Fighting and loving

di zoey_gwen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fighting and loving - 1 ***
Capitolo 2: *** Fighting and loving- 2 ***
Capitolo 3: *** Fighting and loving -3 ***
Capitolo 4: *** Fighting and loving- 4 (parte 1 di 2) ***
Capitolo 5: *** Fighting and loving- 5 ***
Capitolo 6: *** Fighting and loving- 6 ***
Capitolo 7: *** Fighting and loving- 7 ***
Capitolo 8: *** Fighting and loving- 8 ***
Capitolo 9: *** Fighting and loving- 9 ***
Capitolo 10: *** Fighting and loving- 10 ***
Capitolo 11: *** Fighting and loving- 11 ***
Capitolo 12: *** Fighting and loving- 12 ***
Capitolo 13: *** Fighting and loving- 13 ***
Capitolo 14: *** Fighting and loving- 14 ***
Capitolo 15: *** Fighting and loving - 15 ***



Capitolo 1
*** Fighting and loving - 1 ***


Mystical

 

 

 

 

 

 

Una densa nube si levava dalle ferrovie sopraelevate su una collina arcuata verso l'alto, dissipandosi nel cielo azzurro e deturpando la vista mozzafiato che si godeva dalla sopraelevatura collinare.

Gwen elevò una mano e la distese, portandosela poco sopra le sopracciglia, prima di assottigliare gli occhi e di puntarli contro il rovinoso spettacolo che si intravedeva all'orizzonte.

Volse il capo di scatto, osservando la cupola erosa che si ergeva in lontananza: il Tempio.

Si trattava semplicemente di un edificio squadrato, sorretto da numerose colonne dal capitello finemente decorato, lastricato sulla parte inferiore di marmo nero, e su quella inferiore di marmo bianco traslucido. Era un luogo sacro e, per il popolino, assolutamente vietato: chiunque avesse tentato di avvicinarsi era già propenso alla morte più cruenta possibile.

Ma lei sapeva di dover inoltrarsi in quell'edificio buio, sebbene non ne conosceva il perimetro e le trappole sicuramente poste dentro.

Lei era il capo, lei non poteva deludere le persone che contavano su di lei, perché l'unico spiraglio di luce che si intravedeva in quella dittatura assolutamente poco raccomandabile era lei, il capo della banda della Rivolta.

Il popolo, ora più che mai, era atterrito e cercava pace, ma di quei tempi chi osava anche soltanto professare la propria opinione veniva ghigliottinato all'istante.

Non c'erano vie di mezzo, non si poteva trovare un accordo pacifico: o rispettavi le regole, o ti ritrovavi contro i nobili dell'alta società, che complottavano contro i Ribelli, e, ovviamente, gli uomini del dittatore Duncan Arcibald Smith.

Era un uomo violento, bramoso di potere, per il quale adempiva a qualsiasi regola, giusta o sbagliata che fosse.

Un uomo da ripudiare.

Pensò la ragazza, mordendosi ferocemente il labbro inferiore al pensiero di quel dittatore senza cuore e senza alcun scrupolo.

Quando la cittadina era un luogo florido e propenso a diventare uno dei Comuni più potenti del Regno, ecco che mise piede su quel luogo incontaminato dalla malvagità Duncan Smith: coraggioso, audace, potente, il cui unico obbiettivo era quello di scalare la piramide del potere e giungere al comando delle più importanti questioni sul Regno; e così, nel giro di qualche anno, ecco che Duncan era salito sul trono con grande orgoglio e senza alcun futuro roseo e benvoluto per Mystical, la città piccola e fino a quel momento invulnerabile alle guerre, per via della sua andatura pacifica e benevola.

Con quel sovrano indegno, ovviamente, le cose cambiarono.

Dedicava la sua vita alla missione di far rispettare il suo nome e l'autorità che ne derivava nei luoghi estesi su cui dominava cruentemente.

Scosse velocemente il capo, facendo ondeggiare la lunga massa corvina*, che si prolungava fino ai piedi rapidi, per poi elaborare velocemente un piano d'azione: si sarebbe intrufolata nel Tempio, avrebbe trovato i documenti e sarebbe sgattaiolata via da un'uscita d'emergenza di cui sapeva l'esistenza per via di Geoff, la guardia militare che aveva il compito ben poco semplice di controllare che nessuno si intrufolasse in quel luogo sacro, men che meno le autorità del posto, chiaro.

Geoff era un ragazzo biondo e nerorbuto, dai profondi occhi azzurri che riflettevano sempre l'anima gioviale che conteneva nel cuore, del tutto opposta a quella che avrebbe dovuto avere un vero militare del dittatore; per questo, faceva da informatore e aiutava, per quello che poteva, i Ribelli.

Portava pane, verdure, armi, coperte e materiali con i quali quella povera gente poteva garantirsi da vivere e da combattere le assurde guerre che Duncan poneva in condizioni estreme.

Quel giorno, un martedì del 7 aprile del 1687, di turno vi erano Scott Malvurn e, per sua grazia, Geoff, che controllava scrupolosamente la zona con un fucile pregiato poggiato sulla spalla ricoperta da una dura corazza di bronzo lucido.

I ciuffi biondi spuntavano dal cappello stile militare, corazzato anch'esso, che teneva calcato sulla testa, e gli occhi azzurri roteavano sull'ambiente circostante.

Scott aveva le labbra articolate in un espressione disgustata, ma gli occhi falcocei e puntati sul perimetro dinnanzi a lui rivelavano i riflessi fulminei e le capacità di combattimento che egli teneva nascosti per sfoderarli al momento giusto.

Gwen si mosse con agilità, assottigliandosi dietro ai tronchi d'albero più esili e balzando agilmente sulle strade lastricate che permettevano di percorrere il luogo, per poi ritrovarsi dietro ad un cespuglio piuttosto aggrovigliato, posto lateralmente rispetto all'edificio in cui doveva assolutamente adempire ai doveri presi.

-Geoff!- bisbigliò a fior di labbra la ragazza, circondando la bocca con le dita per non permettere a nessuno di sentirla, ma l'udito sviluppato del biondo sentì quel sibilo quasi impercettibile e creò un diversivo per potersi accertare da dove proveniva.

-Scott- chiamò il collega, intento a esaminare con circospezione la facciata laterale dell'edificio -Io controllo dietro quei cespugli. Ho visto del movimento, e sono certo che si tratti di quella squadra di ribelli malfattori.- destò il rosso dal setacciamento, provocando un sussulto di questo, che squadrò con repentino tono saputello e con occhi infidi l'autore di quell'interruzione -Va. Il dittatore ci ha pregato di non stabilire contatti con il popolino, e men che meno di aiutarli, altrimenti saremo puniti con la morte più atroce. Tu, hai contatti con quella feccia del capo di quel branco di straccioni?- lo schernì Scott, sbaragliandolo con semplicità e con quel tono noncurante ed altezzoso. Un rivolo di sudore gelido colò lungo la tempia del biondo, ma l'altro non ci fece molto caso, impegnato com'era a malignamente le iridi celesti di Geoff.

-I-io? No, sai benissimo che ho giurato assoluta fedeltà al Sommo Signor Smith! Non dire assurdità, Scott!- tagliò corto Geoff, rispondendo malamente ai sospetti ben fondati del compagno, per poi imprecare qualcosa e rintanarsi dietro il gruppo di cespugli crescenti qualche metro più in là.

Il rosso restò immobile, schiudendo lentamente le palpebre e massaggiandosi il mento con fare pensoso.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Gwen vide la figura muscolosa del complice camminare velocemente verso di lei, con la canna del fucile impugnata saldamente nelle membra grossolane del pugno, per poi stagliarsi dinnanzi a lei con un'espressione nervosa -Gwen, sospettano di me. Per dissuadere i sospetti, dovrò aiutarvi meno possibile. Per ora vi ho procurato una bottiglia d'olio e della verdura, ma dovrete accontentarvi di questo per una settimana.- porse frettolosamente ciò che aveva appena elencato al capo dei Ribelli, che sebbene posta davanti a quella notizia ben poco rosea, manteneva l'espressione seria e il tono di voce calmo e pacato, come un vero capo doveva saper usare nelle situazioni più ardue -Riesci a farmi entrare nel Tempio? Sai che devo rubare al dittatore quell'arma- parlò con voce calma, ma le note intelligenti che sprigionavano gli occhi vispi e color pece parlavano con tutt'altro tono.

L'arma...

-Non lo so. Scott è sospettoso ed allontanarlo non sarà facile. Ma cosa intendi per arma?- il biondo frusciò quelle parole quasi impercettibilmente, convinto che alzare troppo il tono non sarebbe stato saggio; doveva essere una cosa molto importante, e lo capiva dai lampi scintillanti che squarciavano le iridi della ragazza ogni volta che accennava all'arma.

Infatti l'allusiva celò lo sguardo denso di agitazione, giocherellando con il pugnale graffiante e rudimentale, per poi scalfire con precisione l'arcuata chiave di volta che spaziava la luce* delle due colonne dal chiaro ordine Corinzio, per via del capitello finemente decorato con foglie d'àcanto.

-L'arma è... La via- senza precisare nulla, Gwen concluse quel discorso creatosi di cui non aveva intenzione di accennare nulla: l'unica persona che aveva questa informazione era il suo migliore amico, Trent, il suo affidabile braccio destro nella loro banda di audaci giovani intenti a cambiare il futuro.

Nessuno vuole vivere in un futuro indegno.

A quel pensiero il suo volto si incupì, per poi riscuotersi alle parole del biondo che le stava incessantemente parlando da un tempo lungo abbastanza da aver tralasciato alcune parole importanti.

-E poi... Gwen, ehi!- Geoff, accortosi della distrazione prorompente della complice, innalzò una mano davanti al suo volto e la ondeggiò leggermente, provocandole un sussulto che la riportò alla realtà, la dura e fredda realtà.

La realtà che va combattuta fino in fondo, fino ad ottenere uno spiraglio di luce che ti può rifar sognare.

-Scusa, ma... Hai notato quella?- Gwen elevò il dito e lo innalzò, chiudendo a pugno il palmo e tralasciando il dito indice, in questo momento puntato contro un oblò circolare e contornato da decorazioni dettagliate raffiguranti putti dalle candide ali dispiegate.

-Non l'avevo mai notata in verità. Ma non penso che possa aiuta...- prima che potesse terminare la frase, l'intraprendente e coraggiosa ragazza, fragile e temeraria allo stesso tempo, aveva poggiato il piede sulle numerose scanalature che infrangevano la colonna dividendola in piccole spirali di marmo candido e traslucido; si era saldamente aggrappata, con la mano sinistra, al ricco triglifo scolpito attentamente, per poi continuare ad avanzare sulle colonne, fino a giungere sul tettuccio sporgente di marmo nero, assolutamente cangiante e attirato dal sole, su cui osservò la situazione dall'alto, ma si appiattì poco dopo per via delle numerose sicurezze che consentivano al dittatore di vedere quel corpicino esile con molta facilità.

L'oblò, circolare ed assolutamente perfetto per l'entrata del suo corpo, rifletteva gli spifferi di luce che si infrangevano contro di esso e permetteva, di questo si curò personalmente Gwen, di atterrare una volta varcato su una sporgenza che, anche se dura e che le avrebbe procurato qualche dolore, avrebbe di certo attutito l'urto più di quanto avrebbe fatto il pavimento lastricato distanziato di gran lunga dal soffitto a cupola.

-Io devo andare! Riguardati, tigre!- scherzò, senza accennare ad una minima nota ironica nella voce, Geoff, per poi spolverarsi la divisa corazzata e sparire fulmineo nella zona di guardia.

Gwen osservò per bene il vetro spesso e scheggiato, cercando di intercettare un possibile punto debole, quando acconsentì a compiere l'impulso che le vorticava nella mente; impugnò il pugnale e con innata precisione scalfì la superficie del vetro, che si infranse in mille piccoli vetri irradiati dalla luce che si sparpagliarono sul tettuccio, destando un grande clangore vitreo che echeggiò nel luogo silenzioso ed attrezzato a ogni tipo di evenienza, in male, ovvio.

Prima che potesse riflettere sulla causa della sua azione sprovveduta, si lanciò con lo stesso impulso maledetto che l'aveva accompagnata nella distruzione del piccolo oblò e atterrò con le ginocchia sul tettuccio di marmo bianco con alternanze di chiazze nere e attraenti; si sbucciò un ginocchio per la rovinosa caduta ed imprecò a bassa voce, senza molto tempo per dilungarsi, poi saltò nuovamente e questa volta atterrò in piedi. Il rumore secco e ticchettante echeggiò nel luogo silenzioso e deserto, Gwen sapeva che, se l'avessero scoperta, l'avrebbero fucilata senza neanche guardarla in volto.

Senza neanche conoscere lo sguardo della persona che stai uccidendo senza farti alcun esame di coscienza.

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

 

 

Ciao! :3

Allora, prima di attirare critiche, volevo dire che ho scritto questa long e la continuerò, sicuro! :D

Quindi pregherei di, cortesemente, non criticare per questo ma per i difetti della storia :D

Poi... Beh, che ne pensate? Fa schifo, lo so, scrivo dannatamente male, ma che ci posso fare? D:

Spero di non deludervi troppo!

Storia dedicata a Xenja, Rocker_Wolf_Love, Stella_2000, Tiziadarky00, Sara_Rocker, Dalhia_Gwen, Lexy Angels, Gwuncan99 e SmileSmoke! :D

Dolci :3
P.s Color seppia time! XD

 

Gwen

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Capitolo 2
*** Fighting and loving- 2 ***


Mystical, 7 aprile 1676

 

 

 

 

 

La gotica si guardò intorno, squadrando attentamente l'area che dominava l'interno del Tempio: doveva accertarsi delle possibili vie d'uscita, nel caso in cui l'avessero scoperta; in quel caso amaro, sarebbe stata costretta ad una fuga precipitosa.

Tutto dipende da me.

Quella frase la attanagliava l'anima, anche perché non ci sarebbe stata una seconda possibilità, non era concessa: la vita non concedeva ripensamenti o ritenti, e la sua di capo dei Ribelli ancora di meno.

Inspirò a fondo, prima di proseguire verso una piccola porta dalla volta arcata, molto ampia, posta lateralmente rispetto alla cella* circondata da numerose colonne; reggevano la struttura con eleganza, lastricate di marmo bianco traslucido che rifletteva in modo inquietante le sagome dinnanzi ad esso.

L'edificio era un luogo molto per bene, a differenza del reticolo di catapecchie in cui era costretto a vivere il popolino, in quanto i pochi soldi che si erano procurati dovevano bastare per un periodo lungimirante a procurarsi viveri e acqua; nel caso delle famiglie più numerose, però, questo non era possibile, ed imploravano lagnanti il dittatore di concedergli qualche tozzo di pane.

Ovviamente, venivano fucilati all'istante, e i bambini più piccoli venivano prelevati e addestrati a diventare militari dell'esercito del Sovrano, senza alcuna possibilità di scelta; chiunque si rammaricasse per la vita precedente, o si lamentasse per il duro percorso, veniva torturato prima che riuscisse a professare scuse o lamenti.

Il giovane capo si riscosse da quei pensieri, e si concentrò sull'avanzamento del percorso, quando, dinnanzi a lei, vide un enorme masso squadrato bloccare l'entrata ad un labirinto scosceso.

Con la forza di cui necessitava la ragazza spinse la pietra, cercando di non aggravare troppo la situazione, e si curò di non emettere rumori quando fece rotolare l'intralcio vicino al muro di marmo.

Un flebile rumore riecheggiò nella stanza adiacente alla cella da cui era entrata, e tremante trattenne il fiato per qualche interminabile istante, per poi esalare il respiro convinta che nessuno avesse udito il rumore; si accorse dell'errore poco dopo, quando Scott entrò di soppiatto spalancando la porta con violenza, per poi puntare il fucile sull'ambiente circostante, con le dita già poggiate sul grilletto.

-Chi va là?- la voce secca e inespressiva del rosso provocò un eco incredibile che giunse alle orecchie di Gwen, aguzzate e tese; poco dopo, la ragazza era già sgattaiolata nel labirinto scosceso che univa il Tempio con qualche sotterraneo di cui non era assolutamente a conoscenza.

Il tunnel era molto stretto e alcuni rami spinosi sporgenti dal terreno urtarono la camminata veloce della ragazza, presa dal panico ma pur sempre lucida: doveva soprattutto mantenere la lucidità e l'ingegno, in quanto erano quelle le sue armi più promettenti e che, anche nelle situazioni più ardue e cruente, le avrebbero permesso di portare a termine con successo i propri compiti.

Dopo un tratto piuttosto lungo, finalmente intravide la fine di quel labirinto e l'inizio di una nuova stanza, ovvero un varco circolare che fungeva da porta.

Imboccò quindi l'uscita ed esaminò guardinga il luogo in cui si trovava, ovvero una stanza piuttosto logora e malconcia: il pavimento era in rovina e mostrava numerose crepe che si ramificavano prolungandosi a lungo, il soffitto era in condizioni anche peggiori e le poche cose impolverate ammucchiate lì dentro sembravano provenire dalle casupole ammassate del popolo.

Con cautela si avvicinò ad una scrivania bucherellata e traballante, cercando quei documenti fra l'ammasso di fogli che impregnava il ripiano di legno; i fogli allusivi, come si aspettava, non sbucarono da quell'ammasso di contratti e concordati risalenti al 1589, un epoca lontana in cui la gente, sebbene povera, poteva permettersi di respirare e di commerciare battendo moneta per conto proprio.

Tutta colpa del dittatore. Spero che bruci all'inferno e che non smetta di ardere fino a che il mondo vivrà.

Si allontanò dalla consunta scrivania e cercò nei cassettoni ammassati in un angolo, rovistando fugacemente nei cassetti alla ricerca di una pergamena ingiallita ceralaccata da una chiazza rossa.

Con suo grande sbigottimento, rintanata sotto un mucchio sparpagliato di pergamene risalenti ad epoche ancora più lontane, trovò quel maledetto e bramato documento; se lo cacciò in tasca e cominciò a correre verso l'esterno.

Stranamente, non incontrò complicazioni durante il suo tragitto, e potè sorridere una volta giunta sul tettuccio di marmo nero che ricopriva le tegole rudimentali che riparavano l'interno del Tempio.

Balzò con grande agilità, atterrando perfettamente in piedi nella striscia cespugliosa adiacente alla facciata laterale del luogo sacro, per poi correre fulminea verso la sua sede, ansiosa di mostrare ai suoi compagni ciò che aveva trovato senza troppe difficoltà; sicuramente erano ansiosi di conoscere l'esito positivo della sua missione.

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

 

Appena sbucò nella casupola malridotta che fungeva loro da sede, destò un gran sbigottimento generale, che si tramutò successivamente in un sorriso gioioso nel vedere la pergamena arrotolata accuratamente che Gwen stringeva nel palmo della mano.

-L'hai trovata?- chiese seccamente Heather, una ragazza molto bella della sua stessa età, mantenendo il suo tono altezzoso e superficiale; si affiancò alla gotica con apprensione e le strappò di mano il “tesoro”.

-Stai bene? Ti sei fatta male? Hai incontrato difficoltà?- queste ripetute preoccupazioni che giunsero all'orecchio della dark erano da parte di Trent, il suo migliore amico, nonché la persona di cui si fidava maggiormente.

Gwen rispose con un sorriso sincero, che andò ad affievolire la grande preoccupazione che attanagliava il cuore del ragazzo; infatti questo considerava il capo qualcosa di più di un'amica, anche se non l'avrebbe mai veramente ammesso.

-L'hai trovata così?- domandò Bridgette, esaminando con occhio attento il foglio srotolato delicatamente sul ripiano scheggiato che fungeva da tavolo.

-Sì- asserì Gwen, avvicinandosi al gruppetto di ragazzi ammassati sul documento.

La bionda lanciò un'ultima occhiata alla pergamena, per poi fiondarsi dalla gotica ed abbracciarla con forza, scompigliandole amichevolmente la lunga massa corvina.

Il capo sfoderò un sorriso, che era costretta a strapparsi in sua presenza, per poi sedersi sul divano bucherellato e trafitto dalle numerose molle arrugginite e distendersi per qualche istante; poco dopo, infatti sarebbe stata tempestata di domande.

Le sue previsioni non furono sbagliate, perché il circolo di quesiti dei complici partì da Heather, che dopo aver esaminato attentamente il documento professò parola -Come l'hai trovata? Dov'era nascosta?- a queste domande logiche, la gotica si rialzò e questa volta si sedette alla sedia di legno paglierino, proprio sotto il fascio di luce traballante del vecchio lampadario; raccontò tutta la storia, non tralasciando anche la facilità del viaggio percorso.

Questo particolare riscosse Noah, zittito fino a quel momento: il ragazzo taciturno ed intelligente aveva ascoltato le domande degli altri per poi parlare con la sua teoria più che logica -Potrebbe essere una trappola. Se è stato così facile, probabilmente quei documenti non sono così importanti.- L'incredibile scetticità del ragazzo fece beccare proprio a questo un occhiataccia da parte di Linsday, la più giovane del gruppo, in quanto aveva poco più di sedici anni, che con la sua ingenuità disarmante attaccò l'indiano -Non essere guastafeste tu! Secondo me abbiamo risolto la missione!-

Heather roteò gli occhi al cielo, imprecando a bassa voce sull'incredibile stupidità dell'albina, per poi replicare -Non essere sciocca! La nostra missione finirà quando avremmo trucidato quel delinquente del dittatore e abbattuto l'impero assurdo che ha creato comandando con cruenza!-

Linsday era confusa, dinnanzi a quelle parole tanto truci e sgradevoli, e Bridgette le battè qualche pacca sulla spalla, accompagnandola nella stanza adiacente alla cucina per poi “rinchiuderla” lì dentro ed uscire palesemente scocciata con l'asiatica -E' solo una bambina, non puoi metterla così bruscamente davanti alla realtà!- esclamò la bionda, incrociando le braccia al petto.

Heather sbuffò sonoramente, senza replicare, per poi bere un sorso dal bicchiere sudicio in cui galleggiava qualche dito di latte impregnato da quella sporcizia.

Gwen si rattristò nel vedere le condizioni a dir poco spaventose in cui i suoi compagni dovevano vivere: la loro dimora non era meglio, certo, di quelle del popolo, ma toccava picchi di sporcizia e di costruzione malandata davvero esagerati; si rammaricò di poter fare così poco, pur essendo “l'autorità” del gruppo.

Improvvisamente si sentì un boato assordante provenire dal di fuori, e le grida della gente risuonarono spaventando i giovani; questi infatti si precipitarono fuori, pronti ad osservare la causa del grande stupore, per poi vedere un denso fumo provenire dalle ferrovie malridotte sopraelevate sulla collina più alta. Questa volta la gotica riuscì ad intercettare l'origine del fumo: alcuni bombardamenti da parte dell'esercito militare del dittatore, probabilmente lì presente, attaccando il suo stesso villaggio.

-CHE E' SUCCESSO??- gridò la dark, cercando di farsi sentire in mezzo a tutta quella confusione che destava grande scompiglio: le rispose poco dopo una giovane donna dalla pelle diafana e dai lunghi capelli biondo cenere -IL SINDACO HA AUTORIZZATO ALCUNI CITTADINI A VALICARE I COLLI IN SEGRETO, COSI' IL DITTATORE LO HA FUCILATO E HA GHIGLIOTTINATO QUEL GRUPPETTO! PARE CHE ABBIA INTENZIONE DI PUNIRE TUTTA MYSTICAL!- questo fu quello che la giovane professò, prima di essere condotta dentro alcune catapecchie dal suo esteso gruppo famigliare.

Gwen cercò di intercettare il resto della banda, ma accanto a lei vi era solamente più Trent, che guardava il panorama desolato formulando una possibile azione da compiere; l'amica lo anticipò e corse ad aiutare un gruppo famiglia estremamente povero, che discuteva animatamente contro un militare dell'esercito reale; sapeva che la questione discussa era, come sempre, la carenza di cibo, e sapeva anche che se avessero continuato così probabilmente il capostipite della famiglia sarebbe stato ucciso istantaneamente.

La gotica allora estenuò un discorso ricco di devozione per il dittatore, per poi allontanare la famiglia e porgere a costoro un tozzo di pane duro, un litro d'acqua e qualche fetta di prosciutto cotto e salame, ricevendo i numerosi ringraziamenti da parte di quelle povere persone, che rifiutò prima di accostarsi nuovamente a Trent, impegnato insieme a Noah ad elaborare un fugace piano d'azione.

-Eccoti! Allora, abbiamo un problema. L'ennesimo.- l'indiano parlò con una certa agitazione, puntando i suoi occhi scuri ed intelligenti in quelli di Gwen, che notò l'apprensione nei tratti del volto del complice.

-Cosa?-

Lui esitò un attimo, incerto se rivelarlo, poi si convinse e disse solo -Hanno ferito Heather. Molto gravemente.-

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

 

 

 

Buonjour! :3

Allora, come vi pare questo capitolo?

Io non dico nulla, ma spero vi piaccia!

Bene, è dedicato alle stesse persone a cui era dedicato lo scorso capitolo, quindi

non sto a ripeterle :D

Dolcetti! :3

Gwen

*Cella: interno del tempio in cui sono contenute le statue.

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Capitolo 3
*** Fighting and loving -3 ***


Mystical, 7 aprile 1676

 

 

 

 

 

L'indiano dischiuse le palpebre con fare calmo e pacato, mentre al contrario un vortice di emozioni si dilagava nel cuore di Gwen; infatti, sebbene la situazione nella cittadina si fosse trasformata in un vero pandemonio, la gotica scattò fulminea dentro la catapecchia, sporgendo lo sguardo per vedere in che condizioni era Heather.

Vide la ragazza distesa su un malandato letto, una ferita le squarciava il petto e un rivolo di sangue colava sulla pelle: al suo fianco vi era Courtney, sicuramente la più istruita sulla medicina dei Ribelli. In quel momento le stava sentendo la pressione e il battito cardiaco, sperando ci fosse effettivamente qualcosa da sentire, per poi terminare lanciando lo sguardo verso il capo, visibilmente nervoso.

-Beh...- la mora cercò un modo per esordire il suo discorso, mentre il cuore della dark era divorato da un irrefrenabile paura.

-Sta molto male, Gwen. Ma non capisco chi l'abbia ferita, e poi... EHI!- improvvisamente lo sguardo del medico si posò su un foglietto malandato, racchiuso nel pugno che ancora era articolato nelle membra dell'asiatica; la dark dischiuse le dita una per una, per poi strapparle il foglietto e puntare gli occhi per tentare di leggere le parole scritte in una calligrafia inchiostrata e molto curata:

Arrendetevi.

Oppure vi succederà qualcosa di molto, molto brutto.

Sir. Duncan Arcibal Smith

Le poche parole impresse su quel foglietto destarono la corvina, che trasalì, mentre un odio prestante prendeva parte del suo cuore: soppesò le parole scritte su quella consunta carta ingiallita, cercando di calmare alcuni impulsi irrefrenabili: sapeva infatti che non doveva andare ascolto alle prime azioni che le suggeriva il cuore, bensì lucidare il cervello e costruire un da farsi.

-GWEN!- una voce terrorizzata giunse alle orecchie della ragazza, ancora assorta nei suoi pensieri, che si fiondò fuori e sporse il volto su Mystical, osservando la guerra che si stava consumando lì fuori; Ribelli e Reali, schierati in file parallele, con sguardi infidi puntati sull'esercito rivale dinnanzi a loro: i Ribelli, con archi di legno, pugnali rudimentali, mazze e bastoni, imprecavano insulti alla dittatura cruenta che governava sulle loro vite.

Hanno trovato la dignità. E non si fermeranno.

Il capo sapeva che i Ribelli, alquanto numerosi, erano forse meno riforniti ed allenati, ma la forza che rafforzava i loro attacchi non era paragonabile alla forza delle armi dei militari del dittatore, sebbene anche queste avessero la capacità di uccidere in modo truce; le scintille determinate che si intravedevano negli occhi del popolo diedero a Gwen il coraggio che era vacillato per un attimo nel cuore di questa; si schierò in prima fila, affiancandosi a Trent, impugnando saldamente il pugnale e la sua determinazione.

-Pronta?- la voce flebile dell'amico risuonò quasi in lontananza, sebbene fosse a pochi centimetri da lei; la gotica asserì con un cenno del capo, senza distogliere lo sguardo dall'esercito nemico, per poi fiondarsi all'attacco con tutta la forza di cui era capace, senza pietà ne rammarico.

Per Mystical.

Il pensiero le balenò in mente, ma cercò di dissuadere la sua mente e di concentrarla sul combattimento imminente che si stava prostrando davanti ai suoi occhi; migliaia di Ribelli si scagliarono sui militari, colti di sorpresa ma altrettanto cruenti, e la battaglia iniziò, vivida e ardua.

La corvina menò un fendente dritto al petto di un uomo corazzato e massiccio, che mosse la spada con qualche difficoltà per via della sua scarsa agilità, ma che tentò di scagliarsi verso la giovane; questa però balzò lateralmente al suo corpo, facendolo vacillare, per poi colpirlo alla testa con un brusco attacco, che mozzò il respiro al soldato e lo fece accasciare a terra in un rivolo di sangue che ben presto si moltiplicò.

Schivò un attacco di un altro soldato, questa volta dalla corporatura più snella ed agile, prima di lanciare uno sguardo a Trent, che combatteva dinnanzi a lei muovendo e menando colpi molto precisi, che scalfirono in pieno il petto di un uomo massiccio; la gotica intravide il volto corrucciato e pallido dell'amico: aveva compreso dal primo istante i sentimenti che il Ribelle provava nei suoi confronti, ma lei non provava lo stesso nel cuore, sebbene un affetto molto profondo la legasse a lui.

Un colpo dritto alla scapola la fece destare dai suoi pensieri, costringendola ad arretrare ed ad arrancare pesantemente; vacillò, e questo permise al suo avversario di colpirla con un fendente longitudinale allo stomaco: ululò di dolore, attirando l'attenzione di Trent, che volse lo sguardo e corse in suo aiuto prostrando la spada e scagliandola contro il capo nerorbuto del militare.

-G-grazie- parlò la ragazza, con la voce ridotta ad un flebile sussurro; il pallore si dilagava sul volto e gli occhi determinati erano più scavati del solito, contornati dalla fronte corrugata.

-Vuoi rientrare?- mormorò Trent, intento a colpire con forza il ginocchio rinforzato dell'avversario, destando un grande clangore metallico, per poi schivare un colpo balzando di lato con incredibile maestria e colpire l'uomo al braccio sinistro.

Gwen si sentì impotente, alla vista del coraggioso amico, pronto a difenderla a costo della vita, e scagliò il pugnale dinnanzi a sé, trafiggendo il petto di un ragazzo con pochi anni in più di lei, che si accasciò a terra e perse lo spadone lucente e rinforzato che impugnava per difendersi ed attaccare.

La gotica lo raccolse e scalfì la schiena forzuta di un uomo sulla quarantina, intento a combattere e a colpire con ferocia i Ribelli; quando sentì il colpo alla schiena si voltò e ghignò soddisfatto, roteando la lancia bronzea fino a lanciarla all'esile colpo della ragazza, che aspettò di essere a pochi centimetri dall'arma prima di scagliarsi di lato, e una desolazione struggente si impadronì del suo volto, insieme al terrore più puro; schivandosi, aveva lasciato che la lancia trafisse il collo di Bridgette, che ora giaceva a terra, le palpebre chiuse pesantemente ed un'espressione pacifica dipinta sul volto; la dark si chinò e una lacrima cristallina le rigò il volto, per poi gocciolare sul corpo ricoperto da un pallore inumano e diluirsi insieme al sangue vivido.

Gwen pianse disperatamente, tenendosi il volto fra i palmi, prima che la vista le si annebbiasse quasi completamente, oscurando la ragione e lasciando spazio alla rabbia cieca che le distruggeva il cuore.

MALEDETTO DITTATORE! MUORI!CREPA! CHE TU SIA MALEDETTO!

Miriadi di pensieri vorticavano nella sua mente, si alzò e cercò di intravedere il corpo del Sovrano nella visuale gremita di persone e truce, per via de numerosi corpi ammassati uno sopra l'altro, insanguinati e trucidati in modo crudele, senza che i loro assassini prestassero loro alcun interesse.

Finalmente lo vide, sulla sopraelevatura collinare, ai pendici della arcuata montagnola su cui si stava consumando un'altra cruenta battaglia.

