Bad Blood Drops.

di alenisreel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dawning ***
Capitolo 2: *** Leaving ***
Capitolo 3: *** Xavier ***
Capitolo 4: *** Sawyer ***
Capitolo 5: *** Jordan ***



Capitolo 1
*** Dawning ***


Erano come l’edera. Hedera helix. L’epiteto helix significa arrampicarsi, su muri, alberi, rocce. Attecchisce e striscia invadendo ogni spazio libero. E’ una pianta ornamentale ma anche infestante. Con il suo arrampicarsi sui tronchi degli alberi, conquista ogni piccolo centimetro di spazio e soffoca la pianta. Inoltre, come ciliegina sulla torta, è velenosa.

Un’arma a doppio taglio come poche cose.
Loro erano così. Occupavano la vita delle persone, inconsapevoli, infestandole e avvelenandole. Si arrampicavano su per la loro anima ma non per loro desiderio. Era un male non voluto.
Le persone sceglievano di essere infatuate dalla loro esistenza, firmavano da sole la loro condanna. La firmavano con il sangue. 

Erano tre rami che crescevano imperativi. Due gemelli, nati dallo stesso germoglio ed uno più giovane, ritardatario. Più crescevano e più si fortificavano. La forza di spaccare il mondo mescolata alla paura di vedersi la terra crollare sotto i piedi. Era questo che rendeva l'atteggiamento dei tre fratelli una centrifuga di emozioni invadenti e micidiali.
Nessuna vittima se ne salvava.

- - - - - - - - -
Dopo un lungo procrastinare tra una sessione invernale ed uno sclero pomeridiano ho trovato il coraggio di pubblicare.
Non ho mai pubblicato nulla su EFP anche se sono iscritta da troppo. Mi chiudevo sempre a pubblicare sul mio blog.
Spero vi possa intrigare questo primo capitolo.
Premetto che non mi considero chissà quale scrittrice ma, giusto per dare uno sbocco al mio piccolo hobby ho deciso di tentare.
PS: Premetto che questo è un primo capitolo un po' gettato per aria. Dal secondo (che paio sarebbe il vero Primo Capitolo) inizieranno le informazioni concrete.
Se volete lasciare una recensione ne sarò più che felice.
Selz.

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Capitolo 2
*** Leaving ***


* Comunicazione di servizio: Se vi fermate a leggere questa storia, Sentitevi liberi di recensire senza problemi.
Apprezzo qualsiasi parere. Mi fa piacere sapere se vi è piaciuta o meno, almeno mi faccio un'idea.
Grazie e scusate la parentesi, buona lettura

 


« Dimmi che è l’ultima, ti prego. Mi si stanno per svitare le braccia. Hai più valige di una donna, maledetto! » esclamò Xavier mentre caricava l’ennesima valigia nel bagagliaio della sua Jeep Commander con fare sconfitto.
« Troppo entusiasmo Xavier, troppo. In ogni caso sono solo tre – ribatté in tutta risposta il fratello uscendo con l’ultimo borsone in mano – ricordati che sarò di ritorno presto. »
« Appunto. Per questo tutte le tue valige sono illegali. – aggiunse Xavier lanciando il borsone sopra le valige – dovresti vergognarti. E mi devi un favore. »
Xavier pugnò la spalla del fratello in modo affettuoso e chiuse il bagagliaio con un boato forte e deciso per poi passarsi una mano sulla fronte in segno di stanchezza.
 

Xavier e Jordan erano nati a distanza di nove mesi l’uno dall’altro ma tutti li scambiavano per gemelli; stessa statura, stesso viso magro, stessi lineamenti e stesso naso. Erano però due universi completamente opposti quando si parlava di carattere ma entrambi due bellezze incontaminate. Tutto il quartiere li conosceva: i fratelli Graser.
Xavier era il più piccolo e questo gli aveva dato il diritto fin da subito di essere il più vispo ed irrequieto dei due fin da bambino, o per lo meno fino alla nascita di Sawyer, il fratello più giovane, qualche anno dopo.
Ora era cresciuto ed era diventato un uomo insieme ai suoi vent’anni. Ogni ragazza del quartiere aspirava a diventare la sua donna per via del suo fare trasandato ma inevitabilmente irresistibile. “Businessman trasandato” così l’aveva soprannominato sua sorella Annie.
Occhi scuri come la pece incorniciati da ciglia folte e scure sulle quali sporgeva come una tenda il perenne ciuffo incolto e spettinato colore del cioccolato che lo distingueva dagli altri fratelli. Labbra carnose e morbide, un accenno di barba lasciata crescere incurantemente.
Nonostante le previsioni avessero annunciato un parziale calo delle temperature in quel di Chicago, Xavier intrepido come sempre non esitò a sfidare il meteo vestendosi leggero. La T-shirt bianca con lo scollo a barca faceva intravedere le braccia ed il collo tatuati mettendo in risalto quella leggera abbronzatura che stava pian piano scomparendo.
 
« Avete già caricato tutto ragazzi? » chiese la madre dei ragazzi, Celine, scendendo i gradini antistanti all’ingresso della loro abitazione e raggiungendoli sul lastricato del marciapiede. Alla vista, per l’ennesima volta, dei tatuaggi di Xavier sospirò lanciandogli il canovaccio.
«Per cortesia… »
Celine aveva gettato la spugna con lui fin da subito, indomabile e ribelle. Ogni mese quella tela di pelle rientrava a casa con un disegno nuovo. Prima il veliero tatuato sul petto, poi le braccia sempre più colorate ed infine il collo.
Xavier le mise un braccio sulle spalle e le diede un bacio sulla guancia per poi esultare sorridendo con un « No. »
 
In tutto questo Jordan li guardava divertito mentre il fratello più giovane, appoggiato all’uscio della porta, sventolava il telefono in direzione del trio informando che c’era Annie all’altro capo della cornetta.
« Annie al telefono. Qualcuno vuole parlarle? Altrimenti le butto giù. » esclamò Sawyer più che certo di ricevere uno “Stronzo!” come ringraziamento dalla sorella al telefono.
« Annie! Adesso arrivo. – esclamò emozionata Celine – Mi raccomando ragazzi, andate piano. Jordan chiamaci appena arrivi ed fallo anche tutti gli altri giorni. » stampò un bacio sulla fronte dei due figli, sbilanciandosi in avanti a causa della loro statura un po’ troppo alta, e corse verso Sawyer per strappargli il telefono dalle mani e parlare con la figlia.
 
« Qui si scioglie il mitico trio Graser quindi, vero? » sentenziò Sawyer, una volta raggiunti i fratelli davanti alla Jeep, incrociando le braccia in segno di protesta.
Jordan e Xavier si scambiarono uno sguardo complice ed annuirono.
« Posso riutilizzare la tua stanza allora? » chiese speranzoso il più giovane, ricevendo in risposto un clamoroso “NO.” che spense i suoi entusiasmi per la partenza del fratello.
 
« Il mitico trio si ritira dalle scene! – aggiunse Xavier ironicamente stringendosi nelle spalle – Andiamo J o rischi di perdere quel volo. » concluse aprendo lo sportello dell’auto, pronto per portare il fratello all’aeroporto.
« Seattle arrivo! » esultò Jordan dopo aver abbracciato Sawyer.
 
✻ ✻ ✻
 
« Quanto tempo ti resta ancora? – chiese Xavier guardando l’orologio che portava al polso e confrontando l’ora con quella presente sul tabellone dei voli – C’è tempo per un caffè? »
 
« Penso proprio di si, andiamo. »
 
Dopo essersi seduti ad un tavolo con i loro caffè bollenti, fra i due fratelli calò un silenzio tombale. Non erano mai stati separati per così tanto tempo l’uno dall’altro. Ogni vacanza era stata fatta assieme, ogni disavventura ed ogni percorso scolastico. Loro e gli amici: Max e JC. Questa volta era diverso, J stava partendo per il college. Aveva deciso di iscriversi alla Seattle University per studiare Giurisprudenza.
« Dai – esclamò Jordan interrompendo il loro silenzio – non sto partendo per la guerra. »
« Quando è previsto il rientro? » chiese Xavier già impaziente
« Devo ancora partire Flip. In ogni caso per il Superbowl sarò a casa, promesso – Flip era il soprannome che Jordan aveva dato a Xavier per via dei suoi numerosi tricks con la tavola da skateboard. Tricks che gli costarono più fratture e contusioni – E per il Ringraziamento. E comunque accetto visite sai. » suggerì Jordan. Suggerimento che Xavier accettò con un sorriso.
 
 
 
« Ora è meglio che mi avvii zuccone. Ti chiamo appena atterro a Seattle, ok? » disse J prendendo il borsone ed avviandosi verso il metal detector.
Xavier rispose con un semplice cenno di assenso del capo. Attese che il fratello venisse risucchiato dalla folla di gente oltre i controlli per poi avviarsi alla macchina per rientrare.
Raggiunse la sua Jeep e rientrò sfrecciando sull’autostrada a ritmo di un martellante Tinie Tempah alla radio mentre una leggera pioggia iniziava a picchiettare sul parabrezza.
 
