L'ira degli eroi - Rien ne va plus

di darkronin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nemici interni ***
Capitolo 2: *** Come sono stato reclutato (e fregato) da Loki, narrato a tre voci. ***
Capitolo 3: *** Risveglio ***
Capitolo 4: *** La verità ***
Capitolo 5: *** Guardiani ***
Capitolo 6: *** Pensieri ***
Capitolo 7: *** Al caffé ***
Capitolo 8: *** Baratto ***
Capitolo 9: *** Trappole ***
Capitolo 10: *** Aria di cambiamenti ***
Capitolo 11: *** James ***
Capitolo 12: *** Fine dei giochi ***
Capitolo 13: *** Costretti ***
Capitolo 14: *** Tragedie che uniscono ***
Capitolo 15: *** L'incendio all'ospedale ***
Capitolo 16: *** Menzogne maldestre ***
Capitolo 17: *** Invito ***
Capitolo 18: *** Il piano ***
Capitolo 19: *** Studiare i nascondigli ***
Capitolo 20: *** Louisiana Woman - Mississippi Man ***
Capitolo 21: *** Relazioni pericolose ***
Capitolo 22: *** Piccoli drammi ***
Capitolo 23: *** Padri e figli ***
Capitolo 24: *** Odore di guai ***
Capitolo 25: *** In marcia ***
Capitolo 26: *** Il Re Bianco ***
Capitolo 27: *** Il guardiano Rosso ***
Capitolo 28: *** Eros e Thanatos ***
Capitolo 29: *** La Pantera Nera e la Leonessa Bianca ***
Capitolo 30: *** Due ladri ***
Capitolo 31: *** I primi Vendicatori ***
Capitolo 32: *** Attacco a Triskelion ***
Capitolo 33: *** La talpa ***
Capitolo 34: *** Lo spacca-meteore ***
Capitolo 35: *** Alone came the spider ***
Capitolo 36: *** Cat's Eye ***
Capitolo 37: *** Magia ***
Capitolo 38: *** Tirando le somme ***
Capitolo 39: *** Il segreto di Natasha ***
Capitolo 40: *** Nuove alleanze ***
Capitolo 41: *** Ragione e Sentimento ***
Capitolo 42: *** Spark in the dark ***
Capitolo 43: *** I nodi si sciolgono ***



Capitolo 1
*** Nemici interni ***


ATTENZIONE: SEGUITO DI PRELUDIO


1. Nemici interni






Il mantello sciabordava sicuro tra le spesse pareti di pietra, i passi risuonavano secchi a cadenza ritmica e regolare, le ombre si aggrappavano lugubri alle sue spalle con i loro artigli affilati. Dal fondo del lungo corridoio giungeva un profondo ringhiare soffocato, quasi la bestia a guardia della prigione stesse sognando una qualche avventura.
Non appena svoltò l'angolo si ritrovò a fissare le pupille gialle e sgranate del gigantesco cane nero Fenrir. Il pelo era ritto sulla schiena, le fauci erano scoperte e il tartufo tirato sul muso. Come lo vide, il demone del Van smise subito il suo atteggiamento aggressivo, si riaccucciò al suo posto, conficcando il muso oltre le sbarre della cella, e sbuffò sonoramente.
“Cosa sei venuto a fare?” sibilò stanca la voce immersa nell'oscurità all'interno della cella spoglia.
“Sono venuto a vedere come stavate, Padre...” replicò il nuovo venuto, copia identica di quello accasciato, al di là delle sbarre, con fare comunque elegante. “Noto con piacere che avete desistito dal tentare di liberarVi...”
“Loki...” sbuffò l'uomo tirandosi in piedi e avanzando piano verso la soglia della prigione “Lo sai che così ti stai tradendo, vero?”
“Oh no... chiunque fosse all'ascolto potrebbe pensare che Odino si stia divertendo a fare il verso al proprio figliastro incosciente...”
“Se non hai altro da fare, puoi pure tornare da dove sei venuto...”
Il falso Odino stirò un sorriso divertito che i folti baffi non riuscivano a coprire “Volevo avvisarti che Hela è alle porte di Asgard. Suppongo la cosa possa farti piacere.” Alitò, lasciando che le frasi, volutamente ambigue nel loro contenuto, aleggiassero nello spazio che li separava. “Sai, Loki... gli eroi della terra sono ormai in ginocchio.”
“Cosa?” strabuzzò il prigioniero.
L'altro affondò una mano nell'ispida criniera del lupo nero “Sono degli sciocchi e hanno sottovalutato l'astuzia del dio degli inganni che aveva lasciato delle cellule dormienti dietro di sé. Non tutti quelli che hanno lavorato sul Tesseract son stati risvegliati dal sortilegio.”
“Cos'hai intenzione di fare?” tuonò il vero Odino aggrappandosi alle sbarre ma venendone subito allontanato da una potente scossa elettrica.
Loki lo guardò con sufficienza al di là della grata “Secondo Voi? Hela è qui, ad Asgard, su mio ordine. Midgard è lasciata a se stessa e nemmeno il grande Thor potrà fare nulla per salvarla. La resa è l'unica soluzione che si prospetta per entrambi i mondi.”
“Resa?” alitò Odino, sconcertato.
“Asgard è già caduta e tu sei chiuso qua dentro. Quanto a me, andrò personalmente sulla Terra a reclamare il mio dominio su di essa.” sibilò euforico “E non dimenticare il Tesseract, Padre. Tanti popoli hanno tentato di conquistarlo e ora è mio.”
“La tua follia è senza limiti...” disse Odino scuotendo la testa “Pensavo stessi bluffando ancora una volta... invece, ora, mi rendo conto che è tutto vero...Così come è vero che sei stato tu ad aprire la porta ai giganti di ghiaccio... ”
“Ben detto, Padre... ma... avevate ancora dubbi?” ghignò “Ora, se volete scusarmi... il re in persona deve andare a incontrare le truppe di Hela...” lo salutò con una risata carica di sarcasmo.
Odino si accasciò affranto. In quella cella i suoi poteri non potevano nulla e davanti a sé c'era il tremendo Fenrir. Anche volendo, non sarebbe mai riuscito a uscirne vivo. Eppure, era riuscito a liberarsi della maschera con relativa facilità, cosa che l'aveva indotto a pensare che Loki non stesse realmente tradendo Asgard ma che avesse un piano molto più complesso in mente. Era possibile che gli avesse raccontato un'altra menzogna? Se sì, a quale scopo? Se fosse riuscito a uscire e se le informazioni che gli aveva appena fornito si fossero rivelate concrete... in quale altro modo avrebbe potuto leggere la realtà se non come aveva davvero già descritta suo figlio?

AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV

Era l'alba di un nuovo giorno e la Stark Tower risultava stranamente silenziosa. Una sola persona si aggirava tra i piani, annoiata, ballando scompostamente per i corridoi: cantava ancheggiando, esibendosi in movimenti pelvici che avrebbero fatto rabbrividire Elvis e saltellando come una bambina di cinque anni, lasciando che le braccia ondeggiassero lateralmente al ritmo di quel ridicolo trotto.
I’m a, mother-father-gentleman1
L'uomo aveva fatto colazione vestito di anfibi, un accappatoio rosa con le orecchie da coniglio sul cappuccio e mutande a righe rosso blu e giallo con patta posteriore. Si era comodamente sbracato davanti al televisore mentre andavano in onda ulteriori dichiarazioni di Norman Osborne sulla necessità di dotare la polizia di macchine sofisticate per reati fuori dal comune. Lui, prontamente, aveva ignorato il notiziario a favore di un canale d'intrattenimento infantile.
Aveva sporcato senza ritegno i fuochi e il pavimento e ora, dopo essersi goduto il panorama e aver trafficato con tutte le tecnologie del padrone di casa, aveva puntato la camera da letto della sua rossa preferita.
Senza tante cerimonie, quando la trovò, spalancò la porta, certo di non incontrare resistenze. In effetti, se anche avesse aperto una qualunque delle altre stanze, quel giorno, non avrebbe trovato nessuna opposizione.
Si fermò sulla soglia, mani ai fianchi, indispettito dalla scena che gli si presentò sotto gli occhi. Sbuffò sonoramente, quindi saltò sul letto con gli scarponi e diede una pedata all'uomo che dormiva con la donna, una gamba comodamente appoggiata sul ventre di lei, la testa completamente reclinata oltre il materasso, le braccia artigliate attorno al cuscino. Visto che il primo calcio non aveva sortito particolari effetti, si vide costretto a buttarlo giù dal letto di peso. “Non cacciarmi...” mugugnò quello.
“Ecco fatto” disse l'altro senza badare lo sproloquio inarticolato che usciva di bocca al biondo. Sbatté le mani tra loro, quasi a pulirsi dalla sporcizia che poteva averlo intaccato. “E ora, cara la mia bellissima e mortale Scarlett...anche se ora sei, più che altro, morta...” biascicò piantando i piedi accanto alla sua vita, pronto a inginocchiarsi su di lei per colmare la distanza tra i loro corpi.
Non fece in tempo a contemplarla che un calcio nel basso ventre lo costrinse a piegarsi in due dal dolore. Non ebbe modo nemmeno di strizzare gli occhi e di alitare che si vide piantato, davanti agli occhi, il bracciale di Natasha, pronto a sparare uno dei suoi micidiali Morsi di Vipera.
“Что ты делаешь?” (si pronuncia Chto ty delayesh'? E vuol dire Cosa stai combinando?) ringhiò la spia nella sua lingua madre, certa che il poliglotta Wade la capisse benissimo ugualmente.
“Mi hai fatto male, Natasha!” protestò quello, sofferente
“Cosa stai macchinando, Wade?” domandò dopo averlo atterrato sul materasso ed essersi messa cavalcioni su di lui.
“Apprezzerei molto questa posizione...in un altro momento...fino a due minuti fa non avevo che sognato di potermi trovare così... ma ora sarei felice se ti togliessi da lì...” protestò quello agonizzante
“L'hai voluto tu...” sospirò la rossa estraendo un filo metallico dai suoi bracciali. Lo fece scorrere sotto la nuca di un Wade impossibilitato a reagire, quindi ne afferrò le estremità incrociando le braccia sulla sua gola. “Tu non hai lo scheletro d'adamantio...” ghignò soddisfatta “E quest'arma è più pulita di un pugnale...”
Allargò piano il cappio, pronta a tirare uno strattone unico. Ma Wade si dibatté e si arrese, implorando pietà “Mi arrendo, mi arrendo, ti prego, lo so, non ho alcuna dignità, sono peggio anche di quel pusillanime di Scott Summers, ti prego...se mi stacchi la testa è un casino rimetterla dritta!”
“Allora parla!” intimò lei
“Quanto baccano che fate di prima mattina...” biascicò Clint, lì accanto, aggrappandosi al materasso per tirarsi in ginocchio con le poche forze residue. Con occhi sonnacchiosi osservò la scena disgustato “Che schifo di incubi devo fare...”
“Non fare il deficiente!” replicò la rossa andando ad acchiapparlo per la collottola e tirandolo a sedere sul letto.“Allora, Wade? Attendo una spiegazione...”
“Non riuscirai a cavarmi una parola di bocca” replicò lui che, dopo un momento di tregua, aveva già rimontato la cresta.
Nat sollevò un sopracciglio, scettica “Davvero? Bene... lo sai, vero, che fine faranno tutti i tuoi giornaletti se non vuoti subito il sacco?”
“Posso ricomprarli...” replicò il mercenario incrociando le braccia in segno di sfida “Soprattutto, com'è che Occhietto qui non è stramazzato con tutto il veleno che gli ho messo nel piatto?”
“Veleno?” domandò l'altro confuso
“Topicida, per la precisione. E un pizzico di soda caustica. Allungati con un bicchierino di acido muriatico...” affermò quello
“E perché gli hai dato quell'intruglio?” domandò paziente la spia
“Non te lo dico!” replicò l'altro
“Wade... Dirò a tutti che sei gay dichiarato, così avrai un bel daffare a dire che i tuoi tiri erano semplici scherzi...”
“Non puoi farmi questo...” alitò
“Peggio, dirò anche che in realtà sei francese.”
Deadpool rimase indeciso per qualche istante “Fa pure...” disse infine “Quando dominerò il mondo nessuno potrà dire nulla...”
“Dominare il mondo, eh?” replicò Clint intontito ma già coinvolto nel gioco della rossa “Da quale sacco della spazzatura pronto per l'inceneritore? Perché lo sai, ti faremo a pezzi e disperderemo le parti in modo che tu non possa più ricomporti per tempo...”
“I me stesso degli universi paralleli verranno a salvarmi...” replicò sicuro l'altro
“Wade... ti pago...” sospirò lei, esausta da quella sterile discussione “Più di quanto tu possa immaginare. Se collabori potrei anche pensare di darti una dacia sulle rive del Don... sai quel che si dice di certe sale piene di ambra degli zar?”
“E' un'offerta interessante ma nulla al confronto di una corona cornuta, una squadra di me stessi incaricati di salvare il mondo e una testata editoriale dedicata solo a me. Per non parlare dei videogiochi. E il film!”
Corona Cornuta?” dissero in coro i due agenti prima di guardarsi tra loro “Loki...” commentarono afflitti.
“E voi come conoscete il suo nome...? Oh, no, cazzo! Mi son fatto fregare ancora una volta!” si lamentò buttando la testa indietro. “Che cretino!”
“Ora ci spieghi un po' tutta questa storia... a partire dal topicida! A chi altri l'hai somministrato?” ringhiò Clint afferrandolo per la gola per buttarlo di peso su una sedia mentre la spia lo immobilizzava, inscotchettandogli i polsi tra loro e le caviglie alle zampe del mobile.
“A tutti i Vendicatori...” ammise affranto “...col culo che ho sarà stato veleno scaduto... addio ricompensa...”
“Va a controllare... all'interrogatorio ci penso io...” sibilò Natasha afferrando una delle frecce del compagno e cominciando a picchiettarsele sul palmo della mano aperta.
“Pensi di fargli male con quella?” domandò scettico Clint, fermo sulla soglia
Lei sorrise biecamente “Le torture peggiori sono quelle che sembrano innocue, come quella della goccia... e io le conosco tutte...” Occhio di Falco si allontanò soddisfatto della risposta e Natasha si sedette sul materasso con fare aggressivo e provocante, vestita solo di un paio di braghette e una canottiera “Comincia a cantare...” disse battendosi la coda del dardo sul palmo aperto della mano.
Space Cowboy va bene?” domandò l'altro sperando di guadagnare tempo
“Non farmi incazzare. Ricordati che ci sono i sacchi neri che ti attendono!” lo avvisò lei appoggiandogli la freccia in mezzo agli occhi.
“Va bene, va bene... Dunque... Loki. Sì. Come credo tu sappia ha reclutato un bel po' di gente per lavorare al Tesseract, rubare tecnologie, sottrarre informazioni... cose così...”
“Sì...” ammise lei, ricordando lo sguardo vacuo del compagno nella stiva dell'Helicarrier. “Non sappiamo chi abbia soggiogato né che fine abbiano fatto. Sospettiamo che, scomparso lui, a cui obbedivano, siano tornati alla vita di tutti i giorni, con l'istinto latente di obbedirgli”
“Precisamente. Barton, infatti, aveva il compito di rintracciare lui e lo scettro, in seguito alla cattura. E in caso di necessità uccidere i Vendicatori. Messa così sembra che la cattura facesse parte del piano. Il mio compito era lo stesso. So per certo che ha seminato dietro di sé un po' di trappole di questo tipo, in modo che, anche catturato, le sue pedine continuassero a muoversi autonomamente.”
“Lui è in galera, su Asgard, in attesa di processo. A favore di chi dovrebbe andare tutto questo?”
“Mai sospettato avesse degli alleati? Non mi pare che i Chitauri appartengano al mondo Asgardiano...”
“Tu cosa ne sai, degli altri mondi?”
“Oltre alla Terra e ad Asgard, ci sono altri sette mondi popolati da civiltà tecnologicamente avanzate, in grado di spostarsi tra le dimensioni attraverso i warmhole. Per il resto le mie conoscenze sono solo indirette. So che il mio vecchio era presente quando atterrarono quegli alieni robotizzati, vent'anni fa, in cerca del cubo. Solo che loro lo chiamavano Allspark.”
“Tutti a caccia del cubo...”
“Sì. Il problema è che non è la prima volta che i Chitauri invadono la Terra. Erano qui già quando tu eri piccola. Dovresti avere qualche ricordo...”
“A cosa alludi?”
“Oh, andiamo... il grande amico di Rogers, il Barone Von Strucker... non mi dirai che l'hai dimenticato?”
“HYDRA?” domandò perplessa Natasha
Deadpool annuì “HYDRA è sempre stata comandata da Chitauri. O da umani sotto la loro influenza.”
“Perché non si sono aperti prima quel portale, allora?” domandò lei poggiando le braccia sulle ginocchia
“Da quello che so, i pochi che riuscirono ad arrivare sulla Terra, non avevano la tecnologia per aprirsi il varco. O speravano di trovarla qui, non lo so. O meglio, l'autrice deve ancora decidersi, al riguardo. Forse era solo un gruppo di scienziati finiti sul nostro pianeta per caso. Sai come succede in tutti i film di fantascienza, no? Fatto sta che loro sapevano cosa fosse quel coso e a cosa servisse.”
“L'ossessione per il Tesseract e per tutte le stranezze mitologiche ebbe, effettivamente, un impennata paurosa durante la Seconda Guerra Mondiale. Hitler era ossessionato da questo pensiero.”
“C'è chi dice che lo stesso Charlie fosse sotto il controllo mentale dei Chitauri e che gli stessi fossero il gruppo d'élite del Reich. In questo modo potevano avere tutti i fondi necessari ai loro comodi, per studiarlo e crearsi la loro tecnologia. La campagna nazista era basata su questo. La mia non è una giustificazione al suo operato: come sai, il potere dello scettro non fa che amplificare il lato negativo di ciascuno di noi. Lo porta semplicemente a galla.”
“Vorresti dire che Clint vorrebbe ammazzarmi sul serio?” replicò lei con un sorriso, scettica.
“Potrei anche capire il suo punto di vista...” ammise Wade perdendosi nel meandro dei suoi pensieri, sicuramente osceni. Nat gli schioccò le dita davanti agli occhi, invitandolo a non distrarsi “Dicevo del portale... gli obiettivi, fondamentalmente, erano solo due. Almeno... stando a Loki.... è molto loquace quando pensa di averti in pugno... o quando ti trova simpatico, quasi un'anima affine.”
“Sì, me ne sono accorta...”
“Ah no, bella mia..” ridacchiò il mercenario “Ho detto, quando pensa di averti in pugno. Con te sapeva con chi aveva a che fare. Clint gli aveva detto ogni cosa, su voi due. Ogni minimo dettaglio. Dal nostro primo incontro, ai tuoi punti deboli... al fatto che da piccola la Mano agli ordini del Barone avesse cercato di lavarti il cervello e impossessarsi, così, di un'altra fetta di potere, dopo la Germania Nazista. Ma quell'imbecille di Rogers e quel cretino di Wolverine, che i cazzi suoi non se li sa mai fare quando è il momento, vennero a salvarti e allora addio zarina da mettere sul trono di Russia come proprio fantoccio. Se tu hai pensato di aver incastrato Loki, ti sei sbagliata di grosso. Sei solo una spia terrestre, abile quanto vuoi. Ma lui è il Dio degli inganni. Pensi davvero si sia fatto fregare così da te, pur sapendo della tua abilità?”
“Ma....” Natasha sbiancò, riconsiderando tutta la vicenda. Loki era sembrato così sorpreso dal suo voltafaccia.
“Lascia perdere... Il punto è che Loki aveva piani che andavano al di là di uno sfigato gruppetto di supereroi... Di cosa parlavo? Ah, sì, l'autrice suggerisce di leggere qualche capoverso sopra... dunque, il portale. La Terra o Asgard. Perché? Chi sta dietro a tutto? Un tale di nome Thanos. Non so molto al riguardo. Certo è che la Terra era sempre stato il suo obiettivo. Devi sapere che noi siamo il pomo della discordia degli altri otto regni. La pace è mantenuta da Odino, Re di Asgard. Se la Terra cade, cade l'equilibrio degli universi e si scatenerebbe una battaglia di proporzioni galattiche. Lo stesso se cadesse Asgard. Nessuno crede realmente in questa tregua che dura da millenni e i due mondi sono i due punti deboli.”
“E Loki può influenzare entrambi, nel bene e nel male...”
“Precisamente!”
“Loki sapeva del progetto Avengers!” sbottò Natasha alzando lo sguardo improvvisamente consapevole su Wade “E l'ha usato per i suoi porci comodi. Ha cercato di annientare chi poteva dargli filo da torcere...”
“Non mi pare proprio...” commentò l'altro “Se quello era il suo obiettivo ha fatto un lavoro da principiante: riunire gli unici che potevano sconfiggerlo. Tant'è che ha assoldato me, in caso il primo attacco fosse stato infruttuoso. Sapeva che ero, mio malgrado, l'ombra di Rogers. In questo modo, potevo infiltrarmi tra i Vendicatori e sabotare i vostri piani. Affrontarvi tutti assieme sarebbe stato troppo complicato. Così ho aspettavo che il segugio si allontanasse e ho usato il veleno, inodore e incolore, fregato al maggiordomo per scaricare su di lui la colpa. Motivo per cui ho detto a Stark di costruire l'androide. Così la polizia avrebbe avuto qualcuno da arrestare e io non mi sarei dovuto incasinare a spiegare gli effetti delle quattro leggi della robotica alla 2001 a dei piedipiatti ignoranti che al massimo ascoltano musica country mangiando ciambelle in auto.”
“Dovevi studiare di più, allora...” disse Nat alzandosi e andando a dargli uno schiaffo in pieno volto “Io sono immune a ogni tipo di veleno. Clint pure, visto che è il mio partner. A questo punto credo che anche Steve non avrà problemi, essendo il suo metabolismo così veloce da eliminare le scorie prima ancora di incontrarle. E pure Gambit, stesso motivo. Probabilmente ti ha assoldato perché cascassi in questo tipo di trappola. Il veleno non è propriamente la tua arma preferita. Se continuiamo a ragionare per assurdo, probabilmente, voleva che credessimo che lui volesse farci secchi anche in caso di fallimento. Piuttosto, cosa hai usato?” domandò afferrando la sedia per lo schienale e trascinandosela dietro senza sforzo per raggiungere la cucina “Devo preparare un antidoto... ammesso che non sia troppo tardi...” Deadpool sciorinò i vari ingredienti usati, un misto di sostanze più o meno tossiche mescolate tra loro a casaccio. Alcune, addirittura, si annullavano tra loro. Ma ciò che la fece rilassare fu constatare che le dosi preparate, distribuite inaspettatamente sul gruppo allargato che comprendeva i sei del Baxter Building, avrebbero comportato solo una specie di intossicazione alimentare. “Visto che tu non fai nulla per nulla... spiegami bene cosa ti aveva promesso?”
“Preparati al flashback, allora!” ghignò Wade “Ma nel prossimo capitolo...”




1    Psy (Park Jae-Sang
), Gentleman

AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV

E rieccoci qua, ragazzi!
Altro giro altra corsa.
Parto subito a spiegarvi due cosette: il padre di DP era un militare. Ecco perché sapeva degli alieni. Quanto a Loki, la sua conoscenza del progetto Avengers prende spunto dalla scena extra nel finale di Thor in cui lo si vede quasi manipolare Selvig. Cmq, sicuramente sapeva del Tesseract.
Altra cosetta. Mi accorgo adesso (all'inizio della seconda parte!!!!) che non vi ho mai segnalato -se mai vi fosse interessato...- che tipo di canzoni mi ha accompagnato in ogni parte. Non parlo di quelle che compaiono citate ma di quelle che -per me- descrivono la scena. Sì, perché la vicenda in generale procede per conto proprio ma ci sono stralci le cui emozioni avevo presenti solo con canzoni messe a ripetizione. Magari non sono riuscita a trasmettere adeguatamente quello che sentivo... Prometto che d'ora in poi lo segnalerò puntualmente.
Vi cito quelle che mi ricordo così a braccio:
Il ricovero di Pepper e l'operazione (descritta brevemente ma che io ho vissuto con Tony in tutta la sua angoscia) Save a prayer - Duran Duran
Dei DD anche il primo volo di Rescue (che inizialmente doveva essere una passeggiata aerea dei due in armatura...) Rio, Hungry like the wolf e, in particolare, l'affiatamento tra la rossa e la sua armatura con Planet Earth e, ovviamente, Barbarella. Wild Boys, invece, per i ragazzi, non son proprio riuscita a usarla... mah...
Nat e Clint a Budapest è nato da Stand By dei Lost, il loro rapporto ambiguo descritto da I am made of you - Alice Cooper e da Anyplace, anywhere, anytime - Nena e Kim Wilde, l'amore di Clint Military Fashion Show - And One. Per Natasha, come personaggio, inutile citare il brano che lei stessa rivendica come suo, Black Widow - Lita Ford.
Burn it to the Ground - Nickelback, ha accompagnato la nascita delle scene di battaglia Angelo/Visione, anche se non c'entra nulla come atmofera.
Rogue e Gambit, invece, si sono delineati con Everytime we touch – Cascada, Bad boys Sad girl – Tata Young, I think I'm paranoid – Garbage, Sick and Tired – Anastacia.
Deadpool, Perfect Gentelman - Helloween e It's the little things - Alice Cooper.
In generale, poi, era periodo in cui ero ossessionata dai Lordi (in particolare Blood Red Sandman)
Detto questo, vi aspetto la prossima settimana, con il lungo flash-back.

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Capitolo 2
*** Come sono stato reclutato (e fregato) da Loki, narrato a tre voci. ***


Questo è il capitolo II (leggi due o secondo) della seconda parte di L'ira degli eroi – Rien ne va plus. In corsivo, il titolo. In totale è il capitolo XLV. Per chi non sa leggere i caratteri romani, è il 45°.
Titolo: Come sono stato reclutato (e fregato) da Loki (sempre in corsivo, mi raccomando), narrato a tre voci.
Sì, 3, avete problemi? Quelle mia e le due del mio cervello... che vi sorprendete? Io sono solo pazzo! Pensate a Fantomex che ne ha tre, di cervelli. E lui gli ha pure dato un nome. Un nome ciascuno!






Iniziamo il flash-back promesso nel capitolo precedente:
Era una notte buia e tempestosa....
Che cazzo dici? Era una deprimente serata primaverile. Eravamo chiusi nella nostra fogna sotterranea a gustarci i ritratti di Rogue in bikini. Quelli realizzati da Boris Vallejo...
Ah, come background abbiamo il videogame che deve ancora uscire al momento in cui scrive l'autrice? Bene... bastava saperlo...
Guarda che i lettori si stancano di dettagli inutili: finisci alla svelta!
Ok, d'accordo! Sta tranquillo!!! Dunque. Eravamo sbracati sulla nostra poltrona a ingozzarci come tacchini per il Giorno del Ringraziamento, fantasticavamo su Rogue e, di tanto in tanto, tiravamo l'occhio alla televisione in sottofondo in cui, per l'ennesima volta, mandavamo un vecchio VHS con l'ottavo e ultimo episodio di Manimal...
E stavamo piangendo senza ritegno come coglioni sapendo che non ci sarebbero stati altri episodi.
“E noi possiamo fare tutte queste cose solo perché siamo in tre. Noi NON siamo multi-tasking, come le donne. Non pensate male, eh!”
Forse è meglio piantarla col plurale maiestatis e con dettagli inutili...
Ma sono il contesto! Cosa capisce il lettore, senza?
Ci prenderanno per pazzi!
Ma noi siamo Wade e Wade è pazzo.
“Io non sono pazzo! Sono solo diversamente normale. Ora fatela finita e terminate l'introduzione!”
Siamo in tre, l'hai detto tu... certo che sei pazzo! Ed è decisamente meglio finirla qui, o i lettori faranno confusione e chiuderanno la finestra di EFP...
Ok, ok! Ma usa il presente al posto dell'imperfetto...è più facile.
Dunque. Sono intento a osservare il mio eroe preferito che si trasformava quando all'improvviso arriva una chiamata da un numero anonimo. Rispondo al ricevitore, seccato, e, dall'altra parte, qualcuno chiede se stia parlando con Deadpool, il mercenario. Al ché mi alzo, vado nella stanza accanto e, mentre quello continua a blaterare a vuoto, torno con addosso il mio amato passamontagna...
“Cosa te ne facevi del passamontagna quando sei al telefono?”
“Ecco, Natasha deve fare la petulante e interrompere... mi poteva riconoscere, no? Che domanda idiota!”
Insomma... c'è questo tizio, credo un agente S.H.I.E.L.D., incaricato da Loki di fare una chiamata generale, che mi invita, se interessato, a recarmi a un appuntamento. Arrivato al luogo designato, mi trovo questo damerino inglese... un Tom Hiddleston moro, leccato da una mucca e coi vestiti della Sirenetta. Mi punta contro uno scettro scintillante, la versione Twilightiana di una cosa che era la via di mezzo tra l'asso di bastoni delle carte napoletane e lo scettro di Sailor Moon, il primo, e sghignazza soddisfatto. Quando si accorge che non me lo cago di striscio, comincia a innervosirsi e ci riprova.
“Non so cosa tu voglia fare, ma sei fastidioso!” Gli dico.
Allora sbuffa seccato. Ma non come possiamo farlo noi mortali. In modo regale, come chi ha studiato a Oxford, hai presente? Ecco.
“Io ho bisogno di un mercenario” borbotta infastidito. Ci pensa un po', poi mi prende sotto braccio e comincia a biascicare con una voce ancora più fastidiosa, che l'autrice suggerisce come flautata... che cazzo vuol dire, poi, flautata? Non è mica il pifferaio magico di Hamelin... o sì?
“Vedi, tutto questo...” comincia con questo fare cospiratorio, mostrandomi... la pagina bianca di Open Office! Chissà lui cosa ci vedeva...
“Un giorno sarà tuo, Simba...” lo anticipo io, spiazzandolo. Perché, ammettiamolo, a chi non piacerebbe disporre di vita e morte dei propri personaggi? Checché ne dica quella scema dell'autrice che pensa che noi godiamo di vita propria.
Insomma, Loki ci guarda in modo strano, forse pensando che sono pazzo -una voce nella mia testa suggerisce che lo devo essere assolutamente- e continua come niente fosse “...non è reale... C'è una donna, con un computer, in pijama. E lei sta scrivendo i nostri dialoghi...”
“Sì lo so, è una fan fic che prende da un film e ci butta dentro fumetti e altri film ad esso legati...Ehi un momento...” replico rivolgendomi direttamente alla donna al di là del monitor, facendo sì che le sue dita si muovano da sole sulla tastiera, per creare un discorso diretto per dialogare con lei, che non può rispondermi e che si limita a imprecare per la mia fastidiosa autonomia “In qualche modo tu sei mia madre. Dopo i tuoi compagni di classe, posso chiamarti anch'io mamma? Ne ho più diritto di tutti loro messi assieme! Sono anche dotato di vita autonoma, visto che faccio quel cavolo che mi pare... Ma quindi... me la sto scrivendo da me, la storia?”
Quello, Loki, ignora i miei vaneggiamenti e continua “Una domanda migliore sarebbe, come fai a sapere se tutto questo è vero o è solo un sogno?”
“Mica siamo in Matrix, bellino! Aggiornati...”
“Potresti venirmi in contro, in un caso e nell'altro...non ti pare?”
Ci penso un attimo, quindi lo squadro da testa a piedi “Posso avere quella tua assurda corona?”
“Ma certamente...” replica quello, interdetto, quasi pensasse sia stupido ad accontentarmi solo di quello. “Ma posso fare di meglio e dimostrarti la mia... generosità. Posso far sì che ti venga riconosciuto lo status di eroe, come tutti gli altri... magari ti farò avere una serie di fumetti tutta tua...”
“E un videogioco? E un film? E i cammeo?”
“Certamente... uscirà tutto dopo la fine del mondo...”
“E una squadra di me stessi alternativi, provenienti da universi paralleli?”
“Di più. Con questa corona io ti nomino supereroe tra i supereroi. Potrai fare quello che preferisci, sconfiggere tutti gli X–men o entrare a far parte della loro squadra come capo indiscusso. Potrai anche sollevare il martello di Thor...”
“Ok... mamma? dico alla tipa dietro la tastiera del suo portatile che impreca piano per non svegliare il cane che ronfa con la testa sulla sua gamba “Io ci sto, mi piace il vostro piano!”

Ecco come è andata.


Però, a pensarci ora, effettivamente, sapeva un po' da fregatura! Insomma. Nella storia del fumetto solo lui, oltre a Thor, è riuscito a sollevare quel dannato martello e solo nella minisaga Le fatiche di Loki. Per non parlare del film... continuano a parlarne ma non c'è stato nessun serio tentativo di trasposizione a parte quel cesso col laser e la bocca cancellata di Wolverine: le origini che di certo non eravamo noi.


Oh...dimenticavo: fine della spiegazione su come sono stato reclutato da Loki, del flash-back e della mia bellissima profondissima e carismati...issima voce narrante.
Riprendetevi l'impersonalità fatta persona dell'autrice. Baci a tutti, grazie per volermi bene. Vi adoro anch'io! Ci vediamo presto per un altro siparietto del genere se questa stronza non lo taglia di proposito per farmi dispetto!

“Tu lo sai, vero, che quella corona, ovunque tu l'abbia nascosta, è già sparita?” domandò Natasha tirando un sorriso cattivo.
“Qualche ladro si è introdotto nel mio tugurio? A chi devo dare la colpa? A Gambit? O a quella lurida Gattaccia scostumata? Ho capito... E' stato Fantomex che è geloso del mio successo con le donne. Sì, dev'essere così per forza...”
“Guarda che ho visto Loki cambiare i suoi abiti sotto i miei occhi e la corona andava e veniva, quasi fosse un'illusione ottica o un ologramma...” rispose lei tranquillissima
“Quindi... niente corona?”
“Guarda i filmati, se non mi credi...”
“Mi stai dicendo che mi son fatto fregare?” strepitò Wade saltellando legato alla sedia “E allora... anche la storia dei videogame e dell'estensione per il GTA IV, del film... tutto davvero una bufala? Oh no...NO!!!!”
“Che cos'ha da urlare?” imprecò Clint entrando in cucina con al seguito solo Steve, Rogue e Gambit che non sembravano accusare particolari problemi di intossicazione.
“Tu non capisci!” strepitò quello mettendosi a piangere come una fontana “Ti sbatti Natasha, o almeno dovresti, per far felici tutti i fan e invece ti sei fatto azzerbinare come un dilettante. E dire che nel mondo reale voi due non siate nient'altro che amici mentre io e lei siamo pure stati sposati1. Cosa può capire un donnaiolo come te dei problemi che può avere uno sfigato come me!! Che come massima amante può avere solo la Morte in persona!”
“Come scusa?” stava domandando il cecchino con voce incrinata dalla rabbia che un calcio volante mandò Deadpool a sbattere contro l'angolo del mobilio. L'agente Romanoff gli si fiondò immediatamente addosso, coi piedi piantati sul suo petto, rannicchiata come un ragno al centro della propria tela pronto a consumare il proprio banchetto. “Su su...” disse invece, andando a prendere la donna per i polsi e allontanandola dal mercenario “Non ne vale la pena...” disse nel tentativo di calmarla nonostante fosse il primo a desiderare che quel dannato mercenario si cucisse la bocca una volta per tutte.
“Sei un uomo morto! Morto, hai capito?” sibilò la rossa mentre si lasciava trascinare via dal compagno.
“Buahahah” piagnucolava quello senza ritegno “Tutto perché non ero soddisfatto di essere riservista nei GLX2, un gruppo sfigati di seconda scelta... Cosa me ne faccio della vita senza i miei Dead–Corps?” strepitò quello quasi offeso dalle minacce della rossa, senza nemmeno rendersi conto dell'opportunità tanto agognata che lei gli stava offrendo.
Lontana da Wade, Natasha cercò di recuperare la propria calma “Ho preparato un antidoto...” disse porgendo ai superstiti alcuni bicchieri con uno strano siero viscoso all'interno “Da quello che mi ha detto, e in base a quello che abbiamo mangiato, non dovrebbe servire nemmeno la lavanda gastrica... però è meglio se lo diamo a tutti. Rogue, puoi volare fino al Baxter Building e accertarti delle condizioni dell'altro gruppo?” la donna annuì e corse a cambiarsi “Qualcuno sa nulla dell'Uomo Ragno?”
Hanno ucciso l'Uomo Ragno ♪ chi sia stato non si sa... ♫ e non si sa neanche il perché! canticchiò il mercenario nonostante -o forse proprio per- la profonda depressione in cui era caduto
“Piantala!” ringhiò la rossa che aveva perso ogni sua pazienza
“In realtà è stata la Marvel al numero 700. Questo è un grande spoiler...perché forse risorge: la sua mente sembra essere intrappolata dentro il Dottor Octopus...” continuò a sproloquiare frasi inarticolate su universi alternativi e vari codici alfanumerici.
“Come fai ad arrabbiarti con lui? Non vedi che il suo cervello è completamente fuori fase... non ti fa pena?” Cercò di calmarla Cap nella sua immensa carità cristiana.
Per tutta risposta la spia gli sbolognò i suoi bicchieri con poca grazia “Visto che hai tanto amore per il prossimo, sarai tu ad occuparti di Tony...”
“Cosa..?” sbigottì lui “Cosa c'entra questo con...” Ma Natasha già non lo badava più e Steve sospirò rassegnato: le donne di quell'epoca gli risultavano incomprensibili. Erano troppo sicure di loro stesse, per niente graziose e talvolta anche violente.
Si avviò mestamente verso il corridoio mentre, alle sue spalle, Deadpool continuava a delirare “Quello stronzo di un dio minore! Io voglio Wanda3! Come faccio a fare sesso col me stesso femminile? Che tu sia maledetto, cianotico di un trovatello! Che gli dei, tanto per andarci leggeri, ti puniscano come Prometeo4!”
Scosse la testa sperando di non capire la bestialità incestuosa con cui se n'era uscito quel mentecatto ma ormai il danno era fatto e l'immagine dei due mercenari, ugualmente volgari e sfigurati in modo ripugnante, che si approcciavano era già entrato nella sua testa come un tarlo.
Ormai davanti alla porta di Stark, bussò e attese pazientemente una qualche risposta. Quando, dopo due minuti non aveva ancora sentito provenire dall'interno alcun tipo di movimento, spinse la porta che si aprì subito: un sofisticato congegno l'aveva riconosciuto tramite le impronte digitali. L'apertura della stanza era stata abilitata in quanto persona autorizzata all'accesso in caso di necessità. O almeno, così echeggiò la voce di J.A.R.V.I.S. prima di lasciarlo passare oltre la soglia. Stava ancora aprendo la porta quando la voce sintetica di Jarvis riprese a parlare, ora più vicina, chiedendogli il permesso di sollevarlo dall'ingrato compito di far ingerire al suo creatore la soluzione che teneva in mano.
Steve accennò con la testa il suo permesso e subito una mano afferrò il bicchiere e una sagoma vestita di nero lo anticipò nella stanza.
“No, scusa... e tu chi sei? Cosa ci fai qui?” domandò sbigottito davanti a quel losco figuro albino dalla faccia inespressiva
– Perdoni, Signor Rogers. Questo è il mio nuovo hardware, creato questa notte su modello di Visione. Sono Jarvis. –
“Il computer?” strabuzzò il capitano.
– Precisamente. Ora, se mi permette, ritengo che non gradirà vedere come intendo forzare il Signor Stark ad assumere il suo antidoto... –
“Non ti preoccupare... sono abituato...” disse pensando agli orrori a cui aveva assistito in guerra. Chissà se chiunque altro, all'interno del loro gruppo miscellaneo, poteva anche solo concepire cosa volesse dire trovarsi a dover fare i conti con la morte, propria o altrui, essere degli assassini consapevoli?
– Quanto al mio aspetto, valuteremo successivamente la credibilità di questa forma– stava dicendo il sintezoide avvicinandosi al letto. Ma lui non lo sentiva, immerso nei propri ricordi e nei propri ragionamenti.
Quando il dottor Zola gli aveva chiesto se avrebbe mai sparato ai nazisti, aveva risposto di no, che lui odiava i bulli. Però, sull'Helicarrier, il suo ricordo più recente, non si era fatto scrupoli a buttar giù dall'aeronave un agente S.H.I.E.L.D. che aveva come unica colpa quella di essere stato soggiogato dallo scettro di Loki.
Non era vero che si era limitato a difendere se stesso e i suoi compagni.
Non era vero ora, come non era stato vero allora, durante quella che venne ora chiamata Seconda Guerra Mondiale.
Doveva scendere a patti con il suo istinto di sopravvivenza che l'aveva portato a uccidere senza pensare. E che l'aveva reso, né più né meno, alla stregua di qualunque assassino. Stava lasciando vagare lo sguardo sulla stanza spoglia di Stark quando una cornice elettronica delle dimensioni di un televisore, su cui scorrevano diverse immagini, una dopo l'altra, in una carrellata infinita di memorie visive, attirò la sua attenzione.
Stark non era un tipo nostalgico ma allora come poteva spiegarsi questa anomalia?
Tra le foto comparivano anche diversi paesaggi, foto d'animali e ingrandimenti di dettagli vegetali.
– Il Signor Stark ha fatto un po' di confusione e ha riempito la cornice con cartelle diverse da quelle contenenti immagini semplicemente rilassanti...– disse Jarvis comparendo dal nulla al suo fianco, silenzioso come un ombra, e allungando una mano alla cornice – Provvederò subito a...–
“No, aspetta...” lo fermò il capitano “Cos'era quella? Quella foto... torna indietro! Puoi farlo?” Jarvis toccò qualcosa su quello strano schermo e le immagini presero a scorrere al contrario “Qua... questa... cosa ci fa qui?” domandò indicando una donna in un sobrio tailleur, sorridente al braccio di un uomo che assomigliava molto, tra postura, acconciatura, sorriso e taglio degli occhi, al padrone di casa
– Questa era la signora Stark, pochi anni prima della nascita del signorino Anthony...– lo informò Jarvis
“Ci deve essere un errore... questa donna era al mio fianco durante la guerra.... a suo tempo era tenente... il tenente Peggy Carter!” alitò Rogers fissando la foto inebetito.





1     DP intende la realtà al di là del set cinematografico: Scarlett Johansson e Ryan Reynolds (attori interpreti, rispettivamente, della Vedova Nera in The Avengers e di Deadpool X-men le origini - Wolverine oltre che di Hal Jordan in Lanterna Verde per la DC) sono stati effettivamente sposati un paio d'anni.
2    Vendicatori dei Grandi Laghi - X-men
3    Non già Wanda Maximoff ma Wanda Wilson/Lady Deadpool. Oltre a Lady Deadpool, il team dei Dead Corps comprende DogPool (un cane usato come cavia per esperimenti cosmetici che affronta un Wolverine nato dopo di lui -versione migliorata-), Kidpool (un marmocchio allievo di Xavier -che ci prova con Emma Frost cambiando capigliatura ogni due minuti-) ribattezzato Tito da DP per evitare l'omonimia) e HeadPool (che si sposta grazie a uno di quei ridicoli cappellini con elica in cima...).
In una delle avventure dei Deadpool Corp, dunque, Wanda e Wade, da bravi trucidi, provano l'ebrezza di andare a letto con un se stesso alternativo. Cosa che, però, più avanti, verrà ripudiata da entrambi come peggior idea di sempre.

4    Le punizioni di Loki sono molto simili a quelle inferte a Prometeo. Non a caso i due personaggi sono molto simili tra loro e oggetto di studi comparati. Se vi interessa 1 e 2

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Ta-da! Sorpresi? Spero di sì. :)

Su Peggy Carter c'è stato un po' di casino durante la pubblicazione dei fumetti e io ho deciso di stravolgere ulteriormente le carte in tavola (tanto, dopo le incongruenze del primo Rulk posso davvero fare di tutto).
La Peggy che compare nel film di Cap è in realtà un mix con Cinthia Glass (i due si conobbero durante il progetto Rinascita, fu amica e amante e fu descritta da Cap come il suo primo amore perduto per sempre, si scoprì essere una doppiogiochista nazista mentre Peggy conobbe Cap sul campo francese ed ebbero una breve relazione comunque significativa per entrambi).
Nelle diverse narrazioni fu ben presto surclassata da Sharon Carter (che prende parte alle avventure odierne di Cap, prima sorella poi nipote della stessa Peggy: le due hanno vent'anni di differenza e Peggy è invecchiata normalmente... quindi la cosa era un po' ingestibile secondo la prima idea di cronologia e parentela). Peggy cade nel dimenticatoio e ricompare solo sporadicamente (ormai imbolsita e invecchiata) nella nuova vita di Cap e della sua fidanzata storica (la nipote Sharon, appunto).
Entrambe le donne, comunque, sono agenti/spie/soldati per lo S.H.I.E.L.D.
Io ho voluto fare proprio la stronza e mescolare una nota di carattere biografico (sulla madre di Tony) a un accenno di sentimento nel film.
Ovvero.
Da dove salta fuori la madre di Stark?
Maria Stark nasce come Maria Collins Carbonel. E della sua vita da giovane non si sa nulla. Dunque, ok che è un personaggio minore e tutto quello che volete... ma me lo volete negare che un personaggio il cui passato sia una tabula rasa si potesse prestare a libera interpretazione? :D
Ecco quindi che Peggy (nella mia testa, si intende), da brava spia, cambia nome per sposare Stark (che nel film fa il cretino come il figlio e sembra quasi mettere la testa a posto per lei) e crescere il bambino in tutta sicurezza. In realtà ho supposto che la cosa non sia andata poi così liscia perché cmq la ROXXON (o V-Battalion...ma per non far casino, tengo la ROXXON già ampiamente citata nei film) li ha fatti secchi in un bell'incidente (ora d'auto ora d'aereo a seconda delle versioni. Noi teniamo buona quella automobilistica come già preannunciato al capitolo 11 di Preludio. C'è da dire anche che, nella versione Ultimate, Maria muore nel dare alla luce Tony che viene schiaffato dal padre in un'armatura/incubatrice e, ancora, nella serie tv del '94 Howard è vivo e vegeto, la cui morte era stata coperta dallo S.H.I.E.L.D. mentre in House of M è sempre stato vivo e basta).
In ogni caso, Howard ha continuato a collaborare con lo S.H.I.E.L.D. per un bel pezzo. Diciamo che Tony è un po' figlio d'arte anche nel suo essere un Vendicatore/agente S.H.I.E.L.D. Tra l'altro, la mia soluzione non va, a ben vedere, a interferire col continuum Marvel. Certo, oggigiorno ormai Peggy sarebbe bella che morta, ormai (o poco ci mancherebbe). Però, anche spostando la cosa alle date reali in cui furono ambientati i fumetti beh... nulla vietava a Maria (e così è stato nei fumetti: sta povera donna cmq s'è sposata con qualcun altro che non fosse Cap), e quindi alla mia versione come moglie di Howard, di far visita a un vecchio amico e di aiutarlo, per quanto possibile...
Ecco... se non ci fosse stato il film a suggerirmi l'idea non avrei proprio tirato in ballo tutto 'sto casino, ma così, chiudo anche quella parentesi, lasciata aperta in Preludio sul passato dei signori Stark e di cui non ho la più pallida idea come verrà usata in Soldato d'Inverno.
Torneremo sull'argomento nei prossimi capitoli. Come capite non è una cosa che possa passare sotto silenzio. Soprattutto per due come Tony e Steve.

Ultima nota di colore -decisamente, essendo solitamente blu e scurrile-
Intanto: le due voci del suo cervello sono segnalate come riquadri rettangolari, uno giallo con il carattere tipografico normale e uno con carattere Courier su fondo bianco. Io le ho fatte entrambe in Courier corsivo, una bianca una blu. Spero di non avervi incasinato troppo.
DP e il suo essersi venduto a Loki: durante Civil War si schiera per la registrazione ma solo perché così sente riconosciuta la sua straordinarietà e accettata la sua natura superumana. Una volta registrato, per altro, può spacciarsi per un buono: lui ha ubbidito, non è un criminale a briglia sciolta come certi altri Vendicatori scapestrati!
Quanto alle sue precisazioni... ;) controllate pure ma lui sa tutto di ciò che lo riguarda!

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Capitolo 3
*** Risveglio ***


Doverosa precisazione al capitolo precedente:
Ho dimenticato un dettaglio che, per chi non conosca a fondo i personaggi Marvel può aver creato confusione, chiedo scusa.
La Wanda di cui parla DP NON è Wanda Maximoff ma è Wanda Wilson, il suo alterego femminile di un universo parallelo. Oltre a Lady Deadpool, il team dei Dead Corps comprende DogPool (un cane usato come cavia per esperimenti cosmetici che affronta un Wolverine nato dopo di lui -versione migliorata-), Kidpool (un marmocchio allievo di Xavier -che ci prova con Emma Frost cambiando capigliatura ogni due minuti-) ribattezzato Tito da DP per evitare l'omonimia) e HeadPool (che si sposta grazie a uno di quei ridicoli cappellini con elica in cima...).
In una delle avventure dei Deadpool Corp, dunque, Wanda e Wade, da bravi trucidi, provano l'ebrezza di andare a letto con un se stesso alternativo. Cosa che, però, più avanti, verrà ripudiata da entrambi come peggior idea di sempre.
Detto ciò, vi auguro una buona lettura.




3. Risveglio






Rogue sfrecciava nel cielo col cuore in gola. Ciò che la animava non era la solita adrenalina, non il puro piacere di sfidare la gravità. Mescolate a sensazioni ben note c'era la paura di arrivare tardi da quelli che ormai considerava già amici e la sgradevole sensazione di essere costantemente spiata. L'attacco di Visione solo il giorno prima, mentre lei e Pepper erano in volo, non era ancora scomparso dalla sua mente e si sentiva paranoica. Atterrò in un volteggio da ballerina classica sulla terrazza dell'edificio dove tovaglie e lenzuola sventolavano ancora umide nel cielo dorato: Susan e Janet dovevano aver fatto il bucato subito dopo cena. Si fece largo tra gli ambienti interni senza incontrare alcun ostacolo: le porte erano tutte aperte e nessun sistema d'allarme era inserito.
La cosa non le piaceva per nulla.
Avanzò a tentoni nel corridoio buio, rammaricandosi che non ci fosse un sistema sofisticamente avanzato come alla Stark Tower che illuminava il percorso man mano che si procedeva. Questo nonostante lo scienziato padrone di casa eccellesse su Iron Man, con ogni probabilità, in molti campi scientifici e quello stesso palazzo ne era la dimostrazione.
Forse i sensori erano semplicemente disattivati. Perché doveva pensare al peggio per quella che poteva essere una semplice svista?
Stava meditando su quella stranezza quando inciampò su qualcosa di duro e ingombrante. Impossibilitata ad accendere la luce, si decise a usare la vista a infrarossi del fratello. Le bastò un attimo per capire chi avesse di fronte e, alzando lo sguardo, individuare l'interruttore. Spiccò un balzo, accese la luce e tornò al corpo appena rinvenuto. Sbuffò.
Cominciare con Ben Grimm non era certo quello che si era auspicata, ma non poteva permettersi di perdere tempo gironzolando a casaccio per la casa in cerca degli altri cinque. Sfilò una fiala contenente il siero dalla tasca e meditò su come iniettarglielo. Sapeva che gli artigli di Wolverine potevano scalfirlo appena. Comunque, non abbastanza profondamente da oltrepassare la corazza rocciosa. E lei poteva sfoderare gli artigli come il canadese ma senza la mutazione successiva apportatagli dal progetto Arma Plus: erano, perciò, solo comunissimi pezzi d'ossa affilati e inutili allo scopo. Per un attimo meditò sul tentare di usare il potere di Scott Summers per incidere la corazza ma non era in grado di controllare appieno quel potere che, comunque, non consisteva in raggi laser capaci di bucare a piacimento la materia.
Si risolse praticamente subito a farglielo bere, ricordando le quattro acche di primo soccorso che il fratello le aveva spiegato tempo addietro. La mascella era contratta e lei dovette prestare particolare attenzione nell'usare la propria forza per evitare di disarticolargliela, nonostante stesse operando su Ben, non sulla prima mammoletta beccata per strada. Quando le labbra si furono schiuse, stappò la fiala coi denti e versò, piano, il contenuto nella bocca dell'uomo, sperando che la storia della deglutizione automatica non fosse una balla.
Ma Kurt su quelle cose non scherzava mai.
Non riuscì a notare alcuno spostamento lungo la gola ed ebbe quasi paura di essere arrivata troppo tardi o forse Ben aveva un metabolismo che andava per i fatti suoi, come quello di Logan ma al contrario, più lento.
Si tirò in piedi, pronta a rimettersi alla ricerca degli altri membri del gruppo, non potendo aspettare in eterno di vedere reazioni prima di rimettersi in moto, che la massa di roccia alle sue spalle cominciò a tossire violentemente. Possibile che il siero avesse un effetto così immediato? Forse si era sbagliata, forse il suo metabolismo aveva reagito così prontamente proprio perché alterato a seguito delle radiazioni a cui era stato esposto e che l'avevano cambiato così drasticamente. Allora, teoricamente, anche gli altri tre membri del suo team sarebbero guariti così alla svelta.
Un problema più serio, invece, sarebbe stato rappresentato dai coniugi Pym. Loro erano esseri umani al cento per cento anche se Rogue cominciava a nutrire la speranza che la modificazione cellulare a cui si erano sottoposti avesse alterato anche qualcos'altro.
Mentre Rogue meditava, la Cosa si riprendeva quel tanto che bastava a rimettersi in piedi e fare dell'ironia. Ascoltò, quindi, il rapido resoconto della mutante con molta attenzione per farle poi strada nel palazzo, alla ricerca dei compagni.
“Sicura di non avermi mandato tu al tappeto, bellezza?” domandò strizzandole l'occhio. Rogue lo guardò perplessa, non capendo se stesse scherzando o facesse sul serio “Ti piacerebbe, eh?!” lo rimbeccò acida
Ben, però, non perse il suo sorriso “Ma tu guarda: ho la stessa età di Reed eppure guarda lui che fiorellino è riuscito a prendersi...”
Rogue lo osservò un attimo: con quella pelle squamosa era impossibile attribuirgli una qualunque età ma Reed non sembrava essere poi così vecchio quindi, aspetto a parte, la mutante faticava a capire il suo rammarico1. Accantonò il pensiero quando, arrivati nel corridoio che probabilmente ospitava le camere da letto, si trovò a trattenere un gemito disgustato: il passaggio era bloccato da un ammasso informe e instabile. Si sfregò gli occhi, convinta di avere le allucinazioni o di essere improvvisamente affetta di una forma acuta di miodesopsia. Si stava avvicinando per tastare quella poltiglia semovente che l'altro la fermò “Cos'è questa cosa?” domandò arricciando il naso
Ben spostò lo sguardo da lei alla cosa marroncina “Teoricamente dovrebbe essere Henry. Ma se non riusciamo a far sloggiare tutte quelle dannate formiche non posso esserne sicuro al cento per cento...”
“Formiche?” domandò lei avvicinandosi a quella cosa che si rivelò essere, effettivamente una gigantesca colonia formata da miriadi di formiche.
Il gigante annuì mentre la ragazza agguantava l'antidoto per il resto della squadra “Quando Susan studiava per diventare attrice una volta sostenne anche un esame di... linguistica? Può essere?”
“Non guardare me. Io la scuola l'ho mollata da un pezzo...” replicò porgendogli le fiale
“Fatto sta che aveva studiato 'sta cosa della danza delle api... credo l'unica che avesse capito. Ed ecco perché poi si è data a biologia...2
“Sono formiche, Ben...” fece notare lei, gentilmente.
“Sì, lo so anch'io, x-ray-eyes3, che sono formiche.”
“Ridi ridi...” replicò Rogue quasi offesa.
“La cosa riguardava entrambi gli animali.” precisò l'uomo “E' il loro modo di comunicare. Con... feromoni? Ormoni di qualche tipo, insomma. Il succo è che quando un membro della colonia viene ucciso emette questo particolare segnale e tutte le altre sanno quello che è successo, fanno capannello attorno al più debole e per un pezzo evitano di passare per quel punto...”
“Stai dicendo che è già morto?” si allarmò Rogue
“No, sto dicendo che, evidentemente, il suo congegno ha mandato un qualche allarme a queste bestiacce e dovremo chiamare anche la derattizzazione se non si sveglia.”
“Ci penso io, qui... tu inietta quella roba agli altri. In teoria si tratta solo di intossicazione, più che avvelenamento...”
Ben annuì “Comincio con Janet. Sia mai che Henry è ancora vivo e lascio schiattare la piccola Van Dyne. Tutto, lo giuro, ma proprio non sopporterei un'altra tirata su Budapest... e di avere ancora a che fare con la versione incazzosa dell'uomo insetto...” l'informò, senza darle alcuna spiegazione ulteriore e si dileguò per i corridoi in cerca dei compagni di squadra.
Rimasta sola, Rogue si inginocchiò e ricorse per un attimo al potere di Refrax4 e, con la sua visione a raggi X, fu certa che quello fosse proprio Henry Pym. Quindi valutò come fare per sbarazzarsi degli insetti. A proposito di ormoni, pensò al potere di Jessica, amica della donna che ospitava permanentemente nella sua mente. Per assurde associazioni di idee le venne in mente anche il keening5di Banshee. Peccato che, ancora una volta, non si fosse premunita di assorbire i loro poteri. E tutto per non impazzire.
Scosse la testa, domandandosi se la propria premura nel non imbottirsi di poteri fosse una scelta intelligente o solo vigliacca e si mise a passare in rassegna tutti gli X-men con cui aveva avuto contatti epidermici ma nessuno dei loro poteri sembrava poterle tornare utile. Stava per arrendersi, pronta a bruciare tutte le formiche pur di liberare l'uomo, quando si ricordò che lei aveva assorbito anche i poteri di un mutante rivale. Uno della Confraternita di Magneto. Stirò un sorriso divertito. Non poteva usare le onde soniche di Banshee, ma le onde sismiche erano alla sua portata.
“Grazie Lance!” ghignò poggiando le mani sul pavimento. Immediatamente la struttura cominciò a tremare sotto l'effetto delle vibrazioni prodotte dalla mutante. Le formiche, prese dal panico, cominciarono a defluire dal corpo e a cercare rifugio altrove.
Sì, quello era proprio il dottor Henry Pym. Rogue staccò le mani dal pavimento e, prima che le formiche tornassero a proteggere il loro compagno, armò la siringa, togliendo l'aria dall'interno, e gliela conficcò nella pancia.

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Il pizzicore sul collo lo fece svegliare all'istante, cacciando bruscamente qualunque cosa fosse la fonte di quel fastidio. Imprecando, si tirò a sedere a fatica: la mente era annebbiata e confusa. Un paio di mani dalla presa ferrea lo aiutarono a mettersi dritto e solo allora mise a fuoco la figura in completo scuro davanti a sé, pur senza riconoscerlo. “E tu chi saresti?”
Il losco figuro biondo sembrò quasi sorridere ma, a evidenza di quanto disse, Stark credette di esserselo immaginato –Sono JARVIS, Signore. Ben svegliato. Sono lieto di vedere che il siero abbia avuto effetto praticamente immediato –
“Siero?” domandò perplesso, ricordando di aver ordinato all'Intelligenza Artificiale di crearsi un androide con le fattezze di Paul Bettany.
–Siete stati tutti avvelenati, Signore– lo informò il robot, compito.
“Avvelenati?” replicò lui indispettito “Com'è stato possibile?” Replicò alzandosi e infilandosi la vestaglia. Sulla soglia, una domanda più urgente gli balenò alla mente “Pepper? Come sta Pepper?”
–La signorina Potts è in perfetta forma. La signorina Romanoff è andata a somministrarle l'antidoto, da lei creato, personalmente–
“Chissà perché Vedova Nera e antidoto non mi suonano bene assieme” bofonchiò sospettoso
–Non dovrebbe essere così irriconoscente: vi ha salvato la vita–
“Chi altri a parte me e Pepper è rimasto coinvolto?” domandò facendo mente locale a tutti i componenti del nuovo gruppo dei Vendicatori.
–Probabilmente solo il gruppo del Baxter Building– disse l'androide biondo
“Mmmm... Non è che è stata lei ad avvelenarci?”
Lei chi, Signore?–
“Io non avveleno proprio nessuno...” replicò Natasha comparendo alle sue spalle con una voce così spettrale da fargli accapponare la pelle “Uccido. Punto.” Precisò anticipandolo in cucina.
“Allora chi ci ha giocato questo scherzetto? E come?” domandò infastidito andando a prendersi un caffè. Fece per allungare la mano sulla bottiglia di Sambuca che quella gli sparì da sotto la punta delle dita.
Alzò lo sguardo e si ritrovò il viso sempre sorridente di Peter Parker che lo fissava accigliato “Non l'avevamo piantata?”
“Ma la smetti di comportarti come mia madre?” replicò quello andando a strappargli la bottiglia di mano. Ma Peter fu più veloce, la lanciò in aria e fece in modo che una ragnatela andasse ad ancorarla al soffitto. “Ma porca di quella...”
“Oh... Sailor Iron Maid6 è vivo e vegeto... manco lui ho fatto secco...” biascicò Deadpool arrivando seminudo saltellando sulla sedia a cui era ancora inscotchettato
“Prego?” ringhiò Stark che aveva già i nervi a fior di pelle e non sapeva più per cosa offendersi.
“E' stato lui a mettere il topicida nei piatti...” spiegò Clint rimestando la sua colazione “Al servizio di Loki e del suo alleato, tale Thanos.”
“E com'è che non se n'è accorto nessuno? Qua la sicurezza continua a fare acqua da tutte le parti...” replicò indispettito e rivolgendosi al maggiordomo “Sai? è comodo averti in forma antropomorfa... mi sento meno pazzo...”
Natasha levò gli occhi al cielo pensando a come, lì, di folli, ce ne fosse più d'uno “Wolverine e Spiderman, gli unici due che potevano sospettare qualcosa...” spiegò andando a sedersi accanto al compagno “Uno per il fiuto fino, l'altro per i sensi che l'allertano in caso di pericolo, sono magicamente lontani dal luogo del delitto o erano già più che sazi, avendo banchettato a scuola coi colleghi per la fine dell'anno scolastico. Wade non aspettava altro... Perché, affrontandoci tutti assieme, sarebbe stato messo immediatamente al tappeto.”
Stark notò, ma fece finta di nulla, come Clint si fosse scansato appena quando Natasha gli si era seduta accanto, quasi volesse evitare il contatto fisico. Lo trovò strano, visto che i due erano chiaramente attratti l'uno dall'altra. E, per giunta, condividevano anche la camera da letto. Cosa che nemmeno lui e Pepper...
Si ritrovò improvvisamente a pensare ai discorsi fatti dalla donna la sera del primo attentato. A come lei si fosse dimostrata più che... interessata. Forse era il caso che cominciassero a dividere almeno il letto? Ma era così comodo avere il materasso tutto per sé: come avrebbe potuto rinunciare a quella libertà? E poi a lei sarebbero venute idee strane, ne era certo. E lui non era ancora pronto per affrontare lei da quel punto di vista. Proprio no. Non ce la faceva nemmeno a baciarla decentemente senza che la sua mente corresse a ipotizzare chissà quale genere di catastrofe. Razionalmente sapeva che non c'era nulla da temere ma inconsciamente svicolava le situazioni troppo intime. Si sentiva un imbecille e forse lo era davvero: lui che era abituato a rapporti mordi e fuggi, scopate che erano più sveltine che reale interazione con l'altra, con lei non sapeva davvero che pesci pigliare, intrappolato così in un labirinto di ipotesi per non offenderla e non abbassarla al livello di tutte le altre. Perché lei non era come le altre, nel bene e nel male. Non poteva e non voleva riservarle lo stesso trattamento. Ma non sapeva da che parte cominciare e... E la cosa lo spaventava a morte. Certo non poteva continuare in quel modo infantile di relazionarsi a lei. E d'altro canto non c'era giorno in cui non aggiornasse il conteggio della sua più prolungata astinenza. Tutto perché era un imbecille anaffettivo che non sapeva come relazionarsi seriamente con la gente e che, per reazione, scappava. Scappava e aveva paura soprattutto se ripensava a come suo padre facesse il cretino con sua madre: l'unica sua certezza era che non sarebbe mai diventato melenso come lui. E ora quella sicurezza si sgretolava giorno dopo giorno.
Donne, sesso, alcol. Aveva sempre avuto tutto e subito, ripari sicuri in cui affogare. Ora non voleva rovinare tutto comportandosi come un elefante in una cristalleria (e a volte aveva il dubbio di non star peggiorando le cose, con quell'atteggiamento fin troppo cauto) e c'era anche chi gli teneva il conto dei drink. Si sentiva in trappola: ma non era meglio quando si punzecchiavano e basta, quando le cose erano sul filo del non detto? Non c'erano aspettative, nessuno si comprometteva...
“Certo che tra Palladio e topicida, tu sei abbonato all'avvelenamento...” commentò la spia riportandolo alla realtà.
“Devo preoccuparmi?” domandò fissandola scettico “Stai testando la mia resistenza ai veleni per ammazzarmi di notte con uno dei tuoi Morsi di Vedova?”
Lei lo fissò accigliata. Ma con una freddezza particolare, come se avesse a che fare con un cerebroleso “Ho detto che ammazzo. Non avveleno...”
“Ahhh” disse lui andando ad aprire il frigo in cerca del latte: era rimasto un solo cartone, di tre che ce n'erano. Quindi, certamente, la squadra aveva già scoperto il suo nascondiglio segreto per gli alcolici. Dannazione! Lui ne aveva bisogno per non pensare a Pepper e ai problemi legati alla rossa. Fissò Parker accigliato a sua volta “Questo almeno lo posso bere?” domandò irritato indicando il cartone superstite, l'unico che avesse mai contenuto solo latte.
L'altro annuì con un sorriso canzonatorio: sì, avevano trovato gli altri cartoni di latte riempito ad alcol, dannazione. Ma quanto latte bevevano quei bambocci?
Si servì -paradossalmente il caffè puro proprio non lo sopportava e se non poteva correggerlo almeno poteva allungarlo- e tornò a fissare la spia “Allora a lui l'hai stregato, non avvelenato. Scommetto che non l'avete ancora mai fatto. Sennò saresti costretta a ucciderlo...” disse in una frecciata unica che scatenò un mezzo inferno.
Clint si strozzò con le uova che stava sbocconcellando, Natasha saltò su, viola di rabbia e vergogna, Wade cominciò a strepitare che lui avrebbe gradito molto avere quel tipo di privilegio. “Pensa per te, razza di...razza di...” ma non le venne in mente alcun insulto decente.
“Invertito su tacchi alti” proruppe Wade in suo aiuto. Tutti si volsero a guardarlo perplessi, congelati nelle loro posizioni, incapaci di connettere quell'uscita col contesto “Oh, suvvia!” sbottò ancora il mercenario “RDJ de noaltri, qua, gira sul set con tacco 12 e tanto di plateau perché è un nanerottolo, non lo sapevate? Fa concorrenza ai Motley Crue o ai KISS” 7
Steve, dopo essersi sciacquato il volto in bagno, a seguito della rivelazione di Jarvis, si era affacciato sulla soglia e aveva studiato i battibecchi con aria cupa. All'ennesima sparata di Deadpool, approfittò del momento di silenzio shockato per intervenire. “Tony, scusa...” disse grave “Posso parlarti un attimo?”
“Se proprio devo..” bofonchiò quello tracannando il suo caffè e infilando la porta.




1 Tra Reed e Susan ci sono 11-13 anni di differenza

2 Susan in gioventù aveva studiato per diventare attrice ma in Ultimates lei dice chiaramente di essere una biologa.
Quanto alle formiche, in linguistica si affronta la cosa per lo più a riguardo il segnale che le esploratrici mandano alle operaie per trovare il cibo (direzione, distanza etc)

3 Riferimento implicito al brano dei KISS, Dynasty, 8. X-Ray Eyes. Prendetela come colonna sonora del momento..

4 Al nome di Refrax corrispondono sia Kurt Pastorius (nel film Generazione X, universo Terra-700029) che Jeremiah -Jay- Radzinski (Annihilation). Io do per buono Kurt i cui occhi possono emettere una specie di raggio ottico (simile a quello di Ciclope) oltre ad avere la visione a raggi X.


5 Sean Cassidy è un ricco irlandese col potere di emettere onde soniche che, grazie a una tuta studiata appositamente, gli permette di volre. Ma la Banshee da cui prende il nome è una figura assimilabile con le fate. Sono associate alla morte (come premonizione di sventura o come portatrici del dolore) e il pianto disperato per la perdita di un membro della famiglia da loro protetta è chiamato, appunto, keening. Tale urlo può essere anche un grido di esultanza per la morte di un membro di una famiglia avversaria.

6 Sailor Iron Moon

7 RDJ e i tacchi

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XD allora... l'avete notato il dettaglio? Suvvia, non posso credere vi sia sfuggito...
Un nome così esotico come...BUDAPEST!!!!!!!
, ritorna! E è la stessa Budapest di Nat e Clint. Ma ne riparleremo mooooooooooolto più in là -e i nerd ce sanno del passato di Pym sono pregati di tacere e non spoilerare-

A proposito di Pym versione incazzosa. Non è una mia invenzione (tanto per cambiare). Henry, nel corso delle pubblicazioni cambia più volte identità: Ant-Man, Golia, Calabrone e Wasp (si, prende il nome di battaglia della moglie dopo la morte di questa). Calabrone nasce come versione arrogante, strafottente, prepotente, boriosa, etc di Ant-man.
Quanto alla versione incazzosa io la intendo, più che come comune forma di schizofrenia paranoide (quindi qualcosa a cui prestare anche attenzione perché il soggetto potrebbe diventare violento), un disturbo bipolare (i cui sintomi sono, semplicemente, autostima ipertrofica, maggiore loquacità, aumento dell'attività finalizzata, eccessivo coinvolgimento in attività ludiche che hanno un alto potenziale di conseguenze dannose ). E' una delle cose che mi piace dei personaggi dei manga -ce n'è sempre uno in ognuno!- è questo on-off tra la versione normale (bianca) e quella incazzosa (nera). Per me Calabrone è questo!

Oh, ancora... il capitolo precedente si chiudeva con Jarvis che si avvicinava al letto e poi tornava da Cap. Mentre questo si apre con Jarvis che sta ancora siringando Tony.
Sembra esserci una contraddizione: gli ha iniettato il siero due volte? No, semplicemente, prima l'ha voltato pancia in su (o in posizione fetale), è andato da Cap, e poi è tornato per poi riuscire più agevolmente a bucargli la pelle.

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Capitolo 4
*** La verità ***


4. La verità








Steve non parlò, mentre procedeva nel corridoio che conduceva a una sala per le riunioni dall'arredamento spartano, le pareti impiallacciate e la moquette a terra che ovattava i suoni.
“Allora?” sbottò Stark prendendo posto su una sedia girevole mentre il capitano si affacciava alla finestra, cercando di raccogliere le idee
“Puoi... parlarmi dei tuoi genitori?” domandò infine.
“I miei? E perché mai?” strabuzzò l'altro poggiando la tazza sul pianale lucido e freddo.
Steve trasse un gran respiro e parlò con tono calmo e piano, sperando che, così facendo, l'altro capisse l'importanza di quello che gli stava per comunicare “Tutta la gente che conoscevo, a parte poche eccezioni, sono morti o sono con un piede nella fossa. Howard era diventato quasi mio amico, come posso esserlo con te. Anzi, a ben vedere era il secondo dopo Bucky. Con gli uomini che comandavo non poteva esserci alcun rapporto paritario, pena la perdita di autorità su di loro. E mi serviva tutta la convinzione che riuscissi a estrarre dalla loro volontà”
“E con cosa? Col tuo carisma o con le paillette del costume?” ironizzò Stark
Steve si voltò a fissarlo. Quasi lo folgorò con lo sguardo. Cosa poteva saperne uno come Tony, nato e cresciuto nella bambagia, del tipo di vita che si conduceva un secolo prima? Che si conduceva un secolo prima e in guerra? Come poteva spiegargli che concetti che in quell'epoca moderna sembravano sorpassati come patriottismo, onestà, correttezza erano un faro per gli uomini mandati al macello? Perché la guerra in trincea riduceva gli esseri umani a questo, branchi di bestie che si massacravano vicendevolmente, e la crudeltà che poteva tirarne fuori era qualcosa che non si poteva spiegare a parole. La retorica, ora, si perdeva nel populismo e nella demagogia e formava soldati invasati e privi di scrupoli. All'epoca non era tanto diverso ma era l'unica motivazione che faceva restare gli uomini sul campo, a guadagnarsi un salario da spedire alle famiglie affamate e a guidarli in uno stile di vita il più corretto possibile. Alla fine era un lavoro come un altro che veniva rivestito di una patina precaria di prestigio sociale.
No, Stark non avrebbe mai capito. Anche se i suoi genitori gli avessero spiegato gli orrori della guerra, non avendoli vissuti non avrebbe mai potuto sentirli suoi.
“Io avevo dei doveri nei confronti di chi mi seguiva” disse invece, senza rispondergli direttamente “Il compito era ingrato e chiunque avrebbe preferito essere altrove. Tuo padre fu uno dei pochi con cui ebbi un rapporto conflittuale ma paritario. Avremmo potuto sbronzarci insieme, se solo avessi potuto, al posto di battibeccare come comari per ogni cosa. Era l'unico con cui potevo prendermi quelle libertà...”
“Sai, mi sento a disagio al pensiero che tu sia stato ventenne insieme al mio vecchio...voglio dire... Mio padre è morto. E se fosse vivo avrebbe novant'anni, ammesso che non avesse tirato prima le cuoia per cause naturali. Invece, guardati: sei un ragazzino imberbe con troppo testosterone. Rinfrescami la memoria: quanti anni hai... avresti... avevi quando sei diventato Capitan Ghiacciolo?”
“Sono nato il 4 luglio 1917. Mi sono arruolato a 25 anni, nel '42, e ho lavorato al fianco di tuo padre per due anni e mezzo.” Rispose Rogers con un certo automatismo nella voce, quasi gli fosse stato richiesto da un superiore e lui fosse scattato sull'attenti, sciorinando parole ormai prive di significato per le troppe volte che erano state ripetute.
Tony fece rapidamente due conti e sbalordì “Ventisette anni? Davvero? Ah!” alitò indispettito passandosi la mano tra i capelli “Potrei quasi essere tuo padre...” Vedendo come Steve lo guardasse perplesso precisò “Amorino, io sono nato nel '70...1
Il capitano aggirò il discorso “Mi costa doverlo ammettere, Tony, ma tu sei l'unica, debole traccia di un passato che ho perduto che la Provvidenza ha voluto mettermi a disposizione...”
“Va bene, d'accordo, accetto il ruolo. Basta smancerie. Cosa vuoi che faccia?” domandò incassando la testa nelle spalle
Steve inspirò a fondo, cercando il coraggio per porre la sua richiesta “Dimmi di tua madre. Dimmi come sono morti Howard Stark e … Peggy Carter!”
Tony, che stava raspando col cucchiaino sul fondo della tazza per raggiungere ogni granello di zucchero non sciolto, si strozzò con la saliva e si trovò a tossire convulsamente. Paonazzo e con le lacrime agli occhi, riuscì ad articolare a stendo la sua domanda “Come... come fai a sapere...?”
“Allora era proprio lei...” alitò il capitano lasciandosi cadere su una sedia libera mentre Tony, al contrario si metteva dritto e aggirava il tavolo per fronteggiarlo. “Nessuno sa di quel nome. Nessuno!”
“Nessuno a parte i membri dello S.H.I.E.L.D.” lo corresse Steve buttando la testa indietro e fissando il soffitto. Si passò entrambe le mani sul volto, quasi volesse lavarlo di lacrime invisibili, e tornò a fissare il suo interlocutore. “Io... credo di esser stato innamorato di Peggy. Fino a oggi...”
“Ti prego, che schifo, non mi dire certe cose, non le voglio sentire, mi fa venire l'orticaria, vade retro Satana!”
“Tu sapevi di me da tua madre!” continuò Steve, tagliente come un rasoio “Quando ti lamentavi non era solo perché Howard ti parlava di me, ma anche Peggy.”
Lalalalalalà Non ti sento lalalalalà Parla pure lallalà!” gridacchiò Stark agitando i palmi delle mani a coppa sulle orecchie.
Steve si alzò di scatto e gli prese le mani con forza, per costringerlo a smettere di fare il deficiente. “Tony, ho bisogno di sapere!” urlò di rimando per poi aggiungere con voce rotta “Ti prego!” Prima che le sue emozioni lo tradissero ulteriormente, mollò la presa e si voltò nuovamente verso lo skyline della città. Rimase in piedi, dritto come un fuso, perfettamente immobile. E Tony gli invidiò quel sangue freddo, quella capacità di controllarsi... Al confronto, lui non era davvero nulla: aveva ragione suo padre.

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La luce fendeva la stanza con lame nette in cui danzava, lento e ipnotico, il pulviscolo dell'aria. La stanza era poco più larga della branda, rigida e spartana, che riempiva lo spazio della cabina. Ogni cella era uguale alle altre, senza distinzioni di grado o sesso. In quel momento, tra le altre cose, avere una cabina era già un lusso e nessuno dei due si poteva lamentare.
La suoneria preimpostata di un telefono cominciò a emettere la sua ritmica e fastidiosa sequenza di bip intermittenti. Il suono arrivava ovattato, da sotto una montagna di abiti che giacevano a terra, scompostamente, tra anfibi e fondine. Il proprietario lasciò che il telefono trillasse a lungo, nella remota speranza che chi chiamava desistesse dai suoi intenti. Ma visto che lo scocciatore non mollava l'osso e il ritornello si ripropose una terza volta, sempre identico a se stesso, sbuffando e controvoglia, allungò la mano per frugare tra i capi abbandonati a terra, controllò il nome sullo schermo che lampeggiava furioso e, infine, rispose con un grugnito “Che vuoi?” disse rigirandosi nel letto
– Ti disturbo?–
“Se non ti rispondevo forse c'era un motivo...” replicò l'uomo tirandosi in piedi e andando verso l'oblò con le inferriate all'esterno. “Che succede?”
– Credo abbiamo un problema serio di sicurezza interna.–
“Che vuoi dire?”
– Deadpool ha cercato di ucciderci tutti. – fu il commento lapidario della spia dall'altra parte del ricevitore
“Cosa?”
– La sua mania omicida non è certo una sorpresa. E nemmeno la sua sbadataggine, grazie al cielo. Era stato ingaggiato da Loki. A quanto pare, l'asgardiano si è lasciato alle spalle un sacco di infiltrati perché continuassero il suo lavoro in sua assenza.–
“Sapete i nomi?”
– No, purtroppo...–
Fury sbuffò coprendosi l'occhio ferito col palmo della mano libera “Come diavolo ha fatto? Wade è immune agli attacchi psichici...”
– Si è fatto comprare, da buon mercenario. Quello che voglio dire è che non possiamo fidarci di nessuno! –
“Chiaro...”
Rimasero in silenzio per diverso tempo – Stai pensando a qualcuno in particolare?–
“Sto pensando che è un gran casino!”
– Direi che prima di tutto bisogna controllare la piramide di comando, dai capireparto all'ultimo sguattero delle cucine.–
“Anche perché questa storia mi puzza...”
– L'aereo? Anzi, i due aerei?–
“E non solo quello... Ci sono stati degli sviluppi... Ora devo andare. State in campana!”
– Un momento!– lo fermò la donna prima che il suo superiore riattaccasse. Sentendo che Fury non aveva chiuso la comunicazione, continuò – Fate tornare Thor a New York. Ci sono un paio di cose che dobbiamo chiedergli in merito a suo fratello.–
“Dammi solo il tempo di raggiungere il ponte di comando e di parlare con Maria... e di sbrigare un'altra questione più urgente.” e così dicendo riagganciò. Gettò di malagrazia il telefono sui vestiti e si volse a studiare la figura della procace donna avvolta in un bozzolo di coperte sulla sua branda e ancora addormentata.
Si era comportato come un cretino.
Come sempre quando si trattava di lei.
Riagguantò il telefono: avrebbe guadagnato tempo facendo le cose in contemporanea.
Compose il numero interno senza staccare gli occhi dalla sua ospite. Il telefono trillò brevemente e subito la giovane e sicura voce di Maria Hill rispose dall'altra parte –Comandi! –
“Fammi una cortesia... porta il nostro amico dal grilletto facile nella stanza degli ospiti. Ti raggiungo tra un paio di minuti.”
– E'... è sicuro, signore? –
“Sei tu il comandante in capo, ora, e dovresti essere tu a prendere questa decisione. Il mio è solo un suggerimento”
– D'accordo... –
Fury chiuse il telefono seccato, sentendosi osservato.
“Sai che potrei essere gelosa, vero?” domandò la donna dal letto
“Sai che potrei ammazzarti seduta stante, vero, Val?” domandò lui tranquillo voltandosi a osservarla. C'era poco da fare: avrebbe continuato a farsi fregare da quella donna per il resto della sua eterna vita. Ogni volta giurava che sarebbe stata l'ultima. Ma sapeva benissimo che era solo una balla colossale che si raccontava per sentirsi meno deficiente.
“E perché mai dovresti?” domandò lei divertita e ravvivandosi la chioma con fare languido
“Non prendermi per il culo!” ringhiò allora lui, ricordando tutte le volte in cui lei l'aveva preso per il naso: braccio destro un corno! Quella era il diavolo in persona o, come minimo, il braccio destro del re degli Inferi. Con un movimento fulmineo le afferrò la gola, stringendola forte tra le dita. La pelle chiara di lei, dal tono olivastro con quel pizzico dorato che sembrava comunicargli l'intenzione di avvicinarsi a lui almeno nei colori, così chiara al confronto della sua così scura, un contrasto che l'aveva sempre affascinato, assunse rapidamente una sfumatura rossastra e la donna cominciò a faticare a respirare. “Sei passata ancora a HYDRA?”
“Non... non so di cosa parli... Nick” boccheggiò lei, gli occhi sgranati per il disperato tentativo di introitare aria.
“Stronzate!” urlò trascinandola giù dal letto. Mollò la presa dal suo collo e quella tossì convulsamente, piegata su se stessa, le mani attorno alla gola, mentre lui le agguantava, alla base della nuca, la chioma scura solcata da una ciocca bianca e la costringeva in una posizione innaturale pur di sbrandarla. Non si curò di farle del male mentre il corpo di lei strusciava contro i bordi di metallo affilato e rovinava, prona, sul pavimento freddo e duro dell'aeronave. Le si buttò addosso, sedendosi sulle sue gambe e piegandole le braccia dietro la schiena. “E ora comincia a cantare, amore...”
“Non... non ho la più pallida idea di...” cercò di replicare lei, piagnucolando, mentre la stretta di lui si faceva più salda
“Sai che cosa ti farò, Val. Sai di cosa sono capace...” la minacciò assottigliando lo sguardo e sperando con tutto se stesso che lei cedesse.
“Non so nulla...” alitò ancora lei
“L'hai voluto tu...” sospirò lui digrignando i denti e preparandosi a fare il proprio dovere.





1 Non è vero, RDJ è del 65, quindi ha più dei 40 anni di Tony. Ora, io mi ero fatta tutti i conti e ho trovato che qualcun altro, più meticoloso di me, aveva fatto la stessa ricerca. Ma più approfondita! Qui il sito ma vi dico i conti che avevo fatto io.
Partiamo dando per assodata l'idea che anche Howard fosse un piccolo genio (Tony ha preso tanto dal padre: il modo di non levarsi gli occhiali da sole, la genialità, l'essere farfallone, etc) e che avesse cominciato a lavorare per lo S.H.I.E.L.D. in tenera età, che avesse anche meno di 20 anni durante la guerra (più precisamente nel '42, quando si arruola Rogers) e ne avesse quindi 50 negli anni '70. Un età cmq decente (per un uomo) per aver figli (soprattutto se genio). D'altronde, nel filmato che Tony visiona in Iron Man 2 (dove lui è piccolo) Howard dimostra tranquillamente 50 anni (anno più anno meno. Ma si sa che gli uomini si mantengono meglio). Tenendo conto, inoltre, che volevo che la madre facesse la spia a lungo, ecco giustificato anche il fatto che pure Maria abbia partorito in età avanzata (e un solo figlio, per grazia ricevuta. Quindi il discorso dell'armatura/incubatrice rientra comodamente nella storia).
Perché, nei film, Tony è rappresentato come il classico trenta/quarantenne di oggi che fugge dalle proprie responsabilità. Dal primo film a The Avengers, poi, sono passati 4 anni, quindi i conti tornano: Tony era un genio nell'armamento ma era anche un povero imbecille avventato (in questo differisce dal padre che invece era assoldato dallo S.H.I.E.L.D. per gli armamenti: era affidabile. Lui si presta, gentilmente e a caro prezzo solo come consulente). Fury non si sarebbe mai rivolto a lui se non fosse stato per l'armatura: è quella che ha fatto scattare la molla.
Così, decreto arbitrariamente che il compleanno di Tony, per ora, è il 15 settembre 1970 (nel range del '68-'74): il filmato
IM2
è del '73 e Tony sembra avere 5-6 anni (per me pure di meno!) ma io gliene do solo 3 in quell'occasione (a 6 anni non ti fai portare via così dalla tata) e ma sempre 17 per la laurea al MIT, nell' 88. La cosa è stata ricordata 3 anni dopo -nel 91, in occasione dei funerali dei genitori (Howard aveva 70 anni e nel 2012 avrebbe avuto, effettivamente102 anni... più o meno l'età che dovrebbe avere pure Rogers, che in House of M viene definito come centenario)- dai giornali, come fanno sempre in caso di eventi ecclatanti.
Problema risolto XD



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E finalmente cominciamo a parlare seriamente delle differenze Cap-IM. E più in generale di quanto il poveraccio sia fuori dal tempo: entrambe cose che nel film passano abbastanza in secondo piano e cmq non sono chiarissime.
La differenza generazionale tra Tony e Steve fa quasi sorridere, il giovane (uomo nella sua epoca) faccia la ramanzina all'adulto (ragazzo nella nostra). Il risentimento strisciante che Cap ha nei confronti di IM è soprattutto legato a questo: che l'altro sia un uomo adulto ma giochi a fare il ragazzino, cosa per lui inconcepibile: lui è abituato che a quell'età -se si era ancora vivi- si era vicini all'essere nonni mentre ora a 60 anni tutti si ritengono dei giovanotti e guai a parlare di nipoti.
Poi ci sono gli scontri caratteriali e l'esibizionismo e il menefreghismo di Stark certo non aiutano il dialogo.

Quanto a Fury e Val io sono molto fiera di me stessa. Per rimanere in linea coi fumetti/cartoni ogni tanto una scena violenta/ di lotta/d'azione...cmq adrenalinica ci sta. Oggi ha pagato Val.
Soprattutto, questo capitolo si immette -e richiama- il tanto adorato Secret Invasion. Nella versione originale sono tutti Skrull -impossibile capire chi siano se non quando sono morti o se non sono loro a volerlo-. Qua coi Chitauri cerco di arrangiarmi e riportare le cose sui binari giusti ibridando: non più solo sostituzione degli umani interessati -come da fumetto- ma anche condizionamento psichico per opera di Loki (film) o, aggiungo io, di altri Chitauri per il quale non c'è libertà d'azione. Vedrete più avanti come risolvo anche la questione della natura Skrull/Kree dei Chitauri. ù_ù nulla è lasciato al caso.

Coraggio, tenete duro. Nel prossimo capitolo ci saranno delle new entry e, in parte, vedremo un barlume nel contorto piano di Loki.
:) a presto
PS: lasciatemi dire che vi voglio bene anche se non commentate, il numero di visualizzazioni mi sprona a continuare. Grazie a tutti!
PPS: non so in che condizioni aggiornerò la prossima settimana, essendo giornata d'esame... tenete d'occhio la pagina ma credo riuscirò a essere cmq puntuale.

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Capitolo 5
*** Guardiani ***


5. Guardiani






Rimase per qualche istante a fissare ipnotizzato il fondo della sua tazza dove i residui di zucchero e caffè avevano composto, come in un negativo fotografico, costellazioni casuali. Giochicchiò con quelle forme indefinite, dando tempo al suo interlocutore di riprendersi. A pensarci, non doveva essere semplice risvegliarsi dall'oggi al domani e trovarsi in un mondo che non si poteva comprendere. Si schiarì la voce e, cercando un coraggio che non aveva, cominciò a raccontare cercando di essere sintetico. “I miei si sono sposati nel '68, ben vent'anni dopo la fine della guerra e... Ahhh! Accidenti, ti devo pure fare un riassunto di storia, dannazione...” Sbuffò ficcandosi le mani nei capelli, scompigliandoseli in preda alla frustrazione. Fece qualche smorfia e attivò il sistema elettronico presente anche in quella stanza. Il tavolo si illuminò di un paio di schermate, comparvero una tastiera a doppio ventaglio, indicatori vari... “Gli anni sessanta...” cercò di spiegarsi, sperando di non incartarsi in qualche discorso senza via d'uscita mentre digitava “Incubarono la rivolta, per lo più studentesca. Leggo da qua. Faccio prima...” disse indicando il monitor nonostante l'altro continuasse a dargli le spalle. Trasse un profondo respiro, rassegnato a dover continuare a parlare da solo e cominciò a leggere “Gli obiettivi erano la riorganizzazione della società sul principio dell'uguaglianza, il rinnovamento della politica in nome della partecipazione di tutti alle decisioni, l'eliminazione di ogni forma di oppressione sociale e di discriminazione razziale e l'estirpazione della guerra come forma di relazione tra gli stati.1” Sollevò lo sguardo e lo appuntò sulla schiena del proprio interlocutore. “Ci son stati anni in cui i principi che tu ricordi divennero qualcosa di negativo. E, nonostante fosse il periodo della non violenza e dei figli dei fiori, spesso i militari (di ogni ordine e grado, dai poliziotti ai marini) venivano insultati o caricati dalle masse, al punto da costringerli a nascondere le divise. Anche se sai meglio di me che il taglio di capelli ti connota subito per un appartenente alle forze armate e che un certo atteggiamento, postura e vestiario, sono difficili da smettere, dopo anni di addestramento. Ma, come vedi, alla fine tutto è tornato alla normalità. L'uomo è una bestia come le altre, lotta per il cibo, lo spazio e le femmine per la riproduzione. Nulla più, nulla meno. Cambiano le metodologie.” Tony si interruppe un attimo per cercare il filo del discorso “Dunque, a quei tempi i miei avevano ormai cinquant'anni. Oggigiorno sarebbero dei ragazzini, ma all'epoca erano fin troppo grandi per farsi una famiglia. Visto il clima sociale in cui vivevano e -diomenescampieliberi- innamorati (almeno così credo, non ho mai chiesto, sai com'è...) decisero di ritirarsi a Malibù e vivere tranquilli la loro pensione. Nessuno sembrava più aver bisogno di un armaiolo quando le superpotenze si minacciavano vicendevolmente con la bomba atomica. Quando parlavo di deterrente nucleare, sull'Helicarrier, mi riferivo a questo: durante la Guerra Fredda, Russia e USA, erano sempre pronti a lanciarsi addosso questi ordigni, come se l'idea di sterminare intere nazioni non valesse che una partita a Risiko o di Defcon. E nonostante questa superficialità erano consci che la cosa avrebbe avuto pesanti ripercussioni anche nella propria parte di Pianeta... Nubi tossiche e simili... Tu sai cos'è la bomba atomica, vero?” domandò quindi, perplesso.
Rogers annuì e si voltò, finalmente, verso di lui, andando a prendere posto al tavolo “Sì, ho già studiato quella parte e ho visto i documentari...”
“Papà diede il suo contributo, come tutti gli scienziati dell'epoca, nel costruirla. Lui fu uno dei pochi favorevoli all'uso e si pentì amaramente della sua scelta scellerata, tanto che ancora oltre vent'anni dopo la fine della guerra la rimpiangeva... Non so se lo sai ma larga parte della comunità scientifica – 127 su 150 scienziati che parteciparono al Progetto Manhattan- era fortemente contraria al suo impiego bellico e figure del calibro di Einstein – fiutandone l'uso criminoso- rifiutarono anche solo di averci a che fare. Il team addetto alla relazione -perché in quel progetto gli scienziati furono chiamati a prendere anche decisioni politico-militari- fu, però, composto prevalentemente da persone favorevoli all'impiego. Ma divaghiamo. Torniamo agli anni Settanta. Dunque, in un mondo in cui sembrava che nessuno volesse la guerra, dopo la guerra mondiale e dopo il Vietnam, una spia come mia madre sarebbe saltata all'occhio come una faina in un pollaio e un armaiolo come mio padre appeso alla forca, se fossero stati trovati. In tutto questo pare che la Vedova Nera, invece, prosperasse -soprattutto in America Meridionale, nonostante fosse diventata più che altro una creatura mitologica.
Ovviamente gli eserciti continuavano a fare i loro lavori e i servizi di intelligence pure.
I miei -ufficiosamente- si ritirarono a vita privata per sposarsi. Fu una cerimonia sobria e privata (strano per uno come mio padre, abituato a fare le cose in grande): l'unica condizione, che mio padre avesse mai posto, fu proprio quella che lei fosse al sicuro, lontana dal lavoro. Nel caso remoto sopraggiungesse la maternità. Lui continuò comunque a lavorare per lo S.H.I.E.L.D. sotto copertura e mia madre accettò di buon grado di ritirarsi per un paio d'anni, tanto per farlo contento, convinta che, a quell'età così avanzata, fosse impossibile avere un figlio.”
“Peggy ha lavorato per tutti quegli anni senza mai farsi una famiglia?” domandò Steve sorpreso “E anche Howard... era un donnaiolo di bocca buona, come te!”
Tony mise il muso ma non replicò al paragone col padre e parlò solo di sua madre “Pare che i miei nonni fossero sicuri che sarebbe morta zitella...”
“Non la Peggy che conoscevo io!” sbottò Rogers, inviperito “Lei era...”
“No! Ssshh, ti prego! Ssh! Non dirlo, non lo voglio sentire! Ok? Mi bastavano le smancerie di mio padre, non ti ci mettere anche tu. Non lo voglio sapere di quanto fosse figa mia madre in divisa, chiaro? Diamine! E' sempre mia madre! Ed è morta! Ti prego!” Steve lo guardò sconcertato ma fece come gli era stato chiesto e tacque “Dunque, contrariamente a ogni aspettativa, mia madre rimase miracolosamente incinta. Di me, ovviamente! Ma fu una gravidanza travagliata -se ti interessano i dettagli- tanto che mio padre, alla mia nascita, non avendo incubatrici sottomano, realizzò una speciale mini armatura... la vuoi vedere?”
“No, grazie, ne faccio volentieri a meno...” rispose l'altro, disgustato
“E' un cimelio della medicina neonatale... a pensarci, potrei pensare di sviluppare anche quel settore.... J.A.R.V.I.S.? Prendi nota, per cortesia!”
“Quindi? Nato tu....?” lo incalzò il Capitano.
“Mi hanno sbattuto in collegio! E' stato così felice di buttarmi fuori di casa! Ma io, che sono un piccolo genio, sono rientrato prima del previsto, rompendogli le uova nel paniere! A 17 anni sono tornato a casa con la laurea del M.I.T. in tasca. Quindi, ho avuto un paio d'anni di tempo per scontrarmi -e vivere un po'- coi miei.”
“E come sono morti?” domandò Steve, pendendo dalle sue labbra. Ormai erano arrivati al cuore della questione.
“Un improbabile incidente aereo. I cui mandanti, con ogni probabilità, furono quelli della ROXXON. Ma non si sono mai trovate abbastanza prove per sostenere questa tesi.”
“ROXXON è un nome che ho già sentito...” disse Steve allarmato
“Era nella lista di quelli che si sono riuniti quella volta, all'indomani della guerra coi Chitauri, nel tentativo di coinvolgermi...” confermò stancamente il padrone di casa “E il modus operandi sembra sempre quello...” aggiunse cominciando a chiudere le varie schermate olografiche della stanza. Il discorso era chiuso, non avevano altro da dirsi.

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Gli imponenti portoni dorati si aprirono in un pesante cigolio sulla vasta sala, lasciando che il drappello di guardia scortasse gli ospiti al suo cospetto.
Sorrise amabile ai nuovi venuti, fasciati nella loro solenne e marziale divisa rosso-nera. I suoi ospiti non si inchinarono nel saluto formale che veniva usata al suo cospetto. D'altronde, loro riconoscevano l'autorità di Odino ma erano ad essa superiori: Odino, come chiunque altro nell'universo, doveva rendere conto ai Guardiani della Galassia e non viceversa.
Erano in otto: tre donne (un esperimento dei Kree, un artificio cosmico degli Eterni e una superstite Zen Whoberi) ciascuna bella quanto pericolosa, un piccolo essere peloso e irritante a cui avrebbe dato volentieri un calcio immediatamente se ciò non avesse compromesso le trattative, una sorta di insetto stecco, ben due terrestri (quelle nullità stavano invadendo l'universo o erano solo finiti tutti nella stessa squadra?) e un secondo artificio maschile, il Distruttore, fissato con Thanos2.
“Che cavolo ti ridi, vecchio?” lo apostrofò il più piccolo e agguerrito della spedizione non appena furono soli.
“Sono solo lieto di incontrarvi... Accomodatevi. Abbiamo molte cose di cui parlare...” replicò l'Allfarther con fare bonario -e un sorriso tirato- al gruppo quanto mai variegato ed eterogeneo.
“Con tutto il rispetto...” si intromise un altro componente del gruppo, il cui volto era protetto da un particolare apparecchio, oggetto intermedio tra una maschera e un elmetto “Hela è alle porte di Asgard...”
“Sei giovane e presuntuoso...” sorrise Odino “Mi ricordi qualcuno, Star-Lord...”
“Anche a me!” commentò, con pungente sarcasmo, la guerriera mezza nuda ma avvolta in un pesante mantello.
“Gamora!” la rimbeccò per poi tornare a prestare tutta la sua attenzione al sovrano “No... non era mia intenzione mancarvi di rispetto ma...” stava rispondendo l'uomo, già abbastanza imbarazzato per aver contraddetto Odino, quando un altro dei suoi compagni di squadra coprì le sue scuse stentate con la sua voce petulante.
“Ehi, Vecchio! Sarai anche re, ma non ti permetto di mancare di rispetto al sommo Star-Lord! E non ci sembra normale essere convocati in pieno stato di allerta...” replicò per lui il piccoletto ringhiando come un cane idrofobo: non era che una palla di pelo marroncina avente per occhi due tizzoni ardenti.
“Queste sono faccende interne... di famiglia. Non credo che i Guardiani debbano scomodarsi per cose del genere...” rispose il padre degli dei.
“Sono d'accordo... ma allora per quale motivo ci avete chiamati?” domandò l'artificio femminile con sguardo assente e con fare sbrigativo: era chiaro che avesse altro per la testa.
“Per questo...” disse Odino indicando il Tesseract “So che avete già lo scettro ad esso abbinato, Quasar, e credo sarebbe più al sicuro tra le mani di gente valorosa e proba come i Guardiani...”
“Scelta molto saggia...” convenne la terza donna della squadra, l'esperimento: aveva la pelle di uno strano colorito olivastro che la faceva sembrare perennemente sul punto di vomitare.
“Mia cara Mantis!” disse salutando la donna con un cenno della testa “Credo che tu sappia già qualcosa che sfugge ai tuoi compagni. Perché non cerchi di convincerli a sedersi e godersi le mie rivelazioni?”
Gli altri componenti del gruppo fissarono la donna, dotata di leggeri poteri telepatici, in attesa di una conferma che non tardò ad arrivare.
Quando si furono tutti seduti su piccoli sedili dorati comparsi quasi per magia, Odino sciolse l'incantesimo e rivelò loro il suo vero aspetto. Drax, l'artificio dal corpo di un uomo corpulento e massiccio, scattò subito in piedi, le lame di due lunghi coltelli stretti in pugno.
Loki sorrise al suo gesto, come se l'avesse previsto. “E' una cosa di famiglia... giusto Star-Lord?” domandò al capo gruppo che, congelato da quei cambiamenti repentini, fissò straniato le due parti in causa.
“Io sono Groot” commentò il Guardiano alto e allampanato, così secco e avvizzito che poteva essere scambiato per un albero morente. O forse lo era proprio.
“Che diavoleria...?” commentò anche il piccolo essere simile a un procione terrestre.
Ripresosi dalla sorpresa, Star-Lord si risistemò la giacca della divisa in un gesto nervoso e si protese verso il suo interlocutore. “Non era nel tuo interesse chiamarci qui... Sapevi che dopo quello che è successo sulla Terra, con i Chitauri e tutto il resto, ti avremmo dato la caccia. Se solo avessimo immaginato che eri scappato alla giustizia asgardiana...”
“C'è da dire che mai, come in questo caso, miglior luogo per nascondersi è stato proprio nel luogo del delitto e sotto gli occhi di tutti...” si complimentò il procione.
“Vedo che c'è della materia grigia in quel cervellino da topo, Rocket Racoon...” lo sbeffeggiò Loki.
L'animale, risentito, si armò immediatamente “Cannone fasico.” sentenziò puntandogli contro la bocca della canna della mastodontica arma da fuoco. “A fusione fredda. Da 20 megawatt... Attento a come parli, abusivo! E ora dicci perché ci hai convocati!”
Loki sorrise della curiosità dei Guardiani che non riuscivano a giustificarsi quella situazione assurda. Così, in modo molto teatrale, trasse un profondo respiro e cominciò a raccontare. Del perché avesse attaccato la Terra al comando dei Chitauri, del suo patto con Thanos, di come fosse andata realmente la battaglia sulla Terra, del suo stratagemma per evitare il Breiðablik, la galera asgardiana, del perché li avesse contattati, del perché Hela si trovasse alle porte della capitale e del perché loro dovessero prendersi quel dannatissimo Cubo Cosmico.
Quand'ebbe finito, constatò con soddisfazione come tutti, dal petulante Rocky all'irascibile e scettico Drax, fossero rimasti ammirati e stupefatti del suo piano astruso e contorto.
“Potevi arrivare allo stesso obiettivo venendo direttamente da noi!” protestò Star-Lord, esausto dal tentativo di seguire i suoi processi mentali.
“E il divertimento dove sarebbe stato?” replicò Loki con il risentimento più candido.
“Il ragazzo comincia a piacermi...” commentò il guardiano che fino ad allora era rimasto estraneo alla conversazione. La sua maschera celava i tratti somatici ma non il suo divertimento.
“Jack, per cortesia...” lo riprese Gamora alzandosi e avvicinandosi a Loki.
“Ma avvalliamo il suo sproloquio mentale?“ domandò Drax, risentito.
Rocky si voltò verso l'uomo dallo sguardo truce “Beh, è stato abbastanza coerente e chiaro. Non vedo motivi per impedirgli di procedere”
“...Allora questo ce lo prendiamo noi?” domandava Mantis nel frattempo. Il finto sovrano sorrise in assenso e Gamora si appropriò del cubo mentre Jack Flag lanciava la sua proposta “La mettiamo ai voti?”
“Io sono Groot!” sentenziò ancora l'albero antropomorfo.
“Ecco! Come dicevo io!” replicò ancora Jack Flag incrociando le braccia al petto. “Che male c'è?”
“Ha ucciso dei terrestri!” replicò Drax duro
“Con Thor hanno ucciso anche degli Jotnar e non siamo intervenuti!” replicò Quasar, gelidamente. “Una razza vale più di un'altra? Non mi pare. Allora se abbiamo chiuso un occhio quella volta possiamo farlo anche ora.”
“Per altro, i crimini interraziali di basso livello non sono di nostra competenza...” si intromise anche Star-Lord “Noi vigiliamo solo sull'equilibrio cosmico... non sulle scaramucce tra i singoli pianeti.”
“E mi sembra che tutto questo, comunque vada a finire, non richieda -non ancora, almeno- le nostre attenzioni. Il cubo sì!” disse il procione ponendo fine a ogni questione “Eravamo interessati a te solo per quello...” disse folgorando Drax con lo sguardo una volta per tutte “...Non per tutto il casino che hai combinato da quando hai scoperto di essere uno Jotunn”
“Quindi è deciso!” riassunse Gamora riavvicinandosi ai suoi compagni.
“Bene, allora... Se volete scusarmi...” disse Loki assumendo nuovamente le sembianze del Padre degli Dei “...ora mi attende la prossima mossa.” Sorrise e batté pesantemente lo scettro a terra. La porta massiccia si aprì e i quattro uomini armati si affacciarono alla soglia. “Vi prego di scortare i Guardiani al loro mezzo. Vi chiedo poi di andare a presidiare l'Urdabrunner e Breiðablik”
La donna che stava nel gruppo accennò un moto di protesta ma il biondo al suo fianco la trattenne. “Sarà fatto, Vostra Maestà!” disse prosternandosi in un profondo inchino. Quindi, i quattro aprirono i ranghi per lasciar passare gli otto Guardiani e guidarli lungo i profondi corridoi dorati adiacenti al Válaskjálf.
“Pateticamente prevedibili...” sospirò Loki, preparandosi ad affrontare il prossimo scoglio di cui aveva già avuto un assaggio “D'altronde sono amici di Thor, cosa posso aspettarmi da loro?”
Eppure, avrebbe voluto esserci il giorno in cui i quattro avessero scoperto l'inganno. Ma saperli a scervellarsi su di lui lo riempiva comunque di soddisfazione per la propria abilità strategica. Stirò un ghigno e lanciò un'occhiata all'esterno, oltre le mura, dove le truppe di Hela si stavano preparando per affrontare un lungo assedio.
Poco più in là, immune da ogni attacco, il Bifröst appena ultimato si perdeva all'orizzonte. Il magnifico ponte arcobaleno che, secondo gli accordi presi sarebbe rimasto inviolato. Ma che sarebbe anche durato ancora solo qualche manciata di ore. Il suo piano era di una perfezione maniacale, nulla poteva andare storto. E conoscerne già il finale non toglieva divertimento nel portarlo a compimento. Anzi. Foraggiava quel senso di ansia e di fibrillazione per l'attesa di un qualche piacevole colpo di scena.






1 Fonte Wikipedia

2 Sulla composizione dei Guardiani ho un po' bluffato. Visto che per metà sono umani, per dare un senso di multi-universalità al gruppo, ho tenuto solo la parte che mi interessava. Così, ad esempio, Mantis non è terrestre ma solo un'esperimento...
PS: in ordine, parlo di Mantis, Phyla-Vell (o Quasar), Gamora, Rocket Racoon, Groot, Star Lord e Jack Flag, Drax



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Scusate l'ora a cui posto ma tra esame e preparazione per domani (diciamo una cosa post esame... e non una cosa di piacere...) non ho avuto tempo di farlo prima.
Dunque.
Tutto chiaro su Tony? Ci sono dubbi, incoerenze, cose strane? Spero sia tutto chiaro... e che sia nitido ora il confine tra i due eroi.

Quanto a Loki... :D non ve l'aspettavate che i Guardiani gli dessero l'Ok, vero? XD
ora ANCHE loro sanno cosa gli frulla in testa... gli unici a non saperlo siete voi XD mi dispiace (sì, sono fiera di essere una sadica bastarda XD)
E chi saranno mai gli stupidi “amici di Thor”? I guardiani della galassia o i 4 guerrieri? Chi dei due gruppi è stato tratto in inganno? Attendete e lo saprete presto! (ma presto, per i miei tempi vuol dire qualche capitolo).

Alla prossima settimana!

Ah PS: Il Godheimr è qui inteso come il palazzo reale mentre il Válaskjálf è la sala del trono (il trono stesso ha un altro nome), mentre Breiðablik sono le prigioni dove “nessun male, nessun delitto, nessuna colpa potevano essere perpetrati”


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Capitolo 6
*** Pensieri ***


6. Pensieri








Il vento le frustava i capelli mentre si lasciava trasportare dalle correnti; la mente scivolava involontariamente alla propria meta. Non aveva la minima voglia di rincasare e incontrarlo di nuovo. Ma, d'altronde, cos'altro poteva fare? La disintossicazione del gruppo del Baxter Building aveva richiesto meno tempo del previsto e ora si trovava sulla rotta di casa, distante pochissimi chilometri.
Aveva cercato di evitare Gambit, con successo, per tutta la loro permanenza nell'attico di Reed successiva a quel... all'incidente e la sera si era dileguata a letto senza nemmeno salutarlo. Quella mattina, quando lui le si era affiancato, preoccupato per la storia dell'intossicazione, lei aveva finto di non vederlo. Cosa pressoché impossibile essendo gli unici in quel corridoio e avendogli lui sbarrato la strada.
Lei non voleva pensare a quello che non era successo il giorno prima. Lei se l'era messa via di restare da sola, di non poter o dover provare nulla. E quello stupido testardo, invece, cosa faceva? Andava a risvegliare qualcosa di latente, che nemmeno lei sapeva di provare. Tutto per destabilizzarla. E ora era confusa. Oltre che agitata.
Al solo pensiero uno strano formicolio e un piacevole calore la invadevano, percorrendola lungo tutta la schiena e invitandola a inarcarsi all'indietro e avvitarsi in un volteggio mortale a mezz'aria. E non si trattava dei ricordi acquisiti, delle donne a cui aveva sottratto la vita o i poteri: era una sensazione vivida ed elettrizzante, niente a che vedere con quello che poteva essere un sogno o un ricordo. Quel brivido era qualcosa che provava lei. Lei e basta. E solo in associazione a lui, l'uomo dagli occhi roventi.
Il suo trabocchetto aveva funzionato. E la cosa la spaventava. Lei aveva delle certezze dietro cui si barricava e che le davano forza. Senza quelle stampelle si sentiva fin troppo vulnerabile, come non lo era più stata da... da tanto tempo...
Una delle sue certezze, inoltre, era di avere una cotta per quell'uomo rude e scostante che era Logan. Lui, che capiva il suo bisogno di fuga e riservatezza; lui, che non la giudicava per le sue scelte spesso avventate e discutibili; lui, che era sempre pronto a correre in suo aiuto e che l'aveva affascinata con quella sua gentilezza un po' burbera; lui, che l'aveva difesa tante volte davanti a tutta la squadra; lui, che più volte le aveva donato la sua forza perché si riprendesse.
Ma in quelle trasfusioni lei non aveva mai percepito neanche l'ombra di un sentimento simile all'amore. Per lui era una sorellina. Un'amica senz'altro. Ma nulla più. Pur sapendolo fin troppo bene, si era comunque illusa e aveva voluto vedere nelle sue attenzioni qualcosa che non c'era. E pur rimanendo una fantasia assolutamente campata per aria, era il suo punto fermo. Perché, in ogni caso, Logan era l'unico che considerasse parte della sua famiglia, più ancora di Kurt: erano entrambi anime in pena, perennemente in lotta con loro stessi e in fuga dai loro affetti, entrambi tenevano la gente a distanza per non soffrire e far soffrire, entrambi erano schietti nei giudizi, ombrosi nel rivelarsi, ma fedeli alle loro convinzioni.
Era stata convinta di amare Logan.
Invece, ora, doveva accettare il fatto che, forse, il cajun si era guadagnato uno spazio tutto suo, e di tutto rispetto, nel suo cuore. L'aveva stordita con tutte le sue lusinghe, costanti e insistenti. Si era scoperta, improvvisamente, in una situazione quanto meno paradossale: dover respingere, per il bene di entrambi, un uomo che desiderava e che le si gettava tra le braccia senza che lei facesse il minimo sforzo.
Ma Destiny gliel'aveva detto. A lei e Mystica: avrebbero trovato entrambe qualcuno che si sarebbe preso cura di loro, in un modo o nell'altro, per quanto goffo. Irene e le sue visioni...
Sorrise al ricordo della donna che, durante un'assenza della compagna, le aveva raccontato il passato travagliato della donna, di come l'altra fosse dovuta scappare dalla Germania -dove aveva trovato rifugio una volta scampata a quell'abominevole progetto eugenetico che tutti i mutanti avevano imparato a temere- abbandonando il suo stesso figlio al proprio destino: la storia della terrorista mutante era molto triste e poteva, in parte, capire il suo odio per il mondo umano.
Nonostante il passato, i tempi e il clima culturale in cui vivevano, la sensitiva cieca era apparsa serena e fiduciosa nel rivelare loro quell'epifania: un giorno non lontano, sia Mystica che Rogue avrebbero incontrato quel ragazzo che, nonostante tutto, era sopravvissuto. Lo avrebbero incontrato, anche se in circostanze poco piacevoli. E ne sarebbero usciti vivi.
Quelle parole di speranza erano state l'eredità più grande a cui, solo pochi anni dopo, si era spesso aggrappata nei lunghi mesi di reclusione successiva, quando Irene Adler era già morta.
Mystica e Kurt. Due facce della stessa medaglia, due reazioni uguali e allo stesso tempo così diverse allo stesso stimolo.
Rogue poteva capire e perdonare l'odio di Mystica per gli umani. Ma non riusciva a perdonarle, nonostante razionalmente lo capisse benissimo, di non aver fatto l'impossibile per proteggerla dall'MRD e, messa davanti a una scelta crudele, di averle preferito Kurt, quel figlio naturale, avuto con quella specie di demone che era Azazel, per la cui sorte probabilmente si incolpava ogni giorno. Figlio che non aveva mai visto e che credeva perduto per sempre.
Si era sentita abbandonata e scacciata. Ancora una volta.
Si maledisse ancora una volta, sentendosi indesiderata e, allo stesso tempo, un'ingrata. Mystica e Destiny l'avevano accolta come una figlia quando era fuggita dalla casa natia, in preda all'orrore per quello che era diventata. Era stata riconoscente a entrambe: avevano i loro guai da affrontare in una società retrograda che non accettava il diverso in ogni sua forma, primo fra tutti l'amore tra persone dello stesso sesso. Figurarsi se avessero mai rivelato la loro natura. Tutti loro sapevano cosa sarebbe potuto succedere e Mystica era quella che aveva più paura.
L'odio di gente stupida, ottusa e ignorante che si ergeva con foga al di sopra degli altri, più deboli, poveri o semplicemente diversi... erano cose che, in quei quindici anni, non erano cambiate poi molto. Certo, a parole tutti erano tolleranti, tutti rispettavano tutti, ma strisciante, la paura e l'odio continuavano ad animare anche la più equilibrata delle persone. Bastava vedere come i vicini, almeno nei democratici Stati Uniti d'America, si armassero di cesoie se il prato di una delle tante villette a schiera accennava a crescere in modo spontaneo, secondo la naturale inclinazione della flora locale e non secondo il dittatoriale regime dei prati all'inglese anche in territori aridi: tutto doveva rientrare in una sorta di serialità finto-naturale.
La loro famiglia, tra l'altro, di naturale aveva davvero ben poco quando per le due donne, vista l'età, lei era più un'amica che una figlia.
Forse era proprio per il fatto di considerarsi amica di Mystica che il suo voltafaccia le bruciava ancora adesso: lei l'aveva tradita, non Irene. Irene davvero l'aveva amata come una madre. Eppure, nonostante tutto, ora come allora, si trovava ad odiarle, invidiandone il rapporto: nonostante le difficoltà che la vita potesse mettere sul loro cammino, avevano avuto l'opportunità di amarsi liberamente in privato, lontano da occhi indiscreti, fino a quando la società e i tempi non fossero stati nuovamente maturi.
Ad accentuare la rabbia nei confronti di una situazione, tutto sommato, migliore della sua, c'era il fatto che Mystica potesse camuffarsi, assumere le fattezze di un uomo e amare Irene in qualunque modo le due avessero preferito. Non solo in privato.
E se anche avessero voluto vivere il loro amore senza nascondere la loro natura femminile, nulla vietava un comportamento morigerato in pubblico, tanto i bigotti rifiutavano l'idea stessa dell'esistenza di gente come loro:
avrebbero detto Ma sì, sono amiche oppure Quella poverina è cieca, è normale che la sua migliore amica la aiuti.
Cosa avrebbe fatto per poter scambiare la sua posizione con la loro!
Amore e odio, gratitudine e rimorso, ammirazione e invidia si mescolavano quando pensava alla loro storia d'amore, unica nella vita di Mystica che, a parte quella felice parentesi, si era sempre accompagnata, paradossalmente, a uomini più o meno violenti e brutali.
No, lei non riusciva a non odiarle per quel rapporto che anche loro potevano avere e che a lei era negato.
Più volte aveva fantasticato su come doveva essere incontrare un partner in modo normale: potersi sfiorare accidentalmente le dita per lo scambio di un qualunque oggetto quotidiano e arrossirne; tenersi per mano passeggiando sul lungo fiume, magari in estate, la guancia poggiata sulla spalla dell'altro; potersi aiutare reciprocamente in caso di malattia. Cose che avrebbe potuto fare anche lei ma sempre con protezioni e col terrore di sforare dal seminato.
E, senza arrivare a pensare a ciò che più la faceva soffrire, il quotidiano era già di per sé una barriera architettonica insormontabile.
E lei aveva esempi del genere perennemente sotto il naso: coppiette felici che non facevano nulla per nascondere, almeno un po', la loro smisurata fortuna, ignorando arrogantemente chi era solo, chi soffriva e chi, come lei, non poteva fare altro che invidiarli. Certa gente proprio non sapeva cosa fosse la discrezione. Jean e Scott, Kitty e Kurt, Psylocke e Angelo... Tra l'altro, questi ultimi, come la coppia formata dai campioni di Xavier, potevano amarsi anche su un altro piano, molto più profondo e completo, che era quello mentale.
E nonostante tutto, nonostante la società potesse cacciarli e ghettizzarli tutti come anomalie, loro potevano amarsi. Tutti quanti loro. Avrebbero sempre trovato un minimo conforto nell'altro. Mentre lei avrebbe dovuto accontentarsi delle parole. O di abbracci iperprotetti. Per sempre.
Lei aveva avuto solo un assaggio di tutto ciò che le era precluso e le era bastato per odiare le coppie felici da cartolina. Per questo apprezzava molto di più coppie come quelle che aveva trovato al Baxter Building e alla Stark Tower: quelle erano persone mature, così sicure dell'affetto dell'altro che non avevano bisogno di sbandierarlo a mezzo mondo e non pomiciavano ogni due secondi mentre erano con gli altri, che si parlavano normalmente e non sempre col birignao diabetico e che potevano anche litigare e insultarsi senza paura di perdere l'affetto dell'altro.
Desiderava la normalità (e tra i due estremi, se avesse potuto, avrebbe scelto questi ultimi come esempio) quanto i Morlock desiderassero vedere la luce del sole ed essere accettati come tutti gli altri mutanti. Ma il loro era un concetto distorto di accettazione.
Ed era anche vero che la normalità era solo un concetto culturale relativo: Kurt non era più normale ora, con aspetto umano, di quanto non fosse prima, con coda e pelle blu. Era sempre lui, l'abito non faceva il monaco: era timido, sensibile, rispettoso delle opinioni altrui ma anche scanzonato e pronto nel difendere chiunque.
E lei? Tolto il suo bell'aspetto e senza il suo potere, cosa le sarebbe rimasto da normale umana? Non era intelligente -o almeno non colta-, non era per niente fine ed aggraziata... non era nulla. Solo un bell'involucro che non poteva fare nulla per gli altri: non insegnare, non curare né confortare. Non era particolarmente brava nemmeno a difendere gli altri. Quest'assenza di doti non la rendevano capace nemmeno di catturare al lazo qualche bel giovanotto. A parte i matti deficienti di sua conoscenza. Ma quello era un caso disperato attratto, molto probabilmente, solo dalla sfida impossibile che lei rappresentava: niente poteri e Gambit avrebbe gettato la spugna.
In definitiva l'unica sua abilità era la sua forza: al massimo avrebbe potuto rendersi utile in un cantiere edile. Ma neanche quella forza bruta, in realtà, le apparteneva: l'aveva strappata a un'altra donna, insieme alla sua vita.
C'erano giornate in cui si sentiva inutile e la frustrazione la rendeva nervosa. Se solo non avesse avuto i suoi poteri, sarebbe stata una donna come tante: avrebbe potuto avere un lavoro normale, a contatto con la gente; lei stessa, probabilmente, sarebbe stata diversa, perché non era più certa di nulla. Magari neanche quel caratteraccio era il suo originario.
Avrebbe anche potuto fare incontri -normali e non solo con pazzi psicopatici- che le avrebbero stravolto la vita; avrebbe potuto prendere il sole senza paura di un incontro accidentale con un altro essere umano; avrebbe imparato qualcosa di utile e la sua vita avrebbe preso tutt'altra piega; avrebbe....
La lista di cosa avrebbe potuto fare se fosse stata appena appena diversa era infinita. Ed era sbagliata. Lei era quello che era: doveva accettarlo.
E dopo Muir aveva rinunciato. Rinunciato. Perché il concetto continuava a sfuggirle? Perché un angolo remoto del suo cervello continuava a sperare?
Perché la faccia da schiaffi del Cajun continuava a presentarlesi alla mente, quasi fosse stato la soluzione a tutti i suoi guai quando era evidente che ne era la causa prima? Perché quel formicolio alla base della nuca non accennava a diminuire ma, anzi, sembrava irradiarsi lungo tutta la colonna vertebrale impedendole di concentrarsi? Lei era una donna adulta, matura e responsabile. E allora, perché era -ora- così ossessionata da quello stupido?
Atterrò delicatamente sul ponte della Stark Tower ancora semidistrutto ma, almeno, libero dai calcinacci. Si appoggiò pesantemente alla balaustra e lasciò correre lo sguardo tra le vie della città che si estendeva sotto di sé. Si lasciò carezzare ancora un po' dal venticello che arrivava là in cima, a spirali. Quindi rientrò, pronta ad affrontare chiunque. Forse.

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Le porte si aprirono silenziose al suo passaggio, introducendolo nell'ambiente caldo ma asettico che era quella specie di palestra. Appoggiò l'asciugamano alla panca, si fasciò le mani con le bende e infilò i guantoni con movimenti precisi, fluidi e al contempo meccanici, che denotavano quante volte avesse ormai ripetuto l'operazione: forse, solo quella ritualità non era cambiata nel tempo. Premette, quindi, il pulsante che avrebbe dovuto fargli comparire davanti il suo sacco. Ma uno strano ronzio lo ridestò dai suoi pensieri. Alzò lo sguardo giusto in tempo per vedere che, tutt'attorno, si innalzavano le corde del ring e un botola si apriva a un paio di metri di distanza. Tornò a guardare, truce, la console: che avesse sbagliato? Lui voleva solo allenarsi...
“Questa è la strana concezione che ha Tony di allenamento...” lo informò una voce alle sue spalle.
Steve si voltò di soprassalto: non si era reso conto di non essere da solo. Poco distante, invece, Natasha volteggiava leggera e senza sforzo sulla parete, simulando la scalata di un costone roccioso.
Si fermò e lo guardò, divertita, dalla posizione verticale appena raggiunta, i riccioli che le coprivano parte del volto. Lasciò scendere il corpo e subito si spostò di lato, aggrappandosi a un nuovo appiglio, prima che una lama affilata passasse giusto dove lei era sospesa pochi istanti prima. Fece ancora un paio di esercizi e concluse con un volteggio, atterrando senza commettere alcuna sbavatura. Portò le braccia in alto, in segno di saluto, come una ginnasta, e, quando si mosse dal tappeto, l'attrezzatura alle sue spalle emise qualche ronzio e scomparve nel muro.
“Attrezzatura intelligente...” spiegò andando ad affacciarsi alle corde “Come nei videogame, si parte dal livello base e si progredisce in difficoltà. A volte, come hai visto, ti infila dei trabocchetti...”
“Cosa dovrei aspettarmi da...” disse voltandosi verso il suo sacco di sabbia. Ma al posto del comune bersaglio da boxe, c'era una specie di robot umanoide “E questo cosa sarebbe? Se volevo boxare chiedevo a qualcuno di allenarsi con me!” protestò
“Quello ti studia, impara i tuoi movimenti e identifica i tuoi punti deboli e ti costringe a migliorare. Un essere umano non potrebbe farlo. E una stanza come quella che c'è Istituto di Westchester per giovani dotati ma è concepita in modo totalmente diverso: imparare a sfruttare i propri poteri in situazioni particolari, non a potenziare il fisico. Per il resto, non fa male, è costruito con materiali che assorbono i colpi. Ti sembrerà di boxare col vecchio sacco...” lo informò la spia andando a infarinarsi di nuovo le mani con il magnesio.
“Mi stai dicendo che potrei farmi battere da una macchina?” replicò sarcastico il Capitano, scuotendo la testa e tornando a osservare il suo avversario. “Assurdo...” Disse cominciando a scaldarsi, saltellando sui piedi e ruotando attorno al suo bersaglio.
“Come mai qui?” domandò Natasha mentre si arrampicava sul quadro svedese, rapida come un ragno.
“Ci dev'essere un motivo per tenersi in forma?” domandò Steve di rimando “L'ho sempre fatto...”
“No... è che... ti sento nervoso...” puntualizzò lei, ricominciando coi volteggi.
“Non è che lo sei tu?” fu la replica di Cap. Natasha esitò e lui ebbe la conferma di quanto detto “Puoi parlarmene, se vuoi... d'altronde credo...” sbuffò e si fermò per appoggiarsi alle corde “Sai... eri più piccola di me e ora... abbiamo la stessa età. Solo che tu non sei stata ibernata per tutto questo tempo.”
“Apparteniamo allo stesso tempo. E' questo che intendi? Possiamo capirci perché abbiamo vissuto le stesse realtà?”
“Più o meno. Tu eri appena una bambina e non abbiamo mai avuto alcun legame. Anche Fury è come noi ma, lui, non avevo mai avuto il piacere di incontrarlo, mi pare... Ho ancora la mente un po' confusa... E poi, come dicevo a Tony, prima, c'era Howard che era quasi un amico e lui è l'unico legame vero con il mio passato. Infine, c'era Logan, ma abbiamo svolto solo un paio di missioni assieme. Ora la persona più simile a un amico che possa avere è proprio Tony...”
“Steve...” disse lei appesa a testa in giù, tenendosi aggrappata con le gambe “Qualcosa non va?”
“E tu? E' strano vederti da sola. A sfiancarti di esercizi, tra l'altro...” Incalzò ancora Cap. Aveva comandato compagnie di fanti, squadroni di cavalleri, batterie di artiglieri, aveva avuto modo di confrontarsi anche con alcune squadriglie dell'aeronautica e sapeva leggere benissimo nell'animo delle persone, quando queste erano agitate. E Natasha, come tutti coloro che avevano ricevuto un educazione para-militare, non trovava niente di meglio da fare che svuotare la testa tenendosi impegnata con l'attività fisica. Cosa, però, che non sembrava riuscirle particolarmente bene. Infatti, la vide aggrapparsi con le braccia al primo sostegno che trovò, far scivolare le gambe fuori dal loro appiglio restando, così, in una posizione molto difficile da tenere a lungo. La rossa si piegò in avanti, mettendo sotto sforzo le braccia, caricò nuovamente le gambe, mollò la presa e si avvitò in un altro atterraggio perfetto.
“Ti va un caffè?” domandò lei, andandogli in contro.
Steve sorrise e uscì dal perimetro delle corde, lanciando un'occhiataccia al robot. Premette il pulsante che decretava la fine dell'esercitazione e cominciò a togliersi i guantoni che non aveva nemmeno usato “Conosco un locale grazioso proprio appena fuori dalla torre, dove la cameriera è molto gentile.” disse strizzandole l'occhio.
“Dammi cinque minuti, il tempo di lavarmi e vestirmi.”
“Prenditene pure dieci...” concesse l'altro






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Ok, :) come diceva il titolo, questo era più un capitolo riflessivo, in cui spiegavo parte del passato di Rogue. Così ora è chiaro il legame che lega lei, Kurt e Mystica (ma ci tornerò perché ho solo accennato a un passato traumatico). E Mystica... sì.. avete capito bene, è bisex. Ma a proposito di tutti gli uomini più o meno bestiali con cui è stata (il demone Azazel -non chiedetemi anche il mondo dei demoni...farò finta sia solo un mutante dalle fattezze demoniache e STOP-, il lupoide Sabretooth -anche qui non scenderò in dettaglio e tratterò la cosa solo come tipologia di mutanti-...) :) uno di questi è una nostra conoscenza e qualcosa al riguardo scappa fuori come rivelazione di House of M. Io li ho sempre adorati quei due assieme, anche se sono la coppia più improbabile, problematica, violenta e meno duratura del mondo. Non avete capito di chi si tratta? Non temete, tra un paio di capitoli avrete un altro accenno a questo desiderio inconfessato (di Mystica sicuramente... ma per come è messa, credo anche di lui..)
Bene :3
Spero di non avervi annodato il cervello con la prima parte e vi annuncio che da adesso partirà una lunga cooperazione Cap/Nat (hanno vissuto, appunto, negli stessi anni e lei è l'unica che possa, effettivamente, fargli da tramite) che si snoderà per buona parte della fic. Ma il nodo cruciale saranno i prossimi 4 capitoli. :) Enjoy!

