Non Così Rossa.

di PandaPlaysFlute
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** - Non così blu. ***
Capitolo 2: *** - Roulette russa. ***
Capitolo 3: *** - Invincible. ***
Capitolo 4: *** - Mikoto a Toleno. ***
Capitolo 5: *** - Mikoto livello due. ***
Capitolo 6: *** - Tana per Mikoto! ***
Capitolo 7: *** - La piuma. ***
Capitolo 8: *** - Sognando Tera? ***
Capitolo 9: *** - Bahamut. ***
Capitolo 10: *** - La felicità di domani...- ***
Capitolo 11: *** - Alexander. ***
Capitolo 12: *** - L'osservatorio. ***
Capitolo 13: *** -La proposta di Garland. ***
Capitolo 14: *** -La reggia. ***
Capitolo 15: *** -Dietro la porta. ***
Capitolo 16: *** -Tutte le vite sono uguali? ***
Capitolo 17: *** -Omissioni. ***
Capitolo 18: *** -Un recipiente ***
Capitolo 19: *** -La pietra ***



Capitolo 1
*** - Non così blu. ***


Questa è la mia prima long-fic, e anche la prima che scrivo in questa sezione.
Per  me scrivere una long fic e portarla a termine è un progetto abbastanza ambizioso, i ritmi di aggiornamento saranno il più rapidi possibile.
I primi tre capitoli servono da introduzione  alla storia, che comincerà a svilupparsi dal quarto capitolo in poi.

Ho pensato che sarebbe stato carino avere una specie di “Mikoto's theme”, una canzone per Mikoto per questa fanfic, la canzone che ho scelto ricorrerà nei capitoli futuri, e verrà citata la prima volta nel quarto capitolo. 
La canzone in questione non mi appartiene, e la potete trovare ai seguenti link, pubblicata dai compositori rispettivi di musica e testo:
-Instrumental: http://www.youtube.com/watch?v=7bnP92X6yTM
-Vocal: http://www.youtube.com/watch?v=VG0qsos6keQ
-Testo: https://docs.google.com/document/d/1ctt0-wg5UXsbAvOxgUyhFKSyRuzJCeO1-eCdIjwOZhk/edit
Mi piace la voce della ragazza come possibile voce di Mikoto. E poi alle ragazze di FF piace cantare, si sa. ;)

Spero che apprezziate anche voi. ^_^


-Non così blu-


Era seduta da ore, nella stessa identica posizione.
Stava guardando il blu, naturalmente.
Tutto era blu... la luce, le anime e il moto dei pianeti.
Avrebbe mai visto qualcosa oltre quel blu?
Avrebbe mai conosciuto qualcos'altro?
Era stato detto loro di aspettare.
Creati per attendere.
Cosa?
Una vita.
In quel luogo?
 
Io non la voglio...
 
Si alzò di scatto, con gli occhi lucidi.
Attraversò il villaggio, osservando i suoi... simili?
 
Non siamo simili.
 
Alcuni, solitari, guardavano verso quell'immobile specchio d'acqua.
Pazienti.
Non ancora nati.
 
Non ancora idonei.
 
Altri erano radunati in piccoli gruppi, nessuno di loro parlava, tutti guardavano.
E attendevano, ovviamente.
Era tutto così lento, così irreale... eppure quella era sempre stata la sua unica realtà.
Passò per il laboratorio, controllò l'idoneità di alcuni jenoma.
Ancora troppo bassa.
 
Cosa ti aspettavi?
 
Si soffermò davanti allo specchio nel laboratorio, guardandosi negli occhi.
Profondamente blu, ovviamente.
Ma lei non era più blu, ed in quel luogo l'unica cosa che avrebbe potuto attendere era la morte. O prima la follia, e poi la morte.
Un jenoma le si avvicinò, senza espressione, con tono di voce monotono le disse che anche lei doveva controllare la sua idoneità, imitando i gesti che aveva fatto lei poco prima, la spinse leggermente verso le vasche in cui venivano valutati i parametri di idoneità, toccandole il braccio.
 
-No.- Disse lei squotendo la testa, e con una mano sulla spalla, respinse delicatamente il compagno.
Non che ci volesse vera determinazione a frenare un jenoma, loro non avevano volontà.
Si allontanò da lui, salendo le scale per uscire dal laboratorio.
Prima di chiudere la porta lanciò un'occhiata furtiva dentro: il compagno era rimasto lì, dove lei l' aveva spostato, orientato verso l'angolo della stanza, con gli occhi fissi nel posto da cui lei si era spostata.
 
Non voleva che loro sapessero che lei era idonea, e, probabilmente, aveva già un'anima.
Perchè aveva paura della loro non reazione, della loro inespressività, della loro... mancanza d'anima.
Eppure sentiva un disperato bisogno di condividere.
 
Non con loro.
 
Un senso di angoscia si impossessò di lei.
Il solo pensiero di dare la notizia della sua idoneità a Garland le metteva addosso una sensazione orribile, come se avesse il torace compresso.
Eppure voleva disperatamente condividere.
 
Kuja.
 
Kuja avrebbe potuto risponderle se significava quello avere un'anima.
Non restava che aspettare il ritorno di Kuja da Gaya.
Non sarebbe stato facile parlargli, non sarebbe stato facile nemmeno farsi ascoltare, ma Kuja era la sua unica speranza.
Non restava che aspettare.
 
Aspettare per l'ultima volta.
 
L' attesa di Mikoto era finita.
 


Grazie per avere letto. ^_^

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Capitolo 2
*** - Roulette russa. ***


-Roulette russa-


Da quando aveva un'anima, attendere era diventata la sua peggior sofferenza.
Cosa diavolo stava attendendo?
A Tera nemmeno c'era il tempo!
 
Uscì dal villaggio, pensierosa.
Fantasticava spesso su Gaya, il pianeta rosso.
Lo immaginava con una grossa luce rossa nel punto più alto del cielo, con grandi specchi d'acqua che riflettevano l'accogliente luce rossa.
Certamente lei su Gaya avrebbe passato tutto il tempo a fissare quella luce rossa per godere del suo calore, per lasciarlo entrare dentro.
 
 
Si fermò, accennando un sorriso.
No, Gaya doveva essere migliore, non solo una versione rossa e accogliente di Tera.
Si mise seduta e tirò le ginocchia al petto, era su una specie di ponte bianco iridsecente, guardando quella strana natura che aveva un aspetto così aritificiale, si sentì piccola.
In fondo, era appena nata.
 
All'improvviso sentì qualcosa di viscido a contatto con la sua schiena.
 
Un Okulum
 
Era pieno di quelle dannate creature lì intorno, si chiese se li avesse messi Garland per tenere i jenoma prigionieri a Branbal una volta che avessero acquisito l'anima.
Ad ogni modo, lei non sapeva combattere, né aveva armi.
Si accorse con orrore che l'Okulum la stava inglobando nella sua massa gelationsa, mentre centinaia di piccoli occhietti azzurri la fissavano.
 
Troppo tardi per fuggire.
 
Di solito, la sua tattica di combattimento era quella.
 
Non così idonea... Pensò, mentre il cuore le batteva fortissimo, e cominciava a mancarle il respiro.
 
Provò con il braccio rimasto libero a colpire con tutta la sua forza quell'essere disgustoso.
Aveva coplito un occhio, constatò, sentendo la mano umida.
Non sarebbe bastato tutto il tempo di Tera per abbattere un Okulum a suon di pugni di Mikoto.
Adesso toccava a lui.
Mikoto si sentì finita, era chiaro che anche se fosse sopravvissuta ancora ad un colpo o due, non avrebbe mai sconfitto quel mostro.
Sospese il fiato, mentre il mostro chiuse tutti gli occhi insieme e invocò Ade.
 
Roulette russa.
 
Mikoto chiuse gli occhi, non era possibile... Adesso che aveva un'anima l'avrebbe persa così, senza averla mai usata, in quel luogo blu e gelido, per colpa di un mostro da cui aveva passato l'esistenza a fuggire durante la sua attesa di idonoeità.
 
Ma quanto ci mette ad ammazzarmi?
 
Aprì gli occhi.
Si trovava per terra, libera dal mostro, accasciato qualche metro distante da lei con tutti gli occhi chiusi e un profondo taglio nel mezzo.
Un taglio di falce.
 
Mikoto mosse la coda, poi si rialzò piano.
Era stata fortunata, ma non sarebbe successo due volte, anche se sfinita doveva tornare subito al Villaggio Branbal, prima che altri mostri la attaccassero.
Aveva un'anima da tenersi stretta adesso, non più un contenitore da conservare.
Fuggì di corsa dai Pingo Pongo che stavano per attaccarla, e arrivò respirando affannosamente nel villaggio, finalmente al sicuro.
Non credeva potesse essere confortante rivedere... casa.
Si diresse nella stanza vicina al laboratorio e scosse un cesto, ancora agitata per l'accaduto di poco prima.
 
-kupò-
 
Ne uscì un assonnato moguri, stirandosi le alette.
 
-Morokku, sono stata attaccata dai mostri!- Disse lei allarmata e ansimante.
 
Morokku la guardò perplesso, era l'unico che si era accorto di quanto Mikoto fosse vitale, attiva e rumorosa in quei giorni. Un giorno lo aveva svegliato chiedendogli di raccontargli di quando viveva su Gaya, di come attraversando in volo il mare fosse capitato sopra l'isola splendente e ne fu risucchiato in un vortice, per poi finire lì, a Branbal, a sonnecchiare tutto il giorno in un cesto, perchè quel posto non era adatto ad una creatura vitale come lui.
Per dire la verità da quel giorno Mikoto gli chiedeva sempre più spesso di parlargli di Gaya.
Vedendola accasciata a terra, appena cosciente, capì che il mostro doveva averla sfinita.
 
-Prendi questa e vai a riposarti sul letto, kupò- le diede una pozione.
 
La jenoma afferrò la pozione e la bevve immediatamente, poi si diresse verso la stanza con il letto per fare come Morokku aveva detto, ma prima gli chiese di raccontarle ancora una volta qualcosa di Gaya.
 
-Prima riposati, kupò.- Disse lui gentilmente.
 
A Mikoto piaceva Morokku. Lui aveva un'anima, e un pon pon rosso sulla testa, era l'unica cosa morbida e calda nel villaggio, o forse in tutta Tera.
Appena si rilassò il sonno la accolse.



Grazie per avere letto. ^_^

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Capitolo 3
*** - Invincible. ***


-Invincible-


Un rumore  assordante la richiamò alla realtà.
Aprì gli occhi e si sforzò di capire immediatamente cosa stava succedendo.
 
Una volta tanto che succede qualcosa...
 
Nella stanza dove aveva dormito c'erano altri due jenoma, stavano guardando in alto, fuori dalla stanza, e poteva vedere un altro di loro fuori dalla stanza, anche lui rivolto verso il cielo.
Mikoto si decise ad alzarsi e uscire dalla stanza.
Guardavano tutti in alto, verso la fonte del rumore  e della visione che spezzava la loro eterna quiete.
 
Alto nel cielo c'era l'Invincible, l'idovolante di Kuja.
Mikoto si sentì agitata, non conosceva davvero Kuja, sapeva solo che era un jenoma, che si occupava degli affari di Garland su Gaya, che aveva un'anima, e aveva conosciuto lo scorrere del tempo, oltre che del flusso d'anime.
Ricordava di aver sentito Garland parlare con disprezzo di lui, ma del resto a lei Garland metteva i brividi.
Aveva paura che se Garland avesse saputo che lei aveva un'anima, gliel'avesse potuta strappare, e renderla di nuovo vuota.
 
L'Invincible si stava dirigendo verso il Pandemonium, la dimora di Garland, mentre un drago argentato scese in volo verso il villaggio e si posò vicino allo specchio d'acqua per bere.
Mikoto si avvicinò, poteva vedere l'acqua incresparsi a contatto con il muso del drago, provò a toccarlo, prima diffidente e poi sempre più sicura, lo accarezzò...
Sperò che anche parlare con Kuja fosse così facile, facile come accarezzare un drago.
 
-Morokku, è arrivato Kuja, adesso è al Pandemonium!- Disse Mikoto al moguri, uscito anche lui per vedere cosa disturbasse l'abituale silenzio.
-Tieni, kupò- Allungò una lettera a Mikoto, che lo guardava insepressiva, evidentemente la jenoma non sapeva cosa fosse una lettera, né a cosa servisse.
-E' una lettera per i fratellini moguri, quando sarai su Gaya ne icontrerai altri... Dagliela, perfavore, kupò- Il moguri aveva ormai capito i piani della ragazza, e sapeva che attendeva Kuja per andare su Gaya.
La jenoma afferrò la lettera, e sorrise timidamente, se fosse stata abituata a sorridere quel sorriso sarebbe stato radioso. 
 
Andrò su Gaya...
 
Comunque, Morukku sentì ugualmente il cuore riscaldato dal suo sorriso. Dopo tanto tempo passato su Tera, era il primo sorriso che vedeva.
 
All'ingresso del villaggio Kuja stava cercando con lo sguardo il drago argentato. 
Gli si avvicinò, incurante di Mikoto, che lo stava osservando.
-Silver dragon- Chiamò  sprezzante, osservando l'animale addormentato.
Poi, deciso ad aspettare il suo compagno si abbassò verso l'acqua per potersi specchiare.
Si sorrise.
-Me la pagherà quel vecchio... non mi lascerò sostituire.- disse accarezzandosi i capelli.
Poi scoppiò in una risata amara di cui Mikoto non afferrò il significato.
La giovane jenoma lo stava osservando nel dettaglio, sembrava così diverso da loro, la affascinava.
Aveva conosciuto il tempo, sembrava cresciuto, non era un ragazzino come tutti quelli che aveva intorno. Mikoto non riusciva nemmeno a vedergli la coda.
 
-Kuja...- Provò lei, mantendo una certa distanza  tra loro, e risultando appena udibile.
Lui si girò.
La guardò freddamente.
I lineamenti delicati, regolari e senza esppressione erano proprio quelli di un jenoma.
-Kuja, io volevo...- Iniziò timidamente.
Kuja le era vicinissimo, le aveva afferrato con le dita il mento, per obbligarla ad alzare la testa, e non abbassarsi lui a guardarla.
-Proprio tu...- Le disse scrutandola con occhi pieni di odio, che Mikoto non riuscì a percepire.
La ragazzina si limitò a sostenere il suo sguardo, mentre sentiva il cuore esploderle.
 
Non mi lascerà parlare.
 
-Portami con te su Gaya...- Disse, supplichevole, raccogliendo un minimo di coraggio.
Finalmente il jenoma le lasciò il viso, e le diede le spalle.
-Questa è bella! Tu che mi chiedi questo!- Disse facendo un gesto ampio con le braccia, in modo teatrale.
-Ascolta bene, stupida ragazzina, non so che piani hai in mente, ma non prenderai il mio posto con il mio aiuto. Chiaro?- Riprese lui. -Nè tu, nè Gidan prenderete il mio posto-
Mikoto lo guardò confusa, era evidente che Kuja fosse tornato turbato dal Pandemonium, ma non capiva davvero di cosa stesse parlando.
-I-io...- Sussurrò lei.
 
Maledizione! è più difficile che parlare con Garland.
 
-Un giorno non avrò più tempo... Non farmene perdere altro.- Tagliò corto lui, salendo sul drago ormai sveglio, e ordinandogli di raggiungere l'Invincible.
Mikoto, che conosceva quei luoghi come le sue tasche, corse verso il teletrasporto più vicino.
Si ritrovò al Pandemonium, davanti all'Invincible, e salì a bordo, nascondendosi in un angolo, dove sarebbe restata per tutta la durata del viaggio, silenziosamente.
Poco dopo sentì il verso del drago argentato, poi il passo deciso di Kuja, ed infine il rumore del motore dell'Invincible in azione.



Grazie per avere letto. ^_^
Nel prossimo capitolo Mikoto vedrà Gaya per la prima volta... Dove sarà diretto Kuja?
A presto.

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Capitolo 4
*** - Mikoto a Toleno. ***


*Ripetizione nota aggiunta al primo capitolo, per chi accedesse direttamente a quest'ultimo.
Ho pensato che sarebbe stato carino avere una specie di “Mikoto's theme”, una canzone per Mikoto per questa fanfic, la canzone che ho scelto ricorrerà altre volte nei capitoli futuri, ed è quella che intonerà Mikoto a  fine capitolo.
 
La canzone in questione non mi appartiene, e la potete trovare ai seguenti link, pubblicata dai compositori rispettivi di musica e testo:
Mi piace la voce della ragazza come possibile voce di Mikoto. E poi alle ragazze di FF piace cantare, si sa. ;)
Spero che apprezziate anche voi ^_^



-Mikoto a Toleno-

 
Mikoto avrebbe voluto restare sul ponte dell'idrovolante e vedere i cieli di Gaya, invece che nascosta scomodamente vicino al motore, ma era ugualmente entusiasta di avercela fatta. Il segnale della fine del viaggio fu lo spegnersi del motore dell'Invincible. Appena si sentì sicura del fatto che Kuja si fosse allontanato abbastanza dall'invincible, uscì dal suo nascondiglio e cercò la via per scendere dall'idrovolante.
Il cielo era nero, poteva vedere delle piccole luci, nel viso inespressivo di Mikoto si illuminarono gli occhi.
Si sdraiò nell'erba fitta, cercando di sentirne l'odore.
 
E così... questa è Gaya!
 
Vicino all'Invincibile poteva scorgere delle costruzioni enormi, si chiese se fosse qualcosa di simile alle antiche città di Tera, quando il pianeta era al massimo del suo splendore.
Camminò brevemente nella nebbia e arrivò alle porte della città.
Osservò le guardie che vegliavano immobili la porta, poi si avvicinò ad un uomo elegante.
-Siamo su Gaya qui?- Provò timidamente.
L'uomo la guardò con sufficienza.
-Pvego? Mi pvendete in givo? Deve esseve figlia dei malviventi... Non lascevò che ci distuvbino ancova, cava- Disse prima rivolto a lei, poi alla giovane donna che gli stava vicino.
La jenoma si allontanò perplessa e si infilò nella via più vicina.
Si trovò di fronte ad una ragazza con dei lunghi capelli scuri, vestita di arancione; appena i loro sguardi si incorciarono, la ragazza assunse un espressione di puro stupore e mormorò qualcosa -Tu... qui?- Mikoto rimase inespressiva, pur osservando quell'espressione per poterla imparare e ripetere. Agitò nervosamente la coda e fu sicura che la ragazza gliela fissò per un istante, poi questa abbassò lo sguardo sul suo corpo.
-Oh cielo, perdonatem... Scusa!- disse la ragazza vestita di arancione imbarazzata. Fece un leggero inchino, poi si guardò nervosamente alle spalle e scappò via, girando velocemente l'angolo.
Mikoto rimase attonita ad osservare l'uomo di metallo che stava arrivando di corsa, rumorosamente, urlando -PRINCIPESSA, DOVE ANDATE? E' PERICOLOSO!- Girò nella stessa strada dove aveva visto svoltare la ragazza poco prima.
 
Pericoloso?
 
La jenoma si ritrovò a pensare se per caso ci fossero degli Okulum anche da quelle parti.
 
Riprese a camminare, decise di seguire anche lei quella stessa strada, passando sotto un portico, invece che incontrare un mostro con tanti occhi, le si avvicinò un uomo con quattro braccia.
-Cosa ci fai tutta sola per questa città, ragazzina?-
Mikoto lo guardò imitando la faccia stupita che aveva visto poco prima sulla faccia di quella ragazza.
-Siamo su Gaya?-
Lui le mise una  delle sue quattro mani sulla spalla e abbassando la voce, per farsi udire solo da lei disse -Facciamo un gioco, ragazzina, io ti rispondo e tu mi dai mille guil- Intanto aveva infilato una delle sue altre mani nella tasca della ragazza, constatando che lei non aveva nemmeno un guil con sé.
-Guil?-
Lui la guardò scocciato, quando si accorse che si trovavano davanti al Caffè Caldo Carta, un luogo non adatto a un brigante come lui, scappò prima che qualcuno dei nobili a cui aveva rubato lo riconoscesse. -Al diavolo, non hai niente!- Lo sentì dire Mikoto, e raccolse l'oggetto caduto all'uomo. 
 