✻ ✻ ✻
 
« Il biglietto prego? Grazie mille. Le auguro un buon viaggio » J ringraziò con un cenno del capo la ragazza e si avviò con il borsone in spalla verso il suo posto in aereo, rigorosamente vicino al finestrino.
Dopo essere scivolato nel suo posto e dopo aver impostato il telefono in modalità aereo era pronto a passare le successive ore in pace con se stesso, dondolandosi tra la musica nel suo iPod e il libro dei test di Giurisprudenza.
« Scusa, è libero questo posto? – chiese una ragazza dai lunghi capelli color borgogna e dagli occhi color del mare cristallino – Il posto che mi era stato assegnato è, a quanto pare, non più disponibile. La signora non si scolla. »
J esitò nel rispondere, perso a osservare quella ragazza davanti a lui con i capelli ancora arruffati a causa della corsa per non perdere il volo. Si passò la mano tra i ciuffi sanguinei per allontanarli dal viso con le dita magre e guardò accigliata J.
« Ehi? C’è qualcuno lì dentro? »
« Oh si. È libero. » rispose J cercando di ricomporsi e nel tentativo di sembrare disinteressato.
La ragazza rispose con un frettoloso e impegnato grazie mentre cercava di posizionare il suo bagaglio a mano nell’apposito spazio.
J si perse a guardarla di nuovo, di nascosto. Il paio di leggins neri felpati che aveva addosso facevano risaltare le sue gambe slanciate ed estremamente magre.  Vista la sua esile struttura, Jordan si sentì in dovere di aiutarla. Si alzò dal sedile un po’ impacciato e le si avvicinò per darle una mano
« Lascia che ti dia una mano, con quei polsi magri magri rischi di farti male. »
« Davvero ti stai preoccupando per i miei polsi magri magri? – rispose la giovane perplessa da quella demenziale preoccupazione – è così che attacchi bottone con le ragazze? »
J non poté che farsi scappare un sorriso e, con ancora le mani appoggiate sul bagaglio all’interno del cassone, si girò verso di lei notando che la giovane era visibilmente arrossita.
 
« Tra poco decolliamo. Vi conviene sedervi ragazzi. » disse l’hostess rivolgendosi ai due ragazzi che, presi alla provvista si affrettarono a sedersi scontrandosi in modo impacciato l’uno contro l’altra.
« Anche tu in direzione Seattle? » chiese la ragazza quasi senza fiato dopo essersi sistemata al suo posto.
« Si. Anche tu? »
« Già – rispose sorridendo – torno a casa. »
« Ah. Studi fuori città? » chiese J un po’ curioso e nella speranza che non fosse il suo primo e ultimo incontro con quella bellissima creatura che, nel frattempo, si era persa a frugare nel suo zaino un qualcosa di indefinito.
« Oh no – rispose ridendo continuando a frugare nello zaino – non lascerei mai Seattle. Ero in viaggio con il mio ragazzo. »
 
La conversazione venne troncata da quella frase e J decise che era il caso di ringraziare ed andarsene. Andarsene a cagare. Nella sua testa si era già fatto mille progetti ma sarebbero rimaste fantasie. Jordan era indeciso se chiedere dove fosse il fidanzato ma, per paura di suonare invadente, lasciò perdere.
Concluse la conversazione con un delicato “Oh bene” alla quale la ragazza rispose sorridendogli.
 

Durante l’intero volo J badò raramente alla rossa, studiò per tutto il viaggio e ogni tanto si perdeva a guardare fuori dal finestrino canticchiando fra sé e sé qualche strofa dei RHCP o The Script. Al momento dell’atterraggio la ragazza schizzò fuori dall’aereo senza un minimo cenno d’interesse, J fece appena in tempo a vedere i suoi capelli lisci colore del sangue svolazzare nell’aria. Rassegnato, si prese tutto il tempo necessario per scendere, risistemò il suo borsone, con calma si fermò per far passare alcune persone nei corridoi dell’aereo e poi scese verso il tunnel di connessione.
Perse altro tempo nel tragitto verso il ritiro bagagli per scrivere un messaggio a Xavier avvisandolo che era finalmente atterrato e si sarebbe portato verso il suo nuovo appartamento il prima possibile.
Ed eccola, al ritiro bagagli. Fissava il nastro trasportatore in cerca della sua valigia mentre accanto a lei si ergeva statuario quello che doveva essere il suo ragazzo. Fisico piazzato da giocatore di football, spalle larghe e capello scuro.
Lei che addita la valigia e lui che la va a prelevare immediatamente. Un bacio affettuoso, un intreccio di mani e poi via verso l’uscita.
Improvvisamente la giovane si arrestò per cercare nella sua borsa qualcosa ed è lì che nel guardarsi attorno incrociò lo sguardo di J, che non smise di fissarla nemmeno per un istante nella speranza di ricevere un qualche segnale, un saluto che non arrivò. Forse un sorriso enigmatico ma fece fatica a capire quale fosse il suo significato.
Il ragazzo che la afferra dolcemente per un braccio come per guidarla verso l’uscita e un addio silenzioso fra i loro sguardi.
 
 
– Jordan G. –
Così diceva il cartello che teneva in mano il ragazzo all’uscita dell’aeroporto. Una felpa pesante con fantasia etnica ed alamari leggermente storpiata dai muscoli costretti sotto il tessuto. Capello biondo cenere arruffato intrecciati ad un paio di RayBan dolcemente appoggiati alla nuca, occhi verdi smeraldo. Sventolava il cartello in tutte le direzioni in cerca del nuovo arrivato.
Jordan agitò un braccio in aria per catturare la sua attenzione mentre gli si avvicinava.
 
✻ ✻ ✻
« Abbiamo una tabella per le pulizie settimanali, ma è davvero una cagata – disse Mitchell indicando un foglio attaccato alla parete con del nastro adesivo – la seguiamo raramente. Siamo maschi »
Era lui il ragazzo che gentilmente si era prodigato per ritirare il "pacco Jordan" dall'aeroporto, Mitchell sarebbe stato il suo nuovo coinquilino insieme ad altri due ragazzi: Derek e Roy. L’appartamento occupava gli ultimi due piani di una palazzina ed era ancora mezzo spoglio ma ben illuminato. L’ingresso si proiettava direttamente nel salotto, decorato con mobili di seconda mano rigorosamente bianchi, una tv a muro e l’immancabile X-Box.
L’intera parete sulla sinistra dell’ingresso era un’ampia finestra ad arco divisa in più sezioni, dalla quale si vedeva l’intero parco del quartiere. Subito accanto alla finestra si diramavano i banconi della cucina.
Sulla destra dell’appartamento vi era un piccolo bagno ed un breve corridoio.
 
« Le camere sono al secondo piano. È un appartamento discreto, ci viviamo bene e per un prezzo stracciato » aggiunse Mitchell emozionato salendo le scale per mostrargli la sua nuova stanza. Le scale portavano ad un soppalco che si affacciava sul salotto con una ringhiera robusta che percorreva quasi l’intero perimetro della casa. Le camere avevano sbocco diretto sul soppalco, due singole ed una doppia.
 
« Ti becchi la singola più grande, sappilo. » concluse aprendo la porta della camera.
Un tavolo bianco era stato sistemato provvisoriamente a ridosso della parete con la finestra mentre nell’angolo sinistro c’era un letto nero.
« Il bagno è in comune – disse il ragazzo indicando la porta appena fuori dalla stanza – mentre per i vestiti possiamo andare a prendere qualcosa prossimamente. Se ne avrai disperato bisogno. »
Spoglia, quasi vuota, ma tutta per lui. La sua vita a Seattle era ufficialmente iniziata.
 
« Il mercoledì solitamente è serata football, il giovedì ci intrufoliamo a qualche festa non troppo scatenata mentre il weekend io e Derek rientriamo spesso a casa – disse Mitchell con espressione dispiaciuta – Se hai dubbi, non farti problemi a chiedere. A meno che tu non sia muto, non hai ancora fiatato. » aggiunse perplesso.
« Oh no – rispose Jordan – solo non so cosa dire. Sono emozionato ed allo stesso tempo spaesato. » concluse, appoggiando il borsone sul letto e guardandosi intorno.
Mitchell lo rassicurò con una forte pacca sulle spalle.
« Benvenuto in famiglia. »




Ed eccomi qui con il vero e proprio primo capitolo.
So che ho pubblicato solo ieri il prologo ma non era abbastanza sostanzioso e mi sentivo in dovere di darvi qualche informazione in più. Dopotutto non potevo nemmeno partire sparandovi il primo capitolo così dal nulla. Concedetemelo.
Volevo ringraziarvi per aver dato una possibilità a questa storia, davvero. Già il fatto che spendiate parte del vostro tempo per leggere è un onore per me.
Sono ben accetti anche consigli e critiche, sia chiaro. Se qualcosa non vi convince ben venga, fatevi avanti e ditemelo.
Non abbiate paura ad esprimere un qualsiasi giudizio perchè la cosa può solo che aiutarmi a migliorare.
(Ecco magari non insulti diciamo hehe)

Ps: un grazie particolare a Francesca che sopporta i miei deliri su Whatsapp quando ho il blocco e non so come superarlo. Ti voglio bene.

