Ho Imparato A Sognare - What real love is about

di Nano
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo. ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto. ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto. ***
Capitolo 7: *** Capitolo Settimo. ***
Capitolo 8: *** Capitolo Ottavo. ***
Capitolo 9: *** Capitlo Nono. ***
Capitolo 10: *** Capitolo Decimo. ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undicesimo. ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodicesimo. ***
Capitolo 13: *** Capitolo Tredicesimo. ***
Capitolo 14: *** Capitolo Quattordicesimo. ***
Capitolo 15: *** Capitolo Quindicesimo. ***
Capitolo 16: *** Capitolo Sedicesimo. ***
Capitolo 17: *** Capitolo Diciassettesimo. ***
Capitolo 18: *** Capitolo Diciottesimo. ***
Capitolo 19: *** Capitolo Diciannovesimo. ***
Capitolo 20: *** Capitolo Ventesimo. ***
Capitolo 21: *** Capitolo Ventunesimo. ***
Capitolo 22: *** Capitolo Ventiduesimo. ***
Capitolo 23: *** Capitolo Ventitrèesimo. ***
Capitolo 24: *** Capitolo Ventiquattresimo. ***
Capitolo 25: *** Capitolo Venticinquesimo. ***
Capitolo 26: *** Capitolo Ventiseiesimo. ***
Capitolo 27: *** Capitolo Ventisettesimo. ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo ***


Come ho già anticipato nell'introduzione, dalla one shot "What Real Love Is About" ho deciso di tirare fuori una long fic. Non avevo una situazione particolare in quella storia, e nemmeno ce l'ho ora, ma ho una trama. Ho una trama, e come tutti quanti ho fantasia e sogni. L'inizio della scuola è stato traumatico, e con l'esame quest'anno non posso garantirvi al momento giorni di pubblicazione e simili, ma sapete che sono sempre stata fedele ai miei impegni e questo mio progetto andrà lontano. Vi invito ad ascoltare questa canzone dei Negrita http://www.youtube.com/watch?v=kycrKlrGk7U&feature=player_embedded e dedico questa fanficion a tre persone in particolari. Lara, la mia cucciola socia (persemrpetusarai) che mi sostiene sempre in tutto. Avrò bisogno di te. A tutti i fan Monchele, vi amo da sempre e per sempre, grazie per tutto l'affetto che mi avete sempre dimostrato. E infine al mio fidanzato che distrattamente ascolta i miei racconti. E che mi ha fatto ascoltare questa canzone. Buona lettura. L*

Ho imparato a sognare
what real love is about


“Lea Michele Sarfati!”

La voce di Edith arrivò chiara e qualche nota sopra del normale alle orecchie di Lea.

“Si mamma?” Chiese la ragazza allontanando un poco il telefono dall’orecchio.

“Non pensi sia ora di darmi dei nipotini?!” Strillò la madre.

“Mamma, che c’è?” Lea sentì la propria madre tirare su con il naso e sospirò.

“Sono gli ormoni, piccolina, scusa.” Fece una piccola pausa prima di ricominciare s trillare. “Ma sono seria riguardo ai bambini, accidenti!” E senza aggiungere niente riattaccò. Lea guardò il telefono e lo rigirò tra le mani.

Anche lei voleva dei bambini, accidenti. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per avere una famiglia numerosa, e decisamente non voleva avere un figlio unico come era toccato a lei. Le era sempre mancata una figura da proteggere o una figura che la proteggesse. Quest’ultima era riuscita a trovarla in Cory, e almeno di questo era felice. Sospirò pensando al fidanzato. Lei e Cory stavano insieme ormai da 5 anni, e mai avevano parlato di famiglia, mai. Per Lea era scontato ormai che lui fosse il padre dei suoi figli, ma per lui? Come la pensava lui?

Aveva troppa paura per parlargliene apertamente, e non riusciva a spiegarsene il motivo. Lui era sempre stato dannatamente sincero con lei, riguardo ad ogni cosa, e peggio ancora, era sempre stato un supporto importante per lei. Si massaggiò la pancia, immaginandola gonfia e piena, e in quel momento ricordò che aveva il ciclo.

“Cazzo!” Esclamò ad alta voce, trascinandosi fuori dal letto e avvolgendosi una coperta attorno alle spalle. L’estate era appena finita ed aveva lasciato spazio ai brividi autunnali, nonché a una buona dose di malinconia e di dolori mestruali. Esausta, Lea si lasciò cadere su una sedia della cucina e osservò il profilo di New York dalla finestra. Giocare con dei bambini sarebbe stato bellissimo, in quel periodo. Si rassegnò ad addentare una mela, dopo averla lavata accuratamente. Stropicciò i piedi sul pavimento ed assaporò la calma del suo appartamento vuoto. Vivere con Cory era esaustivo a volte. Sentirlo giocare con le bacchette della sua batteria, correre su e giù come un bambino dalle stanze, guardare in televisione i suoi programmi preferiti. Ma insieme con il sollievo per la solitudine, c’era sempre una vocina dentro al suo cuore che le ricordava quanto Cory le mancasse e quanto lo amasse.  Digitò in fretta un messaggio e glielo mandò.

“Come sta andando?”

In attesa della risposta, Lea decise di tornare a letto. Lanciò il torsolo della mela nel cestino, mancandolo la prima volta, e tornò a rintanarsi sotto le coperte calde.

*** 

L’insistente squillo del cellulare svegliò Lea. Si era addormentata.

Lanciò un’occhiata verso l’orologio sul comodino e strabuzzò gli occhi. Erano ormai le nove di sera e notò due chiamate perse sul cellulare. Lesse i messaggi di Cory e scoprì che non solo era uscito dalle riprese per tre ore prima, ma avendo dimenticato le chiavi era andato a cena con alcuni colleghi che lavoravano con lui ad un nuovo film, e aspettava sue notizie.

“Sei morta?”

Chiedeva pochi minuti prima. Lea digitò in fretta il suo numero.

“Lea!”

“Ciao, scusa mi sono addormentata come un sasso.”

Sentì il sorriso di Cory attraverso il telefono.

“Ci credo ti sei svegliata all’alba stamattina! Il tuo piccolo corpicino non sopporta tanta fatica!”

Lea rise e gli comunicò che lo aspettava con ansia, la porta era sempre rimasta aperta. Chiuse la chiamata e chiuse gli occhi.

  ***

Un sussurro le arrivò delicato all’orecchio.

“Ehi dormigliona..”

Lea mosse il naso senza aprire gli occhi e annusò l’odore di Cory.

“Sei a casa?”

Cory rise piano.

“Da un po’, cucciola, ma tu dormi come una bambina da quando sono arrivato.”

Lea mosse le mani nell’aria e incontrò il viso di Cory.

“Vieni qui.”

Cory si sdraiò accanto a lei e la chiuse tra le sue braccia.

“Com’è andata la tua giornata?” La domanda di Cory rimase sospesa nell’aria. Lea stava già dormendo.

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


Ecco a voi il secondo capitolo, ragazzi. In realtà era la fine del primo ma alla fine ho deciso di dividerli (per creare interesse in realtà uhuhuh!). Spero vi piaccia, e spero che vi piaccia come inizio.. Scappo a guidare, ci aggiorniamo presto, e fatemi sapere cosa ne pensate. Buona Lettura, L*


Ho imparato a sognare
what real love is about


Cory sfiorò dolcemente il viso di Lea. Quando dormiva era bellissima. Tornò silenziosamente sul divano e appoggiò i piedi sul tavolino di vetro di fronte alla televisione. Quella giornata era stata infinita. Dopo nove ore di ripetitive riprese aveva ricevuto un messaggio di Lea, e aveva deciso di correre a casa da lei. Purtroppo, non appena aveva messo piede nel palazzo, si era accorto di avere dimenticato le chiavi di casa. Quel mattino era uscito di corsa e Lea era troppo bella in pigiama per badare alle chiavi, in più aveva insistito per non nascondere una chiave in giro.

Era chiuso fuori.

E Lea non rispondeva al cellulare. Pensando che fosse uscita, Cory era tornato sul set e aveva accettato di cenare con alcuni colleghi, a cui era molto affezionato. Erano da poco passate le nove quando aveva ricevuto una chiamata di Lea, che si scusava immensamente per essersi addormentata. Ultimamente lavorava tantissimo, e non solo la sera prima era tornata all’alba, ma alle sei era già in piedi pronta a cucinare la sua colazione. Era una ragazza d’oro, sempre pronta a dare tutto ciò che aveva per le persone che amava – e soprattutto per lui, ne era consapevole. Intrecciò le mani dietro al collo e sospirò, accendendo la tv su un canale per bambini.

Una improvvisa solitudine si impossessò del suo cuore e il suo pensiero corse a sua madre. Gli permetteva sempre di guardare i cartoni prima di andare a dormire, e Cory la pregava sempre di rimanere con lui. Sua madre lo abbracciava stretto stretto e guardava distrattamente la televisione, accarezzando i soffici capelli del suo bambino. Col passare degli anni, Cory aveva passato sempre meno tempo con la madre, ma il ricordo di lei e l’affetto che provava per lei era sempre stato fortissimo.
Decise che l’avrebbe chiamata. Erano solo le 10 di sera a New York e di sicuro sarbbe stata ancora sveglia, in Canada.

“Pronto?”

“Ciao mamma, sono io..”

“Cory, ciao amore. Come stai? E’ tutto a posto?” La voce di sua madre lo faceva sempre sentire meglio. Oppure gli faceva salire le lacrime agli occhi, dipendeva dal giorno. Quella sera gli occhi gli punsero immediatamente.

“Bene, mamma, tutto bene..”

“E allora perché mi stai chiamando?” Cory si immaginò il suo sorriso indagatore, mai accusatorio.

“Perché stavo guardando i cartoni e mi sei venuta in mente tu..”

“Lea non è li con te?”

“Sta già dormendo, oggi ho lavorato e lei era esausta dopo ieri sera..”

“Cosa ti preoccupa, tesoro?”

Cory rifletté un attimo. Già, cosa lo preoccupava? Niente a prima vista. Aveva una fidanzata perfetta, che amava con tutto il cuore, un lavoro invidiabile, amici stupendi. Cosa non andava, quella sera? Si guardò intorno e per la prima volta, l’appartamento che divideva con la ragazza di cui era innamorato gli sembrò vuoto. No, non vuoto.

“Manca qualcosa, mamma..”

Ma cosa mancava? Fissò la televisione accesa e i pupazzetti danzanti.

“Forse riguarda il programma che stai guardando, tesoro.”

Cory si concentrò sul cartone. Cantavano. L’immagine di sua madre che cantava canzoncine per farlo addormentare gli comparve in testa.

“Hai sempre desiderato essere padre, Cory. Forse è il momento.”

Cory chiuse gli occhi.

“Non è così semplice.”

“Lo è sempre stato, con Lea, tesoro. Lo sarà anche questa volta.”

Cory non ne era così sicuro, ma ringraziò la madre e le diede la buonanotte.

“Anche io ti penso sempre quando vedo un bambino, Cory.”

Raggiunse Lea nel letto e le sussurrò piano all’orecchio, sdraiandosi al suo fianco.

“Ehi dormigliona..”

Lea mosse il naso senza aprire gli occhi e annusò l’aria. Era bellissima quando dormiva.

“Sei a casa?”

Domandò innocentemente. Cory rise piano.

“Da un po’, cucciola, ma tu dormi come una bambina da quando sono arrivato.”

Lea mosse le mani nell’aria e incontrò il suo viso. Aveva le mani gelate.

“Vieni qui.”

Cory la chiuse tra le sue braccia.

“Com’è andata la tua giornata?” La domanda rimase sospesa nell’aria. Lea stava già dormendo.

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo. ***


Buongiorno a tutti. E' lunedì, un giorno pessimo, e piove.. Ho scritto circa sei capitoli per ora, quindi vi pubblico il terzo, sperando che vi piaccia nonostante la lunghezza. E' un pò corto, si, ma tutti i capitoli saranno così penso, è nel mio stile, le cose stanno andando avanti tra Lea e Cory ma lentamente. E più lento è più la sofferenza cresce più sarà lieto il ritorno. Sono convinta che per apprezzare veramente una cosa sia necessario rischiare di perderla, ma lo stato d'animo in cui si è in quei momenti non vale la pena. Apprezzate ciò che avete. Come diceva un tempo Robin Williams ad un incasinato (e fichissimo) Matt Damon: "Avrai dei momenti difficili, ma ti faranno apprezzare le cose belle a cui non presavi attenzione."
Buona lettura, L*



Ho imparato a sognare
what real love is about


L’assordante rumore di pentole arrivò alle orecchie di Cory. Si coprì la testa con il cuscino fino a quando non gli mancò il fiato.
Assonnato si voltò dalla parte opposta del letto e fu accecato dalla luce del sole.
Sbuffando rassegnato si alzò dal letto e si buttò sotto la doccia.
Quando la pelle delle dita si stropicciò, avvolse un asciugamano alla vita e si tamponò i capelli, pronto a parlare con Lea. Raggiunse la cucina, ma le era già scomparsa. Una scia di profumo e un biglietto con un cuore disegnato con una penna rossa erano tutto quello che rimaneva.
Guardò l’orologio. Erano quasi le otto, e lei era in ritardo al lavoro. Sorridendo si accomodò su una sedia e fissò la colazione che la sua perfetta fidanzata gli aveva preparato.
 

***

“Lea?”
La ragazza superò i colleghi sul set correndo e si rinchiuse nel suo camerino.
Era stata una notte infernale. Si asciugò il sudore dalla fronte e si guardò nello specchio.
Dopo che Cory l’aveva raggiunta era sprofondata in un sonno pesantissimo, e si era svegliata di soprassalto, quasi gridando.
Era stato così realistico. Chiuse gli occhi e si prese la testa tra le mani, ricordando l’incubo.
 
- La bambina era nella sua culla. Era bellissima, metà Lea e metà Cory. Le ricordava tanto la bimba che ai tempi delle riprese con Glee era stata scelta come Beth. Era meravigliosa, e Lea la amava terribilmente. Amava Cory, e amava la loro bambina. Lea era piegata su una bellissima culla di legno, e sbatteva gli occhi ammirata, giocando con le manine della bimba.
“Sarai una bimba bellissima.”
Le sussurrava piano, chinandosi per baciarle i capelli.
In quell’esatto momento la bambina si tramutava in un terrificante mostro, apriva le sue terrificanti mani unghiate e tentava di catturarla. Lea cercava in tutti i modi di sfuggirle, ma Cory da dietro la spingeva contro la bambina mostro e le gridava che era tutta colpa sua, che lei l’aveva trasformata in un mostro. La bambina cercava di morderla con i suoi denti affilati e i capelli la soffocavano. Cory la fissava soddisfatto, incitando la bambina a vendicarsi della sua pessima madre. -
 
Lea riprese fiato. Solo un sogno, si ripetè. Un sogno.  Lasciò che una ragazza che bussava entrasse e le facesse i capelli, non proferendo parola riguardo i suoi occhi gonfi. Come poteva aver pensato di essere una buona madre? Era terribile. Ce l’aveva nel sangue, il gene di cattiva madre. Edith era stata perfetta con lei, ma Lea non era adatta. Non ce l’avrebbe mai fatta a prendersi cura di una bambina, piccola, fragile, indifesa, non sarebbe mai stata capace di proteggerla dal mondo. Cory si. Accidenti, lui si che ne era capace. Si prendeva cura già di lei.
Le lacrime le risalirono agli occhi, e Lea le lasciò scendere piano.

***

La giornata passò lentamente, e Cory non vedeva l’ora di parlare con Lea. Aveva girato tutto il giorno, ed era distrutto, ma l’emozione di affrontare un discorso così importante con la donna che amava accendeva i suoi occhi di una luce particolare. Sorridendo entrò in casa, lanciando le scarpe sul tappeto e seguendo la scia di profumo e luce che proveniva dalla camera da letto. Fasciata in un tubino blu elettrico, Lea stava indossando un paio di vertiginosi tacchi alti.

“Esci?”

La domanda risultò più come un’affermazione. La luce negli occhi di Cory si spense di colpo, si aspettava di passare con lei la serata. Ma effettivamente non l’aveva sentita tutto il giorno.

“Si.”

Gli disse Lea passandogli di fianco, i tacchi che picchiettavano sul pavimento. Dalla camera da letto, Cory la fissò truccarsi in bagno e pettinarsi i lunghi capelli.

“Ciao.”

Lo salutò freddamente, prendendo la giacca e la borsa.

Cory si lasciò cadere sul letto. Cosa non andava? Gli occhi di Lea erano sembrati così tristi mentre li truccava pesantemente, e Cory non ne poteva neanche lontanamente immaginare il motivo. Cosa aveva fatto di sbagliato? Anche quella mattina era uscita prestissimo, e per tutto il giorno non gli aveva scritto niente.. I pensieri si affollarono fittamente nella testa di Cory, e pian piano scivolò in un sonno agitato.

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Capitolo 4
*** Capitolo Quarto. ***


Buon venerdì pulcini! Devo confessarvi che oggi non è iniziato nel migliore dei modi. Se fosse stato venerdì 17 sarebbe stato il top, purtroppo però è il 28, ma il risultato è lo stesso. A parte il terribile buongiorno che mi ha dato Glee (stendiamo un velo pietoso), la giornata non è proseguita nel migliore dei modi tra logatirmi, goniometria, trigonometria e geometria solida tutti in una sola verifica. Cervello in pappa ed è rimasto tale, fortuna che questo capitolo era già scritto. Pubblico e torno ad accucciarmi sul letto a fare le coccole a Gatto. (Gatto saluta).
Per quanto riguarda il capitolo, si, probabilmente a qualcuno risulterà famigliare, dal momento che era la one shot iniziale di questa storia. L'ho modificato un pò, in modo da contestualizzarlo con gli avvenimenti, e ne sono molto soddisfatta (come ai vecchi tempi). Spero vi piaccia, e spero che continuerete a seguirmi anche se vi avviso, io sono la regina del dramma in questo momento della mia vita, quindi devo confessarmi che i capitoli che ho scritto fin'ra (una decina) sono impestati di dramma. Ma la luce sta cominciando a spendere, e saà la luce più luminosa di tutte. Buona lettura, L*



Ho imparato a sognare
what real love is about


Durante le notte Cory si svegliò di soprassalto. Dalla cucina proveniva una luce, così andò in cerca di Lea.
Non appena Cory entrò in cucina, Lea sollevò gli occhi dal mucchietto di fogli che stava leggendo ed incontrò il suo viso stanco e contratto.

