Il re dei pirati spaziali (One Piece of Harlock) di ToraStrife (/viewuser.php?uid=44143)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il re dei pirati spaziali ***
Capitolo 2: *** Le scene tagliate (parte 1 di 2) ***
Capitolo 3: *** Le scene tagliate (parte 2 di 2) ***
Capitolo 1 *** Il re dei pirati spaziali ***
Harlock Piece
One Piece of Harlock
Il re dei pirati spaziali
Il ragazzo dal cappello di paglia si svegliò dal suo torpore.
Aveva l'impressione di essersi appisolato un momento, quando un lampo
di consapevolezza lo richiamò alla realtà, ed egli scosse la testa con
tutte le forze per togliersi di dosso la sonnolenza.
Dopo che la sua testa divenne lucida e attiva, tuttavia, ebbe il dubbio che il sogno non fosse ancora finito.
Studiò la sua posizione.
Era seduto, comodo, su di un sedile. Questo era fatta di un
materiale particolarmente pregiato e morbido, forse pelle; era persino
provvista di braccioli, nei quali affondava pigramente le sue esili
braccia di gomma.
Era senza dubbio il posto più comodo sul quale avesse mai seduto, lui
che al massimo era abituato al duro legno di scalcinati sgabelli da
taverna o della balaustra della sua nave.
Tale lusso sembrava per lo più associabile agli ufficiali più altolocati della tanto temuta Marina.
Il sospetto lo spinse a guardarsi attorno: paradossalmente, lo stile dell'arredamento ricalcava di più quello piratesco.
Era sì, ordinato, lussuoso e formale, ma le colorazioni cupe e
soprattutto quel simbolo ricorrente, l'inconfondibile teschio con
le tibbie, denunciavano l'indubbia appartenenza.
Senza contare l'aria moderna che si respirava là dentro: alcune
luci ad intermittenza di improbabili lampade illuminavano lo scenario, e le sia pur scarne
apparecchiature nella stanza sembravano più sofisticate di qualsiasi
cosa mai inventata, persino da un genio meccanico come Franky.
Le mappe, irriconoscibili, sembravano state disegnate da un navigatore ben più esperto di Nami.
E vi era anche una biblioteca, che avrebbe sicuramente fatto la gioia di una lettrice accanita come Nico. Era senza dubbio la cabina del capitano di una nave pirata. Ma quest'ultimo doveva essere anche un pezzo davvero grosso.
Magari uno dei Sette?
- Vedo che hai ripreso i sensi.
La voce, dal tono calmo ma deciso, risuonò come una sveglia nelle
orecchie di Rufy, che sobbalzò sulla poltrona e si guardò intorno,
alla ricerca del misterioso interlocutore.
La voce proveniva dall'unico angolo in ombra della stanza, e per questo Cappello di Paglia non riuscì a distinguere nulla.
- Chi c'è là?
- Scusa. Non volevo spaventarti. - Rispose la voce.
La frase punzecchiò inavvertitamente l'orgoglio di Rufy.
- Paura, io? - Rispose con tono di sfida. - Ci vuole ben altro per impensierirmi!
- Mi fa piacere. - Ribatté la voce con la medesima flemma. - Benvenuto nel mio umile alloggio.
L'aggettivo "umile" suonò paradossale nel cranio di Rufy.
- Vorrai scherzare! - Rispose il ragazzo, in preda all'entusiasmo. - Questo posto è fantastico!
Anche se anche la mia nave è di tutto rispetto, naturalmente.
- Arcadia.
La voce aveva solo detto quel nome, come risposta. Rufy non capì.
- Arcadia? Che vai dicendo?
- La mia nave. Arcadia. E' questo il suo nome.
- Questo posto si chiama Arcadia?
- E' il mio vascello. - Spiegò la voce. - Ma contemporaneamente anche il mio miglior amico.
- Sì, ti capisco! - Rispose ingenuamente Rufy. - Anche per me è lo
stesso! Un capitano lascia sempre una parte del suo cuore nella nave.
Ricordo ancora di quando bruciammo la Going Merry, fu un vero e
proprio funerale. E fu un momento davvero triste. Ah, le lacrime che
piansi quella volta...
- Non sono sicuro che sia la stessa cosa, - Lo interruppe la voce. - Ma
lasciamo stare. Hai parlato di 'capitano', dunque eri tu che comandavi
quel relitto che abbiamo recuperato appena fuori dal buco nero.
- Ehy, come ti permetti di chiamarlo relitto? - Chiese indignato Rufy. - La Thousand Sunny è la
nave più avanzata e versatile del mondo! Può andare sott'acqua, e poi
anche... un momento, ora ricordo! Quel vortice nero che ci ha
risucchiati al suo interno e poi tutto è sparito e siamo finiti.... a
proposito, dove siamo? - Si domandò all'improvviso Cappello di Paglia.
- Vicino alla Terra, - Spiegò tranquillamente la voce, - Dopo un salto
iperspaziale di cinquanta anni luce per sfuggire alla gravità del buco
nero...
- Aspetta, aspetta! - Lo interruppe Rufy. - Non ho capito una parola di
quello che hai detto. Ma deve trattarsi sicuramente di un luogo molto
lontano, sperduto da qualche parte nel grande Blu. Senza contare che sono così
intontito che non so neppure se sia giorno o notte... Anzi, no, mi correggo, è notte!
- Come fai a dire che è notte? - Domandò curiosa la voce.
- Mi prendi per stupido, per caso? - Chiese Rufy con tono offeso. - Lo si
vede chiaramente dal cielo stellato che si vede lì fuori!
Il dito di Rufy indicò la vetrata alla sua destra, dietro la
quale si stagliava un cielo scuro, tutto puntinato di astri brillanti.
- Quindi è notte per via delle stelle? - Chiese la voce.
- E per cos'altro? - Chiese incredulo Rufy. - Se fosse giorno ci sarebbe il sole, lo capirebbe un bambino!
- Se è per questo, - Chiese divertita la voce. - Perché non provi a guardare sulla sinistra?
Rufy di riflesso si alzò e assecondò la richiesta, e per poco la mandibola non gli finì sul pavimento.
- Ma...ma...ma quello è il sole! - Esclamò con aria atterrita. - Perché vedo il sole assieme alle stelle?
La voce si fece sfuggire una risatina. - Dimmelo tu. - Incalzò.
- Non saprei... - Rispose Rufy sprofondando di nuovo sul sedile. -
Forse una sorta di eclissi? Nami o Nico saprebbero certamente dirlo!
La risposta della voce fu semplice e glaciale. - Siamo nello spazio.
- Spazio? E che diavolo è questo posto?
- Un bel problema, riuscire a spiegartelo. - Commentò la voce, che dopo qualche secondo riprese. - Ecco,
hai presente, ogni notte, quando cala l'oscurità, alzi gli occhi, e
vedi il cielo buio con tante stelle?
- Certo che sì, le posso vedere anche ora! - Ribatté Rufy.
- Ecco, adesso, tu sei in mezzo a tutte quelle stelle.
- Che cosa? - Urlò stupefatto Rufy. - Io... cioè, noi siamo in cielo? Come su Skypea?
- Cos'è Skypea?
- Un luogo, bellissimo, un'isola in mezzo alle nuvole!
- Isole in cielo? Esistono posti del genere?
- Certo! - Confermò il ragazzo, con naturalezza. - Nami mi aveva
parlato di diecimila metri sul livello del mare...o almeno mi pare che avesse detto così.
- Incredibile.
- Perché, non mi credi? - Accusò il giovane pirata.
- No, non intendevo questo. - Si scusò la voce. - Ma è comunque stupefacente. Non ne avevo mai sentito parlare.
- Strano! - Obiettò Cappello di Paglia. - Ma se siamo in cielo, dovremmo essere più o meno alla stessa altitudine.
- Oh, adesso capisco. - Rispose la voce. - Ma qua è molto più... in alto, o meglio, lontano.
- Tipo cinquantamila metri?
- Tipo milioni di chilometri.
- Che cosa? - Urlò Rufy.
Il pirata di gomma si alzò dal posto a sedere e appoggiò il viso al vetro, per vedere meglio.
Tra l'altro, il tatto constatò che quello non era autentico vetro, ma qualcosa di diverso, come plastica o qualcosa di simile.
- Vedi quella sfera azzurra? Quella vicino a quella più piccola e grigia?
- Sì, la vedo... la vedo! - Rispose Rufy, dopo qualche attimo di ricerca.
- Quella è la Terra, il luogo dov'eri prima di arrivare qui.
- Mi gira la testa - Commentò Rufy, sul punto di svenire. - Dove sono capitato?
- Nello spazio, in mezzo alle stelle. - Riconfermò con flemma la
voce. - Ti senti bene? - Domandò la stessa, notando che il ragazzo aveva gli occhi a spirale e la
schiuma alla bocca.
Cappello di Paglia scosse la testa e, voltandosi in direzione della voce, riprese la sua espressione consueta.
- Certo! - Rispose, battendo un deciso pugno sul petto. - Sono solo un po' confuso... o forse ho solo fame.
Lo stomaco del ragazzo sottolineò la parola "fame" con un sonoro brontolio.
In risposta giunse una risata soffocata da parte dell'interlocutore.
L'inaspettata nota di ilarità, che aveva spezzato il tono flemmatico
dello sconosciuto, rilassò l'atmosfera, e Rufy tirò fuori il più
spensierato dei sorrisi.
