The loneliest child alive, always waiting, searching for my rhyme

di LetShizueGo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Silent I lie with smile on my face ***
Capitolo 2: *** i'm still alone in the dead of night ***
Capitolo 3: *** Appearance decieves and the silence betrays ***
Capitolo 4: *** In the end i'm enslaved by my dream ***
Capitolo 5: *** Two souls entwine ***



Capitolo 1
*** Prologo: Silent I lie with smile on my face ***


Prologo
Silent i lie with smile on my face



Ero scappato, ancora. Dovevo essere felice no? La mia donna aveva appena accettato di sposarmi, e allora perchè sentivo il mio mondo crollare? La brezza marina quella sera non mi aiutava a capire le mie pulsioni, non mi aiutava a capire quel vuoto che avevo nel petto, non mi aiutava a capire perchè qualcosa era morto dentro di me nell'istante in cui Michelle aveva detto sì. Sempre ammesso ci fosse qualcosa da capire, c'era quella fottutissima vocina in testa che mi diceva che era tutto così palese e che io dovevo solo far pace con me stesso, ma io mi ostinavo ad ignorarla, dovevo convincermi che ci fosse qualcosa che io non capivo, dovevo soltanto convincermene, come mi ero convinto in questi anni che il mio amore per Chelle fosse reale e oltre ogni aspettativa. Basta convincersi di qualcosa per renderla reale no?
Istintivamente mi tolsi quella maglia che copriva il mio torace non troppo scolpito per sentire ancor più quella brezza penetrarmi dentro, sperando che la solitudine e quei brividi di freddo mi aiutassero a capire cosa mi passasse per la testa. Avevo tutto ciò che potessi chiedere alla mia vita eppure non ero soddisfatto, lo potevo capire da quelle sensazioni che stavo provando quella sera, quel qualcosa che mi diceva che non era abbastanza, che niente era come avrebbe dovuto essere. Ma non capivo cosa, non riuscivo a trovare quel fottutissimo pezzo mancante al mio puzzle e niente riusciva a farmi concentrare per trovarlo, niente di niente.
Forse era proprio perchè avevo tutto e non avevo nulla. Mi sentivo uno stronzo nei confronti della vita, c'è chi ha fortuna e chi no, a me la vita la fortuna l'aveva data e anche a grandi dosi, ma forse proprio perchè ero troppo fortunato ero destinato a scontrarmi con chi la vita ha distrutto.
La mia mente mi ripropose l'immagine di quei capelli perlacei, quel biondo quasi argenteo, così lunghi e così morbidi, curati fin nei minimi particolari a dispetto della mancanza di denaro, diceva che erano naturali, non aveva mai toccato quei capelli, ed io le credevo.
Credevo sempre a tutto quello che lei diceva.
Alzai lo sguardo verso la luna piena che dominava quella notte e che risplendeva silenziosa riflessa nell'oceano. Che fosse quello il motivo per cui sentivo che mancasse qualcosa nella mia vita? Che fossero quei biondi capelli a darmi il tormento? La voce nella mia testa diceva di sì, anzi lo urlava quel cazzo di sì, ma io la ignoravo e facevo di tutto per non sentirla.
Mi alzai in piedi e finii di spogliarmi, lasciando i vestiti ammucchiati sulla spiaggia deserta e mi tuffai nell'acqua fredda dell'oceano, come per lavare via i ricordi che il mio meditare avevano riportato alla mente. Erano il mio passato, il passato di un giovane senza freni, di un giovane che voleva provare qualcosa di nuovo e che fuggiva dai problemi della vita.
Avevo voltato pagina.
O l'aveva voltata lei per me?
Questo ancora dovevo capirlo.

“Tesoro sei tutto un lago, si può sapere che hai combinato?”
La voce di Michelle mi riempì il cuore e le sorrisi sincero mentre presi l'asciugamano che lei mi porgeva per asciugare i capelli corvini sotto i suoi occhi che mi guardavano interrogativi. Avevo imparato ad amarla nuovamente, me ne rendevo conto, ma non completamente, anche di quello mi rendevo conto. C'era qualcosa che mi impediva di amarla con tutto me stesso, quello spazio vuoto che nessuno avrebbe colmato. Ma era piccolo giusto? Sarei riuscito ad ignorarlo, me lo ripetevo sempre e spesso ci riuscivo!
“Un bagno, l'acqua era così invitante che non ho avuto scelta!”
Scosse la testa rassegnata.
Per lei ero un adolescente che non voleva crescere, era quello che le piaceva di me, l'aveva sempre detto.
Per Michelle ero un uomo che doveva mettere la testa a posto.
Ok, stop. Ma che avevo quella sera? Perchè la mia mente cercava i suoi ricordi? Proprio in quei giorni in cui ero convinto di aver fatto pace con me stesso, i miei sentimenti e il mio passato!
“Dai, vatti a dare una sistemata che sono arrivati gli altri,” mi disse con un sorriso e lasciandomi un leggero bacio sulle labbra prima di sparire in cucina. Sorrisi con un angolo della bocca e sparii in stanza, dove quella sensazione di mancanza e morte mi assalì nuovamente poco dopo, bastava guardare il cielo per capire che c'erano quelle cose in sospeso che mi ferivano. Ci sono voluti anni per nasconderlo a me stesso ed anche adesso stavo cercando di negarlo, ma io sapevo cosa mancasse nella mia vita, lo sapevo benissimo, o almeno lo sapeva bene la mia mente, che mi rimandava a quelle notti proibite in cui lei mi faceva compagnia. Ah e anche la vocina stronza che continuava a rompere le palle.
“C'è la luna piena stasera!” esclamò Jimmy entrando saltellante nella stanza e buttandosi sul letto come se fosse tutto nella norma.
“Si bussa prima di entrare!” gli risposi io lanciandogli addosso la maglia bagnata che lui subito mi rimandò indietro, almeno però si era alzato dal letto no?
“Jiiiim, io ho fame!”
Un altro urlo e un'altra persona che si era fiondata in camera mia senza permesso, e questa persona di cui non sapevo assolutamente nulla aveva buttato nuovamente James sul mio letto ed ora rideva perchè quel gigante le faceva il solletico.
“Devi parlare con il mio amico Gates, è colpa sua se non stiamo mangiando! Diglielo tu Diana che si deve dare una mossa, a me butta addosso le sue t-shirt fradice,” disse il batterista alla bambina, perchè quella voce era di una piccola mocciosetta piena di capelli e vestita di tessuto svolazzante, che gli era saltata addosso ma guardando me negli occhi, con quei suoi occhi di cristallo cercava di penetrarmi dentro, senza che io capissi cosa stesse cercando. Lo guardai curioso ma lui tornò il solito Jimmy, che si mise a ridere quando la piccola a cui fin a quel momento non avevo dato alcuna importanza iniziò a prendermi a pugni per attirare la mia attenzione. Era buffo vedere quella bimba che cercava di farmi male, concentrata, come probabilmente aveva visto fare a James, di solito era lui quello violento se non lo si cagava.
“Signor Gates, io ho fameee!”
Mi abbassai passando una mano sulla testa della bambina, rassicurandola che presto avrebbe mangiato. Era piccola e fragile, piccola e bella. Aveva i capelli neri lunghi e mossi, in parte legati con delle trecce in modo tale che non le andassero sul viso e gli occhi grandi, anzi enormi, brillanti e color cioccolato. E sorrideva come sorrideva...
“Tranquilla piccola, adesso scendiamo a mangiare,” le dissi dovendo distogliere la mia attenzione da quel piccolo angioletto. Chissà se vorrò mai un figlio, o una figlia, e chissà se sarà bello come lei.
Mi ero innamorato, davvero.
“E tu come conosci quel cretino di Jimmy?” chiesi a tavola alla piccola Diana mentre si abbuffava con la torta di mele che aveva preparato Val. Era davvero una bimba sveglia per la sua età, ed era piccola, non le davo più di sei anni.
“Bri, il linguaggio,”puntualizzò Leana guardandomi di sbiego. Puttana. Non la sopportavo proprio io quella troietta da quattro soldi arraffatrice di uomini, ringrazia che sei la ragazza del mio migliore amico o ti avrei tappato la bocca una volta per tutte.
“La mamma mi ci porta quando va a lavorare, è un suo amico da tanto tempo,” rispose la piccola ancora con la bocca piena e con lo zucchero a velo che ancora era sulle sue labbra a mo' di rossetto.
“Die, diglielo che sono un super zio!” esclamò James alla bambina che per tutta risposta non riuscì a trattenere il singhiozzo che le era venuto. Inutile dire che tutti ridemmo come dei mocciosi, è il caso di dirlo.
Poi James si alzò e prese Diana in braccio, dicendoci che la madre della bimba era fuori ed era venuta a prenderla. Michelle, come del resto un po' tutti, gli dissero di farla venire dentro a mangiare un pezzo di torta ma, dopo che i due fidanzati si scambiarono una criptica occhiata, Jimmy disse che non era il caso, era tardi e Diana doveva dormire, magari l'avrebbe invitata un'altra volta.
Seguii James fino alla porta d'ingresso e uscii a mia volta, dovevo prendere le birre nella rimessa di fianco al garage. Così ci separammo ma mi fermai quasi subito voltandomi indietro, volevo vedere la mamma della bambina, ero curioso di sapere chi riuscisse a far fare il babysitter al mio amico, lui che odia i mocciosetti quasi quanto i piccioni. Ma dalla posizione che avevano i tre riuscivo solo a vedere il culo pressocchè inesistente del mio amico che mise in macchina la piccola Diana che ormai sbadigliava ampiamente. Poi il vento portò fino alle mie orecchie la conversazione, e fu quella che mi impedì di schiodarmi dal mio posto. Lo so, sono una fottuta portinaia, forse più di Zacky, ma non è colpa mia se voglio sapere sempre tutto!
“Lo sai che dovresti smettere con questa vita,” diceva Jimmy alla donna che non riuscivo a vedere. “Sei giovane, troverai sicuramente dell'altro Nance.”
“Ma nulla che mi paga come questo,” gli fece notare lei con voce affranta, almeno così mi era parso di sentire.
“Ti prego, escine, fallo per Die,” replicava James quasi pregandola. Ma che cazz-, s.o.s. dove cazzo è Jimmy Sullivan? Chi è questo tipo qua che prega gli sconosciuti? Un attimo, lei non era una sconosciuta per l'amico, ma fa lo stesso! Non ricordava l'ultima volta in cui James aveva detto quelle parole con quel tono, seriamente.
“Jim, io vorrei, non hai idea quanto, ma non so come cazzo fare. Quello è uno stronzo, se non peggio, e se facesse del male a Diana? O a lui?” Riuscivo a sentire dei singhiozzi e vidi il mio amico che prese fra le braccia la ragazza. Piangeva forte, ed ora io potevo vedere delle braccia esili e prive di maniche, evidentemente aveva una t-shirt o una canotta, la pelle era pallida e delicata, lo sapevo anche se non potevo toccarla, non so come lo sapessi ma ne aveva tutta l'aria.
“Ti aiuterò io, tranquilla. Domani mattina passo e vediamo come fare.”
“Grazie James, prenditi cura di lui e ti prego, non fargli fare minchiate.”
“L'ha già fatta, vuole sposare Chelle,” rispose il mio amico. No, aspettate un secondo. Si stava parlando di me? Ovvio, io stavo per sposare Michelle, ma lei chi era? Perchè si preoccupava di me e perchè qualcuno non doveva farmi fare minchiate? Bene, non ci capivo più nulla, mille e mille idee ancora mi passarono come un flash nella testa, una senza senso più dell'altra, ma una cosa era certa, James mi stava nascondendo qualcosa e questo non andava bene, non andava affatto bene! Volevo delle risposte e me le sarei prese, a qualsiasi costo!
“Va bene così Jim, è così che deve andare,” la sua voce era rassicurante ma non potevo vederne il volto. Volevo sapere chi cazzo era quella lì, ora più che mai.
“Gates, la birra la stai fabbricando?!” l'urlo di Matt che mi veniva incontro fece voltare i due appostati alla macchina. Vidi James sbiancare vedendomi non molto lontano da loro, spostando lo sguardo da me alla ragazza.
La ragazza, ora era completamente scoperta, potevo vederla benissimo nella fievole luce del lampione. La mia bocca si spalancò, una parola non riuscì ad uscire, potevo solo guardare i suoi occhi ambrati e spalancati fissarmi spaventata, sicura che tutti i suoi piani fossero andati in fumo.
C'era la luna piena quella sera.
“Selene.”