Ottenne un cinturone. Lo indossò.
 
La ragazzina si avvicinò incuriosita ai tavoli del Caffè.
I nobili stavano gustando quella bevanda dall'odore intenso insieme a dei dolci decisamente invitanti. Mikoto non aveva mai mangiato, su Tera non esisteva il tempo, ma da quando era su Gaya sentiva il flusso del tempo sul suo corpo, e le aveva fatto venire fame.
Si mise compostamente seduta ad un tavolo del Caffè.
Il cameriere la guardò diffidente -Non sembri una figlia dei nobili, puoi davvero permetterti qualcosa qui?- Mikoto indicò timidamente i dolci presenti sul tavolo di fronte al suo.
-Costano millecinquecento guil quelli.- Affermò il cameriere.
-Dove posso trovare dei guil?- Chiese la jenoma innocentemente.
Lui la guardò con disprezzo, davvero nei quartieri malfamati di Toleno i giovani non sapevano cosa fossero i guil? Era forse una strategia per rubare qualcosa ai ricchi clienti del Caffè Caldo Carta?
Mikoto venne invitata ad andarsene.
-Se hai del fegato puoi battere il mostro nel negozio di armi, per ottenere dei guil.- Disse il cameriere, ma mentre osservava la ragazzina allontanarsi si pentì di aver dato un simile consiglio ad una tale sprovveduta. Poco importava, non era una figlia dei nobili, quindi non era una futura cliente del Caffè.
 
Mikoto era abbattuta, nessuno su Gaya sembrava darle ascolto, e sembrava che per fare qualsiasi cosa fossero necessari i guil.
Vide un uomo che guardava il canale e cantava da solo, avrebbe preferito non passargli vicino, ma in una piazza poco lontana dietro di lui, Mikoto poteva vedere qualcosa che conosceva già.
Sorrise, come aveva visto fare ad una bambina della città, e poi corse verso quella piazza, ignorando l'uomo ubriaco.
 
-Morokku! Sei venuto anche tu! Fermati!- Mikoto rincorse il moguri e allontanò il piccolo mostriciattolo che gli correva dietro.
Il moguri si trovò stretto in un abbraccio stritolante da parte della ragazzina. Non che Mikoto volesse esprimere affetto, era un gesto funzionale al fine di farlo smettere di svolazzare in giro.
-Non sono Morokku, mi chiamo Mogurigli, kupò...-
Mikoto lo lasciò andare, assumendo di nuovo l'espressione stupita.
 
I fratellini moguri di Gaya, kupò... Ripensò alle parole di Morokku.
 
-Sei suo fratello?-
-Noi moguri siamo tutti fratelli, Kupò...- Disse allegro il moguri, poi si incupì -Ma Morokku è scomparso da molto tempo...- Aggiunse.
Mikoto gli porse la lettera, che il moguri cominciò a leggere.
-Risucchiato da un vortice, kupò? L'Isola splendente? Mmh... menomale che io sono un moguri tranquillo e non esco mai dalla mia città- Commentò, frugando nella sua tasca di pelo.
-Questo è per ringraziarti della consegna, Kupò!-
 
Ottenne i semi di kupò.
 
La jenoma pensò che più tardi li avrebbe mangiati, e si sentì grata di aver incontrato un moguri.
Riprese il suo giro per la città, entrando nel negozio con il portone su quella piazza.
Percorse un pavimento sotto al quale si sentiva il respiro pesante di un mostro, doveva essere quello il posto dove poteva guadagnare dei guil... Guardò le armi in vendita, ovviamente non poteva permettersi niente.
-Riceverò dei guil se sconfiggerò il mostro?- 
La vecchia alla cassa soffocò una risata. -E con quale arma?-
Mikoto guardò quell'enorme Gryfon affamato là sotto, deglutì.
La conversazione venne interrotta da un rumore metallico, l'uomo con l'armatura che aveva visto poco prima era entrato rumorosamente nel negozio.
-Oh, un cavaliere! Siete qui per sconfiggere il mostro? Vi conviene prima comprare delle armi!- Disse la vecchia, abbandonando la cassa e Mikoto, per dirigersi verso il cavaliere.
Mikoto con un gesto fulmineo rubò un piccolo pacco di guil dal bancone della vecchia poi uscì di corsa, come ultima cosa sentì la voce alta del cavaliere affermare che stava cercando una ragazza, non un mostro.
 
Ottenne centocinquanta guil.
 
Appena fuori dal negozio entrò nell'edificio accanto: si stava tenendo un'asta.
Rivide la ragazza vestita di arancione che sembrò intristirsi dopo averla anche stavolta guardata a lungo.
Mikoto intravide nella parte superiore dell'edificio, su un balcone, la figura di Kuja, era il caso di girare lontano da quell'edificio, prima che la scoprisse.
Si diresse dove ricordava di non essere ancora stata, passò per il canale e guardò per la prima volta l'acqua scorrere, poi si infilò in un vicolo.
Camminò per una strada scalcinata, due bambini la urtarono mentre giocavano a rincorrersi.
 
Gli abitanti di Gaya sono così pieni di vita...
 
Davanti a una locanda incrociò un tipo con una bandana, uno dall'aria poco rassicurante.
 
Ma anche così imprevedibili.
 
-Sei fenuto a cercare la principessen?- Disse il tizio.
Mikoto rimase inespressiva, era stata scambiata per qualcun'altro.
Il ragazzo la squadrò, lei fece lo stesso.
Lui si corresse con un -Scusa pensafo fosse un mio amico-.
-Posso avere quella spada per centocinquanta guil?- Azzardò la jenoma, vedendo la piccola spada in vita al tizio dall'accento strano.
Con la spada avrebbe potuto ammazzare il mostro e guadagnare qualche guil in più...
-Nein. E non  dofresti nemmeno stare qui.- Poi una voce lo chiamò da dentro la locanda.
 
Mikoto giunse di nuovo alla porta della città,  si sentiva un po' confusa, non aveva mai visto così tante cose, ma era anche stata un'esperienza fantastica.
E la sua nuova anima era certamente affamata di nuove esperienze.
 
Lanciò una monetina da dieci guil nella fontana, come aveva appena visto fare a un bambino.
Poi uscì dalla città con i centoquaranta guil rimasti, controllò di avere ancora con sé i semi di kupò.
L'Invincible era ancora lì spento come lo aveva lasciato Kuja, segno che il jenoma fosse ancora a Toleno.
Mikoto respirò l'aria fresca della sera, guardando le montagne. I capelli biondi le facevano solletico sul viso, ed era una sensazione bellissima, su Tera, invece, perfino l'aria era statica.
 
Guardò il cielo nero, si accorse che fissando le stelle le sembrava che svanissero. E intonò unò una canzone che sapeva da sempre, evidentemente doveva appartenere alla sua anima.
 
A world so dark.        
I cannot see...              
what is there                
waiting for me?”          
 



Quindi, come avrete capito la storia di Mikoto si intreccia finalmente con quella ufficiale del Gioco, precisamente nel momento in cui Garnet, Steiner e Marcus sono a Toleno in cerca dell'Ago di Platino. Ricordate?
Grazie per avere letto!

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Capitolo 5
*** - Mikoto livello due. ***


-Mikoto livello 2-

 
Non aveva idea di  quanto tempo Kuja sarebbe stato in città, così cominciò ad esplorare lì intorno.
Allontanandosi dalla città il cielo si schiariva, Mikoto vide la prima alba della sua vita.
Una sensazione di serenità si propagò per il suo corpo, finalmente vedeva il cielo rosso che aveva sempre immaginato.
 
Un essere azzurro, dall'apparenza debole le si piazzò davanti.
-Mi dai una gemma grezza?- Chiese in tono lamentoso.
Mikoto tentò di passare oltre.
-Dammi una gemma grezza!- ripetè il Fantasma.
Si trovò costretta a fuggire, per poter proseguire il suo cammino, ma venne intralciata ancora.
Venne colpita da una bacca sulla testa, e improvvisamente le venne un gran sonno, ma subito subì un duro colpo da parte di un piccolo essere verde.
Scappò anche dalla Mandragola e, ancora ansimante per la corsa, entrò in un luogo dall'apparenza sicura, proseguì dritta per la strada, ammirando lo straordinario panorama visibile dalla catena montuosa.
Nemmeno nei suoi sogni aveva mai immaginato tanto splendore.
Si trovò davanti ad una porta, attraversata la quale c'era ancora erba. Camminando brevemente nella nebbia, giunse presto vicino a delle piccole costruzioni.
 
Un villaggio?
 
Cominciò a camminare, le sembrava un posto molto più tranquillo di Toleno, un posto più adatto a lei.
Osservò con piacere i bambini che si rincorrevano allegri tra una casetta e l'altra, poi si avvicinò al mulino, totalmente affascinata da quella costruzione.
Una ragazzina stava cantando vicino ad un chocobo.
Le sembrava una versione vitale di Branbal quel villaggio, avrebbe voluto essere nata in un posto così, ignara delle torbite vicende riguardanti la fabbricazione dei maghi neri di cui il villaggio si era reso protagonista.
Si avvicinò alla ragazzina che cantava allegra una filastrocca -♪ Chocobo choco chocobo -.
-Siamo su Gaya qui, vero?- Chiese Mikoto, per la prima volta non intimorita di parlare con un abitante di Gaya. 
-Ti trovi nel villaggio di Dali- Rispose la bambina sorridendo.
Mikoto ricambiò il sorriso ed entrò in un negozio.
-Ciao! Ti serve qualcosa?- Si affrettò a dire la bambina che stava dietro al bancone.
Mikoto si accorse che in quel posto i prezzi erano molto più  bassi che a Toleno, quindi guardò interessata.
Prese in mano una daga, si specchiò nella lama lucida, anche se da poco era su Gaya, il tempo stava agendo su di lei, e lei si sentiva già cambiata, già diversa.
-Quella è una daga di mithril, costa cento guil, ti conviene comprare delle armi se vuoi uscire dal villaggio, fuori ci sono i mostri...- Si affrettò a dire la bambina al bancone, risvegliando Mikoto dai suoi pensieri.
Per un attimo credette di aver detto qualcosa di sbagliato, non riuscendo a interpretare l'espressione della jenoma. 
-La prendo- Affermò Mikoto -e prendo anche questi...- Aggiunse, toccando due fermagli rosa da venti guil l'uno sul bancone, poi tirò fuori i centoquaranta guil e li diede alla bambina, che commentò -Ottima scelta!-.
La jenoma mise la daga nella fodera del cinturone che aveva trovato poco prima a Toleno.
Poi indossò i fermagli rosa, fissando le ciocche bionde di capelli intorno al viso, adesso che il tempo agiva su di lei, le sarebbero cresciuti, e poi, Mikoto voleva vedersi diversa da quei ragazzini tutti uguali del villaggio di Branbal.
Mikoto uscì dal negozio ed entrò nella vicina locanda, sentì il solito suono familiare.
-Kupò-
-Mogurigli?- Provò.
-Mogurigli è il moguri di Toleno! Io sono Gumo, kupò!- Disse indispettito il piccolo.
-Scusa, Sembrate tutti così simili...- E dopo aver detto questo Mikoto si incupì, pensando a Branbal, il villaggio di ragazzini tutti identici.
Il moguri si era avvicinato a lei e le girava intorno annusandola. -kupò, kupò-
-Hai dei semi di Kupò! Puoi darmeli?? TI PREGOOO, kupò-
Mikoto lo guardò diffidente.
-Ti darò una pozione in cambio- Disse lui osservando le condizioni della ragazza, da cui poteva dedurre che fosse stata attaccata da una Mandragola.
Mikoto accettò.
Si fermò ancora brevemente a guardare il mulino, e pensò che quella strana costruzione servisse a scandire il tempo, il suo eterno scorrere, per questo ne era affascinata.
Poi uscì dal villaggio e riprese la strada verso Toleno, chiedendosi se Kuja fosse ancora in quella città.
Perchè, chiaramente, il suo unico modo per girare Gaya era nascondersi a bordo dell'Invincible e visitare ogni luogo in cui Kuja sarebbe andato. Da sola non sarebbe andata lontano.
Magari un giorno avrebbe anche avuto l'occasione di farsi ascoltare da Kuja e di essere accettata da lui come compagna di viaggio, o almeno, questo doveva accadere nelle sue fantasie di ragazzina appena nata, ancora ingenua, ignara di tutto.
Incontrò un Muu subito fuori dal villaggio di Dali, e prima che questo l'attaccasse, lo colpì con la sua nuova arma.
Appena terminato il suo primo combattimento Mikoto si sentì più forte.
 
Mikoto raggiunse il livello due.
 



Grazie per avere letto ^_^
Ovviamente non scriverò un capitolo per ogni livello di Mikoto o per ogni arma che otterrà, ma spero in questi capitoli di essere riuscita a gettare le basi per una possibile crescita di Mikoto, sotto il profilo emotivo, fisico e anche di combattente... Quando la storia entrerà nel vivo le vicende saranno più incentrate sui fatti, che su queste piccole cose.
A presto.

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Capitolo 6
*** - Tana per Mikoto! ***


E finalmente in questo (breve) capitolo torna Kuja, più cattivo che mai.
Il titolo fa riferimento a una battuta nel gioco “Tana per Gidan!” pronunciata da Son e Zon, ma non abbiate paura perchè i due buffoni non sono inclusi nel capitolo. ;)
 



-Tana per Mikoto!-


 
Prima di tornare a Toleno, Mikoto decise di passare anche a vedere la torre di vedetta, l'alta costruzione visibile dal villaggio, che si trovava poco distante.
Incontrò il vecchio Molid con il quale scambiò qualche parola, infine salì in cima alla torre.
L'anziano le aveva detto che la costruzione serviva per avvistare l'arrivo degli idrovolanti.
Dal punto più alto della costruzione Mikoto poteva intravedere Toleno, sull'altipiano di fronte, e poco distante dalla città un'ombra scura, che lei sapeva essere l'Invincible.
A quella vista, improvvisamente si pentì di essersi allontata tanto e aver trascorso tutto quel tempo a Dali, noncurante del fatto che Kuja potesse andarsene.
Perciò scese di corsa le scale della torre e si avviò verso Toleno.
Usò la sua nuova arma in un combattimento contro un Blu Avis e attraversò il passaggio che collegava i due altipiani.
Avvicinandosi alla città, mentre il cielo si faceva scuro, rabbrividì quando vide che stava succedendo proprio ciò che temeva: vide la chiara figura di Kuja fuori dalla città, vicino alla porta sorvegliata dalle guardie.
Stava parlando con l'uomo che Mikoto aveva già visto all'asta di Toleno.
Mikoto non sapeva se ce l'avrebbe mai fatta a salire sull'Invincible in tempo, per di più senza farsi notare dal jenoma. 
Si rese conto di quanto fosse folle quella corsa, avrebbe dovuto passargli davanti ed entrare nel suo idrovolante!
Pensò per un attimo che forse non era una così cattiva idea rimanere lì da sola su Gaya, magari avrebbe cominciato una vita a Toleno, avrebbe imparato a combattere, a guadagnarsi dei guil in qualche modo, avrebbe cercato un posto in cui vivere e avrebbe imparato da quegli esseri così vitali a vivere. Restò sorpresa e delusa da se stessa nel capire che non era quello che desiderava, e che non sapeva ancora cosa desiderasse davvero. I pensieri le correvano confusi e frenetici nella testa.
 
Io non sono come loro...
 
Cominciò a correre per la scala che portava sull'Invincible, ancora pochi passi e si sarebbe nascosta, ce l'ho fatta, pensò.
-Ferma.-  Intimò Kuja con un sorriso sinistro. L'aveva raggiunta, era a bordo del suo drago, e fiancheggiava le scale dell'idrovolante.
Mikoto non eseguì l'ordine, cercò invece di correre più veloce, inciampò sugli ultimi gradini, ma riuscì a cadere dentro, sul pavimento del ponte dell'Invincible.
Poi sentì Kuja scendere dal drago, il rumore dei suoi passi, gli stivali del jenoma contro i gradini metallici.
 
Adesso mi ammazza.
 
Ancora stesa a terra, incapace di muoversi per la paura, si girò appena, vide Kuja ormai giunto all'ultimo gradino, dietro la sua figura il cielo infuocato, l'alba di Toleno, e poi osservò l'espressione sul volto di lui. Qualsiasi cosa avesse deciso di farle, di sicuro la tortura era già iniziata con quegli occhi blu, penetranti, fissi su di lei, incorniciati dal profondo sdegno dipinto sul viso del fratello.
Mikoto si sentì morire, ma lui non l'aveva ancora sfiorata.




Grazie per avere letto!
A presto, con il prossimo capitolo e con Mikoto nei guai...

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Capitolo 7
*** - La piuma. ***


Attenzione: in questo capitolo i pensieri, come al solito contrassegnati dal corsivo e dall'essere isolati dal testo, apparterranno anche a Kuja.
Tuttavia dovrebbe essere chiaro quando appartengono a Kuja o quando appartengono a Mikoto. 



-La piuma-
 

Mikoto non disse niente, restò solamente per terra immobilizzata dalla paura, ma sostenne lo sguardo gelido del fratello.
Così come non era ancora consapevole delle sue stesse emozioni, non sapeva che, quando sono troppo forti e negative, è bene distogliere lo sguardo da quelle degli altri. 
E questo indispettì ancora di più Kuja, nessuno osava resistergli, nessuno poteva osare sfidarlo, fosse anche solo con lo sguardo.
 
Il jenoma la afferrò per un braccio alzandola di forza, la immobilizzò contrò la parete dell'Invincible, tenendola per le spalle.
 
Ancora quei dannati occhi.
 
Teneva ancora gli occhi dritti nei suoi.
Il fatto che lei restò inespressiva invece non lo stupì.
-Cosa credevi di fare, sciocca ragazzina?- Le mani di Kuja passarono lentamente dalle spalle al collo della ragazza.
Mikoto appoggiò la mano sulla sua daga di mithril, ne accarezzò l'impugnatura, per un folle attimo pensò di poter affrontare Kuja, ma si fermò sapendo che se c'era una possibilità di avere la vita risparmiata era non reagire.
Continuò a guardare il viso furioso di Kuja, e ne lesse un tormento ed una paura infiniti.
 
Lui ha paura?
 
Kuja strinse la presa sul collo, fino a farle male.
-Te l'ha ordinato Garland di seguirmi?-
-No...- Sospirò Mikoto.
La domanda di Kuja confermò quello che Mikoto pensava: Kuja era terribilmente spaventato da ciò che poteva fargli Garland.
 
Lui lasciò la presa, recuperando il sangue freddo che più si addiceva al suo carattere.
E poi Kuja odiava il combattimento fisico, così rozzo e sporco, non era nel suo stile.
Mikoto si portò le mani al collo e parlò con fatica.
-Sono... stata io. Ti ho seguito per venire... su Gaya. L'ho voluto io.- La tosse interruppe la flebile voce di Mikoto.
-Non mentire!- Le intimò, poi la colpì con un thunder. Kuja si chiese se Mikoto potesse ribellarsi a Garland, oppure essere complice dell'amministratore stellare, la guardò leggermente confuso.
Mikoto dopo aver emesso un suono strozzato perse i sensi, si accasciò al suolo, vicino al muro.
Il jenoma si girò nervosamente.
Se fosse stato per lui, l'avrebbe fatta fuori con un thundaga, non poteva permettersi che una ragazzina gli rovinasse i piani a cui si era dedicato per anni, ma se Mikoto aveva detto la verità e Garland non le aveva né ordinato, né dato il permesso di seguirlo, allora era meglio fare finta che niente fosse accaduto, o per Kuja sarebbero stati ulteriori guai.
Se l'avesse uccisa non avrebbe mai avuto la possibilità di spiegare a Garland: sarebbe stato direttamente un jenoma morto, o peggio un contenitore privo di anima.
La guardò ancora un attimo e notò i due piccoli fermagli rosa che Mikoto aveva messo ai lati del viso.
 