L'attenzione del ragazzo di gomma tornò al paesaggio di stelle luccicanti.
- Mamma mia, quante sono! - Esclamò il pirata. - Sembrano tanti pesci nell'oceano!
- E', in effetti, un oceano di stelle. - Replicò la voce. - L'oceano dove navigo io, come capitano dell'Arcadia.
- Dunque anche tu sei un capitano. - Rispose Rufy, conscio di palesare
una cosa ovvia, e quindi senza aspettarsi una risposta in cambio,
risposta che arrivò comunque.
- Sì... Chiedo scusa per non essermi ancora presentato.
Due passi in avanti portarono alla luce del vetro la figura celata fino ad allora dalle tenebre.
Rufy rimase affascinato dalla figura dell'uomo che gli presentava davanti.
Una cicatrice sul volto, simile alla sua, era l'unica cosa che li
accomunava. Per il resto, l'uomo aveva un'aria del tutto differente.
Il
lungo mantello che si posava sulle spalle donava allo sconosciuto
un'aria di maestosità che a Rufy ricordò Shank il Rosso, se non addirittura il leggendario Gold Roger.
In preda ad un assurdo dubbio, si toccò il cappello, per
confermare che "Shank" non se lo fosse
ripreso.
Sulla spalla dell'uomo vi era un uccello che Rufy non aveva mai visto
in vita sua, in nessuna di tutte le strane isole che aveva visitato
finora.
- Sono il Capitan Harlock, la mia casa sono le stelle, il mio vessillo
la libertà. - Si presentò, infine l'uomo, con una punta di teatralità, accompagnata da un lieve inchino.
La scena fece una grande impressione agli occhi di Rufy, che si presentò a sua volta, con un gran sorriso.
- Io sono Monkey D. Rufy, - Disse, indicando il suo petto con un pollice. - Capitano della Thousand Sunny, un
giorno sarò anche Re dei Pirati! Ma nel frattempo puoi chiamarmi
semplicemente Rufy, come fanno tutti!
Una luce di emozione balenò negli occhi Harlock, cosa che a Rufy parve ancora più paradossale.
- Quel nome! - Commentò Harlock.
- Uh? Sono famoso anche qui? - Chiese ingenuamente Rufy.
- Di più, direi. E' un nome storico, leggendario. Veniva tramandato sui
libri di storia, fino a quando questi ancora erano di uso comune. E'
l'eroe le cui gesta hanno ispirato i posteri. E forse, in minima parte,
ha contribuito a rendermi ciò che sono.
- Oh, adesso non esageriamo! - Si schernì Cappello di Paglia.
Addirittura i libri di Storia! Non sono mica così vecchio! - Scherzò.
- Sono lieto che tu la prenda sullo scherzo, ma dal mio punto di
vista è come se stessi parlando con una leggenda vivente. Ma se questo
non è uno scherzo e sto parlando davvero con il celeberrimo Monkey D. Rufy,
potrebbero essere vere le teorie secondo le quali i buchi neri non sono
altro che portali che trasmettono la materia nello spazio e nel tempo.
- Ti prego, non ricominciare a parlare difficile. - Chiese Rufy, a cui stava di nuovo per girare la testa.
- Avete detto che tu e la tua nave siete stati risucchiati dentro un buco nero?
- Sì, era un vortice che ha risucchiato me e il mio equipaggio. Devo
essere rimasto svenuto e.... a proposito, non è che avete trovato anche
qualcun altro, oltre me? - Chiese il pirata.
- Sì, altri otto elementi.
Un primo sospiro di sollievo svuotò il ragazzo di gomma di aria e di
ansie, che si premurò di formulare un'altra, imperativa domanda.
- E... stanno tutti bene?
- Direi di sì. - Confermò Harlock. - Per il momento sono dislocati per
la nave, ognuno in un posto che compete meglio al suo ruolo.
- Insomma, cucina per Sanji, sala medica per Chopper e sala
macchine per Franky... - Cominciò ad elencare Rufy, contando sulle
dita. - Se conosco Zoro sarà dovunque ci sia da bere o dormire, Nico e
Nami...
- Hai un equipaggio davvero particolare. - Lo interruppe Harlock. -
Alcuni non sembrano neppure terrestri. Come una renna e uno scheletro
ambulanti. Persino un cyborg.
- Oh, sono un po' strani, ma sono tutti degli ottimi amici. - Confermò Rufy con un sorrisone.
- Non ho detto che fossero strani. Anche noi abbiamo un equipaggio non del tutto terrestre. - Spiegò Harlock, pensando a Meeme.
Un secondo brontolio ricordò al pirata una urgente impellenza.
- Immagino vorrai mangiare qualcosa.
- Immagini bene! Dove si mangia quaggiù?
- Ovviamente, dove c'è una sala mensa. - Rispose Harlock. - Posso farti accompagnare.
- Perché non ci andiamo assieme? - Chiese Rufy. - Mangiare assieme
mette molta più allegria! E poi un vero capitano tiene sempre compagnia
ad un altro capitano durante i pasti! E' una regola fondamentale della
pirateria!
- Strano, - Commentò perplesso il pirata spaziale. - Non ne avevo mai sentito parlare.
- Lo so: l'ho inventata io sul momento. - Confessò Rufy, prima di
lasciarsi sfuggire una sonora risata, alla quale Harlock
inavvertitamente si unì.
Un suono di sirene interruppe il momento di ilarità.
L'espressione di Harlock si fece seria.
Alcune esplosioni lontane rimbombarono e fecero tremare la cabina,
costringendo i due pirati a reggersi a quello che potevano.
Rufy guardò attraverso la vetrata. Uno spettacolo surreale.
Una flotta di "navi" che galleggiavano nel vuoto, di un aspetto che
tuttavia non ricordava alcuna imbarcazione. L'unica cosa
riconoscibile erano i cannoni, i quali, muovendosi autonomamente,
puntavano nella loro direzione e sparavano fasci luminosi dall'aria
decisamente letale.
Altre esplosioni e tremolii confermarono i sospetti di Harlock.
- Mazoniane. - Confermò il capitano dell'Arcadia. - Ci stanno attaccando.
- Un combattimento? - Chiese Rufy, al quale stavano già brillando gli occhi. - Posso dare una mano?
- Non è necessario, - Rispose Harlock. - Voi su questa nave siete
ospiti, e io non posso rischiare la vostra vita. E poi questo scontro
riguarda solo l'Arcadia e loro.
I cannoni del vascello aveva già cominciato a tuonare in risposta.
Alcune navi avversarie, centrate in pieno, esplodevano come fuochi
d'artificio.
La situazione, tuttavia, non sembrava essere delle migliori.
Una voce sintetica, che a Rufy parve come uscire da uno di quei
lumacofoni che la Marina usa di solito per le comunicazioni a distanza,
aggiornò Harlock sulla situazione.
- Capitano, il nemico sta attaccando in forze. I cannoni di bordo da soli sono insufficienti.
- Fate uscire gli Spacewolf! - Ordinò Harlock.
Un'esplosione più violenta delle altre scosse tutto l'ambiente.
Rufy venne sbalzato contro una parete, Harlock urtò contro la
scrivania e finì a terra, mentre lo strano uccello del capitano si
librò in volo volando qua e là per la stanza, in preda al panico.
Harlock si rimise in piedi e usò di nuovo il comunicatore.
- Ponte di comando, rapporto danni?
- Il portone dell'hangar è stato centrato in pieno, capitano. - Fu il
triste resoconto. - Le paratie ostruiscono il passaggio. Gli Spacewolf
non possono decollare.
- Questa non ci voleva. - Fu il gelido commento di Harlock.
Con il pirata spaziale in piedi, il volatile simile ad un avvoltoio tornò di nuovo sulla sua spalla.
- Calmo, Tori-san. - Lo tranquillizzò Harlock, appoggiandogli una mano sulla testa.
Il capitano fece per andarsene, mentre la porta scorrevole sì aprì automaticamente. Una voce lo arrestò.
- Aspetta!
Era Rufy, il quale si stava staccando dalla parete. - Sicuro davvero di non volere una mano?
- No. L'Arcadia è più che preparata per affrontare questo tipo di situazioni. -
Spiegò Harlock. - Ed ora se vuoi scusarmi, mi aspettano sul ponte di
comando.
- Ok, come vuoi: non ti aiuterò. - Si rassegnò Rufy. Il tono
con cui lo disse, però, aveva un'aria fortemente ironica, che incuriosì
l'altro.
Il pirata di gomma continuò. - Tuttavia mi domando se loro saranno dello stesso avviso.
- Loro chi? - Chiese Harlock.
Il sorriso di Rufy fu l'unica risposta. Un attimo dopo, un forte rumore.
- Capitano, il ponte dell'Hangar adesso è libero!
- Ma era stato danneggiato. Come l'avete liberato?
- Beh, capitano, a dire il vero, la cosa ha dell'incredibile. E' stato
un uomo che non è del nostro equipaggio. Ha tagliato via le paratie
come fossero di burro... ha usato una.. una...
- Ha usato cosa?
- ...Una spada. - Confessò infine l'addetto.
Lo stupore e l'incredulità di Harlock erano alle...stelle, specie quando si voltò e trovò la spiegazione nel sorriso di Rufy.
- Quella testa calda di Zoro. - Spiegò Cappello di Paglia. - E, se lo conosco bene...
- Capitano, uno Spacewolf è uscito senza autorizzazione! - Si intromise ancora la voce nel cicalino.
