Love doesn't care about odds.

di Ambros
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Love doesn't care about odds.
Capitolo I





Quando pensi che non potrebbe andare peggio, comincia a piovere.
Letteralmente.
Kurt si affretta a tirare fuori l'ombrello dalla tracolla di pelle, conscio dell'inutilità di quel gesto: ormai è bagnato fradicio, e avrà mosso sì e no cinque passi fuori dalla stazione di Columbus. Non può fare a meno di pensare che l'Ohio non gli deve mai aver voluto molto bene.
Borbotta un paio di improperi alzando gli occhi al cielo, per poi scrutare il parcheggio alla ricerca della macchina di suo padre: certo che se ne sarebbe anche potuto rimanere a New York e trascorrere lì il resto delle vacanze, invece di improvvisare quell'assurda sorpresa a David.
A David neanche piacciono, le sorprese. Certo, magari per stavolta farà un'eccezione, visto che lui e Kurt stanno insieme da quasi sette mesi di cui quattro li hanno passati in stati diversi.
Si sente un poco più tranquillo, e agita un braccio cercando di attirare l'attenzione di suo padre, facendo chiaramente cadere almeno mezzo litro d'acqua dall'ombrello sulla valigia. Scrolla le spalle con uno sbuffo impercettibile, e si arrende all'evidenza: il suo ritorno non è proprio appoggiato dal Fato. Ma in effetti, non lo era nemmeno la sua ammissione alla NYADA, ragion per cui è entrato solo a Dicembre con un'audizione informale; niente di nuovo, dunque.
Coraggiosamente, afferra il trolley con una mano, cercando di coprirlo con l'ombrello senza però farsi un'altra doccia fuori programma, e quasi corre per i pochi metri che lo separano dall'auto di suo padre. Butta la valigia nel bagagliaio senza una particolare delicatezza e si lancia sul sediolino anteriore nell'istante esatto in cui è costretto a chiudere l'ombrello.
"Piove?" gli chiede ironicamente suo padre con un sorriso, aggrottando leggermente le sopracciglia. Kurt sbuffa, lanciandogli un'occhiataccia "No." risponde, allacciandosi la cintura "Sul treno offrivano docce gratuite, ho pensato di approfittarne." Suo padre ride di gusto, mettendo in moto mentre gli lancia un'occhiata affettuosa "Mi sei mancato, figliolo." Kurt sente finalmente di potersi rilassare, e si appoggia mollemente allo schienale morbido del sediolino, socchiudendo gli occhi con un lieve sorriso "Anche tu." "Vedrai" sorride Burt, continuando a guidare con aria tranquilla "Carole e Finn saranno contentissimi di rivederti."
"Di sicuro saranno contenti lo stomaco di Finn e i poveri nervi di Carole" borbotta Kurt, accendendo il riscaldamento della macchina per evitare di prendersi un malanno "E comunque dovranno trattenere l'entusiasmo. Volevo andare prima a trovare David." La voce gli si fa leggermente più fioca sul finire della frase; Burt non ha mai sopportato David, e Kurt lo sa perfettamente, sebbene suo padre abbia provato il più possibile a nascondere la cosa. E infatti, le dita di Burt stringono il volante con più forza, tanto che le sue nocche sbiancano, ma si sforza di mantenere un tono di voce misurato "Sei sicuro?" Gli chiede, stringendo un po' la mascella "Puoi tornare a casa un attimo solo per cambiarti, farti una doccia ..." Kurt scrolla le spalle, guardando vagamente fuori dal finestrino "Posso farmi una doccia da lui, o asciugarmi." Burt apre bocca per ribattere, ma Kurt lo anticipa "Papà." Dice con fermezza, girandosi verso di lui "Ho voglia di vederlo, okay? Sono mesi che ci scriviamo e basta. Voglio solo ... Vederlo."
E lo sa che si sta comportando come un bambino, ma non riesce a farne a meno; la verità, è che da un paio di mesi a questa parte David gli sembra sempre distante, freddo, distratto. Come se avesse costantemente la testa da un'altra parte, come se, quando parlano a telefono, in realtà volesse star facendo altro. E la cosa gli mette addosso un'inquietudine terribile. È vero che tende a fasciarsi la testa prima di essersela rotta, ma è anche vero che gli capita raramente di sbagliare.
"Come vuoi." sospira Burt, con un pizzico di rassegnazione. Kurt gli rivolge un piccolo sorriso quasi di scuse, e suo padre borbotta qualcosa di incomprensibile prima di chiedergli come vadano le cose alla NYADA, a New York, con Rachel. Il resto del viaggio procede tranquillo e rilassato, e Kurt comincia a sentirsi un po' a casa.


Solo quando finalmente arrivano a Lima l'atmosfera si fa di nuovo tesa. Suo padre torna a stringere il volante con troppa forza, ma si sforza di non dire niente che possa far trasparire il suo disappunto; lo accompagna fino all'appartamento minuscolo in cui vive David, e spegne il motore quando parcheggia lì davanti. Prende un breve respiro prima di iniziare a parlare.
 "Figliolo ... Lo sai che sono contento che tu abbia trovato qualcuno con cui stare, che magari ti possa capire meglio di quanto non facciamo io, o Carole, o Finn, o persino Rachel. Davvero, sono molto contento. Però ..." si interrompe un attimo, incerto su come continuare, mentre il nervosismo blocca Kurt sul sediolino; sa ciò che sta per dirgli suo padre, l'ha pensato lui stesso miliardi di volte, ma ha cercato sempre di non approfondire l'argomento perché aveva paura delle risposte. "Io non credo che David Karofsky sia la persona giusta per te." mormora alla fine Burt, cercando di guardarlo negli occhi "Ti ha torturato solo un paio di anni fa. Non ha lasciato che tu trascorressi in pace gli anni del liceo, e te lo leggo in faccia che, anche adesso, c'è qualcosa che non va. Non mi interessa cosa sia, io voglio solo che ..." si interrompe inspirando bruscamente, e si passa una mano sul viso con aria stanca prima di continuare "Tu non devi niente a quel ragazzo. Ti comporti sempre come se avessi un debito nei confronti del mondo, ma non è così. Puoi permettere a te stesso di essere felice, figliolo, fallo e basta." Quando Burt finisce di parlare, un lieve sospiro liberatorio abbandona le sue labbra; ne ha parlato anche con Carole, ovviamente, e entrambi hanno concordato che una relazione basata su certi presupposti non può essere sana.
Ma Kurt non è pronto per sentirselo dire. Non da suo padre. "Mi stai chiedendo" dice lentamente "Se sto con lui solo perché mi fa pena? O magari perché penso che non potrei trovare di meglio?" Usa quel tono freddo e distaccato, quasi analitico, che ha messo a punto durante gli anni del liceo, dietro cui si nasconde tutte le volte che si sente attaccato. Non sa se è perché ormai si reputa abbastanza maturo, e avere suo padre che gli dice quelle cose lo fa sentire come un bambino che viene rimproverato, o perché, in fondo, si rende conto che quelle parole non sono del tutto false. Non vuole saperlo.
Burt lo guarda spalancando gli occhi "Non era quello che volevo dire! Non credo che tu stia con lui per pietà o chissà cos'altro--"
"Sai cosa, papà?" lo interrompe Kurt, mantenendo il tono freddo "Non importa" si slaccia la cintura e apre la portiera della macchina, mentre suo padre gli rivolge un'occhiata costernata "Ho capito. Ci vediamo stasera, forse."
"No, Kurt, aspe--" ma la voce di suo padre viene coperta dal ticchettio insistente della pioggia e dalla portiera che sbatte un po' troppo violentemente; per una volta, Kurt non ci bada.
Si limita a correre - chiaramente ha lasciato l'ombrello in macchina - stringendo la tracolla contro il fianco; fruga nella tasca finché non trova un imponente mazzo di chiavi, ringraziando qualsiasi divinità esista per aver deciso di insistere con David per avere un duplicato, e le infila nella serratura dopo aver lottato per qualche secondo con il metallo scivoloso.
Lo scatto familiare lo tranquillizza solo per un attimo, perché si rende immediatamente conto che qualcosa non va; l'appartamento è stranamente in penombra, il salotto è vuoto, nonostante sia Lunedì; è il giorno libero di David, Kurt lo sa. Dovrebbe essere a casa, è raro che non sfrutti quelle occasioni per dormire fino ad orari indecenti.
Sta quasi per convincersi del fatto che il suo ragazzo sia evidentemente uscito, quando un suono lieve, eppure così dolorosamente chiaro, lo fa precipitare in un incubo. Un gemito spezzato, a cui ne segue un altro. E un altro ancora. Un respiro pesante, qualcuno che ansima. Il cigolio del materasso. Kurt sente che improvvisamente gli gira la testa, mentre una voce - forse un po' masochista - dentro di lui, gli fa i complimenti perché, in effetti, l'aveva previsto.
Ma una parte di lui si rifiuta di crederci; non è possibile, sta solo facendo il melodrammatico come al solito. Starà fraintendendo tutto. Quando lo racconterà a David, ci rideranno su per almeno dieci minuti.
Ma quando i piedi lo portano fino alla camera da letto e la sua mano apre automaticamente la porta socchiusa, ha la netta sensazione che, per un lungo periodo di tempo, non avrà molte ragioni per cui ridere. David è supino sul materasso, nudo, gli occhi socchiusi e un sorriso estasiato sulle labbra; sopra di lui, intento - pare - a divorargli il petto, c'è un tipo tutto muscoli con i capelli biondi e disordinati un po' incollati alla fronte per il sudore.
Kurt non sa esattamente quando si accorgano di lui; forse quando la porta urta la parete, forse quando il fiato gli rimane incastrato in gola, forse quando sentono il rumore ritmico delle gocce d'acqua che continuano a scivolare dai suoi abiti bagnati. Non lo sa. Fatto sta che, ad un certo punto, David spalanca gli occhi, visibilmente terrorizzato, e li punta immediatamente su di lui, irrigidendosi di colpo "Oh merda." mormora il ragazzo sopra di lui, spostandosi di lato.
Questo sembra avere la forza di risvegliare Kurt, ancora troppo intontito per rendersi pienamente conto di cosa sia successo o di cosa stia succedendo; si gira e praticamente corre verso la porta dell'appartamento, sforzandosi di non inciampare e di non scoppiare a piangere proprio lì - non ne vale la pena, continua a ripetersi come un mantra, mentre una vocina maligna dentro di lui gli fa notare che, forse, è proprio lui a non valerne la pena. Scaccia quel pensiero con rabbia, assieme alla voce che continua a chiamarlo con insistenza dalla camera.
"Kurt! Aspetta, maledizione!" Una presa ferrea gli blocca il polso, costringendolo a fermarsi, e ha improvvisamente paura quando si ritrova a fissare l'espressione frustrata e amareggiata di David. Come se dovesse essere lui quello amareggiato, poi. "Non è come sembra. Ti posso spiegare." tenta di convincerlo debolmente David, senza lasciarlo andare. Una risata vagamente isterica abbandona le labbra di Kurt "Non offendere la mia intelligenza" sputa, ingoiando il groppo che gli si è formato in gola assieme alle lacrime; cerca di liberarsi dalla presa dell'altro con una torsione del polso, ma David non glielo permette "Lasciami" sibila furiosamente, cercando di non far trasparire la paura. "Mi devi ascoltare!" Ribatte lui, e sembra quasi arrabbiato. "Non voglio stare a sentire la montagna di stronzate che vuoi rifilarmi!" Sbotta, riuscendo finalmente a liberare il polso.
Stavolta non si lascia fermare; raggiunge la porta in pochi passi, e quando è fuori comincia a correre come non ha mai fatto in vita sua.
Non riesce più a capire se, quelle che gli scorrono sul viso, sono lacrime o pioggia.
Forse entrambe.


Quando arriva a casa è sfinito, e ha come l'impressione che la pioggia gli sia entrata fin nelle ossa.
Fitte profonde di rabbia, dolore e impotenza si uniscono al freddo nel fargli correre dei brividi lungo la schiena; ha pensato spesso che David avrebbe potuto tradirlo, in tutti quei mesi passati lontani, ma ha sempre voluto credere che non gli avrebbe mai fatto una cosa del genere.
In fondo, entrambi hanno - avevano? - solo l'altro, non sarebbe stato saggio tradire l'unica persona con cui potevano essere qualcosa che si avvicinava a loro stessi. Eppure, David l'ha fatto. Ha avuto il coraggio di allontanarsi dal rifugio sicuro delle braccia di Kurt, e ora lui si sente immensamente stupido. Perché l'abbraccio in cui lui si sentiva vagamente al sicuro gli è stato tolto di colpo, e adesso sente un freddo terribile che gli fa tremare le mani.
Bussa con fare incerto, e sa di avere un aspetto terribile. Suo padre e Carole vorranno sapere a tutti i costi cosa sia successo, ma non crede di poter trovare la forza per raccontarlo, non ancora.
Ragiona freneticamente, cercando di inventarsi di sana pianta una storia che giustifichi i suoi occhi rossi e le lacrime che continuano a scorrergli sul viso, ma la porta si spalanca di fronte a lui prima che sia riuscito a pensare a qualcosa. Rimane a fissare Finn con i rivoli di pioggia che gli scorrono sulla schiena e le gocce d'acqua che abbandonano indolentemente i suoi capelli, di solito così perfetti. Finn lo fissa di rimando, la bocca leggermente spalancata per la sorpresa.
Kurt lo supera senza parlare, sforzandosi di tenere gli occhi bassi.
"Coso" dice Finn, squadrandolo attentamente dal basso verso l'alto "Che ti è successo?"
"Niente" mormora Kurt, senza incrociare gli occhi del fratellastro che continuano a cercare i suoi con insistenza "Dove sono Carole e mio padre?"
"Burt è andato all'officina, non sembrava particolarmente di buon umore." Borbotta Finn, ancora perplesso "Mia madre ha il turno in ospedale."
Kurt sospira di sollievo, socchiudendo gli occhi per un attimo: magari non gli andrà tutto male. Be', se ancora è rimasto qualcosa che potrebbe effettivamente andare male.
Si avvia verso le scale, e forse per la prima volta in vita sua non si cura dell'immane quantità d'acqua che sta facendo cadere sul pavimento.
"Ehi!" protesta Finn, seguendolo con passo esitante "Non mi dici cosa è successo? Non mi racconti qualcosa di New York?"
Kurt si gira stancamente e gli rivolge un'occhiata eloquente, scrollando leggermente il capo. Finn guarda un attimo di lato, prima di scrutarlo con attenzione "Va tutto bene?" gli chiede alla fine, serio. Kurt si passa una mano sul viso con aria rassegnata, e un sospiro triste gli sfugge dalle labbra "No" sussurra alla fine con un sorriso amaro, prima di ricominciare a salire le scale con passo pesante.
"Kurt?" lo chiama di nuovo Finn, facendolo voltare.
"Mh?" si limita a rispondere.
"Non chiudermi fuori, okay?"
Kurt lo guarda per un attimo, sorpreso; alla fine annuisce con un minuscolo sorriso, prima di girarsi per dirigersi definitivamente verso la sua vecchia camera.
È quasi strano tornarci. Non perché non se la ricordi o perché sia cambiato qualcosa; ma gli sembra di rivedere il se stesso del liceo, il ragazzino spaventato da tutto e da tutti che cercava così disperatamente di essere accettato soltanto per ciò che era. O magari avrebbe voluto essere semplicemente ignorato. Ed è un'immagine che non gli piace; lo fa solo sentire immensamente triste, e debole. Soprattutto in questo momento; l'idea del Karofsky che gli ha reso la vita un inferno, quella del David che l'ha fatto sentire voluto per la prima volta e quella del David Karofsky che è riuscito a mandare in frantumi una buona parte delle sue certezze con un semplice, stupido tradimento lo sta facendo uscire di testa. Non riesce a pensare con chiarezza, e forse è meglio così. Non può pensare a tutto ciò che David gli ha portato via, a quanto si senta inadeguato e inutile in questo momento, al fatto che, forse, è lui a non valerne la pena ed è colpa sua. Non può pensarci, e vorrebbe solo andare via; pensa immediatamente che potrebbe tornare a New York, ma l'idea di passare quei giorni di vacanza a deprimersi nell'appartamento con la costante presenza di Rachel che cercherà in ogni modo di portarlo fuori per tirarlo su di morale gli danno la nausea.
Il suono del campanello lo distrae, e si irrigidisce quando sente la voce di David risuonare nell'atrio; Finn borbotta qualcosa in risposta che Kurt non riesce a sentire.
Il cuore prende a battergli furiosamente nel petto quando dei passi risuonano per le scale, e si stringe istintivamente le braccia attorno al petto; si rilassa impercettibilmente quando Finn fa capolino dalla porta, lanciandogli un'occhiata eloquente "Giù c'è Karofsky che chiede di te." Borbotta, evidentemente poco felice della situazione; nemmeno a lui David è mai andato a genio. Kurt sente il respiro impigliarsi nella sua gola, e per un momento pensa che forse avrebbe la forza per urlargli addosso e farlo stare male come sta male lui, ma si deve ricredere quando un tremito gli corre lungo la schiena al solo pensiero di vederlo.
Si limita a rivolgere un'occhiata eloquente a Finn, scuotendo lievemente il capo, e il fratello annuisce con un gesto secco e vagamente compiaciuto prima di scomparire di nuovo dietro la porta.
Kurt si accorge di star tremando leggermente mentre sente Finn parlare con tono tranquillo e David rispondere concitato e alterato; ma suo fratello alza la voce, e Kurt lo può immaginare mentre socchiude gli occhi cercando di apparire più minaccioso. Evidentemente funziona, perché la porta d'ingresso sbatte violentemente poco dopo.
Non ha il tempo di sentirsi sollevato, perché il suo cellulare comincia a squillare incessantemente, facendolo sobbalzare. Rifiuta immediatamente la chiamata quando si accorge che è di David, e si affretta a spegnere il telefono prima di lanciarlo sul materasso.
Si copre il viso con le mani, sbuffando, e gli sembra di dover fare uno sforzo immane per trattenere le lacrime che gli premono agli angoli degli occhi. Lo realizza lentamente in quel momento, l'idea si fa placidamente strada nella sua mente: ha bisogno di andare via.
Lontano da lì. Nel posto che gli ricordi il meno possibile tutto quello che sta cercando di lasciarsi alle spalle. Ragiona velocemente mentre il PC si accende con un ronzio pigro, e l'idea dell'Europa si fa strada nella sua mente. Pensa che Parigi sarebbe bellissima, ma storce il naso quando si rende conto che sarebbe anche troppo costosa; opta per l'Italia con un mormorio soddisfatto, analizzando le varie possibilità: Roma o Milano sarebbero un'ottima scelta, ma non ha mai davvero apprezzato le città troppo grandi o affollate.
Il che spiega perché ancora non si senta a proprio agio nemmeno a New York. L'idea perfetta gli fa incurvare le labbra in un sorriso.
Firenze.


****


Note:
Saaalve a tutti!
Buonasera!
Sì, sono di nuovo io. Ormai ho sviluppato una dipendenza.
Dunque. 

Oggi sono uscite le materie d'esame ("Cosa diamine c'entra?"), e ho sentito il bisogno fisico di pubblicare; non ho ancora finito di scrivere la storia, ma non credo mi manchi molto - non penso verrà più di dieci capitoli - e mi impegnerò assolutamente per finirla al più presto.
Aggiornerò Sabato prossimo - stavolta prometto che non farò come con Being a Half, che mi sono ritrovata a pubblicare ottanta volte a settimana :D
Insomma, queste note sono sconclusionate come sempre. 
Spero che la storia vi abbia incuriositi; fatemi sapere, per favore, perché, come al solito, questa storia mi rende molto insicura :)
Un bacione!
P.S. Grazie a Locked, come sempre.
P.P.S. Nel caso non si fosse capito, sono di Firenze. :D

 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Love doesn't care about odds.
Capitolo II






 

Accende automaticamente il portatile ringraziando chiunque abbia inventato Internet.
Ignora bellamente la vocina che gli fa notare quanto tutto quello sia vagamente isterico, e in meno di venti minuti ha già trovato un volo low cost che la sera stessa lo porti a Roma, da lì un treno con cui possa arrivare a Firenze, e un albergo il cui prezzo non superi la retta annuale della NYADA.
Un sorriso esaltato gli si disegna sul viso quando sul desktop campeggia la scritta "Operazione completata con successo", e quasi esulta quando si rende conto che non dovrà nemmeno preparare la valigia, dato che ha pronta quella portata da New York; si alza dal letto con soddisfazione, spostando il portatile sul materasso, e corre in bagno a prendere lo spazzolino, il dentifricio e altri beni di prima necessità.
Si limita a buttarli alla rinfusa nel beauty case per poi tornare in camera; il sorriso sul suo viso si allarga quando nota la valigia poggiata vicino al letto, dove deve averla portata Burt meno di un'ora prima.
A quel punto, si rende conto di essere vagamente isterico. Si ferma nel bel mezzo della camera con un paio di scarpe in mano - nemmeno si ricorda quando esattamente le ha prese quelle scarpe - e la consapevolezza lo colpisce con una forza inaudita, facendolo annaspare.
David l'ha tradito. Tradito. È stato con un altro. Ha scopato con un altro. Perché lui non è mai stato abbastanza. E ha appena prenotato un volo per Firenze, usando la carta di credito intestata a suo padre.
Oltre il danno, anche la beffa.
Si asciuga con stizza una lacrima sfuggita al suo ferreo controllo, e si impone di mantenere la calma. Senza riuscirci. Una sola domanda continua a rimbalzargli in testa, costringendolo ad affondare le mani tra i propri capelli.
Perché?
Potrebbe dover considerare parecchi perché, in verità. In primis, perché David l'abbia tradito. Perché abbia sentito il bisogno di tradirlo. Ma è una domanda a cui non vuole trovare risposta. Poi riesce a prendere il sopravvento la parte pratica della sua mente: perché diamine ha prenotato un biglietto aereo per Roma? E come farà, esattamente, a spiegarlo a suo padre?
Allontana quella domanda dalla propria mente con un gesto infastidito della mano, impuntandosi con stizza: è abbastanza grande da decidere per se stesso. Certo, potrebbe comunque dare il biglietto a Finn; prima di rendersi conto che l'idea non è delle migliori, non può fare a meno di immaginarsi il fratellastro in giro per l'Italia, e la cosa lo fa ridere non poco.
In questo momento è piuttosto consapevole del proprio stato isterico.
Comincia a fare su e giù concitatamente nella stanza, dal letto alla finestra, alla disperata ricerca di una soluzione; scarta immediatamente l'idea di telefonare in Italia per disdire la prenotazione dell'albergo, ma potrebbe comunque annullare quella dei biglietti; li rimborsano i biglietti dell'aereo? E perché diamine David l'ha tradito? Tradito. Magari non era nemmeno la prima volta; nessuno gli assicura che non sia già successo in passato.
Questo pensiero, se possibile, lo fa sentire ancora peggio, e si deve seriamente sforzare per trattenere un conato.
Sta ancora facendo dei respiri profondi, quando la porta di camera sua si spalanca senza troppa grazia; si gira di colpo, e spalanca gli occhi per la sorpresa quando vede un Burt piuttosto alterato che avanza verso di lui con passo deciso “Finn mi ha detto che Karofsky è venuto qua.” Sibila suo padre “E giuro che se ti ha fatto qualcosa di male recupero il fucile del tuo prozio – che andava a caccia di Nazisti, quindi non è robetta da niente – e lo gambizzo finché non assomiglia a Brad Pitt. Chiaro?!”
Kurt lo osserva per qualche secondo, sinceramente sconcertato.
Da quando suo padre conosce Brad Pitt?
Si riscuote un attimo dopo, imponendosi di concentrarsi; “Lui … Mi ha tradito.” Le parole gli sfuggono dalle labbra prima che possa fermarle – e nemmeno vuole davvero farlo – e le sue spalle tremano leggermente quando lo dice ad alta voce. Gli sembra improvvisamente più reale. Fin troppo reale, e alcune lacrime cominciano inevitabilmente a pungergli gli occhi.
“Non ci posso credere” mormora suo padre, spalancando un attimo gli occhi, prima di schiarirsi la gola “Bene. L’ha voluta lui.” Si gira con cipiglio deciso.
“Papà, aspetta!” lo richiama Kurt, conscio del fatto che, molto probabilmente, Burt non sta nemmeno esagerando.
Non vuole che suo padre finisca in galera, tutto qua.
“Cosa?” sbotta Burt, gli occhi ancora assottigliati per la rabbia “Dammi un buon motivo per non farlo! Quel tizio è impossibile, impossibile, come ha potuto anche solo pensare di tradire te, che sei la cosa migliore che gli sia mai capitata dopo l’esaltazione dello stereotipo dell’americano medio, sudaticcio e dedito solo al mirabile sforzo di guardare la televisione?!”
Kurt lo osserva di nuovo in silenzio per qualche secondo, leggermente sconcertato, ma per una volta non gli interessa nemmeno da lontano che Burt abbia definito David un americano medio, sudaticcio e dedito solo al mirabile sforzo di guardare la televisione.
“Ho prenotato un volo per Roma e un treno per Firenze.” Dice, con semplicità, quasi come se fosse la risposta più naturale del mondo.
Burt rimane qualche secondo a boccheggiare, sempre più basito “Come, scusa?” chiede alla fine, certo di aver sentito male.
“Ho prenotato un volo per Roma e un treno per Firenze. Dovrei partire stasera.” Ripete Kurt, velocemente, maledicendosi nel frattempo. “E credo di averlo fatto con la tua carta di credito.” Aggiunge poi, pregando ardentemente affinché la terra si spalanchi sotto i suoi piedi e lo trascini lontano dal fucile del prozio Arnold, famoso cacciatore di Nazisti. Forse non prega abbastanza intensamente, perché non succede niente di tutto quello. “Mi dispiace papà, davvero.” Si affretta quindi ad aggiungere, gesticolando concitatamente per il nervosismo “Non so che cosa mi sia preso, ma non potevo sopportare l’idea di tornare a New York o di rimanere qui, e allora ho pensato di fare un viaggio, ma credo che mi abbia preso un po’ troppo la mano e --”
“No, va bene.” Lo interrompe Burt, curiosamente calmo.
“Cosa?” chiede Kurt, smettendo con qualche secondo di ritardo di gesticolare, certo di aver sentito male.
“Va bene.” ripete suo padre, quasi meditabondo.
“Va bene?”
“Sì. Va bene.” solleva lo sguardo fino ad incrociare gli occhi azzurri del figlio “Insomma, credo che tu ti meriti una vacanza. E magari, mentre sei in Italia, riesco a recuperare il fucile.” Borbotta poi, con una piccola scrollata di spalle e un nuovo accenno di rabbia nella voce.
“Tu … Wow. Okay. Quindi … Non sei arrabbiato?” Kurt non è nemmeno sicuro del motivo per cui continui ad insistere.
Burt sbuffa, con noncuranza “Certo, un po’ sono arrabbiato. Insomma, il tuo è stato un colpo di testa bello e buono, e avresti dovuto ragionarci di più. Ma in fondo sono contento che tu l’abbia fatto. Te lo meriti. E poi dovevo ancora farti il regalo di Natale, no?”
Kurt sente i suoi occhi farsi un po’ più lucidi.
“A che ora hai il volo?”
A quel punto, non può fare a meno di muovere qualche passo in avanti per abbracciare fortissimo suo padre.

