All of Me

di Ally M
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I - Bleeding Out ***
Capitolo 2: *** II - I Wanna Be Yours ***
Capitolo 3: *** III - Come Home ***



Capitolo 1
*** I - Bleeding Out ***


Note iniziali:  Questa storia non so nemmeno io da dove viene fuori, no cioè in realtà lo so, ormai lo Sterek è diventato il mio chiodo fisso e questi due disagiati non mi escono dalla testa, forse perché ho recuperato due stagioni e mezzo di Teen Wolf in una settimana circa ( sì, la mia vita sociale ne ha risentito molto ) ed è stato come farmi fare una lobotomia. In ogni caso qualche avviso ai naviganti prima che iniziate a leggere: la storia è ambientata alla fine della terza stagione dove sembra * qui inizia quello che sembra si dice sia uno spoiler della quarta stagione * che Scott venga rapito dai Cacciatori visti all’inizio della 3B – per intenderci quelli pseudo messicani che  torturano Derek e Peter – e che Derek, gli Argent e Braeden vadano in Sud America a recuperarlo. In questa mini long – saranno infatti tre capitoli in tutto – nessuno è morto, sono tutti vivi e vegeti ma non proprio felici e contenti.

Ci risentiamo alla fine per le note finali.

 

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I

Bleeding Out

 

 

 

Someday my pain
Someday my pain will mark you
Harness your blame

The Wolves ( Act I and II ), Bon Iver

 

 

 

 

 

“ Va tutto bene?” la voce della donna arrivò lontana alle sue orecchie, come se si trovasse a chilometri di distanza e non sdraiata accanto a lui.

Strinse gli occhi, le mani che per un attimo andarono a coprire il suo viso, a strofinare la pelle leggermente umida di sudore per poi afferrare il lenzuolo e tirarselo addosso, nonostante l’aria nella stanza fosse bollente. Braeden si tirò su facendo leva su braccio e lo guardò con attenzione mentre lui si limitava ad annuire con un cenno del capo.

“Scott sta bene” disse dopo un po’ la ragazza accennando un sorriso e posando una mano sul suo petto, muovendola in una carezza, un qualcosa di dolce e allo stesso tempo malizioso ad illuminarle lo sguardo “Non penso che un gruppo di cacciatori sia un problema così grande per uno come te”

Derek la guardò per qualche istante, il suo cuore che sprofondava da qualche parte nello stomaco mentre il suo cervello, ogni cosa in lui, persino la sua pelle, urlava per quanto tutto quello fosse sbagliato.

Pelle candida come la neve, puntellata da piccoli nei che sembravano quasi formare una costellazione e lui come un astronomo la scopriva, accarezzandola con le mani e con le labbra.

Grandi occhi scuri, languidi e tremanti, catturavano i suoi in una morsa talmente  forte e stretta da impedirgli di respirare.

“A volte non ti manca il respiro?”

L’aria di Rio de Janeiro era bollente anche di notte, soprattutto quella notte, ma un lungo brivido gelido gli percorse la schiena mentre il suo cervello con lentezza quasi esasperante registrava le parole di Braeden e tentava di trovare le parole per rispondere.

“Sono solo un po’ stanco” mormorò intrecciando le dita a quelle della giovane, il suo stomaco che si stringeva in una morsa, una forte nausea a bruciargli la gola. Il suo corpo urlava perché non era quello il suo posto, non era quella la persona che doveva stringere fra le braccia, baciare o sfiorare. Nulla di tutto quello era giusto.

Fianchi stretti e pelle morbida, dita tremanti e inesperte, respiro affannato e il suo nome pronunciato come una preghiera.

“Derek”

“Derek” la voce di Braeden che lo strappava con forza da ricordi caldi che in quell’ultimo mese aveva provato in ogni modo a nascondere nei meandri della sua mente, in un luogo che sapeva solo lui e dove sperava rimanessero. Certi pensieri però era impossibile arginarli perché tornavano a colpirlo dolorosamente quando meno se lo aspettava, non appena chiudeva gli occhi e rilassava le membra stanche.

Quell’ultimo mese era stato l’inferno per talmente tanti motivi che nemmeno riusciva  ricordarli tutti: rintracciare Scott in Sud America per salvarlo dai cacciatori, ciò che aveva lasciato a Beacon Hills, collaborare con gli Argent – padre e figlia perché ovviamente i guai giravano in coppia – il profondo senso di colpa che lo attanagliava ogni volta che Braeden si avvicinava e lo toccava, Stiles. Mille pensieri che gli vorticavano nella mente, mille preoccupazioni, ma solo una cosa era in grado di togliergli il fiato e la ragione, un unico pensiero lo faceva tremare ed era proprio quello che cercava in ogni modo di cancellare.

“Sei qui, ma è come se fossi a chilometri di distanza” pronunciò Braeden accarezzandogli la guancia, gesti che gli riservava solo quando erano da soli, togliendo la maschera da forte donna vissuta per sciogliersi sotto il suo tocco.

“Non è finita qui con loro, non penso basterà così poco per fermarli” pronunciò cercando di rendere realtà quella bugia che gli scivolò sulla lingua senza quasi che se ne rendesse conto. Mentire sui suoi pensieri era diventato facile o forse era solo circondato da persone in quel momento che non erano in grado di leggere veramente ciò che i suoi occhi nascondevano.

“E’ solo questo che ti turba?” domandò la giovane a bruciapelo, lo sguardo attento e quasi timoroso, come se Derek fosse sul punto di farle del male ma lei non riuscisse a impedirlo. Non rispose a voce, si limitò ad alzare il viso e lasciarle un bacio sulle labbra, accennando un sorriso che non sentiva veramente. Braeden si strinse a lui posando la testa sul suo petto e sorridendo “Domani torniamo a casa e con il resto del tuo branco troveremo una soluzione”

Avrebbe voluto rispondere che non era il suo branco, semmai quello di Scott, che non voleva tornare a casa, che non voleva affrontare ciò che si era lasciato alle spalle e soprattutto che non voleva lei. Quel pensiero lo colpì con forza perché per qualche momento in quell’ultimo mese era stato davvero convinto che Braeden sarebbe riuscita a fargli dimenticare ogni cosa, ma l’unica cosa che la vicinanza della ragazza gli aveva dimostrare era quanto fosse altro a mancargli.

“Certo” annuì invece, sentendo il battito della giovane tranquillo contro il costato mentre si lasciava andare al sonno. Derek non avrebbe dormito, non molto, al massimo quelle poche ore necessarie per rimettersi in forze e non sarebbe stato un sonno tranquillo.

Era passato un mese dall’ultima volta che era riuscito a dormire un bene, trentatré giorni per la precisione, non era riuscito a non contarli.

 

 

 

 

***

 

 

 

 

What would I do without your smart mouth
Drawing me in, and you kicking me out
Got my head spinning, no kidding, I can't pin you down

All  of me, John Legend

 

 

 

 

 

Alle dieci esatte del mattino il sole si trovava in una particolare posizione nel cielo e quando nessuna nuvola tentava di oscurarlo, i suoi raggi entravano attraverso i vetri sporchi dell’enorme finestra illuminando il loft in un modo talmente intenso da non sembrare nemmeno più lo stesso luogo. Non sembrava il tetro antro buio dove era morto Boyd e che in molte occasioni era stato teatro di talmente tanti scontri che ormai Derek ne aveva perso il conto, era più caldo e confortevole, quella luce quasi portava con sé un vago sentore dolorosamente simile all’odore dolce che aveva riempito casa Hale per anni prima dell’incendio.

