L'ira degli eroi - Rien ne va plus di darkronin (/viewuser.php?uid=122525)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nemici interni ***
Capitolo 2: *** Come sono stato reclutato (e fregato) da Loki, narrato a tre voci. ***
Capitolo 3: *** Risveglio ***
Capitolo 4: *** La verità ***
Capitolo 5: *** Guardiani ***
Capitolo 6: *** Pensieri ***
Capitolo 7: *** Al caffé ***
Capitolo 8: *** Baratto ***
Capitolo 9: *** Trappole ***
Capitolo 10: *** Aria di cambiamenti ***
Capitolo 11: *** James ***
Capitolo 12: *** Fine dei giochi ***
Capitolo 13: *** Costretti ***
Capitolo 14: *** Tragedie che uniscono ***
Capitolo 15: *** L'incendio all'ospedale ***
Capitolo 16: *** Menzogne maldestre ***
Capitolo 17: *** Invito ***
Capitolo 18: *** Il piano ***
Capitolo 19: *** Studiare i nascondigli ***
Capitolo 20: *** Louisiana Woman - Mississippi Man ***
Capitolo 21: *** Relazioni pericolose ***
Capitolo 22: *** Piccoli drammi ***
Capitolo 23: *** Padri e figli ***
Capitolo 24: *** Odore di guai ***
Capitolo 25: *** In marcia ***
Capitolo 26: *** Il Re Bianco ***
Capitolo 27: *** Il guardiano Rosso ***
Capitolo 28: *** Eros e Thanatos ***
Capitolo 29: *** La Pantera Nera e la Leonessa Bianca ***
Capitolo 30: *** Due ladri ***
Capitolo 31: *** I primi Vendicatori ***
Capitolo 32: *** Attacco a Triskelion ***
Capitolo 33: *** La talpa ***
Capitolo 34: *** Lo spacca-meteore ***
Capitolo 35: *** Alone came the spider ***
Capitolo 36: *** Cat's Eye ***
Capitolo 37: *** Magia ***
Capitolo 38: *** Tirando le somme ***
Capitolo 39: *** Il segreto di Natasha ***
Capitolo 40: *** Nuove alleanze ***
Capitolo 41: *** Ragione e Sentimento ***
Capitolo 42: *** Spark in the dark ***
Capitolo 43: *** I nodi si sciolgono ***
Capitolo 1 *** Nemici interni ***
ATTENZIONE:
SEGUITO DI PRELUDIO
1.
Nemici interni
Il mantello sciabordava sicuro tra le spesse pareti di pietra, i passi
risuonavano secchi a cadenza ritmica e regolare, le ombre si
aggrappavano lugubri alle sue spalle con i loro artigli affilati. Dal
fondo del lungo corridoio giungeva un profondo ringhiare soffocato,
quasi la bestia a guardia della prigione stesse sognando una qualche
avventura.
Non appena svoltò l'angolo si ritrovò a fissare
le pupille gialle e sgranate del gigantesco cane nero Fenrir. Il pelo
era ritto sulla schiena, le fauci erano scoperte e il tartufo tirato
sul muso. Come lo vide, il demone del Van smise subito il suo
atteggiamento aggressivo, si riaccucciò al suo posto,
conficcando il muso oltre le sbarre della cella, e sbuffò
sonoramente.
“Cosa sei venuto a fare?” sibilò stanca
la voce immersa nell'oscurità all'interno della cella
spoglia.
“Sono venuto a vedere come stavate, Padre...”
replicò il nuovo venuto, copia identica di quello
accasciato, al di là delle sbarre, con fare comunque
elegante. “Noto con piacere che avete desistito dal tentare
di liberarVi...”
“Loki...” sbuffò l'uomo tirandosi in
piedi e avanzando piano verso la soglia della prigione “Lo
sai che così ti stai tradendo, vero?”
“Oh no... chiunque fosse all'ascolto potrebbe pensare che
Odino si stia divertendo a fare il verso al proprio figliastro
incosciente...”
“Se non hai altro da fare, puoi pure tornare da dove sei
venuto...”
Il falso Odino stirò un sorriso divertito che i folti baffi
non riuscivano a coprire “Volevo avvisarti che Hela
è alle porte di Asgard. Suppongo la cosa possa farti
piacere.” Alitò, lasciando che le frasi,
volutamente ambigue nel loro contenuto, aleggiassero nello spazio che
li separava. “Sai, Loki...
gli eroi della terra sono ormai in ginocchio.”
“Cosa?” strabuzzò il prigioniero.
L'altro affondò una mano nell'ispida criniera del lupo nero
“Sono degli sciocchi e hanno sottovalutato l'astuzia del dio
degli inganni che aveva lasciato delle cellule dormienti dietro di
sé. Non tutti quelli che hanno lavorato sul Tesseract son
stati risvegliati dal sortilegio.”
“Cos'hai intenzione di fare?” tuonò il
vero Odino aggrappandosi alle sbarre ma venendone subito allontanato da
una potente scossa elettrica.
Loki lo guardò con sufficienza al di là della
grata “Secondo Voi? Hela è qui, ad Asgard, su mio ordine. Midgard
è lasciata a se stessa e nemmeno il grande Thor
potrà fare nulla per salvarla. La resa è l'unica
soluzione che si prospetta per entrambi i mondi.”
“Resa?” alitò Odino, sconcertato.
“Asgard è già caduta e tu sei chiuso
qua dentro. Quanto a me, andrò personalmente sulla Terra a
reclamare il mio
dominio su di essa.” sibilò euforico “E
non dimenticare il Tesseract, Padre. Tanti popoli hanno tentato di
conquistarlo e ora è mio.”
“La tua follia è senza limiti...” disse
Odino scuotendo la testa “Pensavo stessi bluffando ancora una
volta... invece, ora, mi rendo conto che è tutto
vero...Così come è vero che sei stato tu ad
aprire la porta ai giganti di ghiaccio... ”
“Ben detto, Padre... ma... avevate ancora dubbi?”
ghignò “Ora, se volete scusarmi... il re in
persona deve andare a incontrare le truppe di Hela...” lo
salutò con una risata carica di sarcasmo.
Odino si accasciò affranto. In quella cella i suoi poteri
non potevano nulla e davanti a sé c'era il tremendo Fenrir.
Anche volendo, non sarebbe mai riuscito a uscirne vivo. Eppure, era
riuscito a liberarsi della maschera con relativa facilità,
cosa che l'aveva indotto a pensare che Loki non stesse realmente
tradendo Asgard ma che avesse un piano molto più complesso
in mente. Era possibile che gli avesse raccontato un'altra menzogna? Se
sì, a quale scopo? Se fosse riuscito a uscire e se le
informazioni che gli aveva appena fornito si fossero rivelate
concrete... in quale altro modo avrebbe potuto leggere la
realtà se non come aveva davvero già descritta
suo figlio?
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Era l'alba di un nuovo giorno e la Stark Tower risultava stranamente
silenziosa. Una sola persona si aggirava tra i piani, annoiata,
ballando scompostamente per i corridoi: cantava ancheggiando,
esibendosi in movimenti pelvici che avrebbero fatto rabbrividire Elvis
e saltellando come una bambina di cinque anni, lasciando che le braccia
ondeggiassero lateralmente al ritmo di quel ridicolo trotto.
I’m
a, mother-father-gentleman1
L'uomo aveva fatto colazione vestito di anfibi, un accappatoio rosa con
le orecchie da coniglio sul cappuccio e mutande a righe rosso blu e
giallo con patta posteriore. Si era comodamente sbracato davanti al
televisore mentre andavano in onda ulteriori dichiarazioni di Norman
Osborne sulla necessità di dotare la polizia di macchine
sofisticate per reati fuori dal comune. Lui, prontamente, aveva
ignorato il notiziario a favore di un canale d'intrattenimento
infantile.
Aveva sporcato senza ritegno i fuochi e il pavimento e ora, dopo
essersi goduto il panorama e aver trafficato con tutte le tecnologie
del padrone di casa, aveva puntato la camera da letto della sua rossa
preferita.
Senza tante cerimonie, quando la trovò, spalancò
la porta, certo di non incontrare resistenze. In effetti, se anche
avesse aperto una qualunque delle altre stanze, quel giorno, non
avrebbe trovato nessuna opposizione.
Si fermò sulla soglia, mani ai fianchi, indispettito dalla
scena che gli si presentò sotto gli occhi. Sbuffò
sonoramente, quindi saltò sul letto con gli scarponi e diede
una pedata all'uomo che dormiva con la donna, una gamba comodamente
appoggiata sul ventre di lei, la testa completamente reclinata oltre il
materasso, le braccia artigliate attorno al cuscino. Visto che il primo
calcio non aveva sortito particolari effetti, si vide costretto a
buttarlo giù dal letto di peso. “Non
cacciarmi...” mugugnò quello.
“Ecco
fatto” disse l'altro senza badare lo sproloquio
inarticolato che usciva di bocca al biondo. Sbatté le mani
tra loro, quasi a pulirsi dalla sporcizia che poteva averlo intaccato. “E ora, cara la
mia bellissima e mortale Scarlett...anche se ora sei, più
che altro, morta...”
biascicò piantando i piedi accanto alla sua
vita, pronto a inginocchiarsi su di lei per colmare la distanza tra i
loro corpi.
Non fece in tempo a contemplarla che un calcio nel basso ventre lo
costrinse a piegarsi in due dal dolore. Non ebbe modo nemmeno di
strizzare gli occhi e di alitare che si vide piantato, davanti agli
occhi, il bracciale di Natasha, pronto a sparare uno dei suoi micidiali
Morsi di Vipera.
“Что ты делаешь?” (si pronuncia Chto ty delayesh'?
E vuol dire Cosa stai
combinando?) ringhiò la spia nella sua lingua
madre, certa che il poliglotta Wade la capisse benissimo ugualmente.
“Mi hai
fatto male, Natasha!” protestò
quello, sofferente
“Cosa stai macchinando, Wade?” domandò
dopo averlo atterrato sul materasso ed essersi messa cavalcioni su di
lui.
“Apprezzerei
molto questa posizione...in un altro momento...fino a due minuti fa non
avevo che sognato di potermi trovare così... ma ora sarei
felice se ti togliessi da lì...” protestò
quello agonizzante
“L'hai voluto tu...” sospirò la rossa
estraendo un filo metallico dai suoi bracciali. Lo fece scorrere sotto
la nuca di un Wade impossibilitato a reagire, quindi ne
afferrò le estremità incrociando le braccia sulla
sua gola. “Tu non hai lo scheletro d'adamantio...”
ghignò soddisfatta “E quest'arma è
più pulita
di un pugnale...”
Allargò piano il cappio, pronta a tirare uno strattone
unico. Ma Wade si dibatté e si arrese, implorando
pietà
“Mi arrendo, mi arrendo, ti prego, lo so, non ho alcuna
dignità, sono peggio anche di quel pusillanime di Scott
Summers, ti prego...se mi stacchi la testa è un casino
rimetterla dritta!”
“Allora parla!” intimò lei
“Quanto baccano che fate di prima mattina...”
biascicò Clint, lì accanto, aggrappandosi al
materasso per tirarsi in ginocchio con le poche forze residue. Con
occhi sonnacchiosi osservò la scena disgustato
“Che schifo di incubi devo fare...”
“Non fare il deficiente!” replicò la
rossa andando ad acchiapparlo per la collottola e tirandolo a sedere
sul letto.“Allora, Wade? Attendo una spiegazione...”
“Non
riuscirai a cavarmi una parola di bocca”
replicò lui che, dopo un momento di tregua, aveva
già rimontato la cresta.
Nat sollevò un sopracciglio, scettica “Davvero?
Bene... lo sai, vero, che fine faranno tutti i tuoi giornaletti se non
vuoti subito il sacco?”
“Posso
ricomprarli...” replicò il mercenario
incrociando le braccia in segno di sfida “Soprattutto,
com'è che Occhietto qui non è stramazzato con
tutto il veleno che gli ho messo nel piatto?”
“Veleno?” domandò l'altro confuso
“Topicida,
per la precisione. E un pizzico di soda caustica. Allungati con un
bicchierino di acido muriatico...” affermò
quello
“E perché gli hai dato quell'intruglio?”
domandò paziente la spia
“Non te
lo dico!” replicò l'altro
“Wade... Dirò a tutti che sei gay dichiarato,
così avrai un bel daffare a dire che i tuoi tiri erano
semplici scherzi...”
“Non puoi
farmi questo...” alitò
“Peggio, dirò anche che in realtà sei
francese.”
Deadpool rimase indeciso per qualche istante “Fa
pure...”
disse infine “Quando
dominerò il mondo nessuno potrà dire
nulla...”
“Dominare il mondo, eh?” replicò Clint
intontito ma già coinvolto nel gioco della rossa
“Da quale sacco della spazzatura pronto per l'inceneritore?
Perché lo sai, ti faremo a pezzi e disperderemo le parti in
modo che tu non possa più ricomporti per tempo...”
“I me
stesso degli universi paralleli verranno a salvarmi...”
replicò sicuro l'altro
“Wade... ti pago...” sospirò lei,
esausta da quella sterile discussione “Più di
quanto tu possa immaginare. Se collabori potrei anche pensare di darti
una dacia sulle rive del Don... sai quel che si dice di certe sale
piene di ambra degli zar?”
“E'
un'offerta interessante ma nulla al confronto di una corona cornuta,
una squadra di me stessi incaricati di salvare il mondo e una testata
editoriale dedicata solo a me. Per non parlare dei videogiochi. E il
film!”
“Corona Cornuta?”
dissero in coro i due agenti prima di guardarsi tra loro
“Loki...” commentarono afflitti.
“E voi
come conoscete il suo nome...? Oh, no, cazzo! Mi son fatto fregare
ancora una volta!” si lamentò
buttando la testa indietro. “Che
cretino!”
“Ora ci spieghi un po' tutta questa storia... a partire dal
topicida! A chi altri l'hai somministrato?”
ringhiò Clint afferrandolo per la gola per buttarlo di peso
su una sedia mentre la spia lo immobilizzava, inscotchettandogli i
polsi tra loro e le caviglie alle zampe del mobile.