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Capitolo 7
*** Al caffé ***


7. Al caffé






“Comincia tu...” la invitò Steve una volta che si furono accomodati nel grazioso tavolinetto esterno del bar che affacciava sulla Stark Tower.
“Preferirei parlassi tu, per primo.” disse Natasha “Io non saprei nemmeno da che parte cominciare... E' tutto così...”
“Strano?” suggerì lui
“Anche...” ammise abbassando lo sguardo.
La rossa non parlò più e Steve capì che non avrebbe aggiunto altro. Forse, si disse, doveva elaborare la cosa, qualunque essa fosse. Sospirò e si massaggiò nervosamente le mani, le braccia allungate sul tavolino d'acciaio. “Tu... hai mai incontrato i genitori di Tony?” domandò infine.
Lei assentì “Se non erro erano entrambi agenti S.H.I.E.L.D.”
Steve alitò affranto “Lo sapevi anche tu...”
“Sapere cosa?” domandò la rossa non cogliendo a pieno cosa lui volesse comunicarle. Si era fatta attenta, lo sguardo tagliente che sondava tutt'attorno
“Del tenente Carter...”
“Vorrai dire maggiore Carter...” lo corresse lei “Ha ricevuto un avanzamento subito dopo la tua scomparsa in mare. A qualcuno dovevano pur riconoscere l'ottimo lavoro svolto in quella missione.”
“Maggiore...” soppesò Steve “...Giustamente. La vita continuava, per lei, mentre io ero immerso nel ghiaccio.”
“Si è ritirata col grado di Tenente Colonnello, se la cosa può interessarti...” aggiunse ancora la rossa. “La sua carriera si è esaurita lì. Un vero peccato.”
Steve scosse la testa, quasi incredulo “E ha preso il nome di Maria Stark...”
“Sì... e allora?” domandò lei
“Per essere una donna, Natasha, mi sembri un po' ottusa.” ridacchiò il Capitano, divertito “Sono tanti gli indizi che mi hanno portato a questa conclusione...” precisò vedendo come la donna si fosse inalberata. Quindi si rilassò sulla sedia, fissando la ceramica della tazza davanti a sé senza realmente vederla “Io... l'amavo...” confessò
La spia sembrò accogliere la notizia come una qualunque altra confidenza. Poi la vide aggrottare le sopracciglia, come se avesse capito male. “Tu... e la madre di Tony..?” domandò, infatti “... Capisco...” aggiunse e Steve fu certo che la donna stesse meditando sulle implicazioni di quell'affermazione che prima non le erano nemmeno balenate nel cervello.
Ma non era una cosa poi così fuori dal mondo che anche lui si fosse innamorato! O sì? Con chi era abituata a relazionarsi Natasha se una cosa come quella le dava da pensare? O, forse, la domanda da porsi era un'altra: sarebbe diventato così anche lui, anaffettivo, se avesse continuato a lavorare per lo S.H.I.E.L.D. per lo stesso numero di anni e con la stessa mansione che avevano segnato la vita della spia?
No, ne era certo e, d'altronde, a riprova della sua teoria, anche l'inflessibile Peggy e il volubile Howard si erano innamorati. Reciprocamente e ai suoi danni. Ma che potevano saperne loro? Erano stati anche fin troppo corretti. Anche se non l'avevano fatto pensando a lui, non gli dispiaceva il fatto che si fossero buttati l'una nelle braccia dell'altro subito dopo la sua scomparsa. Come minimo avevano dimostrato un po' di sensibilità e rispetto.
“Sì... dev'essere dura da mandar giù... e per una serie di motivi, immagino...” aggiunse lei.
“E di te che mi dici, invece?” domandò lui non volendo perdere lo slancio offertogli dalla propria riflessione
“Io... nulla...” mentì lei “Sono solo stanca...”
“Con me i tuoi trucchi non funzionano...” precisò il capitano “Anche se sono rimasto fermo al secolo scorso, o forse proprio per questo, so leggere l'animo umano, Natasha. So cogliere ogni sfumatura emozionale nei volti. Ai miei tempi non c'era tutta questa tecnologia ed eri costretto a guardare la gente in faccia. E a interpretarla...” spiegò in un sorriso. Lei avrebbe sicuramente capito il suo ragionamento perché proprio lei sfruttava quelle falle percettive nel suo lavoro ed essendo cresciuta in anni diversi era una spia perfetta anche se si prendeva il lusso di non concentrarsi a dovere.
Lei sbuffò, indispettita dal ritrovarsi vittima delle sue stesse armi “E'...complicato...”
“Cosa non lo è a questo mondo?” domandò retorico “Guarda che il tuo segreto è al sicuro...” la incoraggiò, sporgendosi sul tavolino per farsi più vicino e dare più intimità alla loro conversazione.
“...E non siamo amici!” precisò lei per evitare il terzo grado.
Steve stava per replicare, offeso, che la bionda cameriera del locale arrivò con le ordinazioni, sorridendo imbarazzata al capitano.
“E' troppo vecchia!” aggiunse Natasha quando la donna si fu allontanata, senza guardare né lui, né lei, né le ordinazioni: veva lo sguardo fisso sul menù incastrato tra il porta salviette e il posacenere.
“Come scusa?” domandò Cap non capendo il nesso della frase con la sua confessione
“La cameriera... tu hai ventisette anni, lei ne ha almeno trentacinque... Anche se l'età, con gente come noi, perde un po' il suo valore... e di questi tempi non conta nemmeno più tanto... E' affascinata da te perché tutto, in te, parla di un uomo coi controcoglioni, scusa la finezza... Tu sei vecchio dentro e dimostri più anni. Quindi, quella poveretta può pure essere convinta che tu abbia l'età di Stark...” ridacchiò nervosa. “Vesti da vecchio, hai un taglio di capelli da vecchio, ti atteggi da vecchio...”
“Io non ci vedo nulla di male...” replicò l'altro indispettito e punto nel vivo
“Amore...” ghignò lei, degnandosi, finalmente di alzare lo sguardo “Quelli -due tavoli alle mie spalle- hanno la tua età... Dimmi che siete uguali e ti sbatto in manicomio...”
Steve allungò il collo per vedere oltre la spalla della donna. Lì era seduto un gruppo di ragazzi, probabilmente studenti universitari a giudicare dalle borse e dai libri che affollavano il tavolino. Nonostante stessero studiando o ripassando, si lanciavano cartine, si spintonavano e ridevano di gusto. Erano seduti sbracati e scomposti, chi col libro sulla pancia chi buttato sul tavolino, in un mezzo tentativo di appisolarsi sugli appunti al loro fianco. Steve studiò il loro abbigliamento con occhio critico: c'erano scarpe sporche e graffiate - i cui lacci luridi sembravano delle sottili orecchie che pendevano flosce a pulire il manto stradale - accanto a scarpe nuove e dai colori sgargianti. Sopra di esse si inerpicavano jeans più lunghi del necessario, alcuni così sproporzionatamente che erano sfilacciati e strappati nella parte posteriore dove la suola li pinzava costantemente nella camminata, o così corti alla caviglia da sembrare fuori taglia. Alcuni avevano la vita strizzata da una cintura che faceva sbocciare le braghe come un sacco strizzato, altri avevano la vita dei pantaloni così corta da lasciar scoperte le schiene, che non tentavano nemmeno di venir coperte dalle canottiere, e l'orlo della biancheria faceva capolino in tutta la sua sfacciataggine. Le giacche pendevano sghembe sullo schienale o giacevano appallottolate tra lo stesso e il fondoschiena del proprietario. Tutto, in quei giovani, anche nei più computi e ordinati, dichiarava una scarsa attenzione al vestiario, nonostante i colori abbinati, la scelta minuziosa degli accessori: i vestiti, in quell'epoca, erano un'altra merce che veniva consumata come il pane e la cui fattura, a ben vedere, era di qualità molto inferiore a quella a cui era abituato il soldato: per Steve era normale avere pochi capi ma che durassero il più possibile e non solo per una questione economica ma, a ben vedere, anche ecologica: perché buttare via qualcosa di ancora perfettamente sano a cui bastava dare un paio di punti di rammendo? Anche perché, ai suoi tempi, i capi duravano praticamente in eterno a meno di non tagliarli intenzionalmente. Possibile che, nella nuova era, i vestiti si sgualcissero così rapidamente da necessitare un ricambio continuo? In quest'ottica sarebbe stato sensato non curarsi eccessivamente di slabbrare gli orli: un processo più lungo del disfacimento del capo stesso sarebbe stato testimonianza della sopravvivenza dello stesso al suo naturale decorso programmato.
Steve studiò ancora un po' quel gruppo di giovani apparentemente spensierati.
Ai suoi tempi sarebbe stato impensabile girare conciati in quel modo a meno di non essere gli ultimi figli di una lunga schiera di fratelli in una famiglia della classe operaia, a cui arrivavano gli abiti smessi e della taglia sbagliata ma che ci si faceva andare bene, adattandola alle proprie necessità. Tutti puntavano a una certa eleganza e tutti cercavano di avere il capo bello, quello non gualcito, bianco e inamidato per le occasioni di festa. Il decoro era qualcosa di intrinseco nella società civile, che sembrava quasi superfluo che agli ufficiali fosse data una guida su come comportarsi e vestirsi, in divisa e in borghese.
Ma l'orlo dei pantaloni? Le toppe? Erano il primo segno di appartenenza a una classe non abbiente: come potevano i giovani di quell'epoca andare fieri di essere proletari? Negli anni in cui era vissuto lui tutti cercavano di elevarsi dalla propria condizione, e riuscire a studiare era il primo mezzo per togliersi dall'indigenza.
Trasse un sospiro di sollievo: almeno quello sembrava non essere stato scalfito dallo scorrere del tempo.
Riportò l'attenzione su Natasha e ripensò a se stesso. Effettivamente, doveva ammettere che l'abisso con quei ragazzi era impensabile da colmare. Nella sua ottica avrebbe voluto dire snaturarsi e, forse, lobotomizzarsi. Sospirò, rassegnato questa volta, accettando la critica e dicendo mentalmente addio alla bionda cameriera. Perché anche quello, la differenza d'età, era sicuramente rimasto un limite invalicabile. E figurarsi se a quell'età una donna poteva ancora essere signorina: probabilmente era solo un po' sciocchina e attirata dai maschi prestanti. E lui non voleva quel genere di donna.
Il ricordo di Peggy gli tornò prepotente alla mente ma lo scacciò con altrettanta violenza: Peggy non era una donna comune e il paragone non reggeva.
“Non tentare di sviarmi.” disse, riprendendo le fila del discorso “E' così grave il problema che ti affligge? E cosa vuol dire che non siamo amici?”
Natasha lo fissò dritto negli occhi. “Quello che ho detto. Non sono amica tua, né di Tony, né di nessun altro...”
“E Clint? E Fury?”
“Colleghi...” replicò troppo rapidamente “Ho i loro numeri sul telefono solo perché devo comunicare con loro, non perché mi servano realmente”
“Non credo che Clint la pensi allo stesso modo ma... Non dirlo a Pepper...” sibilò lui. “Credo che si sia affezionata a te...”
Natasha lo guardò scettica “Solo perché abbiamo lavorato qualche mese gomito a gomito? Perché ora bazzico attorno al suo uomo? Per quanto si possa parlare con gli altri, Steve, se non gli apri il tuo cuore e non fai affidamento su di loro, questi non sono tuoi amici anche se loro possono credere il contrario.”
“Hai qualcuno da considerare tale?”
“Tutti morti..” replicò lei “Tranne...un paio...forse...” disse abbassando lo sguardo. Passarono alcuni istanti di silenzio, durante i quali entrambi pensarono a chi si erano lasciati alle spalle nel corso degli anni.
“D'accordo, ok, non sono tuo amico. Ma hai bisogno di sfogarti. Puoi parlarmi della cosa come un freddo dato oggettivo, una missione... in due possiamo trovare la giusta soluzione.”
Natasha, glielo si leggeva in faccia, era tentata di vuotare il sacco nonostante la maschera di freddezza dietro cui si trincerava. Niente amici, niente genitori, un lavoro marcio e chissà quante privazioni nella propria vita. Non c'era da meravigliarsi che non si fidasse di nessuno, che si comportasse come un animale ferito e braccato o che...
Che avesse accolto un minimo di calore, per scaldare quel suo animo così infreddolito, e si fosse scottata? Ma come? Non riusciva proprio a capire.
La spia, sentendosi stretta alle corde, cercò di guadagnare tempo, giocherellò con il suo ice-chocolate, lo sbocconcellò e, infine, sentendosi lo sguardo penetrante di Cap addosso, vuotò il sacco “Ho baciato Clint...” alitò
Steve restò a guardarla, in attesa di qualche altra notizia. Quando si rese conto che la notizia era tutta lì, batté gli occhi, perplesso “E quindi? Non capisco dove sia il problema...” Natasha boccheggiò, paonazza, e lui continuò “Voglio dire, state assieme, condividete il letto. Dov'è la novità? Anzi no! Sì che è una novità! Hai detto che non lo consideri che un collega...”
“Noi.Non.Stiamo.Assieme!” ringhiò la rossa suscitando lo stupore del biondo
“Davvero?” allibì quello
“E mi domando perché tutti vi siate fatti questa stupida idea!” replicò incrociando le braccia al seno, offesa
“Ok, d'accordo, scusa...” disse Rogers cercando di riparare al danno. E cercando di capire cosa volesse dire la cosa, concretamente: doveva rivedere tutta la situazione e non era operazione facile “Dunque...” meditò a lungo, senza venire a capo della cosa “Non state assieme. Ma dormite assieme. E sembrate una coppia a tutti gli effetti. E l'hai baciato...”
“Ci eravamo già baciati, anni fa. Eravamo sotto copertura...” disse lei ricordando come avesse calcato la mano sulla sceneggiata. Forse un po' troppo. Che fosse stato allora che Clint aveva perso la tramontana? “Dopo un primo periodo di rodaggio non abbiamo più avuto bisogno di pararci il culo con questi trucchetti. Quando siamo passati alla modalità Widowmaker avevamo compiti ben distinti e quasi non ci incontravamo neanche.”
“Mmm” Steve aveva la fronte corrugata, nel tentativo di capire il guazzabuglio in cui era immersa la spia “Cosa c'è di diverso, questa volta?” era l'unica domanda sensata che gli fosse venuta. Perché, effettivamente, solo l'atteggiamento di lei sembrava essere cambiato improvvisamente e che, quindi, poteva costituire un problema.
Natasha si mordicchiò il labbro, a disagio, quindi inspirò a fondo, nel tentativo di calmarsi “Non era la cosa giusta da fare...” rispose distogliendo lo sguardo
“Cosa?” domandò ancora lui. Quando mai un bacio era stato qualcosa di sbagliato? Di per sé non indicava nulla. Erano altri i fatti significativi: le intenzioni dietro il gesto. Poteva pure essere stato uno scherzo, per quanto ne sapeva.
Natasha sbuffò “Clint... diciamo che è... interessato...” spiegò inarcando le sopracciglia, sperando che il messaggio fosse abbastanza chiaro
“Ti ha chiesto di mettervi assieme?” domandò ancora Steve pensando che fosse ora che la cosa venisse chiarita, essendo lei un pochino ottusa -di proposito o involontariamente- sull'argomento.
“Non proprio. Me l'ha fatto capire. E non ci sono dubbi al riguardo. E' stato abbastanza esplicito sulla cosa. Non si è neanche dichiarato, a pensarci bene. Era una constatazione oggettiva dei fatti... ah!” sbuffò esasperata “E' tutto così dannatamente complicato quando sei abituata a capirti con lo sguardo, quando il bagaglio di esperienze condivise rende superfluo parlare. E ora tutto questo è un ostacolo. Perché non è lavoro!”
“Ho capito la situazione...” disse il capitano, sorbendo la sua birra “Qual'è il problema? Non ti piace? Lo vedi solo come un amico...un collega, come hai detto prima? Non credo si offenderà se... No, ferma un attimo.” disse posando il bicchiere “Non l'avresti baciato... Perché l'hai fatto?” domandò stranito
Natasha esitò ancora “Mi sono sentita egoista a negargli qualcosa che, tutto sommato, non mi sarebbe dispiaciuto condividere con lui. Per un attimo, ho pensato Ma sì... Perché no? Vediamo come va. Magari si risolve tutto in una bolla di sapone, magari...Poi, però, sono tornata sui miei passi. Direi che sono precipitata a terra. Io, te, Fury...Wolverine, Deadpool. Noi vivremo praticamente in eterno, a meno che qualcuno non ci ammazzi. Logan e Wade sono immortali ma è un discorso a parte. Non posso viverla come una ragazzina, devo pensare alle conseguenze. Soprattutto perché sono più grande di lui. Molto più grande. Potrei essere sua nonna. E tra venti, trent'anni, Clint sarebbe un vecchio e io sembrerei la classica ragazzina profittatrice. Ma senza tenere conto di quello che la gente potrebbe pensare, lui morirà. Io no. E credo che nessuno meglio di te possa capire cosa voglio dire. E' giusto, per un mio capriccio, negargli una famiglia come lui si aspetta?”
“Magari non la vuole una famiglia e dei figli. Forse vuole solo stare con te...”
Natasha scosse la testa “Se anche gli bastasse solo quello, e credo sarebbe una forzatura per lui, tra noi c'è la stessa distanza mentale che c'è tra te e la cameriera. Veniamo da due mondi inconciliabili. Non posso lasciarmi guidare dagli ormoni impazziti. Solo perché ha un bel visino e ci troviamo su molte questioni che ci rendono la coppia affiatata che siamo, non vuol dire che il mio passato non incida. Me l'ha rinfacciato lui stesso più volte, di recente. E a ragione: io sono il prodotto del mio passato, di una vita passata a scappare, a guardarmi le spalle e a temere gli altri. Gli inganni degli altri. Per questo ne ho fatto un'arte a mia volta. Allo stesso modo, lui è ossessionato dalla sua infanzia passata in orfanotrofio. E non è un bel passato, credimi...”
“Ho letto i vostri dossier...” ammise il capitano “So del vostro passato e dei vostri rispettivi coniugi...”
La rossa annuì “Io non voglio soffrire nel momento in cui lo perdessi di nuovo.”
“Stai soffrendo adesso...” precisò il biondo
La spia abbozzò un sorriso “Un piccolo sforzo adesso per evitare la tragedia più avanti. Si può fare. Si chiama lungimiranza...”
“Non sono la persona più indicata per farti la paternale. Anzi, capisco molto bene. Però, allora, se la pensavi così, avresti dovuto continuare a tenerti a freno, come hai sempre fatto... Non essendoci riuscita vuol dire che nemmeno tu sei del tutto convinta.”
“E' stato un errore. Un tremendo errore. Ma ero in panico...”
“Scusa? Come sono associati un bacio dato per piacere e una situazione di panico?” domandò il capitano, perplesso da quell'accostamento azzardato
“Io... odio le situazioni che non posso gestire. Vado completamente nel pallone. Motivo per cui ho veramente detestato lavorare con Hulk pronto a esplodere al mio fianco. Non con Banner, precisiamo. Il dottore è una persona amabile con cui è facile dialogare. Ma era l'altro a tenermi sulle spine. E Stark non è certo molto meglio anche se nella sua imprevidibilità è prevedibile: sai sempre che farà qualche scemenza.”
“Quindi?” la incalzò ancora lui
“Stavamo discutendo, l'altro giorno. Lui si è inalberato perché, a parere suo, non capivo quanto io stessa possa essere una minaccia alla sua sanità mentale. E' riuscito a immobilizzarmi...” ammise controvoglia “Per spiegarmi bene il suo punto di vista e impedirmi di ribattere, sviandolo. Quando mi ha lasciata andare, chiedendo scusa, ho... ho pensato che... beh... che forse potevo accogliere la sua richiesta, darci una possibilità. Ma lui, stranamente, mi ha rifiutata. Salvo poi venire a scoprire da Janet...” spiegò gesticolando, nervosa “... di essere l'argomento preferito di conversazione. Anche con le sue amiche di letto!” sbuffò offesa
“Con le sue cosa?” domandò Cap confuso.
“Lascia stare, è una cosa, per te, inconcepibile... immorale, oserei dire. Due che vanno a letto assieme solo per soddisfare i propri bisogni senza alcun vincolo affettivo. Anche se, nel loro caso erano pure amici...” precisò sempre più indispettita.
Steve la guardò inorridito: non era solo il decoro ad essere andato alle ortiche, ma anche la decenza, la morale... tutto! Atei, neri, gay, promiscuità, droghe, incesto, fecondazione assistita. Era un mondo di folli e pervertiti dove tutto era concesso se non legalizzato! Ci mancavano solo zoofilia e necrofilia e la lista sarebbe stata completa. Lungi da lui condannare e perseguire certe scelte, per quanto potessero fargli schifo.
No, quello era un mondo a cui lui si sarebbe dovuto adattare, certamente, essendo l'unico a sua disposizione. Ma gli sarebbe costato uno sforzo considerevole.






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Una doverosa precisazione a scanso di equivoci: con la penultima frase attribuita a Cap non avevo alcuna intenzione di offendere chicchessia.
Soltanto, mettiamoci nei panni di Cap. Ora, non perché questo è bravo e buono ed è al di sopra delle parti (più o meno) non vuol dire che non abbia delle convinzioni, delle preferenze e comunque un'educazione che lo porta a scansare certe cose a favore di altre. Per questo non capisce, è schifato ma accetta che il mondo sia cambiato.

Per quanto riguarda le categorie succitate... beh -_- parliamone: non sono nera (potrei parlare per ore di quanto non credo la parola in sé sia offensiva -al contrario di negro che però sta alla base della corrispondente classificazione antropologica né più né meno di quanto lo sia caucasoide/europoide etc - la trovo solo una rapida semplificazione di un certo tipo di società. Se la distinzione sociale più grande fosse l'essere cieci o meno -vi prego, l'ipovedenti è orrendo!- probabilmente adotteremmo quella come discriminazione...non lo so! La psicologia, l'antropologia, l'etnografia, la sociologia e la teologia sono scienze così belle, che analizzano questi nostri costrutti mentali... quindi.. beh niente...solo se anche il più buono di noi fa discriminazione non è perché è fondamentalmente razzista ecco... un po' come non trovo offensivo parlare di femmine e maschi per indicare una parte di popolazione non composta esclusivamente da individui adulti... sta a noi vedere il contesto e l'intonazione... ma vabbè, taglio corto) né gay (sono circondata in università. Vi pare davvero possibile che possa aver resistito tutto sto tempo se fossi una fascista intransigente? ò_O) ma sono atea (non agnostica, prego! Distinguiamo. Quindi mi starei tirando la zappa sui piedi) favorevole alla fecondazione assistita.

Quanto al resto: promiscuità può voler dire tutto e niente (dalla commistione politica/economia ai costumi sociali/morali non più nettamente divisi... e in un caso esistevano già ai tempi in cui nacque Rogers, nel secondo... beh, torniamo al discorso che deve svilupparsi. E poi già i latini lamentavano la degenerazione del mos maiorum, quindi non è sta gran novità), droghe (beh, una popolazione drogata è una popolazione che non sa che cazzo sta facendo... e alimenta la delinquenza. Ma anche quello è sempre esistito, in forme diverse) e l'incesto è l'esagerazione di Rogers. Ma mai quanto necrofilia e zoofilia. Ma poverino.

In sostanza, l'essere Capitan America non lo preserva da i normali difetti umani anche se viene mostrato sempre integerrimo e tutto d'un pezzo. Specie paragonato a Tony che, invece, di demoni e conflitti interiori, è pieno come una cocuzza. E credo che Cap sarebbe anche in grado di mentire: buono non vuol dire onesto :D eh già. Preparatevi!

Ah, non temete... la prossima parte sarà la risposta di Cap a Nat su tutto quello che è stato detto finora. Cercherà di farla ragionare...
Buona settimana a tutti!

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Capitolo 8
*** Baratto ***


8. Baratto






“Sarebbe tutto così semplice se mi fossi scelta un immortale, come dice lui...” sbuffò Natasha, esausta dopo quello sfogo più simile a una confessione. Anche se la confessione vera e propria era quella -riportata- dell'arciere. “Anche James invecchia, dannazione a lui...”
“James?” domandò Steve perplesso. Era un nome che gli suonava troppo familiare e che scatenava ricordi dolorosi.
“E' stato il mio istruttore, al KGB... sai cos'era?”
“Non mi suona nuovo... forse nei filmati che ho studiato....”
“Era il Comitato per la Sicurezza dello Stato: il corrispettivo russo di CIA, FBI, NSA tutti assieme...”
“Facevate le cose in grande...” si complimentò il Capitano
Natasha poggiò il mento sul dorso della mano e si volse a osservare il punto, verso l'orizzonte, in cui non era più possibile scorgere la lunga strada caotica e affollata nonostante i buchi nel manto stradale non fossero stati ancora sistemati “Bucky è stato... il mio... primo grande amore.” alitò mentre Cap strabuzzava “D'altronde, guardandomi col senno di poi, direi che c'era da aspettarselo: una ragazzina promessa a un uomo che non conosceva e il suo affascinante istruttore. Molto drammatico e shaekspeariano, se non fosse che è tutto finito senza spargimenti di sangue. Primo amore a parte quello stronzo di Alexei che se mi capita a tiro ancora una volta giuro che nessuno sentirà più parlare del Guardiano Rosso!”
“Ferma un attimo!” Steve quasi urlò per il nervosismo quando si fu ripreso dallo shock “...Bucky... James Barnes? Quel James?” domandò agitato
“Lo conosci?” domandò perplessa la spia, già più calma dopo essersi innervosita solo a nominare il portabandiera sovietico.
Steve la fissò con tanto d'occhi “Bucky era il mio braccio destro, era il mio migliore amico, era...” sproloquiò per fermarsi di colpo, fissandola confuso “...morto!”
“Sì, beh... benvenuto nel club. Anche tu eri morto. Teoricamente. E anche quello stronzo di Alexei!” ribadì la rossa con acredine. Era evidente che fosse successo qualcosa tra i due e che a lei la cosa non fosse andata giù. Cap si appuntò mentalmente di tornare sull'argomento una volta che avesse ottenuto tutte le informazioni sul suo amico Anche perché, pure quello, era un nome che non gli suonava nuovo.
“Bucky è vivo?” domandò ancora lui, incredulo “Per mesi, prima di inabissarmi, l'ho creduto morto... com'è possibile?”
“Oh, beh, la storia è lunga. Bucky fu recuperato mezzo morto e incosciente. Al suo risveglio non ricordava più chi fosse: venne riprogrammato come agente segreto russo e le parti mancanti vennero sostituite con protesi meccaniche. Ciclicamente viene messo in criogenesi e le protesi vengono sostituite con altre più moderne. Invecchia lentamente e non solo per il periodo di stasi. Credo che ora si serva dello stesso siero che anche Fury si spara in vena una volta all'anno. Ma è invecchiato anche lui. Ora dimostra poco più di trent'anni.”
“Bucky... è vivo...” alitò ancora Cap, incredulo “Per una persona che scopri morta, con un passato che non ti piace...” disse pensando al tenente Carter “...ne trovi un'altra che era viva e con un futuro che non credevi possibile...”
“Guarda che Bucky è vivo, vegeto e al passo coi tempi, a differenza di qualcun'altro!” frecciò lei con un ghigno. Steve la guardò senza realmente vederla, confuso e immerso nei propri pensieri “E posso anche fartelo incontrare: si occupa di cellule terroristiche dormienti su territorio americano. E' un pezzo grosso. Ha fatto il giro del globo ma è tornato a casa...”
“Davvero?” Steve si riscosse e parve illuminarsi “Credi che mi riconoscerà?”
“Io dico proprio di sì. Coulson non era l'unico fanatico. Non ci avevo fatto caso e non vi avevo mai collegati... che sciocca... e dire che abbiamo condiviso così tanto... Però...” disse illuminandosi a sua volta “Ho un favore da chiederti: il prezzo da pagare perché io vi faccia incontrare. Non sarà una cosa impegnativa e faticosa. Ma potrebbe andare contro i tuoi principi.”
“Che rapporto ti lega a Bucky?” chiese il capitano, sospettoso, eludendo la proposta.
“Te l'ho detto. Siamo stati amanti. E, oltre a quello, condividiamo molto di più...” vedendo lo sguardo perplesso del capitano, Natasha decise di parlare ancora “Anch'io sono stata potenziata, tra le tante cose, con una particolare forma di cibernetica: nanotecnologia. Questi microscopiche macchine, invisibili a occhio nudo, mi danno una potenza e un'agilità superiore a quella di una qualunque altra donna, per quanto addestrata.”
Steve era allibito. No, le aberrazioni legittimate dalla società erano molto più mostruose di quanto non pensasse. “E... Il Guardiano Rosso? Alexei? È per caso lo stesso con cui ho lottato fianco a fianco...”
“Precisamente...” sibilò la rossa, interrompendolo.
“E...?” la incalzò “Perché tanta acredine nei suoi confronti?”
“Perché quel bastardo si è dato per morto per oltre trent'anni! Senza avvisarmi! E non solo mi aveva fatto il lavaggio del cervello ma lo faceva con tutte le altre mie sostitute. L'ultima volta che l'ho beccato aveva in mente di creare un'unica grande nazione russo-nipponica per ristabilire la maestosità dell'Impero. A suo tempo, sfruttò questa idea per far farmi diventare una spia. Ma io ho superato la cosa! Ho superato il fatto che la mia patria abbia perso tutto il proprio prestigio. Io, la Zarina, sono andata oltre. Ma non lui. Lui si comporta come i britannici che tanto disprezza, ancora tutti legati a un passato coloniale che non esiste più. Eroe, quel fanatico ... ma quando mai?1
“Lo amavi?” domandò Steve con cautela
La rossa esitò “Sì, lo amavo. Non all'inizio... All'inizio nel mio cuore c'era solo Bucky. Che stupida ragazzina viziata ero. Ma con l'andare del tempo, dopo che ci siamo sposati, mi sono scoperta ad amarlo, stimarlo... ero felice. Poi morì. In un collaudo, così mi dissero! Ora so che fu tutta una grandissima macchinazione. Eravamo in piena Guerra Fredda e la Russia aveva bisogno di qualche asso nella manica. Ero rimasta da sola e fu allora che ritornai alla Red Room, dove mi ero allenata con Bucky, decisa a rendermi davvero utile al Paese. Una Romanoff non poteva gettare la propria vita alle ortiche come una qualunque plebea. Io avevo sangue nobile nelle vene. Dovevo pur farci qualcosa. Soprattutto perché ero l'ultima sopravvissuta. E visto che non potevo raggiungere né mio marito né Bucky nella morte...”
“Ma hai detto che è vivo!”
“L'ho creduto morto, invece era stato solo ficcato nel congelatore... Insomma, non potevo rimanere ad autocommiserarmi a vita e decisi di sottopormi a una cura sperimentale...”
“Il siero del supersoldato?” domandò Cap, esterrefatto
“Qualcosa di simile. Non sono propriamente una superumana come te e Wade ma ho un'aspettativa di vita che tende a infinito. Per avere qualcosa che si avvicini a delle abilità veramente speciali, come detto, ho subito questa trasfusione di nanotecnologie. Oltre all'addestramento a cui mi sottopose il K.G.B., prima e dopo il trattamento, prima e dopo il matrimonio, come ogni spia russa.”
“James, Alexei, Clint...” Steve valutò i tre uomini della vita di Natasha. Li aveva conosciuti tutti, chi meglio, chi più superficialmente, ed erano tutte delle brave persone (almeno nei suoi ricordi, mai avrebbe detto che Alexei fosse un invasato del genere). E tutti, in qualche modo, si rimandavano a vicenda e avevano, con lui, un collegamento più o meno diretto. Non poteva ancora dire per Clint, a parte il fatto che fosse così abile da essere probabilmente l'unico altro essere vivente sulla faccia della Terra a saper come lanciare il suo scudo, ma lui e James erano stati amici e compagni d'armi e Alexei era stato la sua versione sovietica; James ed Alexei, inoltre, erano stati -a quanto gli aveva appena raccontato la donna- eroi russi, simboli della nazione. “E sentiamo, quale sarebbe il prezzo per incontrare James?” domandò curioso, stirando un sorriso complice di chi sa che gli sta per essere fatta una richiesta pericolosa.
Natasha sorrise sorniona a sua volta “Una cosuccia da niente...” nicchiò lei inclinando il capo di lato.

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Era appena l'alba quando il gruppetto raggiunse le porte che separavano la zona ritiro bagagli dall'uscita e dall'aria aperta. La brezza estiva che filtrava all'interno delle porte scorrevoli dell'edificio, trascinava con sé l'odore della terra bruciata dal sole durante la giornata precedente e promesse di serenità e tranquillità per il giorno che nasceva.
“Allora?” urlò il ragazzo fermo dietro le transenne non appena individuò, tra i passeggeri del volo appena atterrato, i suoi tre compagni. Corti capelli argentati sfuggivano a un berretto da baseball mentre le mani massacravano nervosamente i bordi della felpa verde che aveva sul dorso la stampa di Jet the Hawk. “Siete spariti per una settimana!"
“Buongiorno anche a te, Pietro.” lo canzonò uno dei due, quello più stazzonato “Sì, la gita è stata particolarmente istruttiva, il tempo a New York era splendido e il viaggio di ritorno è andato liscio come l'olio: abbiamo dormito tutto il tempo. Grazie dell'interessamento!”
“Chissene frega, Lance!” Sbottò quello scansandolo e avvicinando la donna bionda e avvenente -nonostante indossasse dei semplici jeans e una felpa di ciniglia viola- che era con loro. “L'avete vista?”
“Ma perché non sei venuto a cercartela per conto tuo?” replicò infastidito il biondino “Tutto sto casino per una mezza sciroccata!”
“Bada a come parli, piromane rincoglionito!” ringhiò Pietro facendosi minaccioso “Che per colpa tua mio padre ci ha messi tutti a sgobbare a Genosha!”
“Potevi arrangiarti!” replicò Pyro senza esitazione.
“Fottiti! Avrei gradito essere messo in punizione come voi due ed essere costretto ad andare nella tana degli X-Men! Almeno loro sono gente con cui puoi parlare...”
“Certo, come l'amore di Raven!” replicò il biondo con sarcasmo ricalibrando il peso dello zaino sulla spalla. Ma la donna gli rifilò subito un manrovescio sulla nuca. “Ma porca troia, Mystica!”
“Salda quella ciabatta o ti farò pentire amaramente di non esser stato lasciato a Westchester”
“Però è vero...” replicò anche Lance “...mirava a Erik ma secondo me voleva saltare addosso a te...”
“Saranno abituati ad amoreggiare armati di coltelli. Uuuu!!!!” continuò a canzonarla imperterrito il biondino “Amiamo il sesso estremo, Raven? Sadomaso, bondage... però non ti facevo una passiva! Certo... con Logan sarebbe difficile per chiunque...”
Ma la donna non replicò, preferendo lasciare perdere quei giochini da adolescenti con troppi ormoni in corpo. Levò gli occhi al cielo e sbuffò “Io almeno non ho alcun complesso verso l'uomo ghiaccio né ho una cotta paurosa per un'avversaria... una come Kitty Pride, per altro...” disse, freddando i due ragazzini, e incamminandosi al fianco di Pietro.
“Chi avrebbe cosa?” strepitarono i due alle sue spalle, paonazzi per la vergogna, quando si furono ripresi da quella stoccata.
“Tua sorella non era dagli X-men.” disse Mystica avviandosi verso il parcheggio mentre, dietro di lei, Pyro e Lance cominciavano a prendersi in giro come mocciosi per i rispettivi punti deboli. “L'informazione che avevo sulla sua nuova amica si è rivelata infondata. Non c'è nessuno, lì, che corrisponda alla descrizione che avevo. E' possibile che non sia nemmeno una mutante...” Pietro chinò il capo, demoralizzato “Però...” aggiunse Raven ridandogli un briciolo di speranza “Possiamo provare a indagare direttamente alla fonte...”
“Ma sei impazzita?” protestarono i due che si erano improvvisamente interessati al discorso. “Dopo gli X-men ora vuoi andare ad affrontare a muso duro anche...”
“Non sono così sciocca, idioti...” li zittì lei salendo in macchina “Ho un piano migliore. E potete restarvene a casa se ve la fate sotto dalla paura. Andremo io e Pietro!” sottolineò l'intenzione sbattendo la portiera. “Giù i piedi dai sedili, Quentin!” disse, rivolgendosi al ragazzo che era rimasto di guardia al veicolo, sbracato al suo interno: aveva il cranio rasato ai lati e una piccola cresta rosa che correva in cima. Sul volto arrogante calzava un paio di occhialini dalle lenti tonde e verdastre.
“Meno male che non vuole inimicarseli... manca altro che vada a infastidire quei sociopatici! Levati Quentin!” piagnucolò Pyro mentre Lance rincarava la dose “Già abbiamo lo spettro del Wakanda che può entrare in guerra con chiunque per via del Vibranio...”
“Interessante!” commentò Quentin Quire rimettendosi a sedere un po' più compostamente per dare modo a Pietro di fare manovra e permettere agli altri due di salire a bordo “Io ci sto a scatenarmi contro chicchessia! Quando si parte?”
Raven roteò gli occhi al cielo “Perché te lo sei portato dietro?” domandò già esausta.
“Prima dimmi: tu che ci verresti a fare?” domandò Pietro, scettico, mettendo in moto “Si tratta di mia sorella... e non ho paura, io...” scandì, rivolto ai due compagni attaccabrighe “...di andare nella tana di chissà chi!”
“Si tratterebbe di tornare a New York. Ci sei appena stata. Potevi fermarti lì e ti spedivamo Pietro impacchettato!” replicarono anche i due delinquenti, accomodati sui sedili posteriori ma stretti poi contro i finestrini perché il loro compagno doveva stare comodo. “E comunque non puoi lasciarci da soli a Genosha. Moriremmo di fame! Cazzo, è una schifosissima isola africana isolata dalla costa orientale e lontana pure dal Madagascar!”
“Sarà il caso che impariate ad arrangiarvi?” Replicò la donna “Potete sempre imparare a pescare!”
“E cosa dovremmo tirar su? Piranha? Pescicane? Sappiamo che in Giappone ne vanno ghiotti, ma noi non siamo dei musi gialli anche se tu e il tuo amore siete legati a quella terra sovraffollata da schizzati irregimentati!” sbottò Lance, sperando di muoverla a pietà con la velata minaccia di una rivoluzione.
“La distruggeremo se rimarremo da soli!” rincarò Pyro, scegliendo una strada diversa: erano inaffidabili? Avrebbero dimostrato quanto.
“Puoi starne certa, con me al comando!” commentò anche il terzo passeggero “Fuoco a volontà!”
“Allora sarà la volta buona che Erik vi metterà i collari dell'MRD e vi sbatterà ai lavori forzati senza poteri!” sibilò mentre Pietro ingranava la marcia e guadagnava la strada.
“Comunque, tu non fai mai nulla per nulla. Che ci verresti a fare?” domandò il mutante alla guida levandosi il berretto e lasciando che le ciocche ribelli e argentine scivolassero libere sulla nuca e ai lati del volto.
“Sai già dove andare?” domandò la donna, scettica, riprendendo il proprio insolito aspetto: capigliatura rosso fuoco, pelle blu fasciata in aderenti pantaloni bianchi su top smanicato dello stesso colore.
“No, improvviserei!” rispose sicuro il ragazzo
“Come immaginavo” sorrise lei
“Perché tu avresti un'idea migliore?”
“Io saprei già a chi rivolgermi...” ghignò di rimando.
“A chi, sentiamo?”
“Al migliore.” disse per poi aggiungere piano “In quello che fa....”
Il silenzio calò improvviso, gelido e opprimente come un macigno. Finché i trasportati non cominciarono a ridere sguaiatamente. “A casa mia questo si chiama amore, Raven!” disse Quentin sporgendosi tra i due sedili “E per affrontare Logan ti serve sicuramente l'aiuto del sottoscritto!”
“Ragazzini...” sibilò lei, rivolgendo un'occhiata al panorama notturno che si svolgeva lungo la strada. “Siete fortunati a poterla pensare così...” disse senza staccare gli occhi dalle luci aranciate che trapuntavano la metà inferiore del nero panorama, delineando agglomerati urbani, colline e strade ma che non lasciavano immaginare la desolazione della vegetazione circostante. “Vi auguro di non trovarvi mai nella situazione in cui ci siamo trovati noi...” disse cupa mentre anche Quentin, che era un telepate di classe Omega, sbiancava dopo essersi fatto una carrellata dei suoi ricordi.
Solo Pietro, accanto a lei, notò, con la coda dell'occhio, un gesto quanto mai strano associato a quella donna spietata e opportunista. La mano che non reggeva il mento le era scivolata, probabilmente in modo involontario, sul ventre. O forse aveva solo un po' di freddo. O qualche crampo.
Non sapeva cosa potesse rappresentare quel gesto, anche se, per associazione d'idee, non doveva essere poi molto lontano dalla verità. La rabbia per il buco nell'acqua fatto nella ricerca di sua sorella sbollì in un istante, sostituita dalla compassione per la loro istruttrice.
Raven non parlava mai del suo passato e, conoscendola, era possibilissimo che non fosse qualcosa di piacevole da sentire. Forse, era qualcosa di ancora più doloroso di quello che aveva passato suo padre. E suo padre era un superstite dei campi di sterminio nazisti.
Odio chiamava odio, ormai questo era un assunto che si era impresso chiaramente nella sua giovane mente: chi è vittima rischia di diventare carnefice molto facilmente.
Lui, tutto sommato, non aveva sofferto chissà quali privazioni. E a parte un po' di rabbia giovanile che gli impediva di essere obiettivo, non aveva grandi odi e grandi ambizioni, se ne rendeva perfettamente conto. Gli bastava vivere in pace. Con sua sorella. L'unica persona attorno a cui gravitasse la sua vita: lei era tutto ciò che contava sempre e comunque.
E tutto ciò che cercavano era un posto sicuro, lontano dalla guerra che suo padre aveva protratto per tutti quegli anni. Anche se forse era pretestuoso parlare di guerra, visto il totale disinteresse dei mezzi di comunicazione per le loro battaglie.
Nonostante per loro fossero problemi pressanti, la maggior parte della popolazione ignorava addirittura l'esistenza dei mutanti. Erano da considerarsi più scorribande che vere e proprie battaglie2. Ma nulla vietava che, presto o tardi, umani o mutanti, non avrebbero trasformato un dato di fatto in una stupida, inutile e sanguinosa guerra fratricida. Una guerra che non avrebbe mai sentito sua.
Fino ad allora, lui e Wanda, si erano illusi che riabbracciare la famiglia perduta fosse la soluzione ai loro guai. Ma non era così: si sentivano costantemente fuori luogo. E la scomparsa di Wanda era la prova di questo loro malessere. Avevano bisogno solo l'uno dell'altra e ora che lei era sparita, il mondo gli sembrava privo di senso.







1 In Widowmaker, Nat si scontra appunto con Alexei che indossa i panni di Ronin cercando di scaricare la colpa su Barton (precedentemente Ronin lui stesso, dopo Echo).

2 Inserendomi nel solco dei film, in cui sembra che la popolazione sia praticamente all'oscuro dell'esistenza dei mutanti, tratto tutte le battaglie affrontate come episodi locali che non sono mai arrivati al grande pubblico anche se, in ogni posto, con gli stessi problemi, si comincia a vociferare e a temere questi strani fenomeni.
E a ben vedere a parte Utopia e Fear it Self (non includo nemmeno Scisma), raramente le lotte fra le fazioni hanno coinvolto i civili. Altri luoghi teatri di scontri sono stati gli universi paralleli, lo spazio profondo, nazioni coinvolte dagli stessi superumani (Wakanda, Latveria etc)...cose così...
Quindi è plausibile che la gente non ne sappia nulla. A parte i politici, ovvio. Ma loro tengono tutto segreto.

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Spero che non sia stato un capitolo troppo incasinato, tra Alexei/Bucky e Pietro/Wanda.
:) avete visto che sono arrivati anche loro? XD

Dunque... una domanda interessante che scommetto molti di voi si stanno ponendo è “Perché Bucky non ha chiesto di vedere Rogers se sa chi è?”
Risposta, molto semplice: Rogers è stato scongelato poco prima dell'attacco dei Chitauri e non c'è stato il tempo per organizzare un incontro. Ora, lo stesso Soldato d'Inverno è pieno di lavoro fino al collo e sa che ha a disposizione tutto il tempo che vuole per incontrare il vecchio amico.

Ancora, Nat e le nanotecnologie. In realtà -ci tornerò su, non temete...anzi! Tenete a mente che c'è qualcosa che non vi ho detto, d'ora in poi- Natasha ha subito diverse modificazioni, non ultimo l'innesto di protesi cibernetiche (che possono essere anche delle semplici microspie incorporate, come dimostra Vedova Nera - Il nome della rosa). Ma come le giustificavo a Cap? Ecco che la nanotecnologia viene in mio soccorso: è roba che lui non può nemmeno concepire e si avvicina al concetto delle particelle Pym usate un pò ovunque nel Marvelverse.

Infine, le somiglianze Cap-Bucky-Clint-Alexei. Clint, per cui Cap diventerà IL mito subito dopo Stark (stessa cosa, no?) indosserà anche i suoi panni, così come ha fatto anche Bucky.
In realtà sono tutti uomini onesti e seri, chi più testa calda di altri (Alexei è discutibile ma mosso da intenzioni positive... come tutti i cattivi! Perché io lo ritengo tale). A ben vedere, Bucky -nelle versioni più recenti e fighe- ha un che di Clint nell'abbigliamento (la versione in cui è un mercenario...quella SENZA tutina blu e viola), pratico e letale. Più volte lo stesso Clint, nel corso delle storie, si lamenta con Cap che lo tratta alla stregua di Bucky, come sua spalla. Insomma, a mio avviso i tre sono legati da un filo rosso comune, più o meno visibile. L'unica cosa che li associa anche ad Alexei sono, per l'appunto, l'essere eroe nazionale, la militanza nelle file russe e, per Clint, solo l'aver indossato i panni di Ronin.

Oh, per quanto a Quentin... lo so che non fa parte della confraternita ma è stato trascinato nella Jean Grey High School ma... dovete ammetterlo, è il più attaccabriga e pericoloso di tutti (insieme a Kid Gladiator) … e poi, ogni tanto, ha idee abbastanza folli... tanto che lo si può annoverare tra i cattivi cretini.
Ah... A Pietro ho sbattuto l'immagine di Jet perché -fosse stato un film- avrei voluto darvi un indizio grafico sulla sua identità. Avrei voluto usare Sonic (ovvi motivi... no?) ma il riccio è blu. Quindi la scelta ricadeva tra Silver the Hedgehog e Jet the Hawk. Silver avrebbe rimandato alla seconda parte del nick di Pietro (Quick Silver) ma Jet, non solo ha il colore Verde (quello del costume di Pietro) ma,a differenza di Silver, odia chi è più veloce e sicuro di lui. Insomma, la versione strafottente di Sonic e giusta a descrivere Pietro.
Quanto all'amichetta di Wanda :D chi potrebbe mai essere?? (ricordate che io non sto seguendo schemi logici e affiliazioni standard!)

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Capitolo 9
*** Trappole ***


9. Trappole






Avanzava a passo di carica e i passi rimbombavano lugubri tra le pareti di metallo, creando un'eco assordante. Non aveva la minima voglia di cercare di non infastidire gli operatori radio né di celare il suo arrivo.
Sulla passerella dove era stato disattivato l'LMD di Coulson, Maria Hill scattò sull'attenti nel vederlo arrivare. Al di là della stessa, nell'ambiente che era stato il letto della capsula anti-Hulk riciclata come stanza detentiva per Loki, che aveva rischiato di trasformarsi nella tomba di Thor, le urla di un uomo dal forte accento irlandese ripresero insistenti e volgari a richiederne la scarcerazione. L'unica via di fuga - lo sapevano l'uomo quanto i due agenti - era rappresentata dalle paratie scorrevoli che fungevano da pavimento e che si sarebbero aperte direttamente sull'Oceano Indiano, per un volo di diversi chilometri in caduta libera e senza paracadute.
Come arrivò al corrimano, non perse tempo in convenevoli e lo scavalcò, saltando a sua volta nella fossa detentiva d'emergenza priva di uscite di sicurezza. Fury atterrò pesantemente, ma con una certa grazia, facendo tuonare l'ambiente e zittendo il prigioniero all'istante.
“Oh, grazie a Dio, Nick... che cavolo succede? Maria dev'essere ammattita. La matricolina s'è montata la testa e...” ma tacque sentendo scattare la sicura della pistola di Fury e vedendo la canna della pistola d'ordinanza piantarsi a due centimetri dalla sua fronte “Nick, che scherzo è questo?”
“Dimmelo tu, Tim...” ringhiò quello, tenendolo sotto tiro “Anzi... comincia a spiegarmi tutto. Da principio. Chi. C'era. Su. Quel. Dannato. Aereo?” sillabò
“Ma se ti ho detto che non lo so!” protestò l'addetto alla sicurezza.
Fury sbuffò, abbassò l'arma e, cogliendo l'altro di sorpresa, lo afferrò per un braccio, glielo ruotò dietro la schiena e, con un unico movimento fluido, lo mandò a sbattere contro la parete. Subito rialzò l'arma da fuoco, trattenendolo adeso alla parete col resto del corpo, la mano artigliata alla giacca, senza mai mollargli il polso, e il braccio che premeva sulle spalle dell'amico. Mentre quello si riprendeva dalla sorpresa, imprecando nel tentativo di allontanarsi dalla paratia di fredda e dura con il braccio libero, Nick replicò la domanda, continuando a strattonarlo come fosse il peggiore dei delinquenti da sbattere in galera.
“Non lo so!” disse Dum Dum esasperato.
Fury abbassò di scatto l'arma e fece fuoco, senza batter ciglio.
Il proiettile mancò volutamente di un soffio la gamba dell'addetto alla sicurezza e carambolò un paio di volte tra le paratie, in una pioggia di scintille, finché non esaurì la sua spinta propulsiva e lo si sentì rotolare scompostamente sulla pavimentazione metallica.
“Non intendo ripetermi...” lo avvisò facendolo voltare bruscamente, mozzandogli il fiato in gola col gomito “E Val l'ha imparato a sue spese...”
“Cosa hai fatto a Val?” domandò il fuciliere, orripilato
“Quello che andava fatto. Era una spia di HYDRA.” bluffò “Lo sei anche tu?” domandò fermo mentre, con la coda dell'occhio vedeva che l'agente Hill, dall'alto della sua postazione, era pronta a bacchettarlo, chiedendo spiegazioni. Qualcosa, o qualcuno, però, l'aveva fatta desistere. Fury stirò un ghigno compiaciuto. “Allora, Tim... hai bisogno di un altro incentivo?” domandò allontanandosi di un passo e piantandosi tra i denti un bel sigaro senza mollare l'arma né abbassare il tiro.
Entrambi gli uomini sapevano che quello non era un buon segno: dopo esser stato riammesso forzatamente tra le fila dello S.H.I.E.L.D., a seguito di una quarantena durata anni, Nick aveva infine smesso di fumare nel '98 all'indomani della missione che aveva portato lui e Val a fermare i piani di HYDRA per radere al suolo NY con testate atomiche.
Aveva smesso ma solo dopo aver fatto incazzare tutti (dal CSM, alle macchine preposte al riconoscimento del personale, agli addetti alla sicurezza) fumando a bordo dell'Helicarrier in tempi in cui il fumo in locali pubblici non era ancora normato per legge.
Fumare ora, dopo quindici anni, era segno che il vecchio, rissoso, scontroso, indisciplinato e irriverente Nick Fury era tornato dopo la lunga prigionia in balia della sua versione addolcita. E la cosa non era un bene per nessuno.

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“Stai scherzando! Non puoi parlare sul serio!” sbottò Rogers scattando indietro, il più lontano possibile dalla sua interlocutrice che sembrava divertirsi a prenderlo in giro.
“Sono serissima, invece!” replicò lei, incrociando le braccia sotto il seno, offesa.
“Ma... non puoi chiedere a Bucky, visto che è stato il tuo primo amore?”
“Clint sa di Bucky e sa anche che in questo momento non mi farei mai aiutare da lui. Non così. Sarebbe una bugia che scoprirebbe subito...” precisò Natasha volgendo altrove lo sguardo.
“Ma perché devi ingannarlo? Non potete parlarvi come persone adulte?” Era lui fuori dal tempo o erano loro due a giocare inutilmente al gatto e al topo? Steve proprio non riusciva a capirli.
“Non capirebbe... non capisce tutt'ora...” rispose seria la spia, il tono della voce duro e tagliente, quasi pensasse di essersi già dilungata profusamente in spiegazioni dettagliate.
“E perché sarebbe una bugia, scusa? Tu stessa hai appena detto che... come dire... vi siete riavvicinati diverse volte...”
“Appunto! Clint lo sa e potrebbe mettersi tranquillamente in attesa che il gioco finisca e scopriamo le nostre carte. Bucky farebbe di tutto per me e viceversa ma finiremmo col farci scoprire, litigando come al solito. Sa che non esiterei a imbrogliarlo in questo modo proprio perché non sarebbe nemmeno una gran messinscena. Ma sono proprio le cose troppo simili a quelle che ti prefiggi che ti fanno fallire. Meglio partire da una situazione completamente diversa.”
“Perché in questo momento non dovresti farti aiutare da lui?” domandò perplesso e poco convinto
“Clint sa che per un bel pezzo, non vorrò averci nulla a che fare, non dopo che, proprio James, lo mise sulle mie tracce e lo istruì sui miei punti deboli.”
“Ha un suo perché.” dovette ammettere il Capitano “Ma pensi davvero che la soluzione che proponi tu sia perfetta?” replicò quindi, tagliente e normativo
“Inappuntabile. Nessuno sospetterebbe nulla. Non da te, almeno. Tu sei il puro di cuore, quello che non avrebbe ucciso i nazisti perché odiava i bulli. Tu sei forse l'unico in grado di sollevare il martello di Thor. Chi si aspetterebbe un comportamento simile da te, l'eroe per antonomasia! Ma non è che perché sei buono tu non possa mentire.”
“Non sono sicuro di volerlo fare. Non sarebbe nemmeno credibile: cos'avremmo in comune io e te?” sbuffò esasperato: quella donna aveva una logica di ferro.
“Più cose di quanto tu possa immaginare. Ma se hai paura che la defunta Peggy Carter A.K.A. Maria Stark ti maledica dalla tomba per una piccola bugia, fa pure...”
“Ei-kei... che?”strepitò lui
Also Known As1” precisò lei sospirando
Alias! Si dice Alias! Cosa sono questi neologismi campati per aria?”
“E' un acronimo. O sigla. Ed esiste da prima che tu ed io nascessimo.” precisò lei senza perdere il suo aplomb. “Ti suggerisco di integrare i tuoi studi con una bella lezione di sano gergo: al giorno d'oggi è indispensabile usare qualche abbreviazione”
“In ogni caso, non essere blasfema!” l'ammonì lui indispettito: Peggy che lo malediva dalla tomba... non voleva nemmeno pensarci.
“Che fai, allora? Accetti?” domandò la rossa senza perdere il ritmo e senza dargli tregua.
“E sia...” sbuffò. Riagguantò la propria birra e diede un sorso, sperando di farsi passare l'improvviso mal di testa che l'aveva colpito a furia di litigare con la rossa. Rossa che, al momento, soddisfatta dell'obiettivo raggiunto, lo studiava ancora, curiosa, forse in cerca di qualche altra trovata intelligente.
“Steve...” lo chiamò, infatti, poco dopo, rigirandosi il lungo cucchiaio da dessert tra le dita “Sei vergine, vero?”
Quello quasi si strozzò con il sorso che aveva in gola e cominciò a tossire violentemente. Quando si fu calmato la folgorò, paonazzo, e si guardò attorno per accertarsi che nessuno avesse sentito “Ti sembrano domande da fare?” sibilò “Una signorina -una principessa, per di più- non dovrebbe parlare di argomenti così scabrosi, non in quel modo volgare e tanto meno in pubblico!” la redarguì
“Bene, quindi se ti chiudo nei bagni di questo locale e te lo chiedessi in latino andrebbe bene?” replicò lei divertita “Dimenticavo, alla lista aggiungi il birignao aristocratico” continuò facendo il verso alle nobildonne di inizio secolo.
Lui boccheggiò, guardandola come se fosse ammattita “No!” alitò disperato “No no no no no NO! Natasha, No! Non sono cose da... da...”
“Su su, sta tranquillo, non farti venire un'embolia...” Lo tranquillizzò lei ridacchiando e scavallando le gambe per sistemarsi in una posizione più comoda “Ma dovrai abituarti, sai? Pensi che la barista sia pudica e casta come pensi tu?”
“Non lo è?” domandò quello sconvolto
“Certo che no! Certo, non sono tutte scaricatrici come Rogue ma, a ben vedere, nemmeno la graziosa Pepper non è che sia una signora - e lei è una molto raffinata...”Attese qualche secondo, dandogli il tempo di riprendere fiato. Per poi tornare alla carica “Allora?”
“Ma... non credo siano cose che ti riguardano!” rispose lui tirando il bavero della giacca per risistemarsela, in un gesto alquanto nervoso.
“Oh, sì, che mi riguardano, carino. Se devi reggermi il gioco devi essere minimamente credibile. O meglio, devo sapere come adeguarmi, io a te, sarebbe impossibile il contrario...” Lo studiò con occhio clinico “Comunque... credo ti farebbe bene: approvo la scelta della cameriera. Impettita, irregimentata in un ruolo, fasciata in una divisa, come piace a te. Ma solo se eviti le complicazioni sentimentali: sei appena uscito da una delusione d'amore e in questo caso non c'è niente di meglio che una scopata-chiodo-scaccia-chiodo...”
“Shhhh” strepitò lui cercando di tapparle la bocca “Ma come parli?”
“Da principessa, mio caro!” replicò lei divertita, allontanandosi dalle sue mani semplicemente facendo dondolare la sedia sulle zampe posteriori.
“Scommetto che anche quella era una bugia, non è possibile che tu fossi davvero la za...!” protestò lui
Lei sorrise “Era l'unica parte vera, non ricordi? O il ghiaccio ti ha bruciato i neuroni?” sibilò astiosa per riprendere in tono scherzoso da dove aveva sospeso il discorso “Che ne dici di optare per un bel pigiama party con le amiche -la tua sola e unica sono io al momento, mi dispiace per te-, rifarsi il guardaroba, cambiare taglio di capelli...?” sottolineò con cattiveria nella lunga elencazione di consigli su come superare una delusione “In alternativa, puoi sempre optare per vagonate di gelato al cioccolato...”
“No! Mi rifiuto!” sbottò “Bocciata ogni singola proposta, a partire dalla prima e più assurda!”
“Ok, niente gelato. Giusto. Capitan America non può mica avere i brufoli: deve restare un sex symbol... ma non sai con chi stai parlando!” ghignò lei, sadica mentre lui avvampava di nuovo.
“Non è che ne hai voglia tu?” domandò stremato
“Certo che ne ho voglia io!” replicò leccando il lungo cucchiaio con fare intenzionalmente provocatorio e volutamente ambiguo “Ma mi piace avere compagnia, sai com'è! Non c'è gusto, da soli...”

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Faticava ancora a capire perché le avesse detto di buttare il suo migliore amico nella fossa dei leoni e avesse preso a sparargli addosso: più ci pensava meno trovava un senso logico nel comportamento di Nick Fury. Per non parlare di come aveva ridotto l'ex vice direttore Fontaine. Ma doveva ammettere che aveva ottenuto quanto desiderato.
Maria Hill era seduta al grande tavolo del ponte di comando, laddove i corridoi provenienti dai laboratori e dalle camerate sfociavano su quella terrazza tecnologica. Sul tavolo, decine di dossier cartacei, mai tradotti in formato elettronico per mantenere alto il livello di segretezza. Cercava collegamenti e possibili piste da seguire per riuscire ad affrontare qualunque evento si potesse presentare al suo cospetto.
Fury era stato estromesso e c'era il forte rischio che tutta la nave e gli uomini a bordo subissero la stessa sorte. Doveva prepararsi a salvare quelli che ora erano i suoi diretti sottoposti.
“Comandante!” disse una voce trafelata raggiungendola nella penisola rialzata, addossata alle pareti e che si innestava dolcemente nella sala di controllo.
“Sitwell2 non si corre e non si fanno i gradini a tre a tre...” commentò lei senza alzare gli occhi dagli incartamenti
“Signora, c'è il direttore Osborne al telefono. Vuole parlare con Lei...” la informò il biondino.
Subito la donna levò lo sguardo, improvvisamente attenta. Osborne. Ci mancava solo il nuovo direttore dello S.H.I.E.L.D.
“Registra la telefonata secondo il codice di criptatura nic-7 e resta in ascolto!” Disse alzandosi e seguendo il biondo operatore occhialuto alla sua postazione. Davanti al ricevitore, che coprì momentaneamente con una mano, trasse un profondo respiro “Qui parla il Comandante Hill...”
– Buongiorno Agente Speciale Hill. Sono Norman Osborne, il nuovo direttore dello S.H.I.E.L.D. – salutò una voce professionale ma beffarda al tempo stesso
“Buongiorno a Lei. Sono stata informata del cambiamento, nonostante il nostro Helicarrier sia in pessime condizioni...” Disse roteando gli occhi.
– Oh, bene, sono contento, possiamo tagliare i convenevoli... Senta, La chiamo in merito al mio predecessore e suo diretto superiore, Nick Fury... – disse la voce senza completare la frase di proposito.
“Come posso esserLe utile, Direttore?”
– Beh... Vede... è un po' complicato. Da quello che mi ha riferito il CSM sono sicuro che io e Lei riusciremo a intenderci. Nick Fury e i suoi supereroi... aveva un po' esagerato, non trova? – Sitwell levò gli occhi porcini su di lei, allarmato. Ma la Hill gli fece cenno con la mano di non preoccuparsi.
“Sì, una vera assurdità. Una pagliacciata vera e propria!” A quelle parole Sitwell strabuzzò ma Maria gli fece l'occhiolino: doveva proteggere tutto il personale. Nick Fury compreso. Nessuno meglio di lui poteva sapere cosa stesse bollendo in pentola. Ed era meglio per tutti se lei non avesse reso pubblico il suo nuovo pensiero: era sempre stata una strenua oppositrice del guercio ma dopo la battaglia dei Chitauri aveva capito di aver preso un abbaglio colossale, accecata da uno spirito colonizzatore e suprematista che nulla aveva a che fare con la reale natura della forza di pace internazionale per cui lavorava. Ma si rendeva anche conto che, intorno a lei, la maggior parte, erano invasati e imbevuti da discorsi simili.
– Le vorrei chiedere... che fine ha fatto Fury? E perché il vostro mezzo non ha ancora fatto rientro? –
“Abbiamo attraccato all'isola di Montecristo, in Italia. Il luogo più isolato che siamo riusciti a trovare nei paraggi... Avevo messo Nick Fury agli arresti, ma dev'essere scappato. Ora siamo diretti in una delle basi segrete con approvvigionamento e pezzi di ricambio.” Le sembrava di rivelare la trama di Ventimila leghe sotto i mari. Ma, in fondo, non era molto distante dal vero.
– Fury è una vecchia volpe, glielo concedo. E Le perdono questa negligenza. Avevate problemi più urgenti, immagino. E da quell'isola è impossibile scappare... anche per uno come lui... –
“E' stato un ammaraggio di fortuna e i danni si sono rivelati ingenti, superiori a una prima diagnostica. Eppure, a un'analisi dei nostri sensori, l'isola risultava disabitata da forme di vita umana. Non vorrei che quello con cui ho sempre avuto a che fare non fosse altro che un LMD.”
– Ah... – sbuffò quello – Nick e gli LMD... un vecchio trucco... magari ha effettuato lo scambio proprio durante l'attacco... –
“Non c'era alcun LMD registrato a suo nome a bordo e se c'era, era ben nascosto.. Impossibile, quindi, rilevarlo sull'isola. E anche se ci fossimo riusciti, chissà dov'era lui in realtà!”
– Bene, allora. Anzi, meglio. Così sono sicuro che Nick non possa manipolare nessuno su quella nave. Senta, Agente Hill, abbiamo deciso di spiccare un mandato di estromissione per tutti i fedelissimi di Fury... – si fermò, aspettando una sua reazione, che non venne – In caso di opposizione, scatta il fermo... Ora, Lei non è affatto in una posizione a rischio, tutt'altro. Ma ci sono diversi agenti di cui abbiamo perso le tracce... Le ho appena inviato una lista...– In quel momento la mini stampante nascosta nel pianale, rigurgitò un foglio con una lista sostanziosa di nominativi.
“Mi perdoni...” disse la Hill dopo averla scorsa rapidamente “Ma l'ex vice direttore De Fontaine è stata dichiarata morta...”
– Ho forti sospetti che fosse solo scomparsa... – dichiarò Osborne con una nota divertita nella voce. La Hill e Sitwell si scambiarono un'occhiata: Osborne la sapeva più lunga di quanto lasciava intendere e l'inganno non avrebbe retto ancora a lungo. – Comunque, la Contessa è l'ultimo dei miei problemi, al momento. Sono più seccato dal non aver trovato alcun riferimento di destinazione agli agenti Drew e Barnes. Ma soprattutto... la Johnson! Non sapevo nemmeno che esistesse. E che fosse minorenne! E' chiaro che è la pupilla di Fury e potrebbe ospitarlo, quindi... –
Era preoccupato per i membri effettivi e non per quelli soggiogati da Loki e successivamente scomparsi, che avevano rubato attrezzature, velivoli e chissà che altro e che erano pronti, con ogni probabilità, a vedere le informazioni di cui erano in possesso al miglior offerente. Da non crederci! “Con il dovuto rispetto, ho una domanda.” disse cercando di guadagnare tempo e mettere ordine nelle proprie idee “Al di là di insubordinazione, insulto a pubblico ufficiale e danneggiamento di bene pubblico.. di cos'altro si può ritenere colpevole Fury? Io stessa ero fortemente in imbarazzo con costringerlo agli arresti. E' stato espulso dallo S.H.I.E.L.D, non basta?”
– Comandante... credo che il suo grado e la sua giovane età non le permettano di vedere la visione d'insieme. Nick Fury è stato ritenuto reo di alto tradimento, istigazione a delinquere, crimini contro l'Umanità e sulla sua testa pende un mandato di cattura internazionale. – La Hill sbiancò e cercò sostegno nell'operatore al suo fianco che era, però, sconvolto quanto lei. – La sua insubordinazione ha messo a repentaglio la vita di milioni di onesti cittadini americani. Se non anche dell'intero Pianeta. Non possiamo prendere alla leggera un uomo tanto avventato e stolto: è pericoloso. Più di quanto i suoi rapporti non denunciassero. Ora mi capisce, vero, perché siamo tanto preoccupati della sorte di quell'uomo? E in quale posizione si troverebbe chiunque gli presti asilo? L'agente Jhonson è la seconda persona su cui pende lo stesso mandato perché sarà la scelta più logica per Fury... –
“Certo... è chiaro... E, mi dica... il gruppo di e...” eroi. Stava cominciando ma si correggesse al volo “...il gruppo di eccentrici che ha radunato?”
- Senza un capo a cui far riferimento sono solo dei cani sciolti. Il più pericoloso di tutti è Stark. E non solo perché era a capo di un'industria bellica ma anche perché è quello più indipendente, è il più scaltro del gruppo ed è abbastanza carismatico da farsi seguire dagli altri in battaglia se solo l'idea gli passasse per l'anticamera del cervello. Quanto a Capitan America, ci terrei a incontrarlo personalmente, per illuminarlo su quale sia il giusto posto di un simbolo come lui in un'epoca come la nostra...- Era una minaccia? Un desiderio? La Hill non riuscì a capirlo.
“E gli altri?”
– Gli altri... – Meditò l'uomo – Se mai dovessero avere la brillante pensata di radunarsi ancora... beh... non c'è da temere. I gruppi superumani non autorizzati – come lo S.H.I.E.L.D. e lo S.W.O.R.D. – saranno presto banditi e considerati tutti, indiscriminatamente, criminali! –
Maria Hill sbiancò e, nel tentativo di non lasciarsi sopraffare dalle emozioni, artigliò la giacca dell'uomo accanto a sé “Questo vuol dire niente più X-Men...”
- E niente più Confraternita, certo. Niente più Fantastici Quattro... –
“Ma lo S.H.I.E.L.D. riesce a essere operativo solo grazie al loro intervento..” più che una replica difensiva, la sua sembrò essere lo sbigottimento di chi teme di rimanere in braghe di tela senza supporto tecnico-economico.
- Abbiamo già spremuto il limone, Comandante. Ora siamo autosufficienti... - la tranquillizzò lui.
Si congedarono di lì a poco e Maria si accasciò nel posto libero accanto a Sitwell.
Basta Vendicatori.
Basta X-Men.
Basta Fantastici Quattro.
Basta...
I difensori della gente comune erano a rischio estinzione. Quelli che davano una mano alla polizia locale come Spider-Man, quelli che lottavano in solitaria il crimine organizzato come Devil, quelli che cercavano di redimere la gente e riqualificare interi quartieri in modo autonomo come Cage. Tutti equiparati a pazzi psicopatici, spesso armati di tecnologie avanzate.
In questo modo non solo la gente normale sarebbe stata a rischio, ma categorie fino ad allora protette, in un certo qual modo, correvano il rischio di venire travolte da questa generalizzazione. Il primo pensiero corse ai Morlock, i mutanti facilmente riconoscibili e orribilmente deturpati dal loro potere e già cacciati senza pietà dai loro simili. Ma un secondo dopo, Maria realizzò che l'editto non si sarebbe limitato a estendersi su tutto il Pianeta.
Probabilmente anche gli Inumani erano a rischio: la Luna era stata forse dichiarata estranea a questo stato di cose?
“Sitwell. Contatta Abigail Brand, direttore dello S.W.O.R.D. Subito!” Senza farsi pregare, Sitwell stava già avviando la chiamata, schermandola quanto più possibile da interferenze esterne. “Dobbiamo avvisarla che anche loro sono in pericolo. Lo S.W.O.R.D. è una creatura nuova, agli occhi della gente. Un progetto così nuovo da non essere ancora in orbita mentre in realtà è lontano ed isolato e, se dovesse finire sotto attacco, per giustificare la sua inattività basterebbe inscenare un malfunzionamento nel decollo di un vettore da Huston e -BOOM- nessuno sentirebbe più parlare di S.W.O.R.D. Il progetto sarebbe fallito prima ancora della messa in orbita...”
“Cosa Le fa pensare che l'agente Brand non sia già al corrente del rischio?” domandò Sitwell in attesa che il segnale si stabilizzasse e la triangolazione coi satelliti si allineasse.
“A parte che è un baluardo contro le invasioni aliene, il tramite con gli Inumani e con i Guardiani della Galassia? Mah, basta citare il fatto che la parte umana dell'agente Brand è mutante e tanto basta a renderla un bersaglio. Inoltre è un'amica di Fury. Oltre a essere la fidanzata del secondo del creatore degli X-men...”
“Il secondo del cre...?” ragionò Sitwell rimanendo impantanato
“Ma in accademia studiate voialtri? Il dottor Henry McCoy, Sitwell! Già precedentemente incarcerato per motivi alquanto discutibili...” sbottò esasperata la Hill “E' un'operazione chirurgica su scala mondiale. Dobbiamo avvisare tutti quelli che riusciamo a raggiungere... Mentre sarò con l'agente Brand dirama un avviso a tutti gli agenti della lista che ti indicherò!”







1 Si pronuncia Ei-Kei-Ei e non AKA (come sento dire da molti mie compagni che pure l'inglese dovrebbero saperlo)

2 Jasper Sitwell ha lavorato per Stark ed è stato collega di James Woo (Woo tornerà più avanti, non temete). Rispettivamente sono un livello 5 e un livello 8

AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV

Oh-oh-oh-oh-oh :)
Ecco, finalmente ho nominato Bestia e ho fatto anche intervenire il pazzo di Osborne...
:3
Spero sia chiaro il ragionamento fatto su Cap: il fatto che sia buono e puro di cuore non gli impedisce di comportarsi male a sua volta.

Ognuno di questi personaggi ha una sfacettatura umana diversa dagli altri (prendiamo solo Spidey e il suo lacerante senso di colpa/dovere) e Cap non fa eccezione.
Il suo personaggio, nel tempo, si è fossilizzato sullo stereotipo del ragazzo buonino/buonista e forse un pò ottuso, un pò come Namor sembra essere solo uno stronzo da prendere a calci nel regale sedere.
Quello di Cap è un discorso paradossale, se ci pensate bene, perché questa sua bontà dovrebbe impedirgli di menare le mani (a partire da Hitler). Invece, come anche Thor, Cap è umano e vittima dei sentimenti. Certo, ragiona più di altri sulle conseguenze delle proprie azioni (più di Tony sicuramente), ragiona in termini di effetti collaterali a lungo termine (cosa che non fa Wolverine) e, se possibile, cerca la strada della diplomazia. D'altronde è un Capitano, non un soldato e un pò di lungimiranza deve averla. Ma diplomazia vuol dire contrattare, limitarsi, a volte barare.
Diciamo che è la versione migliore di Scott Summers, un altro personaggio buono, un abile stratega che cercava di vedere le implicazioni dei propri gesti (grazie al cielo è passato dai cattivi... rovina la categoria ma d'altronde è un pò un pesce fuor d'acqua): mentre Scott si fa prendere la mano dalle sue vicende personali (c'è anche da dire che ha tanta sfiga, capitano tutte a lui), Cap -conscio dell'essere umano, con tutti i pregiudizi insiti in questa natura- cerca di sottrarsi a questo meccanismo. Motivo per cui è il leader acclamato nel mondo (vedere anche la versione Ultimates).

E dopo questa tirata su Cap vi lascio alle vostre considerazioni. :)
Dato che è sparito (o almeno, a me non compare più) il contatore dei like che mi aiutava a destreggiarmi per migliorare i capitoli, ho deciso di creare una pagina autore su FB -soprattutto per coloro che non sono registrati su EFP- in cui sarà più semplice dialogare, postare contenuti extra (per le foto, ad esempio, basta caricarle e non ho più la necessità di trovare un link valido), piccoli spoiler, avvisi sulla pubblicazione (di solito sono puntuale ma non si sa mai)... e tutto quello che si può fare con una pagina del genere. Tipo scambiarsi pareri anche sui film, perché no?
Ho meditato a lungo e mi sembrava presuntuoso ma senza contatore vado davvero male... quindi... beh, ecco il link. Siete i benvenuti!

DarkRoninEFP

E con questo vi saluto!
alla prossima

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Capitolo 10
*** Aria di cambiamenti ***


10. Aria di cambiamenti






“Heil, HYDRA!” salutò sicura nel rispondere alla chiamata. Si appoggiava con la schiena alla parete in laterizio dell'edificio e il vicolo sudicio che questo contribuiva a delineare era abbastanza appartato.
– Heil! – rispose piano una voce di donna dall'altra parte del ricevitore. La risposta poteva passare quasi per un amichevole Hi tra ragazze – Novità? –
“Dovrei essere io a chiederlo a te, Jessica!” ringhiò quella, di rimando
– … – l'altra tacque un momento e la sua interlocutrice seppe che la mora si stava spostando in una zona più isolata: per quanto, isolata potesse dirsi la carlinga di un Quinjet. Ne riconosceva il rombo in sottofondo e, probabilmente, viaggiavano a mezzo carico. Si domandò perché la stesse chiamando, rispondendo al suo messaggio, se non era ancora in posizione ottimale. Jessica restava la mezza squinternata che conosceva – Stiamo scortando Thor fino da Stark, come richiesto –
“Perfetto... ora di arrivo sull'obiettivo?” si informò valutando la finestra di tempo a sua disposizione.
– Diciotto-zero-zero-zulu1 – disse l'altra donna
La donna nel vicolo ruotò il polso e fissò il proprio bracciale. In uno dei tanti spicchi che lo componevano, un piccolo orologio segnava le undici e mezza. E sotto alle lancette, scorreva, inesorabile, un secondo disco, impostato sull'orario internazionale che segnava, quindi, le sedici e mezza: aveva un'ora e mezza.
Troppo poco.
“Alle tredici locali...” alitò “Non mi resta molto tempo...”
– Sei la migliore, ce la farai... –
“Questa volta non ne sono così convinta...”
– Si tratta di Clint... abboccherà a qualunque cosa tu gli dica.. –
“Devo improvvisare, non ho preparato il terreno...” e non vorrei giocare con la sua mente: mi sento in colpa dopo quello che ha già passato negli ultimi tempi. “Jessica, ti chiedo solo una cortesia... trattalo bene, d'accordo?”
– Puoi contarci... non torcerò un capello al tuo bel compagno di squadra, Natasha2. Non vorrei mai incorrere nelle tue ire, nel caso cambiassi idea... Mi è bastato avere a che fare con Barbara, a suo tempo – sbuffò la donna al di là del ricevitore, strappando un sorriso a Natasha. – Ancora mi domando come abbia fatto quel cretino a sposarla! Insomma, lo trattava come un cane, ti credo che lui si è stufato presto...–
Natasha ricordava bene i primi tempi allo S.H.I.E.L.D. quando Clint era praticamente la sua ombra: Barbara, sua moglie, non era stata affatto contenta di quell'incarico. Ma non si poteva certo disubbidire a Nick Fury e per quanto Clint fosse insofferente alle regole, aveva chinato il capo. La poveretta -perché Natasha aveva sorriso amaramente nel constatare la situazione in cui si trovava la bionda agente- aveva già il suo daffare a cercare di tenere a bada gli appetiti del marito e le avance non troppo velate di Jessica senza che le venissero forniti in quel modo plateale altri motivi per dubitare della fedeltà dell'arciere.
E Jessica, quella scema, da parte sua, amava le situazioni complicate, motivo per cui non riusciva a stabilire grandi amicizie. Ammesso che in un lavoro come il loro chiunque potesse dire di avere legami duraturi e sinceri, Jessica aveva legato davvero solo con un'altra agente, dal carattere molto simile al suo: il Maggiore Carol Danvers, la stessa donna che era stata uccisa da Rogue poco tempo dopo.
Quanto tempo era passato! E sembrava il giorno prima: il triangolo di Clint, il baccano che accompagnava sempre Jessica per i corridoi... il suo primo furioso bisticcio con James... Sembrava passata una vita.
Nonostante tutte le precauzioni che aveva sempre preso per proteggersi, quei tempi ora le mancavano terribilmente. Le mancava la confidenza superficiale che aveva concesso ai suoi colleghi, le mancava l'appartenenza a un gruppo eterogeneo e confusionario ma preciso e professionale. Sorrise tra sé: i Vendicatori, in fondo, erano un valido surrogato. Tra loro respirava l'aria cameratesca e attaccabrighe che le faceva provare quella nostalgia struggente.
Ma lei era una spia, molto particolare, eterna, letale, doppiogiochista. Non poteva permettersi simili debolezze.
Salutò Jessica, dopo poche altre chiacchiere frivole, e rientrò nel locale in cui Cap stava finendo di farsi dare una sistemata ai capelli. Avevano contrattato a lungo il nuovo taglio, loro e il barbiere: sembrava una questione di Stato ed erano solo capelli. Tempo un mese e avrebbe potuto cambiare ancora. Ma era stata un'esperienza impagabile: poteva definirsi la stylist personale di Capitan America. Che, ora, con un nuovo guardaroba aggiornato e adattato all'età sembrava davvero un bel ragazzo. Anzi, sembrava proprio un'altra persona: non era più il bravo ragazzo introverso e un po' nerd (ironicamente, era la cosa più lontana dalla natura di Steve che si potesse immaginare), l'immagine pulita da bravo ragazzo restava ma ora aveva il retrogusto del pericolo, che -se piaceva il genere- poteva essere davvero intrigante. E quel nuovo taglio di capelli era il tocco finale senza il quale l'intera figura non avrebbe avuto senso.
Nel frattempo aveva elaborato una mezza strategia ma il tempo era ancora meno di quanto preventivato e se c'era una cosa che odiava, dopo l'imprevedibilità dei suoi collaboratori e la vulnerabilità delle situazioni in cui si cacciava, era fare le cose di corsa. Un buon piano andava progettato con calma, nei minimi dettagli.
Non poteva sganciare una qualunque bomba senza aver preparato il terreno. Doveva sperare in un colpo di fortuna, così imprevedibile, come lei odiava, che le spianasse la strada. Un evento che, da solo, bastasse a riassumere quello che, altrimenti, le avrebbe richiesto giorni.
“Sei pensierosa...” constatò Cap mentre uscivano di nuovo nella strada affollata
“Che intuito...” lo canzonò. Quindi, con la coda dell'occhio, vide la sua opportunità. Sorrise, soddisfatta. Prese la mano del soldato che le camminava affianco e se la portò alla spalla, in modo che lui la abbracciasse. Lo sentì irrigidirsi, pronto a replicare qualcosa sull'opportunità di tale confidenza, e sorrise ancora di più. “Rilassati, Steve!” disse intrecciando le dita con le sue e agganciando con le dita dell'altra mano i passanti dei suoi jeans “Ora si fa così, anche tra amici, vedi?” disse indicando con un cenno del capo un gruppo di ragazzi davanti a loro. Un ragazzo teneva sotto braccio una ragazza, alle spalle, quasi a strangolarlo, ne aveva agganciata un'altra, che si lasciava trascinare a mo' di scimmia, ridendo sguaiatamente. Dietro quel gruppetto, un ragazzo teneva stretto per il collo un coetaneo, quasi quello fosse ubriaco e lui dovesse sorreggerlo. Entrambi avevano lo sguardo rivolto a una vetrina: chiamarono i tre che li precedevano che si fermarono e andarono ad ammucchiarsi tutti assieme, il naso contro il vetro come tanti cuccioli in attesa di padrone.
Steve li trovava rumorosi, fastidiosi e maleducati. Ma lui era di un'altra epoca. E, a ben vedere, quei ragazzi sprizzavano gioia da ogni poro, nei loro abiti multistrato e multicolor, i capelli più assurdi che avesse mai visto, piercing e tatuaggi a coprire buona parte della pelle, bianca nera o gialla che fosse. Sembravano animali selvaggi, tucani dalla livrea sgargiante e marchiati a fuoco come bestie al macello. Ma sembravano anche liberi. E felici. Non era per quello che aveva combattuto prima di addormentarsi?
Espirò e non fu uno sbuffo rassegnato, quanto una manifestazione soddisfatta, se non entusiasta, della sua presa coscienza. Strattonò Natasha sotto il suo braccio con fare cameratesco e rise della sua faccia sorpresa. Per tutta risposta, lei gli diede un pizzicotto sul sedere, facendogli sbarrare gli occhi per lo stupore. Lei rise della sua espressione e Rogers si addolcì: il mondo era cambiato e quello era il primo vero passo verso questa accettazione. Studiare non bastava, bisognava immergersi nella realtà proprio come si fa quando si vuole capire una cultura straniera: si viaggia, si esplora, si assaporano i cibi locali, ci si immerge e si cerca di comprendere la mentalità altrui. Ci si lascia andare e guidare da chi conosce il mondo meglio di sé, che sia esso un luogo all'altro capo del mondo o un'epoca completamente diversa.

AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV

Rogue raggiunse eccitata -letteralmente volando- la sala comune.
Trovò solo Deadpool, ancora legato alla sedia con una quantità spropositata di nastro isolante argentato. Giaceva su un fianco sul pavimento su cui era rovinato, probabilmente nel tentativo di liberarsi.
“Oh, Rogue, angelo mio, ti prego, liberami! Mi scappa la pipì, ti prego! Me la sto facendo addosso! E Remy non cede: è proprio uno stronzo di francese!” strepitò a indirizzo del mutante, rimasto di guardia comodamente sbracato a fare castelli di carte.
“Tientela Wade!” ringhiò la donna “La prossima volta impari ad avvelenarci tutti!”
“Mettiti comoda, Chère... sono appena rientrati...” l'informò il francese senza aspettare che lei si decidesse a rivolgergli la parola.
♪Non ne posso proprio più! ♫ Io la faccio qui!3 Mi scoppia la vescica!” protestò il mercenario “Sai che schifo un gavettone di piscio?”
“Non te lo consiglio.” soffiò quella, algida “Se facessi una cosa del genere credo che Stark potrebbe arrostirti all'istante col suo uniraggio...scegli...”
“Se solo potessi teletrasportarmi...” imprecò rimettendosi al lavoro sui giri di nastro che non gli davano un minimo di libertà “E dire che io adoravo il nastro da carrozzieri...in realtà la sua pronuncia inglese...”
Rogue si mise in paziente attesa dell'ascensore, che sembrava impiegarci un'eternità. Quando le porte si aprirono si lanciò nel vano, abbracciandone l'occupante.
“Ehi!” protestò Peter Parker cercando di togliersela di dosso, quasi fosse una qualche sostanza appiccicosa “Che diamine ti prende?”
Lei alzò lo sguardo confusa, scandagliò l'ascensore e, quando la sua mente ebbe afferrato il fatto che né suo fratello né Logan fossero ancora arrivati, sollevò l'eroe di peso “E tu che cavolo ci fai qui?”
“Ma tu guarda questa...” replicò Peter offeso, lasciando che l'altra lo strapazzasse “Io torno dopo tre ore di lezione di recupero nella fossa dei leoni e trovo questa calorosa accoglienza...”
“Dove sono Logan e Kurt?” ringhiò l'altra, sbattendolo a muro.
“Perché dovrei saperlo io? Su, ora lasciami o il nostro amico lì dietro ci farà saltare le cervella a tutt'e due...” ironizzò accennando a Remy che, al di là del tavolo, li osservava in silenzio con sguardo di fuoco.
Una volta libero, Peter buttò lo zaino accanto al tavolo, ne estrasse dei fogli, un evidenziatore e qualche matita. Accanto a lui, Rogue si appollaiò sul pianale, nervosamente in attesa.“Ma quanto ci mettono?” domandò ancora, pestando ritmicamente il piede sul pavimento.
“Puoi farmi la cortesia di finirla?” domandò il ragno che aveva sottolineato qualche riga sui suoi fogli. Li sollevò per osservarli meglio “Sembra un elettrocardiogramma...” sbuffò riponendoli. Estrasse il suo telefono e cominciò a navigare tra i menù “Si saranno persi a parlare di automobili col padrone di casa, conoscendoli...” azzardò studiando lo schermo.
“Conoscendo chi?” domandò Clint facendo il suo ingresso da una porta laterale.
“Kurt, Logan e Tony” rispose Gambit, strascicando la voce. Stanco dei suoi solitari, si era fatto comparire, sul pianale del tavolo, la schermata di alcune ricette.
“Voglio dire... Hai visto il garage di Tony? Kurt è un meccanico, Logan... beh non disdegna certa roba. Un meccanico e due patiti d'auto! Auguri: ne avranno fino domattina...” spiegò Peter.
“Per caso avete visto anche Natasha?” Tutti scossero il capo. L'arciere sbuffò e si mise a sfogliare distrattamente dei ritagli di giornale che aveva in mano.
Qualche minuto dopo, quando ormai il silenzio, trapuntato solo dalle bestemmie di Wade che non riusciva a liberarsi, si era fatto insopportabile, Clint lasciò perdere i suoi studi e si spostò accanto al fotografo che non la smetteva di saltare dal telefono ai suoi appunti cartacei “Che stai facendo?” domandò curioso.
“Voglio provare a partecipare a un concorso fotografico...” disse sventolando i fogli di carta sottolineati ed evidenziati “Non ho ancora programmato nulla, ma ho fatto qualche foto, al rientro, così, in base alle indicazioni che ricordavo. Ora sto vedendo se ho imbroccato almeno uno dei campi richiesti. Sembra semplice...”
“Posso vedere?” domandò Rogue alzandosi e andando ad appollaiarsi sulla sua spalla
“Posso anch'io?”domandò Clint
“Certo... A te non interessa?” domandò rivolto all'X-man in disparte che si alzò di malavoglia in nome di ciò che interessa Rogue interessa anche me.
“A me interessa! Se mi liberate posso vedere anch'io! E posso fare pipì!” protestò Deadpool, cogliendo l'opportunità al balzo ma rimanendo inascoltato.
“Bene...” disse Peter riportando le foto alla galleria principale e ricominciando dalla prima. Un colpetto e la foto si allargò a riempire tutto lo schermo del telefono. Rapidi tocchi facevano scivolare le immagini una dietro l'altra. Qui i giochi d'acqua della fontana antistante l'ingresso della scuola superiore in cui lavorava; ora una schiera di studenti seduti sul prato, tutti nella stessa medesima posizione a fiore di loto coi libri in grembo, quasi schierati per un'esecuzione o in meditazione; là una bambina sorridente che si impiastricciava di gelato; qua la livrea di un piccione ripresa a distanza ravvicinata tanto da dare l'idea di un mondo alieno; ora il banco di hotdog fumanti all'angolo della strada; lì dei manichini spogli in una vetrina dall'aria sconsolata e abbandonata, nonostante si trattasse solo del passaggio tra un allestimento e l'altro; un gruppo di ragazzi abbarbicati gli uni sugli altri davanti a una vetrina a cui facevano le boccacce e dall'altra parte del vetro dei cuccioli che scodinzolavano felici; ora un operaio alle prese con un tombino aperto...
“Sono tutte molto belle...” stava dicendo Rogue quando Clint la prevaricò
“Torna indietro!” ordinò con voce nervosa. Peter obbedì, non capendo il motivo di tanta irritazione. “Posso vedere meglio?” domandò l'arciere porgendogli la mano. E Peter, perplesso e riluttante, gli porse il telefono sotto lo sguardo confuso dei due mutanti. Passarono diversi istanti prima che l'agente S.H.I.E.L.D. si degnasse di fornire la minima spiegazione. Ma le nocche delle mani, la posa rigida delle stesse, non lasciavano adito a dubbi sul fatto che qualcosa, nella foto, l'avesse turbato “Mi ricorda Bucky, eh?” sibilò digrignando i denti e alzando lo sguardo, perso in un punto indefinito, dimentico dei compagni. Le vene sul collo e delle braccia guizzavano nervose sotto la spinta di muscoli improvvisamente contratti “Brutta bugiarda!” urlò prima di scagliare il telefono contro il tavolo con tutta la forza che aveva.
“Ehi!” protestò Peter sparando tempestivamente una ragnatela per salvare il suo telefono (oltre che il tavolo da una cifra spropositata di bigliettoni che lui, col suo stipendio di insegnante, non si sarebbe mai potuto permettere). “Datti una calmata! Si può sapere che ti prende?” domandò vedendo come quello afferrava il proprio telefono e pigiava due volte il tasto verde. Clint non degnò più nessuno di uno sguardo e andò alla finestra più vicina.
“Maria?” domandò sorpreso quando l'agente gli rispose dall'altra parte “Posso parlare con Fury?”
– Fury al momento è impegnato.. e anche io!– sospirò – Ha fatto dirottare su questo numero tutte le telefonate in entrata di proposito. Cosa succede, Occhio di Falco? –
“Mandate un Quinjet a prendermi. Subito. Accetto di tornare nella Squadra Guastatori: rimandatemi a Carousel4.”
– Vuoi tornare al ruolo di Ronin? – domandò Maria Hill perplessa – Sei serio?–
“Mai stato più serio in vita mia” replicò l'arciere, pensando a chi avrebbe trovato a Carousel. Dovevano proprio fare due chiacchiere perché certi comportamenti della rossa ancora gli sfuggivano. E chi meglio del suo partner storico poteva illuminarlo al riguardo?
– Questo vuol dire abbandonare i Vendicatori. E l'agente Romanoff – insistette ancora la Hill, incredula, scartabellando tra i fogli. – Cioè, a me andrebbe benissimo, mi risolveresti una rogna perché avrei giusto una commissione da affidarti ma... –
“L'agente Romanoff è grande abbastanza da sapersi gestire.” la interruppe brusco “Non è più la matricolina che portai allo S.H.I.E.L.D. quindici anni fa.”
L'agente Hill sbuffò esausta – Sei fortunato: un Jet sta arrivando, portando Thor da voi. – lo informò – Dovrebbe essere lì tra poco: non ho il piano di viaggio, mi dispiace non poter essere più precisa, ma ci siamo mossi immediatamente non appena... A bordo c'è anche l'agente Drew. Anche lei deve rientrare a Carousel: vi farete compagnia.–
Clint esitò un attimo a sentire il nome della donna “D'accordo.” acconsentì infine, terminando bruscamente la chiamata. Che altro poteva fare, d'altronde?
Gli altri quattro presenti nella stanza non avevano più fiatato da quello scatto d'ira. Teso sopra Peter e Rogue, nel tentativo di capire cosa potesse aver scatenato quella reazione così violenta, anche Gambit cercava di sbirciare la foto incriminata.
Plin
La fermata dell'elevatore riecheggiò sinistra nella sala improvvisamente silenziosa. I tre fanatici di auto si riversarono all'esterno chiacchierando concitati in linguaggio tecnico che nessuno dei presenti sapeva o voleva comprendere. Si interruppero quasi subito, avvertendo quella strana elettricità nell'aria.
“Cos'è quest'aria lugubre che avete tutti quanti?” domandò Tony scandagliando la stanza con lo sguardo: tutto era -o sembrava- apparentemente a posto. La stanza era salva? Sembrava di sì.
“Mmm” rimuginò Wolverine fiutando l'aria “Rabbia...” disse indicando il cecchino alla finestra che non sembrava essersi accorto di nulla “..paura...” e con un cenno della testa indicò il trio asserragliato da una parte della tavola “...e confusione...”
Plin
E anche il secondo elevatore aprì le proprie porte sulla sala. E il gelo calò definitivamente nella sala.

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Il lungo corridoio era deserto e i suoi passi rimbombavano cupi e pesanti.
Il palazzo era stato evacuato per precauzione e ora gli restava un'ultima cosa da fare.
Se non avesse dovuto interpretare quel ruolo così serio e compito, si sarebbe messo a ballare il tip tap con lo scettro a mo' di bastone e l'elmo in vece del cilindro, come aveva visto in alcune delle sue documentazioni su Midgard. In quel silenzio irreale, si sentiva quasi un sopravvissuto, l'ultimo superstite a un'estinzione di massa: si sarebbe divertito a sfasciare tutto, ma quel gesto di sfregio l'avrebbe riempito solo per poco tempo, prima di ricordarsi di essere solo5. D'altronde, lui era sempre stato solo. Anche quando era in compagnia.
Giunto nel largo ingresso, si avvide di quattro figure, ferme in posa marziale, accanto al portone. La sua compagnia: la valchiria, lo spadaccino, il Fosco e il voluminoso Leone di Asgard6.
Sorrise sotto i baffi: si aspettava una mossa del genere e proseguì nel suo avanzare senza esitazioni. A una mezza dozzina di metri si fermò di colpo. Il mantello scivolò in avanti per inerzia, coprendogli i piedi. I quattro scattarono sull'attenti.
“Cosa ci fate qui?” domandò arcigno.
“Siamo qui per scortarVi...” cominciarono in coro.
Odino scosse la testa “Il vostro compito è un altro. Io ho le mie guardie...”
“Non vedo né Geri né Freki” replicò l'imponente Volstagg senza peli sulla lingua.
“Se Voi volete andare da Hela, noi Vi accompagneremo” precisò il più diplomatico Fandral.
“No” disse Odino “Voi dovete sorvegliare Loki. Hela è donna d'onore. Non ho nulla da temere”
“E' figlia di Loki! Non ci si può fidare di lei!” protestò Sif
“Mandate un araldo! Dove sono Huginn e Muninn? Un sovrano non può...” stava replicando anche Hogun
“Il sovrano ha il dovere di dialogare con l'invasore dopo essersi accertato della sua buona fede tramite i propri portavoce. So che l'idea di sorvegliare un amico non vi alletta. Ma siete gli unici di cui io possa fidarmi.” Aggiunse alla svelta per soffocare ogni protesta. Amico non era la parola che meglio lo descriveva. Affatto. Lo sapeva da sé “Se Loki si unisse alle truppe di Hela, per noi sarebbe davvero la fine. Sif...” disse rivolgendosi alla donna dai lunghi capelli neri “Ricordati che Hela non torse un capello né a te né a Thor, quella volta. So che, nonostante l'umana Jane Foster, lo ami ancora e non faresti nulla per venire disprezzata da lui...” aggiunse con un sorriso triste mentre lei arrossiva improvvisamente “Voglio, quindi, che tu vada da Tilda, ti unisca alle altre valchirie dei Falchi Rossi e andiate all'Urdabrunner a proteggere le donne. La guerra non è per simili creature...” Sif accennò una protesta ma il sovrano la anticipò ancora una volta, zittendola con un cenno della mano “... eccezion fatta per guerriere come voi che sarete la difesa ultima, la più importante. Come tuo fratello Heimdall, il Dio Bianco, presidia il Bifröst e l'ingresso alla città, tu ne proteggerai il cuore, la meta ultima. Se Asgard cade, tutto l'Asaheimr cade. E con esso questo stesso Godheimr...” disse allargando le braccia a mostrare la magnificenza dell'ingresso al palazzo reale “Con tutto ciò che contiene: dal Válaskjálf con il Hliðskjálf al Breiðablik. E più importanti ancora, della sala del trono e delle prigioni, Yggdrasil, la strada ai nove mondi.” Riprese la sua avanzata e aggiunse “Vi affido il regno. Proteggetelo a tutti i costi”
“Ma il regno siete Voi!” protestarono i quattro.
“No.” replicò Odino senza più guardarli “Il regno è tutta la popolazione di Asaheimr. Io sono solo una delle tessere che compongono il mosaico, il rappresentante del nostro mondo. E il mio è un ordine, l'ordine di tutto Asaheimr di proteggere se stesso, non una preghiera!” precisò “Ah... non lasciate che Sigyn si avvicini a Loki, mi raccomando!” Aggiunse e riprese il suo cammino.
Aprì i battenti, lasciandosi bagnare dai caldi raggi del sole. Scrutò l'orizzonte stellato e trasse un profondo respiro: un'altra parte del suo complicato piano era stata sistemata. Il suo piano non avrebbe subito alcun deragliamento. Tutti gli attori avrebbero giocato esattamente il ruolo che lui aveva previsto per loro.







1 Ok, la spiegazione ora è lunga.
L'espressione "tempo/ora Zulu" è utilizzata per definire il fuso orario di riferimento da cui sono calcolati tutti gli altri fusi orari del mondo. L'espressione nasce da Orario Zero (zero hour). Per abbreviazione si usò solo l'iniziale. E in ambito internazionale, lo spelling per Z è, appunto, Zulu. (Noi, comunemente, usiamo le città e i paesi -Ancora, Bari, Cagliari...Torino, Udine, Venezia, Zagabria-; in ambito militare ed anche civile internazionale si usano per lo più lettere greche o parole difficilmente confondibili -Alpha, Bravo, Charlie... Tango, Uniform, Victor, [Whiskey X-Ray Yankee] Zulu-)
Questo orario Zero è, generalmente (ci sono molti paesi, specie africani che non rispettano questa regola), riconosciuto e identificato con l'orario di Greenwich.
Questo per evitare casini ai piloti che viaggiano attraverso le diverse zone orarie ma anche per coordinare attacchi precisi a un obiettivo. Questo sistema è usato per scopi militari, meteorologici e di navigazione aeronavale sia militare sia civile e, non ultimo, il web e già i ferrovieri delle praterie americane usavano uno stratagemma simile): è uno standard che usano tutti, indifferentemente dalla reale ora locale.
L'UTC, (compromesso tra l'inglese Coordinated Universal Time e il francese Temps universel coordonné...CUT vs TUC. L'acronimo è nato quando il francese era ancora LA lingua internazionale per eccellenza e, ancora oggi, tale prestigio perdura. Avete notato con che lingua si sono aperti i giochi olimpici di Londra?) oltre a essere scevro da indicazioni geografiche specifiche (anche se da queste deriva) si basa su misurazioni condotte da orologi atomici invece che su fenomeni celesti come il GMT (che è costantemente in ritardo sull' UTC. Approssimativamente, quindi, gli orari coincidono e quindi spesso scappa un più familiare GMT.

Facciamo un esempio. Abito a Roma e alle 21, prima di andare a dormire devo contattare i fornitori o la mamma all'altro capo del mondo. NY e LA. Ora, farei prima a programmare il contatto alle 20 zulu (Venti-zero-zero.. ore, minuti, secondi. Sono preziosi tutti i dati quando si deve cronometrare un attacco incrociato, l'atterraggio degli uomini o qualunque altra cosa) al posto di star lì a calcolare per ciascuno a che ora mettersi on line (col rischio di cannare completamente). Le 20zulu sono uguali per tutti anche se a Roma (GMT +1) sono le 2, a NY (GMT -5) le 15 e a Los Angeles le 12 (GMT-8). Perché? Perché Greenwich è GMT +0. Ovvero sono le 20 quando a Roma sono le 21.
Sembra complicato ma è una scemenza.

2 I superbracciali, per cui Nat era famosa, i famigerati morsi di Vedova, pesanti -ciascuno- quattro chili, erano “pesanti, ingombranti, sempre fra i piedi”, una volta, a Mosca uno gli era quasi esploso in mano. E “poi era roba che risaliva al Patto di Varsavia, negli Stati Uniti non si trovavano i ricambi e si rompevano sempre, ogni giorno” (cit. Vedova Nera – Casa dolce casa). Ora, visto che erano tanto caratteristici e che nei film glieli hanno rimessi, io certo non glieli tolgo. Presumo sia roba forte, probabilmente una qualche Startech. Lo S.H.I.E.L.D. superfigo mica può mandare in giro i suoi agenti con robaccia come quella sopra descritta,no? Eh! Quella era roba dei pezzenti del KGB -_- Che poi basta vedere l'arco intelligente di Clint che sembra uscito da Il canto della Rivolta di Suzanne Collins.
Ad ogni modo, io questi bracciali li ho sempre immaginati come questo bracciale/orologio di Cavalli. Sono cose che lei tiene perennemente addosso, anche quando dorme (tornate a vedere il suo primo incontro con Logan, in una nota parlavo anche dei bracciali) e presumo debbano poter essere scambiati per innocui accessori moda quando è sotto copertura. Sono composti da tanti scomparti contenenti qualunque cosa, rampini, proiettili, proiettori olografici...quindi un orologio è il minimo della dotazione!

3 Pippo Franco, Mi scappa la pipì

4 Carousel era una delle 9 basi S.H.I.E.L.D. ed è la base del DataCore.
Il DataCore è una raccolta di conoscenze sull'umanità in particolari aree scientifiche che sono 18 a seconda degli ambiti di interesse.
Nella raccolta dati c'è bisogno di agenti dediti alla ricerca, di quelli dediti allo sviluppo, di quelli che cercano le notizie (Bucky è nell'antiterrorismo e il suo compito è proprio questo) e di quelli che coprono le tracce dei colleghi (appunto i guastatori, che interferiscono nelle comunicazioni, disturbano il segnale o infettano i sistemi altrui. Per questa loro capacità, sono anche i primi a trovare le informazioni. Sono come degli hacker. Ma i collegamenti li fanno altri)

5 Per questo momento mi sono ispirata a Alice Cooper, Welcome 2 my nightmare, 5. Last man on Earth

6 Per coloro che si perdessero nei meandri dei nomi asgardiani, ecco qui (è su FB, spero che anche chi non è registrato riesca a vedere) una piccola tabella riassuntiva. Io non amo particolarmente Thor ma ne amo la mitologia, quindi è già più semplice.




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Ok, ci siamo, il prossimo sarà il capitolo che potrei ribattezzare La prova del fuoco. Perché è lì, probabilmente, che vorrete mettermi. Scapperò in argentina, insieme a Magneto a dar la caccia ai nazisti, sì! Mi amerete tanto, lo so ù_ù;;;;;

Ma per oggi, torniamo a noi XD

Nat- Jessica- Cint- Barbara.
Dunque. Mi pare di averlo già detto ma a parte poche, del Marvelverse io davvero tollero poche donne. Jessica Drew e Carol Danvers non le posso soffrire (motivo per cui ho escluso la bionda dal team a favore di Rogue che ne aveva assorbito poteri e personalità fino a spedirla in coma e per cui ho cercato di non usare l'onnipresente mora.) Mimo, invece, mi sta proprio antipatica! Si comporta come un gerarca nazista col povero-scemo-Clint. (non che io faccia fare una figura migliore a Natasha, che vuole manipolarlo, impacchettarlo e allontanarselo come se fosse un decerebrato)
Nel fumetto, poi, Jes e Carol fan sempre comunella e c'è una scena particolarmente deliziosa in cui Mimo “fa gli occhiacci” alla donna ragno, che da poco si interessa all'arciere.
Ma qual'è il collegamento con Natasha? Sono tutte e due agenti S.H.I.E.L.D., ovviamente, anche se Jess l'abbiamo vista all'opera in Preludio come alleata di Andrea Von Struker e di Morph. Spiegherò tutto, non temete.
Perché ho fatto parlare di HYDRA le due donne? Beh, Jessica è doppio-triplogiochista -Fury si fida...ma si fida anche della Contessa...- figlia ora di scienziati di HYDRA, ora di Viper (io mi perdo in queste genealogie). Tutti sanno che lei è dalla parte dei buoni ma non esita a usare la sua genealogia per i suoi comodi.
Quanto a Nat. Beh...ogni tanto spunta fuori (se avete presente il cartone è tutto più semplice- episodio Hulk contro il mondo) che tradisce lo S.H.I.E.L.D. (ed è a un livello 10, mica 7 come Jessica).
Quindi ho voluto integrare queste informazioni. State tranquilli. Nat è dei buoni e sul perché usi questo saluto presto Valentina de Fontaine ci spiegherà ogni cosa.

Poi, il mondo di Thor è assai complesso e variegato. E strano, affondando le radici in un periodo e in una cultura lontane nel tempo e nello spazio. Gli altri eroi, chi più chi meno, condividono l'epoca e basta un piccolo salto d'immaginazione per comprendere la Russia comunista, l'America della 2^ Guerra Mondiale, un ricco pieno di soldi, etc. Ma Thor... Thor ha riferimenti culturali che o si conoscono o non ci si può arrivare per intuizione.
Comincio quindi con lo spiegare un paio di termini tecnici che non ricordo se ho spiegato nel capitolo 5.
Godheimr (la Casa degli Dei) è il palazzo reale. Penso non ve ne freghi nulla del casino filologico fatto dai primi ricercatori, quindi tiro dritta.
Válaskjálf, palazzo di Wali con il trono di Odino. Io l'ho ridotto a sala del trono (altrimenti mi faceva troppo Cavalieri dello Zodiaco)
Hliðskjálf è il -succitato- trono di Odino
Infine, ho decretato arbitrariamente che il Breiðablik sia la prigione: originariamente, infatti, era la dimora di Baldr (il figlio di Odino morto per mano di Höðr, ingannato da Loki) dove “nessun male, nessun delitto, nessuna colpa potevano essere perpetrati” (uno dei soliti escamotage mitologici per evitare la profezia di morte che puntualmente si avvera, forse proprio anche per questa intromissione)

Tilda è il capitano dei Falchi Rossi e una Valchiria. (Per ogni approfondimento e curiosità, trovate tutto qui)
Per quel che riguarda Sif, alla poveretta ne sono successe tante nel corso degli anni: Loki che le taglia i capelli un colpo -nel mito per puro divertimento, nel fumetto per avere un pegno della donna di cui era innamorato o per gelosia- e poi glieli trasforma in fili di metallo scuro incantato e indistruttibile -opera dei nani- (sesto visto ora come ennesima burla, ora come segno di pentimento, in modo che nessun altro potesse giocarle lo stesso scherzo), un gigante che la rapisce per offrirla a Hela per avere in cambio l'immortalità. In quest'occasione, Thor si offrì al posto di Sif ed Hela, colpita dal gesto, li lasciò andare, entrambi incolumi. Poi, in realtà, come si vede anche in Secret Warriors (2- Dio della paura, Dio della Guerra. Lo stesso numero contiene tutti i dati sulle basi e gli agenti S.H.I.E.L.D. di cui sopra) o in Chaos War, le varie divinità dei vari pantheon terrestri non sono chiuse in compartimenti stagni né sono così nemici tra di loro: sono tutti grandi amiconi (in Preludio a Civil War, invece, se le danno di santa ragione) Certo poi si scatenano le guerre ed è tutt'un altro paio di maniche. Ma è come una famiglia. Si amano e odiano allo stesso modo. Quindi si vede Hela andare d'amore e d'accordo con gli altri dei salvo poi mettersi a bisticciare con Ade, istericamente (entrambi), pantheon greco-romano contro pantheon nipponico e tutti comunque allegramente a far casino con le divinità mesoamericane.

Geri e Freki (Avaro e Ingordo), Huginn e Muninn (Pensiero e Memoria). Già spiegato in precedenza, mi pare, sono i lupi e i corvi che accompagnano Odino: i primi sono i suoi fedeli accompagnatori, i secondi viaggiano per il mondo riportando notizie e informazioni che sussurrano all'orecchio del dio. I corvi, per altro, li vediamo sia in Thor (osservate bene il trono) che in Avengers (quando Thor sbatacchia Loki sulla montagna, dopo averlo prelevato dal Quinjet svolazzano nella notte, a sottolineare che l'Allfather li tiene sott'occhio). I due lupi li ho identificati con le due guardie che stanziano ai piedi di Odino, gli stessi che accorrono quando questi cade nel suo Sonno.

E per oggi -davvero- basta. :) la prossima volta credo non commenterò neanche :D ciao! ci risentiamo tra 2 capitoli, quando vi sarà passata la sicura incazzatura :D

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Capitolo 11
*** James ***


11. James






Natasha e Steve uscirono dall'ascensore apparentemente ignari della tempesta che sembrava essersi temporaneamente congelata nell'ampia sala su cui affacciavano gli ascensori.
Clint si volse piano, studiandoli con occhio critico e attento. Nulla dava l'impressione che ci fosse qualcosa di diverso dal solito. A parte il taglio di capelli e l'abbigliamento di Rogers, più moderno e meno composto (lo stesso che aveva visto nella foto, ora non aveva più dubbi) che, gli seccava ammetterlo, lo rendeva anche più attraente: non era più solo una leggenda vivente o un ragazzo ben piantato e palestrato. Ora aveva anche quel qualcosa in più. Che lo rendeva dannatamente simile a Bucky.
Eppure quelle foto non mentivano: lo sguardo che si scambiavano non era quello di semplici colleghi. Era un cecchino e sapeva tracciare perfettamente la traiettoria di uno sguardo. E l'intensità dello stesso.
Contrasse le mascelle, deciso a ignorare la spia e il soldato e tornò a guardare fuori dalla finestra: doveva solo far passare i minuti. Tanti minuti.
“Allora?” sbottò Stark con la sua solita, favolosa tempistica inappropriata “Si può sapere che succede?”
Gli sguardi di tutti si appuntarono su Clint che, però, non reagì: si sentiva solo per la prima volta dopo tanti anni, la realtà circostante sembrava solo una brutta imitazione di un desiderio atavico di compagnia. Gli sembrava di essere ancora in uno di quegli assurdi incubi di Loki, questa volta addolciti nella forma, non certo nei contenuti.
“E che gli prende al nostro Guglielmo Tell?” domandò ancora Stark come se avesse davanti uno stuolo di cerebrolesi
“Ha detto che molla la squadra...” biascicò Peter, rompendo il silenzio e quella strana tensione. “Ha chiamato lo S.H.I.E.L.D. e si è fatto riassegnare.”
“Cosa?” strabuzzò il magnate “E perché?”
“Non lo so... stava guardando queste foto e...” si giustificò il reporter
“Non intendevo quello, mocciosetto!” replicò Stark, indispettito da tanta dabbenaggine “Perché non sono stato avvisato. Non sono io il riferimento dei Vendicatori?”
“Evidentemente per lui no.” replicò acido Peter, ormai dimentico della situazione spinosa e pronto a ribattere colpo su colpo.
“Mostra un po' le foto... qui..” ordinò il magnate dopo un paio di istanti, battendo il dito sul tavolo.
Da canto suo, Clint notò come la notizia non sembrasse aver scosso più di tanto né la Vedova né il Capitano. Voleva forse dire che si aspettavano una reazione simile da parte sua? Si sentivano in colpa e cercavano di non darlo a vedere? Sapevano che prima o poi i nodi sarebbero venuti al pettine? Questo, però, non giustificava alcuni, fondamentali dettagli.
Nel frattempo, Peter aveva fatto in modo che la cartella che racchiudeva le ultime foto archiviate venisse visualizzata anche dal monitor integrato nel tavolo e, con pochi tocchi esperti, aveva fatto scivolare a lato la maggior parte dei suoi scatti fino a isolare solo due foto: quella del gruppo di mocciosi appiccicati alla vetrina e quella dei manichini.
“Non ci vedo nulla di strano...” avevano commentato in coro Peter e Tony per poi sorridersi complici della loro uscita e darsi il cinque.
Clint sbuffò, sentendo le loro teorie azzardate e superficiali. Si volse, marciò al tavolo e scansò malamente il padrone di casa. Prese la seconda foto prima che questi riuscisse a protestare e, usando entrambe le mani, la stirò diagonalmente, in modo da ingrandirla “J.A.R.V.I.S.” chiamò “Aumenta Esposizione di due punti e diminuisci Gamma di uno e mezzo. Seleziona la parte destra della foto, elimina l'esubero. Anti-dittering. Ora dammi il Fuoco prospettico...” quindi disegnò una griglia sulla porzione di foto che gli interessava e ne modificò la curvatura
“Sembri Rick Deckard in Blade Runner commentò Wade, osservandolo incuriosito e smettendo per un attimo di trafficare coi suoi legacci.
Ma quello non lo badò e proseguì imperterrito “Alza centralmente le curve di venti punti di output del blu e di trenta nel verde ma non toccare quella del rosso. Definisci i contorni ed esaspera con tratto medio. Ora passa da RGB al canale esclusivamente rosso.” Finito ch'ebbe di trafficare sulla foto passò all'altra, quella coi ragazzi e i cuccioli. Si limitò a stirarla, tagliarla, specchiarla e rimodellarla prospetticamente. Quindi si allontanò dal tavolo da lavoro, braccia incrociate, dando modo a tutti di vedere il risultato “Affianca gli originali!” impose al computer e subito le foto di partenza andarono ad accostarsi a quelle rielaborate in cui era più che evidente la capigliatura rosso fuoco della spia. E quello chino su di lei, mani intrecciate sulla spalla, era indubbiamente Steve Rogers.
Natasha trattenne a forza un sorriso. Quando aveva intravisto Peter nella folla scattare foto non si era certo aspettata -né ci aveva sperato- che le cose prendessero quella piega così in fretta anche se era preparata all'eventualità. E anche Steve: in caso di bisogno, avevano deciso di improvvisare.
Lo sguardo confuso degli altri, si spostò rapidamente tra l'arciere e la coppia appena sopraggiunta e lei fu costretta a riassumere la sua posa noncurante prima che qualcuno potesse accorgersi di qualcosa. Tutti erano spaesati e nessuno si aspettava quel colpo di scena.
“Cioè, fatemi capire bene...” disse Tony andando a sedersi e pinzandosi la base del naso “La super spia russa con il super soldato americano? Ma non scherziamo... siamo in piena Pace Fredda!” rise. Ma la risata gli morì in gola vedendo le facce tremendamente serie di tutti gli altri. Quindi cercò di riparare, ma si scavò ancor più la fossa con un'uscita ancor più infelice “Eh già...” disse rivolto a Clint “Non ti ha ancora ammazzato perché non l'avete mai fatto!”
Ma Clint ora fissava apertamente Natasha con rabbia e disgusto. Nulla sembrava poterlo distoglierne l'attenzione.
Dietro di lei il Capitano non si era mosso. Rimaneva saldo al suo fianco e quel non prendere posizione, quel non negare, valeva più di mille parole. Perché se uno come l'integerrimo Capitan America diceva una cosa, quella era. Lui era così. Puro di cuore, altruista e onesto. Così lo avevano descritto le cronache. Fino a quel momento, almeno. Ci avrebbe pensato lui a demolirne l'aura di ragazzo perfetto, al punto che nemmeno Coulson avrebbe più potuto difenderlo.
“Quindi è così, eh? E cosa aspettavi a dirmelo?” sibilò con arroganza rivolto alla spia.
“Non credo che la cosa ti riguardi...” replicò lei sollevando le sopracciglia e andando a prendersi da bere nel frigo a metà strada tra loro.
Atteggiamento che mandò il sangue alla testa all'arciere: non fece in tempo ad aprire lo sportello che Clint la raggiunse, glielo chiuse sotto il naso con forza e vi ci si appoggiò sopra di peso con la schiena, incrociando le braccia al petto in atteggiamento di sfida.
“Ah no? Invece credo proprio di sì.” Rispose lui con un ghigno alla sua espressione irritata. “Eri la mia partner e non possono esserci segreti tra noi. Inoltre, ti ho salvato il culo, quella volta, quindi posso accampare tutti i diritti che voglio, su di te: mi devi la vita!”
“Non era un segreto, infatti...” replicò lei, spintonandolo e riaprendo il frigo “Semplicemente non c'è stata occasione per parlarne...” aggiunse stappando una bottiglia di birra a mani nude.
“Ma davvero...?” fece lui fingendosi sorpreso
“Cosa vuoi che ti dica?” replicò lei alzando gli occhi al cielo prima di dare una sorsata
“La verità! Perché scommetto che stai architettando qualcosa...”
“E chi ti dice che io passi la mia vita a tramare alle tue spalle?” ridacchiò la rossa scuotendo la testa.
“E' un vizio che non si perde tanto facilmente...”
“Se ritieni, quindi, che io non abbia fatto altro, per tutto questo tempo, che cercare di trascinarti in qualche trappola, me lo spieghi perché te la prendi tanto? Lo sapevi con chi lavoravi!”
“Non ho detto questo!” protestò lui
“Hai detto che è un vizio che non si perde...”
“Non intendevo quello!”
“Ah no? Le parole hanno un loro peso, Clint, non lo sapevi?”
“Ma dai? E allora cosa dire di certa gente che ti rifiuta costantemente ma che pretende di dormire con te e un bel giorno si sveglia e ti bacia a tradimento?” l'aggredì lui
Lei sembrò essere stata colta in contropiede “Era quello che volevi...”
“Mi avresti dato il contentino? Che generosità da parte tua!”
“Che sta succedendo?” domandò Pepper affacciandosi alla sala, richiamata dagli schiamazzi dei due agenti che non accennavano a smetterla, e Tony le fece cenno di tacere.
“E tu? Non dici nulla?” domandò allora Clint rivolto a Steve. “Se è davvero la tua donna, com'è possibile che ti stia bene che vada in giro a baciare chiunque le capiti a tiro?”
Ma quello, stranamente, non esitò “Conoscendo la persona per cui prova quell'affetto speciale, no! Anche, perché posso ben capire come si senta...”
“Fermi tutti! Time Out!” si sbracciò Tony beccandosi un'occhiataccia da Pepper, appena messa a tacere “Ma se questa mattina mi hai detto di essere ancora innamorato di mia madre...”
Rogers rispose con un'alzata di spalle “Le due cose non sono in contraddizione. Così come l'amore di Natasha per Bucky non interferisce con tutto il resto. Fa parte del passato. Ero solo sorpreso nel constatare che fosse tua madre e che, alla fine, avesse scelto proprio Howard, che sembrava non tollerare. Ma non mi sono mai illuso, dal primo momento in cui mi sono svegliato in questo tempo, che lei si fosse consegnata vergine alla morte nell'assurda speranza del mio ritorno dall'oltretomba.”
“E sempre Bucky in mezzo, no?” ringhiò ancora Clint che non si era lasciato distrarre da quella divagazione
“In ogni caso, nella nostra lunga esistenza, è anche comprensibile che ci possano essere momenti di fiacca... e lei ha già vissuto così a lungo e continuatamente...” rispose Cap, elusivo.
“Non difenderla!” strepitò Clint “Perché ogni volta accampa scuse diverse... Solo l'altro giorno mi dicevi..” disse rivolgendosi alla rossa in tono aggressivo “No, con Cap no perché mi ricorda Bucky. Bugiarda! Neanche non te l'avessi chiesto. Eccola qua la tua opportunità per parlarmene. E già tessevi la tua tela di menzogne!”
“Cosa ti aspettavi che facessi? Dovendo lavorare assieme ho pensato che, tacendo, le cose sarebbero andate lisce.”
“E di vivertela nella clandestinità? Fino a quando? Ah già, dimenticavo. Tanto io, presto o tardi, morirò! Giusto? Sei una stronza, Tasha! Credevo di conoscerti!”
“Invece ti sbagliavi. E se ci tieni a saperlo, c'era stato un momento in cui avevo pensato di dirtelo: prima che tu sbroccassi e cercassi di convincermi che una relazione tra noi fosse possibile. Perché non avrei potuto mentire né a te né a tutta la squadra su un fatto del genere. Non per nove mesi.”
“Nove...?” Clint fu costretto a battere le palpebre un paio di volte prima di arrivare anche solo lontanamente ad afferrare il significato di quelle due parole
“Cosa?” allibì anche Capitan America cadendo dalle nuvole.
“Sveglia ragazzi!” si intromise Rogue “Nove mesi. Un figlio. Nat era incinta. Giusto? Ci arrivo persino io...” sbuffò la mutante
Natasha accennò appena una risposta affermativa con la testa ma senza mai abbassare lo sguardo dal cecchino.
“E quando...?” Clint la guardava cercando di capire dove e quando fosse stata possibile una cosa del genere. Non doveva cedere: lo stava ingannando. Abilmente. Ma aveva commesso degli errori madornali di coerenza e di dettagli: non si erano mai separati abbastanza a lungo da concedere loro modo di... perpetrare l'infedeltà. Era un parolone ma lui si sentiva tradito nel profondo. Ed era la peggior sensazione che avesse mai provato. Seconda solo, forse, a quando aveva creduto di perdere il suo cane, Freccia, che poi se l'era cavata con una lunga riabilitazione e la perdita di un occhio1.
“Mentre tu eri ridotto a un vegetale a causa di Loki.” rispose lei, lapidaria, uccidendo definitivamente qualcosa in lui “Ma l'ho perso...” aggiunse fissandolo intensamente. Ora anche Cap la guardava rapito, aspettando di sapere come si sarebbe districata da quel guazzabuglio. Aveva taciuto il dettaglio anche a lui? O, semplicemente, non si erano coordinati bene? “Devo dirti anche il giorno, l'ora e la posizione, Clint?” domandò sarcastica “Mi sono accorta di averlo perso solo all'indomani della guerra coi Chitauri.”
“Non sei mai andata da nessun ginecologo...” ribatté lui “E poi dovresti avere esaurito la scorta
“Ignorante! La medicina moderna ha confermato che noi donne produciamo ovuli che potrebbero coprire tranquillamente un periodo di circa... tre vite, mi pare. Complete. E ti ricordo, inoltre, che ci siamo separati...dopo pranzo... ricordi? Che sei andato a dormire da solo? E poi in ospedale ci siamo andati addirittura assieme...” disse rievocando il giorno del primo attentato a Pepper “Non serve molto tempo per prenotare e fare una visita per avere conferma che un calcio al ventre aveva provocato il distacco... Non ho nemmeno avuto bisogno di raschiature, altrimenti ci avrei messo qualcosa in più.2” replicò sbuffando, quasi infastidita dal dover fornire quel tipo di spiegazioni “A quel punto non avevo più bisogno di spiegarti come stavano le cose. L'avrei fatto se tu fossi rimasto il Clint di sempre: ti avrei raccontato tutto, senza fartene una colpa. Te l'avrei raccontato anche se non l'avessi perso. Ma eri diventato possessivo e hai dato di matto solo a scoprire che Stark era la mia nota rossa...”
“Eccerto!” protestò lui
“Come potevo parlarti di....James?” protestò lei.
“E ora cosa c'entra ancora Bucky?” ringhiò lui
Lei lo guardò come se fosse stupido “James era il nome che avrei dato al bambino, idiota3!”
Clint spostò lo sguardo da lei a Steve e viceversa. Doveva ammettere che molte -troppe- cose li legavano a doppio filo. E un'idea folle, che non l'aveva mai sfiorato e sulla quale lei era stata fin troppo vaga, lo colpì con tutta la sua potenza, spezzando ogni residuo di speranza che ancora resisteva nel suo cervello.
In quel momento Jarvis irruppe nella sala col suo aplomb da perfetto maggiordomo inglese e avvisò che il Quinjet dello S.H.I.E.L.D. stava atterrando e che alcuni agenti sarebbero scesi scortando Thor a quel piano. Quindi andò in un angolo, in attesa di ulteriori istruzioni e, lì, sembrò disattivarsi.
“Ah, no! Questo è un problema!” sbottò Stark andando a visionare il suo robot, già stanco dei battibecchi degli agenti e più interessato alla sua creatura “Non è possibile che non riesca a gestire due periferiche contemporaneamente... Così non avrò nessuno a sistemare la casa quando sarò in volo assistito...” E come se la situazione fosse tra le più tranquille mai vissute, come se fosse da solo nella stanza, si attaccò al telefono “Azura4? Potete dare un'occhiata al sistema remoto di J.A.R.V.I.S.? No, quello nuovo. Ne ho creato uno nuovo stanotte, non te l'avevo detto? Beh, ora lo sai. Si spegne quando cambia interfaccia e capisci bene che può essere un problema serio. Sì, te lo mando subito. Anzi, ci penserà Pepper... Con calma... tanta calma, appena sarà libera ci pensa lei, ok?” disse aggiustando il tiro sotto lo sguardo severo della compagna che non tollerava di essere trattata da sguattera “Bene, Grazie... Come? Ah, sì, giusto.. allora, appena ho un attimo vengo direttamente io e proviamo anche quel nuovo prototipo, d'accordo? Sì, ciao...” concordò scoccando un'occhiata trionfante alla rossa “Contenta?” domandò con un sorriso che gli tagliava in due il volto. Pepper roteò gli occhi esasperata.
Distratti dal chiacchiericcio di Tony, nessuno fece più molto caso a Clint che si era irrigidito e aveva cercato le parole giuste per affrontare un'ultima volta la collega.
Deglutì a vuoto: ormai aveva perso la verve combattiva soprattutto a causa della distrazione del padrone di casa che lo faceva sentire, lui e la sua scenata di gelosia, quantomai fuori posto. Quando parlò, lo fece più pacatamente “Dimmi solo una cosa. Poi giuro che non ne parleremo più. Perché ti sei fatta coinvolgere nella storia dei Chitauri? Te lo chiesi al mio risveglio, in infermeria, ma rimanesti sul vago. Per quanto Stark possa essere stato il tuo punto debole, non credo saresti arrivata a tanto...” Si maledisse perché la sua voce non suonò ferma e sicura come avrebbe voluto. Ma ormai non importava più, voleva solo sapere e mettersi il cuore in pace “Era per lui... vero?” disse, senza guardarlo, ma sottintendendo Capitan America. Sono compromessa, aveva detto vaga. Era questo che intendeva? Era... incinta? O, peggio, innamorata?
Sei una spia, non un soldato... le aveva detto.
“Mi dispiace...” disse solo, chinando la testa e lasciando che una lacrima le solcasse il viso.
Fu allora che Clint si arrese. Tutto quadrava alla perfezione. I tempi, le piccole gentilezze di Steve che gli erano sembrate solo residui di un'educazione diversa e vetusta, le risposte che lei (non) gli aveva dato. Tutto quadrava con quella giustificazione: si era lasciata coinvolgere perché Cap era un suo amico e forse, sin da subito, qualcosa di più. Si era innamorata di Bucky che era il suo istruttore. Una cosa ridicola che rasentava il più stupido cliché dei romanzetti femminili di second'ordine. Ma Cap le aveva salvato la vita dalla Mano quand'era bambina. E tra il suo salvataggio, in età adulta e non del tutto disinteressato, e quello del primo Vendicatore, in età facilmente influenzabile, non c'era proprio paragone. E sarebbe stato comprensibile.
Che stupido era stato a non capirlo subito.
Lei era una spia e non un soldato, certo.
Ma lui lo era.
Forse all'inizio era stato solo istinto, da parte di uno o di tutti e due. Poi, tornati sani di mente, avevano operato come solo loro, probabilmente, avrebbero potuto. Tanto per cominciare lei non sembrava essere molto tagliata per le questioni amorose, il che avrebbe lasciato a lui tutto il margine di manovra di cui avrebbe avuto bisogno un uomo del secolo prima. Un uomo, probabilmente, abituato al corteggiamento vecchio stampo: una vita di languide occhiate, ogni tanto un fiore lasciato sul cuscino e, forse, dopo vent'anni, sarebbe riuscito a chiederle di uscire a bere qualcosa, da amici, per non spaventarla con proposte più impegnative, certo... ce lo vedeva a perdere l'eternità nel farla capitolare. Anche perché, da uomo d'onore qual'era sicuramente, non l'avrebbe mai lasciata da sola per un suo errore, per un suo momento di poca lucidità: si sarebbe preso le proprie responsabilità e non le avrebbe mai tradite, nonostante la vita eterna che li attendeva. Sì, Cap era capace di questo e altro.
Come se quella discussione non avesse mai avuto luogo, si allontanò di un passo e girò sui tacchi. Stava per inforcare la porta quando la squadra di agenti S.H.I.E.L.D., capitanati da Coulson e da una ragazzina dai capelli cortissimi, fece irruzione nella sala. Nessun segno del biondo dio del tuono.
“Preparo i bagagli e arrivo... Avvisa Fury... o Maria... che i Widowmaker sono sciolti definitivamente!” disse solo eludendo lo sguardo indagatore dell'agente di collegamento. Coulson non fece in tempo a voltarsi e chiedere spiegazioni alla sua partner storica che, anche quella, era svanita nel nulla. Insieme a Cap.










1 Storia narrata nel primo numero del nuovo Occhio di Falco di Fraction e Aja (Episodio Fortunato)

2 Chiunque sappia qualunque cosa su Natasha non si preoccupi. La so anch'io ed è ovvio che si tratta di un tranello. Spiegherò tutto al momento opportuno. Quanto alla scorta di ovuli...beh, io la sapevo diversamente (cioè che si va in meno pausa quando finisce la scorta) invece pare che no. O almeno.. così han detto i medici...mi fido: se non lo sanno loro...
Nel film, la vicenda prende all'incirca un mesetto, in reltà. Nat avrebbe quindi effettivamente avuto tutto il tempo di rimanere incinta, scoprirlo, perdere poi il feto nello scontro
Altra cosa, nel combattimento del film è lui che si becca un calcio in pancia, non lei. Anche se nel mezzo della colluttazione c'è un cambio scena e ci troviamo nella sequenza Thor-Loki e la morte di Coulson. In ogni caso, una vicenda del genere potrebbe bastare a giustificare un aborto (avvengono -quando naturali- per molto meno nei primi mesi)

3 James è il nome che è stato dato davvero al figlio di Cap e Nat (credo per questo motivo) nel film animato del 2008, Next Avengers, sequel di Ultimate Avengers (1 e 2). Ora... di questa relazione non mi pare ci sia alcun accenno in nessun fumetto. Potrei pure sbagliarmi: di certo non ce l'ha nella versione Ultimate, da cui è tratto... e lei ha avuto storie famose con Clint, Matt (Murdock), Tony, James... ma non con Cap. Anche perché lui c'ha la biondona onnipresente Agente 13 - Sharon Carter. E da un pezzo.

La storia di Cap sembrava già una forzatura in questi due cartoni quando poi arriva questo
Volete il colpo di grazia? Eccovi accontentati
Se avete il dubbio che sia un fake e che non siano gli attori (come ho fatto io! Perché è una cosa che mi rifiuto di accettare -da che pulpito!-) ecco qui la prova.
E visto che la notizia è relativamente fresca, mi sento meno in colpa per aver introdotto questa variante prima di sapere che cmq nel film avevano intenzione di fare altrettanto (io ho preso dal cartone e tutto perché volevo accennare a una storia più canon di questa, che però riguarda Clint).