*


Il volo dura nove lunghissime, scomodissime ore.
Durante le quali non può fare a meno di pensare, e pensare.
Ora che l’isteria lo ha abbandonato, gli è rimasta solo una cruda e terrificante razionalità.
David lo ha tradito davvero. Insomma, l’ha tradito sul serio. E lui, per tutta risposta, invece di urlargli in faccia, ha prenotato un volo per l’Italia.
Forse non ha mai avuto il coraggio di affrontare davvero le cose.
Ma scuote la testa a quel pensiero, infastidito; non può lasciare spazio solo all’autocommiserazione. Non è vero che non ha mai avuto il coraggio di affrontare la propria vita: è rimasto al McKinley nonostante il bullismo, è riuscito ad arrivare fino in fondo al liceo senza mai scappare. Ha lottato.
Non è debole.
Forse si sente solo un po’ spezzato, questo sì.
Un po’ stanco, magari, e anche un po’ deluso. Amareggiato.
Si chiede se si senta così perché è ancora innamorato di Dave, ma una vocina fastidiosa pretende di sapere se sia mai stato effettivamente innamorato di quel ragazzo.
Decide categoricamente che un aereo non è il posto giusto per domande del genere, soprattutto nel momento in cui nuove lacrime cominciano a pizzicargli agli angoli degli occhi al solo pensiero che lui, per David, non sia mai stato abbastanza.
Chiude gli occhi e si lascia scivolare nel sonno con un breve sospiro, sforzandosi di non pensare a niente.


*

Quando atterra, comincia a sentire un leggero nervosismo.
Si è svegliato da un’ora, circa, durante la quale ha cercato distrattamente di leggere un libro che si è portato in caso di tempi morti, ma vi ha rinunciato quando ha visto il mare.
Il mare. Non l’Oceano. Solo … Il mare.
Una distesa salata non molto diversa da quella a cui è abituato, in effetti, eppure gli sembra di percepirlo in maniera diversa.
Forse sta solo impazzendo. E quel viaggio non è che una prova lampante.
E poi ha visto una prima striscia di terra, sottile, frastagliata, che si è allargata con dolcezza, rivelando sempre più dettagli.
A quel punto, il nervosismo comincia ad afferrargli pian piano lo stomaco.
Non sa nemmeno una parola di italiano, e deve arrivare fino a Firenze praticamente senza sapere dove sia la stazione di Roma.
Prende un respiro profondo, imponendosi categoricamente di non andare nel panico per una cosa del genere. Le persone fanno i turisti tutti i santi giorni, per l’amor del cielo.
Tira fuori dalla tasca del cappotto il breve biglietto che ha preparato a casa, con suo padre, dove ha riepilogato ordinatamente tutte le tappe che deve affrontare per arrivare sano e salvo a Firenze:

- Aeroporto di Fiumicino (meno male che l’ha scritto, perché non avrebbe idea di come leggerlo)
- Taxi fino a Stazione di Roma Termini (ora che ci pensa, potrebbe far vedere il foglietto al tassista e lasciar fare a lui)
- Stazione di Santa Maria Novella, Firenze. Google Maps fino all’albergo. (Qui, qualsiasi aiuto sarebbe potuto venire da delle indicazioni scritte su un fogliettino si è rivelato inutile, e alla fine hanno optato per una soluzione più tecnologica.)

Si sente vagamente più rassicurato mentre scende dall’aereo, e lo è decisamente di più quando arriva all’interno dell’aeroporto dal nome impronunciabile; certo, è grande, ma niente a che vedere con il JFK, e questo gli infonde un deciso senso di tranquillità.
Che svanisce non appena una ragazza poco più bassa di lui evidentemente di fretta lo urta, urlandogli uno “Scusi!” senza fermarsi, che chiaramente non riesce a capire.
Va bene , è in Italia, le persone parlano italiano. È piuttosto normale.
Riesce persino a recuperare la propria valigia in un lasso di tempo accettabile, e si ritiene fin troppo fortunato quando vede un’inconfondibile cartello con su scritto “TAXI”.
Quando finalmente esce all’aria aperta, si sente vagamente destabilizzato, e gli ci vuole qualche secondo a capire perché: il fuso orario.
In Italia sono le 11 di mattina, mentre per lui sono solo le 5.
Un lieve sorriso gli si disegna sulle labbra, e scuote piano il capo mentre osserva il cielo luminoso e terso, mentre l’aria fredda lo fa rabbrividire leggermente, e riesce a pensare che, in fondo, non ha così tanta paura.
Abbassa lo sguardo quando un taxi  - che è assurdamente bianco – si ferma proprio di fronte a lui, e il tassista gli lancia un’occhiata sommaria attraverso il finestrino, prima di scendere e indicare la sua valigia “Vuole che la metta nel portabagagli?”
Okay, Kurt non ha idea di cosa abbia detto; si limita a rivolgergli uno sguardo desolato e un minuscolo sorriso, stringendosi nelle spalle e scuotendo la testa.
“Vuole che la metta nel portabagagli?” gli chiede di nuovo il tassista, stavolta in inglese, anche se con un accento bizzarro.
Kurt sì sente immensamente sollevato, e annuisce con un sorriso più convinto “Oh, sì … Grazie.”
Il tassista si limita a rivolgergli un piccolo cenno col capo prima di prendergli la valigia e, effettivamente, metterla nel portabagagli.
Kurt sale sul taxi poco prima di lui, e si munisce di foglietto con istruzioni.
“Dove deve andare?” gli chiede il tassista, sempre con quell’accento strano che marca le r e le t in maniera innaturale.
“Ehm … Sta —Stazione Roma Ter – Termi –Termini.
Il tassista gli rivolge un piccolo sorriso per la pronuncia incerta, ma si limita ad annuire e partire.
Kurt si rilassa sensibilmente sul seggiolino, e si concede di guardare tranquillamente fuori dal finestrino; non ci vuole molto perché si addormenti di nuovo. In fondo, per lui sono sempre le 5 di mattina.

*

Signore, siamo arrivati” una voce cadenzata lo sveglia gentilmente poco meno di mezz’ora più tardi, e Kurt si stiracchia un attimo guardandosi vagamente attorno, prima che l’occhio gli cada su un’enorme scritta che campeggia sull’edificio davanti al quale ha parcheggiato il tassista: Roma Termini.
Già. È in Italia davvero.
Improvvisamente molto più sveglio, si affretta a pagare il tassista, che lo aiuta a trascinare la valigia fuori dal bagagliaio prima di salutarlo con un “Arrivederci” che Kurt, fortunatamente, riesce a capire.
Entra nella stazione con un vago senso di inquietudine, ma è con un certo sollievo che la trova relativamente piccola e ringrazia qualsiasi entità celeste ci sia perché le indicazioni sono anche in inglese e non ci mette molto ad individuare la scritta Tickets.
Si avvicina alla biglietteria non troppo affollata, e manda un messaggio a suo padre per fargli sapere che è atterrato mentre aspetta pazientemente il proprio turno.
Come posso aiutarla?” chiede con efficienza la ragazza al di là del vetro quando tocca a lui.
“Oh, ehm …”
Negli occhi della ragazza passa un lampo di comprensione, e ripete la frase in inglese.
“Ho prenotato un biglietto a nome Hummel.” Risponde velocemente lui, arrossendo leggermente.
La ragazza controlla un attimo sul proprio computer prima di annuire “Glielo stampo subito.”
E in effetti, qualche secondo dopo gli sta tendendo un biglietto con un sorriso cortese “Binario 21. Buon viaggio.”
Kurt lo afferra prontamente “Grazie.” Risponde, prima di allontanarsi trascinandosi dietro il trolley.
Binario 21.
Vede le indicazioni anche per quello, e ringrazia mentalmente gli italiani che sembrano avere le indicazioni per tutti.
Si avvia con calma, notando che il suo treno non arriverà prima di venti minuti, e decide di sedersi sulla propria valigia nell’attesa.
Tira fuori il cellulare dal cappotto e manda un messaggio a Rachel.

11.56
Sono atterrato. Tutto bene, aspetto il treno per Firenze.


11.57
Kurt. Sono le sei di mattina.


11.57
Oddio, scusa, è vero! Mi ero scordato del fuso orario.


12.00
‘Mpf.
12.01
Ti ho già detto quanto questa idea mi sembri folle, vero?


12.02
Sì. Un paio di volte al minuto durante le ultime dieci ore.
Ma ne avevo bisogno, capisci?


12.03
Avremmo semplicemente potuto picchiare David a dovere.
Avevo già la spranga pronta.
12.04
Lo sai che non mi è mai piaciuto.


12.05
… Sì, lo so.
Ora devo andare, ci sentiamo dopo, okay?


12.07
Va bene. A dopo, tesoro ;)


Kurt sospira, passandosi una mano sul viso.
È uno dei motivi per cui si sente così stupido.
Non hanno fatto che ripetergli tutti quanto quella relazione fosse basata su presupposti molto poco rosei, ma lui non ha mai voluto ascoltarli.
E ora sente di essere stato l’unico a crederci davvero.
Evidentemente, nemmeno Dave ci ha mai creduto davvero.
Scuote la testa, cercando di non pensarci, e ringrazia il treno che arriva sferragliando pochi secondi dopo, permettendogli di concentrarsi  solo su dove si debba sedere.
Una volta trovato il proprio posto ed essere riuscito a sistemare la valigia su quegli affari infernali che sembrano fatti apposta per farti cadere i bagagli in testa, si lascia cadere sul sediolino con un sospiro e la ferma intenzione di godersi il paesaggio per quelle due ore di treno.
Ma poi il movimento dolce e ritmico e il suono ripetitivo del treno che viaggia sui binari lo fanno scivolare di nuovo in un sonno tranquillo e senza sogni.


*

Si sveglia con una lieve sensazione di panico, rimproverandosi perché avrebbe dovuto mettersi una sveglia sul cellulare, o qualcosa del genere, invece di affidarsi completamente al caso.
Vede una ragazza che si dev’essere seduta di fronte a lui mentre stava dormendo, e prega con tutto se stesso che parli inglese.
“Scusa?” le chiede, e lei solleva gli occhi dal libro che sta leggendo, sfilandosi una cuffia dall’orecchio.
“Sì?” chiede educatamente.
“Sai tra quanto dovremmo arrivare a Firenze?”
“È la prossima stazione. Dovremmo arrivare tra una decina di minuti.” Sorride lei, con una parlata curiosamente fluida che lo sorprende.
“Grazie.” Le risponde, immensamente sollevato.
“Di niente.” Torna al proprio libro con una scrollata di spalle.
Kurt si guarda attorno con un lieve sospiro tremante, e si sente sinceramente emozionato.
Poi il treno si ferma, lui si allunga per prendere la valigia – miracolosamente non la tira in testa a nessuno - , scende quelle poche scale sorridendo educatamente alla ragazza che è stata seduta accanto a lui, ed è lì.
Sul marciapiede grigio scuro attraversato da una linea gialla, il marmo rosso e bianco a qualche passo da lui che risplende per la luce che entra prepotentemente dalle vetrate sul soffitto.
C’è.
Firenze.


****

Note:
Ormai siete abituati ai miei aggiornamenti a casaccio, no?
Dunque, intanto vorrei ringraziarvi tutti, siete fantastici e spero davvero di non deludervi! Sul serio, non pensavo che potesse interessare così tanto :)
Poi, lo so, è un capitolo un po' di passaggio; nel prossimo arriverà Blaine (Auguri Darren, btw!)
Che dire; fatemi sapere, come sempre, io vado a finire di scrivere la scena smut. Con mia mamma accanto. Capite la situazione.
Le frasi in corsivo sono in italiano, spero si capisca :)
Un bacione a tutti! Alla settimana prossima (credo).


P.S. Ho scoperto il magico mondo di twitter, oggi. E' la fine. Ma non vi interessa u.u


 






 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Love doesn't care about odds.
Capitolo III




 

Osserva affascinato l’ambiente che lo circonda: la stazione di Firenze è davvero piccola e la cosa, in un certo senso, lo fa sentire più al sicuro, più a casa.
I binari sono affollati, ovunque c’è gente che cammina velocemente, altre persone che invece si attardano a parlare o a guardare il tabellone degli arrivi e delle partenze.
Si riscuote quando si accorge di avere un piccolo sorriso sul viso – abbastanza ebete –; ci sono due uscite, una sulla sua destra e una sulla sua sinistra.
Opta per quella a sinistra con una scrollata di spalle, e si avvia trascinando con sé il trolley senza smettere di guardarsi attorno; spalanca gli occhi quando nota un gigantesco albero di Natale illuminato da alcune luci dorate, che si trova poco lontano dall’uscita, e sente che quella città già comincia a piacergli.
Una volta all’esterno, decide che è il caso di mettere in atto il piano Google Maps.
Armeggia per qualche secondo con la tracolla, che continua a cadergli fastidiosamente dalla spalla, ma alla fine riesce ad estrarre il cellulare dalla tasca del cappotto assieme al magico foglietto su cui ha scritto anche l’indirizzo dell’albergo.
Lo digita sul cellulare, aspettando pazientemente che trovi la connessione, e nota con soddisfazione che non dovrebbe metterci più di dieci minuti a piedi; si avvia con passo tranquillo, il sole che splende nonostante le temperature polari, e si guarda attorno con curiosità.
La prima impressione che ha, di Firenze, è che sia una città estremamente piccola; ma in fondo l’ha scelta anche per quello.
Appena uscito dalla stazione, poi, nota l’imponente facciata di una chiesa che ha l’aria di essere piuttosto antica sulla propria destra; si avvicina attraversando quella che l’I-Phone identifica come Piazza della Stazione; inclina la testa all’indietro osservando la Basilica di Santa Maria Novella, incantato.
La costeggia lentamente, senza abbassare lo sguardo, e per poco non travolge un ragazzo poco più basso di lui con un’enorme massa di capelli ricci; abbassa velocemente la testa esclamando un veloce “Scusa!” in un italiano stentato, e incrocia un paio di enormi occhi incredibilmente dorati.
Di niente!” gli assicura lui allegramente, in un italiano che suona strano persino alle orecchie di Kurt.
Ma non fa in tempo ad elaborare quell’informazione, perché i suoi piedi lo trascinano via sulla strada prontamente indicatagli da Google Maps.
Non ci mette molto a raggiungere l’albergo, ed è anche piuttosto soddisfatto perché è miracolosamente riuscito a non perdersi; l’hotel non è eccessivamente lussuoso, ma abbastanza da farlo sorridere con un piccolo mormorio compiaciuto.
Si avvicina alla receptionist con passo leggermente esitante.
Posso fare qualcosa per lei?
Kurt pensa che potrebbe metterci il copyright su quell’espressione confusa con cui ha imparato a comunicare al mondo che io non parlo italiano, ripeta in una lingua comprensibile.
“Oh, ehm … Posso fare qualcosa per lei?” ripete infatti lei, con una c vagamente aspirata che rende il tutto alquanto comico.
“Ho prenotato una camera per nove notti a nome Hummel” risponde lui velocemente,  attento a scandire bene le parole.
La ragazza annuisce e comincia a pestare con le dita sulla tastiera del computer che ha davanti, prima di girarsi per prendere una chiave da quelle che le stanno alle spalle.
Gliela passa con un sorriso “Camera 206, quarto piano. Se vuole la televisione deve pagare un supplemento e venire a chiedere qui il telecomando. Ha richiesto la pensione completa; i pasti vengono serviti al primo piano, la colazione è disponibile dalle 7.30 alle 9, il pranzo dalle 12.00 alle 14.00 e la cena dalle 18.30 alle 21.30. Le auguro una buona permanenza.” Parla velocemente, sempre con quelle c e quelle t vagamente aspirate che lo fanno sorridere un po’ troppo, e alla fine lo congeda cordialmente.
Kurt trascina il trolley sull’immacolata moquette color panna fino a raggiungere l’ascensore, e lì incontra una giovane coppia tutta sorrisi e sospiri; il morale gli precipita pericolosamente sotto i piedi, ma si sforza di mantenersi indifferente.
Fortunatamente, arriva al quarto piano prima che i due diano il via ad un’intensa sessione di pomiciate; nota con un certo compiacimento che anche la camera non è fastidiosamente lussuosa, ma sobria ed elegante. È piuttosto ampia, con un enorme letto a due piazze che sembra tremendamente morbido, un armadio che molto probabilmente non userà, una scrivania in legno chiaro illuminata dalla finestra e la porta che dà sul bagno.
E oh, ha proprio bisogno del bagno. E di mangiare. E tra poco il ristorante chiude.
Abbandona la valigia nel bel mezzo della stanza e scatta verso il bagno; poi afferra le chiavi della stanza e raggiunge l’ascensore come nemmeno un centometrista potrebbe fare.
Arriva al primo piano e riesce a trovare il ristorante piuttosto facilmente – non è che proprio non si noti – e pensa seriamente che quello sia un buon modo dell’Universo per ripagarlo.
Il ristorante è a buffet.
E ci sono più tipi di pasta e pizza di quanti ne abbia mai visti in vita sua.
Ovviamente ci sono anche cose sane, tipo carne e verdure, ma insomma, chi se ne frega della dieta. È stato appena tradito – ecco, forse non è il caso che ci pensi –, si sente in diritto di mangiare e ingrassare quanto gli pare.
 
*


Mezz’ora dopo, con la cameriera che lo sta guardando malissimo ma non osa disturbarlo perché il cliente ha sempre ragione, Kurt lascia il ristorante, appena appena appesantito dai tre piatti di pasta che potrebbe aver mangiato.
D’altra parte, non è colpa sua se lì in Italia la pasta la fanno in maniera divina. E ha persino scoperto che, in realtà, bisognerebbe mettere il sale nell’acqua. Non sulla pasta dopo averla cotta. Si sente decisamente una persona migliore, adesso che lo sa.
Arriva in camera con un sospiro soddisfatto, assolutamente a proprio agio; risponde ad un messaggio di suo padre, rassicurandolo riguardo la propria buona salute – gli chiede anche se il fucile di zio Arnold, mirabile cacciatore di Nazisti, è ancora in cantina – e decide di farsi una doccia veloce prima di andare alla ricerca di una libreria: gli servirà una guida, decisamente. Non ha voglia di girare per la città cercando informazioni su Wikipedia riguardo tutti i monumenti che vedrà.
Detto fatto, mezz’ora dopo finisce di asciugarsi i capelli e fare in modo che stiano nella corretta posizione verticale/obliqua, si tira per un’ultima volta verso il basso l’orlo del gilet grigio perla che gli avvolge perfettamente il busto e si infila il cappotto nero, prima di afferrare la tracolla – e le chiavi, se ne ricorda all’ultimo momento – e avviarsi con passo baldanzoso verso l’aria fresca del primo pomeriggio.
Questo viaggio è stata un’idea eccellente.
 

*

Non gli ci vuole molto per scoprire che, se c’è una cosa che a Firenze non manca, sono proprio le librerie.
Gli basta muovere qualche passo verso sinistra per trovarne due a pochi metri l’una dall’altra; opta per la seconda perché sull’insegna c’è anche la scritta Bar, e comincia a sentire il bisogno fisiologico di caffeina.
L’aria calda della libreria lo avvolge piacevolmente, e nasconde un piccolo sorriso affondando il viso nella sciarpa; comincia a vagare tra gli scaffali osservando più le persone che lo circondano che i libri, ascoltando tutte quelle conversazioni di cui non riesce a cogliere nemmeno una parola: l’italiano è una lingua musicale e fluida, quasi quanto l’inglese, ed è estremamente piacevole da ascoltare e basta, anche senza capirla.
Si trova così nel reparto delle guide turistiche quasi per caso, e comincia a guardarsi attorno più attentamente.
La posso aiutare?” Si gira nel sentire una voce così vicina a lui, e capisce che il commesso sta parlando proprio con lui; mette a punto la sua espressione da non ho capito una parola di quello che ha detto, ormai perfezionata, e difatti il ragazzo gli chiede “Inglese?” con un piccolo sorriso.
“Sì.” Risponde Kurt, annuendo educatamente.
“Aspetta.” Ammicca il ragazzo “Ho la persona giusta per te.” Kurt pensa che, probabilmente, il commesso non conosce l’inglese così bene, visto che gli ha appena detto una frase priva di senso e si è allontanato con un sorriso.
Rimane a fissare il commesso che si allontana per qualche secondo, con aria confusa, poi scuote lentamente il capo e torna a studiare gli scaffali pieni di guide – perché mai dovrebbe comprare una guida per Tokyo, se è a Firenze? Oh, giusto, magari qualche fiorentino vuole andare a Tokyo e si fornisce di guida prima di partire.
Non è passato nemmeno un minuto che un’altra voce si fa sentire a non più di un passo da lui, ed è familiare in modo strano “Ti serve una mano?” si gira di scatto, perché lui, quella lingua, la conosce.
Spalanca gli occhi nel trovarsi di fronte il ragazzo che ha urtato solo qualche ora prima; non solo: quel ragazzo è anche molto, molto carino.
I capelli ricci e assurdi sono ordinati e scuri nel loro caos, gli occhi sono di un colore inafferrabile che varia dal verde al caramello, le labbra piene sono stirate in un sorriso luminoso, il fisico è compatto e ben proporzionato, e forse dovrebbe smetterla di squadrarlo e balbettare qualcosa in risposta, prima che quel ragazzo lo faccia arrestare.
“Oh, sì, ehm … Io stavo cercando una guida. Di Firenze. In inglese.” Si morde la lingua, prima di dare altre informazioni utili e per niente deducibili come ad esempio il fatto che l’erba è verde.
Il ragazzo cerca di trattenere un sorriso, mordicchiandosi il labbro “Ma certo” annuisce educatamente, con una pronuncia fluida che fa sorgere un dubbio a Kurt.
“Sei americano?” gli chiede, sorpreso.
“Sì” ammicca il commesso, facendo vagare distrattamente lo sguardo tra gli scaffali “Ogni volta che c’è un cliente inglese chiamano me, anche se, in teoria, di solito sto al bar.” Aggrotta leggermente le sopracciglia, lanciandogli un’occhiata veloce “Tu? Di dove sei?”
Kurt esita un attimo prima di rispondere, ma poi si chiede quante effettive probabilità ci siano che quel ragazzo sia un serial killer. Non che la sua vita se ne sia mai importata qualcosa delle leggi della probabilità. E insomma, chi se ne frega. “Ohio.” Dice alla fine “Lima, ad essere precisi.”
Il commesso si gira verso di lui con un’occhiata sorpresa “Anch’io sono dell’Ohio” gli dice, con un sorriso quasi incredulo “Westerville.”
Eh no. Decisamente la sua vita non rispetta alcuna legge della probabilità.
Kurt gli sorride, un po’ destabilizzato “Assurdo” mormora “Che ci siamo incontrati qui e non in America.” aggiunge, in risposta allo sguardo interrogativo del ragazzo.
“Già, assurdo” gli fa eco lui, un po’ pensieroso, scrutandolo con un sorriso mozzafiato. “Sono Blaine, comunque.” Aggiunge, tendendogli una mano.
“Kurt” risponde lui, stringendola prontamente, un po’ abbagliato dagli occhi di Blaine.
 
*


Non ha ben capito come si sia trovato, un quarto d’ora dopo, seduto al bar della libreria con una guida poggiata di fianco a lui sul tavolino e Blaine in piedi di fronte a lui con un sorriso enorme stampato sul volto, ma non ha alcuna intenzione di lamentarsi.
“Allora … Cosa ti porto?” gli chiede allegramente.
“Suppongo che qui non facciano i non – fat mocha …?” Risponde Kurt esitante, con un piccolo sorriso quasi di scuse.
“No.” Risponde Blaine scuotendo il capo “Ma potrei portarti un cappuccino, prometto che è quasi altrettanto buono.”
“Andata per il … cappuccino.” Cerca di imitare la pronuncia, senza un particolare successo.
Blaine ridacchia, andando verso il bancone del bar “Ci sei quasi, Kurt.” Ammicca adorabilmente, facendolo sussultare un po’.
Mentre lo osserva alle prese con il cappuccino, si riscuote e tira fuori dalla tasca il cellulare, con l’impellente bisogno di mandare un messaggio a Rachel.

15.35
Aiuto.


15.36
Che succede?! Ti sei perso?! Ti ha rapito la mafia?!


15.36
No. Pazza isterica.
Ho solo incontrato un ragazzo.


15.37
Oh mio Dio! È perfetto, Kurt, perfetto!
Come si chiama? Lo sapevo che sarei dovuta venire in Italia con te!


15.38
Veramente è americano.


15.38
Va bene lo stesso.
Buttati! È la tua occasione per scordarti di David!


15.39
… Non so se sono pronto, Rachel. E potrebbe anche essere etero.


15.39

Vuoi che ti chiami?