“A tutti
i Vendicatori...” ammise affranto “...col culo che
ho sarà stato veleno scaduto... addio
ricompensa...”
“Va a controllare... all'interrogatorio ci penso
io...” sibilò Natasha afferrando una delle frecce
del compagno e cominciando a picchiettarsele sul palmo della mano
aperta.
“Pensi di fargli male con quella?”
domandò scettico Clint, fermo sulla soglia
Lei sorrise biecamente “Le torture peggiori sono quelle che
sembrano innocue, come quella della goccia... e io le conosco
tutte...” Occhio di Falco si allontanò soddisfatto
della risposta e Natasha si sedette sul materasso con fare aggressivo e
provocante, vestita solo di un paio di braghette e una canottiera
“Comincia a cantare...” disse battendosi la coda
del dardo sul palmo aperto della mano.
“Space
Cowboy
va bene?” domandò l'altro sperando di
guadagnare tempo
“Non farmi incazzare. Ricordati che ci sono i sacchi neri che
ti attendono!” lo avvisò lei appoggiandogli la
freccia in mezzo agli occhi.
“Va bene,
va bene... Dunque... Loki. Sì. Come credo tu sappia ha
reclutato un bel po' di gente per lavorare al Tesseract, rubare
tecnologie, sottrarre informazioni... cose così...”
“Sì...” ammise lei, ricordando lo
sguardo vacuo del compagno nella stiva dell'Helicarrier. “Non
sappiamo chi abbia soggiogato né che fine abbiano fatto.
Sospettiamo che, scomparso lui, a cui obbedivano, siano tornati alla
vita di tutti i giorni, con l'istinto latente di obbedirgli”
“Precisamente.
Barton, infatti, aveva il compito di rintracciare lui e lo scettro, in
seguito alla cattura. E in caso di necessità uccidere i
Vendicatori. Messa così sembra che la cattura facesse parte
del piano. Il mio compito era lo stesso. So per certo che ha seminato
dietro di sé un po' di trappole di questo tipo, in modo che,
anche catturato, le sue pedine continuassero a muoversi
autonomamente.”
“Lui è in galera, su Asgard, in attesa di
processo. A favore di chi dovrebbe andare tutto questo?”
“Mai
sospettato avesse degli alleati? Non mi pare che i Chitauri
appartengano al mondo Asgardiano...”
“Tu cosa ne sai, degli altri mondi?”
“Oltre
alla Terra e ad Asgard, ci sono altri sette mondi popolati da
civiltà tecnologicamente avanzate, in grado di spostarsi tra
le dimensioni attraverso i warmhole. Per il resto le mie conoscenze
sono solo indirette. So che il mio vecchio era presente quando
atterrarono quegli alieni robotizzati, vent'anni fa, in cerca del cubo.
Solo che loro lo chiamavano Allspark.”
“Tutti a caccia del cubo...”
“Sì.
Il problema è che non è la prima volta che i
Chitauri invadono la Terra. Erano qui già quando tu eri
piccola. Dovresti avere qualche ricordo...”
“A cosa alludi?”
“Oh,
andiamo... il grande amico di Rogers, il Barone Von Strucker... non mi
dirai che l'hai dimenticato?”
“HYDRA?” domandò perplessa Natasha
Deadpool annuì “HYDRA
è sempre stata comandata da Chitauri. O da umani sotto la
loro influenza.”
“Perché non si sono aperti prima quel portale,
allora?” domandò lei poggiando le braccia sulle
ginocchia
“Da
quello che so, i pochi che riuscirono ad arrivare sulla Terra, non
avevano la tecnologia per aprirsi il varco. O speravano di trovarla
qui, non lo so. O meglio, l'autrice deve ancora decidersi, al riguardo.
Forse era solo un gruppo di scienziati finiti sul nostro pianeta per
caso. Sai come succede in tutti i film di fantascienza, no? Fatto sta
che loro sapevano cosa fosse quel coso e a cosa servisse.”
“L'ossessione per il Tesseract e per tutte le stranezze
mitologiche ebbe, effettivamente, un impennata paurosa durante la
Seconda Guerra Mondiale. Hitler era ossessionato da questo
pensiero.”
“C'è
chi dice che lo stesso Charlie fosse sotto il controllo
mentale dei Chitauri e che gli stessi fossero il gruppo
d'élite del Reich. In questo modo potevano avere tutti i
fondi necessari ai loro comodi, per studiarlo e crearsi la loro
tecnologia. La campagna nazista era basata su questo. La mia non
è una giustificazione al suo operato: come sai, il potere
dello scettro non fa che amplificare il lato negativo di ciascuno di
noi. Lo porta semplicemente a galla.”
“Vorresti dire che Clint vorrebbe ammazzarmi sul
serio?” replicò lei con un sorriso, scettica.
“Potrei
anche capire il suo punto di vista...” ammise
Wade perdendosi nel meandro dei suoi pensieri, sicuramente osceni. Nat
gli schioccò le dita davanti agli occhi, invitandolo a non
distrarsi “Dicevo
del portale... gli obiettivi, fondamentalmente, erano solo due.
Almeno... stando a Loki.... è molto loquace quando pensa di
averti in pugno... o quando ti trova simpatico, quasi un'anima
affine.”
“Sì, me ne sono accorta...”
“Ah no,
bella mia..” ridacchiò il mercenario “Ho detto, quando
pensa di averti in pugno. Con te sapeva con chi aveva a che fare. Clint
gli aveva detto ogni cosa, su voi due. Ogni minimo dettaglio. Dal
nostro primo incontro, ai tuoi punti deboli... al fatto che da piccola
la Mano agli ordini del Barone avesse cercato di lavarti il cervello e
impossessarsi, così, di un'altra fetta di potere, dopo la
Germania Nazista. Ma quell'imbecille di Rogers e quel cretino di
Wolverine, che i cazzi suoi non se li sa mai fare quando è
il momento, vennero a salvarti e allora addio zarina da mettere sul
trono di Russia come proprio fantoccio. Se tu hai pensato di aver
incastrato Loki, ti sei sbagliata di grosso. Sei solo una spia
terrestre, abile quanto vuoi. Ma lui è il Dio degli inganni.
Pensi davvero si sia fatto fregare così da te, pur sapendo
della tua abilità?”
“Ma....” Natasha sbiancò, riconsiderando
tutta la vicenda. Loki era sembrato così sorpreso dal suo
voltafaccia.
“Lascia
perdere... Il punto è che Loki aveva piani che andavano al
di là di uno sfigato gruppetto di supereroi... Di cosa
parlavo? Ah, sì, l'autrice suggerisce di leggere qualche
capoverso sopra... dunque, il portale. La Terra o Asgard.
Perché? Chi sta dietro a tutto? Un tale di nome Thanos. Non
so molto al riguardo. Certo è che la Terra era sempre stato
il suo obiettivo. Devi sapere che noi siamo il pomo della discordia
degli altri otto regni. La pace è mantenuta da Odino, Re di
Asgard. Se la Terra cade, cade l'equilibrio degli universi e si
scatenerebbe una battaglia di proporzioni galattiche. Lo stesso se
cadesse Asgard. Nessuno crede realmente in questa tregua che dura da
millenni e i due mondi sono i due punti deboli.”
“E Loki può influenzare entrambi, nel bene e nel
male...”
“Precisamente!”
“Loki sapeva del progetto Avengers!”
sbottò Natasha alzando lo sguardo improvvisamente
consapevole su Wade “E l'ha usato per i suoi porci comodi. Ha
cercato di annientare chi poteva dargli filo da torcere...”
“Non mi
pare proprio...” commentò l'altro “Se quello era il
suo obiettivo ha fatto un lavoro da principiante: riunire gli unici che
potevano sconfiggerlo. Tant'è che ha assoldato me, in caso
il primo attacco fosse stato infruttuoso. Sapeva che ero, mio malgrado,
l'ombra di Rogers. In questo modo, potevo infiltrarmi tra i Vendicatori
e sabotare i vostri piani. Affrontarvi tutti assieme sarebbe stato
troppo complicato. Così ho aspettavo che il segugio si
allontanasse e ho usato il veleno, inodore e incolore, fregato al
maggiordomo per scaricare su di lui la colpa. Motivo per cui ho detto a
Stark di costruire l'androide. Così la polizia avrebbe avuto
qualcuno da arrestare e io non mi sarei dovuto incasinare a spiegare
gli effetti delle quattro leggi della robotica alla 2001 a dei
piedipiatti ignoranti che al massimo ascoltano musica country mangiando
ciambelle in auto.”
“Dovevi studiare di più, allora...”
disse Nat alzandosi e andando a dargli uno schiaffo in pieno volto
“Io sono immune a ogni tipo di veleno. Clint pure, visto che
è il mio partner. A questo punto credo che anche Steve non
avrà problemi, essendo il suo metabolismo così
veloce da eliminare le scorie prima ancora di incontrarle. E pure
Gambit, stesso motivo. Probabilmente ti ha assoldato perché
cascassi in questo tipo di trappola. Il veleno non è
propriamente la tua arma preferita. Se continuiamo a ragionare per
assurdo, probabilmente, voleva che credessimo che lui volesse farci
secchi anche in caso di fallimento. Piuttosto, cosa hai
usato?” domandò afferrando la sedia per lo
schienale e trascinandosela dietro senza sforzo per raggiungere la
cucina “Devo preparare un antidoto... ammesso che non sia
troppo tardi...” Deadpool sciorinò i vari
ingredienti usati, un misto di sostanze più o meno tossiche
mescolate tra loro a casaccio. Alcune, addirittura, si annullavano tra
loro. Ma ciò che la fece rilassare fu constatare che le dosi
preparate, distribuite inaspettatamente sul gruppo allargato che
comprendeva i sei del Baxter Building, avrebbero comportato solo una
specie di intossicazione alimentare. “Visto che tu non fai
nulla per nulla... spiegami bene cosa ti aveva promesso?”
“Preparati
al flashback, allora!” ghignò Wade “Ma nel prossimo
capitolo...”
1 Psy (Park Jae-Sang),
Gentleman
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
E rieccoci qua, ragazzi!
Altro giro altra corsa.
Parto subito a spiegarvi due cosette: il padre di DP era un militare.
Ecco perché sapeva degli alieni. Quanto a Loki, la sua
conoscenza del progetto Avengers prende spunto dalla scena extra nel
finale di Thor in cui lo si vede quasi manipolare Selvig. Cmq,
sicuramente sapeva del Tesseract.
Altra cosetta. Mi accorgo adesso (all'inizio della seconda parte!!!!)
che non vi ho mai segnalato -se mai vi fosse interessato...- che tipo
di canzoni mi ha accompagnato in ogni parte. Non parlo di quelle che
compaiono citate ma di quelle che -per me- descrivono la scena.
Sì, perché la vicenda in generale procede per
conto proprio ma ci sono stralci le cui emozioni avevo presenti solo
con canzoni messe a ripetizione. Magari non sono riuscita a trasmettere
adeguatamente quello che sentivo... Prometto che d'ora in poi lo
segnalerò puntualmente.
Vi cito quelle che mi ricordo così a braccio:
Il ricovero di Pepper e l'operazione (descritta brevemente ma che io ho
vissuto con Tony in tutta la sua angoscia) Save a prayer -
Duran Duran
Dei DD anche il primo volo di Rescue (che inizialmente doveva essere
una passeggiata aerea dei due in armatura...) Rio, Hungry like the wolf
e, in particolare, l'affiatamento tra la rossa e la sua armatura con Planet Earth e,
ovviamente, Barbarella.
Wild Boys,
invece, per i ragazzi, non son proprio riuscita a usarla... mah...
Nat e Clint a Budapest è nato da Stand By dei Lost,
il loro rapporto ambiguo descritto da I am made of you -
Alice Cooper e da Anyplace,
anywhere, anytime - Nena e Kim Wilde, l'amore di Clint Military Fashion Show
- And One. Per Natasha, come personaggio, inutile citare il brano che
lei stessa rivendica come suo, Black
Widow - Lita Ford.
Burn it to the Ground
- Nickelback, ha accompagnato la nascita delle scene di battaglia
Angelo/Visione, anche se non c'entra nulla come atmofera.
Rogue e Gambit, invece, si sono delineati con Everytime we touch
– Cascada, Bad
boys Sad girl – Tata Young, I think I'm paranoid
– Garbage, Sick
and Tired – Anastacia.
Deadpool, Perfect
Gentelman - Helloween e It's the little things
- Alice Cooper.
In generale, poi, era periodo in cui ero ossessionata dai Lordi (in
particolare Blood Red
Sandman)
Detto questo, vi aspetto la prossima settimana, con il lungo flash-back.
|
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Capitolo 2 *** Come sono stato reclutato (e fregato) da Loki, narrato a tre voci. ***
Questo
è il capitolo II (leggi due
o secondo)
della seconda parte di L'ira
degli eroi – Rien ne va plus.
In
corsivo, il titolo. In totale è il capitolo XLV. Per chi non
sa leggere i caratteri romani, è il 45°.
Titolo:
Come
sono stato reclutato (e fregato) da Loki
(sempre
in corsivo, mi raccomando), narrato a tre voci.
Sì,
3, avete problemi? Quelle mia e le due del mio cervello... che vi
sorprendete? Io sono solo pazzo! Pensate a Fantomex che ne ha tre, di
cervelli. E lui gli ha pure dato un nome. Un nome ciascuno!
Iniziamo
il flash-back promesso nel capitolo precedente:
Era
una notte buia e tempestosa....
Che
cazzo dici? Era una deprimente serata primaverile. Eravamo chiusi nella
nostra fogna sotterranea a gustarci i ritratti di Rogue in bikini.
Quelli realizzati da Boris Vallejo...
Ah,
come background abbiamo il videogame che deve ancora uscire al momento
in cui scrive l'autrice? Bene... bastava saperlo...
Guarda
che i lettori si stancano di dettagli inutili: finisci alla svelta!
Ok,
d'accordo! Sta tranquillo!!! Dunque. Eravamo sbracati sulla nostra
poltrona a ingozzarci come tacchini per il Giorno del Ringraziamento,
fantasticavamo su Rogue e, di tanto in tanto, tiravamo l'occhio alla
televisione in sottofondo in cui, per l'ennesima volta, mandavamo un
vecchio VHS con l'ottavo e ultimo episodio di Manimal...