Sapeva di famiglia, persino le volte che Peter era lì con lui.

“A volte non ti manca il respiro?”

La voce di Stiles così bassa e delicata che quasi poté sentirla sulla sua stessa pelle come una carezza, il ragazzo gli si era avvicinato di un solo passo, i grandi occhi scuri annegati dalla preoccupazione e dall’ansia, il respiro – poteva sentirlo anche senza i suoi sensi da lupo – veloce come se non fosse in grado di controllarlo.

“Come?” domandò Derek girandosi verso il ragazzino e  inarcando le sopracciglia in una smorfia confusa lo guardò, cercando di capire che cosa gli stesse passando per la mente in quel momento. Sapeva che Stiles era agitato come poche volte era stato, sapeva che era preoccupato da morire per Scott, perché il suo migliore amico, suo fratello, era stato preso dai cacciatori e portato via. Poteva sentire il suo dolore e la sua agitazione, erano un odore acre e pungente che sapeva di lacrime mal trattenute e di notti insonni nell’attesa di notizie e Derek odiava quando Stiles sapeva di disperazione.

Per lui Stiles aveva sempre avuto il profumo delle cose belle: sapeva di quaderni appena comprati per la scuola, di venerdì sera a vedere un film e di pancake il sabato mattina. Il suo odore lo tranquillizzava sempre, ma in quel momento era una stretta prepotente intorno al cuore, al punto da agitare il lupo dentro di lui.

“A volte, quando succedono tutte queste cose, non ti manca il respiro?” domandò ancora Stiles, una punta di nervosismo nella voce, le dita che torturavano il polsino della felpa rossa che indossava e gli occhi bassi, come se non avesse il coraggio di guardarlo. “Perché a me manca sempre, perché ho fatto del male a tutti voi, perché voi rischiate la vita continuamente e io sono spesso e volentieri solo d’intralcio, perché infondo a cosa serve un umano in un branco di lupi? Voglio dire io non…

Stiles” la voce di Derek era suonata più dura e risoluta di quanto avrebbe voluto, il ragazzo aveva bisogno di essere rassicurato e non di essere ripreso come aveva fatto lui in quel momento, ma Derek non era mai stato bravo a trattare con il dolore delle altre persone, non sapeva gestire nemmeno il suo, come avrebbe potuto essere d’aiuto in quel momento?

Il ragazzino si passò le mani sul viso “Scusa” pronunciò piano continuando a nascondere il viso “ Non hai bisogno di un ragazzino piagnucoloso in questo momento e io..”

Di nuovo non gli permise di continuare a parlare “Basta” pronunciò, questa volta con un tono più calmo, come se Stiles fosse di cristallo e solo alzando la voce potesse distruggerlo in mille pezzi. Era sempre stato l’umano più forte e fragile che avesse mai conosciuto, non lo aveva mai visto indietreggiare davanti a nulla, aveva sempre trovato incredibile il modo in cui riusciva a controllare il terrore e a farsi avanti coraggiosamente, come quando aveva deciso di affrontare Ethan e Aiden uniti nella loro trasformazione con solo una mazza da baseball in legno.

Provava una profonda stima nei confronti di Stiles e forse era proprio per quello – in realtà tentava di convincersene con tutte le sue forze -  che il suo cuore si era stretto in una morsa vedendolo così distrutto e indifeso in quel momento.  Sapeva quello che stava passando, era come rivedere se stesso qualche anno prima con il pressante senso di colpa a stringergli la gola perché se non fossero stati impegnati a salvare la pelle a lui, se non fosse stato posseduto dal Nogitsune, avrebbe sentito i cacciatori arrivare, avrebbero colto i segnali – queste erano state le parole di Stiles solo qualche giorno prima e Derek aveva fatto fatica a resistere all’impulso di prenderlo a sberle -.

Derek Hale non era mai stato bravo ad esprimere sentimenti, era come se si fosse creato una corazza intorno al cuore e l’unica cosa che normalmente riusciva a provare fosse una rabbia furiosa, ma in quel momento, vedendo Stiles, colui che era sempre stato la roccia del gruppo così debole, l’unica cosa che riuscì a fare fu cancellare la distanza che li separava e prenderlo fra le braccia, stringendolo con la forza del senso di protezione che provava. Sentì Stiles irrigidirsi per qualche secondo nella sua stretta, preso completamente alla sprovvista, ma poi le dita del ragazzo corsero a stringere la stoffa morbida della sua maglia, quasi aggrappandosi a lui come se da quello dipendesse la sua vita, il volto contro al suo petto e le spalle che tremavano. Il cuore di Derek gli si fermò dolorosamente nel petto quando sentì il giovane rilassarsi fra le sue braccia, mentre percepiva la tensione abbandonarlo, come se lui fosse la sua ancora. Quel pensiero fu destabilizzante e per qualche attimo gli tremarono le gambe al pensiero di poter essere l’ancora di Stiles, mentre nella norma era lui quello che aveva bisogno di aggrapparsi a qualcuno – il branco, sua sorella, la rabbia – per non affogare.

Abbassò il viso e sentì la morbida carezza dei capelli del giovane sulla sua pelle, era qualcosa che non aveva mai provato e allo stesso tempo lo confortò come poche cose prima d’ora, al punto che una sua mano si mosse in una gentile carezza lungo le linee magre della schiena di Stiles. Non era la prima volta che toccava il suo corpo, era già successo ma solo in quel momento il suo cuore cominciò a battere con rinnovato vigore, come se non avesse aspettato altro se non quel momento per ricordargli che persino lui era umano e che persino a lui i battiti potevano accelerare per qualcosa di diverso dalla paura.

“Troveremo Scott, te lo prometto” pronunciò con la medesima sicurezza che lo aveva invaso quando era diventato Alpha, quella sensazione di stringere il mondo nel palmo della mano e di poter fare qualsiasi cosa. Stiles non sembrava in grado di dire nulla in quel momento ma il suo respiro si era fatto più calmo, il volto ancora affondato nel suo petto, nascosto sotto la curva morbida del mento. “Gli Argent sono cacciatori, chi meglio di loro per trovare dei cacciatori?” gli domandò con tono straordinariamente tranquillo e ottimista. Era come se dicendo quelle parole a Stiles, solo perché le rivolgeva a lui, immediatamente fossero diventate reali, al punto da crederci lui stesso.

Il ragazzino annuì contro al suo petto prima di fare un passo e allontanarsi da lui. Derek si trovò le braccia vuote e brucianti, annegando negli occhi scuri e leggermente umidi di Stiles, le sue labbra però era incurvate in un piccolo sorriso.

“Domani quindi?” pronunciò piano, osservando con attenzione il volto di Derek, che si trovò ad annuire con un cenno nel capo “Sì, abbiamo l’aereo per Buenos Aires alle dieci, poi da lì sembra che Chris Argent conosca qualcosa che può aiutarci” gli spiegò con calma, pensando che rendere partecipe Stiles dei loro spostamenti lo avrebbe fatto sentire meno inutile e almeno un poco avrebbe potuto alleviare la sua preoccupazione.

