Ci vediamo a casa

di Neera6
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Take me home ***
Capitolo 2: *** Back for you ***
Capitolo 3: *** Nobody compares ***
Capitolo 4: *** Something great ***
Capitolo 5: *** Strong ***
Capitolo 6: *** One Thing ***
Capitolo 7: *** Moments ***
Capitolo 8: *** Change My Mind ***
Capitolo 9: *** C'mon, c'mon ***
Capitolo 10: *** Stole My Heart ***
Capitolo 11: *** They Don't Know About Us ***
Capitolo 12: *** Why Don't We Go There ***
Capitolo 13: *** Heart Attack ***
Capitolo 14: *** Tell Me A Lie ***
Capitolo 15: *** Same Mistakes ***
Capitolo 16: *** 16. Over Again ***
Capitolo 17: *** 17.You and I ***
Capitolo 18: *** 18.Still The One ***
Capitolo 19: *** 19.Little White Lies ***



Capitolo 1
*** Take me home ***


I can't count the miles away, from where I wanna be.
I bet your skin is warm and that you're smiling.
Yeah, that's what I always loved the most about you.
You're so strong come and knock me down, hey




 
  “Grazie Tokyo! Siete fantastici!”, urla per l’ultima volta Niall, al pubblico in delirio.
Abbraccio di gruppo, come sempre.
Inchino, come sempre.
Sorrisi, come sempre.
Nel pubblico vedo ragazze in lacrime, che ci guardano con aria sognante e disperata.
Molte di loro sono state in coda fuori dal palazzetto per ore, pur di essere un prima fila. Pur di vederci da vicino per una manciata di minuti.
Mi sembra tutto così assurdo.
Sorrido, esausto; Liam saluta un’ultima volta, ringraziando per il supporto dimostrato dalle nostre fans di tutto il mondo: questo tour mondiale è stato lungo, siamo stati in giro da febbraio a novembre, con poche pause e molte date.
Ma oggi era l’ultima.
Le luci si spengono, corriamo nel backstage per l’ultima volta prima di un, seppur breve, meritato riposo.
Le nostre fans non lo sanno ancora, ma in pochi mesi torneremo di nuovo in tour, ma negli stadi. Ora si disperano perché non sanno quando ci rivedranno. Molto carino da parte loro, ma io ne sono felice: ho bisogno di una pausa.
Ho bisogno di tornare a casa, da mia madre, da mia sorella… da tutti quelli che mi amavano prima del successo. Ho bisogno di disintossicarmi dalla fama, per un po’.
“Non riesco a credere che sia finito – dice Zayn, sospirando – Mi sento molto meglio; ho bisogno di una vacanza”. Louis ride: “Anche io sono sollevato… magari potessi passare un po’ di tempo sul serio lontano dai riflettori”. “Temo che la vostra vita non sarà comunque facile”, sospira Liam, facendo cenno a me e a Louis.
Ci guardiamo. Entrambi pensiamo alla stessa storia: i “Larry”.
Scuoto le spalle: “Ormai siamo rassegnati”. Louis sorride e fa cenno di sì con la testa.
Ci diamo una sistemata veloce e siamo pronti per tornare in albergo.
Siamo stanchi e non vediamo l’ora di essere a casa: non vogliamo festeggiare la fine del tour, non vogliamo ubriacarci, non vogliamo andare a ballare.
Vogliamo solo andare a dormire, per far passare in fretta queste ultime ore che ci tengono lontano da casa.
In macchina Niall si addormenta sulla spalla di Louis e anche io sonnecchio un po’, ma, arrivati davanti all’albergo, siamo svegliati di soprassalto: la solita mandria di ragazze urlanti ci attende: è tardi, saranno ormai le due di notte, fa freddo e noi non abbiamo le forze di uscire a salutarle.
Ma loro sono lì, cercano di guardare dentro alla macchina, schiacciano i visi contro i vetri e sbattono le mani sulle fiancate dell’auto, svegliando il biondino, che esclama, assonnato: “È iniziata la guerra?”.
Ridiamo e gli rispondo: “Questa volta ci hai azzeccato, amico”; ci sentiamo un po’ in trappola: la macchina è bloccata nella folla, ci sembra di essere chiusi in un’enorme batteria durante un concerto metal.
L’autista si gira: “Ragazzi, mi dispiace, ma se vado avanti rischio di investire qualcuno”.
“Non si preoccupi, è comprensibile. Possiamo aspettare”.
“Ok. C’è una chiamata per voi dall’altra macchina. Metto in vivavoce”
Le urla si fanno più forti, perché ora sono trasmesse e amplificate dalla telefonata di Paul, che probabilmente è in macchina col finestrino abbassato. Tipico.
“PRONTO? PRONTO? NON SI SENTE NIENTE – urla – Alza quel finestrino, per carità! NO, ALZALO! Ma perché non ho imparato il giapponese? Sì, bravo! CHIUSO!”.
Ora il rumore è attutito, e Paul sente le nostre risate. “Non c’è niente da ridere, ragazzi, io sto impazzendo. Ogni volta è così, è un dramma…”
“Scusa Paul! – esclama, ridendo, Zayn – Dai, questa è l’ultima…”
“Ultima, sì, magari… ti dimentichi che c’è anche domani mattina. E il prossimo tour. E l’arrivo all’aeroporto a Londra. E…”
“Ok, si è capito”, dico.
“Bene. Solita domanda: volete scendere a salutare le fans?”. Ci guardiamo. Zayn è diventato verde solo al pensiero, Niall ha gli occhi gonfi di sonno e Louis è talmente stanco da non riuscire nemmeno a sorridere. Probabilmente le mie borse sotto gli occhi mi fanno sembrare un panda, per non parlare del mio morale a terra. Liam sembra l’unico ancora in grado di rimanere in piedi; forse se ne rende conto e risponde per tutti: “Onestamente, Paul, siamo messi parecchio male. Potremmo salutare da lontano, il bagno di folla potrebbe ammazzarci”.
“Immaginavo”, risponde Paul.
“Chiederemo alle ragazze di spostarsi, da qualche parte dovremmo avere il megafono giocattolo di Niall”, faccio io.
“Ricevuto. Ma fate in fretta, perché altrimenti investo qualcuno”.
Click, fine della comunicazione.
Niall tira fuori il suo megafono rosso, comprato il giorno prima per 700 Yen (circa 4 sterline) da un venditore ambulante, e apre di qualche centimetro il tettuccio dell’auto.
Accende il megafono e si schiarisce la voce.
Fuori le urla si placano, vediamo le ragazze guardarsi intorno, smarrite.
“Ciao a tutti, sono Niall Horan. Vi sto parlando dalla seconda auto che state…ehm… bloccando, sì. Data la situazione, non possiamo né scendere dall’auto né andare avanti o indietro. Se non vi spostate rimarremo così tutta la notte e non mi pare una grande idehhhaa… scusate lo sbadiglio, sto morendo di sonno”.
Zayn si mette una mano davanti agli occhi, rassegnato.
Mi alzo e prendo il megafono. “Ecco, sì. Sono Harry. Sì, vorremmo chiedervi se gentilmente vi potete spostare, così possiamo scendere a salutarvi per qualche minuto, prima di tornare nelle nostre stanze…”
Neanche finisco di parlare e la folla si sposta. Raggiungiamo l’ingresso dell’hotel, scendiamo dall’auto e un boato ci investe.
Sono davvero tenaci, le ragazze. Incredibile. Anche se siamo stanchi, non possiamo evitare di ammirarle.
Salutiamo, ringraziamo, ci facciamo scattare qualche foto… lanciamo del merchandising autografato.
Dopo qualche minuto, davvero esausti, ci congediamo.
Ed è questo il momento che preferisco: la pace.
Chiudo la porta alle mie spalle, mi spoglio, faccio una doccia calda e mi butto tra le coperte.
Prima di chiudere gli occhi, guardo il cellulare. Tra meno di dodici ore sarò sull’aereo che mi riporterà a casa.
“A presto, famiglia. Vi voglio bene”, scrivo a mia madre e a mia sorella.
Poi scorro la rubrica e vedo il suo nome: Nicole.
Non la sento da una vita. Vorrei mandarle un messaggio, ma non saprei che dirle.
“Ehi…”, inizio a digitare, ma mi fermo.
Che messaggio ridicolo.
Spengo il telefono, la luce e il cervello e chiudo gli occhi.
Domani sarò a casa.




http://www.youtube.com/watch?v=_K1M_bNb9ao

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Capitolo 2
*** Back for you ***


02_
_Back_For_You.



La sveglia suona presto. Mi sembra di aver dormito meno di dieci minuti, invece sono passate quasi sei ore. Il sonno più lungo di cui abbia potuto godere da quasi nove mesi. Un sonno desiderato per la lunghezza di una gravidanza.
Metto in valigia le ultime cose e appena finisco di vestirmi sento bussare alla porta.
“Avanti”
Entra Louis. “A che punto sei? Paul vorrebbe andare al più presto, forse riusciamo a entrare in aeroporto da un ingresso secondario per evitare la calca. Si spera”.
Annuisco: “Due minuti e ci sono”, dico, cercando di chiudere il trolley.
“Ti do una mano”, fa Louis avvicinandosi.
Ci mettiamo a smanettare con la cerniera.
“Come eri riuscito a farci entrare tutta questa roba, le altre volte?”, mi chiede, quasi sdraiandosi sulla valigia. “Di solito mi impegno di più nel piegare tutto, immagino”, rispondo, chiudendo finalmente quella scatola infernale.
“Sei pronto, Harry?”, chiede Liam, facendo capolino dalla porta. “Ah, Louis, sei qui. Vi stiamo aspettando sotto”. Annuiamo.
Liam va via, e due secondi dopo torna indietro: “Harry, credo che quelle mutande sulla sedia siano tue. Sarebbe meglio non le lasciassi in giro, soprattutto se hai Louis in camera…” e, con un occhiolino, esce.
Io e Lou ci guardiamo: “Ha ragione”, dice ridendo. Me le lancia al volo, mentre esce dalla stanza. “Ci vediamo giù tra sessanta secondi, non uno di più”.
Quando arrivo sotto tutto è pronto: ci fanno salire in auto diverse da quelle del giorno prima, partiamo a piccoli gruppi per non dare nell’occhio. In un attimo siamo in aeroporto, sani e salvi.
La sicurezza si da un gran da fare per tenerci lontani dai riflettori, e quasi diventa fastidioso.
Però, grazie a loro, riusciamo ad essere all’imbarco in meno di mezz’ora.
Ci sediamo comodamente sulle poltroncine, stravaccati. Intorno a noi sembrano esserci solo coppie di anziani ignari della nostra presenza e famiglie intente a gestire le urla dei figli capricciosi.
Niall si mette a giocare con una bambina bionda che avrà a malapena tre anni: adora i bambini e ci sa decisamente fare. Zayn e Liam sono andati al bar.
Io e Louis siamo seduti uno davanti all’altro, ognuno col suo cellulare in mano.
Solo che lui sa a chi scrivere. Io posso solo rassicurare la mia famiglia, con una veloce telefonata: “Sì, sarò a casa presto, non vedo l’ora di riabbracciarvi. Sì, apprezzerei molto una torta. Grazie mamma. A presto. Un bacio”.
Lou, invece, passa le ore al telefono con Eleanor: sono molto discreti, ma sono dolcissimi. Vederli insieme è raro, non gli piace farsi pubblicità. E questo alimenta la storia dei Larry. La cosa ormai non mi da più nemmeno fastidio: la mia amicizia con Louis è molto profonda ed è facile che nel “nostro mondo” venga fraintesa. E, onestamente, non nego che se fossi gay ne sarei innamorato.
Ma non sono gay.
E non so nemmeno cosa significhi davvero essere innamorato.
L’unica volta in cui ho avuto la sensazione di esserlo davvero è stato prima di partire.
Ed ero con Nicole.
Ma chiamarla relazione è eccessivo, credo. Non siamo mai stati davvero fidanzati. Semplicemente ci frequentavamo.
Uscivamo, scherzavamo, litigavamo, facevamo l’amore come le vere coppie.
Ma non stavamo insieme.
Lei non ha mai voluto…o forse non l’ho voluto io.
Ecco perché ora non so cosa devo fare. Non ci vediamo da troppo tempo, non abbiamo parlato prima che io partissi né durante il tour. Magari lei si è trovata il ragazzo, magari mi odia. Probabile, considerando il suo caratteraccio. E non la rimprovero, ha tutte le ragioni per odiarmi.
Ma io non so immaginarmi la mia vita senza di lei.
E ora devo rimediare.
Durante il viaggio è lei il mio pensiero fisso e forse anche per questo il tempo sembra volare.
Appena esco dall’area del ritiro bagagli, cerco qualche faccia nota tra tutti quelli che ci sono ad aspettare: spero di vedere anche Nicole.
Ed ecco che, dopo qualche secondo, vedo un viso conosciuto: c’è mia sorella. Mi corre incontro e mi abbraccia. Un abbraccio caldo, dolcissimo, seguito subito da quello di mia madre.
Guardo quasi in lacrime due delle donne più importanti della mia vita: solo ora mi accorgo di quanto mi siano mancate. Le abbraccio di nuovo e le mie tensioni si sciolgono: sono a casa, finalmente.
Manchi solo tu, Nicole…



 
http://www.youtube.com/watch?v=-UA2sNokezw

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Capitolo 3
*** Nobody compares ***


03_
_Nobody_Compares.


 
La campagna del Cheshire sembra correre veloce fuori dal finestrino dell’auto.
Mi sono appena svegliato e guardo il panorama che tanto amavo quando ero piccolo: i prati, i campi, i boschi scuri che spuntano come dei ciuffi ribelli su una capigliatura altrimenti ordinata.
Il cielo di un azzurro pallido è velato da pennellate di nuvole bianche e grigie; ho imparato che queste nuvole non portano la pioggia, ma solo un lieve venticello che scompiglia i capelli e  restituisce l’ossigeno ai polmoni.
Abbasso il finestrino, perché è proprio di ossigeno che ho bisogno, e disperatamente.
Nicole non era in aeroporto.
Le ho mandato un messaggio, ma non mi risponde.
Certo, forse avrei potuto scriverle qualcosa di più profondo di un semplice “Ehi…”, ma ogni parola in più mi sembrava vuota e pesava come un macigno.
Respiro a pieni polmoni. Aria, questo è ciò che ci vuole.
Non è difficile, Harry.
Inspira, espira; inspira, espira.
È semplice e meraviglioso.
Mi sento già un po’ meglio. L’aria mi colpisce il viso, è fredda e mi fa lacrimare gli occhi. Così non ho paura di lasciarmi andare alle emozioni, per una volta.
Tiro in dentro la testa e alzo di nuovo il finestrino, lasciando solo uno spiraglio per non farmi mancare l’aria, di cui sembro aver bisogno quasi freneticamente per sentirmi vivo.
Gemma nota che ho il viso rigato di lacrime e resta stupita: non è facile vedermi piangere.
“Questo vento fastidioso”, spiego con un sorriso finto, che non convince né lei né me.
Mia sorella scuote la testa, guardandomi come se fossi un bambino piccolo: “Harry, non imparerai mai…”. Gemma sa cosa ho in testa. Lei mi conosce, non deve farmi domande per capire.
Mi ha detto di aver incontrato Nicole qualche settimana fa, ma non una parola di più.
Allunga un braccio e mi prende per mano, poi torna a guardare fuori dall’auto.
È così, non abbiamo bisogno di parlare. La sua mano è calda, morbida e la sua pelle liscia. Il suo tocco mi tranquillizza, mentre la mia ansia aumenta pian piano che ci avviciniamo a Holmes Chapel.
Se prima ero solo stanco, ma felice, ora dentro di me sta crescendo il panico: ho desiderato per mesi di tornare a casa, ma ora ho paura. Ho paura di trovare tutto diverso, di non avere più i miei punti di riferimento, i miei amici e la mia – mia? – Nicole.
Mia madre mi aveva proposto di fermarmi per qualche giorno nel mio attico a Londra, prima di tornare a casa. “Un rientro graduale al paesello”, ha detto. Forse sarebbe stato meglio, avrei potuto smaltire la stanchezza prima di affrontare lo stress. Ma io sono testardo e non le ho dato retta, così eccomi qui.
Appena entriamo nella strada principale di Holmes Chapel mi accorgo che poco è cambiato da quando sono partito: solo le foglie arancioni degli alberi mi fanno capire che non è più febbraio, ma novembre.
Non c’è gente che fissa la nostra macchina, non ci sono persone che fanno rumore: tutto sembra ovattato, ed è ciò di cui ho bisogno.
Entrando nel vialetto di casa non posso smettere di sorridere. Ed è col sorriso che varco la soglia della villetta che tanto ho sognato ultimamente. Anche qui niente è cambiato.
C’è solo uno striscione, appeso sotto la cornice della porta del salotto: “Bentornato a casa”.
“Mamma ha insistito tanto”, mi spiega Gemma. Sorrido: “Grazie, mamma. È splendido”, dico abbracciandola.
“Per te questo è niente, amore – mi risponde – Vieni, la torta che ti ho promesso ti sta aspettando”.
mi ritrovo in cucina, finalmente, seduto intorno al tavolo con la mia bella famiglia, come se la fama non fosse mai arrivata, come se questi mesi non fossero mai esistiti: siamo solo noi, ed è tutto perfetto. Qui non sono quello che canta negli One Direction, non sono un “idolo”, non sono “il bad boy strappamutande”, sono solo Harry.
Il tempo vola ed è ormai buio quando mi alzo da tavola.
Salgo le scale di corsa e vado in camera mia: il mio rifugio, chissà com’è ridotto. Non sono sicuro di averlo lasciato in ordine, e sono certo che mia madre non l’ha toccato: mi ha sempre detto che devo gestire da solo la mia roba, e lei è una donna di parola.
Apro la porta di legno bianco e resto felicemente colpito dalla situazione generale: a parte delle scartoffie sulla scrivania e un paio di libri abbandonati sul pavimento, sembra tutto in ordine.
Guardo fuori dalla finestra: il cielo ormai è di un bel blu scuro, quasi nero, e le stelle brillano più di qualsiasi faro da stadio io abbia visto in questi mesi. Anche questo amo della mia piccola Holmes Chapel.
È proprio vero, niente è cambiato.
Tiro fuori il cellulare dalla tasca, nella speranza di vedere una risposta di Nicole.
L’icona segnala un nuovo messaggio, e il mio cuore balza in gola. Non so se ho la forza di leggerlo.
Quasi tremando, tocco l’icona sullo schermo.
Quell’attimo sembra durare un’eternità intera.
Ma non è Nicole: è Niall.
“Buona vacanza, colleghi”, ci ha scritto.
Freno l’istinto di mandarlo al diavolo: mica è colpa sua, se Nicole non mi risponde e io mi illudo come un deficiente.
Mica è colpa sua se sono qui a rodermi il fegato e a mangiarmi il cuore per l’ansia.
No, non è decisamente colpa sua.
“Anche a te, biondo”, rispondo in fretta.
Mi giro, per posare il cellulare sulla scrivania, ma tra tutte le scartoffie e le foto che ci sono non riesco a trovare il mio portacellulare. Lo butto distrattamente nel marasma, e mi giro, per lanciarmi sul letto. Ma qualcosa mi ferma.
Qualcosa che ho solo intravisto, colto di sfuggita con la coda dell’occhio.
Forse l’ho solo immaginata, quella foto. Forse sto solo sperando di averla vista.
Mi giro di nuovo, piano, per paura che l’illusione svanisca; e invece, eccola lì, in bella vista, in cima a tutte le altre.
Una foto apparentemente banale: due alberi verdi e maestosi, con un tronco ricoperto di muschio che giace tra loro, come se fosse sdraiato e dormiente.
Il mio luogo magico. Il nostro luogo magico.
Nicole.
Lentamente, giro la foto.
Dietro, con una calligrafia che riconoscerei tra mille, c’è scritto solo: “Nobody compares. N.”
E il mio cuore riprende a battere.
 

http://www.youtube.com/watch?v=hOhOhH1NNc4

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Capitolo 4
*** Something great ***


04_
_Something_Great.


 
Mi sveglio tardi, ma ho ancora sonno. La mia notte è stata movimentata, ho fatto una serie di sogni assurdi in cui ero assediato da ragazze che poi si trasformavano in tigri con gli occhi rossi, mentre Nicole mi guardava con disprezzo da lontano; mi portava in salvo una scimmia che somigliava straordinariamente a Zayn e io passavo il resto del tempo a inseguire la chioma corvina di una Nicole sfuggente, che non si degnava nemmeno di rispondere alle mie urla disperate.
Mi domando perché sia così nervoso, nonostante il biglietto che mi ha lasciato.
Quelle due parole, “Nobody Compares”, mi hanno fatto vedere un barlume di speranza.
Avevo scritto quella canzone per lei, tempo fa, una volta in cui aveva smesso di parlarmi perché mi ero comportato da stronzo; una delle tante volte, dovrei dire.
L’avevo aspettata per ore nel nostro rifugio segreto, sapendo che era lì che sarebbe andata per stare da sola. Forse non si aspettava di trovarmi, ma quando mi vide non se ne andò: si sedette in silenzio sul tronco secco, di fronte a me, e mi guardò con aria di sfida. Quei suoi occhi color miele mi avevano fissato per forse cinque minuti e mi avevano fatto sentire un verme.
Poi presi coraggio e parlai, le chiesi scusa e le cantai quel pezzo; all’epoca non mi ero reso conto di quello che avevo combinato, volevo risposte.
“You're tearing me apart.
Did I do something stupid? Girl, if I blew it
just tell me what I did, let's work through it…”
Certo che avevo fatto qualcosa di stupido, l’avevo abbandonata nel bel mezzo del ballo di fine anno per farmela con la ragazza che odiava, Kate. Solo che per me non c’era niente di male, avevamo deciso che, pur andando insieme, se avessimo trovato qualcun’altro non sarebbe stato un problema.
“There's gotta be some way, to get you to want me
Like before…”

Lei mi ascoltò, poi continuo a fissarmi in silenzio per quella che sembrava un’eternità. E alla fine mi disse solo: “Sei una testa di cazzo, Styles. E la tua canzoncina mi fa schifo”. Poi si mise a ridere e, non so come, tornammo a essere amici come prima. Forse perché a lei non interessava davvero che l’avessi “tradita”: neanche allora stavamo insieme.
Ripercorrendo quei momenti mi viene da ridere. È troppo chiedere che tornino? È troppo sperare che tutto sia come l’ho immaginato in questi mesi?
“Devo vederla al più presto – penso – Oggi è venerdì, dove potrebbe essere?”.
L’unica soluzione che trovo è andare a casa sua: se non è dentro, sicuramente mi sapranno dire quando posso trovarla.
Esco poco dopo dalla mia casa vuota, senza preoccuparmi di lasciare biglietti: so che sarò di ritorno prima delle mie donne.
Le strade di Holmes Chapel sono più vive di ieri pomeriggio, vedo delle mamme con bambini, e un paio di ragazzi che non conosco mi salutano da lontano; avranno sedici anni e probabilmente stanno saltando la scuola proprio come facevo io. Ricambio il saluto, se non altro per cortesia: apprezzo che non siano venuti a guardarmi da vicino come se fossi un animale allo zoo.
Arrivo di fronte alla villetta di Nicole col cuore in gola. Le finestre di camera sua sono chiuse, ma provo a suonare il campanello: se il padre è in casa, potrà aiutarmi.
Non risponde nessuno, ma io aspetto.
Quando ormai sto per perdere le speranze, dalla villetta vicina vedo uscire un’anziana signora bionda. “Signora Hammer!”, esclamo, entusiasta. La donna si guarda in giro perplessa, poi mi vede e il suo volto spento e rugoso si illumina di un sorriso sincero e dolcissimo, che ricordo molto bene dalla mia infanzia.
“Harry caro, sei davvero tu?”, mi urla, mentre mi avvicino per salutarla.
“Sì, sono tornato ieri! Che piacere vederla”.
La signora Hammer scende i gradini di casa con una scioltezza incredibile per la sua età e mi corre incontro, abbracciandomi. “Che bello vederti, Harry caro, finalmente! Temevo che questa povera vecchia dovesse morire prima di vedere il tuo faccino di nuovo a Holmes Chapel”
“Signora Hammer, la ricordavo più ottimista – rispondo, sorridendo – In verità la vedo ringiovanita”.
“Sei sempre un galantuomo. Ma i miei anni li ho, ormai, non posso far finta di niente! Me lo ricordo ogni volta in cui la mia nipotina viene a trovarmi: non ho più la forza che avevo quando inseguivo te e Nicole per tutta la via!”. Sorrido, perso nei ricordi: la signora Hammer era stata la baby-sitter di Nicole, e spesso si occupava anche di me. La facevamo disperare, eravamo due pesti.
“Immagino tu sia qui per lei, Harry”.
Annuisco: “Speravo di poterla salutare, ma in casa non c’è nessuno…”
“Nicole è a Manchester, tornerà tra un paio d’ore. Se vuoi puoi lasciarle un biglietto. Oppure le dico che sei passato”
“No, grazie. Le farò una sorpresa”. A Manchester, dovevo immaginarlo. Sarà in università.
“In famiglia tutto bene?”, domando alla mia vecchia amica, per cortesia.
“Sì, caro, sei molto cortese a chiedermelo. Proprio l’altro giorno stavo pensando a te! È venuta la mia nipotina Linda da Londra e ha ribaltato tutta la casa per trovare le foto di quando eri piccolo”, mi dice, quasi ridendo. Sento di essere diventato rosso. “Ah, ma non preoccuparti – prosegue lei, assumendo un’espressione seria – Ho difeso la tua infanzia con le unghie e con i denti! Non si azzardi a toccare le mie foto, quella monella. Dodici anni e già sta su internet, ah, quanto sono cambiati i tempi! Ma ora ti saluto, Harry caro, non voglio che tu perda tempo prezioso parlando con una povera vecchia!”
“Non lo dica neanche per scherzo, è stato un vero piacere”
“Sei sempre troppo gentile. Salutami tanto la tua mamma e la bellissima Gemma”.
Mi abbraccia di nuovo e se ne va, trotterellando come uno di quei giocattoli a molla che usavo sempre da bambino. Incredibile, la signora Hammer, una vera forza della natura.
E così ora so che Nicole nel pomeriggio sarà qui.
Torno a casa e aspetto.
 
 
Ormai sono quasi le tre e mezza, è ora di andare.
“Mamma, esco. Ci vediamo per cena”, dico, e mi avvio verso la periferia.
Il tragitto verso il bosco sembra lunghissimo, anche se in realtà dura meno di dieci minuti. Forse è perché l’ansia che aumenta fa pesare i miei passi come cemento.
Il sentiero è ben visibile tra gli alberi, il profumo degli aghi di pino mi entra nei polmoni e mi rilassa. Per quasi cinque minuti cammino sul percorso sterrato, poi, arrivato a una grande pietra rossa, giro a destra e proseguo sul prato. Il sottobosco è fitto, l’erba soffice attutisce il rumore dei miei passi e mi sembra di vivere in un sogno. Non penso nemmeno alla strada che sto facendo, i miei piedi vanno da soli.
Ed eccolo, in una minuscola radura, il nostro luogo magico.
Mi siedo sul tronco e aspetto, esattamente come avevo fatto quella volta. Non so quanto tempo passo lì seduto. Forse dieci minuti, forse un’ora: sono come ipnotizzato.
Ma ad un certo punto torno alla realtà: sento, seppur attutito, un suono di passi leggeri e tranquilli.
Ho quasi paura di alzare lo sguardo.
Il sangue mi sale alla testa e mi pulsa nelle orecchie, le mani mi tremano nelle tasche e penso di aver perso l’uso della parola. L’istinto è quello di fuggire, ma sarebbe davvero stupido.
E poi la vedo.
Nicole è lì, davanti a me. È esattamente come la ricordavo, con i suoi morbidi capelli neri che le incorniciano il viso, gli occhi luminosi che mi fissano con fierezza e le labbra carnose che mostrano un sorriso beffardo e strafottente. Ha le mani in tasca e indossa un cappello di lana che mi aveva rubato tempo fa.
La guardo come se dovesse sparire da un momento all’altro, cerco di memorizzare ogni dettaglio di lei. Dio, se mi è mancata. È qualcosa di straordinario. Non posso evitare di sciogliermi in un sorriso.
“Ciao Nicole”, dico.
Lei non si muove. Mi fissa e dice soltanto: “Ciao Styles. Ti va una passeggiata?”.
 



*Piccolo angolo dell'autrice*
Grazie mille per tutto il vostro supporto, per i vostri messaggi e soprattutto per le vostre recensioni: mi fanno immensamente piacere e sono davvero felice di leggerele; se avete dei consigli o dei suggerimenti, ve ne prego, datemeli: spero sempre di imparare qualcosa di nuovo.
Spero di riuscire ad aggiornare con continuità, ma non voglio andare troppo di corsa: meglio aspettare e avere un prodotto migliore, no?
A presto e grazie mille ancora!

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Capitolo 5
*** Strong ***


05_
_Strong.


 
Una passeggiata? Certo che mi va.
Nemmeno rispondo, perché ho un nodo in gola che mi impedisce di parlare; riesco solo a sorridere come un imbecille, tanto che quasi mi fanno male le guance.
Appena la raggiungo, lei inizia a camminare e io la seguo, stando accanto a lei, senza parlare. Entrambi teniamo le mani in tasca, fissando il terreno; lancio occhiate quasi furtive a Nicole, e vedo che anche lei sta sorridendo. Ogni volta che i nostri sguardi si incontrano – e succede spesso – sorridiamo ancora di più. Lei è radiosa, così spontanea, naturale e bellissima.
È bello vedere che non è più in imbarazzo del solito, che non si comporta diversamente da come faceva prima che partissi. È bello vedere che non aspetta che sia io a decidere cosa fare, ma è lei che segue un percorso ben preciso.
Forse lei sa quello che vuole; d’altra parte, è sempre stata molto più saggia di me.
Camminiamo per almeno un quarto d’ora, inoltrandoci nel bosco sempre di più, in silenzio.
Quando il sentiero si stringe, io resto indietro: ora posso osservarla senza paura che se ne accorga.
I suoi capelli nerissimi hanno dei riflessi viola nella luce soffusa del sottobosco; sulle sue ciocche l’umidità crea quasi dei boccoli, che cadono morbidi lungo la sua schiena. Mi aveva detto che avrebbe lasciato crescere i capelli. Ero scettico, perché io preferisco le ragazze coi capelli corti, ma devo ammettere che i suoi sono splendidi anche lunghi. Ora le arrivano oltre metà schiena.
Spero che non li lasci allungare fino a coprire il sedere, sarebbe un enorme spreco. Non posso fissarlo troppo a lungo, sarebbe imbarazzante se se ne accorgesse, ma non riesco ad evitare di gettare un occhio ogni tanto: i jeans che indossa provano che non ha smesso di andare in palestra.
“Smettila di fissarmi il culo, Styles”, dice, senza nemmeno girarsi a guardarmi.
“Veramente io…”
“Non negare. – mi interrompe –  Mi hai sempre fatto la radiografia alle chiappe, dubito che in questi mesi tu abbia cambiato abitudini”. Mi  viene da ridere, perché mi rendo conto di quanto mi conosca: fin troppo bene, direi. Mi fermo, per aggiungere teatralità alla mia risposta: “Nicole Eveleen Heat, come può insinuare che io abbia un’abitudine così poco elegante?”; il mio tono indignato è stato piuttosto credibile, Nicole potrebbe anche cascarci.
Si ferma, con un piccolo sussulto di risa.
Si gira e mi fissa con uno sguardo di sfida estremamente sexy. Sta sorridendo e io ho paura di come potrebbe stupirmi questa volta.
“Mi scusi, Harry Edward Styles – dice, scandendo ogni parola lentamente. – Non avrei mai voluto offenderla con tali oltraggiose insinuazioni…”.
Continua a sorridere in quella maniera sfacciata, che mi fa impazzire; sento di nuovo il sangue alle orecchie e credo di avere uno sguardo vagamente da pervertito.
Nicole fa qualche passo verso di me e colma la poca distanza che ci separava. Quando riprende a parlare, il suo viso è a pochi centimetri dal mio.
“Ma ora vorrei che mi provasse che ho errato sul suo conto – sussurra, fissandomi dritto negli occhi – Per esempio, mostrandomi come si comporta un galantuomo in questo momento…”.
Non riesco a parlare, sento il profumo dei suoi capelli, e i suoi occhi mi lasciano pietrificato. Il suo respiro sulle mie labbra mi fa impazzire e non capisco più niente. Lei continua a sorridere, beffarda. Sa che sto per cedere.
Sa che voglio cedere.
Indugio qualche secondo di troppo, così lei si allontana di nuovo: “Forse mi sbagliavo sul suo conto”. Si gira e continua a camminare.
“Sei una stronza, Nicole – le urlo – Questo lo sai, vero?”
“Ho imparato dal maestro”, risponde.
Dio, quanto è strafottente. Anche per questo la trovo fantastica, non mi tratta come se fossi una star, per lei sarò sempre e solo quel bambino riccio e piagnucolone che ero quando avevo cinque anni.
“Sono un gran coglione – penso – Avrei dovuto baciarla in quel momento. Dovevo solo tirarla a me e baciarla. Che mi ha preso?”
Con questo pensiero in testa, quasi non mi accorgo che siamo ormai arrivati al limitare del bosco. Abbiamo fatto il giro e siamo tornati indietro, uscendo dietro la nostra vecchia scuola.
Il giardinetto è quasi come lo ricordavo; noto che il vecchio scivolo è stato sostituito con una specie di finto castello medievale, ma le altalene sono sempre le stesse. Ed è proprio lì che si dirige Nicole.
Non c’è nessuno in giro, forse perché fa molto freddo, o forse per il cielo che minaccia pioggia; sicuramente il terreno fangoso non è di grande attrattiva per le mamme di Holmes Chapel.
L’amministrazione comunale dovrebbe intervenire.
“Su, siediti”, mi fa Nicole, indicandomi l’altalena di fianco alla sua.
Obbedisco, mentre lei inizia a prendere velocità, scalciando come una bambina.
Quando eravamo piccoli passavamo le ore su queste altalene, facendo a gara su chi riusciva ad arrivare più in alto o su quanto riuscissimo ad andare veloci. Una volta, dopo aver visto Peter Pan, ho anche provato a lanciarmi dall’altalena in movimento: volevo convincere Nicole del fatto che sapessi volare, così le avevo detto che sarei riuscito a fare una capriola, per poi atterrare in piedi. Il risultato fu che prima atterrai, e poi feci una capriola nel fango. Ancora ricordo le sue risate, mentre mi tiravo su, sporco e dolorante, terrorizzato al pensiero di quello che avrebbero detto la signora Hammer e mia madre.
“Allora, com’è andato il tour?”, mi domanda all’improvviso Nicole.
“Bene. È stato sensazionale. Ho visto un sacco di posti meravigliosi, mi sono divertito tantissimo con i ragazzi…”
“…e con le ragazze”
“Ehi. Non sarai mica gelosa?”, replico.
“Io? E perché mai dovrei esserlo?”, risponde, ridendo. Ma i suoi occhi non hanno la solita luce.
“Questa frecciatina non è da te. Comunque sì, anche con le ragazze”
Cala di nuovo il silenzio.
Harry, sei un coglione”, dico tra me e me. “Aveva ragione, ha imparato dal maestro degli stronzi”.
“È vero che le italiane lanciano le mutande sul palco?”
La sua voce è divertita, quindi tiro un sospiro di sollievo: “Sì, è vero. Ogni tanto arrivava anche qualche reggiseno. E a Niall hanno portato una giarrettiera in camera, a Verona”.
Nicole scoppia a ridere. “A Niall? Posso immaginare la sua faccia!”
“È diventato di una splendida sfumatura ciclamino. Zayn non riusciva a respirare per le risate…”
Mi perdo nei ricordi: è stata davvero un’esperienza incredibile.
“Sapevi che girare sulle palle del toro a Milano porta fortuna?”, le chiedo.
Lei rallenta e mi guarda spaesata: “Come fai a girare sulle palle di un toro?”
“Non è un toro vero. È un mosaico su un pavimento. Pensa che lo devono ricostruire ogni tre mesi, perché tutti i turisti vanno a farci le piroette e il povero toro è perennemente castrato”
“Se fosse un toro vero penso che finirebbe diversamente”
Ci guardiamo sorridendo.
Che conversazione imbecille. Con tutte le cose che potevo dire, perché ho parlato proprio delle palle del toro?
“Devo dire che hai sempre un talento particolare per descrivere le tue esperienze migliori – commenta Nicole, quasi leggendo nei miei pensieri – Le palle del toro. Dio, Harry. Hai visto mezzo mondo e mi parli delle palle del toro?”. Scoppia a ridere e mi accorgo di quanto mi sia mancato il suo modo di fare così strafottente; il modo in cui getta la testa indietro quando ride, il suo alzare il sopracciglio destro quando è perplessa, il sorriso sarcastico che le si dipinge sul viso quando vuole prendermi in giro…Mi sembra incredibile vedere di nuovo tutto questo, eppure è qui, davanti a me.
Ci guardiamo, in silenzio, sorridendo ancora come due scemi.
“E tu, invece, che novità mi racconti? – chiedo – Mi ha detto la signora Hammer che eri a Manchester: hai deciso di studiare lì alla fine?”
“Già. Ingegneria biomedica”
“Wow. Ma non volevi studiare informatica?”
“Ero indecisa. Alla fine mi sono resa conto che trasformare la mia passione in un lavoro non servirà a far altro che farmene stufare, quindi preferisco buttarmi su qualcosa di diverso”
Sono molto stupito dalle sue parole, e lei se ne accorge.
“Harry, non guardarmi così. È una cosa che mi piace”
“Sei sicura di non averlo scelto solo per assecondare tuo padre?”. Suo padre è un ingegnere biomedico di successo e non avrei mai sospettato che Nicole potesse desiderare di seguire i suoi passi.
“Ti sembro una che si lascia condizionare in questo modo?”
“No, assolutamente no. Non lo sei mai stata”.
Torna il silenzio.
Sono tante le parole che non ci stiamo dicendo…
È come se nessuno dei due volesse affrontare l’argomento “noi”.
Forse è meglio così. Decido di non infrangere questo tacito accordo, così continuo a informarmi sulla sua vita: ora resta a Manchester quasi sempre dal martedì al venerdì, in quella che era casa di sua madre. Mi sento molto triste quando mi dice che la nonna materna, che viveva lì, è morta a giugno: per Nicole quella nonna era stata come la sua seconda madre, dato che quella vera era morta quando lei era ancora una bambina.
Scopro anche che ha deciso di continuare a studiare musica: è una pianista eccellente, e di lunedì tiene un corso pomeridiano nella nostra vecchia scuola.
Quante novità, la mia Nicole. Non è cambiata affatto, ma allo stesso tempo è cambiata moltissimo.
Non mi parla di ragazzi, e la cosa mi solleva.
Quando ci accorgiamo che ormai sta facendo buio, ci dirigiamo verso casa.
“Ho incontrato la signorina Bennett qualche giorno fa – mi racconta – Mi ha detto che alla festa di Nataledi quest’anno sono invitati anche gli ex alunni. Credo ti voglia esporre come trofeo”
“La signorina Bennett è una grande paraculo”, commento. Quella donna era stata la mia insegnante di matematica per anni e non faceva altro che mettermi in punizione ed assegnarmi compiti in più. Mi odiava dal profondo. Anche se la chiamavamo “signorina”, aveva passato i cinquanta già da un pezzo e, oltretutto, si vestiva come un’anziana ottantenne. Detestavo lei e la terribile puzza di naftalina che diffondeva con i suoi vestiti inamidati.
“Sono d’accordo. Ma darei qualsiasi cosa per essere lì con te e vederla mentre ti mette in mostra come il suo gioiello più prezioso…”
“Non è un po’ presto per invitarmi alla festa di Natale?”
“E chi ti dice che ti sto invitando?”
“Forse ci speravo”.
Senza nemmeno accorgercene, siamo ormai davanti alla casa di Nicole.
“È stato bello rivederti, Harry”, mi dice.
“Anche per me. E ora dovrai sopportarmi per un bel po’, non credere di potertene andare via”.
“Veramente sei tu quello che è andato via”, risponde ammiccando.
“Ancora queste frecciatine… non cambierai mai”
“È proprio per questo che sei pazzo di me”
E, senza alcuna esitazione, senza aspettare, senza che io abbia tempo di capire cos’ha in mente, prende il mio viso tra le mani e mi bacia.
In quel bacio veloce c’è una passione, una forza e un sentimento che mi sconvolge.
Non ho nemmeno il tempo di ricambiarlo, perché lei si è già allontanata, sta correndo verso la porta di casa. Sulla soglia si ferma.
“A presto, Styles. Non scappare”
Non c’è nulla da cui potrei scappare, adesso”, rispondo.
Nicole sorride, chiudendo la porta.
E io sono felice.
 



