La cacciatrice di ricordi

di ilikeit
(/viewuser.php?uid=211705)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ricordo ***
Capitolo 2: *** Incontri ***
Capitolo 3: *** Arte ***
Capitolo 4: *** Sorriso ***
Capitolo 5: *** Incubo ***
Capitolo 6: *** Amicizia ***



Capitolo 1
*** Ricordo ***





CAPITOLO UNO: Ricordo


Ricordo
[ri'kɔrdo] : ciò che serve a conservare o a rinnovare la memoria di qualcuno o di qualcosa.
Era un sabato mattina degli inizi Dicembre. Milano era grigia ed uggiosa e forse di li a poco sarebbe venuto a nevicare, quelle nuvole grigie e quel freddo pungente circondavano qualsiasi cosa, alberi, automobili, negozi, case. Sembrava tutto così triste, così invernale.
Era la prima volta dopo molto tempo che tornava in Italia, per un’intervista, per le solite domande. E lei era li, per la prima volta dopo molto tempo, lei era li, su quelle strade che le portavano alla mente così tanti ricordi.

 
“-Ade corri, corri, torna a casa. Mamma sta male.- Un suono metallico e quasi innaturale continuava ad uscire dal telefono a scatti, spezzato dai singhiozzi. Non ci fu risposta, solo una folata di vento ad ogni rapida falcata della ragazza. Arrivò in un tempo record, e se non fosse stato per quella frase forse avrebbe speso del tempo per congratularsi con se stessa per la sua velocità. La porta di casa era aperta, spalancata, delle persone intorno al corpo di sua madre. Non disse niente, non ascoltò nessuno, si accasciò solamente a terra affianco al fratello per stringerlo a se e per unire le sue lacrime alle proprie.„

Ed eccolo, un ricordo riaffiorare alla mente. Il più brutto, il più doloroso. Si asciugò una lacrima prima che scivolasse sulla sua guancia e riprese a camminare. Entrò nel locale e si fece guidare all’interno da una donna sui trent’anni verso il suo camerino. Si fermò accanto alla porta e poi entrò lasciandosi cadere pesantemente sulla poltrona davanti allo specchio. La donna si schiarì la voce per attirare la sua attenzione. La ragazza la guardò e le fece un sorriso di circostanza, poi allungò la mano e si presentarono.
«È un piacere incontrarti! Io sono Anna»
«Il piacere è mio» Si sedette meglio e si tolse la giacca mentre Anna tirava fuori dalla borsa posata sopra il tavolo un’infinità di trucchi.

 
“-Mamma che dici di questo colore?- La donna la guardò e sorrise. –Sai Ade penso tu sia una delle poche donne al mondo a non sembrare una poco di buono con un rossetto così rosso- Si misero a ridere entrambe fin quando la voce di suo padre non le interruppe. –Siete così dannatamente uguali e bellissime che non so che farei senza una di voi due-„

Un’altra lacrima le sfuggì.

La ragazza era già pronta per entrare in studio, era li già pronta con il suo sorriso di circostanza, che si era ormai imposta ad avere stampato sul volto ogni giorno. Era tutto così difficile per lei-
«Ed oggi qui con noi abbiamo Adele Higgins»
Le porte le si aprirono davanti e lei fece qualche passo per avvicinarsi alla conduttrice, si sedettero una di fronte all’altra su delle poltroncine bianche vicino ad uno schermo in cui campeggiava la sua faccia, trattenne una smorfia di disappunto e poi ampliò il sorriso guardando la donna che aveva di fronte-
«Sai, c’ho pensato molto su che domande farti, essendo anche la tua prima intervista non avevo idea su cosa avresti voluto parlare oppure no» Ade fece un cenno con la testa per far iniziare quello strazio e le sorrise nuovamente
«Allora Adele, da quanto tempo era che non tornavi in Italia?» Ade iniziò a torturarsi le mani come era solita fare ogni volta in cui si trovava in difficoltà.
«Mmh penso all’incirca tre, forse quattro anni»
Non doveva pensarci, lo sapeva benissimo da quanto tempo era che non metteva più piede in Italia. Quattro anni, sei mesi e dieci giorni. Era passato così tanto.

 
“-Ade allora che dici?- Suo padre era seduto di fronte a lei, in sala da pranzo. Ade sapeva già ancor prima che suo padre le facesse quella proposta che era li per quello. Lui aveva un lavoro, stabile, ma non in Italia, andava avanti da troppo tempo la storia del ‘appena posso torno da voi’ era troppo per tutti, per lei, per suo fratello e per sua madre in primis. E sapeva anche il motivo di quella sua proposta. Si sentiva in colpa per non aver fatto abbastanza per sua madre, come se fosse stata colpa sua se lei è morta. Ma quella colpa non ce l’ha nessuno. –Quando partiamo?- Sul viso di suo padre, a quelle parole, comparì un sorriso smagliante ma da contrasto c’erano quegli occhi marroni così tristi.„

«E la cosa che ti manca di più dell’Italia?»
Ade sospirò «Tutto» ma in quel tutto c’era ben altro. Tutto riguardava anche la sua casa, la sua famiglia, sua madre. Anna alzò gli occhi dal suo foglio e li puntò su Ade.
«Come mai non hai mai voluto fare un’intervista? In fin dei conti sei sempre stata all’interno di questo mondo» Ade prese tempo, sorrise, si spostò i capelli da una parte all’altra della testa e poi prese coraggio.
«Sai, penso sia la prima intervista questa. È che non sono capace di parlare con persone che non conosco di qualcos’altro oltre al mio lavoro. È difficile tutto ciò che riguarda la mia sfera privata. Essere io quella dall’altra parte dell’obbiettivo è difficile, molto, forse troppo, anche per me. Essere qui, è già tanto, aver trovato la forza di essere qui, di fronte a te, Lisa, per me è qualcosa di difficile, forse una delle cose più difficili che io abbia mai fatto fin’ora. Ma so anche che ovviamente, di solo lavoro non può parlare quest’intervista, quindi perdonami in anticipo delle poche parole che dirò su quello che voi tutti volete sapere, quindi, sai cosa? Vai dritta al punto chiedi quello che vuoi, su di me, su mia madre»
Lisa appoggiò il cartoncino in cui aveva scritto le domande sulle sue gambe accavallate e incrociò le braccia al petto guardando Ade.
«Te ne sei andata da qui, quando avevi cominciato a farti un nome nel mondo della fotografia, qual è stato il vero motivo?»
Ade abbassò gli occhi.
«Il vero motivo? Lucas. Volevamo essere di nuovo una famiglia, riattaccare i pezzi anche senza la nostra colla, senza mamma. È stato difficile, molto, ma ci siamo riusciti. Più o meno. Non potevo rimanere qui sola, senza mio fratello. Con il passare degli anni, con il lavoro di mio padre, dovevo stargli accanto, aiutarlo a crescere, come mamma ha aiutato me»
«Oggi sei un’affermata fotografa non solo a Londra ma anche in tutto il mondo. Sei sempre in giro e sembra quasi che non ti fermi mai. Ma quando ti fermi a cosa pensi?»
Ade sorrise e poi prese a parlare «Sai, ogni volta che mi fermo, sempre in un posto diverso dal precedente mi prometto sempre di fermarmi un po’ di più. Di ritagliarmi dello spazio per me, per trovare magari l’amore, per crearmi una famiglia, in fin dei conti io non mi fermo mai, ma anche il tempo non lo fa. Il tempo passa e io sono sempre più single che mai! E forse, ma dico forse e tenendo le dita incrociate, per un po’ mi fermo»
«Quindi in questo periodo che farai? Metti da parte la tua macchina fotografica e..»
Ade sgranò gli occhi ed iniziò a gesticolare animatamente con le mani.
«Oddio no! Io senza macchina fotografica non so vivere! Solo che il mio lavoro sarà molto, ma molto sotto tono rispetto al solito. Non so nemmeno come si possa definire quello che andrò a fare, forse ‘fotografa ufficiale degli One Direction’ per tutto il periodo del tour ci potrebbe stare»

 
“-Daii! Ade, stiamo con papà per tutto il tempo, tu ti riposi, fai qualche foto a quelli squilibrati e poi stiamo assieme. Da quanto è che non lo facciamo?- Ade ricomincia a guardare svogliatamente lo schermo del computer, poi lo rivolge al fratello che la guarda in modo supplichevole. L’ha fregata per l’ennesima volta. Sanno già entrambi che lei ha già ceduto dalle sue parole. –Ok, di a papà che ci sto- Lucas iniziò a saltare per tutto il salotto per poi togliere dalle mani della sorella il portatile per coinvolgerla in quella sottospecie di danza della vittoria.„

«Adele un’ultima domanda»
Ade annuì svogliatamente ma al tempo stesso felice che fosse tutto terminato.
«Alla fine del tour ritorni qui e ci racconti com’è andata?»
«Lisa, non ti assicuro nulla»


Spero che possa piacere a qualcuno.
Spero che qualcuno la recensisca per farmi capire cosa ne pensa.
Spero che non ci siano errori di grammatica.

Spero che siate arrivati fin qui senza dire "Dio che palle".
Alla prossima, se ci sarete.