Un ricordo scosse Kuja... Ricordò quando appena arrivato su Gaya aveva messo la piuma tra i capelli per distinguersi dai jenoma. 
Per urlare con un gesto tanto semplice la sua unicità.
 
E puoi soltanto urlare per affermare la tua esistenza. 
 
La frase che gli ripeteva sempre Garland, per ricordargli l'impotenza di un jenoma davanti al volere dell'amministratore stellare.
Da quando aveva messo quella piuma tra i capelli tutto ciò che aveva fatto per personalizzare il suo stile, il suo modo di parlare, di muoversi e di agire, era stato tutto per andare nella stessa direzione: rendersi unico, rendersi il migliore ed essere riconosciuto come tale.
 
Kuja nascose il dolore di quei ricordi dietro un sorriso amaro.
Provò una sensazione di disagio guardando il corpo della sorella, eppure ci era andato leggero, e non si era certo fatto scrupoli per tutte le vittime di Burmesia, di Cleyra e delle altre città che a causa sua erano state devastate. Si diresse nella sala comandi dell'Invincible, lasciando la sorella sul pavimento, cercando di allontanare tutti quei pensieri dalla sua mente.
L'idrovolante era già stato programmato per andare ad Alexandria, dove Kuja avrebbe avuto appuntamento con la regina Brahne, ma era il caso di cambiare rotta.
Mentre l'idrovolante virava nella fitta nebbia, la risata isterica di Kuja risuonò all'interno.
 
-Davvero mi sostituirai con un essere così patetico?- Chiese forzando una nuova, amara risata, recitando il solito dramma del quale sapeva di essere protagonista.
 
Dietro alla parete, il piccolo corpo di Mikoto giaceva in una specie di sonno profondo e disturbato da incubi.
Il fratello attraverso il terrore nei propri occhi aveva implicitamente risposto alla domanda che Mikoto non era riuscita a porgli.
Avere un'anima, almeno per loro due, significava avere paura.




Grazie per avere letto. ^_^
A presto.

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Capitolo 8
*** - Sognando Tera? ***


-Sognando Tera?-



Quando Mikoto aprì gli occhi si accorse di provare dolore in più parti del corpo.
Rimase per qualche istante sdraiata nella posizione in cui era e fissò il soffitto, un soffitto grigio e metallico.
Poi abbassò gli occhi... Davanti a lei c'era un ragazzino biondo che guardava un punto lontano nel vuoto. Aveva la coda.
 
Un jenoma?
 
Stava forse sognando?
Che destino ironico, sognare Gaya mentre viveva su Tera e sognare Tera adesso che era finalmente su Gaya...
Ad ogni modo, doveva svegliarsi, dove diavolo poteva essersi addormentata su Gaya?
Doveva mettere fine a quel falso risveglio.
Si mise seduta di scatto, una fitta allo stomaco le suggerì che non stava sognando.
Si trovava nella stanzetta con il letto al villaggio Branbal, si alzò rendendosi conto di essere molto debole.
Restò attonita a guardare il villaggio, tutti i jenoma, i loro sguardi fissi e quieti, l'acqua ferma, tutto sospeso nel tempo come era sempre stato, e naturalmente... La luce blu.
 
-Ti sei ripresa, kupò.- Disse un moguri venendo verso di lei.
-Morukku?-
Il moguri annuì e la spinse nuovamente nella stanza, la fece sdraiare e le diede una pozione.
-Allora ci sei stata su Gaya?-
Mikoto non rispose, era assorta nei pensieri, ricordava Toleno, Dali. Poi era salita sull'Invincible, Kuja l'aveva scoperta, sì, quello lo ricordava.
Ricordava lo sguardo del genoma, la paura che traspariva, e l'amara conclusione a cui era giunta.
Ma non ricordava cos'altro fosse successo.
-O sei stata solo sull'Idrovolante e poi ti ha scoperta?- Riprese il moguri.
-Morokku come sono arrivata qui?- Mikoto, in stato di evidente confusione, ignorò le domande dell'amico.
-Ti ha portata Kuja. L'idrovolante non è passato dal villaggio, ho visto solo il drago argentato, sopra c'eravate tu e Kuja, poi ti ha portata in braccio fino a qui e se n'è andato...- Spiegò Morokku, ricordando che lei era incosciente quando Kuja l'aveva portata lì. Si preoccupò.
Forse Kuja le aveva fatto del male.
 
Mikoto arrossì lievemente, e restò in silenzio, pensando.
 
In braccio?
 
-Non c'è niente da sorridere, kupò... Ti ha fatto del male?-
A quanto pare, stava anche sorridendo senza essersene accorta.
Mikoto abbassò lo sguardo, in fondo non l'aveva uccisa, avrebbe potuto con un solo colpo, invece l'aveva solo stordita per riportarla al villaggio. 
-No.- Disse al moguri.
-Comunque ci sono stata su Gaya, guarda!- E gli mostrò la spada e i fermagli.
Parlarono brevemente della sua avventura, Mikoto attribuì la colpa dei vari lividi al colpo della mandragola, poi chiese al moguri di lasciarla sola per riposarsi.
 
Appena si sentì meglio, Mikoto uscì dal villaggio, anche se era come se non ci fossero, vedere costantemente quei ragazzini privi di vitalità la innervosiva.
Pensò a lungo, e concluse che non c'era altro piano possibile che tentare di nuovo la fuga  nello stesso identico modo, senza più commettere l'errore di tornare sull'idrovolante.
Sarebbe rimasta da sola su Gaya, per quanto le facesse paura, era sempre meglio che rimanere da sola su Tera.
Pensando che avrebbe dovuto affrontare un'altra lunga, snervante attesa, seduta sulla collina blu dietro al villaggio, si sentì avvilita. Si chiese se anche Kuja avesse passato un periodo di attesa quando, molti anni prima aveva ricevuto la sua anima. Davvero non poteva capirla?
Promise  a se stessa di diventare forte, doveva essere pronta a tutto per non fallire di nuovo.




Grazie per avere letto :)
A presto, nel prossimo capitolo ci vediamo con il ritorno di Kuja ;)

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Capitolo 9
*** - Bahamut. ***


-Bahamut-


Mikoto aveva cominciato ad uscire ogni giorno dal villaggio per affrontare i mostri.
Nonostante i suoi colpi non fossero molto forti, perchè era dotata di un'arma molto debole, la sua resistenza era notevolmente migliorata.
Il piccolo Morokku la assisteva nella cura delle ferite, e le forniva le pozioni.
La ragazza voleva diventare più forte per poter cominciare la sua nuova vita su Gaya.

Anche quel giorno, come i precedenti, si avvicinò al Pandemonium in cerca di mostri da combattere.
Il suo prossimo passo sarebbe stato oltrepassare la dimora di Garland per trovare mostri più forti.
Arrivata al limite del percorso percorribile al di fuori da Branbal, Mikoto prese il teletraporto.
Era già entrata al Pademonium qualche volta, periodicamente Garland convocava i jenoma e mostrava loro scene dell'antica Tera, per istruirli sulla cultura antica, oppure per controllare che nessuno di loro avesse avuto un'anima prima del tempo, cosa che fortunatamente non faceva da un po' di tempo.
La sensazione che provò Mikoto entrando in quel cupo castello non fu certo positiva.
La caratteristica di quel luogo era un silenzio ancora più irreale di quello che regnava a Branbal.
Proseguì silenziosamente, per non attirare l'attenzione di Garland nel caso fosse stato presente.
All'improvviso un forte rumore la spaventò.
Mikoto si nascose, e tese l'orecchio cercando di individuare la provenienza del suono.
Era stato un suono di vetro rotto, o forse...

Ghiaccio?

Capì che proveniva dall'osservatorio. Evidentemente, Garland aveva visite.
-Tutto qui?- Pronunciò la voce di Kuja.
Nella mente di Mikoto passarono velocemente le immagini del fratello nella testa, quel giorno in idrovolante, e i suoi battiti accelerarono.

Sei solo un recipiente vuoto. La tua anima non ti appartiene.

Improvvisamente Mikoto sentì la voce di Garland, penetrante come se parlasse nella sua testa, si spaventò.
Si avvicinò alla porta dell'osservatorio per poter guardare dentro.
Kuja teneva le mani sulla testa, premendo sulle orecchie, evidentemente la voce di Garland era entrata anche nella sua testa, ed era diretta proprio a lui. Ai piedi del jenoma luccicavano  tanti piccoli cristalli di ghiaccio, probabilmente era appena stato colpito da un blizzaga, doveva essere quello il rumore che aveva sentito Mikoto.

Sei solo un recipiente vuoto.

E così, quello era il metodo che Garland utilizzava per togliere l'anima ai jenoma.
Mikoto avrebbe voluto irrompere nella stanza e mettere fine a quell'orribile rito, ma era consapevole che mettersi in mezzo tra Kuja e Garland, entrambi più forti di lei, sarebbe stato un gesto vano.
Provò una fitta al cuore vedendo Kuja in ginocchio con le mani premute sulla testa, anche se lui continuava a sorridere provocatoriamente tra un colpo e l'altro, tra una frase e l'altra di Garland.
Quindi era questa la folle disperazione, la folle paura che Mikoto aveva intravisto negli occhi del fratello quel giorno sull'Invincible?
Improvvisamente Kuja si alzò, tese le braccia verso l'alto e pronunciò teatralmente le sue parole -Vieni Bahamut, vieni a servire il tuo nuovo padrone!-
Mikoto non aveva idea di cosa stesse succedendo, vide un drago apparire, non era il solito drago argentato di Kuja, era un drago scuro.
Poi notò l'espressione di puro terrore sulla faccia di Garland, mentre il drago di dirigeva verso di lui attaccondolo con la potenza di molti flare.
Garland venne travolto cadendo al suolo, il drago distrusse parte dell'osservatorio, poi si girò di nuovo verso il vecchio, puntandolo.
Al centro dell'osservatorio Kuja guardava sorridendo e accennando un applauso per Bahamut, come un bambino divertito dallo spettacolo, mentre sulla soglia della porta Mikoto assisteva stupita e sentiva dentro di sé crescere una forte emozione. 
Mentre il re dei draghi Bahamut stava per colpire nuovamente, l'amministatore stellare si teletrasportò via, lasciando Kuja da solo nell'osservatorio.
Il grosso drago scuro si schiantò sul pavimento, crepandolo, poi si dissolse.
Kuja assunse un'espressione leggermente delusa -Che vigliacco...-
Poi lanciò nell'aria una pietra rossa e lucente, una granata, e la riprese tra le mani.
-Lo sapevo che non avresti potuto competere con gli spiriti dell'invocazione, Garland.-
Mikoto, che aveva visto con stupore tutta la scena, guardò con ammirazione Kuja.
Il jenoma usò un incantesimo di rigenerazione su se stesso.

Una muta dichiarazione di guerra sembrò attraversare il campo di battaglia, mentre nell'osservatorio vuoto risuonò la solita risata, e il suono dei frammenti di ghiaccio calciati dal passo del jenoma.
Si diresse verso l'uscita.
Mikoto si fece più piccola possibile e trattenne il respiro, nascondendosi per non farsi notare. Non aveva dimenticato cosa era successo quando l'aveva scoperta sull'Invincible.
Poi lo seguì silenziosamente, per salire a bordo dell'drovolante.



Grazie per avere letto. ^_^
Dove sarà diretto a questo punto Kuja? A che punto sarà arrivata la storia per il gruppo di Gaya?
A presto.


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Capitolo 10
*** - La felicità di domani...- ***


-La felicità di domani...-


Mikoto era nascosta nuovamente vicino al motore dell'Invincible.
Il rumore basso, ma continuo e penetrante la disturbava e rendeva più cupi i suoi pensieri.
Era sicura che se fosse stata sul ponte o davanti alla vetrata il rumore sarebbe stato quasi non percepibile.
Non era come il primo viaggio questa volta, non c'era lo stesso entusiasmo, eppure stava andando per non tornare più.
E se anche su Gaya si fosse sentita sempre estranea a quella realtà?
Avrebbe viaggiato di città in città, cercando il suo posto nel mondo, ma in cuor suo temeva che questo posto potesse non esistere, un posto rosso abbastanza da scaldarla per tutti quei gelidi anni passati su Tera.

Il viaggio sembrava proprio non finire più.
Quanto era grande Gaya? 
Tendendo l'orecchio, Mikoto sentì i passi di Kuja sopra al ponte dell'Invincible, proprio sopra a dove era nascosta lei. 
Poi sentì la porta aprirsi, e la voce del fratello chiamare il drago argentato.
Tuttavia per qualche motivo Kuja aveva lasciato il motore acceso.

Dopo aver lasciato passare un po' di tempo in cui l'idrovolante le sembrava effettivamente fermo, Mikoto rischiò ad uscire dal suo nascondiglio, più silenziosamente possibile. Sembrava proprio non esserci nessuno sulla vettura, ma si ritrovò chiusa dentro.
Si diresse verso la vetrata anteriore, che aveva sempre visto solo dall'esterno.
Vide un cielo nero e nebbioso, ma la città situata sotto non sembrava affatto Toleno, era molto più grande e possedeva un maestoso castello. Mikoto guardò con stupore e ammirazione quel paesaggio.
Il fatto notevole era che Kuja aveva lasciato l'Invincible sospeso nel cielo, invece che parcheggiato in qualche distesa erbosa.
Mikoto pensò che forse Kuja l'aveva fatto per evitare che lei uscisse, come la volta precedente.
Impossibilitata a fare qualsiasi altra cosa Mikoto restò a guardare la città...
Poteva vedere lentamente la città spegnersi, le piccole finestre diventare buie, segno che la gente di Gaya stava andando a riposarsi, per svegliarsi il giorno dopo piena di nuova vitalità.
Sorprendentemente questo attirava maggiormente l'attenzione della jenoma, rispetto al castello di Alexandria.

***

Kuja scese dal drago fuori dalle mura della città di Alexandria, poi attraversando la porta giunse in una piccola piazza.
Controllò che la quiete regnasse per le vie della città, poi si appoggiò ad una statua, socchiudendo gli occhi. Poteva sentire l'eccitazione scorrergli nelle vene, stava per assistere ad un'altra esaltante apparizione di Bahamut.
Il potente spirito delll'invocazione avrebbe avrebbe portato distruzione, disperazione e caos.
Kuja sorrise.
Ripensò a quando aveva invocato Bahamut la prima volta, quando aveva ucciso Brahne.
Le anime dei soldati di Alexandria e della regina, catturate dall'Invincible, scelsero di restare dalla sua parte invece che entrare nel flusso di anime verso Tera, per poi essere nelle mani di Garland.
Loro riconoscevano la sua grandezza.
Adesso ad Alexandria c'era un'anima particolarmente potente che Kuja desiderava ottenere.
L'aveva avuta tra le braccia addormentata poco tempo prima, quando le aveva tolto gli spiriti dell'invocazione, aveva potuto ammirarne la bellezza, e sentirne la forza, anche se lei giaceva senza sensi.
Chissà se la nuova regina Garnet avrebbe apprezzato lo spettacolo.
Chissà se anche la sua anima, una volta catturata avrebbe scelto lui, invece che il destino che l'amministratore stellare voleva per loro, cioè quello di entrare nei corpi vuoti dei jenoma, quando dopo secoli di attesa sarebbero diventati idonei.

-La felicità di domani dorme per dimenticare l'infelicità di ieri. Spera di fare sogni d'oro e dimenticare la triste realtà. È una notte tranquilla, come tutte le altre.
Alexandria ha festeggiato la nuova regina e ora stanca riposa. Una sbronza e un'allegra serata cancelleranno forse il duro passato e daranno il benvenuto ad un roseo futuro?
La festa non è ancora finita. O meglio, sta per cominciare! Che si aprano le danze infernali e che brucino Alexandria!
Vieni Bahamut! Vieni a cantare il requiem alla tua vecchia padrona!-

****

Di certo, qualcuno dal suo posto speciale nel cielo non si sarebbe perso nemmeno un istante dello spettacolo.
Mikoto vide comparire nel cielo, pericolosamente vicino all'idrovolante, quel drago che aveva già visto nell'osservatorio di Garland.
Il drago che Kuja aveva chiamato Bahamut.
Virò a pochi metri dalla vetrata dell'Invincible, lasciando la jenoma senza fiato, poi lo vide dirigersi verso il borgo della città.



Grazie per avere letto.
Le parole del discorso di Kuja "la felicità di domani dorme..." sono citate direttamente dal gioco.
Riguardo al fatto che le anime abbiano deciso di seguire lui invece che Garland è Kuja stesso a dirlo a Tera, giusto prima di ditruggerla.
A me questi fatti non erano più molto chiari, ma ho rigiocato per l'occasione, quindi l'ho detto in caso qualcun'altro oltre a me non li ricordasse bene.
A presto.

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Capitolo 11
*** - Alexander. ***


-Alexander-


Mikoto si avvicinò fino a toccare il vetro freddo della vetrata dell'Invincible, nel cielo le due Lune erano sovapposte, con la rossa che eclissava la blu.
Poi la sua attenzione tornò sul quel drago scuro che sembrava appartenere a Kuja. Seguì Bahamut con lo sguardo, si stava dirigendo a grande velocità verso la città.
Era proprio lo stesso drago che aveva visto al Pandemonium, e che aveva attaccato Garland: il solo guardarlo permetteva di percepire quanto fosse potente.
Se la prima volta Mikoto l'aveva guardato con ammirazione, questa volta il terrore si dipinse sul suo volto non appena lo vide sferrare il suo potente attacco sul borgo della città di Alexandria.
La ragazza dalla sua posizione speciale poteva vedere interamente la situazione, poteva vedere crollare alcuni edifici, le luci accendersi, i luoghi che stavano andando a fuoco, e in piccolo poteva anche notare le figure delle persone che freneticamente uscivano dalle loro non più sicure abitazioni, per dirigersi verso l'esterno della città.
Un fumo denso, che si stava innalzando dalla distruzione portata da Bahamut, rese il cielo polveroso e raggiunse l'altezza dell'idrovolante, oscurando leggermente la visione di Mikoto.
Come se già quelle emozioni non fossero abbastanza intense, la ragazza si accorse che l'Invincible aveva cominciato a muoversi, passando sopra il borgo distrutto della città e prendendo quota. Procedendo verso il castello.
Mikoto si guardò intorno allarmata, sentì dei passi.
Era sicura che Kuja non fosse a bordo, eppure non era sola.
Non si concesse di indagare sulla presenza che doveva trovarsi con lei sull'Invincible, sperando che questo servisse ad evitare altri guai.
Si voltò nuovamente verso la città, vide il suo viso inespressivo riflesso nella vetrata, così in contraddizione con ciò che stava provando.
Poi cercò di vedere meglio attraverso la polvere e individuò la figura di Bahamut che stava per attaccare nuovamente, e vide nuove esplosioni, nuove costuzioni distrutte.

Cosa stava succedendo? Era stato Kuja ad usare il potente drago per distruggere quella città?
Erano questi i compiti che Kuja svolgeva su Gaya? Perchè? Perchè gliel'aveva ordinato Garland?
Per non perdere la sua anima strappava quella di milioni di abitanti di Gaya?
Se fosse stata al posto di Kuja... Avrebbe accettato?