Il ragazzo le sembrò così triste che non poté fare a meno di interrompere ciò che stava facendo per fissarlo dritto negli occhi.

“Sei arrabbiata?”

Chiese timidamente Cory, abbassando gli occhi e rivolgendo altrove lo sguardo.

Il cuore di Lea sussultò. Come poteva anche solo pensare quel ragazzo così bello e perfetto che lei fosse arrabbiata con lui? Si alzò e girò attorno al tavolo, sistemandosi in piedi alle spalle del ragazzo e circondandogli la vita con le piccole braccia. Cory non si mosse.

“Perché me lo chiedi?”

Lea appoggiò una guancia alla schiena del ragazzo e ascoltò il suo respiro.

“Beh.. non so..”

Attese qualche minuto prima di continuare, lasciando che le braccia della ragazza si stringessero ancora di più attorno a lui.

“Ultimamente sei così impegnata, esci con un sacco di persone e ci vediamo poco.. Non mi piace.”

Lea immerse completamente la faccia nella sua schiena e respirò profondamente il suo profumo.

“Non sai quanto sia difficile non starti appiccicata tutto il tempo. E non immagini nemmeno lontanamente quanto desideri essere stretta tra le tue braccia ogni volta che sei con me, in qualsiasi luogo.”

“Beh sembra ti venga molto bene invece.”

Cory si irrigidì e allungò la schiena, come per allontanarsi dalla ragazza alle sue spalle, che rimase immobile.
Per qualche minuto rimasero immobili, i pensieri che vagavano in direzioni opposte; gli occhi chiusi e i respiri sincronizzati. Come poteva confessargli ciò che la spaventava di più?

Nel preciso istante in cui Lea aprì la bocca per parlare, sentì Cory che davanti a lei si girava, mettendosi di fronte a lei.  Le parole morirono nella gola della ragazza quando notò che gli occhi del ragazzo erano lucidi.

Sollevò una mano e la portò sulla sua guancia, un gesto che era diventato significativo per entrambi. Una volta Cory le aveva detto che solo sfiorando il viso di una persona si era in grado di stabilire un contatto con essa. E così fece, Lea stabilì un contatto con quel ragazzo, che la fissò negli occhi e lasciò che una lacrima scendesse sulla sua guancia.

“Che è successo?” Chiese dolcemente a Lea, appoggiandosi al corpo della ragazza, appoggiandosi al bancone della cucina.
Cory chiuse gli occhi e circondò il corpo della ragazza con le braccia, appoggiando la testa al suo collo profumato e sentendo la sua morbidezza contro di lui.

Lea respirò contro il collo del ragazzo e lasciò che la stringesse forte.

“E’ solo che non so come farei senza di te, ormai. E questo mi spaventa.” Cory accarezzò la schiena della ragazza, stringendola ancora più forte contro il suo corpo.

Con che coraggio Lea avrebbe spezzato il cuore di quel ragazzo con le sue insicurezze e le sue paure?


nda: un grazie particolare va alle ragazze che mi hanno recensito (siete dolcissime) e a chi mi segue e a chi mi legge, uhuhu, vi amo :)
 

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Capitolo 5
*** Capitolo Quinto ***


Buongiorno angeli :) Do prima di tutto un importante annuncio, che è (in risposta a una carinissima commentatrice che approfitto per ringraziare) la mia decisione di pubblicare al martedì e nel fine settimana, probabilmente venerdì o sabato.. Così, per dare un punto di riferimento a chi mi legge. Poi volevo ringraziare chi mi segue, perchè siete adorabili e dolcissimi e grazie, grazie e grazie ancora. Purtroppo in questo capitolo siamo nella depressione più nera, oddio, dove andremo a finire. Ma la fine del tunnel è (quasi) alle porte. Vi farò soffrire un altro pò, prima, giusto per stare in tema con la storyline di Glee, che a quanto sembra vuole spezzare i nostri cuori in mille pezzettini e lanciarli per carnevale. Detto questo, pace e amore a tutti, buona lettura, L*

Ho imparato a sognare
what real love is about


La settimana si concluse in fretta, e il weekend arrivò splendente su New York, dove Lea e Cory abitavano insieme da qualche anno, all’ultimo piano di un palazzo di un quartiere tranquillo. Lea aveva evitato Cory tutta la settimana. Come poteva dire all’uomo che amava più della sua vita che non sarebbe mai stata in grado di essere una buona madre per i suoi figli? Non era ancora riuscita a darsi una risposta, e aveva quindi concluso non rivolgendogli la parola per tre giorni e non facendosi mai trovare a casa. Le spezzava il cuore vedere la luce che Cory aveva negli occhi quando la vedeva, spegnersi ogni volta che si accorgeva della sua freddezza. Le faceva male ferirlo in quel modo, quando lui per primo sapeva quanto Lea lo adorasse. Era consapevole di aver appeso ad un filo la loro relazione, e quel sabato mattina Lea non sapeva come comportarsi. La sveglia proiettava sul soffitto l’ombra delle sei e cinquanta, e Cory russava leggermente al suo fianco. Da quanto tempo non dormiva una notte intera? Senza fare rumore scese dal letto e si rifugiò in cucina, dove chiamò il suo migliore amico Jon.

“Lee?”

“Ciao..”

“Ciao piccola.. Come stai? Tutto a posto? Perché mi chiami a quest’ora?”

La voce di Jon era impastata dal sonno, e Lea si sentì un po’ in colpa per averlo disturbato.

“Ho bisogno di vederti..” Sussurrò piano Lea.

“D’accordo.. passo a prenderti alle 9 va bene?”

“Grazie.” Lea riattaccò e lasciò che alcune lacrime le scendessero lungo le guance. Si sdraiò sul divano.

***

Il giovedì precedente Cory si era svegliato all’alba, deciso a parlare con Lea, dopo che durante la notte erano stati abbracciati. Non trovandola a letto era corso in salotto, trovandola distesa sul divano, addormentata e congelata. Il suo volto era così stanco e triste che Cory non l’aveva voluta svegliare. Le aveva sistemato una coperta sul corpo magro ed aveva preparato la colazione per entrambi. Un paio d’ore dopo Lea era ancora addormentata e lui doveva assolutamente recarsi sul set. Con un sospiro rassegnato le aveva posato un bacio sulla fronte ed era uscito, raggiungendo i colleghi. Per tutto il giorno aveva pensato alla sua piccola fidanzata, debole ed indifesa sul divano. Perché era andata a dormire la? Perché non lo aveva svegliato, se aveva avuto qualche problema? All’ora di pranzo le aveva mandato un messaggio, proponendole di mangiare insieme, come spesso facevano. Lea gli aveva risposto a metà pomeriggio, scusandosi per il ritardo e dicendogli che aveva già mangiato, aggiungendo inoltre che non sarebbe tornata per cena ma sarebbe uscita con un collega. Cory era tornato a casa verso le dieci, e si era addormentato, stanco e confuso. Lea non si era mai comportata così, era sempre stata calda e affettuosa anche solo con un messaggio, ed era sempre stata presente anche se lontana.

Il venerdì si era svolto più o meno allo stesso modo, e un paio di amici erano passato a prendere Lea non appena lui aveva messo piede in casa, prima di pranzo. Lea gli era passata di fianco, augurandogli buona giornata. Cory era rimasto seduto sul divano, interrogandosi sul comportamento della ragazza. Cosa non andava in lei?

Ma fu quel sabato mattina che si rese conto della gravità della situazione. Il weekend era sempre stato loro e loro soltanto, e quando quel mattino si svegliò da solo in un letto vuoto e freddo, capì che lei, se ne era andata. Lei, la sua Lea, se ne era andata.

***

Jon sventolò una mano davanti alla faccia di Lea.

“Tutto a posto?” Le chiese.

“Si, si scusa ero solo incantata.”

“Come mai non sei con Cory oggi?”

Lo sguardo di Lea si fece distante e la ragazza tirò le labbra in un sorriso.

“Doveva lavorare, quindi ho pensato che magari potevamo stare insieme.. Non ci vediamo da tanto!”

Afferrò il braccio dell’amico e si infilò con lui dentro ad un bar affollato.

“Non sei felice di stare un po’ con me?”

Gli domandò Lea mentre ordinava due caffè.

“Certo, non starò qui in città per molto, quindi mi devo godere questi momenti!”

“Ma come, dove vai?”

“Beh tra un paio di sere parto per Los Angeles, la sarò impegnato per un paio di mesi con le riprese di un film. Non te lo avevo detto?”

La consapevolezza colpì Lea come un pugnale nel cuore. No, non glielo aveva detto. Era stata così assente dalla vita del suo migliore amico? Il pensiero la fece sentire ancora peggio, ma nascose ancora una volta tutto dietro ad un sorriso.

“Ti sarà sfuggito. Sono molto orgogliosa di te comunque, dai raccontami tutto!”

Con un caffè in una mano e la mano di Jon nell’altra, si sedette su un tavolino, in attesa del racconto completo.

***

“Vi dispiace se mi autoinvito a cena stasera?”

La risata di suo padre risuonò nel telefono e Lea s sentì terribilmente sollevata.

“Certo bambina, ceniamo alle 8. Porti anche Cory?”

Il nome del suo fidanzato la fece trasalire ma Lea cercò di rimanere calma.

“No, deve lavorare stasera ed è fuori città.” Mentì. “Pensavo quindi di dormire li se non è un problema.”

“Affatto, piccola, affatto. Io e la mamma ti aspettiamo.”

Lea ringraziò il padre e strinse il cellulare tra le mani. Calde lacrime cominciarono a pungerle gli occhi e si lasciò cadere su una panchina di Central Park dove si era rifugiata subito dopo aver salutato Jon nel pomeriggio. Non si era mai sentita così sola.

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Capitolo 6
*** Capitolo Sesto. ***


Buon sabato bellissimi lettori e lettrici :)
Mi scuso se non sono stata in grado di pubblicare ieri, le lacrime hanno ofuscato la mia vista per tutto il giorno. Non proprio tutto ma accidenti. Sono vicina a tutti, e sinceramente mi si spezza il cuore a pubblicare un capitolo così triste e heartbreaking come questo, purtroppo devo andare in fila e questo era il sesto, per quanto sia triste. Spero vi piaccia tanto, e la settimana prossima cominceremo a vedere la luce.
Supporto eterno ai Finchel, e speriamo di ricevere presto buone Monchele news, sento terribilmente la loro mancanza.
Buona lettura, e coraggio :3 L*



Ho imparato a sognare
what real love is about


Cory credette di impazzire. Era stata la giornata più lunga della sua vita, e ancora di Lea nessuna traccia. Le aveva mandato messaggi, chiesto ai suoi colleghi, niente. La sua unica speranza era stata quella di trovare Jon a casa, non avendo il suo numero di cellulare, ma aveva risposto per tutta la mattina la segreteria. Era perfino uscito, aveva controllato nelle caffetterie che di solito frequentavano, vicino alla casa dei suoi genitori, sul set. Niente.
Lea era scomparsa. Era rimasto buona parte del pomeriggio sdraiato sul letto, abbracciato alla maglia che Lea usava come pigiama, annusandola e cercando di non piangere. Dov’era? Cosa le era successo? Da quando quel mercoledì aveva dormito quasi tutta la giornata, era cambiato qualcosa in lei.
Le speranze di poter affrontare l’argomento famiglia e bambini avevano lasciato spazio, nella testa di Cory, a una speranza ben più concreta di volerla solo vedere tornare la Lea di un tempo. Con la testa che gli scoppiava si addormentò sul letto prima di cena, e si svegliò all’improvviso solamente la domenica mattina.

***


Dopo una silenziosa cena Lea augurò la buonanotte ai genitori e si rifugiò nella sua vecchia camera di bambina. Nonostante fossero anni che non viveva li, c’era comunque una foto sua e di Cory, che prese tra le mani e portò con se sul letto.
Cosa stava facendo? Erano tre giorni che non parlava con Cory, l’uomo della sua vita, l’uomo che amava più di ogni altra cosa al mondo e come non aveva mai amato nessuno. Non riusciva a togliersi dalla testa l’immagine di lui che la accusava di aver rovinato la loro figlia. Per giorni aveva cercato di tranquillizzarsi, ma niente la rendeva tranquilla, anzi, la faceva solo piangere di più.
Ma quella notte le lacrime erano finite, rimaneva solo una fredda consapevolezza di non essere abbastanza. Non lo sarebbe mai stata. Si strinse la fotografia al petto per poi scagliarla contro la parete. Cory non l’avrebbe mai perdonata, lei non sarebbe mai stata in grado di gestire una famiglia. Decise che il mattino dopo sarebbe tornata a casa, e gli avrebbe parlato, sinceramente.

***

La rabbia prese il sopravvento sul sollievo. Come si permetteva? Sparire così, non parlargli per giorni. E infine tornare a casa come se niente fosse, preparare la colazione, e mettersi a leggere il giornale.

“Buongiorno.”

Cory non rispose. La guardò, invece, mentre si versava il caffè e sfogliava il giornale.

“Cory?” Lea lo chiamò, senza distogliere lo sguardo dal giornale. Se lo avesse fatto si sarebbe accorto di quanto stava male e non avrebbe saputo trattenere le lacrime.
Cory non sentiva la sua voce da così tanto tempo che paradossalmente ne avrebbe potuto dimenticare il suono. Paradossalmente, perché mai avrebbe dimenticato il suono della voce della donna che amava. Prese una tazza di caffè.

“Io esco.”

Annunciò, tornando in camera. Aveva bisogno d’aria.

Lea sollevò lo sguardo dal giornale solamente una volta che la porta dell’appartamento si fu chiusa alle spalle di Cory. I suoi occhi erano pieni di lacrime.

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Capitolo 7
*** Capitolo Settimo. ***


La crudeltà imperversa, miei prodi!
Vi presento il nuovo capitolo, e dal momento che ho sempre pensaro ai numeri dispari come cattivi eccetera il dramma è (ahimè) di nuovo alle porte. Me la godoo e vi faccio soffrire finchè posso, il miglioramento è vicinissimo come da anni vi annuncio e sarà luminoso e splendente. Dovrete solo essere pazienti e godervi la storia.. A volte bisogna toccare il fondo per poi risalire in superficie e io sostengo fermamente in questo. Amate ciò che avete, voi stessi, perchè siete bellissimi in tutto :) Buona lettura e alla prossima, L*


Ho imparato a sognare
what real love is about


La domenica passò lentamente e Lea rimase distesa sul letto che divideva con Cory in attesa del suo ritorno. Sentiva un disperato bisogno di parlargli, di giustificare il suo comportamento. Essere stata così tanto tempo lontana da lui l’aveva aiutata a capire l’errore che aveva fatto tenendosi dentro il suo sogno e le sue paure, ma la reazione che aveva avuto quella mattina Cory l’aveva sconcertata.

Sapeva di averlo ferito profondamente, ma non credeva così profondamente.

Non aveva mai visto una espressione così dura sul suo volto, nemmeno quando parlava di suo padre. No, non voleva essere paragonata a suo padre. Lei non lo avrebbe mai ferito, l’aveva promesso, doveva sistemare tutto quanto quel casino. Verso sera il sonno fu più forte di lei e Lea si lasciò cadere tra le braccia di Morfeo. Ma furono altre braccia quelle che desiderò più tardi quella notte, quando i passi non troppo leggeri di Cory arrivarono alla sua mente addormentata. Sentì il ragazzo sdraiarsi al suo fianco e darle le spalle. Lacrime incoscienti le salirono agli occhi, perché mai prima di allora aveva condiviso un letto con Cory stando così distante da lui, fisicamente e soprattutto mentalmente.
 

***

La settimana si può dire che non cominciò nel migliore dei modi. Cory si svegliò nel silenzio dell’appartamento e scrutò la sua fidanzata addormentata. Aveva il viso contratto in una smorfia di dolore, ma rimaneva comunque la donna più bella che Cory avesse mai visto. Come poteva amarla così tanto nonostante il comportamento dei suoi ultimi giorni?
Dio, avrebbe solo voluto starle accanto e affrontare con lei ciò che era accaduto, invece la rabbia aveva preso il sopravvento ed era scappato, infuriato. La stessa rabbia si impossessò nuovamente di lui, mentre, osservando Lea, gli tornò alla mente l’immagine su cui spesso fantasticava di lei e dei suoi figli. Stava perdendo le speranze di affrontare quell’argomento con lei, e il pensiero gli lacerava il cuore.
Senza voglia di vederla e di affrontarla, Cory decise di uscire presto per andare a correre. Nel momento in cui si alzò dal letto si accorse che anche Lea era sveglia, ma facendo finta di niente si cambiò in fretta ed uscì nella fredda aria del mattino. Corse costeggiando Central Park fino a non avere più fiato e poi camminò, poi corse ancora e infine camminò ancora una volta in mezzo al verde del grande parco, questa volta.

Erano quasi le nove del mattino quando tornò all’appartamento, nessuna traccia di Lea in giro. Si fece una rapida doccia e si precipitò sul set, escogitando il modo di sparire dalla città per un po’.
 
“Sei morta?”

Lea lesse e rilesse tutto il giorno il messaggio che le aveva mandato Chris quel mattino presto.

Era morta?

Per quanto la riguardava, si, era morta. A che scopo rimanere in vita, quando l’uomo che ami non ti rivolge la parola e tutto il tuo mondo sembra cadere a pezzi? Lea non era più in grado di pensare razionalmente. Dopo che il lunedì mattina Cory era uscito all’alba e si era ripresentato a casa solamente il mercoledì mattina, liquidandola con un “ero fuori città per lavoro”, vivere aveva completamente perso il suo significato. Si sentiva tradita, sola, amareggiata ma più di ogni altra cosa si sentiva abbandonata dall’unica persona che amava veramente.
Non aveva contattato nessun’amico, né i suoi genitori, e ovviamente Chris, preoccupato dei suoi silenzi, le aveva chiesto che fine aveva fatto, ma il punto era che nemmeno Lea sapeva che fine avesse fatto. Senza Cory la sua vita non aveva senso, senza Cory non valeva la pena svegliarsi al mattino, senza Cory affrontare la giornata e il mondo non le era possibile.
E dire che ne aveva lasciati di fidanzati, e i fidanzati avevano lasciato lei, ma questa volta era totalmente diverso. Non aveva idea di come Cory fosse entrato così tanto dentro di lei, lasciando un vuoto enorme quando, per colpa sua, e questo era probabilmente il pensiero che le faceva più male, si era allontanato da lei.