4 Azura Eliot (Thena Eliot). Un'Eterna (ci torniamo presto su chi siano gli Eterni, i Celestiali e compagnia cantanti) che lavora per Tony nel settore sviluppo armamenti e rappresenta l'archetipo della dea guerriera e giusta (in pratica Atena/Minerva. Archetipo, perché poi, nell'universo Marvel c'è pure Atena la divinità Greca... motivo per cui ho lasciato il nome umano di Azura, per evitare casino)

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Capitolo 12
*** Fine dei giochi ***


12. Fine dei giochi






Con la scomparsa dei litiganti, era sceso un silenzio imbarazzato che venne presto interrotto dalla ragazzina che sembrava capitanare il gruppo appena giunto.
Non si fece scrupoli, né sembrò prestare particolare attenzione alla situazione carica di tensione. O forse lo fece e si comportò arrogantemente di proposito.
“Bene! Vi abbiamo portato l'asgardiano come richiesto dall'Agente Romanoff. Non c'è bisogno di dirvi che qualunque cosa scopriate dovrete riferirla immediatamente a Maria. O direttamente a me, se volete. Queste...” disse sbattendo sul tavolo un plico di documenti cartacei “...sono le nuove disposizioni per le nostre comunicazioni interne nel caso HYDRA avesse degli infiltrati all'interno dello S.H.I.E.L.D. Sappiamo benissimo che Lei...” disse guardando Tony in cagnesco “... non ha problemi a bypassare i nostri sistemi di comunicazione ma, per evitare che qualcuno ne sfrutti la scia, Le chiediamo, cortesemente, di attenersi al protocollo...”
“Mi stai prendendo in giro, ragazzina?” sbottò divertito il padrone di casa “Agente...” disse guardando Coulson “...è un altro scherzetto dei vostri? Ma quanto tempo avete da buttare nel cesso per perdervi in queste stronzate?”
“Ha detto ragazzina?” sibilò la giovane agente in posa marziale prevaricandolo e impedendo a Coulson di fornire una qualunque risposta.
“Cos'è, sei già sorda alla tua età? Sì, ho detto ragazzina. Non puoi avere più di quindici anni...” la derise ancora Tony.
Quella non batté ciglio, lo afferrò per il polso e con un abile mossa di una qualche arte marziale lo stese sul tavolo, lasciandolo boccheggiante e terrorizzato per pura pietà “Il mio nome è Daisy, nome in codice Quake. Non ragazzina. E conosco almeno una dozzina di metodi più cruenti che spezzare un braccio, per uccidere, tra i quali spappolarLe il cuore o il cervello. Ho quattordici anni1, è vero, ma ho un livello 10. Cosa che Lei, Signor Anthony Stark, può pure sognarsi...” quindi lo lasciò andare senza tante cerimonie.
“Certo che qua c'è da aver paura... sembrate tutti così carini e pacifici... anche lei, Agente, è così letale?” domandò il magnate, riprendendosi e tossendo, rivolto a Coulson
Quello stirò un sorriso pacioccone “Se mi si fa arrabbiare, sì!”
Stark sgranò gli occhi, scettico “Ah già, il taser, ricordo...2” commentò prima di guardare Pepper come a dire “Ma parlano sul serio? Devo davvero fare attenzione a questi agenti insulsi?”
“Rispettate il protocollo...” aggiunse ancora la ragazza “E ora, Coulson, portami subito dall'androide che hanno catturato ieri...”
“E voi come fate a sapere di Vision?” sbiancò Pepper che ancora non aveva capito con chi avevano davvero a che fare
La ragazzina, Daisy, la guardò con sufficienza, studiandola da capo a piedi con uno sguardo quasi inorridito “Signorina Pots, cosa crede che sia lo S.H.I.E.L.D.? Un parco giochi per bambini troppo cresciuti? Solo perché finora vi abbiamo fatto fare i porci comodi vostri... Sappiamo di Visione e sappiamo anche che il controller remoto di Pym ha combinato un gran casino. E voi manco ve ne siete accorti! Andiamo!” ordinò dando le spalle ai presenti e spintonando Coulson perché la guidasse a destinazione. Subito, però, si fermò per rivolgersi al resto del drappello “Pierce...” disse rivolgendosi a un uomo dalla scura chioma leonina “Tu aspetta sul Quinjet mentre la tua Squadra Nera aspetterà Barton: quando sarà pronto lo scorteranno di sopra. Io devo controllare questa cosa ma sarò di ritorno in meno di un quarto d'ora. Solo in quel momento darai l'ordine ad Alexander di tradurre l'asgardiano in questa sala. Fino ad allora...” disse osservando i Vendicatori ad uno ad uno “...resterà sotto la nostra sorveglianza!”
Quando lei e Coulson furono inghiottiti dalle porte d'acciaio dell'ascensore, Gambit soffiò rumorosamente “Tremenda... altro che la nostra Jubilee...” ghignò rivolgendosi a Rogue che annuì appena.
Logan prese posto accanto a loro, accavallò le gambe e le buttò sul tavolo “Voi ancora non avete visto come gira davvero il mondo...” sospirò rivolto ai presenti in stato di shock per quel comportamento così duro da parte della giovane agente. “Rogue sa di cosa parlo, ma pure tu, Cajun, dovresti darti una svegliata” aggiunse fissando il ladro con cui faceva squadra “Anche tra noi X-men c'è chi ne ha passate di cotte e di crude...” spiegò brevemente alla piccola folla, prima di perdersi in qualche ricordo.
“Ti riferisci a qualcuno in particolare?” domandò Gambit senza spostare lo sguardo dalla porta in cui erano scomparsi gli agenti.
“Se non bastasse quello che hanno passato Marie e Kurt... bah...che schifo...” disse buttando la testa all'indietro “E dire che mi sono lasciato coinvolgere da quest'organizzazione di merda ancora una volta...”
“Ehi, un po' di rispetto!” protestò Tony, venendo bellamente ignorato
“Si può sapere di cosa parli?” protestò il francese che ormai moriva di curiosità. Era uno di quei racconti che non aveva mai avuto la fortuna di ascoltare.
Quello sbuffò, pentendosi di essersi fatto scappare quelle parole “Ricordi quando parlammo del progetto Arma Plus? Anche l'ultima volta, che c'era Rogers? In un modo alquanto contorto era coinvolto anche lo S.H.I.E.L.D. Motivo per cui non volevo averci nulla a che fare e per cui non mi sorprendo che quella ragazza sia così dura. Ma può essere solo carattere: tendo a vedere il marcio ovunque, ormai...”
“Se ti faceva tanto schifo perché non sei rimasto a Westchester?” replicò ancora il francese
“Fury è un amico e non c'entra praticamente nulla con lo S.H.I.E.L.D. Con quello S.H.I.E.L.D. Se non tangenzialmente: è stato vittima lui stesso di quei tagliagole da cui fuggo io e per combatterli è costretto a lavorarci fianco a fianco. Un po' come nel Judo: con minimo sforzo, sfrutti la forza dell'avversario e gliela ritorci contro, atterrandolo.” scosse la testa, schifato dalle connessioni che legavano le cose e le persone “Se pensi che quello che hanno subito loro...” disse indicando i due fratellastri “...o quello che è capitato a me sia il peggio che la mente umana possa concepire... beh... tanto per fare un esempio, pensa che hanno fatto lo stesso, forse anche di peggio, a una ragazzina che all'epoca era solo una bambina...”
“La famosa X-23” saltò su Spider-man improvvisamente curioso e attento.
“E tu come lo sai?” domandò Logan guardandolo di traverso, tornato improvvisamente al mondo reale e storcendo il naso davanti alle guardie in tenuta antisommossa, con tanto di elmetti e fucili.
“Mi sono documentato.” Lo informò entusiasta il fotoreporter “E tramite la rete di Stark ho avuto accesso a tutti i file che lui si era scaricato dal database dello S.H.I.E.L.D.”
“Cos'è che hai fatto, piccolo manigoldo?” urlò Stark andando a prenderlo per la collottola, nemmeno fosse un gattino spaurito.
“I tuoi protocolli di sicurezza fanno abbastanza schifo. E lo sai che sono un piccolo Nerd... Non mi sorprende che ci sia gente che entra ed esce tranquillamente da questa torre portandosi via armature o progetti segreti...” replicò il giovane, alludendo alle immagini che solo il giorno prima erano state sbattute in faccia al miliardario filantropo, accusato di cercare di far crescere la propria popolarità inscenando finti attacchi alla sua persona.
“Ma... ma se l'ha progettato Pym?” replicò quello, indispettito da quell'accusa.
“Evidentemente il tuo misero contributo ha compromesso tutto, Tony...” lo derise Pepper “Io te l'ho sempre detto: pensa a fare ciò che ti riesce meglio.”
“E sarebbe?” domandò lui arcigno.
“Armi, armature, macchine, hardware in generale. Ma non giocare coi software, non è roba tua!” precisò la donna.
“Io sono un genio!” protestò quello, puntando i piedi come un bambino.
“Certo, negli armamenti. E riesci a fare collegamenti che le persone normali si sognano. Ma per il resto sei una persona come tutte le altre e non puoi sapere tutto di tutto: altri campi, altri geni. La mente è come una soffitta, diceva Sherlock...”
“Lo so, lo so...” la zittì lui “Non può esserci spazio per tutto: devi togliere quello che è superfluo...”
“Insomma... chi sarebbe questa X-23?” domandò Gambit, poggiato svogliatamente sul palmo della propria mano “Io non ne ho mai sentito parlare... e sono a Westchester da un po' di tempo. Tanto quanto Rogue, almeno.” Ma anche lei scosse la testa, dichiarandosi all'oscuro di quella faccenda.
Logan esitò un attimo. Quindi sbuffò. Se non avesse parlato lui, l'avrebbe fatto sicuramente il piccolo ragno. “Diciamo che è... mia figlia...”
“Cosa?” alitò Rogue. Il suo cuore perse un battito.
“Laura, in realtà, è un mio clone...” Precisò Logan lasciando la frase in sospeso, incerto se continuare o meno.
“Che nome grazioso” commentò Rogue rilassandosi e cercando di capire in quale modo una ragazzina fosse coinvolta nel progetto Arma Plus, di cui portava, indiscutibilmente, il soprannome che accomunava tutte le cavie a partire dal grande successo che era stato Wolverine, l'Arma X, il decimo e più rappresentativo. E se Laura era sua figlia, a maggior ragione, la X identificava la loro parentela.
Si era tutto sommato rilassata, nel sapere che Logan non avesse avuto davvero figli con altre donne – una parte di lei ancora rifiutava di essere attratta da Gambit e sperava e soffriva per le vicende legate a quell'uomo che amava più di un padre – ma sgranò nuovamente gli occhi quando il canadese aggiunse “...A differenza di Daken...” sospirò l'uomo scuotendo la testa.
“Il pazzo psicopatico tatuato in pose da diva come Feyd-Rautha e col complesso di Elettra3!” strepitò Deadpool “Lo conosco quel bastardo, lo conosco! Mi fa fatto quasi morire per emorragia! Certo, il piccolo meticcio non si è potuto sviluppare come qualunque altro essere umano, poverino...” sentenziò il mercenario saltellando sul suo posto “Essere stato strappato dal ventre materno ed essere allevato da dei delinquenti gli ha procurato qualche tara...”
Gambit arricciò il naso per l'orrore mentre Rogue rabbrividiva, rivivendo un passato che continuava a bussare alla sua porta ogni volta che l'argomento veniva sfiorato.
“Di quali atrocità sta blaterando?” strepitò Pepper, nauseata.
Logan sbuffò, grattandosi la testa, nervoso. “Possiamo parlarne dopo? Quando saranno andati via?” disse indicando il drappello di agenti in tenuta antisommossa che piantonava la sala. “Anche perché la Principessa ha avuto un certo ruolo in parte della faccenda. Magari potrà raccontarvela lei...”

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Il vantaggio di essere un agente, una spia, un soldato stava soprattutto nel fatto che i propri effetti personali, quelli davvero necessari per la sopravvivenza, potevano essere ridotti all'osso e raccolti in pochi minuti. Anzi, poteva permettersi di partire anche seduta stante tanto non aveva grandi legami affettivi con quegli oggetti. L'unica cosa che poteva servigli era il telefono; non le armi, di cui sarebbe stato dotato a profusione se solo avesse fatto un cenno ma a cui era affezionato e che sapeva come maneggiare, conoscendo, di ciascuna, i difetti e le caratteristiche peculiari; non i vestiti, visto che prevalentemente indossava la divisa, l'Agenzia avrebbe potuto fornirgliene mille altre uguali. Considerato che avrebbe dovuto indossare nuovamente i panni di Ronin, poi, la divisa che stava piegando era del tutto inutile.
Quella nera e oro di Carousel che gli serviva e di cui aveva ancora un paio di cambi nel suo appartamento (da quanto era chiuso e abbandonato? Da quando viveva praticamente con Natasha. Tornava ogni tanto, quando le loro missioni non coincidevano. E ora era assente da troppo tempo: quando fosse tornato avrebbe dovuto fare grandi pulizie!) di sicuro non gli sarebbe andata bene: o era ingrassato o, in ogni caso, l'uniforme sarebbe stata rovinata, a stare chiusa nel baule per tutto quel tempo.
Ma fare i bagagli, o tentare di farli (visto che era un maniaco dell'ordine che, Natasha permettendo, teneva tutto al proprio posto) era un rito meccanico che gli svuotava la mente e lo calmava. Come pulire le proprie armi.
Si scoprì ad essere impaziente di tornare alle origini, a Ronin, alla vita semidelinquenziale ma anche al rigore che ciò comportava. Le sue spade e la sua divisa, i suoi incarichi d'ufficio davanti ad apparecchiature elettriche per le interferenze e poi sul campo, dove le sue doti funamboliche tornavano davvero utili per recidere i collegamenti fisici posizionati in luoghi assurdi e normalmente inaccessibili.
Il suo corpo sarebbe tornato un tempio lucido e pulito. Un ricordo piacevole, dei tempi in cui era stato un arrogante scavezzacollo, si affacciò alla sua memoria.
Sono stanco...” aveva sbadigliato dopo una nottataccia di lavoro in cui era stato affiancato da Logan di cui, però, all'epoca conosceva solo il nome in codice, Wolverine. Soprannome di cui non aveva capito il senso finché non l'aveva visto in azione, lui, la sua ferocia e i suoi artigli. Ecco perché gli dava una mano. Una coppia di spade non sarebbero mai bastate e altre sei lame facevano comodo.
Fatti una birra, amico!” aveva detto l'altro, passandogli una lattina. Clint non aveva nemmeno voluto sapere da dove l'avesse pescata.
Il mio corpo è come un tempio...” aveva risposto allontanando quella tentazione. Certo, perché essere Ronin richiedeva concentrazione, lucidità e serietà. E qualche rinuncia.
Allora fa entrare una birra nel tuo tempio. Non ci vedo cartelli che lo vietino...” aveva replicato l'altro. Aveva trovato quell'atteggiamento molto strano, perché Wolverine, da quello che sapeva, conosceva a menadito il Bushido. Ma Clint sapeva anche che in Giappone il mutante aveva avuto qualche problema. Per non parlare del suo metabolismo: diverso da quello di tutti gli altri esseri umani, troppo veloce, non poteva ammalarsi, non poteva ubriacarsi o drogarsi. Non poteva nemmeno morire. Non poteva fare nulla di dannoso a se stesso nemmeno volendo.
Sbuffò sentendosi improvvisamente osservato e percependo un profumo particolare nell'aria, che conosceva fin troppo bene “Cosa vuoi?”
“Nulla, mio caro...” disse giuliva una voce di donna alle sue spalle mentre si lasciava cadere a peso morto sul letto sfatto “Bel casino questa stanza, complimenti. Tu e Nat ci date proprio dentro, eh?”
“Se non hai di meglio da fare, Jessica, ti consiglio di girare al largo. O potresti, accidentalmente, inciampare in una mia freccia.” la informò rigirandone la punta acuminata di una tra le dita
“Non mi faresti mai nulla del genere, Clint, suvvia...” ridacchiò l'altra rotolandosi sul materasso come una bambina.
“Falla finita. Sei snervante!” sbottò lui lanciando un coltello che si piantò nel materasso a un centimetro dal naso di lei. Che, però non batté ciglio e riprese a rotolare in senso inverso.
“Sei represso, Clint!” replicò tornando a sorridere, per niente intimidita
“Smettila!” ringhiò lui “A stare con HYDRA sei diventata una vera serpe!”
“Sciocchezze...” si imbronciò quando lui andò a recuperare il pugnale. Rotolò rapidamente su se stessa, ingabbiò l'arciere tra le sue gambe e lo fece cadere sul letto, atterrandolo violentemente. “Uno, due...” cominciò a contare “Knock-out!” esultò “Noi dell'HYDRA siamo delle sirene, dovresti saperlo...” sorrise complice e maliziosa.
Ma lui se la scostò di dosso con poca grazia “Sempre rettili dalla lingua biforcuta...”
“O-Oh, parla un uomo ferito... scommetto che la colpa è di una certa rossa? Cos'è? Hai fatto cilecca e lei ti ha piantato in asso?”
“Sta con Rogers, non seccarmi!” ringhiò cacciando le sue cose nel borsone alla rinfusa: addio rito calmante.
“O-Oh... ti sei fatto battere da un nonnetto... certo, il rigor mortis, una bassa temperatura e certe pilloline blu possono aiutare ma te le sconsiglio...”
“Sei disgustosa!” replicò lui
“Ci tengo alla tua salute, che tu rimanga vivo!” sghignazzò divertita la mora “Per l'amor del cielo, Clint! La sto solo buttando sul ridere... che serioso che sei diventato...” Lui sembrò quasi non sentirla e continuò ad affaccendarsi per la stanza senza parlare “Davvero? Lei e Rogers..? Non è che è una bufala delle sue?”
“Dimmelo tu!” sbottò l'arciere fermandosi di colpo e schiaffando le magliette nella borsa prima di risedersi sul materasso a controllare il contenuto della sacca “Sei tu la spia! Dimmelo tu se sta mentendo. Usa i tuoi poteri e renditi utile, al posto di istigare me all'omicidio”
“Al di là che io sono solo al livello 7 e lei è al 10 e la vedo difficile cavar -letteralmente- un ragno dal buco... di chi è che stai meditando l'omicidio?” domandò quella divertita
“Il tuo!”
“Oh, non ne saresti capace, Clint..” buttò lì fingendosi imbarazzata “Ma dimmi... cos'è che ti piace tanto di Natasha?”
“Per l'amor di Dio, Jessica! Non sono affari tuoi!”
Essere acciento riusso, da?” domandò lei, facendo alzare gli occhi al cielo all'arciere. Gattonò fino a dove stava lui e si mise in ginocchio, sul materasso, sporgendosi per abbracciarlo “Tu sa che io parla correntemente riusso come seconda lingua, da? Una di quelle lingue biforcute di cui parlavi... non sei curioso di sapere com'è baciare una rettiliana?” Lui cercò di allontanarsela ma lei si aggrappò più forte “E poi parlo anche Coreano, Francese, Spagnolo, Portoghese e Tedesco... Lingue calde...” gli sussurrò all'orecchio “Passionali... certo, non il Coreano... Ammetto che mi manca il latino ma è una lingua morta...” disse sporgendosi da sopra la spalla e lasciando che i lunghi capelli neri scivolassero sul petto di lui “Non ti ecciterai mica per i cimeli storici, vero? Oddio... Nat è vecchiotta...” constatò puntellando i gomiti sulle sue spalle e usandolo come appoggio per le sue elucubrazioni “Se sei un necrofilo e ti piacciono le anticaglie sono fregata, dannazione! No a te piacciono le donne dispotiche. Come Nat e Barbara, sì!” sbuffò “Non ho proprio possibilità...”
“Jessica...” sospirò quello ai suoi sproloqui “Per favore, puoi scendere? Mi stai accavallando i nervi del collo...”
“Oh, scusa tesoro...” disse rimettendosi dritta e tentando di massaggiargli la parte lesa “Però, vedi... forse una Vedova Nera è un po' fuori dalla tua portata...”
“Che vuoi dire?” domandò lui, stanco di opporlesi
“Beh, puoi sempre puntare a un ragno più comune... domestico... innocuo...” sillabò pizzicandogli debolmente la pelle del collo con le lunghe unghie laccate di rosso.
“Parli di te stessa, immagino...”
“Da cosa l'hai capito?” strabuzzò facendo la finta tonta “Sai... io non sono velenosa... non dormo con le armi addosso... e, cosa forse più importante, non ti uccido dopo.” Clint sbuffò, le prese le mani, se le tolse di dosso e ruotò sotto l'arco delle loro braccia per riuscire a fronteggiarla. Fece per aprire bocca che lei lo zittì posandogli con un dito sulle labbra “Non mi importa se pensi a lei. Puoi usarmi quante volte vuoi... Sai, avevo giusto bisogno di un diversivo. La vita allo S.H.I.E.L.D. è un po' monotona da quanto Carol non c'è più e tu te ne sei andato...” disse suadente.
Clint non si lasciò incantare “Non è che stai facendo tutto questo per farle un dispetto? Anche se non capisco che senso avrebbe visto che non puoi farla ingelosire. Non più, per lo meno.”
“E perché mai dovrei?”sbottò quella ritraendosi di scatto, offesa
“Per quello che ha fatto ai tuoi genitori, forse. Cosa ne so io di come sragionate voi donne. Ancora non vi ho capite!”
“Allora le dovrei un favore!” preciso quella. “E odio sentirmi in debito con qualcuno.”
“D'accordo. Allora cos'è che ti spinge a rompermi così tanto le scatole? Mi infastidivi anche ai tempi in cui Barbara faceva parte della squadra...”
“Ti è mai passato per l'anticamera del cervello che potessi essere interessata a te senza un secondo fine, Clint?” domandò lei risentita lasciandosi cadere sul letto e dandogli modo di finire i preparativi “E che non abbia mai usato i miei poteri su di te perché non mi sembrava giusto? Sennò, bello mio, saresti già capitolato, a quest'ora! Cos'è, una donna deve fartela vedere e tenerti alla catena o importi la sua presenza perché tu capisca qualcosa? Sei un po' duro di comprendonio, ottuso di un falchetto...”
“Smettila di prendermi in giro...” replicò l'arciere ridendosela di gusto “E' la cosa più sciocca che abbia mai sentito. Con tutti quelli che puoi avere, vieni proprio da me? E, guarda caso, sempre quando c'è Ronin di mezzo”
“Il fascino del cattivo ragazzo, immagino...” rispose civettuola, stendendosi languidamente sul letto e stiracchiandosi come un gatto steso al sole. Quando Clint fu pronto, si lasciò cadere nuovamente sul bordo del letto per sistemarsi gli anfibi e gli accessori da polso. Jessica si allungò verso di lui, spingendo con le gambe sul materasso e strisciando sulla schiena come un lombrico capovolto. Quindi posò la testa sulle sue ginocchia con fare stanco “Sei sicuro che ti vada bene così?” domandò quando lui ebbe finito di sincronizzare il cronografo rattrapante che aveva al polso. Senza aspettare una risposta, si puntellò sulle braccia e si protese verso di lui, dandogli tutto il tempo di rifiutarla definitivamente.







1 Come dicevo nel capitolo 26 di Preludio, Daisy ha 14 anni nella serie degli spillati che escono regolarmente in edicola. Ma originariamente, al suo reclutamento in Secret War (e di seguito in Secret Warrior e compagnia) ne ha 17. Ma in quelle versioni Fury era l'uomo bianco simile a David Hasselhoff (bello lui), in questa, l'uomo nero alla Samuel L. Jackson. Quindi, visto che prendiamo da quest'ultima, prendiamo pure le età ;)

2 Rivedetevi Iron Man 2 se avete perso la battuta. ;)

3 Daken ha il pesante complesso di essere figlio del mitico Wolverine e, per quanto sia brutale, teme di non essere all'altezza del genitore (disagio accentuato dal mezzo lavaggio del cervello che gli ha fatto Sabretooth). In realtà, come si vede in X-force, non avrebbe desiderato altro che crescere come un bimbo normale, amato dal padre.

Feyd-Rautha Harkonnen è uno dei personaggi del romanzo di Frank Herbert, Dune (nel film di David Linch interpretato da un giovanissimo -e fighissimo- Sting -seppur con mutande ridicole): ingegnoso, dotato di grande abilità e destrezza, ha uno spiccata propensione alla crudeltà e alla perversione. Il modo in cui si pone Sting mi ricorda tremendamente diverse sequenze in cui Daken posa per i fotografi (ma anche come usa le piattaforme volanti di Goblin) in modo da sembrare quasi un modello: bacino avanti e schiena inarcata indietro. Non proprio una posa marziale e aggressiva.

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Eccola qui la storia canon a cui dovevo fare riferimento: tutto per raggiungere un altro punto della storia nonostante io rifiuti questa coppia, come rifiuto quella Rogue/Magneto che, nonostante sia diventata canon è la cosa più abominevole di cui abbia mai letto. In realtà perché mi sta antipatica lei. Trovo più sopportabile l'idea di vederlo con Wanda Maximoff o anche (perché no?) con una come Tigra, che però continua a latitare. Al confronto Nat e Cap sono passabili. Ovviamente, quando si parla di Jessica Drew non si può non parlare di Skrull e alieni. Quindi -tenuto conto che è coinvolta nel furto delle Starktech- tenetela d'occhio, perché non è finita qui.

Con il prossimo capitolo, giuro, la finisco con le porcate di abbinamenti e mi lancio sul terreno più infido e schifoso che è quello di Arma Plus. E' stato accennato in Preludio ma ora ci torno su per bene, così da spiegare perché l'impiego di Sentinelle non sarebbe nemmeno la più oscena delle soluzioni. E già che ci sono, cercherò di dare una risposta a quel che sapeva Loki su certi incendi all'ospedale, San Paolo etc. :)
Al riguardo non ho trovato nulla nei fumetti e continuo sulla mia idea.

Prima di lasciarvi volevo segnalarvi la fic veloce e leggera partorita dalla folle mente contorta di Nerily ;) "L'ira dell'eroe" (chissà di chi si parla...)
Inutile dire il piacere che mi ha fatto (attendo un sequel ù_ù) visto che, tra l'altro, rappresenta perfettamente quello che accade nel mio cervello quando scrivo: non avrei saputo fare di meglio.
Siamo sul metaletterario nonsense, una cosa molto Deadpooliana ma che mi ha fatto tanto piacere -e ridere come una matta- e sì, l'ho costretta a postarla: aveva fatto la fatica, tanto valeva pubblicarla, no?

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Capitolo 13
*** Costretti ***


13. Costretti


- ATTENZIONE! -
Avviso i lettori più sensibili che da questo capitolo, per altri due, verranno raccontati fatti -puramente immaginari- abbastanza forti ma non crudi: ho ricalcato e saccheggiato le varie versioni -originali- senza scendere nella descrizione minuziosa di particolari. Per tanto rimango nella categoria Arancio e non scado nella Rossa.
Insomma, nei fumetti succede e viene mostrato di peggio (tanto per dirne una che ho trovato particolarmente vomitevole -anche se ho continuato a leggere come nulla fosse- è stato lo squartamento di Ares a opera di Sentry in Assedio).
Volevo solo avvisarvi che saranno capitoli un po' cupi, molto lontani dal solito registro.
Ma, come dice Logan, “Consiglio alle signore di sedersi... e tenere a portata di mano un catino







La stanza in cui l'aveva trascinato doveva essere uno sgabuzzino o qualcosa di molto simile.
on si vedeva un accidenti e da fuori non arrivava alcun rumore. Non c'erano telecamere di sorveglianza né diavolerie del genere. Erano soli e i loro respiri affannati erano l'unico rumore in quello spazio che riteneva angusto e scomodo.
“Smettila!” disse per l'ennesima volta con un po' più di sicurezza nella voce rispetto alle volte precedenti “Smettila, ho detto!” ribadì sottraendosi ai suoi assalti.
“Non fare tanto il difficile...” replicò lei avventandosi nuovamente, avida, sulle sue labbra. Ma lui riuscì, con uno sforzo di volontà residua ad allontanarla appena “Non fare così!”
“Cosa c'è? Non ti piaccio abbastanza?” domandò per poi esibirsi in un sorriso smagliante e malizioso che lui non poteva vedere ma che riusciva a immaginare e percepire dal tono della sua voce “Qualcuno, quaggiù, la pensa diversamente...” replicò perfida strusciandoglisi addosso con fare provocante.
“Non è quello!” rispose lui, esasperato “Semplicemente... non è giusto!”
“Cosa non è giusto, precisamente?” domandò lei “Mi pare che nessuno dei due sia sposato, impegnato o simili. Siamo entrambi liberi e... ne abbiamo bisogno: tra i due non so chi abbia più necessità di sfogarsi, in questo momento...”
“Non possiamo!” replicò ancora lui, cercando di tenerla a distanza
“Perché?” sbottò lei spostando la carica sessuale in vera e propria aggressività fisica “Perché, Steve? Peggy è morta... MORTA, capisci? Non c'è più! È un mucchietto di cenere polverizzata in qualche parte nel cielo, se tutto va bene... E si era sposata e aveva avuto un figlio! Non offendi la sua memoria!”
Rogers deglutì a vuoto: effettivamente non aveva molti argomenti convincenti dalla sua “E... e Clint? Hai detto che...”
“Quello sono affari miei!” lo zittì lei “Lui si riprenderà presto. E a me serve solo un incentivo per sbarazzarmene del tutto...” la sentì scuotere debolmente i ricci rossi che in quel luogo sembravano trucioli neri come la pece “Cos'è... non ti va bene di essere l'eletto a questo incarico?” disse afferrandogli una mano che lui le teneva sulla spalla
“Non credo sia giusto nei suoi confronti!” rispose mentre lei intrecciava le dita con le sue
“Tu non hai alcun obbligo nei suoi confronti. Potresti avercelo con James, non con lui. E io... Scusa... ragioniamo per ipotesi...” disse prendendogli anche l'altra mano per poi tirarlo a sé, azzerando lo spazio tra loro “Se io non fossi, come non sono, effettivamente, innamorata di lui, dovrei privarmi di ogni piacere per non offenderlo?” Mentì e Cap esitò ma alla fine dovette ammettere che, messe così le cose, no, non si sarebbe dovuta far condizionare perché, altrimenti, avrebbe dovuto farsi scrupolo per ogni persona che conosceva e che, forse, la guardava con occhi non totalmente disinteressati “E se, invece, lui non fosse interessato a me, se fossi io a pendere dalle sue labbra? Se lui, quindi, mi ignorasse... Ancora, dovrei star qui ad aspettare che lui si degnasse a considerarmi? O non potrei, se ne avessi voglia, in pace con la mia coscienza, prendermi ciò che qualcun altro, gentilmente...” sottolineò facendo le fusa come un gatto “... può offrirmi? Se io volessi dimenticarlo in questo modo, se fossi certa che funziona... perché no?”
“Se anche l'altro è d'accordo, però...” fu l'unica obiezione che lui riuscì a muovere
“E l'altro è d'accordo?” gli domandò a un soffio dall'orecchio mentre gli guidava una mano sotto la maglia. Lui oppose appena resistenza ma lei riuscì a forzarlo “Se a me andasse bene di essere il sostituto di un certo tenente ormai morto e sepolto... una specie di donna specchio...”
“Donna specchio?” domandò confuso e con ormai poca forza per opporlesi
“Dante, non potendo amare Beatrice, non potendo nemmeno posare lo sguardo su di lei, direttamente, perché già sposata con un altro uomo, nella Vita Nuova racconta di come si fosse servito di un'intermediaria: guardando oltre la spalla di questa poteva comodamente contemplare la sua amata senza che ciò provocasse alcuno scalpore. E' un espediente vecchio come il mondo...” spiegò brevemente per poi tornare all'assalto “Se questo Capitano, rimasto solo al mondo, potesse accontentarsi di un surrogato che io fossi disposta a offrirgli... cosa ci sarebbe di male?” disse mentre faceva saltare l'allacciatura frontale del suo reggiseno.

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Thor fu fatto scendere dal QuinJet solo dopo che Daisy e Coulson ebbero fatto ritorno dalle segrete del grattacielo.
Quando il biondo dio del tuono comparve in sala, tra i presenti calò un silenzio sbalordito: il suo carceriere non era altri che un bimbetto, al massimo dodicenne, armato di katana, che sembrava esercitare su di lui un controllo mentale notevole.
“Liberalo, Alexander!” ordinò il suo altrettanto giovane capitano con arroganza.
“Come vuoi...” replicò il marmocchio. Chiuse gli occhi e chinò il capo.
Thor, a sua volta, batté gli occhi un paio di volte e quando capì dove si trovava si volse verso il ragazzino e si inginocchiò davanti a lui, lasciando i Vendicatori del tutto attoniti.
“Ti rendo onore, Phobos, dio della paura, figlio di Ares, dio della guerra. Che i nostri regni possano continuare sulla lunga strada della collaborazione tracciata dai padri dei nostri padri per la salvaguardia di Midgard...” Thor si rialzò e lo scrutò ancora. Quindi sorrise e gli scompigliò i capelli “Sei cresciuto molto dall'ultima volta... Sicuramente mio fratello1, tuo padre, è fiero di te. Ti ringrazio per la clemenza dimostrata nei miei confronti.”
Il bimbetto, da parte sua, infastidito da quel gesto troppo confidenziale, ascoltò tutto il discorso con aria annoiata. Infine, liquidò il dio norreno con un gesto seccato della mano “Sì sì sì. Pace e prosperità a te, porgi i miei saluti al vecchio guercio, io farò altrettanto col vegliardo che corre dietro alle ragazzine e tante care cose. Daisy, abbiamo finito? Io vorrei tornare alla mia partita di Call of Duty, se non ti dispiace...” disse brusco, rivolgendosi al capitano della squadra.
La giovane agente, sorrise all'esuberanza del ragazzino. “Tieni, ti ho preparato un paio di panini... va a mangiare mentre io finisco di dire due cose a questi signori...”
“Non trattarmi da cretino!” replicò il moccioso, strappandole il sacchetto dalle mani “Ci si vede, gente!”
Quando se ne fu andato, un uomo e una donna presero posto alle spalle del giovane capitano manco fossero le guardie del corpo personali della pupilla di Fury. Rodriguez e James, così recitava la loro targhetta identificativa. Erano entrambi inquietanti. Alla faccia del sorridenti e coccolosi: lei aveva protesi bioniche al posto delle braccia e lui girava armato di catena come il più fetido delinquente scappato al peggiore dei serial televisivi degli anni ottanta.
“Certo che sei brava a gestire il pupo...” ridacchiò l'uomo che, muovendosi, fece tintinnare tra loro gli anelli della catena.
“J.T.!” lo rimbeccò la donna al suo fianco, assestandogli una gomitata nel fianco.
“Che c'è? É vero, Yo-yo!”
“Finitela tutti e due!” ordinò Daisy, perentoria “Devo già evitare che il dio della paura dia di matto per un errore di salvataggio della sua X-box o per un attacco di fame. Ci mancate solo voi...” quando si volse a redarguirli, intravide i componenti della squadra nera sghignazzare della sua incapacità a tenere a bada i propri uomini, quindi alzò appena il tono della voce e aggiunse “Io sarò alle prime armi, ma non temete: una volta a bordo non mi apparterò col capitano Pierce e non riferirò della vostra insubordinazione.” Il solo nominare il loro capitano avesse rimesso in riga quegli agenti molto più vecchi di lei. Stirò un sorriso, compiaciuto: tutto si poteva dire fuorché che le mancasse l'iniziativa e la creatività. Si rivolse, quindi, al gruppo di Vendicatori. Dopo le raccomandazioni di rito, si prese ben cinque minuti per fare un bel cazziatone a Tony per quello che lui e Pym avevano combinato con Visione.
Già, perché, a quanto pareva, il congegno di controllo installato il giorno prima al sintezoide aveva avuto lo spiacevole effetto collaterale di formattarne la memoria. Qualcuno -complice del pasticcio- doveva, quindi, prendersi la briga di contattare Pym e sistemare il problema in tempi brevi. Dove, chi, come non era un suo problema. Anzi, suo il casino (principalmente di Pym), suoi i modi per risolvere la questione, ivi compresi anche i problemi legati al trasporto e quelli logistici oltre che la mera riparazione.
Barton si affacciò nella sala a metà della ramanzina per andarsene praticamente subito, carico solo del suo borsone e scortato dalla squadra Caterpillar Nera, senza dire una parola di commiato ai suoi -ormai ex- compagni di squadra. Non cercò né la spia né il soldato. Se ne andò come se non conoscesse nessuno in quella stanza: d'altronde, si era unito a loro quasi per caso, non aveva superpoteri e... non era fatto per il lavoro di squadra.
Al suo fianco, come un'ombra, c'era un'agente che attirò immediatamente l'attenzione di tutta la squadra. Era una donna mediocre, né bella né brutta; senza il minimo appeal, infagottata com'era nella mimetica delle squadre speciali; non una stangona né particolarmente aggraziata. Eppure tutti sembravano aver perso improvvisamente la testa: tutti gli uomini presenti in sala diedero improvvisamente di matto, sgomitando per raggiungerla, neanche fosse stata vestita in abiti succinti. Le uniche eccezioni a quello strano comportamento erano rappresentate dagli agenti che piantonavano la sala che rimasero immobili nel loro assetto. Erano dotati di una sorta di maschera antigas che Rogue e Pepper (anche loro stranamente immuni a quel delirio generale), in un primo momento, avevano scambiato per un comune elmetto da pilota. Le due donne non avevano affatto considerato strana ed eccessiva quella meticolosità protettiva: collegarono il fatto solo in un secondo tempo. Ma al momento dei fatti erano troppo sconvolte dal comportamento dei loro amici. Un comportamento simile, infatti, era comprensibile da un maniaco allupato come Deadpool o da un cascamorto -per quanto innamorato- come Gambit. Anche un playboy incallito come Tony (nonostante, teoricamente, avesse messo la testa a posto) non destava eccessivo scalpore. Ma che anche Kurt e Peter reagissero in modo tanto viscerale sembrava strano.
Pure il comportamento di Thor strideva con l'immagine seria che le due donne si erano fatte di un dio abituato a chissà quale autocontrollo.
L'unico che sembrava contravvenire la sua natura era Logan, il più brutale e istintuale del gruppo che, semplicemente, arricciò il naso infastidito ma che non si prese la briga di scendere in campo per rivendicare alcun diritto su quell'osso.
In tutto quel marasma, però, non sfuggì al loro occhio attento la singolare reazione dell'arciere: non stava sbavando come gli altri ma una certa tensione era facilmente leggibile nella sua posa rigida e nei suoi arti contratti.
Non appena il drappello di agenti S.H.I.E.L.D. si fu dileguato con quei due al seguito, la tranquillità tornò immediatamente. Sembrò che nulla fosse accaduto e Daisy poté finire il suo liscebusso.
Quand'anche la squadra bianca si fu dileguata, riportando Coulson sull'aereo insieme a loro, Deadpool (precedentemente impegnato a cercare di svicolare dalla sua trappola inflessibile) sembrò sorpreso di ritrovarsi faccia a faccia con l'ennesimo componente dei Vendicatori “Cazzo che figo, sto surfista australiano2, posso adottarlo? E' un po' un bietolone ma...” esternò prima di fermarsi, sentendosi addosso lo sguardo di tutti “L'ho detto ad alta voce? Io intendevo solo che gli invidio il fisico da paura! Altro che quel barilotto di Logan...” strepitò nel tentativo di correggere il tiro della sua frase. “E poi, finché l'autrice non lo riporta alle condizioni originali, cioè meno pusillanime, gli preferirò sempre il fratello. Un po' rachitico, stronzo e psicopatico, ma ha quel fascino da supremo Lord del male... ♥ Lo adoro! ♥ Lui si che sa come conquistare il pubblico! ♥ … Oh, cazzo! Ci sono caduto di nuovo!” protestò con livore. Ma tanto nessuno era interessato al suo punto di vista. Lo stesso Logan andò al frigo, a caccia di una birra, e, quando l'ebbe trovata, si ributtò a sedere pronto a raccontare la storia che aveva loro promesso.
“Allora!” esordì stappando la bottiglia coi denti “X-23 e il progetto Arma Plus... Consiglio alle signore di sedersi... e tenere a portata di mano un catino perché sono racconti un po' forti...”
“Sono pronta!” disse Pepper, cerea in volto. Non era per niente vero ma, se voleva essere all'altezza di Tony, che non sembrava particolarmente impressionato, doveva darsi un contegno. Doveva ricordarsi costantemente che, ora che si teneva in vita con quel attrezzo luminescente, poteva essere perseguitata come qualunque altro superumano. E doveva sapere quali erano i rischi. O cosa sarebbe stata costretta ad affrontare. Nel bene e nel male. Senza necessariamente scegliere. Doveva affrontare le sue paure di donna comune. E poi se ce la faceva Janet!
Chiudere gli occhi e tapparsi il naso non avrebbe annullato la realtà e i suoi orrori.
Aveva superato lo scoglio del generatore, anche se le sembrava ancora un corpo estraneo, forse perché ne considerava l'installazione nel suo petto un solo fatto momentaneo e che, quindi, le permetteva di gestire meglio le sue paure.
E quello era il suo proprio corpo!!! Quello con cui era cresciuta e che la identificava come Virginia -Pepper- Pots. Se ce l'aveva fatta a superare una realtà così invadente e scomoda, poteva affrontare ogni cosa fosse ad esso estraneo.
“Dunque... Sostanzialmente si parla di eugenetica... nulla di nuovo sotto il sole. La selezione di piante, animali e uomini per vie più o meno naturali vanno avanti dall'alba dei tempi: innesti, incroci, ibridi... o pensate a Sparta. Ma la sperimentazione, la forzatura delle mutazioni naturali, fu terreno di studio solo negli ultimi... beh duecento anni? Decennio più decennio meno... Il grande pubblico sa solo, e qualcuno ha il coraggio di negare, gli orrori dell'Olocausto. Ma c'è una storia segreta, sotterranea parallela a quella ufficiale. Una storia ufficiosa perché riguardava esseri diversi, di cui si voleva tenere la popolazione all'oscuro. Il massimo di cui i civili fossero a conoscenza era dato loro dalle leggende e i racconti, nati, come sempre, da episodi reali, e che venivano usati per tenere a bada le popolazioni tramite le loro paure: questi esseri venivano caricati di valori simbolici spesso negativi e usati come esempio. Ma sto divagando. Parliamo di esperimenti, segregazione e studi invasivi sui mutanti da una parte, ovviamente. Ma anche di esseri umani. Il progetto Arma Plus fu solo uno dei tanti. Anzi, sotto il suo ombrello si raccoglievano tanti altri studi e tentativi nati con altri scopi.”
“Non dovremmo aspettare Rogers?” lo interruppe Stark, prendendo posto davanti a lui
“Lui conosce già la prima parte. Gliel'abbiamo raccontata quando è venuto alla scuola...” disse Rogue
“Tra l'altro, come dovresti sapere, ma forse Pepper non sa, Rogers fu il primo umano su cui venne testato un siero, andato poi perduto. Era il primo tentativo di creare un supersoldato. Gli esperimenti continuarono per decenni. Non ultimo il caso del dottor Banner che rimase vittima dei suoi stessi studi. Forse continuano tutt'ora, non me ne stupirei. A un certo punto, comunque, dopo la fine della Guerra, con l'ingresso in quella che è comunemente chiamata Guerra Fredda, i militari decisero di fondere i loro sforzi con quelli di un genetista particolarmente brillante quanto folle: Nathaniel Essex. In concomitanza, uno scienziato di nome Myron MacLain scoprì come produrre una lega d'acciaio virtualmente indistruttibile: l'adamantio.” disse sfoderando i propri artigli “Lo scopo iniziale doveva essere produrre carri armati indistruttibili. Prima dell'adamantio, MacLain aveva scoperto un'altra lega alquanto particolare e che, come molte cose, era stata un vero colpo di fortuna e che non si riuscì più a replicare: la sperimentazione era andata avanti per anni, coinvolgendo ogni combinazione possibile del ferro, fino a coinvolgere anche il rarissimo vibranio. L'adamantio, insomma, non era altro che la seconda scelta, per il quale si era trovato un processo scientificamente replicabile per la lavorazione.”
“Tutta questa ricerca mi ricorda qualcosa...” puntualizzò Stark picchiettando sul proprio generatore Ark. Anche lui aveva cercato un sostituto del palladio come alimentazione del suo impianto per anni per poi trovare (o rubare) l'idea dagli appunti di suo padre: una cosa così eccezionale che non ci si sarebbe potuti arrivare se non per via incidentale.
“Di questa lega particolare si sa molto poco, dalla combinazione alla quantità ai processi. Semplicemente, per chissà quale diavolo d'accidenti, una mattina i metalli si erano fusi e sembravano funzionare insieme. Mac Lain lo plasmò immediatamente a forma di disco e lo consegnò allo S.H.I.E.L.D. perché ne facesse il proprio vessillo.”
“Uno scudo?” domandò Pepper cercando con lo sguardo l'emblema di Capitan America
“Precisamente. Il materiale ottenuto non era molto e tutto ciò che riuscì a produrre nel poco tempo a disposizione prima del raffreddamento e del conseguente indurimento fu la più semplice delle armi e per la quale utilizzò disegni di prototipi che gli erano stati consegnati precedentemente da Howard Stark in persona. Anni dopo, nel tentativo di replicare la lega unica dello scudo di Rogers, creò l'adamantio. Dicevo anche che è virtualmente indistruttibile. Perché solo le onde anti-metalliche prodotte dal vibranio puro, di cui è composto quello scudo, possono liquefarlo nuovamente. Quanto alle resine, i tre composti del ferro che compongono l'adamantio, possono essere unite tra loro solo lavorandole alla temperatura di 1500 gradi Fahrenheit, circa 820 gradi Celsius. Dopo di che, il tempo per manipolare il composto è solo di una decina di minuti circa e solo una precisa modifica a livello molecolare può alterare la lega che, altrimenti, da quel momento diventa indistruttibile.”
“E come te l'hanno cacciato dentro un metallo liquido, quindi rovente, per far sì che le tue ossa lo assorbissero?” domandò confuso Tony, non volendo accettare l'unica soluzione che il cervello gli stava suggerendo
“Appunto. Questo spiega perché hanno usato me. E gente simile a me per esperimenti analoghi.” replicò Logan orgoglioso
“Che vuol dire?” domandò Pepper, tra disgusto e curiosità
“Che il mio fattore rigenerante, che mi impedisce di morire, mi ha fatto sopravvivere anche a questa tortura.” ghignò compiaciuto “Me lo hanno iniettato così com'era, in tutta fretta perché si diffondesse capillarmente!”
“E per gente simile a te, cosa intendi?” domandò la rossa con voce incerta che ancora non aveva recepito a pieno l'orrore di cui stava parlando il mutante.
“Quello che ho detto: gente che può sopportare queste torture. O anche di peggio. E tra i primi ritroviamo, sicuramente, Sabretooth...”
“Amico tuo, Creed...” ironizzò Gambit
“Taci, Cajun: eravamo commilitoni. Che ci siano screzi tra noi è faccenda privata...”
“Questo spiega tante cose... Ma le vostre faccende private coinvolgono anche noi, spesso e volentieri. Non che mi dispiaccia azzuffarmi un po', ogni tanto...” replicò l'altro, ridandogli la parola
“Poi c'è Daken, anche lui dotato di tre artigli e che sembra essere mio figlio naturale...”
“Sembra?” alitò Pepper, confusa
“L'esame del D.N.A.” puntualizzò il canadese “Itsu, la madre, venne uccisa prima di poter completare la gravidanza. Qualunque cosa portasse in grembo era più piccolo di un topo da laboratorio. Eppure sopravvisse. Come cavia del progetto Arma Plus.3
“Perché venne uccisa?” riuscì a domandare Rogue
“Questa è una di quelle domande che mi dimentico sempre di rivolgere a Sabretooth e che andrebbero rivolte a Natasha. Visto che fu il suo maestro -e amante- a uccidere Itsu, insieme a Victor4.”
“E X-23?” domandò ancora la mutante
“Laura venne progettata in laboratorio a partire dal mio DNA. Fu sottoposta al più spietato degli addestramenti, se così si può chiamare una forma estrema di tortura... Per i primi sette anni di vita Laura -questo il nome che le diede segretamente sua madre, la genetista Sarah Kinney a capo del progetto che mirava a replicare l'Arma X, cioè me- fu tenuta rinchiusa in una cella imbottita dalla quale usciva solamente per essere addestrata nelle arti marziali e nell'uso delle armi.”
“Immagino il condizionamento che avrà subito... altro che Pavlov” allibì Pepper cercando di immaginare un'infanzia che non potesse essere definita tale. Sette anni trascorsi desiderando unicamente quei pochi momenti di libertà, che erano accompagnati dalle violente scariche adrenaliniche della lotta. Probabilmente Laura si divertiva e smaniava per quegli incontri più di quanto fosse riconducibile alla sola reclusione.
Logan annuì “Venne, quindi, esposta a diversi tipi di radiazioni perché il potenziale mutante, che doveva aver ereditato da me, si manifestasse. Pertanto, quando si attivò il suo potere... beh... Laura mantiene l'aspetto di una pre-adolescente.”
“E il caratteraccio da dove salta fuori? Frutto di intenso allenamento anche quello?” Ironizzò Kurt per alleggerire l'atmosfera
“Quello l'ha ereditato, non sono state né le radiazioni né la prigionia ad attivarlo...” rispose in un ghigno da padre orgoglioso “A quel punto, impossibilitata a morire, le vennero strappati gli artigli protrattili che originariamente erano, come i miei e come quelli di Daken, in osso...” disse mentre Rogue faceva scattare i suoi tre, eredità del potere che aveva assorbito al canadese e che erano, per tanto, ancora e solo semplici ossa affilate. Pepper sbiancò alla sola idea di quella tortura “....che vennero sostituiti con due coppie identiche in adamantio. E a proposito di Pavlov... fu addestrata a reagire ad un attivatore che la fa cadere -tuttoggi- in uno stato di trance in cui la sua coscienza e la sua volontà vengono annullate, lasciando spazio solo al massacro sistematico del suo obiettivo fino a che non è tutto concluso. Ciò l'ha resa un'arma micidiale a tutti gli effetti, controllabile a distanza. In un primo momento, però, non aveva memoria alcuna di cosa succedesse durante questi attacchi, la sua mente andava in corto. Ma quegli stronzi hanno trovato come volgere la cosa a loro vantaggio: con l'aiuto di qualche potente telepate sono riusciti a fare in modo che le restino impressi, in modo da alimentare la sua confusione e la sua disperazione.”
“E questo perché...?” domandò Tony disgustato
“Puro sadismo...” rispose Logan allargando le braccia, rassegnato.








1 Dei greci, dei asgardiani, dei giapponesi... tra loro -quando gli comoda, ovviamente- sono tutti fratelli, in quanto tutti divinità. Poi si scannano in guerra, ma è una cosa a cui avevo già accennato.

2 Nessun errore, l'attore è davvero australiano anche se interpreta uno svedese... D'altronde è conterraneo di Hugh Jackman che interpreta un canadese...

3 No, non mi arrampico nel casino di Romulus. Taglio la testa al toro prima. Wolvie è un cane sciolto e Daken ha preso la ferocia dal padre, enfatizzata dall'essere nato in modo particolare e traviato dal progetto Arma Plus che, l'ha preso ancora feto e trasformato a proprio vantaggio.

4 Non è vero, fu solo James. Ma dato che Victor aveva giurato di vendicarsi di Logan per la morte della sua donna, portandogli via ciò che un giorno avesse trovato di più caro al mondo, ho unito le cose.


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Eccoci qui...
A parte Nat e Cap (mi duolgo e mi batto... la rossa ha fatto tutto da sola e l'avrei strozzata con le mie mani... ma, ripeto, forse meglio così, visto che la cosa -anche se non a questi livelli, spero- torna anche nel film. La giustificazione che mi ha dato era che non poteva restare a vedere Clint che se ne andava, sta scema, e, per l'appunto, aveva bisogno di riprendersi... no coment) spero che la prima parte della storia di Arma Plus non sia stata troppo pesante. Ci tenevo, però, a raccontarla, soprattutto la parte dei metalli. Perché per quanto noi leggiamo e vediamo cosa hanno fatto a Logan... raramente capiamo davvero cosa gli hanno fatto. Tubi, siringhe etc. Ok. Ma il metallo incandescente? Nel film sembra una cosetta tipo fanghi termali... non si vedono vapori, non si sente la puzza, non si percepisce il calore che quella roba probabilmente emanava.
Quanto a Laura. Ok, tutti sanno cos'ha passato... ma a pensarci seriamente è ancora più rivoltante.
E cmq ho citato ancora il mio carissimo Nathaniel Essex cioè Sinisto :) ecco che i pezzi cominciano a collegarsi. Piano piano.
E chissà chi è il telepate -cattivo ovviamente- che ha operato su Laura. Nella mia testa non può essere altri che Emma Frost, ovviamente! Perché per me non sarà mai tra i buoni 100% d.o.c. Come non lo era Scott XD.
No, dai, a parte gli scherzi, questo è un mio vaneggio, non dirò chi ha lavorato su X-23. Nemmeno mi importa. Ne ho raccontato la storia solo per arrivare a spiegare altre cose, che vedremo nei prossimi capitoli, e per spiegare quanto schifosamente perversi fossero questi esperimenti. I prossimi di cui leggerete saranno sempre nell'intorno, più o meno su questo livello di efferatezza.
Puro sadismo ne sono convinta!
Dal progetto Arma Plus e simili si delinea, quindi, la storia della relazioni armi e mutanti. Mutanti trasformati in armi, Armi contro i mutanti, umani resi mutanti per essere armi più controllabili, etc.
Da qui al progetto Sentinella il passo è davvero breve.
Detto ciò, vi saluto e ci sentiamo la prossima settimana ;)

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Capitolo 14
*** Tragedie che uniscono ***


14. Tragedie che uniscono






“Cosa può esserci peggio di questo?” commentò Tony dopo un po', valutando la portata delle rivelazioni del canadese.
“Oh, ce n'è a volontà... le segrete di quei posti potrebbero raccontare storie dell'orrore per generazioni. Storie da far rabbrividire Edgar Allan Poe...” disse Logan in un sorriso amaro “Beh, io ho fatto il mio... chi di voi due vuol prendere il mio posto?” disse rivolgendosi ai compagni di squadra.
Kurt e Rogue si guardarono brevemente, quindi il ragazzo si schiarì la voce “Per continuità, penso che tocchi a me...”
“Lasci il peggio alla fine, eh? Grazie, fratellino..” rispose la donna in un sorriso tirato quando il fratello si fece avanti liberandosi dal congegno olografico che ne alterava la fisionomia e riassumendo il suo demoniaco aspetto di elfo della notte.
“Rogers sa anche questo?” domandò Pepper
“A grandi linee...” rispose l'interessato cominciando il suo racconto “Dunque... Mia madre, che successivamente fu anche madre adottiva di Rogue...”
“Ah! L'avevo detto che uno dei due era stato adottato!” strepitò Stark, fiero del risultato ottenuto. Pepper lo folgorò con uno sguardo che lo costrinse a rimettersi tranquillo.
“Preferisci parlare tu di Mystica?” domandò Kurt alla donna al suo fianco che fece spallucce, noncurante. Guardò, allora, Logan che passò il turno agitando la mano in aria, come infastidito da un insetto “La mia storia è molto semplice: mia madre venne catturata dall'allora nascente MRD, un gruppo para militare che da la caccia ai mutanti, appendice del progetto Arma Plus. Visto il notevole potenziale del suo potere, i responsabili del progetto tentarono in ogni modo di...” si fermò, esitante. Spiò sua sorella che gli fece un cenno della testa perché proseguisse “... di ottenere da lei delle marionette da piazzare nei punti strategici di comando: immaginate di poter sostituire con delle copie perfette i potenti della Terra, ma istruite da voi.”
“Altri cloni!” Sbottò Tony che ormai, tra mutaforma e cloni che potevano bypassare le sue difese ne aveva fin sopra i capelli.
Kurt sorrise enigmatico “Anche. Solo l'esame del DNA avrebbe smascherato l'inganno. E chi si sarebbe mai permesso di mettere in dubbio che tal presidente o re non era chi diceva di essere? Pensateci. Quello che ha fatto Loki, coi Chitauri, è stata la versione perfetta di tutto questo. Ma i tentativi, come in molti casi precedenti X-23, il clone di Logan, fallirono miseramente: feti nati morti, aborti spontanei. E questi embrioni, non sempre si sviluppavano in vasche amniotiche...” disse lasciando all'immaginazione dei presenti quale fosse l'altra alternativa. Ma presto, ne era certo, il racconto di Rogue avrebbe colmato ogni lacuna “Spesso la gestazione veniva interrotta dai funzionari perché ciò che si stava sviluppando non sarebbe riuscito a sopravvivere in ogni caso, pur con tutti i superpoteri possibili immaginabili. Mystica era solo ottimo materiale genetico per tentare di replicare l'idea malata di quei genetisti. Potevano fare mille tentativi: lei sarebbe guarita.”
“Come Logan!” strabuzzò la rossa indicando il mutante che, al paragone, storse il naso
“Quasi!” ringhiò
“Alla fine, un tentativo andò in porto. Ma ne nacque un bambino del tutto privo di poteri. Oggi, quell'uomo è, ironicamente, il fondatore -non un semplice attivista- del FoH...”
Gli amici dell'umanità...” commentò Peter, affascinato da quel racconto “Un movimento politico minoritario che si affianca a quello di Purity1. Per la supremazia degli esseri umani intatti da modificazioni genetiche”
“...Graydon Creed.” annuì Kurt.
“Non è un nome che avete già fatto?” domandò Pepper, ormai rapita da tutto quell'intrigo per quanto complicato, orribile e disgustoso.
“Abbiamo parlato di Victor, il padre” confermò Logan “Alias, Sabretooth...”
“Dopo quell'inaspettato successo, l'idea, ormai morente, riprese vitalità. Il partner successivo fu Azazel. Di lui si persero le tracce subito dopo il concepimento e, a essere onesti, non si trovarono mai dati nemmeno di una sua esistenza prima. Sembra non essere mai esistito, un'allucinazione collettiva. Ma io sono qua, quindi...” sbuffò per cercare di fare chiarezza nel suo vortice di pensieri “A suo tempo, qualcuno disse che quello che era successo era opera del demonio e che si fosse materializzato a loro, seguaci di Satana2, per indicare la via da seguire...”
“Ovvero procedere per quella strada...” commentò ancora Peter cercando di incastrare i pezzi tra loro.
“A scriverci una storia su queste cose potreste fare soldi a palate!” commento Deadpool dal suo angolino, quasi in risposta ai pensieri del fotografo.
Kurt, scuro in volto, assentì a Peter “E' una così gigantesca... scemenza! Voglio dire... guardate Warren!” sbottò, probabilmente vomitando rancore che aveva covato per anni a quell'etichetta demoniaca che si era ritrovato addosso nonostante i suoi sforzi.
“Chi è Warren?” bisbigliò Pepper che, in risposta, ricevette solo un'alzata di spalle perplessa da parte di Tony: non lo sapeva nemmeno lui.
“E' forse un vero angelo? Un arcangelo con la spada fiammeggiante mandato da Dio a punire l'umanità?? Un serafino con sei ali?” continuò il mutante imperterrito e irritato “E' solo un mutante! Che noi, in base alla nostra cultura riconosciamo essere simile a un angelo. Allo stesso modo possono esistere mutanti dall'aspetto fatato o demoniaco. Come Pixie, Angel3, come me. Ma la gente a questo non ci pensa...” ammise sconsolato “E come Warren non è l'unico mutante alato4, probabilmente io non sono l'unico dall'aspetto demoniaco...”
“Quindi tu nascesti sotto il controllo di questi scienziati pazzi... Come facesti a sopravvivere al programma?” domandò Tony
Kust stirò un sorriso triste e scosse la testa “Mystica riuscì a scappare...” disse guardando verso Logan “Quando un altro detenuto diede di matto e massacrò, da solo, circa un quarto del personale, lei approfittò della confusione per liberarsi e scappare. Ed è probabile che anche il fantomatico Azazel riuscì a fare la stessa cosa, sfruttando la breccia che aveva compromesso la base e le nuove falle a cui nessuno aveva ancora posto rimedio.. Senza tirare in mezzo alieni, demoni e scemenze simili. Quanto alla sua mancata registrazione, probabilmente, evidentemente era stato appena catturato. Mystica, invece, non potendo usare i propri poteri, dovette usare ogni astuzia e forza umana per riuscire nell'impresa: fu la disperazione a darle abbastanza forza. Le guardie accorsero immediatamente ma a quel punto, mezza libera, lei poteva fare qualcosa per salvarsi, essendo abile nel corpo a corpo. Fuggì dalla prigione e riparò in Germania. Aveva bisogno di cure, assistenza. E di sparire definitivamente...”
“Scusa...perché non poteva usare il proprio potere?” domandò Pepper, perplessa
“Perché venivamo dotati di quei dannati collari dell'MRD al carbonadio che annulla ogni potere mutante.” rispose Rogue, secca, prima di ridare la parola al fratello.
“In Germania riuscì a spacciarsi per nobildonna e a farsi sposare in brevissimo tempo dal barone Wagner di Baviera. Per lei non era affatto un problema vivere nell'indigenza, dopo quello che aveva passato. Ma, per suo figlio, preferiva essere certa di ricevere la migliore assistenza all'epoca disponibile...”
“Mica tutti possono permettersi di far ricoverare i propri congiunti al Presbyterian University Hospital” ghignò Peter rivolgendosi a Tony che gli fece la linguaccia in risposta.
“Mostrarsi in una bella confezione, abiti puliti e aspetto ordinato, quando la situazione l'avesse richiesto non era difficile e raggiunse quasi subito il suo obiettivo”
“E allora cosa andò storto?”domandò Pepper, dispiaciuta per la sorte del ragazzo: qualcosa non doveva essere andato per il verso giusto o il racconto sarebbe già stato terminato.
Kurt stirò l'ennesimo sorriso amaro “Io ho ereditato il potere di mio padre di smaterializzarmi, non quello di mia madre di cambiare aspetto. La mia pelle blu è quella di Mystica. La mia coda e i miei arti, la mia fisionomia... sono di mio padre...” La rossa trattenne un gemito capendo come fossero andate le cose al momento del parto “Mia madre venne smascherata, nonostante, per tutto il travaglio, fosse riuscita a non tradirsi, e si vide costretta alla fuga. Non mi lasciò nelle mani di quei forcaioli, né si fidò a lasciarmi sulla soglia di qualche chiesa. Per poter fuggire più velocemente possibile si vide costretta ad abbandonarmi alle correnti del fiume, sperando nella provvidenza. Fortunatamente venni tratto in salvo da una famiglia di zingari circensi. E lì crebbi amato dal clan e dai miei fratelli, finché... ” il mutante lasciò la frase in sospeso, indeciso se continuare o meno.
“Non credo serva dire altro Kurt...” disse Rogue, venendogli in aiuto “Quello5 non ha niente a che fare col Progetto... Semplicemente, a distanza di vent'anni, i Progetti lavoravano ancora a pieno regime. Kurt venne catturato. Fu allora che scoprì tutto questo suo passato. Perché quegli stronzi si divertivano in particolar modo con la tortura psicologica. Non stento a credere che tutto ciò che gli hanno raccontato fosse vero, visto cosa facevano di prassi.”
“E cosa facevano?” domandò Pepper, sempre più curiosa e sempre più disgustata.
Rogue sospirò, raccogliendo le idee, pronta a narrare la sua parte di verità. Si grattò la cute per vincere quella sorta di imbarazzo che sentiva nel dover raccontare la propria, stupida vicenda. Sbuffò e cominciò a raccontare.
“Bene, il mio potere, guai a chi ride, si manifestò la prima volta quando avevo quindici anni... pare sia l'età media, giusto nella fase di sviluppo adolescenziale...come se non fosse abbastanza complicato per conto suo. Certo è che ebbi la sfiga di scoprirlo mentre ricevevo il mio primo bacio. Immaginate che bella esperienza traumatica...” ironizzò nervosa “Cody finì in coma per una settimana. Volevo stare lontano da tutto e da tutti, sperando di capire, nel frattempo, cosa mi fosse successo, perché era chiaro che era stata colpa mia. E in quei giorni di fuga convulsa ne ebbi la prova più d'una volta: assorbivo ricordi e abilità degli altri con un semplice contatto epidermico. Più tardi scoprii che dai mutanti potevo assorbire anche i poteri. E' una cosa totalmente incontrollabile, motivo per cui vesto sempre completamente bardata. Capii presto che quella era la mia unica protezione. Vedete, per quanto facessi attenzione, camminando capitava di scontrarsi con qualcuno, di venire abbordata... e in Louisiana, specie d'estate, nessuno se ne andrebbe in giro col burqa. Quindi, quando Cody si svegliò io ero già fuggita lontana da casa, verso nord, dove il clima mi avrebbe aiutato a scomparire agli occhi della gente.”
“E chi meglio di uno del Mississipi può capirti!” cinguettò Deadpool, lontano, cercando di attirare l'attenzione ma restando dimenticato da tutti.
“Cuciti la bocca!” ringhiò Gambit, improvvisamente aggressivo.
“A girare troppo coperti attiravo ancora di più l'attenzione. E tutto ciò che volevo era passare inosservata. Vagai come un'anima in pena con in tasca i pochi soldi che avevo da parte, saltando sui treni merci in corsa o intrufolandomi nei pick-up fermi alle stazioni di servizio. Avevo la vaga sensazione, in realtà solo una sciocca speranza, che quando avessi trovato un posto da chiamare casa, l'avrei riconosciuto al volo e avrei trovato qualcuno disposto ad aiutarmi e, ovunque fossi finita, sarebbe stato meglio che a casa...”
“Vorrei ben vedere...” replicò Remy in sottofondo.
“E ancora non sapevo di non essere l'unica...” terminò in un soffio mentre si accorgeva di come le parole del Cajun avessero calamitato l'attenzione: tutti erano incuriositi da quell'esternazione. Rogue lo maledisse mentalmente, sospirò e continuò “Mio padre era vedovo e... ogni tanto tornava a casa un po'... allegro... e... beh... sapete come vanno queste cose...”
“Alla Marvel pare che gli alcolizzati e i violenti siano un topos imprescindibile, insieme ai ragni e alle rosse...” interloquì Wade
“Diciamo che quella vita non mi mancava proprio... Ben presto finii i soldi...” continuò come se nulla fosse “...e cominciai una vita ai limiti della sopravvivenza, lottando con i cani e con i barboni per un tozzo di pane. Lavorare era fuori questione: non solo ero una minorenne in fuga ma il mio potere mi teneva alla larga dagli altri. Finché, un giorno, una donna cieca, armata di bastone, non venne a scovarmi tra i rifiuti. Ero terrorizzata dal poterle nuocere più di quanto la natura non avesse già infierito su di lei ma quella mi parlò come se sapesse già tutto di me. Trovando accoglienza in quel modo inaspettato, non riuscii a oppormi e, piangendo come una bambina, mi lasciai condurre a casa sua dove mi offrì un letto, un bagno e un pasto caldi. E abiti puliti che mi andavano alla perfezione. Quando la tensione si fu finalmente sciolta, Irene mi presentò la sua compagna. Ricordo che, nonostante i problemi che potevano vivere nella vita quotidiana, le invidiai molto. Soprattutto perché la sua compagna era... la mutaforma Mystica.” disse prendendosi una pausa e lasciando che la notizia arrivasse a destinazione “Vissi con loro per un paio d'anni e tutto andava tremendamente bene. Finché -probabilmente si trattò di una segnalazione da parte di qualche vicino pettegolo e bigotto alla Buon Costume6 che a sua volta, dopo un'indagine preliminare, dovette venir girata all'MRD- vennero a prenderci. Nel cuore della notte: amano l'oscurità, questi bastardi. Perché la gente dorme. Ora che si copra un minimo e vada ad affacciarsi alla finestra, loro hanno già portato a compimento la loro missione. E poi è più facile passare inosservati. Maledetti!” Imprecò al ricordo
“E... non sei riuscita a fare nulla?” domandò Tony perplesso, gesticolando “Voglio dire... hai una forza paurosa...”
“Quella l'ho acquisita successivamente, proprio grazie all'MRD. Certo, ho lottato, a modo mio. Mi sono fatta violenza e ho aggredito gli agenti. Ma loro erano in tenuta antisommossa: erano completamente coperti. E io non avevo altra forza a sostenermi che il terrore di una ragazzina che si vede entrare gli agenti in casa nel cuore della notte, pronti a strapparle tutto.” scosse la testa “Mystica era ed è una spia, come Natasha, ed è esperta nell'uso delle armi e delle arti marziali. Ma quando non hai più nulla a proteggerti, quando sei accerchiata a quel modo e sei rintronata dal sonno e un angolo della tua mente corre alle altre persone in casa che sono più esposte di te... beh... posso capire come siano riusciti a ricatturarla. Irene, invece, che era cieca ma dalla sua aveva la dote della preveggenza, tanto più accurata quanto più vicini erano gli eventi, non riuscì a fare molto per noi. Una volta in cella, scoprimmo che era morta nella colluttazione. Sapeva che sarebbe morta quella sera ma non sapeva perché e noi l'avevamo presa in giro. Fu tutto troppo repentino, anche per lei. ”
“E lei, Mystica, non ha usato il suo potere mimetico?” domandò Peter
“Sì, ci ha provato. Ma il trucchetto non funzionò: loro avevano dei visori particolari. O forse ognuno di loro aveva un marcatore visibile solo con gli stessi, non lo so. So solo che si comportarono come se lei non si fosse mai trasformata e l'atterrarono immediatamente.
Ci misero in cella assieme. A me e a Kurt. All'inizio non capimmo perché. Poi, un giorno, una guardia, convinta di essere spiritosa, se ne uscì dicendo che i figli di Mystica non si assomigliavano per niente tra loro...”
“Veramente disse Da una bastarda come lei non potevano che uscire due bastardi più diversi di voi due” la corresse Kurt.
“Passammo... quanto? Un anno?” domandò Rogue per conferma.
“Sì, mi pare un anno... là dentro il tempo era annullato..” spiegò a beneficio degli altri “Un giorno poteva essere un anno o un minuto. Non potevi saperlo. La luce artificiale non veniva mai spenta e non c'erano finestre od orologi.”
“Faceva parte, anche quello, dei test psicologici, perché non erano interessati solo a creare ibridi. Così come con l'inseminazione coatta.” aggiunse Rogue vedendo come Pepper storcesse il naso: il dettaglio su cui lui aveva sorvolato prima, ora andava al suo posto e Mystica, oltre che fornitrice di prezioso materiale genetico assumeva i tratti anche dell'utero in affitto, dell'incubatrice senziente, come la chiamavano loro, gli schifosi. “Non solo, all'epoca in cui venne concepito Kurt non esisteva ancora l'ingegneria genetica come la conosciamo noi oggi7, che era ancora in fase di sperimentazione, ma loro erano interessati anche a vedere come ci comportavamo in situazioni di stress. Così, un uomo e una donna, venivano chiusi in cella assieme e misuravano il grado di resistenza dei due: quand'è che sarebbe scattata la scintilla dell'animale che è in noi? Era diverso dagli esseri umani? E se venivano rinchiusi dopo aver negato loro il pasto regolare per un certo numero di volte? E nel caso della tortura del sonno? E usando mutanti così detti Lupoidi?”
“I lupoidi sono quei mutanti più spiccatamente bestiali e istintivi, come Wolverine, Sabretooth, Daken...” spiegò rapidamente Kurt
“E se la femmina fosse stata tenuta ferma tutto il tempo? E cosa producevano le diverse combinazioni di questi e altri singoli test?” continuò a enumerare Rogue, tagliente “Chi dei due avrebbe mostrato un grado superiore di aggressività, la vittima o il carnefice? E la vittima, quanto ci avrebbe messo ad arrendersi? Come si sarebbe arresa? Quanto incideva la morale o la religione? E l'etnia? E l'età? Qual'era il limite? Tutti discorsi simili...”
“Scusa... ma se uno era gay? Non ce lo vedo a perdere la testa per una donna, per quanto legata e sedata. Così come io non la perderei per un uomo, per figo che fosse...” domandò Stark rabbrividendo all'idea
“Quello è un altro capitolo oscuro di quel progetto. I primi che furono buttati nella fossa e non diedero il minimo cenno di interesse... vennero uccisi seduta stante. A meno di non aver poteri particolarmente interessanti. Le donne, anche se lesbiche, venivano tenute in vita: non era importante, ai fini delle loro ricerche, che i soggetti passivi, le incubatrici, fossero consenzienti. Erano solo dei mezzi riproduttivi. E un maschio che fugge la procreazione, anche coatta, è da scartare.” disse vedendo come sia Pepper che Tony sbiancavano all'idea “Ben presto tutti fecero il collegamento tra alcune morti e determinati detenuti. A quel punto, alcuni diedero battaglia quando andarono a prenderli. Ma se la squadra li aveva catturati, come potevano sperare di riuscire nella loro ribellione fiaccati com'erano? Erano solo disperati. E, d'altronde, il Progetto si guardava bene dal dotarci di armi micidiali come era stato nel caso di Logan. Quella era stata una vera sciocchezza perché, per quanto il potere che gli aveva concesso di restare vivo durante il processo fosse inibito e per quanto il lavaggio del cervello fosse stato radicale, restava comunque un essere spaventato dotato di armi. Non replicarono più la cosa. Non prima di essere riusciti a lavare adeguatamente il cervello al soggetto prescelto. In quel modo si sarebbe trattato solo di armare una loro marionetta: ecco come vennero trattati Daken e X-23. Ma tornando alla tua domanda, chi, invece, non si oppose e riuscì a salvarsi, decise di forzarsi e di spacciarsi per eterosessuale. Facevano un po' di scena ma sbrigavano l'incombenza al primo giorno.”
“Una bugia pietosa e forzata pur di aver salva la vita...” commentò Tony cercando di immedesimarsi a ruoli invertiti “Non credo sarei riuscito a fare lo stesso... Neanche usando tanta, tanta, tanta immaginazione...no...”
“Nonostante tutti i loro sforzi, qualcosa comunque non quadrava e certi mutanti risultavano troppo poco aggressivi, pur dopo mesi di privazioni. Gli scienziati diedero la colpa all'indole naturale. Grazie a Dio non ci sono geni che determinano l'orientamento sessuale. O almeno, ancora adesso la scienza non sa dire se la cosa sia genetica, ambientale o culturale. Il fatto, poi, che chi stava al di là del vetro, fosse particolarmente sadico, portò presto all'esclusione da quel tipo di test, ma non alla soppressione, di tutti quei mutanti troppo poco aggressivi. E all'utilizzo sistematico di Lupoidi.”
“E' questo il trattamento a cui fu sottoposta Mystica in entrambe le occasioni che fu vittima del progetto.” Specificò Kurt, nel caso qualcuno fosse riuscito a non collegare le cose “Ma a quel punto era fiaccata e disperata: aveva perso Irene, i suoi figli erano in catene. E, ciliegina sulla torta, fu costretta a scegliere...”
“Scegliere?” domandò Pepper, confusa
Rogue annuì, ma fu Kurt a dare la risposta “Quale dei suoi due figli sacrificare: quello naturale, me, che non aveva mai conosciuto o quella adottiva che era più di un'amica?”
“Alla fine scelse di sacrificare me e salvare Kurt. In realtà, la sua decisione non cambiò minimamente i piani che quegli stronzi avevano in mente. Era solo un'altra tortura. In caso diverso avrebbero ottenuto solo di vederla frustrata per l'inutilità della sua scelta. Kurt subì comunque dei trattamenti...” disse mentre quello scopriva il braccio e rivelava delle scarificazioni che, probabilmente, andavano estendendosi a tutto il corpo8 “Mentre io... grazie al cielo scampai miracolosamente alla tortura a cui era stata sottoposta mia madre per il semplice fatto che gli scienziati temevano di perdere le loro cavie ed eventuali risultati delle unioni ma....” sbuffò divertita ma non procedette oltre, probabilmente immersa nei ricordi.
“Un giorno vennero a prenderla. Erano in quattro, protetti da scafandri da palombari ” Cominciò a raccontare Kurt mentre Rogue stringeva impercettibilmente i pugni, abbandonati sul tavolo in una posa apparentemente rilassata, e li fissava come incantata “Le tolsero il collare: conciati com'erano, non serviva. E la trascinarono via...”
“Mi condussero in una cella, un laboratorio, non lo so.” continuò lei con voce piatta “C'era un sacco di gente che prendeva nota di ogni mia minima reazione... Mi legarono a un marchingegno... Su un tavolo simile era legata un'altra donna: Carol Susan Jane Danvers9...” sillabò scuotendo la testa “Ovviamente anche lei aveva il collare. Non capivo perché volessero che ne assorbissi l'energia. Poi, capii. Quando mi misero in contatto con lei, ne assorbii tutti i poteri e la psiche. Carol soffriva di disturbo di personalità multipla: prima di venire messa in contatto con me era stata sottoposta a un qualche tipo di trattamento di origine aliena. E lei non se ne rendeva nemmeno conto: credeva si trattasse di un'altra persona. E questo conflitto tra personalità me lo sono trascinato dietro, amplificandolo con ogni memoria che incorporavo, finché con l'aiuto del professore non sono riuscita, in qualche modo, a limitarne l'irruenza...”
“Come riuscirono a forzarti?”
“Eravamo entrambe immobilizzate. Ma avendo entrambe la pelle scoperta ed essendo io senza collare... Il mio potere era attivo, il suo no.”
“Ottenuta un po' di forza, che da quello che capisco, l'hai presa da lei, non potevi ribellarti?”
“Non è così semplice. Staccarsi mentre stai assorbendo è molto difficile: sei come in trance. Se poi sei obbligato, senza spazio di manovra... non so come spiegarmi... è come se tu fossi a dieta e sapessi di non dover mangiare ma sei chiuso in una stanza piena zeppa di torte cremose... anzi...ti ci ficcano la testa dentro... Per quanto la tua forza di volontà possa essere grande, e a diciassette anni non sei così forte, alla fine cedi.” commentò amara Rogue.
“Quindi quella donna morì?” domandò sconvolta Pepper
Ci fu un lungo minuto di silenzio. Quando la mutante rispose, le sue parole suonarono come macigni “Sì, per quel che ne so, uccisi Carol...” ammise la mutante “I suoi poteri e la sua personalità si sono radicati in me in modo permanente. E non c'è altra giustificazione...”





1 Purity, in realtà, è un'evoluzione appena più pacata di FoH, anche se i suoi militanti comprendono nel ventaglio delle azioni possibili contro i loro oppositori politici il pestaggio a morte e il lancio di mattoni in testa ai candidati avversari. Compare in X-Men: The End come vero e proprio partito che lotta per il posto di sindaco di NY, contrapponendosi alla candidata mutante Kitty Pride (sì, sempre lei, il genio perfettino passamuri!). C'è da specificare che il frutto non è caduto molto lontano dall'albero, come sempre: i FoH erano per lo più dei picchiatori che si atteggiavano a vigilanti -e vestivano anche divise riecheggianti il neo-nazi, con baschi, pantaloni cargo, giubbotti neri, etc-

2 Questa cosa del demonio torna spesso nella vita di Kurt che fa di tutto per espiare le sue 'colpe'. Lui stesso è convinto di essere un demone e, per quanto sia buono, cerca continuamente di redimersi. Sul fatto che i cattivi siano seguaci di Satana, ho voluto strizzare l'occhio un po' al onnipresente Club Infernale (non dimentichiamoci che comandano il mondo, più o meno direttamente) e un po' ai politici reali (ma la cosa si ricollega al Club Infernale) e alle teorie complottiste secondo cui i massoni altro non sarebbero che adoratori di Satana. Vero o no, ci stava.

3 Pixie ha i capelli rosa e ali da fata, Angel è quella che appare anche nel film X-Men: First Class, dai cui tatuaggi si sviluppano ali da libellula

4 In realtà Azazel è un vero demone. Ma se apro le porte a questo aspetto ora, non è più finita. Lo riservo per più avanti :D Ah, tanto per dovere di cronaca, un altro mutante con le ali angeliche è Joshua Guthrie, alias Icarus.

5 Il fatto che Kurt sia un assassino: cresciuto nel suo circo dalla zingara Margali con i suoi due figli, Stefan e Jimanie
, Kurt si innamorò di quest'ultima. Stefan impazzì e uccise due bambini e, nel tentativo di fermarlo, per errore, Kurt lo uccise a sua volta. Kurt, a quel punto, scappò, non solo per l'orrore ma anche dalla furia della madre adottiva (zingara e magia... c'è da aspettarselo il cliché della signora delle arti magiche, no?). Ciò ha contribuito, negli anni, ad aumentare la convinzione del giovane di essere stato punito da Dio con un aspetto grottesco per la sua natura intrinsecamente orrenda. In realtà è uno dei più buoni e pacifici mutanti della storia degli X-Men e nel tentativo di redimersi, prende anche i voti.

6 Uso la versione italiana. Nelle grandi città era inquadrata nella IV sezione (narcotici e buon costume). Oggi le sue competenze sono passate, almeno in parte, alla sezione "Reati contro i minori e reati a sfondo sessuale" ma il termine continua ad essere utilizzato regolarmente per indicare gli agenti addetti anche alla nuova sezione di cui la BC fa parte: un bell'esempio di metonimia (una parte per il tutto).

7 La prima bambina nata con fecondazione assistita a fine dicembre '81
fu Elizabeth Jordan Carred è di luglio la notizia del primo bambino nato con analisi completa del DNA, in grado di determinare ogni minima alterazione cromosomica. La diagnosi pre impianto, invece, che è quello che potrebbe portare a una cosa come quella descritta (molto Huxleiana... Brave New World/ Il Mondo Nuovo, per chi non lo conoscesse già) cioè lo screening dei gameti, è relativamente recente.

8 Nel film X-Men 2 Kurt dice di essersele fatte da solo (come ha fatto sulla schiena?) ma per principio le scarificazioni possono essere fatte solo da un'altra persona. Ad ogni modo, volevo riprendere un elemento familiare per chi conoscesse solo la versione filmica e introdurla come vera tortura.

9 Carol Danvers è Miss Marvel, membro dei Vendicatori. Dato che non mi sta particolarmente simpatica (specie dopo che s'è rapata quasi a zero) ho usato Rogue per ficcarla nei Vendicatori. Anche se, nella nuova serie Rogue fa comunque parte dei Vendicatori... pazienza. Carol ha DNA alieno e soffre di disturbo bipolare
(anche qui la cosa cambia a seconda delle versioni): la Carol umana è scissa dalla miss Marvel contagiata e potenziata dal DNA Kree... Poi, ulteriormente contorta, assume anche l'identità di Binary... ma è un'altra storia.


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Ok, la parte schifida non è finita e spero di non aver offeso nessuno. Scuse a chi si è sentito toccato sono d'obbligo etc. Già sapete come la penso, ma il politically scorrect è dietro l'angolo: io mi sono rifatta a fatti storici realmente accaduti come tutta la sperimentazione portata avanti dai nazisti, anche dopo la guerra, in strutture pubbliche. E come è noto, i seguaci di Hitler ammazzavano preferibilmente zingari, ebrei e omosessuali. Tra l'altro la cosa, questa paura del diverso che si declina in intolleranza, razzismo, omofobia e, non ultimo, la misoginia rappresenta la paura del diverso che anche ai nostri giorni sta riguadagnando paurosamente terreno. Purtroppo, non siamo così lontani come crediamo da quegli orrori.

Ecco... ora ho capito perché mi sono lanciata a scrivere del Marvelverse. Di solito c'è un motivo urgente che mi muove, che mi agita: è successo per Labyrinth e la necessità di raccontare come la vivono i figli di separati, è successo per l'originale che tratta sempre temi di controllo sociale invasivo. Ora questo. Non è un caso che gli X-men siano il mio gruppo preferito (il parallellismo con questi temi non solo è scontato ma fu voluto da Stan Lee) e, con i Vendicatori (altro gruppo che se la passa appena meglio, quanto a paura e tentativi di soppressione), si affrontino tematiche di questo tipo: la paura dell'altro, del diverso, perché -nel bene e nel male, porta a rivedere le proprie posizioni. E ciò può destabilizzare.
Non sono nera, gay, ebrea, storpia, diversamente abile etc. Ma ho subito lo stesso una forte opposizione, da adolescente, per la mia diversità, per il semplice fatto di aver vissuto lontano e in diversi posti rispetto al buco di paese in cui mi son trovata alla fine della mia carriera scolastica. E come me, molti altri ragazzi che hanno avuto il mio stesso passato. Una cosa da nulla che ha però alimentato le invidie e l'odio di gente gretta e meschina che da questo buco non si era mai mossa. Alcuni li avevo anche come amici (con cui ho tagliato i ponti solo di recente, all'ennessima offesa -stavolta non velata neanche dall'ironia-). E la cosa continua in università, dove, il mio gusto, frutto di una miscellanea di esperienze, è palesemente visibile in una classe tuttosommato omogenea. In questo caso, mi salva l'essere più grande degli altri, ma fa comunque male.Quindi, per quanto poco e banale sia la mia esperienza, posso immaginare come si sentono gli altri. Motivo per cui affronto queste tematiche, seppur in forma di fiction.

Ok, dopo questa ennesima tirata (scusate lo sfogo, ma volevo rendervi partecipi... e che, nel modo più assoluto, non volevo offendere nessuno ma solo raccontare ancora cosa si prova e a cosa può portare l'intolleranza. Di cui tutti possiamo essere vittime, anche per stronzate), volevo solo dirvi che il peggio è passato (ma le schifezze continuano anche nel prossimo capitolo).

Passando a cose decisamente più leggere, qualcuno si domanderà da dove salta fuori la storia di Rogue, Mystica e Kurt finiti nel braccio dell'Arma Plus.
Rogue e Nightcrawler subiscono questo destino in Ultimate X-Men, insieme al Fenomeno e i sempre noti Wolverine e Sabretooth. Mystica, invece, la troviamo vittima del progetto nella serie animata Wolverine e gli X-men.

C'è un altro personaggio, coinvolto in tutto questo e per ora ne taccio il nome. Ma tenete a mente il dettaglio.

Non mi pare di aver altro da aggiungere
A presto ragazzi

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Capitolo 15
*** L'incendio all'ospedale ***


15. L'incendio all'ospedale





Dopo una piccola pausa, per lasciare che chi ascoltava potesse assorbire la sua confessione di essere un'omicida (l'involontarietà non la preservava da quel marchio che, lei per prima, si rinnovava a ogni occasione), Rogue continuò nella spiegazione “Non riuscii a fare nulla contro i miei carcerieri perché loro sapevano quando avrei finito di assorbire l'ultima goccia di vitalità: Carol era coperta di rilevatori che ne monitoravano encefalo e cardiogramma e il transfert violento mi lascia sempre in momentaneo stato di shock. Gli scienziati, da parte loro, erano già pronti a mettermi il collare e com'ebbi finito, sconvolta dalla trasfusione, approfittarono di quel momento di debolezza per imprigionarmi di nuovo...”
“I giorni seguenti furono traumatici per tutta la nostra ala. Rogue urlava tutto il tempo, in preda a visioni della vita dell'altra mutante e della sua seconda personalità... Urlò per giorni interi senza mai fermarsi. Anche nel sonno. Andò avanti finché non si stabilì un certo equilibrio nel suo corpo e nella sua mente tra le tre personalità: Rogue, Carol e Miss Marvel. Quando si calmò aveva la voce più rauca del peggior marinaio di lungo corso...” Kurt raccontava la cosa come se si fosse trattato della vita di qualcun altro, come se fosse stato la trama di un romanzo avvincente.
“Come riusciste a liberarvi?” domandò ancora Peter che, in quel momento, stava prendendo in seria considerazione la carriera di scrittore: altro che le sue mirabolanti avventure appeso a un filo a dondolare per le strade sfavillanti di New York. A chi poteva interessare una cosa così piatta se c'era il confronto con quella tragedia?
I due fratelli guardarono Logan che sbuffò e prese la parola “Io avevo una... conoscenza tra i sequestrati. Sia una volta che l'altra. Fu la sua sparizione, per quanto benedetta a suo tempo, a insospettirmi e a mettere me, e un mio collega...”
“Sabretooth..” Tossicchiò Kurt divertito, pur nel raccontare quei gravi accadimenti.
Logan gli scoccò un'occhiataccia: mal sopportava che si ricordasse che lui e l'altro lupoide, prima di essere avversari, erano amici e compagni “...sulle sue tracce. Scoprimmo, così, che quell'abominio di progetto non era ancora stato estirpato. Ma eravamo in due e da soli non potevamo fare nulla... Tornammo, ciascuno al proprio ovile, con la coda tra le gambe... e fu allora che si verificò una cosa che entrambi ritenemmo sorprendente...”
“Un fortunato congiungimento astrale?” domandò sarcastico Stark
Logan lo guardò truce “Xavier e Magneto si allearono, misero da parte le loro divergenze sul rapporto homo sapiens/homo superior ed elaborarono una strategia per andare a liberarli tutti. Gli scienziati, però, anche quella volta, rimasero impuniti. Quando arrivammo loro avevano già tagliato la corda da un pezzo. Avevano lasciato tutti a morire: niente acqua, niente cibo. Avevano anche tentato di appiccare il fuoco alla struttura. Se avessimo tardato anche di poco, avremmo trovato ben pochi testimoni vivi di quello schifo. Il complesso bruciò in poco tempo, cancellando ogni traccia di quanto avveniva nei piani interrati di quello schifosissimo ospedale. E con gli scienziati erano spariti anche i relativi documenti sugli esperimenti.”
“Ma tutto questo è orrendo!” protestò Pepper
“E' solo la storia che si ripete...” replicò Logan facendo spallucce “Il genere umano, purtroppo, non è nuovo a queste porcherie. Le stragi sono sempre state ammesse in difesa del proprio clan. Anche ora, solo che gli interessi eterei quanto fondamentali di tipo economico-religiosi e politico-militari hanno sostituito la parola Clan... Altro che decrescita felice: mangiare meno e mangiare tutti..” Logan scosse la testa “Ma sto divagando... Quello che è stata una relativa novità introdotta nel secolo scorso, e prorogata in questi laboratori, è lo sterminio della propria popolazione interna. Se ci pensate, ogni guerra lo è. Decidere di partecipare a un conflitto è, innanzitutto, la lucida decisione di mandare a morire come bestie i propri uomini. Così, in situazioni particolarmente gravose, le risorse -di ogni tipo- vengono lasciate a un minor numero di bocche da sfamare. Il prezzo è quello di dover pagare indennità alle famiglie che, al confronto, è ben poca cosa. E fino a un passato relativamente recente, la popolazione doveva fornire questi tributi senza aspettarsi nulla in cambio, quindi... Ma, come anche Rogers sa bene, erano altri tempi. La gente moriva per una bandiera. Davvero: se lasciavi che qualcuno commettesse vilipendio eri mandato a morte seduta stante, perché cedere la bandiera al nemico era come consegnare tutta la nazione e non solo simbolicamente e valeva più di mille trattati politici. Ora le bandiere sono messe sulle tazze da tè e sulle scarpe... Un valore che fino a cinquant'anni fa sembrava intoccabile si è sgretolato. E le religioni di pari passo. A maggior ragione, in quest'ottica relativista, le stragi interne non sono affatto una novità. Per chiunque conosca un minimo di storia, è cosa già sentita ai tempi dell'Inquisizione. Alla fine si tratta sempre e solo di un gruppo, quello egemone -che ha il potere e che si crede migliore di tutti quelli diversi, minori e senza voce- che teme anche la propria ombra e che cerca di darsi coraggio con queste azioni. Cambiando prospettiva è sempre una lotta di uno contro altri. Umani contro super umani e mutanti; Cattolici contro Catari e Valdesi; Nazisti contro Ebrei. E zingari e omosessuali e.... cosa cambia? Nulla. Ma la gente non impara. Non impara mai. Non siamo, noi, i Lupoidi bestiali. Il genere umano lo è. Il singolo, da solo, è comprensivo e ragionevole. La massa è la più stupida, impaurita e razzista delle bestie.”
Quando Logan ebbe finito di commentare, un silenzio pesante calò sui presenti, ciascuno impegnato ad assorbire ed elaborare quella lucida analisi dei fatti.
“Posso fare pipì? L'ultima volta è stato circa quindici capitoli fa...” domandò Deadpool spezzando il silenzio dal suo cantuccetto.
Logan sbuffò, si alzò poggiando pesantemente le grosse braccia sul tavolo e andò a recuperarlo da terra. Sguainò gli artigli e lo liberò dalla sedia ma non da tutto il nastro che continuava a tirare la pelle martoriata “Meriteresti di pisciarti addosso per il tiro che ci hai giocato, pezzo di merda in cancrena!”
“Oh, adoro quando mi fai i complimenti con quel tono così rude...” gongolò il mercenario, grato che qualcuno avesse accolto la sua richiesta.
La tensione si sciolse in tutti i presenti che pensarono bene di imitare il canadese, chi prendendosi da bere, chi sgranchendosi le ossa, chi, ancora, seguendo il suo esempio in bagno.
Wolverine scortò il collega fino al bagno più vicino, spintonandolo di tanto in tanto. Alla fine del corridoio, s'imbatterono in Natasha, appoggiata alla parete in paziente attesa. Logan fiutò l'aria, quindi cacciò Deadpool in bagno di malagrazia
“Un attimo!” protestò quello “Come faccio con tutto questo nastro adesivo?”
“Arrangiati...” ringhiò quello “Hai abbastanza libertà di movimento per abbassarti la zip e sbrigartela da solo. Non sono il tuo badante, né ho intenzione di liberarti tanto facilmente. Ricorda con chi stai parlando...” urlò da oltre la porta mentre l'altro incespicava e rovinava a terra tra tonfi pesanti e imprecazioni soffocate. Quindi, folgorò la rossa con un'occhiata sbieca ma senza affrontarla apertamente “Si può sapere cosa combini, bambina?”
“Non sono affari tuoi!” replicò lei con lo sguardo fisso sulla parete, spoglia, davanti a sé. Recitavano entrambi la parte. Lei sapeva che lui non si sarebbe mai impicciato proprio come lui sapeva che lei non avrebbe accettato consigli di sorta. Ma era evidente che disapprovava il suo comportamento o non si sarebbe mai azzardato ad affrontarla su quel terreno.
“Quel ragazzo mi fa pena...” sbuffò Logan poggiandosi alla parete davanti a lei, tentato di accendersi un sigaro. Evitò, convinto che le super difese di Stark avrebbero fatto scattare gli allarmi al primo cenno di fumo: l'ultima cosa che voleva era sentirsi e puzzare come un cane bagnato “Ma hai ragione, la vita è tua. Se vuoi mandare a monte l'unica opportunità che potresti avere nella tua vita di essere felice...”
“Parli per esperienza?” replicò lei, divertita:
Quello grugnì di rimando “Io almeno ci ho provato. Ho amato e ho sofferto. Come un cane, a essere sinceri. Tanto per cambiare. Ma ripeterei tutto dall'inizio con ciascuna di loro.”
“Hai mai...” cominciò la spia. Si fermò, indecisa. Sentendosi addosso lo sguardo del canadese, riprese “Hai mai pensato di trovarti un'immortale, come te?”
“Oh, certo...” soffiò lui divertito “E ci sono andato tremendamente vicino. Peccato non sia la persona più onesta sulla faccia della Terra... E visti i precedenti e quello che ci aspetta, ho il sospetto che prima o poi uno dei due cederà e tornerà alla carica. Dannate rosse... siete tremende!”
“Allora cosa ti fa preferire, ogni volta, una mortale, nonostante quello che sai passerai standole accanto?” domandò Natasha, non riuscendo a nascondere del tutto l'ansia che la agitava.
“Tasha... Ci si innamora e non ci si può fare nulla. Si perde il controllo del proprio cervello. So che la cosa ti dà fastidio ma si agisce in base all'istinto, in modo imprevedibile...”
“Mica vero..” soffiò lei in risposta “Clint è prevedibilissimo...”
“Per te, forse. Ma lui potrebbe fare cose che normalmente non farebbe e sorprenderti. Tu stessa non sei da meno: sei stata un vero spasso, tu e la balla colossale su figli mai concepiti...” ridacchiò mentre lei si irrigidiva “Tranquilla, tranquilla, principessa. Il tuo segreto con me è al sicuro. Ma direi che almeno al tuo nuovo compagno immortale dovresti dirlo. O vuoi privare anche lui del legittimo desiderio di diventare padre? Meglio dirle all'inizio, le cose, credi a me. Niente segreti. Soprattutto se hai deciso di condividere una vita virtualmente eterna. Già una vita normale è lunga, per mantenere nascoste certe cose. In tempi come questi, poi, basterebbe davvero poco a smascherarti. E se Clint lo scoprisse... non oso pensare come la prenderebbe. Sarebbe capace di tornare e pretendere la tua testa, letteralmente. Hai giocato troppo sporco, questa volta...”
“Non avevo scelta” replicò lei sulla difensiva
“Sì che l'avevi. C'è sempre. Essere onesta. Con te stessa, tanto per cominciare: non lasciare sempre che il fantasma di Alexei ti perseguiti. E lui, per finire, non credo che ti avrebbe allontanata, scoprendo che tu...”
“Logan...” ringhiò la rossa, prevaricandolo “Lui morirà, prima o poi!”
“Anche tu potresti fare brutta fine: un bel proiettile potrebbe centrarti prima di quanto pensi. Potrei ucciderti io stesso qua, seduta stante. Pensaci. Hai la vita eterna, ma non sei immortale nel senso stretto del termine. E allora, cocca? Avresti buttato la tua vita.”
“E se lo avesse scoperto e mi avesse allontanato? Sarebbe stato anche peggio che perderlo...” replicò lei stringendosi nelle braccia.
“Tasha!” replicò Logan, alterato ed esasperato “E' la tua coscienza con cui devi fare i conti. Da ora in avanti. E' una scelta solo tua. Spero tu sappia sopportarne il peso. A proposito, credo sia il caso di raccontare ai ragazzi del tuo contributo a San Paulo...” E dicendo così, aprì la porta del bagno per andare a ripescare Deadpool che, probabilmente, era affogato nel cesso. Quasi si scontrò con Rogers che, invece, ne usciva in quel momento. “Proprio non te lo meriti, Capitan Purezza...” aggiunse lasciando Steve perplesso a guardare la porta che si chiudeva.
“Di cosa parlava?” domandò rivolto alla rossa
Lei fece spallucce “Nulla che ti riguardi...” disse avviandosi al suo fianco lungo i corridoi.
Si ritrovarono, ben presto, nuovamente nei paraggi della sala comune, dove Pepper e Tony parlottavano fittamente. In un cantuccio, Gambit stava seduto isolato dagli altri, stranamente silenzioso, mentre Thor rimuginava sulla brutalità della razza umana.
Pochi minuti dopo, Logan tornò spintonando Deadpool. Lo cacciò a sedere di malagrazia e invitò Natasha a raccontare la sua parte di storia.
“Non c'è molto da dire su San Paolo.” sbuffò Natasha, accomodandosi accanto a Rogers. Doveva prestare attenzione a ogni dettaglio se voleva che tutti si bevessero la sua storia e non andassero a riferire all'interessato che, forse, c'era qualcosa che davvero non quadrava nella loro relazione.
“Ma non è una cosa che ha tirato fuori anche Loki?” domandò confuso Steve, anticipanto Tony.
Lei sbuffò “Loki conosceva la versione di Clint, che, a sua volta, conosceva quella un po' gonfiata dai nostri superiori.”
“Un po'?” la canzonò Logan “Suvvia... abbiamo solo distrutto mezzo Bairro de Liberdade1...”
“Non è per quello che mi hanno sollevata da terra, lo sai benissimo!” replicò la spia folgorandolo con un'occhiataccia.
“Insomma, cosa hai fatto di tanto terribile perché Loki tentasse di usare questa... cosa contro di te?” domandò Stark
“Ho solo lasciato che l'arma più pericolosa al mondo, seconda, forse, solo allo scettro di Loki, scappasse a tutti i controlli quando il mio compito era proprio quello di intercettarla, avvisare gli agenti preposti e, extrema ratio, fermarla io stessa. All'epoca la mia copertura era quella di interprete, se non ricordo male. E' stata anche una bella vacanza, a dire il vero. Le mie abilità linguistiche venivano richieste ogni qual volta era coinvolto un personaggio di spicco nella politica degli armamenti. Io dovevo riuscire a capire dai loro discorsi dove potesse essere finita X-23”
“La figlia di Logan?” domandò qualcuno
“Precisamente. In quel periodo, per altro, anche Logan era sulle sue tracce. Voleva capire chi era che commetteva omicidi con la sua firma. Per lui, Bairro de Liberdade -dove ci incontrammo, scontrandoci- era un luogo perfetto da cui cominciare la ricerca. Venne fuori che si trattava solo di questa ragazzina plagiata che reagiva istintivamente a determinati stimoli. Aver lasciato libera una minaccia come X-23 equivaleva all'aver commesso direttamente gli omicidi di cui lei era artefice. Le stragi compiute da lei in quel periodo su civili innocenti vennero sistematicamente caricate nel mio curricolo, lordando indelebilmente la mia reputazione. I vertici dello S.H.I.E.L.D., il C.S.M. in persona, decretò che qualunque omicidio commesso da X-23 in seguito alla fuga di cui ero responsabile mi sarebbe rimasto sulla coscienza. Non che fossi una santa, precisiamo. Ma, certe cose, facevano parte del lavoro e nessuno avrebbe mai pensato di sottolineare certi dettagli.” disse facendo spallucce “In definitiva, anche per Clint, io ho, tramite lei, le mani sporche di sangue innocente. Lui che, per primo, mi risparmiò la vita. Ma non mi pento della mia scelta.” disse orgogliosa “Pensavo si trattasse di Daken ed ero pronta a tutto per correggere l'errore di Bucky. Ma quando ho scoperto che si trattava di una ragazzina che aveva subito privazioni e torture di ogni tipo, non me la sono sentita di biasimarla. Inoltre, era figlia di Logan, quindi, men che meno, avrei potuto nuocerle: in lei vedevo me stessa.”
“Che fine fece?”
“Laura non è più una minaccia per la salute pubblica: la affidammo a un amico comune che stava dall'altra parte del globo. Uno in grado di nascondere le proprie tracce e in grado di tenerla sotto controllo...”
“Un telepate?”
“No, pratica solo l'ipnosi e ha una macchina sofisticata che può permettergli di registrare l'attività cerebrale di X-23.”
“Non sarà Fantomex...” allibì Deadpool, come ridestatosi da un sogno
“Lo conosci?” domandò Rogue, allungando il collo
“E' un ladro! Il migliore di tutt'Europa...” sibilò Gambit tra i denti mentre Wade rispondeva alla domanda.
“E' un assassino psicotico! Ha tre personalità... non è farina da far ostie...sarebbe come darla a me!” strepitò il mercenario
“Ed era alla scuola, in questi giorni, nel tentativo di calmare Psylocke...” lo rimbeccò il canadese, prendendo le difese del collega in bianco. “Mmm, a proposito, ricordatemi che poi vi devo aggiornare anche su Warren.. Comunque, Jean-Philippe è molto comprensivo con X-232. Essendo stato, anche lui, vittima del progetto Arma Plus, col nome in codice di Arma XIII” confermò Logan.
“Appunto! Arma Plus uguale pazzia! Non ce n'è uno di sano uscito da quei laboratori! E gli danno donne e bambini da proteggere... assurdo...”
“Ma sentite il paparino...” cinguettò Stark canzonando Logan “Chi l'avrebbe mai detto che tu fossi uno tsundere3
“Non lo sono per nulla...” replicò quello senza offendersi “Ma Laura è solo una bambina. Ha tutto il diritto di essere tale, per un po'. Anche se resterà con quell'aspetto per sempre...”
Tony tacque, preso in contropiede. Ma si riscosse quasi subito. Guardò Natasha e domandò “Perché, già che ci sei, non ci parli anche degli altri riferimenti di Loki?”
La rossa sbuffò “L'ospedale e la figlia di Dreikov?”
“In realtà pensavo fosse un tutt'uno. Una sorta di climax. La regione, San Paulo; il luogo e il fatto, l'incendio all'ospedale e la vittima, la figlia di Dreykoff.” commentò lui, notando solo allora come, nel racconto della rossa, non ci fosse riferimento ad alcun ospedale
Lei si ravvivò la chioma e folgorò Deadpool “L'incendio all'ospedale è colpa sua!” esordì “E io, all'epoca, lavoravo per l'HYDRA, grande nuova alleata della Russia ormai decadente.”
“Cosa?” strabuzzò Rogers, facendo rapidamente i dovuti collegamenti del caso e scartando inorridito.
“Era il periodo in cui lavoravo ancora con Bucky...” precisò senza abbassare lo sguardo. “Soldato d'inverno.” precisò sotto lo sguardo sbarrato di Cap “Bucky era stato già catturato dallo S.H.I.E.L.D. e fatto uscire dal condizionamento mentale a cui era stato sottoposto. Era già tornato, a tutti gli effetti, seppur ancora convalescente, tra i ranghi degli Alleati. Io avevo un compito: recuperarlo e cancellare le nostre tracce. HYDRA sapeva che nessuno dei due avrebbe mai abbandonato l'altro. Fu così che mi infiltrai nell'ospedale in cui era ricoverato...”
“Come infermierina!” strepitò Deadpool dall'angolo in cui era relegato “Ve l'immaginate la fredda Natasha tutta amorevole coi pazienti? E vestita di bianco. Quel bianco! Cose da pornazzi! Era uno spettacolo!”
La rossa lo ignorò, come sempre “Bucky si ricordava di me e di quello che avevamo passato assieme ma sapeva anche che stare lì, per me, rappresentava un serio pericolo: non ero come lui, un americano a cui era stato fatto il lavaggio del cervello. Ero Russa. E agli americani questo non piaceva. Non in piena Guerra Fredda. Clint venne mandato ad uccidermi: ero pur sempre la miglior agente del nemico. Bucky fu usato come esca e, restando dentro una struttura ospedaliera, i sistemi per farmi secca erano solo tre: veleni, a cui sono immune...” precisò verso Wade, reo di una leggerezza madornale “...corpo a corpo, magari con un bisturi, per evitare di entrare armati di tutto punto e poter spacciare la cosa per un incidente. Ma nel corpo a corpo ero la migliore, difficile trovare qualcuno che possa tenermi testa... oppure... beh, omicidio a distanza. E Clint era quello più indicato. Riuscì a cogliermi di sorpresa e mi ritrovai legata come un salame appesa a testa in giù, impossibilitata ad usare qualunque mia abilità o anche solo i miei bracciali.”
“Ogni volta che ti cacci nei casini è sempre in trappole del genere...” ridacchiò Wolverine
“Clint non mi salvò la vita per qualche mistico motivo. Il suo fu un calcolo molto preciso e agì seguendo un ragionamento più logico e intelligente di quello che aveva mosso il C.S.M. a dargli l'ordine: lo S.H.I.E.L.D. poteva ottenere informazioni preziose da una come me, ammesso che mi arrendessi e potevo rivelarmi, se rieducata correttamente, una fantastica agente. Avevano l'asso nella manica di Bucky e, se fossi passata dalla loro parte, avremmo potuto continuare a fare squadra. Alla fine, per un certo periodo, continuammo a fare entrambi il doppio gioco ma separatamente: odiavo James per avermi venduta in quel modo, anche se non era colpa sua. Poi James venne riassegnato definitivamente nella squadra guastatori come Nomad4. Per intendersi, la persona di cui parlo è quello che ti ho fatto chiamare per mettere in sicurezza l'ospedale” Disse Natasha, rivolta verso Tony che annuì inebetito “HYDRA non sembrava più interessata a riappropriarsi di lui, ormai immune ai loro condizionamenti mentre io ho continuo tutt'ora. E ci sono dei motivi più tecnici che ideali dietro a questa scelta. Ma tornando all'incendio. Nello stesso ospedale in cui era alloggiato James c'era anche quel coglione di Wade: reparto di massima sicurezza del reparto psichiatrico5. Lui riuscì a evadere per i cavoli suoi, facendo una strage nel suo reparto e appiccando anche un bel falò per ripicca. Già che c'era venne pure a cercarmi -pare si fosse preso una sbandata per l'infermiera Belova- e mi trovò impegnata nella lotta con Clint: Wade era un elemento che nessuno dei due aveva calcolato. Nella colluttazione (io contro Clint, io che tenevo a bada Wade, Bucky che cercava di proteggermi da entrambi ma allo stesso tempo di farmi desistere o scappare, Clint che teneva sotto tiro me e Wade cercando di evitare Bucky) appiccammo un secondo incendio che, insieme all'altro, ben presto si propagò a tutto l'ospedale. Nel giro di pochi minuti venne dato l'allarme, polizia e camionette dei vigili del fuoco accorsero rapidamente nel tentativo di salvare quanti più degenti possibili, mentre noi eravamo impegnati in quella lotta strenua per la nostra vita. Stanco dei nostri giochi, Clint riuscì a immobilizzare me e Wade e, con l'aiuto di Bucky, a cui spiegò rapidamente il suo piano, ci portò in salvo. Solo in seguito scoprimmo che la nostra scorribanda aveva ucciso un numero considerevole di pazienti e mandato in fumo un ingente capitale. Anche se Clint non ha mai dato apertamente la colpa a me, per quei morti ma ha sempre detto che l'incendio, secondo lui, era stato successivamente alimentato artificialmente e usato per nascondere le prove di test discutibili o di pazienti scomodi. Ma alla luce di quello che disse Loki, è evidente che ciò che pensava era ben diverso. D'altronde l'MRD è un'agenzia esterna a cui si appoggia anche lo S.H.I.E.L.D. e non ci sarebbe da sorprendersi se si scoprisse che operavano nella stessa struttura. Ma non abbiamo mai avuto prove. Alla fine, nel rapporto, per quanto la colpa fosse collettiva, chi aveva scatenato materialmente l'incendio ero io -Wade è pazzo e venne prosciolto da ogni accusa- e io dovevo tenermi sulla coscienza quei morti, accidentali o meno che fossero.”
“Wow...” fu il commento unanime “Un perfetto capro espiatorio” aggiunse Kurt
“Scusa una cosa, 'Tasha... che anno era?” domandò Logan pensieroso
“Il '96, mi pare...”
“Allora credo sia stato lo stesso incendio di cui parlavo io, prima...” disse rivolto ai Vendicatori “Arma Plus...” precisò, notando lo sguardo sperduto della rossa che, a quel nome, si illuminò di improvvisa comprensione: non aveva mai indagato ai livelli sotterranei ma, a quel punto era plausibile che più si scendeva sotto terra, più le cose si facevano misteriose e, le responsabilità delle singole agenzie, confuse.




1    Quartiere/distretto di San Paolo giapponese. Tipo Little Italy o China Town per intendersi. Logan non poteva non essere coinvolto in qualcosa che abbia a che fare col Giappone, no?

2    In diverse occasioni Fantomex viene mostrato con X-23. Ora la tiene in braccio come un padre amorevole in un ricordo di Xavier (in uno degli ultimissimi fotogrammi di X-Men Evolution) mentre,
in un'illusione delle Mastermind al servizio di Sinistro (X-Men The End, Libro secondo - Eroi e martiri, 2 e 3),lei è stesa a prendersi il sole e spizzicare gamberetti dagli artigli mentre JeanPaul arriva con una bottiglia di vino e una bambina in braccio.

3    Termine usato per descrivere quelle persone generalmente scontrose e spigolose che, però, in determinate circostanze, rivelano a sorpresa un lato dolcissimo e adorabile, soprattutto con chi sta loro a cuore.

4    Una delle identità assunte da James Barnes nel corso degli anni. Mi sembrava ci stesse -nel significato- il rimando ;)

5    Siamo in un periodo successivo al suo essere cavia di Arma Plus: l'esperimento andò un po' a schifo -visto il soggetto- che venne rinchiuso in questa specie di ospedale in cui i pazienti, sempre esperimenti mal riusciti, in realtà, venivano usati come carne da macello per altri test.

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Come avrete notato, ho cambiato il font. Spero che sia più leggibile del Times... è che ha un nome assurdo e ogni volta mi incasino...
Cmq...
Son stata costretta a spostare al prossimo capitolo la parte riguardante 'la figlia di Dreykoff' (al posto delle solite 8 pag, siamo già a 10... e saremmo arrivati a 12...non mi pareva il caso).
Ecco qua, insomma, come ho deciso di usare gli elementi del film ai fini della narrazione, concatenandoli con tutto il resto.
Le mani di Natasha sono ovviamente sporche di sangue, ma non volevo renderla una mercenaria assassina dal cuore gelido come può esserlo Logan in modalità Berserker. E' stata condizionata e tutto, ma volevo mettere in cattiva luce il CSM che è così invischiato con la controparte da cercare di screditare i suoi stessi agenti, nel tentativo di impedire loro ogni indagine autonoma. Un po' di sano mobbing, insomma: non sei tu il responsabile ma ti rendo colpevole e se ficchi il naso dove non devi, ti distruggo...è un avvertimento.
Bene. La prossima volta sarà l'ultima di spiegazioni varie: Natasha spiegherà le vicende legate a Dreikoff e Thor parlerà di Thanos (finalmente! La luce in fondo al tunnel)

A presto!

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Capitolo 16
*** Menzogne maldestre ***


16. Menzogne maldestre





“Per quel che riguarda la figlia di Dreykoff” riprese la spia dopo un attimo “Semplicemente sono colei che ha ucciso i genitori di Jessica Drew, l'agente S.H.I.E.L.D. che ha scortato Clint al Quinjet e che faceva parte del trio che sembra averti rubato i protocolli delle armature” spiegò rivolta a Tony “Sono responsabile, quindi, del suo impiego da parte di HYDRA. I coniugi Dreikoff, al soldo di HYDRA, lavoravano a un progetto sperimentale pur essendo la donna già incinta. Il DNA della vedova di Wundagore, un ragno, venne inoculato nel feto... ”
“Abbiamo due Vedove nello S.H.I.E.L.D.?” domandò sarcastico Tony
“Ferma un attimo!” intimò, invece, Peter “Ma il cognome di Jessica è Drew, non Dreykoff...”
“Dreykoff, o Drakov a seconda della trascrizione (come Romanoff è la variante di Romanov - Romanova), venne abbreviato in Drev, omettendo il corpo centrale -yko-. A quel punto, nella lettura anglosassone, è diventato Drew. Così anche i parlanti altre lingue europee non si sarebbero traditi nella lettura, rivelando la contrattura del nome originale. E' uno dei sistemi per l'attribuzione di una copertura”
“Yelena Belova non ha alcuna attinenza con Natasha Romanoff o Natalie Rushman...” protestò Wade
“Infatti non è uno dei migliori, perché rischio sempre di tradirmi. Ma l'ufficiale preposto, quella volta, non aveva molta voglia di impegnarsi e riciclò il nome di un'altra agente.”
“Allora è questa la tecnica che usa anche Mystica...” ridacchiò Wolverine dal suo cantuccio
“Come fai a sapere degli pseudonimi di Mystica?” domandò Rogue, confusa.
Quello grugnì, a disagio “So molte più cose io su Mystica di quante possa saperne quel pagliaccio del suo protettore...” disse senza spiegare nulla.
Natasha riprese il suo racconto senza badare ai mutanti “Alla nascita di Jessica, il padre continuò a inocularle il DNA...”
“Certo che questi scienziati sono tutti matti... Arrivare a usare i propri figli come cavie...” commentò ancora Rogue mentre Gambit non visto, sempre in silenzio, digrignava i denti e serrava i pugni.
“All'epoca io lavoravo già per lo S.H.I.E.L.D. ed ero stata mandata a sopprimere quegli esperimenti di cui avevo notizia. Erano, manco a dirlo, versioni alternative del Progetto Arma Plus. Altri nomi, medesimo obiettivo. Uccisi i genitori di Jessica ma non trovai tracce della bambina né dei responsabili del progetto. Ancora una volta, avevano mangiato la foglia ed erano corsi ai ripari per tempo, lasciando dietro di sé solo gli strumenti, i malcapitati che avevano già spremuto e che erano, quindi, sacrificabili. Anni dopo si scoprì che, proprio grazie all'assassinio dei genitori, HYDRA aveva trovato in questo evento una perfetta giustificazione su cui innestare le proprie menzogne e manipolare, così, i ricordi di Jessica, cresciuta artificialmente in una specie di incubatrice, al fine di avere un migliore controllo su di lei. E per HYDRA, Jessica compì omicidi tra i più efferati che vennero, ancora una volta, imputati a me e al mio disastroso intervento: secondo il C.S.M. avrei dovuto uccidere anche lei, per evitare la successiva perdita di agenti S.H.I.E.L.D. Fury, al contempo, si trovò la carriera segnata dall'aver voluto salvare la ragazza e, dopo una lunga riabilitazione, usarla come agente infiltrato. Questo è quanto.” disse alzandosi e stiracchiandosi, considerando chiuso il discorso.
Dal suo arrivo, Thor non aveva aperto bocca, tutto intento ad assorbire le conoscenze che i suoi colleghi gli stavano fornendo. Si rafforzava sempre più, in lui, la convinzione che la Terra non fosse davvero un bel posto dove vivere. Se un giorno avesse mai potuto far ritorno ad Asgard, avrebbe preteso che Jane Foster lo seguisse: non poteva permettere che lei vivesse in un luogo tanto brutale. Certo, la donna non aveva poteri particolari e non rischiava più di tanto come le persone lì riunite. E a essere onesti, quei racconti dell'orrore rappresentavano solo una minima parte, una scheggia impazzita della società midgariana, ne era cosciente. Ma esisteva e tanto bastava. Certo, Asgard non era un luogo di pace e serenità; guerre e violenze avvenivano anche sul loro mondo, in modo diverso, ma avvenivano. In fondo, quindi, Midgard o Asgard non avrebbe fatto poi chissà quale differenza.
Salvaguardia della sua amata a parte, quei racconti rafforzavano in lui la convinzione che la Terra andasse aiutata e salvata. Prima di tutto da se stessa. Al diavolo gli accordi non interventisti dei nove reami: erano già stati infiltrati e dovevano sapere in cosa erano invischiati, per aver una seppur minima speranza di cavarsela.
Quando Natasha si fu alzata, dopo la sua esposizione, il biondo dio del tuono si schiarì la voce. “Come mai mi avete mandato a chiamare?”
“Oh, vero...” disse la spia, battendosi una mano in fronte e tornando sui propri passi “Il tuo fanboy, laggiù” disse indicando Wilson “Ha detto qualcosa riguardo a quello schizzato di tuo fratello...” Vedendo Thor già pronto a replicare in difesa di Loki, Natasha si affrettò a zittirlo “Chi è Thanos?”
“Thanos?” sbiancò Thor “Come...? Non potete esservelo inventato... ”
“Ci puoi fare un riassunto senza partire dall'alba dei tempi?” domandò Stark, già insofferente
“In parole povere? E' uno dei nemici di Asgard. Da sempre trama contro di noi per far cadere l'equilibrio che esiste tra i nove mondi e di cui la Terra è il fulcro.”
“Nove mondi?” domandò Pepper scettica
Thor annuì. “Quando Asgard vinse la guerra, millenni or sono, stabilì che la Terra fosse terra franca di questa... confederazione di nove reami autonomi. I mondi abitati, nell'universo, sono molti di più. Gli accordi prevedevano la totale astensione dal visitare il pianeta, per permettere alla sua nascente civiltà di evolversi in modo naturale.”
“Come noi facciamo con certe sacche di indigene in aree sperdute dell'oceano” concordò Stark
“Il dominio di Midgard avrebbe compromesso la stabilità di questa alleanza e quindi avrebbe allertato l'intero universo... Probabilmente, fu in quella prima invasione che il Tesseract andò perduto. O sepolto qui intenzionalmente... Vorrei poter chiedere a mio padre. Ma, come credo saprete, mi è impossibile fare ritorno...”
“Un momento...” sbottò Rogers “Ricordate quando Fury ci parlò degli altri nomi del Tesseract e delle altre civiltà che erano già venute a trovarci, nel tentativo di impossessarsene?”
“... aspetta, sì...aveva detto...Allspark!” si illuminò Stark
“Di cristallo ce n'è più d'uno ma presumo che quello con cui l'umanità ha avuto a che fare sia sempre lo stesso. E per un semplice motivo. Qualcuno di esterno violò l'accordo che non riguardava, ad esempio, i Badoon, la Covata, i Kree e gli spettri neri. Mentre ero da Jane Foster ho studiato il materiale da lei raccolto, per altri fini, sulla mitologia che esiste su di noi, su dei e alieni, su queste altre civiltà.” concordò Thor “E ho trovato delle corrispondenze.”
“Un momento!” sbottò Rogue “Anche noi abbiamo avuto a che fare con gli alieni!”
“Gli Shi'ar...” concordò Logan
“E il bel cristallo M'Krann” concluse Gambit
“Lilandra...” sospirò Thor “Di Alfheimr, per noi. Le vostre leggende parlano di Elfi della luce.”
“Quella strane acconciature possono essere state scambiate, effettivamente, per aureole... e le loro vestigia aviarie possono ricordare gli angeli, che sono esseri di luce” meditò Kurt richiamando a sé l'immagine assurda della principessa Shi'ar e la sua ampia conoscenza di iconografia sacra.
“Jarvis...” chiamò Steve. L'algido maggiordomo si avvicinò impettito “Puoi portarmi carta e penna?” domandò preparandosi a una spiegazione abbastanza contorta.
E mentre il capitano cercava di prendere appunti, Thor proseguì nella sua enumerazione “Allspark, invece, è il nome del Tesseract presso i Muspells. Voi li conoscete col nome di Nani” continuò Thor
“Nani? Ma se erano delle bestie alte quanto un palazzo!” protestò Tony che, nel frattempo, aveva visionato anche i filmati relativi a quell'invasione e di cui non sapeva nulla ma a cui suo padre aveva assistito.
“Erano fatti di metallo, però...” replicò la Vedova Nera
“E il metallo si estrae dalle miniere...” aggiunse anche Wade, ricordando la missione che aveva visto coronare il suo sogno: distruggere Parigi e lavorare con la sua rossa preferita1
“Sono creature che voi potreste scambiare per macchine, o robot o... ” gesticolò il dio cercando una definizione adatta, senza però trovarla “Sono gli unici in grado di estrarre particolari metalli, tra cui l'uru2 e il vibranio...”
“E' un nome che è già stato fatto, o sbaglio?” domandò Rogers, già confuso da tutti quei nomi.
“E' uno dei componenti della lega del tuo scudo...” disse Natasha “Sulla Terra ce ne sono due giacimenti: uno in Antartide, presso quella che è comunemente nota col nome di Terra Selvaggia...”
“Anche questo è qualcosa che mi suona familiare... come si chiamava, accidenti?” meditò a lungo Steve “Ammiraglio Richard Evelyn Byrd!” Sbottò di colpo
“Nato il 1888...” sciorinò subito Tony scorrendo, sul suo palmare, le pagine che aveva trovato in rete “...Diario dell'Ammiraglio della Marina Statunitense... Interessante!” commentò dopo una rapida scorsa al testo “1947... Durante il sorvolo del Polo Nord, annotò di aver visto una terra lussureggiante che sarebbe la prova a supporto della teoria della Terra Cava ipotizzata da Halley... Stronzate!” commentò rimettendo in tasca il telefono “Polo Nord: l'Antartide sta al Polo Sud! E poi tu eri già bello che surgelato nel '473...”
Steve lo squadrò perplesso “No, aspetta! Io conoscevo le imprese di Byrd prima della Guerra: il sorvolo del Polo Nord è del '26 e già allora si vociferava di un'ipotetica Shangri La4. Ma il volo del '47, ho controllato di recente, era al Polo Sud! Fatto sta che Hitler organizzò le sue spedizioni ai Poli proprio sulla prova fornita dai diari, spariti dopo la missione del '26, ritrovati recentemente e che, mi vien da pensare, fossero finiti proprio nelle sue mani. C'è molta confusione al riguardo, perché i rapporti ufficiali parlano di Polo Sud nel '47 mentre le pagine manoscritte vengono spacciate dai media come prova del volo al Polo Nord. Nessuno esclude che abbia vissuto la stessa esperienza in entrambe le occasioni.”
Natasha lo osservò per un attimo “Stiamo parlando della stessa cosa...” confermò, lasciando Tony a bocca aperta “Fu al Polo Nord che Byrd vide quella terra selvaggia. Ma quella di cui parliamo noi sta al polo Sud e Namor5 -ti ricordi di lui, vero?- può testimoniartelo.” Quando Rogers, dopo aver fatto rapidamente mente locale, annuì, la spia tornò alla sua breve elencazione di giacimenti di vibranio. “Un'altra forte concentrazione si è riscontrata nel piccolo regno di Wakanda, in Africa. Thor, continua pure e scusa per la digressione.”
“Di nulla. Vanaheimr il regno più simile al nostro, Asaheimr, tanto che, spesso, per rinsaldare l'alleanza, si combinano matrimoni di interesse. Non c'è una vera e propria distinzione tra noi, apparteniamo tutti alla razza di Eterni e, semplicemente, abbiamo occupato due diversi pianeti, tutti insieme.” riprese Thor “Per voi occidentali questi due regni corrispondono ai pantheon norreno e a quello greco-romano ma, in realtà, sono residenza di tutti i pantheon terrestri. E non ho idea del perché ci sia stata questa strana divisione e occultamento delle altre comunità. Forse perché l'Europa, pur intrattenendo scambi commerciali col resto del mondo, mantenne boriosamente il primato della propria cultura a sacrificio delle altre? Ora sono le lingue europee le più diffuse...”
“Ma non mi dire...e bravo lo spilungone norvegese” celiò il canadese venendo soffocato dal commento sarcastico di Gambit
“Pantheon greco-romano e la mela della discordia...” ridacchiò il francese “Avanti... possibile che lo stesso oggetto cambi forma e nome così radicalmente? Nella mitologia giapponese c'è qualcosa di simile, Logan?”
Ma Thor non lo sentì, concentrandosi per ricordare le varie corrispondenze “Ci sono poi coloro che si oppongono fermamente a questo patto e sono i regni di Jötun, i giganti del ghiaccio, gli antenati di Loki. Ci sono poi i regni di Ninfl e di Hel. Quest'ultimo, di recente, ha cambiato sovrano e la corona è passata dal dio a voi noto come Ade a Hela, figlia di Loki. Nelle vostre corrispondenze si confondono spesso come in un unico e generico Inferno, Terra delle Nebbie e simili anche se Ninfl è la dimora dei demoni. Hela stessa viene chiamata con nomi diversi, i più comuni mi sembrano siano Morte o Kalì. Se penso che è stato mio padre, il grande e saggio Odino, a metterla su quel seggio...” scosse la testa “Infine c'è il regno di Svartalfa, del pianeta Skrull, il cui popolo vi è noto col nome di orchi o elfi oscuri. Questi sono gli stessi Chitauri che hanno attaccato la Terra. Sono una razza ottenuta per alterazione genetica dalla razza Skrull originaria che è nota come razza Deviante poiché evoluzione degli Eterni. Da noi ai Devianti Skrull per arrivare ai Chitauri..”
“Un po' come dire scimmie, umani e mutanti...” borbottò Wade “Sei un bellissimo esemplare di scimmia armata di martello. Se non fosse morto ti suggerirei di sottoporre la tua candidatura a Kubrick per 2001: Odissea nello spazio...”
“Noi e gli Skrull siamo cugini e i Chitauri sono i loro nipoti potenziati. Thanos si è autoproclamato re di Svartalfa nonostante sia un Eterno originario del Vanaheimr. Nacque deforme, simile a un Deviante e suppongo sia per questo che si è messo a capo dei Chitauri, i mostri Skrull: per vendetta nei confronti dei Vanir e Aesir”
“Quindi, se Thanos coi suoi Chitauri conquistasse la Terra, l'equilibrio si spezzerebbe e ci sarebbe una nuova Guerra Galattica, giusto?” riassunse Tony
“Oh... Finalmente accoppiamo Lady Isabel? Io faccio il Gran Sacerdote, così siamo sicuri della riuscita della missione!” sproloquiò Deadpool
“Esatto...” fu la risposta che Thor diede a Tony, non a Wade “Ma... tutto questo mi sta dispiegando sotto gli occhi un nuovo scenario, che giustifica anche alcune cose accadute prima del mio arrivo su Midgard...”
“E cioè?” domandò Iron Man spazientito “Vuoi mettercene a parte?”
“Noi abbiamo sempre pensato che nostro fratello Vali fosse scomparso, forse morto. Invece, se lui fosse un alleato di Thanos, questo giustificherebbe quanto è avvenuto su Asgard anni fa: infiltrati Jötun che miravano a impossessarsi delle nostre armi... Abbiamo dato la colpa a Loki ma, come diceva giustamente l'Allfather, lui ha scoperto di essere stato adottato solo dopo che i traditori si erano già infiltrati tra noi. Forse, il vero traditore è Vali, mio fratello di sangue, non Loki... Ma allora perché attribuirsi il merito di aver lasciato penetrare i giganti di ghiaccio ad Asgard, se non era stato lui?” distrutto dall'improvvisa consapevolezza di aver affrettato il giudizio sul fratellastro, si prese la testa tra le mani e non parlò più.

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Il rollio del volo aveva qualcosa di conosciuto e rilassante. Era un po' come tornare nel grembo materno: stava al chiuso, nel buio, protetto dalla realtà esterna che non attendeva altro che poterlo colpire ancora e ancora e ancora. Tutto, dagli scossoni ai rumori dei servo-meccanismi era una nenia familiare che aveva il potere di calmarlo. C'era chi, in volo, si agitava. E lui era il primo ad andare in paranoia quando si accorgeva che gli altri passeggeri, nei voli di linea, si ostinavano a non chiudere i dispositivi elettronici, presi com'erano dal credersi gli unici e i più importanti a bordo di un velivolo, ignoranti patentati che non sapevano nulla di come funzionava un aereo e di come le onde elettromagnetiche potessero interferire sulla strumentazione di bordo, soprattutto nelle fasi più delicate di decollo e atterraggio. Probabilmente la gente credeva ancora che dalla cloche partissero mille tiranti verso i flap delle ali e al timone. Forse addirittura ai carrelli. E i normali voli di linea non erano schermati come gli jet e i caccia: quegli imbecilli mettevano a repentaglio la vita di tutti per poche misere ore di viaggio perché non riuscivano a staccarsi dal loro cordone ombelicale, dalla protesi dell'essere sempre accessibili a chiunque, in una fobia angosciante della solitudine. Era una schiavitù da cui non riuscivano o non volevano a liberarsi, perché le loro vite, altrimenti, si sarebbero rivelate vuote e prive di senso.
Un po' come al cinema, la gente non riusciva più a isolarsi dal mondo nemmeno per poche ore. Odiava quella luce dal sedile davanti che, inevitabilmente lo distraeva. Forse era ipersensibile lui, perché era un cecchino? No, ne era certo, c'erano altri utenti che sbuffavano ma non osavano alzarsi e dirne quattro per paura di aggiungere disturbo al disturbo e creare una rissa. Seccato, di solito riusciva a spegnere i dispositivi altrui con il lancio del primo semplice e minuscolo oggetto che gli capitava a tiro. Ma era impegnativo e lo distraeva dalla visione. La cosa, ne era certo, gli avrebbe dato fastidio anche se avesse fatto l'elettricista. Ma da quant'era che non andava al cinema? Troppo tempo e per un nerd come lui era la morte. Avrebbe dovuto hackerare qualcosa a Carousel.
Sbuffò, gli occhi rigidamente chiusi a ignorare i suoi compagni di volo. Al suo fianco, Jessica si mosse appena, probabilmente già addormentata ma sempre abbarbicata al suo braccio.
Coulson arrivò barcollando, tenendosi aggrappato alle travi che percorrevano l'intera fusoliera.
“Posso parlarti?” domandò, ben sapendo che l'arciere non dormiva “Come mai questa decisione improvvisa di tornare Ronin?” Clint inspirò a fondo, nervosamente, e schiuse gli occhi “E poi cos'è sta storia che ora fai coppia con Jessica?” continuò l'uomo fissando l'agente addormentata accanto all'arciere “Io...no beh, tutti, in realtà, credevamo che tu e Natasha...”
“Natasha sta con Rogers...” rispose Clint, semplicemente, appuntando lo sguardo sulla parete metallica carica di zaini davanti a sé. Cos'era successo? Aveva un buco nella sua memoria. Ricordava Jessica che lo tormentava mentre faceva i bagagli... poi il vuoto. Si era risvegliato a bordo del Quinjet. Stava con Jessica?
Ricordava che lei ci aveva provato spudoratamente. Ma non ricordava la propria risposta. Forse non era degna di essere ricordata. Si faceva schifo in entrambi i casi.
Del resto non gli importava: che tutti credessero quello che preferivano, tanto... cosa poteva importare? E a chi?
A Natasha meno di zero.
A se stesso ancora meno: non aveva un briciolo di amor proprio, si faceva schifo per questo. Certo, lui non era Cap, l'integerrimo protettore dei deboli. Lui era un delinquente arruolatosi per scappare alla fame, alla miseria e alla violenza. Era una persona gretta. Macchia più, macchia meno, nulla l'avrebbe lavato al punto di renderlo come Rogers. Poteva sognare quanto voleva! Non era nemmeno al livello di Stark che, almeno, stava cercando di lavorare su se stesso, sulle sue reazioni, sulle sue relazioni...
Non mi importa se pensi a lei. Puoi usarmi quante volte vuoi...
Come no! Sicuramente Jess avrebbe piantato casino. Forse era l'unica a cui sarebbe importato qualcosa.
In fondo, male che fosse andata avrebbe rimediato compagnia la notte. E un ceffone finale come coronamento della situazione. Finiva sempre così. D'altronde lui era notoriamente un porco che se la faceva con tutte quelle che trovava e lei lo sapeva. Doveva saperlo! Ma non era più così da tanto tempo.
“E dimentichi che io sono uno della coppia da sconosciuti a sposati in 9 giorni secchi6
“Come scusa?” domandò l'agente, perplesso, convinto di aver capito male e fermo alla prima frase “Mi stai prendendo in giro... Non è possibile...”
Ecco che Coulson si risvegliava dalle sue nebbie. Non capiva se c'era delusione o ammirazione a far da contraltare alla sua domanda.
Clint sbuffò. Perché avrebbe dovuto mentire? Per sputtanare Natasha a gratis? Se era la sua partner non aveva proprio alcuna logica “Fidati... aspettava un figlio da lui. Scemo io a non accorgermi di nulla. Nonostante dividessimo il letto e tra i due ci fosse qualcosa più del semplice cameratismo.”
Coulson lasciò andare i propri appigli e gli si accasciò davanti, aggrappandosi ai suoi pantaloni, supplichevole “Dimmi che è un brutto scherzo!” si lagnò.
Delusione, decisamente.
“Tu e Nat... eravate l'unica certezza all'interno dello S.H.I.E.L.D. dopo Fury e Val...”
“Magari avevate pure scommesso...” ironizzò l'arciere, poco divertito dalla faccenda.
“Anche!” ammise l'agente abbassando appena lo sguardo e allentando il nodo della cravatta. “Non ci credo... Tu e Nat non...”
“Non dovresti essere contento?” replicò Clint, infastidito da quell'insistenza. “D'altronde si tratta sempre di Rogers e Romanoff...”
Coulson nicchiò, demoralizzato “E' che...” biascicò confuso. Tentò di concludere il discorso ma si scoprì incapace di fare altro che non fosse aprire e chiudere la bocca, senza parole.
Lì accanto Jessica si mosse ancora nel sonno, sistemandosi meglio sulla spalla dell'arciere. “E poi...” aggiunse Clint per tacere definitivamente il collega “Ora io sto con Jessica...”.
'Tasha mi devi un favore! Rincaro la dose per dare ulteriore credibilità alla tua versione. Sono patetico. Ancora ti difendo, cercando di passare per un bastardo che usa le donne e cambia idea come gira il vento. Coulson sa che non ti abbandonerei mai. Soprattutto non dopo che ti sei data tanta pena per rimettermi in carreggiata. Nonostante tutto.
“COSA???” Coulson quasi si strozzò per la sorpresa. “Divertente, Clint, davvero... mi hai fatto prendere un accidenti...” tossicchiò imbarazzato
“Cosa c'è da urlare, Phil?” biascicò assonnata Jessica, con tono irritato.
“Clint è in vena di scherzi... dice che state assieme... figurarsi... dopo Barbara non volevi più averci nulla a che fare...”
“Davvero?” domandò Clint, sorpreso, rivolgendosi a alla donna
“Si cambia idea, mai sentito nulla al riguardo?” replicò quella stropicciandosi gli occhi.
“Ma...” allibì Coulson “Ma siete seri? Tutti quanti? Guardate che non sono più così giovane e il mio cuore potrebbe non reggere...” minacciò, strappando loro un sorriso.
“Chiama Natasha, se non mi credi...” replicò l'arciere spostando un braccio e cingendo la collega per le spalle, considerando chiuso l'argomento.
Coulson lo valutò per qualche istante. “Jessica, sono i tuoi ormoni?” domandò scettico
“Ma ti pare?” replicò lei con un ghigno “Non ho bisogno di questi mezzucci... e poi Clint si accorge se e quando li uso...”
“Davvero?” domandò ammirato “E come fai?”
Clint fece spallucce “Istinto...” replicò non troppo sicuro, visto le cantonate che aveva preso di recente sulle donne. Però, il fatto che non ricordasse e che anche in quel momento, da che Jess si era risvegliata, provasse uno strano struggimento per la mora, lo faceva sentire strano e diverso. Non erano sentimenti che riconduceva facilmente a se stesso e la cosa lo lasciava perplesso. Ma anche se fosse stato, meglio così: forse stava solo alleviando il suo dolore.