*Piccolo angolo dell'autrice*
Ancora mille milioni di grazie per tutti i messaggi e le recensioni che mi mandate, sono felicissima di sentire i vostri pareri e sono molto grata a chi mi aiuta con preziosi consigli! Spero che vi sia piaciuto questo capitolo! E' un po' più lungo del solito perchè non saprò quando riuscirò ad aggiornare di nuovo e non volevo lasciarvi "a bocca asciutta" ;) 
Ancora grazie, aspetto i vostri commenti! Un bacione a tutti!
Neera

PS: BUON ANNO :D

 

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Capitolo 6
*** One Thing ***


06_
_One_Thing.


 
“Styles, cosa diavolo stai facendo alla mia bilancia?”, mi urla Nicole, quasi in preda a una crisi isterica.
 “Questo dannato aggeggio sembra non volersi tarare”, rispondo, tirando un pugno alla piccola bilancia di plastica che ho davanti.
“Hai un modo tutto tuo di far funzionare le cose, eh? Dammi qua”, mi dice, spazientita.
In realtà so benissimo come sistemare la bilancia, ma adoro combinare danni e vedere Nicole perdere la calma: è una delle poche volte in cui riesco a tenerle testa: di solito è lei che fa impazzire me, ma solo perché mi fa perdere ogni certezza quando la guardo.
“Ecco, mi dice lei – dopo aver premuto un paio di tasti argentati – Era così difficile, signor Disco di Platino?”.
“No, in effetti non lo era per niente”, rispondo ridendo.
Mi fissa, ha le narici dilatate e respira profondamente, come fa tutte le volte che cerca di non urlarmi addosso.
“L’hai fatto apposta, vero?”, domanda a denti stretti.
“Tu dici?”
“Sì, io dico. Perché sembra proprio una delle tue tipiche mosse idiote per farmi andare in bestia”.
Posa la bilancia sul tavolo, incrocia le braccia al petto e inclina la testa.
I suoi occhi sono ardenti; tiene la bocca semichiusa e noto che si sta morsicando la lingua, forse per non ridere. Non è arrabbiata sul serio: a quanto pare ha imparato a controllare i nervi. Peccato.
“Allora?”, mi chiede.
“Mi hai beccato – dico, mentre mi avvicino a lei sfoggiando uno dei miei sorrisi migliori – Non riesco più a farti arrabbiare come una volta. Sono fuori allenamento”.
Faccio per abbracciarla, ma lei mi ferma, puntandomi un dito al petto. “Mi auguro che sia l’unica cosa in cui sei fuori allenamento”, sussurra, con un tono vellutato che mi fa quasi rabbrividire. Il suo sguardo ora è pieno di desiderio e io non riesco a impedirmi di baciarla con tutta la passione che ho in corpo.
Le sue labbra morbide e carnose sono come una droga per me, solo quando le sento sulle mie mi sembra di respirare davvero.
Se questo bacio avesse un colore, sarebbe rosso porpora.
Rosso come il sangue che ribolle nelle mie vene mentre il respiro di Nicole si fa più affannoso, rosso come le sue labbra di fuoco, che infiammano il mio corpo, rosso come il mio viso ora che dentro di me è scoppiato un incendio…
Nicole abbassa la testa, sorridendo: “Devo ammettere che, nel baciare, potresti vincere le Olimpiadi”.
Resto imbambolato, con il cuore che batte; ho un’incredibile voglia di tirare di nuovo a me Nicole e non smettere più di baciarla.
“Sei tu che mi rubi i baci dalla bocca…”
Ecco, ora mi dirà che con lei non posso usare queste frasette da biscotti della fortuna e con una delle sue battute velenose distruggerà quel poco di romanticismo che ho provato a costruire.
Perché ho detto questa frase? Forse perché ormai ho imparato che alcune cose vanno dette ad alta voce, perchè altrimenti lei non capirà mai quanto ho bisogno di averla vicino adesso…
Un po’ mi vergogno di aver pronunciato delle parole così vere, ma così banali. Ma ormai è fatta.
Ed eccola che apre la bocca e mi dice…
“Grazie, Harry”.
Resto di sasso.
Le sue guance sono tinte di uno splendido rosa acceso e continua a sorridere timidamente, mentre con la mano sinistra riporta un ciuffo ribelle dietro l’orecchio.
Non so cosa dire, mi ha totalmente colto alla sprovvista.
Ci fissiamo per qualche secondo, imbarazzati e sorridenti come due bambini.
Da fuori, un rumore di clacson ci riporta alla realtà.
“Allora, li prepariamo o no questi biscotti?”, chiedo.
“Certo che sì! Al lavoro! Su, lavati quelle manacce”.
 

Stamattina mi ero svegliato presto: avevo una mezza idea di andare a correre, per poi passare il resto della giornata con Nicole. Volevo proporle di andare insieme a Londra per il weekend, per fare un giro con calma. Sembra passato un secolo dall’ultima volta che ho avuto del tempo per me, senza l’ansia di correre qua e là per interviste, photoshoot, esibizioni e compagnia bella.
Voglio tornare ad esplorare i vicoli di Camden Town come facevo un tempo, passeggiare per le strade della City e, magari, perdermi dentro Hyde Park; in autunno i suoi viali si tingono di meravigliose sfumature di gialli e arancioni, che io adoro. Persino il profumo della rugiada di novembre sembra rimetterti in pace col mondo.
Peccato che, però, Nicole ha anticipato le mie mosse: quando l’ho chiamata, mi ha detto che stasera avrà una cena di beneficienza per la vecchia scuola di musica di Holmes Chapel. È lì che lei ha suonato un pianoforte per la prima volta, innamorandosene subito.
La vecchia scuola è gestita da una coppia di anziani che hanno dedicato la loro intera vita alla musica, ma ora rischiano di chiudere i battenti: l’edificio è del Comune e l’affitto è diventato molto caro. Così, Nicole ha avuto l’idea di una raccolta fondi.
“E qui entri in gioco tu, Styles”, mi ha detto al telefono.
“Ti prego, dimmi che non devo venire a cantare. Ti prego.”
“Perché mai dovresti cantare? È una scuola di musica, lì ci sono bambini più bravi di te – mi ha risposto ridendo – No, Harry. Mi serve il tuo aiuto per preparare dei biscotti”.
 
 
“Quanti biscotti vuoi cucinare?”, chiedo. Il tavolo della cucina è ricoperto di così tanti ingredienti che temo che Nicole voglia sfamare un esercito intero.
“Minimo un centinaio”
“STAI SCHERZANDO?!”
“Harry – mi dice, con lo stesso tono con cui ci si rivolgerebbe a un bambino stupido – Ci saranno almeno una trentina di famiglie, non posso presentarmi lì e vendere quattro biscotti”.
Ha ragione. “Come li vuoi fare?”
“Ho una ricetta per i biscotti semplici, poi possiamo aggiungere delle variazioni. Pensavo di farne alcuni ricoperti al cioccolato, altri con la marmellata e poi boh, speravo in qualche tuo suggerimento”.
“Potremmo impastarne alcuni con la farina di cocco – rispondo – Di solito hanno molto successo”.
“Perfetto – mi risponde lei, radiosa – Prendo la ricetta”
Iniziamo a lavorare insieme e sembriamo una di quelle coppie affiatate che si vedono nei film.
Ma siamo una coppia? Mi rendo conto che non è il momento di domandarselo, quindi continuo a mescolare gli ingredienti, man mano che Nicole li aggiunge al composto.
Mentre prendo a pugni l’impasto lei mi osserva divertita.
“Sei proprio un pugile nato”, commenta, sarcastica.
“Questi sono i segreti del mestiere – le dico – Non dimenticarti mai che ho fatto una certa gavetta in panetteria”
“Se l’avessi dimenticato, credimi, non saresti qui”, risponde, appoggiandosi col sedere al bordo del tavolo, di fianco a me.
Mi fermo. “Ehi, stai dicendo che mi hai chiamato solo perché volevi che ti preparassi i biscotti?”
“Può essere”, replica lei, quasi con tono di sfida. Ora con una mano gioca con la sua splendida treccia nera, mentre continua a guardarmi, beffarda.
“Invece io credo che tu mi abbia chiamato perché non puoi fare a meno dei miei bei muscoli”.
Nicole scoppia a ridere, gettando indietro la testa come piace a me.
“Harry, sappiamo entrambi che i tuoi muscoli son buoni soltanto per prendere a pugni la pasta dei biscotti”.
Ah, è così che mi tratta, dopo che ho rinunciato al mio programma della giornata, pur di star con lei a riempirmi di farina? È così che mi risponde, dopo che l’ho fatta arrossire con le mie frasette romantiche?
La guardo a bocca aperta, fingendo la massima indignazione – il che è molto difficile, considerando quanto mi viene da ridere.
“Quindi è questo che pensi?”, le dico, avvicinandomi di nuovo al piano di lavoro.
Annuisce, beffarda.
Ah, se la deve pagare, questa volta.
“Capisco. Quindi non ti interesso davvero io, ma solo le mie doti di pasticcere…”, sussurro, avvicinandomi pian piano al suo viso.
Lei regge il mio sguardo e risponde, quasi in un sussurro: “Esatto, Harry. Non mi interessa nient’altro di te…”
Sorrido e mi avvicino ancora di più al suo viso.
“Sei proprio un’approfittatrice…”
…Ormai le nostre labbra sono a pochi centimetri. Lei chiude gli occhi e…
…io prendo una manciata di farina e gliela tiro in faccia.
Nicole inizia a boccheggiare, con il viso ricoperto di farina.
“MA SEI UN IMBECILLE – mi urla, mentre io rido a crepapelle – QUANTO SEI CRETINO, STYLES! Mi hai sporcato mezza cucina! Guarda!!”
Non riesco a smettere di ridere, ho i crampi e le lacrime agli occhi.
E in quel momento Nicole mi ripaga con la stessa moneta, tirandomi addosso del cacao in polvere.
“STRONZA!”
“Hai iniziato tu questa guerra!”
Ci guardiamo in cagnesco per pochi secondi e poi ci lanciamo sul tavolo, per conquistare l’ultimo uovo rimasto.
Lei è più vicina, lo afferra e lo brandisce come un’arma.
No, ti prego, l’uovo no.
Iniziamo a girare furiosamente intorno al tavolo, finché, non so nemmeno io come, la raggiungo e le blocco i polsi con le mani.
“Lasciami o ti spacco l’uovo in testa”
“Provaci, se ci riesci”
Lei si divincola, ma non può lanciare un bel niente: la mia presa è salda e non riesce a muoversi. L’uovo le scivola dalle mani e noi lo guardiamo mentre cade a terra, quasi a rallentatore.
Splat.
“Vedi? – esclama – Sei un cretino!”
“Un cretino coi muscoli, però”, le rispondo in un sussurro con la mia voce più suadente, senza mollare la presa.
Lei finge di rimanere impassibile al mio improvviso cambiamento di tono, ma vedo che le sue guance sono di nuovo rosse.
“Lasciami”, mi ordina, divincolandosi.
“Non ci penso nemmeno”, le dico. La spingo contro la cucina e la bacio con passione, tenendo i suoi polsi ben stretti.
Resiste nel suo intento di respingermi forse due secondi, ma poi si lascia andare.
E, di nuovo, dentro di me cresce un incendio.
La cucina intorno a noi è sparita, non sento più niente, non vedo più niente: c’è solo Nicole e quel suo profumo di buono, le sue labbra morbide e le sue braccia così delicatamente forti che mi cingono il collo.
Se il mondo finisse adesso, non me ne accorgerei.
Eppure, in lontananza, sento qualcosa che mi disturba.
Un rumore – o forse un suono? – che non smette di trapanarmi il cervello.
Nicole si stacca da me. “Harry, forse è il caso che tu risponda al cellulare”.
“No”, le dico, avvicinandomi per baciarla di nuovo.
“Io dico di sì”, dice lei, mettendomi un dito davanti alla bocca.
“Guastafeste”, borbotto, prendendo il cellulare.
“Pronto?”
“Harry, sono Louis”.
“Ciao Lou!”, esclamo.“È Louis”, dico sottovoce a Nicole, che mi risponde con un sarcastico “Ma dai?”
“Disturbo?”
“No, non mi disturbi. Cioè. No, dimmi…”.
“Immagino che tu abbia smesso di controllare le tue e-mail di recente”
E-mail? Quali e-mail?
“Paul sta aspettando una tua risposta, ma non sei reperibile né a casa né sul numero del lavoro. Come possiamo contattarti noi, se nemmeno leggi le e-mail?”
“Sì, scusa – rispondo, mortificato – Volevo solo staccare un po’. E in effetti ho anche scollegato il telefono di casa. Troppe chiamate moleste…”
“Harry, sei stato irreperibile per due giorni, ti giuro che Paul stava per mandare la Guardia Nazionale a cercarti. Non pensavo che avrei mai dovuto chiamarti su questo numero”
“Ok, ok, ho capito. ma ora mi hai trovato. Dimmi”
“Domani mattina, alle nove, abbiamo un’intervista alla BBC. Noi pensavamo di tornare a Londra stasera, che ne pensi?”
Guardo Nicole, così entusiasta dei suoi biscotti, così felice di poter passare del tempo con me.
Ma che dico? Sono io ad esser felice di passare del tempo con lei.
Volevo andare a quella festa, comportarmi come un ragazzo qualunque ad una festa qualunque.
Volevo stare con lei.
E invece…
“Harry, ci sei?”
“Sì, ci sono”.
Cala il silenzio.
Nicole mi guarda, interrogativa.
Poi forse capisce, mi dedica un sorriso dolcissimo e annuisce.
Raccolgo tutta la mia forza di volontà per biascicare le poche parole che chiudono la conversazione:“Ok. Perfetto. Allora a stasera”.
E ancora una volta tutti i miei piani crollano come castelli di carta.
 
 

http://www.youtube.com/watch?v=EDv7efxb4No
 

*Piccolo angolo dell'autrice*
Ciao a tutti! Vi scrivo ancora una volta per ringraziarvi infinitamente di tutte le vostre recensioni e i vostri messaggi di supporto, mi fa tantissimo piacere leggere che vi state affezionando a Nicole e al suo carattere da "peperino" (Dio, questa non si sentiva dal 1972! Come sono antica!).
Questo capitolo è un po' più lungo dei precedenti, un po' perchè volevo tratteggiare qualche elemento in più del rapporto che c'è tra Harry e Nicole, un po' per farmi perdonare di aver pubblicato con qualche giorno di ritardo ;)
Ultima cosa: probabilmente avrete notato che ogni capitolo ha il titolo di una canzone: ecco, spero riusciate a cogliere nel testo i riferimenti ai vari brani (che, comunque, mi piace mettere come link a fine capitolo).
Grazie ancora per avermi dedicato il vostro tempo, vi sono immensamente grata!
A presto!
Neera
PS: BUON ANNO IN RITARDO ;)
 

 

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Capitolo 7
*** Moments ***


07_
_Moments.


 
È da poco passata l’ora di pranzo quando saluto Gemma e mia madre e mi fiondo in macchina.
Non ci è voluto molto per raccogliere quei quattro effetti personali che mi serviranno per il weekend, ormai nel fare i bagagli sono un professionista.
È passato tanto tempo dall’ultima volta che ho guidato, sento un po’ l’adrenalina del ritorno al volante… certo, avrei preferito di gran lunga poter prendere la mia Audi fiammante, ma dovrò scarrozzare in giro qualcuno dei ragazzi, quindi la scelta è caduta sul Range Rover.
“Meglio – penso – Così se finisco fuori strada ho qualche possibilità in più di restare intero”.
Appena parto, chiamo subito Liam in vivavoce.
Tu…
Tu…
Tu…
“Pronto, Haz?”
“Ciao Lee. Sto partendo ora da casa, dovrei essere da te tra poco più di un’ora”
“Magnifico. Hai fatto in fretta”
Colgo un tono divertito nella sua voce.
“Avevo paura che Paul mandasse i suoi sicari a recuperarmi”
“Lo temevamo tutti, Haz. Era nel panico più totale. Ci vediamo al solito posto?.
“Sì, bravo. Così non devo entrare in città e non perdo tempo, dato che dobbiamo anche recuperare la bionda in aeroporto”
Liam ride; è lui che ha iniziato a chiamare così Niall. “Speriamo non si stia portando dietro tutta la cucina di casa sua. A tra poco”
Fine della conversazione.
 
La campagna che abbraccia le strade del Cheshire scorre veloce davanti a me.
Tengo gli occhi puntati sulla strada, ma ogni tanto osservo distrattamente quello che ho intorno.
Prato, prato, prato, fattoria, prato, campo, spaventapasseri…
È tutto così calmo, così tranquillo.
Prato, fattoria, campo, campo, prato, bosco…
Pronuncio nella mia testa il nome di ogni singola cosa che vedo: non voglio pensare, voglio tenere la mente occupata. Fermarmi significa permettere al cervello di immaginare come sarebbe stato se fossi rimasto a casa, con Nicole. A quest’ora probabilmente sarei da lei.
Non so a fare cosa, ma sarei da lei.
Prato, campo, campo, fattoria, campo, spaventapasseri…
Le nuvole sono basse e cupe, minacciano pioggia; il cielo non si vede, come sempre in questa stagione. Il cielo riflette un po’ il mio umore di oggi.
Stamattina era una bella giornata: c’era il sole, ero felice, ero con lei. Rido, pensando alla sua faccia ricoperta di farina.
Poi è bastata una telefonata per interrompere quel quadro perfetto: fulmine a ciel sereno. Il solito impegno che arriva all’improvviso a scombinarmi tutti i piani. Un po’ come quei temporali estivi che tutto d’un tratto scoppiano per rovinarti il pic nic.
Sì, un temporale estivo. Solo che ora siamo a novembre.
E questo non è un temporale, è solo l’ennesima rottura di palle.
Se soltanto potessi avere questa vita anche un solo giorno in più… 
Stringo le mani sul volante per cercare di calmarmi.
Magari un po’ di musica mi aiuta a distendere i nervi, così accendo la radio.
Dalle casse esce a tutto volume un suono di tromba che per poco non mi perfora un timpano. Jazz a cento decibel, fantastico.Abbasso volume e cambio stazione.
Musica anni ’50, notiziario, pubblicità, canzone death metal, Radio Maria… “Cosa?”, esclamo, sorpreso. È proprio Radio Maria. Stanno davvero pregando alla radio. Andiamo avanti.
Pubblicità, notizie, la mia voce (“Per carità, mi basta sentirmi sotto la doccia!”), di nuovo jazz.
“Ma possibile che non ci sia niente di decente?”, urlo, quasi incazzato.
Mi sono appena detto che la mia musica è indecente, o sbaglio?
Mi rassegno e faccio partire una playlist dal mio cellulare: Dio benedica chi ha inventato il modo per collegare telefono e automobile.
Le prime note che sento sono un arpeggio di chitarra che conosco bene.
Misguided Ghosts, dei Paramore.*
Il primo istinto è quello di cambiare canzone: non è esattamente il genere di musica adatto a non pensare. Ma poi…
 
…Sto andando via per un po’,ma tornerò indietro.
Non seguitemi, perché sarò di ritorno il prima possibile…
 
Già, era quello che avevo tentato di fare in quei pochi giorni di “stacco”: andare via per un po’, allontanarmi da quel caos che è diventato la mia vita negli ultimi mesi. Non volevo andare via per sempre, solo qualche giorno, per avere del tempo per me.
 
…Vedi, sto cercando di trovare il posto a cui appartengo,
potrebbe non essere questo il luogo in cui mi sento al sicuro…
 
E io a che posto appartengo? Qual è casa mia, ormai? Davvero posso chiamare Holmes Chapel “casa”? Non mi è nemmeno passato per la testa di telefonare ai miei vecchi amici.
E poi ho sempre paura di allontanarmi troppo dalla mia nuova vita, dal mio sogno: vivo costantemente diviso a metà, tra la voglia di cantare e quella di essere “normale”.
 
…noi tutti impariamo a commettere errori…
 
E io sono il principe degli errori. Ci fosse una volta in cui non sbaglio, in cui non ferisco le persone a cui tengo.
 
…e corro via da loro, da loro, senza alcuna direzione
correremo via da loro, da loro, senza alcuna sicurezza…
 
Forse davvero in questi giorni ho tentato di fuggire.
 
…perché io sono solo uno di quei fantasmi che viaggiano senza sosta…

Un fantasma che viaggia senza sosta. Sì, così mi sento alcune volte. Siamo solo degli “idoli” che viaggiano, che lavorano. Perché noi ci divertiamo, è vero, ma il nostro è un lavoro. Dov’è finito il mio tempo vero, quello che potevo dedicare a me? Dov’è finita la mia vita?
Il tempo mi sfugge dalle mani.
 
…non ho bisogno di strade, anzi, sono loro a seguire me.
E semplicemente giriamo in tondo…
 
A cosa potrebbero servirmi le strade, i programmi, se poi sono gli altri a decidere al mio posto?
Io tento di scappare dalla mia vita, ma loro mi ritrovano sempre.
…Ora mi è stato detto che la vita è così
e che il dolore è solo un semplice compromesso
per ottenere ciò che vogliamo da lei…

“Questa è la vita che hai scelto, Harry”: sì, questo mi continuano a ripetere. “Se vuoi la fama, se vuoi seguire il tuo sogno di cantare, devi sacrificare qualcosa”.

…Qualcuno vorrà  mai nascondere i nostri cuori spezzati le nostre menti stravolte?
Così potrò trovare qualcuno su cui contare…
 
Trovare qualcuno che mi voglia custodire, che mi voglia bene per quello che sono. Qualcuno che non voglia mostrare le mie ferite al mondo, ma voglia curarle…
 
…e correre verso di loro, verso di loro alla massima velocità…

Devo tornare a casa presto, sono un inutile idiota.
 
…oh, tu non sei inutile.
Noi siamo solo fantasmi fuorviati che viaggiano senza sosta.
Le persone in cui credevamo di più ci hanno spinto troppo lontano


…Cazzo, se è vero…
 
…non c’è un'unica strada. Noi non dovremmo essere tutti uguali.
 
Noi dovremmo essere ricordati per le nostre singolarità, dovremmo poter scegliere il nostro cammino.
 
Ma io sono solo un fantasma,
e loro ancora me lo ripetono… me lo ripetono ancora, circondandomi.
 
Sono davvero in trappola.
 
 
Avrò ascoltato quel pezzo almeno dieci di volte di fila. Mi ha aiutato a pensare, e mi è servito.
Quando arrivo nei dintorni di Birmingham mi rendo conto di avere anche pianto. Fantastico.
Spengo lo stereo e cerco di tornare alla mia faccia normale. Da una parte mi sento anche meglio, forse avevo bisogno di sfogarmi.
Imbocco la strada su cui devo incontrare Lee, ma non riesco a vederlo: strano, perché lui è molto puntuale.
In quel momento suona il mio cellulare. È Liam.
“Lee, ma dove sei?”
“Haz, ascoltami – dice in un sussurro – Io ti vedo, sono nella banca alla tua destra”
Mi volto e vedo il mio amico, seminascosto dietro una tenda.
“Perché ti stai arrotolando dentro la tenda di una banca?”
“Guarda cosa c’è dietro di te”
Mi volto e mi si gela il sangue nelle vene. C’è una scuola superiore, e lì davanti è pieno di gente.
Merda.
“Ah”
“Già. Mi sono accorto troppo tardi che questo è l’orario dei rientri pomeridiani.”
“Facciamo così – dico – Se non sbaglio, in fondo alla strada c’è una rotonda. Faccio il giro e ti prendo al volo, ok?”
“No, perdiamo tempo. Poi dovresti comunque passare davanti alla scuola e se ci vedono è la fine. Niall potrebbe diventerebbe vecchio in aeroporto. Credo sia meglio che tu sblocchi le portiere dietro, io mi lancio in macchina e tu parti sgasando”.
“Molto Fast & Furious. Ok. Fatto”.
Guardo Lee che scompare dietro la tenda, e poco dopo la porta scorrevole della banca si apre.
Solo che, in quel preciso istante, tre ragazze passano proprio lì davanti.
E lanciano un urlo agghiacciante.
Lee diventa bianco e resta immobile, mentre le tre aquile danno fondo a tutta la loro voce, attirando l’attenzione del resto della scuola.
Liam è paralizzato, sembra sotto shock.
Abbasso il finestrino e inizio a urlare: “LEE, CAZZO, MUOVITI”
“MA QUELLO è HARRY STYLES!”, grida un’altra ragazza, indicandomi.
Una dozzina di persone inizia a correre verso di noi.
Merda, merda, merda.
Lee intanto si è ripreso e si è lanciato per strada. Io accendo il motore, mentre Liam schiva una bicicletta, con le tre ragazze al suo inseguimento.
Per fortuna lui è veloce, apre la portiera posteriore, si lancia dentro con tutto il borsone e io parto a tutta velocità, senza quasi dargli il tempo di chiudere lo sportello.
In lontananza, sentiamo delle voci femminili che somigliano ad ultrasuoni.
Sto tremando per l’adrenalina e sudo freddo. Lee è bianco come un cencio, mi fissa dal sedile posteriore con gli occhi sbarrati. Ci è mancato davvero poco.
“Perché non ci sono mai le telecamere, quando servirebbero?”, dice poi.
La tensione si scioglie in una fragorosa risata.
 
Facendo un po’ di acrobazia, Lee si è spostato sul sedile avanti e armeggia con la radio.
“Haz, perché diamine hai Radio Maria tra i canali preferiti?”
“Me lo domando da due ore, credimi. Per questo ho collegato il telefono. Scegli pure da lì”.
Liam prende in mano il cellulare e inizia a scorrere la playlist, ma…
“Chiamata in arrivo – mi dice – È una certa Nicole… Aspetta, è quella Nicole?”
Annuisco: “Devo rispondere”.
“Se vuoi mi tappo le orecchie”
Faccio cenno di no con la testa.
“Ciao bellissima, dimmi”
“Ehi, come va il viaggio?”
“Prosegue quasi senza intoppi. Ho appena recuperato Lee, che a quanto pare ha deciso di fare un corso per stuntman ultimamente”.
Liam annuisce con convinzione: “Ciao Nicole! Piacere di conoscerti”
“Uh…ehm… ciao Liam. Piacere mio. Non volevo disturbare la rimpatriata, mi dispiace”
“Nessun disturbo, bella, tranquilla”, rispondo.
“Per te no di sicuro, Styles. So benissimo che tu mi adori
Liam scoppia a ridere: “Inizio ad adorarti anche io, Nicole”
“Ma quale adorarla, è una stronza!”, esclamo.
“Grazie. A tutti e due”
Io e Lee ci scambiamo uno sguardo di intesa: il mio amico è molto divertito da come vengo trattato.
“Comunque ho chiamato solo per dire che ho impacchettato tutti i biscotti e sto andando alla festa, poi ti farò sapere se il tuo impegno è servito a qualcosa. Buona serata, ragazzi”
 “Grazie, Nic. Ci sentiamo presto, ok? Ti scrivo appena arrivo a Londra”
“Se non ci fosse Liam in macchina ti direi che puoi anche evitare, sai quanto me ne frega – , risponde lei, ridendo – Ovviamente sto scherzando Lee, non sono così cattiva col tuo amico”.
“Se lo fossi per davvero penso che ti chiederei di sposarmi”, replica Lee.
“Ehi, sono indignato!”, ribatto.
“Ma piantala, Styles. Lee, guarda che me lo segno. Ora devo scappare! Buona rimpatriata”, e mette giù.
“Mi avevi accennato a un caratterino indomabile, ma non avrei mai creduto fino a questo punto”, mi dice il mio amico.
“Credimi, non hai idea di ciò che è capace di dire. E di fare”
“Dovrai raccontarmi un po’ di cose, allora…”
Lo guardo e mi rendo conto che ha appena assunto il suo ruolo di confidente: una parte che gli calza a pennello. Lee è sempre stato un ragazzo molto riservato e riflessivo, capace di ascoltare senza sparare sentenze non richieste. Se ho un problema o un dubbio, è sempre lui quello a cui chiedo consigli. Certo, oltre che a Louis. Ma Louis è il mio migliore amico, a volte è troppo di parte.
Così inizio a raccontargli tutto: di Nicole, del nostro passato in bilico, del nostro presente così incerto, del nostro futuro improbabile, che non so nemmeno se desidero davvero…
Parlo per quella che sembra un’eternità, Lee mi fa domande, mi chiede come sto, sa capire esattamente quello che intendo. È come parlare con una parte di me, ma più razionale.
È non mi dà consigli, perché sa che voglio sempre la libertà di sbagliare da solo.
Quando finisco di raccontare, siamo ormai all’aeroporto di Londra.
“Provo a chiamare la bionda”, mi dice.
Ma nemmeno finisce di comporre il numero, che la portiera posteriore sinistra del mio Range Rover si spalanca e la bionda si fionda dentro come una furia.
“Porca puttana, Niall! Ma ti sembra il modo?”, urla Liam, di nuovo bianco per lo spavento. Lui non l’ha visto arrivare, probabilmente temeva un altro attacco di fan imbufalite.
“Anche per me è bello rivederti, Lee! – rispondo lui – Ciao Haz!”
“Ciao bionda”, replico. Lui fa una smorfia disgustata: non è particolarmente soddisfatto del suo soprannome.
Metto in moto e parto.
“Sono stato bravissimo a trovarvi subito, vero? – esclama l’irlandese, entusiasta – Sapevo che vi avrei sorpreso!”
“Bravissimo, quando arriviamo a casa lo diciamo a Zayn e ti darà uno zuccherino”, borbotta Lee.
“Meno male che me l’hai ricordato! Mi ha detto Zayn di chiamarlo partendo dall’aeroporto, così si fanno trovare direttamente sotto casa di Haz”
“C’è anche Lou?”, domando.
La bionda annuisce, con l’orecchio attaccato al telefono.
“Ehi, Malik. Aspetta, ti metto in vivavoce – HO DETTO ASPETTA. Ecco, parla pure”
“Vas happenin, ragazzi?”
“Ehi Zayn, tutto bene. – rispondo – Tra mezz’ora al massimo siamo a casa”.
“Perfetto. Dicevo alla patata che io e Tommo vi raggiungiamo verso le 7 con le pizze, ok?”
“Alla grande! – esclama Niall – Per me una diavola! Anzi, due!”
“Per te niente pizza, solo insalata – borbotta Zayn – A dopo”.
 
Maledetto traffico di Londra, non mi sei mancato per niente. Ci mettiamo quasi quaranta minuti per arrivare a destinazione, quaranta minuti in cui Niall non fa altro che parlare, parlare, parlare e ancora parlare. Ma va a batterie? Quando si spegne?
Ma, alla fine, eccoci a destinazione.
Magari non sarà il mio posto nel mondo, ma senza dubbio questa è la mia casa.
E così annuncio con fierezza:“Ben arrivati a casa Styles, Lansdowne Crescent, Londra”.
 
 
 Moments: http://www.youtube.com/watch?v=1QRj23CYh3U
 

*Misguided Ghosts - Paramore: http://www.youtube.com/watch?v=MxbS1kFBmMo
 

*Piccolo angolo dell'autrice*
Ciao a tutti! Eccomi di nuovo qui, a martoriarvi la vita con la mia storiella sul nostro ricciolo preferito ;)
Ci ho messo un po' più del previsto perchè purtroppo mi sono ammalata e non volevo scrivere in uno stato di semi-incoscienza xD
Questo capitolo è un po' diverso dal solito, non so quanto vi piacerà: sentivo il bisogno di descrivere un po' meglio i sentimenti di Harry per questa sua vita "senza meta". Ho scelto una canzone dei Paramore per diversi motivi: calzava a pennello rispetto al mio scopo narrativo, è una canzone meravigliosa e io amo i Paramore. SE non la conoscete, vi ho lasciato il link qui sopra, così potete (DOVETE! AHAHA) ascoltarla.
Ultima cosa: l'indirizzo di casa di Harry non è scelto a caso: mi sono immaginata un appartamento grande, luminoso, in una zona tranquilla della città, possibilmente vicino a Hyde Park (che, nella mia storia, lui ama particolarmente); così ho cercato su internet qualche indicazione e il destino ha voluto che io trovassi la casa che vi lascio in descrizione, così potrete capire meglio come mi immagino il luogo.

http://www.domusnova.com/properties/buy/932/5-bedroom-flat-kensington-chelsea-notting-hill-lansdowne-crescent-w11-richard-hywel-evans-architects/
Un bacione a tutte/i e grazie ancora per aver letto, siete troppo gentili!
Neera

PS: sono molto felice quando mi scrivete per avere consigli sulle vostre FF, quindi non esitate a contattarmi per farmi leggere i vostri lavori!

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Capitolo 8
*** Change My Mind ***


08_
_Change_My_Mind.


 
“Harry, sai cosa adoro di casa tua?”, mi chiede Zayn, appena mette piede in salotto.
“Il frigo!”, urla Niall dalla cucina.
“No, non sono mica una patata come te. Io adoro quella foto”, replica Zayn, indicando l’enorme quadro appeso sopra il divano.
“Già, è la mia preferita – rispondo – Ce l’ha fatta Gemma. È la nostra prima vera foto”.
“Sì, mi ricordo – esclama Louis – Ventitré luglio duemiladieci, come dimenticarlo?”
“Esatto. Mia sorella ha fatto bene ad immortalare il momento. Custodisco questo scatto gelosamente, è solo nostro. Non è in giro sul web”
“Sì, tutto molto romantico – riprende Zayn – Ma io la adoro perché qui è palese che io sono il più figo. E, Harry, tu sembri un marmocchio coi denti da latte”.
“Ehi! Avevo sedici anni!”, rispondo, indignato. Marmocchio a me? Ma tu guarda questo! “E tu sembri uno sfollato!”.
Louis sta ridendo: “Harry, devi ammettere che eri davvero un adolescente sfigato”.
Faccio per replicare, ma la voce straziata di Niall mi ferma: “Ragazzi, per l’amor di Dio, venite a tavola o mi mangio Liam!”
È proprio una fogna, la bionda.
 
Era tanto tempo che non avevamo l’occasione di stare insieme in tranquillità. Troppe volte ci siamo ritrovati a mangiare in fretta e furia, rintanati in qualche albergo, quasi sempre troppo stanchi per riuscire a goderci una cena come si deve.
Forse rimandare i miei piani con Nicole non è stata una tragedia così enorme. A proposito, le avevo promesso di chiamarla, ma, tra la sistemazione nelle stanze e l’arrivo degli altri due idioti, mi sono dimenticato. Potrei farlo adesso, ma sarà nel pieno della festa, disturberei.
Spero non si incazzi.
La voce di Louis interrompe i miei pensieri: “Harry, come fai ad avere sempre il frigo pieno al momento giusto?”.
“Sono un mago”
“Sì, è io sono Pamela Anderson”, risponde Zayn.
“Infatti non riesco a smettere di guardarti le tette – dico, riuscendo nell’intento di far strozzare Louis con la birra che stava bevendo – Comunque ho una vicina molto premurosa che si occupa della mia dispensa, quando glielo chiedo. Però questa roba l’ha portata Gemma, pensava che sarei venuto qui appena tornato”
“Preferivo la teoria del mago”, mi dice Liam, tirando delle forti pacche sulla schiena di Louis. Credo si stia divertendo a picchiarlo.
Siamo stati lontani solo pochi giorni, ma devo ammettere che mi sono davvero mancati.
Nella cucina cala il silenzio, interrotto solo dalla tosse di Louis e dal rumore delle mandibole di Niall. Ma quanto mangia? È alla terza pizza di fila.
Zayn mi punta un dito contro: “Hazz, vuoi raccontarci il motivo della tua tentata fuga?”
“Ti fei forfe ftufato di noi?”, chiede la bionda, con un’espressione da cucciolo bastonato.
“Non si parla con la bocca piena, pulcino – rispondo – E sì, in realtà mi sono stufato di voi”. Poi, per dare enfasi alla mia affermazione, apro un’altra lattina di birra e inizio a bere.
Lou, Niall e Zayn mi fissano con gli occhi di fuori.
Non credevo di essere stato così convincente.
Liam, invece, scoppia a ridere: “Dovrei farvi una foto”, esclama.
“Cosa cazzo ti ridi? – gli dice Louis, soffocando l’ennesimo colpo di tosse – Ma non hai sentito che ha detto questo idiota?”
Ora è il mio turno di ridere: “Dai Tommo! Non dirmi che ci hai creduto!”
Un coro di “vaffanculo” mi travolge.
“Sei un cretino!”, mi urla in faccia la bionda, che sembra quasi sull’orlo del pianto. Dio, è emotivo quasi quanto una ragazza.
“Sì, lo so. Nicole me lo ripete di continuo”
Zayn e Louis trattengono il respiro: hanno capito subito cosa significa.
“Chi è Nicole?”, domanda invece, stupidamente, Niall.
Zayn gli tira uno schiaffo dietro la testa: “Parola mia, Horan, se fossi più lento di così andresti all’indietro!”.
“Quindi vi siete visti? – mi chiede Louis – Com’è andata? Che vi siete detti? E soprattutto PERCHÈ NON MI HAI CHIAMATO, RAZZA DI IDIOTA?”
“Ero un po’…preso?”, mi giustifico.
“Sì, ma io ancora non ho capito chi è Nicole. – urla, lamentoso, Niall – Esci con la Scherzinger?”
Liam lo fissa incredulo: “Ma sei serio? Perché se lo sei davvero inizio a preoccuparmi”.
La bionda fa spallucce.
“Nicole. La mia amica Nicole. La mia amica di infanzia”.
“Aaaahhhh, quella Nicole – esclama finalmente Niall – Sì, forse me ne hai parlato una volta o due”
“…fai anche tre”, dice Zayn.
“Trecento, magari”, continua Louis.
“Allora, la smettete o no? – rispondo – Sì, ci siamo visti. Siamo stati insieme tutta la mattina”
Ed ecco che i ragazzi ricominciano a bombardarmi di domande: “Com’è?”, “Ti ha insultato?”, “Ma avete scopato?”, “Quindi state insieme?”…
Non riesco a finire di rispondere ad una domanda, che subito ne arriva un’altra. Mi sembra di avere quattro mamme invadenti ed apprensive.
L’interrogatorio va avanti per quasi un’ora, sembra che non abbiano alcuna intenzione di farmi tenere qualcosa per me.
“Ma perché tutte queste domande?”, sbotto, alla fine.
“Perché, caro il mio latin lover – risponde Louis – vogliamo capire se ti sei innamorato”
“E il vostro verdetto è…?”
“Cotto a puntino!”, mi dice Liam, mettendomi un braccio intorno al collo.
“A proposito di cotto – borbotta Niall – Non è che è avanzata della pizza?”.
 
