The demon in your mind

di daisys
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -Prologo+Capitolo 1- The nightmare ***
Capitolo 2: *** -Capitolo 2- The lost fire ***
Capitolo 3: *** -Capitolo 3- Eyes ***
Capitolo 4: *** -Capitolo 4- Shadows and Lights ***
Capitolo 5: *** -Capitolo 5- Eyes in the darkeness ***
Capitolo 6: *** -Capitolo 6-Hospital ***



Capitolo 1
*** -Prologo+Capitolo 1- The nightmare ***


Prologo
 
Soffoco.
Non respiro.
Annaspo in cerca d'aria, senza via di fuga da quel mondo oscuro.
So che è tutto un sogno, una visione, una mera illusione, ma non riesco a svegliarmi, rinchiusa in questo mondo di presagi e dolori.
Sento il mio corpo muoversi, in scatti veloci e senza senso, inutile tentativo di darmi un risveglio.
Ma ormai dovrei saperlo, non ci si può risvegliare, devo finire di vedere anche se non voglio.
Cerco di respirare con calma, di regolarizzare il battito, riuscire a trovare un punto fisso nella mia mente caotica, dove forme, rumori, colori e sensazioni si fondono in un tutt'uno, dando vita a una spettacolo bello quanto terrificante di immagini sfocate, che con lentezza esasperante diventano sempre più nitide.
Due figure indistinte che si fronteggiano incuranti di sguardi che li osservano.
Le metto ha fuoco, le fisso negli occhi.
Il respiro mi si blocca nuovamente, per poi iniziare ad affannare, un'oscurità bruciante mi si posa sul cuore, terrorizzandomi completamente.
Mi risveglio ansimando pesantemente.
Barcollando mi avvio nell'altra stanza, il mio studio dove con un pennello e colori in mano inizio a dipingere a scatti veloci, immersa nel trance ormai familiare, ma non gradito.
Dipingo con forza, concentrata solo sulla tela, di cui vedo tutto e niente, solo il buio e l'immagine fissa nella mia mente.
Chiudo per un secondo gli occhi, per poi riaprirli e osservare con chiarezza ciò che la mia mano ha dipinto.
Due animali si fronteggiano, in un testa a testa in una stanza bianca, pure e immacolata. Una volpe e un lupo entrambi voltati verso di me.
La volpe mi sconvolge.
Due occhi mi fissano, occhi familiari e un tempo amici, ora mi guardano con un ombra nera che li circonda.
Due pozzi d'ambra.
Stiles.
 
Capitolo 1- The nightmare
 
I want to hide the truth  //  Voglio nascondere la verità
I want to shelter you  //  Voglio proteggerti
But with the beast inside  //  Ma con la bestia dentro me
There’s nowhere we can hide  //  Non c’è posto per nascondersi
                                                           Imagine Dragons-Demons
 
Guido veloce, guardando il paesaggio che scorre sotto i miei occhi, cercando in fretta di arrivare in città e di fare una sorpresa a mio zio e a mio cugino, e nel frattempo assicurarmi che vada tutto bene.
Da quando due settimane fa ho fatto quel sogno un senso di inquietudine non ha fatto altro che albergare nella mia mente, ed anche ora che sono partita, diretta da ciò che rimane della mia famiglia, non mi abbandona, rimanendo lì fissa ed immobile, presenza costante e sgradita nella mia mente.
Il paesaggio cambia drasticamente, passando da una brulla autostrada,ai primi inizi di un bosco, che man mano, andando avanti non fa altro che infittirsi.
Spingo sull'acceleratore a tavoletta, andando in velocità sulla strada deserta.
Il bosco è silenzioso, niente si muove o fa rumore, l'unico suono è il rombo della mia auto, che veloce avanza.
Mi rendo conto solo in parte di di superare sfrecciando il cartello "Benvenuti a Beacon Hills" perchè nonostante l'incidente amo tutt'ora la velocità.
L'incidente ha si cambiato la mia vita, ma in un modo del tutto inaspettato, facendomi diventare qualcosa che preferirei non essere.
Rallento, visto che sono in prossimità della città, così da evitare di farmi arrestare per eccesso di velocità, e finire dritta dritta davanti a mio zio.
Controllo l'orario, e rendendomi conto che ha quest'ora Stiles è probabilmente a scuola decido di dirigermi li ed aspettare che esca.
Percorro rapida quei pochi isolati che mi separano dal liceo e arrivata mi parcheggio, posando per un attimo la testa sul volante, chiudendo gli occhi.
Sono stanca, dannatamente stanca, non riesco a dormire per più di tre ore di seguito da quando ho avuto quella visione, perchè non appena chiudo gli occhi essa si ripresenta e davanti a me si trasforma in scenari terrificanti, dove un solo elemento rimane comune, la pesante aria di morte che si percepisce in ogni singola immagine, stampata indelebilmente nella mia mente.
Anche se non voglio, e lotto contro la stanchezza i miei occhi si chiudono e il sonno prende il sopravvento.
Questo è un sogno, non una visione, ne sono sicura , perchè altrimenti avrei voglia di svegliarmi e dipingere ciò che ho visto, per dargli un senso.
Sono in un cortile e due figure indistinte parlottano a bassa voce, in maniera animata, e sono circondate da uno spesso alone scuro, che rende i loro tratti ancor più difficili da distinguere.
Poi accade qualcosa di strano.
Inclino di lato la testa, fissando incantata e terrorizzata l'ombra di una delle due figure ingrandirsi e deformarsi, fino ad ottenere una forma umanoide e mostruosa con lunghi artigli.
La vedo distendere le membra, per poi girarsi verso di me e cercare, in un tentativo aggressivo di afferrarmi.
L'artiglio, lungo e ricurvo sta per sfiorarmi ,per lambire la punta delle scarpe con il tacco.
Eccolo, arriva, si avvicina...
Poi un singolo sussulto, e mi ritrovo a sbattere le palpebre in maniera febbrile, cercando di scacciare via il sonno rimasto.
Allungo a tentoni una mano sul sedile di fianco a me, e prendo in mano una penna e il mio blocco da disegno dove faccio uno schizzo accennato dell'ombra, per poi indagare in seguito.
Guardo che ore si sono fatte e in fretta prendo gli occhiali dal cruscotto, per poi scendere e aspettare che Stiles esca.
Non ci vuole molto.
Una campanella suona e uno sciame di adolescenti esce in fretta per dirigersi alla propria auto.
Basta poco perchè anche Stiles esca.
Si avvicina in fretta , così diverso eppure così familiare, ma non mi nota neppure, a parte un occhiata distratta, per poi filare dritto alla propria auto.
Inarco le sopracciglia irritata, come può mio cugino non riconoscermi?
Ammetto che sono passati cinque anni, ma non dono poi cambiata molto, e dopo tutto sono la sua unica cugina.
Mi guardo nello specchietto dell'auto fissandomi con attenzione: i capelli molto più lunghi, che sfiorano il bacino, la figura più snella e gli occhi strani e inumani. Sono cambiata così dopo l'incidente e l'ospedale, ma non al punto da diventare irriconoscibile.
Sospirando mi avvicino alla macchina dove si è diretto Stiles, una jep azzurro puffo, che lui cerca, dopo alcuni tentativi, di farla partire.
Mi avvicino al lato del guidatore e busso leggermente al finestrino.
Mi cugino si gira e abbassa in contemporanea il vetro.
Abbasso gli occhiali e lo fisso ammiccante, con un sorriso appena accennato.
Lo vedo sgranare gli occhi e spalancare la bocca, in un impeto di sorpresa e felicità.
Rimane così imbambolato a fissarmi senza proferire parola troppo stupito per poter anche pensare.
<< Stiles, tutto bene? >> dice un ragazzo, di cui ammetto non essermi accorta minimamente.
Lo fisso analizzandolo.
Moro, carino e muscoloso, mascella leggermente inclinata e espressione beota stampata in faccia.
Stringo leggermente gli occhi, vedendo per un momento l'inquietante ombra di prima sovrapporsi al corpo del ragazzo
Scuoto il capo pensando a uno scherzo della luce.
Sorrido anche a lui e rispondo tranquilla.
<< Si, tutto bene >> dico sospirando << E tu, dimmi un pò Stiles, è così che si saluta la tua splendida cugina? >>
Vedo di sfuggita il moro sgranare gli occhi, perchè sono troppo concentrata nell'abbracciare mio cugino, che si è precipitato dall'auto per darmi un abbraccio dei suoi.
<< Phoebe, che ci fai qui? Cioè, non è che non ti voglio, ma non sei un pò troppo lontana da casa? Sono parecchie centinaia di chilometri in macchina, anche se posso capire il bisogno di vedere il super splendido Stiles >> dice con la sua solita parlantina instancabile, che faccio fatica a seguire.
Ma non mi distrae, appena si è staccato dal suo abbraccio stritolante ho subito notato i grandi cerchi scuri che gli circondano gli occhi stanchi.
<< Stiles, tutto bene? >> chiedo apprensiva, sentendo l'ombra sul mio cuore farsi più pressante.
<< Non preoccuparti >> risponde solamente, e sembra anche sincero, ma io so che sta mentendo, per me è un libro aperto,i suoi occhi non mentono.
Però faccio finta di nulla e sorrido.
Stiles mi ha presentato il suo stoico migliore amico, Scott Mcall.
Lo riaccompagna a casa, ed io li seguo con la macchina, poi proseguiamo fino alla centrale, dove mio zio è di turno.
Parcheggio, e mi rinfilo gli occhiali da sole, in modo da nascondere il colore innaturale degli occhi, intorno alla pupilla di un tenue dorato e intorno di un blu elettrico.
Scendo aspettando Stiles, che arriva portando un mazzo di fuori bianchi.
Sulle prime non capisco, poi mi rendo conto di che giorno è oggi.
Cerco di distrarlo e con passo baldanzoso mi avvio dentro l'ufficio.
E' pieno di scatoloni contrassegnati, quindi sento a malapena Stiles che si lamenta, troppo concentrata sui dettagli della stanza.
<< Heilà sceriffo, ha per caso intenzione di trasferirsi? >> dico sarcastica, sorridendo quando vedo il corpo dell'uomo sussultare al suono della mia voce.
Si tira su di scatto, e lui, mi rendo conto e l'unico in questa stanza ad essere rimasto sempre uguale.
Mi fissa un attimo sgomento, per poi stringermi in un abbraccio degno della famiglia Stilinski.
<< Tesoro, che ci fai qui? >> chiede allegro.
<< Bhe, avevo voglia di vedere il mio super zio e il mio ancor più figo e intelligente cugino >> rispondo tranquilla, poi sgrano leggermente gli occhi, guardandomi intorno e sentendomi mancare << Ho voglia di un thè, torno subito >> aggiungo in fretta, e mi defilo cercando di non far notare le vertigine e il senso di svenimento.
Cerco di respirare in maniera calma, e appena trovo un luogo appartato mi accascio a terra,chiudendo gli occhi.
E' una visione breve questa, ma abbastanza lunga da riuscire a stampare a fuoco nella mia mente l'immagine appena vista.
Prendo dalla borsa il mio blocco e una penne e con tratti decisi e veloci disegno ciò che ho appena visto.
Guardo il disegno e rabbrividisco.
Un incidente automobilistico.
Ma non è il mio, di questo sono sicura, ormai non lo sogno più, la mia mente è andata avanti.
Scuoto il capo per risvegliarmi, e lentamente mi alzo, per tornare verso l'ufficio dello zio.
Poco prima di aprire la porta mi fermo incuriosita dalla conversazione che sento avvenire all'interno.
<< Ho scelta? >> chiede mio zio << C'è stato un caso in particolare che non riesco a togliermi dalla testa, otto anni fa, quando diventai sceriffo, il mio primo incarico fu di avvisare un uomo che non solo la sua famiglia era morta in un incidente stradale, ma che il corpo di sua figlia di nove anni e stata trascinata via dai coyote >>
<> domanda Stiles.
<< Abbiamo trovato la macchina tre giorni dopo l'incidente, e i corpi all'interno erano pieni di morsi e graffi >>
<< Quindi pensi potrebbe essere opera di un licantropo? >> pronuncia mio cugino in maniera dubbiosa.
Mi si gela il sangue alla parola licantropo, ma non sono molto scioccata, dopo quello che sono diventata.
<< Forse >>
<< Anche i coyote lo fanno >>
<< Vero ma indovina che notte era la notte dell'incidente? >> dice lo sceriffo.
<< Notte di luna piena >>
Li lascio parlare qualche altro secondo, poi entro.
<< Allora, andiamo a casa, ho voglia di cucinare >>
 
                                                                                                  ***
 
Sono di nuovo davanti al liceo di Beacon Hills, ad aspettare che la campanella suoni per segnare l'inizio della pausa pranzo, almeno posso stare con lui.
Ieri, per la prima volta dopo anni, ho fatto una vera cena insieme alla cosa che più si avvicina alla famiglia per me.
Quindi ho deciso, che qualunque cosa minacci Stiles, io mi impegnerò a proteggerlo.
Mi incammino per la scuola verso il cortile, passando tra alunni e insegnanti, che a volte si girano, chiedendosi che sia questa ragazza dai tacchi altissimi.
Entro nel cortile, dove la maggior parte dei ragazzi si trova, ed inizio a scandagliare il luogo alla ricerca della testa familiare di mio cugino.
Lo trovo seduto ad un tavolo con il beota e un gruppo di amici piuttosto omogeneo, dove poco dopo si inserisce una ragazza asiatica.
Mi avvicino, cercando di ascoltare la conversazione e quando ci riesco rimango per un attimo stupita.
<< Credo di sapere di cosa parlate, è uno stato tra vita e morte, il "Bardo" >> spiega la ragazza asiatica.
<< E tu saresti? >> chiede una rossa, seduta al tavolo con aria diffidente.
<< Kira >> ribatte Scott << E' nella nostra classe si storia >>
<< E' uno stato tra vita e morte, in cui si possono avere allucinazione, che si possono vedere o sentire, e a volte vengono a farti visita divinità, buone o cattive >> spiega leggermente agitata, alternando lo sguardo a tutti i ragazzi seduti al tavolo.
Decido allora di introdurmi io, facendo un passo avanti e sedendomi vicino Kira.
<< Nel bardo la mente acquisisce un corpo fisico e mentale e può raggiungere qualsiasi luogo esso voglia. La vita nel bardo è fatta quasi sempre di sofferenze.E c'è un piccolo problema. >> spiego fissando i ragazzi seduti al tavolo.
<< Cosa? >> chiede una moretta seduta al tavolo.
<< Le visioni sono solo una parte, uno stadio >>
<< E' qual'è l'ultimo? >> chiede mio cugino fissandomi attento.
Lo fisso negli occhi, attentamente, con l'unica barriera dei miei occhiali a dividere i nostri sguardi
<< La morte >> pronuncio monocorde.
Vedo tutti i ragazzi al tavolo fissarsi con preoccupazione, come se la cosa li riguardasse.
Poi si riprendono e mi fissano, insistentemente oserei dire.
<< E ora tu chi diavolo sei? >> dice sempre la rossa stizzita.
<< Piuttosto, voi chi siete? Ditemi i vostri nomi >> dico come se non avessi sentito la ragazza, che ora mi fissa con odio.
<< Whoa, tranquilli, calmi, Phoebe, la rossa è Lydia, la mora è Allison e ricciolino è Isaac, Scott lo conosci e lei è Kira >> parlotta senza prendere fiato Stiles << Invece lei ragazzi, è mia cugina, Phoebe >>
Li guardo tutti con un sorrisetto stampato in faccia, mentre con la manina faccio ciao ciao.
Vedo ricciolino strizzare gli occhi, per poi fissarmi attentamente.
Inclina il capo, socchiudendo gli occhi in maniera strana, si avvicina a me fissandomi bene, sia per quanto riguarda il viso che il fisico.
<< Tu e Stiles siete davvero imparentati? >> chiede improvvisamente.
Faccio di si con la testa.
Sarà una lunga visita.
                                                                                                                                             
