The Demon's Obsession di Lotiel (/viewuser.php?uid=15614)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Primo Capitolo: Tutto come prima... o quasi! ***
Capitolo 3: *** Secondo Capitolo: Incubo ***
Capitolo 4: *** Terzo Capitolo: Consapevolezza di essere niente ***
Capitolo 5: *** Quarto Capitolo: In trappola ***
Capitolo 6: *** Quinto Capitolo: Una visita inaspettata ***
Capitolo 7: *** Sesto Capitolo: Rivelazione ***
Capitolo 8: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Disclaimer:
Personaggi,
luoghi, nomi e tutto ciò che
deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia,
non mi
appartengono ma sono di proprietà della Capcom che ne
detiene tutti i diritti.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e,
viceversa, gli elementi
di mia invenzione, non esistenti in Resident Evil, appartengono solo a
me.
PROLOGO
-Claire...
La
voce alterata dalla mutazione rendeva il tutto troppo macabro.
-...io
ti...
Claire
guardava Steve con occhi pieni di lacrime, non riusciva a credere che
anche lui
fosse stato contagiato. Non riusciva a credere che quel ragazzo che
aveva
aiutato in Sud America, stava morendo.
-...amo.
Claire
rimase per qualche istante bloccata da quelle ultime parole che
uscivano come
un rantolo mostruoso dalle labbra che aveva visto sorridere. Il virus
di Alexia
aveva portato via anche lui ed ora lo guardava morire.
Steve
esalò l’ultimo respiro. La giovane donna
continuava a guardarlo, senza riuscire
a distogliere gli occhi che adesso, dopo tutto ciò che aveva
sentito,
ricacciavano le lacrime. Troppe per essere contenute. Cadde in
ginocchio e gli
occhi offuscati guardavano il corpo mutato del ragazzo.
Gridò
con quanto fiato aveva in gola e sobbarcò per qualche
istante i colpi sulla
porta di qualcuno.
Claire
sgranò gli occhi, dalla paura forse di vedere qualcosa che
l’avrebbe segnata
ancora una volta.
Poi
il viso del fratello, attraverso la finestrella della porta, le
portò
un’insperata salvezza.
Si
alzò di scatto e si fiondò verso
l’unica via di fuga.
-Chris.
Dalle
labbra della donna uscì un suono fioco, quasi
impercettibile, lui non riusciva
neanché a sentirla. Era rinchiusa in una camera per evitare
la fuoriuscita di
bio-armi, ciò che era successo a Steve.
Claire
vide che Chris tentava inutilmente di aprire quella porta e per qualche
istante
anche lei aveva provato di aprirla, senza successo.
All’improvviso
ricordò. Le mani iniziarono a frugare nelle tasche del suo
giacchetto rosa
preferito. Una mano andò ad infilarsi nella tasca interna e
ne estrasse, con un
piccolo sorriso sulle labbra, dei documenti accuratamente conservati.
-Chris.
Lei
iniziò a battere sulla porta per cercare di catturare
l’attenzione del
fratello. Glielo si leggeva
in viso che
era preoccupato per lei e lei riusciva solo a farlo stare in pena.
Sembrava,
però, che a volte Claire non lo facesse per dispetto, ma che
sentiva quel bisogno
impellente di ricercare la verità ad ogni costo, odiando a
volte che gli altri
la tenessero all’oscuro di tutto.
Eppure
aveva vissuto come loro gli orrori di Racoon City. Aveva ucciso anche
lei.
Aveva lottato ed era riuscita a salvarsi.
Avuta
l’attenzione da parte di Chris e sapendo bene che non
riusciva a sentirla,
cercò in tutti i modi di fargli capire che quei documenti
servivano per
liberarla. Erano i codici dell’intero stabile
dov’erano intrappolati.
Claire
riuscì a passare i documenti da un dispositivo che
funzionava tipo finestrella.
Infatti qualcosa si aprì e lei infilò tutto
all’interno di questo scomparto.
Chris ricevette solo pochi istanti dopo i codici e cercò di
rassicurare Claire
che l’avrebbe tolta fuori da quella stanza.
Claire
annuì, era sicura che il fratello avrebbe fatto di tutto. In
lui aveva sempre
una cieca fiducia, infatti non la deludeva mai.
Gli
occhi di Claire si spostarono nuovamente verso il corpo mutato di
Steve.
Nuovamente il pensiero di non essere riuscita a fare nulla per lui,
prese il
sopravvento. Si accasciò a terra, per il momento non poteva
fare più niente.
Nella
stanza non c’era praticamente nulla, l’aveva
controllata prima che comparisse
Steve e adesso sentiva solo il proprio respiro misto alla solitudine e
al
sangue.
Passarono
solo pochi minuti quando la porta fece uno scatto secco.
Alzò il capo e si
rialzò frettolosamente. Sapeva che dietro quella porta
c’era la salvezza, anche
se al momento sembrava una semplice illusione dettata dalla
sopravvivenza.
Sul
riquadro della porta comparve infine la sagoma di Chris. Corse incontro
il
fratello, abbracciandolo e per qualche minuto sfogandosi con un pianto
liberatorio.
-Claire,
dobbiamo andare.
La
donna prese un profondo respiro e afferrò la pistola che
Chris le stava
porgendo. Annuì debolmente, lasciando un ultimo sguardo alla
sagoma del corpo
di Steve.
-Addio.
Corsero
a perdifiato, risalendo le scale che erano rimaste intatte dopo il
crollo che
avevano subito quelle adiacenti. Le gambe erano stanche, ma
continuavano a
muoversi senza tregua. Dovevano assolutamente riuscire a raggiungere il
sistema
di autodistruzione di quel luogo, dovevano distruggere tutto
ciò che quello
stabile rappresentava. Un nuovo inferno.
Claire
aveva il fiatone ma seguiva Chris senza perdere la fiducia che, ancora
una
volta, l’avrebbe salvata. Dopotutto era stato quasi sempre
lui a volerla
proteggere a tutti i costi e lei gliene era stata sempre grata.
Tutto
procedeva tranquillo, forse troppo. Raggiunsero in poco tempo il
sistema che
avrebbe segnato la fine di quel posto. Claire si guardò
intorno, era l’aria a
non piacerle e mise una mano sulla spalla di Chris.
Il
respiro pesante, la penombra che rendeva difficile la vista. Si
guardavano
intorno mentre Claire stringeva più forte la pistola,
tenendo bassa la guardia,
ma le orecchie tese ad ogni singolo rumore.
-Presto,
Chris.
Disse
al fratello, intento a iniziare la procedura di autodistruzione. I
muscoli
erano tesi, gli sguardi attenti ad ogni movimento.
Non
ci fu il momento di dire più nient’altro. Una
nuova creazione scese dal
soffitto portandosi a pochi metri da Claire che fu pronta a sollevare
la
pistola. Ma i colpi che vennero sparati partirono da dietro di lei,
Chris aveva
dato già qualche colpo.
-Claire,
scappa. Ci penso io.
-Ma...
-Non
discutere, vai verso l’hangar.
Claire
abbandonò con malavoglia la sua postazione, lasciando
un’Alexia Ashford
trasformata nuovamente a combattere contro sul fratello.
-Aspettami
lì.
La
ragazza fece un cenno di assenso e corse a perdifiato verso
l’hangar dove
dovevano trovarsi i velivoli militari. Cercava di non pensare a suo
fratello
che doveva fronteggiare quel mostro, ma se lui le aveva detto di
aspettarlo lì
allora sapeva che sarebbe ritornato o almeno era quello che voleva che
la sua
mente le facesse credere.
Quando
fu dentro, Claire si guardò intorno. C’era un
silenzio troppo pressante e il suo
cuore aveva il battito accelerato per la corsa. Una mano premeva sul
petto e lo
sguardo cercava di mettere a fuoco ogni angolo in penombra.
Sembrava
tutto a posto, tutto regolare, ma qualcosa stranamente non quadrava.
Claire si
avvicinò lentamente ad uno dei velivoli ed improvvisamente
sentì un suono sordo,
di scarpe che battevano sull’asfalto dell’hangar.
Claire
si sentì nervosa, come se captasse quella presenza come la
più pericolosa che
potesse esistere. La ragazza inumidì le labbra con la lingua
sentendole
improvvisamente secche. Il cuore accelerò i suoi battiti
nuovamente e questa
volta non era stata la corsa.
-Claire
Redfield!
Quella
voce, l’avrebbe riconosciuta tra tante. Inconfondibile quel
tono derisorio e di
superiorità. La figura possente dell’uomo mutato
in bestia, ma che conservava
ancora il bell’aspetto di quando era umano.
Claire
si voltò velocemente alle sue spalle, dove Albert Wesker
fece il suo ingresso.
Strinse la pistola nella mano destra e gliela punto contro.
-Wesker!
Il
tono era sprezzante e l’odio trapelava da ogni lettera
pronunciata. Teneva
d’occhio l’uomo che, al momento, non accennava ad
alcun movimento. Era come lo
ricordava. Capelli tirati tutti verso dietro, occhiali scuri a
nascondere il
disumano che viveva in lui e gli anfibi con cui quella volta
l’aveva
schiacciata al suolo. Era solo cambiato lo scenario, altrimenti era
tutto
uguale.
Come
un incubo che ritornava.
Claire
cercava di non esprimere la paura che l’opprimeva. Sapeva che
non aveva speranze
con Wesker, ma tentava inutilmente di tenerlo sotto tiro.
-Ti
consiglio di non muoverti!
Albert
Wesker la osservo per qualche istante, senza rispondere, poi irruppe
con una
risata che sembrava quella di un demone. Infatti si mosse troppo
velocemente
per la ragazza, che se lo ritrovò proprio dietro le spalle
avendo sparato
inutilmente ben tre colpi.
Con
un gesto rapito, Wesker le fece cadere la pistola torcendole il polso e
strappandole un gemito. Con un gesto fulmineo la scaraventò
contro il muro con
un rumore sordo.
Claire
si rialzò completamente intontita e teneva la spalla destra,
sicuramente
lussata.
-Che
strano! Finisci sempre contro qualcosa.
-
Va a farti fottere, Wesker!
L’uomo
digrignò i denti sadicamente per poi procedere a lunghi
passi verso Claire,
sempre con quel sorriso stampato sulle labbra.
-Vuoi
essere tu la prima?
La
prese per il collo e Claire, con la mano sinistra e sana, cercava
invano di
liberarsi. Il respiro infatti cominciava a mancarle e leggeri gemiti
uscivano
dalle sue labbra semiaperte.
Gli
occhi di Claire, però, erano sempre puntati verso gli
occhiali scuri dell’uomo,
dove sapeva si nascondesse il demone che si era impossessato di lui.
Come
per miracolo, Wesker lasciò la presa. Claire riprese a
respirare ed annaspare
l’aria che le era mancata. Dietro il biondino c’era
Chris con l’arma puntata
contro di lui.
Wesker
teneva la mano sulla spalla, colpo di una Magnum che gli aveva fatto
molto
male. Un altro colpo partì dalla Magnum che Redfiend
impugnava e Wesker cadde
in ginocchio.
-Muoviti,
Claire!
La
ragazza annuì e si diresse verso uno dei velivoli.
Chris
tentò di immobilizzare Albert Wesker in modo che non gli
desse più fastidio e
con uno stratagemma ci riuscì. Poco dopo, con Claire, prese
il volo fuori da
quell’inferno.
L’unica
cosa che Chris vide prima di andare via erano gli occhi rossi di Wesker
che
brillavano e un ghigno malevolo disegnato sul viso, ciò che
vide anche Claire.
Angolo
dell'Autrice
Spendo
poche parole
per questo rimodernamento dell'impaginazione della storia e spero che
piaccia. So che ancora non l'ho finita ma mi impegno fin da ora, dato
che metà dell'epilogo è finito, di postarlo entro
e non oltre una
settimana da questa ripresa della storia. Grazie ancora per chi l'ha
seguita e commentata.
Questa invece
è la mia pagina FB dove scoprire
curiosità e altro su personaggi da me inventati e sulle mie
storie.
Lotiel
Scrittrice - Come pioggia sulla neve
|
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Capitolo 2 *** Primo Capitolo: Tutto come prima... o quasi! ***
no
Nota
dell'Autrice: Ed eccoci al capitolo vero e proprio. Fin'ora mi sono
attenuta ai fatti che avevo letto e che ricordavo, ma ora è arrivato il momento
di dare una svolta alla storia. Come vedrete ho solo preso l'inizio dell'ultimo
capitolo di Resident Evil Degeneration, ma questa storia non tiene conto
affattodgli eventi che seguono dopo. Ho avuto un piccolo flash di ciò che poteva
succedere nella mente di Claire dopo la morte di Steve e della fantomatica morte
di Wesker ed ecco qui il risultato. Spero di non deludervi. Ora vi lascio alla
storia.