- Ecco, dev'essere quello lì. - Confermò Rufy, indicando dalla 'vetrata'.
Una piccola navicella era appena uscita, e si stava dirigendo verso un incrociatore nemico. Uno di quelli grossi.
- Sta andando a morire? - Chiese esterrefatto Harlock. - Solo i cannoni
dell'Arcadia potrebbero fare qualcosa contro quel tipo di navi. E' un
suicidio! Chi è il pazzo che andrebbe da solo a...?
- I... pazzi sono due. - Rispose la voce nell'interfono. , - E cosa ancora più incredibile...
Rufy rise. Nonostante la distanza, guardando verso la navicella solitaria, poteva scorgere una figura familiare.
- Un uomo? - Chiese Harlock, notando anch'esso il particolare. - Un uomo sul muso dello Spacewolf?
- Sì, è Zoro! E' vestito in un modo irriconoscibile, ma si vedono chiaramente le spade che ha in mano!
- Si chiama tuta spaziale. - Si intromise un'altra voce, sempre dal
cicalino, ma stavolta non era l'ufficiale del ponte di comando. Rufy lo
riconobbe all'istante. - A quanto ci hanno informato, quaggiù se esci
fuori senza di quella, muori.
- Franky! - Esclamò Rufy con aria sorpresa. - Non dirmi che sei tu al comando di quella strana barchetta?
- Cosa? - Intervenne Harlock basito. - Alla guida del caccia c'è uno dei tuoi uomini?
- E' un sistema di guida davvero ingegnoso, - Si intromise in risposta Franky. - Ma per
un genio della meccanica come me non è stato difficile impararlo.
Per tutta risposta lo Spacewolf, come impazzito, virò tracciando una curva ad angolo retto, e poi fece un'altra
deviazione, prima di tornare sulla rotta originaria.
Una terza voce dalla trasmissione si aggiunse, vomitando proteste in direzione del pilota.
- Ehy, brutto imbecille! Cosa stai combinando, vuoi farmi cadere?
- Beh, forse non è poi così facile da guidare. - Si corresse imbarazzato Franky.
- Zoro! Come va? - Salutò Rufy.
- Rufy? Allora stai bene? - Chiese lo spadaccino.
- Io sì, piuttosto cosa state facendo tu e Franky?
- Che domande! - Rispose Zoro. - Combattiamo!
- Ma è una pazzia! - Protestò Harlock.
- Rufy, chi ha parlato? - Chiese lo spadaccino.
- E' il capitano della nave che ci ha recuperato. Si chiama Harlock. Un tipo simpatico!
Harlock ignorò il commento di Rufy e continuò la sua protesta.
- Qua siamo nello spazio. Come pensate di combattere un incrociatore di quel calibro?
- Con le spade. Con cosa se no?
La risposta prosciugò ogni obiezione da parte di Harlock,
lasciandolo a bocca aperta. Sentì tuttavia il
bisogno di insistere.
- Ascoltate, qualunque battaglia abbiate mai affrontato, combattere
nello spazio è una cosa molto diversa. E' impensabile contare su
delle... spade.
- Perché, lo avete mai fatto? - Rispose Zoro. - Non si può mai esserne sicuri, finché non si prova!
La comunicazione si interruppe, rendendo vane ulteriori proteste da parte di Harlock.
Il resto della scena fu così incredibile che l'equipaggio dell'Arcadia fermò ogni attività per tutta la durata della scena.
I cannoni dell'incrociatore nemico avevano cominciato a mirare contro
la navicella solitaria, ma questa zigzagò evitando ogni colpo.
Quando il caccia giunse a pochi metri dalle pareti del
gigante, tutti videro l'uomo con le spade balzare e agitare le lame con
metodi precisi e mirati.
Atterrando di nuovo sullo Spacewolf, il caccia solitario si allontanò dall'incrociatore.
Un paio di secondi dopo, il mastodonte spaziale cominciò ad incrinarsi,
e letteralmente, dividersi, in due, poi quattro, poi otto parti
perfettamente tagliate, ed infine esplose in un inferno di fuoco.
- Impressionante. - Commentò Harlock, che ancora non si capacitava di
tale episodio. - Avevo letto di cose mirabolanti su di voi. Ma questa
supera qualsiasi immaginazione!
Rufy non disse niente: il suo sorriso di soddisfazione, tuttavia, era più che eloquente.
- Capitano! - Intervenne una voce dall'interfono. - Quaggiù gli Spacewolf sono impazienti di uscire!
- E allora fateli immediatamente partire!
Un coro di "Sì!" accolse l'ordine di Harlock, assieme a un
"Facciamogli vedere che anche i pirati dell'Arcadia non sono da meno!" e
un "Non lasciamo a quel pazzo con le spade tutto il divertimento".
Una nuova voce, femminile, si intromise nella trasmissione e urlò con tale violenza da ammutolire tutti.
- Rufy, dannato fannullone! La Thousand Sunny è operativa e pronta a
uscire! Che capitano sei se te ne stai in panciolle mentre gli altri
lavorano? Muovi quel sedere e vieni giù nell'hangar!
Neppure Rufy sapeva come rispondere a quell'uragano verbale, se non con
un... - Arrivo subito, Nami... - Aggiungendo poi una domanda. - Ma la
nostra nave può navigare...?
- Certo che può! - Confermò la navigatrice pirata. - Non siamo mica
stati a grattarci, qui, mentre tu dormivi. Franky e i gentili signori
di questa nave hanno provveduto a modificare la Sunny in una... come la
chiamano? 'Astronave'. Allora, ti muovi?
- Io mi muoverei, - Rispose Rufy, dipende solo da... - E guardò implorante verso Harlock, che sospirò.
- Va bene. Accetto il tuo aiuto.
- Bene! - Esclamò entusiasta Rufy, che scattò fuori dalla stanza.
Mentre la battaglia infuriava all'esterno, i due pirati corsero lungo
il corridoio, fino al bivio che li avrebbe momentaneamente divisi:
l'uno verso il ponte di comando, l'altro verso l'hangar.
- Muoviamoci, - Incalzò Rufy, - Ci sono un sacco di cose da fare! Vincere questa battaglia... mangiare!
L'ultima parola la pronunciò con un rivolo di saliva gocciolante dalla bocca.
- E poi trovare un modo per rispedirvi nel vostro mondo... - Aggiunse Harlock.
- Oh, male che vada, - Rispose Rufy. - Posso sempre rimanere qui con voi e diventare il Re dei Pirati...Spaziali!
Harlock sorrise, ma scosse la testa. Un piccolo brivido percorse la schiena del capitano con la benda.
Sarebbe stato necessario rispedire la ciurma di Cappello di Paglia nel suo mondo di origine al più presto.
Chi si sarebbe immaginato, altrimenti, i paradossi temporali causati da Rufy nell'Universo di Harlock?
Il mito del Capitan Harlock messo in ombra da "Capitan Rufy", o ancora peggio, un anime fantascientifico dal titolo "One Space".
Un futuro ancora più bizzarro di un pianeta Terra colonizzato da delle donne vegetali.
Fine? Yarrr!!
Qua finisce il racconto.
MA non è del tutto finita.
Avendo ideato questo racconto per un contest, per esigenze precise ho
dovuto lasciar fuori tutto ciò che fosse "parodia", e "demenziale".
Ma dove c'è la ciurma di Rufy, è impossibile che non ci sia la demenzialità, giusto?
Per cui, appuntamento, prossimamente, per l'appendice: "Le scene tagliate".
See ya, folks.
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Capitolo 2 *** Le scene tagliate (parte 1 di 2) ***
Harlock Piece 2 - le scene tagliate
One Piece of Harlock
Le scene tagliate
(1 di 2)
CIAK!
- Dunque anche tu sei un capitano. - Rispose Rufy, conscio di palesare
una cosa ovvia, e quindi senza aspettarsi una risposta in cambio,
risposta che arrivò comunque.
- Sì... Chiedo scusa per la mia maleducazione.
Due passi in avanti portarono alla luce del vetro la figura celata fino ad allora dalle tenebre.
Rufy rimase affascinato dalla figura femminile che gli presentava davanti.
Un momento. Il capitano era una donna? Ed era anche la più affascinante che avesse mai solcato lo spazio.
Un variopinto vestito formato da due pezzi attillati, una camicetta
scoperta che lasciava ben poco spazio all'immaginazione riguardo le
generose forme esposte.
Una gonna con spacco che lasciava intravedere
gambe affusolate e sensuali.
I capelli della piratessa cascavano sul mantello bianco e maestoso, che
copriva a sua volta la nobile e allo stesso tempo selvaggia figura del
capitano spaziale.
Rufy non credeva ai suoi occhi.
- Tu?
- Ebbene sì, - Confessò l'interlocutrice. - Sono il Capitano Hancok, Boa Hancok.
Boa si avvinghiò al braccio di Rufy facendo sbocciare cuoricini attorno
a sé, mentre l'ufficiale di bordo meglio noto come Yuki Kei entrò nella
cabina protestando.
- Chi è questa donna? E dov'è il capitano?
Per tutta risposta, Uosop e Chopper si presentarono con le facce
costernate, e trasportando una sospetta statua straordinariamente
raffigurante il Capitano Harlock.
Boa commentò la situazione con un occhiolino malizioso in direzione
della bionda capo navigatrice, che contraccambiò in modo furente.