15.40
Sta tornando; ci sentiamo stasera.


Alza lo sguardo appena in tempo per vedere Blaine che poggia sul tavolo di fronte a lui una tazza piuttosto piccola e fumante.
“Tutto qua?” non può fare a meno di chiedere, inarcando un sopracciglio con aria scettica.
Blaine ridacchia, sedendosi di fronte a lui “Il caffè qui è molto più … concentrato. Fidati.”
Kurt gli lancia un’occhiata scettica, portandosi lentamente la tazza alle labbra; emette un piccolo verso sorpreso e deliziato quando il liquido caldo e dolce gli attraversa la gola. Spalanca un po’ gli occhi “È buono sul serio!” esclama, con tono sorpreso.
“Certo che è buono.” Ribatte Blaine, incrociando orgogliosamente le braccia “L’ho fatto io!”
“Mhm.” Annuisce distrattamente Kurt, trattenendosi a stento dal rivolgergli una linguaccia. Insomma, non hanno dodici anni.
“Non devi lavorare?” gli chiede poi con un pizzico di esitazione, prendendo un altro sorso di cappuccino.
“Oh, ehm …” Blaine si guarda un attimo attorno, prima di rispondere “Non viene mai molta gente, al bar” scrolla le spalle “Ma se devi andare non è un problema; o se ti dà fastidio, insomma, posso …” borbotta qualcosa di incomprensibile, arrossendo, e Kurt sente il dovere morale di interromperlo “Non essere sciocco, lo dicevo per te. Dubito che riuscirei ad andare da qualche parte, oggi pomeriggio. Comincerò a fare il bravo turista da domani.”
“Come mai a Firenze?” gli chiede Blaine, un po’ più sicuro.
Kurt si sente preso in contropiede da quella domanda, e balbetta un attimo prima di rispondere a voce bassa un “Avevo bisogno di allontanarmi dall’Ohio e da New York per un po’.”
“New York?” gli chiede Blaine, inarcando le sopracciglia.
“Studio alla NYADA.” Risponde Kurt, contento che la conversazione abbia cambiato soggetto.
Blaine emette un fischio, guardandolo con una nuova ammirazione “Caspita.” Commenta, sorridendo “Anch’io vorrei entrare lì, l’anno prossimo.” Poggia distrattamente il mento su una mano, con aria pensierosa.
“Non rimani a Firenze?” gli chiede Kurt, sorpreso.
“Oh, no. Mi sono solo preso un anno sabbatico.” Risponde Blaine con semplicità “Ho pensato che sarebbe stato … bello, sai? Viaggiare un po’, dopo il liceo.”
“Ed è stato bello davvero?” gli chiede Kurt, inclinando lievemente il capo su una spalla.
“Meglio di quanto immaginassi.” Gli occhi dorati di Blaine brillano “Ma credo che tra un po’ vorrò solo … Tornare a casa. Suppongo.”
“L’America è sempre l’America” sorride Kurt in risposta, finendo il cappuccino.
Blaine gli rivolge uno dei suoi incredibili sorrisi luminosi.
Kurt pensa di essere un po’ nei casini.
Un po’ tanto nei casini.
O forse è lui ad essere un casino.
Sì, è decisamente più plausibile.




***





Note:
Salve!
Ho deciso di aggiornare oggi perché siete tutti fantastici, davvero ** A breve andrò a rispondere alle recensioni, promesso. E grazie, non ve lo dirò mai abbastanza ** (specialmente a Locked, lo sa :*)

Dunque; la Basilica di Santa Maria Novella è questa: 
http://3.citynews-firenzetoday.stgy.it/~media/originale/70279868959548/santa-maria-novella.jpg
Spero di non fare nessun torto all'adorabile Firenze, ma non sono un asso con le descrizioni ^^
E ... Finalmente è arrivato Blaine! 
Bene, dopo queste note (prive di senso, ovviamente), vi saluto tutti mandandovi un abbraccio fortissimo!
Alla prossima!
Fatemi sapere che ve ne pare :)

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Love doesn't care about odds.
Capitolo IV




 

Quando Kurt si riscuote dalla piacevole chiacchierata con Blaine, si accorge che è stato nella libreria per un’ora e mezza.
E sta parlando col commesso carino da un’ora e mezza.
Non solo carino; è anche simpatico. Gentile. Solare. Intelligente. Lo ha ascoltato davvero persino mentre raccontava di tutti gli intrecci amorosi e non delle New Directions. È rimasto lì con il suo sorriso adorabile e i suoi ricci adorabili e i suoi occhi adorabili e le sue fossette adorabili e quel filo di barba che magari è un po’ più che adorabile e … Va bene, basta. Comincia a sembrare una poesia di D’Annunzio.
Approfitta di un momento di silenzio per sospirare e rivolgere a Blaine un sorriso di scuse “Io … Adesso dovrei andare.”
“Oh, certo!” si riscuote Blaine, alzandosi.
Improvvisamente, non sanno esattamente cosa dire.
“Io, ehm …”
“Ti va bene se torno anche domani?” Kurt non sa dove abbia trovato il coraggio di chiederglielo, e arrossisce immediatamente; è chiaro che intende solo come amici, insomma, Blaine è l’unica persona lì che parli una lingua comprensibile. La maggior parte delle volte.
Ma Blaine non sembra trovare strana la domanda, perché gli rivolge un sorriso enorme – l’ennesimo – e i suoi occhi brillano un po’ di più “Sì, certo.” Risponde, entusiasta.
E Kurt lo sa che si è appena fregato con le proprie mani.


*


Torna in albergo con un’espressione vagamente sognante di cui non è completamente consapevole, ma quando arriva in bagno e si lancia un’occhiata distratta dallo specchio si impone di smetterla.
Insomma, non ha imparato proprio niente dalla storia con David? E come gli viene in mente di mettersi a fantasticare su un ragazzo, probabilmente etero, che vive a Firenze? Firenze. Italia. Nove ore di aereo di distanza.
Ignora con un certo fastidio la voce che gli fa notare che Blaine tornerà sicuramente in America nel giro di qualche mese, perché non è quello il punto.
Insomma, è ancora tutto troppo confuso, troppo recente, troppo … troppo. Non può, semplicemente.
Prende un respiro profondo vagamente più deciso, portandosi le mani sui fianchi.
Ha bisogno di parlare con Rachel.


“Mi devi raccontare tutto!”
“Non c’è niente da raccontare, Rachel, sul serio. È solo un ragazzo carino che ho conosciuto e con cui ho parlato per un paio d’ore.”
Un paio d’ore?! Come fai a dire che non c’è niente da raccontare?!”
“Ma non è che abbiamo parlato di chissà cosa. Non so nemmeno se sia gay o no, davvero ..:”
Ti ha lanciato occhiate ammiccanti, sorrisini insensati? Ti ha fatto qualche complimento quasi per caso, ti ha sfiorato accidentalmente?”
“Oh, uhm … Forse, un paio di volte.”
Rachel sbuffa “Possibile che il mio gay radar funzioni meglio del tuo persino a migliaia di chilometri di distanza?”
“Non è colpa mia. Sono solo prudente.”
Rimangono in silenzio per qualche secondo, prima che Kurt parli della cosa che gli sta effettivamente più a cuore “David.” Si limita a sospirare, lasciandosi cadere sul letto.
Lo so, quel grandissimo pezzo di me—”
“Rachel.” La ammonisce lui debolmente.
Lo stavo solo descrivendo.” Riflette per qualche secondo, prima di parlare di nuovo “Tesoro … Lo sai che quel ragazzo non mi è mai piaciuto. A tutti noi è dispiaciuto vederlo lottare per accettarsi, e tu sei stato magnifico per come l’hai aiutato, soprattutto dopo tutto quello che ti aveva fatto. Però …” Si interrompe per un momento, probabilmente chiedendosi se sia il caso continuare “Sei sempre stato tu a trascinare quella relazione, Kurt.” Dice alla fine, con un piccolo sospiro “Lui si è solo lasciato trascinare. Probabilmente aveva paura, onestamente non saprei; forse aveva bisogno di qualcuno a cui aggrapparsi.”
Kurt prende un respiro profondo, cercando di assimilare tutte quelle informazioni, prima che una domanda gli sfugga dalle labbra, facendolo rabbrividire leggermente “Pensi che lui mi abbia mai amato?”
Io … Non lo so, tesoro. Magari pensava di essere innamorato di te. Magari voleva esserlo.”
Kurt si passa una mano sul viso con un leggero sbuffo “Merda” borbotta alla fine, lasciandosi cadere sul materasso.
Quale parte?” gli chiede Rachel con delicatezza.
“Tutto, direi” ridacchia nervosamente, coprendosi il viso con un braccio mentre alcune lacrime cominciano a pungergli gli occhi; tira brevemente su col naso, e Rachel sospira “Tesoro” gli dice dolcemente “Non pensarci adesso,va bene? Siamo ancora giovani, David è stato solo un idiota che non si è reso conto di quanto era stato fortunato a trovarti. Ora non pensarci più. Sei in Italia, hai conosciuto un ragazzo carino, simpatico e decisamente gay, niente lacrime! Coraggio.”
Kurt prende un respiro profondo e tremante dal naso “Sì.” Dice alla fine, chiudendo gli occhi mentre le ultime lacrime gli scorrono lentamente sulle guance “Sì, ce la posso fare.”
Bravo ragazzo. Ora vai ad imbottirti di pasta e fai il turista anche per me.”
“Grazie” le sussurra Kurt, con un piccolo sorriso.
Quando vuoi, dolcezza. Lo sai.”


*


Aspetta pazientemente l’ora di cena sfogliando la guida, e riesce persino ad annotarsi tutti i posti che vorrebbe visitare; grazie a Google Maps, riesce anche ad organizzarsi una specie di piano per il giorno seguente – grazie al cielo Firenze è una città piccola e potrà spostarsi a piedi.
Cena con calma, optando per qualcosa di vagamente più sano della pasta – o non riuscirà nemmeno a camminare, per quanto possa essere piccola quella città.
Torna in camera con altrettanta calma, e chiama suo padre; parla anche un po’ con Carole e con Finn, che sembrano piuttosto entusiasti del suo viaggio, e lo pregano di portare in America qualcosa di buono da mangiare.
Dopo aver riattaccato, si ritrova seduto sul letto, a pensare.
C’è un pensiero che non fa altro che tormentarlo, e non riesce a venirne a capo.
Rachel ha detto che, forse, David non l’ha mai amato davvero. Ma non vuole soffermarsi su questo punto, perché è ancora troppo presto e la ferita brucia ancora un po’ troppo.
Ma lui, Kurt, ha mai amato davvero David?
E se avesse ragione suo padre? Se, in realtà, fosse stato solo innamorato dell’idea di poterlo aiutare? Di avere il potere di aiutarlo.
Non sa per quanto continua a pensarci, ma non riesce comunque a trovare una risposta soddisfacente: non ha metri di paragone.
Non che non abbia avuto altre relazioni, prima di quella con David.
Prima c’è stato Chandler, ma non è durata molto; lo trovava un po’ troppo asfissiante, e l’aveva lasciato usando tutta la delicatezza di cui era capace.
Poi c’è stato Sebastian. L’ha conosciuto un pomeriggio assurdamente piovoso di Marzo al Lima Bean, ed è stato lui a renderlo un po’ meno rigido riguardo a tutta la questione del sesso; ma la verità è che non si potevano sopportare. Rischiavano di azzannarsi tutte le volte che si trovavano nella stessa stanza, e si erano lasciati di comune accordo.
E poi … Be’, poi c’è stato David. Che l’ha travolto come un uragano. In un certo senso, è riuscito a dargli uno scopo: aiutare un ragazzino solo e spaventato che non sapeva cosa farne di se stesso. E per quei confusi mesi estivi, accesi dall’eccitazione per la fine del liceo, ha anche funzionato, come relazione. Certo, David è sempre stato schivo nei suoi confronti, come se sentisse il bisogno di nascondersi. È capitato poche volte che si sia confidato con lui, ma Kurt l’ha sempre attribuito ad un’insicurezza più che giustificata, non all’ipotesi che Dave potesse, effettivamente, non amarlo.
E se fosse stato davvero così?
Si prende la testa tra le mani, lasciandosi cadere sul materasso con un gemito sofferente.
Lui non ha idea di come sia, davvero, innamorarsi. Come potrebbe sapere se sia innamorato di Dave o meno?
La solita vocina petulante e fastidiosa, gli fa notare che, comunque, David non è chiaramente innamorato di lui, o non l’avrebbe tradito. E, improvvisamente, si sente di nuovo estremamente piccolo e inutile.
Si trascina in bagno con passo pesante, prendendo il pigiama e lo spazzolino di malavoglia. Si prepara velocemente, prima di infilarsi sotto le coperte senza neanche guardare che ore siano.
Nel momento esatto in cui una lacrima gli rotola lungo la guancia e viene di nuovo oppresso dalla sensazione di non essere mai abbastanza, decide che, la sera prima di andare a dormire, non deve assolutamente pensare a niente.
Si rannicchia un po’ di più sul materasso, al caldo; tira su col naso.
Non ci vuole molto perché si addormenti.


*


Si sveglia stiracchiandosi indolentemente, accorgendosi con un mormorio di approvazione di essere piuttosto riposato.
Lancia un’occhiata al cellulare che ha lasciato acceso sul comodino: ci sono tre messaggi e due chiamate perse. Tutti di David.

2.09
Dobbiamo parlare, rispondimi.


2.10
Che fine hai fatto?

2.11
Non puoi continuare a scappare, fammi spiegare!


Elimina i messaggi con una buona dose di fastidio, prima di alzarsi con uno sbuffo; non sono nemmeno le otto, e già gli è precipitato l’umore sotto i piedi.
Si fa una doccia veloce prima di andare a fare colazione, rinchiudendo David e i suoi messaggi in un angolo nascosto della propria mente; quando torna in camera, afferra velocemente la tracolla e la guida che ha comprato il giorno prima in libreria; ed è in quel momento che lo folgora il ricordo di Blaine.
Blaine, il ragazzo carino che è riuscito a fargli dimenticare David.
Blaine, a cui ha chiesto se si sarebbero potuti rivedere il giorno dopo – oggi, quindi.
Sente l’improvviso bisogno di tornare in bagno a controllare l’acconciatura prima di uscire nell’aria pungente della mattina; nota con una certa dose di soddisfazione che la libreria è di strada per arrivare in Piazza del Duomo – che ha scelto come prima meta la sera precedente – e si avvia con passo baldanzoso.
Tutta l’eccitazione si spegne nel momento esatto in cui vede le saracinesche abbassate sulla vetrina della libreria; si avvicina con espressione delusa, e si mordicchia il labbro inferiore con disappunto quando legge che aprirà solo alle 9.30.
Non può certo stare lì ad aspettare un’ora, sarebbe ridicolo.
E cosa dovrebbe aspettare, poi?
Il ragazzo carino. Inutile che provi a negare.
Arriccia il naso in una smorfia infastidita, chiedendosi quando, esattamente, la sua mente abbia cominciato a remargli contro.
Be’, com’è che si dice? Se non puoi batterli, unisciti a loro.
Raggiunge un compromesso che gli pare accettabile: passerà in libreria la sera, al ritorno dal giro turistico. Così eviterà di sembrare troppo disperato.
Credo che tu ti sia bruciato la possibilità di non sembrare troppo disperato quando gli hai chiesto una guida di Firenze in inglese.
Grazie tante.

Si sforza di ignorare la propria mente – si sente anche un caso clinico da ricovero, nel farlo – e si rimette in marcia, seguendo di buona lena le indicazioni del fido Google Maps.


*



Non ci mette molto ad arrivare in Piazza del Duomo, e l’unica cosa che può fare una volta lì, è spalancare gli occhi e imporsi di non fare lo stesso con la bocca.
Si guarda attorno con meraviglia, cercando di non sembrare troppo stupido: si ricrede immediatamente su qualsiasi cosa abbia pensato di Firenze fino a quel momento, perché ora gli sembra di tutto fuorché piccola. È vero, quella piazza sembra contenere a malapena l’imponente Cattedrale e l’altro edificio – Battistero di San Giovanni, lo informa la guida che ha cominciato a sfogliare freneticamente per cercare di capire seriamente come sia possibile una costruzione così maestosa, fiera – ma mentre li osserva, mentre segue con gli occhi i disegni intricati di marmo verde, bianco e rosso, si ritrova assurdamente a pensare che tutta la grandezza di Firenze sia stipata nel Duomo.
I suoi piedi lo trascinano in avanti, e si ritrova a circumnavigare la Cattedrale con gli occhi incollati alle strutture più alte, alla cupola, al Campanile di Giotto, alla Lanterna, e si sente piccolo, piccolo come non mai, ma in modo curiosamente piacevole. Gli ci vuole una mezz’ora abbondante prima di concludere il giro, e si mette immediatamente in fila per entrare.
Quando finalmente oltrepassa la soglia, non può fare a meno di incollare lo sguardo al soffitto e perdersi nei meandri di quella bellezza.



*


Dopo il Duomo è la volta del Battistero, e si incanta per almeno dieci minuti ad osservare le porte dorate; vorrebbe allungare le dita e sfiorarle, ma non osa.
Una volta entrato, si arrende alla consapevolezza che passerà quei giorni a Firenze col naso per aria: il soffitto del Battistero è decorato interamente da un mosaico a sfondo dorato, e sembra quasi illuminare tutto l’ambiente.
Un sorriso estasiato gli arriccia inconsapevolmente le labbra, e non può fare altro che guardarsi lentamente attorno, quasi girando su se stesso; davanti a cose del genere, è semplice credere che ci sia ancora qualcosa di decente nel genere umano.


*



La giornata scorre via molto più velocemente di quanto non vorrebbe; visita anche Piazza della Repubblica, Piazza della Signoria – gli ci vogliono davvero almeno quindici minuti prima di allontanarsi dalla copia del David che è lì esposta, perché non riesce a smettere di chiedersi come sia possibile che si vedano i tendini delle mani ad una statua – e Piazza Santa croce – si sente un po’ intimidito nel trovarsi davanti la statua di Dante, e la osserva con una sorta di rispetto che gli sembra dovuto –, e l’omonima Basilica in stile gotico che gli toglie piacevolmente il fiato.


*


Quando si ritrova in Piazza del Duomo e si fa praticamente violenza fisica per non tornare a visitare la Cattedrale, si accorge che, nonostante siano da poco passate le cinque del pomeriggio, il sole è già calato quasi completamente.
Ma soprattutto, si rende conto con un pizzico di sgomento di non aver pranzato.
Certo, ha fatto una colazione piuttosto abbondante, ma adesso comincia ad avere decisamente fame.
E poi si ricorda di Blaine, e dell’accordo che è riuscito a raggiungere con se stesso quella mattina; non che se ne sia mai completamente scordato, ma è stato capace di accantonarlo piuttosto efficacemente.
Ora che hai fatto il bravo turista, torna dal ragazzo carino.
E quella voce imperiosa dovrebbe proprio smetterla.
Si rassegna ad obbedire con un sospiro, perché in fondo è quello che vuole anche lui; in maniera assurdamente confusa, astratta, inconcepibile e folle. Ma ha voglia di parlare con Blaine.
Si avvia verso la libreria con calma, guardandosi attorno placidamente; è una cosa che i fiorentini non fanno, ha notato.
I turisti si riconoscono subito: passano tutto il tempo con lo sguardo verso l’alto, esattamente come ha fatto lui; i fiorentini, invece, preferiscono camminare di corsa col naso incollato all’asfalto. Insomma, come fanno a non accorgersi di tutto quello che li circonda?
Ci riflette un attimo, e arriva alla conclusione che, molto probabilmente, nemmeno lui a New York fa più caso a tutte le meraviglie che lo circondano; si ripromette con decisione che, d’ora in poi, ci farà più attenzione, prima di spingere la porta della libreria.
Il calore lo avvolge immediatamente in maniera piacevole, ma sale immediatamente al piano superiore senza farci caso, dove si trova il bar.
Il cuore comincia a battergli un po’ più velocemente nel momento in cui scorge una massa di ricci che volteggia tra i tavolini non troppo affollati, e si sente un po’ stupido prima di imporsi di non starci a pensare troppo.
Sta ancora decidendo se sia il caso o meno di avvicinarsi per salutarlo, quando gli occhi dorati di Blaine lo scorgono con uno scintillio entusiasta.
“Kurt!” esclama, raggiungendolo immediatamente.
“Ehi” risponde lui, un po’ meno convinto.
“Quando non ti ho visto, stamattina, ho seriamente pensato che ti fossi perso da qualche parte.” Blaine gli rivolge una smorfia giocosa, a cui Kurt risponde fingendosi offeso “Firenze non è abbastanza grande da potercisi perdere” ribatte convinto.
“Vero” ridacchia Blaine “Ma non farti sentire dai fiorentini” aggiunge, in tono cospiratorio “Tendono ad essere molto suscettibili.” Annuisce con aria saggia.
“Se lo possono permettere” sospira Kurt, sedendosi al tavolino libero più vicino “Con una città del genere!”
Blaine gli sorride con dolcezza “Sei arrivato solo da due giorni, e già ti ha conquistato?”
“Certo!” esclama Kurt con convinzione “Voglio dire, il David ha i tendini, Blaine, i tendini! Ed è una statua. E vogliamo parlare della Cupola del Duomo? Ho smesso di guardarla solo perché cominciava a girarmi la testa!”
Quando abbassa lo sguardo, arrossisce nel notare il sorriso dolce con cui Blaine lo sta scrutando, divertito “Ma come, non vuoi continuare a parlarmi delle mattonelle di Palazzo Vecchio?” gli chiede sarcastico, con una linguaccia.
Kurt alza gli occhi al cielo “Non sei simpatico” borbotta, fingendosi offeso.
Blaine si stringe nelle spalle “Be’, non posso essere bello, talentuoso e simpatico.” Sospira, con finta drammaticità.
“Giusto” annuisce Kurt con una punta di divertimento, prima di accorgersi di avergli implicitamente dato di bello. Non che non lo sia, ma forse non è il caso di sbandierare la cosa così ai quattro venti.  “Dunque, cameriere” continua velocemente, cercando di stemperare la tensione “Vuole continuare a fare conversazione o ha intenzione di cominciare a guadagnarsi lo stipendio?” gli chiede, con una finta aria di rimprovero.
Blaine si mette scherzosamente sull’attenti “Ai suoi ordini!”
Kurt si gratta il mento con aria pensosa “Dunque … Non ho pranzato” specifica, scrutando il soffitto “Cosa mi consiglia la casa?”
Blaine finge di pensarci “Panini. Abbiamo un sacco di panini.” Dice alla fine, annuendo con aria saggia.
“Vada per un panino, allora.” Risponde Kurt, con la stessa aria grave.
Blaine si morde il labbro cercando di nascondere un sorriso, prima di annuire e allontanarsi velocemente; quando torna, poco più di un minuto dopo, gli tende fieramente un piccolo piatto su cui sono adagiati due toast.
“Specialità fiorentina, eh?” lo prende in giro Kurt, addentando uno dei panini.
“Puoi scommetterci” ammicca Blaine, lanciandosi velocemente un’occhiata alle spalle “Finisco di occuparmi dei clienti. Tu … Resti qui?” per la prima volta sembra vagamente insicuro, e Kurt non può fare a meno di esultare interiormente; perché, poi, non lo sa nemmeno lui.
“Be’, se me lo chiedi così …” si stringe nelle spalle, e Blaine gli lancia un’occhiata allegra “Torno subito.”
Kurt non può fare a meno di osservarlo, tutto sorridente mentre serve i clienti della libreria; non pensa a Dave, non pensa a niente. Sente solo che gli si sta sciogliendo un nodo nello stomaco che non si è mai accorto di avere.
Sciocco romantico. Canticchia allegramente una vocina nella sua testa.
Per la seconda volta, ha la netta sensazione di essersi fregato con le proprie mani.



****



Note:
E' l'ottantesima volta che provo a pubblicare; vediamo se ce la faccio °-°
Dunque; spero che il rapporto Kurt/Dave sia diventato un po' più chiaro grazie all'aiuto della nostra fidata Rachel, perché è importante per lo sviluppo della storia :)
Ovviamente, grazie a Locked (andate a leggere le sue storie, meritano davvero!) e a tutte le personcine adorabili che hanno recensito lo scorso capitolo **
Seriamente, non so come dirvi che vi adoro. Profondamente *w*
Tante caramelle per tutti!
(Scusate, sono isterica; domani ho la simulazione di seconda prova [aka, 4 ore di versione di greco, yay!]; è anche per questo che ho pubblicato, direi. Ho bisogno di sostegno morale ç_ç)
Bene, basta; queste note sono troppo lunghe.
Vado a rintanarmi nel mio angolino, fatemi sapere, per favore! 
Un bacione a tutti!



 


 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Love doesn't care about odds.
Capitolo V





Quindi avete parlato per due ore, eh?
“Già” sospira Kurt, lanciando un’occhiata sconfortata alla fila infinita di fronte a lui.
E ancora non gli hai chiesto di uscire?!”
“Rachel, abbiamo parlato. Capisci? Parola chiave, parlato. Non ci siamo dichiarati amore eterno.” Sbuffa, scrollando il capo perché, in effetti, non sarebbe poi tanto male … No, non può pensarci. Ma che gli salta in mente?
Ah, certo.” Borbotta sarcasticamente la ragazza “E di cosa avete parlato?
“Be’, un po’ di tutto.” Borbotta Kurt, evasivo “Di Firenze, del suo trasferimento. Mi ha raccontato dell’appartamento minuscolo in cui vive …”
Passa al sodo, non mi freghi.
“Non c’è nessun sodo, Rachel!” sbotta, arrossendo improvvisamente per il terribile doppio senso che gli è appena venuto in mente “Abbiamo solo parlato un po’ del Liceo, dell’Ohio, di New York, di come sarà la NYADA … Niente di che, davvero.”
Mh.” Commenta seccamente lei, evidentemente poco convinta “E com’è stato?” gli chiede a bruciapelo dopo qualche secondo.
Non riesce a fermare la parola che gli rotola sulla lingua come se fosse dotata di volontà propria “Incredibile” mormora debolmente, rendendosi conto troppo tardi di ciò che ha effettivamente detto.
Ah-ha.” Gongola Rachel, improvvisamente molto più attenta “Cioè?”
Kurt vorrebbe prendersi a pugni da solo – lo sa perfettamente che non dovrebbe dire certe cose, decisamente non a Rachel – ma ormai il danno è fatto; sospira, sconfitto. “Non lo so, è che … Ci capiamo così bene su tutto che fa quasi paura. Insomma, lo conosco da due giorni Rachel, due giorni. Non penso sia il caso di montarsi la testa, però è sempre così carino, e ammiccante e … Non lo so, Rachel.” Esala frustrato “Questa cosa è folle.” Decreta poi, con aria decisa, ignorando l’occhiata indagatrice che gli rivolge la donna di mezza età in fila davanti a lui “È solo un ragazzo che ho conosciuto. Cioè, no, nemmeno l’ho conosciuto. Ci ho parlato per qualche ora.”
Che è comunque più di quanto tu abbia mai parlato con David.” Sottolinea Rachel, con aria vagamente compiaciuta.
Kurt emette uno sbuffo esasperato.
Senti tesoro.” Inizia Rachel con tono deciso “Mi hai chiamata alle sei di mattina. Adesso ascolti quello che ti devo dire, va bene?
“Va bene” mugugna lui, preparandosi psicologicamente.
Bene.” Rachel si schiarisce la voce “Abbiamo già constatato che la storia tra te e Dave è stata una sbandata. Una terribile ma perdonabile sbandata di cui dobbiamo assolutamente scordarci perché ci rovina l’umore. Quindi, mettilo da parte. Smettila di pensare a lui e a quello che ha fatto. È stato solo un idiota che non ti meriterà nemmeno tra un milione di anni. Chiaro?”
“Chiaro.” Mormora Kurt, un po’ intimorito, un po’ abbattuto.
Molto bene. Adesso, passiamo al ragazzo carino. Mi sembra piuttosto chiaro che a te lui piace.
“Sì, ma non –”
E” lo interrompe Rachel con tono minaccioso “tu piaci a lui, anche questo mi sembra piuttosto chiaro.
“Ah sì?” pigola lui.
Sì, tesoro, sì.” Risponde lei, spazientita “Quindi, quale sarebbe il problema?
“È tutto sbagliato!” sbotta lui, mandando al diavolo qualsiasi parvenza di contegno “Insomma, non lo conosco nemmeno, ed è tutto così … complicato!”
Certo che non lo conosci!” esclama lei, esasperata “È per questo che le persone escono e si incontrano, per conoscersi! Lui ti trova carino, tu lo trovi carino, sei in vacanza, divertiti Hummel, per l’amor del cielo!”
Kurt ammutolisce, improvvisamente in soggezione. “Agli ordini” pigola, intimorito.
Molto bene.” gongola Rachel, soddisfatta “Chiamami quando si sarà concluso il tutto. Voglio i dettagli sconci.”
Kurt per poco non si strozza con la propria saliva, ma la ragazza non gli lascia il tempo di ribattere “Ora vai, e divertiti ai tuoi Offici.”
“Uffizi, Rachel. Uffizi.” La corregge lui debolmente, ancora vagamente intontito.
Quello che è. Un bacione, tesoro! Divertiti. Smettila di fare l’adulto.”
“Senz’altro” mormora Kurt, riattaccando dopo qualche secondo.
Non sa esattamente a cosa abbia appena acconsentito, ma non sembra niente di buono.