Il resto della serata prosegue nel migliore dei modi, ci raccontiamo tutto quello che non abbiamo avuto il tempo di dirci durante la frenesia del tour, giochiamo a carte, tiriamo fuori vecchie foto di repertorio… abbiamo persino il tempo di leggere delle fan fiction e alcune ci fanno rabbrividire: in una Zayn è un serial killer che beve il sangue delle sue vittime.
“Ma perché devo sempre essere io il pazzo omicida?”, esclama, alla fine, esasperato.
“Secondo me è il ciuffo tinto che ispira follia – biascica Niall, con uno sbadiglio – Sentite, so di essere un guastafeste, ma è l’una passata e io sono stanco morto. Credo che andrò a dormire”
“Ti seguo a ruota”, risponde Liam.
“Nel senso che vieni a letto con me?”
“Esatto – replica lui – Dopo aver letto tutte le storielle porno gay su di noi ho intenzione di provare nuove esperienze”.
Niall assume la sua espressione più sensuale e inizia a toccarsi i capezzoli, mentre Liam lo guarda leccandosi le labbra.
“Ok, per me è abbastanza – urla Zayn – Vado a dormire. DA SOLO”. La sua voce ha un tono particolarmente acuto e noi non riusciamo ad evitare di ridere.
“Sì, sì, ridete pure! Fate quello che volete tra di voi, ma io stasera chiudo la porta a chiave!”
“E dai, Malik! Perrie non lo saprà mai…”, gli dico, mordendomi il labbro e passandomi una mano tra i capelli.
Zayn sbarra gli occhi, allucinato. “Lei no, ma il mio culo sì. E, credetemi, col mio culo ci convivo. Buonanotte”. E sparisce in corridoio, seguito da Niall e Liam che gli urlano: “Dove scappi, Malik? Vogliamo passare la notte con te!”
Io e Louis rimaniamo sul divano, a ridere.
“Quei due sono più matti di te”, mi dice lui.
“Non sono sicuro di poterlo considerare un complimento”
“Non sono sicuro che dovesse esserlo”
Mi guarda in silenzio, sorridendo. È incredibile quanto Louis riesca a capirmi nel profondo. Siamo legati da un’amicizia fortissima e credo che senza di lui sarei impazzito tempo fa.
“Senti Lou – sussurro – Mi dispiace essere sparito e non averti detto niente di Nicole, davvero...”
“Haz, non devi scusarti di niente. Non devi nemmeno pensarci. Hai fatto bene”.
“Il fatto è che nemmeno io so cosa siamo. Non so se siamo amici o se siamo qualcosa di più. Non abbiamo parlato di noi, non so se vuole stare con me e…”. Mi fermo.
“…e tu non sai se vuoi stare con lei”, conclude lui.
Annuisco.
“Non so se lei è pronta ad affrontare tutta questa storia del successo, del tour, della gelosia… io non credo di esserlo. Non so se lo sarò mai, ad essere sincero. Però non mi sono mai sentito così, mai.”
Continuo a fissarmi i piedi, ho un nodo in gola che non riesco a sciogliere. Sento che potrei scoppiare a piangere da un momento all’altro, ma non voglio. Non perché mi vergogni di Tommo, per carità. È che mi sembra ridicolo. E poi ho pianto troppo ultimamente, credo di averne abbastanza per un anno o due. Nemmeno mi riconosco più, prima non piangevo neanche se mi mettevo le dita negli occhi.
“Senti, Harry – mi dice – Se vuoi sapere una mia opinione, te la dirò. Poi probabilmente farai di testa tua come al solito, ma ora ascoltami: non farti bloccare dalle tue paure. Non dare a questo rapporto il limite di un’etichetta: non è importante. Quello che importa è che tu sia felice con lei e che lei sia felice con te. E, credimi, quando parli di Nicole i tuoi occhi brillano. Non hai avuto mai questa espressione, parlando di una ragazza. Non so se quello che provi è amore, ma sicuramente ci va vicino. Quindi, smettila di preoccuparti del resto del mondo e vivi. Semplicemente vivi”.
Guardo il mio amico a bocca aperta.
Le sue parole sono sincere, sono vere: non c’è niente di cui aver paura nel tentare di amare.
“Hai ragione…”
“…come sempre”, esclama lui, sorridendo ancora di più.
“Come sempre – confermo io – Allora forse è il caso che io le telefoni, no?”
“Mi stai dicendo che da quando sei arrivato qui non ti sei ancora fatto sentire?”
“Ho lasciato il cellulare in camera”, mi giustifico.
“Dio, Haz, sei davvero cretino. Vai subito a telefonare”
“Grazie, Tommo”
“Ma quale grazie, fila a prendere il cellulare – mi ordina, tirandomi su per un braccio – FORZA!”
“Buonanotte Lou”
“Non ti vedo ancora con un telefono in mano. Muovi il culo” e, girando i tacchi, se ne va.
Come farei senza Louis?
Filo in camera e afferro il telefono: una chiamata persa, di Nicole. Sono un cretino.
Provo a richiamarla, ma il cellulare è spento. Beh, sono quasi le due, è normale.
«Ehi, scusa se sono sparito: i ragazzi mi hanno fatto impazzire. Spero che la tua festa sia andata bene. Un bacio dolce. A domani».
Rileggo il messaggio tre volte, prima di premere invio. Credo che domani mi ritroverò un bel “vaffanculo” come risveglio. Mi butto sul letto e guardo fuori: avere un’enorme vetrata al posto della parete di fronte è incredibile, posso godermi il panorama di mezza Londra.
Ma questo non è il momento di farlo. Abbasso le tapparelle e spengo la luce.
 
Il risveglio è brusco: come al solito non ho sentito la sveglia e mi ritrovo a correre per la casa per tentare di prepararmi in tempo. Ho pochi secondi per digitare un veloce: «Buongiorno splendore :)» da mandare alla mia Nicole. Devo farlo, altrimenti mi ammazza sul serio.
Niall, invece, ha fatto molto in fretta: è pronto da mezz’ora ormai e al momento sta dormendo sul divano.
Quando finalmente siamo tutti pronti, saltiamo in macchina e voliamo a tutta velocità verso gli studi della BBC. Fortunatamente la città non si è ancora svegliata – un po’ come noi – e riusciamo ad arrivare puntuali. Davanti al palazzo non c’è nessuno, incredibile. Dopo aver parcheggiato nel cortile interno riusciamo persino a fare una corsa fino alla caffetteria sull’altro lato della strada.
La cameriera quasi sviene mentre Liam fa lo scontrino e trema mentre mi porge il cappuccino.
“S-scusa – dice in un sussurro – Non mi aspettavo di vedervi”.
“Neanche io mi aspettavo di vederti”, rispondo, stupidamente. Ma perché tiro fuori sempre queste frasi da imbecille?
 “Styles, smettila di fare il cascamorto – mi dice Louis – Perdonalo, non riesce a trattenersi”
Lei ride, diventando rossa come un papavero. “Sì, lo so…”
“Lo sai? – esclamo, divertito – Ma possibile che tutti sappiano sempre tutto?”
“È che… uhm… io sono una vostra grande fan, e…”. Non riesce a finire di parlare, perché ora sono arrivati anche Zayn e Niall.
“Dai, non essere timida! – la incoraggio – Guarda che facce abbiamo, siamo umani anche noi!”
Lei continua a ridere nervosamente. Vedo che trema ed è sempre più bordeaux.
“Ti va di fare una foto con noi?”, le chiede Liam, con il tono più premuroso che io abbia mai sentito. Ma come fa?
Gli occhi della ragazza si illuminano. “Certo!”
“Allora vieni qui, Anne – le dice Zayn – E togliti il grembiule, quando sei con noi non sei in servizio”
“Come fai a sapere il mio nome?”. La poverina è sempre più nervosa.
“Hai un cartellino appeso lì, o sbaglio?”
Lei annuisce e ride. “Giusto, giusto. Arrivo”
Riusciamo a farci delle foto con lei, in piccoli gruppetti. Non possiamo evitare di sfoggiare le nostre espressioni più stupide, e finalmente lei sembra essere a suo agio.
“Ora dobbiamo andare, Anne. È stato un piacere”, esclama Niall, baciandole la mano. Anne torna di una intensa sfumatura di rosso.
La salutiamo e ci dirigiamo verso l’uscita, ma lei mi ferma, tirandomi per un braccio. “Harry – sussurra - Scusami”
“Cos…?” e non riesco a finire la frase, perché lei incolla le sue labbra alle mie e mi dà un bacio a stampo. Mi allontano subito: “Ma cosa fai?”
“Scusa, dovevo farlo. Era la mia unica occasione. Io ti adoro, e…scusa” e scappa via.
Mi giro verso gli altri, che sono rimasti pietrificati guardando la scena.
Credo di essere di un colorito cadaverico.
“Ditemi che non ci sono paparazzi in giro, vi prego
 
Il resto della mattinata dura un’eternità: tra trucco, prove e scene tagliate la registrazione sembra non finire più.
Avremo dovuto recitare le nostre battute dieci volte di fila, perché la conduttrice è una svalvolata con la memoria a breve termine. Questa non è un’intervista, è una pantomima.
La donna continua a sbagliare persino i nostri nomi: sono stato chiamato più volte “Herbert” o “Arnold”, Zayn ormai è stato ribattezzato “Zihad”, mentre Louis e Liam hanno una crisi d’identità e si confondono tra di loro.
Vi prego, ponete fine a questa agonia.
Quando finalmente riusciamo a tornare a casa e posso riaccendere il cellulare, trovo un messaggio di Nicole: «Non so se risponderti con uno sdolcinato e falsissimo “Non ti preoccupare, so che sei impegnato” o con un concreto e onesto “vaffanculo”, scegli tu. Comunque buon giorno a te, Styles. Buon lavoro ;) »
È incorreggibile.
 
“Ragazzi, a che ora pensate di partire?”, chiedo, subito dopo pranzo.
Liam alza gli occhi dalla rivista che sta leggendo e me li punta addosso “Harry, non dirmi che ti sei dimenticato della festa”.
“Quale festa?”
“Quella di GQ, testa vuota”
Merda, quella festa. “Era stasera?”
Lee annuisce. “E non possiamo dare buca, lo sai. Ci passano a prendere alle sei, puntuali”
Ma perché non mi decido a comprare un’agenda?
Devo avvertire Nicole, è il momento di chiamarla.
Il telefono squilla per un’eternità, prima che lei risponda.
“Chi non muore si risente”, mi dice, con un tono velenoso, ma divertito.
“Spiritosa come sempre…”
“Vuoi dirmi che non ti senti minimamente in colpa per esserti dimenticato di me?”
“Non solo mi sento in colpa, mi sento proprio un cretino! E non mi sono dimenticato di te! Se vuoi proprio saperlo,ieri ho parlato di te per tutta la sera!”
Lei sembra stupita, resta qualche secondo in silenzio.
Davvero?”
“Davvero. Se vuoi ti passo Liam, confermerà”
“No, ti credo – sussurra, raddolcita – Sei stato carino a dirmelo”
Sorrido, e so che anche lei sta sorridendo. Me la immagino, mentre guarda il pavimento e si arrotola un ciuffo corvino intorno al dito. Deve essere bellissima. Quando sorride io pendo dalle sue labbra, e anche solo immaginarmela mi fa lo stesso effetto.
“Dovevo. Allora, com’è andata la tua festa? Qualcuno è morto avvelenato?”
Nicole ride e incomincia a raccontarmi per filo e per segno tutta la serata: è entusiasta, davvero felice di quanto è riuscita a fare per la vecchia scuola di musica.
“Alla fine, tra biscotti, offerte e lotteria, abbiamo tirato su quasi 5000 sterline!”
“Però, hai fatto un ottimo lavoro!”
“Anche tu, Styles. Peccato che non ci fossi…quando torni?”
Ecco, la domanda fatidica.
“Partirò domani mattina, prestissimo. Il prima possibile”
“Domani? – dice. Finge indifferenza, ma capisco che ci è rimasta male – Pensavo tornassi oggi…”
“Mi ero dimenticato della festa di GQ. Purtroppo non posso mancare, credo che se morissi porterebbero lì il mio cadavere.”
“Quindi venire a Londra ad ammazzarti non mi servirebbe a nulla”
“Esatto – rispondo, sorridendo – Ma ti assicuro che partirò il prima possibile. Non devo nemmeno accompagnare Liam a casa o aspettare che Niall si svegli, i ragazzi non dormiranno qui stasera. Per le undici domani sarò da te. Promesso”
“Me lo auguro – replica lei – Perché domani sera io torno a Manchester”
Merda, l’università.
Dovrò stare a Holmes Chapel senza Nicole per quanto, quattro giorni? Sarà un incubo.
“Sarò da te il prima possibile, Nikki. Lo giuro”                                       
“Lo spero per te…altrimenti la mia vendetta sarà terribile. Ora ti devo lasciare, mio padre mi sta chiamando. Buona festa, Styles”
“Grazie, Nì… Buon qualunque cosa anche a te… ”
Nicole riattacca e io resto lì, come uno scemo, a dire al telefono un “Ti voglio bene” che qualche secondo fa mi si è strozzato in gola.
 
 
http://www.youtube.com/watch?v=uJGZGXFY3aQ
 

***Piccolo angolo dell'autrice***
Ciao a tutti! Ecco qui un altro capitolo della mia storiella sul caro Harry: ci ho messo un po' più del solito, ma ce l'ho fatta!
Questo capitolo sembrerà di passaggio, lo so, ma credo sia importante delineare bene il rapporto che c'è tra i ragazzi e mi è piaciuto immaginare dei momenti che noi non conosciamo. Spero che a voi sia piaciuto leggerli, fatemelo sapere così potrò regolarmi di conseguenza per i prossimi capitoli ;)
Oggi, oltretutto, è il compleanno del nostro caro Zayn, quindi mi sono cimentata in una breve storia di 3 capitoli su di lui, vi lascio il link se vi va di perdere tempo anche su questo esperimento: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2396196&i=1  Vi avverto, è ambientata in un mondo un po' sovrannaturale, quindi potreste rimanere spiazzati! In ogni caso, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate: quindi non esitate ad insultarmi, se vorrete!
Di nuovo grazie per essere arrivati fin qui, sono ancora stupita di quando la mia storia vi stia piacendo!
A presto :D

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Capitolo 9
*** C'mon, c'mon ***


09_
_C'mon_C'mon.


 
“Persino le divinità lottano contro la noia, invano”.
Ecco cosa sto pensando in questo preciso istante.
Di chi era questa frase? Devo averla sentita in qualche canzone… o forse in un film…
No, forse era un libro. Sì, doveva essere un libro.
Noia, noia, noia.
Queste dannate feste sono tutte uguali e sembrano non finire mai. Sono qui da tre ore e, a parte il buffet appena terminato, non ho visto niente per cui valga la pena rimanere ancora in questo posto.
Eccezion fatta per il tavolo delle modelle di Victoria’s Secret, quello è parecchio interessante.
Ma no.
Harry, NO.
E infatti ora mi ritrovo seduto a un tavolo con Liam, che sta chiacchierando di economia con il CEO della Ferrari…inutile dire che non li sto nemmeno ascoltando, non ci capirei niente.
Ho lo sguardo perso nel vuoto mentre osservo Niall che fa lo splendido con Barbara Palvin e Karlie Kloss. Il biondo è piuttosto furbo, devo ammetterlo: ha osservato Barbara tutta la sera e ha trovato il momento opportuno per attaccare bottone. Un genio.
Quelli che invidio di più sono Zayn e Louis: loro sono in compagnia delle loro dolci metà e, onestamente, non so che fine abbiano fatto. Spero che Zayn e Perrie non si siano imboscati in qualche bagno, sarebbe piuttosto imbarazzante se la Security li scoprisse…
Vorrei tanto che qui ci fosse anche Nicole. Dio, se lo vorrei.
Passeremmo il tempo a commentare gli abiti degli ospiti, le tette rifatte delle vamp e gli atteggiamenti pomposi degli uomini che infestano questi ricevimenti.
Ma lei non c’è.
E non può esserci: per ottenere un invito di coppia bisogna chiedere il permesso dei superiori. Il che significa che dovrei sottopormi ad una specie di interrogatorio e spiattellare tutto quello che provo per Nicole, o le intenzioni che ho con lei.
E questa cosa mi nausea.
Sono fatti miei, no?
“Harry, tutto bene?”
La voce di Lou mi riporta alla reatà.
“Sì, Lou, credo di sì – rispondo, quasi in automatico – Hai visto come si sta dando da fare la bionda?”
“Sì, rischia proprio di ritrovarsi a dormire in compagnia stanotte…”
“Non credo che gli dispiacerebbe – interviene Eleanor – Si sta mangiando la Palvin con gli occhi”
“Non parlare di mangiare riferendoti a Niall – replico – Potrebbe anche prenderti sul serio. Avete visto Zayn e Perrie?”
“Sì, sono nell’altra sala a ballare. Hanno pestato i piedi a tutti nel raggio di cinquanta metri”
Non stento a crederlo, quei due insieme sono come i cicloni tropicali: incontrollabili e potenzialmente distruttivi.
“Haz, onestamente – continua Lou – Non mi sembri per niente contento di essere qui. La tua faccia dice testualmente: «Vi prego, portatemi via da questo posto, ponete fine alla mia agonia»”
“Sai leggere molto bene la mia espressione, perché è proprio quello che sto pensando. Credo che entro mezz’ora chiamerò un taxi e leverò le tende”.
“Non così in fretta, Harry”, dice una voce alle mie spalle. Mi giro e davanti a me c’è Paul, stranamente elegante nel suo smoking blu scuro.
“Che stile, P. – esclamo – Perché non posso andare? Ho presenziato, ho mostrato il mio faccino sorridente, ora voglio solo tornare a casa…”
“Il CEO di GQ vuole presentarvi un paio di persone. Recuperate Zayn e Niall e andate nel privè… Poi sarai libero di andare, promesso”
“Forse è meglio se pensi tu a Niall”, gli dico, facendogli un cenno con la testa.
Paul si gira, e capisce subito: “Hai capito il biondino!”, esclama con una risata.
Niall ci raggiunge poco dopo con un sorriso smagliante stampato in faccia e l’occhio ammiccante: “Ho il numero di Barbara! L’ho puntata tutta la sera, e ora ce l’ho fatta”, mi annuncia con un tono fin troppo eccitato: la sua voce ha qualche ottava di troppo rispetto al solito.
“Come mai niente salti di gioia?”, domanda Liam, mentre andiamo verso la sala da ballo.
“Lei mi sta guardando, sembrerei uno sfigato. Contegno, Niall, contegno”, risponde.
Ha iniziato pure a parlare da solo. Bene così.
Varchiamo la soglia di quella stanza buia e siamo travolti da una musica assordante. Le luci psichedeliche mi fanno perdere un paio di diottrie e mi sembra di avere ingoiato il batacchio di una campana, altrimenti non potrei spiegarmi i continui colpi sordi che sento allo stomaco.
“COME CAZZO LO TROVIAMO?”, mi urla nell’orecchio Liam.
“GUARDA DOVE C’È POCA GENTE!”, rispondo, aguzzando la vista.
E, infatti, ecco Zayn: lui e Perrie hanno guadagnato il centro della pista e ballano come due epilettici disossati, muovendo braccia e gambe in maniera inquietante.
Intorno a loro, il vuoto.
Scoppio a ridere: Malik mi ricorda uno di quei pupazzi gonfiabili che salutano come gli scemi, mentre Perrie è palesemente un polipo con le convulsioni.
Si stanno divertendo un mondo, si vede.
“INIZIATE AD ANDARE, IO LI AVVISO – ci grida Niall, correndo verso di loro – Forza, balla con me, bellezzaaa”
Parla davvero da solo. L’abbiamo perso, è ufficiale.
Attraversiamo tutta la pista e usciamo in una stanza luminosa e silenziosa: il paradiso.
“Grazie a Dio – sospiro – Un altro minuto lì dentro e il mio udito sarebbe stato irrimediabilmente perduto”.
Qualcuno ride, ma non sono i miei amici.
Quando mi giro, mi accorgo che nella stanza ci sono un uomo brizzolato e due ragazze che avranno al massimo tredici anni.
“Ragazzi, grazie per essere venuti – ci dice con voce possente quello che deve essere il CEO di GQ – Mia figlia e la sua amica non vedevano l’ora di fare la vostra conoscenza”
Dietro di lui, le due ragazze – noto che si stanno tenendo per mano – arrossiscono un poco e abbassano lo sguardo, ma continuano ad emettere suoni che ricordano delle risatine nervose.
In quel momento entrano Niall e Zayn, il cui ciuffo ha ormai perso ogni forma e giace mollemente sulla sua fronte sudata.
“Scusate il ritardo – dice col fiatone – Che mi stavo perdendo?”
Il CEO ride: “Ancora niente, signor Malik, ma stava per mancare all’incontro con le vostre due fan più accanite. Ora io vi devo salutare, ho parecchio da fare in sala. Prendetevi pure tutto il tempo che volete” e, con un occhiolino, se ne va, lasciandoci soli con le due ridoline.
“Ok – sussurra Liam, avvicinandosi alle due – Piacere di conoscervi! Come vi chiamate?”
“Io sono Vicky, sono la figlia del boss – risponde la biondina, con una voce stridula e saccente che mi fa rabbrividire – Mentre lei è Helena. Ho insistito tanto con mio padre perché vi invitasse, dovevo assolutamente incontrarvi!”.
Ah, quindi è “merito” suo se io ho sprecato ore preziose della mia vita ad annoiarmi in questo posto.
Si pavoneggia oltre ogni limite, arricciandosi i capelli con un dito avvolto in della seta nera. In effetti noto solo adesso che ha dei guanti scuri che le arrivano fino al gomito: una scelta decisamente pacchiana, per una ragazza così giovane. Crede di essere molto sexy, penso.
Mi sta già antipatica.
La sua amica, invece, si vergogna persino di alzare lo sguardo, che tiene fisso sul  pavimento.
“Molto carino da parte tua”, commenta Louis, con un sarcasmo che Vicky non coglie.
Non pensavo che tanta antipatia potesse essere contenuta in un corpo così piccolo.
La morettina alza lo sguardo ed esclama in un solo respiro: “Mi dispiace avervi disturbato durante la festa, non era nostra intenzione darvi così tanto fastidio! Vi rubiamo solo due minuti!”
Mi avvicino a lei: “Non preoccuparti, Helena, non è per niente un fastidio. Vi va di fare una foto insieme?”. Lei arrossisce di colpo e Vicky scoppia a ridere: “Ma guardala, che timidona… Harry, tu sei il suo preferito, sapessi cosa mi dice su di te…”
“SMETTILA, VI”, le urla Helena, diventando quasi viola.
“Harry, ho detto la verità! – replica lei, con un sorriso malizioso – Anche se ti devo dire che lei non ti amerà mai quanto io amo Niall…” e si aggrappa al braccio del biondo come un koala starebbe attaccato al suo albero.
Tra di noi è sceso il silenzio, la situazione è assurda. Persino Zayn è senza parole davanti a una scena simile.
Ma Helena decide di rompere il silenzio con una frase che mi gela il sangue nelle vene: “Solo perché io non mi taglio i polsi per lui, non significa che non mi piaccia”.
“Cosa?”, penso.
“Cosa?”, esclamano Niall e Louis in coro.
“Sì, mi taglio per te”, risponde sorridendo Vicky; la guardo mentre si sfila lentamente il guanto da braccio sinistro, che poi mostra a Niall, piena di orgoglio.
Il viso del biondo passa dal rosso al bianco in meno di due secondi. La prende per un polso e resta in silenzio, a fissare quei lunghi segni rossi che percorrono il braccio sottile della ragazza. Non riesce a staccare gli occhi da quella pelle martoriata, violata, dilaniata.
Ho l’impressione che stia per svenire.
Mi avvicino con gli altri e Zayn allontana Niall, ancora troppo pallido e sconvolto per aprir bocca.
“Perché lo fai?”, chiedo a Vicky. Non riesco a capire cosa possa portare a farsi così tanto male.
“Perché non mi fa sentire il dolore di non avere l’uomo che amo al mio fianco”, risponde lei.
Di nuovo il silenzio diventa il padrone, nessuno sa cosa fare.
Ma poi Niall, con un filo di voce, sussurra: “Tu non puoi amarmi”.
“Come, scusa?”, chiede la ragazza.
Niall ha ripreso colore, ma nel suo sguardo ora vedo una tristezza e una rabbia che poche volte ho potuto riconoscere in quegli occhi azzurri sempre così dolci e gentili.
“Tu non puoi amarmi davvero, Vicky – ripete. La sua voce trema, ma continua a fissare il viso della ragazza, che ora non sembra più tanto sicura di sé – Se tu sapessi cosa significa «amare», non ti faresti quei tagli”.
“Non capisco”, sussurra lei.
“Tu non ami te stessa, Vicky – riprende lui – E se non ami te stessa, non potrai mai amare qualcun altro. Men che meno me”
La biondina non riesce ad aprir bocca, non credo si aspettasse una reazione simile.
Ma insomma, cosa pretendeva? Che Niall le saltasse al collo e le chiedesse di sposarlo? Dio, ha tredici anni e si è inflitta un dolore così straziante che nemmeno riesco ad immaginarlo. E perché, poi? È assurdo.
“Senti, Vicky – le sussurra Liam – Tu non devi fare mai più una cosa simile. Mai. Né per Niall né per nessun’altro. Devi imparare a volerti bene. Chiaro?”
La ragazza annuisce, ma poi scoppia in lacrime e corre tra le braccia della sua amica, che per tutto il tempo era stata zitta in un angolo.
Sembra passare un’eternità prima che smetta di piangere, ma alla fine si riprende, ci promette che non lo farà più e se ne va, trascinando con sé anche Helena.
 
Decido che è il momento di tornare a casa: lo dico ai ragazzi e chiamo un taxi.
Mentre aspettiamo vicino all’ingresso secondario, cerco di tirare su Niall, che ha il morale sotto le scarpe. Continua a ripetere che è colpa sua se Vicky si fa del male, che si sente responsabile e che vorrebbe poter rimediare. Alla fine Zayn gli urla addosso e, dopo avermi salutato, lo trascina al bar con Liam.
Vedo che anche Louis è turbato: lui è molto sensibile su questi temi, anche se tenta di non darlo a vedere.
Non so come iniziare il discorso, ma è lui a parlare per primo: “Haz, che serata. Sono davvero sconvolto. Sapevo che queste cose succedono, ma trovarsele davanti agli occhi ti uccide dentro… povero Niall…”
Annuisco: “Le ha detto delle parole molto belle. Spero sia riuscito a farle capire che ha sbagliato e che si sta facendo del male inutilmente”
In quel momento la porta si apre e l’usciere mi annuncia che è arrivato il mio taxi.
“Lou, vado – gli dico, abbracciandolo – Grazie per tutto il tuo supporto. Fammi sapere se Niall si riprende…magari con Barbara!”
Tommo scoppia a ridere. “Ovvio! E tu fammi sapere come va con la tua bella Nicole, altrimenti te la farò pagare…” e, dopo avermi tirato due schiaffetti sulla guancia, gira i tacchi e se ne va.
 
Quando mi sveglio la mattina dopo sono da poco passate le sei, ma non ho sonno: voglio solo partire e tornare da Nicole.
Mi preparo in fretta e furia e in mezz’ora sono in macchina, alla volta di Holmes Chapel.
Entro le undici sarò da lei, come promesso.
 
Quando mia madre vede l’auto entrare nel vialetto di casa, quasi non ci crede: di solito a quell’ora mi sveglio. “Che diavolo ci fai già qui, Harry?”, mi dice.
“Anche per me è un piacere rivederti, mamma. Poso la valigia e vado da Nicole”.
Mia madre mi lancia un sorrisetto ammiccante e se ne va borbottando qualcosa che somiglia un po’ troppo ad un “Ah, il primo amore…”.
Non so nemmeno come, ma alle undici in punto sto suonando il campanello di casa Heat.
Chi mi apre la porta, però, non è Nicole: è suo padre.
Un padre che non è cambiato di una virgola dall’ultima volta che l’ho visto, che mi squadra dall’altro dei suoi due metri e che mi fissa come se non mi avesse mai visto prima.
“Buongiorno, Richard – dico – Come stai?”
Lui continua a guardarmi con aria interrogativa e solo ora noto che sta indossando un cappotto elegante e un cappello. In casa. Assurdo.
“Harry Styles? – mi chiede, finalmente – Dio, quanto sei cambiato!”
Ma davvero? Io mi vedo sempre uguale…
Sorrido e faccio per rispondere, ma lui esclama: “Scusa, ma devo scappare. Sono in ritardo e rischio di perdere il treno. È stato un piacere rivederti” e, varcata la soglia di casa, corre via.
È sempre stato un uomo stravagante, ma resto comunque perplesso.
In ogni caso, entro e chiudo la porta alle mie spalle.
“Nicole…?”
“Harry, sei tu?”, mi urla, dal piano di sopra.
“No, sono uno stupratore seriale!”
“Ah, allora non sono in casa, torna più tardi”, risponde lei.
Seguo la sua voce e salgo la scala di legno bianca che porta alle stanze superiori.
Trovo Nicole in camera sua, intenta a lavorare al computer.
Non si gira nemmeno per salutarmi, mi dice solo: “Sei stato puntuale”.
“Grazie – rispondo – Ma è così che mi saluti?”
“Scusa, sono impegnata a guardare le ultime foto che ti hanno scattato i paparazzi”, replica lei, girando lo schermo del computer verso di me.
Non metto subito a fuoco, ho paura di cosa vedrò: non le ho raccontato della ragazza del bar, Anne. Potrebbe reagire male.
E invece sono degli scatti di me e Louis.
Indossiamo due smoking e siamo abbracciati. È una foto di ieri.
“Come hanno fatto…?”
“Non lo so, Styles, ma è da stamattina che sui forum non si parla d’altro che dei Larry. Non sai quanto mi sto divertendo a leggere tutte queste teorie complottiste”.
Si è girata verso di me, tiene le gambe incrociate sulla sedia, la testa appoggiata alla mano e ha una penna in bocca. Non ha un filo di trucco e non ho mai visto niente di più bello.
“Ti diverti, eh? – esclamo – A me invece girano le palle. Ci stavamo solo salutando, era appena arrivato il mio taxi”.
“Lo immaginavo. E guarda questa”
La foto che mi mostra adesso è stata scattata nel momento in cui Lou mi ha tirato gli schiaffi, ma sembra tutt’altro: sembra che ci stiamo guardando dritti negli occhi come due amanti, mentre lui mi accarezza una guancia.
Potremmo davvero essere una coppia. Non so se piangere o ridere.
“Però devi ammettere che stiamo bene insieme”, commento, sedendomi sul letto.
“Sì, infatti sto iniziando a chiedermi se io non sia solo una copertura”, replica Nicole, sedendosi sul letto di fianco a me.
La bacio teneramente e poi sussurro: “Ovvio che lo sei, Heat. Non l’hai sempre saputo?”
Lei sorride: “Certo, ma tu sei un ottimo trombamico gay…”
Le do un altro bacio e poi le passo una mano tra i capelli corvini.
“Allora, cos’hai fatto mentre il tuo trombamico gay stava col suo vero amore?”, le chiedo.
“Della festa sai già tutto. Poi ho studiato, ho visto un paio di persone… a proposito, faresti meglio a chiamare i tuoi ex compagni di classe… e poi nient’altro. Noia, noia noia”
“Persino le divinità lottano contro la noia, invano”, recito a memoria.
“Da quando citi Nietzsche?”
Ah, ecco chi era.
“Da quando sono costretto ad andare ai gala di GQ”.
Inizio a raccontarle della serata: di quanto sia stato noioso ascoltare tutti quei vecchi viscidi che parlavano di economia, di Zayn che ha saltato sui piedi di mezza Londra, di Niall che ci provava con la Palvin…e di Niall che temeva di essere responsabile per qualcosa che non aveva commesso.
“Capisci? Queste ragazze si fanno del male pensando a noi. Io mi sento così arrabbiato e debole davanti a una cosa simile…”
“Harry, sai benissimo che non è colpa tua. Non è colpa vostra. Non è colpa di nessuno, se non della depressione”
“Lo so, ma…”
“Harry – mi dice, prendendomi il viso tra le mani e fissandomi dritto negli occhi – Non. È. Colpa. Tua.”
Il suo sguardo è ardente, è come se stesse cercando di trasmettermi tutta la determinazione e la forza che ora mi sento mancare.
Nessuno mi ha mai guardato così.
Mi sta chiamando con lo sguardo.
È bellissima.
Il mio cuore batte più veloce e senza nemmeno pensarci, la bacio.
Faccio scivolare una mano tra i suoi capelli morbidi e la tengo stretta a me.
Sento le sue gambe che circondano la mia vita – ma quando le ha messe? – mentre con l’altra mano le cingo la schiena, avvicinandola a me sempre di più.
Lei getta le braccia intorno al mio collo e poco dopo è seduta sulle mie gambe.
Continuo a baciarla con avidità, perché i suoi baci non sono mai abbastanza.
Lei mi spinge all’indietro e mi ritrovo sdraiato sul suo letto: ora Nicole è a cavalcioni su di me e io rischio di diventare matto.
Le sue mani giocano con i miei capelli, mi mordicchia le labbra, per poi scendere a baciare il mio collo… quando mi sfiora l’orecchio un brivido corre lungo la mia schiena.
Lei sa che così mi fa impazzire, sa esattamente come muoversi, cosa mi piace e come mi piace.
Forse non sa solo quanto mi piace.
Non resisto più, la prendo tra le braccia e la butto sul letto, mentre io salgo su di lei: ora i ruoli sono invertiti.
Lei sorride in maniera sensuale, con i capelli disordinati sul cuscino e uno sguardo ammaliante che mi fa perdere la testa…
La bacio, la accarezzo, la sfioro, ma non è mai abbastanza.
Vorrei avere cento, duecento mani per poterla accarezzare tutta.
La mia mano scorre lentamente sotto la sua maglietta. La sua pelle è calda, liscia, così delicata e ardente che non sembra vera.
Mi toglie la felpa e non si ferma a guardare i miei tatuaggi, come fanno tutte.
No, non gliene frega niente.
Mi bacia il collo lentamente, con una sensualità così intensa che mi si annebbia la vista.
Anche io le tolgo la maglietta, bacio il suo seno, il suo collo, poi di nuovo il suo seno… scendo sulla pancia e lei si lascia sfuggire un live gemito di piacere…
Le sue mani scorrono sulla mia schiena e poi si intrecciano ai miei capelli…
Le sfilo i pantaloni e pizzico il suo sedere sodo: ha ragione, adoro quella parte di lei.
Lei ride, poi mi guarda mordendosi il labbro.
Voglio essere suo, ora.
Voglio che lei sia mia, solo mia.
E lei vuole me.
E adesso questo è tutto ciò che conta.

 


***PICCOLO ANGOLO DELL'AUTRICE***

Ciao a tutti! Come va? Io sono presa da miliardi di impegni in questo periodo, motivo per cui ci ho messo una vita per riuscire a pubblicare: vi chiedo umilmente scusa, spero che l'attesa sia valsa a qualcosa!
Vi ringrazio tantissimo per tutto il vostro supporto: le recensioni che mi lasciate sono splendide e mi spingono a continuare e a migliorarmi ogni giorno.
Vi ringrazio anche per aver aggiunto in così tante la mia storia alle seguite e alle preferite: non l'avrei mai pensato.
E ringrazio anche tutti quelli che leggono "nell'ombra": ho appena scoperto di aver raggiunto quasi 500 visualizzazioni e mi viene da piangere! GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE!
Fatemi sapere se questo capitolo vi è piaciuto, voglio venire incontro ai vostri gusti il più possibile!

Un bacio, Neera

PS: nella storia è citata la frase di un certo filosofo...ecco, non è stato scelto a caso: la pronuncia del suo nome è un omaggio a una persona con cui condivido molte cose, potrei quasi dire la mia gemella perduta ;) ciao Nicely e grazie di tutta la tua pazienza infinita <3

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Capitolo 10
*** Stole My Heart ***


10_
_Stole_My_Heart.


 
Le sue labbra, la sua pelle, i suoi occhi, il suo seno, i suoi capelli… non riesco a mandar via dalla mia testa niente di lei, nemmeno per un minuto.
Sono passati ormai tre giorni da quando abbiamo fatto l’amore e a me sembra passato un mese.
Un mese? Ma che dico? Un anno!
L’unico pensiero che mi tira su il morale è che domani, appena tornerà a casa, passerò a prenderla e ce ne andremo a Londra: ho in programma un weekend di totale stacco, una full-immersion in Nicole. Non ci sarò per nessun’altro.
Dovrò aspettare ancora ventiquattro ore prima di riaverla tra le mie braccia ed è una sensazione fastidiosa: sono abituato ad avere tante cose da fare, con il tempo che scorre fin troppo in fretta, mentre adesso mi ritrovo qui con le mani in mano, a pensare a lei.
Non posso nemmeno scrivere di continuo, altrimenti mi prende per un maniaco.
Per fortuna ora devo uscire con i miei vecchi amici: come mi ha consigliato lei, li ho chiamati e ora ci andiamo a prendere una birra e un panino.
Le strade di Holmes Chapel sono quasi deserte: questa fastidiosa pioggerellina che da ieri ha iniziato a cadere rende tutto appiccicoso e umido, sembra quasi di nuotare.
Immagino che i miei capelli sembreranno un cespuglio di rovi quando arriverò a destinazione, Zayn non mi rivolgerebbe nemmeno la parola per la vergogna.
Cammino spedito, con le auricolari nelle orecchie e il cappuccio ben calato sulla testa, nella speranza di riuscire ad arginare l’esplosione dei miei ricci maledetti.
 
Mentre cammino ripenso a quei momenti splendidi che ho vissuto pochi giorni fa e non riesco a smettere di sorridere.
Quegli interminabili minuti che abbiamo passato sdraiati sul letto, uno di fianco all’altro, con i corpi caldi ancora nudi stretti in un abbraccio silenzioso che valeva più di mille parole.
Lei è così minuta, così delicata. La tenevo tra le mie braccia e tutto era perfetto, saremmo potuti rimanere così per sempre.
Stava con la testa appoggiata al mio braccio, giocando con le mie dita, intrecciandole alle sue.
Eravamo soli, lì, in silenzio, a respirare insieme.
Ho accarezzato la sua pelle un milione di volte… potevo tuffarmi nei suoi capelli e respirare quel suo profumo di vaniglia che tanto amo… ogni tanto le baciavo il collo, mentre lei continuava a giocare con le mie mani.
Ho marchiato a fuoco nel cervello il momento in cui si è voltata verso di me, senza dire nulla, soltanto guardandomi con dolcezza.
Quante cose avrei voluto dirle, quante… ma non ne ho avuto il coraggio. Era come se avessi perso la voce. Mi sono smarrito nei suoi occhi di miele e per me non c’era che lei.
 
Il mio flusso di ricordi si interrompe appena arrivo al pub. C’è solo un ragazzo davanti alla porta, ed è inconfondibile: alto, con le spalle larghe e dall’aspetto ben curato; ma, soprattutto, ha un’incredibile massa di capelli rossi che spuntano da tutte le parti. “Ben?”, domando.
Vedendomi, lancia un urlo e mi abbraccia come ai vecchi tempi: “Harry! Da quanto tempo, fratello! Come stai? Ma guarda che pezzo di figo sei diventato!”
Scoppio a ridere, perché Ben non ha mai avuto la capacità di frenare le sue emozioni, tantomeno i suoi pensieri: “Grazie, rosso! E tu ti sei ammazzato di palestra, a quanto pare… Hai intenzione di fermarti, o punti al bodybuilding?”
“No, credo proprio che rimarrò nella mia preziosa stazza da rugbista… sono stato chiamato per la nazionale under 21!”
“Ma davvero? Congratulazioni, Ben! Ma da quando?”
“Sono alla mia prima convocazione, non sto più nella pelle! Però ti va se iniziamo ad entrare? Qua fuori si gela”
Nel piccolo pub irlandese c’è un bel tepore familiare, le luci calde e il profumo della birra appena spinata mi abbracciano e sciolgono subito le mie mani dal torpore del freddo.
Ben avanza con passo svelto tra i tavoli, dirigendosi con sicurezza verso l’angolo del locale più lontano dalla porta.
“Questo è il nostro tavolo, accomodati”, mi dice, indicandomi un salottino di legno dietro a una bassa parete in vetro colorato e  ferro battuto. È molto intimo e riparato, sicuramente è un luogo in cui si può stare tranquilli.
“Siamo raccomandati, eh”, commento, togliendomi la giacca.
“Ho lavorato qui per una vita, questo è il minimo. Ho pensato che fosse il caso di scegliere un angolino lontano da sguardi indiscreti… e soprattutto lontano dalle tue fan!”
“In realtà da quando sono tornato non mi hanno ancora teso agguati – rispondo – Credo che la mia presenza al paesello non faccia più notizia”
Chiacchieriamo un po’, aspettando che arrivino gli altri: Ben mi racconta di aver vinto una borsa di studio grazie al rugby, di aver trovato una ragazza e in generale degli ultimi gossip di Holmes Chapel.
“Credimi, non hai idea di quanto spesso Kate parli di te – mi dice – Sembra ossessionata. È un continuo… Harry Styles di qua, Harry Styles di là… penso che tutta la contea sappia che avete avuto un intrallazzo quando eri ancora sconosciuto. Lei se ne vanta”
“Io invece mi maledico ogni volta che ci penso”.
Kate, quella scema per cui ho litigato con Nicole, ormai più di tre anni fa. Certo, la colpa era mia, ma ciò non toglie che lei fosse – e sia – scema come un secchio bucato.
“Ah, si parla del diavolo…”, sussurra Ben, facendo cenno con la testa ad un punto dietro di me.
Quando mi giro, vedo venire verso di noi Will, Nick, Sean e, con mio sommo terrore, Kate.
Devo ammettere che è molto bella: alta, slanciata e sicura di sé, mentre su dei tacchi neri vertiginosi cammina zigzagando tra i tavoli.
Will ha una faccia cupa e arrabbiata: ho paura che mi tiri un pugno, in tanti mi hanno detto che non gli è mai andata veramente giù che io abbia lasciato i White Eskimo per andare ad X-Factor. In realtà non ho nemmeno mai detto di aver lasciato la band: ci vediamo poco, ci sentiamo ancora di meno, ma i ragazzi resteranno sempre importanti per me, non riesco a pensare di troncare così drasticamente col mio passato. In particolare, non vedo Will da quasi due anni: l’ultima volta che sono tornato a casa lui era all’estero per studiare.
“Ciao, Harry”, mi dice, con un tono glaciale.
“Ciao Will – rispondo; mi rendo conto che nella via voce c’è un tremito di terrore – È bello rivederti”.
Will mi fissa impassibile per qualche secondo, poi scoppia a ridere e mi abbraccia: “Harry, mi sei mancato!”
“Grazie a Dio – sospiro – Temevo mi stessi per ammazzare”
“Avevo una mezza idea di picchiarti, devo ammetterlo. Ma credo che i tuoi capelli ti abbiano punito abbastanza per oggi”
Solo in quel momento mi guardo allo specchio e vedo che, come avevo previsto, i miei ricci sembrano il risultato di un esperimento nucleare: sono gonfi, sono ovunque e non hanno forma.
Poco male, almeno Kate mi starà alla larga. O almeno spero.
Saluto Nick, che era rimasto in disparte: “Sempre più biondo, eh?”. Ha iniziato a schiarirsi i capelli quando aveva quattordici anni, e ora li ha bianchi come la neve.
Quando è il turno di Sean, resto sconvolto. Per anni ci siamo guardati in cagnesco perché lui era stato il primo bacio di Nicole e suo fidanzato storico, prima che io e lei iniziassimo ad essere “amici con benefici”. Forse è anche per questo che me lo ricordavo spaccone, egocentrico, impulsivo e anche piuttosto sprezzante delle regole; ora, invece, mi trovo davanti ad un ragazzone ben vestito, ordinato, pettinato, con gli occhiali e molto pacato. “Harry, da quanto tempo”
“Ciao Sean. Che trasformazione!”
“Tu invece sei sempre uguale”, mi risponde, con un occhiolino.
“Va bene, va bene, ora è il mio turno – esclama Kate, spingendo Sean da parte – Harry. Finalmente ci rivediamo”. Mi abbraccia e mi scocca due sonori baci su ogni guancia.
“Eh già. Tutto bene?”
“Oh, sì, non sai quante cose ho da raccontarti…”, comincia lei, ma per fortuna interviene Ben: “Dopo, Katie. Ora ordiniamo, che ho talmente tanta fame che potrei mangiarmi un cavallo”.
 