Ringraziamenti:
Bluemary:
Ti ringrazio per gli errori che mi hai segnalato. Scrivere questo capitolo è
stata dura, ma spero che ciò che ho scritto non ti dia fastidio. Ebbene, ho
voluto solo buttarmi su un personaggio di Claire che potrebbe esistere dopo la
morte di Steve. Un piccola licenza poetica che mi sono presa. Ora ti lascio al
capitolo, senza rubarti altro tempo.
Era ritornata la
normalità e Claire, ormai attivista dell’associazione mondiale “TerraSave”,
stava scendendo le scale ad una velocità estenuante.
Era
terribilmente in ritardo, come sempre e sapeva che questa volta non
gliel’avrebbero perdonata. Aveva in mano una valigetta e indosso la sua solita
giacca rosa, simile a quella che aveva a Racoon City e che aveva preferito
buttare via.
Si era
trasferita nella cittadina di Harvardville, sempre negli Stati Uniti. Dall’epoca
in cui aveva incontrato i suoi amici e il fratello erano passati più di sei mesi
e da quel che considerava la vicenda più orribile che avesse mai vissuto, poco
più di un anno.
Claire era
riuscita a sopravvivere a quella vicenda, ma continuava ad avere paura la notte.
Quando ogni singolo spiffero si insinuava nelle fessure delle finestre, ogni
rintocco di orologlio lontano, ogni piccola goccia di rubinetto che sentiva come
un assordante rumore.
Non aveva mai
dimenticato il viso del demone che quel giorno le sorrise beffardo. Sapeva forse
che sarebbe sopravvissuto, anche se lei in cuor suo sperava che non fosse
così.
Ogni volta che
pensava a quell’uomo il cuore iniziava a battere forte. Non era l’emozione, ma
la paura che gli procurava il solo pensare a lui. Claire prese un profondo
respiro fermandosi proprio agli ultimi gradini della
scalinata.
Sperava che la
giornata passasse velocemente, che riuscisse almeno a superarla serenamente.
Ormai Wesker si era insinuato come un virus maligno dentro la sua testa e ogni
giorno sperava di poterlo superare senza problemi, ma non riusciva a togliersi
quel pensiero persistente.
Era ancora
vivo?
Claire scosse la
testa cercando di sorridere e credere che, in fondo, era solo una piccola paura.
Aveva visto lei stessa l’esplosione.
Sulla strada si
avviò verso la sua macchina e all’improvviso le sembrò di vedere qualcuno di
conosciuto. Le si fermò il cuore ad un tratto e tutto il mondo sembrò
distruggersi intorno a lei. Stava guardando dalla sua parte, stava fissando
proprio lei.
Quell’uomo
all’improvviso abbracciò qualcuno e si rese conto dopo che non era lui. Eppure
gli somigliava troppo o era proprio la sua immagine a perseguitarla. Scosse il
capo per qualche istante riprendendo a camminare. Il cuore aveva accellerato i
suoi battiti e non riusciva a calmarsi, se non aprendo la borsa e prendendo una
di quelle pillole che le aveva consigliato il suo medico.
Solo da poco
aveva cominciato a prendere anche il sonnifero dato che le riusciva difficile
dormire la notte, soprattutto da quel che era successo a Steve. Non riusciva a
perdonarselo.
Improvvisamente
il trillo del cellulare la fece sussultare, era troppo immersa nei pensieri che
aveva quasi dimenticato dove si stesse dirigendo.
-Si, si. Sto
arrivando.
Era il padre
della famiglia che stava assistendo. Aveva trovato qualcosa che, forse, le
avrebbe impiegato la mente per l’intera giornata e sperava con tutta se stessa
che ci riuscisse a non pensare.
Si mise in
macchina, inserì la chiave all’interno del quadro e mise in moto. Un profondo
respiro per poi partire, diretta veso l’aeroporto di
Harvardville.
Sembrava così
distante, eppure aveva percorso solo poca strada. Sbuffò, lasciando che il suo
autocontrollo si dissolvesse come se non l’avesse mai avuto. Riusciva a malpena
a stare calma. Quella giornata, non riusciva a spiegarsi perché, era cominciata
male e sapeva che sarebbe finita anche peggio. Se lo
sentiva.
Frenò
all’improvviso per un pedone sopra le strisce. Pochi secondi di ritardo e
l’avrebbe investito. Claire sgranò gli occhi quando davanti a lei comparve il
viso di Wesker, con gli occhi rossi che la fissavano atrocemente. Strofinò le
proprie palpebre per poi accorgersi che era solo uno dei tanti passanti, eppure
era così reale da riuscire a farle venire i brividi alla schiena e i sudori
freddi. Aveva il respiro affannato. Il pedone le aveva inveito contro
sicuramente, ma era troppo spaventata per potergli
rispondere.
Riprese la
strada. Accellerò appena uscendo poi sulla statale che l’avrebbe condotta verso
la sua meta. Si chiedeva se stesse diventando pazza, se nel suo inconscio non
avrebbe voluto veramente rivedere Wesker per fargliela pagare.
Sembrava avesse
una specie di ossessione verso quell’uomo. Non riusciva ad andare in terapia,
anche perché chi mai l’avrebbe creduta per ciò che la Umbrella Corporation
facesse ai propri cittadini.
A volte si
sentiva sola, quando Chris non era in città e questo voleva dire per la maggior
parte dell’anno. Era sempre impegnato con Carlos e Jill per chissà quale affare
contro la Umbrella che a volte si dimenticava anche di
lei.
Claire cercò di
riprendere la calma e si asciugò la fronte. In quel periodo dell’anno faceva
troppo caldo e, come se non bastasse, l’aria condizionata aveva anche smesso di
funzionare.
-Ok, Claire.
Calmati.
Cercava di
aiutarsi con la propria voce, per non sentirsi sola nella statale desolata,
forse a causa dell’ora mattutina. Ogni tanto vedeva passare delle auto, ma era
un qualcosa che succedea molto di rado.
Ora, riusciva a
distinguere bene la sagoma dell’aeroporto. Era passata solo una mezz’ora da
quando stava investendo il pedone, che nuovamente il pensiero che l’uomo dei
suoi incubi fosse ancora vivo le sfiorò la mente.
Claire spostò
l’attenzione verso lo specchietto retrovisore, solo una macchina dietro di lei.
Strinse le labbra e accellerò appena, distansiandosi dall’auto che la
seguiva.
Arrivata
all’aeroporto, parcheggiò e prese la valigetta che portava sul sedile
posteriore. Chiuse tutto e si portò verso l’ingresso. La giornata sarebbe
trascorsa tranquillamente, almeno era quello che lei
sperava.
Claire ritornò a
casa prima di cena. Era completamente stanca, non solo fisicamente, ma anche
psicologicamente. Non riusciva più a formare un pensiero senza che il viso di
Wesker comparisse davanti ai suoi occhi. Stava diventando un’ossessione e non si
rendeva conto di questo.
Claire cominciò
a preparare la cena meccanicamente, un gesto che ripeteva ormai ogni sera. Aveva
dato delle regole da seguire e si atteneva a queste scrupolosamente, cercando di
evitare di differire il meno possibile.
Si sentiva
continuamente osservata e questa specie di fobia aveva cominciato a fare
capolino nei suoi pensieri da un po’ di tempo. A volte le capitava anche di
sentire una forte pressione sul petto, come se qualcuno la stesse calpestando,
ricordando il momento in cui Wesker aveva premuto il suo pesante anfibio su di
lei.
Erano momento
che si sentiva morire, eppure la sua forza di volontà le faceva cadere il muro
di questa fantomatica pazzia in mille pezzi, ritrovandosi nella sua camera da
letto, completamente sudata.
Anche questa
sera stava pensando a tutto questo. Non riusciva a darsi una spiegazione e
cercava di tenere occupata la mente nel piatto del giorno. Seguiva anche un
corso di cucina, tentava in tutti i modi di occuparsi la giornata così da
ritornare stanca e con la tremenda voglia di dormire.
Molte volte
questo non succedeva e dunque si districava tra i fornelli. Aveva preparato un
piatto semplice per quella sera e mangiò il tutto con un’assoluta
calma.
Claire sistemò
il tutto e, come ogni sera, sentì il telefono squillare. Era sicuramente Chris.
Infatti quando alzò la cornetta per rispondere sentì la voce familiare del
fratello. Un sorriso comparve sulle sue labbra, felice di
sentirlo.
-Claire, come
stai oggi?
- Un po’ stanca,
ma vado avanti. Dove sei adesso?
- Sono a New
York. Tornerò presto da te sorellina, il tempo di sistemare alcune
cose.
-Va
bene.
La telefonata
era arrivata al suo termine, ma con una sorpresa inaspettata per Claire. Chris
non le aveva mai detto che sarebbe tornato e quando lui l’aveva salutata aveva
riacquistato un po’ della voglia di gioire come faceva un
tempo.
Quella sera era
andata a letto più contenta, riuscendo anche a dormire un sonno abbastanza
tranquillo senza che gli occhi rossi la visitassero anche quella
notte.
Ciò di cui non
si accorse è che gli occhi rossi quella notte erano presenti, ma non nei suoi
sogni e che la stessero guardando attraverso la finestra.
Il telefono
squillò improvvisamente nel cuore della notte. Erano passati ormai tre giorni da
quando aveva ricevuto quella bella notizia da Chris e stava riuscendo a dormire
senza bisogno di sonniferi.
Sgranò gli occhi
come risvegliatasi da un incubo e la mano tremò nel prendere la cornetta. Aveva
una specie di presentimento e non se la sentiva di
rispondere.
Claire prese
tutto il coraggio che in quel momento aveva e afferrò il telefono. Rispose, ma
dall’altra parte non ebbe risposta, solo un sospiro sommesso e
calmo.
Claire sentì il
suo cuore accellerare i suoi battiti e il respiro le si mozzò di colpo. Strinse
il labbro inferiore in una morsa ferrea tra i denti. La pelle si lacerò
lasciando nella sua bocca il sapore del proprio sangue.
Non riuscì a
dire nulla, anche perché aveva la gola riarsa e non riusciva a muovere un
muscolo. Non era una paura verso qualcosa di reale, ma verso un qualcosa di
intangibile, che non poteva vedere.
Se solo avesse
potuto vederlo, avrebbe raccolto il coraggio a due mani e avrebbe reagito di
conseguenza.
Le sue paure
erano radicate nella sua mente. Non sapeva se combattere contro un fantasma o se
Wesker fosse ancora vivo in modo da combatterlo nella realtà. Nei propri sogni
non riusciva a trovare una via d’uscita.
Ciò che non si
conosce non si può combattere. Qualcuno aveva detto una frase del genere, ma al
momento non aveva la concezione di ricordare chi fosse
stato.
Chiuse la
cornetta del telefono di botto e si alzò. Si vestì di tutta fretta, indossando
la sua solita giacca rosa. Doveva capire, non poteva rinchiudersi nella propria
follia, se di questa si trattava.
Uscì fuori nel
cuore della notte senza un peciso motivo. Doveva cercare qualcosa, doveva
cercare una traccia. Insomma, doveva trovare qualcosa.
Poco distante
dalla strada, un auto accese i fari. Claire fissò bene in quel punto, senza però
poter distinguere nulla per il buio. Passò di fianco a lei e ciò che vide dai
finestrini fu lo sguardo rosso, attraverso degli occhiali scuri e un
sorriso.
Non si era
fermato, aveva accellerato verso la strada e poi era sparito, portando con sé la
speranza vana che era morto e con lui la speranza di Claire di vivere una vita
completamente normale.
Si precipitò
all’interno di casa sua e prese il telefono. Doveva chiamare assolutamente
Chris, doveva dirgli ciò che aveva scoperto.
