I'm a boy, you're a robot

di OllysAngel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


“Addestramenti su addestramenti. Questa era la vita di Kim Won Sik da quando era entrato nell'esercito. E pensare che da piccolo Wonsik è sempre stato un bambino tenero e vivace. O per lo meno così faceva credere, quando era in giro, con i suoi amichetti a giocare, o a scuola. Ma la realtà era che non ne poteva più di sentire suo padre che da ubriaco maltrattava la madre. Le sue urla strazianti di dolore segnarono la sua vita, fin da quando il piccolo Wonsik aveva appena otto anni. Sua madre veniva picchiata dal padre, e lui non si immischiava. Aveva imparato a sue spese che era meglio stare zitto. Si sentiva così inutile, impotente... Dopo la morte della madre, suo padre iniziò ad usare lui come propria valvola di sfogo; così, appena raggiunse l'età sufficiente, abbandonò gli studi e si arruolò nell'esercito. Date le sue condizioni, era stato costretto a crescere in fretta. La realtà della guerra non lo spaventava, dopo tutto non aveva nulla da perdere.

In pochi mesi, con quel duro addestramento aveva recuperato quella forma perfetta che aveva quando era molto più piccolo e che, crescendo, non si era più preoccupato di mantenere. Non che gli importasse molto, come il resto daltronde: da quando sua madre lo aveva lasciato, non sentiva più motivo di vivere, dentro di sé. Ma comunque gli sembrava sbagliato sprecare la sua vita, ed ecco spiegata la scelta di arruolarsi.

 

Con il tempo, Ravi –così si faceva chiamare Wonsik – divenne abbastanza bravo con armi e cose di questo genere, e accumulò esperienza in piccole battaglie, da cui usciva sempre indenne, senza neanche un graffio. Erano tutti piccoli scontri, con nemici facilmente raggirabili. Per lui erano giochetti da ragazzi, così diceva, sempre con quella sua tipica sicurezza e noncuranza spiazzanti, che si opponevano, rispecchiando in parte la sua personalità che si divideva in due contraddicendosi.

Queste piccole battaglie si concludevano velocemente; Ravi aveva sempre più bisogno di sfogarsi, ripensava spesso alla sua infanzia rovinata dall'alcol che scorreva nel sangue di quello che ormai gli faceva anche un po schifo da chiamare 'padre', e si sentiva in colpa per non aver difeso sua madre, che avrebbe fatt di tutto per il suo piccolo Wonsik. In battaglia, non pensava a nulla, si sentiva quasi bene, senza curarsi di nulla, in pace con sé stesso, quasi.

Un giorno, scoppiò una violenta e sanguinosa guerra, e Wonsik fu reclutato a parteciparvi, considerato uno dei migliori soldati a disposizione della sua patria. Ravi era onorato di essere considerato tale, ed entusiasta di partecipare alla battaglia per difendere il suo Paese. Dopo pochi scontri, però, i nemici si rivelarono più forti e agguerriti del previsto e l'esercito di Ravi era decisamente inferiori, sia numericamente, che come tecnologie e tecniche di attacco. Così, il governo gli fornì un piccolo....ehm... chiamiamolo 'aiuto'. Assegnò ad ogni cadetto un robot, dalle sembianze umane, come collaboratore in battaglia. Wonsik li riteneva solo delle inutili macchine da guerra, sosteneva di non averne bisogno; era riluttante all'idea, convinto che ce l'avrebbero fatta anche da soli.

 

“Mh... 'N'” disse Ravi esaminando la sua 'macchina-spargi-sangue'. 'N' era il suo codice di riconoscimento, scritto indelebile sulla sua pelle sintetica dell'avambraccio sinistro. Non era ancora stato attivato. Era immobile, ancora senza vita, per quanto un ammasso di ferro e bulloni avrebbe potuto averne, in piedi di fronte a Ravi.

Dopo una lunga ed attenta esaminazione, diffidente, Ravi fu costretto ad attivare, anche se con poco entusiasmo, il suo nuovo compagno di battaglie, N, premendo un interruttore dietro il suo capo, tra la testa e il collo. L'androide prese vita davanti ai suoi occhi. Una luce limpida sull'azzurro/bianco, proveniente dal suo interno, gli illuminò gli occhi, che egli aprì di scatto. N prese un respiro profondo ed iniziò a parlare, con voce molto meno robotica e meccanica di quanto Ravi si aspettasse:

“Inizio attivazione. Installazione programmi base in corso.” Era fermo, ancora immobile, con lo sguardo perso nel vuoto. Ravi lo osservava torvo, mentre lui parlava serio e senza emozioni, come un vero robot.