Il doloroso flusso di pensieri della jenoma venne interrotto dalla visione di un altro idrovolante entrato nel suo campo visivo, era poco più sotto rispetto all'Invincible e c'era qualcosa che emetteva una luce bianca a bordo.
Osservò quel veicolo avvicinarsi al castello, mentre quella luce da fioca si faceva sempre più forte, poi la vide precipitare verso il castello dove raggiunse il massimo dell'intensità.
Mikoto guardò lo spettacolo, totalmente coinvolta, totalmente rapita, anche se solamente come osservatrice, si trovava proprio nel mezzo degli eventi.
E il colpo di scena non si fece attendere.
Mikoto si allontanò spaventata dal vetro, un potente fascio di luce aveva solcato il cielo per un istante, quasi sfiorando l'Invincible.
Poi lo spettacolo più bello che avesse mai visto si presentò davanti ai suoi occhi: le bianche, splendenti, imponenti ali piumate di Alexander estese nel cielo notturno, ai lati del castello di Alexandria.
La delicata luce lunare proveniente dall'eclissi delle due Lune completava quel quadro sublime.
Come poteva esistere tanta bellezza, nel mezzo di una situazione così drammatica?

 
***
 
Intanto sulla soglia della città un altro spettatore si stava godendo ogni istante dello spettacolo con grande entusiasmo, il jenoma dai capelli argentati.
Bellezza e distruzione legate insieme nello stesso istante, cosa poteva esistere di meglio?
Kuja viveva per quei momenti.
Non era la speranza di sconfiggere finalmente Garland a dare un senso alla sua esistenza, non era portare distruzione su Gaya.
Erano i momenti così, di grande spettacolo, di grande bellezza a farlo sentire vivo, a colmare quel vuoto dovuto al fatto di non essere potuto nascere, di non essere potuto crescere, perchè era stato creato.
E colmavano anche quel vuoto di cui ignorava il motivo, che era dovuto al fatto che fosse incapace di interagire con gli altri se non per sfruttarli o sconfiggerli.
-Alexander sei più potente di Bahamut! Devi essere mio!- Esclamò estasiato dalla visione del potente Alexander.
Tuttavia, quando l'Invincible non rispose nel giusto momento ai suoi comandi, si accorse che qualcosa non stava andando secondo i piani.
Ancora una volta la paura era lì, proprio sulla soglia della sua mente, pronta ad impossessarsi di lui e rovinare uno dei momenti più belli della sua esistenza.

Che quell'idiota di Garland si stia dirigendo verso Gaya?

 
***

Le ali di Alexander si chiusero protettive sul regno quando Bahamut tentò di attaccare ancora, e soffiarono via tutta la polvere causata dalle esplosioni e dai crolli degli edifici.
Il colpo del re dei draghi venne neutralizzato senza che una sola piuma bruciasse.
Prima che Bahamut potesse riprovarci, Alexander contrattaccò, una luce azzurra colpì il drago, che svanì e si dissolse.

Mikoto, che aveva assistito con emozione alla scena, sentì il sangue gelarsi nelle vene quando sentì una voce alle sue spalle.
-Questa volta sei andato troppo lontano Kuja.
Ti ho lasciato distruggere Gaya a tuo piacimento, ma non tollero che abbia dimenticato il significato della tua esistenza.-
La presenza che era con Mikoto a bordo dell'Invincible era Garland, e non si era ancora accorto di lei.
Mikoto lo ascoltò blaterare qualcosa su Kuja, sul tempo finito a disposizione e sul flusso d'anime.
-Un giorno il flusso d'anime non sarà più cosa di Gaya.-

La jenoma poteva vedere il vecchio di spalle rispetto a lei, era intento ad osservare qualcosa nella parte rossa centrale dell'Invincible.
Si girò angosciata ancora verso Alexander e lo vide agitarsi contro una difficoltà incomprensibile.
Se Bahamut era stato sconfitto, chi stava attaccando il potente spirito?
Mikoto realizzò con orrore che era l'Invincible il nemico di Alexander e che Garland stava tentando di risucchiarlo.
Improvvisamente Alexander svanì, lasciando il cielo vuoto ed il castello nudo.
La ragazza fece appena in tempo a girarsi per vedere un lampo di luce azzurra illuminare “l'interno dell'occhio” dell'invincible, poi quella luce si fiondò verso di lei e la travolse.
Non la uccise come temeva, anzi sentì una strana forza che non aveva mai sentito prima, ma purtroppo la luce azzura aveva anche segnalato la sua presenza a Garland.
Il vecchio la guardava furente, stravolto.
-Tu... Alexander...- Era così fuori di sè da non riuscire ad articolare una frase di rimprovero.
Mikoto non aveva affatto capito cosa fosse successo, si lasciò colpire da un attacco magico del vecchio e si finse K.O. accasciandosi  sul pavimento, ma restò vigile.
-Mi occuperò di te al nostro ritorno su Tera- Lo sentì dire.
La vita era di certo più emozionante di quanto avesse creduto. 
Tra l'angoscia e la paura, nella mente di Mikoto c'era anche lo spazio per qualcosa di immensamente bello e immensamente forte, potente come la forza che aveva sentito quando poco prima quando la luce azzurra l'aveva travolta, bello come le angeliche ali protettive di Alexander.
Spiò il viso pensieroso, rugoso e decrepito di Garland.
Certamente lui quella bellezza propria della vita non l'avrebbe mai conosciuta.
Non avrebbe mai conosciuto i momenti rossi dell'esistenza.
Ed era forse questo che rendeva il creatore inferiore alle creature: l'essere estraneo alla vita.



Grazie per avere letto...
Scrivere questo capitolo è stato particolarmente difficile... Comunque l'altro idrovolante, naturalmente, era quello con a bordo Gidan, il granduca Cid e gli altri, giunti da Toleno per aiutare Garnet. La luce caduta dall'idrovolante era invece la piccola Eiko con i suoi gioielli ancestrali.
A presto! ^_^

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Capitolo 12
*** - L'osservatorio. ***


-L'osservatorio-


Garland aveva ordinato a Mikoto di raggiungerlo al Pandemonium.
Lui si era teletrasportato da qualche parte nel suo castello, mentre lei era scesa dall'Invincible e si era ritrovata poco fuori dal villaggio Branbal.
La ragazza decise di non aspettare, ma presentarsi subito al Pandemonium.
Una volta giunta sulla soglia dell'osservatorio restò con lo sguardo basso in attesa che il vecchio la notasse, notò la crepa sul pavimento che aveva visto causare da Bahamut, pensò a quanto avrebbe voluto in quel momento avere anche lei un potente spirito al suo servizio.
-Non mi era sfuggito il fatto che tu avessi un'anima.- Disse il vecchio, nonostante fosse sembrato non accorgersi della sua presenza, facendola sussultare.
Mikoto sentì il  sangue gelarsi, Garland era andato direttamente al punto che lei avrebbe voluto evitare.
-Quello che hai fatto è grave. Hai interferito con i piani dell'amministratore stellare.- Spiegò con tono severo.
La ragazza ascoltò in silenzio, lei non sapeva nemmeno cosa fosse successo... Era stata colpita da quel fascio di luce quando erano a bordo dell'Invincible, poi aveva sentito un potere enorme scorrerle dentro, aveva sentito tremare la sua anima, pensava di stare per perderla e il suo corpo si era illuminato di un debole bagliore. Poi, semplicemente Garland l'aveva scoperta all'interno dell'idrovolante.
-La tua anima mi appartiene, Mikoto, anche se è nel tuo corpo.-
Garland sorrise. Un sorriso distorto e asimmetrico.
Era così facile impressionare quella ragazzina, che lo guardava spaventata.
Si era abituato con Kuja, la marionetta che si credeva capace di ribellione, che si opponeva arrogantemente a qualsiasi sua parola, nonostante fosse consapevole della sua impotenza.
Lei invece stava zitta e lo guardava negli occhi, e se lo guardava così sarebbe stato facile toglierle l'anima.
-Tuttavia... potrebbe esserci ancora qualcosa che puoi fare per me, se accetterai potrai tenere la tua anima.-

***

Naturalmente, anche Kuja era stato convocato da Garland.
Scese dal drago argentato al villaggio Branbal e si incamminò verso il Pandemonium.
Per la prima volta si sentì così avvilito... Tutti i suoi piani erano andati in fumo, eppure ne aveva fatta di fatica per arrivare a quel punto, per conoscere gli spiriti dell'invocazione, imparare tutto, capire come sottrarli, come utilizzarli, come farli suoi. E nonostante tutto Bahamut  non aveva funzionato.
Allora aveva provato ad ottenere l'unico essere più potente, Alexander, ma a quanto pare lo aveva catturato Garland, una volta scoperto il suo piano.
E adesso Alexander, quello che doveva diventare la sua migliore arma, era nelle mani del suo peggior nemico.
E non poteva farci davvero niente.

Davvero lo spettacolo finisce così? Davvero ricomincia così?

Kuja rise. La sorte era così ironica.
Sapeva che Garland avrebbe creato un altro jenoma, a cui avrebbe dato la stessa sua sorte. E lo spettacolo si sarebbe ripetuto.
Lo stesso dolore, la stessa tragedia, solamente in un corpo diverso, o forse sarebbe cambiata solo l'anima nel caso che il vecchio avesse scelto di tenere il corpo di Kuja, già potente, invece che ricominciare da zero.
Un brivido gli percorse la schiena al pensiero di un'anima diversa dalla sua nel suo corpo.
Nonostante tutto, doveva affrontare fino in fondo il suo destino, e lo avrebbe fatto ridendo sfacciatamente in faccia al vecchio, ridendo di lui, il suo ridicolo creatore.
Appena entrò nella dimora di Garland sentì dei rumori.

Delle voci?

Il jenoma esitò. 
Del resto, non aveva nessuna fretta di morire.
-Non lo farò...- Una voce femminile, fragile.
Kuja tese l'orecchio per sentire anche la voce bassa del vecchio.
-Se non puoi farlo tu, lo farò io con la tua anima.-
-Nooo- Di nuovo la voce della ragazza.
-Sono il primo a cui dispiace, Mikoto, sei un altro mio fallimento.- Disse il vecchio alzando la voce.
Kuja si agitò sentendo il nome della sorella, come se fosse stato chiamato il suo.
Agitò nervosamente la coda, strofinandola contro la stoffa del vesito.
Lo spettacolo stava già ricominciando con ancora lui in scena? Senza lui come protagonista?
Forse questo avrebbe fatto più male che morire.
Kuja si avvicinò per spiare cosa stava succedendo nell'osservatorio.
Mikoto era in ginocchio sul freddo pavimento metallico, con un braccio teso e la mano appoggiata per terra si sosteneva, l'altra mano della ragazza era chiusa a pugno, sul torace, come a voler proteggere i suoi organi vitali.
Teneva gli occhi fissi in quelli di Garland che le stava per strappare l'anima, e tentava disperatamente di opporre resistenza.

Kuja aveva perso il conto di tutte le volte che Garland aveva usato quel trattamento con lui, e non credeva di poter vedere mai qualcun'altro nelle sue condizioni, per la prima volta in vita sua provò dispiacere per qualcuno che non fosse se stesso.
Si ritrovò a pensare che la jenoma fosse più tenace di quel che sembrava.
Ad ogni modo qualcosa non quadrava,  Mikoto avrebbe dovuto prendere il suo posto, e invece il vecchio la stava distruggendo. Interessante.
-Nooo- Urlò di nuovo lei.
Garland la guardava con i suoi occhi spenti e infossati, con un mezzo sorriso trionfante.
-Avresti dovuto pensarci prima. Prima di metterti di mezzo. Sull'Invincible, il potente spirito è entrato in te. Non posso lasciare che un jenoma così debole possieda Alexander.- Dichiarò il vecchio.
E il primo su cui si abbatterà il giudizio divino sarà proprio Kuja. Finì mentalmente il discorso, espandendo il suo decrepito sorriso.
Mikoto non aveva abbastanza forza per realizzare lucidamente la notizia, ma nessuno sapeva che, anche se non sapeva come sfruttare quel grande potere, nella sua mente l'unica cosa che le stava dando la forza di resistere era proprio il ricordo delle ali angeliche e prottetive dello spirito.

Kuja ascoltò con crescente interesse e stupore... Mikoto possedeva Alexander?
Sentì una piccola speranza rinascere.
Se Garland ancora non possedeva Alexander, non tutto era perduto.
Se solo avesse avuto un po' più di tempo per elaborare un piano...
Ma di tempo non ce n'era, se Mikoto avesse ceduto l'anima, Garland avrebbe potuto impossesarsene e ottenere lo spirito di Alexander.
E se Mikoto continuava a fissarlo negli occhi il lavoro sarebbe giunto al termine.
Kuja ricordò gli occhi fissi di Mikoto, quella volta che lei lo aveva seguito su Gaya, si morse nervosamente il labbro, riflettendo più freddamente possibile, non amava agire d'impulso, senza un piano raffinato.

Quando il vecchio la colpì con un flare per sfinire la sua resistenza, Kuja entrò nell'osservatorio.
La sua risata risuonò sinistramente. -Giochi con le bambole, Garland?-.
Mikoto distolse, finalmente, lo sguardo dal vecchio e vide la figura di Kuja, non distinse nessuna parola, solo il suono della sua voce.
-Kuja... Vai via... è pericoloso.- Sussurrò, ma nessuno dei due la sentì. Poi perse conoscenza.
Kuja puntò i suoi occhi in quelli del vecchio, sfidandolo con lo sguardo.
Garland non poteva togliere l'anima ad un essere non cosciente, aveva bisogno che la coscienza  del jenoma collaborasse.
Sempre più infuriato, non tentò nemmeno di discutere con Kuja, lo attaccò con un Flare.
Il ragazzo accusò il colpo e rise. La situazione si era capovolta, da condannato a morte era diventato di nuovo il guastafeste. 
Ritrovò così il suo sorriso arrogante, ma anche una certa euforia interiore.
-Tutto qui?- Kuja schernì il vecchio. -Non hai catturato tu, al posto mio, il potente Alexander?-
Recitò la parte, come se non avesse sentito il discorso avvenuto poco prima.
Garland non era certo intenzionato a spiegare gli avvenimenti al jenoma, e oltretutto di discutere con Kuja non ne poteva più.
Passò direttamente alla fase successiva.

Puoi soltanto urlare per affermare la tua esistenza. Adesso sei solo un recipiente vuoto.

-Sempre la stessa storia, mi annoio...- Rise Kuja, provocatorio, ma non senza provare la stessa spiacevole sensazione provocata da quelle parole.
Garland lo colpì ripetutamente con la magia flare, oltre che riprendersi quell'anima utilizzata male, temeva che il jenoma potesse nuovamente invocare Bahamut.

Addesso sei solo un recipiente vuoto. La tua anima non ti appartiene più.

Kuja si sentì quasi al limite della sopportazione.
Eseguì quindi un blizzaga su se stesso, sapendo di poterlo sopportare, così da svenire come Mikoto e impedire a Garland di prendergli l'anima.

Garland, infuriato ed esasperato, si teletrasportò altrove.
L'amministratore stellare non poteva agire impulsivamente, ma doveva valutare attentamente ogni sua azione prima di agire.
Lasciò il posto per non uccidere i due jenoma in preda a quella rabbia che si era impossessata di lui.
Pensò a quanto i jenoma siano esseri patetici, così fragili, attaccati alla loro anima mortale.
Gli risuonarono in mente le parole di Mikoto -Non lo farò...-.
Doppiamente patetica, non solo teneva alla propria vita, ma addirittura a quella di qualcun'altro.
Di certo i due fratelli rappresentavano una presenza pericolosa per lui e per il destino di Tera, possedevano Bahamut ed Alexander, ma non restava che aspettare il corso degli eventi, e attendere il ritorno di Gidan.
Per questo non avrebbe ucciso Kuja, per questo non avrebbe ucciso Mikoto. Non prima del tempo.
Loro avrebbero dovuto guidare il fratello fino a lui.
Aspiravano  alla libertà? Per un po' li avrebbe illusi di averla.

Nell'osservatorio, a pochi metri di distanza l'uno dall'altro, i corpi dei due jenoma giacevano feriti e inerti sul freddo pavimento metallico.
Dopo alcune ore, il primo a risvegliarsi fu Kuja.




Grazie per avere letto, a presto. :)

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Capitolo 13
*** -La proposta di Garland. ***


-La proposta di Garland-


Nel campo visivo di Kuja c'era il corpo di  Mikoto.
Era poco distante da lui, distesa per terra, ancora  senza sensi.
Giaceva respirando sommessamente, con le labbra socchiuse, solcate da un filo di sangue che scendeva al lato del viso, giù per il mento.
Aveva molti lividi e ferite.
Doveva essere più tenace di quel che sembrava per aver resistito agli attacchi di Garland, tuttavia sembrava tutto tranne che forte.
Ogni tanto emetteva un flebile gemito, senza riuscire a svegliarsi.
E così... era quella la fragile creatura che adesso possedeva il potente spirito di Alexander?
 
Quando Mikoto si riprese esitò ad aprire gli occhi, si sentiva quasi cullata, era una sensazione piacevole.
Eppure piano piano riapparivano nella sua mente gli ultimi momenti in cui era stata cosciente...
Garland, la sua anima, la paura, la resistenza, tante parole mischiate confusamente, i discorsi di Garland, la proposta di Garland, l'ingresso di Kuja nell'osservatorio.
Si sentiva ancora più debole a pensare a tutto questo.
Decise comunque di aprire gli occhi per riscuotersi da quel torpore, vide il viso di Kuja poco distante dal suo, realzzò che la cosa fredda a cui era appoggiata con la testa era l'armatura sulla spalla del fratello, e che lui con un braccio attorno alle sue spalle e uno sotto le sue ginocchia la stava stringendo.
La stava trasportando, per quello si sentiva cullata.
Erano sicuramente su Tera, ma in un luogo dove lei non era ancora mai stata, Kuja doveva aver percorso molta strada per allontanarsi dal Pandemonium.
Mikoto restò per qualche minuto a fissarlo incredula, poi ricordò di essere già stata in quella situazione.
-Kuja... Non riportarmi a Branbal...- Sussurrò, constatando di essere ancora molto debole per parlare.
Lui sembrò sorpreso nel sentirla, abbassò gli occhi blu su di lei, poi si prese un attimo per riflettere, sempre procedendo a passo veloce.
-Stiamo andando su Gaya.- Affermò, in un tono che voleva scoraggiare qualsiasi domanda o discussione a riguardo.
Mikoto socchiuse gli occhi, cercando di afferrare il senso delle sue parole.
 
Stiamo andando su Gaya? Ci andiamo insieme?
 
La debolezza le impedì di fare tutte le domande che le passavano fin troppo velocemente nella testa e di manifestare qualsiasi emozione. 
Kuja sembrò sollevato nel non sentirla ribattere niente.
Mikoto rimase in silenzio, osservandolo.
Si rese conto che nonostante la stanchezza, le ferite che era sicura Garland le avesse inflitto erano quasi guarite, evidentemente Kuja aveva usato qualche incantesimo di guarigione su di lei.
Rivide nella sua mente Kuja entrare nell'osservatorio, mentre il vecchio si stava occupando di lei.
 
Rivisse quegli istanti nella sua mente.
-Tuttavia... potrebbe esserci ancora qualcosa che puoi fare per me, se accetterai potrai tenere la tua anima.- 
-Cosa?-
-Uccidere Kuja. Dopotutto, è per questo che hai ricevuto l'anima, anche se è avvenuto prima del tempo.-
-Non lo farò...- 
-Se non puoi farlo tu, lo farò io con la tua anima.-
-Nooo- 
-Sono il primo a cui dispiace, Mikoto, sei un altro mio fallimento.-
 
Quello che accadde dopo, Mikoto lo ricordava troppo confusamente.
 
