Just give me a reason di MissysP (/viewuser.php?uid=80943)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Titolo: Just give me a reason
Fandom: Iron Man (più
specificamente post IR III e post Avengers)
Personaggi/Pairing: Tony/Pepper, Bruce Banner
Avvertimenti: Fluff/Angst a
volontà, Sentimentale, Slice of Life, Missing Moment(?)
Note
autrice:
Okay, non so come mi sia venuta in mente questa storia. L'ho trovata
già nel computer e invece di cestinarla, l'ho rispolverata.
e spero che sia almeno decente. Comunque ho sempre desiderato sapere
come si sarebbero svolte le cose dopo il film. Insomma non tutto
può essere rose e fiori e quindi nemmeno la relazione fra
Tony e Pepper può essere uscita miracolosamente indenne da
tutto questo casino. Piccola precisione: la storia incomincia da dopo
il boom finale delle armature e finisce prima dell'operazione di Tony,
anche se nella storia lui si è già sistemato.
Solo che ancora non ha pensato a come aggiustare Pepper. La parte dopo
e tutti i pensieri di Tony non sono citati e nemmeno sfiorati. Chiedo
scusa in anticipo se ci sono degli errorri di grammatica, ho provato a
fare del mio meglio. La storia doveva essere una one.shot, ma per
comodità l'ho divisa in due capitoli. Quindi, non vi
preoccupate, la storia è già finita. Per quanto
riguarda il titolo è preso dala canzone di Pink, fonte
d'ispirazione, anche se non c'entra molto.
Non credo che ci sia
altro da dire... Quindi spero che la storia possa piacervi e mi
raccomando, recensite xD
Capitolo
1
It's in the stars
It's been written in the
scars on our hearts
We're not broken just
bent
And we can learn to love
again
[ Pink- Just give me
a reason]
Pepper
trascorreva tutto il suo tempo a lavorare, senza concedersi un momento
di
pausa. Lo faceva volentieri, perché lavorare significava
lasciar respirare Tony
e in quel periodo ne aveva bisogno, perché la ferita che il
Mandarino aveva
inferto era profonda e faticava ad arginarsi. Poco importava che lei
non
riuscisse a dormire e che continuasse a guardarsi le spalle
perché la presenza
di Killian ancora la opprimeva.
Faceva
tutto
questo per Tony, perché lo amava.
E si
consolava
all’idea che lui avesse ripreso a rintanarsi in laboratorio
per ricostruire le
sue armature e, quindi, non poteva udire le sue urla di terrore quando
si
svegliava sudata nel bel mezzo della notte. Quando lui ne usciva, poi,
con
qualche scusa si rifugiava nel suo ufficio, per evitare che la sentisse
piangere disperata e terrorizzata.
Pepper
Potts
era una donna forte e non avrebbe mai permesso a nessuno di
considerarla
debole. Si era ripromessa di arrangiarsi, di cavarsela da sola,
perché restare
al fianco di Iron Man comportava dei rischi e c’erano validi
esempi: Obadiah
Stane, Ivan Vanko e, dulcis in fundo, Aldrich Killian. Le sue mani
erano
macchiate del sangue di Stane e Killian, doveva ammetterlo, e lei non
sarebbe
mai stata al sicuro anche se ignorasse le situazioni catastrofiche in
cui Tony
andava a cacciarsi.
E
quando non
poteva dormire da sola, o in ufficio, Pepper fingeva solo di dormire,
avvolta
nel calore dell’abbraccio del fidanzato, passando una notte
insonne. Chiudeva
gli occhi e aspettava che il suo respiro diventasse regolare e pesante,
dandole
la possibilità di osservare i suoi lineamenti rilassati.
Niente più incubi su
New York, niente più attacchi di panico - merito anche delle
pillole che lo costringeva
a prendere -, con solo la preoccupazione di un domani incerto.
La
lucina nel
petto non c’era più e lei era ritornata quella di
sempre, almeno nell’aspetto.
Niente più virus Extremis, niente più rabbia o
calore ingestibile: solo la vecchia
lei, almeno apparentemente. Lei
appariva calma, saccente ed ironica quando occorreva e a lui faceva
piacere. Le
sorrideva con amore e la viziava, come se dovesse farsi ancora
perdonare.
Così
passava le
notti in bianco e alla fine crollava, inghiottita da una voragine sotto
i suoi
piedi. Un gorgo oscuro che le riempiva le orecchie di grida e il suo
corpo
soffriva e il dolore era reale. La mattina si risvegliava con dei
lividi sulle
braccia e cercava di coprirli con giacche a maniche lunghe. Il suo
corpo era
sempre più magro e il viso scavato, con profonde occhiaie
che cercava di
coprire sotto tonnellate di trucco. Se Tony ancora non se ne era
accorto era a
causa delle sue armature, ma a lei andava bene così.
“Grazie
Happy”
disse la donna richiudendo la portiera dell’auto.
Happy
annuì,
lanciandole un’occhiata di preoccupazione, e lei sorrise nel
tentativo di
rassicurarlo. Happy era un caro amico, che si prendeva da tempo cura di
lei e
Tony. Si faceva in quattro per assicurarsi che tutto andava bene. Al
lavoro non
la lasciava un attimo da sola e lei era costretta a mandarlo a casa,
per essere
sicura che non vedesse in che stato era ridotta. Ma con quel suo
comportamento
era certa di averlo insospettito, come se non era già
paranoico prima e dopo
gli ultimi eventi lo era diventato ancora di più.