La sua mente era
un continuo tumulto, però adesso sapeva che non era tutto un sogno, che lui
esisteva ancora e che tutti gli incubi che aveva avuto erano frutto di un suo
presentimento che aveva da tempo. Ora era arrivato il momento che avrebbe
preferito non arrivasse mai.
|
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Capitolo 3 *** Secondo Capitolo: Incubo ***
no
Nota
dell'Autrice: Finalmente riesco a pubblicarlo. Dopo quiz e allenamenti
vari riesco a postare un altro capitolo di questa storia che mi sta prendendo
sempre di più. Vorrei scusarmi con chi legge del tremendo ritardo, ma
purtroppo non mi è possibile andare più veloce di così, anche perché anche il
lavoro mi assorbe completamente. Spero che ci sia ancora qualcuno che legga
questa storia e che, come me, la stia vivendo.
Ringraziamenti:
Cappellaio
Matto: Grazie per il tuo commento e felice che la storia ti abbia
trasmesso le ansie di Claire. Naturalmente ho intenzione di continuarla e di
portarla fino alla fine, anche se a volte ci sarano tempi lunghi, come questo.
Spero che tu continuerai a leggere la mia storia e a commentare.
AyaBrea:
Ringrazio tantissimo anche te per il tuo commento. Non ho intenzione di
lasciare la storia a metà, quindi mi sopporterete fino alla fine. Anch'io ho
cominciato ad adorare Wesker e quel suo modo di essere così "dolcemente
subdolo". Spero che il nuovo capitolo ti piaccia e che trasmetta un po' d0'ansia
di quello che potrebbe succedere dopo.
Claire premeva
in continuazione il pulsantino che le avrebbe dovuto dare la linea, ma il
telefono era muto e risultava completamente staccato. Si guardò intorno in preda
al terrore che da un momento all’altro l’avrebbe visto entrare in casa sua.
Claire si precipitò a prendere il cellulare, sicuramente da lì avrebbe potuto
chiamare tranquillamente, se di tranquillità si poteva
parlare.
Cercò di
accendere la luce, ma più premeva il pulsante più sembrava rendersi conto che
anche quella era stata staccata.
Stava già
pensando ad una miriade di imprecazioni quando vide la luce del telefonino e sentì la
suoneria allegra e inconfondibile dello Schiaccianoci. Al contrario di come
aveva fatto fin’ora, Claire procedette a passi felpati e controllati. Si
guardava intorno, nel buio pesto. Più che altro stava mettendo di nuovo in moto
il senso che le era servito tanto nelle sue avventure. Il suo
udito.
Claire sentiva
l’incessante martellare del suo cuore acuito mille volte del normale. Sentiva il
peso di una presenza dentro casa sua, senza però poterne identificare l’origine.
Claire iniziò ad
imprecare contro se stessa, proprio adesso che aveva bisogno della sua fida Colt
non l’aveva con sé.
Improvvisamente
si voltò. Proprio alle sue spalle, verso la cucina, intravide due lucine rosse.
La ragazza si morse il labbro, cercando un po’ di calma che l’avrebbe aiutata,
se non a scappare, ma almeno a mantenere la sua sanità
mentale.
Cercava di
mantenere un respiro calmo e notò quanto fosse diventato difficile da quando
aveva incontrato quelle creature. Le era sempre rimasto quel difetto e a volte
di ritrovava a respirare affannosamente per qualsiasi cosa le mettesse un po’
d’ansia.
Claire riuscì a
raggiungere il cellulare, ma non chiamò. Sicuramente non le avrebbe dato modo di
chiamare, ma che strano che il cellulare, proprio in quel momento, stesse
squillando e che il numero comparso fosse proprio quello di
Chris.
Nervosamente, la
donna, premette il tastino verde e prese la chiamata.
-Chris!
La sua voce era
mista al terrore e alla sua poca stabilità in quella situazione. Claire ripetè
il nome del fratello, ma dall’altro lato non ebbe risposta. Pensò subito al
peggio.
-Claire...
La donna trasse
un profondo sospiro di sollievo. Era stata solo un’interruzione della linea a
non farle sentire subito la voce del fratello. In quell’istante, neanche il
tempo di poter dir nulla, il cellulare le fu strappato di mano e fu afferrata
dal braccio.
Claire sgranò
gli occhi appena vice il baluginio degli occhi rossi che troppe volte aveva
visto in sogno. La presa vigorosa sul braccio che le faceva male per quando lei
si divincolasse. Wesker le bloccò le braccia senza alcuna fatica, trovando la
donna abbastanza debole e bloccandola sul suo corpo.
-Mister
Redfield, non le dispiace se prendo sua sorella in consegna,
vero?
La voce di
Wesker era pacata, quasi gentile, ma si sentiva che nascondeva un’assurda
ipocrisia. Mentre parlava sorrideva, ma questo Claire non poteva vederlo.
Dall’altra parte
del telefono si sentiva Chris imprecare e rivolgere fittizie minacce a
quell’uomo che non se ne curava affatto. Lanciò il cellulare dall’altra parte
della stanza e infine si rivolse a Claire.
-Miss Redfield,
le consiglio di non fare sciocchezze.
Lo diceva in
merito ai continui calci che riceveva da parte della donna e dalla pressione
delle mano nel vano tentativo di smorzare la presa. Aveva tentato anche di
prenderlo a morsi, ma la sua pelle sembrava più resistente di quella di un
coccodrillo e i denti di Claire ne avrebbero risentito per molto
tempo.
-Wesker, cosa
vuoi da me?!
Claire urlò
contro di lui, arrendendosi per il momento dal combattere.
-Prima cosa di
tutto, eviti di gridare.
La sua voce
continuava a risultare calma e misurata, nessuna nota sbagliata alterava la voce
dell’uomo, nemmeno una minima inclinazione. Ed era questo che spaventava di più
Claire, quell’innaturale calma che c’era in ogni gesto compiuto dall’uomo. Anche
da quello semplice di bloccarla contro il suo petto.
Ed era stato
proprio nel momento in cui Wesker le aveva fatto capire che un’altra semplice
pressione del suo braccio le avrebbe spezzato irrimediabilmente le ossa, in cui
Claire aveva desistito per qualche istante nel continuare a
muoversi.
Claire era
sicura che l’avrebbe uccisa, mancavano solo pochi minuti. Lo sapeva bene. Tentò
nuovamente di scappare e il solo movimento che compì Wesker fu scaraventarla
contro il tavolino di legno dov’erano sistemate tutte le foto della sua
famiglia. Si alzò con fatica avendo sbattuto violentemente. Le gambe le tremavano
e non vide il movimento troppo veloce dell’uomo che le fu subito alle spalle.
Sfiorò delicatamente la pelle del collo di Claire e nella mente della donna si
disegnò ciò che stava per accadere, proprio nel momento in cui Wesker le
sussurro in un orecchio.
-Benvenuta nel
suo incubo, Miss Redfield.
Le mani di
Wesker si allungarono una verso il collo e una verso il mento che sapeva che
quella consapevolezza si stava sempre più impadronendo di
lei.
Successe tutto
all’improvviso, senza avere il modo di reagire. Buio e gli occhi di Claire si
chiusero.
Claire si
risvegliò il giorno dopo, completamente intontita e con un pericoloso mal di
testa, che sarebbe sicuramente sfociato in un’emicrania. La paura l’assalì
all’improvviso, infatti sgranò gli occhi e si guardò intorno, sempre più con il
fiato affannato.
La donna portò
le mani al collo per una mancanza d’aria che la costrinse ad annaspare l’aria
intorno a sé e poi la consapevolezza di stare respirando anche fin troppo
velocemente e che stava mettendo a dura prova i suoi
polmoni.
Si guardò
intorno ancora più impaurita, ma scoprì qualcosa che non riusciva a spiegarsi.
Era nella sua camera da letto. Sotto le sue coperte.
Claire portò le
mani al viso in un’esasperante ondata di pianto che l’avvolse. La paura di non
riuscire a comprendere neanche ciò che le stava intorno. Sapeva cos’era successo
la sera prima, sapeva di avere anche un solo livido lungo il suo corpo, o almeno
quelli intorno al collo.
Claire era
consapevole che doveva essere morta, eppure si stava risvegliando come se nulla
fosse successo. Come se tutto quello che aveva visto fosse stato il frutto di un
brutto sogno.
Si alzò dal
letto e si sporse verso il vialetto di casa. Nessuno ad attenderla, neanche
l’ombra dell’auto che aveva visto la sera prima.
Lei s avvicinò
allo specchio. Aveva le mani che tremavano e un brivido le percosse tutta la
schiena nel momento in cui vide che sul collo c’erano alcuni ematomi che
segnavano la carne. Prese a tremare con più evidenza. Le mani percossero il
ventre e il seno, dove sapeva ci fossero altri segni e dove ogni suo tocco
faceva male.
Corse al piano
inferiore con il cuore in gola. Ci dovevano essere i segni della lotta e i segni
di scasso sulla porta. Quando si affacciò sul soggiorno non poteva credere ai
suoi occhi. Era tutto come lo aveva lasciato prima di uscire. Tutto era al suo
posto.
Claire non poté
far altro che poggiare la schiena contro il muro e prendere un respiro profondo.
Le lacrime le martellavano gli occhi e non riusciva a mantenere calmo il suo
corpo che sussultava ed era completamente preso dai tremori.
Cercò di
raggiungere il telefono, doveva essere staccato. La luce non doveva esserci se
avesse premuto il pulsante. Ma in entrambi i casi non era come si aspettava.
Camminava a tentoni e ogni passo le risultava faticoso.
Stava
cominciando seriamente a pensare che si era immaginata tutto e che gli occhi
rossi di Wesker non avessero mai incontrato i suoi. Ma allora perché si sentiva
ancora il suo tocco sul suo collo e le carezze che avevano preceduto il
buio?!
Il respiro
sempre più accentuato e la sua mente ancora più confusa. Si avviò verso la
cucina e aprì lo sportello dove conservava le sue pillole. La sua emicrania si
era fatta più persistente e la sua pazzia rischiava di farla diventare instabile
e non era questo che voleva.
Ingoiò di botto
quasi strozzandosi, ma ormai era per la paura che si era instaurata nella sua
mente. Si guardava intorno e osservava ogni angolo come poteva. Si aspettava che
da un momento all’altro quell’uomo sarebbe ritornato e l’avrebbe presa, ma così
non successe.
Raggiunse il
telefonino. Ricordava che Wesker aveva parlato con suo fratello, gli aveva detto
di non preoccuparsi e Claire aveva sgranato gli occhi quando aveva sentito Chris
chiamarla attraverso il cellulare.
Claire era
sicura che suo fratello avrebbe provato a richiamare mentre si preparava per
tornare da lei. Sul display non comparve nessuna chiamata, ma provò lo stesso a
chiamare Chris. A malapena riuscì a digitare il numero e attese.
Attese.
Nessuna risposta
dall’altra parte, probabilmente non poteva rispondere. Era sicura che avesse
dimenticato il cellulare da qualche parte in casa, ne era sicura. Se non c’era
nessuna chiamata evidentemente non era successo nemmeno ciò che ricordava. Forse
i segni se li era fatti lei stessa durante il sonno. Era sicura, però, che non
era mai stata sonnambula.
Claire riprese a
salire le scale. La sua consapevolezza si stava completamente annientando. Non
poteva essere arrivata a questo punto. Non poteva essere diventata pazza fino al
punto da sognare quel mostro e provare paura sol vedendo un uomo che gli
somigliava. Vedere le lucine rosse del DVD o della TV e pensare che fossero i
suoi occhi, perché quelli non li aveva mai dimenticati.
Raggiunse la
camera da letto e si spogliò, lasciando qualche gemito uscire dalle proprie
labbra. I lividi sul suo corpo erano più marcati rispetto a quelli sul collo.
Quei lividi provocati dalla stretta troppo marcata sulle spalle e sul ventre e
poi il volo che le aveva fatto fare contro il tavolino.
L’ansia la stava
sopraffacendo e i suoi polmoni anelavano l’aria che a momenti le stava per
mancare. Stava diventando davvero pazza e quelle pillole non facevano più
l’effetto sperato. Le mani si posero sulla testa, stringendola ancora di più,
come per voler calmare il mal di testa che le stava trapanando fino al
cervello.
Si coricò di
nuovo. Il viso bagnato dalle lacrime miste al dolore della testa. Perché sapeva
benissimo che era successo tutto, ma tutto era contro di lei e non riusciva a
spiegarselo. Se avrebbe raccontato a qualcuno la sua esperienza, l’avrebbero
allontanata. Forse Chris l’avrebbe creduta solo in parte, considerando la
sorella una pazza. Forse aveva ragione quando le diceva di non pensarci troppo e
Claire ci stava seriamente provando. Stava provando anche ad avere un lavoro
normale, ma senza successo a quanto poteva capire.