Shizue's Corner
E rieccomi, come al solito mi vengono le idee e poi speriamo le portiamo a termine.
Be' per ora non c'è molto da dire, questa è solo un'introduzione di una storia che può dare i suoi spunti creativi. Giusto una nota a piè di pagina sul nuovo personaggio. Non so se sapete la storia del mito di Selene, lei è una dea greca che è incarnazione della luna piena, ecco perchè si preme su quest'ultima in questo prologo! ;D
Poi be', nient'altro da dire, tutto quello che c'è da sapere verrà svelato nel corso della storia, ovviamente xD Per ora fatevi/fatemi domandi e datevi delel risposte LOOL sono curiosa!
Al prossimo aggiornamento
-Shizue

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Capitolo 2
*** i'm still alone in the dead of night ***


I'm still alone in the dead of night

 

Ero sdraiato su un fianco, i miei occhi scuri erano presi dall'attenta osservazione del corpo perfetto di quella ragazza che mi faceva compagnia quella notte in hotel. Stava a pancia in giù, alzata sui suoi gomiti mentre sfogliava una rivista di moda trovata per caso in camera. Sorrideva, un sorriso felice e ampio che mi dava l'opportunità di ammirare la sua dentatura, piccola e bianchissima incorniciata da labbra amaranto. Aveva un modo strano di sorridere lei, non aveva mezze misure, o non sorrideva affatto o faceva quel sorriso così grande da sembrare disegnato, tirava sempre l'angolo destro più di quello sinistro, ma anche quel difetto trovavo perfetto su di lei. 
Mi misi a sedere e tirai fuori la piccola videocamera dalla borsa nera buttata ai piedi del letto e l'accesi silenzioso, riprendendo quella perfezione che presto mi sarebbe sfuggita dalle mani.
Le lenzuola la coprivano fin poco sotto il fondoschiena e fu così che notai quello spicchio di luna tatuato al centro delle fosse di Venere, uno spicchio di luna che sembrava un sorriso, ampio, proprio come i suoi. Sembrava un quadro, quei capelli biondi e lunghissimi che le cadevano dalle spalle coprendo il suo corpo non troppo formoso, così invitante, che lasciava ammirare a chiunque. 
"Cos'è Haner, vuoi fare un video ricordo?" chiese lei voltandosi verso di me continuando a sorridere con il volto poggiato su una mano, spostando la sua chioma tutta sul lato sinistro così da lasciare il corpo nudo scoperto e questo mi fece subito sussultare, sentivo il sangue affluire di nuovo verso il basso. 
I suoi occhi grandi e ambrati erano puntati nell'obiettivo e sorrideva dolcemente a me, che la stavo guardando dal piccolo lcd. Quei suoi occhi, di tutta la sua figura erano l'unica cosa che trasmetteva calore, erano come un abbraccio in una sera di neve. 
"Non ci sono problemi vero?" le chiesi continuando a guardarla dal vetro dello schermo.
"Figurati, lo sai che ci sono abituata."
"Hai mai pensato di smettere? Sei giovane," le feci notare io seguendo con un mio dito il profilo della sua spina dorsale, sfiorando appena la pelle fredda e morbida.
"Tesoro, devi ancora imparare che non tutti hanno la possibilità di realizzare i propri desideri. Sei una pecora bianca nel bel mezzo di un branco pecore nere, Brian; curati della tua fortuna piuttosto di pensare a quella degli altri," rispose lei prendendo il mio volto fra le mani e lasciandomi un bacio appena sfiorato prima di alzarsi e andarsi a rivestire. 
"Non puoi restare?" le chiesi ancora mentre il video non si era ancora interrotto e riprendeva ogni singolo gesto della ragazza.
"Brian, Brian. Non ti starai mica affezionando?" rise lei mentre mi scompigliava i capelli con una mano, abbassando la videocamera per lasciarmi con un bacio sulla fronte, come una madre fa col figlio, e nient'altro che un video che testimoniava che lei era reale, non un sogno della mia testa.