*


Primavera di Botticelli. Non è difficile, puoi farcela.”
“Okay” Kurt assume un’espressione concentrata “Primavera” dice, molto lentamente, sillabando con attenzione “di Botticelli.
Blaine scuote il capo, rassegnato “La c è dolce. Botticelli.
Kurt si abbandona contro lo schienale della sedia con aria stanca “Dillo che ti diverti a correggere la mia pessima pronuncia.”
Blaine ridacchia con una certa soddisfazione “Sì. Parecchio.” Annuisce, lanciandogli un’occhiata che Kurt non riesce a decifrare.
“Quindi, mi stavi dicendo; oltre alla Primavera di Botticelli, che altro hai visto di bello?” Blaine poggia il capo su una mano mettendo su un’aria attenta.
Kurt si riscuote dopo qualche secondo passato a scrutare quegli occhi dorati – Possibile che Rachel abbia ragione? – e comincia a parlare con un sorriso emozionato “La nascita di Venere, la Medusa, Raffaello, Leonardo, Goya, le statue di Piazza della Signoria.” Gli occhi gli brillano un po’ “Questa città è così piena di arte!”
Blaine lo sta osservando con un sorriso dolce “Non è da tutti notarlo.”
Kurt arrossisce un po’ “Oh, lo noterebbe anche un cieco” borbotta, allontanando lo sguardo da quegli occhi dorati che stanno diventando fin troppo familiari.
Cala un silenzio strano, in cui entrambi riescono a rilassarsi solo in parte; non possono fare a meno di rimanere vigili, almeno un po’.
Blaine lo guarda per un po’ da sotto le lunghe ciglia mordicchiandosi il labbro inferiore, come se stesse decidendo qualcosa di importante. “Posso portarti in un posto, domani mattina?” chiede di getto, facendolo quasi sobbalzare “Insomma, sono sicuro che ci andrai anche da solo, ma c’è un’ora in cui è … speciale.”
Kurt cerca di non boccheggiare, cercando di capire se sia successo effettivamente quello che crede “Se sei un serial killer, il tuo modo di adescare vittime non è proprio il massimo” mormora, cercando di guadagnare tempo per ricomporsi – almeno in parte.
Blaine ridacchia, un po’ più rilassato “Sono così trasparente?” chiede, lanciandogli un’occhiata vagamente maliziosa, che lo fa arrossire – perché non fa altro che arrossire, maledizione?
“Che ci vuoi fare” Kurt scrolla le spalle, mentre la tensione gli scivola lentamente di dosso; non può fare a meno di notare che, in questo modo, si stanno allontanando dalla domanda principale.
“Sì, be’ …” Blaine si gratta la nuca, imbarazzato “Non volevo metterti a disagio, però, insomma … Credo che ti piacerebbe, ecco.  Ma se non ti va basta dirlo, davvero, non mi offenderò e potrai continuare a prendere lezioni gratis di italiano.”
“Non esagerare” ridacchia Kurt, riflettendo velocemente: cos’ha da perdere? Niente. Assolutamente niente. È vero, non si conoscono, ma hanno già parlato tanto, che male ci sarebbe?
Divertiti. Smettila di fare l’adulto.
Solleva lo sguardo per incrociare gli occhi ansiosi e pieni di aspettative di Blaine “Sì” soffia, prima di schiarirsi la voce e ripetere con un po’ di sicurezza in più “Sì, mi farebbe davvero piacere.”
Sul viso di Blaine si apre un sorriso entusiasta e contagioso “Però dovremo andare presto” lo avvisa.
“Quanto presto?” pigola Kurt, improvvisamente più apprensivo. Ha davvero bisogno di dormire; insomma, Firenze è piccola, sì, ma camminare tutto il giorno l’ha stancato non poco, e ha davvero voglia di una doccia lunghissima e di una sosta al buffet.
“Sette e mezzo fuori dal tuo hotel?” La voce di Blaine si fa piccola, e gli rivolge un sorriso quasi di scuse.
“Sette e mezzo?” ripete Kurt, vagamente incredulo. Deve star scherzando. Lui nemmeno esiste alle sette e mezzo di mattina.
“Prometto che ne varrà la pena!” cerca di convincerlo Blaine, gli occhi dorati spalancati e un po’ lucidi. Kurt è piuttosto sicuro che occhiate supplicanti del genere siano vietate da qualche legge, soprattutto perché quasi non si accorge di quando solleva gli occhi al cielo e sbuffa un “E va bene” che dovrebbe essere una sorta di gentile concessione – e sembra più un’adesione entusiastica.
Magari ne vale la pena per il sorriso che si disegna un secondo dopo sulle labbra di Blaine. “Perfetto. Se mi dai l’indirizzo ti passo a prendere.” Sembra riflettere per un attimo “A piedi, ovviamente.” Aggiunge “Ma ti offro la colazione. Promesso.”
“Sarà meglio per te” borbotta “Senza caffeina mi dovrai portare in braccio.”
Blaine gli rivolge un enorme sorriso “Potrei farlo. Ne varrebbe la pena.”
Kurt è sicuro che stia parlando del posto in cui vuole portarlo. Per quello ne varrebbe la pena. Non per lui. Non sa nemmeno perché l’abbia pensato.
Senz’altro.


*


“Va bene. Sono pronto.” Si drappeggia più elegantemente la sciarpa attorno al collo e prende la tracolla poggiata sul letto, lanciando un’occhiata al cellulare prima di farlo scivolare nella tasca del cappotto: sono le 7:28.
Prende un respiro profondo, cercando di far rallentare il battito del proprio cuore; okay, ha quasi vent’anni. Questo non vuol dire che non possa sentirsi emozionato come un quindicenne, no? Forse a quindici anni non si è mai nemmeno sentito così. Forse prima di un appuntamento con David non si è mai sentito così.
Forse non ci deve pensare proprio in questo preciso frangente.
Si aggiusta un’ultima volta i capelli con un’occhiata soddisfatta: è riuscito a dormire abbastanza da non avere nemmeno l’ombra di un’occhiaia. Sembra tutto incredibilmente, indiscutibilmente perfetto.
Finché non squilla il telefono.
Lo tira fuori dalla tasca del cappotto vagamente sorpreso: chi potrebbe mai chiamarlo a quell’ora? In America è l’una di notte.
Aggrotta le sopracciglia nel vedere che la chiamata in arrivo è da un numero sconosciuto, e non può fare a meno di sentirsi in ansia.
“Pronto?” risponde velocemente, cercando di non andare nel panico.
Kuuuurt!
Non gli ci vuole molto per riconoscere la voce strascicata e confusa “David” mormora, con un filo di voce. Sente immediatamente il bisogno di riattaccare, non vuole pensare che sia stato tutto inutile, che basti soltanto il suono della sua voce per distruggere quella pace precaria e delicata che è riuscito a creare con così tanta fatica.
Già.” Biascica “Allora ti ricordi come mi chiamo.” Ridacchia, e Kurt realizza in quel momento che David è completamente ubriaco.
Doooove seeei, Kurt? Dove sei scappato?
“Non ti riguarda” risponde flebilmente, maledicendo la propria debolezza.
Invece sì.” Risponde David, con tono improvvisamente rabbioso “Mi riguarda. Sei mio, ricordi?
“Ti sbagli” ribatte Kurt, con più determinazione, facendosi forza “Io non sono di nessuno. Men che meno tuo.”
Non ce l’avrai ancora con me per quella scappatella!” esclama Dave, con tono consapevole, come se avesse appena realizzato il problema. “Gli altri non contano nulla, Kurt, sul serio. Io voglio te. Voglio solo te.”
“Gli altri?” mormora Kurt, mentre il sangue gli si gela lentamente nelle vene “Quanti altri, David? Quanti altri ci sono stati?” sussurra, ma non vuole davvero sapere la risposta. Non sarebbe in grado di sopportarlo.
Il silenzio dall’altro capo del telefono gli sembra una risposta sufficiente, la consapevolezza lo colpisce come una pugnalata.
Allontana il cellulare dall’orecchio con uno scatto e riattacca immediatamente, rendendosi conto solo in quel momento di avere gli occhi lucidi.
Inspira profondamente, cercando di calmarsi e di non piangere, maledizione, non piangere per lui, perché non ne vale la pena. È come ha detto Rachel. È stato solo un errore, adesso è finita.
Quella consapevolezza lo stordisce leggermente; certo, l’aveva già capito che era finita. Forse anche prima di aver trovato David a letto con un altro. Ma lo realizza pienamente solo in quell’istante, e vorrebbe solo affondarsi le mani nei capelli e smettere di pensare, quando si ricorda dell’appuntamento con Blaine.
Merda. Merda. No, okay, respira. Respira.
Non può lasciare che David gli rovini anche questo, non quando sono a nove ore di distanza, non quando David l’ha tradito con chissà quanti altri ragazzi. Non può e, soprattutto, non vuole.
Deve solo fare un respiro profondo e ricomporsi. Riuscirà a non pensarci e lasciarsi tutto quello alle spalle. Deve riuscirci.
“Latte macchiato!”
Blaine gli si fa incontro nell’atrio deserto con un enorme sorriso, tendendogli un bicchiere di carta caldo che ricorda molto quelli americani.
Sul volto di Kurt si dipinge un sorriso dolce ma scombussolato “Grazie” sussurra, avvolgendo le mani attorno alla bevanda “Non dovevi.”
“Te l’avevo promesso” Blaine si stringe nelle spalle, ricambiando il sorriso.
Segue qualche secondo di silenzio, e per fortuna Blaine decide di spezzarlo, perché Kurt sente che potrebbe ricominciare a pensare in qualsiasi momento, e non ne ha davvero la forza “Andiamo?” gli chiede semplicemente, e sembra davvero emozionato.
Kurt annuisce con un piccolo sorriso che non gli accende davvero gli occhi, e si incammina dietro Blaine cercando di scacciare quel senso di fastidio e amarezza. Ma non ci riesce.


*


“Adoro la contemplazione della bellezza in silenzio. Ma non ti pare che stiamo esagerando?”
Kurt solleva lo sguardo dalle ultime gocce di latte macchiato, incrociando gli occhi dorati di Blaine, e non può fare a meno di sentirsi profondamente in colpa “Mi dispiace” dice immediatamente, riscuotendosi “Sto sbagliando tutto, vero?” chiede, con un debole sorriso; non è così sicuro che stia parlando solo del proprio mutismo.
“No, certo che no” risponde Blaine con una delicatezza che gli fa venire voglia di tirarsi qualcosa sui denti da solo, perché non può comportarsi così con un ragazzo così terribilmente gentile. “Mi chiedevo solo se avessi davvero voglia di venire con me o se non avessi cambiato idea.”
“No, davvero, non è questo!” si affretta a ribattere Kurt “Voglio davvero essere qui. Con te.” Arrossisce, ma per una volta decide di ignorarlo “Mi dispiace” scrolla il capo, senza sapere davvero cosa vorrebbe dire.
“Non fa niente” la voce di Blaine è delicata, comprensiva “L’importante è che tu non abbia cambiato idea.”
Kurt gli rivolge un sorriso più convinto dei precedenti “No. Assolutamente no.” Gli assicura.
Blaine si limita a rivolgergli un altro sorriso.


*


“Giuro che non mi voglio lamentare” sbuffa Kurt, la voce leggermente affannata per la strada in salita. “Ma manca ancora molto?”
Blaine ridacchia “Per caso sei stanco?” gli rivolge un’occhiata divertita.
“Chi? Io?” Kurt sbuffa – o almeno, ci prova; quello che gli viene fuori somiglia molto di più ad un rantolo – “Cosa te lo fa pensare?”
“Le tue guance adorabilmente rosse” Blaine ammicca, e a Kurt ci vuole qualche secondo prima di rendersi conto di essersi fermato nel bel mezzo del marciapiede.


*



“Bene” Blaine si ferma all’improvviso, e Kurt per poco non gli finisce addosso. “Siamo arrivati. Adesso, chiudi gli occhi.”
Kurt gli rivolge un’occhiata scettica, riprendendo fiato come se avesse appena corso una maratona “Ti ho già parlato delle tue pessime chance di diventare un serial killer, vero?”
“Potresti aver accennato qualcosa a riguardo, sì.” Annuisce Blaine, rimanendo ostinatamente piantato in mezzo al marciapiede con le mani sui fianchi.
“E va bene” sbuffa Kurt dopo qualche secondo, capendo che comunque sarebbe impossibile averla vinta con quel ragazzo. Chiude gli occhi, cercando di non pensare a quanto gli piacerebbe potersi addormentare lì. In piedi. Nel bel mezzo di un marciapiede.
Ma all’improvviso avverte le mani di Blaine che gli premono gentilmente sulla schiena, e non crede di essersi mai sentito così sveglio.
Deglutisce, imponendosi di non comportarsi come una dodicenne, perché deve mantenere una certa dignità. Quella che gli resta, insomma.
“Non stai sbirciando, vero?” chiede Blaine con voce severa, e okay, è molto più vicino di quanto Kurt non si sarebbe mai aspettato, e la cosa gli fa correre un brivido piacevolmente caldo lungo la schiena.
“N-No” riesce a borbottare alla fine, ed è abbastanza sicuro che Blaine si sia accorto di quel suo balbettio, perché sente che cerca di soffocare una risata.
“Manca poco” mormora Blaine, ed è ancora troppo vicino.
“Okay” dice di nuovo, dopo qualche passo “Puoi aprire.”
Kurt prende istintivamente un respiro profondo prima di aprire gli occhi.
La prima cosa che vede è il Duomo, che campeggia con aria goffa e maestosa.
Un secondo dopo si rende conto di star osservando tutta la città, pigramente accarezzata dai primi raggi del sole, con l’Arno che brilla sotto i suoi occhi e i tetti rossi degli edifici che lo fanno sentire stranamente a casa.
Piazzale Michelangelo.” Sussurra, estasiato, riconoscendo il famoso spiazzo attorno a sé – che in effetti  aveva già inserito nella lista dei posti da visitare – e lascia correre lo sguardo sulla torre di Palazzo Vecchio, le colline che circondano la città, Ponte Vecchio, tutto. Può abbracciare tutta la città con un solo sguardo.
Si appoggia con i gomiti alla ringhiera in pietra, per un attimo senza pensieri.
“Che te ne pare?” gli chiede Blaine, avvicinandosi con un sorriso esitante.
“È magico” sussurra Kurt in risposta, sospirando.
Seguono pochi minuti di silenzio, durante i quali il sole sorge completamente, illuminando lentamente tutta la città.
“Mi ha tradito” mormora all’improvviso Kurt, sollevando il capo.
Non sa davvero perché l’ha detto. Nemmeno gli importa. Voleva solo dirlo ad alta voce, un’altra volta. Voleva che diventasse reale.
Blaine si gira verso di lui con un’espressione interrogativa.
“Il mio ragazzo” spiega Kurt, quasi sovrappensiero “Mi ha tradito. Mentre io ero a New York e lui a Lima. Mi ha tradito. Più volte. È per questo che sono scappato qui. Volevo solo … andare via. Lasciarmi tutto alle spalle.” Scrolla il capo con amarezza “Non ha funzionato.”
“Perché?” sussurra Blaine con delicatezza. Non gli chiede come l’abbia scoperto, non gli chiede chi sia lui, non gli chiede niente. Lo aiuta solo a parlarne.
“Perché sembra capace di raggiungermi ovunque solo con una telefonata” sussurra, mentre le lacrime gli pungono fastidiosamente gli occhi.
Blaine si mordicchia il labbro inferiore, quasi indeciso “Lo ami ancora?” gli chiede alla fine, con delicatezza.
Kurt distoglie lo sguardo, perché non pensa che sarebbe in grado di dirlo guardandolo negli occhi “Non penso di averlo mai amato.” Sussurra. E dirlo ad alta voce lo fa sentire improvvisamente leggero.
“Credevo di amarlo” continua a spiegare, cogliendo la confusione sul volto di Blaine “Insomma, ero …” ridacchia nervosamente “Eravamo al liceo, tutto sembrava … Così complicato. Era bello avere … qualcuno. Chiunque.” Si strofina una guancia, sentendosi un po’ … “Patetico.” Scuote il capo “E scoprire che non sono stato abbastanza nemmeno per questo …” deglutisce “Non lo so. Fa solo schifo.” La voce gli si affievolisce, e non può fare a meno di arrossire.
Perché gliel’ha detto? Rachel lo ucciderà quando glielo racconterà.
Solleva lo sguardo, sorpreso, nel momento in cui Blaine gli si avvicina con un sorriso dolce, sfiorandogli la spalla “Non potevi essere tu a non essere abbastanza.” Gli dice con naturalezza “E non è affatto patetico.”
Alle labbra di Kurt sfugge una risata lacrimosa “Sei solo troppo educato.” Mormora, scuotendo lievemente la testa.
“Affatto!” nega Blaine con aria offesa “Io sono la quint’essenza della maleducazione.”
Kurt si mordicchia il labbro, cercando di trattenere un sorriso; Blaine gli scocca un’occhiata soddisfatta “Lo vedi? Solo un idiota tradirebbe un sorriso così.”
Kurt solleva lo sguardo, sorpreso, col cuore curiosamente incastrato sotto il pomo d’Adamo.
“Grazie” mormora, anche se forse non è la cosa più appropriata da dire.
“È la verità” ribatte Blaine con semplicità, scrollando le spalle.
“No, io …” Kurt si torce nervosamente le dita, osservando il fiume che sembra così vicino “Per tutto.” Si schiarisce la voce “Grazie per tutto.”
Blaine gli rivolge un sorriso dolce “Se avessi voglia di parlarne …”
“In realtà voglio solo dimenticarmene il più possibile.” Gli assicura Kurt, con un sorriso quasi sofferente.
Sul volto di Blaine si disegna un’espressione pensierosa, che si apre in un sorriso pochi secondi dopo “Da domani prendo qualche giorno di ferie” gli dice, esitando solo un attimo “Ti andrebbe di continuare il giro turistico con me? Prometto di non svegliarti più all’alba” aggiunge velocemente, cercando di esorcizzare la tensione che gli ha annodato improvvisamente lo stomaco.
Kurt sembra esitare per qualche secondo, ma un lampo di decisone gli attraversa lo sguardo quando annuisce con un sorriso felice “Sì” risponde, quasi senza fiato “Sì, mi andrebbe.”



****



Note:
E dunque, eccomi qui :D
Note veloci, promesso.
Volevo solo dirvi che sono molto nervosa riguardo questi capitoli, perché ho trovato abbastanza difficile descrivere il rapporto Blaine/Kurt e Kurt/Dave, quindi mi farebbe molto piacere se mi diceste cosa ne pensate degli sviluppi :)
Grazie a Locked, come sempre, e a tutti voi. Siete davvero fantastici!

Siete pronti per un giro turistico? :D

A venerdì, credo!
Fatemi sapere cosa ne pensate :)
Un abbraccio!
P.S. E buon Glee, soprattutto ** Solo due giorni **

 

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Quando mai rispetto le date di aggiornamento?
Suvvia.


 

Love doesn't care about odds.


 

Blaine lo porta a vedere anche Ponte Vecchio, nel momento in cui il sole è sorto completamente e sta illuminando tutti gli edifici che si affacciano sull’Arno, stranamente brillante.
E parlano.
Kurt non crede di aver mai parlato così tanto, senza parlare veramente di niente di serio.
Ma soprattutto, non credeva possibile che qualcuno potesse parlare tanto quanto Blaine. Eppure ora si deve ricredere, perché Blaine non smette un attimo di parlare, di ridere, di farlo ridere, di gesticolare, di passarsi una mano tra i ricci disordinati quando si sente vagamente in imbarazzo.
Non si ferma nemmeno un secondo, e Kurt, mentre è impegnato ad asciugarsi gli occhi che stanno leggermente lacrimando per l’ennesima risata che gli sta lasciando le labbra, si rende conto che, probabilmente, Blaine lo sta facendo per lui. Sta solo cercando di distrarlo.
E Kurt non può fare a meno di sentirsi il petto colmo di gratitudine mentre osserva quel ragazzo forse non più così sconosciuto che si esibisce nell’ennesima smorfia esilarante e priva di senso.


*


 
Kurt ha spento il telefono la sera prima; ha inviato un messaggio a Rachel e a suo padre – a Rachel per raccontarle di Blaine, a suo padre per fargli sapere che è ancora vivo – e adesso si sente infinitamente più tranquillo.
David non lo può più raggiungere, lui ha appena finito di fare una colazione quasi faraonica e sta aspettando Blaine col naso affondato nella sciarpa fuori dall’hotel.
“Sei pronto, straniero?”
Si volta con un sorriso al suono di quella voce, e non può fare a meno di sentirsi sinceramente felice.
“Prontissimo.”
 

*


“Blaine?”
“Mh?”
“Ma stiamo andando alla Stazione perché vuoi implicitamente suggerirmi di tornare a casa?”
Blaine sbuffa, lanciandogli un’occhiataccia “No, simpaticone.”
“Va bene” Kurt riflette un attimo, ma non riesce a venirne a capo “Allora perché stiamo andando alla Stazione?”
“È una sorpresa” risponde lui, alzando orgogliosamente il mento.
Kurt inarca un sopracciglio con aria scettica, ma non insiste.
Si limita a seguire l’altro ragazzo all’interno dell’edificio squadrato, avvicinandoglisi un po’ di più in maniera istintiva per evitare di essere trascinato via dalla folla.
Solleva lo sguardo quando Blaine si ferma, e gli rivolge un’occhiata interrogativa; Blaine si limita ad indicargli con fierezza l’enorme albero di Natale che Kurt ha già notato quando è arrivato.
Quello che non aveva notato, sono i fogli poggiati sull’albero e che coprono poco meno di due metri sulla parte inferiore.
Si avvicina lentamente, tendendo la mano per sfiorare la carta, e si accorge che non sono solo fogli; tovaglioli, fazzoletti, di tutto. E su ogni foglio, tovagliolo, fazzoletto, biglietto del treno, ci sono frasi, parole; alcune non le capisce, perché sono scritte in italiano, in giapponese, in spagnolo, in francese, in arabo. Legge invece con un sorriso meravigliato quelle scritte in inglese, mentre Blaine lo osserva, quasi in attesa.
C’è scritto di tutto; dai banali “Speriamo di tornare presto!”, “Firenze è una città bellissima!” ai più sdolcinati “Ti amo”, “Spero che rimarremo insieme per sempre” fino ai più rassegnati “Spero che torneremo insieme”, “Vorrei che tu tornassi”.
Legge quello che può, girando attorno all’albero illuminato dalle luci dorate, e quando ha finito di leggere quelle in inglese si volta verso Blaine con un’espressione inconfondibile; e infatti, il ragazzo sbuffa alzando gli occhi al cielo, ma sta sorridendo “Sì, sì, te le traduco” gli dice con tono accondiscendente, rivolgendogli una linguaccia.
Kurt si limita ad affiancarlo con un’espressione entusiasta, e Blaine gli rivolge una finta occhiata esasperata prima di concentrarsi sulle scritte in italiano “Uhm … Allora, questa dice ‘Babbo Natale, farci passare l’esame di chimica no?’” ridacchia, e Kurt con lui, prima di passare a tradurre le successive “‘Fate tornare insieme Sherlock e Jhon’, ‘Buon Natale a tutti, belli!’, ‘Caro Babbo Natale, pretendiamo Harry Potter sotto l’albero’, ‘Caro Trenitalia, vorrei un treno in orario!’, ‘Vorrei un aumento, grazie’, ‘Caro Babbo Natale, ho fatto il bravo: mi porti il pupazzo che ti ho chiesto nella lettera?’, ‘Vorrei che si accorgesse di me’.” Blaine si interrompe e gli lancia un’occhiata strana che Kurt non riesce a decifrare “Cosa?” chiede, confuso.
Blaine scuote leggermente il capo, con un sorriso vago “Niente.” Si gira di nuovo verso l’albero, allungandosi per raggiungere i biglietti più in alto, e Kurt non può trattenere una breve risata “Non starai ridendo di me!” lo rimbecca Blaine, voltandosi verso di lui con espressione offesa.
“No no” risponde Kurt, riassumendo un’aria vagamente seria che non riesce a convincere Blaine nemmeno un po’.
Il ragazzo emette uno sbuffo indignato, rivolgendo lo sguardo orgogliosamente offeso all’albero di fronte a loro.
Kurt sente che il cuore gli manca un battito – o anche più di uno – mentre osserva gli occhi caramellati di Blaine che riflettono le luci dorate dell’albero, e non può fare a meno di pensare che non sono molte le volte in cui si è sentito così in pace. Felice. 