1    Basandomi sulla trama del film dei G.I. Joe per motivi già citati in precedenza, la missione è avvenuta nel 2009. Ma Howard morì nel 1991. Si tratta, quindi, di due missioni distinte ma degli stessi alieni. Alla Marvel, si sa, non dispiace che, una volta sconfitti, questi ci riprovino.

2    Del vibranio abbiamo già parlato. L'uru si trova unicamente su Asgard. Assomiglia alla pietra ma possiede anche proprietà magiche. Sembra essere in grado di assorbire la maggior parte dell'energia, in particolar modo quella magica.
Una delle poche leghe in grado di distruggerlo è la Dargonite.
Il martello di Thor è uno degli oggetti forgiato con questo metallo

3    La storia dell'ammiraglio Byrd è affascinante ed è sicuramente lo spunto da cui si è partito per avere l'idea della Terra Selvaggia. Fatto sta che nei resoconti -essendo i diari spariti- c'è confusione sull'attribuzione delle rotte percorse e dei relativi anni. La storia, però, resta intrigante.

4    è il nome di un meraviglioso luogo immaginario, sospeso nel tempo, luogo di pace descritto nel romanzo Orizzonte perduto di James Hilton (1933) e deriva dal mito tibetano di Shambhala. Entrambi sono associati ad Agarthi (a sua volta strettamente connessa alla teoria della Terra Cava: sarebbe il regno all'interno del pianeta...un continente come Atlantide o Lemuria) e usare un nome o l'altro è lo stesso. La sovrapposizione tra il luogo mitico e le diverse collocazioni geografiche dipendono dal fatto che diversi sarebbero gli accessi a questa terra meravigliosa. I poli, l'islanda-con cui è spesso identificata-, il deserto del Gobi (luogo originario del mito), la piramide di Giza e l'isola di Pasqua non possono mancare e nemmeno un paio di località italiche.
Badate, la società segreta di Thule, che costituì lo zoccolo duro del partito di Hitler, credeva fermamente in queste cose. E se vi interessa, c'è un libro interessante, al riguardo.

5    Namor è il principe di Atlantide. E' un ibrido uomo-Atlantideo (non è il solo. Per le sue origini mi baso su quanto sta emergendo di recente negli spillati. Anche perché è la versione che avevo sempre ipotizzato per conto mio...ne riparleremo più avanti in caso non sappiate a cosa faccia riferimento) ed è considerato il primo mutante. Anche se prima di lui ce ne sono a iosa. Anche solo parlando dell'epoca moderna potrei citare Essex che, anagraficamente, batte sia lui che Wolverine.
Il suo unico interesse è preservare Atlantide. Del resto non gli frega nulla. Ha contribuito alla spedizione per l'estrazione di Rogers (dopo aver combattuto con lui durante la 2^GM e dopo averlo individuato per caso tra i ghiacci e aver contattato Stark figlio -Howard aveva tentato la ricerca ma aveva fallito) solo per non avere rogne e togliersi dai piedi i primati -così li chiama- il più presto possibile.
Tornerà prestissimo... entro la fine della fic ;)

6    Lui e Barbara Morse hanno bruciato un pochino le tappe (se vi interessa saperne di più, in Dark Reign - I nuovi Vendicatori - Riunione spiegano un pò la cosa ed è ancora disponibile). Tant'è che poi si son mollati anche subito. (Ecco..lei proprio non la reggo...più delle altre)



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Bene, dopo essermi presa un'incazzatura colossale col pc che si spegne e manda in fumo tutta l'impaginazione e le note dell'ultimo mintuo, rieccomi qui.
Con questo abbiamo finito la parte degli spiegoni.
Non ho aggiunto note su 2001 e sui Cavalieri dello Zodiaco (spero che tutti conosciate entrambi...sennò mi sa che DOVETE recuperare il primo, solo per cultura personale e avete avuto un infanzia sfigata -senza i CdZ sicuramente-)
Non ricordo che diavolo avevo scritto. A parte parlarvi di Namor. Non tutti i lettori lo conoscono, quindi lo introduco un pò alla volta. Lui e T'Challa, re del Wakanda :D entrambi hanno militato nei Vendicatori, quindi...
Vi lascio con un piccolo extra, una song-fic Easy as it seems, collocata all'inizio del paragrafo relativo a Clint.
A presto ;)


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Capitolo 17
*** Invito ***


17. Invito






Davanti al Breiðablik, i tre guerrieri amici di Thor, si alternavano nel turno di guardia. Il voluminoso Volstagg sedeva scomposto davanti alla prigione, sprofondato nella folta pelliccia di Fenrir, sbocconcellando un arrosto e piagnucolando al contempo.
“Oh, smettila di lamentarti!” tuonò Hogun con aria più torva del solito “Già non è una bella situazione... ci manchi solo tu...”
“Temo di aver fatto male i conti per le provviste...” replicò l'altro, mogio.
“Ma se ti sei portato un baule di roba...” sbigottì Fandral tornando sui suoi passi dopo essersi allontanato per osservare da vicino un'incisione all'interno di una cella lì vicino.
“Di questo passo, mi durerà solo altri quattro giorni..”
“Sei senza fondo! A noi due, insieme, nell'ipotesi peggiore, la stessa scorta di cibo dovrebbe durare almeno un mese!” replicò il Fosco.
“...E tutto per colpa di questo stronzo di un traditore!” si inalberò Volstagg, concentrato su se stesso, lanciando un osso verso le sbarre.
Fenrir, convinto si trattasse di un gioco o di un premio, si raddrizzò di colpo, mandando il voluminoso lupo di Asgard gambe all'aria, e andò a recuperare l'avanzo.
“Certo che fa specie...” commentò Fandral osservando il prigioniero che li scrutava con espressione stanca “...Sembra davvero di insultare Odino. Mi sento quasi in colpa...”
“Stupido cane infernale!” tuonò il gigante dai capelli rossicci rimettendosi carponi e agitando il pugno chiuso contro il demone del Van.
La bestia, per tutta risposta, cominciò a ringhiare.
“E sei pure permaloso!” replicò quello tirandosi in piedi a fatica e spolverandosi sedere e ginocchia.
“Non credo ce l'abbia con te...” commentò Odino, stanco.
“Nessuno ha chiesto il tuo parere, mi pare...” rispose Hogun, tendendo comunque l'orecchio.
“Già... Sta' zitto, Loki!” aggiunse Volstagg mentre l'ingresso alle segrete si apriva con un suono ovattato
“E' permesso?” domandò la bionda Sigyn facendo capolino, esitante, dalle ante della porta in cima alle scale.
“Ecco la conferma che abbiamo Loki per le mani...” sghignazzò crudele Volstagg.
“Sì, vieni pure, Sigyn...” rispose il più diplomatico e cordiale Fandral, lanciando all'altro un'occhiataccia.
“Ma non avevamo ricevuto l'ordine di tenerla lontana da qui?” domandò ancora Volstagg lasciandosi scappare un sonoro rutto e ricevendo, in risposta, un calcio sugli stinchi ben assestato dal compagno più finetto.
“Mi dispiace dirti che, durante la visita a tuo marito non potrai avvicinarlo né potrete restare da soli...” aggiunse cordiale il biondo quando lei fu più vicina.
“Marito? Ma io sono venuta a trovare mio suocero... Non credo che riceva un buon trattamento, se siete tutti convinti che si tratti di Loki...” rispose con supremo candore la donna.
“Un momento... non mi pare tu sia già stata qui altre volte...” commentò il biondo spadaccino “Come fai a sapere che Loki ha preso le sembianze di Odino per trarci in inganno?”
“Perché è così. L'ho incontrato al Válaskjálf. Si è mostrato a me nella sua vera natura dopo aver allontanato tutti.” precisò “Mi dispiace, Maestà...” aggiunse rivolta alla cella e prostrandosi in un inchino sentito “Non sono riuscita a scappare prima ai Falchi Rossi per poterVi venire a trovare...”
Pensando che fosse pazza a pensare una follia del genere, oltre che scema per amare Loki, i tre guerrieri lasciarono che la moglie del traditore avvicinasse alla prigione “Incatenarla a Loki, credo, sarebbe una punizione peggiore che restare recluso qua sotto1...” sghignazzò Volstagg
“Il fatto che non possa avvicinarglisi è una grazia... Sta a vedere che Loki ha fatto tutto 'sto casino per farsi arrestare e tenersela lontana...” ipotizzò malevolo anche Hogun
“L'ha sposata...” replicò Fandral “Se dovesse essere una punizione, ci sarebbe sfuggito il suo masochismo... E' andato a strapparla a Theoric: l'ha ingannata, spacciandosi per lui, mentre quello, poveraccio, moriva in battaglia... Non dubiterei un istante se mi dicessero che anche dietro a quel fatto ci fosse il suo zampino2.”
“Razza di capre!” tuonò Odino “Se fossi davvero Loki, Sigyn sarebbe furibonda con Odino per averlo imprigionato...”
I tre si guardarono “Ecco... sono questi ragionamenti estremamente coerenti e verosimili che mi incasinano la testa... ” sbottò il gigante “Sono totalmente sensati...”
“Io ricordo ancora le storie che fece Sigyn quando Loki venne messo in punizione per aver tagliato una ciocca dei capelli di Sif” commentò sornione lo spadaccino
“Che trasformò, poi, in fili di metallo indistruttibile per scusarsi, così che nessuno potesse giocarle di nuovo lo stesso scherzo...” commentò Hogun “A me è sembrato l'ennesimo dispetto, altro che scuse...”
“Pensatela come volete...” replicò Odino “Ma sappiate che questo non fa che convalidare l'idea della stupidità dei soldati, tutti muscoli e niente cervello!”
“Loki, ne ho piene le tasche dei tuoi graziosi insulti neanche troppo velati! Ringrazia che non possa venire dentro o...”
Un boato fragoroso squassò il pavimento destabilizzando l'equilibrio dei quattro e lasciò Volstagg con la bocca spalancata per la sorpresa. I tre guerrieri si scambiarono un'occhiata d'intesa e, con Sigyn alle calcagna, corsero alle scale urlando a Fenrir di rimanere di guardia. Si arrampicarono lungo i gradini e si affrettarono alle balconate. All'orizzonte, al di là delle mura di cinta della città, una nube di polvere iridescente impenetrabile celava alla vista il ponte arcobaleno. Tutti e tre, però, furono attanagliati all'istante da una strana inquietudine, un senso di déjà vu.
Passarono i minuti. Lentamente. Così piano da logorare i nervi.
“Oh, no...” alitò Hogun a un certo punto, rilassando i muscoli “Siamo nella merda di drago fino al collo..”
“Cosa vedi?” domandò il gigante, stordito da quello spettacolo, di per sé meraviglioso.
“Il Bifröst...” commentò anche Fandral.
“Il Bifröst...?” lo incalzò il gigante, impaziente, aguzzando la vista.
“E' crollato. Di nuovo.” rispose Sigyn al suo posto, pietrificata.
“Ancora?” sbigottì il gigante “Ma come è possibile? L'avevano appena finito...”
“E solo Thor, oltre a Heimdall sarebbe riuscito a....” commentò
“Perché nessuno aveva calcolato Surtr3?” aggiunse Hogun scorgendo una figura conosciuta tra i baffi di nebbia che andavano diradandosi.
“Perché Surtr era prigioniero dei nani?” rispose sarcastico Fandral
“Gli stessi nani produttori di Uru?” domandò Hogun sempre più pessimista “Non è una bella cosa che si trovino associati...” disse indicando la figura del guerriero che tutti conoscevano e che avanzava tra la polvere delle rovine, sovrastando altre tre figure più minute.
“Chi diavolo sono quelli?” domandò Volstagg aguzzando ulteriormente la vista
“Di male in peggio...” commentò Hogun “Abbiamo Hela. E fin qua nessuna sorpresa. Abbiamo Loki. Ammesso che sia effettivamente lui: vorrebbe dire che quello in prigione è il vero Odino...”
“Temo sia lui. Sarebbe davvero troppo contorto anche per l'Allfather, interpretare Loki tra le fila nemiche mentre il diretto interessato si spaccia per lui, qui da noi” ragionò Fandral
“Ragazzi, non ho finito...” li richiamò Hogun “Il terzo elemento... è Heimdall. Il fratello di Sif, il nostro amico... lui è lì, accanto a Loki ed Hela, con le armi abbassate...”
“Ha lasciato che distruggessero il ponte?” ringhiò Volstagg
“Ma che senso avrebbe che Hela e i suoi non morti lo distruggessero? Il ponte gli serviva! Se volevano usare Yggdrasil, perché non se ne sono rimasti a casa loro?” protestò anche Fandral “E ormai erano qui: Heimdall doveva distruggerlo prima...”
“Però non sembra aver l'aria di un prigioniero di guerra... anzi... ha più l'aria del complice..” li informò Hogun
“Fa tutto parte del piano di Loki...” spiegò Sigyn “E se Heimdall, che tutto vede, è al suo fianco, forse abbiamo tutti sbagliato nel giudicarlo...”
Le parole della bionda principessa gelarono il sangue ai tre guerrieri. Cosa dovevano fare, ora?

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Dopo l'interrogatorio di Wade, le lunghe spiegazioni dei Vendicatori sugli argomenti più disparati, la partenza di Clint e il ritorno di Thor, il gruppo aveva cercato di riguadagnare la normalità e per farlo, alcuni si erano ritirati nei loro appartamenti.
Già, perché dopo un rapido controllo dei dati finanziari, Tony e Pepper avevano scoperto che, all'indomani dell'attacco dei Chitauri, la zona, e in particolare la torre, era stata svalutata così tanto da non suscitare alcun interesse in nessun finanziatore: chi sarebbe stato così folle -a parte il presidente stesso del gruppo- da investire su un parafulmini per sciagure intergalattiche? E col palazzo l'intera zona, seppur centralissima, aveva subito un crollo quasi in caduta libera: l'appetibilità era ai minimi storici. Perché due torri simili, con personaggi simili come occupanti nel raggio di dieci isolati, avrebbero scoraggiato anche il più avventato degli affaristi. La Stark Tower era riuscita nell'impresa che era sfuggita al Baxter Building. La torre della Os.Corp Industries, al contrario, pur essendo nelle vicinanze, non suscitava timori essendo solo la sede di innocui laboratori e non covo di supereroi invisi all'opinione pubblica. E con quel crollo nessuno sarebbe mai andato a lavorare da lui, nonostante la crisi mondiale fosse più profonda che mai. Quindi, piuttosto che lasciare inutilizzato l'intero edificio, tanto valeva concedere un piano a ciascun occupante, diversamente da quanto stabilito in precedenza, concedendo a ciascuno la dovuta privacy e autonomia. I ragazzi erano stati bravi e rapidi nel ricollocare l'arredamento.
Nel giro di poche ore, il gruppo sembrò aver già trovato il proprio equilibrio: gli animi erano decisamente più distesi e la maggior parte, ora, gradiva la compagnia degli altri, certi di poter scappare nel loro rifugio quando avessero voluto. La coesistenza coatta in spazi limitati, d'altronde, era stata una tecnica di tortura collaudata nel corso dei secoli. Meglio così. Se dovevano affrontare minacce più grandi di loro era meglio che ciascuno fosse pronto a dare il massimo e in pace gli uni con gli altri. E al momento non aveva bisogno di altre rogne, impegnato com'era a cercare di sbrogliare una matassa magistralmente annodata e tessuta dalla società tutt'intorno a loro, senza che avessero tempo di rendersene conto, offuscati com'erano stati dall'incidente di Pepper e dalla convocazione in senato.
I servizi negativi su di loro come gruppo, le perplessità circa l'appropriatezza del lasciare a piede libero gente tanto potente e i tentativi di emulazione, proliferati come batteri, sembravano fagocitare quei pochi, miseri tentativi di entusiastica accettazione di quel tipo di novità: la paura sollevata dalla distruzione portata da Hulk un anno prima ad Harlem era stata ravvivata da quel caos incontrollato e tutti i superumani erano sul fuoco di linea dei giornalisti. Se fino a qualche tempo prima riuscivano a passare inosservati, mimetizzati nelle pieghe della leggenda metropolitana, ora la paranoia aveva travolto ogni figura di spicco. In particolare, i mutanti erano i più temuti: perché che un genio fosse vittima di un esperimento e cercasse di rimediare ai suoi guai operando per il meglio era un'idea più facilmente sopportabile di persone nate con doti inarrivabili per qualunque umano normodotato. In genere, tra l'altro, i mutati erano scienziati di dichiarata fama, difficili da screditare agli occhi dei civili mentre i mutanti erano persone comuni, che non avevano chiesto quella maledizione. L'unico modo per poter sopravvivere tutti era far fronte comune. Eppure, tutti si rendevano conto della giusta paura insita in quelle accuse: chi avrebbe impedito a chiunque di loro di avanzare a reclamare il dominio sulla Terra?
Nessuno di loro era disposto ad asservirsi come una marionetta e di farsi comandare dai politici di turno ma trovavano anche fondamentalmente scorretto estraniarsi dalla questione e operare in solitaria, liberi da ogni tipo di briglia. Fury era stato lungimirante: aveva provato a legalizzare la loro posizione. Ma ora era fuori dai giochi. Stava a loro trovare un modo per farsi accettare. Non solo dai politici nazionali che nella migliore delle ipotesi si sarebbero arrogati il diritto di schierarli come soldati in un nuovo tipo di guerra: dovevano puntare a formare una comunità supereoistica mondiale che, come ogni forza armata, ubbidisse alle risoluzioni delle Nazioni Unite. E dovevano agire alla svelta.
Nel tardo pomeriggio, la pace e la concentrazione di Tony subirono una violenta battuta d'arresto. Erano tutti riuniti -chi a leggere, chi a esercitarsi, chi ancora solo a chiacchierare- in quella palestra ipertecnologica che anche i mutanti trovavano stimolante. Diversamente dalla Stanza del Pericolo di Westchester, che li poneva davanti a situazioni complesse in cui, come squadra, dovevano riuscire a tirare a casa la pellaccia, questo ambiente mirava a far loro ottenere singole prestazioni sempre migliori, tiri più precisi, innalzare i limiti di resistenza e così via. Come aveva detto il padrone di casa diverse volte nell'arco di quelle settimane, i superumani non avevano alcun diritto di adagiarsi sugli allori: anche un uomo normale era più forte di un ragazzino rachitico, eppure si allenava lo stesso. Quindi perché non avrebbero dovuto farlo anche loro, mettendo alla prova i loro limiti ed esercitarsi a superarli?
A tal proposito, dopo uno dei soliti battibecchi che aveva avuto con Rogers intorno all'ora del tè, mentre il padrone di casa leggeva e commentava attentamente il quotidiano on-line e il capitano faceva semplici flessioni su un unico braccio (mentre quello libero sfogliava la cara vecchia versione cartacea frusciante), avevano finito per sfidarsi in un classico incontro sul ring, uno a uno, armati solo di guantoni. E Stark, nonostante gli allenamenti con il suo autista ed ex-pugile Happy Hogan, era già finito al tappeto un paio di volte, senza neppure aver avuto la possibilità di capire da che parte arrivasse il colpo tra le urla di giubilo dei suoi maledettissimi ospiti. A rendere più bruciante le sconfitte si aggiungeva il fatto che Rogers si beasse del fatto che -a suo dire- quelle fossero mosse basiche.
Ma la situazione già snervante di Tony avrebbe raggiunto ben presto la soglia dell'isteria per altri motivi.
Alla quarta ripresa, l'incontro venne interrotto dall'ingresso silenzioso ed elegante della nuova versione di Jarvis che, mani dietro la schiena dritta come un fuso, sguardo gelido e assente, si era posizionato in paziente attesa, vicino all'angolo in cui il magnate sarebbe presto caracollato in cerca di aria.
– Signore... – disse l'androide quando il suo padrone si buttò a peso morto sulle corde, in un break magnanimamente offerto dal suo rivale, facendogli comparire davanti agli occhi iniettati di sangue un cartoncino in pregiata carta d'Amalfi.
“Un invito?” domandò perplesso “E per cosa, sta volta? Aprilo: lo sai che odio ricevere cose dagli altri anche se si tratta di te!”
– E' un invito a una sera di gala – lo informò il maggiordomo
“E cosa cavolo c'entro io?” sbottò strappandogli l'invito dalle mani. La scritta era in un raffinato carattere graziato blu in rilievo e in un angolo campeggiava discreto il simbolo di un drago alato rosso che avvolgeva il globo. “Che palle!” borbottò
“Cos'è?” domandò Rogers, avvicinandosi incuriosito.
“Roba in cui mio padre si sarebbe divertito un mondo.” sbuffò “E' un ricevimento per l'inaugurazione di una nuova sede dello S.H.I.E.L.D. da destinare come base addestrativa per gruppi di soldati scelti. Leggi superumani, leggi Vendicatori. La cosa è sospetta: perché dovrebbero darsi pena per fornirci un alloggio tutto nostro? E' vero che -stando all'indirizzo- sarebbe in un posto fuori mano dove gli alieni potrebbero venirci a trovare senza mettere a repentaglio la sicurezza della più grande città del mondo. Ma mi sa tanto da trappola, vista l'aria che tira in città, quasi che non aspettino altro che un nostro passo falso.” sbuffò indicando il giornale abbandonato sulla panca “Dobbiamo valutare bene se accettare o meno... Inoltre, sarà pieno di militari, politici, dignitari, giornalisti, rappresentanti delle varie ditte appaltatrici e, niente meno che, altri scienziati... Quindi presumo anche Pym e Reed...” sbuffò cercando di immaginarsi la scena.
“TONY!!!” urlò allegra, all'improvviso, una voce dall'altro lato della sala “Oh, mio Dio, ma dove diamine sono finita?”
Janet Van Dyne era comparsa dal nulla proprio nella sala d'allenamento, fasciata in uno dei suoi numerosi abiti da cocktail -ovviamente era impeccabile e molto rigorosa sul dresscode legato agli orari e alle situazioni-, spumeggiante, raggiante e con un sorriso tanto luminoso da non lasciar pensare nulla di buono. Non quando a sorridere era lei.
“Cosa vuoi?” domandò il proprietario di casa adombrandosi: non bastava quella notizia, ci mancava pure lei. “E soprattutto... si può sapere cosa ci fai qua? Non ti voglio, sei più fastidiosa di una zanzara, sparisci!”
“Non sono qua per te!” precisò lei arrivando, ticchettando sui suoi tacchi alti, a piantarsi nella sua visuale “Voglio solo che tu mi dica dove posso trovare Virginia...”
“Come hai fatto ad arrivare qui senza che nessuno se ne accorgesse?” protestò ancora Tony, opponendo un muro di gomma alla sua richiesta
Quella sorrise sarcastica “Se volessi potrei infilarmi su per il tuo naso e risistemarti il cervello, idiota!”
“Quindi non sei venuta in volo?” domandò lui facendole il verso e agitando le mani a simulare un paio di piccole ali.
“Abbiamo i nostri portali...” ammise con un sorriso tirato che tradiva imbarazzo ma anche orgoglio per quella bravata.
“I tuoi beneamati portali non possono portarti a casa mia. Henry non ci ha mai messo una porta...” replicò ancora Stark
“Oh, invece sì! C'è un accesso diretto tra casa tua e.. ovunque ci sia una porta che sfrutta la tecnologia di Henry” ghignò lei, trionfante, appoggiandosi con le mani alle corde inferiori del ring “Sono state installate quando la tua sicurezza faceva acqua da tutte le parti.... Ora, cortesemente, mi diresti dov'è Virginia?”
“Al lavoro, su di sopra... Jarvis, accompagna la nostra ospite...”
E con un grazie a trentadue denti, la sgradita intrusa si allontanò baldanzosa dalla sala, lasciando il magnate alle prese con i suoi dilemmi.
“Si può sapere qual è il problema?” sbuffò Natasha quando Stark riprese a imprecare contro il biglietto intestato “E' solo una serata fuori, penserai dopo se accettare o meno la loro offerta.. Non pensi che tu e Pepper potreste anche averne bisogno, dopo quanto accaduto di recente? Staccare la spina...” Lui le riservò un'occhiata glaciale “A parte la noia che ti si legge in faccia...”
“Parlare... hai presente?” domandò seccato “Cianciare a vuoto di inutili cazzate con gente che ti sta sulle palle ma che non puoi mandare a cagare pena ficcare tutta l'azienda in grandi casini se non scatenare anche incidenti internazionali. Papà era molto bravo in questo. Si divertiva, anzi. Andava alle feste, rimorchiava, prendeva per il culo i suoi nemici neanche tanto velatamente e loro se ne accorgevano appena...”
“Mi sembra una dote che hai ereditato...” puntualizzò la rossa, ricordando come -sia lui sia Pepper- si fossero esibiti in una serie di frecciate particolarmente cattive ai danni di due persone che mal sopportavano, quella volta a Montecarlo.
Lui la fissò inebetito. Ricordò, a scoppio ritardato, la sua presenza al caso Whiplash e tornò a fissarla accigliato “Quello si chiama istinto di sopravvivenza o, se preferisci, fastidio cocente che te le tira fuori con la forza e io non sono così folle da cacciarmi spontaneamente nella gabbia dei leoni.”
“Pepper cosa ne pensa, al riguardo?” domandò Rogue avvicinandosi con l'aria di chi capiva il suo disagio. Al piano di sopra, quasi a risponderle, arrivò un doppio urlo di donne euforiche. La mutante inarcò un sopracciglio, perplessa.
Tony premette un pulsante a parete e avviò una comunicazione interna “Pepper, non mi sembra il caso di fare tutto questo baccano. Scendi immediatamente... e metti la piccola ape Maya in un barattolo. Senza fori d'aerazione!”
Non dovettero aspettare molto, per svelare il mistero, che Pepper si fiondò nella sala tutta giuliva, seguita a trotto dalla moretta. “Volevi chiedermi qualcosa?” domandò facendo finta di nulla
“Cosa diamine era quell'urlo?” domandò ormai libero dai guantoni
“Quale urlo? Io non urlo mai. A parte quando devo volare con te, si intende...” replicò, cercando di rimanere seria
“Avanti... lo so che c'entra la piccola impollinatrice dispettosa! E cosa sono quei fogli?” ringhiò vedendo come l'intrusa tenesse nascosto, dietro la schiena, un blocco da disegno
“Nulla che ti riguardi!” rispose lei altera.
“Ah, però!” fu il commento di Rogue che era andata a sbirciare i fogli di Janet.
“Non sarà...” cominciò Tony che il ghigno di Janet gli fece gelare il sangue nelle vene.
“E va bene, lo ammetto! Sì, un altro abito indecentemente provocante... Come quello che ti era tanto piaciuto...” confessò la rossa, roteando gli occhi per la sua reazione infantile: il vestito scollato era ok, ma non la stilista che lo progettava.
Tony si accigliò, per niente imbarazzato da quella rivelazione pubblica: non era un mistero quanto gli piacessero le donne e, quindi, quanto le preferisse svestite “Pep? Ti vieto in modo categorico di dare soldi a questa succhiasangue di una vampira a strisce”
“Chiamiamo Blade? O prefeirsci Buffy?” domandò Wade deliziato e già armato di paletti “No, perché io non ho un bel ricordo dei Dracula.4
“Tu stai scherzando...” ridacchiò lei alle spalle di Janet
“Affatto!” sbottò folgorandola con lo sguardo “Anzi, sai che ti dico? Per essere sicuri.... JARVIS!?” chiamò, alzando appena la voce.
– Sì, Signore? – rispose il maggiordomo al richiamo vocale.
“Blocca immediatamente il conto e le carte della signorina Virginia Potts in modo che non possa essere eseguita alcuna transazione a indirizzo della qui presente Signora Janet Van Dyne in Pym. Blocca le transazioni ai conti intestati apertamente a lei, al marito, ai loro parenti e amici oltre che a società fittizie a tutti loro riconducibili fino a... diciamo al sesto grado, siano esse alle Cayman o a Ginevra. Ah! Impedisci anche il prelievo Bancomat.”
“Il sesto grado mi sembra pochetto...” sbuffò Natasha attirando l'attenzione malevola di Pepper
“Tu dici?” domandò Tony, assottigliando gli occhi con fare complice.
La spia fece spallucce “Ricordo che anni fa, il gruppo terroristico dell'Atlas fece rimbalzare il segnale della comunicazione per oltre 34.212 relè di trasmissione prima che lo S.H.I.E.L.D., suo interlocutore, riuscisse a rintracciare l'origine del segnale. Quando l'agente Mullins la identificò su Urano, patria dell'alieno del gruppo e pianeta andato distrutto cinquant'anni prima, capirono di essere stati gabbati. No, direi che se Pym è solo minimamente intelligente come dicono i rapporti, dovresti allargare un pochino il range...”
“Jarvis, procedi!” comandò Tony prontamente “Fai 35.000 rimbalzi. Cifra tonda”
Pepper strabuzzò “Non puoi fare sul serio!” urlò riavendosi dall'incredulità per tutto quello che stava succedendo
“Ah, davvero?” replicò lui distratto afferrando il telefono che teneva all'angolo del ring. Ne fissava il monitor incantato mentre sotto i suoi occhi scorrevano veloci grafici e barre di caricamento “Peccato... troppo tardi!” disse, quindi, esultante mostrandole come tutte le operazioni fossero andate a buon fine.
“E' roba mia!” protestò lei “Me lo sarei comprato come regalo di compleanno come tutte le altre volte! A te non avrei chiesto nulla, figurati!”
“Anche i tuoi soldi sono miei!” precisò lui, sereno “Che tu spenda così malamente i tuoi soldi è come se lo facessi io”
“Me li guadagno lavorando per te! Non sono la tua... mantenuta!” si inviperì lei
“Mai detto il contrario. Ma quel che è tuo è mio e quel che è mio è tuo, giusto?” replicò lui mentre lei cercava di obiettare un timido “Sì, certo, come la torre...”
“Temo che il tuo vestito farà semplicemente la fine della tua.. cioè, della sua collezione d'arte moderna.” si inserì anche Natasha, fautrice dell'inaccessibilità definitiva al suo conto in banca, per niente sorpresa dalla reazione della donna.
“Esattamente!” confermò il miliardario, indicandola con la mano ancora fasciata dalle protezioni per i guantoni. “Quindi...”
“Quindi...” lo interruppe Janet trionfante, infilandosi disinvoltamente nel loro battibecco “Non c'è nessun problema se ricevesse un regalo da un'amica.”
“Sì, non c'è...” stava replicando lui ripetendo, come un idiota, le parole della mora quando si interruppe, rendendosi conto del significato che portavano con loro “No, un momento!”
“Davvero?” domandava Pepper, nel frattempo, gli occhi lucidi di commozione
“Ma certo, Pep...” rispose, affabile e compiaciuta, la donna “Non me lo permetti mai, non ti manca mai nulla... quindi io un'occasione come questa non me la lascio certo sfuggire.” Commentò per poi allungarsi a battere un paio di pacche amichevoli sulla spalla di Tony.
“Manderò gli apicoltori5 a prenderti, prima o poi, fa attenzione!” la minacciò lui, a vuoto, mentre lei si dileguava sculettando nella direzione da cui era venuta, sfruttando ancora i suoi magici passaggi interdimensionali e lasciando dietro di sé un “Ci vediamo più tardi, così scegliamo il modello!”





1    Loki fu effettivamente punito con un supplizio del genere, tale è l'attaccatura morbosa della donna per il marito.

2    Com'è realmente... Loki architettò tutto nei minimi dettagli: fece in modo che Theoric partisse in guerra e ne prese il posto al fianco di Sigyn. Un po' come andò anche con Uther Pendragon. Riassunto per chi non mastica mitologie, miti e affini: Merlino usò sul re la magia per dargli le sembianze di Gorlois, il suo fedele vassallo che fece assassinare nella notte, e permettergli così di giacere con la sposa di questo, Igraine; il famoso Re Artù, frutto di quel concepimento, era il prezzo che Merlino chiese a Uther per l'inganno e la possibilità -successiva- di sposare la vedova.

3    Nella mitologia norrena, un figlio di Mulspèll (i Nani), un gigante di fuoco. Nei fumetti è un demone nemico di Thor e Odino. Nella realtà mitica, Thor era costretto a guadare il fiume a piedi perché tutte le creature di fuoco avrebbero potuto distruggere il ponte. Ecco perché ho tirato in ballo Surtr.

4    Wade, da bravo cretino, non li chiama vampiri, ma col nome del capostipite, Dracula, appunto.

5    Soprannome degli operatori dell'A.I.M. (Avanzate Idee Meccaniche)-affiliati HYDRA- per le loro tute gialle e dotate di casco molto simile a quello degli apicoltori. Se ve lo state domandando, è OVVIO che ficcherò dentro anche loro in questo casino. <3

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In bocca al lupo a tutti i ragazzi che la settimana scorsa hanno ricominciato la scuola, a coloro che sono alle prese con gli esami di settembre (vi capisco, mi metto nel mucchio) e a quelli sotto tesi (eccomi di nuovo) e a coloro che sono tornati al lavoro. Insomma, a tutti voi un buon inizio di nuovo anno scolastico/lavorativo.
Chiedo scusa per la lunghezza del capitolo...non so come sia arrivato a 11 pagine dalle solite 8 che erano. Ma tagliare l'ingresso di Janet sarebbe stata una mossa idiota: sarebbe stato solo un altro spiegone fine a se stesso.
Cmq, qui ho annunciato il tema dei prossimi capitoli: la preparazione e la partecipazione a questo evento mondano... per un po' torneremo nella vita di tutti i giorni dei ragazzi... ma ci saranno interessanti sorprese. Spero gradirete, in attesa della prossima battaglia e dell'entrata in scena di altri storici Vendicatori. ;)
a presto

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Capitolo 18
*** Il piano ***


18. Il piano







I guerrieri rimasero basiti davanti a quella scena surreale.
Si riscossero solo quando avvertirono il fruscio delle vesti di Sigyn che si dileguava alla svelta: un comportamento proprio di chi è colpevole e vola a liberare il suo complice.
Si voltarono sorpresi e le corsero dietro. La placcarono, molto poco elegantemente, sulla soglia della prigione, prima di rovinare, tutti e quattro, lungo la scalinata, atterrando malamente gli uni sugli altri.
“Volstagg, levati: pesi!!” Protestò Hogun
“Maestà!” alitò Sygin “Loki e Heimdall hanno fatto crollare il Bifröst... Cosa può voler dire, Allfather?” Il vecchio re guardò il gruppo rimettersi in sesto mentre la mente vagliava ogni possibilità “Non lo so. Non capisco cosa stia architettando. Avrebbe avuto tutto un senso se Heimdall non si fosse fatto coinvolgere e se il Bifröst fosse ancora al suo posto. Perché metterlo in sesto per l'arrivo di Hela e farlo crollare subito dopo?”
“Avrebbe un senso...” disse Volstagg facendole il verso “Se quello fosse Odino e Heimdall, avendolo riconosciuto, avesse deciso di circoscrivere la battaglia solo al nostro pianeta...”
“Thor mi ha riferito di come ci fosse qualcuno alle spalle di Loki.” rispose Odino senza degnare della minima attenzione i velati insulti del Leone di Asgard, mentre i guerrieri continuavano a elaborare ipotesi. “L'intervento di Hela mi fa pensare a una sola persona, per quanto non si innesti bene nel quadro...”
“O se Heimdall fosse sotto l'influsso di Amora...così, tanto per nominare qualcuno che non ha un minimo di risentimento verso Thor e Odino...” ipotizzò Fandral
“Chi, mio sire?” domandò ancora la bionda affranta ignorando, come il sovrano, i tre arroganti.
“Ma Heimdall non era immune al fascino dell'Incantatrice?” domandò Hogun, scettico
“Thanos...”
A quel nome, sussurrato appena dal padre degli dei, i tre guerrieri tacquero e si scambiarono un'occhiataccia. “Ok... se questo fosse davvero Loki non avrebbe molto senso propinarci un nome del genere...” Quindi, si consultarono rapidamente, sempre con lo sguardo. “Speriamo di non pentirci della scelta...” alitò Hogun andando a disattivare la prigione.
Odino restò seduto a lungo sulla sua panca quasi si trattasse del suo trono, del tutto indifferente alla sua nuova condizione. In un batter di ciglia, infine, si fece comparire addosso degli abiti eleganti e raffinati ma semplici e sobri.
“Non temete... la vostra condotta è stata esemplare e non è certo compito vostro distinguere … lasciamo stare...” disse tirandosi stancamente in piedi e agitando la mano in aria, quasi potesse, con quel gesto, assicurare loro qualunque incolumità. “Dunque, da quello che ho capito, nonostante tutto, Loki ha già approntato le difese e stabilito la corte marziale. Bene.” ragionò a voce alta “Questo ci da degli indizi su cosa sta per succedere. Sono tentato di chiedere il sostegno degli altri dei...” Scrutò con attenzione le persone a lui vicine “E sia, mandate Rattatorsk1 alle altre corti. E da Makkari. Thanos è affare anche loro. Anzi, soprattutto loro.”
“Volete scatenare il Ragnarok?” strabuzzarono i tre guerrieri
“No, voglio convocare il Consiglio...” disse, la determinazione gli illuminava gli occhi.

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La ragazza varcò la soglia del lungo corridoio curvo canticchiando. Non vedeva l'ora di buttarsi a letto. Era felice, ma era anche stanca morta. Quando sarebbe stata la prossima libera uscita?
Dio! Si sentiva rinchiusa come un carcerato in libertà vigilata nonostante stesse rientrando da un giro in aereo di diverse ore.
Letto, doccia, un buon film che l'amica Yo-yo le aveva procurato e tante patatine. E che cavolo: era ancora al di là delle preoccupazioni per la linea tipica delle ventenni. Poteva concedersi sane schifezze come ricompensa di quella vita infame. E poi a J.T. sarebbe piaciuta lo stesso. O no? A volte dubitava che quel ragazzo fosse sincero, ma poco importava. Era un ottimo diversivo dalla generale vecchiezza di quell'ambiente: quel ragazzo un po' -tanto- tamarro (anche nel nome) aveva il fuoco dentro. Letteralmente.

I am a sucker when she pulls her game
What you are gonna do
I am a junk when she calls my name
I am in love
[Sono un idiota quando lei conduce il suo gioco / Cosa farai?/ sono un drogato quando chiama il mio nome/ Sono innamorato]2
(la traduzione corretta di I'm a Junk sarebbe “non valgo nulla” ma così rendo di più la sua impotenza)


Ops! Era quasi un'ammissione. Ed era meglio non dare al capo altri pretesti per ficcanasare.
Smise di camminare a tempo e di canticchiare più per quel motivo che per evitare di infastidire i colleghi: se non volevano essere disturbati si dovevano munire di tappi. E poi lei era un'artista mancata, lo sapevano tutti.
Arrivata davanti alla sua porta, strisciò il tesserino identificativo, pronta ad avanzare verso il richiamo del letto soffice. Ma non successe nulla e per poco non si spalmò sulla lastra d'acciaio. Perplessa osservò la porta e riprovò: niente, nemmeno un sibilo soffocato degli stantuffi che davano gioco al meccanismo per far si che il portello scivolasse sul suo binario. Era assurdo: la corrente c'era in tutti i settori. Dopo quattro tentativi, che ebbero come unico risultato quello di farle montare una gran rabbia dentro, fece dietro front e marciò imbufalita verso il ponte di comando.
“Chi è lo spiritosone che devo ringraziare?” urlò senza tanti complimenti dalla balaustra al terzo piano. “Druido panzone! La prossima volta che ti trovo on-line sappi che ti distruggo! Non sai con chi hai a che fare!” gridò quand'ebbe individuato uno della sua squadra: un mago a trafficare con quelle cose e, ovviamente, un patito di giochi di ruolo, da cui il soprannome. Ghignò. Lei dalla sua avrebbe avuto il figlio della guerra, un asso in quel tipo di giochi. E in connessioni Ethernet abusive. Appena fosse tornata in possesso della sua console gliel'avrebbe fatta vedere3.
“Agente Jhonson?” la richiamò, seccata, l'agente Hill due piani più in basso “Cosa sono questi schiamazzi? Non siamo all'asilo. Dovrebbe saperlo, visto che è un livello 10.”
Maria Hill, acida come sempre. Si fosse fatta una sana scopata con uno di tutti quei maschioni e l'avesse lasciata in pace: ne aveva già uno di padre putativo che si faceva abbondantemente i fatti suoi dopo averla praticamente sequestrata.
“Qualcuno ha cambiato i codici del mio alloggio!” sibilò astiosa: aveva tutte le ragioni di questo mondo per essere incazzata. Voleva vedercela lei in quella situazione.
“Ah..” si sorprese la donna. Guadagnò la prima postazione disponibile e si mise a trafficare sui computer “Ah!” sbottò portando le mani alle reni
Ah! Cosa?” ringhiò la giovane
“La tua stanza è momentaneamente inagibile... la tua amica, l'agente Rodriguez, è sola nel suo scomparto...potresti andare da lei...”
“Che cosa?” starnazzò “Perché proprio camera mia... si può sapere che diavolo combinate?”
Maria Hill la folgorò con un'occhiata glaciale “Agente Speciale Jhonson. Prego.” disse allargando il braccio “Venga...” disse avviandosi al grande tavolo in disparte, rialzato rispetto alla plancia di comando.
Voleva farle il caziatone per il suo comportamento. Lo sapeva! Quella vecchia isterica!
Sbuffando come una locomotiva, la giovane Daisy accontentò la donna e scese di malavoglia le due rampe di scale metalliche che tagliavano come cascate le pareti interne della sala. Arrivata al tavolo, si sbracò sulla prima poltroncina e buttò una gamba sul pianale in segno di sfida: la odiava. Si credeva il comandante dello S.H.I.E.L.D. ma era solo il comandante di vascello di quella nave. L'aveva sempre fatto, anche quando Fury era operativo. E ora che lui era stato destituito le cose andavano peggio. Per non parlare della presenza della Contessa-scioglilingua italiana-la Fontaine che di italiano non aveva proprio nulla. Due galline da combattimento nello stesso pollaio! E per quel matusa di Fury. Cosa ci trovavano le donne in lui avrebbe voluto saperlo. Ma era l'ultima a poter giudicarle, visto come si era lasciata abbindolare dalle parole di quell'uomo misterioso quanto scontroso. Rimpiangeva, a giorni alterni, di averlo seguito, abbandonando i suoi studi artistici.
Sollevò appena gli occhi su Maria e la vide trattenere uno sbuffo irritato ma il sopracciglio inarcato esprimeva tutto il suo dissenso. Era rimasta in piedi fino al suo arrivo e colmò con una certa grazia marziale la distanza che le separava.
“Cosa diavolo hai fatto ai capelli?” domandò la più anziana, tentata di prenderle una ciocca tra le dita per studiarla meglio
“Li ho tagliati. Avevo caldo.” rispose secca la giovane
“Mi piace... ma ti preferivo prima... ti addolciva il viso. Questo...”
“Sembra che un cane mi abbia mozzicato i capelli?” replicò con sarcasmo. Era quello che avrebbe detto Fury quando l'avesse vista. E avrebbe dato in escandescenze. La sua bambina conciata come una teppista!
“No, volevo dire che sono... creativi... da chi vai?”
“Faccio da me!”
“Peccato... volevo chiederti il contatto... ma, se si tratta di te, saresti capace di tagliarmi la gola... o un orecchio. E grazie al cielo non sei abbastanza vecchia da aver mai visto Lanterne Rosse
“Cos'è? Una sviolinata per indorarmi la pillola? Prima di caziarmi a dovere?” replicò ancora Daisy sul piede di guerra
“Veramente, no. Per quanto il tuo comportamento sia del tutto inappropriato per questo posto, ho smesso da un pezzo di cercare di correggerti. Fury ti ha tirato dentro e se ne prende ogni responsabilità. Se sta bene a lui...” Da quando Maria era così permissiva? Cosa si era persa nel suo giorno libero, passato a scorrazzare eroi in giro per il mondo? Non è che c'era davvero del tenero tra i due, vero? Aveva il voltastomaco al solo pensiero. “Vedi... ci sono stati dei problemi durante la tua assenza...” Eccola lì! Lo sapeva, doveva sospettarlo che c'era la fregatura! E bella grossa! “La stanza di Fury è stata compromessa... ha dovuto ripiegare. E ne avrà per qualche giorno, una settimana al massimo...”
“Compromessa?” boccheggiò lei, improvvisamente allarmata
“Nulla di serio, ma ha bisogno di poter lavorare in pace. E di te si fida...”
“Sì, ma...” Cazzo, il diario! Se gli fosse caduto l'occhio su quelle pagine sarebbe stata la fine. Per J.T., più che altro. Fury era un papà adottivo molto esigente e vedeva di cattivo occhio il giovane scavezzacollo. L'avrebbe buttato a calci giù da una scarpata se solo ne avesse avuto l'occasione, ne era certa. Cazzo, cazzo, cazzo!
Promemoria per le prossime volte: nascondere il diario, o meglio, lasciare la stanza come se non dovesse più essere la tua anche quando vai in mensa.
Che palle!
“Ma perché addirittura una settimana?” domandò Daisy confusa e rassegnata.
“Ci sono un paio di cose di cui devi essere messa al corrente. In realtà ti stavo aspettando, ma speravo che avessi il tempo per sistemarti...” le sorrise la donna avviando una schermata sul tavolo olografico. Daisy sbuffò. Che la lezione iniziasse pure, insomma, molto democraticamente: lei avrebbe preferito la sua doccia e il suo film, qualunque fosse l'argomento della lezione.

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Quando Janet se ne fu andata dalla Stark Tower, Tony e Pepper cominciarono a litigare furiosamente, com'era loro abitudine.
Scocciata da quella manifestazione di infantilismo, Natasha chiamò in adunata i restanti membri della squadra. Concesse a tutti il tempo necessario (in particolare Steve che doveva passare dalle docce) mentre elaborava il suo piano. Era frustrante dover pensare a tutto e non essere a capo del team. Ma, d'altronde, lei era un livello 10. Stark solo un 7. Si sarebbe accontentata di manipolarlo da dietro le quinte. E poi, lei aveva una vita, per rifarsi.
Mentre attendeva che il gruppo si riunisse stilò la lista delle persone che facevano parte del gruppo e depennò coloro che non avrebbe potuto impiegare per i motivi più disparati. Almeno non nell'immediato, come Peter: le scuole stavano finendo e lui era oberato dagli ultimi compiti, ultime verifiche, consigli di classe, riunioni d'equipe con gli psicologi per i casi certificati, corsi d'aggiornamento per il registro elettronico che sarebbe entrato in vigore l'anno successivo, etc. Thor versava in uno stato catatonico, assorto nei suoi pensieri, nel tentativo di dipanare il groviglio delle politiche dei diversi mondi, le loro ambizioni, le loro pedine, le loro mosse. E tentare di capire, in quel mare, quale fosse la posizione del fratello. Forse, cominciava a rendersi conto delle gravi responsabilità che gravavano sulle spalle di un sovrano, di come ogni decisione e ogni azione avesse una ripercussione su qualunque altra cosa. Ora riusciva a scorgere schemi ripetitivi nelle azioni del padre, come egli si comportasse in base all'effetto che desiderava ottenere. Ogni loro mossa aveva due variabili di cui tenere conto e tramite cui agire: il cosiddetto effetto domino, dove la violenza del gesto d'origine arrivava capillarmente in ogni retrovia dell'Impero e gli effetti collaterali, simile all'effetto dei cerchi concentrici creati da un sasso che cade nello stagno e delle loro intersezioni.
Effettivamente operativi -per quello che aveva in mente- erano, dunque, tutti gli altri: Nightcrawler, Rogue, Gambit e Wolverine per i mutanti, se stessa, Steve e Wade per i superumani. Avrebbe avuto bisogno di tutti loro. Forse, anche di quella scheggia impazzita che era Wade.
Quando entrarono, alla spicciolata, si tirò in piedi e attese che anche l'ultimo si fosse seduto, prima di cominciare. “Dunque, avete sentito tutti: Tony e Pepper devono partecipare a questo evento mondano. Credo che sia nostro compito prevenire ulteriori attacchi a loro indirizzo: noi tutti, nessuno escluso, abbiamo capacità peculiari che ci mettono relativamente in sicurezza mentre loro, privi di armatura, restano due esseri umani e comunemente mortali.”
“Perché no, l'armatura?” domandò Rogers perplesso dopo aver sollevato la mano e atteso gli fosse concesso di parlare, come un bravo studente diligente di un secolo prima.
Natasha levò un sopracciglio, valutando la sua obiezione “Non credo starebbero molto comodi chiusi in quelle trappole con abiti poco pratici come quelli da sera. E, oltre a non riuscire a immaginare l'armatura che si chiude sul doppiopetto con spalline di Tony, immagino le brutte pieghe che prenderebbero gli abiti.”
“Eh già! Cose da film. Solo in 007... Missione Goldfinger... ” commentò Wade convinto “Ma Tony è il novello James Bond, smaccatamente immaginario, dopo che mi hanno trasformato quei film in delle cose iper-realistiche...4
“Ma dai filmati che ho visto, sull'apertura dell'Expo, lui aveva lo smoking sotto l'armatura... non è impossibile...” continuò Steve
Se Natasha avesse o meno presente quei filmati, non lo diede a vedere, quindi continuò, decisa a raggiungere il proprio obiettivo “Risulta fattibile quando il suo look è un finto trasandato e il capello spettinato ci può stare. E indossi un tessuto antipiega. Ma dubito che Pepper sia dello stesso avviso: un'acconciatura per lei sarebbe praticamente impossibile e anche il più sobrio degli chignon darebbe fastidio. Per non parlare della seta degli abiti che basta guardarla perché si stropicci...” Steve continuò a guardarla perplesso ma, con la coda dell'occhio, la spia vide Rogue illuminarsi, tanto era ovvia la cosa “Inoltre, certo...Tony potrebbe usare la Mark V, quella che sta comodamente ripiegata in una valigetta. Ma dubito che abbia dotato Rescue di questa funzione.”
“Allora potrebbero stare al loro fianco come guardie del corpo come hanno fatto con Visione...” replicò Gambit
“E' una possibilità. Ma credo che in molti si innervosirebbero vedendo delle armature semoventi...” rispose Natasha “Però potremmo cercare di farle entrare lo stesso nella struttura e tenerle pronte all'attivazione per ogni evenienza...” borbottò tra sé “Ci penseremo più avanti. Dunque, stando così le cose, ora abbiamo bisogno di studiare la situazione, vedere dove e come si svolgerà l'evento e per questo ho bisogno di voi.”
“Vuoi le planimetrie?” domandò Wade perplesso “Non siamo mica in guerra!”
“E' come se lo fossimo!” precisò lei “Per inaugurare una qualunque struttura, credo saprete tutti che c'è bisogno dell'abitabilità: non si possono fare entrare terzi senza una totale assicurazione che la struttura resti in piedi, ci devono essere i corrimano sulle scale, abbastanza finestre o surrogati e i balconi devono essere chiusi... giusto?” domandò vedendo le facce spaesate dei mutanti
“Se lo dici tu...” commentò Rogue
“E per avere l'abitabilità...” continuò scuotendo i riccioli “I progetti devono per forza essere già depositati al catasto.”
“E chi vorresti mandarci?” domandò Steve con aria spaventata. Lui non sapeva davvero nulla di tutte quelle norme edilizie: era rimasto ai tempi in cui c'era gente che creava case che non funzionavano ma che erano considerati degli avanguardisti5.
“Rogue, Kurt e Gambit” disse la spia con un sorriso.
“Cosa??” strepitarono in coro i due fratelli
“Avete l'età giusta per spacciarvi per studenti di architettura e avete le abilità adeguate.” disse la rossa senza batter ciglio “Non possiamo mica presentarci tutti...”
“Ma...” cominciò a obiettare Rogue “Ti sembro una con la faccia da universitaria? Io ho mollato gli studi, bella! Mi sgameranno subito! Sarei a disagio anche solo con la cartella a tracolla...”
“Senza contare che non sappiamo davvero in che direzione muoverci...” concordò Kurt
“Quello è l'ultimo dei problemi. Al catasto vengono mandati tutti i matricolini al primo semestre. O meglio, vi spediscono a fare rilevamenti e poi a trovare le planimetrie. Per fare un po' il lavoro che ha fatto Tony con i nostri calchi e le foto di Pepper. Solo che la cosa riguarda degli edifici: un confronto tra oggetto reale e oggetto disegnato...” aggiunse per rendere comprensibile il tutto. “Entrerete, vi farete indicare dove e come trovare un archivio che vi dirò io. Per domani mattina cercherò di capire dove possa essere depositato il progetto. Dubito fortemente che sia accessibile al pubblico, quindi vi spedirò nel punto più vicino.”
“Ma perché proprio noi tre?” domandò allora Gambit
“Che la domanda venga da te mi fa sorridere... dovrete rubare o riuscire a fare delle foto alla 007. Credo sia più facile, per voi, la prima opzione, visto che qui non vi faranno entrare se non con un blocco per appunti e una matita... Rogue avrà il compito di aprirsi una breccia nelle pareti, nel caso tu non possa scassinare la porta. Eventualmente, se se la sente, può sempre assorbire i ricordi dell'addetto ed evitarvi di andare a casaccio. Quanto a Kurt, ovviamente, avrà il compito di portare all'esterno i prospetti. O portare la macchina fotografica all'interno dopo aver scoperto dove si trovano i fogli che ci interessano.”
“E noi altri?” bofonchiò Logan
“Noi penseremo a come organizzare la scorta per l'andata e il ritorno. Ma ci pensiamo domani... Abbiamo una settimana... non è molto ma sarà sufficiente se ci muoviamo subito...”




1    In Preludio avevo detto che non avevo trovato info sul piccolo scoiattolino... bugia bugia... in realtà c'era ma non mi piaceva (così come viene detto esplicitamente quali sono i figli di Loki, proprio come nel mito).  Date un'occhiata qui se siete curiosi.

2    A differenza di Gentelman, del capitolo primo -ma si può fare, essendo DP il protagonista della scena, un personaggio, cioè, conscio di essere tale e figlio del suo tempo... e di quello dello scrittore... insomma... sa quali sono le hit in voga mentre l'autore scrive-, la canzone degli Ola è uscita l'estate 2012 ed è quindi plausibile all'interno del contesto.

3    Parlo di Sebastian Druid. Non è niente di quanto descritto... o forse è tutto.... Ma come potevo giustificare altrimenti, in modo credibile, un personaggio come lui? Ecco che, tolta la cappa rossa (che ricorda molto Hood) l'unica soluzione fosse renderlo un nerd patito di giochi di ruolo... perdonate la libertà che mi sono presa.

4    Qualche tempo fa ho letto un articolo al riguardo...o era il commento del regista al film? Fatto sta che il James Bond di Sean Connery era un personaggio smaccatamente fantastico. I nuovi JB sono nel solco di tutti gli altri film: desiderio di realismo. Motivo per cui, personalmente, non sopporto i film con Daniel Creig. Oltre a sembrare più un mercenario che una spia (il bello è che nessuno di coloro che sta dietro a ste storie sa nulla del lavoro delle spie. Inventano di sana pianta) ha comunque perso quella nota leggera tipica dei film precedenti. Il suo posto è stato preso proprio da un personaggio come IM molto più fumettistico anche se comunque realistico. Lui ha preso e fatto suoi gli stereotipi di JB: al di là dell'alcol e delle donne (che c'erano anche nei fumetti), i gadget futuristici (anche qui è tipico di IM), riuscire a indossare un completo senza gualcirlo sotto un'armatura (al posto della muta da sub...e uscirne perfettamente asciutto e pettinato con scarpe calzate), cavarsela sempre grazie all'ingegno anche senza averne i mezzi, etc

5    XD ancora una volta esprimo i miei gusti 'alternativi' dichiarando che NON mi piace il movimento del Bauhaus. Innovativo, sensato, ma effettivamente gli architetti che ne facevano parte se ne fregavano un po' se pioveva dentro, si moriva di caldo, etc. Tutto perché il design doveva rispecchiare le idee che loro avevano in testa. Per altro, a me nemmeno piacciono i prodotti finali (...ok, non tutti, qualcosa la salvo. Tra cui, sicuramente, le idee di partenza). Cmq, se Rogers era abituato a queste avanguardie che erano molto libere nel progettare, sicuramente non riesce a concepire tutte le norme costruttive che si sono sommate nei decenni, nonostante in America (se avete presente un paio di programmi che andavano in onda su MTV qualche anno fa) si possa costruire praticamente di tutto senza bisogno di licenza. E meno male: noi seguiamo degli standard e (vedi le auto) se l'asse sfora di un centimetro devi reimmatricolarla come mezzo speciale. Da loro fanno tutto in vetroresina e, per le case, chili di cartongesso. Se fossero fatte in cemento e mattoni sono sicura che, durante le trombe d'aria, volerebbero via solo i coppi e le tegole. Al massimo qualche auto ma non ci sarebbe lo sfascio a cui siamo abituati con conseguente massa di gente sfollata.
Discorso diverso per i palazzi (ovviamente) ma anche lì le modifiche sono più libere che non da noi...

AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV

Dunque, c'è una questione che è un pezzo che voglio chiarire esplicitamente e che in questo capitolo è venuta fuori diverse volte. Ovvero. Quanti anni hanno i nostri eroi?
:D
Come dicevo a uno di voi in messaggio privato, non mi baso solo sui fumetti, né solo sui cartoni o i film... Al solito è un mix.
Vediamo un po'.

Gli adolescenti.
Ovvero, i ringiovaniti, fermi a più o meno al cartone X-men Evolution (intorno ai 16-18-20, ecco) e non già adulti (30-35) come nella serie degli anni '90 (perché Pietro, nei fumetti, sarebbe anche già papà, se vogliamo fare le persone serie):
    *      sui 14 anni, indubbiamente la più giovane, è Daisy -Quake- Jhonson
    *      sui 15-16 la sua amica, Yo-yo Rodriguez
    *      sui 17 Lance, Pyro, Quentin.
    *      Sui 18 Pietro (Wanda segue a ruota. Vedremo più avanti perché). Anche J.T. (il ragazzo di Daisy)
    *      sui 19 Kitty (che nelle primissime versioni del fumetto è proprio vecchia dentro ma è una bimba genio e ora è vice preside della scuola di Logan)

I “giovani”
    *      24 al gruppo Jane Foster (studiare quella roba non è semplice ergo sta sui banchi un po' di più... oppure sta facendo un master), Thor e Loki (anche se gli attori hanno qualche anno in più. Ma chissene. Ad Asgard il tempo scorre diversamente...)
    *      25/27, Spidey è uno sbarbino di insegnante, fresco di università...
    *      27 sia Kurt che Colosso: otto anni di differenza con Kitty ci possono stare... e lasciare la cosa nel dubbio, ambigua come il rapporto sempai/kohai o di qualcosa di più e Colosso si è sempre dato grande pena per la differenza d'età. Specie quando Kitty era minorenne (e c'aveva ragione! Anche se era più vecchio di soli due anni). Tra l'altro, così facendo, Kurt ha esattamente 10 anni di differenza con Lance e si creano i presupposti per un triangolo divertente (e dieci anni alla fine sono nulla. Non a 15 anni, ma vi assicuro che a trenta parlare con gente di 20 non è poi così difficile anche se il rischio di venir identificata come boss rimane. E poi ci sono 40enni più infantili degli adolescenti, quindi...).
      Come già detto anche all'interno della storia, anche Steve Rogers ha 27 anni (anche se non li dimostra)
    *      28/30 sono, invece, Rogue e Gambit. Rogue e Kurt non sono fratelli quindi ci sta un po' di differenza e tra lei e il ladro...beh..lo stesso: stessa generazione non vuol dire che abbiano la stessa età.

Gli “Adulti”. Ovvero, che dovrebbero avere delle responsabilità
    *      31 Maria Hill (è l'età dell'attrice e da qualche parte nei fumetti viene detto.)
    *      30/35 Fantomex, Psylocke e Warren (e Fantomex deve pure fare da zio a kid Apocalypse!)
    *      33 Jhonny Storm (decido io che ha 14 anni di differenza con la sorella. D'altronde non può essere nemmeno tanto più giovane -e l'attore che lo impersona resta lo stesso di Cap)
    *      34 Jean Grey (facendo parte degli X-men originali DEVE essere più vecchia di Rogue e Gambit.) e Ororo (Non nel gruppo originario ma sempre più vecchia degli altri. Anche perché, non potevo collocare il suo incontro con T'Challa troppo indietro nel tempo...vedrete nei prossimi capitoli)
    *      35 Jessica Drew (anni apparenti. Nessuno sa quanti ne abbia realmente, cresciuta forzatamente in incubatrice) e Clint Barton (ha tirato la Vedova nello S.H.I.E.L.D. quando era ancora una matricolina)
    *      36 Scott Summers, Pepper (ha dovuto studiare come i comuni mortali prima di potersi cercare un lavoro. Lavora per Stark da 14 anni -nel primo film dichiarano siano 10 ma poi passano 4 anni per arrivare ad AV-. Quindi, il tempo di laurearsi e non ha cominciato prima dei 22).
    *      37 Henry Pym. Di poco più giovane della moglie e di Stark. E così giustifico il suo perenne senso di inadeguatezza ma anche l'amicizia burrascosa con Tony. Reed, invece, è più simile a un padre (vedi dopo)
    *      38 Janet Van Dyne
    *      40 Tony, come già spiegato nella storia
    *      41 Emma Frost (sì, la faccio più vecchia!)
    *      47 Susan Storm: tra lei e il marito ci sono 11-13 anni di differenza
    *      50 Ben Grimm
    *      54 Contessa Valentina Allegra di Fontaine. Son passati 14 anni dal film su Nick Fury e all'epoca lei ne aveva almeno 40. Da come si comportava c'era una storia non detta vecchia di almeno dieci anni tra lei e il veterano. Quindi, per arrivare a lavorare con lui -per poi mandarla a recuperarlo- ed essere così in confidenza doveva avere almeno 30 anni. Devo decidere se in realtà sia assumendo qualche siero di longevità...voto per il sì, HYDRA e S.H.I.E.L.D. non scherzano su ste cose.

I vecchi.
    *      60 Reed Richards. Non vorrei traumatizzare nessuno ma lui deve avere un'età intermedia tra i 40 di Tony e i 90 ideali di Howard (se fosse vivo) se ha potuto lavorare con Stark senior e diventare amico di Junior (Howard era lieto di avere un apprendista negli anni in cui si ritirò a vita privata).
    *      70-75 Xavier e Magneto (dando al secondo un'età di circa 10 anni al momento della fine della 2^GM). Al riguardo: sono VECCHI! Niente storie con studenti o corpo docenti! Hanno un piede nella fossa e stop! (Ancora mi domando dove si siano sognati una storia Rogue/Magneto)


Fuori categoria: età dimostrata/età reale
    *      Vedova Nera: 20/ 82+
    *      DP 27/70-75
    *      Mystica 30/75-80
    *      Fury e Dum Dum: 50/110+ Il primo è nemico giurato di HYDRA, nata durante la guerra, e il secondo ha combattuto al fianco di Cap.
    *      Logan 30 (portati malissimo!)/120-130 (è nato tra il 1880-1890)
    *      Sinistro: 35-40/170+ (spiegazione: Sinistro comincia i suoi studi sulle mutazioni intorno al 1859 quando avrà avuto non più di 20-30 anni [all'epoca a 30 anni eri vecchio e padre di famiglia]. Nato quindi, intorno al 1840 (negli episodi di Tutto è Sinistro, Essex ricorda come, da ragazzino -lo si vede che avrà circa 10 anni-, è rimasto colpito dall'Esposizione Universale di Londra, avvenuta nel 1851 ) e perennemente autoclonatosi nel corso dei decenni avrà, a conti fatti, circa 170 anni)

Spero di non essermi persa nessuno dei principali per strada... altrimenti ditemelo e vedrò di integrare.
E a proposito di età, nell'ultimo numero di Nuovissimi X-Men, le note finali affermano che dall'inizio del tutto, nell'universo marveliano sarebbero passati solo 10 anni. Io contesto questa datazione. Infatti, se Scott e gli altri avevano 12-13 anni quando sono stati reclutati da Xavier, in soli 10 anni lui non si sarebbe potuto sposare, rimanere vedovo e trovare altri due nuovi amori (Madleine Prior ed Emma Frost). Discorsi simili valgono per tutti gli altri. Secondo i miei conti sono passati, invece, 20 anni. Scott, ora, è grande abbastanza per essere leader e Kitty può essere preside, per quanto giovane (ma lei è un genio), della scuola di Logan, così come gli altri ragazzi.

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Capitolo 19
*** Studiare i nascondigli ***


19. Studiare i nascondigli






La mattina dopo, subito dopo aver fatto un'abbondante colazione, i tre mutanti si avventurarono nella loro nuova missione.
L'ufficio del catasto si trovava dall'altra parte della città e si sviluppava su tre dei cinque livelli di un vecchio edificio in mattoni rossi e bianchi. Ogni piano era gremito di persone e Rogue si sentiva particolarmente a disagio, non solo per la gran folla con la quale era quasi costretta a scontrarsi negli angusti corridoi ingombri di incartamenti ma anche per essere finita in un posto di cui non sapeva davvero nulla. Per lei, tutti quei fascicoli impilati alla meglio in torri precarie erano, per l'appunto, solo inutili faldoni pieni zeppi di innocenti fogli scarabocchiati.
Remy l'aveva tranquillizzata quando si trovavano ancora nell'ascensore della Stark Tower: sarebbero andati avanti lui e Kurt che, coi loro marcati accenti stranieri, si sarebbero fatti passare facilmente per studenti Erasmus e la loro ignoranza, quindi, sarebbe stata più che giustificata.
Fortuna volle che il responsabile al pubblico fosse una giovane stagista su cui Remy poté comodamente esercitare tutto il proprio charme, convincendola a raccontare come e dove trovare le planimetrie che stavano cercando.
Quando la ragazza ammaliata dal cajun, se ne fu andata, i tre X-Men si misero di buona lena a cercare in quel mare apparentemente infinito di progetti.
“Non hai qualche potere che possa tornarci utile, chère?” domandò Gambit dopo un po', intaccando l'ennesimo blocco di documenti. Lei non si degnò nemmeno di rispondergli.
“Certo che è strano...” commentò Kurt poco più in là “In Europa usiamo fogli bianchi e disegni neri... qui usano il negativo... come può essere più facile progettare in questo modo? E conservarli? Da quello che sapevo in Europa li conservano piegati in A4 con i dati essenziali in vista, non arrotolati così. E' vero che si conservano meglio, però...che casino...”
Ma nessuno sapeva dargli una risposta, quindi, il silenzio ripiombò sul gruppo come un macigno.
“Considerato quanto sono grandi questi lenzuoli...” cominciò Rogue qualche minuto dopo “Pensi ancora di essere in grado di farlo sparire?”
Gambit fece spallucce “Tu ancora non sai di cosa può essere capace un ladro. Noi andiamo a scuola: certo che posso farlo sparire. Non velocemente come farei col portafoglio incastrato nella tasca posteriore dei tuoi pantaloni...” disse sporgendosi per osservarla con voluta insistenza. Lei, ancora, non lo badò e lui continuò con un sospiro “Ma sì. D'altronde, si tratta di depistare la percezione che gli altri hanno di me. Gli illusionisti ingannano l'occhio, i ladri il tatto. In questo caso, è più un lavoro per i primi, che per i secondi.”
“Meno male...” soffiò Kurt sollevato “Non credo sarei riuscito ad uscire di qua e arrivare direttamente agli armadietti senza fare alcune tappe intermedie e farmi scoprire...”
“Sono proprio curiosa di vedere come farai...” ghignò Rogue da dietro la sua pila, dimenticando che il Cajun, con quelle parole, si sarebbe sentito in dovere di risponderle, stuzzicato nel suo amor proprio.
“A far cosa?” domandò lui, infatti “Rubarti il portafoglio -con una fototessera di un certo Cody nella tasca interna- o a nascondere le carte? O forse ti riferivi al tuo cuore, mon amour?”
“E tu come fai a sapere di....” sbottò quella, mentre il Cajun continuava a sproloquiare, portandosi una mano al sedere mentre alzava lo sguardo sul compagno di squadra: Gambit, abbandonata ogni ricerca, era intento a studiare con fare teatrale il contenuto del suo portafoglio.
“Trenta dollari? Non ti sembra un po' pochetto? E se dovesse succederti qualcosa?” domandò preoccupato.
Lei saltò in piedi -segretamente contenta di avere una scusa per mandare tutte quelle scartoffie per aria- gli marciò contro e gli strappò l'oggetto di mano “Come hai fatto?”
“Non si dovrebbero mai rivelare i propri trucchi. Ma per te posso fare un'eccezione...” rispose facendole l'occhiolino “Quando, prima, eravamo accalcati in coda all'ingresso, ti ho toccato la spalla per richiamare la tua attenzione e farmi prestare la penna. Ecco come ho distratto i tuoi sensi: tu ti sei concentrata sul tocco alla spalla e non sul portafoglio che veniva sfilato. E poi ero io, cosa avresti dovuto temere? Il tuo cervello non ha dato peso a quel contatto... Quanto a me... ho pensato non fosse il caso di lasciare a qualcuno della concorrenza il privilegio di tale bottino. Dovresti ringraziarmi...” ghignò malizioso quasi si aspettasse un bacio come ricompensa. Che non sarebbe mai arrivato.
Lei strinse i pugni, imbufalita, pronta a fargli scomparire quell'aria baldanzosa dalla faccia quando Kurt la distrasse. “Forse ci sono! Mancano tutte le specifiche, cosa già sospetta, ma il committente sembra essere qualcuno del governo...”
“Tirano su edifici come funghi... può non essere quello giusto...” replicò la sorella, scocciata da quella sciocca interruzione.
“Ma l'indirizzo corrisponde...” sorrise Kurt, soddisfatto.
I due litiganti si avvicinarono al tedesco e, dopo una rapida occhiata, concordarono: il progetto doveva per forza essere quello.
“Benissimo...” disse Gambit, compiaciuto. Prese rapidamente i giganteschi A0 del progetto e li portò sul tavolo meno ingombro di rotoli che trovò. Quindi li piegò con cura fino a ridurli alla dimensione di plichi della dimensione di comunissimi A4.
“E quindi?” domandò Rogue scettica.
“Donna di poca fede. Quando Gambit dice di voler riuscire in qualcosa, sta pur certa che ci riuscirà. Prima o poi.” Disse sorridendo e alla ragazza sembrò un sorriso triste. Ma la compassione per lui fu subito spazzata via quando si rese conto che lui le stava fissando le labbra. Quando Remy distolse lo sguardo e si rivolse al teleporta, Rogue fu praticamente certa che lui avesse voluto farsi scoprire da lei “Kurt, mi serve il tuo aiuto...” disse inginocchiandosi a terra e sollevandosi la maglietta, scoprendo una rudimentale imbracatura: alla base della larga schiena era alloggiata e tenuta tesa una semplice bustina di tessuto delle stesse dimensioni che avevano ora i fogli. Kurt, afferrato il concetto, ci impiegò pochi secondi a far scivolare i plichi nella busta e a richiuderla con il piccolo bottone di velcro. Quando la maglietta gli ricadde sulla zona lombare, il trucco era perfettamente camuffato ed eventuali strane protuberanze non erano nemmeno nascoste alla vista: parte dell'imbracatura sbucava dalla maglia da tagli appositi, trasformando quei rudimentali tiranti in elementi decorativi a cui nessuno avrebbe mai fatto caso. “Il miglior nascondiglio si trova sempre sotto i nostri occhi” sciorinò prima di infilare la porta. E Rogue non ebbe nulla da eccepire: poteva trattarsi di una lama a doppio taglio ma, se usata con perizia, era sicuramente la scelta più intelligente.

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Di rientro alla base per pranzo, trovarono la spia, il soldato, il mercenario e il lupo solitario ancora riuniti attorno a una mappa virtuale della città su cui correvano i modellini olografici di un paio di automobili.
“No no no!” protestava Peter Parker i cui compiti erano abbandonati, dimenticati, in un angolo del tavolo “Queste sono postazioni perfette per dei cecchini! Credete a me! Io ci passo le notti su questi tetti...”
“A spiare le inquiline dei palazzi adiacenti!! Vero, mascalzone??” ridacchiò Wade pinzando una guancia al compagno che si sbarazzò della sua presa assestandogli una gomitata all'altezza della bocca dello stomaco.
“...a studiare le attività della microcriminalità locale!” precisò.
“Tua moglie dev'essere una santa o deve avere un amante se le sta bene che tu passi la notte a fuori... ad affaticarti con rudi omaccioni poco raccomandabili” rantolò Deadpool, cercando di far finta di nulla
“MJ capisce e mi rispetta. E poi adesso è in tour. E' solo per questo che sono sempre qui..” lo rimbeccò acido.
“A cosa state giocando di così divertente?” domandò Rogue facendo cadere a terra di malagrazia lo zaino mezzo vuoto mentre prendeva posto al tavolo.
“Stiamo cercando di stabilire il percorso più sicuro per arrivare all'evento.” Disse Natasha traendo un lungo respiro “Voi avete quello che cercavamo?”
Oui, mademoiselle!” rispose Gambit parandolesi davanti in un elegante inchino e sventolandole sotto il naso i plichi arrangiati a mo' di ventaglio.
“Ottimo...così potremo studiare anche l'interno... Senti, Rogue...” disse Natash levando lo sguardo dalle carte “Ti va di venire con me da Janet? Tanto la strada la conosci...”
“Facciamo la scorta a Virginia già da ora?” domandò la mutante
“Più o meno” ghignò la rossa. “Pepper ha deciso di andarci dopo pranzo. Una cosetta tranquilla...”

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Urtò la parete con le spalle senza nemmeno accorgersene. Era all'angolo, certo. Ma lassù, sul soffitto, nessuna di quelle pazze sciagurate poteva raggiungerla. Si raggomitolò, come se fosse seduta su uno sgabello invisibile, nell'incavo del vertice più lontano della stanza.
“Quante storie...” sbuffò la donna in basso piantando le mani ai fianchi.
Rogue si guardò attorno, cercando una via di fuga. Scorta o no, non sarebbe rimasta in quella stanza un minuto di più. Le ampie vetrate che davano sullo skyline della città le lasciavano pensare che fossero tutto fuorché facilmente infrangibili. Anche per una come lei: in quel posto viveva un personaggio come Ben Grimm e la struttura doveva essere stata sicuramente progettata per reggere alle sue sviste. Era la prima volta che si sentiva così in trappola. Dopo i mesi passati nei laboratori sotterranei in compagnia del fratello, certo. Quel luogo le dava un senso di malessere, quasi avesse avuto nuovamente addosso un collare dell'MRD.
“Grande e grossa come sei e ti spaventi per questo?” rincarò la dose anche Pepper.
“Voi siete matte! Non esiste! Statemi lontane!” urlò lei prendendosi la testa tra le mani.
“Ho capito.. a mali estremi...” sbuffò Janet.
Per qualche minuto la stanza si fece silenziosa. Poi, un leggero fremito nell'aria fece aprire gli occhi alla mutante: cosa stava succedendo?
Davanti agli occhi si ritrovò la figura miniaturizzata della stilista. Sulle spalle le erano spuntate un paio d'ali, simili a quelle delle libellule, che ora sciabordavano l'aria ritmiche e taglienti. Nelle piccole manine, quella che ora le appariva come una fata, stringeva il metro da sarta che sembrava dannatamente pesante per le sue dimensioni ridotte. Eppure, con la rapidità di qualunque insetto, prima che Rogue potesse rendersene conto, Janet le circumnavigò il torace, guidando il nastro oro-argento. “Novantadue!” urlò tramite un microfono da cantante che sbucava dal cerchiello dorato che le tratteneva i capelli. Cerchiello che, a ben vedere, era più simile a un paio di cuffie. La piccola Janet svolazzò, quindi, alla vita “Settanta...due!” Più in basso, Natasha prendeva appunti su un foglio ancorato a una cartellina. “Puoi metterti dritta un attimo? Non riesco a prenderti la misura del bacino... anche se, a occhio e croce potrei già dire qual è...” Rogue, esterrefatta e impietrita, si riscosse e cercò di cacciarla col dorso della mano. Ma in modo gentile, non con la violenza con cui cacciava mosche e zanzare: Janet era comunque un essere umano. Ed era una dei loro.
Ma quella, per niente impaurita o forse fin troppo abituata, evitò la sua mano svolazzando sicura lontano dalla mutante.
“Ho capito... scendo, scendo...” gemette lasciandosi scivolare al suolo. In breve tempo anche Janet tornò alle dimensioni con cui l'aveva sempre conosciuta. Lasciò che la donna le prendesse velocemente le misure mancanti, quindi si ritirò su una poltroncina sbuffando sonoramente per far capire alle presenti quanto fosse infastidita da tutta quella storia.
Ma Janet non sembrava ancora essere soddisfatta e sparì, lasciando le colleghe nella sala a godersi il tè serale. Tornò poco dopo carica di rotoli di stoffa lunghi più di un metro e, con poca grazia, buttò tutto sul tavolo ingombro di carte e colori. Quindi, fece loro cenno di avvicinarsi e cominciò a spiegare, mentre svolgeva tutti i rotoli che aveva portato con sé.
“Allora... per te, Peps, ho pensato al solito raso di seta con dettagli dévoré1... non troppi e magari collocati sul retro perché hai già il reattore Ark che attira l'attenzione e noi vogliamo una cosa di classe, non una pacchianata da carnevale di Rio”
Dévoré? In estate?” replicò Pepper arricciando il naso “Morirò di caldo!”
“Donna di poca fede! Il velluto -da cui si ricava il 
dévoré- non è mica solo di lana, sai? Esistono anche jersey leggerissimi con lavorazioni dévoré. A parte che il fresco lana è un tessuto usato proprio in estate... ma tu fidati un po' della sottoscritta, accidenti! Non posso farti un trattato di sartoria ogni santa volta! Che poi quella sulla seta sono tutte paranoie che ti fai tu! Ricordati che è un prodotto animale. Anzi, per la precisione è un termoregolatore che deve proteggere il baco dagli sbalzi di temperatura. E' l'antenato dei tessuti warm-up. E se pensi che il dévoré sia... troppo... Beh, vuoi lasciare di stucco quel mammalucco o no? Magari con la speranza di far procedere il vostro rapporto? Siete snervanti, santoddio!”
“Perché non te lo fai tu per mettere a tacere Henry?” replicò la rossa.
Ma Janet, considerando prepotentemente chiuso il discorso, si era già concentrata su Natasha. “Mi dispiace dirlo, sembrerà banale ma a te metto il nero. Vedova Nera: nero.”
“Aspetta... e a me che colore metti?” protestò Pepper
“A te rosso, non l'avevo detto?” domandò la mora reclinando appena la testa, perplessa.
“Rosso?? Ma sono rossa di capelli! Sarò un semaforo!” protestò l'altra.
Janet non si scompose. Prese Pepper per le spalle e la piazzò davanti a uno specchio. Quindi afferrò il rotolo di raso rosso e le posò addosso il lembo di tessuto per far vedere alle altre due il risultato finale. Rogue ammirò estasiata, Natasha concordò sbrigativamente. “Rosso, reattore... io darei addirittura una ravvivata al colore dei capelli con un bagno di pigmento puro. Avrai gli occhi puntati addosso. Ma, per questo motivo, sceglierò un modello semplice. Ne parliamo dopo, abbi pazienza. Dunque, dicevo... per te, Natasha...” disse prendendo un altro rotolo “Un crépe de Chine che è facile da drappeggiare, per un modello che ti permetta di muoverti facilmente. Inoltre, data la tramatura posso ottenere anche un effetto leggermente cangiante... ecco un campione di come dovrebbe venire...” disse estraendo uno scampolo di tessuto largo una spanna e posandoglielo sulla spalla.
“Ma l'hai fatto tu?” domandò Rogue esterrefatta andando a toccare il prototipo
“Certo! Ho tutta l'attrezzatura. E una volta impostate le macchine non ci vuole molto. É solo un po' una noia il lavoro preparatorio...” rispose l'altra, divertita “Anche in questo caso non voglio una cosa pacchiana. Il riflesso si vedrà ma anche no perché ho intenzione di alternare un filo rosso ogni quattro neri di trama.”
“Mi fido.” rispose asciutta la rossa che, oltre a non capirci nulla, in realtà, dentro di sé, gongolava all'idea di un abito da sera confezionato appositamente per lei. Per lei in quanto tale e non per lei in quanto spia in missione.
“Per quanto riguarda Marie...” continuò la donna “Tu vieni dal Mississipi... So che mal sopporti il nostro clima...”
“E anche il vostro cibo... è insipido...” confermò quella
Janet sorrise alla sua schiettezza “Credo che per te un velluto leggero possa andare più che bene. Avrei pensato a questo bel melange di verde bottiglia e blu notte striato da alcuni filamenti dorati.” Disse trascinandola di peso davanti allo specchio e poggiando anche su di lei il tessuto designato. Gli sguardi delle altre sembravano approvare la scelta “Le risalta tantissimo il colore degli occhi” disse “Mentre l'oro le da un po' di luce pur mantenendola nell'ombra. Voi due sarete la scorta, no?” domandò a Natasha che rispose assentendo brevemente “Tony con la scorta... fa quasi ridere...” aggiunse tra sé “Quindi è più che giusto che non attiriate troppo l'attenzione”
“Scusa...” la interruppe la mutante “Il modello? Perché io avrei un problema...” disse Rogue, riluttante.
“Oh, non temere!” sorrise Janet “So tutto! E già ho provveduto.” disse cercando tra i fogli lo schizzo del suo abito “Sai, Henry è amico di Reed e grazie a questo sono diventata una di famiglia anch'io... e Reed è un grande amico del professor Xavier -credo abbiano quasi la stessa età- quindi... o ecco... Ta-dan!” esultò esibendo un foglio estratto dalla montagna di attrezzatura che sembrava pronta a prendere vita propria “Il velluto è un gran bastardo da lavorare, quindi più semplice è il modello, meglio è. Certo, il modello originario era in mussola... ma niente vieta di adattarlo, no? Anzi.. così ci dimostriamo un po' creative e non delle semplici copione...” le strizzò l'occhio mostrandole il sobrio abito in stile impero che aveva disegnato. “Avrai le spalle e il collo coperti da un pizzo abbinato -nella fretta me lo devo essere dimenticata di là- sistemato a mo' di fisciù o mantellina integrata con il quale ti farò anche dei guanti lunghi. Al massimo sarai scoperta di due centimetri all'altezza del bicipite. Dove nessuno va a toccarti, normalmente. In più, credo che trasformerò la parte inferiore in una gonna pantalone così da permetterti di muoverti e volare senza problemi.”
“Se fosse bianco sarebbe un bellissimo abito da sposa!” commentò Pepper
“Vedi di farti passare dalla testa il bianco, per un po'!” rintuzzò la mora dando modo a Rogue, con quel battibecco tra amiche, di riaversi da quel fiume in piena: non aveva capito una parola di quei termini tecnici complicati. Sapeva solo che uno splendido abito sarebbe stato confezionato appositamente per lei. Un abito da donna, elegante, seducente. Si perse nelle sue fantasie per scacciarle immediatamente: chi è che doveva sedurre se non poteva toccare nessuno? Sarebbe stato egoista. E crudele. Per entrambi.
“Per gli accessori dobbiamo arrangiarci, immagino...” commentò Natasha, pratica. Lei, fortunatamente se la sarebbe cavata con scarpe e borse nere: un ottimo passepartout.
“Assolutamente no!” si inalberò la donna che cacciò un urlo che quasi costrinse Rogue ad arretrare intimidita. “Ho una stampante laser 3D per progettare i modelli. I maschi sì, si arrangeranno. Hanno colori e fogge limitate e solo Tony -Dio-solo-sa-com'è-possibile- ne ha almeno una trentina diverse. Ma per voi tre saranno fatte apposta, con lo stesso tessuto dell'abito... non vorrete andare via rafazzonate dome delle barbone, vero?”
“Jan, sei decadente...” la rimproverò bonariamente la rossa, facendo il verso ai vecchi insegnanti della moretta
“E roccoco e barocca e liberty...” aggiunse l'interessata con un sorriso
“Appunto...vecchia scuola! E' da vecchi abbinare tutto!” aggiunse Pepper, stavolta con cipiglio vagamente irritato.
“Chi se ne frega! Io mi rifiuto di fare cose mostruosamente orrende come certe oscenità che vedo in passerella... provocazioni o meno” si imbronciò l'altra
“Ricordami come sei riuscita a passare indenne gli anni '90 e il color blocking2...” la canzonò l'amica
“Ho avuto la mia fase dark, come tutti...” mugugnò lei, indispettita. “In ogni caso, farvi un paio di scarpe a testa mi prenderà un giorno in totale... non sono nulla di complicato!”
“Un giorno per tre paia di scarpe?” sbigottì Rogue
“Quando andavo ancora a scuola riuscivo a farne un paio al giorno. Ma non avevo i macchinari...” rispose Janet facendo spallucce
“Hai anche tutti i nostri abiti!” le ricordò Pepper
“Vuoi star tranquilla? Domani preparo i cartamodelli mentre le macchine prepareranno il tessuto e domani pomeriggio comincio a imbastire... poi chiamerò anche i ragazzi...”
“Non ce la farai mai...” le fece eco l'amica, a mo' di uccello del malaugurio
“Dimentichi che ho fatto di peggio quand'ero più giovane...” sbottò la mora
“Non sei più una ragazzina e non puoi permetterti di passare le notti in bianco sulla macchina da cucire!” replicò la rossa
“Oh, per l'amor del cielo, Peps... su su, vattene a casa che io ho da lavorare qui!” sentenziò Janet, offesa
“Finirai per ammalarti!” disse l'altra, non contenta, rincarando la dose
“E sarà la volta buona che mi farò coccolare e viziare da Henry...” replicò esasperata Janet
“Non ci conterei troppo, se fossi in te.” la smontò l'amica con fare annoiato “E' caro e dolce e timido solo con gli estranei... scommetto che ti darebbe della scema...”
“Come stai facendo tu!” precisò la stilista
“...e ti lascerebbe ad arrangiarti...e sarebbe compito mio e di Susan starti dietro. Quindi, visto che poi faresti lavorare noi, ti prego, non strafare!”
“Va bene, va bene...” sbuffò quella “E io che volevo far l'eroina... Reed mi ha dotato di tre robot-sarte... faranno tutto loro...” confessò alla fine, buttandosi su una sedia. “Se va bene mi farò il mio, di vestito...”
“Giusto... per te e Susan cosa hai pensato?” domandò Pepper riportando la conversazione su binari più tradizionali.
Janet si illuminò e scomparve alla ricerca dei suoi schizzi.
Il pomeriggio era lungo e loro potevano pure perdere un giorno a parlare di frivolezze femminili: il mondo non sarebbe certo crollato per quella loro mancanza.
Così, le tre donne si prepararono a un trattato completo di sartoria ma anche a ricevere in cambio un ottimo tè al gelsomino con biscotti alla cannella. E a tante, tantissime chiacchiere dal tono leggero ma dal contenuto importante, tipico dei discorsi tra donne, anche perfette sconosciute.







1    Il Dévoré è una lavorazione dei tessuti che a me piace particolarmente. Volendo, come effetto finale, può essere considerato simile ai broccati e ai damaschi (ottenuti in tutt'altro modo). Lo scopo è sempre quello di tenere una parte del tessuto in rilievo: mentre il dévoré -che vuol dire divorato- toglie parte del tessuto, lasciando l'armatura di base e quindi la trasparenza (esempio), nel broccato si aggiunge, letteralmente, materiale extra nella trama e permettendo variazioni di colore non presenti nel tessuto di partenza (esempio) mentre nei tessuti damascati l'effetto è ottenuto grazie al solo contrasto tra la lavorazione che dà due lucentezze diverse(come quando spazzolate il camoscio o l'alcantara che diventa più scuro o più chiaro) (in questo esempio sono evidenti le differenze tra il raso normalmente all'esterno e quello normalmente all'interno. Ma dovrei spiegarvi anche come è fatto un raso... indagate da voi...o ve lo spiego in privato XD)

2    Al posto di abbinare sui toni del caldo e del freddo (chessò... beje, cipria, rosa antico e testa di moro) o sulle sfumature di colore (rosa pastello, rosa shocking, rosso fuoco, fuxia, viola, blu) secondo le regole classiche (in cui, precisiamo, almeno gli accessori -borse scarpe cinture cappelli e guanti- dovevano essere abbinati tra loro) oggi non più valide a favore di una totale libertà di scelta, procedere, appunto, per blocchi di colore ben definiti, e forti... non rosini e giallini ma arancio fluo, verde smeraldo e giallo limone...



AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV

Ecco... un capitolo dedicato praticamente a Janet e al suo lavoro... mi ha preso un pò la mano, chissà perché... -_-
al più presto, comunque, tra un capitolo di tesi e l'altro, posterò sulla solita pagina FB il disegno di ciascun vestito :D
Sì, mi gaso tanto a fare queste scemenze... ma mai quanto riprendere in mano tutta l'attrezzatura. Devo ammettere che il disegno di Ororo, per quanto non sia pienamente soddisfatta, mi ha rasserenata... forse sono ancora in grado di disegnare XD.
Bene, bando alle ciance. In questo capitolo abbiamo avuto l'ennesimo attacco di Remy che non ha portato a un bel nulla, come sempre, poveretto. I prossimi due capitoli saranno incentrati su di lui. Non succederà nulla di strano ma...
Ma leggete e capirete (chi già sa non avrà alcuna sorpresa, ovviamente... -_- dovrei scrivere una ff in cui ribalto tutti i ruoli... non disperate, forse arriverà XD prima o poi...)

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Capitolo 20
*** Louisiana Woman - Mississippi Man ***


20. Louisiana Woman - Mississippi Man






I'm shufflin' thru the Texas sand1,
But my head's in Mississippi.
The blues has got a hold of me.
I believe I'm gettin' dizzy.
[Mi sto trascinando tra la sabbia del Texas/ ma la mia testa è nel Mississipi/ Il Blues ha preso il controllo di me/ credo di essere stordito
* in realtà Shuffling è anche riferito alle carte da gioco come mescolare]


La strada si srotolava come un nastro grigio sotto le ruote che aggredivano il manto asfaltato come gli artigli di una pantera. Diede gas, incitato dalla musica che pulsava negli auricolari. La cosa aveva del ridicolo: lui, un uomo della Louisiana, ascoltava una band texana che cantava del Mississipi. Tre stati confinanti l'uno con l'altro ma che non avevano nulla in comune tra loro -a parte il caldo-, nemmeno la musica. Come suggeriva la canzone, sì, lui aveva la testa proprio nel Mississipi, anche se era diretto a Washington. Prima o poi sarebbe dovuto riuscire a convincerla a farsi un giro con lui nelle loro terre natali. Erano confinanti, d'altronde. Era un segno del destino.

Last night I saw a cowgirl.
She was floatin' across the ceiling.
[La scorsa notte ho visto una cowgirl/ galleggiava attraverso il cielo
*ceiling si riferisce sia al soffitto che alla parte più bassa del cielo]

Rogue era rientrata raggiante da quella scampagnata serale con Pepper e Natasha. Nessuno se n'era accorto, non Logan, non Kurt. Ma il suo occhio allenato aveva capito che la sua felicità dipendeva da un foglio di carta che teneva in mano, accuratamente piegato in quattro che non poggiava da nessuna parte. Nottetempo si era introdotto in camera sua e aveva scovato l'oggetto in questione. Non era stato nulla di difficile per lui, essendo un ladro: il più grande ostacolo era stata la sua propria riluttanza nel violare i suoi stessi principi e limiti. Ma voler capire cosa potesse farla così felice aveva abbattuto ogni remora con una semplicità disarmante. Roso dalla gelosia aveva pensato si trattasse della foto di qualcuno (quella, magari, del famigerato Cody della sua adolescenza) o una lettera colma di lusinghe (sempre a opera dello stesso di cui sopra). Da quello che sapeva, in effetti, Cody non avrebbe più dovuto rappresentare per lui alcuna minaccia. Ma allora che senso aveva tenersene una foto nel portafoglio? Era una sorta di memento mori? Un ammonimento perenne di quanto potessero essere distruttivi i suoi poteri? Non le bastava la propria memoria? Quella ragazza sentiva il dovere di punirsi così fortemente per una colpa non sua?
Quando aveva spiegato il foglio aveva capito -o meglio, ricordato- che, in fondo, Rogue non era altro che una donna come le altre, con un lato fragile, tenero e frivolo. Lei era l'unica persona, che avesse mai incontrato in vita sua, che era riuscito a classificare come Donna. Sì, certo, c'erano le bellezze patinate, c'erano i geni della scienza e della tecnica in gonnella, fanciulle seconde a nessun uomo per forza, schiettezza e prontezza mentale. Ma Rogue... Lei, a suo parere, era tutto. Era LA donna. Il prototipo, quello che anche gli antichi veneravano. E gli antichi non erano mica cretini, non se ne facevano nulla delle insulse vanitose.
No... già loro, come gli arabi, per quanto fossero considerati sciovinisti2, ammiravano una donna con le palle, come, maschilisticamente parlando, si soleva dire in tempi moderni. All'epoca non esisteva quel tipo di sfumatura carico di pregiudizi, quasi che le donne fossero tutte cretine e debbano sempre dimostrare il loro valore.
No... donne come Rogue non erano una novità né un'eccezione. E lui ne aveva conosciute di donne forti, altruiste e coraggiose. Ma Rogue, forse nella sua sfortunata condizione, esprimeva al meglio questo suo potenziale mantenendosi pura nonostante le avversità che la vita le aveva messo sul cammino.
Lui, invece, era quasi impazzito per un semplice foglio con lo schizzo di un abito da sera. Un bellissimo abito da sera. Se l'immaginava già e aspettava con impazienza la data fatidica: anche se si trattava di lavoro, lui non riusciva a pensare ad altro. Ma era un abito, anche quello, studiato non già per il suo piacere personale ma, come un'armatura, per garantire quanto più possibile l'incolumità della sua indossatrice.
Proprio quell'aspetto l'aveva spinto, alle prime luci dell'alba, a inforcare la sua moto e dirigersi senza nessun ulteriore indugio dall'uomo che, aveva giurato su quanto aveva di più caro al mondo, mai avrebbe fatto nuovamente parte della sua vita. Ed ora eccolo lì, a divorare chilometri per prostrarsi ai suoi piedi.
Cialtrone, imbroglione, bugiardo.
Rogue aveva ragione. Lui non era affatto degno della sua onestà e della sua rettitudine. Lui poteva solo sporcarla con la sua ambiguità e con la sua perversione. Effettivamente, lui non aveva nulla in comune con Logan: Wolverine era istintivo e brutale ma corretto e solido. Al confronto, lui risultava viscido e meschino. E forse, proprio per questo, ambiva ad assomigliargli tanto e a conquistare una perla incorruttibile come Marie.
Ed ecco che la nuova canzone nella tracklist arrivò a confermare quel suo desiderio di legame.

Well I thought I'd been loved but I never had3
Till I was wrapped In the arms of a Mississippi man
When he holds me close it feels almost like another hurricane just ripped the coast
If he can't come to me I'm gonna go to him
That Mississippi River Lord I'm gonna swim
Hey Louisiana woman Mississippi man
[Beh, avevo pensato che sarei stata amata ma non è mai successo/ finché non son stata avvolta dalle braccia di un uomo del Mississipi/ Quando mi abbraccia sembra quasi che un altro uragano si sia appena abbattuto sulla costa/ Se non può venire da me, andrò io da lui/ Andrò a nuoto dal (mio) Signore del fiume Mississipi/ Hey, donna della Louisiana, Uomo del Mississipi]

Quella canzone gli aveva sempre strappato una lacrima. Si era immaginato spesso un eventuale battibecco tra lui e la Bella del Sud su chi dei due sarebbe diventato parte della comunità dell'altro: avrebbe ceduto lui, diventando un uomo del Mississipi, o lo avrebbe fatto lei, diventando una donna della Louisiana? Alla fine, però, loro non appartenevano più alle loro terre d'origine ma a una famiglia più grande, quella degli X-men.
Era inutile negarlo. Lui l'amava. Alla follia. Non aveva mai pensato di poter venir sconvolto così da una donna. Ma, per l'appunto, lei era LA donna: l'avrebbe amata anche se avesse avuto la pelle blu, le orecchie a punta e la coda di Kurt. Non aveva provato nulla del genere nemmeno per Belladonna. E sì che Bells aveva tutto ciò che un uomo potesse desiderare.
All'inizio, certo, era stato lo spirito di conquista e la sfida implicita che l'aveva mosso verso Rogue. Ma in brevissimo tempo, si era trovato impantanato in qualcosa di più grande di lui. Troppo grande e difficilmente gestibile. Lui era un abile giocatore di Poker ed era, quindi, consapevole del significato e di quanto contassero concetti come costanza, lungimiranza, pazienza in ogni singola mano, in ogni singola partita.
Ora, dopo oltre dieci anni, sembravano essere rimaste davvero poche carte nel mazzo e il distacco per il traguardo così esile: era inutile continuare a bluffare se voleva avere una speranza di vittoria, se voleva anche solo avvicinarsi alla sua meta.
Lui era il suo unico asso nella manica. Lo era sempre stato e aveva sempre cercato di ignorare la cosa. Cercava di convincersi di potercela fare da solo. Ma ora, pur di vincere, era disposto a tutto. Anche a quella bassezza.
Non avrebbe ceduto Rogue a nessuno. A costo di lasciarci la pelle. Letteralmente.
Quindi, nel tentativo di raggiungere la sponda del Mississipi con ogni mezzo, come nella canzone, aveva deciso di buttarsi tra le acque infestate dagli alligatori e di supplicare il suo personale Signore del Fiume, l'unico che potesse traghettarlo da una parte all'altra. Ormai era pronto ad affrontare tutto, nessun rettile l'avrebbe mai fermato.
Cambiò canzone, ma ancora, anche quella canzone, sembrò cercare di comunicargli qualcosa. Che lui non voleva sentire.

If you want to save your soul from Hell a-riding on our range4
Then cowboy change your ways today or with us you will ride
Trying to catch the Devil's herd, across these endless skies
[Se vuoi salvare la tua anima dall'Inferno di cavalcare come noi/ Allora, cowboy, cambia ora la tua strada o cavalcherai per sempre insieme a noi/ cercando di acchiappare il gregge del Diavolo, attraverso questi cieli infiniti.]

In effetti, il rischio era proprio quello. Ma lui era pronto a vendere l'anima al diavolo in persona, come aveva già detto alla sua compagna di squadra. Non gli importava nulla, pur di raggiungere il suo obiettivo, pur di vedere Rogue libera dalla sua condizione e con la possibilità di toccare le altre persone. Persone che, egoisticamente parlando, si sarebbero ridotte alla sua sola persona. Ovviamente. Anche se quel demonio fosse stato proprio...
Il trillo del telefono irruppe negli auricolari interni nel casco integrale, distraendolo dai suoi pensieri. Premette il pulsante esterno del bluetooth per accettare la chiamata.
“Pronto?”
– Remy, dove cavolo ti sei cacciato? – sbottò la voce della sua dolce amata.
“Sei très préoccupé?” rispose sorridendo “Ti è mancato il mio bacio del buongiorno?”
– Ma figurati! Sei solo sparito, volevo sapere dove accidenti ti fossi nascosto –
Curiosité féminine...” commentò lui divertito “Sto andando a trovare... mon père...” rispose sperando, inconsciamente, di potersi rimangiare quelle due parole.
– Cagate! Tuo padre e tuo fratello sono a New Orleans... credi che mi beva questa cazzata? Mica puoi andare in Louisiana in moto! Dillo che non vuoi rispondermi e che stai andando a donne –
“Oh...più che préoccupé sei jalouse ...” gongolò
– Seriamente, Cajun, dove stai andando? E, così, senza dire niente a nessuno... –
“Stasera sarò di ritorno. Per cena. Ti prego solo di non chiedermi altro. Fidati di Gambit.” la sua voce si fece seria, più dura del necessario, per non incrinarsi, commosso, alla sua apprensione “Come compagni di squadra, come X-men, come famiglia. Non perché sono io a chiederlo a te. Ti prego.”
– Non ti aspetterò in piedi, sia chiaro! – Gambit sorrise: l'avrebbe fatto eccome, tenendogli anche da parte la cena.
“Ma certo... Merci” disse chiudendo la chiamata. “Ma dame” Poco da fare. Rogue era donna fino alla punta dei capelli. Era la sua dame o, meglio, la sua madonne5. Gli scappò un sorriso: lei lo aveva accettato come un qualunque altro compagno di squadra, cosa che nessun altro, forse nemmeno il professore, aveva fatto nonostante la fama di essere un gruppo che dava una seconda possibilità a tutti. Lei era pronta ad accettare la sua redenzione, nonostante tutto quello che aveva vissuto e visto tramite lui, forse proprio per via del suo retaggio cattolico così simile al suo. Mentre già uno come Logan, solo pochi giorni prima, gli aveva ricordato quanto poco si fidasse di lui. Rogue era la sua ancora di salvezza. La donna angelicata dei poeti dello stilnovo. Non aveva le ali, non era un vero angelo, interceditrice tra Dio e l'uomo. Ma volava davvero ed aveva il potere di rendere migliore uno come lui.

AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV

L'interfono a parete trillò diverse volte prima che una bionda, spazientita, andasse a rispondere seccata nel buio che regnava nella sala.
“Cosa c'è?”
– Digli che Remy è qui. – disse semplicemente un'altra voce femminile dall'altra parte dell'apparecchio
“Non potevi comunicarglielo in altro modo?” ringhiò quella armeggiando col corsetto
– … – Un attimo di pausa, sembrava quasi che la comunicazione fosse caduta – Non ci tengo a sapere cosa combinate in laboratorio, più di quello che non sappia già chiunque, qua dentro. E nessuno, a parte noi due, è telepate, Emma... voi e il vostro riposino post-prandiale... –
“Oh, scusa... non pensavo fossi tanto suscettibile a queste cose... Povero Scott... e dire che si impegnava tanto...” ghignò l'altra ributtandosi addosso anche la giacca
– … Devi solo dirgli che Remy è qui! – replicò l'altra chiudendo la comunicazione.
La dama bianca rimase a fissare la cornetta, interdetta: l'amorevole, perfetta, altruista... eccetera eccetera eccetera... Jean Gray non avrebbe mai dato simili rispostacce: doveva complimentarsi con se stessa. Aveva fatto proprio un ottimo lavoro.
“Non compiacerti troppo...” la rimproverò una voce tenorile prima che due possenti braccia le cingessero la vita “Di cosa parlavate tu e Jean di così... interessante?”
Quella si rigirò nel suo abbraccio, impedendogli di slacciare nuovamente quella trappola di seta, stecche di balena e lacci, suscitando nell'uomo un profondo risentimento per il divertimento negato “Dice di dirti che Remy... è qui...”
A quelle parole, lui si allontanò di scatto, un ghigno stampato in volto. “Prendi Jean con te... e andate a fare un po' di sano shopping tra donne... non voglio che vi trovi qui.”
“Sei malvagio, Nat...” replicò Emma per niente offesa, avendogli letto nella mente quali fossero i suoi piani.
“Mai detto il contrario...” sibilò compiaciuto mentre la gelida dama bianca gli si scioglieva nuovamente tra le braccia. “Su... porta miss tutto fuoco a cambiare acconciatura... Dopo un tatuaggio, quel taglio da brava ragazza non ci sta proprio. Sì, Emma, sono perverso. Lo sai e ti piace.” disse rispondendo alle domande (non formulate e ancora intrappolate nel labirinto neurale) della donna con un bacio viscido e bavoso prima di allontanarla verso la porta. “E, ancora, sì... un taglio da educanda sarebbe qualcosa di davvero perversamente azzeccato...”
Si risistemò gli abiti gualciti e riabbottonò la camicia dalle venature rosso sangue. “E vedete di parlare anche del battesimo. Tolta l'aria da santa, va cambiato anche il nome, all'insegna di una nuova vita. Io suggerisco Magdaleine6...”
“Sei perverso, lo ripeto!” ghignò Emma malignamente divertita.
“E tu sei prevenuta. Non ha nulla di peccaminoso. Etimologicamente e simbolicamente è perfetto. La splendente... che si è unita al Messia, cioè a me!”
“Ricorda che sono un'insegnante e, tradizionalmente, è un nome associato alla perdizione...”
“Sì, se c'è anche quello... perché no? Ora vai... quel piccolo delinquente sarà qui a breve.” disse congedandola con un bacio a fior di labbra sulla soglia di un'uscita secondaria.
Remy era lì. Per lui.
Non proprio per lui in quanto tale ma era comunque lì per contrattare qualcosa che sapeva con certezza essere in suo possesso. Il sorriso delle labbra emaciate si allargò a dismisura, scoprendo degli affilatissimi canini da vampiro.
Remy Le Beau. L'ennesima pedina nella sua scacchiera per il volere di Apocalisse. Un disegno contorto e perfetto di cui -certo, ne era cosciente- lui non era altro che uno dei tanti artefici: ognuno aveva piena libertà su come impostare la sua parte, per il coronamento del sogno collettivo del dominio dell'universo.
Povero, caro, dolce, tenero... innamorato Remy. Ormai era agli sgoccioli. Era così stupidamente prevedibile...
Avvertì il rimbombo dei passi pesanti del mutante: per un ladro come lui, silenzioso come una farfalla e preciso come un colibrì, era il modo di annunciare la propria presenza e le proprie intenzioni. Interessante. Non intendeva piegarsi. Nonostante avesse fatto tutta quella strada solo per lei. Divertente. Davvero molto divertente: era lì per supplicarlo in ginocchio ma non intendeva chinare la testa.
Essex sospirò. Avrebbe dovuto perdere più tempo a insegnargli le buone maniere. Pazienza, si disse. D'altronde doveva essere già abbastanza grato che fosse venuto fuori così com'era, perfettamente malleabile alle sue manipolazioni.
Senza bussare, annunciarsi o altro, Gambit spalancò la porta dell'ufficio con un calcio e marciò dentro, lanciando il casco della moto contro il divanetto a lato, incurante di poter distruggere vasi di fiori, tavolini di vetro e lampade di finissimo design.
“Buongiorno anche a te, Witness7!” disse sornione il genetista, per nulla impressionato da quella bravata da adolescente ribelle.
“Non ricominciamo!” sibilò Remy “Non sono Witness. Ora sono solo Gambit”
“Come vuoi, Gambit...” replicò pacifico “Però... mi permetto di darti un consiglio. Con questo atteggiamento, diciamo che è difficile che qualcuno, anche uno generoso come me, possa concederti qualche favore... non credi dovresti essere un po' più... accomodante?” Gli vide contrarre la mascella e stringere i pugni. Era ovvio che lo sapeva. Aveva fatto tutta quella strada conscio di ciò. Ma davanti al nemico non era pronto a chinare il capo. Povero stupido orgoglioso. “Avanti.. ti ascolto...” disse prendendo posto alla sua scrivania con fare disinvolto “D'altronde, per aver macinato tutti i chilometri che ci separano, non esserti preso la briga di avvisare e correre il rischio di non trovarmi in sede... o, meglio, volermi assolutamente incontrare di persona... chissà cosa devi chiedermi di così confidenziale da esserti spinto a tanto... anche per non voler correre il rischio di essere intercettato.” Ghignò “Remy... io so tutto di te. Ricordalo. Sempre!” sillabò stendendosi sulla scrivania mentre l'altro svettava statuario davanti a lui, i jeans cacciati negli stivali da biker, la maglia coperta appena dal gilet di pelle, una bandana in fronte e i guanti a mezza dita “Scommetto che c'entra la tua ragazza... non è vero? Anna Marie Darkhölme se non ricordo male...”
“Tu leggi, non ricordi!” replicò Remy, acido
“Dettagli... allora? Cosa vuoi da me?” domandò facendo incontrare tra loro i polpastrelli delle mani esangui e affilate senza distogliere lo sguardo da lui.
“...” Gambit esitò, come colpito da quella disponibilità, quasi si fosse preparato a dover combattere con le unghie e con i denti “... Dammi...”
“Ah, no... cominciamo male...” lo zittì Essex annoiato “Sei proprio maleducato. Dimentichi la parolina magica?”
Remy assottigliò lo sguardo e digrignò i denti “Potresti darmi...”
Ma, ancora una volta, l'altro lo zittì sventolandogli la mano davanti quasi fosse una mosca da cacciare “No no no, non ci siamo mica...l'altra parolina...”
Per favore, potresti...” ricominciò il mutante, irritato. In quella terza occasione, si interruppe di sua spontanea volontà, vedendo come il genetista avesse messo il broncio. Avrebbe voluto strozzarlo seduta stante o decapitarlo con una carta ben affilata... per la mente gli scivolarono una miriade di modi diversi per torturare quell'uomo. Ed Essex era ben consapevole di cosa gli stesse passando per la testa, visto il sorrisino divertito e trionfante che gli tagliava in due il volto. Gambit trasse un profondo respiro, per calmarsi e convincersi della necessità di abbassarsi a tanto. Aveva passato le ore del viaggio a rimuginarci e ora doveva farlo. “Potresti, per favore, darmi uno dei tuoi collari dell'MRD, papà?”







1    ZZ Top, Recycler, 5. My head's in Mississipi

2     Loretta Lynn, Conway Twitty, L
ousiana Woman, Mississipi Man, 1.Lousiana Woman, Mississipi Man

3    Su Ghost Rider il discorso è un pò complicato, essendo una canzone country scritta da Stan Jones nel 1948. La più popolare è sicuramente quella di Jhonny Cash, nell'album Silver del '78. Ero indecisa se far ascoltare a Gambit questa versione o la più recente, usata come colonna sonora dell'omonimo film -sull'altrettanto omonimo personaggio dei fumetti Marvel (e reso indegnamente da Nicholas Cage)- del 2007, in chiave rock a opera degli Spiderbait. Io voto per il classico Cash (più in linea con gli ZZ Top e Lynn-Twitty) per un motivo che solo i fan possono conoscere realmente e che non tirerò in ballo in questa storia (ovvero, la vera età di Gambit...perchè io ho dei dubbi che invecchi normalmente...)

4    Consiglio a tutti la lettura di L'harem e l'occidente di Fatima Mernissi. Argomenti principali -oltre la concezione deviata di harem- l'importanza della donna, della sua sagacia, la percezione del corpo, la pulizia etc.
D'altronde basta un minimo di intelligenza per cogliere collegamenti con il nostro passato più recente (senza arrivare agli antichi), tanto nei contenuti quanto negli aspetti esteriori (si veda anche la religione Sikh che mette sullo stesso livello uomo e donna, dove il turbante del primo è il corrispettivo del velo per la seconda e che, per fare un esempio, può trovare un parallelismo col velo che le nostre nonne usano ancora oggi -specie al Sud – e che vedono in cappelli e caschi da lavoro l'evoluzione moderna (andate a zappare i campi polverosi tutto il giorno e senza la possibilità perenne di una doccia calda: lo vorrete un velo per proteggervi!). E' un libro che riassume quello che penso da sempre: certe paure e pregiudizi non hanno senso d'esistere perché sono un'altra faccia di una stessa medaglia... Motivo per cui ritengo idiota la decisione svizzera di vietare il velo: c'era una bella vignetta, qualche anno fa. Inverno, un uomo bardato di tutto punto con cuffia, sciarpa e occhiali contro il riverbero del sole. Accanto una donna col burka... si commentava da sola.

5    Madame e madonne hanno la stessa origine: uno è “mia Dama” l'altro è “mia Donna”. La seconda ha una valenza più personale e meno idealizzata della prima, intesa più come Signora a cui porgere i propri omaggi.

6    Altra versione del nome Madelyne che poi origina dal più comune Ma(g)dalena. E Madelyne Prior non è altro che una seconda Jean Grey, un suo clone (semplificando parecchio). Ancora, sul significato di splendente etc. Jean Gray è l'ospite per l'entità cosmica Fenice (che distrugge tutto e/o porta vita...) e, dal canto suo, Essex (nella versione Ultimate) si sente l'inviato del Signore (Apocalisse), quindi una specie di Messia...

7    E' un nome che ho inserito anche nelle one shot-song fic A world without heroes. Dategli il significato che preferite ma, conoscendo Nathaniel e la sua passione per i cloni.... io opto per quella del testimone come “unico superstite”


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Oh! Finalmente eccomi qua! Scusate il ritardo ma in mattinata ero a revisione per la tesi... e non potevo aggiornare alle 5 del mattino =_= abbiate pietà.
Bene... questa è la prima parte relativa direttamente e unicamente a quello che sta architettando il Cajun... a voi immaginare se e come, questa cosa influirà sul futuro del gruppo rimasto a NY. Ah! sì.. Essex ho fatto in modo di collocarlo a Washington, vicino al potere per controllarlo meglio. E il tempo di percorrenza tra le due città è di circa 4 ore e mezza...

Per oggi mi pare sia tutto... beh...se avete dubbi sono sempre qui, lo sapete.. quindi, a presto fanciulli!

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Capitolo 21
*** Relazioni pericolose ***


21. Relazioni pericolose






L'ombra di una nuvola oscurò per qualche istante la stanza, già in penombra, in cui la strana richiesta del mutante aleggiava gravida di tutte le conseguenze che comportava.
“So che ne hai ancora qualcuno nonostante il progetto sia stato abbandonato.” Insistette il francese vedendo che Essex non rispondeva.
Il genetista si lasciò andare sullo schienale, studiando il Cajun con occhio attento.
“Sai...” disse dopo un po' “Non credo di essere nello spirito adatto a ottemperare le tue richieste. Tanto per cominciare...” continuò vedendolo pronto a replicare “Sei un pessimo attore. E il tuo amore filiale è quanto mai interessato, in questo momento. Inoltre... non mi hai mai presentato questa fanciulla. Mi piacerebbe incontrare ufficialmente il potenziale nuovo membro della mia famiglia...” ghignò con cattiveria
“Se anche dovesse, non farà mai parte della tua famiglia, Nathaniel. Ma della mia!” ringhiò Remy che, pur avendo capito che non c'era trippa per gatti, si ostinava a sperare di ottenere qualcosa da quel verme.
“Sì, certo...” lo blandì l'altro “Probabilmente, come tutte le gattine che ti ronzano attorno, mira solo alla tua fetta di eredità... Bullo come sei, ti sarai sicuramente pavoneggiato della tua discendenza. Peccato che tu non vedrai mai il becco di un quattrino, dato che non ho intenzione di tirare le cuoia. Né ora né mai.” precisò
“Mi guardo bene dal rivelare la nostra parentela: per tutti io sono le Diable Blanc, figlio del creolo Jean-Luc LeBeau, patriarca della Loggia dei Ladri. E, in ogni caso, Rogue non è quel tipo di donna!”
“L'ho sentito dire tante volte e non hai idea di quante persone abbia visto ridotte in mutande da una sciacquetta qualunque” Si divertiva come un matto a vedere il nervosismo che Gambit lasciava trapelare senza cercare di nasconderlo “Perché non facciamo così...?” propose alzandosi e aggirando la scrivania con fare pensoso per appoggiarsi al mobile, braccia incrociate, davanti a lui “Portala qui. Una cenetta informale... ci penserò io a regalarle un bel gioiellino.” disse stirando una falce di denti bianchi da squalo “O... hai paura che possa perdere la testa per me, Witness?”
“Rogue ti odia per quello che le hai fatto. A lei e a tutti gli altri... Sa che c'eri tu dietro a tutto!” replicò l'altro divertito e un po' più calmo “Non credo che tu possa rappresentare un gran problema, nonostante le tue moine...”
“Se la pensi così, allora...” disse facendo spallucce “Dovrebbe essere tutto più semplice. Ma puoi pure arrangiarti a trovare una soluzione. Do ut des, ricorda, Remy. Tu la porti da me e io le do quanto mi chiedi”
“Non lascerò mai più che si avvicini a te!” ringhiò l'X-Man
“Allora vai pure...” disse dandogli le spalle e andando alla finestra “Credo tu conosca la strada...”
Il discorso era chiuso per entrambi e nessuno dei due avrebbe rettificato quanto detto.
Pochi secondi e sentì che il mutante si girava, marciava lungo la sala fino a riprendere il casco, i passi ovattati dalla moquette, e, infine, sbatteva le porte alle sue spalle.
I passi rimbombarono a lungo, furiosi, lungo gli ambienti di marmo bianco dell'edificio. Finché non lo sentì fermarsi. Poteva provare a ingannarlo quanto voleva. Sapeva che, quei passi leggeri non si dirigevano verso l'uscita.
Essex stirò un ghigno, soddisfatto. Tutto andava come aveva immaginato.

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I corridoi dei piani interrati erano mantenuti nell'oscurità più totale, spezzati a intermittenza solo dai led dei dispositivi elettronici che affollavano le diverse sale. Gambit non avrebbe mai acceso le luci, ammesso che ce ne fossero, rischiando di farsi scoprire. Era un ladro e una delle sue abilità doveva essere quella di vedere nel buio. Tra le tante cose, non era nemmeno sicuro di non essere già stato individuato e che Essex non lo stesse solo lasciando girovagare. Ma non aveva visto rilevatori termici, quindi si sentiva relativamente tranquillo. In realtà, tutta la struttura non brillava per la dotazione di dispositivi anti-intrusione. Forse, la supponenza di Essex derivava dall'avere al suo servizio due tra le più potenti telepati del mondo oltre a una squadra di assassini assiepati appena all'esterno dei laboratori, nell'ampio cortile che circondava la tenuta. Ma, almeno da quel punto di vista, poteva stare tranquillo: per quanto il genetista avesse, anch'egli, poteri telepatici, ora era fuori dalla sua portata così come le due donne che aveva visto allontanarsi lungo il viale alberato che aveva percorso al suo arrivo: Jean ed Emma assieme. Era quanto meno strano vederle comportarsi da buone amiche dopo quello che era successo alla villa, prima della loro partenza per la Scozia e dell'attacco dei Chitauri.
Per quel che riguardava i Marrauders all'esterno... beh... loro gli avevano quasi fatto le feste quando era arrivato ed erano rimasti sorpresi dell'aria bellicosa che lo circondava. Erano così entusiasti di vederlo, dopo anni di separazione, che non gli avevano neanche chiesto i documenti all'ingresso né lo avevano sottoposto ad alcun tipo di test. Perché una volta Marauder, Marauder per sempre. E non avevano tutti i torti... la sua anima era nera come la morte e nulla avrebbe potuto lavarla dalla lordura di cui era pregna.
Ma, anche se fosse stato che per precauzione l'avessero esaminato, lui era dotato di quegli strani trucchetti che Wade soleva definire da cavaliere Jedi e che gli avrebbero aperto ogni porta sorvegliata. Da esseri umani.
Se i laboratori avevano guardie elettroniche, lui poteva fare ben poco, oltre a individuare e disattivare per tempo tali trappole.
Avanzava circospetto, cercando la sezione dedicata agli hardware. Aveva già oltrepassato le celle frigorifere, che contenevano campioni di DNA di una quantità impressionante di mutanti studiati nel corso degli anni, gli archivi cartacei sugli esiti dei diversi esperimenti, l'anagrafe dei soggetti studiati, i laboratori di sintesi... gli strumenti di controllo non dovevano essere molto lontani. Ed era sicuro che Essex tenesse ancora qualche residuato come trofeo, almeno per non dover ricominciare da zero.
Infine, in fondo alla sala, sulla porta che sembrava ospitare solo uno sgabuzzino, c'era la targhetta che identificava il suo obiettivo.
Dalla tasca laterale dei pantaloni estrasse una sonda flessibile e la fece passare sotto il pavimento, per scovare eventuali allarmi: la stanza sembrava totalmente priva di protezione. Estrasse quindi il suo set di grimaldelli e si affaccendò sul cilindro della serratura. Era un modello vecchio e relativamente semplice, nulla di neanche lontanamente complicato. Se non si fosse trattato di Essex avrebbe quasi pensato di aver preso una cantonata: come si poteva tenere materiale tanto prezioso dietro una serratura così misera e senza altre protezioni all'esterno?
Tese l'orecchio e, dopo pochi tentativi, ecco che la porta si schiudeva sull'ennesima stanza buia.
All'interno individuò le sagome sfocate di diverse pile di scatoloni. Effettivamente quel posto aveva tutta l'aria dello scantinato che sembrava dall'esterno: uno sgabuzzino in cui riporre vecchi oggetti privi di alcuna utilità per dimenticarsene per sempre. Il problema, ora, sarebbe stato individuare lo scatolone giusto. Le scritte nere erano praticamente illeggibili, non sembrava esserci un registro da consultare e non aveva nemmeno troppo tempo da perdere, là dentro, prima che qualcuno si insospettisse.
E proprio non aveva voglia di incorrere nelle ire di Vertigo1, tra le più fedeli a suo padre.
Era quasi tentato di uscire in cortile, rintracciare Shiro2 (dotato
, tra le altre cose, anche di visione infrarossa) e convincerlo a collaborare: Shiro era anche amico di Rogue. Forse avrebbe capito. O forse no. Forse Shiro poteva rivelarsi un rivale più che un alleato se avesse scoperto che era lì per lei: per il giapponese, nonostante tutto, lei era ancora un'amica. Forse anche qualcosa di più. E gli avrebbe impedito di portarsi a casa qualcosa che potesse lederla in qualunque modo.
Accantonò l'idea bislacca e si addentrò tra gli scatoloni cercando di individuare solo quelli che potessero essergli utili. Scartò quelli troppo voluminosi e quelli posizionati sul fondo delle pile: i collari erano qualcosa di delicato che, protetti in apposite confezioni di acciaio o buttati alla rinfusa come grucce dietro i banconi dei negozi d'abbigliamento, non potevano sostenere un carico eccessivo. Passando tra le colonne, dava leggeri colpi sui cartoni, sperando che il rimbombo interno lo indirizzasse.
Quando, infine, individuò la scatola che, secondo lui, conteneva i collari, scoprì che era aperta. Infilò rapido la mano e tastò qua e là: lo scatolone era mezzo vuoto, come se quelli fossero solo le giacenze spurie che non era stato possibile incasellare altrove. Estrasse l'oggetto del suo lungo cercare, se l'infilò in una tasca apposita del gilet e riguadagnò l'uscita in tutta fretta: meno tempo passava a casa di suo padre, meglio era.

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Quando la moto si fu fermata nel suo parcheggio e lui si fu levato il casco, l'eco del motore riecheggiava ancora in tutta la caverna. Erano da poco passate le sei ed era stanco morto per quella lunga cavalcata. Ma era soddisfatto del risultato ottenuto. Ora non doveva fare altro che attuare la seconda parte del suo piano: sperava che anche le fasi successive risultassero attuabili. Ma al momento voleva solo togliersi la polvere e la stanchezza di dosso.
Era così assorto dai sui pensieri che nemmeno si avvide della presenza della sua bella, appollaiata sul cofano di una Bentley Hunaudieres3. Rogue chiuse il libro, che stava leggendo per ingannare l'attesa, in modo fin troppo teatrale, richiamando la sua attenzione. La postura, nelle sue intenzioni, avrebbe voluto essere minacciosa, stesa com'era sulla carrozzeria lucida, lo sguardo altero, le lunghe gambe accavallate tra loro. Invece, nell'insieme, non aveva altro effetto che renderla tremendamente desiderabile.
Anche dopo oltre otto ore di guida.
Anche dopo aver incontrato Essex.
Anche dopo aver rischiato la vita per mano dei suoi ex-colleghi.
Averla così vicina e non poter far nulla, neanche parlarle seriamente dei suoi sentimenti, era frustrante. Perché, ne era certo, lei non lo disprezzava come dava a vedere. E nonostante i continui maltrattamenti, era più che certo che sotto sotto quello fosse solo un modo per proteggersi. In fondo, Rogue cercava sempre la sua compagnia, quindi, almeno come amico, le andava bene. Era sicuro di non essere semplicemente presuntuoso, nel credere alla possibilità di una qualunque forma di relazione tra loro. Qualcosa, più precisamente il suo istinto, gli diceva che doveva continuare su quella strada: Rogue non era altro che un diamante grezzo – in ogni senso – che fuggiva qualunque scomoda realtà e si nascondeva al mondo, pronta ad accettare tutto degli altri, non era altrettanto flessibile con se stessa.
Ormai aveva deciso, avrebbe portato un'offensiva seria e l'avrebbe fatta capitolare, costringendola ad affrontare le sue paure. Non si sarebbe più nascosto dietro un sorriso quando soffriva come un cane, non avrebbe più fatto allusioni nel tentativo di farle capire i suoi intenti per vie traverse.
Avrebbe fatto quello che le persone serie fanno dal primo momento.
La ragazza tirò su una gamba, poggiandovi sopra il braccio: di male in peggio! Se per lei voleva essere un atteggiamento intimidatorio, per lui era un invito esplicito a saltarle addosso. “Dove sei stato?”
“Non sei mia madre, Rogue...” replicò Remy, sbuffando “Né mia moglie!” sottolineò con cattiveria. “Per lo meno... non ancora” fu la battuta che tenne per sé e che anche l'altra si aspettava. La vide perplessa e fu costretto a trattenere un sogghigno di soddisfazione. “Vediamo se così la musica cambia?” Posò lo sguardo sul libro della ragazza, mentre lei scivolava a terra, quasi delusa dal mancato battibecco quotidiano. “Non è un po' troppo impegnativo per te?” domandò sbirciando il titolo sulla copertina. Subito lei scattò sulla difensiva e quasi nascose il volume dietro la schiena. “Non avevo capito che fossi masochista...” continuò Gambit imperterrito ma senza tentare di avvicinarla “Col potere che hai, ti crogioli in struggenti romanzi d'amore? Che finiscono pure male?” Il tono sembrò canzonatorio e non si preoccupò di correggere il tiro.
“Tutt'altro!” rispose lei, ritrovando la lucidità e sventolandogli il tomo sotto il naso “Cime tempestose è la dimostrazione di come l'amore, o meglio la passione, consumi e distrugga”
“Ah... quindi stai cercando di autoconvincerti?” replicò lui. Sorrise e lasciò cadere l'argomento “Senti... domani mi accompagneresti a fare una commissione? Ora è troppo tardi e sono distrutto...”
“Che genere di commissione?” domandò la mutante interdetta dalla distanza che lui stava tenendo e da quel cambiamento repentino d'argomento.
“Devo comprare un regalo... e chi meglio di una donna può consigliarmi?” rispose lui facendo spallucce.
“Un regalo per...?” cercò di sondare
“Sei gelosa?” domandò di rimando senza aggiungere svenevoli vezzeggiativi francesi.
“E perché mai dovrei?” replicò Rogue, arrossendo indignata e incrociando le braccia al petto.
“Non lo so: sei tu che sostieni di essere del tutto indifferente a me e poi cerchi di ficcanasare così tra i miei affari...”
“E' solo per cercare di capire il target...” la ragazza quasi ringhiò “Come faccio a suggerirti, altrimenti?”
Gambit fece finta di dar per buona quella versione ma era lampante quanto l'essere ignorata così platealmente la stesse infastidendo. Per un attimo si sentì in colpa. Come un ladro. Era tentato di gettare la maschera e prenderla tra le braccia ma si trattenne: non poteva permettere che tutto tornasse alla solita routine. Come imprevisto, non poteva durare solo pochi istanti, per destabilizzarla: doveva far sì che sentisse la sua mancanza e portarla a sbilanciarsi “E' per Kitty...” sbuffò alla fine.
“Ah....” fu l'unico commento di Rogue. Gambit avrebbe giurato di sentire le rotelline del suo cervello girare a vuoto. Poi un lampo di comprensione le attraversò lo sguardo, improvvisamente terrorizzato “No, ti prego!” sbottò, artigliargliandogli la giacca “Non farlo!”
“Non fare cosa?” domandò lui divertito dalla piega che stava prendendo il discorso: lo stava chiedendo per sé o ….
“Kurt...” alitò, infatti. “Ti prego! Non rovinare il rapporto che ha con Kitty...” quasi balbettava per l'agitazione. Era ammirevole come, anche in quel caso, anteponesse la sorte della relazione, più amicale che amorosa, del fratellastro ai propri desideri egoistici. “Già è un casino con Lance... dopo che Piotr...”
Già. Piotr che aveva finto e che aveva usato Kitty come scudo, forse realmente convinto di poter cambiare. Convinto che si trattasse, come sostenevano in molti, solo di confusione adolescenziale. Alla fine non ce l'aveva più fatta e aveva confessato alla giovane la sua reale natura omosessuale, gettando la ragazza in un limbo di confusione e smarrimento, in cui si dava la colpa di quanto accaduto. Per quanto non fosse colpa di nessuno, entrambe le parti in causa soffrivano per come erano andate le cose e sia Lance, della Confraternita, sia Kurt le erano stati subito accanto. Forse con un pò troppo slancio rispetto a quello che avrebbero fatto semplici amici ma l'avevano riportata in qua in breve tempo. Piotr, dal canto suo, si sentiva un verme ma l'aver trovato un anima affine nel canadese Jean-Paul
4, l'aveva aiutato a uscire dalla sua fragile menzogna, ad affrontare a testa alta il mondo circostante, a non sentirsi troppo in colpa per aver tradito la fiducia della compagna e della squadra e a superare quel momento di imbarazzo e sfiducia di cui era il fulcro.
Tanta agitazione bastava a ripagarlo: poteva anche degnarsi di rivelarle che tra lui e la passa-muri non c'era nulla di speciale nonostante in molti, tempo addietro, avessero malignato al riguardo.
“Lo so, Rogue. Non ho certo intenzione di irrompere in quell'assurdo triangolo. Soprattutto non dopo che entrambi le sono stati così dietro dopo il voltafaccia di Piotr” rispose atono facendo in modo che lei allentasse la presa dalla giacca. “Ma presto sarà il suo compleanno...”
“Ah... è vero...” strabuzzò la ragazza, visibilmente sollevata
“Mi aiuterai?” domandò ancora prendendo la strada dell'ascensore senza aspettarla.
Lei acconsentì con un sospiro “E ora dove vai?”
“Cos'è tutta questa curiosità, oggi?” le domandò da sopra la spalla con sguardo obliquo. Colpevole, Rogue sobbalzò. Trionfante, Remy continuò “Vado a farmi la doccia, sono a pezzi... o forse volevi venire con me?” Lei sbarrò gli occhi, interdetta e imbarazzata alla pesante allusione e al dubbio doppio senso, totalmente fuori dalle solite provocazioni più romantiche del compagno, e lui ne approfittò, per impedirle di replicare, lasciando quindi a intendere che, ciò che lui stava dicendo, fosse la verità. L'aveva spiazzata: di solito era lui ad autoinvitarsi, non l'aveva mai resa protagonista di una simile eventualità... e mai in modo così spinto. Si volse e scivolò verso di lei, come un felino che stringe nell'angolo la sua preda “Spiacente, non oggi, Bella del Sud.” Le alitò troppo vicino per resistere a lungo e per non respirare il suo profumo “Sono troppo stanco per poterti concedere le attenzioni che meriti. E sai come la pensa Gambit al riguardo.” concluse, ritraendosi bruscamente, con aria da consumato tombeur de femmes.
“Ma... Ma chi ti ha chiesto nulla, svitato di un Cajun!” replicò lei, ritrovando la consueta grinta nonostante avesse il volto in fiamme “Ti spacco il muso se provi a dire un'altra di queste stronzate...”
“Meno male... per oggi ho già dato e mi seccherebbe non reggere un assalto bagnato... Mmm, sei perversa oltre che masochista...” replicò lui con voce stanca ma serissimo, lasciandola sempre più sbigottita. Così avrebbe funzionato: infilata una dopo l'altra, con serietà e noncuranza “Ci vediamo domani mattina... e, no, non mangio, mi butto subito a letto... nudo, come sempre. 'notte Rogue... Sogni d'oro” ghignò sarcastico lasciando la donna a imprecare sommessamente.