Si fece largo fra la folla, scostando malamente le numerose persone che ostruivano il passaggio, per poi ritrovarsi anch'ella ai pendici del colle Mystico; si fece nuovamente largo fra i soldati e si ritrovò davanti al suo terribile Nemico.

Gwen, sii lucida. Mantieni la calma. Non avere pietà.

Inspirò, per poi schernire acidamente quell'uomo ripudiato dal popolino e da lei con parole ricche di malignità -GUARDAMI, DITTATORE! GUARDA IL VOLTO DEL CAPO DELLA FAZIONE AVVERSA ALLA TUA!- gridò, con la gola leggermente secca ed arsa, prima di sbattere il piede a terra, provocando un rumore che echeggiò giungendo alle orecchie del punk.

Questo si girò, e una morsa attanagliò l'anima di entrambi a vedere chi si stagliava dinnanzi a loro.

Gwen aveva visto il Sovrano solo durante le manifestazioni di protesta davanti al Palazzo del Governo, tenute in una di quelle rare volte in cui il popolo aveva coraggio di professare parola: il suo volto era stampato sui cartelli dei Ribelli, ricoperto da una croce profonda che solcava lo sguardo del dittatore.

Le labbra erano sempre contratte in un ghigno malefico e gli occhi azzurri attraversati da lampi maligni, per cui si stupì non poco di vedere l'oceano che attraversava l'iride, tutt'ora ingenuo e stupito nel vedere la dark dai capelli d'ebano; non si aspettava per niente che il capo dei Ribelli fosse una ragazza così gracile e... Bella, bellissima.

Scacciò quel pensiero ritornando improvvisamente alla realtà, rendendosi pienamente conto del fatto che gli occhi non riuscivano a scollarsi dal volto di Gwen; per non far notare il suo imbambolamento, menò un colpo dritto al petto della giovane, che cacciò anch'essa il torpore iniziale e impugnò l'arma, parando il fendente e restituendolo con altrettanta forza.

-VATTENE, RAGAZZINA!- gridò con voce potente il ragazzo, usando un tono duro e corrucciato per non tradire l'evidente stupore che ancora impregnava il cuore del ragazzo, sebbene avesse un cuore; nessuno lo credeva più, e sinceramente neanche lui dopo i danni che aveva procurato a Mystical.

-NON ME NE VADO, BASTARDO! TU HAI DISTRUTTO LA MIA VITA, IO TI ODIO!- le lacrime rigavano il volto della gotica, rendendolo fragile ed indifeso, mentre il suo corpo scosso da un fremito veniva animato dalla rabbia con una forza immane.

Lui non rispose, improvvisamente schernito e sbaragliato, e scagliò la lama dello spadone, in modo che la ragazza si prostrasse per pararlo rendendola vulnerabile da lato, ovvero proprio il punto in cui colpì, senza mettere troppa forza nel lanciare la lama contro la sua schiena.

Gwen imprecò nel sentire il dolore alla schiena, e restituì il colpo avvicinandosi di più al punk e sferrando un fendente al petto; però il dittatore l'anticipò e le cinse i polsi, che si dispiegarono e fecero cadere l'arma per terra con un clangore secco e freddo.

La giovane osservò il pugnale a pochi metri più in là, e si sentì persa: sarebbe stata uccisa, trucidata, in modo persino più cruento di quello che Duncan riservava al popolino che tradiva le regole, poiché lei era il capo e l'ideatrice di quella Rivolta indesiderata dal Governo Reale.

Sentiva l'alito del ragazzo infrangersi contro la sua pelle, la morsa stretta che le spezzava i polsi, la forza di quegli occhi vasti come l'oceano puntati su di lei.-Uccidimi- sibilò con voce roca, invitando il suo nemico a fare ciò che sicuramente desiderava, per poi fronteggiare il suo sguardo.

Voglio vedere in faccia il mio Nemico.

Il giovane sembrava più sbigottito di lei, le labbra dischiuse e la mente imboccata in chissà quali pensieri; la gotica lo riscosse da quelli tentando di scrollarsi dalla presa di Duncan, invano perchè questo la trasse a sé e la avvicinò alle sue labbra, ormai sempre più vicine a quelle della Nemica. Parlò con un sussurro, poiché sapeva benissimo che ormai bastava quello per permettere alla dark di sentirlo -Mi devi un favore, Ribelle- la schernì, lasciando la presa, per poi voltarsi e estrarre dal taschino della giubba militare un corno attorcigliato, dalla grande apertura squdrata.

Soffiò con potenza, e uno stridore cigolante echeggiò in tutta Mystical: la ritirata.

Prima che potesse voltarsi, il giovane guardò un ultima volta la ragazza, per poi scuotere la testa con decisione ed abbandonare la visuale di Gwen, ancora sbigottita, mentre il silenzio e la desolazione impregnavano l'aria circostante.

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

 

Si ritrovarono all'interno della catapecchia, gli sguardi piangenti o celati abbassando il volto fisso sul pavimento scricchiolante e crepato; nessuno di loro alludeva alla morte di Bridgette o alla desolazione che aveva portato la battaglia, comprese le numerose ferite che tagliavano il volto dei giovani o la ferita enorme che impregnava il petto di Heather, ora sotto le cure di Courtney, che si curava personalmente di spalmare una pomata di erbe sminuzzate sul taglio, che ora sembrava roseo e quasi completamente cicatrizzato.

Il silenzio dominava l'aria, l'unico rumore quello di Trent, che apparecchiava il tavolo di legno grezzo con qualche piatto attraversato da piccole crepe e da posate rudimentali, per poi versare sette o otto ditate di minestra di verdura in ciascun piatto.

Con un cenno del capo, il ragazzo fece capire al resto del gruppo che era pronta la cena, e ciascuno prese posto su una sedia impagliata, affondando il cucchiaio nel liquido e portandoselo alle labbra, sebbene fosse fumante, per evitare di parlare di ciò che era appena successo.

Noah, con il suo solito tono professionale e saputello, ruppe il silenzio introducendo l'argomento toccante -Bridgette è morta. Non possiamo ignorarlo in questo modo.- gli sguardi si puntarono sulla pelle ambrata del giovane, che ne approfittò per sbattere un pugno sul tavolo, facendolo traballare pericolosamente.

-Il dittatore ci sta dimezzando. Non capisco perché abbia suonato la ritirata, dato la sua netta vincita- professò con tono calmo queste parole, assaporando il gusto della zuppa, per poi attirare le repliche di Trent -Meglio per noi! Ci avrebbero sbaragliati, Noah. E adesso che anche B-Bridgette non c'è più... I-io...- la sua voce flebile si ruppe, rivelando le lacrime che da tempo aspettavano di scorrere sulle guance affossate; Bridgette era una ragazza dolce, allegra, altruista e buona: per difendere un ingiustizia era sempre pronta a dare se stessa, era un'ottima consolatrice e, soprattutto, era una ragazza forte e solidale.

Gwen celò lo sguardo lacrimante abbassandolo sul piatto dinnanzi a lei; non aveva infatti il coraggio, sebbene sembrava non esserle mai mancato, di confessare che la morte di Bridgette era stata colpa sua, una terribile colpa che l'avrebbe seguita per sempre.

No. Non è colpa mia. Se il dittatore non avesse mai messo piede su questa terra, se il popolino non si fosse quindi schierato in due fazioni rivali, i Ribelli e il Popolo Grasso*, che parteggiava visibilmente per Duncan, se quella battaglia non fosse mai avvenuta, allora forse Bridgette non sarebbe morta!

-Gwen! Ehi!- la voce dell'ispanica la destò da quei pensieri, dai quali si riscosse amaramente per poi affondare il cucchiaio sudicio nel liquido ormai gelido trovatosi nel piatto; Trent, però, intercettò il velo che ricopriva gli occhi della corvina, e aspettò di essere da soli per poterne parlare con calma e senza scontri animati.

-Dobbiamo escogitare un piano. Quel repressore, quell'uomo che ci reprime arrivando ad ucciderci, deve morire. Bridgette è morta durante la battaglia, non le renderemo onore uccidendo l'uomo che l'ha crudelmente messa in atto e riporteremo la serenità a Mystical.- la mora sbattè un pugno sul tavolo con fare deciso e determinato, l'espressione corrucciata e il volto pallido lasciarono posto ad un sorriso bellissimo, sfoderato nel tentativo vano di risollevare gli animi atterriti.

-Facile, a parole. Ma tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare.- Noah citò il famoso proverbio, per poi lasciare una pausa piuttosto lunga per riflettere sulla teoria che doveva esporre. -Intendo che io posso benissimo dire che ucciderò il dittatore, ma questo è solo una mia scintilla di speranza, non una certezza. Stiamo con i piedi per terra, e smettiamola di aggrapparci a tante speranze senza aver elaborato una teoria.- la disarmante scetticità che riempiva i discorsi dell'indiano destò in malo modo i ragazzi, impressionati dal poco tatto che caratterizzava i suoi discorsi, ma furono in cuor loro grati al ragazzo per aver lucidato le loro menti ancora sconvolte per la morte della fidata complice.

-Ha ragione. Senza un piano d'azione, senza niente di concreto a cui aggrapparci rischiamo di fallire in pieno. Dobbiamo... Ho un idea! Datemi solo un attimo!- Courtney si illuminò improvvisamente, lasciando malamente la sedia e dirigendosi verso la sala adiacente alla spoglia e misera cucina, che però fungeva anche da altre stanze, le quali non avevano il permesso di comprare con i pochi soldi che racimolavano, razziando le caserme della fazione del nemico.

L'ispanica tornò poco dopo, sotto gli sguardi ancora stupiti di tutti, reggendo la pergamena rubata da Gwen la mattina, per poi srotolarla sulla tovaglia di lana grezza che ricopriva il ripiano di legno.

Col dito, tracciò un percorso invisibile che collegava una Caserma Nord, posta ai pendici dei colli, fino alla Caserma Sud, posta vicino al colle estremo.

-Dunque, noi siamo in...- contò mentalmente i ragazzi, tralasciando Heather, ancora in cura e troppo debole per compiere il piano a cui pensava -In cinque! Ma forse Geoff ci aiuterà, quindi sei.- fece una pausa carica di tensione, per inspirare e riprendere il discorso -Tre di noi andranno alla Caserma Nord, altri tre alla Caserma Sud. Dovremmo cercare di uccidere i militari, o almeno quasi tutti, in modo da destare scompiglio; gli altri tre, invece, si occuperanno di creare un diversivo in modo di tenere il dittatore e i suoi consiglieri qua a Mystical: è necessario, per la riuscita del piano, che essi non si accorgano di niente. Racimoleremo un po' di cibo, a sufficienza per tutto il popolino, e ne terremo ovviamente una parte per noi. Geoff non può più aiutarci, quindi siamo in carenza di viveri, oltre che di acqua, ma quello non è un grande problema. Il latte l'abbiamo in abbondanza, per via dei pascoli, e l'acqua possiamo prenderla al torrente che dista qualche metro dalla cittadina. Ma comunque- gli sguardi di tutti erano puntati su di lei, bramavano le sue parole e l'ispanica si sentì in leggero imbarazzo, ma continuò -Il dittatore si accorgerà dei delitti commessi alla Caserma Sud, e dichiarerà guerra a Mystical; informeremo il popolino di rendere la battaglia più duratura possibile, senza però rischiare di farla trasformare in un vero e proprio trucidio; per questo il secondo terzetto, quando si recherà alla Caserma Nord, dovrà cercare di creare omicidi più in fretta possibile, prendere gli averi dei militari prima possibile e ritornare indietro, in modo da terminare battaglia.

Il resto del gruppo sarà già lì, per non insospettire troppo i soldati.

A questo punto, i pochi soldati rimasti tenteranno di farcela pagare, si aspetteranno di trovarci a Mystical e ci attaccheranno nuovamente a sorpresa; ma tutti noi saremmo andati al Palazzo Dittatoriale, per fare una bella sorpresa al dittatore.- Courtney terminò strizzando l'occhio ai presenti, tutti concentrati sulla strategia effettivamente funzionante della complice, che bevve un sorso dell'acqua quasi totalmente limpida che oscillava nel bicchiere di vetro crepato; Noah, con tono da saputello, schernì però il piano della giovane: come sapevano tutti, trovava sempre qualcosa da rimbeccare -Beh, e mettiamo che il dittatore si recasse a Mystical con l'esercito per ridare nuovamente battaglia, una volta aver scoperto i delitti alla Caserma Sud? Cosa succederebbe, noi ci recheremo inutilmente al suo Palazzo e prima di tornare indietro incontreremo i militari, che ci trucideranno.- l'indiano puntò lo sguardo saccente sulla ragazza, che infastidita dal suo comportamento replicò prontamente. -In quel caso, assedieremo il Palazzo e tenderemo un agguato a Duncan.- Noah si zittì, affogando i suoi pensieri nel latte freddo; Gwen si complimentò con l'amica per l'ottimo piano e successivamente si alzò dalla tavola, lasciando il compito di sparecchiare e lavare i piatti a Linsday, per poi recarsi nella camerata piuttosto piccola, in cui i ragazzi si dovevano accontentare di riposare: era formata da sei letti, a due a due a castello, ma il sesto letto ora non serviva più, Bridgette era mancata e il suo letto profumato di fresco giaceva ancora lindo, posizionato sotto quello di Courtney.

Salì velocemente la scaletta di legno scheggiato che portava al suo giaciglio, posto sopra quello di Heather, e si distese sulla coperta a tartan di lana spessa e pesante, che le ricoprì il corpo abbandonandola ad un apparente torpore.

Sentì, infatti, dei passi echeggiare scricchiolanti sul pavimento, e la figura di Trent, riconoscibile a occhi chiusi per il suo perenne profumo di mughetto fresco, si sedette ai piedi del suo letto.

Il suo migliore amico aveva subito intravisto la tristezza invadere il volto della gotica, e questa sapeva di doversi sfogare con lui: l'avrebbe sollevata di un gran macigno, che avrebbero condiviso in due, come tutto ciò che era successo loro.

Solo una cosa non era sicura di voler condividere: l'emozione provata dopo aver incrociato lo sguardo del repressore.

Era una cosa sciocca, quasi maligna, che le provocava un senso di colpa ingigantito da tutto ciò che lui aveva fatto contro Mystical e contro la banda dei Ribelli; tuttavia, anche solo a pensare ai tratti del suo volto, il battito del cuore accelerava di gran lunga, le guance si tingevano di un cremisi acceso e ogni suo tentativo di reprimere quelle emozioni che non riusciva ancora ad identificare risultava vano.

E' un uomo orribile, da odiare, da ripudiare, da trucidare nel modo più cruento possibile.

Ma allora cos'è quel sentimento che mi fa battere il cuore?

Un idea si disegnò nitida nella sua mente, ma la ricacciò immediatamente, scuotendo la testa come per svegliarsi da quell'incubo.

No. Non è amore. Non PUO' essere amore. Non DEVE esserlo, non dopo tutto quello che ha fatto passare al popolo. E' spregevole.

Tentò di convincersi di medesime parole, ma i suoi pensieri vennero bruscamente interrotti dalla voce melodiosa di Trent, che irruppe nella sua mente con fare invadente.

-Ehi. Che ti succede, avanti? Sputa il rospo.- la incalzò l'amico con fare affettuoso, strattonandola per farle abbandonare la menzogna del finto sonno; ci riuscì privandola delle coperte, che gettò a terra in malo modo.

La corvina balzò seduta accanto a lui, e inspirò prima di dischiudere le labbra in un fiume di parole, racconti ed emozioni -Io... Durante la battaglia, un militare mi ha scagliato contro la lancia, e io, nel tentativo di schivarla, mi sono fiondata di lato: la lancia in questione però è piombata su... Bridgette. - il tono grave che accompagnava il suo discorso incupì il moro, che tentò di tranquillizzarla con parole dolci, mentre con la mano le scompigliava amichevolmente i capelli d'ebano -Non è colpa tua. Non eri consapevole del fatto che Bridgette fosse dietro di te, e hai solo tentato di difenderti. Io sono al tuo fianco, sempre- la sua voce divenne poco più che un sussurro, prima che il ragazzo intrappolasse il mento della gotica nella mano e lo attrasse a se; permise alle sue labbra di premere contro quelle di Gwen, incantato dalla sua bellezza e dal suo irresistibile fascino. La sfiorò soltanto, per volere della ragazza, che sembrò ripudiare quel bacio, ma lui, voglioso di baciarla con passione per dimostrarle il suo amore, intensificò il contatto e iniziò una danza di lingue, assolutamente voluta da parte di Trent e senza sentimento da parte della dark.

Alla fine, bramosi di fiato e arsi dal intenso bacio, la gotica si staccò e deglutì amaramente, senza professare parola; conosceva l'amore che il moro provava per lei, ma non pensava che sarebbe subito passato ad un bacio passionale, senza prima intercedere una dichiarazione d'amore.

Ma la cosa che più non le piacque, fu il fatto che mentre il suo migliore amico la baciava con tutto l'amore possibile, la sua mente correva al dittatore, e si rese conto della voglia che aveva di premere quelle labbra sulle sue, e non su quelle di Trent.

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

 

 

Ciaooo!

Ho aggiornato presto perchè anche questo capitolo era pronto, e non ho voluto

aspettare :3

E' davvero lungo, 6 pagine e mezzo! WOW! XD

Spero vi piaccia, che non deluda nessuno (specialmente la mia amica Stella) e che

continuiate a seguire la storia!

Con affetto :3

Gwen

P.s volete i capitoli lunghi come questo o più corti come i precedenti?

P.p.s peach color time! XD

 

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Capitolo 4
*** Fighting and loving- 4 (parte 1 di 2) ***


Mystical, 8 aprile 1676

 

 

 

Alcuni spifferi di luce penetrarono dalle tapparelle sgualcite e consunte della stanza, nati come primi raggi di luce della mattinata; Gwen si era curata personalmente di abbassarle per evitare risvegli troppo mattutini, ma la luce aveva trovato qualche buco e aveva fatto la sua comparsa.

Il capo si destò dai pensieri che aveva confabulato durante il periodo di torpore, per poi privarsi delle coperte e scalare all'indietro la scaletta di legno grezzo che le permetteva l'accesso al suo giaciglio; notò che Heather era ancora beatamente assopita, per cui si curò di non produrre troppi rumori per non svegliarla, così come Linsday, dormiente qualche letto più in là.

Sapeva, però, che di lì a poco avrebbero seguito il piano di Courtney; Geoff, ancora tenuto all'oscuro della morte della sua amata, sarebbe quindi stato gentilmente informato dal capo; le responsabilità erano sue, in quanto l'autorità che incombeva su di lei la portava anche a dover affrontare periodi bui e, talvolta, lungimiranti.

Appena giunse nella cucina notò con piacere che Trent, Courtney e Noah erano già svegli, intenti a bere un sorso di latte caldo e rifocillarsi per l'imminente missione; poteva, infatti, durare giorni oppure ore, a seconda delle loro capacità e degli ostacoli che avrebbero dovuto affrontare nel corso del compito. Alla vista di Gwen, l'ispanica si alzò e le corse incontro, brandendo alcune borracce di cuoio rinforzato; ne porse una alla giovane e le spiegò che contenevano erbe e medicinali, da distribuire ad entrambe le squadre.

La dark si sedette dinnanzi a loro, conscia del fatto che avrebbe dovuto saziarsi; ma non aveva fame, per via dei numerosi sentimenti che ora la distraevano da quel fabbisogno umano: non li sapeva decifrare neanche lei, ma sentiva il loro peso nel suo cuore, e questo non le piaceva per niente.

-Allora, è giunto il momento di preparare le squadre...- l'indiano prese la parola, riportando tutti, assorti nei propri pensieri, alla dura realtà; la gotica si alzò e asserì con decisione alla proposta del complice, decidendo mentalmente i vari abbinamenti.

-Dunque, Noah, io e Trent ci recheremo alla Caserma Nord; Courtney, Linsday ed Heather alla Sud- posò lo sguardo sui ragazzi frontali a lei, mentre un Noah saccente irrompeva nelle sue decisioni -E Geoff?- inarcò successivamente un sopracciglio ed attese la risposta del capo; questa scrollò le spalle con noncuranza e replicò con tono pacato -Il biondo resterà qua, per informarci sulla situazione. Ci ho riflettuto, e forse è meglio così; si chiederebbero dove fosse finito, e ciò non farebbe che aggravare i sospetti fondati di Scott.-

Improvvisamente uno sbadiglio prolungato echeggiò nella casupola, mentre Heather faceva la sua comparsa nella piccola cucina; gli occhi assottigliati cercavano di celarsi alla luce, la bocca semi dischiusa emetteva sbadigli e le occhiaie che solcavano il volto mostravano una Heather totalmente diversa rispetto a quella seducente e fascinosa della realtà.

Appena si accorse di essere squadrata da tutti, rivolse un grugno amaro ai complici e professò poche e semplici parole irritanti -Che avete da guardare?- detto questo, si affiancò a Gwen e si versò qualche dito di latte in un liso bicchiere crepato, da cui bevve con avidità.

Il silenzio dominò l'aria per qualche istante, prima che la gotica decidesse di partire in modo da affrettare i tempi; l'aurora si dilagava nel cielo e ormai si intravedevano le prime venature azzurre, segno che fra poco la diligenza si sarebbe svegliata e non avrebbero più potuto uscire dalla cittadina fino a tarda notte, cosa assolutamente esclusa dalle loro idee.

L'ispanica raccolse i capelli in un morbido chignon all'altezza della nuca, per poi assumere un'espressione pienamente concentrata e schierarsi affiancata all'asiatica; Gwen si legò anch'essa i capelli in uno chignon molto sbarazzino e decise immediatamente di iniziare il loro cammino; avrebbero “noleggiato” alcuni cavalli dalle Stalle in modo da giungere più in fretta alla loro meta.

-Gwen... Ehi!- la gotica udì questo bisbiglio e ne riconobbe il marcato accento melodioso di Trent, per cui si volse e indirizzò con un cenno il resto del gruppo fuori dalla catapecchia; il moro confabulò velocemente come esordire e poi parlò dolcemente -Io... Io voglio dirti una cosa. E' importante, ma...-

Prima che potesse parlare, un richiamo dall'accento marcato echeggiò al di fuori, chiamando incessantemente Gwen ed interrompendo il discorso del migliore amico, che imprecò mentalmente ed uscì insieme al capo.

Si divisero nei soliti gruppi senza salutarsi, come se non ci fosse tempo neanche per quello; una volta alle spalle, alla corvina capitò un destriero nero e possente, su cui balzò con agilità; strinse le briglie nei palmi e partì solcando il terreno con incredibile velocità.

Era sempre stata una tipa taciturna, solitaria e talvolta anche fredda, ma i sentimenti che le impregnavano l'anima le impedivano di essere loquace come al solito; non voleva ametterlo, ma talvolta la voglia di vedere il dittatore si faceva largo dentro di lei, e le spiazzava l'anima.

IO NON AMO QUEL BASTARDO!

Una lacrima le rigò il volto, mentre un senso di colpa la attanagliava; Trent si accorse del comportamento della migliore amica e cercò di accelerare l'andatura per affiancarla, ma senza successo; lasciò perdere e continuò con la velocità attuale, sperando in un momento in cui avrebbe potuto parlare con Gwen liberamente, non trattenendo i propri sentimenti come aveva fatto da sempre.

Percorsero qualche miglia in perfetto silenzio, quando intravidero la linea argentea che serpeggiava lungo il valico dei colli: il fiume Ystico, l'unico fiume che solcava la valle e che permetteva quindi ai propri abitanti di prenderne l'acqua e abbeverarsi; come previsto, appena Gwen volse lo sguardo verso destra, notò una Caserma piuttosto grande e dalla facciata verde militare, attraversata da numerose crepe che rendevano il tutto più lugubre, e arrestò la corsa con parsimonia; legò il cavallo ad un pino lì vicino permettendo a questo di raggiungere la fonte d'acqua per saziare l'arsa gola, arida dopo quella corsa.

-Siamo arrivati...- sussurrò quasi impercettibilmente Noah, estraendo un arco rudimentale ma molto affilato; la faretra che portava in spalla conteneva una quindicina di frecce dalla punta acuminata e molto affilata, per cui l'apparenza che destava la struttura dell'arma poteva lasciare un inganno presto celato appena colpiti.

-Come entriamo?- mormorò il moro, vagando con lo sguardo verso i due giovani ragazzi , intenti ad esaminare l'edificio; appena incrociò lo sguardo di Gwen, capì che neppure lei aveva un piano concreto, quindi cercò lui stesso di formulare un piano.

-Scassiniamo la serratura e contiamo sull'effetto sorpresa.- il tono saggio di Noah squarciò i pensieri dei due complici, che asserirono col capo non molto convinti ma nemmeno troppo contriariati da designare la proposta dell'indiano, per cui si affiancarono alla porta; la dark sfoderò il pugnale e concentrò la lama nella serratura, la quale si aprì con un cigolio.

I militari, colti di sorpresa come si aspettavano i ragazzi, restarono totalmente di stucco nel vedere la loro forza scagliarsi contro un gruppo di loro; nel giro di pochi istanti già decine di corpi erano stesi a terra, colpiti con rabbia e determinazione dai giovani.

Gwen si parò dietro ad uno di loro e conficcò il pugnale nelle sue carni, provocando un rivolo di sangue che si moltiplicò divagandosi in un pallore mortale; schivò un fendente e cercò di divincolarsi alla presa quasi ferrea che tre militari avevano sui suoi polsi, scagliando un calcio contro uno di essi e venendo successivamente aiutata da Noah, il quale con innata precisione aveva trafitto la scapola di uno di essi; si divincolò quindi dall'ultimo militare e prostrò decisa la lama dritta al suo cuore.

Trent schivò un colpo longitudinale destinato a tranciare la sua gola, per poi scagliarsi di lato e conficcare la lama affilata del suo spadone lucente nelle ossa schienali dell'uomo; un compagno lo colpì però all'altezza della trachea, mozzandogli un attimo il respiro e facendolo arrancare pesantemente all'indietro. Noah corse in suo aiuto e trafisse con poche frecce alcuni soldati, schivando un fendente di essi e lanciando una freccia ritta al collo di un ragazzo sulla ventina; intercettò poi il pallore divagarsi sul volto del moro e si avvicinò ad esso, destituendoli la boraccia per poi estrarre da essa una stilla d'acqua, che impregnò un fazzoletto candido e che percorse i lineamenti sudati del giovane dinnanzi a lui.

Gwen, nel frattempo, sbaragliò qualche soldato con maestria, per poi parare un colpo ben assestato e restituirlo con altrettanta forza; lanciò uno sguardo al migliore amico e notò anch'essa le condizioni malconce di esso, non potendo però fare nulla; cercò di allontanare l'apprensione e squadrò la decina di soldati rimasti, forse i più bravi, pronti a vendicare i loro compagni con una devastante rabbia cieca.

Approfittarono della debolezza del moro, ora accasciato a terra in una sorta di svenuta, e rincarnarono i colpi verso la gotica, accerchiandola e colpendola numerose volte, sebbene di striscio, alla spalla e all'avambraccio, per poi ferirla sulla guancia sinistra; la tenace ragazza arrancò e inspirò, consona di dover lottare fino alla fine, per poi scagliare il pugnale verso un militare, il quale le cinse i polsi e la trasse a se; con il coltello percorse il profilo della gola, solleticando con la lama il collo esile e latteo, prima di venire arrestato nei suoi gesti da Trent, che sebbene succube del dolore, colpì pesantemente il militare alla schiena, facendolo accasciare al suolo.

Alla fine, tutti erano stanchi e spossati, senza energia alcuna a possedere le loro membra, e si saziarono e bevvero numerose ditate d'acqua, che alla fine compensarono l'arsietà della gola; Trent era ancora troppo debole e non riusciva ancora a professare parola, nonostante tutto tentò di dare una mano all'esito della missione a cui avevano adempito.

Gwen cercò in alcuni mobili impolverati ma pur sempre preziosi da far prosperare per due settimane almeno la vita del popolino, e razziò qualche moneta d'oro, grano, vino, verdure e carne di tacchino, cosciotti, lardo: a Mystical, la carne era severamente proibita, e le poche volte in cui era concessa assaggiarla erano le rare feste annuali, ormai disfacenti poiché ritenute un occasione in cui i Ribelli avrebbero potuto imbracciare le armi e compiere una serie di omicidi, almeno secondo loro, assolutamente ingiustificati verso il dittatore.

Si cacciò il tutto nella boraccia, per poi elaborare una prossima strategia con il resto del gruppo; la ragazza notò la loro fiacchezza, totalmente giustificata per via di quella cruenta battaglia, che si era trasformata in una serie di omicidi pressochè truci ma necessari.

-Ragazzi, dobbiamo seguire il piano.- mormorò la corvina, cercando invano di spronare gli animi atterriti dei complici; Noah asserì pesantemente con un flebile sussurro, per poi bere l'ennesimo sorso d'acqua ed alzarsi con forza, giungendo infine all'uscita della Caserma; slegò il suo cavallo dal tronco d'albero a cui era legato e balzò in sella, pronto a partire assieme agli altri; sapeva che, ormai, il gruppo dei complici aveva creato scompiglio a Mystical e che molto probabilmente era già in cammino verso la Caserma Sud; dovevano affrettarsi, dunque, a partire, per non fallire il piano.

Una cavalcata piuttosto veloce li portò alla cittadina, dove si stava consumando una battaglia cruenta e ormai lungimirante; i tre cercarono di porre fine a quella guerriglia combinata, quando Gwen...

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

 

Taaa-daaah! XD

Ecco la parte uno di questo capitolo! Che vi sembra?

Recensite, please! XD

So che è un po' noiosa, forse, ma volevo spiegare bene cosa succedeva... Spero che comunque vi piaccia, e di ottenere qualche recensione!

A presto, capitolo dedicato a Stella, Dalhia, Gwuncan, Tiziadarky e a Carrilon! ;D

Gwen
P.s yellow time!

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Capitolo 5
*** Fighting and loving- 5 ***


Mystical, 8 aprile 1676

 

 

 

 

 

La gotica volse lo sguardo verso un punto imprecisato qualche metro più in là; e, ironia della sorte, vide l'oggetto dei suoi sentimenti: Duncan, il dittatore, l'uomo più ripudiabile al mondo, eppure...?

Si morse un labbro per evitare di tradire con le parole il suo trasogno verso quell'uomo di pochi anni più di lei: lo trovava attraente, avvolto in un fascio di mistero elegante e seducente; tutto ciò, era però contornato dall'aura maligna che da sempre progrediva su Mystical.

I suoi sentimenti erano accavallati totalmente, da una parte c'era l'orrore verso la sua persona e la consapevolezza di doverlo designare; dall'altra, era attratta dalla sua figura come non lo era mai stata.

-Gwen! Ehi!- una voce melodiosa la destò da quei pensieri troppo intricati per potercene venire a capo, e la dark si voltò verso Trent; questo aveva fatto in tempo a notare lo sguardo sognante che traspariva dal volto della giovane, e capire a chi lo indirizzasse gli provocò una fitta al cuore.

Non era possibile che lei... Scacciò quei pensieri scuotendo la testa molto velocemente, scompigliando i suoi folti capelli bruni; lanciò uno sguardo verso il resto del gruppo, che stava cercando di placare con successo l'ira creatosi per via della battaglia, e trasse a sé la ragazza.

Era a pochi centimetri dal suo viso, che prese fra le mani e baciò intensamente; violò il limite visibilmente posto da Gwen e cercò di intensificare quel contatto, accarezzandole la guancia con dolcezza e cercando di farle capire tutto l'amore che provava per lei.

Quasi con ripudio la gotica si staccò violentemente, lanciando uno sguardo visibilmente frustrato al migliore amico: possibile che invadesse le sue labbra, bramoso di iniziare una danza non voluta da lei? Possibile che non rispettasse la loro soglia amichevole e cercasse di andare più oltre?

-Trent, non mi puoi baciare quando e come vuoi! Io non provo niente per te, ti voglio bene, ma non riesco ancora ad amarti!- esternò le proprie ragioni con noncuranza, notando però lo sguardo deluso dell'amico a cui cercò di migliorare con una frase significativa, in cui non credeva neanche lei -Col tempo, potrei provare a cercare di costruire qualcosa, ma non ora. Non così, non in questo modo, non violando i miei limiti senza neanche sapere cosa ne penso io. Andiamo con calma, se ci vogliamo provare, d'accordo?- il moro le carezzò le guancia con il dorso della mano, aggrappatosi alla speranza delle sue parole, per poi giungere nel luogo battagliero e cercare di mettere fine a quella guerriglia estremamente combinata ma pur sempre cruenta.