*



“Seconda tappa: la Fontana del Porcellino!”
“Come, scusa?”
“La Fontana del Porcellino” ripete Blaine, impassibile.
“Del Porcellino?” fa eco Kurt, scettico.
“Sì. Hai qualcosa contro il Porcellino?”
“No no.” Assicura velocemente Kurt, seguendo Blaine tra la folla che circonda una statua.
“Sarà meglio” Blaine gli scocca una finta occhiataccia, prima di indicargli la statua in bronzo. “In realtà, è un cinghiale. Ma la chiamano del Porcellino.
“Okay” risponde Kurt lentamente, osservando con scetticismo un turista baffuto che sta strofinando energicamente il naso del cinghiale.
Blaine ridacchia nel cogliere la sua espressione “Si dice che porti fortuna” gli sussurra in un orecchio, facendolo rabbrividire leggermente “Dopo aver strofinato il naso devi inserire una moneta nella bocca; se la moneta, cadendo, oltrepassa la grata in cui si raccoglie l’acqua, ti porterà fortuna, altrimenti no.”
Kurt si gira verso di lui con un’espressione scettica pronta a disegnarsi sul suo viso, ma si ritrova le labbra piene di Blaine decisamente più vicine di quanto non si aspetti, e per un attimo si scorda di qualsiasi cosa che non sia il respiro dell’altro ragazzo che si infrange sulla sua pelle.
“M-Magari vale la pena provare” riesce a balbettare alla fine, abbastanza miseramente.
Blaine scuote la testa con un pizzico di confusione, e Kurt non può fare a meno di chiedersi se non ci abbia pensato anche lui ad annullare quella misera distanza tra loro; ma poi il ragazzo si riprende “Non funziona davvero.” Gli svela, ammiccando “L’inclinazione della testa del cinghiale fa in modo che solo le monete più pesanti cadano davvero oltre la grata.”
Sul volto di Kurt si disegna un’espressione a metà tra l’indignato e il deluso “Peccato. Mi avrebbe fatto comodo un po’ di fortuna.”
“Tentar non nuoce” sussurra Blaine, prima di afferrargli delicatamente la mano e, approfittando di un momentaneo vuoto di fronte alla statua, fargliela poggiare sul naso freddo del cinghiale.
Kurt non può fare a meno di sperare sinceramente che quella cosa porti fortuna, perché ne ha davvero bisogno, ora che il cuore gli sta battendo un po’ troppo velocemente e il respiro sembra volersi solo impigliare nei suoi polmoni.


*


“Blaine, è l’otto Gennaio. Non puoi seriamente pensare di prendere un gelato.”
“Lo penso eccome.”
“Finirai per sentirti male!”
Finiremo per sentirci male. Non credere di poterla scampare.”
“Oh, no, scordatelo. Non c’è alcuna possibilità che io mangi un gelato.”
“Certo, certo.” Blaine non sembra prenderlo particolarmente sul serio, perché un secondo dopo  stanno mettendo piede in una gelateria non troppo grande ma decisamente ben fornita.
“Blaine, sul serio, non –” Ma Blaine lo ignora e fa lo scontrino per due gelati, prima di voltarsi verso di lui con un sorriso che sembra più un ghigno estremamente soddisfatto.
Kurt sbuffa, esasperato, ma si arrende e comincia a scrutare con malcelata curiosità le montagne di gelato che ha di fronte.
Cosa vuole?
Kurt solleva lo sguardo sul commesso di fronte a sé, vagamente confuso; in realtà, ha capito quello che gli ha chiesto – ormai ha sentito quella frase abbastanza spesso –, ma non è sicuro di saper pronunciare correttamente i nomi dei gusti.
Si volta verso Blaine in cerca di aiuto, ma il ragazzo gli rivolge un ghigno beffardo, quasi di sfida; e Kurt non ha mai desistito di fronte ad una sfida.
Si gira verso il commesso con un’espressione più sicura “Voglio” dice, incerto “Mela verde” legge sull’apposito cartellino, aiutandosi con le immagini – e sentendosi un po’ stupido per questo – pregando di non star dicendo niente di offensivo “Pesca e menta.” Conclude, con un sospiro soddisfatto e sollevato.
Il commesso annuisce senza fare una piega, e dopo poco gli tende un cono con sopra una cupola di gelato. Non può fare a meno di osservarlo con uno sguardo a dir poco famelico, nonostante sia Gennaio e faccia piuttosto freddo; si volta verso Blaine con un sorriso soddisfatto, ma il ragazzo lo sta già osservando, divertito e … meravigliato.
“Guarda il maestro e impara” gli sussurra, riscuotendosi con aria fiera.
Kurt non è esattamente sorpreso dell’enorme cono pieno di tutti i gusti contenenti cioccolato che si trova meno di un minuto dopo tra le mani di Blaine.


*



“Okay, adesso dove mi stai portando?”
“Vedrai, è una sorpresa!”
“Blaine, se ti sei perso me lo puoi dire, davvero; non ti prenderò in giro.”
“Non mi sono affatto perso, Hummel.” Lo rimbrotta lui, continuando a camminare con aria spensierata “So perfettamente dove stiamo andando.”
“E sarebbe …?”
“Niente da fare. Non te lo dico.”
Kurt sbuffa alzando gli occhi al cielo, ma decide di desistere. Non che abbia molta scelta, comunque.
“Io …”
Solleva immediatamente lo sguardo nel sentire il tono incerto di Blaine.
“Ti stai divertendo, vero?”
Sul volto di Kurt si disegna un sorriso intenerito, perché Blaine non può umanamente essere così.
“Certo che sì” gli risponde con delicatezza, immediatamente ripagato dal sorriso sollevato che si apre sul volto di Blaine “Insomma, per poco non hai spiaccicato il tuo gelato sulla faccia di quella povera ed innocente vecchietta e ci siamo dovuti fermare per venti minuti perché tu dovevi chiederle scusa ma balbettavi troppo dall’imbarazzo. Come potrei non divertirmi?” Aggiunge subito dopo con naturalezza, stringendosi innocentemente nelle spalle.
Blaine inchioda nel bel mezzo della strada, arrossendo con aria oltraggiata “Tu – Tu – Tu!”
“Sì. Esatto.” Kurt gli rivolge un ampio sorriso “Balbettavi proprio così.”


*


“Okay, mi hai portato in un negozio di … saponi?”
“Non è un negozio di saponi qualunque.” Risponde Blaine con aria pomposa, tenendo aperta la porta del suddetto negozio; Kurt entra con un pizzico di esitazione, e viene immediatamente stordito dalla quantità e dall’intensità dei profumi che lo colpiscono.
Guarda piuttosto meravigliato le montagne di sapone solido dai colori sgargianti che lo circondano, e comincia a distinguere il profumo della menta, del miele, di agrumi.
Blaine lo trascina immediatamente con aria entusiasta verso alcuni contenitori di legno che contengono delle strane palle di sapone grandi quanto un suo pugno; senza dire una parola, Blaine afferra uno di quegli strani saponi e lo lascia cadere in una bacinella d’acqua, sorridendo come un bambino mentre osserva la palla scomparire in un mare di schiuma con uno sfrigolio.
“Sembri un bambino” ridacchia infatti Kurt, mentre Blaine lo trascina instancabilmente verso della strana gelatina viola che ondeggia in maniera piuttosto buffa sotto il suo tocco.
“Può darsi” Blaine gli rivolge una linguaccia che non può che confermare la tesi.


*



“Come mai siamo in Piazza del Duomo?” chiede Kurt, aggrottando leggermente le sopracciglia.
“Ehm … Non lo so, ti era piaciuto così tanto il Duomo che ho pensato ti avrebbe fatto piacere un’altra visita.”
Kurt si volta verso Blaine con un’espressione sorpresa – Blaine non ha fatto altro che sorprenderlo per tutto il giorno, a dire la verità.
“Grazie” mormora semplicemente, prima di afferrarlo per il gomito e trascinarlo verso l’entrata.


*



“Ed ecco a lei la sua cena, signore.”
Un vassoio di carta gli compare davanti al naso, e non può fare a meno di inspirare a pieni polmoni il delizioso profumo che gli fa venire immediatamente l’acquolina in bocca.
“Mi stai coccolando troppo” ridacchia, sollevando una carta piuttosto unta per rivelare un invitante trancio di pizza.
“Sciocchezze” risponde Blaine con convinzione, sedendosi sulla panchina di pietra di fianco a lui “Le coccole non sono mai abbastanza.”
Kurt arrossisce, mordendosi la lingua: è ovvio che Blaine non stia parlando di quelle coccole. No?


*



“Quindi … Spero che sia stato divertente.”
Blaine si ferma prendendo un respiro profondo prima di voltarsi verso di lui.
Kurt si ferma a pochi passi da lui, e gli regala un sorriso rassicurante “È stato molto divertente” gli assicura “Grazie. Davvero.”
Blaine gli rivolge un sorriso dolce “Non c’è di che. È stato molto divertente anche per me, comunque.”
Kurt lo guarda negli occhi, e sente che qualcosa gli si sta agitando indistintamente nello stomaco; è un calore piacevole che lo fa quasi rabbrividire, e un sospiro spezzato gli sfugge dalle labbra, perché Blaine è così vicino, così reale, così solido, così perfetto.
“Allora” mormora, senza fiato “Ci vediamo domani?”
Non sa come sia possibile, ma adesso può praticamente contare le ciglia folte e nere che circondano quegli occhi incredibilmente dorati “Sì” sussurra Blaine, con la stessa voce flebile “Sì, c-ci dovremmo proprio vedere. Domani.” Deglutisce, e i suoi occhi scivolano sulle labbra dischiuse di Kurt.
Non saprebbero dire chi si sia mosso per primo, ma ad un certo punto Blaine si ritrova con le labbra premute contro quelle di Kurt, e dietro le sue palpebre sembra divampare un fuoco.
È un bacio breve, timido, confuso; solo dopo qualche secondo Kurt gli poggia delicatamente le mani sul collo, lasciandogli dei lievi baci a fior di labbra che lo fanno rabbrividire e inspirare profondamente per sentire tutto quello che può.
Si allontanano dopo qualche secondo, sbattendo le palpebre con aria confusa.
Rimangono ad osservarsi in silenzio, l’uno perso negli occhi dell’altro, e per qualche attimo nessuno dei due ha davvero idea di cosa dire.
“Allora io …” inizia Kurt.
“Sì, tu …”
“Io … Noi …”
“Sì, insomma …”
“Ci vediamo domani.”
“Domani. Sì. Certo. Domani.”
“Domani.”
“Okay.”
“Buonanotte, Blaine.”
“Buonanotte, Kurt.” Risponde Blaine un attimo dopo, con tono sognante.
Kurt si avvia a passo incerto verso l’entrata, poi si gira e vede che Blaine è ancora lì, e lo sta ancora osservando.
Per una volta, in vita sua, decide di non pensare; quasi corre di nuovo verso di lui e gli avvolge le spalle con le braccia in un attimo, prima di baciarlo di nuovo, con più foga.
Blaine ridacchia contro le sue labbra, stringendogli la vita con le mani; e Kurt si sente stranamente ma meravigliosamente a casa.




***



Note:
Bella sorpresa?
Si sono baciati! *w*
Vado a fangirlizzare.
No, non sono normale.
Ve l'ho già detto che vi adoro, tutti? Seriamente. Sono platonicamente innamorata di ognuno di voi. 
(Ho una fabbrica di caramelle per Locked, a proposito.)
L'albero alla stazione c'è (c'era) davvero, e anche quei bigliettini :D Io l'ho trovato molto carino ^^
Ah, quasi dimenticavo; ho creato una pagina Facebook (
https://www.facebook.com/AmbrosEFP), formalmente per tenervi aggiornati per le pubblicazioni, praticamente per sclerare con voi. Ora, è un esperimento; mi sa che la renderò effettivamente attiva da Sabato, tipo, quando avrò un po' di tempo per organizzarla: quind, se vi interessa fateci un salto e manifestate la vostra presenza, se no la chiudo e faccio finta che non sia mai esistita :D

Fatemi sapere, come sempre!

Abbracci e caramelle, risponderò alle vostre meravigliose recensioni appena posso *w*
 

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


Love Doesn't Care About Odds
Capitolo VII



 

“Rachel! Rachel, ci siamo baciati!”
Eh?
“Ci siamo baciati! Io e Blaine! Ci siamo baciati!”
Baciati?! Tu e Blaine?!
“Sì, sì! Ci siamo baciati! Adesso! Cioè, cinque minuti fa! Siamo usciti, no?”
Sì, me lo ricordo.
“Ecco, quindi; siamo usciti, no?”
Sì, tesoro, che siete usciti me l’hai già detto almeno sette volte.
“Okay, sì, scusa, sono un po’ sovreccitato.”
Lo sento, dolcezza. Fai pure con calma.
“Okay” Kurt prende un respiro profondo “Allora. Io e Blaine siamo usciti oggi. E siamo stati in giro tutto il giorno, mi ha portato in un sacco di posti carini, ci siamo divertiti davvero ed è stato così gentile, e dolce e –”
Kurt, tesoro? Ho afferrato il concetto. Non è che potremmo affrettare un po’ i tempi? Sai, ho lezione fra dieci minuti.
“Oh, sì, certo, scusa.” Si schiarisce la voce, cercando di ricomporsi e di parlare normalmente “Ed è stato tutto un po’ … strano. Teso. Tutto il tempo. Poi mi ha riaccompagnato all’hotel, ci stavamo salutando e … Non so esattamente come sia successo, ma qualche secondo dopo ci stavamo baciando.”
Oh” esclama Rachel, sinceramente contenta “Bravo tesoro. Sapevo che ce l’avresti fatta a distrarti un po’.”
“Sì, lui è così carino, Rachel! Davvero, è … perfetto.”
Rachel rimane in silenzio per qualche secondo “Mmh, tesoro …” dice poi, lentamente “Ti ricordi vero che vivete in due continenti diversi?
“Sì, certo che me lo ricordo” risponde Kurt con uno sbuffo, ancora troppo euforico per capire davvero il significato di quelle parole.
Quindi ti rendi conto che non vi vedrete più dopo che sarai tornato, vero?
“Non – Io – Certo che me ne rendo conto” balbetta lui, cominciando a capire “Perché me lo chiedi?”
Lei sospira, prima di rispondere “Perché sei un inguaribile romantico, e non voglio che qualcosa ti ferisca. O qualcuno.”
“Blaine non mi ferirebbe mai, Rachel” dice lui, ma la voce gli trema un po’, perché ha capito.
Ne sono sicura, tesoro. Ma potresti rimanerci male quando dovrai tornare qui, quindi … Stai attento, va bene? Divertiti, ma non – non ti affezionare troppo.
“Non sono innamorato di lui, Rachel, non essere ridicola.”
Lo so” sospira lei “Ma non cascarci. Le relazioni a distanza sono una fregatura.
“Come se non lo sapessi” ridacchia nervosamente lui, intrappolando prepotentemente in un angolo della propria mente il pensiero di David.
Giusto” dice lei, lentamente “Quindi tienilo a mente. Okay?”
“Okay” risponde lui, piano.
Ci sentiamo domani
“A domani”.
Riattacca un attimo dopo, storcendo il naso quando vede le chiamate perse di David; elimina i suoi messaggi senza nemmeno leggerli, perché non lascerà che David distrugga anche questo momento.
Gli ci vuole più tempo del solito ad addormentarsi, perché continua a sentire costantemente le labbra di Blaine sulle proprie, ed è una sensazione troppo piacevole per permettere al sonno di portargliela via.
Ma alla fine, complice il fatto che il giorno dopo lo dovrà rivedere e non può presentarsi con due occhiaie indecenti, riesce a cadere in un sonno tranquillo.
Una punta di agitazione gli fa arricciare il naso quando le parole di Rachel gli rimbombano nella testa, ma, per questa volta, decide di non pensarci.


*


Non aveva pensato all’imbarazzo che il bacio avrebbe causato.
In realtà, non ha pensato a niente che non siano le labbra di Blaine sulle sue e a quanto vorrebbe che ricapitasse.
Ma quando si ritrova davanti agli occhi dorati di Blaine, non può fare a meno di sentire le proprie guance che vanno a fuoco perché, accidenti, come diavolo dovrebbe comportarsi adesso?
Blaine gli si avvicina con un sorriso un po’ esitante, e gli lascia un bacio dolce sulla guancia “Buongiorno” mormora, abbagliandolo.
“Buongiorno” risponde Kurt, sorpreso ma felice, tendendo inconsciamente il collo per seguire quelle labbra.
“Dormito bene?” gli chiede, inclinando lievemente il capo sulla spalla.
“Benissimo” riesce a dire Kurt, mordicchiandosi il labbro inferiore per intimarsi di rimanere coi piedi per terra.
“Per tua gioia, oggi non dovremo camminare molto.”
“Davvero?” non che gli importi molto, in realtà. In effetti, con Blaine potrebbe anche correre una maratona.
“Già” annuisce lui, incamminandosi lentamente “Prima però ti porto a fare colazione, così potrai assumere la tua dose giornaliera di caffè.”
E stavolta, Kurt non ce la fa a trattenere un enorme sorriso e a non dimenticarsi delle parole di Rachel. 


*


“È un po’ imbarazzante, vero?”
Kurt solleva lo sguardo dalla propria minuscola tazzina di caffè “Ma no” sbuffa, con un gesto noncurante. Ma poi incrocia lo sguardo scettico di Blaine, e deve capitolare “Okay, sì, è un po’ imbarazzante. Mi dispiace. È solo che … Non so come comportarmi.”
“Nemmeno io” Blaine gli sorride con espressione rassicurante “E mi dispiace per il bacio sulla guancia, stamattina. Insomma, è stato inappropriato.”
“È stato dolce.” Dice Kurt timidamente, prima di poterselo impedire. Blaine lo ricompensa con un sorriso accecante.
“È solo che … È complicato.” E forse quello è un eufemismo, ma a Kurt non importa davvero; scrolla le spalle, continuando “Insomma, tu sei qui e – Non lo so, sono una tale frana in queste cose.”
“Anch’io” ridacchia Blaine “Però, pensavo … Insomma, potremmo solo continuare a comportarci come prima? Stavamo … bene, no? Insomma, ci divertivamo.”
“Oh” E sì, Kurt è un po’ sorpreso. Ma forse è più deluso che sorpreso. Non è esattamente quello che intendeva lui, ma forse è meglio così “Sì. Certo. Mi sembra una buona idea.”
“Non che tu non mi piaccia” si affretta ad aggiungere Blaine, arrossendo “Non volevo dire che non – Insomma, baciarti è stato grandioso. Davvero. E non mi dispiacerebbe … Rifarlo.” Giocherella nervosamente con le bustine di zucchero vuote sparse sul tavolino “Ma capisco che sia … Complicato. E non voglio complicare niente. E tu sei appena uscito da una relazione, insomma … Lo capisco se volevi soltanto … Svagarti.
“Oh. Oh.” Kurt è quasi folgorato dalla rivelazione “No no, davvero. Lui … David … Non c’entra niente. Io … Volevo baciarti. Davvero.”
“Ah. Oh. Okay. Uhm …”
“Però l’idea di continuare come prima non mi sembra male” si affretta a continuare Kurt “Insomma, stavamo bene. Però … Anche con i baci stiamo bene. No?”
“Sì. Decisamente.”
“Okay” Kurt cerca di respirare regolarmente “Niente di quello che abbiamo detto fino ad ora ha molto senso, vero?”
Blaine scoppia a ridere, una risata liberatoria “No. Non direi. Però … Va bene così.” Si stringe nelle spalle “Insomma … Continuiamo solo a comportarci naturalmente, come abbiamo fatto fino ad ora. E …” si passa una mano tra i ricci, vagamente imbarazzato “Se per caso … Sai … Capitasse un bacio … Sappiamo che non dispiacerebbe a nessuno dei due.”
Kurt non può fare a meno di ridere, perché quella è davvero la conversazione più strana che abbia mai avuto.
“Okay” annuisce alla fine “A me sta bene.”
Blaine gli sorride di rimando, sollevato “Perfetto.”


*


“E questo, mio caro americano trapiantato … è Il Giardino di Boboli.
“Posso capire perché lo chiamino giardino” mormora Kurt, guardandosi attorno con gli occhi spalancati per la meraviglia.
Perché, in effetti, si trovano in un enorme giardino, costellato di cespugli, siepi, alberi, statue, fontane, sentieri, più di quanto non riesca a vedere.
“Ancora non hai visto niente” sussurra Blaine – ancora una volta molto più vicino di quanto Kurt non si aspetti –, prima di prenderlo per mano con una naturalezza disarmante e trascinarlo verso le scale che si addentrano nel giardino dopo il Bacino del Nettuno.


*


“Questo è il Giardino dei Cavaliere; però dovresti vederlo d’estate, ci sono rose ovunque. Rosa e bianche.” Blaine indica le siepi basse di fronte a loro con aria sognante, mordendosi il labbro inferiore con un sorriso. Rimane lì ancora qualche secondo, stringendo quasi inconsciamente la mano di Kurt, che si guarda attorno con aria rilassata; spalanca leggermente gli occhi quando l’altro ragazzo lo tira di nuovo con entusiasmo, trascinandolo verso il muretto basso che affaccia su alcuni terreni coltivati.


*


Le labbra di Kurt formano una perfetta ‘O’ nel momento in cui Blaine lo porta con un sorriso emozionato nella Grotta del Buontalenti.
Blaine lo osserva con un sorriso soddisfatto, e gli lascia il tempo di guardarsi attorno prima di sussurrare “Le decorazioni sono fatte di stalattiti, stalagmiti e spugne.”
“Sembra tutto così – caotico. E bello.” Mormora Kurt, sbalordito, osservando con gli occhi spalancati i quattro Prigioni di Michelangelo che sembrano emergere dalla roccia.
“Quella” prosegue Blaine, indicando la bacinella di pietra che si trova all’interno della grotta “Era una fontana. La roccia che c’è al centro trasudava acqua.”
“Trasudava?” gli chiede Kurt, scoccandogli un’occhiata divertita.
“La guida diceva così” Blaine si stringe nelle spalle con aria innocente, facendolo ridacchiare.
Kurt alza gli occhi al soffitto, ammirando gli affreschi e l’oculo da cui filtra la luce del sole con le labbra leggermente dischiuse; riabbassa il viso dopo qualche secondo, sentendosi osservato, e non è davvero sorpreso di incrociare gli occhi dorati di Blaine, che lo scrutano con una strana intensità.
“Che c’è?” gli chiede in un sussurro, con un leggero sorriso.
“Vale ancora la cosa dei baci?” dice in un soffio, trattenendo il respiro.
“Sì, direi di sì.” Risponde con lo stesso tono, senza pensarci, il sangue che gli corre troppo velocemente nelle vene facendogli rimbombare il cuore nel petto.
Quando le loro labbra si incontrano – per la seconda volta –, Kurt sente il sorriso mozzafiato di Blaine e non può fare a meno di ridacchiare, mentre gli intreccia le mani dietro al collo affondando le dita tra i suoi ricci.


*


Da lì, camminare mano nella mano diventa paurosamente facile e terribilmente spontaneo. Blaine lo trascina ovunque con un sorriso felice, e passano tutta la giornata lì, al Giardino di Boboli, a passeggiare per i prati enormi e per i viottoli sterrati – c’è anche una specie di tunnel formato soltanto da rampicanti che Kurt ha letteralmente adorato – o semplicemente a sedere sull’erba asciutta e secca.
E ogni tanto si baciano.
Quasi non lo fanno apposta. Succede. O forse sarebbe più corretto dire che lo fanno succedere.
Kurt si accorge perfettamente degli occhi di Blaine che lo scrutano, ogni tanto, e sa che, ogni volta che si girerà per fargli capire che se n’è accorto, il riccio metterà su un sorriso timido, quasi di scuse, e si mordicchierà il labbro.
E tutte le volte, Kurt si sporgerà con un attimo di esitazione per lasciargli un bacio velocissimo sulle labbra, quasi impercettibile. Blaine mugolerà un po’ per il disappunto, Kurt ridacchierà e finiranno per baciarsi in maniera molto più approfondita.
Fanno in modo che succeda semplicemente perché vogliono che succeda. Perché sembra così curiosamente giusto che nemmeno se ne rendono conto. Perché quando le labbra di Blaine incontrano le sue, quando Blaine gli sorride in quel modo un po’ particolare, Kurt non riesce a pensare di non essere abbastanza. Pensa solo che sia un po’ folle, questo sì, perché non è davvero possibile che esista una persona come Blaine, e non è possibile che l’abbia incontrato adesso. A Firenze.
Gli sembra tutto profondamente ingiusto, ma prima che possa formulare un pensiero coerente al riguardo le dita di Blaine si intrecciano con le sue e si sente incredibilmente più leggero. 


*



“È stato magnifico, davvero” Kurt sorride con entusiasmo, e deve sforzarsi per non gesticolare in maniera eccessiva quando si fermano davanti all’hotel.
Blaine gli scocca un sorriso paziente “Non è ancora finita, signor Hummel.”
Kurt lo guarda, sorpreso “Dove dobbiamo andare?”
“Per ora, ognuno a casa sua a cambiarsi” ridacchia Blaine “Ma tra un paio d’ore passo a prenderti. Ti porto a ballare.” Gli rivolge un sorriso mozzafiato “Se vuoi, ovviamente” si affretta ad aggiungere, cambiando espressione di colpo e facendosi più serio e pensieroso.
È il turno di Kurt di ridacchiare, piacevolmente sorpreso “Sì, certo. Perché no.”
Blaine sembra molto più sollevato “D’accordo, allora. A tra poco.” Si sporge per lasciargli un bacio a fior di labbra – ed è un gesto troppo familiare, ma a Kurt non interessa davvero, perché è così spontaneo e innocente che risulta la cosa più naturale del mondo. 
Un secondo dopo, Kurt non può fare a meno di irrigidirsi e allontanarsi di scatto, guardandosi attorno con aria preoccupata.
Blaine spalanca gli occhi, intimorito “Non – Non andava bene? Non volevi?” E sembra sinceramente terrorizzato al pensiero “M-Mi dispiace, non avrei dovuto, è stata una cosa stupida, solo che –”
Kurt lo interrompe poggiandogli l’indice sulle labbra “Parli troppo quando sei nervoso” mormora con dolcezza, mentre gli occhi dorati continuano a scrutarlo, spalancati e confusi “Non è quello, comunque” spiega, tornando a guardarsi attorno, a disagio “È solo che … Non lo so, in Ohio le effusioni” arrossisce con uno sbuffo “tra due ragazzi non sono particolarmente ben viste.” Abbassa lo sguardo, ancora imbarazzato; al Giardino non ci ha davvero pensato, perché erano protetti da tutti quegli alberi e quei cespugli, ma lì sono completamente allo scoperto.
Blaine gli solleva il mento con dolcezza, gli sorride; non gli dice niente, si limita a premere le loro labbra insieme ancora una volta, più a lungo. E Kurt non trova sinceramente niente da obiettare.
“Ci vediamo stasera” sussurra Blaine, direttamente sulle sue labbra, prima di allontanarsi canticchiando un motivetto allegro.
“A stasera” mormora Kurt, ancora leggermente intontito.


*


Kurt inspira profondamente. Sono venti minuti che non fa altro che inspirare profondamente.
Deve solo uscire con Blaine, che male c’è? Insomma, sono già usciti parecchie volte. Hanno passato gli ultimi due giorni gomito a gomito, perché mai dovrebbe essere preoccupato per uno sciocco, piccolo, misero, innocente appuntamento?
Forse ce l’ha la risposta, è lì che gli preme sulla punta della lingua, ma scuote la testa per non pensarci. Non può essere. Lui non può starsi innam – no, meglio se nemmeno lo pensa. È totalmente insensato. Insomma, ci sarà pure una qualche legge chimica, fisica, meccanica, qualsiasi cosa, che stabilisca un tempo limite fiosiologicamente necessario per innamo – sì, insomma, quello. No? Non può succedere così, senza che nemmeno se ne accorga. Alle sue spalle. Non può e basta. Insomma, si è solo preso una piccola sbandata per un ragazzo dolce, carino, simpatico, gentile, che lo fa sentire bene. È assolutamente naturale.
Era fragile per via di David, ecco, ora si spiega tutto. È stato un momento di debolezza. Va be’, un paio di momenti di debolezza.
Perché stavi pensando a David quando l’hai fatto, non è vero? Insinua malignamente quella voce fastidiosa nella sua testa, e la scaccia prima che la risposta prenda completamente forma.
La verità, è che non ha mai pensato a David meno di oggi.
Ma non è questo il punto.
Insomma, andrà tutto bene. Deve solo respirare. 