"Selene"
Jimmy tacitò Matt e si allontanò da noi per andare con il cantante a recuperare ciò che io avrei dovuto prendere e portare dentro.
Era lei, non c'era alcun dubbio. Era cresciuta, era diventata una donna ma era lei, avrei riconosciuto quegli occhi ovunque, avrei riconosciuto quei capelli perlacei anche fra mille teste bionde, era lei ed era davanti a me. Alzai una mano verso la sua guancia, per accarezzare gli zigomi alti e sentire ancora la morbidezza della sua pelle liscia, priva di imperfezioni. Mi specchiavo in quegli occhi sbarrati e timorosi mentre lei scostò la mia mano tatuata per impedirmi quel contatto, il contatto che avevo sognato per anni dopo che lei era sparita dalla mia vita come era arrivata. 
"No, non va bene!" urlò lei strizzando gli occhi e frugando nella borsa ampia e nera cercando le chiavi della macchina, la sua unica via di fuga, in cui sua figlia stava dormendo tranquillamente. Le bloccai un polso per evitare che fuggisse di nuovo, abbandonandomi di nuovo alla realtà in cui mi aveva lasciato anni prima. 
"Perché non andrebbe bene, scusa? Voglio solo abbracciarti," le sussurrai io guardandola come se fossi un assetato bisognoso d'acqua. Non riuscivo ancora a credere di averla davanti, dopo così tanto tempo, passato a demolire ogni singolo ricordo che avevo di lei e del mio amore per la bionda dea che mi aveva trafitto con la sua bellezza.
"Lasciami in pace Haner!" Sbottò lei liberandosi dalla mia presa e salendo in macchina, lasciandomi da solo nella penombra, inerme mentre osservavo la sua macchina andare via, il più lontano possibile da me.
Non appena realizzai che quell'incontro era finito come era iniziato mi soffermai a pensare all'accaduto e la rabbia prese possesso del mio corpo. James lo sapeva che lei era ancora qui, aveva ancora contatti con lei e in passato, per tutte le volte che io gli avevo chiesto di lei lui aveva fatto sempre il suo gioco, sempre a dire che non aveva avuto notizie della ragazza, piuttosto che fare il mio di gioco, dicendomi che lei era ancora lì e che per quanto lo negasse continuava ad interessarsi a me, alla mia vita, di cui evidentemente qualcosa le importava ancora.
Non esisteva più la cena che c'era a casa mia, non esisteva più l'anello che avevo messo al dito di Michelle quella mattina, non esistevano più i miei amici che mi guardarono straniti mentre salivo di sopra sbattendomi dietro la porta della camera da letto. Volevo solo urlare, proprio ora che avevo messo al proprio posto tutte le cose nella mia vita quella donna era rientrata con prepotenza per quei pochi secondi, il tempo che bastava a farmi rimettere tutto in discussione.
“Jim, credo che sia giusto che ci parli anche io con lui,” disse Leana davanti alla mia porta, parlavano a voce troppo alta per non rompere il religioso silenzio in cui ero immerso. 
“No, tocca a me, solo a me,” le stava rispondendo il suo fidanzato quando io aprii la porta quel tanto che bastava per vederli entrambi. Due traditori, ecco cos'erano quei due, sapevano tutto e io non sapevo nulla, perchè loro sì e io no? Era giusto quello? Ero io quello che si era innamorato di quella donna e loro invece sapevano di lei molto più di quello che sapevo io, tutti sapevano più di me e la cosa mi fece incazzare ancora di più.
“Sullivan entra,” gli dissi lanciando un'occhiata più che espressiva alla ragazza che lo affiancava.
Gli diedi subito le spalle per andare ad aprire la finestra e tirare fuori dalla tasca dei jeans il pacchetto di Marlboro morbide e accendermene una.
“Ehi, amico..” 
La voce di Jimmy mi fece tremare per una frazione di secondo mentre tiravo a pieni polmoni per rilassarmi. Avevo gli occhi umidi? Non ne ero sicuro, so solo che quando il batterista entrò nella mia visuale scoppiai.
“Fanculo James! Tu sapevi e mi hai nascosto tutto per quanto? Settimane? Mesi? O forse anni!” gli urlai contro bruciandomi la mano con la sigaretta che mi stava cadendo e imprecando ad alta voce per il dolore.
“Senti Bri, se te l'avessi detto che cosa sarebbe cambiato? Non vuole saperne di te, avresti solo sofferto!” 
“Ma almeno avrei saputo.”
Calò il silenzio nella mia stanza, la mia fronte era poggiata al vetro freddo della finestra, il mio migliore amico invece faceva avanti e indietro di fronte a me, cercando di pensare a qualcosa evidentemente, ma non mi era concesso sapere cosa. Come al solito, si tiene sempre tutto per sé.
“Ti saresti fatto solo male,” mi rispose ad un certo punto fermandosi e alzando il capo prima chino a fissarsi i piedi e guardando ora il soffitto, sicuro di aver fatto la cosa giusta evidentemente. Lo guardavo e volevo capire perchè quella sicurezza, di nuovo la sensazione che c'erano cose che mi nascondeva prese il sopravvento.
“Cosa cazzo sai che io non so Sullivan?” gli sibilai contro spegnendo la sigaretta e dedicandomi tutto a lui. Ma non ricevetti risposta, niente da parte del mio migliore amico se non uno sguardo comprensivo, un misero fottuto sguardo comprensivo di cui non me ne facevo un cazzo!
“Bri, è la persona più simile ad un'amica che abbia la mia ragazza, ok? Ed anche io ho imparato a volerle bene, ci sono cose che solo lei potrà dirti se e quando vorrà dirtele. Mi dispiace amico, ma non posso rispondere alle tue domande.”
Fanculo James, fanculo tutto.

Quando mi alzai quella mattina Michelle era già andata via. Mi aveva detto che si era organizzata con la sorella per passare il weekend fuori da Huntington Beach, ma non mi aveva svegliato quando se n'era andata. Che avessi dormito male quella notte e lei se n'era accorta? Non prestai attenzione a questa cosa per più di quindici minuti comunque, subito i ricordi della sera precedente ripresero il loro spazio nella mia mente e mi affacciai fuori dalla finestra, guardando il punto in cui la sera prima avevo avuto l'incontro con il mio passato senza nome. 
Scossi la testa rassegnato, nella calma avevo capito che lei aveva avuto un peso diverso nella mia vita rispetto a quello che io avevo avuto nella sua. Lei non era qualcuno a cui io avevo dato qualcosa, prima di incontrarmi non sapeva neanche chi fossi, a differenza della metà delle donne che mi portavo a letto da quando avevo vent'anni, cosa potevo dare io ad una ragazza di diciassette anni senza un futuro? La forza di credere nei sogni, di lottare per realizzarli? L'aveva già persa da tempo e non voleva ritrovarla. 
Lei al contrario a me aveva dato tutto ciò che poteva darmi, mi aveva aperto gli occhi sulla vita e sulla fortuna che mi era stata concessa. Mi aveva insegnato a non lamentarmi per il mal di gola se ogni giorno potevo svegliarmi nel mio letto con una famiglia che mi voleva bene e degli amici che sarebbero finiti anche in galera per me; mi aveva insegnato a gioire di ogni istante insignificante, a cogliere ogni piccola occasione che la vita offre; mi aveva insegnato a dare importanza ad una frase, ad un gesto, al fiorire di una camelia piuttosto che ad un sold out chissà dove. 
Mi aveva insegnato l'importanza di amare.
“Sai Brian, tu sei fortunato, e sputi in faccia a questa fortuna. Quando tornerai a casa stasera troverai la tua ragazza che ti aspetta con un ampio sorriso dipinto sul suo volto e tu invece di amarla la prenderai in giro, dicendole che ti sei trattenuto in studio per finire una canzone. Tu non sai amare e contemporaneamente fai male a colei che ti ama, sperando nel profondo di allontanarla, tenendole nascosto questo tuo vizio ma sperando che lo scopra. A volte vorrei poter essere come te, vorrei poter scegliere di non amare una persona, vorrei ferire chi mi ama, ma per me è diverso, io non ho scelta. Dovresti imparare ad amare la persona che ti ha donato il suo cuore, sei un ingrato se credi di poter avere tutto senza dare niente. Credimi, non c'è nulla di più importante nella vita che amare la persona che ti ama incondizionatamente.”
Lei era diventata come me ora, lei ora poteva ferire chi l'amava ma nonostante tutto non amava. Che ne poteva sapere una persona che non ha mai amato di cosa significasse essere feriti dall'amore? Eppure lei mi leggeva dentro, si preoccupava di Michelle quando io mi preoccupavo per lei, pensava al dolore di Michelle quando io pensavo ad amare lei, era così sensibile che mi spaventava vedere quanto lei fosse simile a me. 
Il campanello mi distrasse dalle mie considerazioni e non avevo visto che una moto bianca opale si era fermata davanti il vialetto di casa mia. Scesi di sotto per aprire ma le urla che si sentivano da fuori mi anticiparono già gli ospiti che mi sarei ritrovato in casa di lì a breve.
“James non voglio parlarci con lui, dannazione!” 
“Tu invece ci parli, lo so io che cazzo ho visto ieri sera quando te ne sei scappata come una codarda!”
Mi passai una mano sulla faccia e scossi la testa, la giornata stava iniziando di merda, ecco fatto. Aprii la porta e mi ritrovai davanti la bionda in compagnia del mio batterista, entrambi rossi in viso per la litigata che stavano avendo, Jim la tratteneva davanti casa mentre lei si dimenava come se volesse correre il più lontano possibile da me e da lui.
“Buongiorno a voi,” dissi ai due prima che Jimmy spingesse dentro Selene con forza e richiudesse la porta dietro di sé, piazzandocisi davanti senza darle via di fuga. Ad una prima osservazione si vedeva che era furioso e terribilmente serio, osservava la bionda con aria furente. Cosa fosse successo fra loro non lo sapevo, ma sicuramente c'entrava il sottoscritto visto che l'aveva costretta ad avere un faccia a faccia con me nel mio territorio alle nove di mattina, quando solitamente la giornata di Jimmy iniziava alle undici.
“Si può sapere che succede?” chiesi io spostando lo sguardo dal batterista alla bionda. Era incazzata anche lei, ma era anche delusa, glielo si leggeva in faccia. Ed i capelli lunghi erano raccolti in una coda alta mentre dei ciuffi scompigliati le ricadevano sugli occhi. Ok, basta osservarla in quel modo o le sarei saltato probabilmente addosso.
“Diglielo,”disse il mio amico lapidario, fissando la ragazza con gli occhi di ghiaccio che sembravano due lame affilate.
“Niente che riguardi Brian Haner o James Sullivan,” rispose lei sostenendo lo sguardo del batterista e tirando fuori tutto il suo caratteraccio. 
Ma che cazzo avevano entrambi? E poi perchè a casa mia? Che due palle!
“Digli in che cazzo di guaio ti sei andata a ficcare!”
L'urlo di James fu disumano, non fui l'unico a spaventarmi, vidi la ragazza che indietreggiò di due o tre passi spalancando gli occhi che si erano subito inumiditi di fredde lacrime incolore. Cosa fosse successo fra i due non lo sapevo, ma sicuramente qualcosa che avesse scosso il mio amico e non poco. Ma la sera prima era così sicuro di sé, come se sapesse tutto della ragazza. E se invece non fosse così? Se gli avesse mentito come aveva già fatto con me in passato?
“Jimmy, mi servivano i soldi per l'assicurazione sanitaria di Diana,” disse lei in un sussurro distogliendo lo sguardo dal mio amico e portandosi una mano alla bocca, facendo avanti e indietro per il corridoio d'ingresso con il capo chino. 
“Avresti potuto chiederli a noi,”rispose lui acido prima di scivolare con la schiena lungo la porta per finire a sedersi a terra, gli avambracci incrociati sulle ginocchia, mentre fissava la scena cercando di calmarsi.
“Ripeto, cosa c'entro io nelle vostre liti? Ve la siete sempre vista voi due, perchè adesso mettete in mezzo me?” sbottai io guardando Jimmy dubbioso e diffidente, non me raccontava giusta e non volevo saperne né di Selene, né dei suoi guai; lei non voleva saperne di me, perchè io dovevo essere lì per lei? Erano anni che loro due se la vedevano da soli, tenendomi all'oscuro di tutto, non riuscivo e non volevo capire perchè in quel momento james aveva voluto mettermi in mezzo.
“Perchè ti devi rendere conto di quanto tu sia stato un completo idiota ad innamorarti di lei!”
La vidi girarsi dandoci la schiena, si strinse nelle sue spalle diventando piccola piccola, indifesa e tremante. Stavo per ribattere a Jimmy quando lei prese la parola, la sua voce era debole e fluiva irregolare dalla sua bocca, non stava piangendo, ma aveva il respiro rotto come se stesse versando fiumi di lacrime.
“Die stava male, aveva la bronchite, l'assicurazione era scaduta ed io non avevo un dollaro per pagarle le cure mediche. Questo due anni fa. Allora ho impegnato gli orecchini che mi avevi regalato per il compleanno e mi sono fatta dare i soldi. Gli interessi aumentano a vista d'occhio e io non riesco a saldare il debito, questo è quanto.”
Aveva impegnato gli orecchini che le avevo regalato. 
L'unico regalo che le avessi mai fatto.
James si alzò e mi spinse un po' più lontano da lei, chinandosi per sussurrarmi qualcosa all'orecchio.
“Il problema non è questo, il problema è il suo nuovo lavoro."

