchio un po'. «Ma te ci dormi co 'sto berretto?» chiedo guardando Nathan con in testa il suo fedele cappellino viola della NY che lascia intravedere qualche ciuffetto biondo cenere. Lui mi fulmina con lo sguardo e ritorna a canticchiare allegramente qualche motivetto allegro. Guardo la sveglia sul mio comodino ed impreco: «Merda, è tardissimo».
Mi dirigo in bagno e in fretta e furia mi sciacquo il viso e mi lavo i denti. Vado in camera, afferro una maglietta nera, un paio di pantaloni grigi, le mie scarpe da lavoro e indosso il tutto velocemente. Senza preoccuparmi più di tanto dei miei capelli, con una mano ravvivo un po' il ciuffo portandolo all'insù e mi dirigo verso la porta. «A più tardi» esclamo.

Quasi strisciando i piedi sull'asfalto mi dirigo verso la panetteria
“Zucchero e farina”.
Che nome di merda.
Varco la porta di legno e un profumo di biscotti appena sfornati invade il negozio.
«Sei in ritardo» mi avvisa l'uomo sulla sessantina dietro al bancone marroncino chiaro. «Lo so, scusami Richard, non è... suonata la sveglia» mento. Lui mi fa un cenno col capo ed emette una piccola risata ritornando a contare delle monete.
Lui si chiama Riccardo ma sono anni che lo chiamo Richard dato che adora l'Inghilterra. È come uno zio per me dato che lavoro in questa panetteria da quando ho diciannove anni. Avevo bisogno di soldi per andare all'università di Belle Arti e per comprare una casa, ma alla fine all'università non ci sono più andato mentre la casa l'ho comprata anche se la condivido con il mio miglior amico: Nathan; è un rapper accanito e convinto, certe volte è odioso e folle ma gli voglio bene.

Prendo il mio grembiule bianco, lo indosso e inizio la mia noiosa giornata lavorativa impastando un panetto di pasta per pizze. Tutto sommato il mio lavoro mi piace e non ho la minima intenzione di cercarne un altro - sia per comodità che per noia-.
Guardo l'orologio col cinturino di pelle che ho sul polso sinistro e noto che è mezzogiorno. Quell'orologio non si separa da me da undici anni; me lo regalò mio padre quando di anni ne avevo dodici.

Oggi c'è poca gente nel negozio e grazie ad una piccola campanella rosso porpora che suona ogni qualvolta che la porta d'entrata si apre, mi sporgo dalla mia postazione di lavoro per guardare chi è che un lunedì mattina va dal panettiere.
Mi piace guardare la gente in faccia, mi piace osservare ciò che fanno, conoscerla. Non sono uno che si fa i cazzi altrui ma è un dono che fin da bambino ho sempre desiderato: poter leggere la mente, e se non posso farlo mi accontento di immaginare i loro pensieri e sensazione guardando gli occhi.
Ci sono persone con lo sguardo accattivante, quelle con lo sguardo dolce, quelle che danno l'impressione di stare sempre sulle nuvole, quelle con lo sguardo indifferente, magnetico e... e poi ci sono quelli dallo sguardo infinito.
Di solito al mattino vengono vecchiette a comprare il pane appena sfornato; adoro le vecchiette. Forse perché da bambino avevo una nonna molto saggia e simpatica che adoravo. Certe volte arrivano ragazzini che vengono a fare colazione con una delle specialità di questo negozio: il doppio biscotto con ripieno di marmellata, oppure con i cannoli, dolce tipico della Sicilia.

Un altro suono di campana, mi volto e come per magia mi incanto a  fissare l'uomo appena entrato.
          
* * *
 
#spaceofthewriter
Erano mesi che avevo voglia di scrivere ma l'ispirazione non arrivava.
Finalmente, stanotte, quella viaggiatrice incallita (?) è arrivata a me.
Lo so, è un capitolo corto e abbastanza noioso ma è il primo.
Mi piacerebbe avere un vostro parere.
Aaalla prossima c:

xo

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Capitolo 2
*** II ***


II


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *

Da quella porta, a passo svelto, entra un uomo che avrà più o meno venticinque anni, molto magro e alto non meno di 190cm. Mi fisso a guardarlo dal basso verso l'alto: ha un viso molto tenero con un ammasso di ricci scuri sulla testa.
Si dirige verso un tavolo rotondo in fondo al negozio e si accomoda sulla sedia gialla.
«Marco, Marco, sei tra noi?» Ritorno sulla terra e trovo Riccardo che sventola una mano a pochi centimetri dal mio viso. Scuoto leggermente la testa come per far scivolare tutti i pensieri, «Oh, certo...».
Dopo qualche minuto, la mia mente non riesce a staccarsi da quell'essere così... perfetto al che mi pulisco le mani con uno straccio e ritorno da Riccardo, «Richard, non credi che forse quel ragazzo lì vorrebbe ordinare?» «Sì ma il cameriere è andato a fare una commissione dieci minuti fa, strano che non sia ancora tornato. Perché non vai tu?» «Ma chi? Ma cosa? Ma quando?» Riccardo inizia a ridere. «Daje Marcolì» dice con il suo accento ancora un po' romano dato che si è trasferito in Sicilia cinque anni fa. «E' da quando è entrato che lo guardi, chiedigli cosa vuole prendere, magari fate amicizia e...» continua lui con un po' di divertimento nel tono di voce. «Sì, sì, ho capito ma... no! Diamine, non riuscirò a muovere un solo piede, insomma, sono la persona più timida del mondo e lui sembra così... così...» dico con enfasi guardando il ragazzo riccio che è ancora seduto a smanettare con il suo iPhone bianco. «Così?» chiede Riccardo incitandomi a continuare. «Così... elegante!» esclamo facendo cenno con la testa per indicare i vestiti del ragazzo: indossa una camicia azzurrina un po' sbottonata ai primi bottoni, una giacca blu e dei pantaloni bianchi. «Elegante? Marcolì.. non è che te piace er ricciolino?» sussurra avvicinandosi al mio orecchio. Credo di stare arrossendo, anche perché lui si allontana e scoppia a ridere di gusto.
«Scusate!» Una voce delicata e dolce rimbomba nel negozio. Mi volto e mi accorgo che il riccio sta parlando proprio con noi. «Io ho ordinare!» esclama con uno strano ma simpatico accento. «Daje Marco, vai da lui» Riccardo quasi mi spinge in avanti ed io lo maledico mentalmente. «Vorrei un.. hum, caffè sporco!» esordisce l'uomo. Ridacchio. «Caffè macchiato, vorrai dire» lo correggo mettendo un braccio dietro al collo. Okay, sì, sono imbarazzato. «Oh God! Sì, quello, e anche un croissant» dice sorridente facendo spuntare due adorabili fossette ai lati della bocca. Ha un sorriso talmente bello che nella mia mente in questo momento ci sono solo delle scimmiette che saltellando da una parte all'altra suonano la batteria. «Ripieno o vuoto?» gli chiedo. Lui avvicina un po' la sua testa verso di me e riesco a sentire il suo profumo mischiato a quello della panetteria.
«Eh?» «Nel cornetto, ci volete qualcosa? Crema, nutella...»  «Ah, sorry! No, senza niente, grazie mile» risponde sempre sorridendo. Io annuisco, abbozzo un sorriso e vado a riferire l'ordine a Riccardo.

Mentre lui prepara il caffè macchiato io mi appoggio con i gomiti al bancone mentre Riccardo mi guarda sottecchi e ammicca un sorriso. «Che ridi, tu?» gli chiedo un po' irritato. «Niente, niente. Ecco qua» dice appoggiando un vassoio rosso con una tazzina di caffè e un cornetto fumante avvolto in un tovagliolo.
Pregando tutti i Santi del mondo che il vassoio non mi scivoli tra le mani, a passo leggero arrivo al tavolo del riccio. «Ecco» dico essendo più cordiale possibile. «Grazie!» esclama di rimando. Non faccio un passo che sento un tonfo. Mi volto e noto un iPhone a terra, così mi abbasso per prenderlo quando la mia testa si scontra con quella del ragazzo.
Sento le guance in fiamme. I suoi ricci hanno sfiorato il mio ciuffo, niente di che, ma è stato abbastanza forte da farmi venire la pelle d'oca sulle braccia. Ritiro la mano e lui afferra il suo cellulare. «Ahiò» dice massaggiandosi la testa ma continuando a sorridere. «Scusami! Ti sei fatto male?» chiedo ridendo dalla vergogna. «No, no, è ok, scusa tu!».

Torno da Riccardo che è di spalle dietro al bancone. Soltanto quando gli poggio una mano sulla spalla mi accorgo che sta ridendo come se non ci fosse un domani. «Non ridere delle disgrazie altrui!» esclamo. Lui si sventola con le mani e quasi si mantiene la pancia dal ridere. «Okay, okay, scusa ma era troppo divertente. Dovevi vedere la tua faccia!» Mentre chiacchieriamo il ragazzo si avvicina a noi. E' davvero altissimo.
Riccardo di colpo esce fuori dal negozio. Ma che gli prende?
«Quanti soldi è?» La voce del riccio mi fa tornare alla realtà. Solo quando alzo lo sguardo noto il colore dei suoi occhi: sono nocciola ma con pagliuzze verde scuro; dire che sono fantastici è poco. Fruga nel suo portafoglio in pelle e fa una faccia contrariata. «O Dio, ho solo soldi inglese!» dice sconsolato. «Oh, non importa!» «Vengo un altro giorno a darti i soldi»
Vengo un altro giorno. Merda, ritorna! Annuisco leggermente. «Allora ci vediamo!» esclama sorridendo. Io sorrido di rimando e lo saluto con la mano.
«Respira, inspira» dice Riccardo, rientrando nel negozio. «Ritorno al lavoro che è meglio».
Alle 13:30 la mia giornata lavorativa termina, così mi tolgo il grembiule ormai infarinato, lo infilo in un mobiletto, saluto Riccardo e mi dirigo verso casa.
Che giornata: il riccio, il cellulare, il
Vengo un altro giorno.
Mio padre è morto dieci anni fa mentre mia madre vive a Napoli, la città dove sono nato ma per fortuna mi ha dato il permesso di trasferirmi qui in Sicilia.
Un anno fa avevo un ragazzo, si chiamava Federico ma poi l'ho mollato. A diciotto anni, mi ero stancato di sentirmi dire da mia madre che non le portavo mai una ragazza a casa così ho convinto una mia amica a farmi da fidanzata per poi lasciarmi dopo un mese. Ha funzionato perché mia madre non ha più nominato l'argomento.
Pensandoci bene: sono ore che non smetto di pensare a quel ragazzo; chissà se ritornerà, non mi importa una polpetta dei soldi ma ho voglia di rivedere quell'accumulo di ricci mori e quel sorriso che ti stende.
Oddio, la devo smettere di pensare a lui. Quanto sono idiota solo Dio lo sa.
       
* * *
 
#spaceofthewriter
Ecco un'altro scoppiettante e tanto atteso (?) capitolo.
Mi son divertito a scriverlo e spero che vi abbia fatto scappare un sorriso.
E niente, ah, sì, devo specificare una cosa:
-
Alcuni di voi mi hanno chiesto se il Marco della storia è Mengoni, la risposta è no, anche se ammetto che mi sono ispirato un po' a lui.
Ringrazio infinitamente tutti quelli che hanno recensito il primo capitolo, siete stati in tantissimi,
non me lo aspettavo, quindi grazie mille. c:
E un grazie anche ai lettori silenziosi.

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Capitolo 3
*** III ***


III


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *

Prendo le chiavi dalla tasca sinistra del pantalone e la infilo nella serratura.
Entro in casa e trovo Nathan - che novità - a giocare con l'xbox.
«Ommioddio. Nathan Moretti che gioca all'xbox! 'Nun ce pozzo bliv» esclamo io comparendo alle sue spalle. «Ma porca troia, Marco! Mi hai fatto venire un infarto» dice sventolandosi con una mano e fulminandomi con lo sguardo. «Hai cucinato, almeno?» «Guarda che avevi detto che avresti portato delle pizze» Mi do una pacca sulla fronte. «Merda, me ne son proprio dimenticato. Va be', vorrà dire che chiameremo il fattorino» dico prendendo il cordless bianco e componendo una serie di numeri.
«Due pizze rotonde con patate, via Jonathan 83».

«Com'è andata oggi al lavoro?» A quella domanda, subito mi viene in mente il riccio e per poco non mi strozzo con un pezzo di pizza. «Stai bene?» «Sì, sì. E' andata bene, come sempre» dico bevendo un sorso d'acqua.

 
* * *

Son passati due giorni dall'ultima volta che ho visto quel ragazzo.
Sono un idiota, pensavo davvero che sarebbe ritornato?
Magari se ne sarà anche ritornato nel suo paese, si percepisce dal suo accento che non è italiano.
Di colpo sento una mano poggiata sulla mia spalla destra e mi volto di scatto.
Un sorriso da ebete si fa spazio sul mio volto.
«Hi! Scusa, non volevo farti paura! Tu sei il ragazzo del negozio di... due giorni fa, vero?» mi chiede. «Ecco a te il soldi» dice cordialmente allungando la sua mano verso di me. Credo di esser stato tanto, troppo tempo a contemplare i suoi occhi e i suoi ricci ribelli, perché inizia a guardarmi inclinando leggermente la testa da un lato.
Prendendo la moneta, il palmo della mia mano tocca il suo e un brivido mi percorre tutta la colonna vertebrale.
«Per scusare il mio ritardo, ti va di andare al cinema con me?» chiede.
No, fermi un attimo. Fermate tutto e tutti.
Mi ha appena invitato ad andare al cinema con lui?
Annuisco. «Oh, che stupido. Mi chiamo Michael. Michael Holbrook Penniman Junior ma tu puoi chiamarmi Mika» Si presenta sempre con quel suo meraviglioso sorriso sul volto come fosse un tatuaggio. Mika. Che bel nome; mi mette allegria, non so. «Io sono Marco» dico semplicemente. Senza neanche accorgermene iniziamo a camminare.
«Tu non sei di qui, vero?» «No, sono libanese, francese, inglese e americano» Scoppia in una risata genuina e non posso far altro che seguirlo. «Sono.. netto?» «Cosa vuoi dire?» «Netto.. born» «Ah, nato!» gli suggerisco. Dio quanto è tenero. «Nato, grazie! Sono nato in Libano ma mi sono trasferito qui perché adoro viagiare e amo l'Italia» «Capisco».
Lo squillo del mio cellulare mi riporta alla realtà. «Scusami».

È Nathan, “Dove cazzo sei?”, “Scusa, scusa, sono.. sono al cinema”, “Da solo?”, “No, con un mio amico”, “Hai intenzione di tornare o vado a mangiare fuori?”, “Non lo so, tu fai quello che ti pare. A più tardi” Stacco e ritorno da Mika.
«Scusa, era un mio amico» «Don't worry! Sono andato a prendere dei popcorn. Ti piace?» «Oddio, grazie mille! Sì, sì, mi piacciono» rispondo io, sorpreso. In fondo sono solo uno sconosciuto per lui.
Sorride arricciando amabilmente il naso ed entriamo nella sala del cinema. Ci sediamo sulle poltroncine rosse, le luci si spengono ed ecco che il film inizia.

«Grazie mille. Per tutto» esclamo. «Di niente! Sono stato bene con te, stasera. This is my number, se ti va di chiama me» dice porgendomi un bigliettino stropicciato. Si avvicina a me e mi schiocca un bacio sulla guancia.
Ho il cuore che sembra voglia uscire dal petto, mi manca il respiro e ho le mani sudate. Okay, chiamate l'ambulanza.
Lo saluto con un cenno di mano e rientro in casa.
Con un sorriso stampato in faccia e degli occhi a cuoricino, mi stendo a peso morto sul divano non curandomi dello sguardo stranito di Nathan su di me.
«Sono le undici e mezza» mi avvisa. «Lo so. Sono andato al cinema con un mio amico e poi siamo andati in pizzeria, relax» «Hai anche degli amici? Quindi non sei asociale? O my fucking God!» esclama mettendosi una mano sulla bocca e lanciandomi un cuscino.
Vado in bagno, mi lavo i denti, indosso il mio pigiama bianco con stampate delle paperelle gialle e mi infilo sotto le coperte calde.
Dio, che giornata.
Mika è come sembra: un ragazzo simpatico, gentile, dolce e un po' pazzo. Ho scoperto molte cose su di lui ad esempio che ha ventisette anni e sogna di diventare un cantautore.
Mi ricordo del bigliettino che mi ha dato così compongo il numero scritto in grassetto sul mio cellulare e gli scrivo un messaggio.


"So che è tardi ma volevo dirti che stasera sono stato moolto bene.
-Marco"


Invio.
La sua risposta arriva cinque minuti dopo.


Da. Mika
"Ehi! Anche io sono sttato divirtito!"


Inclino la testa. Che c'è scritto?

Da. Marco
"Scusa, che hai scritto? Non ho capito"

Da. Mika
"Ie esere disslesico! Sory"


Da. Marco
"Ah, ho capito, scusa, non lo sapevo."


Un messaggio dopo l'altro e finiamo per parlare quasi tutta la notte.
Alle tre e mezza crollo con il cellulare tra le mani e il mio solito sorriso stampato in faccia.
       
* * *
 
#spaceofthewriter
Okay, lo so, il capitolo fa davvero schifo.
Anyway, come sempre ringrazio chi ha recensito i capitoli scorsi.
Siete davvero in tanti!
Grazie mille.
xo

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Capitolo 4
*** IV ***


IV


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *
«Marco, hai ventidue cazzuti anni, quand'è che ti decidi a svegliarti da solo?» urla Nathan mentre sono nel dormi-veglia. «Ieri ho fatto tardi» dico spazientito iniziando a prendere i vestiti dall'armadio. Ieri è stata una bella giornata e non voglio iniziarne una nuova ascoltando le urla del biondo. «Lo so, ti ho sentito» mi fermo con la maglietta blu in aria. «Che vuol dire che mi hai sentito?» urlo per farmi sentire, dato che è andato in cucina. «Vuol dire che ti ho sentito ridere come un demente» risponde con tono divertito.
Dato il mio leggerissimo anticipo faccio colazione con Nathan.
«Potrei sapere perché stai iniziando ad uscire con ubriaconi anonimi tornando tardi la sera e stando fino a notte fonda con il cellulare in mano?» mi chiede sorseggiando il suo cappuccino nella tazzina. «Ho ventidue anni, posso benissimo badare a me stesso senza il tuo aiuto» rispondo sarcasticamente facendo riferimento alla frase con cui mi ha svegliato. Il ragazzo di fronte a me scuote la testa. Do un ultimo morso al cornetto, mi infilo il giubbino ed esco da casa, non senza prima esclamare sorridendo: “E comunque, non esco con ubriaconi anonimi.”

A metà strada sbuffo; ho dimenticato il cellulare a casa, cazzo!

Alle 13:30 il mio turno finisce, così mi sfilo il grembiule bianco, lo arrotolo su se stesso e lo infilo nel mobiletto.
«A domani» mi saluta Riccardo ed io ricambio sorridendo e facendo un cenno con la testa.

«Sono tornato» dico aprendo la porta di casa. La prima cosa che vedo è Nathan che cammina avanti e indietro muovendo un braccio in modo teatrale; la seconda è che ha il mio cellulare in mano.
«Buonanote Marco. Ci vediamo!» legge con enfasi. Gli sfilo il cellulare dalle mani e metto le braccia conserte. «Uno:» Alzo l'indice. «Non prendere più il mio cellulare e non pensare minimamente di leggere i miei messaggi.» «Due:» Alzo il medio.  «Fatti i cazzi tuoi» «Non c'è due senza tre...» dice beffardo Nathan. «Tre.. ora le prendi!» Inizio a rincorrerlo per tutta la casa.
Di colpo prende un mestolo e lo mette a pochi centimetri dal suo viso iniziando a rincorrerci e giocare come dei bambini dell'asilo.
 
* * *

Sono davvero annoiato, per fortuna è l'ultimo giorno lavorativo della settimana.
Di colpo la porta trasparente si spalanca e fa il suo ingresso Riccardo con un sorriso divertito sul volto. «C'è quel tuo amico... quello riccio. Vai tu a prendere l'ordinazione» A quelle parole i miei occhi iniziano quasi a brillare. Mi pulisco frettolosamente le mani di farina senza badare alla risata di Riccardo, e vado al bancone quasi correndo.
Per un attimo il mio cuore si ferma e sento le gambe gelatinose. Dio, quanto è bello.
«Ciao Marco!» mi saluta sorridendo. «Ehi! Tutto bene?» «Tutto ok. E tu?» «Anche.» sorrido. «Oggi vengo a fare colazione all'italiana da te. Adoro questo negozio!» «Sono contento che ti piaccia! Cosa vorresti?» «Uhm, che mi consigli da mangiare?» «Ti vanno i cannoli? E' una specialità della Sicilia!» «Canoli? Non conosco... ok! Anche un suco di frutta al... uhm.. quella palla orange..» dice con il suo simpatico accento. «Arancia?» «Yeees!» «Accomodati a quel tavolino. Arrivo subito.»

Qualche minuto dopo arrivo al suo tavolino con un vassoio tra le mani
Non ce la farò, non ce la farò.
Non posso.
Arrossirò e farò una figura di merda colossale, tanto le faccio sempre.
Anzi, no, cazzo.
Marco, fatti coraggio.
«Michael, posso sedermi un secondo?» «Chiamami Mika! Yes, siediti» «Quando siamo andati al cinema sono stato molto bene. Per sdebitarmi...»  «Sbedetarmi?» chiede confuso. «Sdebitarmi.. per ricambiare» «Capito»  «Ti vorrei chiedere se ti andrebbe di... ecco.. di venire a-al bowling con... con me.» balbetto grattandomi la testa. «Yes! Mi piacerebbe» esclama mentre un sorriso fa spazio sul suo splendido volto.
Era un sì, quello? Ha detto sì? Ho una sottospecie di appuntamento con Michael Holbrook Penniman Junior? Cazzo, sono troppo felice.
Mi sento un quattordicenne in piena crisi ormonale, Cristo, devo placarmi.
«Domani alle otto?» «S-sì, va bene.» sico ancora sotto shock. «Vuoi mangiare?» chiede porgendomi metà cannolo. «No, no, grazie, a me non piace. A te?» «Mi piace un sacco!» esclama ed io non posso far altro che sorridere.
       
* * *
 
#spaceofthewriter
Questo capitolo mi piace di più del precedente e spero piaccia anche a voi.
So che è corto ma il prossimo parlerà quasi interamente di Mika e Marco al bowling.
Non so che dire lol
I miei angoli autore fanno schifo :(((
Ringrazio tutte le persone che hanno recensito,

e ovviamente a tutti i lettori silenziosi.

xo

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Capitolo 5
*** V ***


V


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *
«Giacca e cravatta? Mica devo andare ad un matrimonio. Insomma, siamo conoscenti, amici, non lo so nemmeno io. Non so nemmeno se gli piace la carne o il pesce! Marco, cazzo, calmati, ritorna in te e non farti i film mentali ok?» quasi urlo sbuffando e lancio l'ennesima maglia in un angolo della stanza.
«Oh, oh, oh» dice Nathan stile Babbo Natale. «Marco che va ad un appuntamento... ricorda il preservativo!» urla Nathan per poi scoppiare in una fragorosa risata. «Se avessi un cuscino te lo lancerei dritto in faccia. O meglio, se avessi a portata di mano una pistola non ci metterei molto a darti il colpo di grazia.» dico voltandomi verso di lui con un'espressione infuriata. «Dai, calmo» dice mettendosi dietro di me e massaggiandomi le spalle. Mi sposto da lui e mi siedo in malo modo sul letto. «Vuoi spiegarmi o no?» chiede. «Mi sono innamorato.» rispondo dopo qualche secondo di silenzio. Nathan sorride. «Yes maaan! E qual è il problema?» «E' un ragazzo incontrato in panetteria. Con lui sono andato al cinema, l'altro giorno e con lui vado al bowling stasera. Non gli piaccio...» sospiro tristemente abbassando la testa. «Che ne sai che non è cotto di te? Tu stai male. Potessi essere io come te! Avere il tuo bel faccino dolciotto, il ciuffettino sexy..» dice sfiorandomi i capelli con una mano.
Cerca sempre di farmi sorridere e anche questa volta ci è riuscito.
«Dai...» Giro il viso per non dargli la soddisfazione di vedere il sorriso sul mio volto. Di colpo si alza e inizia a frugare nel mio armadio. «Mmh... troppo nero, troppo chiaro, troppo colorato.. troppo elegante... questo no...» borbotta continuando ad escludere vestiti. «Vuoi qualcosa di mio?» mi chiede. «Vorrei qualcosa di semplice e... normale.» «Che ne dici di questo?» Mi mostra una maglietta bianca, una camicia a maniche corte a quadretti blu e bianchi e un jeans. «Semplice, bello, sportivo ma non troppo.» «Okay, mi fido. Ma da quando sei così esperto di abbigliamento?» gli chiedo ironico. «Da sempre. Qualcosa in contrario?» risponde con aria di superiorità accarezzandosi la leggera barbetta sul mento. Alzo le mani in segno di arresa e vado in bagno a farmi una doccia. Mi infilo i vestiti cercando di essere più presentabile possibile e con un po' di cera animo il ciuffo nero.