1    Vertigo: nata nella Terra Selvaggia (di cui ho accennato recentemente: una terra rimasta allo stato preistorico conficcata in un angolino dei ghiacci Antartici -Polo Sud-, per intendersi) è stata sia una Marauders di Sinistro che membro della Confraternita. Cmq sempre una cattiva. Il suo potere è quello di distorcere le percezioni fisiche e il senso di equilibrio, disorienta, induce vertigini e senso di nausea fino anche alla perdita di sensi.
2    Shiro Yoshida è una specie di torcia umana mutante: vola, emette raggi di plasma, è immune al fuoco e alle radiazioni ed è dotato di vista infrarossa. E' cugino di Silver Samurai e della sorellastra di questi, Mariko Yoshida, ex fidanzata di Wolverine. Ha fatto brevemente parte degli X-Men ma è poco incline al lavoro di squadra (ancora non capisco come Logan sia riuscito a reclutarlo per la nuova squadra di Uncanny Avengers).
Per quel che riguarda Rogue, i due sono stati entrambi membri della Confraternita e, per i soliti casini di cancellazione di memoria (stavolta a opera di Blindspot), Lady Deathstrike (compare anche nel 2° film degli X-men) taglia le gambe a Shiro per vendetta che, per riaverle farà un patto con Sinistro (chi sa di cosa parlo può già cominciare a vedere un filo comune che parte da Angelo-Morte e che si svilupperà nel corso di questa fic). Nel corso di questa avventura, Rogue finisce per assorbire quasi totalmente i poteri di Shiro, come successo in precedenza con Carol Danvers-Miss Marvel.
I due hanno lavorato molto a stretto contatto e non è azzardato ipotizzare un qualche coinvolgimento tra i due. Cmq, è dopo questo evento che anche Shiro diventa prima Cavaliere di Apocalisse (gli altri ve li rivelerò strada facendo) e, quindi, Marauders (ma dietro entrambi c'è sempre Essex...)
3   
Bentley Hunaudieres: una concept car del 1999. Come vedremo anche più avanti, Tony colleziona auto, sulla scia della passione che condivideva col padre. Ma non solo auto belle, anche quelle particolari, che -seppur mai andate sul mercato- hanno segnato la storia dell'auto con le loro innovazioni (da bravo nerd credo proprio che abbia anche una De Lorean DMC-12 -Ritorno al Futuro- e una Pontiac Firebird Trans Am -K.I.T.T. di SupercarKnight Rider entrambi plausibili fonti di ispirazioni per invenzioni e per le sue intelligenze artificiali)
4     Northstar, eroe canadese, membro di Alpha Flight, capace di muoversi a velocità supersoniche, è il primo supereroe Marvel dichiaratamente omosesuale. Nella versione Ultimate, Piotr (ex trafficante d'armi) rivela la sua natura omosessuale e stabilisce una relazione proprio con Northstar, quando, nella versione canonica sta perennemente incollato a Kitty (salvo abbandonarla per un'aliena appena conosciuta -e morta- durante Guerre Segrete)

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Ok, fan di Gambit, cosa mi dite di questo "voltafaccia"? credete ci sia da preoccuparsi?
Spero di non avervi incasinato troppo le idee con la storia dei Marauders, ma questo gruppo di delinquenti tornerà ancora, relativamente presto.
Dunque, prossimamente qualche altro capitolo introduttivo in cui si finiscono i preparativi e poi sarà finalmente ora di approdare al Triskelion (lo so, il nome non è ancora stato fatto)... cioè a quella base che è stata gentilmente offerta ai superumani per operare in sicurezza :)
Su su, non temete... l'azione dura e pura si avvicina. E anche i nuovi personaggi :D
Preparatevi!
a presto!  

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Capitolo 22
*** Piccoli drammi ***


22. Piccoli drammi





Quando varcarono la soglia della gioielleria più grande in cui avesse mai avuto il piacere di mettere piede, Rogue aveva ancora in testa l'eco sarcastica e canzonatoria di Logan, che li salutava e augurava loro una buona passeggiata.
Lei e Remy si erano alzati relativamente tardi e, essendo vicinissimi al loro obiettivo, avevano deciso di approfittarne per farsi una passeggiata per le vie di Manhattan. Erano stati costretti a girovagare a vuoto più di quanto avessero calcolato, dato che il negozio distava solo una manciata di minuti ed ebbero anche modo di dover attendere che le saracinesche venissero alzate: erano i primi clienti e avrebbero potuto scegliere con calma.
“Sei sicuro di voler comprarle qualcosa proprio qui?” aveva domandato la mutante osservando la vetrina esterna a bocca aperta. Al di là del vetro, intravedeva le lunghe scaffalature composte da tanti cassettini, disposti in file sovrapposte lungo tutta l'area dell'ampio negozio (dotato di un divanetto per i clienti in attesa), che esponevano ogni meraviglia di merce sbriluccicante la mente femminile potesse concepire. Entrare in quel negozio sarebbe stato l'equivalente del farsi un trip allucinogeno in un luogo da fiaba, con l'indubbio vantaggio di non dimenticare tutto al risveglio.
“Hai idee migliori?” aveva domandato lui, studiando anch'egli la vetrina. “Cos'altro si può regalare a una donna?”
“Non so... un libro? Una maglia, un cd... perché proprio un gioiello?” aveva chiesto lei senza voltarsi, continuando a studiare i vari oggetti.
Gambit aveva fatto spallucce “Non conosco la sua taglia e regalarle vestiti mi sembra una mossa indelicata, così come i prodotti di profumeria o per la cura del corpo, che erano la mia prima opzione. Libri e Cd... quella ragazza è un genio in erba, avrà sicuramente già divorato di tutto. E poi per i vent'anni mi sembra più adeguato un regalo di questo tipo...”
“A me sembra eccessivo. Piuttosto una borsa, se proprio hai i soldi che ti escono dalle orecchie. Una Louis Vitton come quella di Emma credo le piacerebbe...1
“Non è un po' seria?” aveva replicato il ladro, scettico.
“A me non piace, ma penso che sarebbe nelle corde di Kitty...” aveva risposto lei, placidamente, dichiarandosi, così, d'accordo col compagno.
“Allora dopo faremo un salto anche lì...” aveva stabilito lui: meglio avere qualche opzione in più tra cui scegliere.
“Cosa pensavi di prenderle, qui?” Marie si era spostata alla vetrina accanto per farsi un'idea completa di cosa potesse offrire il negozio.
“Una collanina...” aveva mugugnato lui
“Non mi sembra una scelta intelligente...”aveva replicato divertita l'altra.
“Perché?” aveva chiesto lui, colpito
“Beh... anche tra i gioielli, come tra i fiori, c'è una specie di linguaggio...” aveva spiegato lei tirando dritta, trionfante.
“Te l'ha insegnato Cypher2?” aveva ironizzato Remy
Rogue si era imbronciata per la vaga allusione a un altro uomo. O forse non era stata sua intenzione? “No, cretino! Rimango pur sempre una ragazza. Un uomo che regali una collana a una donna dimostra di essere un tipo possessivo e di non considerare alla pari la controparte”
“E questa da dove salta fuori?” aveva ridacchiato lui “A me sembra che allacciare un filo di perle al collo di una ragazza sia la cosa più sensuale che ci sia. Almeno, stando ai film. Io ho esperienza solo con fedi maledette...” aveva aggiunto con sguardo obliquo.
Ancora una volta lei aveva pensato a una provocazione: pensava che fosse gelosa della sua ex? Di Belladonna Bordeaux? Della donna con cui era stato sposato per... cinque minuti? E solo per interesse delle rispettive famiglie? Mica erano davvero dei novelli Romeo e Giulietta. “La collana rappresenta un collare, se non anche un cappio.” aveva replicato lei, offesa, piantando le mani ai fianchi.
“Ridicolo...” Gambit quasi si stava strozzando per le risate convulse provocate dall'associazione tra la frivolezza dell'argomento e la serietà della compagna.
“Gli anelli rappresentano il famoso filo rosso del destino che legherebbe due persone e...” aveva aggiunto agguerrita, mal sopportando di non essere presa seriamente “...i bracciali, le manette che sono, forse, l'unico regalo unisex che metta a parità le due parti.”
“Interessante teoria..” aveva sorriso lui tirandosi in piedi: si erano accese le luci e presto sarebbero potuti entrare “E degli orecchini che mi dici?”
“... Non ho letto nulla al riguardo...” si era accigliata lei, cercando una soluzione
Remy aveva stirato un sorriso “Credo di saperlo io, a cosa corrispondono...”
“Ah, sì? E cioè?” aveva chiesto, più curiosa che mai
“Non ti piacerebbe saperlo...” si era negato lui
“Invece sì!” Aveva asserito sicura. Dall'interno, intanto, le saracinesche avevano cominciato a venir alzate lentamente.
Remy aveva tratto un profondo respiro, sperando di non commettere qualche passo falso. Le si era avvicinato e, con la mano guantata, le aveva scostato i capelli dal volto, sistemandoglieli dietro l'orecchio. “Dov'è...” aveva cominciato chinandosi su di lei “...che si mettono?” aveva alitato alla base della mascella con la disinvoltura naturale di un cascamorto consumato ma che lei non gli conosceva. Rogue, irrigiditasi durante le manovre di avvicinamento, si era scansata di scatto, sottraendosi a quello che sarebbe stato comunque un mancato incontro. “Hai capito, ora?” aveva chiesto lui vedendo come la compagna arrossisse, tenendosi la mano là dove un orecchino avrebbe allungato la propria ombra sulla pelle candida. Soddisfatto del risultato raggiunto, Gambit si era inoltrato nel negozio, lasciando che lei lo seguisse quando si fosse ripresa.
Il commesso l'aveva tratta ulteriormente d'impaccio, prendendo il francese sotto la sua ala e chiedendo scusa per l'attesa “Avete già qualche idea?”
E mentre Gambit aveva cominciato a esporre i suoi parametri, Rogue si era allontanata per riprendere fiato, scrutando da vicino quelle meraviglie che aveva solo scorto dall'esterno. Ciondolò per qualche minuto, lasciando vagare lo sguardo e con la mente ormai indelebilmente incantata su quel mancato contatto di poco prima, quando la sua attenzione cadde sul bracciale di una parure e non riuscì a trattenere un commento estasiato.
Mentre il ragazzo che serviva il suo compagno si allontanava sul retro, per recuperare qualcosa che potesse soddisfare le esigenze del francese, una commessa in tailleur nero sfiancato, la affiancò solerte “Ha visto qualcosa che Le interessa?” Vista la ritrosia della ragazza, continuò “Può anche solo provarlo... senza impegno...” Incoraggiata da quelle parole, la mutante chiese se era possibile vedere il bracciale di quella particolare composizione e tornò al bancone scortata dalla donna, dove Gambit aspettava paziente con un ghigno divertito.
“Per l'abito da sera?” domandò lui allungando lo sguardo
Lei annuì, distratta. In realtà, no, l'abito non c'entrava proprio nulla. Anche se a ben vedere i colori erano proprio quelli “E' bellissimo ma...” disse, giustificandosi rivolta più alla donna che al compagno “E' che... non sono il tipo... non sono per niente aggraziata e vado spesso a sbattere...Non riuscirei a portarlo serenamente... rischierei di romperlo subito...”
“Beh, uno strappo si può sempre fare...” disse Gambit facendo spallucce, incurante dell'occhiataccia che la donna gli rivolse, probabilmente per il prezzo stratosferico che aveva scorto nel piccolo talloncino allegato al gioiello tramite uno spago sottile “Ce l'avete solo in oro giallo e smeraldi?”
La donna, nonostante le proteste di Rogue, recuperò un bracciale identico al primo ma in oro bianco e rubini mentre il commesso che serviva Gambit arrivava con le sue proposte.
“Sono belli entrambi...” commentò Rogue “Forse, oro bianco e smeraldi starebbero meglio...”
“Secondo me...” si intromise Remy senza staccare gli occhi dalle collanine che gli venivano proposte dal ragazzo in gilè nero e camicia bianca “Gli smeraldi stanno benissimo sulla montatura dorata. Se il disegno fosse diverso ti darei ragione ma in questo caso sembra il naturale prolungamento della pietra, in linea con l'idea naturalistica che è sottesa dall'artigiano. L'abbinata all'oro bianco mi farebbe pensare ai ghiacci dell'Himalaya. E poi, anche il tuo vestito ha venature oro...”
“Ma non ho intenzione di prenderlo!” protestò Rogue
“Non vuole nemmeno provarlo?” domandò prontamente l'inserviente
Rogue esitò “Faccio da me...” l'ammonì “Ho... una brutta forma di psoriasi e quella sera indosserò dei guanti di pizzo...”
“I bracciali si possono portare anche in questo modo” le sorrise l'altra liberando il gioiello dal suo cuscinetto di sostegno “C'è anche chi riesce a infilarli sopra la giacca... prego.” disse porgendole il bracciale aperto.
Rogue si liberò del giubbotto in pelle e, dopo averlo poggiato sul bancone, prese il gioiello con la mano destra e sistemò il gioiello sull'altro polso. “E' bellissimo, davvero...” commentò scuotendo la testa, togliendoselo subito, quasi volesse evitare la tentazione “Ma non fa per me...” ammise lapidaria. Infilò nuovamente la giacca come una corazza e riconsegnò il gioiello e si concentrò sulla scelta del compagno. “Se le prendessi solo un pendente?” domandò inclinando la testa di lato, come colpita da un idea “I pendenti che avete qui si possono usare anche come portachiavi, no?” I commessi assentirono e lei prese il comando della situazione “Ne avete a forma di drago?”
“Drago?” domandò Gambit confuso mentre il commesso spariva alla ricerca dell'articolo richiesto.
“E' una delle fisse di Kitty....” rispose lei, strizzandogli l'occhio
“E perché non l'hai detto prima?” domandò seccato
“Perché non mi è venuto in mente!” replicò indispettita.
Alla fine riuscirono a trovare un ciondolo che potesse adattarsi alle esigenze ma, poco convinti, dissero che ci avrebbero pensato.
Uscirono dal negozio intenzionati ad approfittare della pausa per valutare se non ci fosse, in commercio, una borsa più adatta (e largamente più economica) di quel rene da mercato nero che erano quei gioielli. Nel lasciare l'ambiente, però, Gambit, che cedette la strada alla compagna, in un gesto da cavaliere d'altri tempi, fece scivolare un biglietto da visita sul bancone e la commessa, come l'ebbe letto, si affrettò a mettere da parte il bel bracciale d'oro e smeraldi.
“E sentiamo, signorina ho lasciato la scuola ma su queste cose sono come un'enciclopedia...” la canzonò lui, più tardi, quando uscirono trionfanti da un negozio che odorava di cuoio e mastice, con sottobraccio una borsa italiana bianca con decoro viola che aveva come tema della collezione proprio le creature fantastiche3 “Come mai questa predilezione per gli smeraldi? Sapevo che i migliori amici di una donna erano i diamanti.”
“Delle superficiali forse sì” disse lei tranquillamente “Solo perché una diva sponsorizza un gioiello o un profumo tutte seguono il suo esempio come un gregge, soprattutto senza valutare se una cosa è attagliata o meno alla persona... e questo vale anche per i vestiti e qualunque altra cosa ti venga in mente.”
“Eh, già...” la canzonò Remy “Tu invece sei così superiore da non farti abbindolare dalle moine in cui cadono le comuni mortali...”
Rogue sorrise, divertita “Io sono effettivamente diversa da tutte le comuni mortali. I normali parametri non si possono applicare a una come me, vuoi perché sono una mutante, perché ho un potere che ammazza, perché ho una doppia tripla personalità che può crescere all'infinito, poteri inusuali... hai l'imbarazzo della scelta!”
“E dunque? Cos'ha di speciale lo smeraldo? Può essere facilmente contraffatto con un fondo di bottiglia...” commentò il ladro
“Il valore”
“Economico?” domandò perplesso
“Esoterico!” lo rimbeccò lei “Non ci credo, ovviamente. Ma mi piace pensare che, vuoi per la cromoterapia, vuoi per gli elementi che lo compongono, o solo come effetto placebo, abbiano delle virtù che possono influenzare davvero... Vedi, il diamante è il bene assoluto, trasparente, infrangibile e incorruttibile, mentre lo smeraldo, attributo di Venere e simbolo della femminilità e della seduzione, è universalmente riconosciuto come il più potente dei talismani, oltre a essere la pietra del cambiamento e dell'evoluzione. Ma è anche associato alle creature demoniache di cui garantirebbe il controllo o ne designerebbe l'appartenenza. A ben vedere è la pietra giusta per me: due donne in una e tutto fuorché seducenti...”
“Questo è opinabile” commentò il ladro
“Beh... io sono in costante cambiamento, grazia alle memorie che posso assorbire... e in qualche modo sono maledetta, posseduta. Forse sono la peggiore delle creature oscure che Dio abbia mai concepito... E forse vuole punirmi. D'altronde, prima del mio potere ci pensava mio padre a tenermi in riga. Quando ho deciso che era abbastanza, è subentrata la mutazione...”
“Sei proprio una donna del Sud” commentò lui, divertito. Perché di quel folklore cristiano, mistico e un po' eretico per via delle contaminazioni tribali, era impregnata anche New Orleans. E in questo, solo in questo, Marie gli ricordava Belladonna.

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“Ma perché non potevo comprarmelo, un vestito, al posto di farmelo fare su misura da te?” ringhiò Tony Stark sotto le mani operose della sua -al momento- nemica giurata.
“Smettila di lamentarti come un bambino!” sbuffò quella, braccia conserte e metro da sarta al collo, sotto lo sguardo divertito di Pepper.
“Tu e quei maledetti surrogati di pungiglioni!” strepitò ancora lui
“Si chiamano spilli!” replicò lei prontamente estraendone un altro dal bracciale di gommapiuma che portava al polso e cacciandosene un paio tra le labbra “E se non stai fermo ti pungo il culo!”
“Cerca di evitare... non vorrei incorrere nelle ire di Henry, grazie! E tu, dovresti mostrarti come minimo gelosa che un'altra donna mi stia così vicina...” ringhiò alla rossa che rise ancora di più “E voglia pungermi il didietro!”
“Io gelosa? Di Janet? Ma per favore!”
“Solo perché sai che non la sopporto...” borbottò lui, rigido come un fuso “E perché ci sono intenti omicidi dietro le sue premurose attenzioni”.
“Precisamente...” rispose lei tornando a sfogliare il New York Times
“Janet...” chiamò piano Steve comparendo nella sala mentre finiva di allacciarsi i gemelli a forma di morso di cavallo che avrebbero, così, nascosto il decoro rosso-verde della fessura del polsino. Indossava un sobrio completo blu da uomo di squisita fattura italiana, sciancrato in vita ad esaltarne la muscolatura e illuminato da una semplice camicia bianca. La silhouette era completata da un cravattino a strisce bordeaux e avorio4.
“Perfetto...” commentò compiaciuta la stilista obbligandolo a fare un giro su se stesso
“I pantaloni non sono da accorciare?” domandò il soldato
Janet dovette trattenere una risata “Steve... la moda è un po' cambiata negli ultimi decenni... vuoi che ti mostri una foto di Tony da adolescente? Capelli ricci e lunghi, pantaloni a zampa, giubbotto da paninaro...”
“A zampa? Non capisco...” ammise l'uomo mentre Natasha, in paziente attesa lì vicino, alzava gli occhi al cielo.
“Non distruggere così la mia immagine!” strepitò il magnate, intrappolato nella rete di spilli lasciata incustodita dalla donna.
“Non l'hai già demolita tu con la dinamite?” frecciò Pepper.
Janet diede il permesso a Rogers di cambiarsi per potersi concentrare di nuovo su Tony
“Ma perché solo io un supplizio di questo tipo?”
“Tu sei una primadonna... ” commentò la mora
Pubblico, fiori... una torre col tuo nome....” commentò sarcastico anche Rogers prima di scomparire dietro l'angolo
“Sparisci!” ringhiò quello alzando un braccio per enfatizzare il suo ordine.
“Tony!” lo rimproverò Janet “Meno male che non hai tirato i fili o, peggio, strappato qualcosa!” aggiunse dandogli uno scappellotto sulla nuca e raccogliendo gli spilli caduti a terra
“Ma non esisteva un completo rosso già pronto?” domandò lui, seccato.
“No...” rispose quella, le labbra strette a tenere per la capocchia un paio di spilli. “A meno che tu non voglia andare a derubare un pezzo da museo ai magazzini dei costumi di Hollywood... ne saresti capace! Anzi... vuoi che provi a sentire Simon Williams e Marc Spector5 e vedere se uno dei due ha il numero diretto di Robert de Niro? Anzi... aspetta un attimo...” disse estraendo il suo telefono a conchiglia.
“E non potevi evitare di vestirmi così?” domandò ancora “Re per una notte6...”
Lei alzò un dito a zittirlo mentre prendeva la linea “No! Il tuo colore è il rosso, non rompere! L'hai scelto tu!” rispose mentre si rialzava e andava a prendere una cravatta da abbinare al completo “E così, la tua scorta resterà nell'ombra... e poi ho già pronto l'abito di Peps... e non vi mando certo via spaiati!”
“Che seccatrice!” replicò lui.
-..... segretaria di Marc Spector: come posso esserLe utile?-
“Buongiorno signorina... sono Janet Van Dyne... sì... ecco, cercavo Marc...”
-Buon giorno a Lei. Mi dispiace ma non posso esserLe utile. Anzi, se dovesse sentire il mio capo, può cortesemente chiedergli di mettersi in contatto con me? Perché dobbiamo mandare in produzione una ventina di episodi e senza di lui... uff... scusi, non voglio ammorbarla. E' lavoro... e lui sa in che casino mi ficca ogni volta che sparisce così. La prego, Signorina Van Dyne, quando lo sente può cercare di convincere quel folle a rendersi reperibile?-
“A...ehm... sì, ci proverò... in realtà mi serviva il numero di Simmon Williams perché non ce l'ho sotto mano... non è che lei sa...”
-Mi dispiace ma il signor Spector è molto geloso dei suoi contatti e io sono solo una stagista... non saprei da che parte voltarmi per ottenere il numero del signor Williams... mi dispiace-
“Inutile che Le chieda, dunque, quello di Robert de Niro, vero? Beh, la ringrazio e non si preoccupi... la mia era solo una... curiosità... Arrivederci!”
“Niente Re per una notte?” domandò Tony genuinamente sorpreso
“Ritieniti fortunato! Indosserai una creazione esclusiva e non dei cenci usati e riciclati!” commentò la donna con un sorriso trionfante.






1    Non ricordo dove -scusate, scrivere la tesi non mi da il tempo di tornare a cercare i dettagli- Kitty dice di amare la borsa di Emma e, successivamente, è Emma stessa a dirne il marchio e modello. Perché una come lei non può farsi mancare nulla e non può non essere attaccata a oggetti iconici... e come lei anche Janet e Natasha (ma ci torneremo ancora entro pochi capitoli).

2    Douglas Aaron Ramsey, amico d'infanzia di Kitty Pryde, con la capacità psionica sovrumana di capire intuitivamente qualsiasi tipo di comunicazione o di linguaggio con cui viene in contatto: scritto, parlato, umano, animale, alieno. La stessa abilità si estende alla decifrazione immediata di qualsiasi tipo di codice, compresi i programmi linguistici delle intelligenze artificiali, come i computer e lingue morte senza alcuna parentela con idiomi conosciuti.

3    Alludo a Braccialini che non ha mai fatto borse bianche con draghi viola, precisiamo!

4    Ovviamente tutto Gucci. Perché? Perché il caro Chris Evans si è prestato per le pubblicità del marchio. Il minimo è vestirlo (oltre che profumarlo col Guilty) in Gucci Style (uno dei marchi amati da Janet per l'abbigliamento maschile dopo Armani).

5    Rispettivamente sono i Vendicatori Wonder Man e Moon Knight, uno attore l'altro -tra le varie cose- produttore televisivo

6    Il titolo del film di Scorsese dell' 1982. Titolo originale The King of Comedy. Nel film Robert de Niro sfoggia un completo interamente rosso
Entrambi i titoli, comunque, stanno bene con la situazione: colui che la sera della festa avrà tutte le attenzioni, come un re o colui che sembra un clown. Mi piace lasciare alla mente di Tony -versione italiana- la possibilità di scelta.
PS: dimenticavo... ora capite-chi segue la pagina FB- il motivo dell'ultimo disegno postato in cui sia Pepper che Tony sono vestiti di rosso.


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Dunque, questo capitolo si interrompe in modo un po' strano, lo so. In realtà la cesura iniziale era proprio qui ma, nella riscrittura, avevo spostato la fine del capitolo. Solo che, così facendo, raddoppiava la sua lunghezza. Motivo per cui ho spezzato il capitolo e lo proseguirò nel prossimo.
E, sempre nel prossimo ci sarà -finalmente- la ricomparsa di Visione. Con conseguenti, nuovi problemi.
Con il prossimo capitolo verranno forniti alcuni dettagli della sottotrama che conduce tutto il gioco di questa seconda parte della storia. Dettagli già presenti in questo capitolo.
I due Vendicatori nominati e ricercati da Janet, infatti, torneranno nella terza parte. Tenete a mente questo dettaglio (e quanto verrà detto nel prossimo capitolo), provate a rapportarlo con quanto già narrato e avrete il canovaccio di cosa sta succedendo. Simon e Marc, infatti, sono tutt'altro che citazioni casuali anche se, come tanti altri, non saranno che comparse nell'insieme della storia.
Detto questo, preparatevi al prossimo capitolo ;)
e per chi non è ancora pratico di tutti i nomi dell'Universo Marvel, armatevi di blocco degli appunti, perché tornano in scena i mutanti e se ne aggiungono altri a quelli già noti.

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Capitolo 23
*** Padri e figli ***


23. Padri e figli





Quando Rogue e Gambit fecero la loro comparsa nella stanza che si era trasformata in un camerino, trovarono Janet che inseguiva Tony per tutta la stanza, nella speranza di potergli piantare qualche spillo, forbice o ago da lana, direttamente nel sedere. Il tutto a seguito di un commento sprezzante del padrone di casa sulle creazioni sartoriali della donna.
“E per lui cosa hai pensato?” domandò il Capitano, ricomparendo nella sala, senza sconvolgersi da quella schermaglia tra bambini dell'asilo
“Oh, Remy, Marie!” gridacchiò la donna prendendo coscienza della loro presenza. Dimenticò ogni proposito omicida e dedicò, improvvisamente, la propria totale attenzione ai due nuovi venuti. “Ho qualcosa per voi...” li informò andando a rovistare tra le borse che aveva trascinato alla Stark Tower. “Dammi la mano... nuda!” disse a Rogue, tacendo sul nascere ogni sua protesta. Quella le porse il braccio, riluttante, e Janet vi spruzzò sopra un composto da una semplice bomboletta spray. Quindi, senza esitare, le strinse la mano. “Funziona!” esultò “Lo sapevo! Sono un genio!”
“Sei una cretina!” la rimbeccò Tony, riavvicinandosi sicuro di non rischiare più la vita
“Ma cosa vuoi saperne tu, cialtrone! Io sono figlia di un grande scienziato e ne ho pure sposato un altro... ovvio che abbia idee più brillanti delle tue!”
“Che succede di tanto strabiliante?” domandò lui perplesso mentre Rogue si guardava l'arto, esterrefatta.
Janet sventolò una mano in aria, facendo cenno a Tony di tacere “Allora, cosa hai sentito?” Ma Rogue, spaesata, non riuscì a fare altro che continuare a fissarsi la mano “E' semplice lacca per capelli. Non può reggere tutta una serata, forse un paio di strette di mano a far tanto e se vuoi star scoperta dovrai passartelo più volte e di certo non è una sensazione piacevole: è come avere la pelle coperta da uno strato di cemento... ma è una valida alternativa, almeno in estate, al morire di caldo. Possiamo studiare qualcosa di simile in modo che crei una rete di polimeri che ti protegga ma che al contempo lasci respirare la pelle... Certo non lo puoi ingerire... il che vuol dire che per le cose più importanti siamo a un punto morto...” continuava a ciarlare la donna.
“Io...” balbettò la mutante confusa senza seguirla “...non … Grazie... davvero...” disse commossa “Non so che dire...” scosse la testa, incapace di accettare quanto era appena successo
“Non c'è di che... tieni... Ma fa attenzione a coprire tutto, Sigfrida! Quanto a te, Brunildo...” continuò guardando Gambit “Spogliati un po' che devo prenderti le misure per essere sicura di procurarti l'abito giusto!”
“Oh... un LeBeau non si tira mai indietro a un simile invito da parte di una così graziosa mademoiselle” disse sorridente levandosi la giacca di pelle da motociclista
“Galante di un LeBeau... ma io sono una donna sposata!” replicò Janet facendogli l'occhiolino, complice del gioco.
“Posso sapere che colori hai intenzioni di abbinarmi?” domandò lui, senza perdere il suo sorriso
“Il mood è esattamente il negativo della tua compagna anche se -ovviamente- i colori saranno riposizionati in un codice più classico: completo blu con collo a scialle. Riempirò il bavero di paillettes in modo che tu possa usarle, all'occorrenza, come armi. Camicia bianca e cravatta rosa...” aggiunse lei facendogli l'occhiolino
“Audace” valutò il francese
“Da checca quale sei, frociosissimo francese!” replicò Henry Pym facendo il suo ingresso nella sala gremita e strappando all'interessato un'espressione stupita e compiaciuta al contempo
♪ Dude looks like a lady1cinguettò Deadpool.
“E spero che tu lo sia o ti spacco il muso. E tu...” sibilò, quindi, a Janet.
Gambit tralasciò il fatto che Henry se la stesse per prendere con la moglie e, rispondendo a tono a Wade, continuò, in falsetto e col birignao, commentando al contempo l'infelice uscita dello scienziato “Sì, sono decisamente molto gaio per essere in questa squadra di super-machi... Janet, ma chere... posso venire a dormire da te, stanotte, così ci aggiorniamo con calma mentre ci facciamo la manicure? E magari studiamo se non sia il caso di farmi crescere di nuovo la barba... così da depistare certi mal pensanti...” disse ghignando divertito “Amo il rosa...”
“Oh! Finalmente qualcuno che capisce qualcosa! Non sopporto questo pregiudizio nei riguardi del rosa: originariamente era un colore maschile” replicò divertita, ma -in fondo- irritata, la stilista2
“...E sono innocuo come una mosca...” aggiunse con un ghigno, rivolto a Henry
“E altrettanto fastidioso...” replicò Rogue mentre Janet tratteneva una risata
“Credo che qualcuno qui possa essere gelosa” replicò la mora, ignorando palesemente il marito e lanciando occhiate oblique a Rogue
“Fa che cavolo vuoi ma non credo sia saggio dare tanto spago a una piovra del genere...” rispose la mutante, celando abilmente il fatto che Janet l'avesse colpita e affondata
“Janet!” Henry quasi urlò per richiamare l'attenzione della donna
Don't touch this3! continuò Wade, ballando sul posto
“Ti stavo parlando!”continuò Henry, spazientito
“Che vuoi?” replicò lei seccata
Forse era la presenza di tutti quegli estranei a darle tanta sicurezza e a scombussolare lui, fatto sta che Henry proprio non si aspettava una simile reazione altera e rimase confuso qualche istante prima di poter replicare con qualcosa di sensato “Azzardati solo a proporre a me una porcheria simile...” minacciò riferendosi al completo di Gambit
“Tu verrai col tuo toni4 arancione. O ti arrangi a trovarti qualcosa di decente da metterti” replicò piccata la donna “Cosa sei venuto a fare? Sto lavorando... se dovevi solo dirmi questo potevi lasciarmi un appunto con le indicazioni del caso, come fai sempre.”
“Sono venuto a controllare...” rispose lui ritrovando la sua sicurezza e per nulla a disagio nel mostrare la sua gelosia
“Te la sprango quella porta, appena la trovo!” sbraitò Stark, ancora ridotto a un puntaspilli. “Non ti voglio in casa mia appena ti salta il matto. Neanche Janet, se è per quello. Almeno in quello siete pari...”
“Non sono venuto per te!” ribatté lo scienziato
“Se cerchi Robin Hood, come ho già detto alla tua degna compagna, se n'è andato e chissà quando tornerà” lo informò Tony
“Andato? Come mai?” domandò Henry, palesemente sollevato
“Per Yelena Belova” Lo anticipò Natasha: i coniugi Pym sapevano della cotta dell'arciere per quell'infermiera ma non sapevano che quella fosse la sua copertura. Pregò che gli altri Vendicatori capissero.
E quando Tony cercò di rettificare, un'occhiataccia di Pepper lo fece desistere. Quindi dirottò su un altro argomento “Tornatene a sistemare il casino di Visione!”
“Ho già fatto! Sono un genio, io!” replicò Pym con orgoglio.
“Ci hai messo più di quanto c'avrei messo io...” ribatté Tony
“Oh, giusto, scusa... ma sai... io ho dei doveri coniugali a cui assolvere la notte, a differenza di un verginello come te!” frecciò lo scienziato facendo arrossire d'imbarazzo sia il suo interlocutore che le due donne tirate implicitamente in ballo in quel discorso “Il mio problema è proprio Visione... per quello cercavo Janet...”
“Che succede, ancora?” domandò la donna, rassegnata, finendo di prendere la lunghezza del pantalone di Tony
“Lo vedrai da te! Visione?” chiamò Henry e, sotto gli occhi esterrefatti dei Vendicatori, il sintezoide avanzò nella sala. Tony stava già per sproloquiare qualcosa circa il fatto che la sua torre non era un albergo ma il collega lo zittì malamente. “Non vuole saperne di indossare vestiti...”
Visione era drasticamente cambiato nel giro di pochi giorni: quella che era sembrata una tuta integrale nero metallico ora appariva come semplice acciaio satinato e anche il volto, un'inquietante maschera rosso sangue, si era fatto emaciato e argenteo quasi fosse passato per una cascata di metallo fuso, emergendone indenne e rinnovato.
“E questo da dove salta fuori?” strabuzzò Tony “Sono ancora incazzato con te perché quella dannata marmocchia -improbabile figlia di Fury- ha strigliato me per colpa dei tuoi giochini... e ora questo?” sbottò, il suo nervosismo accentuato dal fatto di non potersi muovere avendo Janet, letteralmente, tra i piedi.
Ma Henry non lo badava più e, quasi fosse la prima volta, introdusse il sintezoide alla moglie “Rifiuta di vestirsi!”
-Non c'è motivo per cui dovrei- replicò Visione sentendosi chiamato in causa
“Decenza! C'è bisogno di decenza! Ti pare che noi andiamo in giro in mutande o, peggio, con le mutande sopra i pantaloni? Copriti, santoddio!” sbottò lo scienziato, ormai prossimo all'esaurimento nervoso.
-Il Suo è un ragionamento illogico. Gli indumenti, secondo la teorizzazione di Flügel, servono agli esseri umani per sopperire tre bisogni primari: protezione, pudore ed esibizionismo. Nessuno dei quali può concernere me, un'intelligenza sintetica ed artificiale.-
“Ecco... lo vedi?” sbottò lo Henry, pinzandosi la base del naso, esasperato.
“E' questo che intendi per sistemare i casini?” domandò sarcastico Stark
“Beh, almeno gli ho messo i blocchi di controllo. Chiunque l'abbia progettato ha evitato di installargli le quattro leggi della robotica5...”
“Visione, ti prego...” cominciò Janet con dolcezza, scansando da parte il marito “Quello che dici ha perfettamente senso. E'... logico. Ma, vedi... tu ti relazioni agli esseri umani e la tua... nudità ci mette comunque in imbarazzo...”
-Non mi risulta che ricopriate i vostri dispositivi elettronici per pudore. Per vanità lo fate coi telefoni e coi personal computer, gli strumenti che usate più comunemente e che potete considerare, a buon diritto, una vostra appendice. Ma io sono più simile al cervello di una centrale nucleare che a un gadget tecnologico...-
“Ma hai un aspetto umano...” aggiunse lei avvicinandosi e stabilendo un contatto fisico con l'androide che abbassò momentaneamente lo sguardo per studiare quel comportamento.
-Neuroni specchio... capisco...- sillabò asciutto il robot
“Più o meno... Quindi... ecco, per una pacifica coesistenza.. posso chiederti di coprirti?”
-Il tuo ragionamento è logico. Posso accettare la richiesta.- Così dicendo modificò ulteriormente le proprie fattezze e la sua figura apparve coperta da un paio di semplici pantaloni e una maglia a maniche lunghe. Tutto sui toni del bianco ghiaccio. All'ultimo, modificò anche i tratti somatici e attribuì loro un colorito e una struttura più umani (anche se sempre emaciati, quasi albini).
Janet, però, non parve soddisfatta. Labbra arricciate, sopracciglio corrugato e testa inclinata di lato osservava il sintezoide nel suo insieme “Perché tutto bianco? Il nero che avevi prima non andava bene?”
-Il mio nome è Visione. E' logico aspettarsi che lo sembri: spettrale, sovrannaturale... e gli esseri umani di questa parte del globo associano queste proprietà al colore bianco...-
“E' inutile discuterci!” sbuffò Pym roteando gli occhi al cielo. “E poi così non sei vestito!”
-Ma lo sembro...- replicò Visione
“Ok, ok, chiaro!” Intervenne Janet a sedare gli animi “Henry tientelo così ancora per un po'... provvederò a reperire degli abiti bianchi per il nostro nuovo amico... va bene? Mi sembra un buon compromesso..”
Quello fece spallucce e, dopo aver schioccato le dita, si fece seguire dal sintezoide verso i laboratori.
“Ecco, bravo, fila lontano dalla mia torre e non metterci più piede finché non avrai recuperato tutta la memoria di Visione, cretino!”
Pym, però, non calcolò minimamente l'amico e, senza replicare, se ne tornò da dov'era venuto.

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“Allora, Charles... un altro dei tuoi preziosi X-men si allontana... non sei triste?” domandò l'uomo dai capelli brizzolati mentre un taxi si allontanava nel sole del tramonto dalla tenuta di Westchester.
“Un padre sa quando deve lasciar andare i propri piccoli e quando è tempo di lasciar loro un po' di spazio per orizzontarsi e riscoprirsi... Certo che mi dispiace ma volerli tenere sempre con me... è un desiderio così egoistico...”
“Invidio e detesto questo tuo aplomb così britannico che hai sempre e comunque...”
“Non devi, non sono così immacolato...”
“Beh, mettiamola così, vorrei avere un po' del tuo carisma... o almeno un po' della tua pazienza” replicò mentre faceva girare la carrozzina su se stessa e la sospingeva verso la villa
“Mi prendi in giro? Guarda quello che stai facendo a Genosha...”
“Genosha... che schifo...devo trovargli assolutamente un nuovo nome... questo è così pregno di razzismo anitmutante...”
“Potresti ribattezzarlo... non so...la Terra M”
“Terra M? Ma cosa hai bevuto stamattina?”
“E' un giochetto linguistico che ho adottato con i miei X-men. La X delle incognite, del dieci, di Xavier, del punto dove scavare... potrei andare avanti a lungo... E... M potrebbe stare per Magneto, mutanti, mille... meraviglie! Pensaci... ma dicevi...?”
Erik continuò a guardar storto l'amico per un pezzo prima di rispondergli, sconvolto da quanto risultasse contorta la mente del telepate: erano stati separati e si erano lottati per troppo tempo e, ora che cercavano di ricucire i rapporti, si trovava ad avere a che fare con un pazzo scatenato, tutte ideologie e sogni più astrusi di quelli che lo animavano in gioventù “Santo cielo... Regna l'anarchia e cade già a pezzi! Non è molto meglio di quando c'erano gli umani a schiavizzarci. Di buono c'è solo che abbiamo estirpato le loro torture e i loro giochi... Onestamente, e so che la pensi diversamente, mi dispiace solo che i due ideatori del loro reality più crudo e gettonato siano riusciti a scapparmi6...saranno fuggiti in Argentina, come i nazisti...” sbottò Erik esasperato
“Mettila così... almeno gli umani hanno smesso di chiamarci Geneschifo. Genosha dev'essere l'esempio di coesistenza tra le due specie, dobbiamo riuscire a portarlo a esempio al resto del mondo, in modo che non ci temano...”
“Non so, Charles... tutta questa storia continua a convincermi poco. L'hai detto tu che siamo il prossimo passo dell'evoluzione...perché attendere che la Natura faccia il suo corso? Perché convivere con gli umani? Non potremmo solo creare uno stato solo per mutanti?”
“Hai mai pensato che potremmo essere un vicolo cieco evolutivo? La storia è piena di evoluzioni inconcludenti... e non possiamo separarci dal resto dell'umanità. Allo stesso modo di come non l'hanno fatto i Down, gli albini o i portatori di qualunque sindrome... Un rischio sarebbe di vederci, in futuro, divisi per motivi religiosi...pensaci...”
Erik grugnì: effettivamente il collega aveva ragione ma gli risultava ancora difficile doversi sporcare le mani insieme agli e per gli umani “Fatto sta che non condivido la tua cosa dei piselli e di Mendel...7
Xavier trattenne un sorriso “E' un modello scientifico... il tuo no! E, come in tutte le cose ci vogliono regole e rigore, Erik”
L'altro sbuffò indispettito “Beh... Ammetto che avevi ragione. La libertà ha bisogno di regole per essere realmente tale...”
La mia libertà finisce dove comincia quella altrui...” ricordò Xavier
“Già... non si può solo contestare. Ora capisco cosa dicevi quando parlavi di mediazione... E ho capito a mie spese che anche il motto non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te non è un principio universale come credevo. E questo rientra tra le gatte da pelare che si becca chi comanda. Imporre le regole per la pacifica convivenza...” disse con sarcasmo “Mai avrei pensato di … ok, lo ammetto... per cercare di fare del mio meglio mi sono ispirato a te!”
“Mi sento onorato..” ribatté il professore stupefatto
“Anche amministrare il potere, come i soldi...”
“Corrompe?”
“E' complicato! Dannatamente complicato! Preferirei fosse qualcun'altro a sbrigare tutto... mi sento un perdente. E forse non sto facendo proprio bene a sfogarmi con te...”
Xavier sorrise “Devi solo prenderci la mano... credi che fosse facile quando ho cominciato?”
“Tu sei sempre stato più... come dire... preciso, metodico, ordinato...britannico. Se è stato difficile per te, immagina il casino che c'è a Genosha nell'area amministrativa. Come contestatori eravamo fenomenali ma...”
“Anche come delinquenti...” precisò l'altro sogghignando nel vedere la reazione dell'amico
“Allo scontro pratico con la realtà è stato il caos. Tutti si sentivano in diritto di criticare tutto, proporre soluzioni impraticabili. Avevi ragione ancora una volta. Le cose vanno lasciate fare a chi le sa fare. Hai presente i vecchi che, sul bordo della strada, commentano i lavori in corso e il livellamento delle pareti quando non hanno una bolla in mano?”
“Ti sei dato all'edilizia?”
“Ho imparato anche questo... Beh, il succo è che, finché non ci sei dentro, non capisci. E anche quando ci sei, con l'acqua alla gola, è inutile che chi non sa ti dica cosa fare...”
“Nervoso?”
“Frustrato!” precisò lui “Riceviamo critiche di ogni tipo quando abbiamo problemi molto più elementari... basilari! Logistici e amministrativi... Sai? A volte mi sembra di cercare di spiegare metafisica alle formiche...”
“Conosco la sensazione” Sorrise Xavier
“Inoltre, come padre mi sento un fallito. Tutto preso a combattere te, il sistema, i politici, la ristrettezza mentale degli umani... non mi sono accorto che i miei figli avevano dei problemi...”
“Cos'è successo?” si allarmò il professore voltandosi sulla carrozzina che l'amico spingeva pigramente sul lungo selciato che separava la villa dalla strada principale.
Erik sospirò, riottoso nel confessare quel suo particolare errore “Pietro è un anarchico sovversivo. Necessiterebbe di aiuto psicologico. A corollario di tutto ciò si accompagna a vandali del calibro di Omega Kid, Avalanche e Pyro. Wanda, invece... beh...”alitò passandosi una mano sul volto per cacciare il nervosismo “Sono mesi che se n'è andata da Genosha...” scosse la testa afflitto “La mia assenza mi ha reso cieco ai suoi problemi e alle prese in giro che gli altri ragazzi le lanciavano... dicevano che facesse il malocchio. Io sospetto sia solo in grado di manipolare le probabilità degli eventi a proprio favore e a discapito degli altri... Comunque, alla fine, per colpa mia, è mezza ammattita8 ed è finita in cattive compagnie... Perché ridi?”
“Attento che così confermi gli studi secondo cui noi uomini accorreremmo solo a comando, anche perché ci mancherebbe la giusta dose di ossitocina per renderci capaci dell'accudimento parentale in cui son tanto brave le donne9... Ti sei mai dimenticato Pietro in macchina in piena estate?”
“Non sei spiritoso! Tu quanti figli prodigiosi hai avuto?”
“Volevo farti sorridere... io sono quello che meno di tutti può criticarti. Tu almeno c'hai provato a tirar su i ragazzi...” cercò di rincuorarlo seppur con rammarico per la propria condotta: lui aveva scoperto di avere un figlio anni dopo la sua nascita. La sua amica ed ex-moglie si era sobbarcata l'onere della gravidanza e della crescita del giovane. Gli aveva chiesto aiuto solo nel momento in cui si erano manifestati i poteri incontrollabili del ragazzo e tutto ciò che lui aveva saputo fare era stato sigillare la mente del ragazzo già rinchiuso in una cella imbottita e in isolamento. La via più semplice, l'uso della forza a dispetto del dialogo e della comprensione che predicava nella sua scuola. Aiutare gli altri, da esterni, è molto più facile di quando la situazione ci riguarda in prima persona: che poteva saperne lui dei tentativi maldestri di un padre di crescere i suoi figli? “Ma dicevi di Wanda... In che giri è finita?”
“Prometti di non ridere?”
“Prometto”
“Si è data a quei circoli Wiccan... Magia e stregoneria. E vista l'indole del fratello non vorrei che si buttasse a fare anche sacrifici umani... Da me, poi, non ha avuto proprio un bell'esempio sul rispetto della vita altrui... nonostante il mio passato!”
“Abbiamo avuto anche noi un problema simile...” lo consolò Xavier, rammaricato “La sorella di uno dei nostri... Colosso, te lo ricordi?”
“Sì sì, il bestione gay d'acciaio organico scampato alle retate omofobe di Putin...”
“La ragazza non è una mutante -non ancora, per lo meno- e non abbiamo potuto fare nulla. A parte parlarle. Kitty sembra aver fallito nell'impresa anche se erano molto amiche. L'unica cosa che ha preso da noi è stata quella di darsi un nome in codice: Magik, ti rendi conto? Beh, il fratello dice che era arrivata al punto di rubare libri di stregoneria dalle biblioteche...”
“Perché, ci trovi pure 'sta robaccia?” commentò perplesso il signore del magnetismo
“Nelle biblioteche umanistiche, sì. E non sto scherzando10. Sì è anche fatta raccontare dal nostro Cajun le tecniche woodoo che si praticano a New Orleans e non per una ricerca folkloristica: pare cercasse di evocare i demoni...”
“Benone, allegria!”
“Erik... Vuoi che provi a rintracciare Wanda con Cerebro?” si offrì qualche minuto dopo, quando il silenzio era caduto tra i due, sovrastato dal crepitare del ghiaino sotto le ruote della carrozzina.
“Lo faresti davvero?”
“Se può aiutarti a tranquillizzarti...”
“Sei un amico...” sorrise, commosso, il signore del magnetismo.
“E di Lorna11 cosa mi racconti? Mi sembrava che avesse ereditato i tuoi poteri...”
“Ah...” sospirò l'altro sospingendo la carrozzina “Sì... bel fallimento anche lì. Lorna si rifiuta di usare i suoi poteri se non per trastullarsi. Piccoli trucchetti, leggera levitazione... Quella più simile a me rifiuta di potenziare la sua diversità, nella speranza di passare per umana. Ti rendi conto del paradosso? Ho fallito su tutta la linea. Non bastasse... è fuggita di casa... ma questo dovresti saperlo...”
“Perché?” domandò il paraplegico sinceramente stupito
“Mi prendi in giro?” sbottò il Erik. Vedendo l'aria smarrita dell'amico sbuffò “E' scappata e si è sposata col fratello di uno dei tuoi...”
“Nessuno dei miei ragazzi si è sposato alla chetichella!” lo rimbeccò l'altro “Credo proprio lo saprei...”
“Allora vuol dire che a stare con una telepate Scott Summers ha imparato qualcosa...”
“Scott?” domandò Charles cercando di far mente locale “Effettivamente... Alex se n'è andato infuriato quando ha scoperto di essere un mutante... ma santo cielo... ha a mala pena diciott'anni! Non credo proprio...”
“E Lorna ne ha sedici...” alitò l'altro. “Mi ha mandato una bella cartolina da Nazca... una col pallino dell'archeologia e uno con quello della geologia... quale luogo più indicato per la luna di miele? Almeno non sono appassionati ufologi o sospetterei tentino di farsi rapire... E allora, se i predoni li rapissero, se la sarebbero cercata!”
“Erik!” lo richiamò l'amico per poi addolcire la voce “Sono due bravi ragazzi... Certo... chi l'avrebbe mai detto che ci avrebbe unito prima un matrimonio di qualche catastrofe galattica” chiamò piano l'amico, dopo aver meditato a lungo
“Non c'è nulla da ridere, pelato!” lo zittì l'altro “Sono due bambini!”
“Erik...” lo chiamò ancora, questa volta con dolcezza
“Dimmi tutto, Charles..” sbuffò l'altro
“Ho un favore da chiederti...” disse voltandosi dalla sua posizione
“A me? Sei in vena di scherzi?” sbottò l'altro di rimando
“No... ascolta: tu dici di aver bisogno di qualcuno che sappia gestire la baracca...”
“Sì... una persona seria e affidabile... come tutti i tuoi X-men...” si rammaricò quello
“E visto questo precedente di Lorna e Alex... Scott. Portalo con te. Ha bisogno di cambiare aria” gli disse solo lasciando l'altro perplesso
“Vuoi che mi prenda il migliore dei tuoi pupilli? Vuoi che lo contamini coi miei metodi? Seriamente, Charles, la mancanza di capelli lascia penetrare troppe radiazioni in quel tuo supercervello”
Xavier ridacchiò “Sono serissimo. Scott non è più lo stesso da quando Jean se n'è andata. Ha bisogno di cambiare aria. Noi non possiamo contare su di lui: è depresso e inaffidabile. Magari potrebbe rendersi utile dietro una scrivania, a ragionare e prendere decisioni oggettive. Un luogo calmo, diverso, dove non ci sia l'urgenza degli allarmi mutanti. Io qui ho dei ragazzi da educare al loro potenziale. E ho bisogno di validi esempi...”
“Ah beh, il tappetto artigliato è il migliore in quello che fa...” lo canzonò Magneto, ritenendo Logan il peggiore esempio possibile da dare a dei mocciosi
“In questo momento è migliore di Scott.” si rammaricò il telepate “Lo prenderai con te?”
“Sei sicuro?”
“Sicurissimo!”
“Non so quanto potremo andare d'accordo, io e il quaterback W.A.S.P.12 degli X-men...”
“Fai un tentativo... e non come padre, ma come collega. Anche perché ormai è di famiglia... dovrete pur imparare a non ammazzarvi il giorno del Ringraziamento”
“Si può fare... ma non voglio che indossi quell'orrenda uniforme nera. E' una cosa di cui dovremmo parlare, Charles, il tuo pessimo senso estetico. Sottolineato dalla tua pelata... Insomma. Ci odiano già e tu mandi per le strade un esercito di ragazzi in nero? Con una croce gialla cucita sul petto? E' quanto meno di cattivo gusto!”
“Trovi che siano lugubri?”
“Dei becchini!”
“Mmm … ci penserò... ma anche la croce non ti piace?”
“Sai come la penso con i simboli gialli cuciti sulla giacca...”
“Appunto! Pensavo fosse una cosa carina!”
“E' macabra e offensiva! In più, li ghettizza ulteriormente.”
“Non trovo che sia offensivo andare orgogliosi del proprio retaggio. I mutanti sono scacciati e disprezzati. Perché essere vittime se possiamo fare di questa nostra peculiarità un punto d'orgoglio?”
“Per non facilitare i rastrellamenti agli umani. E' passato mezzo secolo ma l'umanità non è cambiata. E non cambierà mai. E' dai tempi antichi che i gruppi che salgono al potere schiacciano i minori con le persecuzioni e distorcendo l'informazione. Devo farti degli esempi? La storia è piena di genocidi più atroci di quello perpetrato dai nazisti. E tu vuoi mettere una bella freccia ai tuoi ragazzi, indicandoli come bersaglio? Sei pazzo e masochista! E loro con te!”
“Noi non cerchiamo lo scontro ma la pacifica convivenza. Mostrare loro la nostra vulnerabilità, manifestare apertamente la nostra diversità non può che essere un segno di disponibilità al dialogo. Non ci nascondiamo. E non per arroganza ma quasi a dire ci offriamo a voi, veniamo in pace.
“Ha un sapore cristologico...” replicò Erik arricciando le labbra e riprendendo a spingere la carrozzina
“E' inutile che ci provi, non ti dirò mai se e a quale culto faccio riferimento. Deicida!” lo canzonò l'altro
“Ancora? Ne abbiamo già parlato!”
“Ti prendevo in giro... E comunque, di queste cose, ne hai parlato con Henry, non con me. E' lui che si diletta in studi umanistici. Voi e le vostre traduzioni... Sapete essere snervanti!”
“Comunque...” disse l'altro cambiando argomento “Con la tua super intelligenza dovresti fare qualcosa per questo catorcio di due ruote... “ svicolò l'altro, per niente in vena di continuare con discorsi pesanti “Sai, pimparla come fanno con le auto... un bel turbo o la nitro, un navigatore, il cruise control...cosette simili, così che nessuno debba più spingerti. Magari aggiungi anche un paio di neon per la visibilità e delle casse potenti... ah no, quelle non ti servono, per farti sentire...”
“Ci penserò” replicò il pelato, sorridendo.








1    Aerosmith, Permanent Vacation, 5. Dude (Looks Like a Lady)

2    Il rosa, infatti, è un attenuazione del colore virile e marziale per eccellenza: il rosso. Il blu (solitamente stellato), invece, era per eccellenza il colore delle dee del matrimonio della casa, etc: Venere, Ishtar, Maria... Essendo una evoluzione dell'altra è normale che anche la simbologia ad esse associate sia rimasta la medesima. Ed ecco che alle bambine, un tempo, veniva messo un'attenuazione “fiocco blu”: l'azzurro (ma la tradizione del fiocco e del ribaltamento dei colori è una cosa recente, proprio come il bianco dell'abito da sposa).

3    MC Hammer, Please Hammer Don't Hurt Em, 2. U can't touch this

4    Per chi non lo sapesse, nome popolare della tuta da lavoro.

5    Leggi enunciate da Asimov e riprese poi da tutti gli scienziati che si occupano di robotica. In realtà, comunemente, si parla di 3 leggi che diventano 4 aggiungendo la legge 0 davanti a tutte:
0. Un robot non può recare danno all'umanità, né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, l'umanità riceva danno
1. Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno.
2. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge.
3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge.

6    Riprendo la versione Ultimate, dove Mojo è un grassone albino che comanda la popolazione genoshana lavandogli il cervello tramite i media (mi ricorda qualcuno) e proponendo 24h un reality -Mondo Assassino- basato sul massacro dei concorrenti -ovviamente mutanti- ideato dal pazzo Arcade.
Nella realtà dell'universo canonico:
- Genosha è un'isola comandata da umani che vivono nel benessere assoluto e dove i mutanti sono obbligati a lavori di ogni tipo, in modo da sfruttare a pieno i singoli poteri. Ad esempio, chi emette luce o fuoco o energia è legato a macchine che ne convertono il potere in elettricità fruibile da tutti. Il trattamento disumano a cui vengono sottoposti, e a cui gli umani non fanno caso (non per cattiveria ma per semplice ignoranza, convinti che i mutanti vengano effettivamente trattati bene come vuole la propaganda), li priva del corpo (l'accoppiamento avviene in laboratorio) e delle case, sostituite da dormitori comuni.
- Mojo è un invertebrato di un'altra galassia che si sposta su un trabiccolo aracnoforme e che domina il mojoverso -appunto- comandando i media, i suoi nemici sono emittenti pirata che cercano di guadagnarsi fette di Share e i partecipanti al reality sono i vertebrati, per lo più antropomorfi.
- Arcade, invece, è semplicemente un pazzo sadico che cerca di ingabbiare le sue vittime in queste realtà più o meno virtuali e gode del loro massacro (una via di mezzo tra Saw, l'enigmista e Hunger Games). Recentemente, infatti, in Avengers Arena, l'idea è stata proprio questa. L'ennesima trovata di Mondo Assassino (il gioco di Arcade) è stata di mettere gli uni contro gli altri giovani reclute dei vendicatori in un mix tra HG, Battle Royale e il più classico, in fondo, Mondo Assassino.

7    Si tratta di biologia elementare, più o meno come funziona coi gruppi sanguigni (e userò questi per fare l'esempio). Se il gene mutante è recessivo (come lo 0 del sangue) non è detto che da 2 mutanti nascano mutanti. Infatti Graydon Creed è un umano e suo fratello un mutante.
Partendo da una coppia A0 + B0 (o A0+A0 o B0+B0) abbiamo il 25% di possibilità che il figlio di questa coppia sia 0 (mutante) 25% umano (AB, AA o BB a seconda dei casi presi in esame) e ben il 50% che siano portatori (A0 o B0).
Il gruppo sanguigno 0 è un po' come il capello biondo e l'occhio azzurro: sono caratteri recessivi e devono avere una netta predominanza per emergere.
Quindi l'umanità sarebbe già mutante per metà perché per avere figli mutanti, i genitori dovrebbero essere entrambi portatori. Qual è il confine tra una cosa e l'altra? È questo il dilemma che sottende a tutte le avventure degli X-Men e che, a un certo punto, fa impazzire anche le Sentinelle preposte a dar loro la caccia. Ma su questo ci torneremo.

8    Wanda è definita DA TUTTI, pazza e instabile. Non ha mai avuto pieno controllo del suo potere di alterare la realtà e ha sterminato i mutanti, riducendoli a un paio di centinaia in tutto il globo.

9    Si tratta di studi scientifici. A riprova son riuscita a recuperare solo quest'articolo -sui topi, il cui cervello cmq è molto simile al nostro- 

10    E nemmeno io: la biblioteca universitaria della mia prima laurea era piena di testi esoterici, trattati alchemici, dizionari di magia e quant'altro. ♥

11    A seconda di come gira Lorna è o non è figlia di Magneto (e ha pure una sorellastra nella Terra Selvaggia). Noi facciamo finta che sia figlia sua, ok? Anche perché in House of M, Lorna compare tra la famiglia reale. ù_ù Anche riguardo i suoi poteri ho fatto un mix: perché nella versione canon li usa tranquillamente ma in altre versioni ne ha disgusto... Stessa cosa vale per Alex.

12    Qui inteso come White-Anglo-Saxon-Protestant... insomma i borghesi americani.


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Ok, scusate per questa seconda parte un po'... povera. Era un botta e risposta tra i due e mi sembrava pesante aggiungere troppe descrizioni dopo ogni dialogo. Spero sia stato chiaro lo stesso (se c'è una cosa che odio è quando i fan-writer scrivono botte e risposte e non si capisce chi parla. Ma è vero specialmente per i gruppi)
Dunque... Avete cominciato a capire cosa sta succedendo? No? Niente paura, prima o poi spiegherò tutto. :D e prima di quanto pensiate, per vostra fortuna.
Prevengo le vostre domande e, sì, Terra M si rifà sia ad House of M che a Terra X.
Quanto alle diatribe teologiche, Charles ed Erik sono quel tipo d'uomo che fanno discorsi filosofici e, in effetti, hanno avuto più volte discussioni sul culto del pelato che però non si è mai sbilanciato al riguardo. In alternativa, facciamo pure che sia adepto del culto della chiesa Vattelapesca degli Shi'ar ;)

Spero anche non ne abbiate avuto a male che ho rielaborato Visione (il fatto che io lo spacci per 'umano'. Che poi, alla faccia della pretesa plausibilità dei film, Bucky ne “Il soldato d'Inverno” è stato conciato come un imbecille: il costume è perfetto...ma perché il bavaglio????). La vicenda che lo vede coinvolto, comunque, è stata effettivamente pubblicata (in modo diverso, ovviamente) negli originali degli anni '70.

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Capitolo 24
*** Odore di guai ***


24. Odore di guai






Il gran giorno era arrivato. Meno di dodici ore li separavano dall'evento mondano che avrebbe potuto mettere tutti in pericolo, visti i precedenti recenti di cui era stato protagonista Tony Stark, che ora li ospitava tutti, gentilmente, nella sua torre. Se non l'avesse conosciuto bene, Natasha avrebbe quasi sospettato che avesse paura e volesse circondarsi di superumani per proteggersi. Strano, pensò, che lei si facesse coinvolgere così tanto dalla paranoia altrui: ricordava bene come avevano reagito diversamente lei e Tony. Era stato lui, per primo, a ipotizzare un qualche pericolo, venendo poi sopraffatto dalla voglia di fuga da un evento noioso e straziante, mentre lei gli aveva suggerito di approfittarne per ritagliarsi, con Pepper, un momento da coppia qual'erano.
Era davvero strano. Avrebbe dovuto prenderla più sul serio, quella dannata nota rossa. Ma voleva farlo? Voleva davvero preoccuparsene? Un tempo sarebbe stata una macchia indelebile nel proprio CV. Ora, anche grazie a Clint, si sentiva più umana. E l'averla voluta sradicare le sembrava quasi un segno del suo triste destino di super agente, freddo e controllato. Sull'Helicarrier il suo partner era stato particolarmente freddo a quel suo annuncio e lei sapeva bene perché: era stata ammonita per colpa di Stark e non sua e voleva sbarazzarsene come un inutile orpello laddove lui intravedeva un avvicinamento tra loro.
Caro, gentile e stupido Clint...
Avrebbe dovuto rimediare al più presto ed evitare di farsi prendere dai sentimentalismi. Già... avrebbe dovuto... ma ci avrebbe pensato un altro giorno, passata questa dannata festa che le stava succhiando le energie.
Dietro una curva, in lontananza, si stagliò improvvisa e maestosa la guglia bianca dell'immensa struttura verso cui erano diretti: il Triskelion, grande quasi quanto tutta Manhattan, sembrava la perfetta simbiosi tra un'opera architettonica e un organismo vivente.
A ben vedere, si giustificò, aveva ragione a essersi fatta sospettosa. Non solo non era chiaro perché fosse stato convocato un gruppo tanto eterogeneo (in fondo i Pym erano degli scienziati. Al soldo dello S.H.I.E.L.D. ma sempre scienziati) ma c'erano dettagli che faticavano ad affiorare alla sua memoria, forse vittime di uno dei tanti ricondizionamenti mentali di cui era stata vittima nel corso dei decenni. Tanto per cominciare, il logo del biglietto di invito, il drago alato rosso che stringe nelle sue spire un globo stellato. le sembrava familiare ma non apparteneva ad alcuna agenzia governativa. Perché lo S.H.I.E.L.D, o il governo, avrebbero dovuto delegare a terzi?
E ancora. Poteva essere una bella cosa riunire in un'unica struttura tutti i superumani (anche se i mutanti ne sarebbero stati esclusi ancora una volta) ma perché invitare loro, che erano stati messi insieme direttamente da Fury e quindi avrebbero dovuto rappresentare quanto di più distante dai vertici che sponsorizzavano l'evento.
Che fosse una scusa ufficiosa per riunire un numero sufficiente di agenti per farli fuori? Era plausibile? Loro che avevano affrontato i Chitauri uscendone illesi? Non sapeva cosa pensare e odiava avere troppe variabili nelle sue equazioni.
A tranquillizzarla c'era il pensiero che, almeno, il percorso delle auto era stato studiato nei minimi dettagli così come il posizionamento delle armi in sala: mancavano solo i tocchi finali.
E mentre si avvicinavano, lei e Steve (avevano preso il comando della squadra insieme e insieme svolgevano le parti cruciali) cominciarono a istruire ancora una volta Kurt su come agire. Parcheggiarono l'auto dai vetri oscurati il più vicino possibile all'ingresso e si diressero a passo sicuro verso l'entrata: avrebbero distolto l'attenzione degli addetti all'allestimento e alla sicurezza, permettendo al mutante di teleportarsi all'interno e sbrigare il suo compito indisturbato.
“Agenti Federali” si annunciò la spia, sventolando troppo rapidamente il suo documento davanti agli occhi bovini del sergente panzone che sostava, svogliatamente, all'ingresso della struttura. “Siamo qui per effettuare un sopralluogo in vista dell'evento di questa sera.”
“Federali, eh?” raspò dubbioso quello grattandosi la guancia coperta da una fitta barba ispida.
“L'agente Derek Khanata è un collega. Se non mi crede lo mandi a chiamare...” disse sicura la donna, incrociando le braccia al petto. Ma quello, che non aveva voglia di rogne e tanto meno aveva la benché minima voglia di lavorare -quindi di controllare- li lasciò passare senza indagare ulteriormente. “Saggio...” ghignò la rossa “Come diceva Stark: se anche non fossimo stati chi dicevamo di essere, potevamo procurarci dei documenti falsi e fregarlo comunque. E non ti prendi la briga di imbrogliare se non sei più che sicuro di fare un lavoro eccellente che anche il migliore avrebbe problemi a smascherare...”commentò rivolta al compagno di squadra mentre scivolavano all'interno.
“Natasha?” chiamò dal fondo del corridoio la voce di un uomo.
Lei e Rogers si voltarono immediatamente. “Derek!” salutò lei gioviale e sorpresa, porgendogli la mano “E' un piacere vedere una faccia amica in questo momento. Oh, all'ingresso ti ho usato come lasciapassare. Visti i nomi di stasera ho pensato potessi essere coinvolto anche tu. Spero non ti dispiaccia: sai, essere la cocca di Fury può essere un impedimento, a volte.”
“Hai fatto bene!” ridacchiò l'uomo dai tratti negroidi e sulle cui guance campeggiavano alcune cicatrici rituali da scarificazione.
“Ti presento Steve Rogers...” disse indicando il suo accompagnatore all'uomo in completo scuro “Steve, lui è Derek, Agente S.H.I.E.L.D.”
“Ex.” precisò quello “Appartenevo anch'io al gruppo di Fury...” si affrettò a spiegare “... e all'indomani della guerra dei Chitauri ho... perso il lavoro....”
“Come sarebbe?” domandò la rossa allarmata
“Gli agenti di Fury impegnati in missioni non direttamente legate a lui sono stati espulsi dall'Agenzia. Per altri è stato spiccato un mandato di cattura. Non è dichiarato, ma il nuovo direttore teme che possiamo essere dei traditori. E sai perché? Perché Fury e tutto il personale del suo Helicarrier sono considerati ammutinati: l'Helicarrier non si trova più. Aveva fatto sosta al largo dell'Italia, pare, per rifornimenti e poi.... è sparito dai radar... dopo che Osborne era riuscito a contattarli...”
“Oh, mio Dio!” alitò lei, sorpresa “Ma... quindi sei qui in veste di...?”
“Come hai ben pensato, sono sempre un wakandiano.” le sorrise lui “Un mio amico, il mio re, mi ha offerto un lavoro... anche se, in realtà, nonostante il divieto dello S.H.I.E.L.D. alle altre Agenzie di assumere qualcuno di noi, sono impegnato anche in un'altra mansione, ma quello è top secret...” disse facendole l'occhiolino
“Anche tu qui per cercare anomalie, quindi?” domandò Natasha mettendosi in marcia lungo i corridoi e accantonando il pensiero del doppio lavoro dell'ex collega.
“Sì. Questa sera è invitato a presenziare anche T'Challa e puoi capire che la sicurezza non è mai troppa per un sovrano come lui...”
“Derek!” chiamò una donna bionda affiancandosi all'ex-agente. Vestiva quello che, a una prima occhiata, poteva sembrare un costume da sommozzatore riadattato alla giungla urbana ma Natasha pensò si trattasse solo di una singolare scelta vestimentaria, probabilmente pescata dal guardaroba offerto dal bacino di giovani e svitati designer emergenti. Sensazione accentuata dai particolari accessori che le adornavano i polsi e il capo: Natasha era più che sicura di aver visto qualcosa di simile in una delle riviste di Rogue1. A scortare la donna, un antiquato robot che sembrava la parodia malandata di Gort di Ultimatum alla Terra. E, certo, di quei tempi era una presenza quanto mai azzeccata: mancava solo un disco volante e sarebbero stati davvero in un film di fantascienza. Ma dopo tutto quello che avevano visto, come potevano non pensare davvero che la realtà superasse la fantasia? “E' tutto a posto. Possiamo andare.” disse prima di degnare Natasha di un'occhiata. Ma quando lo sguardo si appuntò su Rogers, sembrò quasi addolcirsi “Capitan America?” domandò sorpresa
“Ci conosciamo?” domandò lui confuso
“No, solo per sentito dire, scusa....” si affrettò a rispondere, imbarazzata per una gaffe che nessuno dei due Vendicatori aveva colto.
“Natasha, noi dobbiamo rientrare... ci vediamo stasera?” domandò l'agente wakandiano, invitando mutamente la sua accompagnatrice ad avviarsi.
“Contaci!” rispose la rossa, cordiale, per poi procedere all'interno delle sale. Quando fu certa di essere lontana dalle orecchie del collega, commentò “Ha già controllato lui... inutile che perdiamo tempo... Kurt? Hai fatto?” domandò tramite un auricolare praticamente invisibile e, comunque, coperto dalla folta chioma fulva. A risposta affermativa, prese Steve sottobraccio e si diresse verso l'uscita.
“Chi era?” domandò il Capitano, intuendo qualcosa ai margini del proprio cervello. “La donna bionda, intendo”
“A occhio e croce... è senz'altro atlantidea. Ma ha la pelle bianca ed è anfibia. Quindi direi che si tratta della cugina di Namor... Sub-mariner, scusa: era quello il nome con cui era conosciuto durante la guerra...”
“Ah, sì certo... mi ricordo di lui...” rispose il Capitano, illuminandosi di ricordi lontani.
“Namor ci ha aiutato -controvoglia, va precisato, ma conoscendo il soggetto non sarai sorpreso- nel rintracciare e a estrarre la nave in cui eri imprigionato...” lo informò “Quindi... se Neptunia è qui... vuol dire che, oltre al re del Wakanda, sarà davvero presente anche il sovrano di Atlantide...”
“Non sembri convinta...” commentò il Capitano
“Al di là che dubito Namor venga in qualità di presidente della Oracle, mi puzza che due tra i sovrani più potenti della Terra, possessori degli unici giacimenti di Vibranio del pianeta, siano presenti questa sera. Sento puzza di trappola lontano un miglio. E sto cercando di capire che vantaggio avrebbe Osborne dalla loro scomparsa. Mi domandavo, quindi, come sia possibile che Neptunia conosca Derek... Sembravano essere qui assieme... per non parlare di quello strano robot che sembra vecchio di... non so.. sembra avere la nostra età...” disse fissando il Capitano.
L'immagine di entrambi, in abiti storici, guardati a vista da quell'ammasso di latta, le passò rapido nella testa e le sembrò stranamente coerente.
Era pronta a cacciare quell'idea assurda ma era avvezza alle stranezze e alle incongruenze. Inoltre, era risaputo come la serie M fosse stata usata, nel tempo, in diversi conflitti: lei stessa aveva visto i primi modelli affiancare l'esercito nazista. Però, ancora, qualcosa le diceva che quello – che ancora si teneva in piedi con lo sputo- era un caso speciale: avrebbero dovuto tenere gli occhi ben aperti.

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Il ponte di comando era illuminato dall'alba di un nuovo giorno ed erano pochi gli agenti del turno notturno che si aggiravano tra i mille monitor della sala. L'acqua sotto di loro era piatta e il riverbero di quei primi raggi di sole ipnotico. Da giorni non faceva che pensare al casino in cui si erano cacciati tutti quanti. Aveva agenti infiltrati. Due erano addirittura i suoi migliori amici. Non sapeva se c'era altra gente soggiogata o venduta a bordo dell'Helicarrier. Ma se così fosse stato, le truppe d'assalto dello S.H.I.E.L.D. di Osborne gli si sarebbero già fiondate addosso in un batter di ciglia. A meno che non attendessero una sua mossa particolare. Dietrologia. Odiava dover studiare così minuziosamente ogni mossa, contromossa e contro-contromossa... Ora erano in un frangente che richiedeva tutta la sua lucidità. E la sua memoria. Non essendo sicuro dei suoi uomini, non poteva nemmeno permettersi il lusso di stillare uno schema a nuvola che lo aiutasse ad analizzare il tutto. Doveva ragionare e memorizzare, memorizzare e ragionare.
Si passò le dita sugli occhi, stanco. La vecchia ferita gli pulsava tremendamente. Come sempre quand'era sotto stress. Il rollio della nave, per quanto fosse attenuato dalla stazza della stessa, contribuiva a calmarlo.
Il mare, una benda... gli mancavano l'uncino, la gamba di legno e un pappagallo e poi sarebbe stato un vero pirata. Un vero fuorilegge. Altra grande preoccupazione era il pensiero di tutti gli agenti a lui fedeli che erano rimasti a terra nei giorni precedenti all'attacco di Loki. Braccati come criminali, avrebbero trovato un qualche rifugio? Per non parlare di un nuovo lavoro che desse loro di che vivere: lo S.H.I.E.L.D. sapeva essere tremendo nel troncare qualunque tipo di assunzione o carriera. Scosse la testa, sconsolato. Loro erano al sicuro in quella fortezza volante, invisibili ai radar e ai satelliti, per quanto la tenessero in acqua per consumare meno carburante possibile ed evitare di farsi rintracciare dai radar.
In acqua, facili all'affondamento, isolati da tutto e da tutti. Almeno non mancavano le provviste e i mozzi erano ben lieti di pescare in vecchio stile.
In quel momento non c'era nulla che avrebbe desiderato di più di una bella vacanza a Cuba -protetto dallo charme della seconda Vedova Nera, Yelena, il piccolo ragno pallido- scorrazzando con la sua amata Lola tirata a lucido. Ma anche la sua preziosissima decappottabile d'epoca, rosso fuoco, era al sicuro a Pieta, il bunker in Italia, a Capri, lontano da dove si trovavano loro2.
“Nick...” si annunciò la giovane voce di Daisy all'ingresso della sala per dargli il tempo di ricomporsi. Fury calò la benda sull'occhio malato e si tirò in piedi, pronto a sentire ogni diagnosi la ragazza gli avesse portato. “Si stanno svegliando...” disse solo mentre lui la raggiungeva e oltrepassava, con grandi falcate. “Le condizioni sono stabili...”
“Meno male...” alitò lui, sollevato.
“Nick...” chiamò ancora la ragazza, trottandogli dietro “Posso farti una domanda?”
“Dimmi tutto, Daisy...” rispose lui bonariamente. Quella ragazza era come una figlia. Che lo adorava come un padre. Doveva solo temere la fase di ribellione adolescenziale e quel viscidone di J.T. che le stava sempre appresso: c'erano gli estremi per una denuncia di pedofilia ma sarebbe stato una carogna ad allontanarlo così e si sarebbe solo fatto odiare dalla piccola. Doveva trovare un modo più sottile...farlo cadere in acqua e darlo in pasto agli squali?
“Come hai fatto? Voglio dire... sparare al tuo migliore amico e ridurre Val in quello stato... Credevo volessi ammazzarli!”
“L'idea mi è balenata nel cervello...” ammise lui, suscitando l'indignazione della ragazza.
No, niente squali, niente omicidi... uffa!
Sorrise, all'ingenuità di entrambi “Daisy... Dovresti aver capito che in questo mestiere gli interessi personali valgono meno di zero. Come in ogni professione, in realtà. Ma il nostro compito è proteggere il mondo intero dalle minacce. E non importa chi siano le minacce. Una vita per salvare tutte le altre. Devi essere disposto a questo sacrificio. E lo metti in conto. Senza rimpianti.”
“Ma...a parte questo caso particolare... se ti fossi sbagliato?”
“Mi sono mai sbagliato?” replicò lui divertito “Daisy, quando diventi Comandante, ormai sai leggere da tempo le tracce che portano all'evoluzione da una situazione a un'altra. Ho deciso di ubbidire ancora una volta a quei quattro coglioni del CSM perché non mi è stata data alcuna scelta. E già sapevo che mi stavo ficcando in qualche casino. Ma come ho capito che le cose giravano davvero male non ho esitato a piantare tutto in asso. Amici o superiori.”
“Sarai sicuramente accusato di ammutinamento. E noi con te. Non che qualcuno su questa nave ti rimproveri la scelta, ma...”
Fury sorrise, interrompendola: Maria le aveva taciuto la notizia e aveva fatto bene. In ogni caso, la ragazza ci sarebbe presto arrivata da sola. “Chi dice che io sono nel giusto? Nessuno, a ben vedere. E dovrei ubbidire agli ordini. Ma quando un ordine è ingiusto, per quanto, in un disegno più grande, sia il dettaglio che porta alla vittoria, ti devi ribellare. Se credi davvero nelle motivazioni di fondo di quello che fai. Indipendentemente dalle strategie adottate dall'alto. Perché se è una cosa sensata, riuscirai a vederlo anche tu. Se sganciare una bomba atomica su una città ti sembrasse la risorsa finale dopo 5 minuti di combattimento o dopo 10 anni, è lo stesso... allora non saresti qui, al mio posto. Ma certo potresti essere al loro immeritato ma sicuramente più comodo e pieno di privilegi. Comunque, non credere che ridurre quei due in fin di vita mi abbia fatto piacere. Non sono così senza cuore. Ma, vedi, io, il mio dolore, la mia perdita... se fosse stato appurato che erano spie o uomini soggiogati da Loki... beh...tutto ciò veniva dopo. Dopo la sicurezza di quanti mi hanno affidato questo incarico: ho fatto il mio dovere e ho visto quei due per quello che erano, due minacce, come avrei fatto con chiunque altro.”
“Ti fa onore...”
“Ho fatto solo il mio dovere!” tagliò corto Fury entrando nell'area adibita ad infermeria. Marciò lungo il corridoio, lasciandosi alle spalle una decina di porte, fino ad arrivare a una sala in cui il personale medico sembrava essere particolarmente affaccendato. Quando Fury entrò, tutti scattarono sull'attenti. Il generale non li badò e fece segno di mettersi in posizione di riposo.
Sui letti, uno affianco all'altro, Valentina e Timothy stavano cercando di mettersi a sedere: lei era praticamente a posto, lui sembrava essersi appena svegliato e arrancava in cerca di sostegno. “Nick!” alitò la donna come se vedesse un fantasma, la paura le aveva scolorito il volto.
Il guercio non la badò, prese una sedia, volse lo schienale verso i letti e vi si buttò cavalcioni. “Allora?” ringhiò “Avete altre strane idee, voi due?”
Val deglutì a fatica “Dio... mi sembra tutto un incubo...” disse passandosi la mano intubata tra i capelli scompigliati “Tu sei vivo...”
“Spiacente di deluderti, ma è mezzo secolo che non intendo togliere il disturbo. Il tuo compare doveva saperlo...” rispose asciutto.
“Nick, giuro su Dio che non so cosa mi sia successo. Un momento ero in sala controllo, il momento dopo sono qui pieno di aghi e con quei ragazzi che mi tengono sotto tiro coi fucili...” alitò Dum Dum.
Fury ridusse l'occhio a una fessura “Voglio che mi raccontiate il vostro incubo...” disse cacciando un sigaro dalla tasca interna della giacca “Sono abbastanza sicuro che i due coincideranno in molti punti... E non dimenticarti che voglio sentire la mia parte preferita, quella dei due maledettissimi aerei...”








1 Per gli accessori di questo personagggio (poche righe e saprete chi è) ho sempre pensato che si potesse immaginarli come adattamenti delle sculture di Iris Van Herpen, in particolare la collezione Capriole

2 Lola è la macchina che guida Coulson in Agent of S.H.I.E.L.D. ma, quell'auto (stesso modello, stesso colore), teoricamente, dovrebbe essere quella di Fury (questo spiegherebbe la particolare cura che ci mette l'agente). In realtà sospetto che gli autori fossero affezionati a quell'auto perché a un certo punto compare anche nel garage dell'agente S.H.I.E.L.D. Jimmy Woo (e, da lui e il suo gruppo, requisita per le loro scorribande. Col fatto che gli viene azzerata la memoria nel tentativo di salvargli la vita -una sorta di backup...lo riportano all'ultima "registrazione" che l'alieno di turno ha nelle sue memorie... di trent'anni più giovane!- non sappiamo se l'auto fosse un'altra -ed effettivamente sua- o se fosse in prestito o in custodia... )
Facciamo che son vere tutte e tre le versioni? Io dico di sì :D
Quell'auto, in questa fic, ERA al sicuro a Capri e ogni tanto Coulson le faceva fare un giro per evitare che si scarburasse. Quando c'è stato l'attacco ai Chitauri il compito passò a Woo. :)


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Dunque, come già annunciato sulla pagina FB la mia mente malata sotto stress (sì, ormai mi conoscete: più ho da fare, più sono sotto stress più scrivo) ha prodotto una short che vi proporrò a partire da questa settimana... credo la posterò venerdì. E facciamo un po' un conto alla rovescia: un capitolo per ogni dannata settimana che mi separa dalla consegna. Chi se ne frega della discussione...è la terza, santo cielo.
Premetto che-visti i personaggi in gioco e dalle prime idee che mi avevano lasciato trapelare (loro, perché lo sappiamo che fanno tutto loro e io non ho poteri!) sembrava dovesse venir fuori una cosa da bollino rosso +. Invece, dai, si sono contenuti...

Che altro? A parte le chicche sui nuovi ingressi che vedremo nei prossimi capitoli? :D
D'altronde sono annunciati nell'intro alla storia... era anche ora, no?
E sì, si torna ancora alla nota rossa di Natasha e ai due aerei di Fury (perché non c'è senso logico in quella sequenza) :) quindi restate in attesa.

Ah, già, ho dimenticato una nota/spiegazione, fate voi...!
L'altra volta, nel dialogo dei due vecchi, Eric dice “Almeno non sono appassionati ufologi o sospetterei tentino di farsi rapire... E allora, se i predoni li rapissero, se la sarebbero cercata! ”
Ecco...i predoni. Voleva essere un occhiolino ai predoni stellari di cui fa effettivamente parte il padre dei due Summers. E' una storia che non tratterò ma, in soldoni, il succo è questo:
Scott Alex e i genitori erano in volo su un Cessna (era un Cessna? Vabbè, un aereo turistico di quelli da 3-4 posti...dai, che avete capito, quelli che praticamente chiunque può guidare).
L'aereo è andato in avaria (in realtà colpito da un incrociatore stellare che svolazzava giusto sopra lo stesso). La madre dei ragazzi ha dato l'unico paracadute al figlio grande, ordinandogli di tenere stretto il più piccolo e di non guardare l'aereo mentre si buttavano (la mamma aveva visto e sapeva!). Si sorvola sulla cagata che su un aereo per 4 ci fosse un solo paracadute e il super pilota Summers non sia riuscito a planare, dando l'idea errata ai figli che i genitori fossero morti nello schianto. Qui le storie si biforcano: Scott picchia la testa nell'atterraggio e il trauma cranico influenzerà per sempre il controllo dei suoi poteri (non può controllarli, di fatto...altra puttanata suprema, ma tralasciamo...con Scott si sorvola un sacco). I genitori, invece, vennero fatti prigionieri dagli alieni. La madre morì e il padre, anni dopo, riuscì a evadere dalla sua condizione e, insieme ad altri fuggiaschi -tutti alieni-, creò questa brigata di predoni.
Fine della storia.

A tra pochi giorni con Bello e impossibile

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Capitolo 25
*** In marcia ***


25. In marcia






“Stai scherzando, vero?” urlò Stark facendo in modo che la sua voce riecheggiasse per bene in tutta la grotta “Cos'è questa miseria?”
“La tua scorta!” replicò Natasha i cui capelli erano stati tinti di nero, allungati con delle extention dello stesso colore e raccolti in un morbido chignon da cui scappavano dei selvaggi quanto sensuali tirabaci.
“A parte che mi sembri un po' paranoica al riguardo, sai benissimo come la penso sulla scorta ma NON puoi definirmi scorta due macchine, per di più spaiate!! Quattro lo sono!”
Amerikanis... Quattro tutte uguali a quella centrale è il miglior modo per comunicare al mondo che qualcuno di interessante sta viaggiando al centro del corteo...”
“Sposti la mia macchina in un'altra posizione...” ribatté lui “...ma cinque, tutte uguali, servono proprio a far capire che si tratta di una carovana che non va interrotta!”
“E' quello che è successo a Parigi con le testate della MARS! Lo sapevi che HYDRA se n'era impossessata proprio in questo modo nonostante la macchina interessata fosse decentrata1? Basta far saltar per aria l'intero convoglio...”
“Ma...”
“Tony... tutte le tue auto sono state modificate e sono corazzate...”
“Cosa? No che non sono blindate!” replicò lui, quasi offeso
“Veramente, Natalie ha ragione...” intervenne Happy Hogan, l'autista, a disagio, indicando il vetro spesso cinque volte uno normale. “Rifiutavi l'idea di una guardia del corpo. Tutto ciò che potevo fare era garantirti un minimo di incolumità...”
“Certo, dillo alla Rolls affettata da Whiplash” commentò acido
“Quindi...” disse Natasha tornando alla carica “Sei al sicuro in tutte quante allo stesso modo...”
“Ma perché solo tre?” protestò ancora lui, seppur più debolmente
“Perché non ho abbastanza persone per istituire un corteo più lungo e perché, meno siamo, meglio è: almeno, in Europa facciamo così e ridiamo di voi che arrivate a sirene spiegate tanto per segnalare la vostra presenza in modo molto discreto. E noi non abbiamo seri problemi di attentati, se non quelli interni di cui cominciate anche voi ad accusare qualche assaggio. Visto che sul fronte sicurezza non sei ancora coperto, io mi fiderei del mio metodo.”
“Ma a quelle ci sono affezionato! Voglio dire.. è una collezione cominciata con mio padre.. l'unica cosa che ci legava, sono da collezione non da far correre davvero in strada! Non sono nemmeno immatricolate...” protestò il magnate, beccandosi un'occhiataccia dalla spia: non era certo quello il problema, visto come si divertiva a lavorare nel garage, distruggendolo, con i suoi preziosi giocattolini che, ricco sfondato com'era poteva sempre ricomprare o sistemare.
“Per l'immatricolazione ci ho pensato io, ovviamente, mentre tu pensavi andassi in centri di bellezza. Faremo come dico io, punto. Sentimentale che non sei altro! ” annunciò indisponendolo: mai accusare Tony Stark di sentimentalismo. Quindi guardò i mutanti “Rogue, tu sarai alla guida del primo veicolo, Gambit sarà il tuo navigatore: per lanciare ha bisogno di avere le braccia libere mentre credo tu possa pure incassare i colpi, nel peggiore dei casi... Per quel che ci riguarda, per ovvi motivi, io guiderò il secondo veicolo...” disse guardando il Capitano “Le auto sono un po' cambiate: dubito che tu sappia ingranare anche solo la quinta, figuriamoci la sesta o la settima: queste sono auto che non hanno cambio automatico... son tutte d'importazione... A proposito di importazione, Tony... visto che non intendi farmi un'armatura nera, che ne dici di regalarmi un'Alfa Romeo Spider 8C, personalizzata con cambio a sei rapporti, un motore della Maserati Quattroporte e 444 cavalli, doppie sospensioni in carbonio e volante riscaldato? Ne hanno importate solo 250 negli Stati Uniti, quindi sono difficili da trovare2... soprattutto, non dimenticare il volante!” propose la donna in quello che sembrò più un ordine che una gentile richiesta mentre Rogers cercava di guadagnare la parola.
“Sei marce?” sbigottì Steve per il quale quattro marce erano un lusso3.
“Pure il traffico è cambiato.” continuò la donna annuendo in risposta “Inoltre, mentre io sono abituata a guidare e sparare, credo che tu dovresti prendere la mira con più accuratezza.” sentenziò sicura. Steve avrebbe voluto replicare che in guerra era abituato a fare lo stesso e che una pistola la sapeva usare e che, se per loro erano passate sette decadi, lui si sentiva a riposo da solo un paio di mesi “Spiderman ci coprirà dall'alto e, una volta all'interno, continuerà in modo più discreto, essendo Peter Parker tra gli accreditati della stampa.”
“E noi??” piagnucolò Wade
“Thor non può fare nulla e non posso lasciarlo da solo visto che è ridotto a un comune mortale: tu e Logan vi farete una bella bevuta insieme a lui -non credo che la cosa vi possa far schifo- e presidierete la torre: non vorrei mai che qualcuno pensasse di farla franca solo perché noi non ci siamo. E controllate Visione!” disse con un'alzata di mento al droide, che sostava impalato dietro a tutto il gruppo.
Quello stesso pomeriggio Henry era passato, sempre attraverso una delle sue fantomatiche porte dimensionali, a lasciarlo in custodia alla Stark Tower: dato che anche lui aveva subito furti di progetti e sapendo, tramite sua moglie, che non tutti gli ospiti di Tony avrebbero preso parte alla serata mondana, aveva ben pensato di lasciarlo in loro custodia, anche se non sapeva esattamente chi avrebbe assolto il compito. A ben vedere, infatti, rimanevano a casa proprio i meno adatti a fare da balia a un robot assassino. Per quanto il suo cervello positronico fosse stato risistemato, aggiornato con le leggi della robotica e con un database che lo rendeva, praticamente, un loro amico d'infanzia, non si conoscevano ancora le potenzialità del suo nuovo carattere.
Natasha continuò con la sua spiegazione “Kurt, invece, affiancherà Peter e, una volta all'interno, monitorerà dall'alto, nascosto nell'ombra, la situazione. Tutto chiaro?” In risposta le arrivarono solo deboli assensi ma per lei furono più che sufficienti. Quindi andò alla propria macchina e tutti gli altri la imitarono.
“Eh, già...” bofonchiò Deadpool quasi offeso “Quando mai i supereroi se ne vanno in giro su un'utilitaria o in scooter? Se non è un convoglio di giganteschi Hummer H3 rostrati, usiamo auto strafighe... ” commentò inacidito4 mentre le donne facevano manovra.
Rogue fece manovra con la sua Aero-X5 e si appropinquò all'uscita. Mentre aspettava che anche gli altri due veicoli si accodassero, il loro carico su una McLaren F1 d'annata6 e gli agenti subito in coda, su una Aventador purpurea, cominciò a smanettare con l'autoradio. Vedere Rogers in difficoltà con la sua semplice portiera a serramanico le strappò un sorriso: non riusciva ad entrare in macchina, come pretendeva di guidare quei bolidi che montavano un cambio a sette marce? Partendo, e lasciandosi nello specchietto un Wade depresso che sventolava un fazzoletto bianco a mo' di saluto, concluse che la scelta di Natasha era stata la più azzeccata.
“Rogue?” la chiamò poco dopo il suo accompagnatore. Non si erano scambiati una parola da quando si erano incrociati per i corridoi, mezz'ora prima, diretti all'ascensore che li avrebbe portati al garage. Si erano fatti reciprocamente dei complimenti imbarazzati ma non c'era stato altro approccio da parte di nessuno dei due. Era strano non riuscire a trovare argomenti di conversazione, tanto quanto lo era vedersi in abiti così diversi dal solito. Il pesante silenzio era stato riempito dalla musica che lei aveva fatto partire appena salita a bordo, una compilation di recenti brani dance. “E' tuo questo cd?” domandò Remy chinandosi sull'autoradio. Quando la ragazza assentì, commentò “Non pensavo proprio ti potesse piacere questo genere... per non parlare di J.Lo...”
“Non è lei che mi piace... ma la canzone...”
“La lambada?... avrà vent'anni!”
“Beh, io ci sono affezionata, d'accordo? E a quanto pare pure J.Lo” replicò prontamente la mutante
“Posso chiederti come mai?” domandò lui, curioso, dopo un po', mentre la musica sfumava in un altro brano e continuava a pompare dalle casse.
Rogue esitò: le era mancato il dialogo col cajun, ma non la piega che potevano prendere i discorsi tra loro. Con un sospiro, però, vuotò il sacco “E' legata a Cody...”
“Ancora lui...” sbuffò esasperato Remy roteando gli occhi
“Eravamo a una festa di compleanno. Avremo avuto otto anni a far tanto. E abbiamo ballato. O almeno, quello che possono fare due bambini di quell'età.”
“E gli sei andata dietro per... quanti anni?” domandò annoiato, il gomito poggiato sulla portiera
“Una mezza dozzina d'anni. Ma per lui ero solo un'amica. Quando, finalmente, gli si svegliarono gli ormoni e mi vide sotto un'altra luce... beh...” disse lasciando il discorso in sospeso, gesticolando la mano prima di riposizionarla sul cambio.
“Beh?” replicò lui, incalzante
“Fu la volta che si manifestarono i miei poteri...” alitò lei con un sorriso triste
“Capisco...” disse lui volgendosi a guardare la strada punteggiata dalla luce dei lampioni dorati “Proprio un bel segnale per farti capire che non era lui l'uomo della tua vita..”
“Non ricominciare...” fece lei, roteando gli occhi a sua volta, esasperata
“Lo ami ancora?” domandò lui a bruciapelo
Rogue si strozzò con la saliva e tossì forte un paio di volte “Ma sei scemo?” domandò irritata
“E' un sì o un no?” replicò lui, calmissimo, quasi la cosa non lo riguardasse minimamente.
“No!” sbottò lei picchiando il palmo della mano sul volante “Dannazione, non è che perché una persona è stata importante o, un evento ad essa legata, particolarmente traumatica poi tu non riesca a elaborare e ad andare oltre! Non provo più nulla per Cody. Ma ciò non toglie che, quando penso a lui...”
“Certo, un ragionamento che non fa una grinza...Tieni anche la sua foto nel portafoglio...” replicò atono l'altro.
“Quello è perché... ah, al diavolo! Cosa spreco il mio fiato con te?”
“Senti, possiamo parlarne seriamente una volta? Solo una! Ogni volta...” continuò zittendo le sue proteste “... non mi fai neanche finire. Giuro che non tornerò più sull'argomento...”
“Lo sai che non mi piace!”
“Pensi che mi diverta a farti pensare a una speranza che non vedi?” replicò tagliente
“Avanti... ma quando saremo arrivati, che tu abbia finito o meno, l'argomento sarà chiuso!” Gambit, per tutta risposta, abbassò il finestrino e si buttò fuori fino al torso, sbracciandosi e urlando come un hooligan indemoniato. “Che cavolo fai?” strepitò l'autista afferrandogli la giacca e sbandando appena nel tentativo di trascinarlo nuovamente all'interno. Ma quello continuava a esultare come un bambino. “Guarda che se vuoi provare l'ebrezza del volo, tu devi usare degli accorgimenti...” Quando lo sentì imprecare all'improvviso, trattenne un sorriso. Lasciò che scivolasse all'interno, quindi aggiunse “I moscerini, le mosche e tante altre piccole cose possono far parecchio male...”
A due auto di distanza, Natasha e Steve osservavano, sbigottiti, i gesti inconsulti del mutante sulla prima macchina: d'accordo fare le persone normali, ma mettersi a urlare non faceva parte dei piani.
“Posso chiederti una cosa?” domandò Rogers quando vide Gambit rientrare nell'auto “Sarei curioso di sapere qual è il vero motivo che ti ha spinto in prima linea contro i Chitauri. Clint aveva ragione: sei una spia, non un soldato. Le spie devono solo raccogliere informazioni e, di solito, fanno le interpreti, le segretarie, le parrucchiere, si fingono ignare viaggiatrici sul treno Washington-New York7...”
Lei stirò un sorriso che al soldato parve stanco “Sono stata preparata ad affrontare ogni evenienza... Ma avete ragione...” ammise “.. mi sono lasciata sopraffare dalle emozioni..”
“Le emozioni ti hanno spinta in prima linea?” domandò confuso il biondo. Lei annuì appena. “L'agente Barton?”
Prese un gran respiro prima di parlare “Quando Coulson mi ha chiamato, ero nel mezzo di un interrogatorio in cui giocavo la parte della vittima. Quei cretini erano convinti di avere il coltello dalla parte del manico e mi stavano fornendo tutte le informazioni che volevo... Quando Phil mi ha detto che Barton era stato compromesso, per un attimo mi si è appannata la vista... Ho avuto un calo di pressione e mi è sembrato di collassare su me stessa. Ma mi sono fatta forza. L'avrei tirato fuori da quel pasticcio. Siamo fatti così, ci aiutiamo sempre...”
Steve la valutò per qualche minuto mentre le luci gialle sciabordavano nell'oscurità, delineando il suo profilo concentrato alla guida “Lo ami, non è vero? A dispetto di quello che mi hai detto quando è partito...”
“L'amore ...” cominciò lei, immediatamente, quasi fosse la risposta istintiva che nel corso degli anni si era abituata a fornire a chiunque, in un riflesso pavloviano.
“Non è una cosa da bambini...” la prevenne lui, interrompendola “Natasha, questo è quello che una classica spia russa è addestrata a pensare, giustamente. Sacrifica la sua vita per la Madre Russia, si mescola alla cittadinanza ospite per fare in modo che i suoi figli possano entrare in posizioni di comando e influire a favore della Patria. E so che è così anche adesso, anche se sembra un'idea vecchia e ridicola. Ma tu non.. cioè... sei russa e sei una spia ma... davvero dopo settant'anni ancora ricevi ordini da Mosca? Ancora non hai libertà di azione? Diamine, sei un agente S.H.I.E.L.D. e lo S.H.I.E.L.D. è sovranazionale. Saresti libera dai tuoi legami in ogni caso... Chiunque ti abbia assoldato dovrebbe essere morto, per quanto certi ordini oltrepassino lo scorrere delle generazioni... non possono non considerare che sei praticamente immortale... E che l'eternità è un tempo infinitamente pesante da passare da soli... E se anche tu amassi, come dici tu, sarebbe per poco. Relativamente...”
“Allora dimmelo, Steve... cos'è l'amore? Quel sentimento viscerale senza il quale voi occidentali non riuscite a vivere, che può vincere su tutto. E' un'idea, per altro volubile, non qualcosa di concreto. Gli arabi hanno un detto, sai? Un bacio colpisce come la folgore, l'amore passa come un temporale...”
“E posso concordare, perché dopo ci dev'essere l'impegno che nel corso del tempo, e penso ai momenti sgradevoli che la vita ti riserva, può svanire. Ma, per quanto effimero ritengo sia un sentimento che non dovrebbe essere negato a nessuno. Come il dolore: nessuno dovrebbe dirti di non soffrire, di non urlare dalla pena quando perdi qualcuno di caro. Tu, però, hai provato solo quello, vero? E ormai non riesci più nemmeno a piegarti alla sofferenza...” domandò aggressivo, in risposta alla sua agitazione. Quindi cercò di calmarsi “Tutto questo è sbagliato. Almeno per come la vedo io. Ma come ben sai, sono fermo di qualche decennio mentre tu... tu dovresti esserti aggiornata. E tornando alla tua domanda, l'Amore non è qualcosa che vince tutto. I bambini, e qui ti do ragione, possono pensarla così. E', semplicemente, quello che ti fa tirare avanti, giorno dopo giorno...”
“Parli proprio tu che hai perso tutto...” ghignò la rossa
“Parlo così proprio perché ho perso tutto... Non hai idea di quanto possa essere difficile andare avanti senza un'ancora... non lo intendo come la persona che ti risolve ogni problema ma come la persona a cui puoi rivolgere sempre un pensiero, per frivolo che sia: è l'essenza stessa della Fede. E la mia ancora è affondata ed è impossibile tirarla in secca.”
“Dovresti capirmi, allora...” replicò lei, tirata
“No, non riesco proprio a capire perché sei dovuta arrivare a tanto per respingerlo. E capisco ancora meno la motivazione.” rispose Steve “In nome di quale … sentimento malato e sadico e contorto hai fatto tutto questo?”
“Peggy è morta. Anche Clint lo sarà. Se tutto va bene, né io né te saremo sottoterra per altri cinquant'anni... cosa dovrei fare?”
“Rischiare, diamine! Io, con Peggy, c'ho provato sapendo di andare a morire... fino all'ultimo, anche mentre andavo a schiantarmi le parlavo del nostro appuntamento...” Se non fosse sembrato stonato per l'uomo che era, Natasha, che non si azzardava a staccare gli occhi dalla strada, avrebbe giurato di aver sentito la voce di Rogers incrinarsi per la commozione. “E se quel giorno, in cui mi sottoposero al trattamento, mi avessero avvisato che tra gli effetti collaterali ci sarebbe stata una sorta di immortalità avrei cercato comunque di conquistare Peggy, avrei cercato comunque di vivere con lei la sua vita e parte della mia.”
La risata della rossa, tinta di nero, ebbe il retrogusto di una nota sguaiata “Saresti stato il suo toy-boy”
“Non mi sarebbe importato di cosa avrebbero pensato gli altri, vedendoci. Chi sapeva del problema, gli amici come i colleghi, avrebbe capito e approvato. Il popolino, chi non sa, i passanti... chi se ne frega! Cosa ne sanno? Pensi che la commessa al supermercato si interessi? Che si accorgerebbe che una ragazza eternamente giovane fa coppia con un uomo che invecchia e diventa un sessantenne? Bene.. anche se quel tipo di gente che non vi capisse, e pensasse che tu sei la ragazzina che attenta alla sanità mentale del vecchiaccio o che siete padre e figlia, ti interesserebbe davvero il giudizio di chi non ti conosce? Non credo che né tu né io, forse nemmeno Tony, siamo circondati da gente completamente estranea alle nostre faccende. Sono pochi quelli che si avvicinano al nostro mondo e ancor meno quelli che lasciamo entrare. Ancora, credo che chiunque, allo S.H.I.E.L.D., abbia un'idea di quello che unisce e, allo stesso tempo, separa te e Barton e stia aspettando una mossa che risolva la situazione. Se pensavi che la cosa non fosse sotto gli occhi di tutti, sbagliavi di grosso.” La vide mordersi le labbra pur mantenendo lo sguardo fisso davanti a sé “Quindi è per questo che hai montato tutta quella scena...?” domandò riferendosi alle bugie colossali di cui anche lui era rimasto affascinato “Però...” aggiunse, pentendosi quasi all'istante di aver parlato della cosa “... non c'era bisogno di spingerla così in là... voglio dire... io e te...” farfugliò a disagio. “Non era necessario che noi...”
“Rilassati, Steve! Sono maggiorenne e vaccinata. Non mi è dispiaciuto anche se non so dire quanto il mio giudizio possa essere influenzato dalla lunga castità forzata.” Replicò senza poter osservare lo sguardo allibito ma, al contempo, compiaciuto del soldato. “O forse temi che ti abbia attaccato strane malattie? Tranquillo, lo S.H.I.E.L.D. mi controlla sempre, prima e dopo ogni missione.”
“No, no, nulla del genere... è solo che... mi domandavo... si, insomma... visto che posso chiedertelo... non mi permetterei mai ma... sembri un commilitone, più che una donna...” disse strappandole una risata “Sì, il discorso dell'altra volta, insomma... Ecco... mi chiedevo... hai parlato di castità forzata... perché? Con lui tu non...”
“Certo che no!” lo interruppe lei prima che Steve potesse anche solo finire la sua frase
“E perché?” chiese lui dopo un attimo di smarrimento per quella risposta veemente e fin troppo istantanea
“Che proprio tu venga a proporre rapporti extra-coniugali ha del ridicolo. Ma la risposta è semplice: non userei mai Clint a quel modo...” sibilò lei “Se ho dei bisogni non li sfogo certo con lui, assolutamente! Quando sono proprio messa male c'è sempre Matt - l'avvocato cieco, ricordi?- che è ben disposto. Lui le cambia come fazzoletti, quindi...”
“Ma se è quello che vuole anche lui...?”
“Ma a lui non basterebbe...” sospirò la spia “E credo che neanch'io, in quel caso, riuscirei a mantenermi così impassibile”
“Scusa, non ti seguo... quale sarebbe il problema?” domandò il Capitano, confuso dalla logica della donna.
“Sono dell'idea che il sesso non porti all'amore. Quasi mai. Ma in un caso come il nostro... sarebbe solo come gettare un'autocisterna di benzina sulle braci di una sigaretta e... Boom!” rispose enfatizzando l'effetto staccando una mano dal volante. Scosse la testa, quasi a rimproverarsi dell'idea che aveva avuto “Anche solo toccarci potrebbe scatenare qualcosa di incontrollabile. Un conto è sul lavoro e lì ne combiniamo di cotte e di crude. Ma è una recita, un qualcosa di meccanico: i sensi sono tutti allertati per altri scopi e il contatto è solo un'ottima copertura.”
“Riesci a... baciare a comando?” domandò orripilato Cap
“Anche donne, se serve.” replicò lei
“Continuo a non capire... dormite assieme e non...” boccheggiò incredulo
“E' un casino! Motivo in più per tenere le distanze. C'è un bellissimo rapporto cameratesco. Ci curiamo le ferite a vicenda, se serve. Dormiamo assieme perché siamo, rispettivamente, l'unica persona di cui fidarci, in grado di farti sentire a casa e di cacciare gli incubi che ti angosciano ogni notte: i miei, sulla Red Room o il servizio per HYDRA, i suoi, la sua infanzia traumatica che l'ha portato a essere un delinquente prima di arruolarsi. Ma ogni contatto è solo strettamente professionale. Qualunque carezza o sguardo troppo prolungato, troppo affettuoso, metterebbe entrambi a disagio. E' una regola non scritta che ci siamo dati tanto tempo fa. Clint era cambiato solo negli ultimi giorni, dopo i Chitauri. Dopo Loki. Probabilmente c'era già qualcosa ma era ben nascosto.” Steve si rimise comodo dopo quella spiegazione, lo sguardo perso sulle auto che li precedevano. Qualcosa ancora non tornava. “Ma c'è un altro motivo per cui non voglio che mi si avvicini. Per cui voglio che nessuno mi si avvicini più con intenzioni troppo serie...” alitò, destando tutta l'attenzione del compagno di squadra.
La vide esitare, mordersi l'interno della guancia, dubbiosa se condividere o meno quel dettaglio della sua lunga e travagliata vita.
Doveva essere qualcosa di davvero importante e difficile da elaborare.






1    Torniamo alla mia ispirazione dal film sui G.I. Joe di cui parlavo nei primi capitoli di Preludio.

2    La parte descrittiva dell'oggetto dei desideri di Nat è presa pari pari da A+X (Marvel Miniserie 137)

3    Chi è più giovane dei 30 (e forse anche per loro) può non sapere/ricordare che fino a una quindicina d'anni fa le utilitarie avevano solo 4 marce (la Panda, ad esempio. Da quando sono state introdotte le marce, cmq, 4 era la norma già dai primi modelli, più frequente delle 3 marce. E se ci pensate, anche i trattori agricoli e alcuni motorini hanno le marce) e la 5^ era prerogativa delle berline e delle auto da viaggio in generale (perché consentiva di risparmiare carburante a velocità elevate).
Alla fine degli anni 90 la 5^ è entrata di serie in tutte le auto e la sesta ha fatto la sua apparizione nelle berline più importanti. Ora la stanno montando anche sulla Punto quindi è comprensibile che Steve, vissuto negli anni 40, sia confuso e non sappia bene come si usano tutte le marce (e soprattutto, non avrebbe la prontezza di scalare -e nel modo giusto- in caso di necessità).
Ovviamente questo discorso vale per le macchine comunemente in commercio e non per le auto da Formula Uno che sono una sorta di banco sperimentale per le auto poi effettivamente commercializzate né per le auto superextra deluxe che anticipavano sempre i tempi.
Quanto al cambio manuale/automatico, ci sono diversi pro e contro per ciascuno.
Manuale: è più semplice costruire cambi robusti e affidabili , sia per produzione che per manutenzione, è più economico, non richiede particolari sistemi di raffreddamento, è più efficiente dal punto di vista energetico, il guidatore ha un controllo maggiore sullo stato del cambio (e sulla strada).
I vantaggi di quello automatico sono pressoché psicologici o per impediti al volante (sono di parte, sì, e me ne vanto): minore stress nel traffico, nessun rischio di inserire la marcia sbagliata con rischio di danneggiare il motore, agevola la salita in partenza.

4    DP “adora” scorrazzare nel traffico su Vespini o City Car alla Mister Bean -credo- per meglio sfuggire nel traffico cittadino. Fatto sta che di solito si imbatte (si perché le ruba) in auto dalle portiere controvento, in inglese, casualmente, dette Suicide Doors...

5    E' una concept della Saab presentata nel 2006: quel tipo di apertura non viene commercializzata perché se piove entra tutto e, non ultimo, è troppo pericolosa dato che in caso di incidente la via d'uscita più breve è spaccare il vetro (Rogue può farlo ù_ù) 
In realtà, all'inizio, per Rogue avevo pensato alla Pagani Huayra, il cui nome deriva dal dio del vento andino: Rogue vola....

6    Una delle poche auto sportive a TRE posti  e con apertura ad ali di farfalla. 1 e 2 

7    Mi riferisco ad Acela (dovrebbe rimandare ad Acelerazione), l'unico TAV americano in funzione (le varie lobby hanno operato in modo da boicottare questo mezzo di trasporto ad alta velocità affinché si ripiegasse sempre su auto e aerei) che copra i 500 km che separano le due capitali statunitensi. E' detto il treno del potere perché a bordo potete incontrare i volti più celebri del giornalismo, dello sport, dello spettacolo e qualcuno della politica.
Quanto ai vari lavori da spia sono tutti coperture perfette perché in presenza di certe figure professionali o in determinati luoghi (come il treno) uno si sente libero di parlare di sé e del suo lavoro -o cmq lo fa per ottimizzare il tempo-. Poi basta mettere insieme i dati di oggi con quelli di ieri, con quelli raccolti da un'altra parte e voilà...altro che Grande Fratello!


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Dai... Rogue e Remy possono farcela, entro la serata, a combinare qualcosa... sì sì, mettetevi tranquilli... anche perché poi se ne vedranno di belle...
9.9 sono una gran stronza, lo so da me XD motivo per cui do loro almeno un'occasione di essere 'felici' con la fic ambientata in House of M.
E si torna a parlare di Clint. Caro lui. Sì, so che molti di voi lo davano per disperso ma non temete: è uno dei miei personaggi preferiti, figuratevi se gli lascio tagliare la corda così.
Ed ecco anche che Cap fa un po' una lavata di capo a Natasha. La quale, però, nasconde ancora qualcosa (ripeto, chi sa/immagina, taccia!). Se volete sapere cosa, dovrete aspettare uno degli ultimi capitoli. Anche perché il tutto sarà oggetto -spoiler spoiler- di rissa violenta nella 3^ parte.
Ah, ragazzi, volevo avvisarvi. I disegni non riesco a farli per la prossima settimana ma, dato che saranno protagonisti per un bel po', ho tutto il tempo di discutere la mia dannatissima terza tesi (che mi sta facendo vedere i sorci verdi..) e di sistemare il tutto dopo, con calma... intanto immaginatevi i vestiti un po' come vi pare XD

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Capitolo 26
*** Il Re Bianco ***


26. Il Re Bianco.






“La domanda è molto semplice...” cominciò Remy “... lascia stare che sia impossibile, stiamo parlando per assurdo... se non vuoi parlarne troppo pigia a tavoletta...”
“Muoviti, Cajun, con questa storia...dove vuoi andare a parare?” ringhiò la compagna senza staccare gli occhi dalla strada ma abbassando il volume dello stereo.
“Senti... se... lasciando da parte i tanti se che sappiamo esserci... potrei piacerti almeno un pochino?”
“Ma nemmeno se fossi l'ultimo uomo sulla faccia della Terra!” replicò subito lei.
Il mutante fece passare qualche istante, quindi sospirò “Ok, non ci hai nemmeno pensato. Anzi, non hai neanche fatto finta di provarci: è la risposta che mi dai sempre. E, direi, che se fosse vero che ti sto così sulle…” si interruppe, meditando sulle parole giuste da usare “Se fosse vero che ti sono così indifferente, tanto per cominciare, non mi parleresti neanche. Ma visto che, tuo malgrado, in un modo o nell'altro finiamo sempre per lavorare assieme, chissà come mai...”
“Perché sei come il prezzemolo e mi segui ovunque!” replicò lei sulla difensiva
Touché... Ammettilo, però: spesso non solo non te ne vai inorridita dalla mia presenza ma, anzi, la cerchi. Ad ogni modo, se tutto ciò che dici fosse vero, non saresti così drastica nei miei confronti ma cercheresti di non offendermi nel respingermi. Oppure la butteresti a ridere, come fai con Jhonny Storm e Tony Stark...” concluse trionfante “Dunque, sospetto che tu sia così attaccabrighe nei miei confronti perché, in fondo in fondo, non è che proprio non mi sopporti... dico bene?”
“Facciamo finta che la cosa possa anche essere realistica... cosa cambierebbe?” protestò lei, ormai alle corde: lui aveva smontato preventivamente ogni tesi difensiva.
“A parte il fatto che mi farebbe un immenso piacere? E potrei morire il giorno che tu dovessi ammettere di provare qualcosa per il sottoscritto...” rispose con fare teatrale strappandole una risata nervosa.
“Allora vedi che faccio bene? Sei utile alla squadra... sarebbe uno spreco se morissi a causa mia...”
“Marie... Ti piaccio o no? Ho bisogno di saperlo. Seriamente. Non è solo il tuo tempo, che passa. Anche il mio.”
“Sentiti pure libero di volare su un altro fiore, allora...” replicò lei, secca.
“Non dici davvero... ormai ho imparato a interpretarti...” rispose lui in un sospiro stanco.
“Allora fatti la domanda, datti la risposta e non rompermi, visto che sei tanto bravo”.
“Voglio sentirlo dire da te.”
“Perché?” gemette lei esausta da quel battibecco
“Indipendentemente dal contatto fisico, Marie, io voglio sapere. Potremo mai progettare un futuro? Non allarmarti! Parlo di cose semplici... Che ne so? Un viaggio, una cena... ”
Ma lei rise sguaiatamente “Senza potermi toccare? Lo sai che è pura fantascienza, quello di cui parli, vero?”
“So essere paziente, so sopportare e, se serve, so anche fare dei sacrifici. Ricordati che sono cresciuto nella setta dei ladri. E tu sai cosa vuol dire.”
“E' una follia...” sibilò la ragazza.
Gambit fece spallucce, incurante
“Oh, certo: non per te!” replicò lei “Ma è folle che io perda il mio tempo ad ascoltarti!” precisò.
“Hai detto che finché non fossimo arrivati potevamo parlarne...” puntualizzò lui
“Come dimenticarlo...” soffiò nervosa
“Marie, vorrei solo che mi rispondessi con un sì o con un no. Va bene tutto ma non mi accontento di un non so, perché tempo per pensare ne hai avuto abbastanza...” intimò lui “Se non ci fosse alcun tipo di vincolo, se tu ed io fossimo persone normali, con problemi normali e non quello che siamo...”
“Quindi con caratteri diversi e vissuti diversi?” lo interruppe lei
“No, non intendevo... cioè... se io fossi un normale e attraente ladro di New Orleans...”
“Quando mai ladro e avvenenza non vanno a braccetto?” si intromise Rogue, sarcastica, stilando mentalmente un elenco di tutti i personaggi fantastici che corrispondevano alla descrizione..
Ma Gambit continuò imperterrito “... e se tu fossi una semplice, sgraziata, irruente, manesca, sfrontata...”
“Non sono sfrontata!” protestò
“Sì che lo sei! E trovo assurdo che ti sia offesa per questo...” rispose lui per ritornare al suo elenco “... Dicevo... se tu fossi una ragazzaccia dei sobborghi di Caldecott... Io costretto a una vita di stenti, furbizie e sotterfugi finché un professore di strada non mi avesse accolto tra i suoi discepoli; tu, una ribelle che, scappata di casa, fossi finita nelle mani di messicani senza scrupoli -pronti a trasformarti in pezzi di ricambio- e per sopravvivere avessi ucciso una tua carceriera e poi fossi stata accolta dallo stesso professore che avesse dato ospitalità a me...”
“Carol non era una secondina ma una prigioniera a sua volta!” specificò infastidita da quella mancanza di rispetto per la donna che lei aveva ucciso.
Lui ci ragionò un attimo, quindi continuò “Qualunque cosa dica, troveresti da ridire. Capisci per descrizione quello che sto dicendo e lascia Carol fuori da questo discorso. Il punto è: io, cresciuto come un ladro, e te, involontaria assassina; entrambi salvati da una vita ai limiti dell'umana decenza...” proseguì mentre lei arricciava il naso, infastidita dal essere riassunta in parole tanto dure “Dimmi... se fossimo questo tipo di persone, potresti -uso il condizionale, non parlo di te e me qui e ora: parlo di un ipotesi, una realtà parallela.” sottolineò e aspettò che lei gli facesse cenno, prima di continuare: voleva essere sicuro che lei avesse capito il suo proiettarsi tra i loro equivalenti Sapiens, senza poteri “Potresti mai innamorarti di me? Anzi... così è troppo vincolante ma... hai capito... prendermi in considerazione, trovarmi abbastanza interessante da arrischiarti a flirtare con me...”
“Sì o no, eh?” replicò lei
“Esatto... E bada: qualunque sia la tua risposta, tra noi non cambierà assolutamente niente. A meno che non sia tu a volerlo: se lo vorrai -se sarà necessario- abbandonerò anche gli X-men, per non arrecarti disturbo nel caso la mia presenza ti creasse imbarazzo...”
Lei tacque e si prese tutto il tempo che le serviva per elaborare la propria risposta e trovare il coraggio di esternarla. Gliel'aveva promesso e concesso. Non era più tempo di giocare a nascondino. E lui non voleva ferirla ma voleva solo mettere pace nel suo travaglio interiore. Aveva ragione: non era giusto. Erano troppi anni che lo teneva a distanza e sulla corda. Che, suo malgrado, giocava con lui. Ma, rispondere onestamente, così come mentire, avrebbe precipitato entrambi nel baratro: gioire per una triste realtà o soffrire per una maldestra menzogna?
In lontananza, a pochi chilometri da dove si trovavano in quel momento, svettava la loro destinazione, illuminata a giorno e splendente nella sua confezione inaugurale. Alcuni elicotteri pattugliavano i cieli e i dintorni. L'evento era blindatissimo e nessuno, a parte gli autorizzati, si sarebbe potuto avvicinare alla struttura governativa, mimetizzandosi nella calca, senza destare sospetti.
Varcarono i cancelli senza intoppi e andarono a parcheggiare in una zona, già perfettamente attrezzata allo scopo, ancora deserta. Spense il motore, sbuffò, nervosa, poggiò la mano sulla maniglia, pronta ad uscire, chinò il capo, vinta dai suoi stessi pensieri, e vuotò il sacco. “Sì” alitò solo, prima di sgusciare fuori dal veicolo, improvvisamente troppo piccolo per restarvi entrambi all'interno. Gambit impiegò qualche secondo per realizzare l'effettiva portata di quella semplice sillaba. Era stata quella che, in qualche modo, si aspettava e che, pure, temeva di non sentire mai. Si ricompose in fretta, stirò il miglior sorriso sghembo, uscì a sua volta dall'auto, si sistemò la giacca e andò a porgere il braccio alla sua dama, senza esibirsi in inappropriati moti di esultanza, quasi la conversazione non fosse mai avvenuta.
Quasi fossero sempre stati una coppia consolidata.
Quasi fosse sempre stata più che scontata quella risposta.
Quasi non fossero altro che due normali bodyguard impegnati in un normale servizio di protezione.
Invece, in entrambi, qualcosa aveva cambiato posizione e faceva in modo che l'euforia pompasse più sangue in circolo, ottenebrando i sensi e regalando loro delle espressioni serene e imbarazzate al contempo: tutto era assurdamente nuovo.
Loro sembravano non conoscersi più, non ricordare gli anni di esperienze condivise, di bisticci e batticuori soffocati, illuminati com'erano da una luce tanto diversa a cui era stato concesso, finalmente, squarciare il velo che la celava.
Quella risposta aveva aperto la strada a un rapporto completamente diverso, nel bene e nel male, da quello che avevano vissuto fino a quel momento. Ora non erano affatto più sicuri e disinvolti, tutt'altro: erano impacciati e imbarazzati, quasi non sapessero con chi avessero a che fare e l'altro fosse un completo estraneo. Sembrava quasi che quella risposta avesse liberato la vera personalità dei due mutanti, che pure si muovevano in sincronia, con la fluidità di un rapporto consolidato e collaudato.

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La sala in cui fecero il loro ingresso le tre coppie era gremita di gente e il brusio generale copriva appena il tappeto musicale preregistrato che si diffondeva nell'ambiente. Il palco, che doveva ospitare un piccolo complessino per intrattenere gli ospiti era ancora vuoto ma il buffet era già stato preso d'assalto e nessuno degli invitati sembrava prendere minimamente in considerazione l'ipotesi di far spazio ad altri: quel tipo di scene, che dimostravano la rapacità degli uomini, nemmeno fossero tutti dei poveri pezzenti che non hanno nemmeno gli occhi per piangere, riempivano Stark di disgusto e lo spingevano a tenersi alla larga dai banchetti e dalle persone che aveva individuato accalcate come pecore attorno ai tavoli.
“Sei sempre il solito...” ghignò una voce divertita poco distante. Quando Tony si voltò, trovò l'amico-nemico Henry comodamente seduto a un tavolino e fiancheggiato dalla fastidiosa e irriverente moglie in un assurdo vestito pieno di perline danzerine e ipnotiche che si muovevano al minimo respiro. Ecco, lui aveva dimostrato di essere furbo e scaltro: si era rifornito adeguatamente all'inizio e si era tirato fuori dalla mischia, nonostante portate più succulente potessero arrivare in seguito. E non era costretto a stanziare in piedi, reggendo piatto e bicchiere con un'unica mano.
“Sono puntuale, cosa vuoi?” replicò prendendo posto accanto a Janet (tra i due il male minore) e facendo accomodare Pepper accanto a sé, secondo l'etichetta che entrambi seguivano in modo istintivo. I mutanti e i due agenti presero posto nel tavolino subito accanto, in modo da guardargli le spalle in ogni momento nonostante -teoricamente- lì non dovesse correre alcun pericolo.
“Saresti dovuto arrivare in anticipo, come tutti noi. Solo i nostri amici possono permettersi di essere puntuali...” replicò sorseggiando l'aperitivo analcolico per poi indicarglielo con un ghigno saccente “Te lo consiglio..”
“Hanno confermato davvero entrambi la loro partecipazione?” ringhiò il magnate con la testa che già gli doleva al pensiero ed eludendo abilmente la frecciata alla propria dipendenza alcolica: uno era forse l'unico uomo abbastanza intelligente da potergli tenere testa e la cosa, naturalmente, lo infastidiva; l'altro...beh...era più arrogante di lui e tanto bastava a farglielo appena tollerare, anche se la cosa sembrava reciproca.
Henry fece una smorfia e lo informò “Il tuo amico del cuore è già qui... Reed avrà il suo daffare a tenere Sue lontana dai suoi tentacoli...”
La folla al banco si aprì, lasciandone emergere la figura massiccia di Ben Grimm, carico di cibo e ficcato in uno smocking con effetto grottesco, seguito a ruota dal giovane Jhonny Storm che, come vide Rogue, mollò precipitosamente i suoi vassoi davanti ai coniugi Pym e si dileguò al tavolo dei giovani “Sapevamo che sareste arrivati a momenti...” esordì Ben accomodandosi con cautela su una sedia dall'aspetto troppo fragile e delicato. “Reed e i suoi gingilli... deve aver cooperato con l'ape regina...” spiegò sommariamente additando Janet come infiltrata e lasciando intendere che nei vestiti ci fosse qualche specie di ricetrasmittente: con le particelle Pym e la nanotecnologia se lo sarebbero potuto aspettare.
“E Reed dov'è?” domandò allora Pepper che avrebbe gradito la compagnia di Susan oltre a quella di Janet.
Ben ridacchiò “Probabilmente si sarà armato di arpione per far secco il suo rivale e... ah no... eccoli lì... ancora non l'ha squamato...” commentò divertito dal nervosismo dell'amico che faceva strada alla moglie e a una terza persona, a sua volta scortata da un piccolo drappello di strani e inquietanti figuri.
“Ti voglio tanto bene, lo sai, Janet?” bisbigliò Tony abbrancando il braccio della donna al suo fianco che gli rispose con un'occhiata scettica “Ringrazio di non aver messo Virginia tra noi per farvi chiacchierare in pace...o adesso sarei a tiro di sputo di quel mezzo pesce!”
“Mi pareva strano che fossi disinteressato!” commentò acida la mora per poi, subito, saltar su, pronta ad andare a salutare il nuovo venuto. Ma Henry la trattene per un polso, in un gesto che poteva sembrare naturale ma che, visto a distanza ravvicinata, rivelava tutto il suo nervosismo: le nocche del pugno erano sbiancate.
“Re Namor...” esordì Reed, con una punta di acidità nella voce che voleva suonare reverenziale, mentre prendeva posto al tavolo e si frapponeva tra il suo ospite e la moglie, facendo accomodare quest'ultima accanto a Pepper. “Le presento...” Cominciò osservando come tutte e tre, però, stessero osservando il fisico scolpito del nuovo arrivato con un po' troppo interesse. La cosa non sfuggì nemmeno agli altri e nella mente degli scienziati balenò, simultaneo, il pensiero che le loro rispettive compagne stessero facendo paragoni coi loro fisichetti, ora un po' rilassati dalla mezz'età, ora un po' sottosviluppati per la preferenza accordata allo studio.
“Conosco già tutti i presenti a questo tavolo...” sibilò altero ed arrogante il sovrano troncando ogni pensiero e accomodandosi come se quel tavolo fosse suo di diritto, loro dei poveri dignitari, che avevano osato occuparlo, a cui veniva concesso il privilegio di condividere la mensa con lui.
Alle sue spalle, la sua scorta rimase orgogliosamente in piedi, ritta come un fuso, sull'attenti, e lui non si premurò di dare alcun ordine di riposo. A colpo d'occhio si capiva immediatamente perché lui fosse il sovrano: era l'unico con una carnagione bianco-rosata, come qualunque essere umano terrestre, mentre coloro che lo seguivano avevano la pelle di un grigio-violaceo iridescente tipico dei pesci ma che, nell'insieme risultava solo scura e strana. Namor aveva limpidi topazi azzurri invece di rubini ardenti per iridi e, soprattutto, era l'unico a non indossare una complessa maschera su volto composta di almeno tre parti (due alla base della mascella e una, che copriva naso e bocca, che aveva tutta l'aria di un respiratore) che ricordava molto la più avanzata attrezzatura subacquea terrestre. A un'osservazione più scrupolosa si sarebbe notato anche che quelli che velavano gli occhi delle guardie non erano comuni occhiali da sole (per quanto stravaganti) ma, come le altre applicazioni, piccole ampolle piene d'acqua marina.
“Voi rospi...” ghignò Namor sicuro del proprio fascino rivolgendosi ai tre scienziati “...potreste pure avere il buon gusto di allontanarvi per non rovinare le fanciulle qui presenti...”
All'altro tavolo, Jhonny Storm levò gli occhi al cielo, evidentemente avvezzo a quel modo di fare, mentre Natasha scambiò un'occhiata veloce con Rogue che si alzò dalla sua sedia e si appoggiò alle spalle di Tony con fare disinvolto. “Senti, bello, non so chi tu sia ma direi che il tuo non è un comportamento molto educato. Quanto alle signore, non credo proprio che gradiscano la compagnia di uno zotico del tuo calibro...”
Allibita dalla sfrontatezza della mutante, la spia avrebbe voluto poter riavvolgere il tempo per fermarla: non era certo sua intenzione istigare la Bella del Sud alla rissa col re dei mari e quello, ora, rischiava di trasformarsi nel più imbarazzante caso diplomatico della storia.
Ma Namor, invece, sembrò divertito. Probabilmente non era abituato a comportamenti così inusuali da parte di una donna. Specie nei suoi confronti. La sua scorta, invece, la prese decisamente male e sguainò quelli che avevano tutta l'aria di essere sofisticati forconi. “Kadar, calma i tuoi figli... Krang” disse divertito, rivolgendosi ai due uomini armati “E tu, Abira...” aggiunse in tono canzonatorio, redarguendo la guardia dai fiammeggianti capelli rossi “Non essere sempre così eccessiva...” Quindi si rivolse al terzo uomo, in disparte rispetto al gruppo “Potresti dire qualcosa anche tu, Birrah...”
“Sei tu il re, cugino...” replicò quello
“Sì, bella...” Stava dicendo Rogue, facendo eco alle parole del re dei mari, sorridendo gelidamente alla guardia armata “Fai attenzione a dove punti quegli affari, che mi basta poco per rompere la tua attrezzatura e farti morire soffocata.”
“Tu devi essere una delle allieve di Charles...” sciorinò il principe, versandosi da bere “Dimmi... siete proprio tutte così focose, voi mutanti?”
“Mio Signore...” stava replicando la guardia dai capelli rossi, riponendo la sua arma controvoglia.
“Oh, rilassati Abira... tu dovresti essere qui solo in qualità di logomante... non di Tridente. E lo stesso...” sottolineò con sufficienza volgendosi verso due degli uomini del suo seguito “...dovrebbe valere anche per Birrah e Krang”.
Quelli chinarono appena il capo e si allontanarono di due passi per concedere al sovrano la privacy che richiedeva. Namor si versò da bere da una bottiglia di liquore che aveva strappata di prepotenza a un cameriere per evitare di assembrarsi come un plebeo al tavolo delle vivande. “...Rilassati...” disse tornando a rivolgersi a Rogue che lo guardava disgustata “Siamo dalla stessa parte... e questa dovrebbe essere una festa, no?”
“Certo...” commentò acido Stark, invidiandogli la bottiglia.
“Oh, Tony... non ti avevo nemmeno visto...” buttò lì con noncuranza l'altro, tenendo calamitata su di sé l'attenzione del gruppo “Avete poi risolto quella faccenda?” la domanda suonò retorica, quasi non fosse realmente interessato alla risposta.
Ma Tony, che non sopportava di farsi rubare così la scena, non da lui, rispose a tono “Oh, sì certo... anzi, guarda...” disse alzandosi e andando al tavolo accanto. Poggiò amichevolmente la mano sulla spalla di Rogers, che lo seguiva spaesato, e fece le dovute presentazioni “Questo è il cimelio che abbiamo recuperato grazie a te... dovresti esserne contento...”
“Sì sì, contenti voi...” bofonchiò l'altro alzando il calice a mo' di saluto, dando appena un'occhiata di striscio al capitano “Non è invecchiato di un giorno...”
“Certo che se pensavo che tu fossi il re degli arroganti...beh...ammetto di essermi sbagliata...” bisbigliò Pepper all'orecchio di Tony quando questi tornò a sedersi mentre Rogers, uscendo dal solco delle buone abitudini, rispondeva col dovuto sussiego alla sfacciata protervia del principe: come non aveva mai fatto distinzione tra bulli e nazisti, non avrebbe certo fatto differenza tra nobili e plebei “Anche la Vostra sicumera è dura a morire, Sub-Mariner McKenzie...”
“McKenzie? Un nome.... umano?” domandò Gambit ostentando un dileggio che fece saltare visibilmente i nervi alle guardie, specie ai giovani Husni e Husam.
“Mio padre era un capitano della marina statunitense” rispose l'interessato facendo spallucce.
“E voi fate di un mezzosangue un re?” replicò Henry Pym con scherno, rincarando la dose: non fosse stato per Steve, prima, e Remy, dopo, nessuno di loro avrebbe mai trovato il coraggio di essere talmente sfrontato. Henry più di tutti. “Un mutante?” continuò, battendo la mano sul tavolo per il troppo divertimento con impeto tale da far tintinnare tra loro le posate.
“Frena la lingua, terrestre... Re Namor è il più potente tra gli atlantidei e...” sibilò Kadar ma Namor, ancora una volta, gli ingiunse di tacere semplicemente alzando appena una mano.
“Bello essere Re, vero Namor?” domandò divertito Birrah con fare sornione. “Vorrei averlo io il peso di questa invidia” commentò con un sorriso obliquo.
“E come fate a conoscervi?” domandò Pepper spostando lo sguardo tra il re, Tony e il capitano.
“Abbiamo combattuto nella stessa guerra...” rispose rapidamente Rogers senza distogliere lo sguardo da quello del sovrano.
“E l'aereo di Rogers si era inabissato giusto vicino al regno di Namor...” concluse Stark per poi attaccare il sovrano, riprendendo un discorso già fatto in precedenza “Continuo a dire che potevi avvisarci anche prima...”
“Vi ho aiutato solo perché non volevo che in troppi si avvicinassero a Deluvia, motivo per cui solo pochi e selezionati agenti S.H.I.E.L.D. hanno potuto partecipare alle ricerche. Ciò che avviene in superficie non mi interessa, se questo non minaccia il mio regno...” replicò il sovrano con fare altero.
“Certo, ma ciò non ti impedisce di stringere alleanze discutibili con questi superficiali che tanto disprezzi pur di illuderti di avere delle garanzie per il tuo regno a discapito di quello del tuo contendente Attuma.” lo rimbeccò Stark “So dei tuoi accordi con Osborne, ufficialmente tutte cose relative alla Oracle: ti dico solo di fare attenzione, perché non è uno che giochi pulito. Anzi, è pazzo come un cavallo e, sicuramente, il tuo essere uomo d'onore ti si ritorcerà contro. E' un consiglio spassionato...”
“Veramente l'accordo copre tutto l'oceano ed è relativo alle armi sonar...con Attuma abbiamo...” stava puntualizzando il principe Birrah quando un'occhiataccia di Namor lo fece tacere all'istante.
“Ti ringrazio del consiglio, Anthony Stark... Ma non credere che io sia ora in debito con te.” specificò, a disagio. Per quanto il suo volto fosse una maschera corrucciata impenetrabile, non era difficile immaginare come le parole di Tony gli avessero dato di che riflettere.
A salvarlo da quel momento di imbarazzo, una musica suonata dal vivo si propagò dalle casse alle loro spalle, introducendo la cantante in succinti abiti bianchi e selvaggia chioma rossa sciolta sulle spalle nude.
“Venere?” commentò perplesso il sovrano, alzando lo sguardo sul palco, confuso.
“Wow.. l'amico conosce l'inglese...” celiò Gambit, divertito, beccandosi in risposta un'occhiataccia dalla guardia marina mentre le note scatenate di Venus raggiungevano ogni angolo della sala..
“Steve, ti va di ballare?” domandò Natasha per spezzare quel momento di tensione.
“Ma io, veramente...” stava replicando lui quando lei gli diede uno strattone così forte da costringerlo in piedi.
“All'accademia non insegnano più a danzare?” ghignò divertita prima di accostarglisi all'orecchio “Così diamo anche una controllata...E poi attendi un ballo da qualche decennio...”. Punto nell'onore e colto nel suo senso del dovere, Rogers non se lo fece ripetere due volte e scivolò in pista.





