Il tuo posto è tra le mie braccia

di SilviAngel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 ***


Ciao, eccomi qui a fare incursione in un nuovo fandom.
Piccolo appunto, nello scorrere la storia, vi imbatterete nel nome del dominus di Nasir. Senza riflettere, ho utilizzato il nome che ho trovato in una FF che ho seguito intitolata
“Ombre” e dando per scontato fosse il nome reale, da me perso durante la visione del telefilm, sono ricorsa ad esso, per poi scoprire fosse invenzione dell’autrice. La mia pigrizia è però tale da avermi suggerito di evitare di cambiare il nome (inventandone uno a mia volta) e di effettuare questo chiaro riferimento e richiamo.
Dando all’autrice il merito che le spetta, vado a cominciare.
I personaggi, purtroppo, non mi appartengono.


Purtroppo la storia non potrà avere una pubblicazione costante, viste le molte ff che ho in corso.
Buona lettura


 
IL TUO POSTO È TRA LE MIE BRACCIA.
 
Cap. 1
 
Quando attaccarono per la prima volta la villa di uno schifoso romano, Agron respirò a pieni polmoni l’odore acre del sangue mescolato a quello del legno bruciato e legò quella fragranza inebriante alla sua ritrovata libertà, anche se ottenuta al prezzo della vita di Duro e di molti altri. 
Il sorriso sui volti dei propri compagni e la pacca sulla spalla che Spartacus gli donò, misero l’ennesimo rattoppo alla sua anima spezzata e, sorridendo di rimando al nuovo fratello che la schiavitù gli aveva permesso di trovare, si mosse per raggiungere Crixus nella camera privata del dominus.
Lungo il tragitto incontrò gli schiavi appena liberati che, ancora abituati al giogo che li aveva gravati fino a pochi attimi prima, tenevano ancora il volto rivolto a terra.
Il germano ne contò parecchi, doveva essere davvero ricco l’uomo che, varcata la soglia, lo accolse in ginocchio con i pugni e i calci del gallo che tentavano di sciogliergli la lingua.
 
Aveva approvato con gioia il piano di Spartacus di attaccare le ville che avrebbero trovato sul loro cammino e uccidere il maggior numero di romani possibile, ciò che non riusciva del tutto ad accettare era che a spingerlo in quella direzione fosse il voler appoggiare il desiderio dell’altro gladiatore di ritrovare una donna, quella Naevia che Agron aveva intravisto un paio di volte, o forse poco di più, al seguito della moglie di Batiato.
E ora il guerriero nato aldilà del Reno era lì, accanto a chi aveva risvegliato in lui il desiderio della libertà e lo osservava parlare agli schiavi di Leddicus affrancati nel sangue del loro padrone, cercando di accendere anche in loro lo stesso fuoco che ardeva nei suoi compagni, ma negli occhi di quegli uomini vi era soprattutto terrore e una malsana oramai attitudine a obbedire che Spartacus era smanioso di sradicare.
Lui non voleva cieca obbedienza, ma condivisione di ideali ed esattamente questo stava cercando di ottenere quando, con uno strattone deciso, aveva strappato via dal collo di uno di quei ragazzi il segno che rimarcava il  loro appartenere a qualcuno.
Agron era convinto fosse tutto una perdita di tempo, non erano di certo loro la risposta all’innegabile bisogno di rinforzare i ranghi.
Avevano necessità di altri combattenti, di gente in grado di brandire armi, non di bocche da sfamare appartenenti a chi sapeva pulire i pavimenti o soddisfare il padrone, ma il trace era sordo a queste lamentele, ostinandosi a ripetere che ogni uomo possedeva il proprio valore.
 
Il renano si prese il tempo necessario, mentre le parole di Spartacus si perdevano nel sottobosco delle canzoni urlate da Rasco, per osservare gli ex schiavi allineati in piedi di fronte a lui, notando come la maggior parte di essi avesse la pelle più scura della propria o dei galli, evidentemente il dominus di quella casa amava circondarsi dei frutti provenienti dai paesi più lontani.
Un paio, per quel poco che Agron aveva potuto imparare a conoscere, dovevano provenire dalle terre oltre il mare, là dove gli stessi romani dicevano di aver trovato le belve che a volte scendevano nell’arena, un terzo elemento aveva la pelle più chiara ma tratti spigolosi e risultava del tutto anonimo.
Continuando a far scorrere i propri occhi, essi caddero sul ragazzo che poco prima era stato privato del collare e che continuava a toccarsi la pelle, ora esposta, come se la scomparsa di quel pezzo di cuoio lo avesse reso più nudo del fatto di avere legato approssimativamente ai fianchi solo un sottile telo di lino chiaro.
Aveva i capelli lunghi e scuri, così come gli occhi che nonostante ciò rilucevano, tanto erano luminosi, nella penombra che avvolgeva il portico, ma ciò che colpì il gladiatore più di tutto fu il volto, teso e attraversato da scintille di rabbia che superavano di gran lunga la paura. Il germano ritenne però non valesse la pena soffermarsi troppo e dopo aver indugiato ancora per qualche respiro sul torace liscio e minuto dell’altro, volse le spalle alla sera e si diresse verso i fratelli e verso una più che meritata coppa di vino.
 
Si destò tempo dopo, scosso dalla mano tremante ma decisa di Mira che lo spronava a seguirla dopo aver svegliato nello stesso modo frettoloso Crixus, facendo poi strada fino alla camera che divideva con il loro leader e da lì in quello che era stato lo studio del dominus.
“Ha tentato di fuggire così da trovarsi un altro padrone utilizzando come moneta di scambio la nostra posizione?” chiese il gallo vedendo uno dei nuovi membri della ribellione trattenuto per le braccia da due gladiatori.
“No, ha semplicemente tentato di uccidermi” rispose con semplicità disarmante Spartacus.
“Cosa? Questa merda ha cercato di farti la pelle e ancora respira?” non riuscì a trattenersi Agron trovandosi di fronte il ragazzo con i capelli lunghi.
“Non è facile ritornare liberi, soprattutto se le catene sembrano essere nate insieme con te. Io ho vissuto molti inverni da uomo libero, come penso sia accaduto anche a voi” e vedendo i compagni assentire riprese “molti di loro sono nati schiavi o lo sono diventati quando erano ancora dei bambini. Se hanno conosciuto solo catene, come si può pretendere che sappiano godere appieno di una libertà che non conoscono?”
“E tu vuoi allenare questa feccia?” ringhiò Crixus.
“Come mi ha ricordato Agron, abbiamo bisogno del maggior numero possibile di braccia armate. Oggi non abbiamo subito perdite, ma potremmo non essere sempre così fortunati, quindi dobbiamo raccogliere tutto ciò che troviamo lungo la strada. Agron, Crixus occupatevi dei nuovi e allenateli, ché almeno riescano a tenere in mano un gladio per quando lasceremo queste mura”
“Va bene” sentenziò l’imbattibile e rivolgendosi al germano “ce li dividiamo giocandoceli ai dadi? E comunque io non voglio avere davanti agli occhi questa merda, te lo cedo volentieri, forse, se gli dei mi sorridono, ti pugnalerà nel sonno”
“Scordatelo, non voglio avere un cagnolino selvatico pronto ad azzannarmi alle caviglie”
“Calmatevi” intervenne Spartacus “mi occuperò io di lui, personalmente”
 
