Two Years

di Walechu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1_ La chiamata_ ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2_ La notizia_ ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3_ La playground_ ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1_ La chiamata_ ***


Capitolo 1_ La chiamata_

Sono le due di mattina quando finalmente Taiga torna a casa. Gli incendi dolosi nella zona di Central Park stavano mandando in tilt tutte le stazioni dei vigili del fuoco, compresa la sua. Ancora una volta a lavoro svolto, erano stati mandati via a malo modo dalla polizia. Tra i piedipiatti e i pompieri non scorreva buon sangue. Apre la porta del suo modesto appartamento al terzo piano con un calcio, tanto la serratura non teneva dall'ultima volta che aveva sorpreso un ladro forzargliela, e di certo non aveva tempo per farsela cambiare. Lascia cadere il borsone giallo ocra al suolo seguito poi dagli anfibi sporchi di terriccio e dalla divisa. Percorre il corridoio in boxer e in canotta fino al salotto dove tasta al buio in cerca del telecomando e accende la tv. Lo faceva sempre ogni volta che arrivava a casa, sentire delle voci gli facevano dimenticare di essere solo. Cerca qualcosa in frigo ma, essendo stato fuori quasi 24 ore su 24 e non avevendo tempo per fare la spesa, deve accontentarsi di mangiare i rimasugli di un vecchio toast e qualche biscotto. Grazie a dio la birra c'era ancora. Appoggia la misera cena sul tavolino di vetro di fronte all televisione e si dirige in bagno. Si spoglia in fretta e si rifugia nella doccia. Apre l'acqua e chiude gli occhi appena il getto tiepido si riversa sul suo corpo, ma il piacere dura poco. Il cellulare nella tasca della divisa inizia a squillare insistentemente e senza sosta, tanto da costringerlo ad uscire malvolentieri dal suo piccolo pezzo di paradiso e farlo precipitare all'ingresso. Si accuccia al suolo cercando invano il cellulare tra le mille tasche che odiava con tutto se stesso. Quante volte aveva perso delle chiamate perchè non trovava il telefono. Inizia a imprecare quando la mano ancora umidiccia tasta qualcosa di metallico e freddo: un lieve sospiro di vittoria accompagna la sua voce: «Deve essere un buon motivo per avermi fatto uscire dalla doccia, Rod!»
Sicuramente il suo superiore si devertiva un mondo a irrompere nella noiosa routine di Taiga con quelle telefonate inprovvise. Ma a sorpresa la voce dall'altro capo non gli ricordava affatto quella del compagno.
«Mi dispiace averti disturbato, Kagami-kun.» Un brivido percorre il corpo bagnato del ragazzo, fermo immobile quasi senza respirare per non perdere una singola sillaba pronunciata dal suo interlocutore. Un senso di nostalgia e amarezza gli invadono le viscere, facendogli pesare le parole in gola.
«Nessun problema, pensavo fosse il mio capo.» . Dall'altro capo del telefono Taiga era sicuro di aver sentito un sospiro di sollievo.
«Mi fa piacere sentirti di nuovo, dopo tutto questo tempo.» Taiga sapeva benissimo che era Kuroko e che stava sorridendo, lo riusciva a percepire sulla pelle, aveva imparato a calibrare e a riconoscere ogni sospiro del ragazzo al liceo. E in fondo, anche a lui faceva piacere risentirlo dopo gli ultimi due anni passati senza avere alcun contatto. Ma in quel sospiro aveva colto anche qualcos'altro, una lieve preoccupazione. Quasi d'istinto le parole si fanno strada tra i due cellulari fino ad arrivare alle orecchie di Kuroko come un coltello affilato.
«Successo qualcosa?». Inutile provarci, non poteva nascondere niente alla sua luce, il ragazzo con cui aveva passato i suoi anni giovanili migliori, al Seirin. Un sorriso compiaciuto gli dipinge il volto, come se essere prevedibile per il rosso fosse la cosa a cui tenesse di più. Ma ben presto il sorriso sparisce, lasciando spazio ad una lieve smorfia, le dita sottili e bianchissime si stringono attorno al cellulare e lo premono sempre più all'orecchio fino a fargli male. Un altro sospiro che Taiga comprese come una ricerca di coraggio, accompagna le sue parole.
«In questi due anni sono successe molte cose qui in Giappone. Da quando sei partito per tornare in America ognuno di noi ha lasciato il basket e si è concentrato su altro. Alcuni dei nostri senpai mi aiutano con i bambini, sai sono diventato un maestro d'asilo...» un lieve sospiro di orgoglio sfugge alla labbra di Taiga che però viene catturato dall'orecchio attento dell'altro. «Siamo andati avanti, ci siamo lasciati tutto alle spalle, almeno fino ad oggi» . La voce di Kuroko, diventata improvvisamente grave e bassa, fa pizzicare gli occhi al rosso, come se sapesse che l'altro era sul punto di piangere e non potesse fare niente per evitarlo. Poi un silenzio angosciante cala tra i due, lasciando a Taiga l'amaro in bocca.
«Che diavolo è successo?? Oi Kuroko!» .Passano parecchi minuti, che al rosso sembrano infiniti e angoscianti, prima che lo schiocco delle labbra di Kuroko lo tranquillizzano, facendogli capire che era ancora lì. Con voce cristallina e un po' tremolante i respiri si tramutano in parole:
«La Generazione dei Miracoli non esiste più. Io sono l'ultimo rimasto.» Taiga è sul punto di replicare, di chiedergli il senso di quella frase che lui proprio non coglieva, ma Kuroko lo interrompe e, con la voce ridotta ad un sussuro pronuncia a denti stretti un «Salvami.»
Improvvisamente come era iniziata, la chiamata termina, lasciando il rosso chino al suolo con gli occhi sbarrati. Subito Taiga ricompone il numero del ragazzo ma si stupisce quando non lo trova più nella memoria del telefono e ancora di più quando il numero con cui Kuroko lo aveva appena chiamato risultava inesistente. Scorrendo la rubrica anche i numeri di cellulare dei suoi senpai e di altre persone facenti parte del suo passato liceale erano scomparsi: li aveva cancellati e non se lo ricordava? Con uno scatto Taiga corre in salotto e cerca il portafogli, controlla le banconote e i documenti che fossero al loro posto e s'infila tutto nella tasca dei jeans strappati trovati lungo il corridoio e messi al volo. Prepara alla meglio un borsone nero con vestiti e almeno il ricambio per un paio di notti e lo appoggia all'ingresso. Si allaccia le scarpe rossicce e si fionda fuori di casa, correndo a perdifiato giù per le scale. Il suo appartamento distava troppo dall'aereoporto per farsela a piedi, così ferma un taxi e si fa accompagnare il più vicino possibile. Da un lato gli sembrava assurdo allarmarsi per quella chiamata, ma le ultime parole di Kuroko si era piantate nella sua carne, fin dentro alle ossa, e lo rendevano irrequieto. Durante il tragitto manda un breve messaggio ad Alex e a Tatsuya, dicendo loro di stare tranquilli che sarebbe stato via per un paio di settimane e che li avrebbe chiamati appena possibile. Sono solo le tre e venti del mattino e il sole sta sorgendo timidamente alle spalle dell'imponente aereoporto.