- A me è permesso tutto, perché sono bellissima! - Recitò la piratessa.
- Problem? - Aggiunse, facendo un sorriso da trollface.
CIAK!
- Dunque anche tu sei un capitano. - Rispose Rufy, conscio di palesare
una cosa ovvia, e quindi senza aspettarsi una risposta in cambio,
risposta che arrivò comunque.
- Sì... Chiedo scusa per non essermi ancora presentato.
Due passi in avanti portarono alla luce del vetro la figura celata fino ad allora dalle tenebre.
Rufy rimase affascinato dalla figura dell'uomo che gli presentava davanti
Sulla spalla dell'uomo vi era un uccello che Rufy non aveva mai visto
in vita sua, in nessuna di tutte le strane isole che aveva visitato
finora.
- Che bel volatile! - Disse Rufy con gli occhi che si illuminavano di una luce inquietante. - E' buono da mangiare?
- Tori-san non si tocca! - Rispose Harlock scandalizzato,
prendendo in braccio il volatile spaventato e allontanandolo dalle
avide grinfie di Cappello di Paglia.
Nami entrò di corsa in scena per punire l'affamato capitano
con il classico ventaglio di carta. - Ma tu pensi sempre a mangiare ?!
CIAK!
Un uomo? - Chiese Harlock, notando anch'esso il particolare. - Un uomo sul muso dello Spacewolf?
- Sì, è Zoro! E' vestito in un modo irriconoscibile, ma si vedono chiaramente le spade che ha in mano!
- Si chiama tuta spaziale. - Si intromise Franky, alla guida dello Spacewolf. - A quanto ci hanno informato, quaggiù se esci
fuori senza di quella, muori.
- Qua siamo nello spazio. - Precisò Harlock. - Come pensate di combattere un incrociatore di quel calibro?
- Con le spade. Con cosa, se no? - Rispose Zoro.
- Ascoltate, qualunque battaglia abbiate mai affrontato, combattere
nello spazio è una cosa molto diversa. E' impensabile contare su
delle... spade.
- Perché, lo avete mai fatto? - Rispose Zoro. - Non si può mai esserne sicuri, finché non si prova!
La comunicazione si interruppe, rendendo vane ulteriori proteste da parte di Harlock.
Tutti videro la navicella evitare le cannonate dell'incrociatore ed avvicinarsi al colosso.
- Tecnica a tre spade... - Si sentì dal comunicatore.
Lo spadaccino si mise in posizione con le due spade, poi ne afferrò una terza per portarsela a...
- Dannazione! - Protestò lo spadaccino. - Non riesco a mettere in bocca
l'elsa per via di questo strano elmo. Sarà meglio che prima me lo tolga.
- FERMATE QUEL PAZZO! - Urlarono tutti.
CIAK!
- Sì... Chiedo scusa per non essermi ancora presentato.
Due passi in avanti portarono alla luce del vetro la figura celata fino ad allora dalle tenebre. Il
lungo mantello che si posava sulle spalle donava allo sconosciuto
un'aria di maestosità che a Rufy ricordò Shank il Rosso, se non addirittura il leggendario Gold Roger. Infine l'uomo, con una punta di teatralità, si presentò, accompagnandosi con un lieve inchino.
- La mia casa sono le stelle, il mio vessillo
la libertà. Il mio nome è Capitan Uosopp.
- Bocciato! - Urlarono in coro Harlock e Rufy che, seduti dietro una
enorme scrivania con la X, incrociarono le braccia per formare anche
loro la medesima lettera: il tutto in perfetto stile X-factor.
Il finto capitano ci rimase male, balbettando un - M-ma come?!
Zoro in disparte commentò: - Così quello stupido imparerà a non rubare la scena agli altri.
CIAK!
Pur essendo un ospite a bordo dell'Arcadia, il cuoco della
Thousand Sunny aveva fatto voluto fare lui gli onori alle padrone di
casa: le ufficiali Yuki Kei e l'alieno femmina Meeme.
- Per voi, miei amabili damigelle. - Aveva esclamato con un inchino,
mentre, su un tavolino, aveva poggiato un vassoio di té fumante,
insieme a due tazzine finemente decorate e un set di pasticcini
elegantemente disposti.
Yuki seduta su un comodo sgabello provvisto di cuscino, si sentiva un
po' a disagio per il trattamento, sulla nave l'equipaggio era parecchio
informale e il massimo di riguardo che le si riservava riguardava il
grado di ufficiale.
Meeme, invece, non si scompose, ma il liquido nella tazzina la lasciò del tutto indifferente.
- Io bevo solo alcool. - Specificò l'aliena senza bocca.
Ma Sanji non si fece cogliere impreparato.
- Mi permetta, allora, bella signorina. - Cinguettò con gli occhi a cuoricino. - Di offrirle questo pregiato saké d'annata.
La bottiglia, tirata fuori da dietro la schiena come in un gioco di
prestigio, incontrò il favore della donna dai capelli violetti, che
prese soddisfatta il bottino e cominciò a scolarselo.
Dopo diversi sorsi, Meet posò la bottiglia sul tavolino.
- Tanta premura va ricompensata. - Commentò. - Permettimi di contraccambiare con un po' di musica.
Leggendo l'estatico entusiasmo negli occhi adoranti del biondo cuoco,
la donna si alzò in piedi e prese in mano la piccola arpa che teneva
sempre accanto a sé.
Yuki, dal canto suo, preferì non scomporsi, limitandosi a sorseggiare il té insieme a qualche biscotto.
Mentre le dita di Meeme cominciarono a sfiorare le corde dello
strumento, uno scheletro si avvicinò in preda all'entusiasmo, con in
mano un violino.
Yuki sobbalzò per lo spavento, facendo cadere la tazzina, che si ruppe
in mille pezzi, e corse a nascondersi dietro le spalle di Meeme, che
tuttavia non sembrava per nulla turbata dall'arrivo dell'inquietante
nuovo arrivato.
- Musica? - Chiese il non morto, strusciando melodiosamente l'archetto
sul suo strumento. - Anch'io suono! E che belle donne quelle che vedono
le mie pupille. Ah già, - Si fermò. - Io non ho le pupille.
Una gamba vestita di nero si alzò di centottanta gradi con la grazia di
una ballerina, e poi si abbatté con la potenza di un'ascia sulla testa
dello scheletro.
Era Sanji, con uno sguardo furioso.
- Ti sembra il modo di presentarti, idiota?
Il violinista sentì il bernoccolo che ovviamente non poteva avere, mentre l'altro continuò il rimprovero.
- Adesso scusati e parla educatamente!
- Sì, ... chiedo scusa, damigelle. - Si scusò lo scheletro, chinando il teschio. - Mi chiamo Brook.
- M-molto piacere. - Azzardò la bionda caponavigatrice, azzardando un'occhiata da dietro una divertita Meeme.
- Perdonerete a questo punto il mio ardire, signorine, ma muoio dalla
voglia...ah, no, sono già morto. - Precisò Brook, ma guardando un
inquietante Sanji capì che era meglio terminare la frase. - Dicevo,
permettete una richiesta?
- P-prego. - Balbettò Yuki, che era pur sempre un ufficiale
dell'Arcadia, e a cui il Capitano aveva personalmente raccomandato gli
ospiti. - Cercheremo di accontentarla p-per quanto possibile.
- Molto gentili. - Rispose educatamente lo scheletro, squadrando le due donne. - Ecco... mi fareste vedere le mutandine?
La scena si ghiacciò, e una folata di vento sollevò due foglie davanti a tutti i presenti, impietriti.
Fu Sanji a sbloccare la situazione, alzando ancora una volta la gamba.
Dalla stanza attigua, Harlock e Rufy videro volare il teschio di Brook, che divertito commentò: - Yohoho! Si gioca a calcio!
CIAK!
L'uccello gracchiò.
La renna ascoltò con attenzione, incredula.
- No! - Esclamò.
L'uccello annuì, poi gracchiò ancora.
- Dai, non può essere vero! - Rispose la renna, con gli occhi pieni di stupore.
L'uccello gracchiò una terza volta.
I due animali si voltarono verso Harlock, e poi scoppiarono a ridere.
La renna parlò ancora. - Quindi lui...?
L'uccello annuì di nuovo.
Entrambi scoppiarono di nuovo a ridere, con le lacrime agli occhi.
In disparte, i due capitani assistevano alla scena.
Rufy domandò. - Lo sapevi che Chopper può parlare con gli animali?
Harlock convenne. - Mi sembra evidente. Sta conversando con Tori-san da più di mezz'ora.
I due animali guardarono nella direzione del pirata spaziale con gli occhi carichi di ilarità, e scoppiarono di nuovo a ridere.
Cappello di paglia osservò l'espressione di Harlock, e domandò.
- Sei
curioso? Vuoi che chieda a Chopper di tradurre le parole dell'uccello?
- Grazie, ma credo sia meglio di no. - Rispose Harlock, inquietato dall'ennesima risatina che i due si stavano scambiando.
CIAK!
Una piccola navicella era appena uscita, e si stava dirigendo verso un incrociatore nemico. Uno di quelli grossi.
- Sta andando a morire? - Chiese esterrefatto Harlock. - Solo i cannoni
dell'Arcadia potrebbero fare qualcosa contro quel tipo di navi. E' un
suicidio! Chi è il pazzo che andrebbe da solo a...?
- Franky! - Esclamò Rufy con aria sorpresa. - Non dirmi che sei tu al comando di quella strana barchetta?