*


Certo, Blaine non lo aiuta.
Come diamine si pretende che Kurt riesca a respirare se Blaine si presenta con quejeans neri molto, molto aderenti, una giacca di pelle, un maglione scuro che gli evidenzia piuttosto bene le spalle muscolose, il busto compatto, la vita più sottile, magari dovrebbe smettere di fissarlo e dire qualcosa invece di sembrare un perfetto psicopatico.
“C-Ciao” riesce a balbettare alla fine.
“Ciao” deglutisce Blaine, accarezzandolo con gli occhi – e improvvisamente, Kurt è molto felice di star probabilmente compromettendo la propria circolazione per sempre con quei pantaloni strettissimi, perché per uno sguardo del genere ne vale assolutamente la pena.
“Andiamo?” chiede, respirando più tranquillamente senza nemmeno accorgersene .
“Sì” risponde Blaine, con un sospiro quasi sollevato.
Camminano per qualche secondo continuando a guardarsi di sottecchi, prima che Blaine si schiarisca la gola “Stai bene” gli dice, arrossendo lievemente “Davvero molto bene.”
Kurt ringrazia la semi – oscurità che nasconde il rossore che gli sta bruciando le guance “Grazie” risponde, con un sorriso “Anche tu.” – non può dirgli che è dannatamente sexy, vestito così.


*


“Okay, siamo arrivati.” Blaine si ferma di fronte ad un piccolo locale proprio vicino al Duomo, e gli lancia una lunghissima occhiata prima di prenderlo per mano e portarlo dentro; ma non si fermano nella sala a piano terra: scendono delle scale finché non si trovano in una sala più piccola e affollata in cui rimbomba della musica.
Blaine si volta verso di lui con un’espressione interrogativa, e Kurt annuisce con un sorriso rassicurante; il riccio lo trascina a sedere su uno dei divanetti con un certo entusiasmo “Vuoi qualcosa da bere?” gli chiede ad alta voce, superando il rumore della musica e delle risate.
Kurt esita solo per un attimo, ma alla fine annuisce.
“Okay, allora aspetta qui. Torno subito.” Blaine si allontana, facendosi largo tra i corpi che si muovono a ritmo, e raggiunge il bancone qualche secondo dopo; Kurt lo osserva mentre ordina e paga due drink, e i suoi occhi scivolano un po’ troppo verso il basso.
Si riscuote immediatamente e distoglie lo sguardo, arrossendo. No, così non va bene.
“Caipiroska alla fragola!” esclama Blaine con aria entusiasta, porgendogli un bicchiere contenente un invitante liquido rosso e delle fette di lime; Kurt lo afferra, e un piccolo brivido gli corre attraverso il braccio quando le loro dita si sfiorano.
Prende un minuscolo sorso più per riflesso che altro; non è mai stato un gran bevitore, ma quel coso – Caproska? – è davvero buono. Beve con aria più entusiasta, e Blaine gli scocca un sorriso soddisfatto, sorseggiando un liquido trasparente – Mojito, sussurra una vocina nella testa di Kurt.
Beve, lanciando un’occhiata distratta alla pista sempre più affollata.
“Vuoi ballare?” gli chiede Blaine, quasi timidamente; Kurt si volta velocemente verso di lui, sorpreso “C-Cosa? Ballare?”
“Ballare” conferma Blaine, un po’ divertito, un po’ titubante.
Kurt scoppia in una risatina vagamente isterica – okay, non è decisamente mai stato un gran bevitore – “Non ho bevuto nemmeno lontanamente abbastanza” bofonchia, abbassando lo sguardo.
Blaine gli sorride in maniera accattivante “Oh, a questo rimediamo subito.”


*


Blaine è senz’altro un ragazzo di parola.
Perché dopo poco meno di un’ora, Kurt si ritrova con più alcol in corpo di quanto non ne abbia mai avuto. Non è ancora abbastanza ubriaco da non riuscire a controllarsi, ma si sente decisamente più … disinibito.
Altrimenti non si spiega perché Blaine stia riuscendo a trascinarlo in mezzo ai corpi che si muovono al ritmo della musica senza che lui si senta in imbarazzo.
Blaine si ferma in un punto abbastanza isolato, e Kurt gliene è inconsciamente grato; non sanno davvero come muoversi, ma l’alcol fa il lavoro sporco al posto loro.
Blaine gli poggia le mani sui fianchi lanciandogli un’occhiata che è timida e audace al tempo stesso, e lo avvicina a sé con un movimento deciso; Kurt gli intreccia le mani dietro al collo senza nemmeno pensarci, ed è abbastanza sicuro che i suoi tremiti siano diventati evidenti, perché la sua schiena è attraversata da quelle che potrebbero essere delle scariche elettriche.
Possibile che anche le dita di Blaine, arricciate sui suoi fianchi, stiano vagamente tremando?
Non stanno davvero ballando, non sono abbastanza coscienti per farlo in maniera decente; si limitano a muoversi contemporaneamente, l’uno contro l’altro, sfiorandosi, incontrandosi.
E Kurt comincia seriamente a sentire il bisogno fisico di abbassare il viso – solo un po’ – e sfiorare con la lingua la pelle tesa e sensibile dietro l’orecchio di Blaine per fargli gettare il capo all’indietro con gli occhi socchiusi per il piacere, per farlo sentire bene. Ma forse non può, non deve, perché –
Oh, per poco non geme ad alta voce quando le labbra di Blaine gli percorrono lentamente il collo – possibile che quel ragazzo abbia meno autocontrollo di lui? – e deve socchiudere gli occhi perché è davvero molto piacevole. E dolce. E tenero. E forse non è nemmeno normale. E sono in mezzo ad almeno cinquanta persone.
“B-Blaine” riesce a mormorare, riabbassando lentamente il capo con uno sforzo immane.
“Non andava bene?” chiede immediatamente Blaine, vagamente più lucido e attento.
“No, solo … Usciamo. Un posto più appartato.” Balbetta, pregando perché Blaine capisca, perché non sarebbe davvero in grado di formulare una frase vagamente più sensata.
“Certo” risponde Blaine, quasi senza fiato.
E Blaine è davvero di parola, perché qualche secondo dopo – senza che Kurt nemmeno se ne accorga – sono nell’aria fredda e pungente della sera.
Blaine si volta verso di lui con aria urgente ma indecisa, come se non sapesse davvero cosa fare, e stavolta è Kurt a prendere l’iniziativa; gli si avvicina velocemente – e al diavolo le persone attorno a loro – e lo bacia con forza, facendo scivolare immediatamente la propria lingua tra le labbra di Blaine per intrecciarla alla sua, solleticargli il palato.
A Blaine sfugge un gemito strozzato, e gli stringe di nuovo le mani attorno alla vita.
“Albergo” mormora Kurt senza fiato, affondandogli la mano tra i ricci disordinati.



***



Note:
Aggiorno oggi fondamentalmente per le meravigliose recensioni che avete lasciato al capitolo scorso.
Sì, insomma, siete meravigliosi, ecco. *w*
Dunque. Riguardo a questo capitolo - e al prossimo (chissà cosa succederà!) - sono molto, molto, MOLTO -esponenzialmente, direi- insicura. Perché non voglio che ci sia niente di forzato, ecco.
Quindi sarei davvero, davvero felice se mi diceste cosa ne pensate.

Fate un salto alla mia pagina FB per scleri, informazioni sulle FF, foto e quant'altro! 
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Grazie a Locked, come sempre. La santificheranno, quella ragazza.

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What are you promising?

Bacioni a tutti *w*


 

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


Il capitolo che tutti aspettavate :D

 

Love doesn't care about odds.
Capitolo VIII



 

Blaine lo avvolge completamente tra le proprie braccia, e la schiena di Kurt urta senza violenza la parete dell’ascensore; i loro respiri appesantiti si fondono, e le loro mani stringono con più forza il corpo dell’altro, alla ricerca di un appiglio qualsiasi per evitare che tutto quello – qualsiasi cosa sia – li trascini via con sé.
Kurt si abbassa per leccare la pelle dietro l’orecchio di Blaine, e gli sfugge un sospiro soddisfatto quando viene ricompensato con un mugolio sonoro.
Qualcuno si schiarisce rumorosamente la voce, e i due si allontanano con uno schiocco molto imbarazzante: non si erano nemmeno accorti che l’ascensore si fosse fermato.
Arrossiscono violentemente quando si ritrovano davanti due ragazze che li osservano con un sorrisetto furbo e un sopracciglio inarcato in maniera inquietantemente speculare.
Fate pure con comodo” dice una di loro, ridacchiando.
Sc-Scusate” Balbetta Blaine, afferrando la mano di Kurt per trascinarlo velocemente fuori dall’ascensore.
Ridacchiano incontrollabilmente quando si ritrovano nel corridoio, e si riafferrano immediatamente; le mani di Blaine sono di nuovo sul suo viso, quelle di Kurt gli accarezzano le spalle muscolose.
Ringraziano le chiavi magnetiche – nessuno dei due sarebbe in grado di usare decentemente una chiave – e si ritrovano avvinghiati nella camera di Kurt, con i respiri spezzati e le mani tremanti.
“Io … Tu … Oh, Dio” geme Blaine, mentre le labbra di Kurt continuano a vagare sul suo collo, succhiando e mordendo con delicatezza. “Va bene?” riesce a chiedere alla fine, con uno sforzo immane, in un sussurro flebile.
“Sì” mormora Kurt, senza fiato; non ha bisogno di pensarci, non davvero – forse non è nemmeno completamente in grado di farlo – “Sì, va bene.”
Blaine geme in maniera adorabilmente incontrollabile, affondandogli le mani tra i capelli con un sospiro che sa un po’ di disperazione, e gli fa correre le mani lungo la schiena snella e muscolosa da sopra la camicia sottile, ed è così caldo, così dolce, che Kurt ha bisogno di qualcosa di più; gli stringe il viso tra le mani, gli accarezza gli zigomi con i pollici, sfiorandogli le labbra con la lingua.
“Oh. Oh, Dio.” Rantola Blaine sulla sua bocca, stringendogli i fianchi quasi con troppa forza, e a Kurt non importa sinceramente un fico secco della camicia che si sta spiegazzando; si limita a gemere senza ritegno, perché Blaine è lì. Sono lì insieme. Va tutto bene.
Blaine gli mordicchia con gentilezza il labbro inferiore, accarezzandogli il petto e il ventre ancora coperti dalla camicia fino a che non arriva ad afferrare il bordo dell’indumento con una domanda muta negli occhi dorati; per tutta risposta, Kurt la sbottona un po’ e lascia che gliela sfili delicatamente.
Blaine trattiene silenziosamente il fiato, osservandolo con meraviglia; gli accarezza il petto con la punta delle dita fredde, sfiorando gli addominali appena accennati, le spalle muscolose, le braccia forti, le dita lunghe e affusolate.
Si avvicina avvolgendolo tra le proprie braccia, prima di baciarlo di nuovo, con più foga. Kurt fa scivolare le labbra sulla sua mascella, sulla barba appena accennata che gli solletica la pelle liscia, gli succhia di nuovo la porzione di pelle dietro l’orecchio che lo fa impazzire, e le dita di Blaine affondano nella sua schiena quasi con troppa forza.
Avverte il bisogno di sentirlo davvero, più vicino, e le sue mani corrono al maglione scuro di Blaine, lo sollevano incespicando un po’, lo fanno passare sopra la sua testa con delicatezza, scompigliandogli ancora di più i ricci; osserva con meraviglia il busto muscoloso, le spalle rotonde, gli addominali ben visibili, la V che scompare nei jeans stretti, invitante. Fa scorrere i palmi sui suoi fianchi, poggiandoli sulla sua vita per tirarlo più vicino a sé; trattengono entrambi il respiro quando le loro erezioni non più solo appena accennate si scontrano attraverso la stoffa dei loro pantaloni. Strusciano l’uno contro l’altro, la pelle dei loro petti deliziosamente a contatto, e le dita ruvide di Blaine continuano a tracciare dei percorsi immaginari sulla sua schiena, facendolo rabbrividire leggermente.
Kurt si sporge delicatamente verso di lui, torturandogli ancora la pelle del collo, e le mani di Blaine si stringono sulla sua schiena, mentre il ragazzo piega lentamente la testa all’indietro con gli occhi socchiusi e le iridi dorate più scure.
Non ci vuole molto perché le dita di Kurt ripercorrano il torso di Blaine fino all’elastico dei jeans, soffermandosi sulla lampo; sta per chiederglielo, ma l’altro ragazzo, per tutta risposta, fa scivolare la propria mano sulla sua senza smettere di baciarlo, e abbassa la zip insieme a lui con un movimento dolce, per poi calciare via i pantaloni.
Blaine ricambia il favore meno di un minuto dopo, liberandolo dalla morsa di quei jeans decisamente stretti con un movimento fluido, e rimangono ad osservarsi per qualche secondo con le labbra leggermente dischiuse e i respiri vagamente affannati. Gli occhi azzurri di Kurt scandagliano con attenzione il corpo muscoloso e proporzionato dell’altro, lo sfiorano impalpabilmente, ammirandolo, e lo stesso fa Blaine, con lo stesso identico scintillio nello sguardo.
Quando tornano occhi negli occhi, sulle labbra di entrambi si disegna un minuscolo sorriso, quasi timido, e dopo qualche secondo si ritrovano a ridacchiare senza un motivo ben preciso.
Kurt rabbrividisce leggermente – non sa se sia per il freddo, per l’eccitazione o per l’emozione – ma gli sembra stranamente naturale rifugiarsi tra le braccia accoglienti di Blaine, che lo avvolgono immediatamente.
Indietreggiano lentamente fino a che il retro delle ginocchia di Kurt non urta il materasso; cadono l’uno sull’altro, ridacchiando, e Blaine si poggia sui palmi delle mani per evitare di pesargli addosso. Si ritrovano di nuovo occhi negli occhi, e Kurt lo sa che non sono abbastanza ubriachi per potersi giustificare così, ma non riesce a pensarci davvero. Riesce a pensare soltanto alla pelle calda e leggermente ruvida di Blaine che scorre sulla sua, e non può impedirsi di sporgersi leggermente in avanti per sfiorare con le labbra la barba appena accennata sulla sua mascella, per poi succhiare e mordere con delicatezza la pelle soffice e tesa della sua gola. Blaine geme lentamente sopra di lui, prima di abbassare il capo per baciargli il viso, il collo, tracciare un percorso umido e dolce sul suo petto e sul suo stomaco, tormentandogli la pelle coi denti e con la lingua. Kurt inarca involontariamente la schiena, con un piccolo gemito e sente che i punti in cui le labbra di Blaine l’hanno sfiorato stanno letteralmente bruciando; un mormorio di approvazione sfugge alle labbra del riccio per finire direttamente sulla sua pelle sensibile, e smette definitivamente di pensare. Non che potrebbe farlo anche se ci provasse.
Quando le labbra di Blaine sfiorano l’orlo dei suoi boxer, Kurt ha sinceramente paura che gli stia per venire un infarto; il cuore gli sta correndo furiosamente e rumorosamente nel petto, e non riesce ad allontanare lo sguardo da quella massa indomabile di ricci che sta scendendo pericolosamente in basso.
Blaine gli lancia un’occhiata quasi interrogativa da sotto le lunghe ciglia, le labbra appena socchiuse e le pupille dilatate – in una maniera che Kurt definirebbe semplicemente indecente, se non fossero in quella determinata situazione – e non può fare a meno di annuire debolmente in risposta, deglutendo e cercando di non gemere solo perché le sue dita gli stanno sfiorando il bacino.
“Non mi interessa se è un cliché” mormora Blaine, guardandolo con gli occhi spalancati per la meraviglia “Sei bellissimo.” Si china immediatamente per baciarlo di nuovo, facendoli affondare entrambi ancora di più nel materasso.
“Hai ragione” ridacchia Kurt contro le sue labbra, con la tensione che gli scivola lentamente via dalle spalle “È un cliché.”
“Non mi importa” Blaine gli succhia con delicatezza il lobo dell’orecchio, la pelle del collo “Ho una passione per la constatazione dell’ovvio.”
Kurt si sente avvampare – possibile che arrossisca per quello, e non perché si trova completamente nudo sotto un ragazzo stupendo? – e sente il bisogno di stemperare la tensione “Usi parole troppo difficili per essere ubriaco” mormora, mordendosi le labbra quando la bocca di Blaine comincia a torturargli deliziosamente un capezzolo.
“Magari non sono così ubriaco” risponde Blaine, lanciandogli un’occhiata indecifrabile prima di soffiare lentamente sulla pelle bagnata.
La minuscola e quasi insignificante parte ancora semi – razionale presente per miracolo nel cervello di Kurt gli fa notare che c’è qualcosa di sbagliato in tutto quello, ma non riesce proprio a capire cosa sia; e Blaine non gli semplifica davvero la questione, perché comincia a farsi strada verso il basso – e quella lingua dev’essere considerata un’arma di distruzione di massa in almeno venti stati solo in America.
Ma improvvisamente le labbra di Blaine sono attorno alla sua erezione, la sua lingua lo sta torturando con dolcezza – oh, ha decisamente la vaga sensazione che lo stia facendo apposta, il signorino – e non può fare altro che farsi letteralmente violenza fisica per non spingere con i fianchi in avanti – d’altra parte, non è colpa sua se Blaine sembra avere un talento naturale per  … Be’. Per farlo stare bene.
Gli affonda una mano tra i ricci quasi senza accorgersene, rabbrividendo per la sensazione dei suoi capelli sul palmo liscio della mano, e un gemito alto e quasi imbarazzante gli sfugge dalle labbra; Blaine mormora in risposta con aria soddisfatta, e okay, così non andrà molto lontano. Non per molto tempo, comunque sia.
Fa scivolare la mano sulla sua guancia, accarezzandogli la barba appena accennata con la punta delle dita, e lo tira delicatamente verso l’alto fino a che le loro labbra non si incontrano in un bacio disordinato e bagnato; Blaine lo bacia a fondo, con dolcezza, accarezzandogli il palato con la lingua, e i gemiti dell’uno vengono immediatamente assorbiti dalla bocca dell’altro.
Kurt boccheggia e si sente mancare letteralmente il fiato quando l’erezione di Blaine preme contro la sua coscia, e si ritrova a fissare il soffitto con gli occhi spalancati e una scarica di piacere che gli corre lungo la spina dorsale facendolo quasi rabbrividire; affonda le dita nelle sue spalle, spingendosi verso l’alto perché i loro corpi si incastrino al meglio, e l’aria gli viene risucchiata dai polmoni assieme ad un gemito; Blaine mugola, affondando il viso nel suo collo, e inspira a pieni polmoni con gli occhi serrati, strusciando nuovamente contro di lui.
“Valigia” esala Kurt, col poco fiato che gli è rimasto “Lubrificante. Preservativi. Valigia.” Cerca di spiegare, piuttosto incoerentemente; se non gli sembrasse una cosa dannatamente fuori luogo, in quel momento, penserebbe di dover seriamente ringraziare Rachel per averlo costretto a portarsi tutto l’armamentario nonostante stesse sostanzialmente fuggendo da un tradimento bello e buono – “Non si sa mai, tesoro. Sempre meglio essere pronti!”.
Blaine si allontana da lui di qualche centimetro, lo guarda negli occhi senza alcun tipo di imbarazzo “Sei sicuro?” gli chiede, con una serietà disarmante.
Kurt lo sa che potrebbe dirgli di no. Certo, sarebbe ipocrita e incoerente, ma potrebbe farlo. Blaine gli sta offrendo una via di fuga, forse perché si rende conto di quanto tutto quello sia dannatamente complicato – in fondo, è complicato per entrambi.
Ma sa anche che sarebbe una bugia bella e buona.
Lui vuole Blaine. Lo vuole come non ha mai voluto nessuno, e forse non è il momento più adeguato per rendersene conto, ma lo vuole davvero. E non soltanto a livello fisico. Perché Blaine lo fa sentire bene. E forse è passato troppo tempo dall’ultima volta che qualcuno ci è riuscito; forse nemmeno se la ricorda, quell’ultima volta. Ed è semplicemente folle.
Ma Blaine lo sta ancora guardando con quei suoi grandi occhi dorati, limpidi e sinceri, e gli deve rispondere.
“Sì.” Mormora, senza fiato – ed è davvero l’unica risposta che potrebbe dargli – “Sì, sono sicuro. Tu?”
Blaine sorride, depositandogli un bacio dolce sulle labbra “Certo che sono sicuro”, soffia, prima di precipitarsi alla valigia con andatura vagamente comica “Dove?” chiede, velocemente.
Kurt si sforza di guardare il soffitto – Blaine è ancora nudo, sì. In mezzo alla stanza, sì. – “A destra” mormora, stringendo le lenzuola tra le mani e sforzandosi di reprimere i brividi che gli stanno correndo lungo la schiena – non si era mai accorto di quanto fosse grande quel letto, e di quanto fosse difficile starci da solo.
Blaine fruga velocemente nella valigia, fino a che non riesce a trovare i preservativi e il lubrificante – deve seriamente trattenersi dal fare un molto poco sexy balletto della vittoria – e si precipita di nuovo a letto con un sorriso vittorioso e dolce.
Kurt ridacchia, intrecciandogli le mani dietro al collo “Sei un bambino” soffia sulle sue labbra.
“Un bambino felice” risponde prontamente Blaine, mordicchiandogli affettuosamente il lobo dell’orecchio. “Come …?” chiede, esitante, mentre un rossore adorabile gli si diffonde sulle guance – come fa ad arrossire per quello?
Kurt si mordicchia il labbro “Tu …? Vuoi farlo tu?”
Blaine annuisce, praticamente in apnea.
Okay, si stanno comportando come due ragazzini, ma in fondo non importa a nessuno dei due.
Si sfiorano con una consapevolezza nuova, si guardano con più emozioni di quante se ne potrebbero descrivere; Blaine lo prepara con dolcezza, pazienza, delicatezza, e Kurt vorrebbe davvero dirgli di non farlo con così tanta cura, diventando rosso brillante quando fa cadere un po’ di lubrificante sul letto, perché non può essere così perfetto, o lui finirà seriamente per fare quella cosa che non dovrebbe assolutamente fare con un ragazzo che sta a migliaia di chilometri di distanza da lui. Ma non glielo dice, ovviamente, perché è tutto troppo intenso, piacevole, ohdiosìlìtiprego, e l’unica cosa che sa è che non vorrebbe mai che tutto quello finisse.
Blaine lo prepara fin troppo a lungo, fino a che non è Kurt a dover chiedere di più con un mugolio sconnesso e confuso, facendolo ridacchiare – oh, lo sta facendo apposta, accidenti a lui.
Si baciano ancora, scompostamente, mentre Blaine si fa strada dentro di lui, lentamente, riempiendolo, e le mani di Kurt si contraggono leggermente sulle sue spalle, le dita gli affondano nella schiena, sugli occhi azzurri si chiudono lentamente ma inesorabilmente le palpebre, perché è davvero troppo.
Si muovono insieme, andando l’uno incontro ai movimenti dell’altro, trovano quasi subito un ritmo tutto loro; e Kurt ha quasi paura di lasciarsi andare, perché i loro occhi rimangono incatenati per tutto il tempo, e nella testa gli rimbombano prepotentemente le parole di Rachel: Divertiti, ma non – non ti affezionare troppo.
Merda.

È tardi per quello. Decisamente troppo tardi.
“Tutto bene?”
Non riesce a rispondere alla domanda affannata di Blaine, si limita a stringergli le braccia attorno al collo per gemergli disperatamente tra le labbra, mentre un calore familiare continua ad aumentargli nello stomaco e scariche di piacere continuano ad attraversargli la schiena.
Si stanno ancora baciando quando l’orgasmo li travolge, sono ancora legati da quel filo invisibile che fa davvero paura; ma ormai sono andati troppo in là. Kurt lo sa, lo sente quando un calore piacevole gli invade il petto perché Blaine si alza velocemente e ripulisce sommariamente tutti e due, e poi rimane lì, in piedi, indeciso.
E Kurt non ha bisogno di rifletterci nemmeno per un attimo “Non essere sciocco” mormora con dolcezza, stordito e assonnato “Vieni qui” allunga pigramente una mano verso di lui, picchiettando con l’altra sul materasso di fianco a sé.
Blaine sorride, visibilmente sollevato, e gattona sul letto fino a che non arriva ad accoccolarsi di fianco a lui con un sospiro felice; Kurt si rifugia con naturalezza tra le sue braccia, e ben presto si rende conto che sì, Blaine parlava anche di quelle coccole quando ha detto che le coccole non sono mai troppe.
Si addormenta dopo qualche minuto, con una voce dolce che gli canticchia una melodia delicata nell’orecchio.



*



Una cosa che Kurt ha imparato in diciannove anni di vita, è che prima o poi bisogna svegliarsi. E il risveglio, la maggior parte delle volte, fa schifo.
La maggior parte delle volte, però, e questa non è completamente una di quelle.
Sì, ha un mal di testa non indifferente e un sapore in bocca non meglio definito, e ha davvero bisogno di una doccia, ma niente di tutto questo è particolarmente rilevante, perché è ancora stretto tra le braccia di Blaine.
Letteralmente stretto; insomma, non gli è impossibile respirare, ma poco ci manca. Non che si voglia lamentare, certo, non quando, con gli occhi ancora socchiusi per il sonno, può osservare l’espressione distesa e rilassata di Blaine che dorme beatamente a qualche centimetro da lui.
Merda.
Quello non sarebbe dovuto succedere. Non così.
Sì, insomma, sarebbe decisamente dovuto succedere. Perché è stato perfetto, e bellissimo, e decisamente, decisamente, decisamente piacevole.
Ma, maledizione, lui non può essere già così affezionato a Blaine. Non può esserne innam – sì, insomma, quello. Non ha senso. O forse sta cercando un senso a qualcosa che non deve averne.
Le sue elucubrazioni sono interrotte da un mugolio beato che proviene dalle meravigliose labbra di Blaine, le cui palpebre si contraggono lievemente.
“Mmh … Buongiorno.” Bofonchia, stiracchiandosi con adorabile indolenza.
“Buongiorno” risponde Kurt senza fiato, mentre una nuova ondata di panico lo travolge; insomma, a lui può essere andata bene quella notte, ma se Blaine se ne fosse pentito?
Il dubbio gli viene immediatamente fatto passare dalle labbra di Blaine, che coprono le sue per qualche secondo, con dolcezza.
“Ora è un buon giorno” mormora, con un sorriso insonnolito.
No, non pare particolarmente pentito.