La serata prosegue tranquilla: mi raccontano cosa stanno facendo, i loro programmi per il futuro, le ultime novità... Will mi dice che ancora suonano in alcuni pub, un paio di volte al mese.
“A volte utilizziamo il tuo nome per farci pubblicità. Sappilo”
“Siete autorizzati – rispondo ridendo – Ah, senti, io ho provato a chiedere se potete farci da spalla qualche volta, ma i manager non vogliono… anche gli altri sarebbero d’accordo, ma purtroppo l’ultima parola non spetta a noi. Mi dispiace”
“Harry, non devi preoccuparti, lo immaginavo. E poi abbiamo anche l’università, non credo che riusciremmo a star dietro ai vostri ritmi… Guarda Haydn! Avrebbe dato una gamba per essere qui stasera, ma domani ha un test e non ha potuto schiodare il culo da Londra”
“Che sfigato – esclama Kate, passandosi una mano tra i suoi corti capelli rossi tinti – È sempre il solito secchione. Scommetto che non verrà nemmeno alla festa di Natale, perché vorrà stare in compagnia dei suoi amati libri… Tu però ci sarai, vero Harry?”
“Credo di sì. Anche perché voglio proprio riabbracciare la signorina Bennett”
“Ci ha chiesto di suonare – mi dice Nick – Credo che pensi che sia un modo per far esibire anche te. Non abbiamo ancora risposto…”
“Davvero? Non pensavo sarebbe arrivata a tanto – commento – Ma mi farebbe davvero molto piacere. Io ci sto, se a voi va bene”
“Ci stai dicendo – balbetta Nick – Che alla festa di Natale tu, Harry Styles degli One Direction, canterai con la tua vecchia e sgangherata band?”
“No, Nick. Sto dicendo che Harry Styles dei White Eskimo canterà con la sua vecchia e sgangherata band”
Will e Nick si mettono ad urlare e mi saltano addosso, e per poco non fanno ribaltare il tavolo. Tutto il locale ci sta fissando, ma me ne frego: sono contento di aver reso felice i miei vecchi amici, per una volta. E non ci sarà niente che potrà farmi cambiare idea.
 
Verso le dieci Sean ci saluta: lui studia a Manchester e domani ha lezione: “Scusate se sono rimasto poco – dice – Ma ci tenevo molto a rivederti, Harry. Anche in nome del nostro vecchio rancore scomparso”
“Grazie per essere venuto – rispondo – Non mi sarei mai aspettato di trovarti qui, mi ha fatto davvero piacere. Ci vedremo presto, spero!”
“Credo proprio di sì”, replica con un sorriso, e, dopo aver salutato gli altri, se ne va.
Continuiamo a chiacchierare del più e del meno; ogni tanto scrivo a Nicole, per commentare le novità, ma, soprattutto, perché mi diverto a leggere le sue battutine su Kate, che in questo momento sta fingendo di essere ubriaca ed è svaccata sulla panca: sta con la testa sulla spalla di Ben, mentre ha stiracchiato le gambe, per poi appoggiarle sulle mie.
Quando lo scrivo a Nicole, lei mi risponde: “Sì, immagino la sua abile mossa da troia patentata. Potrebbe laurearsi in Scienze della Puttanaggine”
Soffoco una risata: è gelosa, questa volta ne ho la certezza.
Sto per risponderle, ma mi arriva un altro messaggio: “Scommetto il mio computer che ti chiederà di accompagnarla a casa”
Mi sbagliavo, non è gelosa: è furiosa.
 
È ormai passata mezzanotte quando decidiamo che è il momento di salutarci.
È stata una splendida serata, piacevole e straordinariamente ordinaria: rivedere i miei ex compagni di scuola mi ha fatto bene, è stato rilassante e divertente. Ora non vedo l’ora che arrivi la festa di Natale, per poter cantare con la mia vecchia band… devo iniziare a pensare ad una scaletta, ad organizzare le prove e gli strumenti: voglio che sia tutto perfetto, perché i ragazzi se lo meritano.
“Allora ci sentiamo presto, così definiamo i dettagli – mi dice Will – E grazie ancora”
“Grazie a voi, sono stato benissimo stasera!”
“Vuoi uno strappo fino a casa? – chiede Ben – Sono in macchina, posso fare il giro lungo. Tanto devo accompagnare anche Kate!”
“No, grazie, vado a piedi. Non piove nemmeno più”
“Allora ti dispiace se accompagni a casa me?”, domanda Kate, prendendomi sotto braccio.
“Ma Katie, ti porto in macchina”, insiste Ben.
“No, ho voglia di camminare… forza, andiamo”, mi dice.
Nicole Heat ha sempre ragione.
Saluto gli altri e assecondo Kate, che cammina barcollando, aggrappandosi a me per un braccio.
“Sai, Harry – mi sussurra all’orecchio – Speravo proprio che ci fossi stasera…”
Sorrido imbarazzato, rimanendo in silenzio.
Con la mano che mi è rimasta libera scrivo in fretta: “Il tuo computer è salvo. Io un po’ meno”.
“Erano mesi che aspettavo di rivederti, era passata una vita dall’ultima volta!”, continua lei.
“Già…”
“Ti ricordi quante cose facevamo insieme? Eravamo proprio inseparabili!”
Ma quando? Ma sta parlando di me o del mio gemello perduto?
“Beh, in realtà non è che fossimo proprio così legati, Katie”, rispondo, cercando di non essere sgarbato. Non riesco a credere che sia così scema da volersi inventare queste cazzate.
“Dai, non dirmi che ti sei dimenticato di quel ballo di fine anno…”, mi sussurra, con una voce di velluto che mi fa accapponare la pelle.
Ok, io voglio solo Nicole, ma ammetto che Kate è davvero sensuale e provocante. Anche volgare, in un certo senso, ma non posso negare che qualcosa di lei mi attrae.
Respiro profondamente e mi obbligo a non guardarla, anche se sento i suoi occhi azzurri fissi su di me.
“Già, quel ballo di fine anno! – esclamo, cercando di avere un tono squillante e disinteressato – Ci siamo proprio divertiti, eh? La musica era stupenda. E tu avevi un bel vestito rosso, giusto?”
“No, Harry, era nero. Quello di Heat rosso”. Sento che ora la sua voce ha una nota di disappunto e sono sollevato.
“Ma – riprende lei – Non mi stupisco che tu non ti ricordi il colore del mio abito, considerando che me l’hai lasciato addosso per poco più di cinque minuti”
Perché mi fa questo?
Sento di essere impallidito, sto sudando freddo e ho la tachicardia. Riesco a stento a deglutire e vedo con la coda dell’occhio che Kate è divertita dalla mia reazione.
“Giusto – esclamo, con una risata – E quindi adesso lavori?”. Cerco di cambiare argomento: casa sua è vicina, devo solo temporeggiare.
Continuo a camminare, senza aspettarla.
“Non evitare questa conversazione, Harry”
Non rispondo.
“Dai –  ricomincia – Lo so che ti ricordi tutto. Ci siamo proprio divertiti quella sera…”
Kate ora mi ha raggiunto, è ferma davanti a me e si mordicchia il labbro.
Grazie ai suoi tacchi vertiginosi siamo alti uguali e non è un problema per lei fissarmi dritto negli occhi.
Posa le sue braccia sulle mie spalle e sorride come sorriderebbe una pornostar.
Ossigeno. Ho bisogno di ossigeno.
Con un gesto fluido, quasi automatico, mi libero dalla sua presa e riprendo a camminare.
Ancora pochi passi e saremo davanti casa sua, pochi minuti e sarà tutto finito.
Percorriamo quei pochi metri in silenzio: mi rendo conto che lei è arrabbiata per la mia reazione fredda, ma non me ne preoccupo affatto: voglio solo portare a casa la pelle.
Quando arriviamo davanti al cancello, lei mi fissa di nuovo con quei suoi occhi glaciali: “Mi pare di intuire che non ti piaccio più, vero?”
“Ecco, Kate… - borbotto – Devi capire che sto cercando di trovare un equilibrio. E sto frequentando una ragazza. Quindi…”
“Quindi in realtà ti piaccio ancora”
Ok, è ufficiale: è scema.
“Non posso negare che sei una splendida ragazza…”
“E questo mi basta – mi interrompe – A me non dà fastidio se sei fidanzato…”
Ho davvero sentito quello che ho sentito?
“Quindi, se vuoi – mi sussurra – Stanotte io ho casa libera…”
Non ci credo.
L’ha detto davvero.
“Grazie per l’offerta, ma no”.
“Puoi anche dirlo che stai frequentando Heat!”
Sorrido: “Buonanotte, Kate”. Le volto le spalle e me ne vado.
“Guarda che ci metterei un minuto per farti cambiare idea”, mi urla.
Io scoppio a ridere e nemmeno mi giro a guardarla: è ridicola.
Pensa davvero di essere migliore di Nicole? Crede che potrei mai scegliere lei, quando ho accanto a me una persona così speciale? Povera illusa…
Prendo il cellulare: Nicole non ha risposto al mio ultimo messaggio, ma non mi importa.
Scorro la rubrica e premo invio.
“Pronto?”
“Ciao bellissima.”
“Styles, è quasi l’una”, mi dice, con la voce assonnata.
“Scusa. Volevo solo dirti che mi manchi”
Sento una risatina dall’altro capo del telefono.
“Hai bevuto?”
“Solo un pochino”
“Allora ci credo. Mi manchi anche tu…”
“Scusa se ti ho disturbato. Volevo solo sentire la tua voce. Ci vediamo domani”
“A domani…”
“Ti voglio bene, Nicole”.
Lei sta zitta, ma quando parla capisco che sta sorridendo: “Anche io ti voglio bene, Harry”.
 
 
http://www.youtube.com/watch?v=wiH_7WnDXRY
 

***PICCOLO ANGOLO DELL'AUTRICE***

Ciao a tutti! Eccomi qui, con un nuovo capitolo: qui Nicole non compare, ma è un pezzo molto importante per il resto della trama, sappiatelo.
Ancora grazie infinite per tutte le vostre recensioni e i vostri messaggi di supporto, mi fate felicissima!
Vi dico anche che a me fa tanto piacere quando chiededete di recensire le vostre storie, quindi non esitate :D
Grazie ancora di tutto e a presto!

Neera

PS: ovviamente mi farebbe piacere leggere una vostra opinione su questo capitolo, quindi non fate le timide e scrivetemi xD

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Capitolo 11
*** They Don't Know About Us ***


11_
_They_Don't_Know_About_Us.


 
È incredibile quanto il tempo scorra in fretta mentre ci si diverte e quanto rallenti in modo insopportabile quando si attende qualcosa: ieri sera quattro ore sono volate, oggi pochi minuti durano anni. Ma ormai è fatta, tra mezz’ora devo andare a prendere Nicole. La porterò a Londra e passeremo insieme il weekend, sarà strepitoso.
“Allora, hai già deciso cosa farete?”, mi chiede Gemma, mentre chiudo il borsone.
“Certo. Ho già organizzato tutto. Ma tanto lei mi farà cambiare programmi, lo so”
“Ce li hai i preservativi?”
“Gemma!”
Cosa. Mi. Sta. Dicendo.
C’è sempre stato un patto tacito tra di noi: non fare la minima allusione alla vita sessuale dell’altro. Nemmeno una parola. Io non chiedo a lei delle sue esperienze e lei non mi punzecchia sulle mie. MAI.
Che poi io rabbrividisco all’idea di qualcuno che tocca mia sorella, mi sale un senso di rabbia e gelosia incontrollabile. Quindi, argomento off-limits.
Gemma ride: “Stavo solo chiedendo… non che mi dispiaccia diventare zia, soprattutto se la prescelta è Nicole, ma è meglio essere sicuri!”
“GEMMA, BASTA”
“Guarda che sono seria!”
“Anche io. Smettila”. La mia voce rasenta il panico. Ti prego, sorella, non torturarmi.
“Ok, ok. Quando tornate?”
“Credo che sarò a casa lunedì pomeriggio. Accompagno Nicole a Manchester e poi torno qui”.
“Bene. Fatti vivo in questi giorni”, mi ordina, uscendo.
“Ah, Gem!”, le urlo, inseguendola sulle scale.
“Sì?”
“Nicole prende la pillola”
Mia sorella scoppia a ridere e se ne va.
 
Quando arrivo davanti casa di Nicole, lei è già fuori dal cancello ad aspettarmi. Si sta guardando intorno, accigliata, emettendo dei piccoli sbuffi che si trasformano in nuvolette di fumo a causa dell’aria ghiacciata.
Si sta innervosendo perché non mi vede arrivare; starei a fissarla per ore, se non sapessi che potrebbe tirarmi uno schiaffone.
Scendo dalla macchina e mi avvicino a lei.
“Ehi, Heat! – urlo – Serve un passaggio?”
Lei si gira verso di me e il viso le si illumina del più bello dei suoi sorrisi: “Grazie, Styles. Accetto volentieri”
Le vado incontro senza smettere di sorridere: i miei muscoli facciali sono bloccati su questa espressione e di sicuro non è colpa del freddo.
Appena sono davanti a lei, le prendo il viso tra le mani e la bacio teneramente.
Finalmente ho ripreso a respirare.
Basta un suo tocco per farmi stare bene, per non parlare dei suoi baci: ogni suo bacio è sempre più dolce.
“Sei bellissima”, le sussurro, guardando i suoi occhi di miele, le sue gote arrossate dal gelo, i suoi capelli corvini raccolti in due trecce identiche che le incorniciano il viso.
“Anche tu non sei per niente male”, risponde.
Intreccio le dita nelle sue e afferro il trolley: “Andiamo, su. La City aspetta solo noi”
Quando arriviamo davanti alla macchina, Nicole alza un sopracciglio, perplessa: “Non c’era bisogno di prendere l’Audi, non sono una ragazza che si conquista coi bolidi”.
“Mi mancava la mia piccolina”, rispondo, accarezzando teneramente l’auto.
“Parli di me o dell’auto?”
“Che domande sono? Dell’auto, ovviamente”
“Potrei quasi essere gelosa”
Rido. “Dovresti, in effetti. Forza, salta su”
Tutto l’abitacolo è invaso dal fantastico profumo della mia compagna di viaggio. È come se anche l’aria fosse trasformata dalla sua presenza: tutto è più bello, più luminoso, più felice.
“Allaccia la cintura – dico – Si parte”
 
Quando arriviamo sotto casa mia sono quasi le cinque.
Il viaggio è stato più veloce della settimana scorsa, un po’ perché non ho dovuto fare deviazioni a “ritirare” quegli scemi dei miei amici, un po’ perché la mia Audi è un vero gioiellino…ma soprattutto perché stare con Nicole è meraviglioso: abbiamo cantato a squarciagola per la metà del tempo, se ci penso rido ancora. Lei ha una voce fantastica, sarei quasi tentato di chiederle di incidere qualcosa insieme, ma non credo che accetterebbe.
La parte migliore del viaggio è senza dubbio stato il momento in cui le ho raccontato di Kate: ha sfoggiato un autocontrollo ammirevole, all’inizio, ma poi si è lasciata andare ad una serie infinita di esclamazioni ed insulti che mai nella vita avrei potuto immaginare.
Credo che da oggi inserirò ufficialmente nel mio vocabolario le espressioni “Vacca da competizione”, “Scopatrice di caloriferi” e “baldracca armena”.
È la prima volta che porto Nicole nel mio appartamento di Londra, sono molto curioso di scoprire cosa ne penserà.
In realtà, è la prima volta che porto qui una ragazza: di solito è il mio rifugio per quando sono con i ragazzi o con la mia famiglia, per gli altri è territorio ostile.
“Mica male come palazzo – commenta Nicole – Proprio a due passi da Hyde Park, come piace a te”
“E non hai ancora visto niente… credimi, rimarrai senza fiato. C’è un panorama spettacolare”
“Ultimo piano?”, domanda, entrando in ascensore.
“Ovvio”.
I sette piani di ascensore sono troppo veloci per i miei gusti: ho avuto poco tempo per baciare la mia donna. Credo proprio che la prossima volta farò in modo di rimanere chiusi dentro per un’ora o due…
Già sul pianerottolo Nicole resta a bocca aperta: tutto è di marmo chiaro, caldo e luminoso. Guarda l’enorme scala a chiocciola e resta incantata dal corrimano in ferro battuto, lavorato elegantemente e reso lucido dal duro lavoro del custode.
 “Ora resta qui – le ordino – Voglio stupirti con gli effetti speciali”. Entro in casa e mi chiudo la porta alle spalle; apro tutte le tapparelle (grande invenzione il pannello di controllo elettronico), accendo le luci giuste e controllo che, almeno in salotto, tutto sia in ordine: il colpo d’occhio deve essere perfetto.
Quando riapro, vedo Nicole ancora incantata a fissare la scala a chiocciola.
 “Questa scala è un capolavoro, Harry – mi dice – Non mi aspettavo qualcosa di classico in un palazzo così moderno”.
“Dovresti sapere che sono un esteta. Io apprezzo solo le cose molto belle – le rispondo, con un occhiolino – Ma ora, prego. Dopo di lei”. Le indico l’ingresso, tenendo la porta blindata aperta.
Nicole entra titubante e di nuovo non ha parole.
Il mio salotto fa questo effetto su chi varca la soglia di casa per la prima volta: è arredato con uno stile moderno, ma elegante e delicato; il pavimento di marmo luminoso aiuta a creare un’atmosfera quasi paradisiaca e, soprattutto, le vetrate che circondano tutto l’appartamento aggiungono quel tocco di unicità che ho sempre cercato in una casa.
“Harry, ma è spettacolare”, esclama, andando subito verso la vetrata.
Ho ottenuto l’effetto che speravo.
“Da qui vedi tutta la città… è meraviglioso. Non ho parole per descrivere questo posto”
“Sono contento che ti piaccia”
“Non so se mi piace di più l’arredamento o il panorama, davvero”
“Me lo dirai dopo aver visto la camera da letto”, le rispondo, abbracciandola.
Lei mi fissa con uno sguardo sensuale: “Se mi porti in camera da letto – mi sussurra – Credo che non guarderò affatto il panorama”.
Il mio battito accelera.
Nicole sa farmi impazzire anche solo parlando. Non capisco più niente, so solo che la voglio.
La prendo in braccio, baciandola, e la trascino verso la mia stanza.
Ho tutto il tempo del mondo per mostrarle il resto della casa.
 
Non riesco a smettere di sorridere, sembro un imbecille.
Siamo appoggiati alla testiera, nudi, tra quei pochi cuscini che non abbiamo fatto volare sul pavimento.
Dio, è stato incredibile.
Con un braccio cingo le spalle di Nicole, mentre lei tiene la testa appoggiata sul mio petto. Ogni tanto tuffo il viso tra i suoi capelli. Amo il suo profumo, non riesco a smettere di annusarlo.
Vorrei che questo momento durasse per sempre.
Guardiamo il panorama di tutta la città, ignara di noi e della nostra felicità. Le luci degli altri palazzi sembrano sospese nel blu del cielo di Londra, quasi si confondono con le prime stelle della sera. È incredibile, ma oggi si vede il cielo.
“Sai – mi dice Nicole, in un sussurro – Avevi ragione. Il panorama qui è davvero mozzafiato”
“Già. Per questo ho scelto questa, come mia stanza”
“Quante altre camere ci sono?”
“Quattro”
Nicole mi guarda, con l’espressione più furba che io abbia mai visto: “Allora prima di darti ragione dovrò verificare di persona…”
Questa ragazza mi farà diventare pazzo.
 
“Che ne dici se per cena ci prendiamo una pizza?”, domando, quasi due (intense) ore dopo.
“Volentieri. Dove?”
“A domicilio. Sono troppo stanco per uscire”
Nicole ride: “Allora è vero che sei fuori allenamento”
“Non mi sembra che tu ti possa lamentare”
“Ne parleremo domani mattina…”
“Nicole, tu lo sai che io devo sopravvivere a questo weekend, vero?”
“Davvero?”
“Già. Ho come l’impressione che tu voglia consumarmi”
“Non mi sembra che tu ti possa lamentare – risponde, imitandomi – Ma, tornando alla nostra cena, non hai paura che il ragazzo delle pizze possa riconoscerti?”
“Sì, infatti aprirai tu”
“Ma leggerà il nome sul citofono, no?”, replica lei, insistente.
“Già. Ma sul citofono c’è scritto «H. Edwards»
Nicole è accigliata: “Sei furbo, Harry Edward Styles. Molto furbo”
 
Settimana scorsa ero contento di avere ospiti i ragazzi, ma maledicevo ogni minuto della serata, perché ero lontano da Nicole.
Questa sera, invece, non potrei essere più contento di così.
È tutto così spontaneo e normale che quasi mi viene da piangere per la felicità: sembriamo una coppia vera. Una coppia per cui non c’è assolutamente nulla di strano nel trovarsi una sera a mangiare una pizza seduti sul divano, davanti a un film romantico.
Solo che nel nostro caso io sono una star internazionale in fuga dal successo, lei è la ragazza migliore dell’universo, la perfezione diventata realtà, e il film è Guida Galattica Per Gli Autostoppisti.
Sì, insomma, “normale” forse è una parola grossa.
“Che facciamo domani?”, chiede Nicole.
“Ottima domanda. Che ti piacerebbe fare?”
“Non ne ho idea. Sei tu quello che ha organizzato tutto, no?”
Pensavo che avesse un programma, strano.
“Giusto. Bene, allora ti dico cosa avrei pensato, ma puoi anche mandare tutto all’aria: è il nostro weekend, non il mio. Decidiamo insieme”
“Giuro che se qualcosa non mi va te lo dico”, esclama, baciandosi le dita incrociate come facevamo da bambini.
“Brava. Domani mattina pensavo di fare un po’ di shopping, che ne dici?”
Nicole mi guarda stupita: “Stai davvero chiedendo a una ragazza se le va di fare shopping?”
“Non lo sto chiedendo a una ragazza, lo sto chiedendo a te. Non che tu non sia una ragazza – aggiungo, vedendola accigliarsi – Ma tu sei sempre così imprevedibile che magari non ti va!”
Scoppia a ridere: “Certo che mi va, idiota di uno Styles. Sono mesi che non compro qualcosa, ho un bisogno fisiologico di fare compre”
Mi sento sollevato: la prima proposta è andata in porto.
“Direi di mangiare fuori, già che siamo in giro… e dobbiamo fare la spesa. Domani sera cucino io”
“Non avevi detto che dovevi sopravvivere al weekend?”, chiede. Ma che stronza!
“Spiritosa… sai benissimo che cucino anche meglio di te!”
“È una sfida?”, domanda.
“Potrebbe”
“Ci serve un arbitro, allora”
“A questo proposito – dico – Ieri ho sentito Louis: è in città, ti va se invito lui ed Eleanor a cena?”
Nicole impallidisce: non le sono mai piaciute le uscite a quattro. Solo che, tecnicamente, questa non sarà un’uscita.
“Ci terrei tanto a farti conoscere Lou – aggiungo, per convincerla – Anche perché tu sei la copertura per la mia storia con lui, no? Prima o poi dovrai vedere quanto siamo carini insieme!”
Lei scoppia a ridere: “Giusto, mi sembra un’ottima motivazione! E sia, loro saranno i giudici imparziali. Cosa scommettiamo?”
Questa è la parte che preferisco.
“Dimmi tu, prima le signore”
Lei ci pensa su qualche secondo, poi il suo sguardo si illumina di una luce diabolica: “Se vinco io, dovrai dedicare una canzone d’amore alla signorina Bennett”
“No! Sei una stronza!”
“Cosa c’è, hai forse paura di perdere?”
Maledetta Nicole!
“Non ho paura di niente, io. Non perderò questa sfida – replico – Ma tu dovrai temere. Perché se vincerò io, e sai che vincerò io, alla festa di Natale dovrai indossare una maglietta con stampata la mia faccia!”
“Tu sei matto!”
“Se non vuoi mettere la maglietta, puoi optare per una collana, o una fascia. O anche una cintura, una borsa, un mantello… ho tutti i prodotti ufficiali che vuoi, puoi scegliere!”
“Ok. Tanto vincerò io”, mi dice, puntandomi un dito al petto.
“Vedremo”, rispondo, senza staccarle gli occhi di dosso.
Inizio a baciarla e due minuti dopo stiamo esplorando un’altra camera da letto.
 
Ci svegliamo poco dopo le nove, dopo aver passato una notte di fuoco: la chimica che c’è tra di noi è qualcosa di indescrivibile, i nostri ritmi sono gli stessi, il nostro desiderio si equivale. Siamo attratti irrimediabilmente uno verso l’altra, senza essere mai sazi.
Siamo stati svegli fino alle tre, prima di crollare, esausti.
E Nicole mi ha dato ragione: dalla mia stanza si vede il panorama migliore.
Ci prepariamo in fretta – resisto a stento alla tentazione di infilarmi sotto la doccia con lei – e usciamo per fare colazione.
Sto molto attento a non tornare dalla parti del bar in cui lavora Anne: meglio evitare situazioni imbarazzanti.
Dopo un caffè al volo, siamo già su, alla ricerca di mille cose da comprare.
Anche per me è passato un sacco di tempo dall’ultima volta in cui sono andato in giro per negozi e la mia carta di credito freme: voglio comprare tutto il comprabile.
Passeggiamo per Oxford Street con calma, mano nella mano, ridendo per ogni stupidaggine. Non mi importa se ci vedranno i paparazzi, non mi importa se mi riconoscerà qualcuno: mi sto divertendo e sono con lei, questo mi rende la persona più felice sulla terra.
E poi è sabato mattina, le mie fan saranno a scuola.
Se solo sapessero di noi… Immagino che sarebbero gelose marce.
Ma a me non importa niente di quello che dicono, delle voci e dei pettegolezzi: lei è mia e io sono felice.
“Entriamo da Selfridges?”, mi chiede Nicole, fermandosi davanti all’ingresso dell’enorme edificio colonnato.
Non vado da anni.
“E me lo chiedi? Forza!”, le rispondo, spingendola oltre la porta.
Questo posto è incredibile, sembra infinito: scale mobili e corridoi sbucano da ogni parte, ci sono troppe cose da guardare.
“Reparto abbigliamento!”, ordino, trascinando Nicole verso il primo piano.
Passiamo più di mezz’ora tra i vari scaffali, caricandoci le di vestiti e accessori di ogni tipo: pantaloni, giacche, magliette, canottiere, maglioni… Butto nel sacco di Nicole anche della lingerie sexy e lei mi guarda fingendo di essere scocciata.
“Che c’è? – le chiedo, sfoggiando la mia espressione più angelica – Andiamo a provare tutto!”
Ci alterniamo nei camerini, indossando di tutto: abbiamo arraffato anche dei vestiti orribili, che nessuno dei due metterebbe mai nella vita, solo per poter ridere.
Nicole mi lascia senza fiato un paio di volte, mentre io mi sento del tutto inadeguato davanti alla sua bellezza.
Dopo forse un’ora di pagliacciate, decidiamo cosa comprare: la obbligo a prendere un abito blu che le sta d’incanto, un paio di jeans che le fasciano le gambe e mettono in risalto il suo bel sedere, due top molto particolari e un paio di scarpe con un tacco vertiginoso, ma decisamente troppo sexy perché io le permetta di lasciarle qui.
E, ovviamente, la lingerie.
Io prendo molta più roba di lei e la cassiera non riesce a credere ai suoi occhi.
Quando è il momento di pagare, Nicole fa per tirare fuori il portafogli: “Mio padre mi ucciderà quando vedrà il conto”
“Non crederai che ti lascerò pagare, vero?”
“Non osare”, mi minaccia lei.
“Altrimenti che mi fai? – le sussurro sulle labbra – Mica posso permettere che tuo padre di uccida”.
Le scocco un bacio e la guardo arrossire.
“Grazie…”
“Non lo dire nemmeno per scherzo”
Mentre ci avviamo verso l’uscita, carichi delle nostre cinque buste di acquisti, vedo una ragazza dirigersi dritta verso di noi.
Avrà al massimo sedici anni, è bassina, un po’ robusta, con dei capelli liscissimi e corti, di un rosa accecante.
“Merda – sussurro – Nikki, vai a destra, verso l’ascensore. Muoviti”
“Che c’è?”, domanda lei. Non si è accorta di niente, lei non ha il radar per scovare le fan.
“A ore sei una ragazza ci sta puntando, cammina, in fretta”
Lei si volta e si mette a ridere: “Che c’è, hai paura di un’adolescente coi capelli tinti?”
“Non di lei, ma di quello che lei significa…”
Non riesco nemmeno a continuare la frase, che mi sento toccare una spalla. Mi fermo e mi giro.
“Ciao Harry – mi dice la ragazza, con occhi sognanti – Ti ho riconosciuto subito, che fortuna trovarti qui!”
“Già! Che fortuna!”, esclamo.
“Mi chiamo Sarah. Con l’acca. Mi domandavo se mi puoi fare un autografo…”, mi dice, porgendomi una penna e un foglio. Ma da dove li ha tirati fuori?
“Certo, volentieri”. Ti prego, fa’ che poi se ne vada.
A Sara e ai suoi splendidi capelli rosa – dico, mentre scrivo – un bacio, Harry Styles”. Con un sorriso restituisco tutto.
“Ti dispiace farci una foto?”, chiede poi a Nicole, che si sta trattenendo per non ridere.
“Certo, volentieri”, risponde, con una cortesia estrema.
Ci mettiamo in posa; Sarah mi sta abbracciando un po’ troppo stretto.
Nicole scatta, mordendosi un labbro: non riesco a capire se è divertita o infastidita. Forse entrambe le cose.
“Bene Sarah, ora dobbiamo proprio andare. È stato un vero piacere”.
Raccolgo le buste, anche quelle di Nicole, e vado via a testa bassa, ordinandole in un sussurro: “Muoviti, non voltarti”
“Dammi qualche busta, dai”, mi dice lei.
“Non c’è tempo, cammina”
“Esagerato!”, esclama.
Ma una voce, da dietro, la smentisce: “Harry, non mi hai presentato la tua amica”
Ma perché tutte a me?
Nicole si ferma, ridendo: “Giusto. Sei proprio un maleducato”.
Si gira e tende una mano a Sarah: “Piacere, io sono Nicole”
Cosa. Sta. Facendo.
Non si rende conto del mio dramma.
“Piacere. Fino a quando ti dura il contratto?”
Nicole si acciglia: “Cosa?”
Ho capito: Sarah è una Larry shipper.
Ecco perché vorrei dire al mondo che Nicole è mia. Anche se questo è pure il motivo per cui non voglio dirlo.
Ora ci sarà da ridere. Resto a godermi la scena, in silenzio, con i sacchetti in mano.
“Il contratto per far finta di essere la ragazza di Harry”, riprende Sarah, come se stesse parlando del tempo. Certo, è normalissimo chiedere ad una sconosciuta una cosa simile.
“Ah, certo, quel contratto – risponde Nicole, con il tono di una madre che asseconda il figlio stupido – Beh, è a tempo indeterminato, tesoro”
Sto disperatamente cercando di non ridere e quasi non respiro.
Sarah ora sposta lo sguardo su di me, così mi costringo a tornare serio: “Harry, dovete smetterla di fingere. Io lo so che soffrite. Noi lo sappiamo. Ma continueremo ad amarvi, anche più di prima. Perché vi fate questa violenza?”
Sorrido: “Grazie, Sarah. Ora dobbiamo andare”
“NO! Questa qui – urla la ragazza, fissando Nicole – non ti amerà mai quanto ti ama Louis! Sei solo una schifosa venduta!”
Nicole è incredula.
“Sai cosa ti dico, Sarah? – esclama, poi, avvicinandosi a me – Hai ragione, sono una venduta…”
Si gratta il collo, come se stesse pensando a qualcosa.
“Lo so. Tu vuoi solo i soldi”, continua Sarah. Ora sta davvero esagerando.
“Sarah, smettila”, dico, a denti stretti.
“No, Harry. Ha ragione – mi interrompe Nicole. Che ha in mente? – Anzi, Sarah, ti faccio vedere anche qual è il mio salario” e, senza alcun preavviso, mi prende il viso tra le mani e mi bacia con passione.
Io non so cosa mi passa per la testa, so che non dovrei farlo, so che è crudele nei confronti di quella fan, ma non resisto. Lascio cadere le buste, abbraccio Nicole e rispondo al suo bacio come se esistessimo solo noi, come se fossimo ancora a casa, senza nessuno che ci guarda.
Perché è esattamente così che mi sento.
Nicole si stacca da me, fissandomi negli occhi, con un sorriso impertinente sul viso.
Guardiamo Sarah, che ha dipinta in volto un’espressione di rabbia, shock e disgusto.
“Vedi Sarah? – dice Nicole – Hai ragione! Io sono una venduta. Ma fin quando la paga è questa non lascerò il mio lavoro”.
E, voltandosi, prende un paio di buste e se ne va.
Dio, la adoro.
 

http://www.youtube.com/watch?v=OjuftKz5ebU
 

***PICCOLO ANGOLO DELL'AUTRICE***

Ciao a tutti! Ecco un nuovo pezzo di storia: questa volta non potete lamentarvi, la vostra adorata Nicole è fin troppo presente XD
Spero vi piaccia: io mi sono divertita molto immaginando la scena del negozio.
Spero che le Larry shipper non si sentano offese: io ripeterò fino allo sfinimento che non sono una di loro solo perchè adoro Harry e voglio illudermi che non sia gay, ma lui è Lou sono l'amore!
Però, qui c'è Nicole. E Nicole è una tosta.
Ora vi saluto, spero di poter aggiornare presto.
Fatemi sapere se vi è piaciuto questo capitolo :D

Neera

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Capitolo 12
*** Why Don't We Go There ***


12_
_Why_Don't_We_Go_There.


 
“Davvero hai baciato Harry davanti ad una fan?!”, chiede Eleanor, scioccata.
Louis non riesce a smettere di ridere: non sono nemmeno riuscito a finire di descrivere la scena, perché lui ha già le lacrime agli occhi, mentre la sua ragazza fissa Nicole in un misto di ammirazione e stupore.
Nicole invece fa spallucce, sorridendo: “Insisteva tanto con questa storia del contratto, non ho potuto evitare! Davvero, non so come fai a vivere in questo modo…”
“Credimi, non sai quanto avrei voluto vedere la scena!”, esclama Eleanor, con una fragorosa risata.
“Quella ragazza, Sarah, era letteralmente furiosa – continua Nicole – Ma io sono certa di aver fatto la cosa giusta. Credo che si tratti anche di rispetto nei nostri confronti… a me non verrebbe mai in mente di chiedere una cosa simile a qualcuno che nemmeno conosco!”
“Nemmeno a me – risponde Louis – Ma noi abbiamo un cervello funzionante, non credi?”
“Per fortuna le fan ridotte così male sono poche – commento – Altrimenti sarei già scappato urlando”
“Cosa?! E mi lasceresti solo?”, chiede Louis, con una voce molto poco eterosessuale.
 “Ma no, amore! Scapperemmo insieme, mano nella mano!”, replico io, con lo stesso tono.
Le ragazze ridono, mentre io e Louis ci mandiamo bacini finti e sbattiamo le ciglia come delle vecchie signore dell’alta società.
“Ele – sussurra Nicole – Mi sa che li abbiamo persi… ”
“Dovrai farci l’abitudine, temo!”
“Allora sai che ti dico? – risponde Nikki – Scappiamo insieme anche noi. Credimi, saprei amarti quanto Harry ama Louis”
“Questa proposta è meravigliosa!”
No, questa serata è meravigliosa.
 
È stato tutto incredibile: una giornata fantastica, non avrei mai pensato di poter essere così felice. Dopo l’esperienza al centro commerciale, che mi ha fatto sbellicare dalle risate, abbiamo pranzato in un piccolo locale di Oxford Street e Nicole era particolarmente di buon umore: continuava a ridere, mentre io imitavo la faccia di quella povera Sarah, ripercorrendo ogni battuta di quell’incontro. Fantastico.
E poi il supermercato: fare la spesa insieme è stato troppo, troppo, troppo divertente. Eppure è un momento così ordinario, così quotidiano e normale... ci siamo persi tra gli scaffali, abbiamo comprato tanto cibo spazzatura, abbiamo lanciato prodotti a caso nei carrelli degli altri clienti mentre non guardavano… assurdo, totalmente assurdo! Era come esser tornati indietro di almeno sei anni.
Per non parlare della preparazione della cena.
“Come ci dividiamo le cose da preparare?”, le avevo domandato, a pranzo.
“Estraiamo a sorte. Due a testa tra antipasto, primo, secondo con contorno e dolce. Ti farò nero”
“Ti piacerebbe”
E così a me era toccato il secondo col dolce.
Durante tutto il pomeriggio Nicole si era impegnata al massimo e aveva prodotto un’infinita varietà di antipasti di ogni tipo: dalle polpette di zucchine ai mini muffin salati, dalle bruschette all’italiana a dei fagottini rustici che si erano rivelati deliziosi. Era stata bravissima.
Come prima portata aveva preparato una lasagna pazzesca, che aveva lasciato tutti senza parole: durante il suo soggiorno in Italia, qualche anno prima, si era data da fare per imparare le ricette migliori, ma questo non me l’aveva rivelato. Non fino ad oggi.
Io invece per secondo mi ero cimentato in un arrosto all’arancia con contorno di patate e, per finire, avevo creato la migliore torta sacher di sempre.
Sarebbe stata una sfida all’ultimo morso.
 
