The Demon's Obsession

di Lotiel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Primo Capitolo: Tutto come prima... o quasi! ***
Capitolo 3: *** Secondo Capitolo: Incubo ***
Capitolo 4: *** Terzo Capitolo: Consapevolezza di essere niente ***
Capitolo 5: *** Quarto Capitolo: In trappola ***
Capitolo 6: *** Quinto Capitolo: Una visita inaspettata ***
Capitolo 7: *** Sesto Capitolo: Rivelazione ***
Capitolo 8: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo






Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà della Capcom che ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in Resident Evil, appartengono solo a me.


PROLOGO

-Claire...
La voce alterata dalla mutazione rendeva il tutto troppo macabro.
-...io ti...
Claire guardava Steve con occhi pieni di lacrime, non riusciva a credere che anche lui fosse stato contagiato. Non riusciva a credere che quel ragazzo che aveva aiutato in Sud America, stava morendo.
-...amo.
Claire rimase per qualche istante bloccata da quelle ultime parole che uscivano come un rantolo mostruoso dalle labbra che aveva visto sorridere. Il virus di Alexia aveva portato via anche lui ed ora lo guardava morire.
Steve esalò l’ultimo respiro. La giovane donna continuava a guardarlo, senza riuscire a distogliere gli occhi che adesso, dopo tutto ciò che aveva sentito, ricacciavano le lacrime. Troppe per essere contenute. Cadde in ginocchio e gli occhi offuscati guardavano il corpo mutato del ragazzo.
Gridò con quanto fiato aveva in gola e sobbarcò per qualche istante i colpi sulla porta di qualcuno.
Claire sgranò gli occhi, dalla paura forse di vedere qualcosa che l’avrebbe segnata ancora una volta.
Poi il viso del fratello, attraverso la finestrella della porta, le portò un’insperata salvezza.
Si alzò di scatto e si fiondò verso l’unica via di fuga.
-Chris.
Dalle labbra della donna uscì un suono fioco, quasi impercettibile, lui non riusciva neanché a sentirla. Era rinchiusa in una camera per evitare la fuoriuscita di bio-armi, ciò che era successo a Steve.
Claire vide che Chris tentava inutilmente di aprire quella porta e per qualche istante anche lei aveva provato di aprirla, senza successo.
All’improvviso ricordò. Le mani iniziarono a frugare nelle tasche del suo giacchetto rosa preferito. Una mano andò ad infilarsi nella tasca interna e ne estrasse, con un piccolo sorriso sulle labbra, dei documenti accuratamente conservati.
-Chris.
Lei iniziò a battere sulla porta per cercare di catturare l’attenzione del fratello. Glielo si  leggeva in viso che era preoccupato per lei e lei riusciva solo a farlo stare in pena. Sembrava, però, che a volte Claire non lo facesse per dispetto, ma che sentiva quel bisogno impellente di ricercare la verità ad ogni costo, odiando a volte che gli altri la tenessero all’oscuro di tutto.
Eppure aveva vissuto come loro gli orrori di Racoon City. Aveva ucciso anche lei. Aveva lottato ed era riuscita a salvarsi.
Avuta l’attenzione da parte di Chris e sapendo bene che non riusciva a sentirla, cercò in tutti i modi di fargli capire che quei documenti servivano per liberarla. Erano i codici dell’intero stabile dov’erano intrappolati.
Claire riuscì a passare i documenti da un dispositivo che funzionava tipo finestrella. Infatti qualcosa si aprì e lei infilò tutto all’interno di questo scomparto. Chris ricevette solo pochi istanti dopo i codici e cercò di rassicurare Claire che l’avrebbe tolta fuori da quella stanza.
Claire annuì, era sicura che il fratello avrebbe fatto di tutto. In lui aveva sempre una cieca fiducia, infatti non la deludeva mai.
Gli occhi di Claire si spostarono nuovamente verso il corpo mutato di Steve. Nuovamente il pensiero di non essere riuscita a fare nulla per lui, prese il sopravvento. Si accasciò a terra, per il momento non poteva fare più niente.
Nella stanza non c’era praticamente nulla, l’aveva controllata prima che comparisse Steve e adesso sentiva solo il proprio respiro misto alla solitudine e al sangue.
Passarono solo pochi minuti quando la porta fece uno scatto secco. Alzò il capo e si rialzò frettolosamente. Sapeva che dietro quella porta c’era la salvezza, anche se al momento sembrava una semplice illusione dettata dalla sopravvivenza.
Sul riquadro della porta comparve infine la sagoma di Chris. Corse incontro il fratello, abbracciandolo e per qualche minuto sfogandosi con un pianto liberatorio.
-Claire, dobbiamo andare.
La donna prese un profondo respiro e afferrò la pistola che Chris le stava porgendo. Annuì debolmente, lasciando un ultimo sguardo alla sagoma del corpo di Steve.
-Addio.
Corsero a perdifiato, risalendo le scale che erano rimaste intatte dopo il crollo che avevano subito quelle adiacenti. Le gambe erano stanche, ma continuavano a muoversi senza tregua. Dovevano assolutamente riuscire a raggiungere il sistema di autodistruzione di quel luogo, dovevano distruggere tutto ciò che quello stabile rappresentava. Un nuovo inferno.
Claire aveva il fiatone ma seguiva Chris senza perdere la fiducia che, ancora una volta, l’avrebbe salvata. Dopotutto era stato quasi sempre lui a volerla proteggere a tutti i costi e lei gliene era stata sempre grata.
Tutto procedeva tranquillo, forse troppo. Raggiunsero in poco tempo il sistema che avrebbe segnato la fine di quel posto. Claire si guardò intorno, era l’aria a non piacerle e mise una mano sulla spalla di Chris.
Il respiro pesante, la penombra che rendeva difficile la vista. Si guardavano intorno mentre Claire stringeva più forte la pistola, tenendo bassa la guardia, ma le orecchie tese ad ogni singolo rumore.
-Presto, Chris.
Disse al fratello, intento a iniziare la procedura di autodistruzione. I muscoli erano tesi, gli sguardi attenti ad ogni movimento.
Non ci fu il momento di dire più nient’altro. Una nuova creazione scese dal soffitto portandosi a pochi metri da Claire che fu pronta a sollevare la pistola. Ma i colpi che vennero sparati partirono da dietro di lei, Chris aveva dato già qualche colpo.
-Claire, scappa. Ci penso io.
-Ma...
-Non discutere, vai verso l’hangar.
Claire abbandonò con malavoglia la sua postazione, lasciando un’Alexia Ashford trasformata nuovamente a combattere contro sul fratello.
-Aspettami lì.
La ragazza fece un cenno di assenso e corse a perdifiato verso l’hangar dove dovevano trovarsi i velivoli militari. Cercava di non pensare a suo fratello che doveva fronteggiare quel mostro, ma se lui le aveva detto di aspettarlo lì allora sapeva che sarebbe ritornato o almeno era quello che voleva che la sua mente le facesse credere.
Quando fu dentro, Claire si guardò intorno. C’era un silenzio troppo pressante e il suo cuore aveva il battito accelerato per la corsa. Una mano premeva sul petto e lo sguardo cercava di mettere a fuoco ogni angolo in penombra.
Sembrava tutto a posto, tutto regolare, ma qualcosa stranamente non quadrava. Claire si avvicinò lentamente ad uno dei velivoli ed improvvisamente sentì un suono sordo, di scarpe che battevano sull’asfalto dell’hangar.
Claire si sentì nervosa, come se captasse quella presenza come la più pericolosa che potesse esistere. La ragazza inumidì le labbra con la lingua sentendole improvvisamente secche. Il cuore accelerò i suoi battiti nuovamente e questa volta non era stata la corsa.
-Claire Redfield!
Quella voce, l’avrebbe riconosciuta tra tante. Inconfondibile quel tono derisorio e di superiorità. La figura possente dell’uomo mutato in bestia, ma che conservava ancora il bell’aspetto di quando era umano.
Claire si voltò velocemente alle sue spalle, dove Albert Wesker fece il suo ingresso. Strinse la pistola nella mano destra e gliela punto contro.
-Wesker!
Il tono era sprezzante e l’odio trapelava da ogni lettera pronunciata. Teneva d’occhio l’uomo che, al momento, non accennava ad alcun movimento. Era come lo ricordava. Capelli tirati tutti verso dietro, occhiali scuri a nascondere il disumano che viveva in lui e gli anfibi con cui quella volta l’aveva schiacciata al suolo. Era solo cambiato lo scenario, altrimenti era tutto uguale.
Come un incubo che ritornava.
Claire cercava di non esprimere la paura che l’opprimeva. Sapeva che non aveva speranze con Wesker, ma tentava inutilmente di tenerlo sotto tiro.
-Ti consiglio di non muoverti!
Albert Wesker la osservo per qualche istante, senza rispondere, poi irruppe con una risata che sembrava quella di un demone. Infatti si mosse troppo velocemente per la ragazza, che se lo ritrovò proprio dietro le spalle avendo sparato inutilmente ben tre colpi.
Con un gesto rapito, Wesker le fece cadere la pistola torcendole il polso e strappandole un gemito. Con un gesto fulmineo la scaraventò contro il muro con un rumore sordo.
Claire si rialzò completamente intontita e teneva la spalla destra, sicuramente lussata.
-Che strano! Finisci sempre contro qualcosa.
- Va a farti fottere, Wesker!
L’uomo digrignò i denti sadicamente per poi procedere a lunghi passi verso Claire, sempre con quel sorriso stampato sulle labbra.
-Vuoi essere tu la prima?
La prese per il collo e Claire, con la mano sinistra e sana, cercava invano di liberarsi. Il respiro infatti cominciava a mancarle e leggeri gemiti uscivano dalle sue labbra semiaperte.
Gli occhi di Claire, però, erano sempre puntati verso gli occhiali scuri dell’uomo, dove sapeva si nascondesse il demone che si era impossessato di lui.
Come per miracolo, Wesker lasciò la presa. Claire riprese a respirare ed annaspare l’aria che le era mancata. Dietro il biondino c’era Chris con l’arma puntata contro di lui.
Wesker teneva la mano sulla spalla, colpo di una Magnum che gli aveva fatto molto male. Un altro colpo partì dalla Magnum che Redfiend impugnava e Wesker cadde in ginocchio.
-Muoviti, Claire!
La ragazza annuì e si diresse verso uno dei velivoli.
Chris tentò di immobilizzare Albert Wesker in modo che non gli desse più fastidio e con uno stratagemma ci riuscì. Poco dopo, con Claire, prese il volo fuori da quell’inferno.
L’unica cosa che Chris vide prima di andare via erano gli occhi rossi di Wesker che brillavano e un ghigno malevolo disegnato sul viso, ciò che vide anche Claire.
  

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Angolo dell'Autrice

Spendo poche parole per questo rimodernamento dell'impaginazione della storia e spero che piaccia. So che ancora non l'ho finita ma mi impegno fin da ora, dato che metà dell'epilogo è finito, di postarlo entro e non oltre una settimana da questa ripresa della storia. Grazie ancora per chi l'ha seguita e commentata.
Questa invece è la mia pagina FB dove scoprire curiosità e altro su personaggi da me inventati e sulle mie storie.

 
Lotiel Scrittrice - Come pioggia sulla neve

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Capitolo 2
*** Primo Capitolo: Tutto come prima... o quasi! ***


no

Nota dell'Autrice: Ed eccoci al capitolo vero e proprio. Fin'ora mi sono attenuta ai fatti che avevo letto e che ricordavo, ma ora è arrivato il momento di dare una svolta alla storia. Come vedrete ho solo preso l'inizio dell'ultimo capitolo di Resident Evil Degeneration, ma questa storia non tiene conto affattodgli eventi che seguono dopo. Ho avuto un piccolo flash di ciò che poteva succedere nella mente di Claire dopo la morte di Steve e della fantomatica morte di Wesker ed ecco qui il risultato. Spero di non deludervi. Ora vi lascio alla storia.