*



Riesce a non pensare.
O meglio, Blaine riesce a non farlo pensare. Sembra una delle sue innumerevoli qualità; lo distrae, anche inconsapevolmente, lo fa solo ridere. Lo fa sentire leggero.
Mentre si rivestono con un po’ di imbarazzo dopo essersi fatti la doccia, mentre parlano di quello che è successo – senza dire davvero qualcosa, un po’ come quando hanno parlato del bacio; basta ad entrambi sapere che lo volevano, lo volevano e basta. Ancora non si pongono il problema di come faranno dopo, perché quel dopo ancora non è arrivato.
Sono soltanto … felici.
Bloccati nel presente.
Finché non arrivano nella hall dell’hotel dopo aver fatto colazione, ridacchiando mano nella mano.
“Kurt.”
Rimane pietrificato sul posto, perché quella è l’ultima voce che vorrebbe sentire. O che si aspetterebbe di sentire, per quel che vale.
Solleva lo sguardo con un brivido che è quasi di terrore.
Dave.







***
Note:
Lo so, sono un disastro con questi capitoli.
Mi perdonate? ç_ç
Poi, a parte la mia inettitudine.
Complimenti a wislava, che aveva capito tutto, come sempre. E anche a tutte le persona che cominciavano ad avere sospetti sull'arrivo di Dave :D
Mi conoscete troppo bene!
Che vi devo dire. Kurt e Dave hanno bisogno di chiarimenti u_u (Ma chi voglio prendere in giro. Non ho idea di quello che sto facendo. Mi sembrava l'unica direzione che questa storia avrebbe potuto prendere O_O' *piccoli momenti di panico*)
Ma a parte queste cose che a voi non interessano.
Grazie.GRAZIE. Sul serio *w* Soprattutto a Locked, quella santa ragazza **
Davvero. Bho. Siete magnifici, ecco **
Perdonatemi se non rispondo velocemente alle recensioni :\


Bene, vi lascio in pace; fatemi sapere, per piacere :) (Lo sapete che questi capitoli mi mettono un'ansia terribile.)

Auto-Pubblicità (CrissColfer): 
I Could Have.

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Un bacione a tutti, personcine meravigliose ** A presto!
 

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


Love Doesn't Care About Odds.

Capitolo IX.




Rimane immobile, e prega che tutto quello non stia succedendo davvero; Dave non può davvero essere lì davanti a lui. E lui non può avere la mano ancora stretta in quella di Blaine.
È tutto sbagliato, non dovrebbe essere così, dovrebbe andare tutto bene; insomma, quella è la sua vacanza, la sua fuga.
Ha bisogno che non sia reale.
Ma le dita di Blaine si contraggono tra le sue, e lo sente trattenere il respiro, improvvisamente teso.
Dave ha assunto un’espressione curiosamente a metà tra il furioso e lo sbalordito, e sta fissando le loro mani, ancora strette in una morsa inestricabile.
Ed è ancora tutto sbagliato, maledizione.
“Dave” mormora soltanto, con gli occhi spalancati, un leggero tremito che gli scuote le braccia. Blaine stringe un po’ più forte la sua mano, e sembra farsi un po’ di coraggio quando vede che Kurt non è in grado di dire altro “Possiamo aiutarti?” chiede educatamente, muovendo qualche passo in avanti.
Dave gli lancia un’occhiata gelida, e, per la prima volta dopo tanto tempo, Kurt ne ha di nuovo paura. “Non direi proprio, damerino.” Gli sibila con cattiveria “Al massimo potrei essere io ad aiutare te, visto che stai tenendo per mano il mio ragazzo.”
La mano di Kurt lascia immediatamente quella di Blaine; non sa bene perché lo faccia, è un riflesso istintivo. Non vuole che rimanga coinvolto, vuole tenerlo lontano da Dave. È una cosa che sente di dover risolvere da solo.
Quando Blaine si volta verso di lui, ha un’espressione ferita per cui Kurt non è preparato; vorrebbe riafferrare immediatamente la sua mano, ma non osa. Si limita a lanciargli un’occhiata implorante, sperando che capisca. Pregando perché capisca. Perché lui non sta capendo più niente, poco ma sicuro.
“E così” sputa Dave, sprezzante “Sei venuto qui per questo? Hai preferito mandare a puttane la nostra relazione per una sveltina qualunque?”
Blaine si irrigidisce visibilmente, e Kurt vorrebbe solo urlargli di stare zitto, perché ancora non riesce a capire, e non può rovinargli anche questo, non può.
“Smettila, Dave.” Mormora, guardandolo negli occhi. Lo sa che lui non è davvero così, che sta sulla difensiva solo perché è ferito, ma non può lasciare che faccia del male a Blaine.
David si limita a stringere le labbra in una linea sottile, respirando pesantemente dal naso, guardandoli con astio “Voglio parlare con te” borbotta alla fine, visibilmente più calmo “Da solo” aggiunge poi, fulminando Blaine con un’occhiata.
Il ragazzo si irrigidisce un’altra volta, e Kurt non vorrebbe lasciarlo andare per nulla al mondo; è folle, ma ha bisogno di lui.
Eppure, in questo momento ha bisogno di tenere separati quei due mondi.
Blaine da una parte, Dave dall’altra.
“Blaine, io …” Non sa davvero cosa dirgli. Non sa nemmeno se ci sia qualcosa da dire.
“Lascia stare.” Blaine si volta verso di lui con un sorriso amaro e un’espressione rassegnata “Non importa. Ho capito.”
Kurt spalanca gli occhi “No, no, per favore, devo solo parlargli, davvero” prova a spiegare, parlando velocemente “Quello che è successo non – non –”
Blaine indietreggia di un passo, scuotendo il capo, con un’espressione inafferrabile “Lascia stare. Davvero.” Non gli dà il tempo di rispondere, perché si allontana velocemente, affondando le mani nelle tasche del giubbotto, senza voltarsi indietro.
 Kurt vorrebbe riafferrarlo. Lo segue con lo sguardo, e sta davvero per corrergli dietro e riportarlo semplicemente vicino a sé, ma Dave gli si para davanti con espressione decisa “Dobbiamo parlare.” Sibila “Adesso.”
Quando Kurt guarda di nuovo fuori dalla porta dell’albergo, non riesce più a vedere Blaine da nessuna parte.



*



“Che diavolo ci fai in questo posto?!”
Kurt socchiude gli occhi, infastidito “Non c’è bisogno di urlare.” Borbotta, chiudendosi la porta della camera alle spalle prima di appoggiarvisi contro con la schiena. Dave si lascia cadere sul letto, esattamente di fronte a lui.
“Bene, allora” ripete a voce più bassa, visibilmente infastidito “Spiegami che diavolo ci fai in questo posto. E chi diavolo era quel tizio.”
Kurt gli lancia un’occhiata stanca; non riesce nemmeno più ad essere arrabbiato con lui. Davvero, gli sembra inutile. Che senso avrebbe?
“Io potrei chiederti che ci facevi a letto con un altro quando sono tornato da New York per farti una sorpresa.” Risponde, con un sospiro.
David distoglie immediatamente lo sguardo, lo punta sulla finestra, a disagio.
Kurt si lascia scivolare stancamente contro il legno, fino a che non si ritrova seduto sulla moquette. “Abbiamo sbagliato dall’inizio.” Gli dice, calmo “Lo sai, vero? Non puoi non essertene accorto.”
Dave lo guarda, con riluttanza; deglutisce. “Di cosa stai parlando?” chiede, esitante.
Kurt sospira “Io e te. Non saremmo mai dovuti stare insieme. Insomma, guardaci” spalanca le braccia, sottolineando il concetto “Siamo sempre stati un disastro.”
“No” David si passa velocemente la lingua sulle labbra, a disagio “Ti sbagli. È solo un periodo, ho sbagliato, lo so, okay? Mi dispiace di averti tradito. Ma è stata una sola volta e –” Si interrompe all’occhiata gelida che gli lancia Kurt, e scrolla le spalle “Va bene, non è stata una sola volta. Ma mi dispiace davvero, te lo giuro. Possiamo riprovare, okay? Torna in America, non farò più cazzate, lo prometto. Sarà tutto come prima.”
Kurt sospira stancamente “È proprio questo il problema” borbotta, abbandonando la testa contro il legno della porta “Non servirebbe a niente far tornare tutto come prima. Abbiamo sbagliato dall’inizio.”
“Dici così solo perché sei riuscito a trovarti qualcuno da scop –”
“Tieni Blaine fuori da questa storia” sbotta Kurt, e Blaine è davvero l’unica cosa a cui riesca a pensare – deve fargli capire. “Non sono stato io a mandare all’aria questa relazione malsana, chiaro?! Sei stato tu, nel momento in cui hai deciso di andare a letto con …. Con … Al diavolo, nemmeno so chi fossero!” Non vuole davvero dargli la colpa, ma non può nemmeno lasciare che Dave se la prenda con lui per quello; insomma, che diavolo.
“Malsana?!” gli fa eco David, strabuzzando gli occhi “Malsana?!
“Sì” sbuffa Kurt “Sì, malsana.”
“Perché diamine sarebbe stata malsana?!”
“Perché non ci siamo mai amati!” esplode Kurt, spalancando le braccia con esasperazione “Io non ho mai davvero amato te, tu non hai mai davvero amato me! Ci siamo limitati a cercare la cosa più vicina e rassicurante che avessimo e ci siamo buttati in questa … cosa senza nemmeno pensare!”
Dave spalanca gli occhi, basito “Non c’era bisogno di pensare” tenta di ribattere “Noi stavamo bene. Noi stiamo bene.”
A Kurt quasi viene da ridere, perché ora sa davvero cosa vuol dire star bene con qualcuno, e sa che non c’è nemmeno lontanamente una possibilità di paragone “Ti sbagli” gli risponde, con un sorriso amaro, e continua prima che David lo interrompa “Con me non ti sei mai sentito a tuo agio. Non ti sei mai sentito libero di essere te stesso. Non siamo mai stati bene.” Non fa male mentre lo dice; si sente solo enormemente amareggiato, ma non fa male. Non più, perché adesso lo sa. “Siamo rimasti sempre gli stessi del liceo. Due codardi che non hanno avuto il coraggio di guardare in faccia la verità.”
David lo guarda stralunato per qualche secondo.
Poi comincia ad urlare.



*



Kurt si massaggia le tempie con gli occhi socchiusi e il respiro pesante.
Si stanno urlando addosso davvero da troppo tempo. E si stanno urlando addosso di tutto. Tutto quello quello che non si sono detti in quei mesi di relazione; niente di particolarmente piacevole, comunque.
E Kurt è sinceramente esausto.
“Senza contare che tuo padre e la tua amica non mi hanno mai sopportato, e non ho mai –”
“Dave” lo interrompe Kurt con un movimento della mano; rimane in silenzio per qualche secondo “Basta.” Dice alla fine, inspirando a fondo. “Non ne posso più. Okay? Ascoltami.” Si alza un po’ a fatica, e gli si avvicina di qualche passo “Abbiamo sbagliato entrambi. Lo so. Davvero, lo so. Ma se continuiamo ad urlarci addosso non arriveremo mai ad una conclusione, d’accordo?”
Dave esita qualche istante, prima di annuire mordendosi la lingua.
“Bene” riprende Kurt, sinceramente sollevato. “Adesso ho bisogno che mi ascolti e basta, d’accordo?”
Dave annuisce di nuovo, in silenzio.
“Okay.” Kurt prende un respiro profondo prima di iniziare a parlare “Quando ci siamo messi insieme, nessuno di noi sapeva quello che stava facendo. In fondo era normale così, perché eravamo al liceo, ed era tutto molto confuso. A me piaceva l’idea di poterti aiutare” gli dice schiettamente con una scrollata di spalle, perché sa che è vero “Insomma, mi ero sentito così debole per quattro anni, e all’improvviso il grande giocatore di football aveva bisogno di me” lascia andare una risatina amara “E io so di aver sbagliato per questo.” Continua, inclinando lievemente il capo di lato “Davvero. Lo so. Ma non ho modo di aggiustarlo.”
“Stai dicendo che è stata tutta una finzione?” mormora Dave, con un’espressione improvvisamente spersa.
“Non una finzione” sospira Kurt “Solo …” Non vuole dire uno sbaglio, ma le parole gli premono sulle labbra “Una cosa affrettata” dice alla fine, scrollando le spalle.
“Vuol dire che non mi hai mai amato?”
Kurt piega lievemente la testa su una spalla, guardandolo con dolcezza “Nemmeno tu mi hai mai amato, Dave.” Soffia, delicatamente. “Prima di tutto, non mi avresti mai tradito. E secondo …” si guarda un attimo attorno, come se stesse cercando le parole giuste. Alla fine si limita a sospirare “Devi sentirlo. Non so come spiegartelo, è solo che … L’amore è un’altra cosa, Dave. È completamente diverso da quello che avevamo noi.” Preferisce non chiedersi come mai senta di saperlo così chiaramente.
David spalanca gli occhi, folgorato “È per quel tipo, non è vero?”
Kurt scuote la testa, spazientito “Ti ho detto di lasciarlo fuori. Questa storia riguarda solo noi! Noi che abbiamo sbagliato, perché non c’è mai stato davvero un noi. Capisci?”
“Io capisco soltanto che sei confuso e ferito e stai cercando di farmela paga—”
“Dio!” esplode Kurt, cominciando a percorrere la stanza a passi larghi “No, Dave, no! Non c’entra niente il fatto che io sia ferito, e non sto cercando di fartela pagare in nessun modo! Perché non riesci a capire che tra di noi c’è stato solo un lungo errore?!”
David apre un attimo la bocca per rispondere, ma la richiude senza dire niente, e abbassa lo sguardo. “Forse capirlo fa un po’ paura” sussurra alla fine.
Kurt si ferma, lo guarda.
“Forse io sono rimasto il codardo del liceo, in fondo.” Continua Dave “Forse ho ancora bisogno di essere quel codardo.”
“Hai smesso di essere quel codardo molto tempo fa.” Mormora Kurt con dolcezza, avvicinandoglisi “Quando hai accettato chi sei. Quando hai smesso di avere paura degli altri.”
“Ma ho ancora un po’ paura di me.” Bisbiglia Dave, senza guardarlo.
Kurt sospira, sedendosi sul letto di fianco a lui “E va bene che sia così. Anch’io ho paura di me, a volte.”
David solleva il capo, scrolla le spalle “Non direi proprio.” Borbotta.
“Ti assicuro che è così. Mi fanno paura tantissime cose. Solo che … Non lo so” sospira “A volte per qualcosa ne vale la pena.”
“E noi non siamo quel qualcosa, vero?”
Si guardano negli occhi con un sorriso amaro “No” sussurra Kurt “Non siamo quel qualcosa.”
David prende un sospiro tremante, chiudendo gli occhi “Già. Il problema è che lo so.”


*


 
“Come hai fatto a trovarmi, a proposito?” chiede Kurt inquisitorio, inarcando elegantemente un sopracciglio mentre si siedono ad uno dei tavoli del ristorante dell’albergo.
“Oh, ehm …” David sembra esitare, ma si arrende quando coglie l’occhiata severa dell’altro “Finn.” Confessa “Ma non prendertela con lui.” Aggiunge velocemente “Se l’è lasciato scappare, davvero.”
“Dovevo immaginarlo” borbotta Kurt, infilzando un pomodoro con più violenza di quanta non ne sia necessaria.


*



“Sei sicuro di voler partire proprio oggi pomeriggio? Puoi aspettare domani, lo sai.”
David gli rivolge un sorriso consapevole e un po’ sofferente “No, preferisco partire subito. Ho bisogno di … Pensare. Sai, aggiustare alcune cose nella mia testa.” Ci pensa un attimo “Detta così suona piuttosto male.” Decreta alla fine, ridacchiando leggermente “Però, insomma … Hai capito.”
Kurt annuisce “Stare lontani è più facile. Lo so.” Dice, con un leggero sorriso.
“Già” risponde Dave, e sembra infinitamente sollevato. Prende un respiro profondo, guardandosi attorno nella stazione “Dovrò tornare qui a Firenze, un giorno o l’altro” dice, quasi pensieroso.
“Credo che sia una città magica” ridacchia Kurt, anche se una fitta di dolore si fa sentire nel suo petto.
Blaine. Per quanto si senta ipocrita, non può fare a meno di aver bisogno di lui.
Vuole cercarlo.
David lo scruta con attenzione “Quel ragazzo” dice lentamente, ed è quasi una constatazione.
“Quel ragazzo … Cosa?” chiede Kurt, sobbalzando “Quale ragazzo?”
Dave sbuffa, alzando gli occhi al cielo “Quello di stamattina. Ci stai pensando.”
Kurt balbetta qualcosa di incoerente “Smettila” lo interrompe lui, senza durezza “Ti conosco, ormai. E ci stai pensando.”
“Forse.” Si arrende, abbassando il capo.
Dave sospira “Allora dovresti andare a cercarlo, non credi? Mi è sembrato piuttosto abbattuto stamattina.”
Kurt gli rivolge un’occhiata sorpresa, e non sa davvero cosa dovrebbe dire.
“Non guardarmi così” gli dice David, con una punta d’insofferenza “Sto solo cercando di essere un po’ più coraggioso.”
Kurt gli rivolge un sorriso smagliante “Ce la farai. Ce la farai davvero.”
“Sì, sì” Dave agita una mano con aria incurante “Ora va’, forza. Tanto il mio treno sarà qui tra meno di cinque minuti.”
Kurt lo guarda in silenzio per qualche secondo, con gli occhi stranamente luminosi “Grazie” sussurra alla fine. 
“È il minimo che possa fare” gli risponde Dave, scrollando le spalle.
“Allora … Ci vediamo?”
“Sì. Sì, ci vediamo. Prima o poi.”
Kurt gli rivolge un ultimo sorriso triste, perché sanno entrambi che, molto probabilmente, non succederà “Ciao, Dave.”
“Ciao, Kurt.”



*



La libreria è il primo posto in cui l’ha cercato.
Inutilmente: Blaine stesso gli aveva detto che si sarebbe preso qualche giorno di ferie.
Ha vagato a vuoto per le strade di Firenze senza una meta precisa, consapevole del fatto che era tutto completamente inutile: non riuscirebbe mai a trovarlo, non in una città che per di più non conosce.
E l’ha chiamato. L’ha chiamato tutto il pomeriggio, ma Blane ha il cellulare spento.
E Kurt si sente decisamente a terra.
Non dovrebbe andare così, è tutto maledettamente sbagliato.
Inspira a fondo, sedendosi sul proprio letto con aria esausta: c’è ancora un posto in cui non l’ha cercato.
Deve solo aspettare il mattino successivo.




***



Note:
Eccomi qua!
Okay; stavolta, purtroppo, devo dire un paio di cose.
- Ci ho pensato parecchio, a come caratterizzare Dave. All'inizio avevo pensato al classico bastardo di turno, ma non sarebbe stato bene con questo Kurt, no? Insomma, non è che Kurt sia masochista, ecco.

E quindi mi è venuto fuori questo David; che ve ne pare?
- Non voglio che sembri che Kurt abbia perdonato tutto a Dave; non è così. E' solo che gli interessa molto relativamente, e ora come ora la sua priorità è trovare Blaine. (Thaaat's amoooreeee!)
- Mi hanno suggerito di alzare il rating a rosso. Voi che dite? (Sono una frana in rating/note/avvertimenti e quant'altro, quindi fatemi sapere!)
- Purtroppo queste settimane sono un inferno :( I professori si ricordano ora che quest'anno abbiamo una Maturità ... Quindi, purtroppo, non so quando potrò rispondere alle recensioni :\ Che sono meravigliose, davvero, non so come ringraziarvi **

Siccome la settimana prossima vado in gita e non voglio lasciarvi trent'anni senza aggiornamenti, credo che pubblicherò gli ultimi capitoli a distanza di pochi giorni, così da finire di pubblicare prima di Mercoledì; però, come dicevo prima, mi sa che non potrò rispondere subito alle recensioni :\


Fine delle note chilometriche! (*tirano tutti un sospiro di sollievo*)
Continuate a farmi sapere, per favore; il vostro parere è davvero importante :)

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Tantii baci e caramelle a tutti! **

 

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


Love doesn't care about odds.
Capitolo X




 

Quando suona la sveglia, scatta immediatamente in piedi con un’energia insospettabile: non ha praticamente chiuso occhio per tutta la notte, e si sente stranamente euforico nonostante siano solo le sette del mattino.
Fa una doccia velocissima con il terrore profondo di arrivare troppo tardi, e nemmeno pensa di dover fare colazione.
Sono esattamente le sette e mezzo quando si ritrova nell’aria gelida della strada, con le nuvolette ghiacciate che gli fanno compagnia ad ogni respiro.
Digita l’indirizzo su Google Maps e si avvia a passo di marcia, col cuore che gli rimbomba rumorosamente nelle orecchie.
Deve trovarlo.


*


Si chiede se la bellezza sia mai in grado di smettere di stupirti quando il suo sguardo abbraccia per la seconda volta Piazzale Michelangelo; sta per arrivare alla conclusione che la caratteristica fondamentale della bellezza è che non smette mai di stupire, quando il respiro gli si impiglia nella gola e il cuore prende a battere furiosamente nel suo petto.
Distingue a malapena una sagoma scura, appoggiata coi gomiti alla ringhiera in pietra, ma lo riconoscerebbe ovunque.
Si avvicina con le ginocchia che praticamente tremano, ma non gli importa davvero; vuole solo avvicinarsi ancora di più.
Arriva a pochi passi da lui, in un perfetto silenzio. Si concede un attimo per osservarlo e per rendersi conto di essere sul punto di combinare un vero disastro con la propria vita, più o meno nello stesso istante in cui decide di mandare tutto al diavolo e farlo lo stesso.
“Sapevo che ti avrei trovato qui.”
Blaine si volta di scatto e sembra quasi impaurito, tanta è la sorpresa nei suoi occhi. Si allontana istintivamente da lui, con un’espressione inafferrabile. “Che ci fai qui?” gli chiede, rigido e teso.
Kurt si avvicina lentamente, con un pizzico di esitazione, e sospira impercettibilmente quando l’altro non si allontana “Devo spiegarti” gli dice, cercando di incrociare il suo sguardo.
Ma Blaine si ritrae, affonda le mani nelle tasche del cappotto, si chiude in se stesso “Magari non voglio ascoltare.” Gli dice con voce rauca, graffiante. Vorrebbe usare un tono cattivo, ma non ci riesce.
“No, no, per favore.” Kurt si tende velocemente verso di lui, e vuole quasi piangere per la frustrazione: ha bisogno che lo ascolti, non può lasciare che sia stato tutto inutile. “Ti prego, non è come sembra, te lo giuro.”
“E allora com’è?” chiede Blaine, con durezza “Perché a me sembra di essere stato soltanto usato per dimenticare una storia che chiaramente non è finita. E questa non è nemmeno la parte peggiore, sai?” continua con amarezza, con espressione frustrata “La parte peggiore è che io sapevo che sarebbe stato soltanto un enorme, gigantesco, irrimediabile errore. Lo sapevo. Ma l’ho fatto lo stesso, perché sono un maledetto idiota! E in tutto questo, non posso neanche darti la colpa! Non ci riesco. È solo colpa mia, perché mi ci butto sempre a capofitto, nelle cose, e invece dovrei imparare a pensare, perché ora fa solo male. Ed è questa la cosa peggiore. Che fa un male cane. E io pensavo che fosse una cosa speciale, e non riesco a smettere di pensarlo, e fa ancora più male, perché – ”
“Ci siamo lasciati!” sbotta Kurt all’improvviso, interrompendolo – non riuscirebbe a sopportare di sentire un’altra volta che tra loro è stato solo un enorme, gigantesco, irrimediabile errore. Non vuole credere che Blaine lo pensi davvero. “Io e Dave ci siamo lasciati” continua a voce più bassa, scrutando con apprensione l’espressione sorpresa sul volto del ragazzo di fronte a lui “Noi abbiamo … Chiarito. Anzi, abbiamo capito, direi.” Sul suo viso si disegna un sorriso sofferente, e una piccola crepa gli si apre nel petto “Ero venuto a dirti che …” sbuffa, scuotendo la testa, e la voce gli si spezza un po’ “Nemmeno lo so cosa avrei voluto dirti. Solo che … Non lo so, volevo solo sapere se anche tu hai bisogno di me, perché io mi sentivo davvero un idiota ad aver bisogno di te e …” Deglutisce, cercando invano di sciogliere quel nodo che gli si è formato in gola “Ora mi sento solo più idiota di prima.” Si schiarisce la voce “Non avevo capito che era stato soltanto un errore, per te. Come al solito” aggiunge dopo un attimo, scuotendo la testa “Non avevo capito niente.” Tira brevemente su col naso, fa vagare gli occhi lucidi sulla città che si vede oltre il parapetto per evitare di incrociare lo sguardo di Blaine, che rimane in silenzio “Mi dispiace di averti disturbato” mormora alla fine “Non era mia intenzione.” Conclude, abbassando il viso.
Si gira con l’intenso desiderio di scappare da quel posto, perché all’improvviso non si sente più al sicuro nemmeno lì.
Fa in tempo a muovere appena qualche passo, prima che una presa calda e forte si stringa sul suo polso, facendolo voltare all’improvviso, tanto che il mondo diventa per un attimo un insieme di indistinte macchie di colore; non fa in tempo a formulare un pensiero coerente, perché le labbra di Blaine trovano immediatamente le sue, in maniera confusa e disordinata, e i loro respiri affannati si scontrano dopo qualche attimo, fondendosi sulle loro pelli.
Blaine gli afferra la vita con delicatezza, ma le sue dita sono arricciate sui suoi fianchi, come se volesse tenerlo il più vicino possibile a sé, e le mani di Kurt non ci mettono molto a trovare il loro posto tra i ricci dell’altro.
Rimangono avvinghiati per un tempo indefinito, allontanandosi solo per respirare qualche boccata di ossigeno, e continuano a lasciarsi dei baci dolci a fior di labbra.
“Non è stato un errore” esala Blaine senza fiato, guardandolo negli occhi, le labbra rosse e leggermente gonfie per i baci “Con te non sarebbe mai un errore.” Arrossisce un po’, e le sue ciglia sfiorano gli zigomi quando abbassa lo sguardo.
Kurt gli accarezza delicatamente lo zigomo col pollice, costringendolo a risollevare il viso “Non sai quanto sono contento che non lo pensi davvero.” Sospira, più sollevato di quanto non potrebbe mai esprimere a parole.
“Sono una persona orribile se dico che sono contento che tu e Dave vi siete lasciati?”
“No” ridacchia Kurt “Non sei una persona orribile.”
Blaine gli lascia un altro bacio sulle labbra “A parte gli scherzi … Ti ha detto qualcosa di … Uhm … Offensivo? Cioè, tu stai bene?” gli chiede, strofinandogli delicatamente le spalle.
Kurt ci riflette per qualche secondo, continuando a scrutare quegli occhi magnificamente dorati. “Mai stato meglio” decreta alla fine, sporgendo il viso per baciarlo di nuovo.