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Capitolo 3
*** Appearance decieves and the silence betrays ***


Appearance decieves and the silence betrays
 




La prima volta che incontrai Selene era una sera di Dicembre. Mi ero da poco rimesso con Michelle, avevamo rotto per tradimenti da entrambe le parti; non che fosse una novità, ormai mi ci ero abituato, come anche lei, ma gira e rigira finivamo sempre per tornare l'uno dall'altra, perdonandoci i nostri peccati.
L'amavo e basta, era difficile certo, ma le perdonavo qualsiasi cosa, lei era l'unica che mi facesse sentire completo.
Fino a quella sera di Dicembre.
Fino a che non provai davvero cosa significasse essere completo.
La cosa più divertente era che avevo detto alla mia ragazza che sarei stato il weekend fuori da amici, invece mi ero preso una stanza a Los Angeles, in un hotel abbastanza anonimo per non destar sospetti; in fondo sarei dovuto essere altrove, non nella città degli angeli, che tutto era tranne che città degli angeli. E ancora più divertente era che, per chissà quale strano caso del destino, o della sambuca a voi la decisione, mi ritrovai a chiedere a Leana, sì Leana, avete tutti capito bene, se avesse qualche contatto per quella notte. Fu così che mi ritrovai a chiamare a quel numero quella persona che mi avrebbe cambiato la vita.
Non lo capii subito, non lo capii quando una ragazzina dai lunghi capelli biondi e perlacei entrò nella mia stanza, vestita di uno stretto vestito nero a tubino con uno spacco da cui si intravedevano gli autoreggente che teneva su un paio di calze velate bianche. Ad una prima occhiata non si sarebbe detta una prostituta, ammesso che lo fosse, non l'avevo specificato alla ragazza del mio amico, pensavo non ce ne fosse bisogno.
"Mi chiamo Selene," disse lei con un sorriso sereno, come se non le pesasse il suo lavoro o comunque andare a letto con un perfetto sconosciuto.
"Synyster Gates," risposi io mettendomi a sedere sul letto e osservando quel corpo dall'aspetto così fragile, ancora non perfettamente formato ma con le curve giuste al punto giusto. Non era come me l'aspettavo; era dal viso delicato, dal corpo asciutto e le sue curve non molto pronunciate, ad occhio e croce poteva avere massimo una terza. Eppure era bella, bella in quel suo sorriso candido come la neve.
"Mh.. ookey," biascicò alzando il sopracciglio sinistro. Era rimasta sconcertata dal mio nome? Possibile che non mi conoscesse? Eppure stava a Los Angeles suvvia!
Anche se da un lato era meglio così, mi ero proprio rotto delle fan.
"Non sono un criminale, sono solo un musicista," le dissi alzando gli occhi al cielo e sospirando. Sentii una risata, limpida e cristallina, sembrava di ascoltare una canzone.
La sentii su di me dopo neanche due secondi, era lì, a cavalcioni su di me che mi osservava negli occhi e potei notare per la prima volta che i suoi erano grandi e castani, con delle note dorate che li facevano sembrare d'ambra.
"Una sola regola, queste sono off limits," mi disse toccando con i suoi due indici, contemporaneamente, le mie e le sue labbra. Ok, niente baci, perfetto. Mi piaceva già quella Selene.
Non fu difficile toglierle i vestiti, non fu difficile per lei sfilare i miei, non fu difficile per lei prendere la posizione dominante e lasciarmi sotto di lei a gemere dei suoi movimenti sinuosi, inermo a contemplare quel corpo pallido che sermbrava fatto di porcellana. Era una bambola di porcellana, ecco. Ed anche una macchina del sesso, cazzo. Ci sapeva fare, ogni suo movimento era per me una nuova scossa al basso ventre, sapeva quando doveva aumentare, quando doveva farmi desiderare che continuasse. Sorrideva mentre io avevo gli occhi lucidi per l'eccitazione, mentre le afferravo le spalle per prendere il suo posto da predatore, aveva la pelle lucida per il sudore e gli occhi socchiusi mentre le sue labbra schiuse dimostravano quello che lei stava provando, o che fingeva di provare, non ero sicuro quanto potessero essere attendibili loro.
Fu lungo il nostro gioco, ed una volta non mi era bastata. Perchè stessi facendo questo se mi ero appena rimesso con Michelle non lo sapevo neanche io, sentivo solo che ne avevo bisogno, lei non mi dava queste stesse emozioni, quelle di poter gestire io, lei si meritava l'amore, non il sesso sporco.
"E così sei un musicista,"disse lei avvolta da un asciugamano bianco e con i capelli bagnati che le ricadevano sulle spalle Erano lunghissimi cazzarola!
"Gli Avenged Sevenfold, li conosci?" le chiesi lasciando che il mio ego prendesse il sopravvento.
"Nope, mai sentiti sinceramente," mi rispose facendo spallucce e con lo sguardo interrogativo.
"Vuol dire che la prossima volta ti farò sentire qualcosa."
"Ah, ci sarà una prossima volta?"
"Solo se a te sta bene, Selene," le risposi io piegando un angolo della bocca in un sorrisetto al confine tra il malizioso e il sardonico. Lei sorrise semplicemente e nel voltarsi di schiena aveva alzato leggermente la spalla destra, con una naturalezza che riusciva a risultare persino sexy. Certo era una che conosceva le sue potenzialità, era una bambina che riusciva a stupire con la semplicità di una malizia nata dal fiorire della sua adolescenza.
Sapeva giocare le sue carte.
Quando mi chinai a raccogliere il portafogli, che si trovava nella tasca dei jeans, che si trovavano a terra, insomma; quando andai per saldare il conto lei si mise a ridere, come se avessi appena raccontato una barzelletta.
"Guarda che non sono una prostituta e comunque per Lea questo ed altro," disse lei con un sorriso tirando via il portafogli dalle mie mani e posandolo sul letto. Mi lasciò un bacio sullo zigomo sinistro prima di andare via.
Quella fu la prima volta che mi resi conto che c'erano emozioni che ancora non avevo mai provato, ma ancora non avevo compreso quanto quella ragazza sarebbe penetrata a fondo nella mia pelle.
 
