Ice Heart - il ritrovo di due cuori innamorati

di PinkyCCh
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** E se fosse destino? ***
Capitolo 3: *** Quando tutto deve andare storto ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


- Prologo -



E se non fosse finito tutto con quella lettera d’addio?
E se il destino beffardo giocasse una brutta carta a Yamashita?
E se il passato ed il presente s’immischiassero in un vortice pericoloso?
E se Yamashita, grazie ad una borsa di studio, tornasse a Tokyo, accompagnata da qualcuno?
E se Shin non avesse dimenticato Yamashita?
E se Sheena, dopo 18 anni, conoscesse il tanto bramato padre?
E se tutto questo si mescolasse in un nuovo amore unito ad un vecchio amore?
Potrebbe il nostro ormai conosciuto Cuore di Ghiaccio trovare finalmente la felicità?
Yamashita potrà amare senza paure e riserve?
Sheena riuscirà ad ottenere la famiglia unita, tanto desiderata?
E se l’amore bussasse alla porta di casa Michiyo?
 
 
“Mamma ti prego! È un’opportunità unica ed irripetibile! Sei mesi a Tokyo! Una borsa di studio! Dai, ti supplico.” Supplicò Sheena inscenando un broncio da bimba viziata.

Mia figlia Sheena era sempre stata testarda. Fin dalle sue prime ore di vita mi aveva dato filo da torcere.
Era testarda, egocentrica, sicura di se, proprio come suo padre.


Shin Seiki.


Non le avevo mai raccontato nulla sul suo conto.
Le domande, ovviamente, c’erano state, ma avevo sempre eclissato il discorso con un “Tesoro, tuo padre era una persona fantastica”.
Mia figlia, dal suo canto,aveva sempre accettato la mia riluttanza nel parlare di lui.
Purtroppo il destino che mi era sempre stato avverso, aveva fatto si che mia figlia mi chiedesse di andare lì, a Tokyo, proprio dove sapevo che lui abitava.


Questo proprio no.


Per quanto quella città fosse grande, con la sfiga che mi ero sempre portata dietro, sicuramente l’avrebbe incontrato. E poi, onestamente, non avevo mai lasciato mia figlia sola. Mai.

“No Sheena, lo sai come la penso.” Sbuffai infastidita dalla sua insistenza.
“Mamma  il professore ha detto che potresti accompagnarmi, sai?” tentò di corrompermi.

Mi concesse uno dei suoi sguardi, che in ambito di cartoni animati, si sarebbe chiamato: Occhi a cuoricino.

“Sheena odio Tokyo. Lo sai.” La fulminai con lo sguardo.
“Bugiarda. Ho visto il tuo album segreto. È pieno di foto di Tokyo. Tu sei stata lì! Ho visto le foto.” Rispose indispettita mia figlia arricciando il naso.


Boom.


“Sheena  come ti sei permessa?” risposi sbigottita dal suo ficcanasare.
“Mamma, ascoltami, te ne prego. Lasciami vivere quest’opportunità.” Piagnucolò.

Sospirai, affranta.
Non volevo impedirle di vivere la sua vita, ma non volevo neanche che soffrisse. A causa mia, per giunta, e delle mie scelte passate, sbagliate.

“Vedremo tesoro. Vedremo. “la liquidai chiudendomi nella mia camera da letto.

Mi sedetti sul bordo del mio lettone, tirando fuori da un cassetto del comodino, un vecchio album ingiallito dal tempo.
Aprii la prima pagina scorrendo, con le mie dita invecchiate, sulle ormai vecchie e consumate foto.
Foto che ritraevano me e Kaname, la mia amica dell’epoca, felici come non mai. Spensierate ed allegre.
C’erano foto con i ragazzi, la famosa Rosa.
Chissà come avevano passato gli ultimi 18 anni?
Sorrisi al pensiero di loro che mettevano su famiglia. non li vedevo proprio nelle vesti di padri e mariti.
Poi la mia mano ed il mi sguardo si fermarono su una foto in particolare.
Io e Shin, abbracciati.
Chissà se lui ed Ayumi, alla fine, erano riusciti ad amarsi come meritavano.
Chissà se loro avevano finalmente ottenuto la loro travagliata felicità.
E di me cosa ne era stato? Nulla.
Ero scappata in Italia, partorendo una figlia di cui nessuno era a conoscenza. Avevo tagliato i ponti con la mia famiglia fingendo di non fregarmene più nulla.
Avevo cresciuto Sheena con fatica e con dolore ma alla fine ce l’avevo fatta. Mi ero costruita una posizione. Mi ero creata un nuovo giro di amicizie, ma di uomini nemmeno l’ombra. Il mio cuore e la mia mente appartenevano ancora a lui. Sarebbero appartenuti per sempre a lui.
 
 
 



Da quella piccola sfuriata con mia figlia erano ormai passati tre giorni. Tre giorni di silenzio. Non mi guardava neanche, quasi avessi la peste.
Ero in cucina intenta a preparare del pollo con patate, quando la vidi entrare e dirigersi verso il frigorifero per prendere il suo succo alla pesca. Fin da bambina ne era ghiotta, proprio come la nutella.
Sospirai ormai stanca di quella situazione abominevole.