Dopo cena, le ragazze, immerse nella conversazione, vanno in salotto, mentre io e Lou rimaniamo in cucina a portata di birra.
“Harry, devo farti i complimenti”, esclama Lou.
“Per la cena o per Nicole?”
“Per la cena era scontato. Ma è Nicole che mi ha lasciato senza parole. È una forza della natura! Hai fatto un colpaccio!”
“Lo so – rispondo – Quella ragazza è incredibile. Mi stupisce ogni giorno di più”. Non riesco a smettere di sorridere: Louis mi ha dato la sua approvazione, che per me conta tantissimo.
“No, davvero. Tienitela stretta, Harry. Non fartela scappare! Oltre ad essere molto carina, il suo carattere è strepitoso! È una bomba!”
“Lo so… credimi, tu non puoi nemmeno immaginare la situazione stamattina, davanti a quella fan. Io ancora non riesco a crederci!”
“Secondo me sarebbe capace di mettere a tacere persino Zayn”
“Ne sono più che sicuro… ma è meglio se le resta lontano, sono geloso”
Louis ride: “Non penso che te la porterebbe via, ora che tra lui e Perrie va tutto così bene”
“Credimi, lo farebbe se sapesse com’è Nikki a letto”
“Sei il solito, Haz”
“Lou, non puoi capire. – rispondo – Non riesco nemmeno a descrivere quello che c’è tra noi… non è chimica, è di più!”
“Sintonia?”
“Più che sintonia. Direi quasi sinfonia. È la perfezione. Sotto tutti i punti di vista”
Lou ora mi sta fissando, con gli occhi blu che brillano e un sorriso stampato in faccia: “Caro Harry – mi dice – Credo proprio che tu sia davvero innamorato, questa volta…”
Mi sento arrossire e mi gratto la testa nervosamente: “Già. Ho paura che tu abbia ragione. È un bel casino”
“Ma penso che lei sia perfettamente in grado di affrontarlo”
Louis ha ragione: Nicole è pronta a tutto, non si lascia intimidire da qualche frase scorretta nei suoi confronti o dalla minaccia di essere sbattuta in prima pagina. No, lei lotta, combatte, si difende e vince. Vince sempre.
Il problema, però, è il mio. Io sono pronto a rendere pubblica questa relazione? Io sono pronto a dividere Nicole col mondo?
No, io la voglio tenere tutta per me. Non voglio che diventi “la ragazza di Harry Styles”.
Lei è Nicole Eveleen Heat e sarebbe capace di oscurare l’intero universo con l’accecante luce della sua bellezza.
“Sì, lo so – rispondo in un sospiro – il problema è che non so se io sono in grado di affrontare tutto questo. Lou, lei ora è mia, solo mia… non devo rendere conto a nessuno di quello che c’è tra noi, non siamo inseguiti dai paparazzi, non siamo oggetto di critiche, non siamo sotto controllo. Siamo solo noi, come se non fosse mai arrivata la fama. Ho paura di perdere tutto questo”
Mi appoggio al tavolo, con la testa tra le mani. Le parole che ho appena pronunciato mi rimbombano in testa e mi schiacciano come dei macigni. Sono parole vere, che ho sempre pensato, ma che non ho avuto mai il coraggio di dire apertamente.
Lou mi tira una pacca sulla spalla: “Haz, questo succederà, prima o poi. Lo sai. Non riuscirai a proteggervi per sempre. Devi essere pronto, quando succederà. Perché lei lo sarà, lo sai… pensa che l’unica alternativa che hai è lasciarla andare: non credo che preferiresti questa strada”
No, assolutamente no.
All’improvviso penso al mio mondo senza Nicole: come sarebbe se lei sparisse adesso, se dovessi fingere che non fosse mai successo nulla.
Nella mia mente appare a vivide tinte il mio inferno personale, un luogo in cui io torno ad essere il puttaniere degli One Direction, quello da una botta e via, quello che non prova sentimenti veri.
Ma sarei solo quello che non può più essere davvero felice, senza Nikki.
“Hai ragione. Devo essere pronto”
“Bravo, così ti voglio”
 
Il resto della serata prosegue tranquillo, ma sempre con una massiccia dose di risate. Nicole ed Eleanor ormai sono entrate in sintonia, sembrano amiche da una vita. Sapevo che si sarebbero trovate, non sono poi così diverse.
Ci sfidiamo a Taboo e io e Nicole stracciamo Louis ed Eleanor: anni ed anni di complicità sono dalla nostra parte. “Ma non è valido! Voi avete il vostro repertorio di ricordi, non è giusto!”, protesta Lou, quando riesco ad indovinare “pozzanghera” grazie alla definizione: “Credevi di saper volare, invece ci sei rotolato dentro”.
“Dai, Tommo, un giorno riuscirete a stracciarci – replico io – Certo che però proprio quell’episodio dovevi scegliere!”
“Sai benissimo che se ci penso rido ancora”, risponde Nikki, facendomi la linguaccia.
Quanto è bella.
Quando arriva il momento di salutarci, Eleanor chiede il numero di telefono a Nikki: “Se passo da Manchester ti faccio uno squillo, ok?”
“Certo! Ti porto in quel negozio di scarpe che è divino, te l’assicuro”
“No, ti prego – esclama Lou – Non farle comprare altre scarpe, ha una stanza piena”
“Stai zitto, tu – replica Ele – Comunque ancora complimenti per la cena, era tutto eccellente!”
“A proposito – dice Nikki – Dovete ancora dirci chi ha vinto…”
“Difficile, davvero difficile – sospira Lou – Speravo vi foste dimenticati”
“E perdermi l’occasione di vedere Harry dedicare una canzone alla Bennett? Mai!”, risponde Nicole.
Rido: “È più probabile che io vedrò te con il mio faccione stampato addosso! Su, vogliamo il verdetto”
“Ok – dice Lou – Nella mia personale opinione, devo dirvi che impazzisco per i dolci…”
HO LA VITTORIA IN PUGNO.
“…Ma…”
Come “Ma”?
“La lasagna di Nicole era divina, non avevo assaggiato mai niente di simile. Quindi, per me vince Nicole”
“YEP! – urla lei, alzando le braccia in segno di vittoria – Beccati questa, Styles!”
“Non hai ancora vinto! – replico – ELEANOR NON DELUDERMI”
Ele sorride: “Sapevo che il mio ragazzo mi avrebbe messo in questa situazione. Ma la verità è che anche io sono ghiotta di dolci… mi dispiace, Nikki, ma la sacher di Harry era paradisiaca!”
“AH! BECCATA!”, grido.
“Ma così pareggiamo!”, esclama Nikki.
“Vorrà dire che farete la penitenza entrambi”, dice Lou. Ha tutta l’aria di voler dettare legge.
Io e Nicole ci guardiamo e sospiriamo, insieme: “Ok. Ma la prossima volta vincerò io.”
Eleanor e Louis restano a bocca aperta.
“Oh, non fateci caso…”, dico io.
“... ci succede sempre”, conclude Nicole.
Ho già detto che questa vita è troppo meravigliosa per essere vera?
 
Quando mi sveglio, mattina di domenica, dei tenui raggi del sole attraversano le tapparelle, illuminando la stanza con una luce fioca e flebile che rende tutto ovattato.
Nicole è accoccolata tra le mie braccia, nel pieno del sonno. È bellissima, con i capelli sciolti e spettinati, la bocca socchiusa, con quelle labbra carnose così rosa e soffici che mi verrebbe voglia di mangiarle di baci.
La osservo immobile, in silenzio. È davvero bellissima.
Non riesco a smettere di percorrere con lo sguardo ogni suo lineamento così perfetto, quasi ad accarezzare la sua pelle candida solo guardandola. Starei così per ore, adesso è lei il centro della mia mente.
Guardo l’orologio: sono le nove. Tra poco suonerà la sveglia e penso che sarebbe carino portare a Nicole la colazione a letto. Non credo che se l’aspetti.
Cerco di evitare di fare rumore e vado in cucina.
Con un tempismo perfetto, mezz’ora dopo sono di ritorno, con il vassoio pieno di biscotti, due brioche appena sfornate e due cappuccini all’italiana.
Nicole si stiracchia, mentre le tapparelle automatiche si tirano su piano, illuminando gradualmente la mia splendida compagna.
“Buongiorno, bellezza – le dico, appoggiando il vassoio sul comodino – Dormito bene?”
Lei mi sorride, ancora assonnata, e si allunga verso di me per darmi un dolce bacio sulle labbra.
La giornata sta iniziando davvero bene.
“Allora – dico, dopo aver finito di fare colazione – Dato che è una splendida giornata, ti va se andiamo a fare un giro nella fresca aria londinese? Pensavo, magari, ad un bel pic-nic a Hyde Park…”
Gli occhi di Nicole si illuminano: “Sarebbe perfetto!”
“Speravo lo dicessi”
Lei mi guarda con dolcezza. È strano, non dice una parola. Mi fissa soltanto e sorride con gli occhi. Dopo qualche minuto di silenzio, in cui non facciamo altro che guardarci e giocare con le nostre mani intrecciate, Nicole si rabbuia.
“Che c’è?”, domando.
“Non hai… diciamo… paura che ci veda qualcuno? Tipo i paparazzi, o le fan…”
Certo che ho paura, dannazione.
Sono terrorizzato, non voglio che quel momento arrivi così presto. E poi voglio solo godermi il mio pic-nic, nella calma del mio parco preferito, con la ragazza che amo al mio fianco.
“Un po’. Ma non mi importa”.
Lei sorride di nuovo, più tranquilla. “Grazie Harry”
Stamattina siamo dolci. È una sensazione nuova, ma mi piace.
Poco dopo siamo in cucina, intenti a preparare i panini e le bevande. Sono armato di tovaglia a quadretti, di cestino di vimini e di tutto l’occorrente per un perfetto pic-nic su prato inglese.
 
Quando arriviamo ad Hyde Park, rimaniamo entrambi incantati. È esattamente come lo ricordavo: l’erba verdissima crea uno straordinario contrasto con i colori caldi delle foglie autunnali: decine di sfumature di gialli, arancioni e rossi decorano le fronde degli alberi, che si stagliano imponenti davanti a un cielo troppo azzurro per questa città. Sembra quasi di essere entrati in un dipinto impressionista.
L’aria profuma di fresco, di buono. Nemmeno lo smog di Londra può arrivare in questo posto magico.
Iniziamo a passeggiare per i viali, mano nella mano, mimetizzandoci tra le persone: tanti sono i londinesi che, approfittando dell’inaspettata giornata di sole, hanno avuto la nostra stessa idea. Ci sono famiglie, tante famiglie. E poi nonni con nipoti, coppiette, gruppi di ragazzi e ragazze che giocano sui prati. Se non fosse per le foglie ingiallite, giurerei di essere in primavera.
Non sono mai venuto in questo parco con Nicole, ma lei individua subito il mio angolo di paradiso: un piccolo fazzoletto di prato, seminascosto dietro a una fila di cespugli rossi; lì vicino c’è il laghetto e da quell’angolazione si vede un gran bel panorama.
Io mi siedo per terra e Nicole si sdraia, appoggiando la testa sulle mie gambe.
“Ho trovato il tuo posto preferito, vero?”, chiede.
“Ne dubitavi, forse? – rispondo – Mi conosci meglio tu di quanto io conosca me stesso…”
Quanto è vero quello che le ho appena detto. Troppo, troppo vero.
Forse è perché io in questi anni, in fondo, non sono mai cambiato.
Nicole sorride: “Ecco la tipica frase da One Direction”
“Che ci vuoi fare? Ormai mi vengono spontanee!”
Già, mi viene spontaneo quanto mi viene spontaneo stare bene con lei, ridere, scherzare, parlare…
Stare con Nicole è la cosa più bella che mi potesse capitare.
Il tempo passa in fretta al parco: mangiamo, ci rotoliamo nell’erba, io riesco persino ad addormentarmi tra le sue braccia.
Scatto moltissime foto di questi momenti: voglio tenermi qualche immagine del nostro weekend romantico, che ormai sta per finire. Non riesco quasi a crederci.
Abbiamo ancora una notte prima di separarci di nuovo, per almeno altri cinque giorni.
Abbiamo tutta la notte e lei non andrà da nessuna parte, la terrò stretta vicino a me.
Perché non può rimanere con me per sempre?
Quanto è ingiusto che il tempo scorra così veloce. Mi sembra di tentare di afferrare il fumo a mani nude, cercare di fermarlo è impossibile. Ogni secondo che passa mi sento più triste.
Quando torniamo a casa non resisto più.
Abbraccio stretta Nicole e la butto sul divano, baciandola con quanta più dolcezza posso.
Non voglio che pensi che la desidero solo fisicamente. No, perché non è vero.
Io la amo, ora lo so.
Ma non ho il coraggio di dirglielo, è troppo, troppo presto.
Restiamo immobili, abbracciati, mentre lei gioca con i miei ricci.
Ha capito che qualcosa non va.
“Harry – mi sussurra Nicole – Che cos’hai?”
“Niente”
Lei sospira: “Non dire bugie, lo sai che ti conosco…”
Io faccio finta di niente e affondo il viso tra i suoi capelli.
Ho il cuore in gola, è come se stessi per scoppiare a piangere.
Lei si allontana piano da me: “Harry. Cos’hai?”
È molto seria, quasi preoccupata.
“Niente… è che…”
Guardo quegli occhi di miele, così belli e luminosi da lasciarmi senza fiato ogni volta. Oggi sono così chiari da sembrare oro liquido e io mi incanto.
Non ho il coraggio di concludere la frase.
“«È che…» cosa?”, insiste lei.
“…è che mi mancherai, Nikki. Mi mancherai tantissimo. Perché non puoi rimanere con me?”
Lei sorride dolcemente.
“Scemo di uno Styles, lo sai che non posso. Devo andare in università. Non siamo tutti ricchi e famosi su questo pianeta, lo sai, vero?”
“Ti mantengo io”, le dico, abbracciandola di nuovo e appoggiando la testa sul suo seno. Sto sfoggiando la mia faccia da cucciolo bastonato e il tono di un bambino capriccioso: Nicole ride e il mio cuore ride con lei.
“Certo! È proprio quello che voglio, un uomo che mi mantenga!”
“Sei noiosa…”
“E tu sei un babbo – mi dice, stampandomi un bacio tra i capelli – Lo sai che il tempo volerà. Saremo di nuovo insieme prima che tu te ne accorga”
“Ma comunque sono triste”
“Vuoi essere triste per tutta la nostra ultima sera qui? Ti perderai un sacco di divertimento!”
Ha ragione. Che senso ha essere tristi prima che accada qualcosa? Non mi godo nemmeno il presente.
“Sei una donna saggia, Nikki. Hai ragione! – esclamo, sedendomi – Allora, che facciamo?”
Lei mi guarda soddisfatta, con un sorriso dolce.
Poi cambia espressione: ora è furba e provocante e so già che è pronta a stupirmi.
“Che ne dici – mi sussurra all’orecchio – Se andiamo a farci una doccia…insieme?”
 
Quelle maledette ore che ci separavano dal ritorno a casa erano volate.
La notte era stata ancora più intensa delle precedenti, così la mattinata è stata occupata dal sonno arretrato. Ne avrei fatto volentieri a meno, se solo non dovessi guidare.
Non riesco a credere che tre giorni siano passati così in fretta, anche se, allo stesso tempo, mi sembra trascorsa una vita intera da quando sono stato senza Nicole l’ultima volta.
Incredibile quanto queste due sensazioni così diverse riescano a convivere nella mia mente.
Dopo pranzo, carichiamo le borse in macchina e partiamo alla volta di Manchester.
Nicole ha impostato il navigatore sul suo indirizzo e ora non ci resta altro che riempire di chiacchiere e risate queste ultime tre ore che abbiamo davanti a noi.
Ah, se potessi fermare il tempo…
Quando arriviamo davanti alla villetta blu segnalata come destinazione, si sta ormai facendo sera.
Scendo dalla macchina per scaricare il trolley di Nicole e mi piazzo davanti a lei.
“Quindi è arrivato il momento di salutarci”, sussurro, accarezzandole il viso.
“Già. Sei sicuro di non voler entrare?”
“No, meglio di no – rispondo – Sai bene come finirebbe. E io ho promesso a mia madre che sarò a casa per cena”
Nicole sorride: “Ti ho rubato a lei per troppo tempo”
“Troppo poco, vorrai dire…”. La bacio ancora, perché i suoi baci non mi bastano mai.
Ho paura che andrò in astinenza in questi giorni.
“Allora vado, Harry – mi dice, poi lei – Grazie di tutto. È stato il weekend più bello della mia vita. Giuro”
“Anche per me. Buona settimana”
Lei mi sorride di nuovo, poi mi volta le spalle e percorre il breve vialetto davanti alla villetta; sale tre scalini, infila la chiave nella toppa e apre il portone.
Prima di sparire, si volta di nuovo: “Ciao, Styles. Non combinare danni mentre non ci sono”
“Promesso”
La guardo sparire dietro la porta e sento che già mi manca.
Lotto con tutto me stesso per non suonare il campanello.
Salgo in macchina, metto in moto e mi accorgo di non poter fare manovra, così arrivo fino in fondo alla via, dove c’è una rotonda: da lì riuscirò a tornare sulla strada principale e sarò a casa entro mezz’ora.
Passando davanti casa di Nicole, guardo verso la sua finestra, sperando di vederla affacciata.
E, infatti, eccola lì.
Ma con lei c’è un ragazzo.
E si stanno abbracciando.
 
Credo che il mio cuore si sia appena incrinato.



***PICCOLO ANGOLO DELL'AUTRICE***
Ciao a tutti, bellissime mie lettrici! E ciao anche ai maschietti, se ci sono :P
Finalmente ho trovato un po' di tempo per mettermi a scrivere un nuovo capitolo di questa storia: colpo di scena alla fine, eh? Alzi la mano chi se l'aspettava!
Nessuno? Mmmmm bene, perchè doveva proprio lasciarvi di sasso!
Vi avviso che per il prossimo capitolo dovrete aspettare un po', perchè nei prossimi giorni sono in gita (YEEEEE)...
Ce la farete? Ma sì, io credo in voi!
Ancora mille miliardi di milioni di grazie per tutto il vostro supporto, mi rendete la persona più felice della terra!
Un  bacione grande a tutte voi,

Neera

PS: It's so NICE to be happy <3

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Capitolo 13
*** Heart Attack ***


13_
_Heart_Attack_


Sono steso sul letto a fissare il soffitto.
Non so quanto tempo ho passato in questa posizione. Minuti? Ore? Giorni?
Forse è più probabile giorni.
Non riesco a trovare una spiegazione per quello che ho visto, non riesco a credere alla mia testa.
Sono sempre stato molto pragmatico, molto realista, ma questa volta il mio cervello si sta rifiutando di accettare la verità.
Nicole ha un altro.
Nicole, che io pensavo fosse innamorata di me, stava abbracciando un altro.
Nicole, di cui ho sempre conosciuto ogni segreto, mi ha mentito.
Non riesco a trovare altre giustificazioni, altri modi per spiegare quello che ho visto.
Anche perché quel ragazzo era in casa sua: com’è entrato? Non avrebbe avuto il tempo di sgattaiolare dentro in quei pochi minuti che son passati dall’ingresso in casa di Nicole al mio passaggio davanti alla sua finestra. Quindi quel ragazzo vive con lei.
Lei ha un altro e vive con lui. E io non lo sapevo.
È stato orribile vedere altre braccia stringere il suo corpo, vederla abbandonata teneramente all’abbraccio di uno sconosciuto.
Non me lo sarei mai aspettato.
Pensavo di capire Nicole, pensavo di conoscere ogni sua espressione: e allora come ho fatto a non accorgermi di quello che mi nascondeva? Come ho fatto ad essere così dannatamente, schifosamente e stupidamente cieco?
O forse è lei che è diventata fin troppo brava a nascondere le sue emozioni, persino a me?
E soprattutto, perché mi sta facendo questo?
Ci penso da giorni, ormai queste domande sono il mio chiodo fisso.
Continuo a ripercorrere quei momenti nella mia memoria.
Quei secondi in cui, pieno di felicità e di serenità, ho gettato lo sguardo verso la sua finestra, sperando di vedere il sorriso di Nicole. Quegli attimi che mi hanno lasciato senza fiato, gelandomi il sangue nelle vene e facendomi appannare lo sguardo. Quei momenti terribili, in cui ho visto quello che non avrei mai voluto – e forse dovuto – vedere.
Perché ho guardato? Perché?
E perché lei ha abbracciato quello lì davanti alla finestra? Non poteva andare da un’altra parte?
Sì, avrei preferito non saperlo. Sarebbe successo comunque, ma io sarei rimasto nella mia beata ignoranza. Sarei stato felice.
Invece adesso sono qui, col cervello inceppato.
Da tre giorni.
Nicole ha continuato a scrivermi, ma io le ho risposto poco e a monosillabi. Non riesco a nascondere la mia delusione e il mio malumore, non riesco a fingere che vada tutto bene. Non ci riesco.
Credo che lei abbia capito, perché oggi non mi ha mandato più messaggi, dopo quello del buongiorno.
Meglio. Avrò tempo per sbollire, aspettando che lei torni qui.
E lei avrà tempo per pensare al perché io sono così glaciale.
Domani tornerà a casa e non so se ho voglia di vederla. Davvero, non lo so.
Penso che potrei scoppiare a piangere o potrei urlarle in faccia tutta la mia delusione e il mio disappunto.
Ha distrutto l’idillio che stavamo vivendo.
L’ha ridotto in minuscoli brandelli nel momento più inopportuno.
Avevamo tutto, credevo. E ora non ho niente.
Mi sento come se fossi appena precipitato da un grattacielo.
 
Dopo un pranzo silenzioso e decisamente forzato, mi preparo per andare a provare con Will, Haydn e Nick. Non ne avrei affatto voglia, ma ormai gliel’ho promesso. E io mantengo sempre le promesse. Io.
Esco di casa bardato come al solito nel mio cappotto, con la mia sciarpa che mi copre il viso e il cappello calcato in testa. Tengo le mani in tasca, un po’ per il freddo e un po’ perché non voglio che la gente veda i miei pugni serrati in una morsa di rabbia e frustrazione.
Non so nemmeno se sarò in grado di cantare qualcosa, considerando che quasi non parlo da lunedì.
La giornata è tersa, ma c’è un vento gelido che mi taglia la pelle e mi fa lacrimare gli occhi. Forse questo è il momento giusto per lasciarsi andare, avrei una buona scusa.
Ma, anche volendo, non ci riesco.
Sono svuotato.
I miei piedi seguono la strada per la casa di Will quasi in automatico e, non so come, all’improvviso mi trovo lì davanti.
Il cancello è aperto, così imbocco il vialetto e raggiungo la porta.
Sto per suonare il campanello, quando mi accorgo che dal retro arriva l’inconfondibile suono di una chitarra elettrica.
Giro i tacchi, seguo la musica e arrivo davanti al vecchio garage dove la storia dei White Eskimo ebbe inizio. Ed eccoli i miei vecchi amici, intenti a provare delle vecchie canzoni di repertorio.
Sono molto migliorati dall’ultima volta, hanno un gran talento.
Peccato non poterli portare in tour.
Colgo l’attacco di “Valerie” di Amy Winehouse e inizio a cantare.
Loro mi sorridono e continuano a suonare e sembra che non sia passato nemmeno un giorno dall’ultima volta che abbiamo provato in quel garage polveroso.
Cantare mi fa bene: svuoto la mente, mi concentro sul ritmo, lascio che siano le note a trasportarmi.
Dimentico la mia rabbia e mi butto sulla musica, divento parte della melodia e tutto il mio nervosismo si scioglie.
Ci sono solo io, con i miei amici, a creare un suono. A creare arte.
“Grande Harry, sei stato puntuale per una volta”, esclama Will, dandomi il cinque.
“Non potevo mancare a questo appuntamento – rispondo, andando verso Hayden – Come stai, biondo?”
“Alla grande! Sei davvero in forma. Cos’è, dieta a zona?”, replica lui, abbracciandomi
“Scommetto che è solo tanto sesso, eh?”, commenta Nick, con un occhiolino.
Già, tanto sesso. Un colpo al cuore.
Gli altri ridacchiano, io sfoggio uno dei miei sorrisi falsi: ormai sono abituato a fingere di essere divertito, devo farlo sempre davanti alle telecamere.
Faccio finta che vada tutto bene, ma ripenso a Nicole con quello lì.
No, io non sto affatto bene.
 “Allora – dico – Avete già in mente la scaletta?”
I ragazzi sono raggianti e pieni di entusiasmo: mi mostrano un sacco di fogli pasticciati su cui hanno appuntato tutte le canzoni del loro repertorio, cercando di creare una scaletta adeguata alla serata. Mi viene quasi da ridere pensando a quando poco sia cambiato da quando abbiamo suonato l’ultima volta nel nostro liceo.
Will insisteva sempre a inserire pezzi hard rock, Nick preferiva riadattare la musica pop e Hay non riusciva a non proporre le ballate alla Red Hot Chili Peppers.
Dopo quasi mezz’ora di discussione, abbiamo stilato un elenco di venti canzoni che potrebbero andare bene; ora dobbiamo solo provare, cercando di scremare ulteriormente.
“Non possiamo fare più di una dozzina di pezzi – mi spiega Nick – Anche perché vogliamo anche goderci la festa, no?”
La festa, certo.
Che ci sarà mai da festeggiare, penso io. Credo che tornerò a casa due secondi dopo esser sceso dal palco, non ho alcuna intenzione di fingere di divertirmi.
Mi inventerò un’emicrania improvvisa o un impegno di lavoro e fuggirò a gambe levate.
Sì, è la soluzione giusta.
Per il resto del pomeriggio proviamo quasi senza interruzioni, scolandoci qualche birra e lasciandoci andare a dei vecchi ricordi di tanto in tanto.
È davvero incredibile quanto stare con i miei vecchi amici sia semplice, non ho bisogno di sforzarmi di essere perfetto. Loro si erano abituati al piccolo Harry Styles timidino, innocente e pieno di paure, che appena steccava su un pezzo iniziava a tossire per l’imbarazzo.
Ora cantare è il mio pane quotidiano.
Ho imparato a conoscere la mia voce, a gestire l’aria dei miei polmoni, a usare il diaframma… e, soprattutto, ho imparato a non avere paura di salire su un palco.
Abituato ad avere davanti milioni di persone, credo che la festa della scuola sarà una passeggiata.
I miei amici sono più impacciati di me, ovviamente, ma anche loro hanno imparato a reggere i ritmi di un concerto: tanta gavetta nei pub li ha temprati, ora vogliono solo divertirsi. E riusciamo a farlo in maniera impeccabile.
“La Bennett rimarrà senza fiato – esclama Will, esaltato, quando ormai è sera – Siamo troppo bravi. Harry, se decidi di smettere con gli One Direction, la nostra porta è sempre aperta”
Rido: “Lo terrò a mente, grazie. Sempre se mi vorrete ancora dopo che avrò infranto milioni di cuori andandomene”
“Hai ragione – replica Hay – Forse dovremmo chiederti qualcosa in cambio della nostra accoglienza magnanima. Io mi accontento del tuo Range Rover”
“Modesto!”
“Avrei potuto chiederti tua sorella, ma penso che mi tireresti un calcio”, risponde lui.
“No, non lo farei mai. Lascerei a lei l’onore di farlo personalmente”
“No, meglio evitare. Gemma mi ha sempre fatto paura”
Avevo ragione: non è davvero cambiato niente.
 
Quando torno a casa, accendo di nuovo il cellulare: l’ho tenuto spento tutto il pomeriggio per evitare di distrarmi e deprimermi. Non era proprio il caso di rovinare l’atmosfera delle prove con il mio umore da vedovo depresso.
Non ho detto una parola ai ragazzi su me e Nicole: non sapevano niente prima, non sanno niente adesso.
Mi arrivano sette messaggi, tutti che mi segnalano dei tentativi di chiamata.
Sei sono di Nicole. Li cancello.
Il settimo è di Louis.
Che strano.
Lo richiamo subito.
“Pronto, Haz?”
“Ehi, Lou, che c’è?”
“Come stai?”
La sua voce è strana, sembra in imbarazzo. Non mi succede spesso di sentirlo così. “Mh, diciamo che sto, ecco. Tu come stai?”
“Bene, ma non è importante. Sei sicuro di star bene?”
Come diavolo fa a sapere che non sto affatto bene? “No, in effetti non sto bene. Ma tu come lo sai?”
“Io so tutto – ridacchia. Poi torna serio – In realtà Eleanor mi ha detto che ha sentito Nicole…”
Un altro pugno nello stomaco, l’ennesimo.
Nicole ha parlato addirittura con Eleanor.
Non so se incazzarmi o se sentirmi sollevato.
Forse ci tiene davvero, forse è tutto un mio sbaglio.
“Capisco…”
“Haz, che succede? Perché non le rispondi più? Ele mi ha detto che le sembrava molto turbata..”
“È una storia lunga”, sospiro.
“E io voglio che tu me la racconti”, ordina Louis, perentorio.
Sento come una sensazione di calore salirmi alla testa; ho un groppo in gola e mi sembra di essere sull’orlo del pianto. Respiro profondamente.
“Credo che Nicole abbia un altro”
“Cosa?”
“Sì, credo stia con un tizio. Un tizio che non sono io”
Louis resta qualche secondo in silenzio: “Haz, non è possibile. Si vede che ha in testa solo te…”
“Lou – lo interrompo. Prendo fiato di nuovo, per dire ad alta voce quello che ho continuato a ripetermi in questi giorni. Devo avere coraggio – Lou, io l’ho vista”.
Questa volta il silenzio di Louis è più prolungato.
Me lo immagino, con una mano nei capelli, gli occhi chiusi, mentre pensa alle parole giuste da dirmi.
Io non sento più niente: è come se aver ammesso quello che ho visto l’avesse reso reale. È tutto finito.
“Haz – sussurra lui – Sei proprio sicuro?”
“Sì. Erano a casa di lei, davanti alla finestra, e si stavano abbracciando in un modo che… un modo che…”. Non riesco a finire la frase, la voce mi si spezza e ho bisogno di respirare.
“Harry. Non è che magari era il cugino? O il fratello?”
“Non ha cugini, né tantomeno fratelli”
“Il padre?”
“No, non aveva il fisico da uomo adulto. E poi il padre lo conosco, l’avrei riconosciuto anche senza vedere la faccia”
“Quindi tu non l’hai visto in faccia, giusto?”
“Ha importanza?”
Louis sta di nuovo in silenzio. “No, immagino di no. Non so cosa dirti, Harry. Non ci posso credere”
“Nemmeno io. Non ho nemmeno voglia di parlarle”
“Ma devi farlo, lo sai”
Sì, lo so. “Domani sarà qui e cercherò di capire come stanno le cose”
“Bravo. In ogni caso, se hai bisogno, chiamami. A qualsiasi ora”
“Lou, non serve…”
“Fallo e basta”, mi dice di nuovo, con un tono che non ammette repliche.
“Ok – sussurro, rassegnato – Grazie”
“Di nulla. Fatti sentire, mi raccomando”.
“Ok – ripeto – A presto”
Chiudo la comunicazione e fisso il display del cellulare: un altro messaggio che misegnala un tentativo di chiamata. Ancora Nicole.
Le scrivo un messaggio veloce: “Non posso parlare adesso. Ci sentiamo domani”
Vedo che sta rispondendo e pochi secondi dopo appare un breve messaggio: “Ok.”
Non riesco più a resistere. Spengo il cellulare, lo lancio sulla scrivania e poi mi butto sul letto.
Fissando ancora il soffitto, mi lascio andare alle lacrime.
 
Il mattino dopo lo passo a dormire. Non voglio alzarmi, non voglio sentire né vedere nessuno.
Non guardo nemmeno l’orologio.
Mia madre, preoccupata, viene a chiamarmi per il pranzo. Scendo e, ancora una volta, fingo di essere solo stanco.
Le mie due donne di casa hanno in programma di andare a fare shopping nel pomeriggio e mi chiedono di accompagnarle. Non ci vuole molto a convincerle di non averne voglia, me lo leggono in faccia.
Resto finalmente solo e non faccio altro che trascinarmi avanti e indietro senza una meta, senza voglia di fare niente.
Mi sono lavato e vestito solo per impegnare qualche minuto, altrimenti sarei rimasto in pigiama.
Mi butto ancora una volta sul letto a guardare il vuoto, nella penombra della mia camera.
Non riesco nemmeno a dormire, per quanto le mia mente sia piena di vuoto.
Dopo non so quanto tempo, suonano alla porta.
Non ho voglia di alzarmi, quindi fingo di non essere in casa.
Suonano di nuovo, ma io continuo ad ignorare il campanello.
Ma suonano ancora, ancora e ancora.
Alla fine capisco che non hanno intenzione di demordere, così mi alzo e vado ad aprire.
E davanti a me trovo Nicole.
È pallida, quasi livida.
Non riesco a capire se non sta respirando o se il suo respiro è così pesante da renderla rigida come una statua.
Mi fissa con uno sguardo duro, pieno di rabbia e delusione.
Lo sguardo che dovrei lanciarle io.
Freno l’istinto di chiudere la porta e scappare, perché so che non è la scelta giusta.
Ma non ho la forza di affrontare questa discussione.
“Ciao”, dico con un filo di voce.
“Ciao – risponde lei, glaciale – Dobbiamo parlare”.
Non è una domanda.
La lascio entrare e chiudo la porta alle mie spalle.
È il momento di affrontare la realtà.
 


***PICCOLO ANGOLO DELL'AUTRICE***
Ciao! Ecco un nuovo capitolo.
Vi devo dire che è stato davvero difficile scriverlo, non sapevo come rendere alcuni sentimenti di Harry e soprattutto sapevo che avrei attirato la vostra ira nei miei confronti. Ma la storia deve andare così, mi dispiace. E ora cosa succederà? Ho deciso di lasciarvi in bilico, spero di leggere le vostre supposizioni & previsioni dei commenti.
Grazie a tutti voi che leggete la mia storia, grazie a chi l'ha aggiunta tra i preferiti, tra le seguite, ecc... grazie per i vostri messaggi, grazie di TUTTO!
E grazie per aver avuto pazienza di aspettare fino ad ora, ma prima ero in gita e non mi è stato possibile aggiornare <3
Spero che questo capitolo non vi abbia deluso.
Un bacio a tutti
Neera <3

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Capitolo 14
*** Tell Me A Lie ***