Claire si coricò
senza neanche curare il suo corpo che lasciò nudo. Anche perchè rivestirsi
avrebbe significato sentire ancora il dolore sulla pelle, il dolore nell’anima.
Perché era quello che faceva più male.
Si addormentò.
Era completamente stremata e chiuse gli occhi come se tutto quello che aveva
vissuto non fosse mai esistito e che tutta la lotta e la chiamata fossero stati
solo frutto della sua immaginazione.
Quando si
risvegliò, però, fu sicura di una cosa. Tutto quell’incubo ancora non era
finito, perché ciò che vide, ciò che sentì non lo aveva mai provato nemmeno
nella sua paura più profonda e fu quella consapevolezza che le fece stringere il
cuore e bloccare il respiro.
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Capitolo 4 *** Terzo Capitolo: Consapevolezza di essere niente ***
no
Nota
dell'Autrice: La storia continua a rilento, purtroppo. Però
l'importante che continui, no? :) Non ho nulla da dire, solo che spero che
continua a piacervi e che cominciate a capire qualcosa della storia. Il prossimo
capitolo non so per quanto riuscirò a scriverlo, ma spero di riuscire nelle
prossime settimane. Un bacio.
Ringraziamenti:
AyaBrea:
Non ho aggiornato tanto presto, ma spero che legga anche questo capitolo per
sapere le tue idee. Sinceramente il seguito è prevedibile un po', ma ipende
quale seguito potrebbe essere. Ce ne sono miliardi e userò quello più
improbabile possibile. Ti lascio alla storia adesso e ti ringrazio per il
commento.
Cappellaio
Matto: Non vorrei mai portarti a questo, sincera. eh,
lo stato d'ansia è quello che vorrei portare al lettore
quindi sicuramente avrai un po' di pillole da prendere, poiché cercerò
di farlo diventare più claustrofobico possibile. Grazie per il
commento.
Davanti ai suoi
occhi sgranati, Claire, vide il corpo di Chris senza vita. A quella vista lanciò
un urlo straziante. Se avesse avuto dei vicini l’avrebbero sicuramente sentita.
Si coprì gli occhi con le mani, sperando fosse solo un brutto sogno, ma quando
tolse le mani ancora il corpo del fratello giaceva lì, seduto e con la schiena
poggiata al muro.
La donna
boccheggiò per qualche istante, non credendo che veramente suo fratello, colui
che le era sempre stato accanto anche nei momenti più difficili, era davanti ai
suoi occhi senza vita.
Tutti i lividi
sul proprio corpo non facevano neanche più male, eppure ricordava che si era
addormentata lamentandosi un po’ per il dolore che le
provocavano.
Claire si
avvicinò al corpo del fratello e allungò una mano tremante. Gli sfiorò il viso
che sentì ancora caldo. In quel momento seppe che era stato ucciso da poco. Non
c’era respiro e non c’era battito, ma lei lo prese e lo strinse a sè più forte
che poteva.
Le lacrime
iniziarono copiose ad uscire dai suoi occhi e i lamenti farsi sempre più
disperati. Si coccolava il corpo del fratello senza pensare al sangue che era
intorno al corpo e agli occhi sbarrati di Chris.
Il respiro
cominciava ad essere insistente e iniziò senza motivo a chiamare il fratello con
singulti sempre più frequenti.
-Chris, com’è
possibile? Com’è potuto succedere? Mi avevi promesso che mi avresti sempre
protetta!
Claire
continuava a coccolarsi il corpo del fratello, mentre due occhi rossi la stavano
ad osservare con muta soddisfazione. Le braccia incrociate al petto e lei non si
era neanche accorta che in un angolo buio della stanza, un uomo dal lungo
cappotto di pelle, la stava guardando con un immenso sorriso stampato sulle
labbra. Il capo si girò appena per guardare quelle lucine rosse e strinse di più
il corpo a sé.
-Miss Redfield,
sembra provata.
Claire sentì
dentro di sé, nello stesso momento che Wesker aprì la bocca, una scarica di
adrenalina che la mise in piedi di scatto e, con un moto di rabbia, si
scaraventò contro l’uomo alla velocità che poteva avere un essere umano. Come
arma aveva solo i propri pugni.
Wesker, con poca
difficoltà, riuscì a prevenire l’attacco della donna e a bloccarla tra le
proprie braccia, serrandole i polsi al petto di lei, poiché gli stava dando le
spalle.
Cercò in tutti i
modi di liberarsi, ma la presa era troppo salda per poterla sciogliere e non
riusciva in alcuno modo a colpirlo, neanche con i calci portati verso le
ginocchia dell’uomo.
Claire era
disperata ed urlava, scalciava, si dimenava senza alcun
successo.
Improvvisamente
la bocca di Wesker si avvicinò al suo orecchio sinistro.
-E pensare che
ciò ancora non è successo.
Claire sgranò
gli occhi improvvisamente.
Si ritrovò nel
proprio letto con il respiro affannato e le guance ancora bagnate dalle lacrime.
Si ritrovò a tremare senza avere alcun controllo del proprio corpo. Le braccia
strette intorno al proprio seno come se sentisse un dolore bruciante al petto,
come se vedesse ancora il corpo di Chris davanti a lei, sanguinante.
Claire prese a
guardarsi intorno, cercando di assicurarse se stessa che fosse stato solo un
incubo. Scese dal letto posando i piedi nudi a terra e si sentì rabbrividire, ma
non fece nulla per coprirsi. Aveva un passo malfermo e la camminata risultava
incerta. Gli occhi verdi, ancora velati dal pianto, cercavano di scrutare il
buio alla ricerca dell’interruttore della luce.
Quando la luce
inondò la stanza era tutto come l’aveva lasciato. Nessun corpo, nessuna presenza
oltre la sua. La donna portò le mani alla testa comprimendola il più possibile
fino a procurarsi un dolore che le stava divorando
l’anima.
Perché proprio
adesso gli incubi la tormentavano e perché quei sogni sembravano così
reali?
I lividi si
vedeva ancora sul suo corpo, ma cominciavano ad attenuarsi ed assumere il tipico
colore giallognolo.
Improvvisamente
il cellulare iniziò a suonare e a Claire balzò il cuore in gola. Si precipitò ad
afferrarlo, ma sul display compariva a chiare lettere che era un numero privato.
Non si chiese il motivo perché fosse così, pensava che fosse il fratello che la
stesse chiamando in segreto.
-Pronto.
Un flebile
respiro. Solo questo sentiva dall’altra parte del
telefono.
-Chi
è?
La voce le
tremava come mai prima di allora. Le mani reggevano il telefonino a stento. Dopo
l’ennesimo respiro tranquillo sentì la voce del suo
interlocutore.
-Buonasera, Miss
Redfield.
Claire prese a
respirare affannosamente e a guardarsi intorno. Aveva riconosciuto la voce, era
troppo chiaro chi fosse e sapeva che, in quel momento, non era un sogno ed era
tutto maledettamente reale.
-Wesker.
-Dopo tanto
tempo si ricorda di me. Non pensavo di esserle rimasto così a
cuore.
La voce era
calma e si sentiva chiaramente il tono perennemente derisorio che la voce
dell’uomo lasciava trasparire. Se solo Claire avesse potuto vederlo, la sua
bocca era rimasta in un sorrisetto stirato sulle labbra.
-Volevo solo
avvertirla che sto venendo a prenderla.
Claire sgranò
gli occhi e lanciò il telefono dall’altra parte della stanza.Si vestì di tutta
fretta, indossando un paio di jeans e una canotta. La giacchetta rosa che aveva
ormai cambiato da quando era stata a Racoon City, ma che aveva acquistato
nuovamente. Sembrava che le desse coraggio anche solo indossarla ed era questo
che stava facendo. Stava cercando di riprendersi la sua
vita.
Corse a
perdifiato verso la cassaforte dove aveva riposto la pistola con cui Chris aveva
sparato quel giorno a Wesker ed anche quella aveva un valore prettamente
simbolico. Anche se come potenza poteva tranquillamente procurare all’uomo un
po’ di dolore.
Non aveva tempo
per recuperare l’altra pistola, se la stava venendo a prendere voleva solo dire
una cosa. Era vicino, troppo.
Claire scese le
scale in modo lento e calcolato, cercando di fare il minor rumore possibile.
Aveva paura, sì, ma questo non le permetteva di arrendersi e le metteva tutte le
cellule del corpo in allerta.
In ogni stanza
che perlustrava, Claire, cercava di accendere la luce e per le prime tre non le
risultò difficile, poiché non era stata staccata. Teneva la pistola davanti a
lei, pronta ad ogni evenienza nel caso le fosse capitata l’occasione di
sparare.
Il cuore le era
ripreso a battere forte ed intensamente. Ogni battito costituiva un’arma contro
di lei. Wesker avrebbe potuto sentire il suo battito frequente e nervoso e
questa la rendeva ancora più instabile. Voleva un incubo dove almeno riusciva a
vedere il suo nemico e colui che le rendeva ogni giorno difficile da
sopportare.
Continuò verso
il salotto e Claire uscì all’improvviso da dietro l’angolo puntando la pistola
davanti a sé. Nessuno, nemmeno l’ombra che somigliasse lontanamente ad un uomo.
Prese a respirare più profondamente, mentre rilassava per qualche istante i
muscoli tesi fino all’estremo.
Fu in quel
momento che ricevette un colpo sulle mani e la pistola le scivolò a terra. Cercò
in tutti i modi di riprenderla, ma sembrò tutto inutile poiché sentì una stretta
presa sul collo e un corpo possente dietro di sé.
-Buonasera, miss
Redfield.
La voce di
Wesker risuonò nella sua testa, troppo vicino all’orecchio sentendo anche il
respiro caldo. Eppure il tono dell’uomo le fece avere un brivido lungo tutta la
schiena, accorgendosi che il proprio corpo si irrigidiva e gelava. Ma non doveva
perdere il suo sangue freddo, sapeva bene che avrebbe costituito la sua ultima
difesa.
-Wesker.
La voce di
Claire risultò sprezzante. Al momento non fece alcun movimento per liberarsi, ma
portò una delle mani sul braccio di lui che le stringeva il
collo.
-Finalmente
questo incubo è diventato reale.
Claire continuò,
tirando un forte sospiro di sollievo. Quello che la stretta le permetteva. Fu
come una liberazione per lei vedere Wesker in carne e ossa, eppure era nella
situazione più pericolosa a cui poteva pensare. L’incubo infine era diventato
palpabile, solo adesso poteva combatterlo o perire sotto di
esso.
-Incubo dopo
incubo. Notti insonni a causa mia, Claire. Però adesso sono reale, sono qui per
te.
La sua voce era
melliflua, eppure il tono derisorio traspariva ogni tanto. La mano libera di lui
le si era posata sul ventre e mentre diceva questo vicino all’orecchio, le
carezzava lievemente il ventre. Aveva usato per la prima volta il suo nome,
eppure non sembrava neanche così strano. Un assassino gentiluomo, era questo
Albert Wesker e portava le sue vittime fino allo sfinimento totale. Sia nella
mente che nel
corpo.
-Toglimi le mani
di dosso.
Un sibilo quello
che uscì fuori dalle labbra di Claire. Le si mozzò il respiro appena la mano
cominciò a salire, sfiorandole appena il seno e posandosi infine sul suo
volto.
-Ora mi prenderò
cura di lei, miss Redfield.
A Claire le si
gelò il sangue nelle vene. Sapeva in che modo avrebbe conseguito a quell’intento
e non sapeva neanche se Chris sapesse qualcosa. Dopotutto non riusciva a
distinguere la realtà dall’immaginazione e cercava in tutti i modi di ricordare.
Ma erano solo ricordi confusi e strani.
Solo adesso
percepì il pericolo troppo vicino e cercò con tutte le sue forze di liberarsi. I
guanti in pelle di Wesker erano estremamente freddi e non voleva che altro di
lui potesse toccarla.
Ma più
combatteva e più si rendeva conto che era inutile.
Wesker la voltò,
guardandola in volto e afferrandola per le spalle.
-Come devo
spiegarle che è tutto inutile?
Il tono di
confidenza era scomparso e aveva lasciato posto a quello freddo e calcolatore.
Claire dal canto suo riuscì a sputargli in faccia per denotargli il suo
disprezzo e quello che ricevette fu un colpo in pieno viso che la stese a
terra.
Claire si rialzò
a carponi ansante e sputando il sangue che si sentiva in bocca. Wesker si
avvicinò lentamente, nulla lo spaventava a quel momento. Claire era chiusa nella
sua morsa.