“Sheena, tesoro, ti prego vieni qui. Dobbiamo parlare.” le indicai il tavolo tondo al centro della stanza.

La vidi trascinare i piedi sino alla sedia e guardarmi sbuffando.

“Dimmi mamma. “esordì posando la bottiglietta di succo sul piano del tavolo.
“Ci ho pensato, sai? Non è giusto che tu debba pagare per i miei capricci. Dunque… - presi un profondo respiro – andrai, anzi andremo a Tokyo. Ieri sera ho chiamato il tuo professore spiegandogli determinate cose e lui ha accettato.”

Sheena mi guardava in maniera astratta.

“Sheena, tesoro, andremo a Tokyo. Insieme. Per sei mesi, quella città sarà la nostra casa.” Continuai credendo che non avesse capito ciò che le stato dicendo.

Gettò un urlo degno di un lirico, per poi gettarsi al mio collo, lasciandomi innumerevoli baci sulle guance.

“Mamma io ti amo, giuro! Vado a comunicarlo subito a Brittany!“ squittì con le lacrime agli occhi.

La dileguai con un sorriso lasciandole fare la sua amorevole chiamata.
Non ero sicura della scelta presa. Sentivo le gambe molli e pronte a cedere da un momento all’altro. il cuore batteva all’impazzata.
La sera precedente avevo chiamato il professore di mia figlia spiegandogli a grandi linee la mia storia passata e le mie preoccupazioni presenti. Lui, capendo la situazione, aveva fatto uno strappo alla regola permettendomi di accompagnare la mia unica figlia. Non sapevo cos’avrei trovato al mio arrivo lì e dovevo prepararmi ad ogni eventualità. Non sapevo chi o cosa avrei trovato ad aspettarmi. Non volevo che mia figlia facesse incontri indesiderati e che magari avrebbero potuta ferirla. Non volevo vedere nei suoi occhi lo stesso dolore che aleggiava nei miei da troppo tempo ormai.
 
Chiamai mia figlia un’ora dopo per la cena comunicandole che saremmo partite per Tokyo fra una settimana esatta.
Durante quei sette giorni non aveva fatto altro che trotterellare vivacemente per casa.
Più la guardavo e più mi rendevo conto che lei era la fotocopia del padre. I lineamenti del viso, i piccoli gesti quotidiani, il bere un caffè poco zuccherato al mattina, l’essere ghiotta di lasagne. Sorrisi a quei pensieri così sdolcinati.
Dovevo prepararmi mentalmente e fisicamente per il viaggio che avremo intrapreso da lì a poco.

“Sheena, tesoro, hai preso tutto l’occorrente?” domandai gentilmente a mia figlia.
“Sì mamma, tranquilla. Dai su, sbrigati, non vedo l’ora di partire! Ma ci pensi? Frequenterò l’ultimo anno di superiori a Tokyo! Sono così eccitata!”

Sobbalzai a queste parole. Fu come un deja-vu per me.

“Mamma? “Sheena sventolava la sua mano destra davanti il mio viso con fare frenetico.
“Dimmi amore.” Esordii scendendo dalle nuvole.
“Dai il taxi è arrivato.” Piagnucolò Sheena tirandomi dalla maglietta.
“Sì sì. Andiamo.” Risposi atona.

Raccolsi i miei pochi effetti personali e con mia figlia a seguito, scesi le scale. Mi sentivo quasi stessi andando al patibolo.
Guardai di sottecchi mia figlia che mandava messaggi convulsamente. Sorrisi nel vederla così felice.
Ma di me? Di me cosa potevo dire? Avevo una fottuta paura di scoprire cosa avrei trovato dall’altra parte del mondo.
 
 
 
 
Eravamo da poco salite sull’aereo prendendo posto. Guardai fuori dal finestrino di quell’aggeggio facendo volare i miei pensieri. Ricordi del mio passato sfrecciavano d’avanti ai miei occhi come un vecchio film muto.
In cosa mi ero andata a cacciare? Dannata me.
Se c’era una cosa in cui non ero mai cambiata era nell’essere brava a ficcarmi nei guai.

“Ciao ciao Italia!”

La voce squillante di mia figlia mi fece tornare alla realtà, rendendomi conto che eravamo già in volo. Ormai era troppo tardi per tornare indietro.

“Ciao ciao Italia.” sussurrai, prima di chiudere gli occhi e lasciarmi trasportare nel mondo dei sogni da Morfeo.
 
 
 
 

****

OOOOk. Respiriamo a fondo.
Non pretendo certamente che questo sequel, abbia lo stesso “successo” di Ice Heart, che devo dire, mi stupisce ogni giorni di più, dunque vi ringrazio tutti! VI AMO!.
Ero un po’ restia a pubblicare ora il sequel, poiché non sapevo come avreste potuto reagire eppure questo prologo, bazzicava nel mio pc, da un po’ ormai.
Non voglio rompervi le scatole con monologhi, dunque vi lascio il link del trailer e della mia pagina FB.
 