L’alba arrivò veloce e senza rendersene conto, molti gladiatori si ritrovarono nell’atrium antistante il corpo centrale della villa ad assistere al primo allenamento delle reclute.
Agron vi giunse tra gli ultimi e i suoi occhi andarono alla ricerca di Spartacus o forse del giovane uomo che stava con lui incrociando la spada.
Un compagno prese a parlargli, ma era del tutto incapace di distogliere gli occhi dai movimenti, sì impacciati, ma veloci, del servo personale del dominus. Poche parole comprese e tra esse il rammarico per la vita che ancora scorreva nelle membra del ragazzo e senza spiegarsi il motivo, il germano ringraziò il fratello per aver deciso in quel modo.
Ricercando l’ombra della casa, Agron si imbatté in Mira e cogliendo tale propizia occasione, la seguì. Voltato l’angolo trovò il coraggio per appagare una curiosità che continuava a contorcersi nello stomaco alla stregua di una serpe “Posso farti una domanda?”
“Parla” si limitò a dire, continuando a segnare su una piccola tavoletta tutto ciò che la dispensa conteneva.
“Cos’è di preciso uno schiavo personale?”
“Perché lo vuoi sapere?” si incuriosì la donna, senza però guardarlo in volto.
“Io ero un gladiatore e non conosco tutte le fottute abitudini e regole romane” rispose con stizza il renano piegando all’ingiù gli angoli della bocca, bramoso di ottenere la sua risposta e allontanarsi da quella creatura.
Agron davvero non capiva le donne e di sicuro non le sopportava.
“Lo schiavo personale o carnale” e su quest’ultima parola la mora si voltò fronteggiandolo per gustarsi il lento dipanarsi del dubbio “è colui che si occupa di tutti i bisogni del proprio dominus, soprattutto di quelli che possono essere soddisfatti nell’intimità della sua camera e gode di solito di un trattamento di grande favore nella casa”
L’uomo, ottenuta la sua risposta e scuotendo il capo, si allontanò.
Quella era dunque la verità: il ragazzo coi capelli neri come la notte e, negli occhi e nelle mani, il coraggio di un leone altro non era che la puttana di uno sporco romano.
Vagabondò per gli orti della villa e le numerose stanze chiedendosi perché mai allora si fosse rivoltato cercando di azzannare la mano che l’aveva liberato.
Che davvero si crogiolasse nella parvenza di una posizione di rispetto, superiore agli schiavi comuni? O forse la visione distorta della sua intera esistenza gli suggeriva fosse giusto tutto ciò che gli era accaduto in vita? O forse ancora semplicemente gli piaceva giacere in quel letto?
Avrebbe dovuto importare poco al guerriero conoscere il responso, ma invece, nonostante si ostinasse a tenerlo lontano, quel tarlo lo accompagnò fino a sera, quando avvicinandosi ai compagni in festa, vide il ragazzo seduto a terra appoggiato a una colonna.

Il suo desiderio di sapere e di conoscere l’uomo che si nascondeva dietro allo schiavo spinsero il gladiatore a recuperare due coppe di vino e tentare la sorte. Avvicinandosi si accorse di come il piccolo osservasse con, all’apparenza, un profondo odio niente meno che Spartacus e per iniziare a parlare decise di utilizzare proprio quel suo gesto avventato.
Non ottenne nulla se non una risposta sferzante che però non riuscì a convincere Agron a demordere e piegandosi sulle ginocchia gli domandò quale fosse il suo nome.
“Tiberio” sussurrò.
Un nome che nulla aveva a che vedere con lui.
Un nome romano per un ragazzo che nulla possedeva di quel popolo se non il dannato collare che gli era stato strappato via.
Ogni tentativo di approfondire la conoscenza, così da scoprire nuove tessere di quell’assurdo e attraente mosaico, venne spazzato via dall’irrompere delle sentinelle lasciate all’esterno della villa: qualcuno si stava avvicinando.
 
Dopo aver sparso sangue romano, anche se non nella quantità che ciascun gladiatore avrebbe desiderato, Agron aveva ottenuto una ricompensa insperata, aveva finalmente potuto conoscere il nome di quella creatura che oramai non riusciva a levarsi dalla testa.
Nasir.
Un nome indubbiamente – per quel poco che aveva imparato in quell’accozzaglia di gente che abitava il ludus – di origine lontana, siriana, se poteva prestare fede alle parole stesse del ragazzo.
Il germano non aveva però avuto il tempo di gioire di ciò e neppure del fatto che la dimora fosse di nuovo sicura – dato che l’intero drappello romano era stato sterminato – che, voltandosi, non aveva più scorto traccia del giovane e scolandosi quanto rimaneva nella propria coppa, pensò fosse opportuno trovare un angolo in cui riposare, possibilmente lontano dai chiassosi galli.
Percorse dedali di corridoi illuminati da torce dove parecchi suoi compagni si stavano divertendo, affondando nei corpi sinuosi di donne compiacenti, piacere che difficilmente lui quella notte avrebbe assaporato; avrebbe certamente trovato qualcuna disposta ad assecondare i suoi bisogni con estrema facilità – aveva notato le occhiate che quella schiava bionda gli lanciava costantemente – ma non erano quelli i suoi desideri.
Avrebbe di gran lunga preferito che gli dei mettessero sul suo cammino un certo qual giovane e, se proprio lo volevano deliziare, addirittura disposto a lasciarsi sedurre.
Negli ultimi mesi aveva imparato parecchie cose, in particolare che gli dei che i suoi genitori tanto pregavano per avere buoni raccolti o fruttuose battute di caccia erano degli stronzi e assai raramente concedevano quanto si desiderava. Questi erano i pensieri del gladiatore, almeno fino a quando, dopo l’ennesimo tentativo di ritornare all’aperto, sicuro di non voler passare la notte perso in un labirinto di corridoi, sbirciò nel cubicolo che si apriva alla sua destra e grazie alla luce rossastra delle torce vide, disteso a terra a pochi passi da lui, Nasir o meglio la schiena di questo e cercando di non produrre rumore alcuno, si infilò nella stanza.

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Capitolo 2
*** Cap. 2 ***


Cap. 2
 
Al centro del pavimento vi era il logoro giaciglio su cui era steso il corpo del ragazzo e poco a lato un piccolo braciere illuminava lo spazio circostante tentando anche di riscaldarne l’aria.
I propositi di tornare all’aperto di pochi attimi prima evaporarono all’istante e Agron, accorgendosi che lì non giungevano i rumori dei suoi compagni, decise che avrebbe anche potuto chiedere ospitalità al piccoletto, o cosa molto più sensata, lasciarsi semplicemente scivolare lungo il muro e riposare.
 