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Capitolo 8
*** Capitolo Ottavo. ***


Il venerdì sembra sempre più lontano ogni settimana che passa e io non sono in grado.. All'alba del 12 ottobre la stanchezza e l'odio per la scuola hanno raggiunto i massimi storici, e fino a giugno luglio del prossimo anno credo che andrà sempre peggio. Mai fare il liceo e arrivare in quinta, mai. Detto questo, sono abbastanza fiera di questo capitolo, scritto tra i banchi di scuola, tra un'ora di chimica nucleare e una di analisi matematica. Devo ringraziare sinceramente la mia compagna di banco che me lo ha corretto con amore e devozione nonostante non sia esattamente quello che si definisce una Monchele o Finchel, e beh, senza di lei la cosa non sarebbe venuta così bene. Grazie a tutte voi bellissime commentartici e lettrici, vi amo profondamente e infinitamente, quasi più della cioccolata. Buona lettura, L*

Ho imparato a sognare
what real love is about


La giornata di Cory era stata una delle più lunghe della sua vita. Nonostante fosse riuscito a raggiungere la madre per un paio di giorni in Canada e nonostante avesse riflettuto a lungo sul da farsi, ogni volta che pensava a Lea una cieca rabbia si impossessava di lui, comprimendogli il petto e impedendogli di respirare e di pensare lucidamente. In cuor suo era consapevole di ferirla, aveva visto i suoi sforzi di parlare con lui come prima, ma Cory non ne era capace.
Gli mancava, gli mancava il suo sorriso, la sua voce, la sua dolce risata e i suoi occhi luminosi quando lo guardava, gli mancavano le sue mani, i suoi occhi, il suo corpo magro e debole. Gli mancavano le sue labbra. Era una settimana esatta che non avevano un contatto fisico, e Cory sentiva atrocemente la mancanza della sua bellissima fidanzata.
Gli mancava abbracciarla delicatamente e baciarle i capelli, addormentarsi al suo fianco e risvegliarsi con il suo odore addosso. 

Quella era stata la giornata più lunga della sua vita. Dopo un lungo volo notturno era atterrato a New York, per poi correre sul set, dove aveva girato tutto il giorno le scene più pesanti del nuovo film a cui aveva preso parte, avendo solo tempo per un panino a pranzo. Alla sera aveva dovuto partecipare a una cena di beneficenza, dove aveva dovuto fingere un sorriso e gentilezza con tutti. Più volte le lacrime gli avevano punto gli occhi, ricordando come solo una settimana prima Lea gli avesse promesso di partecipare a quella festa con lui, accompagnandolo con la sua bellezza e la sua luminosità. 

"Non é potuta venire.." Rispondeva vago a chi gli chiedeva notizie di lei, ricacciando indietro le lacrime e voltando il viso. 

Era quasi l'una di mercoledì notte quando tornò a casa, esausto fisicamente ed emotivamente.
Chiuse la porta dell'appartamento dietro di se, lasciando le scarpe a fianco della porta e interrogandosi su cosa sarebbe accaduto se la situazione con Lea non si fosse sbloccata. Avrebbe dovuto lasciare le scarpe in un altro appartamento?
Non ebbe il tempo di sviluppare questo oscuro pensiero, che il suono di singhiozzi sommessi arrivò alle sue orecchie. Silenziosamente raggiunse la camera da letto, sbirciò dalla porta e scorse Lea seduta sul bordo del letto, il viso rosso, gli occhi gonfi, le guance rigate, il petto scosso violentemente ad ogni singhiozzo.
Il primo pensiero di Cory non fu lasciarla li a piangere da sola, come punizione del suo comportamento, no, Cory respirò profondamente e si precipitò dalla donna che amava, in lacrime a causa sua. Spalancò la porta, camminò velocemente verso il letto, si sedette al fianco della indifesa ragazza e allacciò le braccia attorno al suo corpo.

Lea era talmente sconvolta e agitata che non fece resistenza e si lasciò abbracciare, incapace di parlare e di reagire. Pianse contro il petto di Cory, incapace di respirare e piangendo sempre più forte. I singhiozzi di Lea arrivarono al cuore di Cory, che, impotente, la abbracciò sempre più stretta, accarezzandole i capelli e la schiena. Rimase ad ascoltare il pianto di Lea contro il suo cuore per un tempo infinito, e quando si rese conto che Lea non avrebbe smesso, le lacrime che aveva respinto per una settimana, cominciarono a fluire copiosamente dai suoi occhi e lungo le sue guance, bagnando i capelli di Lea. L'inconsolabile pianto della ragazza sembrò farsi ancora più disperato nel momento in cui sentì il petto di Cory gonfiarsi a ritmo dei suoi singhiozzi. Strinse la sua maglia tra le deboli mani e Cory strinse a sua volta il suo corpo tra le sue braccia, i battiti del cuore accelerati e i petti che si alzavano e si abbassavano violentemente.

Cory non smise di piangere quando Lea alzò il viso e cercò le sue labbra, non smise di piangere quando gli sollevò le braccia e gli tolse la maglia, non smise di piangere quando Lea continuò a piangere contro il suo petto nudo. Non smise di piangere quando afferrò i lembi della sua maglietta che usava Lea come pigiama e glieli sollevò dalla testa, non smise di piangere quando Lea lo baciò con passione, bagnando le sue labbra con le lacrime e mischiando il sale del pianto. Nemmeno Lea smise di piangere mentre Cory la faceva sdraiare sopra di se, liberandosi dei propri pantaloni e delle mutande della ragazza. Non smise di piangere quando penetrò violentemente dentro di lei, usando tutta la passione di cui era capace e cercando di trasmetterle tutto l'amore che provava per lei, che, ora ne era certo, non sarebbe mai scomparso.

Entrare in contatto con quella ragazza così strettamente, sentirla piangere disperatamente e fare l'amore con lui contemporaneamente aveva colpito così nel profondo la sua anima e il suo cuore, e Cory sapeva che lei era e sarebbe stata per sempre l'unica. Con un singhiozzo Cory sentì Lea chiudersi attorno a lui e accasciarsi sul suo petto. Rimanendo dentro di lei, Cory la sistemò sopra di lui e le accarezzò i capelli, smettendo di piangere e addormentandosi profondamente.

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Capitolo 9
*** Capitlo Nono. ***


Cosa vi avevo detto? Mai arrivare in quinta in un liceo scientifico, cambiate, smettetela di sprecare pomeriggi nello studio, la vita è fuori.
Lunedì non ce l'ho fatta, la cosa sta diventando infernale e ho a malapena il tempo di pensare, figuriamoci scrivere. Comunque vi prometto che sarò diligente e invece di dormire mi impegnerò per non abbandonarvi. Chiedo umilmente scusa, odio non rispettare i miei impegni. (Scusate la mia tastiera, la O ha deciso di andare una volta se e una no, quindi si perde in giro a volte.)
In ogni caso spero stiate tutti bene e stiate passando una felice settimana e/o mese e/o anno. Baci, L*



Ho imparato a sognare
what real love is about


 

Per la prima volta dopo una eterna settimana, Lea si svegliò tra le braccia di Cory.
Era voltata di schiena, appoggiata al suo petto nudo e caldo, nella posizione in cui dormivano solitamente, sotto il caldo delle coperte.
Cosa era accaduto quella notte? Non riusciva a spiegarselo. Quando era tornata a casa e aveva capito che Cory non era ancora tornato, invano aveva cercato di dormire, e alla fine aveva ceduto esausta alle lacrime. Solo che una volta iniziato non era stata più in grado di fermarsi.
Tutto quello che ricordava erano i suoi tentativi di mettersi seduta per poter respirare e liberare il suo petto pesante, le braccia di Cory che come un apparizione la circondavano, la sua incapacità di fermarsi, o parlare, o respirare, il suo desiderio di fare capire a quell'uomo quanto disperatamente fosse innamorata di lui è quanto anelasse il suo perdono. Le lacrime erano un incubo infinito dal quale non riusciva ad uscire.
Disperata aveva cercato le labbra di Cory e solo allora si era accorta delle sue lacrime, calde e salate, dolci e morbide. Spaventata da questo lato di lui che non aveva mai visto gli aveva permesso di fare l'amore con lei, disperatamente, piangendo.
Quando il ragazzo aveva raggiunto il culmine dentro di lei, finalmente svuotata, aveva nascosto il viso nel suo petto e le lacrime avevano smesso di scorrere, stanche. Il mattino era arrivato troppo in fretta, e Lea si sentiva svuotata di ogni parte.
Era come se si vedesse li, sdraiata al fianco dell'uomo che amava, abbracciata a lui ma distante anni luce. Si girò piano e fissò sorpresa gli occhi aperti di Cory. Non riusciva a dire niente. È sorprendente quanto si possa essere così in sintonia con una persona da svegliarsi nello stesso istante, gli stessi dubbi nella testa e le stesse paure riflesse negli occhi spalancati di colui che credevano addormentato al nostro fianco. 
Si osservarono, per tanto, troppo tempo, si osservarono.
Come per memorizzare ogni dettaglio del viso, come si fa con qualcuno che non si è visto e non si vedrà più per moto tempo.
Come se fosse l'ultima occasione di guardarsi e di capirsi, fino in fondo.

Fu Lea la prima a parlare, desiderosa di farsi capire, fino in fondo, da Cory.
Il ragazzo osservò le sue labbra carnose piegarsi e pronunciare, a voce bassa e roca.  "Ho fatto un sogno."  Cory strizzò gli occhi nella penombra e aspettò, curioso.
Lea non continuò, spaventata, spaventata come mai nella sua vita, spaventata di rovinare tutto.
Per sempre. 
Cory respirò, piano, sperando che Lea si fidasse abbastanza di lui da parlargli.
La rabbia era svanita, aveva lasciato spazio all'amore. Limpido, cristallino, incondizionato amore. 
Lea scacciò le immagini di quel terribile sogno e prese coraggio.
"Ho fatto un sogno." Ripetè, piano. 

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Capitolo 10
*** Capitolo Decimo. ***


Salve! E' un bellissimo lunedì mattina e io ho un pò perso l'ordine dei giorni. Spero vi sia piaciuto il capitolo precedente, stiamo uscendo, ragazzi, ce la stiamo facendo. Il fondo è stato toccato e ora la risalita è dura e lunga, ma Cory e Lea ce la possono fare, come sempre. Spero che questo capitolo vi piaccia, a me piace molto, devo ringraziare di nuovo la mia compagna di banco amata, che ringraziamo per l'inizio di questo capitolo. Inoltre vorrei ingraziare le mie commentatrici perferite, vi amo e adoro leggere cosa pensate più di ogni altra cosa al mondo (ma non più dei biscotti al cioccolato) e tutti i lettori di questa fanfiction. Detto questo, a presto, e buona lettura, L*


Ho imparato a sognare
what real love is about


Lea non sapeva come continuare la frase. 
Fissava Cory immobile, come se le parole non trovassero via d'uscita dalla sua gola. 

"I-io..." 

Esitò ancora. 
Respirò profondamente. 
 
"Ho sognato che avevamo una bimba. Era una bimba bellissima, un angelo. Dormiva profondamente nella sua culla, e io le accarezzavo i capelli."  
Cory la guardò confuso. 
Cosa significava questo?  Lea prese fiato e chiuse gli occhi.  

"Poi ad un certo punto, tu mi spingevi contro di lei e urlavi che l'avevo trasformata in un mostro, e che ero una pessima madre e la bambina diventava
terrificante, mi mordeva, era terribile."  

Le lacrime minacciarono di ricominciare a scorrere lungo le guance della ragazza, ma Lea riuscì a trattenerle e contrasse il viso in una smorfia di dolore. 
Cory la abbracciò stretta, sorprendendola.  Lea lasciò che la stringesse forte, incapace di piangere ancora.  

"Non sono riuscita a togliermelo dalla testa, e non sono in grado nemmeno ora. Ho fatto di tutto, e ho paura. Volevo parlartene, dell'idea di avere un 
bambino e tutto quanto, poi ho fatto questo sogno e tutto è sembrato crollarono addosso, come se mi avesse voluto avvertire, avvertirmi che avrei fatto 
schifo come madre. E che tu mi avresti odiata. Ed è giusto, io non sarò mai una brava madre e non sono nemmeno una brava compagna per te, non ti meriti che 
io sia un tale fallimento." 

Lea parlava contro la spalla di Cory, respirando contro la sua maglia. Mentre parlava la stringeva delicatamente alla base della schiena e aveva appoggiato 
il mento ai capelli della ragazza.

Rimasero in perfetto silenzio, abbracciati stretti. 
Lea temeva di avere rovinato per sempre la loro relazione, con le sue paure e la sua mancanza di fiducia a Cory. Sentiva il cuore lacerato ogni secondo da 
una lama, che sprofondava sempre più in lei, dolorosa. 
Stava per parlare quando sentì le labbra di Cory aprirsi in un sorriso contro i suoi capelli. La allontanò da se in modo da fissarla negli occhi. 

"Un sogno!" 

Disse come per convincersi della stranezza della cosa. 

"Tu hai avuto paura per un sogno!" 

Lea rimase in silenziosa attesa del suo verdetto.

"Cucciola, come hai potuto anche solo pensare di essere un fallimento?"

Cory le sorrise.

"Non solo come fidanzata, campo in cui sei straordinaria, ma come madre, Lea Michele, tu sei la persona più dolce e attenta che conosca, come puoi pensare di 
essere un fallimento? Hai dei genitori fantastici, e hai la famiglia nel sangue, sono io che sarò un fallimento, guarda da dove provengo!"

Cory le accarezzò una guancia e sorrise tristemente.

"Anche io volevo parlarti dello stesso argomento, ma poi sei sparita, pensavo volessi lasciarmi." 
 

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Capitolo 11
*** Capitolo Undicesimo. ***


Era una notte buia e tempestosa.. Non è proprio notte ma il buio e la tempesta ci sono. E io sono qui, a pensare a voi piccoli miei lettori (eh si cara Ele, vi penso e anche tanto!) che nella vostra meravigliosa vita trovate tempo di leggere le mie pazzie (Su, Em, fantasticare è bellissimo!!), e vi voglio un bene immenso anche se non leggete lel mie introduzioni (Roberta, ti controllo eh!!). Quindi ringrazio voi tre angeli di recensitrici ma anche tutte le altre persone che seguono la mia fanfiction e che non mi hanno mai abbandonata. Buona Lettura,  L*

Ho imparato a sognare
what real love is about

 


"Non potrei mai lasciati, Cory." 

Lea abbassò lo sguardo. Era la verità, era una roccia vista dall'esterno, una diva indistruttibile, ma amare Cory l'aveva infragilita, nel modo in cui l'amore 
rende vulnerabile ogni essere umano. 

"Davvero?"

Chiese Cory. 

"Davvero."

"Proviamoci."

Lea sollevò gli occhi e incontrò quelli del ragazzo. 

"Cosa?"

"Proviamoci. A fare un figlio dico."

Lea era sbalordita. Si aspettava un voltafaccia da parte di Cory, a causa della sua ingenuità e del suo egoismo.

"Lo so che i presupposti non sono dei migliori, tu come madre e io come padre, ma io ci credo."

Cory le prese una mano tra le sue.

"Mi fido di noi."

Una lacrima sfuggì agli occhi di Lea.

Mai avrebbe immaginato di trovare un ragazzo come Cory, nemmeno nei suoi sogni più fantasiosi sarebbe risuscita a dipingere per lei un ragazzo 
così dolce e con così tanta fiducia in lei. 

"Ti amo."

Cory le sorrise dolcemente e le asciugò la lacrima dalla guancia.

"Era un si?"

"Dovrai aiutarmi in tutti i modi."

Cory annuì, raggiante.

"Sei tu che dovrai aiutare me, piccola."

Lea avvolse le braccia al suo collo e baciò il suo naso. 

"Ho paura."

Gli confessò.

"Tutti hanno paura, sogni o non sogni. Abbiamo paura a causa di ciò che abbiamo vissuto, a ciò che pensiamo ci spetti, abbiamo paura per il futuro e 
per quello che ci succederà. Io so che voglio stare con te. E che se ci aiutiamo a vicenda, come abbiamo sempre fatto, sconfiggeremo le nostre paure, 
uno al fianco dell'altra."

Cory le prese il mento tra le dita.

"Ti amo anche io piccola."

 

Lea rotolò sopra di lui, felice. Gli sorrise dolcemente e prese il suo viso tra le mani, avvicinandosi alle sue labbra.

"Grazie."

Cory colmò la distanza tra di loro e la baciò, stringendo le cosce nude della ragazza e attirandola più verso di se. La ragazza avvolse le braccia al suo 
collo 
mentre Cory si metteva seduto, portandola con se è fronteggiandola. Intrecciò le gambe e le mani alle sue e la fissò intensamente nei begli occhi 
scuri. 
Scostò una ciocca di capelli dal suo viso e le accarezzò la guancia, mentre con l'altra mano scorreva lungo la sua spina dorsale. 
Lo sguardo di entrambi era serio, indagatorio. Sapevano di stare per compiere il passo più grade della loro vita, che andava oltre ogni esperienza 
che avevano vissuto fino a quel momento, oltre alla distanza comportata dai diversi impegni cinematografici, oltre i litigi domestici, oltre la gelosia 
e le sfiducie. 
Erano solo loro, loro e il loro amore, contro tutto il mondo e gli eventi esterni. 

Cory sollevò la vita di Lea e sospirò mentre lei gli abbassava i boxer che si era infilato nella notte. Annuendo complici, Cory la abbassò su di lui, inspirando 
profondamente. 

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Capitolo 12
*** Capitolo Dodicesimo. ***


Buon lunedì e buon inizio settimana carissimi. Non so perchè ma la parola carissimi mi fa sembre pensare a un grissino con prosciutto. 
Sarà l'orario, devo ncora cenare, quindi in realtà anche la penna mi fa pensare a una buonissima brioches al cioccolato. Aww. 
Beh sono qui per annunciarvi questo capitolo, uno dei più significativi e importanti, che vi invito a leggere con concentrazione. 
Il prossimo è il panico, in realà tutto ciò che avverrà da qui in poi è il panico. Vi auguro buona lettura, buona serata, buona vita. L*


Ho imparato a sognare
what real love is about

Lea era appoggiata placidamente sopra al petto di Cory e respirava piano. 

Si era riaddormentata. Cory fissò l'orologio, notando quanto entrambi fossero in ritardo al lavoro, cosa che non lo disturbò affatto. 
Era dove desiderava essere. Lea si mosse sopra di lui e aprì i grandi occhi, che subito lo fissarono. 