«Sembri una femminuccia! Sei stato quasi cinque minuti in bagno solo per aggiustarti il capello!» esclama Nathan appena esco dal bagno. «Sono le otto meno dieci, non vorrai far tardi al tuo appuntamento romantico. Io esco con Jessica» «Non è un appuntamento romantico!» ribadisco. «Vai uomo, fatti valere.»

Infilo il cellulare in tasca ed esco fuori dirigendomi verso il bowling.
In lontananza vedo una figura alta e snella appoggiata al muro. Subito mi accorgo che è Mika.
Cazzo, è in anticipo!
Mi avvicino lentamente a lui. «Ehi!» esclama entusiasto. «C-ciao» Non riesco a proferir parola. E'.. è fottutamente bello e ogni qualvolta che lo vedo mi sento strano e ansioso.
«Va tuto bene?» mi chiede poggiandomi una mano sulla spalla. «C-certo, perché?» «Hai la faccia rossa!» Inzia a ridere, io lo seguo ma vorrei sprofondare.
Qui.
Adesso.
All'entrata di un bowling qualsiasi.
«Entriamo?» mi chiede ed io annuisco un po' in certo.

Iniziamo a parlare del più e del meno e intanto ordiniamo qualcosa da mangiare.
«Giochiamo?» gli chiedo facendomi coraggio. Lui abbassa la testa. «Io...» «Qualcosa non va?» «Io... non so giocare.» Alza il viso dandomi la possibilità leggere l'imbarazzo nel suo sguardo.
«Potevamo andare da un'altra parte!» dico dispiaciuto. Di colpo si alza dalla sedia blu e mi sorride. «No, no. Insegnami, dai!» esclama contrnto.
«Scegli una palla» «Questa verde!» Prende la palla facendo un'espressione simile ad una smorfia e si piazza al centro della pista. «Che facio?» mi chiede.
Mi colloco alle sue spalle, metto la mia mano sulla sua e lo aiuto a inclinare di poco il gomito.
Il contatto mi fa avvampare. Per fortuna non può vedermi in volto.
Porto il suo braccio all'indietro, poi in avanti e la palla inizia a rotolare sulla pista velocemente per poi far cadere tutti e dieci i birilli.
«Merda! Ho fato strike! Ho fato strike!» esclama iniziando a saltellare sul posto. Scoppio a ridere per la scena buffa ma due secondi dopo mi ritrovo le braccia del riccio attorno al mio collo e il suo petto contro il mio.
Potrei morire.
Potrei morire.
Se resisto a questo pretendo una statua d'oro.
Si stacca da me e mi guarda intensamente negli occhi.
Imbarazzato, mi allontano di qualche centimetro distogliendo il suo sguardo magnetico.
«Avrai vinto un turno ma non la partita!» dico con aria di sfida. Lui sorride evidenziando quei suoi adorabili incisivi.
Prendo una palla blu, infilo tre dita nei buchetti, cerco di concentrarmi - cosa impossibile dato che c'è Mika che mi guarda attentamente -.
Lancio la palla ma essa va fuori.
«Come si dice? L'alievo supera l'insegnante!» esclama Mika con aria trionfante e un sorriso divertito stampato sul volto.

«Visto? Ho vinto io» dico facendo la linguaccia. «La prossima volta ti mato!» dice Mika facendo il finto offeso e addentando una patatina. Alzo il capo facendo incontrare i nostri sguardi e iniziamo a ridere entrambi. «Ma quanto mangi?» «Beh...» Alza le spalle. «Non si direbbe mai. Sembri uno spiedino!» «Pensa a te! Tu non sei meno magro di me.» Sorrido.
Non sono mai stato meglio in tutta la mia vita.

«Sono s-statto bene con t-te» mi rivela Mika uscendo dal bowling. Sbaglio o adesso è lui ad essere imbarazzato? «Anch'io. Vuoi che ti accompagni a casa?» «No, no, ho la macchina in fronte di noi» Sorride. Arriviamo accanto alla sua macchina e il mio sorriso si spegne. Vorrei stare ancora con lui.
«Ci vediamo!» «Buonanotte» lo saluto tristemente. Inaspettatamente mi da, come l'altra sera, un bacio sulla guancia.
Sorride ed entra nella sua auto.
Lo osservo finché non svolta l'angolo, per poi mi avviarmi verso casa con mille pensieri che mi frullano in testa.
 
* * *
 
Arrivato a casa prendo le chiavi e le infilo nella serratura. Nathan non è ancora tornato.
Vado nella mia camera, indosso il pigiama ma quando decido di andare a dormire il citofono inizia a suonare.
Appena apro la porta Nathan quasi mi assale abbracciandomi.
«Dai, dai, racconta! Vi siete divertiti? Vi siete baciati? State insieme? A quando il matrimonio?» chiede a raffica.
«Sì, mi sono divertito tanto, non ci siamo baciati, non stiamo insieme e nè stiamo per sposarci. E' tutto così bello e.. indescrivibile. Quando gli ho insegnato a giocare a bowling...» «NON SA GIOCARE A BOWLING? SCHERZI?» Mi interrompe ma non gli do' retta. «e quando mi ha abbracciato. Dio, mi sentivo morire. E poi quando mi ha guardato negli occhi e ha sorriso. Il suo sorriso! Devi assolutamente vederlo! E' qualcosa di spettacolarissimamente spettacolare. I suoi occhi. Oddio, due pozzi infiniti. Sono marroni ma con sfumature verdi. Ti ho parlato dei suoi ricciolini?» Sto blaterando frasi a macchinetta, lo so, ma non riesco a fermarmi. «Basta! Dovrò ammazzarlo appena lo incontro. Ti sta dando alla testa.» Lo fisso pericolosamente sedendomi sul letto. «Sei cotto bello mio.» dice dandomi una pacca sulla spalla sinistra. «Tu dici?» «Assolutamente.» «E se lui non prova niente? O peggio, mi considera un amico, o ancor peggio è etero! No, se è etero giuro che mi sparo oppure mi butto dalla finestra urlando “TUFFO A BOMBAAA”» Nathan inizia a ridere e va nella sua stanza. «Buonanotte.» dice.
Mi stendo sul letto con le braccia dietro la testa e inizio a guardare il soffitto bianco.
Quel ricciolino già mi manca.
       
* * *

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Capitolo 6
*** VI ***


VI


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *
La sveglia assordante inizia a sclerare (sì, anche gli oggetti sclerano).
Mi giro dall'altro lato del letto e scaravento con forza quel dannato oggettino blu.
«Potresti dirmi perché alle sette e venti di un sabato dove tu non lavori è suonata la sveglia?» chiede infastidito Nathan entrando in camera mia. «Ma che ne so. Ritorna a dormire» dico assonnato abbracciando il cuscino. «Te che fai?» mi chiede. «Dormo. No?».

«MA COSA CAZZO È» urlo di soprassalto alzandomi dal letto. Nathan è piegato in due di fronte a me che si mantiene la pancia dal ridere. Io? Io sono solamente inzuppato d'acqua. «Ma ti ha dato di volta il cervello? Rincoglionito, ecco cosa sei.» «Dai, stavo scherzando.» Si difende sfacciatamente togliendomi una goccia d'acqua che mi scorre sulla punta del naso. «Sì, svegliando un povero ragazzo con una secchiata d'acqua dritta in testa» dico sfilandomi la maglietta ormai inzuppata. «Ringrazia che non era gelida. Vado a fare colazione» «Vaffanculo» mugugno.

Dopo essermi messo dei vestiti asciutti vado in cucina. «Dov'è la scatola delle medicine? Ho un mal di testa infernale» chiedo frugando in un cassetto. «Lì» risponde il biondo indicando con il dito un ripiano in alto. Mi avvicino, apro l'anta e prendo il pacchetto. Verso il contenuto dell'oki in un bicchiere d'acqua e aspetto che la medicina si sciolga.
«Tutto bene? Ti vedo pallido, misurati la temperatura» «Mi scoppia la testa».
 
* * *
 
«Com'è fisicamente il tipo che ti piace?» esordisce Nathan entrando improvvisamente in casa. «Dio, mi hai fatto quasi cagare sotto» esclamo mettendomi una mano sul petto. Nathan è serio e osserva un biglietto che tiene in una mano. «Cos'è?» gli chiedo mettendomi seduto sul letto. «Tu rispondi alla mia domanda» «Uhm, okay. E' molto alto, magrissimo, moro, ha i ricci e gli occhi marroni con sfumature verdi. Perché?» Nathan sorride quasi malizioso. Inclino la testa confuso. «Uhm. Mi dispiace che non tu non stia bene... il ricciolino ci ha invitato a cena da lui, stasera.» quasi sussurra. Scatto dal letto.
Ho sentito bene o è stata un'allucinazione dovuta al mal di testa?
«Che cosa? Molla qua» Mi sporgo e gli sfilo il biglietto dalla mano e leggo le righe stampate:
'8:00 pm. Via Carlo 22 - Marco e Nathan'
«Allora... è vero.» «Perché dovrei mentirti?» «Ma quando te lo ha dato?» «Stavo passeggiando con Jessica quando ad un tratto un'ombra nera si è avvicinata a noi... “Sei tu Nathan?” mi ha chiesto l'uomo. Io ho annuito e lui sorridendo mi ha consegnato un foglietto dicendo di darlo al mio amico Marco» Racconta manco fosse 'na storia horror. «Ma tu stai male quindi vorrà dire che andrò solo io...» «Ma che cazzo dici? Ma chi cazzo sei? Ma dove cazzo vado? Ovvio che vengo, idiota.» Lui scoppia in una fragorosa risata ed esce dalla camera.
Non importa se non sono particolarmente in forma fisicamente; quando vedrò Mika mi sentirò meglio. Succede ogni volta.
* * *
 
«Il vino c'è?» chiedo al mio amico alla guida. «Sì, l'ho preso» «Secondo te andrà bene? Avremmo dovuto portare altro? Oppure niente?» chiedo mordendomi un'unghia. «Ti calmi? Siamo arrivati.» Nathan ferma l'auto; apro lo sportello e scendo per poi passarmi una mano fra i capelli corvini.
Di fronte a noi c'è un appartamento di media grandezza di colore giallo opaco; ci avviamo alla porta di legno marroncino e busso al citofono. Dopo pochi secondi la porta si apre e davanti a me c'è Mika che mi osserva attentamente.
«Buonasera» saluta Nathan porgendo la mano destra al ragazzo di fronte a me. Mika gliela stringe. «C-ciao Michael» E come sempre il mio carattere timido esce fuori. Le labbra del riccio si muovono rapidamente e mi sembra di sentire un “Ssei bbellissimo”; ma no, non credo di aver capito bene quindi non ci faccio caso. Non può pensare né dire che io sia bellissimo quindi tralascio. Lui è fottutamente bellissimo.
Indossa una t-shirt bianca, sopra un giubbino leggero a quadretti rossi e verdi e un jeans abbastanza attillato con scarpe da ginnastica bianche e nere.
Entriamo nel suo appartamento e a prima vista sembra molto carino: il soffitto è di legno - come il pavimento - e l'arredamento è moderno ma raffinato.
«Bella la casa» esclama Nathan guardandosi intorno. «Rally? Grazie mile» risponde Mika stendendo le labbra rosee in un sorriso.
Il riccio ci porta in una stanza dove al centro c'è un tavolino rettangolare di vetro e attorno ad esso ci sono tre divani.
Oltre a noi ci sono altre sette persone che sorridono e chiacchierano tra di loro.
«Loro sono mie due sorelle: Yasmine e Paloma» dice Mika presentandoci due ragazze simili tra loro. «Hi!» esclamano in coro e sorridendo. Sembrano simpatiche. Nathan si posiziona tra loro due e inizia a parlare facendo il don Giovanni. «Scusa, fa così con ogni bella ragazza che vede» ironizzo io facendo ridere Mika.
Successivamente mi presenta altri suoi amici.
«E lui?» Mi abbasso e inizio ad accarezzare la testa ad un cagnolino che scodinzola in un angolo della stanza. «Lei è Melachi» Mika mi raggiunge e si siede sul pavimento accanto a me. Sta per accarezzare anche lui Melachi ma le nostre mani si sfiorano provocandomi una strana sensazione. Scuoto lievemente la  testa e sorrido. «E' tua?» gli chiedo. «Yep» «E' troppo carina!»

Stiamo andando verso la cucina quando all'improvviso sento la testa scoppiarmi e di colpo il buio più totale.
       
* * *
 
#spaceofthewriter
Lo so, lo so, sono in ritardo è il capitolo è una cacchetta.
In questi giorni non sono stato bene
e dato la tastiera che mi sta abbandonando ho faticato per scrivere,
quindi se notate qualche errore, non è colpa mia.
In realtà sì ma vabbè.
Che dire, spero che arrivino più recensioni dato che negli ultimi capitoli ce ne sono state poche.
Mi interessa il vostro parere c:
Uan chiss.
xo

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Capitolo 7
*** VII ***


VII


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *
Pov. Mika

«Marco, Marco!» urlo preoccupato scuotendolo un po'. «Marco!» esclama Nathan notando gli occhi improvvisamente aperti dell'amico. «Merda. Che ti è suceso?» Chiedo al ragazzo svenuto poco prima. Lui si guarda intorno e arrossisce di botto. Quanto diamine è tenero quando lo fa?
«Mi... mi fa male qua» dice con fatica mettendosi una mano sulla tempia destra. «Andiamo a casa» propone Nathan. «No!» esclamo quasi urlando e portandomi gli occhi di Marco e Nathan su di me. Che figura di merda, neanche mi sono accorto di averlo detto. Non voglio che Marco se ne vada, voglio che stia con me.
«Cioè, tu resta, accompagno io a casa Marco» Nathan fa spallucce. Mi volto verso il ragazzo steso sul divano e gli faccio un sorriso. Lui annuisce e si alza faticosamente. «Ce la fai?» gli chiedo. «Mh-mh» Ci avviamo verso la porta.
«Mika, grazie mille.» ringrazia Nathan. «Non ho fato niente. Dici ai miei amici che ho avuto un... un...» «Ho capito. Ci vediamo più tardi».
 
* * *

«Scusa» Un flebile sussurro di Marco riempie l'auto. Mi volto verso di lui e lo guardo dolcemente. Ha gli occhi chiusi e la testa appoggiata pesantemente sul finestrino. «Di cosa?» «Ti ho rovinato la serata, scusa, è stata colpa mia.» Fermo la macchina dato che siamo arrivati a casa sua e scendo con Marco dietro di me.
Entriamo in casa ma lui inizia a barcollare e quasi non si regge in piedi. «Vai su letto. Torno subito» Lui annuisce e si dirige in camera sua.
Sono davvero preoccupato e non so cosa fare.
Cerco un bicchiere, prendo una bottiglia d'acqua e lo riempio.
Raggiungo Marco, mi siedo sul bordo del letto e lo aiuto ad appoggiare la schiena allo schienale blu.
«Bevi» Gli appoggio l'orlo del bicchiere su quelle labbra soffici e delicate e lo inclino. Deglutisce con fatica, come se avesse una roccia bloccata in gola.
Un tremore lo avvolge e intravedo delle goccioline di sudore sulla sua fronte, così gli sfilo il giubbino.
«Chiamo hospital» dico in preda all'ansia. Sto per alzarmi ma una sua mano fredda mi afferra il polso.
«No, per favore.» Mi volto verso di lui. Mi si stringe il cuore a vederlo in questo stato, mi sento quasi morire. «Che fare?» chiedo. «Resta qui. Resta con me.»

Prima gli ho misurato la temperatura, ha quasi 40°.
Non vuole che chiami un medico, né Nathan, né nessuno e continua a chiedermi scusa.
È disteso sul letto con la testa poggiata sulle mie gambe ed io faccio un po' di pressione sulla sua fronte con un panno bagnato.
«Smettila di chiedere scusa» gli dico.
Il mio cuore ha i battiti troppo accellerati e ho la gola secca.
Sto ancora pensando alla frase di poco fa, di Marco: “Resta qui. Resta con me”; potrebbe essere stata una frase detta così, senza pensarci, dovuta alla febbre alta, ma sembrava così fottutamente sincero.
Nella camera buia l'unica cosa che si udisce è il respiro affannoso del ragazzo.
Ritorno a posare il mio sguardo su di lui.
Sembra un bambino bisognoso di affetto e di cure.
E' così innocente, così... così bello. Anche con la febbre.
Il viso pallido e sudato, la bocca leggermente aperta, gli occhi chiusi in due fessure, i capelli disordinati.
«Marco?» lo chiamo. Non risponde, si è addormentato. Che amore.
Sospiro.

«Come sta?» Una voce mi fa sussultare. «Ehi, sono io, tranquillo» dice Nathan avvicinandosi a me. «Ha la febbre mucho alta. Sta dormendo» «Hai chiamato un medico?» «No, non voleva.» «Testardo anche da malato.» Sorridiamo.
«E pensare che stava male ed è venuto lo stesso...» Cosa? «What?» «Eh? Cosa c'è?» «Cosa hai detto prima?» Nathan inizia ad agitarsi. «Nulla, non ho detto nulla» «Ha deto che stava male prima di stasera» «Io...»

«Quindi è venuto a cena anche se stava male? But... why?» chiedo tenendo stretto tra le mani un bicchiere di latte caldo. «Voleva... vedere te» risponde Nathan abbassando la testa. «V-voleva vedere m-me?» «Sì. Stai diventando importante per lui.»

«Vado a controllare se dorme ancora» avvisa il ragazzo, ma io lo supero. «V-vado io»
Ritorno in camera di Marco e mi avvicino verso di lui per poi sporgermi lentamente e lasciargli un bacio al centro della fronte. «Goodnight».

«Michael, grazie per tutto e mi dispiace per averti disturbato» «Chiamami Mika e non dire questo. Salutami Marco quando si sveglia» Nathan sorride e annuisce.
 
* * *

Ritorno a casa, è notte fonda e la casa è vuota.
Chiudo la porta a chiave e sento qualcosa strisciarmi su una gamba, è Melachi. Mi abbasso alla sua altezza e la accarezzo, «Quel ragazzo mi fa provare cose strane. Che sta sucedendo, Mel?» le chiedo guardandola nei suoi occhioni scuri.
Scrollo le spalle. Sono davvero fuori di testa.
Alzo le coperte e mi stendo sul letto. Stringo un cuscino al petto e mi addormento di colpo.
 
* * *
Pov. Marco

Cos'è successo? Non ricordo niente di ieri sera. Ricordo soltanto di stare andando a cenare, a casa di Mika. E poi? Come mi trovo qui?
«Ehi mr. Svenimento Improvviso. Come ti senti?» «Sono svenuto?» chiedo titubante a Nathan. «Oddio, non ricordi? Ah, se non ci fosse stato il ricciolino...» «Ricciolino? Mi spieghi cos'è successo?»

«Cazzo. Davvero è andata così?» «Puoi dirlo forte» afferma Nathan addentando un biscotto al cioccolato.
Mi alzo, mi sciaquo la faccia e velocemente indosso una felpa, un jeans e un paio di scarpe.
«Dove credi di andare?» mi chiede Nathan. «Da Mika.»
Prendo la mia moto arancione e nera e mi dirigo a casa del mio 'Salvatore'.

Arrivato, parcheggio la moto e mi precipito a bussare il citofono.
«Marco!» Un urlo e due braccia attorno al mio collo. Questo è ciò che sento appena la porta di legno si spalanca.
Stringo forte a me Mika beandomi del suo calore e del suo profumo.
Quando il riccio mi abbraccia nel mio stomaco si scatena il putiferio.
Perché?
Dopo non so quanto tempo si stacca e mi invita ad entrare chiudendo la porta dietro di lui.
Si passa una mano nei ricci scuri e mi sorride dolcemente mostrando quelle fossette e i suoi incisivi adorabili.
«S-scusa per l'orario ma v-volevo rin...» «Devo parlare con te.» avvisa Mika con tono serio avvicinandosi.
Incatena il suoi sguardo al mio.
Iridi verdognole contro iridi azzurre.
Avvicina con una lentezza straziante il suo viso al mio.
Riesco a sentire il suo respiro caldo sul mio naso.
Mi sta uccidendo, cazzo.
Sposto il mio sguardo sulle sue labbra. Quanto vorrei baciarle, morderle, accarezzarle e farle mie.
Quanto vorrei azzerare questi maledetti centimetri.
«Marco, I love you.»
       
* * *
 
#spaceofthewriter
Aspettavate questo questo momento ed io vi ho delusi.
Insomma, ho cambiato centordici volte il finale ma senza risultati soddisfacenti.
Spero che a voi piaccia.
Grazie mille per le recensioni!
xo

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Capitolo 8
*** VIII ***


VIII


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *
 
Due labbra si poggiano delicatamente sulle mie provocandomi piacevoli brividi su tutto il corpo.
Michael mi sta baciando? Oh Dio, se è un sogno non svegliatemi per nulla al mondo.
Sento il palmo della mano destra di Michael sulla mia guancia che impercettibilmente accarezza con il pollice. E lo fa con talmente tanta di quella delicatezza che sembra abbia paura che io mi possa rompere.
Dicono che chi è innamorato sente le farfalle nello stomaco, io sento una giungla, un intero zoo.
Michael stacca le sue labbra dalle e mie e mi guarda negli occhi, impaurito.
«Oh God... sorry. Io...» Distoglie lo sguardo e abbassa il capo. «N-non ti s-cusare.» balbetto imbarazzato. Michael di scatto alza la testa e un ampio sorriso gli compare sul volto. «Quindi anche tu...» «Ssh.» sussurro per poi azzerare le distanze. Per toccare ancora una volta quelle labbra che tanto ho bramato, e per farlo mi alzo leggermente sulle punte per arrivare all'altezza del riccio, lasciando dei ciuffetti di quest'ultimo solleticarmi la fronte.
Il mio cervello mi ha mollato smettendo di funzionare ed il mio cuore batte ad un ritmo insostenibile.
Le labbra sottili di Michael sono morbide e si muovono smaniose sulle mie creando in me un vortice di sensazioni meravigliose.
Michael mette fine a quell'immenso bacio e mi stringe tra le sue esili braccia.
Chiudo gli occhi, come per assaporare ancor di più quel momento e appoggio la testa nell'incavo del suo collo.
L'ho baciato. Cazzo, l'ho baciato!
 
* * *

«Cosa vuoi?» mi chiede il riccio. «Uhm, mi va bene un bicchiere di succo» «Solo questo?» «Non ho molta fame» Lui fa spallucce.
La verità è che ho già fatto colazione ma lui mi ha chiesto se volevamo farla al bar e non ho saputo dire di no.
«Michael, non so come sdebitarmi del fatto di avermi portato a casa, ieri» gli dico. Quasi rabbrividisco quando mi inumidisco le labbra con la lingua e ritorno a percepire il sapore di cioccolato della bocca di Michael.
«Non dire questo e chiamami Mika» sto per ribattere quando il cameriere si avvicina al nostro tavolo.

«Ecco a voi, fanno €2» dice l'uomo. Pago e il cameriere si allontana ringraziando.
«Dovevo pagare io!» esclama Michael. «E perché?» «Uhm, sono più grande!» «Ma smettila!» «Tu, aiutami a mangiare this cake» dice sorridendo e indicando la fetta di torta alla crema  su un piattino bianco di fronte a lui. «Ti ho detto che non ho fame» biascico io. «Ma è tanta per me» dice facendomi gli occhi da cucciolo. «Non farmi questi occhioni.» «Altrimenti?» Chiede con aria di sfida avvicinandosi al mio viso. Arrossisco e lui scoppia a ridere. «E va bene. Ma uhm, c'è solo una forchetta» Sto per alzarmi dallo sgabello ma Michael mi ferma. «No importa» «E come mangiamo?» «Così» Dice per poi spezzare la punta della fetta di torta e avvicinare la forchettina alle mie labbra. «C'mon» Mi incita lui, sorridendo. Quant'è bello.
Alzo le spalle e mangio il pezzettino. «Bravo!» esclama il riccio battendo le mani. Scoppiamo a ridere. «Com'è?» Chiede. Chiudo la mano lasciando alzato il pollice e sorrido.
 
* * *
 
“Pronto?”, “Marco? Ti prego, vieni subito a casa”, “Cos'è successo?”, “Tu vieni”, “Uff, okay.” Rispondo scocciato infilando il cellulare in tasca e continuando a camminare accanto al riccio.
«Mh?» «E' Nathan, dice che devo tornare subito a casa» «Oh, okay, ti accompagno».
 