 
 


 

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Capitolo 2
*** E se fosse destino? ***







 
- E se fosse destino? -





Dopo quattordici ore di volo eravamo finalmente arrivate a Tokyo.
Osservavo il mondo che mi circondava. Il tempo sembrava essersi fermato a diciotto anni prima. Nulla era cambiato in quell’aeroporto. Stesse panchine, stesso check-in, stessi Gate, stesso colore delle pareti, solo il personale era cambiato, probabilmente.
Era proprio come lo ricordavo. Diciotto anni prima, però, quando arrivai c’era lui al mio fianco. Ora c’era sua figlia. Che ironico gioco del destino. Mia figlia camminava al mio fianco con aria sognante, ammirando il paesaggio circostante.
Com’era bella.  Così fresca e spensierata come lo ero io un tempo.

“Mamma guarda che bello!” squittì Sheena mentre continuava ad agitarsi.
“Uhm?” Voltai lo sguardo nella direzione indicata dalla mia piccola, sobbalzando.

Aveva notato lo stesso tabellone pubblicitario luminoso che avevo adocchiato anch’io a mio tempo.

“Sì Sheena, è davvero bello.” Biascicai accennando un leggero sorriso.
“Mamma dovrebbe essere qui il mio mentore. Quello che mi seguirà durante il mio percorso scolastico.” Continuò mia figlia, guardandosi attorno.
“Uhm, sai come si chiama?” domandai curiosa.
“No, però dovrebbe avere con se un cartello, come si vede nei telefilm.” Spiegò Sheena curiosando con lo sguardo.

Mia figlia continuava a girare la testa nevroticamente, cercando l’uomo che ci avrebbe accolte a Tokyo.

“Mamma, mamma! Eccolo è lui!” urlò indicandomi un punto preciso.

Mi voltai nella direzione indicatami da mia figlia, perdendo un battito al cuore.
Cosa ci faceva lui lì?
Era un gioco del destino?
Uno scherzo?
Una candid-camera?
No, cioè. Spiegatemelo.
Vidi mia figlia correre incontro a quel tipo, che aveva fatto perdere un battito al mio cuore malandato, da troppi anni ormai.

“Buongiorno! Lei dovrebbe essere il mio tutore qui a Tokyo, giusto?” sorrise sorniona Sheena ignara di tutto.

Mia figlia aveva una luce negli occhi che mi scaldava il cuore. Rendendomi orgogliosa della creatura che aveva concepito.

“Certo signorina. Da oggi, sarò il vostro tutore.” Disse l’uomo sorridendole.
“C’è anche mia madre qui con me. Ho parlato con il mio professore, spiegandogli che avrei apprezzato se lei mi avesse seguita. Dunque, eccola lì. – si voltò nella mia direzione, alzando il braccio e sventolandolo come una forsennata – Mamma, mamma! Vieni qui! Ti devo presentare il mio tutore!”

Sospirai ormai rassegnata e trascinando stancamente i piedi, arrivai vicino il piccolo bar dove erano impalati mia figlia ed il suo tutore.
Chinai la testa, quasi a vergognarmi della mia presenza in quel posto.

“Mamma che maleducata! Alza la testa e presentati.” Sbuffò Sheena.

Avrei dovuto ricordarmi di tirare le orecchie a mia figlia per la sua maleducazione, ma in quella circostanza mi riusciva bene solo balbettare.
Poi decisi di farmi coraggio ed alzare lo sguardo.
Lo sguardo del mio interlocutore,viaggiava da me a mia figlia, con una frequenza quasi maniacale.

“Ciao…Kyle.” Biasicicai vergognosamente.
“Y-yamashita?” balbettò incredulo Kyle.

Era davvero sbigottito,quanto me o forse più.
Il destino stava giocando nuovamente con noi. Me lo sentivo.

“Ma..quindi?” riprese Kyle a parlare.
“Oddio, voi due vi conoscete? Fantastico! Mass, mia mamma è stata 18 anni fa a Tokyo. Forse vi siete conosciuti così, vero?” s’intromise mia figlia.
“Sheena, tesoro, basta. Anzi credo sia meglio che tu vada a prendere qualcosa da bere.” Risposi freddamente.
“Mamma.”
“No. Vai. Ti prego.” Controbattei stizzita.
 
 
“Vieni, sediamoci Yama-ch...ehm Yamashita.” Kyle era più imbarazzato di me, ma come dargli torto, d’altronde si ritrovava un fantasma d’avanti.
“Kyle, sciogliti un po’, suvvia.”  Volevo, anzi cercavo di sembrare a mio agio, ma nulla sembrava funzionare.

Dannazione.

“E così Sheena è tua figlia? Ti sei risposata?”
 


Cosa fare?
Cosa dirgli?
Dovrei dirgli la verità su di me e su Sheena?
E se così facendo, rovinassi qualche equilibrio?
Non posso permettermelo.
Non posso distruggere ancora una volta le loro vite.
Devo mentire. Ancora
 
 
“Uhm cosa? Sì, è mia figlia. La mia bambina. Alla fine mi sono sposata anch’io, come vedi.” Sorrisi imbarazzata.
“Perché non mi convince?”
“Kyle non vedo per quale motivo tu non debba essere convinto delle  mie parole. La tua mancanza di fiducia nei miei confronti è disarmante.”Oddio, ma ero davvero io? Quella frase, quel tono di voce. Ero davvero irriconoscibile.
“Sei irriconoscibile Yamashita. Davvero.” Sospirò Kyle, guardandomi con la coda dell’occhio.