E
stavamo piangendo senza ritegno come coglioni sapendo che non ci
sarebbero stati altri episodi.
“E
noi possiamo fare tutte queste cose solo perché siamo in
tre. Noi NON siamo multi-tasking, come le donne. Non pensate male,
eh!”
Forse
è meglio piantarla col plurale maiestatis e con dettagli
inutili...
Ma
sono il contesto! Cosa capisce il lettore, senza?
Ci
prenderanno per pazzi!
Ma
noi siamo Wade e Wade è pazzo.
“Io
non sono pazzo! Sono solo diversamente normale. Ora fatela finita e
terminate l'introduzione!”
Siamo in tre, l'hai
detto tu... certo che sei pazzo! Ed è decisamente meglio
finirla qui, o i lettori faranno confusione e chiuderanno la finestra
di EFP...
Ok,
ok! Ma usa il presente al posto dell'imperfetto...è
più facile.
Dunque.
Sono intento
a osservare il mio eroe preferito che si trasformava quando
all'improvviso arriva una chiamata da un numero anonimo. Rispondo al
ricevitore, seccato, e, dall'altra parte, qualcuno chiede se stia
parlando con Deadpool, il mercenario. Al ché mi alzo, vado
nella stanza accanto e, mentre quello continua a blaterare a vuoto,
torno con addosso il mio amato passamontagna...
“Cosa
te ne facevi del passamontagna quando sei al telefono?”
“Ecco,
Natasha deve fare la petulante e interrompere... mi poteva riconoscere,
no? Che domanda idiota!”
Insomma...
c'è questo tizio, credo un agente S.H.I.E.L.D., incaricato
da Loki di fare una chiamata generale, che mi invita, se interessato, a
recarmi a un appuntamento. Arrivato al luogo designato, mi trovo questo
damerino inglese... un Tom Hiddleston moro, leccato da una mucca e coi
vestiti della Sirenetta. Mi punta contro uno scettro scintillante, la
versione Twilightiana di una cosa che era la via di mezzo tra l'asso di
bastoni delle carte napoletane e lo scettro di Sailor Moon, il
primo, e sghignazza soddisfatto. Quando si accorge che non me lo cago
di striscio, comincia a innervosirsi e ci riprova.
“Non
so cosa tu voglia fare, ma sei fastidioso!”
Gli dico.
Allora
sbuffa seccato. Ma non come possiamo farlo noi mortali. In modo regale,
come chi ha studiato a Oxford, hai presente? Ecco.
“Io ho bisogno di
un mercenario” borbotta infastidito. Ci pensa un
po', poi mi prende sotto braccio e comincia a biascicare con una voce
ancora più fastidiosa, che l'autrice suggerisce come flautata... che
cazzo vuol dire, poi, flautata?
Non è mica il pifferaio magico di Hamelin... o sì?
“Vedi, tutto
questo...” comincia con questo fare
cospiratorio, mostrandomi... la pagina bianca di Open Office!
Chissà lui cosa ci vedeva...
“Un
giorno sarà tuo, Simba...” lo
anticipo io, spiazzandolo. Perché, ammettiamolo, a chi non
piacerebbe disporre di vita e morte dei propri personaggi?
Checché ne dica quella scema dell'autrice che pensa che noi
godiamo di vita propria.
Insomma,
Loki ci guarda in modo strano, forse pensando che sono pazzo -una voce
nella mia testa suggerisce che lo devo essere assolutamente- e continua
come niente fosse “...non
è reale... C'è una donna, con un computer, in
pijama. E lei sta scrivendo i nostri dialoghi...”
“Sì
lo so, è una fan fic che prende da un film e ci butta dentro
fumetti e altri film ad esso legati...Ehi un momento...” replico
rivolgendomi direttamente alla donna al di là del monitor,
facendo sì che le sue dita si muovano da sole sulla
tastiera, per creare un discorso diretto per dialogare con lei, che non
può rispondermi e che si limita a imprecare per la mia
fastidiosa autonomia “In
qualche modo tu sei mia madre. Dopo i tuoi compagni di classe, posso
chiamarti anch'io mamma?
Ne ho più diritto di tutti loro
messi assieme! Sono anche dotato di vita autonoma, visto che faccio
quel cavolo che mi pare... Ma quindi... me la sto scrivendo da me, la
storia?”
Quello,
Loki, ignora i miei vaneggiamenti e continua “Una domanda
migliore sarebbe, come fai a sapere se tutto questo è vero o
è solo un sogno?”
“Mica
siamo in Matrix,
bellino! Aggiornati...”
“Potresti
venirmi in contro, in un caso e nell'altro...non ti pare?”
Ci
penso un attimo, quindi lo squadro da testa a piedi “Posso
avere quella tua assurda corona?”
“Ma
certamente...” replica quello, interdetto, quasi
pensasse sia stupido ad accontentarmi solo di quello. “Ma posso fare di
meglio e dimostrarti la mia... generosità.
Posso far sì che ti venga riconosciuto lo status di eroe,
come tutti gli altri... magari ti farò avere una serie di
fumetti tutta tua...”
“E
un videogioco? E un film? E i cammeo?”
“Certamente...
uscirà tutto dopo la fine del mondo...”
“E
una squadra di me stessi alternativi, provenienti da universi
paralleli?”
“Di
più. Con questa corona io ti nomino supereroe tra i
supereroi. Potrai fare quello che preferisci, sconfiggere tutti gli
X–men o entrare a far parte della loro squadra come capo
indiscusso. Potrai anche sollevare il martello di Thor...”
“Ok... mamma?” dico
alla tipa dietro la tastiera del suo portatile che impreca piano per
non svegliare il cane che ronfa con la testa sulla sua gamba
“Io
ci sto, mi piace il vostro
piano!”
Ecco come è andata.
Però, a pensarci ora, effettivamente, sapeva un po' da
fregatura! Insomma. Nella storia del fumetto solo lui, oltre a Thor,
è riuscito a sollevare quel dannato martello e solo nella
minisaga Le fatiche di
Loki. Per non parlare del film... continuano a parlarne ma
non c'è stato nessun serio tentativo di trasposizione a
parte quel cesso col laser e la bocca cancellata di Wolverine: le origini
che di certo non eravamo noi.
Oh...dimenticavo:
fine della spiegazione su
come sono stato reclutato da Loki, del flash-back e della mia
bellissima profondissima e carismati...issima voce narrante.
Riprendetevi
l'impersonalità fatta persona dell'autrice. Baci a tutti,
grazie per volermi bene. Vi adoro anch'io! Ci vediamo presto per un
altro siparietto del genere se questa stronza non lo taglia di
proposito per farmi dispetto!
“Tu
lo sai, vero, che quella corona, ovunque tu l'abbia nascosta,
è già sparita?” domandò
Natasha tirando un sorriso cattivo.
“Qualche
ladro si è introdotto nel mio tugurio? A chi devo dare la
colpa? A Gambit? O a quella lurida Gattaccia scostumata? Ho capito...
E' stato Fantomex che è geloso del mio successo con le
donne. Sì, dev'essere così per forza...”
“Guarda
che ho visto Loki cambiare i suoi abiti sotto i miei occhi e la corona
andava e veniva, quasi fosse un'illusione ottica o un
ologramma...” rispose lei tranquillissima
“Quindi...
niente corona?”
“Guarda
i filmati, se non mi credi...”
“Mi stai dicendo
che mi son fatto fregare?” strepitò
Wade saltellando legato alla sedia “E allora...
anche la storia dei videogame e dell'estensione per il GTA IV, del
film... tutto davvero una bufala? Oh no...NO!!!!”
“Che
cos'ha da urlare?” imprecò Clint entrando in
cucina con al seguito solo Steve, Rogue e Gambit che non sembravano
accusare particolari problemi di intossicazione.
“Tu non
capisci!” strepitò quello mettendosi
a piangere come una fontana “Ti
sbatti Natasha, o almeno
dovresti, per far felici tutti i fan e invece ti sei fatto
azzerbinare come un dilettante. E dire che nel mondo reale voi due non
siate nient'altro che amici mentre io e lei siamo pure stati sposati1.
Cosa può capire un donnaiolo come te dei problemi
che può avere uno sfigato come me!! Che come
massima amante può avere solo la Morte in persona!”
“Come
scusa?” stava domandando il cecchino con voce incrinata dalla
rabbia che un calcio volante mandò Deadpool a sbattere
contro l'angolo del mobilio. L'agente Romanoff gli si fiondò
immediatamente addosso, coi piedi piantati sul suo petto, rannicchiata
come un ragno al centro della propria tela pronto a consumare il
proprio banchetto. “Su su...” disse invece, andando
a prendere la donna per i polsi e allontanandola dal mercenario
“Non ne vale la pena...” disse nel tentativo di
calmarla nonostante fosse il primo a desiderare che quel dannato
mercenario si cucisse la bocca una volta per tutte.
“Sei
un uomo morto! Morto, hai capito?” sibilò la rossa
mentre si lasciava trascinare via dal compagno.
“Buahahah”
piagnucolava quello senza ritegno “Tutto
perché non ero soddisfatto di essere riservista nei GLX2,
un gruppo sfigati di seconda scelta... Cosa me ne faccio della vita
senza i miei Dead–Corps?”
strepitò quello quasi offeso dalle minacce della rossa,
senza nemmeno rendersi conto dell'opportunità tanto agognata
che lei gli stava offrendo.
Lontana
da Wade, Natasha cercò di recuperare la propria calma
“Ho preparato un antidoto...” disse porgendo ai
superstiti alcuni bicchieri con uno strano siero viscoso all'interno
“Da quello che mi ha detto, e in base a quello che abbiamo
mangiato, non dovrebbe servire nemmeno la lavanda gastrica...
però è meglio se lo diamo a tutti. Rogue, puoi
volare fino al Baxter Building e accertarti delle condizioni dell'altro
gruppo?” la donna annuì e corse a cambiarsi
“Qualcuno sa nulla dell'Uomo Ragno?”
“Hanno ucciso l'Uomo Ragno ♪ chi
sia stato non si sa... ♫ e non si sa neanche il perché!”
canticchiò il mercenario nonostante -o forse proprio per- la
profonda depressione in cui era caduto
“Piantala!”
ringhiò la rossa che aveva perso ogni sua pazienza
“In
realtà è stata la Marvel al numero 700. Questo
è un grande spoiler...perché forse risorge: la
sua mente sembra essere intrappolata dentro il Dottor
Octopus...” continuò a sproloquiare
frasi inarticolate su universi alternativi e vari codici alfanumerici.
“Come
fai ad arrabbiarti con lui? Non vedi che il suo cervello è
completamente fuori fase... non ti fa pena?” Cercò
di calmarla Cap nella sua immensa carità cristiana.
Per
tutta risposta la spia gli sbolognò i suoi bicchieri con
poca grazia “Visto che hai tanto amore per il prossimo, sarai
tu ad occuparti di Tony...”
“Cosa..?”
sbigottì lui “Cosa c'entra questo
con...” Ma Natasha già non lo badava
più e Steve sospirò rassegnato: le donne di
quell'epoca gli risultavano incomprensibili. Erano troppo sicure di
loro stesse, per niente graziose e talvolta anche violente.
Si
avviò mestamente verso il corridoio mentre, alle sue spalle,
Deadpool continuava a delirare “Quello stronzo
di un dio minore! Io voglio Wanda3! Come faccio
a fare sesso col me
stesso femminile? Che tu sia maledetto, cianotico di un trovatello! Che
gli dei, tanto per andarci leggeri, ti puniscano come Prometeo4!”
Scosse
la testa sperando di non capire la bestialità incestuosa con
cui se n'era uscito quel mentecatto ma ormai il danno era fatto e
l'immagine dei due mercenari, ugualmente volgari e sfigurati in modo
ripugnante, che si approcciavano era già entrato nella sua
testa come un tarlo.
Ormai
davanti alla porta di Stark, bussò e attese pazientemente
una qualche risposta. Quando, dopo due minuti non aveva ancora sentito
provenire dall'interno alcun tipo di movimento, spinse la porta che si
aprì subito: un sofisticato congegno l'aveva riconosciuto
tramite le impronte digitali. L'apertura della stanza era stata
abilitata in quanto persona autorizzata all'accesso in caso di
necessità. O almeno, così echeggiò la
voce di J.A.R.V.I.S. prima di lasciarlo passare oltre la soglia. Stava
ancora aprendo la porta quando la voce sintetica di Jarvis riprese a
parlare, ora più vicina, chiedendogli il permesso di
sollevarlo dall'ingrato compito di far ingerire al suo creatore la
soluzione che teneva in mano.
Steve
accennò con la testa il suo permesso e subito una mano
afferrò il bicchiere e una sagoma vestita di nero lo
anticipò nella stanza.
“No,
scusa... e tu chi sei? Cosa ci fai qui?” domandò
sbigottito davanti a quel losco figuro albino dalla faccia inespressiva
–
Perdoni, Signor Rogers. Questo è il mio nuovo hardware,
creato questa notte su modello di Visione. Sono Jarvis. –
“Il
computer?” strabuzzò il capitano.
–
Precisamente. Ora, se mi permette, ritengo che non gradirà
vedere come intendo forzare il Signor Stark ad assumere il suo
antidoto... –
“Non
ti preoccupare... sono abituato...” disse pensando agli
orrori a cui aveva assistito in guerra. Chissà se chiunque
altro, all'interno del loro gruppo miscellaneo, poteva anche solo
concepire cosa volesse dire trovarsi a dover fare i conti con la morte,
propria o altrui, essere degli assassini consapevoli?
–
Quanto al mio aspetto, valuteremo successivamente la
credibilità di questa forma– stava dicendo il
sintezoide avvicinandosi al letto. Ma lui non lo sentiva, immerso nei
propri ricordi e nei propri ragionamenti.
Quando
il dottor Zola gli aveva chiesto se avrebbe mai sparato ai nazisti,
aveva risposto di no, che lui odiava i bulli. Però,
sull'Helicarrier, il suo ricordo più recente, non si era
fatto scrupoli a buttar giù dall'aeronave un agente
S.H.I.E.L.D. che aveva come unica colpa quella di essere stato
soggiogato dallo scettro di Loki.