Sorrise leggermente. 

"Magari possiamo stare a casa oggi.." Propose Cory. Il sorriso di Lea si aprì e con una mano cercò a tastoni il cellulare sul comodino. 

Digitò velocemente un messaggio e ripose il cellulare, per poi tornare con la testa sul petto nudo di Cory. 

Cory chiuse gli occhi, il respiro che di faceva tranquillo e le mani tra i capelli della bellissima ragazza su di lui. 

*** 

"Ehi!" 

Lea chiamò per la terza volta Cory, che finalmente aprì un occhio. 

"Si?" 

"Dai, ho preparato da mangiare!"

Lea tirò Cory per il braccio, cercando di farlo scendere dal letto, ma era troppo debole in confronto a lui. 

"Dai!"

Cory si stropicciò gli occhi e tirò a sua volta Lea contro di se, facendola rotolare sul letto. 

"Ciao."

Le disse, affondando il naso nei suoi capelli e respirando il suo profumo, stringendola a se. 

Lea sollevò il viso e lo guardò sorridendo. 

"Dai coccolone, alzati!"

Cory le accarezzò il naso e le strinse una guancia. Poi di scatto si alzò, scavalcò il piccolo corpo di Lea e corse in cucina, all'urlo di "Chi arriva ultimo non 
mangia!" 

Lea lo seguì subito dopo, inciampando nei suoi stessi piedi mentre cercava di raggiungerlo.
La schiena di Cory fermò la sua corsa. 

"Wow."

Sentì che sussurrava. 

Sul tavolo erano appoggiati una tazza di caffè fumante, un bicchiere di spremuta d'arancia, un piatto di pancakes contornati da fette di arancia e 
sciroppo d'acero e un piattino con un mucchietto di biscotti a forma di cuore. 

"Da quanto sei sveglia?"

Lea scoppiò in una risata e andò a sedersi al tavolo. 

"Un po'."

Affermò invitandolo a sedersi. Cory girò attorno al tavolo e le baciò il capo, accarezzandole la schiena. 

"Grazie."

Lea sorrise e lo osservò mangiare, offrendole un boccone di tanto in tanto, una fetta di arancia, un biscotto. 
 ***
Passarono la mattina a coccolarsi sul divano, guardando programmi scemi alla tv e ridendo come bambini. A mezzogiorno Cory decise di mettersi ai fornelli 
per cucinare un pranzetto alla sua bellissima fidanzata, e finì per chiamarla disperato venti minuti dopo, due coperchi in mano e un forchettone tra i denti.
“Oh, Cory..” Cominciò Lea, pronta ad aiutarlo.
“Per chi mi hai preso? E’ tutto pronto, piccola, ma dovresti apparecchiare.”
Disse indicando la tavola con un abilissimo gesto del forchettone. Lea rise e gli lanciò un grembiulino rosa appallottolato, che lo colpì sul petto.
“Potevi metterti quello, saresti stato più carino.” Affermò ammiccando.
Cory sospirò felice e appoggiò i coperchi. Era tornata la sua Lea.
 
Sparecchiarono baciandosi ogni secondo, e finirono presto avvinghiati sul bancone della cucina, le gambe di Lea allacciate alla vita di Cory e le labbra 
attaccate l’une alle altre. Le mani di Cory scorrevano lungo la schiena di Lea, soffermandosi sul suo fondoschiena per poi tornare lentamente tra i suoi 
capelli, dove tirava delle piccole ciocche facendole inarcare la testa.
“Stiamo qui.”
Sussurrò al suo orecchio, e Lea in risposta sollevò la vita, avvicinandosi di più a lui. Cory le tolse delicatamente la maglia e le accarezzò la pelle morbida, 
stringendola a se come se non volesse che nessuno mai gli impedisse di abbracciarla. La amava, incondizionatamente.
 
“Sei stanca?”
Lea annuì, appoggiando il mento alla spalla nuda di Cory e stringendo le cosce alla sua vita.
“Dai, andiamo a letto.”
Lea scosse la testa, spalancando i grandi occhi scuri.
“Non sono stanca, stiamo ancora qui!”
Cory rise e si liberò dalla debole stretta della ragazza, facendola scivolare giù dal bancone della cucina.
“Forza.” Disse, tendendole la sua maglia. Lea se la infilò, rabbrividendo, mentre Cory cercava i suoi boxer. Lea rise quando li trovò infilati nella lavastoviglie 
socchiusa.
“Li hai lanciati li tu?”
Lea scosse la testa, chiaramente colpevole e scappò veloce nella camera da letto. Cory la rincorse ridendo e si lanciò su di lei, fingendo di schiacciarla con il 
suo corpo.
“Soffoco!” Urlò Lea, scalciando.
“Chiedi scusa!”
Cory si premette ancora un po’ contro di lei.
“No!!”
Gridò la ragazza.
Cory si sollevò di colpo, fissandola negli occhi. 
“No!” Ripetè la ragazza, colpendolo sul petto. Cory le bloccò la mano e si portò alle labbra le sue piccole dita.
Lea gli sorrise dolcemente e si girò su un lato, lasciando che Cory la cingesse da dietro e le annusasse i capelli.
 
“Cory?”
“Si?”
“Che ore sono?”
Domandò la ragazza stiracchiandosi.
“Tardi immagino.”
“Abbiamo dormito tantissimo!”
Lea rotolò su Cory e gli strizzò una guancia.
“Quanto sei carino!”
Cory le sorrise dolcemente al buio della stanza. Le giornate avevano iniziato ad accorciarsi notevolmente.

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Capitolo 13
*** Capitolo Tredicesimo. ***


Siete davvero dei tesori. Vi ho spaventate con il mio precedente commento? Non era mia intenzione, intendevo solamente avvisarvi che le cose non saranno facili, ma ciò non significa che non saranno belle e felici. La vita stessa non è facile eppure è bellissima. E tanto per stare in tema, godetevi questo capitolo, in cui Cory è molto presente (lalala era rimasto a letto, suvvia.)
Credo di non essere l'unica a cui Glee manca da morire e sinceramente speo torni in fretta, ma solamente perchè Finn e Rachel furoi dal contesto scolastico e più vicini a Lea e Cory mi affascinano troppo! Ringrazione gli angeli che mi commentano sempre e che analizzano tutto ciò che scrivo (vi amo tantissimo, perchè tutto per me ha significato) e ringrazio anche chi legge e basta, siete tutti belli e perfetti, e io ho una fame da lupi, quindi vado a pranzo! Buona Lettura, L*


Ho imparato a sognare
what real love is about


Lea sentì il suo stomaco arrotolarsi e lasciò andare un gemito, pensando ad una cosa passeggera.
Lo stomaco però continuò a ribellarsi ai suoi tentativi di calmarlo, finchè la ragazza non percepì un conato in gola.
Nel bel mezzo di una scena del suo nuovo film, Lea abbandonò il suo collega di lavoro e corse verso il suo camerino, dimenticandosi la porta aperta e rimettendo nel water.
Sentì dei passi dietro di lei, mentre si lasciava scivolare per terra, le braccia strette alla vita e il capo chino.
“Che c’è, Lea?”
Chiese Annie, una delle sue assistenti.
“Non mi sento molto bene.”
Lea sollevò il capo, pallido e stanco. Annie le offrì il braccio e la aiutò ad alzarsi, notando quanto la ragazza fosse debole e piccola.
“Ecco.” Sussurrò porgendole un fazzoletto. Lea si appoggiò al muro.
“Non credo di farcela.” Disse con un filo di voce.
“Non preoccuparti, Lea, possiamo riprendere più tardi. Chiedo a John se ti può accompagnare a casa d’accordo?”
Lea annuì debolmente e chiuse gli occhi.
“Ehi.” Annie le passò un panno bagnato sulla fronte.
“Da quanto non stai bene?”
Lea respirò a fatica.
“Due secondi, stavo benissimo fino a poco fa.”
“Deve essere la pressione, a mia nonna capitava sempre. Un secondo era in piedi, l’altro era per terra svenuta. E’ morta così, un giorno che nessuno era con lei. Sai diventando vecchi, si è soli. Io non vorrei mai rimanere sola, ma sai, mia nonna era vedova. Pensandoci accadeva anche a mia sorella Kim, quando era incinta del suo primo figlio. Pensavamo avesse preso dalla nonna, adesso in piedi, bam due secondi dopo stesa sul pavimento. Poi si è scoperto che la gravidanza la stava mettendo K.O. Due mesi di letto ed era come nuova, ma ormai era enorme. Io non vorrei mai rimanere incinta, mi sono detta.”
Lea aveva completamente ignorato il farfugliare di Annie fino a quando non sentì la parola gravidanza.
“Scusa, puoi ripetere?”
Annie si interruppe di colpo.
“Cosa?”
“Quello che hai detto.”
“Chi, mia nonna? E’ morta, per la pressione.”
“No, no.” Lea la interruppe prima che fosse troppo tardi.
“Tua sorella.”
“Ah, si Kim. Quattro figli. Dopo il primo ha imparato, ha preso 20 chili e nessuno l’ha mai più vista stesa per terra. Non svenuta almeno. A rotolarsi per inseguire uno dei marmocchi si però.”
Annie continuò il suo discorso, ma come spesso accadeva tra di loro, Lea aveva già staccato il cervello.
Gravidanza?
Che fosse? No era impossibile. Ma se fosse veramente stata – incinta?
Quella parola non si formava nemmeno nella sua mente.
Incinta? Lei? Ma quando? Come?
Improvvisamente la consapevolezza la colpì.
I suoi sbalzi d’umore degli ultimi giorni, il sogno, la reazione esagerata, la sua continua stanchezza. Cory aveva detto che aveva dormito come una bambina tutto il pomeriggio e la sera, dopo che le aveva cucinato una cenetta, si era addormentata nuovamente sul divano. Non credeva di essere così noioso, le aveva detto lasciandole un bacio davanti alla porta di casa prima di uscire quel mattino. Il ciclo. Cazzo. Il ciclo. Se ne era completamente dimenticata.
“Annie, scusa, quando mi è venuto il ciclo l’ultima volta?”
Annie guardò la ragazza.
“Scusa parlo sempre troppo eh. In ogni caso direi il 12 dello scorso mese no? Il 12 di agosto!”
“Agosto?”
Annie controllò la sua agenda.
“Eh si. Guarda, me lo scrivo ogni volta.” Disse mostrandole l’agendina rosa.
“Perché?” Domandò a Lea.
“E a settembre?”
Annie aggrottò le sopracciglia.
“Settembre?”
“Si, Annie, il ciclo di settembre. Il mese scorso, settembre.”
Annie sfogliò velocemente le pagine.
“Niente.”
Dichiarò soddisfatta.
“Niente?”
Lea sgranò gli occhi.
“Devi essertene dimenticata.”
“Lea Michele. Sono la tua assistente da quasi un anno, ti seguo ovunque, so tutto di te e ti ammiro più di ogni altra cosa. Pensi che io mi sia dimenticata di scrivere del tuo ciclo?” Annie la fissò indignata.
“Spero proprio di si, Annie, perché se non ti sei dimenticata significa che sono incinta!”
Lea uscì velocemente dal bagno e dal camerino, raggiunse in fretta la sua macchina e partì sgommando.

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Capitolo 14
*** Capitolo Quattordicesimo. ***


Siamo già a lunedì, non posso crederci. Il ponte è passato così e ora bam scuola ininterrotta per sempre. No, dai non per sempre, ma uffa. Buone notizie del giorno: a Natale si va a Istambul!! Ahh, amore!! In realtà è tutto per il risparmio, si punta a una New York nel 2014 appena finita la Freedom Tower. Ah, che figata. Beh, so che non vi interessava per nulla, volevo solo fare due chiacchiere. Sono sempre qua con il mio Earl Grey da brava finta inglesina (sto anche studiano inglese già che siamo in tema) e quindi mi fermo un'attimo a postare questo capitolo (ma siamo già al 14? come è successo?!
Un abbraccio a tutti quelli che mi leggono e commentano, è sempre un piacere per me leggervi, quindi non smettete mai di dirmi cosa pensate. Spero solo di trovare un pò più di tempo per rispondervi personalmente, ma vi amo tanto. Ringrazio la feccia umana che è una delle mie migliori amiche nonchè vicina di casa che ha ispirato questa scena. Buona lettura, L*



Ho imparato a sognare
what real love is about


Fortunatamente la casa era deserta, si disse Lea mentre mollava la borsa e la giacca sul pavimento. Corse in bagno e scartò il pacchettino che la farmacista aveva annodato attorno al test di gravidanza, forse nella speranza di renderlo più carino. Non lo era, non era carino affatto. Lea lesse attentamente le istruzioni, nonostante le conoscesse già.

“Si, si, può farlo anche se non è la prima urina del mattino, difficilmente sbaglia se ci sono ormoni. E beh, se non ci sono, non ci sono.”

Le aveva detto tranquillissima la ragazza. Per sicurezza Lea ne aveva comprati due.
Seguendo il consiglio scritto sulle istruzioni, pescò dalla cucina un bicchierino di plastica e raccolse la pipì, immergendo poi il test e rimanendo in attesa. I minuti passavano lenti, e a Lea tremavano le ginocchia al solo pensiero di guardare il risultato.

Finchè non potè più rimandare. Erano passati 6 minuti, due in più del dovuto. Lea estrasse delicatamente il test e lo scrutò. Rosa.
Cazzo.

Il panico la assalì, e le fece vedere tutto scurissimo. Cosa avrebbe fatto? Come era possibile? Ma quando..? Di colpo le tornò in mente il sogno di poche notti prima. Sembrava tutto lontanissimo ormai. Annie, quella mattina d’inferno. Cory. Dov’era? Come glielo avrebbe detto? Avevano deciso di provarci, si, ma così, tutto ad un tratto?

Lea gettò il test nel cestino sotto il lavandino, svuotò il bicchiere e lo accartocciò e si rifugiò sul  caldo divano, di colpo esausta.

*** 

“Lea?”
Cory entrò piano nella casa buia. La ragazza non aveva risposto per tutto il girono ai suoi messaggi, ed era più preoccupato che mai. Il soggiorno era buio e l’unico rumore proveniva dal divano. Cory sentì il dolce profumo della ragazza nella stanza e tirò un sospiro di sollievo. Era li. Non era scappata di nuovo, era sua.

Si chinò sul divano e le baciò la fronte calda, soffermandosi ad ammirare il suo viso rilassato, poi andò in bagno per fare una doccia.

In poco tempo l’acqua calda appannò gli specchi e i vetri della finestra, e uscendo Cory non vedeva quasi niente. Adorava fare le docce bollenti.
Canticchiò la canzone che gli era rimasta in testa per tutto il giorno mentre si asciugava la schiena gocciolante e si chinò sul lavandino in cerca di un asciugamano piccolo per i capelli. Si alzò di colpo e scosse la testa, roteando gli occhi. Si sentiva sempre un cagnolino facendo quei movimenti, ma quel giorno il suo sguardo incontrò qualcosa di familiare. Incredulo lanciò un occhiata dentro al cestino.

Non era possibile.
Sfregò gli occhi nell’asciugamano.
Non era possibile.
Si avvicinò cauto al cestino e sbirciò al suo interno. La barretta era li.
Rosa.
 
Cory rimase immobile per quello che gli parve un tempo infinito. Lea che dormiva sempre. Lea che cambiava continuamente idea, Lea che era triste e poi felice e poi triste. Lea affamata.
Lea era incinta.
Cory chiuse gli occhi e provò ad immaginarsi un fagottino tra le braccia, una piccola riproduzione di se stesso e di Lea.

Bellissimo.
Si, decise che avrebbe potuto affrontare ciò che significava, pappine, pannolini, pianti, occhiaie mattutine, coccole, baci, abbracci, carezze dolci, dentini, amichetti.
Sorrise tranquillo.
Quelli erano lui e Lea, e loro insieme erano invincibili. Nessuno li avrebbe mai separati.

Si vestì in fretta e tornò in sala, trovando Lea ancora addormentata sul divano. La prese delicatamente tra le braccia e la trasportò fino al letto, coprendola attentamente. Si fermò a fissarla da lontano, indeciso se dormire accanto a lei o se lasciarla riposare da sola e trasferirsi sul divano.
Perché non lo aveva chiamato subito?

La domanda attraversò velocemente la sua mente, e Cory optò per la prima opzione. Non avrebbe permesso a Lea di vivere da sola quella esperienza. Erano uniti, ora e per sempre, e lui non l’avrebbe mai lasciata andare. Sentì il cuore gonfiarsi d’amore nel petto, per lei e per la creaturina che viveva già nella sua pancia. Si distese alle spalle della ragazza e avvolse la sua vita con le sue grandi mani, penetrando sotto la maglietta della ragazza e cercando il punto preciso in cui la loro creatura dormiva profondamente.
Era sua. Era la sua famiglia, sarebbe stato il papà di qualcuno, e sarebbe stato all’altezza del ruolo. Posò un piccolo bacio sulla nuca di Lea e respirò il suo profumo, addormentandosi.
 

*** 

Lea non era mai stata così riposata in vita sua. Aprì lentamente gli occhi, trovandosi nella camera da letto. Come c’era arrivata, era un mistero. Mistero non tanto irrisolvibile, si disse, sentendo le mani di Cory che la stringevano da dietro. Si stiracchiò piano e sentì che le mani di Cory erano infilate sotto la sua maglietta, e riposavano sulla sua pancia.

La sua pancia.
Non era più solo sua, quella pancia.

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Capitolo 15
*** Capitolo Quindicesimo. ***


L'attesa è stata snervante, frustrante, struggente per noi gleeks. E appena mi torna glee.. Non c'è Lea? Ma siamo scemi? Ammetto di essere caduta dal pero, pensavo che almeno una piccola comparsa la facesse. Che cavolo. Lea, piccola. Dove sei? Torna. Quindi sono ancora, se possibile, più snervata, frustrata e distrutta di prima. Vado a farmi una cioccolata calda, attaccando con lo scotch i pezzetti del mio cuore. Buona lettura, e grazie per le risposte e i commenti, siete speciali e belli. <3 L*


Ho imparato a sognare
what real love is about


Cory sentì i delicati movimenti di Lea al suo fianco e decise di fingere di dormire. Si sentiva in colpa, e sentiva di avere infranto le regole. Lea doveva aver capito che sapeva, dato che teneva le mani nella sua pancia. Forse avrebbe voluto essere lei a dirglielo. La sentiva terribilmente rigida al suo fianco.