Ecco, appunto.
Sospirai, sorseggiando un po’ di cappuccino che il cameriere mi aveva servito.

“Sono solo cresciuta, sai. Sono passati diciotto anni dall’ultima volta che ci siamo visti.”
“Lo so bene, credimi. Te ne sei andata senza dare spiegazioni. Kaname pianse per giorni per la lettera che le lasciasti e...”
“Non continuare, non voglio sapere nulla di lui, perdonami.” Lo interruppi, stringendo  la tazza tra le mie mani.
“Vi amavate però. Dunque non siamo mai riusciti a capire cosa vi abbia divisi.” Indagò ulteriormente Kyle.
“Come scusa? Ayumi non ti basta come motivazione? Aspettava il figlio di Shin.” Risposi stizzita.

Vidi Kyle innervosirsi e sbattere il pugno sul tavolino del bar.

“È meglio se andiamo.” Ordinò.
“Oh…ma che succede ora?” Continuai imperterrita, ignorando volontariamente la vena pulsante sulle tempie di Kyle.
“Yamashita, credimi. È meglio se ce ne andiamo. Non mi va di continuare questo futile discorso. Non ora almeno.”
“Ma…”
“Mamma, mamma! Avete finito di spettegolare?” fummo interrotti da Sheena che era tornata.

Sheena era tornata giusto in tempo per eclissare completamente il mio discorso con Kyle.

“Sì tesoro, seguiamo il signor Masahiro.”


 
Uscimmo dall’aeroporto dirigendoci verso una macchina nera. Sembrava una macchina stile Man in Black.
Risi per quell’associazione appena fatta. In tutti quegli anni non ero mai cambiata. Ero rimasta sempre un po’ la ragazzina rompiballe.

“Forza, salite ragazze, è giunto il momento di riportarvi a casa.” Disse sovrappensiero Kyle.

Sobbalzai, spaventata. Riportarci a casa?
Non ebbi il tempo di ribattere che eravamo già in viaggio, sfrecciando per le vie di Tokyo, proprio come 18 anni prima.
Nulla era cambiato. Stesse emozioni, stesse sensazioni. Ora, però, con me c’era la mia ragione di vita. Mia figlia.

“Mamma, credi che mi troverò bene?” ruppe il filo dei miei pensieri Sheena.
“Tesoro inizi ad avere l’ansia?” la presi in giro.
“Ecco, vedi…ora non sono più sicura della scelta fatta. Qui non conosco nessuno…” balbettò, abbassando lo sguardo.
“Tesoro...”
“È proprio la tua fotocopia, Yamashita.”  Intervenne Kyle, facendomi voltare il volto nella sua direzione.

La mia fotocopia?
Solo qualcuno senza buon senso poteva non accorgersi dell’incredibile somiglianza con Shin, suo padre.
Dio mio, cosa avremmo fatto se Shin avesse scoperto tutto?
Iniziava a salirmi l’ansia anche a me.

“Yamashita devi stare tranquilla.” Bisbigliò Kyle.
“Facile a dirsi per te, Kyle. Non è il tuo passato che è tornato a tormentarti.” Risposi voltando lo sguardo.
“Se ti tormenta vuol dire che è ancora un pezzo importante della tua vita.” Non ricordavo che fosse così saggio.
“Oh, non immagini quanto. Credimi.” Risposi senza pensarci.
“Cioè?”
“Nulla, lascia stare Kyle.” Mi morsi la lingua per la mia stupidità.
“Tua figlia è peggio di te. Guardala, si è addormentata.” Sorrise Kyle.

Voltai il viso verso mia figlia per ritrovarla in una posizione bizzarra mentre dormiva.
Immaginate un gattino con un gomitolo in mano che rimane attorcigliato. L’avete fatto?
Bene, mia figlia stava dormendo proprio così.
Era davvero tenera.

“Già, è tenera.” Sussurrai, sorridendo.
“Yama-chan, sai che somiglia molto a Shin, vero? A meno che tu non abbia sposato un orientale anche in Italia, il dubbio che quella ragazza sia la figlia di Shin, mi assale.”

Momento, momento.

Come poteva aver tratto delle conclusioni così? E da dove le aveva tirate fuori?

“Kyle, ma che dici? Ma ti ascolti?” risposi  nervosamente, agitando le mani.
“Sì e non sono stupido Yamashita. Occhi a mandorla, naso e mento arrotondato, proprio come Shin. Anche gli atteggiamenti sono simili. Che sta succedendo?” sputò velenoso Kyle, guardandomi truce.

Deglutii a fatica, incerta sul da farsi.
Scappare non potevo. Non con una macchina in corsa e con mia figlia che dormiva beatamente.
Vidi Kyle avvicinarsi sul sedile, facendosi sempre più vicino.
Le mani mi sudavano, la testa la sentivo pesante.
Dannazione.