Non
era vero che si era limitato a difendere se stesso e i suoi compagni.
Non
era vero ora, come non era stato vero allora, durante quella che venne
ora chiamata Seconda Guerra Mondiale.
Doveva
scendere a patti con il suo istinto di sopravvivenza che l'aveva
portato a uccidere senza pensare. E che l'aveva reso, né
più né meno, alla stregua di qualunque assassino.
Stava lasciando vagare lo sguardo sulla stanza spoglia di Stark quando
una cornice elettronica delle dimensioni di un televisore, su cui
scorrevano diverse immagini, una dopo l'altra, in una carrellata
infinita di memorie visive, attirò la sua attenzione.
Stark
non era un tipo nostalgico ma allora come poteva spiegarsi questa
anomalia?
Tra
le foto comparivano anche diversi paesaggi, foto d'animali e
ingrandimenti di dettagli vegetali.
–
Il Signor Stark ha fatto un po' di confusione e ha riempito la cornice
con cartelle diverse da quelle contenenti immagini semplicemente
rilassanti...– disse Jarvis comparendo dal nulla al suo
fianco, silenzioso come un ombra, e allungando una mano alla cornice
– Provvederò subito a...–
“No,
aspetta...” lo fermò il capitano
“Cos'era quella? Quella foto... torna indietro! Puoi
farlo?” Jarvis toccò qualcosa su quello strano
schermo e le immagini presero a scorrere al contrario “Qua...
questa... cosa ci fa qui?” domandò indicando una
donna in un sobrio tailleur, sorridente al braccio di un uomo che
assomigliava molto, tra postura, acconciatura, sorriso e taglio degli
occhi, al padrone di casa
–
Questa era la signora Stark, pochi anni prima della nascita del
signorino Anthony...– lo informò Jarvis
“Ci
deve essere un errore... questa donna era al mio fianco durante la
guerra.... a suo tempo era tenente... il tenente Peggy
Carter!” alitò Rogers fissando la foto inebetito.
1
DP intende la realtà al di
là del set
cinematografico: Scarlett
Johansson e Ryan Reynolds (attori interpreti, rispettivamente, della
Vedova Nera in The
Avengers e di Deadpool X-men le origini - Wolverine
oltre che di
Hal Jordan in Lanterna
Verde per la DC) sono stati effettivamente
sposati un paio d'anni.
2
Vendicatori dei Grandi Laghi - X-men
3
Non già Wanda Maximoff ma Wanda
Wilson/Lady Deadpool. Oltre a Lady Deadpool, il team dei Dead Corps
comprende DogPool (un cane usato come cavia per esperimenti cosmetici
che affronta un Wolverine nato dopo di lui -versione migliorata-),
Kidpool (un marmocchio allievo di Xavier -che ci prova con Emma Frost
cambiando capigliatura ogni due minuti-) ribattezzato Tito da DP per
evitare l'omonimia) e HeadPool (che si sposta grazie a uno di quei
ridicoli cappellini con elica in cima...).
In una delle avventure dei Deadpool Corp, dunque, Wanda e Wade, da
bravi trucidi, provano l'ebrezza di andare a letto con un se stesso
alternativo. Cosa che, però, più avanti,
verrà ripudiata da entrambi come peggior idea di sempre.
4
Le
punizioni di Loki sono molto simili a quelle inferte a Prometeo. Non a
caso i due personaggi sono molto simili tra loro e oggetto di studi
comparati. Se vi interessa 1
e 2
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Ta-da!
Sorpresi? Spero di sì. :)
Su
Peggy Carter c'è stato un po' di casino durante la
pubblicazione dei fumetti e io ho deciso di stravolgere ulteriormente
le carte in tavola (tanto, dopo le incongruenze del primo Rulk posso
davvero fare di tutto).
La
Peggy che compare nel film di Cap è in realtà un
mix con Cinthia Glass (i due si conobbero durante il progetto
Rinascita, fu amica e amante e fu descritta da Cap come il suo primo
amore perduto per sempre, si scoprì essere una
doppiogiochista nazista mentre Peggy conobbe Cap sul campo francese ed
ebbero una breve relazione comunque significativa per entrambi).
Nelle
diverse narrazioni fu ben presto surclassata da Sharon Carter (che
prende parte alle avventure odierne
di Cap, prima sorella poi nipote della stessa Peggy: le due hanno
vent'anni di differenza e Peggy è invecchiata normalmente...
quindi la cosa era un po' ingestibile secondo la prima idea di
cronologia e parentela). Peggy cade nel dimenticatoio e ricompare solo
sporadicamente (ormai imbolsita e invecchiata) nella nuova vita di Cap
e della sua fidanzata storica (la nipote Sharon, appunto).
Entrambe
le donne, comunque, sono agenti/spie/soldati per lo S.H.I.E.L.D.
Io
ho voluto fare proprio la stronza e mescolare una nota di carattere
biografico (sulla madre di Tony) a un accenno di sentimento nel film.
Ovvero.
Da
dove salta fuori la madre di Stark?
Maria
Stark nasce come Maria Collins Carbonel. E della sua vita da giovane
non si sa nulla. Dunque, ok che è un personaggio minore e
tutto quello che volete... ma me lo volete negare che un personaggio il
cui passato sia una tabula rasa si potesse prestare a libera
interpretazione? :D
Ecco
quindi che Peggy (nella mia testa, si intende), da brava spia, cambia
nome per sposare Stark (che nel film fa il cretino come il figlio e
sembra quasi mettere la testa a posto per lei) e crescere il bambino in
tutta sicurezza. In realtà ho supposto che la cosa non sia
andata poi così liscia perché cmq la ROXXON (o
V-Battalion...ma per non far casino, tengo la ROXXON già
ampiamente citata nei film) li ha fatti secchi in un bell'incidente
(ora d'auto ora d'aereo a seconda delle versioni. Noi teniamo buona
quella automobilistica come già preannunciato al capitolo 11
di Preludio.
C'è da dire anche che, nella versione Ultimate, Maria muore
nel dare alla luce Tony che viene schiaffato dal padre in
un'armatura/incubatrice e, ancora, nella serie tv del '94 Howard
è vivo e vegeto, la cui morte era stata coperta dallo
S.H.I.E.L.D. mentre in House of M è sempre stato vivo e
basta).
In
ogni caso, Howard ha continuato a collaborare con lo S.H.I.E.L.D. per
un bel pezzo. Diciamo che Tony è un po' figlio d'arte anche
nel suo essere un Vendicatore/agente S.H.I.E.L.D. Tra l'altro, la mia
soluzione non va, a ben vedere, a interferire col continuum Marvel.
Certo, oggigiorno ormai Peggy sarebbe bella che morta, ormai (o poco ci
mancherebbe). Però, anche spostando la cosa alle date reali
in cui furono ambientati i fumetti beh... nulla vietava a Maria (e
così è stato nei fumetti: sta povera donna cmq
s'è sposata con qualcun altro che non fosse Cap), e quindi
alla mia versione come moglie di Howard, di far visita a un vecchio
amico e di aiutarlo, per quanto possibile...
Ecco...
se non ci fosse stato il film a suggerirmi l'idea non avrei proprio
tirato in ballo tutto 'sto casino, ma così, chiudo anche
quella parentesi, lasciata aperta in Preludio sul passato dei signori
Stark e di cui non ho la più pallida idea come
verrà usata in Soldato d'Inverno.
Torneremo
sull'argomento nei prossimi capitoli. Come capite non è una
cosa che possa passare sotto silenzio. Soprattutto per due come Tony e
Steve.
Ultima
nota di colore -decisamente, essendo solitamente blu e scurrile-
Intanto: le due voci del suo cervello sono segnalate come riquadri
rettangolari, uno giallo con il carattere tipografico normale e uno con
carattere Courier su fondo bianco. Io le ho fatte entrambe in Courier
corsivo, una bianca una blu. Spero di non avervi incasinato troppo.
DP
e il suo essersi venduto a Loki: durante Civil War si schiera per la
registrazione ma solo perché così sente
riconosciuta la sua straordinarietà e accettata la sua
natura superumana. Una volta registrato, per altro, può
spacciarsi per un buono: lui ha ubbidito, non è un criminale
a briglia sciolta come certi altri Vendicatori scapestrati!
Quanto
alle sue precisazioni... ;) controllate pure ma lui sa tutto di
ciò che lo riguarda!
|
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Capitolo 3 *** Risveglio ***
Doverosa precisazione al capitolo
precedente:
Ho dimenticato un dettaglio che, per chi non conosca a
fondo i personaggi Marvel può aver creato confusione, chiedo
scusa.
La Wanda di cui parla DP NON
è Wanda Maximoff ma è Wanda Wilson, il suo
alterego femminile di un universo parallelo. Oltre a Lady Deadpool, il
team dei Dead Corps comprende DogPool (un cane usato come cavia per
esperimenti cosmetici che affronta un Wolverine nato dopo di lui
-versione migliorata-), Kidpool (un marmocchio allievo di Xavier -che
ci prova con Emma Frost cambiando capigliatura ogni due minuti-)
ribattezzato Tito da DP per evitare l'omonimia) e HeadPool (che si
sposta grazie a uno di quei ridicoli cappellini con elica in cima...).
In una delle avventure dei Deadpool Corp, dunque, Wanda e Wade, da
bravi trucidi, provano l'ebrezza di andare a letto con un se stesso
alternativo. Cosa che, però, più avanti,
verrà ripudiata da entrambi come peggior idea di sempre.
Detto ciò, vi auguro una buona lettura.
3. Risveglio
Rogue sfrecciava nel cielo col cuore in gola. Ciò che la
animava non era la solita adrenalina, non il puro piacere di sfidare la
gravità. Mescolate a sensazioni ben note c'era la paura di
arrivare tardi da quelli che ormai considerava già amici e
la sgradevole sensazione di essere costantemente spiata. L'attacco di
Visione solo il giorno prima, mentre lei e Pepper erano in volo, non
era ancora scomparso dalla sua mente e si sentiva paranoica.
Atterrò in un volteggio da ballerina classica sulla terrazza
dell'edificio dove tovaglie e lenzuola sventolavano ancora umide nel
cielo dorato: Susan e Janet dovevano aver fatto il bucato subito dopo
cena. Si fece largo tra gli ambienti interni senza incontrare alcun
ostacolo: le porte erano tutte aperte e nessun sistema d'allarme era
inserito.
La cosa non le piaceva per nulla.
Avanzò a tentoni nel corridoio buio, rammaricandosi che non
ci fosse un sistema sofisticamente avanzato come alla Stark Tower che
illuminava il percorso man mano che si procedeva. Questo nonostante lo
scienziato padrone di casa eccellesse su Iron Man, con ogni
probabilità, in molti campi scientifici e quello stesso
palazzo ne era la dimostrazione.
Forse i sensori erano semplicemente disattivati. Perché
doveva pensare al peggio per quella che poteva essere una semplice
svista?
Stava meditando su quella stranezza quando inciampò su
qualcosa di duro e ingombrante. Impossibilitata ad accendere la luce,
si decise a usare la vista a infrarossi del fratello. Le
bastò un attimo per capire chi avesse di fronte e, alzando
lo sguardo, individuare l'interruttore. Spiccò un balzo,
accese la luce e tornò al corpo appena rinvenuto.
Sbuffò.
Cominciare con Ben Grimm non era certo quello che si era auspicata, ma
non poteva permettersi di perdere tempo gironzolando a casaccio per la
casa in cerca degli altri cinque. Sfilò una fiala contenente
il siero dalla tasca e meditò su come iniettarglielo. Sapeva
che gli artigli di Wolverine potevano scalfirlo appena. Comunque, non
abbastanza profondamente da oltrepassare la corazza rocciosa. E lei
poteva sfoderare gli artigli come il canadese ma senza la mutazione
successiva apportatagli dal progetto Arma Plus: erano,
perciò, solo comunissimi pezzi d'ossa affilati e inutili
allo scopo. Per un attimo meditò sul tentare di usare il
potere di Scott Summers per incidere la corazza ma non era in grado di
controllare appieno quel potere che, comunque, non consisteva in raggi
laser capaci di bucare a piacimento la materia.
Si risolse praticamente subito a farglielo bere, ricordando le quattro
acche di primo soccorso che il fratello le aveva spiegato tempo
addietro. La mascella era contratta e lei dovette prestare particolare
attenzione nell'usare la propria forza per evitare di
disarticolargliela, nonostante stesse operando su Ben, non sulla prima
mammoletta beccata per strada. Quando le labbra si furono schiuse,
stappò la fiala coi denti e versò, piano, il
contenuto nella bocca dell'uomo, sperando che la storia della
deglutizione automatica non fosse una balla.
Ma Kurt su quelle cose non scherzava mai.
Non riuscì a notare alcuno spostamento lungo la gola ed ebbe
quasi paura di essere arrivata troppo tardi o forse Ben aveva un
metabolismo che andava per i fatti suoi, come quello di Logan ma al
contrario, più lento.
Si tirò in piedi, pronta a rimettersi alla ricerca degli
altri membri del gruppo, non potendo aspettare in eterno di vedere
reazioni prima di rimettersi in moto, che la massa di roccia alle sue
spalle cominciò a tossire violentemente. Possibile che il
siero avesse un effetto così immediato? Forse si era
sbagliata, forse il suo metabolismo aveva reagito così
prontamente proprio perché alterato a seguito delle
radiazioni a cui era stato esposto e che l'avevano cambiato
così drasticamente. Allora, teoricamente, anche gli altri
tre membri del suo team sarebbero guariti così alla svelta.
Un problema più serio, invece, sarebbe stato rappresentato
dai coniugi Pym. Loro erano esseri umani al cento per cento anche se
Rogue cominciava a nutrire la speranza che la modificazione cellulare a
cui si erano sottoposti avesse alterato anche qualcos'altro.
Mentre Rogue meditava, la Cosa si riprendeva quel tanto che bastava a
rimettersi in piedi e fare dell'ironia. Ascoltò, quindi, il
rapido resoconto della mutante con molta attenzione per farle poi
strada nel palazzo, alla ricerca dei compagni.