-Ness.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Incontri ***


 
 
CAPITOLO DUE: Incontri
 
Incontràre [iŋkon'trare] : trovare qualcuno o qualcosa, per caso sulla propria strada.
 
Il volo da Milano a Londra era andato bene, nessun ritardo e nessuna perturbazione durante il volto, il tempo era passato così velocemente che aveva fatto appena a tempo a salire sull’aereo. Questa sera l’attendeva ‘la serata’ come l’aveva definita suo padre. Che poi lei non aveva nessuna voglia di conoscerli, ci avrebbe passato già un sacco di tempo assieme, anticipare l’agonia non le andava proprio, e poi lei quella sera aveva da fare, almeno all’apertura della sua mostra fotografica doveva esserci. Con quei pensieri salì sul primo taxi che riuscì a fermare per tornare a casa.
Appena aprì la porta di casa fu letteralmente investita da suo fratello.
«Oh Ade! Pensavo ti fosse successo qualcosa..»
La ragazza gli tappò la bocca con la sua mano. Per poi alzare gli occhi al cielo e sorridergli sconsolata.
«Sai, non è così facile far fermare un taxi a Londra, soprattutto all’aeroporto, quindi ti prego, metti da parte le tue paranoie. Sono qui, viva e vegeta. Ed ora lasciami andare a rivedere le ultime cose per la mostra di questa sera.»
E mentre la ragazza si affrettava a salire le scale lui la fermò.
«Ti ricordi vero, la cena di questa sera?»
Lei sbuffò e sussurrando un «E come dimenticarla» andò a rinchiudersi nel suo studio.
 
Uscì da quello studio solo un’ora e mezza prima dell’orario stabilito da suo padre per venirli a prendere. Era così incasinato quel giorno per lei, che non sapeva nemmeno come riuscisse ancora a stare in piedi sulle sue amate scarpe rosse con il tacco dodici. Si infilò in bagno e fece uscire con uno spintone Lucas da esso.
«Gentile come sempre, è sorellina?!» Sentì la voce di suo fratello da dietro alla porta ovattata, dal suono dell’acqua e dalla barriera creata dalla porta. Si spogliò velocemente per poi entrare nel box doccia ed iniziare a lavarsi il corpo e i capelli lunghi. Uscì dal bagno dopo mezz’ora accompagnata da un urlo di Lucas.
«Nella prossima casa dovranno esserci minimo tre bagni. Non è possibile che solo per lavarti tu ci metta così tanto!»
Era così ogni volta, lui che urlava e lei che alla fine della predica alzava gli occhi al cielo. Sull’argomento ‘bagno’ diventava lui il fratello per così dire, maggiore, aveva ogni volta qualcosa da recriminare. La durata delle sue docce, il vetro appannato dal vapore, il phon lasciato sopra il mobile, i suoi trucchi sparsi qua e la ed infine il profumo lasciato senza il tappo. L’unica parte della casa in cui doveva regnare l’ordine a suo parere era il bagno e così lei, per vendicarsi di tutto il casino che lui lasciava in giro per il resto della casa, lasciava ogni volta il bagno in condizioni disastrose.
Non fece nemmeno a tempo a finire di allacciarsi il reggiseno a fascia che la voce di suo fratello risuonò per tutta casa. «Adele Higgins..» Lei si affacciò al bagno e lo interruppe «Fammi indovinare, non ho risciacquato il piatto della doccia, non ho sistemato il pettine ed i phon, altro?» Lucas sbuffò ed iniziò a sistemare tutto.
«Lucas, sbrigati che poi mi devo truccare» Disse la ragazza entrando nuovamente in camera e indossando il vestito e le scarpe.
 
«Tu così non esci, non esiste, e poi fa freddo. Quindi no, vai a cambiarti» La ragazza alle parole del fratello alzò gli occhi al cielo.
«Lucas, per favore! È un vestito, dopo cena io dovrei anche andare alla serata di apertura della mia mostra, quindi ti prego! È un vestito di raso, bianco e nero, senza spalline. Cos’ha che non va?!»
Suo fratello si alzò dal divano e si avvicinò alla sorella, le toccò la coscia nuda. «È corto, troppo corto» si lasciò sfuggire quelle parole con astio.
«Oh andiamo! Mi arriva a metà coscia! E poi magari è la volta buona che faccio colpo su qualcuno, mi fidanzo, mi sposo e ci faccio pure un figlio assieme! E per il freddo beh, esistono le giacche, o meglio la mia giacca di pelle, quindi zitto e non rompere!»
La ragazza si voltò e prese dall’attaccapanni la sua giacca e se la infilò.
«Tu questa sera rischierai di essere violentata da quei cinque squilibrati con questa specie di vestito come lo chiami tu, e poi..»
Il suono del campanello interruppe il ragazzo, mentre la ragazza sospirando di sollievo si avvicinava alla porta per aprirla, suo padre era li impalato di fronte a lei con un sorriso stampato in faccia.
«Allora, andiamo?» Entrambi i ragazzi annuirono e dopo che Ade ebbe preso la sua borsa salirono in macchina per andare al ristorante.
Che la serata abbia inizio.
 
Erano in ritardo di dieci minuti i cinque squilibrati come amava chiamarli Lucas. Era l’unico modo con il quale poteva esprimere il suo disprezzo verso delle persone alle quali suo padre teneva. Non riusciva ancora a dimenticare il suo quattordicesimo compleanno, forse il più brutto che potesse ricordare. Perché poi, con il passare del tempo c’aveva fatto l’abitudine.
 
“-Ade, no! Aspetta un altro po’, papà ha detto che veniva! Lascia fuori la torta, papà ha detto che sarebbe venuto!- La sorella lo guardò sconsolata e rimise la torta cioccolato e panna sul tavolo. Il tempo passava e nessuno dei due voleva ammettere all’altro che non sarebbe più arrivato nessuno. Erano le otto, la torta ormai aveva perso consistenza e sapore, il telefono squillò e Lucas corse a prenderlo, la sorella lo vide solamente annuire con gli occhi velati di lacrime per poi gettare con forza il telefono sopra il divano. Lucas corse via soltanto, sbattendo la porta della sua camera dopo esserci entrato e gridando un –Io li odio, tutti quanti- Ade si alzò da tavola, prese il dolce e pur sapendo che ormai avrebbe dovuto buttarlo via lo mise in frigo, nella speranza che almeno il giorno dopo sarebbe arrivato.„
 
«Scusate il ritardo, siamo stati fermati da un gruppo di fun»
A quelle parole Lucas sbuffò irritato mentre Ade si fece comparire un sorriso di circostanza sulle labbra.
Ade prima di alzarsi per stringere la mano a tutti e cinque si fermò appoggiando le labbra sull’orecchio di Lucas «Cerca di comportarti decentemente. Hai voluto tu tutto questo, fosse stato per me tra un mese mi troverei nel mio studio e non su un aereo che ci porterà chissà dove, quindi ti per favore»
Lucas la guardò di traverso e poi anche lui come lei si stampò un sorriso sul volto per fare le presentazioni di rito.
Non si poteva di certo negare la loro bellezza, tutti e cinque, a partire da quegli occhi azzurri con quella cresta bionda, poi quei ricci scompigliati con quegli occhi verdi, quegli occhi azzurri con quei capelli castani forse un po’ troppo lunghi, quella cresta castana con quegli occhi marroni e poi.. E poi lo sguardo di Ade passò su degli occhi marroni, forse più scuri o più chiari rispetto agli occhi dell’altro ragazzo, non lo avrebbe potuto dire con certezza con quelle luci, e quei capelli neri, involontariamente le labbra della ragazza si curvarono all’insù più del dovuto, più del normale, come non succedeva da tanto tempo, da troppo tempo. E se li era già dimenticati i nomi. Era tutto così strano. Si sentiva gli occhi di tutti puntati contro di lei, ma ogni volta che alzava lo sguardo vedeva solo la figura del moro, nient’altro.
Devo smetterla di fissarlo, gli sembrerò una pazza psicopatica da rinchiudere.
 
Ade si avvicinò all’orecchio del padre, era ora di andare. Non poteva mancare, non all’inaugurazione della sua quarta mostra a Londra, non il primo giorno.
«Papà io dovrei andare, è tardi»
Paul guardò il suo orologio e annuì baciandola su una guancia «Mangiamo il dolce e poi veniamo anche noi»
Ade allargò gli occhi e scosse la testa, «No, no. Non serve, insomma..» La voce del riccio la interruppe «Paul, dove dobbiamo andare?» Ade sconsolata si alzò dalla sedia e prese la borsa, ravvivandosi poi i capelli e togliendoseli dalle spalle per poi raccoglierli in un elastico. «Alla mostra di Ade.. Adele Higgins ma tutti quei tatuaggi sulle spalle?» Ade alzò gli occhi al cielo e abbassò lo sguardo su tutte le piccole rondini che le passavano da una spalla all’altra, per poi diventare sempre più rade mentre scendevano lungo le braccia. Lucas le passò la giacca e dopo essersela messa andò via, non prima di aver incontrato però quegli occhi così belli.
 