                                                                                                                                                ***
 
Accompagno Stiles e Scott allo studio veterinario della città, dove quest'ultimo lavora come assistente.
Mi salutano entrambi, e prometto di venirli a riprendere fra una decina di minuti.
Decido di scendere dalla macchina e farmi una passeggiata.
L'aria che si respira in questa città non mi piace, è satura di qualcosa che mi opprime il cuore e i polmoni, mi confonde la mente
Però sento anche di appartenere a questo luogo, per un qualche stupido motivo.
E' come una presenza costante, debole ma persistente, che mi richiama e mi ancora qui, attirando come una falena con la luce, una sirena con un marinaio.
E' qualcosa che mi spinge fuori da Beacon Hills, per i boschi, in una pulsazione del tutto selvaggia e animale, che fatico a comprendere.
Guardo l'orologio e mi rendo conto che è ora di andare da Scott e Stiles.
Cammino veloce per la strada e arrivata davanti lo studio fisso la facciata, che sembra avvolta da una patinata scura.
Dando la colpa agli occhiali me li tolgo e entro chiamando Scott e Stiles.
Dalla porta dello studio esce un uomo di colore, che mi guarda negli occhi e si ferma raggelato.
<< Mi scusi, son inquietanti vero? Aspetti, metto gli occhiali da sole >> dico frugando nella borsa, anche se è sera e non vedrò nulla.
<< Non si preoccupi, sono solo... insoliti >> ammette accennando col capo agli occhi.
Il veterinario continua a guardare i miei occhi con attenzione, quasi come se dentro ci potesse trovare le risposte cosmiche e filosofiche, tipo sapientino per gli adulti.
Poi come se nulla fosse si gira e fa per entrare nella clinica.
<< Solo una cosa, stia vicino Scott, Allison e Stiles, sopratutto Stiles >> dice girandosi di scatto verso di me e fissandomi di sbieco.
Sgrano leggermente gli occhi a questo piccolo consiglio.
<< E' quello per ci sono venuta >> ammetto tranquilla, fissandolo intensamente.
Poi lui sorride, non con un sorriso vero, ma con un sorriso tutto misterioso del tipo io-so-cose-che-tu-non-sai.
<< Scott e Stiles sono già fuori con lo sceriffo >> e dopo questo indica la porta con il mento << Arrivederci >>
<< Arrivederci >> sussurro a nessuno in particolare.
Faccio inversione di marci sui miei tacchi ed esco nuovamente fuori dove Stiles, mio zio e Scott mi aspettano.
<< Phoebe, porta Stiles a casa, io accompagno Scott >> annuncia mio zio appena mia avvicino.
Con un segno del capo do il mio consenso e ci incamminiamo, io con la mia auto sportiva e lui con la jep puffo, e arriviamo sani e salvi a casa.
Io salgo e vado nella camera che mio zio mi ha dato per tutta la durata del mio soggiorno non previsto a Beacon Hills.
Mi spoglio e mi addormento quasi subito, per la prima volta dopo diverse notte riesco a dormire, almeno finchè non mi sveglio, per poche ore.
Soltanto che a mezzanotte sento Stiles uscire e sgattaiolare fuori casa, così senza pensarci lo seguo.
Si incontra con Scott, e si inoltrano nel bosco con me alle calcagna.
Arriva al luogo di un incidente, probabilmente quello di cui parlava mio zio oggi, quando, un coyote, e per coyote intendo il canide che assomiglia a una volpe marrone appare e diamine, vedo Scott fare uno scatto mostruoso per raggiungerlo.
Scott non è umano.
E Stiles ne è perfettamente consapevole.




Scleri e spiegazioni post-capitolo
Allora, Io sono IoNessuno e questa è la prima storia su Teen wolf che pubblico.
Amo seriamente il telefilm e la mia coppia preferita è la Sterek, però sono una frana a scrivere scene slash, quindi beccateve una Het con Nuovo persinaggio/DerekilpiùficoHale -.-
Allora come si è capito il mio personaggio è Phoebe, cugina di Stiles e unico parente oltre al padre, e lei ha un dono, che verrà spiegato meglio nei prossimi capitoli.
Il primo capitolo segue in tutto e per tutto il primo episodio, leggermente riassunto, tranne le scene in aggiunte da me.
Dai prossimi capitoli la storia di distaccherà dagli episodi non tanto per trano quanto nell'inquadramento dei personaggi.
Ho scritto questa storia per la batosta della morte di Allison, quindi chi vuole è pregato di disperarsi con me.
Questo è il mio gruppo facebook:
 https://www.facebook.com/groups/483107111717601/
Spero in una piccola recensione, che mi farebbe molto molto felice.
Il prossimo capitolo sarà pubblicato sabato prossimo.
Fatemi sapere cosa ne prensate.
                                          IoNessuno

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Capitolo 2
*** -Capitolo 2- The lost fire ***


Capitolo 2- The lost fire

Things we lost to the flame || Cose che abbiamo perso tra le fiamme
Things we'll never see again || cose che non rivedremo mai più 
All that we've amassed || tutto quello che abbiamo accumulato 
Sits before us, shattered into ash || giace di fronte a noi, frantumato in mille pezzi nella cenere
                                                                          Things We Lost In The Fire-Bastille



Vedo Scott scattare all'inseguimento del coyote, con Stiles alle calcagna.
Io non da meno scatto dietro a mio cugino, spostando e evitando rami e radici che nel buio della notte hanno già rischiato di ferirmi varie volte.
Guardo davanti a me e mi rendo conto ne di sentire ne di vedere Stiles, che correva poco davanti a me.
Mi fermo, al buio e sola nel bosco.
Gli alberi alla tenue luce della luna mandano ombre scure e sinistre a terra, ma io non ho paura.
Inizio ad avanzare, prima incerta e poi man mano più sicura, in una direzione ben precisa, dettata dall'istinto.
Vado avanti, non sapendo assolutamente dove andare, ma con un presentimento, un filo che mi lega e spinge ad andare in questa direzione.
Sembrano passate ore quando arrivo con passo meno sicuro in una radura, dove al centro sorge il tronco mozzato di quello che a suo tempo deve essere stato un albero meraviglioso.
Mi si blocca il respiro vedendolo, e tremando mi avvicino timorosa a ciò che rimane dell'albero.
Mi fermo a pochi passi, osservando le scure radici nodose, ricurve, per poi cadere in ginocchio di fronte a esse.
Gattono lentamente, fino a trovarmi a un soffio dal toccare il ceppo, segnato dal tempo.
Poi prendo coraggio.
Allungo la mano ,che sudata si posa sul legno umido.
Sgrano gli occhi.
Dura solo un secondo, ma è come se qualcosa mi fosse entrato nella mente.
Come se l'albero fosse vivo.
Allontano di scatto la mano, cominciando a indietreggiare, sentendo e percependo qualcosa che non mi piace.
Tutto qui intorno è gravido di potere, che mi attira e mi spinge a posare nuovamente la mano sul legno vivo.
Mi giro e comincio a correre, evitando di girarmi, perchè sarebbe la fine.
Continuo a correre sperando in un miracolo divino di ritrovare mio cugino e il suo amico.
Mi blocco sentendo delle voci, è come un cane da usta, anche se sarebbe più azzeccato paragonarlo a Scott, mi muovo e li trovo davanti quella che credo sia la tana del coyote.
Però non sono soli.
Sono arrivati lo sceriffo e alcuni poliziotti, insieme ad un uomo che piangendo stringe tra le mani un pezzo di stoffa consunta.
Sguscio veloce via, cercando di non farmi vedere dalla moltitudine di poliziotti appostati qui davanti.
Faccio la strada fatta inizialmente, solo al contrario, stando attenta a non perdermi.
Arrivo al limitare del bosco dove ho parcheggiato la mia auto, leggermente nascosta, fra rami bassi e cespugli.
Apro la portiera ed entro in macchina, accendendo, il riscaldamento.
Mi rendo conto solo ora di star tremando.
Accendo il motore, battendo i denti e avanzando lentamente,per portarmi nuovamente sulla strada asfaltata.
Accelero in fretta, cercando di arrivare il prima possibile a casa.
Abbasso gli occhi e fisso la mano, la stessa con cui ho toccato il ceppo.
Trema in maniera vistosa, più di tutto il corpo, come se il semplice fatto che essa ha sfiorato il legno aumentasse le vibrazioni.
Scuoto il capo e mi sbrigo, accelerando maggiormente, per poi ritrovarmi davanti casa Stilinski.
Apro la porta e passando per la cugina trovo un biglietto, dove lo zio mi avverte di non preoccuparmi se non lo trovo in casa.
Salgo le scale e chiudo leggera la porta della mia stanza per poi spogliarmi e calciare lontano le scarpe.
Mi infilo sotto le coperte e in una di quelle rarissime volte, mi addormento con la voglia di chiudere gli occhi, senza il solito timore degli incubi, che reali e premonitori, bussano ogni notte alle porte della mia mente.
Rilassata chiudo gli occhi e tutto si fa buio.

Caldo. Calore. Fiamme.
Urla di bambini, che vengono portati via dal fuoco, un fuoco che con voracità inghiotte e distrugge tutto ciò che trova sul suo passaggio.
Implacabile, nulla lo può fermare, imperterrito continua nella sua opera devastante.
E' pura luce, l'abitazione che brucia, un enorme falò di dolore, che brucia, brucia senza spegnersi.
Divora tutto,
Io sono solo una mera spettatrice, che senza poter fare nulla fissa, incantata e terrorizzata, lo spettacolo che gli si para davanti.
Sposto lo sguardo verso il basso, dove il fumo e la cenere nell'aria non oscurano la vista, è vedo una piccola manina, che da un piano inferiore della casa sbuca fuori cercando aiuto.
Mi sento male, mi fa male il petto, voglio, desidero aiutarla ma non posso, in questi sogni sono un fantasma, qualcosa di informe, che non può toccare o essere toccato, visto o essere udito.
Io in questi sogni non sono nessuno, se non un ombra un qualcosa di invisibile nel tempo.
Inizio a piangere.
Lacrime pesanti dovute si al fumo, ma sopratutto al dolore e all'impotenza si fanno largo, cominciando a bagnarmi le labbra.
Cado in ginocchio, facendomi male sul duro terreno del bosco e piango.
Piango fino a quando il fumo mi entra nei polmoni, rendendomi difficile respirare.
Piango fino a quando la cenere con lentezza mi consuma le lacrime.
Continuo a piangere, fino a quando non rimane più nulla, fino a quando sono svuotata, un contenitore senza nulla, apatica.
Fisso la devastazione di fronte a me.
Tutto inizia a sfocarsi, perdendo forma e colore, ondeggiando e rimpicciolendosi, fino a quando non vengo circondata dal nero, una profonda oscurità che mi avvolge come velluto.
Grido.

Apro di scatto gli occhi, girando lentamente l testa in direzione della finestra, dove una tenue luce si fa avanti, segno che è già mattina.
Mi passo le mani sulla guancia, sentendola bagnata.
L'incubo questa notte è stato orribile, devastante.
Sento ancora il petto oppresso in una morsa dolorosa, che mi rende difficile respirare.
Mi metto lentamente in posizione eretta, sedendomi e appoggiandomi alla testiera del letto, cercando di fare ordine nella mia mente.
Ho sognato una casa che ardeva con all'interno persone vive.
Questa casa era situata in un bosco.
Ciò che devo fare ora è capire il perchè di questo sogno.
Ogni volta, dalla notte dell'incidente, i sogni in cui ero consapevole, hanno sempre avuto un significato nascosto, un qualcosa che mi aiutasse a risolvere problemi più o meno gravi.
E ora non capisco, che senso ha sognare una casa in fiamme?
Non è una premonizione sul futuro, ne sono sicura, penso più uno sprazzo di passato, o un ricordo.
Ma ricordo di chi?
Non mio di certo, per quanto la mia vita possa essere stata problematica non ho mai assistito ad una scena così raccapricciante.
E se fosse...
Abbasso lo sguardo sulla mano, così normale e naturale, senza il tremito di questa notte, uguale identica all'altra.
Convinta scuoto il capo, pensando alla stupidità di tale insinuazione, anche solo pensarlo è impossibile.
Un albero non ha ricordi.
Mi alzo in piedi stiracchiandomi, tendendo i muscoli della schiena e sentendo scricchiolare le ossa.
Passo velocemente in bagno, per vestirmi e darmi giusto una rinfrescata prima di scendere a fare colazione.
Scendo le scale, con i tacchi in mano, saltando e improvvisando un balletto a piedi nudi.
<< Buongiorno >> dico allegra, salutando mio zio, che ha una faccia tutt'altro che allegra.
Grossi cerchi scuri aleggiano sotto i suoi occhi, che sono rossi e stanchi, il tutto dovuto probabilmente alla nottata nel bosco.
Io sono fortunata ormai gli anni passando notti insonni non lasciano più alcun segno sul mio viso.
Metto a bollire un pò d'acqua per prepararmi un thè, mentre in contemporanea preparo la colazione per mio zio e Stiles, che non si è ancora alzato.
Canticchio a bassa voce mentre affetto un pò di frutta, secondo le regole imposte da Stiles per l'alimentazione, solo cibo salutare.
Continua ad affettare, quando mi viene in mente di chiedere a mio zio del mio incubo, dopotutto lui è nella polizia e un incendio di quelle proporzioni non sarà passato inosservato.
<< Zio, per caso, da quando sei sceriffo, ti è mai capitato di dover far fronte ad un grande incendio? >> chiedo distratta << Qui a Beacon Hills naturalmente >>
Vedo lo sceriffo girarsi e fissarmi, socchiudendo leggermente gli occhi in uno sguardo indagatore.
<< Perchè questa domanda ? >>
<< Niente così >> rispondo con una faccia angelica mentre indaffarata continuo a cucinare.
Lo vedo prender un sorso di caffè dalla sua tazza, ed appoggiarsi con i fianchi al ripiano della cucina.
<< Comunque la risposta è si >> dice guardando davanti a se << Una casa nel bosco è andata a fuoco, e nell'incendio è rimasta uccisa, bruciata viva, quasi un intera famiglia, sono sopravvissuti solo in tre >> sospira massaggiandosi il setto nasale.
Blocco il coltello a mezz'aria per qualche secondo, interrompendo ciò che stavo facendo, per poi calarlo con più forza sul pianale.
<< Dove è successo ? >> chiedo con voce leggermente tremante, poggiando il coltello nel lavandino e finendo di preparare il thè.
Mio zio fissa assorto e con attenzione i miei movimenti, come se in essi potesse trovare diverse risposte per lui fondamentali.
<< Casa Hale >> pronuncia << Al limitare del bosco subito dopo il cartello " Benvenuti a Beacon Hills" >> finisce fissandomi.
Lo vedo prendere una mela appena sbucciata e andarsene.
<< Buona giornata Phoebe, vado in centrale, se c'è bisogno di me sai come contattarmi.
Con la tazza in mano mi siedo sul tavolo cercando di fare colazione in tutta tranquillità e di riflettere, ma non c'è l'ha faccio, è più forte di me.
Butto giù tutto d'un fiato il thè ancora bollente ustionandomi.
Scribaccio in fretta un biglietto per Stiles, nel caso non fossi a casa quando lui ritorni da scuola, e con velocità mi infilo la giacca di pelle e i tacchi, per poi prendere le chiavi della macchina e di casa, e volare di fuori.
Salgo in auto, dove mi prendo qualche secondo per respirare e pensare, stringo il volante e parto.
                                             