14_
_Tell_Me_A_Lie_

Già, il momento di affrontare la realtà.
Affrontare la realtà non è mai stato più difficile di così.
Nicole è ferma davanti a me, nell’ingresso di casa mia e mi fissa con uno sguardo glaciale.
È furente e io mi sento a disagio.
Ci continuiamo a fissare, io fingendo indifferenza, cercando di assumere l’espressione più neutra possibile, lei invece ha gli occhi ridotti a fessura, le narici dilatate,  le labbra serrate e il respiro affannoso.
Non l’avevo mai vista così.
Da una parte vorrei baciarla, abbracciarla forte e far finta che non sia mai accaduto niente. Far finta di non aver visto, di non sapere.
Dall’altra, il mio orgoglio ferito mi frena.
Perché non mi ha detto nulla? Perché non mi ha avvisato della presenza di un ragazzo nella sua vita? Perché mi ha ferito?
Decido di interrompere questo silenzio assordante.
“Allora…?”, chiedo.
Non è la cosa migliore da dire, lo so, ma non trovo altre parole. Sono ancora sopraffatto dagli eventi e dalle mie emozioni, non riesco a ragionare.
“«Allora»? Mi tratti di merda da cinque giorni e tutto quello che sai dirmi è «Allora»?”, risponde lei, cercando di mantenere la calma.
Alzo le spalle. “Non so che altro dire”
Lei spalanca gli occhi e resta qualche secondo a bocca aperta. Sembra davvero non capire quello che è successo.
“Non sai che altro dire, eh – esclama lei, a denti stretti – Posso suggerirti qualcosa, se vuoi. Per esempio, potresti dirmi perché mi stai facendo questo. Davvero, spiegamelo. Non riesco a capire”
Non riesce a capire, certo.
Lei non sa che io ho visto quello che ha fatto. Lei pensa di essere una santa.
Mi viene da ridere e non trattengo uno sbuffo divertito, cosa che fa innervosire ancora di più Nicole, che però questa volta si limita a guardarmi in silenzio.
“Ecco – dico, grattandomi la testa – Potrei farti la stessa identica domanda. Perché mi stai facendo questo?”
Lei mi guarda perplessa: “Cosa ti starei facendo io?”
“Smettila di fare la finta tonta”, sbotto.
“Ma sei diventato scemo tutto d’un botto? No, davvero. Spiegati”.
La fisso in silenzio mentre sposta nervosamente il peso da un piede all’altro. Ora tiene le braccia incrociate e respira con la bocca aperta.
Rido di nuovo; “Smettila di far finta di essere innocente. Lo sai cos’è successo”
Lei ci pensa su qualche secondo, lo noto dai suoi occhi che fissano, vacui, un punto sul pavimento. Poi alza di nuovo lo sguardo, scatenandomi addosso l’oro liquido dei suoi occhi furiosi.
“Non capisco, davvero”. Nel suo tono non c’è dispiacere, ma solo rabbia.
Possibile che voglia spingersi a tanto?
Possibile che anche davanti al mio comportamento non riesca a capire che io so?
“Ok – dico – Va bene. Vuoi che te lo dica? Allora te lo dico. Ho scoperto la verità, Nicole. Ti ho vista”
Ora è lei a ridere: “Potresti essere più chiaro? Mi sembra di parlare con la sfinge. Quale verità?”
Nella stanza cala il silenzio.
Ci fissiamo per un tempo che sembra infinito, lei cercando di capire se sono impazzito, io nel tentativo di cogliere un qualche sentimento di rimorso sul suo volto.
Ma non vedo nient’altro che rabbia, rancore e stupore.
Quando mi decido a parlare non riesco a guardarla in faccia: “Ti ho visto con quello. A casa tua”
Ecco, l’ho detto.
Ho lanciato la bomba.
Mi sono immaginato cento volte questo momento nella mia testa. Ho pensato che Nicole potesse mettersi a piangere chiedendomi scusa, oppure – ipotesi che mi sembrava più probabile – che si sarebbe messa a ridere, prendendomi in giro e spiegandomi che era tutto un malinteso.
Ma nessuna delle due cose accade.
Nicole mi sta fissando, incredula e sempre più perplessa.
La sua rabbia sembra essere stata sostituita da un sentimento di pura confusione.
La vedo impallidire e guardarsi intorno mordicchiandosi le labbra.
“Quando?”, mi chiede, poi.
Quando?Davvero è questa l’unica cosa che le interessa? Non nega nemmeno.
“Lunedì, appena dopo che ti ho accompagnato a casa. Passando sotto la tua finestra ho visto tutto”
“E allora perché ti stai comportando così?”
Resto spiazzato. Che significa? Come potrei comportarmi, se non in questo modo?
“Che vuoi dire?”, chiedo.
Lei sbuffa e alza gli occhi al cielo: “Se davvero hai visto tutto, come hai appena detto, perché ti stai comportando così?”
Continuo a non capire. Non riesco davvero a capacitarmi di come potrebbe aspettarsi un altro atteggiamento da parte mia, considerando quello che ha fatto. Considerando quanto mi ha preso in giro e quanto mi ha ferito. “Comportarmi così come?”, domando.
“Da stronzo, Styles. Comportarti così da stronzo
Da stronzo.
Mi ha appena dato dello stronzo.
A me.
Dopo che lei ha fatto quello che ha fatto, dopo che mi ha preso in giro.
“Questo non dovevi dirlo”, replico freddamente.
“È la verità – risponde – Sa hai davvero visto tutto, come dici, allora non riesco a descrivere il tuo comportamento in una maniera diversa da «stronzo»”
“Ti ho vista mentre ti strusciavi con un altro e lo stronzo sarei io?”, urlo.
Nicole ora è rimasta senza parole, mi guarda come se fossi pazzo, con gli occhi spalancati, quasi disgustata.
“Cosa avrei fatto, io?”, chiede poi, con tono inquisitorio.
Continua a fingere di essere innocente.
Continua ad evitare di spiegarsi.
Mi sta salendo un moto di rabbia incredibile credo di essere sul punto di esplodere.
“Tu vivi con un ragazzo. Un ragazzo che stavi abbracciando e chissà che altro ci fai. Chissà se sa cos’abbiamo fatto noi. Chissà se sa che esisto”
Nicole sbuffa, quasi ridendo: “Direi che lo sa anche fin troppo bene”
Quindi è vero.
Vive con un ragazzo, non ha negato.
Sta con un ragazzo e a lui va bene che veda me.
Qui il cornuto sono io. Sono io quello che è stato preso in giro.
Non so più cosa pensare, sono sconvolto.
“Quindi ammetti che vivi con un ragazzo”. La mia non è una domanda.
“Sì, vivo con un ragazzo. Ho un coinquilino. È un problema?”, risponde, con sincerità.
“Se è un problema? – esclamo – Tu vivi da sola con un ragazzo! E nemmeno me l’hai detto!”
“Perché sapevo che avresti reagito male”
“Come cazzo dovrei reagire, Nicole? TU VIVI CON UN RAGAZZO!”
“SÌ, HARRY, IO VIVO CON UN RAGAZZO – mi urla – E non te l’ho detto perché per me non ha alcuna importanza, mentre sapevo che tu ti saresti sparato chissà quali film mentali, pensando a me sola con lui! E infatti avevo ragione!”
“Ah, quindi sarei io ad avere problemi?”
“Certo che sei tu – risponde lei, con rabbia – Sei tu ad avere problemi perché non ti fidi di me!”
Vuole farmi passare dalla parte del torto, è questo quello che sta tentando di fare.
“Mi fidavo di te – dico, con un tono piatto – E ora mi ritrovo a scoprire che hai un altro”
Nicole si passa una mano nei capelli, esasperata. Recita bene la sua parte di povera innocente, sa esattamente come muoversi e cosa dire.
Probabilmente in questi giorni si è preparata una buona scusa da propinarmi.
Ma questa volta non ci casco, no.
Questa volta mi sta facendo male.
“Tu pensi davvero che io stia con un altro”, sussurra, con la voce roca.
Riesce addirittura a far finta di essere sul punto di piangere.
Devo essere forte e resistere.
“Io non lo penso – rispondo – Io lo so. L’ho visto”
“TU NON HAI VISTO NIENTE! – esplode lei – SE TU AVESSI DAVVERO VISTO QUALCOSA, ORA NON TI COMPORTERESTI DA COGLIONE”
“Ah, davvero?”. Ostento sicurezza e freddezza, due sentimenti che in questo momento non provo affatto.
Sono distrutto, dilaniato, svuotato.
Ho davanti a me la ragazza che amo, che mi ha preso in giro, mi ha deluso e ora mi sta insultando. Sta insultando me e la mia intelligenza, trattandomi come se fossi io ad avere torto.
“Sì, davvero. Perché stai interpretando a modo tuo qualcosa che hai intravisto, stai travisando la realtà. Stai inventando qualcosa che non è mai accaduto e mai potrà succedere. Mi stai dicendo che non ti fidi di me. Mi stai dicendo che io sono una traditrice bugiarda”
“Non riesco a trovare altra spiegazione a quello che ho visto – rispondo – Ho visto te e il tuo coinquilino abbracciati come se foste due amanti, come se… come se non esistesse altro intorno a voi. Ed è stata una scena orribile, sai? Io pensavo di essere l’unico. Pensavo che nessun altro potesse abbracciarti in quel modo, a parte me. Ma mi sbagliavo”
Nicole sospira e si morde le labbra.
Vedo che ha gli occhi lucidi e si tocca i capelli nervosamente.
Anche se sono furioso, non posso evitare di vedere quanto sia bella, quanto ogni parte di lei irradi un fascino luminoso e quasi magico. Ai miei occhi il suo viso non è altro che luce e perfezione e devo farmi una violenza per smettere di fissarla.
Non è questo il momento di amare.
Devo ricordarmi come mi sta trattando.
“Tu stai facendo l’ennesimo, enorme errore, Harry – sussurra lei – Tu forse non ti rendi conto di quanto male mi stai facendo”
“Forse non te ne rendi conto nemmeno tu”
Lei ride. Una risata priva di gioia, quasi sprezzante e beffarda.
“E questa volta – continuo io – Non sono stato io a sbagliare”
“Credimi, invece sì. Perché stai distruggendo con le tue mani quello che avevamo appena costruito. Pezzo per pezzo. Lo stai buttando giù, per l’ennesima volta. Stai distruggendo noi e stai distruggendo me, Harry”
“Sei tu che vivi con un altro!”, sbotto.
“Sì, è vero. Ma non sono io quella che bacia gente a caso”
Che significa?
“Cosa?”, chiedo, confuso.
“Già, «Cosa?» - mi scimmiotta – Pensi che non lo sappia che quando sei andato a Londra per quell’intervista ti sei fatto baciare da una cameriera? Pensi che io non abbia visto le foto? Davvero, Harry, credi che io sia così scema?”
Anne. Maledetta Anne. “Non sapevo ci fossero foto in giro”
“Non ci sono perché io ho fatto in modo che non ci fossero – replica lei – Sono brava col computer, sai? Però il fatto che non ci fossero non esclude che sia successo”
“Quella lì mi ha baciato a tradimento, io non volevo”, mi giustifico, impacciato.
Nicole sta riuscendo a cambiare argomento, sta mettendo me dalla parte del torto. E questo non va bene. “E comunque è diverso. Io quella nemmeno la conosco, mentre tu vivi con un ragazzo”.
Scandisco lentamente le mie parole, per farle capire quanto io sia arrabbiato.
“Ti ho già detto che tra di noi non c’è niente. E, sì, è diverso, hai ragione. È diverso perché io ho visto qualcosa che è davvero accaduto, ma non ti ho trattato di merda perché io mi fido di te. Non ti ho detto nulla perché so che quel bacio, per te, non aveva nessun significato. Invece tu hai costruito nella tua testa una storia tutta tua, un qualcosa che non esiste! E in più me lo rinfacci da giorni, trattandomi come se fossi una troia. Dimostrandomi che non ti fidi di me. È questa la cosa peggiore”
Le parole di Nicole mi colpiscono come degli schiaffi in pieno viso.
Lei ha gli occhi lucidi, come se stesse davvero per scoppiare a piangere.
Forse non ha tutti i torti, forse davvero tra di loro non c’è niente.
Ma, allora, perché non me l’ha detto?
“Se me l’avessi detto dall’inizio, sarebbe stato diverso”, le dico.
“Ah sì? – mi chiede – Davvero saresti stato spontaneo e sereno  se ti avessi detto che vivo con Sean?”
Resto pietrificato.
Quindi lei non vive con un ragazzo a caso.
Vive con Sean.
Sean, il suo ex.
Quel Sean che ho visto una settimana fa e con cui ho passato una splendida serata.
Quel Sean che un tempo odiavo e che pensavo di apprezzare, adesso.
Quel Sean a cui avevo detto che speravo di vederlo presto… ecco perché mi aveva risposto “Credo proprio di sì”.
Lui sapeva di me e Nicole.
Lui ha fatto finto di niente per tutta la sera.
Mi hanno preso in giro, tutti e due.
“Quello… era Sean?”, chiedo con un filo di voce, incredulo.
Nicole annuisce: “Sì. Per questo non ti ho detto nulla. Saresti arrivato chissà a quale conclusione, mentre la realtà è un’altra… non potrebbe mai succedere nulla tra me e Sean, ma…”
“TU VIVI COL TUO EX! – urlo – COME PUOI PENSARE CHE IO POSSA PRENDERLA BENE? COME PUOI CREDERE CHE PER ME SIA INDIFFERENTE! MI HAI PRESO PER IL CULO DUE VOLTE, NICOLE. MI HAI USATO! MI HAI TRATTATO DI MERDA! E ORA CERCHI ANCHE DI DARE LA COLPA A ME?!”
“Perché non mi ascolti mai? Fammi parlare!”, risponde lei. Non è per niente scossa dalla mia esplosione di rabbia. Sembra, anzi, più determinata di prima.
Cerco di calmarmi, ma le mani mi tremano. Ho il sangue alla testa e la vista annebbiata.
“Ok – dico seccamente – Parla. Ti ascolto”
“Sì, è vero. Vivo col mio ex”
“Appunto”
“Ho detto che devi farmi parlare – sibila Nicole, puntandomi un dito in faccia – Vivo col mio ex, ma per me lui è solo questo, il mio ex. Anzi, forse hai ragione, è qualcosa in più: è il mio migliore amico”
“Una volta ero io il tuo migliore amico”, sbotto io. Sean il suo migliore amico, certo.
“Una volta tu eri il mio migliore amico, poi sei diventato qualcosa di diverso – risponde lei, cercando di rimanere calma – Qualcosa che non abbiamo mai definito. Ci siamo frequentati per anni senza dare un nome alla nostra relazione, ci hai mai pensato?”
Certo che ci ho pensato, ma questo cosa centra? “Certo. Ma credevo che a te andasse bene così.”
“A me andava bene così, una volta. Quando eravamo più piccoli mi andava bene, alla grande. Ma l’anno scorso, quando sei tornato e ci abbiamo riprovato, ho capito che non mi andava più bene. E l’hai capito pure tu”
Il mio cervello torna indietro di un anno e, in effetti, la situazione non era affatto diversa da ora. Io e Nicole sembravamo una coppietta, come adesso. Solo che allora io non sapevo di amarla, ora sì.
Ma lei non lo sa.
Nicole riprende: “Vedi, Harry… l’anno scorso, io speravo che tu mi chiedessi di stare con te. Sapevo che era difficile, se non impossibile, ma ci speravo. Perché io ti amavo. E ti amo anche adesso.”
Il mio cervello si è azzerato.
Non riesco più a pensare.
Non credo di essere in grado di dire una parola, non una.
E invece ne servirebbero almeno quattro.
Quattro semplici parole: “Anche io ti amo”.
Quattro parole che la mia bocca si rifiuta di proferire.
Nicole mi fissa in silenzio, con gli occhi lucidi, aspettando una reazione da parte mia.
Ma io sono paralizzato.
Così lei, delusa, continua: “Come immaginavo. Tu non riesci ad ammettere di provare le stesse cose. Tu hai paura, Harry. Hai paura e non vuoi ammetterlo”
“Io non ho paura…”, borbotto, con un filo di voce.
“Ah no? Beh, l’alternativa è che tu non sei innamorato di me, quindi preferisco pensare che la tua sia paura”
Ha ragione, diamine.
Io la amo, ma non riesco a dirglielo. Non ora.
Dirglielo significherebbe doverla condividere con gli altri, nella mia “altra” vita. In quella vita che tanto mi piace, ma che non è davvero mia. In quella vita in cui tutti vedrebbero Nicole, in cui lei cesserebbe di essere soltanto mia.
E così resto in silenzio, a fissarmi i piedi.
“Infatti. Vedi, Harry? Tu sei terrorizzato all’idea che questa volta, finalmente, tra di noi possa davvero funzionare. Tu hai paura di renderci davvero una coppia. Stai rovinando tutto, di nuovo. Stai scappando”
“Io non sto scappando da niente – rispondo, acido – Sei tu che mi hai preso in giro”
“PIANTALA! – urla lei, scoppiando in lacrime – SAI BENISSIMO CHE NON È COSÌ!”
Nicole in questo momento è a pochi passi da me e mi fissa dritto negli occhi.
Io non riesco a reggere il suo sguardo, perché una parte di me sa che ha ragione lei.
Ma il mio orgoglio è troppo grande e la mia paura lo è ancora di più.
“Tu sai benissimo che stai scappando di nuovo – riprende lei, più calma, ma con gli occhi lucidi per il pianto – Stai scappando per l’ennesima volta. Perché hai paura. Hai paura di noi!”
“Perché dici che sto scappando per l’ennesima volta? Quando l’avrei fatto?”
Nicole fa un passo indietro, singhiozzando piano. Si morde le labbra e mi dice, fissando il pavimento: “L’anno scorso. Quando sei partito. Quando sei andato via senza nemmeno dirmi una parola”
“Sapevi che sarei andato in tour! – esclamo – Non sono scappato, dovevo lavorare!”
“Non credo che il tuo contratto ti impedisse di venire a salutarmi. Sai quanto ho aspettato che passassi da casa mia? Sono stata sveglia tutta la notte, sperando di vederti. Per settimane ho fissato il mio cellulare, in attesa di un tuo messaggio, una tua telefonata, una email. Qualsiasi cosa. Invece, niente. Sei sparito, scomparso, MORTO. Nemmeno una parola, una. Sei stato un codardo, Harry”
Sapevo che prima o poi avrebbe affrontato questo discorso. Sapevo che non potevo fuggire da questa mia colpa.
È vero, sono andato via senza salutarla.
Senza dirle niente.
Avevo paura che lei mi chiedesse di continuare a sentirci, che mi chiedesse di stare con lei.
Avevo paura di doverle dire che volevo che mi aspettasse.
Non ero abbastanza forte per affrontarla.
Non ero abbastanza forte per non piangere al pensiero di lasciarla.
E, soprattutto, non ero sicuro di voler continuare a “stare” con lei.
Ora sarebbe diverso, credo.
Ma forse ha ragione, sto scappando di nuovo.
“Mi dispiace”, sussurro.
“Sì, ti dispiace – continua lei, sprezzante – Se ti dispiacesse davvero non mi tratteresti così. Se ti dispiacesse davvero non ti inventeresti che sto con un altro. Tu non hai la minima idea di quanto io sia stata male. Tu non sai quanto ho sofferto. Tu non sai quanto sia stato umiliante sentirsi dire da tutti che io non ero altro che la tua bambola gonfiabile, il divertimento per quando torni a casa. Tu, Harry, non hai la minima idea di come ci si senta ad essere abbandonati dalla persona che si ama”
Le sue parole sono lame affilate che mi trafiggono il cuore.
Per tutti questi mesi in cui sono stato via, ho sperato che Nicole pensasse ancora a me, ma si divertisse anche, senza aspettarmi. Ho sperato che non soffrisse per la mia partenza. E invece, come era ovvio, l’ho devastata di dolore.
“E qui entra in scena Sean – riprende Nicole – Quello era un periodo molto delicato anche per lui…”
“Non voglio sentire parlare di Sean”, sbotto.
“No, ora ne sentirai parlare. Perché devi sapere cosa ha fatto per me. Ci siamo trovati per caso in università, l’anno scorso. Eravamo entrambi distrutti, io per colpa tua e lui per altre ragioni personali. E siamo riusciti a sostenerci a vicenda. È stato l’unico amico sincero che ho avuto in quel periodo. L’unico che non si stancava di essere al mio fianco, di tirarmi su il morale. Quando l’hanno buttato fuori di casa è stato ovvio per me ospitarlo…”
“Perché l’hanno buttato fuori?”, chiedo.
“Questo non ti importa – replica lei, acida – Resta il fatto che lui ha curato le mie ferite, senza pretendere niente in cambio. Io mi sono presa cura di lui e lui di me. E se te lo stai chiedendo, ora tra noi c’è un rapporto splendido, davvero speciale. Un rapporto talmente perfetto che sì, quando lo abbraccio per me non esiste altro che lui, perché lui c’è stato quando io avevo bisogno. Quando tu mi hai abbandonato. E ora lo stai facendo di nuovo”
Un rapporto speciale tra loro. Il suo modo di parlare di lui mi devasta.
“Tu lo ami”, sussurro.
Lei mi fissa, a bocca aperta. È rimasta di sasso.
“Tu non hai capito niente – dice, glaciale – Tu non hai capito proprio niente di me! COME PUOI DIRE QUESTO, DOPO CHE TI HO DETTO CHE AMO TE?! COME?!”
“Si vede, da come ne parli!”, urlo.
Nicole indietreggia, pallida e sconvolta.
“Sei davvero un deficiente, Harry – dice – E sai cosa ti dico? Ti dico che se davvero credi che io ami Sean allora forse è meglio che tra noi finisca qui”
Sento come un colpo sordo al cuore, poi più niente.
“Nicole…”
“No, Harry. Basta. Tu non hai la minima fiducia in me. Tu hai paura. Tu… tu hai rovinato tutto”
E, sbattendo la porta alle sue spalle, esce da casa mia e dalla mia vita.
 



***PICCOLO ANGOLO DELL'AUTRICE***
Ciao a tutti!

Ho scritto questo capitolo al più presto, per farmi perdonare della lunga attesa a cui vi ho sottoposto l'altra volta... solo che temo che ora mi odiate ancora di più!
Purtroppo va così: Nicole ha ragione, Harry in realtà ha paura di quello che può succedere se la loro storia inizia a funzionare davvero. Ma avrà detto la verità sul rapporto che lei ha con Sean? Voi che ne pensate?
Ringrazio tutte voi che continuate a leggere questa storiella e soprattutto coloro che spendono il loro tempo a recensirla: credetemi, siete i soli motivi che mi spingono ogni volta a sedermi davanti al computer per contunuare! Grazie mille!
Fatemi sapere se adesso mi detestate o se possiamo ancora essere amici xD
Baci a tutti e ancora grazie <3

Neera

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Capitolo 15
*** Same Mistakes ***


15_
_Same_Mistakes_

 
Sono passati più di dieci giorni da quando Nicole ha lasciato la mia vita.
È scomparsa, sparita definitivamente.
Ha il cellulare spento, il telefono fisso staccato, non mi risponde alle e-mail né si fa trovare in casa.
Vorrei andare a Manchester, ma ho paura di come potrei reagire trovandomi davanti Sean.
Sì, mi sono pentito di come l’ho trattata.
Sto male. Davvero male.
Ancora una volta ho rovinato tutto, non c’è che dire.
È come se ripetessi sempre gli stessi errori, girando in tondo, senza riuscire a scappare da questo cerchio di sbagli che mi condanna a farla soffrire.
Ho provato a cercare Nicole, a chiamarla per chiederle scusa.
Voglio dirle che ha ragione, che sono un cretino, che mi sono convinto del suo tradimento perché, sotto sotto, ho solo una paura mostruosa di star male davvero in futuro.
Solo che adesso mi sono reso conto che, per la paura del futuro, mi sto facendo male adesso.
Sto facendo male a me stesso e a lei.
Sono un deficiente.
Come ho potuto dubitare di Nicole? Dopo tutto quello che abbiamo passato insieme nella nostra vita, dopo che mi ha dato milioni di volte una seconda possibilità, dopo che ha sopportato tutti i miei colpi di testa… dopo che mi ha detto di amarmi.
E io non le ho risposto.
Non ci voleva niente.
Dovevo solo aprire la bocca e dirglielo, urlarglielo a pieni polmoni.
Ti amo. Ti amo, ti amo, ti amo.
Nicole, io ti amo.
E invece no.
No, perché sono un testardo idiota orgoglioso.
E adesso eccomi qui, a cercare di rimediare ai miei soliti errori.
È difficilissimo dover convivere con un tale sentimento di oppressione: mi rendo totalmente conto di essere il solo responsabile di questa situazione.
È bastato pensarci un attimo in più, osservare gli eventi più attentamente per scoprire che cos’è andato storto.
Io.
Non dovevamo incolparci l’un l’altro.
No, perché la colpa è solo ed esclusivamente mia.
Aveva ragione lei, quando diceva che avrei reagito male sapendo che vive con Sean: la mia gelosia nei suoi confronti è infinita, incontrollabile e ingiustificata.
Probabilmente sarei saltato a qualche conclusione affrettata e non avrei nemmeno dato l’occasione a Nicole di provare a frequentarci; magari sarei entrato subito nell’ottica della solita, stupida, banale e inutile “trombamicizia” e avrei negato fino allo sfinimento di essere coinvolto sentimentalmente da lei.
E avrei mentito.
Forse è meglio così.
Ora so cosa voglio.
So esattamente cosa voglio, ora che l’ho perso.
Voglio Nicole e non mi importa niente di quanto sarà difficile portare avanti la nostra storia, quando tornerò in tour.
Non mi interessa.
Ora voglio solo riaverla indietro.
Non so se ci riuscirò, ma è questa l’unica cosa che conta davvero.
Nicole, io ti giuro che lotterò per riconquistarti.
Perché io ti amo, ed è tutta colpa mia.
 
Ormai con i White Eskimo ci incontriamo due o tre pomeriggi a settimana per provare: non tanto perché siamo insicuri, ma perché ci divertiamo davvero troppo quando siamo insieme.
È forse l’unico modo che ho per non pensare al vuoto enorme e assordante che Nicole ha lasciato dentro di me.
Riempio i suoi silenzi di musica e le mie ferite sembrano lenirsi.
Peccato che duri così poco…
I miei amici sono stati davvero premurosi in questi giorni difficili: mi hanno tenuto compagnia in ogni modo possibile.
Louis si è fiondato da me la sera dopo che Nicole mi ha mollato.
È stato a casa mia tre giorni interi, senza mollarmi un attimo, cercando in tutti i modi di tirarmi su il morale. Per fortuna c’era Boo con me, perché i primi giorni è stato un inferno. Non facevo altro che trascinarmi stancamente in giro per le stanze, quasi senza guardare in faccia mia madre, mia sorella o il mio amico.
Lui però mi ha preso moralmente a calci in culo, e ha fatto bene: “Harry – mi continuava a ripetere – Tu dici di avere il cuore spezzato e di non poter far niente per curarlo. Ma questa è una stronzata. Sai benissimo cosa devi fare, per uscirne. Devi svegliarti, devi parlare con Nicole e chiederle scusa. Esci dalla tua corazza di orgoglio e chiamala. Lotta. Vinci.”
Solo grazie a lui ho deciso che dovevo continuare a insistere e chiamare Nikki.
Certo, poi lei non mi ha mai risposto, ma io continuerò a provare.
Perché Lou ha ragione: stare fermi e sperare che tutto si risolva non serve a niente, devo prendere in mano la mia vita e decidere dove andare.
Penso che Liam tema che io voglia suicidarmi, perché mi chiama quasi ogni sera per sapere come sto. È davvero un papà, si preoccupa tantissimo per noi ed ha un cuore grande. Ascolterebbe per ore i miei sfoghi, dovrebbero farlo santo.
I ragazzi dei White Eskimo hanno insistito per inserire nella scaletta per la festa un paio di canzoni degli One Direction, riadattate in una chiave più rock: proprio per questo oggi vengono con me anche Niall e Zayn, che sono curiosi di sentire la nuova versione di questi pezzi. Loro sono qui da ieri pomeriggio, sono venuti appositamente per cantare.
Certo, in realtà so che vogliono tenermi compagnia, ma è anche vero che non sempre è facile essere aperti con loro quanto lo sono con Louis. E poi ormai non mi serve sfogarmi, mi basta tenermi impegnato.
Quando io, Niall e Zayn raggiungiamo casa di Will,  la musica sta già riempiendo tutto il giardino.
Will, Hay e Nick sono alle prese con “Sweet Child Of Mine” dei Guns ‘n Roses, così ci fermiamo prima dell’ingresso del garage, per non farci vedere e non interromperli.
“Sono davvero bravi”, sussurra Zayn, canticchiando a bassa voce in falsetto.
“Ve l’avevo detto!”, esclamo, sorridendo.
“E questo assolo è fenomenale – commenta Niall, con gli occhi chiusi, mentre con le mani finge di suonare una chitarra invisibile – Cos’è, una Fender?”
“Non ne ho idea – rispondo – Hay ha una marea di chitarre, sono sicuro che andrete d’accordo”
Quando i miei vecchi amici sono ormai alla conclusione del pezzo, noi ci avviciniamo alla porta del garage; come previsto, loro smettono subito di suonare, un po’ imbarazzati per la presenza dei miei compagni.
“Ehi, non potete mica troncare così! – li rimprovero – Che figura mi fate fare davanti a queste due star internazionali?”
“Ma smettila – mi dice Niall, spingendomi da un lato – Siete davvero bravissimi, ragazzi! Avete una grande energia! Comunque, piacere, io sono Niall Horan”
“E io sono Zayn, Zayn Malik”.
Nick, Will e Hay si avvicinano e si presentano, un po’ imbarazzati.
“Allora, vi va se oggi iniziamo provando Best Song Ever e Live While We’re Young?”, domando.
“Va bene! Harry vi ha detto che le abbiamo Eskimizzate?”, chiede Will, entusiasta.
“Certo, siamo qui apposta – risponde Zayn – Saremo dei critici molto cattivi”
“Siamo pronti a superare l’esame”, replica Hay, imbracciando la sua chitarra
“Wow, bella la tua Fender Telecaster!”, esclama Niall, con gli occhi che brillano di emozione.
“Grazie! Che occhio! – risponde con un sorriso Hay – Ti piacciono le chitarre?”
“Se  mi piacciono? Le adoro! Ne ho una collezione… ma Harry mi ha detto che anche tu non scherzi”
“Già, mio padre è un collezionista… ne ho un bel po’. Anzi, dato il tuo entusiasmo, guarda cosa c’è lì”, dice Hay, facendo un cenno con la testa ad una custodia nera della Gibson, che giace quasi in maniera sacrale sul divano sfondato in fondo al garage.
Niall si avvicina lentamente, quasi come un archeologo che si appresta a fare la scoperta della sua vita.
“Non dirmi che…”, borbotta, mentre accarezza dolcemente le lettere argentate incise sulla custodia.
Zayn ha un’espressione perplessa, mentre Hay freme: finalmente ha trovato qualcuno con cui condividere la sua passione.
“Oh. Mio. Dio. – dice Niall, quasi bianco – Non è possibile…”
“E invece sì”, risponde Hay, sghignazzando.
“Dove l’hai trovata? Questo è un gioiello vero…”
Niall non ha nemmeno il coraggio di sfiorare la chitarra, non l’avevo mai visto così emozionato davanti a qualcosa che non fosse commestibile.
“Scusate se interrompo il momento – borbotta Zayn – Ma potete spiegare anche e me…?”
“Zayn! – esclama il biondino – Questa è una Gibson Les Paul. Una Gibson Les Paul Standard del 1959. È quasi il Sacro Graal delle chitarre da collezione”
“Puoi suonarla, se vuoi – dice Hay – Ti assicuro che ne vale la pena”
Niall ha gli occhi di fuori: “Davvero posso farlo? Non è che la rovino?”
Scoppio a ridere: “Niall, a meno che tu non sia Edward Mani di Forbice, dubito che tu possa rovinarla”
Hay sorride: “Certo che puoi. Prendila pure”.
Guardo un Niall tramante che imbraccia quella splendida chitarra ambrata, come se non ne avesse mai vista una.
Io sono un profano, ma devo ammettere che è uno strumento splendido. Esteticamente perfetta, una forma morbida ed elegante, un colore caldo e intenso.
Un colore così simile agli occhi di Nicole nei giorni di autunno…
No, Harry, cosa fai?
Concentrati.
Non è il momento.
Quando il mio amico accarezza le corde, un suono pieno e cristallino si diffonde nella stanza. È incredibile, davvero.
Ora capisco l’emozione di Niall.
Il resto del pomeriggio è una vera pacchia: cantiamo, suoniamo, beviamo birra e ci divertiamo come se fossimo una vecchia compagnia di amici. Visti dall’esterno, nessuno potrebbe dire che Zayn e Niall sono elementi “nuovi”.
Mentre torniamo a casa, Zayn non può non ammettere che i White Eskimo si meriterebbero mille volte di essere in tour con noi. “Anche solo per una data, ma dobbiamo portarli. Dobbiamo”, mi dice. Spero che la sua determinazione serva a qualcosa.
 
Nei giorni che seguono, dopo che i miei amici se ne sono andati, cerco di trovare tutti i modi per convincere Nicole a parlarmi.
La chiamo ogni giorno, ormai.
Lee lascio centinaia di messaggi in segreteria, il cui contenuto è sempre lo stesso: “Nicole, sono Harry. Avevi ragione tu, come sempre. Sono un cretino. Voglio chiederti scusa. Vorrei riaverti con me… perdonami”
“Perdonami” è la parola che ripeto più spesso.
All’inizio era davvero difficile, ma ora so che è l’unica cosa giusta da dire.
Nicole però è granitica, non mi risponde, non si fa vedere né da me né da altri.
È sparita.
Mancano poco più di dieci giorni alla festa e io vorrei poterla incontrare prima.
Perché so che quella sera ci sarà.
Lo sento.
Devo vederla.
Devo vederla ora.
 
Oggi è sabato e Nicole dovrebbe essere tornata a Holmes Chapel.
Decido di provare di nuovo a cercarla a casa, magari questa è la volta buona.
Quando arrivo davanti casa sua, il mio cuore si stringe.
Penso a qualche settimana fa, quando sono passato a prenderla in macchina per andare a Londra. Pochi giorni prima di quel disastro.
Mi viene in mente quando abbiamo preparato i biscotti e ci siamo riempiti di farina.
Mi ricordo di quel bacio veloce che mi ha dato il primo giorno del mio ritorno.
Come ho fatto a buttare via tutto questo?
Come ho potuto essere così idiota?
Tutti quei piccoli momenti di vita quotidiana con lei, così banali e così speciali, gettati al vento.
Devo riaverli.
Provo a bussare, ma so già che non mi risponderà nessuno: le tapparelle della villetta sono abbassate e non sento rumori provenire dall’interno: anche questa volta è andata male.
Mi allontano dalla porta e mi siedo su uno scalino del porticato. Potrei aspettare qui.
Potrei aspettare qui per ore.
Se Nicole mi vedesse, magari cambierebbe idea. Magari capirebbe che sono pentito.
O forse no.
È così caparbia, così tenace, non vuole farmela passare liscia.
Forse l’ho ferita troppo profondamente questa volta. Forse l’ho persa per sempre.
Questo pensiero mi fa sprofondare nella malinconia e nella disperazione.
Ma non è possibile che sia davvero così. Non voglio crederci.
Se davvero lei mi ama – e io so che mi ama, ora lo so – non mi lascerà andare.
Io non la lascerò andare.
Abbiamo solo bisogno di uscire da questa notte della nostra vita.
Dobbiamo solo svegliarci, guardarci in faccia e uscirne.
E poi saremo più vicini, più forti di prima.
Io lo so.
Sono perso nei miei pensieri, quando, all’improvviso, una voce mi chiama.
Mi guardo intorno, ma non vedo nessuno.
Non sto sognando, ho davvero sentito il mio nome.
“Harry caro – ripete la voce – Sono qui!”
Oltre la siepe del giardino, vedo la signora Hammer, che ha in mano dei grossi sacchetti pieni di roba.
Mi sembra invecchiata rispetto a un mese fa. Che strano.
Mi alzo e le vado incontro, di corsa.
“Signora Hammer, ci rivediamo! – esclamo con un sorriso – Mi dia le buste, hanno l’aria di essere pesanti”
“Non più di tanto, Harry caro, ma sei gentile. Tanto ormai ero arrivata”
“Ma si figuri”, le dico, seguendola sul vialetto di casa.
“Speravo di rivederti un giorno di questi, caro. Come stai?”
“Diciamo benino, grazie – borbotto, trascinandomi dentro la villetta – Lei?”
“Come una povera vecchia. Posa pure le buste sul tavolo, grazie. Metto in ordine dopo”
“Ma no, la aiuto volentieri”, replico.
I sacchetti sono davvero pesantissimi, come ha fatto la signora Hammer a portarli dal mercato fino a casa? Questa vecchietta riesce sempre a stupirmi.
Seguendo le indicazioni della mia babysitter di un tempo, in un attimo tutta la spesa ha trovato un posto e ora la cucina è di nuovo ordinata. Proprio come la ricordavo io. Non è cambiata di una virgola da quando ero piccolo.
Quanti ricordi, qui dentro… quanti pomeriggi passati qui con Nicole, davanti a una tazza fumante di tè e a una buona fetta di torta fatta in casa.
“Posso offrirti qualcosa? – chiede la signora Hammer, quasi leggendomi nel pensiero – In onore dei vecchi tempi?”
Sento che nelle sue parole, più che un invito, c’è quasi una richiesta di compagnia. Chissà quanto si può sentire sola, povera donna. Dovrei venire a trovarla più spesso…
Accetto volentieri.
“Certo. Però questa volta il tè lo preparo io”
Metto l’acqua a scaldare, prendo le tazze e tutto l’occorrente, mentre la mia vecchia amica si accomoda sorridente al tavolo della sua cucina.
I suoi occhi luminosi hanno una forza immensa, ma vedo una nota di tristezza e stanchezza nel suo sguardo. Mi piange il cuore.
“Stavi aspettando Nicole?”, chiede la signora Hammer, rompendo poi il silenzio che si era creato.
Annuisco: “Già. Non la vedo da un po’…”
Faccio il vago, ma credo che lei sappia qualcosa.
“Lo so, Harry. Mi ha raccontato tutto… mi dispiace. Siete giovani, vedrai che questa situazione si risolverà”
Anche se sorrido, ho una grande malinconia nel cuore: “Lo so, ma mi sento così stupido. L’ho trattata davvero male. Non mi merito di averla accanto… però non riesco a farne a meno. So che sono discorsi da adolescente, ma è quello che provo”
“Harry – mi dice lei dolcemente – Lo so cosa provi. Lo so da quando eri un bambino, una pulce. Non sono discorsi da adolescente: voi siete sempre stati legati da un rapporto speciale, lo capiscono anche i sassi. Fai bene ad insistere. Nicole è testarda e vuole farsi desiderare, ma non riuscirà a farlo molto a lungo. Lei ti ama”
Sentirmelo dire dalla signora Hammer ha un sapore diverso. Mi investe come un’ondata di calore che arriva da un caminetto, dopo una lunga camminata nella neve.
Mi travolge e mi abbraccia, dandomi speranza.
“Lo crede davvero? Crede che lei tornerà da me?”, domando.
“Se lo credo? Ne sono sicura. Sono certa che, al massimo entro la festa di Natale, chiarirete tutto. Parola mia. Potrei scommetterci la pensione!”
Rido: “Quindi secondo lei, Nicole mi perdonerà?”
“Harry caro – risponde – Io credo che Nicole ti abbia già perdonato. Sta solo aspettando che tu perdoni te stesso”
Resto in silenzio, mentre assimilo quelle parole.
Io devo perdonare me stesso?
Già.
È proprio il genere di frase che Nicole potrebbe dire.
Sorrido, più rilassato: “Grazie, signora Hammer”
 

http://www.youtube.com/watch?v=XaprN0o4Q2s
 

***PICCOLO ANGOLO DELL'AUTRICE***
Ciao a tutte! Eccomi di nuovo qui, dopo un po' di tempo... scusate se vi faccio sempre tirare il collo, ma purtroppo questo periodo è davvero pieno zeppo di impegni e non ho mai un momento per mettermi a scrivere!
Questo pezzo è, come avrete capito, un po' di passaggio: volevo farvi capire quanto Harry stia cercando di lavorare sul suo carattere e quanto tenga al suo rapporto con Nicole. La presenza degli altri ragazzi, invece, era importante per descrivere indirettamente l'affetto che li lega.
Se devo essere sincera, all'inizio il capitolo era pensato molto diversamente, ma poi è andata così: l'ispirazione ha preso il sopravvento!
Grazie del vostro supporto e delle vostre recensioni, mi fa tanto piacere riceverle e spero sempre che siano numerose, così da poter capire bene come migliorare.
Grazie mille per tutto e al prossimo capitolo, dove Harry e Nicole... No, non vi posso dire niente!
Baci

Neera.

 

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Capitolo 16
*** 16. Over Again ***


16_
Over_Again_

 


Le parole della signora Hammer mi hanno dato la forza per andare avanti in questi ultimi giorni.
Mi hanno coccolato, mi hanno fatto capire cos’ho sbagliato davvero e cosa devo fare per convincere Nicole a tornare da me.
Perché lei tornerà, lo sento.
“Devo perdonare me stesso”.
All’inizio non mi era molto chiaro il significato di questa frase: perdonare per cosa? Ho fatto un miliardo di sbagli, non saprei nemmeno da dove iniziare.
Per un paio di giorni non ho più scritto a Nicole: ho capito che sarebbe stato meglio darmi del tempo per chiarirmi le idee.
Ed è servito, diamine.
Ora so perché non Nicole non mi ha più risposto: i miei messaggi erano un inutile susseguirsi di preghiere e di tragiche suppliche per convincerla a perdonarmi; tra le righe si leggono solo disperazione, rabbia e senso di colpa.
Come potrei pensare che una come Nicole mi voglia parlare di nuovo, se non faccio altro che lamentarmi dei miei errori? Devo andare avanti.
E so benissimo qual è il modo per farle capire che sono pronto.
Sullo schermo del cellulare ci sono solo due parole: le ho digitate sapendo che questa è l’ultima spiaggia, e con la speranza che funzioni.
Sono due parole che sembrano ricorrere sempre nella nostra relazione.
Due parole che ci tengono legati da anni e che so che la faranno ridere.
Nobody Compares…?”.
Perché ancora una volta è questa la situazione: io ho sbagliato, io l’ho allontanata, e ora mi manca. E diavolo, è vero: deve esserci un modo perché lei mi voglia come mi voleva prima.
Anche se, in realtà, spero non abbia mai smesso di volermi al suo fianco davvero, nonostante siano passate tre settimane da quando abbiamo rotto.
In più, tra due giorni ci sarà la festa di Natale: quale modo migliore per ritornare ai vecchi tempi? Chissà, magari Nikki accetterà di vedermi e verrà con me…
Fisso il mio cellulare col batticuore: non so se me la sento di schiacciare “Invio”.
E se non mi risponde? E se mi manda al diavolo?
No, Harry. Questa volta non succederà.
Faccio un respiro profondo, chiudo gli occhi e penso a come Nicole reagirà leggendo il messaggio. Probabilmente si metterà a ridere e sussurrerà che sono un cretino.
E avrà ragione.
Sono pronto.
Premo “Invio”, poso il cellulare sulla scrivania e mi siedo sul letto, in silenzio.
Ora devo solo aspettare.
 
Resto quasi due ore fermo immobile nella mia stanza, nel silenzio più assoluto, aspettando che il mio cellulare si illumini, vibri, faccia qualcosa.
Qualunque cosa, anche una capriola. Preferirei vederlo prender vita e tentare di uccidermi, piuttosto che subire questo mutismo da morto.
Sono ridotto davvero male se sto sperando che il mio cellulare mi ammazzi.
In casa mia regna il silenzio più assoluto: ci sono solo io, in attesa.
Fuori il sole sta ormai tramontando e ogni minuto che passa io sento calare la speranza di una risposta.
Eppure pensavo fosse la mossa migliore. Credevo di aver trovato le parole giuste da dire.
E se invece lei non volesse tornare con me? Se lei preferisse non tornare da me? Se preferisse rimanere sola?
Forse semplicemente non vuole mostrare la sua debolezza, il suo dolore per avermi lasciato andare…
No, Harry, non dire cazzate.
Nicole è molto più forte di te. Non ha paura di mostrarsi debole, e questa è la sua più grande forza.
Se lei davvero non ti risponde non è perché ha paura di sembrare fragile, ma perché semplicemente non vuole farlo.
Ma io ho bisogno di sentirla.
Ho bisogno di sapere se c’è ancora speranza.
Ho bisogno che mi mandi al diavolo clamorosamente, così potrò mettermi l’anima in pace e andare avanti, forse…
Dio, sembro bipolare. Un minuto prima sono ottimista e speranzoso, un minuto dopo precipito nel baratro della disperazione.
Nicole, ti prego, salvami…
 
Quando arriva l’ora di cena, scendo in cucina con l’espressione più afflitta che io abbia mai sfoggiato. Nemmeno la sera in cui Nicole se n’è andata ero così giù. Allora ero arrabbiato, poi per troppo tempo sono stato attaccato ad una flebile speranza di riaverla con me… e ora, invece, sono andato a sbattere contro la più fredda delle realtà: il silenzio.
Mia madre si sta dando da fare tra i fornelli, mentre Gemma apparecchia.
“Harry, cos’è quella faccia?”, mi domanda mia sorella.
Sfoggio un sorriso forzato: “Ho un po’ di mal di testa, niente di grave. Sarà la stanchezza”
“Ma se non hai fatto niente tutto il giorno!”
Le faccio la linguaccia:“Mi sono impegnato molto, però, nel non fare niente”
“Davvero hai bisogno di sforzarti per oziare? Dio, Harry, sei proprio una frana”
“Grazie – rispondo – Dai, ti aiuto ad apparecchiare”
Mi perdo di nuovo nei miei pensieri mentre sistemo i bicchieri in tavola e quasi non faccio caso a quello che si dicono le mie donne. Capto un paio di nomi noti, ma me li faccio scivolare addosso come se non mi interessasse.
Anzi, me li faccio scivolare addosso proprio perché non mi interessa. Non mi interessa più niente.
“...sei stato molto gentile con lei”
In cucina irrompe il silenzio.
Credo che mia madre stia parlando con me, solo che mi sono perso la frase. Dovrei rispondere qualcosa?
“Ehm – borbotto – Come?”
Mia mamma sospira: “Ho detto che la signora Hammer mi ha raccontato del vostro tè pomeridiano di qualche giorno fa. Non lo sapevo”
“Mi è sfuggito”, mi giustifico.
Sono così preso dai miei problemi che ormai non riesco nemmeno a comunicare con la mia famiglia. Ma che mi sta succedendo? Non è da me…
“Abbiamo notato – continua mia mamma, con un tono comprensivo – Sei stato molto gentile a fermarti dalla signora Hammer, si sente così sola quando non ci sono gli Heat a farle compagnia”
Gli Heat.
Nicole.
La sua presenza mi perseguita anche nelle distratte parole di mia mamma.
“Già – annuisco, cercando di fingere indifferenza nel sentire quel cognome – Abbiamo chiacchierato un po’ dei tempi passati.”
“Povera donna, così dolce e premurosa! Non vorrebbe pesare su nessuno. Mi piange il cuore quando penso a cosa sta passando”
Di cosa sta parlando mia madre?
“In che senso?”. All’improvviso, questo discorso ha attirato la mia attenzione e mi sento di nuovo sveglio.
“Purtroppo il suo commercialista, se così possiamo chiamarlo, si è scoperto essere un ladro: ha truffato molti anziani e ora è sparito dalla circolazione”
“Maledetto bastardo – borbotto a denti stretti - Quanto le ha portato via?”
“Sicuramente più di trentamila sterline. Non molta roba, ma erano i risparmi di una vita. È stato un duro colpo per lei, anche se fa finta di niente. È una donna molto forte, dice che comunque aveva altri piccoli tesori da parte e la sua pensione le basta per andare avanti, ma è davvero una storia triste… ”
“Povera – sussurro – Non mi ha detto nulla. Nemmeno una parola”
“Lei cerca di essere ottimista – commenta Gemma – Lo sai, non vuole dare fastidio agli altri…”
“Ma non sarebbe stato un fastidio! – esclamo – Mi farebbe piacere aiutarla! Domani la vado a trovare”
“Non è qui. L’ho incontrata oggi pomeriggio e mi ha detto che in questi giorni sarà a Londra dalla sua nipotina: tra qualche settimana è il suo compleanno e lei era molto triste perché non può farle un bel regalo”
Povera, povera signora Hammer.
Vorrei poterla aiutare…
E forse posso farlo.
 