Arrivati alla porta di casa invito Michael ad entrare.
«Si può sapere cos'è successo?» chiedo abbastanza infastidito a Nathan, il quale, mi corre incontro e inizia a saltellare freneticamente sul posto. «Tiziano Ferro! Tiziano domani farà un concerto qua!» urla emozionato
Mi pietrifico e quasi mi si blocca il respiro.
Tiziano è il mio idolo da quando ero ragazzino, mi è sempre stato 'accanto'.
Mi ha aiutato in molti momenti della mia vita, anche quelli molto bui.
Mi ha aiutato a confessare la mia omosessualità senza aver timore delle reazioni degli altri.
E' stato - ed è ancora - la mia àncora di salvezza.
E... cazzo, terrà un concerto nella mia città!
«Porca troia.» sibilo.
«Tiziano Fero?» chiede conferma Michael con il suo buffo accento. Nathan annuisce. «Wow, è un grande cantante. Ci andiamo?» chiede sorridendo. «E certo che ci andiamo!» esclamo io. «Andate a cercare i biglietti, io vedrò su internet» dice Nathan.
 
* * *

«Nathan...» Entro insieme a Michael in casa cercando di essere il più triste possibile.
«I biglietti su internet son finiti, non mi dire che non li avete trovati nemmeno voi...» dice Nathan. Abbasso la testa. «Non ci posso credere! NON CI POSSO CREDERE! Vaffanculo, ci...» Inzia ad urlare ma lo interrompo sventolandogli tre foglietti gialli davanti al viso. Lui fa uno sguardo sorpreso e li afferra incredulo. «Oddio, oddio, andremo al concerto di Tiziano! Oddio, oddio!» Michael alla scena buffa inizia a ridere di gusto ed io lo seguo.
«E tu» Nathan si avvicina puntandomi un dito contro, «Sei un bastardo!»
       
* * *
 
#spaceofthewriter
Beh, che dire.
Inizio con augurarvi buona pasquetta yay.
Scusate il ritardo e boh, questo capitolo l'ho scritto di getto quindi a voi la 'sentenza' (?)
Grazie a chi ha recensito il capitolo precedente e a chi lo ha semplicemente letto.
xo

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Capitolo 9
*** IX ***


IX


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *
 
La prima di tante lacrime mi scivola sulla guancia fino ad arrivare al collo.
Tiziano sta cantando 'il regalo più grande' a pochi metri da me.
Nathan lo accompagna cantanto a squarciagola.
Io non riesco a fare un passo, respiro a fatica, sento le guance in fiamme e il cuore mi batte forte.
Tiziano è il mio punto debole, per così dire, ogni sua singola canzone mi fa provare delle emozioni indescrivibili. 'Il regalo più grande' è una di queste.
Sento una mano poggiarsi sulla mia spalla destra, alzo il viso e incrocio lo sguardo di Michael, il quale mi sorride teneramente.

 
Amore dato, amore preso, amore mai reso.
Amore grande come il tempo che non si è arreso.
Amore che mi parla coi tuoi occhi qui di fronte...

 
«Please, don't cry.» sussurra al mio orecchio facendomi tremare.
Instintivamente faccio passare le mie braccia attorno al suo collo e lo abbraccio con tutte le mie forze sotto le ultime note della canzone.

 
Sei tu, sei tu, sei tu, sei tu...
Il regalo mio più grande.

 
Sul finale Michael mi da un tenero bacio sulla guancia umidiccia dalle lacrime.
Ci stacchiamo e ritorniamo a guardare Tiziano, il quale sorride felice con gli occhi chiusi, come se vorrebbe assaporare gli applausi e le urla di migliaia di persone venute al suo concerto.

 
  * * *
 
Il concerto termina e tutti ci alziamo per applaudire un'ultima volta il cantautore.
«Vieni con me» esclama Michael afferrandomi una mano e iniziando a correre. «Dove hai intenzione di andare?» gli urlo confuso tra tutto quel baccano. Niente, il riccio non risponde ma continua imperterrito a correre facendosi spazio tra la folla.
Dopo una manciata di minuti ci ritroviamo in una sottospecie di mini corridoio.
«Sei un pazzo» gli dico sorridendo. Lui scrolla le spalle e sorride. «Posso sapere dove diamine siamo?» gli chiedo respirando affannosamente. «This is camerino di Tiziano» risponde indicando una porta bianca con attaccato un foglio con su scritto 'Tiziano Ferro'.
«CHE COSA? SE CI SCOPRONO SIAMO FOTTUTI!» urlo tutto d'un fiato. «Nathan mi ha deto che volevi abbracciarlo, no?» «Sì ma... oddio, e ora?» «Per prima cosa avvicina qui» Mi avvicino a Michael e di colpo mette le mani sulle mie guance e preme le labbra sulle mie
Di nuovo il sapore di cioccolato mi invade la bocca.
Sento le guance andare a fuoco e credo che lui se ne sia accorto dato che sorride sulle mie labbra.
Qualcuno tossisce e ci voltiamo di scatto.
Rimango lì, impalato come un vegetale, a bocca aperta e gli occhi spalancati.
«Sorry... noi volevamo... cioè, lui vuole abbracciare te» dice Michael all'uomo di fronte.
Quest'ultimo scoppia a ridere, una risata cristallina, si avvicina e mi stringe tra le sue braccia forti.
Chiudo gli occhi e metto il viso tra il suo collo e la spalla sentendo il suo delizioso profumo invadermi le narici.
Non riesco a crederci.
Sto abbracciando Tiziano, sto abbracciando l'uomo che mi ha aiutato per anni.
Sento il naso pizzicarmi, no, non posso piangere, non qui e non tra le sue braccia.
Sarò troppo sensibile ma inizio a piangere come un bambino a cui è stato rotto il suo giocattolo preferito.
Tiziano se ne accorge e mi stringe più forte.
«Ehi...» sussurra accarezzandomi con molta delicatezza i capelli.
Mi stacco tra le sue braccia e mi asciugo le lacrime con una mano.
«Scusami, ti ho bagnato la maglietta» gli dico dispiaciuto. «Non fa nulla, piuttosto, perché stai piangendo?» «Sono felice. Grazie» rispondo asciugandomi le lacrime con una mano e cercando di fare un mezzo sorriso. «Per cosa?»  «Per avermi salvato la vita.»

 
* * *

Siamo tornati a casa.
Nathan è in camera sua a dormire, non sa quello che è successo dopo il concerto, gli abbiamo detto di esser usciti prima,
Michael è a casa nostra, nella stanza degli ospiti.
Continuo a girarmi nel letto finché decido di alzarmi e cercando di fare meno rumore possibile raggiungo la camera dove dorme Michael.
«Marco?» sussurra il riccio. «Ti ho svegliato?» chiedo stando sullo stipite della porta. «Perché sei qui?» «Uhm, volevo chiederti se... se... potevo d-dormire con te.» Michael sorride arricciando il naso e annuisce.
Mi avvicino al letto a due piazze e mi stendo accanto al ragazzo.
«Viena qui» sussurra lui mentre si alza leggermente, poggiando la testa sullo schienale. Sorrido e mi accoccolo tra le sue braccia che circondano il mio corpo.
«Michael, io... non so come ringraziarti. E' il giorno migliore della mia vita e lo è stato grazie a te. Mi hai abbracciato quando stavo piangendo per la canzone, mi hai fatto incontrare il mio idolo, mi stai tenendo tra le braccia... hai fatto tanto per me.» Lui mi fa voltare verso di lui e mi fissa dritto negli occhi.
«Ti amo.» «Ti amo anch'io.»

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Capitolo 10
*** X ***


X


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *

 
«Buong...» Una voce interrotta interrompe il mio sonno.
Apro gli occhi e appena vedo Nathan, quasi a bocca aperta abbasso lo sguardo e noto che sono ancora tra le braccia di Michael. Ssussulto leggermente tra di esse per poi allontanarmi.
«Noi non... cioè... aveva iniziato a piovere con i lampi... e io... insomma» Inizio a buttare parole a caso cercando di creare una scusa plausibile. Nel mentre, il riccio si è svegliato e si stropiccia teneramente gli occhi con le mani.
Appena si accorge di Nathan sbarra gli occhi. «Oh, good.. buongiorno» borbotta. «Posso sapere perché avete dormito insieme?» chiede il biondo mettendo le braccia incrociate sotto il petto. «C'erano i lampi e avevo paura» Mentre dico questa frase, contemporaneamente Michael dice «No riusciva a dormire». Ci guardiamo e sorridiamo complici.
Nathan alza le mani in segno di arresa e va in cucina.
Michael si alza dal letto e si stiracchia un po' raggiungendo la porta. Faccio lo stesso ma arrivato alla porta la sbarro impedendo al riccio di uscire.
Mi avvicino a lui. «Buongiorno» sussurro sorridendo ad un soffio dal suo viso. Gli prendo il viso tra le mani e alzandomi sulle punte gli stampo un bacio. Mi stacco e lui sorridendo mi passa una mano tra il ciuffo spettinato.
«Oddio, ma devo andare in panetteria» esclamo facendo una faccia tra il 'ma perché a me?' e il 'ma dove ho la testa?' e i due ragazzi scoppiano a ridere.
Vado in bagno a lavarmi e indosso il mio completo da lavoro.
Entro in cucina dove trovo Michael e Nathan fare colazione; addento di fretta un pancake e sbarro gli occhi. «Chi li ha fatti?» chiedo sorpreso. «Michael» risponde Nathan a bocca piena. Guardo il riccio e gli sorrido. «Ottimi.»
Sto per uscire dalla cucina quando sento Nathan chiedere a Michael: "Hai un lavoro?". «Uhm, no, tra due giorni ritorno a Londra» risponde.
Inizio a tossire dato che un pezzo di pancake mi è andato di traverso. Michael appena si accorge di me si alza di scatto dalla sedia.
Mi volto ed esco fuori di casa.
Perché, perché non me lo ha detto? Tra due giorni va a Londra, ed io che faccio?
Vaffanculo, è un coglione o che cosa? Ma perché, cazzo.
 
* * *

Suono della campanella appesa alla porta d'ingresso, ennesimo cliente.
Riccardo si avvicina a me, «E' venuto il ricciolino» Non rispondo e continuo ad impastare scaricando la rabbia nel movimento frenetico quasi violento delle mani. Riccardo fa uno sguardo interrogativo e mi poggia una mano sulla spalla, «Ehi?» «Cosa dovrei fare? Non c'è Matteo a prendere gli ordini?» chiedo irritato. «E' a casa in malattia» «Ho capito.» sbuffo e mi pulisco le mani farinose.
Esco dalla stanzetta di lavoro e noto Michael seduto sullo stesso tavolino della prima volta, quello all'angolo del negozio.
Mi avvicino a lui con molta indifferenza, come se non lo conoscessi.
«Sono venuto a parlare with you» dice serio. «Questa è una panetteria, si viene per mangiare o per comprare qualcosa e non per parlare di questioni personali.» «Stop. Possiamo parlare?» «Sto lavorando» rispondacidamente guardando altrove. Se incrocio il suo sguardo è la fine.
Lui si alza quasi facendo cadere la sedia e va via a passo svelto.
Sussurro un 'vaffanculo' e ritorno ad impastare quella cazzo di pasta per il pane.
Riccardo mi lancia un'occhiata indagatrice, capisce che c'è qualcosa che non va ma capisce anche che sono scazzato per parlarne.
A fine giornata lavorativa ritorno a casa, apro la porta, lancio le chiavi sul mobiletto accanto ed esclamo un "Sono tornato."
«Michael è in camera tua» mi avvisa Nathan. «Lascia, faccio io.» dico togliendogli il coltello da mano e iniziando a tagliare delle verdure.
«Che ti prende?» «Non posso nemmeno cucinare? E che cazzo!» «Bah.» borbotta e si stende sul divano accendendo la tv.
Vorrei tanto andare da Michael ma non posso; sarei un debole e farei la figura del coglione quindi devo concentrarmi sulle verdure.
'Parli del diavolo e spuntano le corna' penso vedendo Michael entrare in cucina.
«Posiamo parlare?» Mi chiede quasi con le labbra sul mio orecchio. Sospiro bruscamente e nego con la testa. «Non ora, sto cucinando.»

«E' pronto» dico mettendo tre piatti in tavola.
Nathan a capotavola, io vicino e Michael di fronte a me.
Sento il suo sguardo sul mio ma io continuo a guardare il mio piatto e a mangiare.
C'è tensione, tanta.
«Allora, ehm... Michael, ti piace la musica?» dhiede Nathan rompendo il ghiaccio. «E' la mia vita» «Ascolti Eminem?» dhiede speranzoso. Michael scuote la testa e Nathan sospira. «Però se me fai ascoltare lui io poso suonare una sua canzone al piano» esclama Michael. Nathan annuisce e si scambiano una serie di sorrisi.
A quel punto non ce la faccio più e mi alzo. «Scusatemi.» mormoro.
Apro la porta ed esco fuori, vado al parco, ho bisogno di prendere aria.

Mi siedo su una panchina, prendo l'iPod, infilo le cuffiette e inizio ad ascoltare la musica di Tiziano.
Chiudo gli occhi e mi rilasso ascoltando le dolci melodie delle sue canzoni e della sua voce.
Di colpo sento una spalla accanto alla mia. Apro gli occhi, mi volto e c'è Michael.
«Da quanto stalkeri la gente?» chiedo sarcastico sfilandomi le cuffiette. «Non ti ho stalker. Voglio parlarti.» «Non vedi? Sto ascoltando della musica.» dico scorbutico. «Allora resto qua fino a che non finisci.» dice convinto guardando gli alberi di fronte a lui.
Infilo di nuovo le cuffiette e sospiro.
Non ho il diritto di dirlo ma, cazzo, ho una voglia incontrollabile di mandare tutto all'aria e baciarlo.
Ma cosa cazzo dici? Marco calmati, è colpa sua.
«Siete fidanzati?» Una voce infantile interrompe i miei pensieri. Guardo di fronte a me e trovo una bambina di circa quattro anni che sorride. Non facciamo in tempo a rispondere che subito un uomo si avvicina a noi e prende la bambina dai capelli rossi in braccio. «Scusatela! Arrivederci» Sorride e si incammina verso il parco.
Come lo sapeva? Insomma, non è da tutti i giorni che una bambina di quattro anni chiede a due maschi se stanno insieme. Ormai l'omosessualità in Italia è quasi un tabù e questa bambina... boh.
Quando il cielo inizia a scurirsi mi alzo e mi incammino verso il parco.
«Ora possiamo parlare?» mi chiede Michael seguendomi. Scuoto la testa e aumento il passo.


Dopo aver cenato vado in camera mia, mi butto sul letto e inizio a guardare la tv.
Non voglio più sentire Michael che filtra con il mio migliore amico, né pensare a lui né niente.
Michael di colpo entra in camera e sbatte la porta violentemente.
«Adeso basta, sono stufo.» Dice spegnendo la tv. Sembra incazzato nero. «Ma cosa vuoi?» gli chiedo alzandomi e cercando di mantenere la calma. «Cosa voglio? Voglio te. Lo so per cosa sei arabbiato... perché hai sentitto che dico che tra due giorni torno a Londra. Non te l'ho detto lo so, ma sai perché?» spiega velocemente avvicinandosi sempre di più a me. «Perché volevo chiedere a te di venire a Londra. Volevo parlarei bene di questo ma Nathan mi ha fatto quella domanda e...» Rimango spiazzato dalle sue parole.
Il mio instinto questa volta vince su tutto, gli metto le mani sulle guance e lo bacio premendo sulle sue labbra.
Lo sento sospirare bruscamente e sorrido.
Mi stringe i fianchi con le mani e qualche secondo dopo, senza accorgermene mi ritrovo steso sul letto con lui sopra di me.
Continuiamo a baciarci con trasporto, freneticamente, come se volessimo recuperare tutte queste ore buttate ad evitarci.
Ora una cosa è certa: sono innamorato di Michael e non voglio perderlo per nulla al mondo.

       
* * *
 
#spaceofthewriter
Allora, inizio col dirvi: GRAZIE.
Grazie per tutte le recensioni ricevute fino ad adesso.
Sono tutte bellissime e piene di complimenti che non sento di meritare,
ma che mi fanno sorridere.
Grazie infinite, davvero.
Ritornando al capitolo, l'ho scritto in circa mezz'ora e boh, spero vi piaccia.
Grazie ancora,
xo

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Capitolo 11
*** XI ***


XI


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *

 
«Ma cosa cazzo» La voce di Nathan mi fa alzare di scatto dal letto tanto da far cigolare le molle.
«Non è come pensi!» Borbotto gesticolando freneticamente. «Ma quindi voi...» Dice Nathan alzando un angolo della bocca all'insù. «Stiamo insieme.» Esordisce Michael prendendomi la mano sinistra.
'Stiamo insieme'
All'inizio Nathan fa un'espressione incredula, poi sorride e corre ad abbracciarmi.
«Ce l'hai fatta!» Esclama il biondo dandomi il cinque.
Michael mi guarda confuso ma io alzo le spalle e sorrido.

 
* * *

«Marco, ho rimandato di andare a London tra due giorni ma non voglio lasciarte. Vuoi venire con me?» Mi chiede mettendosi sul fianco sinistro, di fronte a me.
Come faccio? Qui c'è Nathan, la casa, il mio lavoro.
«Io... non lo so. Ho un lavoro, Nathan, non posso abbandonare tutto. Mi capisci?» Chiedo sconsolato guardandolo dolcemente. «Non puoi venire per una week? Io...» Abbassa lo sguardo. «Tu?» «Ho b-bisogno di te in my life» Sussurra piano. Sorrido. Sentirgli dire queste cose boh, dire che mi riempie di gioia è poco, davvero poco.
«Anch'io ho bisogno di te in my life.» Rispondo. Michael scoppia a ridere. «Mio italiano è una merda!» Esclama arricciando la fronte. «Non è vero, sei bravissimo ed io adoro il tuo italiano.» Metto due dita sul suo mento e avvicino il suo volto al mio per poi stampargli un bacio. «Oddio, scusa» Devo controllarmi, cazzo. «Che scusa? Puoi baciare me quando vuoi» Sorridiamo e lui, inaspettatamente, poggia la testa sul mio petto e si accucciola a me. Lo stringo tra le mie braccia e affondo il mento tra i suoi morbidi ricci.
«Amo i tuoi capelli» Dico. «Il tuo cuore fa boom-boom veloce» Sussurra facendomi rabbrividire. Respiro bruscamente dentro di me.
Credo di essere arrossito, meno male che non mi vede.
«E so che le tue... guance sono rosso» Sussurra di nuovo. Mi mordo il labbro inferiore. «Non è che hai un altro occhio tra l'ammasso di ricci?» Ironizzo. «No, ti conosco bene» «La smetti?» Gli chiedo. E' insopportabile. Non lui, per carità, ma il mio cuore.
Michael si 'slega' dalle mie braccia e ad un soffio dalle mie labbra mi da un bacino sul naso e sorride in modo buffo. «Buonanotte, và.» Gli dico sorridendo e mi giro dandogli le spalle.
Dopo qualche minuto mi faccio coraggio e gli chiedo una cosa che desidero da tanto.
«Michael? Dormi?» Gli chiedo. «Mi chiamo Mika! M-I-K-A!» Esclama. «Mika, posso chiederti un favore?» Lui annuisce. «Mi canti una ninna nanna?»


Pov. Mika

Resto una manciata di secondi senza avere nessuna espressione sul volto.
Non è una richiesta molto strana, ma boh, cantare, per lui, di notte.
«Lo so, sono un rompi palle, sembro un bambino di un...» Non lo lascio finire di parlare che lo abbraccio e inizio a cantare.

 
I could be staring at somebody new
Stuck in my head is a picture of you
You are the thunder, I was the rain
I wanna know if I’ll see you again

Canto piano, con gli occhi chiusi, immaginando un pianoforte di fronte a me.
 
I said I love you, you said goodbye
Everything changes in the blink of an eye
It’s been a while, I still carry the flame
I wanna know if I’ll see you again
See you again, see you again

Non vedo l'ora di tornare nella mia casa a Londra per poter comporre.
Voglio diventare un cantautore.
Voglio trasmettere qualcosa alla gente.
Voglio far emozionare.
Voglio suonare.
E' questo che voglio.

Vieni con me,
Vieni con me
Io resterò qui fermo finché
Tu non vorrai stare con me

 
Però voglio stare con Marco.
Da quando l'ho incontrato ho iniziato ad essere più felice.
Mi fa stare bene.
Mi ha dato un motivo in più per vivere questa vita.
Mi sono innamorato? Penso di sì.

Appena finisco di cantare poso il mio sguardo verso il ragazzo tra le mie braccia.
Sembra un bambino ed io suo papà.
Ha gli occhi chiusi e mi sembra di vedere un sorriso sul volto.
Sembra un angelo.
Gli lascio un leggero bacio sulla guancia.
Mi sembra di essere tornato alla sera di quando era malato.
E' lì che i miei dubbi si erano azzerati.
Amo lui e voglio lui.

Poggio la testa accanto alla sua e crollo in un sonno profondo.

       
* * *
 
#spaceofthewriter
Allora, inizio col ringraziare tutti quelli che hanno recensito,
messo la ff nelle seguite, preferite, chi ha semplicemente visualizzato.
Questo capitolo è nato da un momento di malinconia,
un po' di mancanza d'affetto. lol
E' un capitolo di passaggio, comunque.
A me è piaciuto abbastanza, spero piaccia anche a voi. c:
xo  

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Capitolo 12
*** XII ***


XII


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *

 
La sveglia assordante inizia a trillare facendomi svegliare di colpo.
Mi sporgo dal letto e la spengo.
Mi porto una mano sulla fronte e richiudo gli occhi.
Non ho la minima voglia di tornare a lavoro.
Guardo Mika.
Dorme ancora.
Il suo addome si alza e si abbassa con ritmo regolare.
Riesco a sentire il suo respiro che mi solletica il collo.
Sorrido.

«Michael dorme?» annuisco alla domanda di Nathan.
Il cordless inizia a squillare, lo prendo e schiaccio il tasto verde.
“Pronto?”, “Marco?”, “Sì, chi è?”, “I a... sono Yasmine, sorella Mika”, “Oh, ciao!”, “Mika è a casa tua?”, “Sì, perché?”, “Devo pa...rlare con lui. Puoi dire lui di chiamare?”, “Certo.”, “Thanks, bye!” Stacco la chiamata.

«Gli porto la colazione» dico a Nathan riferendomi a Mika. «Uff, volevo un altro cornetto. In fondo li ho comprati io, no?» dice il biondo, sconsolato. «Ne hai già mangiati due. Un po' di generosità!» Appoggio un cornetto avvolto in un tovagliolo e una tazzina di caffè su un vassoio e vado in camera.
Poggio il vassoio sul comodino alla destra di Mika e mi siedo accanto a lui che ancora è tra le braccia di Morfeo.
«Mika?» lo chiamo. «Mika, svegliati» Continuo scuotendolo leggermente. Fa un verso buffo e si gira sul fianco destro. Non sapendo che fare, prendo il cornetto e lo faccio oscillare a qualche centimetro dalla sua bocca. Dovrebbe sentirne l'odore, no?
No, non sente una mazza.
Sbuffo e gli schiocco un bacio sulla guancia.
Lentamente apre gli occhi e solleva un angolo della bocca.
«Ehi» esclama stropicciandosi gli occhi. «Finalmente ti sei svegliato, oh. Ti ho portato la colazione» Lui si alza leggermente e appoggia la schiena sullo schienale del letto.
 «Che ore sono?» mi chiede. «Le otto e mezza, tra un po' vado a lavoro. Ha chiamato tua sorella, Yasmine» «Che ha detto?» chiede addentando la punta croccante del cornetto. «Boh, vuole parlarti» «Okay. Vuoi?» Mi chiede sorridendo riferendosi al cornetto. Nego con la testa e ricambio il sorriso.

Esco dal bagno e raggiungo Mika che è appoggiato alla porta d'ingresso.
«Noi andiamo, a dopo» saluto Nathan. Mika lo saluta con la mano. «Ma Nathan lavora?» mi chiede il riccio. «Sì, in casa. Fa lo sviluppatore informatico» rispondo. «Ah»
Mentre camminiamo sento la mano di Mika che sfiora la mia.
Dopo pochi secondi la afferra e intreccia le sue dita alle mie.
Arrossisco al suo tocco. Maledetto me. Perché devo arrossire ogni volta?

«Froci!» un urlo.
Mi volto e mi accorgo che quell'esclamazione proveniva da un ragazzino di circa sedici anni.
Mika lascia la mia mano. Sta per sferrare un pugno al ragazzo dai capelli corvini ma riesco a fermarlo. «Cosa cazzo vuoi?» chiedo. «Mi fate schifo. Quando vado a scuola voglio andarci senza vedere due froci tenersi per mano. Ah, ma tu sei il tipo della panetteria!» Il sedicenne inizia a ridere ma a quelle parole Mika si libera da me e riesce a dare il desiderato pugno al ragazzino facendogli sanguinare il labbro.
Il ragazzino ci guarda furioso ma fortunatamente corre via per poi scomparire in un vicolo.
Rivolgo il mio sguardo a Mika. E' furioso, lo si nota dagli occhi e dal respiro affannoso.
«Tranquillo» gli sussurro sfiorandogli un braccio con la mano.
Le sue mani si poggiano sulle mie guance per poi darmi un lungo bacio.
Cosa gli è preso non lo so ma il sapore di cioccolato della sua bocca mi fa andare il cervello in pappa.
«Andiamo o fai tardi a lavoro.» sussurra staccando le sue labbra sottili dalle mie.
 