 

 

Ringraziamenti:

Bluemary: Ti ringrazio per gli errori che mi hai segnalato. Scrivere questo capitolo è stata dura, ma spero che ciò che ho scritto non ti dia fastidio. Ebbene, ho voluto solo buttarmi su un personaggio di Claire che potrebbe esistere dopo la morte di Steve. Un piccola licenza poetica che mi sono presa. Ora ti lascio al capitolo, senza rubarti altro tempo.

 

 

 

 

 

Era ritornata la normalità e Claire, ormai attivista dell’associazione mondiale “TerraSave”, stava scendendo le scale ad una velocità estenuante.

Era terribilmente in ritardo, come sempre e sapeva che questa volta non gliel’avrebbero perdonata. Aveva in mano una valigetta e indosso la sua solita giacca rosa, simile a quella che aveva a Racoon City e che aveva preferito buttare via.

Si era trasferita nella cittadina di Harvardville, sempre negli Stati Uniti. Dall’epoca in cui aveva incontrato i suoi amici e il fratello erano passati più di sei mesi e da quel che considerava la vicenda più orribile che avesse mai vissuto, poco più di un anno.

Claire era riuscita a sopravvivere a quella vicenda, ma continuava ad avere paura la notte. Quando ogni singolo spiffero si insinuava nelle fessure delle finestre, ogni rintocco di orologlio lontano, ogni piccola goccia di rubinetto che sentiva come un assordante rumore.

Non aveva mai dimenticato il viso del demone che quel giorno le sorrise beffardo. Sapeva forse che sarebbe sopravvissuto, anche se lei in cuor suo sperava che non fosse così.

Ogni volta che pensava a quell’uomo il cuore iniziava a battere forte. Non era l’emozione, ma la paura che gli procurava il solo pensare a lui. Claire prese un profondo respiro fermandosi proprio agli ultimi gradini della scalinata.

Sperava che la giornata passasse velocemente, che riuscisse almeno a superarla serenamente. Ormai Wesker si era insinuato come un virus maligno dentro la sua testa e ogni giorno sperava di poterlo superare senza problemi, ma non riusciva a togliersi quel pensiero persistente.

Era ancora vivo?

Claire scosse la testa cercando di sorridere e credere che, in fondo, era solo una piccola paura. Aveva visto lei stessa l’esplosione.

Sulla strada si avviò verso la sua macchina e all’improvviso le sembrò di vedere qualcuno di conosciuto. Le si fermò il cuore ad un tratto e tutto il mondo sembrò distruggersi intorno a lei. Stava guardando dalla sua parte, stava fissando proprio lei.

Quell’uomo all’improvviso abbracciò qualcuno e si rese conto dopo che non era lui. Eppure gli somigliava troppo o era proprio la sua immagine a perseguitarla. Scosse il capo per qualche istante riprendendo a camminare. Il cuore aveva accellerato i suoi battiti e non riusciva a calmarsi, se non aprendo la borsa e prendendo una di quelle pillole che le aveva consigliato il suo medico.

Solo da poco aveva cominciato a prendere anche il sonnifero dato che le riusciva difficile dormire la notte, soprattutto da quel che era successo a Steve. Non riusciva a perdonarselo.

Improvvisamente il trillo del cellulare la fece sussultare, era troppo immersa nei pensieri che aveva quasi dimenticato dove si stesse dirigendo.

-Si, si. Sto arrivando.

Era il padre della famiglia che stava assistendo. Aveva trovato qualcosa che, forse, le avrebbe impiegato la mente per l’intera giornata e sperava con tutta se stessa che ci riuscisse a non pensare.

Si mise in macchina, inserì la chiave all’interno del quadro e mise in moto. Un profondo respiro per poi partire, diretta veso l’aeroporto di Harvardville.

Sembrava così distante, eppure aveva percorso solo poca strada. Sbuffò, lasciando che il suo autocontrollo si dissolvesse come se non l’avesse mai avuto. Riusciva a malpena a stare calma. Quella giornata, non riusciva a spiegarsi perché, era cominciata male e sapeva che sarebbe finita anche peggio. Se lo sentiva.

Frenò all’improvviso per un pedone sopra le strisce. Pochi secondi di ritardo e l’avrebbe investito. Claire sgranò gli occhi quando davanti a lei comparve il viso di Wesker, con gli occhi rossi che la fissavano atrocemente. Strofinò le proprie palpebre per poi accorgersi che era solo uno dei tanti passanti, eppure era così reale da riuscire a farle venire i brividi alla schiena e i sudori freddi. Aveva il respiro affannato. Il pedone le aveva inveito contro sicuramente, ma era troppo spaventata per potergli rispondere.

Riprese la strada. Accellerò appena uscendo poi sulla statale che l’avrebbe condotta verso la sua meta. Si chiedeva se stesse diventando pazza, se nel suo inconscio non avrebbe voluto veramente rivedere Wesker per fargliela pagare.

Sembrava avesse una specie di ossessione verso quell’uomo. Non riusciva ad andare in terapia, anche perché chi mai l’avrebbe creduta per ciò che la Umbrella Corporation facesse ai propri cittadini.

A volte si sentiva sola, quando Chris non era in città e questo voleva dire per la maggior parte dell’anno. Era sempre impegnato con Carlos e Jill per chissà quale affare contro la Umbrella che a volte si dimenticava anche di lei.

Claire cercò di riprendere la calma e si asciugò la fronte. In quel periodo dell’anno faceva troppo caldo e, come se non bastasse, l’aria condizionata aveva anche smesso di funzionare.

-Ok, Claire. Calmati.

Cercava di aiutarsi con la propria voce, per non sentirsi sola nella statale desolata, forse a causa dell’ora mattutina. Ogni tanto vedeva passare delle auto, ma era un qualcosa che succedea molto di rado.

Ora, riusciva a distinguere bene la sagoma dell’aeroporto. Era passata solo una mezz’ora da quando stava investendo il pedone, che nuovamente il pensiero che l’uomo dei suoi incubi fosse ancora vivo le sfiorò la mente.

Claire spostò l’attenzione verso lo specchietto retrovisore, solo una macchina dietro di lei. Strinse le labbra e accellerò appena, distansiandosi dall’auto che la seguiva.

Arrivata all’aeroporto, parcheggiò e prese la valigetta che portava sul sedile posteriore. Chiuse tutto e si portò verso l’ingresso. La giornata sarebbe trascorsa tranquillamente, almeno era quello che lei sperava.

 

Claire ritornò a casa prima di cena. Era completamente stanca, non solo fisicamente, ma anche psicologicamente. Non riusciva più a formare un pensiero senza che il viso di Wesker comparisse davanti ai suoi occhi. Stava diventando un’ossessione e non si rendeva conto di questo.

Claire cominciò a preparare la cena meccanicamente, un gesto che ripeteva ormai ogni sera. Aveva dato delle regole da seguire e si atteneva a queste scrupolosamente, cercando di evitare di differire il meno possibile.

Si sentiva continuamente osservata e questa specie di fobia aveva cominciato a fare capolino nei suoi pensieri da un po’ di tempo. A volte le capitava anche di sentire una forte pressione sul petto, come se qualcuno la stesse calpestando, ricordando il momento in cui Wesker aveva premuto il suo pesante anfibio su di lei.

Erano momento che si sentiva morire, eppure la sua forza di volontà le faceva cadere il muro di questa fantomatica pazzia in mille pezzi, ritrovandosi nella sua camera da letto, completamente sudata.

Anche questa sera stava pensando a tutto questo. Non riusciva a darsi una spiegazione e cercava di tenere occupata la mente nel piatto del giorno. Seguiva anche un corso di cucina, tentava in tutti i modi di occuparsi la giornata così da ritornare stanca e con la tremenda voglia di dormire.

Molte volte questo non succedeva e dunque si districava tra i fornelli. Aveva preparato un piatto semplice per quella sera e mangiò il tutto con un’assoluta calma.

Claire sistemò il tutto e, come ogni sera, sentì il telefono squillare. Era sicuramente Chris. Infatti quando alzò la cornetta per rispondere sentì la voce familiare del fratello. Un sorriso comparve sulle sue labbra, felice di sentirlo.

-Claire, come stai oggi?

- Un po’ stanca, ma vado avanti. Dove sei adesso?

- Sono a New York. Tornerò presto da te sorellina, il tempo di sistemare alcune cose.

-Va bene.

La telefonata era arrivata al suo termine, ma con una sorpresa inaspettata per Claire. Chris non le aveva mai detto che sarebbe tornato e quando lui l’aveva salutata aveva riacquistato un po’ della voglia di gioire come faceva un tempo.

Quella sera era andata a letto più contenta, riuscendo anche a dormire un sonno abbastanza tranquillo senza che gli occhi rossi la visitassero anche quella notte.

Ciò di cui non si accorse è che gli occhi rossi quella notte erano presenti, ma non nei suoi sogni e che la stessero guardando attraverso la finestra.

 

Il telefono squillò improvvisamente nel cuore della notte. Erano passati ormai tre giorni da quando aveva ricevuto quella bella notizia da Chris e stava riuscendo a dormire senza bisogno di sonniferi.

Sgranò gli occhi come risvegliatasi da un incubo e la mano tremò nel prendere la cornetta. Aveva una specie di presentimento e non se la sentiva di rispondere.

Claire prese tutto il coraggio che in quel momento aveva e afferrò il telefono. Rispose, ma dall’altra parte non ebbe risposta, solo un sospiro sommesso e calmo.

Claire sentì il suo cuore accellerare i suoi battiti e il respiro le si mozzò di colpo. Strinse il labbro inferiore in una morsa ferrea tra i denti. La pelle si lacerò lasciando nella sua bocca il sapore del proprio sangue.

Non riuscì a dire nulla, anche perché aveva la gola riarsa e non riusciva a muovere un muscolo. Non era una paura verso qualcosa di reale, ma verso un qualcosa di intangibile, che non poteva vedere.

Se solo avesse potuto vederlo, avrebbe raccolto il coraggio a due mani e avrebbe reagito di conseguenza.

Le sue paure erano radicate nella sua mente. Non sapeva se combattere contro un fantasma o se Wesker fosse ancora vivo in modo da combatterlo nella realtà. Nei propri sogni non riusciva a trovare una via d’uscita.

Ciò che non si conosce non si può combattere. Qualcuno aveva detto una frase del genere, ma al momento non aveva la concezione di ricordare chi fosse stato.

Chiuse la cornetta del telefono di botto e si alzò. Si vestì di tutta fretta, indossando la sua solita giacca rosa. Doveva capire, non poteva rinchiudersi nella propria follia, se di questa si trattava.

Uscì fuori nel cuore della notte senza un peciso motivo. Doveva cercare qualcosa, doveva cercare una traccia. Insomma, doveva trovare qualcosa.

Poco distante dalla strada, un auto accese i fari. Claire fissò bene in quel punto, senza però poter distinguere nulla per il buio. Passò di fianco a lei e ciò che vide dai finestrini fu lo sguardo rosso, attraverso degli occhiali scuri e un sorriso.

Non si era fermato, aveva accellerato verso la strada e poi era sparito, portando con sé la speranza vana che era morto e con lui la speranza di Claire di vivere una vita completamente normale.

Si precipitò all’interno di casa sua e prese il telefono. Doveva chiamare assolutamente Chris, doveva dirgli ciò che aveva scoperto.

La sua mente era un continuo tumulto, però adesso sapeva che non era tutto un sogno, che lui esisteva ancora e che tutti gli incubi che aveva avuto erano frutto di un suo presentimento che aveva da tempo. Ora era arrivato il momento che avrebbe preferito non arrivasse mai.

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Capitolo 3
*** Secondo Capitolo: Incubo ***


no

Nota dell'Autrice: Finalmente riesco a pubblicarlo. Dopo quiz e allenamenti vari riesco a postare un altro capitolo di questa storia che mi sta prendendo sempre di più. Vorrei scusarmi con chi legge del tremendo ritardo, ma purtroppo non mi è possibile andare più veloce di così, anche perché anche il lavoro mi assorbe completamente. Spero che ci sia ancora qualcuno che legga questa storia e che, come me, la stia vivendo.