Vi saluto dedicandovi "Let This Go – Stan SB"
Ancora grazie, ci vediamo al capitolo tre.
Ciao fiorellini.

 

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Capitolo 3
*** Xavier ***


* Comunicazione di servizio: Se vi fermate a leggere questa storia, Sentitevi liberi di recensire senza problemi.
Apprezzo qualsiasi parere. Mi fa piacere sapere se vi è piaciuta o meno, almeno mi faccio un'idea.
Grazie e scusate la parentesi, buona lettura

 


La mattina dopo la partenza di J, al suo risveglio, Xavier si sentiva più che solo. Jordan, infatti, era solito svegliarsi per primo e solitamente svegliava Xavier con la sua confusione ad orari improponibili.
Rimase convalescente sul letto, per quelle che gli sembrarono ore, a petto nudo a fissare prima il soffitto e poi i vari ricordi appesi per la camera, domandandosi cosa stesse combinando J a due ore di distanza da lui. Che stesse ancora dormendo? Prese il telefono indeciso se scrivergli o no.
Sopra il letto era sistemata una mensola con sopra tutti i vari trofei che avevano vinto nei diversi sport che praticavano assieme. Football, baseball e infine basket. Un binomio indivisibile.
Lanciò il telefono sul divano antistante al letto nell’attesa di sentire un suono di risposta, se mai J si fosse degnato. Decise che era ora di tirarsi su dal letto e svegliarsi fuori. Sorprendentemente realizzò che per lui era un orario decente, la sveglia segnava le 8:15. Di lì ad un’ora avrebbe avuto lezione alla Chicago University, stessa facoltà di Jordan, prima che decidesse di “cambiare sede per diventare indipendente”.
 
“SONO LE 6:15!!”
Ecco la risposta dal fratello. Un inevitabile sorriso illuminò il volto di Xavier, per una volta aveva svegliato lui Jordan.
 
«La colazione è pronta bro. – annunciò Sawyer irrompendo senza educazione alcuna in camera del fratello, a petto nudo dopo aver fatto una doccia – Ah oggi pomeriggio rientra Annie. »
Annie. Era stata la compagna di giochi sua e di J per tutta l’infanzia fino al momento in cui non considerarono Sawyer abbastanza grande da concedergli di unirsi a loro due maschiacci della casa.
Fu l’unica a decidere, dopo il divorzio di Celine e Roland, di passare ogni tre mesi, un paio di settimane a casa del loro padre, a Detroit. Xavier e Jordan si erano rifiutati categoricamente fin da subito, dopotutto il loro rapporto con Roland era stato quasi assente. Non era mai andato nemmeno ad una partita di football o basket. Inoltre dal suo trasferimento a Detroit non aveva più sfruttato nemmeno un minuto del suo tempo per scrivere o chiamare i due ragazzi.
 
 
«Per ognuno di questa famiglia che parte, ce n’è uno che rientra, eh? » fece di rimando ironicamente al fratello che si limitò a scuotere il capo.
Xavier scese velocemente le scale, avido di pancakes. Ne prese al volo un paio, freschi di giornata, insieme a miele e della frutta fresca.
« Hai lezione oggi? – chiese la madre rivolgendosi a Xavier mentre entrava in cucina e poggiando del bucato fresco di pulito sopra un cesto in vimini – E tu Sawyer? »
Xavier si limitò a fare cenno di sì con il capo mentre s’ingozzava di cibo e, dopo aver finito la sua colazione ed aver rubato una maglietta dalla pila di indumenti puliti, corse a vestirsi per andare a lezione.
« Oggi torna Annie –ripeté la madre mentre sparecchiava la tavola – quindi vedi di… »
« …Non fare tardi. Lo so mamma. » la anticipò Xavier sorridendole.
« Oggi abbiamo un’ospite a cena! » aggiunse la madre piroettando per la stanza tutta eccitata. Xavier si limitò a risponderle con un sottile ‘Ok’, inquietato da quell’atteggiamento felice e pimpante, che venne immediatamente stroncato.
« Gli ospiti sono sempre una rottura. – rispose Xavier sorridendole e dandole un bacio sulla guancia – Annie poi, lo è il doppio. Scappo a lezione! »
 

✻ ✻ ✻

 
Al rientro da lezione, parcheggiando la Jeep nel vialetto di casa, Xavier notò che la macchina di sua madre non era davanti al garage come al solito e ne dedusse che Annie non doveva essere ancora arrivata, ma al suo posto si era presentata un’altra persona a casa Graser. Capelli di un bianco candido raccolti in una coda di cavallo, unici nel loro genere. Inconfondibili. Era Tessa. Era la ragazza più eccentrica e appariscente che Xavier avesse mai conosciuto, o meglio, per cui avesse mai perso la testa. Un’ossessione a senso unico.
Tessa sventolò le braccia in direzione di Xavier con un gran sorriso in volto mentre si avvicinava alla macchina. Xavier decise di limitarsi ad abbassare il finestrino e inchiodarsi al sedile della sua macchina.
« Hey Tessa. » disse sorridendole inevitabilmente.
 
I due giovani si conoscevano fin dall’inizio del liceo, dove avevano frequentato diverse lezioni assieme ed erano poi finiti nella stessa compagnia di amici. Tessa si era inizialmente presentata come una ragazza acqua e sapone per poi evolversi in una macchina d’attenzioni e spettacolo. Il suo tratto distintivo diventarono i capelli che tinse di qualsiasi colore immaginabile. Il secondo anno di liceo si presentò in classe con uno shatush che da un azzurro pastello delle radici si scuriva fino a diventare nero sulle punte.
Tessa una ragazza estremamente dolce, soprattutto nel declinare le attenzioni nel propri confronti, abilissima nel trovare sempre un modo carino per liquidare qualsiasi spasimante che non rientrasse nel suo cerchio d’interesse. Xavier compreso.
 
« Buongiorno! – ribatté Tessa sbilanciandosi dentro l’auto per schioccare un bacio sulla guancia di Xavier attraverso il finestrino – non scendi? »
Xavier scese controvoglia e, dopo aver chiuso lo sportello, ci si appoggiò di schiena incrociando le braccia al petto. L’entusiasmo di Tessa lo preoccupava.
« Ho grandi progetti per oggi… » continuò lei sprizzando entusiasmo. Eccola, pensò Xavier. Le sue preoccupazioni erano corrette, Tessa stava per progettare il loro pomeriggio incatenandolo a situazioni imbarazzanti.
« Non posso oggi. » la stroncò Xavier ancora prima che lei potesse terminare qualsiasi discorso.
« Oh… – esclamò Tessa sorpresa – Che ti prende? Di recente non fai altro che evitarmi. » aggiunse perplessa. Tessa non era abile nell’accettare un eventuale no come risposta alle sue proposte. Qualsiasi no nei suoi confronti, non abilmente giustificato, lo considerava come una pugnalata infierita di proposito.
« Sarei io ad evitarti adesso? – si sfogò Xavier – Sbaglio o sei tu che di recente hai declinato ogni mio invito fuori? Qualsiasi invito, per precisare… »
« Ma perché eravamo solo io e te. – puntualizzò Tessa agitando le braccia in modo sostenuto cercando di giustificarsi inutilmente – Sarebbe stato imbarazzante. » concluse.
 
Xavier si concesse qualche attimo di silenzio portandosi una mano sulla fronte. Sapeva benissimo che in quel periodo Tessa ‘impegnava’ il suo tempo con Vas, ex compagno di corso di entrambi, ma la cosa non lo aveva fermato dal farle intendere con piccoli gesti che c’era dell’interesse anche da parte sua, venendo prontamente declinato.
 
« Siamo migliori amici Tessa! – sbottò – Non dovrebbe essere imbarazzante. Non lo è mai stato. » ribatté cercando di non suonare arrabbiato.
« Lo so. Ma tu provi qualcosa per me – aggiunse lei con sguardo inquisitore – Ho forse torto? »
Xavier non rispose. Si sentiva umiliato « E tu giustamente non ricambi, ho forse torto? »
Tessa si voltò per guardare altrove per evitare il suo sguardo, rimanendo in silenzio. Ci teneva alla loro amicizia ma era più che convinta di non provare nulla per lui oltre ad un profondo affetto. L’idea di una discussione imbarazzante la preoccupò; già si vedeva la scena: Xavier infuriato, lei in lacrime. Sola. Avrebbe perso il suo migliore amica per il solito ed eterno problema: Friendzone. Si morse il labbro cercando di non frignare.
 