L’altro si limitò ad annuire con un cenno del capo, abbassò lo sguardo per un attimo accarezzandosi nervosamente la nuca con la mano prima di tornare a fissare Derek. Per un attimo sembrò sul punto di dire qualcosa, aveva dischiuso le labbra e lo sguardo dell’uomo fu attratto da quelle linee sottili e dolci. Infine aveva scosso il capo e si era morso la guancia.

“Ora devo andare, a casa abbiamo il frigo praticamente vuoto e ho come l’impressione che mentre ero posseduto dal Nogitsune mio padre non abbia mangiato in modo salutare” gli confessò con fare quasi imbarazzando, strappando un sorriso a Derek che annuì con un cenno del capo “D’accordo”

Stiles era la normalità in una vita completamente fuori dall’ordinario, era il calore di una famiglia spezzata, era forza e fragilità nel corpo di un ragazzino iperattivo e leale, era qualcosa di cui Derek non avrebbe mai pensato di aver bisogno.

Stiles fece un cenno d’assenso con il capo, non accennando a muoversi, almeno non subito, rimase immobile, osservando il volto di Derek in modo talmente intenso che l’uomo fu costretto ad abbassare lo sguardo, come se non riuscisse a sostenerlo.

“Buona fortuna” disse infine, senza sorridere, semplicemente guardandolo.

“Grazie”

 

 

 

 

Se fosse finito tutto in quel momento sarebbe stato meglio, se non avesse più rivisto Stiles prima di partire, se l’ultimo ricordo di lui fosse stato al mattino nel loft il volto pallido che annegava nell’abbagliante luce del sole, forse Derek non avrebbe contato i giorni, ma Stiles era tornato in piena notte e nell’oscurità ogni cosa era cambiata.

Aveva bussato con forza alla sua porta alle undici passate, il pugno che batteva contro la fredda superficie in metallo quasi con rabbia, come se volesse distruggersi la mano. Derek lo aveva riconosciuto dall’odore, non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura, ma l’odore di Stiles lo avrebbe riconosciuto fra mille, ogni suo odore. Aprì la porta in un lungo e stridulo movimento e il ragazzo entrò senza nemmeno dire una parola.

Gli tremavano le mani, quella fu la prima cosa che Derek notò una volta chiusa nuovamente la porta e rivolgendo tutta la sua attenzione al giovane che si muoveva agitato davanti a lui. Ansia e iperattività talmente pressanti che Derek poteva sentirli sulla propria pelle e fra le labbra “E’ tardi, Stiles” provò a dirgli con poca convinzione.

In tutta risposta l’altro si mordicchiò l’unghia del pollice prima di fissarlo, sapeva di paura e agitazione e di coraggio, probabilmente fu proprio quello a spingerlo ad avvicinarsi a Derek. Gli occhi di Stiles erano pozzi senza fondo, erano calore e fiducia, era acqua e fuoco, qualcosa che gli tolse il respiro quando le piccole mani delicate si aggrapparono alla sua maglia stringendo con la forza della disperazione che gli annegava il volto.

“Non voglio che parti” alla fine lo aveva detto, quelle parole che si erano agitate nella sua mente da quando Argent aveva annunciato che sarebbero andati in Sud America a cercare Scott, quelle parole che bruciavano sulle sue labbra anche dopo averle pronunciate, di cui si vergognava a tal punto da non riuscire più a sostenere lo sguardo dell’altro.

Stiles” sussurrò Derek, le sue mani senza che se ne rendesse conto si posavano sui fianchi stretti del ragazzo, un gesto così naturale da sembrare parte di lui, un po’ come il lupo che aveva dentro, qualcosa che aveva trattenuto per anni ma in quel momento aveva preso il sopravvento perché sentire il calore della pelle di Stiles sotto la maglietta sembrò la cosa più giusta di tutta la sua vita.

“Non voglio che parti,  quando vai via poi tutto va male” ammise Stiles tremando, sembrava così debole rispetto a come Derek era sempre stato abituato a vederlo – occhiate cariche di sfida e una lingua sin troppo sarcastica per i suoi gusti – che per qualche secondo faticò a riconoscerlo. Poi lo sentì, udì il battito del cuore di Stiles la velocità e la forza con cui quasi cozzava contro le costole, il respiro in gola affannato e faticoso e percepì il sudore freddo imperlargli la fronte. Sapeva che Stiles aveva sofferto di attacchi di panico da bambino, era qualcosa che Scott gli aveva accennato in uno dei suoi mille discorsi, qualcosa che aveva preso e catalogato nella sua mente come informazione da non dimenticare.

“Derek” lo chiamò stringendo maggiormente la stoffa della maglietta, aggrappandosi a lui per la seconda volta quel giorno, come se davvero fosse in grado di salvarlo, come se credesse davvero in lui e forse era vero. Pedine sulla scacchiera e il suo nome sul re, un pensiero irrazionale, un’altra informazione da non dimenticare e anche il suo cuore che cominciava a battere più forte.

Abbassare il volto e baciare Stiles fu la cosa più giusta e allo stesso tempo più sbagliata che fece nella sua vita, soprattutto quando trovò le labbra del ragazzino già socchiuse.

 

 

 

 

 

Ok, questo primo capitolo è concluso e sì, vi ho lasciato con un simpatico cliffhanger ma chi mi conosce  probabilmente già se lo aspettava, in ogni caso, qualche piccola noticina.

-          Stiles, ecco lui è un discorso difficile, non sono nemmeno io molto sicura  del perché mi sia venuto fuori così – un po’ piagnone, un po’ isterico, un po’ OOC forse – ma ho pensato che dopo la faccenda del Nogitsune e per il fatto che il suo migliore amico sia stato rapito, ne abbia risentito moltissimo e quindi questo è il risultato.

-           “…. aveva provato in ogni modo a nascondere nei meandri della sua mente, in un luogo che sapeva solo lui e dove sperava rimanessero. “  ho rimaneggiato un verso di Ligabue, non mi  ricordo la canzone ma sono sicura che qualche lettrice la ricorderà.

-          Braeden è la ragazza che salva Isaac dagli Alpha, Derek e Peter dai cacciatori messicani e colei che sembra essere il nuovo love interest di Derek ( ma non ha ancora capito che deve stare con Stiles? Questa come minimo di rivelerà una pazza psicopatica )

 

 

Il secondo capitolo arriverà presto, molto presto, infatti lo sto già scrivendo, il terzo invece sarà la conclusione della storia, il cui titolo viene dalla splendida canzone di John Legend, vi lascio qui il link perché troppo Sterek e se non la conoscete dovete assolutamente ascoltarla: http://www.youtube.com/watch?v=7IUYZV4ijt8

Alla prossima!

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Capitolo 2
*** II - I Wanna Be Yours ***


II

I Wanna Be Yours

 

 

 

Innocence is gone
And what was right is wrong

Bleeding Out, Imagine Dragons



 

 

 

 

 

“Come sta Stiles?”

Alla fine, puntuale come un orologio svizzero, era arrivata quella domanda a cui Derek non era sicuro di qualche risposta dovesse dare. Da quando era partito da Beacon Hills non aveva mai risposto al telefono quando era Stiles a chiamare, guardava lo schermo senza fare nulla, sentendolo vibrare fra le dita fino a quando non si fermava e ogni cosa tornava ad essere calma, come il suo battito del cuore. Era un codardo, se lo era ripetuto più volte in quei trentaquattro giorni – sì, continuava a contarli anche se in quel momento si trovava su un aereo che lo stava riportando a casa – ma non era in grado di affrontare quello che era successo.