“Sicura di non avermi mandato tu al tappeto,
bellezza?” domandò strizzandole l'occhio. Rogue lo
guardò perplessa, non capendo se stesse scherzando o facesse
sul serio “Ti piacerebbe, eh?!” lo
rimbeccò acida
Ben, però, non perse il suo sorriso “Ma tu guarda:
ho la stessa età di Reed eppure guarda lui che fiorellino
è riuscito a prendersi...”
Rogue lo osservò un attimo: con quella pelle squamosa era
impossibile attribuirgli una qualunque età ma Reed non
sembrava essere poi così vecchio quindi, aspetto a parte, la
mutante faticava a capire il suo rammarico1. Accantonò il
pensiero quando, arrivati nel corridoio che probabilmente ospitava le
camere da letto, si trovò a trattenere un gemito disgustato:
il passaggio era bloccato da un ammasso informe e instabile. Si
sfregò gli occhi, convinta di avere le allucinazioni o di
essere improvvisamente affetta di una forma acuta di miodesopsia. Si
stava avvicinando per tastare quella poltiglia semovente che l'altro la
fermò “Cos'è questa cosa?”
domandò arricciando il naso
Ben spostò lo sguardo da lei alla cosa marroncina
“Teoricamente dovrebbe essere Henry. Ma se non riusciamo a
far sloggiare tutte quelle dannate formiche non posso esserne sicuro al
cento per cento...”
“Formiche?” domandò lei avvicinandosi a
quella cosa che si rivelò essere, effettivamente una
gigantesca colonia formata da miriadi di formiche.
Il gigante annuì mentre la ragazza agguantava l'antidoto per
il resto della squadra “Quando Susan studiava per diventare
attrice una volta sostenne anche un esame di... linguistica?
Può essere?”
“Non guardare me. Io la scuola l'ho mollata da un
pezzo...” replicò porgendogli le fiale
“Fatto sta che aveva studiato 'sta cosa della danza delle api...
credo l'unica che avesse capito. Ed ecco perché poi si
è data a biologia...2”
“Sono formiche, Ben...” fece notare lei,
gentilmente.
“Sì, lo so anch'io, x-ray-eyes3,
che sono formiche.”
“Ridi ridi...” replicò Rogue quasi
offesa.
“La cosa riguardava entrambi gli animali.”
precisò l'uomo “E' il loro modo di comunicare.
Con... feromoni? Ormoni di qualche tipo, insomma. Il succo è
che quando un membro della colonia viene ucciso emette questo
particolare segnale e tutte le altre sanno quello che è
successo, fanno capannello attorno al più debole e per un
pezzo evitano di passare per quel punto...”
“Stai dicendo che è già
morto?” si allarmò Rogue
“No, sto dicendo che, evidentemente, il suo congegno ha
mandato un qualche allarme a queste bestiacce e dovremo chiamare anche
la derattizzazione se non si sveglia.”
“Ci penso io, qui... tu inietta quella roba agli altri. In
teoria si tratta solo di intossicazione, più che
avvelenamento...”
Ben annuì “Comincio con Janet. Sia mai che Henry
è ancora vivo e lascio schiattare la piccola Van Dyne.
Tutto, lo giuro, ma proprio non sopporterei un'altra tirata su
Budapest... e di avere ancora a che fare con la versione incazzosa
dell'uomo insetto...” l'informò, senza darle
alcuna spiegazione ulteriore e si dileguò per i corridoi in
cerca dei compagni di squadra.
Rimasta sola, Rogue si inginocchiò e ricorse per un attimo
al potere di Refrax4 e, con la sua visione a
raggi X, fu certa che quello fosse proprio Henry Pym. Quindi
valutò come fare per sbarazzarsi degli insetti. A proposito
di ormoni, pensò al potere di Jessica, amica della donna che
ospitava permanentemente nella sua mente. Per assurde associazioni di
idee le venne in mente anche il keening5di
Banshee. Peccato che, ancora una volta, non si fosse premunita di
assorbire i loro poteri. E tutto per non impazzire.
Scosse la testa, domandandosi se la propria premura nel non imbottirsi
di poteri fosse una scelta intelligente o solo vigliacca e si mise a
passare in rassegna tutti gli X-men con cui aveva avuto contatti
epidermici ma nessuno dei loro poteri sembrava poterle tornare utile.
Stava per arrendersi, pronta a bruciare tutte le formiche pur di
liberare l'uomo, quando si ricordò che lei aveva assorbito
anche i poteri di un mutante rivale. Uno della Confraternita di
Magneto. Stirò un sorriso divertito. Non poteva usare le
onde soniche di Banshee, ma le onde sismiche erano alla sua portata.
“Grazie Lance!” ghignò poggiando le mani
sul pavimento. Immediatamente la struttura cominciò a
tremare sotto l'effetto delle vibrazioni prodotte dalla mutante. Le
formiche, prese dal panico, cominciarono a defluire dal corpo e a
cercare rifugio altrove.
Sì, quello era proprio il dottor Henry Pym. Rogue
staccò le mani dal pavimento e, prima che le formiche
tornassero a proteggere il loro compagno, armò la siringa,
togliendo l'aria dall'interno, e gliela conficcò nella
pancia.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Il pizzicore sul collo lo fece svegliare all'istante, cacciando
bruscamente qualunque cosa fosse la fonte di quel fastidio. Imprecando,
si tirò a sedere a fatica: la mente era annebbiata e
confusa. Un paio di mani dalla presa ferrea lo aiutarono a mettersi
dritto e solo allora mise a fuoco la figura in completo scuro davanti a
sé, pur senza riconoscerlo. “E tu chi
saresti?”
Il losco figuro biondo sembrò quasi sorridere ma, a evidenza
di quanto disse, Stark credette di esserselo immaginato –Sono
JARVIS, Signore. Ben svegliato. Sono lieto di vedere che il siero abbia
avuto effetto praticamente immediato –
“Siero?” domandò perplesso, ricordando
di aver ordinato all'Intelligenza Artificiale di crearsi un androide
con le fattezze di Paul Bettany.
–Siete stati tutti avvelenati, Signore– lo
informò il robot, compito.
“Avvelenati?” replicò lui indispettito
“Com'è stato possibile?”
Replicò alzandosi e infilandosi la vestaglia. Sulla soglia,
una domanda più urgente gli balenò alla mente
“Pepper? Come sta Pepper?”
–La signorina Potts è in perfetta forma. La
signorina Romanoff è andata a somministrarle l'antidoto, da
lei creato, personalmente–
“Chissà perché Vedova Nera e antidoto
non mi suonano bene assieme” bofonchiò sospettoso
–Non dovrebbe essere così irriconoscente: vi ha
salvato la vita–
“Chi altri a parte me e Pepper è rimasto
coinvolto?” domandò facendo mente locale a tutti i
componenti del nuovo gruppo dei Vendicatori.
–Probabilmente solo il gruppo del Baxter Building–
disse l'androide biondo
“Mmmm... Non è che è stata lei ad
avvelenarci?”
–Lei
chi, Signore?–
“Io non avveleno proprio nessuno...”
replicò Natasha comparendo alle sue spalle con una voce
così spettrale da fargli accapponare la pelle
“Uccido. Punto.” Precisò anticipandolo
in cucina.
“Allora chi ci ha giocato questo scherzetto? E
come?” domandò infastidito andando a prendersi un
caffè. Fece per allungare la mano sulla bottiglia di Sambuca
che quella gli sparì da sotto la punta delle dita.
Alzò lo sguardo e si ritrovò il viso sempre
sorridente di Peter Parker che lo fissava accigliato “Non
l'avevamo piantata?”
“Ma la smetti di comportarti come mia madre?”
replicò quello andando a strappargli la bottiglia di mano.
Ma Peter fu più veloce, la lanciò in aria e fece
in modo che una ragnatela andasse ad ancorarla al soffitto.
“Ma porca di quella...”
“Oh...
Sailor Iron Maid6 è vivo e
vegeto... manco lui ho fatto secco...”
biascicò Deadpool arrivando seminudo saltellando sulla sedia
a cui era ancora inscotchettato
“Prego?” ringhiò Stark che aveva
già i nervi a fior di pelle e non sapeva più per
cosa offendersi.
“E' stato lui a mettere il topicida nei piatti...”
spiegò Clint rimestando la sua colazione “Al
servizio di Loki e del suo alleato, tale Thanos.”
“E com'è che non se n'è accorto
nessuno? Qua la sicurezza continua a fare acqua da tutte le
parti...” replicò indispettito e rivolgendosi al
maggiordomo “Sai? è comodo averti in forma
antropomorfa... mi sento meno pazzo...”
Natasha levò gli occhi al cielo pensando a come,
lì, di folli, ce ne fosse più d'uno
“Wolverine e Spiderman, gli unici due che potevano sospettare
qualcosa...” spiegò andando a sedersi accanto al
compagno “Uno per il fiuto fino, l'altro per i sensi che
l'allertano in caso di pericolo, sono magicamente lontani dal luogo del
delitto o erano già più che sazi, avendo
banchettato a scuola coi colleghi per la fine dell'anno scolastico.
Wade non aspettava altro... Perché, affrontandoci tutti
assieme, sarebbe stato messo immediatamente al tappeto.”
Stark notò, ma fece finta di nulla, come Clint si fosse
scansato appena quando Natasha gli si era seduta accanto, quasi volesse
evitare il contatto fisico. Lo trovò strano, visto che i due
erano chiaramente attratti l'uno dall'altra. E, per giunta,
condividevano anche la camera da letto. Cosa che nemmeno lui e Pepper...
Si ritrovò improvvisamente a pensare ai discorsi fatti dalla
donna la sera del primo attentato. A come lei si fosse dimostrata
più che... interessata.
Forse era il caso che cominciassero a dividere almeno il letto? Ma era
così comodo avere il materasso tutto per sé: come
avrebbe potuto rinunciare a quella libertà? E poi a lei
sarebbero venute idee strane, ne era certo. E lui non era ancora pronto
per affrontare lei da quel punto di vista. Proprio no. Non ce la faceva
nemmeno a baciarla decentemente senza che la sua mente corresse a
ipotizzare chissà quale genere di catastrofe. Razionalmente
sapeva che non c'era nulla da temere ma inconsciamente svicolava le
situazioni troppo intime. Si sentiva un imbecille e forse lo era
davvero: lui che era abituato a rapporti mordi e fuggi, scopate che
erano più sveltine che reale interazione con l'altra, con
lei non sapeva davvero che pesci pigliare, intrappolato così
in un labirinto di ipotesi per non offenderla e non abbassarla al
livello di tutte le altre. Perché lei non era come le altre,
nel bene e nel male. Non poteva e non voleva riservarle lo stesso
trattamento. Ma non sapeva da che parte cominciare e... E la cosa lo
spaventava a morte. Certo non poteva continuare in quel modo infantile
di relazionarsi a lei. E d'altro canto non c'era giorno in cui non
aggiornasse il conteggio della sua più prolungata astinenza.
Tutto perché era un imbecille anaffettivo che non sapeva
come relazionarsi seriamente con la gente e che, per reazione,
scappava. Scappava e aveva paura soprattutto se ripensava a come suo
padre facesse il cretino con sua madre: l'unica sua certezza era che
non sarebbe mai diventato melenso come lui. E ora quella sicurezza si
sgretolava giorno dopo giorno.
Donne, sesso, alcol. Aveva sempre avuto tutto e subito, ripari sicuri
in cui affogare. Ora non voleva rovinare tutto comportandosi come un
elefante in una cristalleria (e a volte aveva il dubbio di non star
peggiorando le cose, con quell'atteggiamento fin troppo cauto) e c'era
anche chi gli teneva il conto dei drink. Si sentiva in trappola: ma non
era meglio quando si punzecchiavano e basta, quando le cose erano sul
filo del non detto? Non c'erano aspettative, nessuno si comprometteva...
“Certo che tra Palladio e topicida, tu sei abbonato
all'avvelenamento...” commentò la spia
riportandolo alla realtà.
“Devo preoccuparmi?” domandò fissandola
scettico “Stai testando la mia resistenza ai veleni per
ammazzarmi di notte con uno dei tuoi Morsi di Vedova?”
Lei lo fissò accigliata. Ma con una freddezza particolare,
come se avesse a che fare con un cerebroleso “Ho detto che
ammazzo. Non avveleno...”
“Ahhh” disse lui andando ad aprire il frigo in
cerca del latte: era rimasto un solo cartone, di tre che ce n'erano.
Quindi, certamente, la squadra aveva già scoperto il suo
nascondiglio segreto per gli alcolici. Dannazione! Lui ne aveva bisogno
per non pensare a Pepper e ai problemi legati alla rossa.
Fissò Parker accigliato a sua volta “Questo almeno
lo posso bere?” domandò irritato indicando il
cartone superstite, l'unico che avesse mai contenuto solo latte.
L'altro annuì con un sorriso canzonatorio: sì,
avevano trovato gli altri cartoni di latte riempito ad alcol,
dannazione. Ma quanto latte bevevano quei bambocci?
Si servì -paradossalmente il caffè puro proprio
non lo sopportava e se non poteva correggerlo almeno poteva allungarlo-
e tornò a fissare la spia “Allora a lui l'hai
stregato, non avvelenato. Scommetto che non l'avete ancora mai fatto.
Sennò saresti costretta a ucciderlo...” disse in
una frecciata unica che scatenò un mezzo inferno.
Clint si strozzò con le uova che stava sbocconcellando,
Natasha saltò su, viola di rabbia e vergogna, Wade
cominciò a strepitare che lui avrebbe gradito molto avere
quel tipo di privilegio. “Pensa per te, razza di...razza
di...” ma non le venne in mente alcun insulto decente.
“Invertito su tacchi alti” proruppe Wade in suo
aiuto. Tutti si volsero a guardarlo perplessi, congelati nelle loro
posizioni, incapaci di connettere quell'uscita col contesto “Oh,
suvvia!” sbottò ancora il mercenario “RDJ de noaltri,
qua, gira sul set con tacco 12 e tanto di plateau perché
è un nanerottolo, non lo sapevate? Fa concorrenza ai Motley
Crue o ai KISS” 7
Steve, dopo essersi sciacquato il volto in bagno, a seguito della
rivelazione di Jarvis, si era affacciato sulla soglia e aveva studiato
i battibecchi con aria cupa. All'ennesima sparata di Deadpool,
approfittò del momento di silenzio shockato per intervenire.