Zayn prese in mano il bicchiere e guardò andare via la ragazza che fin prima aveva guardato di sottecchi, non riusciva a capire perché il suo sguardo finiva sempre e solo su di lei quando alzava il volto dal piatto.
Si alzarono tutti da tavola dopo aver finito di cenare, e il ragazzo gli si avvicinò. «Smettila di fissare mia sorella in quel modo»
Per tutto il viaggio fino alla galleria non fece altro che pensare alle parole del ragazzo, non si ricordava nemmeno il suo nome, si ricordava solamente quello della ragazza, Adele che non la smetteva di ronzargli in testa assieme al fatto che qualcun altro si era reso conto che non aveva smesso per un attimo di guardarla.
«Zayn! Terra chiama Zayn!» Il ragazzo si riscosse dopo essere stato chiamato da Niall. «Siamo arrivati, dai scendi» Non se ne era nemmeno reso conto.
«Speriamo solo che non siano quei quadri insensati dove c’è una pennellata di colore rosso e io devo anche far finta di capire qualcosa» Risero tutti alle parole di Harry e poi entrarono velocemente nel locale.

Ciao a tutti quanti! Volevo iniziare col dirivi che:
  1. Mi dispiace per il ritardo! Ma sono stata male e sto ancora male! Chiedo perdono!
  2. Grazie mille alle 43 persone che hanno letto il primo capitolo!
Di solito c'è sempre un punto tre ma non saprei che scriverci, quindi.. Niente vorrei veramente sapere le vostre opinioni.
Ah e ultimissima cosa, i banner li ho fatti io, non sono niente di che, ovviamente, ma vi piacciono? Ultimamente sono a caccia di approvazione!
Comunque vorrei veramente sapere che cosa ne pensate!
Ancora un grazie a chi è arrivato a leggere fin qui.
Alla prossima, se ci sarete,
-Ness.

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Arte ***




CAPITOLO TRE: Arte
 

Arte ['arte] : ogni attività umana che si compia con l'ingegno e secondo regole dettate dall'esperienza e dallo studio.
 
Appena entrarono dovettero abituarsi alla luce soffusa e riuscirono a sentire con un po’ di difficoltà le note di un pianoforte. Paul gli si avvicinò e con un sorriso trionfale e pieno d’orgoglio guardò i ragazzi «Allora che ne pensate?»
I ragazzi si guardarono attorno con la bocca aperta. Solo Luois riuscì a collegare la bocca al cervello e far uscire solamente due parole. «Oh! Wow!»

 
Lucas dal canto suo alzò solamente gli occhi al cielo, non li sopportava già più, e sapeva che se si fosse lamentato o Ade lo avesse beccato a lamentarsi in qualsiasi modo per quella situazione lei non lo avrebbe solamente strozzato ma torturato, strozzato, sgozzato e decapitato. Aveva accettato solo per lui e lo sapeva bene.
 
Iniziarono tutti e sette a vagare per il locale, di per se non era niente di che, come al solito Ade sceglieva del luoghi improponibili per le sue mostre. L’altra volta era una fabbrica dimessa, ed ora, questa cosa indefinibile.
Zayn poggiò gli occhi su una tela, non erano dei dipinti erano delle foto trasportate anziché sulla carta fotografica su una tela che normalmente usano i pittori, era forse l’unica tela a colori che fin’ora aveva visto, si fermò a guardare la tela forse per troppo tempo tanto che qualcuno si fermò accanto a lui e lo riscosse dai suoi pensieri. Era già la seconda volta che accadeva, nel giro di nemmeno due ore.
«Ti piace?» Il ragazzo annuì rimanendo però concentrato sulla tela. Si sentì fissare e così distolse lo sguardo dall’immagine e lo portò sul suo interlocutore, batté più volte gli occhi, di certo non se lo sarebbe mai aspettato che lei si fermasse li con lui, in fin dei conti durante tutta la cena non avevano realmente parlato, erano solamente domande e risposte per conoscersi, per non creare quell’imbarazzo durante l’intero tour, ma invece quell’imbarazzo tra loro crebbe a dismisura. Per interrompere quel silenzio gli uscì soltanto un flebile «Complimenti» lei riportò gli occhi sulla foto e prima di parlare aspettò un po’. «È la foto a cui tengo di più, l’unica che per qualsiasi cifra non darei mai via. Di questa ce né solo una copia, l’originale, ed è questo che hai davanti agli occhi»
Zayn riportò gli occhi sulla foto, cercando di capire cosa ci fosse di così speciale. Era una casa, la foto era scattata all’alba o al tramonto, non avrebbe saputo dirlo, l’albero spoglio accanto alla casa si stagliava contro il cielo arancio e sotto di esso c’era una panchina sulla quale c’erano due figure o forse tre, nemmeno quello lo sapeva per certo. I capelli di una delle due figure erano scompigliati dal vento, li facevano quasi sembrare altri rami di un altro albero. Poi guardò nuovamente il cielo, l’arancio era sporcato da delle macchie nere, uccelli che volavano verso chissà dove. Dava sicurezza, tranquillità, eppure era così triste.
«Non sembra Londra» Adele fece un sorriso triste e lo guardò forse per la seconda volta negli occhi «Infatti non lo è» Zayn la vide iniziare a torturarsi le mani mentre ritornava a guardare la foto. Era così strana. Forse stanca.
 
Era rimasta sola da un po’ davanti a quella foto. Si ostinava a portarla ad ogni mostra, e poi succedeva sempre la stessa storia. Lei che ritornava a pensare ai loro giorni felici.
 
“-Dai, mettetevi li seduti e state zitti tutti e tre! Una foto! Solo una!- La madre si sedette sulla panchina verde sotto all’albero di albicocche che il marito aveva piantato anni addietro, seguita poi dal marito che le circondò le spalle con un braccio. Il fratello sbuffò ma poi andò a sedersi tra la madre e il padre, facendo sorridere entrambi. Non le sopportava le smancerie come le chiamava lui, tra i suoi genitori. Appoggiò la testa sulla spalla della madre e poi guardò la sorella alle prese con la sua nuova macchina fotografica, scartata poco prima per il suo compleanno. –Ade non sei capace, non hai nemmeno letto come si usa!- La sorella abbassò la macchina fotografica e guardò male il fratello. –Zitto- Poi se la riportò nuovamente vicino al volto e scattò. Si sentì solo un ultimo click. E quello fu proprio l’ultimo click con sua madre„
  
Qualcuno la riscosse dai suoi pensieri baciandole la spalla non coperta dai lunghi capelli castani. Alzò gli occhi e trovò quelli di suo padre. «Sono stupende, mi stupisci ogni giorno di più» Gli sorrise e poi lo abbracciò, come se fosse l’ultima volta che avrebbe potuto farlo. E una lacrima le sfuggì, ma fu prontamente catturata dal pollice di suo padre.
«Oh Ade! Non avrei dovuto.. Io..» Guardò davanti a sé e incontrò la foto che gli riportò alla mente anche a lui gli stessi ricordi. Ade scosse la testa «Smettila, non è colpa tua. Non è colpa di nessuno. Non l’hai uccisa, non si è uccisa. È successo e basta, smettila di prenderti colpe che non hai!» Aveva alzato un po’ troppo la voce, così si guardò intorno e notò che gli unici rimasti in quel locale erano le persone con cui aveva cenato. Scosse la testa e uscì dal locale con gli occhi velati di lacrime. Era da troppo tempo che si teneva dentro quelle parole, e non ce la faceva più. Non era colpa di suo padre se sua madre era morta di cancro, nessuno era il responsabile della sua morte. Se proprio suo padre doveva incolparsi di qualcosa doveva incolparsi di tutte le sue mancanze nei loro confronti.
 
“-Non so se riesco a venire, insomma trovare un aereo che mi porti da voi alla vigilia di Natale è estremamente complicato..- Ade si alzò dal divano senza nemmeno sentire cos’altro aveva da dire suo padre. Guardò i regali che gli aveva spedito, prese il suo tra le mani e lo rigirò più volte. Sembrava quasi che lo avesse programmato. Si girò verso Lucas che la guardava speranzoso che dalle labbra di sua sorella uscisse un ‘sta scherzando, è qui fuori’ ma aspettò invano.„
 
 Si allontanò di scatto appena sentì qualcuno sfiorarle il braccio.
«Ehi, ehi! Giuro non ti faccio niente!» Si voltò verso quella voce e vide Zayn, il ragazzo dai capelli neri e dagli occhi scuri che le rivolgeva un sorriso. Lei si asciugò le lacrime con il polso e poi continuò a guardare la strada davanti a sé. «Non hai freddo?» Sembrava suo fratello. Si lasciò sfuggire un tremito e poi sbuffò un flebile «Un po’» Così lui le passò la giacca sulle spalle. Ade si accorse che era la sua e così guardò interrogativa il ragazzo. «Tuo fratello me l’ha lanciata contro, riluttante, prima di cominciare a urlare dietro a Paul» Ade sgranò gli occhi per poi avvicinarsi alla porta del locale, prima che Zayn la prendesse tra le braccia e la portasse lontano da li, per farla sedere su una panchina lungo il marciapiede dall’altra parte della strada. «Forse è meglio di no»
Era strano. Era strano per lei avere un contatto così ravvicinato con una persona dell’altro sesso che non fosse suo fratello, suo padre o qualche ragazzo che lavorava per lei o che le capitava di incontrare durante il suo lavoro.
«Che cos’ha detto mio fratello?» Guardò Zayn per un attimo, per poi tornare a guardare la porta del locale da dove non usciva ne un suono ne una persona. Il ragazzo si passò una mano tra i capelli corvini e poi cercò le sigarette nella tasca del suo giubbotto. «Qualcosa del tipo che non è quello che si deve far perdonare, ma altro» Ade annuì e gli passò il suo accendino vedendo che continuava a cercare qualcosa pur avendo la sigaretta in bocca. «Tieni» Lui lo prese e le sorrise per poi ridarglielo. «Mi spieghi la foto? Perché per te è così importante?»
 