 

Ringraziamenti:

Cappellaio Matto: Grazie per il tuo commento e felice che la storia ti abbia trasmesso le ansie di Claire. Naturalmente ho intenzione di continuarla e di portarla fino alla fine, anche se a volte ci sarano tempi lunghi, come questo. Spero che tu continuerai a leggere la mia storia e a commentare.

AyaBrea: Ringrazio tantissimo anche te per il tuo commento. Non ho intenzione di lasciare la storia a metà, quindi mi sopporterete fino alla fine. Anch'io ho cominciato ad adorare Wesker e quel suo modo di essere così "dolcemente subdolo". Spero che il nuovo capitolo ti piaccia e che trasmetta un po' d0'ansia di quello che potrebbe succedere dopo.

 

 

 

 

Claire premeva in continuazione il pulsantino che le avrebbe dovuto dare la linea, ma il telefono era muto e risultava completamente staccato. Si guardò intorno in preda al terrore che da un momento all’altro l’avrebbe visto entrare in casa sua. Claire si precipitò a prendere il cellulare, sicuramente da lì avrebbe potuto chiamare tranquillamente, se di tranquillità si poteva parlare.

Cercò di accendere la luce, ma più premeva il pulsante più sembrava rendersi conto che anche quella era stata staccata.

Stava già pensando ad una miriade di imprecazioni quando vide la luce del telefonino e sentì la suoneria allegra e inconfondibile dello Schiaccianoci. Al contrario di come aveva fatto fin’ora, Claire procedette a passi felpati e controllati. Si guardava intorno, nel buio pesto. Più che altro stava mettendo di nuovo in moto il senso che le era servito tanto nelle sue avventure. Il suo udito.

Claire sentiva l’incessante martellare del suo cuore acuito mille volte del normale. Sentiva il peso di una presenza dentro casa sua, senza però poterne identificare l’origine.

Claire iniziò ad imprecare contro se stessa, proprio adesso che aveva bisogno della sua fida Colt non l’aveva con sé.

Improvvisamente si voltò. Proprio alle sue spalle, verso la cucina, intravide due lucine rosse. La ragazza si morse il labbro, cercando un po’ di calma che l’avrebbe aiutata, se non a scappare, ma almeno a mantenere la sua sanità mentale.

Cercava di mantenere un respiro calmo e notò quanto fosse diventato difficile da quando aveva incontrato quelle creature. Le era sempre rimasto quel difetto e a volte di ritrovava a respirare affannosamente per qualsiasi cosa le mettesse un po’ d’ansia.

Claire riuscì a raggiungere il cellulare, ma non chiamò. Sicuramente non le avrebbe dato modo di chiamare, ma che strano che il cellulare, proprio in quel momento, stesse squillando e che il numero comparso fosse proprio quello di Chris.

Nervosamente, la donna, premette il tastino verde e prese la chiamata.

-Chris!

La sua voce era mista al terrore e alla sua poca stabilità in quella situazione. Claire ripetè il nome del fratello, ma dall’altro lato non ebbe risposta. Pensò subito al peggio.

-Claire...

La donna trasse un profondo sospiro di sollievo. Era stata solo un’interruzione della linea a non farle sentire subito la voce del fratello. In quell’istante, neanche il tempo di poter dir nulla, il cellulare le fu strappato di mano e fu afferrata dal braccio.

Claire sgranò gli occhi appena vice il baluginio degli occhi rossi che troppe volte aveva visto in sogno. La presa vigorosa sul braccio che le faceva male per quando lei si divincolasse. Wesker le bloccò le braccia senza alcuna fatica, trovando la donna abbastanza debole e bloccandola sul suo corpo.

-Mister Redfield, non le dispiace se prendo sua sorella in consegna, vero?

La voce di Wesker era pacata, quasi gentile, ma si sentiva che nascondeva un’assurda ipocrisia. Mentre parlava sorrideva, ma questo Claire non poteva vederlo.

Dall’altra parte del telefono si sentiva Chris imprecare e rivolgere fittizie minacce a quell’uomo che non se ne curava affatto. Lanciò il cellulare dall’altra parte della stanza e infine si rivolse a Claire.

-Miss Redfield, le consiglio di non fare sciocchezze.

Lo diceva in merito ai continui calci che riceveva da parte della donna e dalla pressione delle mano nel vano tentativo di smorzare la presa. Aveva tentato anche di prenderlo a morsi, ma la sua pelle sembrava più resistente di quella di un coccodrillo e i denti di Claire ne avrebbero risentito per molto tempo.

-Wesker, cosa vuoi da me?!

Claire urlò contro di lui, arrendendosi per il momento dal combattere.

-Prima cosa di tutto, eviti di gridare.

La sua voce continuava a risultare calma e misurata, nessuna nota sbagliata alterava la voce dell’uomo, nemmeno una minima inclinazione. Ed era questo che spaventava di più Claire, quell’innaturale calma che c’era in ogni gesto compiuto dall’uomo. Anche da quello semplice di bloccarla contro il suo petto.

Ed era stato proprio nel momento in cui Wesker le aveva fatto capire che un’altra semplice pressione del suo braccio le avrebbe spezzato irrimediabilmente le ossa, in cui Claire aveva desistito per qualche istante nel continuare a muoversi.

Claire era sicura che l’avrebbe uccisa, mancavano solo pochi minuti. Lo sapeva bene. Tentò nuovamente di scappare e il solo movimento che compì Wesker fu scaraventarla contro il tavolino di legno dov’erano sistemate tutte le foto della sua famiglia. Si alzò con fatica avendo sbattuto violentemente. Le gambe le tremavano e non vide il movimento troppo veloce dell’uomo che le fu subito alle spalle. Sfiorò delicatamente la pelle del collo di Claire e nella mente della donna si disegnò ciò che stava per accadere, proprio nel momento in cui Wesker le sussurro in un orecchio.

-Benvenuta nel suo incubo, Miss Redfield.

Le mani di Wesker si allungarono una verso il collo e una verso il mento che sapeva che quella consapevolezza si stava sempre più impadronendo di lei.

Successe tutto all’improvviso, senza avere il modo di reagire. Buio e gli occhi di Claire si chiusero.

 

Claire si risvegliò il giorno dopo, completamente intontita e con un pericoloso mal di testa, che sarebbe sicuramente sfociato in un’emicrania. La paura l’assalì all’improvviso, infatti sgranò gli occhi e si guardò intorno, sempre più con il fiato affannato.

La donna portò le mani al collo per una mancanza d’aria che la costrinse ad annaspare l’aria intorno a sé e poi la consapevolezza di stare respirando anche fin troppo velocemente e che stava mettendo a dura prova i suoi polmoni.

Si guardò intorno ancora più impaurita, ma scoprì qualcosa che non riusciva a spiegarsi. Era nella sua camera da letto. Sotto le sue coperte.

Claire portò le mani al viso in un’esasperante ondata di pianto che l’avvolse. La paura di non riuscire a comprendere neanche ciò che le stava intorno. Sapeva cos’era successo la sera prima, sapeva di avere anche un solo livido lungo il suo corpo, o almeno quelli intorno al collo.

Claire era consapevole che doveva essere morta, eppure si stava risvegliando come se nulla fosse successo. Come se tutto quello che aveva visto fosse stato il frutto di un brutto sogno.

Si alzò dal letto e si sporse verso il vialetto di casa. Nessuno ad attenderla, neanche l’ombra dell’auto che aveva visto la sera prima.

Lei s avvicinò allo specchio. Aveva le mani che tremavano e un brivido le percosse tutta la schiena nel momento in cui vide che sul collo c’erano alcuni ematomi che segnavano la carne. Prese a tremare con più evidenza. Le mani percossero il ventre e il seno, dove sapeva ci fossero altri segni e dove ogni suo tocco faceva male.

Corse al piano inferiore con il cuore in gola. Ci dovevano essere i segni della lotta e i segni di scasso sulla porta. Quando si affacciò sul soggiorno non poteva credere ai suoi occhi. Era tutto come lo aveva lasciato prima di uscire. Tutto era al suo posto.

Claire non poté far altro che poggiare la schiena contro il muro e prendere un respiro profondo. Le lacrime le martellavano gli occhi e non riusciva a mantenere calmo il suo corpo che sussultava ed era completamente preso dai tremori.

Cercò di raggiungere il telefono, doveva essere staccato. La luce non doveva esserci se avesse premuto il pulsante. Ma in entrambi i casi non era come si aspettava. Camminava a tentoni e ogni passo le risultava faticoso.

Stava cominciando seriamente a pensare che si era immaginata tutto e che gli occhi rossi di Wesker non avessero mai incontrato i suoi. Ma allora perché si sentiva ancora il suo tocco sul suo collo e le carezze che avevano preceduto il buio?!

Il respiro sempre più accentuato e la sua mente ancora più confusa. Si avviò verso la cucina e aprì lo sportello dove conservava le sue pillole. La sua emicrania si era fatta più persistente e la sua pazzia rischiava di farla diventare instabile e non era questo che voleva.

Ingoiò di botto quasi strozzandosi, ma ormai era per la paura che si era instaurata nella sua mente. Si guardava intorno e osservava ogni angolo come poteva. Si aspettava che da un momento all’altro quell’uomo sarebbe ritornato e l’avrebbe presa, ma così non successe.

Raggiunse il telefonino. Ricordava che Wesker aveva parlato con suo fratello, gli aveva detto di non preoccuparsi e Claire aveva sgranato gli occhi quando aveva sentito Chris chiamarla attraverso il cellulare.

Claire era sicura che suo fratello avrebbe provato a richiamare mentre si preparava per tornare da lei. Sul display non comparve nessuna chiamata, ma provò lo stesso a chiamare Chris. A malapena riuscì a digitare il numero e attese. Attese.

Nessuna risposta dall’altra parte, probabilmente non poteva rispondere. Era sicura che avesse dimenticato il cellulare da qualche parte in casa, ne era sicura. Se non c’era nessuna chiamata evidentemente non era successo nemmeno ciò che ricordava. Forse i segni se li era fatti lei stessa durante il sonno. Era sicura, però, che non era mai stata sonnambula.

Claire riprese a salire le scale. La sua consapevolezza si stava completamente annientando. Non poteva essere arrivata a questo punto. Non poteva essere diventata pazza fino al punto da sognare quel mostro e provare paura sol vedendo un uomo che gli somigliava. Vedere le lucine rosse del DVD o della TV e pensare che fossero i suoi occhi, perché quelli non li aveva mai dimenticati.

Raggiunse la camera da letto e si spogliò, lasciando qualche gemito uscire dalle proprie labbra. I lividi sul suo corpo erano più marcati rispetto a quelli sul collo. Quei lividi provocati dalla stretta troppo marcata sulle spalle e sul ventre e poi il volo che le aveva fatto fare contro il tavolino.

L’ansia la stava sopraffacendo e i suoi polmoni anelavano l’aria che a momenti le stava per mancare. Stava diventando davvero pazza e quelle pillole non facevano più l’effetto sperato. Le mani si posero sulla testa, stringendola ancora di più, come per voler calmare il mal di testa che le stava trapanando fino al cervello.

Si coricò di nuovo. Il viso bagnato dalle lacrime miste al dolore della testa. Perché sapeva benissimo che era successo tutto, ma tutto era contro di lei e non riusciva a spiegarselo. Se avrebbe raccontato a qualcuno la sua esperienza, l’avrebbero allontanata. Forse Chris l’avrebbe creduta solo in parte, considerando la sorella una pazza. Forse aveva ragione quando le diceva di non pensarci troppo e Claire ci stava seriamente provando. Stava provando anche ad avere un lavoro normale, ma senza successo a quanto poteva capire.

Claire si coricò senza neanche curare il suo corpo che lasciò nudo. Anche perchè rivestirsi avrebbe significato sentire ancora il dolore sulla pelle, il dolore nell’anima. Perché era quello che faceva più male.