Tessa, imbarazzata, continuava a cercare risposte nelle abitazioni dei vicini o nei giardini curati dall’altra parte della strada. Aveva paura di rispondere con l’affermazione sbagliata. Xavier avrebbe accettato qualsiasi risposta in quel momento, anche un’eventuale ed ulteriore umiliazione se lei avesse confessato di non provare alcun interesse per lui. Tessa scelse la peggiore, il silenzio.
« Ho allenamento – aggiunse Xavier deluso e frustrato – devo andare! »
Si avviò verso casa per prendere il borsone da basket ma, arrivato all’ingresso di casa e divorato dalla curiosità, si girò verso Tessa e la vide pietrificata in quello che sembrava un suo personale spazio tempo. Incurante entrò in casa e chiuse la porta con un forte fragore. Tessa, fuori di casa, scoppiò a piangere.
 
 
« Che succede? » chiese Sawyer steso sul divano quando lo vide entrare in casa. Xavier gettò le chiavi della macchina sul comodino all’ingresso e rispose sussurrando un “Niente”.
« Si sistemerà. » concluse Sawyer in automatica, alzandosi leggermente dal divano per spiare fuori dalla finestra. Intravide una Tessa in lacrime e si domandò quale fosse l’argomento di questo ennesimo litigio.
« Non credo. – rispose Xavier – Ma nemmeno m’importa. » disse dirigendosi al piano di sopra strisciando i piedi per terra. Si portò in bagno, aprì la finestra che dava sul retro e si accese una sigaretta. Era suo abituale vizio riporre le speranze nella nicotina per cercare le soluzioni dei problemi.
 
Sawyer, dopo essersi aver sentito la porta chiudersi a chiave, si alzò dal divano e raggiunse Tessa nel patio davanti casa. Alla vista di Sawyer, Tessa cercò di asciugarsi inutilmente e frettolosamente le lacrime. Lui la abbracciò forte. Nonostante i suoi diciotto anni Sawyer sembrava più maturo. Aveva seguito le orme del fratello diventando un suo piccolo sosia. Sfoggiava il tatuaggio di una rondine sul lato sinistro del collo e una serie di tatuaggi abbozzati su entrambe le spalle. Un carattere forte lo caratterizzava ma allo stesso tempo era un ragazzo dolce.
 
« Che è successo Tessa? » le chiese accarezzandole le spalle ancora abbronzate.
« Niente Sawyer. Lascia stare – cercò di ovviare il discorso Tessa – Casini con tuo fratello. » rispose lei cercando di scappare dall’abbraccio.
« Meglio se rientro a casa. » aggiunse.
Sawyer le diede un bacio sulla guancia e la lasciò andare.
 
 
Xavier dalla finestra del piccolo bagno sua guardò Tessa allontanarsi. Scenerò sul piccolo davanzale senza distogliere lo sguardo dalla siloutte di Tessa, consapevole che la loro amicizia avesse ormai preso una via vietata. Lui non si sarebbe mai scusato e non avrebbe mai chiesto altre spiegazioni a Tessa, il suo orgoglio glielo impediva. Avrebbe dovuto fare tutto lei. Doveva capire lei cosa provava per Xavier e se vi fosse una remota possibilità per entrambi.
 

✻ ✻ ✻

 
« Toc toc, posso entrare? » Xavier si girò in direzione della porta che aveva lasciato involontariamente aperta. L’aveva sentita entrare in casa strillando in modo fastidioso nei confronti di Sam, il loro pastore australiano, ma non aveva le forze di fare tutte le scale per lei. “Verrà su lei” aveva pensato, ed eccola. I lunghi capelli corvini perfettamente lisci le scendevano come seta fino ai fianchi. La riga in mezzo le dava un che di donna matura ma in realtà l’apparenza ingannava.
« Prima che tu possa dire qualsiasi cosa, so che non dovrei sapere nulla ma – iniziò avvicinandosi verso il letto in modo furtivo – Sawyer ha sputato il rospo. Era preoccupato. » concluse sedendosi accanto al giovane che, steso sul letto, continuava a lanciare la palla da basket in aria.
« Annie, Bentornata – rispose Xavier sorridendole – non mi eri affatto mancata, pettegola. » le rinfacciò stringendola di sprovvista in un abbraccio.
« Che è successo con Tessa? » rimarcò la sorella.
« Nulla. Solite discussioni. » cercò di tagliare corto Xavier grattandosi la nuca per poi sospirare. « Credo lascerò perdere. » aggiunse lanciando il pallone da basket nel cesto della biancheria sporca facendo canestro.
La sorella lo guardò soddisfatta. Sua madre le aveva raccontato delle numerose vittorie di campionato che la squadra di basket aveva portato a casa grazie a Xavier.
Sam irruppe nella stanza balzando sul letto iniziando a fare le feste ad entrambi. Xavier ed Annie si persero a coccolarlo per alcuni minuti per poi riprende la conversazione con tono più informale.
 
« Se può consolarti io sono stata piantata in asso da Adam, quindi siamo pari in quanto news assurde. » disse Annie nella speranza di consolare il fratello che, di tutta risposta, si sedette accanto a lei ridendo.
« E’ uno stronzo. Te l’avevo detto! » le rinfacciò dandole un dolce buffetto sulla nuca ed alzandosi dal letto.
« Andiamo a cenare? Mi sembra di aver sentito il fattorino con le pizze. »
Annie non esitò a seguirlo incitando Sam a seguirli di sotto e saltando in groppa al fratellone come quando erano due ragazzini.
 
« Ultima cosa Flip, lasciala ragionare un po’ da sola. Tornerà – gli sussurrò la sorella all’orecchio – E se non lo farà, perderà un tesoro. »
 
Xavier scese le scale con un peso sulle spalle, una rompi palle che continuava a tormentare il suo orecchio destro dilatato, nonostante sapesse quanto lo infastidisse la cosa. Ma mai era stato più felice di riavere la sorella a casa.
La famiglia si radunò attorno al tavolo della cucina per cenare mentre Sam continuava a correre da una sedia all’altra in cerca di coccole ed attenzioni.




Ed eccoci finalmente con il terzo capitolo. Scusate l'attesa, mi sono dovuta dedicare ad altre piccole cose. Ringrazio nuovamente le persone che seguono questa storia e che dedicano il loro tempo a leggerla e dirmi cosa ne pensano, vi vi bi hahaha.
Premetto che mi sono prefissata l'obiettivo di VENTI capitoli, quindi se volete potete iniziare il conto alla rovescia hahaha
Altro piccolo indizio è che, il prossimo capitolo, sarà incentrato su il piccolo Sawyer.
Fatemi sapere cosa ne pensate e vi lascio dedicandovi una piccola canzone:
Siberia (Alex Klingle remix) – Lights

Alla settimana prossima fiorellini. Un bacio!

 

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Capitolo 4
*** Sawyer ***


* Comunicazione di servizio: Se vi fermate a leggere questa storia, Sentitevi liberi di recensire senza problemi.
Apprezzo qualsiasi parere. Mi fa piacere sapere se vi è piaciuta o meno, almeno mi faccio un'idea.
Grazie e scusate la parentesi, buona lettura

 


« Chi ha la pizza con tonno e cipolla? » chiese Xavier innalzando il cartone della pizza sopra la famiglia riunita a tavola.
« Mia! » esclamò Sawyer afferrando il cartone e sedendosi accanto al fratello che, statuario, continuava a distribuire le pizze. Annie era al telefono con J curiosa di sapere tutto dell’appartamento nuovo, dei coinquilini, delle lezioni e delle materie. Era il suo tipico atteggiamento materno.
A tavola Sawyer prese il telecomando con la mano libera, mentre nell’altra teneva la fetta di pizza, ed iniziò a fare zapping tra i canali mentre il resto della famiglia si spartiva la pizza. South Park, telegiornale, pubblicità, telegiornale e nuovamente telegiornale. Affranto decise di lasciare su uno dei telegiornali e cercò di avviare una conversazione con la famiglia.
« Contro chi giocherai questo weekend? » chiese al fratello riferendosi al campionato di basket di cui Xavier era altamente emozionato.
« Contro il distretto di Roseland – rispose Xavier divorando un pezzo della sua pizza con salamino piccante – Spero non ci facciano il culo. »
« Non finché ci sarai tu in campo fratellone. » lo incoraggiò Sawyer ricevendo come risposta una bella arruffata ai capelli.
« Siamo di Edgewater dopotutto! » disse con enfasi Xavier dando un pugno al tavolo rovesciando le bottiglie di acqua e Pepsi sul tavolo e allagando la pizza di Annie e di sua madre.
Si alzò una risata generale tra i fratelli mentre Celine con le mani tra i capelli andò a recuperare immediatamente salviette e canovacci inveendo contro i ragazzi.
« Il disastro di avere dei figli maschi! – disse ironicamente – Entusiasmo incontenibile! » ma le scappò immancabilmente un sorriso.
 