Che Kuja avesse sentito il suo rifiuto alla proposta di Garland?
In ogni caso, non le dispiaceva affatto poter andare su Gaya con Kuja, era ciò che desiderava fin dall'inizio.
Pensierosa, spostò la sua attenzione sul paesaggio circostante.
Era davvero inquietante, si trovavano in un luogo in cui il colore rosso dominava, e tre grandi occhi sulla parete si puntarono sui due jenoma.
Mikoto si sentì fortemente a disagio, così spiò il viso di Kuja, che non tradiva nessuna emozione.
Il ragazzo non esitò, e andò oltre. Evidentemente, lui ci era passato tante volte da quel luogo, o semplicemente era meno impressionabile di lei.
Quando arrivarono all'idrovolante Mikoto fu sorpresa di vedere che non era l'Invincible, ma uno decisamente meno moderno e meno potente.
-È... il tuo nuovo idrovolante?- Chiese a bassa voce, con una nota di incredulità.
Kuja le lanciò uno sguardo sfuggente. 
-No.- Disse con decisione, poi assunse un'espressione scocciata -ma temo che l'Invincible non mi sia più concesso... per il momento.- Concluse, salendo a bordo e liberandosi del peso della ragazza. La appoggiò con sorprendente cura, ricordando che aveva ancora qualche ferita, poi prese il controllo dell'Hilda Garde I, l'idrovolante che aveva rubato tempo prima a Lindblum.
L'idrovolante si alzò rumorosamente in volo, si avviarono per percorrere la via delle anime, in direzione di Gaya.
Era il primo viaggio in cui Mikoto poteva vedere il mondo dalla  grande vetrata, invece che stare nascosta vicino al motore.
Mentre alternava la sua attenzione tra Kuja alla guida e il panorama, nemmeno le ferite e la stanchezza potevano toglierle quel piccolo sorriso di soddisfazione.
 
Kuja sentì la tipica sensazione di sollievo che provava ogni volta  che si allontanava da Tera e quindi da Garland. Finito il momento di tensione, anche lui poteva permettersi di riflettere, ripensò al momento in cui era giunto alla porta dell'osservatorio al Pandemonium, alla voce di Mikoto.
-Non lo farò...-
Chissà cosa le aveva chiesto Garland.
Spiò con la coda dell'occhio verso Mikoto, sembrava piuttosto rilassata mentre percorrevano la via delle anime. 



Grazie per avere letto, a presto. ^_^

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Capitolo 14
*** -La reggia. ***


-La reggia-

 
Erano giunti nel luogo dove Kuja viveva su Gaya.
Mikoto venne invitata dal jenoma a scendere per prima dall'idrovolante.
Si arrestò sulla porta quando vide due occhi gialli e luminosi che la fissavano, uno strano essere dalla faccia buia stava venendo verso di lei, seguito da un altro identico al primo.
Si voltò verso Kuja con uno sguardo tra l'interrogativo e lo spaventato.
-Sono maghi neri- La informò Kuja. -E sono i miei servitori, non avere paura di loro.- Aggiunse, vedendola esitare ancora.
Con poca convinzione si fece guidare dai due maghi neri verso una piattaforma di teletrasporto.
Altri due strani esseri arrivarono saltellando verso il gruppo composto da Mikoto, Kuja e i due maghi.
La ragazza si fermò di nuovo e afferrò l'impugnatura della sua daga, non era sicura di cosa fossero quei due, ma potevano benissimo essere dei nemici.
Guardò Kuja con esitazione, le sembrò pensieroso, forse preoccupato, probabilmente stava pensando a Garland.
-Kuja... Guarda quei due, vengono verso di noi! Che facciamo?- Chiese, richiamandolo alla realtà.
Il jenoma li guardò, poi assunse un'espressione scocciata.
-Oh no, loro due, ogni volta che aprono la bocca mi fanno venire mal di testa.- Disse portandosi una mano sulla fronte.
Mikoto non seppe come interpretare quella frase, ma visto che Kuja non le sembrava intenzionato a combatterli, si rilassò.
I due erano ormai arrivati vicini a loro.
-Kuja è arrivato, Son!- Disse il primo, vestito di bianco e di blu.
-E ha portato un ospite indesiderato, Zon!- Cantilenò quello vestito di rosso, lanciando un'occhiata maligna verso Mikoto.
La ragazza arretrò lievemente, intuendo che stessero parlando di lei.
Nascondendosi parzialmente dietro a Kuja si sentì più al sicuro.
Il giullare vestito di blu ghignò, portandosi una mano sul mento.
-Sbaglio o Gidan le somiglia?-
-Non sbagli! La coda è un difetto di famiglia!- Continuò il rosso. Ridacchiarono malevoli.
Mikoto li guardò confusa, stavano parlando della sua coda? E chi era questo Gidan? Era certa di aver già sentito quel nome...
-State zitti!- Intimò Kuja.
I due si scambiarono uno sguardo di complicità e si scambiarono di posto correndo in modo scomposto, senza perdere il loro ghigno malefico accentuato dal trucco, rivolsero di nuovo la loro attenzione verso Kuja.
-Acciderbolona!-
-Che feritona!- dissero sempre cantilenando.
Kuja alzò gli occhi al cielo, visibilmente esasperato.
-Tacete!-
I due questa volta abbassarono lo sguardo atterriti, in segno di sottomissione.
Mikoto si chiese perchè Kuja avesse a che fare con due individui simili.
Il ragazzo si girò verso di lei e i maghi neri, dando le spalle ai due buffoni.
-Tu- Disse rivolgendosi ad un mago nero.
Il mago fece un passo in avanti -NuMero DucenTotrentaQuaTtro a raPporto.-
Mikoto si portò di nuovo leggermente dietro a Kuja, questa volta rispetto ai maghi neri.
Era la voce di Duecentotrentaquattro ad averla inquietata, sentì Son e Zon ridacchiare di lei alle sue spalle.
-Non ti ho chiesto il numero! Comunque... Avete completato i preparativi per il piano?-
-SisSignorE.-
-Perfetto. Tutto procede per il meglio.- Affermò il jenoma, con una nota di compiacimento.
La ragazza ascoltò curiosa, sperando di sapere di che piano stesse parlando Kuja, ma non ottenne nessuna informazione.
-Mikoto?- La chiamò Kuja, forse infastidito dal fatto che si fosse infantilmente nascosta dietro di lui.
-Sì?-
-Ascolta, adesso dobbiamo riprenderci dallo scontro con Garland, quando staremo meglio discuteremo di alcune cose...-
La ragazza annuì, accennando un sorriso.
A Mikoto non piaceva il tono che Kuja aveva usato con i suoi servi, ma fu sollevata dal sentire che con lei era completamente diverso.
Per la prima volta si chiese quale fosse il vero Kuja e si accorse di non conoscerlo affatto, nonostante lo avesse sempre percepito simile a sé.
Si sentì emozionata di poter essere partecipe dei suoi piani, anche perchè era sicura che lui tramasse qualcosa contro Garland e a lei era ben chiaro che il vecchio era una grande minaccia per la loro vita.

-Tu- Kuja si rivolse di nuovo verso il mago nero, che questa volta si limitò ad alzare la testa, dimostrando attenzione.
-Accompagnala nella stanza degli ospiti. Io vado a riposare ora, voglio essere in forma per la mia grande esibizione!-
Mikoto seguì il mago nero verso la piattaforma per il teletrasporto, mentre si allontanavano sentì di nuovo le voci di Son e Zon blaterare qualcosa e Kuja zittirli prontamente.
Questa volta fu Mikoto a ridacchiare voltandosi verso i due buffoni, imparava un po' da ogni persona che incontrava su Gaya ad attenuare la sua inespressività e apparente freddezza, probabilmente Son e Zon erano quello che si può chiamare “un cattivo esempio”.
Si affrettò a raggiungere il mago nero e utilizzò con lui il teletrasporto.

Appena giunse all'interno Mikoto si guardò intorno stupita: vetrate colorate, candele, tappeti rossi, enormi e inquietanti statue di marmo, decorazioni in oro, e poi c'erano quegli strani pupazzi, posti a sorveglianza delle varie porte, i maghi neri, come li aveva definiti Kuja.
La ragazza si sentì intimidita da tanto lusso, non era così che aveva immaginato la sua permanenza su Gaya.
Ignorò la spiacevole sensazione e continuò a seguire il mago nero a cui Kuja aveva affidato il compito di mostrarle la sua stanza, poi restò da sola all'interno.
Si mise timidamente seduta su un angolo del letto, sentì la stoffa preziosa e morbida sotto le dita, osservò la camera.
Era elegantemente arredata, e grande abbastanza da farla sentire sola e fuori luogo.
Sospirò.
Sperava davvero di non dover passare altro tempo oltre a quello necessario a riposarsi in quel posto.
Si decise a sdraiarsi e chiudere gli occhi, ma continuò a riflettere.
Stando a quanto aveva detto, Kuja in quel momento si stava riposando.
E lei avrebbe dovuto fare lo stesso, ma il giorno dopo, tra le altre cose, ci sarebbe stata anche la permanenza nella reggia da mettere in discussione.

Le ore stavano passando, Mikoto non riusciva proprio a prendere sonno, forse era la grande quantità di eventi nuovi che la stava investendo, forse era colpa del fatto che aveva già dormito un po' in idrovolante mentre raggiungevano la reggia di Kuja.
Pensando che fosse trascorso abbastanza tempo Mikoto uscì dalla sua stanza e percorse un corridoio che terminava con degli scalini e una porta più grande e più impreziosita di tutte, non c'era dubbio che quella fosse la stanza di Kuja.
Domandò al mago nero che faceva la guardia alla stanza di poter entrare, ma lui le spiegò che aveva ordine di non far entrare nessuno finchè Kuja non lo avesse avvisato.
Le assicurò che l'avrebbe chiamata non appena fosse possibile entrare, così la ragazza si allontanò, entrò in una stanza vicina alla sua, notando che era aperta.
C'era una gabbia con dentro un enorme mostro fucsia con delle spine viola sulla schiena.
Il mostro sembrava fissare con ostilità una statua fuori dalla gabbia.
Anche Mikoto prestò attenzione alla statua. Era un oggetto piuttosto insolito e fuori luogo nella sfarzosa reggia di Kuja.
Era una statua piccola, buffa e a forma di rana.
Poi l'attenzione di Mikoto venne catturata da una clessidra.
La jenoma era affascinata da tutti gli oggetti che scandivano lo scorrere del tempo e della vita.
Mulini, clessidre, fiumi... Tutte cose che a Mikoto piacevano molto.
E così anche in quel luogo tanto inquietante aveva trovato qualcosa di bello, qualcosa che sapeva di vita.
Accorgendosì che la sabbia della clessidra era quasi completamente scivolata nella parte inferiore, capovolse l'oggetto, chiedendosi se anche a Kuja piacessero le cose che segnano il flusso del tempo.

Le sembrò di sentire un sospiro.

Probabilmente era il respiro pesante del Boggy scalpitante richiuso nella gabbia, anche se aveva la strana sensazione che la buffa statua del ranocchio la stesse osservando più del mostro.
Rimase ancora qualche istante a guardare la clessidra, poi si avviò verso la sua stanza, il mago nero aveva detto che l'avrebbe avvisata quando Kuja fosse stato disponibile.
Più serena di prima si chiuse nella sua stanza.
Si annotò mentalmente di chiedere a Kuja se gli piacessero i mulini, o meglio ancora avrebbe potuto chiedergli di andare in un posto dove ce n'era uno...
Passò il resto dell'attesa fantasticando, ma non dimenticò che probabilmente il loro obiettivo era prepararsi ad affrontare Garland, non esplorare Gaya.



Grazie per avere letto. ^_^
Il dialogo con Son e Zon è stato in parte ripreso da un evento in tempo reale che mostra una scena tra Kuja e i due.
A presto. 

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Capitolo 15
*** -Dietro la porta. ***


-Dietro la porta-

-Manterrai la promessa?- Chiese il jenoma biondo che si trovava davanti a Kuja, guardandolo con ostilità.
-Certamente. Vai tranquillo!- Lo rassicurò Kuja.
Il teletrasporto si attivò, portando gli ospiti fuori dalla sua stanza.
Kuja rise.

 
Che branco di idoti!
 
Si ritrovò da solo nella sua stanza, aveva previsto di riposarsi prima del suo incontro con il fratello, ma l'imprevisto con Garland e  l'aver portato con sè Mikoto gli avevano fatto impiegare più tempo di quanto avesse creduto. 
Non amava mostrarsi stanco o ferito, ma l'importante era portare a termine i suoi piani, comunque di situazioni spiacevoli ne aveva affrontate di peggiori, e poi Gidan non sembrava essersi accorto delle sue condizioni.
Si sdraiò sul suo letto cercando di riposarsi, ma la sua mente restò intrappolata in troppi pensieri.
Gidan era andato a recuperare la pietra Gulgu ad Oeilvert.
Andare a Oeilvert non gli scocciava solamente per quella barriera che impediva l'uso della magia, era un luogo legato a ricordi spiacevoli.
Era il primo luogo di Gaya che aveva visto, era stato sbattuto lì da Garland.
Le immagini di quel giorno comparirono nella sua mente, come se le avesse vissute da qualche giorno.

-Avanti, sali sulla piattaforma di teletrasporto.-
-Va bene- Kuja aveva risposto all'ordine.
Poi, improvvisamente, si era ritrovato su una piattaforma che si muoveva a velocità folle, seguendo una spirale verso l'alto.
Si trovava in un luogo tetro, antico, in rovina.
Non che fosse abituato ad un clima allegro nei suoi primi quattordici anni di vita su Tera.
Quando la piattaforma si fermò cominciò ad esplorare quel luogo dimenticato da tutti in cerca dell'Invincible, l'idrovolante che gli sarebbe servito per la sua prima missione.
Vagare per quel luogo inquietante era stato un vero incubo, si era ritrovato a combattere contro mostri  insensibili ai suoi poteri, che per di più gli ponevano davanti immagini di se stesso contro cui combattere.
Aveva dovuto fare i conti con la sua immagine per la prima volta, trovandosi davanti a se stesso, un jenoma ragazzino, con la coda, che non si distingueva dagli altri se non per i colori più chiari della carnagione e dei capelli.
Aveva dovuto fare i conti con la sua identità di creatura di Garland.
Passò per un luogo decorato da grottesche maschere senza espressione, rovinate, crepate.
Infine, percorse dei bui sentieri in cui gli ologrammi raccontavano la storia dei pianeti, di Tera e di Gaya.
Giunto all'esterno, aveva visto per la prima volta la luce del Sole.
Sotto alla luce del rosso tramonto di Oeilvert trovò l'Invincible.
-Bene, l'hai trovato, ora sali a bordo e completa la tua missione!-
-Cosa?- Disse Kuja ad alta voce, guardandosi in giro per scorgere la figura del suo creatore.
-Devi andare a Madain Sari e distruggere tutto, la gente di quel luogo è una minaccia per Tera e per il nostro futuro. Non puoi averlo dimenticato.- Lo rimproverò la voce dell'amminostratore stellare.
Fu in quel momento che scoprì che Garland poteva contattarlo mentalmente quando voleva, aveva il perfetto controllo della vita di ogni jenoma.
Kuja non era mai stato ingenuo, anche nei primi quattordici anni della sua vita, passati su Tera sotto la strettissima sorveglianza di Garland, non si era mai bevuto ogni cosa che il vecchio gli aveva detto.
Non aveva mai accettato di essere stato creato per servirlo, però aveva ascoltato tutto, aveva imparato ad analizzare ogni informazione.
Fu quel giorno che Kuja decise di informarsi su Gaya per ogni cosa che Garland gli aveva detto, cominciò proprio ad informarsi su Madain Sari e gli spiriti dell'invocazione.
Fu quel giorno che il quattordicenne Kuja capì di avere qualche possibilità di ribellione.

Quei momenti erano vividi nella sua mente, eppure erano passati dieci anni.
I suoi pensieri vennero interrotti da un rumore dietro la porta della sua stanza, la aprì.
-Ma cosa succede?- Chiese scocciato al mago nero di guardia alla porta.
Il mago lo informò che Mikoto era venuta più volte durante la notte a chiedere di poter parlare con lui e che vagava liberamente per la reggia da qualche ora.
-La prossima volta può entrare.- Dichiarò Kuja, rinunciando all'idea di riposarsi.
Provò una strana sensazione di conforto pensando a Mikoto dopo essere emerso dal tuffo nel suo passato, forse perchè Mikoto rappresentava una novità e non aveva ancora deciso cosa fare di lei.
Doveva forse affidarla a Son e Zon perchè le togliessero lo spirito di Alexander, oppure era meglio mettere alla prova le sue capacità e valutarla come possibile alleata?
 
Mikoto comparve sulla soglia della camera del fratello.
-Entra...- La invitò lui.
La ragazza osservò la stanza, notò una parete ricoperta da una grande libreria, ci si posizionò vicino, aderendo alla parete.
Lanciò un'occhiata nervosa in giro, la stanza era così grande, eppure non sapeva dove mettersi.
Lesse velocemente qualche titolo dei libri posizionati negli scaffali.
La storia perduta di Madain Sari, Il potere dello stato di trance, I viaggi di Ipsen.
Naturalmente non ne conosceva nessuno, appartenevano alla cultura di Gaya, di cui lei non sapeva nulla.
-Sei venuta per curiosare nella mia stanza o volevi dire qualcosa?- La richiamò Kuja.
-Kuja, non mi piace stare qua...- Si decise ad annunciare.
-Cosa c'è che non va?- La guardò perplesso.
-E' peggio della luce blu.- Aggiunse lei per farsi comprendere meglio, intanto lo osservò attentamente.
Non le sembrava che si fosse ripreso molto dal combattimento con Garland, le sembrò più stanco di qualche ora prima, quando nel pomeriggio era stata accompagnata nella sua stanza.
Kuja si sfiorò il mento con le dita, pensieroso.
-E dove vorresti andare?-
Mikoto sorrise.
-Un posto come il villaggio che ho visto quando ti ho seguito...-
Kuja rimase pensieroso, ricordava di aver trovato Mikoto sull'Invincible quando era andato a Toleno, fortunatamente lei sembrava non portare rancore per ciò che era successo quella volta.
Il villaggio di  cui parlava la jenoma doveva essere Dali, e attraversare il mare per arrivare al continente della nebbia era fuori discussione.
Oltretutto l'idrovolante lo aveva affidato a Son e Zon perchè portassero Gidan nel continente dimenticato, quindi il loro unico mezzo di trasporto poteva essere Silver Dragon.
-Un posto con un mulino!- Azzardò Mikoto, sperando di vedere Kuja entusiasta.
-Forse cambiare un po' atmosfera può far bene...- Osservò il jenoma.

 
Grazie per avere letto, a presto. ^_^

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Capitolo 16
*** -Tutte le vite sono uguali? ***


 

-Tutte le vite sono uguali?-


Mikoto guardava estasiata il mare sotto di loro, era un blu bellissimo quello. 
Il blu del mare di Gaya era un blu caldo per Mikoto, non era per niente simile al blu di Tera.

 
Ricordò quello che era successo quella mattina.