“-Mamma allora? Ti piace?- La donna le sorrise e poi guardò nuovamente la foto sullo schermo del computer. –Si Ade, è bellissima-„
 
La ragazza gli sorrise poi riprendendo a guardare davanti a se «Prossima domanda?» Il ragazzo aspirò un ultima volta per poi gettare a terra la sigaretta per poi spegnerla. «Quindi farai delle foto anche a noi?» Ade iniziò a giocare con una ciocca di capelli che le era sfuggita «Boh, non lo so.. Se volete..» Ad un tratto l’attenzione di entrambi venne catturata da un ragazzo riccio che uscito dal locale cominciò a correre verso di loro.
«Ah! Siete qui! Io.. Ehm.. Direi che..» Ade lo guardò sconvolta, sembrava sconvolto. «Harry, riprenditi! Cos’hai?»
Harry, devo ricordarmelo. Se devo passare così tanto tempo assieme a loro, forse sarebbe meglio sapere almeno i loro nomi.
«Ah, non vi ho disturbato vero?» Ade lo guardò stralunata, ci mancava solo qualcuno che insinuasse qualcosa sul suo conto. Ma prima che potesse aprire bocca Zayn la anticipò. «Li dentro non c’era niente di così forte da farti ubriacare, quindi evita di dire cazzate!» Ade sorrise a quella frase, era la stessa che aveva in mente lei. Si alzò dalla panchina e attraversò la strada per poi entrare nel locale.
 
«Ma che ha?» Zayn alzò le spalle e poi guardò ancora una volta la ragazza allontanarsi da lui. Era strano. Era strano che avesse provato la voglia di uscire e di raggiungerla. Era strano che il silenzio che a volte si era creato non gli desse fastidio. «Sai, penso di sentirmi un po’ in colpa..» Zayn si voltò a guardare il riccio e poi lo bloccò. «Tu ti senti in colpa?» Il ragazzo prese posto sulla panchina di fianco a Zayn e appoggiò i gomiti sulle ginocchia. «Si, insomma, il ragazzo ha ragione. Da quello che abbiamo capito tutti quanti è che Paul per stare con noi ha trascurato loro. Insomma, ora che penso a tutte le volte che l’ho chiamato per delle cavolate.. Magari doveva andare da loro..» Zayn guardò Harry, se era quello il motivo, beh si sentiva in colpa anche lui. Quante volte aveva chiamato Paul solo per farsi accompagnare in qualche locale? Non si era mai fermato a pensare che potesse aver altro da fare. E come lui nemmeno gli altri. «Comunque quella ragazza oltre che brava con la macchina fotografica è veramente una strafiga!» Si guardarono entrambi e poi Zayn annuì. Non aveva la forza di ammettere ad alta voce che si, quella ragazza era veramente bella.


 
Non ho resistito ed ho pubblicato un altro capitolo, un po' per farmi perdonare e un po' perchè non vedevo l'ora!
Dunque, Zayn è uno strafigo e gli altri ovviamente non sono da meno.
Penso che questo capitolo sia una totale cagata. Osceno, bruttissimo, forse era meglio se non pubblicavo più nulla per oggi. Bah..
Grazie a HarrysSwallows che per ora è stata l'unica a recensire il capitolo precedente, dio non la smetterò mai di dirti grazie per aver cagato me e la mia fan-fiction.
Grazie alle diciannove persone che fin'ora hanno letto lo scorso capitolo, anche se in silenzio.
Avrei estremo piacere a sapere che cosa ne pensate, mi vanno benissimo anche un "è orribile, ma non ti vergogni a scrivere queste cagate?" a un "bella" Vi pregoooo! ahahahah
Ok la smetto. Quale banner preferite? Fanno cagare tutti e due vero? Sono un caso perso!
mmm.. vi lascio con Ade.
Alla prossima, se ci sarete ancora,
-Ness.

Ultimissime due cose e poi me ne vado per sempre, no dai per sempre no!
-
Una lettera e un bacio per dirti addio. è una OS su Louis (tanto ammore)
-
Spero non sia troppo tardi. è una OS su Liam (tanto ammore)



 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Sorriso ***


4.
Sorriso [sor'riso] : [in senso figurato] grazia lieta e rasserenante.
 
Appena varcò la soglia del locale vide gli altri tre ragazzi accanto alla porta che le si fecero subito vicini. Non si fermò li con loro, non aspettò nemmeno che dicessero qualcosa, voleva solo trovarli, così si allontanò da loro e iniziò a vagare per il locale.
«Papà»
Lo trovò davanti alla loro foto, e accanto a lui c’era Lucas con la testa appoggiata alla spalla del padre. Si avvicinò e si fece spazio tra i suoi uomini. Guardò ancora una volta la foto e poi suo padre. «Sai, ha ragione Lucas. Vostra madre si è ammalata e io ero via per lavoro. E quando è morta non è cambiato nulla, anzi forse la situazione mi è sfuggita di mano. Mi sono sempre più allontanato da voi, dai miei figli, dalla mia famiglia? E per cosa? Per non tornare in quella casa, così vi ho fatti venire qui a Londra, ma poi sono arrivati i ragazzi, i loro impegni, il mio lavoro, e vi ho lasciati soli di nuovo. Non mi sono mai posto nessun problema, perché sapevo che tu Ade, eri e sei come tua madre. Perfetta in tutto, sapevo che potevi gestire tutta questa situazione. Ma invece non è così. Insomma, io sono vostro padre, non tu. Ti ho dato delle responsabilità che sono mie. Ho gestito male tutto quanto, soprattutto da quando lei è morta. È stato tutto così difficile per me, che non ho pensato a voi, mi sono immerso nel lavoro..»
Il discorso di Paul fu interrotto da Lucas che puntò gli occhi e l’indice verso la sorella «Come sta facendo lei» Paul gli diede una spinta e poi riprese a parlare.
«..E vi ho trascurati. E spero che con il tour, con il tempo che passeremo assieme qualcosa si sistemi, perché voi siete una parte fondamentale per me»
Lucas si avvicinò alla foto mentre Ade allungò un braccio per circondare i fianchi del padre appoggiando la testa sulla sua spalla.
«Non alitarci sopra che si rovina!» Suo padre le baciò i capelli prima che Ade si avventasse contro il fratello per impedirgli di rovinare in qualsiasi modo quella foto.
 
“-Papà, papà aiuto! Lucas mi tira i capelli!- Fu riportato alla realtà dalla voce squillante della figlia, così di malavoglia si staccò dalla moglie e si avvicinò ai due bambini. –Che succede?- Guardò la figlia con i lacrimosi agli occhi. –Lucas mi ha rotto la bambola!- Disse puntando l’indice addosso al fratello –Ma era brutta! E poi lei ha rotto la mia macchina- Vide la figlia tirare fuori la lingua e mostrargliela al fratello, così li prese in braccio entrambi e li portò sul divano„
 
Si rese conto, veramente, solo allora che Lucas aveva ragione. Aveva perso del tempo con loro. Li aveva trascurati e tutto per starsene in un angolo ed attenuare il suo dolore per la scomparsa della moglie, buttandosi a capofitto sul lavoro. Li aveva lasciati soli, troppo presto, non pensando che anche loro avessero il diritto di essere aiutati, da lui, dal loro padre per metabolizzare quel lutto.
Fu riportato alla realtà da un Niall tutto concitato «Ma.. Ma è normale che Adele stia urlando appesa a testa in giù sulle spalle di Lucas?» Paul gli sorrise. E prese la foto dalla parete. «Sì, Niall. Tranquillo, è tutto ok»
Erano cresciuti, e lui si era perso troppo di loro. Erano cresciuti, ma erano ancora loro, i suoi figli, i loro figli. Erano cresciuti, ma loro erano rimasti così saldamente uniti che la possibilità di vederli seriamente litigare rasentava lo zero.
Uscirono dal locale ed erano tutti accanto all’auto, e Lucas aveva ancora la sorella sulle spalle. «Papà, digli di smetterla!» Vide la figlia dare una sberla sul sedere al fratello per poi riprendere agitata a intimargli di metterla a terra. «Oh! Andiamo! Lucas! Mettimi giù!» Paul sorrise scuotendo la testa. E si rese conto allora di quanto gli fosse mancato averli accanto. «Ade, le chiavi?»
Finalmente.
Lucas mise giù la sorella che si aggrappò involontariamente a Harry per non finire a terra. Ogni volta che Lucas la prendeva in braccio in quel modo, come fosse un sacco di patate finiva sempre a terra se non si aggrappava a qualcosa. Diciamo che l’equilibrio non era il suo forte, anche se sui tacci ormai non aveva nessun problema. Fece per tirare fuori dalla tasca della sua giacca il mazzo di chiavi quando si rese conto di non avere in mano la tela. Boccheggiò. «Ade, l’ho presa. Basta che tu ora mi dia le chiavi per chiudere e dopo andiamo via» Ade abbassò il suo sguardo tra le mani del padre e la vide li, tra le sue mani. Non riusciva a staccarsi da quella foto per nulla al mondo. Era troppo importante, per lei, per Lucas, per suo padre. Quella foto racchiudeva tutta l’essenza della loro famiglia. Si staccò da Harry e andò verso la porta, diede tre giri di chiave e si strinse al braccio del padre.
 