“80%..............................90%............................98%......99%.....100%... Attivazione completata.” continuò il robot con la sua voce profonda, sembrava quasi non gli appartenesse, non si associava molto al suo aspetto. Poi, a un tratto, il suo timbro divenne quasi umano e la sua espressione, da fredda e senza sentimenti, si trasformò un una allegra e socievole. Allungò una mano verso Ravi sorridendo e disse con la sua nuova voce squillante:

“Ciao!” Ravi aggrottò la fronte e lo guardò indignato, senza parole, spiazzato dalla vitalità dell'altro. Scosse leggermente la testa, come per schiarirsi le idee, per accettarsi della reazione dell'androide.

“'Ciao'?! Perchè...?!” rispose lui quasi infastidito, come lo era sempre stato all'idea di un robot al suo fianco.

“...È educato salutare” replicò N, perdendo quel brio iniziale che caratterizzava la sua voce.

“Ma tu sei una macchina da guerra, un robot-spargi-sangue, dovresti uccidere, non salutare!” ringhiò Ravi contro il minuto ragazzo robotico di fronte a lui.

“U-uccidere...?” rispose N, quasi dispiaciuto, inclinando leggermente in capo verso destra e corrugando la fronte.

“Si, uccidere! Abbattere, sterminare i nemici, radere al suolo le loro città!” disse Ravi con tono duro guardandolo severamente. N lo guardò torvo, come se stesse ragionando su qualcosa, poi aprì la bocca prendendo fiato:

“Ma posso comunque salutarli, sarebbe scortese distruggerli senza averci scambiato neanche un 'ciao'” piagnucolò N mettendo il broncio con aria malinconica. Ravi lo guardò, come si guarda qualcuno che faresti fuori con la più semplice delle tue tecniche se solo avessi potuto; prese un respiro profondo provando a calmarsi, sapendo che non avrebbe potuto liberarsi di lui, a causa degli ordini dei suoi superiori.

“No.” Wonsik scandì bene quell'unica parola, con tono lento e deciso, per essere sicuro di farsi capire. “Non saluterai nessuno. Da domani inizieremo l'addestramento e si farà a modo mio. Seguirai i miei ordini.”

Ogni soldato doveva provvedere individualmente all'addestramento del proprio aiutante, per legare maggiormente con loro ed essere più coordinati anche durante le battaglie: era indispensabile che fossero un tutt'uno, dovevano imparare a pensare insieme e ad agire allo stesso momento.

“Ora va a ricaricarti.” concluse Ravi con tono riluttante. Di fronte a quei rimproveri, lo sguardo di N si fece vuoto, senza focalizzarsi su nulla in particolare, come sembrava stesse facendo anche il processore che elaborava i suoi pensieri. Annuì dirigendosi alla postazione di ricarica che gli era stata assegnata. Ricordo che quella notte, Ravi ammise al suo amico e compagno di innumerevoli battaglie, Ken, di pensare che il suo compagno fosse difettoso: troppo gentile, troppo educato... lo avrebbero fatto fuori in un attimo, una volta nel campo di battaglia. Ma ancora non immaginava cosa sarebbe diventato per lui in futuro.

Quella notte, Ken non prese sonno. Rimase a guardare il suo aiuto-robot, nella postazione di ricarica, accanto a quello di Ravi. Stavano nei loro piccoli scompartimenti tenebrosi, come tutto il resto del dormitorio. Emanavano una debole luce, ognuno di colori diversi.

Hyuk, il collaboratore di Ken, gli aveva spiegato poco prima che quella luce rappresentava la loro aura e il loro carattere.

Quella di Huyk era di un giallo dorato, con deboli accenni di note sull'arancione: il coraggio di un leone, nascosto dietro la tenera maschera di un pulcino innocuo e indifeso;

l'aura di N, invece, era azzurra come il cielo senza nuvole, un mare senza un'onda che lo disturbasse, ma... osservando meglio la luce che emanava, si poteva notare che, ogni tanto, a intervalli irregolari, si apriva tra la tranquillità del suo cielo azzurro, uno squarcio di luce blu. Blu scuro, blu notte, come a fare da tempesta in quel cielo limpido e puro. Non si riusciva a capire quale poteva essere il suo reale carattere, rappresentato da colori che trasmettevano sensazioni così contrastanti.