Quando torno in camera mi sento stranamente vivo.
La rabbia nei confronti di quello stronzo di commercialista mi ha fatto distrarre dai miei problemi e dai miei drammi, dandomi qualcosa – anzi, qualcuno – di cui preoccuparmi.
Però, nel varcare la soglia della mia stanza, la spia luminosa del mio cellulare attira la mia attenzione, facendo scivolare il mio cuore nello stomaco.
È una sensazione stranissima quella che sto provando: sono come paralizzato dalla paura di trovare un messaggio di qualcun altro e rimanerci male. O, peggio, di trovare una risposta di Nicole, ma una di quelle che farebbero a pezzi le mie ultime, flebili speranze.
Senza nemmeno rendermi conto, con uno scatto veloce, quasi famelico, afferro il cellulare.
Una chiamata persa.
È di Nicole.
Cazzo.
Mi ha telefonato mezz’ora fa e io non ho risposto, sono un cretino. Dovevo portarmi dietro il cellulare.
Harry, sei un cretino.
Però, nonostante tutto, sono contento di vedere quella chiamata persa, perché capisco che avevo ragione: c’è ancora speranza.
Cosa fare adesso? Aspettare che sia lei a richiamarmi?
No, non ci riesco. Sono troppo felice, non voglio aspettare.
Le telefono adesso.
Sentire gli squilli a vuoto mi fa agitare ancora di più. Sono entusiasta e speranzoso, ma questo momento di attesa sembra durare una vita: e se, invece, lei mi ha semplicemente chiamato per dirmi che non devo più scriverle? Se vuole solo che la lasci in pace? E se…
“Ehi…”, sento all’improvviso.
È lei.
È la sua voce.
La sua splendida voce vellutata.
Un voce che non sentivo da tanto, troppo tempo.
È bastato un “Ehi”per farmi andare il cuore in gola e ora sto iperventilando. Devo calmarmi.
Harry, rispondi. Idiota.
“Ni… Nicole – esclamo, con un tono forse troppo acuto per i miei standard – Nicole…”
“Sì, Harry. Sono io. Non ho cambiato nome”, dice con una risata sommessa, estremamente dolce.
“Oddio, Nicole – sospiro – Tu non hai idea… non hai idea di quanto io sia felice in questo momento”
“Davvero? – ridacchia –  Solo perché non ho cambiato nome?”
Che scema.
“No, perché finalmente sento di nuovo la tua voce”
Lei resta in silenzio e sento il suo respiro leggero dall’altro capo del telefono.
Resto nel buio della mia stanza, appoggiato con la testa alla finestra. La condensa che il mio respiro crea sul vetro mi impedisce di vedere tutto quello che c’è fuori da qui. Ma tanto non mi importa.
Non mi importa, perché quello che vedo non serve a niente: ora quello che mi serve è ciò che posso sentire.
Capisco che Nicole non ha intenzione di dirmi niente, così continuo a parlare: “Come stai?”
Ride di nuovo. È nervosa, ma anche rassegnata… che strano sentirla così. Mi sento un verme.
“Come vuoi che stia? – risponde – Non malissimo, ma ho avuto momenti migliori.”
“Mi dispiace…”
“Sei una testa di cazzo, Styles…”
“…e la mia canzoncina ti fa schifo”, concludo, ricordandomi quello che mi aveva detto anni fa. Nobody Compares, no?
Nicole ride, ma questa volta sento che è divertita: è come se l’avessi davanti a me, posso immaginare ogni minimo movimento del suo volto, ogni espressione, anche la più insignificante luce dei suoi occhi.
“Esatto, Styles. Passano gli anni e la tua canzoncina continua a farmi schifo. E tu resti una testa di cazzo senza speranze”
“Mi aspettavo qualcosa di diverso da questa telefonata”, dico, ironico.
“Cosa ti aspettavi, tanti complimenti per la tua geniale scelta di vita di qualche settimana fa?”
Eccola, la prima frecciatina.
“Sono un coglione, hai ragione”, ammetto.
“Come sempre”
“Come sempre”
Torna il silenzio.
Io continuo a guardare fuori: il cielo è stranamente limpido stasera, posso vedere tantissime stelle. Sembra tutto sereno. Proprio come me.
Cerco qualcosa da dire, ma sono come sospeso in questi attimi di tranquillità e non riesco a trovare le parole.
“Tu come stai?”, mi chiede Nicole, poi. Il suo tono è sincero, le interessa davvero.
“Bene, adesso che ti sento. Ma solo adesso. – sospiro – Ho capito di aver sbagliato due secondi dopo che sei uscita da casa mia, sai? Volevo inseguirti, ma sono troppo orgoglioso… scusami…”
“Harry, ti prego…”
“No, Nicole, devo dirtelo. Sono stato un imbecille a non fidarmi di te. E mi dispiace. Io vorrei chiederti se mi puoi perdonare, perché tutto ciò che voglio è tornare con te”
Nicole sta in silenzio.
Non dice una parola, ma sento che il suo respiro è più pesante.
“Mi manchi, Nicole. Mi manca tutto quello che c’era, tutto quello che abbiamo fatto, tutto quello che mi dicevi… tutto. Mi manchi.”
“Anche tu mi manchi, Harry”, sussurra.
Grazie. Grazie, grazie, grazie.
Grazie Dio, grazie Nicole, grazie signora Hammer.
Grazie mondo.
Non riesco a non sciogliermi in un sorriso.
“Però, Harry, non so se è già arrivato il momento di riprovarci”
Dovevo immaginarlo.
Ma non demordo.
“Nicole, aspetterò tutto il tempo che ti serve, lo giuro. Non voglio forzarti, non voglio che tu ti senta in dubbio. Non voglio che tu ti senta in dovere nei miei confronti, perché in realtà tu verso di me hai solo diritti: il diritto di essere incazzata a morte, il diritto di odiarmi, il diritto di prendermi a schiaffi, se lo vuoi. E persino diritto di ignorarmi. Quindi, prenditi tutto il tempo che vuoi”
Lei ride dolcemente.
“Davvero, Nicole – continuo – Non sto scherzando. Non ho fretta. Voglio solo sapere una cosa: potremo ricominciare tutto da capo?
“Harry – sussurra – Non hai capito. Il tempo non serve a me. Serve a te”
Come?
“Che cosa intendi dire?”
Intendo dire che prima di tornare ad essere un «noi» vorrei che tu capissi cosa vuoi dalla tua vita. Cosa vuoi per te, per il tuo presente. Ma soprattutto che cosa vuoi per il tuo futuro. E chi vuoi accanto
Per qualche secondo non rispondo, lascio che le sue parole così vere e profonde facciano presa nella mia mente. Io adesso so cosa voglio e chi voglio accanto per il mio futuro
“E poi potremo tornare insieme?”, le chiedo, con una sicurezza tale da stupire anche me stesso.
“Quanto sei scemo…”
“Ti prego, rispondimi”
Lei resta un momento interdetta, senza fiatare. Capisco che sta pensando alle parole giuste da dire. Me la immagino mentre si mordicchia il labbro inferiore, nervosa.
Poi sospira per l’ennesima volta. “Dipende tutto da te”, mi dice.
“Lo prendo come un sì, Nikki”
Lei ride: “Sembri ottimista”
“Ora che sento la tua voce lo sono – esclamo, sfrontato – Ci sarai alla festa di Natale?”
“Sì, ci sarò. Sei pronto a cantare con i White Eskimo?”
“Siamo prontissimi, rimarrai stupita da quanto siamo carichi”
“Perché dovrei stupirmi? Sono la vostra fan numero uno”
“Vuoi dire la mia fan numero uno!”
“Veramente io preferisco Will”, replica lei.
“Ehi, guarda che sono geloso!”
“Sì, me ne sono accorta…”
Entrambi ridiamo, come due scemi. Come due scemi che non hanno mai smesso di volersi davvero bene.
Quanto è bello sentirsi di nuovo felici.
Quanto mi è mancato essere vivo.
“Allora – riprendo – Posso farti una proposta indecente?”
“Lo sai che quelle indecenti sono le uniche proposte che accetto”, mi dice, con una certa nota di malizia nella voce.
Dio, mi fa impazzire anche dopo tutto questo tempo.
“È per questo che mi piaci – ribatto – Allora, che ne dici di venire alla festa con me? Niente di formale, semplicemente ti passo a prendere e andiamo insieme. Senza impegno”
“Sembri un venditore porta a porta”
“Dai, scema… che ne dici?”
“Harry, ho già un impegno. Verrò con Sean”
È come se una mano avesse all’improvviso strizzato le mie viscere, facendomi provare una dolore immenso e rendendomi incapace di pensare.
“Ah. – borbotto – Ok. Fa niente”
“Harry, non fare così. Non arrabbiarti”
“Non sono arrabbiato”
“Non dire cazzate, lo sento da come parli”
Merda. Nicole, smettila di conoscermi così bene.
“Non sono arrabbiato – mi correggo – Sono un po’… deluso? Sì, credo deluso. E geloso, molto geloso. E questa volta sono serio”
“Lo so, ma se inizi di nuovo ad essere geloso non andiamo d’accordo”. Ora nel suo tono sento una nota di freddezza che mi fa agitare.
Ha ragione, reagire così dimostra che ancora non mi fido di lei.
Ma per me il problema non è lei, è lui.
Non posso evitare di provare una sana antipatia nei confronti dell’ex della ragazza che amo, anche se sono sicuro che lei non prova niente.
“Ok, allora la smetto. Cercherò di non fare il gelosone – dico, rassegnato – Ma non ti prometto di riuscire a non guardarlo male, sappilo”
“Rimarrai stupito da quanto ci riuscirai, invece”, dice lei.
“Ti posso chiedere perché proprio lui?”
“Perché entrambi siamo stati scaricati di recente. Ed è meglio andare con un amico, piuttosto che presentarsi da soli”, risponde Nicole, con spontaneità.
Non c’è rancore nella sua voce, non un minimo segno di frecciatina.
È sincera e questo mi rende felice.
“Mi sembra giusto. Io però andrò da solo”
“Tu sei una star, potresti presentarti lì con chiunque”
“No”
“Che significa no?”
“Che preferisco andare solo, piuttosto che senza di te”
Nicole resta qualche attimo in silenzio.
Mi immagino il suo viso arrossato per l’imbarazzo, come le succede spesso quando le dico qualcosa di carino; mi immagino le fossette sulle sue guance, per il sorriso che le ho appena strappato; penso ai suoi dolcissimi occhi di miele, capaci di illuminare anche la notte più buia… Voglio vederla.
“Ora devo andare. – dice  – Sai, mio padre mi aspetta. Ci vediamo presto…”.
Mi sembra contenta.
“Non vedo l’ora…Buonanotte, Nikki”
“Buonanotte, Harry – risponde – E…Grazie. Davvero”
Grazie di cosa?
“Perché?”, chiedo.
“Per tutto – sussurra – E per niente. Grazie e basta”
“Va bene, allora – esclamo, ridendo – Prego. E grazie a te…”
 
Sono solo, nel buio della mia stanza, a guardare fuori dalla finestra.
Il cielo sopra Holmes Chapel è sereno e pieno di stelle.
Il telefono è spento, posato sulla scrivania.
È tardi e in casa non c’è un rumore.
Ma nel mio cuore c’è una vera festa.
Quando arriva dopodomani?
 

http://www.youtube.com/watch?v=0lFxvwlM6Mc
 
***PICCOLO ANGOLO DELL'AUTRICE***
Ciao a tutti!
Vi chiedo immensamente scusa centomila volte per la mia latitanza: sono passate due settimane (o forse anche di più) da quando ho aggiornato l'ultima volta!
Ma purtroppo non è colpa mia, ma sono cause di forza maggiore: ho preso un pessimo 4 in storia e i miei mi hanno messo in punizione, quindi mi ritrovo senza pc fino al momento in cui riuscirò a recuperare! La verifica è settimana prossima, sto studiando come una pazza per riuscire a prendere almeno 8 e riavere internet (vi prometto che ce la farò, lo devo fare per voi!)
Per questo vi chiedo scusa se non rispondo più con frequenza ai vostri messaggi o se non leggo le storie/non recensisco: nei pochi momenti in cui sono riuscita ad avere un computer, ho cercato di scrivere questo nuovo capitolo, che ora sto pubblicando dal pc della biblioteca!
Vi chiedo umilmente perdono <3
Spero di poter aggiornare al più presto, ma non vi prometto niente perchè non dipende da me :(
Spero di trovare tante recensioni, così magari riesco a convincere mia madre che il mio tempo "perso" su EFP è fonte di piacere per qualcuno ;)
Un bacio a tutti!

Neera

PS: questo capitolo è dedicato a Nice, che purtroppo in questo periodo ho un po' trascurato (perdonami <3) e al mio amico D, che finalmente è stato dimesso dall'ospedale dopo una bruttissima malattia che l'ha costretto al ricovero per quasi un mese: sei fortissimo, ti voglio bene <3

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Capitolo 17
*** 17.You and I ***


17_
_You_And_I_

 


Alcuni dicono che la notte porta consiglio, ma le ultime due a me non hanno portato altro che euforia, insonnia e totale incapacità di stare fermo.
Dopo che ho parlato con Nicole e che ho capito che c’è una speranza di riaverla accanto a me – una grande speranza, tra l’altro – non sono riuscito quasi a chiudere occhio.
Ho passato due notti di fila rigirandomi nel letto, con un enorme sorriso stampato in faccia, immaginando tutti i possibili scenari che potranno verificarsi alla festa.
Uno più promettente dell’altro.
Non vedo l’ora che sia stasera.
Stamattina sono piuttosto pimpante, e nemmeno le mie occhiaie riescono a nascondere questa mia nuova e incredibile felicità. Sento dentro come un nuovo fuoco, una gioia talmente grande da volerla urlare al mondo e donarla a tutti quanti.
Scendo gli scalini tre alla volta e mi fiondo a fare colazione, quasi travolgendo Gemma mentre la supero sulla soglia della cucina.
“Ma che diamine ti prende?”, mi urla, spaventata.
“Buongiorno a te, sorellina”, le rispondo, abbracciandola e stampandole un sonoro bacio sulla fronte.
Lei ride: “Cos’è tutta questa felicità? È da ieri che non fai altro che saltellare e canticchiare. Hai iniziato a drogarti?”
“Può essere – le rispondo cercando le arance in frigo – Vuoi una spremuta?”
“No, grazie. Ho appena preso il caffè”
“Peccato, volevo un po’ di compagnia a colazione”
Gemma mi fissa perplessa, con le narici dilatate e gli occhi spalancati: “Chi sei tu? Dov’è mio fratello?”
“Che battuta banale – rispondo – La tua poca originalità mi delude molto”
Lei sospira di sollievo: “Che sollievo, Harry, sei proprio tu. Ora mi sento meglio.”
“Eh?”
“Niente, sei sempre il solito stronzetto – replica, con una linguaccia – Vado al lavoro, ci vediamo stasera”
“Io non ci sono, devo andare alla festa di Natale!”
“Ah, giusto. La tua grande serata… magari faccio un giro”
“Davvero? – chiedo, ironico – Non eri allergica a tutti quegli «adolescenti brufolosi», come li definisci tu?”
“Hai ragione. Sì, penso che farò altro. Divertiti”
Mi sbafo la colazione il più in fretta possibile, finisco di prepararmi e poi mi fiondo fuori di casa:  devo andare da Will con gli altri per sistemare l’occorrente per stasera.
Quando arrivo da lui, trovo davanti al cancello Kate, appoggiata a un furgoncino rosso.
“Ehi, Harry! Che bello vederti – esclama, venendomi incontro – Sei sparito!”
“Ciao Kate – rispondo – Ho avuto un po’ da fare, in effetti… come stai?”
“Bene, benissimo – replica, con un occhiolino – Sono venuta a darvi una mano. È arrivato il grande momento, eh?”.
Il suo sguardo ammiccante mi turba parecchio. Perché è spuntata di nuovo, all’improvviso? Inizio a vivere degli inquietanti flashback, tra tutti questi ritorni: la festa, la band, la litigata con Nicole,  Kate che ci prova…
“Sì, stasera si va in scena! I ragazzi sono dentro?”
“Sì, Nick mi ha detto di tenere d’occhio il furgone di Hay mentre finiscono di smontare la batteria… mi fai compagnia?”
Sorrido: “È meglio se prima entro a salutare, non vorrei mai che mi dessero dello scansafatiche”
Kate sembra delusa, ma alza le spalle e si appoggia di nuovo al furgoncino.
Osservo le sue lunghe gambe fasciate nei jeans aderenti, il suo modo di passarsi le dita tra i corti capelli rossi, l’immancabile trucco vistoso anche di giorno… sembra un po’ una zoccola.
Una zoccola di periferia, tra l’altro, di quelle che si incontrano ai semafori.
Povera Kate, così bella e così stupida…
Nel garage trovo Will e Hay che armeggiano con la batteria, mentre Nick sta comodamente svaccato sul divano a dirigere i lavori.
“Ciao ragazzi”, esclamo, avvicinandomi a Nick.
“Ciao Haz – risponde Hay – Vedo che hai ripreso ad essere ritardatario”
“Ho avuto problemi di sonno”, replico.
“Si vede, hai delle occhiaie che non finiscono più – commenta Nick – Birretta?”
“Ma sono le undici del mattino!”
“È sempre ora per una birra!”, esclama lui, indignato.
“Nick, ti verrà una bella epatite prima dei trent’anni”, borbotta Will, cercando di svitare un bullone.
“Sempre il solito inguaribile ottimista!”, replica Nick, sorseggiando la sua birra.
“Parlando di cose serie – intervengo – Nick, se tu sei qui a grattarti la pancia, perché hai lasciato Kate a fare la guardia al furgone?”
Il mio amico inizia a ridere e a tossire contemporaneamente, come se fosse sul punto di soffocare.
Mi avvicino e gli tiro delle poderose pacche sulle spalle per farlo riprendere, ma lui non riesce a smettere di ridere: ha quasi le lacrime agli occhi.
“Kate? – chiede Hay – Cosa c’entra Kate?”
“Era qui fuori, appoggiata al tuo furgoncino – spiego io – Nick le ha detto di tenerlo d’occhio”
“Furgoncino? Ma io sono venuto in macchina!”
Inizio a capire il motivo delle risate di Nick. Un altro dei suoi scherzi, proprio come faceva anni fa. Ecco l’ennesimo deja-vu da aggiungere alla mia interminabile lista.
“Nick – sussurra Will – Non dirmi che l’hai fatto di nuovo”
“Non ho saputo resistere! – esclama lui, asciugandosi le lacrime – Era davanti casa tua come una vedetta, non potevo lasciarmi sfuggire un’occasione simile!”
“Aspetta – lo interrompo – Quindi Kate che furgoncino sta piantonando?”
“Quello del vecchio bavoso che abita qui di fianco”, esclama una voce femminile, acuta e piena di rancore. Alzo gli occhi e davanti al garage vedo proprio Kate, visibilmente rossa in viso, con un’espressione di rabbia cieca stampata in volto.
“Nick, sei un coglione! – sbotta – Mi hai fatto fare una figura di merda!”
Nick è impallidito, mentre Will e Hay hanno smesso di lavorare per godersi la scena, ridendo sotto i baffi.
“Ah, Kate – dice Nick in un sussurro – Quindi il furgoncino…”
“Il furgoncino se n’è andato! – urla – Quel vecchiaccio è arrivato e mi ha cacciato brutalmente!  E ha anche pensato bene di darmi della prostituta!”
“Co…cosa?”, chiedo incredulo, cercando di trattenere le risate.
“Mi ha chiesto quanto voglio per un’ora! Ma che schifo! Avrà avuto settant’anni, non si vergogna?”
“Poverino, avrà i suoi bisogni”, dice Nick. Ma Kate si incazza ancora di più: “Poverino? POVERINO?! Ma ti rendi conto di quanto sia stato imbarazzante, deficiente che non sei altro? Ha pure tentato di palparmi il culo! Sarai soddisfatto, adesso!”
Nick ora è rimasto a bocca aperta: si vede che si sente in colpa, ma non so se avrà il coraggio di ammetterlo. È sempre stato molto poco propenso a chiedere scusa per le sue cazzate.
Invece, incredibilmente, questa volta si alza, abbraccia Kate e sussurra un sincero: “Mi dispiace. Pensavo fosse uno scherzetto innocente. Scusa”.
Che strano, questa parte nei miei ricordi non c’era. Forse non è vero che tutto si ripete allo stesso modo.
Nel resto della mattinata impacchettiamo tutti gli strumenti, li carichiamo sulle macchine di Hay e di Will e li portiamo a destinazione. Lavorando tutti insieme siamo stati veloci e persino l’aiuto di Kate è stato prezioso: ci ha stupito insegnandoci un modo efficace per arrotolare i cavi senza che si creino nodi gordiani.
Decidiamo di mangiare un panino in fretta e poi procediamo col sound-check nella palestra.
Mi sembra davvero di essere tornato al liceo: tutto è addobbato a festa, con tantissimi striscioni colorati, palloncini ovunque e decorazioni Natalizie che pendono da ogni trave.
E, soprattutto, l’energia del nostro gruppo non è diminuita di una virgola, anzi, semmai è aumentata. Stare di nuovo su questo palco con i White Eskimo mi fa sentire davvero bene. Sono felice, davvero felice.
Prima di tornare a casa per prepararmi, faccio un giro della palestra: cerco di memorizzare i punti strategici del vischio per non trovarmi, stasera, in situazioni scomode.
Proprio sotto uno stipite di una porta, però, mi imbatto in Kate; le sorrido imbarazzato e cerco di scivolare via, ma lei mi ferma: “Harry. Posso dirti una parola?”
Mi guardo intorno, a disagio, ma annuisco: “Certo. Ma magari andiamo più in là, ok?”
Lei scoppia a ridere: “Che c’è, hai paura che ti assalga sotto il vischio?”
“Forse un pochino – replico con un sorriso – Dimmi”
“Senti… volevo chiederti scusa per l’ultima volta. Mi sono comportata da scema”
Ho sentito bene?
“Non…non preoccuparti, eri un po’ ubriaca. Può capitare”
Lei ride: “Sei gentile, ma sai meglio di me che stavo solo facendo finta. È che tu sei sexy e mi attrai molto, ma questo non mi giustifica… cioè, in realtà volevo far ingelosire Nick”
Aspetta, CHE?
Credo di aver appena assunto l’espressione più scioccata della storia.
“Mi sono perso qualcosa?”, domando, cercando di far ripartire il cervello.
Lei arrossisce un poco: “Ecco, io e lui ci sentiamo, ogni tanto. Cioè, ultimamente, spesso. Abbiamo iniziato a frequentarci e qualche sera prima di quel famoso incontro in birreria avevamo litigato. Sono stata un po’ zoccola.”
“Un po’?”, esclamo.
Lei ride: “Un po’ tanto. Infatti sono qui per chiederti scusa, ti ho trattato male e ti ho usato. E ti ringrazio, per non averne approfittato”
“Uhm… prego? – balbetto – Voglio dire, non credo ci sia bisogno di ringraziare. Alla fine non ho fatto niente di che”
“Non tutti sono in grado di ragionare come ragioni tu, Harry – dice – Sei stato molto sincero e onesto, per questo ti ringrazio”
Mi sento molto in imbarazzo: “Non ho fatto nulla, davvero. Mi sono comportato solo con spontaneità… non che tu non sia bella, sia chiaro. Sei una splendida ragazza molto provocante e anche tu mi attrai, ma… ok, forse è meglio se smetto di parlare”
“Sì, forse è meglio – replica Kate ridacchiando – Comunque grazie. Amici come prima?”
“Amici come prima – rispondo con un occhiolino – E in bocca al lupo con Nick”
“E a te con Heat. Ne hai bisogno più di me, al momento”
“Come lo sai?”, domando. Possibile che le notizie viaggino così in fretta? Pensavo di essere riuscito a tenere tutto per me.
“Ti conosciamo molto bene, Harry… Sappiamo quando stai male per qualcuno. Nick mi ha detto che ti ha visto molto giù di corda, ma oggi sei pimpante. Ho fatto due più due, non sono davvero così scema come sembra!”
Sorrido: “Grazie Kate. Davvero”
“È sempre un piacere, Harry”
Cosa dicevo dell’eterno ritorno dell’uguale? Direi che questa volta ho sbagliato alla grande
 
Mi sveglio di colpo, sentendo lo squillo di un telefono.
Del mio telefono.
Ci metto qualche secondo per capire cos’è successo: sono tornato a casa, ho acceso la tv e mi sono svaccato sul divano per rilassarmi un po’ e poi…?
Evidentemente poi mi sono addormentato.
Merda.
Afferro il telefono e, senza nemmeno guardare chi è, rispondo: “Pronto...?”
“Stavi dormendo?”
È Will.
“No, non stavo dormendo – mento – Che c’è?”
“Non dire bugie, lo so benissimo che te la stavi ronfando alla grande. Hay, avevo ragione! Sgancia dieci sterline”
“Avevate scommesso sul mio sonno?”
“Devo pur guadagnarmi da vivere in qualche modo! – risponde Will – Non siamo mica tutti ricchi come te”
“Un giorno smetterai di rinfacciarmelo – replico – Comunque, che c’è?”
“Niente, ho chiamato solo per svegliarti. Sono le cinque, tra un’ora e mezza passiamo a prenderti”
“Tra un'ora e mezza! Will, in un'ora e mezza potrei arrivare a Londra!”
“Sì, ma a noi servi qui. E ci servi in orario. A dopo”
Will mette giù, senza nemmeno darmi il tempo di rispondere. Che uomo di poca fede! Pensa davvero che ci impiegherò tutto questo tempo per prepararmi? Mica sono una ragazza!
Salgo in camera mia pensando a come potrei vestirmi stasera.
In teoria non dovrebbe essere difficile, per un maschio, ma io ho troppi smoking, troppe camicie, troppe cravatte, troppo tutto. Maledetto guardaroba da vip.
Fisso l’armadio con lo sguardo perso: da dove comincio?
Quello che so è che stasera metterò le converse rosse. Nicole le adora, perciò credo siano proprio la scelta giusta..
Quindi ciò che si abbina meglio è lo smoking nero con la camicia bianca.
Prendo tutto l’abbigliamento e mi fiondo in bagno.
Mi faccio una bella doccia, mi sbarbo, sistemo i ricci – noto con piacere che le mie occhiaie sono quasi sparite – e mi vesto.
Sono proprio sexy stasera.
Ora la scelta cruciale: solito papillon, o punto su una cravatta?
La mia riflessione viene interrotta brutalmente dal telefono: è di nuovo Will. Merda, sono le sei e mezza.
“Esci subito, o ti ammazzo”
Anche questa volta non ho tempo di rispondere, perché ha già riattaccato. Afferro portafogli, chiavi e cellulare e me li ficco nelle tasche alla bell’e meglio; mi infilo il cappotto e corro sotto.
Davanti al cancello di casa mia c’è già l’auto di Haydn, così pulita da sembrare appena comprata.
“Sei passato dall’autolavaggio, eh?”
“Dovevamo farci belli!”, esclama lui.
“Che hai in mano?”, mi chiede invece Will, mentre entro in auto.
“Oh. Cravatta e papillon – rispondo – Quando mi hai chiamato stavo cercando di capire cosa fosse meglio”
“Meno male che non sei nato femmina, passeresti metà della tua vita davanti allo specchio”.
“Non sarebbe un tuo problema”
“Vuoi dirmi che non usciresti con me, bella gnocca?”, mi domanda Will, con un occhiolino.
“Vuoi dirmi che tu mi trovi sexy, bel figone?”, replico io.
“Vi prego, smettetela, potrei vomitare”, esclama Hay.
“Non puoi – gli dico – Sei ancora sobrio”
“Questo lo dici tu!”
Ho già capito che questa sarà una delle serate migliori di sempre.
 
Arriviamo a scuola da una stradina laterale, perché l’ingresso principale è intasato di gente e non è  il caso che io mi butti nella folla: molte delle persone che ci saranno stasera non mi conoscono personalmente e ho paura di essere sommerso da fan sin da subito. Meglio un rientro graduale nello spirito della star internazionale.
Hay si ferma vicino al parchetto in cui io e Nicole siamo andati appena sono tornato a Holmes Chapel: sembra passata una vita, invece è successo solo poco più di un mese fa.
Attraversiamo il prato di soppiatto e raggiungiamo l’uscita di sicurezza della palestra, dove Nick e Kate ci aspettano, tenendo la porta aperta.
“Siete riusciti ad arrivare puntuali, incredibile”, commenta Nick.
“Will mi ha minacciato di morte, più o meno – spiego – Com’è la situazione?”
“Tra cinque minuti apriranno le porte e i ragazzi andranno in aula magna – dice Kate – Ci sarà il solito discorso palloso del preside e poi verranno qui… penso abbiate mezz’ora di tempo per le ultime prove. Ma… perché hai una cravatta in mano?”
Ancora questa dannata cravatta.
“Non sapevo cosa mettere e i due rompipalle sono arrivati prima che potessi decidere”
“Fai vedere”, dice Kate, prendendomi dalle mani cravatta e papillon e posandomeli sul petto uno alla volta.
“Io voto per la cravatta, decisamente – aggiunge poi – Tu che dici, Nick?”
“Sì, anche io – replica lui - il cravattino fa troppo Doctor Who”
“Non mi sembra una cosa negativa!”, commento, mentre il mio amico se ne sta andando dietro al palco.
“Mettiamola così – mi sussurra Kate, lanciandomi uno sguardo ammiccante – La cravatta è molto più sexy. E tu stasera devi essere al massimo del tuo potenziale sexy. Chiaro?”
“Potenziale sexy?”
“Dai, lo sai che Nicole non ti potrà resistere – mi dice Kate, esasperata, mentre mi sistema la cravatta – Fidati di me, da questo punto di vista ci somigliamo molto”
“Va bene. Grazie, Kate”
“Di nulla, te lo devo. Ora andiamo, così fai un minimo di prove”
Salire su quel palco così piccolo, ma così pieno di ricordi, mi regala una serie infinita di stranissime sensazioni. Sono emozionato, sono carico, ma soprattutto sono più nervoso di quando vado in tour con i ragazzi. A proposito, dovrei chiamarli: Lou potrebbe uccidermi se sapesse che non gli ho riferito le ultime notizie su Nicole. Lo farò domani, sperando di poter raccontare qualcosa di bello. Di molto, molto bello.
Con i White Eskimo sprigioniamo un’energia incredibile, nonostante la palestra sia vuota l’aria è elettrica. Abbiamo fatto un ottimo lavoro di squadra, tutto è perfetto, dalle luci all’equalizzazione del suono, dalla disposizione sul palco alla scaletta; niente è lasciato al caso: questa sarà una serata indimenticabile.
“Harry, ti va di provare «You and I»?”, mi chiede Nick, dopo il terzo pezzo molto ben riuscito.
“Ma non è in scaletta”, obietto.
“Lo sappiamo – dice Will – Ma è anche vero che sarebbe un gran bel pezzo da pomiciata. Non credi?”
“Sì, senza dubbio – rispondo con una risata – In effetti potrebbe piacere. Però dovete aiutarmi con le seconde voci”
“Agli ordini – replica Nick – Pronti? Uno, due tre…”
Le note della chitarra esplodono dalle casse, una dolcissima melodia che riporta alla memoria tanti, troppi momenti. Gli stadi, gli abbracci, le ragazze che sorridono e piangono per noi e con noi. Questa canzone mi entra dentro e mi scuote come un uragano.
Chiudo gli occhi e lascio che la musica mi coinvolga fino alla fine, mi faccio trasportare dalle note e inizio a cantare…

“Io l’ho capito,
L’ho capito chiaramente
I secondi e le ore
Forse dovevano solo prendersi del tempo
So come funziona
So come si va da ciò che è sbagliato a ciò che è giusto
Il silenzio e il suono
Si sono mai abbracciati forte quanto noi?
Hanno mai lottato quanto noi?”

Apro gli occhi e la vedo.
C’è solo lei, in piedi davanti al palco, che mi guarda con un sorriso dolcissimo e con gli occhi che le brillano.
Nicole.
Non è solo un sogno, non la sto immaginando: è tutto vero.
Nel momento in cui i miei occhi si incatenano ai suoi, il tempo si ferma.
Non c’è davvero nient’altro intorno a noi.
Vorrei smettere di cantare e lanciarmi tra le sue braccia, baciarla fino a smettere di respirare, stingerla forte a me e chiederle scusa, dirle che l’amo, accarezzarle il viso… e vorrei fare tutto questo contemporaneamente. Non saprei nemmeno da dove cominciare.
E quindi capisco che il modo migliore è continuare a cantare, perché è l’unica cosa che so di saper far bene davvero…

“…Tu e io
Non vogliamo essere come loro
Noi possiamo farcela, fino alla fine
Niente si può intromettere tra di noi
Nemmeno gli dei sopra di noi
Possono separare noi due
No, niente si può intromettere tra di noi
Oh, tu e io…”

Continuo a guardare Nicole dritto negli occhi, senza staccarle un secondo lo sguardo di dosso.
È così bella con quel vestito blu. È quello che abbiamo comprato insieme a Londra, l’ho riconosciuto. Sono felice che l’abbia messo.
È bellissima.

“…Ho capito
Ho visto gli errori dall’inizio alla fine
Ci siamo incontrati a metà strada
C’è sempre posto per dello spazio in comune
Io so com’è
Io so com’è per il giorno e per la notte
Non sono mai insieme,
perché vedono le cose diversamente, come noi
ma loro hanno mai provato quanto noi?”

Mi rendo conto di avere gli occhi lucidi. Non poteva esserci maniera migliore per dire a Nicole tutto quello che sto provando e lei se n’è accorta. Lo vedo da come mi guarda, lo sento da come mi batte il cuore.
Credo che i miei amici sapessero che lei stava arrivando. Devono averlo fatto apposta.
Grazie, ragazzi. Grazie davvero.

“…Tu e io
Non vogliamo essere come loro
Noi possiamo farcela, fino alla fine
Niente si può intromettere tra di noi
Nemmeno gli dei sopra di noi
Possono separare noi due
No, niente si può intromettere tra di noi
Perchè, tu e io
Non vogliamo essere come loro
Noi possiamo farcela, fino alla fine
Niente si può intromettere tra di noi
Nemmeno gli dei sopra di noi
Possono separare noi due
No, niente si può intromettere tra di noi
Oh, tu e io…
Tu e io
Possiamo farcela, se ci proviamo
Tu e io…”

La musica finisce, tutto si ferma e io resto sul palco, immobile, come trattenuto da delle corde invisibili. Ho paura di svegliarmi da questo sogno, ho paura che anche muovendo un solo muscolo tutto ciò sparisca.
Anche Nicole è immobile e mi sembra di scorgere una lacrima sulle sue ciglia.
Continuiamo a guardarci da lontano, sorridendo.
“Harry… - mi sussurra Will – Muoviti. Vai da lei. Ora”
 
 



***PICCOLO ANGOLO DELL'AUTRICE***
Ciao ragazze! Eccomi di nuovo qui!
questa volta ci ho messo un po' di meno ad aggiornare, perchè i miei mi hanno finalmente concesso di usare il computer di casa (alla buon'ora, aggiungerei!).
Grazie mille per tutti i vostri messaggi di supporto: purtroppo non riesco a rispondervi subito, quindi scusatemi.
Vi chiedo anche umilmente perdono se non sono riuscita a passare e a recensire le vostre FF di recente: vi prego, linkatemele e appena possibile passerò, promesso!
Spero che questo capiotlo vi piaccia, ci ho messo dentro tanta felicità e speranza perchè sono due sentimenti che ultimamente scarseggiano un po' troppo ;)
Cosa succederà nel prossimo capitolo? Lo scoprirete presto!
Intanto fatemi sapere cosa pensate di questo sviluppo: vi piacciono i personaggi? Sono troppo lunghi alcuni passaggi? Let me know.
Vi voglio tanto bene! Un bacio

 

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Capitolo 18
*** 18.Still The One ***


18_
Still_The_One_

 