Si addormentò. Era completamente stremata e chiuse gli occhi come se tutto quello che aveva vissuto non fosse mai esistito e che tutta la lotta e la chiamata fossero stati solo frutto della sua immaginazione.

Quando si risvegliò, però, fu sicura di una cosa. Tutto quell’incubo ancora non era finito, perché ciò che vide, ciò che sentì non lo aveva mai provato nemmeno nella sua paura più profonda e fu quella consapevolezza che le fece stringere il cuore e bloccare il respiro.

 

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Capitolo 4
*** Terzo Capitolo: Consapevolezza di essere niente ***


no

Nota dell'Autrice: La storia continua a rilento, purtroppo. Però l'importante che continui, no? :) Non ho nulla da dire, solo che spero che continua a piacervi e che cominciate a capire qualcosa della storia. Il prossimo capitolo non so per quanto riuscirò a scriverlo, ma spero di riuscire nelle prossime settimane. Un bacio.

Ringraziamenti:

AyaBrea: Non ho aggiornato tanto presto, ma spero che legga anche questo capitolo per sapere le tue idee. Sinceramente il seguito è prevedibile un po', ma ipende quale seguito potrebbe essere. Ce ne sono miliardi e userò quello più improbabile possibile. Ti lascio alla storia adesso e ti ringrazio per il commento.

Cappellaio Matto: Non vorrei mai portarti a questo, sincera. eh, lo stato d'ansia è quello che vorrei portare al lettore quindi sicuramente avrai un po' di pillole da prendere, poiché cercerò di farlo diventare più claustrofobico possibile. Grazie per il commento.

 

 

 

 

Davanti ai suoi occhi sgranati, Claire, vide il corpo di Chris senza vita. A quella vista lanciò un urlo straziante. Se avesse avuto dei vicini l’avrebbero sicuramente sentita. Si coprì gli occhi con le mani, sperando fosse solo un brutto sogno, ma quando tolse le mani ancora il corpo del fratello giaceva lì, seduto e con la schiena poggiata al muro.

La donna boccheggiò per qualche istante, non credendo che veramente suo fratello, colui che le era sempre stato accanto anche nei momenti più difficili, era davanti ai suoi occhi senza vita.

Tutti i lividi sul proprio corpo non facevano neanche più male, eppure ricordava che si era addormentata lamentandosi un po’ per il dolore che le provocavano.

Claire si avvicinò al corpo del fratello e allungò una mano tremante. Gli sfiorò il viso che sentì ancora caldo. In quel momento seppe che era stato ucciso da poco. Non c’era respiro e non c’era battito, ma lei lo prese e lo strinse a sè più forte che poteva.

Le lacrime iniziarono copiose ad uscire dai suoi occhi e i lamenti farsi sempre più disperati. Si coccolava il corpo del fratello senza pensare al sangue che era intorno al corpo e agli occhi sbarrati di Chris.

Il respiro cominciava ad essere insistente e iniziò senza motivo a chiamare il fratello con singulti sempre più frequenti.

-Chris, com’è possibile? Com’è potuto succedere? Mi avevi promesso che mi avresti sempre protetta!

Claire continuava a coccolarsi il corpo del fratello, mentre due occhi rossi la stavano ad osservare con muta soddisfazione. Le braccia incrociate al petto e lei non si era neanche accorta che in un angolo buio della stanza, un uomo dal lungo cappotto di pelle, la stava guardando con un immenso sorriso stampato sulle labbra. Il capo si girò appena per guardare quelle lucine rosse e strinse di più il corpo a sé.

-Miss Redfield, sembra provata.

Claire sentì dentro di sé, nello stesso momento che Wesker aprì la bocca, una scarica di adrenalina che la mise in piedi di scatto e, con un moto di rabbia, si scaraventò contro l’uomo alla velocità che poteva avere un essere umano. Come arma aveva solo i propri pugni.

Wesker, con poca difficoltà, riuscì a prevenire l’attacco della donna e a bloccarla tra le proprie braccia, serrandole i polsi al petto di lei, poiché gli stava dando le spalle.

Cercò in tutti i modi di liberarsi, ma la presa era troppo salda per poterla sciogliere e non riusciva in alcuno modo a colpirlo, neanche con i calci portati verso le ginocchia dell’uomo.

Claire era disperata ed urlava, scalciava, si dimenava senza alcun successo.

Improvvisamente la bocca di Wesker si avvicinò al suo orecchio sinistro.

-E pensare che ciò ancora non è successo.

Claire sgranò gli occhi improvvisamente.

 

Si ritrovò nel proprio letto con il respiro affannato e le guance ancora bagnate dalle lacrime. Si ritrovò a tremare senza avere alcun controllo del proprio corpo. Le braccia strette intorno al proprio seno come se sentisse un dolore bruciante al petto, come se vedesse ancora il corpo di Chris davanti a lei, sanguinante.

Claire prese a guardarsi intorno, cercando di assicurarse se stessa che fosse stato solo un incubo. Scese dal letto posando i piedi nudi a terra e si sentì rabbrividire, ma non fece nulla per coprirsi. Aveva un passo malfermo e la camminata risultava incerta. Gli occhi verdi, ancora velati dal pianto, cercavano di scrutare il buio alla ricerca dell’interruttore della luce.

Quando la luce inondò la stanza era tutto come l’aveva lasciato. Nessun corpo, nessuna presenza oltre la sua. La donna portò le mani alla testa comprimendola il più possibile fino a procurarsi un dolore che le stava divorando l’anima.

Perché proprio adesso gli incubi la tormentavano e perché quei sogni sembravano così reali?

I lividi si vedeva ancora sul suo corpo, ma cominciavano ad attenuarsi ed assumere il tipico colore giallognolo.

Improvvisamente il cellulare iniziò a suonare e a Claire balzò il cuore in gola. Si precipitò ad afferrarlo, ma sul display compariva a chiare lettere che era un numero privato. Non si chiese il motivo perché fosse così, pensava che fosse il fratello che la stesse chiamando in segreto.

-Pronto.

Un flebile respiro. Solo questo sentiva dall’altra parte del telefono.

-Chi è?

La voce le tremava come mai prima di allora. Le mani reggevano il telefonino a stento. Dopo l’ennesimo respiro tranquillo sentì la voce del suo interlocutore.

-Buonasera, Miss Redfield.

Claire prese a respirare affannosamente e a guardarsi intorno. Aveva riconosciuto la voce, era troppo chiaro chi fosse e sapeva che, in quel momento, non era un sogno ed era tutto maledettamente reale.

-Wesker.

-Dopo tanto tempo si ricorda di me. Non pensavo di esserle rimasto così a cuore.

La voce era calma e si sentiva chiaramente il tono perennemente derisorio che la voce dell’uomo lasciava trasparire. Se solo Claire avesse potuto vederlo, la sua bocca era rimasta in un sorrisetto stirato sulle labbra.

-Volevo solo avvertirla che sto venendo a prenderla.

Claire sgranò gli occhi e lanciò il telefono dall’altra parte della stanza.Si vestì di tutta fretta, indossando un paio di jeans e una canotta. La giacchetta rosa che aveva ormai cambiato da quando era stata a Racoon City, ma che aveva acquistato nuovamente. Sembrava che le desse coraggio anche solo indossarla ed era questo che stava facendo. Stava cercando di riprendersi la sua vita.

Corse a perdifiato verso la cassaforte dove aveva riposto la pistola con cui Chris aveva sparato quel giorno a Wesker ed anche quella aveva un valore prettamente simbolico. Anche se come potenza poteva tranquillamente procurare all’uomo un po’ di dolore.

Non aveva tempo per recuperare l’altra pistola, se la stava venendo a prendere voleva solo dire una cosa. Era vicino, troppo.

Claire scese le scale in modo lento e calcolato, cercando di fare il minor rumore possibile. Aveva paura, sì, ma questo non le permetteva di arrendersi e le metteva tutte le cellule del corpo in allerta.

In ogni stanza che perlustrava, Claire, cercava di accendere la luce e per le prime tre non le risultò difficile, poiché non era stata staccata. Teneva la pistola davanti a lei, pronta ad ogni evenienza nel caso le fosse capitata l’occasione di sparare.

Il cuore le era ripreso a battere forte ed intensamente. Ogni battito costituiva un’arma contro di lei. Wesker avrebbe potuto sentire il suo battito frequente e nervoso e questa la rendeva ancora più instabile. Voleva un incubo dove almeno riusciva a vedere il suo nemico e colui che le rendeva ogni giorno difficile da sopportare.

Continuò verso il salotto e Claire uscì all’improvviso da dietro l’angolo puntando la pistola davanti a sé. Nessuno, nemmeno l’ombra che somigliasse lontanamente ad un uomo. Prese a respirare più profondamente, mentre rilassava per qualche istante i muscoli tesi fino all’estremo.

Fu in quel momento che ricevette un colpo sulle mani e la pistola le scivolò a terra. Cercò in tutti i modi di riprenderla, ma sembrò tutto inutile poiché sentì una stretta presa sul collo e un corpo possente dietro di sé.

-Buonasera, miss Redfield.

La voce di Wesker risuonò nella sua testa, troppo vicino all’orecchio sentendo anche il respiro caldo. Eppure il tono dell’uomo le fece avere un brivido lungo tutta la schiena, accorgendosi che il proprio corpo si irrigidiva e gelava. Ma non doveva perdere il suo sangue freddo, sapeva bene che avrebbe costituito la sua ultima difesa.

-Wesker.

La voce di Claire risultò sprezzante. Al momento non fece alcun movimento per liberarsi, ma portò una delle mani sul braccio di lui che le stringeva il collo.

-Finalmente questo incubo è diventato reale.

Claire continuò, tirando un forte sospiro di sollievo. Quello che la stretta le permetteva. Fu come una liberazione per lei vedere Wesker in carne e ossa, eppure era nella situazione più pericolosa a cui poteva pensare. L’incubo infine era diventato palpabile, solo adesso poteva combatterlo o perire sotto di esso.

-Incubo dopo incubo. Notti insonni a causa mia, Claire. Però adesso sono reale, sono qui per te.

La sua voce era melliflua, eppure il tono derisorio traspariva ogni tanto. La mano libera di lui le si era posata sul ventre e mentre diceva questo vicino all’orecchio, le carezzava lievemente il ventre. Aveva usato per la prima volta il suo nome, eppure non sembrava neanche così strano. Un assassino gentiluomo, era questo Albert Wesker e portava le sue vittime fino allo sfinimento totale. Sia nella mente  che nel corpo.

-Toglimi le mani di dosso.

Un sibilo quello che uscì fuori dalle labbra di Claire. Le si mozzò il respiro appena la mano cominciò a salire, sfiorandole appena il seno e posandosi infine sul suo volto.

-Ora mi prenderò cura di lei, miss Redfield.

A Claire le si gelò il sangue nelle vene. Sapeva in che modo avrebbe conseguito a quell’intento e non sapeva neanche se Chris sapesse qualcosa. Dopotutto non riusciva a distinguere la realtà dall’immaginazione e cercava in tutti i modi di ricordare. Ma erano solo ricordi confusi e strani.

Solo adesso percepì il pericolo troppo vicino e cercò con tutte le sue forze di liberarsi. I guanti in pelle di Wesker erano estremamente freddi e non voleva che altro di lui potesse toccarla.

Ma più combatteva e più si rendeva conto che era inutile.

Wesker la voltò, guardandola in volto e afferrandola per le spalle.

-Come devo spiegarle che è tutto inutile?

Il tono di confidenza era scomparso e aveva lasciato posto a quello freddo e calcolatore. Claire dal canto suo riuscì a sputargli in faccia per denotargli il suo disprezzo e quello che ricevette fu un colpo in pieno viso che la stese a terra.

Claire si rialzò a carponi ansante e sputando il sangue che si sentiva in bocca. Wesker si avvicinò lentamente, nulla lo spaventava a quel momento. Claire era chiusa nella sua morsa.