"Lavoro, quale lavoro?" chiesi io un po' troppo ad alta voce perchè lei non sentisse e si girasse verso di noi, con gli occhi lucidi e furenti mentre penetrava Jimmy con quel suo sguardo che voleva trivellare il mio amico da parte a parte.
"Sullivan, perchè non ti fai i cazzi tuoi?" urlò lei furente mentre le gote le si dipingevano di rosso per la seconda volta quella mattina. Era evidente che volesse nascondere qualcosa, evidente che la volesse nascondere a me e ci starebbe anche se la sera prima non l'avessi beccata a parlare di me con il mio migliore amico, anche con toni preoccupati, se così possiamo definirli.
Fu questo pensiero che mi convinse a spostare Rev, che mi stava davanti, per mettere spalle al muro la bionda ragazza, mettendo avanti le braccia e poggiando le mie mani al muro, proprio sopra le sue spalle, per non darle via di fuga. Non so neanche come mai il mio sguardo si fece serio e i miei occhi scuri diritti nei suoi la inchiodarono alla parete inducendola a distogliere lo sguardo, cosa che non aveva fatto con il batterista da quando li avevo visti irrompere in casa mia.
"Che cazzo stai combinando," le dissi lapidario con un ringhio sommesso. Non era una domanda la mia, era un ordine a cui lei avrebbe dovuto obbedire, per una volta nella sua scellerata vita. Mi importava ancora di lei, era inutile che continuassi a negarlo a me stesso, e la preoccupazione che avevo sentito nella voce di James la diceva lunga sulla sua irresponsabilità. Lo capivo io che lo conoscevo bene quel ragazzo.
Ma lei non rispondeva, continuava a tenere lo sguardo basso, senza perdere per un attimo la sua compostezza che era vacillata fino a quel momento, continuava a non proferir parola, come si era promessa di fare evidentemente non appena aveva varcato la soglia di casa mia.
"Porca puttana, rispondimi!"
Probabilmente il mio urlo lo sentì anche il moro musicista che se n'era andato in cucina, forse per lasciarci da soli, forse per non strangolare la giovane dagli occhi miele con le sue stesse lunghe mani, chissà.
"Mi sono invischiata in un brutto affare ok? Si può sapere chi cazzo sei tu per urlare così e pretendere che ti racconti la mia vita?" urlò lei di rimando spingendomi via, cercando una via di fuga che, se non l'avessi afferata di forza per una spalla e rimessa al muro, avrebbe sicuramente trovato.
"Solo perchè abbiamo scopato non ti autorizza ad avanzare queste pretese, usa pure questi toni con la tua fidanzata, non con me Haner," continuò lei con un sibilìo velenoso che arrivò diritto al cuore.
Mi aveva avvertito, tanto tempo fa, mi aveva avvertito porca troia che non dovevo innamorarmi di lei!
"Hai ragione, non sono io a doverti dire di non rovinarti, butta all'aria la tua vita Sel, così butterai all'aria anche quella di tua figlia," le risposi io scuotendo la testa e lasciando che le mie braccia ricadessero lungo i fianchi, al loro posto, lasciando libera la ragazza di fare quello che voleva.
Speravo che quelle parole avessero colpito la giovane donna che mi trovavo davanti, cercando di far leva sul punto debole di qualsiasi madre nella speranza che lei finalmente cedesse e si facesse aiutare, volevo che per una volta nella sua vita si aprisse con me come tante volte io avevo fatto con lei. A pensarci bene lei non aveva mai parlato di sè con me, non mi aveva mai detto neache il suo vero nome, nulla. Mi aveva solo ascoltato, dato consigli nel caso, ma mai si era soffermata su di sì, sul suo passato, niente di niente, solo quqalche frase buttata lì che mi facesse capire che la sua era una vita che era andata a rotoli molto tempo prima.
Ma lei non si mosse, non se ne andò, piuttosto sembrava immersa in pensieri in cui non ero compreso e sicuramente lei non mi avrebbe fatto entrare, ma potevamo aiutarla, qualsiasi fosse il guaio in cui si era cacciata, volevamo aiutarla, il che era ancora più importante a conti fatti. Almeno per lei, per il suo mondo.
"Il tipo che mi ha fatto il prestito.. è uno spacciatore, lavoro per lui per ripagare il debito, con lo stipendio del diner in cui lavoravo sì e no ci pagavo l'affitto," disse con un filo di voce prima di scattare verso la porta e uscire di casa. Non la seguii, aveva già detto troppo, sapevo non avrebbe retto un secondo di più davanti a me, la conoscevo bene quella ragazza, avevo imparato a conoscerla meglio di chiunque altro, forse anche meglio di come si conosceva lei stessa. Questo perchè, probabilmente, era più simile a me di quanto lei stessa avesse pensato, forse per orgoglio, ma io lo sapevo; me ne rendevo conto ogni volta che riuscivo a leggere i suoi gesti e i suoi pensieri perchè sapevo che, in una stessa situazione, io avrei fatto o pensato quelle stesse identiche cose.
"Ed ora che si fa James?" urlai al mio amico che stava ancora immerso nella cucina a fare chissà che cosa. Magari a scolarsi la mia birra, ma giusto magari eh.
"Non lo so," disse mentre riappariva nel corridoio, ecco, lo sapevo, aveva la Tennent's in mano, fanculo. "Lei non vuole il mio aiuto, figuriamoci il tuo; il cazzo del problema è che non le lasciano via di fuga," continuò e concluse lui poggiando la sua mole allo stipite della porta, contemplando la bionda fra le sue mani. Ed erano solo le nove del mattino! Anche se vista la situazione una birra ci stava tutta...
"Sai quanto me ne fotte di quello che vuole o non vuole una come lei," gli risposi prendendo la giacca di pelle dall'appendiabiti e infilandomela addosso.
"Perchè ne parli come se ti facesse schifo?"
"Perchè mi fa schifo, mi fa schifo come butta all'aria la sua vita e come incasina quella degli altri, ma è anche vero che mi piace da morire. Ora schiodati da lì e fa partire la moto, abbiamo un paio di faccende da sbrigare."

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Capitolo 4
*** In the end i'm enslaved by my dream ***


In the end i'm enslaved by my dream

 
 