Gli occhi rossi
di Wesker brillavano attraverso gli occhiali scuri e sulle sue labbra si era
dipinto un sorriso di trionfo.
L’essere caricò
un colpo contro lo stomaco di Claire, in modo da farle capire chi comandava. E
la stese a terra nuovamente. Si inginocchiò accanto a lei e l’afferrò dai
capelli, tirandoli verso di lei e facendole inarcare il collo e la
schiena.
-Mi prenderò
davvero cura di te. Al momento tu non sei niente.
Nuovamente quel
tono di confidenza tra loro. Claire stava per rispondere a quella
consapevolezza, a quel dato di fatto e mandarlo beatamente a quel paese, ma un
pugno in pieno volto le fece perdere completamente i
sensi.
Rimase lì, stesa
a terra mentre Wesker, portandole una mano sotto il ventre, se la caricò a
spalla. Uscì fuori dalla casa e la caricò in macchina sul sedile
posteriore.
Ora cominciava
la sua vendetta verso Chris e soprattutto verso quella creatura che cercava di
tenergli testa. Claire Redfield.
|
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Capitolo 5 *** Quarto Capitolo: In trappola ***
story
Note dell'Autrice:
Non so come mi sia tornata l'ispirazione e dove era finita per tutto questo
tempo, ma so per certo che è tornata poiché ho completato il capitolo con una
velocità che solitamente non mi contraddistingue. L'ho scritto di getto,
cercando di immaginarmi la situazione claustrofobica
e spero di esserci riuscita. Ho ripreso in mano la storia adesso e la completerò
naturalmente. Scusate il tempo che ci
è voluto per continuarla, ma il tempo e, come ho detto sopra, l'ispirazione non
sono stati dalla mia parte in questo ultimo periodo, così come le
situazioni di vita quotidiana. Ora vi lascio alla lettura e alla promessa che
completerò questa storia, così come l'altra che ho pubblicata, prima di buttarmi in un'altra avventura.
A presto!
Il corpo di
Claire Redfield si mosse. I polsi iniziarono a roteare come se si stesse
svegliando da un brutto sogno. Mugugnava qualcosa, senza schiudere gli occhi e
apriva e chiudeva le mani come per ristabilire la circolazione.
Le palpebre si
sollevarono lentamente, a mettere a fuoco la luce che le premeva prepotentemente
contro gli occhi. E difatti si trovò costretta a chiuderli nuovamente per il
forte bagliore.
Fu in quel
momento, quando riuscì a prendere coscienza di sé che capì che i propri polsi,
così come le proprie caviglie, erano bloccate da catene abbastanza spesse da
farle capire che non sarebbe stato possibile liberarsi.
Prese un
profondo respiro e improvvisamente boccheggiò, sentendo un dolore lancinante sul
fianco dove, solo ora ricordava, l’anfibio di Wesker l’aveva colpita. Le mancò
completamente l’aria per alcuni secondi e prese improvvisamente a strattonare le
gambe, incurante degli spasmi. Se , la costola non era rotta, era sicuramente
incrinata.
Nel suo campo
visivo, quando ebbe abbastanza vista per accorgersi dove si trovava, non vedeva
Wesker e in un certo modo la rassicurò.
Claire sentiva
in cuor suo che questa doveva essere sicuramente la sua fermata. Strinse la
bocca per l’ennesima fitta alla costola, la quale le strappò un leggero mugolio
di dolore.
Quando prese
coscienza di tutta la situazione per Claire Redfield sembrava essere arrivata la
fine. Per quanto potesse tirare su quelle catene, sembravano indistruttibili. Ma
erano pur sempre catene, con la sua sola forza umana non avrebbe mai potuto
romperle.
Claire guardò
davanti a sé e vide che la porta era aperta. Se solo fosse riuscita a trovare
qualcosa con cui aprire i lucchetti che la tenevano bloccata, avrebbe potuto
tentare la fuga.
Ma la fuga da
dove?
Non conosceva
neanche la sua esatta posizione e inoltre sentiva il corpo pesare come un
macigno. Si sentiva più debole del solito e capì che probabilmente era anche
sotto l’effetto di qualche droga.
-Miss Redfield,
consuma solo le forze agitandosi a quel modo.
Albert Wesker
era comparso nel riquadro della porta volutamente lasciata aperta. Come stava
lasciando aperte le speranze in Claire di poter ritornare libera con la sua
testa tra le mani.
Aveva quella sua
aria dura e spavalda, con quella voce che avrebbe fatto rabbrividire chiunque.
Qualsiasi parola che usciva dalla bocca dell’uomo era come veleno per le
orecchie di Claire.
-Le conviene
riposare…
-Liberami
immediatamente.
Gridò Claire con
il fiato che aveva in corpo, zittendo improvvisamente Albert, il quale aveva
assunto sul volto senza espressione, un sorriso beffardo e
ironico.
-No, no. Così
non ci siamo Miss Redfield.
Disse Wesker
scuotendo il capo e avvicinandosi a lei in modo lento e calcolato, lasciando che
i suoi anfibi neri producessero un tonfo sordo. Come se volesse volutamente
provocare il rumore.
Claire socchiuse
gli occhi. Quella voce le dava fastidio, tutto le dava fastidio di Albert
Wesker. Soprattutto il doverlo guardare in quelle pupille ormai non più umane e
dovergli sputare in faccia ogni volta che lo incontrava.
-Perché mi hai
portato qui, Wesker?
Lui non rispose.
In cambio rimase lì immobile, mettendo a dura prova i nervi già a pezzi di
Claire. Sembrava volerglielo fare di proposito. Rimanere lì in silenzio,
guardandola con quegli occhi rossi che sembravano volerla
divorare.
Aveva sognato
tante volte quegli occhi e sempre nei suoi peggiori incubi e adesso che Claire
li aveva davanti così freddi, non riusciva a trattenere i tremori che il suo
corpo mostrava. La paura, adesso, le scorreva nelle vene.
Era consapevole
di quello che Wesker faceva alle sue vittime, ma quello che la spaventava di più
era il punto in cui si sarebbe fermato, se mai ce ne fosse stata
l’occasione.
Wesker fece
qualche altro passo in avanti, fino ad averlo a pochi centimetri da lei. Si
chinò verso il suo viso e con una mano le afferrò il collo violentemente,
attento a non ucciderla. Almeno, non adesso.
-Non toccarmi,
maledetto bastardo.
La voce di
Claire era rotta dall’assenza d’aria che le era mancata all’improvviso. Wesker
aveva sicuramente stretto la presa e lei non se ne era nemmeno accorta, tanto la
velocità in cui era successo il tutto.
Claire si
contorceva fino allo spasmo, fino a quando la mancanza di ossigeno non l’aveva
fatta rimanere immobile, aprendo la bocca e anelando quell’aria che Albert le
stava strappando via. Era debole e non solo fisicamente, ma cercava di
resistere. Doveva resistere. Lo doveva a se stessa.
-L’unica cosa
che vorrei da lei, Miss Redfield, è la sua sofferenza e la sua
vergogna.
Claire era
rabbrividita e aveva sgranato gli occhi. Ma più che altro era stato il modo in
cui aveva impostato la frase, in modo pacato e gentile. Presagendole che non ci
sarebbero stati momenti in cui lei non avrebbe sofferto.
Albert Wesker
lasciò la presa dal collo della donna e continuò a guardarla dall’alto in basso,
come il predatore fa con la sua preda. Sapeva che Claire aveva paura, le si
leggeva negli occhi.
-Voglio solo
farla sentire a casa.
La bestia calcò
molto sull’ultima parola.
-Non l’avrai
vinta, Wesker.
La voce, anziché
risultare sicura, era uscita come un rantolo dalla sua gola e il sol pensiero
l’aveva mandata su tutte le furie, agitandosi nuovamente e provocando un
clangore di catene che le dava fastidio alle orecchie.
Wesker sorrideva
ancora, senza dire niente. Era così vicino che riusciva a sentire il suo respiro
nel silenzio di quel luogo. Claire non riusciva neanche a vedere se quel luogo
avesse altre porte oltre quella che
portava nella stanza dov’era rinchiusa.
-Sei un mostro,
Wesker.
Improvvisamente
Albert sorrise, sollevando solo un lato della bocca. Rimase immobile per qualche
istante, prima di sedersi sul letto dove aveva sistemato Claire. Almeno aveva
avuto l’accortezza di metterla sul morbido.
Gli occhi di
Claire lo guardava con astio, corrugando le sopracciglia in modo vistoso.
Continuava a dimenarsi cercando la speranza in una possibile
fuga.
L’uomo le si
avvicinò fino a farle sentire l’alito sul proprio volto. Quegli occhi rossi
erano ancora più spaventosi guardati da così vicino e il cuore di Claire aveva
accelerato il battito. Il respiro più pesante, forse perché semplicemente aveva
avuto un assaggio di quello che le aspettava.
-Sì, lo sono e
questo non sarà per te una consapevolezza che ti porterà aiuto.
Anzi…
Aveva
volutamente lasciato in sospeso la frase. L’immaginazione di Claire avrebbe
fatto il resto.
Claire aveva
sgranato gli occhi e lo aveva guardato ancora più terrorizzata. La sua sicurezza
stava già vacillando e non pensava che avrebbe potuto cedere così in
fretta.
-Se vuoi
uccidermi, fallo. Non mi importa.
La voce di
Claire si appigliò a quelle ultime sicurezze che le erano rimaste. Strinse le
mani a pugno e mosse le gambe, come se volesse colpire Wesker, ma ciò che
ottenne fu soltanto la mano di Albert che le comprimeva lo stomaco e l’altra
mano che scorreva sul suo collo con innaturale leggerezza da farla rabbrividire.
Si era chinato fino al suo orecchio, come un amante quando sussurra parole
d’amore.
-Potrei, mia
cara signorina Redfield.
Claire sospirò.
Un sospiro lungo e lento, che le fece male al petto. Non sentiva ancora la
pressione della mano poggiata sullo stomaco, ma aveva un enorme paura.
-Ma dove sarebbe
il divertimento?!
Un sospiro
dell’uomo prima di lasciarla con quell’idea.
Quando avrebbe
iniziato?
Non poteva
pensarci e iniziò a scuotere il capo pesantemente, cerco anche di colpire Albert
con una testata, ma l’aveva evitata in modo fulmineo.
La mano di
Wesker iniziò a comprimere lo stomaco, mentre l’altra mano le sfiorava le
labbra. Usava dolcezza e violenza, su un corpo ormai scosso dal terrore. Anche
se Claire tentava con tutte le sue forze di rimanere calma e di mantenere il
controllo, sapeva bene che non sarebbe uscita viva da quella situazione, ma
almeno avrebbe preso qualche rivincita per non rendergli il compito semplice
quanto prevedeva.
-Puoi torturarmi
quanto vuoi, Wesker. Ma non aspettarti che ti dia la soddisfazione di vedermi
cadere ai tuoi piedi.
La pressione
sullo stomaco si era fatta più forte, tanto da farle male, ma non riusciva a
frenare le parole che le uscivano dalle labbra mentre Wesker le accarezzava.
Improvvisamente l’uomo si avvicinò di scatto a lei e le stampò un bacio
prepotente sulle labbra. Le stava togliendo l’aria, così come il rispetto di sé
stessa. Avrebbe accettato tutte le torture di questo mondo, ma non quello. Non
un bacio dato da un mostro.
Claire si
contorse, cerco disperatamente di anelare aria e di togliersi l’uomo da dosso,
ma più si muoveva e più Wesker premeva sulle sua bocca. La cosa più spaventosa
era che la guardava con quegli occhi rossi, la scrutava disgustarsi da tutta
quella situazione.
Improvvisamente,
quando stava per svenire dalla mancanza di ossigeno e quando il suo corpo si era
arreso a lottare, Albert l’aveva morsa sul labbro inferiore,
ferendola.
Claire aveva
sgranato gli occhi pieni di lacrime che cercava di trattenere. Stava assaggiando
il proprio sangue, stava cercando di non gridare e di non esprimere la sua
disperazione. Il suo respiro era nuovamente accelerato, così come il cuore aveva
aumentato in modo doloroso i suoi battiti. I suoi muscoli erano tesi fino allo
spasmo e non riusciva a distenderli.
Non riusciva
neanche a muoversi tanto era bloccata da quello che era appena successo. Non
avrebbe mai cancellato l’orrore di averlo sulle proprie labbra. Mai dimenticato
quegli occhi rissi che la guardavano compiaciuti.