Gli occhi rossi di Wesker brillavano attraverso gli occhiali scuri e sulle sue labbra si era dipinto un sorriso di trionfo.

L’essere caricò un colpo contro lo stomaco di Claire, in modo da farle capire chi comandava. E la stese a terra nuovamente. Si inginocchiò accanto a lei e l’afferrò dai capelli, tirandoli verso di lei e facendole inarcare il collo e la schiena.

-Mi prenderò davvero cura di te. Al momento tu non sei niente.

Nuovamente quel tono di confidenza tra loro. Claire stava per rispondere a quella consapevolezza, a quel dato di fatto e mandarlo beatamente a quel paese, ma un pugno in pieno volto le fece perdere completamente i sensi.

Rimase lì, stesa a terra mentre Wesker, portandole una mano sotto il ventre, se la caricò a spalla. Uscì fuori dalla casa e la caricò in macchina sul sedile posteriore.

Ora cominciava la sua vendetta verso Chris e soprattutto verso quella creatura che cercava di tenergli testa. Claire Redfield.

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Capitolo 5
*** Quarto Capitolo: In trappola ***


story

Note dell'Autrice: Non so come mi sia tornata l'ispirazione e dove era finita per tutto questo tempo, ma so per certo che è tornata poiché ho completato il capitolo con una velocità che solitamente non mi contraddistingue. L'ho scritto di getto, cercando di immaginarmi la situazione claustrofobica e spero di esserci riuscita. Ho ripreso in mano la storia adesso e la completerò naturalmente. Scusate il tempo che ci è voluto per continuarla, ma il tempo e, come ho detto sopra, l'ispirazione non sono stati dalla mia parte in questo ultimo periodo, così come le situazioni di vita quotidiana. Ora vi lascio alla lettura e alla promessa che completerò questa storia, così come l'altra che ho pubblicata, prima di buttarmi in un'altra avventura. A presto!

 

 

Il corpo di Claire Redfield si mosse. I polsi iniziarono a roteare come se si stesse svegliando da un brutto sogno. Mugugnava qualcosa, senza schiudere gli occhi e apriva e chiudeva le mani come per ristabilire la circolazione.

Le palpebre si sollevarono lentamente, a mettere a fuoco la luce che le premeva prepotentemente contro gli occhi. E difatti si trovò costretta a chiuderli nuovamente per il forte bagliore.

Fu in quel momento, quando riuscì a prendere coscienza di sé che capì che i propri polsi, così come le proprie caviglie, erano bloccate da catene abbastanza spesse da farle capire che non sarebbe stato possibile liberarsi.

Prese un profondo respiro e improvvisamente boccheggiò, sentendo un dolore lancinante sul fianco dove, solo ora ricordava, l’anfibio di Wesker l’aveva colpita. Le mancò completamente l’aria per alcuni secondi e prese improvvisamente a strattonare le gambe, incurante degli spasmi. Se , la costola non era rotta, era sicuramente incrinata.

Nel suo campo visivo, quando ebbe abbastanza vista per accorgersi dove si trovava, non vedeva Wesker e in un certo modo la rassicurò.

Claire sentiva in cuor suo che questa doveva essere sicuramente la sua fermata. Strinse la bocca per l’ennesima fitta alla costola, la quale le strappò un leggero mugolio di dolore.

Quando prese coscienza di tutta la situazione per Claire Redfield sembrava essere arrivata la fine. Per quanto potesse tirare su quelle catene, sembravano indistruttibili. Ma erano pur sempre catene, con la sua sola forza umana non avrebbe mai potuto romperle.

Claire guardò davanti a sé e vide che la porta era aperta. Se solo fosse riuscita a trovare qualcosa con cui aprire i lucchetti che la tenevano bloccata, avrebbe potuto tentare la fuga.

Ma la fuga da dove?

Non conosceva neanche la sua esatta posizione e inoltre sentiva il corpo pesare come un macigno. Si sentiva più debole del solito e capì che probabilmente era anche sotto l’effetto di qualche droga.

-Miss Redfield, consuma solo le forze agitandosi a quel modo.

Albert Wesker era comparso nel riquadro della porta volutamente lasciata aperta. Come stava lasciando aperte le speranze in Claire di poter ritornare libera con la sua testa tra le mani.

Aveva quella sua aria dura e spavalda, con quella voce che avrebbe fatto rabbrividire chiunque. Qualsiasi parola che usciva dalla bocca dell’uomo era come veleno per le orecchie di Claire.

-Le conviene riposare…

-Liberami immediatamente.

Gridò Claire con il fiato che aveva in corpo, zittendo improvvisamente Albert, il quale aveva assunto sul volto senza espressione, un sorriso beffardo e ironico.

-No, no. Così non ci siamo Miss Redfield.

Disse Wesker scuotendo il capo e avvicinandosi a lei in modo lento e calcolato, lasciando che i suoi anfibi neri producessero un tonfo sordo. Come se volesse volutamente provocare il rumore.

Claire socchiuse gli occhi. Quella voce le dava fastidio, tutto le dava fastidio di Albert Wesker. Soprattutto il doverlo guardare in quelle pupille ormai non più umane e dovergli sputare in faccia ogni volta che lo incontrava.

-Perché mi hai portato qui, Wesker?

Lui non rispose. In cambio rimase lì immobile, mettendo a dura prova i nervi già a pezzi di Claire. Sembrava volerglielo fare di proposito. Rimanere lì in silenzio, guardandola con quegli occhi rossi che sembravano volerla divorare.

Aveva sognato tante volte quegli occhi e sempre nei suoi peggiori incubi e adesso che Claire li aveva davanti così freddi, non riusciva a trattenere i tremori che il suo corpo mostrava. La paura, adesso, le scorreva nelle vene.

Era consapevole di quello che Wesker faceva alle sue vittime, ma quello che la spaventava di più era il punto in cui si sarebbe fermato, se mai ce ne fosse stata l’occasione.

Wesker fece qualche altro passo in avanti, fino ad averlo a pochi centimetri da lei. Si chinò verso il suo viso e con una mano le afferrò il collo violentemente, attento a non ucciderla. Almeno, non adesso.

-Non toccarmi, maledetto bastardo.

La voce di Claire era rotta dall’assenza d’aria che le era mancata all’improvviso. Wesker aveva sicuramente stretto la presa e lei non se ne era nemmeno accorta, tanto la velocità in cui era successo il tutto.

Claire si contorceva fino allo spasmo, fino a quando la mancanza di ossigeno non l’aveva fatta rimanere immobile, aprendo la bocca e anelando quell’aria che Albert le stava strappando via. Era debole e non solo fisicamente, ma cercava di resistere. Doveva resistere. Lo doveva a se stessa.

-L’unica cosa che vorrei da lei, Miss Redfield, è la sua sofferenza e la sua vergogna.

Claire era rabbrividita e aveva sgranato gli occhi. Ma più che altro era stato il modo in cui aveva impostato la frase, in modo pacato e gentile. Presagendole che non ci sarebbero stati momenti in cui lei non avrebbe sofferto.

Albert Wesker lasciò la presa dal collo della donna e continuò a guardarla dall’alto in basso, come il predatore fa con la sua preda. Sapeva che Claire aveva paura, le si leggeva negli occhi.

-Voglio solo farla sentire a casa.

La bestia calcò molto sull’ultima parola.

-Non l’avrai vinta, Wesker.

La voce, anziché risultare sicura, era uscita come un rantolo dalla sua gola e il sol pensiero l’aveva mandata su tutte le furie, agitandosi nuovamente e provocando un clangore di catene che le dava fastidio alle orecchie.

Wesker sorrideva ancora, senza dire niente. Era così vicino che riusciva a sentire il suo respiro nel silenzio di quel luogo. Claire non riusciva neanche a vedere se quel luogo avesse  altre porte oltre quella che portava nella stanza dov’era rinchiusa.

-Sei un mostro, Wesker.

Improvvisamente Albert sorrise, sollevando solo un lato della bocca. Rimase immobile per qualche istante, prima di sedersi sul letto dove aveva sistemato Claire. Almeno aveva avuto l’accortezza di metterla sul morbido.

Gli occhi di Claire lo guardava con astio, corrugando le sopracciglia in modo vistoso. Continuava a dimenarsi cercando la speranza in una possibile fuga.

L’uomo le si avvicinò fino a farle sentire l’alito sul proprio volto. Quegli occhi rossi erano ancora più spaventosi guardati da così vicino e il cuore di Claire aveva accelerato il battito. Il respiro più pesante, forse perché semplicemente aveva avuto un assaggio di quello che le aspettava.

-Sì, lo sono e questo non sarà per te una consapevolezza che ti porterà aiuto. Anzi…

Aveva volutamente lasciato in sospeso la frase. L’immaginazione di Claire avrebbe fatto il resto.

Claire aveva sgranato gli occhi e lo aveva guardato ancora più terrorizzata. La sua sicurezza stava già vacillando e non pensava che avrebbe potuto cedere così in fretta.

-Se vuoi uccidermi, fallo. Non mi importa.

La voce di Claire si appigliò a quelle ultime sicurezze che le erano rimaste. Strinse le mani a pugno e mosse le gambe, come se volesse colpire Wesker, ma ciò che ottenne fu soltanto la mano di Albert che le comprimeva lo stomaco e l’altra mano che scorreva sul suo collo con innaturale leggerezza da farla rabbrividire. Si era chinato fino al suo orecchio, come un amante quando sussurra parole d’amore.

-Potrei, mia cara signorina Redfield.

Claire sospirò. Un sospiro lungo e lento, che le fece male al petto. Non sentiva ancora la pressione della mano poggiata sullo stomaco, ma aveva un enorme paura.

-Ma dove sarebbe il divertimento?!

Un sospiro dell’uomo prima di lasciarla con quell’idea.

Quando avrebbe iniziato?

Non poteva pensarci e iniziò a scuotere il capo pesantemente, cerco anche di colpire Albert con una testata, ma l’aveva evitata in modo fulmineo.

La mano di Wesker iniziò a comprimere lo stomaco, mentre l’altra mano le sfiorava le labbra. Usava dolcezza e violenza, su un corpo ormai scosso dal terrore. Anche se Claire tentava con tutte le sue forze di rimanere calma e di mantenere il controllo, sapeva bene che non sarebbe uscita viva da quella situazione, ma almeno avrebbe preso qualche rivincita per non rendergli il compito semplice quanto prevedeva.

-Puoi torturarmi quanto vuoi, Wesker. Ma non aspettarti che ti dia la soddisfazione di vedermi cadere ai tuoi piedi.

La pressione sullo stomaco si era fatta più forte, tanto da farle male, ma non riusciva a frenare le parole che le uscivano dalle labbra mentre Wesker le accarezzava. Improvvisamente l’uomo si avvicinò di scatto a lei e le stampò un bacio prepotente sulle labbra. Le stava togliendo l’aria, così come il rispetto di sé stessa. Avrebbe accettato tutte le torture di questo mondo, ma non quello. Non un bacio dato da un mostro.

Claire si contorse, cerco disperatamente di anelare aria e di togliersi l’uomo da dosso, ma più si muoveva e più Wesker premeva sulle sua bocca. La cosa più spaventosa era che la guardava con quegli occhi rossi, la scrutava disgustarsi da tutta quella situazione.

Improvvisamente, quando stava per svenire dalla mancanza di ossigeno e quando il suo corpo si era arreso a lottare, Albert l’aveva morsa sul labbro inferiore, ferendola.

Claire aveva sgranato gli occhi pieni di lacrime che cercava di trattenere. Stava assaggiando il proprio sangue, stava cercando di non gridare e di non esprimere la sua disperazione. Il suo respiro era nuovamente accelerato, così come il cuore aveva aumentato in modo doloroso i suoi battiti. I suoi muscoli erano tesi fino allo spasmo e non riusciva a distenderli.

Non riusciva neanche a muoversi tanto era bloccata da quello che era appena successo. Non avrebbe mai cancellato l’orrore di averlo sulle proprie labbra. Mai dimenticato quegli occhi rissi che la guardavano compiaciuti.