- Cosa? - Intervenne Harlock basito. - Alla guida del caccia c'è uno dei tuoi uomini?
- E' un sistema di guida davvero ingegnoso, - Si intromise in risposta Franky. - Ma per
un genio della meccanica come me non è stato difficile impararlo.
Per tutta risposta lo Spacewolf, come impazzito, virò tracciando una curva ad angolo retto, e poi fece un'altra
deviazione, prima di tornare sulla rotta originaria.
- Beh, forse non è poi così facile da guidare. - Si corresse imbarazzato Franky.
- Cosa vuoi fare con una sola navicella contro un incrociatore? E' un suicidio! - Protestò Harlock.
- Ah, ma io ho un'arma segreta! - Proclamò Franky.
- Cos...? - Chiese il pirata spaziale, basito.
Franky non lo lasciò finire. Si sentì il rumore di un pulsante premuto, mentre il pilota improvvisato disse una strana parola.
- Trasformazione!
Una strana musica anni '70 cominciò a suonare, mentre la navicella cambiò conformazione.
La coda si allungò e si divise in due, formando delle gambe. Dai fianchi uscirono delle braccia.
La cabina si ritrasse sul dorso, mentre la forma umanoide girò di 90
gradi all'indietro, in modo che le gambe puntassero verso il basso.
Dai piedi si accesero due reattori separati, mentre le braccia si allargarono e si piegarono ad angolo retto.
Dalle estremità degli arti superiori uscirono due pugni.
Infine, la dove prima vi era la cabina, uscì una testa del tutto simile a quella del suo pilota.
Gli occhi si illuminarono di giallo, mentre la bocca si aprì in un ruggito selvaggio.
Franky urlò così il nome della sua creazione.
- Super Franky Z, in azione!
Tutti i presenti, nemici compresi, assistettero alla scena con un allibimento generale che paralizzò l'atmosfera.
Tutti tranne Rufy e Chopper, a cui brillavano gli occhi per l'entusiasmo.
Era soprattutto il pirata di gomma quello più emozionato.
- Wow! Che forza Franky! Me lo fai provare? - Esclamò, seguito da un - Ti prego! - Da parte di Chopper.
Uosopp urlò ai due il suo rimprovero. - Siete scemi?!?
CIAK!
La scena era un qualcosa di inaudito.
Yuki non credeva ai suoi occhi. Il corridoio era cosparso di corpi malconci. Diversi lamenti si sentivano nell'aria. Il Dottor Zero si stava dando un gran da fare, tra bendaggi e medicamenti.
Il gatto noto come Mi-kun si stava strusciando sulla gambe dell'ufficiale medico, per venire da questi scacciato.
- Non ora! - Disse seccato il dottore, sbuffando per il gran lavoro.
- Mi domando cosa possa averli ridotti così. C'è stato un attacco delle
Mazoniane?
- Impossibile! - Negò la caponavigatrice, prendendo in braccio il gatto rifiutato. - Non è stato suonato nessun allarme.
Chopper, presente anche lui per contribuire con il suo apporto
professionale, riportò le testimonianze apprese da alcuni moribondi. -
Non c'è stato nessun attacco. - Spiegò. - La rissa è partita
dall'interno.
- Una rissa?! - Chiese Yuki. - Com'è possibile?
Nel frattempo raggiunse Nami che rimase basita dallo spettacolo grottesco. - Che diavolo è successo qui?
- Una gazzarra, pare. - Rispose il Dottore. - Anche se è la prima volta
che capita. Siamo pirati, è vero. Ma nessuno tra noi è, per così dire,
rissoso.
- Mi domando chi possa aver iniziato. - Si chiese Yuki.
- Io, un'idea, credo di avercela. - Intervenne Nami, guardandosi in giro.
Dopo un paio di secondi, trovò finalmente ciò che stava cercando. Abbassò le mani, e raccolse due...orecchie.
Attaccate ad esse vi erano due corpi, anch'essi malconci, che tutti riconobbero come membri della ciurma di Rufy.
Uno spadaccino ed un cuoco.
- Ahio, mi fai male! - Protestò il primo.
- E' colpa sua. - Si giustificò il secondo, indicando l'altro in accusa.
- Cosa diavolo dici, cuoco da strapazzo? Sei tu che hai provocato e nel tentativo di colpirmi hai sbagliato persona!
- Parli te, spadaccino dei miei talloni, che sei così miope da tirare il pugno a un mozzo anziché a me!
- Damerino, vuoi ricominciare?
- Per me va bene, testa verde!
- Finitela! - Sentenziò Nami seccata, ponendo fine alla discussione con un forzato testa contro testa tra Zoro e Sanji.
Il tutto sotto lo sguardo basito di tutti gli altri.
CIAK!
- Ecco fatto!
Il cyborg dai celesti capelli rasi si passò un braccio sulla fronte
imperlata di sudore, prodotto del poco di umano che rimaneva del suo
corpo.
Poi, osservando il risultato del suo lavoro, commentò il suo caratteristico:
- Super!
L'Ufficiale noto come Yattaran espose i suoi dubbi.
- Ma sei sicuro che queste modifiche ad Analyzer saranno davvero utili?
Il riferimento era diretto al robot di bordo, un modello umanoide
costruito sulle fattezze di Robbie il Robot, icona indiscussa degli
anni di pellicole cinematografiche ormai dimenticate come "Il pianeta
proibito".
- Certo! - Confermò il genio meccanico della Thousand Sunny. - Fino ad
ora, se non sbaglio, la sua massima utilità a bordo dell'Arcadia è
stata per dei siparietti comici, vero?
- Beh, sì... - Ammise Yattaran. - Ma nei combattimenti bastiamo
già noi, i pirati di Harlock, e il nostro valore! - Affermò con un
pugno sul petto.
- Balle! - Controbatté Franky. - Un automa se non si sente utile e motivato, finirà per deprimersi fino a disattivarsi!
Analyzer si inclinò in avanti e avvicinò le braccia, in apparente segno di tristezza.
- ... Ma le modifiche che ho applicato lo renderanno indispensabile per tutto l'equipaggo! - Affermò con orgoglio Franky.
Analyzer tirò fuori un paio di bandierine e sparse un po' di coriandoli, per comunicare la contentezza.
- Sì, ma come? - Chiese dubbioso l'ufficiale con la passione del modellismo.
- Beh, per esempio, - Spiegò Franky. - Se nel mezzo della battaglia qualcuno avesse bisogno di bere qualcosa...
- Volete del té? - Chiese automaticamente Analyzer. Il portellone nel
torace si aprì e venne fuori un vassoio con una teiera fumante e due
tazzine. - Oppure preferite qualcosa di fresco? - I fianchi del robot
si aprirono come sportelli di un frigobar, e ne uscirono scompartimenti
carichi di bevande assortite. - Alla mia destra analcolici, alla mia
sinistra alcolici, anche se bere in combattimento è sempre sconsigliato.
- Visto? - Disse soddisfatto Franky. - Persino i consigli automatici!
- Ma in battaglia non abbiamo bisogno di un cameriere, abbiamo bisogno di armi! - Protestò Yattaran.
- Tutto qui? Vai Analyzer Z!
Il robot mutò conformazione e tirò fuori armi da ogni dove. Due
mitragliatori dalla schiena, un cannone laser dal torace, due batterie
di missili dalle cosce.
Le gambe cambiarono in cingoli, e dalla testa venne fuori un'antenna radar in rotazione continua.
- Eccolo qui! Che te ne pare? - Esclamò Franky trionfante.
- Impressionante! - Convenne Yattaran. - Ma non sarà un po' pericoloso all'interno della nave? Se magari scappa qualche pallottola?
- Figurarsi! Non può succedere nulla, perché ha la sicura che si sblocca solamente pronunciando una specifica parola.
- Ah, sì, e quale?
- Ma naturalmente, Fuoco!... Ops. - Si interruppe Franky, giusto un secondo troppo tardi.
Un inferno di laser, detonazioni e spari demolì l'ambiente circostante.
I due geni corsero miracolosamente in salvo, ma una paratia venne crivellata e demolita, creando uno squarcio verso l'esterno.
La zona venne isolata per le riparazioni dall'esterno, e Franky e
Analyzer Z, il primo dentro una tuta spaziale, e il secondo con
solo il casco.
Tutti e tre con un bernoccolo sulla testa, mentre la solita Nami
sorvegliava in tuta spaziale, con le braccia conserte e un ventaglio di
carta in mano.
A quanto pare il materiale era
maggiore di quanto sembrasse. Appuntamento quindi con la seconda e (forse)
ultima parte de "Le scene tagliate".
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Capitolo 3 *** Le scene tagliate (parte 2 di 2) ***
Harlock Piece 3
One Piece of Harlock
Le scene tagliate
(2 di 2)
CIAK!
Dopo la riparazione della volta scorsa, Yattaran e Franky
avevano
capito che era meglio dedicare il tempo sulla nave in modi meno...
produttivi.
Quindi lasciando stare il modellismo (Yattaran sarebbe morto di
crepacuore se i suoi aereoplani fossero stati modificati, anzi,
manomessi nella stessa maniera devastante di Analyzer, anche se un
biplano con missili esplosivi poteva anche essere una buona cosa),
propesero per il più classico dei passatempi da uomini: bere.
L'umano cicciottello rimase stupito dal fatto di come il cyborg,
nonostante le componenti tecnologiche di fattura artigianale e
obsoleta, fosse stato capace di costruirsi in maniera tanto
sofisticata e funzionale.