Un sottile mugolio di sollievo – dovuto al fatto che finalmente le sue membra potevano stendersi – tradì però all’ultimo la sua presenza.
Nasir si voltò di scatto puntando gli occhi in quelli che riteneva appartenessero all’ennesimo assalitore. Infatti dopo essersi reso conto che un ribelle grosso il doppio di lui aveva reclamato per sé la sua stanza, il siriano aveva vagato per la villa ed era stato costretto a sgusciare via da numerose braccia che, conoscendo il suo incarico all’interno della casa, avevano tentato di prendersi ciò che volevano.
Si era girato quindi con questa paura negli occhi non appena, ancora nel dormiveglia, aveva sentito di non essere più solo.
Non si spiegò però perché, rendersi conto che l’intruso fosse Agron – se non ricordava male il suo nome – lo tranquillizzò al punto tale da indurlo a tornare nella precedente posizione, tornando a volgergli le spalle.
“Così è qui che dormi?” domandò la voce stanca ma curiosa del gladiatore.
“No, è qui che i tuoi amici mi hanno costretto a ripiegare per sfuggire alle loro mani” rispose senza riflettere, pentendosene subito dopo, accortosi di aver detto più di quanto avrebbe dovuto e voluto.
“Pensavo ci fossi abituato”
“Maiali” giunse di rimando solo un labile borbottio.
Tentando di rimediare alle proprie parole, Agron cercò di mutare discorso “Così il tuo nome è Nasir”
“Sì”
“Potresti voltarti? Non mi va di continuare a parlare con le tue spalle”
“Davvero? In molti questa sera hanno provato a farlo sperando di riuscirvi” gli fece sapere, distendendosi sulla schiena.
“Mi hai detto che non ricordavi molto della tua vita di prima”
“Ricordo in modo chiaro solo la voce di mio fratello che mi chiamava dicendomi di scappare, ma io ero curioso e desideravo vedere i cavalli e gli uomini ricoperti di metallo lucente e colpa mia se mi hanno preso”  
“No, è colpa di quei porci romani” obiettò Agron sporgendosi in avanti e, incrociando le gambe, si fece più vicino.
“Sarà come dici, ma non temevo per la mia vita prima del vostro arrivo” lo pungolò Nasir con un mezzo sorriso.
“Vita? Se piegarti in avanti ad ogni schiocco di dita si può chiamare vita… o forse ti piaceva” ipotizzò il germano lasciando scorrere i propri occhi sul petto nudo dell’altro.
“Io” tentennò, visibilmente indeciso se continuare o riprendere a fissare il muro e ignorare la sua presenza “non ero io a piegarmi”
Gli occhi del renano si sgranarono dalla sorpresa che le ultime parole udite avevano innescato e assecondando le risa che risalivano giocose il suo petto, non si frenò “Allora era davvero un fottuto romano”
Nasir scoprì che era piacevole ridere assieme al gladiatore, senza sapere con precisione quando aveva iniziato, ma sfumato quel momento si ritrovarono l’uno negli occhi dell’altro avvolti da un imbarazzante silenzio.
Una nuova domanda da parte dell’uomo dagli occhi chiari ruppe la calma “Ma se ti scopavi il dominus, a che serviva la schiava che ora si sta gustando il fiato fetido di Rasco?”
Un velo di disagio ricoprì le iridi scure di Nasir e, consapevole di dover rispondere in modo purtroppo dannatamente dettagliato, si mise a sedere e poi confessò “Di solito il padrone si intratteneva tra le gambe di Chadara e appena prima di, beh appena prima, mi ordinava di”
“Oh per tutti gli dei! Ti scopavi il porco mentre lui si sbatteva la ragazza?”
Il mutismo del siriano valse più di mille parole, ma Agron oramai era un fiume in piena e la sua smania di sapere correva quanto le rapide di un torrente “Ti piaceva? Scopare con un uomo, intendo”
“Non lo so. Non posso paragonarlo a nulla e poi lui non si preoccupava di farmi provare piacere”
“Mi stai dicendo che ti lasciava così dopo essersi soddisfatto?”
Il capo di Nasir si mosse impercettibilmente verso l’alto e poi verso il basso, rimanendo poi in tale posizione.
Per questo non si accorse dei movimenti di Agron che strusciando sul pavimento si era portato al suo fianco, fino a che le sue dita non lo costrinsero a sollevare la testa, stringendogli il mento “Sei mai stato con una donna?”
“Mi era impedito e non mi è mai interessato molto a dir la verità. Sono cresciuto con l’unica compagnia di una vecchia nutrice e due eunuchi. Non ho visto Leddicus fino al giorno in cui è venuto a reclamare la mia verginità per un suo conoscente a cui doveva un favore e quella volta è stato solo dolore e umiliazione”
“Non ti ha mai toccato per darti piacere dopo?” domandò ancora, incurante delle guance del siriano che pur non lasciando trasparire il rossore erano diventate piacevolmente calde sotto le dita che leggere avevano iniziato a muoversi sul suo viso e che lo seguirono quando si mosse per negare.
“Non gli sei mai venuto dentro?”
Nasir trattene le risa, lasciandosi scappare un piccolo sbuffo dal naso “Mi aveva detto che se mai lo avessi offeso in tal modo me lo avrebbe tagliato e sarei finito a infoltire il numero degli evirati della casa. Quindi sono stato ben attento a non farlo. Ora basta, non voglio più parlare di queste cose”
“Hai ragione piccoletto. Tornatene a dormire, io continuerò la ricerca di un posto in cui fare lo stesso” la mano di Agron si sollevò dal viso dell’altro e indugiando per un attimo a un soffio dalla pelle scura, venne poi ritirata di fretta, ma non abbastanza.
“Aspetta” lo fermò il siriano, stringendo le dita sul suo polso “Ho un altro giaciglio, che dubito servirà alla mia amica”
E senza altre inutili parole, il germano si stese sul freddo pavimento dopo aver srotolato l’involto di coperte e stoffe trovato in un angolo ai piedi di Nasir.
Scese di nuovo il silenzio e in poco tempo entrambi si addormentarono.
 
Nasir non era abituato a dormire su una superficie così dura e poco confortevole e non si stupì quindi di aprire gli occhi ancor prima del sopraggiungere dell’alba. Il suo primo pensiero volò all’assurda e imbarazzante conversazione della sera precedente e volgendo il capo di poco a lato e constatando la presenza del gladiatore ancora al suo fianco, dovette rassegnarsi all’evidenza che non fosse stata un’illusione che gli dei avevano plasmato nel suo sonno.
Aveva davvero raccontato avvenimenti così intimi della propria esistenza a quello che solo il giorno precedente avrebbe tranquillamente etichettato come un animale?
Sì, lo aveva fatto e non ne comprendeva il perché, o forse la spiegazione era pericolosamente assurda e spinosa. Quell’uomo, doveva ammetterlo, non era per nulla spiacevole agli occhi e neppure la sua compagnia lo era, possedeva un modo tutto suo di vedere la vita, ma aveva instillato nel siriano una profonda voglia di conoscerlo, anche se il bisogno che rilevava come maggiormente pressante era quello di scoprire quale consistenza potessero avere la sua pelle e i suoi muscoli – in fondo il corpo era così diverso da quello di tutti gli uomini che aveva veduto fino a quel momento – sotto le dita.    
 
Mentre questi pensieri volteggiavano liberi nella sua mente e si era di poco sollevato poggiandosi su un gomito, all’ingresso del cubicolo apparve la forma sinuosa di Chadara “E così ti sei rintanato nel tuo vecchio nascondiglio? In ottima compagnia per di più” sussurrò la donna sorridendo, vedendo che l’altro uomo ancora riposava “Spartacus ha deciso che si fermerà ancora un giorno qui”
“Stai bene?” domandò Nasir preoccupato per le sorti dell’amica.
“Meglio di quanto pensassi, ho trovato chi si prenderà cura di me, proprio come hai fatto tu. Anche se sono molto invidiosa” muovendo un passo all’interno della stanza “il tuo è molto bello e probabilmente anche benedetto da Priapo”
“Chadara” la richiamò come se stesse per rimproverarle l’assoluta mancanza di buone maniere, ma fermandosi poi senza sapere come proseguire.
“Su non fare il pudico, è bravo a letto almeno quanto è bello?”
“Smettila di parlare e poi non è successo assolutamente nulla, come vedi siamo entrambi vestiti”
“Peccato” borbottò arricciando le labbra, ma distendendole subito dopo riprense a parlare “Se è davvero così, allora non avresti nulla in contrario se provassi ad avvicinarmi a lui, vero?”
Gli occhi di Nasir corsero a fissarla, costringendolo a fare i conti con una bruciante sensazione – priva di fondamento, riteneva – di possesso.
 
Il ragazzo non aveva mai avuto nulla di davvero suo, pur avendo ricevuto parecchi doni dal dominus in tutti gli anni trascorsi al suo fianco – doni che in qualunque momento l’uomo avrebbe potuto riprendersi – per questa ragione si irrigidì sentendo la velocità con cui quel sentimento mai provato si era insinuato nell’intero suo corpo come un letale veleno.
“Tranquillo” si affrettò ad aggiungere Chadara, vedendo lo sgomento disegnare una nuova realtà sul viso dell’amico “Ti devo lasciare, Mira mi attende nelle cucine per cercare di preparare qualcosa di commestibile, chissà se è in grado di cucinare. Ho già provveduto ad accendere tutti i fuochi, come quanto Leddicus ordinava di scaldare la vasca” e subito dopo si dileguò.
Il siriano rifletté sulle ultime parole della donna, rammentando il momento in cui il dominus, anni prima, aveva commissionato la costruzione, esattamente sopra le cucine, della piccola piscina patronale.
Alcune volte aveva potuto godere direttamente dei benefici che quella stanza era in grado di regalare: acqua calda, bracieri per il vapore, olii ed essenze profumate e preziose provenienti da terre lontane. Gli tornò poi improvvisamente alla mente che i servi avevano riempito la vasca appena prima dell’attacco da parte dei gladiatori e a meno che uno di loro avesse trovato l’accesso alla camera, opportunamente nascosto dietro un finto tendaggio raffigurante un’anonima battaglia, le sue acque avrebbero dovuto essere ancora pulite e in attesa di qualcuno che si calasse nel loro tepore.
Sorridendo, riportò lo sguardo su Agron ancora placidamente addormentato e riprendendo da dove era stato interrotto, Nasir sollevò un dito, affinché si avventurasse a conoscere più da vicino il volto del guerriero.
A breve distanza dalla meta, la mano grande e forte del germano si serrò impetuosa sul polso sottile dell’altro e gli occhi verdi si aprirono si scatto.
“Che intenzioni hai?” domandò con voce diffidente, anche se ancora impastata dal sonno.