Derek Hale aveva combattuto contro cacciatori, Kanima, branchi di Alpha e persino Oni e Nogitsune ma non avrebbe più potuto sostenere lo sguardo Stiles, non dopo quello che era successo trentaquattro notti prima. Si mosse a disagio sulla sua poltroncina, cercando di muovere le gambe, strette dallo schienale del passeggero seduto davanti a lui prima di girarsi verso Scott che era seduto al suo fianco.

Stiles sta bene, l’ho chiamato prima per dirgli che stavamo per prendere l’aereo”  la voce calma di Allison Argent arrivò attutita da contro la spalla di Scott a cui si era appoggiata per provare a dormire un po’ durante il lungo viaggio che li aspettava e Derek mentalmente la ringraziò per aver risposto lei a quella domanda.

“Non sono praticamente riuscito a dirgli nulla dopo che lo abbiamo liberato dal Nogitsune” mormorò Scott abbassando per un attimo lo sguardo, come se la sua mente fosse corsa indietro a quei giorni, altri momenti che nemmeno Derek voleva ricordare.

Lo sguardo buio di Stiles, quel ghigno che gli deformava le labbra erano qualcosa che, persino a più di un mese di distanza, continuava ad affollare gli incubi di Derek, trovandolo sveglio in piena notte in un bagno di sudore e il cuore che batteva con forza contro il suo petto al punto da fargli male. Si massaggiò la fronte prendendo un respiro profondo mentre Allison sussurrava qualcosa a Scott prendendogli la mano, evitò più che volentieri di ascoltare e spostò lo sguardo fuori dal piccolo finestrino dell’aereo, lasciando che i suoi occhi si perdesse fra le nuvole.

“Quando tornerai parleremo”

Ancora semi addormentato fra le lenzuola, la pelle arrossata e il sorriso più bello che avesse mai visto.

Parole che non riusciva a capire se fossero una preghiera o una promessa, lettere che sembravano marchiate a fuoco sulla sua pelle e non solo lì. Perché il suo cuore batteva sempre più forte quando pensava al neo che Stiles aveva sul fianco, ai suoi occhi enormi, bollenti e pieni di fiducia, alle sue labbra piccole e delicate in posti in cui non avrebbero dovuto essere.

Perché Derek non era gay, a lui non piacevano i ragazzi e mai gli sarebbero piaciuti ma tutte le volte che chiudeva gli occhi vedeva Stiles.

Stiles

Preghiera e bestemmia

“A volte non ti manca il respiro?”

“Derek che hai?” Scott si era girato a guardarlo con aria preoccupata sentendo il suo cuore agitarsi in quel modo, persino Allison si era tirata su per osservarlo, confusa e con le labbra leggermente dischiuse, non comprendendo la preoccupazione dell’altro ragazzo.

“Niente, Scott, davvero” cercò di chiudere il discorso alla svelta scrollando le spalle in una pallida e mal riuscita imitazione d’indifferenza, la gola secca che gli impediva di dire altro e la fastidiosa sensazione di essere osservato con attenzione.

“Non pensavo che un grande e grosso lupo come te avesse paura dell’aereo” il borbottio di Chris Argent proveniente dal sedile dietro di loro strappò una risata a Scott e Allison, mentre Derek con un piccolo sorriso tornava a guardare fuori dal finestrino.

“Più che lupo grande e grosso dire più che altro un Labrador tonto” rincarò la dose Braeden che era seduta accanto ad Argent, aveva parlato con dolcezza, una presa in giro tenera, quasi una carezza, perché le parole avevano sempre un peso e quelle di Braeden erano sempre carezze.

Le parole di Stiles erano baci lunghi, affamati e bisognosi.

Le parole di Stiles gli mancavano da morire.

“Non vi sopporto più, una volta scesi da qui non voglio vedervi per almeno due settimane” brontolò infine mentre da dietro Braeden gli scompigliava i capelli con fare giocoso. Il suo corpo a quel gesto s’irrigidì per qualche istante, come se, ribellandosi alla sua mente, ne fosse quasi infastidito e non voleva nemmeno pensare al motivo. Semplicemente si lasciò andare contro lo schienale del seggiolino e chiuse gli occhi.

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

My head's underwater
But I'm breathing fine
You're crazy and I'm out of my mind

All of Me, John Legend

 

 

 

Fu un po’ come morire.

Derek non avrebbe mai trovato parole più adatte per descrivere quel momento nemmeno se avesse avuto tutta l’eternità per pensarci, perché nessuna parola, nessuna lettera poteva raccontare il modo in cui Stiles rispose al suo bacio.

Inizialmente rimase immobile, una manciata di secondi in cui il suo cuore smise di battere e trattenne il respiro, poi le sue labbra si mossero con lentezza quasi esasperante contro quelle di Derek, scoprendole e assaggiandole quasi con fare timoroso.

Non aveva idea di quello che stava facendo, non sapeva se aggrapparsi ai fianchi di Stiles fosse giusto, spingerlo contro la porta e continuare a baciarlo. Gli morse il labbro piano e il suo cuore si fermò dolorosamente quando le mani dell’altro raggiunsero il suo viso, trattenendolo contro di sé come se altrimenti non potesse respirare.

Forse era quello che intendeva, quelli erano i momenti che rendevano più facile respirare, Derek non ne aveva idea, non riusciva a pensare, a formulare nemmeno una parola, o almeno nessuna che non fosse ‘Stiles’ perché tutto il resto lo aveva dimenticato.

Stiles scostò le labbra da quelle di lui ma solo per iniziare a tracciare una calda scia umida lungo il collo, denti contro la sua pelle, la lingua che premeva contro la carne, risvegliando istinti che Derek nemmeno sapeva di avere, un qualcosa che era sempre stato nascosto in un angolo di lui e che in quel momento ruggiva, chiedendone ancora e ancora.

Anche lui ne voleva ancora, non si era reso conto fino a quel momento quanto avesse desiderato Stiles, non aveva idea di quando fosse iniziato tutto, forse da quella mattina nel bosco, quando lo aveva visto per la prima volta e lui aveva abbassato lo sguardo imbarazzato accarezzandosi i capelli, o forse lo aveva sempre desiderato ancora prima di conoscerlo.

Fece qualche passo, sempre tenendo Stiles per i fianchi, alla cieca, fino a quando non raggiunsero il letto e fu allora che si tirò indietro, lanciando una lunga occhiata interrogativa al ragazzo in piedi davanti a lui, come a volergli chiedere il permesso.

Fu come se lo vedesse per la prima volta e allo stesso tempo come se lo conoscesse da sempre, i grandi occhi scuri erano torbidi e bollenti, le sue dita erano scese a stringere il tessuto della maglietta, il ragazzo non parlò ma nel suo sguardo c’era tutto quello che aveva bisogno di sapere. Lo fece stendere sul letto con una delicatezza che non gli apparteneva, e poi fu come perdere l’equilibrio e trovare come unico appiglio il corpo di Stiles e sapeva di non aver bisogno di altro.