                                                                                           ***

E' la seconda volta i due giorni che supero questo cartello a una velocità sostenuta.
Spingo sul pedale del freno, addentrandomi leggermente nella rada boscaglia, parcheggiando l'auto come meglio posso.
Smonto dal sedile del guidatore con calma, anche se mi sento invasa di adrenalina.
Comincio a camminare lentamente guardandomi intorno.
Alberi altissimi mi circondano, con le radici sporgenti che spuntano dal terreno, i rami fitti coprono quasi completamente la vista del cielo oscurando la luce.
Infatti sebbene siano a malapena le 8.30 di mattina qui sembra di essere al calar della sera.
Cammino tranquilla,seguendo una specie di sentiero tracciato dagli alberi che lasciano alcuni metri liberi per passare.
Più vado avanti , più una sensazione, sentita già in precedenza si fa più forte.
E' come se una sorta di potere mi chiamasse a se, attirandomi come una falena alla luce, lasciandomi svuotata di ogni sentimento negativo, facendomi sentire in pace in questa natura incontaminata, che mi chiama a se.
Ho la pelle d'oca.
Mi sento come se mi stessi avvicinando a qualcosa di importante, sopito a non meno potente, una sorta di belva in letargo, dormiente, ma non per questo meno potente, ma sopratutto viva.
Circonda ogni cosa.
Sorrido leggermente, aspirando l'aria pulita.
Poi la vedo, e il respiro mi si blocca.
Davanti a me, come nel mio sogno si trova una villa, nascosta in una radura del bosco.
Però a differenza del mio sogno, qui non arde un fuco affamato che divora le nostre cose. Qui arde solo un senso di solitudine, delle cose ormai perse.
La villa cade a pezzi, completamente distrutta dalle fiamme e dall'umidità, e neanche il tempo deve essere stato clemente.
Le pareti sono annerite e quelli che un tempo dovevano essere rifiniture di una bel blu ora sono solo strisce carbonizzate.
Mi avvicino con rispetto ad un luogo che deve essere stato pieno di dolore.
E come nel sogno piango.
Non so perchè lo faccio, so solo di doverlo fare.
Lo devo fare per ciò che si è frantumato nella cenere.
                                                 ***
Sono appena tornata a casa, con gli occhi ancora lucidi di pianto quando vedo Stiles uscire di casa diretto alla jep.
<< Hey >> lo richiamo << Dove vai? >> gli chiedo.
Non mi piace come si sta comportando lo vedo agitato e troppo iperattivo, troppo anche per Stiles.
<< Scusa Phoebe, ora non posso parlare, ho da fare >> dice cercando di defilarsi in fretta, ma io più veloce lo afferro per un braccio.
<< Stiles, che succede? >> dice ormai preoccupata, Stiles di solito non è così, è strano, ma non fino a questo punto.
<< Non è nulla, non preoccuparti >> dice sfilandosi dalla mia presa.
Lo riacciuffo in fretta, irritata da questi comportamenti.
<< Ripeto, che succede? >>
<< Nulla, devo andare da Scott >>
<< Andare da Scott e sistemare la faccenda con un coyote mannaro per caso? Oppure girare per i boschi rischiando di ammazzarti >> finisco fissandolo negli occhi e facendo due più due di tutto ciò che ho visto, sentito e percepito in questi due miseri giorni a Beacon Hills << Credo che io e te dobbiamo parlare >>
Vedo Stiles cominciare a iper ventilare, come se stesse per andare in panico completo, quindi per riprenderlo gli do uno scappellotto deciso sulla nuca.
<< Tu--u come dia--mine... >> inizia balbettando, per poi riscuotersi << che mi aspetto dopo tutto sei mia cugina >> finisce sospirando.
Apre la portiera della jep e io prendendolo come un invito salgo.
Il nostro viaggio fino alla casa di Scott è una lunga chiaccherata su tutto ciò che è successo qui intorno in questo periodo. E con tutto intendo proprio tutto quindi Alpha psicotici, cacciatori sanguinari, kanima e allegri sacrificatori di vergini.
Quando arriviamo a casa Mcall il mio cervello a parecchio da digerire, quindi non faccio quasi caso a ciò che succede quando la rossa-Lydia- e il beota- Scott- entrano in auto.
<< Lei che ci fa qui? >> chiede Lydia, fissandomi e analizzandomi, cercando di capire del perchè della mia presenza.
<< Sa tutto >> dice semplicemente Stiles, e lì i tre ragazzi iniziano a litigare.
Io li fisso impassibile, per poi far scendere Stiles dalla macchina e prendere il posto di guida, dove inizio a guidare, in modo da lasciarli litigare in pace senza rischiare un incidente.
Lui si è aperto con me, ma io non penso di riuscirci, ciò che ho passato è troppo brutto, per essere raccontato a qualcuno di innocente come Stiles.
Penso che il solo fatto di fargli sapere che io sono effettivamente morta, come è accaduto a lui ,per quasi due giorni potrebbe mandarlo fuori di testa.
Arriviamo in fretta al luogo di incontro, dove l'allegra banda lupachiotti a deciso di incontrarsi.
Dopo qualche problema tecnico sul perchè io sia qui, opportunamente risolto, ci dividiamo cercando la piccola Malia aka coyote mannaro.
Io finisco con Lydia e Stiles, ma non so come finisco per perdermi, da sola nel bosco pieno di trappole per orsi e un coyote mannaro a piede libero.
Ne ho passate di peggio, quindi non sono preoccupata quando dovrebbe esserlo una persona normale, perchè in fondo sono giovane e intelligente, con buoni riflessi e discretamente agile.
Almeno penso questo fino a quando non comincio a barcollare, presa dalle vertigini e da forti capogiri,che annunciano l'arrivo di una "visione".
Ho a malapena il tempo di poggiarmi contro il tronco di un albero prima di perdere i sensi.

Sono in un luogo buio, tetro e umido, un oscurità totale mi avvolge.
Sento grida, urla e lamenti di dolore.
Grida di pazzia.
Comincio a muovermi cercando di spostarmi, ma mi rendo conto di essere strettamente legata, completamente immobilizzata su quella che mi sembra una specie di lettino.
Inizio a tremare terrorizzata, mentre cerco di liberarmi, senza alcun sintomo di riuscita.
Strattono con forza le cinghie che mi tengono legata urlando e gemendo di frustrazione quando queste, invece di allargarsi sembrano stringersi sempre di più in una morsa soffocante.
Capendo che facendo ciò non faccio altro che sprecare energie mi fermo rimanendo immobile e isolandomi da tutto.
Non so per quanto tempo rimango così, ferma immobile ad ascoltare in  mio respiro, quando dopo quelle che sembrano ore sento un nuovo rumore aggiungersi ai lamenti.
Una camminata zoppicante, che lentamente si avvicina, un respiro sibilante sempre più forte.
Cerco di rimare ancora più ferma di quanto già non sia, spaventata da questi suoni, che a differenza degli altri sembrano sempre più vicini, sempre di più.
Deglutisco sentendo il passo zoppicante fermarsi, chiudendo gli occhi, strizzandolo con quanto più forza possa avere.
Poi i passi ricominciano, fino a quando si fermano definitivamente.
Sento il rumore di qualcosa che si sfrega, poi un tenue chiarore illumina le mia palpebre strettamente chiuse, quasi in maniera ermetica.
Lentamente rilasso i muscoli facciali, aprendo prima leggermente, poi sempre di più gli occhi.
Un volto deformato coperto da bende mi fissa, con le orbite vuote e denti mostruosi e inumani.
Mi irrigidisco e spalanco la bocca.
Grido.
                                                    ***
 A quanto pare è così che mi hanno trovato nel bosco, gli occhi spalancati, il corpo tremante e la bocca aperta in un urlo muto.
Tremo tutt'ora, che sono seduta in macchina, e con la giacca di Scott sulle spalle.
Nella mia mente non fa che riaffacciarsi il volto di quel demone, quell'incubo che mi fissa.
Sono sicura, che ora, ogni volta che tenterò di dormire quell'immagine busserà alla mia mente.
Mi scosto i capelli dal viso e guardo fuori dal finestrino, dove lo sceriffo sta riportando a casa la piccolo, anzi non tanto piccola, Malia Tate dal padre.
La vedo abbracciare il padre, e con gelosia mi rendo conto che a me non potrà mai più succedere.
Sposto lo sguardo davanti a me, dove Stiles è seduto e affacciato fuori dal finestrino.
Lo vedo rilassarsi e appoggiarsi allo schienale del sedile, sorridendomi e indicando la scritta dul vetro della macchina.
<< E' finita >> sussurrà sospirando.
Io lo guardo senza parlare per poi scuotere il capo.
Nella mia mente scorrono in sequenza le ultime immagini dei miei incubi: la casa, il fuoco e il demone bendato.
Fisso i miei occhi, così bizzarri e così misteriosi nello specchietto retrovisore.
Niente è finito.
E' appena iniziato.





Spiegazioni post-capitolo

Sono riuscita a pubblicare per il rotto della cuffia con la scadenza che mi ero prefissa.
Bene, sono stata mitica.
Allora, le questioni si aprono, si comincia a capire meglio il potere e cosa è accaduto alla nostra Phoebe.
Lei scopre cosa è Scott e Stiles è costretto a capitolare.
I suoi sogni continuano e lei già comincia a pensare a qualcuno che fra poco incontrerà.
Credo che sia palese di chi stia parlando.
Lei è anche la prima, a quanto pare a incontrare il cattivo della stagione, che la terrorizza in una delle sue visioni.
Bhè, non c'è altro da aggiungere.
Volevo ringraziare l'anima pia che ha recensito, questa storia e le persone che l'hanno messa fra le seguite.
Spero che il capitolo vi piaccia.
Fatemelo sapere con una recensione, mi fareste veramente felice.
A sabato prossimo.
IoNessuno

PS: Mio gruppo facebook con foto personaggi, se volete farvi un idea di Phoebe https://www.facebook.com/groups/483107111717601/

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Capitolo 3
*** -Capitolo 3- Eyes ***


 
Allora, solitamente non faccio note a inizio capitolo ma vorrei scusarmi con le persone che seguono questa storia, e vi chiedo assolutamente perdono per i ritardi, ma vorrei spiegarmi.
Allora subito dopo la pubblicazione del secondo capitolo mi è stato sequestrato il computer a causa di un brutto voto a latino e diciamo che mia madre, non me l'ha ridato per molto tempo.
Poi è sorto il secondo problema, cioè il capitolo, che effettivamente è stato un parto, e ve ne accorgerete dalla lunghezza e dagli eventi.
Mi voglio ancora scusare e spero che qualcuno mi segua ancora.
 
 
 
 
Capitolo 3
 
Look into my eyes || Guarda nei miei occhi
It’s where my demons hide || È dove i miei demoni si nascondono
It’s where my demons hide || È dove i miei demoni si nascondono
Don’t get too close || Non avvicinarti troppo
It’s dark inside || Dentro di me c’è il buio
It’s where my demons hide || È dove i miei demoni si nascondono
It’s where my demons hide || È dove i miei demoni si nascondono
                                                                    Demons- imagine dragons
 
Eyes
 
Mi rigiro nel letto, incapace di rimanere immobile e di dormire, con la testa piena di mille pensieri, che non portano a nulla, inutili distrazione da quelle poche ore di sonno strappate a incubi che inclementi non mi fanno dormire.
Guardo fisso il soffitto della mia stanza, regolarizzando il respiro e ascoltando il silenzio della casa.
Ci sono solo io.
Lo zio è fuori dalle otto, per un qualche problema sorto in centrale, mentre Stiles è a scuola, a preparare un qualche tipo di scherzo ad un suo professore.
Questa è la notte prima di Halloween.
Mi sento inquieta, dannatamente apprensiva, quasi oltre il mio limite immaginario.
Sono in pensiero per entrambi gli uomini Stilinski, quindi dormire, almeno finchè entrambi non rientreranno, sarà impossibile.
Sbuffando contrariata, apro la finestra, e in fretta prendo un cardigan, rabbrividendo all'aria fredda di fine ottobre, e scuotendo il capo mi strofino velocemente le braccia, per poi prendere album e matita da disegno, e mi siedo in bilico, con i piedi che penzolano oltre il bordo della finestra.
Comincio con il ritrarre cose a me familiare, come gli occhi e il naso di Stiles e la bocca contornata di rughe dello zio, quando poi la mia mano, come guidata da qualcosa, inizia a tracciare forme sempre più marcate, sempre più scure e ombreggiate, fino a quando, sul foglio bianco non si distingue perfettamente i contrasto, nero su bianco, la figura di un lupo accucciato, con le zanne scoperte in un ringhio feroce, come se da un momento all'altro fosse pronto a balzare fuori dal foglio e attaccare invisibili nemici.
Con fare trasognato accarezzo le linee marcate, per poi chiudere l'album e stringermelo al petto, mentre fisso la strada.
Ormai, da quando sono arrivata qui, a Beacon Hills, non faccio altro che disegnare animali, in particolare lupi.
Vedo in lontananza, che si avvicina, una volante della polizia, e rendendomi conto che sta per fermarsi davanti casa nostra, sospiro di sollievo.
Lo zio è tornato, ne manca solo uno all'appello.
Butto i miei disegni in terra, per poi iniziare nuovamente a dondolare i piedi, mordicchiandomi le labbra, tesa.
Sono quasi le tre di mattina e Stiles ancora non è tornato, e se non è qui entro mezz'ora, lo vado a cercare.
Si fanno le 03:25 e di lui non c'è ancora traccia.
Sono lì lì per infilarmi un paio di scarpe da ginnastica quando vedo la familiare jep puffo fermarsi nel vialetto.
Rilasso le gambe prima tese, e guardo Stiles entrare in casa con passo baldanzoso, sicuramente contento per lo scherzo architettato.
Scendo dal davanzale della finestra, stiracchiandomi e allungando il corpo indolenzito dalla posizione forzata.
Mi stendo sul letto, cercando di rilassarmi, e non so come, il sonno arriva in poco tempo, ed io mi abbandono nell'oblio.
 
                                                       ***
 
Mi alzo dal letto stranamente riposata, senza il senso di stanchezza che mi accompagna dopo un incubo.
Mi lavo e vesto in fretta, per poter scendere e preparare la colazione, sperando che mio zio e Stiles non abbiano già provveduto da soli.
Scendo in cucina e per mia sfortuna trovo mio zio che beve un caffè, quindi di preparare la colazione non se ne parla.
Metto su l'acqua per il mio thè, mentre guardo meglio papà Stilinski.
<< Nottataccia? >> chiedo osservando preoccupata gli occhi stanchi di mio zio, che passandosi una mano sul volto annuisce.
<< Abbiamo avuto problemi con un caso piuttosto particolare >> ammette, fissandomi << Ed ora devo tornare a lavoro >> dice stanco.
Mentre lo guardo andare via vengo presa da una strana preoccupazione, mentre per la mente mi passa un immagine sfocata.
Vado da lui e lo fermo per un braccio.
<< Sta attento >> dico osservandolo preoccupata << E fa attenzione agli insetti >> finisco di getto.
Sgrano leggermente gli occhi , e chiudo la bocca, stupita da questa frase idiota, a mio parere.
Credo che anche mi zio lo pensi, perchè infatti mi sta guardando leggermente stralunato.
<< Non so perchè l'ho detto >> ammetto allontanandomi di un passo << Non farci caso zio >> dico sventolando la mano davanti al volto,come per allontanare qualcosa di fastidioso.
Vedo mio zio fissarmi strano, per poi salutarmi e uscire di casa.
Rimango imbambolata qualche minuto, per poi riprendermi, quando sento bollire l'acqua del thè.
Me lo preparo in fretta e lo sorseggio.
Non so veramente perchè ho detto quella frase, so solo che la dovevo dire, era come se sentissi un formicolio sottopelle, che insinuoso è risalito fino alle labbra.
Scuoto il capo, cercando di scacciare via tutti i pensieri fastidiosi, che maligni cercano di infiltrarsi nella mia mente.
Vado alla porta infilandomi le scarpe e prendendo le chiavi, per poi uscire e rabbrividire.
Salgo svelta in macchina, accendendo subito il riscaldamento.
Vedo che dalla tensione mi tremano le mani, quindi stringo il volante e appoggio la testa.
Un respiro lungo e due brevi.
Sto per avere una crisi, qualcosa non va.
Un'emicrania mi sta spaccando il cranio in due.
Qualcosa di brutto sta per succedere.
Continuando con la litania del respiro lungo seguito da quelli brevi, accendo il motore e mi lascio guidare dall'istinto.
Il mio cervello in questo momento è perfettamente diviso in due, una parte di me presta attenzione alla strada , l'altra segue il mio istinto.
Mi sembra di guidare da ore ormai, anche se probabilmente non sono passati neanche dieci minuti, che completamente assorta parcheggio in un luogo familiare.
Alzo lo sguardo.
La clinica veterinaria.
Scendo dall'auto e chiudo con la sicura, guardandomi intorno.
Come la prima volta che sono venuta qui, vedo l'edificio avvolto da una patina scura, che sembra proteggerlo.
Entro guardandomi intorno circospetta, mentre il campanello attaccato alla porta tintinna, avvisando del mio arrivo.
Mi avvicino incuriosita a dei diplomi incorniciati al muro, fino a quando una voce mi coglie di sorpresa.
<< Serve aiuto? >> mi volto di scatto, fissando l'uomo in camice che mi fissa.
Gli faccio un sorriso.
<< Mhn... veramente no, ero solo... ecco... di passaggio >> ammetto fissandolo, incuriosita, questo uomo è strano, più che altro ha un'aria strana.
<< Comunque credo che io lei non ci siamo presentati, almeno non bene >> ammetto tendendogli la mano.
<< Phoebe, Phoebe Stone >>
<< Alan Deaton >> dice accettando la mia mano con un sorriso tutto denti.
Non so perchè ricambio il sorriso, ma il mio è un pò stentato.
La mia emicrania sta peggiorando e un rumore fastidioso sti sta accumulando al caos che ho già in testa.
Anche Deaton se ne accorge, perchè mi si rivolge preoccupato.
<< Tutto bene? >>
Cerco di capire, chiudo gli occhi, cercando di isolare questo rumore fastidioso, che mi sta trapanando la testa.
Insetti.
Non so perchè ma la parola di questa mattina fa capolino nella mia mente, cercando un collegamento con tutto questo.
Ronzio.
Insetti.
Mosche.
Apro di scatto gli occhi e vede Deaton che mi guarda indagatore.
<< Scusi il disturbo >> faccio, incamminandomi verso la porta << Ora devo proprio andare >>.
Non so perchè, ma sento che qui prima o poi dovrò tornare, per cercare delle risposte, ma ora la mia attenzione e totalmente concentrata su altro.
Appena uscita dall'ambulatorio inizio a correre verso la macchina.
Mi siedo e appena seduta mi metto le mani trai capelli.
<< Cosa diamine vuol dire mosche? >> sussurro a me stessa.
In questo momento non sto capendo assolutamente nulla, se non che qualcosa di brutto sta per succere.
Mosche. Mosche. Mosche.
Continuo a rimuginare, ma niente, non trovo una risposta.
Poi squilla il telefono.
<< Phoebe, sono lo zio, non preoccuparti se non torno a casa, abbiamo problemi, ora sono al liceo, tu non muoverti di casa >> non mi da nemmeno il tempo di rispondere che ha già attaccato.
Alzo il capo dal volante.
Sul mio viso aleggia un sorrisino pericoloso.
Scuola uguale Stiles. 
Stiles uguale problemi.
Problemi uguale visioni.
A quanto pare ho trovato la mia direzione.
 