Erano in auto da un bel po’ di tempo, Ade continuava a stringere tra le mani la foto mentre Lucas aveva appoggiato la testa sulla sua spalla nell’intento di ‘riposare per due minuti gli occhi’ come diceva lui, anche se dopo quei due minuti lui avrebbe iniziato a russare leggermente, puntò gli occhi fuori dal finestrino dove i lampioni sembravano sfrecciare lungo la strada, e quella luce anche se fioca iniziava a farle male agli occhi, così prese dalla borsa i suoi occhiali da vista e se li mise.
Nell’auto che poteva benissimo assomigliare a un pulmino, da quanto grande era, regnava il silenzio. Forse stanchezza o forse quel maledetto imbarazzo che riusciva a bloccare tutti quanti.

 
“C’era andata tante volte a Londra, eppure quella volta era così diversa. Più grigia che mai, anche se qualche coraggioso ed intrepido raggio di sole riusciva a farsi strada tra le nuvole grigie. Le sembrava tutto morto. Erano passati solamente quindici giorni, e non era cambiato nulla, a parte quell’immenso vuoto che continuava a propagarsi dentro di lei. E quel silenzio, quel silenzio era il colpo di grazia. Lucas ormai non parlava da quindici giorni con nessuno, comunicava a gesti. E Paul, beh Paul faceva finta che tutto fosse normale. Ma di normale in quella situazione non c’era niente. Avevano impachettato tutto, eppure in cuor suo Ade sapeva di essersi dimenticata qualcosa, a Milano, lì a casa. E dentro quella macchina, con suo padre e suo fratello si sentiva sola al mondo.„

Vide una lacrima sfuggirle. Aveva avuto quasi l’impulso di avvicinarsi e con un dito scacciarla via, ma non lo fece. Rimase li, seduto di fronte a lei cercando di non far mai incrociare i loro occhi. Non era ancora riuscito a vedere di che colore erano, ed ora che le sue palpebre si stavano chiudendo era quasi impossibile poterlo fare. Così portò anche lui gli occhi fuori dal finestrino, cercando di capire cosa lei stesse cercando. Erano quasi arrivati a casa, eppure sia Ade che Lucas erano ancora li con loro. La macchina si fermò e scesero tutti mantenendo quel silenzio che li aveva accompagnati lungo tutto il viaggio. Paul si avvicinò ad Ade e la prese in braccio. «Zayn prendi la foto, altrimenti se si rovina appena si sveglia ci uccide tutti» Paul gli sorrise per poi entrare in casa, lui allora si avvicinò all’auto e prese la tela chiudendo poi la portiera. Se la rigirò più e più volte tra le mani, soppesandola, cercando di svelare cosa c’era dietro a quell’attaccamento per quella foto. Appena entrò in casa i suoi occhi si poggiarono su una scritta posta sul retro della tela. E in quel momento capì chi erano i soggetti della foto, capì chi l’aveva scattata e forse riuscì anche ad intuire l’importanza di quella foto.

“Ade ricorda. Come dice Gabriel García Márquez: 'Non smettere mai di sorridere, nemmeno quando sei triste, perché non sai mai chi potrebbe innamorarsi del tuo sorriso.'
Ade sorridi per te, per me, per Lucas e per tuo padre.”

Si svegliò con la sensazione di aver sentito un urlo soffocato. Si rigirò nel letto, una, due forse tre o anche quattro volte. Si alzò dal letto pochi minuti dopo per andare a bere un bicchiere d’acqua. Appena varcò la soglia del soggiorno vide una figura rannicchiata sul sofà. Strano.
Strano era il respiro affannoso che aveva.
 
Un altro incubo. Sempre lo stesso. Forse dovrei veramente iniziare a prendere quei sonniferi.
Si voltò di scatto sentendosi osservata. C’era una figura buia appoggiata allo stipite della porta. Aguzzò la vista ma il buio pesto della stanza non la aiutava per niente. Non sapeva nemmeno dov’era. Di certo non a casa sua. Il sofà era troppo grande, le stanze erano troppo grandi, ed orientarsi in una casa buia non era affatto facile. Rimase a fissare la figura per un po’ fin quando non si mosse avvicinandosi sempre più.
«Spero di non essere stata io a svegliarti» Le uscì di getto. Per poi coprirsi la bocca con una mano. Lui non sapeva. Lui, chiunque fosse dei cinque non doveva sapere. Anche se quegli occhi così profondi, forse quelli sì.
 
«Oh, no. Tranquilla»
Era lei. La sua voce gli arrivò come un alito di vento alle orecchie, soave.
Come avrebbe potuto svegliarmi?
Se lo ripeté come minimo una ventina di volte, senza però dare mai libero sfogo alle sue curiosità. Aveva quasi paura che una domanda simile la facesse scappare via. E non voleva. Si sedette accanto a lei, nessuna luce accesa, nessun suono, parola ad interrompere il loro silenzio. Eppure non era opprimente. Stava bene. Almeno lui, per lei non avrebbe saputo dirlo. Lei si mosse al suo fianco e cercò seppur non toccandolo a sistemarsi meglio sul divano.
Voleva sentire la sua voce.
«Non riesci a dormire?»
 
Si irrigidì a quelle parole. Non voleva parlare. Non voleva far tornare alla mente quel ricordo. Sempre lo stesso. Sempre più vivido nella sua mente. E dire che i ricordi dovrebbero sbiadire, invece no, quello rimaneva. Sembrava come scalfito nella pietra. Si fece forza, tanto valeva rispondere. Tanto lo sapeva già che non avrebbe ripreso sonno.
«Più o meno» Sentì qualcosa di caldo sopra il dorso della sua mano, e quel calore fu inaspettato, ma ben accetto. Appoggiò la testa sulla sua spalla e rimase li, immobile come un sasso a bearsi di quel tocco, di quel calore.
Non sapeva chi fosse, non sapeva chi dei cinque avesse svegliato alle quattro e mezza del mattino, eppure con il passare degli anni era diventata sempre più abile a mascherare le sue urla. Forse quella volta aveva sbagliato qualcosa.

 
Io vi giuro che non vi mangio! Non vi mordo! Quindi se recensite vi dico anche Grazie per aver speso tempo a buttare giù due frasi, sul capitolo, sulla storia.
Vorrei sapere se si capisce di chi sono i pensieri, cioè a volte mi lascio prendere la mano, o meglio loro mi fanno digitare ciò che vogliono fare e dire, quindi.. Vi risulta difficile seguire la storia dal punto di vista in cui la sto raccontando oppure no?
Vorrei solo sapere che cosa ne pensate.
Vorrei solo sapere se vale la pena andare avanti a scriverla, questa storia.
Vorrei capire se sono in grado di scrivere qualcosa di più leggero di un saggio breve sulla pena di morte o su altri argomenti così 'alti'.
Vorrei sapere se sono troppo corti i capitoli, insomma su Word mi sembrano anche abbastanza lunghi, ma poi quando li posto qui, mi sembrano così ESTREMAMENTE corti. Voi che dite?
Lo so, sono piena di paranoie! Perdonatemi!
Comunque passando ad altro, GRAZIE alle 22 persone che fin'ora hanno speso tempo sul capitolo precedente.
E scusate eventuali errori di qualsiasi genere!
E passando ad altro ancora, se avete tempo e voglia:

- Una lettera e un bacio per dirti addio. è una OS su Louis (tanto ammore)
-
Spero non sia troppo tardi. è una OS su Liam (tanto ammore)

Oook, ora mi dileguo, evaporo, scompaio per un po', aspettando che nella mia testa Ade e tutti gli altri personaggi agiscano.
Alla prossima, se ci sarete ancora,
Vi lascio con Zayn bello, pulito, bagnato e profumato.
-Ness.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Incubo ***



5.

Incubo ['iŋkubo] : stato di affanno nel sonno per sogni angosciosi.
 