Perché ogni loro gesto era dettato dal bisogno, come se potessero sentirsi vivo solo sotto il tocco dell’altro, perché c’era qualcosa nei loro gesti, come se si stessero raccontando un segreto che per anni avevano mantenuto, ma quella non era la notte dei segreti, era la notte delle mani di Derek sul petto di Stiles e di labbra che si cercavano come se da quello dipendesse la loro stessa vita.

Solo Derek poteva sapere quanto Stiles avesse bisogno di sentirsi vivo, di sentire che quella era la realtà, per quello lo strinse più forte, al punto che probabilmente gli avrebbe lasciato dei lividi, ma era quello che voleva, poteva sentire il suo desiderio scorrergli sulla pelle come se fosse fuoco, ma non faceva male, anzi era talmente bello che si trovò a sperare che quella notte non finisse mai.

Si arrese all’evidenza che quel ragazzino magro e logorroico, con gli occhi troppo grandi e la pelle candida come la neve, era sempre stato nella sua testa, il suo pensiero non lo aveva mai abbandonato, nemmeno quando aveva provato a scacciarlo a tutti i costi. E sapeva che era una follia, sapeva che quella notte non sarebbe mai stata dimentica e Derek, in un momento di lucidità mentre le labbra di Stiles erano arrivate a baciare la carne tenera sotto l’ombelico, comprese che mai avrebbe voluto dimenticare perché sembrava di essere nato per quello.

Sembrava che ogni angolo del suo corpo fosse stato creato per combaciare completamente con quello di Stiles, le sue mani disegnate perché gli stringessero i fianchi, le labbra del ragazzo per baciare ogni millimetro del suo corpo, le sue stesse dita non avevano avuto un senso fino a quando non si erano trovate a tracciare percorsi sulle pelle dell’altro noti solo a lui.

Perché si rese conto che aveva sempre voluto contare tutti quei nei che imbrattavano il candore di quella pelle così delicata e bollente, aveva sempre voluto sentire il tocco delle dita tremanti e nervose di Stiles sulla pelle, aveva agognato quel momento dalla prima volta che lo aveva visto, quando ancora era un ragazzino dalla guance troppo gonfie e i capelli cortissimi.

Aggrapparsi ai capelli di Stiles fu qualcosa di talmente naturale che fu come se lo facesse da tutta una vita, da sempre, da ancora prima di essere nato e tremò, ogni cosa in lui tremò quando fece stendere il giovane sotto di lui, negli occhi una muta domanda le cui risposta fu un bacio affamato e bisognoso.

Si sentì completo e umano come mai prima di quel momento, così unito e stretto a Stiles che aveva completamente perso cognizione di sé, non riusciva a dire con precisione quale fossero le sue mani e quali quelle dell’altro, se fosse il suo viso che trovava rifugio nella dolce curva del collo del ragazzino o ancora di chi fosse quel bisogno tanto impellente e forte, quasi bruciate sulla pelle.

Lo pregò di parlare sulle labbra, un sussurro a malapena udibile ma quando Stiles cominciò a pronunciare il nome di Derek come una preghiera gli sembrò una parola talmente bella e nuova che a stento inizialmente la riconobbe. Era dolorosamente bello il suo nome pronunciato da quelle labbra gonfie per i baci, incontrare il suo sguardo che non aveva mai lasciato il suo viso e aveva seguito ogni suo movimento

E il suo nome pronunciato ancora e ancora e ancora come se non ci potesse mai essere una fine per loro.

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C’era tenerezza e bisogno nei loro movimenti, nel modo in cui Stiles alzava i fianchi e andava incontro ai movimenti di Derek, come non riuscivano a lasciare libere l’uno le labbra dell’altro, per come il giovane si fosse aggrappato alle sue spalle come se solo quello gli permettesse di non spezzarsi in mille pezzi, perché era un po’ così che si sentiva anche lui.

Perché Stiles era stato ciò che gli aveva impedito di crollare negli ultimi anni, la sua forza, l’aria di sfida con cui lo guardava la maggior parte delle volte perché lui non lo temeva, non come avrebbe dovuto.

Si lasciò andare su di lui senza rendersene conto e si trovò stretto in un abbraccio soffocante che sapeva di quelle parole che nessuno dei due era in grado di pronunciare in quel momento, sapeva di lenzuola strette fra le dita per il piacere e della tenerezza dei baci con cui Stiles aveva ricoperto il suo viso alla fine di tutto, quando il battito del suo cuore si stava lentamente regolarizzando e aveva alzato il viso per guardarlo.

Si stese accanto a lui e subito la mano di Stiles corse a cercare la sua, stringendola mentre si girava su un fianco e posava la fronte contro la sua spalla con un respiro profondo.

“Dormi?” gli chiese Stiles dopo un lungo momento di silenzio, un movimento del viso e il suo naso che sfregava contro la pelle della spalla, un piccolo sorriso che prendeva posto sulle labbra di Derek. “Perché io adesso non ho molto sonno” continuò il ragazzino, facendo leva sul gomito e alzandosi il giusto per guardare l’espressione sul volto dell’altro.

Era dolce l’indolenzimento che Stiles sentiva nelle membra, nulla di fastidioso, solamente il segno del passaggio di Derek su di lui e gli piaceva da morire.

“E quindi?” domandò l’uomo inarcando il sopracciglio, la voce che voleva risuonare ironica e divertita, ma fu come miele bollente sulle pelle, al punto che Stiles si mosse verso di lui e lo baciò affamato.

Nemmeno Derek aveva sonno dopotutto.

 

 

Ed ecco la seconda parte, più corta della prima – colpa della mia totale incapacità di scrivere scene rosse slash – ma molto densa e spero che vi sia piaciuta.

Non ho note particolari da fare per questo capitolo, su Allison non mi esprimo cioè immagino che già sappiate, prendetelo come tributo perchè " in the amrs of my first love". Comunque vi dico solo di prepararvi psicologicamente per il coming home, dico sul serio, preparatevi.

Grazie a tutti coloro che stanno seguendo la storia e in particolare un grazie a Lilyhachi, adesso tesoro rispondo subito alla tua recensione

Alla prossima parte!

 

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Capitolo 3
*** III - Come Home ***


III

Come Home

 

 

 

 

Secrets I have held in my heart

Are harder to hide than I thought

Maybe I just wanna be yours

                I Wanna Be Yours, Arctic Monkeys

 

 

 

 

 

 

 

Era tutto il giorno che non riusciva a stare fermo, al punto che la sua iperattività era arrivata a livelli che mai in vita sua aveva sfiorato. L’ansia e il nervosismo gli avevano impedito di dormire quella notte e il mattino lo aveva trovato steso a letto con gli occhi completamente spalancati.

Che senso aveva dormire se loro stavano tornando? Stavano tornando, Scott era vivo e Derek…

Il suo cuore cominciò a battere talmente forte che pensò di essere sull’orlo di un attacco di panico, chiuse gli occhi e prese un respiro profondo, le sue labbra che si stendevano in un piccolo sorriso. Stiles se si concentrava abbastanza poteva sentire sulla propria pelle il tocco di Derek, il suo profumo, le sue labbra e ancora ogni cosa che era successa trentatre notti prima – le aveva contate, perché i numeri erano una certezza per lui in quel momento in cui il suo mondo era nel caos.