Un paradosso vivente, alimentato dal fatto che la sua fonte di energia
fosse una sostanza particolare: la "cola".
- Ma la Cola non è una bevanda da veri uomini. - Protestò Yattaran,
vedendo l'amico che si attaccava nel corpo quell'ambiguo beverone, che
aveva a sua volta provato ad assaggiare: amaro come una medicina,
insoddisfacente come l'analcolico che era.
- Prova questa! - Esclamò il piccolo pirata spaziale, mentre
strappava via il flacone dal corpo di Franky e lo sostituiva con una
sana bottiglia di saké.
Prima che il cyborg potesse spiegare gli effetti collaterali
dell'impiantare come combustibile una sostanza diversa da quella
consueta, il suo corpo cominciò ad avvertire uno strano cambiamento
nella personalità.
I due Capitani Harlock e Rufy, sopraggiunti successivamente sulla
scena parleranno con un certo imbarazzo di un cyborg dai capelli blu,
con una cravatta legata in fronte e un kiseru in bocca, ballare
completamente nudo, mentre strategicamente, copriva la parte intima
alternando al passaggio due vassoi circolari neri.
A fianco a lui, Yattaran, inebriato da un'evidente consumo di pregiato
vino di riso giapponese, applaudiva l'esibizione, contento di come il
suo amico avesse finalmente imparato appieno gli usi e consumi di un
vero party alcolico della madre patria nipponica.
O perlomeno, di quello che se ne vedeva negli anime.
Rufy in realtà liquidò il tutto con una risata: Franky era un habitué
delle esibizioni naturiste. Ma certamente non aveva mai detto di saper
ballare così bene.
Doveva essere una cosa davvero divertente.
E infatti, una malsana idea gli attraversò il vuoto cranio.
- Che dici, Harlock, ci uniamo? - Mentre cominciava anche lui a
spogliarsi.
Harlock si limitò a scuotere la testa.
CIAK!
I due spadaccini si guardarono negli occhi.
Zoro non aveva saputo resistere a quella tentazione: voleva
assolutamente saggiare la potenza di quella lama.
Se lui era un capitano ed aveva quella strana spada, capace di tagliare
ogni cosa e lanciare fasci luminosi in grado di bucare il metallo,
doveva per forza essere un bravissimo schermidore.
Infilò l'elsa di una spada in bocca e brandì le altre due, alzando le
braccia come le ali di un cigno.
L'avversario si era limitato a tirare fuori l'arma, e a tenerla puntata
su di lui.
Fu un attimo, un incrocio di sguardi, e la sfida iniziò.
Zoro scattò in avanti e chiuse le braccia, piroettando su sé stesso.
L'aria venne sferzata da due, cinque, dieci fendenti.
Le lame sibilarono e tintinnarono nel cozzare l'una contro l'altra.
Poi il silenzio.
Dopo una pausa che sembrò eterna, Zoro fece un balzo all'indietro.
Harlock era con ancora la Gravity Sword puntata.
Fu un attimo, e quest'ultima cominciò a scomporsi, cadendo pezzo per
pezzo, come un salame tagliato a fette.
Harlock osservò con sconcerto il moncherino che gli era rimasto in mano.
- Eh, - Commentò con Zoro soddisfazione. - Non era poi questo granché.
Sopraggiunse Nami, che freddò lo spadaccino sulla testa con un
ventaglio di carta.
CIAK!
Harlock ebbe finalmente la sua arma scrupolosamente riparata.
Bastava semplicemente non far caso ai pietosi pezzi di nastro adesivo
che si vedevano a tratti sulla lama.
Eppure, il Capitano era di nuovo in posizione, la Gravity Sword
sfoderata, e puntata verso un avversario.
- Ancora una sfida? - Domandò Rufy, sopraggiunto sulla scena. - E'
ancora Zoro?
- No! - Negò Nami, mostrando il corpo esanime dello spadaccino di
bordo, con il bernoccolo della scena precedente ben visibile.
- Ma, allora, chi? - Chiese di nuovo Rufy, ad Harlock.
- Me lo sto chiedendo anche io. - Rispose quest'ultimo. - Tra l'altro,
non l'ho neppure mai visto.
La Gravity stava puntando in direzione di uno strano giovanotto, anche
lui con una cicatrice sul volto.
- Sei forse anche tu un Capitano? - Chiese Rufy, notando quel
particolare.
- Non so di cosa stiate parlando. - Rispose il ragazzo dai capelli
castani.
Era vestito di una giacchetta in pelle nera, con il colletto in
pelliccia.
A sua volta, stava puntando anche lui un'arma contro il Capitano
Harlock.
Ed era proprio sulle armi che verteva l'interesse dello sconosciuto.
- Ho sentito che quella che hai in mano è una spada e
contemporaneamente un'arma da fuoco, dico bene?
- E se fosse? - Chiese Harlock.
- E' certamente una Gunblade che non ho mai visto. Ero curioso di
saggiarne la potenza.
Rufy e Harlock osservarono l'arma del duellante: in effetti, era
anch'essa un ibrido di arma da taglio e da fuoco.
- Posso sapere almeno il nome di chi mi ha sfidato a duello? -
Domandò Harlock.
- Chiedo scusa. - Rispose l'avversario, accortosi di non essersi ancora
presentato. - Mi chiamo Squall Leonhart, e sono un Seed...
- Seed, avete detto? - Si intromise la voce di un cicalino.
Un altro cicalino, questa volta la voce di Yuki dal ponte di comando,
spiegò la presenza del nuovo intruso.
- Capitano, un Robot umanoide ha appena fatto la sua apparizione
davanti all'Arcadia.
- Mi chiamo Shin Asuka. - Si presentò lo sconosciuto sul cicalino. - E
sto pilotanto il Gundam che potete vedere qua fuori. - E senza
aspettare risposta, venne subito al dunque. - Qualcuno di voi ha
parlato di Seed, dico bene? Voglio sapere il vostro legame con essi!
- Non so chi tu sia. - Rispose Squall, seccato. - Ma non ti
intromettere, abbiamo un duello da finire.
- La devo interpretare come una provocazione? - Chiese Asuka. - E' una
dichiarazione di guerra?
Franky approfittò per intromettersi a sua volta. - Un robottone ci
attacca? Super! E' venuto il momento di far entrare in azione Super Franky Z!
- Tagliate la scena, per favore. - Disse infine Harlock, stufo di
tutto. - Ci sono troppe guest stars.
CIAK!
Nami e Robin fecero finalmente conoscenza con gli angeli
dell'Arcadia, tali Yuki e Meeme.
- Buongiorno a voi.
- Salve.
- Buona giornata.
- Salute a voi.
Le parole cortesi però non si accompagnavano al calore dovuto
di un clima accogliente. Tutti i saluti apparivano freddi, secchi,
quasi ostili.
Nico, con il cappello da cowboy e la giacchetta aderente, lo sguardo
tranquillo e quasi incurante di chi ha a portata di mano un libro e non
vede l'ora di consumarlo a furia di leggerlo. Era forse la donna più
tranquilla del quartetto.
Nami, il sorriso di cortesia sui capelli sciolti e selvaggi, con quel
top di bikini che nascondeva poco o nulla della sua ritrovata
femminilità, quasi a voler mostrare al mondo della sua anima,
orgogliosa delle sue capacità, del suo ingegno e della perseveranza con
la quale aveva guidato ed era stata guidata a sua volta dalla ciurma del celeberrimo Cappello di Paglia.
Le due selvatiche del gruppo si contrapponevano agli sguardi di
malcelata disapprovazione da parte di Yuki, vestita rigidamente
dell'uniforme di bordo, osservatrice scrupolosa del decoro di un sia
pur così informale equipaggio come quello dell'Arcadia. Il suo ruolo di
ufficiale le imponeva tuttavia un'immagine da difendere, immagine di
cui evidentemente le due ospiti non si preoccupavano affatto.
Meeme, in apparenza la più indifferente del quartetto, aveva tuttavia anche lei qualche riserva a riguardo delle ospiti.
Se un cuoco eccessivamente premuroso e uno... zombie decisamente
stravagante erano giustificati dalla loro incostante natura di ...
maschi, tale spregiudicatezza stonava rispetto a due donne, facendole
sembrare, paradossalmente, veri e propri ceffi (non 'cessi') usciti da qualche romanzo di Salgari.
In disparte, Uosopp e Yattaran commentavano la scena.
- Non mi sembra che Nico e Nami siano molto gradite dalle vostre
colleghe. - Osservò il modellista, mentre fingeva di far volare un
aeromodello.
- Dev'essere il classico astio tra donne di cui si parla sempre tanto. - Ipotizzò Uosopp.
- Non avete capito nulla. - Si intromise una terza voce.
Era Zoro, appoggiato a una parete, mentre osservava con un occhio
aperto la scena, mentre l'altro era ancora rinchiuso in un pigro sonno.
- E allora cosa sarebbe? - Chiesero in coro gli altri due.
La risposta di Zoro fu semplice e illuminante.
- Questione di tette.
Doveva infatti essere stato uno di quei pochi momenti in cui dei
personaggi di manga stavano maledicendo lo stile del loro mangaka di
origine.
In questo caso, lo stile filiforme di Matsumoto contro quello
tondeggiante di Oda. ("Ingiustizia" che verrà poi riparata solo
nel film di Harlock in 3D).