 
Si portò verso il soggiorno, seguito da Sam, per rilassarsi sul divano mentre madre, fratello e sorella sistemavano gli avanzi della cena spostandosi frettolosamente dal tavolo al lavello. Xavier uscì a buttare i cartoni e gli avanzi, Annie iniziò a lavare le posate mentre Celine sbatteva la tovaglia fuori dalla finestra per poi piegarla.
Sam si accoccolò ai piedi del divano appoggiando il musetto su uno dei morbidi cuscini. Sawyer gli diede un dolce grattino sotto il mento per poi vederlo volare via verso la porta; Xavier stava sventolando il guinzaglio. Era l’ora della passeggiata.
 
Disteso sul divano Sawyer ripensò alla scenata tra suo fratello e Tessa, curioso di sapere come stesse la ragazza incerto se scriverle o meno. Sarebbe passato a casa sua durante la passeggiata con Sam? Oppure avrebbe evitato qualsiasi contatto con la ragazza a causa del suo orgoglio? Nonostante non fossero affari suoi, Sawyer non riusciva a non pensarci.
Prese in mano il telefono ma, senza avere nemmeno il tempo di sbloccarlo per scorrere la rubrica, la schermata s’illuminò: Oli. La ragazza con cui usciva. Non essendo dell’umore giusto per risponderle, rifiutò la chiamata.
Oli era una ragazza dal carattere ossessivo e molto arrogante. A pensarci bene nemmeno ricordava esattamente come fosse iniziata la loro storia. Ricordava solo i momenti del loro incontro ad una festa in cui era ancora sobrio.
Una sveltina in bagno e lei l’aveva inchiodato a sé. La fortuna che fosse anche una bella ragazza equivaleva alla fortuna che fosse una sgualdrina, ossia nessuna.
 
Perché hai riattaccato???
 « Eccola all’attacco. » borbottò fra sé e sé appena arrivò il suo messaggio. Lo ignorò e aprì la schermata dei messaggi per scrivere a Tessa. Nell’attimo esatto in cui provò a scrivere il messaggio, ecco una nuova chiamata di Oli a cui seguì un nuovo rifiuto.
« Stupida. »
 
✻ ✻ ✻
 
 
Annie stava disfando i bagagli quando Sawyer passò davanti alla sua stanza. Si trovava al primo piano ed era una stanza piccola ma ben organizzata, Annie aveva deciso di tenere il minimo indispensabile: letto, scrivania, cassettiera ed uno specchio.
Era tardi ma trovarla ancora sveglia per lui fu in parte un sollievo. Aveva scritto a Tessa per tutta la sera, o per quanto le chiamate a intervalli regolari di Oli gli avessero concesso, e voleva parlarne con un’esperta. Una donna, Annie.
« Posso disturbarti? – chiese ironicamente, dal momento che si era già lanciato sul letto della sorella, ancora immersa tra i suoi indumenti – Ho bisogno di una confidente. »
Annie preoccupata da tale affermazione lo guardò storto ed andò a chiudere la porta. Il suo sesto senso le diceva che era successo qualcosa di brutto.
« E’ qualcosa di grave? – chiese allarmata – Che hai combinato? »
« Si tratta di Tessa – rispose Sawyer tirando fuori il telefono dalla tasca dei jeans neri – volevo sapere come stava. Oggi era davvero a pezzi, anche se non sapevo perché. Fino ad ora. »
Sawyer passò il telefono alla sorella, aperto alla schermata della conversazione con Tessa, che nel frattempo gli si era seduta accanto dubbiosa.
Annie analizzò attentamente domanda e risposta fra i due.
« Mi aveva accennato Xavier – disse rompendo il silenzio e scrollando le spalle – So da parecchio, beh diciamo da un po’, che prova qualcosa per lei. Ma comunque è perfettamente visibile e ovvio, basta guardarli quando sono assieme. Non saprei davvero come aiutarli perché lui le idee chiare già le ha. E’ lei che deve capire cosa, o meglio, chi vuole. »
Sawyer perplesso capì, dalle parole della sorella, che Tessa era impegnata già con qualcun altro e mentre era perso nei suoi ragionamenti continuò ad illuminarsi con l’ennesime chiamate di Oli. Annie gli allungò il telefono per farlo rispondere.
« No, no. Non voglio parlarci – le spiegò affranto – Non riesco a liquidarla. Mi farà morire. »
La sorella lo guardò sorridendo « Sei un uomo, ne uscirai vivo e vegeto. »
Sawyer infilò il telefono in tasca e tornò a discutere con la sorella del problema Xavier.
 
« Credi che Tessa deciderà mai? » chiese afflitto Sawyer ad Annie che nel frattempo si era stesa accanto a lui sul letto, mezza in dormiveglia per colpa dei grattini del fratello.
« Come mai te ne preoccupi così tanto? » gli domandò sussurrando ed un po’ allarmata. « Non è che sei gay? » aggiunse ridendo Annie vedendolo preoccupato tanto quanto una donna, in modo quasi ossessivo.
« No, ma è mio fratello. Nostro fratello. »
« Sa il fatto suo. » concluse Annie.
Dopo un dolce sorriso rivolto al nulla, dal momento che dava le spalle a Sawyer mentre erano stesi sul suo letto, la sorella si addormentò tra le sue braccia. Non prima di avergli ricordato per l’ultima volta: « Ti preoccupi troppo. »
 
 
 
Non appena Annie si addormentò, Sawyer sgattaiolò via dalla sua camera e passò per la stanza di Xavier, all’ultimo piano, per controllare se ancora fosse sveglio o meno. Trovò la luce accesa. Dalla porta socchiusa vide il fratello ancora seduto alla scrivania collegato con J su Skype, mentre entrambi giocavano a Minecraft. Bussò discretamente nella speranza di poter ritagliare un piccolo spazio per se in quella chiamata ma non ricevette alcuna risposta e decise quindi di rientrare in camera sua, sconfitto.
Nonostante tutto era sempre stato dell’idea che il legame tra Xavier e Jordan fosse più forte rispetto a quello che legava tutti e tre. Sawyer era convinto che non sarebbe mai riuscito ad entrare tra le grazie dei due fratelli più grandi, dopotutto Jordan e Xavier erano nati uno dopo l’altro, Annie quasi un anno dopo e lui solo per ultimo. Aveva appena compiuto i suoi diciotto anni mentre i fratelli già si avviavano rispettivamente verso i ventidue e ventuno. Non ne aveva mai parlato a nessuno perché in alcuni momenti, certi atteggiamenti dei fratelli, lo facevano pentire anche solo di aver solo titubato di loro. Ma in altri momenti si sentiva abbandonato a se stesso.
Ed era preoccupante come la distanza che ora separava Jordan e Xavier li aveva resi più vicini che mai e lui, invece, più distante.
 
Sei sveglia?
 
Si...
 
Posso venire da te?
 
Ok
 
Aveva ceduto. Oli aveva vinto.
 
✻ ✻ ✻
 

« Preoccupati meno Graser. Sei peggio di una donna. – lo richiamò Oli passandogli la paglia che aveva appena girato – anche mia sorella mi tratta male e mi snobba il più delle volte, ma io non ci faccio caso. »
Sawyer, con la sigaretta in bocca, si alzò dal letto e s’infilò le mutande fissando l’orologio sul comodino di Oli. Era tardissimo ormai e se non fosse rientrato a casa entro breve si sarebbero accorti della sua assenza.
« Perché io e te ancora ci frequentiamo? » le chiese prendendola contropiede.
Oli indugiò, spiazzata dalla domanda, e optò per il silenzio, un po’ amareggiata. Era convinta che non lui non fosse finito con lei per sbaglio ma quella domanda la fece dubitare e le fece rivalutare tutto.
« Perché mi ami? » azzardò Oli cercando di atteggiarsi in modo tenero.
« No – rispose Sawyer infilandosi i pantaloni – Questo non è amore. È solo sesso. » aggiunse fissandola impassibile mentre l’erba all’interno della sigaretta iniziava ad entrare in circolo.
Oli, che nel frattempo si era inginocchiata sul letto trattenendo con una mano il lenzuolo appena sopra il seno, gli si avvicinò pian piano « Ma possiamo farlo diventare amore, no? »
« No Oli. Smettila. » sentenziò stizzito Sawyer allontanandola da sé con un gesto di disprezzo.
Oli si sentì ferita, nonostante fosse sua abitudine finire in situazioni del genere. Sawyer però non lo avrebbe piantato come tutti gli altri, non lo avrebbe lasciato andare. Presa da un atto di rabbia gli diede un ceffone.
« Sei uno stronzo. » abbaiò.
« No Oli, sei tu qui la psicopatica. – replicò in tono alterato Sawyer cercando di armeggiare con la maglietta – Sei tu che senza un motivo ti sei data il titolo di “mia ragazza” o quello che pensi di essere e ti prendi il diritto di rompermi i coglioni ogni santo minuto. » concluse spegnendo la sigaretta sul posacenere appoggiato sul comodino.
Sawyer infuriato fece per andarsene mentre Oli ancora raccoglieva i suoi indumenti sparsi per la stanza.
« Sbaglio o sei venuto tu qui stasera? » continuò Oli iniziando ad impazzire.
« Per scopare, Oli. PER SCOPARE. Non per passare una bella serata romantica con te, capisci? » urlò Sawyer aprendo furiosamente la porta.
« Quindi sarei la una puttana? – replicò Oli rimettendosi addosso gli ultimi indumenti superstiti – Allora dammi i soldi che mi spettano! »
Sawyer preso dalla furia prese le poche banconote da un dollaro che gli erano rimaste nella tasca posteriore dei jeans e gliele lanciò sul letto. « Prendile, sono tutte per te! » la intimò con sguardo compiaciuto.
Oli visibilmente instabile iniziò a urlargli di andarsene da casa sua per poi completare la sua minaccia lanciandogli dietro la lampada che teneva sul comodino.
« VATTENE! »
La lampada, colpendo la parete accanto a Sawyer, andò in frantumi e lo prese di striscio sul viso.
« Pazza. – sussurrò fra sé e sé Sawyer scendendo le scale di corsa e fuggendo verso la porta sul retro – E’ impazzita! »
 