Kuja l'aveva osservata attentamente con un'aria perplessa, avvicinandosi a lei.
Quando le fu abbastanza vicino prese l'impugnatura della daga di Mikoto e la sfoderò, portandosela all'altezza degli occhi. Aveva studiato l'arma per qualche istante.
Mikoto si era agitata... Doveva ammettere che c'era qualcosa di inquietante in Kuja, ancora di più in Kuja con un'arma in mano. 
Che non si fidasse di lei abbastanza per lasciarle l'arma?
-E così... combatti con... questa?- Le aveva chiesto con poco entusiasmo.
Mikoto si era limitata ad annuire.
-Niente magie?-
-No.-
-Nemmeno fire sai usare?- 
-No.-
Kuja restò un attimo pensieroso, poi sorrise -Dopo di me deve essersi davvero pentito Garland, se non vi ha insegnato niente!- Pronunciò con una nota di orgoglio, poi rivolse di nuovo la sua attenzione alla jenoma.
-Comunque, saprai che nell'antica Tera la magia era molto progredita, almeno la storia di Tera ve l'ha insegnata, no?-
Mikoto ricordava bene tutte le volte che Garland aveva portato tutti i jenoma nell'osservatorio e aveva mostrato loro frammenti di quel lontano passato, proiettandoli con degli ologrammi.
L'ultima volta che era successo, lei era ancora senz'anima.
-Si, ricordo. I jenoma sono stati fatti per utilizzare la magia, proprio come gli antichi abitanti di Tera.- Disse Mikoto, dimostrando la sua conoscenza. -Ma non ci ha mai insegnato ad usarla.-
-Ci vorrebbe un equipaggiamento migliore...-
Poi si erano messi in viaggio, inspiegabilmente Kuja aveva detto che l'idrovolante non era disponibile, quindi erano saliti a bordo di Silver Dragon. Le aveva anche promesso che poi non sarebbero tornati alla reggia per un po' e per questo si sentì sollevata.
 
Il mare sotto di loro doveva essere gelido, si intravedeva una nuova terra, ricoperta di ghiaccio.
Sarebbe stato un luogo da raggiungere con l'idrovolante, volare sul drago argentato non offriva nessuna protezione dall'aria gelida, anzi accentuava la sensazione, a causa della velocità.
Ogni tanto Mikoto era scossa da un brivido e si faceva più vicina a Kuja.
Una volta raggiunta la terraferma il drago cominciò a scendere, avvicinandosi al terreno.
Camminarono brevemente sull'erba secca ricoperta di brina, poi si addentrarono nella neve.
Mikoto percepiva ogni dettaglio con curiosità e stupore... Quante cose esistevano che non aveva nemmeno mai immaginato.
Percorsero silenziosamente una scalinata di pietra, anche quella ricoperta da un sottile strato di ghiaccio.
Giunti in cima si ritrovarono in quella che doveva essere la piazza principale di quella piccola città.
Basse e massicce costruzioni  in pietra, decorate con dei portici, circondavano la piazza, i tetti erano a forma di cupola, e tutto era ricoperto da uno strato bianco di neve.
Era una piccola città incastrata tra il mare e le montagne di origine vulcanica, tutto era ricoperto da quello strato bianco e  gelido che attribuiva un fascino speciale a quel luogo, ancora di più per Mikoto che non aveva mai visto niente di simile. 
-Questa è Esto Gaza...- Le disse Kuja, osservandola rapita dal paesaggio.

-Tutte le vite sono uguali e tutte ritornano alle stelle, passano per la via delle anime nell'Isola Splendente.-
Una piccola folla di gente che sembrava provenire da diverse parti del mondo, per la varietà di etnie e costumi, era radunata vicino ad un sacerdote, appena all'entrata di uno degli edifici.

 
Mikoto si unì alla folla, ascoltando affascinata.
 
Parlano di... Tera?
 
Kuja restò isolato dalla folla, tenendo le braccia incrociate per esprimere il suo dissenso.
Mikoto aveva l'impressione che fosse un tipo sfuggente e schivo con la gente di Gaya, era strano come pretendesse di andare in giro vestito così e allo stesso tempo volesse passare inosservato.
-Andiamo, il negozio di armi è di là.- Le disse, afferrandola per il polso e trascinandola via.
-Aspetta...- Provò Mikoto.
-Non sono poi così diversi dagli stupidi jenoma che pendono dalle labbra di Garland- Disse scocciato.
Si era sbagliata, non era solo sfuggente, provava ostilità per la gente di Gaya.
Mikoto si girò nuovamente verso il gruppo di persone radunate intorno al sacerdote, mentre lentamente si allontanavano, afferrò qualche immagine e qualche parola.
C'era una donna nobile a braccetto del marito -Questo posto è davvevo magico, cavo.- Gli disse.
Vicino a loro un gruppo di tre nani borbottava qualcosa -L'unica terra santa è quella vicino a casa!- Sentì dire da uno di loro, quasi cantando.
Infine, guardò un bambino che stringeva un pupazzo a forma di moguri.
-Mamma!? Siamo lontani da Lindblum qui?- 
La donna vicino a lui gli accarezzò i capelli, annuì, facendogli segno di abbassare la voce.
-Mamma... ma l'anima di papà quando Alexandria ci ha attaccati è tornata alle stelle?-
La mamma sospirò, poi lo prese per mano. -Sì...- Mormorò.
L'ultima immagine che Mikoto catturò, fu proprio la manina del bambino stretta in quella della madre.
 
Quanto ti sbagli, Kuja.

Pensò, mentre entravano nel negozio di armi.
Kuja le aveva detto che alcuni oggetti favoriscono l'uso della magia perché sono stati creati con essa e in quel luogo c'erano armi per imparare tecniche avanzate.
Lo osservò andare dritto verso alcuni accessori e prenderli in mano valutandone la qualità.
Lei decise invece di andare verso le spade, si accorse subito di quanto i prezzi fossero terribilmente alti, ma Kuja aveva detto che poteva scegliere ciò che voleva, anzi, più un oggetto era costoso, più sarebbe stato utile in battaglia.
Funzionava così su Gaya.
Fu subito catturata da una piccola spada simile a quella che aveva, ma più preziosa, affilata e lucente.
“Orichalcon” Lesse, vicino al prezzo.
Prese in mano quella nuova daga e chiese conferma a Kuja di poterla prendere.
In risposta lui creò una piccola di energia non-elementale tra le mani -Pensavo fossi più interessata a imparare questo... ma va bene, prendila.-
Il commesso del negozio gli lanciò un occhiataccia, e Kuja dissolse la sfera luminosa.
Mikoto si mise seduta su una panchina fuori dal negozio, mentre aspettava Kuja scegliere il resto dell'equipaggiamento.
-Di dove sei, ragazzina? Non riesco a capire di che razza sei con quella coda.-
Mikoto guardò verso il vecchietto che le aveva rivolto la parola, seduto vicino a lei.
-L-Lindblum.- Rispose con poca convinzione, quasi in tono interrogativo, ricordando di aver sentito nominare quella città poco prima.
-Ah, anche tu! Sai, ai miei tempi, quando si viaggiava in chocobo...-
Iniziò un lungo monologo sconclusionato, forse Kuja non aveva tutti i torti ad evitare la gente di Gaya, pensò Mikoto.

 
Quando Kuja la raggiunse, la invitò ad uscire dall'edificio.
Uscirono dal lato opposto da dove erano entrati.
Qualche gradino in salita portava ad una piccola piattaforma di pietra sul mare, dove era posizionato un telescopio.
Due giovani lo stavano utilizzando.
-Che sfortuna! Siamo venuti fino a qui e adesso l'isola splendente non brilla più!- Disse il ragazzo.
-Il sacerdote dice che è un brutto segno quando la via delle anime si chiude...- Rispose con tono preoccupato la ragazza.
 
Kuja si appoggiò con le mani alla ringhiera, fissando le isole di ghiaccio nel mare.
-Parlano della via delle anime di Tera?- Gli chiese Mikoto, stando attenta a non farsi sentire da nessuno lì intorno.
-Sì... Guarda quell'isola di ghiaccio.- Le rispose indicando la più grande isola, che sembrava quasi una piccola montagna, risaltava in mezzo alle altre, era come se il suo ghiaccio fosse più candido.
-E' l'isola splendente, uno dei luoghi di Tera rimasti su Gaya quando Garland fallì la fusione.- Proseguì.
La osservarono, scossi dall'aria che sembrava farsi sempre più gelida.
-E' anche il luogo che permetteva l'accesso a Tera, ma adesso Garland ha chiuso la via delle anime.-
Restò un attimo silenzioso, pensando.
 
Cosa trami, bastardo?

Kuja era sicuro che nella mente del suo creatore c'erano le stesse parole per lui. Gli scappò il solito sorrisetto amaro.
Si girò verso Mikoto, stava guardando verso l'alto, aveva approfittato del suo silenzio per distrarsi.
Stava cominciando a nevicare e lei teneva i palmi delle mani tesi verso l'alto per afferrare e osservare qualche fiocco di neve.
Quando si accorse di essere guardata da lui gli sorrise con entusiasmo.
-Guarda che belli!- Disse allegra, mostrandogli le mani.
Kuja si sentì disorientato.
Ne aveva ricevuti di sorrisi.
I sorrisi di convenienza con la nobiltà di Toleno, l'uomo dell'asta.
Anche la regina Brahne, gli aveva fatto un orribile sorriso entusiasta, quando le aveva fornito i maghi neri e gli spiriti dell'invocazione, poi si era preparata a far fuori anche lui, se solo lui non avesse avuto la stessa idea.
Gli passarono in mente anche i sorrisi decrepiti di Garland, ogni volta che gli aveva ricordato di essere solo un jenoma al suo servizio. Sorrisi così deformi da trasformarsi in risate.
E lui quando sorrideva?
Kuja sorrideva quando distruggeva, che fossero città, vite o i piani del suo creatore.
I sorrisi erano associati alla distruzione? Nascondono sempre un desiderio malvagio?
Guardò ancora Mikoto e il suo sorriso sincero, perché gli sorrideva così? Voleva ingannarlo? Voleva distruggerlo?

-Non sono belli?- Riprovò Mikoto, chiedendosi perché il fratello non le rispondesse, invece di guardarla in modo strano.
Restò attonita a guardare Kuja osservarla con uno strano stupore, e poi con ostilità.
Avvicinò la mano alle sue e creò una piccola palla di fuoco per sciogliere i piccoli fiocchi di neve, la avvicinò fino a scottarle le mani.
-Che sciocchezza! Ti stavo parlando di cose serie!- Disse lui, abbassando lo sguardo appena vide la sua espressione delusa, il suo sorriso trasformarsi in una smorfia spaventata, mentre ritraeva velocemente le mani.
Si girò di nuovo verso il mare.
Restarono ancora qualche istante silenzioso a guardare la casa dalla quale erano stati chiusi fuori, racchiusa tra le increspature blu del mare freddo.
A Mikoto sembrava che il cielo bianco si stesse sgretolando e cadendo in piccoli pezzi, con un'eleganza candida e soave.
Si stava chiedendo cosa avesse sbagliato per farlo arrabbiare, si sentì in colpa.

Kuja aveva distrutto il sorriso di Mikoto.
Non poteva davvero sentirsi in colpa per questo, lei non gli aveva lasciato altre alternative. Eppure si sentiva strano...
Era stato creato per distruggere e aveva distrutto.
Non aveva mai avuto l'innocenza necessaria per apprezzare i fiocchi di neve o un sorriso sincero, ma anche Mikoto era stata creata per lo stesso motivo.

Allora perché lei...?

Il jenoma sbuffò lievemente, per scacciare i suoi stessi pensieri.
-Andiamo via, si gela qui.- Disse.
Mikoto annuì e lo seguì.

Passarono nuovamente nell'edificio, il tepore e la luce erano prodotti dalle pale sottili di quei meccanismi che si trovavano sopra alle costruzioni in pietra. Mikoto si rese conto che i mulini non servivano per misurare il tempo, ma per produrre energia. Cosa ne sarebbe stato dell'ingegno della gente di Gaya, se la fusione di Tera avesse funzionato?
Passarono di nuovo dal corridoio che si affacciava sulla piazza principale della città, il gruppo di turisti intorno al sacerdote era cambiato, e la visita guidata stava ricominciando.
-Tutte le vite sono uguali e tutte ritornano alle stelle, passano per la via delle anime nell'Isola Splendente.-


 

Grazie per avere letto, mi scuso se ho rallentanto un po' il ritmo degli aggiornamenti, ma dovevo decidere alcune cose su come proseguire prima di pubblicare.. A presto! :)

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Capitolo 17
*** -Omissioni. ***


-Omissioni-

La luce rossa del tramonto avvolgeva i due jenoma e il drago argentato che camminava al loro fianco.
La stanchezza di una giornata di allenamento cominciava a farsi sentire.
Kuja le aveva detto di volerla vedere combattere.
I mostri di Gaya erano sorprendentemente deboli rispetto a quelli che Mikoto era abituata a combattere su Tera.
 
Mikoto si abbassò per toccare  quei piccoli fiori gialli incastrati nel terreno fatto di radici intrecciate.
Su Tera non c'erano fiori.
In quel momento si accorse di come il terreno fosse anormalmente freddo, come se quelle radici non assorbissero il calore del Sole.
L'aria intorno alle radici sembrava stagnante, umida. Sembravano avvolte da una tenue nebbia.
Quel freddo le ricordava la sensazione che provava toccando il tronco di quegli strani alberi artificiali che c'erano su Tera, quelli altissimi e sottili. Su Tera perfino gli alberi erano senz'anima, privi di vita, blu.
Mikoto rabbrividì.
 
L'albero vi riconosce.
 
Si girò verso Kuja, lo vide guardarsi intorno nervosamente.
-Hai sentito anche tu?- Le chiese.
Mikoto lo guardò perplessa, non c'era nemmeno il vento a fare rumore, a cosa poteva riferirsi?
-Lascia perdere...- Disse lui, poco convinto.
Proseguirono il cammino fino ad arrivare in cima ad una piccola collina fatta di rocce, terra e radici.
Mikoto capì che Kuja non l'aveva portata lì solamente per allenarsi contro quei deboli mostri, voleva mostrarle qualcosa.
Ci sono cose che un jenoma su Gaya deve vedere almeno una volta nella vita.
Oltre la collina, nonostante la lontananza, l'albero di Lifa spiccava imponente, di una bellezza diversa da quella delle creature originarie di Gaya.
Naturalmente, Garland aveva istruito i jenoma a riguardo, l'albero di Lifa aveva il compito di selezionare le anime che sarebbero entrate nel flusso diretto da Gaya verso Tera.
Mikoto osservò come l'aria fosse densa in prossimità dell'albero. La nebbia, gli avanzi delle anime.
Non aveva bisogno di chiedere niente a Kuja, conosceva la storia dell'albero: il cristallo blu nella stanza sopra il laboratorio di Tera permetteva ai jenoma di vedere il flusso di anime all'interno dell'albero.
Rabbrividì di nuovo.
 
Improvvisamente notò la mano grinzosa, mostruosa, che aveva afferrato la sua caviglia, poi si sentì sprofondare nello spazio tra le radici.
 
Kuja vide Mikoto cadere e poi sparire nello spazio sotto alle radici, provò a guardare nel buco, ma il buio assoluto all'interno non gli permise di vedere niente.
-Mikoto?- Provò.
La sentì urlare, terrorizzata.
Non aveva mai sentito un urlo così spaventato da nessuna delle sue vittime.
Valutò velocemente le sue possibilità... di entrare in quel buco non se ne parlava, inoltre era troppo stretto per lui.
Quando l'urlo della jenoma lasciò spazio al silenzio, le intimò di tenersi lontana dall'uscita.
 
Firaga.
 
La radici bruciarono velocemente.
Mikoto era caduta in una buca poco profonda, la vide rannicchiata contro la parete di pietra, sopra di lei giaceva senza vita il corpo di uno Zombie.
Si alzò, lasciando cadere il corpo del mostro, poi afferrò la mano di Kuja.
-C-cosa? Quel mostro mi ha tirato nella trappola ed è morto... addosso a me- Disse Mikoto, ancora in stato shock.
-E' la fusione che utilizzano gli Zombie per infettare i vivi, se fossi rimasta lì sotto più a lungo il corpo del  mostro avrebbe cominciato a sciogliersi. Comunque, adesso non puoi rigenerarti, le pozioni ti possono danneggiare.- La avvertì Kuja.
Mikoto lo guardò con preoccupazione.
-Cerchiamo la pozione “talismano”, ti guarirà. Dovrebbero esserci un paio di villaggi qua intorno...- Sospirò il jenoma.
 
Camminarono brevemente finché videro una costruzione vicina al mare.
Le forze di Mikoto stavano svanendo lentamente, perciò, appena furono al sicuro, Kuja andò in cerca della pozione da solo, lasciandola ad aspettare.
 
Kuja proseguì per un sentiero terroso, controllò dentro ad alcuni scrigni semiaperti in cerca del talismano, ma erano vuoti.

Sei tornato.

Si guardò intorno, ma fu inutile.
La voce di Garland era nella sua testa, ed era la seconda volta che la sentiva commentare sui luoghi in cui si trovava.
Sapeva cos'era quel posto, ricordava bene gli eventi di dieci anni prima.
C'era un tramonto rosso, proprio come in quel momento, quando lui con l'Invincible aveva dato luogo all'uragano che distrusse Madain Sari.
Aveva visto il tutto dall'alto, quel villaggio gli era sembrato quasi primitivo, c'erano quegli edifici di roccia e quello strano tempio circolare.
Li aveva visti affannarsi per salvare la loro vita e aveva provato disprezzo per loro, per la loro impotenza, si era chiesto perché Garland gli avesse ordinato di distruggere quelle creature così patetiche. Sciamani.
Dopo essersi informato sugli spiriti dell'invocazione tornò in quella terra, quattro anni dopo averla distrutta.
Aveva provato a penetrare nei resti di quel villaggio ridotto in rovine, in cerca di capire in quale modo gli sciamani invocavano gli spiriti.
Fu fermato da una donna.
Ricordava ancora la determinazione brillante nei suoi occhi azzurri, era pronta a difendere la sua terra a costo della vita, era una sciamana dai lunghi capelli viola e un piccolo corno bianco sulla fronte, gli si era piazzata davanti, pronta a combattere.
Quel giorno Kuja comprese quale era il vero potere degli spiriti: la donna invocò Shiva.
Kuja si trovò davanti alla bellezza divina dello spirito del ghiaccio, restò attonito, incapace di reagire, e subì il suo attacco. Faceva più male di tutti i blizzaga che aveva ricevuto negli anni precedenti da Garland, più male di qualsiasi flare. Ed era intrappolato in un cristallo di ghiaccio, sotto allo sguardo fiero della divinità.
Quando il cristallo di ghiaccio si ruppe, lasciandolo libero, vide il viso di Shiva a poca distanza dal suo, si vide riflesso in quel gelido sguardo e pensò che quello fosse il suo ultimo istante di vita... Invece Shiva svanì.
Vide di nuovo quella sciamana davanti a sé.
Gli spiriti assecondano la volontà del padrone, e la donna non aveva voluto andare fino in fondo con lui.
Kuja aveva raccolto le poche forze rimaste, poi l'aveva attaccata ripetutamente con flare e thundaga.
Si era avvicinato alla donna, sperando che fosse ancora viva, per poterla portare con sé e scoprire i segreti dell'invocazione.
Si trascinò fino a lei, anche lui in fin di vita, per scoprire che non respirava più.
Non aveva certo la resistenza di un jenoma, era solo una sciamana.
Poi vide arrivare un vecchio con in braccio una bambina neonata. Entrambi sciamani.
Kuja salì su Silver Dragon e fece appena in tempo ad allontanarsi dallo spirito che il vecchio gli voleva scatenare contro. Madain, dedusse dall'aspetto dello spirito.
L'ultima cosa che vide fu il vecchio che tentava di rianimare la donna con alcune tecniche di magia bianca, ma nessuna magia può riportare l'anima a chi la perde.
Il ricordo intenso dello sguardo di Shiva, e di quegli occhi in cui vide la morte, era ancora impresso nella sua mente.
Quindi, era quello che temeva Garland.
Kuja si rese conto di quanto l'enorme potenza degli spiriti, unita alla volontà del loro padrone, potessero essere distruttivi. 
Gli spiriti dovevano essere suoi, e i suoi occhi sarebbero stati gelidi, fieri e divini proprio come quelli di Shiva, il giorno in cui Garland, morente, ci si fosse specchiato.