“Sai piccolo?”

Cory sentì la voce di Lea parlare piano.

“Io sono felice che tu sia qui dentro. Anche se non sarà facile dividere..”

Lea fece una pausa.

“Dividere il tuo papà con qualcuno, ma è giusto così, no? Fa parte della vita.”

Cory sospirò, cercando di trattenere un sorriso.

“Sono felice di averti dato questa occasione, di esserci.”

Si fermò nuovamente.

“In realtà, te la sei un po’ presa da solo l’occasione, dato che eri già qui.”

Lea tirò un sospiro esasperato.

“Sarò una pessima madre, piccolino, mi dispiace.”

Portò le mani alla pancia e le posò su quelle di Cory.

“Mi dispiace davvero Cory.”

“Io penso che tu sarai perfetta, invece.”

Lea voltò di colpo il viso verso quello di Cory e fissò i suoi dolci occhi scuri.

“Non l’ho nascosto benissimo vero?”

Lea sorrise timidamente, abbassando gli occhi.

“No, era un perfetto nascondiglio! E’ solo che io ho un radar molto potente.”

Cory le strizzò la guancia, costringendola a guardarlo.

“Guardami.”

Lea spalancò i grandi occhi.

“Sarai perfetta, saremo perfetti.”

Lea sorrise e gli strinse le mani attorno al collo. Cory lasciò scorrere le sue mani lungo la schiena della ragazza, stringendo i suoi glutei e spingendola verso di lui.

“Ehm..”

Lea si allontanò dal ragazzo, il volto contratto in una smorfia.

“Cosa?”

Le domandò Cory.

“Devo vomitare.”

Il ragazzo sorrise dolcemente e si alzò, indicandole la strada verso il bagno. Lea saltò giù dal letto e corse veloce, chiudendosi la porta del bagno alle spalle.

“Ehi, non puoi lasciarmi fuori!”

Lea non rispose.

Cory aprì leggermente la porta.

“Non mi lasciare fuori, Lea. Voglio essere parte di tutto.”

La ragazza non si mosse e rimase china sulla tazza del water, in attesa.

Cory mosse qualche lento passo verso di lei e poggiò la mano sulla sua schiena. Quando vide che la ragazza non si ritraeva, avvolse le braccia attorno alla sua vita e si inginocchiò dietro di lei, abbracciandola. Lea sospirò contro di lui e si lasciò andare alle lacrime, appoggiandosi al suo petto.

***

 
“Prendo appuntamento dal ginecologo, allora!”

Gridò Lea avviandosi alla porta. Lei e Cory avevano fatto colazione insieme e ora si preparavano ad uscire.

“D’accordo, mandami un messaggio con la data così mi libero da tutto.”

Cory la raggiunse all’ingresso e le sistemò la giacca.

“Non affaticarti troppo.”

Le raccomandò, baciandole il naso.

“Nemmeno tu, papà.”

Lea si alzò sulle punte dei piedi e gli baciò dolcemente le labbra. Profumava di vaniglia, dentifricio e di Lea.

Cory sorrise guardandola camminare davanti a lui, una piccola puffetta con tanti sogni e tanta forza dentro di lei.

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Capitolo 16
*** Capitolo Sedicesimo. ***


Lunedì? Si oggi è lunedì. Il primo lunedì libro dall'inizio dell'anno scolastico, quindi ho deciso di prendermi un pò di tempo per scrivere e per scrivervi. Prima di tutto non so se venerdì riesco a pubblicare ma tuttalpiù rimando a sabato o a giovedì, e questa è una cosa importantissima per voi miei fidati e amati lettori! Segnate, segnate su agende e diari, sarà un capitolo memorabile. (In realtà lo devo ancora scrivere, e non so cosa ne verrà fuori!)
Quindi se avete consigli e/o richieste basta scriverle laggiù in fondo, nello spazio commenti. Io sono più che felice di rispondervi, leggere, ridere, ascoltare. Detto questo, vi auguro ua buona giornata, e una buona settimana. Ah, e una buona lettura! L*



Ho imparato a sognare
what real love is about


Cory strinse la mano della ragazza distesa sul lettino. Lea gli rivolse un sorriso leggermente tirato, e la preoccupazione nei suoi occhi era palese.

“Dai, tranquilla.”

Le sussurrò Cory dolcemente.

“Disse quello che se ne stava comodo su una sedia senza bambini dentro di lui.”

Cory aggrottò la fronte, scoppiando a ridere.

“Mi fai sembrare un mostro!”

“Buongiorno.”

Il dottore entrò nella stanza in quel momento, il camice bianco aperto su una maglia azzurra e i capelli bianchi corti sulla testa.

“Salve, signori.” Ripetè osservando i due ragazzi nello studio.

Sorrise comprensivo a Cory e si avvicinò a Lea.

“Come stiamo?”

“Bene, direi. Un po’ affaticata e la nausea non è una delle cose che preferisco, ma bene.”

Il dottore sorrise e si allontanò dal lettino, prendendo dalla scrivania una scatolina.

“Ecco, queste dovrebbero aiutarla, se non con la nausea con il futuro dolore alla schiena e l’ipersensibilità dei seni.”

Cory arrossì leggermente e strinse la mano di Lea, che non lo guardò.

“Allora, se la sente di dare un’occhiata li dentro?”

Lea annuì vigorosamente mentre il dottore sorrideva e le sollevava la maglietta.

“Ecco, questo sarà freddo.”

Disse, estraendo un flaconcino dalla tasca del camice e stendendo un sottile strato di crema trasparente e profumata sulla pancia della ragazza.

Lea trattenne il respiro e si rilassò solamente quando il dottore si allontanò per prendere il sensore.

“Siete pronti?”

Cory chiuse gli occhi e attese fino a quando un leggero suono non riempì la stanza, il suono ritmato di un tamburo leggero.

“E’ lui?”

Chiese Lea speranzosa.

“E’ lui.”

“O lei.” Si affrettò ad aggiungere Cory, spalancando gli occhi.

“O lei.” Assentì il dottore, muovendo il sensore sulla pancia di Lea.

“Ecco, questo è il piccolo.”

Disse poi, avvicinando un dito al monitor al fianco del lettino e indicando un minuscolo punto.

“E’ invisibile!”

Esclamò Lea, stringendo la mano di Cory. Il ragazzo aveva gli occhi appannati da calde lacrime che cercava invano di nascondere.

“Ehi..”

Lea richiamò l’attenzione del fidanzato, che si voltò a guardarla.

“E’ nostro?”

Lea gli sorrise, lasciando che una lacrima sfuggisse al suo controllo e rotolasse lentamente lungo le sue guance.

“E’ nostro.”

“Beh, direi che possiamo pulirci, eh, signorina Michele?”

Lea sorrise al dottore e annuì, incantata a fissare lo schermo.

“Vi stampo un paio di foto.”

“Sei, grazie, se possibile.”

Il dottore annuì e chiuse la porta alle sue spalle.

***
 
“Oddio!”

Lea si accasciò sul divano e tirò un profondo respiro.

“Tante emozioni eh?”

Lea guardò il sorriso di Cory e pensò che non poteva immaginare niente di più bello.

“Tantissime!”

“Devo fare una doccia.”

Annunciò il ragazzo avviandosi in bagno.

“Ehm.. Ehi?”

Lo richiamò Lea. Cory si voltò interrogativo verso di lei.

“Ecco, ti andrebbe un po’ di compagnia?”

Domandò timidamente la ragazza, alzandosi dal divano e slacciandosi i primi bottoni della camicia. Cory strizzò gli occhi confuso, mentre la ragazza lasciava cadere la camicia che indossava e cominciava a sfilarsi i leggings scuri che indossava.

Cory cercò invano di chiudere la bocca e di darsi un contegno, ma la ragazza sembrava in tutti i modi impedirglielo, passando a slacciarsi il reggiseno e rimanendo infine con le sole mutande nere di fronte a lui.

“Questa storia degli ormoni è una figata!”

Esclamò prendendo tra le braccia Lea e trasportandola in bagno, provocando una sua grossa risata.



Ps: Lascio una risposta alle mie commentatrici qui sotto!
Cara Robi (posso chiamarti così?) ti ringrazio come al solito del commento e soprattutto sarà meglio che io controlli che tu non rimanga incinta a breve presa dalle voglie e dalla passione per questi due! Ahahah :) Comunque si, mi piace farli passare in questo modo, umani e in qualche modo anche deboli e imperfetti. Tutti lo siamo ed è giusto che le cose vengano mostrate nella loro realtà quotidiana. E' questo il puro significato del sottotitolo di questa ff, "what real love is about" che ho tenuto per un motivo preciso :) Alla prossima, un bacio.
Alla mia Anna rispondo scusandomi per lo spoiler (ero traumatizzata e accecata dalla bellezza di Cory, non ragionavo) e sperando che abbia visto la puntata. E' spettacolare anche senza Lea, anche se un pòò mi è mancata. Grazie per i complimenti, e beh, so che sei un cucciolo ansioso, per questo sono sempre puntuale :3 Un bacio.
Ahh, poi abbiamo un nuovissima recensitrice, Sofia (mi pare) che ringrazio di cuore! Nessuno aveva mai definito una mia storia "da brividi" aah mi fai commuovere! Spero di rileggerti ancora, in caso contrario so che sei all'ascolto :) Un bacio anche a te.
Uuh e poi di nascosto è tornata la mia adorata Like Rain (non ho mai scoperto il tuo nome accidenti xD) che mi lascia sempre delle recensioni che amo. Entrambe amiamo dilungarci, credo, e la cosa non è affatto un problema, anzi mi fa piacere sapere esattamente cosa ti piace e cosa leggi volentieri! Eh, comunque abbiamo tutti fiducia in quel sadico, come lo chiami tu :) anche se mi sa che non se la merita molto. Un bacio!

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Capitolo 17
*** Capitolo Diciassettesimo. ***


Sono così puntuale che mi stringerei la mano da sola. 
Posso aprire una parentesi spoiler? Posso? Lo faccio lo stesso. A me si spezza il cuore a non vedere Finn e Rachel insieme e così distanti va bene? Io piango. Piango e soffro e urlo e il mio cuore ha delle fitte insopportabili. Quindi ora vado dal mio fidanzato a farmi coccolare e spero lo facciate anche voi (anche tu e la tua gattina, Anna). Più tardi se mi riprendo vi metto la in basso le risposte alle vostre bellissime e fenomenali recensioni (che amo più della mia stessa vita), come ho fatto lo scorso capitolo. Vi ringrazio, e vi sono vicina in questo difficile Finchelmoment, e non provate a dirmi almeno abbiamo il Monchele perchè sono due cose diverse e io piango ancora di più. Buona lettura, gold stars. L*


 

Ho imparato a sognare
what real love is about


“Credo sia arrivato il momento.”
Cory si sedette sul bordo del letto dove Lea stava leggendo una pagina del copione del film che stava girando in città. La ragazza alzò sospettosa gli occhi dal foglio e li puntò in quelli seri del ragazzo.
“Di fare?”
Cory le sorrise e le mostrò il telefono.
“Dovremmo dirlo ai nostri genitori.”
Affermò poi, seriamente. Lea mollò la presa sul foglio che teneva in mano e aggrottò le sopracciglia.
“Non penso..”
“Lee, sono passate quasi tre settimane, e stai per entrare nel terzo mese, io credo sia il momento.”
“Io credo proprio di no invece.”
La ragazza si alzò improvvisamente, lasciando cadere svariati fogli sparsi sul letto, e uscì dalla stanza.
Erano state due settimane relativamente tranquille, la gravidanza proseguiva tranquilla e Lea soffriva la nausea solamente alcune mattina, e Cory lo aveva interpretato come un buon segno. La ragazza non aveva mai nominato i loro genitori e Cory aveva silenziosamente assentito a tenerlo per loro, almeno per il momento, e a godersi la gioia della novità. Ma le settimane erano passate e Lea aveva continuato a fare finta di niente, a lavorare spesso e, cosa che a Cory non era sfuggita, a mangiare sempre meno.

Era sempre stata magra, ma nelle ultime due settimane erano sparite le sue dolci rotondità e avevano lasciato spazio a una Lea spigolosa e ossuta. Cory non se ne era particolarmente preoccupato così come non si era preoccupato degli sbalzi emotivi che non l’avevano più caratterizzata. In realtà era stato sollevato, ma quella sera la risposta della ragazza l’aveva completamente spiazzato.
 
La seguì in soggiorno, e la trovò rannicchiata sul divano avvolta in una coperta, gli occhi fissi nella televisione accesa.
Cory si sedette al suo fianco e la guardò. Aveva gli occhi leggermente gonfi e i lunghi capelli spettinati, ma era comunque la donna più bella del mondo.
“Non mi toccare.”
Sibilò la ragazza nel momento in cui Cory cercò di avvolgerle un braccio attorno alle spalle.
Lea si alzò di scatto e ripercorse la strada verso la camera da letto, il viso imbronciato e la coperta che strisciava per terra dietro di lei.
Cory sospirò profondamente e si lasciò affondare nel divano, brandendo il suo cellulare e digitando nel motore di ricerca internet tre semplici parole. Consigli, supporto e gravidanza.
Dovevano pur esserci altri uomini nella sua stessa situazione.
 
 ***
Un bicchiere che si rompeva.
Del metallo lanciato contro una superficie.
Il risveglio di Cory non fu dei più dolci, e si trovò rannicchiato su un divano decisamente troppo corto.
Alcuni piatti che sbattevano tra loro e il ticchettio di unghie sul tavolo.
Cory spalancò gli occhi e si tirò in piedi.
Si era addormentato sul divano.
Lea si voltò verso di lui e lo fissò truce.
“Ehm.. Buongiorno?”
Tentò il ragazzo. Lea si voltò verso il lavandino e lasciò cadere qualche piatto.
“Lea, cosa stai facendo?”
“Sistemo la cucina.”
Disse freddamente la ragazza.
“Ma era già perfettamente..”
“No! Cory, NO! Non ti azzardare a dire che era in ordine, niente lo era. Tu che non sei a letto con me quando mi sveglio, io che ingrasso come un maiale a vista d’occhio, niente era e niente è in ordine!”
Gridò la ragazza sollevando un bicchiere e lanciandolo per terra, fratello di uno già disintegrato ai suoi piedi.
“E quello?”
“Era brutto.”
“Ma li hai scelti tu.”
“Non mi piacciono più, ok?”
Gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime e Cory le si avvicinò e la prese tra le braccia, appoggiandola al suo petto.
“Ho voglia di asparagi, e io ho sempre odiato gli asparagi.”
Cory trattenne una risata.
Se c’era una cosa che aveva imparato dalla ricerca della sera precedente, era di non ridere e piuttosto di immedesimarsi nei piccoli drammi delle donne incinte.
“Certo, tesoro, adesso finiamo di distruggere questi bicchieri e poi ci procuriamo degli ottimi asparagi per la colazione, d’accordo?”
Sentì Lea annuire contro la sua maglia e mollare la presa attorno la sua vita.
“Cory?”
“Si, Lee?”
“A me quei bicchieri piacevano.”
Cory alzò gli occhi al cielo.
“Ne sono rimasti un paio, piccola.”
“Ma così il nostro bambino non potrà bere da un bicchiere uguale al nostro!”
Si lagnò la ragazza.
“C’è tempo, Lea, tutto andrà per il verso giusto.”
Cory citò una delle frasi trovate sul web nella top ten delle frasi rassicuranti.
Lea alzò gli occhi verso di lui e gli sorrise.

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Capitolo 18
*** Capitolo Diciottesimo. ***


Oh, ragazzi, giuro che amo questo capitolo. Lo amo. Spero vi piaccia. Sono nel bel mezzo di un intenso studio di latino, ma nei prossimi giorni rispondo volentierissimo alle recensioni che ho lasciato indietro. Vi amo, alla follia. Quasi più della magnifica torta all'ananas che ho davanti al naso. Fatemi coraggio, sono pur sempre a dieta. 
Buona lettura, L*


Ho imparato a sognare
what real love is about


“Cory Monteith.”
La voce di Lea era qualche nota sopra il normale, ma Cory non si preoccupò più di tanto. Si prese il tempo per uscire dalla doccia e asciugarsi delicatamente, tanto sapeva esattamente cosa Lea voleva da lui e perché stava gridando in quella maniera isterica, battendo il piccolo pugnetto contro la porta del bagno.
“Sto arrivando tesoro.”
“Tesoro un cazzo, accidenti, esci subito da li.”
Cory sorrise, appoggiando casualmente l’asciugamano sul lavandino ed avvicinandosi alla porta cautamente.
“Di cosa hai bisogno tesoro?”
“Vaffanculo, Cory, lo sai cosa hai fatto.”
Il ragazzo sorrise. Si, lo sapeva benissimo. Ma negli ultimi giorni aveva scoperto che fare arrabbiare Lea e prenderla con ironia era la cosa che la rendeva per prima cosa più bella e per seconda, ma non per questo meno importante, più sopportabile. Il ragazzo respirò profondamente, consapevole delle sue capacità, e spalancò la porta, completamente nudo.
Qualsiasi argomentazione Lea avesse preparato per la sua arringa cadde rovinosamente assieme alla sua mascella nell’esatto momento in cui si ritrovò davanti agli occhi l’imponente corpo dell’imponente fidanzato.
“Hai bisogno?”
Lea sbattè più volte le ciglia, cercando le parole giuste, che dovevano essere per forza andate perdute nella sua gola, insieme a tanti insulti e alla tanta proprietà di linguaggio che si vantava di avere.
“Io..”
“Si?” Le chiese Cory, avvicinando le labbra al lobo della ragazza e accarezzandolo con la lingua.
“Io..”
“Sono tutto orecchi.”
Sussurrò il ragazzo al suo orecchio, percependo il brivido che percorse la schiena della ragazza.
“Pagherai.”
Sibilò la ragazza tra i denti, prima di aggrapparsi con un salto alla vita di Cory con le gambe.
Il ragazzo finse indignazione.
“Pensavo fossi arrabbiata, tesoro.”
Lea gli strinse la pelle della schiena tra le dita.
“Infatti, pagherai.”
Affermò prima di baciargli con passione le labbra, lottando con la sua lingua.
“Sei succube del sesso, tesoro.”
“La prossima volta che mi chiami tesoro..”
Cory strinse i glutei della ragazza contro la sua pelle nuda e le leccò la base del collo, portandola all’interno del bagno con lui.
“Cosa succede la prossima volta, tesoro?”
Lea ansimò contro la sua spalla e lo fissò negli occhi.
“Stai zitto e scopami, Monteith.”
Cory sorrise, vittorioso. Non solo otteneva sempre ciò che voleva, ma in cambio gli veniva offerto anche ottimo sesso. La vita era meravigliosa.
 