Si concesse una piccola fantasia, la stessa da trentaquattro giorni, perché sapeva perfettamente come sarebbe andata, sapeva come il suo cuore avrebbe cominciato a battere più velocemente alla vista di Derek, come l’uomo avrebbe accennato una smorfia e basta – perché Derek non era il tipo da grandi slanci d’affetto in pubblico – ma gli avrebbe fatto capire che era felice di vederlo, che gli era mancato quando a Stiles era mancato lui, più tardi nel loft, da soli perché quando erano soli era tutta un’altra storia.

Avrebbe davvero voluto che gli rispondesse al telefono in quei giorni, era stata davvero dura per Stiles e mille pensieri spiacevoli  avevano preso possesso della sua mente. Il tarlo del dubbio a rodergli il cervello al punto da farsi venire il mal di testa, perché infondo Derek non aveva mai fatto promesse su loro insieme, aveva solo annuito quando lui gli aveva detto che avrebbero parlato al suo ritorno.

Si alzò di scatto a sedere massaggiandosi le tempie. Non voleva dire niente se non si erano sentiti in quei giorni, era solo la paranoia che si faceva sentire nei momenti più inopportuni, ne era certo. Perché era stato bello e importante per Derek quanto lo era stato per lui, ne era certo, doveva smetterla di incasinarsi la testa in quel modo.

Era come se negli ultimi anni, con tutto quello che era successo, non riuscisse ad aspettarsi altro se non una qualche tragedia, perché aveva visto talmente tante cose da dubitare che per tutti loro potesse davvero esserci qualcosa di buono.

Massacri e vite rovinate per sempre. Come poteva nascere qualcosa di buono da tutto quello?

Si infilò sotto la doccia, rabbrividendo a contatto con l’acqua gelida, s’insaponò con cura il corpo, chiedendosi se, nonostante fossero passati tanti giorni, un lupo mannaro potesse sentire ancora l’odore di Derek su di lui. Ricordava fin troppo bene l’imbarazzo che aveva provato quando Peter, qualche giorno dopo la partenza del nipote, aveva schioccato le labbra in un’espressione carica di ironia e divertimento “Che odore curioso, Stilinski” gli aveva fatto l’occhiolino senza aggiungere altro e il volto di Stiles si era acceso di un rosso talmente intenso da far sembrare la sua felpa quasi scolorita, tutto quello sotto lo sguardo confuso e perplesso di Isaac, che poco dopo gli chiese come mai avesse l’odore di Derek addosso.

Chissà se Derek poteva sentire il suo stesso odore su di lui, chissà se quella piccola e semplice cosa poteva strappargli un sorriso.

Controllò il telefono cellulare una volta uscito dalla doccia e vi trovò un messaggio di Lydia, per un solo attimo il suo cuore si era fermato nella speranza che a scrivergli fosse una persona del tutto differente. Stiles era sempre stato ottimista, era quello del piano b, quello che riusciva a vedere sempre il lato migliore di ogni situazione, anche quella più catastrofica.

E anche in quel momento, nonostante la parte più razionale di lui sapesse che Derek era ancora in aereo, lui aveva sperato davvero fosse suo il messaggio. Non vedeva l’ora di vederlo perché sapeva che una volta incrociato il suo sguardo tutti i dubbi che aveva avuto in quei giorni sarebbero scomparsi, perché Derek era sempre stato un tipo silenzioso, ma  il suo sguardo avrebbe parlato per lui e avrebbe pronunciato tutte quelle parole che Stiles agognava da quando era partito.

Sì, sarebbe andata così, ne era certo. Sorrise al suo riflesso prima di cominciare a vestirsi.

 

 

 

 

***

 

 

Cards on the table, we’re both showing hearts

Risking it all, thought it’s hard

All of Me, John Legend

 

 

 

 

L’alba aveva bruciato il cielo, scacciando l’oscurità della notte e trovandoli ancora svegli. Perché dormire se potevano avere tutta quella notte per loro?

La sveglia che Derek aveva puntato cominciò a suonare, prima piano, poi sempre più forte, distraendolo per qualche secondo da quello che aveva provato a fare per tutta la notte. Spense la sveglia prima di tornare ad accarezzare la schiena di Stiles con la lingua, riprendendo a contare tutti i suoi nei.

“Sedici”

Lo sentì ridere per poi muoversi piano e sdraiarsi sulla schiena, cercando le labbra dell’uomo nell’ennesimo bacio di quella notte.

“Ancora?” lo prese in giro, ricevendo in tutta risposta un morso sulla spalla che lo fece ridere ancora di più e Derek provò a ricordare se avesse mai sentito un suono più bello di quello in tutta la sua vita.

Stiles lo baciò più lentamente, le sue mani che correvano lungo il suo petto, scomparendo sotto le lenzuola “Ancora?” domandò nuovamente, anche se la domanda era del tutto differente, la voce più roca e tremante.  Derek fu tentato di dire sì, di mandare tutto al diavolo e di rimanere in quel letto con Stiles, fregandosene di tutto,  di  Scott, i cacciatori e gli Argent, cosa erano queste cose se paragonate alle mani del ragazzo che lentamente si muovevano su di lui, convincendolo a restare?

“Devo andare” pronunciò contro la pelle morbida del collo del ragazzo, inspirando il suo odore, il loro odore perché Stiles non aveva più solo il suo solito odore, sapeva anche un po’ di Derek e di eccitazione, gli girò la testa al punto che ringraziò di essere ancora sdraiato. Era tutto troppo intenso e inebriante, il suo cuore prese a battere più velocemente, sentendo qualcosa di molto simile al terrore stringergli la bocca dello stomaco.

“Devi?” chiese Stiles, alzando una mano per accarezzargli lievemente i capelli, per poi con un dito percorrere il profilo della guancia e del mento. Era tutto troppo intimo, troppo… Derek non riuscì nemmeno a finire di formulare quel pensiero, si scostò lentamente da Stiles, quasi avesse paura che un distacco troppo veloce potesse fargli male fisicamente.

“Devo” ripeté alzandosi dal letto e recuperando una manciata di vestiti. Stiles si mise a sedere, il lenzuolo che gli copriva il grembo, i capelli scompigliati e un’aria un po’ persa. La luce del sole nascente cominciava a farsi spazio nella stanza e la pelle del ragazzo sembrava ancora più chiara e morbida illuminata da quella luce leggera. I grandi occhi castani non perdevano nemmeno un movimento di Derek che stava prendendo alcune cose  prima di chiudersi in bagno.

Si infilò sotto la doccia e per qualche secondo rimase immerso sotto il getto bollente completamente immobile. Che diavolo stava facendo? Nulla di tutto quello che era accaduto era minimamente giusto,  non poteva esserlo perché lui non meritava qualcuno come Stiles. Come poteva essere diventato tutto così intenso nel giro di una notte soltanto? Come poteva la sua pelle già in quel momento urlare per la mancanza del tocco di Stiles? La sua mente era piena di pensieri che si accavallavano l’uno sull’altro, ma non erano fastidiosi perché riguardavano tutti il ragazzo che era ancora nel suo letto.

Scosse il capo, come se solo con quel semplice gesto potesse cancellarli, per poi cominciare a insaponarsi con cura, sfregando con forza dove ancora poteva sentire il tocco di Stiles sulla sua pelle, cercando di cancellarlo.  Non c’era nulla di giusto in tutto quello.