-Ora, signorina
Redfield, le chiedo di stare ferma.
Wesker aveva
tolto da dentro l’impermeabile una siringa. Stava facendo uscire un po’ del
liquido contenuto e ne stava guardando l’ago, colpendolo leggermente con le
altre dita.
Claire aveva
cominciato a tremare vistosamente.
-Cos’è?
Aveva urlato.
Era sicura che aveva urlato. Aveva paura che le iniettasse lo stesso veleno che
aveva lui in corpo. Non voleva diventare come lui; non voleva diventare una
bestia assetata di sangue.
-Non si
preoccupi. La farà solo riposare.
Era come se
Albert avesse inteso i suoi pensieri. Come se avesse ascoltato le parole nella
sua testa e le avesse trasformate nelle paure di Claire.
Albert aveva
avvicinato l’ago al suo braccio immobilizzato dalla sua mano e le aveva
pizzicato un po’ la pelle per avere un punto ottimo per iniettarle il liquido.
Passò infatti un istante prima che l’ago entrasse nella sua pelle e il contenuto
svuotato nel suo braccio.
Albert non
l’aveva neanche guardata, mentre Claire era rimasta fissa e immobile davanti a
lui senza neanche fiatare, avendo paura anche di respirare davanti a
lui.
Improvvisamente
le membra di Claire le sembrarono più pesanti degli ultimi istanti e le palpebre
pretendevano di chiudersi davanti al volto sorridente di
Wesker.
-Lascia che mi
prenda cura di te, Claire.
La voce di
Wesker era così lontana quando sentì pronunciare quelle parole. Così
confidenziale e distante che non sembrava neanche essere giunta da lui. Claire
sapeva che l’aveva narcotizzata e che la droga stava facendo un effetto
immediato sul suo corpo particolarmente stressato e
tormentato.
Claire non fece
in tempo a vederlo sollevarsi e rimettersi in piedi, che cadde in un sonno
profondo senza sogni.
Albert Wesker
mise una mano all’interno della tasca dei suoi pantaloni, prendendo le chiavi
che avrebbero aperto i lucchetti. Ad uno ad uno li aprì, liberando i polsi e le
caviglie della donna, dove le catene avevano lasciato dei segni rossi. In alcune
zone la pelle si era aperta, provocandole leggeri rivoli di
sangue.
Infine Wesker
andò via, richiudendo la porta dietro le proprie spalle. Non prima, però, di
aver osservato Claire dormire e accarezzandosi le labbra dove aveva sentito il
sangue della donna bagnargli la lingua.
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Capitolo 6 *** Quinto Capitolo: Una visita inaspettata ***
story
Note dell'Autrice:
Volevo, in questo mio piccolo spazio, ringraziare coloro che mi stanno leggendo
e soprattutto chi mi ha recensito, facendomi notare alcune
cose. Mizzy: Ebbene sì, sono tornata per vostra sfortuna e
non intendo andarmene. Cappellaio Matto: Ti ringrazio molto
per le precisazioni. Hai ragionequando mi dici che aver ripreso dopo un po' di
tempo una storia a cui si stava lavorando si perdono le linee guide dello stesso
racconto, ma spero di essere riuscita a rientrare nel canone claustrofobico che
avevo voluto fin dall'inizio. Le tue critiche sono sempre ben accette e mi hanno
fatto capire che forse era un po' troppo "molle" l'ambiente nel capitolo scorso.
Spero di leggerti presto. Anche con altri consigli! ___Nick:
Credo di aver capito che la prima parte del racconto ti sia piaciuta e
di questo non posso che non essere felice. XD Le emozioni sono tutto
quello che voglio dare in questo racconto, siano esse positive che negative.
Beh, diciamo che il mio ribattere di Wesker era abbastanza ironico dal punto di
vista di quel demoniaccio che tutti amiamo e sono contenta che ti abbia
strappato una risata dopo tutto il trambusto e la trstezza che aveva scaturito
la scena iniziale. Mi aspetto anche delle critiche se ce ne fossero :)
Ora vi lascio al capitolo.
A presto!
Claire si
sentiva intontita ancor prima di risvegliarsi. Sperava in cuor suo che fosse
stato solo un brutto sogno, ma quando aprì gli occhi e la luce la investì in
pieno, scoprì che era tutto reale. Richiuse gli occhi coprendosi con un
braccio e improvvisamente realizzò che non era più legata e che si ritrovava, o
almeno così credeva, nella stessa stanza dove Wesker l’aveva lasciata
iniettandole il sonnifero. Claire socchiuse le palpebre, mentre sfiorava le
labbra con la lingua. Sentiva ancora la ferita che quel mostro le aveva inferto
con i denti, ma più che altro le bruciava il bacio che le aveva dato e che la
stava facendo morire soffocata.
Si alzò dal
letto barcollante. Lentamente mosse qualche passo, ma si accorse di non reggersi
quasi per niente sulle proprie gambe. Infatti perse l’equilibrio e con una mano
si aggrappò al primo appiglio che le si presentò.
Non conosceva il
tempo che era trascorso da quando era stata portata in quel luogo, ma si sentiva
talmente stanca e spossata che le sembrava di essere lì da mesi ormai.
Claire scosse
leggermente il capo, ma riuscì solo a
provocare un noioso mal di testa che le martellava le tempie. Oltre
quello, si sentiva un profondo peso sullo sterno che le comprimeva le ossa. Come
se qualcosa la stesse divorando dall’interno.
Socchiuse gli
occhi, ancora frastornata dalla luce accecante, e si guardò attorno per
ricercare qualcosa che potesse rivelarsi utile per quando la bestia fosse
tornata.
Le gambe di
Claire sembravano prendere pian piano la forza necessaria per potersi tenere
quantomeno in piedi e muovere qualche timido passo verso le mura che la
circondavano. Si sentiva soffocare come se sentisse i sintomi della
claustrofobia, ma ricordava bene di non averne mai sofferto. Ma ogni passo le
costava una fatica immane, non per le gambe, ma per i polmoni che faticavano a
darle l’apporto di ossigeno necessario.
Claire frugò
nella stanza, ma niente. Niente di niente. Non c’era nulla che potesse aiutarla
a difendersi da Wesker. Ma pensando a quando lui fosse sadico, non le avrebbe
mai permesso di trovare qualcosa o quantomeno qualcosa che le fosse veramente
servito per uccidersi.
Claire si
accovacciò in un angolo, ma non riusciva a sottrarsi dalla luce così forte. Si
chiuse le gambe al petto e iniziò a massaggiarsi i polsi e le caviglie, dove
poco prima pesanti catene le martoriavano le carni. Chiuse le mani alle
orecchie. Il silenzio era più rumoroso dello scoppio di una bomba, più
opprimente di un macigno sullo stomaco.
Claire alzò gli
occhi al soffitto, ma fu fermata da quella luce persistente. Si sentiva una
cavia da laboratorio, chiusa nel suo piccolo spazio e pronta per essere
studiata. Studiata nel comportamento, nei movimenti. In tutto quello che
faceva e a lei, questo non piaceva affatto. Non credeva infatti potesse piacere
a qualcuno una situazione del genere.
In uno scatto di
rabbia tirò un pugno contro il muro, poi un altro e un altro ancora. Un urlo
agghiacciante le uscì dalla bocca, per esternare tutta la sua frustrazione e la
sua pena.
Si sentiva come
quando era arrivata a Racoon City la prima volta. Una città buia, chiusa e
lugubre. E poi quelle creature.
Quelle creature
che allungavano le mani per prenderla, per poterne fare il loro pasto. E Claire
continuava a sparare verso di loro, in cerca di quella salvezza che le era
costata tanto.
-Steve.
Quel nome le
uscì fuori dalle labbra come un rantolo e, chiudendo gli occhi, il suo volto
sorridente le comparve davanti. Dopo tutto quello che avevano passato, lui era
sempre sorridente e pronto a darle una mano. Come quando a Rockfort Island,
entrambi catturati perché avevano intralciato i piani dalla Umbrella, erano
riusciti miracolosamente a scappare.
Claire riaprì
gli occhi di scatto e davanti a lei, come in un sogno, c’era Steve che le
tendeva la mano e che le prometteva che tutto si sarebbe
risolto.
Lei, tremante,
allungo la mano per afferrarlo, ma non toccò nulla se non l’aria che la
circondava. Strinse la mano a pugno, adesso aveva anche le allucinazioni, ma
perché sembrava così reale?
Claire, in cuor
suo, si sentiva colpevole di quello che era capitato a Steve, e sentiva che se
avesse agito in modo diverso, lui sarebbe ancora vivo e pronto ad aiutarla nelle
situazioni scomode.
La donna abbassò
lo sguardo e le lacrime iniziarono a rigarle il volto, quel peso sullo sterno si
era fatto ancora più pressante e l’aria sembrava dover finire da un momento
all’altro.
Nella stanza,
notò, e solo ora lo fece, che c’era solo il letto dove era stava per tutto quel
tempo e un armadietto che stava dalla parte opposta a dove si era accucciata.
Come aveva fatto a non notarlo prima?
Asciugò con il
dorso della mano le lacrime e si rialzò tremante, mantenendosi al muro e
usandolo come un sostegno.
Con passi
instabili raggiunse l’armadietto e si accorse che all’interno non c’era
assolutamente nulla e per giunta era chiuso a chiave senza apparente motivo. Ma
per Wesker c’è sempre un motivo.
Nuovamente
Claire si fece prendere dallo sconforto e iniziò a piangere sommessamente e il
suo corpo a tremare, attraversato dai singulti del pianto. Iniziò a prendere a
pugni l’armadietto, ma il vetro neanche si rompeva.
Gli occhi si
sgranarono e il capo iniziò a fare cenni di assenso, apparentemente privi di
logica. A Claire l’idea si stava rivelando quella più logica e più sensata di
tutte. Non poteva nulla contro la bestia eppure poteva essere lei ad andarsene
ed evitare che lui l’avesse vinta sulla volontà della
donna.
Doveva solo
rompere il vetro e prendere i frammenti. Tagliarsi la gola non sarebbe risultato
difficile.
Claire stava
impazzendo e poi quella luce che le premeva contro gli occhi si faceva sempre
più forte, dato che anche i muri ne riflettevano il fascio
luminoso.
Provò ancora a
dare pugni sul vetro, ma niente. Li dava con tutta la forza che aveva, ma
sembrava infrangibile. Con gli occhi iniettati del suo stesso sangue, continuava
a colpire con tutta la forza che aveva in corpo, ma quel vetro non si
rompeva.
Si era
inginocchiata ai piedi dell’armadietto e iniziò ad inveire verso l’uomo che le
stava facendo questo.
-Sei un lurido
figlio di puttana, Wesker. Hai capito?
Non sapeva se
Albert la stesse ascoltando, ma sperava vivamente di farlo infuriare così da
farsi uccidere velocemente in uno scatto d’ira dell’uomo.
Albert Wesker,
la bestia, la stava osservando attraverso una telecamera celata all’interno
della stanza. Lo sguardo da demonio fermo sulla sua preda e un sorriso appena
accennato su un lato della bocca.
Appariva come
una fiera che puntava il suo pasto, come un leone prima dell’attacco. Albert
Wesker lo sapeva
bene che era un grandissimo figlio di puttana e questo lo rendeva ancora più
borioso e arrogante.
Gli piaceva.
Cazzo se gli piaceva.
Wesker teneva le
braccia conserte, attendendo qualcosa. Era del parere che la vendetta andasse
servita fredda e lui la stava facendo scendere sotto lo zero. Stava facendo
diventare la situazione gelida, così come voleva congelare le emozioni della
donna e incanalarle dentro di lui. Toglierle tutto quello che le sarebbe servito
ad avere una minima speranza di salvezza.
L’aveva sentita
chiamare Steve. Aveva persino fatto una faccia di finto dispiacere tanto la
situazione sembrava rallegrarlo. Nel momento in cui lei aveva avuto
l’allucinazione, lui aveva saggiato le proprie labbra con la lingua,
assaporandola ancora.
Come un vampiro
le stava risucchiando le forze vitali e ci stava riuscendo
bene.
Non si stancava
di guardarla e guardarla. Guardarla tentare il suicidio; guardarla provarci e
riprovarci. Era una sensazione che non aveva mai provato e si era anche chiesto
se non fosse gioia quella che stava provando.