CIAK!
Sanji stava borbottando di malumore , mentre sminuzzava i cetrioli sul tagliere.
Aveva incontrato su quella nave due belle signorine, il cui servizio e
riverenza rappresentavano l'apoteosi della sua aspirazione.
Quando gli avevano parlato di una cuoca, forse si era montato delle aspettative un po' troppo elevate.
Ma mai si sarebbe immaginato di incontrare quella lì come collega di bordo.
E la cosa più temibile era che, dato il ruolo, ci condivideva praticamente tutta la giornata.
La vecchia Mazu-san stava rivivendo una seconda giovinezza.
Mai si sarebbe immaginata di poter condividere tanti attimi con un così
bel giovanotto. E dal modo in cui la guardava, doveva essersi
sicuramente innamorato di lei.
L'anziana signora si gingillava nelle sue fantasie, mentre
distrattamente rigirava il mestolo nel pentolone, non accorgendosi di
quanto tempo passasse.
Era così incurante del resto del mondo che solo un secondo troppo tardi
che il contenitore della zuppa, forse appoggiato male, si stava
ribaltando verso di lei, pronto a vomitare addosso alla povera signora
tutto il contenuto ustionante.
Fu un attimo. Come un cavaliere in armatura, il giovanotto era scattato
in avanti per prenderla di peso e portarla via dal pericolo.
Si rese conto che due forti braccia la tenevano per aria come quando era fanciulla e mieteva cuori su cuori.
Si senti avvampare di rossore dalla testa ai piedi. Poi si accorse che il biondo aveva subito l'ustione al suo posto.
- Oh, cielo. Che disastro. Per colpa mia lei si è...
- Non è nulla, signora. - Disse galantemente Sanji, appoggiandola delicatamente a terra.
- Lasci almeno che le pulisca i pantaloni. - Si offrì la vecchia Mazu.
- NO! - Urlò d'istinto Sanji, correggendosi con un: - No, grazie, faccio da solo.
Fuori dalla cucina, Sanji tirò un sospiro di sollievo, espirando il fumo della sigaretta che si era appena acceso.
Scampato pericolo, si disse. Era una vecchietta simpatica ed un'ottima cuoca, ma decisamente appiccicosa.
Poi chissà dove avesse la testa, in quel momento: aveva anche rischiato di farsi male.
L'ustione ricevuta al posto suo non lo impensieriva: era una
bazzeccola, rispetto alle ferite riportate negli innumerevoli
combattimenti con i peggiori pirati del mondo.
La cosa più seccante era stato il cibo sprecato.
Il fiume di pensieri si interruppe quando si accorse di qualcuno, che, sperando di non essere notato, stava sgattaiolando verso la porta della cucina.
Al cuoco, già nervoso di suo, bastò uno sguardo particolarmente torvo
per spaventare il povero gatto del Dottore e metterlo in fuga.
L'impresa venne raggiunta da un complimento di Mazu-san, sopraggiunta
sulla porta, due coltelli da cucina in pugno, per accogliere l'ennesimo
tentativo di furto dei salami.
- Lei è davvero formidabile. - Cinguettò. - Quel gattaccio di solito
riesce sempre a farla franca. E non l'ho ancora ringraziata per prima.
- Non c'è niente di cui ringraziarmi. - Si schernì, portando la sigaretta alla bocca. - Rientriamo per finire di cucinare?
- Questo è lo spirito! - Proclamò la cuoca con rinnovato entusiasmo.
Improvvisamente, la cuoca agitò per aria i coltelli da cucina, poi si voltò e rientrò in cucina.
Non prima di aggiungere: - A proposito, è vietato fumare negli ambienti culinari.
Sanji osservò sorpreso la sigaretta scomporsi in piccoli pezzetti.
Si apprestò a buttare via il resto del mozzicone, mentre rispondeva ubbientemente. - Sì, madame.
CIAK!
L'ultima battaglia era stata cruenta, e le Mazoniane erano rimaste sconfitte come al solito.
Erano tuttavia riuscite a fare prigioniero uno dell'equipaggio.
La regina Raflesia, appariscente nel suo contrasto tra pella chiara e capelli scuri, accolse la notizia con soddisfazioni.
- Molto bene, - Disse, - Sarà certamente un'ottima occasione per costringerlo a parlare e a dirci i segreti dell'Arcadia.
- E se si dovesse rifiutare? - Obiettò il comandante Cleo.
- Ovviamente morirà. Il suo destino sarà quello di servirci o perire.
Il discorso venne interrotto dall'apparire di una soldatessa Mazone
- Somma Regina Raflesia, il prigioniero si è offerto di sua spontanea volontà di servire la nostra causa.
- Tanta repentinità è sospetta. - Fu il commento del Comandante Cleo. - E' certamente un trucco.
- Nessun trucco! - Cinguettò una voce soave.
Era Sanji, con gli occhi a cuoricino e l'andatura euforica.
- La mia vita d'ora in poi sarà dedicata a servirvi e a riverirvi!
Senza neppure rendersene conto, la sovrana e il comandante si
ritrovarono su delle sdraio con in mano rispettivi bicchieri pieni di
ghiaccio e cocktail di frutta analcolici, con tanto di cannucce e
ombrellini di carta.
Il cuoco continuava allegramente ad agitarsi su e giù per la sala del
trono, adempiendo a tutta una serie di accorgimenti per il completo
confort: un ventaglio per rinfrescare l'aria, un lieve incenso acceso
per rendere gradevoli gli odori, alcuni cuscini per accomodare la
postura rigida delle ospiti.
Dentro di sé, Sanji si sentiva davvero felice. Per anni aveva invidiato
quella volta in cui Rufy era volato in un'isola deserta, completamente
abitata da amazzoni. E invece lui, che aveva dovuto subire
l'umiliazione di capitare su un'isola di travestiti, e finire per
vivere abbigliato come uno di loro.
Adesso invece era lui ad essere finito in mezzo a un popolo interamente
formato da femmine. Avrebbero potuto torturarlo e ucciderlo, il cuoco
sarebbe morto felice, da così delicate e gradevoli mani.
Ignorando le sue elucubrazioni, la Regina Raflesia e il Comandante Cleo si scambiarono un'occhiata confusa.
E mai il Comandante avrebbe immaginato di udire tali parole
da parte di una sovrana inflessibile e impavida come la sua regina.
- Questo umano è inquietante.
CIAK!
Era la piratessa più affascinante che mai avesse solcato lo spazio.
Il suo aspetto seducente e ammaliante pietrificava ogni uomo che la
incontrasse, incapace di resistere al suo sfavillante fascino magnetico.
La sua fama di predatrice di tesori come di uomini la resero nota nell'universo come Regina dei Pirati Spaziali.
Il suo nome era Boa Hanc...
- Un momento! - Protestò qualcuno.
- Chi osa obiettare? - Sibilò Boa, interrotta sulla sua descrizione da parte del narratore. - Chi è il suo nome?
- Chi saresti tu, piuttosto? - Domandò a sua volta la nuova venuta.
La prosperosa piratessa guardò dall'alto in basso quell'intrusa che osava sfidare nientemeno che una dei Sette.
La squadrò con sprezzo: bionda con i capelli che arrivavano fino al
sedere, un sedere insipido, in linea con il resto del corpo, povero di
qualsivoglia curva. Era un corpo sì, seducente, ma anche perfettamente
anonimo, decisamente non in grado di competere con una prosperità
mozzafiato come la sua.
Lo sguardo era la cosa più odiosa: quegli occhi freddi, apparentemente
indifferenti, ma tuttavia carichi dell'ostilità di chi sa il fatto suo,
di chi non teme i pericoli che si trova di fronte.
L'aria della perfettina vissuta che crede di aver visto l'universo e di
aver portato a casa abbastanza esperienze per potersi considerare una
donna di mondo, anzi, di spazio.
E soprattutto le poteva leggere, sempre nelle iridi cristalline,
ombreggiate da quelle ciglia esagerate, un lieve disprezzo per il suo
abbigliamento discinto e scoperto.
Le labbra sembravano pronte per proferire dubbie prediche sulla
moralità e sulla dignità dei vestiari, ma era evidente che fosse
l'ennesima ragazza stecchino invidiosa della sua bellezza, perché Boa,
lo sapeva, era lei la più bella.
E a proposito di bellezza, quella cicatrice che deturpava la nuova arrivata, la rendeva oltremodo inguardabile.
E pur tuttavia quella ragazzina aveva avuto il coraggio non solo di
intromettersi nella narrazione, ma aveva anche controbattuto a una sua
domanda con un'altra!
- Mi chiamo Boa Hancock. - Proferì, tacendo un sarcastico "Soddisfatta?"
per aver risposto alla domanda. Rimase poi in silenzio, in attesa che l'altra si presentasse a sua volta.
- Io mi chiamo Esmeralda.
Le due si guardarono freddamente, mentre scintille di astio reciproco partivano dai rispettivi sguardi.
In disparte, Uosopp, Chopper, Maji, il meccanico di bordo, e Yattaran osservavano in disparte la scena con cautela e timore.
- Qua si mette male....
CIAK!
Sala macchine dell'Arcadia.
Maji, il meccanico di bordo, bandana
con il teschio pirata e una barbetta sottile che gli circondava la
faccia, ascoltava con interesse le congetture del nuovo arrivato.