Gwen non perdeva di vista il dittatore, che combatteva quasi con leggerezza seppur sfoderando colpi di innata maestria; il suo corpo agile si muoveva fra le sagome e lei ne rimaneva sempre più attratta, ad ogni suo minimo movimento.

Anche lui la intercettò, e si immobilizzò in una sorta di torpore imbambolato, destatolo da un colpo all'avambraccio che lo fece arrancare; combatté coraggiosamente, menando fendenti ai rivali e schivando colpi da questi, per poi farsi largo fra la folla e raggiungere la ragazza.

Questa sentiva un improvviso calore, e il petto si abbassava ritmicamente, per via dell'andatura impazzita del suo cuore; pregò di non tradire quei sentimenti, poiché l'avrebbero schernita per il resto della vita.

Il dittatore si avvicinò con passo calmo alla giovane, tenendo saldamente impugnata la spada lucente e cercando di non dar troppo a vedere l'imbambolamento nel vedere la Ribelle dai capelli d'ebano, per poi restare in silenzio, perso nel pozzo oscuro che riflettevano i suoi occhi.

-Devo parlarti.- esordì questa, incupendo il ragazzo che tuttavia annuì e la seguì fino alla facciata anteriore della casupola dei Ribelli.

-Io... Io...- non riusciva a trovare le parole giuste, sebbene aveva ormai ben definito i sentimenti che la attanagliavano giorno e notte; spostò lo sguardo a terra e tentò di sorreggere il peso dell'oceano che incombeva su di lei, padrone degli occhi di Duncan.

-So cosa vuoi dire. E... Costa ammetterlo, ma non faccio che pensarti giorno e notte. E ciò mi strazia l'anima, un agonia insopportabile. Ma tu lo sai l'autorità che incombe su entrambi, vero? Tu hai tutta Mystical dalla tua parte, io ho i miei soldati e i nobili. Siamo comandanti di due fazioni avverse, siamo acqua e fuoco, siamo luce e buio; io sono il tuo contrario, e per questo noi non possiamo permetterci di provare queste emozioni troppo forti. Se ci tradissimo? Che succederebbe, Gwendoline?- si zittì, causando una pausa ricca di tensione palpabile al minimo tocco, per poi riprendere -Succederebbe un pandemonio, una fine del mondo ristretta, ridotta alla cittadina.-

Il silenzio dominava l'aria, e Gwen tentò di professare un discorso altrettanto significativo, senza riuscire neanche a dischiudere bocca; ci rinunciò e abbassò nuovamente il capo, giocherellando con l'elsa rudimentale del suo pugnale.

Ha ragione! Ha pienamente ragione, e io... Perchè non riesco ad accettarlo?

Deglutì amaramente a quel pensiero, per poi essere colta di sorpresa dalla mano del dittatore, che le prese il mento e lo avvicinò al suo; sentiva l'alito infrangersi sulla sua pelle diafana, sentiva i suoi occhi puntati sui lineamenti del volto, sentiva l'animo voglioso di lui di baciarla; ma sentiva anche il dovere di uno di ripudiare l'altro, troppo forte da contrastare gli altri sentimenti.

Le lasciò il mento, voltandosi di scatto ed allontanandosi dalla Ribelle; e, in cuor suo, il dittatore non riusciva a non rammaricarsi per aver cercato di impedire e tralasciare i loro sentimenti con noncuranza, mentre la cosa che voleva di più era baciare con passione quella ragazza.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

La nuvola cioccolato della mora danzava al vento, ondeggiando nella brezza; lo scalpiccio degli zoccoli sul terreno dominava l'aria taciturna e silenziosa, concentrata sulla missione che aspettava loro; Heather la affiancava con il suo meraviglioso destriero dal manto candido ed era assorta anch'essa nei suoi pensieri. Linsday, invece, si trovava qualche metro più indietro di loro, arrancando con il suo ronzino piuttosto minuto e di una razza non molto pregiata; improvvisamente la voce acida dell'asiatica squarciò il silenzio, mostrando alle compagne la Caserma Nord, nascosta fra i valici delle colline; era un edificio grigio e cupo, su cui saettavano crepature e scalfito dal vento ed eroso dal tempo.

Aveva precedentemente incontrato il resto dei Ribelli, riuscito nella propria missione, e non voleva di certo fallire; era l'ideatrice del piano e inquanto questa non poteva avere un esito negativo della sua invenzione.

Lasciarono i cavalli legati ad un paio d'alberi, per poi procedere verso l'edificio squadrato; un tettuccio sporgeva in alto rivelando l'accesso ad una finestra di media grandezza. Un lampo saettò nella mente di Courtney, che mostrò loro il piccolo accesso e le spronò ad arrampicarsi; Heather non se lo fece ripetere due volte e balzò sulla sporgenza con innata agilità, palpando la superficie vitrea cercando un punto debole.

L'asiatica la scansò di lato e ruppe il vetro con la spada affilata ed affusolata, scalfendolo in mille piccoli vetri che caddero a terra con un clangore echeggiante e cristallino; si tuffò quindi nel passaggio ed atterrò fra i militari, destando uno stupore da quelli, intenti a saziarsi con portate vistose e molto ricche.

Alcuni si prostrarono al combattimento, altri, ancora sorpresi, restarono imbambolati alla loro tavolata, incapaci di professare parola; Courtney si gettò a capofitto verso quel branco di soldati, brandendo la spada rudimentale e scagliandola contro uno dei militari; questo, non preparato, venne quindi colpito alla scapola e un rivolo di sangue sgorgò da questa, mentre l'ispanica offriva alla sua ferita il corpo di grazia, mozzandogli la gola.

L'orrore si scatenò fra i compagni, mentre alcuni si alzarono in piedi e lanciarono la stessa cruenza contro il gruppetto, il quale schivò con agilità i fendenti e restituì in modo truce questi, andando a segno la maggior parte delle volte; la battaglia non si prospettò molto complicata fino a quando un urlo agghiacciante e familiare si levò dalla folla: Linsday.

Era stata colpita al petto, ed era ora accasciata al suolo in una pozza di sangue, mentre un pallore cadaverico si dilagava sulle membra; gli occhi socchiusi celarono per sempre le iridi indaco, e il suo respiro si arrestò del tutto.

-NO!- urlarono le due giovani all'unisono, vedendo il corpo privato di vita della ragazzina appena sedicenne poggiato sul pavimento; una rabbia cieca si impadronì dell'ispanica che impugnò saldamente l'arma e lanciò colpi su colpi, guidati da una rabbia cieca e devastante, finchè non restarono solamente più quattro o cinque soldati, pronti però a dare il tutto per tutto per vendicare i propri compagni.

Uno di questi cinse la vita della ragazza, sollevandola in aria e poggiando la lama del suo pugnale sulla gola, alla quale disegnò il profilo, pronto a tranciarla del tutto; L'asiatica conficcò però la sua spada affusolata nelle sue carni, sporcandola di sangue e privando di vita l'uomo, il quale lasciò Courtney con un movimento lento e mellifluo.

L'allusiva sfoderò alcuni fendenti verso un gruppetto di due, molto abili con lo spadone, che pararono i suoi colpi e in un roteamento si ritrovarono alle spalle di questa, per poi colpirla al polso solamente di striscio; una linea rossa si pitturò su questo e l'ispanica faticò quindi a brandire la sua spada, ma riuscì a tracciare i loro corpi con un unico gesto longitudinale che gli privò di vita.

Alla fine, le due riuscirono a sbaragliare i soldati, per poi recarsi piangenti e gementi di dolore al corpo di Linsday; era la più giovane del gruppo, e vedere i suoi lineamenti ingenui accostati al muro provocò un vuoto interiore alle due giovani, che riuscirono solo a poggiare un fiore di campo sul suo corpo e scappare via, prima di essere inondate dalle lacrime amare che aspettavano la via libera per poter scorrere sulle guance e rigarle notevolmente.

Non osarono proferire parola, almeno in onore di Linsday, che poco prima era lì con loro, a cavalcare spensieratamente immaginando un futuro roseo e brillante, mentre la sua vita si era arrestata prima del previsto, cogliendo tutti di sorpresa.

Una volta arrivati a Mystical, dovettero affrontare l'argomento con estrema cura, rispondendo all'ingenua domanda di Trent, il quale, notando la mancanza della biondina, non si ideò la sua morte nella mente e preferì chiedere -Dov'è Linsday?-

Un silenzio cupo rispose alla domanda del moro, che sospirò e che si asciugò con l'avambraccio le lacrime che iniziarono a scorrere sulle sue guance affossate; un altro componente del gruppo aveva perito, a chi sarebbe toccato ora? Heaher, Trent, Gwen, Noah, Courtney... Potevano mancare in qualsiasi momento come era toccato a Bridgette e ora a Linsday; il migliore amico del capo, inoltre, era ferito molto profondamente al petto, e ancora faticava a respirare, il respiro gli si mozzava in gola ed era pallido come un cencio.

Gwen, ancora piangente, entrò nella loro casupola e scaldò una tazza di latte tiepido per tutti; l'acqua calda non era consentita dalla cittadina, e doveva essere riscaldata sui focolari per poter diventare leggermente tiepida.

Erano tutti molto spossati e fiacchi, tuttavia si riunirono per parlare e concordarono, fra un sorso di latte e l'altro, di tentare un agguato al dittatore l'indomani, poiché avevano bisogno di recuperare le forze; successivamente, la gotica mostrò a tutti la carne riscossa e il resto del cibo, e complessivamente ottennero ben due ceste di verdura fresca, una di pane, mezza di carne e di cosciotti, altre di riso, pasta, mele e frutta: sarebbero bastati alla popolazione per un mese intero, forse addirittura due per via del loro riguardo verso le vivande, essendone quasi completamente privati.

Fecero una cena molto leggera, a base di cavoli e riso, nella quale non si scambiarono molte chiacchierate, per poi recarsi a dormire, assorti nei propri pensieri; e, quello di Gwen, fu ovviamente il dittatore.

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

 

 

Buonjour! :3

-Sei di nuovo tornata. Saranno tutti stanchi delle tue storie!-

-.-”

Beh... Sì eccomi qua! Che ne pensate di questo capitolo?

Non dico che fa schifo se no mi fucilate, ma sono incerta... E' noioso, forse? :/

Va beh, ora vado! ;D

A revoir! <3

Gwen

P.s purple time!

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Capitolo 6
*** Fighting and loving- 6 ***


Mystical, 9 aprile 1676

 

 

 

 

 

La gotica non riuscì a dormire: pensieri impertinenti le sconvolgevano la mente destandola continuamente; sapeva benissimo chi era l'oggetto di quei mille crucci, totalmente giustificati.

Lei e il dittatore si erano chiariti, lasciandosi con futili parole nelle quali si nascondevano mille insidie; non si dovevano amare. Trent, lui era così dolce, perennemente affettuoso e bramoso di poter avere il suo amore...

Io non riesco ad amarlo! Non ce la faccio, non posso costringermi! Perchè, invece di innamorarmi di Duncan, non potevo provare qualcosa per lui?

Si morse il labbro a quei pensieri, raggomitolandosi nelle coperte di lana grezza che le ricoprivano il corpo; era la prima alba, e alcuni squarci di luce filtravano attraverso quelle tapparelle, troppo sgualcite per poter respingere il sole.

Aprì gli occhi nella penombra che caratterizzava la stanza, osservando i suoi compagni beatamente addormentati nei propri letti; erano assorti in chissà quali sogni, talvolta abbozzavano timidi sorrisi.

Ad un certo punto sentì un flebile sbadiglio provenire dal letto dinnanzi a lei; Courtney, sottostante nel letto più in basso, roteò gli occhi nella stanza e sbadigliò ampiamente, decisa ad alzarsi.

Gwen la raggiunse, privandosi delle coperte e giungendo nella cucina, in condizioni alquanto sgradevoli, per poi appiccare un tiepido fuoco con l'intenzione di riscaldare un po' l'ambiente gelido; l'ispanica si avvicinò e le battè qualche pacca sulla spalla, sedendosi su una sedia impagliata e bevendo qualche dito di latte freddo.

-Oggi dovremmo assediare il dittatore.- proclamò, squarciando l'aria tersa di silenzio che creava l'ambiente. La dark annuì, non vogliosa di iniziare una conversazione, per poi ingoiare velocemente il latte oscillante nel suo bicchiere crepato ed alzarsi con fare scattante; prese il mantello di un pesante tessuto e se lo calcò sulle spalle, uscendo in una nuvola di polvere appostata sull'indumento.

Il villaggio era silenzioso, avvolto in un fascio di tranquillità che calmò per un attimo l'animo della giovane; questa si incamminò per le vie e si ritrovò quindi davanti al Tempio.

Il marmo nero riluceva creando effetti e figure assolutamente sinistre, contrastando con il candido marmo bianco, distrutto dagli affreschi raffiguranti il dittatore, dipinti sopra dal miglior pittore della Regione, Izzy Blamboor, una nobile con vari appezzamenti di terra e varie tenute davvero estese.

Ciò che la stupì di più, però, furono le voci che sentì dentro, di un timbro totalmente irriconoscibile: non erano nobili e reali, ma allora...?

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

-Dove sono?-

-Non lo so, io... Hai messo le bombe?-

-Certo... Io so quello che faccio. Voglio far saltare in aria quei maledetti Ribelli. E anche i Reali.-

-Anche io. Sbrigati!-

-Sì... Avevo sentito dal dittatore di quei documenti...-

-Filiamocela! Io non voglio avere niente a che fare con la giustizia! E' troppo cruenta da queste parti...-

-Non mi importa. Più truce è, meglio è. Di qua!-

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

La gotica restò immobile, destabilizzata da quelle voci; bombe, documenti, Ribelli, Reali... Chi erano? Del popolino, per giunta? O dei Reali? Probabilmente non appartenevano a nessuna delle due categorie: erano sconcordi con tutte e due le parti, per cui...

Saltò sul tettuccio di marmo nero, incurante del rumore dell'impatto che echeggiò nelle circostanze; la finestra, scalfita dal tempo ed erosa anche da questo, riproduceva l'ambiente ricco e contrastante che vi si prostrava all'interno; si morse il labbro, ricordandosi di un avvenimento non poco cruento che le rovinò la vita qualche tempo fa, nel lontano 1662: la morte dei suoi genitori, Annabeth e Christopher, era avvenuta proprio all'interno di quel ambiente, privo di ragnatele o ingombri intralcianti ma ricco di ripudio. Erano stati trucidati proprio in quel luogo, a sangue freddo e senza esitazioni. D'altronde, le esitazioni non erano concesse in un luogo come quello, da dominare saldamente con le forze e con la cruenza.

Scacciò quei pensieri muovendo con ostinazione il capo, ondeggiando appena i lunghi capelli corvini; pensò quindi a come riuscire ad intrufolarsi in quel luogo privo di nascondigli e senza alcun appiglio a cui potersi aggrappare senza destare grossi impatti.

La sicurezza vigilava costantemente il di fuori, deridendo malamente la povera gente che si avvicinava anche solo per dare l'ennesima occhiata al marmo pregiato, rarissimo e commerciabile solo al di fuori di Mystical, che avrebbe potuto donare un po' di prosperità a quella vita tanto ardua e incivile.

Incivile perchè non è concesso pensare. Incivile perchè non è concesso respirare. Incivile perchè chi la comanda lo è.

Quel pensiero era accavallato fra l'anima di Gwen, indecisa se essere concorde o meno con quell'affermazione senza esternazioni; era incivile e ripudiabile, certo, ma lei... Lei lo derideva ancora? O l'amore che provava offuscava tutti gli altri sentimenti?

Inspirò, cercando di destabilizzare quei pensieri intricati e concentrarsi sul resto della missione; scalfì ulteriormente il vetro dell'oblò, provocando un cedimento di questo; purtroppo, il clangore echeggiante sulle tegole lastricate di marmo nero non passò inosservato.

Alejandro, il migliore amico del dittatore nonché suo fidato braccio destro, imbracciò il fucile corazzato e lo puntò contro il territorio circostante, prostrandosi in un'espressione corrucciata ed indecisa; roteò lo sguardo e, per via del suo sguardo pressochè falcoceo ed invidiabile, sfoderò un sorriso sghembo e sarcastico, per poi urlare un incitato e dittatoriale -Vieni fuori! O sparo!-

La ragazza si aprì in un sorriso sarcastico, lasciandosi scappare un'esternazione a dir poco soffusa, pronunciata con un sarcasmo pesante, che non la aiutò certo in quella situazione, sospesa in bilico fra la vita e la morte -Tanto lo farete lo stesso, giusto? Mi uccidereste lo stesso, come fate giornalmente con il popolino.- non ebbe il tempo di rimediare a tale frase, indignosa e ripudiabile, e un colpo di fucile partì dalla canna di questo, imbracciato con maestria da Alejandro; il proiettile sfiorò a malapena la spalla di Gwen, provocandole un leggero squarcio visibilmente rimediabile.

Nonostante ciò, si portò una mano alla scapola e parò il flusso sanguigno che non esitava a scorrere sul corpetto di cuoio, macchiando irrimediabilmente questo.

-Se ti prostri inchinandoti, giurando devozione al dittatore, e poi fili via ti risparmio. Altrimenti, il proiettile ti squarcerà il petto.- quelle parole pronunciate con tono secco e cadenzale dimostravano tutta la superiorità che incombeva su Mystical; essendo il braccio destro di Duncan, aveva diritti che, ovviamente, agli altri non erano concessi.

L'unica cosa che, forse, lo ostinava a essere comunque generalmente designato dal resto della truppa era che lui era uno Spagnolo, e inizialmente combatteva per la fazione Spagnola, contro la Fazione Britannica. Spagnoli. Gwen non riusciva a capire quel termine recentemente coniato dai coloni inglesi, provenienti d'oltreoceano; la gotica definiva “spagnole” solo certe civiltà disseminate nel Portogallo – ormai completamente scomparse per via dei folli stermini che portò una ridicola guerriglia assolutamente ingiustificata-.

Repellava con ripudio quel termine, specialmente nel contesto di Alejandro, poiché egli era un nobile dalla pelle ambrata, assolutamente razzista contro i Britannici; aveva però ceduto alla vista prosperosa offritegli da Duncan, in quanto il dittatore gli avrebbe conferito poteri ben più elevati, posti al di sopra del clero ora offertogli.

Suo padre, Cristopher, aveva origini Greche; per questo aveva sempre ammirato con devozione la cultura greca, priva di razzismo o sdegno per le altre etnie e assolutamente vogliosa di apprendere più da queste. I miti mitologici, con quel fascio di mistero e leggenda che li ricopriva, inoltre, erano una vera passione per la dark, sognante e bramosa di risentire la carezzevole voce del suo amato papà intento a raccontargli quelle bellissime fantasie.

-Allora? Vattene, ho detto!- ringhiò con voce rabbiosa il moro, spronando con la canna del fucile, puntata verso l'esile corpo della giovane, questa a percorrere la via di casa; lei, tuttavia, restò immobile, constatando di voler assolutamente scoprire ciò che stava accadendo dentro all'edificio.

L'ombra di una Rivolta era tenue e soffusa, tuttavia poteva degenerare quanto più presto fosse possibile; doveva ricorrere ad un sotterfugio piuttosto abile, e doveva essere altrettanto celere per poter sgattaiolare all'interno dell'oblò.

Non ebbe il tempo di formulare ed articolare un possibile inghippo, che un altro fragore echeggiò, distendendosi in tutta Mystical con parsimonia ed agguantandola; un esplosione, ai pendici del colle Mystico, causò un enorme boato, oltre che un'amara distruzione.

Casupole su casupole abbattute da quella serie di bombe inattese, che arrivarono a far esplodere persino il Tempio; e, in esso, anche Gwen sembrò perire.

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

 

 

Ma buoooongiorno, cari! ^.^

Allora... Come vi sembra questa robetta? Beh, so che è noiosa, ma è introduttiva più che altro...

Spero di non avervi fatto addormentare, comunque! :D

-Speranza frantumata...-

Ehm... -.-”

Beh, adesso vado! Al prossimo aggiornamento, e ci tengo a dedicare questo capitolo a:

§Stella_2000- con The Voice e Songs, una nostra raccolta di song *.*

§Dalhia_Gwen- con il suo fantastico You're my dream come true e con L'imperfetto cuore di diamante *__*
§Sara_Rocker- con la sua Desert_Zone con la sua fantastica Fine del Mondo *<*

§Gwuncan99- con il suo bell'Escape e con la sua bellissima Quella piccola stella solitaria *^*

§Giulialovely99- con il suo avventuroso Trionfo Animale e con la bella Scuola Deserta ^.^

§Carillon- con le sue bellissime ficcy di cui adesso non mi ricordo il nome... Cliccate sulle recensioni e leggete, mi raccomando! ^_^

Gwen
P.s Red time *.*

 

 

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Capitolo 7
*** Fighting and loving- 7 ***


Mystical, 9 aprile 1676

 

 

 

 

 

-Gwen! No, non ce la farà!-

-Io... Erano centinaia e centinaia di bombe! Noi ci siamo salvati per puro miracolo...-

-Sii speranzoso, Trent! Non cominciare a blaterare inutilmente sulle sue condizioni!-

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Duncan passeggiava nella sua tenuta con passo nervoso e cadenzato, il volto corrucciato era nascosto dall'ampio colletto di tessuto che ricopriva i lineamenti del viso; Scott lo osservava dare manifesto al suo nervosismo e rimaneva sempre più contrariato dal modo di fare che lo caratterizzava nel gestire le situazioni. Decise di intervenire, per cui si avvicinò al ragazzo e lo rimbeccò con un evidente stilettata, la quale provocò l'ira più incontrollata del dittatore -Come fai ad essere così calmo, maledizione? Gwen sta male e...- il rosso lo bloccò, inconsapevole di ciò che aveva professato il capo; non voleva contraddirlo, non sarebbe stato consono: d'altronde, il clero in cui viveva era sopraelevato rispetto alla nobiltà in cui rientrava Scott, figlio di un duca proveniente dalla Baviera e da una normale panettiera.

-G-Gwen? Mi perdoni per l'invadenza, Sir, ma... Le interessa davvero della salute di Gwendoline?- vedere quel riscatto improvviso destato dal militare fece trasalire Duncan, il quale con un brusco ordine ordinò al ragazzo – probabilmente di origini d'oltreoceano; per questo, forse era più diffidente con i Britannici, in quanto i duchi di Baviera avevano coniato alcune ragioni di guerra ingiustificata – di uscire dalla stanza e di ritornarci solo quando la sua presenza fosse stata effettivamente richiesta.

Scott sembrò imbambolato di fronte alla richiesta sprovvista del punk, il quale aveva atteggiamenti rabbiosi e poco appropriati per un nobile del suo rango, ma inclinò il capo e raggiunse la meravigliosa porta in mogano pregiato, lucidata spasmodicamente e in modo maniacale; infine uscì con un secco clangore dei battenti, lasciando Duncan solo in quella stanza visibilmente seicentesca.

Il punk non riusciva a spiegarsi come, quasi inconsciamente, nutrisse quelle preoccupazioni per la ragazza, al contrario di quelle che invece provava verso Alejandro; era preoccupato, ovvio, ma riusciva a controllare la frustrazione al sentir nominare l'amico, mentre con Gwen perdeva ogni controllo.

Si beò dei tiepidi raggi di sole che penetravano dalla finestra arcuata, rendendo l'ambiente assolato e piacevole; le finestre di un pesante tessuto molto morbido, accondiscendente al tatto, rendevano la tenuta ricca e accogliente.

Raggiunse lo scrittoio in mogano posto al centro della stanza, chinandosi goffamente e sedendosi rozzamente sulla sedia che permetteva l'uso del mobile; gli atteggiamenti che riservava ai momenti in cui era isolato dal resto della nobiltà erano poco appropriati e sicuramente non apprezzati dal resto dei potenti che lo circondavano. Lui, d'altronde, era Britannico, ma aveva vissuto svariati anni con i gitani, il popolo di cui era originario suo padre; viveva oltreoceano e per questo, a volte, veniva ancora designato silenziosamente dai maniaci Britannici, specialmente da quelli che coniavano ancora l'odio verso le fazioni con etnie diverse come la sua.

Si riscosse da quei pensieri scuotendo leggermente il capo corvino, ondeggiando i ciuffi ribelli e solitari che distinguevano quel taglio da un normale taglio nobiliare; prese una pergamena ingiallita e srotolata con cura e poi intinse il pennino della piuma d'oca nel calamaio, iniziando a scrivere delicatamente sulla carta una lettera riservata ai Ribelli:

 

 

 

 

Egregi signori,

vi porgo le mie più affibiate conoscenze in campo medico,

nel quale sono certamente più istruito dei rozzi dottori di cui disponete miseramente,

per proporvi una reale tregua della durata del tempo in cui impiegherà la signorina Gwendoline

Gryger, vostro capo e umile autorità del posto, per guarire;

infatti, mi prendo le mie più sentite brighe per poter curare con le medicine di quei dispongo la ragazza.

Non vi tenderò una trappola, in quanto non avrei alcun problema, se volessi, a far fucilare Gwen in questo preciso istante; non crucciatevi e vi

chiedo i miei più distinti saluti, sperando in una guarigione fruttuosa.

E vi propongo anche un affare; se voi mi concederete di curare Gwen, io vi propongo di esternare la guerra per qualche mese, vi concederò rifornimenti (cibo e acqua in sazietà, l'uso della carne) e ogni tipo di comodità.

 

Distinti saluti

 

 

Sir. Duncan Arcibald Smith

 

 

 

 

Ripiegò la lettera con cura, intascandola nella giacca di velluto che indossava; l'avrebbe spedita recentemente, anche se nutriva dubbi sulla riuscita del suo scopo; il quale, lo sentiva nel profondo dell'anima, era solo quello di avere la ragazza con se, di poterla assistere affinchè la cura non venisse trascurata o semplicemente seguita da dottori incapaci e rozzi.

Un rumore sordo lo accompagnò nell'uscita dai suoi pensieri, mentre un robusto bussare riempiva l'aria tersa di silenzio e pensieri; imprecò a bassa voce e si alzò, giungendo al portone ed aprendolo con disinvoltura: celò il suo stupore nel vedere l'entrata di una nobile aristocratica, probabilmente del suo stesso clero, entrare con noncuranza nella stanza e riservare un occhiata di dissenso al dittatore.

-Ho dovuto aspettare ben tre minuti prima che lei si degnasse a ricevermi, signor Smith. Richiedo di essere trattata con maggiore riguardo, se possibile.- la voce saccente lo irritò maggiormente, ma mise da parte l'impulsività e si affrettò a rimediare; non aveva mai conosciuto quella donna, e voleva accoglierla con gli ossequi necessari.

-Mi perdoni, Lady. Lei merita tutti i miei riverbi nei suoi confronti.- le prese la mano e si chinò appena, sfiorandone la superficie ricoperta da un guanto vellutato con le labbra, prostrandosi in un inchino con fare galante.

-Non fate il ridicolo con tutti queste riverenze, Sir Arcibald, io..-

-Preferirei mi chiamaste Duncan.- la interruppe il punk, sentendo pronunciare il secondo nome, troppo aristocratico per poter essere apprezzato; si rese conto di aver tralasciato l'educazione, interrompendola, e si zittì.

-Vorrei parlarle di mia nipote. Vive a Mystical da molto tempo, ormai, e le sue origini non sono ben chiare; in quanto dittatore della regione, sicuramente avrete hiara e nitida la figura di questa ragazza- poggiò il ventaglio sfarzoso a terra, smettendo di ondeggiarlo lentamente davanti al viso, e prese una fotografia in bianco e nero.

Il punk ebbe un colpo al cuore nel vedere chi vi era ritratto.

Non poteva essere...

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Trent contorse le mani e le articolò, per poi poggiarne una sulla guancia di Gwen e iniziare a carezzarla con dolcezza; la gotica sembrava semplicemente addormentata, il ciuffo corvino spettinato e ricadente imperterrito sulla fronte imperlata di sudore, ma in realtà era gravemente ferita; senza le giuste cure, non avrebbero portato a termine la sua guarigione.

Heather notò la preoccupazione del moro, il quale stava sorseggiando un tè freddo con incredibile parsimonia, e cercò di risollevare gli animi atterriti in quella stanza sudicia e logora con un'esclamazione fiduciosa -Gwen ce la farà! Andiamo!- i volti corrucciati e tristi degli amici fecero capire all'asiatica che quel futile tentativo di risollevare gli animi era stato, appunto, futile; quindi la ragazza si zittì ed iniziò a passeggiare nella stanza con nervosismo misto a rabbia.

L'esplosione aveva colpito la parte Nord della cittadina, distruggendo quindi il Tempio e la fitta rete di casupola stagliatosi in quella fascia Nordica; aveva portato desolazione e tristezza, portato carenza di felicità negli animi e aumentato le ferite interne provocate dalla cruenza della dittatura.

Courtney le sentì il battito cardiaco, dichiarando che, sebbene molto debolmente, il cuore continuava a professare battiti; successivamente, le tamponò l'enorme ferita che si prolungava sulla schiena snella della giovane, vedendo con desolazione quanto le garze si fossero intinse di sangue.

Infine, le spalmò sui numerosi tagli un unguento miracoloso, prodotto con erbe selvagge e miele d'acacia; si scostò un ciuffo moro dal viso roseo e preparò quattro tazze di latte per il resto della banda, la quale apprezzò quel gesto dolce.

Improvvisamente un forte colpo alla porta fece tremare l'angusto abitacolo, costringendo Heather, sbuffante e contrariata di doversi occupare della porta, a recarsi a questa.

Chi si trovò davanti la fece trasalire, mentre arretrava con passo terrorizzato: dinnanzi a lei vi era...

-Padre.- sibilò, mentre un evidente rossore le imporporava le guance pallide; suo padre era un nobile di alto rango, in quanto Duca e Marchese di molti territori.

Questo sbattè un piede a terra con indignazione, notando successivamente la misera capanna in cui era costretta a vivere la figlia; la rimbeccò con tono acido, assestandole un profondo schiaffo sulla guancia affossata che non fece che aggravare la situazione omertosa.

-Heather Wilson! Tu, indegna figlia! Assassina d'animi, truce vendicativa! Tu ora verrai con me a Palazzo e le tue opposizioni non mi interessano!- blaterò con notevole ribrezzo, marcando il polso all'asiatica e traendola a sé.

La ragazza non osò professare parola, sapendo ben bene delle frustate che avrebbe ricevuto, e seguì il padre fino alla carrozza seicentesca parcheggiata fuori dalla baracca.

I cavalli, maestosi e corpulenti, trainavano il mezzo; una volta all'interno del pregiato scomparto, vagò lo sguardo al di fuori del finestrino, scostando la tenda dai colori tenui per osservare l'esterno:

la confusione tipica di quella vena borghese risuonava ampiamente, destando ancora più sdegno al padre; con uno scalpiccio di zoccoli, sentì il mezzo muoversi e strapparla dal luogo in cui, sebbene vivendo malamente e in condizioni alquanto precarie, avrebbe voluto restare.

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

 

 

Ulalà! ^.^

Eccomi qui, popolino di EFP! (?) :D

Allora... Il capitolo è NOIOSO e lo so, ma è introduttivo più che altro...

Beh, ora vi lascio! Capitolo dedicato alla gente a cui era dedicato lo scorso! *.*

Gwen

P.s purple time!

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Capitolo 8
*** Fighting and loving- 8 ***


Mystical, 10 aprile 1676

 

 

 

 

 

Duncan trasalì, ancora inchiodato alla bellissima foto della giovane che si stagliava, di una bellezza alquanto disarmante ma a lui sennonchè nota: quel penetrante pozzo oscuro non era assolutamente indimenticabile, destabilizzante a tal punto da imprimersi nella mente con potenza.

La nobile attese ancora qualche istante, notando però l'acciglio che colmava il volto dell'uomo; trasse a sé la foto e la intascò nella borsetta, vogliosa di sapere il responso a cui avrebbe aderito il dittatore.

-Non la conosco, mi dispiace.- sentenziò, intrappolandosi il mento con ambedue le mani per poi strofinarselo spasmodicamente con fare pensoso; la donna abbozzò un sorriso tirato, consona del disappunto che probabilmente aveva spinto l'uomo a rivendicare quella risposta falsa.

-Ah no? Allora come mai tanto stupore nel vedere mia nipote?- tentò la signora, ondeggiando il decoroso ventaglio di piume che racchiudeva nella mano sinistra; il punk si beò dei tiepidi raggi di sole che penetravano dalla finestra accuratamente assolata, per ritardare la risposta che infine arrivò.