“Vai da lei”, mi ripete Will, ma io sono come paralizzato.
Anche Nicole sembra non riuscire a muovere un muscolo.
Continuiamo a fissarci sorridendo, come due cretini, senza fare un passo in avanti.
Will mi spinge: “Muoviti, cretino”
Vedo che Nicole soffoca una risata, mentre io, impacciato, salto giù dal palco senza riuscire più a staccarle gli occhi di dosso.
Ogni secondo sembra durare un’eternità, mi pare quasi di camminare a rallentatore.
Quando ormai sono a pochi passi da lei, mi fermo.
Ho il fiato corto, come se un nodo stesse stringendo la mia gola. Riesco a dire un “Ciao” strozzato e poi perdo le parole.
Guardo quegli occhi di miele che tanto mi sono mancati e capisco che anche Nicole prova le mie stesse emozioni; è come guardare me stesso, in questo momento siamo uguali. Siamo come due adolescenti impacciati, alle prime armi, diffidenti e insicuri.
Siamo uno il centro di gravità dell’altra e abbiamo paura di precipitare, sfuggendo dalla nostra stessa orbita.
“Ciao”, risponde lei, in un dolcissimo sussurro.
Quante cose vorrei dirti, Nicole, quante frasi sto pensando in questo momento.
Quanti pensieri, quante domande, quante scuse vorrei saperti esprimere, ma è come se tutte le mie parole si stessero accalcando per uscire dal mio cervello, bloccandosi in un ingorgo emotivo che mi impedisce di capire quale sia la cosa giusta da fare.
“Stai…stai molto bene”, dico, quasi balbettando.
Il mio cuore ormai è esploso, lo sento in gola. Vorrei che tutto ciò che c’è intorno a me sparisse, vorrei che rimanessimo soli, io e lei, soli in silenzio a perderci ognuno nello sguardo dell’altra.
Vorrei baciarla, vorrei toccarla, vorrei poter tornare indietro e non averla mai persa.
Vorrei, vorrei, vorrei…
“Grazie – risponde – Anche tu stai molto bene”
“Sei bellissima stasera, davvero…”
Non avrei dovuto dirlo, forse, ma non so che mi è preso. Mi è scappato, non riesco a controllare più il mio cervello.
Faccio un passo in avanti, mentre lei sorride timidamente guardando per terra.
È strano vederla così, dolce, timida e quasi indifesa… dentro di me cresce un istinto di protezione, vorrei abbracciarla per poterla difendere da tutto e da tutti.
Ma poi mi ricordo che è solo colpa mia se lei si sente indifesa.
Sono stato io a farla soffrire, sono stato io a farla piangere.
Mi avvicino sempre di più e con le dita le accarezzo dolcemente una guancia. Il contatto con la sua pelle liscia e candida mi fa sentire di nuovo vivo.
Insieme chiudiamo gli occhi e mi lascio invadere da un calore incredibile, antico e nuovo allo stesso tempo.
Quando riapro gli occhi mi accorgo che anche Nicole ha alzato lo sguardo.
I suoi occhi brillano, le sue labbra morbide sono socchiuse in un sorriso strano, quasi di sollievo.
Mi domando se anche io sia sfoggiando la stessa espressione e so che la risposta non può essere che sì.
Siamo uguali, io e lei.
Con il pollice sfioro le sue labbra, mentre lei appoggia la sua mano sulla mia, chiudendo gli occhi.
Mi avvicino a lei ancora, scostandole un ciuffo corvino dal volto e sistemandoglielo dietro l’orecchio.
Sento il suo profumo dolce riempire l’aria, sento di nuovo il sangue scorrere nelle mie vene.
Nicole tiene gli occhi chiusi, ma sorride.
Appoggio la fronte sulla sua, continuando ad accarezzare il suo viso.
“Scusami, Nikki – le dico a fior di labbra – Scusami, davvero… mi dispiace… tantissimo”
Lei abbassa di nuovo lo sguardo, scuote la testa e, sorridendo, mi posa un indice sulla bocca.
“Non ora, Harry… stai zitto…”
Mi avvicino a lei sorridendo, insicuro e felice, e tutto ciò che so è che voglio solo baciarla.
Le sue labbra sono tutto quello che desidero e ora, finalmente, sono vicine alle mie.
Vicine, molto vicine…
“HARRY STYLES, FINALMENTE!”
Questa voce.
No.
Questa voce stridula e saccente ci fa sobbalzare, facendo esplodere la nostra bolla incantata.
Nicole mi guarda e scoppia a ridere.
“Dimmi che non è lei”, dico, a denti stretti.
“Temo di doverti deludere”, risponde, allontanandosi di qualche passo.
Mi giro e la vedo: la signorina Bennett.
La mia vecchia, decrepita e antipatica insegnante di matematica.
La donna che aveva reso la mia vita un inferno, quella che mi aveva fatto odiare i numeri più di qualsiasi altra cosa al mondo.
“Signorina Bennett – esclamo, con la voce di entusiasmo più falsa della storia – Che piacere rivederla!”
“Il piacere è tutto mio, Harry”, risponde lei, venendo verso di me a passi altalenanti. Il passare degli anni le ha giocato un brutto scherzo, sta diventando sempre più gobba e più zoppa.
Vengo investito dalla puzza di naftalina prima ancora di stringerle la mano.
“Non sai che piacere rivederti nella tua vecchia scuola, mio caro. Quando ho detto al preside che avevi accettato il mio invito non poteva crederci! Sai, non pensava che io avessi tutto questo ascendente su di te…”
“Si figuri, è un piacere”.
Ascendente, certo.
Ascendente tua sorella, vecchia megera.
L’unico motivo per cui ho accettato di essere qui è perché me l’ha chiesto Nicole.
Certo, anche per suonare con i ragazzi, ma loro sono arrivati dopo.
“Oh, signorina Heat – esclama poi la professoressa, gettando un occhio alle mie spalle – Non l’avevo vista. Spero di non aver interrotto niente di importante”
Guardo Nicole arrossire impacciata, mentre io mi acciglio vistosamente. Che faccia da culo, la signorina Bennett.
“No, no – replica Nicole – Si figuri, non ha proprio interrotto nulla… noi stavamo…”
“Bene – la interrompe la vecchia, girandole le spalle – Sono venuta ad avvertirvi che il discorso in aula magna sta per finire, quindi è il caso di tornare ai posti di combattimento. Su, hop, hop, dietro le quinte”.
La signorina Bennett mi prende sotto braccio e mi spinge verso il palco, con una forza che non mi sarei mai aspettato da una donna della sua età.
Ho giusto qualche secondo per voltarmi a fare un cenno di “Ci vediamo dopo” a Nicole, che è ancora incredula, con la bocca spalancata per lo sdegno di essere stata interrotta brutalmente a metà di una frase.
La signorina Bennett mi trascina dietro al palco continuando a blaterare di quanto sia felice di rivedermi e di quanto sia orgogliosa del mio successo, ma io non riesco a captare molto di quello che dice. La puzza di naftalina e la rabbia nei suoi confronti mi stordiscono e non è il caso che mi succeda, visto che tra poco dovrò salire sul palco ed esibirmi.
“Ed ecco qui i tuoi amichetti – esclama la professoressa, vedendo Will, Nick e Hay – Mi fa piacere vedere che siete ancora in contatto. Sapevo che eravate una bella classe, un gruppo strepitoso. L’ho sempre detto ai miei colleghi: «Questi ragazzi andranno lontano, hanno un futuro glorioso davanti!». Ma loro no, mica ci credevano, sapete? Che testardi, questi professori…”
Will sta cercando di non scoppiare a ridere, guardando la mia espressione di totale alienazione: non credo a una parola di quello che va blaterando la mia ex insegnante: lei non ha mai creduto in me, né tantomeno nei miei amici. Ci considerava un branco di stupidi incapaci e maleducati, interessati solo alle ragazze. L’unico che aveva il suo favore era Hayden, ma solo perché in classe era il più silenzioso di noi.
“Allora, siete pronti?”, ci chiede poi, interrompendo il suo monologo.
“Sì, prontissimi”, esclama Nick.
“Mi raccomando, non fatemi fare brutte figure davanti al preside! – esclama, mentre si sente un rumoroso vociare che aumenta di intensità – Oh, ecco che arrivano i ragazzi. Molto bene. Tra poco il preside salirà sul palco e vi presenterà; non che ce ne sia bisogno, ovviamente…” mi guarda ammiccando e io abbozzo un sorrido finto e tirato.
Quanto la odio.
“Quando vi stufate di cantare, fate un cenno al ragazzo dei dischi, senza problemi. Lo paghiamo apposta. Buona fortuna!”
La guardo sparire nel corridoio tra il palco e la palestra, zoppicante, mentre lascia dietro di sé una puzza di naftalina che farebbe impazzire di fame Eta Beta.
“Ha detto davvero «ragazzo dei dischi»?”, chiede Hay.
Annuisco: “Probabilmente per una donna del Medioevo è troppo difficile imparare il termine «DJ»”
I ragazzi ridono, ma vedo il loro nervosismo aumentare: non sono abituati ad esibirsi davanti ad un pubblico così numeroso; non sono abituati a sopportare la tensione del pre-concerto; non hanno mai gestito la paura di deludere una folla accorsa solo per loro.
Mentre il preside prende la parola, vedo i miei amici diventare sempre più pallidi.
“Ragazzi, dovete stare tranquilli – dico, per calmarli – Siamo bravissimi, siete bravissimi e andrà tutto bene. Ok?”
“Facile per te, una palestra con trecento persone è il tuo pane quotidiano!”, mi rinfaccia Will.
“In realtà è solo l’antipasto – preciso – Ma vi assicuro che non cambia nulla rispetto a quando vi esibite in un pub”
“Certo, come no – replica Hay, ormai quasi bianco in viso – Peccato che questi siano degli adolescenti incattiviti, pronti a rinfacciarci ogni minimo errore”
“Allora rimarranno delusi, perché non sbaglieremo nulla – rispondo – E basta polemiche. Saliamo su quel palco e pensiamo solo a divertirci. Chiaro?”
Loro annuiscono, ma non sembrano convinti.
“Forza, venite qui – dico – Mani al centro. Al mio tre, urliamo White Eskimo con quanta più aria abbiamo nei polmoni. Uno, due, tre…”
“WHITE ESKIMO!”, gridano i miei amici.
“I White Eskimo”, annuncia il preside.
Un boato si alza dalla folla e il panico si dipinge sui volti dei miei amici.
“Forza, forzaaa!”, grido, spingendoli fuori dalle quinte.
Salire sul palco e vedere quella fiumana di gente mi fa una certa impressione: non è tanta folla, rispetto ai numeri a cui sono abituato, però sono quasi tutti volti noti; sono ragazzi che incontravo – e incontro – ogni giorno mentre passeggio per le strade di Holmes Chapel, sono ragazzi che mi conoscono da prima del successo. Sono persone che, in un certo senso, mi hanno sempre visto come Harry Styles il figlio di Anne, prima ancora che Harry Styles degli One Direction.
È strano vedere che in prima fila non ci sono solo ragazze.
I miei compagni prendono posto, mentre io afferro il microfono.
“Ciao a tutti, ragazzi!”
Le urla aumentano.
“Wow, siete carichi! Non voglio ammorbarvi con le mie chiacchiere di circostanza, quindi vi ringrazio solo per essere venuti qui e vi auguro un buon divertimento!”
La folla grida più forte, mentre i White Eskimo colgono subito il mio cenno e attaccano col primo pezzo.
E la magia inizia, ancora una volta.
L’energia incredibile che sprigioniamo sul palco fa ballare tutti, fa saltare, cantare e scatenare anche i più timidi.
I miei amici si rilassano e iniziano a suonare come se fossimo ancora nel garage di Will, come se tutta questa folla non esistesse, e si divertono. Oh, se si divertono.
Sono dei veri animali da palcoscenico, questi tre.
E anche io mi diverto molto.
Ho visto Nicole e in più ora sto facendo qualcosa che amo, con i miei amici di infanzia: come potrei non essere felice?
Ed è proprio a Nicole che penso mentre mi scateno.
Tante volte, quando ero al liceo, mi sono trovato su un palco come questo, mentre Nicole mi guardava divertita dalla folla. Certo, di solito non c’era tutta questa gente, ma non cambia nulla.
Sì, perché anche tra tutta questa gente, io riesco a vedere Nicole.
È lì, in mezzo alla pista, e ancora una volta, come un tempo mi guarda divertita. Sta ballando con Sean, ma che mi importa? So che nel suo cuore ci sono io e mi fa piacere che si stia divertendo.
Anche con Sean.
 
Dopo quasi un’ora di canzoni, decidiamo di fare una pausa.
Ringraziamo il pubblico e torniamo nel backstage, per riposarci, mentre il “ragazzo dei dischi” intrattiene il pubblico.
“È stato fantastico!”, urla Nick, saltandomi al collo. È sudato fradicio, poverino.
“Siete stati grandi!”, dico, abbracciandolo.
“Siamo stati grandi”, mi corregge Will, mentre si passa un asciugamano tra i capelli madidi di sudore.
Incredibilmente, io sono ancora immacolato: mi sono esibito dando il meglio di me, ma non una goccia di sudore sembra bagnare i miei vestiti. Sarà che ormai il mio corpo è abituato a ritmi ben maggiori?
“Dopo suoniamo ancora?”, domanda Hay.
“Oh, sì, vi prego!”, esclama una voce maschile alle mie spalle.
Girandomi, mi trovo davanti Sean.
Nella stanza, per qualche secondo, scende il silenzio.
È come se tutti stessero cercando di capire le mie reazioni.
Io non so bene cosa pensare, in realtà: poco fa, vedendo la gioia negli occhi di Nicole, ogni rancore era sparito; adesso, però, mi sento strano.
Poi, però, vedo spuntare Nikki, che mi guarda con un’espressione indecifrabile.
Cos’è quella che hai sul volto, Nicole? Curiosità? Impazienza? Vedo una nota di sarcasmo, forse anche un po’ di sfida…
Ed è allora che decido: “Certo, Sean. Se ce lo chiede il nostro fan numero uno non possiamo dire di no”. Vado verso il mio vecchio amico/nemico e lo abbraccio, come se non avessi mai provato tutta la gelosia che, invece, mi ha logorato per giorni.
Mentre lo abbraccio, vedo Nicole che si scioglie nel più radioso dei sorrisi: ora mi ha perdonato davvero.
“Siete stati davvero eccezionali, ragazzi – esclama Sean, salutando gli altri – Dovevate vedere le facce di quelli della gang di Donald, avevano scommesso su un vostro misero fallimento”
“La gang di Donald è qui? – domanda Will, ironico – Davvero ci ha fatto questo onore?”.
Quanti ricordi riaffiorano alla mia mente: Donald, quel pallone gonfiato che sapeva solo fare lo spaccone, atteggiandosi a padrone della scuola. Lui e la sua gang di bulletti da quattro soldi, che riuscivano a farsi rispettare solo con la minaccia di menar le mani.
Noi, per fortuna, eravamo fuori dalle sue mire: troppo uniti per essere presi uno alla volta, troppo poco sfigati per essere minacciati, troppo desiderati dalle ragazze per essere prese per il culo.
Quei quattro falliti non erano andati lontano, dopo il liceo, ma non avrei mai creduto di incontrarli qui.
Nicole mi si avvicina, intrecciando le dita con le mie: “Donald ha trovato da ridire sulla scelta di alcuni pezzi – dice – Ma credo fosse solo perché non sa parlare. Troppe parole in quelle canzoni”
I miei compagni sghignazzano, mentre io mi perdo negli occhi di Nicole.
“Ti va di fare una passeggiata?”, le chiedo, bisbigliandole all’orecchio.
Lei annuisce.
“Ragazzi, noi andiamo a fare un giro. Ci vediamo dopo”
“Non fate porcherie!”, mi grida Nick, mentre varco la soglia della palestra, ritrovandomi di nuovo nel giardino, ma questa volta in dolce compagnia.
 
Io e Nicole passeggiamo per qualche minuto mano nella mano, in silenzio, lanciandoci dei veloci sguardi fugaci, pieni di una pura felicità.
Vorrei baciarla, ma non è questo il momento.
L’aria è fredda, ma io sento solo calore.
Nemmeno lei sembra soffrire il gelo della sera.
Quando ormai abbiamo raggiunto il limitare del sentiero, Nicole si ferma.
“Non posso camminare nel prato con i tacchi, rischio di affondare”
“Ti prendo in braccio, se vuoi”
“No, non mi va di andare in mezzo ai campi…”
Siamo fermi sul vialetto, nel silenzio più totale, illuminati solo da degli splendidi raggi di luna.
Mi giro e la guardo negli occhi, senza sciogliere la presa sulla sua mano.
“Sei davvero bellissima stasera”, sussurro.
“Anche tu lo sei…”
“Ma non sono degno di te”
Lei abbassa lo sguardo, sorridendo: “Sai benissimo che non è vero”
“O sì che è vero”, replico, sfiorandole di nuovo il viso.
Avvicino di nuovo il volto al suo e ancora una volta ci troviamo fronte contro fronte, ad occhi chiusi, a respirare insieme.
Posso quasi sentire i battiti del suo cuore, mentre le passo le dita sul collo, tra i ciuffi di capelli ribelli che sono sfuggiti dalla sua acconciatura…
“Mi dispiace, Nicole… Davvero”
“L’hai già detto, Harry…”
“Sì, ma…”
“Baciami”
Apro gli occhi e vedo solo il suo sguardo luminoso, due gocce d’oro liquido grandi come l’oceano intero. E questa è l’ultima cosa che vedo, prima di tornare a posare le labbra sulle sue, prima di poter baciare di nuovo quella bocca di velluto che per tanto, troppo tempo ho sognato e ho temuto di aver perso.
Il nostro bacio è un vortice di emozioni: desiderio, gioia, tristezza, sollievo, passione, amore, amore e ancora amore si mescolano ed esplodono dentro di me come mille bombe atomiche.
Non sento nemmeno più il mio corpo, non ho consapevolezza di me.
Non so come mi chiamo, non so dove sono.
So solo che c’è Nicole e tutto il resto non conta.
Staccandomi da lei vedo riflesse le mie emozioni sul suo viso e capisco quanto sono fortunato.
“Ti amo, Nicole”
Lei ride. “Era ora che te ne accorgessi”, mi risponde, prima di baciarmi ancora, e ancora, e ancora…
 
Quando, un’eternità dopo, decidiamo di rientrare in palestra, sono un uomo nuovo.
Sono vivo, vivo davvero, vivo come non lo sono mai stato.
Harry Styles non è mai esistito davvero, ora ne sono certo: Harry Styles esiste da oggi, da pochi minuti. O forse poche ore, chi lo sa?
Cia siamo raccontati tante cose, anche solo stando in silenzio.
E ora torniamo in palestra mano nella mano, senza curarci di chi ci guarderà, senza preoccuparci di quante foto ci faranno. Senza alcuna preoccupazione, con la testa leggera e il cuore pieno di felicità.
Ma, quando entriamo nel backstage, restiamo paralizzati.
Davanti a noi, per terra, c’è Sean con la camicia strappata, un occhio nero e del sangue che gli cola dal naso, circondato da Donald e la sua gang.
“Che cazzo state facendo qui?”, urlo, mentre Nicole corre da Sean.
“Ah, è arrivata la star – mi dice Sean, parandosi davanti a me – Eri andato a divertirti con l’amichetta del frocio?”
Una rabbia cieca mi invade: “Quello che stavo facendo non sono affari tuoi. Ma quello che stavi facendo tu potrebbe essere un problema”
“La… lascia perdere, Harry”, balbetta Sean, cercando di tirarsi su.
“No, non lascio perdere, Sean – gli dico, aiutandolo – Chi ti credi di essere, Donald? Pensi davvero di farla franca di nuovo? Non siamo più al liceo, non so se te ne sei accorto”
Donald ride: “Ma guarda, Harry Styles ora è diventato un paladino dei froci. Cosa c’è, ti piace prenderlo nel culo?”
“Dio, Donald, sei tanto grosso quanto sei ignorante”
“Prova a ripeterlo, se ne hai il coraggio”, mi dice, tirandomi su per la camicia.
La sua brutta faccia ora è a pochi centimetri da me e sento la puzza del suo alito da fumatore entrarmi nelle narici.
“Harry ha ragione, Donald – commenta Nicole – Se pagassero la stupidità al chilo, vendendo la tua diventeresti miliardario”
“Stai zitta, troia”, ribatte un amico di Donald, che fino a quel momento non aveva fatto altro che ridere.
“Non osare”, diciamo insieme io e Sean.
“Ma guarda! – esclama ironico Sean, lasciandomi andare – Dite anche le cose contemporaneamente, tu e il frocio. Che carini che siete. Vi lasciamo soli, così potete fare una cosa a tre. Forza, andiamocene…”
Girando le spalle, Donald se ne va, mentre io torno da Sean e Nicole.
“Come ti hanno conciato – sussurra lei, non togliendo gli occhi di dosso al suo amico – Questa volta non la passeranno liscia, te lo prometto”
“Tranquilla, lascia perdere”, borbotta lui, con un filo di voce. Si vede che sta soffrendo, ma non vuole farlo vedere.
Cosa impossibile, peraltro, considerando il fiotto di sangue che gli esce dal naso.
“Sean, perché ti hanno fatto questo?”, chiedo.
Lui ride. “Perché, Harry? Perché sono ignoranti”
“Questa non è una novità – commento – Ma non capisco perché ti hanno picchiato con tutta questa violenza”
Sean ride di nuovo. “Mi hanno picchiato perché sono gay – mi dice – E perché sto con il fratello di Donald”
 
 
 
http://www.youtube.com/watch?v=pbXHb_CNP1E
 
***PICCOLO ANGOLO DELL'AUTRICE***
Ciao a tutti!
Questa volta mi sono fatta desiderare di meno, così magari mi perdonate per quanto vi ho fatto tirare il collo per gli scorsi capitoli ;)
Spero che questa svolta vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate, se va bene o se devo modificare qualcosa.
Fatemi anche sapere se trovate qualche errore, perchè purtroppo avendo i "tempi contingentati" (posso stare al computer al massimo un'ora al giorno e quindi faccio tutto di corsa!) non riesco a leggere con attenzione tutto quanto.
Grazie mille per la vostra pazienza e il vostro supporto, vi voglio bene!
Neera
PS: stavo pensando, per il prossimo capitolo, di fare un po' di pubblicità per qualche storia delle vostre, quindi, se avete dei consigli di lettura, datemeli :D

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Capitolo 19
*** 19.Little White Lies ***


19_
Little_White_Lies_

 


Ho sentito bene? Sean è gay?
Sean è gay e sta col fratello di Donald?
Sono sicuro di aver capito quello che ho capito, ma non sono certo di poterci credere.
Sean era un donnaiolo professionista, fino a qualche anno fa. Si è fatto mezzo liceo, Nicole compresa.
“Sei sconvolto, eh?”, mi domanda, facendomi uscire dal mio stato di shock.
“Eh, un pochino”, rispondo, imbarazzato, mentre lo aiuto a rimanere in piedi.
“Se ti senti a disagio puoi anche lasciarmi andare, credo di riuscire a camminare da solo”
“Ma non dire cazzate – replico, con un tono pieno di sdegno – Sono rimasto solo spiazzato perché non me l’aspettavo, tutto qui”
“Lo immaginavo – dice Nicole a Sean, porgendogli una sedia su cui appoggiarsi – Se te l’avessi detto io non ci avresti nemmeno creduto…”
“Adesso non esagerare – la interrompo, prima che una sua occhiata sarcastica mi faccia ammettere la verità – Ok, forse è vero, non ci avrei creduto. Avrei pensato ad una scusa per non farmi ingelosire. È che è… è…”
“…incredibile – conclude Sean, con un sorriso – Lo so. È del tutto inverosimile, a un punto tale che io ancora faccio fatica a credere che sia vero. Ma è così. Sono gay e devo imparare a non vergognarmene”
“Ci mancherebbe altro!”, esclamo, facendo ridere Sean, che però ha un’espressione di dolore dipinta sul viso: “Ti prego, non farmi ridere perché mi fa male tutto. Mi sa che per poco non mi rompevano una costola”
“Devi denunciarli, Sean”, gli dice perentoria Nicole, mentre con un tovagliolino umido gli pulisce il viso dal sangue.
“Non posso, renderebbero la mia vita un inferno”
“Perché, questo cos’è?”, domando.
Sento la rabbia salire dentro di me, una furia cieca che mi fa desiderare di aver preso a pugni quel deficiente di Donald, con tutti i suoi scagnozzi decerebrati.
Odio gli ignoranti, odio gli stupidi e gli intolleranti. E loro sono tutto questo.
“Devi denunciarli – continuo – Devi farlo per te e per il tuo ragazzo. Come può vivere felice, se ha un fratello del genere?”
“A Zach non dicono mai nulla – mi spiega Nicole – I suoi genitori hanno accettato la sua omosessualità senza battere ciglio, tant’è che Sean spesso è ospite da loro”
“Infatti mi chiedo come tornerò a casa stasera”, borbotta, con tamponandosi il naso con il fazzoletto.
“Aspettate, facciamo un passo indietro, sono confuso – dico – Stasera tu dovresti dormire a casa di Zach, che quindi sarebbe come dire «a casa di Donald»? Con quale faccia tosta ti ha ridotto così, se poi stai sotto il suo stesso tetto? E perché Zach non è qui?”
“Stasera lavorava, dovrebbe arrivare tra un po’ – risponde lui – Mentre Donald non ha alcun problema a menarmi, dato che quella non è più casa sua… se n’è andato di casa, «per sentirsi indipendente», dice, ma secondo me è perché si vergogna di vivere con un fratello gay e con dei genitori molto più mentalmente aperti di lui”
Pazzesco, davvero pazzesco. Non so cosa dire, sono sbigottito.
In quel momento entrano nel camerino Nick e Kate, che camminano mano nella mano, ridendo come due ragazzini innamorati.
“Cosa..?” esclamano insieme Nicole e Sean, quasi in un sussurro.
“Cosa?!”, urlano Kate e Nick, vedendo il sangue sui vestiti di Sean.
Per la prima volta, dopo lo scontro con Donald, non riesco ad evitare di ridere: le facce dei miei amici sono sconvolte, per un motivo o per un altro. Nicole è quella che fa più ridere: è come se avesse appena ricevuto un pugno in testa.
“Ehm – borbotto – Sorpresa!”
Sean ride, Nick arrossisce e Nicole mi lancia un’occhiata interrogativa: capisco che si sta domandando se io sapessi qualcosa. Ho come l’impressione che tra poco dovrò subire il terzo grado.
“Sean – dice, preoccupata, Kate – Che ti è successo?”
“Ho avuto un incontro ravvicinato con dei pugni – spiega lui – Ma non è niente di grave, non preoccupatevi. I miei infermieri mi hanno già sistemato”
“Hai visto chi è stato?”, mi domanda Nick.
“Donald – rispondo – Ha tentato di provocare anche me, ma poi se n’è andato con la coda tra le gambe”
“Avrà capito che spaccandoti la faccia avrebbe dovuto pagare un bel po’ di quattrini”, commenta Nikki.
“Già, forse non è poi così scemo – commenta Sean – È solo un povero ignorante capace di parlare solo con le mani”
“Devi denunciarlo – dice Kate, con un tono che non ammette repliche – Lo sai com’è fatto, non ti lascerà in pace fino a quando tu non reagirai”
Lui sorride, ma resta in silenzio.
“Kate ha ragione, Sean – sussurra Nikki – Ha perfettamente ragione. E sai quanto mi costa ammetterlo” fa l’occhiolino a Kate, che in risposta le fa una linguaccia ironica. Queste due sono davvero strane.
“Ci penserò – si arrende Sean – Ma ora voglio solo andare a casa, ho bisogno di riposarmi. Non voglio farmi vedere in giro ridotto così”
“Devo chiamare Zach?”, domanda Nick.
Ma possibile che tutti sapessero, tranne io? Che bella figura di merda che ho fatto, per tutto questo tempo. Odio rimanere all’oscuro dei gossip…soprattutto quando riguardano gli altri.
“Già fatto – replica Nicole, guardando lo schermo del cellulare – Mi ha appena scritto che sta aspettando sul retro”
“Ti accompagniamo fino alla macchina”, dico, offendo una spalla al mio ex-rivale. Nick mi imita e si affianca a noi, tenendolo dall’altra parte.
Povero Sean, immaginavo che prima stesse cercando di fingere di star bene, ma ora è visibilmente scosso e dolorante. Respira affannosamente e zoppica, pur essendo supportato da me e Nick. Il fiotto di sangue che gli usciva dal naso si è arrestato, ma il suo aspetto è comunque quello di un uomo a pezzi.
Mi fa tenerezza e mi sento molto in colpa per aver provato tanto rancore nei suoi confronti: l’ho incolpato della mia lite con Nicole, nella mia testa l’ho reso responsabile della mia infelicità, quando invece lui non ha fatto assolutamente niente, se non sostenere la ragazza che amo. L’ha sostenuta e coccolata, nonostante lui stesso fosse in una situazione molto brutta. Vorrei tanto potergli chiedere scusa e sdebitarmi con lui.
“Harry – mi dice Nicole – Se quando torni dentro non riesci a trovarmi in pista, ci vediamo qui al massimo tra mezz’ora, ok?”
“Non vieni?”
“No. Io e Kate vogliamo fare una cosa…” e, dopo aver dato un bacio in fronte a Sean, prende la sua rivale sotto braccio ed esce dal backstage.
“Non riuscirò mai a capire la mente femminile”, sospiro, mentre usciamo dalla palestra.
“Non credere che quella maschile sia meno complicata – risponde Sean, cercando di tenere un tono di voce normale – Quando ho capito di essere gay, ho pensato subito che almeno avrei avuto il vantaggio di capire il cervello dei maschi. Invece no, anche noi siamo degli enormi punti di domanda…”
Nick ridacchia: “Se non altro non ci mettiamo un mese a truccarci e non diventiamo pazzi per il ciclo”
“No, ma siamo altrettanto lunatici se siamo tifosi di qualche squadra… quando il Manchester perde, Zach è inavvicinabile”
Raggiungiamo il limite del cortile, dove è parcheggiata l’auto di Zach. Appena ci vede, scende di corsa dalla macchina e resta di sasso: “Dio… cosa ti ha fatto quello stronzo… Cosa ti ha fatto”
“Ciao Zachi – sorride Sean, mentre io e Nick lo lasciamo andare – Mi dispiace averti rovinato la serata”
“Ma sei cretino? – gli domanda lui – Quel coglione di mio fratello mi ha rovinato la serata. Anzi, mi ha rovinato la vita! Ma questa volta non la passa liscia… quando ti vedranno mamma e papà…”
Zach accarezza il viso del mio amico molto teneramente, nel suo sguardo vedo un amore dolce e sincero, tormentato e rabbioso. Sean invece è irrigidito e non capisco se è per il dolore delle ferite o se è per la paura della reazione dei genitori di Donald.
“Grazie per avermelo portato fin qui – dice Zach, sorridendo a me e a Nick, mentre sostiene Sean in una presa ferrea – Harry, non so se ti ricordi di me. Io di te mi ricordo molto bene e so che non deve essere stato facile trattare il mio ragazzo con tanta gentilezza”
“Credimi, è stato più difficile trattare tuo fratello con gentilezza. Il tuo ragazzo è un mio amico”
Gli occhi di Sean brillano sentendo quelle parole e capisco che, forse, sto riuscendo a farmi perdonare per la mia cieca gelosia nei confronti di Nicole: “Zachi, avresti dovuto vederlo. Questo scricciolo di Styles si è parato davanti a tuo fratello con una faccia tosta pazzesca. Sembrava Davide davanti a Golia”
“Ehi, non sono così gracile!”, protesto.
“Davanti a Donald  Montagnadimerda, sì – commenta Nick – Senza offesa, eh, Zach”
“Io non ho sentito nulla! – replica lui – Comunque grazie di tutto, davvero. Spero ci rivedremo presto. Ora è il caso di riportare a casa l’infortunato. Buona festa…”
Io e Nick salutiamo i due piccioncini e torniamo verso la palestra.
“Chissà cosa stanno combinando le ragazze”, dice Nick.
“Già. Quelle due sono fuori di testa, non riesco a immaginare cosa potrebbero fare insieme. Sai, da una parte credo sia stato un bene se in tutti questi anni si sono odiate”
Nick ride: “Beh, odiate è una parola grossa. Diciamo che si sono state cordialmente antipatiche”
“Cordialmente? Da quando darsi della puttanella è sinonimo di cordialità?”
“Da quando hanno capito che sono troppo simili per odiarsi, immagino”
In un certo senso Nick ha ragione: quelle due hanno tanti atteggiamenti comuni, tanti piccoli pregi (e anche tanti piccoli difetti) che le rendono, in qualche modo, troppo simili per andare d’accordo.
Ma, forse, stasera hanno trovato un motivo per una tregua.
Vorrei solo sapere di cosa si tratta.
Quando rientriamo in palestra, ci accorgiamo subito che c’è qualcosa di strano.
Si sente solo la musica del DJ, ma non si sente il solito chiacchiericcio di fondo che caratterizza le feste studentesche. Non si sente nemmeno cantare, a dire il vero. Non si sente proprio nulla, a parte la musica.
“Cha cavolo sta succedendo?”, domanda Nick, uscendo dal backstage e andando verso la pista.
E lì, poco dopo essere uscito dal corridoio, si ferma: “Non ci posso credere…”
“Che sta…oh”, esclamo.
In questo momento non so davvero cosa pensare. Il mio cervello si è inceppato per l’ennesima volta. Anche Nick ha la stessa espressione sconvolta. Tutto il resto della folla, invece è radunato ai lati della pista e fissa un po’ noi, un po’ il centro della sala, senza sapere cosa fare.
Perché al centro della pista c’è uno spettacolo che mi lascia senza parole.
Uno spettacolo che non pensavo che avrei mai visto e a cui non so come reagire.
Al centro della pista, davanti a un Donald visibilmente eccitato e instupidito, ci sono Nicole e Kate che ballano in maniera molto provocante. Forse anche troppo provocante, a dire il vero.
È come se nemmeno lui capisse cosa fare, ha occhi e bocca spalancati in un’espressione di estasi. Si limita ad ondeggiare sul posto, come un enorme albero scosso dal vento, senza sapere cosa guardare e senza nemmeno accorgersi che il resto della pista sta fissando proprio lui.
Se prendesse fuoco la sala, non se ne accorgerebbe.
Nicole e Kate, d’altra parte, non fanno altro che muoversi sensualmente, abbracciandosi, accarezzandosi e strusciandosi l’una all’altra, coinvolgendo anche Donald nel loro ballo al limite dell’erotico.
“Harry – mi dice Nick, con un fil di voce – Come dovrei reagire in questo momento?”
“Io – balbetto – Io non… non ne ho idea, credimi”
Entrambi non riusciamo a togliere gli occhi di dosso a quelle due creature splendide, quelle due ragazze che sanno benissimo di avere un’impressionante carica sessuale…e  che, soprattutto, sanno come usarla.
La vera domanda è: perché la stanno usando ora?
“Harry – sussurra di nuovo Nick – Mi odi se ti dico che in questo momento vorrei essere Donald?”
Faccio cenno di no con la testa per qualche secondo, perché non riesco nemmeno a parlare. Tutta la mia attenzione è fissa su quelle due.
Diavolo, odio essere maschio. Fermate i miei ormoni, vi prego.
“No, Nick, non ti odio affatto. Anzi, ti capisco fin troppo bene”
In questo momento Kate è appoggiata con la schiena a Donald, mentre Nicole è davanti a lei e le accarezza il viso, come se volesse baciarla da un momento all’altro.
Oh. Mio. Dio.
Fatele smettere.
E, in quell’istante, Donald cerca di baciare Kate.
Con la coda dell’occhio vedo Nick saltare come una molla, con i pugni chiusi pronti a spaccare la faccia del bullo. Ma Kate, con un’abile mossa, si allontana; ed è allora che io capisco quello che vogliono fare.
O, almeno, credo.
Riesco a tenere fermo Nick: “Non muoverti, guardale e basta. Credo di aver capito cosa stanno facendo…”
Infatti, pochi secondi dopo, è il mio turno di stringere i pugni: Donald ha appena tentato di ficcare la lingua in bocca a Nicole e io ho dovuto lottare contro la gelosia con tutte le mie forze.
Anche Nicole, però, si è allontanata e ora continua a ballare con Kate.
Donald, allora, si avvicina alle due ragazze e accarezza i loro visi, fissando, al colmo dell’eccitazione, i loro occhi provocanti uniti in una danza di sguardi fin troppo erotici.
Il bullo ora sta facendo il loro gioco, ma ancora non lo sa; lui vuole che loro si bacino davanti a lui.
Fa avvicinare i loro volti senza smettere di fissarle inebetito; ormai le due ragazze sono a pochi centimetri di distanza…
Ed è allora che succede.
Non so come, non so con quale forza, con una coordinazione degna di una squadra di ginnastica artistica, Nicole e Kate si allontanano, quasi con una piroetta, e tirano due poderosi schiaffi a Donald, che non ha nemmeno il tempo di capire cosa sta succedendo.
La folla esplode in un boato: chi ride, chi applaude, chi è rimasto deluso dal finale, chi guarda me e Nick…
Ma il vero spettacolo, ora, è la faccia di Donald.
È più sconvolto di me e, se possibile, sembra ancora più instupidito del solito. Con una mano sulla guancia doppiamente dolorante, si guarda intorno, rendendosi conti di essere stato al centro di uno spettacolino che l’ha messo in ridicolo davanti a tutta la scuola.
Anzi, considerando l’alto numero di ex-studenti partecipanti, dovrei dire davanti a mezza Holmes Chapel.
“Siete due troie!”, urla a Nicole e Kate, che lo guardano divertite, mantenendo una debita distanza.
“E perché mai?”, domanda Kate, con un tono da finta ingenua.
“Mi avete provocato come due troie e ora ve ne siete andate!”
“Abbiamo solo ballato un po’ con te, che male c’è?”, chiede Nicole, con lo stesso tono di Kate.
Donald sta diventando rosso di rabbia: “Siete due lesbiche di merda!”
Le due ragazze ridono.
“Ah, quindi saremmo due lesbiche di merda – commenta Nicole, sarcastica – Non mi sembrava ti dispiacesse che queste due «lesbiche di merda» ballassero con te, però. Mi sembri un po’ incoerente, Donalduccio”
“Non provocatemi – dice lui, a denti stretti – Non avete idea di cosa potrei fare”
“Ah, davvero? – riprende Nicole – Cosa faresti, sentiamo? Ci prenderesti a pugni come hai fatto con Sean?”
Eccola. Sapevo che sarebbe arrivata a questo. Lo sapevo. La mia Nicole, la mia incredibile Nicole. È una forza della natura, non ha paura di nulla. Soprattutto di quel coglione di Donald.
La folla ora bisbiglia: nessuno, a parte noi e la cricca di Donald, sa quello che è successo.
“Già, hai intenzione di chiamare i tuoi scimmioni per picchiarci?”, lo provoca Kate.
“Se l’è meritato. È un frocio di merda”, risponde lui.
Dalla folla si alza un boato di rabbia e indignazione e Donald diventa sempre più rosso in faccia: “State zitti voi, siete tutti dei finocchi!”
Nicole allora scoppia a ridere, in quel modo meraviglioso che tanto mi è mancato.
Sta deridendo platealmente Donald e ancora non è soddisfatta: “Quanto sei schifosamente ipocrita. Fin quando ci sono due ragazze che si baciano va bene, vero? Ma poi vedere due maschi che si amano ti fa schifo. Ti sei mai chiesto il perché? No? Te lo dico io, allora. Tu sei un povero ipocrita ignorante solo perché hai paura. Hai paura di non essere il «maschio dominante» e vuoi affermare la tua virilità semplicemente facendo a gara a chi mena più forte. Fai schifo, Donald. Dovresti solo andare a nasconderti”
Quando Nicole smette di parlare, nella sala è calato il silenzio più assoluto.
Ha fatto tacere tutti, in primis Donald.
È riuscita ad esprimere perfettamente quello che tutti noi pensavamo, quello che nessuno era mai stato in grado di dirgli direttamente.
Dopo qualche secondo di silenzio, iniziano a sentirsi degli applausi, che diventano sempre più scroscianti. A quel punto Nicole si rende conto di ciò che ha appena fatto e sorride, imbarazzata, prima di girare le spalle a Donald e venire verso di me, tenendo Kate per mano.
Ma, prima che riesca a raggiungere il limitare della folla, Donald urla di nuovo: “Non mi sembra che alla tua amichetta zoccola abbia fatto così tanto schifo la mia virilità”
Nicole si irrigidisce, ma Kate scoppia a ridere.
“Virilità? – domanda, girandosi lentamente verso di lui – Tesoro, io sono stata zitta in tutti questi anni, ma ora mi stai obbligando a parlare. Donnie, ammettiamolo. La nostra relazione non si può nemmeno definire tale. È stata fin troppo simile alla tua minchia: moscia e fin troppo breve”.
L’intera palestra si riempie di risate, mentre un Donald ferito e sconfitto se ne va a testa bassa.
Io e Nick andiamo incontro alle ragazze, facendoci largo a fatica tra tutti gli ammiratori che si accalcano per salutarle e congratularsi.
Quando le raggiungiamo, non posso fare altro che sorridere: “Siete state assolutamente magnifiche”
“Se l’è meritato! – esclama Nicole – Almeno adesso tutti sanno che è un fallito su ogni fronte”
“Davvero ce l’ha piccolo?”, chiede Nick a Kate.
Lei annuisce: “Non immagini quanto. Stavo con lui solo perché ha i muscoloni. Credo che il suo sia un modo di compensare…”
Non ho parole per descrivere il senso di orgoglio che provo in questo momento. Non ho fatto nulla, ma la lezione che Nikki e Kate hanno impartito a quel deficiente mi sta facendo esaltare e non posso evitare di sorridere, mentre torno dietro le quinte mano nella mano con la mia ragazza.
 
Il resto della festa è trascorso divinamente, senza più nessun bullo a dare fastidio, senza la preoccupazione di dover sistemare le cose con Nicole e, soprattutto, senza la paura di dovermi nascondere dal gossip. Mi hanno visto tutti con lei e non me ne frega niente: sono felice, felice, felice.
L’ho addirittura convinta a salire sul palco per un duetto, quando abbiamo ripreso a suonare con i White Eskimo. Forse la scelta di “Lucky” di Jason Mraz è stata banale, ma non poteva esserci pezzo migliore. Spero che qualcuno ci abbia registrato…
Ora che la festa è terminata, è il momento di tornare a casa. Io non voglio lasciare Nicole, anche se so che ci vedremo domani… Ogni minuto passato senza di lei è un minuto sprecato, vorrei poter stare con lei sempre e per sempre, fino alla fine del tempo.
“Senti, Nikki – le sussurro, mentre ci infiliamo i cappotti – Ti va di venire a dormire da me stasera?”
Lei sospira. Non mi sembra molto felice della mia proposta.
“Harry, non saprei… oggi non mi va di dormire da te”
“Perché?”, chiedo, mentre il mondo mi crolla addosso. Che ho fatto di male, questa volta? Mi sembrava tutto perfetto, non riesco a capire.
In un attimo ripasso mentalmente tutto quello che è successo e non vedo nemmeno un errore, un minimo indizio che possa farmi capire il perché del mio rifiuto.
“Vedi – risponde lei – Non mi va di dormire a casa tua per un semplice motivo: preferirei che fossi tu a non dormire a casa mia”
“A non dormire?”
“Esatto”, mi risponde, mordicchiandosi il labbro.
Non ci vuole un genio per capire cosa Nicole intende dire con quella frase.
Sorrido:“Credo proprio che accetterò la tua proposta, allora…”
E, mano nella mano, usciamo nella notte di Holmes Chapel, una notte che sarà tutt’altro che fredda.


***PICCOLO ANGOLO DELL'AUTRICE***
Ciao a tutti! Ecco un nuovo capitolo della nostra storia, questa volta ho provato a metterci meno tempo per non farvi aspettare.
Non c'è uno sviluppo particolare della relazione tra Harry e Nicole, quindi vi capisco se vi trovate deluse, ma penso che sia molto importante mettere in luce altri aspetti della vita quotidiana di  Holmes Chapel, soprattutto quando a movimentarla ci sono due peperini come Nikki e Kate. Spero che vi sia piaciuto comunque questo capitolo!
Come vi avevo anticipato, vi lascio tre storie a cui dare un'occhiata: sono tutte e tre molto belle, le seguo con passione e in più mi sono state consigliate da alcune di voi. Buona lettura e a presto!


 
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http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2502660  “We can make it 'till the end” di GiuliaeNancy
Un amore sembra finire per colpa di un tradimento, ma cosa succede se, invece, non fosse mai finito?
E cosa succede se, nei due anni di separazione, la nostra protagonista avesse tenuto per sè un segreto,
un segreto di nome Chanel?
 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2278339&i=1She is my little sister” di Mystical 
Una storia movimentata, tortuosa, piena di intrighi e colpi di scena. Quanto può resistere un amore, se la
protagonista si trova ad avere come fratellastro un certo Liam, che non fa altro che provocarla?

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2510470 “Give Your Heart A Break” di ally_elice99 
A volte non pensiamo a quanto i ragazzi possano essere condizionati dal successo, nelle loro relazioni.
Allora proviamo ad immaginare cosa può accadere quando Azzurra scopre che lo splendido Jeremy, il ragazzo perfetto,
in realtà non è altri che...

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