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Capitolo 3
*** Cap. 3 ***


Cap. 3
 
Nasir si guardò bene dal rispondere, preoccupato maggiormente dal fatto che l’uomo potesse aver udito le chiacchiere senza senso di Chadara e sentendosi preso in giro, scoprendo i denti, come era solito fare ogni volta in cui rilevava una possibile minaccia, di rimando chiese “Perché fingevi di dormire?”
“Stavo dormendo e avrei continuato a farlo se non fosse stato per la voce stridula e fastidiosa di quella donna ma, unica cosa positiva, ho sentito che ha parlato di cibo, bene”
“Considerato lo stato in cui sei ridotto, non ritieni più urgente ripulirti dal sudiciume che ti ricopre?”
“Sono stato peggio di così” grugnì Agron stirando le braccia verso l’alto e stendendo i muscoli che guizzarono in modo più che evidente, richiamando su di loro le attenzioni dello sguardo del siriano.
“Non fatico ad immaginarlo, ma sei sporco di sangue e”
“È sangue romano, non c’è niente di meglio per la mia pelle e il mio umore”
“Permettimi di contraddirti, sono sicuro che potrei proporti una cosa che penso gradiresti maggiormente” continuò incurante dei possibili risvolti che stavano acquistando le sue parole, ma che il gladiatore colse subito, imitando la posizione del minore e sollevando il busto ritrovandosi a parlare a irrisoria distanza dal suo volto.
“Oh sono sicuro che esistano almeno un paio di cose che potrei preferire avere sul mio corpo” e ghignando carezzò con i suoi occhi chiari tutto ciò che gli era concesso guardare.
Balbettando Nasir si mise in piedi e attendendo a malapena che il renano facesse lo stesso, uscì nel corridoio, sincerandosi di essere seguito.
Pochi erano svegli tra le mura della villa e il tragitto per il piano di sopra fu rapido e silenzioso. Giunti davanti a un variopinto arazzo, il ragazzo dalla pelle scura vi avvicinò l’orecchio e non sentendo provenire rumori che avrebbero indicato la presenza di altri, scostò la stoffa e permise ad Agron di ammirare la meraviglia di marmi e oro che vi si celava.
Il germano rimase senza parole per lunghi attimi, fino a che, mosso dalla curiosità, fece un passo avanti, rapidamente imitato da Nasir che riportò il tessuto alla sua originaria posizione, celando la loro presenza a chiunque fosse entrato nella camera accanto.
Il gladiatore osservò con attenzione lo spazio davanti a sé. Nel luogo in cui era nato e cresciuto non c’erano simili meraviglie e di certo non le aveva conosciute una volta giunto in quella che continuava a chiamare terra straniera.
La luce ancora debole dell’alba entrava timidamente da un’apertura sul soffitto venendo così riflessa sulle pareti e il pavimento completamente bianchi.
Quattro bracieri, ancora colmi di tizzoni accesi rendevano l’aria calda e quando Nasir muovendosi sicuro versò in uno di essi un piccolo mestolo di acqua, vide sollevarsi volute di vapore che profumarono l’intera stanza.
“Che cos’è questa?” domandò infine il renano.
“Questa è la stanza da bagno privata. Il mio dominus”
Venne però brutalmente interrotto dalla voce di Agron e dalla presa delle mani che si chiusero sulle sue braccia “Non è più il tuo dominus”
“Scusa io non sono abituato a”
“E non devi neppure domandarmi scusa, cazzo”
Sorridendo il ragazzo riprese a descrivere il luogo in cui erano al momento “L’acqua si scalda grazie ai fuochi della cucina sottostante e se vuoi puoi goderne i benefici”
“Ne godrò davvero i benefici se rimarrai a farmi compagnia” suggerì l’uomo, sfilandosi la cinta di pelle e lasciandola cadere rumorosamente a terra.
“Certo” acconsentì Nasir, pensando che avendo passato ore a massaggiare e ungere il suo padrone, ciò che gli veniva richiesto non era nulla di assurdo e sicuramente sarebbe stato anche più piacevol, e inginocchiandosi accanto al bordo della piscina – dove aveva collocato alcune boccette di unguenti e due ciotole contenenti cenere e polvere di pietra pomice – attese, a capo chino, che Agron si calasse in acqua.
Il renano abbandonò anche il subligar e completamente nudo si portò affianco al siriano e sedendosi sul bordo, si lasciò poi scivolare nella vasca.
 
Acqua calda – un lusso che aveva provato solo sporadicamente nel ludus, le poche volte in cui era riuscito a essere tra i primi a rientrare dopo gli estenuanti allenamenti – gli lambiva il torace e quell’insolito piacere riuscì a strappargli un mugolio per nulla virile e che Agron cercò, con pessimi risultati, di ricacciare in gola o almeno di smorzare.
“Ti piace?” chiese, con un pizzico di vittoria nella voce, il ragazzo.
“È la prima volta che” e abbassando lo sguardo sul proprio corpo vide il liquido, prima limpido, divenire torbido a contatto con il proprio corpo “per gli dei, non avevo idea di essere sudicio fino a questo punto. L’acqua sarà inservibile dopo” terminò sollevando gli occhi alla ricerca del viso di Nasir che lo rassicurò.
“Tranquillo, non penso che nessuno se ne avrà a male” e immergendo un pezzo di stoffa ne strizzò il contenuto sulle spalle del guerriero invidiando tremendamente le gocce che tornavano a ricongiungersi con le loro sorelle dopo averne percorso il petto ampio e muscoloso, così diverso dal suo.
 