-Ero stupito perchè è molto bella, tutto qua. Ora, per cortesia, mi lasci solo. Ho molti contratti da sigillare e da firmare, non ho tempo per queste questioni assu...-

-Mi dica la verità! Non giochi con me, potrebbe pentirsene.- senza atteggiarsi in modo poco appropriato, la nobile fece capire al dittatore che, sebbene lui disponesse di milizie ed averi sopra le sue possibilità, il suo rango poteva comunque coniare guerriglie contro di lui e ben di più, che però non si apprestò a pensare.

-NON LA CONOSCO!- tuonò l'uomo, palesemente scocciato dalla vogliosa bramosia della donna, per poi sbattere qualche pugno liberatorio sulla scrivania di mogano, lucidata anch'essa in modo maniacale.

-Non c'è bisogno di atteggiarsi in modo così incivile. Me ne vado, ma ritornerò prima di quanto lei pensi.- i capelli di un castano scuro piuttosto intenso ondeggiarono sulle spalle, coperte da una veste bianca ed alquanto raffinata; uscì dalla porta, brandendo occhiatacce disarmanti, per poi sbattere i battenti con innata forza.

Il punk si passò una mano fra i folti capelli scuri, espirando rumorosamente alla bugia che aveva professato: era stata una scelta giusta mentire in questo modo? O forse aveva sbagliato, non confidando alla nobile piuttosto insistente di conoscere quella ragazza?

Un colpo ben assestato alla porta lo fecero destare dai quesiti in cui era piombato, e si diresse a questa aprendo i battenti con fare signorile: una missiva.

La cameriera gliela consegnò, per poi congedarsi al cenno del capo del padrone, che richiuse nuovamente la porta e si sedette goffamente sullo sgabello di mogano, iniziando a leggere le parole di una calligrafia delicata che vi erano impresse sopra la carta:

 

 

 

Egregio Sir. Duncan Arcibald Smith,

volevo proporre ad un uomo del vostro rango un affare piuttosto propenso a farci

arricchire: voglio barattare qualcosa che possedete con qualcosa che possiedo io,

sicuramente interessante per il vostro clero. Probabilmente starete pensando alla

mia più completa babbeaggine, ebbene voglio ricordarvi che io, non lavorando più per voi ed

essendomi trasferito definitamente a Madrid, dispongo di beni molto estesi ed alquanto interessanti.

Io, Sir. Alejandro Llyod Mathon, possiedo svariati appezzamenti di terra su tutto il confine dell'Inghilterra: ma non è tutto, in quanto possiedo anche svariate piantagioni di cotone,

produzioni agricole alquanto prospere e anche alcune colonie oltreoceano costituite da migliaia di soldati. Tutto questo potrà essere suo, e ripeto suo, ad una sola condizione:

Voglio che voi mi consegniate una ragazza, una ragazza davvero bellissima che ho intravisto

nella mia recente visita: appartiene alla borghesia, ma in questo momento è anche molto ferita e malata, una ragione in più per darmela in asilo.

Il suo nome è Gwendoline Greycer.

Distinti e convenevoli saluti,

Sir. Alejandro Llyod Mathon

 

 

 

 

Il punk ebbe un colpo al cuore ben assestato nel leggere le parole stucchevoli impregnanti quella carta color avorio: voleva Gwen?

Duncan cercò di persuadersi ad accettare: infondo, non poteva innamorarsi di Gwen, e le varie cose elencatogli da Mr.Alejandro erano alquanto prosperose per lui e per i suoi innumerevoli interessi.

Il pensiero della gotica gli sconvolse in modo prepotente la mente, costringendolo ad inumidirsi l'azzurro degli occhi che celò con il ciuffo corvino: non avrebbe mai avuto il coraggio di consegnarla all'uomo.

La lettera che ancora stringeva nella tasca della giacca lasciava trasparire l'amore incondizionabile che, doveva ammetterlo, provava per quella ragazza dai capelli d'ebano; doveva curarla, doveva farlo lui e solo lui.

Ma d'altra parte... Lord Alejandro aveva comunque i poteri per prelevarla, e di sicuro, venendo d'Oltremare, i Ribelli avrebbero, comunque diffidando inizialmente, accettato le sue varie proposte.

Conosceva bene l'uomo, e, anche le capacità persuasive di cui disponeva; era un uomo ben accetto dalla borghesia e dai ranghi più elevati, accolto con giubilo dal popolino ed acclamato da questo.

Doveva affrettarsi a mandare la lettera, prima che il suo rivale si fosse apprestato ad arrivare alla capanna.

Gwen era solo sua.

Almeno così doveva e sperava che fosse.

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

La carrozza procedeva lentamente, riproducendo la consueta apparizione della borghesia seicentesca del villaggio, piuttosto piccolo e misero, in cui si trovava la ragazza che cercava: Lady Gwendoline Greycer, la ragazza che, la prima volta che l'aveva vista di sfuggita, l'aveva colpito talmente tanto che ne era rimasto affascinato.

Aveva poi avuto l'occasione di incontrarla all'età adolescenziale di lei, appena sedicenne, ad una fiera di un paesino di cui si era scordato il nome; forse, pensò successivamente, se lo era scordato colpito dalla disarmante bellezza della giovane: capelli corvini e setosi, pelle diafana e lineamenti dolci ed aggraziati, contrastanti con l'atteggiamento taciturno ed impulsivo.

Finalmente la carrozza si arrestò, spingendolo a scendere dall'abitacolo compito in cui si trovava, per poi recarsi ad una capanna piuttosto malconcia, che lo rattristò per le sue carenti condizioni: soffitto cadente, pavimento scrostato.

La mano ricoperta da un guanto di velluto battè con poche pacche sul legno grezzo che costituiva la porta; una voce brusca corse da aprire, e quando la porta si aprì rivelò un ragazzo dai folti capelli scuri e dagli incriminati occhi verde smeraldo.

-Ma lei... Ehm, mi scusi, chi cerca?- i modi poco convenevoli del ragazzo fecero sorridere Alejandro, che cercò di esordire con le buone maniere, chiedendo gentilmente di vedere la ragazza della quale si era irrimediabilmente innamorato.

-Vorrei vedere Lady Gwendoline Greycer, se possibile.-

A quelle parole, il moro si grattò la nuca con modi rozzi, irritando lo Spagnolo, che tentò di non esternare il proprio disappunto.

-G-Gwen? Cosa vuole da lei?- la voce tremante di Trent e il luccichio che sfavillò nelle sue iridi nel sentir professare il nome della mora fecero capire ad Alejandro che il ragazzo coniava qualche sentimento verso l'oggetto dei suoi desideri.

-Voglio riceverla, problemi? Anzi, la vorrei curare e prendere in sposa successivamente!- l'incredibile sentenza dell'importante nobile, destarono bruscamente il ragazzo, che scosse quasi percettibilmente la testa, per poi iniziare a scuoterla con più decisione.

I ragazzi non rispettavano molto Alejandro, in quanto era diventato, da sergente di Duncan Smith, un uomo importantissimo: era sbarcato in Spagna e, grazie alle piantagioni di cotone e alle innumerevoli risorse della famiglia, era diventato un ricchissimo ereditiero.

Si era quindi successivamente rifiutato di servire il dittatore, perché, almeno, secondo lui, “con il clero di cui faceva parte non poteva permettersi di seguire Lord Duncan nelle innumerevoli battaglie, come un suo sottomesso”.

-Se ne vada!- ordinò il moro con una voce prepotente, marcata da un timbro pressochè dolce, ma Alejandro non si scoraggiò ad una semplice ordinanza proveniente da un comune plebeo.

-Senti, o ti togli di mezzo o ti fucilo. Chiaro?- prima che potesse sfoderare un sorriso sghembo di vittoria, un altra voce lo sopraffò, costringendolo a voltarsi con stupore.

-Non gridare vittoria, Alejandro! E' più facile che ti uccida io! Non toccare la ragazza, chiaro?- tuonò la potente voce, proveniente dalla figura assolutamente nota del suo ex-comandante di guerra: Duncan, intento ad imbracciare un fucile contro il latino.

-La ragazza è solo mia, chiaro?-

-Non ci provare, rozzo di uno Spagnolo!-

-Rozzo? Rozzo tu, che domini questa cittadina a dir poco squallida?-

Il litigio si animò, e alcuni spari echeggiarono nell'aria, andati a vuoto ma comunque tali da spaventare la popolazione; improvvisamente, un grido si levò da dentro la catapecchia, più agghiacciante del solito:

-Gwen! Gwen sta peggiorando!-

Quel grido consumò le tempie ai tre uomini litiganti, calmati da quella notizia alquanto inaspettata; corsero all'interno della capanna e videro la contesa ragazza agitarsi spasmodicamente sul giaciglio di canapa, le labbra dischiuse nel tentativo di professare qualcosa.

Un rivolo di sangue colò dal petto, squarciato dalle innumerevoli ferite, e la fronte imperlata di sudore era scottante; Courtney si avvicinò, prendendo un lembo della veste color mogano (piuttosto lisa ed appropriata al suo inerme grado inconsiderato) e adagiandosi accanto al capo.

Le prese il braccio e misurò il battito cardiaco, sperando con il fiato mozzato di riuscire ancora a sentire qualcosa; le condizioni in cui era precipitosamente caduta lasciavano trasparire la gravità della cosa. L'ispanica, sentendo ancora un flebile pulsare, cercò di preparare un calmante con le poche erbe che disponeva; estrasse quindi i fiori candidi della camomilla, glicine, elitropio e alcuni piselli odorosi, per poi iniziare a spalmarli energicamente in un unguento composto da miele e acqua.

Duncan restò palesemente colpito dall'abilità della ragazza e dalla sua bellezza: i capelli scuri, raccolti in una retina, scendevano in piccoli boccoli alle tempie; la veste attillata inconsapevolmente metteva in risalto l'ampio seno di cui disponeva.

Alla vista dell'occhiata stupita del punk, la mora smise di impastare e inforcò le labbra in una smorfia, che cambiò presto per via della riverenza che prostrò poco dopo.

-Riesci ad impastare due erbette?- domandò seccamente la voce melliflua del latino, che si spintonava continuamente con Alejandro; la ragazza si irritò e lo fulminò con una stilettata appena accentuata da una piccola imprecazione.

Quando Courtney finì l'unguento, con grande abilità lo fece ingoiare rapidamente a Gwendoline, lasciando quel residuo dolce sulle ferite e aspettando la fine di quegli spasmi agonizzanti; ubbidiente alle sue speranze, il corpo si calmò e piombò in una sorta di sonno profondo e costretto.

L'ispanica si asciugò le dita con un canavaccio umido, disposto su tavolo per poter evitare la caduta degli ingredienti, ed assistette ad un fenomeno alquanto romantico, ma pur sempre impressionante: il punk si chinò e sfiorò con le labbra la superficie della mano della gotica, ma ciò che fu ancora più sorprendente fu l'esclamazione appena sussurrata che accompagnò quel gesto cavalleresco:

-Ti amo.-

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

 

 

 

Ma buongiorno! :D

Eccomi qua! Il capitolo è un po' noioso, ma è uno degli introduttivi, diciamo!

A presto, capitolo dedicato a taaaaanta gente, che ho citato negli scorsi :D

Baciniiii :3

Gwen

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Capitolo 9
*** Fighting and loving- 9 ***


Mystical, 9 aprile 1676

 

 

 

 

 

La dichiarazione imminente del ragazzo, dallo stile apertamente definito “punk”, lasciò i presenti di stucco, specialmente Trent, che rivelò un incredibile coraggio a spintonare via il dittatore.

-Cosa vuoi tu da lei?- sibilò a denti stretti il moro, fronteggiando con spavalderia il dittatore; questo sembrò irritato, ma non si scompose e pronunciò codeste parole: -Io amo questa ragazza. E se tu hai dei problemi, la giustizia ti aspetta.-

L'aspetto temibile dell'uomo lasciò scombussolato il moro, che però non demorse; infierì a tal punto che un paio di guardie, dalle armature stridenti e riflesse ai raggi pallidi del sole d'aprile, lo accolsero per le braccia, mollandogli alcuni pugni ben assestati che fecero barcollare il giovane Ribelle.

Courtney urlò, gemendo disperata alla vista delle guardie deportanti il fratello; i due, infatti, erano gemelli ed erano molto legati l'uno all'altra, sebbene i loro caratteri si sovrapponessero non poco.

-LASCIATELO ANDARE! LASCIA ANDARE MIO FRATELLO, FEDIFRAGO!- la Ribelle si impuntò improvvisamente, prendendosela apertamente con il dittatore; lo strattonò per il lembo della divisa seicentesca, ignavia del comportamento poco appropriato, e lui si alzò di scatto.

Infastidito da quella sfacciataggine, prese il mento dell'ispanica e lo trasse a sé, lasciando pochi centimetri di distanza dalle labbra dell'una; inchiodò i suoi occhi color acquamarina nelle iridi pece della giovane, e improvvisamente sentì un battito scandito attraversargli il cuore.

Questa ragazza è... Bellissima...

Sperduto dalla bellezza forestiera di Courtney, non si accorse che questa gli aveva appena mollato un ceffone sulla nuca, per poi staccarsi a malavoglia da quel contatto e spolverarsi i lembi della veste mogano.

-Non ci provi mai più! E se ne vada!- dettò le regole come se fosse lei la spietata dittatrice, e questo il corvino lo capì con rabbia, tanto che cinse la vita della giovane e la portò a congiungersi al suo petto muscoloso e sopraffino; intrappolò il mento dell'ispanica e lo avvicinò alle sue labbra rosee, sussurrando poche parole melliflue:

-Non ci provare, principessa. Ricordati che le regole qui le detto io.- pronunciato questo, la lasciò e si avvicinò alla gotica, sentendosi improvvisamente sporcato di tradimento; come aveva potuto desiderare Courtney, quando il suo amore più sconfinato era verso la ragazza dai vestiti scuri?

-Gwen, amore mio, guarirai. E verrai con me.-

-NON SE NE PARLA!- tuonò la dottoressa, sbattendo lo stivaletto dal tacco propenso sul pavimento di legno, producendo un susseguirsi di scricchiolii; Duncan la guardò, dilagandosi in un sorrisetto strafottente che irritò nuovamente la Ribelle.

-La curo io, è così da anni e così sempre sarà! ORA SE NE...-

-Zitta, principessina. Se proprio vuoi curarla, allora verrai anche tu. Ma io voglio lei.- Chissà perchè quella consapevolezza stonò nel discorso del dittatore, e un silenzio terso di dubbi si stagliò nella stanza; cosa stava succedendo? Lui, il punk dal cuore duro e dagli atteggiamenti compiti, si stava contendendo nel cuore... Due ragazze?

Scosse ripetutamente la testa a quel pensiero, susseguito da un immagine perversa che venne il mente al corvino nel vedere il fondoschiena ondeggiato di Courtney.

Io amo Gwen. L'ho sempre amata.

Si convinse di quel pensiero quando il corpo dell'allusiva si scosse di un gemito; la fronte si accaldò, e subito l'uomo accorse al suo fianco, sfiorando con le labbra il dorso della mano ripetute volte.

-Stai calmo. Le è salita la febbre perchè l'effetto del calmante purtroppo non dura molto. Questo composto d'erbe e di miele d'arancio potrebbe favorire alla sua guarigione. Portami una pezza bagnata.- ordinò l'ispanica, ignavia di aver appena ordinato ad un suo superiore di eseguire un lavoro.

Questo infatti sghignazzò con strafottenza, avvicinandosi con passo felpato alla giovane e traendola a sé con un unico scattante movimento; lei si divincolò, fino a che non incontrò gli occhi plumbei nel quale infervorava un unico mare.

-Io dovrei fare quello che vuoi? Cioè, ma guarda questa...- ridacchiò, irritando Courtney, che non esitò a elevare la mano per assestare uno schiaffo sulla mano dell'uomo.

Un solo maledetto istante... Sarà un solo maledetto istante...

La baciò. Compresse le labbra su quelle della levatrice, intensificando il contatto con parsimonia; la ragazza non sdegnò l'invadenza del bacio, e sentì come l'uomo premeva sulle sue vesti.

Duncan la pose contro il muro, accarezzandole i capelli setosi e castani, colto in anticipo dalla bellezza struggente della ragazza dinnanzi a lui; le mani formicolarono attorno ai lacci disfacenti che stringevano il corpetto di Courtney, finchè si rese conto di quello che stava commettendo.

Cosa... COSA STO FACENDO??

La lasciò, interrompendo di cospargerle il collo di baci umidi, e lasciandole la veste ciondolante e quasi scivolata lungo i fianchi; lei sembrò imbarazzata, e senza proferire parola si rivestì accuratamente, intrappolando i capelli color cioccolato nella rete solita, che le permetteva di non avere fastidi durante il lavoro.

-Duncan, io...-

-Non dovevamo.- tagliò corto lui, lasciandole ingerire la delusione amara che in quel momento trapelò dal profondo baratro oscuro che si levava dagli occhi della curatrice.

-No? Allora perchè l'hai fatto?- le parole le arrivarono a fior di labbra, violente e prepotenti, quasi uno sfogo a cui aveva adempito senza pensarci; confusa, evitò il cielo plumbeo che la aspettava negli occhi del giovane e raccolse i lembi della veste, adagiandosi accanto a Gwen.

Sembrava profondamente addormentata, ma era evidente che quelle continue dosi di calmante che somministrava ogni giorno avrebbero solamente posticipato il momento dell'operazione, non guarito.

Anche il punk la affiancò, prendendo la mano della giovane e sfiorandone ripetutamente il dorso con la mano, non smettendo di sussurrarle dolci parole.

Come puoi dirle che la ami quando mi hai quasi portata a letto?!

Si trattenne dall'esternare quel pensiero, mentre sentiva un lieve bruciore anticipare la discesa delle lacrime, per poi portarsi il polso alle ciglia e raccogliere i rivoli copiosi.

-Io vado.- si girò di scatto, non aspettandosi di certo una presa ferrea sul braccio, che la convinse a voltarsi ed a scontrarsi contro il viso scolpito del dittatore.

-Mi dispiace... Dimentica tutto, ok? Io amo Gwen.-

Io amo Gwen... Io amo Gwen...

Lasciò che quel pensiero risuonasse nei meandri della mente, per poi mollare istantaneamente uno schiaffo doloroso e scomparire, trascinandosi dietro il rumore sordo dei cardini arrugginiti.

Era stato uno stronzo, quasi incondizionatamente si era lasciato andare e si era ritrovato in una situazione riprovevole, quasi subdola.

Amava Gwe, ne era pienamente consapevole, e ciò che meno voleva era farsi ammaliare sudiciamente da un'altra donna con interessi sociali molto evidenti.

Si carezzò la guancia, scolpita da un segno bruciante davvero notevole, e non potè fare a meno di emettere uno sbuffo sonoro, accompagnato da un pugno sfogante sul ripiano grezzo usato come tavolo.

Non potè riguardare i lineamenti della gotica, consono di non poterla meritare dopo lo scandalo a cui l'aveva sottoposta, e il fatto di averne potuto approfittare per via della sua irrimediabile convalescenza lo alterò a tal punto che si avvicinò ai battenti, dischusi in modo da lasciar filtrare pallidi raggi di sole, ed uscì.

Si beò dell'aria fresca, ritenendo opportuno recarsi a palazzo e prendere tempo per formalizzare tutto ciò che aveva provocato, quando sentì un urlo trattenuto provenire dalla piazza circolare in cui avvenivano poche compravendite (frutta, verdura e stoffe).

Intravide un paio dei suoi soldati, imbraccianti un fucile in modo minaccioso, per poi scorgere la ragazza stagliatasi fra i corpi corpulenti dei signori:

sembrava sofferente, e molto probabilmente sarebbe presto stata fucilata per la sua impertinenza; provò quasi pena nei suoi confronti, e scoprire di riuscire a provare ancora questo sentimento lo infastidì a tal punto che voltò le spalle, abbandonando la giovane al proprio destino, qualunque esso fosse.

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

 

 

 

Buonjour :3

Scusate per il capitolo corto, ma l'ho accorciato anche perchè

noto che le recensioni sono molto diminuite: da sette siamo passati a due :'(

Ma vabbè, non importa! Spero comunque che il capitolo vi piaccia, anche se non ne sono sicura...Per il momento è tutto...

Baci <3

Gwen

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Capitolo 10
*** Fighting and loving- 10 ***


Mystical, 10 aprile 1676

 

 

 

 

 

 

L'oscurità era totale: palpabile come una pesante coperta notturna, densa e fitta come una foresta intrepida; fatta eccezione per qualche pallido raggio di luna, ciò che filtrava e permetteva una discreta visuale era ben poco nella lurida cella.

L'oscurità era fitta quasi quanto i pensieri del moro, che si perdevano incondizionatamente sulla fonte cristallina che sgorgava in un punto imprecisato sulla parete, rimbombando nei meandri del suo cervello come un acuto eco lontano e irraggiungibile.

Scosse la testa, esercitando un incredibile forza nel sollevarsi e raggiungere la fonte d'acqua; allungò le mani verso il getto, lasciandosi inebriare dalla piacevole sensazione di fresco che essa donava: le acque del fiume Mystical erano pure e incontaminate.

Almeno, c'era ancora qualcosa in quella squallida cittadina, sottoposta e arrogatasi ad un dittatore infame, che non era stato trasformato in peggio proprio da quest'ultimo.

Quest'ultimo pensiero lo rattristò, e la rabbia che da tempo coniava dentro al cuore la liberò in quell'istante, adempendo all'urlo più agghiacciante che fosse mai stato professato da anni; ritrasse la mano dai rivoli d'acqua e lasciò che una miriade di goccioline gli impregnassero la pelle del volto, dall'incarnato ancora più pallido di quanto già non fosse di suo.

Gwen... Gwen era ancora in mano sua. Non era riuscito a proteggerla, e l'aveva lasciata in balia di chi ne avrebbe usufruito peccaminosamente, soggiogandola e usandola come un qualsiasi oggetto di scarso valore. L'avrebbe costretta, con le maniere brutali da cui derivava la sua temibile autorità, a concedersi a lui come una lurida sgualdrina, e siccome neanche con le maniere più inappropriate lei avrebbe acconsentito, sarebbe stata portata al patibolo e...

L'ultimo pensiero non lo formulò, consono di provare già sufficientemente dolore e di non avere bisogno di appesantirsi l'anima, già abbastanza logora e lisa dai pensieri negativi che aveva creato.

Non l'avrebbe mai permesso. Mai, a costo della vita, avrebbe permesso che qualcuno sfiorasse la sua amata, posando le proprie sporche mani sulle sue membra così esili e pure.

Era una promessa.

La promessa di Trent Barlow.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

Courtney imboccò un vialetto laterale, concedendosi qualche minuto per respirare affannosamente; aveva percorso molte miglia a piedi, senza letteralmente concedersi il più trattenuto sbuffo: si sedette su un masso poco distante, lisciandosi la veste mogano e stringendosi nello scialle rattoppato e liso che l'aveva accompagnata fin dal candore dell'età.

Si sciolse la retina che intrappolava la fluente massa castana, che si librò sulle sue spalle color caffelatte come un fiume in piena, e ripensò a ciò che era accaduto poco prima: mai avrebbe pensato che quel dittatore potesse essere così vile, da soggiogarla con abilità ed infine ripudiarla, dopo aver constatato la qualità della merce.

Si portò l'avambraccio alle ciglia, notando con disdegno della scia umida che aveva lasciato sulla pelle: lacrime, lacrime vissute e trattenute con ritegno e che ora si concedevano la libertà.

Lacrime da donna, da donna usata e rigettata, da donna che non voleva essere.

Voleva essere amata ed apprezzata, e invece aveva ottenuto solamente un paio di baci focosi che contrastavano nettamente con i pensieri che il dittatore procurava su di lei: tutto quello che era contato, evidentemente, era stata solo la scollatura vertiginosa che mostrava il suo corpetto e la sensualità che caratterizzava i suoi arti... Niente di più, niente di meno.

Stava per profilare ancora quei pensieri, quando sentì un urlo provenire dalla piazza delle mercanzie: un urlo da ragazzina, sofferto, e forse l'ultimo che sarebbe stato proferito dalle labbra della giovane.

Non sopportava le ingiustizie (se erano propriamente dette tali) e men che mai sui giovani indifesi ed ancora ignavi della trucità di ciò a cui stavano andando incontro: dipendeva dal tipo di “reato” commesso, ma le pene erano sempre state scaltre e subdole, talvolta finanziate dai Lord più importanti che assistevano alle torture gongolando e gustandosi boccali colmi di vino scuro.

Arrivò in piazza poco dopo, sfinita per la notevole corsa, e si accorse della ragazzina bionda che si divincolava fra i corpi corazzati di bronzo e rilucenti al raggi d'aprile delle guardie: non esitavano a marcare sugli esili polsi talmente pallidi da sembrare intessuti di rugiada, a rifilare botte ed insulti al corpo minuto e già leso della creatura indifesa.

-BASTA!- tuonò, accaparrandosi l'attenzione delle guardie, che persero il controllo sulla piccola e la lasciarono bruscamente: questa scappò, correndo nelle distese di grano che si prostravano all'orizzonte, e sparì fra le spighe come un fuscello.

-MALEDIZIONE!- sbottò un uomo -L'abbiamo persa! Quella piccola peste... Non ci sfuggirà!-

inveì pesantemente, latrando gli ordini ai suoi compagni, che però erano ancora imbambolati davanti alla bellezza rozza della levatrice dinnanzi a loro e dal prosperoso consumo di vino.

-Ehi, bellezza- ridacchiò uno, -Che ne dici di fare una scappatina da me?-

I suoi compari ridacchiarono e sghignazzarono, ma la castana non perse tempo e menò un ceffone, che assestò sulla pelle grassoccia e rosea della guardia.

-Non si permetta!- una voce dichiarò codeste parole prima che la donna potesse farlo: questa si girò, stupita ma allo stesso tempo grata all'uomo che l'aveva difesa, ma appena vide chi era quell'uomo si girò di scatto, indignata. Non poteva nascondere di covare una punta di felicità nel vederlo, ma la mascherò abilmente con il resto del rancore che ancora serbava nei suoi confronti.

-Lurido servo, non toccare chi non ti è concesso,- con volto beffardo, schermì il militare, che si inchinò e si scusò ripetute volte, prima di ritirarsi. Successivamente, Duncan volse lo sguardo verso di lei, che evitò il mare infervorante nelle sue iridi e spostò lo sguardo sull'acciottolato del terreno.

-Non avevo bisogno di te. Me la sarei cavata anche da sola.- borbottò la levatrice, beccandosi una stilettata nervosa dall'uomo.

-Ah sì? Bene, allora. Dimmi come avresti fronteggiato un soldato armato, pronto a denudarti all'istante e a portarti con sé in luoghi sconosciuti. Avresti acconsentito, sicuramente, per non essere fucilata all'istante.-

-L'avrei fronteggiato con la mia volontà e la mia dignità, che conservo alta e austera, e che non permette a nessuno di toccarmi senza il mio consenso! Nessuno ha mai violato questa dignità, e nessuno lo farà mai.- tagliò corto, fingendosi interessata alla pergamena che stringeva fra le mani e su cui erano appuntati gli appuntamenti con le sue partorienti.

-Beh, ehm...- esordì lui, visibilmente imbarazzato. -Io vado. Riguardati, principessina.- con un sorriso oltre il strafottente si dileguò, fingendo di possedere modi galanti e togliendosi il cilindro seicentesco per il rispetto che non provava nei confronti di Courtney.

Questa sbuffò, affrettandosi a raggiungere la casa diroccata di una sua paziente, forse più per distrarsi dal sentimento che coniava nel cuore più che per gli spiccioli sudati che avrebbe guadagnato.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

 

La donna posò un sacchetto di cuoio nel palmo della mano di colui dinnanzi a lui, che aprì appena i meandri della sacca per constatare di persona che il compenso fosse adeguato.

Scoccò diverse occhiate dagli spiccioli alla donna, ora dal volto pacato, e osservò le sue iridi ambrate tremolare come fiammelle ardenti, in irritante attesa del responso.

-Beh... Va bene. Lady Enrietta, quello che mi chiede è...-

-So benissimo quello che ti chiedo. Ma il compenso è adeguato a ciò che stai per fare, per cui non ci sono problemi.- tagliò corto la nobile, puntando i suoi occhi glaciali sul volto impassibile dell'uomo, quasi a volerlo rimbeccare per ciò che aveva detto: non poteva permettersi di contestare gli ordini.

-Bene, Lady Enrietta. Partirò stanotte stessa. Riceverete mie notizie presto. Con permesso...-

si dileguò con un breve cenno del capo, riprendendo le redini del proprio destriero per montarlo con agilità: lasciò che il vento gli scompigliasse i capelli, che danzarono dietro le orecchie stuzzicandogli le tempie.

Valicò con lo sguardo fra gli altopiani rocciosi della cittadina in cui era diretto, seguendo il profilo argenteo del fiume serpeggiante fra le alture e rimunginando su come raggiungere la meta senza avere troppi intoppi. Nulla doveva ostacolare la sua missione.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Il dittatore rincasò all'imbrunire del cielo, avendo preso tempo per riflettere e pensare ai suoi innumerevoli sbagli inevitabilmente copiosi: si strinse nell'ampio mantello di velluto color notte, rabbrividendo e imprecando mentalmente per essersi scordato alcuni obblighi fondamentali.

Una volta entrato nella tenuta di sua proprietà, notò un telegramma color avorio poggiato sulla scrivania di mogano del suo studio: era sicuro che prima della sua partenza non ci fosse, eppure nessuno aveva accesso al suo studio se non sotto il suo specificato permesso.

Non vi era mittente, ma dal sigillo ceralaccato di rosso si notava la casata imperiale a cui doveva appartenente lo scrittore della missiva; lesse rapidamente le prime righe:

 

 

 

 

Egregio Sir. Duncan Arcibald Smith,

Quello che voglio comunicarvi in codeste righe è

il trattato di battaglia per l'Alaya, concordato da me e lei persona

pochi anni fa. Il trattato deve essere rivendicato, e il possessore dell'Alaya vorrei e

dovrei essere io. Percui, vi sarei grato firmaste

la pergamena sottostante e accettaste codeste condizioni.

Nel caso in cui non adempiste a questa opzione,

darei inizio ad una guerra sanguinolenta e imprevedibile.

Noi Barbari siamo intenzionati a possedere il territorio, e

per convenienza dovreste firmare.

 

 

 

Duncan digrignò i denti, portandosi il pollice e l'indice al mento e grattandosi ripetutamente l'ispida barbetta che cresceva su di esso: l'Alaya era un territorio roccioso e brullo, tuttavia espandere Mystical avrebbe gioviato... Mettersi in guerra, in quei tempi, richiedeva forze armate e milizie di grande prestigio, in quanto vi era necessità di arrogarsi ogni tipo di bene per continuare la via della prosperità. Lui possedeva forze armate compatte e forti, sebbene recentemente le sue Caserme fossero state sterminate e razziate notevolmente: quei luridi Ribelli, ancora celati dall'ombra della Rivolta, tramavano vendetta e ora più che mai erano pronti ad accaparrarsi il controllo di Mystical.

Sospirò, rendendosi conto dei numerosi crucci che doveva ancora risolvere: non valeva la pena mettersi in guerra contro un popolo truce quanto i Barbari, ma il dominio dell'Alaya avrebbe permesso nuovi sbocchi sul mercato.

Sbuffò sonoramente, cadendo rozzamente sulla sedia di mogano posta davanti allo scrittoio, sicuro di non riuscire a reggere visite o incontri da parte di chiunque, importante o meno.

Avendo perfettamente deviato quei pensieri, un bussare sconnesso si presentò alla sua porta, costringendolo a sibilare un roco avanti per poi prostrarsi ad incontrare chi di dovere.

E chi vide lo lasciò spiazzato e disorientato.

-Devo parlarti.-

Courtney... Sembrava piangente, ma il motivo gli era sconosciuto... O forse no?