Tuttavia quel momento non era ancora arrivato, dopo sei lunghi anni dal suo primo incontro con uno spirito dell'invocazione.
E lui era tornato lì, tra le aride rovine di Madain Sari per cercare un banale talismano per una jenoma, e come se non bastasse, Garland stava tenendo d'occhio i loro movimenti.
Sospirò.
Entrò in quella che sembrava essere l'unica casa resa nuovamente vivibile dopo l'attacco di tanti anni prima e si mise a cercare la pozione. Notò come tutto in quella piccola casa suggerisse il fatto che fosse ancora abitata.

 
Mikoto era seduta nel terreno polveroso.
Ogni volta che ripensava allo Zombie la sensazione di nausea, che da quel momento non l'aveva mai abbandonata, si faceva più intensa.
Perdeva forza inesorabilmente, ma tentare di curarsi con una pozione le sarebbe stato fatale.
Cercò di mantenersi lucida, cercando di focalizzare sul luogo nel quale si trovava.
Con le spalle era appoggiata a quella che sembrava una fontana, un lato era completamente crollato, tanto che se fosse stata in funzione tutta l'acqua sarebbe uscita sull'arido terreno. Gli edifici erano quasi indistinguibili, ridotti ad un ammasso di rovine, solo nel punto in cui la Luna blu di Gaya stava sorgendo si poteva scorgere un massiccio muro ancora eretto.
Doveva trovarsi nel punto più alto della città e tutti i sentieri sembravano portare verso quella costruzione.
Guardando il brillante disco lunare si accorse di come cominciasse a vedere  sfocatamente.
Chiuse gli occhi.
 
Sentì una mano sulla spalla che la scosse leggermente.
Non poteva dire quanto tempo fosse passato.
Kuja era chinato vicino a lei, teneva in mano una piccola pozione, un liquido rosa.
 
Solamente qualche ora dopo si sentì meglio.
Era ormai notte, l'aria era più fresca e il cielo sereno lasciava scoperte le stelle.
Erano per terra, appoggiati a quella fontana distrutta, riposandosi in silenzio.
Mikoto guardò verso Kuja, stava fissando quella strana struttura che aveva notato anche lei prima.
-Grazie, adesso sto meglio.- Mormorò.
Lui annuì lievemente.
-Cosa può essere successo qui? Questo posto è in rovina...- Gli chiese.
Kuja abbassò lo sguardo. -E' il luogo dove vivevano gli sciamani.- Si limitò a dire.
Mikoto lo guardò incuriosita, non era proprio una risposta alla sua domanda, ma un indizio del fatto che Kuja sapeva qualcosa su quel luogo.
-Gli sciamani possiedono gli spiriti dell'invocazione.- Disse, in ulteriore spiegazione il jenoma -Ve ne ha mai parlato Garland?- Le chiese.
-No.- Mikoto abbassò lo sguardo. Non ne aveva mai parlato ai jenoma, ma lei sapeva di Alexander. E di Bahamut. E non le piaceva mentire a Kuja.
-Il drago che hai portato quel giorno, nell'osservatorio...-
Kuja la guardò sorpreso. -C'eri anche tu?-
Mikoto annuì, sorridendo. Si sentì orgogliosa davanti all'espressione di stupore di Kuja, in qualche modo lei era più in gamba di ciò che lui immaginava.
-Vorrei vedere quel luogo- Mikoto indicò il muro dell'invocazione.
-Anch'io.- Ammise Kuja.
Camminarono silenziosamente verso il tempio, come per non disturbare le anime che dormivano tra le rovine.
Mikoto entrò per prima, osservò le colonne di pietra all'interno, e i dipinti antichi sui muri, illuminati dalla luce lunare.
Individuò Bahamut.
Poi si avvicinò all'unica altra immagine familiare, il dipinto di Alexander.
Toccò delicatamente il muro, quasi accarezzandolo, provò una sensazione piacevole, come se le sue forze fossero appena state completamente rigenerate.
Kuja era al centro del tempio, si sentiva intensamente il profumo di incenso, segno che quel luogo non era mai stato abbandonato.
Guardava verso il dipinto di Shiva, poi rivolse la sua attenzione a Mikoto, improvvisamente interessato a ciò che stava facendo. La osservò guardare incantata la figura di Alexander e accarezzare il dipinto.
-Sai...- Disse Mikoto, indecisa.
-Quel giorno, non solo ho visto Bahamut. Ti ho seguito di nuovo sull'Invincible.-
Sentì lo sguardo di Kuja fisso su di sé, ma non percepì nessuna reazione.
-Ho visto Bahamut nei cieli di Gaya. C'era Garland sull'idrovolante, non c'eri tu.-
Mikoto rielaborò frettolosamente i fatti nella sua mente. Probabilmente non era stato Kuja a distruggere Alexandria, doveva essere stato Garland. 
-Garland ha usato quel tuo drago, Bahamut, e ha distrutto la città, e poi c'era Alexander...-
Mikoto proseguì con crescente ed evidente angoscia.
-L'Invincible attaccò Alexander e da allora...-
Quella notizia poteva renderla una buona arma per combattere Garland agli occhi di Kuja.
Avrebbe voluto essere apprezzata per la sua forza, non per quel fatto accidentale.
Si chiese se fosse una buona idea dirgli proprio tutta la verità.
E quella verità era così strana da dire... -Alexander è mio.- Concluse.
Si stupì nel vedere Kuja abbassare lo sguardo, quasi come se non fosse sorpreso.
Kuja aveva un grande controllo delle sue emozioni, pensò.
 
-Voi due!- Vennero interrotti.
 
Alzarono lo sguardo.
Una giovane guerriera con un'enorme ascia era sopra ad una delle colonne del tempio.
Mikoto avanzò qualche passo verso l'uscita, verso Silver Dragon.
-Non avete il permesso di entrare in questo luogo.-
La donna saltò agilmente giù dalla colonna, piantando pesantemente l'ascia nel terreno, a pochi passi da Kuja. Il jenoma fece appena in tempo, con un gesto del braccio, a creare una barriera magica prima che lei lo colpisse.
Mikoto vide la guerriera, respinta indietro da un lampo di luce, restare a fissarli con ostilità,  mentre Kuja la raggiunse sul drago argentato.
La jenoma scorse un gruppetto di moguri spiare la scena che si era svolta poco prima attraverso una delle crepe del muro del tempio, mentre il drago si alzava in volo, e per un attimo il suo pensierò volò a Morokku, nostalgicamente.
 
Giunsero presto nei pressi dell'albero di Lifa.
 
Kuja venne colto da quella sensazione spiacevole che sentiva ogni volta che Garland lo contattava mentalmente, ma non sentì nessuna parola.
Probabilmente l'albero segnalava la loro presenza al vecchio ogni volta che passavano in sua prossimità o vicino alle radici. E le radici si ramificavano per tutta Gaya. Kuja rabbrividì.
 
Immerso nella spettrale luce della Luna blu, l'albero era ancora più terrificante.
Mikoto rabbrividì, avvicinandosi impercettibilmente a Kuja.
-Mikoto...- La chiamò lui.
-Sai, se io volessi distruggere Gaya sul serio... Comincerei da qui.- Disse, guardando l'albero di Lifa.
Era forse un modo per ricambiare la fiducia che lei gli aveva dato confidandogli di possedere Alexander?
Distruggere Gaya?
Mikoto non fu sicura del significato di quella confessione.


 
Alcuni dei particolari utilizzati in questo capitolo saranno rilevanti nella trama, ma li ricorderò quando ci sarà bisogno.

La donna sciamana e il vecchio sarebbero la mamma e il nonno di Eiko, allora neonata, penso si sia capito.
La guerriera invece è Lanì, che nel gioco dopo aver tentato di rubare il gioiello ancestrale, passa il tempo con i moguri di Madain Sari, ho immaginato che stesse  lì a fare da guardiana, in assenza di Eiko, per redimersi.
Ma non sono questi i dettagli importanti, questi erano solo perchè mi piace speculare sui personaggi secondari. ;)

Grazie per avere letto, a presto. :)

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Capitolo 18
*** -Un recipiente ***


-Un recipiente-


Concentrati. Senti il potere magico scorrere dentro di te e lascialo uscire.

Erano sintetizzabili  così i passi per eseguire una magia, o almeno, la prima magia.
Dopo sarebbe venuto tutto naturale.
Si specchiò nella lama della sua daga e sospirò, poi la ripose nella fodera.

Concentrati. I jenoma sono fatti per fare questo, proprio come la gente dell'antica Tera.

Mikoto si strinse nella giacca nera, era uno degli oggetti usati dai maghi più potenti per rafforzare il loro potere... Kuja le aveva dato la possibilità di avere il migliore equipaggiamento esistente.

I jenoma sono fatti per usare la magia.

Continuava a ripetersi le parole di Kuja nella testa. Non aveva sentito altro negli ultimi giorni.

Siamo fatti per fare questo!

Guardò per l'ultima volta le sue mani, non c'era traccia di potere magico, non lo sentiva, semplicemente.
Come poteva sfruttare il potere di Alexander che era entrato in lei se nemmeno riusciva ad eseguire una semplice magia?
Quel potere sarebbe rimasto bloccato dentro di lei invece che aiutarla.
Non ne era la padrona, era solo... Un recipiente.

Attraversò il ponticello di legno, soffermandosi a guardare l'acqua del fiume scorrere.
Su Gaya tutto era in movimento, come poteva quel potere rimanere sospeso dentro di lei?
Accennò un sorriso guardando la piccola costruzione oltre al ponte. 
Un mulino, con le pale fatte di robuste piume dorate.
Kuja l'aveva davvero accontentata, in quei giorni di allenamento si erano sempre fermati in quel villaggio per dormire la notte, era convinta che lì ci fosse tutto quello che un jenoma possa desiderare.
Avrebbe voluto godersi ogni particolare e ogni momento, essere una creatura libera qualsiasi, come i gufi che popolavano la  foresta che incorniciava quel villaggio.
L'unica cosa non chiara era il perché il villaggio fosse abbandonato, chi poteva abbandonare un luogo del genere?

-E' il momento, Kupò-

Mikoto tese l'orecchio, era sicura di aver sentito il verso di un moguri.

-Mi sento strano...- Le giunse un'altra voce.

Sembravano provenire da dietro la porta del mulino.
Mikoto esitò, aveva creduto che quel villaggio fosse disabitato.
Si avvicinò al mulino, notando la porta semiaperta. Poteva sentire delle voci borbottare all'interno.
Entrò silenziosamente, cercando di capire cosa stesse succedendo in quella stanza.
Due maghi neri le davano le spalle, troppo occupati a guardare l'oggetto davanti a loro ed un moguri volava nervosamente attorno ai due. Fu piuttosto stupita di vedere i maghi neri nel villaggio, che Kuja li avesse portati senza dirle niente?
Continuò ad osservare la scena, erano tutti e tre incantati da uno strano oggetto, e non era una scena così insolita per lei che era nata e vissuta a Branbal. 
I jenoma passavano il giorno a fissare il blu.
La poca luce era quella lunare che penetrava dalla porta semiaperta, unita a quella e calda di una candela, nella mano di uno dei due maghi.
Mikoto si avvicinò per vedere meglio l'oggetto che li teneva in uno strano stato di agitazione.

Un cristallo?

Lo osservò perplessa, sembrava un cristallo opaco, non era lucente e trasparente come quello nel villaggio Branbal, che permetteva ai jenoma di guardare il flusso di anime di Gaya nutrendo la loro eterna attesa.
Eppure quell'oggetto emanava uno strano calore. 
Immaginò che nel momento in cui il flusso di anime si fosse invertito, tutti i jenoma avrebbero sentito quel particolare calore provenire dai cristalli.
Forse allora i cristalli sarebbero diventati opachi come pietre, proprio come quello dei maghi, chissà.

Si chiese di chi fosse l'anima lì dentro. Guardò i tre, scommettendo su uno dei due maghi neri. 
I servitori di Kuja le erano sembrati privi della vitalità della gente di Gaya.

-Ci siamo quasi!- Disse il moguri.
-Sta Proprio nAscendo!- Esclamarono i maghi con entusiasmo.
Arretrarono leggermente, lasciando intravedere una grossa crepa sulla superficie dell'oggetto. Mikoto si avvicinò a loro per vedere meglio la scena.

Kueh

Faticò a credere ai suoi occhi, dall'uovo crepato s'intravedevano delle piume gialle,  poi la piccola testa di un nuovo essere dagli occhi neri e vivaci. Un piccolo... Mostro?
Senza distinguerla provò una forte emozione.
-è PropRio naTo!- 
Uno dei due maghi si girò verso la jenoma.
L'altro si voltò a guardarla. - Sei La ragaZza... che in questi giorni vieNe sempre nel viLlaggio con Kuja!- 
Li guardò perplessa.
I maghi si prepararono a combatterla, facendo risplendere delle piccole sfere infuocate tra le loro mani.
-Aspettate! Non siamo qui per farvi del male...- Provò, arretrando verso l'uscita del mulino.

Si ritrovò a parlare con i due riguardo al passato dei maghi neri e la loro sorte. Scoprì che erano stati creati da Kuja per essere macchine di distruzione.
-Allora perché alcuni di voi lo stanno servendo?- Chiese.
-Vedi...- Numero Centounidici le indicò il campo davanti a loro, erano giunti davanti ad oggetti simili a spaventapasseri, ma vestiti da maghi neri.
-AlcUni di nOi si sono già fErmAti, e suCcederà a tUtti noi.- Si prese una pausa. -Ma Kuja ha promesso che allungherà loro la Vita se lo sErviranno.- Centounindici si incupì.
Mikoto capì che gli abiti che vedeva appesi al legno davanti a loro dovevano essere appartenuti a maghi neri non più in vita.
Si sentì strana, proprio come quando poco prima aveva visto nascere la piccola creatura dall'uovo. Non le era familiare la nascita, quanto la morte. 
-VolevAmo anDare anche nOi con gli altri, ma dovevamo cUrare l'uovo di ChocObo.-
-L'abBiamo covato Noi.- Aggiunse numero Trentatrè con orgoglio.
Mikoto ascoltò in silenzio. 
Forse se lei fosse riuscita ad essere abbastanza forte per aiutare Kuja nella lotta contro Garland, tutte le ingiustizie sarebbero finite, per loro due, per il futuro dei jenoma e anche per i maghi neri. Kuja non avrebbe avuto più bisogno di loro ne come armi, ne come servi.
I maghi tornarono all'interno del mulino, Mikoto li vide abbracciare il piccolo chocobo, mentre lo guardavano compiaciuti. 
Era così che gli abitanti di Gaya trasmettevano la propria vicinanza, lo aveva realizzato solo in quel momento, nonostante non fosse la prima volta che vedeva la gente di quel mondo cercare contatto in quel modo.

-è PropRio Nato!- Sentì l'entusiasmo nella loro voce un'ultima volta chiudendo la porta del mulino.
I maghi neri, una volta liberati dal loro ruolo di armi, si dimostravano creature semplici e in grado di apprezzare la vita. Forse Kuja non aveva fatto un cattivo lavoro creandoli, pensò la jenoma.

Guardò la Luna rossa nel cielo.
L'antica Luna di Tera, era rimasta lì sospesa nel cielo di Gaya quando Garland aveva fallito la fusione. 
Glielo aveva spiegato Kuja qualche giorno prima.
E così i jenoma avevano perso l'unica cosa che brillava debolmente di rosso, e comunque, quando Mikoto provava ad immaginarla nel freddo blu di Tera le vedeva fuori luogo, come un jenoma con l'anima.

Si guardò i palmi delle mani sperando per l'ultima volta in quella notte di sentire il potere intrappolato in lei.
Sospirò, poi cercò la via per sentire più vicina quella Luna rossa.

***
 

La pietra rossa al centro dell'armatura di Garland cominciò a risplendere.
Era lo stesso bagliore dell'occhio dell'Invincible.
Kuja rimase sconvolto a guardare Bahamut cercare di divincolarsi  da una forza invisibile che lo teneva imprigionato.
Quando Bahamut si girò non era più lo stesso. Non gli apparteneva più. 
Garland gli aveva rivoltato contro il Re dei Draghi.
Fece appello a tutto il suo potere magico per creare una barriera magica, conspevole che non avrebbe tenuto a bada a  lungo il potente Bahamut, si aggrappò a Silver Dragon, presero il volo.
Un folle volo verso l'alto.

Quando si girò per controllare la distanza da Bahamut, se lo ritrovò davanti  e venne investito dalla luce.
Si aspettava di sentire dolore, invece si sentì cadere dal drago.
Sentì la risata di Garland. Non era sicuro che Garland gli avesse mai riso in faccia, prima d'ora.
La caduta gli sembrò infinita, non sembrava così alto quel posto quando l'aveva guardato da terra.
Quel posto?
Non sapeva nemmeno dove stavano combattendo. Non era né rosso come il Pandemonium né blu come Tera.
Era buio.
Non fu sicuro di aver raggiunto il fondo,  l'unica cosa che percepiva era una strana sensazione di calore. 
Cercò di mettere a fuoco la figura al suo fianco. Aveva la sensazione che non dovesse essere lì  in quel momento.
Bahamut stava arrivando, pronto ad attaccare. 
Ci provò ad avvisarla, ma non pensava che potesse fare qualcosa. Non fu nemmeno sicuro che la sua voce fosse uscita per pronunciare il suo nome.

Mikoto...

L'unico rumore era quello del suo respiro affannato, ma lui poteva sentire anche quello frenetico del suo cuore rimbombargli tra le orecchie.
E con uno sforzo aprì gli occhi, sbarrandoli. 
Sperò di non aver parlato ad alta voce.
Era  nella locanda dei maghi neri, al secondo piano del letto a castello, sopra di lui riposava Mikoto. Era tutto come le notti precedenti. Era tutto sotto controllo.

Era stato ...solo un incubo.

Lo ripeté qualche volta nella sua mente, fino a convincersene.
Sognava spesso Garland. Qualche volta riusciva ad annientarlo e si risvegliava sempre prima di sentirsi felice, altre volte erano incubi, incubi e basta.
Questa era la prima volta che c'era anche Mikoto nei suoi sogni.
Sicuro del fatto che non avrebbe dormito oltre, si alzò, accorgendosi che anche Mikoto aveva abbandonato il letto e la locanda. Uscì in cerca di aria fresca per liberare la mente dagli incubi della notte.

"The world that we now live in
the world inside my dreams
i thought that they'd be different 
but nothing is to be seen"


La voce di Mikoto proveniva dall'alto.
Le note gli erano familiari, era qualcosa che aveva a che fare con l'antica civiltà di Tera.
Purtroppo, una parte della cultura dell'antico popolo era andata persa per sempre, anche se Garland fosse riuscito nella sua impresa di prendere le anime di Gaya.
C'erano cose che solo le anime di Tera sapevano, e Garland era riuscito a salvarne solo tre.
Nonostante gli scocciasse non essere unico nemmeno in questo, Kuja si era sempre consolato nel sapere che la migliore fosse la sua, anche se Garland gli aveva sempre detto il contrario.
Salì un piccola scaletta, e giunto sul tetto  si accorse  che i tetti e le piccole finestre tonde del villaggio ricordavano il cappello e gli occhi luminosi dei maghi neri. Forse ognuno cerca di creare cose simili a sé.
E lui cosa aveva creato?

Patetiche marionette fatte di avanzi di anime.