                                                  ***
 
Sono fuori il liceo di Beacon hills, e qui è un delirio, nel vero senso della parola.
Ci sono ovunque volanti della polizia, anche se alcune stanno iniziando ad andarsene.
A quanto pare il problema è bello grosso.
E sono sicura di essere nel posto giusto quando mi rendo conto che il ronzio è più forte che mai, e fastidioso.
Faccio un giro largo dell'isolato, in modo da nascondere l'auto dagli occhi di mio zio.
Quindi scendo.
Mi guarda intorno, cercando di passare il più inosservata possibile, anche se una ventenne su tacchi che sembrano trampoli non è molto invisibile.
Riesco ad infiltrarmi nella scuola in maniera piuttosto semplice e veloce, quindi inizio la ricerca di mio cugino.
Per mia fortuna lo trovo quasi subito.
E' con Lydia e Scott, e stanno parlando piuttosto animatamente.
Lydia è la più infervorata.
<< Deve essere qui! Il ronzio che sento è più forte >> dice la rossa guardando i due amici.
<< Quanto forte ? >> chiede Stiles.
A quel punto entro in scena io, avvicinandomi a Lydia, e prendendola per le spalle.
<< Tanto forte da spaccarti il cranio? >> chiedo seria.
Vedo tutti voltarsi verso di me, leggermente scioccati come se non capissero di cosa sto parlando e del perchè io sia qui.
Ci credo quasi, ma poi guardo Lydia negli occhi e capisco.
<< Il ronzio >> dico semplicemente guardandola << Sono mosche, vero? >>.
Vedo la ragazza mordersi il labbro, per poi annuire semplicemente.
Guardo verso mio cugino.
<< Spiegami che diamine sta succedendo >> dico semplicemente.
<< Si, si, però prima dobbiamo impedire alla polizia di andarsene >> poi Stiles inaspettatamente si ferma dalla sua solita frenesia
<< Che diamine ne sai del ronzio e come diamine hai fatto a sapere che c'era qualcosa che non andava? >> dice scrutandomi indagatore, cercando di venire a capo di questo nuovo mistero.
<< Bhe, cugino, mi dispiace per te, ma ora non c'è tempo di parlare, la polizia se ne sta andando >>
<< Dannazione, dannazione, sbrigati Phoebe, muoviti, dobbiamo parlare con mio padre >>
Accetto di seguirlo e mentre camminiamo mi faccio aggiornare su ciò che è accaduto.
E vengo a sapere di Barrow e delle mosche.
Ecco spiegato il mistero del perchè le mosche.
Camminiamo in fretta cercando si raggiungere lo zio, quando lo vediamo.
<< Emhh... Stiles, credo sia meglio che io rimanga qui >> ammetto titubante.
Lo vedo guardarmi in faccia come per riprendermi, quindi spiego.
<< Diciamo che io non dovrei stare qui >> ammetto mordicchiandomi tesa il labbro inferiore in un segno evidente di tensione << Anzi mi è stato previdentemente negato da tuo padre >>
Lo vedo fissarmi ad occhi sgranati.
<< Ok... rimani con Lydia e continuate a sentire qualunque cosa sentiate >> dice muovendo le braccia davanti al viso.
Lo vedo incamminarsi verso lo zio, quindi io non avendo nulla da fare mi giro verso Lydia.
La vedo fissarmi, cercando di capire qualcosa, così per spezzare il silenzio dico la prima cosa che mi passa per la mente.
<< Mosche >>
Mi do uno scappellotto mentale in testa, ma posso essere più ottusa? A quanto pare no, perchè la ragazza mi fissa come se fossi stupida, cosa che non escluderei.
Però mi risponde.
<< Già, mosche >>
E dopo questo passiamo qualche altro secondo a fissarci, quando qualcosa alle mie spalle attira la sua attenzione.
Mi giro, scordandomi che questa era l'ultima cosa che dovevo fare, così mio zio mi vede.
E dalla sua faccia mi sembra di capire che non è molto contento della mia presenza a scuola.
Per nulla contento.
Però se ne va, e Stiles torna da noi afflitto.
<< Ok, nulla da fare, dobbiamo cercare Barrow per conto nostro >> dice guardando prima Lydia e poi me << Phoebe, vieni con noi? >>
Ci penso su.
Dopotutto ora come ora io non ho nulla da fare, e tornare a casa è una cosa completamente fuori luogo, e non solo perchè la testa mi sta esplodendo, complice di questo dannato ronzio.
Non rispondo nemmeno.
Semplicemente li seguo.
Andiamo in un aula vuota dove incontriamo Allison, che se anche è stupita dalla mia presenza a scuola non lo da a vedere.
Se ne va quasi subito per cercare non so cosa sul bestiario, un libro di cento pagine in latino.
Noi, intanto ci spostiamo in un'altra aula, dove Stiles e Lydia si mettono a cercare risposte.
Non riesco minimamente a seguirli sono con la testa letteralmente in un altra dimensione, il ronzio continua imperterrito nella sua opera di depistaggio mentale, e devo dire che gli riesce bene.
I due ragazzi più giovani continuano a blaterare ipotesi quando, ormai completamente dimentichi di me scappano fuori, e mi lasciano nell'aula.
Con la testa che scoppia barcollo all'indietro, appoggiandomi contro una sedia, cercando di dominare il dolore alla testa e lo sconforto.
Allargo le gambe, posando gli avambracci sulle cosce, e mi chino, controllando i respiri.
Inspira. Espira. Inspira. Espira.
Cerco di calmarmi.
Cerco di impedire alla mia testa di andare dove vuole, evitando scenari cruente già sognati.
La testa scoppia. Il dolore non ne vuole sapere di andarsene.
Poi sento qualcosa suonare.
Alzo di scatto la testa, sentendo l'allarme della scuola suonare impazzito, quindi con fatica, cercando di collegare il cervello con i miei movimenti, mi alzo.
Comincio a correre verso l'esterno, mischiandomi nella calca degli adolescenti, che a loro volta cercano di uscire.
Appena metto piede fuori, mi sposto dalla traiettoria della porta appoggiandomi ad un muro, cercando di riprendere fiato, e nel frattempo cercare con lo sguardo Stiles.
I miei occhi saettano incontrollati da una parte all'altra dell'enorme cortile fino a quando, forse per fortuna, incontrano il piccolo gruppo dei licantropi.
Non ho voglia di avvicinarmi, anche perchè ci sono persone di cui non conosco neanche il nome, e non voglio farmi vedere in queste condizioni da Stiles.
Quindi lo chiamo al telefono.
Lo guardo mentre con alcune mosse degne di un contorsionista afferra il telefono, e risponde senza nemmeno guardare chi lo chiami.
<< Stiles, non mi cercare sto andando a casa >> dico senza preamboli, avvertendolo.
Lo vedo alzare lo sguardo confuso, per poi sgranare gli occhi e aprire la bocca.
<< Oddio, oddio, oddio, mi sono completamente dimenticato di te, io e Lydia ti abbiamo lasciato da sola, santo cielo, tutto bene? Nessuno ti ha ammazzato? Nessun strano tizio con una motosega ti ha inseguito?  Ness... >>
<< Stiles, stai calmo, se ti sto parlando al telefono vuol dire che sono viva e che si, va tutto bene, volevo solo avvertirti che sto andando a casa, per non farti preoccupare >> dico ,mentre voltando le spalle al gruppo, mi incammino verso la mia macchina.
Appena entra mi sbrigo ad avviare il motore, per poi filare dritta verso casa Stilinski.
Arrivo in poco tempo, e in velocità entro, poggiando sovrappensiero le chiavi su un tavolino.
Mi tolgo i tacchi e mi avvio verso le scale, salendo poi gli scalini due a due.
Entro nella mia stanza e lentamente chiudo la porta, appoggiandomi ad essa.
Un respiro profondo.
Scivolo con dolcezza a terra, contro la stessa porta, per mettere la testa fra le ginocchia, abbracciandomi strettamente le gambe.
Rimando così, non so per quanto tempo, a cavallo fra la veglia e il sonno, con la stanchezza che maligna cerca di farmi chiudere gli occhi e lasciarmi andare ai miei sogni.
Sono lì lì per addormentarmi, quando sento la porta di casa sbattere, ed in seguito le voci dello sceriffo e Stiles parlare a voce alta.
Sento anche un' altra voce, una voce femminile.
Lydia.
Scuotendo il capo mi alzo, togliendomi dalla porta, e mi siedo sul letto, in modo da poter, affrontare Stiles quando entrerà, e questo non ha nulla a che fare con i miei poteri.
Semplice istinto femminile.
Infatti, poco dopo, entrano nella mia camera i due ragazzi,Lydia con una faccia abbattuta e uno Styles, piuttosto iperattivo.
Non dice nulla, semplicemente si siedono, lui sul letto, di fronte a me, lei su una sedia, al mio fianco.
In questo moto mi trovo bloccata, incastra fra loro , il muro e la testata del letto.
Li guardo in viso, apatica, aspettando che parlino.
A differenza di quanto immaginassi, quella che mi rivolge la prima domanda e Lydia, e non Stiles, come mi ero aspettata.
<< Che ci facevi a scuola? >> chiede fissandomi, con gli occhi sospettosi.
<< Zio mi ha chiamato, avvertendomi di rimanere in casa e non andare al liceo, ma io preoccupata per Stiles sono venuta a vedere cosa succedeva >> rispondo lapidaria, fissandoli entrambi, sperando che mi credano.
La fortuna non è della mia parte, infatti, dopo essersi osservati per qualche secondo tornano all'attacco.
<< Allora perchè dicevi di sentire un ronzio? >> continua la rossa.
<< Sai, insetti, anche se siamo ad ottobre si possono trovare, e vedendovi così presi da questa cosa soprannaturale ho pensato di buttarmici anch'io. >> rispondo spiccia e sarcastica.
Stiles parla per la prima volta da quando è entrato, fissandomi negli occhi.
<< Allora perchè stamattina hai detto a mio padre di stare attento agli insetti, sai mentre parlavamo ha tirato fuori il discorso, e se non fosse stato per lui, avrei lasciato perdere, ma qui la cosa si fa preoccupante >>
Mi volto di scatto verso di loro stringendo le labbra.
<< Non era nulla ok, solo stupidi vaneggiamenti mattutini >> dico leggermente astiosa cercando di arginare la conversazione.
<< Phoebe, perchè non ti fidi di noi? Noi di te ci siamo fidati, raccontandoti tutto >> dice ora Lydia, parlando lentamente.
Emetto un sospiro tremulo, chiudendo gli occhi, mentre sento pressante la voglia di piangere, nel ricordare determinate cose.
Rialzo lentamente lo sguardo, guardando i due ragazzi.
<< Avete ragione, avete il diritto di sapere almeno questo da me >> ammetto tremante, cercando di trovare un minimo di controllo.
<< Però giurate di non fermarmi, perchè altrimenti potrei non riuscire ad andare avanti >>
Li vedo entrambi annuire, fissandomi seri.
<< E' iniziato tutto cinque anni fa, con l'incidente in cui hanno perso la vita i miei genitori.
Poco dopo la nostra visita qui, da voi.
In quell'incidente sono stata l'unica superstite, salvata per miracolo, è stato scritto nei giornali, ma il problema, qui è un'altro, io... credo di non essere sopravvissuta... sono fermamente convinta di no.
Io... credo di essere morta quel giorno Stiles, e non morta perchè ho perso tutto, ma morta, nel vero senso della parola. >> inizio con difficoltà e quando vedo che Stiles sta per parlare lo fermo con un gesto della mano.
<< Non so perchè io sia sicura di questo, ma so solo che dopo l'impatto sono rimasta cosciente solo per pochi secondi, poi non ho sentito più nulla.
Mi sono ritrovata a vagare in un luogo, un infinita distesa bianca, dove non c'era nulla, solo io.
Ricordo solo questo dell'incidente, perchè poi come ben sai mi sono risvegliata in ospedale, sola e senza nessuno, dopo tre mesi di coma, e con questi occhi.
Perchè non sono sempre stati così, lo sai bene.
Il medico disse che fu a causa del trauma.
Comunque i problemi veri e propri iniziarono dopo.
La notte avevo incubi, incubi che non auguro a nessuno, scene così cruente che mi svegliavo terrorizzata.
Penso di aver terrorizzato, la mia migliore amica, che per non lasciarmi sola, a volte veniva a stare da me, quando una notte si è svegliata, e mi ha trovato in piedi come in trance a disegnare sul muro, la scena di una sparatoria.
Ma ciò che la terrorizzò non fu quello, quanto il fatto, che il giorno dopo, sul giornale trovammo l'articolo riguardante una rapina in banca, con annessa sparatoria, in cui erano morte tre persone, tre, come quelle da me disegnate.
Episodi del genere hanno continuato a ripetersi, assillandomi notte e giorno.
Queste "visioni" perchè oramai io le chiamo così, si sono placate leggermente dopo che io, con l'aiuto di una psicologo sono riuscita a superare in parte, il trauma dell'incidente
Però, non so come spiegarlo, non sono solo cose macabre e visioni, sono semplicemente immagini a volte, oppure mi è capitato spesso di vedere una specie di alone intorno le persone, quelle che solitamente sono delle sopravvissute>> finisco con un gran sospiro, sentendo come se un enorme peso si fosse tolto dal mio petto.
Vedo Stiles e Lydia sconvolti, a bocca aperta, che mi fissano, cercando di trovare qualche parola da dirmi.
<< Bhe, è tutto? >> chiede Stiles.
Io lo fisso irritata.
Io probabilmente sono diventata psicotica, sono morta e risorta, ho visioni macabre di gente che muore e lui mi chiede se è tutto?
<< Bhe, si Stiles, credo sia tutto, e aggiungerei anche che per risorgere e diventare immortale ho dissanguato un unicorno che vomitava arcobaleni... mmh... si ora è tutto >> dico sarcastica, incrociando le braccia sul petto è fissandolo male, molto male.
Lui fa per rispondermi male ma Lydia, appoggiandogli una mano sul petto, mi fissa seria.
<< Perchè sei qui? Cose sei venuta a fare qui a Beacon Hills? >> domanda con una punta di sospetto e presagio nella voce.
Distolgo lo sguardo e deglutisco.
<< Nulla, avevo solo voglia di rivedere la mia famiglia >> dico esitante << L'unica che mi è rimasta >>
Vedo Lydia fissarmi scettica, ma Stiles mi indirizza un sorriso dolce.
Dopo qualche altra chiacchera se ne vanno, ed io posso finalmente rimanere sola.
Non so perchè, ma non voglio preoccuparli inutilmente, dicendogli il motivo per cui sono venuta qui, e nemmeno voglio parlare della visione nel bosco.
Non sono ancora pronti.
Mi stendo sul letto, stringendo strettamente il cuscino.
Stritolandolo.
Non mi sento tanto bene, sento come delle vertigini, e un preoccupante senso di vuoto.
Chiudo un secondo gli occhi, cercando di fare pace con il cervello.
Mi rendo conto troppo tardi del mio sbaglio.
Vertigini, cedimenti, sensazione di vuoto.
Prima che possa riaprire gli occhi sono già priva di sensi.
E' solo buio.
 