Che diavolo stava succedendo in Giappone?




Note: è la terza volta che cerco di pubblicare questo capitolo, ma l'HTML si mangia i discorsi tra i personaggi ogni volta -dannato!- Btw eccomi qui, con una nuova fanfic intrisa di angst! Come ho detto nella breve descrizione, mi sono ispirata e lasciata condizionare dalla fanfic Rule of Rose di Grotesque -che vi consiglio- e ho partorito praticamente l'intera fic in una notte. Ho finito di scrivere il capitolo 5 proprio stamattina e ora sto iniziando il 6. Forse i capitoli aumenteranno, ma non saranno superiori a 10. Che dire, mi sono distaccata dalle fanfic che ho scritto fino ad ora per concentrarmi sull'aspetto psicologico e introspettivo dei personaggi in relazione ad un ambiente ostile e crudo -mi sento una psicologa- e anche per provare a scrivere qualcosa di nuovo. Una novità iZsomma. So già che molti kurobaskettiani mi odieranno per quello che succederà nei prossimi capitoli ewe''
Ringrazio chi legge e chi lascia una recensione <3 Mi fa sempre piacere leggere i vostri pareri e i vostri consigli!
Al prossimo capitolo e viva l'angst! (*0*)/


Solemn

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Capitolo 2
*** Capitolo 2_ La notizia_ ***