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE RITARDATARIA:

 

 

Buonjour ^^”

Ehm... beh, che ve ne pare? Non avevo ispirazione, sorry -.-”

Analizziamo ciò che è successo nel capitolo:

-Trent è in prigione e si sta facendo 3929 problemi mentali xD

-Courtney è iper-extra-arci-giga-ultra cotta di Duncan ma non lo ammetterà mai nemmeno sotto tortura -.-”

-Qualcuno sta progettando qualcosa per conto di qualcuno... Tutto chiaro? XD

-Duncan si sta cacciando nei guai con mille e più guerre -.-”

-Courtney ha un qualcosa da dire a Duncan... Ma cosa? Eheheh... ;)

Beh, per ora è tutto! Posso dirvi che Heather ricomparirà prossimamente, una notizia sconvolgerà Duncan e dai prossimi capitoli inizieranno le parti sanguinolente... Non vi svelo nulla,

ma vi aspetto al prossimo capitolo! :)

Baci,

Gwen

P.s oltre alla DxG principale comparirà per un periodo anche la DxC... DxG non uccidetemi ^^”

 

 

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Capitolo 11
*** Fighting and loving- 11 ***


Mystical, 11 aprile 1767

 

 

 

 

 

Courtney sospirò, evidentemente tesa per quell'incontro che avrebbe dovuto chiarire le notevoli complicazioni venute a galla nel corso del tempo e che le creavano un incondizionato nodo allo stomaco: questo accresceva man mano che i minuti scorrevano, lento ed inesorabile come un rogo appiccato sulle pareti del suo stomaco.

Duncan deglutì, palesemente confuso da quella visita inaspettata: la bella levatrice si era spinta fino al suo capezzale, ciò significava certamente che si era creato un problema alquanto snodevole di cui ne era ancora all'oscuro.

-Io... Io volevo parlarti del bacio. Di ciò che è successo, perchè qualcosa è successo.- Si sedette su una seggiola di mogano, ritraendo lo scialle e ripiegandolo in grembo: la camicetta color panna le arrivava a coprire metà seno, che tentò di mascherare con i riccioli bruni.

-Sì... Ti ascolto.- si creò una profonda voragine si silenzio, colmata solo dai respiri sconnessi della ragazza: cercava le parole giuste con cui esprimersi, in quanto ammettere di essere stata soggiogata era ben più difficile di qualunque altra cosa, dato che l'orgoglio era la sua più gonfia vanità.

-Mi sono lasciata trasportare anche io.- confidò -Dal momento, dal fatto che... Non lo so, fatto sta che io sono molto legata a Gwen. Lei è come una sorella per me, ci conosciamo da quando mia madre, Candelaria Barlow, mi mise al mondo. Io non posso farle del male tradendola con il suo amore, e dato che anche per te non è significato nulla... Credo che possiamo decretare chiusa la questione. Era... Era solo questo.- terminò con una punta di sollievo, rilasciando la sua apprensione nello sguardo intenso che lanciò al dittatore; lui annuì, incontrando le iridi scure della ragazza e capendo che quei baci erano stati solo frutto di un momento di debolezza.

-Sì, mi sembra giusto. Io non volevo usarti in questo modo, e mi rendo conto di avere sbagliato.- Fra i loro si creò un nuovo profondo baratro di silenzio, che il punk interruppe con l'iniziazione di un discorso:

-Senti, Courtney, ammetto che... Mi dispiace. Io non sono uno che ammette facilmente i suoi sbagli, per via del mio orgoglio maledetto, ma non posso avere questo macigno opprimente sulla coscienza. Mi dispiace di averti usato, di averti trattata come un inutile sgualdrina... Tu non sei questo. Tu sei speciale, una donna favolosa, bellissima e con un carattere grintoso ed energico, molto simile al mio. E, soprattutto, sei una buona amica. Ed è questo che conta.- si abbandonò ad un tenero sorriso, il primo forse proferito nella sua vita, e lanciò uno sguardo dolce in cui espresse tutto il suo rammarico per non aver capito in anticipo di volerla desiderare solamente come amica, non come donna della sua vita.

-Grazie, spietato dittatore.- indirizzò al ragazzo un sorriso sincero, che illuminò il suo volto bellissimo donandogli ancora più lucentezza. Successivamente, smorzò l'aria troppo intessuta di dolcezza con una battuta ironica. -Stai perdendo punti d'autorità temibile, sai?- ridacchiò con leggerezza, lasciando che lui si alzasse per rifilargli un occhiataccia e una successiva linguaccia divertita.

-Ricordati, princess, che potrei ritirare tutto quanto e sbatterti in cella!- il dittatore continuò con quel giochino, tanto per divertirsi un po', e l'altra rincarò la dose di ironia.

-Come se ne fossi davvero capace...-

Lui allora allargò le braccia e la prese fra di queste, iniziando con una giravolta sempre più libera che fece per procurare un intenso mal di testa alla levatrice; alla fine, i due stramazzarono a terra, ridenti, e la dottoressa si accasciò a terra, scossa dalle braccia possenti del suo nuovo amico.

Sì, aveva tramutato le basi dei sentimenti d'amore che provava per lui in amicizia, e si sentiva che quel rapporto sarebbe sempre cresciuto, fino a diventare quasi un rapporto di fratellanza. Per ora, era certa di non sentire il suo cuore coniare amore, e palpitare con asfissiante rimitca fino a quasi fuoriuscirle dal petto. Sì, era vero, il dittatore aveva provocato guai e malanni a tutta Mystical; ma lei, che aveva l'intenzione di conoscerlo fino a fondo, era certa che insieme a Gwen l'avrebbe cambiato in meglio, inducendolo a governare Mystical con un solenne e dignitoso dominio. Quello era il suo obbiettivo più grande, in quanto confidava nel buon cuore del ragazzo mascherato con un infallibile cattiveria e freddezza; non esternò quel pensiero, ma sorrise al solo sentirlo imprimersi nei meandri della sua mente.

Di suo canto, il punk era certo di adorare il suo rapporto con Court: il malinteso che aveva “sconvolto” le loro vite si era richiuso, rivelando i meandri di un'amicizia che non si sarebbe mai interrotta; tutto ciò aveva però una nota che stonava malamente nella bella musica armoniosa: lui era un dittatore spietato, lui era contro i Ribelli, lui odiava quei luridi bastardi analfabeti... E allora perchè aveva costruito questo bel rapporto con Courtney e provava sentimenti oltre l'amicizia per Gwen?

Non aveva mai provato un tale turbinio di sentimenti contrastanti, amore e amicizia, con persone del suo rango, e questo forse testimoniava appieno il contrario della causa che aveva sempre portato avanti: le persone d'alto rango erano le migliori, era questo il messaggio che tramandava attraverso altolocati discorsi di cui si dimenticava tuttora le parole.

E sembrava che il primo a contrariare il suo messaggio fosse proprio lui, ora... Che gli stava succedendo?

La Ribelle interruppe il filo dei pensieri del'uomo, annunciando di dover affrettarsi ad andarsene: -Ora devo andare, mi aspetta una partoriente. Arrivederci, crudele dittatore- strizzò l'occhio con ironia, voltandosi in un turbinio di riccioli scuri, ma prima che potesse valicare la soglia della porta di mogano un urlo agghiacciante si levò al di fuori delle mura della stanza, susseguito da sempre più compagni rochi ed agonizzanti: che stava succedendo?

-Ma che...?- mugugnò Courtney, aggiustandosi la borsa di cuoio che portava a tracolla e imboccando di corsa l'uscita: conosceva bene quelle urla, quella disperazione, che vi era stata solo nei tempi... Nei tempi atroci della guerra.

-CHE STA SUCCEDENDO?- il dittatore sfoderò la spada dal cinturone di cuoio, e la lama sfolgorò nel sole primaverile prima di abbattersi su un Barbaro lì vicino, dalle pesanti lingue di bue strette fra le mani e dalla lunga barba aggrovigliata. Quei Barbari... Avevano finto di aspettare i tempi del contratto, mentre gli avevano teso una trappola riversandosi con tutta la loro atrocità a Mystical!

La levatrice, di suo canto, sfoderò il coltello di bronzo che teneva rintanato nella borsa e lo usò quanto meno per difendersi dagli attacchi folli degli uomini, cercando di correre alla rinfusa per ritrovare Noah, l'unico suo “fratello” in condizioni buone per combattere o comunque presente.

-Courtney!- una voce profonda e soffocata la raggiunse, costringendola a voltarsi di sfuggita per scorgere il suo amico Noah intento a lottare con le unghie e con i denti, reggendo una spada assottigliata dall'elsa rudimentale, per difendersi da un attacco di una decina di Barbari, aventi l'unico scopo di depredarlo ed ucciderlo.

L'ispanica lo raggiunse, scagliando la lama del coltello verso un uomo nerorbuto e dalla stazza potente e forte: questo tentò di ghermirla con le braccia e di ucciderla, ma la sua stazza lo rallentò e così la donna potè sfuggire alla sua presa, piroettando di dietro di lui e impugnando con ambedue le mani il coltello, che scivolò nelle carni dell'uomo con un grido agonizzante da parte di questo.

-Grazie- bofonchiò il moro, ricevendo un occhiolino incoraggiante da parte dell'amica: erano dello stesso gruppo, infondo, ed erano come fratelli da tempo talmente lungo da essere quasi indeterminato.

-Di nulla. Ma come mai siamo in guerra? Che è successo?- domandò lei, snodandosi fra i corpi dei combattenti per asciugarsi il sudore che colava lungo le tempie di entrambi.

-Non lo so. Pare che i Barbari avessero intenzione di tendere un'imboscata a Mystical, e a quanto pare ci sono riusciti... Gli eserciti delle due Caserme arriveranno di qui a poco, ma intanto per ora siamo succubi di questo popolo. Sono molto truci in guerra, sanguinolenti, non conoscono pietà. Sono come i Longobardi di un tempo: spietati e infidi, rozzi e devoti al dio della guerra come massima supremazia.- spiegò velocemente l'indiano, usando parole pacate per comunicare la gravità della situazione, o, meglio, della carneficina che di lì a poco avrebbe tramutato Mystical in una cittadina gremita di cadaveri.

Il vasto gruppo dei Ribelli era composto da quasi tutti gli abitanti più giovani, fra i venti e i trentacinque anni ma anche fra i cinquanta e i settant'anni, e comprendeva categorie di persone del popolino che erano stufe di vivere in quella dittatura cruenta e malfamata, coniata dalle basi di un maligno dittatore.

Erano più che altro divisi in sedi e basi: le basi erano sparse in casupole qualsiasi, uguali a qualsiasi altro reticolo disseminato nella cittadina, con l'unica differenza di avere dipinto sui battenti bronzei della porta un simbolo comune, che contraddistinguesse le caratteristiche dei Ribelli d'appartenenza.

Quello di Courtney, Gwen, Noah, Heather e Trent era una rosa nera ghermita dagli artigli di un'aquila argentea: la rosa rappresentava al meglio lo stile e i toni di Gwen, il loro capo, e l'aquila la loro forza, la loro velocità, la loro prontezza e i loro riflessi... integrava le caratteristiche di tutti e quattro in un unico, grande simbolo.

-Courtney, tu va a cercare di curare gli uomini. Molti sono solamente feriti, ma rischiano di morire dissanguati... Io cerco di radunare un gruppetto di combattenti, almeno per tentare di resistere all'assalto.- Noah arricciò le labbra, abbracciando rapidamente l'amica per poi scomparire fra le masse combattenti e ormai accasciate a terra dei vari uomini e donne.

Improvvisamente un corpo familiare comparì fra la massa: era in sella ad un possente destriero dal manto nero e reggeva una spadicciola piuttosto affilata con cui sferrava abili fendenti e colpi a destra e manca; i capelli color ebano danzavano dietro le punte delle candide orecchie, l'espressione era la solita, aspra e concentrata allo stesso tempo.

-HEATHER!- gridò la levatrice, correndo verso la compagna Ribelle, che rispose alla chiamata di Courtney con un sorriso guardingo di soddisfazione che lanciò uno scintillio nelle iridi scure.

-Ti sono mancata, perfettina?- la schernì, lasciando trapelare però la contentezza di rivedere lei e, almeno così si augurava nel profondo, gli altri componenti della loro banda.

-Devo ammettere di sì, acidona- la dottoressa si lasciò sfuggire un sorriso ironico, che venne subito sostituito da un'espressione seria ed austera: i problemi erano troppi per lasciarsi andare all'allegria.

-Heather, come vedi la situazione non è delle migliori. Siamo di nuovo in guerra, purtroppo... E questo comporterà seri problemi. Dobbiamo riunirci... Solo che Trent è in prigione e Gwen è ancora in convalescenza. Trent è un ottimo spadaccino, se solo... Sì! Il carcere dista pochi chilometri da qua... Io devo andare in ambulatorio, ma tu potresti cercare di liberarlo.-

-Non abbiamo tempo, Court.- replicò tagliente l'asiatica, indicando le condizioni pietose e sanguinolente in cui si stava tramutando la battaglia: una vera e propria carneficina, i pochi Ribelli ancora in piedi erano feriti notevolmente e continue scintille procreate da goccioline di sangue schizzavano in aria, tersa anch'essa del rumore sordo del clangore delle armi, dalle imprecazioni e dagli assatanati urli di guerra proferiti dai Barbari.

-Io vado in battaglia.- sfoderò la spada e la impugnò saldamente, concedendosi un breve respiro prima di buttarsi nella mischia con coraggio e sagacia degne del più fiero dei combattenti; menò un fendente verso due uomini, che si voltarono di scatto e presero a scagliare le loro lingue di bue mirando al corpo esile della ragazza, che però rotolò di lato e sfuggì alle bersagliate infondate dei suoi avversari.

Courtney si imboscò fra i corpi, lanciando il coltello di bronzo verso il corpo di un uomo voltato e risparmiando quindi la vita ad una giovane Ribelle dai capelli biondi, che la ringraziò sbattendo le iridi tonanti dal verde acqua al grigio con ammirazione.

-Grazie...- mormorò flebilmente, ritraendo il piccolo pugnale per rinfoderarlo; Courtney accennò ad un sorriso e sparì nella folla, cercando la casupola fungente dalla loro sede per prendere alcune erbe e garze, in modo da aiutare i numerosi feriti prima che fosse troppo tardi.

La porta era dischiusa, e una volta scostati i battenti arrugginiti non potè non lasciarsi andare ad un grido di stupore: -GWEN!-

La ragazza, seppur barcollante e dall'incarnato pallidissimo, si reggeva in piedi e stava affilando il pugnale con veemenza, rendendolo rasposo e rilucente ai raggi pallidi del sole; la levatrice la aiutò, sorreggendole le spalle e cercando di mantenerla in equilibrio: era ancora debolissima e probabilmente sarebbe presto ricaduta in convalescenza.

-Court... Io non posso stare con le mani in mano. La mia gente ha bisogno di me.- spostò il suo sguardo carico di responsabilità sul volto dell'ispanica, che capì, malgrado le opposizioni a cui avrebbe accennato, che in quanto capo doveva aiutare la sua gente. I Ribelli, dopotutto, erano la sua famiglia, e la rovinosa guerra che li stava dimezzando non faceva che accrescere il senso di colpa dentro al cuore della gotica.

-Lo so. Ma almeno, fa attenzione.- la dottoressa prese le mani gelide della giovane dinnanzi a lei e le riscaldò, lasciando trapelare tutto l'affetto che provava verso la sua migliore amica: era un legame speciale, il loro, indissolubile.

Il legame dell'amicizia più pura che potesse esistere.

Era vero, aveva baciato l'amore della sua vita, ma il momento di debolezza che l'aveva spinta a compiere quel gesto non si sarebbe mai più ripetuto: ne era consona lei quanto ne era lui, percui trovandosi in concordia non avevano nulla di cui preoccuparsi.

-Grazie.- un sorriso fulmineo attraversò il viso di porcellana del capo, donando a questo un incredibile lucentezza e armonia, che si tramutò presto in una maschera di coraggio mista a determinazione: impugnò il pugnale ed uscì dalla porta, sbattendo i cardini con forza e concentrandosi sull'energia da impiegare in quella battaglia.

Le condizioni della cittadina erano un disastro, i Barbari avevano fatto irruenza in quel pacato borgo e avevano fatto strage di corpi con una veemenza impressionante: erano un popolo davvero portato per la guerra, forse per la stazza degli uomini o per la determinazione che impiegavano in ogni singolo attacco.

La ragazza, correndo fra le masse urlanti dei Ribelli e dei soldati del dittatore, notò il suo amico Noah impegnato a combattere fra due Barbari nerorbuti, menando fendenti con la spadicciola corta e rilucente e schivando i colpi precisi dei soldati; scorse anche Heather con la coda dell'occhio, ma non ebbe il tempo di rimunginare su ciò che stesse facendo perchè intravide...

-DUNCAN!- urlò, al colmo della gioia, sentendo le lacrime copiose scorrergli lungo le guance ossute: il suo amato combatteva, scagliando lo spadone lungo i fianchi delle guardie in modo da provocare lo spostamento di queste e quindi la rotolata laterale e il colpo finale.

Una volta abbattuto il combattente rivale, che si accasciò inerme a terra, menò un fendente laterale al secondo Barbaro, che intercettò la sua strategia e arrancò all'indietro, preparandosi a colpire con veemenza; prima che potesse squarciargli l'osso del collo, Duncan parò il sicuramente rovinoso tentativo dell'avversario e lo respinse, guadagnando terreno e infliggendo una stoccata mortale al petto del soldato.

Il punk elevò l'avambraccio e si asciugò il sudore che colava lungo le tempie, quando sentì un alitata d'alito caldo invadergli il collo; si voltò di scatto, e appena contraddistinse i lineamenti della dark una felicità focosa ed improvvisa gli balzò al petto, forte ed irruente, e lo spinse ad abbracciare con tutta la forza che aveva in corpo la giovane dinnanzi a sé.

Questa, d'altro canto, si lasciò abbracciare dolcemente prima di rendersi conto della stranezza che aveva potuto causare quello spettacolo: lasciò andare il corvino e si liberò in un sorriso sincero, che indirizzò a questo per fargli interpretare dell'inopportunità del suo gesto.

-Come ti senti?- domandò lui, riponendo l'arma nel fodero ed attendendo con impazienza la risposta della giovane. La sua Gwen era tornata, e dentro di sé una nuova energia era padrona delle sue membra; prese la mano della Ribelle, accarezzando i lineamenti delle dita e notando come indossasse all'anulare un anello di zaffiri grezzi; non fece notare il particolare, ma ne restò turbato: come poteva un anello di inestimabile valore essere finito nelle mani di una donna del popolino?

-Meglio. Io... Duncan, devo aiutare la mia gente.- proferì quelle parole con amarezza, come se aiutare la sua stessa gente fosse un compito a cui non avrebbe mai dovuto adempire: la risoluta verità che spiccava nel suo cuore era codesta, lei e il dittatore appartenevano a due mondi diversi.

Lei era una Ribelle, lui un dittatore: dovevano essere nemici, invece coniavano amore l'uno per l'altro.

Si allontanò, amareggiata da quel pensiero e sotto lo sguardo deluso e ferito del punk, in cui infervorava un mare d'amore verso la ragazza dagli abiti scuri.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

La sera arrivò presto, e l'imbrunire si dilagò nel cielo disteso e turchese; un venticello spazzò via gli ultimi residui della tormentata guerra, tramutatasi in carneficina e ora terminata non ancora definitivamente: i Barbari sarebbero tornati, di certo, e forse avrebbero fatto irruzione nella cittadina con persino più violenza di quella già implicata nell'odierno scontro.

-Non possiamo continuare così.- borbottò un vecchio Ribelle, amareggiato, battendo sul pavimento di legno scricchiolante il bastone, per destare attenzione fra i numerosi presenti: il brusio si disperse a poco a poco, e centinaia di occhi si puntarono su quel rachitico uomo barbuto seduto al tavolo dinnanzi a loro.

-Oggi, se non fosse che gli eserciti del dittatore sono arrivati in tempo, avremmo di certo perito.- quella consapevolezza balenò per un attimo negli occhi profondi ed esperti del vecchio, che esitò riflettendo sulle parole giuste con cui esprimersi. -Molti di voi sono troppo inesperti. Ci servono delle persone con ottime doti di combattimento e di organizzazione, non mammolette che sanno appena manovrare una spada. Di spadaccini esperti o bravi, o quantomeno decenti, ce ne sono pochi, nel nostro gruppo. E ciò non va bene!- si alterò e aumentò il tono di voce, che divenne un roco urlo che penetrò le orecchie e le menti dei presenti. -DOVETE IMPEGNARVI! SPUTARE SANGUE PER LOTTARE, A QUALUNQUE COSTO! VOLETE CONDANNARE MYSTICAL? E? RISPONDETE!- il bastone sbattè con autorità sul pavimento scricchiolante, e la voce potente del vecchio echeggiò a lungo nella casupola fungente da ritrovo per tutti loro, costringendoli a sopportare lo strazio delle sue lamentele perfettamente giustificate per molto tempo, fino a che l'eco si placò e la voce pacata dell'uomo non irrompesse nuovamente -Voglio che fra di voi si elegga un generale. Una sorta di capo, un fiero combattente che possa sbaragliare quel lurido popolo dai metodi truci.- squadrò con severità ogni singolo volto, soffermandosi in particolare sul gruppo dell'Aquila Dalla Rosa Nera.

Vi era Courtney, dal viso di bellezza accattivante e dai lineamenti contrastanti; interpretava la volontà ferrea della ragazza e la grinta che la caratterizza, oltre che la sua bravura in campo medico.

Poi vi era Heather, dal volto austero e deciso, che emanava tutte le sue doti da onorevole spadaccina e da fiera combattente.

Seguiva Noah, dai lineamenti stranieri e dall'incarnato ambrato: conosceva le abilità intellettive del ragazzo e la sua mente calcolatrice, ottima per organizzare degni schieramenti e strategie d'attacco infallibili.

Infine vi era la ragazza che più di tutte l'aveva colpito, Gwen. Apparentemente era molto esile e minuta, dal volto pallidissimo e di una bellezza tetra e misteriosa, ma conosceva benissimo il carattere determinato e coraggioso della Ribelle, della sua bravura in battaglia e della sua capacità di organizzazione, che la manteneva pacata e sicura anche nelle situazioni più difficili.

-Tu.- indicò la ragazza descritta poco prima, che chiuse le palpebre con lentezza e le dischiuse nuovamente: essere scelti dal vecchio O'Leer in persona come condottiero era un privilegio altissimo, forse perchè proprio esso aveva istruito parecchi condottieri che erano entrati nella storia di Mystical e di tutto il mondo.

-Tu sarai il condottiero. Guiderai l'esercito, Gwendoline Greycer. La guerra è imminente, sanguinolenta: ti senti pronta per affrontare questo impiego di massima responsabilità?-

la ragazza soppesò quelle parole con calma e lentezza, cercando di capire la risposta dentro di sé.

-Sì. Combatterò per Mystical in nome dei Ribelli.-

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

 

 

 

Ta-daaah! ^^”

Ehm, ecco a voi questo nuovo capitolo! Beh, che ve ne pare?

Credo di aver fatto un lavoro... Buono, tutto sommato. Nah, mi monto la testa vero? -.-”

Beh, spero l'abbiate apprezzato, dato che ho impiegato molto tempo per scriverlo!

Capitolo dedicato a:

-Dalhia_Gwen, con “You're my dream come true”&”L'imperfetto cuore di diamante”

-Stella_2000 con “Angelo Courtney: principessa”& una nuova long che pubblicherà prossimamente

-Mary58020 con la sua categoria di storie da mettere fra le scelte... Spero che ti rivaluterai nuovamente di mettere anche questa!

-Gwuncan99, con “Escape”&”Quella piccola stella solitaria”

-Xenja, con “The Warrior Goddesses”&”Wedding red”

-Carla2010star, con “It's my nature”... Una lettrice silenziosa che segue la storia! Grazie!^^

-Marty_chica, con “Se non fosse stato per quel matrimonio”&”Spirit cavallo selvaggio”

-Julie99hatelove, con “Trionfo Animale”&”Animals return”

-mintheart, con “Il compleanno di Cody”... Un'altra lettrice silenziosa che ringrazio!

-Mumma, con “Un nome, un ricordo”... Altra lettrice silenziosa, grazie mille!

-Xohjohnny, lettore/ice silenzioso/a... Grazie mille!^^

-Tiziadarky00, con “Come una conchiglia in un mare di ricordi dimenticati”

-Voyeruistic intentions, con “Adolescenza difficile”&”Riflessioni”... Lettore silenzioso, grazie!

-Aven90, con “Le avventure del pentagramma”&”Heart of the rainbow”

-Rocker_Wolf_Love, con “Evanescence in total drama”&”I was a man! I'm now a pirate!”

-Carillon1726, con “Guerra per la supremazia”&”In quel ponte”

-Tutti i lettori silenziosi che la apprezzano^^

Molto bene, ho quasi finito!

-Uff... cos'altro devi dire a quei poveretti dei lettori che ti hanno dovuta sorbire già per molto?-

Volevo parlare del presunto rapporto di amicizia fra Duncan e Courtney.

Dunque, che ne pensate? Credo che questa insolita amicizia dia un tocco originale alla storia, perchè non ho ancora quasi (o forse proprio mai) visto nessuna storia che presenti amicizia senza amore... Spero non vi abbia deluso, ci tengo a sapere i vostri pareri!

E spero che le recensioni aumentino un po'... L'ultimo capitolo ha ottenuto solo una recensione! :'(

Pazienza, intanto spero che questo vi soddisfi maggiormente ;)

Baci a tutti e dolcetti <3

Gwen

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Capitolo 12
*** Fighting and loving- 12 ***


Mystical, 12 aprile 1676

 

 

 

 

 

 

La gotica sospirò, incapace di proferire parola; prese il pugnale e lo affilò, lucidando successivamente la lama, per poi rinfoderarlo con cura e passare a lucidare in modo maniacale lo scudo di bronzo che portava affisso alla parete.

L'ispanica, nel notare tutta l'apprensione della ragazza, valicò la scaletta di legno grezzo e si sedette accanto a lei, accarezzandole con la mano i capelli lisci e setosi ed attendendo che, come molte altre volte, la giovane si confidasse con la migliore amica.

-Ho paura.- la dark, come volevasi dimostrare, si aprì con la levatrice sussurrando quelle poche semplici parole, che però avrebbe preferito non professare mai. -Paura di fare un disastro, di illudere le speranze di tutti i Ribelli e di lasciar tramutare la situazione in una carneficina. Ho paura di fare tutto il contrario di ciò che O'Leer si aspetta da me.-

Courtney sussultò, capendo il grave sforzo a cui era stata sottoposta Gwen per aprirsi in questo modo e confessare di provare paura, e accentuò un sorriso, grata con l'amica per essersi aperta proprio con lei; successivamente cercò le parole giuste per ridare a Gwen la forza che la caratterizzava maggiormente.

-Non devi abbatterti. Se ti abbatti tu, il nostro “popolo” crolla. Tu sei lo stipite, Gwen, tu reggi la nostra struttura ricca di sogni di imprese irrealizzate. Non devi avere paura di niente, in quanto né io né gli altri conosciamo combattente e condottiero migliore di te, e anche O'Leer ha riconosciuto queste tue qualità di donna fantastica, di combattente eccezionale e di fiero capo dei Ribelli. Sei fantastica, Gwen, e ad abbatterti rovinerai soprattutto te stessa.- la levatrice si elargì un sorriso luminoso, che illuminò meglio di cinquecento abbaglianti la penombra della stanza da letto; l'altra, incoraggiata dalle parole bellissime proferite dall'amica, abbracciò questa, sicura di non poter trovare una migliore amica migliore di lei.

-Grazie, Court. Ma c'è anche un altro problema...- Gwen si rabbuiò, e questo particolare l'ispanica lo notò, ma volle comunque spingerla a sfogarsi:

-A me puoi confidare qualunque cosa.- sorrise debolmente, e la dark annuì col capo.

-Ok. Vedi, è un problema con Duncan.- si sedette a gambe incrociate sul materasso, prendendo la mano rosea dell'amica per sentire il suo incoraggiante torpore invaderle il corpo.

-Si tratta... Si tratta della nostra differenza sociale. Lui è un dittatore, io una Ribelle. Non potremo mai stare insieme, e sembra che Duncan non si sia posto questo problema. Non so che fare Court, capisci? Non so se dirglielo, se fare finta di niente, se lasciarlo, se continuare a vivere il mio amore... Non lo so!- ricacciò le lacrime e si voltò verso il viso bellissimo dell'amica, alla ricerca di conforto, e trovò un sorriso caldo a dipingergli il volto; la levatrice elevò la mano ed asciugò la lacrima cristallina che scorreva lungo la pelle di Gwen, per poi sussurrare dolcemente:

-Duncan ti ama, Gwen. Ti ama davvero, e io conosco l'amore che anche tu conii verso di lui. E' profondo, unico, indissolubile. E non saranno le differenze sociali ad imperdirvi di viverlo. A volte ti invidio, Gwen... Tu hai una persona che ti ama sopra ogni cosa. Io? Io non ho più nulla.- il volto dell'ispanica si scurì, e Gwendoline la abbracciò con calore, cercando di trasmetterle il coraggio che poco prima le era mancato e che le era ritornato con le sue stesse parole.

-Sei una persona fantastica, Court... Troverai di certo qualcuno alla tua altezza che possa amarti con tutto il suo cuore.-

Courtney accennò ad un sorriso, poi si lisciò la veste ed infine calò dal letto attraverso la scaletta di legno grezzo ed intagliato malamente.

La dark, invece, preferì espirare sonoramente per poi scendere dal letto e fare colazione con le poche cose di cui ancora disponevano: acqua, qualche etto di riso e di prosciutto e bustine di tè in polvere. Potevano sopravvivere con quello per poche cene, poi probabilmente la carenza di cibo si sarebbe fatta sentire e avrebbero dovuto provvedere, razziando qualche tenuta di un qualche nobile.

La giovane si recò nella cucina adiacente alla stanza, prendendo qualche fetta di pane ormai indurita dal tempo per prostrarsi a spalmare piccole fette di burro con la lama del pugnale su di esso.

-Hai già in mente schieramenti per la guerra?- domandò Noah, inarcando un sopracciglio ed attendendo il responso del capo dei Ribelli.

-Sì. Voglio intaccare una strategia piuttosto semplice: gli arcieri circonderanno le mura, issandosi in alto, e la cavalleria ci affiancherà, in modo da sorprendere i Barbari appena si prostreranno all'attacco. E' davvero un piano semplice, ma quei nerorbuti non riusciranno a prevederlo.- spiegò accuratamente la ragazza, celando il suo nervosismo e spostando il suo sguardo sulla fetta di pane imburrata, che successivamente addentò.

-E' un buon piano, ma non disponiamo di ottimi arcieri...-

-Beh, faranno quello che potranno.- tagliò corto Gwen, sospirando impercettibilmente e affilando il pugnale dall'elsa rudimentale, cercando di interpretare l'esito dell'imminente guerra: aveva un'alta autostima di se stessa, tuttavia non riusciva a immaginarsi le possibili sorti di quella guerra sanguinolenta, e forse proprio perchè sapeva si sarebbe rivelata tale aveva un dubbio agonizzante che si stagliava nei meandri del suo cervello.

-Credo sia ora... Ho sentito squillare dei corni in lontananza! I Barbari sono alle pendici del colle Mystico!- la porta si aprì di slancio, rivelando la figura snella di Heather corazzata con pettorali, polsiere ed elmi di bronzo, rilucenti alla luce del pallido sole d'aprile che colorava l'azzurro con chiazze rosee risalenti alla prima aurora.

-I Ribelli sono pronti?- domandò Gwen con nervosimo, rivolgendosi distrattamente all'asiatica mentre infilava con accuratezza l'elmo di bronzo e rinfoderava il pugnale.

-Sì, sono schierati sulla riva del fiume. Siamo pronti per l'attacco. Gli arcieri sono diretti a cavallo alle mura e l'esercito del dittatore sta marciando verso il colle. Io vado, a dopo!- la ragazza si voltò, non aspettando risposta, e presumendo di vederli poco dopo si issò sul destriero nero e partì a galoppo, segnata dal vento e da un'alba rosea e ormai indistinta.

-Gwen! Io mi recherò in ambulatorio, quindi probabilmente non ci vedremo. Buona fortuna- la levatrice abbozzò un sorriso, ripiegando le garze e rintanando le varie erbe e gli unguenti in un unico cesto di vimini.

Per tutta risposta Gwen le elargì un profondo sorriso, per poi calarsi l'elmo sul volto e girarsi di scatto, preparandosi alla guerra imminente che di lì a poco avrebbe devastato la cittadina.

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

 

 

Il clangore delle armi sostituì immediatamente cinguettio degli uccellini.