Il sangue e la polvere colarono via mostrando la pelle pulita e liscia di Agron che ad occhi chiusi di godeva quel dono mai sperato, ma d’un tratto avvertì come sbagliato ogni gesto compiuto sul proprio corpo. Era sbagliato che Nasir lo considerasse un padrone, quando lui bramava essere trattato e toccato in tutt’altro modo – come un amante – per questo motivo scostò la schiena dal marmo, di fatto impedendo al ragazzo di continuare a lavar via la lordura degli ultimi giorni.
“Non dovresti comportarti come facevi prima, non sei più uno schiavo” si costrinse a dire.
“Perché non posso? Se per me non fosse un dovere, potrei continuare?” domandò con tono divertito il siriano.
“Sì, ma solo se ti unisci a me”
“Dopo. Ora allontanati ancora un poco dal bordo”
Agron obbedì, senza più parlare, meravigliandosi quando sentì altra pelle sfiorare la parte posteriore delle sue braccia.
Nasir si era seduto sul pavimento, immergendo le gambe nell’acqua e portandole ai lati delle sue spalle e, abbandonata il telo iniziò a massaggiare il collo e la schiena del germano, sciogliendo i muscoli contratti o semplicemente indolenziti dalla fatica.
Un mormorio incomprensibile si levò dalla labbra del gladiatore mentre il capo di questo si piegava in avanti e roteando si portava poi indietro.
“Le tue mani sono un dono degli dei”
“O la porta degli inferi” rise il giovane portandole a stringere per gioco il collo del germano per poi farle sparire subito dopo. Seguendole, Agron vide una delle boccette preparate in precedenza sul bordo della vasca rilasciare parte del suo contenuto nell’incavo del palmo che subito dopo tornò a lui vicino, riversando olio profumato al centro della testa.
Le dita di Nasir si infilarono curiose tra i capelli dell’altro, carezzando e strofinando dolcemente la cute, anche grazie alla piccola manciata di cenere che vi era stata sparsa sopra. Dopo alcune frizioni vigorose, il siriano parlò nuovamente “Immergiti per eliminare i residui di quanto usato e poi”
Non riuscì però a terminare le sue indicazioni perché il gladiatore era già sparito sotto il velo dell’acqua, rigirandosi nella vasca così da poter riemergere – poggiato sulle ginocchia piegate – per guardarlo in volto.
Nasir rimase senza parole. Agron non aveva nulla da invidiare alle statue degli dei che aveva visto alcune volte nei templi. Era possente e muscoloso, molto più alto di lui, ma nonostante ciò non lo avvertiva come minaccioso e poi se si perdeva a rimirare i tratti del suo volto e quegli occhi così chiari rispetto ai propri, tutto ciò che vedeva era un ragazzo come lui, stanco di essere solo.
“Hai finito di trattarmi come un bambino?” e avvicinandosi a lui, sfruttando il fatto che le ginocchia erano rimaste spalancate come quando il corpo del gladiatore vi era comodamente imprigionato, poté sincerarsi della bramosia con cui Nasir lo stava osservando “Ho visto il tuo dominus”
“E con questo?” tentò di partecipare alla conversazione, forzandosi a portare lo sguardo sul viso di Agron.
“Beh, era vecchio e ossuto”
Mentre parlava, le immagini di Leddicus si disegnarono con il dono dei ricordi nella mente del piccolo schiavo e, pur non volendo, le differenze divennero ancor più palesi, costringendolo a domandarsi cosa avrebbe potuto provare se, nelle sere passate, al posto del padrone ci fosse stato il guerriero o se al posto del romano ci fosse stato lui, con il ribelle alle sue spalle ad aprirgli i lombi e spingersi nel suo corpo.
“A cosa stai pensando?” richiamò la sua attenzione l’uomo prendendogli il mento tra le dita.
“A niente” mentì.
“Come vuoi. Allora, quale divinità devo propiziarmi per sperare di vederti entrare in acqua?”
Il siriano non rispose, ma mettendosi in piedi portò le mani alla propria cintura che pochi attimi dopo tintinnò a terra.
Agron sorridendo tornò a sedersi spostandosi così da concedere sufficiente spazio al giovane che reggendosi al bordo si sedette al suo fianco. Senza sprecare inutili parole – anche perché forse chissà quante ce ne sarebbero volute – le mani del ribelle strinsero la vita sottile di Nasir, sollevandolo di peso fino a portarlo a sedere comodamente tra le sue gambe.
Il piccolo cercò di opporre resistenza ma ogni tentativo si rivelò vano e la forza del gladiatore talmente eccessiva, che per un attimo la paura si fece strada nella sua mente, spazzata via subito dopo dalle parole del renano.
“Insegnami” e portando le mani piene di boccette di terracotta davanti al petto scuro dello schiavo continuò “quale devo usare?”
“Cosa?”
“Per i capelli”
Nasir gli indicò la bottiglietta giusta e, dopo che tutte le altre furono tornare al loro posto, avvertì le dita, che tentavano di essere delicate, lottare per sciogliere il nastro di cuoio che teneva legate alcune ciocche dei suoi lunghi capelli e pochi attimi dopo il liquido denso e profumato scivolargli sul capo.
Nessuno, neppure il dominus nei suoi giorni di ottimo umore, aveva mai mostrato una tale premura e cura nei suoi confronti, si sentiva bene e prezioso ed era tutto merito di quel dannato ribelle che aveva – insieme ai suoi simili – stravolto la sua esistenza.
Il collo si distese e il capo lentamente si spinse indietro mentre la cute veniva massaggiata e i polpastrelli si spostavano lentamente in punti ancora sconosciuti, invogliando Nasir a chiudere gli occhi e lasciarsi traghettare verso l’oblio.
“Dimmi, quali altre meraviglie nasconde questa casa?”
“Cosa intendi dire?” rispose il piccolo ruotando il torso e cercando di guardare il germano in volto.
“Mi è venuto da riflettere. Nessuno dei miei compagni ha trovato questo posto, quindi mi domandavo se ci fossero altri luoghi particolari in cui è impossibile imbattersi per caso”
“In verità ci sarebbero” prese a rispondere, ma si bloccò dopo poche parole, rendendosi conto che stava per l’ennesima volta tradendo ciò che era stato fino a due giorni prima e tirando le labbra fino a farle sbiancare, abbassò il volto e rimase in silenzio.
“Nasir” lo chiamo tranquillo il gladiatore, non avendo compreso il motivo del suo disagio.
“Io non posso, lui non avrebbe voluto”
Un roco gorgoglio di gola proruppe dalle sue spalle e in un baleno una mano si serrò con forza sulla gola, costringendolo a girarsi del tutto, poggiando malamente sulle proprie ginocchia e in parte su una delle cosce del renano “Te lo vuoi ficcare in quella fottuta testa che non hai più un padrone? Non sei più uno schiavo con un romano del cazzo a cui dovere lealtà e obbedienza e se questo non ti basta, ricordati che ora sei come me, sei un ribelle agli occhi di ciascuno di loro” e allungando il braccio, gettò con facilità estrema il corpo del moro lontano da lui, quasi al lato opposto della vasca.
Nasir spaventato da quella brutalità gratuita, si rannicchiò in un angolo e poggiando la fronte sulle ginocchia, che spuntavano a malapena dall’acqua, tentò di calmare il proprio cuore.
Da quella posizione, non si accorse di Agron che continuando a maledire gli dei si metteva in piedi e usciva dalla piscina, dirigendosi dopo un minimo tentennamento verso un basso tavolino dove erano piegati un buon numero di teli.
Asciugatosi in fretta, il guerriero raccolse da terra la ciò che usava per coprirsi, accingendosi, con gesti rapidi, ad avvolgervi i fianchi. Impegnato poi ad aggiustarsi la spessa cintura di pelle, richiamò su di sé l’attenzione del ragazzo “Hai intenzione di rimanere a piagnucolare ancora a lungo? Penso che Spartacus ti stia cercando dato che voleva allenarti”
Nasir posò la mano sul bordo per aiutarsi nel rimettersi in piedi, ma all’ultimo guardò il gladiatore negli occhi tentennando in ogni minimo movimento, avendo realizzato che avrebbe dovuto mostrarsi a lui, per la prima volta, completamente nudo.
Agron si lasciò sfuggire un riso amaro mentre avvicinatosi all’arazzo che li separava dal resto della villa e sollevatolo, con voce sprezzante, lo schernì “Questa è davvero bella: una puttana pudica”

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Capitolo 4
*** Cap. 4 ***


Cap. 4
 
Cercando di non perdersi nel dedalo di corridoi di cui era composta quella fottuta villa, il renano raggiunse Spartacus e Crixus, nell’esatto momento in cui questi stavano lasciando il riparo concesso dal porticato per mettere piede nel cortile.
“Oh, ti unisci a noi? Ci chiedevamo in quale buco fossi finito” lo sfotté il gallo, in tono volgarmente allusivo, spingendo il capo della ribellione a frapporsi tra i due evitando così il primo scontro della giornata.
Spartacus, così facendo, si ritrovò a breve distanza dal corpo di Agron e un piccolo sorriso si aprì sulle sue labbra, constatando quanto fosse lindo e profumato il fratello.
“Penso che abbia solo avuto molta più fortuna di noi, una fortuna che spero vorrà condividere. Vedi forse su di lui i segni delle battaglie dei giorni passati?”
“Dannato” sbottò Crixus rendendosi conto di ciò che gli veniva mostrato.
Felice di aver rovinato l’umore all’altro gladiatore, ridendo di gusto, Agron si voltò andando in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti, senza degnare di uno sguardo Nasir che in quel momento si stava allineando con gli altri ex schiavi all’ombra del patio.
 
Il sole raggiunse la massima altezza sull’orizzonte, ma Spartacus ancora non aveva preso in considerazione l’idea di interrompere l’allenamento, soprattutto dimenticando che non aveva a che fare, in quel momento, con guerrieri da trasformare in gladiatori, ma ex schiavi abituati al massimo a spostare giare o riempire coppe di vino.
Solo quando sentì calare sulla propria spalla la mano del gallo, si distrasse il tempo necessario a guardarsi attorno.
Si rese conto che i suoi fratelli già apparivano sudati e rallentati negli affondi, ma ciò che lo sbalordì fu constatare che le nuove leve erano letteralmente stremate. Era evidente si reggessero in piedi solo perché era stato loro ordinato di combattere o quanto meno di tentare di imparare, per questo decise che per quel giorno quanto compiuto fosse abbastanza.
 