* * *

Per tutta la giornata lavorativa non ho smesso di pensare a quel ragazzino nè alla reazione di Mika. Insomma, okay, il tipo è un coglione ma... 'sti cazzi. Che mi interessa di ciò che pensano gli altri? Io amo Mika. E' un maschio. Io sono un maschio.
Cosa cambia? Siamo umani, abbiamo dei sentimenti.
Ci amiamo e vogliamo stare insieme.
E quel tipo era solo un idiota.
Però ho anche riflettuto su una cosa: ho deciso di andare con Mika a Londra. Per una settimana; Riccardo ha detto che potevo assentarmi un po'.
Mi sfilo il grembiule, lo arrotolo su se stesso e lo infilo nel mobile.
Saluto Riccardo ed esco dal negozio.
Arrivato a casa infilo le chiavi nella serratura ed entro.
«Dov'è Mika?» chiedo a Nathan il quale inizia a mangiare. Mi guardo intorno. «Boh, forse a casa sua». Mi siedo e mangio con lui.
 
* * *

Sono le sette, Mika non si è fatto vedere né sentire. Sono un po' preoccupato.
Spengo la televisione, apro l'armadio, mi infilo un paio di jeans, una maglia, metto le scarpe ed esco fuori.
Vado in panetteria, in alcuni bar, busso a casa sua, entro in qualche negozio ma niente.
E' come se Mika fosse sparito dalla faccia della terra.
Poi succede come una lampadina che si accende.
Vado al parco del paese.
Cammino fra erba, marciapiedi e panchine ma vedo solo bambini che corrono e ragazzi che chiacchierano.
Arrivo alla fine del grande parco, quella frazione dove non viene mai nessuno. Non ci sono panchine ma  solo alberi.
Dalla vista di una massa di ricci scuri capisco che la mia ricerca termina qui.
Mika è steso a terra, con le mani dietro la testa. Mi avvicino e mi siedo a gambe incrociate di fianco a lui.
Guarda fisso il cielo e stuzzica il filo d'erba che ha tra le labbra.
Sembra pensieroso, con la testa fra le nuvole, non si accorge neanche di me.
Solamente quando lo chiamo si volta verso di me.
«Cosa stai facendo qua?» mi chiede ritornando a guardare il cielo quasi privo di nuvole. «Mi stavi facendo preoccupare» Dopo la mia risposta cala il silenzio. Si sente solo il cinguettio degli uccelli.
«Posso farti una domanda?» Lui annuisce. «Perché ti sei comportato così con quel ragazzino? Potevi finire nei guai» «Chi se ne frega. Pensavo ti da fastidio che quel ragazzo ti ha deto quelle cose» Sospiro. La verità è che non so cosa dire.
«Ah, Mika, il tuo invito per venire con te è ancora confermato?» Lui finalmente si volta verso di me. «Yes. Perché?» «Ho chiesto a Riccardo se posso saltare il lavoro per una settimana e ha detto di sì...» Gli occhi di Mika iniziano a brillare e un grande sorriso si fa spazio sul suo volto delicato.
«Vieni qua» mi dice e così mi avvicino al suo viso.
Incateno il mio sguardo al suo.
Ha degli occhi così belli, così, sinceri, puri.
Si dice che siano lo specchio dell'anima.
Infatti Mika ha un animo così puro.
Poggio una mano sulla sua guancia sinistra e la accarezzo con il pollice.
«I love you» Sussurra. «I love you too.»

       
* * *
 
#spaceofthewriter
Macciao a tutti,  allora,
so che questo capitolo fa davvero pena 
e sono in ritardo ma è di passaggio.
Ringrazio come sempre tutti quelli che questa ff la recensiscono,
mettono nelle seguite, preferite, o semplicemente la leggono.
Alla prossima,
xo

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Capitolo 13
*** XIII ***


XIII


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *

 
Mika mi fa cenno di sedermi sul piano, così, lentamente mi siedo al centro a gambe incrociate.
Punta il suo sguardo su di me per qualche secondo per poi rivolgerlo ai tasti del piano.

«Se mi inammorassi davero saresti solo tu, l'ultima notte al mondo io, la paserei con te mentre felice piangio e solo io, io poso capire al mundo quanto è inutile odiarsi nel profondo.» canta sussurrando sfiorando i tasti bianchi e neri.
Rimango colpito dalla canzone scelta.
Alcune parole le sbaglia, diminuisce le doppie, cambia gli accenti ma non mi importa.
Chiude gli occhi e continua a cantare. «Ho incontrato il tuo soriso dolce, con questa neve bianca adeso mi sconvolge, la nevi cade e cade pure il mundo anche se non è freddo adesso è quelo che sento y ricordati, ricordame tutto questo coraggio non è neve. E non scioglie mai, neanche se deve.» Appena finisce di pronunciare l'ultima vocale si alza e si avvicina a me. Mi prende la mano sinistra e intreccia le sue dita alle mie.
Avvicina sempre di più il suo viso al mio. Ho il cuore che batte forte, ancora non realizzo di avere un uomo così al mio fianco.
«Il tuo soriso dolce è così trasparente che dopo non c'è niente, è così semplice, così profundo che azerà tuto il resto e fa finire il mondo.» sussurra. Un brivido lungo la schiena mi fa sussultare non appena le sue labbra toccano le mie.
Non sono ancora abituato ai suoi baci e credo che non lo sarò mai.
Allontana le sue labbra dalle mie e poggia la sua fronte sulla mia.
Riesco a sentire il suo respiro.
Con una mano libera afferra delicatamente la mia destra la mette sulla sua guancia. Accarezzo quella parte di pelle resa un poco ruvida dalla leggera barbetta di Mika e lui chiude gli occhi.
E' strano, stasera. Non so, sembra malinconico, turbato da qual cosa.
Sarà stanco per il viaggio, non voglio chiedergli nulla.

 
* * *
 
«Vi va di andare a... conoscere la mia mamà?» chiede Mika con il suo buffo accento. «Per me va bene, per te?» risponde Nathan. «Oh, beh» Abbasso lo sguardo sul bicchiere di cappuccino firmato Starbucks. Sono contento che Mika mi voglia presentare a sua madre ma sinceramente mi vergogno un po'. «Allora?» mi incita a rispondere Mika. «Va bene» Alzo lo sguardo e incrocio lo sguardo del riccio che sorride raggiante.
 
* * *
 
Dopo essere uscito dalla doccia entro in camera e apro l'armadio e cerco qualcosa di presentabile da indossare. Opto per un paio di pantaloni neri e una camicia a quadretti blu che stendo sul letto.
Di colpo la porta si spalanca. «Mika!» esclamo preso dalla vergogna e appoggiandomi al muro. Mika scoppia a ridere. «Sorry!» «Cosa ti ridi? Bussare prima di entrare no, eh?» dico sarcastico cercando di non ridere. «Sei il mio ragazzo, mi vuoi vieto di guardare te?» chiede avvicinandosi pericolosamente. «A parte che si dice 'vietare' e non 'vieto', poi sì, cioè, no, cioè... dovevi bussare!» «Ma ora sono entrato.» sorridendo maliziosamente prende possesso delle mie labbra. Mi lascia una scia di baci fino alla spalla e lascia i suoi ricci solleticarmi la bocca.
«Io sono pronto» avvisa Nathan dall'altra stanza. «Dai, dobbiamo ancora vestirci» dico spostandolo leggermente. Mika annuisce e sorridendo esce fuori.
Mi butto malamente sul letto soffice.
Dio. Quel ragazzo prima o poi mi farà impazzire.
Mi vesto e con un po' di gel alzo il mio ciuffo perennemente spettinato.
Vado nel salone e trovo Nathan che guarda la tv.
«Sono cinque minuti che aspetto! Mika?» Faccio spallucce. «Sono qui» La sua voce mi fa voltare.
Porca troia.
E' bellissimo.
«Andiamo?» chiede. Usciamo di casa. Sento le guance in fiamme quando Mika esclama ridendo: «Puoi non fissare il mio di dietro?» «Se hai un bel di dietro non è colpa mia.» Rispondo sorridendo ed entrando nell'auto grigia di Mr. Culo Perfetto.

Sono sul divano di casa Penniman insieme e Nathan e Joannie, la madre di Mika, mentre lui è in bagno.
Siamo stati a pranzo e a cena qui mentre nel pomeriggio abbiamo visitato un po' Londra.
Joannie è simpaticissima. Abbiamo fatto un po' di confusione perché dato che lei non conosce l'italiano, parlava in inglese e Mika ci ha fatto da traduttore ma è stato uno spasso. Per non parlare della cucina, se ci penso mi viene l'acquolina in bocca nonostante ho mangiato che manco i maiali.
«Come vi siete conosciuti?» mi chiede Joannie in inglese ma per fortuna capisco. Allora le racconto - nell'inglese migliore che conosco - del nostro primo incontro in panetteria.
Mika ritorna e si siede sul divano accanto a me. «Parlavate di me?» chiede sorridendo.
       
* * *
 
#spaceofthewriter
No, non sono morto.
Scusate per il ritardo di non so quanti giorni ma sono stato impegnato con la scuola
e il diciotto sono stato al concerto di Mika.
E' inutile dire che è stato il giorno più bello della mia vita?
Mika è stato strepitoso, ve lo posso giurare.
Anyway ecco il capitolo,
non sono molto fiero di questo ma l'ho scritto in una mezz'oretta.
Spero che a voi piaccia, a presto c:
xo

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Capitolo 14
*** XIV ***


XIV


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *

 
Questi sei giorni sono volati.
Io e Nathan con la guida di Mika abbiamo visitato quasi tutta Londra, è ancora più bella di quanto lo sembri in foto o in video. Ho mangiato tantissimi cibi mai provati prima d'ora, ho conosciuto molti amici di Mika con cui spesso uscivamo la sera. Tutti molto simpatici, gentili e un po' 'strambi'. Ho anche odiato a morte la barista di un locale  dato che aveva gli occhi perennemente puntati su di lui e sulle sue parti basse.  Mi pare si chiamasse Lola.
Una volta fece finta di dover prendere un fazzoletto da terra soltanto per mettere quel suo culo pompato in faccia al mio ragazzo. Mika scoppiò a ridere vedendo la mia faccia viola dalla rabbia e le disse un secco "Sono gay".
La reazione della barista troia? M E M O R A B I L E. Ancora mi vien da ridere se ci ripenso.
Sono stato davvero bene, ero davvero felice e non ho nessunissima voglia di andarmene.
In questi giorni ho avuto svariate prove del fatto che Mika ci tiene davvero a me. E ho avuto la conferma che lo amo con tutto me stesso.
Sinceramente ho paura di questo. Insomma, ho paura che possa lasciarmi ma ora non voglio pensarci. In questo momento voglio solo stare tra le sue braccia e respirare il suo profumo.

«Mika?» lo chiamo. «Yes?» risponde girando la testa verso di me. «Vai ad X-Factor.» gli dico. E' da un po' che mi frulla quest'idea in testa, ha una voce pazzesca e non può sprecarla. Lui sbarra gli occhi. «X Factor? Io? Stai giocando?» Alzo un po' la schiena per riuscire a guardarlo in faccia. «Ti prego, hai la voce più bella che abbia mai sentito. Hai detto che volevi un lavoro che riguardasse la musica, no? Vai alle audizioni, fai tutto ciò che devi fare, vinci, pubblichi un album, tutti lo compreranno e diventerai un artista di fama mondiale.» dico serio. «Io... non lo so.» «Ti prego, ti prego, ti prego!» esclamo mettendomi in ginocchio sul letto e unendo le mani. «Mi vergogno delle t-telecamere e poi la mia vocie non piace» A quella risposta mi accascio sul letto chiudendo gli occhi e lasciando la bocca aperta dallo stupore. «Marco? Sei morto?» Mette una mano sulla mia spalla sinistra e mi scuote. «Guarda che se non chiudi la tua bocca ti entrano le moschi» silenzio. «Ho capito» Sento solo le molle del letto che cigolano e dopo poco il sapore di cioccolato della sua bocca che mi stuzzica le papille gustative. Dopo una manciata di secondi mi stacco da lui e apro gli occhi trovandomi il viso di Mika a pochi centimetri dal mio. «Ci vado. Vado ad X Factor. Quello italiano, però.» La mia reazione? Pupille dilatate, labbra sulle sue, balletto in piedi sul letto e risate di Mika. «Se poi non mi prendono per X Factor ti lascio.» Dice. «Ci devi solo pensare. Ti picchio.» «Scherzavo, amore» Mika scoppia a ridere e mi bacia accarezzandomi una guancia con la mano destra ma io subito mi stacco lasciandolo perplesso. «Cos'hai detto?» gli chiedo. Non può essere. «Che stavo scherzando» «No, la parola dopo» «Amore?» «Amore.» sussurro per poi unire le nostre labbra.
 
* * *

La luce del sole mi fa aprire gli occhi.
Se il buongiorno si vede dal mattino questa sarà una grandissima giornata di merda dato che il mio primo pensiero è "Alle sette torno in Italia". Mika non c'è, si sarà alzato prima. Allora mi giro dall'altro lato del letto, avvolgo il cuscino con le braccia e cerco di addormentarmi di nuovo.
«Boys, lunch is done» La voce amorevole di Joannie mi fa aprire gli occhi e mi accorgo che è l'una. Mi alzo e ancora assonnato arrivo in cucina, barcollando. «Scusate il ritardo» Dico stropicciandomi gli occhi. Sussulto quando sento le labbra sottili di Mika sfiorarmi la guancia. Lui sorride e si siede a tavola. Nathan spegne la PS4 e si accomoda anche lui.
«Mentre tu dormivi, Nathan mi ha aiutato a preparare il pranzo» Dice ironicamente Joannie, in inglese. «Questo piccolino ha bisogno di dormire tanto» esclama Mika pizzicandomi una guancia. «Ehi!» Lo rimprovero, ridendo. «Marco, sei un bravissimo ragazzo, sono felice che mio figlio abbia un ragazzo come te al suo fianco» A quella frase arrossisco. La verità è che io sono felice di avere un ragazzo come lui al mio fianco. Vedo Mika abbassare il capo e intravedo un sorrisetto sul suo volto. «Che c'è, vi ho messo in imbarazzo?» chiede Joannie. Non diciamo nulla, lei e Nathan scoppiano a ridere ed io e Mika non possiamo far altro che seguirli.
 
* * *

«Allora, metti nella ciotola metà busta di farina» dico a Mika. Poiché stasera ritorno a casa, per ringraziare Joannie per l'ospitalità ho deciso di cucinare una pizza. Mi ricordo di quando a sette anni la preparavo con mia nonna. Lei mi insegnava passo per passo come fare una buona pizza e mi sento un po' come lei in questo momento dato che Mika non ne ha mai fatta una.
Con le mani fermo la ciotola mentre Mika ci versa la farina. «Sorry!» esclama appena molta di quella farina va a finire sulla mia maglietta. Allora per dispetto prendo una manciata di quella farina e la lancio su di lui.
Il finale? Una lotta di farina molto farinosa.
 
* * *

Vado in camera e prendo la mia valigia. Di colpo entra Mika e prende la sua. «Che fai?» gli chiedo confuso. «Dobbiamo tornare in Italia, no?» «V-vieni anche t-tu?» balbetto. Perché non mi ha detto niente? Oddio. «Ad X Factor ci vai tu per me?» dice ironico. A quel punto gli salto addosso facendolo cadere sul letto con me sopra. Letteralmente.
Inizio a sbaciucchiarlo su tutto il viso. «Grazie, grazie, grazie»  «Per cosa?» chiede lui. «Per» Gli bacio la guancia sinistra. «Essere» Gli bacio quella sinistra. «Qui.» Gli bacio le labbra. «Se continua così in Italia ci arrivi con qualcosa dietro che te fa male» Sorride maliziosamente. Mi alzo cercando di non farmi male e sorrido. «Andiamo, và, pervertito che non sei altro» Lui scoppia a ridere e mi da un bacio sulla guancia.
Usciamo dalla stanza e ci rendiamo conto che Joannie ha assistito a tutta la scena. «Non volevo disturbarvi!» esclama trattenendosi per non ridere.
Che figura di merda.

       
* * *
 
#spaceofthewriter
Allooora, ecco il capitolo nuovo, brutto e scritto in fretta e furia ma c'è.
Inizio come sempre a ringraziare tutte le persone che seguono questa storia.
Addirittura mi stalkerate su twitter! AHAHAHA
no, veramente, non mi aspettavo tutto questo entusiasmo.
Ho una cosa da dire: dato che a giugno ho gli esami e in questi giorni ho da studiare
come non ho mai fatto, non credo di riuscire ad aggiornare prima del 20.
Non so, forse ci riesco ma non vi assicuro nulla.
Ne approfitto per augurare buona fortuna a tutti i poveri cristi con gli esami.
A presto c:
xo

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Capitolo 15
*** XV ***


XV


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *

 
Siamo appena arrivati a Palermo per le pre-selezioni di X Factor 8.
«Ho paura» dice Mika continuando a camminare. Solo quando gli appoggio una mano sulla spalla mi accorgo che sta tremando. «Ehi, andrà tutto bene» Lo incoraggio fermandomi. «E se non piacie la mia voce? Se sto anti...tipatico? Se faccio una figura di merda con mio italiano?» gli metto una mano sulla guancia e lo faccio voltare verso di me. Me ne fotto delle persone che passano accanto a noi buttandoci gli occhi addosso. Il mio ragazzo ha bisogno di me adesso.
«Zitto, il tuo italiano va benissimo.Sei simpaticissimo e bellissimo ma soprattutto hai una voce pazzesca. Non mi hai fatto ascoltare la canzone ma l'hai scritta tu e quindi sarà una canzone altrettanto pazzesca.» «E se canto male?» Mi guarda negli occhi e noto che ha davvero paura. Ho imparato a leggerli i suoi occhi, io. «Sei stato due settimane a ripeterla, non puoi sbagliare» affermo. Sembra stare meglio ma non lo vedo del tutto convinto. Allora lo abbraccio trasmettendogli tutto l'amore che ho.
Lo sento teso. Teso nella sua maglietta bianca a righe blu e i suoi pantaloni aderenti rossi.
«Spaccherai tutto, ne sono sicuro.» gli sussurro soffiando inevitabilmente sul suo collo e lui finalmente è meno teso. Mi sento così al sicuro tra le sue braccia. «I'm fine. Grazie, amore» dice staccandosi dall'abbraccio e sorridendo.

Qualche metro dopo e ci ritroviamo in mezzo a centinaia e centinaia di persone di tutte le età.
C'è gente che mangia, altri che canticchiano, altri che suonano i loro strumenti, gente che chiacchiera, che sorride.
Ci facciamo spazio tra la folla e appena troviamo un divanetto rosso libero ci sediamo. Dietro c'è una enorme 'X'.
Mika inizia a far 'saltellare' la gamba sinistra dall'agitazione. «Mika, perché non mi hai fatto sentire la canzone?» gli chiedo e lui fa un sorrisino alzando le spalle. «Daaai, ti prego! Almeno il titolo» «Se vado al programma della sera la ascolterai, eltrimenti no» «Uff, okay. Sei cattivo» dico facendo il finto offeso.
Dopo quasi quattro estrenuanti ore arriva finalmente il turno di Mika.
«Fuck!» esclama. «Mettici tutta l'energia e la forza che possiedi, okay?» Lo sprono per poi lasciargli un leggero bacio sulle labbra.

'Andrà bene, andrà bene. Ce la farà.' Ripeto in mente assaporando quel leggero retrogusto di cioccolato della Sua bocca.
Una decina di minuti dopo intravedo i ricci di Mika tra la folla. Subito mi alzo dal divanetto e corro verso di lui. Ha la testa bassa ma appena urlo il suo nome la alza e noto i suoi occhi lucidi.
Ho paura.
«Allora? Che hanno detto i giudici? Parla, cazzo!» Un grande sorriso si fa spazio sul suo volto e in un nano secondo le sue abbraccia avvolgono il mio collo. «M-mi hanno preso. T-tra una settimana vado ai Bootcamp.» Dice con voce interrotta. Credo stia piangendo.
Chiudo gli occhi e sorrido stringendolo sempre più forte a me nonostante i nostri corpi siano già attaccati.
Ho voglia di mettermi ad urlare, sono troppo felice.
«Lo sapevo, lo sapevo che ce l'avresti fatta!» sussurro affondando una mano nei suoi morbidi ricci.
Dopo una decina di secondi metto fine all'abbraccio e lo guardo negli occhi. Ha il viso bagnato di lacrime. «Non piangere» gli dico sorridendo intenerito. «I'm happy».
Prendiamo il treno che ci porta in un albergo di Palermo.
Ovviamente Nathan non è potuto venire e per questo è a Catania con Melachi.
Dopodomani andremo a Milano per i bootcamp.
 
* * *

Sono le otto e Mika sarà da almeno venti minuti a parlare con sua madre. E' così bello il rapporto che ha con la sua famiglia che mi rende - ovviamente felice - ma un po' geloso del fatto che io questo rapporto con mia madre non ce l'ho.
Ma ora voglio eliminare tutti i pensieri brutti e le paranoie inutili dalla mia mente.
«Ok, I will. I love you, mom.» esclama sorridendo per poi staccare la telefonata. «Mia mamà ti saluta» mi dice per poi buttarsi sul morbido letto a due piazze della stanza. «Hai fame?» mi chiede. «Adoro tua mamma. Comunque sì, tu?» «Yep ma sono stanco per anda... re.» «Allora chiamo il servizio in camera».
Mika esce dal bagno ed io spengo la televisione.
Si stende sul letto alla mia destra e - anche inaspettatamente - si accoccola a me poggiando la testa sul mio petto.
«Ehi» sussurro sorridendo accarezzandogli i ricci. «Grazie per il... sost... sost?» «Sostegno?» «Yes, quello. Senza te non ce la avrei fatta» sorrido. «Sì che ce l'avresti fatta.» Lui alza la testa e incatena gli occhi ai miei.
Distolgo un attimo lo sguardo. Non riesco a sostenere quei due pozzi infiniti.
«Perché non mi guardi?» Mi chiede. «Io... io... t-ti amo» balbetto imbarazzato e mi mordo il labbro inferiore. «Non mordere il labbra. Ah, se non fossi stanco cosa ti farei, Marco». Arrossisco di botto. Cazzo, non me le deve dire 'ste frasi. Non stando a due centimetri dal mio viso.
«Ora ti bacio, ok?» Lui sorride ed io prendo possesso di quel lembo di pelle che mi fa andare in estasi. Mi mordicchia il labbro inferiore e sorrido contro le sue labbra.
Non so quanto tempo passiamo così, forse minuti, forse una manciata di secondi.
Mika allontana le labbra e mi sorride dolcemente.
Dio, morirei per quel sorriso.
Rimette la testa sul mio petto e mi avvolge i fianchi con un braccio. «Goodnight.»

 
* * *
 
#spaceofthewriter
Ma voi come minimo mi dovete portare Mika.
No, okay, sono riuscito ad aggiornare yeeeeah.
E' una cagata di capitolo ma va beeene.
Boh, spero vi piaccia.
Ringrazio tantissimo tutti quelli che recensiscono,
siete bellissime/i c:
Alla prossima,
xo
Ne approfitto per augurare buona fortuna a tutti i poveri cristi con gli esami.
A presto c:
xo

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Capitolo 16
*** XVI ***


XVI


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *

 
 «Salirai su quel palco e spaccherai tutto, okay? Dai tutto te stesso» dico al ricciolino ansioso di fronte a me. «Guardami» gli dico prendendo il suo viso tra le mani e puntando i miei occhi nei suoi. «Andrà tutto bene.» Un piccolo sorriso fa spazio sul suo volto e sorrido anch'io.
«Adesso vado altrimenti perdo l'aereo. Appena hai finito chiamami. Sono sicuro che passerai anche ai Bootcamp» gli dico prendendo la mia valigia da terra. «Lo spero» «Allora ci vediamo» dico sorridendo. Mi volto ma non faccio nemmeno un passo che Mika mi afferra il polso e mi attira a sè per poi premere dolcemente le sue labbra sulle mie. 

* * *

«Nathan?» Lo chiamo aprendo la porta di casa. «Bro!» mi saluta abbracciandomi. «Da quante ere» gli dico ironico strofinandogli energicamente una mano sulla schiena.
«Mika?» «Dovrebbe essere ai Bootcamp, ormai sono le nove» «Secondo te ce la farà?» «Assolutamente sì» gli rispondo sorridendo orgoglioso. «Si vede che sei cotto» dice Nathan ridendo e scomparendo in cucina.
Sono sul letto a guardare la televisione, è mezza notte e mezza ma non riesco a dormire. Mika non si è fatto sentire e sono un po' preoccupato.
Stringo il cellulare tra le mani. Vorrei chiamarlo ma non voglio disturbarlo. Se non mi chiama ci sarà un motivo, no?
 