✻ ✻ ✻
 
La mattina dopo Sawyer si svegliò in divano. Era rientrato sgattaiolando e non era riuscito a raggiungere la sua stanza tanto era tramortito. Si passò le mani sul viso per svegliarsi stropicciandosi gli occhi e si rese conto che quella psicopatica aveva una bella mira. Quella lampada l’aveva preso in pieno, in qualche modo. Aveva delle macchie di sangue sul braccio sinistro dovute alla posizione scomoda in cui si era addormentato.
Si portò verso il bagno al piano terra e si guardo allo specchio, due bei tagli avevano fatto capolino sulla guancia sinistra ed erano abbelliti da una chiazza di sangue secco.
« Maledetta. – disse con occhi sbarrati mentre si fissava allo specchio – Tu sia maledetta. »
Aprì il rubinetto dell’acqua nel tentativo di sciacquarsi il viso ed il braccio per far sparire quella chiazza. Dopo aver fatto del suo meglio si tamponò il viso con l’asciugamano e rimase a contemplarsi allo specchio per qualche istante, si era cacciato in un bel casino.
Sperava vivamente che Oli non aprisse bocca riguardo la notte passata o sarebbe stato un bel pasticcio. Sawyer era il primo a confessare di avere qualche problema nella gestione della rabbia ma Oli gli aveva proprio fatto perdere le staffe.
Tornando in salotto si rese conto che era relativamente presto e che, fortunatamente, ancora nessuno si era alzato. Eccetto Sam che già stava gironzolando per il piano terra con la ciotola in bocca.
Nello stesso momento in cui Sawyer tolse la ciotola dalla bocca di Sam, Xavier si presentò con gli occhi ancora socchiusi in salotto e, reggendosi con una mano al corrimano delle scale, iniziò il suo interrogatorio.
« Dove sei stato stanotte? »
 
✻ ✻ ✻
 
 
Celine lo fissò dubbiosa per l’intera colazione « Come hai detto che ti sei fatto male? » chiese per l’ennesima volta guardandolo con fare inquisitorio.
Contemporaneamente Sawyer e, un esemplare ancora addormentato Xavier, alzarono gli occhi al cielo.
« Ti ha già risposto tre volte, mamma. E’ sonnambulo. » la incalzò Xavier tirando una gomitata al fratello.
« Strano, non lo sei mai stato. – rispose la madre girando istericamente con il cucchiaio i cereali nella sua ciotola – Beh, ragazzi miei io vado. Ci vediamo stasera. » concluse avviandosi verso l’ingresso per uscire e scappare a lavoro.
 
« Sonnambulo… – riprese Xavier divertito – Non ti pensavo tipo da rissa. » aggiunse alzandosi per portare la scodella dei cereali nel lavabo.
« Dove sei stato stanotte? » chiese preoccupata Annie.
« Sono andato da Oli, ma le cose sono degenerate. Come al solito. » rispose sconsolato Sawyer continuando a mescolare i cereali.
« Ti sei beccato la psicopatica fratellino… » lo prese in giro ridendo Xavier controllando nel frattempo il cellulare.
« News? » chiese indiscreto Sawyer nella speranza di avere qualche notizia di Tessa.
Xavier lo guardò serio, quasi perplesso, per poi uscire dalla cucina senza proferire parola.
« Temo di no. » disse Annie al posto suo.
 
Sawyer si chiuse in un suo personale silenzio. Questa era l’ennesima dimostrazione di come Xavier con lui non si volesse confidare per niente. Guardò affranto la sorella che, sconsolata, fece spallucce. Non sapevano entrambi che dire. Sawyer non sapeva come commentarsi nei confronti di Xavier ed Annie non aveva parole per consolare Sawyer.
Era inevitabile il legame tra Xavier e Jordan, ed ora che il più vecchio se n'era andato lo era ancora di più. Nonostante Sawyer ci provasse con unghie e denti a ritagliarsi un po' di spazio, ogni volta si ritrovava al punto di partenza.




Ed anche il quarto capitolo è servito! Come avrete capito qui ci focalizziamo sul giovane di famiglia, Sawyer.
Dal prossimo capitolo si torna al caro Jordan ed alla sua vita a Seattle!
Spero questo capitolo sia stato di vostro gradimento per quanto breve, diciamo. Dal prossimo avrete più materiale da leggere, promesso!
E come al solito vi lascio con una traccia che potrebbe accompagnare la lettura.
(Anche se mi rendo conto che dovrei proporla ad inizio capitolo? OPS.)
Laszlo - One Step Away

Alla settimana prossima fiorellini. Un bacio!

 

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Capitolo 5
*** Jordan ***


* Comunicazione di servizio: Recensite, recensite, recensite. –cit. Laura Scimone.
La canzone per questo capitolo è *drumrolllll*:
Kasbo - Steps (Buon ascolto & buona lettura!)

 


Erano passate ormai un paio di settimane da quando Jordan si era accampato nel nuovo appartamento a Seattle e per quella giornata si era prefissato un solo obiettivo: fare un giro in città per cercare, e trovare, lavoro. Il suo fondo ormai si stava prosciugando e doveva cercarsi un lavoro per pagare affitto e collage. Si rigirò nel letto guardando la sveglia, erano ancora le 6:30. Mai si era svegliato così presto.
Decise di perdersi un po’ tra le coperte soffici del suo letto e temporeggiare scorrendo tra le pagine del telefono. Ormai la stagione fredda si stava avvicinando sempre più minacciosamente e il meteo di Seattle non perdonava nessuno. Fortunatamente l’appartamento era riscaldato a dovere e aveva ormai un proprio microclima.
Si perse tra le foto pubblicate nella sua bacheca di Facebook, fra quelle di Xavier e Sawyer. Iniziava a sentire la mancanza dei due fratelli, in particolare del più vecchio, nonostante si sentissero quasi quotidianamente.
Xavier l’aveva avvisato del piccolo bisticcio con Tessa e J si sentiva terribilmente in colpa a non essere a Chicago in quel momento ma confidava in lui, ormai grande e vaccinato. Erano due settimane che i due non si parlavano e sicuramente, conoscendolo, Xavier aveva già costruito un muro con la famiglia per non prendersi la briga di parlarne.
 
Dopo un’ora abbondante decise di sgattaiolare fuori dal letto per portarsi verso la cucina a fare una sana colazione. Di giovedì e venerdì non aveva lezione quindi poteva concedersi un bel weekend lungo dopo tre giorni di università a pieno regime.
Mentre divorava avidamente i suoi cereali continuando a curiosare tra i social network, Mitchell fece il suo ingresso in cucina.
« Stasera ti unisci a noi vero? » chiese nell’aprire il frigorifero in cerca del latte.
J fece cenno di sì con la testa senza badargli troppo. Aveva davvero bisogno di distrarsi, dopotutto erano state settimane di studio intenso.
« Andiamo ad una festa in un locale qui vicino. Roy ha la ragazza che lavora lì quindi potremo benissimo bere a sbaffo. Spero…» aggiunse Mitchell ridendosela sotto i baffi e facendo una smorfia di mezza incertezza.
« Sembri parecchio emozionato. » ribatté J, ma Mitchell si limitò a fare un gran sorriso senza dare spiegazioni.
 
 
« Ho bisogno di un favore. – disse J dopo alcuni minuti di silenzio fra i due – Devo trovare un lavoro in città. Sto letteralmente nuotando tra il nulla. »
Mitchell si alzò da tavola per prendere il giornale vicino alla porta. Lo fece cadere sul tavolo e indicandolo invitò J a dare un’occhiata alla pagina degli annunci lavorativi.
« Magari trovi qualcosa di interessante e nel pomeriggio ti accompagno. Altrimenti ti perdi. » aggiunse ironicamente appoggiando la tazza nel lavabo e dopo aver dato una pacca sulle spalle a J, si avviò verso camera sua.
« Stasera porto una tipa a casa. – informò Jordan – Cioè puoi farlo anche tu se ti va ovvio. »
« Oh. Grazie per l’autorizzazione – rispose J – in ogni caso, nessun problema. »
« Ottimo. » concluse esultando Mitchell defilando felice in camera.
 