“Fermi” la sua voce roca e salda bloccò come un colpo di frusta i movimenti di tutti gli uomini presenti “Per oggi penso sia sufficiente. Vi siete comportati molto bene, ci siamo tutti meritati un pasto da re” e, affiancato da Crixus, riconquistò la frescura della casa, chiamando al suo fianco anche Agron.
Coloro che oramai tutti identificavano come il terzetto a capo della ribellione – pur riconoscendo nel trace il leader assoluto – si ritrovarono in un angolo del porticato con le ciotole piene di stufato dal profumo allettante, non ricordavano infatti di aver mai assaggiato nulla di così sofisticato in tutta la loro vita e un capace otre di vino.
“Fratelli” attirò l’attenzione Spartacus “non posso prendere parte attiva agli allenamenti”
“Perché?” domandò a bocca ancora piena il renano intento a ripulire con cura il fondo della propria scodella.
“Per il semplice fatto che concentrandomi solo su me e chi ho di fronte non riesco a tenere sotto controllo gli altri. Poco fa stavo portando allo stremo tutti ed è un lusso che non possiamo permetterci, per questo vi chiedo di occuparvi anche di Nasir”
“Io quello non lo voglio” si impuntò il germano passandosi il dorso della mano sulle labbra per portare via alcune impertinenti gocce di vino.
“Non credere che io non pensi la stessa cosa” si affrettò a far notare Crixus.
“Vedetevela tra voi” se ne disinteressò, apparentemente, Spartacus alzandosi e, appena prima di rientrare in casa, propose “se non vi mettete d’accordo, giocatevela davvero ai dadi”
I due gladiatori rimasti nel portico si guardarono con astio, come erano soliti fare, restando in silenzio fino a quando non fu il gallo a spazientirsi “E sia”
“Allenerai tu quel dannato siriano?” spalancò gli occhi Agron stupito da un tale gesto di gentilezza.
“Certo che no, vado a cercare i dadi” e lasciandolo da solo, prese la stessa direzione del trace.  
Agron alzò gli occhi al cielo, quanto avrebbe dato per non dover avere a che fare con quello stronzo, ma sembrava che Spartacus tenesse in considerazione l’opinione di questo tanto quanto la propria e quindi doveva necessariamente fare buon viso a cattivo gioco.
 
Un urlo frustrato e agghiacciante vibrò attraverso le varie stanza e il capo della ribellione che, affiancato da Mira, stava controllando le scorte trovate nella dispensa e le spade custodite nell’armeria, la osservò con apprensione.
“Non preoccuparti, prima di venire qui, ho scorto Agron e Crixus che iniziavano una partita ai dadi, evidentemente la sorte non ha arriso al bel renano” lo rassicurò lei.
“Allora da domani dovremo cercare di tenerci alla larga da lui” rispose l’uomo trattenendo a stento una risata e ricordandosi di aver dato loro esattamente quel consiglio poco tempo prima.
“Qualcosa mi dice che tu ne sappia più di quanto sembra”
“Ho semplicemente affidato loro un compito che nessuno dei due intendeva svolgere, lasciando che decidessero da soli chi lo avrebbe compiuto” spiegò il gladiatore saggiando la qualità delle lame che il vecchio Leddicus aveva negli anni collezionato.
“Sei più astuto e subdolo di Ashur”
“Ti prego non paragonarmi a quell’essere. Qui abbiamo finito, possiamo andare ad accertarci che Agron non rada al suolo l’intera villa e non uccida nessuno”
 
Agron non poteva credere che gli dei lo stessero prendendo in giro in modo così assurdo e palese: davvero avrebbe dovuto occuparsi di quel, di quel dannato siriano che non voleva saperne di abbandonare i suoi pensieri?
Non appena aveva visto che, con l’ultimo lancio, Crixus aveva inesorabilmente fatto sua la vittoria, non aveva potuto trattenere quel grido che probabilmente era stato udito fino alla soglia degli inferi.
Ora come avrebbe potuto concentrarsi su qualcosa che non fossero quegli occhi scuri che gli congelavano le membra, incendiandogli il cuore, dato che li avrebbe avuti davanti per molto tempo ogni giorno?
L’espressione che aleggiava sul volto del germano indusse tutti a stargli alla larga, consapevoli che tanto prima o poi avrebbe fatto i conti con ciò che lo angustiava e sarebbe tornato all’umore normale e nessuno più gli prestò attenzione, tranne un certo giovane uomo che non riusciva a comprendere cosa avesse riversato una tale quantità di astio e rabbia in quegli occhi così chiari e belli.
 
Nasir aveva ripensato numerose volte al tempo trascorso in compagnia del guerriero, ritrovandosi ogni volta a lasciar correre verso l’alto gli angoli della propria bocca in modo sciocco, fingendo di non accorgersi dei sorrisini di Chadara, intenta ad ammucchiare piccoli sacchi di farina e altre scorte di cibo dato che Spartacus aveva deciso: sarebbero partiti all’alba del giorno successivo.
E i pensieri, come calde folate di vento, vorticavano tornando a mostrargli il viso di Agron mentre gli parlava, mentre si lasciava lavare i capelli e poi mentre, con forza, lo spingeva lontano perché lui aveva per l’ennesima volta parlato come se fosse ancora stato uno schiavo della casa di Leddicus.
Per non essere più costretto a vedere a lui rivolta quell’espressione di delusione e rabbia e per dimostrare di aver compreso – certo non era stato facile e a volte ancora un groppo d’ansia per il futuro gli stringeva la gola – di essere libero, Nasir poco dopo il pranzo aveva deciso di condurre Spartacus nel luogo in cui il padrone nascondeva l’oro e tutti gli oggetti più preziosi.
Dopo averlo guidato attraverso alcuni bassi cunicoli che si aprivano aldilà delle cantine e serpeggiavano poi sotto l’intera abitazione, il giovane uomo si beò – e il petto gli si riempì d’orgoglio – nell’osservare la felicità sul volto del guerriero, consapevole che quei denari sarebbero di sicuro tornati utili, forse tanto quanto le armi perfettamente affilate e poggiate ordinatamente lungo muro.
 
Ritornato in superficie e ripreso il compito che a lui e ad altri era stato affidato – quello di preparare la maggior quantità possibile di viveri per il viaggio – Nasir iniziò a fremere di impazienza e, non riuscendo ad attendere oltre, decise che avrebbe cercato Agron affinché sapesse che alla fine era stato capace di prendere la scelta giusta, sperando che ne sarebbe stato fiero.
Il siriano non sapeva cosa fosse successo nel primo pomeriggio, non sapeva che il destino gli aveva sorriso permettendogli, da quel dì in poi, di passare gran parte delle giornate con lui e, lasciando il cortile, colmo di numerose sacche pronte per le spalle dei ribelli, si mise a girovagare per la casa alla ricerca dell’altro.
 