“Sicura,
Pepper?” domandò, accertandosi che fosse vero.
Pepper sorrise ancora,
sforzandosi.
“Certo,
Happy.
Non preoccuparti, sono a casa adesso” rispose.
“Anzi, ripensandoci non va
affatto bene” riprese e la sua espressione mutò
nella rassegnazione di quello
che l’aspettava. “Sono sicura che Tony mi
manderà fuori di testa, se continua
ad incallirsi con quelle sue stupide distrazioni…”
mormorò.
Non
poteva
lamentarsi delle armature perché lo avevano salvato.
Perché senza quelle ora
non sarebbero lì.
Happy
sorrise,
ma i suoi occhi non ne furono contagiati e continuavano a scrutarla,
esaminandola attentamente. Erano preoccupati per lei e Pepper gliene fu
grata.
“Beh,
adesso è
meglio che vai. Ti ho trattenuto già fin troppo”
disse la donna, prima di
fargli un cenno con la mano e voltargli le spalle. Sentì il
rumore dell’auto
che si accendeva e poco dopo le gomme sgommarono sull’asfalto
e si
allontanarono.
Gli
occhi
cerulei di lei scrutarono la villa davanti a lei, appena ristrutturata
e
completamente buia, che si fondeva con il buio di quella notte.
L’unica luce
proveniva dalla porta d’ingresso. Entrò e vide un
mazzo di rose rosse sul
tavolino alla sua sinistra. Sorrise, intenerita da quel gesto. Prese
una rosa
dal vaso e annusò il suo profumo, trovandolo troppo speziato
per un fiore così
delicato. Era peperoncino e fu divertita da quella analogia.
Poggiò la borsa e
il tablet sul tavolo e si diresse verso il salone.
“Jarvis
accendi
le luci per favore” disse mentre annusava ancora la rosa. Ci
fu silenzio, nel
quale il cuore della donna aveva incominciato ad accelerare i battiti.
Si
guardò attorno, stringendo la presa sullo stelo del fiore,
una spina le era
entrata nella carne ma non sentì il dolore. I suoi tacchi
ticchettavano sul
pavimenti di marmo nero lucido e incominciò a camminare per
le stanze.
“Jarvis?”
chiamò ancora una volta e ritornò nel salone.
Incominciava ad essere
preoccupata e sentiva i suoi nervi tirato per la tensione che in quel
momento
le faceva girare la testa. Tutto aveva incominciato a vorticare attorno
a lei,
anche se non riusciva a vederlo a causa
dell’oscurità.
“Tony?”
la sua
voce tremava e con una
mano
si appoggiò ad una parete. Il contatto con il muro fresco la
fece rinvenire un
poco e la sua mente ritornò ad essere lucida. Provava ancora
dei capogiri, ma
riuscì a imporre alle proprie gambe di camminare verso le
scale. Lentamente
scese un gradino alla volta, cercando di scorgere qualcosa in tutta
quell’oscurità. Tutto era tranquillo e
l’unico rumore che riusciva a
distinguere erano i battiti del suo cuore che premevano contro i suoi
timpani.
Sentiva le lacrime premere per uscire, rigarle le gote. Strinse ancora
di più
le mani a pugni e trattenne i singhiozzi, continuando ad avanzare.
Ci
mise un po’
e alla fine riuscì ad arrivare al piano terra. Restando
sempre più addossata
alla parete e si avvicinò alla vetrata. Aveva predisposto di
nuovo un’entrata
con un codice. Posò la mano sul vetro freddo e lo
tamponò fino a quando non si
illuminò la luce dei tastierini blu. Digitò il
codice e la porta si aprì con
uno sbuffo silenzioso. Entrò nel laboratorio e la sua
attenzione fu catturata
dalla fioca luce emanata da due candele. La donna aggrottò
le sopracciglia e
finalmente la testa aveva smesso di dolerle.
“Tony?”
chiamò
di nuovo. A risponderle fu di nuovo il silenzio e lei
continuò ad avanzare,
deglutendo. Si preoccupò seriamente, perché Tony
non lasciava mai il
laboratorio, o la villa. Se non c’era era successo qualcosa
di grave, di
sicuro. La preoccupazione aumentò ancora di più e
temette per la sorte del suo
fidanzato.
Qualcosa
si
mosse alle sue spalle e si voltò di scatto, strizzando gli
occhi. Una mano
l’afferrò per un polso e lei urlò
spaventata.
“Pepper!”
esclamò una voce maschile, trascinandola in un abbraccio
caldo e confortevole e
premendo il suo volto contro qualcosa di soffice e altrettanto caldo e
confortevole.
“Tony!”
esclamò
sorpresa al donna e finalmente si rilassò, consolata nel
ritrovarsi fra le sue
braccia. Strinse la presa sulla sua maglietta ed inspirò
profondamente quel
profumo familiare. “Mi hai fatto prendere un colpo! Jarvis
non risponde e la
casa era tutta buia” lo rimproverò e la sua voce
suonò roca anche alle sue
orecchie. Si morse le labbra, maledicendosi per essersi fatta sfuggire
quelle
parole. Tony sospirò e le baciò la fronte.