Migliaia di Barbari, corazzati di bronzo e impugnanti spesse lame rilucenti al sole, si scagliarono con veemenza sui Ribelli, schierati in più file e capitanati da Gwen, impugnante anche essa il suo fidato pugnale che di lì a poco penetrò nelle carni di diversi rivali e si sporcò di sangue amaro e sudato con impegno.

Un Barbaro la assalì appena mise piede sul terreno di guerra, incoccando una freccia nell'arco di legno finemente lavorato, ma appena puntò e lanciò la ragazza si appiattì, sfiorando con le nocche dei pugni il terreno intessuto di storia e rotolò di lato, stringendo l'arma con ambedue le mani e piroettando all'indietro, sicura di ritrovarsi dietro la schiena del Barbaro.

Invece questo, approfittando del tempo in cui la ragazza compì quelle mosse, si voltò a sua volta e sfoderò la lingua di bue, lasciando l'arco e la faretra in spalla; sfiorò la spalla della gotica con la lama e questa sussultò, tuttavia non si curò del sangue che macchiò la sua pelle candida ma riprese terreno, tentando un affondo sul braccio del guerriero. Appena questo si accorse dell'attacco, schierò l'arma davanti a questo, non accorgendosi di essere stato beffato; la giovane si fiondò di lato e impugnando con ambedue le mani il pugnale aspettò il momento giusto per ucciderlo.

Un luccichio balenò non appena il pugnale, controluce, si schiantò contro i lineamenti del sole, poi l'ombra tornò padrona e con un grido agonizzante il Barbaro si accasciò a terra, lasciando una pozza di sangue scuro ai suoi piedi.

Gwen si lambì la ferita con le dita, imprecando quasi impercettibilmente, ma non si curò di bloccare l'emorragia per via dell'apparente aspetto innocuo del taglietto.

Una decina di Barbari si scagliarono su di lei, nel tentativo vano di ucciderla; sapevano che lei era il capo di quell'esercito e che le forze sarebbero crollate nel momento esatto in cui il suo sangue avrebbe sporcato quel terreno.

La gotica non si scoraggiò, sebbene lo svantaggio numerico fosse davvero evidente, ed impugnò il pugnale pronta a menare colpi con veemenza.

Un pugno alle costole la fece arretrare, e successivamente una spada le balenò davanti agli occhi, cogliendola impreparata e lasciando che questa si prostrasse con forza sul suo braccio: uno squarcio rosso scuro si aprì su di questo, lasciando sgorgare un fiume copioso che fece gemere di dolore Gwen.

La ragazza non volle badare a quel dolore, e, levando la mano dalla ferita a malincuore, poggiò le mani sull'elsa lanciando un fendente verso il Barbaro dinnanzi a lei, che parò con l'affusolata lingua di bue e mormorò qualcosa in germanico, prima di menare lui stesso un affondo che il capo sviò facilmente.

La giovane si accorse della fatica con cui i Barbari si muovevano per via della loro stazza, intuibile anche dalle movenze rozze e palesemente poco delicate. Avrebbe dovuto puntare alle gambe, in modo da sorprenderli e sbaragliarli con più facilità.

Mise in atto la propria tattica, chinandosi per evitare un fendente e menando uno di essi proprio alle ginocchia; il Barbarò inveì, perdendo equilibrio e cadendo sulla terra umida, aspettando solo di essere ucciso. E il colpo arrivò, straziante ed agonizzante, e pose vita a quel corpo infradiciato di sangue.

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

 

L'ispanica, rintanata in ambulatorio, ascoltava impotente i vari gridi di guerra professati da ciascuna delle due parti combattenti, riuscendo solo a stringere i denti e a sviare la mente dal suo pensiero ricorrente: il fatto che ogni grido, ogni lamento potevano essere frutto delle labbra di uno dei Ribelli, che forse, se non avessero fatto in tempo a raggiungere l'ambulatorio, sarebbero morti con strazio orrendo.

Sospirò, passandosi una mano fra i riccioli scuri*, per poi notare l'entrata di un uomo, probabilmente un soldato dell'esercito di Duncan, imbracciante un fucile e dal bicipite muscoloso macchiato dal sangue di una profonda ferita.

Lo fece accoccolare sul lettino, notando che i penetranti e glaciali occhi scuri erano impassibili alla sua vista, come se fosse privo di emozioni e di cuore per provarle. Sussultò alla vista del suo sguardo austero, poggiato con autorità sul suo volto, e le sue guance si imporporarono con violenza a lei ignota nel vedere l'attenzione che lui le riservava.

-Ehm... Bene, cosa ti è successo?-

-Non lo vedi?- la schernì brutalmente lui, indicando la ferita.

-Sì, ma ho bisogno di sapere quanto la lama è penetrata nella carne.- ribattè lei, indignata da quell'atteggiamento di derisione e scherno che la infastidiva parecchio.

-Non lo so, sei tu quella che dovrebbe capirlo!- borbottò l'altro, notando come le mani della levatrice correvano sicure ai vari unguenti spalmabili sulle ferite. Notò che estrasse dal gruppo di creme e oli vari un barattolo contenente uno spesso strato di pomata aranciata, screziata da foglie d'ulivo ed erbe a lui sconosciute.

Prese una garza dal gruppo accuratamente ripiegato e vi spalmò sopra, con l'uso di un coltello di bronzo da combattimento, la densa crema aranciata probabilmente creata con polpa di pesca o particolari fiori.

La ragazza si avvicinò a lui e gli fasciò il braccio con quel pesante tessuto, e appena questa toccò la ferita sentì un lieve bruciore che lo costrinse a gemere, fino a che la giovane ridacchiò per quell'insulsa dimostrazione di debolezza.

-Puoi andare in battaglia, ma fa in modo di non muovere bruscamente l'arto. Potresti avere un incrinazione dell'osso, e l'operazione non dovrebbe essere piacevole.- la ragazza arricciò le labbra, e per la prima volta Scott notò quanto fosse bella: i riccioli scuri le incorniciavano il volto e le penetranti iridi scure rilasciavano sguardi intensi ricchi di malizia non voluta, con cui qualsiasi uomo poteva alimentare le proprie fantasie perverse.

-Come ti chiami?- chiese improvvisamente, notando il lieve rossore dilagarsi sulle guance della dottoressa.

-Courtney. Tu?-

-Scott.-

Si guardarono per lungo tempo, ognuno studiando il volto e gli occhi dell'altro per scorgerne baratri intensi di un qualsiasi sentimento, e notando la freddezza di cui erano colmi gli occhi di Scott, colti da barlumi di gelo infinito, capì che non si sarebbe scordata quello sguardo per molto tempo.

 

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

L'uomo sogghignò, avvicinandosi allo scranno d'oro, di bronzo e di marmo nero che si prostrava al centro della stanza.

-La mia preda... Sì, la mia preda si sta avvicinando. Devo solo fare in modo che si allontani da lui... Ma come? A meno che...- si passò una mano sulla barbetta ispida, concentrato su come manipolare quelle inutili figure che non facevano che aiutarlo nella sua missione. Doveva fare in modo che lei non potesse contare sull'amore di lui... ma come? Poteva solo contare sul rapporto che esso aveva con l'altra ragazza, che, pur essendo di profonda amicizia, poteva lasciar fraintendere alcune cose.

Intrappolò fra l'indice e il pollice la pipa di legno, poggiandovi le labbra sopra e guardando la nuvola di fiumo diffondersi nell'aria e confondersi con essa: il fumo l'aiutava a pensare, e i suoi numerosi crucci non facevano che arrogarsi la priorità su qualunque altra cosa nella sua mente.

Lady Enrietta, d'altronde, l'aveva pagato 5.000 libbre d'oro purissimo, una fortuna inestimabile che doveva assolutamente accaparrarsi con qualunque mezzo, oltre all'entrata sicura nella società del clero che, con parole melliflue e smielate, la regina gli aveva parlato raccontando ogni minimo dettaglio del cambiamento che avrebbe avuto la sua vita.

Da lurido cavaliere dell'esercito del dittatore a re, Sir, barone... Illimitati titoli che l'avrebbero arricchito, anche se avrebbe già potuto godere di prosperità per la vita con quel tesoro pagatogli da Enrietta. Ora doveva solamente riflettere su come muovere le sue pedine, che altro non erano.

Era certo di essere anch'esso una pedina nelle mani della regina, che indirettamente lo stava costringendo a compiere atti osceni e, alla fine, ad avere lei, ma francamente non gliene importava più di molto: anche lavorando per Duncan era sempre stato una pedina manipolata da lui.

Non si era mai lamentato di quel posto, di quel lavoro, tuttavia da quando... Da quando era avvenuto... Lui non era più lo stesso.

E non lo sarebbe mai più stato, l'aveva decretato accettando quel losco lavoro dalla regina.

 

 

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

La battaglia era nel vivo. Migliaia di Barbari si avventavano con una veemenza terrificante sui Ribelli, anch'essi preparati e ormai caparbi, conoscendo la brutalità che caratterizzava le mosse degli avversari. Heather parò una stoccata che sicuramente sarebbe stata mortale destando un clangore metallico davvero fastidioso, per poi colpire direttamente all'elsa e disarmare il proprietario della spada. Rotolò di lato, accavallandosi su un masso sporgente lì vicino, e inflisse il corpo finale contraendo la schiena e inarcando le gambe. La spada esile e sottile penetrò nelle carni dell'uomo, per poi ri-uscire inalata di sangue e morte.

La ragazza non si curò di quel dettaglio e la rinfoderò lo stesso, consona di aver ormai sporcato notevolmente di sangue la sua fodera consunta, e si diresse a cavallo verso il punto in cui, assottigliò le ciglia per curarsi di questo, Gwen combatteva con determinazione digrignando i denti e menando fendenti.

-Com'è la situazione, Heather?- domandò la corvina, osservando come il luogo fosse gremito di persone che le coprivano notevolmente la visuale. La Ribelle puntò un canocchiale lungo le vie del fiume argenteo e scorse la situazione disperata in cui i Barbari e il popolo di Mystical si stava sfidando: per lo più con le spade, pugnali, lingue di bue e scudi bronzei gli uomini combattevano, infliggendo colpi su colpi senza nemmeno potersi asciugare il sudore che colava sulle tempie e che si mischiava con il sangue fresco sgorgante dalle ferite.

-E' una battaglia difficile, Gwen. Non posso prevederne le sorti, ma credo che gli altri siano in vantaggio numerico rispetto a noi.-

-Dobbiamo riuscire a... Liberare Trent!- quell'idea balenò nella mente della gotica, che viò lo sguardo alla ricerca di un destriero con cui poter salpare. -Lui è un ottimo spadaccino... Ci aiuterà! Vado io, tu combatti, Heather.- annunciò il capo dei Ribelli con fierezza, battendo una pacca sulla spalla della compagna che, inspirando ed espirando rumorosamente, tornò in battaglia con coraggio e trovò subito con chi scontrarsi. La dark, nel frattempo, noleggiò un destriero dal manto candido e saltò con agilità in groppa, cavalcando con un'andatura fulminea per tutto il resto del lungo tragitto.

Valicò le alture e gli altopiani, superò la linea argentea del fiume e il territorio scosceso che ne derivava e giunse infine all'edificio squadrato che sorgeva fra gli alberi: il cosidetto “carcere” di Mystical.

Quanta gente ha perito qua...

Pensò la giovane, per poi scuotere la testa e cercare di concentrarsi solamente sull'esito della missione: liberare Trent e, se possibile, i Ribelli rinchiusi lì dentro che esalavano ancora respiro.

Non c'erano guardie, solo qualche sentinella posta sul tetto piano dell'edificio che controllava la situazione dall'alto, che comunque potevano essere un problema visti i fucili che imbracciavano con movenze esperte. Gwen arricciò le labbra, grattandosi fulgidamente il mento con fare pensoso.

Non c'era modo di eludere la sorveglianza, se non eliminandola.

Sospirò quindi e si avviò nella zona in cui la visuale concessa alle sentinelle l'avrebbe sicuramente colta in pieno: così fu, logicamente, e queste balzarono giù dalla loro torretta di guardia, puntando il fucile sul corpo esile della Ribelle.

Questa sfoderò il pugnale e si abbassò, sentendo come la prima guardia premeva sul grilletto, e si avvicinò successivamente, inarcando schiena e altri arti per evitare di essere colpita da un proiettile. Successivamente si avvicinò al corpo della prima sentinella, menando un fendente che venne parato con la canna del fucile, e provò una finta tentando di colpire il braccio della guardia, che sporgendosi non notò come la snella figura della rivale rotolò dietro di lui.

Dopodichè, un pugnale impugnato saldamente si conficcò nelle sue carni senza nemmeno permettergli di esalare un respiro.

L'altra sentinella sembrava piuttosto spaventata dalla morte truce a cui aveva assistito, e puntava la canna del fucile a destra e manca per evitare di essere colpita. Sparò un colpo, ma il proiettile colpì un pioppo che cadde all'indietro con un sordo fragore.

-Vattene e non ti farò del male. Butta a terra il fucile. Ora.- decretò la gotica, tenendo ben salda la presa sul proprio pugnale se ne fosse stata necessaria l'evenienza. La sentinella, lasciando correre gli occhi sulla lama rilucente dell'arma tenuta da Gwen e sul proprio fucile, decise a malincuore di abbandonarlo e con foga corse nel folto del bosco, sicuramente ad avvisare altre sentinelle della morte del proprio compagno e dell'infiltrazione di una sconosciuta nel carcere.

Ma Gwen si sarebbe già defilata, o almeno così sperava la gotica.

La giovane si avvicinò quindi ai cardini ben sigillati che chiudevano l'entrata alla prigione, ma impugnando l'arma riuscì quindi a lasciar conficcare la lama nella serratura. A breve, questa scattò, rivelando con un cigolio la penombra che ricopriva l'intera struttura interna.

Dentro aleggiava un odore putrido, di carni insepolte e ormai morte da tempo e di desolazione sentita e sofferta, e Gwendoline fece alcuni passi alla cieca, incapace di scegliere quale strada prendere.

-TRENT!- urlò, sentendo insperata l'eco sordo e rimbombante come risposta.

Stette nel silenzio per qualche minuto, rimuginando su come agire, quando un flebile lamento la colse impreparata e la costrinse a voltarsi: Trent, accasciato e in condizioni alquanto malconcie, era poggiato con disperazione al muro della cella, lurido quasi quanto la sua figura.

-Trent, sono qua per liberarti! Aspe...-

-Gwen, io sto per morire.-

Quella rivelazione lasciò sconcertata la donna, che lasciò cadere il pugnale poco più in là.

Il rumore si propagò ma fu come se lei non lo sentisse, troppo impegnata a focalizzare il fulcro della frase appena proferita dal suo migliore amico.

Gwen, io sto per morire.

-NO, NO, NO!- gridò, agitando i pugni in aria con impotenza e lasciando che piccole lacrime cristalline scorressero sulle sue guance, celate dalla penombra.

-Non lo permetterò. Courtney ti guarirà, e...-

-No.- decretò il moro, schiudendo le iridi smeraldine nel buio -Non mi libererai, anzi, mi lascerai qua a marcire. Ho la Peste Nera*, Gwen. Io non voglio contagiare nessuno, e l'unico destino che mi spetta è la morte.-

-Courtney ti curerà!- insistette l'altra, non avendo intenzioni di demordere e non accettando la consapevolezza di poter perdere l'amico.

-Non c'è cura per la Peste, e lo sai.- Trent sospirò, consono di come la cocciutaggine dell'amata l'avrebbe tormentato assiduamente. Ma mai e poi mai avrebbe permesso che anche lei fosse contagiata da quella malattia terribile, che di lì a poco gli avrebbe tolto il respiro.

-C'è! E Court la troverà! Ti prego, Trent...- liberò un singhiozzo trattenuto, lasciando cadere a terra le lacrime trasparenti che si dissolsero in piccoli cerchi concentrici.

-Vattene, Gwen. Fallo per me.- le parole del moro si dispersero, flebili come un fuscello scosso dal vento, e il rantolo roco che ancora animava la sua gola sparì del tutto, rivelando di come ormai la sua morte fosse imminente.

-NO, TRENT, NO!- la ragazza tentò invano di rianimare il corpo del suo amico, scosso da gemiti insperati e da colpi di tosse rivelanti la peggiore delle malattie.

-Io ti amo, Gwen.- mormorò ancora, come un sibilio acuto, prima di chiudere per sempre le iridi verde smeraldo. La sua mano pallida e chiazzata di ematomi scuri lasciò la presa su quella di Gwen, svuotata da qualunque forza, e la testa venne poggiata con forza sul pavimento umido e freddo che lastricava l'edificio.

-No...- ebbe solo la forza di esclamare la gotica, prima di poggiare le proprie labbra su quelle ormai gelide del migliore amico in un unico, disperato bacio dalla quale trapelò tutto il suo affetto fraterno che non si era mai tramutato in amore, il sentimento che invece Trent provava nei suoi confronti.

Non le importava se sarebbe stata contagiata o meno. Le importava solo di aver perso il migliore amico che potesse desiderare.

 

 

 

 

 

 

 

 

***
 

 

 

 

 

 

Courtney constato che di lì a poco avrebbe scrosciato un animato temporale, e questo lo capì osservando come il cielo dapprima sereno si era contaminato di grossi nuvoloni dai contorni grigi che presto avrebbero liberato il loro contenuto riversandolo anche su Mystical.

Si affacciò alla piccola finestra dell'ambulatorio, scostandone la tendina di un tessuto piacevole al tatto e dal leggero color crema, per poi essere a malapena sfiorata da qualcuno di cui ignorava ancora l'identità.

-Tutto bene, princess?-

Quel soprannome...

-DUNCAN!- esclamò felicemente la donna, abbracciando con affetto l'amico che, per tutta risposta, la prese fra le braccia e la fece roteare con felicità fino a che non la poggiò sul lettino usato usualmente per i malati.

-Ehi, princess! Mi sei mancata.-

-Anche tu, spietato dittatore.- concordò la giovane donna, abbracciando nuovamente l'amico e stampandogli un caldo bacio sulla guancia freddata dal clima glaciale che si respirava al di fuori dell'edificio.

-Beh, tutto bene?- chiese poi lei, intuendo subito che vi era un motivo se il dittatore si era spinto fin laggiù, oltre che per salutarla.

-Non proprio. Mi sono ferito...- mostrò una ferita che tracciava tutta la scapola e da cui sgorgava sangue fresco, per poi sedersi sul lettino ed aspettare che l'ispanica scegliesse un unguento da spalmargli.

Questa infatti si diresse con sicurezza verso un olio profumato e puramente liquido, composto da lillà triturati, miele d'acacia ed erbe curative e dal profumo delicato e gradevole.

-Forza, fatti spalmare questo unguento...- mormorò, concentrandosi, per poi intingere una pezza umida nell'olio e spalmarlo con forza sulla ferita, incurante dei gemiti trattenuti ma appena proferiti a cui adempiva il dittatore.

Alla fine lo fasciò con una garza, imponendogli con ironica severità di cambiare la benda una volta al giorno per circa una settimana, in modo da far cicatrizzare completamente la ferita.

-Va bene, mamma!- sbottò poi lui, scoppiando a ridere nel momento esatto in cui incrociò le iridi di Courtney, che rincarò la dose di divertimento con un: -Ricordati tutto, figliolo!-

Mentre i due si punzecchiavano a loro volta con piccole battute scherzose, un corno risuonò in lontananza, quello della ritirata: ma da quale delle due parti? Chi si stava ritirando, sottomettendosi al popolo avversario? L'ispanica, abbandonando l'ironia, si sporse sulla soglia della porta e...

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

 

 

 

Lo so, sono cattiva! u.u

Eheheheh, non vi spoilero quale popolo ha vinto ù.ù

Dunque... il capitolo è 7 pagine e mezzo! WoW! :D

Trent è morto... Che ne pensate? Poveretto... No, ma che dico! Muahaha, è morto! è.è

-Quanta sadicità (?)! Me piasa mucho *-*-

Bene, spero che il capitolo vi sia piaciuto! Come la volta scorsa, il capitolo è dedicato a:

§Dalhia_Gwen con “Aurora i beautiful light”&”Il mio cuore come tuo giocattolo”;

§Lexy Angels con “Principessa delle nevi”&”Their Magic” (Una long sospesa che abbiamo insieme)

§Carillon1726, con “Nella nebbia fitta”&”La città incantata”

§Mary58020

§Stella_2000, con “Change”&”Il barone e la principessa [CourtneyxScott]”

§Xenja, con “Un colpo per due teste”&”What does the fox sexy?”

§Marty_Chica, con “Ti amo fiorellino”&”Amo lei”

§Tiziadarky00, con “Come una conchiglia in un mare di ricordi dimenticati”

§Julie99hatelove, con “Convivenza forzata”&”The legend”

§Tutti i lettori silenziosi^^

Molto bene, ora: Scott ha incontrato Courtney, che vi sembra? Eh sì, cari, sarà Scottney la storia <3

Un piccolo spoiler: nei prossimi capitoli comparirà... DAWN! E Alejandro ;)

A presto,

Bacioni e dolci <3

Gwen

P.s ho notato che le recensioni sono aumentate un po'... GRAZIE MILLE, perchè senza di voi questa storia non vivrebbe <3

P.p.s ringrazio codeste persone che seguono o preferiscono la storia per (anche se non recensiscono) leggere la storia e apprezzarla in silenzio:

§Carla2010star, con “It's my nature”

§mintheart

§Mumma

§Xohjohnny

§Voyeuristic intentions

§Tutti gli altri lettori di cui non posso sapere l'esistenza perchè non recensiscono/preferiscono/seguono^^ xD

 

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Capitolo 13
*** Fighting and loving- 13 ***


Mystical, 13 aprile 1676

 

 

 

 

 

 

 

 

Duncan, spazientito dall'attesa evidente a cui l'aveva sottoposto la castana, si alterò e domandò, stizzito: -Allora, chi ha vinto?-

Le parole dell'ispanica risuonarono tristi ed agonizzanti, sconnesse ed interrotte da copiosi singhiozzi: -...I Barbari.-

Un silenzio tombale calò nell'ambulatorio, smorzato solamente dal ticchettare delle lacrime cristalline di Courtney che si infrangevano contro il pavimento di legno chiaro; il dittatore si grattò la nuca, pensoso, ed assunse un'espressione funeraria che non stonò per nulla nel discorso che proferì di lì a poco.

-Courtney, questo significa che la città... Mystical, forse andrà in mano loro...-

-NO!- sbottò la donna, raccogliendo tutte le proprie forze per evitare di riversarsi in un pianto disperato. -MAI! Mystical... E' la mia, la nostra città. Sono nata qua, e ho trascorso tutta la mia vita fra questi altopiani. Non permetterò che un popolo analfabeta ce la strappi, e nemmeno i Ribelli.-

-Court, hanno già dimostrato di essere più forti loro!- proclamò stizzito Duncan, lasciandosi cadere goffamente sulla sedia di legno paglierino, accantonando totalmente la più minuscola ipotesi di salvezza; l'ispanica si infuriò per questo suo comportamento strafottente, come se le sorti della cittadina non lo riguardassero minimamente. Non si comportava da dittatore e padrone di quei territori rocciosi, ma da vile codardo, impaurito da un popolo sì, truce e sanguinolento, ma pur sempre un popolo rozzo ed analfabeta, e questo la levatrice non ebbe paura di esternarlo.

-Sei solamente un codardo, Duncan. Un vile, un uomo che non può definirsi tale. Hai paura? Bene, stattene rintanato nel tuo Palazzo. Agiremo noi Ribelli.- si rigirò in un turbinio di boccoli e riccioli scuri, stringendosi nello scialle di lana grezza piuttosto consunto, aspettando una qualche reazione da parte dell'amico. Questa arrivò, irrimediabile, e colse Courtney come un violento schiaffo assestatogli sulla guancia.

-IO NON HO PAURA! IO RAGIONO! COURT, PER MYSTICAL NON C'E' PIU' SPERANZA! CI FARANNO PRIGIONIERI TUTTI, SE NON CE NE ANDIAMO!- l'uomo si alzò in piedi, avvicinandosi al volto della giovane per fronteggiarlo con spavalderia, gesticolando con le mani in ampi gesti in modo da esprimere la gravità della cosa.

-Se non lottiamo ci strapperanno la cittadina dalle viscere, come rammolliti! Dobbiamo lottare, lottare con le unghie e con i denti per averla, e né io né i Ribelli ci fermeremo!- constatò la mora, rigirandosi nuovamente per non permettere al dittatore di vedere le lacrime copiose che scorrevano cristalline sulle guance al solo pensiero di essere fatta prigioniera da quel popolo vile e orribile; il punk sospirò, avendo provato di suo calibro la cocciutaggine che contraddistingueva la ragazza, e si grattò la nuca con apprensione.

Improvvisamente sentirono un urlo agghiacciante librarsi echeggiando nella cittadina, che riconobbero come l'inconfondibile urlo dei Barbari; un carro armato si muoveva nelle stradicciole spianate di Mystical, da cui scesero uomini su uomini, pronti a ghermire i propri prigionieri con veemenza. Non si sarebbero fatti scrupoli ad improgionare tutto il popolino e oltre, in modo da trasportarli nei loro carceri, per usufruirne, nel caso delle donne, con scopi peccaminosi senza che loro potessero alzare un dito. L'ispanica non volle lasciar scorrere le lacrime come manifestazione di debolezza e volle fronteggiare il destino che l'attendeva a testa alta, con la dignità di cui non aveva mai avuto carenza.

Presto, i Barbari fecero irruzione anche nell'ambulatorio con tutta la loro forza e senza tralasciare alcuno scrupolo che possedevano nel cuore.

-Avanti, luridi vermi! Salite!- uno di essi cinse il polso della levatrice, spingendola con la mano libera verso il carro armato, e violando i territori che lei possedeva giocherellando sui suoi fianchi sinuosi o sotto l'ampia veste mogano.

-Tu non sei male...- sghignazzò uno, seguito a ruota dal compagno, ma la Ribelle non permise invadenza es assestò uno schiaffo sulla guancia rossa e paffuta del suo aguzzino.

Non mi importa se mi trucideranno, nessuno mi mette le mani addosso senza il mio consenso.

Decretò mentalmente, senza esternare quel pensiero, per poi essere condotta con rabbia e forza dentro il veicolo ben forgiato con cui sarebbe giunta nei carceri di Zaleya, la città in cui viveva quel popolo guerrigliero e disponente di un'enorme forza.

La penombra che aleggiava all'interno del carro oscurò la vista della ragazza, che si rannicchiò a terra premendo una guancia contro il pavimento gelido, che bagnò con le vili lacrime. Aveva tentato di ricacciarle, ma queste imponevano di scorrere e non poteva negare che quello sfogo le liberava la coscienza oppressa dal dolore.

Vagò con lo sguardo, forse per l'ultima volta, su gli altopiani rocciosi, il colle Mystico, il fiume Ystico che scorreva argenteo e puro dalla sorgente del colle, limpido come le sue stesse lacrime; poi la porta del carro si richiuse con un secco clangore, schiudendole la visuale sulla sua amata città.

 

 

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Stava squadrando la situazione dall'alto, lasciando che i passi trascinati e lenti rimbombassero nella stanza pressochè spoglia, costituita da uno scranno forgiato in modo impressionante: oro, ambra e marmo bianco e nero, traslucido, alternato, e da uno scrittoio di mogano su cui vi era poggiato una pila di pergamene, carte e documenti a cui avrebbe prima o poi dovuto dare un occhiata.

Per ora, non si permetteva distrazioni dalla sua missione. Dedicava anima e corpo alle strategie che formulava nei meandri della mente, agli ingranaggi che presto avrebbero messo in moto le sue diaboliche idee. Sogghignò, lasciando roteare le iridi cerulee sulla finestra della tenuta, che dava irrimediabilmente sul luogo in cui stava avvenendo l'imprigionata dei Ribelli e dei Reali.

Presto si sarebbe spostato da lì, era un luogo facilmente scopribile e non poteva permettere che il suo piano andasse a monte per un errore così futile; inoltre, sarebbe stato un'occasione irripetibile con cui avrebbe potuto riempirsi le tasche di libbre d'oro e scalare la piramide dell'alta società.

Un bussare sconnesso e delicato si presentò alla sua porta di mogano, costringendolo ad aprire e a ritrovarsi davanti la regina Enrietta Blossom De Pareja. Sì, era una lontana cugina del celebre e ricchissimo pittore Juan De Pareja, e ne portava il cognome con fierezza ed autorità.

-Buongiorno, Lady Enrietta.- si inchinò fino a che il ciuffo ricadde a sfiorare la terra, e la donna sfoderò il ventaglio sfarzoso e ricco di piume turchesi con noncuranza, abituata ed annoiata da quei riverbi che ormai chiunque le riservava.

-Il tempo scadrà fra poco. Ne sei a conoscenza, vero?- la regina si accomodò sulla sedia di mogano, traendo in alto un lembo candido della veste bianca come la neve, arricchita da file di perle, pizzo e sottovesti varie.

-Certo. E credo di sapere come averla. Ma senza sporcarmi le mani di sangue, dato che non ne ho l'intenzione.- guardò la signora di sottecchi, aspettandosi un qualche tipo di reazione, invece lei si limitò ad arricciare le labbra e a rimuginare su ciò che le veniva riferito.

-Bene. La giovane non deve vivere senza sapere le sue origini.-

-Ha qualcosa che me la possa fare riconoscere? Una foto... Un qualcosa....?-

-No, purtroppo. Mia madre, Lady Mariana, conserva una foto di quando lei era alla veneranda età di dieci anni... Ma vive in Spagna e non puoi permetterti perdite di tempo.- le iridi ambrate della regina scintillarono nelle iridi, tremolando come focose fiammelle appiccate nei bulbi. -Però ha un simbolo che può aiutarti a riconoscerla. S tratta di un anello di zaffiri grezzi. Glielo avevo regalato io quando era ancora un infante... Lo indosserà di sicuro.- le ciglia si inumiridono, e una lacrima brillò sulla pelle prima di essere asciugata con lentezza da un fazzolettino di pizzo; l'uomo rimuginò, spostando lo sguardo sul volto di Enrietta, per poi asserire cupamente con il capo.

-Bene. Ma immagino lei non sia qua solo per parlarmi di questo, no?-

-Come sempre le tue deduzioni sono corrette.- rispose pacatamente la donna, riprendendo il discorso pochi attimi dopo. -Vorrei che tu la rintracciassi e che poi... Beh, eliminassi un certo ostacolo che incombe sulla nostra strada.- nuovamente un lampo squarciò i suoi occhi, lasciando una scia luminosa che si spense solo quando riprese a parlare.

-Chi?- sussurrò dapprima il ragazzo, avente paura di sentir pronunciare...

-Sir. Duncan Arcibald Smith. Lui deve morire.-

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

Gwen sbattè un pugno sull'intelaiatura di tessuto che ricopriva il pavimento del carro, marciante verso la Zaleya con passo veloce e spinto. Erano stati imprigionati tutti, e non vi era stata via di scampo... Aveva fallito, irrimediabilmente, e si sentiva solo una povera illusa che giocherellava con le illusioni di essere un buon condottiero.

Non avrebbe dovuto accettare la responsabilità di guidare l'esercito, in quanto quell'autorità l'aveva oppressa e aveva decretato le sorti dell'incontro. Eta stata un'illusa a fidarsi solamente delle sue capacità, che si erano ben presto rivelate troppo futili alla cittadina per cui lottava ogni giorno, per cui si scagliava in battaglia con fierezza e coraggio.

Una mano si posò sulla sua spalla, e il caldo torpore di cui era inalata la riscaldò dal gelo opprimente e insaziabile del carro; la giovane volse il capo, e vide Duncan accoccolato accanto a lei, pronto a confortarla per la sua sconfitta e a compatirla vilmente per gli errori irrimediabili che aveva commesso.

-Ciao.- sussurrò rocamente Gwen, abbassando il capo sulle ginocchia, per poi sentire la mano calda dell'amato premerle sulle guancia ad alzarle il volto; le labbra di Duncan si poggiarono su quelle gelide e umide dalle numerose lacrime salate di cui erano intinse. Dapprima il punk le stampò semplicemente, poi intensificò il contatto iniziando una danza di lingue, bramato da entrambe le parti; il giovane poggiò la mano sulla guancia dell'altra, per non permetterle di scappare da quel contatto che tanto aveva desiderato e mai aveva messo in atto.

Prima che potessero staccarsi dalla passione che gli aveva spinti a compiere il gesto, uno strattone fece barcollare l'andatura del carro, e i due, traballando paurosamente, si staccarono, guardandosi intorno con apprensione; un altro scossone fece tremare il veicolo, che si inclinò e sbandò contro rupi rocciose.