“Yamashita, non mentirmi. Sai che tu e tua figlia alloggerete presso la mia tenuta, vero? E sai che Shin è ancora uno dei miei migliori amici, giusto? Se la matematica non è un opinione, tu e lui vi rivedrete molto presto.”
“Cazzo…” sbottai spaventata.
“Eh sì piccola Yamashita, ti conviene sputare il rospo.” Era diventato proprio stronzo!
“Non qui. C’è lei.”  Dissi, facendo un segno con la testa per indicare mia figlia.

Tanto potevo vuotare il sacco con Kyle, giusto? Giusto? Sei mesi e sarei sparita nuovamente dalle loro vite.
Solo sei mesi.
Solo sei mesi e tutto sarebbe finito.
Dovevo resistere per mia figlia.
Sì, avrei resistito per lei.
In fondo glielo dovevo.
L’avevo privata dell’opportunità di avere una famiglia felice ed unita solo per fare la cosa giusta.
Solo per lasciare l’uomo che amavo alla strega di turno.
 
“Siamo arrivati.” Mi ridestò dai miei pensieri la voce roca di Kyle.
“Bene…che abbiano inizio le danze.” Deglutii e presi un profondo respiro.
 


 

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Capitolo 3
*** Quando tutto deve andare storto ***























 
- Quando tutto deve andare storto -




Entrammo nella maestosa villa.
Sembrava una reggia, simile a quella delle favole. Era da mozzare il fiato.
Mai visto tanto lusso da…da quando vivevo nella tenuta Seiki.

“Yama tutto ok?” intervenne Kyle posandomi una mano sulla spalla, facendomi sobbalzare.
“Sì. Sì.” Risposti atona.
“Vieni, credo che ci sia una sorpresa per te.” Sorrise Kyle avviandosi verso la porta d’ingresso.

Non ebbi il tempo di capire, che una donna sulla quarantina aprì le porte della tenuta.

“Tesoro finalmente sei…” esordì la donna, facendo cadere la frase e guardandomi sbigottita.

Deglutii a fatica.

“Y-Yamashita?” balbettò la donna che ora mi sembrava meno sconosciuta.
“K-Kaname?” balbettai anch’io incredula dalle circostanze.
“Oddio..sei proprio tu?” squittì allargandosi in un caloroso sorriso.
“Che sta succedendo?” Mi voltai con sguardo interrogativo verso Kyle che sorrideva divertito mentre si avvicinava tenendomi sotto braccio e conducendomi all’interno della villa.

Entrammo in casa e tutto sembrava così surreale.

“Dunque tu e Kyle…vi siete sposati? Ma non volevi Shane?” forse stavo traendo conclusioni affrettate eppure Kaname aveva chiamato Kyle con l’appellativo “tesoro.”
“Shane? Oh sì, diciamo che finì ancora prima d’incominciare.” Rispose secca Kaname alzando le spalle.
“Oddio, scusami io…” mi sentivo in imbarazzo. Ero convinta che tra loro sarebbe stato tutto rose e fiori.
“Ma no,  tranquilla. È tutto ok! Semplicemente ci siamo resi conto di  non essere fatti l’uno per l’altra.” Rispose semplicemente Kaname.
“Oh capisco.” Mi sentivo una scema ad aver fatto una domanda simile.
“Gli altri son tutti sparpagliati, sai?” riprese Kaname guardandomi con la coda dell’occhio e gonfiando leggermente le guancie.

Alzai di colpo il volto sorpresa.

“Mark si è sposato con una conosciuta sul posto di lavoro e sono partiti insieme per New York. Shane, dopo la fine della nostra storia, è partito in cerca di fortuna e sembra esserci riuscito. Dirige una casa discografica ad Hong Kong. Shooter, o meglio Micheal, ha due splendide bambine. Si è sposato con una biondina, dieci anni fa. Jess partì poco dopo la tua fuga e…”
“Non continuare di prego. Ti prego.” La interruppi bruscamente portando le mani dinnanzi al viso.

Kaname annuì, consapevole che il continuo avrebbe potuto ferirmi.

“È sua figlia, vero?” Kaname pose la domanda che tanto temevo. Ma come potevo mentirle dopo tutto il male che le avevo fatto? Dopo tutti i guai che le avevo fatto passare? La verità, almeno a lei, gliela dovevo.
“Sì.” Monosillabica.
“Sai, dopo la tua fuga e la lettera che mi lasciasti, non sapevo cosa fare. Da una parte volevo urlare la verità a Shin, dall’altra non volevo che tu soffrissi e così…son rimasta zitta. Mi hanno torturato per mesi. Non sapevo cosa inventarmi. Giuro.” Finì la frase
Kaname abbassando lo sguardo afflitta.
“Grazie, sei sempre stata un’ottima amica.” Le sorrisi debolmente appoggiandole la mano destra sulla spalla.
“Yama, lei sa di suo padre?”
“No, scherzi? Come avrei potuto? Quando sono tornata in Italia ho tagliato anche tutti i ponti con i miei cari per evitare problemi. Ho chiuso i ponti con tutti.” Ritrassi la mano dalla spalla di Kaname quasi scottata e la guardai sbigottita.
“E cos’hai risolto alla fine?”

La vidi incrociare le braccia sotto al seno ed assumere quell’aria da maestrina, che, nonostante diciotto anni, le donava sempre l’espressione da bambina. Ridacchiai e mi schiarii la voce.