* * *

«Marco, sveglia!» Delle urla mi fanno sussultare facendomi quasi cadere dal  materasso. «Ha chiamato Mika?» dico assonnato. «Ma quale Mika! Devi andare a lavoro» «Porco banano. Sì, mi ero dimenticato» dico alzandomi trascinandomi quasi. «Bella testa di cazzo» dice Nathan per poi scoppiare a ridere appena gli lancio un cuscino che prontamente schiva.
Controllo il cellulare: 0 chiamate perse e 0 messaggi.
Scuoto la testa come per far scivolare tutte le paranoie e vado in cucina per fare colazione.
«Allora, mi vuoi dire perché ti sei preso una settimana di ferie?» mi chiede Riccardo appena mi avvicino al bancone. Il cameriere è in ospedale e quindi - ovviamente - devo servire io.
«Dovevo... senti, a te posso dirlo, no? Però prometti che non lo dirai a nessuno» dico poggiando i gomiti sul bancone, mettendomi di fronte a Riccardo. Lui sovrappone l'indice della mano destra a quello della mano sinistra formando una 'x' e la avvicina alle labbra. «Hai presente quel ragazzo riccio?» «Il ricciolino?» «Sì. Beh, ecco.. stiamo in-insieme e l'ho accompagnato alle audizioni di X Factor» Riccardo emette un gridolino e si copre la bocca con le mani, dilatando gli occhi. «Cazzo!» esclama a bassa voce facendomi ridere. «Allora? Quando arriva questo dannato cappuccino?» Una voce molto mascolina dal tono arrabbiato mi 'risveglia' da tutti i pensieri.
Per pensare a Mika c'è tempo.
 

* * *
 
«Io vado in un pub con Jessica. Tu vieni?» mi chiede Nathan indossando il suo fedele cappellino dela NY. «No, sono stanco» «Dai che ci divertiamo!» «Andate voi, davvero» «Okay, contento tu» dice per poi scomparire fuori casa.
Appena la vibrazione del cellulare arriva alle mie orecchie mi precipito a prenderlo.
“Mika! Che fine hai fatto?” “Dove sei?” “Sono a casa, Perché? Allora? Racconta, ti hanno preso?” chiedo euforico. Mika scoppia a ridere. “Aprì la... porta” “Dio. Non ti sopporto più” Borbotto per poi aprire la porta, rimanendo con il cellulare sospeso in aria.
Mika infila il suo cellulare in tasca e sorride. «Non mi soporti più?» Lancio il cellulare sul divano incurandomi che possa cadere a terra e  salto addosso a Mika.
Letteralmente.
Entriamo in casa e chiudo la porta, sempre abbracciando il ricciolino.
«Ti amo, ti amo troppo» esclamo facendolo sorridere rumorosamente.
Mika si allontana di poco iniziando a baciarmi con una tenerezza indescrivibile.
Senza rendermene conto, inebriato dal sapore delle sue labbra, mi ritrovo steso sul letto e Mika su di me.
«Ai Bootcamp sei passato o no?» cerco di chiedergli tra un bacio e l'altro. «Yes» risponde con un sorriso sincero ma soprattutto felice.
Spalanco gli occhi e sorrido incredulo.
Le labbra quasi arrossate di Mika vanno a darmi un bacio su una guancia, poi sulla mandibola per poi scendere fino al collo iniziando a torturarlo.
Chiudo gli occhi abbandonandomi a quel piacere e a quel calore ma riprendo 'coscienza' nonappena sento una mano di Mika insinuarsi nella mia t-shirt e sfiorarmi un fianco con le dita.
Allora lo fermo.
Non sono pronto. Non a questo.
«What's happen?» mi chiede guardandomi in faccia e abbandonando il mio collo. «M-Mika, io...» balbetto. Sì, dai, Marco, non basta dirgli che non vuoi scopare e che non l'hai mai fatto e hai paura, no, devi anche balbettare.
 «Tranquilo, okkkay?» mi rassicura sorridendo e sfilando la sua mano dalla maglia. Sorrido e annuisco.
Rimango sorpreso dal suo atteggiamento.
Non mi ha guardato male, anzi, non si è arrabbiato, non mi ha obbligato a farlo.
Non ha fatto niente di tutto ciò.
Mi ha solo detto di stare tranquillo.
E' così perfetto.
 
* * *
 
#spaceofthewriter
HO PUBBLICATOOOOOOOOOOO UUUEEEEEEEE
Domanda: qual è il personaggio che preferite? c:

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Capitolo 17
*** XVII ***


XVII


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *

 
«Ci vediamo quando torni, okay? Sei un grande» esclama Nathan per poi stringere la mano destra di Mika e abbracciarlo. «Allora dobbiamo salutarci» dico desolato appena Mika si posiziona di fronte a me. «Non puoi venire?» «Magari, non posso» «Ti chiamo apena posso» Sorrido  e mi catapulto tra le sue braccia che sempre mi fanno sentire al sicuro. Chiudo gli occhi e 'immergo' il viso nell'incavo del suo collo.
Va a Berlino per gli Home Visit di X Factor per essere affidato ad uno dei quattro giudici: Simona Ventura, Morgan, Elio e Marco Mengoni. Lui spera che il suo giudice sia Marco. Dice che è un cantante che stima molto e gli ricorderà me quando lui sarà a Milano per esibirsi nel programma.
Mika termina l'abbraccio e poggia le sue labbra sulle mie.
«Dai che perdi l'aereo» esordisce Nathan spezzando la dolcezza del momento. «Ma tu devi sempre rovinare tutto?» chiedo al biondo fulminandolo con  gli occhi. Lui scoppia a ridere insieme a Mika.
«Adeso vado, ciao amore, ciao Nathan» Esclama Mika per poi scomparire nell'aereoporto e confondersi tra la gente.
 
* * *

«Mi ha chiamato Jessica, ti va di andare in una discoteca che ha aperto da poco?» mi chiede Nathan entrando in camera mia.  Dopo un po' di esitazione - non vado matto per quei posti - scrollo le spalle e annuisco. «Perfetto, però prendiamo la tua moto» «Okay».
Mika non chiama ed io di certo non posso aspettare una sua chiamata steso sul letto con lo sguardo triste. Non sto dicendo che non me ne frega di lui ma non posso autocommiserarmi per la sua lontananza, ormai ho capito che non starà sempre con me. Il prossimo mese lo vedrò pochissimo dato che X Factor è a Milano.
Dopo essermi fatto una doccia veloce, apro l'anta dell'armadio e scelgo una maglietta blu, una camicia a quadri bianca e azzurra, un paio di pantaloni neri e vans dello stesso colore.
Dopo aver indossato il tutto vado in bagno e cerco di domare il ciuffo ribelle che ho sulla testa.
Infilo il cellulare in tasca e insieme a Nathan esco di casa.
Dopo essermi infilato il casco, salgo sul sedile nero della mia moto, il biondo mi raggiunge e accendo il veicolo.
«Dobbiamo andare a prendere Jess» mi avvisa il ragazzo dietro di me. «Jess? Da quando la chiami Jess?» chiedo sfottendolo. Lui tace. «Dai, lo so che ti piace» «Che testa di cazzo sei» esclama ridendo. «Guarda che ti lascio a piedi» lo minaccio scherzosamente.
Arrivati a casa di Jessica, Nathan scende dalla moto e corre verso la porta color panna. Una decina di minuti dopo si apre ed esce una ragazza sui venticinque anni, dai capelli ricci color cioccolato di media lunghezza. Indossa un paio di jeans aderenti, una maglia giallo fosforescente e tacchi rossastri.
Si salutano scambiandosi due baci sulle guance e vengono verso di me. Mi sfilo il casco e lei mi lascia un bacio appiccicaticcio - per il rossetto - sulla guancia destra.
Dopo essersi seduta tra me e Nathan metto il casco e ri-accendo la moto. «Pronti?» «Yes» esclama Jessica, esaltata.
Dopo esser passati accanto ad una macchina avente la radio ad alto volume Nathan inizia a cantare esaltato “Monster” di Eminem e Rihanna alternando le parti di Eminem e quelle di Rihanna cantate da Jessica. Dato che adoro questa canzone inizio a cantarla anche io. Sembriamo tre matti; sfrecciamo accanto alla gente che ci guarda strano ma non ce ne importa e continuiamo a cantare a squarciagola come se avessimo assunto qualccosa di pesante.
Arrivati alla discoteca tolgo il casco e parcheggio la moto.
Entriamo e una forte musica quasi mi sfonda i timpani.
«Uh, c'è Ludovica! Andiamo a salutarla» propone Jessica strattonando Nathan. «Tu fai quello che vuoi» mi dice il biondo prima di essere 'trasportato' qualche metro più in là della sala.
All'improvviso sento una mano picchiettarmi sulla spalla così mi volto. «Marco!» esclama il ragazzo moro di fronte a me. «Uhm, ci conosciamo?» «Sono Mirko, l'amico italiano di Michael» «Oddio, è vero, scusami, non ti avevo riconosciuto» dico sorridendo imbarazzato. «Allora, sei da solo?» mi chiede appoggiandomi un braccio attorno al collo. «Sono venuto con dei miei amici ma sono andati a salutare una tipa. E tu?» «Sono con un gruppo di amici ma mi hanno abbandonato e sono solo come un cane» «Se ti va puoi restare con me, tanto loro ne avranno per molto» dico dando un'occhiata a Nathan e Jessica che chiacchierano allegramente con una ragazza dai capelli rossi. «Non potevo chiedere compagnia migliore» dice Mirko scoppiando a ridere.
«Allora, il tuo ragazzo?» mi chiede sedendosi sullo sgabello rosso accanto a me e poggiando i gomiti sul bancone. «“Spritz”» dico rivolgendomi al cameriere. «E' andato a Berlino per X Factor» rispondo a Mirko. «Un “blow job”, grazie» sposto lo sguardo su di lui guardandolo sconvolto. «Tranquillo, non voglio un pompino dal cameriere. E' un cocktail fantastico» dice ridendo.
 «Ti va di ballare?» una voce femminile particolarmente acuta mi fa voltare indietro. «No, grazie» La rifiuto quasi disgustato ma cercando di essere gentile. Lei ruota le iridi e quasi strisciando i suoi 'trampoli' sul pavimento si avvia verso la pista da ballo non prima di esclamare un flebile "Un altro frocio". «Oh, perdonami se mi fa cagare quella spazzatura che hai sotto quel vestitino» le urlo sfacciatamente mentre Mirko e il cameriere scoppiano a ridere. La tipa mi fa il dito medio e ritorno al mio bicchiere di Spritz.
«Sei un grande, amico» esclama Mirko alzando la mano destra. Gli batto la mano e sorrido.
Quando c'è vo c'è vo.

Ispeziono un po' la discoteca ma di Nathan non c'è traccia.
«Vuole qualcosa?» mi chiede il barista. «Non so, scelga lei» rispondo. «Cazzo se amo questa canzone. Se ti chiedo di ballare mi bidoni come hai fatto con quella?» Dice Mirko appena termina di bere il suo cocktail. «Ballare? Con me? Un maschio?» gli chiedo alzando le sopracciglia. «Sono gay, tesoro» dice facendo un sorrisetto malizioso. «Nah, non mi piace ballare» «Eddai» «No, scegli qualcuno e vai. Co' 'sta faccia che hai cadranno tutti ai tuoi piedi» gli dico sorridendo facendolo ridere. «Vieni un attimo con me» dice. Allora prendo il bicchiere e ingurgito metà del liquido rosso sentendo la testa girare vorticosamente. Con fatica mi alzo dalla sedia e seguo Mirko. «Seguimi» dice per poi entrare in una stanza.

POV. Nathan

«Chi era quel tipo?» chiedo a Marco. «Chi? 'Sto cazzo» scoppia a ridere.  «Ti senti bene?» «Mi sento una merda mega galattica, anzi, mai stato meglio» dice poggiando la testa sul bancone e respirando a fatica. «Tu sei ubriaco fradicio! Ma che hai bevuto?» gli chiede Jessica. «Non so... sembrava piscio rosso» «Non è che... Marco, non mi dire che ti sei scolato “sangue di vipera”» esclamo mettendomi una mano sulla bocca e strabuzzando gli occhi. «Boh... forse» «Oh cazzo, ma è una bomba di cocktail! Portiamolo a casa» dice Jessica alzando Marco per le braccia.
 
* * *

«Mi fa male la tes-» dice Marco per poi chiudere gli occhi e addormentandosi di colpo.
Quel ragazzo che stava con lui non l'ho più trovato. Se scopro che gli ha fatto bere quella roba lo faccio fuori. Anzi, no, ho sempre protetto Marco e l'ho sempre difeso per le cazzate che ha fatto. Dopo aver bevuto starà male per almeno ventiquattro ore, sono cavoli suoi, ormai è grande e vaccinato.

 
* * *
 
#spaceofthewriter
Ookay, vi lascio questo capitolo abbastanza lungo dato che fino al 25 difficilmente posterò qualcosa.
Questo capitolo mi ha divertito scriverlo.
Ho dato un po' sfogo a qualche mio pensiero.
Spero vi piaccia.
Ah, ringrazio con tutto me stesso voi recensori che mi riempite di complimenti dolcissimi.
xo

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Capitolo 18
*** XVIII ***


XVIII


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *

 
La suoneria di un cellulare mi fa alzare di scatto dal letto facendolo cigolare.
“Pronto?” biascico. Mi stendo sul  letto a pancia in sù appena sento un dolore lancinante alla testa. “Moco!” dall'altra parte la voce squillante di Mika mi fa alzare all'insù le labbra. “Moco?”, “Boh, non ti piace?”, “Sì, è dolce” lo sento ridere dall'altro lato. “Allora? Gli Home Visit?”, “Sono andate benissimo”, “Cazzo! Sono troppo felice per te. Il tuo giudice?” chiedo esultando. “Indovina”, “Mengoni?”, “Yeees” esclama. “Sono felice per te” poggio il braccio sinistro sulla fronte. Mi sento una merda. ”Perché ieri non h-hai risposto?” mi chiede il riccio.
Risposto? Fratè, guarda che sei te che non hai chiamato.
“Mi hai chiamato?”, “Sì, tipo ten volte”, “Oh, scusa... mi sono addormentato... presto” mento. Odio dirgli bugie ma questa è a fin di bene. “Ah. Tua voce è strana”, “Sto bene, tranquillo. Adesso vado che... c'è Nathan che mi sta chiamando. Quando torni?”, “Oggi vado da te” appena finisce la frase mi metto seduto sul materasso. “Davvero? Ti amo”, “Ti amo anche io, a più tardi.” Stacco la chiamata.
«'mbriacone!» esclama Nathan entrando in camera mia. «Cos'è successo? Mi hai portato tu a casa?» gli chiedo buttandomi a peso morto sul letto, ad occhi chiusi. «Non mi dire che non ti ricordi che hai fatto ieri che ti lancio i mattoni addosso» «Mi ricordo solo di aver bevuto un liquido rosso e di aver seguito Mirko in una stanza bianca, poi non ricordo niente» «Ma porca troia, non è possibile» sbuffa Nathan per poi uscire dalla stanza.

Metto il cellulare in tasca e passandomi una mano fra i capelli esco di casa.
Vorrei solo capire cos'è successo ieri in discoteca.
Avevo chiesto al barista di darmi un cocktail qualsiasi e me ne avrà dato uno bello forte. Che razza di idiota che sono, il mal di testa me lo merito.
Da lontano scorgo un uomo alto, slanciato, con in testa una cespuglio di ricci mori. Sorrido tra me e me e cammino verso di lui.
Gli circondo i fianchi con le braccia e gli lascio un delicato bacio sul collo. Di colpo si irrigidisce e si volta spaventato.         
«Mi hai fatto avere paura!» esclama per poi buttarmi le braccia al collo. «Mi sei mancato» sussurro stringendolo a me. «Che fai?» gli chiedo staccandomi dalle sue braccia. «Stavi mettendo i soldi nel mobile-phone». Entra nella tabaccheria e dopo qualche minuto esce.
«Ti va di andare a mangiare da qualche parte? Voglio stare un po' da solo con te» propone Mika, sempre con quel suo sorriso perfetto sulle labbra. «Certo, dammi solo un attimo che chiamo Nathan» Prendo il cellulare e compongo il numero del mio amico. “Pronto?”, “Nathan, tutto bene?”, “Sì, dove sei?”, “Vado a mangiare con Mika”, “Ah, okay, allora ci vediamo più tardi, fate i bravi”, “Ciao” stacco.
«Allora, dovi ti piace andare?» mi chiede il riccio prendendomi la mano e intrecciando le sue dita alle mie provocandomi una scia di brividi lungo la schiena. «Decidi tu, a me va bene tutto» rispondo.
Dopo qualche minuto entriamo in un vicolo dove in fondo un'insegna illuminata indica un ristorante.
Entriamo e il mio sguardo cade sulle nostre mani intrecciate.
«Mika?» «Sì?» risponde guardandosi intorno. «Non ti vergogni a tenermi la mano?» «Devo? Se vuoi lascio la mano» dice puntando i suoi occhi nei miei. Sembra quasi deluso dalla mia domanda e mi maledico mentalmente. Come ho potuto fare una domanda del genere? A Mika non importa se entra in un ristorante mano nella mano con un ragazzo. Non ha intenzione di lasciarmi la mano e a me va bene così.
«Sei il mio ragazzo, no?» annuisco. Lui sorride arricciando il naso in modo buffo.
E in quel momento, il quel preciso istante, capisco che mi ama davvero. Che con lui non devo aver paura, non devo sentirmi solo.
Un ragazzo sulla ventina si avvicina a noi sorridendo e ci indica un tavolino all'angolo della stanza. Ci sediamo l'uno di fronte all'altro.
Mi guardo intorno: le pareti in legno rendono il posto abbastanza rustico e accogliente. Davvero carino.
Data l'ora di punta, stranamente non ci sono molte persone.
«Sai cosa ho voglia?» chiede Mika. «Cosa?» «Una grande pizza» dice sorridendo. «Uuh, sì, anch'io!» esclamo.

Dopo aver bevuto un ultimo sorso di coca cola mi alzo e raggiungo Mika.
«Pago io» dico. «No, ti ho portato io» «Non se ne parla» insisto. «Uff, allora meta?» propone Mika. «Va bene».
Usciamo dal ristorante e subito una folata di vento scompiglia i miei capelli e i ricci di Mika. «Voglio dare a te un bacio» dice Mika facendomi sorridere intenerito. «Anch'io» «Allora ti bacio» dice per poi schiaffarmi le sue meravigliose labbra sulle mie.
«Andiamo al parco?» propongo dopo un po'. «Non apre alle quattro?» «Dai, domani ritorni a Milano» dico facendo la faccia da cucciolo. «Non fare quella faccia» dice. «Altrimenti?» «Altrimenti ti mangio come i Goldbears» «Ma non sono morbido» «Vediamo» dice per poi mordermi una guancia. «Ehi! Mi hai fatto male!» ribatto. Lui scoppia a ridere e mi cinge le spalle con un braccio.
 
* * *

«Okay, ma se ci vedono ci matano» «Ma non sei tu quello che fa le cose più pazze?» chiedo poggiando un piede in uno spazio del cancello che separa il parco dalla strada. Il cancello è abbastanza alto, grigio e con degli spazi rettangolari.  «Scusa amore, ma non sono mai entrato di nascosto in un park» mugugna salendo sulla grata e in un attimo si ritrova dall'altra parte. «Sei troppo agile» dico sbuffando. «Dai, muoviti!» mi incita ridendo.
Sono alla fine del cancello di ferro battuto quando di colpo perdo l'equilibrio e mi schianto a terra come una patata.
«Vaffanculo» impreco contro Mika che inizia a ridere fragorosamente. «Sor-ry» cerca di dire tra le risate. Con fatica mi alzo e mi massaggio il gomito destro. Mika dopo esser stato qualche minuto a ridere mi abbraccia. «Scusa ma è stato troppo divertente» esclama con le lacrime agli occhi. «E' divertente vedere il proprio ragazzo uccidersi?» dico sarcastico. «Dai che stai ridendo pure tu» dice sciogliendo l'abbraccio. «Dai!» dico cercando di non ridere delle mie stesse disgrazie. «Ti sei fatto male?» mi chiede Mika. «Mi fa male solo un po' il ginocchio» Mika di colpo mi prende in braccio. «Ma che ti senti Superman, oggi?» chiedo ridendo. «Lo sono sempre» risponde con aria di superiorità.
«Hai un bel culo» La mia voce riecheggia nel silenzio del parco. Ho il corpo rivolto verso la sua schiena. «Anche tu» risponde.
Dopo pochi secondi - sempre portandomi in spalla - mi poggia sull'erba.
Mi stendo a pancia in sù mentre Mika si siede con le gambe incrociate accanto a me.
«Sai, sto davvero bene con te» rivelo guardando il cielo azzurro privo di nuvole. «Anch'io sto bene con te» dice avvicinandosi ancor di più a me stendendosi sull'erba un po' umida. «Posso farti una domanda?» «Certo» «Tu una mamà e un papa non li hai?» la sua domanda mi scossa un po'. Non abbiamo mai parlato dell'argomento 'famiglia'. «Mio padre è morto quando ero ragazzino, mia madre è rimasta nella città dove sono nato. Sai, sapevo che non mi avrebbe mai accettato, quindi non le ho mai detto di essere gay. Non abbiamo un buon rapporto, non la sento da un paio d'anni» rispondo tutto d'un fiato. «Ti manca?» «Beh, è sempre mia madre, no?» Mika poggia la sua testa riccioluta sulla mia spalla destra. «Sai una cosa?» chiede. «Cosa?» «Ti amo» sussurra soffiandomi sul collo.
Chiudo gli occhi facendomi cullare dal rumore del venticello fresco e dal respiro del ragazzo che amo mentre le sue ultime parole rimbombano nella mia testa e restano impresse nel mio cuore come un tatuaggio indelebile.

 
* * *
 
#spaceofthewriter
Lo so, sono in ritardo.
Dopo aver finito gli esami (AAAALLELUUUUJAAAAA, ALLELUUUUJA)
ho avuto un blocco e non riuscivo a mettere due parole vicine di senso compiuto.
Boh, non sono soddisfatto di questo capitolo ma spero che almeno a voi piaccia.
Grazie a tutti quelli che recensiscono e semplicemente leggono.
A presto,
xo

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Capitolo 19
*** XIX ***


XIX


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *

 
Apro gli occhi e sbadiglio. Dio che dormita.
«Mika?» Nessuna risposta.«Ehi?» Guardo alla mia destra e mi accorgo che si è addormentato accanto a me con il capo sulla mia spalla.
Sorrido intenerito a quella vista così speciale.
Quello spettacolo così perfetto.
Sì, perfetto.
Perché Mika è perfetto.
Lo so, "la perfezione non esiste" dice la gente,  ma altra gente dice anche che perfetta è la persona che si ama perché noi la consideriamo perfetta con i suoi difetti.
Questo cespuglio di ricci mori è entrato nella mia vita così, senza avvisare. E' diventato una parte di me, la più bella, la più felice. Perché quando si è accanto a lui non si può essere tristi, non si può non sorridere quando lui sorride con quel suo modo di arricciare il naso, non si può non ridere quando lui lo fa. Non si può evitare di innamorarsi.
E' così, Mika.
Lo incroci un giorno per strada, che so, per comprare il pane e inizi a fissare le sue labbra a cuoricino immaginando di farle incontrare con le tue.
Guardi il suo corpo da spilungone e pensi: "Minchia, datemi una scala. Devo abbracciarlo."
Guardi i suoi ricci e corri solo per affondarci una mano.
Guardi i suoi occhi, con quello sguardo infinito e ti innamori.
Così, d'improvviso.
Puff.
Negli ultimi ventuno anni, ho cercato tanto un uomo che mi amasse, che mi stravolgesse la vita, ed ora che  l'ho trovato non ho nessuna intenzione di lasciarlo andare.
Prendo il mio cellulare dalla tasca e guardo l'orario: 19:34. Cazzo, ho dormito tree ore e mezza! Sarà l'aver dormito poco e male stanotte, i ricci di Mika che mi riscaldano la spalla, il cinguettio degli uccelli, sarà il sole.
Scuoto leggermente il ragazzo accanto a me ricevendo un mugugno. Allora alzo leggermente la testa e poggio le labbra sul lembo del suo collo.
«Amore...» sussurra Mika aprendo gli occhi e sorridendomi. «Abbiamo dormito tanto e abbiamo avuto un culo enorme dato che il guardiano non ci ha notati» dico. «Già» «Andiamo?» «Okay» risponde per poi alzarsi e strofinando le mani sul suo pantalone blu per far scivolare via i residui d'erba.

«Nathan?» esclamo entrando in casa seguito da Mika. «I piccioncini si son fatti vivi!» risponde il ragazzo dall'altra stanza.  «Non dovevi uscire con Evan?» gli chiedo poggiando le chiavi sul mobile. «Dovevo, ha avuto un impegno.» Un brontolio interrompe il silenzio che era calato. Mi giro verso Mika, il quale sorride imbarazzato. «Poco fa sono andato al centro commerciale, ho incontrato Jessica e siamo andati a mangiare al Mc Donald's. Ho preso dei panini per voi. Quanto sono amorevole.» dice Nathan. «Uuh, grazie» dice Mika dirigendosi verso la cucina a grandi falcate. «Melachi?» chiedo. «Ah, Mika, Yasmine è tornata in Italia ed è a casa tua con Melachi».