In ogni caso, alla fine Ken si addormentò a tarda notte, con il volto ancora illuminato dall'aura di Hyuk, che gli infondeva fiducia, mentre Wonsik già dormiva, noncurante di N, quasi infastidito dal debole ronzio che emetteva e dalla luce fioca che emanava. Ravi lo odiava, indipendentemente da tutto il resto. Lo infastidiva l'idea di non essere considerato tanto bravo da potercela fare da solo, tanto da affiancargli uno “stupido robot”. Per la prima volto, dopo tanto tempo, si sentì ancora come se non fosse abbastanza, proprio come quando era piccolo."

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


“La notte passò veloce e all'alba iniziarono gli addestramenti individuali dei nostri aiutanti. Ken e Hyuk erano molto uniti; fin dall'inizio si mostrarono forti e coordinati. Wonsik invece continuava a urlare contro N, che aveva ancora tanto da imparare, nonostante i suoi avanzatissimi programmi di combattimento, installati durante la sua attivazione. Ma non era quello che doveva imparare, doveva imparare a conoscere Ravi. Lui lo metteva sotto pressione, lo sottoponeva tutti i giorni a un duro allenamento, voleva prepararlo a possibili effetti sorpresa e insegnargli piccole ma significanti varianti dei diversi modi per affrontare un nemico, ai quali era convinto non fosse pronto. In realtà N era molto più preparato di quel che Wonsik credeva. Era agile, veloce, furbo, intelligente. Prevedeva le mosse del nemico e riusciva a raggirarlo. Non era completamente violento e sanguinario, sembrava quasi non fosse portato per uccidere, come se non gli piacesse.

 

I giorni trascorrevano tra gli addestramenti, e Ravi continuava a dire che non lo sopportava, ma iniziava man mano a passare sempre più tempo con lui, usando scuse sempre più stupide.

 

Intanto, al di fuori del campo base di Jaehwan – il vero nome di Ken – e Wonsik, la guerra continuava e il loro esercito aveva perso fin troppi uomini. Anche se gli androidi non erano ancora pronti, dovevano scendere in campo, e alla svelta.

N, al fianco di Wonsik, e Hyuk, al fianco di Jaehwan, iniziarono a combattere con tutte le armi a loro disposizione. Stavano per attaccare N, sarebbe morto se Ravi non avesse ucciso prima il suo nemico. Gli rivolse un leggero sorriso malcelato con un veloce sguardo. Dopo ciò tornò a sparare agli avversari, insieme ad N.

un ragazzo improvvisamente sparò a Leo, soldato dell'esercito nemico. Quando Ken lo vide giacere al suolo, si immobilizzò e rimase a fissarlo, mentre tutto intorno a lui si faceva sempre più frenetico, violento e sanguinario.

“Che stai facendo?! Muoviti, non startene lì impalato, ti farai uccidere!” Hyuk lo riportò a quel terreno di guerra scrollandolo dai suoi pensieri con la propria voce. Per tutta risposta, Ken corse verso il corpo agonizzante di Leo, lo prese in braccio e lo trascinò alla propria trincea, al riparo da tutto il resto di quella mortale scena. Leo era ancora vivo. Ken lo squadrò, sembrava quasi lo conoscesse. Si ricordava di lui, lo aveva già visto da qualche parte, lo conosceva forse, ma non riusciva a collocarlo da nessuna parte nei propri pensieri. Riuscì a migliorare anche se di poco, molto poco, le condizioni di Leo, con l'aiuto di Hyuk che lo aveva seguito in trincea. Una granata li sfiorò, atterrando ed esplodendo a pochi metri da loro. Ken prese Leo in braccio e lo portò in infermeria, al campo base. Hyuk lo seguì, contrariato; lo lasciarono nelle mani dei medici e infermieri del proprio campo base, dove rimane per un po'.

Hyuk guardò torvo Ken, poi prese fiato e disse, con un filo di voce

“Perchè lo hai fatto?”.

Ken non aveva una risposta a quella domanda. Guardò un punto fisso nel vuoto. Dopo alcuni istanti corrugò le labbra, scuotendo la testa e spostò lo sguardo su Hyuk.

“Non lo so...” rispose lui sorpreso, perfino di sé stesso. Non era da lui, salvare gli avversari.

“non possiamo salvare e aiutare i nemici!” ringhiò Hyuk a mezza voce.

“Lui non è un nemico” rispose sicuro Ken “Lo conosco”

“E chi sarebbe?”chiese l'altro aspettando spiegazioni.

Ken scosse la testa. “Non lo so”

Hyuk lo guardò torvo e confuso

“Allora come fai a conoscerlo?!”

“Lo ho già visto, ho la sensazione di conoscerlo...”

“Non possiamo salvarlo solo perche ti sembra di conoscerlo!” quasi stava urlando, rispondendo a Jaehwon.