 
Mi risveglio lentamente, respirando affannosamente, strizzando gli occhi e cercando di alzarmi.
Lentamente riesco a tirarmi su, a malapena seduta.
Distendo le membra intorpidite e mi fisso le mani, flettendole e tastando il pavimento,non riuscendo minimamente a toccarlo, e subito dopo comincio a guardarmi intorno.
Quando ho queste visioni so di essere corporea e allo stesso tempo incorporea, perchè ho un corpo e se mi sforzo posso sfiorare degli oggetti, ma allo stesso tempo non posso far nulla per modificare la visione.
Sono in una specie di magazzino abbandonato, piuttosto ampio, e da quello che vedo, credo sia stato ristrutturato, fino a farne un loft.
I colori sono distorti, irreali e irrisori, come a ricordarmi che questa non è la realtà, ma solo frutto del mio cervello.
Mi rendo conto troppo tardi di non essere sola, soltanto nel momento in cui un grande lupo nero entra dalla porta.
Trattengo il fiato.
Uno splendido ragazzo è davanti il tronco d'albero che ho toccato nel bosco, ne sono sicura, che fissa il lupo appena entrato, che sale sul tronco e fissa negli occhi il ragazzo.
Iniziano a parlare, ma c'è solo un problema, sono sorda.
A volte succede.
Non riesco a capire, sembra che il ragazzo capisca il lupo ed io sono sempre più confusa.
Confusa e stordita.
Non posso fare a meno di fissare il ragazzo di fronte a me.
Lo vedo.
Ne ha passate tante.
Forse più di me.
Ha un aura pregna di rabbia, senso di colpa, malinconia e... tristezza.
Non so perchà ma a guardarlo mi si stringe il cuore.
Vedo che la discussione tra i due - l'animale e l'uomo - si fa più accesa e quando credo di iniziare a capire qualcosa dai gesti la mia vista si fa appannata.
No, no, no, no.
Non ora.
Voglio capire.
Ma il mio tempo qui è finito.
L'ultima cosa che vedo sono gli occhi verdi del ragazzo spostarsi alle spalle del lupo.
Credo che mi stia guardando.
Guardi me.
Poi è di nuovo buio.
 
 
Apro gli occhi e fisso il soffitto della mia stanza.
Per la prima volta da quando sono qui non mi sveglio sudata, piangente, tremante e terrorizzata, ma solo ansiosa.
Mi alzo dal letto, con le gambe instabili che faticano a reggere il peso del corpo e arrivo alla scrivania, dopo prendo al volo un album e una penna, dove inizio a disegnare.
Prima il tronco mozzato, il ceppo del bosco, poi il lupo, ed infine dalla mia mano prende vita un primo piano mozzafiato.
Accarezzo, leggermente sognante il profilo della barba del ragazzo disegnato sul foglio, passando le dita ripetutamente sulle labbra e sugli occhi, che a ben vedere essendo disegnati con una bic nera, non possono minimamente essere simile al colore straordinario delle  sue iridi.
Scuotendo il capo e risvegliandomi, decido di andare da Stiles e chiedergli se conosce questo ragazzo.
Esco dalla mia camera e mi dirigo nella sua.
Appeno entro trattengo il respiro.
La stanza di Stiles è vuota, dannatamente deserta.
Guardo la sveglia sul comodino di fianco al letto e digrignando i denti sussurro.
<< Oh ti prego, non di nuovo >> non faccio in tempo a dire altro che sono già fuori, a cercare mio cugino che in meno di una settimana mi ha fatto perdere più di un decennio di vita.
 
Note post capitolo
Mi scuso ancora per l'enorme ritardo.
Qui i nodi vengono al pettine e si scoprono i poteri di Phoebe.
Incontriamo anche Derek.
Spero che qualcuno abbia ancora voglia di recensirmi.
 
 

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Capitolo 4
*** -Capitolo 4- Shadows and Lights ***


Capitolo 4

For if the dark returns then || perchè se il buio tornerà 
My brothers will die || allora i miei fratelli moriranno 
And as the sky's falling down || e appena il cielo crollerà 
It crashed into this lonely town || si schianterà su questa solitaria cittadina 
And with that shadow upon the ground || e con quell'ombra sul terreno 
I hear my people screaming out || sentirò la mia gente che urla 
                                                                     Ed Sheeran- I see fire

Shadows and Lights

Cavolo, cavolo, cavolo.
Che diamine mi è saltato in mente, così di prendere e uscire, stavolta senza neanche un indizio da seguire.
E' tutta colpa della mia dannata impulsività, se ora mi ritrovo a girare come una matta per Beacon Hills non sapendo dove andare.
Inchiodo in strada, senza paura che nessuno mi venga dietro, perchè l'unica deficiente in giro a quest'ora sono io.
Comincio a picchiettare con le dita il volante, cercando di capire dove possa essere andato Stiles.
E anche se sembra strano, sto cercando di azionare le visioni, di cercare di utilizzare questo dannato e inutile potere per trovare mio cugino.
Ma è inutile le visioni non si azionano a comando e il fatto che io stia per avere un attacco di panico credo che non aiuti molto.
Il mio sguardo rimane fisso sulla strada illuminata, quando ad un tratto vedo tutti i lampioni spegnersi di botto.
Ma non solo quelli mi rendo conto, si stanno spegnendo, anche le finestre di alcune case, dalle luci accese piombano in contemporanea nel buio.
Un Black out.
Cosa alquanto strana in una cittadina come Beacon Hills, dove raramente si raggiunge un sovraccarico di energia.
Il mio cervello inizia a lavorare forsennatamente, portandomi a fare mille congetture, e tutte, ciascuna di esse, portano al medesimo luogo.
La centrale elettrica.
Spingo a tavoletta sull'acceleratore, non preoccupandomi minimamente dei limiti di velocità e mi dirigo verso la parte industriale di Beacon Hills.
Quando arrivo nei pressi della centrale mi fermo.
Sono arrivata nuovamente in ritardo, dannazione!
La polizia è già fuori dalla centrale, infatti vedo il padre di Scott trascinare in una volante Scott, Kira e Stiles.
Mi rilasso per un secondo sul sedile, liberando un sospiro di sollievo nel constatare che quell'idiota logorroico di mio cugino sta bene, poi mi risollevo.
Riaccendo il motore e mi avvio verso la centrale, per aspettare l'uscita dei ragazzi.
Appena arrivata, mi parcheggio in una zona in ombra, dove è piuttosto difficile notarmi e cerco di rilassarmi mentre aspetto.
Abbasso il sedile cercando di riposarmi almeno un pò, ma la stanchezza di fa sentire.
Chiudo gli occhi.
Dormo.

Sogno un accozzaglia di immagini, per la maggior parte sfocate e probabilmente senza senso, colori, tanti colori, corpi che si muovono forsennati, luci abbaglianti.
Si muovono sempre più in fretta, sempre di più, fino a quando tutto rallenta di botto, e fra i colori spuntano cinque figure nere, che sembrano risucchiare ogni parvenza di luce dalla stanza.
Si avvicinano.
Occhi giallo-verdi.
Lucciole.

Inspiro di botto, aprendo gli occhi e fissandomi intorno, alla ricerca di qualcosa che non c'è.
Mi stropiccio gli occhi, cercando di spazzare via gli ultimi rimasugli di sonno che mi trascino dietro.
Tutto sommato questo non è stato un risveglio così brutto.
A differenza di altri.
Sbadiglio leggermente, guardando l'ora.
Ho dormito per una mezz'oretta, non molto.
Ma a quanto pare abbastanza, perchè proprio in quel momento vedo le porte della stazione di polizia aprirsi e dalle quali escono Stiles e i suoi amici.
In fretta esco dalla macchina andando loro incontro, quando noto lo zio guardarmi stralunato, per il semplice fatto della mia presenza.
<< Phoebe, che ci fai qui? >> chiede inquieto, scioccato dalla mia presenza a quest'ora della notte fuori dalla stazione di polizia.
Sgrano gli occhi, presa alla sprovvista.
E ora che gli dico?
Non posso certo dirgli che sono arrivata qui preoccupa per Stiles in seguito ad una brutta sensazione, dopo quello che è successo con gli insetti mi prenderebbe davvero per matta.
Mentre io mi arrovello, cercando una spiegazione plausibile alla mia presenza, vengo salvata contro ogni previsione da Scott.
<< L'ho chiamata io! >> dice in fretta, troppo in fretta << Le ho chiesto di venirmi a prendere, perchè Stiles è stanco e lei sicuramente deve finire di fare qualcosa in centrale >>
Stringo le labbra, abbassando il capo, sperando che zio creda a questa scusa, dannatamente stupida.
Con la coda dell'occhio vedo mio zio scuotere il capo, lasciando perdere la situazione e tornando verso la centrale.
Rilascio un sospiro di sollievo, tornando a respirare con più calma, per poi guardare gli adolescenti ed indicare con un cenno del capo la macchina.
<< Allora questo passaggio? >> dico fissando Scott e Kira, che in fretta salutano Stiles e si accomodano nella mia auto.
Guardo Stiles, e gli raccomando di andare di filato a casa, mentre io accompagno loro a casa.
Entro in macchina e accendo nuovamente il riscaldamento.
<< Complimenti Scott bella scusa >> dico semplicemente mentre guido per la cittadina ancora al buio.
Lo vedo guardarmi gonfiando le guance, ed in questo momento sembra uno scoiattolo.
Scoppio a ridere, proprio in prossimità della casa di Kira, dove mi fermo e lascio la ragazza.
Porto a casa Scott ancora ridendo e salutandolo con una leggera sberla sul capo, a cui lui mi risponde con una smorfia.
Dopo tutto ciò vado dritta, diretta a casa.
Lascio chiavi, giacca e cappello all'ingresso per poi salire in punta di piedi le scale.
Arrivata di fronte la porta della camera di Stiles, la apro con timore, già pronta a dover uscire nuovamente perchè il mio adorato cuginetto ha preso e ed è andato in giro di notte, di nuovo.
Sospiro di sollievo e guardo intenerita Stiles, sdraiato in una maniera strana a letto, mentre russa, con la bocca aperta e la maggior parte del corpo che penzola da un lato del letto.
Scuoto la testa e mi incammino verso la mia camera, dove finalmente mi siedo sul letto.
Sono le quattro di mattina.
Tiro su le coperte e mi preparo per andare a letto, ma non so per quale motivo mi alzo nuovamente.
Spinta da non so cosa, prendo uno dei miei album da disegno e lo apro ad una pagina ben precisa.
Quella dove il ritratto di quel bel ragazzo dagli occhi verdi mi fissa dalla pagina.
Mordicchiandomi il labbro inferiore, accarezzo lievemente uno zigomo cesellato, dipinto dalle mie mani.
Poggio l'album di fianco al letto e mi riprometto domattina di chiedere a mio cugino se conosce quella persona.
L'ultima cosa che faccio prima di addormentarmi è guardare il disegno.
Di nuovo.
Poi chiudo gli occhi e cado in un sonno senza sogni.

Sento una strana sensazione di benessere, calda e riposata, per la prima volta da non so quanto tempo.
Quanti anni sono che non mi sveglio così rilassata? Non riesco neanche a ricordarlo, sono troppi.
Mi rotolo nelle coperte, avvolgendomici completamente, restia ad alzarmi, dopo aver ritrovato dopo tanto tempo il piacere di un letto.
Resto ancora qualche secondo ,o qualche minuto, non ne sono certa, ma poi mi alzo, cercando a tentoni sul comodino il cellulare, per vedere che ore si sono fatte.
Sgrano gli occhi.
Il cellulare fa lampeggiare allegramente l'orario, come a volermi prendere in giro.
11:50.
Ho dormito molto, veramente molto per i miei standard, che prevedono di solito a malapena tre ore contate di sonno.
Che andare dietro a un gruppo di adolescenti e mostri impazziti mi faccia bene?
Strano ma vero.
Scalcio le coperte da un lato e poggio i piedi nudi sul pavimento.
Alzandomi lentamente e sbadigliando, mi avvio in bagno, prendendo dei vestiti alla rinfusa.
Mi guardo gli occhi e vederli senza l'usuale alone scuro delle occhiaie è inquietante.
Mi lavo in fretta, così come mi vesto, ed in meno di venti minuti sono in cucina a prepararmi la mia tazza giornaliera di tè, anche se è ora di pranzo.
Mentre la bustina è in infusione leggo il messaggio che lo zio e Stiles mi hanno lasciato, sorridendo leggermente.
E' strano convivere con qualcuno, con persone che ti aggiornano continuamente su dove siano, sopratutto per me, che ho vissuto da sola per tanto tempo.
Bevo il mio tè, rilassandomi e cercando di fare il punto della situazione.
Ma stranamente sono irrequieta.
Non so perchè ma provo uno strano bisogno, di andare fuori e perdermi per la città, in un vagare senza meta.
Almeno è quello che dico a me stessa.
Perchè io sono consapevole di dove voglio andare, ma sono troppo spaventata per ammetterlo.
E' da quando sono sveglia che l'immagine del ceppo nel bosco mi perseguita, sento come una dannata connessione con quell'albero, che anche in questo momento mi sta attirando a sè.
Chino il capo sul tavolo, pensando all'idiozia che sto per fare.
Prendo un profondo respiro, come per darmi coraggio, e mi alzo.
Corro su in camera per prendere un paio di scarponcini e un maglione più pesante.
Porto con me degli album da disegno e il telefono, insieme a qualche scorta di cibo nel caso mi venisse fame.
Carico tutto in macchina e sono pronta.
Pronta per una scampagnata in un bosco.

Sono almeno quaranta minuti che sono seduta qui, appoggiata ad un albero di fronte il ceppo, a disegnare un pò tutto ciò che mi passa davanti o per la testa.
Non ho il coraggio di avvicinarmi, tutto qui è saturo di potere ed io provo una sorta di timore reverenziale, per cui non riesco a compiere nemmeno un singolo passo in avanti.
Sbuffando poggio sulle gambe l'album, gettando il capo indietro e respirando l'aria fresca.
Mi sento alquanto rilassata, se mi dimentico l'enorme potere che mi pressa strettamente, con gli occhi pesanti e l'aria assonnata.
Ciondolo un pò con la testa, e nella mia testa sento come se la natura stessa mi cantasse una ninna nanna, per darmi altro riposo.
Cerco di lottare contro il sonno, ma alla fine cedo.
Non ho nessuna visione, non nel senso stretto del termine, è più un insieme di ricordi, come la casa bruciata, ma questi sono felici, ricordi spensierati.
Sogno bambini che corrono intorno l'albero, altri bambini, stavolta nella stessa casa che io ho visto andare a fuoco.
Giocano in giardino, e a volte si avvicinano al punto da cui io osservo.
Ma poi accade una cosa strana.
Uno dei bambini, un maschietto sui sette anni mi si avvicina a testa bassa.
Inizialmente dubito che stia venendo da me, per il semplice fatto che non mi può vedere, ma contro ogni mia aspettativa lui si ferma proprio davanti a me, con i pugni chiusi e la testa ancora china.
Lo guardo curiosa, chiedendomi cosa voglia fare quando comincio a vedere tutto oscillare, segno che mi sto svegliando.
Anche il bimbo se ne accorge, perchè velocemente alza la testa, per fissarmi.
L'ultima cosa che vedo è uno sguardo infantile, che mi guarda con aspettativa, con gli occhi di un colore spettacolare, a me familiare.
Verde bosco.
Con  un sospiro profondo apro gli occhi, guardando la fonte di disturbo, il mio cellulare, che vibra forsennatamente.
Un pò intontita lo prendo in mano, rispondendo senza neanche farci caso.
<< Pront- >> non faccio neanche in tempo a finire di parlare che una voce dall'altro capo inizia a parlare a macchinetta.
<< Hey cugina, hai qualcosa da fare? Se non hai nulla di interessante che ti occupa, come immagino, mi servirebbe un'aiuto, anzi io sto aiutando un amico che ha bisogno del tuo aiuto >> lo sento allontanare il telefono e conversare piuttosto animatamente con qualcuno << Danny bello deve organizzare una festa e sarei felice se tu lo aiutassi >> non mi da neanche la possibilità di parlare, che mi da un indirizzo a cui andare.
Fisso il cellulare dopo che lui ha attaccato, scuotendo il capo, chiedendomi cosa ho fatto di male per avere un cugino come lui.
Rassegnata raccatto tutta la mia roba e la stipo nella mia borsa.
Mi alzo e mi spazzolo i pantaloni.
Mi incammino verso la mia auto, ma non so perchè mi volto un ultima volta a fissare il tronco mozzato di un'albero che deve essere stato maestoso.
Scuotendo il capo mi allontano ciondolando, chiedendomi dove mio cugino mi stia mandando.