Aveva scosso la
testa al solo pensiero, disdegnando quella sensazione. Lasciare che Claire si
distrugga da sola. Non avere, anche se questo gli dispiaceva un po’, parte a
questa distruzione dell’anima di una persona.
Albert aveva
chiare intenzioni con Claire. Lui le conosceva bene e le aveva studiate negli
anni che avevano preceduto il rapimento della donna. Il problema era che lei non
ne fosse consapevole, ma poco importava.
Dopotutto Chris,
Leon e Jill cosa avrebbero mai potuto fare?
Si sentiva in
potere di fare tutto. Lui aveva il potere di fare tutto e lo faceva sentire
bene. Lo faceva sentire più vicino a Dio di quanto mai possa essere stato un
uomo.
Strinse le
proprie braccia con le mani e inspirò profondamente. Sentiva ogni fibra del suo
essere presente nella testa di Claire e ora era arrivato il momento di un’altra
sorpresa per la giovane ospite.
Albert Wesker si
voltò verso la porta aperta dove nel riquadro si stagliò una figura, esile e
delicata.
-Albert, cosa
combini?
La voce flebile,
lieve e occhi che avevano lo stesso colore del sangue. Lo stesso colore degli
occhi della bestia con cui parlava amabilmente.
-Osservo la
nostra ospite.
Lo sguardo di
Albert si spostò nuovamente verso Claire. Ne accarezzò il volto straziato dal
dolore e dalla disperazione. Ma non si sentiva in colpa, no. Si sentiva come un
liberatore e questo, come già detto, lo faceva sentire un
dio.
-Posso andare a
salutarla?
La bestia fece
solo un cenno di assenso e la vide allontanarsi felice.
Claire sfiorava
con la mano il vetro che non si era rotto. Gli occhi cerchiati di rosso e i
capelli arruffati la facevano sembrare più pietosa di quanto già non si
sentiva.
In quella stanza
asettica non poteva neanche programmare il suo suicidio e quel lurido bastardo
lo sapeva bene.
Claire si rialzò
a fatica e si avvicinò verso il letto, vedendolo per ora l’unico posto sul quale
si sarebbe sentita un po’ meglio.
Quel peso
straziante al petto era finito, ma ora avevano preso posto i conati di vomito
che le salivano prepotentemente in gola. Lei resisteva, cercava di aggrapparsi a
quell’unica speranza che le era rimasta.
I suoi amici
l’avrebbero salvata. Chris l’avrebbe abbracciata, accusandola amorevolmente che
è sempre stata una frana ad evitare i guai. Questo pensiero le si insinuò nella
testa e se lo tenne stretto. Tanto a chiudersi in posizione fetale quando si
sdraio sul materasso, stringendosi al petto le proprie
mani.
Claire capì che
piangere non serviva a niente. Ma cosa poteva fare se non farle uscire le
lacrime se martellavano prepotentemente contro gli occhi?
Claire aveva
cominciato a respirare tranquillamente e quel senso di affanno di poco prima era
scomparso improvvisamente. Le gambe non le dolevano più e si sentiva adesso come
ristorata. Come se avesse dormito per tre giorni di
seguito.
Alcuni istanti
dopo sentì la porta aprirsi e si alzò a sedere sul letto, pronta a qualche altra
violenza della bestia, che fosse stata fisica o psicologica non le importava.
Voleva solo cercare almeno di morire in pace, portandolo ad ucciderla con le sue
stesse mani. Sì, voleva questo.
Sollevò lo
sguardo verso la porta e socchiuse gli occhi per quella luce troppo forte,
prepotente che si insinuava nelle sue pupille.
Claire rimase
sbigottita da quello che vide. Rimase immobile per interminabili secondi quando
riconobbe la figura che era di fronte a lei. Così delicata e così giovane.
Sicuramente un’altra allucinazione, tanto da non farci caso
ancora.
Ma
quell’allucinazione era troppo reale per non essere vera e troppo nitida per
dissolversi da un momento all’altro. Claire sentì il cuore nuovamente battere
contro il petto, se lo sentì quasi in gola.
-Ciao Claire.
Giochiamo insieme?
La vocina
sottile e morbida, come un cinguettio di uccellini. Ma ciò che la sconvolgeva di
più era vederla lì, in quel luogo e così giovane, come quando l’aveva lasciata.
Non era cambiata per niente.
-She… Sherry
Birkin!?
La bambina saltò
per la contentezza e le si avvicinò sorridente. Claire si chiuse a riccio sul
materasso, portando le gambe a chiudersi al petto, spaventata. Qualcosa era
cambiato in lei, qualcosa che aveva notato solo in Albert Wesker.
Anche Sherry
aveva gli occhi della bestia.
Ora sapeva che
fine aveva fatto la bambina e questo non le piaceva affatto. Era uno di quei
momenti che avrebbe preferito non vivere in prima persona.
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Capitolo 7 *** Sesto Capitolo: Rivelazione ***
story
Note dell'Autrice:
Finalmente dopo tanto, riesco a pubblicare anche questo capitolo e devo dire la
verità, è stato spossante non poter scrivere per un po' di tempo. Uff. spero non
capiti più. Eppure siamo arrivati alla fine, questo è l'ultimo capitolo
prima dell'epilogo. Vorrei ringraziare tutti quell iche mi hanno letto e che
ringrazierò rispondendo ad ogni commento che mi hanno fatto.
Grazie!
Sherry Birkin
stava davanti a Claire osservandola con il visino piegato su un lato. Le mani
erano incrociate dietro la schiena, mentre dondolava leggermente sui
piedi. Claire non riusciva a credere ai propri occhi e ancora era inebetita
dall’apparizione così particolarmente strana. Eppure aveva visto Sherry tempo
prima, quando aveva incontrato Leon. L’aveva trovata nella stazione di polizia
ed erano scappate da Racoon City con il treno, ma sinceramente che fine avesse
fatto dopo non se lo era mai chiesta. Claire aveva creduto che fosse tornata con
i genitori. Sherry continuava a guardarla con aria innocente. Aveva ancora la
divisa scolastica che le aveva lasciato, ma quegli occhi rossi rendevano la
piccola troppo somigliante a quella bestia che l’aveva portata
lì.
-Sherry…
La bambina
sorrise e si voltò verso un punto imprecisato della stanza, come se stesse
guardando qualcuno e un largo sorriso le si disegnò sulle
labbra.
-Sai, mi sei
mancata Claire.
La voce così
gentile ed innocente faceva apparire tutto grottesco e Claire non sapeva neanche
cosa rispondere. Non aveva parole e si sentiva stringere la gola da qualcosa di
invisibile e maledettamente forte. La donna portò le mani al collo, serrandolo
come a voler ricercare quella forza insostenibile.
La cosa strana
era che Sherry sorrideva e non mostrava nessun segno di paura. Guardò nuovamente
verso quel punto imprecisato e continuò a sorridere, per poi mettersi a
saltellare come se qualcosa le desse gioia, se in quel che stava succedendo a
Claire ci fosse del positivo e del meraviglioso.
Improvvisamente
Claire si sentì ritornare il fiato e l’aria nei polmoni, che erano rimasti senza
per troppo tempo e arrancavano aria talmente erano contratti. La donna fece
profondi respiri e lenti.
Forse anche
perché cercava qualcosa da dire alla bambina, qualcosa che potesse somigliare ad
una cosa più normale di tutto quello che stava succedendo.
-Perché sei
qui?
Sherry la guardò
sorpresa e il largo sorriso che le sue labbra avevano assunto, scomparve
improvvisamente. Portò lentamente una mano alla bocca per poi poggiarci il dito
indice nell’atto del pensare qualcosa.
Sherry imbronciò
il viso e posò entrambe le mani sui fianchi, sbattendo una volta il piede a
terra e provocando un rumore sordo.
-Non te l’ha
detto. Cattivo.
Claire era
sconvolta e sentire quella voce così pura, in un corpo ormai divorato dal virus,
le veniva ancora di più il senso di affannamento. E dire che il padre voleva
solo aiutare la figlia. Il dottor Birkin aveva iniettato il vaccino del virus
all’interno della figlia, ma a quanto pare Wesker aveva trovato il modo di
iniettarle qualcosa che superasse anche l’antidoto insito nel corpo della
bambina.
A Claire la
colse nuovamente l’affanno e portò le mani nei capelli, stringendo le ciocche
più che poteva.
Era come se la
stesse divorando dall’interno lentamente, pezzo per pezzo. Con un ultimo sprazzo
di lucidità, guardò Sherry che ancora aveva il viso imbronciato e l’aria da
bambina viziata. Eppure non se la ricordava così, non era la Sherry che aveva
lasciato dopo Racoon City.
Claire si sentì
la testa pesante, il corpo era un macigno che non riusciva a sollevare e la
vista si era annebbiata. Sentiva in cuor suo che non sarebbe mai riuscita ad
avvicinarsi alla via d’uscita. Non sarebbe mai riuscita a scappare da
quell’inferno dove Wesker era il sovrano.
Si risvegliò
improvvisamente, rialzandosi di scatto come se nulla di tutto quello era
successo fosse reale.
Sentiva fremere
le proprie mani, sentiva i muscoli rigenerati. Ma si sentiva ancora spaesata.
I giramenti di
testa le fecero portare entrambe le mani alla testa, lamentandosi. Aveva
sicuramente dormito per giorni e giorni, perché il corpo era riposato e i lividi
erano scomparsi dal suo corpo. Ma ancora non si sentiva al
sicuro.
Si guardò
intorno e niente era come prima. Il grigiore della stanza si trasformò in un
tenue color sabbia, dove le finestre inondavano di luce elettrica l’interno
della stanza. Tutto era in penombra, quella luce bianca così forte ed estenuante
era scomparsa, lasciando tutto come se nulla fosse mai successo. Come se tutto
fosse stato solo un orribile incubo.
Forse era così,
perché altrimenti non si sarebbe sentita così piena di vita e così strana al
tempo stesso. Però Sherry sembrava così reale. Forse il rimorso inconscio di non
aver più chiesto di lei le aveva fatto pensare che tutto per la bambina fosse
cambiato.
Si rialzò e,
tastando con mano ferma il suo giaciglio, si accorse che era nient’altro che un
semplice divano e questa la rincuorò fino a farla piangere. I singulti
arrivarono da soli e la pesantezza al cuore, che aveva avuto all’interno
dell’incubo, era semplicemente scomparsa. Si mise a sedere. Claire prese un
profondo respiro, posando la mano sul cuore. Eppure si era sentita così fuori
luogo appena risvegliata, ma sicuramente era stato solo l’effetto narcotico di
qualche sonnifero che aveva preso la sera prima.
Si portò verso
la lampada. Sapeva che era lì e sapeva anche dove era posizionato il pulsante
per accenderla. Ed era proprio lì, come lei sapeva. Questo la fece piangere di
nuovo e con gli occhi pieni di lacrime, guardò con crescente emozione il suo
salotto.
Non era cambiato
nulla e tutto ciò che era stato distrutto dalla colluttazione con Wesker, tutto
frutto della sua immaginazione, era tutto sistemato, poiché non era successo
nulla. Nulla.
Claire si
accarezzò il volto, asciugando le lacrime ancora rimaste sul viso. Voleva
toccare tutto con propria mano, tutte le cose che pensava avesse lasciato per
sempre.
Voleva fare un
giro in casa. Voleva vedere con i propri occhi tutte quelle cose che aveva
comprato con i propri risparmi e con il sudore della
fronte.
I passi di
Claire erano sicuri essendo in un ambiente familiare. Improvvisamente un
pensiero le sfiorò la testa, sovvenutole proprio in quell’istante. Cosa
voleva dirle Sherry?
Claire sorrise
innocentemente. Ma che pensieri mai le venivano in testa in quel
momento? Aveva lasciato il sogno dov’era, riposto in un angolo del proprio
cuore come un avvertimento. Un ammonimento alla sua
ossessione.
Sherry era solo
una via di fuga e un modo per poter rendere l’incubo più spiacevole di quanto
potesse essere.
Claire girava
per casa trovando tutto quello che aveva lasciato esattamente al proprio posto.
Non riusciva a smettere di piangere, poiché l’incubo era stato troppo reale,
troppo vero per averlo veramente sognato. Quella spossatezza, quella paura era
ancora dentro di lei che la soffocava e le stringeva la gola come una morsa, ma
cercava di non pensarci. Era tornata alla vita reale.
Avrebbe chiamato
immediatamente Chris se avesse trovato il telefono, o Leon per potergli dire di
Sherry.