Ero appena tornato a casa dopo essere uscito per andare a fare qualche spesa dell'ultimo minuto -ovvero mi si era fuso un amplificatore per cui non potevo delegare Michelle come mio solito- che il caos in cui mi immersi sovrastava ogni mia aspettativa. C'erano rumori di chitarra strimpellata, anzi torturata, chiacchiericcio soffuso un po' ovunque e le urla di Zacky che sovrastavano di gran lunga tutto il rumore prima descritto.
"No! Devi mettere il dito qui! Se no ti esce uno schifo di accordo!"
E mentre il chitarrista urlava spuntò Matt dalla stanza che mi diede un penoso "bentornato a casa" come se fosse la mia mogliettina.
"Che è tutto 'sto casino?" Gli chiesi alzando un sopracciglio e guardandolo torvo. Anche se la giusta domanda sarebbe stata chiedere perché c'era il ritrovo a casa mia manco ci fosse un rave.
"Val ha proposto a Zacky di insegnare a suonare la chitarra a Diana," mi spiegò con un sorriso ampio, quelli dei suoi, che gli evidenziano le fossette a non finire.
"Ah. C'è Diana?" Chiesi sorpreso. Che ci faceva la bambina a casa mia? Non è c'era James a fare il baby-sitter e, dato che non ne aveva voglia, l'aveva rifilata a noi?
"Sì, e anche Nancy, ti cercava a proposito! Non sapevo la conoscessi," puntualizzò poi il cantante prima di lasciarmi come un deficiente in corridoio. Nancy?
Non feci in tempo a finire di pensare a chi diavolo fosse Nancy, che Michelle e Selene, che ridevano come se si conoscessero da una vita, spuntarono fuori dalla cucina con due vassoi in mano, l'una portava delle tazze da the, l'altra una marea di biscotti al cioccolato.
"Ehi Bri!" Esclamò Michelle lasciandomi un bacio sulla guancia prima di rivolgersi all'altra bionda. "Nancy, puoi portarli tu in salone?"
"Certo, non preoccuparti," le rispose con un sorriso senza neanche degnarmi di uno sguardo. Ero decisamente allibito, non sapevo cosa pensare, soprattutto di quei sorrisi tranquilli fra le due donne che avevano un'unica cosa in comune: me. Ovviamente mi prese il panico, e se Michelle avesse capito qualcosa prima o poi? O peggio, se a Selene fosse scappato qualcosa o avesse fatto qualche sguardo ambiguo..poi ci pensai e l'unico dei due che avrebbe potuto far trasparire qualcosa ero io, uno sguardo di desiderio, un'occhiata preoccupata, qualsiasi cosa ero io quello a rischio.
Era sparita già nella sala e serviva the e biscotti ai presenti, con il sorriso sulle labbra, quei suoi soliti sorriso disarmanti e ampi, che non bastava un viso a raccoglierli.
"Tesoro non ti dispiace se l'ho fatta aspettare vero? Ha detto che doveva parlarti. Mi sembra una ragazza davvero simpatica," mi disse Michelle prendendomi per mano e guardandomi senza l'ombra di dubbio, con quel suo amore che io tante volte avevo pugnalato e che nel profondo continuavo ancora a ferire.
"Ma no, non preoccuparti, hai fatto bene," le dissi lasciandole un bacio fugace sulle labbra rosee prima di entrare anche io nel salone.
Il quadretto era quello di un telefilm di quart'ordine: Zacky a terra che continuava ad urlare alla bambina che stava in braccio a Val con una chitarra in mano -sicuramente mia-, Matt e Selene al tavolo che parlavano; vedevo il cantante che gesticolava su qualche foglio e vidi qualche cd nostro sparso sul tavolino.
"Eccolo lì il nostro egocentrico matricolato!" urlò Matt non appena entrai nella stanza e mi guardavo in giro. Selene mi aveva dedicato un sorriso ma la sua attenzione fu attirata dall'urlo della bambina che aveva di nuovo attirato l'attenzione di tutti su di sè. Era corsa subito dalla mamma toccandosi con la manina la guanciotta paffuta e urlando come se fosse stata assalita da quella porchetta del mio amico, spostando lo sguardo vidi Zacky che cercava di recuperare una corda rotta e Val che si era alzata per andare dalla madre della bimba.
"Dai Die, è solo un graffio, adesso lo disinfettiamo e passa subito," la tranquillizzava la madre e la mia futura cognata la prendeva per una mano per portarla in bagno così che il graffio venisse disinfettato.
"Lascia Zack, faccio io," dissi al mio amico non appena la bambina con madre e Val al suo seguito furono sparite dalla stanza. Michelle si era messa a chiacchierare con Matt di chissà solo cosa. Ma qualcosa mi fece saltare i nervi non appena presi in mano la chitarra a cui non avevo fatto molto caso prima di allora.
Era quella chitarra.
"Chi ha preso questa chitarra?" chiesi a voce abbastanza alta per attirare l'attenzione generale. Risultato soddisfacente.
"Io amore perchè?"
"Vieni un attimo in camera, ti faccio vedere l'amplificatore nuovo."
Scusa pessima visto che era ancora nel cofano della macchina, ne ero consapevole, ma non mi andava di aggredire la mia futura moglie davanti a tutti, sarebbe stato scomodo per me e per loro. Oltre che per lei.
Arrivati in stanza non mi scomposi a chiudere la porta, lei intanto chiedeva dove fosse il nuovo amplificatore. Ecco cosa differenziava Selene da Michelle, era molto più sveglia di quest'ultima. Lei avrebbe capito al volo che qualcosa non andava e sicuramente avrebbe reagito diversamente.
"Perchè, fra millemila chitarre, sei andata a dare proprio quella alla bambina?" Le chiesi guardandola fisso nelle palle degli occhi, incazzato fino al midollo, cercando invano di restare calmo.
"Ma tesoro, tu quella non la usi che sono anni, era lì a prendere polvere, credevo fosse quella che faceva meno danni," mi rispose lei giustificandosi e cercando di trovare una scappatoia a quello che aveva capito essere il problema.
"Dio Michelle, è proprio perchè non la tocco io che non dovevi azzardarti a toccarla tu! È davvero così difficile cercare di capirmi? Di leggere fra le righe? A volte mi chiedo come facciamo a convivere se per capirci bisogna sempre parlar chiaro!"
Quella cazzo di chitarra doveva restare dov'era. Se non la suonavo neanche io un fottutissimo motivo c'era no? Era il mio ricordo, quello che mi faceva ricordare da dove tutto era iniziato, la mia prima chitarra presa con i risparmi, quella che doveva servire a me da monito e da ispirazione ai miei futuri, ma molto futuri, marmocchi. E invece ora grazie alla distrazione di Michelle, alla sua impossibilità a capirmi, una corda era saltata. E non era un dramma, certo, ma quelle erano il primo paio di corde comprate con i guadagni degli Avenged Sevenfold. Ed una era saltata e tutte ora avevano perso di significato.
E Michelle mi aveva lasciato solo in camera, solo con un suo 'mi dispiace' che riecheggiava nella mia testa come se fosse un lait motiv, o probabilmente lo era, strano ma vero. Fu l'entrata di Selene che mi fece riprendere, almeno l'entrata nel mio campo visivo, lei stava titubante sulla porta a fissarsi i piedi.
"Mi dispiace che abbiate litigato per colpa di Diana," mi disse stando ferma lì. Era bella, come sempre, ma soprattutto quel giorno. Aveva degli shorts a vita alta, neri con le cuciture bianche e una blusa bianca, larga e corta, con le maniche ampie verso i polsi, strette alla fine, come quelle seicentesche, e lo scollo a barca copriva tutto il copribile.
"Ma non è colpa della bambina, solo mia e di Chelle, c'è sempre quel vuoto fra di noi che non riusciamo a colmare," le risposi facendole cenno d'entrare.
"I vuoti possono sempre essere riempiti," mi rispose sedendosi di fianco a me e guardandosi intorno, attenta a stare al suo posto.
"Ma non da lei."
Nessuna risposta, ovvio. Non mi guardava neanche. Passo falso.
"Quindi Nancy, è questo il tuo vero nome?" Le chiesi allora per cambiare argomento.
"Sì, niente di speciale o mitologicamente grandioso e romantico," mi rispose tornandomi a guardare e sorridendo appena. Non mi aveva mai detto il suo vero nome, né io gliel'avevo mai chiesto. Mi bastava vederle quel tatuaggio per capire che come era registrata all'anagrafe non era importante, lei era perfetta per quel nome che si era scelta, Selene le calzava a pennello, pallida e misteriosa come la luna in cielo. Lei era fatta così, era svincolata da quel mondo che ti rende prigioniero della routine, era completamente libera, faceva quello che voleva, viveva come voleva e poteva, senza mai legarsi veramente a qualcosa. O a qualcuno. Almeno quella era l'immagine che mi era rimasta di lei.
"Volevo ringraziarti comunque, James mi ha detto quello che hai fatto per noi. Con i miei tempi ti restituirò tutto, compreso il favore. Odio ammetterlo ma ti siamo debitrici," disse dopo poco alzandosi il piedi e guardando verso di me, guardando il mio volto, senza però guardarmi negli occhi; che fosse a disagio glielo si leggeva in faccia, che odiasse essere legata a me da quel debito glielo si leggeva negli occhi.
Almeno avevo un motivo per rivederla. Ma sono bravo a lasciarmi sfuggire le occasioni per le mani, o semplicemente sapevo come mi avrebbe risposto, in ogni caso parlai.
"Ma no figurati, invece di restituirmeli spendili per Diana, è una bella bimba comunque," le dissi ma subito mi pentii della mia frase, vidi una mano della bionda di fronte a me serrarsi a pugno e i muscoli del volto irrigidirsi.
"Non ho bisogno né della tua compassione, né della tua carità Brian, ti restituirò tutto e basta."
Detto questo uscì dalla stanza e dalla porta potei vedere Michelle che le andava incontro sorridendo, si scambiarono un paio di battute prima che l'uragano Die si precipitasse fra loro e si attaccasse a koala alla mamma urlando e saltellando.
"Dai mamma posso restare? Ha detto Chelle che mi fa la mousse di cioccolato! E poi è arrivato anche Jimmy ! Dai, dai, daiii!"
"Oh cielo Die va bene, basta che la smetti di urlare!" Le urlò dietro la mamma e la bambina, che aveva un vestitino a pois e una coda alta tenuta da un nastro rosso, sparì di sotto urlando che sarebbe rimasta a tutti i presenti.
"Perché non resti anche tu Nancy? Mi hai anche dato una mano a preparare," la esortò Michelle ed io dalla stanza speravo che dicesse sì.
"Non stavolta, ho un bel po' da fare, un'altra volta Michelle, grazie per l'invito," le rispose sorridendo e insieme scesero di sotto.
Non sapevo se nella mia mente occupasse più posto l'immagine della madre o quella della figlia. Ero contento rimanesse almeno Diana, portava con sé una ventata di allegria priva di qualsiasi motivazione, come è quella dei bambini; sorrideva sempre, mettendo in risalto le guance paffute, sorrideva per qualsiasi cosa, le brillavano gli occhi cioccolato per quaalsiasi cosa. Ogni volta che restavo a guardarla desideravo tornare ad essere bambino, a vedere la vita in modo semplice, come se non ci fossero problemi, emozionandomi per le nuvole in cielo o per l'uccellino entrato in casa per sbaglio.
E mentre il mio cervello era occupato a pensare queste cose ecco che l'oggetto delle mie riflessioni sbucò in stanza, osservandomi attenta con gli occhioni cioccolato mentre io continuavo a starmene seduto al bordo del letto.
"Signor Gates, perchè non vieni giù con noi? Zacky continua a pizzicarmi le guance e nessuno lo ferma perchè dicono che è divertente!" Si lamentò la bambina facendomi notare le gote arrossate e saltandomi in braccio senza chiedere il permesso. Era leggera, nonostante non fosse piccolissima. Ah, a pensarci bene non sapevo neanche l'età che aveva!
"Facciamo così, tra poco scendiamo e ci vendichiamo ok?" Le risposi accarezzandole i lunghi capelli e stampandole un bacio sulla piccola fronte.
"Ma in tutto questo Die, me lo dici quanti anni hai?" Le chiesi subito dopo alzando un sopracciglio e scatenando una sua risata. Era proprio quella della madre, con un tono più alto però.
"Ma signor Gates! Lo sai che sei maleducato? Non si chede l'età ad una signora!" Rispose questa ridendo e a fine frase potei mettere anche la sigla 'cit' visto che era tale identica e spiccicata a quella che mi disse tempo prima la madre. Troppo tempo prima.
"Chiamami Brian Die! Ma tu non sei una signora, sei una bimbetta che non sa neanche suonare una chitarra," le feci notare e lei per tutta risposta mi diede un pugnetto sulla spalla.
"Ne ho cinque, ma Jimmy dice che sono più intelligente degli altri," disse lei fiera prima di guardarmi interrogativa con gli occhi completamente aperti e vicinissimi ai miei, come se avvicinandosi avesse più possibilità di trovare risposta a i suoi dubbi.
"Quindi sei tu il Brian di cui parlano sempre Mamma e Jim!"
Ecco perfetto, possibile che solo io sono sempre all'oscuro di tutto? Pure una bambina di cinque anni sa quello che si dicono quei due!
"Potrebbe," risposi semplicemente.
"Ha detto Michelle che ha visto un regalo per lei sul comodino," mi informò guardando altrove.
"Eh?" Guardai il comodino per capire che non solo aveva spiato nel cassetto, ma che aveva confuso tutto quanto.
"No, non è un regalo per Michelle, è una cosa che devo restituire a tua madre."
"Sai, lei ti vuole tanto bene, me lo dice sempre, parla spesso di te con me e Jimmy, solo che dice anche che deve starti lontano." Fece una pausa poi ritornò a guardarmi: "tu le vuoi bene Brian?"
"Non hai idea quanto."
Ed era vero. E avevo anche una certezza in più ora. Anche lei mi nascondeva qualcosa di più. Ottimo!
"Dopo pranzo vuoi andare al parco? Portiamo Pinkly a passeggio!" Le proposi con un sorriso. Avevo bisogno di quella bambina per riflettere e soprattutto per capirci qualcosa in quella storia.
E poi mi piaceva stare con lei, mi faceva sentire bene, ma un bene diverso dal solito.
"Ti voglio tanto bene Brian."
Mi aveva abbracciato con le sue piccole braccia e io l'avevo ricambiato. A confronto sembravo un goffo gigante alle prese con una tazzina di cristallo.
Diana mi stava mostrando la mia stada per il benessere.
 