Cory si voltò verso il piccolo corpo addormentato di Lea al suo fianco. Si sentiva in colpa. Quella sera aveva mangiato l’ultimo pezzo della torta che Lea lo aveva obbligato a comprare. Cory aveva sempre amato la Cheesecake alle arance, mentre Lea l’aveva sempre odiata. Gli ultimi giorni invece l’aveva richiesta più volte, e Cory era stato felice di accontentarla. Solo che l’aveva praticamente mangiata tutta lui ogni volta, provocando urla e scalpiccii della sua adorabile e calmissima ragazza incinta. E ora, nel bel mezzo della notte, si sentiva in colpa. Dannazione. La donna davanti a lui era in attesa di suo figlio, magra come un chiodo, debole, instabile, isterica, e lui le rubava la torta. Si alzò di scatto e si infilò la felpa. Lui, Cory Monteith, avrebbe setacciato ogni supermercato in cerca di cheesecake alle arance per la sua bellissima fidanzata incinta. Si infilò le scarpe e uscì nella fredda notte di New York.
 
Lea si svegliò di scatto, qualcosa non andava.
E sapeva benissimo cosa non andava, Cory, quello scemo, non era con lei. Dov’era finito? Odiava dormire senza di lui, ma non le andava proprio di alzarsi a cercarlo.
In quel momento sentì la chiave girarsi nella porta di casa.
“Cory?” Chiamò Lea, spaventata.
Dei passi famigliari percorsero il corridoio e arrivarono alla camera da letto. Lea percepì il legger profumo del suo fidanzato.
“Sei sveglia?”
Cory entrò nella stanza, sorridendo.
“Dove sei stato?”
Cory le mostrò la porzione di torta che aveva trovato in un negozio che stava per chiudere. Gli occhi di Lea si illuminarono e la ragazza saltò a sedere.
“Oddio! Dove l’hai trovata! Mi dispiace, non ero davvero arrabbiata!”
Lea tese le mani verso la torta e Cory gliela lasciò, liberandosi anche della felpa e delle scarpe.
“Tutto per la mia dama.”
Lea gli sorrise e ne mangiò un pezzo già pretagliato.
“E’ buona?”
Le domandò Cory, accarezzandole la coscia.
Lea annuì, la bocca piena e sorridente. Gli tese la fetta.
“No, grazie, gli esseri umani non mangiano alle 2 di notte.”
Lea strinse gli occhi e appoggiò la fetta nella scatola, mandando giù il boccone.
“E’ la cosa più buona del mondo, potremmo chiamare nostro figlio cheesecake.”
Le parole le uscirono così. Cory la guardò sbalordito.
“Nostro figlio.”
Lea sorrise dolcemente.
“Si lui. O lei. Cheesecake è perfetto per tutti.”
Cory annuì e la prese tra le braccia, coprendoli con la coperta.
“Magari Cheesecake lo chiamiamo il nostro prossimo gatto.”
Lea gli posò un bacio alla torta sul naso e annuì.
“Credo che domani dovremmo parlarne con i nostri genitori.”
“Perché no.”
“E’ una magnifica idea. Buonanotte, e grazie Cor.”
Il ragazzo sorrise. Anche se Lea rimaneva una incognita in quel momento per lui, era convinto di dover fare qualsiasi cosa per renderla felice.
Le abbracciò la vita e la strinse a se, baciandole i capelli.
“Buonanotte piccola.”

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Capitolo 19
*** Capitolo Diciannovesimo. ***


Buon venerdì sera popolo di bellissimi lettori.. Io sono qui a godermi il mio weekend allungato e cosa fare se non rispondere a voi e scrivere? Ne approfitto per ringraziare le bellissime Roberta, Samira, Sofia e Anna che mi hanno lasciato bìdelle dolcissime e bellissime recensioni, vi amo e vi ringrazio di cuore <3 Vi adoro perchè dite sempre di adorarmi quando quello che faccio in realtà non è quasi nulla, scrivo, a volte cose anche senza senso.. Grazie, davvero, perchè senza il vostro supporto mi sentirei una buona a nulla.. Quindi ah, oddio, veniamo a questo capitolo. Accidenti. E' il capitolo più lungo, credo, perchè non mi andava di dividerlo.. ma vi invito a tenere a mente cosa accade,, perchè ritroveremo collegamenti più avanti.. A me piace molto personalmente. Spero anche a voi. Con gioia vi lascio un piccolo spoiler, che però è innoquo, riguarda il sorriso che ha Finn stampato in faccia tutto l'episodio. Dio, quanto è bello. Buona lettura, L*


Ho imparato a sognare
what real love is about


“Sei veramente sicuro di volermi accompagnare?”
Lea osservò Cory con i suoi grandi occhi marroni.
“Sicuro. Ho una piccola settimana di pausa dalle mie riprese, una delle tante belle cose di non essere il vero protagonista di un film, e in più effettivamente ho solo due settimane dopo la prossima, poi ho finito e posso cominciare a valutare un altro progetto che mi hanno proposto.”
“Se ti va possiamo parlarne stasera.”
“Preferirei prima parlarne con chi mi ha proposto la cosa.”
“Ah, wow, quindi è un segreto di stato.”
“Certo che no, piccola.”
Cory distolse lo sguardo dalla strada, in quanto erano fermi ad un semaforo rosso nel bel mezzo del traffico newyorkese mattutino.
“Ma sarei felice di parlartene il prima possibile.”
Il ragazzo si sporse verso Lea, seduta al suo fianco in macchina, e gli scoccò un piccolo bacio sulle labbra.
“Quando vuoi. In ogni caso sono seria, non c’è bisogno che mi accompagni sul set oggi, non ho un granché da fare.”
“Motivo in più per stare con te, no?”
Lea fece una smorfia e guardò fuori dal finestrino.
“Qualcosa non va?”
“Pensavo che potrei chiamare i miei genitori ed invitarli a cena stasera.”
Cory annuì, muovendo la testa a ritmo della canzone che la radio stava trasmettendo.
“Mi stai ascoltando?”
“Certo, si, pensavi di invitarli a casa nostra?”
“Sono sempre stata orgogliosa del nostro appartamento, quindi pensavo di si.”
Lea sembrava stizzita. Cosa aveva Cory contro casa loro? Era enorme, e perfetta.
“E avevi in mente qualcosa di speciale per il menu?”
Lea borbottò qualcosa di assolutamente incomprensibile.
“Cosa?”
“Ho detto, che magari potresti.. non so passare dal mio ristorante preferito, prendere qualcosa da portare a casa..”
Lea spalancò gli occhioni e fissò Cory, che cercava invano di stare concentrato sulla strada.
“Ma, Lea, è dall’altra parte  di New York..”
“Ti prego, ti prego, ti prego. Ti prego.”
“D’accordo.”
Cory piantò le unghie nel volante e tirò un profondo respiro, cercando di sorridere.
“Grazie, grazie mille!”
Lea gli strinse l’avambraccio ed estrasse il cellulare.
“Chiamo i miei.”
 
“Non credo proprio.”
La voce di Cory risuonò nella stanza, ferma.
“Cosa?”
“Lea, non credo che sia il caso che tu giri una scena del genere nelle condizioni in cui sei.”
Sussurrò Cory al suo orecchio.
“In che condizioni sei?”
Domandò Annie, l’assistente di Lea, sempre attenta e in ascolto.
“Nessuno, Annie, e non vedo pericoli, Cory.”
Cory fulminò la ragazza con lo sguardo e le strinse il braccio, attirandola verso di lui.
“Ti devono far cadere da una moto in corsa, Lea, io di pericoli ne vedo e anche tanti.”
Disse appoggiando una mano sulla pancia della ragazza.
“Oddio Lea sei incinta.” Esclamò Annie.
Cory si voltò verso l’assistente e la zittì, intimandola ad andarsene.
“Non l’avevi nemmeno detto a loro? Lea, non puoi comportarti come se niente fosse, devi stare attenta.”
“Senti non ti ho lasciato venire qui oggi perché tu mi dicessi come comportarmi nel mio lavoro. Girerò la scena naturalmente e poi se ne avrò voglio dirò a tutti che sono incinta, ma la cosa non fa alcuna differenza.”
“Fa differenza eccome, cazzo!”
I toni dei due ragazzi si erano notevolmente alzati, e il regista si avvicinò a loro.
“Lea, possiamo usare uno stunt, non c’è problema, è una scena semplice.”
“Sono perfettamente in grado. Cory, ci vediamo stasera.”
Liquidò entrambi gli uomini con un gesto della mano, raggiungendo Annie in fondo alla stanza.
Il regista lanciò un’occhiata a Cory, che infuriato si voltò ed uscì in fretta.
 
“Sono a casa!”
Gridò Lea sbattendosi la porta alle spalle e calciando via le scarpe.
“Com’è andata?”
Le gridò di rimando Cory dalla cucina.
“Bene!”
Lea percorse a piedi nudi il corridoio che conduceva al bagno, spogliandosi, e si infilò direttamente nella doccia.
“Ehi, a che ora arrivano i tuoi?”
Chiese Cory, picchiettando sulla porta.
“Intorno alle 8, cosa hai preso di buono?”
“I tuoi piatti preferiti, insalata, lasagne vegetariane e in più frutta mista.”
“Cory.”
Lea sporse la testa dalla doccia e fissò Cory negli occhi, i capelli bagnati e l’acqua che le scendeva in delicate gocce lungo il collo.
“Ho voglia pizza.”
Cory spalancò la bocca.
“Ti prego. Mi dispiace.”
Il ragazzo chiuse gli occhi e calmò il respiro.
“La prendo anche per i tuoi?”
“Si, per favore. Uguali alla mia solita.”
Cory fece per voltarsi e uscire dalla porta, ma Lea lo richiamò.
“Vieni qui.”
Cory si avvicinò alla doccia e fissò la ragazza, cercando di non sembrare troppo arrabbiato.
“Cosa c’è?”
“Abbiamo un’ora, no?”
Cory guardò il suo orologio.
“Si, sono le sette meno dieci.”
“Potremmo..”
Lea scostò la tendina della doccia e gli offrì una perfetta visuale del suo corpo nudo e bagnato dall’acqua, caldo e arrossato.
Cory le sorrise genuinamente e si sfilò la maglia e i pantaloni e le mutande insieme, poi si infilò agilmente nella doccia e accarezzò il fianco della bellissima ragazza davanti a lui.
“Sono comunque irritato.”
Lea si morse il labbro inferiore e portò la mano sul petto già bagnato del ragazzo.
“Lo so.”
Disse sorridendo mentre guidava le mani di Cory verso il suo fondoschiena. Il ragazzo comprese e lo afferrò saldamente, sollevando il leggero corpo della ragazza e permettendogli di allacciare le gambe attorno alla sua vita, stando attento a spostarsi dal getto dell’acqua calda, così che colpisse solo il suo lato destro.
Le labbra dei due si scontrarono, desiderose e affamante le une delle altre. Lea morse il labbro di Cory allontanandosi un poco per permettere al ragazzo di entrare dentro di lei. Era una sensazione così perfetta che le fece salire le lacrime agli occhi, mentre il ragazzo la spingeva forte contro il muro della doccia, entrando e uscendo ritmicamente. Cory si chinò e leccò la linea del suo collo, eliminando tutte le goccioline e assaporando il suo buonissimo sapore, lasciando che Lea piantasse le unghie nella sua schiena, gemendo contro la sua spalla. Alzando il viso tornò a incontrare le sue labbra, trovando la sua calda lingua e le sue dolcissime labbra.
Quando sentì il corpo di Lea cominciare a tendersi, Cory la spinse con violenza contro la parete, strappandole un gemito che segnò il suo punto di non ritorno. Cory la seguì, appoggiando la testa alla spalla della ragazza e spostando entrambi sotto il getto dell’acqua calda.
“Ti amo.”
“Ora vai a prendere le pizze però.”

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Capitolo 20
*** Capitolo Ventesimo. ***


Adorerei fermarmi a parlare con voi, a discutere di quello che mi avete scritto (aww adoro le cose interessanti che mi scrivete) ma devo studiare. Lo so, è uno schifo anche per me. Chiedo scusa, spero migliorerà con il tempo, e spero di poter fare più chiacchiere con voi bellissimi lettori. L*

Ho imparato a sognare
what real love is about


“Ecco le pizze!”
Annunciò Cory rientrando nell’appartamento dopo la corsa in pizzeria. Lea gli corse incontro e gli stampò un bacio sulla guancia.
“Mi dispiace per oggi, sarei dovuta stare più attenta. I miei sono di la.”
Cory la seguì in cucina, tenendo una mano sulla sua spalla.

“Eccoci!”
Edith e Marc Sarfati si alzarono all’unisono, sorridendo alla vista delle pizze e solo successivamente notando il mastodontico ragazzo che le portava.
“Ciao Cory.”
Lo salutò con affetto Edith, tirando la manica del suo giubbotto per farlo arrivare alla sua altezza. Cory le baciò le guance e affidò le pizze alle mani di Marc.
“Buonasera. Come va?”
“Tutto bene, ragazzi, e voi? Come ve la passate?”
Cory non ascoltò la articolata risposta di Lea, ma andò ad appoggiare la giacca e a liberarsi delle scarpe.

“.. quindi mi è venuta voglia di pizza e ho mandato Cory.”
Stava concludendo il discorso Lea.
“Sei incinta?”
La bocca di Edith era leggermente socchiusa e Marc sorrideva da un orecchio all’altro. Cory lasciò scorrere lo sguardo sui volti delle tre persone nella sua cucina.
“Mi sono allontanato cinque secondi, e tu hai già raccontato tutto?!” Cory guardò sconvolto la sua ragazza, che come se nulla fosse stava aprendo le pizze.
“Affatto.”
Disse mentre sollevava una fetta di pizza e se la ficcava tutta in bocca.

“Lea!” La rimproverò la madre.
“Ho fame.” Si giustificò la ragazza.
“E si, comunque, sono incinta.”
“Lea!”
Cory la guardò sconvolto.
“Ha solo detto che aveva voglia di questo, poi di quello e infine di pizza, ma che se volevamo avevate delle lasagne in frigo mi pare, ma che le piacerebbe tenere per quando le viene fame alla notte.”
“E io ho dedotto che era incinta.” Concluse Edith per il marito.
Cory guardò la famiglia Sarfati allibito.
“E’ fantastico.” Esclamò la madre di Lea alzandosi per abbracciarla.
“Siamo molto felici, mamma.”
“In ogni caso Edith già lo sospettava da quando ti sei rintanata a casa nostra.”
Cory continuò a stare in silenzio mentre Edith si rimetteva al suo posto e assaggiava la pizza.
“Oh, si. Quando rimasi incinta di questa chiacchierona qui, scappai dai miei genitori per un mese prima di avere il coraggio di affrontare Marc. Fu terribile, quando mia madre lo scoprì mandò mio padre, tuo nonno, a cercare Marc col fucile. Dovetti supplicarlo un giorno intero perché non ti uccidesse.”
Cory spalancò se possibile ancora di più gli occhi.
“Eh, Monteith, le donne di questa famiglia sono così. Mettile incinte e passerai le pene dell’inferno.”
Lea rise rumorosamente, scegliendo accuratamente una fetta della sua enorme pizza.
“Io sono adorabile, non è vero Cory?”
Cory rimase chiuso nel suo silenzio sbalordito, incapace perfino di sollevare una fetta di pizza.
“Tutto ok, tesoro?”
Gli domandò Edith.
Cory voltò lentamente il viso verso la donna, passò poi ad osservare Lea e infine posò gli occhi su Marc. Tutti e tre erano a loro perfetto agio, felici, sorridenti, pizza tra le mani e in sintonia. Li invidiava.
Sorridere gli venne naturale, e se possibile il sorriso dei tre Sarfati si allargò ancora di più, riempiendogli di gioia il cuore. Suo figlio avrebbe avuto una magnifica famiglia, si disse.
“Allora, come lo avete scoperto?”
“Com’è successo?”
Chiesero all’unisono i genitori di Lea.
La ragazza diede il via libera a Cory, rilassandosi contro la sedia e godendosi la sua pizza in pace.