Stiles meritava di meglio: meritava una vita normale, di finire le superiori ed essere ammesso in uno dei college migliori della nazione – perché con un’intelligenza del genere non poteva essere altrimenti – meritava feste fino all’alba in una qualche confraternita, meritava una persona che non lo mettesse in pericolo ogni secondo della sua vita, meritava di meglio di Derek Hale.

Quella gelida consapevolezza gli strinse lo stomaco, una forte nausea a colpirlo, come se il suo corpo si stesse ribellando a quella decisone, come se non potesse concepire il pensiero di allontanare Stiles.

Prese un respiro profondo ed uscì dalla doccia, si asciugò velocemente, lavò i denti e dopo essersi vestito tornò in camera: Stiles si era rannicchiato fra le lenzuola, una manciata di stoffa premuta contro le labbra e il naso, teneva gli occhi chiusi  e Derek era certo che stesse sorridendo, anche se non poteva vedere le sue labbra.

Non appena sentì quei movimenti il ragazzo si alzò di scatto arrossendo vistosamente, Derek non riuscì a trattenere un piccolo sorriso, il suo corpo che continuava a urlare di non fare ciò che si era imposto. “Stavi annusando le lenzuola?” gli domandò mentre si avvicinava al borsone che aveva preparato per il viaggio per controllare di aver preso tutto il necessario.

“C’è il tuo odore” rispose semplicemente con una scrollata di spalle, passandosi poi una mano nei capelli irrimediabilmente scompigliati con fare imbarazzato. “Mi piace il tuo odore” disse ancora piegando il capo e mordendosi la guancia vedendo che Derek non accennava  girarsi verso di lui.

L’uomo a quelle parole rimase fermo immobile, chiuse gli occhi per qualche istante come se stesse cercando di raccogliere le forze,  chiedendosi se in qualche modo Stiles potesse percepire quello che voleva fare e cercasse di rendergli tutto ancora più difficile.

Anche a Derek piaceva l’odore di Stiles, il loft ne era talmente pregno in quel momento che si chiese come avrebbe fatto a respirare dopo avergli detto ciò che doveva.

E’ stata solo la cosa di una notte.

Niente di serio.

Non cambierà niente fra di noi

Quando aveva iniziato a esserci un noi fra lui e Stiles? Quando aveva iniziato a pensare a loro al plurale? Quando avevano smesso di essere Derek e Stiles per essere un noi?

“Tutto bene?” domandò il ragazzo, ancora avvolto fra le lenzuola, le dita che erano andate a torturare la stoffa morbida con nervosismo, sentimento ben diverso da quello che lo aveva costretto a stringerle per tutta la notte appena trascorso.

Derek si girò a guardarlo e fu certo che non ce l’avrebbe fatta. Stiles aveva un’aria stanca ma incredibilmente felice seduto fra le lenzuola, il suo viso arrossato e le labbra ancora gonfie,  i capelli erano un totale casino ma era sconvolgente il modo in cui Derek non riusciva a distogliere lo sguardo da lui. Si limitò ad annuire con un cenno del capo, fece per parlare ma il suono del telefono lo precedette.

“Gli Argent sono qui” gli disse piano mentre Stiles si mordicchiava il labbro e annuiva.

“Parleremo quando tornerai” promise il ragazzino nascondendo uno sbadiglio dietro la mano e sfregandosi gli occhi in modo talmente infantile che all’altro si strinse il cuore. Era una promessa, lo sapeva perfettamente e Derek  ancora meglio sapeva cosa andava fatto, sperò che il viaggio in Sud America lo aiutasse, che passare del tempo lontano da Stiles rendesse tutto più facile.

“D’accordo”

Si guardarono negli occhi per un lungo istante prima che il telefono di Derek riprendesse a suonare.

“Devi andare” gli fece notare Stiles con un piccolo sorriso, l’altro semplicemente annuì, rimanendo immobile come se non riuscisse a fare un passo, continuando a guardare in modo talmente intenso il ragazzo che questo aggrottò le sopracciglia.

“Sei sicuro di stare bene, Derek?”

“Sì, sì, certo” rispose immediatamente, prese a camminare verso la porta e una volta arrivato sulla soglia si girò a fargli un ultimo cenno di saluto con la mano.

“Tornate a casa, tu e Scott”  non era un ordine, era una preghiera, pronunciata piano, ma Stiles sapeva che Derek lo avrebbe sentito.  Semplicemente annuì prima di uscire, chiudendosi la porta alle spalle con un gesto secco.

Avrebbe dovuto baciarlo prima di andare via, fu sul punto di tornare indietro e farlo, ma il suo cervello gli impose di continuare a camminare.

Stiles meritava di meglio.

 

 

 

 

***

 

 

 

 

"I thought our story was going to be epic, you know, you and me."
"Epic? How?"
"Spanning years and continents, lives ruined, bloodshed - Epic!"
"Ruined lives, bloodshed, do you really think a relationship should be that hard?"
"No one writes song about the ones that come easy."

 

 

 

Erano arrivati a Beacon Hills da mezz’ora quando Derek lo aveva visto entrare in casa. Erano tutti a casa di Scott e Melissa aveva passato buona parte del tempo ad abbracciare e baciare il figlio, Derek aveva pensato che Stiles sarebbe stato il primo ad arrivare, era qualcosa a cui si era preparato per tutte le dodici ore di volo, un momento che aspettava con un’ansia talmente forte che sapeva Scott poteva percepire, al punto che il ragazzo si girò un paio di volte verso di lui guardandolo preoccupato.

Arrivarono Isaac e i gemelli per primi, seguiti a ruota dallo Sceriffo, mentre Stiles, con  Lydia e Peter -  uno strano terzetto che fece corrugare la fronte a Derek per qualche secondo – arrivò dopo trenta fottuti minuti che per l’uomo erano stati l’inferno. Desiderava davvero vederlo, era come un bisogno primordiale, come respirare, qualcosa che persino il lupo dentro di lui reclamava con ferocia, ma d’altra parte sapeva cosa sarebbe successo dopo averlo visto, avrebbero dovuto parlare e non sarebbe stato per nulla piacevole.

Braeden era al suo fianco quando Stiles entrò in salotto e corse ad abbracciare Scott, ma non sentì come Derek aveva trattenuto il respiro, non percepì l’agitazione che prese a scuotergli le membra, impedendogli di rimanere fermo. Quando il suo sguardo incontrò quello di Stiles, così caldo, morbido e felice, il suo cuore si fermò dolorosamente nel petto, leggendo sul suo viso una gioia così pura e luminosa che per un solo attimo pensò di mandare tutto al diavolo, Braeden in primis, e di fregarsene del fatto che avrebbe potuto rendere la vita del ragazzo un inferno.

Fu un pensiero fugace, quanto Braeden gli si stringeva al braccio e gli sussurrava qualcosa all’orecchio, posandogli l’altra mano sul petto. Non sentì quello che la donna gli disse, i suoi sensi erano completamente concentrati su Stiles che a quel gesto aveva corrugato in un’espressione confusa, le labbra leggermente dischiuse e il cuore – Derek lo sentì- che perse un battito.

Fece male da morire, un male d’inferno perché vide lo sguardo del ragazzo offuscarsi per qualche secondo, subito Stiles spostò tutta la sua attenzione su Scott che stava parlando dei Cacciatori che lo avevano tenuto prigioniero, senza più degnare nemmeno di una sola occhiata Derek .