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Ok, il primo dei nuovi venuti è il re dei mari Namor. L'ho fatto abbastanza arrogante? Si capisce che non lo sopporta nessuno? Spero di sì.

Chi sarà il secondo? Su, il titolo può aiutarvi (per altro come carattere l'ho reso diametralmente opposto a Namor): gioco con il concetto degli scacchi, tanto caro agli autori Marvel.

Il suo seguito è un accrocchio di varie versioni (e tempi) nella storia di Atlantide.
Partiamo dalla capitale, Deluvia. Non volevo usare Atlantide o Nuova Atlantide (banale!) così ho rispolverato Deluvia, il regno creato da Namor quando lui e un gruppo di suoi fedeli si staccarono dall'Atlantide comandata da Attuma che tornò più volte ad attaccare Atlantide (la volta in cui Namor fu allontanato, Attuma giocò la carta della diversità del Sub-Mariner, un ibrido uomo-atlantideo e per di più mutante).
In questa impresa, fu aiutato da un altro traditore, Birrah, cugino di Namor, convinto di essere il legittimo erede al trono. Poi Birrah si è ricreduto diventando il secondo del principe.
Abira è la nuova Logomante del regno e il suo compito è, prevalentemente, quello di sapere. Era un Tridente, una guerriera e di certo non ha perso l'indole.
Husni e Husam, indipendenti figli della leale guardia reale Kadar e membri del Tridente. Quanto a Krang è stato un altro traditore, poi tornato sui suoi passi. Fu Difensore ed è annoverato tra gli Atlantidei che vivono nella (ex) nuova base degli x-men, Utopia.

Per quanto riguarda le tempistiche di pubblicazione... Credo riuscirò a farvi vedere i vestiti delle fanciulle a breve (degli uomini non ve ne frega nulla, vero?).
Poi... Venerdì posterò l'ultimo capitolo di Bello e impossibile, ma in concomitanza dovrei fare le foto... quindi quel capitolo rischia di scivolare di qualche ora (o giorno) Martedì 3, invece.... beh...dovrei farcela a postare il capitolo... la tesi la discuto il giorno dopo ù_ù. Quindi non dovrebbero esserci variazioni sui tempi. (in caso contrario, sapete perché succede!)

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Capitolo 27
*** Il guardiano Rosso ***


27. Il Guardiano Rosso







Non era musica che conosceva. Anzi, per i suoi gusti quello era rumore. Ma considerando che, per quella generazione, sembrava essere pure qualcosa di sorpassato, cercò di trovarci qualcosa di interessante: il testo non era troppo osceno, il ritmo incalzante e ballabile. Poteva, per lo meno, provarci.
Si lasciò guidare dalla rossa che lo accompagnava: non era così difficile lasciarsi coinvolgere da quel ritmo sfrenato e prevedere le mosse della spia.
Tutto sommato era divertente. Un'ombra triste gli offuscò lo sguardo e lei se ne accorse.
“Tutto bene?” domandò artigliandogli la spalla quasi fosse la sua ancora di salvezza e non il contrario.
“Certo...” disse sicuro lasciandola andare per ricominciare con la strofa successiva seguendo i movimenti semplici, quasi tribali, di quella danza.
“Però...?” lo incalzò lei. Non le si poteva nascondere davvero nulla.
“Non c'entra Peggy, se è questo che penso...cioè, sì, anche... ma mi dispiace di più che mentre io mi diverto un mondo, nel provare questa cosa folle...” cominciò che Natasha fece una smorfia.
Venus sarebbe folle? E sì che hai avuto un assaggio della musica che piace a Stark...” disse contrariata
“Quello è solo rumore... molto forte e molto malato...” commentò a sua volta “Tu non ti stai divertendo... Non stacchi mai? Anche ora stai lavorando...” disse prendendole le punte delle dita nella sua stretta.
“Deformazione professionale...” rispose la rossa -ora, temporaneamente, mora- facendo spallucce e alzando la voce per sovrastare quella della cantante.
“Mi dispiace comunque...” replicò afferrandola per la vita. La sollevò da terra e girò su se stesso per concludere l'esecuzione in una girandola di corpi e vestiti, in perfetto stile rock acrobatico che negli anni successivi la Guerra si sarebbe rapidamente imposto come nuovo stile di ballo. “Qualcosa da bere? I vostri balli sono sfiancanti...”
“Grazie...” rispose la spia, grata di quella pausa.
Steve fendette la folla che stava abbarbicata intorno ai tavolini e agguantò un paio di bicchieri e un piatto di stuzzichini vari. Quando si ricongiunsero, passeggiarono un po' al di fuori della pista. Gli occhi di Natasha, inconsciamente, saettavano a scrutare, studiare, riconoscere, selezionare, catalogare tutte le persone presenti all'evento. Così, Steve decise di portarla a un tavolino appartato, lontano da tutti. Anche dai loro colleghi.
“Non siamo qui per divertirci...” protestò la spia prima che il soldato potesse anche solo accennare qualcosa di vagamente inerente. “Kurt è di guardia sul soffitto, anche se ha la fortuna di potersi teletrasportare... e sta mangiando come un bovino alla faccia nostra... ma anche Peter è al lavoro... e Hogan... non dimenticarlo...”
“Sei pur sempre una donna... un evento come questo dovrebbe metterti di buon umore. Invece, tutto, di te, parla di lavoro. Almeno, un occhio esperto legge questo...”
“Da cosa lo deduci?” domandò sorseggiando l'alcolico dal suo calice. Dalla loro avevano almeno quel vantaggio: gli esperimenti fatti su di loro ne avevano velocizzato il metabolismo ed era impossibile per loro drogarsi o anche solo ubriacarsi. Nemmeno i farmaci avevano effetto. E Natasha ne sapeva qualcosa di operazioni condotte in stato di veglia totale nonostante le dosi massicce di anestetico.
“Il tuo vestito. E' elegante ma pratico. Puoi facilmente nascondere più di una fondina camuffandola da giarrettiera... non l'hai scelto per motivi puramente estetici”
“La mia estetica va di pari passo con la praticità...” replicò lei
Steve tacque, a disagio “Parlami di Bucky...” disse dopo un po' “Da come ne parlava Clint sembra che tu lo conosca bene... E ti ricordo che mi hai promesso di farmelo incontrare...”
“Non temere... ora è impegnato...tutto a tempo debito...” rispose sbocconcellando una tartina “Cosa vuoi sapere?”
“Come l'hai conosciuto? Com'è? Insomma... pensavo fosse...”
“Morto?” terminò per lui. Aprì uno dei vani dei suoi Morsi di Vedova, contenenti uno specchietto portatile, controllò il trucco, quindi rispose, chiudendo lo sportellino con un colpo secco. “Immagino tu non sappia nulla della mia vita... a parte quello che ho raccontato su X-23 e San Paolo e su Jessica e sull'ospedale... Tony e Clint non ti hanno detto nulla?”
“Non ho mai chiesto...” ammise il Capitano
“Beh... credo tu sia l'unico, dopo Bucky, a potermi capire davvero. Sai già che ero nipote dello Zar... tu e Logan mi avete salvata...” lui annuì appena “Beh... finita la Guerra, appena maggiorenne sono tornata in Russia, cercando di rendermi utile a quello che, di diritto, consideravo il mio Paese. Ma le cose erano cambiate. Non comandavano più gli Zar. Venni trattata alla stregua di tutte le altre reclute. Tanto per cominciare, venni abbinata, per delle nozze di convenienza, a un uomo -Alexi Shostakov- che non conoscevo e che non conobbi se non il giorno delle nozze, un anno dopo... ma che tu conoscevi già all'epoca del nostro incontro...” disse sulle note languide dell'introduzione di Yes, Sir, I can Boogie. A loro insaputa, Namor e Sue stavano scivolando in pista come due sirenetti nell'acqua placida di uno stagno.
“A pensarci bene... doveva essere molto più vecchio di te...” commentò il capitano.
“Non molto. Non per i tempi e non per il luogo, comunque. E poi, nella nostra realtà, come hai capito, l'età conta davvero poco, meno che in tanti altri settori... Dopo l'abbinamento, venni spedita nella Red Room e lì, addestrata secondo tutti i crismi dal K.G.B. per diventare una spia letale... James era lì. Un caso fortuito aveva voluto che fosse stato ritrovato nella steppa siberiana. Io sono tutt'ora convinta sia stato tutto meticolosamente programmato. Gli era stato fatto il lavaggio del cervello e il braccio mancante era stato sostituito da una protesi altamente evoluta. Roba dell'HYDRA, come scoprii più in là. Lui mi venne assegnato come istruttore. E, come una sciocca, me ne innamorai...” L'agente Romanoff sospirò al ricordo, quasi a biasimarsi per il comportamento infantile tenuto all'epoca “La cosa fu reciproca ma avevamo dei ruoli e delle posizioni che non potevano essere infranti. In più eravamo nella Russia del Dopo Guerra e il clima di sospetto e paranoia era il nostro pane quotidiano. Per oltre un anno passai ogni istante con James ad allenarmi e tonificarmi e imparare tutto ciò che c'era da imparare. Terminato l'addestramento, venni rimandata in società. Nome nuovo, vita nuova... marito nuovo... Alexi era un giovane aitante, sottoposto, con ogni probabilità, a qualche trattamento sperimentale. Non posso dire che mi innamorai di lui come di James. Fu una cosa più sorda, lenta e strisciante. Uno era l'uomo con cui, per il bene della Madre Patria, avrei dovuto condividere il resto della mia vita; l'altro, un soldato che non avrei mai più rivisto, forse ucciso quello stesso giorno da una mina o in un conflitto a fuoco. Ma Alexi, all'epoca, era già pienamente operativo. E mentre io sgomitavo tra le mie simili, per arrivare a calcare le scene del Bolshoi come prima ballerina, e mi venivano affidate missioni sciocche e degradanti, lui lavorava in grande tenendomi all'oscuro di tutto. Finché un giorno, da quella oggi nota come VVS, giunse alla mia soglia un ufficiale, incaricato di comunicarmi la morte, durante un collaudo, di mio marito... Avevo imparato ad amare Alexi e ne fui straziata.” Commentò Natasha, dopo aver raccontato a Steve quella parte della sua vita. Sapeva che i due si conoscevano, quindi si affrettò a precisare “Non era vero che era morto ma dovevamo pensarlo tutti. Inganna il tuo amico per ingannare meglio il tuo nemico... Lo scoprii solo molto tempo dopo... ad ogni modo, tornai alla Red Room di mia spontanea volontà. Ero sola, ora, e volevo rendermi davvero utile. Avevo conoscenze e abilità che potevano essere molto utili ai servizi. Fu allora che venni sottoposta anch'io al trattamento rigenerativo che mi mantiene congelata all'età di circa vent'anni... mi diedero una missione e il mio partner fu proprio Bucky.
Seppur addolorata per la perdita di Alexi, James seppe tirare fuori da me una grinta, una voglia di vivere e una passione che non sapevo di avere. Divenimmo amanti. Ma sul termine della missione il rapporto si guastò e rientrammo come semplici commilitoni, così come avremmo dovuto sempre essere. A quel punto, lui sparì nel nulla. Seppi solo in seguito che era la cavia principale del progetto di stasi criogenetica... Quanto a me, subodorai la realtà delle cose. Cioè che, in realtà, non esistono buoni o cattivi assoluti e che non sempre le proprie radici affondano nel giusto. Anzi, non vogliamo renderci conto degli orrori che la nostra gente ha commesso, ne quanta collusione possa esserci e vediamo solo negli altri il marcio che c'è anche in noi. O al contrario, ci diamo la zappa sui piedi, considerandoci gli unici sporchi in un mondo di santi.
Venni, quindi, contattata nuovamente da HYDRA. E decisi di accettare il loro invito nel tentativo di sabotarla dall'interno. Ma, come ho detto, il male assoluto non esiste. C'era brava gente, con buone idee e per niente crudele. Si trovavano solo dal lato sbagliato della barricata. Almeno, secondo la mia interpretazione. Cos'è che rendeva HYDRA così malvagia? I suoi scopi? Dominare il mondo? Chi, in possesso del giusto potere, non lo vuole? I suoi metodi? Ma noi buoni eravamo poi così sicuri che il nostro operato fosse così diverso dal loro? Potevo sperare, vivendo più a lungo di chiunque altro, di farmi strada nei meandri dell'organizzazione, epurarla da quelli che consideravo traditori ed eventualmente prenderne il comando. Ma, alla fine, non sarei stata migliore di tutti i dittatori e tiranni che hanno calcato le scene di questo mondo. Fu negli anni cinquanta che il corpo di Bucky venne trafugato e risvegliato in una sede HYDRA. Scoprii, così, che James, dal momento in cui tu lo credesti morto, era stato salvato proprio da HYDRA. E da loro rimesso in carreggiata. Non so se quello che c'è stato tra noi possa essere stato più o meno pilotato. Io mi sentii comunque una sciocca, perché ero caduta in una trappola tanto semplice. Da lì, la storia è molto banale: Bucky venne rintracciato da uno dei migliori agenti della C.I.A., tale Jimmy Woo, ora prossimo alla pensione. La C.I.A. informò lo S.H.I.E.L.D. e in un'operazione congiunta riuscirono a catturarlo per poi pulirlo dal lavaggio pluridecennale di cui era stato vittima. Clint era l'agente che lo arrestò. Io caddi dopo di lui, nel tentativo di andarlo a recuperare. Se non avevo mai giurato fedeltà a HYDRA, quando entrai nel mondo dello S.H.I.E.L.D. trovai ciò che avevo sempre cercato. Ma avevo imparato che non ci si può fidare delle istituzioni che sono vincolate alle leggi e alle figure di potere. Chi è al potere, un poco alla volta, senza che la base si accorga di nulla, può snaturare l'identità di tutta la struttura. Io giurai la mia eterna lealtà solo a Nick. Certo, è un discorso sbagliato... se all'improvviso Nick avesse gettato la maschera e si fosse rivelato l'uomo che non era l'avrei seguito anche in imprese che ritenevo sbagliate? Fortunatamente per me, Nicholas è così diretto da essere facilmente comprensibile da chiunque. Ma queste rimangono questioni molto delicate, motivo per cui mi disturba il fatto che gli agenti S.H.I.E.L.D. siano tutti volontari e, quindi, mercenari. Ma dalla nostra, dello S.H.I.E.L.D., c'è il fatto che siamo un organismo internazionale. Chiunque volesse comprare l'agenzia, non saprebbe su chi potrebbe contare realmente. Vedi, quando un esercito è fatto tutto di gente di una particolare estrazione sociale, basta che tu garantisca loro -ma solo a loro- qualunque cosa e li avrai dalla tua parte. Ma se le forze a cui ti rivolgi sono miscellanee, la cosa diventa più difficile: non puoi appigliarti né a una comune origine geografica, non puoi istigare fondamentalismi religiosi... sei più vincolato e quei professionisti sarebbero tutti al servizio solo di quanto prevede lo statuto che hanno firmato. Meglio ancora sarebbe che fossero tutti giovani di leva, che, in qualche modo, si sentirebbero responsabili per e degli altri, e non mercenari che non guardano in faccia a nessuno, proprio come succede con gli eserciti nazionali che, in questo modo, rafforzano la loro identità e il soldato del nord difende quello del sud, il ricco il povero... perché sono tutti la stessa squadra. Ma questa è pura utopia: la nostra esistenza è segreta e sceglievamo noi i candidati tra i soldati regolamentari... O meglio, era segreta, fino a che non hanno nominato Osborne direttore: ora tutti vorranno salire sul carrozzone elitario. E ora che tutti gli uomini di Fury hanno una taglia sulla testa... beh... non mi aspetto proprio nulla di buono.” sospirando, Natasha concluse il suo lungo resoconto.
Steve, a metà del suo racconto, le aveva preso una mano tra le sue, quasi a darle la forza di continuare.
“Almeno non sei sola in questa battaglia...” rispose lui con un sorriso consolatorio.
“Grazie, Steve.” disse allungandosi verso di lui. Lo baciò sulla guancia, facendolo diventare paonazzo per quella mossa inaspettata. La spia si esibì in un'espressione scettica “Tutte queste storie dopo che...” stava per dire. Ma si trattenne “A volte penso davvero che tu possa essere l'unico a capirmi...” rispose mesta, dandogli modo di placare il suo imbarazzo. “Oh!” disse facendo scivolare lo sguardo alle spalle del capitano “Namor e Sue! Reed non dev'essere molto contento che la moglie danzi con il re dei mari...” aggiunse, costringendolo a voltarsi sulla sedia “Che dici? Torniamo al tavolo? Sono curiosa di sapere come sono arrivati a questo punto...” domandò complice. “Né voglio perdermi la scena di Reed che prende a pugni Namor”
Steve assentì “Io vorrei riuscire a parlare un po' con lui... sai... è comunque una delle poche persone -che ho conosciuto- ancora vive oltre a essere quello che ha vegliato sul mio sonno per decenni. Fa un po' senso il pensiero.” meditò ad alta voce
“Sì, suona più morboso di Coulson!” ridacchiò lei prendendolo sottobraccio.
Sarebbe stato davvero bello poter fermare quel momento: effettivamente, si stava divertendo. Si sentiva spettatrice e non attrice. Ma, come non avrebbero potuto congelare la musica sensuale che scivolava loro addosso, non avrebbero potuto nemmeno fermare il tempo. D'altronde, avendone un'infinità a disposizione, ogni attimo poteva, nei ricordi, diventare eterno. Quello era, forse, l'unico loro vantaggio.

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Al loro ritorno al tavolo i due non si sorpresero nel constatare l'assenza di Sue e di Namor. Reed era rimasto al tavolo e rimuginava con sguardo assassino affiancato dal fido Ben e dal fratello scavezzacollo di Susan, della quale aveva preso il posto.
Tony e Pepper avevano lasciato la loro postazione per salutare due nuovi venuti: una donna, dai lineamenti subsahariani e lunghi capelli bianchi -sembrava la donna descritta nella canzone sulle cui note avevano danzato il soldato e la spia-, e un giovane, biondo e aitante ma dall'incarnato troppo pallido per non sospettare una salute cagionevole. Dietro di loro, anche Rogue e Gambit li avevano raggiunti.
Il Capitano fece accomodare Natasha proprio mentre Tony si voltava per introdurre i due nuovi venuti al gruppo allargato.
“Gente! Vi presento Warren Worthington III, a capo delle omonime industrie e vecchio amico...”
“Lasciami indovinare...?” commentò Steve prendendo posto a sua volta “Genio, miliardario, filantropo e playboy?”
Tony si esibì in una smorfia risentita, quindi lanciò un'occhiata in tralice a Warren “A parte la prima, direi che la descrizione calza a pennello...”
“Lei invece è una nostra amica, la nostra mamma.... Ro, è qui per far da balia a Warren...” sciorinò Rogue introducendo la compagna di squadra. “E sostituire il professore che aveva già altri impegni
“Un'importantissima partita di scacchi da cui dipendono le sorti del mondo... ma che dico? Dell'universo intero, suppongo...” commentò Gambit, beccandosi una gomitata al fianco. “Ororo Munroe è una principessa Kenyota...” precisò quindi, affabile, e cedendo il passo alla donna fasciata in un abito di shantung antracite, le cui maniche di pizzo argentato ricordavano quelle gigantesche dei kimoni nipponici. Un elaborato fermaglio tratteneva i capelli in una coda alta enfatizzando i lineamenti da principessa guerriera. “E ha un guardaroba incredibile... credo sia secondo solo a quello di Janet”
“Remy!” protestò lei dandogli un colpetto sulla spalla col pugno chiuso “E' così divertente mettermi in imbarazzo?”
“Perché mi picchiate tutte? Io preferisco fare l'amore... non la guerra...” sorrise accattivante alla compagna.
“Consolati, Ro: con me è prassi consolidata...” disse Rogue divertita dall'imbarazzo della donna ma esasperata dalla scemenza dell'amico che replicò un sommesso “Ci mancherebbe che Remy non se la prendesse con te!”
“E cosa porta una mutante ad accompagnare un giovane...” stava cominciando Steve che Rogue lo anticipò.
“Anche Angelo... cioè, Warren, è uno dei nostri...” disse Rogue sorridendo al biondo che, spaesato si guardava attorno senza riconoscere nessuno. “Anche se l'aspetto cianotico è una novità anche per me...”
“Argiria?” domandò Tony studiandolo attentamente “Intossicazione da argento? Dio...quei capelli sembrano oro e lui quasi un puffo... C'è un tale che si è mangiato non so quanto argento -e che non si ammala mai- per paura di qualche strana epidemia...”
“Non ne ho la più pallida idea...ma può essere...” rispose Ororo mentre Rogue commentava il nuovo aspetto del giovane.
“Queste ali nuove, poi, sono proprio una figata! Sembra un jet-pack!” concluse battendogli una pacca sulla schiena, rivelando che tra i due c'era un rapporto intimo. “Dev'essere comodo... non doverle più nascondere sotto gli abiti..”
“Veramente mi trovo a disagio con questi abiti... ma la signorina Ororo non vuole che me li tolga se non a casa...” confessò candidamente il biondo lasciando tutti esterrefatti.
“Questo batte anche Tony, quanto ad esibizionismo...” sussurrò Pym all'orecchio di Reed che, a quella battuta, parve rilassarsi un attimo.
“Warren...Anche a me piace ma...” disse imbarazzata la donna posandogli una mano sul petto, prima di rendersi conto di aver attirato sguardi allupati da parte di maschi un po' troppo intraprendenti “Quando torneremo a scuola potrai volare libero come credi... e potrai startene nudo nelle tue stanze.. ma in pubblico non è proprio il caso, ci sono delle regole non scritte di convivenza civile... ti prego...” riparò in ultimo, perentoria.
“Povera Betsy...” sospirò Rogue, che era stata aggiornata sommariamente su quanto accaduto alla scuola: che Ororo amasse cavalcare come Lady Godiva in mezzo a un temporale era una leggenda -neanche troppo metropolitana- già risaputa e che non destava, tra i mutanti, il minimo stupore. Ma Warren... era tutta un'altra storia.
“Ehi! E quello? Sarebbe il suo Gorilla?” la domanda sarcastica e improvvisa di un Tony distratto da qualche novità,
che giocava sul doppio senso del termine, arrivò fino a loro come una cannonata.
I tre mutanti sani di mente drizzarono le orecchie quando udirono la rispostaccia con cui Pepper lo zittì e che sorvolava sulla battuta infelice del magnate “E' sempre un sovrano! Tra i più potenti! Sarà libero di fare quello che vuole? Ha un gorilla come animale da compagnia... e allora? La marchesa Casati aveva due ghepardi. E non parlo dell'antica Roma o del rinascimento ma della Venezia del secolo scorso!”
Il buon umore che era calato sul gruppo sembrò sollevarsi all'improvviso: Ororo s'irrigidì e voltò lo sguardo sulla spalla della compagna, evidentemente in difficoltà e in imbarazzo. Rogue alzò gli occhi sulla sala e intercettò il drappello alla cui attenzione l'amica Ororo cercava di fuggire. Trovando conferma ai suoi sospetti vedendo chi lo capeggiava, stirò un sorriso birichino. Diede, quindi, una gomitata a Gambit e indicò la sala con un'alzata di mento. Lui, dapprima, non capì ma subito si illuminò.
“Marie... ti va di ballare?” disse prendendola sottobraccio.
“Ma certo, Mon Amour!” ghignò enfatizzando le parole di proposito lei, affinché lui non le prendesse per buone, nonostante quello che le era sfuggito di bocca solo mezzora prima, facendo l'occhiolino all'amica che strabuzzò dalla sorpresa.

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Eccomi eccomi eccomi

scusate il ritardo di questa settimana. Come avete notato ho ripreso esattamente da dove avevo abbandonato (son ripartita concludendo anche Bello e impossibile con il terzo e ultimo capitolo, anch'esso rimasto in sospeso per una settimana)... ma in una tesi come questa (tutta grafica) ci sono mille cose che si sballano all'ultimo momento e mille cose da fare (non basta stamparla e rilegarla normalmente come avevo fatto per le altre due). @_@
Ok... tutto è tornato alla solita regolarità...da domani sarò ufficialmente disoccupata (in quanto non più studentessa) e avrò tanto tempo libero XD

Dunque... parliamo tra noi..
Il Guardiano Rosso. Capito tutto di questo capitolo della vita di Nat? Bene... perchè non è finita qui. La sua vita è tipo matriosca...ce n'è da raccontare, ancora...
E per il resto... niente... Aspettate la prossima settimana per vedere chi è il nuovo arrivato che mette tanto disagio a Ororo -tanto avete già indovinato-. Nella realtà lei è un pelino più combattiva e aggressiva...ma volevo renderle persone un po' più umane e fragili. Quindi portate pazienza.
Infine, prestate attenzione sia al Gorilla che al nome di Jimy Woo... non è la prima volta che lo troviamo ;) (sì, lo so..semino indizi proprio come Claremont...spero non vi dispiaccia XD)

Che altro? Ah già... ho preparato i primi disegni degli abiti delle ragazze. Per ora ci sono Pepper e Natasha (mi son dimenticata di disegnarle i Morsi di Vedova... amen!
In serata arriverà anche Rogue ;)

E per ora e tutto
alla prossima

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Capitolo 28
*** Eros e Thanatos ***


28. Eros e Thanatos





Ororo sbuffò e si mise a braccia conserte mentre i due compagni di squadra si allontanavano alla svelta “Vanno tanto d'accordo solo quando si tratta di mettermi in difficoltà...” bofonchiò risentita.
“Ci sono problemi...?” stava domandando Warren quando un'ombra scura si stagliò su di loro.
“Ororo... sei proprio tu!” disse il nuovo venuto con un debole sorriso impacciato che gli stirava le labbra carnose. Le vesti, il colore della pelle, il portamento, la scorta quanto mai singolare, tutto indicava la sua appartenenza alla classe nobiliare africana. Il suo agente di scorta e agente S.H.I.E.L.D., Derek Khanata, si era fermato al tavolo per conversare con Natasha e si era portato appresso lo scimmione da compagnia, che chiamava simpaticamente per nome -Ken- e che trattava come fosse stato più che un essere umano, quasi un collega.
“T'challa...” biascicò Ororo a disagio, cercando di spostare una ciocca di capelli dietro l'orecchio: aveva notato come lui si fosse presentato volutamente da solo per non metterla troppo in imbarazzo. Situazione che, paradossalmente, la innervosiva di più: non sapeva se prenderlo a schiaffoni e riempirlo di male parole o se squagliarsi al suo cospetto come una sciocca scolaretta alla prima cotta.
“Mmmm... Pepper? Ti va di ballare? Sì, vero?” disse Tony per spezzare quella strana atmosfera. Prese la rossa per il polso e se la avvicinò di prepotenza.
Ma qualcos'altro stava andando storto: non riusciva a portarsi Pepper più vicina del mezzo metro. Non riuscì a elaborare il dato -e capire cosa stesse succedendo- che, con la coda dell'occhio, intercettò i soliti giornalisti fastidiosi (tra cui - lo sapeva, glielo diceva il suo radar integrato, fornito da Madre Natura- si nascondeva quell'impiccione del ben poco amichevole ragno di quartiere). Si dovette mordere le labbra per non lasciarsi andare a qualche pesante imprecazione. “Pep... Fa come se non ci fosse, letteralmente, una forte repulsione tra di noi...”
“Che diavolo vai blaterando?” sbottò lei, offesa dal dover nascondere la loro pseudo-relazione. Pepper non si era ancora accorta di nulla, forse perché per lei tutto, legato a quel dannato affare, era ancora una novità, altrimenti non si sarebbe offesa a quel modo, sospettando una certa ritrosia da parte di Tony.
“Sei un cretino!” lo apostrofò Henry, intervenendo a spiegare anche alla donna cosa stesse succedendo. Divertito, batté una pacca sulla spalla dell'amico Reed per distrarlo dai suoi intenti omicidi e per condividere con lui la stupidità della mente brillante del magnate. “Avete due potentissimi elettromagneti piantati in petto: com'è possibile che tu non ci abbia pensato prima? Lo sa anche un bambino che due calamite si respingono a vicenda... il genio...”
A quelle parole, Tony arricciò il naso come un bambino che ammetta -suo malgrado- una verità inconfutabile. Gli avrebbe volentieri risposto per le rime come al solito ma i paparazzi furono loro addosso come uno stormo di avvoltoi, impedendogli di replicare. Che poi, si trattava sempre dei soliti due fastidiosi che non avevano altro da fare. Vedeva Peter divertirsi un mondo alle sue spalle, stretto a braccetto con quella seccatura bionda che, un tempo, aveva avuto il coraggio di portarsi a letto. Si infilò i soliti occhiali da sole per evitare di essere abbacinato dai mille flash di quelle dannate macchine fotografiche.
Valutò che T'Challa, il re del Wakanda, doveva averli già soddisfatti, visto che quei rapaci non lo calcolavano nemmeno di striscio.
La bionda Christine esordì con la prevedibile “Questa è la vostra prima uscita pubblica a un evento mondano dopo l'attentato del mese scorso. Cosa ci dite delle decisioni prese subito dopo la vostra convocazione al Senato che....” Tony lasciò ciarlare a lungo lei e gli altri, mandando baci alla macchina da presa ed eludendo le domande - che, per lo più, trovavano risposte le une nelle altre-, chiedendo a sua volta se volessero un autografo. Al tavolo, gli altri osservavano la scena annoiati, nauseati da quel suo modo di fare egocentrico. I giornalisti avevano la curiosa caratteristica di sapere tutti un pezzettino di verità e nel porre le loro domande, o nel correggere il tiro di un collega, finivano per intavolare assurde discussioni tra loro, mentre il loro obiettivo non confermava né smentiva nulla. Era divertente.
Finché qualcuno non se ne uscì con una domanda inappropriata sul faro azzurro che Pepper aveva incastrato nell'abito. Solo allora, Tony si riscosse.
“Ok, basta così, avete già avuto le vostre risposte...” disse avvolgendo la rossa in un abbraccio protettivo “... per oggi può bastare!”
“Cosa?” sbottò Peter “Ma se non ha risposto proprio a nulla e ha lasciato che ci mordessimo la coda tra noi!”
“Sembra un congegno elettromeccanico... E' solo un'applicazione di bellezza o ha qualche funzionalità nascosta?” insistette la bionda di cui non ricordava mai il nome.
“Non è che è una conseguenza dell'incidente? Un evoluto bypass un po' appariscente?” infierì anche Parker facendo finta di nulla.
“Se non è nulla di particolare, non vi dispiacerà parlarcene... E' così bello...” aggiunse un'altra, dal mucchio, tale Irene Merryweather.
A quelle insistenze, Pepper, scivolò via dall'abbraccio di Tony e si espose ai flash, mentre il compagno borbottava, neanche troppo silenziosamente, la sua disapprovazione. “Avete ragione, questo è un congegno che mi tiene in vita. La mia situazione è alquanto particolare e se lo rimuovessi, in breve tempo, i miei polmoni verrebbero perforati dai frammenti dell'ordigno esploso quella sera...” disse facendo un cenno a Christine. L'aveva riconosciuta e sapeva che avrebbe capito. Per quanto le stesse antipatica era sempre una donna e poteva capire il suo disagio. Inoltre era presente all'evento e poteva facilmente immedesimarsi e vedersi vittima dell'ordigno.
“Ma è un dispositivo permanente?” la incalzò la bionda, vedendo uno spiraglio.
“Sì” confessò la rossa portandosi una mano al petto e abbassando lo sguardo sul suo congegno. “E' uno dei primi prototipi Stark-tech elettromedicali”
“Ho una bella idea... ti andrebbe di posare per Vanity? Sarebbe pubblicità per la nuova strada che hanno intrapreso le industrie Stark: energia pulita, strumentazione medica... Vedo che siete al tavolo con Janet Van Dyne... potreste lanciare una moda...”
“Interessante...” la ringraziò Pepper con un sorriso bieco. Dove non arrivava l'idiozia del suo uomo, doveva sopperire lei. E quella era stata la migliore imbeccata mai proposta.
“E' in un posto un po' particolare, quindi si tratterebbe di foto senza veli ma i nostri fotografi sono professionisti e non avresti nulla da temere, non si vedrebbe nulla... anzi, nemmeno il fotografo avrebbe modo di....” la bionda s'era illuminata di una verve impressionante alla sola idea di un tale servizio, animata dallo spirito di qualche crociata personale, che Tony si intromise.
“Ok, Pep... ora basta!” l'ammonì cingendola con un braccio per strapparla all'occhio delle fotocamere.
Ma non aveva fatto i conti con quell'impiastro dell'Uomo Ragno “Ne ha uno simile anche Lei, per caso?”
Tony sgranò gli occhi, tentando di comunicargli che la smettesse con quello scherzo e che, una volta soli, avrebbero fatto i conti “Cosa glielo fa pensare?” rispose con un sorriso tirato e gelido.
“Mah... la tempestività d'intervento, tanto per cominciare. Non credo che la signorina sarebbe sopravvissuta a lungo senza. Eppure i tempi della sua degenza sono stati nella norma di una qualsiasi operazione cardiovascolare. Se Lei avesse dovuto inventarselo da zero, dubito che i medici avrebbero potuto stare negli stessi tempi, per quanto Lei potesse essere stato rapido nel idearlo e costruirlo. E come tutti quelli dediti a un minimo di bricolage possono sapere, gli imprevisti sono dietro l'angolo. Magari, il prototipo l'ha sviluppato in occasione dell'attentato in Afganistan. Avrebbe avuto molto tempo, durante la sua prigionia, per perfezionare la cosa con il suo genio. Se in quell'occasione le fosse successa una cosa simile, che non è arrivata all'orecchio della stampa...” Tony drizzò il capo, squadrandolo dall'alto al basso. Ma Peter non si fece certo intimorire “E' una conclusione a cui arriverebbe chiunque, sentendo questa storia...” disse indicando il reattore di Pepper.
Tony fu costretto ad ammettere a se stesso che non era preparato a una cosa del genere, nonostante avesse paventato il momento molto a lungo. Un conto era che tutti sapessero la sua identità segreta, tutt'altro che si sapesse il suo punto debole. Per gli altri eroi era naturale il contrario: celando la propria identità proteggevano non solo loro stessi ma anche i loro cari mentre non si curavano di nascondere i propri difetti, certi che i nemici avrebbero colpiti, così, proprio su quel fonte. Ma lui, ora, si sentiva messo a nudo. Sbuffò e folgorò il fotoreporter “Sì, ce l'ho anch'io!”
“Ma è meraviglioso!” disse la bionda per poi fermarsi di colpo “Un momento, no! Non è vero, non ce l'ha!”
Tony la squadrò da capo a piedi, infastidito “Sì, ce l'ho!” ripeté
“Ma quella volta....” stava ragionando lei a voce alta.
“...era prima dell'Afganistan.” concluse lui, stirando un ghigno, più che un sorriso. “Ora, se volete scusarci...” disse trascinando Pepper per il gomito.
“Se cambiassi idea...” disse Christine, facendo scivolare velocemente nella mano della rossa il suo bigliettino da visita.
Allontanati i giornalisti, si ritrovarono nella situazione di partenza: i due nativi africani si erano spostati per avere un minimo di privacy, ma la tensione tra i due era palpabile anche da lontano; Janet, pettegola com'era, era tutta galvanizzata da quell'incontro del destino, come diceva lei; un annoiato Pym stava sbracato sul tavolo, Ben -lasciato solo da Reed che era sparito, probabilmente in cerca di sua moglie- socializzava con Warren, il quale era stato fatto sedere al tavolo con istruzioni precise sul suo comportamento, e Jhonny malediva Gambit per essersi appropriato della bella Rogue sotto il suo naso. Natasha e Steve erano spariti un'altra volta. Tony inarcò un sopracciglio, sovrappensiero: che davvero quei due stessero assieme e non si perdessero ogni momento utile per appartarsi? La cosa gli era suonata molto strana, alla torre, eppure erano stati convincenti, lineari, naturali... D'altronde, lui era la persona meno indicata per svelare intrighi: si era fatto fregare dal suo amministratore delegato, dal suo amico, dai suoi assistenti, e anche dalla donna che amav.... a cui era legato a doppio filo! Lavorativamente parlando, certo. E anche privatamente. In parte.
“Mi dispiace, Pep...” disse con un sorriso mesto “...non possiamo ballare come l'altra volta...”
“Non c'è problema...” rispose lei con una maturità che, in un primo momento sorprese il miliardario. Insomma, l'uomo che amava (perché Pep era innamorata di lui, vero? Ma certo! Dopo tutto quello che avevano passato ancora si faceva venire i dubbi... Era stata parecchio esplicita quella sera...no...esplicita su una richiesta particolare...) le stava dando buca, svicolava da una manifesta dimostrazione di impegno... e lei restava così tranquilla? Ma si ricordò presto, dubbi a parte, che Pep era abituata a indossare una maschera, con lui e al lavoro, per restare in secondo piano. Quindi, nulla toglieva che lei, in realtà morisse dal desiderio di scendere in pista. Impegnato a lambiccarsi il cervello non si accorse del malumore che era nato anche nella coppia di insetti.
“E dai! Cosa ti costa?” domandò Janet, insistente, al marito.
“Sì, Henry, che ti costa? Portala a ballare e facciamola finita...” replicò anche Ben prendendosi la testa tra le mani “Mi sta spaccando le tempie con questa lagna...”
“Non ne ho voglia e basta, mettitela via, Jan! Io non mi rendo ridicolo come Reed...” disse appuntando lo sguardo sulla coppia che danzava fuori tempo nel centro della pista.
“Uffa...” protestò la mora mettendo il broncio. Piantò il gomito sul tavolo e diede le spalle al marito, offesa.
“Janet...” chiamò Pepper col sorriso di chi la sapeva lunga. “E se ci facessimo compagnia noi due?”
Quella si illuminò, tornando di colpo di buonumore “Ma certo!” gridacchiò saltando ad abbracciarla e trascinandola verso lo spazio libero.
Quindi, Tony si sedette accanto ad Henry e, dopo un attimo di assestamento, tutti immersi in un silenzio imbarazzato, cercò di sciogliere la situazione con una battuta di spirito. “Allora, pettegolezzi sul sovrano del Wakanda?” ma l'unica, eloquente, risposta fu l'occhiataccia di Pym che gli chiedeva di non prendere il posto della moglie petulante che si era appena allontanata, dandogli un attimo di tregua.

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L'aveva sparata grossa.
Avrebbe dovuto rispondere qualunque altra cosa -tranne che avrebbe preferito appartarsi con lui, ovviamente- piuttosto che dirgli che accettava il suo invito a ballare. Ma ora erano lì. E Gambit non aveva voluto entrare a metà brano: voleva averne uno tutto per loro.
Giustamente, mettendosi nella sua prospettiva.
Ora, l'aveva lasciata un attimo a bordo della pista (a fare tappezzeria come una zitella del secolo scorso, suggerì la voce acida, un po' maligna e invidiosa di Carol, dentro di lei) per andare a fare il cascamorto con la bella rossa sul palco, la vocalist del gruppo Atlas. Lo vide aspettare l'assolo strumentale e, fattosi notare dalla bellezza esotica -e svestita- di nome Venere, allungarsi per parlarle all'orecchio. Lei annuì quasi subito, divertita e condiscendente, lanciandole un'occhiata complice. Guardava proprio lei... Perché, dannazione? Voleva farsi beffe di una mutante sfigata mollata ad aspettare come una scema?
Quando Remy fu di nuovo al suo fianco, fu costretta a ingoiare l'orgoglio e cacciare la rabbia che l'aveva accecata.
Gli artigliò la manica e, con lo sguardo basso, vuotò il sacco per distrarsi da quei pensieri egoistici. “C'è un problema... io non so ballare...”
Negli occhi di Remy vide un lampo di delusione che fu subito sostituito dal solito fuoco divertito che li animava “Ti insegnerò io... Ma non avevi detto che con Cody...”
“Una Lambada! E quando eravamo bambini!” protestò lei, rossa fino alla punta delle orecchie per la vergogna.
“E non hai la memoria di nessuno, che possa esserti utile?” domandò lui perplesso. Quando Rogue scosse la testa, appuntò lo sguardo sui pochi ballerini, in cerca di una soluzione. “Beh... non è difficile...Ballare è come fare l'amore...” cominciò lui avvertendo la rabbia e l'imbarazzo della compagna al suo fianco. Divertito da quella reazione così genuina, continuò il suo discorso “Ma questo lo sanno anche i sassi.” Sentenziò cercando quasi di offenderla di proposito. Cercava di farle capire che, se aveva aspettato tanto a lungo, di certo non pensava solo a quello ed era offensivo che lei lo sminuisse a un patetico uomo divorato unicamente dai desideri carnali “Meno nota è la relazione con il combattimento. C'è stato un periodo in cui, come nozione, era venuta alla ribalta, grazie ai videogiochi -pensa alla capoeira- e ai film orientali -dove i ninja si affrontano in una coreografia studiata al millimetro-. Ma è un concetto vecchio come il mondo. E tutti e tre, sono collegati tra loro.”
“Mi prendi in giro?” domandò lei scettica.
“Affatto. E gli scienziati potrebbero confermarti come ci siano anche evidenze biologiche... comportamenti e parametri, in comune... l'adrenalina... non ricordo bene...l'ho solo letto...” si giustificò “Ma il ballo rituale, come simulazione della battaglia è un dato assodato da tutti gli antropologi. Il ballo e l'amore e la battaglia... sono attività di coppia, diciamo: è una relazione a due, normalmente, dove ci dev'essere una perfetta coordinazione tra le parti e anticipazione dei movimenti dell'altro...”
“Posso capire danza e guerra, danza e amore...ma amore e guerra...come riesci a tenerli assieme?” domandò lei con sarcasmo.
“A parte il sempiterno Eros e Thanatos? Amore e Morte?” la zittì lui “Potrei farti mille esempi, ma uno vale per tutti... vogliamo andare?” disse sentendo le note finali del brano “Intanto, per ora, tu pensa di dovermi in qualche modo combattere. Ma sei vincolata, ricorda solo questo: una delle nostre mani deve sempre rimanere agganciata. E la maggior parte del tempo, comunque, dovremmo stare vicini. Si tratta di... guadagnare spazio, mettila così...”
“Come i cani? Dominio territoriale?”
“Più o meno. E non hai bisogno di menarmi...” ghignò lui “Ma preparati, perché non ti lascerò avanzare tanto facilmente... e niente poteri!”
Presa dalla sfida implicita nelle parole del francese, afferrò la mano tesa con slancio (e non con la grazia che una donna innamorata avrebbe usato nell'accettare un invito alle danze dal suo amato) e avanzò al suo fianco fino al centro della pista.
Si lasciò stringere e, pur rimanendo a debita distanza, si sentiva agitata ed emozionata come non le era mai capitato. E non era solo la simulazione della battaglia ad agitarla. Presa com'era dal suo compito, non si accorse neanche della musica, finché non si rese conto, dopo pochi passi, che, tutto sommato, il suo corpo andava da solo: era un ritmo che conosceva bene, quello della Lambada, nonostante fosse stata riarrangiato sul tempo del tango, ragion per cui, nonostante tutto, riusciva a reagire da subito in modo istintivo e appropriato alle mosse di Gambit.
Stava per riempirlo di improperi, per quel trucco meschino, che lui -quasi le avesse letto nel pensiero- sorrise e cominciò a sciorinare parole totalmente estranee alla musica. Danzava e parlava. E non aveva il fiatone, nonostante la guardasse con gli occhi supplichevoli di chi ha la milza che duole e non ha più fiato per continuare la maratona. Ma forse lo sforzo fisico non c'entrava nulla. “Non vogliono schivarsi, non parano e non si ritraggono. Non danno colpi finti, ora pieni ed ora scarsi. L'oscurità e la foga impediscono una certa finezza...” disse, cavalcando la prima strofa, dopo averla allontanata e riavvicinata a sé un paio di volte e averla fatta volteggiare su se stessa, stringendola, in ultimo, per condurla in un'allegra sgambettata, ora avanti ora indietro. “Di cosa parliamo?”
“Non ne ho idea...” replicò lei, colta alla sprovvista e subodorando una qualche citazione letteraria.
Gambit continuò, fermandosi solo nei momenti più intensi del brano, in cui, la stringeva a sé con ardore o, piuttosto, si fingeva risentito e la cacciava per poi tornare sulle sue tracce “La vergogna dei colpi ricevuti porta alla vendetta e la vendetta a sua volta riaccende la vergogna, quindi colpiscono di continuo e in fretta, chè a stimolo nuovo si aggiunge nuova motivazione. D'ora in ora la lotta si fa più serrata... Per tre volte il cavaliere stringe la donna con le braccia robuste ed altrettante la donna si scioglie da quella presa tenace, presa di un fiero nemico e non di un amante.”
“Mi hai appena dato la soluzione...” ribatté trionfante Rogue, avanzando di una serie di passi “E' un po' ambiguo ma è chiaro... due amanti che nella vita di tutti i giorni sono avversari e che di notte si danno un gran da fare... Giusto?”
Remy la strinse a sé, le labbra a un soffio dalle sue. La fissò intensamente. Quindi, quando Rogue era praticamente certa che avrebbe tentato una volta di più di baciarla, lui stirò un sorriso “Sbagliato!” replicò allontanandola di nuovo. “Ma ecco che ormai è giunta l'ora fatale e la sua vita deve finire. Lui le spinge la spada di punta nel petto, che vi si immerge e ne beve avido il sangue; l'armatura, ricamata d'oro che tratteneva teneramente il seno, si riempie di un fiume caldo. Lei già si sente morire, il piede, privo di forze, vacilla.” recitò allentando un po' la presa e dandole una sensazione di vertigine, costringendola ad aggrapparsi a lui per non cadere. Quindi la riprese e la strinse a sé più e più volte, con una foga non necessaria, a sottolineare quello che stava dicendo “Lui continua ad accanirsi per la vittoria, incalza la vergine trafitta, minacciandola e premendo su di lei...” concluse con un sorriso triste “Il resto non serve...”
“Ommioddio!” sbigottì lei “Stavano lottando e... che schifo, uno stupro! Questo è un pazzo sadico omicida!”
“Non c'entra niente lo stupro!” si risentì lui “Tancredi non avrebbe mai torto un capello a Clorinda: è solo un passo della Gerusalemme Liberata! E' un equivoco e lui prende l'amata per un nemico... si scontrano lealmente ma lei perde... quello che avviene tra loro è reso di proposito in chiave ambigua: quello che avrebbe potuto essere e quello che è stato..” Fece una pausa notando come la donna non lo badasse e sbuffò “E dire che mio padre ha sempre pensato che la letteratura fosse roba da donne, inutile, e non un'arma potentissima... per un seduttore...”
“Oh Dio... E' così...ambiguo... fino all'ultimo. Rasenta la blasfemia... è …una perversione!” continuava lei, senza ascoltarlo.
“Intendi il simbolo fallico imbrattato dalla vergine o l'associazione amore-morte?” domandò lui divertito, riconquistando la sua attenzione.
Rogue rimase interdetta per un attimo “Tutto, dannazione!” strepitò
“Sei un po' bacchettona, Marie!” replicò lui costringendola a un casqué. Rogue sentì il fiato caldo di lui sullo sterno e, prima che potesse intimargli di stare lontano, Remy la riportò in piedi. “Temo non sia stata un'idea brillante, quella di invitarti a ballare... non questo, almeno...”
“Perché?” domandò lei stupita: aveva fatto tutto da solo e ora si lamentava pure?
“Il tango...” sospirò lui al suo orecchio“...durante la cui esecuzione non si dovrebbe parlare... come accennato prima, in realtà è la cosa più vicina all'atto sessuale stesso. E' il più sensuale tra i balli. Motivo per cui l'ho scelto, in realtà...” Sentì Rogue irrigidirsi tra le sue braccia e, spostando appena lo sguardo sulla ragazza, le vide il volto in fiamme. “Non dirmi che non te ne sei accorta?”
Sì, Rogue ci aveva fatto caso eccome. Perché le loro gambe, che apparentemente si cacciavano a vicenda, e la vicinanza dei corpi in quello strano contatto certo non aiutavano a tenere a bada quella strana sensazione di vertigine e quel brivido che le percorreva la schiena in tutta la lunghezza. Ma aveva cercato di non dargli troppa importanza, come aveva sempre fatto. Pensava fosse la norma, non una particolare reazione fisiologica maschile.
Era strano rendersi conto solo ora dei segnali di interesse che l'altro mandava praticamente in continuazione. Era strano associare a quello stato di turbamento, al suo stupido batticuore una risposta così naturale da parte del Cajun. Era strano perché non aveva mai fatto il collegamento. Lui era l'unico con cui si fosse trovata così spesso a così stretto contatto e non aveva mai sospettato che la cosa potesse essere una singolarità.
Rendersi conto che, ogni volta che erano stati assieme, lui aveva avuto quel tipo di reazione, reazione che lei associava al suo attuale stordimento, le dava le vertigini: ingenuamente aveva sempre pensato che la loro vicinanza lo lasciasse del tutto indifferente, che il cuore non gli galoppasse in petto come una mandria imbufalita né che altri pensieri potessero scavalcare la sua razionalità, lasciandolo letteralmente agonizzante per un incontro mancato: aveva davvero creduto che il corpo maschile fosse così diverso da quello femminile? Che le emozioni dei due fossero così diverse?
Tutta quella consapevolezza, ora la stava agitando ed emozionando. Ne era, letteralmente, travolta e sopraffatta.
Specialmente, ricordando cosa si erano detti in macchina. O meglio, cosa lei avesse confessato. Ora erano a carte scoperte: che lui fosse interessato non era certo una novità ma, chissà perché, ora tutto le sembrava nuovo e imprevedibile.






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Sì sì, Rogue è un po' tanto dura di comprendonio...
come mostrato anche in Bello e impossibile, la ragazza, poverina, quanto a esperienza sta a zero. Diamole il beneficio di questi turbamenti adolescenziali (a trent'anni...vabbè...)
A proposito di Rogue...è pronto -con un po' di ritardo- il disegno...così capirete cosa c'è di scoperto nel suo abbigliamento... ;)
Il discorso di Gambit è una parafrasi (o meglio, parte di una parafrasi) del celebre combattimento tra Tancredi e Clorinda. Un amore spesso citato come amore tragico (notiamo l'ironia, per favore...tornerà più avanti) al pari di Orlando e Angelica o Dante e Beatrice.
Direte voi: che c'azzecca la letteratura italiana?
Sorvolando sul fatto che noi siamo dei gran provinciali, su certe cose (ce l'ho un po' a morte con tutti gli anglicismi perché fanno figo -ricordo solo che Oxford vuol dire Guado dei buoi... da noi chi si vanterebbe di aver studiato in un posto simile? Per non parlare dei vari nomi tradotti pari pari...noi ce ne vergogniamo, loro ne fanno punti di forza), c'è da ricordare che la nostra cultura all'estero affascina tantissimo ed è spesso citata qua e là. Parliamoci chiaro...la cultura mediterranea avrebbe miti da narrare e luoghi da visitare in eterno...i paesi anglosassoni campano su 4 cagate: fanno monumenti a una pozzanghera e noi lasciamo andare in malora uno dei più grandi patrimonio artistici mondiali... solo per fare un esempio..loro e l'obelisco del campidoglio...noi abbiamo le piazze piene (e sono originali, vecchi di secoli): loro ci costruiscono attorno un carrozzone mediatico e noi li snobbiamo...anche perché sono parte del nostro patrimonio come l'aria che respiriamo.

Ma tornando a noi... Remy è uomo di cultura. Sì, è un ladro, ma è un cajun, la cui cultura è pesantemente europeista (francese, vabbè...), il signor padre -Sinistro- è inglese (avrei da ridire anche lì...perché la vera potenza della Gran Bretagna si è sviluppata solo nel 1500 con Francis Drake e la guerra di Corsa... intanto nel mediterraneo noi e gli altri popoli commerciavamo da secoli... ma gli anglosassoni sanno vendersi bene...).
Remy è un romantico, usa paroloni per intortare le sue vittime. Certo è un ladro. Ma un ladro che si rispetti (non il borseggiatore o il topo d'appartamento che lo fanno per fame) deve avere una certa cultura per sapere se sta rubando croste o piccoli oggetti di antiquariato di grande valore, dovrebbe saper contestualizzare un'opera nel tempo con le tecniche allora in uso (e che uno splendido falso potrebbe ignorare) e ciò vuol dire aver piena conoscenza non solo degli aspetti tecnici ma anche della storia e della cultura... che si esprimono tramite la letteratura (di ogni tipo, dai trattati alla poesia).
Ecco, ancora una volta, dunque, la dicotomia tra i due: lei una capra irruente, lui uomo raffinato e delicato...

PS: sulle tempistiche dei balli...loro sono svicolati subito all'inzio del capitolo. Quando Tony ritorna al posto e trova Reed con Sue, il ballo di Rogue e Gambit è finito da un pezzo...  ;)

Per il resto... dei nostri amici africani ci occuperemo -finalmente- la prossima settimana.
Ora volevo mettere le basi (tra Pepper e Christine) per qualcosa che avverrà più in là. E mostrare cosa succede con quei due cosi che hanno in petto... e come risolveranno la situazione se lei e Tony vogliono spicciarsi a concludere qualcosa.
In realtà, il fatto della repulsione è presa pari pari dai fumetti... e mi sembrava giusto far sapere anche a voi di questo dettaglio. ;)

alla prossima!


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Capitolo 29
*** La Pantera Nera e la Leonessa Bianca ***


29. La Pantera Nera e la Leonessa Bianca






Ororo si passava nervosamente il bicchiere da una mano all'altra, cercando un modo per svicolare a quella situazione a dir poco imbarazzante.
Se solo avesse letto la lista degli invitati...
Sospirò.
Cosa avrebbe potuto fare? Abbandonare Warren a se stesso? Rifiutare una cortesia al loro mentore? No, certo. Il suo senso del dovere, d'amicizia e riconoscimento sarebbe stato più forte dell'agitazione che, sicuramente, l'avrebbe presa nello scorgere quel nome nella lista. E di questo anche il professore era ben cosciente. Che l'avesse fatto di proposito? La cosa la innervosiva non poco, soprattutto perché, inspiegabilmente, T'Challa le era comparso davanti come se nulla fosse mai successo. Era un uomo che sapeva il fatto suo e non accettava un semplice no come risposta: era più ben disposto nei confronti di un no accompagnato da spiegazioni. Spiegazioni che lei non intendeva fornirgli perché erano cose scontate che lui sapeva e fingeva di non ricordare.
E ora stava lì.
L'aveva trascinata lontano dai suoi amici, aveva lasciato le sue guardie al tavolo con gli altri perché voleva parlarle. Cosa c'era da parlare dopo che l'aveva scaricata in quel modo? Serrò gli occhi, abbassati sulle dita intrecciate sullo stelo di vetro, nella speranza di ritrovare un briciolo dell'autorità e della fermezza con cui metteva in riga i suoi compagni di squadra e gli studenti più indisciplinati. Perché, quando si trattava di lui, ogni proposito restava sospeso nella sua mente solo come un arcobaleno dopo la tempesta, pronto a dissolversi al primo battito di ciglia.
“Sei bellissima...” il complimento di T'challa arrivò come una stilettata dopo i pochi secondi di silenzio, durante i quali aveva cercato disperatamente di far ricorso a tutta la sua fermezza. Ma niente: la gambe erano molli, il cuore batteva all'impazzata. Quasi rimpiangeva anche la scelta del vestito, troppo simile a quello che aveva comprato per lui quella sera di tanti anni prima... la loro prima sera, la sua prima sera da donna. Ora avrebbe solo voluto coprirsi, colmare la voragine dello scollo un po' troppo audace e ricucire gli spacchi della gonna. Avere tutta quella pelle esposta, davanti a lui, non era una cosa saggia, risvegliava antichi ricordi, istinti, desideri... Ma lei era così. Libera come il vento.
Ancora, la domanda tornò a fare capolino nella sua mente in modo malizioso: avrebbe davvero rinunciato a qualcosa se l'avesse saputo in partenza?
Si sentiva così stupida! E il sottofondo musicale sembrava darle conferma della sua stupidità, beffeggiandola con un ritmo allegro e scanzonato.

A grown-up woman1
should never fall so easily.
[Una donna adulta/non dovrebbe mai cadere (perdere la testa/innamorarsi) così facilmente]

A disagio, spostò una ciocca dei lunghi capelli bianchi non trattenuta dall'alta coda di cavallo dietro l'orecchio e balbettò un grazie a fior di labbra. Perché non riusciva a dirgli che quelle moine poteva ben risparmiarsele? Che erano un inutile tentativo di rappacificazione se, tanto, erano destinate a restare semplicemente tali? Non riusciva a sollevare lo sguardo su di lui e non perché fosse un principe appena diventato re, non perché il Dio Pantera l'aveva scelto. Figurarsi! Prima di entrare a far parte degli X-men, lei era stata considerata una dea, visto il beneficio che la terra inaridita dell'Africa traeva dai suoi poteri. E non una dea qualunque, ma l'incarnazione della Dea dei Venti, la forza primigenia, la vestale di ogni forza naturale. Quindi, poteva considerarsi pure superiore a lui che, in definitiva, era solo un misero sacerdote e fronteggiarlo a testa alta: lei aveva potere di vita e di morte su popolazioni intere. Ma, come anche la tremenda Kalì2, si ammansiva alla vista del suo amato. Quale ironia... La leonessa si trasformava in un agnellino tremante. Stupida!
“E' stata una vera fortuna che tu fossi l'accompagnatrice di Warren. Desideravo tanto vederti...” mormorò lui con tono afflitto che, però, fece scattare qualcosa nella mutante.
Ororo, improvvisamente, divenne gelida come i venti del nord “E cosa te lo impediva, ora che sei il re del Wakanda?” domandò stizzita e altera, ogni traccia di imbarazzo era sparita. Prima era stato il padre, re T'Chaka , a tenerli separati. Ma T'Challa aveva acconsentito di buon grado a rompere il fidanzamento. Non aveva provato nemmeno per un istante ad affrontare suo padre e far valere le sue ragioni. Il loro amore, in fondo, valeva davvero poco se lui non aveva nemmeno tentato di difenderlo. E lei, d'altronde, non era nulla più di una ladra e orfana.
Ora, che era re, la cercava ancora. Ma con tutto comodo. Tanto lei, nonostante Ororo cercasse di non darlo a vedere, sarebbe sempre stata lì per lui. E T'Challa era sicuro di questo, non aveva la minima incertezza sul fatto che lei potesse scegliere, un giorno, qualcun altro.
Nonostante l'avesse praticamente aggredito verbalmente, lo sentì sospirare. Le sembrò che il peso di quella carica si fosse fatta improvvisamente strada nella sua mente, andando a gravargli con tutto il suo carico di responsabilità. “Ci sono stati... dei problemi.” disse lui, scusandosi. “Tu sai come il Wakanda sia uno Stato chiuso in se stesso, che non accetta il confronto col mondo. Sto cercando di convincere tutti dell'importanza della nostra presenza sulla scena mondiale. Ma non è semplice. Come non sarà facile farsi accettare, pur dimostrando le nostre buone intenzioni, al consiglio dell'O.N.U..” sospirò “Per non parlare di chi non mi vuole sul trono... Sarei venuto a cercarti non appena la situazione si fosse stabilizzata. Ho così tanto da fare che non riesco nemmeno a dormire...”
Ed era vero. Ororo aveva visto, ma aveva voluto ignorare, le profonde occhiaie e l'aria tirata e stanca nascoste da un trucco sapiente. E decise di perdonargli la sua assenza, nonostante si maledicesse e si considerasse sempre più debole ogni volta che si trattava di lui.
“Abbiamo così tanto da offrire al mondo. E non solo il Vibranio che già commerciamo con i nostri alleati...”
“Capisco...” rispose la donna. Anziché essere comprensivo, il suo commento suonò accusatorio e distante.
“Ororo...” mormorò lui cercando di carezzarle una guancia. Ancora una volta, lei fuggì il contatto, più per imbarazzo che per reale fastidio, e T'Challa, che non poteva sapere, ritrasse la mano, stringendola a pugno, costernato. “Mi dispiace...” disse. Quindi appuntò il suo sguardo sulla collana della mutante che pendeva placida tra i seni, all'altezza della bocca dello stomaco, e gli si illuminarono gli occhi “Quello è il dente di pantera che...”
“Sì” tagliò corto, pentendosi di aver indossato anche quella sera, come ogni giorno della sua vita, la collana che lui le aveva regalato quando aveva abbattuto la sua prima pantera durante il loro viaggi di iniziazione. Che poi era il suo: lei era stata solo un accidenti nel suo errare tra le terre dell'Africa alla scoperta del mondo.
Era un regalo molto, troppo importante perché il significato passasse in secondo piano.
“So che non è il momento più adatto... Ci rivediamo adesso, dopo tanto tempo e... beh... nessuno dei due era preparato, in realtà... ma...” sospirò lui prima di continuare, cercando di allacciare lo sguardo con quello di lei “Non è che... possiamo riprendere da dove abbiamo lasciato, quindici anni fa, mia Leonessa?” domandò con il tono dolce e languido.
Ororo sgranò gli occhi per la sorpresa: le stava davvero chiedendo di tornare assieme? Ma perché adesso?
Quasi le avesse letto nella mente, o immaginasse un simile ragionamento, T'challa spiegò “Ora sono re. Mio padre non può più opporsi. Mia madre ha sempre sperato che lui cambiasse idea e, di certo, ora non sarebbe contraria. Il popolo ti adorerebbe...”
“Tu hai aspettato che tuo padre morisse?” domandò lei, allibita, quasi boccheggiando.
“Sì.” confessò il re “Sapevo che prima o poi sarei stato libero di chiederti in sposa e ho finto di assecondarlo pur detestando l'idea di separarmi da te.”
“E sei stato ad aspettare tutto questo tempo?” domandò sorpresa, incredula e, in parte, allarmata.
T'Challa sembrò compiaciuto di quella reazione. Stirò un sorriso e, con tutto il suo regale orgoglio, rispose semplicemente “Sì”
Uno schiaffo gli fece voltare la testa di lato “Ma sei scemo?” Ororo quasi urlò mentre l'agente Khanata si muoveva subito dal suo posto per intervenire in difesa del suo re, spostando così l'attenzione di tutti i Vendicatori sui due africani in disparte. T'Challa fece un cenno a Derek di rimanere al tavolo, quindi, con la stessa mano, andò a massaggiarsi la guancia indolenzita. “Se tuo padre non fosse morto che tra vent'anni cosa avresti fatto? Aspettato ancora? Sei uno stupido, T'Challa!”
“Ho considerato tutto e ho preferito correre il rischio.” rispose lui mestamente “Sapevo che in questi quindici anni potevi esserti trovata qualcun altro. E credimi se ti dico che ho sofferto le pene dell'inferno quando ho saputo dei tuoi flirt, più o meno seri...” Quando la vide sbarrare gli occhi, aggiunse “So anche della proposta che ti aveva fatto Forge... Eravate due mutanti e due sciamani. Sembrava l'uomo perfetto per te. Però lo hai rifiutato.”
La rabbia, lo stupore, l'imbarazzo, la paura... sul volto della donna si accavallarono tutte le emozioni della gamma a disposizione degli esseri umani. Infine, gli occhi le si velarono di lacrime nel rendersi conto che, come lui, avrebbe potuto aspettare in eterno che la situazione fosse loro favorevole. Lui era stato onesto, dicendole che, quella volta, aveva corso il rischio di perderla perché, da parte sua, l'avrebbe sempre attesa. Lei, invece, ancora cercava di non mostrarsi fragile come una stupida donna innamorata che crede alle parole del farabutto che la seduce per poi abbandonarla.
Eppure, le loro intenzioni erano le medesime. Allora perché non riusciva a perdonargli quel comportamento? Perché lei, forse, al suo posto, avrebbe lottato? Ma lei non aveva una famiglia a cui rispondere, se non quella degli X-men che considerava la realizzazione del singolo come caposaldo dell'armonia all'interno del gruppo. Né aveva particolari responsabilità che andassero oltre l'insegnamento (con tutto il carico di responsabilità e nervosismo conseguente), prendere talvolta decisioni in vece di Scott o del professore, curare le piante nel suo attico convertito in serra...
Ma, effettivamente, non aveva il peso di un Paese -e un Paese come il Wakanda, la cui tecnologia e le cui risorse naturali facevano gola a molti- sulle sue spalle.
Quell'arroganza che ora ostentava era solo il goffo tentativo di mascherare la vergogna per non aver creduto nel loro legame e aver cercato dei palliativi che, puntualmente, si erano rivelati nient'altro che un pallido riflesso di quello che viveva con il principe wakandiano.
Quella volta, aveva creduto ciecamente alle poche parole che lui le aveva fatto recapitare scritte su un foglio. L'aveva ritenuto un viziato e un vigliacco e uno stronzo. Ma mai, mai, nemmeno nei suoi sogni più disperati, aveva immaginato che lui potesse averla liquidata per interposta persona per il semplice motivo che non avrebbe avuto la forza di affrontarla, si sarebbe tradito o semplicemente soffriva troppo. Quanto gli era costato scrivere quelle poche righe? La grafia era incerta, lo ricordava, ma aveva pensato che, dopo aver scritto una minuta travagliata, cercando i termini più adatti per non ferirla ulteriormente, non volesse prendersi la briga di copiare in bella, tanto era il disprezzo che lei vi aveva letto: in quel gesto aveva visto solo una pugnalata gentile e non la sofferenza di chi, a malincuore, deve abbandonare quanto ha di più caro, in un'ottica di più ampio respiro.
E T'Challa? Cosa aveva fatto, lui, in quei lunghi anni? Aveva reagito come lei? O le era rimasto sempre fedele nonostante, magari, il re T'Chaka insistesse nel presentargli questa o quella principessa? Che avesse accettato di separarsi da lei e, per ripicca, si fosse rifiutato di incontrare altre donne, tanto per fare dispetto al re?
Poteva essere, era nel suo carattere. Ma quindici anni erano tanti per chiunque e lui uno scapolo d'oro.
Voleva sapere e al contempo voleva ignorare cosa avesse fatto l'uomo che aveva sempre sognato come suo marito. Era bene incaponirsi, ora che ne avevano l'opportunità, in posizioni così arroccate?
Annuì appena, cercando di ricacciare le lacrime da dov'erano arrivate. Bevve d'un fiato quanto rimaneva nel bicchiere e abbassò ancora lo sguardo. Lasciò che la mano di lui si scavasse un percorso fino alle sue dita, serrate le une sulle altre attorno allo stelo trasparente. Lasciò che lui le prendesse il bicchiere, lo deponesse su un tavolino d'appoggio lì vicino, tornasse a guardarla e le prendesse le mani nelle sue. Erano grandi e calde, forti e decise. Nell'accettare quel contatto c'era la muta risposta alla sua domanda precedente. Potevano ricominciare?

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“Che belle che sono!” buttato sul tavolo, Jhonny Storm commentava affascinato le piroette di Janet e Pepper sulla pista da ballo sulle note di canzoni che le due avevano classificato come colonna sonora della loro giovinezza e che, probabilmente, avevano accompagnato la nascita del loro sodalizio. L'abito in stile anni '20 della stilista, da perfetta flapper girl sbarazzina, che ben le si attagliava come immagine, frustava l'aria in una danza ipnotica di oro nero degli strati che lo componevano e che ondeggiavano al minimo movimento. Pepper, invece, si era raccolta la lunga gonna fin sulla coscia e il reattore Ark brillava incessante, scandendo il ritmo forsennato con cui le due si dimenavano in pista. “Sono un sogno!”
“Smettila di farti filmini su mia moglie!” protestò Pym, strattonando il ragazzo e ributtandolo contro lo schienale.
“No, no... lascialo fare...” ghignò Stark “Così riesco a immaginarmi anch'io un bel filmino lesbo...”
“Tu sei malato!” sibilò Henry con disgusto
“E tu un bacchettone...” precisò Tony “Mi domando cosa ci trovi Janet in te. Io non sopporto neanche lei...” ragionò arricciando le labbra “Forse è questo il punto...”
“Al posto di pensare a sozzerie irrealizzabili tra due come loro...” intervenne Ben Grimm richiamando la loro attenzione. Aveva seguito lo sguardo dell'agente SHIELD e della scimmia al suo seguito e aveva trovato qualcosa di -decisamente- interessante “Perché non vi godete un altro film un po' più reale? Ehi, Rogue...” chiamò quindi, voltandosi sulla sedia, senza trovarla “Dov'è?”
“Lei e Remy si sono appartati...” ghignò sadica Natasha con un cenno verso la porta a vetri dall'altra parte della sala mentre Namor tornava al tavolo con in faccia quella particolare espressione da cane bastonato che potevano avere solo le persone arroganti e presuntuose a cui erano state preferite persone, secondo loro, inferiori.
Un altro tassello era tornato al proprio posto anche se lui aveva dovuto metterci lo zampino (o zampone, come soleva ironizzare sulla grossolanità dei suoi arti).
Al grido di battaglia Atlantis is calling, S.O.S. for love3, che ricalcava il ritornello della seconda canzone sulle cui note avevano ballato Namor e Susan, aveva spinto l'amico Reed ad andare a reclamare la propria moglie laddove il mite scienziato avrebbe preferito continuare a rodersi il fegato piuttosto che fare un torto -così diceva lui- a quello che era comunque un amico di famiglia. Ma non c'era nulla di strano. Susan aveva sposato lui, mica il pesce inguainato! E la bionda, nella sua ingenuità, aveva segnato un'altra tacca in quella strana contesa tra il principe atlantideo e lo scienziato di gomma a favore di quest'ultimo, preferendo ancora una volta, istintivamente, il marito -che non poteva certo definirsi un Adone- al bel sovrano arrogante e accattivante. Era un confronto da cui Reed ne era uscito inorgoglito e l'atlantideo stordito e confuso come ogni volta.
In questo modo, era anche sfumata l'ennesima scommessa sul probabile regolamento di conti con conseguente versamento di sangue. L'amore andava ben al di là dell'aspetto fisico e dei modi affascinanti nonostante questi potessero essere, talvolta, determinanti nello stabilire una relazione.
Ragionamento che Namor non riusciva a comprendere ma che era costretto ad accettare.
Arrivato al tavolo, dove le sue guardie ancora stazionavano in piedi, silenziose e immobili come colonne, il re anfibio alzò lo sguardo sui presenti e notò la presenza dei dignitari di T'Challa mescolati al gruppo da cui si era staccato. Storse il naso, quasi offeso e guadagnò la sua sedia a capotavola. Lui non aveva nulla a che spartire col povero, stupido T'Challa che cercava di mescolarsi tra i plebei. Anzi, ci teneva che le distanze fossero rispettate se non enfatizzate. Qualcosa, in quello strano corteo, però, gli stava suonando in testa come un deja-vù che non riusciva a identificare.
“Ah... si perde un gran bello spettacolo...” stava ancora replicando Ben alla risposta di Natasha dopo aver scandagliato la sala in cerca dei due mutanti, infrattati chissà dove. Fece spallucce e si servì di una generosa manciata di patatine direttamente dalla ciotola che teneva in grembo.
“E cosa ci sarà mai...” bofonchiò anche Stark che, però, staccando a malincuore gli occhi dalla pista da ballo, si volse insieme a Pym per scrutare nella direzione indicata dalla Cosa.
“Hai capito il re del Wakanda...” commentò di rimando anche Henry allungando la mano alla ciotola per avere anche lui qualcosa da sgranocchiare durante la visione.
“Siete dei ragazzini... lasciate loro un po' di privacy...” li rintuzzò la spia, divertita, mentre anche Steve cercava di capirci qualcosa.
“Ora sarebbe colpa nostra? Potevano imboscarsi come quegli altri due anziché mettersi a limonare come adolescenti dietro a una colonna di una sala piena di autorità, con la stampa onnipresente...” commentò Pym incrociando le gambe su una sedia libera e lanciandosi i pop-corn in bocca con fare rilassato.
Quando i due, finalmente, si separarono per prendere fiato, il gruppo al tavolo si esibì in un applauso sfrenato, urla incoraggianti e baccano generale che richiamò l'attenzione e il disappunto di tutti gli altri invitati.
Namor compreso.
T'Challa sorrise alla piccola folla, quindi, sulle note ritmate e quasi tribali della nuova canzone4, trascinò un'imbarazzata Ororo in pista, senza curarsi delle proteste sue o di chiunque altro.



1    ABBA, Lay all your love on me.

2    Kalì, letteralmente La Nera, sposa del dio Siva, rappresenta l'aspetto distruttivo della Grande Madre, la Dea per eccellenza (proprio come invoca anche Ororo), ma considerata il prototipo o generazione della dea Durga e cmq associata anche a Shakti, rappresenta la natura ribelle e genuina (e anche una sessualità non repressa). Secondo il mito, questa manifestazione della Dea, che fa il paio con suo marito Siva -il distruttore della trimurti-, sarebbe l'unica in grado di uccidere un demone inviato dagli dei. Sconfitto che ebbe il demone, tuttavia, è accecata anche lei dalla furia omicida. Siva, nel tentativo di fermare la moglie si getta sul suo cammino. Inizialmente la dea avrebbe voluto uccidere anche lui ma, riconosciutolo, è rinsavita.

3   
Modern Talking, Ready for Romance, 6. Atlantis is calling (S.O.S. for love)
Ho inserito il ritornello in modo che si potesse leggerlo come un avvertimento: Atlantide è una tentazione pericolosa come il canto delle sirene e sta catturando Sue- SOS Reed muoviti che il tuo amore/ la tua relazione è in pericolo.


4    Siamo sempre in un revival '80 quindi la canzone è Comanchero di MoonRay, anche se sarebbe più adatta a Ororo e Forge. Ma danza africana e danza indiana attorno al fuoco possono essere interscambiabili (come molti altri balli in giro per il mondo)

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-_- Ok.. il capitolo era più lungo ma nella correzione si è praticamente raddoppiato... per oggi vi dovete accontentare di Ororo e T'Challa :)
Allora, che ne dite? Son riuscita a rendere credibile e scorrevole e non troppo incasinata la storia dei due? Tenendo conto che si parte dagli albori della storia Marvel, in pratica...
E' un accrocco di quanto è successo fino ad ora (sì, ho citato anche quella piccola perla di A+X in cui Ororo scatena una tempesta sulle principesse che vengono presentate a T'Challa dopo il loro divorzio -sul quale non conterei molto, nonostante l'eterno triangolo con Logan che torna ancora una volta...-
Sì, ho fatto passare 15 anni (sono parecchi... e loro non sono più due ragazzini -se mai lo sono stati) ma, come detto, nel mezzo non è che siano rimasti con le mani in mano... (considero la storia con Forge un po' più seria di come fu effettivamente trattata...a ben vedere i due stettero assieme...un mese? Nella realtà. Un anno nella realtà alternativa ma poi non si cagarono più di tanto per almeno un annetto... anche se lei ne rimase traumatizzata... oddio...poi si buttò su Alfiere, ma va beh..)

Se vi state domandando com'è l'abito di Tempesta... eccovelo qui... Speravo di finire anche quello di Janet ma rimanderò (e a questo punto spero anche quello di Susan) alla prossima settimana... Un pezzo alla volta ve li illustrerò tutti...
Oh, tanto per contestualizzare. Janet è in stile Charleston... prima che uscisse il Grande Gatsby. Non è una stranezza: come stilista deve saper prevedere le mode, può anticiparle autonomamente ma, soprattutto, come accennato in precedenza, ha contatti nel mondo del cinema...quindi poteva pure sapere già qualcosa del film già all'epoca in cui è ambientato Avengers (che poi se guardate bene le sfilate, ogni volta c'è tutto e il contrario di tutto... oppure basta cercarsi la collezione che ispira di più...son lontani i tempi in cui c'era UNA moda...negli abiti come in musica).
:) bene... ci stiamo avvicinando rapidamente ai colpi di scena :)
abbiate ancora un pochino di pazienza!

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Capitolo 30
*** Due ladri ***


30. Due ladri






I grandi respiri che gli irroravano il corpo dell'aria serale, fresca e frizzantina, avrebbero dovuto riuscire a calmarlo. Invece, più respirava, più il sangue prendeva a martellargli le tempie e l'adrenalina a contrargli i muscoli di tutto il corpo, con l'unico risultato concreto di appannargli la vista e fargli venire le palpitazioni.
Non era così che doveva andare!
Lasciò andare il corrimano di marmo, lo percorse fino al punto di incontro con la parete esterna, quindi, con un piccolo saltello, ci salì sopra e si sedette, poggiando la schiena contro la superficie bugnata e trasse un altro profondo respiro. Davanti a lui si estendevano i muri neri e contigui dell'Oceano Atlantico e del cielo notturno. Il confine tra i due era reso praticamente invisibile dal cielo scuro e senza stelle per la perturbazione in arrivo. Solo la luna, con i suoi deboli raggi riusciva a dare identità agli oggetti più vicini.
Inspirò ancora, tentato di accendersi una sigaretta. Ma la mano gli tremava come mai prima d'allora e, forse, non era il caso perdersi in simili vizi, viste le sue intenzioni più prossime.
Aveva fatto la figura dell'adolescente in calore ed era stato fin troppo imbarazzante. Ma il fatto che lei, digiuna di certi contatti, non gli avesse dato tutto il peso che avrebbe dovuto era ancora più mortificante.
Per lei non era una novità.
Il che voleva dire che era abituata. E cioè, il suo dannatissimo corpo, probabilmente reagiva sempre a quel modo quando si trattava di lei. Non che fosse una novità per nessuno, in realtà...ma avrebbe dovuto esserlo per lei. E dire che era convinto di riuscire a controllarsi. O che, comunque, le sue reazioni non fossero tanto palesi. Invece no.
E al posto di mollargli un ceffone da girargli la testa, come chiunque si sarebbe aspettato dalla Bella del Sud in un frangente simile, si era preoccupata per la sua propria reazione. E aveva acconsentito di buon grado di camminargli davanti, pur senza afferrarne la reale necessità, in modo da rendere meno evidente il rigonfiamento dei suoi pantaloni, seppur già coperta dalla giacca sommariamente richiusa.
Una volta all'aperto, Remy l'aveva spedita a prendergli un bicchiere d'acqua e Rogue, premurosa, era schizzata nuovamente in sala: in quel momento era capace di essere nel mezzo di una rissa per guadagnare il tavolo dei beveraggi ma almeno lui aveva guadagnato istanti preziosi per ricomporsi.
Dilettante.
Chiunque l'avesse visto in quello stato sarebbe stato più che autorizzato a ridere di lui. Il grande Gambit, il seduttore, che commetteva certi errori... a dir poco vergognoso.
Portò una mano al cuore, nel taschino dove conservava gelosamente il suo asso per quella serata. Doveva rimediare. E doveva andare bene. Ci aveva ragionato troppo, l'aveva vissuto nei sogni notturni e in quelli ad occhi aperti, aveva passato giornate intere architettando, pianificando, studiando quel particolare momento. Forse aveva troppe aspettative. Forse lei si sarebbe tirata indietro. Ma era fiducioso. Forse troppo. Non riusciva a togliersi dalla testa quella sillaba, quel stentato che le era sfuggito di bocca e che forse lei sperava lui non avesse sentito o avesse già dimenticato.
Era tutto a posto, nulla poteva andare storto, il grosso era già stato fatto. Respirò ancora.
E finalmente lei tornò.
Varcò la soglia quasi correndo, diretta verso il punto in cui l'aveva lasciato: non si era accorta che lui si era spostato. La vide sbarrare gli occhi, improvvisamente agitata. “Sono qui...” disse piano per non spaventarla.
“Come stai?” domandò lei sedendosi accanto alle sue gambe e porgendogli da bere.
Gambit non rispose, tracannò avidamente il bicchiere d'acqua, quindi si allungò per poggiarlo a terra. “Ora meglio...” rispose raddrizzandosi e alzando appena lo sguardo su di lei.
Rogue trasse un sospiro di sollievo, quindi lo additò, non troppo adirata nonostante le sue parole dicessero il contrario “Non fare più scherzi del genere! È di cattivo gusto...”
Ma Gambit ormai non pensava ad altro. Anzi. Non pensava proprio più. Il cervello era in overloading e si sentiva stranamente privo di freni inibitori. Le afferrò la mano al volo e la tenne stretta nella sua. Quindi la tirò verso di sé, facendosi scivolare la ragazza addosso. La tenne per la vita, impedendole di cadere. I suoi occhi, lo sapeva, dovevano essere due tizzoni ardenti di desiderio. Ma doveva trattenersi. Andare per gradi. Non spaventarla.
Per non farsi del male.
Il pensiero lo colpì violentemente: quella era sempre la stessa mutante che non avrebbe mai potuto toccare. A meno che il suo regalino non si confermasse portentoso come sperava.
“Lasciami andare...” protestò lei, debolmente, quando avrebbe potuto fare comodamente tutto da sola e scagliarlo in fondo al mare a far compagnia ai pesci.
“No” replicò lui “Dobbiamo finire un certo discorso...”
La ragazza sbarrò gli occhi “Non abbiamo nessuno discorso in sospeso...”
“Oh, sì che lo abbiamo. Se mi avessi dato un'altra risposta adesso il discorso sarebbe chiuso. Ma ti sei fatta scappare un certo a una domanda ben precisa. Quindi, ora ne parliamo un altro po'. Tanto alle donne piace parlare, non?” Il suo sorriso divertito arrivò a illuminargli gli occhi di quel particolare bagliore che avevano sempre quando si divertiva a prenderla in giro.
“Non c'è nulla da aggiungere. Ti avrei detto no se avessi saputo che l'avresti tirata ancora per le lunghe...”
“Avresti mentito...” replicò lui.
“Senti... lo sai come stanno le cose. Mi è impossibile una qualunque relazione che non sia semplicemente platonica. Perché ti diverti a rigirare il coltello nella piaga?” attaccò Rogue.
“Se ti dicessi che non è cosa impossibile? Che sono certo di avere la soluzione ai tuoi problemi?” domandò serio, costringendola a guardarlo.
Un lampo di speranza le attraversò lo sguardo. Ma lo scetticismo e la paura ne presero immediatamente il posto.
Liberò una mano e l'affondò nella giacca, per estrarne la scatoletta di velluto blu che si portava appresso da tutta la sera. Gliela porse mentre lei spostava uno sguardo ora stupito e perplesso tra lui e la scatola. “E' per te...” precisò lui, vedendola titubante “E non chiedere perché. E' per te e basta...”
La vide esitare nemmeno si trattasse di una scatola di metallo arroventato o di un novello vaso di Pandora, dal cui contenuto dipendeva l'umanità intera. “Nessuno mi ha mai regalato nulla...” si giustificò lei, ritraendo la mano e guardandolo. “Perché?” domandò puntualmente.
“Perché mi andava. E speravo che, magari, con un gesto tanto carino ti sciogliessi tra le mie braccia...” aggiunse divertito. La provocava di proposito, come avrebbe fatto con chiunque altra. Ma sapevano entrambi che un simile meccanismo con lei non avrebbe mai funzionato.
Rogue deglutì, aprì la confezione e rimase a bocca aperta. “Ma è... Quando l'hai preso? Perché l'hai rubato, vero?”
“Così mi offendi. Ti pare che ti regalerei mai nulla di rubato?” Allo sguardo sarcastico della ragazza, raddrizzò il tiro “Avrei potuto. Ma no. Quel giorno, grazie alle mie doti, ho solo fatto in modo di farmelo mettere da parte. Alla prima occasione sono tornato a comprarlo...”
“Quindi il regalo di Kitty...”
“Era una scusa, sì... banale, ma ci sei cascata come una pera!” precisò trionfante. Con delicatezza, le prese la scatola dalle mani “Dammi, te lo metto io...”
“Ma... è troppo, per me!” cercò di protestare lei
“Ah, non dire scemenze. Sei una donna, santo cielo...” replicò strattonandole il braccio e costringendola ad avvicinarsi ulteriormente. Ora il suo profumo sovrastava anche quello pungente e penetrante del mare. “Una splendida donna...”
“Che non puoi avere...” replicò lei con un tono che parve quasi soddisfatto.
Remy arricciò il naso ma non disse nulla “Sono pur sempre il principe dei ladri... non mi sottovalutare.”
“Curioso...” commentò lei divertita mentre lui liberava i bracciale dalla confezione “In un certo senso siamo entrambi ladri. Solo che io rubo qualcosa di intangibile... la vita, i ricordi e le memorie altrui, diventando così come le mie vittime... e non lo faccio nemmeno a fin di bene... sono più come...”
“L'Aladin disneyano? Ti prego!” ghignò lui “Ci offendi... lui era un imbroglione, si spacciava per quello che non era..”
“Tu no, eh?” replicò sarcastica
“Per me stesso preferisco il paragone con sir Robin Hood... dato che qualcun'altro s'è già appropriato di Phantomas e di Arsenio Lupin...” sbuffò indispettito aprendo il bracciale. “Perché ridi?”
“Perché era proprio a lui che mi riferivo... e c'è davvero dell'ironia. Dato che il mio nome...” tacque mordicchiandosi le labbra.
Gambit ci pensò su, mentre le prendeva la mano guantata e faceva scorrere l'anello intarsiato sul suo polso “Anna Marie?” domandò perplesso, pronunciando il suo nome “Cosa...? oh!” si illuminò “E' un falso nome!”
“Ho solo invertito l'ordine. Non mi andava di cambiare completamente identità. Mi piacciono i miei nomi... ma non volevo venir trovata facilmente e l'assunzione del cognome di Mystica avrebbe fatto il resto...”
“Lady Marianne...” alitò lui sorpreso e divertito “Direi che è un segno del destino, non?”
“Ma tu parlavi di soluzione ai miei problemi...”
“Sta qui...” precisò lui indicando il bracciale mentre armeggiava per chiuderlo
“In un bracciale?” domandò lei scettica senza pensare al fine che tutta quella messinscena nascondeva nemmeno troppo velatamente. La sua attenzione era tutta concentrata sulla sua maledizione tattile. Che forse si sarebbe sciolta all'improvviso... Per un attimo pensò al classico bacio del principe che rompe l'incantesimo... nel suo caso, l'ordine sarebbe stato invertito. Ridendo di se stessa e di quei pensieri, cacciò l'immagine dalla sua testa: non voleva illudersi come una bimbetta. Le importava solo di non impazzire più assorbendo le personalità altrui.
“E' stato un po' modificato...” precisò Remy, rimanendo sul vago.
“Ah” ridacchiò “Ora hai anche qualche dote nascosta che ti aiuta a controllare i poteri altrui? Sei tu il famigerato Pulse per cui ci siamo azzuffati a Muir?” lo canzonò “E perché non sei intervenuto prima?”
“Sciocca...” la sgridò dolcemente “Mi ha aiutato tuo fratello...”
“Kurt?” allibì lei “Il suo bracciale è solo...”
“Non hai capito...” disse contemplando il suo operato e intrecciando le dita con le sue mentre la mano libera correva veloce su per il braccio. “E' dotato di una tecnologia, unica nel suo genere, in grado di annullare tutti i poteri mutanti... ti ricorda nulla?” disse facendole scivolare il lungo guanto sulla pelle candida. Rogue, gli occhi sbarrati di paura, cercò di sottrarsi al contatto ma le dita di Gambit si insinuarono di prepotenza sotto la stoffa, forzandone la rimozione. “Vedi?”
“Sei andato da Essex...” alitò lei
“Te l'avevo detto che andavo da mio padre...” replicò divertito mentre lei boccheggiava e le vedeva montare la rabbia. “Non hai nulla da temere...” la rassicurò mentre le si avvicinava “O meglio... non dal bracciale... forse...” disse mollando la presa e voltandosi, improvvisamente dall'altra parte, verso l'orizzonte indefinito “... è meglio se non mi stai così vicina...”
“Che stai dicendo?” domandò lei cercando di riallacciare lo sguardo con quello del francese, stordita da quel repentino cambiamento di atteggiamento.
“Ora sei... vulnerabile..” articolò con voce arrochita dal desiderio che era tornato prepotente a dominarlo “Puoi sempre toglierti il bracciale e rimettermi a posto, certo... ma... ora hai la forza di una donna qualunque... Mentre io...” deglutì a vuoto tornando a fissarla “Non so se ho la forza di trattenermi ancora...”
“Trattenerti?” domandò lei stranita e senza allontanarsi di un soffio
Remy sbuffò, sbollendo in parte, grazie a quell'uscita tra l'ingenuo e il demenziale, le emozioni che gli vorticavano in pancia “Dal saltarti addosso, Rogue! Se non ti allontani subito potrei non rispondere delle mie azioni. Sei... troppo... una tentazione...” biascicò, l'attenzione nuovamente calamitata dalle sue labbra. Fu costretto a scuotere la testa per snebbiarsi le idee “Mi faccio schifo...” disse ritraendo la mano dalla sua, come scottato. Sentendosi lo sguardo preoccupato, e incuriosito al contempo, della compagna piantato addosso, si costrinse a vuotare il sacco: magari pronunciare quell'orrore l'avrebbe fatto rinsavire “Non... non voglio fare nulla che non voglia anche tu. Ma se non mi dici nulla io... Se non vuoi, devi dirmelo! Temo davvero che potrei violentarti...” confessò alzando gli occhi scarlatti nei suoi smeraldini. Occhi che, però, non mostravano alcun cenno di allarme. Che non avesse capito? Era stato abbastanza esplicito. Possibile che non sapesse a cosa si riferisse nonostante poco prima avesse urlato per l'orrore in mezzo alla pista da ballo? No... aveva ben presente il passato di Mystica. Eppure, sembrava essersi fatta più vicina. O era un'impressione? Le prese nuovamente la mano e se la portò alle labbra, osservando la sua reazione da dietro le lunghe ciglia: lei lo lasciava fare. Incoraggiato da quella situazione le si avvicinò ulteriormente “Ti basterà sfilare il bracciale per rimettermi a posto, nel caso dovessi...” si schermì per metterla ulteriormente a proprio agio. Voleva baciarla. Ormai quello era l'unico pensiero che scavalcava ogni altro, rendendolo sordo a qualunque altro stimolo. A un soffio dalle sue labbra, sentì la mano di lei, poggiata sul suo petto, premere appena e frenarlo di colpo, come una doccia gelida.
“Non...” balbettò lei.
Nell'oscurità Gambit non riusciva a capire se fosse imbarazzata, allarmata o infastidita. “Ok, tranquilla... non vuoi... chiaro!” scandì con voce che tradiva la sua delusione.
“No, volevo dire...” si affrettò lei, trattenendolo “Non... mi sento pronta...”
“Eh?” domandò lui, ormai convinto di vivere un sogno tra i più paradossali.
“Io... l'ho fatto solo una volta... ed è stato un disastro...” si giustificò lei, abbassando gli occhi. Era così strano vedere Rogue remissiva e docile. Che il bracciale avesse alterato anche il carattere? “...Cioè... non ricordo molto di quello che è successo... la mia memoria si è focalizzata tutta su quello che è successo dopo...”
“Quindi...” valutò lui baldanzoso, ritornando sicuro e lucido di colpo “In pratica, è come se questo fosse il tuo primo bacio...”
“Non ridere!” protestò lei vedendolo sorridere
“Non rido, ma chère... sono onorato... e...” alitò avvicinandosi nuovamente “Se la tua paura è solo questa... è più che ingiustificata... non pensare... lasciati andare... sarà una cosa istintiva...”
“Ma...” stava per replicare lei, che lui la interruppe di nuovo, bonariamente
“Ricorda di respirare... molte si fan prendere dall'ansia e poi svengono... o pensano a stronzate simili...” disse tornando il cacciatore che era sempre stato “...Non farai nulla di sbagliato... puoi pure mordermi e penserò che sia il gesto più romantico mai scambiato tra esseri umani...”
“Non credo proprio di essere così ignorante da non sapere la differenza tra un bacio e un morso!” protestò lei offesa. Ma Gambit, ormai, le era addosso. Le lasciò finire la frase, quindi, dopo averla scrutata divertito, lasciò che le sue labbra sfiorassero quelle di lei, tanto per darle il tempo di realizzare che non c'era davvero nulla di pericoloso.
Quindi la baciò appena, delicato, assaporando la morbidezza di quelle labbra tanto sognate. “Respira!” la canzonò prima di baciarla con più convinzione, zittendo sul nascere la sua replica.
A cornice del loro bacio, a renderlo un evento memorabile, scolpendolo nelle loro memorie, c'era la musica pop della sala interna merlettata dallo sciabordio delle onde che si infrangevano sulla scogliera, le luci artificiali dell'edificio che fendevano con un tocco magico l'oscurità dell'esterno e un tenue bagliore verde che, ben presto, prese a lampeggiare debolmente tra le pietre incastonate nel bracciale. Ma a cui nessuno dei due prestò la benché minima attenzione.
Finché non si convertì in una spia fissa e rossa come il sangue.



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Scusate il ritardo con cui posto ma, come penso anche voi, oggi è stata una giornata un pò strana...nel senso che son stata spedita a fare mille commissioni perchè domani è tutto chiuso...

Vabbè...torniamo a noi...
Questo capitolo è tutto dedicato a questi due deficienti che finalmente concludono qualcosa (ma io sono tanto stronza e le cose non finiranno bene... sono più stronza degli autori... avrei la possibilità di far finire tutto a tarallucci e vino e invece faccio una cosa molto ottocentesca... -_-)
Da qui in poi sarà un crescendo di tensione (col mio stile potete ben capire quanta tensione possa esserci essendo così diluita la storia... -_- che poi...se le stesse cose avvenissero nei fumetti prenderebbero un paio di pagine o 5 minuti nei cartoni..dovendo descrivere tutto non è più finita...) di cui avete avuto una puntina di assaggio nell'ultima frase :D
Nel prossimo capitolo, finalmente, introdurrò un gruppo intero che sta dietro a tutto questo teatrino. Gente che, più tardi, spiegherà un pò di cosette.

Sul nome di Rogue c'è un gran casino a seconda delle versioni. Ora Anna, ora Marie, ora Anna Marie, ora Marie Anne. Per non parlare dei cognomi...
A me piaceva il discorso -visto nella versione Ultimate- di Lady Marion e del paragone fatto spesso tra i due di essere due ladri (di sicuro la battuta esce in Age of X) (che altro non è che l'adattamento, appunto, di Marianne... molto più francese e liberté fraternitè!)

Oh, ho finito anche gli ultimi disegni -_- in ritardo ma almeno così avrete una panoramica di tutte le ragazze. Ecco quelle che mancavano all'appello: Janet e Susan.
Oh, dimenticavo.. per chi non avesse l'account su FB, questo è il link per tutto l'album.

Concludo augurando a tutti voi buone feste, buone spanciate di cibo e tutte le altre cose.
Ci risentiamo a cavallo dell'anno!

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Capitolo 31
*** I primi Vendicatori ***


31. I primi Vendicatori

Attenzione: in questo capitolo verranno introdotti, in blocco, diversi personaggi, per lo più sconosciuti anche ai Marvel-frequentatori. Prima di cominciare la lettura, quindi, vi consiglio di aprirvi questi due link per avere chiari i volti e le connessioni tra i personaggi. 1 e 2. Per ogni eventualità questo è il link alla cartella per chi non avesse l'account FB.

“Però... non sapevo che T'Challa se la cavasse così egregiamente...” commentò l'agente Derek Khanata senza perdere di vista il suo protetto che piroettava in sala come se in vita sua non avesse fatto altro. A sua discolpa c'era da dire che i ritmi su cui si muovevano lui e la sua accompagnatrice ricordavano molto le danze tribali wakandiane che, sicuramente, T'Challa aveva avuto modo di osservare durante la sua infanzia. In più i due sembravano studiarsi come animali selvaggi e scimmiottare una lotta incruenta. Insomma, nulla che non potesse essere rimandato ai suoi infiniti esercizi per diventare il sacerdote della nazione, la Pantera Nera. “Sapevo del suo pallino per le genealogie... ma il ballo, proprio... Re T'Chaka si starà rivoltando nella tomba per lo spettacolo che dà suo figlio” Il gorilla al suo fianco sembrò arricciare il muso in un'espressione di disappunto. Agguantò il bicchiere dell'uomo e se lo scolò in un sorso. “Ken, dannazione! Sei dannatamente irritante quando fai così!” protestò l'agente mentre i Vendicatori riuniti al tavolo ridevano sotto i baffi per quella buffa scenetta.
“Tu non sai quant'è irritante fingersi una scimmia...” replicò lo scimmione rigirandosi il bicchiere vuoto tra le mani. “Saresti un po' più compassionevole se solo...”
Gli scienziati e le loro accompagnatrici sbarrarono gli occhi, trovandosi tutti a fissare, sgomenti, quel fenomeno da circo.
“Devo smettere di bere...” commentò Stark poggiando il suo calice all'istante.
“L'ho sentito anch'io...” gli fece eco Henry mentre Derek cercava di fermare il gorilla quasi fosse stato un vero umano a cui tappare la bocca.
“E piantala!” replicò ancora la scimmia dando un pugno al braccio dell'agente. “Lo avrebbero scoperto, prima o poi!”
“In Africa è normale che le scimmie parlino?” replicò Ben guardando storto l'ammasso di pelo nero.
“No, genio!” replicò seccata la bestia per poi rivolgersi nuovamente all'agente S.H.I.E.L.D.
Namor, però, lo interruppe “Allora sei proprio tu, Hale...” commentò stizzito, rievocando il nome con grande fatica.
“Sì, belle mutande, proprio io...” replicò con un'occhiata che sembrava veicolare anche un altro messaggio. Quando si fu assicurato che Namor non fiatasse, impegnato a collegare i pezzi tra loro, tornò a rivolgersi all'agente Khanata. “Senti... visto che mi son fatto scoprire... posso riavere i miei vestiti? Mi sento... come dire...”
“Nudo?” ironizzò Tony con tono canzonatorio.
“Precisamente...” replicò la scimmia con sufficienza, lasciando tutti di stucco
“No, ne abbiamo già parlato... niente abiti e niente armi...” replicò l'agente Khanata rimettendosi a posto mentre Natasha li raggiungeva alle spalle.
“Armi? Quindi tu saresti Hit-Monkey...” constatò la spia con l'aria letale di chi esigeva risposte.
“Mi dispiace, Natasha... gradirei non essere scambiato per quel culo-rosa amico di Wilson, la variante montanara e assassina di Rafiki...” rispose il gorilla agguantando delle pizzette e scaraventandosele in bocca “Ah... avevo proprio fame...”
“Come la conosci?” domandò Rogers senza scomporsi, meravigliato della naturalezza con cui si era rivolto alla rossa.
“E tu come mai non sei minimamente turbato?” replicò Tony indispettito
“Dovrei? Per me è tutto strano, quindi...” Steve fece spallucce “E poi anche Fury ha parlato di scimmie volanti... Se riteneva plausibili loro, cos'ha di strano una scimmia parlante?” domandò sinceramente stupito mentre Ben Grimm scoppiava in una fragorosa risata ed Henry Pym sgranava gli occhi, allibito “Capisco cosa volevi dire...” alitò a indirizzo di Tony che si copriva gli occhi per non essere tentato di saltare al collo di capitan scemenza mentre ne valutava la serietà.
“Senta, signor Ken Hale, potrebbe gentilmente rispondere alla domanda? Come fa a conoscere la signorina Romanoff?” La serietà di Reed Richards congelò nelle proprie posizioni tutti i commensali, anche quelli che, come Susan, Pepper e Janet, non si erano accorti di nulla.
“Sono stato un agente dello S.H.I.E.L.D., più di quarant'anni fa. La bella non deve avere grandi ricordi del periodo visto come giocavano col suo cervello all'epoca...” sbuffò il gorilla “E' allora che ho lavorato anche al caso Romanoff e sono stato io a suggerire a Fury l'idea che una come lei non andasse lasciata ai rossi...”
“Una scimmia allo S.H.I.E.L.D.... vedi? Avevo ragione!” commentò trionfante il capitano.
“Senti, Capitan Risata...” sibilò Tony tirandosi in piedi puntellandosi pesantemente al tavolo.
In quel momento, T'Challa e Ororo fecero ritorno. Trovata la situazione visibilmente elettrica il re wakandiano, scandagliò i presenti con un'occhiata penetrante, quindi si soffermò sulla scimmia “Ken...” lo ammonì avendo capito chi fosse causa di tanto scompiglio. Il gorilla, sbuffando, si rimise composto, restituì la ciotola di viveri, si spazzolò le briciole dalla pelliccia e si ricompose nella farsa della scimmia.
“Dentro c'è un nano?” domandò Susan, interessata.
“Tua sorella...!” stava già imprecando l'interessato quando l'occhiataccia di T'Challa lo fece desistere nuovamente. Scese dalla sedia e si spostò dall'altro lato dell'agente Khanata, in modo da non essere direttamente nella traiettoria del regale sguardo ferino.
“No, Susan...” rispose il sovrano, sorridendo cordialmente “.. Ken era un uomo a tutti gli effetti, finché non si è imbattuto in una delle leggende wakandiane... Mi pare di avertene parlato, un tempo”
“Sì, T'Challa...” rispose Reed, scoccandogli un'occhiataccia “Ricordiamo!”
T'Challa non perse il suo aplomb e, quasi a rispondergli, strinse Ororo al suo fianco, la quale soffocò una mugolio di protesta per quella mossa inaspettata1. “Ken ha ottenuto la vita eterna. A patto di non venire ucciso, vivrà per sempre. Chi lo ucciderà, erediterà la sua maledizione e si trasformerà in scimmia”
“Non chiamarmela, T'Challa!” si lagnò quello, da dietro l'agente S.H.I.E.L.D. “E' stato Khanata!” aggiunse subito, sulla difensiva, sentendosi osservato dal suo re, nonostante la schermatura offerta proprio dall'agente al suo fianco.
“Ehi!” protestò Derek, chiamato in causa, strappando un sorriso bonario al sovrano per quelle scaramucce, misto dei dispetti tra commilitoni e bambini dell'asilo infantile.
“Quanto casino che fate, tutti quanti...” sbottò re Namor, pinzandosi l'attaccatura del naso, nuovamente seduto sotto la tutela delle sue guardie, che non ne poteva più della cagnara sguaiata e volgare dei suoi commensali plebei che gli impediva di ragionare.
“Sai, Namor, mai come in questo momento troverei azzeccata, per te, l'espressione acqua in bocca...” celiò Stark, pronto a stuzzicare qualcuno che lo batteva in arroganza. Dopo Pym.
Ma Namor non gli rispose: come le sue guardie, aveva lo sguardo fisso davanti a sé e l'espressione sorpresa. Tony si voltò, cercando di capire cosa o chi ne avesse calamitato l'attenzione.
E fu il suo turno di sbigottire.
Si alzò di slancio e si parò davanti al tavolo dove Pepper chiacchierava con le altre due donne. Le tre, che avevano una soglia d'attenzione molto bassa per i discorsi pesanti al loro tavolo, tornavano presto ai loro futili discorsi e, ignare, non si erano accorte di nulla. Si rese conto di aver indossato la sua peggiore maschera rabbiosa, ma non poteva farci nulla. Quel simbolo scatenava in lui reazioni contrastanti: rabbia, terrore, spirito di rivalsa, ammirazione. Il simbolo dei Dieci Anelli del suo nemico giurato, il Mandarino, di colui che aveva attentato alla sua vita in Afganistan, colui che gli aveva distrutto la villa di Malibù (che lui aveva spacciato a Pepper come tentativo mal riuscito di ammodernamento e che, da quel momento in poi, lo aveva costretto a un gioco di rimandi e stratagemmi per coprire lo sfacelo dei suoi due edifici). Lo stesso Mandarino che l'aveva coinvolto in una battaglia campale all'ultimo sangue dopo avergli fatto credere di aver rapito la donna che amava mentre, in realtà, Pepper era a New York a seguire i lavori della sua nuova creatura tecnologica. Solo che lui non poteva saperlo. Motivo per cui, alla vigilia della guerra coi Chitauri era stato più che felice di saperla lontana dalla Grande Mela, oltre che da Malibù.
Il sangue gli era andato alla testa e vedeva sfocato. Per un attimo, focalizzato com'era sul kesa buddista bianco su cui era ricamato l'emblema, aveva completamente ignorato il volto del suo portatore, convinto com'era che la vista gli stesse giocando strani scherzi. Invece... Invece, quello era proprio un suo dipendente, quasi uno dei più fidati: Gene Khan, il piccolo genio dell'informatica che Pepper gli aveva imposto come controllore nella calibratura di Rescue.
Rescue.
Lo sguardo, allarmato, corse immediatamente all'angolo in cui erano ricoverate le armature. Dovevano indossarle subito? O erano state già danneggiate? Che fosse un trabocchetto? Erano state sabotate? Erano delle bombe pronte a esplodere al minimo cenno dell'ingegnere?
Dopo Loki non riusciva più a ragionare lucidamente e a non vedere in ogni situazione un potenziale pericolo, più subdolo di quello rappresentato dal Mandarino che, almeno, l'aveva affrontato a viso aperto.
La sua Mark e Rescue erano jarvisassistiti, quindi sarebbe bastato un comando vocale per far sì che le due armature si catapultassero in loro difesa, ammesso non ci fossero sorprese esplosive.
E poi era curioso di sapere chi fossero la donna al fianco di Gene e l'uomo che li precedeva entrambi: tutti e tre avevano lineamenti orientali e, nell'insieme, sembravano proprio emissari della Triade o della Yakuza.
Chi, invece, risaltava come una macchia di sugo sulla tovaglia di fiandra, era la giovane donna, bionda e mezza nuda, alle spalle del gruppo. Che era, poi, l'obiettivo dello sguardo basito di Namor. E, così, a spanne, poteva intravedere una certa somiglianza. Ma non era interessato ad approfondire la cosa, preso com'era dal capire cosa ci facesse un semplice impiegato come Gene Khan a quel party esclusivo.
Doveva aspettare di vedersi comparire anche Azura Elliot con la sua squinternata amica Sersi2?
“Prego, Signor Stark...” fece Gene con fare servizievole, indicando la sedia che lui aveva abbandonato.
“Se non ostentassi in quel modo il marchio del Mandarino, forse...” replicò la scimmia dal suo cantuccio, beccandosi un'occhiata in tralice dall'interessato e stupita da tutti gli altri: si conoscevano tutti! Era un'imboscata!
“Signor Tony Stark...” fece l'uomo in testa al gruppo tendendogli la mano: probabilmente era il capo, visto il ricco Cheongsam3 rosso e oro fermato in vita da una fusciacca, ancora più elaborata della casacca. “E' un piacere per me incontrarla... Posso?” domandò indicando un'altra sedia libera. Nessuno rispose e, con estrema noncuranza, quello si accomodò. “Lasciate che mi presenti... il mio nome è Woo Yen Jet. Ma allo S.H.I.E.L.D. il mio nome era semplicemente James Woo.”
“Allo S.H.I.E.L.D.?” Tony quasi urlò, perdendo di colpo ogni sicurezza, prima che l'altro potesse aggiungere qualunque cosa: Era un criminale tanto potente da essere schedato negli archivi dello S.H.I.E.L.D.? Ma anche lui era stato nel mirino dell'Agenzia, prima di entrarne a far parte come consulente. Aveva bisogno di sedersi, le gambe sembravano essersi fatte di gelatina. Arrancò fino a riguadagnare il suo posto, cercando di accostare la figura dei Dieci Anelli con lo S.H.I.E.L.D. Ma la cosa sembrava destinata a provocargli solo una forte emicrania. D'altronde, aveva già visto come lo S.H.I.E.L.D., in qualche modo, cooperasse con HYDRA. Perché sorprendersi se così fosse stato? Dopo che l'agenzia annoverava tra le proprie fila una scimmia!
Ma Woo dissipò subito ogni dubbio, rimettendo ogni cosa nella giusta prospettiva “Ero un agente della C.I.A. negli anni '50, poi sono stato reclutato dallo S.H.I.E.L.D. Livello 8...” rispose l'uomo, dall'aspetto di un giovane trentenne. “Oh... ciao, Natasha...”
“Ciao, Jimmy...” rispose lei “Sono proprio curiosa di sapere cosa ci fai qui... Siamo un po' lontani da Hong Kong” replicò con un sorriso
“Agente C.I.A. negli anni '50?” replicò Stark ridendo di gusto (i conti non gli tornavano affatto), confuso dalla familiarità che anche la spia dimostrava nei confronti di quell'uomo. Si sentiva preso in trappola “Non so quale delle stronzate che ho sentito stasera sia la più ridicola...”
James Woo stirò un sorriso comprensivo “Non ci crederei neanch'io, effettivamente...” convenne “Ma lasciate che vi presenti i miei assistenti. Temugin, credo che Lei lo conosca già...” disse indicando Gene Khan che si profuse in un rigido inchino rispettoso.
Mentre Pepper lo raggiungeva, e commentava con un inappropriato Sta proprio bene in abiti tradizionali, Tony arricciava il naso “Credevo di conoscerlo...” precisò ostile a indirizzo del proprio dipendente.
Woo fece un cenno di assenso e lo presentò “Temugin è il figlio naturale di quello che Lei conosce come il Mandarino.” convenne “La Sua diffidenza è più che giustificata”
“Più che giustificata?” sbottò anche Johnny Storm “Ci credo: quello ha fatto un casino che nemmeno io!”
“Johnny...” lo richiamò Susan, costringendolo di nuovo a sedere.
“Ammetto che il Mandarino può aver esagerato. Ma io mi dissocio totalmente dal suo operato. Non lo riconosco nemmeno come padre biologico” commentò Gene Khan altero, lasciato libero di difendersi.
“Purtroppo, ragazzo, da che mondo è mondo, le colpe dei padri ricadono sulle spalle dei figli...” commentò tagliente Henry: per quanto lui e Tony fossero sempre a battibeccare, quello che era successo a Malibù era inconcepibile. Ed era anche il motivo per cui tutti i superumani gradivano mantenere segreta la propria identità. A parte l'egocentrico Tony Stark che aveva concesso addirittura il suo indirizzo a mezzo stampa.
“Lei, invece, è Suwan...” disse Woo, continuando indisturbato con le presentazioni e indicando la donna alla propria sinistra vestita di un lungo Qipao4 verde giada con decorazioni oro che mettevano in risalto i grandi occhi a mandorla incorniciati da una cascata di serici capelli neri come la pece. “Lei, invece...” disse indicando la donna alle loro spalle “E' la principessa Neptuna... cugina di re Namor...”
“Acquisita” precisò la donna. A ben vedere aveva, come Namor, le orecchie a punta che sembravano sul punto di fondersi col cranio, ai piedi delle pinne direzionali cangianti, simili a piccole ali, e pelle eburnea. Ma, invece di una tuta di pelle di manta blu, indossava una più semplice corta muta da sub che sembrava un miniabito ipertecnologico all'ultimo grido.
“Ok ok...” fece Tony con aria di sufficienza “Sappiamo i vostri nomi... e allora?”
Jimmy Woo sorrise paziente. Emanava un'aura di potere e regalità che non sembrava potesse appartenere a un uomo. Allo stesso tempo, dava anche l'impressione di una grande umiltà “Diciamo che, visto quello che è successo a New York solo poco tempo fa, ho pensato che allo S.H.I.E.L.D. potesse far comodo una struttura del genere...” disse con un cenno della mano a indicare l'ampio ambiente in cui soggiornavano “...per prevenire eventuali nuovi attacchi da altri mondi...”
“Tu... ci sei tu dietro tutto questo?” domandò Namor, perdendo, per una volta, la sua arroganza e superiorità. “Come hai fatto a...?” domandò prima di intercettare lo sguardo della cugina. “Capisco...” disse, rabbuiandosi e tornando a buttarsi sulla sedia.
“Noi non capiamo, invece!” commentò sinceramente confuso il capitano Rogers.
Woo abbozzò un altro sorriso e si protese sul tavolo, calamitando l'attenzione dei presenti, ma non rispose alla muta domanda di Cap “Sappiamo cos'è realmente successo con i furti delle tecnologie Stark, con i progetti del dottor Pym e del dottor Richards. Sospettiamo di sapere come tutto quello che è successo finora sia collegato da un intricata ragnatela. E vorremmo offrirvi il nostro sostegno... A voi, Vendicatori...” disse indicando il gruppo di scienziati che già cominciavano a protestare, ritenendosi estranei al gruppo assemblato da Fury “... come ai sovrani dei regni del Wakanda e di Atlantide. Ma non all'intero S.H.I.E.L.D., che è corrotto ai vertici. Per arrivare indisturbati a voi, però, dovevamo passare il vaglio dei vostri superiori...”
“Perché proprio noi?” domandò T'Challa che, come Namor, non sembrava più di tanto impressionato da quella conversazione.
“Più che altro... Il sostegno di...?” domandò Henry Pym, scettico. In fondo, avevano solo dato loro dei nomi. Nessuna organizzazione, nessuna fondazione. Nulla di nulla. La cosa puzzava lontano un miglio: da dove avrebbero tirato fuori tutti quei soldi? Che fosse una trappola di Osborne per liberarsi definitivamente di Fury e dei suoi protetti? Nessun nome l'avrebbe fatto sentire al sicuro. Per quel che lo riguardava, avrebbe continuato a fare lo scienziato free-lance, tanto più che l'ultima cosa che gli interessava era diventare una specie di guerriero del terzo millennio. Ed era certo che Reed la pensasse allo stesso modo: l'amico aveva altri progetti in testa, tipo quella sua Fondazione Futuro...nulla di avventuroso!
“Avete mai sentito parlare dell'Atlas?” domandò divertito il loro interlocutore.
A quelle parole Pepper spalancò la bocca e additò il giovane “Ce ne ha parlato Natasha!” confermò cercando lo sguardo di Tony o quello della spia.
Quella annuì “Era il giorno della convocazione al senato. Un'operazione simile a quella dei Vendicatori era già stata tentata negli anni '50.” ripeté assottigliando lo sguardo “Ma i membri – mi vengono in mente solo ora...” disse fissando i presenti “Jimmy Woo, la principessa Atlantidea Namora, Ken 'Gorilla Man' Hale. E poi... c'erano anche...se non erro, un robot assassino, l'uraniano Robert Grayson...”
“Un colono eterno, per la precisione” confermò Woo senza scomporsi, ammirato dalla memoria di ferro della donna.
“E una dea marina...” disse tirando un'occhiata alla cantante sul palco. Che fosse lei?
“Un mostro!” precisarono in coro i due cugini atlantidei.
“Questo gruppo si sciolse misteriosamente e per ricomporsi pochi anni fa e darsi alla macchia col nome di Atlas.” finì di spiegare la spia. “ Ma non tutti sparirono nel nulla per oltre quarant'anni: Namora operò con un secondo gruppo che nacque dalle ceneri del primo e, anche quello, fu uno strano assortimento di persone: Victor Creed alias Sabretooth!”
“Grande amico di Logan...” commentò sarcastica Tempesta, ripensando agli innumerevoli, violenti scontri tra i due di cui era stata testimone.
“Ulysses Bloodstone, Sergei Kraven Kravinoff detto il Cacciatore, con cui alcuni di voi hanno già avuto a che fare in passato...” continuò Natasha
“Già...” Sibilò ancora Ororo pensando alle svariate volte che loro e il misterioso Uomo Ragno si erano trovati a dover affrontare quell'invasato.
“Lasciami indovinare... russo? Avete tutti sta mania di anglicizzarvi il cognome...” commentò Stark venendo ignorato
“... Ernst -Silver Sable- Sablinova...”
“Un altro russo? Ma siete peggio dei cinesi e degli italiani: ovunque vai te li trovi in mezzo ai piedi!” continuò Tony imperterrito
“E Dominic Fortune...” concluse la spia, esasperata
“Mmm... scommetto ne che facevi parte anche tu... e, così, per caso, conosci anche i membri del gruppo originale?” domandò Stark, ormai inviperito per la saccenza della rossa.
“Li ho anche incontrati durante il sopralluogo... solo Neptuna, a dire il vero.. ma non pensavo che... cioè... come potevo immaginare...” si giustificò quella
“Sei una dannatissima spia, a quel che si dice la migliore in circolazione, e ti fai fregare così?” Stark era sull'orlo di una crisi di nervi e nemmeno la mano di Pepper, che cercava di trattenerlo, riusciva a calmarlo.
“Derek è un agente S.H.I.E.L.D.!” replicò lei
“Ed è noto come quel posto sia pieno di mele marce!” sbraitò Tony di rimando.
“Era al seguito di T'Challa! E Namora... ho pensato fosse col cugino! Era sola! Se avessi saputo che si erano comprati anche Khanata...”
“Ehi!” protestò l'agente in questione “Chiariamoci subito! Io non faccio il doppio gioco. O meglio. Sì, la posizione è quella, ma l'obiettivo è uno solo!”
“E sarebbe?” domandò Reed che non si era lasciato sconvolgere da quelle rivelazioni ma che immagazzinava, organizzava e metteva tutto a sistema per trovare una risposta coerente.
“Ma dai anche corda a questo gruppo di delinquenti?” protestò Henry, ormai sul piede di guerra come Tony.
“Ecco, sì, quello potrebbe essere l'unico punto a nostro svantaggio” commentò Woo, soprappensiero.
L'unico punto? ma... Ci prendi in giro, muso giallo?” ringhiò ancora Henry
“Lascia che si spieghi, Hank!” lo rimbeccò Janet “Se Namor e T'Challa sono tranquilli vuol dire che forse sanno qualcosa che a noi sfugge!” disse beccandosi un'occhiataccia dal marito.
“Namor...?” domandò Susan in cerca di conferme e sicurezza.
“T'Challa?” domandò anche Ororo.
I due sovrani si guardarono brevemente e assentirono: Jimmy Woo era una persona degna del credito di due sovrani tra i più scettici al mondo. Doveva pur voler dire qualcosa.
Henry e Tony furono costretti, loro malgrado, a rimettersi seduti e composti. Si prepararono ad accogliere le rivelazioni del capobanda mafioso quando una strana esplosione -seguita da un leggero terremoto, di cui la squadra si accorse appena- che squarciò il vociare e il frastuono della musica pompata dalle casse, calamitando l'attenzione della folla presente nella struttura.
Tuttavia nessuno, in sala, sembrò scomporsi, quindi si doveva trattare dei preparativi per i fuochi finali. Certo che se la struttura vibrava a quel modo, per quanto fosse stata creata flessibile proprio per assorbire gli impatti, avrebbero dovuto rivedere tutti i progetti antisismici, i parametri di statica e di sopportazione alle sollecitazioni meccaniche... Non era mica un terremoto giapponese: era solo un fuoco d'artificio! Non poteva aver prodotto una forza tale da richiedere l'oscillazione e la distribuzione della spinta su tutta la struttura.
“Scusate!” intervenne Ben Grimm con il suo vocione e la sua manona alzata come un bravo scolaro per sovrastare l'improvviso chiacchiericcio circostante fattosi frenetico e assordante “Prima hai detto uraniano?”
“Che viene da Urano...” precisò Natasha quasi l'uomo fosse sordo o scemo.
“So cosa vuol dire. La domanda è un altra: stiamo parlando di alieni?” domandò perplesso
“Ti stupisci?” domandò Reed divertito
“No, no!” bofonchiò quello tornando a incrociare le braccia al petto “Solo che di alieni ne avrei un po' piene le tasche...”
“Per correttezza d'informazione, Bob è un terrestre di origine uraniana. Negli ultimi decenni, dopo il misterioso scioglimento del gruppo, è rientrato in patria, trovando la sua terra di provenienza distrutta...” disse Woo “Altri alieni che avete conosciuto anche voi...”
“I chitauri!” sbottò Tony. Woo sorrise, enigmatico. Stava per riprendere il discorso quando un boato, questa volta decisamente violento, attirò l'attenzione di tutto il gruppo.






1    Susan è un trofeo molto ambito. Oltre il legittimo consorte, ad aver avuto cotte e simili per la bionda di può annoverare un gran numero di personaggi, tra cui certamente Namor e T'Challa. Reed qui, con quella mossa e sguardi muti col re wakandiano, vuole sottolineare l'ovvio, cioè che la moglie è impegnata. Se con Namor ha vita dura, vista l'arroganza, con T'Challa, uomo a modo e rispettoso, può permettersi di alzare la cresta e fare il possessivo. T'Challa, a sua volta, risponde che di Susan non gliene frega nulla perché, tanto, ora ha finalmente Ororo... e che Reed può pure tenersi Susan.

2    Azura Elliot, già citata in precedenza, è un'Eterna che rappresenta l'archetipo di Atena/Minerva. Sersi, invece, deriva dalla figura della maga Circe. La stessa Sersi fu, negli anni, una Vendicatrice.

3    La tipica casacca orientale con colletto alla coreana: in realtà non c'è reale distinzione col Qipao (termine cinese): io ho usato due termini diversi per differenziare l'abito maschile da quello femminile.

4    Il tipico abito cinese con colletto alla coreana, smanicato o a mezza manica e dall'altezza del fondo variabile: da casacca a mezza coscia fino ad arrivare alla caviglia


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Buona ultima giornata 2013 a tutti voi!
Immagino sarete presissimi coi preparativi :) però gli auguri ve li faccio l'anno prossimo.

Ecco il famoso gruppo che finalmente introduco, tanto per incasinare ancora di più le cose. No, dai... in realtà avevo bisogno di qualcuno esterno, coi piedi in ambo gli ambienti, perché giustificasse tutto quello che è successo: se aspettavo i Vendicatori ci arrivavamo l'anno di mai.
Vi ho fornito quegli schemi perchè, a differenza di Namor e T'Challa (più o meno conosciuti e cmq solo 2 nuovi in un colpo solo) e della squadra 'Caterpillar' di Fury, capitanata da Daisy (di cui vi servivano solo i volti), questo gruppo si è presentato compatto e resterà tra i piedi per un pochino...

Ancora... Tony e il Mandarino. :) visto come ho concatenato i due film? ho fatto finta che IM3 sia avvenuto dopo IM2 e prima di Avengers (con opportuni tagli a situazioni -tipo il panico di Tony-), facendo finta che Pepper non fosse mai stata rapita ma che tutta l'avventura di Tony sia stata guidata da una falsa notizia, manipolazioni di filmati etc (in pratica...la storia rimane valida se togliete il finale XD- Ovviamente Killian e l'AIM c'erano e lui li ha belli che sbaragliati.
L'altro dettaglio: la casa di Malibù l'ho lasciata semi distrutta da IM2 (quando deve crearsi il nuovo generatore). Pepper non ne sa nulla e per evitare che scopra il casino la porta a NY e la tiene impegnata col progetto della torre mentre lui cerca di sistemare i suoi casini. Nel frattempo ecco che il Mandarino sfascia definitivamente la casa con i missili (da fuori mica si sa se il garage era inagibile...)

E per ora e tutto... ovviamente i boati non sono fuochi d'artificio :)

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Capitolo 32
*** Attacco a Triskelion ***


32. Attacco a Triskelion






Sembrava di essere in un sogno. E doveva esserlo certamente.
Rogue che ammetteva la possibilità che potesse esserci spazio per qualcosa tra loro.
Il suo trucchetto elettronico che funzionava e lei che, addirittura, lo baciava.
Si sarebbe svegliato sul più bello, lo sapeva. Si sarebbe trovato in camera sua, allo Xavier Institute o, alla meglio, alla Stark Tower, ansante, zuppo di sudore e aggrovigliato alle lenzuola. Forse, se si fosse tirato indietro avrebbe scoperto la verità. Ma, sogno o meno, un'occasione simile non gli si sarebbe più presentata e accantonò immediatamente quell'idea masochistica.
Poi, in un attimo, tutto cambiò: ebbe pochi istanti per capire cosa stava succedendo ma non riuscì a reagire, paralizzato e sorpreso. Rogue si irrigidì, aprì gli occhi, ora fissi e spenti in un punto indefinito che lo oltrepassava e smise di rispondere al suo bacio, le labbra dischiuse in un'espressione incredula. Batté le palpebre un paio di volte, come a schiarirsi le idee e nelle iridi era brillata una nuova consapevolezza. Le labbra si piegarono in un ghigno e gli si avventarono addosso con una rapacità di cui non le credeva possibili.
Si sentì cedere le gambe, pur essendo seduto sul parapetto, sotto il peso di un improvvisa vertigine. La vista gli si annebbiò: ciò che era fiocamente illuminato dai raggi lunari e dal riflesso del bailamme della sala gli appariva ora viola mentre quanto era in ombra era una macchia nera indistinta. Si sentì scivolare nell'incoscienza e, in uno sprazzo ultimo di lucidità, ebbe la certezza che Rogue stesse assorbendo le sue energie. Forse l'avrebbe anche ucciso. Perché uno come lui mica poteva svenire per la gioia.
La domanda, però, che gli vorticava in testa, impedendogli di pensare ad altro, era come fosse stato possibile che lei stesse usando il suo potere: era difettoso il congegno o Rogue se n'era sbarazzata? Se era così... era solo un povero illuso. Doveva aver esagerato. Ma... possibile che Rogue, la semplice, lineare e prevedibile Rogue, fosse riuscita a camuffare così abilmente il suo fastidio? E che fosse giunta al punto di volerlo uccidere davvero? Con le ultime forse, stirò un sorriso. Stava davvero morendo sulle sue labbra e non aveva nulla da rimproverarsi.
Gambit scivolò nell'incoscienza prima di poter essere sconvolto dalla deflagrazione che, di lì a pochi istanti, avrebbe scosso tutta la struttura. Chiuse gli occhi con ancora il sapore di Rogue sulle labbra, il cuore stretto in una morsa gelida di rammarico ma non in quella soffocante della preoccupazione per l'incolumità della sua amata. D'altronde, gliel'aveva giurato: l'avrebbe difesa e amata fino alla morte. Almeno aveva mantenuto parte della promessa. Avvertì appena il tonfo sordo che lo scosse da capo a piedi. Era lui? Non ne era così sicuro. Un corpo morto che cade al suolo fa rumore?

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“E così ti piace il giornalismo investigativo...” commentò Peter, appartato in un angolo della sala, lontano dal chiacchiericcio dei vari politici, scienziati, critici, presenzialisti e altri aggregati del baraccone, pur senza perdere di vista i suoi amici e colleghi.
Christine Everhart si era dimostrata meno scema e oca di quanto il suo aspetto e il suo atteggiamento, volutamente sciocco e insipido, lasciassero supporre. Non aveva mai collegato la firma della bionda allo scandalo che aveva coinvolto le Stark Industries qualche anno prima: erano decisamente due mondi troppo distanti. Seppure non la conoscesse, quando le era stata presentata -all'indomani dell'invasione aliena- aveva pensato a un caso di omonimia. Bella, sveglia, intelligente, ambiziosa e con nobili intenti. Insomma, la donna giusta per lui. Perché lo sapeva, quel particolare mix di caratteristiche era sempre stato la sua condanna, sin dai tempi del liceo. Beh, più o meno, se si poteva vedere l'operato di Felicia sotto un'altra angolatura, un po' più benevola e condiscendente. “E io che pensavo che i tu lavorassi per il Philadelphia Enquirer” scherzò “Come mai Vanity? Voglio dire... potresti ambire a qualunque altro posto. Da che ci siamo conosciuti mi sono documentato... Non che Vanity non vada bene, anzi... la rivista è nota anche per i suoi articoli di qualità e di denuncia. So bene che non è una fiera della vanità, una semplice rivista di moda. Vogue, che l'ha assorbita, al confronto sembra insulsa.”
La bionda sorrise per nascondere l'imbarazzo di quel complimento sincero. Sarà stata anche un'arrampicatrice, ma evidentemente era la prima volta che veniva presa sul serio e non trattata da bambolina. “Beh... sai com'è... ci lavorava un fotografo che mi piaceva molto...”
“Lasciami indovinare... LaChapelle?” sparò Peter andando a colpo sicuro.
Lei distolse lo sguardo “Prevedibile, eh? In realtà era la mia prima scelta a pari merito col Buggle. Voglio dire, al vecchio Vanity avevano collaborato personaggi del calibro di Aldous Huxley, Gertrude Stein, Thomas Stearns Eliot, Lewis Carroll...”
“In effetti, alcune tra le migliori firme del panorama letterario di quegli anni” convenne Peter.
“Sarebbe come se la Rowling scrivesse per noi...” confermò Christine “Ma oggi, come saprai, Vanity non è più il porto di innovatori. E' una rivista un po' ibrida. In ogni caso, mi hanno presa, e sono fiera di fare parte del suo staff”
“Come mai il Daily ti ha rifiutata?” domandò il fotoreporter anche se un angolo della sua mente cercava di suggerirgli l'ovvia e banale risposta.
Infatti, lei lo guardò scettica da sotto le lunghe ciglia “Jameson...” disse solo.
E Peter si illuminò di un'improvvisa consapevolezza “JJJ... Ma certo, che scemo! Scusa...” disse costernato “Avrei dovuto arrivarci... con tutte le lavate di capo che mi prendo io... che sono uomo”
“Precisamente” convenne Christine sorridendo nonostante tutto “E sai cosa ti dico? Meglio così. Non so quanto avrei resistito con un burbero, dispotico, maschilista che fuma laddove la legge lo vieta espressamente... A Vanity si sgambetta parecchio ma l'ambiente è cordiale. E, soprattutto, non ci sono veti sui supereroi. A proposito, tu che sei il fotografo ufficiale... Spider-man è davvero il nuovo, temibile, delinquente di quartiere pronto ad assurgere come nuovo supercriminale come lo dipinge il Daily o sono solo forzature imposte da JJJ?”
“Confidenzialmente?” domandò Peter, temendo di cacciarsi nei casini.
“Ovviamente! So della politica di JJJ che aborre tutti i supereroi e superumani. A eccezione di Capitan America. Forse. Un vecchio rincoglionito come lui può simpatizzare, al massimo, solo per un eroe dell'anteguerra, emblema dei sacri valori morali dell'America... Se non ti fidi puoi perquisirmi...” lo invitò con fare civettuolo alludendo al suo onnipresente registratore vocale.
Ma lui declinò l'invito. Che traesse le conclusioni che preferisse. “Io sono amico di Spidey... è grazie a lui se ho trovato lavoro al Daily. Certo, gli secca che le sue azioni vengano stravolte dagli articoli fuorvianti che accompagnano le foto. Ma sai, bene o male, l'importante è che se ne parli. La cosa lo rende famoso. Tra l'altro, se fosse davvero un delinquente, non avrebbe molto senso che si inimicasse, sistematicamente, le varie gang locali. Il giorno che si metterà contro un comprovato superumano malvagio, spero che JJJ si ricreda. Ma anche no. Temo potrebbe dipingerlo come complice a dispetto di ogni evidenza...” sospirò.
Stavano ridendo di gusto, alle spalle di Jameson, quando i sensi di ragno di Peter lo avvertirono di un pericolo imminente. “Giù!” intimò a Christine, trascinandola sotto il tavolo poco prima che una violenta esplosione li assordasse.