“Nulla, Kana, semplicemente evito altro dolore a mia figlia.”
“Guarda, il destino è stato bastardo anche stavolta. Mio figlio Ryou frequenta spessissimo la casa Seiki, credi che Sheena non incontrerà mai il padre?”
“Cosa c’entra ora? E poi non voglio pensarci ora. Sono qui solo per mia figlia e per realizzarle un sogno. Seiki è l’ultimo dei miei pensieri.” Sbottai infastidita ed impaurita.
“Bene, perché l’ho invitato a cena da noi.” Sentenziò Kaname voltandomi le spalle.
“Come?!” urlai in preda al panico.
 
 
Dovevo assolutamente trovare un modo per non far incontrare mia figlia e Shin. Sarebbe stata una catastrofe assurda se quei due si fossero incontrati e se Shin avesse scoperto o intuito qualcosa.
Ma cosa? Cosa potevo escogitare?  Sapevo che era stato un errore tornare in Giappone. Sapevo che qualcosa sarebbe andato storto, me lo sentivo sin dentro le viscere.

“Ci sono!” Ebbi il cosiddetto lampo di genio.

Avrei portato mia figlia in giro per Tokyo, dicendole che le volevo far visitare le bellezze di quella città. L’avrei portata a vedere i ciliegi, santuari e perché no? Anche a mangiare al MC’s dove andavo da giovane con Kaname.
Oh, Kaname. Dovevo trovare una scusa plausibile anche con lei per non cenare quella sera.

Mi dispiace dar buca la prima sera, a Kaname, ma proprio non posso permettere un incontro tra le persone più importanti della mia vita. Non in questo momento almeno.

Iniziai a cercare la mia amica per tutta la villa, finchè non la trovai in cucina intenta a preparare qualcosa che solo dal profumo sapeva di buono.

“Kaname, disturbo?” Esordii, sbucandole letteralmente alle spalle.
“No tesoro, dimmi tutto.”
Mi sciolsi, vedendo il sorriso che mi rivolse. Nonostante gli anni fossero passati per tutti, lei era rimasta sempre la dolce ragazza di un tempo.

Mi avvicinai abbracciandola e strofinando il naso nell’incavo della sua spalla.

“Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace. Questa sera porto Sheena a visitare Tokyo.”
“Lo sapevo. Tranquilla, infatti non ho fatto apparecchiare per te e tua figlia. Tranquilla, vai. Tempo al tempo.” Mi canzonò Kaname sorridendomi.
“Grazie mille Kana-chan. Mi capisci sempre.”
“Yama  attenta a non bruciarti col fuoco. Tokyo sarà anche grande, ma con il destino beffardo che ti ritrovi può diventare più piccola di un paesino.” Non la ricordava così saggia però.
“Lo so Kaname, ma non mi sento pronta e poi non sappiamo come potrebbe reagire lui e soprattutto lei. Non voglio altri guai. Mi bastano già quelli che ho. Ora è meglio che vada. Sheena mi sta aspettando. L’ho chiamata e le ho detto che l’avrei portata in giro. A più tardi tesoro.”
 

Lasciai Kaname in cucina dirigendomi verso l’androne dove trovai mia figlia intenta a dialogare con un bel maschietto.
La curiosità è donna, no? E per di più mia figlia stava parlando con un… bell’esemplare della razza maschile.
Mi nascosi dietro la colonna posizionata alla mia destra, aguzzando l’udito.

“E tu chi saresti?” sbraitò il ragazzo.
“O-oh…ehm…piacere sono Sheena Michiyo. Sono qui per lo scambio interculturale. Il signor Masahiro è il mio tutore.” Balbettò mia figlia guardandolo di sottecchi.
“Tsk, mai che si faccia gli affaracci suoi quel dannato.” Sbraitò ancora il ragazzo infastidito.
“Oh, ma come ti permetti! E poi non ti sei neanche presentato! Sei un vero maleducato!” urlò mia figlia.

Vidi il prototipo, che mi stava sulle palle già, avvicinarsi a mia figlia e prenderle il mento tra l’indice ed il pollice.

“Se quel bastardo osa toccarla, gli stacco le palle a morsi.” Sibilai a denti stretti.
“C-cosa vuoi fare?” balbettò Sheena.

Ecco, cosa voleva fare a mia figlia?
Da brava mamma chioccia, avanzi di qualche passo, tornando subito indietro vedendo la scena.

“Sono Ryou. Ryou Masahiro. Il figlio del tuo tutore, tesoro.”

Oddio, quello era il figlio dei miei due amici?
Quella sottospecie di delinquentello?
Oh San Paisiello! Che cosa avevano generato quei matti? Un figlio più matto di loro.
Avanzai nuovamente interrompendo quella scenetta.

“Oh, Sheena sei qui. Sei pronta? Dobbiamo andare?” esordii con non calanche.
“Sì mamma, stavo facendo amicizia con…”
“Con il figlio del tuo tutore. Sì sì, ok, ora andiamo, è tardi.” La interruppi prendendola per il braccio.
“Ma mamma…!”

Non le feci concludere la frase perché la trascinai completamente fuori dalla tenuta.
 