Capitolo 2_ La notizia_

L'aria leggera e frizzantina pizzicava le guance arrossate del ragazzone che se ne stava in piedi davanti all'aereoporto di Tokyo. Davvero assurdo, poche ore prima era in America e ora si trovava catapultato in Giappone. Le scolaresche in divisa, il profumo del ramen che veniva dal chiosco appena fuori il sofisticato aereoporto, le immagini variopinte di personaggi di manga appesi un po' ovunque. Quanto gli era mancato il Giappone, ma avrebbe preferito tornare in circostanze diverse. Non aveva certo il tempo di fare un giro turistico per le terre nipponiche. Con passo sicuro Taiga si libera dalla folla di turisti ansiosi e si dirige all'uscita. Il sole è talmente luminoso che è costretto ad indossare un paio di occhiali scuri prima di procedere verso la periferia in cerca del suo vecchio appartamento. In fondo quel posto era diventato di sua proprietà, il padre glielo aveva comprato in modo che avesse una dimora fissa dove stare durante gli studi. E chi avrebbe mai pensato che gli sarebbe ritornato utile? Ad aspettarlo davanti all'entrata c'era una graziosa ragazza con un completo rosa pallido e un fiocco enorme tra i capelli riccioluti; dall'etichetta blu scuro a forma di casa stampato sulla cartellina che teneva in mano doveva trattarsi della proprietaria dell'appartamento.
« Signor Kagami, ben arrivato! Ha fatto un buon viaggio?» Taiga annuisce un po' assente e prende le chiavi che la ragazza gli stava porgendo.

« Se ha bisogno mi chiami!» . Più che una frase di cortesia quella sembrava un tentativo fallito di agganciare il ragazzo, che ovviamente si limita a ringraziarla con un sorriso. Non era in vena di fare nuove conoscenze.
Tornare in quel appartamento fa rabbrividire Taiga. Tutto era rimasto proprio come aveva lasciato due anni prima, sembrava che il tempo si fosse fermato: la cucina perfettamente in ordine e pulita come il salotto e la camera da letto. Le riviste in fila indiana sulla piccola libreria accanto al muro e le sue vecchie felpe consumate ancora appese all'attaccapanni come se stessero aspettando di essere usate di nuovo. Tolte le scarpe, Taiga inizia a gironzolare per l'appartamento, apre le finestre per far cambiare l'aria e accende la televisione. Va in camera e appoggia il borsone vicino al letto, magari più tardi lo avrebbe disfato e messo i vestiti nell'armadio. Sente la gola secca così decide di tornare verso la cucina per bere un po'. Apre la credenza e si trova davanti un paio di bicchieri multicolore che non ricordava di avere mai comprato o usato. Il suo era trasparente a righe rossicce ed era proprio lì davanti ai suoi occhi. Appoggia il bicchiere nel lavandino e apre il rubinetto, facendolo riempire fino all'orlo. Con il bicchiere in mano si sposta verso lo sgabello vicino alla finestra e lo trascina in modo da poter vedere la televisone. Ci mette un po' a cogliere le parole che scorrono veloci tra le labbra dei giornalisti giapponesi, in fondo erano due anni che non sentiva e non parlava giapponese, era giustificabile, ma capiva benissimo le loro espressioni: le fronti corrucciate e gli occhi sconvolti. Doveva essere capitato qualcosa di davvero terribile, pensava. Poi un immagine viene passata al telegiornale e ingrandita fino ad occupare un quarto dello schermo, un immagine che fa sussultare Taiga.

“Il corpo di un giovane uomo è stato rinvenuto ieri notte nei pressi della zona aereoportuale di Tokio. Degli accertamenti hanno rivelato trattarsi del famoso modello e pilota Kise Ryouta. Non sappiamo ancora bene cosa sia successo, sembra trattarsi di omicidio. Gli inquirenti pensano si tratti del serial killer che sta seminando terrore nelle nostre zone, lo stesso che ha già ucciso altre vittime e lasciato accanto al loro corpo un pallone da basket. Vi aggiorneremo se avremo ulteriori notizie.”

Le parole della giornalista vengono accompagnate da una sequenza di orribili immagini che danno il voltastomaco a Taiga. Uno dopo l'altro, Taiga riconosce in quei corpi senza vita i suoi ex rivali, le persone che al liceo incutevano terrore per il loro incredibile potenziale.

La Generazione dei Miracoli non esiste più. Io sono l'ultimo rimasto.