«Quindi domani torni a Milano?» chiede Nathan a Mika. «Sì» risponde dando un morso al suo panino. «E quando torni?» «Tra una setimana c'è la prima puntata del programa, torno a fine mese, circa» Alla sua risposta il mio umore diventa cupo. Un mese senza di lui? Come cazzo faccio? «Stai bene? Perché non mangi più?» mi chiede il riccio. «Non ho fame, vado a lavarmi i denti, scusate» rispondo per poi alzarmi e dirigermi verso il bagno.
Perché? Perché mi devo sempre comportare come un bambino capriccioso ed egoista? «Vaffanculo! Vaffanculo a quelle cazzo di pubblicità di merda dove il dentifricio fa un'onda perfetta sullo spazzolino. E' tutto photoshoppato!» esclamo quasi urlando.
Una risatina mi fa voltare verso la porta accorgendomi della presenza di Mika. «E tu da dove esci?» «Hai lasciato la porta aperta» risponde il riccio. Faccio una smorfia e inizio a lavarmi i denti, sbuffando.
Dopo essermi cambiato in bagno entro in camera mia trovando Mika steso sul letto. «Chi ti ha detto che potevi dormire qui?» chiedo. «Oh... allora me ne vado» risponde facendo un'espressione contrariata e alzandosi. «Stavo scherzando. Tu da qui non ti muovi» dico per poi spingerlo leggermente con la schiena sul materasso e prendendo possesso delle sue labbra.
Quando le nostre labbra sono unite diventiamo una cosa sola.
Mika capovolge la situazione spostandosi sopra di me.
Poggia la testa tra la mia spalla e il mio collo, avvicinandosi all'orecchio. Mi sussurra un flebile "I love you".
Senza preavviso prende possesso della pelle del mio collo dandomi una miriade brividi di piacere. Lo bacia, lo morde, lo sfiora con la punta della lingua costringendomi a buttare all'indietro la testa.
Infila una mano sotto la mia maglia e ruota il pollice sul mio fianco. Le sue dita fredde sul mio corpo caldo mi regalano un contrasto quasi insopportabile.
Prendo il suo viso tra le mani e mi aggrappo alle sue labbra facendo un po' di pressione lasciandomi privo di fiato.
«Fuck...» mugugna Mika. «Che c'è?» gli chiedo sorridendo staccando le mie labbra dalle sue. «Mi farai impazzire» risponde guardandomi negli occhi. «Mika, non posso farlo» dico abbassando lo sguardo. «Why?» «Io... non l'ho mai fatto. Voglio essere sicuro. Non forzarmi.» rivelo imbarazzato. «Ehi» sussurra alzandomi il volto con due dita poggiate sotto il mento. «Non devi farlo per forza. Quando ti sentirà pronto me lo dici. Okay?» Annuisco sorridendo. «Ti amo».

 
* * *
 
#spaceofthewriter
Boh... che schifo di capitolo.
A voi il giudizio finale. lol
Alla prossima yay
xo

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Capitolo 20
*** XX ***


XX


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *

 
Pov. Mika

«Mika, va tutto bene?» mi chiede premuroso il mio giudice entrando nella stanza. «Sì» rispondo passandomi una mano tra i ricci e mi appoggio con i gomiti sul pianoforte. «Sicuro? Ti vedo distratto. Quando sono entrato guardavi nel vuoto» «Va tuto bene, davero» rispondo accennando un sorriso che lui ricambia.
«Allora, per te ho scelto una canzone che ho ascoltato ieri in radio, in macchina. Sto parlando di “Where is the love” dei Black Eyed Peas. La conosci?» mi chiede. «Certo! E' bellissima!» esclamo facendolo sorridere. «Ti chiedo solo una cosa: stravolgila. Fai di questa canzone una tua canzone. Aggiungi il falsetto nel ritornello, nelle strofe, quando ti pare. Falla come più ti piace. Sarà la prima puntata del programma, tu hai una voce straordinaria, fai vedere di che pasta sei fatto e lascia tutti senza fiato» Le parole di Marco mi lasciano senza parole. «Lo faccio. Grazie.» dico semplicemente, sorridendo imbarazzato.
Dopo che Marco ha riunito tutti noi aspiranti cantanti della categoria 16/24 uomini e avendoci dato una notizia bellissima faccio una piccola valigia e corro tra le vie della bella Milano.


Pov. Marco

Due settimane. Due fottutissime settimane senza Mika.
Una settimana. Una fottutissima settimana e rivedrò Mika.
In queste settimane non sono andato in depressione, voglio dire, sono uscito parecchie volte, ho incontrato gente nuova; non posso dipendere da Mika anche se senza di lui mi sento vuoto.
Fin da bambino ho avuto la passione per l'arte, la musica - suonavo la batteria - specialmente la pittura, la adoravo. Qualche giorno fa, annoiandomi a giocare con la PS4 mi son detto "Perché non ricominciare a dipingere?" allora sono scattato dalla sedia e sono corso a comprare fogli, tele, cavalletti, pennelli, acrilici e tutto l'occorrente.
E' stato strano ricominciare a farlo. Voglio dire, non prendevo in mano un pennello da quando avevo dieci anni.
Mentre la setola impregnata di acrilico blu del pennello strascicava sulla tela nella mia mente sono iniziati a venir fuori vari flashback: me con mio padre che mi guidava poggiando una sua mano sulla mia, mia madre che mi sorrideva intenerita quando un disegno non veniva come volevo. Mi son ricordato la soddisfazione di quando un disegno riusciva bene o quando, al contrario, lo sconforto di quando riusciva male.
Era bella, la mia vita da ragazzino. Non che ora non sia bella, anzi, ma i rapporti con i parenti, con mia madre si sono frantumati.
La suoneria del mio cellulare mi fa ritornare alla realtà. Mi pulisco le mani con un fazzoletto, poso il pennello e prendo il cellulare.
Il nome sul display mi fa stendere le labbra in un sorriso allegro.
“Mika?” “Moco! Come stai?” “Io bene. E tu, cantante?” “Bene dai. Dove sei?” “A casa mia, perché?” “Esci e vai al parco” “Dimmi il perché?” “Daiii” “E va bene. A presto.” Stacco.
Apro l'armadio e infilo un paio di jeans, le scarpe e una t-shirt arancione con la stampa dei Muse. Mi passo una mano tra i capelli e corro fuori casa.
Entro nel parco e inizio a guardarmi intorno. E ora? Cosa dovrei fare?


Pov. Mika

Appena vedo la figura di Marco entrare nel parco corro dietro l'albero più vicino a lui per poi uscire fuori urlando “SORPRESA!”. Lui fa un salto su se stesso dalla paura e poi rimane pietrificato di fronte a me. «Mengoni ci ha detto di potere venire a casa per due giorni quindi sono da te. Sei felice?» chiedo speranzoso. «Ma porca troia» impreca per poi allacciarmi le braccia al collo e stringermi forte.
Dio, quanto mi è mancato sentire il suo petto contro il mio, il suo cuore battere, il suo respiro sul mio collo, affondare le mani tra i suoi capelli corvini.
«Vieni a casa» dice per poi prendermi una mano e iniziare a camminare svelto. Per tutto il breve tragitto non parliamo. Avrei voluto dire tante cose, parlare di quanto sono simpatici i ragazzi del gruppo, quant'è disponibile Marco, quanto mi diverto a cantare.
 
«Nathan?» urla Marco appena entra in casa. Nessuna risposta. «Mi sei mancato» mi dice per poi iniziare a baciarmi dolcemente. E quando sento le sue labbra morbide, un po' più carnose delle mie, muoversi smaniose sulle mie mi sento bene, completo.
Indietreggio un po' fino a scontrare la mia schiena sul muro. Marco poggia una mano sulla mia guancia alternando baci dolci ad altri passionali, facendomi dare di matto.
Mi ha colto di sorpresa, non sembra più il tenero e dolce panda, sembra una tigre. Ma mi piace quesata cosa e mi eccita anche parecchio.
Si avvicina al mio orecchio e delicatamente mi solletica l'orecchio con la punta della lingua. «Ti voglio, Mika. Voglio fare l'amore con te.» sussurra lussurioso ma contemporaneamente in un modo molto tenero. Anch'io ti voglio, Marco. Cazzo, voglio te, voglio il tuo corpo, voglio farti mio una volta per tutte.
«Sei sicuro?» gli chiedo guardandolo in quegli occhioni. Lui annuisce. Mi sposto e questa volta sono io a condurre il gioco.
Gli lascio un bacio a fior di labbra e mi occupo del suo collo che tanto amo baciare.
Marco mugugna qualcosa di incomprensibile e inizia a sbottonare uno ad uno i bottoni azzurri della mia camicia per poi farla cadere sul pavimento. Ridacchio appena le sue labbra formano una piccola 'o'. Mette una mano sulla mia schiena e mi attira ancor di più a sè. Scuoto la testa e gli sfilo la maglietta.
«Cazzo, Marco!» impreco facendolo ridere e arrossire. «Che c'è?» mi chiede innocente. «Non pensavo che... insomma... vieni qua» dico per poi afferrargli una mano e entrare in camera sua. Mi blocca sotto il suo peso e inizia ad esplorare il mio busto con le mani e con le sue labbra.
A quel punto non ci capisco più niente e i miei pantaloni iniziano ad essere dolorosamente troppo stretti. Mi metto su di lui e unisco le mie labbra con le sue per poi baciargli la mandibola, il collo, la spalla fino ad arrivare alla 'v'.
«Ti amo» sussurra Marco facendomi sciogliere. «Anch'io» rispondo. Ed è vero, lo amo, sono innamorato perso di lui. Ad X Factor, senza di lui, mi sono sentito un cucciolo in gabbia, perso. Marco è la mia felicità, la mia salvezza.
E quella canzone, “Where is the love”. Dov'è l'amore? Io l'ho trovato, ne sono sicuro. Ed è questo ragazzo fottutamente dolce e arrapante che amo con tutto me stesso.
Arrivato ai suoi pantaloni abbasso la cintura e faccio scivolare i jeans, scoprendo dei boxer bianchi con un abbondante rigonfiamento; non aspetto un secondo in più che lo sfioro facendolo sussultare e imprecare a bassa voce.
E poi? Beh, tutto il resto è storia.

 
* * *
 
#spaceofthewriter
Inizio con lo scusarmi per il ritardo ma sinceramente non avevo voglia di scrivere.
Che dire, non so come definire questo capitolo quindi boh,
decidete voi (?)
Volevo continuare l'ultima parte ma il rating non me lo permetteva lol.
Vi ringrazio infinitamente per tutto l'affetto che state dimostrando verso di me e la storia.
Ho ricevuto quasi 80 recensioni e per ogni capitolo ci sono sempre 300/400 visite,
grazie mille, davvero!
Ah, il 9 luglio parto, vado a Milano yay
torno il 14 quindi fino a quel giorno non potrò postare niente.
A presto, Andrea vvb
xo

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Capitolo 21
*** XXI ***


XXI


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *

 
Il cinguettio mattutino degli uccelli in lontananza mi strappa dalle braccia di Morfeo in un modo meno aggressivo del solito.
Mi stropiccio l'occhio destro con un dito e il mio sguardo si posa su un cespuglio di ricci arruffati poggiato sul mio petto nudo e, inevitabilmente, stendo le labbra in un sorriso.
Con una mano sposto un ciuffo del ragazzo beandomi della sua bellezza.
Le sue labbra lievemente aperte e gli occhi semichiusi gli danno un'espressione innocente e dannatamente tenera.
Abbiamo fatto l'amore, ieri.
È stata la mia prima volta.
Ero imbarazzato e ho provato molta vergogna a causa del mio corpo imperfetto - a differenza di quello di Mika - ma lui mi ha fatto sentire speciale come nessuno ha mai fatto. Mi ha fatto sentire amato come non lo sono mai stato. Mi ha fatto stare bene.
«Ma buongiorno» sussurro sorridendo appena noto che Mika si è svegliato. «Ciao» dice ricambiando il sorriso per poi schioccarmi un leggero bacio tra la spalla e il collo bloccandomi per un attimo il respiro.
«Perché mi guardi?» gli chiedo incuriosito, dopo un po'. «You are beautiful» risponde incatenando il suo sguardo al mio. «Te ho mai detto che sei dolcissimo quando le tu guance sono rose?» Abbasso lo sguardo imbarazzato e gli faccio la linguaccia. Lui ridacchia e poggia le sue labbra sulle mie stringendomi leggermente un fianco. Gli mordicchio il labbro inferiore e Mika senza esitare mi cede il permesso d'entrata della mia lingua per poi alzare un po' il busto per agevolare il compito.
La sensazione di completezza dell'aver le sue labbra sulle mie, i nostri nasi che si sfiorano leggermente e il suo corpo sul mio che mi riscalda rende tutto magico. Con Mika tutto è magico, anche scavalcare un cancello.
«È meglio che mi alzo because tu provochi me» dice staccandosi ma senza allontanare il suo viso al mio. «Ah, io sarei quello che provoca? Senti chi parla» rispondo facendo una finta faccia scioccata. Lui ridacchia e lasciandomi un ultimo bacio a fior di labbra si alza dal letto e infila i pantaloni per poi uscire dalla stanza.
Mi stiracchio un po' e decido di alzarmi; sbadiglio e recupero i vestiti sparsi in ogni angolo della stanza.
Appena entro in cucina mi avvicino silenziosamente a Mika per poi lasciargli un bacio sulla colonna vertebrale provocandogli un sussulto. «Vedi che provochi?» dice alzando un angolo delle labbra. Mi siedo su una sedia e osservo il mio ragazzo camminare avanti e indietro per i fornelli. «Che fai?» chiedo. «Ho volia di pancakes e li cucino. Tu vuoi?» «Beh, se non mi avveleni sì».


«Vado a farmi una doccia» avviso dopo aver finito di fare colazione. «Poso venire anch'io?» chiede Mika facendo un'espressione da cucciolo indifeso. «Ma lo sai che mi vergogno» farfuglio abbassando lo sguardo sulle mie mani. «Ma io ieri ho veduto te senza vestito» dice avvicinandosi. Non vedendo in me alcuna reazione, di colpo mi prende sulle spalle a mo' di sacco di patate facendomi scoppiare in una fragorosa risata. «Sei cattivo!» esclamo dandogli dei colpetti sulla schiena. Arrivati al bagno, con una mano apre la porta, entriamo e la richiude con un piede. «Ahia» mugugna dolorante. «Sei il solito imbranato» dico sorridendo.
Appena Mika mi poggia a terra, gli lego le braccia al collo e accosto la mia fronte sulla sua. «Se no vuoi fa niente» dice premuroso mettendomi le mani sui fianchi. Senza pensarci due volte decido di tenere a bada la mia timidezza e inizio a baciarlo. Lui sorride sulle mie labbra e, aumentando la pressione, mi fa scontrare il bacino con il lavabo poggiandosi leggermente su di me mandandomi il cervello, il cuore e tutti gli organi presenti nel mio corpo, in pappa per neonati.
«I love you».

«5 p.m vado a Milano. Pranziamo insieme?» mi propone. «Certo» accetto con un sorriso.
Dopo essermi fatto la barba, lasciandone solo un leggero strato, ed essermi vestito, infilo il cellulare nella tasca del jeans e vado da Mika.
«Marco?» «Sì?» «Ma... Nathan?» a quella domanda mi do una pacca sulla fronte. Cazzo, sono stato così bene con lui che ho dimenticato il mio migliore amico! «Oddio, ora lo chiamo» dico per poi pigiare una serie di numeri sul cellulare.
«Allora?» «Ha detto che è stato tutto il tempo con Jessica e ci ha detto di non fare cose sconce» rispondo facendo ridere Mika.

«I like stare con te. Tu fai me felice.» A quelle parole il mio cuore perde un battito per poi iniziare a battere forte. Sorrido imbarazzato. «Ti rendo felice? Io? Sul serio?» «Sure» risponde intrecciando le mie dita alle sue.
Eh, no, caro mio. Qua se c'è qualcuno che rende felice qualcuno sei proprio tu.
«Anche tu fai felice me.» rispondo sorridendo. «Ehi! No prendere in giro mio italiano!» Sto per ribattere quando una voce molto mascolina chiama il nome del mio ragazzo. Ci voltiamo entrambi e Mika regala un sorriso ad una ragazza e un ragazzo. «Manu!» esclama avvicinandosi a loro e lasciandomi la mano. «Chi è questa beautiful girl?» chiede sorridendo riferendosi ad una ragazza sulla ventina, alta e slanciata. «Piacere, Anastasia, sua sorella.» risponde sorridendo. «Chi è lui?» chiede il ragazzo dai capelli blu. «Oh, lui è il mio fidanzato» dice Mika. Allungo una mano e il ragazzo me la stringe. «Marco» mi presento. «Manuele» dice lui mostrando un sorriso bianchissimo. «Che ci fate qui?» chiede Mika. «Siamo venuti a trovare i nostri nonni. E voi?» «Stavamo andando a mangiare, vuolete venire?» chiede Mika. I due fratelli si guardano per un momento per poi accettare l'invito del riccio.

Arrivati in un ristorante, una cameriera ci fa accomodare ad un tavolo da quattro.
Mika e io vicini e i fratelli di fronte.
«Quindi tu sei nella stessa categoria di Mika?» chiedo a Manuele. «Proprio così. E comunque, hai un ragazzo con una voce eccezionale!» «Non credere. Lui spaca tuto quando apre bocca!» mi dice Mika.
La gelosia mi sta mangiando vivo.
Saranno almeno dieci minuti che Mika e quel Manuel non smettono di parlare e mettersi gli occhi l'uno sull'altro.
Ma devo calmarmi.
Devo continuare a mangiare e a chiacchierare con Anastasia, che sembra molto simpatica e gentile.
Non posso andarmene altrimenti farei la figura del cretino con loro ma soprattutto con me stesso. Sono un bambino, non riesco a sopprimere la mia gelosia né affrontare le difficoltà, piccole o grandi che siano.
Oh, al diavolo tutto.
«Scusate, vado a prendere una boccata d'aria» «Ti accompagno?» propone Anastasia. «No, grazie» dico per poi alzarmi e uscire fuori dal ristorante.
Davanti a me si pone una maestosa distesa d'erba perfettamente falciata.
Sembrerebbe una giornata perfetta: il sole splende, non ci sono nuvole, sono in un posto bellissimo con il mio ragazzo e due persone con cui fare amicizia.
Invece no.
C'è sempre il sottoscritto che si rovina la vita facendosi film mentali da Oscar e finisce per star male.
Ma non riesco.
Non riesco a vedere il mio ragazzo parlare in un modo così... sfrontato con un altro ragazzo oggettivamente più bello e simpatico di me. Perché alla fine son tutti così: tutti più fighi di me, tutti più spassosi di me, tutti più dolci di me. Tutti che possono far innamorare l'uomo che io amo.
Andrà sicuramente a finire che Mika mi lascerà per qualcun altro.
Lì morirei.
Da quando Mika è entrato a far parte di me e della mia vita mi sembra tutto più felice e qualsiasi problema io abbia mi scivola via più facilmente, quando c'è lui.
Immerso nei miei pensieri non mi accorgo che ho iniziato a camminare su un ponte fatto di assi di legno. Mi appoggio con le braccia ad un lato del ponte e sento di colpo una mano poggiarsi sulla mia spalla. «Mika?» chiedo voltandomi. «Oh, scusa, sei tu.» dico sconsolato ritornando a guardare il lago. «Sei triste?» mi chiede Anastasia. Alzo le spalle. «So cos'hai. Sei infastidito dell'intesa tra Mika e Manuele.» «Come lo sai?» chiedo puntando il mio sguardo su di lei. «Perché anche io ero così con il mio ex» dice facendo un sorriso amaro e passandosi una mano tra la chioma castana e poggiandosi sull'asse di legno come me. «Perché vi siete lasciati?» «Lui faceva il militare, non era mai in casa e dato che non riuscivamo più a reggere la relazione ci siamo lasciati» «Oh, mi dispiace.» «Fa niente. E tu? Parlami di te» dice sorridendomi. E così iniziamo a chiacchierare.
«Ehilà, allora? Avete abbandonati» la voce melodiosa di Mika mi fa alzare di scatto dall'erba. «Scusa, stavamo parlando» rispondo ma quasi contemporaneamente Mika inizia a parlare - che novità - con il ragazzo dai capelli blu.
Scuoto la testa e mi stendo di nuovo sull'erba. «Rilassati» mi sussurra Anastasia. Sì, fosse semplice.
Dopo qualche minuto ci alziamo e iniziamo a camminare verso casa. «Volete venire a casa mia?» «Ricciolì, tra mezz'ora abbiamo l'aereo per Milano» dice Manuele spettinando i ricci di Mika con una mano provocandomi un peso sullo stomaco non molto piacevole. Anastasia vede il mio sguardo deluso e rabbioso e mi afferra una mano iniziando a camminare dietro i due ragazzi.
«Non gli spacco la faccia solo perché è tuo fratello.» dico secco. «Oh, no, fai pure, guarda. Lo odio. Se lo fai fuori avrò un problema in meno nella mia esistenza» dice facendomi sorridere.


«Ci vediamo presto. Ricorda di vedere me in tv!» mi dice Mika. Fa per baciarmi ma io lo scanso facendomi baciare su una guancia. Lui fa un'espressione confusa e delusa. «Che sucede?» mi chiede inclinando la testa. «Nulla, perché? Corri altrimenti perdi l'aereo» dico facendo il sorriso più falso che abbia mai fatto.

 
* * *
 
#spaceofthewriter
Oh mio Dio è stato un parto.
Ci ho messo ore a scrivere questa cagata e neanche mi soddisfa a pieno.
Non so, spero vi piaccia e scusate per il ritardo.
xo

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Capitolo 22
*** XXII ***


XXII


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *

 
«Cazzo, Nathan, vieni!» urlo io facendo saltellare le gambe e sbattendo la mano sinistra sul cuscino del divano. Dopo poco Nathan arriva con due ciotole contenenti popcorn.
«Tieni» dice poggiandomi una ciotola sulle ginocchia. Si accomoda alla mia sinistra e addenta un popcorn. «Tu sei fuori» mugugna guardandomi sconvolto. «Che c'è?» chiedo spostando il mio sguardo dalla televisione al mio amico. «Ma ti vedi? Sei follemente innamorato e fuori di te» risponde sorridendo. Imbarazzato, prendo dalla sua ciotola una manciata di popcorn e glieli ficco - letteralmente - in bocca facendolo urlare.
«Ssh, Alessandro sta parlando» lo ammonisco io. «Ma qualche giorno fa, alla fine, Mika l'hai chiamato?» domanda il biondo. Annuisco con un cenno della testa. «Cos'ha detto?» «Gli avevo chiesto se voleva uscire con me per svagarsi da X Factor» «E lui?» «Ha detto che non poteva».


Pov. Mika

«Ed ora, dalla categoria di Morgan, passiamo a quella di Marco; da Christian e la sua voce struggente, passiamo ad un ragazzo dalla voce... come definirla... non so, ora lo scoprirete voi! Ecco a voi, Mika!» la voce di Alessandro risuona nel teatro facendomi tremare.
Andrà bene, andrà bene, andrà bene.
Devo solo cercare di mantenere la concentrazione, ricordarmi le parole della canzone e divertirmi.
Mi alzo dallo sgabello e inizio a camminare verso il palco.
«Mika!» esclama il presentatore porgendomi una mano che stringo senza esitare. «Ciao!» saluto il pubblico con voce tremante. Me la sto facendo addosso. C'è tantissima gente e non voglio deludere nessuno.
Spero anche di non essere etichettato “quello strano” per i miei vestiti: ho cercato di piacermi ed essere me stesso ma di non dare troppo nell'occhio, quindi ho scelto un paio di pantaloni abbastanza aderenti verde acqua con le bretelle nere, una maglia bianca con la stampa di una sottospecie di omino, una giacca bianca a righe verticali azzurre e un paio di converse bianche.
Anche se ho letto quasi tutto il libro di grammatica italiana, ripetuto la canzone diecimila volte, ho una paura fottuta di fare figuracce, di scordarmi le parole nel bel mezzo dell'esibizione o peggio, di non essere abbastanza bravo.
Devo metterci tutto me stesso, se sono qui significa che sono bravino, no?
Dalle audizioni ho capito che quello che provi tu, il tuo stato d'animo in quel momento, arriva alla gente.
Se tu non ti diverti mentre canti, se sei troppo sicuro di te, se sei agitato, la gente lo percepisce.
«Allora, so che sei da pochi mesi in Italia; come ti trovi?» mi chiede Cattelan, sorridendo. «B-benisimo, l'Italia is fantastic» appena termino la frase il pubblico scoppia in una fragorosa risata. «Scusate i miei erori!» «Allora, cosa canterai per questa prima puntata?» «“Where is the love” dei Black Eyed Peas» «Fantastico! Ecco a voi, Mika!» Alessandro va via lasciando il palco nelle mie mani. Due secondi e la musica parte.
Dai Mika, dai.
Stringo il microfono che ho nella mano destra e chiudo gli occhi cercando di concentrarmi.
Un bel respiro profondo e inizio a cantare.
Finita la prima strofa attacco con il ritornello completamente in falsetto.