-Ora, signorina Redfield, le chiedo di stare ferma.

Wesker aveva tolto da dentro l’impermeabile una siringa. Stava facendo uscire un po’ del liquido contenuto e ne stava guardando l’ago, colpendolo leggermente con le altre dita.

Claire aveva cominciato a tremare vistosamente.

-Cos’è?

Aveva urlato. Era sicura che aveva urlato. Aveva paura che le iniettasse lo stesso veleno che aveva lui in corpo. Non voleva diventare come lui; non voleva diventare una bestia assetata di sangue.

-Non si preoccupi. La farà solo riposare.

Era come se Albert avesse inteso i suoi pensieri. Come se avesse ascoltato le parole nella sua testa e le avesse trasformate nelle paure di Claire.

Albert aveva avvicinato l’ago al suo braccio immobilizzato dalla sua mano e le aveva pizzicato un po’ la pelle per avere un punto ottimo per iniettarle il liquido. Passò infatti un istante prima che l’ago entrasse nella sua pelle e il contenuto svuotato nel suo braccio.

Albert non l’aveva neanche guardata, mentre Claire era rimasta fissa e immobile davanti a lui senza neanche fiatare, avendo paura anche di respirare davanti a lui.

Improvvisamente le membra di Claire le sembrarono più pesanti degli ultimi istanti e le palpebre pretendevano di chiudersi davanti al volto sorridente di Wesker.

-Lascia che mi prenda cura di te, Claire.

La voce di Wesker era così lontana quando sentì pronunciare quelle parole. Così confidenziale e distante che non sembrava neanche essere giunta da lui. Claire sapeva che l’aveva narcotizzata e che la droga stava facendo un effetto immediato sul suo corpo particolarmente stressato e tormentato.

Claire non fece in tempo a vederlo sollevarsi e rimettersi in piedi, che cadde in un sonno profondo senza sogni.

Albert Wesker mise una mano all’interno della tasca dei suoi pantaloni, prendendo le chiavi che avrebbero aperto i lucchetti. Ad uno ad uno li aprì, liberando i polsi e le caviglie della donna, dove le catene avevano lasciato dei segni rossi. In alcune zone la pelle si era aperta, provocandole leggeri rivoli di sangue.

Infine Wesker andò via, richiudendo la porta dietro le proprie spalle. Non prima, però, di aver osservato Claire dormire e accarezzandosi le labbra dove aveva sentito il sangue della donna bagnargli la lingua.

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Capitolo 6
*** Quinto Capitolo: Una visita inaspettata ***


story

Note dell'Autrice: Volevo, in questo mio piccolo spazio, ringraziare coloro che mi stanno leggendo e soprattutto chi mi ha recensito, facendomi notare alcune cose.
Mizzy: Ebbene sì, sono tornata per vostra sfortuna e non intendo andarmene.
Cappellaio Matto: Ti ringrazio molto per le precisazioni. Hai ragionequando mi dici che aver ripreso dopo un po' di tempo una storia a cui si stava lavorando si perdono le linee guide dello stesso racconto, ma spero di essere riuscita a rientrare nel canone claustrofobico che avevo voluto fin dall'inizio. Le tue critiche sono sempre ben accette e mi hanno fatto capire che forse era un po' troppo "molle" l'ambiente nel capitolo scorso. Spero di leggerti presto. Anche con altri consigli!
___Nick: Credo di aver capito che la prima parte del racconto ti sia piaciuta e di questo non posso che non essere felice. XD
Le emozioni sono tutto quello che voglio dare in questo racconto, siano esse positive che negative. Beh, diciamo che il mio ribattere di Wesker era abbastanza ironico dal punto di vista di quel demoniaccio che tutti amiamo e sono contenta che ti abbia strappato una risata dopo tutto il trambusto e la trstezza che aveva scaturito la scena iniziale. Mi aspetto anche delle critiche se ce ne fossero :)
Ora vi lascio al capitolo. A presto!

 

Claire si sentiva intontita ancor prima di risvegliarsi. Sperava in cuor suo che fosse stato solo un brutto sogno, ma quando aprì gli occhi e la luce la investì in pieno, scoprì che era tutto reale.
Richiuse gli occhi coprendosi con un braccio e improvvisamente realizzò che non era più legata e che si ritrovava, o almeno così credeva, nella stessa stanza dove Wesker l’aveva lasciata iniettandole il sonnifero.
Claire socchiuse le palpebre, mentre sfiorava le labbra con la lingua. Sentiva ancora la ferita che quel mostro le aveva inferto con i denti, ma più che altro le bruciava il bacio che le aveva dato e che la stava facendo morire soffocata.

Si alzò dal letto barcollante. Lentamente mosse qualche passo, ma si accorse di non reggersi quasi per niente sulle proprie gambe. Infatti perse l’equilibrio e con una mano si aggrappò al primo appiglio che le si presentò.

Non conosceva il tempo che era trascorso da quando era stata portata in quel luogo, ma si sentiva talmente stanca e spossata che le sembrava di essere lì da mesi ormai.

Claire scosse leggermente il capo, ma riuscì solo a  provocare un noioso mal di testa che le martellava le tempie. Oltre quello, si sentiva un profondo peso sullo sterno che le comprimeva le ossa. Come se qualcosa la stesse divorando dall’interno.

Socchiuse gli occhi, ancora frastornata dalla luce accecante, e si guardò attorno per ricercare qualcosa che potesse rivelarsi utile per quando la bestia fosse tornata.

Le gambe di Claire sembravano prendere pian piano la forza necessaria per potersi tenere quantomeno in piedi e muovere qualche timido passo verso le mura che la circondavano. Si sentiva soffocare come se sentisse i sintomi della claustrofobia, ma ricordava bene di non averne mai sofferto. Ma ogni passo le costava una fatica immane, non per le gambe, ma per i polmoni che faticavano a darle l’apporto di ossigeno necessario.

Claire frugò nella stanza, ma niente. Niente di niente. Non c’era nulla che potesse aiutarla a difendersi da Wesker. Ma pensando a quando lui fosse sadico, non le avrebbe mai permesso di trovare qualcosa o quantomeno qualcosa che le fosse veramente servito per uccidersi.

Claire si accovacciò in un angolo, ma non riusciva a sottrarsi dalla luce così forte. Si chiuse le gambe al petto e iniziò a massaggiarsi i polsi e le caviglie, dove poco prima pesanti catene le martoriavano le carni. Chiuse le mani alle orecchie. Il silenzio era più rumoroso dello scoppio di una bomba, più opprimente di un macigno sullo stomaco.

Claire alzò gli occhi al soffitto, ma fu fermata da quella luce persistente. Si sentiva una cavia da laboratorio, chiusa nel suo piccolo spazio e pronta per essere studiata.
Studiata nel comportamento, nei movimenti. In tutto quello che faceva e a lei, questo non piaceva affatto. Non credeva infatti potesse piacere a qualcuno una situazione del genere.

In uno scatto di rabbia tirò un pugno contro il muro, poi un altro e un altro ancora. Un urlo agghiacciante le uscì dalla bocca, per esternare tutta la sua frustrazione e la sua pena.

Si sentiva come quando era arrivata a Racoon City la prima volta. Una città buia, chiusa e lugubre. E poi quelle creature.

Quelle creature che allungavano le mani per prenderla, per poterne fare il loro pasto. E Claire continuava a sparare verso di loro, in cerca di quella salvezza che le era costata tanto.

-Steve.

Quel nome le uscì fuori dalle labbra come un rantolo e, chiudendo gli occhi, il suo volto sorridente le comparve davanti. Dopo tutto quello che avevano passato, lui era sempre sorridente e pronto a darle una mano. Come quando a Rockfort Island, entrambi catturati perché avevano intralciato i piani dalla Umbrella, erano riusciti miracolosamente a scappare.

Claire riaprì gli occhi di scatto e davanti a lei, come in un sogno, c’era Steve che le tendeva la mano e che le prometteva che tutto si sarebbe risolto.

Lei, tremante, allungo la mano per afferrarlo, ma non toccò nulla se non l’aria che la circondava. Strinse la mano a pugno, adesso aveva anche le allucinazioni, ma perché sembrava così reale?

Claire, in cuor suo, si sentiva colpevole di quello che era capitato a Steve, e sentiva che se avesse agito in modo diverso, lui sarebbe ancora vivo e pronto ad aiutarla nelle situazioni scomode.

La donna abbassò lo sguardo e le lacrime iniziarono a rigarle il volto, quel peso sullo sterno si era fatto ancora più pressante e l’aria sembrava dover finire da un momento all’altro.

Nella stanza, notò, e solo ora lo fece, che c’era solo il letto dove era stava per tutto quel tempo e un armadietto che stava dalla parte opposta a dove si era accucciata. Come aveva fatto a non notarlo prima?

Asciugò con il dorso della mano le lacrime e si rialzò tremante, mantenendosi al muro e usandolo come un sostegno.

Con passi instabili raggiunse l’armadietto e si accorse che all’interno non c’era assolutamente nulla e per giunta era chiuso a chiave senza apparente motivo. Ma per Wesker c’è sempre un motivo.

Nuovamente Claire si fece prendere dallo sconforto e iniziò a piangere sommessamente e il suo corpo a tremare, attraversato dai singulti del pianto. Iniziò a prendere a pugni l’armadietto, ma il vetro neanche si rompeva.

Gli occhi si sgranarono e il capo iniziò a fare cenni di assenso, apparentemente privi di logica. A Claire l’idea si stava rivelando quella più logica e più sensata di tutte. Non poteva nulla contro la bestia eppure poteva essere lei ad andarsene ed evitare che lui l’avesse vinta sulla volontà della donna.

Doveva solo rompere il vetro e prendere i frammenti. Tagliarsi la gola non sarebbe risultato difficile.

Claire stava impazzendo e poi quella luce che le premeva contro gli occhi si faceva sempre più forte, dato che anche i muri ne riflettevano il fascio luminoso.

Provò ancora a dare pugni sul vetro, ma niente. Li dava con tutta la forza che aveva, ma sembrava infrangibile. Con gli occhi iniettati del suo stesso sangue, continuava a colpire con tutta la forza che aveva in corpo, ma quel vetro non si rompeva.

Si era inginocchiata ai piedi dell’armadietto e iniziò ad inveire verso l’uomo che le stava facendo questo.

-Sei un lurido figlio di puttana, Wesker. Hai capito?

Non sapeva se Albert la stesse ascoltando, ma sperava vivamente di farlo infuriare così da farsi uccidere velocemente in uno scatto d’ira dell’uomo.

 

Albert Wesker, la bestia, la stava osservando attraverso una telecamera celata all’interno della stanza. Lo sguardo da demonio fermo sulla sua preda e un sorriso appena accennato su un lato della bocca.

Appariva come una fiera che puntava il suo pasto, come un leone prima dell’attacco. Albert

Wesker lo sapeva bene che era un grandissimo figlio di puttana e questo lo rendeva ancora più borioso e arrogante.

Gli piaceva. Cazzo se gli piaceva.

Wesker teneva le braccia conserte, attendendo qualcosa. Era del parere che la vendetta andasse servita fredda e lui la stava facendo scendere sotto lo zero. Stava facendo diventare la situazione gelida, così come voleva congelare le emozioni della donna e incanalarle dentro di lui. Toglierle tutto quello che le sarebbe servito ad avere una minima speranza di salvezza.

L’aveva sentita chiamare Steve. Aveva persino fatto una faccia di finto dispiacere tanto la situazione sembrava rallegrarlo. Nel momento in cui lei aveva avuto l’allucinazione, lui aveva saggiato le proprie labbra con la lingua, assaporandola ancora.

Come un vampiro le stava risucchiando le forze vitali e ci stava riuscendo bene.

Non si stancava di guardarla e guardarla. Guardarla tentare il suicidio; guardarla provarci e riprovarci. Era una sensazione che non aveva mai provato e si era anche chiesto se non fosse gioia quella che stava provando.