Quell'uomo dai capelli azzurri, con il corpo completamente
automatizzato, era una vera curiosità vivente a vedersi, per ogni
appassionato di meccanica.
Ma la sua testa era ancora più interessante.
Le idee e le proposte per miglioramenti venivano fuori a raffica.
Quell'ospite doveva certo essere un genio della meccanica e della cibernetica.
Era quasi tentato di dare retta alle proposte di miglioramento da parte di Franky, tale era il nome del fenomeno.
"Una Arcadia alimentata a cola sarebbe certamente un gran risparmio energetico, e viaggerebbe più veloce e leggera."
"Voi usate caccia spaziali come armi, e se invece usaste in astronavi
strasformabili in umanoidi, più versatili nei combattimenti, come già
mostrato con Super Franky Z. O perché non addirittura degli
ibridi?" (stile Macross nda)
"Ma perché porsi limiti? Perché non fare in modo che l'Arcadia potesse
trasformarsi in un unico, solo robot gigante?"
- Eccolo, immobilizzatelo! - Urlò una voce esterna.
Era Yattaran, insieme ad uno stuolo di compagni, accompagnato da Nami, Zoro e Chopper.
Un veloce lavoro di catene e bavaglio, e il pericolo venne finalmente neutralizzato.
- Chopper, - Avvertì Nami. - Imbottiscilo di sedativi, mi raccomando.
- Subito! - Obbedì la renna, mettendo un flacone gigante di sonnifero
nel compartimento energetico del cyborg, le cui proteste cessarono poco
dopo.
- Forse adesso potremo finalmente considerarci al sicuro. - Sentenziò
Zoro, anche se tradiva un'espressione relativamente scettica.
Maji osservò la situazione senza fiatare, e senza osare intervenire.
Quando il gruppo sparì insieme al prigioniero, un gran silenzio regnò
nella sala macchine, rotto solo dai consueti rumori di sottofondo.
Il meccanico di bordo lasciò che le ambiziose parole del collega si
perdessero nel dimenticatoio, per poi sospirare e tornare alla
familiare realtà di sempre.
CIAK!
- Allora, come sta Franky? - Chiese Zoro.
- Dorme come un angioletto. - Rispose il Dottor Zero.
- Dovrebbe essere a posto per le prossime quarantotto ore. - Precisò Chopper.
- Meno male. - Sospirò Yattaran. - Il vostro amico con le sue idee 'geniali' stava combinando un sacco di pasticci.
- Ti ricordo che uno di questi "pasticci" aveva visto la tua complicità. - Commentò freddamente Zoro.
Yattaran, rise nervosamente, sentendosi osservato, in particolare ebbe l'impressione di star subendo un'occhiataccia da Nami.
Si accorse però che era solo un'impressione: la donna non lo stava
affatto guardando, anzi, non stava prendendo affatto parte al discorso.
Aveva piuttosto lo sguardo perso nel vuoto, con l'espressione assente.
- Nami, c'è qualcosa che non va?
- Eh? - Rispose Nami, riportata alla realtà. - Dicevate?
- Parlavamo delle idee stravaganti di Franky. - Spiegò Yattaran.
- Eh? - Poi, la ragazza dai capelli arancio parve afferrare il nesso. -
Ah, sì, Franky... sì erano davvero stravaganti. - Liquidò con scarso
interesse, tornando a perdersi nei suoi pensieri.
- Nami? - Chiese Zoro. - Di solito quello con la testa vuota è il nostro Capitano. Adesso ti ci metti tu?
- Da che pulpito! - Rispose la collega, con il tono indignato di chi si
è fatto fare la predica da uno che non sarebbe neppure riuscito ad
uscire dalla cabina, dato il suo nullo senso dell'orientamento. E si
giustificò. - Stavo congetturando sul modo di poter fare delle bolle
d'aria con il Clima Sansetsukon. Potrebbe essere un'ottima idea per far risparmiare sulle tute spaziali e...
- Non ti ci mettere anche tu! - Protestò il resto del gruppo.
CIAK!
Sanji venne prontamente liberato con un'incursione nel
territorio delle Mazoniane. La difficoltà maggiore fu la scarsa
collaborazione da parte dell'ostaggio sull'essere recuperato, cosa che
costrinse Rufy a liquidarlo con un bernoccolo sulla testa.
Quando il cuoco rinvenne erano appena saliti sull'Arcadia, ma
nonostante il gran mal di testa, si accorse che una colluttazione era
ancora in corso.
Una soldatessa Mazone si era infiltrata nella nave, e pistola alla mano, stava puntando la pistola contro di lui, Cappello di Paglia e Zoro.
Pur con tutta la velocità di Zoro, lo spadaccino non sarebbe mai
riuscito a coprire in tempo utile la distanza di sicurezza dal quale il
nemico poteva sparare.
Sparo che in effetti avvenne. Ma non fu il soldato a premere il grilletto.
Il soldato dalle sembianze femminili si accasciò a terra, e cominciò a prendere fuoco.
- Sta bruciando! - Esclamò Sanji ad alta voce. La combustione spontanea
che aveva iniziato il suo corso era ancora più scioccante del laser che
aveva colpito l'avversaria. - Sta bruciando come carta!
- Queste sono le Mazoniane. - Spiegò l'uomo che aveva anticipato la
mossa e salvato i tre pirati. - L'umanità si sta estinguendo nelle mani
di queste donne che bruciano come carta. Gli umani fuggono disorientati
e in preda al panico e preferiscono non...
Sanji non gli lasciò finire la frase. Con uno scatto improvviso, si
tolse la giacca e la usò per estinguere il fuoco che avvampava la
soldatessa. Subito dopo, allungò una gamba per calciare via la pistola,
quel dannato strumento di morte dalle mani di Harlock.
Dopodiché, lo prese con entrambe le mani per il mantello e gli urlò in faccia tutto il suo disappunto.
- Non me frega un /ヤ}H誕 delle tue beghe con loro. Tu hai sparato ad una donna!
La Mazone, intanto, non si racappezzava sul fatto che qualcuno l'avesse
aiutata, ma non poteva non cogliere l'unica occasione per la quale era
stata incaricata dalla Regina Raflesia stessa: uccidere Harlock.
Si avventò quindi sulla prima pistola che trovò a terra.
Zoro però era stato più veloce, e aveva prontamente disassemblato entrambe le armi da fuoco con un paio di fendenti.
Alla soldatessa non rimase che scappare. Nessuno la fermò, perché Sanji
teneva ancora saldamente Harlock e gli impedì ogni reazione in
proposito.
Rassegnato, il Capitano gli rispose freddamente.
- Sei un folle: quelle di donna hanno solo le sembianze. Ma sono malvagie e... bruciano come semplice carta.
- Carta? - Commentò Sanji. - Semplice Carta? - Sottolineò in preda all'ira.
Una mano si tirò indietro e si racchiuse a pugno, pronto a colpire
Harlock con un potenza devastante. Gli avrebbe fatto rientrare quella
boriosa mascella in quell'ancora più presuntuoso cervello.
Un'altra mano, tuttavia bloccò il suo polso. Era Rufy, che si limitò a scuotere la testa.
Il gesto dissipò ogni furia da parte del cuoco, che sbuffò e lasciò andare la presa dal corpo di Harlock.
Con uno strattone si liberò da Rufy, si mise le mani in tasca, e cominciò ad andarsene.
Si fermò un attimo.
Senza voltarsi, tirò fuori una sigaretta e l'accese. Fece una boccata e
poi gettò via la cicca appena iniziata, con un gesto secco, di sprezzo.
- Anche noi siamo di carta. Siamo personaggi di un manga. - Commentò,
con un'espressione indecifrabile. - Anche noi siamo solo semplice,
fottuta carta.
E se ne andò, tra il silenzio generale.
CIAK!
Ormai siamo alla scena (tagliata) conclusiva, e ancora nessuno ha capito una cosa.
Ma insomma, alla fine, chi è il Capitano dell'Arcadia?
- Sono io! - Urlò Rufy entusiasta, urlando con le braccia tese.
- Smettila di scherzare, - Ribatté Harlock. - Rimango comunque io...
Ma qualcuno non era d'accordo.
- Questa nave è sotto il dominio del più grande pirata di tutti i tempi, il Capitano Uosopp!
- Per noi è no! - Lo liquidarono gli altri due, con le braccia incrociate in stile X-Factor.
- D-di nuovo? - Balbettò il perdente, mentre uno scenico occhio di bue lo illuminò come il perdente del giorno.
- Il comando lo prendo io. - Si intrufolò una quarta voce.
- E tu chi saresti? - Chiesero gli altri.
- Il mio nome è Sparrow, Jack Sparrow. - Si presentò uno strano
individuo con i dreadlock e uno stravagante pizzetto. - E da oggi
questa si chiamerà Perla Nera.
- Non avrai questa nave senza combattere! - Apostrofò Rufy con
tono di sfida, la mano sinistra sull'avambraccio destro, teso per il
combattimento.
Harlock sospirò, e cercò di contrattare. - Se dobbiamo combattere, preferirei lo facessimo fuori da questa nave, grazie.
- Sarà meglio tagliare qui, prima che distruggano tutto. - Liquidò
Nami, voltandosi verso la telecamera e sfoggiando uno sfavillante
sorriso.
- Ciao a tutti, amici! - Salutò infine, rivolgendosi a voi spettatori
che avete avuto la pazienza di seguire questa umile fiction, e di
questo io vi ringrazio.
Alla prossima avventura!
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