“Scusami,
volevo
farti una sorpresa… Invece, ti ho revocato brutti
ricordi… Scusa”
“No,
giuro. Ero
solo preoccupata… Non ti preoccupare”
cercò di rimediare, ma alla fine rimase
in silenzio.
Rimasero
in
silenzio, continuando a bearsi dell’abbraccio reciproco.
Pepper sospirò contro
il suo torace, poi riaprì gli occhi. Era ancora troppo buio
e non riusciva più
a scorgere la luce tremolante delle candele. Ripensò alla
situazione che si era
creata e scoppiò a ridere, per alleggerire la situazione.
Tony aggrottò la
fronte, sorpreso da quella reazione. Era forse impazzita?
Si
allontanò
quanto bastava per guardarla in viso, colpito dal candore della luce
che
proveniva alle spalle della donna. Il volto era messo in penombra ma
poteva
scorgere quei fari azzurri che tanto amava e che avrebbe riconosciuto
ovunque.
“Ehi,
che c’è
di tanto divertente?” domandò l’uomo e
le sue labbra si stirarono in un ghigno.
Pepper gli carezzò una guancia ispida e si alzò
in punta di piedi, sfiorando il
suo naso con il proprio.
“Beh…
Non sei
mai stato così romantico. A che cosa devo questo
onore?” domandò con
sensualità, mormorando al suo orecchio. Fece scendere la
mano lungo il fianco
dell’uomo e la infilò sotto la maglietta,
carezzando la sua pelle nuda e calda.
“Come?
Non
ricordi la nostra serata? Quella dove mangiavamo insieme, tu mi
annoiavi con
affari di lavoro e poi mi rimproveravi perché a me non
interessava e finivamo
per litigare? E come andavano a finire?” le chiese
assottigliando lo sguardo e
poggiando le mani sulle sue spalle.
Le
fece
scivolare su di esse, con malizia, mentre le labbra di lui sfioravano
quelle di
lei. Pepper rimaneva immobile, beandosi di quelle coccole, continuando
a
esplorare il torace ben tornito. La donna mormorò la sua
soddisfazione e risalì
più su. Le mani grandi e callose di Tony si fermarono sul
polso e le sfiorò la
mano stretta ancora a pugno.
“Jarvis,
luce”
ordinò l’uomo e il computer eseguì
all’istante.
“Ehi”
esclamò
Pepper contrariata, ma non poté che sorridere.
L’attenzione
di
Tony fu catturata dalla mano della ragazza, notando che sanguinava.
Buttò la
rosa per terra ed esaminò la ferita. Pepper si
fissò la mano e rimase sorpresa
dal non essersi accorta di sentire il dolore. Era troppo impegnata a
preoccuparsi di Tony. Rivolse lo sguardo verso di lui, che la guardava
preoccupato.
“Oh,
che
sbadata” cercò di sdrammatizzare. Lui non le
rispose e si allontanò per
prendere una cassetta del pronto soccorso. Nel frattempo Pepper si
guardò
attorno, stupendosi di come lui avesse pensato a tutto.
C’erano candele, piatti
di ceramica, posate d’argento e una tovaglia di lino rosso
cremisi. Poco più
avanti c’era un carrello con sopra dei vassoi chiusi. Fu
curiosai di scoprire
che pietanze ci avrebbe trovato dentro. Tony ritornò con le
garze e il disinfettante.
“Sai
me la
ricordo diversamente dall’ultima volta. Ero io quello ferito
e tu mi medicavi,
ricordandomi la mia stupidità”.
Pepper
lo
guardò negli occhi color cioccolato e abbozzò un
sorriso di scuse. Si strinse
nelle spalle e ritornò a guardare il tavolo, apparecchiato
con attenzione. Fu
divertita dall’idea che avesse preparato una cenetta
romantica, solo qualche
mese fa lui non lo avrebbe mai fatto. Era lei a insistere nel avere un
giorno
tutto loro, da passare insieme. A causa del loro lavoro, soprattutto
quello di
lei, non avevano mai tempo per restare da soli.
“Buffo
come le
parti si siano invertite” continuò, mentre
disinfettava la mano. Poi prese la
garza e l’avvolse intorno al palmo, stringendo per bloccare
il sangue.
“Per
favore,
per una sola volta…” borbottò la donna
alzando gli occhi al cielo platealmente.
Anche
Tony
sorrise, ma continuava a tenere gli occhi puntati verso il basso e fra
loro
calò il silenzio. Fu imbarazzante e lei non seppe il
perché di tutta quella
sceneggiata. Quando lui finì ripose al loro posto ogni cosa
e Pepper si
avvicinò al tavolo, mentre stringeva la mano per abituarsi
al bendaggio. Ci
girò attorno e infine si sedette per terra, sopra il cuscino
e si voltò a
guardarlo, sorridendogli cordialmente.
“Mi
sembra un
peccato sprecare quest’occasione e poi mi mancano le nostre
serate insieme”
disse, facendogli cenno di sedersi al suo fianco. Tony la raggiunse ma
continuava a evitare il suo sguardo, c’era qualcosa che non
andava.
“Mi
dispiace di
aver rovinato la sorpresa devi esserti impegnato
molto…”
“Non
importa. Stai bene?” domandò, prendendole la mano
lesa. La accarezzò con
delicatezza, per la paura di fargli male. Continuò a
giocarci, nell’attesa di
una risposta, disegnando ghirigori sul dorso. Lei gli restituiva lo
sguardo, sorridendo
nella speranza di nascondere il suo stato emotivo abbastanza instabile.