Le parole di Kuroko sembrano prendere un senso e martellano violentemente i timpani del rosso che, sconvolto, cade a terra ranicchiandosi su se stesso. I palmi delle mani premute violentemente contro i timpani come a voler fermare quelle parole, i denti serrati in una morsa e gli occhi strizzati con forza. Il corpo del ragazzo viene pervaso da un freddo glaciale e sinistro, l'aria sembra quasi mancargli come la forza per alzarsi. Rimane a lungo steso sul freddo pavimento che sembrava molto più caldo rispetto al gelo che gli percorreva le vene. « Non è reale.. non possono essere davver-» . Il telefono squilla facendo sbarrare gli occhi cremisi di Taiga. Con fatica e dopo parecchi minuti, allungando un braccio riesce finalmente a raggiungere il cellulare e a leggere sul display il nome di Kuroko. Frastornato e titubante decide di spegnere la televisione e di rispondere all'ex compagno di squadra.
« Kagami-kun?» la voce di Kuroko sembrava priva di emozioni, come se aspettasse di carpire quelle dell'altro per poterle fare sue. Taiga non riusciva a parlare, già respirare normalmente gli risultava faticoso.
« Kagami-kun, dove sei?» . L'unica cosa che riusciva a pronunciare con un lieve filo di voce era “sono qui” e l'altro sembrava rincuorato dalla sua risposta da sospirare profondamente.
« Ho visto Kise... e il sangue... hanno detto che è morto come gli altri...» Kuroko rimaneva in silenzio, ma il suo respiro si era fatto chiaramente più pesante e irregolare. Taiga continuava a ripetere le stesse medesime parole con un tono di voce sempre più alto, come a cercare di convincersi di quello che aveva appena visto. Poi un rumore di passi davanti alla porta dell'appartamento fanno girare il rosso ancora steso a terra. Senza riattaccare Taiga si avvicina all'ingresso, aprendo la porta con riluttanza e un leggero senso di angoscia. Quando la spalanca completamente davanti a lui non c'è nessuno, solo un biglietto appoggiato con cura sul suo zerbino spulciato. Prima di raccoglierlo si guarda attorno, poi si affretta a prenderlo e a richiudersi la porta alle spalle. Il bigliettino era sottile e completamente bianco, con qualche scritta in corsivo su un lato. La calligrafia era chiaramente quella di Kuroko.
“ Ore 13.30 playground vicino alla scuola.” Perchè mandargli un biglietto se poteva benissimo dargli appuntamento per telefono. Il telefono! Taiga non aveva ancora riattaccato quindi Kuroko era ancora lì ad aspettare una sua risposta.

« Ci sarò!» ma l'altro aveva già riaganciato.




 

Note: Salve cari, ecco un nuovo capitolo! Alcuni "consiglieri" si sono lamentati del fatto che questo particolare capitolo sia tremendamente vago. Ho scelto apposta di soffermarmi poco e di dare lievi accenni della situazione, altrimenti non ci sarebbe più una storia n.n
Non ho particolari precisazioni o curiosità riguardo al testo, ma se avete qualcosa da chiedermi o anche da farmi notare qualche errore sono sempre pronta a leggere il tutto. Quindi non fatevi scrupoli ewe
Grazie a chi sta già seguendo la storia, a chi lascia una recensione e a chi la legge solo <3
Un bacione e al prossimo capitolo!

Solemn

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Capitolo 3
*** Capitolo 3_ La playground_ ***