Agron, bisognoso di schiarirsi le idee, aveva attraversato intera villa per raggiungere il portone principale e, arrampicatosi sul muro, osservava ora l’orizzonte, seduto accanto a Lugo, indeciso se sperare di vedere sopraggiungere le aquile o accontentarsi del paesaggio.
Fortunatamente il suo conterraneo era al momento di poche parole e, anche per questo motivo, non faticò a sentire dei passi che sopraggiungevano alle loro spalle e voltando solo il capo scorse Nasir che si avvicinava guardandosi attorno come se stesse cercando qualcuno.
“Ehi ragazzino” esordì il germano cogliendo di sorpresa il moro e facendolo sobbalzare “hai perso qualcosa?”
“No” avrebbe tanto voluto essere sincero e aggiungere Stavo cercando te, ma si zittì, senza sapere cos’altro dire.
“Sali” si rivolse a lui Lugo, sorprendendo l’altro gladiatore che lo osservò a lungo in attesa di una spiegazione che giunse veloce “Potrebbe avere occhi buoni, meglio provare che ne dici? Ma lascio a te il compito di farlo, io ho fame e soprattutto sete ed è ora che qualcuno mi dia il cambio”
Portando le gambe all’interno del perimetro delle mura, osservando bene l’area in cui sarebbe atterrato, l’uomo si lasciò scivolare e flettendo a tempo debito le ginocchia, ammortizzò l’arrivo e si diresse – dopo aver donato una sonora pacca sulle spalle al ragazzo – verso l’interno della casa, dove alcuni canti e grida risuonavano alti.
“Pensi di essere in grado di arrivare fino a quassù?” la voce di Agron pungolò Nasir che volendo mostrare di esserne capace, si limitò a domandare di mostrargli come ci fosse arrivato lui.
Individuato il barile e immaginando i passaggi per giungere fino al fianco del renano, Nasir, con un’agilità che di certo il maggiore non avrebbe mai immaginato, si ritrovò seduto sul muro, solo nella direzione opposta a quella del guerriero e muovendosi ora con maggior attenzione portò le gambe all’esterno e sorridendo scrutò l’orizzonte.
“Come vedi non sono un completo incapace” ci tenne a puntualizzare il moro.
“Mai detto né pensato questo, ragazzino”
Rimasero poi entrambi in silenzio, incapaci di capire ciò che l’animo di ciascuno di loro pareva urlare a una ragione eccessivamente sorda, fino a che il minore non informò il germano delle azioni compiute poco prima “Ho mostrato a Spartacus il tesoro e l’armeria privata di Leddicus” disse senza prendere fiato e stupendosi di non sentire timore nel pronunciare quel nome da sempre conosciuto, ma mai pronunciato ad alta voce.
“Hai fatto la cosa giusta e dimmi quali meraviglie vi erano custodite? Armi o solo gioielli e denari?”
“Otri di monete e gioielli e molte spade e lance. Se vuoi posso mostrartele”
“No, o almeno non ora. Sono, o meglio, siamo – dato che hai dato a Lugo una scusa per svignarsela – di guardia e fino al cambio siamo obbligati a rimanere qui e anzi dovremmo restare in silenzio guardando l’orizzonte”
“Tu hai viaggiato molto?” domandò Nasir mentre i suoi occhi vagavano perdendosi nello spazio davanti a sé.
“Molto più di quanto avrei voluto” si limitò a rispondere il gladiatore.
“Non capisco, cosa intendi?”
“Avrei di gran lunga preferito vedere meno terre e avere in cambio una lunga vita nel mio villaggio. Immagino che anche tu ne hai fatta di strada per arrivare qui, vero?”
“Immagino di sì. Come ti ho detto, non ricordo molto della mia vita prima di essere venduto al padrone di questa casa. Tutti però mi ripetevano che nelle mie terre fa molto caldo, la terra è arida e si parlano lingue difficili da comprendere”
“Difficili da comprendere? Anche la mia non scherza”
 
“Nasir, Nasir dove sei?” la voce preoccupata di Chadara li interruppe e volgendo indietro il capo il siriano ne attirò l’attenzione.
“Sono qui”
“Ah, finalmente! Non sapevo più dove cercarti. Abbiamo preparato la cena, non ti va di mangiare?”
“Io, io ora sono di guardia, non posso”
“Ma”
“Niente ma, donna” si fece sentire Agron “mangeremo quando potremo. Tieni qualcosa in caldo da parte per entrambi e sii generosa”
La stizza con cui Chadara se ne andò non passò inosservato, ma entrambi non le badarono più di tanto.
 
Quando se ne fu andata e lo sguardo dei due uomini poté tornare all’orizzonte, il germano portò la conversazione su argomenti più divertenti o forse interessanti “Certo che la tua ragazza è fastidiosa”
“Non è la mia ragazza, ti ho detto che… anzi, ha fatto parecchi apprezzamenti su di te, se ti va” confessò smorzando inconsciamente la voce sul finire della frase.
“Non mi interessa”
“Chadara è molto bella e”
“E immagino anche molto capace, ma come detto non mi interessa il genere” concluse con tono sicuro, regalandogli uno sguardo divertito e un sorriso da mozzare il fiato che obbligarono Nasir a ritornare rapido al guardare il cielo pur di non arrossire come una Vestale.

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Capitolo 5
*** Cap. 5 ***


Cap. 5
 
Il loro turno di guardia fu, con innegabile gioia di Nasir, molto più lungo di quanto avrebbe mai potuto immaginare.
La notte era calata sulla villa e, se all’esterno solo le stelle e un sottile spicchio di luna rischiaravano il cielo, all’interno numerose fiaccole erano giù state accese e le voci sempre più rumorose dei gladiatori creavano un vociare che non sarebbe sicuramente passato indifferente.
Cercando di affinare l’udito, il siriano riconobbe parole pronunciate con voce dura e roca, tipica dei germani, altre di tono in parte più morbido che ritenne provenire dai galli e infine un’accozzaglia di termini pronunciati nella lingua comune, ma carichi di mille accenti e inflessioni.
Così concentrato, si spaventò quando una voce a lui molto più vicina lo riscosse, addirittura facendolo sbilanciare all’indietro, e una mano si serrò forte sul suo avambraccio per riportarlo in equilibrio.
“Attento ragazzino. Se caschi da qui, ti spezzerai la schiena”
“Scusa” mormorò arrabbiato per l’ennesima immagine di uomo debole che aveva appena dato di sé.
“Smettila di scusarti per ogni cosa che fai, a meno che tu non abbia fatto una cazzata e in quel caso, forse, non sarebbe neppure sufficiente” lo ammonì Agron per poi continuare “Posso supporre che tu non abbia sentito ciò che ho appena detto”
Nasir scosse il capo e così il renano ripeté tutto dal principio.
“Domani mattina partiremo alla volta delle prossima villa, ma non è questa la cosa più importante”
“E allora qual è?”
“Da domani ti allenerai con me. Spartacus non può occuparsi del tuo addestramento, dovendo tenere d’occhio tutto e tutti, quindi io e Crixus ci siamo giocati tale onore ai dadi”
“Sono stato oggetto di una puntata quindi e hai vinto tu?”
“No ragazzino” iniziò Agron, avvicinandosi pericolosamente al viso del più piccolo senza spezzare il legame tra i loro occhi e terminando sogghignando apertamente “Ho perso”
“Oh” si limitò a mormorare Nasir abbassando il capo e vergognandosi del dispiacere che quella parola gli stava conficcando nel petto.
“Stavo scherzando! Cioè, è vero che io ho perso ai dadi, ma potrebbe rivelarsi un’impresa divertente”
“Un’impresa? Quale impresa?” chiese incuriosito l’orientale riportando gli occhi sul viso del gladiatore.
“Semplice: farò di te un uomo, fosse l’ultima cosa che faccio”
“Io sono un uomo” gonfiò il petto Nasir irrigidendosi a quel commento.
“Lo vedremo”
La loro chiacchierata venne interrotta dalla voce di Rasco che senza alcun entusiasmo li avvisò di essere giunto per dar loro il cambio.
Agron, portate entrambe le gambe all’interno della cinta, si sporse in avanti, lasciandosi cadere e atterrando saldamente a terra “Forza Nasir”
Prendendo un lungo respiro e, invocando tutti gli dei che ricordava sperando di un farsi male o di non ruzzolare come uno stupido, lo imitò.
La fortuna gli arrise e, se anche ebbe una piccola incertezza nell’impatto a terra, riuscì a rimanere in piedi.
“Bravo ragazzino” lo accolse il germano, posandogli un braccio sulle spalle e spingendolo verso la casa “Andiamo a mettere qualcosa sotto i denti e poi, se devi ancora raccogliere qualcosa da questa casa, ti consiglio di farlo ora, domani mattina non penso ne avrai il tempo”
Arrivati là dove il calore e i canti erano più forti, Agron si staccò dal siriano e si immerse nella baraonda che erano i suoi compagni, ritrovandosi, dopo pochi attimi, tra le mani una ciotola di cibo e un calice di vino.
Nasir ancora sulla soglia del portico osservava, per l’ennesima volta in poco tempo, quelle persone distruggere e dissacrare quanto vi fosse mai stato di importante e prezioso nella sua vita: la casa del suo dominus, accorgendosi però che il dolore o il fastidio di fronte a simili scene era oramai del tutto scemato e, scuotendo il capo, andò anch’egli alla ricerca di cibo.
 