Si distrusse completamente, lasciando solo qualche congettura in giro, perlopiù sfasciata ed irrimediabilmente rotta; i due vennero catapultati in un luogo sconosciuto, ma non uscirono illesi da quell'incidente dovuto alla scarsità della sicurezza immessa nel veicolo.

La dark cadde all'indietro, ma sfoderò il pugnale per tentare di conficcarlo nella terra ed aggrapparsi, invano, dato che la lama non penetrò nella terra in tempo e la Ribelle cadde all'indietro, sbattendo con veemenza la nuca sullo sperone di roccia; il punk, d'altro canto, cadde sulla terra umida e fangosa, ma non riuscì a sibilare altro che una roca richiesta di aiuto che perse i sensi con facilità.

 

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

 

Il carro procedeva con velocità moderata, trasportante all'interno Courtney, Heather, Noah ed una ragazzina minuta, dai capelli biondo cenere e dal volto dai lineamenti spigolosi, di un incarnato pallidissimo, forse di un pallore così spettrale anche per via della paura che provava in quella situazione disperata. Stringeva le ginocchia al petto, e sembrava dimostrare poco più di diciassette anni, o forse chi la osservava era condizionato dalla sua fisionomia minuta che la caratterizzava.

Fuori ululava il vento, che imperversava con violenza scrollando leggermente la carrellata, e lasciava un rumore sordo nelle orecchie dei quattro ragazzi rinchiusi là dentro e costretti a marcire in carceri a dir poco luridi e sudici.

La ragazza bionda tremava, schiudendo con apprensione le iridi tonanti dal grigio chiaro al verde acqua pastello in un miscuglio bellissimo; Courtney le poggiò una mano sulla spalla, coperta da uno scialle di lana spessa e filata con cura, e tentò di infonderle un po' di coraggio.

-Come ti chiami?- sussurrò dolcemente lei, lasciando che il capo della giovane si alzasse lentamente per squadrarla con attenzione, quasi leggendole l'anima. Quelle iridi mozzavano il fiato e non lasciavano scampo, sapevano leggere ogni più piccolo sentimento che trapelava dai tratti del volto e sembravano a conoscenza di tutti i segreti della castana, sebbene quella ragazza l'avesse vista poche volte in paese senza nemmeno scambiarci parola.

-Dawn. Dawn Butterfly. Tu?-

-Courtney Barlow. Sono la curatrice del paese.- spiegò Courtney, e la ragazza si fermò con aria pensosa, per poi avere un illuminazione che lanciò uno scintillio negli occhi.

-Oh, io ti conosco! Sei il mio mito... Anche io vorrei essere curatrice e levatrice da grande! Avrei voluto mi insegnassi tutti i tuoi segreti, un giorno...- la ragazza socchiuse gli occhi e una lacrima solitaria brillò sulla guancia, per poi scorrere repentina e tracciare una lunga scia umida; la donna sorrise a quella dichiarazione d'ammirazione, e le fece una carezza che perdurò il tempo necessario da scaldarle la pelle guanciale.

-Te li insegnerò, promesso.- quella promessa, se lo sentiva, non sarebbe stata vana: non avrebbe permesso che una giovane ragazzina perisse in una logora cella, senza nemmeno vedere la luce del sole, il cielo vasto e in continuo mutamento, senza poter vivere.

-Siamo arrivati, credo.- mormorò Heather, asciutta ed inespressiva, portando istintivamente la mano alla spada corta ed affusolata; come previsto dall'asiatica, il carro si arrestò e la porta di bronzo di aprì con un cigolio, rivelando la luce del sole che investì i ragazzi con incredibile irruenza.

-AVANTI, FECCE!- latrò una guardia, allungando a malapena il braccio muscoloso per afferrare il braccio minuto di Dawn e strattonarlo verso di sé con veemenza, lasciando gemere la giovane che però non osò proferire parola.

I giovani vennero ammanettati con pesanti manette di bronzo e ferro fusi in una lega pesante da sostenere, e camminarono arrancando, lenti dal grande peso che li frenava; venivano sospinti di tanto in tanto dalle guardie, che li condussero all'interno di un edificio squadrato e dall'apparenza orribile. La parete era scrostata e rivelava come il luogo era trascurato, annerito ed eroso dal tempo che aveva avuto il sopravvento sulla manutenzione probabilmente assente e che aveva ridotto il luogo forse peggiore del carcere di Mystical.

-Tu, vieni con me.- indicò Courtney, che con riluttanza chinò il capo, non volendo vedere come Heather e Noah venivano portati alle celle, separati da lei che, probabilmente, sarebbe stata usata peccaminosamente; con indignazione represse quel pensiero, e si apprestò a seguire la guardia lungo i corridoi di roccia scura che imboccava il suo aguzzino, illuminati solo dalla luce fioca del fuoco crepitante nelle torce di bronzo affisse alle pareti.

Passo dopo passo si sentiva morire, un vuoto che la opprimeva, e sentiva sempre più lacrime scendergli sulle guance e cadere a terra con viltà e umiliazione, segnando per sempre la roccia dura e brulla che costituiva l'interno del luogo.

Non voglio concedermi a nessuno, non voglio stare rinchiusa, non voglio morire!

Volle gridare all'uomo nerorbuto dinnanzi a sé, che la scrutava con apprensione per valutare che le sue possibilità di fuga fossero tranciate di netto; la condusse in una cella rocciosa, delimitata da delle sbarre di bronzo salde e inviolabili.

Senza proferire parola, invase il suo territorio prima che la giovane potesse esalare altro respiro, intensificando il bacio che le stampò con focosità sulle labbra e cominciando a sdraiarla contro la roccia grezza per avere più facilità nel lavoro; la donna scalciò e si dimenò, ma le manette le concedevano ben poche possibilità di gesto e la guardia sembrava intenzionato a non volerla lasciare, ma a proseguire fino a violare con passione tutti i suoi luoghi strettamente privati.

Le lacrime le bagnarono il volto, e si confusero alla scia umida che lasciarono i baci di quello sporco criminale, mentre fra gridi disperati la levatrice cercava aiuto. Non riuscì a sopportare quella tortura e scalciò con una violenza tale che l'altro gli represse un violento schiaffo sulla guancia, che bruciò quasi quanto la vergogna di doversi concedere controvoglia e essere sporcata da un tale energumeno che non si sarebbe di certo risparmiato toccate ed effusioni forti nei punti più segreti.

-NON CI PROVARE! TU SEI UNA SOTTOMESSA, CHIARO?- lei si accasciò contro la parete rocciosa, che la ferì per la sua affilatezza, e ormai priva di veste fu di nuovo oggetto dei baci focosi e sudici che le imprimeva sulle labbra il maniaco; non poteva sopportare quell'agonia ancora per molto, si disse, nel vedere con impotenza come lui si impossessava della sua biancheria intima per scaraventarla di lato e ricominciare con la sua foga focosa e passionale.

Per sua fortuna notò che nella tasca della giacca dell'uomo, adagiata e ripiegata malamente di fianco a lei, vi erano le chiavi delle varie celle e tutte le loro armi: il suo coltello di bronzo, la spada di Heather, l'arco di Noah e un bastone d'oro e d'ambra, di cui non notò i dettagli, che probabilmente apparteneva a Dawn.

L'uomo passò ai fatti, e la cosa costò un gemito di dolore a Courtney, che, vogliosa di chiudere la questione, con la gamba scostò le chiavi e le armi, che ricaddero a terra con un clangore a cui l'uomo non badò. Doveva cercare di prendere le chiavi delle manette, almeno per poter muovere liberamente le mani, e così scivolò di lato, attirando un'imprecazione della guardia.

-Che stai facendo?- grugnì, aggrottando le sopracciglia in un'espressione arcigna; l'altra formulò una scusa plausibile, e alla fine proclamò: -Mi fa male la schiena e mi adagio in modo da essere più comoda.-

Lui asserì, non perfettamente convinto, ma non si volle fare altre domande e continuò, divertito, a torturare la povera ragazza svelando tutte le sue nudità ed intercedendo con esse.

La giovane non perse tempo, e con le dita ancora mobili catturò le chiavi delle manette; le rigirò, per trovare la serratura a queste, e con un clangore secco il bronzo scivolò sulla roccia. Ora le mani erano libere, e si assicurò di questo prendendo il suo coltello di bronzo e scagliandolo con rabbia feroce e veemenza sul corpo nerorbuto dell'uomo, che stava assaporando il piacere di palpare il seno della ragazza. Non si aspettava di certo la sua più completa ribellione.

Il coltello planò nelle carni del militare Barbaro, che si prostrò in un invocazione di aiuto che gli si mozzò in gola, affievolendosi e diventando poco più di un sussurro sconnesso e ormai insentito.

-Nessuno tocca Courtney Barlow. Ricordatelo.- mormorò la castana, alzandosi e riprendendo le vesti adagiate malamente pochi metri più in là; per fortuna l'uomo non era ancora propriamente passato ai fatti più peccaminosi, anche andandoci vicino, e questo consolò non poco l'animo atterrito della levatrice. Si legò il cinturone di cuoio a vita e rinfoderò il coltello di bronzo, successivamente raccolse anche le chiavi e il resto delle armi e richiuse la cella a chiave, almeno per lasciar passare un po' di tempo prima che le guardie scoprissero dell'omicidio del Barbaro.

Infine sgattaiolò via, la luce scoppiettante che marchiava controluce il baratro oscuro e profondo levatasi dai suoi occhi con il fuoco.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

 

 

Heather si ritrovò in una cella lurida e sudicia di roccia grezza, appuntita ed affilata, sepolta nella penombra e dai pochi raggi lunari che filtravano solitari da una finestrella, fungente a guardare il cielo attraverso un reticolo di sbarre di bronzo; la giovane si portò una mano al cinturone di pelle, ma vedere che il fodero color vinaccia era privo della sua amata spada la rattristò.

-Dobbiamo uscire di qui!- mormorò convinta l'asiatica, ripercorrendo con passi svelti l'intera cella, innervosendo maggiormente l'indiano. -Già, come?- domandò, sapendo che l'unica risposta proferita dalla ragazza fosse stato il suo più completo silenzio, terso di domande intricate e chissà quali altri reticoli fittizi di pensieri.

-Io posso aiutarvi.- la voce argentina di Dawn echeggiò limpida nelle menti dei due, che si voltarono a guardarla e a domandarsi cosa potesse fare una ragazzina diciassettenne così minuta e senza alcuna arma in possesso.

-Che stai dicendo?- grugnì Heather, interessata a saperne di più ma pur sempre scettica al riguardo: in confronto a loro, dopotutto, era solo una bambina; di che cosa disponeva di così potente da permettere loro di uscire da quel luridume?

-Io possiedo una cosa che voi non avete.- abbassò lo sguardo, cupa, e mostrò una cicatrice bianca attraversante il palmo della mano; si diramava in mille direzioni, ma tranciava di netto la pelle e sembrava incisa abilmente da un artigiano molto esperto.

-Una cicatrice? Wow!- commentò l'asiatica, riprendendo il corso dei proprio pensieri senza badare alle sciocchezze che diceva la giovane, probabilmente in preda alla disperazione per essere stata rinchiusa vilmente; l'altra però scosse la testa percettibilmente, e esalò un respiro prima di rialzare il capo.

-La magia.- questa rivelazione lasciò sconcertati i due, che sarebbero scoppiati a ridere in molte altre occasioni; però questa volta, data la gravità della situazione, si limitarono a scuotere la testa e a battere confortanti pacche sulla spalla alla giovane; aveva bisogno di conforto, probabilmente era caduta nella disperazione più totale e tentava in qualsiasi modo di convincersi su cose strane e costruite con le basi fantasiose di cui ancora disponeva, sebbene l'età dei diciassette anni si dimostrasse ormai sul suo corpo.

-Non costringetemi ad usare le mie doti.-

-Andiamo, non vaneggiare!-

-Heather, la magia è una cosa seria. E te lo dimostrerò, ma solo una volta.-

La ragazzina congiunse le mani, e chiuse le palpebre con innata lentezza; un triangolo di luce indaco cominciò a fluttuare fra i palmi, e un vento improvviso scosse i capelli di Dawn, che si riversarono all'indietro, danzando dietro le punte delle orecchie pallide.

Quando schiuse gli occhi, il colore delle iridi era trascolorato, diventando opaco e indefinibile; aprì le braccia, e un vento gelido ed inaspettato aleggiò all'interno della stanza, turbinando attorno ad i corpi di Heather e Noah; quando la ragazzina ritornò normale, profonde occhiaie segnavano il suo volto dall'incarnato ancora più pallido, per quanto fosse possibile.

-Come...-

-Magia, Heather.-

-Sei una strega?- il tono aspro della voce della Ribelle era attraversato da un tremito appena percettibile, che Dawn ignorò.

-No. Non sono una strega, non uso la stregoneria. Uso la magia. Io ho una vasta conoscenza delle erbe e delle piante, della natura e dei suoi segreti. So interagire con i quattro elementi e capire a fondo una persona. Ma non uso le mie doti, se non per curare. Non sono una strega, e la mia magia non è stregoneria. La mia è conoscenza, è sapere, è un germoglio che mi permette di fare del bene attraverso doti sacre e perse da millenni. La stregoneria, o Magia Nera, è un potere maligno di cui non dispongo.- le parole di Dawn si persero nell'aria, e nella penombra Heather continuava a scrutare quella figura minuta con riluttanza, rimuginando sulle possibili conseguenze che avrebbero potuto rivelarsi cruente e maligne sulle loro vite; guardò Noah, sbigottito quanto lei e incapace di darsi una spiegazione logica e coerente, e capì quanto fosse difficile accettare l'esistenza di un qualcosa che hai sempre creduto una favola, rivoltato e dimostrato davanti ai propri occhi.

-Senti, Dawn, parleremo dopo delle tue...- cercò la parola giusta con cui esprimersi, -...Doti. Ora dobbiamo uscire da qui. E trovare Courtney e Gwen.-

Le due annuirono convinte, scambiandosi occhiate eloquenti, che fecero capire alla bionda di dover intervenire usando i propri poteri; questa sospirò, e congiunse nuovamente le mani, preparandosi a sprigionare le proprie doti.

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

 

 

 

Buonjour!^^

Allora, che ve ne pare? Ci tengo a precisare che la magia di Dawn non sarà proprio protagonista del racconto, ma mi sembrava carino inserirla^^

Capitolo (di sette pagine! WoW!) dedicato soprattutto a due persone importanti:

§Dark_Moon, che mi ha segnalato per far andare la storia fra le scelte... Ti ringrazio!^^

§E Gwuncan_Love, una nuova lettrice silenziosa, di cui pubblicizzo “Il marchingegno fermatempo”&”You and I are different but equal”

E poi, ovviamente, tutti gli altri:

§Stella_2000

§Marty_Chica

§Dalhia_Gwen

§Mary58020

§Lexy Angels

§Gwuncan99

§Xenja

§Carillon1726

Bene, ho finito!

A revoir^^

Gwen

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** Fighting and loving- 14 ***


Mystical, 13 aprile 1676

 

 

 

AVVISO: Il mio editor non va molto, percui non riesco a cambiare carattere ne a ingrandirlo/colorarlo...Per fortuna sono riuscita con l'html... sorry D:

 

 

 

Duncan aprì gli occhi nel buio.

Dapprima non si rese conto di trovarsi in un campo di grano, immerso fra le spighe e circondato da sottili fuscelli che ondeggiavano nella brezza diurna. L'aria era umida e soffocante essendo appena terminata una scrosciante tempesta che aveva lasciato straripare irrimediabilmente gli argini del fiume Dreden, il corso d'acqua che scorreva in un bosco poco distante dai campi in cui si trovava.

Alcuni contadini venuti ad arare le zolle di terra grezza e brulla erano rimasti impressionati dal vedere il dittatore sdraiato fra le loro sementi e avevano dischiuso gli occhi ricoprendo sbrigativi il corpo di terra umida, sicuri fosse morto. Invece un flebile battito lo accompagnava ancora, pur essendo sepolto dalla terra e dalla pioggia che si era diluita con questa, creando un composto disgustoso che tentò di scrollarsi di dosso con degli strattoni.

La mente era sgombra da qualsiasi ricordo risalente a poco prima, l'ultima sensazione che si ritrovava addosso era quella delle labbra umide di lacrime e di screpolature da cui fuoriusciva sangue di Gwen. Poi il buio annebbiava gli ultimi avvenimenti, che riapparivano sconnessi come immagini per lui prive di significato.

Scoprì di essere privo di forze quando tentò di alzarsi, ricadendo debolmente sulla terra arata.

Profonde occhiaie bluastre solcavano i suoi occhi azzurri e lividi violaceei ricoprivano la sua pelle, oltre che a ferite cicatrizzate e a sangue secco rilasciato dalle emorragie che la pioggia aveva spento lasciandole diluire insieme all'acqua.

Doveva mangiare, almeno per poter sopravvivere, e soprattutto trovare una fonte d'acqua dove abbeverarsi. La necessità di quel liquido fresco era richiamata dalla gola arsa, mentre il cibo lo richiedevano le sue forze.

Poteva cacciare, d'altronde si trovava in prossimità di un bosco, popolato almeno per lui da branchi di cervi e molti altri generi di fauna. Era stato cacciatore, e sapeva che dove si trovava un fiume (in questo caso, dove scorreva il Dreden) si trovavano anche animali, ed essendo l'unico fiume nel raggio di molte leghe probabilmente avrebbe trovato cibo a sufficienza.

Controllò di avere la spada, e si sentì meglio nel vedere il rubino incastonato nell'elsa risplendere alla luce del sole, ritornato dopo lo sfogo temporalesco a cui i terreni fertili erano stati sottoposti. I contadini si sarebbero lamentati della pasta collosa e fangosa che ora si ritrovava ai piedi delle spighe di grano, afflosciate anch'esse per essere stati troppo a lungo sotto la pioggia battente.

Si incamminò verso il bosco, tagliando per i campi e premendo le dita contro l'elsa gelida della spada, inzuppata di gocce di pioggia cristalline che ora scorrevano lungo la lama. Una volta giunto ai limitari del bosco osservò concentrato il terreno su cui crescevano selvaggiamente erba e piante dalle foglie carnose, bagnate dalla rugiada che lasciavano scorrere lungo le nervature e che si infrangeva sul terreno. Uno zoccolo di cervo era impresso nel fango, ed era pressapoco recente. Sogghignò, stringendo ancora più forte l'arma fra le mani e preparandosi a sguainarla contro gli animali, immaginandosi come avrebbe gustato le loro carni.

Per il momento si apprestò a seguire la direzione delle orme scostando alcuni rami e inoltrandosi nel bosco, notando un susseguire di radure e superandole velocemente. Non vedeva alcuna traccia che potesse indicargli il percorso del branco di cervi che stava inseguendo.

Fece per imboccare un viottolo sconnesso e ripido, ma si fermò. Sentì un flebile fruscio, quasi roco. Si immobilizzò, e un rivolo di sudore gelido colò lungo la sua tempia, prima di infrangersi contro il fango mischiato a zolle d'erba folta.

Poteva essere un serpente guizzato fra le rocce grezze, o semplicemente un uccello che aveva urtato inconsapevolmente le foglie, facendole quindi frusciare. Ma il suo intuito lo spingeva a pensare diversamente, e non aveva mai fallito. Si accorse di riconoscere quel fruscio come un passo felpato d'un uomo, o di più uomini. Si accucciò dietro dei cespugli aggrovigliati, scostandone le fronde per spiare la situazione, e finalmente intravide un uomo dal lungo mantello nero, lacero e rattoppato, calato sulla fronte. Impugnava saldamente un pugnale d'argento con incastonati degli zaffiri lucenti, e sembrava sinceramente stanco per via delle profonde rughe di vecchiaia che gli solcavano il volto. Non dedusse bene i suoi gesti, ma capì molto bene il rantolo roco che proferì sedendosi in cerchio dinnanzi ad un fuoco striato di porpora, viola e nero, che brillavano fra le fiamme palesemente normali attizzate sul selciato.

-La Conoscente è viva, lo sento. E l'avrò.-

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

La signora sedeva su uno scranno d'oro e d'argento, sventolandosi con movenze lente e controllate il ventaglio davanti agli occhi color ambra. Era in attesa e sembrava irritata dal non veder arrivare chi di dovere. Dovrebbe già essere qui osservò, dischiudendo pacatamente le piccole iridi tremolanti come fiammelle e continuando a sventolare le piume verde acqua davanti al volto.

Una guardia entrò sbilenca nella sala del trono, spalancando le porte di mogano ed annunciando l'arrivo di colui che la regina attendeva con impazienza. Si faceva chiamare Sir.Black per comodità, ma nemmeno la regina conosceva le sue vere origini. Sospettava da tempo che fosse stato un militare dell'esercito dell'ex-dittatore di Mystical. Portava ancora lo stemma della casata imperiale impresso sullo scudo di bronzo, e lei aveva i suoi informatori, che le avevano gentilmente spiegato si trattasse di un ex-militare in cerca di vendetta verso il suo vecchio padrone. Non voleva rientrare in faccende personali, ma era rimasta colpita da quell'atteggiamento schivo e rabbioso verso i confronti di Duncan: cosa aveva fatto di così subdolo da convincere un ragazzo buono come il pane a rivoltarsi e a diventare un mostro spietato ed assetato del sangue del suo antico capo?

Squadrò la figura di Sir.Black quando varcò la soglia del portone, la mente popolata da diverse domande. Aspettò che fosse lui a parlare per primo, raccontandole i suoi progressi.

-Signora, ho rintracciato la ragazza. Ha subito un incidente in un carro e dovrebbe essere dispersa, ma credo di averla trovata. Il dittatore dovrebbe essere con lei, ma lo ucciderò a sangue freddo, per cui non ci sono problemi.- spiegò l'uomo. -Bene, Sir.Black. Ma mi dica, lei che cos'ha nei confronti del dittatore?- domandò la donna, guardando di sottecchi la figura incappucciata dell'uomo dallo sguardo cupo e rivolto verso il basso.

-Nulla che la riguardi, mia regina.- tagliò corto lui, evitando di esporsi con malo modo.

Quella vecchia strega avrebbe presto perito. Il suo nuovo piano s'era esteso, e voleva sbarazzarsi della donna una volta che lei avesse acquisito piena fiducia in lui, cosa che si sarebbe assicurato ritrovando la ragazza. Non le interessavano quelle 5000 libbre d'oro, che sembravano solo quattro monete d'oro in croce al confronto con la ricchezza della regina, erede di Spagna e attuale Regina della Navalya, della Nadanarenya e di molti altri piccoli borghi, sorti in periodi di guerra e costituiti da gente analfabeta, rozza, senza alcuno scrupolo. Gente povera, quella, vestita di abiti laceri e sporchi e dal volto ricoperto di fuliggine e polvere oltre che chiazzato da ematomi scuri provocati dalle numerose malattie infettive che circolavano di borgo in borgo, di cui non si conosceva la causa.

-Io sono una tua superiore, e questo è un ordine.- la voce gelida della regina echeggiò nella stanza, seguita dai tintinnii delle perle ciondolanti dai lobi e sostenute da ganci d'argento.

Vecchia bastarda, crepa! Pensò malignamente Black, stringendo le nocche dei pugni e conficcando le unghie nei palmi nel tentativo di reprimere la rabbia.

-Vedete, è che lui mi ha... Tolto qualcosa di molto caro. Non di persona, ma ha istigato ciò che me l'ha tolto.- spiegò sbrigativo l'uomo, stringendosi nei lembi del mantello scuro come la notte e sperando che la regina non osasse spingersi più a fondo di quella dolente questione che ancora gli bruciava nell'anima. Tutto il dolore che provava si era poi rivoltato in qualcosa di più grande: la rabbia cieca e sorda, colei che non conosce limiti. Ora voleva solamente essere ricco, potente, e veder marcire quel bastardo nelle prigioni della Zaleya, sognando di penetrare la sua carne con la sua stessa lama e veder sgorgare il suo sangue sulla sua spada, per poi crocifiggerlo e trasportare ad impiccagione certa tutti quelli che non avrebbero apprezzato il gesto.

Ma erano solo sogni, e doveva cercare di non lasciare che questi prendessero il volo troppo facilmente per via della sua scarsa abilità di stare con i piedi per terra.

-Un qualcosa... o un qualcuno?-lo schernì la regina.

-Sentite, io pensavo che fossi qua per parlare di lavoro, non per parlare di questioni private!- sbottò furente l'uomo, la mano nascosta dai lembi del mantello già premuta sull'elsa, vogliosa di sfoderarla e di scagliarla verso il corpo indifeso della vecchia seduta su quel ricco scranno.

Sarebbe però stato immediatamente accusato, e non aveva bisogno di essere braccato a vita da eserciti interi, per cui si concentrò per calmarsi e tolse la mano ancora coperta dalla stoffa dalla gelida impugnatura inzaffirata della spada.

-Avete ragione, Sir. Black. Perdonate la mia invadenza, ma sa, vorrei avere un identità, insomma un qualcuno, e siccome non mi volete rivelare il vostro nome non posso che ricorrere a sotterfugi.- disse pacatamente la donna, richiudendo il ventaglio ed adagiandolo in grembo, sulla veste di pizzo bianco ed impreziosito da file di perle.

-Il mio volto per ora rimarrà segreto. Non cambierà l'esito della missione sapere chi sono. Arrivederci, Lady Enrietta. Tornerò al più presto con la Ribelle.- si inchinò fino a toccare terra con il ciuffo biondo, per poi voltarsi lasciando che il mantello strusciasse contro il pavimento lastricato di marmo bianco e scomparire dietro i battenti di mogano.

Una volta che fu sola, ghignò.

Lui non sapeva a che cosa gli serviva veramente la ragazza... Povero sciocco, non erano questioni di famiglia né anto meno l'affetto che provava verso di lei. Non l'aveva mai guardata in volto, e non sapeva nemmeno di che colore erano i suoi occhi, non poteva provare affetto per una persona a cui era legata solamente attraverso a dei legami di sangue. Non provava alcun tipo di affetto, ma solo... Solo voglia di usufruire delle sue conoscenze. Aveva in mente qualcosa di intricato ed ingarbugliato che non avrebbe confidato facilmente a nessuno, nemmeno a quel Sir. Se avesse saputo le sue intenzioni, magari non avrebbe accettato l'incarico... E poi lui non doveva sapere, non gli era concesso.

Osservò il fuoco che crepitava nelle torce di bronzo, persa nei suoi pensieri. Rifletteva i bagliori dell'oro e dell'argento dello scranno su cui era seduta, e il suo volto chiaro come il latte venne illuminato a sua volta da riflessi rossi, dorati ed argentei.

Il suo piano non sarebbe stato ostacolato da nessuno.

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Dawn congiunse le mani pallide come i raggi lunari, che vennero abbagliate dalla luminescenza indaco del triangolo di luce impresso sulla sua fronte già imperata di sudore. Quello che stava per fare non era cosa facile, lo sapeva. Non aveva mai tentato di farlo, e la sua Maestra non aveva mai acconsentito a farle provare quell'esperimento. Riusciva solo a pochi conoscenti, mentre altri morivano con morti atroci, torturati dallo stesso corpo che si ribellava a quel sovraccarico di energia...Ma d'altronde non avevano alternativa. Sarebbero comunque marciti in quella cella, per carenza di viveri o per le scarse norme igieniche, e le loro carni si sarebbero putrefatte, lasciando nel giro di pochi anni soltanto più ossa e polle di sangue che avrebbero testimoniato le condizioni di quel carcere.

Il solito venticello fresco li accolse, richiamato dalle doti della giovane.

Questa non proferì parola, dischiudendo le iridi trascolorate e dalla pupilla ampia quanto uno spillo da balia, per poi ricongiungere le mani e tentare di richiamare l'elemento del Fuoco. Era un elemento cangiante, unico, ribelle, aggressivo, forte, dal calibro d'energia molto potente. Modellarlo le sarebbe costato fatica, come riportarlo nella cella per usarlo ai suoi scopi.

Goccioline di sudore caddero a terra, mischiandosi con il sangue che gocciolò dalla sua cicatrice, diluendosi e serpeggiando lungo le rocce come un ruscelletto. Era rosso tenue, striato d'indaco. Sangue di Conoscente. La sua vera stirpe, estinta da millenni ma viva in quel corpicino esile: il sangue ceruleo le scorreva nelle vene, la dimostrazione era la cicatrice, la ribellione della magia nel suo corpo, il simbolo che parlava chiaro. Solo chi era più esperto poteva veramente capire delle sue doti non vedendo la Cicatrice, ma questo era chiaramente impossibile: bisognava avere un animo molto puro e sensibile, ancora incontaminato dalla cattiveria delle guerre e dal dolore del mondo.

 

Improvvisamente il venticello smise di spirare. Nella cella umida iniziò a respirarsi odore di zolfo, che aleggiò a lungo per il luogo angusto e costrinse i prigionieri a portarsi una mano al naso in modo da non inalare quei vapori velenosi. Zolfo. Uranio. Metano... Vapori malsani e odori ripugnanti ribollirono e soffiarono a lungo in quel consunto abitacolo mentre la terra tremò paurosamente, scrollando i ragazzi. Alcuni caddero ferendosi su quelle rocce scure. Il sangue striato d'indaco della giovane scivolò lungo il terreno andando a formare una polla dal disgustoso aroma del liquido mischiato a quello degli aromi disgustosi. Questi ora soffiavano minacciosi come vento selvaggio sulla cella, non permettendo ai ragazzi di trarre respiro. Da quella polla, limpida nei punti chiazzati di ceruleo e scura ed impenetrabile nei punti sanguigni, sorse una figura, uno spirito, che gocciolante di sangue di Conoscente camminò al di fuori della superficie dell'acqua.

 

 

Lo spirito del fuoco, rilucente di bruno, arancione, rosso e dei loro più piccoli bagliori, era nelle sembianze di una delicata fanciulle, i capelli fradici del sangue di Dawn intrecciati con bocche di leone in cui crepitavano fuochi dai diversi bagliori e colori.

Indossava un abito lungo, rosso fuoco, ricamato di fili di rame, d'argento e rilucente dei bagliori delle pietre preziose incastonatevi sopra: topazio, corniola, granito, onice, rubino... Le pietre che al meglio potevano rappresentare la forza del Fuoco.

Spalancò le iridi trasparenti, in cui si rifletteva l'immagine di Dawn, dalle mani ancora congiunte, grondante di sudore e di sangue ma che debolmente resisteva, sebbene ogni secondo che passasse la sua forza vitale venisse prosciugata di una stilla. Non avrebbe potuto continuare per molto, lo sapeva.

Si inchinò allo spirito, uno dei più potenti esistenti sulla terra, e si riflettè in quelle iridi chiare come l'acqua più limpida, totalmente trasparenti.

-Conoscente. Tu mi hai evocato, e io esigo di un compenso.- la voce risuonò crepitante come il fuoco, aggressiva come il vento ricco di vapori malsani che continuava a spirare violentemente sui corpi dei ragazzi e forte come un Drago possente.

-Spirito del fuoco, io non posso darti nulla se non il mio sangue.- parlò Dawn.

-Io lo accetto, ma voglio qualcosa di concreto.- sospirò lo spirito, socchiudendo le palpebre dorate per poi riaprirle nuovamente. -Voglio un corpo. Voglio vivere, voglio dominare, voglio che il mondo sappia della mia forza. E ho scelto il tuo corpo!- Improvvisamente la scena cambiò, come teletrasportata in un altro contesto: lo spirito del Fuoco aveva le iridi non più trasparenti e pure, ma nere come l'inchiostro liquido e profonde come il cielo notturno. Nelle mani, dominava due fuochi incandescenti dalle fiamme nere come i suoi stessi occhi, striati di lingue di fuoco viola e porpora.

Ghignava paurosamente, dominando quei bracieri come se dominasse solamente delle spighe di grano. Dawn tremò, stupita da quella rivelazione. Gli spiriti... Lo spirito si era convertito al Male? No, non era possibile. Gli Elementi erano puri, rappresentavano la natura, la bellezza, la purezza. La malignità era l'unica cosa che non possedevano e che li contraddistingueva nettamente dagli esseri umani, ma evidentemente quel patto millenario e sacro, sigillato con sangue e giuramenti, era stato interrotto dal più aggressivo degli Elementi, il Fuoco.