Claire strinse
le labbra con i denti chiedendosi il perché quel senso di essere controllata non
se ne andava via. Perché si sentiva ancora degli occhi addosso, senza riuscire a
togliersi quella sensazione di vuoto e di angoscia?
Riprese a
respirare pesantemente, portando le proprie mani sul volto sentendolo più freddo
del solito oppure erano le sue mani. Sicuramente.
Claire si
avvicinò tremante ad uno degli specchi. Le gambe le tremavano e riusciva a stare
a stento in piedi. Aveva il respiro pesante e ogni sospiro era un’agonia. I
polmoni sembravano scoppiarle nel petto e il suo cuore, talmente batteva forte,
che lo sentiva nelle orecchie.
Eppure non c’era
nessuno, il suo corpo rispondeva ad ogni stimolo da parte sua, ma faceva
qualsiasi cosa con incertezza.
Ma la
rivelazione l’ebbe quando si mise davanti allo specchio. Le mani scivolarono sul
viso, accarezzandolo. Accese infine la luce e sgranò gli occhi. Non riusciva a
credere a quello che vedeva. -La trasformazione sta avendo
atto.
Una voce calma,
serena e fastidiosamente appagata. Una voce da uomo e familiare, come se
l’avesse sentita miliardi e miliardi di volte nella sua testa. Sentì
risuonare dei passi dall’altra stanza, lenti e misurati. Con una lentezza
esasperante e un terribile suono sordo, come di anfibi sul marmo. Cadenzati a
questi, passi più leggeri e delicati, aritmici e saltellanti. Ma Claire non si
mosse dalla sua immagine riflessa, neanche quando aveva sentito la voce di
Wesker che aveva rotto il silenzio creatosi.
-Cosa mi hai
fatto?
La voce di
Claire era calma, ma una calma diversa da quella del solito.
-Finalmente!
Una voce di
bambina ruppe nuovamente quello spazio che si era creato. I passi si fecero più
saltellanti e le risate giocose sembravo alquanto fastidiose. Sherry infatti si
avvicinò a Claire e le allungo le braccia per stringerla a sé, ma Claire
continuava a non muoversi da quella posizione.
Era rimasta
inchiodata alla sua immagine. Al mostro dagli occhi rossi che si era appropriato
del suo volto. Wesker si avvicinò, portando una mano sul capo di Sherry,
rimasta delusa dalla poca attenzione che la donna le aveva dato. Imbronciò la
bocca e si allontanò per la casa in cerca di qualcosa. Wesker sfiorò le
spalle di Claire con una calma che rasentava la follia e si avvicinò
pericolosamente al suo orecchio.
-Davvero pensavi
che ti avrei lasciata vivere?
L’uomo sospirò
sull’orecchio della donna che ebbe un tremito e se non ci fosse stato il mostro
a sostenerla, sarebbe caduta a terra con un tonfo sordo. Prontamente Wesker
l’afferrò e la strinse a sé.
Claire guardava
riflessa l’immagine di Wesker, ma adesso non sapeva cosa fare. Non sapeva come
comportarsi. Alla fine aveva vinto lui.
Avrebbe
preferito morire.
-Lasciami
andare.
La voce di
Claire tremò, ma non ebbe la forza di opporsi a quell’abbraccio che non voleva.
A quella vicinanza che la disgustava più di ogni altra cosa al
mondo.
-Sono il solo
che può starti vicino adesso, Claire.
Aveva ragione,
tremendamente ragione. Ma lei non voleva arrendersi al destino che qualcun altro
aveva deciso per lei. Non voleva assolutamente poggiarsi all’unico uomo che
odiava più di qualsiasi cosa. -Ora vivremo sempre insieme come una
famiglia?!
La voce della
bambina irruppe come una cascata di acqua gelata sulla pelle, infatti a Claire
vennero i brividi al solo pensiero di poter passare la sua vita insieme a
lui.
Allora Wesker la
strinse più forte, ma Claire non sentiva alcun dolore e più stringeva e più non
sentiva che il corpo era stritolato in una morsa. E la guardava, l’uomo la
guardava come mai aveva fatto. Aveva gli occhi rossi puntati su di lei, dentro
di lei. Claire ebbe un fremito improvviso di voler scappare, ma non si mosse.
Voleva solo piangere, ma non riusciva a fare neanche quello. Le aveva tolto la
capacità di sentire sentimenti umani.
-Avevi davvero
pensato che fosse solo un sogno? Tutto quello che hai vissuto è la realtà. Una
verità che ti sta scomoda, ma è la cruda e fredda realtà che ti avvolgerà per
tutta la tua esistenza.
Claire non
riusciva a respirare, anche se la presa di Wesker si era allentata. Ma il suo
viso permaneva poggiata sulla sua spalla.
-Sei un
mostro!
Wesker sorrise,
senza scomporsi più di tanto. Mostrò soltanto la dentatura bianca e perfetta,
scuotendo leggermente il capo.
-No. No, mia
cara. Siamo dei mostri. I più forti che l’umanità abbia mai creato e adesso tu
ne fai parte.
La sua voce era
come una droga per la mente di Claire che si sentiva spossata e annebbiata.
Aveva combattuto
così tanto per aver perso su tutti i fronti. Aveva resistito fino alla fine per
poi dargliela vinta e trasformarla in quello che ormai era diventata.
Ma le ultime
parole che lui le disse la lasciarono di stucco e le fecero salire quella rabbia
che non avrebbe mai più usato contro di lui. Alla fine Claire si era
arresa.
-Hai vinto,
Wesker.
-Lo so,
Claire.
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Capitolo 8 *** Epilogo ***
Prologo
Disclaimer:
Personaggi,
luoghi, nomi e tutto ciò che
deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia,
non mi
appartengono ma sono di proprietà della Capcom che ne
detiene tutti i diritti.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e,
viceversa, gli elementi
di mia invenzione, non esistenti in Resident Evil, appartengono solo a
me.
EPILOGO
Aveva
ucciso.
Di
nuovo.
Quel
demone la stava divorando pian piano da quando le aveva iniettato il
virus e
farla diventare come lui. La divorava nel profondo, facendole perdere
ogni
barlume di umanità che le era ancora rimasta.
Claire
voleva tanto dire a Chris di ucciderla, di porre fine alla lenta agonia
alla
quale era ormai condannata, ma qualcosa la tratteneva ancora dal non
dire
nulla. Dal tenere tutto dentro come il più terribile dei
segreti.
Albert
se ne era accorto, lui sapeva e quindi questo la rendeva più
vulnerabile di
quanto già non era.
Si
domandava spesso come si fa ad uccidere un mostro, ma aveva capito che
non c’è
nessuna speranza. Lei si era aggrappata a questa speranza con i denti e
con le
unghie e alla fine non aveva risolto nulla.
Si era fatta condizionare da un’ossessione che non trovava
più pace e
quell’ossessione era diventata reale, un incubo senza fine ma
con molteplici
inizi.
Ora guardava il corpo senza vita di quel povero uomo che aveva avuto
l’ardore
di sfidarla e la sete di sangue non si era placata, nemmeno quando
aveva
sentito le ossa spezzarsi sotto il suo tocco.
Claire
lo guardava e pensava. Anche lei era così un tempo; anche
lei era un essere
umano che aveva sentito le ossa spezzarsi, ma che si era sempre ripresa
nel
guardare avanti.
Aveva
gli occhi rossi spalancati e respirava a fatica. Non era consapevole
quando lo faceva,
quando uccideva. Era la bestia ad appropriarsi del suo corpo e tanto
cercava di
estraniarsi il più possibile da quello scempio, tanto
sentiva la sua coscienza
scivolare via. Pezzo dopo pezzo.
Improvvisamente Claire sentì delle mani posarsi sulle sue
spalle, a quella
stretta tempo fa avrebbe potuto spezzarsi, ma ormai Albert sapeva bene
che non
le avrebbe fatto del male.
-Ora
sai cosa provo io, Claire.
Claire
si era voltata verso la voce e un brivido lento e delicato che le fece
voltare
il capo verso il volto dell’uomo. Non rispose, ma lo stette a
guardare per
qualche istante in modo da imprimersi quei nuovi tratti che i suoi
poteri le
avevano dato. Quelli dell’uomo che doveva essere stato, prima
di essere il
mostro che lei conosceva.
-Cosa
ne sarà di me?
Un
soffio e le sue labbra si chiusero di scatto, serrandole tra loro.
Aveva
pensato troppo a voce alta e gli occhi adesso stavano cercando un
ancora di
salvezza, fuori dal volto di Albert Wesker.
L’uomo
ebbe l’accortezza di non rispondere e lei strinse le mani a
pugno, lasciando
che i pensieri fluissero fuori dalla sua testa, ora che non aveva
neanche più
le lacrime da poter versare. Quel’unica cosa che poteva
ancora ammetterla alla
classe mortale.
Le
mani di lui però si strinsero sulle spalle di Claire, senza
che lei però ne
avvertisse il dolore. Le clavicole si piegarono appena, ma non si
ruppero. Il
Virus T aveva dato alle sue ossa anche una fantastica
elasticità e una velocità
di movimento che non era sua.
Ma
non avvertì alcun sentimento, se non quello della
frustrazione di lei e la
gioia di lui.
Sherry
improvvisamente fece il suo ingresso, con il suo solito incedere
tranquillo e
quei tacchetti che sembravano provocare sul pavimento un allegretto
fatto con
il violino.
-Finalmente
siamo una famiglia.
Il
volto della bambina, se non fosse stato per gli occhi rossi che le
deturpavano
lo sguardo, poteva sembrare una fanciulla gentile, da proteggere, senza
sapere
che poteva spezzare le ossa con una sola mano se avesse voluto.
Ma
la cosa che aveva assolutamente sorpreso Claire era la totale mancanza
di
malvagità all’interno della bambina, anche se
Albert tentava in tutti i modi di
poter avere una predominante su Sherry. Se Claire avesse saputo che
Sherry era destinata
a questo, l’avrebbe uccisa lei stessa con le sue mani.
Quello
che Albert non sapeva era che aveva già un ascendente,
benché positivo, verso
la bambina che mancava veramente poco che lo chiamasse papà.
Sherry
aveva in mano un orsacchiotto di peluche e lo teneva stretto a se come
a
volerlo proteggere. Solo che il tutto sembrava fuori luogo e fuori
tempo per
poterlo considerare un quadretto familiare sano.
-Ma
quale famiglia?
Claire
l’aveva detto a denti stretti, poco dopo che Sherry si era
allontanata,
attirata da chissà quale strana cosa all’interno
della stanza, che la bambina
non l’aveva neanche sentita. Si era fatta prendere da una
frustrazione che
ormai non era più sua e un respiro affannoso.
-Da
ora in poi saremo noi la tua famiglia, che tu lo voglia o no.
A
Claire venne spontaneo un sorriso sincero, come da tanto non le
capitava ormai.
-Chris
ti ucciderà presto.
Di
rimando Wesker scoppiò in una fragorosa risata e
così si avvicinò all’orecchio
della donna soffiandole sopra il lobo.
-Se
ucciderà me, ucciderà anche te.
E
lo sguardo di Claire si spostò verso l’orizzonte,
verso dove un tempo nasceva
un prato. Wesker aveva ragione. Chris non avrebbe permesso che la
sorella fosse
un mostro e pian piano il Virus T avrebbe reso lei una belva da
uccidere,
divorata dalla fame.
Del
mondo che ricordava, erano rimaste solo delle immagini sbiadite di
cartelloni
ormai anneriti dal fuoco.
Non
era come prima, nulla era rimasto come quando lei e suo fratello
giocavano a
palla nel giardino di casa. Nulla sarebbe stato più lo
stesso.
E
Claire ne era assolutamente consapevole.
Wesker
aveva vinto.
Angolo
dell'Autrice
Allora
ci sono riuscita.
Dopo una marea di tempo che l'ispirazione per questa storia era
scomparsa, ho deciso di scrivere l'epilogo. Voi della fine cosa ne
pensate?
Eccovi l'ultima parte dell storia che mi ha lasciato un vuoto assoluto
dentro. Spero che sia piaciuta anche a voi. Credo che questa sia la
prima e l'ultima storia su Resident Evil che scriverò. Non
perchè non mi piacciamo, ma perchè c'è
gente molto più preparata di me per l'argomento. Forse in
seguito cambierò idea, ma al momento sarà
così.
Questa invece
è la mia pagina FB dove scoprire
curiosità e altro su personaggi da me inventati e sulle mie
storie.
Lotiel
Scrittrice - Come pioggia sulla neve
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