Venti minuti dopo mi ritrovo di pronte un enorme edificio industriale, e mi chiedo se per caso mio cugino mi stia tirando un brutto scherzo.
Mi ha detto che avrei dovuto aiutare nell'organizzare una festa, ma non capisco dove si possa organizzare una festa in una zona del genere.
Scrollando le spalle mi faccio coraggio e busso, sperando che mi risponda qualcuno.
Dopo neanche qualche secondo un giovane ragazzo mi apre la porta.
Ha gli occhi scuri, così come i capelli, un bel fisico e un sorriso con due fossette adorabili.
Lo vedo scrutarmi attentamente, ma stranamente non sento nessuna intenzione poco lecita nei miei confronti.
Mi osserva come un esperimento da laboratorio.
Inarca un sopracciglio scuro.
<< Tu sei la cugina di Stiles? >> chiede leggermente incerto.
Io sbuffo socchiudendo gli occhi e scuotendo leggermente il capo.
Sempre così deve succedere?
Annuendo vigorosamente lo sospingo all'interno del locale, e mi trovo davanti un loft spazioso.
Non riesco a guardarmi molto intorno, perchè due figure anomale attirano la mia attenzione.
Due gemelli identici sono fermi a parlottare al centro della stanza, in merito ad un generatore.
Non so perchè, ma hanno dannatamente qualcosa di strano.
Poi li fisso meglio e collego la sensazione che provo, la stessa che sento in presenza di Scott.
Branco Alpha. Gemelli. 
Oh.
Mi avvicino e mi presento, e dopo aver convinto anche loro che io e Stiles, stranamente siamo imparentati, inizio ad aiutare.
L'idea è buona, e non mi dispiace aiutare, sopratutto visto che Danny mi ha invitato a tornare stasera, per partecipare anch'io alla festa.
Chiacchierando scopro alcune cose.
<< Di chi è questo loft? >> chiedo distratta, impegnata a sistemare l'impianto stereo del dj, senza beccarmi una scossa con i cavi scoperti.
Vedo i gemelli guardarsi per poi rispondere in coro.
<< Derek! >> dicono velocemente << Un nostro amico, ora è fuori città >> qualcosa li turba nel parlare di questo, quindi lascio cadere il discorso, concentrandomi sui cavi davanti a me.
Alle sei abbiamo finito di sistemare, e Danny e i gemelli mi fanno promettere di tornare per la festa.

Sono a casa da almeno quindici minuti e ormai non faccio altro ce continuare a pensare all'albero, e alla strana forza che mi attira verso quel luogo.
Tutt'ora faccio fatica a non mollare tutto e seguire le mie sensazioni.
Mi attrae come il miele con le api, ma non sempre la voglia di andare lì è positiva.
Ma una cosa l'ho capita.
Quel ceppo è vivo, ed è qualcosa, qualcosa di così pregno di potere da farmi girare la testa, potente.
La mia mente si sta chiarendo lentamente e l' unica cosa di cui sono dannatamente sicura è che qualunque cosa stia succedendo in città sia colpa dell'albero.
Attira esseri soprannaturali qui.
Io stessa sono stata attirata qui.
Perchè da quando sono qui le mie visioni sono peggiorare, e dubito che siano interamente mie.
Qualcosa di brutto sta per accadere, solo questo posso asserire.
La mia mente continua a pensare, cercando una risposta a tutti i miei interrogativi, e per tenere la mente rilassata inizio a muovermi per la cucina, con l'intento di preparare la cena.
Mi muovo sicura per il locale, prendendo utensili e pentole dai ripiani, come se fossi a casa mia.
Canticchio allegra il motivo di una canzone.
Succede tutto in un attimo, non ho nemmeno il tempo di muovermi.
La testa gira forsennata, le mie gambe non mi reggono, barcollo, andando a sbattere contro il ripiano ed in seguito gli sportelli.
L'insalatiera che ho in mano scivola in terra, rompendosi.
Scivolo a terra, non sentendo neanche il dolore dei cocci che si piantano nelle mani.
Si fa tutto scuro.

Respiro affannoso.
Suoni indistinti.
Non respiro. Mi manca l'aria.
E' tutto scuro, non riesco minimamente ad orientarmi.
Mi alzo barcollando e cercando di calmarmi, mentre con le mani tocco ciò che ho intorno.
Sono rinchiusa in una stanza al buio, e l'unica cosa a cui penso e di uscire.
Io devo uscire. 
Non so perchè ma questo bisogno surclassa tutto, persino la difficoltà nel respirare, ma io so che fuori da questa stanza c'è bisogno di me.
Urlo con tutto il fiato che ho in gola, perchè fuori c'è qualcuno, ma nessuno mi sente.

 Mi risveglio terrorizzata, ansimando pesantemente.
Mi porto una mano al viso, per poi fermarmi all'ultimo vedendo le piccole ferite dovute al vetro.
Appoggio la testa contro il mobile della cucina, respirando leggermente per calmare il fiato e il pompare tumultuoso del sangue nelle vene.
Mi alzo in piedi lentamente lavandomi e medicandomi le mani, per poi pulire la cucina.
Alzo solo ora lo sguardo verso l'orologio, le 9:30,  e non mi stupisco nemmeno di non vedere nessuno in casa, rientrato dal lavoro.
Probabilmente lo zio è preso dagli straordinari dovuti al black out dell'altra sera.
Finisco di sistemare in cucina, e in fretta salgo le scale per andare a prepararmi e fare un salto alla festa.
Qualcosa mi dice che io devo stare in quel luogo, perchè stasera succederà qualcosa di interessante.
Anche se non sono sicura se questa sia un buona notizia o meno.

Busso al loft, aspettando che qualcuno mi apra.
Quando entro, dopo che qualcuno mi ha gentilmente aperto, rimango un attimo accecata, dal numero sproporzionato di luci.
Quando mi si schiarisce la vista mi rendo conto piuttosto in fretta di un paio di cose.
Questa più che una festa sembra un rave party e tutti sono meno vestiti di me.
E dire che il mio vestito non è nemmeno tanto lungo.
In sintesi sono circondata da adolescenti in piena fase ormonale, probabilmente strafatti e dalle mani lunghe.
Mi faccio strada nella calca, cercando ed evitando di non venir travolta.
Arrivo nei pressi della postazione del dj, dove sembri ci sia un pò di calma.
Osservo attentamente la sala, attirata dal caleidoscopio di colori generati dalle luci a led e dalla vernice.
Mi sento tirare da una parte e noto Danny, mi parla, ma la musica rimbomba nelle orecchie di entrambi, rendendo impossibile capirci qualcosa.
Mi porta da una ragazza, che senza chiedermi nulla mi inizia a dipingere le braccia e il petto con la vernice.
Mi guardo in torno e mi pare di vedere mio cugino che sta infilando la lingua in gola ad una ragazza, ma probabilmente le luci mi hanno confuso il cervello.
Faccio per avvicinarmi quando qualcosa attira la mia attenzione dall'altra parte della sala.
Qualcosa che luccica ad intermittenza.
Mi stacco dalla donna che ancora mi sta colorando, vado come sotto ipnosi verso il punto in cui la luce si è spenta.
La musica sembra essersi abbassata notevolmente, e tutti i corpi sembrano muoversi al rallentatore.
Dopo quella che sembra un eternità arrivo davanti ad una porta chiusa.
La apro.
Qualcosa di dannatamente forze mi spinge dentro, sbarrandomi la porta dietro e facendomi cadere a terra.
L'ultima cosa che ho intravisto è stato il volto di una maschera in ferro.
E solo ora mi rendo conto di dove sono.
Una stanza buia.
Trattengo il fiato.
La visione.
Balzo in piedi, iniziando e battere le mani contro la porta come una matta, urlando a pieni polmoni cercando di sovrastare il baccano provocato dalla musica. 
Dei suoni che impediscono  chiunque di sentirmi.
Lacrime di frustrazione iniziano ad uscire fuori, incontrollate mentre una sensazione di gelo e di impotenza si fa largo nel mio petto.
Mi hanno rinchiusa, e fuori c'è bisogno del mio aiuto, lo sento dannazione.
Continuo ad urlare e a battere i pugni per non so quanto tempo, fino a quando la voce va via e le mani si scorticano contro la porta.
Scivolo lentamente a terra, sbattendo la testa contro la porta.
Nessuno mi sente.

Non so quanto tempo passa, ma la musica ad un certo punto tace.
Ricomincio ad urlare con la poca voce che mi rimane, aspettando che qualcuno mi senta.
<< RAGAZZI! FATEMI USCIRE DA QUI ! >> urlo più forte che posso.
Sento dei passi concitati avvicinarsi alla porta e qualcuno scardinarla letteralmente.
Esco fuori barcollando leggermente, fino a finire tra le braccia di uno dei gemelli.
Mi si rizzano tutti i peli sul collo quando alzo lo sguardo.
Lentamente alzo una mano verso il mento del ragazzo e lentamente gli volto la testa.
Un simbolo nero si staglia sotto l'orecchio, nitido.
Mi crolla la terra sotto i piedi.
Mi allontano leggermente, facendo forza sulle braccia, e guardo tutte le persone intorno a me.
Un ragazzo familiare mi fissa, illuminato dalla luce dell'alba.
Due occhi verdi si fissano nei miei.
Il ragazzo delle visioni.
Non distogliendo lo sguardo da lui dico solo una frase.
<< Ragazzi, abbiamo un problema >> 






Allora, posto il seguito di questa storia sperando che qualcuno abbia ancora voglia di seguirmi.
Vorrei prima scusarmi con chi si aspettava prima il capitolo, ma per mancanza di ispirazione e depressione dovuta alla 4 stagione, la voglia di scrivere è venuta meno.
Ma non preoccupatevi, perchè ora sono piuttosto sicura di riuscir a postare regolarmente, ogni due settimane o poco più.
Grazie a voi che continuate a seguirmi.
Si vi va fatemi sentire i vostri pareri sulla storia.
Questa a chi interessa è la mia pagina fb .
Alla prossima
daisys

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Capitolo 5
*** -Capitolo 5- Eyes in the darkeness ***


Capitolo 5 - Eyes in the darkness
 
Stars can only be visible in the darkness, || Le stelle possono essere visibili solo al buio,
Fear is always changing in || La paura è sempre in evoluzione 
And I, I, I can poison these eyes || E io, io, io posso avvelenare questi occhi
Imagine dragons- Battle cry


<< Abbiamo un problema >> ripeto nuovamente, come in trance.
Non posso fare a meno di fissare incantata l'uomo che ormai da alcuni giorni invade le mie visioni e costringe le mie mani a prendere vita.
Le mie visioni sono realtà, io mi ritrovo catapultata nelle immagini che prendono vita nella mia mente, ma per la prima volta mi rendo conto che non rendono minimamente giustizia alla persona di fronte a me.
Lineamenti duri e marcati, con una barba di alcuni giorni che ombreggia la linea decisa della mascella, labbra carnose.
Il tutto incornicia alla perfezione ciò che attira la mia attenzione su di lui.
Due occhi verde, del verde cupo delle foreste, con stralci di grigio e oro, che mi trapassano da parte a parte, vedendo realmente quello che sono.
La mia mano corre in automatico alla tracolla poggiata su una spalla, quella che non lascio mai, che contiene i mie album.
Album pieni di ritratti del ragazzo che ora mi fissa imbarazzato, a causa del mio sguardo fisso.
Schiarendomi la gola mi guardo intorno, rendendomi conto di essere osservata dalla maggior parte delle persone presenti in stanza.
<< Abbiamo un problema >> ripeto lentamente, cercando di sviare l'attenzione da me.
A quanto pare funziona, perchè tutti sembrano dimenticare il mio sguardo da pesce lesso per focalizzarsi su di me.
<< Come fai a sapere che abbiamo un problema? >> chiede Lydia curiosa, fissandomi attentamente, con gli occhi intelligenti.
Fisso tutti negli occhi, cominciando a capire solo ora ed in parte l'enorme problema che sta per abbattersi su di noi.
Prendo per la mascella uno dei gemelli, non so veramente se Aiden o Ethan, e la volto applicando una leggera pressione, per mostrare il segno intravisto prima.
Il licantropo mi lascia fare, perchè dubito seriamente di poter spostare con la forza un essere del genere.
Per ultima guardo Lydia, rispondendole.
<< Lydia, sai perfettamente come faccio a saperlo >>  dico mentre riprendo un attimo fiato, cercando di pensare in fretta alle parole da pronunciare.
Vedo tutti i ragazzi intorno a me guardarsi confusi, tranne Lydia e Stiles, che ricordano alla perfezione la mia confessione.
Anche se tutti vogliono fare domande rimangono in silenzio, aspettando che io finisca di parlare.
<< E credo di sapere cosa significhi questo >>  finisco puntando l'unghia sul segno, battendo appena per rimarcare il concetto.
Un silenzio teso permea l'ambiente, tutti che si sfiorano il segno, almeno chi l'ha ricevuto.
<< Non sono belle notizie, vero? >> chiede il ricciolino, Isaac, fissandomi, esponendo le preoccupazioni di tutti.
Scuoto il capo.
Cominciano tutti ad andarsene, lentamente, quando io mi avvicino lentamente a Lydia e la tiro da parte.
Lei si volta a guardarmi, ed io gli faccio cenno di uscire con me.
Appena ci siamo allontanate dal loft non gli do nemmeno il tempo di aprire bocca.
<< Chi è quell'uomo? >> chiedo senza giri di parole, facendo intendere chiaramente a quale uomo io mi riferisca.
<< E' Derek Hale, ma perchè vuoi sape... >> la sua frase si perde nella notte, mentre fissa a bocca spalancata il mio album, che ho tirato di fuori in fretta e furia, per non dovermi spiegare.
La vedo allungare la mano tremante, togliendomi i fogli e cominciando a sfogliare in fretta i diversi disegni, ce ne sono almeno una quindicina, fatti tutti sovrappensiero, e rappresentano sempre la stessa persona.
Lydia sfoglia tutto l'album, per poi tornare indietro fino al primo disegno fatto da me, quella sera in cui l'ho visto per la prima volta nella mia mente.
<< E no, se magari te lo stai chiedendo, è la prima volta che vedo quel tizio in vita mia >> ammetto sconsolata, quasi a rispondere al suo sguardo interrogativo.
Stiro le labbra in un sorriso quasi denigratorio, mentre guardo Lydia iniziare a osservare scioccata i disegni.
Non credo che Stiles e lei abbiano effettivamente capito la portata dei miei poteri, e che solo ora, almeno lei, inizi a percepire che se loro non sono umani, ormai non lo sono tanto neanche io.
Stringe le labbra dandomi di nuovo l'album, mentre io mi guardo intorno, notando solo ora, la mancanza di qualcosa.
Anzi, qualcuno.
Accade tutto in fretta.
Inizio velocemente ad iperventilare, l'album cade a terra con un tonfo sonoro, mentre barcollo, riuscendo ad avvicinarmi fortunatamente a Lydia, a cui mi aggrappo, mentre la vista si fa scura e le gambe cedono.
L'ultima cosa che vedo, e sento, è Lydia che urla mentre gli cado addosso, ed il suo sguardo terrorizzato.
Tutto si fa buio.

Quando apro gli occhi, è come se non l'avessi fatto.
L'oscurità di questa stanza è totale, e mi è stranamente familiare, come se in questo luogo io ci fossi già stata.
Regolarizzo il respiro, ma poi mi immobilizzo, trattenendolo.
Comincio a tremare leggermente, mentre comincio finalmente a distinguere i suoni lontani che arrivo fin qui.
Suoni familiari, ma che vorrei non sentire più.
Qualcuno grida, grida, pieno di follia, divorato da una pazzia dilagante, impossibile da arginare.
E' vicino, lo sento.
Il fatto che non si mostri è del tutto vano, se il suo intento è quello di non palesarsi.
Lo... percepisco.
E' come se da lui irradiasse un'oscurità strisciante, carica di dolore, e per me impossibile da ignorare, da non sentire.
Mi tiro lentamente su, instabile per via delle gambe che tremano, mentre lentamente mi volto, muovendo piccoli passi esitanti in direzione dell'oscurità.
Sembra che in quel punto della stanza ogni forma di luce e calore venga assorbito da quel pozzo nero.
Mi fermo.
Respiro piano, con gli occhi aperti, mentre cieca guardo davanti a me, aspettando.
Un rantolo improvviso mi fa indietreggiare, mentre fulminea una candela viene accesa, ed io mi trovo davanti ad un mio incubo.
Sembra che sorrida.
Il volto deformato coperto dalle bende mi guarda frontalmente, con i denti disumani intenti a mostrarmi un ghigno.
Indietreggio di scatto portandomi le mani davanti la bocca spalancata.
Nella fretta di allontanarmi inciampo sui miei stessi piedi.
Comincio a cadere all'indietro mentre vedo quell'essere farsi avanti verso di me.
Chiudo gli occhi.