Riempitosi lo stomaco, senza indugiare troppo nei doni di Bacco, l’ex schiavo carnale si ritrovò nel suo piccolo rifugio di fortuna per raccogliere quei pochi oggetti che avrebbe potuto portare con sé.
Osservò le vesti leggere e delicate – che di certo sarebbero risultate inutili – lasciandole indietro. Studiò con cura gli olii e gli unguenti, reputando utili solo quelli con possibili usi curativi e mettendo accanto alla sacca per la partenza abiti più spessi e resistenti, si preparò per la notte.
Il sonno tardava però a fargli visita, anche perché la mente del giovane servo si arrovellava su un unico elemento e cioè se Agron sarebbe venuto nuovamente a dividere il pavimento con lui oppure no.
Voltandosi per l’ennesima volta nel suo giaciglio improvvisato, sentì, poco distante, la voce di Chadara intenta a lusingare e irretire qualche prode ospite al fine di potergli mostrare le proprie doti.
“Lascia che ti conduca con me. Non te ne pentirai, te lo prometto” la voce che diveniva un sussurrò simile alle fusa di un gatto e fu allora che udì una seconda voce.
La voce di Agron – lui era quindi il prescelto dalla sua amica – roca e a tratti addirittura scortese riecheggiò nel corridoio “Toglimi le mani di dosso. Io coricarmi nel tuo letto? Col rischio di prendermi le piattole dei galli? Scordatelo”
“Potremmo andare da un’altra parte” tentò ancora la donna.
“Ascoltami bene. Non mi interessa il luogo in cui verresti farti scopare, sei tu quella che non voglio. Forse non sono stato abbastanza chiaro. Ti manca decisamente qualcosa in mezzo alle gambe affinché io possa interessarmi a te” e ritenendo chiuso il discorso, Agron sollevò la tenda che separava il luogo in cui si era rifugiato Nasir dal resto della casa ed entrò.
A quelle parole, un sorriso corse a ricoprire le labbra di Nasir che, in silenzio, accolse l’arrivo del suo gladiatore.
 
“La tua amica è davvero insistente” disse a chiare lettere l’uomo  dopo essersi sincerato della presenza del piccolo siriano ed essersi seduto sopra il proprio mucchietto di coperte.
“È cresciuta pensando che quella fosse l’unica cosa in grado di tenerla in vita” tentò di difenderla Nasir.
“Non è una scusa sufficiente” obiettò ancora Agron stendendosi sulla schiena e poggiando il capo sulle braccia incrociate sotto la testa.
“Però è la realtà e non tutti hanno la mia fortuna” concluse ridendo divertito il minore.
“E quale fortuna avresti mai piccoletto?” chiese curioso, voltandosi su un fianco e trovando Nasir nella stessa posizione a breve distanza.
“Di avere te alle calcagna che mi ricordi ogni veglia che non sono più uno schiavo”
“Ah, e così ora sarei diventato una fortuna?” lo prese in giro.
“Beh, sì. In un certo senso credo di sì” borbottò il siriano abbassando lo sguardo.
“Domani” e la voce di Agron divenne seria “vi sarà di certo battaglia. Se saremo fortunati, sarà un attacco rapido e indolore, ma se così non fosse, voglio che tu rimanda indietro” e vedendo la sorpresa e il disappunto sul volto del servo, il guerriero continuò “non sei pronto per combattere e non voglio che ti faccia ammazzare in modo sconsiderato”
“Non sono felice di questa scelta, ma purtroppo hai ragione. Non sono in grado di essere d’aiuto e neppure di difendere me stesso. E sia allora, rimarrò indietro, ma tu mi devi promettere che mi allenerai davvero e mi permetterai di prendere le armi quanto prima”
“Se questo è davvero il tuo desiderio, sarai in grado di combattere prima del volgere del mese. Ora dormi. Domani partiremo all’alba”
Agron chiuse gli occhi, mentre Nasir forzava i propri, nella debole luce creata dal piccolo braciere, per osservare ancora e ancora il volto forte e risoluto del ragazzo steso al suo fianco.
Vide lentamente i tratti distendersi e addolcirsi fino a donare al suo sguardo quello che davvero altro era che un ragazzo cresciuto troppo in fretta e immerso nel dolore più atroce.
Un viso che Nasir avrebbe volentieri carezzato e ricoperto di baci, così come avrebbe fatto con l’intero suo corpo muscoloso e forte.
Corpo che era, con sua immensa gioia, stato negato a Chadara.
Nasir affondò il viso nel piccolo involto di stoffe che utilizzava quale cuscino ricordando il calore e la sensazione di vittoria che aveva sentito poco prima quando Agron aveva resistito al tentativo di seduzione della donna bionda, cacciandola lontana da sé.
Come se quel semplice gesto gli donasse speranza, che forse un giorno avrebbe avuto la sorte non concessa all’amica.
Con questi pensieri e con il sorriso sulle labbra anche il siriano si assopì.
 
L’alba giunse rapida e inesorabile e la villa riprese velocemente vita.
Raccolte le sue poche cose, Nasir concesse un ultimo sguardo a quella che fino a pochi giorni prima aveva definito casa, ma che ora vedeva per ciò che era stata in realtà, nulla più di una lurida gabbia dorata.
Il ragazzo si riscosse solo quando un colpo – non forte da fargli male, ma abbastanza da infastidirlo – lo raggiunse alla base della schiena.
“Ragazzino questa è per te. È il meglio che ho potuto recuperare per il momento” spiegò veloce Agron allungandogli l’elsa del gladio che aveva usato di piatto per colpirlo.
“Ma io non”
“Meglio avere comunque un’arma tra le mani piuttosto che esserne privo” e ghignando raggiunse la sua posizione in cima al gruppo al fianco del trace, mettendo tra loro più metri di quelli che Nasir avrebbe desiderato.
 
Il piano di Spartacus era semplice.
Non avrebbero atteso la sera, ma avrebbero attaccato durante il giorno, puntando sul fatto che qualche guardia sarebbe stata nei campi a controllare gli schiavi e quindi il numero delle persone armate fosse il più basso possibile.
Ciò che però non avevano considerato era la possibilità di trovare intoppi o variabili lungo la via.
I gladiatori e gran parte dei servi della casa di Leddicus procedevano spediti lontano dal sentiero – pur seguendone il tragitto – e fu una sentinella mandava in perlustrazione ad avvisarli dell’imprevisto.
Un convoglio accompagnato da pochi soldati proseguiva lento lungo la via e chiara era la natura dello stesso. Era un carro destinato alle miniere e quindi pieno zeppo di schiavi.
Il campione di Capua decise in un attimo. Avrebbero liberato quegli uomini e forse ottenuto informazioni di prima mano su Naevia.
 
La battaglia fu veloce e i pochi romani non ebbero scampo.
Agron ammazzò alcuni di quei cani e per inseguire uno di questi si spostò dal cuore dell’attacco, senza accorgersi che, così facendo, aveva volto la schiena a ai pochi nemici ancora in vita.
Un grido acuto e un gorgoglio indistinto lo costrinsero a voltarsi rapido, maledicendo la sua sbadataggine.
Ebbe solo il tempo di vedere morire l’ennesimo lurido romano trafitto alle spalle da una spada che ora spuntava rossa al centro del petto.
Solo quando il corpo cadde a terra, il renano scoprì l’identità del suo salvatore.
Era Nasir che, ancora incredulo per il gesto appena compiuto, lo osservava con la bocca spalancata e negli occhi una forza e una determinazione che Agron non avrebbe mai pensato di vedere in quegli occhi neri.
“Ehi ragazzino, mi piace la tua tecnica” esordì sospirando per la gioia di essere ancora vivo e, avvicinandosi, gli sussurrò all’orecchio “Prenderli da dietro, eh? Mi piace davvero molto”

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