Era ormai da un paio di minuti che Ade si trovava fuori in giardino, seduta per terra con la schiena contro il muro e le gambe portate contro il petto. Guardava avanti, il cielo che pian piano si schiariva sempre più, erano le prime luci dell’alba.
Per paura di svegliare il ragazzo si era mossa così lentamente che pensava potesse cadere addosso a qualsiasi cosa per poi farlo svegliare, come succedeva sempre in qualsiasi film o in qualsiasi libro avesse mai visto o letto. Eppure non accadde, il ragazzo continuava a dormire sul divano con la testa appoggiata allo schienale imbottito. Non si era nemmeno avvicinata per vedere chi era, data la sua paura di poterlo svegliare.
E poi arrivata fuori, al freddo di Londra, si mise a pensare e capì che era riuscita addirittura ad appisolarsi, a chiudere gli occhi e dormire, senza ritrovarsi davanti agli occhi quelle scene raccapriccianti. Eppure si era svegliata ugualmente, forse proprio per l’assenza di quegli incubi che ormai facevano parte delle sue notti. Aveva detto a tutti che non li faceva più, ma non era così. Era sempre peggio, ogni notte si aggiungeva un particolare. La pelle di sua madre di una tonalità più bianca, una macchia sul suo vestito che la notte prima non aveva notato, e avanti così. Ogni notte era un supplizio. Era strano che fosse riuscita a dormire, per poco si, ma almeno dopo quattro anni aveva chiuso gli occhi e non aveva sognato nulla.
Un rumore alle sue spalle la fece voltare, un ragazzo alto, moro e dalla pelle ambrata si affacciò e le sorrise ancora assonnato.
«O hai veramente poco sonno o sei davvero una mattiniera»
È lui, è lui il ragazzo del divano. E non mi ricordo nemmeno come si chiama. Ade, fai mente locale.
Era negata per i nomi, doveva ripeterseli all’incirca una ventina di volte prima di riuscire ad associare ad un nome il volto corrispondente.
Gli sorrise, non sapeva che fare né cosa dirgli. Il suo cervello non connetteva senza aver prima assunto la sua dose mattutina di caffeina e nicotina, senza un ordine preciso, ma senza entrambi non apriva bocca con nessuno se non voleva prendersi un’accusa di tentato omicidio o di cannibalismo. Rimasero a guardarsi per un po’, fino a quando lui non si portò alle labbra una sigaretta e gli occhi di Ade impercettibilmente si dilatarono. Se ne accorse, non avrebbe mai potuto non notarlo, anche un minimo cambiamento che riguardava quegli occhi. Le passò il pacchetto e lei ne estrasse una, se la portò alle labbra aspettando anche l’accendino e poi stettero li, in silenzio, uno, due, tre minuti fin quando entrambe le sigarette non furono arrivate al filtro. Non fumava molto, ma la sigaretta della mattina non gliela poteva togliere nessuno, nemmeno suo padre. Lui si alzò in fretta e poi le allungò una mano.
«Penso sia ora di entrare, prima di rischiare il congelamento»
 
Le prese la mano e poi rientrarono in casa. Non la capiva. Non aveva detto nulla da quando l’aveva trovata fuori in giardino rannicchiata contro il muro. Non si rese nemmeno conto che aveva ancora la sua mano legata alla sua, si avvicinarono alla cucina e solo in quel momento lei si avvicinò ai mobili per cercare un qualsiasi strumento per ottenere del caffè. La guardò aprire ogni singola anta di ogni mobile che si trovava in cucina, fino a quando da uno di essi non tirò fuori una moka, la vide svitarla per poi riempirla d’acqua, mettere la polvere e avvitarla. La continuò a guardare per tutto il tempo, fino a quando lei non si mise di fronte a lui con una tazzina. Non ci mise dentro niente, ne latte ne zucchero. Lo bevve a piccoli sorsi, allungando un po’ il collo e facendo intravedere qualche rondine dal colletto slassato* della maglia che aveva addosso. Appoggiò la tazzina al bancone e poi gli rivolse un sorriso.
«Scusa per prima, ma se prima non bevo del caffè e non fumo una sigaretta alla mattina potrei uccidere chiunque»
Questa volta fu lui a sorriderle per poi passarsi una mano tra i capelli. «Tranquilla» Si alzò dallo sgabello e poi si avviò verso la sua camera ma si voltò non appena udì la voce di Ade.
«Comunque entrambe» La guardò per un po’ prima di aprire bocca. «Entrambe?» La vide prendersi tra le dita una ciocca di capelli marroni per poi rigirarsela tra le dita.
«Si, riguardo al sonno.. – lo vide annuire così si fermò per poi continuare – Io.. Io non.. Non mi ricordo il tuo nome» La vide imbarazzata e al termine della sua frase le guance le si colorarono di rosso e così abbassò un po’ il volto.
Sorrise ancora, non poteva farne a meno. «Zayn»
La vide alzare il volto per poi puntare i suoi occhi nei suoi, era bella.
Si voltò e riprese a camminare allontanandosi da Ade.
 
Continuava a rigirarsi tra le mani quella tazzina. Fino a quando non gliela prese dalle mani suo padre. «Buongiorno» Gli sorrise e poi gli diede un bacio per poi allontanarsi da lui «Sai da fumo, e vai a cambiarti che tra un po’ si svegliano tutti» alzò gli occhi al cielo.
Come se Zayn non mi avesse già visto con addosso solamente una tua maglietta.
«Salite le scale prima porta a destra, mentre per il bagno prima porta a sinistra, dai muoviti» Suo padre le sorrise di nuovo e lei ricambiò con un sonoro sbuffo.
Salì le scale e andò verso il bagno, abbassò la maniglia ma la porta non si aprì, così si sedette contro il muro ed aspettò fin quando non si aprì lasciando uscire Zayn. Si sorrisero e poi lei andò al bagno.
Prima di uscire diede una controllata veloce a tutto, non c’era nulla fuori posto, o almeno così credeva e sperava. Si rimise il vestito della sera precedente e ancora scalza scese di sotto. Erano tutti attorno al tavolo della cucina che facevano colazione, gli salutò con un cenno della mano per poi prendere posto anche lei vicino a un biondino e a un ragazzo dagli occhi chiari.
«Allora, ieri sera non abbiamo avuto modo di parlarne bene..» suo padre venne interrotto da Harry «Le tue foto sono belle lo sai?» Ade gli sorrise riconoscente e poi ritornò a guardare il padre.
«Stavo dicendo, vorrei che vi conosceste meglio, insomma Lucas e Adele verranno con noi, e se andaste tutti d’amore e d’accordo sarebbe meglio no? – tutti annuirono – il primo concerto sarà il 25 Aprile in Colombia, pensate di riuscire a sopravvivere nella stessa casa fino ad allora?»
Gli occhi di Ade si dilatarono un po’ «Che vuol dire ‘nella stessa casa’? Papà, io devo lavorare! E qui non posso farlo»
Lucas sbuffò a quelle parole «Tutto questo è per farti staccare la spina, quindi smettila, ti prego. Rivoglio mia sorella. Quella che avrebbe mollato tutto non appena l’avessi chiamata, non quella che ora mi ritrovo davanti»
A quelle parole Ade si alzò di scatto dalla sedia, che cadde rovinosamente dietro di lei e uscì di casa, prendendo con sé la giacca ed il telefono. Non sapeva nemmeno dov’era. Non poteva nemmeno chiamare un taxi perché alla domanda ‘dove la devo venire a prendere?’ non avrebbe potuto dare una risposta. Così iniziò a camminare, senza badare molto a tutto ciò che le stava attorno. Aveva solamente voglia di piangere, eppure non lo fece. Si era ripromessa di non farlo più.
 
Harry non riusciva a collegare i pezzi, sembrava tutto così distante, da lui, da loro. Sembrava mancassero dei pezzi per far capire a lui e agli altri cosa era successo pochi minuti fa. Era stato tutto così veloce. Paul che chiede a tutti di andare d’accordo per non avere problemi durante il tour, Ade che si preoccupa per il suo lavoro e poi Lucas che prende parola, sembrava quasi una reazione a catena, infine la sedia che cade a terra e Ade che scappa, seguita pochi minuti dopo da Zayn. Ed ora Paul e Lucas che parlano di cose che nemmeno riesce a capire. Si prende il labbro tra le dita e lo tira un po’ poi si alza dalla sedia e li lascia li, da soli, era l’unico ad essere rimasto li con loro, pian piano tutti li avevano lasciati.
«Voi che ne pensate?» era la voce di Louis, entrò nella stanza e si sedette sul letto di Liam, gli altri erano sparsi per il resto della grande camera.
«Di cosa?» Harry guardò i ragazzi uno ad uno per poi voltarsi verso Niall che aveva preso parola «Della discussione, insomma, se iniziamo già così.. E tra di loro poi.. Con noi che succederà? E poi, Zayn?»
Si guardarono tutti, cercando di trovare una risposta che nessuno di loro aveva.
 
Era riuscito a starle dietro, non sapeva nemmeno come.
Non voleva avvicinarsi più di tanto a lei, aveva paura che se ne andasse di nuovo. Erano arrivati in Ramillies Stree e davanti a loro si ergeva il ‘The photofraphers’ Gallery’ la vide entrare e la seguì riluttante. L’unica mostra fotografica che aveva visto era la sua, e di certo nulla ora poteva essere paragonato ai lavori di Ade.
Harry aveva ragione, è veramente brava.
Eccola davanti ad una foto, che ritrae un paesaggio. È li, ferma davanti alla foto, si avvicina e le sfiora la mano, e lei si volta. Ha gli occhi lucidi e Zayn continua ad accarezzarle il dorso della mano con il pollice, proprio come la notte appena trascorsa.
«Io.. Io lo sapevo che lo pensava, ma.. Sentirselo dire.. In quel modo. Io..»
Zayn la attira a se e la abbraccia. «Non pensarci, ora sei qui. Magari lo stai facendo solo per lui ma sei qui, verrai in tour e non toccherai la macchina fotografica per nient’altro se non fotografare i posti in cui andremo, quindi Ade, non pensarci. Ci stai provando, no? Sicuramente non avresti accettato di partire con noi se non volessi stare soprattutto con Lucas e Paul, quindi, dai torniamo a casa»
Si stacca dalle sue braccia e lo guarda.
È strano tutto questo.
Zayn la spinge verso l’uscita ma lei non si muove da dove a piantato i suoi piedi. «Almeno finiamo il giro»
Perché mi ha seguito? Perché è rimasto con me? Perché continua a tenermi la mano? Perché io non mi ritraggo? Perché mi sento così.. così leggera?
 