“Sento che è qualcuno di importante” si giustificò quest'ultimo.

Hyuk sbuffò e uscì arrabbiato, infastidito. Si fermò però sulla porta, di fronte ad un androide decisamente superiore in quanto tecnologie e somiglianza ad un umano...sembrava quasi vero. Era alto con capelli abbastanza lunghi e scuri leggermente mossi e occhi profondi e penetranti.

“Come sta Taekwoon?” chiese a mezza voce.

“Chi sei?” sbottò Hyuk senza lasciarsi abbagliare dalla perfezione dell'altro

“Mi chiamo Hongbin. Sono l'androide che è stato assegnato a Taekwoon” rispose impassibile e calmo fissando il proprio sguardo in quello di Hyuk. Il più piccolo distolse l'attenzione da lui, incapace di sostenere tale sguardo.

“Immagino che tu ti riferisca al ragazzo che Jaehwan ha salvato” sbuffò.

“Sì.” rispose tranquillamente Hongbin “Posso raggiungerlo?”

“Fai come ti pare” brontolò Hyuk andandosene. Hongbin non gli andava molto a genio, si vedeva da lontano, come non gli piaceva per niente Taekwoon. Ma dopo tutto era comprensibile, lui era stato progettato per uccidere i membri dell'esercito nemico, di certo non per salvargli la vita.

Hongbin si girò verso di lui e lo guardò per un istante. Hyuk, sentendo il suo sguardo addosso, si fermò e disse, sempre voltato di spalle

“Che vuoi ancora?”

Hongbin restò immobile a fissarlo. Forse anche lui avrebbe dovuto provare quella sensazione di ribrezzo per i nemici che sembrava caratterizzare l'altro; ma era come se qualcosa glielo impedisse. Si avvicinò a Hyuk mentre quest'ultimo si voltò con il viso ancora contratto in una smorfia di disapporvazione

“Tu sai il mio nome, ma io non conosco il tuo”

“Bene” Hyuk riprese a camminare. Non aveva nessuna intenzione di dargli confidenza e Hongbin lo lasciò andare.

 

Intanto Wonsik aveva portato N al campo base. Perdeva liquido rosso scuro, caldo e viscoso, simile a sangue e la pelle sintetica in alcuni punti lasciavano intravedere i suoi circuiti che ogni tanto si lasciavano scappare qualche scintilla luminosa. N non si reggeva in piedi, solo Ravi lo sosteneva. Il suo viso mostrava con una smorfia il dolore fisico che provava in quel momento. Wonsik lo posò su una delle brandine, senza curarsi di Ken e Leo, fin troppo preoccupato per N. prese velocemente dei bendaggi, creati appositamente per curare ferite abbastanza 'leggere' degli androidi, composta da particolari tessuti che racchiudono sottilissimi circuiti in grado di riparare le ferite di N. Ken lo guardava da lontano, vicino al corpo a mala pena vivo di Leo, in silenzio. Osservava come Ravi si prendeva cura di N, il robot che non riusciva a sopportare.

Wonsik continuava a sostenere di odiarlo, che non gli serviva, non aveva bisogno di aiuto. Continua a giocare a fare 'offeso, l'indignato, come se fosse invulnerabile, invincibile a tutto, convinto di potercela fare anche da solo, contro il mondo intero, se fosse servito. Sempre determinato nei suoi intenti, diffidente e solitamente solitario...lui era fatto così. Bisognava guadagnarselo il suo rispetto, la sua fiducia e non era affatto semplice. Dato il suo carattere, era abbastanza scontato il suo atteggiamento nei confronti di N. ma vedendolo medicare il suo compagno di battaglia, quello che è stato addestrato da lui, quello che seguiva solo i suoi ordini, quello che lui continuava a respingere a parole, Ken riuscì a vedere quello che Ravi realmente provava nei confronti del Robot, che era considerato solo un ammasso di circuiti e metallo.

Restò a guardare mentre Wonsik medicava N; appena le bende toccarono i punti più sensibili e mal ridotti dell'androide, questi iniziarono ad emanare una luce. Questa luce durava tutto il tempo che il paziente manteneva la benda pressata sulla ferita; rappresentava la stabilità della sua salute: se la luce era rossa, allora la salute del paziente era molto instabile; arancione significava ferito, ma recuperabile; azzurro stabile e in via di guarigione; bianco in perfetta salute; fino a quando non si spegneva, significava assenza di vita.

Ravi restò con N tutta la notte, addormentandosi accanto a lui.

Quando Wonsik si addormentò, Jaehwan intravide la luce arancione, che presentava deboli sfumature di rosso, emanata dalle bende di N.”

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