Jordan sbirciò alcuni annunci sul giornale evidenziando quelli che riteneva lo avrebbero assunto con più probabilità. Erano una decina, non troppo distanti l’uno dall’altro come posizione, alla fine non intendeva fare il giro dell’oca dell’intera città per trovare un lavoro. Sarebbe andato a settori. Sorrise compiaciuto.
 
✻ ✻ ✻
 
« Qual è la prima tappa? – chiese Mitchell aprendo lo sportello della sua Audi Q5 bianca – Spero non troppo distante, non ho molta benzina. »
J guardò la pagina del giornale mezza evidenziata e indicò l’annuncio del Bombay Grill.
« Sicuro di voler lavorare in quel posto? – chiese incuriosito Mitchell inserendo le chiavi nel quadrante – Cioè, fanno buon cibo si, ma per me resta un buco per asporto. »
Jordan si scambiò uno sguardo crucciato con l’ormai amico. Viveva a Seattle da più tempo di lui e sicuramente conosceva meglio i vari locali.
« Beh, lo faccio più per i soldi che per il posto. » disse cercando di giustificarsi e nel tentativo di auto convincersi.
Mitchell accese la radio e “Rap God” di EMINEM risuonò per tutta la macchina. Guardò J e fece spallucce « Contento te. » ribatté ridendo.
 
Dopo aver passato un paio d’isolati Mitchell si schiarì la voce ed iniziò a spiegare il progetto della serata a Jordan assorto in altri pensieri.
« Dunque ci sta questa ragazza, Leanne. Ci sentiamo da parecchio ma voglio concludere qualcosa. Capisci cosa intendo? » iniziò il discorso Mitchell gesticolando in modo esplicito per far capire al coinquilino il suo scopo e facendo virgolette nel dire “concludere”.
J scoppiò a ridere fragorosamente. Capiva perfettamente ed era la stessa conclusione che avrebbe voluto lui ma mancava la materia prima.
« Ovviamente ho pensato a tutto e Lea porta un’amica. Per te! – aggiunse esultando e picchiando violentemente la mano sulla spalla dell’amico – Non andrai in bianca, amico. »
Jordan arrivato a questo punto, dopo settimane di studio ossessivo iniziava a domandarsi quando sarebbe arrivato il tempo dello svago. Svago maschile.
 
 
 
Dopo aver bocciato tutte le scelte evidenziate sulla pagina di giornale i due ragazzi si ritirarono afflitti verso la macchina e poi verso casa.
« Coraggio amico, troverai qualcosa non temere. Intanto stasera ce la spassiamo. »
J affranto annuì mentre scriveva un messaggio a suo fratello Xavier, probabilmente ad allenamento a quell’ora.
Niente lavoro. Che merda.
Rientrati a casa si concedettero entrambi una doccia rigenerante e ordinarono da Chipotle del cibo per asporto per l’intero appartamento. Jordan ordinava sempre, come gli aveva insegnato Xavier, un burrito extra riso perché così in automatico avrebbe ricevuto anche più carne senza alcuna aggiunta nel prezzo. “Big boys, big food
« Leanna ti raggiunge direttamente lì? » chiese Jordan incuriosito.
« Si si figurati. Già l’avrò fra i piedi stanotte mi manca doverla andare anche a prenderla. » ribatté ironicamente Mitchell mentre accendeva la tv in salotto.
J realizzò in quel momento che lui e Mitchell erano davvero simili nell’atteggiarsi con le ragazze. J aveva avuto un’unica storia seria in tutti i suoi ventuno anni. Lily. Erano rimasti assieme per circa tre anni e mezzo, poi lei era partita per l’Australia in erasmus e l’aveva lasciato perché ‘sarebbe stato troppo difficile’ . Da quel momento J aveva deciso che non si sarebbe più lasciato abbindolare da alcuna ragazza. Solo divertimento. Da allora si susseguirono sono avventure che lo avevano dipinto, all’interno del suo quartiere, come l’irraggiungibile ragazzo dai gusti troppo difficile, ma in realtà non era affatto così.
I suoi gusti erano piuttosto semplici, niente di esagerato, Lily stessa era una ragazza estremamente acqua e sapone.
Mentre finiva la sua cena, Jordan già iniziava ad immaginarsi come sarebbe potuta essere questa misteriosa ragazza con cui era destinato a passare la serata.
 
✻ ✻ ✻
 
Dopo cena i ragazzi si prepararono per raggiungere, al Red Door, le ragazze e divertirsi. Jordan in particolare, non avendo trovato pane per i suoi denti in zona lavoro, sperava di svagarsi parecchio.
Il locale era situato in una zona abbastanza fuori dal centro città ma non troppo lontana dal loro appartamento. Derek a causa della sua partenza il giorno dopo per rientrare dalla sua famiglia a Portland decise di restare a casa, l’umore non era dei migliori.
L’interno del Red Door si presentava più come una discoteca piuttosto che come un bar. L’ingresso, situato accanto ad un piccolo baldacchino di legno dove la gente era obbligata a tesserarsi, era sorvegliato da due buttafuori.
Una volta superato il gazebo bisognava percorrere alcuni metri sotto un tendone e fare due rampe di scale accostate ad un muro di calcestruzzo per poi sbucare su questa sala completamente buia, illuminata da alcuni faretti e dalla loro luce fioca .
La stanza si divideva in diverse zone, separate fra loro da alcune piante o semplicemente da alcuni piccoli divani. Il guardaroba occupava l’intero angolo sinistro della stanza ed affiancato si allungava il bancone che riempiva quasi l’intera parete.
Al centro della pista vi era la consolle e le restanti parti del locale erano arredate con divanetti dove la gente era solita accoppiarsi o semplicemente avvinghiarsi come animali.
Era un ambiente casual e trasandato ma allo stesso tempo intimo e confuso.
Jordan amava i luoghi caotici e disordinati perché l’intimità era maggiore, ognuno pensava ai fatti suoi e di certo non sarebbe andata in cerca della sua figura. Inoltre il suo essere forestiero lo aiutava parecchio nel mimetizzarsi tra la gente.
 
I ragazzi si diressero immediatamente al bancone dove si ergeva statuaria tra i suoi folti ricci biondi la ragazza di Roy.
« Oh finalmente siete arrivati. » Roy diede un dolce bacio alla sua ragazza che subito iniziò ad armeggiare con le bottiglie di alcolici proponendo a ciascuno un mix diverso e probabilmente disastroso.
Jordan, inizialmente riluttante all’idea di iniziare già a bere, afferrò quello che sembrava un semplice Gin Lemon e si sedette su uno degli sgabelli antistanti al bancone.
« Ormai il locale è quasi pieno – disse J pensieroso – dove sono le ragazze? » era innegabile come la voglia di passare una bella serata lo stesse divorando.
« Stanno arrivando. Impaziente, eh? » disse di rimando Mitchell dandogli una gomitata e facendogli quasi rovesciare il cocktail sui suoi jeans. Lo era. Voleva spegnere la mente dalla mancanza di casa, dai corsi universitari, dal lavoro inesistente e da quella ragazza dell’aereo.
 
Ed eccole sbucare finalmente tra la folla scatenata in pista, Leanne e l’amica. Non sapendo quale fosse esattamente la sua donna, fece un cenno di saluto ad entrambe. Una delle due aveva folti capelli neri corvini raccolti in uno chignon molto disordinato, labbra carnose e pelle abbronzata. I lineamenti del viso erano gli stessi e se non fosse stato per il capello scuro e raccolto l’avrebbe scambiata per lei, la ragazza dell’aeroporto. Ma non era lei.
L’altra ragazza aveva dei lunghi capelli biondi raccolti in una coda di cavallo che le cadeva dolcemente su una spalla.
Mitchell si avvicinò alla bionda abbracciandola e baciandola sulla guancia. L’altra ragazza, spaesata, si limitò ad accennare un sorriso a Mitchell indietreggiando dalla coppia e avvicinandosi al bancone.
 
« Un bicchiere d’acqua grazie. » disse con un tono di voce dolce e vibrante.
« Niente alcool per te? » chiese ironicamente Jordan appoggiandosi con i gomiti al bancone e guardandola. Era una bellissima ragazza, ma non aveva nemmeno l’aria di essere una facile.
« No – rispose lei sedendosi sullo sgabello accanto a J – non voglio rovinarmi la serata. » concluse voltando lo sguardo verso la pista.
Aveva gambe lunghe e sottili fasciate da un paio di jeans neri strappati in più punti, stivaletto nero ed un corpetto in pizzo chiaro che metteva in risalto i suoi seni prosperosi. In vita aveva legata una camicia in flanella a quadri neri e rossi che le dava un’aria meno formale.
 