-Dammi il tuo corpo, Conoscente. Lasciamelo e permettimi uno sbocco sul tuo mondo maligno.-

disse lo spirito -Io saprò come usarlo.-

I bracieri crepitarono, e un immagine si formulò in uno di essi: fra le lingue di fuoco color inchiostro e violacee si formò l'immagine di una donna minuta, bionda, dagli occhi nocciola e dalla pelle chiara come il latte. Sua madre, Melanie, morta dandola alla luce. Anche lei era Conoscente, e nel parto le aveva donato i suoi poteri in punto di morte, sapendo che se non avesse compiuto quel gesto la stirpe dei Conoscenti si sarebbe interrotta. Era stata avvolta nelle garze e condotta a Mystical, nelle braccia di un uomo che per tanto tempo l'aveva allevata insegnandole le basi dell'agricoltura e della caccia, della pesca e dell'artigianato.

-Scegli, Conoscente.- sibilò lo Spirito, ridacchiando, e delle striature color sangue animarono quegli occhi inchiostrati e maligni. -Il corpo di tua madre in cambio del tuo.-

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

 

 

 

Duuunque! Buonjour^^

Ci ho messo 33274093 anni a scrivere il capitolo! Non mi andava bene come era e così... L'ho modellato molto, incentrandolo soprattutto su Dawn! Il prossimo sarà molto incentrato sull'ennesima figura misteriosa, su Duncan e inserirò dei pezzi su Gwen, Noah e Dawn! ^.^

Come vi pare questo? Trovo che tutto sommato... Sia discreto, ecco.

Dunque, volevo parlarvi su come la storia è cambiata. La prima parte incentrata molto sulla vita a Mystical, sui Ribelli e sulle guerre civili e non; questa, la seconda, incentrata soprattutto sulla magia, (sul sangue muahaha xD), sui piani ingarbugliati e sulla sete di vendetta di molti personaggi, fra cui il misterioso Sir.Black. Siete riusciti a capire chi è? Ho messo degli indizi nella parte dedicata a lui e alla Lady, percui vedremo chi per primo riuscirà a capire la sua identità^^ Inoltre, un'altra cosa: non aspettatevi che tutto sia come sembra... Molte cose sembrano scontate, ma tenetele d'occhio, perchè (la mia mente malata è inarrestabile y.y) anche se sembrano, appunto, scontate in realtà vi riveleranno molte sorprese. Vi potrei dare un piccolo spoiler soprattutto sul personaggio di Courtney, ma solo chi me lo chiede tramite messaggio privato... Siate liberi di farlo, se volete, e io vi darò l'enorme spoiler^^ Infine, per concludere, volevo parlarvi di un'altra cosa... Ho in mente un'altra long, da scrivere insieme a questa. Il titolo non ve lo dico, ma sarà una fantasy un po' violenta ma anche sentimentale, romantica... Magica *-*

E poi... IL MIO EDITOR E' IMPAZZITO! PARDON D:

Sono riuscita a malapena a mettere l'html... Quindi niente colori e caratteri ):

Infine, per concludere (dato che ho sfornato un angolo tre metri più lungo del capitolo xD), capitolo dedicato a:

-Moon_Dark (la fan accanita della storia <3)

-Stella_2000 (la mia amica DxG <3)

-Xenja (la mia maestrina... J'adore <3)

-Mary (la mia consigliera <3)

-Lexy Angels (altra amica DxG :3)

-Gwuncan99 (idem sopra xD)

-Julie99hatelove (Aletheriana sfegatata! xD)

-Dalhia_Gwen (La mia amica Gwuncan :3)

Ora vi lascio con la pubblicità dettagliata di Change, La Principessa delle nevi ed Escape... Al prossimo aggiornamento^^

 

 

PUBBLICITA':

 

 

“Change di Stella_2000”

Genere: angst, horror.

Tipo di coppia: Het.

Personaggi: sorpresa.

 

“La principessa delle nevi di Lexy Angels”

Genere: fantasy.

Tipo di coppia: Het.

Personaggi: un po' tutti.

Coppie: DuncanxGwen

 

“Escape di Gwuncan99”

Genere: avventura, azione, sentimentale.

Tipo di coppia: Het.

Personaggi: Duncan, Geoff, Gwen.

Coppie: DuncanxGwen, BridgettexGeoff

 

Per ora pubblicizzo queste, poi la prossima volta You're my dream come true di Dalhia_Gwen, The Warrior Goddesses di Xenja e Il marchingegno fermatempo di Gwuancan_love^^

 

 

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Capitolo 15
*** Fighting and loving - 15 ***














Mystical, 13 aprile 1676










Il vecchio perse lo sguardo nelle lingue di fuoco porpora e violacee, chiazzate di scuro. Erano state evocate dalla sua stessa magia, ma ancora poteva fare ben poco rispetto a quello a cui mirava con quelle doti magiche. Lui mirava a impossessarsi della magia di una Conoscente, decisamente più potente rispetto alla sua forgiata dalla malignità, nata dal rancore e dalla voglia di sangue e distruzione. Ancora non si capacitava come quell'innocua creatura di cui non ne conosceva l'aspetto ma le doti si fosse mascherata per secoli e millenni, per poi tramandare i propri poteri a chi credessero appropriato. Lui era il Cacciatore.

Nelle comunità di maghi e stregoni con le sue stesse doti veniva soprannominato così per via del suo spietato animo. Quella reputazione lo induceva a braccare Conoscenti fino a riportarne le teste nel palmo della mano per poi alzarle vittorioso al cielo e lasciando che queste marcassero con il sangue striato d'indaco la sua pelle. Successivamente, esibiva come trofei quel bottino di guerra di casa in casa. Ogni singolo stregone lo rispettava, ed era l'idolo di piccoli maghi che non osavano però chiedergli i segreti del suo lavoro.

Nel suo villaggio, ben poche erano le cose che si temevano. La loro magia li consentiva di procurarsi cibo da soli, quindi la fame non si pativa nemmeno nei momenti di siccità. Riuscivano ad abbeverarsi con la sola forza del pensiero e vivevano in prosperità compiendo omicidi e razziando le ricche borghesie. Li soddisfava semplicemente vedere il sangue scorrere sulle loro mani pallide come i raggi di luna, che raccoglievano in un'apposita ampolla. Più questa era ricca di liquido indaco e non, più l'uomo o la donna erano stimati dal popolo e riconosciuti come braccatori infallibili di quelle potenti prede. La sua ampolla era colma fino all'orlo di sangue chiazzato d'indaco dall'aroma delizioso per le sue narici, che da tempo spettavano di risentire ancora quel profumo. Per il resto, le condizioni della cittadina erano dissimili a qualunque altra: polle di sangue galleggiavano fra le crepe delle vie, chiazzate da magico liquido viola, porpora e nero, gli stessi colori che aveva assunto il fuoco davanti a sé.

Si riscosse dai suoi pensieri iniziando ad affilare il pugnale d'argento purissimo, inzaffirato lungo parte dell'elsa. Davanti al fuoco, la lama sembrò insanguinata e una scintilla sadica guizzò nei suoi occhi. Avrebbe voluto penetrare le carni di una qualsiasi Conoscente con quell'arma, ma prtroppo la vecchiaia si faceva sentire sul suo volto e sulle sue forze ormai carenti. La magia non arrestava il corso del tempo, e doveva patire il peso del tempo scorso sulle sue spalle ormai fragili. Poteva uccidere solo con l'uso della magia quelle ambite prede, in quanto usare il pugnale o qualsiasi arma per uccidere poteva solo farlo partire in svantaggio. Le sue movenze erano lente e la sua resistenza era scarsa ora che la vecchiaia l'aveva colto in fallo.

Chiuse gli occhi, lasciando che questi trascolorassero. La pupilla diventò serpentina, grande quanto uno spillo. Un triangolo di luce scura balenò sulla sua fronte, nero come l'inchiostro ed attraversato da scariche elettriche che non danneggiavano la sua pelle pur serpeggiandovi sopra.

Il viola e il porpora dei bagliori che rilasciavano le fiamme si confusero con quelle della luce sprigionata dai palmi, dalla fronte e dagli occhi del vecchio.

Un vento impavido turbinò a lungo nel bosco portando aromi sapenti di rocce, terra e pioggia fredda risalente a pochi giorni fa. Il fango ribollì sotto i suoi piedi così come l'erba e ogni più piccolo materiale conservato in quel luogo ormai risvegliato e messo all'erta dalla magia Nera del Cacciatore. Non riesco a rintracciarla... si disse, imbestialito dall'esito negativo dell'operazione. Eppure... A stenti, c'è qualche segnale. Si concentrò maggiormente richiamando tutte le sue doti.

Il Dreden infervorò, ingrossando le sue acque che si riversarono violentemente sul terreno fangoso il quale non esitò a diluirsi con l'acqua, creando una miscela ancora più collosa. La rugiada si fuse in polle che chiazzarono l'erba e le foglie carnose crebbero a dismisura. Il verde smeraldo delle fronde di ciascun albero cambiò, fondendosi con i colori oscuri della luminescenza del Cacciatore. Le rocce crepitarono, liberando alcune scintille e attizzando piccoli fuocherelli spenti dalla pioggia scrosciante ed erosi dal vento spirante nella selva rivoltata alla magia Nera.

In breve tempo, il paesaggio cambiò tramutandosi in un luogo oscuro, irriconoscibile rispetto al vecchio bosco: le cortecce degli alberi erano scure o persino nere per via della linfa grezza che inalavano, color inchiostro. Le fronde non erano del solito color smeraldino, ma striate di porpora, viola e nero. A tratti, il verde si intravedeva ancora, ma ogni attimo che passava la coperta color inchiostro si estendeva colorando sempre maggior superficie. Le acque del fiume riversate sul terreno erano cristalline, ma vi erano brevi punti in cui il corso d'acqua prendeva una piega dei soliti colori maligni. Queste chiazze si animavano come veleno serpeggiando veloci e malsani lungo l'acqua cristallina, e ben presto ebbero coperto gran parte del fiume. Gli Spiriti dell'Acqua si ritrovarono scorticati, bruciati vivi da quella magia nera. Con urli agonizzanti essi si spensero, lasciando un barlume di bollicine color acquamarina e di scintille biancastre presto rimpiazzate dal malvagio nero, e il loro sangue serpeggiò a lungo prima di essere inghiottito a sua volta dall'oscurità più intensa. Le lingue di fuoco tremolavano appiccate sul selciato, rimanendo vivo e crepitante nonostante la pioggia scrosciante. Era totalmente color porpora, violaceeo e chiazzato di fiamme color inchiostro che incupivano il terreno fangoso, restanti accese nonostante un vento freddo e burrascoso spirasse e l'acqua serpeggiasse fino ai ciocchi di legno.

Il vecchio non si strinse nel mantello lacero, sebbene avesse freddo. Preferì patire quel gelo ma continuare a parlare agli spiriti di ogni creatura per sopraggiungere a quelli degli Elementi. Solo se questi si fossero convertiti al male avrebbe potuto rintracciare la ragazza, ormai sparita nel nulla. La Terra opponeva resistenza, rincarnando di verde smeraldo le foglie e donando vitalità agli alberi e al terreno colloso, ma la sua opposizione non era abbastanza forte contro le sue forti doti magiche e ben presto i suoi interventi vennero nuovamente rimpiazzati dal colore oscuro. Questo, nel giro di pochi attimi, tornò a predominare. Riuscì a trarre energie dalla natura, ma ancora tre elementi si rifiutavano di aiutarlo a rintracciare la Conoscente: Terra, Aria e Acqua. Rimaneva il Fuoco, l'Elemento più propenso al male, colui che nel tempo era stato riconosciuto come Elemento Rinnegato. Non era puro, ma solamente maligno, e ne erano la dimostrazione patti sacri e firmati con giuramenti di sangue compiuti dai suoi Fratelli. Altri Cacciatori prima di lui avevano soggiogato il Fuoco, che ora restava inchiodato fra la sua reputazione di Elemento puro e buono e fra la bramosia di dominio sul mondo degli Uomini.

Un gemito sconnesso gli costò l'interruzione del rito, e si ritrovò sanguinante a terra, il braccio attraversato da uno squarcio da cui fuoriusciva sangue porpora e rosso. Cadde a terra, sul terreno impastato di acqua, terriccio detriti e ora gocce di sangue di Stregone.

-Chi sei?- mormorò la voce di Duncan, che echeggiò nel bosco strettamente provato dalla forza oscura del Mago. Aveva osservato la scena, impaurito da quella Stregoneria e dalle parole pronunciate da quell'oscuro dominatore. Si era stupito non poco vedendo come la selva fosse impazzita totalmente comandata da quel vecchio sembrante semplicemente un errante venuto da lontano. Ma non doveva farsi ingannare dal mantello lacero e dal volto scarno dell'uomo, perchè le sue doti folli avevano presto sconvolto il bosco mutandolo in un qualcosa di oscuro che l'aveva incupito.

Non devo agire malamente. Pensò fermamente il dittatore. La sua stregoneria altrimenti mi ucciderà.

-Come mi hai trovato?- domandò l'uomo.

-Ti basti sapere che ho visto la tua stregoneria. Cosa sei?- sputò Duncan.

Il Cacciatore non rispose, coprendo con i lembi del lercio mantello color notte il pugnale di fino argento per poi formulare una strategia valida con cui sbarazzarsi di questo sudicio ragazzo armato e che avrebbe potuto dargli delle difficoltà. Poteva ricorrere ad un semplice incantesimo con cui avrebbe sicuramente perso la memoria, cadendo in un sonno profondo che sarebbe durato per alcuni giorni dopo i quali avrebbe perso completamente la memoria.

Chiuse le palpebre, e fiammelle tremolanti di porpora danzarono nei palmi creando ombre e lasciando rilucere il terreno ancora bagnato dalla pioggia di quei colori insoliti.

-Cosa...?- ebbe il tempo di sussurrare il ragazzo, immobile sul posto. Il vecchio sentì il solito venticello, questa volta ricco di amori malsani e di odore di sangue e di guerre, che lo rinvigorirono come trasportandogli energia nelle vene. Quell'aroma era come un balsamo curativo per la sua vecchiaia e non avrebbe mai rinunciato ad uccidere solo per sentire il liquido rosso scorrere lungo la lama e gocciolare sulla sua pelle.

Immediatamente, l'uomo congiunse le mani, lasciando che nuovamente la natura si rivoltasse a quella magia così in disequilibrio con l'ecosistema. Le foglie carnose e verdi crebbero a dismisura, la linfa grezza inalata dalle radici venne avvelenata, diventando una miscela disgustosa color inchiostro sulla cui superficie si formarono bolle gassose d'un verde acidulo. Il fiume d'ingrosso, animando qualche abitante di esso che tentò di ritrovare rifugio sui fondali, anch'essi contaminati dal liquido scuro. Gli Spiriti del Fiume lanciarono gridi acuti ed agonizzanti, trucidati ed ammassati come cadaveri invisibili sulle piccole onde che l'acqua formava increspandosi.

Duncan osservò attonito la scena. Come era possibile tutto ciò? La magia non esisteva, e la stregoneria era una dote raccontata nelle leggende che tramandava il popolino cercando di spaventare gli abitanti delle taverne. Forse, non avrebbe dovuto ignorare quei racconti...

Il vecchio schiuse i palmi delle mani lasciando che da esse uscisse una nebbia bianca e fitta, che si posò sul corpo del ragazzo non districandosi per nulla, ma aumentando la sua fittizia. Questo cadde sul terreno ferendosi sulle rocce grezze ed acuminate ed impiastricciandosi gli abiti costosi con quella pasta disgustosa in cui si era ora tramutato il terreno fertile ed erboso.

La nebbia venne assorbita dal suo corpo e dalla sua mente, che venne annebbiata di colpo.

Lentamente i ricordi vennero eliminati e quando la mente del ragazzo fu del tutto sgombra la nebbia ritornò al suo evocatore, ricca dell'energia vitale di Duncan. Il suo colore era cambiato, diventando verde brillante e blu cobalto, i colori che al meglio rappresentavano l'aura e l'essere del ragazzo. La nebbia si era appropriata anche di quello.

Il vecchio fece roteare quella geniale invenzione fra le sue mani, creando una sfera illuminata di verde smeraldo, cobalto e dal solito bianco striato del suo porpora come ogni sua magia. Sorrise, pensando all'ennesima vittima delle sue diaboliche invenzioni.

Non aveva ucciso l'uomo, inerme a terra, con il volto poggiato sulle rocce grezze e ferito da queste.

L'aveva prosciugato della sua anima, dei suoi ricordi, della sua aura e di ogni sua energia. Sarebbe rinato con quell'impacco balsamico.

Stupido giovane. Pensò l'uomo, osservando il corpo a terra. Però... Uhm, e se...

Non disse nulla, rimuginando su quei pensieri appena formulatesi in mente. Ora che il giovane era privo dei suoi ricordi, poteva manipolarlo come voleva. Poteva fargli credere qualsiasi cosa, una volta che si fosse rimesso, per farlo agire a suo favore.

Sorrise, pensando che nella ricerca della Conoscente sarebbe stato affiancato dal suo protetto, un nuovo, giovane Cacciatore che ben presto avrebbe intessuto una rete di fitti omicidi. Sarebbe diventato suo degno allievo e ottimo braccatore di quelle ambite prede, avrebbe assaporato il gusto del sangue indaco colante sulle sue labbra. Avrebbe istruito un nuovo, grande Cacciatore e nessuno li avrebbe ostacolati nella ricerca della giovane Conoscente.




























***



















Dawn guardò la figura pallida della madre risplendere nel braciere viola e porpora crepitante fra le mani dello Spirito del Fuoco. Melanie, la sua amata mamma... Colei che aveva rinunciato alla sua vita per metterla al mondo era lì, di fronte a lei. Sentì lacrime cristalline illuminate d'azzurro scorrergli lungo le guance per poi cadere nella polla sanguigna e indaco ai suoi piedi.

Ricordava indistintamente quel giorno, ma la sua mente acuta e capace anche nel candore dell'età le aveva permesso di assimilare poche sensazioni riguardanti sua madre oltre che il fatidico e bellissimo giorno in cui i suoi occhi verde acqua si erano finalmente dischiusi sul mondo.

Due occhi nocciola piangevano lacrime illuminate di rosa pesca, che scorrevano sulle guance chiare come il latte. Il dolore la stava consumando, divorandola e prosciugandola ogni secondo che passava delle sue energie e del suo raro potere. Stava partorendo sua figlia in un bosco, in una radura. Non poteva pagarsi un medico e conosceva erbe e rimedi naturali vari che avevano alleviato un po' il dolore, fino a che allo stremo delle forze aveva dato alla luce ciò che più contava, ora. Il vento gelido spirava in quella notte fiocamente illuminata dai pallidi laggi lunari, candidi quanto la pelle della bambina che stava cullando dolcemente fra le braccia. Avvolta nelle garze e profumata di miele, la neonata non strillava. L'ultima lacrima color pesca cadde sul selciato su cui vi era attizzato un fuoco magico in cui serpeggiavano lingue di fuoco rosa pallido. Scaldava con il suo tiepido tepore la bambina e lei, che nonostante tutto rabbrividiva. Sapeva che i Cacciatori erano sulle sue tracce da tempo e sapeva che di lì a poco sarebbero arrivate in quel luogo, strappandole i poteri essendo in punto di morte e uccidendo a sangue freddo la bimba.

Non poteva permetterlo. In un atto disperato, chiuse le palpebre e le sue iridi nocciola trascolorarono, la pupilla spessa quanto uno spillo. Poggiò le mani sul capo della bambina che piangeva disperatamente avendo sentito i passi degli uomini aggirarsi poco lontano dalla radura.

Infuse la propria energia, il proprio potere nel corpo di quella piccola dalla pelle chiara come i raggi di luna che in quel momento illuminavano la selva avvolta nella notte.

Mano a mano che il potere scorreva via dalle sue vene per rientrare in quelle della bambina si sentiva mancare, senza più energie in corpo si accasciò contro il terreno erboso e chiazzato di sangue color pesca. Fece un ultimo sforzo spingendosi in avanti e stringendo i denti per evitare di urlare. Scavò con le ultime stille di potere che stavano lentamente scomparendo una buca grande quanto il corpo della piccola, per poi prenderla fra le braccia e stamparle un umido bacio sulla fronte. Nascose la figlia nella buca e la ricoprì d'erba, terra e rami d'abete che macchiarono di resina quello stupito volto pallido che guardò a malincuore. Cercò di scappare, trascinandosi nei boschi e cercando di mettere più distanza fra i Cacciatori e la piccola, per poi ricadere sfinita accanto ad un torrente limpido. L'ultimo pensiero andò per la sua creatura, poi la sua vista si annebbiò e il cuore smise di battere.

La madre si era sacrificata per lei, donandole ogni cosa in suo possesso in quel momento disperato che ricordava a sensazioni e ad immagini sfocate e sconnesse che aveva ricostruito.

E ora lei poteva ricambiare il suo sacrificio, donandole la vita sempre in cambio della sua. Gli occhi nocciola della madre sarebbero tornati a splendere e il suo sorriso avrebbe illuminato ogni cosa donando colore a quel mondo spento e ingrigito dagli animi cupi degli uomini.

Fece per annuire, inchinandosi allo Spirito che già ghignò immaginandosi le conseguenze della sua discesa sul mondo, quando si fermò. La madre le aveva donato la vita cercando di fare sì che la figlia riscattasse quel destino sudicio a cui entrambe erano state sottoposte. Lei... Lei l'avrebbe ripagata inchinandosi e lasciando che il destino del mondo entrasse nelle mani di uno spirito maligno che ne avrebbe usufruito condannandoli tutti? Era questa l'unica cosa che avrebbe saputo fare per la madre Melanie, buona e dolce? No. Non avrebbe accettato proprio per la persona che crepitava nel braciere porpora contenuto nella mano destra dello spirito del Fuoco, che ringhiò spazientito da quell'attesa.

-Allora, Conoscente?- sibilò, sicura di vedere una Dawn indebolita dall'incertezza che alla fine si sarebbe inchinata a suo cospetto, donandole il suo corpo come sbocco d'accesso sul mondo degli uomini. Sogghignò e una scintilla sadica color sangue guizzò nelle sue iridi inchiostrate e maligne.

Heather e Noah guardavano la scena, incapaci anche solo di esalare respiro.

Dawn fece per inchinarsi con riluttanza, intaccando una strategia che presto si sarebbe rivoltato contro quell'Elemento impuro. Lo soggiogherò così come lui ha fatto con gli altri Elementi.

Pensò la giovane, abbozzando un sorriso che sparì subito lasciando posto al finto dolore e alle finte lacrime cobalto che si mischiarono con la polla dilagatosi ai piedi del Fuoco.

-Bene. Hai fatto la scelta giusta. Ora...-

Non potè terminare la frase, perchè le rocce grezze crebbero attorno al suo corpo dorato diventando aguzzi e affilati come dei veri e propri spuntoni di granito. Lo Spirito restò imbambolato davanti a quella ribellione inaspettata e rimase immobile per qualche secondo, concedendo a Dawn la possibilità di un altro attacco. -Come hai osato!- gridò il Fuoco distruggendo gli spuntoni creati attorno al suo corpo dorato. La Conoscente notò come un rivolo di sangue cristallino colò lungo il suo abito intessuto di lingue di fuoco e bocche di leone e sorrise, pensando che presto quello Spirito avrebbe ceduto, ma le sue premonizioni si rivelarono fasulle.

Il sangue dell'Elemento Impuro era striato di porpora, viola e nero e cadde nella polla di sangue indaco e rosso donando malvagità al liquido incontaminato sgorgato dalla Cicatrice della Conoscente. Lo spirito ringhiò e scintille rosso sangue animarono le iridi spente ed inchiostrate che in quel momento sembravano vogliose di vedere il cadavere di Dawn poggiato ai propri piedi e macchiato di sangue indaco e di ferite. Non poteva lasciarla illesa proprio ora che si era rifiutata di mettersi al suo servizio, tentando addirittura di ucciderla.

Il Fuoco distrusse con la forza del pensiero quegli spuntoni, che si sgretolarono a terra in piccoli ciottoli che annegarono nella pozza di sangue e detriti.

Un cerchio di fuoco danzò attorno al corpo della Conoscente, rimasta intrappolata in quel fascio che si innalzò fino a toccare le rocce grezze che ricoprivano il soffitto della cella.

Come aveva potuto quella schietta serva tentare anche solo di attaccarla, sapendo che lei e solo esclusivamente lei avrebbe predominato, alla fine?

Il Fuoco evocò fiamme lussureggianti che andarono ad accerchiare la pallida ragazza bionda, ora attonita. Cercava di divincolarsi dalla presa del fuoco, ma questo danzava attorno al suo corpo illuminando quel pallore con porpora, viola, rosso e nero. Le fiamme penetravano nella sua carne ustionandola e sangue indaco colava lungo le vesti di cuoio della giovane, gocciolando come pioggia sul folle fuoco comandato dal suo stesso Spirito.

Questo ghignò, ululando follemente parole in germanico antico, risalente ai primi anni dopo la nascita di Cristo. Già da allora lui era vivo, nato nel primo focolare dal momento stesso in cui l'uomo ebbe la furba idea di attizzare due ciocchi di legno.

Le fiamme erosero la pelle della Conoscente, che tentò di scrollarsi dalla presa e di fuggire, evocando la sua stessa magia. Sangue e lacrime si mischiarono in una polla crepitante di dolore fra le rocce, d'un color indaco mozzafiato e spaventoso allo stesso tempo. Addio, madre. Addio, Ribelli. Addio... Strinse le palpebre lasciando che le ultime, disperate lacrime dalla luminescenza azzurra le rischiarassero il volto chiaro come quello di Melanie.

Improvvisamente l'urlo dello Spirito echeggiò nella cella, agonizzante e intriso di dolore. Il corpo del Fuoco si corrose, lasciando che le scintille infuocate e dorate di cui era composto si disperdessero in aria. Il sangue colò nel lago ormai formato dal sangue di Dawn, dalle lacrime e da detriti e ora dal liquido dello Spirito mentre l'odore malsano dello zolfo aleggiò a lungo nella stanza scavata nella roccia mischiato a quello putrido del sangue.

Le fiamme attorno al corpo della Conoscente si spensero, perdendo le proprie striature maligne e disinnescandosi come colpite dall'acqua scrosciante. Erano state evocate dal Fuoco e come lui erano scomparse, lasciando solo poche scintille che la ragazza pestò con il piede. Anche il fumo si aggiunse agli odori irrespirabili della cella, e i tre dovettero portarsi la mano al naso per evitare che le narici inalassero quegli schifosi aromi malsani.

-Cosa...- mormorò Dawn, prima di ricadere a terra. Le ferite erano aperte e sangue indaco e rosso sgorgava da queste, aumentando il lago già formatosi tempo addietro fra le rocce scure. Ustioni ricoprivano la pelle chiazzata d'ematomi, ferite e queste bruciature che non sarebbero guarite per molto tempo, così come la febbre ormai salita. La fronte scottava ed era imperlata di sudore, la testa ciondolante si rigirava fra il pavimento sconnesso e non lavorato vaneggiando parole a caso.

-Dobbiamo curarla! Non me ne intendo, ma ci serve acqua.- parlò Heather, accovacciandosi accanto al corpo disteso della Conoscente.

-Ci serve Courtney! Il bronzo si è sciolto grazie al calore del fuoco, quindi possiamo uscire!- osservò Noah. Effettivamente, le sbarre di bronzo erano colate a terra esalando un odore metallico che non fece che aumentare il puzzo irrespirabile contaminante l'aria dello squallido abitacolo.

Heather asserì, per nulla felice di quella gioiosa notizia. Non erano in condizioni di poter gioire, non ancora. I ragazzi corsero fuori, Noah trasportava Dawn fra le braccia mingherline lasciando che il sangue indaco macchiasse le sue braccia ambrate. Dovevano trovare Courtney, e serpeggiarono fra i corridoi stando all'erta ed osservando come i lumi appiccati all'interno delle impalcature di bronzo venissero spenti con un soffio. Ciò significava che le guardie non erano in vista, almeno che non volessero tendere loro qualche imboscata, cosa piuttosto improbabile dato che la notizia della loro fuga era ancora segreta.

Imboccarono l'ennesimo vicolo, strisciando contro la parete di roccia grezza e sentendo solo il gocciolio sconnesso delle gocce di pioggia scivolare lungo le stalagmiti e cadere a terra. Una quiete surreale annunciava loro di avere via libera, e i ragazzi sgattaiolarono nei tunnel scavati nella roccia procedendo a tentoni nel buio. Non sapevano precisamente dove si trovava la cella di Courtney, ma una guardia che precedentemente aveva portato loro del cibo aveva borbottato qualcosa riguardo ad una certa Cella Nord trovatosi appunto nell'ala corrispondente dell'enorme edificio

.-Hetaher, Dawn sta vaneggiando... La febbre sale. Ci serve acqua, almeno per placare questo sbalzo di temperatura.- annunciò l'indiano, indicando la fronte scottante e gocciolante di sudore (ovviamente illuminato di un tenue azzurro) della giovane. -Non abbiamo tempo, Noah! Se ci mettiamo a cercare una fonte d'acqua proba...- la sua voce venne interrotta da altre voci, borbottanti pochi metri più in là. Erano animate da rabbia e collera, e sentì uno schiaffo violento assestato contro la guancia di qualcuno. Lacrime colarono da quel volto e un gemito sconnesso venne pronunciato, sopraggiunto dalle grida focose di un uomo Barbaro.

-Courtney!- sussurrò Heather. Sgranò gli occhi pece nel buio, cercando di aguzzare la vista per vedere ciò che stava succedendo poco più in là. Fortunatamente per la sua vista non così acuta, qualcuno attizzò un fuocherello sulle rocce scure probabilmente per il suo stesso motivo: la carente vista al buio.

Il fuocherello di un focoso rosso illuminò i volti furenti degli uomini incappucciati dinnanzi a Courtney, gemente a terra. Gli abiti erano laceri e strappati violentemente nei punti in cui ferite rovinose squarciavano la carne e le gote della mora erano rigate da lacrime copiose. Queste scorrevano lungo il collo marchiato dal sangue e dalle rocce. Però... Il sangue di Courtney. Ha uno strano bagliore...




ANGOLO AUTRICE:

Dunque, buondì!

Sono tornata in fretta ma ho davvero pochissimo tempo prima che torni mia madre: dunque, ringrazio tutti voi per avermi sostenuto e mi mancate già!

Vi informo però che io ci potrò essere di nascosto, a volte! Non vi libererete di me ;)

Beh, mi sono INNAMORATA del genere sanguinoso (non descritto nel dettaglio) *-* Magari non mi destreggerò ancora benissimo, ma quello e il genere mistero e sentimentale sono i miei prediletti <3

Un bacio a tutti, ora vado davvero! E ringrazio tuuuuutti i lettori silenziosi e non! Baci,

Gwen

ANGOLO PUBBLICITARIO:







Dunque, ecco a voi la pubblicità di altre tre storie bellissime: l'emozionante You're my dream come true, la sanguinosa The Warrior Goddesses e l'avventuroso Il marchingegno fermatempo!

You're my dream come true di Dalhia_Gwen:

Genere: romantico, sentimentale, triste.

Tipo di coppia: Het.

Personaggi: Bridgette, Courtney, Duncan, Geoff, Gwen.

Coppie: BridgettexGeoff, DuncanxCourtney, DuncanxGwen

Avvertimenti/note: AU.

Capitoli: 7

Stato: in corso.







The Warrior Goddesses di Xenja:

Genere: drammatico, mistero, sentimentale.

Tipo di coppia: Het.

Personaggi: Courtney, Dawn, Gwen, Duncan, Nuovo personaggio.

Coppie: AlejandroxHeather, CodyxSierra, DuncanxCourtney, DuncanxGwen, TrentxGwen

Avvertimenti/note: AU, Lime, Contenuti forti, Violenza.

Capitoli: 39

Stato: in corso.




Il marchingegno fermatempo di GWUNCANKILLA (nuovo nick di Gwuancan_Love):

Genere: avventura.

Tipo di coppia: nessuna.

Personaggi: Duncan, Gwen, Leshawna, Nuovo personaggio, Trent.

Coppie: DuncanxGwen, DuncanxCourtney, TrentxGwen.

Avvertimenti/note: AU.

Capitoli: 10

Stato: in corso.




Molto bene, spero vi abbia soddisfatto il capitolo! La prossima volta pubblicità di:

-Guerra per la supremazia di Carillon1726;

-Trionfo Animale di Julie99HateLove;

-Un amore impossibile di Love_dance00

Grazie mille, ora vado se no mia madre mi distrugge -.-”

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