Non
poteva, però, crollare davanti a lui.
“Certamente”
rispose quando fu certa che la sua voce non tremasse, ma non
riuscì a
convincerlo. Quindi sgusciò dalla sua stretta e si
alzò verso il carrello.
Afferrò il primo vassoio e lo portò in tavola,
scoperchiandolo. C’era pizza ai
peperoni e Pepper scoppiò a ridere, sorpresa. Si
voltò verso di lui e i suoi
occhi cerulei brillarono per la prima volta di vita. Fu allora che Tony
si rilassò
un poco, sollevato nel scorgere un sorriso sincero.
“Beh…
So quanto
ti piace la pizza e i peperoni” rispose, sorridendo.
“Complimenti
signor Stark, sta facendo degli ottimi progressi. E il prossimo
passo?” domandò
ritornando seduta al suo fianco e incominciando a tagliare la pizza.
Afferrò
due fette e ne mise una nel suo piatto e l’altra in quello di
Tony e glielo
passò. Si concentrò sulla sua fetta e gli diede
un morso, per occupare la bocca
e cercò di ignorare quel silenzio pressante. Gemette di
gusto nell’assaggiarla
e socchiuse gli occhi, poggiandosi al suo fianco. Tony avvolse un
braccio alla
sua vita, mentre mosse l’altra mano a prendere il trancio.
Mangiarono in
silenzio, mentre lui non smetteva di guardarla e Pepper fingeva di non
accorgersene.
Masticava
con
calma la pizza, sorridendo a Tony e poggiando il capo sulla sua spalla.
Cercò
di scacciare i brutti pensieri, ma era così difficile. Era
estenuante mantenere
una facciata apparente di una quotidianità fittizia in ogni
momento.
“Sposarti”
rispose
Tony, dopo qualche attimo di silenzio. Pepper stava guardando la pizza
nel suo
piatto, mentre, con una mano tenuta in alto, continuava a masticare.
Quella risposta
la colse alla sprovvista, facendole sgranare gli occhi e sollevare il
capo di
scatto. I loro occhi si scontrarono e Pepper poté perdersi
in quel mare
infinito color cioccolato così maledettamente sinceri e
pieni di aspettativa.
Era strano per Pepper Potts rimanere senza parole, ma veramente non
sapeva che
cosa rispondere o dire in quella situazione.
“E-Eh?”
disse
infine, con un suono strozzato.
Tony
si disfò
della cena e poi si inginocchiò davanti a lei, prendendole
la mano sinistra fra
le proprie. Gli occhi cerulei della donna passavano con frenesia dalle
loro
mani intrecciate ai suoi occhi color cioccolato intenso. Occhi capaci
di farla
sciogliere e tentennare, soprattutto quando lo rimproverava e lui le
faceva
quegli occhioni grandi. Tony ricambiò il suo sguardo,
sorridendole con amore
perché lui in fondo lo sapeva - dannazione, lo sapeva
dannatamente molto bene!
Ci era passato, lo aveva vissuto sulla sua stessa pelle - che quel
dolore
straziante non sarebbe scomparso così, da un giorno
all’altro. Ogni tanto
quegli attacchi di panico ritornavano, soprattutto quando si soffermava
a
guardare Iron Man, prepotentemente, bloccandolo e costringendolo ad
osservare
il suo riflesso color oro sulla maschera dell’armatura.
Erano
una
coppia perfetta, pieni di ansie, problemi e paure. Non erano pronti ad
affrontare nuovamente la cruda realtà, soprattutto lei. Non
voleva rivivere
un’altra esperienza simile. Non voleva nemmeno che Tony si
preoccupasse
costantemente per lei. Era diventata un peso.
Nella
testa di
Tony incominciò ad insinuarsi il dubbio, che lei potesse
rifiutarlo. In effetti
non si sarebbe sorpreso: era esposta a continui pericoli –
Killian era
solamente l’ultimo esempio -, sottoposta ad un incredibile
stress e molto altro
ancora. Era rimasto sorpreso che avesse resistito così
tanto.
Pepper
lo
sorprese, nuovamente, inginocchiandosi a sua volta e fiondandosi fra le
sue
braccia, alla ricerca di calore. Un calore che aveva imparato ad
associare
all’amore immenso che nutriva nei confronti del fidanzato.
Perderlo l’avrebbe
distrutta, ma sposarlo avrebbe significato una vita piena di
imprevisti,
rapimenti e crolli nervosi. E lei non era sicura che sarebbe riuscita a
sopportarlo.
“Io…
Non… Posso
farcela. Non credo di… poter affrontare un futuro incerto
pieno di pericoli
dietro l’angolo” singhiozzò, mentre il
fidanzato ricambiava il suo abbraccio,
una disperata richiesta di certezze e rassicurazioni. Pepper
incominciò a
percepire uno strano calore a partire dal suo petto e il suo cuore
accelerò e
la donna si ritrasse d’istinto, controllando le sue mani. Le
vide assumere una
sfumatura rossastra e la donna cedette al panico, alzandosi e correndo
via,
verso il bagno.
“Pepper!
Dove
vai? Tutto bene?” urlò, inseguendola.
Provò ad aprire la porta, ma era chiusa a
chiave e allora incominciò a bussare – per meglio
dire cercò di sfondarla –
continuando a chiamare la donna. “Pepper!”