Mi risveglio boccheggiante, tirandomi su di scatto, mentre qualcuno mi sostiene gentilmente la schiena.
Mi accartoccio su me stessa, cercando di calmare il respiro ed il battito, quando una voce profonda mi parla lentamente.
<< Respira lentamente, segui la mia voce >> dice con tono pacato per poi iniziare a sussurrare cose senza senso.
Inizio a dondolare, mentre chiusa a riccio cerco di calmarmi, ascoltando quella voce tranquilla che lentamente si insinua in me, aiutandomi.
Piano piano mi placo, lasciando leggermente andare la stretta asfissiante delle mani intorno alle gambe, per poi tirare su il viso.
Mi guardo intorno, notando solo ora Lydia che mi guarda preoccupata.
La guardo, cercando di rassicurarla, per poi girarmi verso la "voce".
Appena mi volto mi ritrovo a specchiarmi in due pozzi verdi.
Lo stesso ragazzo che da vita alle mie mani è qui, davanti a me, la stessa persona che ha preso vita sui miei album.
Avvampo immediatamente, indietreggiando in fretta e furia sul divano dove sono stata distesa, nel mentre faccio cadere a terra la mia borsa.
Tutti gli oggetti contenuti in essa si sparpagliano a terra, ed una miriade di fogli cadono da quaderni e notes, svolazzando intorno a Derek.
Caso vuole proprio che, uno dei miei disegni più recenti, un primo piano della persona sconosciuta davanti a me, atterri ai suoi piedi.
Ci troviamo in una situazione grottesca.
Lydia, che vedendomi scattare si pone alle mie spalle, mentre io, abbarbicata al bracciolo del divano, in un equilibrio precario, fisso in maniera tutt'altro che rassicurante Derek, che ha preso in mano il foglio, ed ora lo fissa ad occhi sgranati.
Lo vedo alzare lentamente lo sguardo verso di me, con le pupille dilatate e oltremodo sospettose, mentre stringe leggermente il pugno, accartocciando il disegno.
Con una velocità non mia balzo in piede, afferrando più cose possibili e cacciandole nella borsa.
Non faccio caso a nulla.
Ne al cellulare lasciato sul tavolino nel salotto e ai miei disegni sparsi a terra, ne a Lydia che grida il mio nome.
Semplicemente non li sento, troppo concentrata nel sentire due fari verdi che si puntano sospettosi sulla mia schiena.
Entro in macchina sbattendo la portiera.
Nessuno mi ferma.

Guido senza metà, fino a quando non mi ritrovo di fronte ad un palazzo ben noto, visto che da quando sono qui ho sempre sentito il bisogno di venire qui.
Lo studio veterinario.
Con un respiro profondo scendo dalla macchina, sbattendo la portiera.
Cammino a passi pesanti verso l'entrata del negozio, aprendo poi la porta.
Non c'è nessuno, almeno non dietro al bancone.
Avanzo lentamente, fino a quando sfioro con le dita il bancone di legno.
Spinta da non so quale forza attraverso il pannello mobile, che separare il negozio dal retro, sentendo tirare leggermente mentre lo attraverso.
Mi ritrovo ad attraversare diverse porte, fino a quando non arrivo nella sala operatoria, dove un uomo, Deaton, e chino su un volume antico.
Mi schiarisco leggermente la voce, mentre mi appoggio con tutto il mio peso allo stipite della porta, attirando l'attenzione in maniera discreta.
Deaton alza lo sguardo su di me, fissandolo sul colore innaturale delle iridi.
Non mi prendo nemmeno la briga di prendere gli occhiali e coprirmi, semplicemente lo fisso.
Non dovrebbe essere strano per lui trovarsi di fronte a qualunque cosa io sia.
Dopotutto è un emissario, da quello che mi pare di aver capito, e l'avere visioni non dovrebbe essere così strano per qualcuno come lui.
<< Salve >> dico solo, ferma alla porta.
L'uomo mi fissa con un'enigmatico sorriso sulle labbra, mentre lentamente si alza e si sposta dal tavolo d'acciaio.
<< Phoebe, cosa ti porta qui? >> chiede con voce pacata sostenendosi con il tavolo dietro di lui.
Con un piccolo slancio mi avvicino, staccandomi dall'infisso e andandomi ad appoggiare al suo fianco.
<< Ho parlato con Lydia e Stiles, e da quello che ho capito... >> inizio lentamente, cercando le parole migliori per esprimermi << Lei potrebbe aiutarmi a capire cosa sono diventata >> finisco battendo l'indice sotto l'occhio, per enfatizzare maggiormente il colore dei miei occhi.
Rimaniamo per alcuni secondi a fissarci, quando poi Deaton, con un leggero sospiro si sposta di nuovo, andando a prendere il tomo che stava consultando prima.
<< Capiti proprio al momento giusto >> dice alzando il vecchio libro ad una pagina precisa, mostrandomi un disegno dannatamente inquietante.
Il viso di una donna anziano con occhi etero cromatici, attorno la pupilla verdi e all'esterno argentei.
Assomigliano dannatamente ai miei, se non contiamo i colori differenti.
<< Vorresti darmi qualche notizia in più? >> chiede guardandomi << Al momento ho fatto ricerche soltanto cercando caratteristiche simili alle tue, ma sapere qualcosa di più sui tuoi "poteri", aiuterebbe. >> conclude poggiando entrambe le mani sul bancone.
<< Visioni, spesso catastrofiche sul futuro, immagini o flash, vedo l'aura delle persone, il loro vero io, e recentemente ricordi passati >> dico, omettendo il fatto che i ricordi del passato sono iniziata dopo aver toccato il ceppo.
Deaton con un sopiro trattenuto apre nuovamente il libro, sussurrando qualcosa che a me sembra "come pensavo", iniziando a sfogliare in maniera frenetica le pagine antiche e consumate.
<< Questo libro è un bestiario, qui sono elencate le creature sovrannaturali conosciute >> spiega picchiettando su una pagina per mostrarmela << Questa è una creatura norrena >> spiega.
Mi viene mostrata nuovamente l'immagine dell'anziana con gli occhi verde e argento. L'intero libro è scritto in latino, quindi guardo Deaton, invitandolo con lo sguardo a tradurre.
Si avvicina a me per osservare meglio il libro.
<<  Völva o Spákona, "colei che vede" >> legge attento, per poi spostare l'attenzione su di me << Una maga esperta nella divinazione e negli oracoli.
La völva entra in possesso dei suoi poteri trapassando, passando oltre, per poter vedere ciò che alla maggior parte è precluso. >>
Sbatto le palpebre cominciando a collegare i pezzi del puzzle, se al "colei che vede" non ero convinta, "all'entra in possesso dei suoi poteri trapassando" ho capito di essere io.
Sento la testa girare, un conto è credere di essere effettivamente morta e rinata con strani poteri, un'altro è averne la conferma.
Sono costretta ad appoggiarmi al bancone per non cadere, mentre Deaton mi fissa, capendo al volo il problema.
Passe del tempo, sinceramente non so quanto, quando finalmente mi sento abbastanza sicura di riuscire a stare in piedi da sola.
E mi viene ripetuta una domanda che da quando sono qui è ormai scontata.
<< Perchè sei qui? Cosa hai visto? >> è preoccupato il veterinario, perchè il mio viso spiega perfettamente che ciò che ho visto non è esattamente una bella cosa.
Faccio per rispondere, quando Lydia entra affannata nello studio.
<< Phoebe, dobbiamo andare a casa di Scott >> spiega agitata.
Mentre la guardo vedo Deaton far sparire il bestiario, e con un cenno mi fa segno di andare.
<< Parleremo di nuovo Phoebe >> dice solo.

In macchina mi sono fatta spiegare per sommi capi cosa è accaduto, capendo a malapena Lydia che agitata mangiava alcune parole.
Siamo quasi arrivate a casa di Scott, vedendo un alone preoccupante intorno la zona dove è situata la casa del ragazzo, accelero.
Inchiodo in mezzo alla strada appena mi trovo davanti a casa McCall, e mi lancio fuori lasciando la macchina accesa, con Lydia che mi segue.
Entriamo in casa e velocemente ci spostiamo nel salone, dove la scena che ci troviamo davanti è più preoccupante di quanto mi aspettassi.
Due oni, perchè è questo che sono, stanno per entrare dalla finestra.
Sento giusto in tempo uno dei gemelli pronunciare una frase familiare, che se non fosse per la situazione, mi avrebbe fatto ridere a crepapelle.
<< Abbiamo un problema >> pronuncia la voce profonda del ragazzo.
<< Ma va', ed io ieri sera che ho detto? >> sostengo sarcastica, palesando la mia presenza ed andandomi a mettere di fianco a Derek, che è con in ragazzi.
Non lo guardo, imbarazzata, memore del suo sguardo in risposta ai miei disegni, ma sento perfettamente il suo sguardo trapassarmi la nuca.
Aspetto fissando imperterrita la finestra, da dove ora i due oni sono entrati, avvicinandosi con le maschere inquietanti e i loro passi pesanti.
Si guardano intorno osservando le persone in stanza, quelle già marchiate, per poi fermarsi su di me.
Rabbrividisco, vedendo quegli occhi luminosi come insetti fissarmi, scavandomi dentro con le orbite vuote, come a volermi spaventare.
Faccio per indietreggiare di un passo, quando sento una mano grande e calda posarsi sulla parte bassa della schiena, fermandomi ed infondendomi coraggio.
Mi volto appena verso Derek, mentre sento distintamente il cuore saltare un battito, fissando il volto maturo.
Non mi fissa nemmeno, ma sento la stretta farsi maggiore, mentre con le labbra strette e un leggero movimento del capo mi dice silenziosamente di restare ferma.
Impassibile mi volto nuovamente a fronteggiare gli esseri appena entrati dalla finestra.
Per qualche motivo, ieri sera mi hanno rinchiusa per non so quale motivo all'interno di quella stanza, poi pensando maggiormente alle cose recentemente scoperte mentre fisso i loro occhi capisco.
Capisco perchè nella mia mente si è delineata in maniera più che chiara un quadro mostruoso.
Io non dovevo vedere.
Mi volto verso l'interno della casa, osservando in fretta i presenti e collegando diverse cose nella mia mente.
Gli oni si avvicinano a Scott e Kira, controllando personalmente che i due ragazzi non sono posseduti, poi si voltano un'ultima volta verso di me, permettendomi nuovamente di osservare i loro occhi luminosi, prima di sparire lasciando i due ragazzi a terra svenuti.
Io indietreggio, sentendo la mano di Derek perdere la presa sulla mia schiena, mentre tremante porto le mani a coprire la bocca spalancata in un O muta, gli occhi sgranati.
Respiro affannosamente, mentre i pezzi della scacchiera finiscono di mettersi al loro posto nella mia mente, tutte le visioni, tutti i ricordi acquistano un senso ora.
Corro fuori dal salone e poi dalla casa sentendo distintamente la voce di Lydia chiamarmi, mentre qualcuno mi corre dietro.
Salto in macchina, ignorando la fitta di senso di colpa a lasciare quei ragazzi da soli, ma ho bisogno di conferme.
Con la macchina arrivo in fretta davanti casa dello zio,rendendomi conto in fretta che Stiles non è in casa.
Sempre più apprensiva chiamo lo zio, scoprendo che mio cugino è in ospedale.
Attacco con il fiato corto, mentre poggio il capo al volante, mentre respiri affrettati escono dalle mie labbra.
E' iniziata.

Con la macchina, dopo essermi calmata, guido per le strade buie di Beacon Hills, fino ad arrivare al familiare cartello che segna la fine della piccola cittadina.
Parcheggio, lasciando la macchina nascosta fra gli alberi, e mi incammino.
Sapendo perfettamente dove andare, per nulla impaurita dall'oscurità che regna sovrana nel bosco, cammino fino ad arrivare alla casa dove ho avuto il mio primo flashback.
La ignoro, camminando spedita, inoltrandomi in quello che ormai è un sentiero dimenticato.
Tutto sembra tacere, mentre io silenziosa cammino, non si sente niente, è tutto silenzioso.
Vado avanti non so per quanto, potrebbero essere passate ore così come pochi minuti, ma io ne ho perso la cognizione.
Poi il fitto bosco che mi ha circondato soffocante si dirada, fino a quando gli alberi spariscono, lasciando posto ad una radura, al cui centro sorge fiero l'enorme ceppo di un albero che a suo tempo deve essere stato spettacolare.
E' uno spettacolo  mistico e inquietante.
La radura è rischiarata da migliaia di piccoli insetti, lucciole, che risplendono illuminando l'aria circostante, in una danza antica come il mondo intorno al tronco mozzato.
Il legno sembra pulsare.
L'albero è vivo.
La consapevolezza di questa verità sale lentamente al mio cervello, mentre silenziosa azzardo un timido passo in avanti, venendo però fermata da una voce roca, una delle ultime che mi sarei aspettata di sentire qui.
<< Che ci fai qui? >> sussulto leggermente, sentendo quel sussurro roco appena dietro di me, e con un movimento veloce mi volto, trovandomi davanti gli occhi sospettosi di Derek.
Non rispondo, continuando a fissare incantata gli occhi chiari del ragazzo, mentre tutto ad un tratto il bosco sembra riprendere vita.
Lo vedo sgranare leggermente gli occhi mentre mi guarda in volto.
<< Chi sei tu? >>

 

Si lo so, siete tutti pronti con forconi, artigli, katane e chi più ne ha ne metta, per farmi a pezzi per questo mostruoso ritardo di cui non ho scusanti.
Volevo scusarmi con le persone che seguono la storia per l'irregolarità con cui posto i capitoli, ma il blocco dello scrittore è una brutta bestia.
Infine sul capitolo non ho molto da dire, apparte che finalmente fa la sua comparsa fisica il nostro tenebroso Hale.
Phoebe si ritrova sempre più invischiata negli affari sovrannaturali di Beacon Hills, e grazie all'ex emissario inizia a capire cosa è diventata.
Per la figura mitologiaca ho preso spunto da Wikipedia (
http://it.wikipedia.org/wiki/V%C3%B6lva), poi inventando di sana pianta, lo ammetto.
Mi scuso ancora per il ritardo e l'irregolarità con cui porto avanti la storia, ma riuscirò a finirla, è uno dei miei buoni propositi per il prossimo anno.
Ne approfitto per fare pubblicità ad una oneshot recentemente pubblicata sempre sul fandom, partecipante ad un concorso.
E' una Sterek leggera, e se qualcuno gradisce il genere eccola qui 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2910002&i=1
Daisys
Alla prossima

 

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Capitolo 6
*** -Capitolo 6-Hospital ***


Capitolo 6- Hospital

We all are living in a dream, || Tutti noi stiamo vivendo in un sogno 
But life ain’t what it seems || ma la vita non è quel che sembra
Oh everything’s a mess || oh, tutto è un casino 
And all these sorrows I have seen || e tutte quelle sofferenze che ho visto 
They lead me to believe || mi portano a credere 
That everything’s a mess || che tutto è un casino
Dream- Imagine Dragons

Rantolo, fissando scioccata Derek, non riuscendo minimamente a parlare, troppo occupata ad osservare meglio quest'uomo spettacolare.
Un uomo che al momento attende una mia risposta.
Cercando di controllare il battito impazzito del mio cuore, che sicuramente con i suoi poteri da licantropo può percepire benissimo, provo a cercare di aprire bocca e di far uscire qualcosa oltre all'aria.
Dopo qualche tentativo che con molta probabilità mi ha fatto sembrare un pesce lesso, riesco a parlare, pronunciando poche parole.
<< Cosa ci fai qui? >> dico velocemente, somigliando in un modo inquietante a mio cugino, e sinceramente questo non è propriamente un complimento, se vogliamo dirla tutta.
Derek inarca un sopracciglio scuro, quasi a beffarmi della mia domanda, e le sue labbra si piegano in una smorfia ironica, il tutto contornato dallo sguardo sospettoso nei suoi occhi.
Bhe, anch'io sarei sospettosa se una psicopatica come sembro io al momento avesse un album pieno zeppo di miei ritratti.
<< Potrei farti la stessa domanda. >> ribatte sbuffando, mentre si avvicina a me, con le mani chiuse contro i fianchi.
Io in contemporanea indietreggio, allontanandomi da lui, ancora imbarazzata dalla faccenda dei ritratti e dalla mia reazione alla sua sfrontata bellezza.
Anche ora mentre indietreggio cercando di mantenere una certa distanza non posso fare a meno di osservare quasi in trance il suo viso, desiderosa di distendere le rughe di irritazione che rovinano la distesa di perfezione del suo sguardo.
Presto troppa attenzione a lui, così tanta da non rendermi conto di essere arrivata al ceppo, e come degna cugina di Stiles, inciampo su una radice, iniziando la mia discesa verso il duro legno.
Sembra andare tutto al rallentatore, e i colori iniziano a sbiadire, mentre un senso opprimente di vertigine, che inizialmente attribuisco alla caduta, si fa avanti.
Vedo Derek muoversi verso di me per non farmi cadere, e troppo tardi mi rendo conto dei sintomi di una visione.
Faccio per gridare di non avvicinarsi, ma è impossibile, ho la bocca impastata e la vista oscurata.
L'ultima cosa che sento prima di svenire è il tocco di una mano, che frana la mia caduta ma che non mi impedisce di toccare il legno umido.