« Shay – disse girandosi di scatto verso J e tendendogli la mano per presentarsi – Tu sei…? » chiese perplessa.
« J » rispose lui stringendole la mano.
« Solo J? – domandò perplessa – Oppure è il diminutivo di qualche misterioso nome? »
« J di Jordan. » le spiegò passandosi una mano tra i capelli e voltandosi a guardare Mitchell e Leanna in pista.
 
 
« Jordan. Che mi racconti di te? – chiese Shay nell’accendersi una sigaretta dopo averlo invitato ad uscire – Qualcosa di interessante che dovrei sapere su di te? »
« Chiamami J. Preferisco – iniziò lui – E in tutta oggi non ho trovato lavoro. »
Shay lo guardò sorpresa « Un bel ragazzo come te? Strano. » disse lei ironicamente.
J le rubò la sigaretta dalle mani e fece un tiro profondo per poi appoggiarsi alla parete delle scale ed esalare la nicotina. Le sorrise ma lei lo fissò impassibile. Jordan capì che la ragazza, mentre si girava una nuova sigaretta, cercava più sostanza.
« Sono arrivato da Chicago due settimane fa per studiare economia alla Seattle Univeristy. – aggiunse affranto nella speranza di far scaturire in lei qualche interesse. Quella serata non sarebbe andata in bianca, non lo avrebbe permesso. – Ho lasciato a casa due fratelli e mia madre. Faccio palestra sei giorni su sette e al liceo giocavo ad hockey con mio fratello. Abbiamo vinto il campionato. »
Ed ecco, era riuscito a rubarle un sorriso.
Dopo che entrambi ebbero finito di fumare e dopo che Jordan ebbe finito il suo drink, rientrarono entrambi nella sala del locale dove anche Roy e la sua fidanzata si stavano già scatenando insieme ad un Mitchell che, avidamente, mappava l’intero corpo di Lea.
La gente era visibilmente fuori controllo, visibilmente ubriaca ed alcuni visibilmente strafatti. Shay si portò verso il centro della pista trascinandosi con sé Jordan e trascinando la serata nella giusta direzione.
 
 
✻ ✻ ✻
 
Visibilmente ubriachi rientrarono tutti a casa, ragazze comprese. Mitchell e Leanna si lanciarono in camera iniziando a spogliarsi già dopo aver varcato l’ingresso. Roy si avviò verso camera sua distrutto dalla serata ma speranzoso di trovare Derek ancora sveglio nonostante l’orario per fare una partita alla Play.
Jordan e Shay rimasero davanti alla porta d’ingresso, entrambi un po’ alticci. Shay nonostante la serata passata a ballare era ancora diffidente nei confronti di Jordan.
« Vuoi un caffè ? » le chiese J nella speranza di far passare la sbronza. Shay face segno di si con la testa mentre si sdraiava sul divano appoggiando la testa sul bracciolo.
Jordan mise al lavoro la macchinetta del caffè e si girò verso il salotto a guardare Shay che, prima di uscire dal locale, aveva indossato la sua camicia in flanella e si era sciolta i capelli, lunghi fino ai finachi.
Le ricordava davvero tanto la giovane dell’aeroporto. Erano solo quei capelli scuri a qualche centimetro di meno a differenziarle. Fece per avvicinarsi dolcemente alla ragazza ma la macchinetta iniziò quasi immediatamente a far scendere il caffè nel bricco in vetro, così versò il caffè in due tazze e andò a sedersi accanto a lei che, al profumo del caffè, si sedette composta sul divano bisbigliando un dolce “Grazie” ma poggiando la tazza e quella di Jordan sul tavolino in legno bianco antistante al divano.
 
« Pensavo lo bevessi davvero. » le sussurrò J mentre le si sedeva accanto. Shay si portò a cavalcioni di lui iniziando a passare le mani tra i suoi capelli disordinati ma morbidi. Jordan senza chiedere spiegazioni affondò le sue mani sotto la camicia alla ricerca della zip che teneva chiuso il corpetto. I vestiti vennero abbandonati uno dopo l’altro con cadenza regolare ed una volta rimasti al solo intimo, la prese in braccio e la portò in camera.
I risultati della palestra erano ben visibili sul corpo di Jordan che mostrava addominali e pettorali scolpiti alla perfezione. Era uno dei suoi assi nella manica.
Un insieme di baci li travolse ma in tutto questo, per quanto lei fosse bella, J stava facendo sesso con la sola idea di farlo. Con chi aveva la sua importanza relativa.
 
La passione e quella piccola percentuale di cattiveria che metteva nei suoi movimenti tra le coperte non erano indirizzati a Shay. Era semplicemente uno di quei ragazzi che adora fare sesso. Uno che ama la pratica in sé e non l’oggetto delle attenzioni.
Numerose volte Roy e Derek bussarono alla porta per richiamare i due giovani amanti, completamente noncuranti della faccenda. J aveva guadagnato una certa fama nel suo quartiere a Chicago per una lista di cose nel corso degli anni ma, dopo essersi lasciato con Lily, aveva aggiunto quella di “macchina del sesso” concessagli dalle “poche” fortunate. La stessa Lily poco prima di partire non accennò a negare quella sua grande dote. Jordan era sicurissimo che nemmeno la rossa sarebbe stata in grado di negarlo. Se solo avesse avuto l’occasione.
 
✻ ✻ ✻
 
Shay si svegliò presto la mattina dopo. Era l’alba. Non aveva dormito molto vista l’ora di rientro e l’avventura notturna con il giovane palestrato. Jordan era steso sul letto a pancia in su con un braccio appena sopra la nuca ed il lenzuolo che sfiorava appena il pube.
Compiaciuta Shay cercò i suoi indumenti e si vestì in fretta. Prima di uscire decise che nonostante tutto, era disposta a fargli un favore, per ringraziarlo della serata.
Lasciò un biglietto con un orario e un indirizzo. Nulla di più.
 
Al suo risveglio J si trovò solo nel letto da due piazze e ne restò visibilmente sorpreso di non trovare la ragazza accanto a lui ma allo stesso tempo ne era sollevato. Quel gesto significava che per lei quella serata aveva tanta importanza sentimentale quanta ne aveva per lui: zero. Si alzò dal letto e nel vestirsi notò, sopra la scrivania, il biglietto che Shay aveva lasciato.
Decise nonostante tutto di assecondare le istruzioni della ragazza e si sarebbe presentato nel posto indicato alle ore 15:30.
 
Abercombie & Fitch”. Era seria? Era tutto uno scherzo? Perché l’aveva mandato in quel negozio? Entrò per chiedere spiegazioni nella speranza fosse uno scherzo.
« Eccoti. » sentì urlare alle sue spalle e nel girarsi la vide. Shay. « Non ero troppo sicura ti saresti presentato. »
J confuso si limitò ad ascoltarla e al suo “seguimi” obbedì senza indugio. Shay salì le scale ed arrivo vicino alla zona camerini dove una ragazza stava sistemando alcuni indumenti.
« Ho trovato il nuovo ingaggio. » esclamò esuberante verso la giovane, che si presentò come la Responsabile del negozio.
« Stavamo cercando qualcuno che ci aiutasse. La paga non è eccessiva ma ci campi tranquillamente – gli spiegò la Responsabile – la tua disponibilità è indifferente, decideremo un orario che possa andarti bene sempre. O quasi. »
J continuò a fissare Shay dubbioso. Non lo emozionava troppo il fatto di lavorare con lei. Dopo averci passato una notte assieme. A letto.
« Sei sicura vada bene? Mi fido. » chiese la commessa a Shay.
« Ne resterai incantata. »
« Quando puoi iniziare? » chiese la Responsabile ricevendo un “Anche subito” come risposta da Jordan che però, curioso, chiese se non servisse qualche altra informazione su di lui per fare il commesso.
« Commesso? No tesoro – aggiunse la Responsabile mentre gli lanciava una giacca blu con alamari ed un paio di Jeans con il cavallo basso – basta che ti togli la maglietta e ti posizioni all’ingresso insieme a Thiago. »
 
Farò il modello?” si chiese sconvolto fra sé e sé.




Lo so, lo so. Sono una brutta persona. Mi sono dimenticata di pubblicare lo scorso weekend –chiedo venia– ma tra università e cazzini vari mi sono dimenticata.
Mi perdonate? Spero di sì altrimenti me sparo. Dunque per farmi perdonare ho cercato di rimpolpare il capitolo aggiungendo qualche info e menarvela per più tempo perchè vvb fiori.
Ma per davvero, sono seria. ANYWAY un ringraziamento speciale a chi ancora mi segue e legge sta cagata che produco ogni weekend. GRAZIE
Avete una passione a leggere che nemmeno io dopo 16 Litri di caffè, vi stimo molto cuoricini.
Aggiungo che, il SESTO (wow) capitolo è già pronto come anche il SETTIMO ED OTTAVO (la madooonna!) quindi sarò puntuale settimana prossima.
Avete visto che vi ho dedicato la canzone ad inizio capitolo? Sono brava?
Lo so, lo so. Adesso mi applaudo da sola.

THIS IS ALL KNUCKLEHEADS. Ci vediamo prossimo weekend♡♡

 

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