 
Avevo portato mia figlia in pieno centro a Tokyo, lì eravamo al sicuro. In una città grande come Tokyo era impossibile fare incontri ravvicinati con qualcuno che si evitava appuratamente. Giusto?

“Mamma, mamma! Guarda che bello questo negozio!” urlò mia figlia con la voce impregnata d’allegria.

Alzai il viso seguendo la direzione indicatami da Sheena. Sorrisi nel vedere quel negozio. Era un confetto gigante su tre piani, tutto rosa e pieno di merletti alle finestre. Doveva essere roba da Lolita suppongo, non mi sono mai interessata più di tanto a quello stile, ma nel periodo passato a Tokyo avevo visto parecchie ragazze agghindarsi e definirsi Lolite et simili.

“Sì tesoro, bellissimo. Vuoi entrare?” le domandai.
“No, non è roba che indosserei, mi piaceva solo stile del negozio.” Fece spallucce tornando a camminare.

Passeggiamo per altre due ore tra le vie del centro di Tokyo, finché la fame arrivò a bussare alle porte dei nostri stomaci.

“Mamma…” piagnucolò Sheena.
“Sì tesoro, anch’io ho fame. Andiamo in quel ristorantino? Che  ne dici?” le sorrisi.
“Sì, così proveremo la cucina tipica giapponese!” rispose allegramente.

Entrammo ed ordinammo da mangiare, abbinghiandoci con tutto quel ben di Dio che arrivò poco dopo.
Uscimmo dal locale con due pance enormi quanto cocomeri. Non era la prima volta che ci abbuffavamo in quel modo. In Italia eravamo solite fare cenette a lume di candela, tutte e due insieme. Ma quella era la prima volta fuori nazione, totalmente.
Ci sentivamo felici ed appagate così. Mia figlia, non l’avevo mai vista così felice e sorridente.

“Mamma…?”
“Dimmi tesoro.”
“Grazie.”
“Per la cena? Ma che…”
“No, per tutto. Per avermi accompagnata, nonostante tu non volessi tornare a Tokyo. Per essermi sempre accanto, nonostante io sia una figlia egocentrica, testarda e stronza alcune volte. Grazie per avermi fatta nascere, grazie per volermi proteggere non dicendomi la verità su mio padre. Grazie per avermi fatto capire e sentire l’importanza di avere qualcuno che ti ami, accanto. Grazie per essere la mia mamma speciale. Grazie per tutte le volte che torni da lavoro stanca, ma hai sempre tempo per me e grazie per aver lasciato il posto di lavoro per inseguire i miei stupidi capricci da ragazza. Grazie di tutto.”

Avevo le lacrime agli occhi, il cuore galoppava e un brivido attraversava la mia schiena.
Mai e dico mai, mi aveva parlato in quel modo. Con quella dolcezza. Mai mi aveva detto grazie per i sacrifici fatti per lei.
Mi si avvicinò, stringendomi a se, forte forte. Mi lascia cullare da quell’abbraccio così caldo e che sapeva di casa. Di noi.
Quella ragazza era il frutto del mio amore con Shin e nessuno me l’avrebbe mai portata via. Lei era la mia ragione di vita. Era il mio sole, la mia luna, la mia quiete nei giorni di tempesta. Lei era la mia essenza.
Lei era Sheena Michiyo e nulla avrebbe cambiato quella realtà.

“Yamashita?” una voce roca e conosciuta richiamò la mia attenzione.

Ecco, cos’avevo detto? Che nulla e nessuno avrebbe cambiato quella realtà?
Mi sbagliavo.

“S-shin…” biascicai impaurita arretrando istintivamente di due passi.

Ero letteralmente fottuta.
O forse no?
 
Il respiro mi si era smorzato in gola, gli occhi secchi per il mio non sbattere le palpebre, le gambe di pasta frolla e mia figlia stretta saldamente contro il mio petto.

“Yamashita…sei proprio tu?” richiamò nuovamente la mia attenzione Shin avanzando di qualche passo verso di me.

Guardavo Shin timidamente, quasi avessi paura di commettere qualche stupidaggine irreparabile.

“Yamashita, sei tu. Non ci credo.” Biascicò incredulo avvicinandosi ulteriormente nella mia direzione mentre stringevo sempre più saldamente Sheena.
“Mamma, mamma! Conosci questo signore?” urlò Sheena interrompendo quel momento surreale.

Vidi Shin irrigidirsi all’istante quasi avesse ricevuto un secchio di acqua gelata in testa.
Sgranò gli occhi posandoli alternatamente tra me e mia figlia.

“Tesoro, ehm, che ne diresti di andare a comprarti qualche maglietta in quel negozio laggiù?” Cercai di convincerla, indicandole un negozio carino di abbigliamento.

Per fortuna mia figlia era abbastanza matura da capire quando era il momento di smammare e lasciare la mammina da sola a sciogliere i nodi legati al pettine.

“Ehm…Ciao Shin.” Alzai timidamente la m ano salutandolo.
“E’ tua figlia?” Dritto al punto, come sempre.