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Capitolo 5
*** Two souls entwine ***


Two souls entwine


 

Ci eravamo dati appuntamento al pontile, nonostante facesse un caldo infernale alle undici -ora dell'appuntamento- e subito mi resi conto che era stata una pessima idea.
La prima cosa che feci quando arrivai fu cercare un posto all'ombra, dove non crepassi di caldo e potessi quindi accendermi una sigaretta senza che mi salisse la nausea. Non ci volle molto a trovarlo, anche se quel posto era gremito di gente, a cui però interessava andare a mare e prendere il sole in spiaggia. Ci volle ancora meno perché Jimmy e Leana entrassero nel mio campo visivo; puntuali, che emozione!

Avevano entrambi gli occhiali da sole addosso e parlottavano sorridenti, mano nella mano. Erano il ritratto della felicità in quei momenti e mi faceva male ammetterlo, perché avevo sempre considerato Leana la donna più sbagliata per il mio migliore amico. Invece quando vedevo quelle scenette dovevo ricredermi, perché mai avevo visto Jimmy così felice e con così poco. Era tanto felice con Leana quanto io non lo ero in quei giorni con Chelle. Eravamo sull'orlo di una nuova crisi e questa volta dovevo ammettere che era solo ed esclusivamente colpa mia, perché non riuscivo a smettere di vedere quel video ogni volta che la casa era silenziosa o a ricordare i profumi e i sapori che avevo scoperto in quelle notti o, peggio ancora, alla sua risata armoniosa e forse troppo alta.
Ma non ebbi tempo di perdermi ulteriormente nel compianto verso me stesso, solitamente pratica a me molto cara, poiché Leana mi aveva visto e aveva iniziato ad urlarmi di raggiungerli che erano già in ritardo.
Ma si può sapere a che vi servo?” chiesi non appena li raggiunsi. Lo avevo già chiesto al telefono, quando Jimmy mi aveva chiamato, ma non avevo ricevuto risposta allora, quindi speravo di riceverla in quel momento visto che eravamo tutti presenti e, a dispetto delle parole di Leana, anche puntuali.
Devi aiutarmi a scegliere un vestito per Selene! Oggi è il suo compleanno,” esclamò allegramente la ragazza dai capelli tinti di un colore non facilmente definibile e io istintivamente alzai il sopracciglio sinistro.
Sei l'unico che conosce i suoi gusti, ormai vi vedete da mesi,” mi chiarì Jimmy dandomi una pacca sulla spalla e facendomi segno di incamminarci.
Se lo dite voi...”
E così quel giorno era il compleanno di Selene ed io non lo sapevo, come non sapevo da dove veniva, come si chiamava, perché aveva deciso di darsi ai sex tape e perché le servivano tutti quei soldi. Mi resi conto che dopo quasi sette mesi di assidua “frequentazione”, se così vogliamo chiamarla, non sapevo praticamente nulla di quella ragazza misteriosa, nonostante le notti passate a parlare di qualsiasi cosa. Sorrisi a ripensare come -dopo il primo mese in cui scappava via una volta finito- aveva imparato a fermarsi pian piano sempre di più, a interessarsi alla band anche se non le piaceva molto il metalcore, ad aiutarmi quando avevo problemi con Michelle, a parlare dei Sex Pistols e dei Misfits, i suoi gruppi preferiti. Eppure mai le era scappato qualcosa di sé. Eppure ora Jimmy mi diceva che ero l'unico a conoscere i suoi gusti, con una sicurezza che faceva impressione, come qualcuno che sapesse il fatto suo.
Io invece non ne ero affatto sicuro.
Ma lei non odia il giorno del suo compleanno?” chiesi subito dopo a Leana, dopo che il flash di una conversazione con Sellie mi balenò per la testa. “Lo reputa un giorno come un altro e non ha mai voluto neanche gli auguri da quel che mi ha detto, è convinta che non bisogna festeggiare un anno in meno di vita.”
A dirlo ad alta voce suonava non solo stupido, ma anche molto triste se si pensava che a dirlo era una ragazza diciannovenne con la vita davanti.
Pensa questo solo perché è convinta che nessuno tenga a lei,” mi spiegò la ragazza abbassando la voce, come se fosse un segreto di stato. La sua attenzione, però fu subito distratta da una delle tante vetrine che coloravano la strada.
Entriamo lì!” esclamò saltellante e trascinando me e il suo ragazzo dentro per poi lasciarci all'ingresso mentre lei si immergeva nel caos di vestiti e accessori, raccomandandomi di muovere il culo e dare uno sguardo in giro anche io.
Mi ero ridotto a prendere ordini da Leana! Mi sentivo spogliato della mia virilità...
Con Michelle come va?” mi chiese dopo qualche secondo di silenzio Jim, spostando lo sguardo verso gli stand pieni di tessuti di tutte le forme e di tutti i colori, lasciandomi la privacy di abbassare la testa ed arrossire.
Non è cambiato molto dall'ultima volta, sta ancora da Val,” gli risposi passandomi una mano fra i capelli disordinati, prendendo poi le gommine dalla tasca e mangiandone una.
Jimmy si fece d'un tratto pensieroso, ma durò pochi istanti: due minuti dopo eravamo in giro per il negozio a cercare il regalo per Selene.
Secondo te posso chiamarla stasera per vederci?” chiesi di punto in bianco al mio amico mentre rimettevo al suo posto un vestito blu elettrico troppo pacchiano per lei.
Lui annuì distrattamente guardando il cartellino ad una borsa larga di pelle nera, solo per poi rivolgersi a me con sguardo serio.“Non dovresti prima chiarire con Michelle?”
Vero, aveva ragione, ma in quel momento non volevo chiarire con Michelle, volevo vedere Selene.
Quando mai faccio quello che andrebbe fatto?”
Bri, non ti ci affezionare a Selene, lei non vuole alcun legame, finiresti per farti male.”
Lo so e non me ne frega un cazzo, avrei voluto rispondergli ma non ero pronto ad ammettere ad alta voce che Michelle ormai non mi bastava più e che l'avrei volentieri scaricata ad un cenno della bionda dagli occhi ambrati.
Ma ti pare? Jimmy caro, voler scopare e affetto sono due universi ben separati nella mia vita,” commentai con la mia solita aria da sbruffone, spostando lo sguardo solo per adocchiare un vestito nero a balze, corto sul ginocchio, che alternava la stoffa al pizzo.
Era perfetto.
Leana, muoviti e vieni qua!”

Ero seduto su una delle tante panchine e osservavo Pinkly che rincorreva la palla e Diana che rincorreva Pinkly mentre io fumavo una sigaretta. Avevo molto da pensare, fra le mani quella scatolina nera che conteneva i due puntali che le avevo regalato sei anni prima, rigorosamente chiusa, che riportava alla luce tutti quei ricordi che per primi ho voluto seppellire e dimenticare e che invece adesso erano riemersi tutti e avevano affollato la mia testa.
“Die, è Pinkly che deve inseguire la palla, non tu,” le dissi non appena vidi la bambina superare il mio cagnolino e posizionarsi vicino la palla, aspettando che la palla di pelo bianco arrivasse a prenderla.
“Ma Brian, è divertente!” esclamò venendomi incontro subito dopo che Pinkly aveva afferrato la palla con i suoi denti, sedendosi poi sulla panchina al mio fianco, salendo con non poca difficoltà.
L'aiutai a sistemarsi con un sorriso, lasciandole un pizzicotto sulla guancia poiché sapevo che si sarebbe innervosita. Infatti i suoi piccoli pugni non tardarono ad arrivare sul mio braccio.
Quando si stancò di picchiare un uomo che non reagiva alle sue provocazioni, si stese senza chiedere il permesso, posando la testa sulle mie gambe e chiudendo gli occhi, facendosi ancora più piccola, se possibile.
La osservai mentre lei si riposava, spostandole una ciocca ribelle uscita dalla coda di capelli folti e ondulati, probabilmente ingestibili. Era tutta la madre, se non fosse per i capelli e gli occhi poco più scuri: stesso taglio degli occhi, così grandi da far impressione, stesso sorriso e stessi zigomi alti.
Sellie...
"Come mai la tua mamma parla sempre di me?"
Le parole uscirono naturalmente, non mi resi subito conto che stavo usando la bambina per soddisfare la mia curiosità, per soddisfare la mia vana speranza di chiarire una volta per tutte con quella ragazza ormai donna, mettendo tutte le carte in tavola, scoperte possibilmente. Mi sentivo un po' subdolo però, che cazzo!
"Dice che hai una band, che hai avuto il coraggio di inseguire i tuoi sogni anche se il percorso era tortuoso. Lei avrebbe voluto avere il tuo stesso coraggio! Mi ripete sempre che devo essere forte e testarda come te!" rispose la bambina aprendo gli occhi e spostandoli fino a quando il suo riflesso non entrò nei miei, specchiandosi curiosa e sorridente.
"Anche la tua mamma è una tosta, sai? Sono sicuro che neanche io ce l'avrei fatta a vivere con tutti i problemi che ha avuto, invece lei non solo tiene testa alle difficoltà ma ha cresciuto anche una bellissima bimba!"
La vidi arrossire appena e nascondere il visino paffuto fra le mani prima di alzarsi e rimettersi seduta, cercando di accarezzare Pinkly che si era accucciato ai miei piedi.
"E il tuo papà?"
Mi resi conto che avevo sbagliato la domanda quando vidi la reazione che scatenò nella bambina prima di avere la risposta. Gli occhi le si erano d'un tratto inumiditi e lo sguardo spento, fissava i piedini che si agitavano in aria senza essere guidati da una volontà precisa.
"Non lo vedo mai perché lavora lontano, e poi con la mamma non si parlano," rispose la piccola scendendo dalla panchina e giocando con Pinkly che subito si mise sull'attenti non appena la bimba prese la pallina da terra per giocare.
“Ma c'è zio Jimmy che mi vuole bene e mi coccola, quindi sono contenta,” concluse poi sorridendo ampiamente al solo pensiero del mio migliore amico, a cui era evidentemente molto affezionata. Mi dispiaceva un po' che i genitori non andassero d'accordo, un figlio ne risente sempre della mancanza dell'uno o dell'altro, soprattutto se così piccoli.
“Brian posso giocare ancora con Pinkly?”
“Ma certo Die.”
E la vidi allontanarsi con il cagnolino che scodinzolava dietro di lei. Quella scena mi strappò un sorriso, poi però mi ripersi nuovamente nei miei pensieri e istintivamente la mia mano andò alla scatolina che conteneva i puntali, l'aprii e continuai a fissarla, sentii gli occhi pizzicare ma non ci feci caso, perso in quei fottutissimi ricordi che facevano sanguinare l'anima.