La testa riccia di Harry si volta verso la porta che si sta aprendo. E vede entrare prima Ade e poi Zayn.
«Ade, Ade, Ade, ti giuro mi dispiace io..»
Lucas si avvicina alla sorella mentre Zayn prende posto sul divano accanto a Harry, quest’ultimo si volta verso il moro «Lo sai vero di avere una ragazza?»
Zayn sgrana gli occhi. «Non ho fatto nulla..» Harry si alza dal divano e prima di allontanarsi si rivolge di nuovo a Zayn «Per ora. Poi Paul ti farà il culo e se sopravvivi poi Perrie ti torturerà, magari con una bambola voodoo. A volte ho quasi paura per la tua incolumità quando non ti fai sentire per più di tre ore quando sei con lei»
 
 

 
*slassato, allora parliamo di questa parola. Fino a due minuti fa credevo fosse italiano! Giuro! E invece no. Ho perfino chiesto a mia madre se sapeva come si dicesse in italiano e nemmeno lei lo sa! Comunque, dopo avervi svelato la mia ignoranza e quella di mia madre, vorrei dirvi che, slassato “significa” mmm, vediamo, è meglio se faccio un esempio. Avete presente quando utilizzate spesso lo stesso maglione e questo si slassa? Deforma? Si insomma, quando perde la forma in pratica, a pensarci magari è proprio ‘deforma’ il termine adatto! Vabbè comunque spero che abbiate capito!

Ha fatto proprio schifo il capitolo precedente?
Scusate!

Comunque, vorrei un vostro parere. Niente di che ovviamente!
Se avete tempo e voglia:

- Una lettera e un bacio per dirti addio. è una OS su Louis (tanto ammore)
-
Spero non sia troppo tardi. è una OS su Liam (tanto ammore)

Alla prossima se ci sarete ancora,
-Ness.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Amicizia ***



6.

Amicizia [ami'ʧitsja] : legame sentimentale basato su affinità di idee e reciproca stima.

 
Si erano solo spostati, ma la conversazione non aveva cambiato tema.
«Senti, mi dispiace» Ade sbuffò, ormai esasperata nel sentire uscire dalla bocca di suo fratello quelle parole. In cuor suo lo sapeva, non lo aveva certo fatto con cattiveria, ma le sue parole avevano fatto tracimare il vaso, avevano fatto aprire il suo personale vaso di Pandora.
«Smettila, ho capito, ho afferrato il concetto, ora evapora» Lucas si allungò per prenderla tra le braccia. «Papà ha portato qui un po’ delle nostre cose, se ti serve qualcosa in caso andiamo a prenderle a casa» Ade gli annuì e poi si voltò per raggiungere la sua valigia posata a terra.
La porta si aprì nuovamente e lei si voltò vedendo un ammasso di ricci.
«Posso entrare?» Ade gli sorrise ed annuì. Restarono zitti per un po’, guardandosi solamente negli occhi, poi d’un tratto Harry si alzò dal letto per avvicinarsi ad Ade e la fece alzare.
«Guarda» fece per togliersi la maglia prima che le mani di Ade lo fermassero. «Ma sei pazzo? Tu credi che io voglia venire a letto con te?» Lui scosse violentemente la testa, facendo ondeggiare i ricci e poi sorridendole. «Ho detto ‘guarda’ non ‘vieni’»
Oh andiamo! Questa è la battuta più squallida che io abbia mai sentito!
«Squallida!» Lui le sorrise di nuovo e poi si tolse la maglia. Si toccò i due tatuaggi sul petto. «Rondini. Tu?» Ade si portò una mano alla bocca per coprirla e per cercare di soffocare in qualche modo le sue risa.
Appena fu in grado di articolare qualche parola gli rispose. «Tu sei completamente pazzo! E copriti, che se entra papà nel migliore dei casi ti strozza solo. Comunque rondini anche le mie» E poi gli sorrise.
Erano distesi sul letto ormai da un tempo indefinito, parlavano gesticolando forse un po’ troppo per supplire ai silenzi che ogni tanto li avvolgevano. Non si guardavano negli occhi, parlavano e basta, di tutto e di niente, ma entrambi ascoltavano, forse per la prima volta qualcuno, assimilavano quelle nozioni l’uno dell’altro, sempre però mantenendo gli occhi fissi al soffitto bianco. Ade con Harry stava bene, si sentiva a suo agio.
«Che ne dici di andare giù? Ho sete, e penso che tu debba conoscere un po’ anche gli altri, che dici?» Ade si sedette sul letto e si prese il labbro inferiore tra i denti iniziando a morderlo. Non sapeva che fare. Non era mai stata brava con le persone, o meglio non era mai stata brava ad iniziare un rapporto con qualcuno, di norma si avvicinavano gli altri a lei. Era dannatamente impacciata sia per quanto riguardava l’amicizia che l’amore. Poi Harry la fece alzare dal letto e le porse una mano. «Amici?»
Ade gli sorrise, lasciando fuggire il labbro dalla morsa dei suoi denti e gli strinse la mano annuendo lievemente con la testa. A quel cenno Harry si allungò verso di lei e la abbracciò forse con troppo impeto poi appena si fu staccato da lei le sorrise. «Quindi farfallina scendiamo!» Ade sbarrò gli occhi.
Oh mio dio! Farfallina? Sto sognando! Farfallina? Mi ha chiamata farfallina? Pazzo. Schizzato.
Harry ormai la stava trascinando giù dalle scale, quando lei puntò i piedi a terra e fece fermare anche lui. «Come mi hai chiamata?» Era scioccata.
«Farfallina» Harry le rispose quasi con ovvietà.
Cioè dai! Farfallina?! Ma fa sul serio?
Ade si portò le mani alle guance e sospirò profondamente. «Tu –disse portando un dito al petto del ragazzo- mi stai paragonando forse a quella cosa oscenissima che hai sul petto?» Lui aprì la sua bocca scioccato dalle sue parole ma poi la richiuse velocemente, giusto il tempo per pensare a cosa dirle. «Non è oscenissima, anzi sei bella quasi quanto lei» Questa volta fu Ade ad aprire la bocca e a puntare i suoi occhi sbarrati sul viso di Harry. «Spero tu stia scherzando! E poi..» Venne interrotta da Harry che se la caricò sulle spalle per portarla giù in salotto, e quando la rimise giù, con la faccia arrossata per l’afflusso di sangue alla testa riprese a parlare alzando forse un po’ la voce. «Quella cosa è orribile e se devi proprio chiamarmi in qualche altro modo che non sia il mio nome, beh, vedi di cambiare sostantivo. Farfallina proprio no, soprattutto se per farfallina intendi quella cosa –disse ancora portando l’indice sul petto di Harry- oscena che ti sei tatuato e soprattutto se dici che sono bella quasi quanto quella cosa»
Un ragazzo fece il suo ingresso nel soggiorno e sentendo la conversazione si mise a ridere prima di lasciarsi cadere sul divano. «Ha ragione Adele. Devo ancora capire il motivo di quel tatuaggio Hazza! Perché è veramente ma veramente brutto!» Harry sprofondò dall’altro lato del divano con la fronte aggrottata e un cipiglio offeso, poi alzò di nuovo il volto e lo rivolse al ragazzo. «Lou, gli altri?»
 
Erano ormai passati dieci minuti e lei non faceva altro che rigirarsi tra le mani la sua lattina di coca-cola che Liam le aveva passato e stare zitta guardandosi intorno, Harry era ancora offeso, o almeno faceva finta di esserlo, e questo la rendeva nervosa, Zayn era seduto accanto a lei e anche lui non faceva altro che rigirarsi tra le mani la sua birra, poi c’era Niall che non la smetteva di guardarla e sorriderle felice, Louis era disteso sul divano che continuava a cambiare canale e infine Liam che cercava di iniziare una qualsiasi conversazione con Ade ma con scarsi risultati, se non qualche risposta a monosillabi.
Non era mai stata brava con le persone. Era diffidente. Difetto che con il tempo dedusse di aver ereditato dalla madre e solamente in casi più unici che rari riusciva a scavalcare il muro che si era costruita attorno.
«Farfallina?» Ade a quella parola alzò lo sguardo su Harry. Si sorrisero e poi lui la raggiunse sedendosi accanto a lei facendo spostare con poco riguardo Liam. «Allora, lei è Ade, ha ventuno anni, è la figlia di Paul, sorella di Lucas. Ed è bella quasi quanto..» Ade gli tappò la bocca con una mano e poi gli si parò di fronte. «Non azzardarti a paragonarmi ancora a quella cosa, perché ti giuro che ti appendo al soffitto» Gli altri ragazzi si misero a ridere mentre Harry fece un sonoro sbuffo tornando ad aggrottare la fronte. «Però non hai detto nulla riguardo al tuo nomignolo, quindi.. Posso chiamarti così?» Ade scosse la testa «Da quello che ho capito su di te, tu andresti avanti a chiamarmi in quel modo e io andrei avanti a dirti di smetterla. Quindi ok, te lo concedo» Harry esultò portandosi le braccia sopra la testa con i pugni chiusi mentre Ade si univa alle risate degli altri ragazzi.
 