Mi ritrovo di nuovo nella stanza bianca, che sembra infinita, ma stavolta c'è qualcosa di diverso.
Non sono sola.
Con un ansito mi volto, e mi rendo conto che per la prima volta ho portato qualcuno con me in una delle mie visioni.
Derek è steso i terra, vicino a me, e impiega molto più tempo a riprendersi,non essendo abituato agli sbalzi che le visioni comportano.
Ora non ho tempo di analizzare il perchè della sua presenza, quindi lo lascio a terra, mentre io inizio ad osservare la stanza, dove il suo bianco è interrotto solo e unicamente da tronco mozzato che sorge dal pavimento.
Lo stesso tronco nel bosco.
Mi avvicino, sfiorando lieve il legno poroso e umido, cercando di capire la connessione di quest'albero e la mia venuta a Beacon Hills.
Perchè sono quasi certa che sia tutto collegato in uno schema più grande, e questo legno può darmi la chiave per comprendere il tutto.
Mi accovaccio a terra,tastando e cercando di smuovere le radici alla ricerca di non so cosa, mentre Derek con un grugnito inizia a muoversi e a lamentarsi.
<< Dannazione! Dove diavolo siamo? >> ringhia guardandosi intorno e cercando di attirare la mia attenzione.
Se Brontolo qui presente pensa di ricevere considerazione urlando e ringhiando a destra e manca non ha proprio capito nulla, e non vedendo nessuna reazione da parte mia sembra rendersene conto, per cui inizia ad avvicinarsi borbottando.
Io nel frattempo continuo a cercare qualcosa, fino a quando vedo qualcosa brillare fra un nodo e l'altro del legno.
Inserendo le dita nella fessura cerco prima di prendere ciò che brilla al suo interno, e quando non riesco provo almeno ad allargare lo spazio.
In fretta mi rendo conto di una cosa però, la luce si è moltiplicata, e continua a crescere.
Non faccio in tempo ad allontanarmi che Derek mi prende da un braccio, allontanandomi dal tronco, poco prima che una miriade di insetti luminosi inizino ad uscire dal legno.
Con un ansito mi aggrappo al bicipite di Derek, mentre in fretta cerchiamo di allontanarci dagli insetti, ma è inutile, sono sempre di più e riempiono questa stanza.
Iniziano a venirci contro, e quando iniziano ad attaccarsi ai miei vestiti urlo. 
Derek è veloce a stendermi a terra e a coprirmi, ma ormai gli insetti sono troppi e ovunque, e lentamente ci ricoprono.
Singhiozzando mi stringo a Derek, contro il suo collo, mentre l'aria e la visuale iniziano a sparire.
E' tutto buio in pochi secondi e l'ultima cosa che sento, con il viso sprofondato contro Derek, è che lui per poco mi stringe a sua volta.


Con un grido riapro gli occhi, tirandomi su di scatto e buttando a terra Derek, che era per metà sdraiato sopra di me.
Rantolando mi porto la mano alla gola, ansimando con forza e alzandomi, per poi trovarmi costretta ad appoggiarmi al ceppo per non cadere.
Come scottata allontano la mano, iniziando ad indietreggiare e a scuotere la testa in segno di diniego, mentre cerco di convincermi che va tutto bene e che la visione non era reale.
Derek nel frattempo si é tirato su, e cerca di fermarmi non appena mi vede correre in direzione della macchina.
Mi muovo in fretta, in parte grata dei postumi della visione, ma consapevole che essendo un licantropo li smaltirà più in fretta, quindi non mi posso permettere di perdere tempo.
Così come non posso rispondere alle domande che sicuramente arriverebbero se io rimanessi con lui.
Entro in auto e premo sull'acceleratore, cercando di sparire il più in fretta possibile.
Un trillo interrompe il mio piano di fuga mentale, e presa di sorpresa sobbalzo, sbattendo la testa contro il tettuccio dell'auto.
Capendo che a suonare è il cellulare allungo in fretta la mano, ma il tremore che scuote le mie mani da quando è finita la visione mi fa perdere la presa sull'apparecchio.
Con un imprecazione freno di colpo, stringendo con forza il volante, mentre la suoneria del mio cellulare si affievolisce, fino a spengersi del tutto.
Stringendo le mani al petto aspetto qualche secondo, sperando che il tremore si fermi, e quando mi sento abbastanza sicura mi chino per recuperare il telefono.
La prima cosa che noto sono un mucchio di chiamate perse.
Le prime sei di Stiles, le rimanenti di Scott.
Nel vedere questo il mio battito cardiaco aumenta a dismisura, e sento il mio petto stringersi in una morsa asfissiante, preoccupazione e timore uniti.
C'è anche un messaggio vocale, da parte di Scott, che in fretta ascolto.
<< Phoebe, ti prego, quando senti questo messaggio richiamami.
Stiles, Stiles è sparito, si trova in un luogo buio ed è ferito ed io non ho idea di come trovarlo. Ti scongiuro richiamami. >>
Mi si ghiaccia il sangue nell'ascoltare le parole agitate di Scott, e concentrata come sono non mi rendo conto di una mano che sbatte contro il finestrino e apre la portiera.
<< Si può sapere che dia... >> inizia Derek lasciandosi cadere sul sedile, ma io lo interrompo prima che possa dire altro.
<< Zitto! Zitto, dannazione! >> grido sbattendo un pugno sul volante innervosita e spaventata a morte dalla situazione.
Non è da me comportarmi così, di solito sono piuttosto calma e rilassata, e quando si pone un problema di solito cerco di analizzarlo con la mente lucida.
Derek si azzittisce, ed io respirando affannosamente poggio il capo contro il volante, cercando di concentrarmi, cercando un singolo segno di dove possa essere mio cugino.
Non posso perdere anche lui dannazione, tutti ma non lui.
Continuo a rimuginare e a cercare di concentrarmi, quindi non mi rendo nemmeno conto di quando Derek scende in silenzio dall'auto.
Possono essere passati due minuti come anche un ora, ma almeno quando mi tiro su sono abbastanza calma da non rischiare un incidente.
Respiro piano, concentrandomi sul ritmo, cercando di evocare quel potere che ho sempre considerato una maledizione, ma che in questo caso ringrazio chiunque me lo abbia dato.
Per la prima volta in vita mia accolgo con gioia la sensazione di vuoto e la perdita di sensibilità del corpo.
Per la prima volta mi appresto ad entrare in una visione con il sorriso sulle labbra.

E' freddo e umido qui.
Un dolore atroce mi attanaglia la gamba, ma è come se fosse esterno, non mio.
E' tutto buio.
Ma sento di non essere sola.
Qualcosa di malvagio è qui.
Ma è familiare, ci siamo già incontrati io e lui.
E' circondato da un'aura oscura, cupa, piena di disperazione e dolore, gode nel terrorizzare.
Ma non sono io che cerca.
Perchè io non sono qui.
Perchè quando si gira ad urlare non sono io, anche se sono nel suo corpo, ma Stiles.


Quando di scatto mi tiro su è naturale per me accendere l'auto e guidare.
Probabilmente non ho nemmeno idea di dove stia andando, in termini di strada almeno, ma il mio potere sa perfettamente dove andare a cercare, è come se una strada luminosa mi si fosse accesa nel cervello.
Guido senza rendermene conto, e quando fermo la macchina fisso piuttosto sospettosa l'enorme edificio che mi si pone davanti, ma fidandomi delle mie percezioni scendo dall'auto e mi avventuro in quello che sembra a tutti gli effetti un manicomio, anche se so che non si dice così, questo ha proprio l'aria di un manicomio.
Quasi in trance attraverso le stanze buie del luogo, non essendo propriamente in me.
Salgo e scendo scale, fino a quando mi trovo davanti un enorme porta blindata, che forzata leggermente si apre cigolando.
Le scale scendono in quella che sembra la bocca dell'inferno per quanto è buio.
Ma con la torcia del cellulare tutto è possibile, quindi armata inizio a scendere.
Quando tocco terra rilascio un sospiro di sollievo, felice di essere sopravvissuta anche a questo.
Appena ho messo piede in questo posto ho sentito un brivido lungo il collo, ma in questo momento, guardandomi in torno mi rendo conto con una sicurezza mostruosa di una cosa.
Stiles era qui.
E' stato qui fino a poco tempo fa, ne sono sicura.
Con il telefono sempre alzato mi guardo in giro, cercando qualche segno, qualche traccia della presenza di mio cugino.
Dopo qualche minuto torno al punto di partenza, totalmente concentrata nel cercare, che quando mi squilla il telefono sobbalzo spaventata.
Ruotando il braccio rispondo, ma quando Scott inizia a parlare io sono già totalmente fissata su tutt'altro.
Barcollando metto il telefono in vivavoce, e mentre sento Scott parlare punto la torcia contro un muro, incassato sotto le scale.
<< Phoebe, abbiamo trovato Stiles, era addormentato nella tana del coyote dove era Malia, non preoccuparti. >> dice trafelato, mentre in sottofondo si sentono delle voci.
<< D'accordo Scott, grazie per avermi avvertito. >> ribatto, e attacco, senza dargli nemmeno la possibilità di rispondermi.
Sono troppo concentrata ad osservare e sfiorare lo strano segno inciso nel muro, che stranamente sembra quello che è stato lasciato ai ragazzi sul collo.
Stringendo le labbra in una linea dura scatto un paio di foto, e mi volto in fretta per risalire le scale, quando il mio piede calpesta qualcosa. 
Incuriosita mi abbasso, raccogliendo il mio ostacolo, e quando mi rendo conto di cosa sto tenendo in mano non posso fare a meno di sentire un fremito, a metà tra terrore ed eccitazione.
<< Bingo. >> sussurro rigirandomi tra le mani quello che a tutti gli effetti sembra proprio il telefono di Stiles.

***

Con un sussulto mi volto, rischiando di far cadere in terra la giacca da sceriffo che lo zio mi ha prestato.
Sono arrivata qui a notte fonda, per dare sostegno allo sceriffo, ed entrambi abbiamo passato la nottata e parte della mattinata nel corridoio davanti la stanza di Stiles.
Il suo telefono è ancora nella mia tasca, non so per quale motivo io stia tentennando così tanto nel dire ai ragazzi dove l'ho trovato.
Gemendo dolorante mi alzo, infilandomi l'enorme giacca ed incamminandomi verso il distributore automatico.
Assonnata, pesco dal giaccone qualche monetina dalla tasca, e mi appoggio al muro mentre il mio thè viene preparato.
Lo zio sta parlando con Melissa, riguardo alcuni esami che vorrebbero Stiles facesse, ed io preferisco tirarmene fuori.
Non vado molto d'accordo con gli ospedali, il periodo passato in coma in una stanza asettica e disinfettata non è stata esattamente una piacevole vacanza.
E' strano infatti che io abbia accettato anche solo di entrare, ma per Stiles e lo zio farei questo e altro.
Rabbrividendo e con il bicchiere bollente in mano mi avventuro nel corridoio, infilando la testa nella stanza di Stiles per controllare che lui sia ancora lì.
Sollevata dalla vista della familiare zazzera di capelli castani mi sposto.
Mi accascio sulla sedia dove ho passato la notte e sospiro stremata.
Bevo tutto d'un sorso il thè rimasto e poggio il bicchiere sul tavolino di fianco a me, per poi stringermi nella giacca e quasi fare le fusa per l'odore di famiglia di cui è impregnata.
Mi appisolo per qualche secondo, ma quando una mano mi scuote con gentilezza mi rendo conto che è passato molto più di qualche minuto da quando ho chiuso gli occhi, qualche ora probabilmente, perchè lo zio mi fa segno di alzarmi e insieme ci incamminiamo con Melissa e Scott nella sala dove è stato portato Stiles.
Con un tremito faccio segno di andare avanti e in automatico mi metto vicino alla porta, dietro il vetro, non in grado di avvicinarmi troppo ai macchinari d'ospedale.
Lo zio e Melissa escono e vengono a mettersi vicino a me, ed io abbraccio lo sceriffo con forza, mentre osservo Scott e Stiles parlare fra loro.
Quando li vedo abbracciarsi con forza, sento il cuore stringersi, mentre tiro su con il naso, e quando Stiles mi fissa l'unica cosa che riesco a fare è ciao ciao con la mano, mentre sento gli occhi farsi umidi.
Quando accendono il macchinario non resisto, mi stacco dallo zio, e lui mi lascia andare, sapendo perfettamente quello che sta succedendo.
<< Io... N-...non ce la faccio... >> bisbiglio, prima di voltarmi e correre verso l'esterno.
Poco prima di arrivare fuori vado a sbattere contro qualcuno, e quando alzo il viso, tra le lacrime distinguo a malapena il contorno del viso di Derek.
<< Che succede? >> chiede ansioso e si, anche sospettoso osservandomi.
Credo che l'esperienza della visione e dei disegni inquietanti sia ancora fresca nella sua memoria, ma al momento non mi interessa, non sono nella condizione di preoccuparmi di questo.
Io a questa domanda non posso fare a meno di iniziare a piangere ancor più copiosamente, e vedo il suo sguardo farsi allucinato, non sapendo come gestire una donna in lacrime.
<< Io... Stiles... gli ospedali... >> farfuglio sconclusionata,  ma lui sembra capire, perchè con delicatezza mi prende per le spalle e mi riporta verso la sala d'attesa, mentre io continuo a piangere sulla sua spalla, insudiciandogli sicuramente la maglia.
E lui me lo lascia fare, anche se quando mi sono appoggiata a lui si è innervosito.
Probabilmente i suoi super sensi da licantropo lo stanno avvertendo del fatto che se mi staccasse, piangerei ancora di più.
Sicuro.
In sala d'attesa troviamo Scott, ed io lasciando tutti a bocca aperta mi attacco a Derek, salendogli quasi addosso quando si siede.
La tensione del corpo sotto di me è palese, ma io me ne frego altamente pensando a me e ai miei problemi.
Scott ci fissa stralunato, ma in fretta mi rendo conto che non fissa me, Derek.
E se anche avesse fissato me, io ho una scusa per comportarmi così.
Io e gli ospedali non andiamo esattamente d'accordo.
Loro due iniziano a parlare fin da subito ed io in fretta mi estranio, ma quando iniziano a parlare di proteggere la città una lampadina mi si accende in testa.
Proteggere, proteggere, proteggere.
A Stiles piace proteggere, farebbe di tutto per non far soffrire i suoi amici.
In fretta i vari fili vaganti si uniscono, dandomi una visione totale del tutto.
Stiles è scappato per un motivo stanotte, ed è tutto legato a quel mostro delle mie visioni.
Loro due sono collegati, strettamente.
<< Da se stesso. >> sussurro interrompendoli. << Ci stava proteggendo da se stesso. >> 
Scott e Derek mi fissano, poi in contemporanea si alzano e corrono via, trascinandosi dietro anche  me, che sono ancora attaccata a Derek.
Saliamo sul tetto dell'ospedale e Scott arrampicandosi tira giù una sacca piena di vari attrezzi.
Tutti osserviamo allucinati la borsa, non capendo l'utilizzo del tutto, quando alzo lo sguardo.
Con gli occhi sbarrati tiro e stringo leggermente la mano di Derek, per poi indicare un cavo rotto, che emette scintille minacciose.
Sono pochi secondi, in cui succedono varie cose, tutte ad una velocità non umanamente possibile.
Mi sento strattonare all'indietro, ed un corpo mi si para davanti, quando quello che sembra un fuoco d'artificio esplode in mille scintille.
Stringo con forza le spalle di Derek, sentendo la pelle calda sotto il tessuto leggero della maglia, ed alzandomi sulle punte vedo un cavo protendersi verso terra.
Scuotendo la testa mi stacco da Derek, e mi volto dicendo una sola parola prima di correre verso le scale.
<< Stiles. >>



Allora, sono secoli che non aggiorno questa storia, ma l'ispirazione mi aveva totalmente abbandonata, e sinceramente in questi ultimi giorni mi sono scervellata per riuscire a scrivere questo capitolo.
E' stato un parto.
Probabilmente non è perfetto, con errori e varie incongruenze, e preferirei non postarlo, ma per rispetto di voi che mi seguite e aspettate il continuo di questa storia, ho deciso di metterlo online.
Spero che qualcuno stia ancora seguendo le vicende di Phobe.
Grazie a chi mi sostiene ancora
daisys

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