La
sentì
singhiozzare, ma presto furono coperti dal getto di acqua. Tony
poggiò la
fronte contro il legno della porta. Non sapeva che cosa dire, doveva
trovare un
modo per rassicurarla e non farla scappare a gambe levate. Tuttavia non
voleva
essere così egoista da trattenerla a sé,
incatenandola ed esponendola a
continui pericoli.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Titolo: Just give me a reason
Fandom: Iron Man (più
specificamente post IR III e post Avengers)
Personaggi/Pairing: Tony/Pepper, Bruce Banner
Avvertimenti: Fluff/Angst a
volontà, Sentimentale, Slice of Life, Missing Moment(?)
Note
autrice:
Okay, non so come mi sia venuta in mente questa storia. L'ho trovata
già nel computer e invece di cestinarla, l'ho rispolverata.
e spero che sia almeno decente. Comunque ho sempre desiderato sapere
come si sarebbero svolte le cose dopo il film. Insomma non tutto
può essere rose e fiori e quindi nemmeno la relazione fra
Tony e Pepper può essere uscita miracolosamente indenne da
tutto questo casino. Piccola precisione: la storia incomincia da dopo
il boom finale delle armature e finisce prima dell'operazione di Tony,
anche se nella storia lui si è già sistemato.
Solo che ancora non ha pensato a come aggiustare Pepper. La parte dopo
e tutti i pensieri di Tony non sono citati e nemmeno sfiorati. Chiedo
scusa in anticipo se ci sono degli errorri di grammatica, ho provato a
fare del mio meglio. La storia doveva essere una one.shot, ma per
comodità l'ho divisa in due capitoli. Quindi, non vi
preoccupate, la storia è già finita. Per quanto
riguarda il titolo è preso dala canzone di Pink, fonte
d'ispirazione, anche se non c'entra molto.
Non credo che ci sia
altro da dire... Quindi spero che la storia possa piacervi e mi
raccomando, recensite xD
Capitolo
2
Your head
is running wild again,
My
dear we still have everything
And
it's all in your mind
(Yeah
but this is happenin')
[Pink - Just give me a
reason]
“Non
sapeva più che cosa fare,” sospirò
Tony,
mentre apriva gli occhi ed osservava il soffitto del loro laboratorio
alla
Stark Tower. Anche se ancora non aveva deciso che cosa fare, se tornare
in
campo di battaglia oppure rimanere in disparte e limitarsi ad essere un
semplice spettatore, non avrebbe mai rinunciato a fare quello che
più lo faceva
sentire realizzato di sé e poi stuzzicare l’Altro
lo divertiva, sempre. Bruce,
poi, era stato un punto fondamentale nel suo periodo buio, aiutandolo a
superare le sue paure.
“Tony,
te l’ho già detto, non sono un analista”
borbottò lo scienziato togliendosi gli occhiali e
massaggiandosi l’incavo del
naso, premendo con due dita. Poteva sentire un principio di emicrania
per
l’esasperazione a cui il miliardario lo portava. Bruce era
seduto su una sedia,
chino su un microscopio, e ogni tanto lanciava qualche occhiata
d’irritazione e
arrendevolezza ai cocci di vetro delle provette che Tony aveva buttato
malamente a terra per poi sdraiarsi sul tavolo.
“Ma
sei un mio amico, no?” replicò sollevando lo
sguardo su di lui e il dottore lo guardò stupito. Era
difficile che Tony Stark
si abbandonasse a manifestazioni d’affetto e quella
dichiarazione era arrivata
all’improvviso. Tony gli sorrise e Bruce scosse la testa con
rassegnazione.
“E’
bello osservare come tu sia ritornato quello
di una volta, quello di prima. La tua ironia mi è mancata,
molto anche. E sono
felice di notare come i tuoi attacchi di panico siano
scomparsi” e Tony sollevò
gli occhi al cielo, con la solita strafottenza.
“Combattere
contro Killian ti ha costretto ad
affrontare le tue paure e ti sei reso conto che ci sono cose
più importanti per
cui combattere” continuò il dottore, ritornando a
guardare nella lente del
microscopio. Tony sentì il suo cuore, appena sistemato,
perdere un battito.
Certo che aveva qualcosa per cui combattere, lo aveva sempre avuto fin
dall’inizio. Ancora prima di tutta quella assurda faccenda
dei Vendicatori.
Qualcosa che rischiava ogni giorno di essere schiacciata da tutti i
pericoli e
nemici che minacciavano di travolgerlo.
“Forse
c’era…” rispose ad alta voce, quasi
inconsciamente
e Bruce si voltò, confuso.
“Tony
dovresti prenderti del tempo per riflettere.
Nessuno si aspetta che tu ritorni a rischiare in prima linea la tua
vita, nuovamente. Hai appena
superato le tue
crisi e, poi, non devi dimostrare niente a nessuno”.
“Secondo
te per cosa combatto, dottore?” e quella
domanda spiazzò Banner, facendolo tentennare. “A
differenza di quello che
Capitan Ghiacciolo e quel megalomane maniaco di Fury possano dire, ho
qualcosa
per cui lottare. Non si tratta di orgoglio, fama, gloria o altro.
E’ per una
persona, per una donna” e Bruce credette di aver sentito
male, che si trattasse
di un errore, un’allucinazione o lapsus.