Aveva scosso la testa al solo pensiero, disdegnando quella sensazione. Lasciare che Claire si distrugga da sola. Non avere, anche se questo gli dispiaceva un po’, parte a questa distruzione dell’anima di una persona.

Albert aveva chiare intenzioni con Claire. Lui le conosceva bene e le aveva studiate negli anni che avevano preceduto il rapimento della donna. Il problema era che lei non ne fosse consapevole, ma poco importava.

Dopotutto Chris, Leon e Jill cosa avrebbero mai potuto fare?

Si sentiva in potere di fare tutto. Lui aveva il potere di fare tutto e lo faceva sentire bene. Lo faceva sentire più vicino a Dio di quanto mai possa essere stato un uomo.

Strinse le proprie braccia con le mani e inspirò profondamente. Sentiva ogni fibra del suo essere presente nella testa di Claire e ora era arrivato il momento di un’altra sorpresa per la giovane ospite.

Albert Wesker si voltò verso la porta aperta dove nel riquadro si stagliò una figura, esile e delicata.

-Albert, cosa combini?

La voce flebile, lieve e occhi che avevano lo stesso colore del sangue. Lo stesso colore degli occhi della bestia con cui parlava amabilmente.

-Osservo la nostra ospite.

Lo sguardo di Albert si spostò nuovamente verso Claire. Ne accarezzò il volto straziato dal dolore e dalla disperazione. Ma non si sentiva in colpa, no. Si sentiva come un liberatore e questo, come già detto, lo faceva sentire un dio.

-Posso andare a salutarla?

La bestia fece solo un cenno di assenso e la vide allontanarsi felice.

 

Claire sfiorava con la mano il vetro che non si era rotto. Gli occhi cerchiati di rosso e i capelli arruffati la facevano sembrare più pietosa di quanto già non si sentiva.

In quella stanza asettica non poteva neanche programmare il suo suicidio e quel lurido bastardo lo sapeva bene.

Claire si rialzò a fatica e si avvicinò verso il letto, vedendolo per ora l’unico posto sul quale si sarebbe sentita un po’ meglio.

Quel peso straziante al petto era finito, ma ora avevano preso posto i conati di vomito che le salivano prepotentemente in gola. Lei resisteva, cercava di aggrapparsi a quell’unica speranza che le era rimasta.

I suoi amici l’avrebbero salvata. Chris l’avrebbe abbracciata, accusandola amorevolmente che è sempre stata una frana ad evitare i guai. Questo pensiero le si insinuò nella testa e se lo tenne stretto. Tanto a chiudersi in posizione fetale quando si sdraio sul materasso, stringendosi al petto le proprie mani.

Claire capì che piangere non serviva a niente. Ma cosa poteva fare se non farle uscire le lacrime se martellavano prepotentemente contro gli occhi?

Claire aveva cominciato a respirare tranquillamente e quel senso di affanno di poco prima era scomparso improvvisamente. Le gambe non le dolevano più e si sentiva adesso come ristorata. Come se avesse dormito per tre giorni di seguito.

Alcuni istanti dopo sentì la porta aprirsi e si alzò a sedere sul letto, pronta a qualche altra violenza della bestia, che fosse stata fisica o psicologica non le importava. Voleva solo cercare almeno di morire in pace, portandolo ad ucciderla con le sue stesse mani. Sì, voleva questo.

Sollevò lo sguardo verso la porta e socchiuse gli occhi per quella luce troppo forte, prepotente che si insinuava nelle sue pupille.

Claire rimase sbigottita da quello che vide. Rimase immobile per interminabili secondi quando riconobbe la figura che era di fronte a lei. Così delicata e così giovane. Sicuramente un’altra allucinazione, tanto da non farci caso ancora.

Ma quell’allucinazione era troppo reale per non essere vera e troppo nitida per dissolversi da un momento all’altro. Claire sentì il cuore nuovamente battere contro il petto, se lo sentì quasi in gola.

-Ciao Claire. Giochiamo insieme?

La vocina sottile e morbida, come un cinguettio di uccellini. Ma ciò che la sconvolgeva di più era vederla lì, in quel luogo e così giovane, come quando l’aveva lasciata. Non era cambiata per niente.

-She… Sherry Birkin!?

La bambina saltò per la contentezza e le si avvicinò sorridente. Claire si chiuse a riccio sul materasso, portando le gambe a chiudersi al petto, spaventata. Qualcosa era cambiato in lei, qualcosa che aveva notato solo in Albert Wesker.

Anche Sherry aveva gli occhi della bestia.

Ora sapeva che fine aveva fatto la bambina e questo non le piaceva affatto. Era uno di quei momenti che avrebbe preferito non vivere in prima persona.

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Capitolo 7
*** Sesto Capitolo: Rivelazione ***


story

Note dell'Autrice: Finalmente dopo tanto, riesco a pubblicare anche questo capitolo e devo dire la verità, è stato spossante non poter scrivere per un po' di tempo. Uff. spero non capiti più. Eppure siamo arrivati alla fine, questo è l'ultimo capitolo prima dell'epilogo. Vorrei ringraziare tutti quell iche mi hanno letto e che ringrazierò rispondendo ad ogni commento che mi hanno fatto. Grazie!

 

Sherry Birkin stava davanti a Claire osservandola con il visino piegato su un lato. Le mani erano incrociate dietro la schiena, mentre dondolava leggermente sui piedi.
Claire non riusciva a credere ai propri occhi e ancora era inebetita dall’apparizione così particolarmente strana. Eppure aveva visto Sherry tempo prima, quando aveva incontrato Leon. L’aveva trovata nella stazione di polizia ed erano scappate da Racoon City con il treno, ma sinceramente che fine avesse fatto dopo non se lo era mai chiesta. Claire aveva creduto che fosse tornata con i genitori.
Sherry continuava a guardarla con aria innocente. Aveva ancora la divisa scolastica che le aveva lasciato, ma quegli occhi rossi rendevano la piccola troppo somigliante a quella bestia che l’aveva portata lì.

-Sherry…

La bambina sorrise e si voltò verso un punto imprecisato della stanza, come se stesse guardando qualcuno e un largo sorriso le si disegnò sulle labbra.

-Sai, mi sei mancata Claire.

La voce così gentile ed innocente faceva apparire tutto grottesco e Claire non sapeva neanche cosa rispondere. Non aveva parole e si sentiva stringere la gola da qualcosa di invisibile e maledettamente forte. La donna portò le mani al collo, serrandolo come a voler ricercare quella forza insostenibile.

La cosa strana era che Sherry sorrideva e non mostrava nessun segno di paura. Guardò nuovamente verso quel punto imprecisato e continuò a sorridere, per poi mettersi a saltellare come se qualcosa le desse gioia, se in quel che stava succedendo a Claire ci fosse del positivo e del meraviglioso.

Improvvisamente Claire si sentì ritornare il fiato e l’aria nei polmoni, che erano rimasti senza per troppo tempo e arrancavano aria talmente erano contratti. La donna fece profondi respiri e lenti.

Forse anche perché cercava qualcosa da dire alla bambina, qualcosa che potesse somigliare ad una cosa più normale di tutto quello che stava succedendo.

-Perché sei qui?

Sherry la guardò sorpresa e il largo sorriso che le sue labbra avevano assunto, scomparve improvvisamente. Portò lentamente una mano alla bocca per poi poggiarci il dito indice nell’atto del pensare qualcosa.

Sherry imbronciò il viso e posò entrambe le mani sui fianchi, sbattendo una volta il piede a terra e provocando un rumore sordo.

-Non te l’ha detto. Cattivo.

Claire era sconvolta e sentire quella voce così pura, in un corpo ormai divorato dal virus, le veniva ancora di più il senso di affannamento. E dire che il padre voleva solo aiutare la figlia. Il dottor Birkin aveva iniettato il vaccino del virus all’interno della figlia, ma a quanto pare Wesker aveva trovato il modo di iniettarle qualcosa che superasse anche l’antidoto insito nel corpo della bambina.

A Claire la colse nuovamente l’affanno e portò le mani nei capelli, stringendo le ciocche più che poteva.

Era come se la stesse divorando dall’interno lentamente, pezzo per pezzo. Con un ultimo sprazzo di lucidità, guardò Sherry che ancora aveva il viso imbronciato e l’aria da bambina viziata. Eppure non se la ricordava così, non era la Sherry che aveva lasciato dopo Racoon City.

Claire si sentì la testa pesante, il corpo era un macigno che non riusciva a sollevare e la vista si era annebbiata. Sentiva in cuor suo che non sarebbe mai riuscita ad avvicinarsi alla via d’uscita. Non sarebbe mai riuscita a scappare da quell’inferno dove Wesker era il sovrano.

 

Si risvegliò improvvisamente, rialzandosi di scatto come se nulla di tutto quello era successo fosse reale.

Sentiva fremere le proprie mani, sentiva i muscoli rigenerati. Ma si sentiva ancora spaesata.

I giramenti di testa le fecero portare entrambe le mani alla testa, lamentandosi. Aveva sicuramente dormito per giorni e giorni, perché il corpo era riposato e i lividi erano scomparsi dal suo corpo. Ma ancora non si sentiva al sicuro.

Si guardò intorno e niente era come prima. Il grigiore della stanza si trasformò in un tenue color sabbia, dove le finestre inondavano di luce elettrica l’interno della stanza. Tutto era in penombra, quella luce bianca così forte ed estenuante era scomparsa, lasciando tutto come se nulla fosse mai successo. Come se tutto fosse stato solo un orribile incubo.

Forse era così, perché altrimenti non si sarebbe sentita così piena di vita e così strana al tempo stesso. Però Sherry sembrava così reale. Forse il rimorso inconscio di non aver più chiesto di lei le aveva fatto pensare che tutto per la bambina fosse cambiato.

Si rialzò e, tastando con mano ferma il suo giaciglio, si accorse che era nient’altro che un semplice divano e questa la rincuorò fino a farla piangere. I singulti arrivarono da soli e la pesantezza al cuore, che aveva avuto all’interno dell’incubo, era semplicemente scomparsa.
Si mise a sedere. Claire prese un profondo respiro, posando la mano sul cuore. Eppure si era sentita così fuori luogo appena risvegliata, ma sicuramente era stato solo l’effetto narcotico di qualche sonnifero che aveva preso la sera prima.

Si portò verso la lampada. Sapeva che era lì e sapeva anche dove era posizionato il pulsante per accenderla. Ed era proprio lì, come lei sapeva. Questo la fece piangere di nuovo e con gli occhi pieni di lacrime, guardò con crescente emozione il suo salotto.

Non era cambiato nulla e tutto ciò che era stato distrutto dalla colluttazione con Wesker, tutto frutto della sua immaginazione, era tutto sistemato, poiché non era successo nulla. Nulla.

Claire si accarezzò il volto, asciugando le lacrime ancora rimaste sul viso. Voleva toccare tutto con propria mano, tutte le cose che pensava avesse lasciato per sempre.

Voleva fare un giro in casa. Voleva vedere con i propri occhi tutte quelle cose che aveva comprato con i propri risparmi e con il sudore della fronte.

I passi di Claire erano sicuri essendo in un ambiente familiare. Improvvisamente un pensiero le sfiorò la testa, sovvenutole proprio in quell’istante.
Cosa voleva dirle Sherry?

Claire sorrise innocentemente. Ma che pensieri mai le venivano in testa in quel momento?
Aveva lasciato il sogno dov’era, riposto in un angolo del proprio cuore come un avvertimento. Un ammonimento alla sua ossessione.

Sherry era solo una via di fuga e un modo per poter rendere l’incubo più spiacevole di quanto potesse essere.

Claire girava per casa trovando tutto quello che aveva lasciato esattamente al proprio posto. Non riusciva a smettere di piangere, poiché l’incubo era stato troppo reale, troppo vero per averlo veramente sognato. Quella spossatezza, quella paura era ancora dentro di lei che la soffocava e le stringeva la gola come una morsa, ma cercava di non pensarci. Era tornata alla vita reale.