 
People killin', people dyin'
Children hurt and you hear them cryin'
Can you practice what you preach
And would you turn the other cheek

 
Sorrido chiudendo gli occhi.
Anche se dovessi essere eliminato oggi sarei ugualmente contento perché essere qui per me è già una vittoria, una fase della mia vita. Se dobbiamo essere positivi direi che passare alla puntata successiva sarebbe grandioso.

 
Father, Father, Father help us
Send us some guidance from above
'Cause people got me, got me questionin'
Where is the love

Gli ultimi secondi e la base finisce.
Sento il cuore battere forte nel petto, il respiro affannoso e la saliva ormai inesistente.
Ci ho messo tutto me stesso, tutto, e spero che alla gente sia arrivato.
Alzo il viso e un boato seguito da centinaia di applausi mi rimbomba nelle orecchie.
«Fantastico, semplicemente fantastico» esclama Alessandro raggiungendomi. Inizia a parlare ma ormai sono perso tra applausi e gente che urla il mio nome con entusiasmo.
«Goditi questi applausi, sono tutti per te!» dice euforico il presentatore.
Sto così bene, ma così bene. Poche volte mi son sentito così.
«Allora, Morgan, cosa ne pensi?» chiede Alessandro al giudice seduto al centro del banco. Quest'anno i giudici sono cambiati un po': c'è Morgan come di tradizione, Marco Mengoni, la epica Mara Maionchi e un ragazzo di Amici, Paolo Macagnino.
«Ho visto la luce, e vedo anche grandi potenzialità in te. Di questa splendida canzone non hai fatto una semplice cover ma ne hai fatta una tua e questo è molto importante. Hai un falsetto perfetto che riesci a controllare alla meraviglia. Bravissimo» Sorrido incredulo facendo un piccolo inchino. «Mara» «Allora, Mika, una cosa devo confessarla: sei un cantante che mi eccita» A quelle parole il pubblico, gli altri giudici, Alessandro ed io scoppiamo a ridere. «“Where is the love” è una delle canzoni che più adoro, e tu l'hai cantata meravigliosamente. Che dire, sono sbalordita.» continua lei. «Grazie mille» dico imbarazzato da tutti questi complimenti.  «Marco» dice Alessandro. «Beh... voglio dire, che dire... favoloso! Sono molto ma molto contento di avere un cantante come te nella mia squadra. Ottimo lavoro» mi dice sorridendo. «Paolo» «Non togliendo nulla agli altri concorrenti, credo che tu abbia una delle voci più belle ascoltate fino ad ora. Sono molto curioso di vederti alla prossima puntata dato che sono sicuro che ci arriverai» conclude. «Allora, Mika, vuoi dire qualcosa?» mi chiede Cattelan. «Grazie mile a tutti, al publico, a te e ai giudici. D-davero, non so cosa dire. I'm... contentisimo» dico sorridendo arricciando il naso. «Dovreste averlo vicino questo ragazzo, sta tremando tantissimo! Allora Mika, puoi andare, bravo». Con una mano saluto il pubblico e vado nei camerini.
«Cazzo, Mika! Sei stato grande!» esclama Manuele abbracciandomi.
Non posso essere più felice di così.
O forse sì.
Se solo lui fosse qui.


Pov. Marco

«Oddio, Marco, stai piangendo da quando è salito sul palco» mi dice Nathan, con tono preoccupato. «Quando ha fatto le audizioni, io ero con lui a sostenerlo e a dargli forza. E guardalo adesso! Porca troia» «Sembri una mamma con il proprio figlio ma va bene. Perché non lo chiami?» «Non posso» dico abbassando lo sguardo e tirando sù col naso. «Non puoi o non vuoi? Perché per una volta non metti da parte il tuo orgoglio?»

Pov. Mika

«Ora sapremo chi sarà il primo eliminato di questa prima puntata!» esclama Alessandro. Il mio giudice si avvicina al nostro gruppo abbracciandoci.
Ad ogni nome pronunciato da Alessandro chiudo gli occhi e incrocio le dita sperando che dica anche il mio di nome.
«Alla prossima puntata passa... Mika!» Mi mordo il labbro inferiore e abbraccio forte Marco. Cazzo, sono passato! «Grazie a tuti!» esclamo sorridendo uscendo dal palco.


Pov. Marco

Mi alzo, prendo il mio cellulare e compongo il suo numero.
Uno squillo... due squilli... tre squilli; al sesto sto per staccare ma la voce emozionata di Mika me lo vieta. «M-Marco?» «Mika. Cazzo, ti ho visto. Porca puttana sei stato bravissimo!» dico tutto d'un fiato. «Ma stai piagendo?» mi chiede ridendo. «No, no. Come ti senti?» «Benissimo! Ho una adrenalina dentro che I can't descrive, è stato bellissimo!» «E ti credo! Sono felice per te» «Adeso devo andare, ci sentiamo» «Ciao» Stacco.

 
* * *
 
#spaceofthewriter
Più di una settimana per scrivere 'sta cosa.
Più di una settimana.
Allora, questo angolo autore sarà un po' lunghetto ma va bè.
- Lo so, i giudici sono un po' improbabili ma in tutte le storie ci sono Morgan, Elio, Simona e Mika e, dato che a me le cose banali e scontate non piacciono, i giudici li ho scelti io. Yeah.
- So che questo è il capitolo più brutto ma non riuscivo davvero a scrivere qualcosa di carino o almeno decente. Dato che fino al 26/27 agosto non potrò pubblicare niente mi sentivo in dovere di non lasciarvi proprio a bocca asciutta (?)
Beh, grazie per tutti i bei complimenti che non mi fate mai mancare. Mi mancherete:(
Cercate di divertirvi in queste vacanze, statemi bene e non dimenticatemi, pliz:(
Andrea vvb
xo

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Capitolo 23
*** XXIII ***


XXIII


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *

 
«Stai con me solo perché menartelo non ti soddisfa abbastanza, non è così?» Serro un pugno. «Cos'hai fato a tua mouth?» mi chiede passando un dito al di sotto del mio labbro, sulla pelle accanto al labret fatto da pochi giorni. «E' un piercing, volevo farlo da tempo.» «Sai che non me piaciono...» «Rispondi alla mia domanda» ordino irritato. «Ma cosa dice?» chiede, con espressione confusa. Sbuffo contrariato. «Mi hai usato solo per il sesso, non è così?» Una piccola ruga si forma al centro delle sue sopracciglia. «Smettila! Perché dice questo?» «Perché? Mando tutto a quel paese per venire da te, per starti accanto, perché mi mancavi e tu cosa fai? Resti tutto il giorno in quel fottuto loft sbattendotene di me. Sono qui, a urlare come un forsennato in mezzo alla strada, per te!» sbraito io. «Sei tu che hai deto di andare a X Factor, devi sapere che stavo in loft» borbotta. «Ho lasciato il mio migliore amico e il mio lavoro per te, cazzo» La vista si annebbia per via delle lacrime che pregano di fuoriuscire, ma non posso permetterlo, sembrerei un debole. «Infati ti ringrazie, mi hai fato felice!» dice quasi con un sussurro e un mezzo sorriso, prendendo le mie mani tra le sue in un gesto morbido e delicato. «V-vai a fartelo infilare da quel Manuele» Lo guardo: ha il viso contratto in un'espressione quasi dispiaciuta.
Cosa cazzo ho detto? Subito mi lascia le mani, abbassando il capo.
Lo supero e corro via tra le strade di una Milano quasi deserta.
Come ho potuto dirgli una frase del genere? Manco lo conosco, quel Manuele, sono solo amici.
Mi ha ferito, restando continuamente nel loft per tre giorni mentre io ero andato da lui, lo ammetto, ma non poteva fare altrimenti. Forse era meglio non proporgli l'idea di andare ad X Factor, questo ci ha divisi troppo, sia geograficamente che non. E mi sento così stupido. Lui ha una voce fantastica, se non gli avrei proposto di partecipare al talent l'avrebbe soltanto sprecata, e gli avrei fatto del male. Ma ormai quel che è fatto è fatto, e non si può più rimediare.
Rimembrare gli avvenimenti e le scelte passate è inutile. Okay, ti sei pentito della tua scelta, e allora? Non puoi farci niente, la macchina del tempo non l'hanno inventata ancora e forse è meglio, perché, anche se sarebbe comodo a tutti cambiare determinate azioni compiute nel passato, sarebbe irresponsabile per la propria persona.
Io Mika non voglio perderlo. Lui è l'arcobaleno che spunta in cielo dopo la pioggia; lo  schizzo di un colore vivace su un foglio bianco.
 
* * *

Mentre passeggio per le vie del mio paese, una mano si poggia sulla mia spalla destra, strattonandola e facendomi scontrare la schiena contro il muro di un vicolo stretto.
Un sapore di alcool misto alla nicotina mi invade la bocca, facendomi instintivamente stringere le palpebre. Sono bloccato contro il muro, non riesco a muovermi. Sento le ossa delle gambe come fossero due budini.
In un barlume di lucidità alzo la mano sinistra e spingo con la poca forza che ho il petto dello sconosciuto spostandolo all'indietro.
Apro gli occhi.
Mirko.
«Hai un buon sapore» dice passandosi la lingua sulle labbra «Sorpreso, eh? Non aver paura» continua per poi passarmi una mano sulla guancia che non stento un secondo a spostarla via. «Quando eravamo in discoteca non mi hai respinto, anzi, me lo hai succhiato una meraviglia» borbotta sorridendo. Credo di essere sbiancato di colpo. «Ti senti bene?» chiede. «T-tu m-mi hai usato. Brutto pezzo di merda» «Ehi, ehi, calma. Guarda che io non ti avevo costretto a fare nulla» Sto per dargli un pugno quando lui me lo afferra avvicinandosi a me. «Non» l'altra sua mano si posa sulla patta dei miei jeans e il terrore mi raggiunge con una forte stretta. «Urlare» continua. Mordo con forza il mio labbro inferiore per non urlare e chiudo gli occhi. «C-cosa vuoi?» chiedo guardandolo in quegli occhi freddi e cupi. «Divertirmi» si volta per un secondo e afferrandomi un braccio apre la portiera della sua Volkswagen. «Fammi uscire, cazzo!» strillo. «Tranquillo, non ti farò niente di male» dice mettendo in moto e sfrecciando a tutta velocità verso chissà dove.


La porta che si apre.
Uno strattone.
La porta che si chiude.
«Lasciami!» «Dio, sembri una femminuccia impaurita, gne gne. Sta' calmo» risponde accennando un sorriso di quelli che teoricamente dovrebbero essere confortanti. Il mio primo impulso è quello di scappare ma peggiorerei soltanto la situazione. Mirko mi prende un braccio - di nuovo - e mi guida verso la sua camera da letto, dove con una spinta decisa mi stende sul letto. Velocemente si sfila le scarpe e sbottona la camicia bianca per poi lanciarla in un angolo della grande stanza. Si sporge verso di me e intrappola un lembo della mia pelle del collo tra i suoi denti. Stringe con forza facendomi gemere dal dolore. Gli poggio una mano sul petto glabro cercando di liberarmi dalla sua presa, ma lui è più forte.
Dopo del tempo che mi sembra infinito lascia libera la mia pelle. «Ora sei mio.»
Inizio a sudare freddo quando mi sfila la camicia e inizia a lasciare varie scie di baci bagnati e morsetti sul mio busto. «T-ti prego...» Non mi sono mai sentito così sporco come in questo momento. Voglio andarmene. «Mi piace il tuo profumo...» sussurra per poi posizionarsi alzato ai piedi del letto sfilandosi la cintura. Ora o mai più.
Approfitto di quel momento per scappare ma lui ha riflessi più veloci e mi spinge di nuovo sul materasso. Fa una smorfia contrariata e si toglie i pantaloni scoprendosi senza boxer e con un rigonfiamento ben sviluppato.
Sorride sadico quando poggia le sue labbra arrossate sul mio pube, facendomi tremare. «T-ti darò ciò che v-vuoi, ma ti p-prego, lasciami andare» lo prego. Lui scuote la testa «Allora concediti a me. Lo capisci che quel tuo bel faccino da cucciolo mi eccita da morire?» Un gesto disinvolto e mi strappa i jeans, facendo volare chissà in quale parte della stanza il bottone.
Ad ogni movimento, ogni secondo che passa il mio respiro diventa sempre più irregolare e il panico s'impadronisce di me. Voglio andarmene, devo denunciarlo, voglio essere tra le braccia di Mika. Nient'altro.
Mi sale il cuore in gola appena mi sfila i boxer bianchi e una mano va ad accarezzare la mia pancia.
«Quanto lo hai grosso. Fortunato il tuo fidanzatino» mugugna con voce roca e colma d'eccitazione.
Un fremito di paura mi travolge quando il mio membro viene quasi interamente inglobato nella bocca del moro.
Una lacrima salata inizia il suo percorso sulla mia guancia quando afferra in una mano il suo membro e il mio, facendoli sfregare tra di loro provocandomi un estremo dolore. Lui, invece, sembra apprezzare dato che ha gli occhi chiusi, le labbra semichiuse e la testa all'indietro. Inizia a fare un movimento di su e giù che mi provoca dei piccoli strilli di sofferenza e ti inquietudine.
Questo non è fare l'amore. Questo è fare sesso. Qui non c'è amore, ma solo frustrazione e desiderio di appagazione.
Fare l'amore è diverso.
Fare l'amore è quando due persone si amano e si abbandonano l'uno nell'altro nel loro amore.
Io e Mika facciamo l'amore, e il modo in cui lo facciamo è unico e speciale.
Non c'è dolore, non c'è paura, non c'è ansia; ma solo piacere e tenerezza.
«B-basta, ti scongiuro» sussurro appena trovo la forza di aprir bocca e far uscire la voce. Mirko si ferma e guarda il mio viso zuppo di lacrime e sudore. Lascia le nostre intimità, ma fa un sorriso compiaciuto. «Ah, vuoi andare al momento clue? Come siamo impazienti. Ti accontento subito!» con questa frase si fa spazio tra le mie carni.
Con forza.
Senza pietà.

Pov. Mika

Sono sicuro che sia entrato nella sua auto. Cazzo. Dev'essere questa casa sua, fuori c'è la macchina.
Ho un brutto presentimento.
Cerco un'entrata ma trovo soltanto la porta di legno massello e una finestra semichiusa.
Con un salto raggiungo un muretto posto sotto la finestra e mi sporgo per controllare cosa succede lì dentro.
Per una volta la mia statura mi è stata d'aiuto.
Vedo soltano il materasso di un letto cigolare.
Trovo una statua alta più o meno quaranta centimetri raffigurante una Geisha e la afferro; senza pensarci un secondo in più la scaglio contro il vetro della finestra, che, rompendosi, mi dà la possibilità di entrare in casa.
La vista che mi si para d'avanti è la scena più brutta che abbia mai visto.
Il cuore inizia a martellarmi contro la gabbia toracica.
Sento un nodo alla gola e un peso come un macigno sul petto.
«I kill you».

 
* * *
 
#spaceofthewriter
Eeeeeehilà, son tornato oggi e ho scritto questa cagata...
vi sono mancaaaato?
Boh, sinceramente non so da dove sia uscita 'sta cosa ma ok.
Allora, avevo pensato di cambiare rating, ma poi ho pensato che la scena 'hot' non fosse
così hot e che di scena hot ce ne fosse solo una.
hot hot hot hot.
Spero che non abbia dato fastidio a nessuno.
Alla prossima,
xo

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Capitolo 24
*** XXIV ***


XXIV


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *

 
Pov. Mika

Non credevo ai miei occhi e mi ero anche pizzicato l'avambraccio per assicurarmi che non fosse tutto frutto della mia immaginazione.
No, era tutto vero.
Mirko, quello che credevo fosse mio amico stava violentando il mio fidanzato.
Era ai piedi del letto, con il membro umidiccio all'insù e uno schifoso sorrisino sulle labbra; mentre Marco... oh, il mio Marco era disteso sul letto rannicchiato su un lato, le ginocchia sul ventre, il viso coperto dalle mani e mi dava le spalle. Potevo vederlo fremere dagli spasmi. Sembrava così piccolo, ancora più piccolo; sembrava un bambino punito dai genitori.
"Ehilà, chi si vede. Vuoi unirti a noi?" Con il sangue gelato nelle vene e la testa che mi pulsava, avevo stretto un pugno e l'avevo mandato dritto sulla mandibola del moro. Lui aveva strizzato un momento le palpebre e, indietreggiando, la schiena nuda aveva incontrato la parete giallognola.
Con la rabbia in ogni millimetro del mio corpo, gli avevo stretto le spalle con le mani e lasciato che il mio ginocchio andasse a colpire la sua intimità. Mirko strabuzzava gli occhi, il suo viso si era arrossato e si era accasciato a terra dolorante.
"No basta, eh? Vuoi ancora?" avevo detto sadico, mettendomi a cavalcioni sulla sua pancia, iniziando ad affondare i pugni sul suo viso, ormai allo stremo delle forze, facendo sfogare tutto il mio odio per lui in quei colpi forti e rapidi.
Più urlava più lo colpivo; più cercava di svincolarsi con le poche forze che aveva più facevo peso sul suo busto.
Appena alcuni rivoli di liquido rosso scuro avevano iniziato a sgorgare dal suo labbro superiore, dal naso e dal sopracciglio sinistro, mi ero fermato.
Un gemito soffocato mi aveva fatto alzare e avvicinare al letto sfatto a due piazze abbandonando Mirko sicuro che non poteva reagire.
Marco era ancora lì, nella stessa posizione fetale.
Vederlo in quello stato, completamente nudo, con il petto che si alzava e si abbassava così velocemente da sembrare una bomba in procinto di esplodere, mi faceva venir voglia di uccidere quel figlio di puttana che gli aveva fatto del male.
Volevo respirare normalmente, ma quasi non riuscivo ad assimilare ossigeno. Volevo piangere, sentivo le lacrime offuscarmi la vista ma avevo morso il mio labbro inferiore scacciandole via. Volevo deglutire, ma la mia gola era troppo secca e non c'era più saliva.
Avevo cercato i vestiti di Marco sparsi in quella maledetta stanza.
Trovate le scarpe, i jeans, la maglietta bianca e i boxer avevo cercato di vestirlo nonostante il fatto che ad ogni mio tocco lui aggrottava le sopracciglia e faceva una smorfia indecifrabile, quasi terrorizzata.
Non l'avevo guardato in viso, non ci riuscivo. Incontrare il suo sguardo impaurito e brillante di lacrime mi avrebbe fatto del male come se mi scagliassero centinaia di lame taglienti.
Avevo dato un'ultima occhiata di disprezzo al corpo di Mirko steso sul pavimento e mi faceva sempre più schifo.
Avevo visto Marco camminare verso la porta a passi deboli; ogni tanto si sosteneva poggiando una mano sulle pareti e avevo cercato di prendere la sua mano ma si era ritratto, così avevo deciso di dirigermi verso la porta, con lui dietro che strisciava i piedi sul pavimento e la testa china.
Entrati nella mia auto, lui appena si era seduto sul sedile in pelle, il suo viso si era contorto in una smorfia di dolore e avevo capito tutto. "P-Puoi mettere su sedile d-dietro, coricato" avevo sussurrato come se con la voce potessi far sgretolare il suo corpicino. Era sceso dall'auto e si era steso sui tre sedili posteriori, a pancia in giù.
Stringevo forte il volante e sfrecciai verso casa mia. Volevo arrivare al più presto possibile, volevo proteggere Marco.
Parcheggiata l'auto e infilata la chiave nella serratura, ero entrato in casa con Marco.
"S-Se v-uoi puoi adare a farte una d-doccia. Il bagno sai dove è" avevo proposto. Lui aveva annuito senza mai rivolgermi uno sguardo.
Sentivo lo stomaco rivoltarsi come un calzino e avevo messo una mano sulla bocca per dei conati di vomito.

Sono passati quattro giorni, quattro giorni che dovevo passare nel loft di X Factor a provare la canzone nuova con il mio giudice, ma che ho trascorso con Marco. Non me ne pento e mai lo farò; lui ha bisogno di me, ora.
Com'è potuta succedere una cosa simile? Cazzo, io mi trovavo lì perché volevo farmi perdonare dal mio ragazzo e guardando Mirko che lo portava in macchina mi ha spinto a seguirli. Ma se non ci fossi stato? Cosa sarebbe accaduto?
Osservo - ormai il fin troppo esile - corpo di Marco giacere sul materasso e il suo respiro regolare mi fa fare un sospiro di sollievo.
Ha le guance lievemente scavate e pallide.
Sono quattro giorni che quando preparo da mangiare lui si rifiuta, oppure mangia ma tutto il cibo si riversa giù nel wc. Ho provato a farlo mangiare, gli ho cucinato i suoi piatti preferiti, ho cercato di fargli buttare fuori tutto ciò che prova in questo periodo ma lui non collabora e questo non fa che farmi stare peggio.
Lascio che un mio dito vada ad accarezzargli una guancia; da Quel giorno non riesco più a dormire e dato che di giorno Marco non si fa neanche sfiorare ne approfitto per distendermi sul letto accanto a lui e osservarlo dormire per poi andarmene sul divano quando si fa giorno.
Non si fa toccare, Marco.
Non un bacio, non un abbraccio, non una carezza.
Parla poco, Marco.
Non mi dice più "Ti amo" né altre dolci o semplici parole ma comunica quasi solamente a gesti e a monosillabi.
Marco non è felice.
Si chiude in camera sua, a chiave, e inizia a singhiozzare. Lo sento tirare sù col naso, fare delle piccole urla soffocate dai cuscini e piangere, piangere tanto.
Gli dico "Apri, te prego" ma lui non risponde.
Allora mi siedo sul parquet, con la testa e la schiena appoggiate alla porta e ascolto il mio Marco soffrire nel silenzio della casa.
Quando non ne posso più mi alzo e gli cucino qualcosa, accendo lo stereo e metto le canzoni dei suoi cantanti preferiti o faccio le cose più disparate che - almeno prima - lo facevano sorridere e far tornare il buon umore.
Non vuole uscire, non vuole vedere Nathan, non fa più le coccole a Melachi, non ride più, non sorride più.


«No, no... M-Mika, b-basta... aiu... tami...» Marco inizia a borbottare frasi sconnesse e dimenarsi. Con una mano stringe forte il cuscino dipingendo le nocche delle dita di bianco. Impaurito, mi siedo con le ginocchia impiantate sul materasso. «Marco, Marco» lo chiamo ma lui sembra non sentirmi continuando ad agitarsi. «Mi... mi fa... male... ti prego...» dice con un tono di voce fin troppo alto. Gli poggio le mani sulle spalle e lo scuoto leggermente. «Marco, svegliati, please». Lui spalanca gli occhi di colpo ed io, istintivamente, lo accolgo tra le mie braccia.
«Oh, Marco» sussurro affondando le mie mani nei suoi capelli sudaticci e la bocca sulla spalla coperta dalla stoffa della maglia.
E' così tanto tempo che non sento il profumo della sua pelle e non ho il suo corpo tra le mie braccia. E' una sensazione bellissima e di pace.
Lui sembra non essere contento del mio gesto e sto per staccarmi, quando le sue braccia mi avvolgono la schiena stringendomi a sè.
«Va tuto bene» mormoro chiudendo gli occhi beandomi di quel momento.
Stiamo così per un po', quando lui mi lascia e si siede a gambe incrociate, abbassando la testa.

«Marco» sussurro poggiando la mia mano delicatamente sulla sua. Sussulta. «N-Non farmi del male, t-ti prego» dice con voce flebile. Scuoto la testa. «Come poso farte del male? I'm Michael, Mika, your boyfriend.» dico. Lui non si muove di un millimetro, come se non avesse mai udito le mie parole. Poggio le mie mani sulle sue guance gli alzo leggermente il viso incatenando il suo sguardo al mio. Quei due pozzi color cioccolato sembrano brillare di luce propria.
«I love you» dico sicuro per poi avvicinare lentamente il viso al suo. Sento il cuore battermi forte. Ad un soffio dalle sue labbra poggio la fronte sulla sua, facendo sfiorare le punte dei nostri nasi. E' così bello. Ma bello davvero. Marco non è figo, è proprio bello. E' come un diamante prezioso e raro. Nessuno deve fargli del male, nessuno.
«M-Mika...» dice con voce quasi impercettibile alitandomi sulle labbra. Si morde il labbro inferiore ed io, con il pollice, lo sfioro fermando la sua tortura sostituendo ai suoi incisivi le mie labbra.
Lo bacio lentamente, carezzando le sue labbra con la leggerezza di una piuma; non voglio mettergli paura, è così fragile.
Una sua mano si posa sulla mia schiena afferrando tra le dita un lembo di stoffa arancione e stringerlo.
Sentire di nuovo le sue labbra soffici sulle mie è la medesima sensazione che si prova quando si attraversa il deserto senza idratarsi mai e dopo settimane ci si trova d'avanti un bicchiere d'acqua e subito il liquido fresco ti attraversa la gola.
Come un fumatore che non fuma una sigaretta da tempo.
Come quando un goloso non mangia del cioccolato da mesi.
Mi sento bene, mi sento completo, mi sento vivo.