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Capitolo 21
*** Capitolo Ventunesimo. ***


Buon venerdì :) Stasera non spoilerizzo, sono buona, ma vi invito a guardare la puntata solo per la straordinaria bellezza di Miss Lea Michele. Detto questo, ringrazio i miei bellissimi lettori e mi scuso se in questi capitoli non accade molto, ma ci tengo che sappiate come stanno le cose in modo da comprendere cosa succederà in futuro. Buona Lettura, L*

Ho imparato a sognare
what real love is about


“E’ andata alla perfezione.”
Lea sorrise dolcemente a Cory e intrecciò la mano alla sua, sistemandole entrambe sulla sua pancia. Cory allacciò la vita di Lea con l’altro braccio e la sistemò meglio al suo fianco sul divano, davanti alla televisione accesa su un casuale canale di cucina.
“Già.. E’ stato perfetto, mia madre penso non vedesse l’ora.”
Cory rise contro la spalla della ragazza e baciò la pelle scoperta.
“Non hai freddo?”
“Cory, smettila di dirmi cosa devo fare. No, non ho mai freddo quando sono abbracciata a te, lo sai.”
Cory strofinò il naso contro il tessuto che copriva la schiena della ragazza e sorrise.
“Lo so, ma sai, sento di dovermi prendere più cura di te, adesso.”
“Beh, non ne ho bisogno, non ho bisogno che tu venga al lavoro con me, che mi dica di non girare certe scene, né che mi dica di coprirmi. So badare a me stessa, Cory, come sempre.”
“Certo, piccola.”
Cory si morse il labbro e cercò di sembrare tranquillo. Ovviamente non sapeva badare a se stessa, ma era meglio farglielo credere. Non voleva nemmeno pensare a cosa fosse successo quella mattina durante le riprese della caduta in moto.
“Allora, chiamiamo mia madre adesso?”
Lea si voltò lentamente verso di lui.
“Scusami?”
“Abbiamo parlato con i tuoi, manca mia madre.”
“E intendi chiamarla?”
Lea strizzò gli occhi, come se cercasse di focalizzare un volto sconosciuto. Cosa aveva detto di male? Un brivido corse lungo la schiena di Cory.
“S..”
“Non ti azzardare a dire di si, Cory Monteith. Non c’è alcun dubbio che noi comunicheremo la notizia a tua madre per telefono. Voliamo in Canada per il weekend.”
Cory serrò di colpo le labbra, contrariato.
“Io non credo..”
“Non credi cosa? Che io sia in grado di volare? Neanche questo posso fare, secondo te?”
Lea alzò la voce di scatto, lasciando la mano di Cory.
“Non c’è alcun dubbio, invece, che tu salga su un aereo e voli per quasi sei ore in un altro stato per vedere mia madre quando hanno inventato i mezzi di telecomunicazione.”
Cory cercò di rimanere il più controllato possibile, ma la ragazza esplose.
“Basta! Ne ho abbastanza. Non mi devi controllare, smettila! Non ho bisogno che tu mi controlli!”
“Evidentemente si, dal momento che tutto ad un tratto sembri voler fare le cose più incoscienti della Terra!”
“Vaffanculo, vaffanculo!”
“Lea!”
La ragazza si alzò di scatto dal divano e raggiunse la camera, dove entrò sbattendo la porta.
Cory si prese la testa tra le mani. Non era possibile, quella ragazza l’avrebbe mandato all’inferno. Doveva capitare proprio a lui la donna ingestibile in gravidanza?
Quel pensiero gli colpì il cuore, stringendolo in una morsa.
Certo che gli capitava, Lea era la cosa più bella e vera della sua vita, come aveva potuto trattarla così. Doveva lasciarle un po’ di libertà, ma lei proprio non capiva i rischi.
Si avvicinò piano alla camera da letto e bussò.
“Cosa?” Gridò la ragazza, tra i singhiozzi.
No, le lacrime no. Cory aprì piano la porta.
“Lea..” Si avvicinò al letto e la abbracciò stretta, cullandola contro il suo petto.
“Io.. io.. voglio andare da tua madre..”
Sussurrò la ragazza contro il suo petto.
“Certo piccola, certo, ci andremo. Non ti preoccupare, tutto andrà a posto. Sono solo preoccupato della vostra salute, nient’altro.”
Lea si pulì il naso sulla maglia di Cory.
“Lo so.”
“Mi prometti che non ti affaticherai?”
Lea annuì, sollevando gli occhi verso quelli di Cory come una bambina.
“Brava.”
Cory la attirò di nuovo contro il suo petto e la strinse forte.
“Cory?”
“Si?”
“Ho freddo.”
La ragazza rabbrividì nella sua canottierina estiva.

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Capitolo 22
*** Capitolo Ventiduesimo. ***


Buongiorno a tutti.mi scuso per la grande assenza, la fine del trimestre è stata sfiancante e avevo a malapena il tempo per dormire, figuriamoci per dedicarmi a questa fanfiction a cui tengo molto. Ora spero di avere un pò più di calma e di poter pubblicare un pò più regolarmente, anche se penso sarà difficile, ma non vi abbandonerò. Mi scuso di nuovo, buona lettura :) E grazie a chi ancora mi seguirà e a chi mi ha sempre seguito. Vi penso sempre e non rispettare i miei impegni nei vostri confronti mi uccide un pochino.


Ho imparato a sognare
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L’aereo atterrò puntuale alle 13 e 20 di una piovosa giornata di fine novembre a Vancouver, Canada. Cory si voltò sorridendo verso la sua ragazza tranquillamente addormentata al suo fianco, e le diede un leggero colpo al braccio.
“Ehi, dai svegliati.”
Lea mormorò qualcosa nel sonno e si accucciò sul sedile, appoggiando la testa alla spalla di Cory.
“Lea?”
La chiamò nuovamente il ragazzo.
Lea aprì lentamente gli occhi e arricciò il naso.
“Siamo arrivati?”
“Si, piccola, ci siamo.”
Lea si stiracchiò sul sedile e fece un buffetto alla guancia di Cory.
“Felice di essere a casa?”
Cory arricciò le labbra.
“Per quanto mi costi ammetterlo, si, sono felice di essere a casa.”
Lea sorrise e si sporse per dargli un bacio sulla guancia.
 
“Lea! Cory! Sono felice di vedervi!”
Ann accolse i due ragazzi sulla soglia di casa, mani bagnate e un gran sorriso.
“Ciao mamma.”
La salutò Cory, permettendole di asciugarsi le mani contro la sua giacca.
“Salve, Ann.”
Lea lasciò che la donna le baciasse le guance e le prendesse la borsa dalle mani.
“Coraggio tra poco si mangia. E state da me stanotte, non ammetto discussioni, disdite ogni hotel.”
Lea sorrise a Cory seguendolo in cucina. Il ragazzo appoggiò la piccola valigia che si erano portati e si offrì di aiutare la madre con la tavola.
“Come ve la passate?”
Domandò la donna a Lea, porgendole un bicchiere d’acqua.
“Bene, grazie. E qui come vanno le cose?”
“Fredde, come sempre.”
Cory sorrise rivolto a sua madre e le passò un bicchiere.
“Cosa ci hai preparato?”
Ann sorrise, colpevole.
“Il tuo piatto preferito, ragazzino. In versione vegetariana per la signora.”
Cory si avvicinò alla madre e la abbracciò stretta.
“Mi sei mancata mamma.”
 
Cory sentì lo sguardo di Lea penetrargli la schiena, ma non si voltò. Continuò ad asciugare diligentemente i piatti che gli passava la madre, impilandoli sul tavolo.
“Cory.”
Lo chiamò infine la ragazza.
“Posso parlarti?”
Cory si voltò verso di lei e annuì, incontrando il suo sguardo furioso.
“Cosa c’è che non va?”
Le chiese dolcemente una volta fuori dall’orecchio della madre, chiusi nella camera da adolescente di Cory.
“Pensi di fare finta di niente?”
Cory la guardò confuso.
“Siamo qui dall’ora di pranzo e non abbiamo ancora detto niente a tua madre.”
“Lea, è stato un pomeriggio intenso..”
“Si, e la cena è stata silenziosa.
“Mia madre non è come i tuoi.”
“Non vuoi dirglielo?”
“Non è questo.”
“Perché potevamo stare anche a casa.”
Lea si lasciò cadere sul letto e incrociò le braccia al petto.
“Voglio solo dirglielo nel momento giusto.”
“Non ci sono momenti giusti, Cory. Ci sei tu che glielo dici. Insieme a me. Le situazioni si creano, non vengono da sole.”
Cory si grattò il mento, pensieroso. Non voleva sconvolgere la madre con quella notizia, e aveva paura della sua reazione.
“D’accordo.”
Si arrese davanti all’espressione imbronciata di Lea. La prese per mano e la condusse in cucina.
“Mamma, dobbiamo parlarti.”
“Certo, Cory, ditemi.”
Il ragazzo sentì la stretta di Lea farsi più vigorosa e la sentì nascondersi al suo fianco, come faceva sempre. L’amava per questo, era così piccola dietro al suo braccio.
“Io e Lea aspettiamo un bambino.”
Il volto di Ann si aprì in un sorriso e aprì le braccia.
Agli sguardi interrogativi dei due ragazzi rispose con una risata.
“Dai, venite ad abbracciare la nonna!”
Lea trascinò Cory nell’abbraccio e strinse forte quella donna così forte.
“Sono tanto contenta per voi ragazzi, potevate dirmelo subito!”
“Volevo aspettare il momento giusto, mamma.”
Ann diede un colpo al braccio del ragazzo e sorrise.
“Non ci sono momenti migliori di altri per questo genere di cose, tesoro.”
Cory incontrò lo sguardo saccente di Lea e si chinò a darle un leggero bacio sulle labbra prima che ribattesse qualcosa. Le donne, pensò.

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Capitolo 23
*** Capitolo Ventitrèesimo. ***


Salve a tutti. So che è passato molto tempo. So che probabilmente non ricorderete questa storia, e so che probabilmente molti di voi non sono nemmeno interessati a vederla conclusa. Ecco, nemmeno io lo ero. Ma in un certo senso lo devo a voi, lo devo a me, e lo devo soprattutto ai protagonisti di questa storia. Avevo in mente tante cose da scrivere, alcune neanche tanto belle. Questo capitolo è rimasto salvato sul mio computer per così tanto tempo, e non ho avuto il coraggio di modificarlo. Sistemetò le cose future, sistemerò le cose non dette, e lo farò solo per rendere omaggio a quella persona che era Cory. Perchè mi sembra giusto farlo, e spero capiate la mia decisione. Non intendo essere irrispettosa nei confronti di nessuno, e se qualcuno lo pensasse, mi dispiacerebbe moltissimo. Detto questo, ecco qua. So che è passato moltissimo tempo, ma io ho ancora questa storia nella mente e nel cuore. Buona lettura, L.
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“Cory?”
La voce di Lea svegliò Cory nel mezzo della notte. Erano tornati la domenica sera dal Canada dopo aver passato un delizioso weekend in compagnia di Ann e delle sue storie.
“Cory, svegliati.”
Cory sentì le mani calde di Lea toccargli il braccio. Dal suo tono intuì che qualcosa non andava, e spalancò gli occhi.
“Cory, sto male.”
Lea aveva il volto contratto in una smorfia di dolore, e si teneva i capelli alti sulla nuca.
“Che c’è? E’ il bambino?”
Lea appoggiò delicatamente una mano sulla sua pancia e annuì.
“Ti fa male la pancia?”
Gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime.
“Non piangere piccola, ora andiamo all’ospedale.”
Cory si liberò delle coperte e cercò di non guardare il labbro tremante di Lea, che mordeva cercando di impedire l’esplosione delle sue lacrime. Il ragazzo si infilò velocemente la felpa e le tese la mano.
“Vedrai che sarà tutto a posto.” Cercò di confortarla, poco convinto.
Lea annuì e si alzò a fatica, tenendosi la pancia.
“Da quanto ti fa male?”
“Un po’.” Ammise Lea in un soffio, cercando di non pensare al peggio e respirando profondamente mentre stringeva forte la mano calda di Cory.
“E’ tutto a posto, piccola. Andiamo.”
Le tese la giacca e uscirono nel freddo di New York, diretti all’ospedale.
 
“Affaticato.”
Lea guardò Cory negli occhi e gli strinse la mano.
“E’ solo un po’ affaticato, ha detto il dottore. Non ho ben capito cosa è affaticato, ma lo è.”
Cory baciò la mano della ragazza distesa su un lettino dell’ospedale e le accarezzò la fronte.
“Avevo paura.”
Disse Lea chiudendo gli occhi e parlando pianissimo. Cory si avvicinò a lei e le posò un bacio sulla fronte sudata e affaticata della ragazza.
“Non vi accadrà nulla, lo prometto. Nessuno vi porterà mai via da me.”
Lea sollevò lo sguardo verso il suo uomo e sorrise debolmente.
“Riposati un po’, adesso, d’accordo?”
Lea appoggiò la testa al cuscino in risposta e gli fece gesto di avvicinarsi.
“Ti amo.”
Gli sussurrò nell’orecchio prima di cadere in un profondo sonno.
Cory rimase sveglio ad osservarla a lungo. Pensò a quella piccola ragazza, debole, indifesa, che portava una cosa così importante dentro di lei senza nemmeno rendersi conto dei pericoli. Lui li vedeva. Eccome. Sapeva che portarla in Canada l’avrebbe affaticata, ma non poteva rinchiuderla in una torre, nonostante lo desiderasse ardentemente. Proteggerla da lontano, aveva letto quella sera su internet. Come se fosse facile.
 
Dicembre era iniziato, e con lui il freddo. La gravidanza di Lea procedeva relativamente bene, il dottore le aveva prescritto un paio di settimane di riposo e Cory aveva appena finito le riprese del suo film, quindi aveva tempo per dedicarsi alla madre di suo figlio e al nuovo progetto a cui stava lavorando, che rimaneva un segreto perfino per Lea. Lea da parte sua era ogni giorno più nervosa e frustrata, sul set poteva fare pochissime cose e a casa era trattata come un’invalida, non poteva fare da mangiare, pulire, sistemare le cose come desiderava. Cory era sempre in agguato, pronto a correre in suo aiuto e a sistemarla comoda sul divano. Lea non ne poteva più di quel divano.
Cory la stava giusto sistemando sul divano, baciandole la guancia e augurandole un buon film, quando Lea lo fermò.
“Tu cosa fai? Non guardi il film con me?”
“Devo sistemare la cucina e poi lavorare a una cosa, magari ti raggiungo tra un po’.”
Lea fece per alzarsi.
“Posso sistemare io la cucina, così poi possiamo guardarlo insieme.”
Cory la bloccò e la spinse dolcemente sul divano.
“Faccio io, tu riposati pure.”
Sedendosi sul divano, Lea imprecò a bassa voce. Cory finse di non sentirla e andò in cucina.
Pochi minuti dopo sentì la ragazza aprire la porta.
“Posso aiutarti? Il film non è ancora iniziato e mi annoio.”
“No Lea dai torna di la.”
“Non posso nemmeno aiutarti ad asciugare qualche piatto adesso?”
Lea aveva le lacrime agli occhi. Cory appoggiò lo strofinaccio che aveva in mano sul bancone e aprì le braccia, dove Lea si rifugiò in fretta.
“Amore mio, smettila. D’accordo? Smettila. Non posso perderti. Non posso perdere nulla di quello che abbiamo. Voglio che tu sia al sicuro.”
Cory la prese tra le braccia e la riportò sul divano. La cullò finché non si addormentò profondamente, con i pugni che stringevano la sua maglia.

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Capitolo 24
*** Capitolo Ventiquattresimo. ***


Alla fine sono tornata veramente. I miei piani sono cambiati, e ora il tempo scorrerà molto più velocemente. Ci sono solo un paio di capitoli prima della fine. Spero comunque di non deludere le vostre aspettative. Buona lettura, L.
Ho imparato a sognare
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Lea sollevò gli occhi verso Cory. Lo guardava intensamente attraverso il vetro della doccia che li divideva.
Lea era seduta sotto il getto caldo, le ginocchia tirate su al petto e le braccia magre avvolte attorno di esse. Cory era entrato in bagno per caso, e aveva subito notato la piccola ragazza seduta sul pavimento della doccia.
Lea era da poco entrata nel quinto mese, e la sua pancia cominciava a vedersi. Cory aveva notato come ogni giorno Lea mangiasse meno, e si mettesse continuamente vestiti e maglie troppo larghe. Un giorno era persino uscita con una maglia delle sue, come se nulla fosse.
Ma Cory non aveva commentato, non aveva voluto dire niente.
Vedeva come ogni giorno Lea si sforzasse di sorridere, di essere positiva e in forma anche se il loro ginecologo, con il passare dei mesi, le aveva proibito sempre più azioni.
E Cory non riusciva a capire come il feto potesse essere stressato e affaticato, anche quando Lea passava intere giornate a letto.
E Dio, aveva notato quanto si vergognasse del suo aspetto. Era dimagrita ancora di più, e in quel momento, seduta sul pavimento della doccia, avrebbe potuto facilmente scambiarla per una bambina.
Era sempre stata piccina, la sua Lea. Sempre stata la pulce che Cory doveva proteggere. Ma ultimamente, era spaventato. Spaventato del suo aspetto, e dei mostri che dovevano popolare la sua mente.
Quel dannato sogno che aveva fatto ormai 4 mesi prima le rimbombava ancora nella testa, e Cory sentiva i gemiti di Lea, ogni tanto, nella notte. Sentiva le parole mormorate, parole che ricordavano ogni notte di più quel sogno, quel sogno che l’aveva così allontanata da lui.
Cory fissò i grandi occhi di Lea, e non ebbe il coraggio di sorridere, di rassicurarla in qualche modo. Invece, si tolse i vestiti, non curandosi dei suoi impegni sul set di li a poco, e aprì il vetro della doccia.
Lea aveva riabbassato gli occhi, e il suo piccolo corpo non era più scosso da singhiozzi silenziosi e in precedenza soffocati.
A Cory, sembrava ogni giorno che la sua ragazza così forte e così coraggiosa, si stesse affievolendo, perdendosi chissà dove. Chissà per quale motivo.
Cory si sedette al suo fianco, nella doccia, sotto il getto bollente, e avvolse un braccio attorno al corpo di Lea. Nonostante l’acqua della doccia fosse bollente, il suo corpo era congelato. 

"Lo sai che puoi sempre parlarmi, vero?"
Cory domandò, una volta che ebbe convinto Lea ad uscire dalla doccia. Giacevano sdraiati, sul loro letto. 
Cory riusciva a sentire il piccolo rigonfiamento della pancia di Lea contro di lui, ed era felice di sapere che tra di loro, in quel momento, stava crescendo una nuova vita. 
Gli occhi di Lea fissavano il vuoto, come se non si rendesse conto di questa immensa magia. 
"Si."
Rispose la ragazza, semplicemente, chiudendo le palpebre. 