“Tony, scusa...” disse grave “Posso
parlarti un attimo?”
“Se proprio devo..” bofonchiò quello
tracannando il suo caffè e infilando la porta.
1
Tra Reed e Susan ci sono 11-13 anni di differenza
2 Susan in gioventù aveva
studiato per diventare attrice ma in Ultimates lei dice
chiaramente di essere una biologa.
Quanto
alle formiche, in linguistica si affronta la cosa per lo più
a riguardo
il segnale che le esploratrici mandano alle operaie per trovare il cibo
(direzione, distanza etc)
3 Riferimento implicito al brano dei
KISS, Dynasty,
8. X-Ray Eyes.
Prendetela come colonna sonora del momento..
4 Al nome di Refrax corrispondono sia
Kurt Pastorius (nel film Generazione
X, universo
Terra-700029) che Jeremiah -Jay- Radzinski (Annihilation). Io
do per buono Kurt i cui occhi possono emettere una specie di raggio
ottico (simile a quello di Ciclope) oltre ad avere la visione a raggi X.
5
Sean
Cassidy è un ricco irlandese col potere di emettere onde
soniche che,
grazie a una tuta studiata appositamente, gli permette di volre. Ma la
Banshee da cui prende il nome è una figura assimilabile con
le fate.
Sono associate alla morte (come premonizione di sventura o come
portatrici del dolore) e il pianto disperato per la perdita di un
membro della famiglia da loro protetta è chiamato, appunto,
keening.
Tale urlo può essere anche un grido di esultanza per la
morte di un
membro di una famiglia avversaria.
6 Sailor
Iron Moon
7 RDJ
e i tacchi
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
XD allora... l'avete notato il dettaglio? Suvvia, non posso credere vi
sia sfuggito...
Un nome così esotico come...BUDAPEST!!!!!!!
Sì,
ritorna! E sì
è la stessa Budapest di Nat e Clint. Ma ne riparleremo
mooooooooooolto più in là -e i nerd ce sanno del
passato di Pym sono pregati di tacere e non spoilerare-
A proposito di Pym versione incazzosa. Non è una mia
invenzione (tanto per cambiare). Henry, nel corso delle pubblicazioni
cambia più volte identità: Ant-Man, Golia,
Calabrone e Wasp (si, prende il nome di battaglia della moglie dopo la
morte di questa). Calabrone nasce come versione arrogante,
strafottente, prepotente, boriosa, etc di Ant-man.
Quanto alla versione incazzosa io la intendo, più che come
comune forma di schizofrenia paranoide (quindi qualcosa a cui prestare
anche attenzione perché il soggetto potrebbe diventare
violento), un disturbo bipolare (i cui sintomi sono, semplicemente,
autostima ipertrofica, maggiore loquacità, aumento
dell'attività finalizzata, eccessivo coinvolgimento in
attività ludiche che hanno un alto potenziale di conseguenze
dannose ). E' una delle cose che mi piace dei personaggi dei manga -ce
n'è sempre uno in ognuno!- è questo on-off tra la
versione normale (bianca) e quella incazzosa (nera). Per me Calabrone
è questo!
Oh, ancora... il capitolo precedente si chiudeva con Jarvis che si
avvicinava al letto e poi tornava da Cap. Mentre questo si apre con
Jarvis che sta ancora siringando Tony.
Sembra esserci una contraddizione: gli ha iniettato il siero due volte?
No, semplicemente, prima l'ha voltato pancia in su (o in posizione
fetale), è andato da Cap, e poi è tornato per poi
riuscire più agevolmente a bucargli la pelle.
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Capitolo 4 *** La verità ***
4.
La verità
Steve non parlò, mentre procedeva nel corridoio che
conduceva a una sala per le riunioni dall'arredamento spartano, le
pareti impiallacciate e la moquette a terra che ovattava i suoni.
“Allora?” sbottò Stark prendendo posto
su una sedia girevole mentre il capitano si affacciava alla finestra,
cercando di raccogliere le idee
“Puoi... parlarmi dei tuoi genitori?”
domandò infine.
“I miei?
E perché mai?” strabuzzò l'altro
poggiando la tazza sul pianale lucido e freddo.
Steve trasse un gran respiro e parlò con tono calmo e piano,
sperando che, così facendo, l'altro capisse l'importanza di
quello che gli stava per comunicare “Tutta la gente che
conoscevo, a parte poche eccezioni, sono morti o sono con un piede
nella fossa. Howard era diventato quasi mio amico, come posso esserlo
con te. Anzi, a ben vedere era il secondo dopo Bucky. Con gli uomini
che comandavo non poteva esserci alcun rapporto paritario, pena la
perdita di autorità su di loro. E mi serviva tutta la
convinzione che riuscissi a estrarre dalla loro
volontà”
“E con cosa? Col tuo carisma o con le paillette del
costume?” ironizzò Stark
Steve si voltò a fissarlo. Quasi lo folgorò con
lo sguardo. Cosa poteva saperne uno come Tony, nato e cresciuto nella
bambagia, del tipo di vita che si conduceva un secolo prima? Che si
conduceva un secolo prima e in
guerra? Come poteva spiegargli che concetti che in
quell'epoca moderna sembravano sorpassati come patriottismo,
onestà, correttezza erano un faro per gli uomini mandati al
macello? Perché la guerra in trincea riduceva gli esseri
umani a questo, branchi di bestie che si massacravano vicendevolmente,
e la crudeltà che poteva tirarne fuori era qualcosa che non
si poteva spiegare a parole. La retorica, ora, si perdeva nel populismo
e nella demagogia e formava soldati invasati e privi di scrupoli.
All'epoca non era tanto diverso ma era l'unica motivazione che faceva
restare gli uomini sul campo, a guadagnarsi un salario da spedire alle
famiglie affamate e a guidarli in uno stile di vita il più
corretto possibile. Alla fine era un lavoro come un altro che veniva
rivestito di una patina precaria di prestigio sociale.
No, Stark non avrebbe mai capito. Anche se i suoi genitori gli avessero
spiegato gli orrori della guerra, non avendoli vissuti non avrebbe mai
potuto sentirli suoi.
“Io avevo dei doveri nei confronti di chi mi
seguiva” disse invece, senza rispondergli direttamente
“Il compito era ingrato e chiunque avrebbe preferito essere
altrove. Tuo padre fu uno dei pochi con cui ebbi un rapporto
conflittuale ma paritario. Avremmo potuto sbronzarci insieme, se solo
avessi potuto, al posto di battibeccare come comari per ogni cosa. Era
l'unico con cui potevo prendermi quelle libertà...”
“Sai, mi sento a disagio al pensiero che tu sia stato
ventenne insieme al mio vecchio...voglio dire... Mio padre è
morto. E se fosse vivo avrebbe novant'anni, ammesso che non avesse
tirato prima le cuoia per cause naturali. Invece, guardati: sei un
ragazzino imberbe con troppo testosterone. Rinfrescami la memoria:
quanti anni hai... avresti... avevi quando sei diventato Capitan
Ghiacciolo?”
“Sono nato il 4 luglio 1917. Mi sono arruolato a 25 anni, nel
'42, e ho lavorato al fianco di tuo padre per due anni e
mezzo.” Rispose Rogers con un certo automatismo nella voce,
quasi gli fosse stato richiesto da un superiore e lui fosse scattato
sull'attenti, sciorinando parole ormai prive di significato per le
troppe volte che erano state ripetute.
Tony fece rapidamente due conti e sbalordì
“Ventisette anni? Davvero? Ah!” alitò
indispettito passandosi la mano tra i capelli “Potrei quasi
essere tuo padre...” Vedendo come Steve lo guardasse
perplesso precisò “Amorino, io sono nato nel '70...1”
Il capitano aggirò il discorso “Mi costa doverlo
ammettere, Tony, ma tu sei l'unica, debole traccia di un passato che ho
perduto che la Provvidenza ha voluto mettermi a
disposizione...”
“Va bene, d'accordo, accetto il ruolo. Basta smancerie. Cosa
vuoi che faccia?” domandò incassando la testa
nelle spalle
Steve inspirò a fondo, cercando il coraggio per porre la sua
richiesta “Dimmi di tua madre. Dimmi come sono morti Howard
Stark e … Peggy Carter!”
Tony, che stava raspando col cucchiaino sul fondo della tazza per
raggiungere ogni granello di zucchero non sciolto, si
strozzò con la saliva e si trovò a tossire
convulsamente. Paonazzo e con le lacrime agli occhi, riuscì
ad articolare a stendo la sua domanda “Come... come fai a
sapere...?”
“Allora era proprio lei...” alitò il
capitano lasciandosi cadere su una sedia libera mentre Tony, al
contrario si metteva dritto e aggirava il tavolo per fronteggiarlo.
“Nessuno sa di quel nome. Nessuno!”
“Nessuno a parte i membri dello S.H.I.E.L.D.” lo
corresse Steve buttando la testa indietro e fissando il soffitto. Si
passò entrambe le mani sul volto, quasi volesse lavarlo di
lacrime invisibili, e tornò a fissare il suo interlocutore.
“Io... credo di esser stato innamorato di Peggy. Fino a
oggi...”
“Ti prego, che schifo, non mi dire certe cose, non le voglio
sentire, mi fa venire l'orticaria, vade retro Satana!”
“Tu sapevi di me da tua madre!” continuò
Steve, tagliente come un rasoio “Quando ti lamentavi non era
solo perché Howard ti parlava di me, ma anche
Peggy.”
“Lalalalalalà
Non ti sento lalalalalà
Parla pure lallalà!”
gridacchiò Stark agitando i palmi delle mani a coppa sulle
orecchie.
Steve si alzò di scatto e gli prese le mani con forza, per
costringerlo a smettere di fare il deficiente. “Tony, ho
bisogno di sapere!” urlò di rimando per poi
aggiungere con voce rotta “Ti prego!” Prima che le
sue emozioni lo tradissero ulteriormente, mollò la presa e
si voltò nuovamente verso lo skyline della città.
Rimase in piedi, dritto come un fuso, perfettamente immobile. E Tony
gli invidiò quel sangue freddo, quella capacità
di controllarsi... Al confronto, lui non era davvero nulla: aveva
ragione suo padre.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
La luce fendeva la stanza con lame nette in cui danzava, lento e
ipnotico, il pulviscolo dell'aria. La stanza era poco più
larga della branda, rigida e spartana, che riempiva lo spazio della
cabina. Ogni cella era uguale alle altre, senza distinzioni di grado o
sesso. In quel momento, tra le altre cose, avere una cabina era
già un lusso e nessuno dei due si poteva lamentare.
La suoneria preimpostata di un telefono cominciò a emettere
la sua ritmica e fastidiosa sequenza di bip intermittenti. Il suono
arrivava ovattato, da sotto una montagna di abiti che giacevano a
terra, scompostamente, tra anfibi e fondine. Il proprietario
lasciò che il telefono trillasse a lungo, nella remota
speranza che chi chiamava desistesse dai suoi intenti. Ma visto che lo
scocciatore non mollava l'osso e il ritornello si ripropose una terza
volta, sempre identico a se stesso, sbuffando e controvoglia,
allungò la mano per frugare tra i capi abbandonati a terra,
controllò il nome sullo schermo che lampeggiava furioso e,
infine, rispose con un grugnito “Che vuoi?” disse
rigirandosi nel letto
– Ti disturbo?–
“Se non ti rispondevo forse c'era un motivo...”
replicò l'uomo tirandosi in piedi e andando verso
l'oblò con le inferriate all'esterno. “Che
succede?”
– Credo abbiamo un problema serio di sicurezza
interna.–
“Che vuoi dire?”
– Deadpool ha cercato di ucciderci tutti. – fu il
commento lapidario della spia dall'altra parte del ricevitore
“Cosa?”
– La sua mania omicida non è certo una sorpresa. E
nemmeno la sua sbadataggine, grazie al cielo. Era stato ingaggiato da
Loki. A quanto pare, l'asgardiano si è lasciato alle spalle
un sacco di infiltrati perché continuassero il suo lavoro in
sua assenza.–
“Sapete i nomi?”
– No, purtroppo...–
Fury sbuffò coprendosi l'occhio ferito col palmo della mano
libera “Come diavolo ha fatto? Wade è immune agli
attacchi psichici...”
– Si è fatto comprare, da buon mercenario. Quello
che voglio dire è che non possiamo fidarci di nessuno!
–
“Chiaro...”
Rimasero in silenzio per diverso tempo – Stai pensando a
qualcuno in particolare?–
“Sto pensando che è un gran casino!”
– Direi che prima di tutto bisogna controllare la piramide di
comando, dai capireparto all'ultimo sguattero delle cucine.–
“Anche perché questa storia mi puzza...”
– L'aereo? Anzi, i due aerei?–
“E non solo quello... Ci sono stati degli sviluppi... Ora
devo andare. State in campana!”
– Un momento!– lo fermò la donna prima
che il suo superiore riattaccasse. Sentendo che Fury non aveva chiuso
la comunicazione, continuò – Fate tornare Thor a
New York. Ci sono un paio di cose che dobbiamo chiedergli in merito a
suo fratello.–
“Dammi solo il tempo di raggiungere il ponte di comando e di
parlare con Maria... e di sbrigare un'altra questione più
urgente.” e così dicendo riagganciò.
Gettò di malagrazia il telefono sui vestiti e si volse a
studiare la figura della procace donna avvolta in un bozzolo di coperte
sulla sua branda e ancora addormentata.
Si era comportato come un cretino.
Come sempre quando si trattava di lei.
Riagguantò il telefono: avrebbe guadagnato tempo facendo le
cose in contemporanea.
Compose il numero interno senza staccare gli occhi dalla sua ospite. Il
telefono trillò brevemente e subito la giovane e sicura voce
di Maria Hill rispose dall'altra parte –Comandi! –
“Fammi una cortesia... porta il nostro amico dal grilletto
facile nella stanza degli ospiti. Ti raggiungo tra un paio di
minuti.”