Era fuori, seduta, come la notte precedente, con la schiena contro il muro. L’aria iniziava ad essere un po’ più fredda, ma lei non sembrava farci caso, con le gambe raccolte al petto e la testa poggiata sopra le ginocchia.
 
“-Ade, devo dirti una cosa- la ragazza alzò svogliatamente gli occhi dal volume di storia dell’arte per posare gli occhi sul viso ormai scarno della madre. –Mamma, ti prego- La madre le si avvicinò e si sedette sulla sedia accanto. –Immagino che tu l’abbia già capito, non è vero?- La ragazza spostò gli occhi alla finestra della sua camera e si alzò avvicinandosi ad essa. –Avevi lasciato il foglio sopra il tavolo, sono curiosa, e lo sai, e poi pensavo fosse mio, e quindi l’ho letto. E mamma..- Non fece a tempo a finire la frase che la madre la prese tra le braccia baciandole i capelli, cercando di far cessare quei singhiozzi che avevano iniziato a squassare il corpo della figlia.„
 
«Ti va una sigaretta?» Venne riportata alla realtà dalla voce di Zayn. Si girò verso di lui con un sorriso tirato sul volto ed asciugandosi una lacrima amara che le era sfuggita per il ricordo di poco prima. Zayn le si avvicina e le passa il braccio sopra le spalle per avvicinarla a sé ancor di più. «So che non sono Harry, ma cos’è successo?» Quelle parole gli sfuggirono dalle labbra senza che se ne rendesse conto, e forse con una punta di acidità, particolarmente marcata ad inizio della frase, che non avrebbe dovuto esserci. Ade gli prese dalle mani la sigaretta e se la mise sulle labbra per poi accenderla con il suo accendino giallo fluo, poi riprese a guardarlo stranita. «Harry? Se avessi voluto stare con lui non me ne sarei andata da li dentro» Zayn scosse la testa e poi rivolse un sorriso ad Ade. «Però siete amici, e non hai risposto alla mia domanda» Ade scosse la testa prima di far uscire dalle sue labbra una nuvoletta di fumo. «Possiamo esserlo anche io e te, se vuoi» Ade continuava ad evitare quella domanda, rispondere avrebbe voluto dire dar voce ai suoi incubi. Era tutto cambiato da quel giorno.
«Si lo voglio –lo disse con un impeto tale che Ade sobbalzò al suo fianco per poi appoggiarsi nuovamente al suo braccio che le circondava le spalle e far tornare la sua mente ad un tempo ormai lontano- e stai evitando di proposito la mia domanda» Ade sospirò prima di spegnere il mozzicone di sigaretta a terra e poi voltarsi lentamente verso Zayn.
«Stavo semplicemente pensando a mia madre. Tutto qui»
Ade fece per alzarsi ma una mano di Zayn la bloccò. «Rimani qui. Mi hai fumato la mia sigaretta, ora rimani qui e mi fai compagnia» Ade si sedette di nuovo a terra, questa volta di fronte al ragazzo ed iniziò a giocare con il suo accendino. «Cosa c’è? Sei geloso di Harry?» Zayn scrollò la testa e poi portò gli occhi sul volto di Ade. «A lui sono bastati trenta minuti per diventare tuo amico. Io invece.. Senti, stranamente sei l’unica persona con cui non mi sento in imbarazzo anche se siamo soli ed in silenzio, come ieri notte qui fuori o come quando eravamo sul divano. E.. E sapere che con Hazza hai parlato..» Zayn si scompigliò i capelli passandosi ripetutamente una mano su di essi. L’accendino le cadde dalle mani e fece un suono sordo sul pavimento della veranda di legno. Aveva paura di quello che Zayn aveva appena detto, ed aveva paura anche di quello che voleva fare, parlarne con qualcuno.
«Vuoi sapere qualcosa che non ho detto ad Harry? Ieri notte ho avuto l’ennesimo incubo, così sono scesa e sono rimasta da sola sul divano, con gli occhi spalancati per non tornare a dormire, anche se so bene che non sarebbe successo, fino a quando sei arrivato tu. Hai iniziato ad accarezzarmi la mano e per la prima volta dopo tanto tempo sono riuscita a chiudere occhio dopo aver appena avuto un incubo e mi sono addormentata sulla tua spalla, per la prima volta dopo tanto tempo, posso dire di aver dormito, anche se per poco tempo, ma l’ho fatto e non ho avuto nessun incubo. Mi dai una calma che nessuno è mai riuscito a darmi. Cavolo, riesci anche a farmi parlare, quando nemmeno il mio psicologo riesce a farlo. E nemmeno io con te mi sento in imbarazzo se siamo soli e rimaniamo in silenzio, anche se io lo faccio spesso» Zayn le accarezzò una guancia e le sorrise. «Forse era meglio se stavo zitto e non ti chiedevo niente, no?!» Ade alzò le spalle e scrollò la testa.
«Ade, vi ho praticamente svuotato casa e ho portato tutto qui, e.. –Paul nel vedere Zayn accarezzare la guancia della figlia inarcò un sopracciglio- e voi che fate fuori assieme?» Contemporaneamente Zayn alzò la mano dove teneva la sigaretta ormai ridotta ad un mozzicone e Ade alzò il suo accendino giallo fluo. Paul scosse la testa «Dovete smetterla, entrambi. Comunque, la tua macchina fotografica è sopra il letto. Ah, Zayn accompagnala su» Zayn annuì e poi si alzarono da terra per rientrare.
 
«Paul ha fatto spostare tutti, ora questa che era la camera di Liam è la tua» Ade si girò di scatto, con ancora la maglia tra le mani, per guardare Zayn che si era disteso sul letto. «Che cos’ha fatto?» Zayn si alzò reggendo il suo peso sulle braccia e portando gli occhi dal soffitto al volto scioccato di Adele. Le annuì. «Hai capito benissimo, ha detto qualcosa riguardo alla luce, alla vista che si ha dalla finestra e cose così» Ade scosse la testa e lanciò addosso a Zayn la maglia prima di uscire in fretta dalla camera. Zayn se la rigirò tra le mani prima di aprirla davanti ai suoi occhi. Era grigia con il volto di una donna stampato al centro e il volto sorridente era contornato da delle scritte che non riuscì a capire se non due nomi scritti ai lati, così tirò fuori dalla tasca il telefono e fece una veloce ricerca con il traduttore. Sullo schermo del suo telefono dopo un paio di secondi comparve ‘Mi accorgo che non so esprimere quel che vorrei, ma la parola “mammina” dice tutto’*.
 
Era scesa le scale così in fretta che non si era nemmeno accorda che qualcuno stava salendo e così ci finì addosso e caddero a terra entrambi. «Dio scusa! –appena si accorse che era Liam gli sorrise- Comunque cercavo te!» Ade si alzò dal corpo di Liam e lui fece lo stesso, le sorrise e si appoggiò al muro «Senti, mi dispiace, io non sapevo nulla delle camere e beh, se vuoi facciamo scambio. Insomma, è la tua camera» Liam le sorrise nuovamente.
Ma qui sorridono tutti?
«Tranquilla, in realtà non mi dispiace molto la mia nuova stanza e..» Ade non lo fece nemmeno terminare che iniziò a parlargli sopra. «No, veramente è che io non lo sapevo, non mi cambia nulla davvero cambiare stanza. E poi.. –notando suo padre entrare nella stanza alzò il tono di voce- se mio padre ha delle manie di grandezza, o meglio cerca di addolcirmi con queste cose è proprio fuori strada» Paul si girò verso la figlia e le sorrise «Non ti addolcisco nemmeno se ti dico che domani ti porto alla mostra di David Bailey**?» La bocca di Ade si spalancò proprio come i suoi occhi e un urlo stridulo le uscì dalle labbra. «Tu che cosa???» Paul annuì solamente e la reazione di Ade fu ai suoi occhi la migliore che potesse avere. Gli saltò addosso abbracciandolo e baciandogli la faccia e poi abbracciò anche Liam prima di correre di sopra ed urlare “Lucas”.
 
 
 
*Frase tratta dal libro ‘Il diario di Anna Frank’
**È uno dei più grandi fotografi viventi.

Scusate il ritardo ma ho avuto un sacco da studiare! 
Comunque, vorrei un vostro parere. Niente di che ovviamente!
Mi lasciate una recensione? Mi inginocchio!
Se avete tempo e voglia:

Una lettera e un bacio per dirti addio. è una OS su Louis (tanto ammore)
-
Spero non sia troppo tardi. è una OS su Liam (tanto ammore)

Alla prossima se ci sarete ancora,
-Ness.

Lucas: (Anche se in questo capitolo non compare poi più di tanto)


E beh, Zayn

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2450324