“Non
credevo che il grande Tony Stark, un
filantropo, eroe, multimiliardario e playboy, si sarebbe fatto
accalappiare da
una donna. Dev’essere proprio speciale, magnifica”
ridacchiò Bruce. Tony si
rimise seduto, saltando giù dal tavolo.
“E’
fantastica, ma… non credo che durerà per
sempre” rispose, avvicinandosi all’amico e
controllando dentro la lente del
microscopio e poi segnando qualcosa sui fogli.
“Essere
legato ad una persona non significa
mostrarsi debole e poi non puoi continuare a saltare da un letto
all’altro” e
Tony scoppiò a ridere, divertito e sfogando la sua tensione
iniziando a
respirare a pieni polmoni.
“Credimi,
ormai sono quasi due anni che non salto
da un letto all’altro. Anche perché Pepper mi
ucciderebbe se lo fac-”
“E’
Pepper? Pensavo che fosse una donna
intelligente, conscia dei problemi che sarebbero sorti da una relazione
stabile
con te. Mi sorprende anche che tu sia riuscito a rimanere fedele
così a lungo!”
esclamò Bruce, con gli occhi sgranati per la sorpresa. Tony
storse le labbra,
fingendosi offeso per tali insinuazioni.
“Comunque,
l’ultima esperienza l’ha cambiata. Ci
sono alcuni problemi, problemi che non sa come gestire e questo mi
preoccupa,”
borbottò sul vago, tornando ai fogli pieni di calcoli e
formule.
“Ma
comunque il virus Extremis l’hai sistemato,
no? Questo è un gran bel problema in meno,” il
caro e buon dottore stava
cercando di fargli vedere una speranza, una luce alla fine del tunnel
buio che
lo circondava, ma Tony non ne era tanto convinto.
“Mi
pare ovvio, non avrebbe voluto tenersi quei
‘poteri’ e io non ci tengo che Fury piombi in casa
mia coinvolgendola in un suo
qualche assurdo progetto che comporti magari una squadra femminile di
supereroine![1]” esclamò. E Bruce sorrise,
contento che finalmente l’amico
avesse qualcuno al suo fianco con cui condividere gioie e dolori.
Pepper era la
donna perfetta per un tipo come Tony: forte e sicura.
“Comunque
voglio essere sicuro che l’Extremis sia
sparito del tutto. Ieri sera è scappata in bagno e sembrava
più accaldata del
solito.”
Silenzio.
Solo silenzio, ma in quel silenzio era
percepibile la tensione e il disagio che scorreva nel corpo del
miliardario.
“Le
ho chiesto di sposarmi” continuò Tony e Banner
rimase a bocca aperta, fissandolo incredulo. Poi scoppiò a
ridere, dando
qualche pacca alla spalla del collega.
“Congratulazioni!” esclamò, veramente
felice di quella notizia, ma Tony non aveva un’espressione
felice, di chi stava
per convolare a nozze con una donna fantastica.
“Non
mi ha risposto” chiarì, sfuggendo al suo
sguardo. “E’ scappata in lacrime, senza darmi una
risposta. Ha dato pure le
dimissioni” sussurrò, poggiandosi contro il
bancone.
“Dalle
tempo, anche a te c’è ne è voluto.
Solo:
dalle tempo.”
Quando
Tony ritornò a casa trovò una Pepper
addormentata sul divano, in mezzo a tutte le scartoffie di lavoro,
fogli inutili e
imbrattati di inchiostro. Il suo cuore si sciolse in un moto di
tenerezza e le si avvicinò, chinandosi su di lei e
stampandole un bacio sulla
tempia. La sua temperatura era calda, forse aveva la febbre e non se ne
sarebbe
stupito visto gli orari pazzeschi a cui si sottoponeva per non pensare
a
niente. La prese in bracciò, stringendola maggiormente a
sé e la donna mormorò
qualcosa, poggiando il capo sulla sua spalla. Una sua mano
scivolò lungo il suo
petto e le dita sottili strinsero la stoffa della sua maglietta dei
Metallica.
Tony sorrise chinandosi sulle sue labbra, dandole un leggero bacio a
fior di
labbra. Lei si strinse ancora di più, abbandonandosi
completamente
a lui e dandogli fiducia. Tony si diresse verso la loro camera, che per
troppo
tempo era rimasta vuota e mise la donna sotto le coperte, dopo averle
tolto il
suo felpone e le scarpe. Fece per andarsene, dopo averle posato un
altro bacio
sulla fronte, ma si trovò bloccato dalla mano della donna.
Le sue dita sottili
erano impigliate nella sua maglietta e lo tratteneva, tirandolo verso
di lei.
Non poté non trattenere un sorriso, sollevato nel constatare
che ancora Pepper
si fidava di lui, che ancora lo voleva accanto a sé. Si
tolse le scarpe e si infilò sotto le coperte con lei,
stringendola in un abbraccio e attirandola a sé e Pepper
strofinò la guancia
contro il suo petto e sospirò.