*



Si allontanano dal Piazzale mano nella mano, e trovano un bar piuttosto piccolo e accogliente in cui fare colazione.
Tutto torna ad essere esattamente come prima, con un’unica differenza: adesso sono entrambi molto più sicuri. Come se avessero avuto la conferma ad una domanda che li tormentava da molto tempo, l’uno non distoglie più lo sguardo quando l’altro lo sorprende a guardarlo, non cercano un contatto con timidezza, non si sorridono con imbarazzo. Sono più consapevoli l’uno dell’altro, ma anche di loro stessi.
Sono ancora seduti nel piccolo bar, e Blaine gli sta accarezzando delicatamente il dorso della mano con il pollice; nessuno fa caso a loro, e Kurt si sta crogiolando nella dolcezza di quel momento.
“Quando devi partire?” gli chiede all’improvviso, deglutendo.
Kurt sussulta lievemente, perché non ci ha davvero pensato. Si rifiuta di farsi prendere da una crisi di panico, ma non riesce a scacciare il nodo che gli si è formato in gola e quasi gli impedisce di respirare “Dopodomani. La mattina presto.” Sussurra, con gli occhi un po’ più umidi.
Il pollice di Blaine si ferma per un attimo sulla sua pelle liscia, prima di riprendere ad accarezzarlo “Va bene” sospira il ragazzo, chiudendo per un attimo gli occhi “Va bene.” ripete, cercando di raccogliere le idee. “Spero che tu ti renda conto del fatto che oggi e domani sarai costretto a stare con me ventiquattro ore su ventiquattro.” Gli dice, guardandolo intensamente negli occhi.
Kurt annuisce con un minuscolo sorriso “Ci speravo, in realtà.”
Blaine gli sorride in risposta, con qualche sedimento di tristezza sul fondo degli occhi dorati “Perfetto.”


*



Vagano per la città senza avere davvero una meta precisa.
Si trascinano a vicenda, mano nella mano, limitandosi ad ammirare genuinamente la bellezza delle opere d’arte che li circondano senza chiedersi quale sia la storia che si cela dietro ogni statua, dietro ogni pietra.
Visitano la casa di Dante, la chiesa in cui il Poeta e Beatrice si incontrarono per la prima volta.
“Dice di essersi innamorato di lei a nove anni” gli sussurra Blaine in un orecchio “La vide qui, vestita di rosso, e se ne innamorò perdutamente.”
“E lei lo amava?” mormora Kurt, guardando senza disagio l’interno della piccola chiesa – è una cosa che ha imparato a fare a Firenze: distinguere attentamente la religione dall’arte.
“Non si sono mai parlati” gli rivela Blaine, con un piccolo sorriso.
Kurt gli rivolge un’occhiata confusa “Non si sono sposati?” gli chiede, sinceramente deluso.
“Dante sposò un’altra donna, tale Gemma Donati. E anche Beatrice sposò un altro uomo. Morì giovanissima.”
Sugli occhi di Kurt scende un leggero velo di tristezza, e Blaine gli sorride con dolcezza.
 

E lo spirito mio, che già cotanto 
tempo era stato ch'a la sua presenza 
non era di stupor, tremando, affranto, 
sanza de li occhi aver più conoscenza, 
per occulta virtù che da lei mosse, 
d'antico amor sentì la gran potenza.
-Purgatorio, canto XXX, Dante Alighieri.


 

*



Blaine intreccia delicatamente le dita della propria mano con quelle di Kurt, tirandolo leggermente perché si volti; gli occhi azzurri si allontanano lentamente dalle arcate dell’Ospedale degli Innocenti, per puntarsi interrogativamente in quelli dorati.
Blaine gli sorride dolcemente, prima di indicare la facciata di un palazzo di mattoni rossi. “Vedi quella finestra?” Gli chiede, con un’occhiata veloce “Quella aperta?”
Kurt aguzza la vista, finché non intravede quello che sta cercando di indicargli Blaine: una persiana aperta solo per metà; annuisce.
“C’è una leggenda, riguardo a quella finestra; pare non si chiuda mai. Dicono che in quella casa abitasse una donna il cui marito era andato in guerra; e tutti i giorni lei lo aspettava, a quella finestra.” Fa una pausa, avvolgendogli i fianchi con un braccio quasi senza pensarci “Lui non tornò mai. Quando lei morì, la famiglia che vi andò ad abitare provò a chiudere quella finestra, ma cominciarono ad accadere cose terribili.Quindi decisero di lasciarla aperta. E da allora nessuno l’ha più chiusa.”



*



Pranzano fuori e continuano a passeggiare pigramente per la città, fermandosi di tanto in tanto su una panchina o sul basso muretto che delimita le sponde dell’Arno, vicino a Ponte Vecchio.
Visitano anche Piazza San Marco e la Galleria dell’Accademia, in cui è conservato l’originale del David. Quando Kurt si incanta di nuovo a fissare la statua, con le labbra leggermente dischiuse, Blaine gli pizzica un fianco con un piccolo sorriso sulle labbra “Dovrei essere geloso?”
Kurt gli rifila una minuscola gomitata, scuotendo lievemente il capo; evita di dirgli che non ha assolutamente niente da invidiare a quella perfezione intrappolata nel marmo.


*



 
Cenano in albergo, e Blaine non ha nemmeno il tempo di chiedere se può restare, perché Kurt gli ha già afferrato una mano e lo sta trascinando con fermezza verso l’ascensore.
Il problema è che sanno di non avere tempo, lo sanno fin troppo bene.
Non fanno l’amore, non quella notte – Kurt si rifiuta di pensare che sia solo sesso, davvero.
Stanno solo distesi l’uno di fianco all’altro, con le mani intrecciate e i volti distanti di un soffio, due sorrisi un po’ sciocchi che arricciano le loro labbra; e si baciano. Si baciano un sacco, sfiorandosi piano.
Le braccia di Blaine lo avvolgono, le sue dita gli accarezzano la schiena facendolo rabbrividire leggermente; si addormenta dopo poco, e sulle retine ha ancora impressa la luce dorata dei suoi occhi.


 

E par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d'amore,
che va dicendo a l'anima: Sospira. 
-Tanto gentile e tanto onesta pare, Dante Alighieri.


 

*


 
Kurt si sveglia con un piccolo mugugno, e si stiracchia con indolenza.
Blaine borbotta qualcosa nel sonno, prima di aprire un occhio con aria molto assonnata. “Giorno” mormora, affondando per un attimo la testa nel cuscino.
“Giorno” risponde Kurt con un sorriso, prima di sporgersi per baciarlo sulle labbra.
Basta quel gesto.
È così dolorosamente familiare che un groppo gli afferra immediatamente la gola, perché ha un solo pensiero martellante in testa: il giorno dopo dovrà ripartire. Non si vedranno più.
Il respiro gli si impiglia nella gola, e si sente sprofondare.
Non vuole. Non è giusto.
“Tutto bene?” gli chiede Blaine, improvvisamente apprensivo.
Kurt lo guarda con aria desolata e sconfitta “Non voglio lasciarti andare.” Bisbiglia, affondando la testa nel suo petto.
Blaine prende un respiro profondo, prima di avvolgerlo di nuovo tra le proprie braccia “Neanch’io” mormora tra i suoi capelli. “Neanch’io.”



***



Note:
Ed eccoci qua!
Dunque, spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto.
Ormai ci stiamo davvero avvicinando alla fine :\
Credo che pubblicherò l'ultimo capitolo Lunedì, e il brevissimissimo epilogo Mercoledì.
Che altro ...
Ah, sì! Il primo passo preso da Dante è il momento in cui il poeta racconta del momento in cui rivede Beatrice per la prima volta; se vi interessasse, la parafrasi è questa: 

-Ed il mio spirito, che ormai da molto tempo
non sentiva più lo stupore ed il turbamento
legato alla sua presenza e visione,
anche senza averla riconosciuta con gli occhi
per una misteriosa virtù che partì da lei,
sentì ancora la forza dell’antico amore.-

 Miracolosamente, per stavolta ho finito!
Vi prego, fatemi sapere cosa ne pensate :)
A presto!

 

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Capitolo 11
*** Capitolo XI ***


Love doesn't care about odds.
Capitolo XI




 

La giornata corre via in maniera pericolosamente veloce, e Kurt si sente seriamente sull’orlo di un precipizio. E quell’orlo è quella giornata stessa.
Poi dovrà partire, e lui e Blaine non si vedranno più.
Si sforza sinceramente per non pensarci, e l’altro ragazzo fa altrettanto; non ne parlano.
Si limitano a stare insieme come hanno fatto fino ad ora, beandosi l’uno della presenza dell’altro perché è l’unica cosa che potrebbero davvero fare.
Continuano il giro della città, anche se non c’è rimasto davvero molto da vedere; nel pomeriggio vanno di nuovo al Giardino di Boboli sotto precisa richiesta di Kurt, e rimangono seduti sull’erba a crogiolarsi negli inaspettati raggi di sole che accarezzano il prato.
Blaine non lo lascia andare nemmeno un attimo.



*



 
Cenano fuori – comprano una pizza in Piazza del Duomo, nello stesso posto in cui l’hanno comprata al loro primo non-appuntamento.
Poi Blaine ha la malsana idea di trascinarlo al cinema, e Kurt si ritrova a fissare lo schermo con l’altro ragazzo che cerca di sussurrargli la traduzione delle battute in un orecchio.
Ovviamente, finiscono per ridacchiare per un’ora e mezza perché Blaine si diverte a fargli il solletico torturandogli il collo con le labbra, e Kurt gliela fa pagare pizzicandogli dolorosamente i fianchi – coperti da un suo maglione, tra l’altro, che gli ha dovuto prestare perché Blaine si è rifiutato di andare a casa a cambiarsi.
Escono dalla sala con un sospiro e un sorriso un po’ triste, ma si guardano negli occhi e scelgono di non parlarne.
Quando arrivano in albergo, più tardi, si spogliano lentamente e si abbandonano l’uno all’altro senza domande e senza chiedere perché.
Probabilmente non sono mai stati più felici di così.
La valigia di Kurt è pronta in un angolo della stanza.


*



“Okay, cerchiamo di non farla più complicata di quanto non sia già” Kurt si gira con un sospiro e incrocia gli occhi dorati di Blaine, grandi e un po’ lucidi.
“Okay.” Deglutisce il ragazzo, tentando di mettere su un sorriso tremolante.
“Io … Dio, non ho idea di cosa dovrei dire” mormora Kurt, passandosi una mano sul viso, e deve ingoiare un enorme groppo che gli si è formato in gola.
“Okay” Blaine prende in mano la situazione, e gli poggia le mani sulle spalle  con delicatezza, accarezzandolo con i pollici in maniera quasi impercettibile. “Nemmeno io so cosa dire” inizia, inspirando profondamente per non farsi scivolare sulle guance le lacrime che gli stanno pungendo gli occhi “Però so questo.” Chiude gli occhi per un attimo, facendosi coraggio “Questa cosa … Qualsiasi cosa sia stata, non mi importa. È stata importante, per me. Io …” sbuffa, sorridendo con leggerezza “Lo so che è folle. Lo so, davvero. Ma non ho mai incontrato nessuno come te, e non … Non voglio che finisca così. Che sia stato inutile.” Distoglie per un attimo lo sguardo “Però … Insomma, lo capirò se per te non è lo stesso. Se non è stato lo stesso e non vuoi … Sai. Provare.
Kurt lo guarda con gli occhi azzurri spalancati per la sorpresa, e cerca di respirare normalmente senza iperventilare; com’è possibile che quel ragazzo l’abbia trovato proprio lui?
“Io …” dice, senza fiato “No, Dio, io vorrei provare. Davvero, lo vorrei così tanto. Anche per me ha significato qualcosa. Sarò patetico” ridacchia, praticamente tra le lacrime “Ma ha significato tutto. È solo che … Le relazioni a distanza …” comincia a tormentarsi le dita e a mordicchiarsi il labbro inferiore “Non fanno per me” mormora alla fine, cercando di non incrociare gli occhi dorati dell’altro ragazzo, perché non vuole leggervi la delusione e la rabbia.
“Ehi” La voce di Blaine è così dolce che gli fa sollevare immediatamente lo sguardo “Lo so. Lo capisco. Ma io non …” si interrompe, cercando le parole giuste “Non ti farei mai del male” sussurra alla fine, e lo sguardo che gli rivolge non lo fa dubitare della veridicità di quelle parole nemmeno per un attimo “Davvero, non potrei mai. Io … Lo so che è folle, tutto questo è folle, ma io …” deglutisce, visibilmente nervoso “Io credo di essermi innam—” Kurt gli poggia velocemente un indice sulle labbra, spalancando gli occhi “Non dirlo” mormora velocemente “Ti prego, non dirlo o non salirò mai su quel treno.”
Blaine sospira, e gli preme un bacio delicato sul dito – Kurt si sente sciogliere, e fa davvero male. Non pensava che qualcosa potesse essere così dolce e così doloroso allo stesso tempo.
“È la verità” mormora, con un piccolo sorriso che sa un po’ di tristezza.
“Lo so.” Risponde Kurt, accarezzandogli il viso con la punta delle dita. E lo sa davvero. “Ma se lo dici ad alta voce non troverò mai la forza di andarmene, e saremo bloccati in questa stazione per i prossimi cinque mesi.”
“D’accordo” si arrende Blaine, poggiando il capo contro le sue dita; rimangono in silenzio per qualche secondo, semplicemente a guardarsi.
“Quindi cosa facciamo?” soffia Blaine dopo qualche istante, con esitazione, come se avesse paura di sapere la risposta.
Kurt sente una voce amplificata che sta annunciando la partenza del suo treno, e decide senza pensare “Tu … Tu tornerai a New York, vero?”
Blaine annuisce “Il piano è quello” risponde velocemente, aggrottando leggermente le sopracciglia “Proverò ad entrare alla NYU o alla NYADA, quindi … Sì. Dovrei tornare prima delle vacanze estive.”
“Okay” Kurt riflette velocemente “Anch’io sarò lì. E noi ci …” un piccolo singhiozzo gli sfugge dalle labbra, e inspira profondamente per continuare “Ci ritroveremo lì, okay? Quando tornerai. Tu mi chiamerai, se non avrai cambiato idea. Non appena atterri a New York. E io risponderò, se non avrò cambiato idea.” – sa perfettamente che risponderà, perché non potrebbe mai cambiare idea su Blaine, lo sa. “E allora ci rincontreremo e ci riproveremo. O riprenderemo da qui. Solo … Senza complicazioni.”
“Ti chiamerò” risponde immediatamente Blaine, afferrandogli il viso con le mani e depositandogli un bacio urgente sulle labbra “Lo sai che ti chiamerò. Non potrei mai cambiare idea, mai.
“Lo so” mormora Kurt, lasciando andare un sospiro tremante “È lo stesso anche per me.”
Rimangono in silenzio solo per qualche secondo, prima che Kurt riesca a parlare “Dio, perché non ti ho incontrato a Lima? Ora è tutto così … difficile. Quante probabilità c’erano che ci conoscessimo qui, invece che in America?”
Blaine ridacchia contro le sue labbra, e una lacrima gli scivola lentamente lungo una guancia “Mi sa che all’amore importa poco delle probabilità.”
Kurt mugola, chiudendo gli occhi “Non dovevi dirlo” gli fa notare, con tono lamentoso – e ora non ha davvero niente che lo spinga a partire, non quando le braccia di Blaine gli stanno avvolgendo la vita e lui si sente così al sicuro.
“Scusa” mormora Blaine, senza essere davvero dispiaciuto; poi si allontana da lui, e Kurt sente davvero freddo. “Coraggio” gli dice, con un sorriso triste “Hai un treno da prendere.”
“Non voglio prenderlo.” Ribatte con un mugugno, come un bambino piccolo.
Blaine ridacchia “Lo so. Ma devi.” Afferra la sua valigia e comincia a trascinarla verso il binario; Kurt lo segue senza guardare davvero dove stia mettendo i piedi – non gli importa per niente, a dirla tutta – e quando si ritrova davanti ai pochi scalini che lo porterebbero sul treno ha solo un’immensa voglia di piangere.
Blaine si gira verso di lui inspirando profondamente, e sta davvero lottando per trattenere le lacrime; non dice niente, si limita a sporgersi verso di lui per avvolgergli il viso tra le mani e baciarlo con trasporto, facendo incontrare le loro lingue dopo solo un istante, intrecciandole insieme come se non dovessero più lasciarsi andare.
Quando Blaine si allontana, Kurt lo segue inconsciamente sporgendo un po’ il viso in avanti, e sente davvero di star perdendo un piccolo pezzo di sé.
“Forza” lo incoraggia Blaine, anche se la voce gli sta tremando “Vai” accenna con il mento al treno alle sue spalle.
Kurt prende un respiro profondo, e gli stringe le mani con forza “Mi hai cambiato la vita, Blaine.” Quando lo dice è senza fiato, perché è la pura e semplice verità. “L’hai fatto davvero.” E ora Blaine ha piegato il capo su una spalla e le lacrime stanno scorrendo liberamente sul suo sorriso. “E io ti risponderò” continua Kurt, senza lasciarlo andare “Aspetterò quella chiamata. E risponderò. Te lo giuro.”
“Okay” risponde soltanto Blaine, con gli occhi luminosi “Non ti farò aspettare. Te lo prometto.”
“Okay” Kurt prende un respiro profondo – l’ennesimo – e indietreggia fino a che non arriva al treno; trascina la valigia su per le scale, prima di girarsi di nuovo verso Blaine “Ci vediamo presto, allora.” Gli dice, semplicemente.
“Sì” Blaine lascia andare un enorme sospiro “Sì, ci vediamo presto.”
“Okay.”
“Okay.”
Kurt gli accarezza un’ultima volta il viso “Niente lacrime” sussurra, con un sorriso.
“No” sospira Blaine “Niente lacrime. D’accordo.” E si asciuga velocemente le guance.
“Perfetto” sorride Kurt.
“Ti aspetto.”
“Ti aspetto anch’io.”
La porta si chiude lentamente tra di loro, e Kurt può vedere le lacrime che cominciano di nuovo a scorrere sulle sue guance; gli rivolge un sorriso tremulo e lo saluta con un gesto della mano, mentre il treno comincia a muoversi. Blaine ricambia il gesto, e cammina per seguirlo.
Ma il treno comincia a prendere velocità presto – troppo presto – e dopo poco deve fermarsi e limitarsi a seguirlo con lo sguardo.
I loro occhi non si lasciano andare nemmeno un attimo, fino a che il treno non curva e Blaine scompare alla vista di Kurt.
Entrambi avvertono distintamente i loro cuori che si spezzano nei rispettivi petti, ma prendono un respiro profondo. Si rivedranno. Bisogna solo aspettare.



***
Note:
lo so, lo so, è imbarazzantemente corto :\
Ma diciamocelo: erano rimaste poche cose da sistemare.
Che dire ... Mi dispiace che questa storia stia finendo :\ Manca solo il cortissimo epilogo, che pubblicherò Mercoledì.
Spero sinceramente di non avervi annoiati ^^ 
Fatemi sapere cosa ne pensate, per favore; anche se ci metto un po', prometto che risponderò a tutte le recensioni :) 
Siete stupendi, davvero, grazie a tutti **
Bacioni!

 

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Capitolo 12
*** Epilogo ***


Love doesn't care about odds.
Epilogo.



 

A te.
 

- Cinque mesi dopo.


Kurt è in ritardo. Per l’ennesima volta nella sua vita.
Sta correndo per le strade di New York al massimo della velocità che gli permettono i pantaloni decisamente, decisamente stretti, la scomoda tracolla di pelle e gli stivaletti in gomma; inspira profondamente dal naso, evitando per un soffio un paio di passanti che si fermano per urlargli qualcosa di poco gentile, e il cellulare comincia a vibrargli nella tasca.
“Pronto?!” esclama, praticamente senza fiato.
Kurt? Ma dove diamine sei?” chiede Rachel con tono impaziente, sbuffando nel ricevitore.
“Sto arrivando!” risponde lui in tono lamentoso, rallentando un po’ la propria corsa. “Sono sulla Fifth Avenue.”
Avresti dovuto essere lì almeno venti minuti fa!
“Non è colpa mia se hai scelto di incontrarci dall’altra parte della città! Perché, poi?!”
Hai bisogno di svagarti, tesoro.” Risponde lei con ovvietà “Ultimamente sei sempre depresso.
“E ne sei davvero sorpresa?” sbuffa lui, camminando sempre più lentamente mentre i ricordi gli invadono dolcemente e dolorosamente la mente “Lo sai, Rachel. I cinque mesi sono scaduti, e lui …” si ferma un attimo, prende un respiro profondo “Non ha chiamato. Ha cambiato idea.” Mormora, e dirlo ad alta voce lo rende un po’ più reale. E un po’ più doloroso.
Ecco perché ho deciso di portarti fuori!” esclama Rachel, con una festosità forzata. “Finalmente porremo fine alle tue sofferenze.
“Ti rendi conto che non suona bene, come frase, vero?” le chiede pazientemente Kurt, massaggiandosi la radice del naso.
Come sei puntiglioso.” Sbuffa Rachel. “Allora, dove cavolo sei?
“Quasi all’Empire State Building.” Risponde lui, riprendendo a camminare con aria stanca e rassegnata. “Senti Rach, io apprezzo. Ma non credo che tutta questa cosa sia una buona idea. Voglio dire … Lo so che tu pensi che sia stupido, ma io non sono ancora pronto a … dimenticarlo. E può essere patetico, lo so. Anzi, so di per certo che lo è. Però … Davvero, io non credo che funzionerà. Mi dispiace, ma forse è meglio se ce ne torniamo a casa e … non lo so, ordiniamo cinese. Possiamo guardare un film strappalacrime e passare la serata così, e poi domani –”
Okay, tesoro, devi davvero smetterla di blaterare cose senza senso.
“Ma non sono senza senso per me, Rachel, davvero, io non –”
Tesoro.” Qualcosa nel tono fermo della ragazza lo costringe ad interrompersi. “Ne parliamo quando ci vediamo, d’accordo? Tanto ormai sarai arrivato.
Kurt sospira, prima di annuire “Sì.” Risponde stancamente “D’accordo.”
A tra poco.
Riattacca con uno sbuffo, e comincia a guardarsi intorno alla ricerca della ragazza; il posto non è particolarmente affollato, eppure non riesce a vederla da nessuna parte. Allunga anche il collo per riuscire a scrutare più in lontananza, senza nessun successo; afferra di nuovo il cellulare, che comincia a squillare opportunamente proprio in quel momento.
“Rachel! Ma dove diamine sei?!”
Kurt?
Kurt si blocca nel bel mezzo di un movimento, e preme il telefono ancora più vicino all’orecchio; il respiro gli si impiglia nella gola. “B-Blaine?” Balbetta, spalancando gli occhi. “Oh mio Dio, Blaine, allora non hai cambiato idea? O hai cambiato idea e sei stato così gentile da chiamarmi e dirmelo? No, perché, insomma, lo apprezzo, davvero, però preferirei – ”
Kurt” Blaine ridacchia, interrompendolo “Stai straparlando.
“Lo so” risponde Kurt, senza fiato “Non sei il primo che me lo dice, oggi. È solo che sono passati cinque mesi, ed è davvero tanto tempo, e se hai cambiato idea lo capisco –”
Girati.
“Cosa?”
Girati.
Kurt fa come gli è stato detto, col cuore che gli batte praticamente in gola e il sangue che gli scorre velocemente nelle vene; ed è lì.
In maniera banalmente semplice, Blaine è di fronte a lui, come se non fosse passato neanche un giorno.
Si guardano per un attimo che sembra durare un’eternità, prima che scatti qualcosa dentro di loro.
Si muovono contemporaneamente, incastrandosi perfettamente l’uno nelle braccia dell’altro, e Kurt sente di poter respirare di nuovo a pieni polmoni, inspirando quel profumo così familiare, che non ha dimenticato nonostante sia passato tanto tempo.
Blaine affonda il viso nel collo pallido, solleticando la pelle delicata col proprio respiro leggero “Non ho cambiato idea.” Mormora “Non potrei mai cambiare idea.”
“Neanche io.” Sussurra Kurt, allontanandosi giusto di qualche centimetro “Neanche io.” Ripete, prima di annullare quella distanza irrisoria rispetto all’oceano che li aveva separati fino a qualche ora prima, e baciarlo con trasporto. 



***





Note:
Ebbene sì.
E' finita.
Ho pubblicato oggi - e perdonatemi, non rispetto mai le date di aggiornamento, lo so - perché mi sono resa conto che domani non ce l'avrei fatta.
Dunque dunque.
Spero che questo minuscolo epilogo vi sia piaciuto; l'ho riscritto completamente oggi pomeriggio, perché dalle recensioni ho visto che vi aspettavate l'incontro >.< (In quello precedente c'era solo la telefonata; spero che vi sia piaciuto, ecco.)
Vi voglio ringraziare tutti.
Davvero, siete sempre meravigliosi, e non so cosa dire se non che ogni singola storia è dedicata anche a voi, ovviamente.
Un ringraziamento speciale va a wislava, Locked, Mellark_, Slytherin_Malvi, itsmeWallflower, Miss_Obrien, Joan Douglas, Nemesis_8, CandyKlaine, MelimeTheFreeElf, BrokenRoses, IAmAKlainer, este, Lady_Klaine, ShipIt, KIAsia, Miscriss, Jane The Angel, che hanno avuto la pazienza di recensire; mi migliorate le giornate, davvero.
Un grazie GIGANTESCO anche a quelli che hanno messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate. *w*

Bene, che altro ...
Non credo di tornare tanto presto con una long, purtroppo :\ Ne ho appena avviata una che voglio assolutamente finire, ma non comincerò a pubblicare finché non avrò scritto un bel po' di più. 
Spero però di riuscire a continuare la raccolta di OS (
What are you promising?e , in generale, di pubblicare le mie solite cavolate ogni tanto.

Fatemi sapere!
Sono curiosa di sapere cosa ne pensate ora che è finita :)

Grazie ancora a tutti, sul serio :')

 

Per tenervi aggiornati (e insultarmi) la mia pagina FB: https://www.facebook.com/AmbrosEFP
 

 

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