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Capitolo 25
*** Capitolo Venticinquesimo. ***


Eccomi con il nuovo capitolo! Chiedo scusa se i tempi sono accelerati notevolmente, ma non me la sentivo di indugiare troppo sui dettagli. E' stato già abbastanza difficile finire questa fanfiction. Ci sono ancora un paio di capitoli, due o tre al massimo. Spero vi piacciano.
L.
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Lea aprì gli occhi, cercando di ricordare dove si trovasse.
La notte scorsa era sicura di essersi addormentata sul divano, ma ora decisamente non era in salotto. In realtà, nemmeno era a casa sua.
Si sollevò piano, guardandosi intorno.
“Oh, buongiorno!”
Una voce le arrivò delicata alle orecchie.
Lea era sdraiata su un lettino, avvolta solamente in un asciugamano bianco. La ragazza sbattè e palpebre un paio di volte, e sbadigliò.
“Dove sono?” Domandò alla voce, che proveniva da dietro un separatore. La stanza in cui si trovava era grigia, e profumava di pietre e olio di mandorle. Un piccolo separè divideva il suo lettino da una sezione di cui Lea riusciva a vedere solo una piccola finestra.
Finalmente una ragazza apparve da dietro il separè e sorrise a Lea.
“Buongiorno, signorina Michele. Io sono Emma. Oggi sarò la sua assistente, per qualsiasi cosa le serva.”
La ragazza aveva un dolcissimo sorriso, e doveva avere la stessa età di Lea.
Dove diavolo era finita?
“Questo è il centro di bellezza Thornes. Siamo appena fuori New York, signorina. Il signor Monteith ha chiamato la scorsa settimana per avvisare che la sua fidanzata incinta avrebbe sicuramente gradito i nostri servigi per il weekend. Non era stata informata?”
Lea si guardò le mani, e successivamente i piedi. Non aveva mai sentito parlare di questo centro di bellezza. DOVE DIAVOLO ERA FINITA?
“Posso chiamare Cory?” Domandò lentamente, sulla difensiva.
“Certamente. Il suo telefono cellulare è su quel tavolino. Io tornerò tra poco.” Con queste parole la ragazza lasciò la stanza.
Cory rispose dopo pochi squilli.
“Dove sono?” Lea domandò, senza nemmeno salutarlo.
“Buongiorno amore mio.”
“Dove sono?” Lea ripetè, ignorando il tono entusiasta di Cory.
“Sei nel New Jersey. Qualche settimana fa ho fatto un po’ di ricerche e ho trovato quel centro, in cui si prendono cura di donne incinte. Massaggi specifici, manicure, pedicure, piscine e istruttori che ti guidano per alleviare ogni fastidio che provi.” La voce di Cory era così rassicurante, riusciva sempre a calmare Lea.
“Si, ma, come ci sono arrivata?”
“Doveva essere una sorpresa, per cui stamattina intorno alle 5 ti ho caricata in macchina e ti ho portata li. Non hai aperto occhio, né bocca.” Quando Lea non rispose, Cory esitò.
“Sei sorpresa vero?”
Lea aveva gli occhi lucidi.
“Si. Oddio. Cory.”
La ragazza stava singhiozzando violentemente, seduta sul lettino nella stanza grigia e profumata. In quel momento, un movimento giunse dalla sua pancia.
“Cory!” Lea gridò nel telefono, saltando in piedi.
“Cosa c’è, tesoro?”
“Ecco, ecco. Oddio. Credo.. Credo che il bambino abbia calciato. Oddio. Mi sta calciando. La mano. Cory, mi sta calciando la mano. Ehi! Stai tranquillo tesoro, la mamma è qui. Anche papà è qui. Cory, dove sei?”
Cory sorrise contro il telefono, orgoglioso.
“Sono a New York, tesoro io oggi lavoro. Stasera però ti raggiungo, e domani possiamo farci coccolare insieme.”
“Oh, Cory. Grazie. Io.. Non so cosa dire.”
“Vai, non perdere tempo a parlare con me. Hai perso quai tutta la mattina!” Lea si guardò intorno, in cerca di un orologio. Era vero, erano ormai le 11. Ma quanto aveva dormito?!
“D’accordo. Ti chiamo più tardi. Buon lavoro, Cory.. E grazie.”
Lea riattaccò, proprio nel momento in cui Emma stava rientrando nella stanza.

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Capitolo 26
*** Capitolo Ventiseiesimo. ***


Questo è il penultimo capitolo di questa fanfiction. Avevo promesso che l'avrei finita, e un pò mi dispiace tagliare così per le corte. Ma, un finale ve lo devo, e sono contenta di essere riuscita a scriverlo. Vi ringrazio tutti, siete stati speciali. Soprattutto FrancyF, che mi ha motivata a tornare, e a finire quello che non avevo finito. Grazie anche ad alivi, per avermi letto. E grazie a tutti quelli che comunque sono rimasti, e che un giorno vedranno questi aggiornamenti e un pò si sentiranno sollevati. Purtroppo, non me la sono sentita di aggiungere troppi dettagli, come informazioni aggiuntive su questo piccolo cucciolo che Lea porta nella mia storia. Spero che mi capiate, e che non mi odierete troppo. Spero di pubblicare l'ultimo entro la prossima settimana, intanto buona lettura, 
L. 


Ho imparato a sognare
what real love is about

Lea aveva passato tutto quanto il sabato tra massaggi, piscine, vasche idromassaggio e dolcissime assistenti. Solo nel tardo pomeriggio, mentre aveva i piedi immersi in un liquido azzurro e le mani in un liquido rosato, che la vera ragione del gesto di Cory la colpì. Era ormai a metà del suo sento mese di gravidanza, tra pochi giorni avrebbe avuto il suo terzo incontro con il ginecologo, e Lea non era mai stata così depressa.
Era tutto cominciato con le premure eccessive di Cory, che a Lea erano pesate come dei macigni. Si era venuto a creare un muro, fatto di sassi pesantissimi, che incombeva su di lei, giorno dopo giorno. Non fare questo, non fare quello. Non lavorare, non fare sforzi. Il feto è affaticato, il feto è stressato.
Ma era lei, ad essere stressata, e affaticata.
Sua madre le era stata vicinissima, giorno dopo giorno, e perfino Anne, la madre di Cory, pianificava di spostarsi a New York per gli ultimi mesi della sua gravidanza, in modo da poter stare vicina a Lea.
Lea aveva vissuto tutto questo, le premure di sua madre, di Cory, della madre di Cory, come espressione della sua incapacità.
Ma la verità, era che lei era forte. Lei era sempre stata una coraggiosa, una roccia. La più coraggiosa. La più forte.
E Cory, era suo compito preoccuparsi per lei.
Lea agitò piano i piedi dentro al liquido azzurro.
Era stata Lea a comportarsi in modo sbagliato, negli ultimi mesi.
La verità, era che si era comportata male sin dall’inizio.
E il risultato, era che riusciva a vedere le fragili ossa delle sue caviglie e delle sue anche.
“Ho avuto così tanta paura di ingrassare, di non essere più me stessa, che alla fine mi sono persa lo stesso.” Pensò nella sua mente.
Ma nonostante questo, nonostante la sua debolezza, la sua fragilità e la sua vulnerabilità, sua madre era rimasta al suo fianco. Cory era rimasto al suo fianco. E la loro piccola creatura, invece di essere affaticata, e stressata, e debole, quel mattino aveva calciato la sua mamma. Le aveva detto “Svegliati, guarda cosa fa papà per te. Io sono forte, io cresco!”
Cory lo sapeva. Sapeva sin dall’inizio che nonostante i suoi capricci e le sue difficoltà, loro figlio avrebbe preso le doti migliori della mamma, ovvero la sua forza, la sua tenacia, la sua gioia di vivere. Chissà, forse anche la sua voce.
Cory sapeva, che tutto quello che serviva a Lea, era una scossa. Le serviva un weekend in cui dedicarsi a se, perché lui sapeva che lei era e sarebbe stata comunque bellissima.
“Anche se avrai qualche chilo in più, sarai comunque la donna più bella della Terra. Tutti sapranno, che quei chili sono li perché nostro figlio cresce forte, e deciso.”
La voce di Cory arrivò nitida alle sue orecchie, e Lea si girò piano, attenta a non fare cadere le bacinelle di liquidi colorati che la circondavano.
“Come facevi..?” Lea domandò, incuriosita. Cory non si era mai azzardato a condividere con lei le sue paure, le sue riserve riguardo la improvvisa perdita di peso di Lea. Ma la ragazza lo leggeva ogni giorno nei suoi occhi, nei suoi gesti, nel modo in cui faceva sempre le sue porzioni più grosse.
“Io ti conosco. Non puoi nasconderti da me, non potrai mai. Te l’ho lasciato fare all’inizio della gravidanza, ma non te lo lascerò più fare. Questi mesi per me sono stati un inferno.”
Lea sorrise. Sapeva benissimo a cosa si riferiva. Era stata intrattabile, ostinata.
Il calcio del loro bambino quel mattino l’aveva risvegliata. Ed era grata a Cory per la sua immensa pazienza.
“Andrà meglio.” Lo rassicurò Lea, indicandogli di venire più vicino.
“Oh, non credo proprio. Il ginecologo dice che il tuo umore negli ultimi mesi sarà ancora peggiore. Non vedo l’ora.” Le disse Cory, ammiccando.
“Come fai a sopportarmi?”
“Ti amo.”
Lea annuì, lasciando che alcune calde lacrime le scendessero sulle guance.
“Non piangere, piccola. Io sono qui per essere trattato male.”
“Non ti merito.”
“Lo so, purtroppo lo so. Ma non ti libererai mai di me!” Scherzò Cory.
“No, non intendevo in quel senso..” Tentò di ribattere Lea.
“Lo so. Ti stavo solo prendendo in giro.” Cory sorrise, e si avvicinò a darle un bacio sula guancia.
“Ora, visto che dovrò sopportarti altri tre mesi, almeno fammi fare una manicure!”

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Capitolo 27
*** Capitolo Ventisettesimo. ***


Questo è il capitolo conclusivo della mia fanfiction. Grazie a chi ha continuato a seguirmi fino a qui. Noon voglio ripetermi con i ringraziamenti, ma piuttosto voglio prendermi un piccolo spazio, per scusarmi per ogni imprecisione, per ogni cosa lasciata indietro, per ogni errore. Ho finito questa fanfiction in condizioni ovviamente diverse rispetto a quelle in cui l'ho iniziata, ma spero comunque di non avervi deluso. Un bacio, L.
 
Ho imparato a sognare
what real love is about
EPILOGO: 2 MESI DOPO

“Ti ricordi quando, il mese scorso, se uscita dalla camera solo con le mutante, gridando quanto fossero diventate grosse le tue tette?” Sussurrò piano Cory all’orecchio di Lea.
“Oh si.” Rispose la ragazza, accennando un sorriso. “Avresti potuto avvisarmi che avevi invitato i miei genitori e tua madre a cena.”
“Come potevo? Eri rimasta in camera tutto il giorno!”
Lea rise piano, attenta a non spostarsi troppo sul lettino.
“Mi piaceva avere le tette così grosse, comunque.”
“Mi piacciono in ogni caso, non ti preoccupare.” La rassicurò Cory, stringendo la sua mano. Un’ondata di contrazioni travolse la piccola ragazza, lasciandola senza fiato. Cory la osservava preoccupato da 3 ore ormai, sperando che il parto durasse poco. 
Quando Lea si fu calmata, Cory riavvicinò la bocca al suo orecchio e ricominciò a parlare.
“E ti ricordi quando mi hai urlato dietro per due ore perché volevi lavare i piatti?” Le ricordò.
“Mi hai vietato di farlo per 9 mesi, quasi, ne ho una voglia matta!” Cory rise, accarezzando il ventre gonfio di Lea.
“Abbiamo tutta la vita per lavare i piatti.” Lea annuì, stringendo i denti e sentendo una contrazione avvicinarsi.
“Ricordi la nostra ultima visita dal ginecologo? Quanto eri entusiasta? Poi arriviamo a casa, e scoppi a piangere. Ti giuro, non ho mai avuto così paura.”
Lea sorrise, cercando di mascherare il dolore.
“Lo so. Non ero pronta. Aveva detto che ero ingrassata tantissimo, e mi è mancata l’aria.” La ragazza digrignò la bocca e serrò gli occhi.
Cory le massaggiò il ventre, come aveva istruito l’ostetrica, cercando di alleviare il dolore.
“Sei perfetta.”
In quel momento, Lea si bloccò. Un enorme sorriso si dipinse sul suo volto, nonostante il dolore e le gocce di sudore che le imperlavano la fronte.
“Ha calciato.” Esclamarono i due in coro.
“Ogni volta che calcia, è come se mi dicesse che tutto andrà bene. Fin dalla prima volta, quel weekend al centro di bellezza.”
Lasciò che un’altra contrazione le piegasse il corpo, e poi riprese a parlare.
“Non ho più paura di essere una cattiva madre.”
“Sarai splendida.”
“Smettila di dire sempre le stesse cose, accidenti!” Urlò la ragazza, stritolando la mano di Cory e inarcando la schiena quando la contrazione la attraversò.
“Lea!” Esclamò Edith, entrando di corsa dentro alla stanza d’ospedale.
“Mamma! Dove sei stata?” Cory guardò costernato Edith e Marc, implorandoli di essere comprensivi. Marc gli sorrise in risposta, scegliendo una sedia lontana dal lettino e mettendosi comodo.
“Preferisco tenermi a distanza. Una volta mi basta.” Affermò, sorridendo a Cory. Edith a sua volta afferrò una sedia e la portò di fianco al letto di Lea, stringendo la sua mano libera.
“Coraggio, bambina mia.”
“Anne?” Domandò Lea, guardando Cory.
“Jon è andata a prenderla. Saranno tutti qui tra poco, anche Steph, Chris.. “
“Non potranno mai entrare tutti, Cory! Come facciamo?”
Esclamò Lea, stringendo i denti. Edith le asciugò la fronte bagnata e le baciò una tempia.
“Andrà tutto bene, tesoro. Ti aspetteremo tutti, e quando il piccolino sarà fuori, verremo tutti a vederlo.”
“O vederla, mamma. Non sappiamo ancora se sarà un maschio o- “ Lea vene interrotta da un’ennesima contrazione, e la ragazza nascose il volto nel collo di Cory.
“In entrambi i casi, sarà bellissimo.” La rassicurò Edith.
“O bellissima.” Aggiunse Marc, sorridendo da lontano.
“Oddio!” Esclamò Anne, entrando nella stanza. “Cosa mi sono persa?”
“Ti ricordi quando si è sistemata a New York, Lee?” Sussurrò Cory a Lea, mentre Edith aggiornava Anne.
“Era così spaesata. Sono contenta che tra poco torni su nella vostra città.”
Cory sorrise, stringendo la mano di Lea.
“Non credo si sposterà molto presto, dopo aver visto nostro figlio.” Lea sorrise concorde.
“Io non riesco davvero a capire, perché non abbiate voluto sapere il sesso del bambino. Cory! Come farete con i nomi!” Si stava lamentando Anne, Edith dietro di lei annuiva.
“Ce la caveremo, mamma.” La rassicurò Cory, per poi riportare l’attenzione su Lea.
“Ricordi il libro dei nomi?”
A quel ricordo Lea scoppiò a ridere, ma ben presto la risata si trasformò in un gemito di dolore. La stanza cadde in un improvviso silenzio, e quattro paia di occhi si fissarono su Lea e sulla sua contrazione. Il suo pancione era enorme, e le sue forme erano incredibilmente ammorbidite. Le si addicevano le guance paffute e i fianchi leggermente rotondi.
“Chissà perché tua madre è così fissata con i nomi?”
“Guardate che vi sento, sono proprio qui!” Esclamò Anne, sedendosi vicino a Marc a lato della stanza.
“La mia teoria la sai vero?” Cory ricordò alla sua piccola ragazza. Lea annuì, seria. Strinse la mano di sua madre, in cerca di conforto.
Lei e Cory avevano deciso da tempo come procedere. Nessuno dei due voleva sapere il sesso del bambino, e nessuno dei due voleva essere il primo a proporre dei nomi. Così, una sera, Cory aveva preso Lea e l’aveva trascinata sulle sue gambe, sul divano.
“Ho un’idea.”
“Bene.” Aveva risposto Lea, imbronciata. Cory aveva ignorato il suo tono, come d’altronde ormai si era abituato a fare.
“Ho pensato che magari, ognuno di noi potrebbe pensare a due nomi che gli piacciono. Uno per un maschio e uno per una femmina, ovviamente.” Le aveva sorriso dolcemente, ma Lea era rimasta imbronciata.
“Ovviamente.” Aveva rimarcato la ragazza.
“E poi, quando il piccolo nasce, tu mi dici i tuoi, e io ti dico i miei. Vediamo cosa gli sta bene. Se non gli sta bene nulla, sono sicuro che troveremo qualcosa di riserva.”
Lea a quel punto aveva sorriso leggermente. Le erano sempre piaciute le sfide, e Cory questo lo sapeva bene. Ogni giorno con lei era una sfida, e lui era più che felice di accoglierle.
“Signorina Michele, Signor Monteith.”
L’ostetrica entrò in quel momento nella stanza d’ospedale, e salutò i due futuri genitori.
“Siamo molto felici che abbiate scelto il nostro ospedale per dare alla luce il vostro primo figlio. Come sapete, vi assisterò in tutti i modi possibili.” Era stato il ginecologo a consigliare la dottoressa Montgomery, e Lea e Cory avevano subito avuto una buona impressione. La dottoressa stava già controllando la dilatazione di Lea, e annuiva pensierosa.
“Direi che ci siamo quasi. Vi chiederei di accomodarvi fuori. Lea, può rimanere solo una persona, e pregherei quella persona di seguirmi per la sterilizzazione delle mani e degli abiti.”
Lea annuì e fece cenno a Cory. Edith e Anne abbracciarono la figlia, mentre Marc si tenne a distanza. “Coraggio bambina.”
Una lacrima scese lungo la guancia di Lea, e sollevò le dita piegate nel simbolo dell’”ok” verso suo padre.
“Salutate gli altri.” Chiese Lea, mentre veniva lasciata sola nella stanza.
 
“Non ci credo, questo bambino non nasce.”
“Io voglio assolutamente entrare.”
“Ci credi? Sono una nonna.”
“E io uno zio. Ho la faccia da zio? Cosa fanno gli zii?”
La sala d’aspetto era in fermento. Solo Marc Sarfati era seduto tranquillo, un bicchiere cdi caffè in mano e un giornale nell’altra. Era ormai notte fonda, eppure tutti gli amici di Lea e Cory, tutti i parenti, erano in piedi, sull’attenti, pronti a ricevere notizie.
Nell’esatto momento in cui la porta della sala si aprì, rivelando una dottoressa in camice bianco, che Edith riconobbe subito come l’ostetrica che assisteva Lea, una dozzina di persone le si affollarono intorno.
“E’ nato?” Chiese Chris.
“E’ nata?” Ribattè Stephanie.
“Sta bene?”
“Lo chiamano come me?” Indagò Jonathan.
“Lea è sveglia?” Domandò Edith.
“Cory è svenuto?” Chiese preoccupata Anne.
“E’ tutto a posto. E’ andato tutto a meraviglia. Sono tutti e tre svegli, potete entrare massimo tre alla volta.” Annunciò, mettendo fine alle domande.
Marc si alzò lentamente, e si incamminò lungo il corridoio, seguito da Edith e Anne. Una volta aperta la porta della stanza in cui stavano Lea e Cory, Marc sorrise dolcemente.
“Quindi, siete d’accordo per il nome?” Una infermiera stava domandando a Lea.
Cory aveva un braccio avvolto attorno al suo corpo affaticato, e una mano sosteneva il piccolo fagotto di coperte che Lea stava abbracciando con entrambe le braccia. La ragazza alzò lo sguardo, e incontrò gli occhi lucidi di Cory. All’unisono annuirono e sorrisero.
“Si, siamo d’accordo.” Rispose Cory.
 
 

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