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Happy Hogan odiava la confusione delle feste e quella sera era particolarmente felice che il suo capo e amico avesse altre quattro persone a fargli da guardia del corpo. Quattro persone più qualificate di lui a proteggerlo. Strak odiava le guardie del corpo e, da una vita, ormai, lui, l'autista, si era accollato di propria spontanea volontà, l'onore e onere di proteggere quell'incosciente. Ma, da quando aveva elaborato i suoi giocattolini (le armature assistite da J.A.R.V.I.S.) il suo compito era diventato assolutamente ridicolo. Quindi, ringraziando la bontà della sua ex-moglie e di quello che comunque restava un suo amico, era stato ricollocato come capo del personale e della sicurezza. E lui era paranoico in quelle scelte vitali. Nonostante non fosse un lavoro facile e fosse coadiuvato anche dallo S.H.I.E.L.D., il fatto che Kevin Sidney, il mutante mutaforma, gli fosse passato così bellamente sotto il naso, eludendo qualunque controllo, lo aveva fatto sentire inadeguato. Quando poi era venuto fuori che la sua mancanza era legata, seppur indirettamente, all'attentato in cui Pepper aveva rischiato la vita, si era vergognato come un ladro. La sua inettitudine aveva messo a repentaglio la sicurezza nazionale, quella personale di Stark ma, soprattutto, della donna a cui era comunque ancora legato nonostante il divorzio.
Ora stava lì, sorvegliava le tre auto del capo, quelle che, a sua insaputa, aveva fatto corazzare e blindare. Ripensò al gruppo variegato di supereroi che scortava Tony quella sera. Già una semplice Natalie (o Natasha) era più che sufficiente a colmare abbondantemente la sua assenza.
Anzi. Forse la presenza di un semplice umano come lui sarebbe stata loro solo d'intralcio.
Il ricordo dell'irruzione nella sede dell'HAMMER, che lui e la spia rossa avevano condotto solo pochi anni prima, ritornò come un ricordo spiacevole che cercava di tenere lontano dalla mente per non sentire il suo ego ulteriormente frustrato: mentre lui metteva K.O. la prima guardia, Natasha aveva già sistemato un intero plotone. Era convinto di essersi dimostrato mirabilmente abile nel menar le mani, di aver quasi fatto colpo su quella giovinetta. Ma non si era ancora reso conto del tipo di gente che, di lì a poco, il suo capo avrebbe finito col frequentare, rendendo la sua presenza più inutile di quella di una formica. Chi poteva impressionare con una forza così misera? Non certo Pepper, ormai anche lei assuefatta alle stranezze.
Espirò di colpo tutta l'aria dei polmoni. Restare da solo a quel modo gli serviva per schiarirsi le idee e cercare di capire cosa potesse fare della sua vita da quel momento in avanti. Era inutile come guardia del corpo personale e inetto come addetto alla sicurezza. Tutto ciò che gli rimaneva era la cura delle automobili e il suo ruolo di conduttore. Ma, vista la passione del capo per i marchingegni, forse anche quello era a rischio. Forse avrebbe fatto bene a cercarsi un altro lavoro, come un civile qualsiasi. D'altronde, poteva comunque vantare un curriculum di tutto rispetto e né Tony né Virginia gli avrebbero mai negato il loro sostegno.
Era immerso in quelle elucubrazioni quando un forte boato lo fece sobbalzare. Si voltò verso la moderna struttura militare a strapiombo sul mare e subito si tranquillizzò: niente fumo, niente fiamme. Dovevano essere i fochisti alle prese coi fuochi d'artificio. Da lì, sicuramente, si sarebbe goduto un ottimo spettacolo.

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La deflagrazione, effettivamente, non fu neanche troppo potente.
Almeno, la prima. E per i loro parametri completamente fuoriscala.
Ma fu abbastanza da spaventare a morte tutti i presenti che immediatamente presero a urlare e ad accalcarsi verso le uscite più vicine come topi in trappola. Non c'era nemmeno troppo fumo. Sembrava che un fuoco d'artificio fosse esploso anzitempo e in direzione opposta... Quello era stato un vero boato, non il colpo sordo di poco prima che aveva fatto ondeggiare la struttura. In aggiunta a questo, andava calcolato che i newyorkesi vivevano ormai da anni in perenne tensione e bastava davvero poco a far scattare i più sensibili. Forse era davvero solo un botto.
Ben presto, però, un secondo boato, nato dal primo, sovrastò ogni rumore, scatenando un vero fuggi fuggi generale ai limiti dell'isteria collettiva sotto la prima pioggia di calcinacci.
Solo l'angolo dei superumani sembrò reagire razionalmente, cercando di individuare e capire la causa della confusione, prima di agire di conseguenza.
Le armature, però, erano volate immediatamente a proteggere Tony e Pepper, ingabbiandoli nella loro fredda stretta metallica nonostante le loro proteste.
“Mi tirano i capelli!” protestò Pepper cercando di evitare di venire intrappolata in quella corazza prima e di sistemarsi alla meglio dentro l'armatura poi. Ma non erano solo i capelli a darle fastidio: anche il vestito la impacciava nei movimenti, avvinghiato a caso com'era dentro quella trappola.
“J.A.R.V.I.S.?” domandò Tony calmissimo “Vedi nulla di interessante?”
– No, Signore. Sospetto si sia trattato di un guasto all'impianto elettrico. –
“Controlla, svelto!” ordinò il magnate mentre tornava a sedersi.
Proprio in quel momento, una pioggia di quelli che a prima vista sembrarono raggi laser, piovve sul gruppo distruggendo tutto quello che su cui impattò.
Mentre tutti saltavano di lato, Woo rimaneva, imperturbabilmente accomodato al tavolo mentre Temugin alle sue spalle deviava i raggi con una specie di scudo energetico, il quale, a ben vedere, aveva origine dal suo braccio bionico. “Mr. Lao aveva ragione!” sibilò il monaco irritato.
“Dov'è Neptuna?”sbottò il principe atlantideo, da dietro il muro umano improvvisato dai suoi uomini, notando l'assenza della cugina. Il calore, era evidente, stava debilitando tutto il suo gruppo e la sua preoccupazione per la sorte di una sua simile era, quindi, più che giustificato. Woo non gli rispose ma spostò appena lo sguardo nella zona dove, fino a qualche minuto prima suonava l'orchestrina.
“Quello è uno dei nostri?” domandò Tony a Pepper, nel frattempo, indicando il loro dipendente.
“Sì, una delle ultime protesi militari” rispose lei quando si fu abituata a non essere scalfita dai colpi.
“La vostra capacità di parlare di lavoro anche sotto attacco è impressionante!” replicò Pym che, rimpicciolitosi insieme a Janet, aveva trovato riparo in uno scanso dell'armatura di Tony
“E il tuo essere petulante nella stessa situazione lo è altrettanto” rispose Tony
“Venite fuori!” tuonò una voce non appena i colpi smisero di esplodere. Una voce che, però, sembrava essere quella di un esercito perfettamente in sincrono. Mille voci, mille sfumature e intonazioni diverse, che dicevano le stesse parole negli stessi momenti e con le stesse pause.
Nascosti dietro barricate improvvisate, Natasha e Steve si mossero per tentare di vedere chi fosse ad attaccarli. Accortasi dello sguardo quasi supplichevole del capitano, Natasha si sfilò da una giarrettiera una seconda pistola “Sai come si usa?” domandò porgendogliela tenendola per la canna. Lui sorrise irritato di rimando. “Non si sa mai...è da donna...” si giustificò lei.
“Quanti sono?” domandò Susan, accovacciata assieme a loro
“Credo uno solo...” replicò Rogers
“Tutti quei colpi e solo uno?” protestò Johnny
“Vuoi andare tu a vedere?” domandò in tono di sfida il capitano che mal sopportava le teste calde.
“Con piacere!” rispose quello “Mi dispiace solo per il completo. Sarà il decimo che distruggo così... FIAMMA!” urlò rizzandosi in piedi e buttandosi oltre la barricata per infilare poi il banco di fumo nebbioso che copriva il loro aggressore.
Partirono alcuni fasci d'energia in direzione della forte luce in rapido movimento che era la Torcia Umana.
“Quel che si dice, fuoco alle polveri...” commentò Ben afflitto dal comportamento irrazionale del ragazzo.
“Non mi sembra il caso di fare dell'ironia adesso!” lo zittì Susan
“Sue, Johnny è forte e se l'è cavata altre volte...” disse Reed strisciandogli accanto in forma gelatinosa
“E quante altre l'abbiamo riacciuffato per il rotto della cuffia? Quante volte ho creduto di averlo perso?” protestò lei sulla soglia delle lacrime, preoccupata per il fratello.
“Shh Sue... andiamo. Calmati. Prendi un bel respiro. Non appena sarai lucida andremo a...”
Ma un tonfo sordo fece loro alzare gli sguardi. Il raccapriccio si disegnò sui loro volti mentre osservavano attoniti il corpo esanime del giovane Strom fumante e incosciente, forse privo di vita.
“No!!!” urlò Susan vinta dalla disperazione e dalla rabbia. Fuggì la stretta del marito e fece per lanciarsi oltre la barricata che una palla di fuoco la centrò in pieno petto, mandandola a sbattere contro la parete opposta.
“Chi è il prossimo? Il potente Iron Man?” domandò la voce con tono di scherno “Volete venire voi da me o devo venire io?”
“A me serve il mio scudo...” ringhiò Rogers “Così non posso fare proprio nulla!”
“Questo può essere un valido aiuto, meinen freunden” domandò Kurt comparendo in una nuvola di fumo nero davanti al gruppetto.
“Grazie Kurt!” disse Natasha, accettando più che volentieri il kalasnikov e i caricatori.
“Grazie Kurt!” le fece eco Cap agguantando il proprio scudo e una pistola più seria di quella della spia, prima di partire con lei all'attacco: lui parava i colpi e li defletteva, lei si limitava a tenere il dito sul grilletto, in una pioggia ininterrotta di bossoli e proiettili.
Ma la voce rideva di gusto del loro attacco combinato “Mandate i due umani? Sciocchi...” rise sguaiatamente. “Almeno mandatemi quelli in armatura...”
“Hai visto chi è?” domandò Ororo allarmata “Rogue e Gambit sono...”
“No, mi dispiace, c'è troppo fumo...” rispose Kurt, affranto: la sorellastra era dalla parte opposta della sala. Tra i due fronti c'era il loro aggressore e, visto che non c'era traccia dei due mutanti, c'era un'unica verità che giustificasse quella situazione: Rogue e Gambit erano caduti per primi, in un primo attacco, all'esterno. Il boato avvertito in precedenza, che aveva fatto oscillare la struttura, doveva essere opera loro... il giovane demone ricacciò indietro le lacrime: non aveva tempo per piangerla. Ci avrebbero pensato dopo.
– Scansione vocale completata: soggetto identificato. – sentenziò JARVIS senza aspettare il parere di nessuno. Tony fece cenno agli altri di fermarsi un secondo: voleva essere assolutamente certo di quello che avrebbe sentito, nel caso avesse allucinazioni visive o il computer avesse sbagliato a mostrargli l'immagine. Trattenne il fiato mentre la voce sintetica faceva un pausa nella lettura dei dati. Una pausa di pochi istanti che sembrò durare un'eternità.




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:) Ecco finalmente i botti (e le botte) da orbi che vi avevo promesso...
Dunque... lanciamo il totoquiz? chi è che sta attaccando il Triskelion?
Non so per quale motivo, ho sentito l'esigenza di mostrare anche cosa succedeva all'esterno e dare spessore anche a un personaggio secondario come Happy. Spero non ne abbiate a male (quando leggo, odio che i personaggi secondari vengano tralasciati e poi presentati come se il lettore debba essere onniscente).
Ancora.. Christine. Lo so che sta antipatica a tutti (pure a me) ma volevo mostrare che non è la cretina che tutti pensiamo. PS: e in realtà lavora per il Buggle anche lei (nel Marvelverse sembra esistere un unico quotidiano). Avevo bisogno di mostrare che fine avesse fatto Peter perchè, per la storia, lui e Christine prenderanno altre strade rispetto al gruppo (capirete prossimamente come e perchè) anche per non dover gestire un gruppo già di per sé numerosissimo. E poi succede. Se avete presente i fumetti, ogni tanto un personaggio viene tagliato fuori dalla scena anche per motivi più banali.
Che altro? Mi pare basta..
:) alla prossima settimana, allora!

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Capitolo 33
*** La talpa ***


33. La talpa





La lotta, oltre la barricata improvvisata con i tavoli, infuriava in boati assordanti ma il verdetto riuscì a suonare, paradossalmente, ben chiaro.
– Anna Marie Darkhölme, nota anche come Rogue. Mutante. Affiliazione: X-men... – concluse Jarvis, freddo e professionale.
“Sei sicuro?” domandò Tony, allibito
- Nonostante la voce alterata dalla cacofonia di altre entità, la predominante risulta quella identificata- rispose l'intelligenza artificiale.
“Dannazione!” urlò il miliardario lanciandosi nella mischia e chiedendo al computer un'analisi che ne individuasse un punto debole.
“Non può essere!” alitarono Kurt e Ororo, sbigottiti. Subito, spostarono lo sguardo oltre la barricata.
“Cosa le è successo?” urlò Tempesta, improvvisamente agitata
“Non lo so! Era con Gambit e... oddio...” disse NightCrawler “Gambit non c'è... oddio...non so se riuscirò a fermarla...”
“Cosa vuol dire che non lo sai?” tuonò la donna “Tu e Logan siete gli unici a sapere come fermarla quando perde il controllo!”
“Sì, ma dubito che questa volta sia come tutte le altre...” disse il mutante dalla coda prensile in un lampo di comprensione. “Dannazione!” disse prendendosi la testa tra le mani. “Dovevo controllare meglio!”
“Cosa sta blaterando l'elfo?” domandò Pym, irritato da quella confusione.
“I collari dell'MRD. Gambit mi ha chiesto di modificarne uno...” disse quello agitando le mani in aria come se quello spiegasse tutto. “Evidentemente era un tranello anche se non so come sia stato possibile...”
“E dove l'ha recuperato un...” Ororo stava quasi urlando, sarcastica e rabbiosa. “Oddio... no! Non Sinistro...” alitò mentre la consapevolezza si faceva strada nella sua mente: l'espressione corrucciata di Kurt non lasciava adito ad altre interpretazioni “Allora dobbiamo agire in squadra per sperare di fermarla...” disse cercando lo sguardo di quanti erano rimasti. “Ma tu fa' un tentativo! Ora!” ordinò. E Kurt, in un batter di ciglia scomparve in una nuvola di fumo. Si rimaterializzò davanti a sua sorella e le afferrò il volto scoperto con le mani nude.
Quella, in un primo momento, parve sorpresa: un residuo di coscienza sembrò balenarle negli occhi prima che il ghigno perfido tornasse a incresparle il volto.
Allacciò Kurt per la nuca, creando una figura simmetrica tra loro. “Cosa credi di fare, fratello?” domandò arrogante prima di baciarlo di prepotenza.
Kurt si divincolò dalla presa sgradita, gli occhi sbarrati dal terrore quando si accorse che lei lo stava mordendo a sangue. Prima che potesse rendersene conto, Rogue, l'aria imbronciata e scettica, lo spedì da dov'era venuto con un semplice movimento secco del polso. Si ripulì del sangue del fratello e tornò a prestare attenzione agli umani che aveva per le mani.
Protetto dallo scudo di Temugin, Woo si spostò appena, lasciando che il teleporta gli scivolasse accanto nella sua caduta e, con tutta calma, si avvicinò al Gorilla che si stava armando di tutto punto, finalmente soddisfatto. “Non credo sia il caso di farsi ammazzare da una bella fanciulla... che dici? Le rovinerei la reputazione... più di quanto non si stia già rovinando con le sue mani... meglio attaccare per fermarla, no?” commentò la scimmia verso quello che considerava più un suo amico che il suo capo. Quello si accomodò su una sedia, meditabondo.
A quel punto, tutti avevano raggiunto la conclusione a cui Stark era già arrivato, in modo sommario e per altre vie, pochi minuti prima, appena aveva saputo dell'identità del loro avversario.
E non era difficile capire il perché. Bastava sapere che Rogue era in pieno possesso dei poteri di tutte le persone con cui era venuta a contatto nel corso degli anni (e nessuno ne conosceva precisamente quantità e identità) e bastava saperla fuori controllo per raggiungere l'unico obiettivo in un quadro abbastanza verosimile: andava fermata.

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A bordo dell'Helicarrier, Val lanciò un'occhiata di sottecchi al collega responsabile della sicurezza della nave, imbarazzata e stranamente esitante.
“Fury ti ha detto di parlare!” Tuonò un soldato accanto alla sua branda.
“Ehi!” ringhiò Fury, livido, rimettendolo al suo posto “Bada a come ti rivolgi a lei. E' pur sempre l'ex vice direttore dello S.H.I.E.L.D.!” Il soldato sbarrò gli occhi e si rimise sull'attenti, temendo qualche ritorsione per quel comportamento sgarbato.
La donna, incoraggiata dalle parole dell'ex direttore e grata della gentilezza dimostrata, inspirò e cominciò a raccontare.
“Cercavo di capire cosa stesse progettando Andrea. Come sempre, da vent'anni a questa parte, d'altronde. Hydra non ha mai fatto mistero dei suoi piani, eppure, lei agiva con estrema circospezione. Lei e il fratello, si intende. Andreas, quello che non hai ammazzato dieci anni fa...”
“Non ho ucciso io Werner, il terzo fratello...ma continua pure...”
La donna si mordicchiò il labbro. “C'è poco da dire. Avevamo inscenato la mia morte per convincere tutti che la Fontaine non lavorasse più per lo S.H.I.E.L.D. e fosse ciecamente fedele ad HYDRA. Era l'unico modo che avevo per sperare di scoprire cosa architettavano. Ogni tanto mi capitava di incrociare Natasha o Jessica per i corridoi. Facevamo finta di nulla. Avevamo stretto mutamente un patto per salvarci la pelle a vicenda: nessuno avrebbe detto nulla delle altre, dando per assodata la nostra lealtà ai Von Struker.”
“Appena mi capita a tiro, vediamo che fine fanno le due aracnidi...” ringhiò il comandante, irritato per quel comportamento irresponsabile. Ma erano donne, cosa poteva aspettarsi da loro se non piani folli?
“Jessica dev'essere stata molto convincente dato che è riuscita a diventare la guardia del corpo di Andrea, anche se a suo favore giocava l'appartenenza dei genitori alla stessa organizzazione. E, in questi casi, lo sai, per mantenere la copertura, devi essere disposto a sacrificare i colleghi.”
“Va' avanti...”
“Di punto in bianco, accanto ad Andrea compare questo losco figuro, bardato come se fosse uscito da un film in costume e...”
“Loki?”
“Lo conosci?” si stupì la donna
“Mah... appena appena...” ghignò Fury in risposta
“Insomma, Loki conversa amabilmente con Andrea e quando mi vede, mi punta lo scettro addosso. Da lì i ricordi si fanno confusi. E non so dire se si sia trattato di un sogno o cosa. Ho incrociato anche Clint Barton... ma, come lui e come le due aracnidi, non ho tradito la nostra amicizia...”
“Fammi capire... Ti sei fatta soggiogare da Loki?”
“Credo di sì...” ammise lei
“Allora doveva sapere che eri il mio punto debole. Dopo Daisy...” disse Fury, le braccia incrociate al petto, fissando la giovane agente che stanziava al suo fianco e che, a quelle parole, si irrigidì “Mi dispiace, ma dopo dovrò sistemare anche te...” comunicò lasciando la minaccia di ricalibratura cognitiva sospesa tra loro.
“E' il tuo dovere... come mi hai già spiegato” disse la ragazza senza ombra di rammarico, in uno stato di totale venerazione per il guercio.
“Ok! E di Jessica e Natasha che mi dici?” tornò a domandare Fury.
“Quando è comparso Loki, Natasha era già sparita in quella missione da cui poi l'ha richiamata Coulson, non credo si stata infettata...”
“Quindi dopo essersi rubato il cubo dal centro N.A.S.A. è andato da HYDRA...” meditò l'uomo
“Che l'ha finanziato e sostenuto...” precisò la donna
“Qualcosa non quadra. Perché HYDRA avrebbe dovuto prestarsi ai folli giochi di un alieno solo per dominare il mondo e sbaragliare lo S.H.I.E.L.D.?”
“Non ti sembrano motivi sufficientemente validi?” domandò la donna “In realtà, da quello ce ho capito, HYDRA è nata per rintracciare e accogliere questi alieni. Buona parte del loro staff è composta da alieni sotto copertura, che tu ci creda o meno. La stessa Andrea è un ibrido umano-alieno...”
“Dio che schifo... giovanotto, presto, un secchio! Devo vomitare...” ordinò Dugan sull'altro letto.
“Credo che solo Abby, dello S.W.O.R.D., possa ritenersi al sicuro da quello scettro: la sua parte umana è mutante e magari non è così facilmente soggiogabile...” continuò la donna.
Fury sondò la donna con sguardo indagatore “L'ossessione di Hitler per la magia, i reperti antichi avvolti da un'aura mitica, quindi, non sarebbero che da imputare alla presenza, già un secolo fa, di alieni sulla Terra?”
“Di più. Hitler era solo uno strumento in mano agli alieni, con cui condividiamo questo pianeta da più di un secolo, pensa a Tunguska. Le idee che costellarono il diciannovesimo secolo furono terra fertile da far fiorire: gli alieni sponsorizzarono solo quella parte di politica che tornava a loro vantaggio. I Chitauri hanno visto nella Germania nazista una magnifica occasione per dominare il mondo e finanziare, al contempo le loro ricerche per riallacciare i ponti con il pianeta d'origine. Sono partiti dagli ebrei: hanno ripescato antichi odi mai sepolti e ne hanno sfruttato le ricchezze. Così, la loro idea avrebbe contaminato lentamente le menti dell'umanità, spingendo il limite sempre un po' oltre fino ad arrivare, alla fine, allo sterminio totale della razza umana. O meglio... al suicidio della razza umana, così da avere una nuova Terra da colonizzare...”
“Ok, non mi sorprende questo comportamento di HYDRA. Ma il CSM? Come si colloca in tutta questa storia?”
“Cabala...” biascicò la donna “E' un piano segreto sovranazionale in cui i potenti della Terra sono in combutta per spartirsi il potere. Un progetto a lunga data, che mira a logorare la popolazione, la politica...chiunque! Non importa che sia, come detto, un suicidio. Loro ne guadagnano, oggi e per sempre. Non gli interessa del domani. Anzi, forse hanno il piede già in altri affari interstellari.”
“Non me n'ero accorto...” soffiò Fury, ripensando all'ordine più imbecille mai ricevuto. La bomba atomica. Già era grave che gli Stati Uniti si fossero lasciati prendere la mano mezzo secolo prima... ma tornare all'idea, consci degli effetti collaterali e sulla popolazione interna era stata la cosa più discutibile avesse mai sentito.
“I quattro vecchi stronzi sono in realtà alleati dei Von Struker?” sbottò Dum Dum lì accanto, cercando di riordinare le sue idee.
“Precisamente. Fanno solo il gioco delle parti. Anche se non sarei così sicura sul fatto che siano proprio loro a capo della cosa. Da quello che ho capito sono solo pedine nelle mani di qualcuno ancora più malato.”
“Non è che anche loro sono, semplicemente, controllati dai Chitauri?” domandò Dum Dum, ormai cereo in volto.
“Tutto può essere... questo spiegherebbe come mai abbiamo in dotazione armi Hydra -più che svilupparne nostre nuove di pacca- e perché la risposta all'attacco a New York sia stata una testata atomica...” concordò Fury
“False Flag...” annuì la donna “Col pretesto di un concordato attacco, avrebbero raso al suolo il fulcro di una delle principali potenze mondiali, piegando la Terra alla vera invasione...”
Fury si pinzò l'attaccatura del naso, esausto. Aveva ancora diverse domande urgenti da porre alla donna. Ma prima doveva sentire anche il resto di quella storia.
“Tim...tocca a te!” disse cedendo la parola all'amico e responsabile della sicurezza.

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Come era già accaduto per Jhonny e Susan, ben presto anche Natasha si trovò a rovinare al suolo priva di sensi. Senza Tony e senza Steve, che ancora davano battaglia alla mutante, il gruppo era allo sbando e senza un capo. I due sovrani non sembravano aver molta voglia di mettersi a capo di quel gruppo così eterogeneo ma entrambi scalpitavano per sistemare la faccenda. Quanto al capo dell'Atlas, lui e il suo gorilla sembravano scomparsi nel nulla.
Nonostante tutto, fu T'challa a prendere la situazione in pugno prima che lo facesse Ororo, abituata com'era a gestire situazioni d'emergenza: era la seconda, in linea di comando a scuola, dopo Scott e, ultimamente, in seguito all'abbandono di Jean, il ragazzo non era stato molto affidabile come guida. Dopo di lei veniva Wolverine che, al momento, era assente.
Le espose il suo piano e quindi chiese a Kurt di teleportarsi da tutti i diversi gruppetti asserragliati in quell'angolo di sala e di riferire. Di volta in volta, bastò un cenno del capo alla dea degli elementi e alla Pantera Nera per dare l'adesione indiscussa.
Mentre Kurt proseguiva nel suo mandato e Tony e Steve continuavano, miracolosamente, a tenere testa a Rogue, T'Challa si affrettò a sfilarsi le vesti da cerimonia e a indossare delle protezioni tecnologiche sulla tuta basica nera sottostante.
Wasp già si affaccendava cercando di trascinare i feriti al riparo della copertura elastica offerta da Reed dove Warren prestava i primi soccorsi.
La situazione, al di là della barricata, invece, la situazione pareva assurda e disperata. I due amici-nemici sparavano qualunque cosa avessero nel loro arsenale contro quella che era stata -fino a quella sera- un membro della loro nuova squadra improvvisata. Era una mutante, certo, ma sapevano bene entrambi che, per quanto potente potesse essere questo famigerato Gene X, i suoi portatori non erano certo invulnerabili. Wolverine a parte, forse.
Ma Rogue, di per sé, era una ragazza normale, con un corpo normale e una resistenza normale al dolore, al veleno o a qualunque altra cosa. Eppure qualcosa era scattato in lei rendendola un'inarrestabile macchina da guerra. Tutti i poteri con cui era entrata in contatto nel corso della sua vita sembravano essersi attivati contemporaneamente per proteggerla. Ma proteggerla da cosa? Non c'era alcun pericolo... O meglio. Lei era il pericolo!
Dopo aver agguantato il suo principale ostacolo, l'amazzone russa che sparava ininterrottamente, averla strapazzata per bene e averla messa fuori combattimento, Rogue si dedicava a Rogers con poco entusiasmo mentre Tony si sentiva quasi il terzo incomodo a cercare di frapporsi tra i due appena ne aveva l'opportunità.
Il capitano usava lo scudo per difendersi e per attaccare, nella speranza di riuscire a mandare Rogue a terra e che, magari, la sua follia fosse curabile con una semplice botta in testa, così com'era stato per l'agente Barton e per il professor Selvig. E forse anche per Loki.
Rogue, però, non si faceva prendere facilmente: se non lo affrontava direttamente, scagliandolo lontano con pugni o magie varie, teletrasporto e volo erano i suoi assi nella manica a cui solo Tony poteva tener testa. Anche lui, però, aveva il suo bel daffare a starle dietro. Trovare un punto debole nel suo attacco o nella sua struttura fisica, per quanto deprecabile, era la loro unica chance ma si era rivelato anche oltremodo difficile -se non impossibile- da individuare.
Era un gioco estenuante e ripetitivo ma almeno la mutante era impegnata con loro due e, altra gente, più preparata di loro, poteva pensare a una strategia migliore.
Tutto cambiò all'improvviso quando quella si stancò e passò al contrattacco.
Senza più giocare.
Si fermò di colpo, sospesa a mezz'aria, lontana dal capitano e dal suo disco di vibranio. Stark non si rese conto della stranezza della situazione e le si fiondò addosso a tutta velocità. Ma l'impatto fu disastroso: la mutante non si spostò di un soffio e Tony perse istanti preziosi nel capire cosa fosse successo. Quando si rese conto di essere in balia della donna era già troppo tardi.
“Iron Man... l'uomo di ferro...”
“Tecnicamente non è...” cominciò lui, infastidito dall'ignoranza diffusa sull'argomento ma si fermò di colpo quando si rese conto che lei, con la sua stretta, gli stava stritolando il bracciale dell'armatura. Peccato che sotto ci fosse il suo braccio e lui non avesse nessun strano potere: se non avesse fatto qualcosa, immediatamente, gli avrebbe disintegrato le ossa, fondendo ulna e radio in un unico nuovo composto di collagene, proteine, silicio, ricoperto da periostio.
“Oh...” lo canzonò divertita “Non sei fatto di ferro? Come mi dispiace...”
Tony cercò di sottrarsi alla stretta mentre Steve Rogers, in basso, chiamava a gran voce il suo nome.
Rogue stirò un ghigno divertito. “Vediamo se la tua armatura è a prova di mutante...” lo sfidò mentre posava la mano libera sul suo petto. “No, credo di no..”
Le sue dita scivolarono piano oltre la corazza fredda, penetrandola come una lama arroventata può trapassare il burro fuso. La strana, fastidiosa ma non dolorosa sensazione di avere le carni penetrate da un corpo intangibile lo lasciava perplesso. Si rendeva conto che doveva essere legato al fatto che la mano della ragazza era scomparsa dentro il suo petto e che, a conti fatti, doveva trovarsi...
Sbarrò gli occhi, terrorizzato e con l'urgenza pressante di allontanarsi da lì.
“Che c'è? Hai paura per il tuo sterile cuore meccanico?” domandò la donna sempre più divertita “Per... questo?” disse ritraendo la mano di scatto. In pugno stringeva il congegno magnetico che teneva lontane le schegge di metallo dal suo cuore e che ora stava sfrigolando isterico, in una pioggia di scintille azzurrine. “Un essere umano adulto può sopravvivere un mese senza cibo, una settimana senz'acqua... ma hai idea di quanto possa vivere senza un cuore?” domandò stritolando il congegno tra le dita. Quindi, mollò la presa e lo lasciò cadere dall'altra parte della barricata per tornare poi a giocare -a modo suo- con Rogers.






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Dunque, Val, Fury e Dum Dum li avevamo lasciati nel capitolo 24 alla partenza dei nostri eroi per Triskelion (un pezzo che in origine era intorno al 26 ma spostato in avanti per evitare di avere capitoli di 3 pagine e altri da 12...).
Ora, quanto avviene sull'Helicarrier è contemporaneo sia al viaggio che alla lotta che stanno affrontando i Vendicatori: per questo era difficile spezzettare la scena per infilarci i militari. Anche perché, quanto raccontato torna più utile ora che non allora. Presto si tornerà a tirare le fila del discorso Chitauri quindi ho ritenuto opportuno piazzarlo più o meno qui, in modo da far finire le due vicende in contemporanea e lasciarvi godere della festa esattamente come gli invitati. Ora che gli animi si sono scaldati possiamo tornare a parlare dei vari intrighi.
Gli intrighi, appunto. :) ecco... il villain questa volta è Rogue. Penserete che sono impazzita ma l'idea mi si era piantata nel cervello ancora all'inzio della prima fic (colpa dei cartoni che riguardavo all'epoca in cui Rogue viene usata niente meno che dal caro Apocalisse proprio in questo modo). L'idea subito successiva e conseguente, riguarda la sua vita privata -iellata- e i prossimi combattimenti/nemici con cui il gruppo si troverà ad avere a che fare. Già, non crediate che la cosa finisca qui, con questa scazzottata impari: gli strascichi di questa serata perdureranno a lungo.
Quanto a Fury... eh, se non s'era capito, i piani alti sono infiltrati e fanno tutti i porci comodi loro e Loki li ha usati come sue marionette. Perché? di questo parleremo mooolto più avanti.


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Capitolo 34
*** Lo spacca-meteore ***


34. Lo spacca-meteore






Quando anche Tony atterrò in una nube di fumo nero e una pioggia di scintille, Ororo diede il via al suo piano, guidando e coordinando i presenti ancora in grado di affrontare la mutante, mentre Kurt, con solo lievi ferite, si affrettava a raggiungere Wasp per aiutarla a portare in salvo quel che restava di Tony e della sua armatura.
Namor si gettò nella mischia accanto a Rogers, anch'egli ormai in evidente difficoltà. Urlando il suo tonante Imperius Rex, coprì la fuga delle sue guardie e dei suoi familiari, a cui aveva ordinato di trovare rifugio in mare. In uno scontro diretto di quel tipo non avrebbero avuto alcuna possibilità di sopravvivere e non sarebbero stati di alcuna utilità: non appena il casco si fosse scheggiato e avesse perso la tenuta, sarebbero morti asfissiati. Pur provato dal calore, riuscì a fronteggiare Rogue abbastanza a lungo da consentire a Rogers di ritirarsi per prendere fiato. Ma la mutante era un concentrato di poteri altrui di cui faticava a riconoscere la provenienza: la pelle diamantina di Emma e metallica di Piotr, i raggi ottici di Ciclope e i raggi X di Refrax, le sfere di plasma di Shiro e di Carol, la capacità di Remy di caricare di energia cinetica gli oggetti inorganici e la capacità di teleportarsi di Nightcrawler, la resistenza e l'invulnerabilità di Logan così come la manipolazione dei metalli di Magneto e l'intangibilità di Kitty Pride. Tutti poteri che andavano a sommarsi al suo dono innato di assorbire memorie e poteri altrui e a quello secondario, acquisito, del volo e della forza sovrumana che la rendevano, di per sé, capace di tenergli testa se non anche di sopraffarlo: in quel momento era la mutante più potente sulla faccia della Terra ed era fuori controllo. Per quanto tutti loro potessero essere forti, quella combinazione di poteri era unica e, apparentemente, inviolabile.
In suo sostegno arrivarono subito anche Henry Pym e Ben Grimm. Insieme si adoperarono a colpirla, in un modo o nell'altro, sperando di fiaccarla, distrarla o trovare una falla nella sua corazza o disattivare il bracciale che probabilmente ne alimentava l'ira. In condizioni normali, nessuno di loro si sarebbe spinto a tanto, ma era un caso disperato: Rogue sembrava divertita da quel diversivo o, forse, assorbita dalla sfida che quei tre assieme potevano rappresentare.
“Mi sono stancato!” sbottò Pym quando la mutante svanì nel nulla al suo ennesimo assalto: in principio aveva provato a infilarsi nei circuiti del bracciale ma l'aveva trovato stranamente inattivo: qualcosa la spingeva a proseguire su quella strada nonostante tutto. Il bracciale doveva essere stato solo l'innesco e, una volta attivata la particolare miscela di poteri, la confusione nella mente della donna aveva fatto il resto, autoalimentando quella follia.
Pym si ingigantì, quindi, al punto da sfiorare l'architrave. La brezza notturna, che filtrava dal soffitto crollato durante il combattimento che si era svolto fino a quel momento, gli scompigliava i capelli. Se non fosse riuscito a pestarla come una formica, da quell'altezza, almeno avrebbe avuto una panoramica più ampia e ne avrebbe desunto uno schema. O, almeno, avrebbe avvertito gli amici delle sue mosse.
Insieme alla brezza, però, avvertiva anche una strana sensazione, per niente piacevole: i peli gli si drizzarono e una paura immotivata lo scosse nelle viscere.
Non fece in tempo a domandarsi di cosa si trattasse che sentì il loro capo improvvisato inveire contro uno di loro.
“T'Challa ti aveva detto di non farlo!” urlò Tempesta dal soffitto su cui era volata, passando inosservata. La Pantera era stata altrettanto silenziosa e invisibile. E aveva trasgredito agli ordini della sua amata che ora era furibonda: aveva gli occhi azzurrini velati di quella strana patina biancastra che non prometteva nulla di buono. “Sei in pericolo!” sbottò mentre gli strali si radunavano sopra di loro. Ma T'Challa fece spallucce e non si mosse di un soffio, continuando a studiare la scena all'interno della sala distrutta.
Ecco cosa stava accadendo: il campo elettrico si stava condensando in un fulmine pronto a colpire l'obiettivo al momento giusto, col suo miliardo di volt a una velocità di 160.000 chilometri orari, l'aria si stava scaldando rapidamente fino a raggiungere una temperatura sei volte superiore a quella della superficie solare. Da lì a pochissimo, l'aria avrebbe rimbombato e chiunque si fosse trovato nel percorso della saetta sarebbe morto bruciato all'istante. O ne sarebbe rimasto shockato, come minimo: c'era gente sopravvissuta ai fulmini, ma Henry era un uomo di scienza e non ci teneva a sfidare inutilmente la sorte affidandosi a credenze popolari su fulmini che non colpiscono mai due volte lo stesso punto e leggende metropolitane di fortunati superstiti.
Capito l'errore, quindi, Ant-man si affrettò a rimpicciolirsi e trovare rifugio da qualche parte per evitare la scarica elettrica che era in arrivo. Ben non ne sarebbe stato scalfito e Namor sapeva di doversi ritirare al momento opportuno.
Il colpo arrivò, roboante come solo un fulmine può essere, subito dopo l'ultimo attacco congiunto portato da Namor e da Ben. Il lampo accecò tutti i presenti con la sua violenza intrinseca. Il terremoto dovuto all'onda d'urto successiva fece barcollare chiunque fosse ancora in piedi. Il fulmine scaricò tutta la sua potenza distruttiva sulla mutante impazzita e imperversò nella sala per diversi, lunghi, istanti. Un lasso di tempo durante il quale i presenti trattennero il fiato, soggiogati dalla potenza della natura.
Quando quella furia scemò, Ororo fece in modo che una brezza leggera dipanasse la coltre di fumo che si alzava dal punto d'impatto.
Ma, nonostante la potenza del suo attacco, Rogue era ancora lì, senza nemmeno un graffio o una bruciatura. E aveva uno sguardo vuoto e vacuo ma anche rancoroso che appuntò immediatamente sull'amica. Ororo la vide stirare un ghigno crudele e nei suoi pugni vide scintillare la luce di un potere che non le apparteneva. Fece appena in tempo a registrare un movimento tra le macerie con la coda dell'occhio che un proiettile argentato si fiondò sulla ragazza, ringhiando e distogliendola dai suoi intenti.
Angelo, le ali metalliche spianate in formazione d'attacco, si era scagliato sulla donna con tutta la forza di cui disponeva e Ororo faticava a ricordare un momento in cui l'avesse visto così agguerrito. Nemmeno quel giorno all'istituto...
No, un momento. Quel ringhio basso e sordo, quegli occhi iniettati di sangue, il volto sfigurato dalla rabbia... Quello era di nuovo l'Angelo Nero, come era stato ribattezzato alla scuola dopo il suo exploit contro Elisabeth Braddock.
Nel caso fosse riuscito a distrarre Rogue quel tanto che bastava per far intervenire nuovamente Kurt (sul cui intervento e potere d'azione, ormai, la regina dei venti aveva delle riserve) si sarebbero dovuti ingegnare per fermare anche Warren. Il giovane Worthington aveva ceduto alla sua personalità oscura probabilmente in seguito allo spavento portato dalla scarica elettrica da lei generata. Col biondino, però, non si poteva giocare nuovamente la stessa carta. Stava ancora riflettendo su come uscire da quel pasticcio quando l'ombra alle sue spalle, nera e silenziosa come la notte sopra di loro altrimenti serena, le si affiancò facendole prendere un mezzo infarto “Se Warren non dovesse fermarsi...” le disse T'Challa appollaiandosi al suo fianco “Ci penserò io...” disse sguainando le spade tribali che, come re del Wakanda, doveva sempre avere con sé.
“Vuoi... uccidere Warren?” alitò Tempesta, inorridita
“Tentare.” precisò “E' l'unica soluzione che sia stata proposta per farlo rinsavire: il ragazzo guarisce in fretta...” replicò lui indicandole un microschermo incassato in uno dei guanti. “Tecnologia Wakandiana...” precisò notando lo spaesamento di lei “Mi sono semplicemente connesso ai nostri satelliti come tu faresti con uno smartphone...”
“Dove le hai trovate queste informazioni?” domandò stupita e guardinga.
“Un sistema di raccolta dati parallelo a Cerebro, simile a Echelon...” rispose lui, candidamente, senza rendersi conto di cosa ciò volesse dire per la sua interlocutrice: i segreti di tutti i mutanti (in particolar modo quelli protetti da Xavier) potevano, con quella tecnologia, essere resi di pubblico dominio. Nelle mani sbagliate i mutanti sarebbero finiti in chissà quali guai. Anche se non era colpa diretta dell'uomo al suo fianco (non sapeva nemmeno se quel sistema era Wakandiano o dello S.H.I.E.L.D.), Ororo non poteva fare a meno di pensare che il suo amato potesse aiutare, con quelle conoscenze, le persone sbagliate. Gli rimproverava, in parte, il fatto che avesse ceduto a un mezzuccio simile. Ora che il ghiaccio era rotto e che le cose, tra loro, sembravano essere tornate sui binari da cui avevano deragliato anni addietro, avrebbero dovuto affrontare nuovamente l'argomento, non appena l'allarme momentaneo fosse passato.
Sotto di loro, intanto, Rogue parava con facilità ogni colpo che un inferocito Warren le scagliava contro e sembrava divertita dall'autonomia che le sue ali metalliche avevano nel tentare di infilzarla. Kurt, che attendeva paziente il momento di intromettersi in quella lotta che avrebbe visto una sola vincitrice, se fossero andati ancora avanti a lungo su quella strada, si accorse di un movimento alle sue spalle. Tra le macerie, Woo e il suo seguito si muovevano con circospezione.
“Dov'eravate finiti?” sibilò irritato, non potendo certo biasimarli per aver tagliato la corda -avendone l'occasione, l'opportunità e i mezzi- da una situazione tanto spinosa che non li riguardava neanche di striscio.
Temugin gli riservò un'occhiata glaciale, mentre il Gorilla (ora vestito di un completo cachi, adattato alla sua stazza, e armato fino ai denti) gli rispondeva con la tranquillità con cui avrebbe risposto a una domanda sul tempo atmosferico “Siamo andati ad accertarci che Venere e Namora stessero bene...”
“Jimmy...” disse la donna al loro seguito dai lunghi capelli neri come la seta “Credo sia il caso di farla finire qui...”
“Credo anch'io” convenne l'ex-agente C.I.A. con un cenno di assenso del capo. Quindi, parlando come se si rivolgesse a qualcuno dei presenti, continuò “Bob, mi senti?” Dovette ricevere risposta da un auricolare o da un qualche congegno speciale da agente in incognito. Commentò con un paio di mugugni quindi disse “Sì... direi che è ora di usare lo spacca-meteore!”
“Cosa?” sbottò il gorilla “Di nuovo? Ma sei impazzito?”
“Ha fermato Hulk...” si giustificò il capo del gruppo Atlas
“Non l'ha fermato, Jimmy!” imprecò Ken cominciando ad allontanarsi da quel luogo “Lo ha solo irritato. Ricordi? Non spacca Hulk. Hulk Spacca! Non credo che Bob reggerebbe un altro colpo simile al disco...”
“Ha detto che vuole provare...” replicò Jimmy facendo spallucce
“Allora è il caso di sgomberare!” replicò Temugin
“Basterà l'intervento di M-11” rispose Woo, per niente preoccupato.
“E di M-21, tanto per essere sicuri, vero, Jimmy caro?” domandò sarcastica e retorica la donna in verde che considerava nettamente superiore il suo robot, classe M, di ultimissima generazione, nonostante M-11 avesse dato prova di non essere il residuato bellico che la sua categoria era in realtà e di poter competere agilmente con i ritrovati più recenti.
“Certo, Suwan. In due lavoreranno meglio!” convenne ancora l'ex-agente per evitare inutili polemiche. I due robot si materializzarono, probabilmente per mezzo del teletrasporto, da dietro le colonne e andarono a disporsi davanti ai vendicatori feriti.
“Io lascerei tutto il lavoro a M-21” replicò ancora la scimmia indicando il robot più lucido e dalle forme avveniristiche che sembrava levitare sospeso a mezz'aria “Se succede qualcosa a M-11 poi dovremo preoccuparci di fermare anche Namora... Tutto questo attaccamento alla tecnologia è snervante...Bob col disco, Namora con M11 che abbiamo riassemblato centinaia di volte...”
“Andrà tutto bene, vedrai...” lo rincuorò Woo che poi si volse verso Kurt “Devi venire via anche tu!” disse lasciando il giovane sorpreso e confuso. Da che parte stavano questi terroristi, questo esperimento mal riuscito di Vendicatori? D'improvviso si ricordò di Ororo e di T'Challa e alzò lo sguardo alla cupola sventrata “Va' a dire loro di mettersi al riparo...” lo invitò Woo senza voltarsi. Sorpreso da quell'autorizzazione, Kurt si smaterializzò sul tetto proprio mentre un silenzio assordante riempiva l'aria. Stava per succedere qualcosa. E un nome come 'spacca-meteore' non lasciava presupporre nulla di buono.
L'aria, carica dell'elettricità statica scaricata pochi minuti prima, si era fatta immobile. Il tempo sembrava essersi fermato e una profonda angoscia aveva attanagliato tutti, inspiegabilmente. Nessun suono sembrava avere la forza di propagarsi in quello strano silenzio irreale, né lo sciabordio delle onde del mare né il respiro affannato dei due combattenti volanti che, incuranti di tutto, continuavano ad affrontarsi.
“Attivate gli scudi!” ordinò Woo, un passo dietro i robot e dieci avanti alla gente che voleva proteggere.
“Prega che Bob abbia una buona mira... se lui ha sbagliato, centrando M11, e noi sopravviviamo, sarà Namora a farci secchi!” borbottò il Gorilla facendosi il segno della croce.
Woo lanciò un'occhiata al di là della sala, oltre i due mutanti, e fissò Peter e Christine che, dimenticati da tutti, faticavano ad allontanarsi dal luogo del disastro nonostante fossero vicini a una via d'uscita “Andate!” ordinò loro. La sua voce arrivò chiara e nitida, l'ordine perentorio e inamovibile. Peter afferrò Christine per un braccio e, a malincuore, la trascinò con sé, non prima di aver lanciato ai compagni un cenno di saluto. Era cosciente del fatto che nessuno l'avrebbe mai accusato di vigliaccheria ma era una persona divorata dal senso di colpa sin dal suo esordio come supereroe e quella scelta gli risultava insostenibile. Ma capiva anche che era l'unico che poteva scappare senza scatenare ulteriormente le ire della mutante, era l'unico collegamento rimasto con i Vendicatori rimasti a casa ed era l'unico la cui identità fosse totalmente segreta e tale avrebbe dovuta rimanere per il bene di tutti. Inoltre, aveva la responsabilità di una civile
“Quando vuoi...” disse il capo dell'Atlas, quando i due furono spariti, rivolgendosi all'auricolare nascosto.
Non ebbe nemmeno il tempo di finire che uno shock sonico stordì chiunque nel raggio di un chilometro. Il silenzio successivo sembrò essere più penetrante di quello che l'aveva preceduto. Quindi, sfrigolando isterico, un fascio di luce del raggio di un paio di metri si abbatté, senza preavviso, sulla zona del combattimento.
Se la violenza dell'impatto, la luce e la paura avvertiti durante la scarica di Tempesta aveva scosso qualcosa nell'animo di ciascuno, questo potente raggio mortale annichilì ogni pensiero e sensazione, lasciando l'animo esposto alla potenza dirompente di una forza ultraterrena e divina.
La stanza sembrò esplodere sotto il peso dell'impatto prima che il boato arrivasse a colpire con il suo fragore.
Lo spaccameteore era una forza davvero impressionante e imperversò sulla zona interessata per diversi minuti col suo pulsare luminoso.
Quando la luce si spense, come un fuoco che esaurisce il combustibile, Rogue era ancora là, in piedi al centro del cratere che l'impatto aveva creato, Warren giaceva svenuto ai suoi piedi. Secondo logica, avrebbe dovuto sprofondare fino a piano terra ma, era evidente, una qualche forza l'aveva protetta, deviando l'energia del colpo e rendendolo più facilmente sopportabile.
I presenti fecero appena in tempo a vedere l'espressione contrariata della mutante fuori controllo prima che questa si scagliasse contro la fonte di quella spaventosa energia. Un gong prolungato risuonò a lungo nel cielo mentre una miriade di luci si accendevano lungo una circonferenza, di dimensioni bibliche, che descriveva il perimetro di quello che Ken aveva definito, giustamente, disco e che ora si rivelava essere un'astronave in tutta la sua maestosa grandezza.
“L'avevo detto che Bob si sarebbe incazzato...” commentò il gorilla Ken mentre Woo impartiva rapidamente i suoi ordini “Venere... fermala! Namora, tu pensa al resto!”
“Basterà?” domandò Suwan alle loro spalle
“Ha fermato Hulk...” precisò Woo senza distogliere lo sguardo dal soffitto mentre una voce delicata e ipnotica si diffondeva nell'ambiente donando un senso di pace e tranquillità.
Rogue sembrò calmarsi all'improvviso e Namora ne approfittò: si avventò con ferocia sulla mutante, mandandola a sbattere la testa contro il pavimento già crepato “Dove, Bob?” urlò anche lei, tenendola stretta sotto di sé mentre lei si informava su come procedere. Come Woo dovette ricevere indicazioni tramite ricetrasmittente, perché, senza esitazione, afferrò il bracciale della donna e glielo strappò dal polso con violenza. All'istante, Rogue si accasciò al suolo priva di coscienza. La principessa dei mari si rimise in piedi e si spolverò le ginocchia con noncuranza. Nel silenzio che era improvvisamente calato, si avvertirono, improvvisamente e sorprendentemente vicine, le grida isteriche delle sirene delle forze dell'ordine che accorrevano sul luogo della sciagura.
“Ma...avevo controllato il bracciale e non...” stava protestando Pym.
“Il bracciale la teneva circuitata nonostante fosse inerte” spiegò asciutta la cugina di Namor, caricandosi Rogue in spalla.
“Dobbiamo andare!” borbottò Ken avviandosi verso Namora e Rogue che già cominciavano a levitare a mezz'aria, illuminate da un dolce fascio di luce proveniente dallo stesso boccaporto che, pochi minuti prima, aveva scatenato la furia distruttrice.
“Ehi!” protestò Ororo pronta a dare ancora battaglia “Dove la state portando? Lasciatela andare!” Ma T'Challa la tratteneva per le spalle, impedendole di scagliarsi contro quello strano gruppo che li aveva appena salvati.
“L'alternativa è che ti cancelliamo la memoria, donna!” sibilò Temugin minaccioso, avanzando verso di lei. T'Challa si parò tra lui e la mutante, per difenderla. Il monaco stirò un sorriso canzonatorio “Possiamo farlo anche con te, Re T'Challa. E le tue infinite tecniche di combattimento non potranno nulla contro colui che padroneggia il chi” replicò vedendo il sovrano agguerrito.
“Jimmy!” protestò l'agente Khanata, sperando che il capo riportasse la disciplina tra le sue file e che le sue non fossero state promesse vuote. “Avevi detto che non sarebbe successo nulla!”
“E' vero...” confermò quello rimettendo il figlio del Mandarino al suo posto con una semplice occhiata ammonitrice “Il nostro intento era proprio parlare con voi. Sarebbe sciocco cancellarvi la memoria e dover ricominciare da zero. Tanto più, farlo sul sovrano del Wakanda, a cui siamo legati a doppio filo da antiche alleanze... Vi invito a salire a bordo del disco, c'è spazio per tutti. E le vostre ferite saranno rimarginate in un tempo nettamente inferiore rispetto all'arrivo di un qualunque paramedico...”
T'Challa guardò Ororo, pregandola con lo sguardo di fidarsi di lui. Quindi, insieme, guardarono Steve Rogers. Ora era lui l'unico che poteva prendere decisioni per la squadra.
Cap annuì “Voglio la verità...” specificò rivolgendosi a Woo.
“L'avrai, capitano...” commentò l'altro sorridendo enigmatico “... Sai meglio di me che non hai nulla da temere da noi. Vista la potenza sprigionata e l'alleanza che intercorre tra noi e Namor e T'Challa: se fossimo stati male intenzionati vi avremmo sistemati senza batter ciglio”
“Proprio così!” confermò Rogers
“Perfetto...” disse e con un cenno del capo diede il via libera a Bob perché li portasse via da lì.






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E finalmente siamo riusciti a mettere Rogue tranquilla. Chissà come la prenderà al suo risveglio. Dunque...visto come l'abbiamo neutralizzata? Come si neutralizza un Hulk se non si hanno batterie di sonnifero per elefanti? E senza tirarla troppo per le lunghe? Leggo Agenti dell'Atlas (il For Fans Only – Dark Reign)e trovo la soluzione. Rapida e indolore. XD (in realtà l'unico motivo per cui li ho introdotti...a parte che si fingono geni del male).
E, a proposito, cosa avranno mai da dire gli Agenti dell'Atlas ai nostri Vendicatori? Nulla che noi non sospettiamo già ma che loro ancora ignorano.
E avete notato che il grande assente non è intervenuto ma anzi è stato costretto a tagliare la corda. Cosa che, povero Peter, non farà che acuire il suo senso di inadeguatezza rispetto al gruppo. D'altronde, è la sua patologia, se non infierissi su quel fronte, sarei OOC...anche se vorrei tanto essere equa nei suoi confronti (poverino...).
Ecco, Peter sarà il protagonista del prossimo capitolo ;)
Presto sveleremo gli intrighi a cui sono soggetti i nostri eroi. E chi saranno mai i cattivoni che potrebbero fare un cattivo uso delle tecnologie di T'Challa...
ma non vi dico nulla (come se non lo sapeste già).
E vi rimando alla prossima settimana.

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Capitolo 35
*** Alone came the spider ***


35. Alone came the spider






Raggio traente. Così si chiamava nei film di fantascienza.
E quello era un vero e proprio fenomeno di abduzione. E lui lo stava documentando.
JJJ questa volta non avrebbe potuto inventarsi balle per screditare i supereroi ma... gli alieni? Gli avrebbe creduto? Dopo gli eventi dei mesi passati era probabile che non rifiutasse l'idea a priori - nonostante continuasse a sproloquiare di una gigantesca montatura Hollywoodiana circa la tentata invasione dei Chitauri- ma gliel'avrebbe accettata solo se avesse voluto gettare ulteriormente nel panico la popolazione che, invece, sul tema era molto suscettibile nonché dibattuta e divisa.
“Jameson mi defenestrerà se gli porto foto di UFO” commentò sconsolato Peter Parker pensando alla sorte dei suoi amici. In testa gli frullavano mille e un modo per liberarsi della bionda, rientrare al Triskelion e correre nell'alone di luce morbida e seguirli... o per svignarsela alla torre dove stava il resto della squadra.
“Se devi andare... vai!” disse Christine come se gli avesse letto nella mente.
“Cosa?” stava domandando Peter, confuso, ma il vocione di Happy Hogan precedette l'arrivo dell'autista di Stark che, trafelato, gli corse in contro sperando avesse notizie sul suo padrone. Peter dovette tranquillizzarlo, raccontandogli brevemente quanto era accaduto nell'osservatorio. “Credo volessero solo parlare con calma. Dopo quello che è successo negli ultimi tempi, tra alieni, attentati, furti di tecnologia e l'attacco di Visione, credo abbiano pensato fosse il caso di portare tutti i Vendicatori in un posto che loro reputavano più sicuro e discreto... della Torre... E, nonostante questo sedicente gruppo Atlas non sembrasse malintenzionato -e, anzi, hanno contribuito a fermare la mutante impazzita- mi sento tremendamente in colpa per essere qui. Perdonami, Happy, se non sono riuscito a fare nulla...”
Rincuorato dall'analisi del giovane fotoreporter, l'autista raddrizzò le spalle “Allora credo che la mia presenza qui sia inutile... Serve un passaggio a casa?” domandò con ritrovato buonumore.
“Sì, grazie...” si intromise Christine, sfacciata.
“Ci conosciamo?” domandò Happy squadrandola da capo a piedi. Impolverata e arruffata era comunque una bellissima donna.
“Sono stata alla villa a Malibù, una volta. E ci dovremmo essere incontrati a Montecarlo in occasione del caso Whiplash...” rispose freddamente nonostante il sorriso di circostanza.
“Sì, Happy, portaci a casa. E' stata una lunga giornata... e, credo, sarà anche una lunga nottata...” si intromise Peter, guardando Christine in tralice “E speriamo bene per domani! Ma...non è che hai bisogno di una mano a riportare una delle auto?” domandò poi, osservando il nutrito parco macchine del magnate che sostava nel parcheggio, abbandonato.
“Effettivamente...” abbozzò quello “Se mi aiutassi con quella...” disse lanciandogli le chiavi di un'auto. “L'altra la farò recuperare dal carro attrezzi... Sai guidare col cambio manuale?”
“Zio Ben mi ha fatto guidare il trattore, da piccolo. Non può essere molto diverso...” rispose sorpreso.
“Quando il motore comincia a gemere, cambia la marcia. Quando, al contrario, lo senti tossire morente, scala.” Lo istruì con un sorriso gentile il gigante stretto nel completo d'ordinanza.
“Sì, ricordo... ma...” fischiò il ragazzo al pensiero del bolide su cui avrebbe appoggiato il sedere “Sicuro che a Tony vada bene?” domandò perplesso
“Deve andare bene a me. Non credo esista qualcuno sulla faccia della Terra capace di ridurre i miei gioiellini in condizioni più penose di quelle in cui me li riconsegna Tony...” replicò quello allontanandosi verso le luci che giungevano dalla strada.

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“Allora... vuoi rilasciarmi un'intervista?” domandò Christine seduta sul lato passeggero mentre Peter portava l'Aventador purpurea sulla strada principale, lontana dalle luci stroboscopiche delle auto delle autorità locali.
“Come scusa?” domandò lui di rimando, sudando freddo. Già prima la bionda aveva alluso qualcosa di strano... si era tradito in qualche modo con il suo atteggiamento?La giacca era a posto? La camicia integra? La tuta non era visibile in alcun modo, vero? Non era stato smascherato?
“Beh, ho accanto a me un testimone di quanto è successo... vuoi parlarmene?” replicò lei con un sorriso accattivante.
“C'eri anche tu!” rispose Peter divertito, seccato e sollevato al tempo stesso: i suoi sensi di ragno gli stavano suggerendo qualcosa, ma non riusciva a capire quale fosse la minaccia, generica e non troppo pressante, che gravava su di lui, anche se in un primo momento aveva temuto il peggio. “Scrivi cosa hai provato tu!”
“Non ci stiamo capendo...” replicò la donna spostandosi sul sedile in modo che lui potesse guardarla negli occhi senza distogliere l'attenzione dalla strada. “Se non vuoi raccontarmi nulla... forse ho posto male la domanda...” disse condiscendente, inclinando la testa di lato “... sei anche tu uno di loro?” domandò diretta.
“Cosa?” sbiancò l'altro e per poco non perse il controllo del bolide a trazione integrale. Aveva visto giusto al primo colpo! “...cosa ti ha fatto venire in mente un'idea così bislacca?”
“A parte questa tua reazione esagerata?” domandò sorniona “Beh.. il fatto che siamo riusciti a uscire incolumi da quella frana di detriti, ad esempio. E non solo. Una cosa simile era già successa al nostro primo incontro, quando Virginia Potts è rimasta coinvolta nell'esplosione del primo ordigno. In secondo luogo.. beh, la familiarità con cui hai trattato l'autista personale di Stark, neanche vivessi a casa sua...”
“Sono il suo fotografo ufficialedi Iron Man, ora, come dell'Uomo Ragno...” si giustificò lui non capendo che si stava scavando la fossa da solo ma non potendo fare diversamente.
“Sì, certo...” scandì asciutta lei, facendo schioccare la lingua “E la tuta di spandex che porti sotto la camicia è una semplice maglia della salute colorata...”
“Co...?” alitò lui, incastrato dal primo e semplice bottone saltato nella confusione: bastò un'occhiata allo specchietto retrovisore per capire.
“Allora?” lo aggredì ancora lei “So mantenere un segreto!”
“Certo, come no... e io sono Cleopatra!” replicò il fotoreporter cercando di trovare una scappatoia a quel casino.
Christine assottigliò gli occhi “Anche se non me lo dici, ti stanerò...”
“Ti accuserò di stalking!”
“Potrei proteggervi coi miei articoli, laddove Jameson vi attaccherà.”
“Perché usi il plurale?” domandò lui cauto.
La bionda gli riservò un'occhiata glaciale “Non sottovalutarmi e non trattarmi da stupida!” sibilò “Tu sei un po' troppo connesso ai mutanti e in particolar modo all'Uomo Ragno...”
“Che non è un mutante...” precisò subito lui, mollando il volante e additandola con fare quasi intimidatorio.
Gli occhi di lei si ridussero a due fessure nella notte “Lo conosci davvero bene...” replicò “Così come sei in confidenza con Anthony Stark... una confidenza maggiore di quella che avrebbe qualunque altro fotoreporter... e io sento odore di bruciato...”
“Non prova niente!”
“No, certo. E solo per caso sei un grande amico di Jhonny Storm, alias la Torcia dei Fantastici Quattro...” rincarò lei nella speranza di farlo parlare "E ovviamente conosci bene tutto il team, visto che bazzichi spesso il Baxter Builgding..."
Ma Peter non si sbottonò e da quel momento scelse di tacere e non rispondere alle sue provocazioni.
In breve tempo raggiunsero i confini di New York -se tali potevano considerarsi in una città estesa come quella che si era guadagnata il neologismo di megalopoli-
La accompagnò al suo indirizzo e quando lei, offesa, aprì la portiera la fermò con un'offerta di pace “Fatti una doccia e riposa. Se ti servono le mie foto non hai che da chiedere... le metterò in cloud appena arrivo a casa” disse lasciandole il suo biglietto da visita con l'indirizzo a cui avrebbe potuto trovare tutto il materiale scattato, grezzo, non selezionato e non ancora sistemato con i programmi di grafica vettoriale.
Lei accettò il cartoncino senza una parola, lo squadrò con astio, lo infilò nella baguette che stringeva sotto braccio, da cui estrasse un altro rettangolo di carta che appoggiò sul sedile del passeggero. “Se cambi idea...” disse prima di chiudere la portiera che si assestò sulla fiancata con un colpo sordo.

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Quando Peter fece ritorno alla torre di Stark, Happy non era ancora tornato. Sbuffò al pensiero di dover essere lui a comunicare agli altri quanto accaduto.
Logan. Avrebbe parlato con lui e lui si sarebbe arrangiato a contattare chi di dovere.
Essere alla torre, un ambiente pulito, lucido, silenzioso, profumato, gli sembrava così irreale dopo aver passato la serata incastrato sotto calcinacci polverosi, sovrastato dai boati e dalle urla di una battaglia. Si sentiva fuori luogo, come in un sogno dove si sa che accadrà presto qualcosa che trascinerà il tutto nella situazione di caos che ci si è lasciati alle spalle.
La porta dell'avveniristico ascensore si aprì sulla sala da pranzo, come di consueto. Là, sbracati in una discarica di lattine e nel tanfo tipico dei birrifici, stavano i tre eroi, forse più sobri di lui, che ridevano a crepapelle della battuta che Wade doveva aver appena raccontato. Quest'ultimo stava in piedi sul tavolo di mogano, atteggiato in pose contorte e incomprensibili. Peter scosse la testa: non voleva sapere che cosa stesse succedendo.
“Ehilà! Il primo che torna a casa!” salutò Logan.
“L'unico che è andato in bianco!” lo derise Wilson “Pure Happy ha rimediato, stasera...”
Peter lo fulminò con lo sguardo, facendo sbellicare i due ancora di più “Guardalo come si inalbera! Devi aver toccato un nervo scoperto, Wade!” disse gioviale il mutante dando il cinque al mercenario. Peter scosse la testa, sconvolto da quell'insolito cameratismo tra i due. Ma, d'altronde, cosa potevano saperne, loro di cos'era successo?
“Suvvia!” li redarguì Thor “Forse era solo oltremodo noioso... Dai, Uomo Ragno!” continuò andandogli in contro con una lattina di birra “Non ti offendere... si dice per scherzare! Perché non ci narri di come è andata?”
Peter trasse un gran respiro e si focalizzò su Wolverine, il quale si fece subito serio e cacciò un pugno in bocca a Wade -che continuava a sparare idiozie a vanvera- per farlo tacere “Che è successo?” domandò fiutando qualcosa.
Il ragazzo guadagnò il tavolo, strappò la linguetta di una lattina e, dopo essersi versato in gola un generoso sorso di freddo liquido ambrato e aver fatto quasi sbattere il contenitore sul piano, per il nervosismo, si decise a raccontare. “Siamo stati attaccati...” disse solo che gli altri erano già scattati in piedi, nervosi per il desiderio di saperne di più e poter far qualcosa di concreto, a parte Wade che lamentava di essersi perso l'ennesimo momento davvero ludico dei Vendicatori.
Peter raccontò con calma e pazienza ogni cosa, a partire dall'arrivo dei ragazzi, come li avesse visti aggregarsi a quelli del Baxter Building; dell'arrivo di Namor, T'Challa e un terzo gruppetto di cui non aveva la più pallida idea di chi potessero essere. La tensione aumentò ulteriormente quando si addentrò nella descrizione di una Rogue mutata e aggressiva. Non si dilungò sulla battaglia ma descrisse il senso di smarrimento e di follia che regnava nel teatro dello scontro, di come la gente fosse fuggita in preda al panico. Illustrò, dettagliatamente, come venne fermata e come il capo di quella insolita aggregazione l'avesse invitato a fuggire prima che lo spacca-meteore entrasse in funzione.
“La fonte del raggio distruttivo era la stessa in cui sono stati risucchiati tutti... era un vero rapimento alieno...” concluse, evitando di accennare anche solo lontanamente a Christine e al suo dannatissimo intuito. Era una questione che doveva sbrigare da solo ed evitare di mettere tutti in pericolo. Soprattutto, doveva tutelare il gruppo di mutanti che già non godeva dei massimi favori della pubblica opinione.
“Woo...” ripeté Logan a voce alta “Mi sembra un nome che ho già sentito... Ma con tutto quello che ho passato nell'Estremo Oriente potrei anche confondermi1... Ad ogni modo, farò una telefonata a Fury... dobbiamo ripescarli e ci serve aiuto... Thor è fuori combattimento, un normale essere umano appena palestrato e noi due...” disse alludendo all'inutilità di Wade.
“Ehi, carino!” sbottò quello “Ken Hale io lo conosco...” replicò incrociando le braccia al petto “Abbiamo affrontato i Dracula assieme!”
Dracula è il nome del capostipite, imbecille!” lo rimbeccò Logan “Si chiamano Vampiri! Vuoi ficcartelo in testa??”
“Vampiri? Ho un amico che studiava il fenomeno...” si illuminò Peter, come se la cosa potesse tornare utile.
“Morbius?” domandò Logan come se fosse il nome più scontato che potesse fargli “Ah, lascia stare, quello sarà in giro per l'Europa con Blade alle calcagna... anche perchè i vampiri non c'entrano nulla in questa storia... Spero. Però hai nominato Namor. Anche lui ha avuto il suo daffare con i vamp...” stava ragionando Logan, perdendosi nei meandri offerti da quelle connessioni.
“Ma mi ascolti?” sbottò Wade che era stato dimenticato da tutti “I Dracula non c'entrano proprio nulla! Parlavo della scimmia! Non Hit Monkey... Hale! Ken Hale!”
“Avanti...” sbuffò Logan “Ti ascolto...”
“Se è lo stesso Ken che conosco io, allora il gruppo Atlas fa parte della schiera dei buoni!”
“Ottimo metodo deduttivo, Sherlock...” ironizzò Peter
“Perché tu pensi di far parte dei buoni? Solo perché non ammazzi più gente da qualche mese?” replicò divertito anche Logan
“Cagatemi, santoddio! O leggetevi i For Fans Only, o analizzate bene Secret War! Ti sto dicendo un'altra cosa! Hale e Woo erano agenti S.H.IE..L.D.! Fury ne sa sicuramente qualcosa!”
A quell'informazione, che evidentemente era sfuggita al ragno, i due si guardarono perplessi. Forse era il caso di chiamare davvero Fury e sentire se aveva qualcosa da suggerire loro.

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“Che vuoi che ti dica...?” alitò in un rantolo di dolore al costato il fuciliere “Quello stronzo mi ha soggiogato poco prima di andarsene dalla nostra base ad Albuquerque, dove stavamo lavorando al progetto Pegasus con l'aiuto della N.A.S.A.. Mi ha soggiogato e messo in una sorta di letargia, pronto a obbedire quando fosse stata l'ora, dopo che si era preso il cubo. Quel dannato trovatello ci conosceva già, tutti noi. Tutta la struttura di comando dello S.H.I.E.L.D. Ciò che mi lascia perplesso, ora come ora, è il fatto che abbia lasciato te libero da ogni vincolo. Eri il suo principale oppositore. Senza di te, non ci sarebbero stati i Vendicatori, non ci sarebbe stato... nulla di quello che c'è stato. Avrebbe condotto un'avanzata tranquilla, liscia come l'olio. Nessuno si sarebbe precipitato a fermarlo, nessuno avrebbe ostacolato i suoi piani. Se non quando fosse stato troppo tardi. Si è premurato di colpire alcuni centri nevralgici -la sicurezza della nave, la tua intimità, i tuoi amati agenti, i tuoi superiori, ammesso che non fossero già soggiogati dalle invasioni precedenti di cui parlava Val, Cristo Santo...”
“Non bestemmiare in continuazione!” lo rimbeccò la donna
“Nick... aveva pensato a tutto! Ma non a far fuori te. Come se gli servissi. Come se, il fatto che tu -il nemico dei suoi alleati- restassi lucido, fosse di primaria importanza...”
“Ora, questo non mi interessa. Voglio sapere di quel fottuto aereo, Tim!”
“E' presto detto. Il C.S.M. ha provato a farti obbedire ai loro piani. Tu ti sei rifiutato. Mossa prevedibile. Ma loro avevano un aggancio all'interno. Non avrebbero mai potuto by-passare tutta la catena di comando fino a beccare un pilota a caso e dargli un ordine del genere.
Anzi, due aereri, ricordiamolo: perché anche la tua decisione di abbatterlo, una volta mangiata la foglia, era prevedibile. La tua squadra non si sarebbe mai piegata a un ordine del genere. Anche se fosse venuto dall'alto. Tutti si sarebbero ammutinati. E loro -Loki compreso- questo lo sapevano. Quindi, avevano me: il loro aggancio. E qualunque pilota, forse anche la stessa Daisy...” disse indicando la ragazza al suo fianco “...nessuno avrebbe contestato un ordine folle come quello se a darlo fosse stato il secondo di Nick Fury, il suo migliore amico e capo della sicurezza...”
“Porca di quella...” cominciò Fury a imprecare sommessamente.
“In ogni caso, sono convinto che la cosa fosse programmata. Programmata per fallire.”
“Perché dici così?” domandò Val perplessa
“E' una cosa che mi hanno riferito sia Coulson che Stark...” commentò Fury “Tanto per cominciare, quella notte, ad Albuquerque, Loki mi aveva a portata di mano e disarmato. Ero il suo primo ostacolo e mi ha fatto cadere in una posizione di svantaggio, che non ha sfruttato. Mi ha lasciato vivere e mi ha lasciato libero dai condizionamenti. Poi, Phil mi ha detto che gli sembrava mancasse di convinzione. Secondo Stark, invece, avrebbe agito in modo contraddittorio e controproducente... E io, ovviamente, non m ne sono accorto. Non sono razionale come Stark ed ero troppo arrabbiato, ma avevo notato che sembrava essere l'unico che desiderasse restare a bordo di questa nave... Infine, Thor mi ha riferito le sue perplessità sull'operato del fratello. Secondo lui, qualcuno lo stava usando. O meglio. Loki sarebbe stato sotto ricatto, perché l'ha visto particolarmente sconvolto durante il suo stesso attacco come se fosse sorpreso e sconvolto per quello che stava accadendo. Ancora, un'intuizione che è venuta sempre al genio di Stark parlando direttamente con quel malefico alieno, era che il suo non fosse -testuali parole- un gran piano.”
“Che avesse ragione Thor? É sempre suo fratello, quello che può conoscerlo meglio di tutti...” domandò Timothy Dugan
“Non lo so. Ho letto rapporti in cui si accennava a un certo Thanos di cui sappiamo ben poco e per il quale attendo un resoconto da Abby allo S.W.O.R.D. ... Ma sappiamo bene come Loki sia incline a giocare tiri mancini e scherzi di cattivo gusto a chiunque. Quindi, qualunque novità sarebbe da prendere comunque con le pinze”
“Sappiamo anche che ama pianificare con largo anticipo ogni sua azione, calcolando ogni variabile in modo che ogni libero arbitrio ricada comunque all'interno di un disegno predestinato... d'altronde è sempre un dio...” sciorinò stanca l'agente sistemandosi la ciocca bianca dietro l'orecchio.
“Mi stai dicendo che secondo te tutto questo casino in cui ci troviamo sarebbe programmato? Anche le nostre reazioni?” sbottò Dum Dum indispettito
“Se è un bravo generale, sì” rispose per lei Fury “Un davvero ottimo generale. Ma per arrivare a cosa? Se non conosciamo tutte le variabili in gioco non sapremo nemmeno come reagire...”
“Comandante!” chiamò un uomo comparendo sulla soglia con un ricevitore in mano “E' desiderato al telefono...”
“Non lo vedi che sono impegnato, O'Grady?” lo redarguì secco il guercio. Quello stava per fare dietrofront che Fury lo richiamò “Fermo un attimo...” sbuffò stanco “Scusa... chi è? Non sono in molti a sapere dove rintracciarmi”
Il soldato, interdetto da quel contrordine così repentino esitò un attimo “Quel che resta dei Vendicatori, signore.” Quando vide l'occhio di Fury spalancarsi allarmato, si affrettò a specificare “Così han detto di riferirle...”
Quello trasse un gran respiro, si avviò verso l'agente e gli strappò la cornetta di mano “Chi è che è in vena di scherzi? Non sono dell'umore adatto...”
“Sei nero come sempre, infatti...” replicò la voce divertita dall'altra parte “Dì, ma i giornali e la tele non vi arrivano in quella super baracca fluttuante pronta per essere colpita e affondata?”
“Con gli schermi alzati il piccione viaggiatore ha problemi a rintracciarci... Che vuoi?” replicò ancora mentre il livello di esasperazione cresceva a dismisura.
“Nicholas... abbiamo un problema. Chiamato Atlas.” lo informò Wolverine
A quella notizia, il sangue nelle vene del generale si ghiacciò di colpo. Tanti altri casini erano in arrivo e il treno merci su cui viaggiavano era senza freni e macchinista. Fantastico!







1    Infatti lo ha incontrato in sud America..

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Precisazioni sulla struttura che si vede a inizio film. Le scene degli interni sono state girate davvero in una struttura N.A.S.A., la N.A.S.A. John H. Glenn Research Center at Lewis Field. E per essere ancor più precisione nella Plum Brook Station (PBS), l'unica struttura abbastanza grande da poter ospitare la lunga 'pista' di attivazione del Tesseract e la maestosa cupola in cui si accumula l'energia dello stesso. Struttura che si trova in Ohio (a Nord-Nord-Ovest del paese).
Gli esterni, invece, sono stati girati presso la Atrisco Heritage High School (AHAHS), ad Albuquerque, Nuovo Messico. Belle le scuole americane che sorgono nel nowhere e possono permettersi di ingaggiare archistar -_- noi siamo così densamente edificati che dove cavolo ce la metteremmo una struttura del genere? E si ripropone l'annoso dibattito 'buttar giù tutto-chissene frega della storia' o 'preserviamo -anche male ma facciamolo- il museo naturale che abbiamo'? vabbè..dibattiti che qui non c'entrano nulla.
Per cui, essendo una struttura riconoscibile più dalla sua facciata che dalle sue stanze interne, ho scelto di collocare lì la base N.A.S.A.-S.H.I.E.L.D. Anche perché la regione è famosa per le leggende metropolitane di questo tipo (strutture governative nascoste) e per l'effettiva presenza -a causa della geografia della zona- di numerosi sedi di osservazione astronomica collocate il più possibile verso l'Equatore (per farla semplice).

Circa la dichiarazione di Dum Dum, invece, sul fatto che Loki conoscesse già il suo avversario, vi basta vedere la scena finale di Thor, in cui è proprio Loki che influenza Selvig (o Loki è Selvig...questo non l'ho ancora deciso...) Ma al di là di questo, Loki si era girato tutta la base improvvisata per l'arrivo di Mjolnir, passando inosservato. 
Fatto sta che sapeva che era il suo scoglio e ha avuto più di un'occasione per liberarsi di Fury. Loki sa più di quello che lascia trapelare dalle sue azioni e noi ce ne dimentichiamo. Ma sa. E perchè non sfrutta questa sua conoscenza? A parte perché gli piace giocare? Lo vedremo.

Una parola anche su Eric O'Grady, il soldato a bordo dell'Elivelivolo. Mi serviva un soldato semplice, un idiota, da poter strapazzare. In pochi sono nominati personalmente e uno di questi -che faceva al caso mio- è proprio O'Grady, ovvero il 2° Ant-Man (non sapete che i supereroi prestano i propri costumi e poteri in giro?). O'Grady non diventerà Ant-Man, l'ho solo citato. E chi lo conosce capirà perché Fury ha esagerato nella sua reazione, perché O'Grady è svogliato e combina solo casini.

Che altro? Penso che su Spidey e sul gruppo alla torre ci sia poco da dire. A parte che la storia sul rischio della scoperta dell'identità di Peter strizza l'occhio a Civil War, in cui è il più famoso dei mascherati a svelarsi al pubblico. (Tony è egocentrico e cmq lo aveva fatto molto tempo prima e non come avvenuto nel film. Un altro che hanno avuto rogne madornali è stato Devil... Insomma...quando un supereroe si svela si solleva sempre un polverone).
-Il titolo, invece, è un gioco di parole che allude alla famosa Along Came a spider (nella morsa del ragno): per chi non mastica inglese, recita "Il ragno arrivò da solo"
Ecco...con questo la serata è definitivamente conlcusa. Ora si comincia a pensare alle contro mosse e strategie... perché degli eroi sono stati rapiti. Cmq sono finiti chissà dove.
Alla prossima!

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Capitolo 36
*** Cat's Eye ***


36. Cat's Eye







La gente si voltava a guardarli mentre passavano per strada e la sensazione di essere al centro dell'attenzione era indiscutibilmente fastidiosa. D'altronde, con Wade vestito di corte braghette ascellari e canotta della salute rosa shocking, berretto sventrato - di cui restava solo la visiera fluorescente – che avanzava instabile ma cocciuto su rollerblade abbinati e dotati di lucine stroboscopiche che non sapeva usare, era impossibile passare inosservati.
Il Daily Buggle dedicava la prima pagina, ovviamente travisando le informazioni che lui si era premunito di allegare alle proprie fotografie, alla presunta connivenza trai vituperati mutanti ed eroi di second'ordine quali erano i Vendicatori. Nell'ipotesi azzardata, ma comprovata da alcune delle sue foto, era esposta la verità distorta che tutti questi superumani che popolavano la Terra non fossero altro che la più grande minaccia mai esistita per la sopravvivenza del genere umano: loro distruggevano palazzi, loro attiravano disgrazie aliene o presunte tali, dato che per JJJ anche il recente attacco dei Chiutauri non era altro che una colossale montatura Hollywoodiana in cui supereroi prezzolati cercavano inutilmente di ristabilire il proprio nome. Uno per tutti quel gran trafficone di Tony Stark che sicuramente voleva lucrare sulle nuove ed elitarie fonti energetiche pulite di sua invenzione oltre a speculare sui poveri cittadini che avrebbero arrancato coi rimasugli petrolfossili -sempre più rari e per tanto sempre più cari- prima di convertirsi.
Con cinico distacco e con irriverente sarcasmo, l'editoriale del Buggle si domandava perché non lasciare che chi era nettamente superiore (gli alieni) non comandasse senza inutili spargimenti di sangue visto che il mondo aveva avuto tanti conquistatori nel corso della sua esistenza. Cosa che, invece, quei quattro cialtroni e impostori di superdotati lasciavano sulla loro scia, a riprova della loro pericolosità e della loro malafede.
Il primo compito dello S.H.I.E.L.D., che appariva come nuova quanto indefinita organizzazione sovranazionale, sarebbe dovuto essere proprio quello di sbarazzarsi per sempre di simile gentaglia che attentava alla vita e all'intelligenza di liberi cittadini per tornaconto personale.
Perché, altrimenti, un egocentrico come Anthony Stark (il Buggle quel giorno era particolarmente velenoso nei confronti di Iron Man e Peter non se ne spiegava il motivo) non si accontentava della fama e della popolarità e andava di proposito, stando all'articolo, in cerca di situazioni spinose?
Peter appallottolò il giornale, disgustato come sempre dopo la consueta lettura.
Quelli erano discorsi assurdi e deliranti -seppur con una loro logica malata e distorta- che non era il caso di sottoporre a Norman Osborne: il nuovo direttore dello S.H.I.E.L.D. non aspettava altro e avrebbe colto la palla al balzo per far la pelle all'amichevole ragno di quartiere tanto amato dal Buggle, accapparrandosi, così, ulteriori simpatie del direttore del giornale in un'unica mossa vincente, visto che entrambi non vedevano l'ora di ammazzarlo col DDT.
Nonostante fosse riuscito a consegnare alle autorità anche il boss locale più potente della zona (Kingpin, un mafioso ciccione che riusciva sempre a scamparla per stupidi cavilli legali: Matt ne era esasperato, ma non era riuscito a consegnarlo alla giustizia nemmeno sotto le spoglie di Devil. Questo perché aveva un senso dell'onore più spiccato dello scavezzacollo che era lui, lo sgusciante Uomo Ragno), Norman aveva giurato che avrebbe avuto la sua testa, prima o poi. Perché il grassone era amico suo.
Un cittadino sano di mente si sarebbe dovuto interrogare sull'onestà di un così alto rappresentante politico (per altro già CEO della Os.Corp. Industries, cosa che avrebbe dovuto far scattare la semplicissima spia sul conflitto di interessi) e capire da quale parte stessero gli eroi così malamente bistrattati... ma la gente, bestia sociale, è istintiva: a differenza delle singole persone, ragiona di pancia e segue i suoi umori e le sue paure, diventando violenta e facilmente manipolabile.
In più, ora che Norman era a capo dello S.H.I.E.L.D., nulla avrebbe potuto impedirgli di raggiungerlo e schiacciarlo. Fortunatamente non conosceva la sua identità o avrebbe potuto ricattarlo minacciando i suoi affetti.
Ma ecco che quel beota di JJJ serviva il piano perfetto su un piatto d'argento: costringere i supereroi all'identificazione pubblica e a una congiunta registrazione elettronica tramite microchip e, nell'arguta pensata di JJJ, questa trovata avrebbe permesso di attivare automaticamente qualunque telecamera (di cui la città era piena come un puntaspilli) in modo da poter sempre verificare il coinvolgimento e le responsabilità dei tanto temuti superumani in qualunque evento controverso.
Ragionamenti folli e deliranti, quelli di Jameson, che, però, trovavano appiglio nel sentire di molte, troppe persone, pecore nella testa e che avrebbero preferito ogni soluzione (passiva, per loro) in nome del quieto vivere. Non c'era dubbio: il Buggle era il miglior alleato del nuovo S.H.I.E.L.D., capace di orientare, da solo, milioni di pensieri.
Infilò la palla di carta nel primo cestino che trovò lungo la strada, irritato. A quel punto era curioso di sapere che razza di articolo avesse proposto Christine: Vanity usciva proprio quel giorno e, se era stata brava -lui non avrebbe mai scommesso contro quella bionda inarrestabile-, lei era sicuramente riuscita a infilare di straforo il suo articolo di prima mano su un argomento tanto scottante e fresco. Ma ci avrebbe pensato al ritorno. Ormai erano quasi arrivati a destinazione.
L'agenzia, situata in una laterale di un quartiere periferico che dava l'impressione di essere malfamato -per quanto i crimini, in quella zona, non fossero percentualmente maggiori che da altre parti- passava quasi inosservata in mezzo agli Internet Point, ai chioschi di street food e alle saracinesche di officine.
“Mi prendi in giro?” sbottò Deadpool quand'ebbe girato l'angolo, tenendosi al muro come un principiante.
“Si può sapere che hai, ora?” domandò Peter infastidito dalle proteste del mercenario che additava il locale con evidente disgusto.
“Agenzia Cat's Eye? Fai sul serio?” domandò buttandosi a sedere sul marciapiede per levarsi i pattini. “Cioè... Autrice!!!” cominciò a urlare mentre armeggiava sui ganci “Io ti voglio tanto bene, lo sai. Hai anche acconsentito al mio capriccio di avere i dialoghi in tono col mio odierno total look rosa shocking. E mi va pure bene che l'originale Marvel sia un casino, che le varie storie e personaggi si intreccino tra loro.. ma non ti pare di esagerare un pelino? Cat's Eye... certo... Perché non bastava lo spettro di Cable che mi gira attorno a rimandare a Nathan Never, il quale a sua volta, con May Frayn -copiata pari pari, anche fisicamente, da Rui Kisugi, bomba sexy e ladra d'opere d'arte- e sorelle -appunto!- No! Dovevi tirarmi fuori proprio la gatta ladra che si rifà, lei stessa, coscientemente, a quello stesso manga/anime... certo, quale fantasia!”
Peter lo lasciò blaterare, mollandolo sul marciapiede per anticiparlo nel locale. Entrò sbuffando. Il campanello alla porta tintinnò allegro e subito una voce di donna disse che sarebbe arrivata immediatamente. Felicia Hardly, così diceva la targhetta dell'unica scrivania presente nella stanza, comparve tutta trafelata sulla soglia della porta che dava su un altro ambiente proprio mentre anche Wade faceva il suo ingresso, scalzo e pattini in mano, nell'agenzia.
“Ah...” commentò lei risentita, distogliendo lo sguardo da quell'obbrobrio butterato e impacchettato come un confetto, per dedicarsi al fotoreporter “Sei solo tu...” disse stirando il suo sorriso più seducente.
“Scusa se sono solo io... Me ne vado anche, se non è gradita la mia presenza...” disse il fotoreporter accennando a fare marcia in dietro.
Ma la donna spiccò un salto vertiginoso da acrobata funambolica, gli scivolò davanti con la grazia di un felino e si parò tra lui e la porta. “Non ho mai detto questo, Petee...” gorgheggiò civettuola striracchiandosi sull'uscio e, nello stesso tempo, flettendosi verso il ragazzo con un fare fin troppo provocante. Con un movimento unico, che parve naturale nell'insieme, chiuse la porta a chiave, fece calare le persiane e mandò il ragazzo a sedere sulla poltrona antistante la scrivania.
“Wooow” commentò Deadpool ammirato mentre la donna si materializzava misteriosamente in braccio a Peter “Voglio impararla anch'io sta cosa, intrappolare qualcuno, chiudere la porta con una culata e volargli in braccio tipo sexy ninja... Autrice! Fammi entrare in Matrix e caricami questa abilità!”
“Dimmi tutto, ragnetto...” sogghignò ancora lei, facendo camminare due dita sul petto del giovane intrappolato nella sua morsa.
“Felicia...” borbottò quello, imbarazzato, cercando di mostrarle la fede che portava al dito prendendogli le mani tra le sue per allontanarsi quella tentazione di dosso “Devo chiederti un favore...”
“Tutto quello che vuoi...” mormorò ancora quella ignorando l'anello d'oro all'anulare, gli occhi da cerbiatta velati dalle lunghe ciglia, piacevolmente indispettita dalla sua reazione.
“Sono qui per commissionarti un lavoro...” replicò Peter catturando la sua attenzione.
Felicia alzò lo sguardo cristallino improvvisamente vigile e attento. Si alzò, guadagnò la propria posizione e si sedette con fare professionale: era irriconoscibile. “Sono tutt'orecchi...”
“Li hai letti i giornali, oggi?” domandò Deadpool senza distogliere lo sguardo dalle sue lunghe gambe accavallate con grazia felina.
“Sì, ho riconosciuto le tue foto.” rispose quella arricciando il naso come se lei e Parker fossero soli nella stanza. “In realtà non sono molto favorevole alle proposte avanzate da JJJ...”
“Felicia!” sbottò Peter, paonazzo di rabbia.
“Tranquillo, Petee... Ho smesso, non temere. Ricomincerei solo per te...” disse facendogli gli occhi dolci “... se me lo chiedessi. Tipo anche ora...”
“Non sono qui per commissionarti alcun furto! Tanto meno di cose che ho dato personalmente a Jameson” replicò lui offeso “Voglio che tu indaghi su qualcuno che è stato oggetto di furto...”
“Si dice rapimento, sequestro...” precisò lei
“Appunto. E chi meglio di una ex-ladra sa trovare i contatti giusti?” domandò l'Uomo Ragno sporgendosi sulla scrivania.
“Non mi dirai che devo indagare sugli eroi che sono scomparsi ieri, vero?”
“Non credi alla storia del rapimento alieno?” domandò lui con sarcasmo.
“Nemmeno a quella che si siano dileguati dopo aver distrutto per dispetto tutto il nuovo complesso governativo appena inaugurato... Hai qualche pista?” fece lei con una smorfia, dando a intendere che i lettori del Buggle non erano tutti scemi cerebrolesi.
“Sei tu la detective...” replicò Peter, buttandosi sullo schienale, già più rilassato “Ma... può aiutare sapere che abbiamo Norman Osborne alle calcagna?”
“Abbiamo? Peter... da quando fai parte dei... di quelli lì?”
“Un mesetto, su per giù...” replicò lui con noncuranza. “Allora, ci aiuterai?”
“Se è per ficcare il naso tra le cose di quell'odioso nanetto itterico, volentieri! Ho anche un'amica che indaga su di lui per altri motivi. Uniremo le forze e ti saprò dire...”
“Ah, ultima cosa. Dubito che possa servirti a molto, ma è coinvolto anche il gruppo Atlas. Da quel che mi dice il mio... sesto senso, sono dalla nostra parte...”
“Darò un'occhiata... intanto penserò al prezzo da farti pagare...” replicò lei ammiccando da dietro le lunghe ciglia
“Siete due pervertiti...” sbottò Wade “So a cosa pensa questa scostumata... bungee-jumping estremo e senza veli appesi per i grattacieli di New York... esibizionisti!”
Peter lo guardò come se fosse il matto che era il realtà e valutando la sua mise impeccabile tutta coordinata. Come una Barbie. “Da che pulpito...”

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Con i più potenti eroi della Terra -così li avevano soprannominati i giornali all'indomani dell'attacco dei Chitauti-fuori gioco, i pochi che si erano salvati per i motivi più disparati potevano essere un facile bersaglio per quello stronzo psicopatico di Norman.
Lui li aveva messi nei casini e lui li avrebbe tirati fuori di lì. Ma prima di tutto, c'era una cosa urgente che aspettava il suo intervento.
Fury agguantò il ricevitore con rabbia, diede un'occhiata di sfuggita al quadro con l'ora locale delle principali basi S.H.I.E.L.D. in giro per il mondo e decise che poteva ben tirarli giù dal letto tutti quanti. E senza troppe storie.
Jessica.
Non sapevano se lei fosse o meno sotto l'influsso di quella dannata stregoneria ma... doppio gioco o no, dannazione, aveva condotto un mutaforma dritto nel primo arsenale a caso, il più avanzato e aggiornato alle ultimissime tecnologie che sarebbe mai riuscita a trovare sul mercato. L'aveva condotto da Stark e nulla vietava che, sotto l'influsso si Loki, potesse averlo condotto anche da Pym e dai suoi esperimenti robotici.
Certo... così si giustificava un attacco come quello che avevano subito da parte di Visione. Quello era un tipo di lavoro che HYDRA, da sola, non avrebbe saputo mettere in piedi. C'era lo zampino dell'HAMMER, certamente, ma anche dell'A.I.M. Senza alcun dubbio.
Tutte le agenzie, in realtà, sembravano essere orchestrate da un direttore invisibile ma sorde le une al lavoro delle altre. Solo chi conduceva sapeva che razza di spartito stavano seguendo.
Finalmente, dall'altra parte, una voce impastata rispose un debole e poco convinto -Pronto?-
“Sono Nick Fury...” si annunciò quello, cercando di mantenere la calma. “Ho bisogno di un... due favori, per la precisione, Jamie...”
-Dimmi tutto...- rispose quello trattenendo uno sbadiglio.
“Barton è con te?”
-No... Che succede? Non risponde al telefono?-
“No, sta tranquillo...era solo un accertamento... E Jessica?”
-Credo sia in camera sua anche lei...- rispose l'altro automaticamente. Dai rumori in sottofondo si capiva che si stava alzando dal letto e stava cominciando a vestirsi, pronto a eseguire qualunque ordine del guercio.
“...Non dividono la stanza?”domandò Fury, sorpreso
-Macché... Quando Clint è Ronin il suo corpo diventa un tempio sacro... e la mente torna quella di un teppista...-
“Ma...” Allibì Nick “Non stanno assieme, quei due?”
-Che vuoi che ti dica? A modo loro stanno assieme... Clint è mezzo matto, dovresti saperlo... non ha avuto un'infanzia regolare... ma d'altronde, chi di noi?-
“Quel ragazzo comincia a preoccuparmi... Quando ne ha la possibilità, si sceglie prede ostiche come Natasha. Altrimenti sceglie l'astinenza coatta...” commentò il comandante “Oh, scusa, dimenticavo...” disse mordendosi la lingua per aver parlato troppo
-Non ti preoccupare, Natasha non è certo una mia proprietà. E sai come sono finite le cose tra noi... me ne sono fatto una ragione...- sbuffò stanco -E poi me la sono proprio cercata... Quanto a Clint..- la voce sembrò essersi fatta di nuovo divertita -E' difficile pensare che sia la stessa persona che, appena arrivata allo S.H.I.E.L.D., faceva strage di cuori e si inimicava ogni componente femminile della squadra: aveva una fame atavica che faceva paura. Altro che Tony Stark super playboy... Ma... Hai chiamato per questo o devo andare a cercarteli?-
“No no, meglio così. Ho chiamato direttamente te per evitare sorprese... Tu sai dell'attacco dei Chitauri, vero?”
-Sissignore...- rispose l'uomo.
Fury sentì il tintinnare di un paio di vetri e lo scorrere sommesso dell'acqua, in una stanza attigua “Non posso chiederlo a lui. Si farebbe scoprire...”
-Cosa devo fare?- domandò quello.
“Dà una sistemata a Jessica. Ricalibrazione cognitiva, metodo classico. Nel frattempo contatto l'agente 13 perché vi supervisioni... Vi sollevo tutti e tre da quell'incarico...”
-Non siamo nella lista nera di Osborne?- protestò l'altro
“Mi servite a New York! O dove cavolo si riuniscono ora i Vendicatori... sono sicuro che troverete tutti ad aspettarvi, quando arriverete.” disse solo Fury, senza rispondergli prima che il pigolare del suo cercapersone lo invitasse a cambiare interlocutore. Non salutò, riattaccò semplicemente prima di avviare una nuova chiamata “Era ora che dessero segni di vita...” mormorò rivolto al piccolo monitor verde e nero “Hanno la testa troppo oltre le nuvole!”.








AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV

Oltre l'infinito e oltre... chi starà chiamando Fury? XD non ve lo dico.
Né vi rivelo chi è il suo misterioso interlocutore. Se siete fan potete arrivarci...sennò dovrete attendere un pochino.
Oggi ho postato più tardi del solito perché ieri sera, correggendo il capitolo, mi è venuto lo schizzo di spiegare tutto quello che Wade spara in un'unica battuta nel mio blog (fresco fresco). E con una connessione 56k capite che è la morte. Tant'è che per ora ho caricato solo il post su Nathan... Se vi interessa questo è l'indirizzo.
:) e prossimamente, ospite d'onore... il nano itterico! XD
un bacio ragazzi

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Capitolo 37
*** Magia ***


37. Magia







“Reynolds!!! Dove cavolo s'è cacciato quel disgraziato?” urlò l'uomo affacciandosi sulla soglia prima di chiuderla sbattendo la porta infastidito. “Ed è tutta colpa tua!” disse l'uomo additando l'uomo seduto pigramente alla poltrona dell'ufficio.
“Quanto la fai lunga!” disse l'altro giochicchiando col bordo del suo lungo cappotto di loden verde.
“Zitto, Victor! Tu ti rifiuti di darmi una mano e devo ricorrere a questi mezzucci...”
“Ma se hai rastrellato i migliori sul mercato...”
“I migliori di cui si vociferi. E sai come la penso riguardo alla magia...”
“Motivo per cui non ti aiutiamo! Non si scherza con la magia...” disse esponendo il volto sfigurato “E non vogliamo in alcun modo partecipare al tuo piccolo quanto folle progetto... Un conto è avere il potere, un altro è sfidare la sorte: noi lasceremmo perdere! Ovviamente, se dovesse andar bene, non puoi estromettere il sovrano della Latveria dai tuoi piani. E poi ci avevi già riempiti di lavoro con il tuo stupido programma di Sentinelle. Lavoriamo con degli incompetenti. Perché non potevi dare direttamente a noi tutto il lavoro? Ci saremmo arrangiati e avremmo fatto prima!”
“Così scoppiava davvero un caso internazionale! E' politica, Victor. E ho una cosa chiamata Club Infernale che mi sta col fiato sul collo. Loro mi han dato il potere e in cambio devo seguire poche e semplici direttive. O vuoi trascinare la tua amata Latveria in una guerra in cui io dovrei essere il capo delle milizie che la invadono?”
“Bah... farsi ricattare da quattro mocciosi, Normie... Noi ci vergogneremmo, fossimo in te. Come ci vergogniamo a riciclare la tecnologia di Stark: ci fa senso. Siamo altrettanto bravi, cosa credete, tu e loro? E poi, abbiamo tanta brava gente nel reparto AIM... Per altro, metà vengono da un periodo passato presso le industrie di Stark...”
“Ecco vedi! Stark. Sempre lì si cade! E' inutile combattere il nemico con armi nuove, progettate in fretta...”
“Potrei darti ragione: son più di quarant'anni che si lavorava ad armi nuove e si è visto il bel fiasco del programma Ultron 0.5 e del suo prodotto migliore: Visione. Visione di cosa? Di fallimento? Ciò non toglie che sia imbarazzante.”
Osborne continuò come se l'altro non l'avesse mai interrotto “... e di cui magari scoprirebbero subito le falle. Invece, rifilandogli il loro stesso prodotto e rivoltandoglielo contro, con piccole modifiche.... dovranno combattere contro loro stessi. E se trovano una falla, la troviamo anche noi. Semplice, pulito, economico e poco faticoso!”
“Sei uno stronzo. E non ti fidi dei nostri Doombot. Bell'amico che sei...”
“Ma tornatene in Latveria se devi star qui a rompermi così tanto le palle. Per nulla, poi. Ti ho detto che è una clausola! Che, se non erro, anche i tuoi ferrivecchi montano una qualche Stark-tech...”
“Solo perché volevamo sbarazzarci della concorrenza e attribuire a lui la colpa dei massacri in Transia... E poter così annettere più facilmente le province rom, bistrattate dagli slavi e dai musulmani.”
“Stava per scoppiare un casino internazionale con Russia, Cina, Stati Uniti1... sei completamente scemo, tu e il tuo plurale maiestatis. E poi il pazzo sarei io. Non ti fai scrupoli per certe cose ma arricci il naso per bazzecole” lo rimbeccò Osborne
“Sei davvero scortese. Noi eravamo venuti solo per goderci lo spettacolino della tua pagliacciata di seduta spiritica, non per prenderne parte né per venire insultati...” replicò l'altro imbronciandosi. “Anche perché... meglio spocchiosi che pazzi nevrotici con disturbi bipolari”
“Ehi! La maschera di ferro ce l'ha con me?” sbottò improvvisamente Osborne per poi cambiare subito tono di voce e bisbigliare, quasi raggomitolato su se stesso “Shhh, buono Goblin... non insultarlo così...”
Von Doom, a quella pagliacciata, levò un sopracciglio: quella pantomima non faceva che confermare quello che aveva appena detto.
“Ti ho solo chiesto un favore!” replicò ancora il direttore dello S.H.I.E.L.D. tornando serio ad affrontare il suo amico.
“E noi te l'abbiamo dato: è la nostra supervisione scientifica. In cambio, però, non ci hai ancora dato quello che volevamo ma vuoi che facciamo ancora dell'altro...” Disse portandosi una maschera di metallo davanti al volto, quasi volesse giocare a nascondino.
“Le tue erano ben due richieste! Quindi avanzo un favore!” replicò Osborne.
“Scordatelo! Noi con quel alieno folle non vogliamo aver nulla a che fare” ribatté riabbassando la maschera e freddandolo con un'occhiata gelida.
“Se torna, sappi che lo manderò a cercarti in Latveria!” lo minacciò ancora il direttore dello S.H.I.E.L.D.
“Potremmo ucciderti prima che tu riesca ad evocarlo...” rispose l'altro, un bell'uomo dal volto sfigurato, tornando a fissare le nuvole fuori dalla finestra.
“Mi ha chiamato, signor...?” si annunciò un ragazzo biondo, ben piantato, con addosso una divisa da secondino, bussando appena sullo stipite della porta.
“Dottore! Sono dottore, Reynold, cacciatelo in testa!”
“Sì sì, certo certo...” replicò quello chinando il capo “Posso fare qualcosa per Lei?”
“Vammi a prendere quegli squinternati che teniamo nelle segrete...” impose. E il giovane uscì alla svelta “Perché tu puoi fregiarti del titolo pur non avendo mai conseguito una cazzo di laurea e io, che ce l'ho, non vengo mai considerato tale?” sbottò esasperato. “Quello stupido drogato! Chi cazzo l'ha assunto?”
“Su su, Norman... calmati. Ora sei capo supremo dello S.H.I.E.L.D. e del mondo, quasi... cosa puoi volere di più?” lo ammansì Von Doom, svicolando sull'accusa di usare impropriamente un titolo che non gli apparteneva e che non meritava.
“Il Ragno! Voglio eliminare il Ragno, dannazione! Lui e quel dannato diavolo. Sono rimasto senza re sulla scacchiera.”
“Calmati o ti verrà un ictus... o un infarto... scegli tu... Che poi paragonare Kingpin a un pezzo da gioco mi sembra di cattivo gusto. Era anche troppo grosso per starci, sulla scacchiera...”
“Dio... tu, poi, non aiuti molto a mantenere la calma, sai? Sei dannatamente irritante...”
Victor stirò un sorriso compiaciuto “Vuoi che rivediamo i nostri accordi?”
“C'è qualcosa da aggiustare?” domandò perplesso il Direttore dello S.H.I.E.LD., spiazzato dalla domanda.
“Magari non ti ricordi cosa ci hai promesso?” replicò quello accavallando gli stivali da equitazione su pantaloni di flanella neri “Le tue priorità sono il Ragno e Devil e sbarazzarti una volta per tutte di Fury. I nostri obiettivi sono solo quegli insulsi dei tre moschettieri che ronzano attorno a Sue e il nostro comune amico Namor. Le richieste del tuo amico alieno, che poi tornano utili anche a noi, sono di sbarazzarci dei supereroi in generale. Essex chiede solo di poter tornare a operare alla luce del sole. Pare che la Zona negativa lo inquieti un po' ma restare in superficie era troppo rischioso e ha fatto buon viso a cattivo gioco. Insomma... i nostri obiettivi coincidono... quindi siamo pari, giusto? E, soprattutto, ci stiamo avvicinando. Possiamo farcela senza evocare nessuna strana divinità maligna da altre dimensioni... anche perché vorrebbe dire dover chiedere al nostro committente di arrangiarsi a sbrigare parte del lavoro. A meno che tu non lo voglia qui per assistere al momento del trionfo.”
Norman Osborne arricciò il naso, infastidito dalla precisione del amico e collega e tralasciò, di proposito, l'ultimo commento “Ma Namor sa benissimo dei nostri accordi per spartirci il potere...”
“Tu sei più ingordo di noi!” constatò vedendo come l'altro non avesse risposto alle sue parole: Norman nascondeva qualche altro piano. “Namor ha chiesto solo che Atlantide non venga toccata e, eventualmente, di annettersi il territorio del Wakanda ai danni di Re T'Challa... in ogni caso, nessuno ha parlato di incolumità per il regnante... che... oh!” fece, falsamente sorpreso “E' un mutante! Certo, un ibrido uomo-pesce prima di tutto... ma in lui il gene X funziona alla grande. Quindi, quando bandiremo i mutanti, o li costringeremo a lavorare per noi -a scelta-, in vista dell'epurazione genetica di buona parte dei supereroi di questo mondo, come ci ha chiesto Loki, Namor sarà, purtroppo, comunque nel nostro mirino...”
“Il problema è: chi cavolo ci mettiamo al suo posto?” domandò Norman esasperato. Più cercava una soluzione e meno ne trovava. “Lui sarebbe davvero l'unico in grado di gestire Atlantide e il Wakanda insieme. Altrimenti dobbiamo prendere un atlantideo e un wakandiano... ma nessuno si piegherà mai. Namora, che sarebbe perfetta, o la sua amica Venere sono avversarie che non vorrei incrociare ancora sul mio cammino e che, oltre a dirci di no, restituirebbero il potere a chi di diritto...”
“Oh, abbiamo tanti di quegli alleati da metterci come fantocci... Potremmo anche crearci una regina ad hoc. Un clone... Namorita? Ti piace come nome?”
“Stavo pensando...” lo interruppe l'altro “Infiliamo anche Essex nel programma anti-mutanti o per qualche cavillo lui riesce a starsene fuori?”
“Mmmm” meditò Von Doom “Buona domanda... non ne abbiamo la più pallida idea. Potremmo tenerlo in quanto traditore della sua razza e come unico in grado di controllare i disertori alla registrazione o quello che è. Non c'è da preoccuparsi: quelli che potrebbero smentirci sono dalla nostra parte o saranno i primi a cadere... ah no, Xavier è già paralizzato... peccato!”
“Il tuo humor è davvero di pessimo gusto...” commentò Norman mentre alla porta Reynolds bussava piano per non disturbare la discussione.
Dottori...” si annunciò il giovanotto biondo con lo sguardo assente “Ho portato i prigionieri...”
“Ospiti, Reynolds! Sono nostri ospiti!” lo redarguì il nuovo capo dello S.H.I.E.L.D. mentre il gruppetto, i cui elementi erano ammanettati polsi e caviglie e vincolati tra loro da una lunga catena che sferragliava lugubre sul pavimento, si faceva avanti a passo strascicato e le tende scendevano a oscurare i vetri “Non puoi usare quella parola, è chiaro, stupido decerebrato? Pensa se fossimo sotto controllo...”
“Ma... Certo, Dottore...” rispose tacendo un'obiezione sul nascere.
“Ora va, su, lasciaci lavorare...” ordinò mentre il gruppo quanto mai variegato prendeva posto sul tappeto. Erano laceri e malconci, smunti, con occhiaie marcate sotto gli occhi e capelli scarmigliati. “Ecco, bravi... avete capito qual'è il vostro posto...” commentò Norman tornando a sedersi sulla poltrona accanto a Victor.
“Possiamo sapere chi diavolo hai recuperato? Non ci sembra ce ne sia uno di sano nemmeno a pagarlo oro. Non che la cosa ci sorprenda, parlando di te...”
“Uomo di poca fede...” lo apostrofò il padrone di casa “Ho recuperato il meglio dai circoli esoterici più occulti e malfamati. Coloro che ne sanno forse anche più di te, sulla negromanzia...”
“Come no...” commentò l'altro già annoiato
“Fammi la cortesia di prestarmi attenzione, giacché mi hai posto la domanda.” tese il braccio davanti a sé e li indicò uno alla volta “Abbiamo: Daimon Hellstorm, antropologo, demonologo, esorcista e docente alla St. Louis. Guarda qua...” disse sporgendosi per allargare il bordo della camicia bordeaux aperta sul petto su cui si intravedeva la scarificazione di un pentacolo rovesciato “Un vero fanatico! La cosa, però, è di famiglia: sua sorella, Satana..” trasse un respiro come se l'inciso, che pronunciò subito dopo, venisse da qualcun altro “Dimmi quanto possono essere malati i genitori a volte... e poi dite di me!” La sua voce aveva cambiato tono per un attimo ma si ricompose subito, con un colpo di tosse “...Sua sorella Satana, dicevo, ha istruito personalmente il qui presente delinquentello Parker Robbins, noto nel circolo del crimine come Hood.” spiegò passando a indicare un uomo avvolto in una coperta logora e con addosso degli orrendi zatteroni anni ottanta, degni del più trash dello shock metal. “Ha un gran carisma ed è una di quelle persone che è meglio avere come amiche. Tra le varie cose ha preso momentaneamente il posto di Kingpin. Poi c'è lo psicologo Jericho Drumm, alias Fratello Voodoo...” disse indicando l'haitiano che aveva una V cerchiata marchiata a fuoco sulla fronte e una striscia di capelli bianchi che tagliavano in due il cranio “Stregone supremo di Haiti... Sai quelle cose con le bamboline di paglia, gli spilloni, le ossa nel sacco e simili? Ecco, quello! Poi... ah sì... due chicche... due mutanti. O meglio. Una mutante e una ancora non mutante... credo... Essex non ci ha ancora messo mano ma confido che sia stata una scelta oculata...” disse passando davanti a due ragazze. Una era poco più che una bambina, bionda come solo nel Nord Europa sanno essere e con lo sguardo ghiacciato e vacuo perso nel vuoto. L'altra era una ragazza di circa vent'anni. Aveva capelli scuri e selvaggi, liberi come l'ardore che le si leggeva negli occhi, dalle cui ciocche facevano capolino dei grandi orecchini circolari d'argento. Calzava appariscenti stivali rossi su pantaloni in pelle nera; una camicia scollata a barca le lasciava le spalle scoperte in una sciatteria seducente. Uno stringivita completava la figura, rendendola il seducente incrocio di una zingara gotica.
“E che cavolo ce ne facciamo? La bionda è poco più di una marmocchia!” protestò Von Doom
“Magik... ti fai chiamare così, vero, tesoro?” disse rivolto a quella che era davvero appena una bambina di circa dieci anni “Vedi... Magik è la sorella di un X-Men, Colosso. E dei marmocchi ho imparato a non diffidare...” replicò con un sorriso tirato. Probabilmente pensava ai quattro ragazzini del Club Infernale che gli avevano dato quel posto di lavoro “Invece, Cappuccetto Rosso, qui, è nientepopodimeno che Wanda Maximoff... la figlia di Magneto... Mai sentito parlare?”
“Direi proprio di sì!” replicò l'altro con un certo interesse
“Bene... si dice sia una iettatrice, che faccia il malocchio. In ogni caso -ed è questo quello che ci interessa- è seguace delle forze oscure... Invece, uscendo dal completamente da ogni schema logico che potresti esserti fatto... ecco qui il famigerato chirurgo di fama mondiale, il Dottor Stephen Strange.”
Victor Von Doom si strozzò con la bevanda che stava sorseggiando con poco interesse e riportò immediatamente lo sguardo sull'uomo dai lineamenti spigolosi, la barba incolta e gli abiti stazzonati. Quelpezzente era il celebre chirurgo?
“Sì, lo so che non sembra lui...” commentò Osborne quasi leggendogli nella mente
“Scusa... gli altri passeranno pure per sparizioni casuali, non c'è alcun collegamento tra loro, né il lavoro né le amicizie né le origini. Per molti, nessuno darà l'allarme: si può pensare che siano impegnati in un esorcismo, scappati di casa... Ma Stephen Strange non...”
“Non ti preoccupare, Victor. Quando faccio un lavoro lo faccio per bene...”
“Si vede com'è finita col Ragno...” frecciò quello riconquistando la calma
“Lascia quello schifosissimo Ragno fuori da questa storia!” strepitò il direttore, nuovamente isterico “Nessuno si preoccuperà di Strange per un semplice motivo...” disse riprendendo il controllo di sé e andando a prendere il polso dell'uomo. Con brutalità gli strappò i guanti di dosso ed espose la mano allo sguardo del collega “Strange ha avuto un incidente. Per quanto l'odierna chirurgia sia avanzata non può far nulla per delle mani maciullate in un incidente d'auto. Può arrangiarsi a mangiare e a vestirsi, certo... ma di certo non può più operare... Dubito che possa anche solo impugnare una pistola2” lo informò “E visto che la scienza non poteva nulla, il caro Stephen se n'è andato in giro per il mondo in cerca di luoghi mistici sperando nel miracolo. Assurdo come un uomo di scienza, disperato, riconsideri tutte le sue certezze e sia pronto ad abbracciare la fede, non è vero?”
“Insomma... questa è la tua squadra di campioni...” commentò Victor alzandosi in piedi “Beh... buona fortuna. Dubitiamo che il tuo caro dio di serie B comparirà con questa pagliacciata... Ma auguri per il tentativo...” disse buttandosi il pesante mantello di loden sulle spalle.
Norman si esibì in una smorfia risentita “Non volevi assistere?”
“Non dopo aver capito quanto sei folle. Preferiamo tornarcene in Latveria a giocare coi robotoni...”
“Buon viaggio, allora...” disse prima di prenderlo per una spalla, impedendogli di andarsene seduta stante “Solo una curiosità: non hai caldo?”
“In Latveria fa un po' più freddo di qua... Non lo indossiamo adesso, ma ci servirà quando scenderemo... E non credere: New York è troppo umida, quel po' di freddo noi lo sentiamo subito, non siamo abituati...”

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Si svegliò di soprassalto. Era madido di sudore. Probabilmente aveva anche urlato.
Aveva fatto un incubo terribile in cui era quasi morto. Beh, non che fosse una gran novità: negli ultimi anni aveva giocato sul filo del rasoio con la sua esistenza. Perché sorprendersi se poi aveva gli incubi?
Però quel sogno era diverso. Diverso da ogni altro affrontato prima d'allora. Perché toccava la sua paura più vera: non morire soffocato in uno spazio alieno, non morire nell'esplosione di una bomba atomica o ammazzato dalle proprie armi, non morire per mano di un qualunque nemico o sfracellato al suolo dal primo dio psicopatico che avesse incrociato la sua strada. Da diversi anni la sua paura più segreta, di cui nemmeno Pepper era a conoscenza, era quella di perdere il proprio cuore elettronico e morire agonizzante tra indicibili sofferenze. Una morte lunga e prolungata, senza gloria e, lo sapeva, inevitabile.
Nel sogno gli veniva strappato il congegno e, al di là del dolore fisico per la rimozione forzata del generatore, era stato il senso di annegamento a turbargli il sonno.
Si passò una mano sugli occhi per snebbiarsi la vista e si rese conto che l'umidità sulla sua mano non era affatto sudore: era immerso in una sorta di vasca amniotica, uno strano artefatto pieno di tubi e cavi e colmo di una sostanza viscosa, azzurrina e bioluminescente. Dove cavolo era?
“Ti sei ripreso...” commentò una voce pacata alle sue spalle, attutita dall'ambiente inspiegabilmente ovattato.
Tony si voltò verso l'origine del suono e individuò la singolare figura di un biondo astronauta – o almeno così sembrava dalla tuta grigia e gonfia che ne rivestiva il corpo.
“Ho riparato il tuo congegno... formidabile come tu – da semplice umano quale sei – sia riuscito a imbrigliare in uno spazio così piccolo la potenza del Tesseract...”
Una parola magica che lo svegliò definitivamente “Tesseract?”
“Il cubo cosmico...” confermò quello.
“Come... come fai a sapere del cubo? Chi sei?” domandò Tony, improvvisamente spaventato. Non l'aveva mai visto. Il suo cervello si mise subito in moto cercando di scandagliare gli effimeri ricordi che galleggiavano nella sua memoria troppo corta.
Quello sorrise mestamente “Sono l'unico superstite dei coloni Eterni su Urano...Thanos, l'attuale alleato di Loki, sterminò la mia gente... come razza eravamo cugini e lui.. anzi...lui era uno di noi e si alleò coi Devianti Skrull. Anzi... più che con loro, con la loro versione geneticamente migliorata dei Chitauri..”
“Eterni?” replicò Tony confuso. Di Devianti Skrull aveva già sentito parlare3 e i Chitauri erano quelli che avevano invaso New York. E gli Eterni... Erano la razza di Thor. E Thor era biondo. Caso strano, anche quello davanti a lui era biondo... allora le voci secondo cui una delle molte razze aliene che facevano frequente visita alla terra i cui rappresentanti erano tutti bellissimi giovani biondi e alti, la cosiddetta razza nordica, non era proprio campata in aria.
“Eterni!” confermò l'uraniano con un sorriso mesto “Vieni di là... I tuoi amici ti aspettano. Se vorrai potrai interrogarmi quanto vuoi... Ce la fai ad alzarti?”
“Io...” cominciò il magnate cercando di far leva sulle braccia che però cedettero come ricotta. Prima che scivolasse di nuovo in acqua, due pinze salde ma delicate lo trattennero e lo aiutarono a scivolare al di là della vasca.
“Grazie M-11” disse il biondo a un vecchio robot dalle braccia estensibili che rimise Tony in piedi, lasciandolo andare solo quando fu sicuro che l'uomo riuscisse a reggersi sulle proprie gambe.
“Ti abbiamo tenuto a bordo del disco per evitare che il trasbordo potesse inficiare la tua guarigione. I tuoi compagni sono già a terra...” spiegò mentre dava a Tony il tempo di indossare una casacca di taglio orientale e comodi pantaloni di lino.
Guarigione? Disco? Di cosa parlava quello strano essere? Tony si sforzò di ripescare l'ultimo ricordo prima del pisolino ma era tutto nebuloso e confuso. Ricordava appena che Rogue li aveva attaccati tutti.
Sovrappensiero, non si rese di essere passato da un ambiente metallico, freddo, buio e asettico a uno più ampio, caldo, terreo e accogliente. Quando se ne accorse, si voltò e si rese conto di essere ancora nell'ombra di un vero e proprio disco volante.
Era a dir poco immenso: posto sopra la Stark Tower a mezzogiorno avrebbe potuto benissimo fargli ombra in tutto il suo perimetro.
Sarebbe rimasto per ore a osservare quello splendore della tecnica ma, conscio della presenza di quelle due strane creature, decise di non dar loro alcuna soddisfazione e si sbrigò a seguirli.







1    Storia narrata in Iron Man Legacy- La guerra degli Iron Men.

2    In Dottor Strange – Il Giuramento il problema che il dottore ha con la stabilità delle proprie mani è tema cardine della storia: non può operare Wong né, appunto, mirare decentemente con un'arma da fuoco.

3    Capitolo 16 di questo secondo troncone della saga



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Eccoci qui... che fine aveva fatto Tony? Figurarsi se lo lascio morire!
Tutto a posto... vedrete presto in che modo... e come ho risolto un altro problema in cui mi ero ficcata.

Per quel che riguarda la prima parte: Reynold -alias Sentry- è qui raffigurato prima della trasformazione da giovane drogato che va a spararsi strani filtri a super dio invincibile.
Ancora, ho cercato di differenziare la spocchia del Dottor Destino da quella di Namor: il primo parla di se stesso come di un'entità multipla o divina, il secondo ne parla in terza persona. O almeno, questo era nelle intenzioni. Non mi ricordo se mi sono incasinata nello scrivere i capitoli precedenti (controllerò). Norman, invece, è solo pazzo come un cavallo. Lui e Goblin, ovviamente.
Namorita, invece, è la figlia/clone (davvero) di Namora
Quanto ai prigionieri... :D
Il filo conduttore tra i vari personaggi, cmq, è semplice. Vabbè, Illyana Rasputin l'ho fatta diventare amicona di Wanda (che in realtà non pratica magia nera...Magik neanche... non propriamente) mentre per i maschietti il discorso è più complesso.
beh... Strange e Drumm si contendono -sul serio- il titolo di Stregone Supremo ma, in questo caso, Strange è appena tornato dal Tibet, quindi sarà lui a essere eletto. Drumm ha abbastanza da fare senza che ci si mettano anche altri casini.
Anche Hood è in lizza (o almeno vorrebbe) per il titolo...
Hellstorm e Hood sono legati dalla sorella del primo, Satana (anche se pure Hellstorm era in gara). Hellstorm e Drumm, invece, fanno entrambi parte (insieme all'albero Groot dei Guardiani della Galassia) dell'Unità di contenimento del paranormale di Fury (ci tornerò già nel prossimo capitolo)
:) dunque, secondo voi... il caro guercio non è già stato avvisato?

Un'altra chicca, così chi non conosce bene non si perde in questi intrecci. Nella puntata precedente ho detto che un'amica della Gatta (quella che ci prova con Spidey) "indaga su Norman per altri motivi".
L'amica -sciroccata- in questione è Patsy Walker, alias Hellcat, alias una ha aiutato i Vendicatori in compagnia del marito (se fate caso, nelle grandi riunioni collettive compare sempre): lei e Daimon erano sposati e io faccio finta che tra loro vada tutto bene. Dunque, il marito è scomparso e lei ha sospetti su Normie che riferirà ad Alicia che li riferirà a Spidey.
E per oggi e tutti... buona settimana a tutti voi.

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Capitolo 38
*** Tirando le somme ***


38. Tirando le somme






Nella torre di Stark, dopo appena mezza giornata di convivenza forzata, gli animi erano già fin troppo surriscaldati. Senza nulla a tenerli impegnati o a distrarli, ciò che rimaneva dei Vendicatori era allo sbando. Coulson era sparito, forse troppo impegnato nella ricerca degli eroi dispersi, e Fury non aveva più richiamato.
Era ormai pomeriggio inoltrato quando Visione, solitamente di vedetta all'esterno, sulla lingua di cemento e acciaio che era il ponte d'atterraggio per le armature di Tony, rientrò fluttuando e si avvicinò a Peter che seguiva, rapito, l'intervista di sua moglie in televisione, assieme ai mutanti Alison Blaire e Lila Cheney e l'alieno LongShot. Era anche riuscito a recuperare una copia del magazine per cui scriveva la sua bionda e ficcante collega, andato letteralmente a ruba proprio per il suo interessante articolo su una diversa visione degli avvenimenti occorsi la sera prima al Triskelion. Vanity aveva avuto una grande idea per scalzare il Buggle ed erano stati davvero bravi a mettere insieme il tutto prima della stampa. Nonostante la fretta, tra l'altro, l'articolo era davvero ben scritto e, sbeffeggiando i deliri del Buggle, analizzava i fatti con più acume e lucidità di quanto il giovane si sarebbe mai aspettato.
Wade e Logan, lì vicino, urlavano come due ossessi dopo una piccola scaramuccia sulle letture puerili del mercenario linguacciuto. Alzandosi dal tavolo e sgranchendosi le ossa, Wolverine gli aveva chiesto cosa stesse leggendo.
“Di Ninja Mutanti, addestrati da un altro mutante, che lottano contro un clan Ninja che prende il nome dall'estremità degli arti umani.” aveva risposto quello.
“Hanno fatto un fumetto su Psylocke?” aveva domandato scettico il Logan, per il quale l'unica mutante ninja era la mora ex-fidanzata di Warren.
“No, sono solo le Tartarughe Ninja...” aveva replicato Wade “Ma d'altronde, sempre da lì discendono...1
“Vuoi paragonarci a delle tartarughe?” aveva domandato Logan scatenando il pandemonio.
– Credo ci siano delle visite per Lei... – Annunciò Visione rivolgendosi al reporter con garbo e sovrastando le voci sguaiate dei due reduci di Arma X che avevano improvvisato un duello cappa e spada.
Subito gli animi si quietarono e l'attenzione di tutti si focalizzò sul Ragno. Peter diede un'occhiata veloce all'orologio. “Ha fatto presto...” commentò prima di cacciarsi il suo passamontagna rosso in faccia e lanciarsi fuori dalla finestra.
“Dove cavolo va?” domandò Logan perplesso.
– La signorina Felicia è venuta a trovarlo... – rispose J.A.R.V.I.S. anticipando l'altro sintezoide.
“Felicia, eh?... non mi dice nulla!” commentò il canadese che, scansando di malo modo Wade, riuscì a riguadagnare il frigo.
“A me dice molto invece...” replicò il mercenario che corse, quindi, alla finestra “Spidey!!!!!!! Falla accomodare!!!” gracchiò nel tentativo di mettere in imbarazzo l'amico
“Ma cosa ti comporti come se fosse casa tua?” lo rintuzzò Wolverine
“Felicia ha notizie che potrebbero servirci...” replicò l'altro
“Che genere di notizie?” domandò Thor lasciando cadere i suoi pesi. Da che era mortale aveva cercato di aumentare -o almeno mantenere- la propria prestanza ma con scarsi risultati. Senza poteri era un uomo qualunque. E la cosa era frustrante.
“Dove sono i nostri amici...” rispose Wade pochi istanti prima che due sagome volanti, una rossa e blu e una nera e bianca, attraversassero la sua visuale.
“Ragazzi...” disse Peter togliendosi il cappuccio “Vi presento Felicia...”
“La Gatta!” precisò lei, smorfiosa, porgendo la mano a tutti, esibendo la sua procace scollatura.
“Lei è la mia informatrice. E direi che ha notizie interessanti...” li informò mentre quella si stendeva languidamente per tutta la lunghezza della poltrona.
“Notizie... scottanti!” replicò lei, prendendo la parola “Dunque...” cominciò riprendendo una posizione più consona “Rapimenti, S.H.I.E.L.D. e Osborne... queste le parole chiave. E tutte e tre legate tra loro...”
“Che strano...” replicò Logan divertito
“So cosa sta architettando Norman ma non perché i vostri amici siano spariti nel nulla...” proseguì
“Meglio di nulla...” concordò Thor
Lei lo fissò con aperto interesse e si rivolse proprio a lui, quando parlò “Vuole evocare Loki...” Sganciò quella bomba senza preamboli, senza prepararli. Una bomba che li stordì. “L'amica di cui ti dicevo...” aggiunse rivolta a Peter “... è la fidanzata di uno degli agenti S.H.IE.L.D. recentemente scomparsi misteriosamente. Pensava se la fosse data a gambe come un vigliacco dopo il loro ultimo violento litigio... Nessuno ha fatto caso a queste sparizioni perché lui, come i suoi compagni, sono sempre in viaggio o latitanti o simili... Da lui, Hellstorm, sono arrivata al suo compagno di squadra, Drumm. Squadra creata da Fury e a lui solo fedele, dato che tutti quelli che si sono succeduti al comando dell'agenzia hanno sempre cercato di sciogliere l'Unità di Contenimento Paranormale...”
“Sapere di Loki basta e avanza a muovere un attacco...” cominciò Thor, pronto a scatenarsi. Affrontare Norman voleva dire contrastare l'arrivo di Loki e combattere per la Terra: avrebbe riavuto i suoi poteri, rispettando le clausole che l'avevano rimandato su Midgard.
“No che non basta!” disse la donna rimettendo al suo posto il dio. “Il capo dello S.H.I.E.L.D. è Norman... tecnicamente, detenzione a parte, non c'è alcun appiglio per muoversi contro di lui...”
“E che razza di notizie sono, allora?” protestò Wade “Perché Normie dovrebbe rapire i suoi stessi uomini?”
“Non ho la chiave del problema, ti sto offrendo un cervello per arrivarci...” replicò lei, infastidita “Forse Norman non è a conoscenza dell'esistenza di quell'unità ma, così facendo, sembra che voglia usare due uomini di Fury in un progetto contro di lui e contro la Terra in generale... non solo. Tra le persone riunite... rapite...” concesse “Figurano anche due mutanti...” disse appuntando lo sguardo su Logan. Scandì, quindi le parole che avrebbero fatto scattare la molla “Magik e Scarlett”
“Ma Scarlett è stata rapita dagli U.F.O.” protestò Wade2
“E Magik non è una mutante!”
“Non lo era!” precisò Felicia roteando gli occhi “E con loro c'era uno degli amici di Anthony Stark più quello che viene considerato come il sindaco del crimine locale. Una sorta di doppione di Kingpin”
“Mi sembra un mix un tantino eterogeneo...” commentò Logan
“Lo è!”
“E quindi cosa possiamo fare per impedire che Osborne evochi mio fratello?” domandò Thor, pratico
“Nulla... a meno che non vogliate mettervi a rapire i detenuti di Osborne che, per altro, non sappiamo dove soggiornano. Non alla torre, questo è certo. Ammesso, e non concesso, che non abbiano già sbrigato la loro pratica...”
“Loki sarebbe già qui, seguito da orde di Chitauri” replicò Thor, gelido.
“Forse sì, forse no” rispose la gatta.
“Che vuoi dire?” domandò il biondo, sospettoso
“Che avrei trovato anche questi documenti...” disse facendo scivolare sul tavolino basso in vetro soffiato davanti alle poltrone un plico di documenti cartacei “La chiamano Cabala... ed è una sorta di accordo tra le parti per spartirsi il potere sulla Terra”
All'asgardiano scappò una risata nervosa “Sono degli sciocchi se pensano di poter qualcosa contro mio fratello”
“Non esserne tanto orgoglioso!” lo rimbeccò Wade
“Parla quello che ne voleva la corona” frecciò Wolverine
“Dettagli insignificanti!” protestò
– Avrebbe senso... – cominciò Visione zittendosi quando si accorse di avere attirato l'attenzione di tutti – Credo che i conti tornerebbero unicamente nel caso in cui questa figura mitologica, proveniente da un altro universo, avesse assoggettato queste figure di spicco sulla Terra come propri vassalli. In modo da dominare la Terra in sua vece. –
“Secondo la tua interpretazione, quindi, Loki non vorrebbe consegnare la Terra a Thanos?” domandò Thor perplesso
– Secondo i miei calcoli, no. Questo gruppo di potenti risponderebbero solo a lui. Diversamente, muoverebbero guerra contro l'invasore, tacendo le rispettive rivalità... –
“Non l'avevo mai vista sotto quest'ottica...” commentò Peter “Ma non ha senso!”
“Non vi interessa sapere chi sono i membri della Cabala?” domandò la Gatta con fare ruffiano. Quando tutti gli occhi si furono di nuovo posati su di lei, cominciò la sua enumerazione. “Il sovrano della Latveria punta al dominio dell'Eurasia, Osborne a tutta l'America, Settentrionale e Meridionale; Essex alla popolazione mutante in generale. Non avendo uno stato proprio, pensa di fondarne uno dal nome esotico di Utopia, la sua. Namor mira a proteggere tutte le terre non emerse e a conquistare l'Africa, che, fino ad ora è rimasta sotto l'ala protettiva del Wakanda... Oh, per la cronaca, la portavoce di Essex è Emma Frost!”
“L'ho sempre detto che delle telepati bisogna diffidare!” ringhiò Logan
“Ma se sei innamorato di una di loro...” replicò Wade
“Ma Namor...” stava per protestare Peter che Felicia, sorridendo, lo anticipò
“I membri della Cabala vogliono sbarazzarsi di lui. Motivo per cui ritengo ci sia un nesso col suo rapimento da parte del gruppo Atlas. Ammesso che facciano parte dei buoni, come ormai appurato...”
Interdetto, Peter tacque, cercando di capire come poteva evolvere quella strana situazione.
“Ma perché richiamare Loki, allora?” sbottò Thor
“Forse per comunicargli come la loro tabella di marcia venga rispettata puntualmente...” replicò la Gatta.
– Eliminati i Vendicatori e i mutanti non ci sarebbe più nessuno a proteggere la Terra da un'invasione. Lo S.H.I.E.L.D. si dimostrerebbe inefficace di proposito, visto che l'unico ramo combattivo, quello sotto il controllo di Nick Fury, è stato disperso e i potenti del mondo rimasti ad accogliere gli alieni, fingerebbero di piegarsi al loro potere. – concluse Visione.
La prospettiva era agghiacciante ma molto, troppo, realistica.
“Già. Inoltre, pare che dietro a questi potenti e influenti uomini ci sia il famigerato Club Infernale che ha ramificazioni in tutto il mondo. I veri burattinai in mano a Loki sarebbero proprio loro che sarebbero il suo vero tramite nel tirare le fila sulla Terra. Facendosi richiamare qui da Osborne il vero contatto tra lui e i sovrani occulti resterebbe segreto e il Club Infernale continuerebbe a tessere nell'ombra per essere certi che nessuna delle pedine della Cabala sgarri dal suo ruolo.”
I Vendicatori si scrutarono l'un l'altro: ci mancavano giusto i poteri occulti che governavano mezzo mondo in quel potpourri.

AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV

L'immensa città era interamente scavata nella roccia. Le strade, che altro non erano che giganteschi corridoi, erano larghe e le volte scomparivano nel soffitto, ingoiate dal buio che le innumerevoli torce a bitume non riuscivano a sconfiggere. Sembrava l'interno di un castello medievale o della rinomata Petra o, ancora e più semplicemente, un villaggio orientale immerso in una notte perenne. C'erano fontane con splendidi giochi d'acqua, sculture, mercati, orti. Qui c'erano monaci radunati in preghiera, là un plotone di guerrieri intenti in esercizi collettivi più simili al thai-chi che a un allenamento vero e proprio. L'ambiente era caldo e accogliente, completamente in antitesi con lo spartano hangar metallico in cui era alloggiato il disco. Era una città ricca di vita e, al loro passaggio, uomini e donne, con bambini o gravati da bilancieri pieni delle merci più svariate, si scansavano e si chinavano con rispetto reverenziale davanti al biondo in tuta spaziale e al robot silenzioso che marciava al suo fianco.
Alla fine di un lungo, vuoto quanto silenzioso, colonnato, si ritrovarono in una sala ipertecnologica, che strideva con l'ambiente circostante.
“Oh, mio Dio!” gracchiò la voce di Pepper, commossa “Stai bene!” urlò lanciandoglisi al collo.
Tony era ancora frastornato dalla passeggiata che l'aveva portato dal disco a quella stanza per ricordarsi tutte le altre stranezze di quelle poche ore e notare come Pepper riuscisse a stargli appiccicata. Se l'allontanò di dosso, confuso, studiandola con circospezione: qualcosa non quadrava.
“Il reattore, Tony...” lo anticipò lei.
Solo in quel momento si accorse di non avere più il peso ormai familiare del dispositivo incastrato nello sterno che gli pesava all'altezza del petto. Si tastò il torso come ad accertarsi di essere ancora tutto intero. Poi rivolse nuovamente la sua attenzione alla compagna. Stava per mettersi a palparla senza riguardo quando si accorse che, una miniatura del reattore le pendeva al collo, infilato in una collana d'argento.
“Per le armature...” spiegò lei. Le nuove mark erano tutte autonome ma potevano necessitare di una batteria ausiliaria e quella trovata era formidabile. Ci aveva già pensato tempo addietro, ovviamente, ma era già stata un'impresa miniaturizzare e imbrigliare il potere del Tesseract in un reattore grande quanto un pugno... come ci erano riusciti? Ah, già...tecnologia aliena.
Stark sbuffò demoralizzato, sognando di poter avere quei bei gioiellini tecnologici e di potersi sbizzarrire con essi. Lo sguardo basso, cadde sulle gambe nude di Pepper e qualcosa nella sua mente, che faticava ad elaborare le novità, scattò in un lampo di comprensione: non era un abito lungo, quello che aveva quella sera? E non aveva un ferro che girava tutt'attorno?
“Gliel'ho accorciato io...Rescue gliel'aveva danneggiato, così ne ho modificato la foggia” si intromise Janet “Senza generatore non stava più su... ma a proposito di questi gioiellini...che ne dici se lanciassimo una linea di bijou ispirati al tuo generatore? Secondo me andrebbero a ruba...”
Tony era così stordito da non riuscire a zittire quel cinguettio ciarliero. Strizzò gli occhi e cercò di orizzontarsi. Niente generatore voleva dire...
“Niente schegge impazzite, non temere... siete stati rimessi in sesto come nuovi...” disse l'uraniano Bob, quasi leggendogli nel pensiero.
“Ho bisogno di sedermi...” commentò Tony mentre la sua mente già lavorava ad altri progetti. La miniaturizzazione del generatore gli aveva dato l'idea di miniaturizzare l'armatura con le particelle Pym e, se se le fosse sparate in corpo come aveva fatto Henry, avrebbe avuto una sorta di armatura liquida sempre a disposizione. Doveva solo trovare un modo per attivarla senza effetti collaterali sul suo organismo: l'intossicazione da metalli era l'ultima cosa che desiderava.
“Gradisce del tè, Signor Stark?” domandò Temugin, ritornato improvvisamente servizievole.
“Io...sì, grazie...” rispose confuso mentre l'altro faceva cenno a una donna, appostata in un angolo, vestita di un Áo Dài color ecru.
“Si accomodi..” lo invitò anche Woo indicandogli una sedia libera.
C'erano tutti: Cap, Hank, Reed, T'Challa, Namor... anche i mutanti. No... ne mancavano due, di cui una era la più pericolosa.
“Rogue sta dormendo. Bob ha sistemato anche lei e Kurt è al suo capezzale...” lo informò Jimmy Woo, percependo la sua confusione e indicando il biondo alle sue spalle. “Se se la sente, possiamo cominciare...”
“Cosa volete precisamente da noi? Siamo ostaggi?” domandò stanco.
“Oh, niente di tutto ciò!” sorrise Woo “Vorremmo proporvi un'alleanza ma, come dicevamo a cena, l'unico punto a nostro svantaggio per convincervi è che noi abbiamo la classica etichetta dei cattivi attaccata addosso. Non che la cosa ci disturbi più di tanto. Anzi, ci permette di agire ancora più indisturbati...”
“Non capisco...” ammise Tony, sentendosi più idiota di Steve.
“Voi volete salvare questo mondo dalla minaccia dei Chitauri... giusto?” disse il Gorilla prevaricando il suo capo. “Anche noi! Anzi, ci girano fortemente che esista il male, la corruzione, la cattiveria in generale, soprattutto quando è gratuito... ma per combatterlo...”
“Per sconfiggerlo in modo radicale devi esserci invischiato...” commentò anche Namora quasi a giustificarsi o ad accusare il regale cugino che, invece, non fece una piega.
“Questa è la lista di società che usavano impropriamente il nome Atlas e che facevano loro da copertura. Le abbiamo sgominate una a una perché si adoperavano per corrompere la società...” disse Temugin porgendo un tablet con una lista infinita di società; accanto a ciascuna voce c'erano delle annotazioni a margine.
“Camera mortuaria Atlas: riti di stampo satanico – creazione incontrollata di zombie...” lesse Tony, incredulo “Ma dai...che stronzata! Atlas Biotech: riportavano in vita i dinosauri... ma che... Ma pensate che sia così scemo da bermi queste cagate? Atlas Orphanage: esperimenti eugenetici per la creazione in vitro di esseri mutati e/o mutanti. Atlas Records, Atlas Alliance...?”
“Se fai attenzione..” continuò Woo, tranquillo “A ogni nostro intervento è riportato l'immediato arrivo successivo dello S.H.I.E.L.D. che chiamavamo per riportare la situazione sotto controllo: noi facevamo il lavoro sporco e l'agenzia se ne prendeva il merito. Purtroppo, ora che il direttore è Norman Osborne, non possiamo più portare avanti questa cooperazione. Anche se ci abbiamo provato.”
“Nessuno faceva domande sul fatto che un gruppo di delinquenti -che per altro contava al suo attivo ben tre ex agenti S.H.I.E.L.D.- fornisse lavoro all'agenzia?”
“Certo che no! Finché il direttore era Fury. Lui sapeva delle nostre buone intenzioni...” replicò l'agente Khanata “Anzi... Woo era alle sue dirette dipendenze.”
“Il mio partner, Sitwell, è a bordo del suo Helicarrier. Lo uso come una talpa...” replicò Woo facendo spallucce
“Comincio a capire perché han voluto silurarlo...” commentò Rogers, bisbigliando a Natasha che annuì: Fury giocava davvero in modo poco ortodosso ed era lecito che ai piani superiori la cosa non piacesse.
“Dunque, la domanda è, volete il nostro appoggio? Se si scoprisse il nostro legame, però, verreste etichettati come i cattivi della situazione...” propose Woo “Voi siete il tramite pubblico di quel che resta dell'idea di Fury... per questo ci rivolgiamo a voi.”
“Beh... lo S.H.I.E.L.D. collabora con HYDRA, quel pazzo di Osborne gioca la parte del buono e io, dalla sua parte, non starei mai! Se la prendiamo come un'inversione delle etichette...” disse Tony facendo spallucce “Perché no?”
“C'è una cosa che devono spiegarti, però, a proposito di HYDRA, che potrebbe farti cambiare idea...” commentò Natasha
“Cosa può esserci di peggio di avere come alleato il tuo dipendente traditore che è figlio del tuo nemico?” commentò lui folgorando Temugin con lo sguardo.
“Il fatto che ci siamo noi dietro la Mano!” precisò Namora.
“E....?” domandò Tony non vedendo alcun collegamento
“Tanto per cominciare, durante la Seconda Guerra Mondiale, la Mano ha spalleggiato i nazisti...” cominciò Rogers “Rapirono Natasha per farle il lavaggio del cervello e trasformarla in una loro pedina...”
“La Mano era guidata dal Barone Von Strucker. Leggi HYDRA...” precisò Natasha.
“Cioè... qui tutti hanno avuto a che fare con HYDRA? È come il prezzemolo!” sbottò Stark
“E, comunque, ti ricordo che HYDRA era il ponte, sulla Terra, coi Chitauri...” aggiunse Pepper, ripescando ricordi di conversazioni non troppo lontane nel tempo.
“Che casino...” commentò Pym, le lunghe gambe incrociate sul tavolo.
“Dunque... perché dovremmo stringere un'alleanza con voi?” domandò Reed,più pratico.
“Perché è vero che la Mano è infiltrata da HYDRA come è vero che ci siamo dentro anche noi. Ma questo è il primo passo per ripulire l'organizzazione.”
“I Vendicatori alleati della Mano3? Che casino verrebbe fuori?” borbottò Pym
“Noi sappiamo, e vogliamo evitare, che Norman Osborne evochi il responsabile di quanto è successo poche settimane fa...” disse Woo “Immagino sia un'informazione che può farvi comodo. Siete dei nostri?”
“Quel piccolo trovatello!” sibilò Tony “Certo che siamo dei vostri! Giusto?”
“Sapevo che avresti detto così!” sbuffò divertita Janet rivolgendo al marito un'occhiata trionfante. Probabilmente avevano scommesso sulla questione.
Quello sbuffò, risentito “Maria non era così seccante...” replicò lui facendo rabbuiare la moglie che si alzò di scatto dal tavolo e, presa Pepper per mano, chiese alle due donne dell'Atlas di portarle a fare una tour del luogo.
Senza aggiungere una parola, le quattro donne scomparvero nel corridoio da cui Tony aveva fatto il suo ingresso.
“Sei un imbecille!” commentò Ben Grimm fissando la soglia da cui erano scomparse le loro amiche “Potevi risparmiarti la storia della santa-ex-morta!”
“E' vero!” protestò l'interessato “Maria era più condiscendente, non litigavamo mai...”
“Certo... un mese di matrimonio... quando è ancora tutto rosa e fiori, come si fa a litigare? Janet... quanti secoli sono che sopporta i tuoi tiri da bambino viziato? Prima e dopo quel dannato matrimonio... ti è sempre stata dietro, ha sopportato in silenzio. Sei un vero ingrato.” Si scaldò anche Susan, alzandosi, pronta a raggiungere le amiche “Carino, la vita è sacrificio e rinunce per trovare un equilibrio. Si è in due: non sei più da solo e non puoi pensare egoisticamente solo ai tuoi bisogni. E, scusa se te lo dico, ma se siete in crisi forse è perché tu non fai mai la tua parte e, a lungo andare, Janet si è scocciata di dare sempre, di essere accomodante, di venirti in contro, di mettersi in secondo piano!”
“Accomodante? Janet?” alitò Hank, basito.
“Sì!” replicò la bionda “Soprattutto per essere una ricca ereditiera, figlia di un famoso scienziato che la viziava in tutti i suoi capricci. Nemmeno ti rendi conto di quello che lei ha fatto per te, in tutti questi anni”
“Sue...” cercò di calmarla il marito, allungando la mano fino a raggiungere il braccio di lei.
“Oh, lasciami Reed!” sbottò “Qualcuno doveva dirglielo. E tu sei un altro che si nasconde la verità dietro una foglia di fico. O forse, semplicemente, non te ne frega nulla dei problemi dei tuoi amici... Un amico ti dice se sei uno stronzo colossale che compensa l'essere timido e introverso con una facciata da cafone arrogante e presuntuoso. Ricordatelo, Hank! Continua così e nessuno, nemmeno noi, proveremo più pietà nei tuoi confronti. Abbiamo retto abbastanza la solfa della ex-morta a Budapest, del tradimento del tuo capo, dell'indifferenza di tuo padre e di come al lavoro ti sottostimassero. Hai quarant'anni, santoddio, non quindici! Fai pace col passato e renditi conto che stai diventando esattamente come quegli uomini che tanto disprezzavi da giovane. E, oltre questo, stai avvelenando la vita di chi ti circonda!” Detto questo, Sue abbandonò la sala a passo di marcia, lasciando dietro di sé un silenzio imbarazzato.
“Ora capisco da chi hai preso...” commentò Tony rivolto al fratello della donna, la Torcia “Testa calda...”
“Tony...” lo redarguì Natasha, indecisa se seguire il gruppetto o restare nella sala dei bottoni.
Come se niente fosse, Woo si rivolse ai sovrani che presenziavano in sala “Il Wakanda e Atlantide come si pongono in questa vicenda?”
“Mi dispiace, io declino l'offerta. Ho stipulato un patto di non belligeranza con Osborne e la Cabala...” rispose altero Namor.
Jimmy Woo accolse la risposta e si rivolse a T'Challa “Per il bene del Wakanda io accetterei. Ma una trattativa del genere è inammissibile. Dovrebbero essere le Nazioni Unite a garantire la nostra salvaguardia e non un gruppo clandestino...”
“Capisco la vostra posizione ma...” disse il capo dell'Altas facendo cenno al biondo nella tuta da astronauta “Rispondereste ancora così, davanti a queste evidenze?” la parete alle sue spalle si illuminò di un monitor di cui non si vedevano i bordi e su cui cominciarono a comparire stralci di documenti, foto, annotazioni e tanto altro. “Namor McKenzie il Sub-Mariner, membro della Cabala, ha stipulato un patto che prevede l'invasione e la conquista - a prezzo anche dello sterminio degli abitanti - del Wakanda”
“Cosa?” saltò su T'Challa, folgorando il re di Atlantide.
“Namor, come hai potuto?” sibilò anche Ororo, accomunata all'atlantideo dall'appartenenza al seguito di Charles Xavier.
“Ti avrei avvisato, è ovvio! Ma per avere la garanzia che nessuno attaccasse i regni sottomarini ho dovuto piegarmi alle condizioni del gruppo che vuole spartirsi il potere del mondo.”
“I vassalli di Loki, immagino...” commentò Rogers e Namor annuì piano.
“Atlantide prima di tutto, come sempre, non è vero? Imperius Rex!” gli fece il verso T'Challa
“Tu faresti lo stesso per il Wakanda!” replicò Namor “E non accetto che né tu né chiunque altro in questa sala osiate biasimare la mia scelta. Inoltre, sono l'unico atlantideo, insieme a Neptunia, a poter governare entrambi i regni: nessun altro atlantideo può respirare fuori dal mare e ho pensato che, forse, avresti accettato l'aiuto di un amico, che avresti accettato di stare sotto la mia ala protettiva... piuttosto di subire la loro invasione. Ergo, ero l'unico che poteva garantire l'incolumità del Wakanda” La Pantera Nera digrignò i denti, ma tacque: avrebbe protetto il Wakanda a costo della sua vita. Ma non avrebbe mai venduto altri per avere uno sconto. Piuttosto, lui e il suo popolo, si sarebbero battuti come un sol uomo. Namor questo non poteva capirlo, lui che era, per il suo popolo subacqueo, l'esercito di un solo uomo: Namor era il meglio, al di sopra di tutti, il re che elargiva la sua protezione. T'Challa si mescolava alla sua gente, lui era stato scelto per governarli dal Dio Pantera ma non era migliore della sua gente: nel Wakanda tutti avevano pari dignità e responsabilità.
“Credo che il signor McKenzie cambierà idea...” sorrise Woo e la schermata alle sue spalle si modificò ancora “Sapendo che i membri della Cabala complottano per estrometterlo.”
“Sciocchezze!” replicò lui secco, senza pensare.
“Registrazione di mutanti e superumani... ne ha sentito parlare?” domandò sarcastico il gorilla Ken, facendo storcere il bel nasino dritto e affilato del re dei mari “Guarda caso, per quanto anche metà degli altri membri non sia umano al cento per cento... beh, questa è una delle scuse che addurranno per isolarLa, Maestà. Ha pestato i piedi a qualcuno, di recente?”
Namor fissava il monitor come inebetito, incredulo – per quanto uno come lui potesse dar segno di essere colpito da qualcosa–
“A questo punto, credo non ci siano più obiezioni...” commentò Jimmy alzandosi dal tavolo. Suwan accorse a poggiargli un mantello rosso, bordato da una greca dorata, sulle spalle. “Le vostre ferite sono state rimarginate e credo che sia ora, per voi, di rientrare... o potrebbe scatenarsi la caccia agli eroi...” Jimmy si interruppe, vedendo come uno dei suoi compagni stesse fissando, insistentemente e con uno sguardo commiserevole, un membro in particolare di quella strana cricca.
Anche Ken lo notò e cercò di buttarla sul ridere “Bob non guardare altre donne... sai che Venere potrebbe ingelosirsi...” disse giocando sul rapporto cameratesco ma fondamentalmente soltanto amicale che legava i due membri di Atlas.
“Chiedo scusa... me ne accorgo solo ora...” disse il biondo facendo oscillare i ricci dorati mentre scuoteva la testa come per snebbiarsi la mente “Ma la nave non ha riparato tutto...” disse mesto. “Non so nemmeno se sarebbe stato gradito un intervento simile, troppo invasivo...”
“Di che stai parlando?” domandò Woo voltandosi verso l'amico e cercando di focalizzarsi sull'obiettivo dell'uraniano. “Cosa c'è che non va?” domandò a entrambi, mentre anche i Vendicatori tutti si voltavano verso l'obiettivo dell'alieno.
Natasha sbarrò gli occhi, terrorizzata che il suo segreto venisse alla luce a quel modo. Sperava che l'altro non fosse realmente in grado di vedere così in profondità, sperava che nessuno se ne accorgesse. Il suo difetto, la sua paura e la sua menzogna. Sperava che lui avesse visto solo altri danni... più superficiali di quello. Ma quando parlò, l'unica cosa che poté fare, fu chiudere gli occhi e sospirare.
Non esiste segreto che rimanga tale per sempre. Prima o poi viene alla luce. E il suo turno era arrivato.





1 Sì, davvero, le TMNT derivano proprio da una parodia del clan della Mano: leggere per credere

2 Gioca sull'ambivalenza del nome dell'attrice che impersona Natasha e sul nome parziale di Scarlet Witch

3 Durante Dark Reign Devil, che pure era stato un Vendicatore, diventa il capo della Mano

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Buondì ragazzuoli. Oggi tanta carne al fuoco.
Lila e Alison. Due mutanti. LongShot, un alieno. Che ci fa 'sta gente con la rossa moglie di Peter? A breve posterò anche questa intervista. (già fatto) Perché Mary Jane tornerà verso la fine-fine della fic. Aspettate e vedrete.
Poi, ancora, finalmente ho rimosso i dispositivi che tenevano in vita Tony e Pepper così, finalmente (se Tony non fa lo scemo), potranno combinare qualcosa.
Nella seconda parte mi sono ispirata davvero parecchio a Dark Reign. Ma l'avevate notato già nel capitolo scorso in cui facevo un vago riferimento alla famosa lista di Normie. Caro lui...
E per finire... :) l'ennesimo segreto di Natasha. Cosa nasconderà, ancora? una donna come lei è come una matrioska... ù_ù ma d'altronde ha vissuto tanto a lungo -come Wolverine- che non può non avere più cose degli altri da raccontare.
Preparatevi, è un argomento un pò delicatino (narrato nelle collane Max -quindi quelle un pò più crude- dedicate alla Vedova) e, per i più sentimentali, sarà il definitivo crollo di un sogno. (ergo, per certe cose, continuate a leggere altre fic, che non affrontano questo problema XD)
che altro?
:) oh sì, presto avremo visite di personaggi già noti.
Ci si risente presto, bye!!!

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Capitolo 39
*** Il segreto di Natasha ***


39. Il segreto di Natasha






“Ha subito un intervento di isterectomia totale...” disse l'uraniano Robert Grayson, lapidario. Le espressioni sui volti dei Vendicatori coprivano una ristretta gamma di emozioni: confusione in chi non sapeva nulla di medicina e compassione in chi capiva. “Le sono stati asportati utero e ovaie. E, a giudicare dalle cicatrici, molto, molto tempo fa” aggiunse Bob.
Lo sguardo confuso dei Vendicatori provenienti dalla Stark Tower si mutò ben presto in un'espressione frastornata: i conti non tornavano.
“Non sapevo se avresti gradito che riparassi il danno nel caso fosse stata una scelta intenzionale... So che per una giovane donna terrestre è un intervento delicato, che può intaccare la psiche stessa della persona, oltre a modificarne la disposizione degli organi interni e, quindi, l'aspetto esteriore. Ma ho visto che per quello hai rimediato con una protesi altamente tecnologica...”
“Stop, fermi tutti!” Tony quasi urlò. Dopo essersi assicurato di aver attirato l'attenzione di tutti, domandò “Cosa vuoi dire con questo continuo ho visto? Come puoi vedere nella sua pancia?”
“Perché fai le domande più stupide?” borbottò esasperata Pepper, più interessata a scoprire come avesse fatto Natasha a tacere quel dettaglio e Bob a scoprirlo, rispetto a dettagli tecnici linguistici a cui solo Tony poteva essere interessato.
“E' la fascia che Bob porta in fronte... registra tutto ciò che lo circonda e può riprodurlo con assoluta fedeltà. Nel farlo, può esaminare i vari livelli dell'oggetto scansionato.” spiegò Woo, rispondendo a entrambe le curiosità.
“Può leggere un libro chiuso in un cassetto!” precisò Ken
Tony deglutì: ok, avevano appurato che non poteva essere una fandonia campata per aria.
“Credo che tu ci debba delle spiegazioni...” disse Rogers, anticipando l'uomo di metallo. La sua voce era pacata e ferma ma si poteva avvertire il gelo e la rabbia dietro ogni parola “Era questo il motivo importante e difficile da elaborare di cui non mi hai parlato in macchina quando te l'ho chiesto?” Steve era alterato come nessun altro l'aveva mai visto.
Tony non stava nemmeno capendo a cosa si riferisse. Il suo pensiero corse subito a un altro litigio: quello della rossa con Clint, il giorno in cui si erano svegliati mezzi intossicati da Deadpool e in cui era tornato Thor.
Ma Natasha riviveva il giorno immediatamente precedente: un'auto e un altro litigio. E altre verità taciute.
Natasha sostenne lo sguardo di Steve, fattosi duro e tagliente “Anche se potessi rimettermi in sesto...” disse rivolta all'uraniano “... non potresti guarirmi da quello che mi è stato fatto nella Red Room” disse tornando a sedersi. Steve aveva ragione: i suoi compagni di squadra si meritavano una certa dose di onestà da parte sua. “Tutte le ragazze del Programma: Vedova Nera...”
“Era un programma?” domandò Johnny incuriosito “Pensavo fosse soltanto il tuo nome di battaglia”
Natasha annuì “Ero la migliore, di quel programma. La Vedova Nera per antonomasia. Tutte noi venimmo sottoposte ai numerosi trattamenti biochimici intensivi del professor Kudrin che miravano a potenziare la nostra costituzione: resistenza fisica, al dolore, alle temperature elevate... Questi trattamenti influirono permanentemente anche sul metabolismo, dandoci un fattore di guarigione simile a quello di Wolverine. Motivo per cui siamo anche immuni agli agenti patogeni. Con un corpo che si mantiene perfettamente e costantemente sano senza permetterti nemmeno di abbronzarti, anche le gravidanze vengono interrotte naturalmente nel momento stesso in cui dovesse verificarsi il concepimento, trattando l'agglomerato di cellule come corpo estraneo. Io ho scoperto tutto questo solo nel 2004 anche se già nel 1975 era evidente che non invecchiavo normalmente. Come se non bastasse, Kudrin ci installò una sorta di sistema di sicurezza, un po' come quello di X-23...”
“Profumo?” domandò Tony, concentrato e già dimentico dell'omissione della donna sul suo reale stato di salute
“Che, però, funziona esattamente al contrario: non attaccare chi indossava un certo composto chimico... Fury lo indossa quotidianamente sotto forma di dopobarba.”
“Tutte donne? Nessun Vedovo Nero, alla Asimov1?”
“Pare che i tentativi abbiano trasformato gli agenti in killer sociopatici e incontrollabili...” rispose Natasha, professionale e distante come se la cosa non la riguardasse “Inoltre, tutti gli agenti Vedova Nera hanno ricevuto un condizionamento psicotecnico, secondo il progetto del professor Pchelintsov, e sono stati forniti di gruppi di falsi ricordi -che noi avremmo ricordato come pochi sfocati fotogrammi della nostra lunga vita- in modo che potessimo operare sotto copertura più facilmente, nelle situazioni più disparate e, anche catturate, non cedere a pressioni di alcun tipo. Il metodo non era perfetto e talvolta si verificavano situazioni di conflitti o incoerenze nei ricordi che potevano essere notate, però, solo da un esaminatore molto attento e che avesse saputo del progetto.”
“Programmazione subconscia?” domandò ammirato Tony, senza che la cosa gettasse su di lui la minima ombra di irrequietezza
“Come mai ti sei accorta di tutto questo solo nel 2004?” sbottò Steve, incredulo.
“Ogni volta che un agente cercava di ragionare sul proprio passato, determinando le contraddizioni a cui facevo riferimento, veniva pervaso inizialmente da un senso di disagio, quindi confusione, dolore anche acuto. Questo capitava soprattutto per associazioni di idee casuali. L'agente, in un riflesso a dir poco pavloviano, avrebbe associato ansia a quel tentativo di indagine e avrebbe cambiato modo di pensare, senza rendersi davvero conto di cosa fosse successo.”
“Come quando il lupo mangia l'agnello avvelenato, vomita e per un po' non mangia più...” commentò Ben
“Tutti i ricordi possono essere degli impianti. Razionalmente, non so dire come mai i miei piedi non siano orribilmente deformati, né perché non abbia alcun ricordo frustrante di insuccessi o di lunghe e sfiancanti lezioni di danza classica. Eppure ero prima ballerina al Bolsoi... e potrei ancora esserlo, se solo mi interessasse.”
“E come hai scoperto tutto ciò?” domandò in un ringhio sommesso Capitan America.
Lei, ora riluttante, finì la sua confessione “Un amico... che mi voleva molto bene... mi mise davanti alla verità. Ormai eravamo entrambi agenti dello S.H.I.E.L.D. E' ...era l'unico a sapere tutto. Fino ad oggi... James Barnes, tornato tra le fila della sua vera patria, trovò dei documenti relativi agli esperimenti della Red Room. Dopo che Clint mi ebbe catturata, mi sbatté la verità in faccia. Solo lui poteva capire... Solo lui poteva sapere cosa avevo passato. E lui sapeva che, volontariamente, non mi sarei mai allontanata dalla quella che considero tutt'ora la mia terra e la mia gente”
“Così parlò la Zarina...” salmodiò Tony con un ghigno.
“James...sapeva?”
“Sì... e fu lui a convincermi che potevo fidarmi di Clint e dello S.H.I.E.L.D.”
“Lo stesso S.H.I.E.L.D. che aveva messo Barton sulle tue tracce per ucciderti, forte di quegli incartamenti?” la aggredì ancora lui
“Non lo S.H.I.E.L.D. Lo S.H.I.E.L.D. di Fury! Di lui e dei suoi uomini, all'epoca raggruppati sotto il nome di Secret Warriors... Perché della lotta ad HYDRA nessuno doveva sapere nulla...”
“Mi stai dicendo che ti ho retto il gioco in quella messinscena cretina per una cosa che più falsa di così non si poteva? Mi stai dicendo che sei fuggita dall'agente Barton per un problema di sterilità?” la canzonò crudele “Hai idea di quante persone ci siano, sulla faccia della Terra, che hanno questo problema?”
“Se è il maschio ad avere il problema è più facile da sopportare. Socialmente parlando”
“Non dire stronzate!” urlò con le vene del collo gonfie e pronte a collassare “E' un dramma chiunque colpisca!”
“Quale emancipazione! Ai nostri tempi, se non sbaglio, un uomo era compatito e la donna biasimata per una disgrazia simile... lui suscitava comprensione se cambiava moglie perché la prima non gli dava un erede...”
“Non siamo nel secolo scorso, lo capisco persino io! Santo cielo... Non ritieni che... non dico noi... -chi siamo noi per pretendere tanto da te?- ma non credi che lui meritasse di sapere la verità al posto di una bugia così maldestra? Lo tratti come un deficiente! Il tuo cagnolino fedele per il cui bene è necessario mentire...”
“Mi è stato asportato l'utero in seguito al parto che ho avuto a sedici anni e in cui la bambina nacque morta! Mi hanno imbottita di merda in modo che io non possa mai invecchiare o ammalarmi... Ti rendi conto da quanto tempo convivo con questa idea? E di quanto sia ancora difficile accettarla?”
“E in tutto questo tempo, vuoi darmi a bere che -secondo te- Clint non ha mai letto quel rapporto? Che non sa nulla del Programma: Vedova Nera, della tua sterilità?”
“Sa quello che deve sapere: io non invecchio.”
“Sei una codarda! Il giorno che lui lo scoprisse ti odierebbe a morte. Se non lo sa già”
“Meglio così! Che mi consideri pure una stronza!”
“Sei un'ingrata!” Rogers si allontanò, facendo ben attenzione a sbattere rumorosamente le mani sul tavolo per far leva nell'alzarsi.
A Natasha non rimase che osservare la sua schiena allontanarsi al ritmo della sua falcata imbufalita. Uno puro come Cap non avrebbe mai potuto capire il mondo schifoso in cui era stata catapultata all'indomani della Guerra. Lui affrontava la vita con ottimismo, sempre e comunque. Anche con Peggy. Ma lei non era lui. Allora perché sentiva il rimorso attanagliarla in quel modo?
“Posso vedere Rogue?” domandò Ororo, cambiando completamente discorso nel tentativo di alleggerire l'atmosfera.
“Ma certo... Seguitemi pure da questa parte...” disse Woo incamminandosi lungo i corridoi di pietra rossastra.

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“Alla buon ora!” ghignò al telefono mentre riponeva il vecchio cercapersone dopo aver composto il numero che lo aveva cercato con insistenza.
- Non fare tanto l'offeso! Qua c'è gente che lavora! Sei tu che, in vacanza ai Tropici, ti neghi...-
“Sì sì, HYDRA-Hair... che hai da dirmi?”
-Groot ci ha contattati...- aggiunse la donna
“Quel gruppo di cialtroni non si è ancora suicidato, allora...”
- Nick!- replicò risentita la donna
“Abby...calmati...”
-Calmati un cazzo! Da quando quei deficienti alla Casa Bianca hanno annunciato pubblicamente l'esistenza delle nostre agenzie è diventato tutto più complicato...-
“Mi hai chiamato per lamentarti?”
- No! Volevo parlarti della squadra. Dunque...secondo Groot, Hellstorm e Drumm sono prigionieri di Osborne...-
“Voglio sperare si siano fatti catturare di proposito dal nuovo direttore della loro stessa agenzia...”
- Ovvio! Non sono scemi! Avevano fatto delle previsioni e giocato un po' d'azzardo... ed ecco che tutto è andato secondo i piani...-
“Dunque?”
- Norman vuole evocare Loki!”
“Evocare?”
-Hai sentito bene, non farmi ripetere. Sei guercio, non sordo!-
“E cosa c'entra con Groot? Lui ora è coi Guardiani... piuttosto, hai riconsegnato lo scettro?” domandò lui, esasperato
-I Guardiani hanno fatto giusto in tempo a venire a riprenderselo prima della dichiarazione pubblica di Osborne. Quanto a Groot... i due del tuo gruppo per il Paranormale si sono messi in contatto con lui, credo tramite quelle panzane mistiche di piani astrali, e gli hanno riferito dei piani che poi ha riferito a me: semplice. E, guarda caso, in questa occasione Groot mi ha anche riferito di come Peter Quill e tutta la sua squadra di Guardiani, subito dopo aver recuperato lo scettro, sia stato convocato dallo stesso Loki ad Asgard, per...-
“Ferma un attimo... fammi ricapitolare...” disse imperioso “Due dell'Unità di Contenimento Paranormale sono nelle mani di Osborne, il quale vuole usarli per evocare Loki. Un terzo membro dello stesso gruppo, dislocato ai Guardiani della Galassia, è andato ospite dallo stesso figlio di puttana di un asgardiano... lineare... continua pure: per far cosa, di preciso?”
-Non ci crederai mai...-
“Credo di esser pronto a tutto...”
- Non a questo. Li ha convocati per consegnargli il cubo-
“Senti, Abby... già ho i coglioni girati se penso che voi, allo S.W.O.R.D. non avete previsto né siete intervenuti nella faccenda dei Chitauri... Ma venir preso per il culo così, ora, beh...”
- Nick, eravamo sotto attacco anche noi, cosa credi? Noi e gli Inumani nella zona blu della Luna. E non ti sto prendendo in giro! Loki ha davvero consegnato il cubo.-
“Che senso avrebbe? Erano strafatti tutti quanti? E' Loki che si è bevuto il cervello da che è tornato a casa? Me l'ha rubato per consegnarlo ai Guardiani? Voleva fare bella figura? ...No, ferma un attimo... come ha fatto a convocarli lui?”
- Nick, io volevo solo comunicartelo... trai tu le conclusioni. D'altronde, loro sono i Guardiani, noi solo un patetico gruppo di terrestri che gioca a Guerre Stellari: non possiamo pretendere nulla da loro. L'importante è che il cubo, ora, sia in mano loro. In ottime mani, insomma... Quanto a Loki, se vuoi, ti giro il rapporto di Groot. E' interessante e surreale... se vuoi provare a capirci qualcosa...-
“Sì, passa... tanto ne ho di tempo per leggere. E ho di nuovo con me anche Val: le sbolognerò metà del lavoro in qualità di ex-vicedirettore” ghignò.
-Allora te lo invio subito. All'indirizzo di Daisy, giusto? Livello 10, segreto e criptato. Ah, un ultima cosa, Nick. I tuoi cari Vendicatori, scomparsi l'altra sera. Li ho ritrovati. Dimmi grazie! Sono nelle mani dell'Atlas.-
“Grazie! Ma me l'ha appena detto Logan. Tu come hai fatto? Ti ha contattato Woo? Hale? Hanno parlato con Groot anche loro?” domandò Fury immaginando la bislacca conversazione tra l'albero alieno e il gorilla umano alle prese con la tecnologia uraniana di Grayson a fargli da ponte. All'idea dello scimmione inalberato contro la tecnologia che non riusciva a usare e dell'uraniano sconvolto per le reazioni violente del compagno di squadra, Fury sghignazzò
-Hale, ovvio... buon lavoro!-
“Che diamine sta architettando Loki?” sbuffò l'ex direttore dello S.H.I.E.L.D. quand'ebbe riagganciato. Non ebbe il tempo di meditare sulla cosa e avvisare Daisy della nuova mail in arrivo, che il telefono squillò un'altra volta: i suoi bambini reclamavano la sua attenzione. Ancora! Di nuovo quel che restava dei Vendicatori. Sembrava quasi che l'Howling Commandos2 fosse tornato operativo: stesse persone, stessi sotterfugi, stessa adrenalina. La posta in gioco era enorme. Esattamente come l'ultima volta in cui si erano dati così tanto da fare: la Seconda Guerra Mondiale.

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Logan lanciò il telefono contro il muro. “Vaffanculo!” urlò mentre quello impattava e cadeva malamente sul pavimento “So già tutto, non preoccupatevi, non pensatene una delle vostre, fate i bravi... Ma per chi ci hai preso, Nick? Scopriamo che c'è Normie dietro tutto, il tuo più caro amico, e ci tratti così?”
“Ma noi siamo tranquilli e pacifici... passiamo il tempo a cercare di ubriacarci e giocando a carte come i vecchi...”
Fate i bravi! Quando sappiamo tutti cosa voglia fare Norman... Perché impedirci di andare a dargli una lezione?”
“Cosa dovremmo mai fare di così avventato da meritarci di essere redarguiti in cotal guisa?” domandò Thor
“Qualcosa tipo attaccare briga con gente poco raccomandabile...” stava dicendo Peter proprio quando l'allarme di intrusione spaccò il silenzio generale della torre “E il papà sembra sapere cosa vorremmo fare”
“Non credo che Stark sarà contento di questo...” sibilò Logan sguainando le sue tre lame
“Stai annusando l'aria come un cane rabbioso...” si schifò Wade
“Ne ho anche per te, se continui...” sibilò il canadese intimandogli di tacere.
Si avviò a passo rapido quanto silenzioso verso l'ascensore più vicino. Il mercenario lo affiancò immediatamente, sguainando la sua katana e suscitando le perplessità del mutante. “E' in carbonadio... potrebbe dare del filo da torcere anche a te!” replicò a mo' di scusa. Intanto, i numeri sul quadrante dell'ascensore continuavano a crescere di numero a ritmo costante. “Cosa ti fa pensare che arriveranno proprio qui?” domandò d'improvviso. “I piani sono infiniti e...” ma non riuscì a finire la frase che Logan gli tappò prepotentemente la bocca con la mano e gli fece cenno di tacere.
“Ho imparato quattro acche di elettronica... e Peter mi ha aiutato. Chiunque prenda l'ascensore arriverà qui, volente o nolente. E ora taci una buona volta!”
Passarono diversi minuti durante i quali ciascuno ingannava l'attesa come meglio poteva: Wade si rigirava le spade tra le mani in complicati esercizi degni del miglior lanciatore di coltelli e Peter avrebbe voluto chiacchierare ma, al primo accenno di occhiataccia del canadese artigliato, aveva desistito, e non gli era rimasto altro da fare che creare una pallina viscosa con le proprie ragnatele e passarsela da una mano all'altra. Entrambi, comunque, innervosivano Logan, che teneva ostinatamente lo sguardo fisso sulle porte dell'elevatore per non farsi distrarre. Ringraziava mentalmente che Thor se ne stesse buono e calmo in un angolo e che Visione non avesse fatto domande strane ma avesse capito che si trattava di una situazione particolare in cui dovevano lavorare in gruppo e anticipare l'uno le mosse degli altri.






1    In realtà si tratta di una serie di romanzi gialli in cui un gruppo di convitati, che per una sera si separano dalle mogli per passare una serata tra loro (prendendo così il nome di Club dei Vedovi Neri) affrontano con arguzia rompicapi di varia natura. Generalmente il problema viene loro sottoposto dall'unico ospite esterno, diverso da cena a cena, che viene introdotto da uno dei membri. Nel corso del dopo cena, quando si affronta l'interrogatorio dell'ospite, il caso viene rapidamente risolto e il cameriere (alla fine membro onorario dei banchetti e quello con la mente più fina) è colui che decreta la certezza della risposta corretta. Inutile dire che i racconti seguono le orme dei più classici Conan Doyle e Agatha Christie.

2    L'ho accennato nel capitolo precedente ma ora vi spiego bene. Howling Commandos e Unità di Contenimento Paranormale in realtà sembrano essere la stessa cosa. Il nome non è mai stato reso noto -ma era il titolo della testata in cui era raccontata la storia che vedeva il gruppo protagonista-. E' stato chiamato nel secondo modo nella sua unica apparizione sulla testata dedicata a Blade. Lo stesso numero decretò il suo nomignolo in Howling Commandos. Si può quindi dire che Unità di Contenimento fosse la funzione e Commando Urlante il soprannome.
Ma veniamo alla storia del gruppo. Un primo gruppo era operativo nella Seconda Guerra Mondiale: tra i membri, ovviamente, Dum Dum. Questo gruppo lo si vede in azione anche in Captain America: il primo vendicatore (qualcuno poi mi spiegherà perché tenere il grado in inglese quando basta spostare una i senza stravolgere il senso del tutto. A volte fanno titoli bestiali e poi si soffermano su ste scemenze... che mi metto nei panni dei giovanissimi perché io, da piccola, avendo a che fare con questa cosa, ero convinta di essere dislessica...).
Un secondo gruppo è stato costituito nel 2005 come unità paranormale al servizio dello S.H.I.E.L.D. Tra i vari personaggi principali che compongono questo nuovo gruppo, insieme a mezzi vampiri, mummie viventi, lupi mannari, zombie, abominevoli uomini delle nevi, troviamo Ken Hale (Gorilla Man). Tra i vari altri personaggi addizionali sono proprio Jericho Drumm, Daimon Hellstrom e Groot.
Facciamo finta che, morti tutti quelli del primo giro (in pratica son rimasti solo Fury, Dum Dum e Hale della prima metà del secolo), il gruppo è stato riformato e aggiornato alle nuove necessità che, nel frattempo, lo S.H.I.E.L.D. ha capito essere ugualmente importanti, tra alieni sempre più incazzosi e strani esseri in generale.
Ci mancava che non creassero una squadra per evenienze simili.



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39... oddio, ci avviciniamo alla conclusione di questa seconda parte... ansia!!
Ricomponiamoci...
Parto con la nota più sciocca: HYDRA-Hair, ovvero Abigail Brand, direttore dello S.W.O.R.D. (Agenzia che controlla le minacce esterne dirette al Pianeta, mentre lo S.H.I.E.L.D. si occupa di quelle più strettamente terrestri. E' abbastanza ovvio che siano le due facce della stessa medaglia perché se un alieno penetra nell'atmosfera il problema passa di competenza) l'avete già incontrata (citata) diverse volte: ha i capelli verdi (da cui il nomignolo che vede il verde come colore di HYDRA), è mezza aliena e mezza umana (e questa metà umana, tra le varie cose è mutante. Il padre era alieno e la madre portatrice sana del gene X) ed è la fidanzata di Hank McCoy, la Bestia (Vendicatore e X-Men, uno dei primi 5). Compare per la prima volta nel 2004 in Astonishing X-Men.

E finalmente abbiamo chiarito le cose. Non ne potevo più di questo segreto di Pulcinella che mi tiro avanti dai primissimi capitoli della fic.
Natasha non può avere figli. E' un dato di fatto (per ciò capite quello che dicevo riguardo alle romanticherie della Vedova...se volete il classico happy ending, leggete altro ù_ù). Spero sia anche abbastanza chiaro perché Cap si sia scaldato così tanto. Glielo ha chiesto diverse volte e lei ha sempre svicolato però, ecco qui il vero motivo per cui ha allontanato Clint. Ricordate le pare che si faceva su una vita assieme? Sul fatto che, prima o poi, in lui potesse nascere il desiderio di paternità? Lei non vede, quindi, la questione solo dal punto di vista della differenza d'età e di vissuto (e già basterebbe) ma si pone domande che riguarderebbero un eventuale futuro per il quale non esistono nemmeno le basi. E solo le donne sanno essere così controrte e abortire un progetto prima ancora che nasca perché ne hanno già calcolato le falle. E Natasha, tra le varie cose, è super calcolatrice (nel senso che o è sicura della situazione in cui si imbarca al mille% o tira i remi in barca). Cap, dal canto suo, non riesce a capire perché di tutti questi magheggi, per lui la realtà è molto più semplice e lineare, aborra la menzogna e continua a non afferrare il problema "età" di Nat. Il dilemma sulla differenza d'età e di visione del mondo, lo riproporrò anche nella terza parte per Thor. Il poveretto, lasciato un pò in un angolo, nel frattempo sta rimuginando. E le sue meditazioni sfociano quasi nel teologico: un dio e un'umana... con concezione un pò diverse di tempo, di relazione, di amore, di distanza etc... Ma ne parleremo quando sarà ora.
Ora vi lascio con un'altra sorpresa (che tanto vi rivelerò solo tra due capitoli). Chi è così furbo da entrare, senza invito, alla Stark Tower quando i padroni di casa non ci sono? Qualcuno di non autorizzato, ovviamente, visto che Wolverine è scattato come un bracco.
Chissà chi è....

PS: gli Inumani sono un altro gruppo che volevo usare nella fic... ma entrerà solo nella terza parte, ahimè. Per ora sappiate solo che sono "alieni" che vivono sulla Luna, in una zona in cui si può respirare. E per spiegarvi perché mi servono, dico solo che il buon Pietro Maximoff è sposato con Crystal, cognata di Re Freccia Nera (ha avuto una storia anche con la Torcia dei F4, se per quello....)e Vendicatrice. Sempre il caro figlio di Magneto, tra l'altro, ha fatto grandi casini con quella comunità lunare... ma non entrerò nei dettagli...

Per chiudere vi lasico il link dell'intervista che stava seguendo Peter nel capitolo scorso (l'ho aggiunto in settimana, quindi molti di voi non l'avranno visto). Non è fondamentale, chiarisce solo l'alone di mistero che circonda i mutanti nella fic: sono una presenza reale ma non sfacciata come nei fumetti ma nemmeno segreta, di cui la popolazione umana è completamente ignara, come nei film.

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Capitolo 40
*** Nuove alleanze ***


40. Nuove alleanze






Quando finalmente le porte si aprirono, Wolverine vide Visione aleggiare traslucido alle spalle dei due intrusi. Il sintezoide, durante la giornata passata a vagare come un vero spettro tra le pareti della Stark Tower, aveva scoperto le armature del padrone di casa e, ritenendosi più simile a quelle che ai suoi ospiti umani, aveva deciso di assumere i colori rosso-oro. Aveva altresì deciso, modo totalmente autonomo, di riservare il colore più chiaro per il corpo, a rimando della sua natura artificiale, e quello più caldo per volto e mani, le parti solitamente esposte in un corpo umano e di cui simulavano l'irrorazione capillare. A corredo del tutto, aveva scelto una quanto meno discutibile tuta militare -probabilmente recuperata dalla sacca di Wade- per coprire le proprie vergogne. Perché, a suo dire, il costume adamitico non era altro che una foglia di fico. Per tanto il verde era l'unico colore naturale che lui potesse accettare. La logica di quell'essere poteva mettere a dura prova la pazienza di chiunque, anche perché Visione sembrava non rendersi conto di essere conciato come un semaforo. Ma ci avrebbero pensato i geni di casa a rimetterlo in sesto. Bastava che non dessero la colpa a loro...
Senza la minima esitazione, il sintezoide calò sugli intrusi le sue mani improvvisamente più pesanti del piombo, costringendo i due a piegarsi sulle loro stesse gambe per sopportare la stretta: non sarebbero riusciti a liberarsi tanto facilmente e gli altri avrebbero avuto tutto il tempo di decidere come comportarsi nei loro confronti.
“Lasciali andare, Vis!” cominciò l'uomo ragno piroettando a terra confuso. “Sono solo due ragazzini!”
“Dove li hai i tuoi sensi da ragno, spararagnatele?” ringhiò Logan allarmato “Non mollarli, Vis!” ribatté al sintezoide che non accennava ad allentare la presa. Avrebbe aspettato che ci fosse unanimità e logica negli ordini, quanto meno. “Pensi di prendermi per il culo?” ringhiò ancora il canadese piazzando il pugno chiuso sotto il mento della donna e sfoderando due dei suoi tre artigli, quelli più esterni, come minaccia.
“Scusa... chi sono?” domandò Peter affiancando Wade che rimetteva le lame nel fodero.
“I figli di Erik Lehnsherr, il nemico mutante del genere umano.” sciorinò quello
“Non sono i figli di Erik!” lo rimbeccò Logan, venendo bellamente ignorato.
“Mai sentito dei casini che ha procurato quel terrorista?” Quando Peter scosse la testa, Deadpool si cacciò una mano sul volto butterato coperto dalla maschera “Ma dove vivi? Va bene che i media cercano di tenere le notizie nei giornali locali, come fatti folkloristici... un po' come certi vigilanti mascherati... ma tu sei tutto culo e camicia con gli X-men...”
“Ho detto: non sono i figli di Erik! Non entrambi...” si corresse all'occhiata di fuoco che balenò sul volto del ragazzo dai capelli argentini davanti a sé. “Allora... Si può sapere il perché di questa pagliacciata? O devo farti assaggiare la sorella delle mie amiche che ti stanno così gentilmente in-trattenendo?” domandò mentre la terza lama scivolava lentamente fino a sfiorare il mento della donna e arrestarsi come monito a un soffio dalla sua pelle candida.
“Non so cosa ci trovi a farti trattare così...” sibilò il ragazzino con fare strafottente, cercando di scrollarsi di dosso Visione.
“Si può sapere di cosa stai parlando? E' un calo di zuccheri? Vuoi che ti cucini dei pancake? Tanti pancake?” si intromise Wade
“Ho imparato a fidarmi del mio naso più che dei miei occhi... Allora, cocca... ci fai questo favore?” domandò ancora il canadese alla donna che teneva intrappolata.
La donna dai lunghi capelli neri, vestita di una paio di semplici jeans e una felpa rossa, trasmutò sotto gli occhi esterrefatti di Thor, l'unico decisamente non avvezzo a quel genere di stranezze.
“Contento di avermi umiliata?” replicò la donna. Ora la era pelle blu e i capelli erano rossi come il sangue fresco.
“Contento di sapere esattamente con chi parlo. Odio quando prendi altri aspetti...” replicò Wolverine
“Mi fossi presentata così...” cominciò quella, per niente impaurita dalla situazione in cui si trovava, anzi, sembrava quasi divertita. Mutò ancora e sciolse i capelli in una lunga cascata infuocata mentre la pelle scoloriva nel bianco dell'avorio mentre i vestiti diventavano così succinti da poter essere scambiati per biancheria “Penso avresti reagito diversamente...”
Logan lanciò un'occhiata d'intesa a Visione, che mollò la presa al suo segnale, quindi afferrò la donna per i capelli e la buttò per terra, trattenendola col proprio peso e con le lame affilate puntate alla gola “Mi infastidisce terribilmente il tuo odore associato alla figura di Jean. Anche perché Jean non è così!”.
Quella, per niente intimidita, stirò un sorriso e, in un batter d'occhi, si tramutò in un cucciolo di Blu di Russia1, scivolò dalla sua presa e, portatasi a debita distanza prima che chiunque potesse intervenire, assunse nuovamente le proprie cerulee sembianze.
“Con Jean BFF di Frost e Essex trovo paradossale che tu veda solo questo trucchetto come qualcosa di inquietante e fastidioso.”
“Cosa vuol dire BFF?” domandò Thor, sentendosi fuori luogo
“Amiche del cuore. E' una lunga storia... lascia perdere. Non ti serve capirci qualcosa, su quelle due, al fine della narrazione” rispose Wade, cordiale.
“Se ti fa tanto schifo il tuo aspetto, puoi sempre immaginare, semplicemente, cosa potresti essere senza la mutazione, da umana, con un'altra pelle, e non rubare l'identità a nessuno!” disse Logan.
“Siete voi X-men che cercate di nascondere al mondo la vostra natura!” sbottò lei incrociando le braccia al petto.
“No, carina, cerchiamo di non dare fastidio, è diverso! Ma, anziché pomparci come voi della Confraternita, cerchiamo di interrogarci sulla nostra vera natura, esteriore ed interiore. Non siamo degli esaltati che vedono solo la superiorità sull'homo sapiens. Cerchiamo di imparare a dominare questi nostri doni e capirne la pericolosità!”
La potenza è nulla, senza controllo, Pi...2” cominciò Peter, subito seguito a ruota dal suo compagno di demenza Wade. Ma l'ennesima occhiataccia, da parte di entrambi i mutanti che stavano bisticciando così cameratescamente, li costrinse a tacere. Sentendosi osservato e con qualcosa in sospeso, Wolverine si volse verso Visione. “Lascialo andare!” Pietro diede uno strattone e si liberò della presa del sintezoide per poi risistemarsi la felpa con gesti nervosi. “Allora, cosa volete?” ringhiò rivolto alla donna
“Che calorosa accoglienza...” replicò Mystica, sarcastica
“Cosa vuoi?” scandì il canadese.
“Non mi inviti a sedere? Non mi offri da bere?” continuò quella, imperterrita
“Non dopo che hai cercato di introdurti in casa altrui senza invito e in maniera fraudolenta”
“Oh, avanti, sapevate benissimo che stavamo arrivando... E che non abbiamo cattive intenzioni. Ti sembra che ci saremmo inerpicati su per la tana dei Potenti Vendicatori se avessimo avuto qualche cattiva intenzione?” domandò Mystica con fare angelico.
“Cosa vuoi?” replicò il mutante “E perché hai portato il piccolo Harry Potter con te?”
“Da quando in qua Logan fa battute Pop? Quello è compito nostro! Diglielo Peter! Mio, tuo e di Henry Pym! Autrice? Perché ci fai rubare il lavoro da Logan???”
Mystica non rispose subito. Si inoltrò nell'ambiente come fosse casa sua, costringendo gli eroi a seguirla controvoglia. Quando si fu accomodata sul divanetto di pelle bianca, con tutta l'arroganza che la contraddistingueva, si decise a parlare mentre Pietro si posizionava alle sue spalle, quasi a proteggersi dai Vendicatori usandola come scudo.
“Mi crederesti se ti dicessi che abbiamo bisogno del vostro aiuto?” domandò lei, seria. Logan, per tutta risposta, stirò le labbra in un ghigno, trattenendo a stento una risata. “Sapevo che avresti reagito così” disse senza mostrare di essersela presa.
“Voi che chiedete aiuto a noi? Mystica... è sempre la solita vecchia storia: X-men contro Confraternita. Devo ricordarti l'ultimo scontro che abbiamo avuto, non più tardi di un mese fa a Muir mentre qui c'erano i Chitauri?”
“Ehi piano!” sbottò Pietro che fino a quel momento aveva lasciato che a parlare fosse la donna “Io non c'entro nulla con la Confraternita!”
“Sì, certo... e io sono il lupo di cappuccetto Rosso...” lo canzonò il canadese
“L'avevo detto che era una pessima idea e che non mi avrebbero mai creduto...” sibilò il ragazzo dai capelli argentini rivolto alla sua tutrice.
“Lasciate parlare il ragazzo!” intervenne Thor, a sorpresa.
Pietro, sentendosi improvvisamente al centro dell'attenzione, cercò di svicolare abbassando lo sguardo. “Io non condivido la visione di mio padre sulla faccenda dei mutanti...” cominciò dopo un po', trovando più facile parlare che sopportare quella curiosità “Io e mia sorella abbiamo solo ceduto alla tentazione di riunirci a un pezzo della nostra famiglia... Non volevamo metterci in mezzo alla questione, solo starcene tranquilli...”
“Ed è per questo che siamo qui...” disse Mystica riprendendo il discorso “Sua sorella! Temevo fosse passata dalla vostra parte, nonostante di questi tempi ai nostri capi piaccia tanto questa assurda collaborazione che si è venuta a creare: Wanda aveva legato con la sorella di Colosso ma...”
“Per questo eri a Westchester quando io ci sono andato con Rogers!” ringhiò il canadese.
Lei assentì “Sapevi che Illyana è sparita? Scommetto di no.”
Scommetto di no.. le fece il verso Wade che avrebbe voluto replicare che erano appena venuti a conoscenza della cosa.
“Piotr e il professore te l'avranno tenuto nascosto per evitare che facessi uno dei tuoi casini... Il realtà anche Erik era preoccupato per la stessa ragione. Motivo in più per sotterrare l'ascia di guerra...”
“Voi cosa c'entrate?” domandò Logan con fare sbrigativo
“Illyana e Wanda avevano legato. Sparita una, scopriamo che è sparita anche l'altra. La cosa ti interessa, X-man?” replicò la donna
“Tu cosa ci guadagni?”
“Mi faccio bella agli occhi di Magnus recuperando sua figlia, no? È così ovvio...”
“Non me la racconti giusta...” disse vedendo lo spaesamento del ragazzo che, evidentemente, sapeva qualcosa. “E perché siate venuti da noi ancora non lo capisco. Perché non siete tornati dagli X-men, Erik a parte? Perché i Vendicatori?”
“Perché vi riguarda direttamente. Ricordi cosa dissi quando feci rapporto su quella strana riunione a cui avevo partecipato sotto mentite spoglie?” domandò. Quando Logan ebbe confermato, proseguì “Sono convinta che dietro alla sparizione delle ragazze ci sia lo stesso gruppo che stava dietro l'attentato di Stark.”
A quelle parole, Logan si raddrizzò, quasi volesse tacere i commenti che sarebbero sicuramente giunti dai suoi compagni “Diciamo che è possibile che io valuti l'idea di collaborare. Ma tu... dovresti fare esattamente quello che dico io, chiaro?”
“D'accordo, accetto...” disse Raven dopo qualche istante in cui fece finta -Logan ne era certo- di meditare sulla proposta.
“Allora dicci quello che sai!”
“Io non ho nulla di certo. Ma tanti indizi che concorrono a delineare uno scenario abbastanza nitido. In soldoni, credo che Norman voglia usare i migliori sensitivi del Pianeta – o almeno quelli che trova a portata di mano qui negli States – per evocare Loki”
“Che novità!” sbottò Logan “Tu come l'hai scoperto?”
“Un paio di telefonate con la voce giusta...” replicò lei, divertita
“E a cosa ti servono i supporter?”
“Non ho anche il potere di Madrox e non posso andare da sola a liberare Wanda. Sicuramente, chiunque si insospettirebbe!”
“Ti serviamo a far numero, insomma...”
“E scommetto che anche a voi farebbe comodo avere una mutaforma...”
“Io non mi fido di te, cocca!”
“Proprio come direbbe Fury...” commentò Wade
“Cosa c'entra?” domandò Peter divertito da quell'uscita estemporanea
“I dossier e i rapporti sulle indagini psicologiche di Fury parlano chiaro: il sogno più grande di Logan sarebbe quello di essere una copia sputata della superspia dello S.H.I.E.L.D. E lui ora si atteggia come Fury. Mai letto Secret War o House of M?” rispose quello, per niente offeso.
Wolverine lasciò perdere e tornò a concentrarsi sulla donna “Hai un piano?”
Lei stirò un sorriso “Certo...”
“Accettiamo davvero?” domandò Wade già galvanizzato
“Accetto io! E' una storia di Mutanti. E io sono un X-Man prima di tutto.” rispose Logan senza staccare gli occhi dalla donna
“Beh, non mi sembra...” replicò Peter “Voglio dire, i Vendicatori non sono nati per proteggere la Terra da qualunque minaccia? L'evocazione di Loki mi pare rientri di diritto nella categoria...”
“Non è rimasto nessuno del gruppo originale, a parte Thor...” replicò Logan “Non posso coinvolgervi in... un salvataggio mutante.”
“Basta metterlo a votazione, amico...” replicò l'interessato “Chi è a favore dell'intervento?”
“Io, ovviamente!” gracchiò Wade, sbracciandosi
“Ovviamente io ci sto!” disse anche Peter che aveva avuto l'idea “Visione?”
– Ritengo che la soluzione più logica sia quella offerta dal signor Peter... –
“Ehi! Loro due mica lo sanno come mi chiamo! Evita di sbandierare il mio nome in giro, per favore!” protestò subito il Ragno
– Chiedo scusa! –  disse con tono pacato il sintezoide. – Se le informazioni da voi raccolte fossero vere (concordando tra loro, nonostante la diversa tipologia di raccolta e selezione delle stesse, propendo a pensare che la verità non si discosti troppo da quanto da voi supposto) non solo sarebbe opportuno ma addirittura necessario l'intervento di questo gruppo. Certo, dobbiamo valutare se, in un disegno più grande, Loki non voglia, in realtà, salvare la Terra... –
Fu Thor che spezzò il silenzio incredulo che era calato tra i presente a quell'esternazione, sbottando in una risata fragorosa “Loki? Farebbe qualunque cosa pur di farmi dispetto. Giacché mi sono autoproclamato protettore della Terra, lui si sente in diritto di attaccarla, per attaccare me! Non credo proprio voglia salvarla. Vuole dominarla, per umiliarmi. E' convinto che io goda delle sue disavventure e dei suoi fallimenti... Dobbiamo intervenire!”
– Unendo questo ulteriore dato... – stava continuando Visione - ...abbiamo la conferma al 96,7% che l'asgardiano Loki intenda sottomettere la Terra e un 16,8% che voglia distruggerla. Sono comunque dati sufficienti a giustificare il nostro intervento –
“Ecco fatto, abbiamo una squadra al completo...” ghignò Mystica, soddisfatta, rivolgendosi a Pietro.
“E il gruppo originario?” domandò ancora Peter “Non dovremmo cercare anche loro?”
“Finché la tua amica gattina non procura della documentazione su dove cavolo si trovi la base di Atlas sarebbe sciocco muoverci alla cieca...  A meno che lei...” disse Logan fissando Raven “...non sia in grado di arrivare in breve tempo laddove una ex-ladra non può arrivare...”
“E perché dovrebbe riuscirci?” domandò Peter confuso
“Ero una spia, amore!” replicò la donna, trasformandosi in una bionda bellezza patinata inguainata in una tuta di lattex. “E sì, posso provare a fare qualcosa. Ma in cambio voglio Scarlett. Un favore in cambio di un favore...”
“Affare fatto. Ma tradiscimi e te ne farò pentire amaramente...” ringhiò Logan stringendole la mano e mentre gli artigli sguainati a monito arrivavano a sfiorarle il gomito.
“Sono ancora in debito con te... lo sarò sempre.” replicò lei, offesa “Quindi fammi il favore di non essere così sospettoso: quando lavoriamo assieme sai che puoi fidarti di me!”
“No, non lo so!” ringhiò ancora lui tirandola a sé con uno strattone per poterle fissare le iridi gialle da gatto. Un rituale tutto animale di avvertimento e minaccia, in cui il contatto oculare stabiliva desiderio o aggressività, in cui il più debole distoglieva lo sguardo “E di te continuerò sempre a non fidarmi!” disse mollando la presa. “Andiamo a dormire, avanti, domani ci alziamo presto ed elaboreremo un piano sensato. Jarvis, procura un letto ai due intrusi!”
– Subito, padron Logan –  replicò il maggiordomo albino avvicinandosi ai due mutanti e facendo loro strada. Mystica e Pietro lo seguirono docilmente fino a una stanza con due letti singoli.
Nessuno protestò: non che l'idea garbasse molto a nessuno dei due ma fecero di necessità virtù. Rimasti soli, Mystica si infilò immediatamente sotto le lenzuola.
Pietro, invece, si sedette sul bordo del suo materasso e si tolse svogliatamente scarpe, meditando su quanto era stato detto fino ad allora.
“In realtà hai intenzione di tradirlo, vero?” domandò in un soffio. Non si aspettava una risposta dalla donna. Voleva solo capire. Avere un quadro d'insieme più chiaro. Il bisogno di riavere sua sorella, al momento, era passato in secondo piano: avevano un'alleanza e poteva permettersi di pensare al contesto.
“Ho detto che non lo farò, sei sordo?” domandò la donna restando di spalle
Pietro valutò la freddezza della sua risposta. Cosa univa quei due? Se non era amore, cos'era?
“Perché? Come puoi tu essere in debito con lui?” Ripensava alla conversazione avuta in aeroporto, a come lei si fosse difesa dalle insinuazioni di Pyro e Lance, di come Quentin si fosse rabbuiato, leggendole la mente. Quella mano scivolata involontariamente sul ventre...
Sapeva che la donna non gli avrebbe mai risposto e si accinse a spogliarsi. Quando stava per liberarsi anche dei pantaloni cargo color salvia la sentì muoversi ed ebbe l'impressione che due occhi gialli lo stessero fissando.
“Gli devo la vita. E per quanto cinica io possa essere, è una cosa che non si può lavare via con tanta facilità.”
“E come?” domandò il ragazzo, curioso e subito attento a quell'alito che sembrava esserle scivolato dalle labbra come durante un sogno.
Lei sbuffò “Quando i ruoli sono chiari, io da una parte, lui dall'altra, non mi faccio scrupoli a usare qualunque mezzuccio. Ma quando siamo assieme... non posso non essergli riconoscente!”
“Che è successo? Riguarda quello che hai accennato quella volta in aeroporto?” Gli sembrò che lei sorridesse della sua perspicacia
“Tu non sei come me. Sia tu che Wanda siete migliori.” In quelle parole, Pietro avvertì un'invisibile carezza e un rammarico bruciante per ciò che, invece, l'aveva trasformata a quel modo. “Avrei potuto essere anch'io come voi. Ma ho deciso di odiare gli umani e di far riconoscere la nostra indipendenza tramite il terrorismo. Onestamente lo trovo patetico. Un bambino che fa la voce grossa, che distrugge casa per attirare l'attenzione dei genitori. Davvero, non lo consiglierei a nessuno. Ma ormai ci sono dentro, fa parte di me. E a suo tempo mi è sembrata la cosa più logica da fare. Da lì non mi sono più potuta fermare. Fate bene a voler ragionare sulle vostre scelte. Se volete staccarvi dai metodi di Magnus dovete farlo ora. Dopo sarete troppo coinvolti.”
“Sei sicura di essere tu?” domandò sbigottito il ragazzo
Mystica ridacchiò, divertita dal suo stupore “Non sono sempre stata così... il progetto Arma Plus ti cambia radicalmente...”
Arma... ma non è quello che ha sfornato Logan? E' famoso per quello, no? E' lui che è comunemente chiamato Arma X
“Ho rischiato di fare la stessa fine di Logan... anche se ne avevo già passate altre...” lo informò “Devo la vita a lui e a Sabretooth. E non una ma ben due volte.”
“Ci sono stati due progetti Arma Plus?” domandò confuso il ragazzo
“Il primo, quello ufficiale, fu quello canadese, sotto l'egida del dipartimento H. Ma ogni nazione aveva il suo specifico programma eugenetico. Per umani e per mutanti. Credo tu sappia che Steve Rogers è diventato Capitan America in seguito a uno di questi progetti...”
“Il super soldato. Se non erro è da lì che Arma Plus ha preso l'idea. Al posto di potenziare normali umani, potenziare esseri già naturalmente dotati: i mutanti... E poi Genosha, che convertiva i mutanti in mutati, in base alle esigenze del momento, per sfruttarli come forza lavoro...”
“Sì...” disse lei “Ma ce ne furono altri in entrambi i rami. Migliaia di altri progetti che non vennero mai alla luce. E tutti collegati tra loro. Ma il secondo progetto a cui accennavo è stato condotto volontariamente su scala internazionale, anche se i diversi dipartimenti erano gestiti a livello locale...”
“Logan ti ha salvato anche dal secondo progetto...” meditò Pietro. Per diversi minuti la donna non rispose.
Quando, infine, gli arrivò la sua voce, flebile e leggera, quasi pensò di essersi immaginato tutto “Sì. Per questo non si fida di me. Per due motivi. Tanto per cominciare, ho tradito mia figlia... o meglio, figliastra... Rogue. Prima ancora abbandonai il mio figlio naturale, Nightcrawler. E poi, Logan non riesce a capire perché, pur con un vissuto simile, lui sia riuscito ad andare avanti mentre qualcuno, come me, sia rimasto così agganciato al passato... Non può capire il livello di brutalità e violenza che si può scatenare se...” Esitò un attimo “Lui non è una donna!” sentenziò, lasciando a intendere che le violenze seguissero una distinzione di genere e che fossero molto più invasive per le donne che per gli uomini.
Come se potesse esserci qualcosa di peggiore dell'iniezione di metallo liquido e rovente per ricoprire tutto lo scheletro.
Forse non capiva perché anche lui era un maschio? Si stava scervellando sulla questione e non domandò altro alla sua compagna di stanza per non turbarla.
Si addormentò provando ad immaginare cosa potesse voler dire essere una donna. E a quali pericoli era esposta anche sua sorella.
La preoccupazione per Wanda, quella notte, gli avrebbe agitato il sonno.



1    È un gatto dal pelo color blu con sfumature grigie e la mutaforma compare come gatta sia in Ultimate X-men (sta acciambellata sulle gambe di Xavier) sia è la sua principale trasformazione nel cartone X-men Evolution.

2    Noto slogan della Pirelli

AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV

Come potete vedere in questi capitoli sono rimasta molto leggera, no? -_- vabbè, giuro che è finita qui. Basta brutture. Ma era giusto spiegare le ripercussioni che certi trattamenti possono avere sulla spiche umana.

Ovviamente nei fumetti e nei cartoni non c'è nulla di tutto ciò (sennò col cavolo che passavano l'autorizzazione della Comic Code Authority...o pensavate che tutto ciò che venissero pubblicate senza alcun controllo? per quanto possa parer strano, soprattutto negli USA il controllo è rigorosissimo. Ma anche i fumetti giapponesi hanno le loro gatte da pelare per la pubblicazione. Oh, e non pensate che il cinema sia da meno. Ora non è più così forte ma fino a pochi decenni fa c'era una rigida etichetta anche per i vestiti. Ma queste cose non vi interessano).
Dunque... Ecco chi sono gli intrusi ed ecco come Pietro entra a far parte dei Vendicatori (nel suo caso si tratta proprio di vendetta XD guai a toccargli la sorella). Ed ecco riportato anche Visione ai colori tradizionali: è inguardabile...
Ci avviamo, quindi, alla conclusione di questa seconda parte...ancora un paio di capitoli e poi si cambia registro.
Se nella prima parte mettevo le basi per gli sviluppi successivi, in questa quarantina di capitoli, come avrete notato, ho per lo più analizzato e portato a galla dinamiche e problematiche preesistenti il film e lo svolgimento della fic nell'insieme. Nella terza parte finalmente tireremo le somme di tutto questo e vedremo di mettere un punto fermo (come se nel Marvelverse fosse possibile), vedremo come sistemerò -sicuramente male- l'ondata anti-superumani con programmi sentinelle e porcherie varie...
Vi aspetto al prossimo capitolo ;)

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Capitolo 41
*** Ragione e Sentimento ***


41. Ragione e Sentimento



Kurt non si era allontanato un attimo dal capezzale di Rogue. Appollaiato come parrocchetto sul suo trespolo, frustava l'aria con la sua coda lanceolata e pregava sommessamente, gli occhi chiusi, il capo rivolto verso il basso. L'uraniano aveva fatto quanto era in suo potere e così anche lo stuolo di medici, erboristi, agopuntori, fisioterapisti e ogni qualunque altre categoria paramedica fosse stata disponibile nella città scavata nella roccia. La ragazza era fisicamente a posto: non c'erano danni permanenti né al suo corpo né al suo cervello. Allora perché ancora non si svegliava?
Quel dannato collare dell'MRD...
Perché aveva deciso di collaborare col cajun a quella follia? Perché non si era accorto di quello stupidissimo condensatore? Sembrava davvero essere assolutamente necessario e invece, quando Bob l'aveva analizzato, aveva scoperto che era stato la causa prima di tutta quella distruzione e della perdita di controllo della mutante.
Kurt rivide in un lampo la scena di sua sorella scatenata come mai gli era capitato di vederla. Aveva capito subito che non era come le altre volte, quando bastava farsi riconoscere, veicolarle i propri sentimenti e la propria memoria tramite contatto fisico: si calmava sempre all'istante perché non avrebbe mai torto un capello a lui o a Logan. Ma quella volta aveva visto, intrappolata nella sua copia malvagia, solo un'eco della sorella. Perfida al punto di baciarlo...e morderlo, addirittura. Era stato tutto così strano... non aveva neanche assorbito nulla tramite il contatto fisico che lei aveva cercato: non poteva essere diventata padrona dei suoi poteri in un colpo solo.
In un primo momento aveva pensato fosse merito del collare. Il secondo successivo aveva realizzato che, se aveva il collare e se questo era in funzione, non avrebbe dovuto poter usare nemmeno i poteri acquisiti e, quindi, non sarebbe dovuta impazzire.
Ora non poteva fare altro che pregare il Signore che la donna così forte che era Rogue si risvegliasse. Non importava che accusasse stanchezza o perdita di memoria. La voleva accanto a sé. Come avrebbe fatto senza il sostegno di quella roccia che lo aveva sempre difeso nonostante il suo aspetto spaventoso? Era lei che l'aveva sempre protetto. Anche in quella squallida cella, quindici anni prima. Era stato il caso, era stata la scelta egoistica di Mystica o era stata una decisione del Signore di influenzare in quel modo la mente della donna, risparmiando lui a discapito della ragazza? Poteva anche essere stato che Rogue si fosse offerta al suo posto: conoscendola ne sarebbe stata capace.
Da quando l'aveva incontrata, quando erano entrambi poco più che preadolescenti, lei era stata sempre presente nella sua vita. L'aveva incoraggiato, sostenuto da lontano, gli aveva mostrato la via, gli aveva fatto credere di poter essere accettato dai suoi simili nella scuola di Westchester. E così era stato. Con quella sicurezza non sua, aveva reso possibile l'accettazione degli altri. Certo, c'era gente ben più spaventosa di lui, come Glob Herman -l'uomo gelatina di cui si vedevano visceri e struttura scheletrica-, Evan Sabahnur-anche detto Apocalypse Boy per la sua carnagione cianotica e con un orrendo taglio della bocca che gli dava l'aspetto particolare di chi è stato torturato a lungo- o Doop, una copia mal riuscita del più famoso Slimer.
La forte, rude, scostante ma disponibile e dolce Rouge ora giaceva priva di coscienza sul letto sotto di sé. Kurt si dondolava avanti e indietro aggrappato alla sbarra ai piedi del letto, picchiettandosi il petto mentre salmodiava un rosario intervallato da infiniti mea culpa.
Era pronto a pagare qualunque prezzo il Signore avesse voluto proporgli: Rogue aveva appena assaggiato la normalità e doveva già...
No, un attimo. Non sapeva nemmeno cosa fosse successo. Il fatto che avesse il collare non voleva dire che lei e Gambit avessero concluso qualcosa...
“Signore, ti prego!” biascicò col volto in lacrime “Ha già sofferto abbastanza!” Erano momenti come quelli che facevano vacillare la sua fede. Lui se l'era meritato, era figlio di sua madre, e nelle prigioni dell'MRD aveva finalmente capito perché il Signore avesse voluto punirlo con un aspetto tanto mostruoso, attirandosi le ire e le paure della gente. Ma Rogue? Cosa aveva fatto per meritarsi tutto quello? Aveva ucciso Carol Danvers? Non era stata colpa sua, non aveva potuto sottrarsi. E quel terribile potere la affliggeva da molto tempo prima. Non riusciva davvero a capire il disegno divino. Ma cosa doveva pensare? Che Dio li punisse gratuitamente come un qualunque sadico essere umano? Doveva esserci un messaggio nascosto che gente come loro avrebbe colto solo tramite le tribolazioni.
A volte avrebbe preferito non essere tra i prescelti se tanta sofferenza era segno di predestinazione. E ancora, come poteva il Dio misericordioso che amava, avere tante preferenze e così marcate?
No...doveva calmarsi... quelle bestemmie erano solo il frutto della sua disperazione. Il Signore non li avrebbe mai abbandonati. Non avrebbe mai abbandonato nessuno. Doveva aver fede. Ma come era difficile, in certi momenti, non cedere allo sconforto. Eppure, in quel momento, era disposto a tutto, anche a barattare la sua stessa anima per la salvezza della donna.
Il male: ecco cos'era quel sentimento che si insinuava in quella sottile linea d'ombra che né la sua mente razionale e scientifica né la sua fede riuscivano a coprire.
“Rogue, ti prego... sei forte...puoi superarla...qualunque cosa sia...” biascicò. Se né la scienza né la religione potevano sostenerlo, l'unica, ancora una volta, era la diretta interessata. Doveva rivolgersi a lei perché tutto dipendeva dalla ragazza. Forse, Rogue era sotto shock. Per cosa, Kurt non poteva saperlo.
Passarono i minuti o forse le ore, da quando erano stati lasciati soli in quella stanza.
Finalmente, come indicavano i nuovi rumori prodotti dalle macchine di monitoraggio a cui era attaccata, schiuse gli occhi.
“Anna!” urlò il ragazzo fiondandolesi addosso “Oh Dio mio, ti ringrazio! Ti ringrazio!”
“Cosa...?” domandò la ragazza rispondendo poco convinta a quella manifestazione d'affetto. “Kurt, che ti succede...? Mi sento così strana...”
“Non ricordi nulla?” domandò lui allontanandosi appena e tergendosi gli occhi gonfi di lacrime “Oh, Cielo, Anna, ti credevo quasi morta ed è stato... terribile... non farmi più uno scherzo del genere!” frignò cercando ancora il suo calore.
“Kurt, s'il vous plaît ... non capisco... non ricordo...”
“Ma certo... sì...” si disse il mutante, accontentandola mentre scrutava gli occhi della sorellastra. Qualcosa non andava: l'iride era innaturalmente rossa e la cornea... nera. Come gli occhi di Gambt. “La tua memoria a breve termine dev'essere stata danneggiata... ricorderai con un po' di riposo...” disse accomodandosi al suo fianco senza lasciarle andare la mano guantata e aiutandola a stendersi di nuovo. “Qual è il tuo ultimo ricordo?” domandò dopo qualche minuto.
Rogue chiuse gli occhi, concentrandosi “Gambit... ricordo Gambit.. era notte... è tutto così confuso...”
“Sei stata con lui tutta la sera...” confermò Kurt. Digrignò i denti, non per la rabbia ma per la tensione che ormai faticava a sopportare. Cos'era successo, davvero?
“Dov'è ora?” domandò lei portandosi una mano alla fronte “Mi pare... avessimo un discorso in sospeso...”
Nei pochi secondi che passarono, mentre Kurt cercava le parole per comunicare a Rogue gli ultimi avvenimenti, la vide arrossire e voltare il capo di lato. “Ti sei ricordata qualcosa?” domandò ansioso
“Non... non ne sono sicura... Potrebbe essere un sogno...” biascicò lei
“Qualunque cosa tu ricordi, Anna, è importante, ti prego!” la incalzò lui.
“Io... credo... no, sicuramente è solo un sogno... ci siamo … beh, ecco...baciati... ma è una cosa impossibile...” si schernì “Kurt... dov'è Gambit? Devo chiarire questa... cosa... credo che ne avessimo parlato anche in macchina, andando alla festa...”
Kurt si rabbuiò. E per diversi motivi. Ma il pensiero principale, accantonando il suo dolore egoistico, era focalizzato sui mutamenti che la sorella aveva subito: quegli occhi così scuri, quell'inflessione francese che ogni tanto le scappava, quell'elettricità che sentiva guizzare nelle mani della sorella ma che non si scatenava perché non c'era nulla di inorganico su cui fare presa, stavano scavando nella sua mente la peggiore delle ipotesi che non voleva rendere reale tramite parole avventate. “Ricordi nulla di un bracciale?” domandò ancora lui, eludendo le richieste della sorella.
“Sì... il bel bracciale che avevo visto quando siamo andati a cercare un regalo per Kitty...”
Kurt si prese la testa tra le mani, disperato: Gambit probabilmente era morto per mano di Rogue. E tutto perché lui non aveva controllato bene quel dannato aggeggio. “E' tutta colpa mia...” sibilò irato “Avrei dovuto pensarci...”
“Kurt, ti prego... cosa sta succedendo? Mi stai spaventando...” disse alzando lo sguardo sulla stanza ricavata dalla roccia “E dove siamo? Dov'è Gambit, santo cielo!”
Il ragazzo si passò la mano tripartita sul volto, mordendosi le labbra. I canini appuntiti rilucevano sulla sua pelle scura “Dalle ricostruzioni...” cominciò piano, deglutendo.
“Ricostruzioni?” lo interruppe la donna arricciando il naso, perplessa.
Lui annuì “Solo tu puoi dirci come è andata. Ma da quello che mi hai detto credo di essermi fatto un quadro chiaro. Gambit ti ha dato il bracciale. Un bracciale ricavato da un collare dell'MRD. Un collare che io ho contribuito a smontare e adattare al bracciale.” pronunciò una frase alla volta, assicurandosi che lei seguisse il suo filo logico. “Poi...” deglutì, vistosamente a disagio “... dici che, forse c'è stato un bacio... e Gambit non si trova... capisci quello che voglio dire? Con Carol... quella volta, non eri ancora in possesso di tutti i poteri che hai oggi.” disse scuotendo la testa. Aveva trascinato e ricacciato sua sorella nel baratro più nero della sua esistenza e l'aveva trasformata, ancora una volta, in un'assassina. “Di sicuro c'è che, a un certo punto, sei impazzita, Anna. E al polso avevi il bracciale. Capisci?” domandò vedendo il suo sguardo vacuo “Ho commesso un terribile errore. Quel collare era progettato apposta per te, per quando ti fossi sentita sicura e emozionata a livello esponenziale. Per quanto Gambit l'abbia preso da uno scatolone in mezzo a mille altri quel congegno era studiato per te, per attivarti come una bomba a orologeria esattamente per quell'evento. Forse era una trappola preparata da tempo... Essex poteva sapere in anticipo dei preparativi del Triskelion e poteva immaginare le mosse di Remy... d'altronde lo conosce bene...”
“Dov'è Remy?” domandò tagliente, lo sguardo ancora fisso davanti a sé “Dov'è?”
“Mi dispiace Anna... io... non lo so. Non era nella sala al momento dell'attacco. Il disco di Bob ha effettuato una scansione dell'edificio prima di decollare per controllare che non ci fossero vittime o feriti. E la polizia, accorsa sul luogo, non ha trovato nulla, se non le macerie. Gambit sembra essersi volatilizzato...”
“Cosa?” alitò lei esterrefatta
“Non... non pensarci, Rogue, ti prego. Non incolpare te stessa...” balbettò Kurt con voce rotta. Era straziante anche solo immaginarsi nei panni della sorella. Immaginare di aver ucciso l'uomo che amava e con cui aveva appena stabilito un qualche legame. “Probabilmente era una trappola di Essex. Sapeva cosa vorticava nella testa di Remy e deve aver usato quel... quel bacio come detonatore... Non è colpa tua!”
Rogue, sotto shock, poggiò la testa contro il muro alle sue spalle.
Remy era scomparso. Lei l'aveva attaccato. Questo era quanto si poteva ragionevolmente presupporre dalle ricostruzioni.
“Bob... l'uraniano.. oh Dio, non sai di cosa sto parlando, ovviamente... comunque uno in gamba ha provato a recuperare i filmati delle telecamere di sorveglianza ma... era tutte registrazioni disturbate. E' evidente che quell'affare emetteva un qualche campo magnetico in grado di interferire con le normali tecnologie...”
“Remy... non c'era... non è stato trovato...”
“No, Rogue, nemmeno un capello, mi dispiace...” confermò posando la mano su quella della ragazza artigliata al lenzuolo
“Non c'era... Gambit e Nathaniel... il collare...”
“Rogue, non....” cominciò il fratello che lei si liberò dalla sua stretta
“Era tutta una bugia, dannazione!” urlò in preda alla rabbia “Lo sapevo che non mi dovevo fidare di quello sporco cajun!”
“Che stai dicendo...?”
“Mi ha usata, Kurt. Mi ha usata come fanno sempre tutti! Mi ha venduta a suo padre non appena ha saputo sarei stata nella squadra di scorta a Stark e, quindi, vicina a tutti i grandi scienziati e ai più potenti eroi non mutanti della Terra! Mi ha stordita con le sue moine. Sono stata una stupida!” urlò abbracciandosi le gambe in un gesto nervoso “Stupida stupida stupida! Lo sapevo! Avrei dovuto sondare la sua mente. Perché devo sempre giocare pulito quando lui non fa altro che barare? Che rabbia!” urlò facendo ondeggiare pericolosamente le attrezzature attorno a sé.
“Calmati, Rogue!” disse lui allarmato e in parte sollevato che lei ancora non avesse capito di essersi trasformata nell'assassina del uomo che, tecnicamente, amava “Calmati... ricordi cosa succede quando perdi il controllo, no? Ne sei appena uscita, calmati!” quasi urlò prendendole il volto tra le mani. Poggiò amorevolmente la fronte su quella della ragazza, stringendola in un abbraccio accogliente, lasciando che il suo amore arrivasse a calmarla “Calmati... ci sono io con te...”
“Mi ha usata, Kurt! Mi ha scatenata e mi ha lasciata da sola...” disse con voce improvvisamente rotta “Non mi ha mai amata... sono sempre stata solo una pedina nelle sue mani e in quelle di Essex”
“Non dire così... non ci sono prove... non...”
“Quale altra spiegazione puoi fornire, Kurt? Razionalmente! Quale se non che mi abbia attivata e se la sia data a gambe? Guarda caso nessuno ha visto nulla... Che stupida... che stupida! E per colpa della mia superficialità ho rischiato di ammazzare gente innocente!”
“Ma non è successo, Rogue! Rogue non sei un'assassina! E forse lui non c'entra nulla. Abbi fede ne...”
“Ah! Smettila Kurt, tu e la tua fede! Devo fidarmi di chi? Di un ladro disonesto e imbroglione? Uno che gioca col cuore delle donne per divertimento? Mi sorprende che tu abbia collaborato con lui e se non fossi mio fratello e non sapessi che hai passato quello che ho passato io penserei che tu abbia cospirato contro di noi!”
“Ma cosa dici!” si inalberò il mutante “Ed è davvero da malfidati ritenere Gambit capace di una tale bassezza. Non sarà uno stinco di santo ma è pur sempre un X-man!”
“E' un uomo che ha coperto lo sterminio dei Morlock e che era a conoscenza del progetto di Sinistro!”
“Cosa?” allibì il teleporta mentre Rogue si mordeva le labbra.
Si era lasciata scappare il segreto che, fino a quel momento aveva difeso con tutta se stessa ma che, in quel momento, sembrava far quadrare il cerchio.
“Gambit è figlio di Sinistro. Era presente anche lui nella struttura dove noi fummo tenuti prigionieri... I ricordi che fluirono in me, al primo contatto, furono che lui ne era stato tenuto all'oscuro. Ora capisco che, al nostro primo incontro, già conosceva i miei poteri e sapeva come sfruttarli a suo vantaggio. Non mi stupirei se scoprissi che è anche telepate, come il padre. Di certo può influenzare le menti e, oltre a farti fare quello che vuole, forse può anche farti pensare quello che vuole...”
“Non può essere...” alitò lui cercando negli occhi della sorella la smentita a quella confessione.
“Che stupida!” urlò “E' colpa mia... è tutta colpa mia! Se Essex sa come distruggere i mutanti è tutta colpa mia...”
“Non... Rogue, l'avrebbe scoperto lo stesso, con o senza di te...” cercò di consolarla lui
Ma lei gli riservò un'occhiata gelida “Dovresti sapere quant'è pesante il senso di colpa.” sibilò “Ora, lasciami sola, ti prego. Non voglio dubitare anche di te... sei l'unico che mi rimane..” disse ributtandosi a letto e infagottandosi nelle lenzuola.
Kurt l'osservò un attimo, smarrito. Chinò il capo, vinto dalla tristezza e si teleportò all'esterno, nel lungo corridoio di pietra. Si buttò a terra, la schiena poggiata contro la parete dura e fredda mentre calde lacrime gli solcavano il volto. Piangeva per la condizione della sorella e per il potenziale pericolo in cui si trovavano i suoi simili. Pianse per la morte del compagno di squadra, ritenendola più plausibile di un suo tradimento. Pianse per tutti i sentimenti che gli aggrovigliavano lo stomaco, bloccandogli la gola in un nodo di tragica disperazione: lei si fidava di lui... non poteva deluderla, tradirne la fiducia o ferirla in alcun modo. Serrò gli occhi. Doveva rinunciare a ogni idea avesse avuto ed essere forte per lei. Ma pianse anche la sua fede che andava sgretolandosi man mano sotto i colpi violenti della realtà e della disperazione. Perché? Perché punirlo ancora in modo così indiretto e subdolo, tramite le persone che amava? Dio lo stava mettendo ancora alla prova e lui non era degno. Ma perché mettere un traditore tra loro, se ciò si fosse rivelato vero?
Era così che si sentì anche Gesù quando venne tradito? Prima da Giuda e poi dal suo fedelissimo Pietro? Chi sarebbe stato il prossimo? L'alfiere che, involontariamente, avrebbe tradito? Che fosse proprio Rogue? Sì... a vedere gli ultimi sviluppi era proprio lei la causa del suo dolore. Avrebbe volentieri pianto disperatamente ma non era suo diritto. Il dolore della sorella, al di là del muro, era molto più profondo e cocente. Ed era l'unica, tra i due, che avesse il diritto di stare così male.

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Qualcuno mi chiedeva che fine avesse fatto Gambit... ecco... voi siete autorizzati a scegliere solo tra le opzioni proposte dai due fratellini... perché la verità sta da un'altra parte :) e, ovviamente, non ve lo dirò ora dove dovete guardare :)
Per completare il quadro ho postato anche quella che è poi diventata una song-fic, The winner takes it all (un nome che è tutto un programma! Ah... mi faccio prendere la mano... e questa seconda parte è stata piena zeppa di songfic...) dove si vede Rogue, rimasta sola, a macerarsi in questo stato d'animo pietoso tra desiderio di lasciarsi cullare dall'idea di una bella bugia e il masochismo nel voler affrontare una realtà atroce che magari non è nemmeno quella giusta...così, tanto per essere preparati al peggio salvo poi rimanerci male comunque (davvero, non lo augurerei al mio peggior nemico... a ben vedere, il mio preferito, Remy, rappresenta tutto ciò che odio in un uomo vero -_- vabbè...).
Si tratta di un approfondimento non strettamente necessario ai fini della narrazione.
Ma se pensate che il malessere di Rogue si esaurisca con una bella dormita, sbagliate. Dai, sarebbe inverosimile. Ci tornerò nella terza parte (è la parte -a mio parere- più bella abbia scritto finora)
Quante volte ci diciamo "non farò mai così, proprio no!" e puntualmente ci caschiamo con tutte le scarpe? Ora, non voglio far diventare la fic una cosa sdolcinata -non vedo perché  dovrebbe esserlo, tra l'altro..sta poveraccia soffre come un cane- quindi ho deciso di narrare queste elucubrazioni in separata sede per non allontanarmi troppo dalle vicende di tutta la squadra.
Che dirvi? Ci si risente la prossima settimana con il penultimo capitolo.
Baci a tutti

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Capitolo 42
*** Spark in the dark ***


42. Spark in the dark





Ricalibrazione cognitiva.
Era un termine che non gli piaceva.
Ancora meno, gli piaceva la soluzione al problema. Oltre che il problema stesso.
James Barnes scosse la folta chioma scura, per cacciare il ricordo.
Un ricordo che lo vedeva coinvolto in prima persona.
Lui, Clint, Natasha.
Un ospedale in fiamme.
E un vicino di letto, un agente della C.I.A., chiacchierone, volgare e fastidioso.
Allacciò la cintura dei pantaloni cargo in cui scompariva la maglietta smanicata a costine nera: per quello che doveva fare non serviva indossare la divisa completa, né nascondere la sua protesi. Bastava la spia dell'interruttore della luce a far brillare il suo braccio bionico, rilevandone la presenza. Sarebbe stato certamente più prudente coprirlo, come faceva di solito, ma non ne aveva voglia: Jessica l'avrebbe individuato subito anche a occhi bendati. Lei e i suoi dannati ferormoni.
La porta della sua stanza si aprì con uno sbuffo pneumatico sommesso e lui scivolò veloce nel corridoio metallico anonimo e asettico.
I pesanti stivali non contribuivano a celare la sua presenza ma, d'altronde, quel posto brulicava di soldati e quella era la divisa d'ordinanza.
Si immaginò la scena che si sarebbe concretizzata da lì a pochi minuti, solo che provò a visualizzarsi con ai piedi un paio di comode ciabatte. O magari di quelle belle pantofole pelose e calde.
Ridicolo. E controproducente.
Quando giunse ad uno slargo – una vasta sala le cui pareti erano tappezzate da monitor giganteschi e in cui erano stipate un centinaio di scrivanie, su piani diversi, tutte con operatori attivi – si guardò intorno. Individuato l'agente che cercava, si avvicinò veloce “Albert, prepara un QuinJet per tre persone!”
“Ciao, James! Un buon giorno anche a te!” ridacchiò il biondo, sulla trentina, spostando appena la sedia per poter allacciare i suoi occhi con quelli glaciali del Soldato d'Inverno.
“Non ho tempo per i convenevoli! C'è una minaccia interna....”
“Qui? A Carousel1? Non scherzare!”
“Ti sembro il tipo che scherza su queste cose?”
“No, no, non volevo dire quello...” cercò di giustificarsi l'agente Koening2 “E' solo che se siamo stati infiltrati è un bel problema: gli scanner non hanno rilevato nulla.”
“Ci penso io, non temere. Mi serve solo un aereo! Sono ordini di Fury.”
“Allora...” replicò l'uomo andando a smanettare sulla sua tastiera “Vedrò di liberarvi un posto. Tu e chi altri?”
“L'agente Barton e l'agente Drew” rispose
“Chi dei due è compromesso?”
“Albert...” lo rimproverò quello inclinando la testa di lato e scoccandogli un'occhiata severa.
“Oh, Avanti James! Almeno saprò riconoscerli se ne vedrò un altro: terrò gli occhi ben aperti...” lo supplicò l'operatore.
“No. Ci sta pensando Fury...”
“E come, se abbiamo mezza Unità di Contenimento Paranormale sparita nel nulla?”
Ma James non disse altro. Sorrise enigmatico, dando l'idea di saperla lunga “Ricordati il volo. Ah, abilitami a entrare in tutte le stanze di cui abbia bisogno...”Aggiunse prima di dileguarsi nel corridoio
“Sarà fatto!” replicò prontamente l'altro, trattenendo uno sbuffo risentito, incalzato dalla pacca amichevole sulla spalla. Bucky non se ne rendeva conto ma quel dannato braccio bionico, per quanto usato con delicatezza, faceva molto male alle persone normali che, spesso, ne uscivano con grossi ematomi.
Il soldato non attese oltre e si inoltrò nei meandri di Carousel, preparandosi mentalmente. Era da tempo che non si trovava a dover fare cose del genere. L'ultima volta era stato a Parigi? Forse...
Quando fu davanti alla porta di Jessica trattenne un respiro di auto incoraggiamento e varcò la soglia senza battere ciglio: non doveva esitare neanche un attimo per non dare alcun vantaggio alla donna. La porta lo riconobbe a distanza, mutando la luce del led da rossa a verde, e, quando l'uomo fu a due passi dalla parete, si aprì automaticamente per farlo passare.
Come si aspettava, la stanza era completamente immersa nel buio. Cosa che gli dava un certo vantaggio ma non gli permetteva di essere sicuro di dove si trovasse il suo obiettivo in quel momento. Puntò a destra, al letto. Tutte le stanze, fortunatamente erano fatte con lo stampino e il mobilio non poteva essere spostato, essendo parte integrante della struttura.
I sensori che aveva sul palmo della mano robotica, però, lo informarono che il giaciglio era vuoto prima che lui stringesse il pugno per colpire alla cieca.
Ma se non era nel suo letto, dove cavolo era?
Clint!
Cazzo! Ma giusto quando lui doveva fare il suo lavoro quei due decidevano di pomiciare e complicargli le cose? Affrontare Barton non era proprio la sua massima aspirazione. E non perché si sentisse una mammoletta al confronto, tutt'altro. Il problema di Ronin, diversamente da quando il biondo vestiva i panni di Occhio di Falco, era di essere istintuale e agire di pancia. Cosa che non inficiava affatto le sue capacità e il moccioso centrava sempre e comunque il bersaglio. Non che non ragionasse sulle cose, ma aveva dei processi così veloci che ogni sua azione, in realtà ben ponderata, passava per talento naturale o botta di fortuna.
Dei rumori ovattati al di là del pannello centrale attirarono la sua attenzione: era quello che non si sentiva quando si stava nella sala principale?
Forse un po' di fortuna l'avrebbe assistito e non si sarebbe dovuto misurare in uno scontro a tre. Ma c'era un altro problema. Aveva perso il fattore sorpresa. Non c'era un posto dove nascondersi e sferrarle un pugno sul muso appena la porta si fosse aperta non gli sembrava carino.
In guerra e in amore tutto è concesso. E quella contro quei viscidi alieni, possessori di corpi altrui, non era altro che una guerra. Subdola e all'ultimo sangue, per il dominio e il controllo della Terra e dei suoi abitanti.
Ma quella massima proprio non gli si attagliava. Per un istante, il pensiero volò a Natasha. E a come quelle dannate ricalibrazioni cognitive le avessero tolto il ricordo di loro due, lasciandola convinta di aver rotto in modo violento. C'era mancato poco che si dimenticasse anche della sua esistenza e non aveva voluto infierire su quella mente già duramente provata. Aveva accusato il colpo, l'aveva somatizzato e aveva imparato a far finta che la cosa non gli importasse: la salute della rossa veniva prima del suo desiderio egoistico di averla tutta per sé. Anche se, certo, non gli faceva piacere vedere i casini che quella scriteriata combinava senza di lui.
Digrignò i denti e scivolò contro la parete, tornando al presente: togliersi dal fascio di luce e nascondere il braccio erano le prime cose da fare.
Si appoggiò, quindi, col braccio sano verso l'apertura. Quando la porta scivolò di lato, liberando una densa nuvola di vapore caldo e lasciando la luce del bagno libera di sciabordare nell'oscurità, trattenne il fiato. E sperò vivamente che Jessica si fosse già vestita. O che avesse un asciugamano addosso.
Attaccare o combattere una donna nuda gli faceva sempre specie: sarà stato di vecchio stampo, ma l'unica nudità che concepiva, in un corpo a corpo, era quella di un incontro erotico.
Invece no, ovviamente. Mai che un suo desiderio fosse esaudito.
Jessica era tremenda. Ecco perché nessuno la voleva come coinquilina: non solo teneva la stanza ridotta a un porcile, peggio di quella di qualunque uomo, con cumuli di abiti sporchi -sicuramente avrebbe atteso di finire tutto il guardaroba prima di accorgersi che era ora di fare una lavatrice- e confezioni di cibo precotto seminati in giro, ma se ne andava in giro nuda (d'accordo, era il suo appartamento ma c'era sempre la possibilità di un'ispezione improvvisa). E non era neanche minimamente in ordine. Non che lui pretendesse chissà cosa: in fondo, le donne le voleva solo libere e sicure, non Lolite imberbi. E si presupponeva che lei e Barton stessero assieme... era una bugia o era solo sciatta di suo da non curarsi a quel modo? O peggio... Clint era messo così male da non andar troppo per il sottile? Era impossibile che non notasse!
Vista in quell'ottica sembrava tutto fuorché una donna. Era più una bestia: Tigra aveva una sensualità maggiore... ed era un gatto antropomorfo troppo cresciuto, con tanto di cambio pelo.
Jessica esitò a lungo entro l'alloggio del bagno prima di uscire definitivamente. Quando lo fece, dovette accorgersi di qualcosa perché evitò l'attacco di Bucky appena in tempo: si librò in aria, quel tanto che bastava per portarsi al sicuro. Fortunatamente era senza costume o sarebbe rimasta sospesa in aria in eterno.
Ma il soldato non rimase ad aspettare che un nuovo piano gli si formasse nella testa: saltò e, afferratala per una caviglia, la trascinò giù, dando un forte contributo alla forza di gravità e mandandola a sbattere per terra.
“Dannato cyborg!” sibilò lei. Le mani presero a brillarle in modo singolare mentre, con la chiusura automatica della porta del bagno, la stanza piombava nuovamente nell'oscurità. Quella che poteva sembrare una bioluminescenza naturale, dovuta al contatto di qualche sostanza chimica, era dovuto a micro-scariche elettriche che le guizzavano agitate da un dito all'altro “Ti sputtano il braccio e ne riparliamo!” ringhiò mentre cercava di allontanarselo di dosso a suon di calci.
Jessica era brava nel corpo a corpo. Forse quasi quanto Natasha. Non a caso entrambe erano spie, addestrate dalle agenzie di mezzo mondo, parlavano le stesse lingue e avevano la propensione a cacciarsi negli stessi casini. Parò tutti i colpi con relativa facilità ma lei era un'anguilla e sgusciava da una parte all'altra senza farsi prendere. Tentava, anzi, di attaccarlo con quelle sue scariche, che potevano raggiungere la potenza di quelle delle torpedini. Correttamente utilizzate potevano friggere il cervello del primo povero Cristo che si fosse trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Tra la nudità, che gli impediva ogni appiglio per atterrarla definitivamente, l'oscurità e il doverla tenere a bada, James cominciava a temere di venire sopraffatto dalla mora: in fondo, non aveva proprio a che fare con la prima matricolina inesperta.
L'apertura non programmata della porta d'ingresso gettò all'interno, e per breve tempo, una lama di luce. “Jessica? Tutto ….” Stava domandando la voce preoccupata di Clint.
Quella strega era riuscita a richiamarlo dalla stanza attigua coi suoi dannati ferormoni? Perché ne era sicuro: da che aveva messo piede a Carousel, Clint non si era mai espresso liberamente, nei confronti della mora. Aveva svolto egregiamente il proprio lavoro di disturbatore, lasciandosi assorbire tanto dal lavoro di segreteria quanto dalle missioni pratiche in cui si divertiva come un bambino ad andare a tagliare cavi della corrente in giro per le città. E Jessica gli era sempre a fianco. Ma anche quando usciva dal ruolo e poteva dedicarsi a se stesso, non c'era stato un attimo che fosse rimasto solo. Lì per lì non ci aveva fatto caso, erano la nuova coppia dello S.H.I.E.L.D. -così aveva detto Coulson- e tanto bastava a giustificare quell'attaccamento morboso. Ma quando Fury l'aveva contattato, i pezzi del mosaico erano andati a disporsi automaticamente a delineare un quadro fin troppo chiaro: Clint era di nuovo manipolato.
E, forse, si poteva dire lo stesso della manipolatrice.
Jessica si distrasse un attimo all'ingresso di Clint. Ma James no: aveva messo in conto una simile eventualità e approfittò di quel momento per sferrare il suo attacco.
Un manrovescio colpì la donna all'altezza dello zigomo, mandandola a sbattere con la testa sul pavimento.
“Ehi!” strepitò Barton facendo il suo ingresso e armando rapidamente la sua spada componibile3 mentre la luce tornava a scomparire, inghiottita dalle fauci della stanza buia. La lama composta sciabolò nell'oscurità, spazzando l'arco davanti all'agente. Ma Clint non era stato abbastanza lesto. James aveva avuto tutto il tempo di assestare a Jessica un nuovo colpo che, questa volta, la fece gemere di dolore. “Sei impazzito?” Urlò Barton parandosi a difesa della donna riversa a terra, la spada sguainata dritta davanti a sé
“Ricalibrazione cognitiva...” sorrise l'altro, anche se nessuno poteva vederlo, mentre si spostava verso la scrivania e inciampando in un mucchio di abiti (non guardò, non voleva sapere cosa stava calpestando. Per rispetto suo e di quella cosa chiamata Jessica...) “Dovresti sapere a cosa alludo...” Avvertì l'esitazione di Clint dal suo respiro e rincarò la dose “E, a proposito di allusioni, un'arma spianata a quel modo davanti a una donna nuda non è una bella immagine...”
L'agente Barton non fece in tempo a replicare che Jessica si raddrizzò barcollante. “Ahia!” protestò in un mugugno. “Dio, che male!”
“Accendi le luci!” ordinò Bucky a Clint, che sembrava frastornato e incredulo. Il biondo eseguì l'ordine senza batter ciglio, interrogandosi su cosa fosse successo “Agente Drew, mi riconosce?” domandò poi il moro chinandosi davanti a lei ma restando a distanza di sicurezza.
“Io...” cominciò lei strizzando gli occhi. Scosse la testa e si passò una mano tra i capelli. La ritirò subito dopo aver sentito qualcosa di viscoso scorrerle tra le mani. “Perché ho del sangue...?” stava domandando cercando di guadagnare una posizione più comoda ma, quando riuscì finalmente a sedersi e si rese conto di essere nuda. Cacciò un urlò e agguantò il lenzuolo dal letto per coprirsi alla meglio. “Cosa sta succedendo?” ringhiò facendo scintillare le sue mani di energia elettrica, le cui scariche suonavano, ora, molto più minacciose di prima.
“Ricalibrazione cognitiva...” disse solo James rimettendosi in piedi. Dalla cintura estrasse una torcia portatile e, mentre l'accendeva, avanzò verso di lei. Le studiò le pupille e quando fu certo che tutto fosse a posto, la liberò “Eri stata soggiogata da un incantesimo alieno. E a tua volta, comandavi Clint come un burattino... Ricordi qualcosa?”
“Io... no... cioè... ricordo benissimo il controllo che esercitavo su Clint ma non ricordo altro...” biascicò lei cercando di sistemarsi il lenzuolo alla meglio. “Dio, che schifo!” rabbrividì nel tentativo di nascondere le gambe sedendosi sui talloni “Alieni... non hanno la benché minima idea di cosa voglia dire essere una donna terrestre...” sputò con livore.
“Ah...!” allibì James. Quindi quella non era sciatteria della donna ma frutto di un mancato controllo delle proprie azioni? Nota interessante, da riferire subito al capo.
“Effettivamente...” biascicò anche Clint andando a sedersi ai piedi del letto sfatto ma libero “Anche io e Selvig abbiamo dovuto recuperare un po' sull'igiene personale quando ci siamo risvegliati...”
“Ringrazio il mio istinto femminile che mi fa lavare ogni volta che posso. Voi zotici, invece, preferite rotolarvi nel fango come i maiali, probabilmente, a livello inconscio. Sai, sudore e sangue uguale macho, fiori e coccole uguale donzella...”
“C'è altro che dovremmo sapere?” ringhiò il soldato interrompendo il battibecco fuori luogo. Quello era un ottimo indizio per cercare di capire chi fosse stato soggiogato: forse gli alieni avevano un'altra concezione di igiene o forse, semplicemente, i loro corpi funzionavano diversamente.
“Io ho una domanda...” disse Clint alzando stancamente il braccio, a chiedere la parola. James gli fece segno di procedere con un'alzata del mento “Perché dovevi tenermi sotto controllo?” domandò alla donna “Sono così prezioso che volevano che restassi sotto schiaffo?”
“Cosa?” domandò lei, confusa “Ah, no, no! Non c'entrano nulla gli alieni. Credo. E' solo...” ma si bloccò prima di vuotare il sacco.
“E' solo?” la incalzarono i due uomini.
“Non posso... farei incazzare più di una persona se parlassi... e non sono sicura di chi sarebbe a farmi la pelle...”
James e Clint si guardarono per un momento. “Ora sei qui, con due colleghi, comunque agenti S.H.I.E.L.D. e non hai più la scusa di non essere in te...” la informò il cyborg.
La donna si mordicchiò le labbra, nervosa. Studiò attentamente i due uomini ma, ancora una volta, tacque scuotendo la testa.
“Ok, facciamo in un altro modo...” sbuffò James “Cosa ci accomuna, Clint?”
“A parte lo S.H.I.E.L.D.?” domandò l'altro stropicciandosi gli occhi “Nulla...”
“Io un'idea ce l'avrei... Agente sotto copertura, doppiogiochista: come Jessica. Partner di entrambi ed entrambi allontanati...”
Clint lo fissò, inebetito e confuso. La risposta era semplice. Scosse la testa con violenza. “No!”
“Indovina chi? Jess, è Natasha?” domandò Bucky incrociando le braccia al petto. Irritazione e divertimento si alternavano nei suoi pensieri come onde nel mare in tempesta. Stupida donna! Cosa stava architettando quella volta? La ritrosia della mora nel rispondere gli diede la conferma che cercava. “Fate i bagagli, tutti e due. Si va a New York!” ordinò
“Cosa? Io sono appena venuto via da lì!”
“Appunto, dobbiamo tornarci! Dividi et impera, ricordi? E' sparita metà della squadra dei Vendicatori. Steve e Natasha compresi...” l'informò e vide Clint granare gli occhi per un momento.
Ma la grande disciplina che si imponeva quand'era Ronin intervenne subito a ridargli una parvenza di impassibilità. James ghignò: dannata rossa! Quanti voleva farne cadere nella sua tela? Era un modo carino per fargli pagare quello che lei credeva un suo voltafaccia? O voleva solo farlo ingelosire? Se così fosse stato, c'era da augurarselo: voleva dire che si ricordava di loro.
Ma Natasha era quel tipo di donna che poteva avere chiunque se solo l'avesse voluto. Raccogliere trofei per strada era solo un effetto collaterale e non era da lei rincorrere la preda. Tutto ciò che voleva, lo otteneva.
Ma era anche nella sua natura escogitare sistemi eccellenti per tenere alla larga chiunque non fosse desiderato.
Come Clint: il marpione che era in lui doveva averla nauseata e nel momento in cui, infine, c'aveva provato con lei, la rossa aveva fatto in modo di allontanarselo per evitargli accuse di stalking.
Come lui, che per il suo presunto tradimento aveva pagato con una radicale estromissione dalla sua vita. Non l'aveva più vista né sentita da...
Riemerse dai suoi ricordi e sorrise amaramente: ora erano costretti a salvarle la vita. Chissà come avrebbe reagito nel trovarseli davanti tutti e due. Si sarebbe fatta scudo di Steve o li avrebbe ammazzati tutti e tre con le sue mani?
Diede le ultime istruzioni ai due agenti e uscì dalla camera per andare a preparare i suoi effetti personali. Nel riattraversare la struttura, sovrapponeva i corridoi che percorreva con quelli della Red Room dove si erano allenati assieme, dove era sbocciato un sentimento grezzo e immaturo ma spontaneo. Un sorriso triste gli attraversò gli occhi, improvvisamente umidi: quei tempi, nel bene e nel male, non sarebbero più tornati. Ma, così come non sarebbe più tornata la Natasha adolescente e ingenua, non sarebbero tornate nemmeno le torture che li avevano portati a essere quello che erano: una coppia di provetti assassini.
Dovevano imparare a guardare avanti. Il tempo non sarebbe mai tornato indietro: dovevano imparare a fare i conti con quello che erano e sarebbero stati, per sempre, con la realtà che li circondava e coi tempi mutati.
L'unica cosa che non rimpiangeva era che ora la sua nuova protesi non aveva bisogno di continue cariche d'olio e non si inceppava mai. Una benedizione in tutto quello che era stata la sua vita.






1    Carousel era una delle 9 basi S.H.I.E.L.D. ed è la base del DataCore. Geograficamente è posizionata a Chicago (i Grandi Laghi a Nord, avete presente?)
Il DataCore è una raccolta di conoscenze sull'umanità in particolari aree scientifiche che sono 18 a seconda degli ambiti di interesse.
Ora, io ho detto che Bucky lavora per l'antiterrorismo (S.H.I.E.L.D., ovviamente) e Clint come Guastatore. Le due cose non sono in contrasto: nella raccolta dati c'è bisogno di agenti dediti alla ricerca, di quelli dediti allo sviluppo, di quelli che cercano le notizie (Bucky) e di quelli che coprono le tracce dei colleghi (appunto i guastatori, che interferiscono nelle comunicazioni, disturbano il segnale o infettano i sistemi altrui. Per questa loro capacità, sono anche i primi a trovare le informazioni. Sono come degli hacker. Ma non è detto che sappiano fare i dovuti collegamenti, i quali, cmq, sono specialità di altri)

2    Figlio di Eric Koening, che faceva parte del già citato Howling Commandos, era' un veterano che aveva servito lo SHIELD per 28 anni. Il figlio in realtà è un militare che presta servizio all'BND di Berlino (sede dei loro servizi segreti). Non potendo usare Eric (troppo vecchio e troppo impostato) mi sono servita del figliolo.

3    Avete presente Pacific Rim? La spada incatenata non è affatto un'idea nuova ma resta spettacolare :) (spero il link sia visibile a tutti perché non c'era l'opzione -ottieni link- per il pubblico...)


AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV


Bene, siamo in dirittura d'arrivo.
Probabilmente il prossimo e ultimo aggiornamento ve lo farò dall'Irlanda ma ne parliamo la settimana prossima perché è ancora tutto in ballo.
Dunque dunque.
Il titolo (che è sempre un problema, per me) è un omaggio al caro Alice Cooper e all'album (il migliore, per me) Trash.
Ecco qui il famigerato Jamie con cui era al telefono Fury. No, non era Madrox anche se so che in molti ci siete cascati (come sono orgogliosa di questi trabocchetti).
E finalmente ho fatto finire anche quell'obbrobrio che è la coppia Clint/Jessica (ahimè, funzionale alla narrazione e omaggio alla continuity del Marvelverse 616)...
Sì, Jess, tranquilla: era solo un incubo. Spero che, prima o poi, anche nei fumetti salti fuori una cosa del genere perché davvero, quei due assieme non li posso vedere.

Quindi... con questo abbiamo quasi chiuso. Abbiamo visto come altri dettagli pregressi la storia (e la narrazione di Preludio) in realtà abbiano concorso a entrambe. Ora vedremo l'effetto domino di tutte queste informazioni.

Non prima di aver svelato chi sono i veri mandanti di tutto questo casino (sorpresona, non ci arriverete mai!) e aver dato un ultimo saluto ai Vendicatori ancora sotto terra (che, all'inizio della terza parte saranno già usciti, non temete!).

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Capitolo 43
*** I nodi si sciolgono ***


43. I nodi si sciolgono






Le porte si aprirono poco prima del suo passaggio, lasciando che un'ondata di aria fresca lo investisse con la sua grazia benefica.
Promemoria: inventare un sistema che climatizzi l'aria nel passaggio dalle vetture agli edifici. Non è possibile sudare in questo modo per due metri...” sbuffò rimettendo in tasca il suo registratore vocale.  “E ora cosa c'è?” si domandò percependo l'eco dei bassi dello stereo a tutto volume provenire dal fondo del corridoio. Era stata una giornata abbastanza stressante senza che ci si mettessero anche loro.
Quando varcò la soglia, trovò davanti a sé quella che una persona qualunque avrebbe definito una situazione folle e fuori da ogni controllo. Ma per lui era la normalità. Solo la musica era un po' troppo alta: erano ragazzi... che poteva farci?
Sul tavolo da biliardo, stecca impugnata a mo' di microfono, Kade Kilgore, erede dell'omonima industria bellica e principale finanziatore del loro club esclusivo, cantava a squarcia gola un brano rap di cui non capiva un'acca.
In un angolo della stessa sala, circondata da un numero spropositato di peluche, animali impagliati, animali esotici e pericolosi ancora vivi e altri più comuni ma orrendamente maciullati, Wilhelmina Kensington, proprietaria del posto in cui ora risiedevano tutti e quattro, giocava a prendere il tè delle cinque con la sua corte a Versailles. Anche se erano le dieci e mezzo del mattino.
L'unica altra persona seria, là dentro, era Manuel Enduque, intento a consultare registri e cataloghi, per controllare le loro entrate e l'ammontare dei loro alleati, che lui chiamava schiavi per una piccola distorsione linguistica, passata di generazione in generazione nella sua famiglia di schiavisti: una famiglia di neri che controllava la tratta dei loro simili. Ora, voleva spostare quello stesso commercio a livello siderale: al posto dei neri, l'umanità intera.
Deplorevole e perverso. Come tutti loro.
Legalize!!!!”
Max alzò gli occhi al cielo e si avviò al tavolo di Manuel. Sbatté la sua ventiquattro ore sul tavolo e si buttò nella poltrona accanto. “Si può sapere che diavolo ha Kade?”
“Ha scoperto questo tizio italiano... E' convinto che nei suoi brani parli di noi...sai quelle teorie di messaggi nascosti nelle canzoni... E lo vuole per il suo compleanno...” rispose l'altro senza levare gli occhi dai suoi incartamenti.
“E chi capisce che cazzo canta? Già è rap... in lingua straniera...” replicò Max sbuffando per l'ennesima trovata del moretto che continuava a sculettare come un indemoniato.
“Non farti sentire o ti chiederà un traduttore istantaneo...”
“La lingua Badoon è più facile di ogni lingua terrestre..” sbuffò ancora Max risistemandosi la ciocca di capelli castani che gli era scivolata davanti agli occhi.
Manuel ripose la penna e, finalmente, si interessò all'amico. “Come è andata?”
“E me lo chiedi? Sono adulti! Cosa puoi aspettarti da...?”
“Max Max Max!” strepitò Kade, accortosi del nuovo arrivato, saltando giù dal tavolo verde e mettendo in pausa la musica “Hai sentito? Lo voglio!”
“Ti aiuto io!” replicò la biondina avvicinandosi. In braccio teneva quello che -a occhio e croce- doveva essere stato un gatto investito più volte e ridotto a una sottiletta pelosa sul manto stradale.
Manuel e Max si lanciarono vicendevolmente di sottecchi un'occhiata esausta. Non fecero in tempo a rispondere che Kade aveva fatto ripartire la musica da zero.

Quand'ero bambino vestivo come un manichino dell'atelier,
avevo le Burago, vetri scuri e schoffer,
otto babysitter con auricolari e tailleur
ed alla scuola elementare, furbetto e lesto,
trafficavo sotto banco quello e questo,
una volta condannato ricorrevo in appello,
poi venivo protetto dal mio gran maestro.
Divenuto adolescente la prima intuizione,
ogni capo deve avere un capo di imputazione.
… Legalize!

“Da quant'è che va avanti?” domandò Maximilian Von Katzenelnbogen, dopo un po'.
“Da quando l'ha scoperto stamattina su YouTube...” alitò l'altro esasperato
Max non esitò ed estrasse il telefono “Faccio oscurare tutti i siti che ne facciano menzione...”
“No, ti prego...sennò comincia subito con qualcos'altro. Dagli tempo di stancarsi... Piuttosto, pensa a un sistema perché il suono rimanga limitato a dove sta lui. E lontano da me anche se mi si avvicina.”
“Consideralo già fatto” ghignò Max estraendo il suo tablet e cominciando subito a trafficare.
“Anche perché non si può proprio sentire come distorce, taglia e mixa le canzoni a suo piacimento...” borbottò ancora il trafficante di schiavi. “Senti, parliamo un po' noi due, di cose serie... Kade dice che la merce è già arrivata a tutti i compratori ma che dobbiamo accorciare il guinzaglio al sovrano della Latveria. Pare sia convinto di poter fare meglio di te...” ghignò
“Ah, vecchio presuntuoso. Se integrare la Stark-Tech ai suoi obsoleti Doombot è innovazione, faccia pure. Ne riparleremo quando si troverà con le spalle al muro.” ghignò sadico anche Max
“Adulti... credono che siamo degli stupidi solo perché non abbiamo nemmeno l'età per prendere l'aereo dei comuni mortali da soli. Ma noi abbiamo jet privati, chissene frega! Possono forse valere le solite regole, allora? No! Se la mettano via!”
“Kade ha già dimostrato tutto al posto nostro!” lo tranquillizzò Max “Ma dimmi, come siamo messi?”
“La Cabala sta facendo esattamente quello che avevamo invitato loro a fare: Osborne si è mosso per evocare l'alieno e impadronirsi del mondo con l'aiuto di Von Doom. Hanno rastrellato un bel gruppetto di specialisti. E se le cose andranno come pensiamo, prova solo a immaginare i soldi che faremo con la tratta di esseri o prodotti umani verso le località più esotiche del cosmo.” Manuel aveva gli occhi lucidi per la commozione, ma continuò “Dall'altro lato, stanno tenendo buono anche Essex coi suoi esperimenti. Se vogliamo liberarci della rogna dei mutanti, Essex è il solo che può scoprire come fare”
“Non voleva creare il super mutante, lui?” domandò Maximilian poco convinto
“Studiarlo, in realtà. Ma per farlo sta sterminando la sua stessa specie, li mette gli uni contro gli altri, in nome di un'insana visione che ha del futuro. Poverino, è pazzo: è convinto di parlare con un mutante alieno, tale En Sabah Nur, che è stato condotto sulla Terra già ai tempi dei faraoni da un certo Rama Tut”
“Contorto... Saranno i suoi alterego...”
“Quello che pensavo anch'io” Ghignò il moro. “Comunque, non riuscirà mai nel suo intento. E se anche ci riuscisse, tutti i suoi studi sono in mano nostra e a te basterebbe pochissimo per sbarazzarti di lui e dei suoi esperimenti. Sul fronte politico, sono tutti d'accordo, ormai, che i super, siano essi mutanti o mutati, sono una minaccia per la salute pubblica, siano essi liberi o al soldo dei governi...”
“Immagino che gli esempi che vengono riportati più di frequente siano i risultati fallimentari del Progetto: Arma Plus
“Esattamente!” annuì Enduque “Dopo aver facilmente convinto una manciata di senatori in America, un paio di capi di governo in giro per il resto del mondo, nei paesi chiave -Cina, India, Corea del Sud, Giapone, Iran, Germania... gli inglesi non contano perché sono una nostra costola-... è stato facile instradare la politica mondiale sulla scia del terrore per il diverso. Gli unici che si tengono fuori sono i regni sovrani del Wakanda e di Latveria oltre ai paesi sud Europei, ma quei pezzenti hanno altri problemi, al momento..”
“Quando facciamo intervenire Namor a sterminare quei negri pulciosi?” domandò lo scienziato
“Non lo facciamo intervenire o perderemmo tecnologia che nemmeno tu sai come si usa... E poi dalla nostra ora abbiamo il totale controllo dello S.H.I.E.L.D.” spiegò con pazienza l'analista
“Ma non dello S.W.O.R.D.” ringhiò Maximilian picchiettando nervosamente le dita sul tavolo in mogano.
“Sono una stazione orbitante, cosa vuoi che facciano? Una volta tagliati fuori, saranno preda degli incrociatori stellari che dovessero arrivare... Ora, basta che Loki mantenga la sua promessa e faremo soldi a palate. E anche se non lo facesse, avremmo vinto comunque.”
“Scacco, babbei!” ghignò l'altro prendendo il suo calice di succo e facendolo tintinnare con quello del collega, posato ordinatamente sul tavolo, lontano da incartamenti e tecnologia varia: l'immortale Club Infernale, che rinasceva sempre dalle proprie ceneri (e loro ne erano la prova vivente, visto che avevano ammazzato genitori e amici per ripulire il posto dal vecchiume incrostato dai secoli e prenderne agilmente il posto in tempi rapidi) vinceva sempre ed ora era pronto a passare a ritirare la vincita.

AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV

Quando le quattro donne comparvero nel corridoio, Kurt si tirò malamente in piedi, asciugandosi rapidamente le lacrime che gli erano scivolate sulle guance nonostante avesse cercato di impedirselo. Erano allegre e ciarliere, nonostante la moretta, Janet, sembrasse parecchio alterata.
“Come sta?” domandò la rossa Venere lasciando il gruppo. Gli abiti semitrasparenti e scollati lasciavano davvero poco spazio all'immaginazione: una dea pagana seducente, la quintessenza della lussuria. Kurt si sentì tradito nuovamente dal suo Dio: aveva fatto voto, impegnato la propria anima in cambio della serenità della sorella ed ecco che subito la più sublime delle creature veniva messa sul suo cammino. Era una prova e doveva superarla.
Si ricompose e cercò di trattare la premura della donna per quello che era e nulla più. Improvvisamente gli apparve come la più tenera creatura di Dio: aveva il cuore di un angelo, era bella e compassionevole, non uno strumento del demonio per tentarlo. Scosse la testa e sospirò “Si è calmata, ma non ha preso bene la notizia...”
“Oh, povera... posso solo immaginare...” si rammaricò l'altra martoriandosi le dita, nervosa. Namora le posò subito una mano sulla spalla, in un evidente tentativo di calmarla “Non è come te...” stava cominciando quando l'altra scoppiò in lacrime
“Rogue è esattamente come me, Namora! E' considerata un mostro da quelli che sono diversi, è latrice di morte nonostante cerchi di fare del suo meglio, viene usata per i suoi poteri salvo venir poi cacciata coi forconi e tradita dalla sua gente! Dove vedi differenze tra noi due?” urlò la rossa, lasciando interdetta la bionda che, dopo un attimo di esitazione, abbracciò la compagna, cullandola dolcemente.
“E come te ha degli amici che le stanno vicino. Scusatela...” alitò verso i Vendicatori “Venere, in realtà è una sirena...”
“Quelle dei miti?” domandò Kurt affascinato
Namora annuì “Come vedi, nessuna coda di pesce, niente ali omeriche da rapace... solo tanti poveretti morti per inseguirla...”
“Jimmy ha detto che se uno fa del bene, allora tutto quello che ha fatto prima viene cancellato...” piagnucolò la rossa
Kurt annuì, grave “Il Signore concede a tutti di fare ammenda dei propri peccati... Basta essere sinceri e impegnarsi al bene...”
“Allora dillo a tua sorella! Rincuorala!” urlò la donna in lacrime mentre gli si aggrappava alla casacca, destabilizzando con il suo acuto le persone presenti nel corridoio.
“Calmati..” la redarguì la principessa atlantidea. Era ovvio che la presenza di Rogue aveva smosso qualcosa che, fino a quel momento, si trovava in precario equilibrio.
“Lo farò... quando me lo concederà” rispose il mutante pensieroso, non volendo vanificare l'incoraggiamento della Sirena rivelandole che sua sorella non la pensava come lui: Rogue era battista, non cattolica, ed era, quindi, fermamente convinta che la redenzione fosse una grazia che solo Dio poteva decidere se concedere, indipendentemente dall'operato del suo fedele e dalla sua penitenza. “Il suo bene è il mio bene. Non la lascerò mai da sola” rispose invece.
Passarono pochi minuti, durante i quali Namora riuscì a calmare la compagna, mentre Pepper e Janet si tenevano a debita distanza per lasciare ai tre mostri un po' di privacy, che il resto del gruppo si unì a loro, affollando in modo soffocante un corridoio così ampio e, solitamente, così vuoto.
“Cos'è successo?” domandò l'uraniano da dietro la sua bolla quando si accorse degli occhi lucidi di pianto di Venere.
“Nulla...” disse lei per non farlo preoccupare.
“Mi chiedevo...” esordì Pepper “Dov'è che ci troviamo, esattamente?”
A quella domanda così sincera, Jimmy Woo stirò un sorriso compiaciuto. Sempre tenendo le mani agganciate tra loro dietro la schiena, in modo che la sua postura risultasse il più dritta possibile cercò di rispondere nel modo più sintetico possibile “Queste sono le fondamenta del tempio di Angkor Wat. L'impianto del tempio è imponente, ma la città sotterranea si estende per miglia.”
“Incredibile!” fischiò compiaciuto Jhonny Storm “Se non erro, nemmeno le nostre apparecchiature avevano individuato nulla di anomalo in questa zona...”
Reed confermò con un cenno della testa, interessato a quella stranezza e Woo continuò la sua spiegazione “Ci troviamo a diversi chilometri sotto terra. Impossibile individuare il complesso con un qualunque scanner terrestre. Solo la tecnologia uraniana di Bob può riuscirci. Ma lui è riuscito a individuare anche il regno segreto di Namor...” disse sorridendo mentre il principe dei mari si rabbuiava, offeso.
“E come ci siamo arrivati in Cambogia dagli Stati Uniti?” domandò perplesso Pym “Non ho visto porte dimensionali...”
“Il disco di Bob può fare tante cose, anche attraversare indenne il nocciolo terrestre...” replicò Woo, compiaciuto “Ma la via più pratica per spostarci è, come hai suggerito giustamente, sfruttare i portali. Ne abbiamo diversi e possiamo viaggiare anche nel tempo, oltre che nello spazio.”
“E dove conducono?” domandò ancora Pym, interessato “Possono aprirsi un varco dove vogliono?”
“Oh, no!” replicò Woo divertito “Non ancora, almeno. Bob ci sta lavorando. Possiamo arrivare solo dove già esista un varco. Per il resto ci dobbiamo arrangiare.”
“Il disco è troppo grande per passarci!” replicò Reed “Avete una qualche tecnologia che vi consenta di ridurne le dimensioni al momento opportuno?”
“No, nulla come le particelle Pym” rispose il capo dell'Atlas “Passiamo con la mia auto1, quando possibile. Se sappiamo di dover raggiungere zone lontane, usiamo direttamente il disco.”
“Quindi? Come ci rimandate a casa?” domandò anche Stark, ansioso di uscire da quella trappola scavata nella roccia
“Pensavamo di farvi uscire a San Francisco, sotto il Golden God Gate2. Avrete il nostro lascia passare per usare i tunnel sotterranei e raggiungere Los Angeles, dove arriverete direttamente...”
“Al cuore della città dei Morlock3?” domandarono Ororo e Kurt, contemporaneamente.
“La conoscete...” quella di Woo non era una domanda, ma una constatazione.
Tempesta annuì “Anni fa ne fui eletta rappresentante ma, essendo troppo impegnata con gli X-men delegai e restituii a Callisto il suo legittimo ruolo di capo dei mutanti reietti.”
“E da lì raggiungere Malibù è relativamente facile...” commentò Pym, disinteressato ai commenti della mutante.
“E perché dovremmo andare a Malibù?” domandò seccato Stark
“Perché a casa tua c'è una delle mie porte? Non credo sia stata disintegrata dal casino del Mandarino...” rispose Henry lanciando un'occhiata all'assistente di Tony e vice di Woo, Temugin, figlio del terrorista in questione.
“E cosa ci fa una delle tue porte a casa mia?” replicò Tony, inviperito
“Beh, non sono ricco sfondato come te, sai! Non voglio chiedere a Janet di mettere il suo capitale per finanziare i viaggi di piacere per raggiungere un mio amico. Inoltre, sarebbe terribilmente sciocco da parte mia non usare in questo modo le mie invenzioni!”
“Quindi rispunteremmo...? Dove di preciso?” domandò Pepper sperando di troncare la sterile discussione sul nascere.
“Dimentichi che abbiamo una porta aperta alla Stark Tower di New York? Possiamo andare direttamente lì” disse Janet, elettrizzata
“Rimane un problema logistico. Come ci spostiamo da San Francisco? Non con l'autobus, voglio sperare!” domandò ancora il magnate in armatura
“Si tratta solo di un'ora in macchina!” lo canzonò Janet
“Suvvia Tony!” disse Reed andando a prenderlo sottobraccio “Siamo tre delle menti più brillanti del pianeta... troveremo di sicuro una soluzione...”
“Basta che la soluzione non preveda di rimpicciolirci tutti e viaggiare a dorso di cormorano...” sbuffò quello
“Magari tra i Morlock c'è qualche teleporta...” meditò Ororo cercando di fare mente locale.
“Arriverò esausta... lo sento!” alitò Pepper rendendosi conto di quanto fosse la reale distanza tra il primo punto d'arrivo e la loro destinazione finale: li attendeva un lungo viaggio attraverso mezza America.









1    Ricordo che l'auto è una decappottabile rossa (piace tanto alla Marvel) che io do per scontato sia passata dalle mani di Fury a Woo a Coulson (controllate i fumetti se non credete che i primi due abbiano quel tipo di auto): la famosa Lola di Agent of S.H.I.E.L.D.
2    La fusione tra Golden Gate Bridge e Golden God l'ho creata io. Il Golden Gate, ovviamente, è quel ponte che Magneto (in quell porcata di X-Men: Conflitto Finale) ha usato come passerella per tutti i 'villains' (c'era pure Psylocke...ma sorvoliamo). Il Golden God è quello che gli umani credono una statua e in realtà è una divinità celestiale, Tiamut (detto il Dormiente, un tempo sepolto a lungo), che si va a piazzare giusto davanti al ponte.
3    In realtà i Morlock, nel Marvelverse, vivono a NY. Tale concentrazione di stranezze a me non va giù e, per distribuire le risorse, cambio un po' le cose unendo le leggende metropolitane -nate nel 1934- che sotto LA ci sia una città rettiliana. Il collegamento alieni/mutanti che si nascondono al genere umano (più o meno per gli stessi motivi) e rapiscono umani è presto fatto ed anche la nuova collocazione di questi ultimi. Secondo gli Hopi, invece, San Francisco sarebbe il capolinea del tunnel che si diramerebbe per tutta la vicina montagna e che li avrebbe visti emergere dalle viscere della Terra come evoluzione di una colonia Lemuriana (dovremmo chiedere a Namor, per questo...).
In tutta la California, inoltre, è forte la convinzione (data dalla credenza degli antichi racconti) di questa serie di gallerie che, a ben vedere, dovrebbero essere collegate tra loro. Ecco perché ho connesso le due città: in una, San Francisco, ora è alloggiato il Celestiale Dormiente dorato di cui sopra mentre Los Angeles è, per antonomasia, la città degli Angeli... Divinità, Angeli... non potevo non connetterle. E poi il passaggio mi è concesso anche dal fatto che i Morlock hanno sicuramente una base a Chicago. Quindi, se non solo NY, perché limitarci al nord del Nord America?

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Ta-Dan! eccoci qui, alla fine della seconda parte.
Chiudo la storia lasciandovi immaginare il rientro a casa dei nostri eroi e di come tutte le cose possano andare a posto.
Ovviamente le cose sono lontane dal sistemarsi (soprattutto ora che sapete chi c'è dietro a tutto...sul fronte terrestre). Ma ho tutta la terza parte... ah.. lo sapete, sì, che lascerò il finale aperto? XD
Potevate aspettarvi -da me- la parola fine se nemmeno la Marvel ci riesce? no no. Vedrete. Ma sarà l'eventuale premessa per tutto un altro genere di fic. Cose che riguardano due nomi citati in questo capitolo, i viaggi nel tempo, il multiverso etc etc. Cioè, il vero nerbo del Marvelverse. Ovviamente la devo studiare bene...
Ma ne parleremo più in là.

Per ora, quindi, io vi saluto qui.
Tornerò tra un mesetto per un semplice motivo.
Al momento sono in Irlanda per un corso intensivo di inglese di preparazione a un test internazionale (il mio Upper Intermediate non mi convince affatto... quindi voglio essere sicura! e per lavoro una certificazione torna sempre comoda). Se voglio fare le cose fatte bene, non basta frequentare e spararsi film a manetta e leggere. Lo facevo già a casa. Devo troncare ogni rapporto con la lingua madre e sognare -se possibile- nella seconda lingua. Spero capirete e porterete pazienza.
(compatitemi..io mi faccio Pasqua lontana da tutti ç_ç torno a casa il 27...così avete una data dalla quale potete cominciare a rompermi per il continuo... o potrei anche ricominciare il 27... in aeroporto avrò tipo 7 ore da ammazzare...e potrei anche aggiornare, che dite?)

Dunque, per ora è tutto.
ci sentiamo tra un mese (ovviamente risponderò alle vostre recensioni, tranquilli, non sarò così maleducata XD)
Un abbraccio a tutti voi fedelissimi e coraggiosi che mi avete seguito fino ad ora.
Non sapete come mi rendete felice (che commentiate o meno)
Spero, in cambio, di allietare un minimo le vostre giornate.
Ok...la pianto o divento stucchevole.
a tra un mese!
DR

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