La
mattina dopo quando Tony si svegliò si ritrovò
una Pepper, ancora addormentata, completamente sdraiata su di lui. Una
sua mano
stretta sulla vita della donna e l’altra dietro il capo e il
suo cuore batté
più forte, quasi gli dolette. E fu in quel momento che il
suo lato egoistico
ebbe il sopravvento, spingendolo a prendere la scatoletta
all’interno del
cassetto. L’aprì e prese l’anello, un
cerchietto d’oro bianco semplice con un
diamantino azzurro acqua - come i suoi occhi -, e se lo girò
fra le dita con
indecisione. Abbassò lo sguardo sulla donna ancora
addormentata, era veramente
stanca, e alla fine glielo infilò all’anulare
sinistro ammirando il luccichio
brillante sotto la luce tiepida e timida che filtrava dalle tende.
Poco
dopo la testa rossa di lei si mosse,
voltandosi nel loro abbraccio. Con fatica Tony riuscì a
sgusciare fuori dal
letto per dirigersi in cucina a preparare la colazione.
“Buongiorno,
signore” la voce metallica di Jarvis
lo accompagnò fino alla cucina.
“Ah-ah,
senti J abbiamo qualcosa in frigo?”
domandò Tony, senza aspettare risposta lo aprì.
Storse la bocca, notando che
non c’era proprio nulla. Di solito era Pepper che si occupava
di tutto,
compresa la gestione della casa. Notò una scatola di latte
in fondo e l’afferrò,
posandola sull’isola al centro della stanza.
“C’è
della farina nella dispensa dietro di lei,
signore” lo avvertì il computer e subito dopo
aggiunse “potrebbe preparare dei
pancake, è avanzato del sciroppo d’acero in frigo,
e le preparo un succo d’arancia?”
Tony
grugnì in approvazione e afferrò il sacchetto
di farina. Contro ogni previsione, il suo tentativo di cucinare una
colazione
decente non fu un disastro, grazie anche alle indicazioni di Jarvis. E
presto
ritornò con un vassoio fra le mani in
camera loro. Pepper era seduta, sotto le coperte con la
schiena poggiata
contro il muro. Aveva lo sguardo basso, sull’anello di
fidanzamento. Il viso
era solcato dalle occhiaie ed era troppo magro, segno che non si
prendeva cura
di sé.
“Buongiorno
signorina Potts, com’è stato il
risveglio?” domandò con un sorriso e sedendosi
vicino a lei, poggiandole il
vassoio sulle ginocchia. Pepper gli sorrise, e afferrò il
bicchiere
d’aranciata.
“Ottimo,
signor Stark” disse sorseggiando il succo.
Tra
di loro calò il silenzio, mentre Tony
continuava ad osservarla. Era pronto ad una sua fuga, a rincorrerla e a
rassicurarla; ma sembrava controllarsi.
“Grazie
per la colazione, Tony, ma adesso dovrei
andare al lavoro. Le Stark Industries non si gestiscono da sole,
purtroppo”
cercò di scappare, allungandosi a dargli un bacio veloce e
cercando di alzarsi.
Tuttavia Tony la fermò, trattenendola per un polso e
guardandola dritto negli
occhi.
“Beh,
direi che hai lavorato abbastanza e direi
che è il momento di usufruire di quelle vacanze
arretrate” ribatté sollevandosi
e trascinandola con sé verso il bagno.
“Ma…
Tony…”
Quel
martedì mattina era magnifico. Il sole
risplendeva sopra di loro, riscaldandoli in quei primi giorni
primaverili. La
Ferrari rossa sfrecciava sulla strada evitando le altre vetture con
sicurezza.
La maggior parte delle persone lavoravano a quell’ora e non
c’erano molti
ostacoli. Pepper cercava di governare i capelli che svolazzavano
sferzati dal
vento, che le impedivano di vedere lo schermo del suo cellulare. Tony
le lanciava
qualche occhiata di tanto in tanto, sbuffando per la sua cocciutaggine.
Non era
capace di godersi nemmeno una giornata di ferie, sempre occupata sul
lavoro.
Alla fine decise: agguantò il cellulare e lo
lanciò dall’auto, lasciandolo frantumarsi
contro l’asfalto. Pepper si voltò, a bocca aperta,
osservandolo. Il cellulare
si aprì in due e a macchina dietro di loro lo
calpestò con la ruota.
“Tony!
Perché?” domandò, spintonandolo.
L’uomo
rise e con un braccio le circondò le spalle, attirandola a
sé. Le baciò una
tempia, prima di lasciarla andare.
“Se
te lo avessi chiesto non mi avresti dato
retta… Il lavoro può aspettare, per un
giorno” le ripeté di nuovo, perché
sembrava non ave compreso al meglio quelle parole.
La
donna scosse la testa, sbuffando contrariata,
ma Tony notò quel sorrisetto che contagiò anche
gli occhi riempendoli di
divertimento e Tony fu soddisfatto, rilassandosi contro il sedile.
Afferrò la
sua mano e intrecciò le loro dita, sfiorando
l’anello – ancora al suo posto,
com’era giusto che fosse – con le labbra e le tenne
incrociate anche quando
cambiò marcia.
“Dove
stiamo andando?” chiese Pepper alla fine,
non resistendo più alla curiosità.
“Mi
dispiace ma è una sorpresa, aspetta fin quando
siamo arrivati” rispose lui.
Non
ci volle molto e presto la macchina si fermò
davanti a una spiaggia deserta, bianca, con le onde azzurre che si
infrangevano
contro la sabbia. Pepper inspirò a pieni polmoni
l’aria salmastra e si sentì
meglio, più leggera. Asprì la portiera e si tolse
le scarpe, assaporando la
sensazione dei granelli di sabbia
fra le
dita. Si avvicinò all’acqua, fino a quando
sentì l’acqua fredda. Fece un altro
profondo respiro e sorrise. Tony la raggiunse poco dopo, prendendole la
mano.