Poteva sentire come il respiro del giovane si era fatto pesante e difficile, come la gola gli si era stretta. Sentiva un male tremendo e per qualche attimo si domandò se fosse il grado di percepire il dolore di Stiles o se quello fosse semplicemente il suo.  In ogni caso doveva parlargli, meritava qualche parola, non il trovarsi davanti al fatto che Derek e Braeden fossero una coppia senza nessuna spiegazione.

Il suo sguardo incontrò quello scettico e vagamente perplesso di Peter  mentre Scott continuava a parlare, aiutato dagli Argent che integravano il racconto del ragazzo con ciò che avevano fatto loro per liberarlo.

Stiles non stava ascoltando, guardava Scott, annuiva a tratti ma la sua mente era lontana anni luce da tutto quello, con la testa era nel loft a quando le mani di Derek erano sui suoi fianchi  e non su quelli di Braeden. Era come se fosse un incubo, non riusciva a capire come mai si trovasse a essere spettatore di Derek con un’altra, ma era certo che non fosse vero, aspettava paziente di svegliarsi nel suo letto. Già sapeva che si sarebbe massaggiato il viso rimproverandosi per essere il solito paranoico, perché quello poteva essere solo un incubo.

Lui ne sapeva qualcosa di incubi, dopo il sacrificio al Nemeton aveva passato mesi in una dimensione onirica talmente variegata ma allo stesso tempo oscura da sapere che i sogni potevano essere vividi quanto la realtà.

Quell’incubo però sembrava terribilmente reale, perché il male che provò quando Braeden si alzò in punta di piedi per baciare Derek, dopo avergli sussurrato qualcosa all’orecchio, era reale abbastanza da togliergli il respiro e fermargli il cuore.

Stiles si morse il labbro e si passò una mano sugli occhi, fingendo stanchezza quando in realtà la sua vista si era appannata. Fece finta di niente e nascose il dolore dietro un sorriso che non sentiva e una battuta  che fece ridere Scott e Isaac mentre Allison e Lydia alzavano gli occhi al cielo.

“Parleremo quando tornerai”

C’era veramente qualcosa di cui parlare? Perché l’unica cosa che Stiles desiderava in quel momento era mettere più distanza possibile fra lui e Derek, lasciarsi tutto alle spalle con la stessa facilità con cui l’altro si lasciava toccare da Braeden.

Derek riuscì a parlare con Stiles solo un’ora più tardi, quando il giovane lo raggiunse nella veranda all’entrata di casa McCall. Braeden era rimasta dentro a scambiare alcune parole con gli Argent prima di andare a casa con Derek e Stiles, a pochi passi da lui, abbastanza vicino che bastava solo muovere un braccio per toccarlo,  lo guardava senza dire una parola, forse aspettando che fosse lui a spiegare tutto, forse sperando che fosse tutto un malinteso, o semplicemente accusandolo con lo sguardo.

“Lo sapevi” pronunciò Derek senza rendersene conto, evitando di guardarlo in faccia perché sapeva che sarebbe bastato solo quello per farlo crollare. “Sapevo cosa?” domandò Stiles a voce bassa e roca, tremante, come le dita che erano andate a stringere il polsino della camicia a quadri che indossava. Tremava Stiles, il dolore era talmente forte da impedirgli di respirare ma non voleva più mostrarsi debole agli occhi di Derek, non poteva, perché sapeva che dopo sarebbe stato ancora peggio.

Mani che gli artigliavano i fianchi, labbra bollenti che non accennavano a lasciare le sue e gli occhi di Derek spalancati fissi sul volto di Stiles, come se non volesse perdersi nulla di lui.

“Io e te” due soggetti distinti, come a voler mettere un muro fra ciò che era stato e quello che poteva essere. “E’ stato un errore, lo sai anche tu”

Si fermò quando il suo sguardo incontrò quello dolorosamente lucido di Stiles, che si morse le labbra a sangue, un singhiozzo in gola pronto ad esplodere ma abbastanza forza ed orgoglio per trattenerlo.

“Derek”  aggrappato alle sue spalle come se da quello dipendesse la sua vita

“Dillo ancora” un ordine, una preghiera

“Un errore” ripeté Stiles, come se solo articolando quelle parole queste potessero avere senso nella sua testa, i suoi piedi senza nemmeno che se ne rendesse conto facevano un passo indietro, allontanandosi da Derek.

Notò quel movimento e l’uomo quasi fu sul punto di fare un passo in avanti, ma si trattenne, continuò a parlare, allontanandolo ancora di più. “Non ci può essere niente fra noi, niente” sapeva quando male provava Stiles in quel momento perché era lo stesso che sentiva anche lui, ma era l’unica cosa che poteva fare. Allontanarlo prima che fosse troppo tardi.

Stiles meritava di più di un’esistenza trascorsa a Beacon Hills a rischiare la vita per lui.

Derek era pronto a qualsiasi reazione, era pronto a prendersi un pugno da parte di Stiles, a sentirsi urlare contro tutta la sua rabbia, qualsiasi cosa, ma non quello, perché il ragazzo rimase fermo immobile, guardandolo con gli occhi pieni di lacrime e il respiro spezzato. Non fece nulla, si limitò a fissarlo, tutte le sue aspettative, le fantasticherie, ogni cosa che aveva reso quel mese sopportabile crollarono su di lui, curvò le spalle e abbassò il capo, tirando su con il naso.

Sti-

“Eccomi, andiamo a casa?”

Braeden rivolse a Derek il più luminoso dei sorrisi, mentre Stiles si passava una mano man sul viso, cercando di cancellare il dolore che sapeva essere sin troppo visibile. L’uomo annuì con un cenno del capo mentre la donna  salutava Stiles e si avviava verso la macchina.

Derek guardò un’ultima volta Stiles, il cuore che faceva talmente male che lo spinse a domandarsi se quella era veramente la scelta giusta, perché non poteva essere giusto tutto quel dolore. Scosse il capo e seguì Braeden verso la Camaro senza voltarsi, lasciando Stiles solo nella veranda.

“A volte non ti manca il respiro?”

Sì, adesso mi manca il respiro.

 

 

And all I want is that you stay, land your hand to me
Oooh, I want show me where it hurts, we'll make ok
Tell me that you'll stay

Silhouette, Active Child feat Ellie Goulding

 

 

 

 

Ed eccoci qui con l’ultima parte, lo so, lo so, è tremenda, lo so, ha fatto malissimo anche a me scriverla, qualche piccola noticina:

-          La storia avrà un seguito, si chiamerà Ripped e sarà di tre o cinque capitoli, devo ancora decidere, ma ci sarà un seguito quindi non odiatemi troppo per questo finale.

-          La citazione all’inizio dell’ultima parte non è una canzone, come avrete notato, ma è un dialogo preso da una delle mie serie preferite di sempre, Veronica Mars, mi è capitato sotto mano per caso e ho pensato “ Cavoli, è perfetto per Derek e Stiles” quindi ecco che l’ho inserito.

 

Grazie a tutti voi che avete seguito la storia, che avete recensito o anche solo l’avete seguita silenziosamente,  spero che vi sia piaciuta quanto a me scriverla e spero di sentirvi ancora con Ripped!

Al prossima!

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