Faceva uno strano effetto rivederlo.
Era sempre bello. Bello come il sole. Certo qualche ruga appena accentuata, occhi profondi, qualche striscia di bianco tra quei capelli che per giorni, anni, avevo sognato di strappare selvaggiamente in un momento di pura passione. Le sue labbra erano ancora carnose come le ricordavo, persino il suo fisico era statuario, almeno per quanto il vestiario mi permetteva di sbirciare. No ok, forse aveva messo su un po’ di sana pancetta. Ma che importava? Era dannatamente sexy. Anche in pigiama, pelato, sovrappeso, sarebbe rimasto il mio bel Shin.

“Sì.” Risposi freddamente

Conclusi monosillabicamente.

“Quindi…ti sei sposata, deduco.”
Ecco, bella domanda. Che rispondere?


No è tua figlia.


Oppure


Sì, mi sono sposatalasciatadivorziataesonosonola?


“Sì, sposata. -brava la vigliacca, come al solito - Ma mi sono separata anni fa.”

Ecco una mezza verità. Andava bene lo stesso, no?
Non c’era nulla di male, giusto? Non ci sarebbero state conseguenze, vero?

“Capisco.” Asserì lui.
“E tu e Ayumi? E il bimbo che aspettavate?” chiesi cordialmente.

Vidi Shin guardare in un’altra direzione quasi avesse paura di parlare.
Che ci fosse qualcosa che non sapevo?

“Ti ho cercata a lungo Yamashita. Dal giorno del nostro non matrimonio ti ho cercata in lungo e in largo, ma eri sparita. Nessuno sapeva di te. Neanche la tua famiglia. eri come sparita nel nulla, quasi non fossi mai esistita.” Rispose Shin deviando la mia domanda.
“Non ti ho chiesto questo però.” Per quanto mi facesse piacere sapere che mi aveva cercata, volevo sapere della strega e del bimbo.
“Non c’è nessuna Ayumi e nessun bambino.” Rispose freddamente Shin.
“Come scusa? Ayumi esiste eccome!”

Ma mi stava prendendo in giro?
Mi faceva così stupida?

“E’ una storia lunga.” Voltò lo sguardo.

In altre parole stava dicendo che non voleva raccontarmi i fatti suoi.

“Tipico. Ok, me ne vado. MIA figlia mi aspetta. Ciao.” Tagliai corto.

Detto questo iniziai a camminare, cercando di ricacciare indietro lacrime e dubbi, dal mio volto.
Erano passati diciotto anni ma non era cambiato per niente e Sheena gli somigliava sempre di più.
Mi sentì afferrare dal  polso, costringendomi a girarmi per vedere quello che già sapevo.

“Ora che ti ho trovata credi che ti permetta di fuggire via da me? Lo credi davvero Yamashita?” biascicò a denti stretti Shin.
“I-io credo solo che dovresti lasciarmi in pace Seiki.” Cercai di rispondere freddamente.
“Io credo invece che forse dovremmo parlare per bene.” insistette lui.
“Non c’è nulla da dire. Ti ho chiesto due cose. DUE fottute cose e tu non mi hai risposto. Cosa vuoi ancora Shin? DIMMELO!” quasi urlai in preda alla disperazione.
“TE! Cazzo Yamashita sei scappata di punto in bianco diciotto anni fa! Sembrava che stesse andando tutto a gonfie vele e poi? E poi quella lettera, Ayumi in chiesa. Cosa ti passò per la testa, eh? DIMMELO! Ti ripresenti anni dopo con una figlia concepita con un altro bastardo, che giuro, giuro, giuro che se lo trovo lo ammazzo. Yamashita tu mi hai lasciato senza un motivo!” Shin sembrava letteralmente impazzito. Non riuscivo a riconoscerlo.
“Senza un motivo? Senza un motivo?! L’ho fatto perché Ayumi mi ha pregata! Perché era incinta di tuo figlio! L’ho fatto pensando a voi e non a me, stronzo!” urlai con le lacrime che ormai sgorgavano dai miei occhi.
“Ayumi  ha perso quel bambino dopo due mesi dal matrimonio!” urlò Shin di rimando.
“C-come?”

Che significava? E perché avevo l’impressione che la questione non fosse finita?

“Inoltre non era mio. L’aveva concepito con il cugino. Un incesto, insomma. Per non far scoprire tutto cercò di incastrarmi ma il giorno del matrimonio, dopo che risposi si lo voglio, prima di firmare…bloccai tutto scappando anch’io da quella chiesa che mi sembrava troppo stretta.”
“Shin io..” non avevo parole. Avevo chiuso i rapporti con tutti e dunque non avevo saputo nulla di tutto quello che era accaduto.
“Appunto. Se invece di sparire mi avresti lasciato spiegare o trovarti ora…quella ragazza sarebbe potuta essere nostra figlia e non solo tua.” Sospirò fortemente lui.
 
Ecco, ora mi trovavo davanti al grande dilemma. Dirlo o non dirlo?
Cosa fare?

“Shin, ecco io…”
“Mamma! Guarda che bei vestiti che ho comprato!” interruppe nuovamente Sheena.

Ero stata salvata in calcio d’angolo.
Sheena mi aveva salvata.
Era un segno del destino.
Shin non doveva sapere di Sheena.

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