Si passò una mano sulla fronte, tirando indietro i capelli, e sbuffò, forse scambiare qualche parola non era una cattiva idea.

-Kuja!- Mikoto fu sorpresa di vedere il jenoma raggiungerla sul tetto della locanda.
Si mise seduto vicino a lei.
-Nemmeno tu riesci a dormire stanotte?- Gli chiese.
Lui annuì portando lo sguardo alla Luna rossa. 
-Cosa stavi facendo?-
-Pensavo... Kuja ti è mai capitato di non riuscire a fare qualcosa? Di non riuscirci proprio anche se lo vuoi davvero?-
-No.- Rispose lui, senza pensarci due volte. A dir la verità, poche cose erano riuscite come le desiderava, ma non l'avrebbe ammesso così facilmente. -è per la magia, vero?-
Mikoto annuì, intristita.
-Non c'è nessun modo con cui io possa aiutarti? Un modo per cederti il potere di Alexander, magari...-
Puntò su di lui gli occhi pieni di speranza.
La guardò turbato.
-Non lo so.- Mentì, sembrando improvvisamente  insicuro.
Mikoto sospirò -Mi dispiace.-
Si avvicinò appoggiandosi a lui, senza curarsi della sua mancanza di reazioni, lei aveva appena imparato che è così che gli abitanti di Gaya dimostrano la loro vicinanza.
E per il momento era l'unica cosa che poteva offrirgli. 
Poi restarono in silenzio.

Kuja sentì il respiro di Mikoto farsi sempre più lento  e profondo, quando si addormentò si sentì più libero di guardarla, senza quegli occhi pieni di fiducia puntati nei suoi era tutto più facile.
La coda della jenoma era coperta dalla lunga giacca nera. Il viso con le ciocche legate dai due piccoli fermagli era più dolce di quello apatico dei jenoma recipienti, così come l'espressione serena che aveva durante il sonno.
Notò che il calore di Mikoto era proprio come lo aveva sentito in sogno.
Alzò gli occhi sulla Luna rossa, poi sulle stelle e poi nella parte più buia del cielo, si perse a guardare  gli spazi neri una stella e l'altra, e poi di nuovo tra i suoi pensieri.

La gente di Tera non voleva morire, voleva continuare a vivere. Per questo fu creato Garland.
Come si permetteva adesso di sottomettere la voglia di vivere delle loro anime?





Non mi sono dimenticata di questa storia :)
Ci tenevo ad ambientare un capitolo di notte nel villaggio dei maghi neri, perchè lì avviene uno dei momenti più belli del gioco, almeno per me. Sto parlando della scena in cui Gidan ipotizza che Vivi voglia restare con i suoi simili, che abbia trovato la sua casa e poi comincia a parlare dei ricordi della sua origine, della luce blu. E' l'immagine che ho da qualche mese nel mio profilo. Il fatto che abbiano utilizzato una ambientazione così... magica solo per qualche istante probabilmente contribuisce a renderla speciale, così come a rendere speciale quel momento.
comunque *_*.

Ehm.. Intendo che quel passaggio mi incanta ogni volta.
Prevedo un po' più di azione nei prossimi capitoli... A presto :)

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Capitolo 19
*** -La pietra ***


-La pietra-


La piattaforma di teletrasporto fuori dall'idrovolante si illuminò, segnalando con anticipo la comparsa di Kuja all'esterno del suo palazzo.

-Allora? Non sono stato chiaro? Si parte appena salgo a bordo io, ve l'ho già detto prima!-
I maghi neri si affrettarono ad accendere il motore.
-Fate in fretta!- Aggiunse.
Non appena si accese il motore dell'Hilda Garde Kuja rimpianse  il suo silenzioso Invincible, ma poco importava, si sarebbe presto ripreso anche quello.
Si portò vicino alla vetrata anteriore osservando il cielo sereno, poi portò la sua attenzione all'oggetto freddo che stava custodendo tra le mani, si vide riflesso nella superficie  della pietra Gulgu.
Alla fine Gidan ce l'aveva fatta davvero a recuperarla, chissà se aveva gradito l'immersione nell'antica cultura di Tera a Oeilvert...
Di certo era stato divertente vedere la sua faccia quando aveva visto i pupazzi dei suoi amici giacere sul fondo di una buca. Usando quelli veri, sarebbe stato ancora più divertente, ma Kuja non li aveva trovati nelle celle al suo ritorno.
Ancora non si spiegava come avessero fatto a liberarsi, il meccanismo collegato alla clessidra era stato inspiegabilmente sabotato. Sospettava un  tradimento da parte di qualcuno dei maghi neri, ma era il momento per lui di concentrarsi sulle possibilità dell'immediato futuro.
Chiuse gli occhi, concentrandosi sul potere proveniente dall'antica pietra Gulgu.
Secondo le sue ricerche, nelle profondità del vulcano, sigillato da secoli, esisteva un portale secondario verso Tera...
Era il momento di informare Mikoto.

-Cosa c'è? Ti manca la luce blu?-
Kuja sorprese Mikoto in contemplazione del mare e del cielo, probabilmente cercava di capire dove fossero diretti.
Si girò verso di lui sorpresa, non aveva notato la sua presenza.
-Se così fosse, non preoccuparti, tanto stiamo tornando a... casa.- Kuja disse l'ultima parola in tono quasi interrogativo, poi soffermò il suo sguardo sulla nave visibile nel mare sotto di loro.
Una nave con le vele blu.
-Garland non aveva chiuso la via delle anime?- Chiese Mikoto.
-Non passeremo da lì, ci deve essere un altro passaggio.- Il jenoma teneva con cura un oggetto lucente in mano.
-Voglio sapere cosa succederà. E i maghi neri? Perché li hai portati? E la bambina che dorme nelle braccia di uno di loro? Me ne sono accorta che sta succedendo qualcosa...-
Kuja sospirò lievemente e il vapore uscì dalla sua bocca nell'aria sempre più fredda.
La nave dalle vele blu sembrava diretta nella loro stessa direzione, quasi li seguisse.
-Ognuno di loro ha un ruolo. La bambina ha dei poteri che potrebbero tornare davvero utili contro Garland.-
-Vuoi farla combattere?- Chiese con preoccupazione Mikoto.
-No, voglio solo prenderli, non mi interessa lei, solo i suoi poteri.-
Mikoto annuì, consapevole che loro due da soli non avevano il potere necessario per attaccare Garland.
-I maghi neri potrebbero servirci nel percorso verso Tera, e se ci arriveranno vivi potrebbero rendersi utili contro Garland... - Incrociò le braccia e inclinò la testa, ripassando mentalmente i suoi piani.
-Stai dicendo che potrebbero morire?- Mikoto si ritrasse di qualche passo.
-E se arriveranno a Tera moriranno sicuramente uccisi da Garland!- Realizzò Mikoto a voce alta, ricordando quello che qualche notte prima i maghi del villaggio le avevano rivelato  
-Loro... loro ti seguono perchè gli hai promesso una vita più lunga!-
Kuja accennò un  sorriso.
-Invece moriranno anche prima del tempo in cui la morte naturale li avrebbe colti. Che sorte ironica, vero?- Disse mantenendo un'espressione divertita.

Mikoto rimase a fissarlo negli occhi, le prime volte era stato infastidito da questo suo atteggiamento, Kuja era abituato che gli altri abbassassero lo sguardo quando incontravano il suo. 
Tuttavia, con il passare del tempo sembrava essersi abituato allo sguardo fisso e profondo di Mikoto. Aveva imparato a leggerci parte delle emozioni che Mikoto ancora non riusciva ad esprimere con il viso. 
E per quanto in quel momento ci leggesse paura e dispiacere, non riusciva a comprendere perché si preoccupasse per altri. 
Aveva immaginato che quello che stava per succedere non le sarebbe piaciuto affatto.
Nonostante erano stati creati per lo stesso motivo, qualcosa li aveva resi diversi.

Sotto di loro cominciavano a vedersi delle isolette di ghiaccio, e la barca che li aveva accompagnati per tutto il viaggio rimase leggermente indietro, per non rischiare di collidere con qualche iceberg.
-Loro sono solo armi, e poi, li ho creati io...- Riprese serio.
- ...E quindi le loro anime ti appartengono.- Lo interruppe Mikoto, concludendo per lui la frase.
Kuja annuì, mantenendo il contatto visivo.

I forti rubano la libertà ai deboli... e così sopravvivono!  

-E' questo che ha fatto Garland con te, non è così?- Mikoto si morse il labbro pronunciando la frase, faceva male a lei solo a pensarci, non immaginava quanto potesse fare male a Kuja il tipo di vita che Garland gli aveva dato.
Kuja restò inespressivo, mentre gli occhi di Mikoto diventarono lucidi.

Entrambi realizzarono che quella era la differenza tra loro, tutto ciò che Garland aveva fatto a Kuja, e tutto ciò che gli aveva insegnato.
Era ormai giunto il momento in cui Garland non aveva più bisogno di Kuja, sarebbe stata una questione di poco tempo e il momento in cui Mikoto avrebbe ricevuto lo stesso destino sarebbe arrivato. Il fatto che Mikoto avesse ricevuto un'anima ne era la conferma.
-Io non sono come loro...- Disse Kuja, più a se stesso che a Mikoto.

Io non morirò come loro. Io non morirò.

Sotto all'idrovolante si vedeva ormai la costa ghiacciata del continente isolato.
Il jenoma si girò di spalle accennando ad entrare all'interno dell'Hilda Garde.
-Siamo quasi arrivati.- Disse gelidamente.

Anche Mikoto si sforzò di mantenere un tono freddo, ma le tremò lievemente la voce.
-E il mio ruolo qual è?- Chiese.
Il fratello si girò di nuovo verso di lei con un mezzo sorriso, sembrava essersi già ripreso dal turbamento di pochi istanti prima.
-Tu tieni questa!-
La lucente pietra Gulgu percorse la breve distanza che li separava, passando dalla mano di Kuja, attraverso l'aria.
Mikoto la prese con entrambe le mani, constatando che fosse più pesante di quanto le sue piccole dimensioni suggerivano.
Non conosceva il valore di quell'oggetto, ma era certa che fosse qualcosa di importante.
Lo aveva intuito da come Kuja l'aveva tenuta con cura per tutto il tempo, e adesso che era tra le sue mani riusciva a sentire il potere emanato da quella pietra.
La portò all'altezza del cuore, piegando la testa per osservarla meglio. 
-La pietra Gulgu fu creata nell'antica Tera. Si dice che sia stata utilizzata per sigillare un grandissimo potere e tenerlo al sicuro, così che nessuno lo utilizzasse nel modo sbagliato.- Disse Kuja.
-Così che nessuno lo utilizzasse...- Ripeté affascinata Mikoto.
-Suppongo... che stia meglio nelle tue mani.- Concluse Kuja, aprendo la porta scricchiolante dell'Hilda Garde ed entrando all'interno, poi la lasciò richiudere rumorosamente.
Mikoto  rimase ad ammirare lo splendore della pietra, guardandosi riflessa nel suo blu intenso, la girò, scoprendo che l'altra metà era rossa.
La portò davanti ad un occhio e chiudendo l'altro e osservò attraverso la metà rossa della pietra, curiosamente  il mondo attraverso la parte rossa appariva blu.
Provò a girarla, nella parte blu Mikoto vide il mondo rosso, si girò verso Silver Dragon, completamente tinto di rosso, poi verso il mare, rosso anche quello.
Allontanò la pietra dall'occhio. 

Che strano...

Poi chiuse gli occhi, concentrandosi su quell'antico potere, che aveva percepito e accolto dal momento in cui la pietra aveva toccato le sue mani.
Intanto l'idrovolante stava atterrando nella gelida pianura davanti ad Esto Gaza.
Nonostante l'aria freddissima, una strana sensazione di calore le diede sollievo.

La piazza principale della piccola città non era cambiata dall'ultima volta che ci erano passati, la gente di tutta Gaya continuava a visitare Esto Gaza mentre il sacerdote raccontava loro la stessa storia della  Via delle anime e dell'Isola Splendente.
Kuja mandò avanti i maghi neri, in una fila ordinata, verso la folla in ascolto del sacerdote. 
La gente si fece da parte, aprendo un varco, le facce di molti di loro erano pietrificate in una smorfia di terrore, solamente un piccolo gruppo di nani sembrava entusiasta di vedere i maghi neri.
-Anche quelli del Clan dei Neri vengono qui in pellegrinaggio!- Disse uno di loro.
-Trallallà- Li salutò l'altro con allegria.
I maghi si indugiarono davanti alla folla impaurita.
Qualche bambino nella folla scoppiò a piangere. 
-Venite via, prima che sia troppo tardi.- Urlò una voce femminile ai nani.
Kuja si girò in sua direzione e squadrò la donna, una sacerdotessa di Cleyra.
Ricordò con eccitazione la distruzione dell'Albero di Cleyra. Erano passati solo pochi mesi...

A quei tempi le sue ricerche su come impossessarsi degli spiriti dell'invocazione non erano ancora complete, tuttavia moriva dalla voglia di vederli in azione.
Non si era perso lo spettacolo di Odino  nei cielo sopra Cleyra. 
Quanto avrebbe voluto farlo suo ed invocarlo davanti al Pandemonium!
Per tutto il tempo da quel giorno aveva dovuto accettare che i tempi non erano ancora maturi, ma finalmente le cose stavano cambiando.

Guardò il mago nero più vicino a sé, l'ultimo della fila, quello che teneva la piccola sciamana tra le braccia, si fissò sul piccolo corno bianco sulla sua fronte, assaporando in anticipo il potere distruttivo degli spiriti di cui sarebbe stato padrone.
-Muovetevi!- Intimò ai maghi neri, che eseguirono immediatamente l'ordine, passando attraverso la folla, gente in gran parte proveniente dal continente della nebbia, gente con lo sguardo pieno di rancore  e il respiro sospeso dalla paura.
I maghi passarono in fila, con lo sguardo basso e nessuno fiatò vedendo che uno di loro teneva una bambina senza sensi in braccio.
Anche Son e Zon seguirono i maghi neri, i due buffoni erano stranamente silenziosi e cupi, ogni qualche passo si scambiavano uno sguardo complice.
Infine Kuja fece cenno a Mikoto di passare.
La jenoma sentì lo sguardo pressante della folla su di sé, quando Kuja le aveva detto di aver creato i maghi neri, non immaginava che li avesse già usati su Gaya a quello scopo, ma i sussurri della gente non lasciavano spazio a dubbi.
-Hanno ucciso mio fratello a Lindblum.- Disse sottovoce un uomo ad un vicino.
-Mio padre ha perso la vista a causa loro!- Rispose quello.
-Pensate che vogliano distruggere anche la Terra Santa?- chiese con la voce ai limiti dell'udibile il sacerdote alla gente che aveva visto i maghi neri in azione in passato.
Mikoto strinse ancora più forte la Pietra Gulgu tra le mani, cercò di non soffermarsi su quelle voci, ma di concentrarsi sul potere emanato dalla pietra.
Anche in quel modo riusciva a sentire dei sussurri lontani, sussurri che parlavano in una lingua antica, raccontando una storia di morte e di rinascita.

Kuja chiuse la fila, mentre la folla cadde nel silenzio totale, guardando il piccolo esercito di maghi neri dirigersi verso la parte di città costeggiata dal Vulcano Gulgu, la stessa che si affacciava sul mare.
Le poche persone che osavano sfidare il freddo si riunirono spaventate vicino al telescopio puntato verso l'Isola Splendente.
L'esercito dei maghi si fermò su ordine di Kuja.
Prese per il polso Mikoto, che sembrava leggermente confusa, la guidò fino alla testa della fila dei maghi neri poi si voltò verso di lei. 
-Questo è il Vulcano Gulgu.-

Mikoto alzò gli occhi sull'imponente montagna davanti a loro, nella parete del vulcano sporgeva una enorme portale di pietra, con delle decorazioni scolpite.
Sulla parte più alta dell'arco della porta si era posato Silver Dragon, che li aveva aspettati lì, non potendo entrare all'interno della città.
-E' qui che conto di trovare un passaggio per Tera....- Disse in modo che nessuno a parte la jenoma potesse sentirlo.
-Dobbiamo inserire la pietra- Kuja indicò una rientranza al centro della porta.

Mikoto lasciò andare la pietra tra le mani di Kuja, che la rigirò qualche volta tra le mani.
Si chiese quale fosse il modo giusto per inserirla, la frazione rossa era perfettamente simmetrica a quella blu.
-Sai, se guardi attraverso la parte rossa vedi il mondo blu davanti a te. Ma se guardi nella parte blu, allora il mondo sarà rosso.- Gli rivelò Mikoto.
-Mettiamola in modo da vedere il rosso davanti a noi, allora...- Disse Kuja, provando ad inserire la parte rossa.
Poi si allontanarono cautamente.
Le decorazioni sulla parte sinistra della porta si illuminarono di rosso, mentre nella parte destra fu una luce blu ad insinuarsi tra i ricami della solida pietra di cui era fatta la porta, mentre il sigillo veniva rotto, dopo molti secoli.
La pietra Gulgu ricadde ai loro piedi e la pesante porta si aprì lentamente.
Mikoto si abbassò per riprendere la pietra, ma Kuja la tirò velocemente indietro; uno stormo di colorati garuda proveniente dall'interno del vulcano li attaccò.
In un attimo furono circondati dai numerosi mostri, tra i battiti d'ali e le fiammate magiche prodotte dai volatili.
Kuja li scacciò lanciando qualche flare, ma solo quando Silver Dragon piombò in mezzo allo strormo, i garuda si dispersero, cominciando a volare sopra la città e attaccando qualsiasi creatura. 
Dalla posizione leggermente rialzata sulla quale si trovavano, Mikoto e Kuja videro la gente, e perfino i moguri, rinchiudersi all'interno degli edifici. In breve Esto Gaza apparì desolata e invasa dai mostri.
Mikoto guardò verso l'oscurità oltre la porta del vulcano e il cuore iniziò a batterle furiosamente al pensiero che in quelle profondità, da qualche parte c'era una strada verso Tera e che lo scontro con Garland fosse incombente.
Si abbassò nuovamente per raccogliere la pietra sperando che non ci fossero altri mostri pronti all'attacco.
Infine l'intero gruppo, compresi i maghi neri e i due buffoni, si addentrò nelle profondità di Gaya.

Spiriti onnipotenti, spiriti mortali, il sonno di una vita è terminato... 

Le parole della formula utilizzata da Son e Zon per togliere gli spiriti dell'invocazione percorsero la mente di Kuja, mentre contava gli istanti che lo separavano dall'avere il potere tanto temuto da Garland.


 


Grazie per avere letto!
In realtà questo capitolo non doveva esserci, doveva venire direttamente il prossimo, ma mi sembrava di tagliare troppo inziando direttamente a raccontare i fatti accaduti all'interno del vulcano, e poi mi piaceva scrivere qualche cosa sulla pietra Gulgu.
Il lancio la pietra Gulgu a Mikoto voleva essere un parallelo con il momento in cui Gidan lancia la granata a Garnet ad Alexandria...
Con tutte le volte che ho giocato FFIX ancora non ho capito perchè Kuja vuole andare proprio nel vulcano Gulgu, ho letto diverse idee su internet, c'è chi dice che Kuja fosse convinto che uno spirito dell'invocazione fosse all'interno, o chi dice per trovare un punto magico per estrarre gli spiriti a Eiko, ma a me nessuna di queste versioni mi convince più di tanto.
Sta di fatto che è una delle parti meno sviluppate della trama, così è stata una delle prime idee che ho avuto per la fic, mettere un passaggio secondario verso Tera nel momento in cui l'accesso alla via delle anime è bloccato, per motivare le azioni di Kuja in questa parte.
Nel prossimo capitolo riprenderò alcune scene direttamente dal gioco... 
A presto.^_^

 

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