– E'... è sicuro, signore? –
“Sei tu il comandante in capo, ora, e dovresti
essere tu a prendere questa decisione. Il mio è solo un
suggerimento”
– D'accordo... –
Fury chiuse il telefono seccato, sentendosi osservato.
“Sai che potrei essere gelosa, vero?”
domandò la donna dal letto
“Sai che potrei ammazzarti seduta stante, vero,
Val?” domandò lui tranquillo voltandosi a
osservarla. C'era poco da fare: avrebbe continuato a farsi fregare da
quella donna per il resto della sua eterna vita. Ogni volta giurava che
sarebbe stata l'ultima. Ma sapeva benissimo che era solo una balla
colossale che si raccontava per sentirsi meno deficiente.
“E perché mai dovresti?”
domandò lei divertita e ravvivandosi la chioma con fare
languido
“Non prendermi per il culo!” ringhiò
allora lui, ricordando tutte le volte in cui lei l'aveva preso per il
naso: braccio destro un corno! Quella era il diavolo in persona o, come
minimo, il braccio destro del re degli Inferi. Con un movimento
fulmineo le afferrò la gola, stringendola forte tra le dita.
La pelle chiara di lei, dal tono olivastro con quel pizzico dorato che
sembrava comunicargli l'intenzione di avvicinarsi a lui almeno nei
colori, così chiara al confronto della sua così
scura, un contrasto che l'aveva sempre affascinato, assunse rapidamente
una sfumatura rossastra e la donna cominciò a faticare a
respirare. “Sei passata ancora a HYDRA?”
“Non... non so di cosa parli... Nick”
boccheggiò lei, gli occhi sgranati per il disperato
tentativo di introitare aria.
“Stronzate!” urlò trascinandola
giù dal letto. Mollò la presa dal suo collo e
quella tossì convulsamente, piegata su se stessa, le mani
attorno alla gola, mentre lui le agguantava, alla base della nuca, la
chioma scura solcata da una ciocca bianca e la costringeva in una
posizione innaturale pur di sbrandarla. Non si curò di farle
del male mentre il corpo di lei strusciava contro i bordi di metallo
affilato e rovinava, prona, sul pavimento freddo e duro dell'aeronave.
Le si buttò addosso, sedendosi sulle sue gambe e piegandole
le braccia dietro la schiena. “E ora comincia a cantare, amore...”
“Non... non ho la più pallida idea
di...” cercò di replicare lei, piagnucolando,
mentre la stretta di lui si faceva più salda
“Sai che cosa ti farò, Val. Sai di cosa sono
capace...” la minacciò assottigliando lo sguardo e
sperando con tutto se stesso che lei cedesse.
“Non so nulla...” alitò ancora lei
“L'hai voluto tu...” sospirò lui
digrignando i denti e preparandosi a fare il proprio dovere.
1 Non è vero, RDJ è
del 65, quindi ha più dei 40 anni di Tony. Ora, io
mi ero fatta tutti i conti e ho trovato che qualcun altro,
più
meticoloso di me, aveva fatto la stessa ricerca. Ma più
approfondita!
Qui
il sito ma vi dico i conti che avevo fatto io.
Partiamo dando per
assodata l'idea che anche Howard fosse un piccolo genio (Tony ha preso
tanto dal
padre: il modo di non levarsi gli occhiali da sole, la
genialità, l'essere farfallone, etc) e che avesse cominciato
a lavorare
per lo S.H.I.E.L.D. in tenera età, che avesse anche meno di
20 anni durante
la guerra (più precisamente nel '42, quando si arruola
Rogers) e ne
avesse quindi 50 negli anni '70. Un età cmq decente (per un
uomo) per
aver figli (soprattutto se genio). D'altronde, nel filmato che Tony
visiona in Iron Man 2
(dove lui è piccolo) Howard dimostra
tranquillamente 50 anni (anno più anno meno. Ma si sa che
gli uomini si
mantengono meglio). Tenendo conto, inoltre, che volevo che la madre
facesse la spia a lungo, ecco giustificato anche il fatto che pure
Maria abbia partorito in età avanzata (e un solo figlio, per
grazia
ricevuta. Quindi il discorso dell'armatura/incubatrice rientra
comodamente nella storia).
Perché, nei film, Tony è rappresentato
come il classico trenta/quarantenne di oggi che fugge dalle proprie
responsabilità. Dal primo film a The Avengers, poi,
sono passati 4
anni, quindi i conti tornano: Tony era un genio nell'armamento ma era
anche un povero imbecille avventato (in questo differisce dal padre che
invece era assoldato dallo S.H.I.E.L.D. per gli armamenti: era
affidabile. Lui si presta, gentilmente e a caro prezzo solo come consulente). Fury
non si sarebbe mai rivolto a lui se non fosse stato
per l'armatura: è quella che ha fatto scattare la molla.
Così,
decreto arbitrariamente che il compleanno di Tony, per ora,
è il 15
settembre 1970 (nel range del '68-'74): il filmato IM2 è
del '73 e Tony sembra avere 5-6 anni (per me pure di meno!) ma io
gliene do solo 3 in quell'occasione (a 6 anni non ti fai portare via
così dalla tata) e ma sempre 17 per la laurea al MIT, nell'
88. La cosa è stata ricordata 3 anni dopo -nel 91,
in occasione
dei funerali dei genitori (Howard aveva 70 anni e nel 2012 avrebbe
avuto, effettivamente102 anni... più o meno l'età
che dovrebbe avere pure Rogers, che in House of M viene
definito come centenario)-
dai giornali, come fanno sempre in caso di eventi ecclatanti.
Problema risolto XD
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
E finalmente cominciamo a parlare seriamente delle differenze Cap-IM. E
più in generale di quanto il poveraccio sia fuori dal tempo:
entrambe cose che nel film passano abbastanza in secondo piano e cmq
non sono chiarissime.
La differenza generazionale tra Tony e Steve fa quasi sorridere, il
giovane (uomo nella sua epoca) faccia la ramanzina all'adulto (ragazzo
nella nostra). Il risentimento strisciante che Cap ha nei confronti di
IM è soprattutto legato a questo: che l'altro sia un uomo
adulto ma giochi a fare il ragazzino, cosa per lui inconcepibile: lui
è abituato che a quell'età -se si era ancora
vivi- si era vicini all'essere nonni mentre ora a 60 anni tutti si
ritengono dei giovanotti e guai a parlare di nipoti.
Poi ci sono gli scontri caratteriali e l'esibizionismo e il
menefreghismo di Stark certo non aiutano il dialogo.
Quanto a Fury e Val io sono molto fiera di me stessa. Per rimanere in
linea coi fumetti/cartoni ogni tanto una scena violenta/ di
lotta/d'azione...cmq adrenalinica ci sta. Oggi ha pagato Val.
Soprattutto, questo capitolo si immette -e richiama- il tanto adorato Secret Invasion.
Nella versione originale sono tutti Skrull -impossibile capire chi
siano se non quando sono morti o se non sono loro a volerlo-. Qua coi
Chitauri cerco di arrangiarmi e riportare le cose sui binari giusti
ibridando: non più solo sostituzione degli umani interessati
-come da fumetto- ma anche condizionamento psichico per opera di Loki
(film) o, aggiungo io, di altri Chitauri per il quale non
c'è libertà d'azione. Vedrete più
avanti come risolvo anche la questione della natura Skrull/Kree dei
Chitauri. ù_ù nulla è lasciato al caso.
Coraggio, tenete duro. Nel prossimo capitolo ci saranno delle new entry
e, in parte, vedremo un barlume nel contorto piano di Loki.
:) a presto
PS: lasciatemi dire che vi voglio bene anche se non commentate, il
numero di visualizzazioni mi sprona a continuare. Grazie a tutti!
PPS: non so in che condizioni aggiornerò la prossima
settimana, essendo giornata d'esame... tenete d'occhio la pagina ma
credo riuscirò a essere cmq puntuale.
|
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Capitolo 5 *** Guardiani ***
5.
Guardiani
Rimase per qualche istante a fissare ipnotizzato il fondo della sua
tazza dove i residui di zucchero e caffè avevano composto,
come in un negativo fotografico, costellazioni casuali.
Giochicchiò con quelle forme indefinite, dando tempo al suo
interlocutore di riprendersi. A pensarci, non doveva essere semplice
risvegliarsi dall'oggi al domani e trovarsi in un mondo che non si
poteva comprendere. Si schiarì la voce e, cercando un
coraggio che non aveva, cominciò a raccontare cercando di
essere sintetico. “I miei si sono sposati nel '68, ben
vent'anni dopo la fine della guerra e... Ahhh! Accidenti, ti devo pure
fare un riassunto di storia, dannazione...” Sbuffò
ficcandosi le mani nei capelli, scompigliandoseli in preda alla
frustrazione. Fece qualche smorfia e attivò il sistema
elettronico presente anche in quella stanza. Il tavolo si
illuminò di un paio di schermate, comparvero una tastiera a
doppio ventaglio, indicatori vari... “Gli anni
sessanta...” cercò di spiegarsi, sperando di non
incartarsi in qualche discorso senza via d'uscita mentre digitava
“Incubarono la rivolta, per lo più studentesca.
Leggo da qua. Faccio prima...” disse indicando il monitor
nonostante l'altro continuasse a dargli le spalle. Trasse un profondo
respiro, rassegnato a dover continuare a parlare da solo e
cominciò a leggere “Gli obiettivi erano la
riorganizzazione della società sul principio
dell'uguaglianza, il rinnovamento della politica in nome della
partecipazione di tutti alle decisioni, l'eliminazione di ogni forma di
oppressione sociale e di discriminazione razziale e l'estirpazione
della guerra come forma di relazione tra gli stati.1”
Sollevò lo sguardo e lo appuntò sulla schiena del
proprio interlocutore. “Ci son stati anni in cui i principi
che tu
ricordi divennero qualcosa di negativo. E, nonostante fosse il periodo
della non violenza e dei figli dei fiori, spesso i militari (di ogni
ordine e grado, dai poliziotti ai marini) venivano insultati o caricati
dalle masse, al punto da costringerli a nascondere le divise. Anche se
sai meglio di me che il taglio di capelli ti connota subito per un
appartenente alle forze armate e che un certo atteggiamento, postura e
vestiario, sono difficili da smettere, dopo anni di addestramento. Ma,
come vedi, alla fine tutto è tornato alla
normalità. L'uomo è una bestia come le altre,
lotta per il cibo, lo spazio e le femmine per la riproduzione. Nulla
più, nulla meno. Cambiano le metodologie.” Tony si
interruppe un attimo per cercare il filo del discorso
“Dunque, a quei tempi i miei avevano ormai cinquant'anni.
Oggigiorno sarebbero dei ragazzini, ma all'epoca erano fin troppo
grandi per farsi una famiglia. Visto il clima sociale in cui vivevano e
-diomenescampieliberi- innamorati (almeno così credo, non ho
mai chiesto, sai com'è...) decisero di ritirarsi a
Malibù e vivere tranquilli la loro pensione. Nessuno
sembrava più aver bisogno di un armaiolo quando le
superpotenze si minacciavano vicendevolmente con la bomba atomica.
Quando parlavo di deterrente nucleare, sull'Helicarrier, mi riferivo a
questo: durante la Guerra Fredda, Russia e USA, erano sempre pronti a
lanciarsi addosso questi ordigni, come se l'idea di sterminare intere
nazioni non valesse che una partita a Risiko o di Defcon. E
nonostante questa superficialità erano consci che la cosa
avrebbe avuto pesanti ripercussioni anche nella propria parte di
Pianeta... Nubi tossiche e simili... Tu sai cos'è la bomba
atomica, vero?” domandò quindi, perplesso.
Rogers annuì e si voltò, finalmente, verso di
lui, andando a prendere posto al tavolo “Sì, ho
già studiato quella parte e ho visto i
documentari...”
“Papà diede il suo contributo, come tutti gli
scienziati dell'epoca, nel costruirla. Lui fu uno dei pochi favorevoli
all'uso e si pentì amaramente della sua scelta scellerata,
tanto che ancora oltre vent'anni dopo la fine della guerra la
rimpiangeva... Non so se lo sai ma larga parte della
comunità scientifica – 127 su 150 scienziati che
parteciparono al Progetto
Manhattan- era fortemente contraria al suo impiego bellico
e figure del calibro di Einstein – fiutandone l'uso
criminoso- rifiutarono anche solo di averci a che fare. Il team addetto
alla relazione -perché in quel progetto gli scienziati
furono chiamati a prendere anche decisioni politico-militari- fu,
però, composto prevalentemente da persone favorevoli
all'impiego. Ma divaghiamo. Torniamo agli anni Settanta. Dunque, in un
mondo in cui sembrava che nessuno volesse la guerra, dopo la guerra
mondiale e dopo il Vietnam, una spia come mia madre sarebbe saltata
all'occhio come una faina in un pollaio e un armaiolo come mio padre
appeso alla forca, se fossero stati trovati. In tutto questo pare che
la Vedova Nera, invece, prosperasse -soprattutto in America
Meridionale, nonostante fosse diventata più che altro una
creatura mitologica.
Ovviamente gli eserciti continuavano a fare i loro lavori e i servizi
di intelligence pure.
I miei -ufficiosamente- si ritirarono a vita privata per sposarsi. Fu
una cerimonia sobria e privata (strano per uno come mio padre, abituato
a fare le cose in grande): l'unica condizione, che mio padre avesse mai
posto, fu proprio quella che lei fosse al sicuro, lontana dal lavoro.
Nel caso remoto sopraggiungesse la maternità. Lui
continuò comunque a lavorare per lo S.H.I.E.L.D. sotto
copertura e mia madre accettò di buon grado di ritirarsi per
un paio d'anni, tanto per farlo contento, convinta che, a
quell'età così avanzata, fosse impossibile avere
un figlio.”
“Peggy ha lavorato per tutti quegli anni senza mai farsi una
famiglia?” domandò Steve sorpreso “E
anche Howard... era un donnaiolo di bocca buona, come te!”