Capitolo 3_ La playground_

Quella notte Taiga non aveva chiuso occhio ma aveva passato tutto il tempo su internet a cercare notizie riguardo l'accaduto, qualcosa che potesse sbrogliare la matassa di dubbi e di timori che si contorceva attorno ai suoi polmoni. Stranamente su internet non trovava niente, solo l'ovvio o comunque cose che sapeva già. Ciò lo innervosiva togliendogli il sonno e lasciandolo in balia dei suoi pensieri. Alle cinque di mattina era riuscito ad addormentarsi, ma si era svegliato subito dopo a causa del susseguirsi all'infinito di quelle immagini terribili. Chi poteva avercela tanto con i Miracoli per arrivare ad ucciderli? Cosa avevano fatto in due anni per meritarsi di morire? Di sicuro Kuroko era l'unico che poteva dare una risposta alle sue domande. Ma doveva fare in fretta, perchè Taiga sentiva una paura primordiale ed innata crescergli dentro e affliggerlo. Il tempo era suo nemico.
Con il sole ancora alto in cielo, il rosso si incamminava a passo spedito verso il luogo dell'appuntamento. Gli occhiali scuri calcati sul naso nascondevano le occhiaie ben vistose e gli occhi gonfi e rossi; erano passati solo due giorni ed era già a pezzi. Dal sentiero che girava attorno alla sua vecchia scuola, il Seirin che a quanto pare aveva chiuso i battenti e ora sembrava una delle tante costruzioni abbandonate, riesce a vedere il cancelletto di ferro che dava sulla playground aperto. A quanto pare Kuroko era già arrivato. Con passi ancora più svelti arriva in velocità sul campetto color terra bruciata rimanendo deluso e smarrito nel non vedere nessuno. Anzi qualcuno, o meglio, qualcosa c'era: un pallone da basket completamente consumato giaceva al centro del campo solitario, ondulato di tanto in tanto da qualche folata di vento. Rapito da quel lieve ed impercettibile movimento, Taiga si avvicina e afferra il pallone tra le mani. Quando tempo era passato dall'ultima volta che ne maneggiava uno. Come per magia, l'ansia e la preoccupazione di tutto quello che stava succedendo troppo in fretta si sostituiscono con la gioia e la spensieratezza di un bambino che ha ritrovato un vecchio giocattolo. Inizialmente fa palleggiare la palla, poi la fa girare sul suo polso e infine sul dito. Dopo aver preso un po' della vecchia sicurezza, si sfila gli occhiali e li lascia cadere dietro di se e inizia a correre verso il canestro. La leggera brezza autunnale gli scompiglia i capelli rossicci e gli fa pizzicare gli occhi stanchi, ma non lo ferma di certo. Facendo leva sulle gambe Taiga fa quello che sa fare meglio: saltare. E come in un flashback gli sembra di tornare ai tempi del liceo; alle partite estenuanti e agli avversari temibili, ai sorrisi e ai pianti, alle vittorie e alle sconfitte. Un sorriso raggiante dipinge il volto di Taiga anche quando i suoi piedi sono tornati al suolo. Solo il rumore di un applauso lo distrae dai suoi ricordi e in cerca della persona che lo stava osservando i suoi occhi incontrano con quelli di Kuroko seduto su una panchina con un lieve sorriso. Un miscuglio di sentimenti contrastanti riempiono il suo stomaco tra dosi di felicità e di timore. Incapace di muoversi dal centro del campo come se si sentisse sicuro e protetto, Taiga scruta il ragazzo che si accingeva a camminare verso di lui. Non era cambiato fisicamente, piccolo e mingherlino come due anni prima. Solo il volto sembrava più vecchio: gli occhi, due piccoli pezzi di cielo erano incorniciati da profonde e marcate occhiaie, segno distinguibile di chi non dorme da molto tempo; le guance rosee e paffutelle erano sparite causando un accentuamento degli zigomi che lo facevano sembrare più adulto; le labbra incurvate in un enigmatico sorriso, rosa pallide e con qualche taglio da cui si intravedeva il sangue vivo. Davanti a lui c'era Kuroko, ma allo stesso tempo non era lui. Forse il dolore per la scomparsa prematura dei suoi ex compagni di squadra l'avevano lentamente distrutto. O forse il fatto stesso di essere nel bersaglio di questo famigerato e spietato killer lo tormentavano.  «Mi fa piacere, non ti sei dimenticato come si gioca...» gli occhi azzurrini del ragazzo si posano sulla palla arancio che continuava a farsi cullare dal vento, rapiti anche loro come lo erano stati quelli di Taiga poco prima.
«Già. Kuroko... » la voce del rosso si trasformava sempre quando pronunciava il suo nome. Dieventava più dolce e quasi ovattata e a Kuroko si scioglieva il cuore. Da quanto tempo non sentiva quel calore pervadergli il petto.
«Sono felice che tu sia qui. Ora non ho più paura.». Le guance di Taiga si inporporarono appena, facendo nascere un sorriso sul volto dell'altro.
«Anche gli altri sarebbero felici di vederti...». Una breve pausa, poi Kuroko fa cenno a Taiga di andarsi a sedere con lui sulla panchina.
«Ti racconterò tutto, ma non sarà piacevole. Perchè in questa storia c'entri anche tu». Taiga deglutisce quel poco di saliva che le sue ghiandole riuscivano a secernere in quel momento, pronto ad attutire il colpo che di lì a poco gli avrebbe colpito il petto, devastandolo. Ma il suono di un messaggio irrompe tra i due, facendo crollare la tensione che si era creata. Kuroko guarda lo schermo del suo cellulare e impallidisce. Taiga si sente rabbrividire e cerca gli occhi dell'altro per capire cosa ci fosse di tanto terribile su quel display. Senza fiatare Kuroko passa il cellulare al ragazzo che inizia a leggere il massaggio ad alta voce per poi diminuire fino a renderla un flebile gemito di disorientamento e cruda sorpresa.

Sono la dottoressa Haru. La prego di venire il prima possibile all'ospedale, la signorina Satsuki ha poche ore di vita rimaste e chiede di lei.”






Note: Questo capitolo in realtà era molto più lungo ma ho dovuto dividerlo per questioni di trama e di suspence, perciò si è accorciato parecchio *sob*
Che mi dite kurobaskettiani? Resisterete alla carica di angst del prossimo capitolo?
Come sempre grazie a chi segue la mia storia, a chi lascia una recensione e a chi legge solo!
Bacioni <3

Solemn

 

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