Avrebbe chiamato immediatamente Chris se avesse trovato il telefono, o Leon per potergli dire di Sherry.

Claire strinse le labbra con i denti chiedendosi il perché quel senso di essere controllata non se ne andava via. Perché si sentiva ancora degli occhi addosso, senza riuscire a togliersi quella sensazione di vuoto e di angoscia?

Riprese a respirare pesantemente, portando le proprie mani sul volto sentendolo più freddo del solito oppure erano le sue mani. Sicuramente.

Claire si avvicinò tremante ad uno degli specchi. Le gambe le tremavano e riusciva a stare a stento in piedi. Aveva il respiro pesante e ogni sospiro era un’agonia. I polmoni sembravano scoppiarle nel petto e il suo cuore, talmente batteva forte, che lo sentiva nelle orecchie.

Eppure non c’era nessuno, il suo corpo rispondeva ad ogni stimolo da parte sua, ma faceva qualsiasi cosa con incertezza.

Ma la rivelazione l’ebbe quando si mise davanti allo specchio. Le mani scivolarono sul viso, accarezzandolo. Accese infine la luce e sgranò gli occhi. Non riusciva a credere a quello che vedeva.
-La trasformazione sta avendo atto.

Una voce calma, serena e fastidiosamente appagata. Una voce da uomo e familiare, come se l’avesse sentita miliardi e miliardi di volte nella sua testa.
Sentì risuonare dei passi dall’altra stanza, lenti e misurati. Con una lentezza esasperante e un terribile suono sordo, come di anfibi sul marmo. Cadenzati a questi, passi più leggeri e delicati, aritmici e saltellanti. Ma Claire non si mosse dalla sua immagine riflessa, neanche quando aveva sentito la voce di Wesker che aveva rotto il silenzio creatosi.

-Cosa mi hai fatto?

La voce di Claire era calma, ma una calma diversa da quella del solito.

-Finalmente!

Una voce di bambina ruppe nuovamente quello spazio che si era creato. I passi si fecero più saltellanti e le risate giocose sembravo alquanto fastidiose. Sherry infatti si avvicinò a Claire e le allungo le braccia per stringerla a sé, ma Claire continuava a non muoversi da quella posizione.

Era rimasta inchiodata alla sua immagine. Al mostro dagli occhi rossi che si era appropriato del suo volto.
Wesker si avvicinò, portando una mano sul capo di Sherry, rimasta delusa dalla poca attenzione che la donna le aveva dato. Imbronciò la bocca e si allontanò per la casa in cerca di qualcosa.
Wesker sfiorò le spalle di Claire con una calma che rasentava la follia e si avvicinò pericolosamente al suo orecchio.

-Davvero pensavi che ti avrei lasciata vivere?

L’uomo sospirò sull’orecchio della donna che ebbe un tremito e se non ci fosse stato il mostro a sostenerla, sarebbe caduta a terra con un tonfo sordo. Prontamente Wesker l’afferrò e la strinse a sé.

Claire guardava riflessa l’immagine di Wesker, ma adesso non sapeva cosa fare. Non sapeva come comportarsi. Alla fine aveva vinto lui.

Avrebbe preferito morire.

-Lasciami andare.

La voce di Claire tremò, ma non ebbe la forza di opporsi a quell’abbraccio che non voleva. A quella vicinanza che la disgustava più di ogni altra cosa al mondo.

-Sono il solo che può starti vicino adesso, Claire.

Aveva ragione, tremendamente ragione. Ma lei non voleva arrendersi al destino che qualcun altro aveva deciso per lei. Non voleva assolutamente poggiarsi all’unico uomo che odiava più di qualsiasi cosa.
-Ora vivremo sempre insieme come una famiglia?!

La voce della bambina irruppe come una cascata di acqua gelata sulla pelle, infatti a Claire vennero i brividi al solo pensiero di poter passare la sua vita insieme a lui.

Allora Wesker la strinse più forte, ma Claire non sentiva alcun dolore e più stringeva e più non sentiva che il corpo era stritolato in una morsa. E la guardava, l’uomo la guardava come mai aveva fatto. Aveva gli occhi rossi puntati su di lei, dentro di lei. Claire ebbe un fremito improvviso di voler scappare, ma non si mosse. Voleva solo piangere, ma non riusciva a fare neanche quello. Le aveva tolto la capacità di sentire sentimenti umani.

-Avevi davvero pensato che fosse solo un sogno? Tutto quello che hai vissuto è la realtà. Una verità che ti sta scomoda, ma è la cruda e fredda realtà che ti avvolgerà per tutta la tua esistenza.

Claire non riusciva a respirare, anche se la presa di Wesker si era allentata. Ma il suo viso permaneva poggiata sulla sua spalla.

-Sei un mostro!

Wesker sorrise, senza scomporsi più di tanto. Mostrò soltanto la dentatura bianca e perfetta, scuotendo leggermente il capo.

-No. No, mia cara. Siamo dei mostri. I più forti che l’umanità abbia mai creato e adesso tu ne fai parte.

La sua voce era come una droga per la mente di Claire che si sentiva spossata e annebbiata.

Aveva combattuto così tanto per aver perso su tutti i fronti. Aveva resistito fino alla fine per poi dargliela vinta e trasformarla in quello che ormai era diventata.

Ma le ultime parole che lui le disse la lasciarono di stucco e le fecero salire quella rabbia che non avrebbe mai più usato contro di lui. Alla fine Claire si era arresa.

-Hai vinto, Wesker.

-Lo so, Claire.

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Capitolo 8
*** Epilogo ***


Prologo






Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà della Capcom che ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in Resident Evil, appartengono solo a me.


EPILOGO

Aveva ucciso.
Di nuovo.
Quel demone la stava divorando pian piano da quando le aveva iniettato il virus e farla diventare come lui. La divorava nel profondo, facendole perdere ogni barlume di umanità che le era ancora rimasta.
Claire voleva tanto dire a Chris di ucciderla, di porre fine alla lenta agonia alla quale era ormai condannata, ma qualcosa la tratteneva ancora dal non dire nulla. Dal tenere tutto dentro come il più terribile dei segreti.
Albert se ne era accorto, lui sapeva e quindi questo la rendeva più vulnerabile di quanto già non era.
Si domandava spesso come si fa ad uccidere un mostro, ma aveva capito che non c’è nessuna speranza. Lei si era aggrappata a questa speranza con i denti e con le unghie e alla fine non aveva risolto nulla.
Si era fatta condizionare da un’ossessione che non trovava più pace e quell’ossessione era diventata reale, un incubo senza fine ma con molteplici inizi.
Ora guardava il corpo senza vita di quel povero uomo che aveva avuto l’ardore di sfidarla e la sete di sangue non si era placata, nemmeno quando aveva sentito le ossa spezzarsi sotto il suo tocco.

Claire lo guardava e pensava. Anche lei era così un tempo; anche lei era un essere umano che aveva sentito le ossa spezzarsi, ma che si era sempre ripresa nel guardare avanti.
Aveva gli occhi rossi spalancati e respirava a fatica. Non era consapevole quando lo faceva, quando uccideva. Era la bestia ad appropriarsi del suo corpo e tanto cercava di estraniarsi il più possibile da quello scempio, tanto sentiva la sua coscienza scivolare via. Pezzo dopo pezzo.
Improvvisamente Claire sentì delle mani posarsi sulle sue spalle, a quella stretta tempo fa avrebbe potuto spezzarsi, ma ormai Albert sapeva bene che non le avrebbe fatto del male.

-Ora sai cosa provo io, Claire.
Claire si era voltata verso la voce e un brivido lento e delicato che le fece voltare il capo verso il volto dell’uomo. Non rispose, ma lo stette a guardare per qualche istante in modo da imprimersi quei nuovi tratti che i suoi poteri le avevano dato. Quelli dell’uomo che doveva essere stato, prima di essere il mostro che lei conosceva.
-Cosa ne sarà di me?
Un soffio e le sue labbra si chiusero di scatto, serrandole tra loro. Aveva pensato troppo a voce alta e gli occhi adesso stavano cercando un ancora di salvezza, fuori dal volto di Albert Wesker.
L’uomo ebbe l’accortezza di non rispondere e lei strinse le mani a pugno, lasciando che i pensieri fluissero fuori dalla sua testa, ora che non aveva neanche più le lacrime da poter versare. Quel’unica cosa che poteva ancora ammetterla alla classe mortale.
Le mani di lui però si strinsero sulle spalle di Claire, senza che lei però ne avvertisse il dolore. Le clavicole si piegarono appena, ma non si ruppero. Il Virus T aveva dato alle sue ossa anche una fantastica elasticità e una velocità di movimento che non era sua.
Ma non avvertì alcun sentimento, se non quello della frustrazione di lei e la gioia di lui.
Sherry improvvisamente fece il suo ingresso, con il suo solito incedere tranquillo e quei tacchetti che sembravano provocare sul pavimento un allegretto fatto con il violino.
-Finalmente siamo una famiglia.
Il volto della bambina, se non fosse stato per gli occhi rossi che le deturpavano lo sguardo, poteva sembrare una fanciulla gentile, da proteggere, senza sapere che poteva spezzare le ossa con una sola mano se avesse voluto.
Ma la cosa che aveva assolutamente sorpreso Claire era la totale mancanza di malvagità all’interno della bambina, anche se Albert tentava in tutti i modi di poter avere una predominante su Sherry. Se Claire avesse saputo che Sherry era destinata a questo, l’avrebbe uccisa lei stessa con le sue mani.
Quello che Albert non sapeva era che aveva già un ascendente, benché positivo, verso la bambina che mancava veramente poco che lo chiamasse papà.
Sherry aveva in mano un orsacchiotto di peluche e lo teneva stretto a se come a volerlo proteggere. Solo che il tutto sembrava fuori luogo e fuori tempo per poterlo considerare un quadretto familiare sano.
-Ma quale famiglia?
Claire l’aveva detto a denti stretti, poco dopo che Sherry si era allontanata, attirata da chissà quale strana cosa all’interno della stanza, che la bambina non l’aveva neanche sentita. Si era fatta prendere da una frustrazione che ormai non era più sua e un respiro affannoso.
-Da ora in poi saremo noi la tua famiglia, che tu lo voglia o no.
A Claire venne spontaneo un sorriso sincero, come da tanto non le capitava ormai.
-Chris ti ucciderà presto.
Di rimando Wesker scoppiò in una fragorosa risata e così si avvicinò all’orecchio della donna soffiandole sopra il lobo.
-Se ucciderà me, ucciderà anche te.
E lo sguardo di Claire si spostò verso l’orizzonte, verso dove un tempo nasceva un prato. Wesker aveva ragione. Chris non avrebbe permesso che la sorella fosse un mostro e pian piano il Virus T avrebbe reso lei una belva da uccidere, divorata dalla fame.
Del mondo che ricordava, erano rimaste solo delle immagini sbiadite di cartelloni ormai anneriti dal fuoco.
Non era come prima, nulla era rimasto come quando lei e suo fratello giocavano a palla nel giardino di casa. Nulla sarebbe stato più lo stesso.
E Claire ne era assolutamente consapevole.
Wesker aveva vinto.

  

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Angolo dell'Autrice

Allora ci sono riuscita.
Dopo una marea di tempo che l'ispirazione per questa storia era scomparsa, ho deciso di scrivere l'epilogo. Voi della fine cosa ne pensate?
Eccovi l'ultima parte dell storia che mi ha lasciato un vuoto assoluto dentro. Spero che sia piaciuta anche a voi. Credo che questa sia la prima e l'ultima storia su Resident Evil che scriverò. Non perchè non mi piacciamo, ma perchè c'è gente molto più preparata di me per l'argomento. Forse in seguito cambierò idea, ma al momento sarà così.
Questa invece è la mia pagina FB dove scoprire curiosità e altro su personaggi da me inventati e sulle mie storie.

 
Lotiel Scrittrice - Come pioggia sulla neve

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