Appena uscito dal negozio avevo chiamato la ragazza oggetto dei miei pensieri ed eravamo rimasti che ci saremmo visti in serata dopo cena, in uno dei tanti locali di Huntington Beach dove si passava inosservati e soprattutto che fossero poco affollati.
Non avevo sentito per nulla Michelle, inutile dire che non mi ero fatto sentire neanche io. Avevo avuto la giornata piena ed in quel momento pensavo solo ad aspettare Selene al tavolo del lounge bar dalle luci soffuse e il mobilio viola. In sottofondo c'era Clapton e qualcosa del classico glam degli anni ottanta.
Non mi soffermai molto sulla chitarra di “Wonderful tonight” che cantava sofficemente al io orecchio, perchè subito il mio sguardo fu catturato da un gruppeto di gente vicino all'ingresso che osservava e parlottava sommessamente. Sorrisi con un angolo della bocca quando mi resi conto che ad attirare quegli sguardi era la mia piccola dea, con i capelli biondi e mossi legati su un lato in modo tale che tutti gi ricadessero sulla spalla destra, gli occhi truccati di nero e le labbra amaranto come sempre, il vestito nero che le aveva regalato Leana e delle decoltè nere con tacco quattordici e plateau metallizzati.
La perfezione fatta ragazza.
Scusa il ritardo, mi hai colto di sorpresa con quella chiamata oggi,” mi disse non appena fu abbastanza vicina. Mi ero alzato per salutarla e la vidi sorridere ampiamente, con gli occhi che sarebbero bastati ad illuminare la penombra del locale per l'emozione che emanavano, un'emozione che probabilmente il pensiero di Leana e Jimmy aveva contribuito a creare.
Allora, come mai il locale?” chiese sedendosi di fianco a me piuttosto che di fronte, bevendo un sorso della birra che avevo ordinato nell'attesa del suo arrivo.
Ho pensato che offrirti da bere sia il minimo visto tutto quello che hai fatto per me in questi mesi,” le risposi sorridendo e facendo un cenno al cameriere perché venisse a prendere la sua ordinazione. Avrei voluto darle un bacio sulla guancia che era appena arrossita, ma mi frenai. Sapevo bene la sua politica, non volevo che i miei sentimenti le rovinassero la serata.
Prese un Dry Martini con doppia oliva, io ordinai del semplice whiskey, facendo un altro cenno la cameriere che Selene sembrò vedere ma fece finta di nulla, dopo avermi lanciato un'occhiata sospettosa pensando non l'avessi vista.
Mi sono già accordato sul pagamento, semplice. Non voglio che poi rompi le palle su chi e cosa deve pagare,” la informai riprendendomi la birra e finendola in un unico sorso.
Non passo molto tempo che il cameriere portò la nostra ordinazione al tavolo e mi gustai il cambio di espressione di Sellie.
Aveva spalancato gli occhi e la bocca, prima di richiudere quest'ultima in uno scatto, coprendosela con una mano pallida, mentre vidi gli occhi inumidirsi appena. La luce debole di quell'unica candelina le illuminava il viso solo in parte, lasciando il resto nell'ombra.
Brian.. che-”
Hai mai espresso il desiderio di compleanno?” le chiesi bloccandola sul nascere e incitandola a spegnere la candelina così da poter mangiare il piccolo dolce su cui era stata posizionata. Sorrise appena per poi chiudere gli occhi e soffiare sulla candelina, che si spense al primo colpo, proprio quando il mio cuore aveva perso un battito, rendendomi conto che la sua mano fredda stava stringendo forte la mia. Non capii perché lo stesse facendo, se era perché fosse felice o perché aveva paura delle sue stesse emozioni, fatto sta che quando riaprì gli occhi e si rese conto di aver stretto la mia mano si ritirò di scatto, come se si fosse scottata.
Aveva il capo chino sul dolce alla crema e sulla candelina ormai spenta, li fissava con esitazione, persa nei suoi pensieri, con le sue mani che si stringevano una all'altra e si muovevano nervosamente.
E' la prima volta che spengo le candeline, sai Brian?” se ne uscì lei prendendo quella posizionata sul dolce e rigirandosela fra le dita, sporcandosi anche con la glassa colorata e portandosi il dito alle labbra per pulirlo.
Ma non sarà la prima che scarti un regalo, di questo ne sono sicuro! Finiamo qui che poi ti devo dare una cosa.”
Accennò un sorriso e le ci volle un po' per tornare normale, ma alla fine riuscimmo a passare una bella serata in quel locale. Parlammo di compleanni e non compleanni, mi spiegò che non aveva mai avuto qualcuno con cui festeggiare poiché non aveva mai avuto una vera famiglia; fu la prima informazione che si lasciò sfuggire sul suo passato e che io subito immagazzinai per non perderla. Riuscii anche a farmi concedere un ballo e fu forse il migliore ballo della mia vita. Riuscii a sentire il suo respiro caldo coccolare il mio collo mentre le sue esili braccia avvolgevano le mie spalle e si lasciava trasportare dalla musica ovattata del locale. Inutile dire che il mio cuore perse qualche battito strada facendo e che spesso mi ritrovavo a inebriarmi del profumo all'albicocca dei suoi capelli.
Ma ogni cosa è destinata a finire e quando la musica cessò entrambi uscimmo dal locale a fumare una sigaretta. Ci poggiammo alla mia macchina e Selene tirò fuuori l'accendino dalla tasca posteriore del mio jeans per accendersi la sua Lucky Strike e accendere poi la mia Marlboro.
Lei ha sempre odiato quelle sigarette che io invece amavo.
Pronta a scartare il regalo?” le chiesi ammiccando per poi prendere il sacchetto argentato in macchina mentre espiravo il fumo che aveva già viaggiato e fatto danni nei miei polmoni.
E' l'ultima cosa di cui capii qualcosa quella sera, perchè poi il mio cervello andò in tilt.
Non mi resi conto della sorpresa nei suoi occhi, non mi resi conto delle lacrime che le avevano solcato il viso mentre stava dicendo “ma sono bellissimi”, non mi resi conto delle ore passate in macchina sotto casa mia e delle sue gote rosse.
Tanto meno mi resi conto di quando, combattuta, alla fine cedette ai suoi sentimenti e mi baciò, un bacio delicato ma travolgente e al sapore di lampone. Non mi resi conto di come ricambiai subito quel bacio e, dopo un po', ci ritrovammo in camera mia, non a fare sesso, ma ad amarci per la prima volta.
Sono sicuro che quella sera ci siamo amati.
Anche se al mattino dopo il mio letto era vuoto e lei sparita nel nulla.
A nulla valsero le mie telefonate, lei mi aveva abbandonato non appena un legame si era creato.

“Dai Diana, è ora di tornare a casa!” la chiamai dopo aver chiuso di scatto la scatola e infilandola nella tasca dei jeans, cercando di ricacciare nel dimenticatoio quella scena che delle tante era la peggiore.
Dopo sei anni ancora non sapevo perché, proprio nel momento in cui ci eravamo trovati, era scappata. Non che io mi sarei comportato diversamente al suo posto, ma io tenevo alla mia libertà, lei invece che cosa cercava che non poteva avere stando al mio fianco?
Non appena Diana mi raggiunse ci avviammo alla macchina e mi assicurai che Pinkly fosse a suo agio nel trasportino e Diana ben legata al sedile o poi dovevo sentirmi le urla della madre su quanto io fossi irresponsabile.
Il viaggio fu tranquillo, scoprii che Diana era una nostra fan sfegatata perché “lo zio Jimmy è un figo e quindi anche la sua band è figa” e scoprii anche che sua madre non le faceva mancare nulla, qualsiasi cosa Diana volesse, Selene -o Nancy che dir si voglia- gliela regalava.
Quando alla fine, dopo una ventina di minuti di viaggio, mi ritrovai davanti la porta dell'appartamento di Selene mi prese il panico. Sarei scappato volentieri se non avessi dovuto riconsegnare la piccola e mi sembrava inopportuno lasciarla sola sulla porta di casa.
I secondi che intercorsero fra il suono del campanello e l'apertura della porta furono lunghi ore, meno silenziosi visto che Pinkly abbaiava a ripetizione. Ne sentii comunque il peso, tutto questo senza sapere che ad aspettarmi c'era un'altra sorpresa che mi avrebbe fatto ulteriormente male.
Fanculo, Jimmy mi aveva avvertito!
“Micheal!”

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