 
* * *
 
#spaceofthewriter
Sciao bela gente.
Allora, il capitolo è questo (viva la tristezza)..
Comunque, a parte questo, nel precedente capitolo ho avuto tantissime recensioni stupende,
e non finirò mai di ringraziarvi. Quindi: grazie, grazie, grazie.
Spero che anche questo capitolo vi piaccia come il precedente c:
A presto,
xo

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Capitolo 25
*** XXV ***


XXV


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *

 
“Sto male, Mika”
“I know, amore”

Afferro lo shot e lo porto alle labbra dando via libera al liquido di attraversarmi la gola.

“Aiutami. Non mi lasciare”
“Sono qui, no ti lascero mai”
“Se tu non fossi venuto in quella casa...”
“Ssh, ora è pasato. Denuciamo Mirko, okay? Lo denuncio e nesuno te farà mai più del male; mai più, amore. I promise.”

Al terzo shot sento la testa girare vorticosamente, al che quasi scivolo giù dallo sgabello.
«Stai bene?» mi chiede il barista. «Va' al diavolo.» rispondo acidamente. Afferro  il collo della bottiglia di vodka alla mia destra ma subito sento qualcosa forzare la presa, sfilandola dalle mie mani. «Smettila» «Mika...» «Ma quale Mika? Sono Nathan, cazzo» mi volto, mi sembra di vedere il suo volto. Probabilmente sono soltanto ubriaco. «Che vuoi? Dammi la bottiglia» mugugno digrignando i denti. «Sono cinque fottuti mesi che di sera non fai altro che ubriacarti. Cazzo, reagisci»

“Ti amo”
“Ti amo anche io”

«Dammi questa fottuta bottiglia e non rompere il cazzo» dico strattonando il biondo per poi riprendermi la bottiglia bianca. «Oh, vaffanculo» borbotta per poi uscire dal mio campo visivo.
Chi si crede di essere? Ora vuole farmi pure la lezione di vita come se avessi dieci anni?
Stappo la bottiglia e ne verso un po' nel piccolo calice trasparente.
«Problemi di cuore?» mi chiede ancora il barista, poggiando le braccia sul bancone marroncino.
Mi rigiro il bicchiere tra le mani osservando il liquido bianco sbattere su ogni millimetro di vetro.
Anch'io mi sento un po' così, come la vodka. Mi sento come se per tutto questo tempo fossi stato intrappolato in un bicchiere.
La mia mente inizia ad immaginare il mio volto navigare tra le braccia di Mika - che sarebbe il bicchiere -. Tra le sue braccia mi sentivo sempre protetto da tutto e da tutti. Mi sono affezionato fin troppo; gli ho dato tutto me stesso, l'ho amato con ogni cellula del mio corpo, ed ora che lui non c'è mi sento come la vodka nel mio stomaco: sola e persa.
La vodka senza un recipiente dove stare non serve a niente e non è niente.
Come me senza Mika.
«Io e il mio ragazzo ci siamo lasciati» rispondo ingurgitando il liquido tutto d'un fiato. «Oh, perché?» «Una persona mi ha scopato a forza e ha minacciato di ucciderlo se io non l'avessi lasciato» dico versandomi altra vodka nel bicchiere. Sentire il suo sapore scorrere nel mio corpo mi da un senso di rilassatezza e incoscienza... almeno finché non ti svegli dalla sbronza e sei costretto a ritornare coi piedi per terra e ad affrontare questa merda di realtà. «Oh... wow. Bello schifo, mi spiace» risponde dandomi una pacca sulla spalla e voltandosi per servire altri clienti.
Eh già, bello schifo.

 
* * *

Passarono due mesi e di Mika neanche l'ombra.
Mirko? Mirko meritò il carcere, ma purtroppo le cose non sempre vanno come si vorrebbe.
Mentre Mika era a Milano, Mirko mi minacciò con una calibro 6, “Se non lasci quel bastardo lo uccido, e se provi a denunciarmi farai la stessa sua fine” disse.
Io e Mika pensammo che stesse scherzando, così ci incontrammo liberamente al parco.
Il giorno dopo, Mirko mi incontrò per strada e mi prese a pugni dicendo di averci visto, il giorno precedente. Così fui costretto a lasciare Mika - sempre se volevo farlo restare in vita -. Non gli raccontai di ciò che mi fece Mirko, ma lui capì che se non volevamo avere dei guai era meglio lasciarci.

Ancora riesco a sentir riecheggiare nella mia mente la voce distrutta e interrotta dai singhiozzi di Michael e quella furiosa di Mirko.
Giù un altro bicchiere di vodka.

 
* * *

“Il vincitore di X Factor 2014 è...” una voce maschile a primo impatto conosciuta, mi aveva fatto indirizzare lo sguardo sul piccolo televisore.
Alessandro.
L'ultima puntata di X Factor.
Vedevo tutto appannato ma mi ero sfregato gli occhi con una mano riuscendo a mettere a fuoco il tutto.
Pantaloni classici neri, camicia bianca e un gilet grigio chiaro aperto davanti con un prolungamento dietro fin sotto il sedere.
Mika.
Aveva stretto la mano al suo giudice e ad una ragazza dai voluminosi capelli ricci e biondi.
Quant'era bello sentire il tocco della sua mano morbida sulla mia.
Gli avevano fatto un primo piano: i ricci sparati ovunque, i suoi incisivi che mordicchiavano nervosamente quelle tenere labbra a cuoricino che amavo baciare come non so cosa.
“Mika!”
Il presentatore aveva urlato quel nome e una miriade di applausi erano risuonati nel bar. Il riccio aveva dilatato gli occhi, incredulo, e stretto forte a sè il suo giudice, il quale gli aveva strofinato una mano sulla schiena e un sorriso orgoglioso era apparso sul suo volto.
Aveva vinto.
Lo sapevo, ci avrei scommesso qualsiasi cosa.
Sentivo il cuore esplodermi; ero così fottutamente contento per lui.
Adesso potrà pubblicare un disco, fare tour su tour ed essere felice, pensavo.
Una grande quantità di coriandoli gialli cadevano sul pavimento e sulle teste delle persone che facevano parte del talent.
Gli altri tre giudici e finalisti lo abbracciarono forte.
Avevo il cuore colmo di gioia, sapevo come si sentiva lui in quel momento.
“V-Voglio dedicare questo mio inedito a una persona mucho speciale, and, credo che sta guardando me, ora”  aveva detto su una dolce base partita improvvisamente e prendendo un microfono datogli da Alessandro.

 
And you can tell me nything that you want and I'll wait for you.
Because I'll only be playing the part, that you want me to.
And I can't believe that after what you did, still can't tell you no.
My mind knows better but my heart would never let me let you go.

I try to stay as far as I can, away from you.
Buy my magnetic heart just won't understand why I can't have you.
So I try to keep my distance, but you're breaking my resistance.
I can't explain why we're meant to stay apart,
to my magnetic heart, my magnetic heart.

You're pulling me in every direction, do you even care?
I could run to the edge of the world, you'd be standing there.
And I'm giving in, when I let you win, and I just can't escape.
Now I'm falling down and you are not around a broken heart can break.

Poteva essere che quella canzone, quel testo, era dedicato a me?
Un piccolo sorriso era apparso sul mio volto facendo compagnia ad una lacrima.

 
I try to stay as far as I can, away from you.
Buy my magnetic heart just won't understand why I can't have you.
So I try to keep my distance but you're breaking my resistance.
I can't explain why we're meant to stay apart to my magnetic heart, my magnetic heart.

Se solo non ci fosse stato quello stronzo saremmo stati insieme, felici, avevo detto tra me e me.
Mi mancava, mi mancava da morire. Mi mancava ogni piccola cosa di lui.
Come avrei fatto a continuare una vita a parte, senza di lui, senza che ci fosse lui a riempirmi le giornate, a darle un senso? Senza svegliarmi la mattina e trovarlo tra le mie braccia? Senza il suo amore? Non lo so, ma devo fare qualcosa.
Prima c'era lui ad occuparsi di me, a proteggermi ma ora è tutto finito. Ora devo farmi coraggio e iniziare una vita nuova.
Mika è l'aria che respiro, l'ossigeno, il carburante di me stesso. E' tutto ciò che di bello c'è al mondo, e non riuscirei mai a trovare un altra persona come lui.

 
You're pulling me in every direction, do you even care?
I could run to the edge of the world you'd be standing there.
And I'm giving in when I let you win and I just can't escape.
Now I'm falling down and you are not around a broken heart can break.

Stringeva forte il microfono con due mani e le palpebre mentre delle gocce gli scivolavano giù dagli occhi fino ad intrufolarsi sulle sue labbra.
Si ferma, non riesce a continuare.
Aveva sorriso, ma era un sorriso amaro, triste, e aveva sussurrato un “Sorry”, dando le spalle al pubblico e mettendosi le mani sul viso mentre il suo corpo era scosso dagli spasmi.
Marco sorrise e lo aveva abbracciato, lasciando i finalisti e gli altri giudici continuare la canzone.
Quella scena mi aveva distrutto. Lo avevo fatto soffrire, dal primo giorno. Dovevo lottare, dovevo fregarmene degli ostacoli e superarli, invece mi ero soltanto fatto abbattere.

 
* * *
 
#spaceofthewriter
Ecco un aaaltro capitolo, il penultimo.
Eh, già. Un solo capitolo e questa storia si conclude.
Mi vien quasi da piangere ç.ç
Scriverei questa storia all'infinito, ma purtroppo la mia fantasia ha un limite.
Ho aggiunto dei flashback che spero non vi faccia confondere con il resto.

La canzone che Mika canta è “My magnetic heart”, la versione inglese di “Non passerai”
di Marco Mengoni.
Dato che io di scrivere una canzone non sono capace (?) ho messo come inedito di Mika
una canzone che si avvicina a ciò che prova in questo periodo.
Ringrazio, come sempre, chi ha recensito e semplicemente letto il capitolo precedente;
grazie mille a tutti c:
xo

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Capitolo 26
*** XXVI ***


XXVI


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *

 
Immergo la mano sinistra nella sabbia fredda e ne alzo un mucchietto.
La osservo. Osservo quei granuli giallognoli scivolare giù dal mio palmo, e confondersi tra i suoi simili.
Data l'ora, c'è solo un ragazzo intento a tirar su dei pesci, un uomo sulla trentina dal corpo massiccio e abbronzato che dovrebbe essere il bagnino, una giovane che osserva le onde e con maestrìa e precisione lascia che il pennello stretto nella mano crei la sua opera, un'anziana coppia che, l'uno tra le braccia dell'altro, contemplano il paesaggio di fronte ai loro occhi.
Una raffica di vento sibilante mi costringe - istintivamente - a tirar su le gambe al petto e appoggiarvici le braccia. E' novembre, non dovrei esser qui, ma il paesaggio marino è stata la prima idea che mi era saltata in mente per prendermi un giorno di relax. Il mare mi rilassa, e amo contemplare l'acqua infrangersi sugli scogli o semplicemente fare il suo viaggio in assoluta tranquillità.
C'è qualcosa di magico. C'è qualcosa di magico nella spiaggia.
Quel ragazzo è venuto qui per prepararsi una buona cena; la giovane dai lunghi capelli color mogano è qui per esternare il suo essere attraverso la pittura, mentre la coppia di sposi si è rifugiata in spiaggia per star tranquilli con il loro amore.
Il cielo, dalla tonalità arancio-oro emana una flebile luce sul manto azzurrino dell'acqua e un particolare senso di pace.
Sposto lo sguardo verso quei due innamorati e mi pare di rivedere me e Mika.
Spero ancora che lui venga accanto a me e mi abbracci, dicendomi con il suo buffo italiano e mostrandomi i suoi incisivi e quelle due fossette, che possiamo ritornare insieme. Per sempre.
Ma accanto a me c'è solo quel ragazzo con l'amo da pesca tra le mani.
«Non stai molto bene, vero?» mi chiede, guardandomi. Lentamente mi volto verso lo sconosciuto, per poi scrollare le spalle. Ha un viso molto dolce: la mascella abbastanza definita, il naso piccolo, le labbra sottili, una leggera barbetta e i capelli coperti da un cappello di lana grigio mentre un ciuffo castano è poggiato sulla sua fronte.
«Sai, vengo spesso qui; trovo sempre persone diverse: bambini, uomini, donne, ragazzi di cui adoro conoscere le storie. Ne hanno tutti - o quasi - una particolare, bella o brutta che sia, e credo che anche tu ne abbia una.» afferma con convinzione. Poggio il mento sull'avambraccio e sposto le pupille verso il basso. Non so cosa dire. «Io sono Federico, tu?» mi chiede, accennando un sorriso. «Marco» rispondo. Non lo guardo negli occhi, ho paura di sapere cosa ci sia dietro quel suo sorriso apparentemente allegro.
Incrocio le gambe sulla sabbia e inizio a torturarmi l'unghia dell'indice destro. Sono imbarazzato.
«Ti ha lasciato la persona che ami.» dice, d'un tratto, dopo qualche secondo di silenzio. Di scatto alzo la testa e mi volto verso di lui, il quale emette una leggera risatina, guardando di fronte a lui. «No, non sono un indovino. Ti si legge in faccia.» dice. Sono ridotto così male? A quanto pare sì.
«Una persona ha minacciato di uccidere il mio ragazzo, se non l'avessi lasciato.» confesso, mentre un brivido mi percorre la schiena. «Lo amavo... anzi, no, che dico: io lo amo ancora. Cazzo se ne sono innamorato. Se solo quel bastardo non si fosse intromesso nella nostra vita...» mi blocco. Sento un fastidioso nodo alla gola e deglutisco scacciando via le lacrime che forzano la loro fuoriuscita.
«Mia moglie è morta, un anno fa. L'hanno buttata sotto un'auto.»
Un gabbiano si libra in aria maestoso, sfiorando con le zampe il pelo d'acqua. Si possono udire i suoi versi acuti. Si rialza, volteggia nell'aria e si allontana verso l'immensità del cielo.
«Mi spiace tanto» sussurro. «Sai, litigavamo spesso, anche se amorevolmente, perché lei desiderava tanto avere una femminuccia mentre io un maschietto. Le piacevano tanto i cadevani e venivamo ogni tanto qui a cercarli; sono pesci che si acciuffano difficilmente, perciò lei iniziava a lamentarsi come una bambina. Si chiamava Rosa, ma si faceva chiamare da tutti Rose. Era bellissima, era una vera e propria dea. Quei suoi capelli color cioccolato lisci come seta, quei suoi occhietti vispi e quelle sue labbra delicate mi facevano impazzire. Mi faceva sempre ridere, ed era di una dolcezza e fragilità molto rara. Per sette anni mi ha fatto sentire l'uomo più fortunato del mondo. Sai perché ti sto dicendo questo? Guardami: sono ancora qui, sereno, per quanto sia possibile esserlo. Sono convinto che lei sia qui, a vegliare su di me e sui miei sogni, aspettando il mio arrivo, lì, dove non esiste sofferenza né dolore. So come ti senti: solo, perso in un vicolo buio pieno di muri che ti impediscono di passare; ma tu sei più forte di loro, devi abbatterli. Ti senti frantumato in piccoli pezzetti di valore nullo. Sono sicuro che il ragazzo di cui sei innamorato ti starà pensando, anche se si farà una nuova vita. Il mondo è ingiusto, ragazzo mio. La vita spesso è una merda, ma dobbiamo cercare di continuare il nostro viaggio, con o senza le persone che amiamo.» Il mio corpo è ormai scosso dagli spasmi e le mie guance sono appiccicose dalle lacrime che sono scivolate giù, ma che restano impresse sulla pelle bruciando come ferite aperte e ricordandomi i motivi per cui sono scese. Federico si alza, per poi tornare dopo qualche secondo. «Tieni, prendi, ti aiuteranno.» Mi mostra una bottiglia di vetro dal collo stretto, un foglio di carta e una penna sottile. Con la manica della felpa verde mi strofino gli occhi e guardo confuso quegli oggetti, «Cosa sono?» chiedo. «Una mazza da scopa. Secondo te? Scrivi una lettera, infilala nella bottiglia e gettala nel mare. Lui saprà dove trasportare i tuoi pensieri. Scrivo spesso a Rose, quando sento particolarmente la sua mancanza.» dice, sorridendomi. Questa volta il mio sguardo è nel suo, e mi basta un attimo per vedere cosa nasconde: tristezza, paura del futuro, ma anche speranza, è questo quello che riesco a leggere in quelle due iridi color nocciola, improvvisamente quasi neri come il carbone. Guardo quei tre oggetti indeciso sul da farsi. «Su, forza» insiste il ragazzo. Prendo dalle sue mani quelle valvole di sfogo e le poggio sulle gambe. «G-grazie» sussurro alzando un angolo della bocca. Lui alza le spalle e sorride formando delle simpatiche rughe d'espressione ai lati degli occhi.
 
* * *
 
#spaceofthewriter
No, non mi hanno rapito gli alieni.
So che non aggiorno da una vita,
ma per colpa della scuola non sono riuscito a trovare un'oretta per scrivere ç.ç
Questo dovrebbe essere l'ultimo capitolo, e lo è; è solo la prima parte.
Ho deciso di dividerlo in due parti perché era davvero troppo lungo.
Spero vi piaccia, anche se è un po' corto.
Alla prossima c:
xo

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Capitolo 27
*** XXVII ***


XXVII

 
* * *

 
Ciao Michael, o forse dovrei dire Mika.
Sai, sono qui, seduto sul bagnasciuga della spiaggia più vicina, per cercare di non pensare, (anche se cosciente del fatto che il mare è portatore di riflessioni e ricordi).
Ho incontrato un ragazzo, Federico, che ha perso sua moglie in un incidente; mi ha donato tre oggetti: una penna a sfera dall'inchiostro blu ormai consunto, un foglio di carta e una bottiglia di vetro. Ha detto che a volte scrive ciò che prova in un pezzo di carta bianca, lo infila nella bottiglia e la lascia navigare tra la salsedine.
Mi sembra una cosa così stupida, ma faccio questo gesto per amore, e si sa che l'amore rende l'essere umano un po' imbecille.
Michael, mi manchi.
Sono passati otto mesi dall'ultima volta che i nostri respiri si sono confusi tra di loro, dalle mie mani sulla tua pelle, dalle tue esili - ma dannatamente accoglienti - braccia attorno al mio corpo.
E' stato un amore autentico, il nostro, anche se breve.
Mi haI insegnato cosa vuol dire amare una persona con tutto te stesso, dandole anima e corpo ogni giorno e in ogni piccolo gesto quotidiano.
Sai una cosa? Non ho rimpianti. Rifarei tutto da capo, pur sapendo il finale. Non rinuncerei ad ogni tuo bacio, ad ogni tua carezza. Non rinuncerei ad ascoltare la tua risata perfetta, alle tue parole in un italiano improbabile. Non rinuncerei a quelle litigate finite con un bacio e ritornando ad amarci più di prima.
Ha detto Federico di continuare a vivere la mia vita anche senza di te; ci proverò, te lo giuro, lo farò per te e per me.
Ma cazzo, ho così paura di non farcela, di crollare e non riuscire più ad alzarmi. Se penso al fatto che non sarò più io ad asciugarti le lacrime che mai devono scorrere sul tuo viso angelico, darti un abbraccio quando ne hai bisogno, dormire con la guancia schiacciata contro il tuo organo principale coperto dalla pelle, sento una strana morsa nello stomaco e mi vien voglia di piangere.
Ma promettimi una cosa, una cosa sola: che starai bene. L'unica cosa che voglio è che il tuo sorriso e la luce dei tuoi occhi non si spengano neanche per un minuto.
Smetto qui, dato che sono arrivato quasi alla fine del foglio.
Ti ho amato, ti amo e ti amerò sempre, Michael Holbrook Penniman Junior.

Ps. se hai trovato questo messaggio, voglio dirti una cosa: non smettere mai di lottare per le persone che ami e per ciò a cui tieni. Sii il più forte e coraggioso dei guerrieri: combatti sempre, non arrenderti.
Non abbandonarti completamente all'amore perdendo di vista il resto. Non fare come ho fatto io, che mi sono abbandonato all'amore finendo, poi, per restare solo e perdere non solo il ragazzo che amo, anche il mio migliore amico.
Buona fortuna,

Marco

Arrotolo su se stesso il foglio di carta aiutandomi con uno spago verde smeraldo e lo infilo accuratamente nella bottiglia, chiudendola con un tappo di sughero.
Federico, che fino a quel momento si era allontanato lasciandomi solo, mi da una pacca d'incoraggiamento sulla spalla.
Prendo un respiro profondo e vengo scosso da un forte singhiozzo dovuto agli spasmi.
Stringo forte la bottiglia e con tutta la forza che possiedo, la lancio via. Essa volteggia in aria per qualche metro per poi affondare in acqua provocando uno schizzo. Risalita su, inizia il suo lungo viaggio, affidandosi alle braccia del mare.
«Questa sera ho pescato un cadevano.»

 
* * *
 
21 ottobre 2020

Dopo un po' di esitazione, stringo forte la maniglia argentea e la abbasso, aprendo la porta. Davanti a me si para un enorme ingresso. Mi guardo intorno: le pareti color cioccolato contornate da ghirigori, un grande tappeto rossastro al centro e alcuni divanetti color panna rendono l'hotel molto elegante e raffinato.
Inizio a camminare smarrito sul parquet perfettamente lucidato, verso la reception, accorgendomi, dopo poco, della mancanza di un responsabile.
Non trovo neanche Blair, la ragazza che mi ha chiamato. Per cosa? Per farmi avere un incontro con un famoso cantautore in cerca di un batterista competente.
La ragazza mi ha chiamato tre giorni fa, dicendo che il manager di questo - ancora sconosciuto per me - cantante si era imbattuto nella mia cover di “Panic Station” dei Muse e ha subito ordinato di cercarmi.
Cinque anni fa ho iniziato dei corsi di batteria e da quando ho impugnato le bacchette non ho mai smesso di suonare, suonare e ancora suonare. Vedendo canali di altri batteristi su YouTube mi son chiesto “Perché non provarci?” così ne ho aperto uno dove pubblico cover delle canzoni che più mi piacciono, ricevendo moltissimi complimenti che a dirla tutta non penso di meritare.
La chiamata di Blair mi ha reso la persona più felice del mondo. Insomma, un'assistente di un cantante famoso non ti chiama tutti i giorni dicendo che desidererebbe essere il batterista di quest'ultimo. Pazzesco, no?
L'assistente mi ha dato appuntamento in quest'hotel, pagandomi il viaggio per Londra, dicendomi di cercare una porta con appeso un cartello, senza dirmi cosa ci fosse scritto.
Non posso neanche chiamarla dato che, preso dall'emozione, non ho salvato il suo numero in rubrica. Potrei sedermi e aspettare chissà chi ma decido di mettermi in cerca di questa porta.
Prendo un corridoio, fregandomene dello sguardo confuso della gente.
Ci sono centinaia e centinaia di porte, ascensori e corridoi: come farò a trovare ciò che cerco?

Cammino da almeno trenta minuti, sento le gambe pesanti e avrò perso dieci kg.
In lontananza vedo una figura bianca su una porta, così, con le ultime forze, corro verso di essa.
C'è un cartellino con su scritto “Private”; forse è in questa stanza ciò che cerco.
Ancora un po' insicuro, apro cautamente la porta dal pomello bianco.
Un tonfo, non faccio in tempo a guardare dove son capitato, che sento un tonfo. Ai miei piedi c'è un cellulare dalla cover bianca e il simbolo della Apple in alto; mi inginocchio per recuperarlo, quando sulla mia mano se ne poggia un'altra: maschile, elegante e dalle dita affusolate. Batto la mia testa contro quella del proprietario, cadendo impacciatamente col culo per terra.
Mi massaggio la cute, alzo la testa e incrocio lo sguardo dell'uomo con il mio.
Rimango pietrificato.
Si sta ripetendo tutto.
«M-Marco?» Quella voce. «Mika.»

 
 
 
 
#spaceofthewriter
Eh sì, siamo giunti alla fine (questa volta davvero).
Oddio, è la prima fanfic che scrivo (e non elimino al secondo capitolo) e che termino,
ed ora sono un po' imbarazzato, ma ok.
Che ve posso dì? GRAZIE.
Grazie perché senza di voi questa storia non sarebbe mai stata presente su questo fantastico sito né nelle 20 storie più popolari su Mika.
Grazie per le 11000+ visualizzazioni e ben 135 recensioni.
Non finirò mai di ringraziarvi, davvero.
Boh, spero che quest'ultimo capitolo non vi abbia deluso né fatto schifo e che tutta la storia vi abbia lasciato qualcosa.
Ovviamente mi farò rivedere presto eh!
Grazie ancora,
xtizianoschoco

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