Non fu necessario parlare, a Pepper bastò essere
lì con Tony a godersi il
momento: solo loro due e tutto il resto del mondo chiuso fuori.
Trascorsero
la mattinata in riva al mare, seduti
sulla spiaggia a prendere il sole. Ogni tanto si perdevano ad osservare
il
cielo azzurro, limpido, giocando come bambini con le forme delle
nuvole. Non
c’erano problemi, pensieri, e andava bene così.
L’atmosfera, però, fu rovinata
dal brontolio dello stomaco di Tony che sovrastò il
gorgoglio del mare e dei
gabbiani.
“Complimenti,
Tony, in qualche modo riesci sempre
a imporre la tua presenza” lo schernì Pepper,
spintonandolo.
“Ehi,
l’impegno richiede energia!” si difese,
alzandosi in piedi. Andò alla macchina e aprì il
bagagliaio, tirando fuori una
coperta a scacchi rossi e bianchi e un cestino in vimini. Sorrise nella
direzione
della donna, sfoderando il suo sorriso soddisfatto, mentre Pepper lo
guardava
sorpresa. Tony stese la coperta e sistemò il cestino al
centro.
“Devo
dire, Stark, che ti sei impegnato moltissimo
e hai fatto un gran lavoro!” esclamò colpita lei.
Tony si finse indignato per
quell’affermazione. Tirò fuori una bottiglia di
vino rosso e dei panini al
tacchino. La giornata continuò tranquilla e nel pomeriggio
Tony, da bravo
megalomane quale che era, aveva acquistato un intero parco giochi solo
per
loro.
Tony
era una ventata d’aria per Pepper, perché la
sua esuberanza non le dava un attimo per pensare e in quelle occasioni
le
faceva bene. Era impegnata a vivere il momento, a restare nel presente.
E si
divertiva, quanto si divertiva.
“Tony
è tardi e domani devo ritornare al lavoro…
Veramente, non vorrai ritrovarti senza un soldo!”
sbuffò, ma Tony non le diede
ascolto, continuando a guidare in quella stradina buia e inalberata. Si
faceva
fatica a distinguere i contorni degli alberi e della strada, ma Tony
non sembrava
farci caso.
Poco
dopo arrivarono davanti a quello che sembrava
essere un vecchio fienile e Tony strombazzò un paio di
volte. Pepper si guardò
attorno, aspettandosi di vedere qualcuno, ma ci fu solo un fascio di
luce che
la costrinse a voltarsi e fu sorpresa nel vedere i titoli di un film: Always, con Audrey Hepburn.
“Non
ci credo… E’… E’ fantastico.
Tu sei
fantastico” disse voltandosi a guardarlo. Alla luce del
proiettore, gli occhi
della ragazza erano offuscati dalle lacrime. Lo baciò di
slancio,
circondandogli il collo con le braccia.
Guardarono
il film, abbracciati l’una all’altro,
con la testa di Pepper appoggiata alla spalla di lui. Pepper sorrise
tutto il
tempo, stringendo la mano del fidanzato e ogni tanto capitava che i
suoi occhi
si appannassero al solo pensiero di quello che lui aveva fatto per lei,
in
quella giornata.
“Sì,”
disse d’impulso Pepper e Tony la guardò, non
comprendendo a che cosa si riferisse.
“Cosa?”
“Sì,”
ripeté Pepper e Tony la vide osservarsi
l’anello e le sorrise, felice.
“Sì,” ripeté lui.
Una
settimana dopo sul tavolo da laboratorio di Banner vi era depositata
una busta
color narciso e il dottore si sistemò negli gli occhiale,
che erano caduti
sulla punta del naso. La prese e l'aprì, leggendo il
cartoncino scritto in
un'elegante grafia.
"Antony
Edward Stark & Virginia Potts sono lieti di annunciare il loro
matrimonio
per il giorno 17 maggio"
Bruce
sorrise, fu spontaneo. Divertito, mise l'invito all'interno della
giacca,
premura dosi di non stropicciarlo. Era sicuro che Tony avrebbe trovato
il modo
di convincere Pepper a sposarlo, ma fu dispiaciuto che quella cara,
dolce e
intelligente ragazza non lo fosse stata abbastanza da non cedere.
Poco
dopo per il corridoio dello S.H.E.L.D. sentì l'esclamazione
addolorata di
Steve, molto probabilmente aveva appena letto l'invito. E, conoscendo
Tony,
scommetteva che il suo invito era ben più vistoso del suo;
giusto per
sottolineare che la sua cotta per Pepper avrebbe dovuto farsela passare.
[1] quasta battuta è basata veramente sui fumetti della
Marvel in cui Pepper si ritrova a capeggiare una squadra di
supereroine
Note
finali:
bene la storia è conclusa ^^ Volevo aggiornare ieri, visto
che era domenica e una giornata tranquilla ma a quanto pare
c'è sempre qualcosa che mi impedisce di fare quello che mi
pare xD Va bene, spero comunque che la storia vi sia piaciuta e forse
farò anche qualche spin-off della storia, ancora non so...
Mi raccomando fatemi
sapere che cosa ne pensate!
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