Tony mise il muso ma non replicò al paragone col padre e
parlò solo di sua madre “Pare che i miei nonni
fossero sicuri che sarebbe morta zitella...”
“Non la Peggy che conoscevo io!” sbottò
Rogers, inviperito “Lei era...”
“No! Ssshh, ti prego! Ssh! Non dirlo, non lo voglio sentire!
Ok? Mi bastavano le smancerie di mio padre, non ti ci mettere anche tu.
Non lo voglio sapere di quanto fosse figa mia madre in divisa, chiaro?
Diamine! E' sempre mia madre! Ed è morta! Ti
prego!” Steve lo guardò sconcertato ma fece come
gli era stato chiesto e tacque “Dunque, contrariamente a ogni
aspettativa, mia madre rimase miracolosamente incinta. Di me,
ovviamente! Ma fu una gravidanza travagliata -se ti interessano i
dettagli- tanto che mio padre, alla mia nascita, non avendo incubatrici
sottomano, realizzò una speciale mini armatura... la vuoi
vedere?”
“No, grazie, ne faccio volentieri a meno...”
rispose l'altro, disgustato
“E' un cimelio della medicina neonatale... a pensarci, potrei
pensare di sviluppare anche quel settore.... J.A.R.V.I.S.? Prendi nota,
per cortesia!”
“Quindi? Nato tu....?” lo incalzò il
Capitano.
“Mi hanno sbattuto in collegio! E' stato così
felice di buttarmi fuori di casa! Ma io, che sono un piccolo genio,
sono rientrato prima del previsto, rompendogli le uova nel paniere! A
17 anni sono tornato a casa con la laurea del M.I.T. in tasca. Quindi,
ho avuto un paio d'anni di tempo per scontrarmi -e vivere un po'- coi
miei.”
“E come sono morti?” domandò Steve,
pendendo dalle sue labbra. Ormai erano arrivati al cuore della
questione.
“Un improbabile incidente aereo. I cui mandanti, con ogni
probabilità, furono quelli della ROXXON. Ma non si sono mai
trovate abbastanza prove per sostenere questa tesi.”
“ROXXON è un nome che ho già
sentito...” disse Steve allarmato
“Era nella lista di quelli che si sono riuniti quella volta,
all'indomani della guerra coi Chitauri, nel tentativo di
coinvolgermi...” confermò stancamente il padrone
di casa “E il modus operandi sembra sempre
quello...” aggiunse cominciando a chiudere le varie schermate
olografiche della stanza. Il discorso era chiuso, non avevano altro da
dirsi.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Gli imponenti portoni dorati si aprirono in un pesante cigolio sulla
vasta sala, lasciando che il drappello di guardia scortasse gli ospiti
al suo cospetto.
Sorrise amabile ai nuovi venuti, fasciati nella loro solenne e marziale
divisa rosso-nera. I suoi ospiti non si inchinarono nel saluto formale
che veniva usata al suo cospetto. D'altronde, loro riconoscevano
l'autorità di Odino ma erano ad essa superiori: Odino, come
chiunque altro nell'universo, doveva rendere conto ai Guardiani della
Galassia e non viceversa.
Erano in otto: tre donne (un esperimento dei Kree, un artificio cosmico
degli Eterni e una superstite Zen Whoberi) ciascuna bella quanto
pericolosa, un piccolo essere peloso e irritante a cui avrebbe dato
volentieri un calcio immediatamente se ciò non avesse
compromesso le trattative, una sorta di insetto stecco, ben due
terrestri (quelle nullità stavano invadendo l'universo o
erano solo finiti tutti nella stessa squadra?) e un secondo artificio
maschile, il Distruttore,
fissato con Thanos2.
“Che cavolo ti ridi, vecchio?” lo
apostrofò il più piccolo e agguerrito della
spedizione non appena furono soli.
“Sono solo lieto di incontrarvi... Accomodatevi. Abbiamo
molte cose di cui parlare...” replicò l'Allfarther
con fare bonario -e un sorriso tirato- al gruppo quanto mai variegato
ed eterogeneo.
“Con tutto il rispetto...” si intromise un altro
componente del gruppo, il cui volto era protetto da un particolare
apparecchio, oggetto intermedio tra una maschera e un elmetto
“Hela è alle porte di Asgard...”
“Sei giovane e presuntuoso...” sorrise Odino
“Mi ricordi qualcuno, Star-Lord...”
“Anche a me!” commentò, con pungente
sarcasmo, la guerriera mezza nuda ma avvolta in un pesante mantello.
“Gamora!” la rimbeccò per poi tornare a
prestare tutta la sua attenzione al sovrano “No... non era
mia intenzione mancarvi di rispetto ma...” stava rispondendo
l'uomo, già abbastanza imbarazzato per aver contraddetto
Odino, quando un altro dei suoi compagni di squadra coprì le
sue scuse stentate con la sua voce petulante.
“Ehi, Vecchio! Sarai anche re, ma non ti permetto di mancare
di rispetto al sommo Star-Lord! E non ci sembra normale essere
convocati in pieno stato di allerta...” replicò
per lui il piccoletto ringhiando come un cane idrofobo: non era che una
palla di pelo marroncina avente per occhi due tizzoni ardenti.
“Queste sono faccende interne... di famiglia. Non credo che i
Guardiani debbano scomodarsi per cose del genere...” rispose
il padre degli dei.
“Sono d'accordo... ma allora per quale motivo ci avete
chiamati?” domandò l'artificio femminile con
sguardo assente e con fare sbrigativo: era chiaro che avesse altro per
la testa.
“Per questo...” disse Odino indicando il Tesseract
“So che avete già lo scettro ad esso abbinato,
Quasar, e credo sarebbe più al sicuro tra le mani di gente
valorosa e proba come i Guardiani...”
“Scelta molto saggia...” convenne la terza donna
della squadra, l'esperimento: aveva la pelle di uno strano colorito
olivastro che la faceva sembrare perennemente sul punto di vomitare.
“Mia cara Mantis!” disse salutando la donna con un
cenno della testa “Credo che tu sappia già
qualcosa che sfugge ai tuoi compagni. Perché non cerchi di
convincerli a sedersi e godersi le mie rivelazioni?”
Gli altri componenti del gruppo fissarono la donna, dotata di leggeri
poteri telepatici, in attesa di una conferma che non tardò
ad arrivare.
Quando si furono tutti seduti su piccoli sedili dorati comparsi quasi
per magia, Odino sciolse l'incantesimo e rivelò loro il suo
vero aspetto. Drax, l'artificio dal corpo di un uomo corpulento e
massiccio, scattò subito in piedi, le lame di due lunghi
coltelli stretti in pugno.
Loki sorrise al suo gesto, come se l'avesse previsto. “E' una
cosa di famiglia... giusto Star-Lord?” domandò al
capo gruppo che, congelato da quei cambiamenti repentini,
fissò straniato le due parti in causa.
“Io sono Groot” commentò il Guardiano
alto e allampanato, così secco e avvizzito che poteva essere
scambiato per un albero morente. O forse lo era proprio.
“Che diavoleria...?” commentò anche il
piccolo essere simile a un procione terrestre.
Ripresosi dalla sorpresa, Star-Lord si risistemò la giacca
della divisa in un gesto nervoso e si protese verso il suo
interlocutore. “Non era nel tuo interesse chiamarci qui...
Sapevi che dopo quello che è successo sulla Terra, con i
Chitauri e tutto il resto, ti avremmo dato la caccia. Se solo avessimo
immaginato che eri scappato alla giustizia asgardiana...”
“C'è da dire che mai, come in questo caso, miglior
luogo per nascondersi è stato proprio nel luogo del delitto
e sotto gli occhi di tutti...” si complimentò il
procione.
“Vedo che c'è della materia grigia in quel
cervellino da topo, Rocket Racoon...” lo
sbeffeggiò Loki.
L'animale, risentito, si armò immediatamente
“Cannone fasico.” sentenziò puntandogli
contro la bocca della canna della mastodontica arma da fuoco.
“A fusione fredda. Da 20 megawatt... Attento a come parli, abusivo! E ora
dicci perché ci hai convocati!”
Loki sorrise della curiosità dei Guardiani che non
riuscivano a giustificarsi quella situazione assurda. Così,
in modo molto teatrale, trasse un profondo respiro e
cominciò a raccontare. Del perché avesse
attaccato la Terra al comando dei Chitauri, del suo patto con Thanos,
di come fosse andata realmente la battaglia sulla Terra, del suo
stratagemma per evitare il Breiðablik,
la galera asgardiana, del perché li avesse contattati, del
perché Hela si trovasse alle porte della capitale e del
perché loro dovessero prendersi quel dannatissimo Cubo
Cosmico.
Quand'ebbe finito, constatò con soddisfazione come tutti,
dal petulante Rocky all'irascibile e scettico Drax, fossero rimasti
ammirati e stupefatti del suo piano astruso e contorto.
“Potevi arrivare allo stesso obiettivo venendo direttamente
da noi!” protestò Star-Lord, esausto dal tentativo
di seguire i suoi processi mentali.
“E il divertimento dove sarebbe stato?”
replicò Loki con il risentimento più candido.
“Il ragazzo comincia a piacermi...”
commentò il guardiano che fino ad allora era rimasto
estraneo alla conversazione. La sua maschera celava i tratti somatici
ma non il suo divertimento.
“Jack, per cortesia...” lo riprese Gamora alzandosi
e avvicinandosi a Loki.
“Ma avvalliamo il suo sproloquio mentale?“
domandò Drax, risentito.
Rocky si voltò verso l'uomo dallo sguardo truce
“Beh, è stato abbastanza coerente e chiaro. Non
vedo motivi per impedirgli di procedere”
“...Allora questo ce lo prendiamo noi?” domandava
Mantis nel frattempo. Il finto sovrano sorrise in assenso e Gamora si
appropriò del cubo mentre Jack Flag lanciava la sua proposta
“La mettiamo ai voti?”
“Io sono Groot!” sentenziò ancora
l'albero antropomorfo.
“Ecco! Come dicevo io!” replicò ancora
Jack Flag incrociando le braccia al petto. “Che male
c'è?”
“Ha ucciso dei terrestri!” replicò Drax
duro
“Con Thor hanno ucciso anche degli Jotnar e non siamo
intervenuti!” replicò Quasar, gelidamente.
“Una razza vale più di un'altra? Non mi pare.
Allora se abbiamo chiuso un occhio quella volta possiamo farlo anche
ora.”
“Per altro, i crimini interraziali di basso livello non sono
di nostra competenza...” si intromise anche Star-Lord
“Noi vigiliamo solo sull'equilibrio cosmico... non sulle
scaramucce tra i singoli pianeti.”
“E mi sembra che tutto questo, comunque vada a finire, non
richieda -non ancora, almeno- le nostre attenzioni. Il cubo
sì!” disse il procione ponendo fine a ogni
questione “Eravamo interessati a te solo per
quello...” disse folgorando Drax con lo sguardo una volta per
tutte “...Non per tutto il casino che hai combinato da quando
hai scoperto di essere uno Jotunn”
“Quindi è deciso!” riassunse Gamora
riavvicinandosi ai suoi compagni.
“Bene, allora... Se volete scusarmi...” disse Loki
assumendo nuovamente le sembianze del Padre degli Dei “...ora
mi attende la prossima mossa.” Sorrise e batté
pesantemente lo scettro a terra. La porta massiccia si aprì
e i quattro uomini armati si affacciarono alla soglia. “Vi
prego di scortare i Guardiani al loro mezzo. Vi chiedo poi di andare a
presidiare l'Urdabrunner e Breiðablik”
La donna che stava nel gruppo accennò un moto di protesta ma
il biondo al suo fianco la trattenne. “Sarà fatto,
Vostra Maestà!” disse prosternandosi in un
profondo inchino. Quindi, i quattro aprirono i ranghi per lasciar
passare gli otto Guardiani e guidarli lungo i profondi corridoi dorati
adiacenti al Válaskjálf.
“Pateticamente prevedibili...” sospirò
Loki, preparandosi ad affrontare il prossimo scoglio di cui aveva
già avuto un assaggio “D'altronde sono amici di
Thor, cosa posso aspettarmi da loro?”
Eppure, avrebbe voluto esserci il giorno in cui i quattro avessero
scoperto l'inganno. Ma saperli a scervellarsi su di lui lo riempiva
comunque di soddisfazione per la propria abilità strategica.
Stirò un ghigno e lanciò un'occhiata all'esterno,
oltre le mura, dove le truppe di Hela si stavano preparando per
affrontare un lungo assedio.
Poco più in là, immune da ogni attacco, il
Bifröst appena ultimato si perdeva all'orizzonte. Il magnifico
ponte arcobaleno che, secondo gli accordi presi sarebbe rimasto
inviolato. Ma che sarebbe anche durato ancora solo qualche manciata di
ore. Il suo piano era di una perfezione maniacale, nulla poteva andare
storto. E conoscerne già il finale non toglieva divertimento
nel portarlo a compimento. Anzi. Foraggiava quel senso di ansia e di
fibrillazione per l'attesa di un qualche piacevole colpo di scena.
1 Fonte Wikipedia
2 Sulla composizione dei Guardiani ho un
po' bluffato. Visto che per metà sono umani, per dare un
senso di
multi-universalità al gruppo, ho tenuto solo la parte che mi
interessava. Così, ad esempio, Mantis non è
terrestre ma solo
un'esperimento...
PS: in ordine, parlo di Mantis,
Phyla-Vell (o Quasar), Gamora, Rocket Racoon, Groot, Star Lord e Jack
Flag, Drax
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Scusate l'ora a cui posto ma tra esame e preparazione per domani
(diciamo una cosa post esame... e non una cosa di piacere...) non ho
avuto tempo di farlo prima.
Dunque.
Tutto chiaro su Tony? Ci sono dubbi, incoerenze, cose strane? Spero sia
tutto chiaro... e che sia nitido ora il confine tra i due eroi.
Quanto a Loki... :D non ve l'aspettavate che i Guardiani gli dessero
l'Ok, vero? XD
ora ANCHE loro sanno cosa gli frulla in testa... gli unici a non
saperlo siete voi XD mi dispiace (sì, sono fiera di essere
una sadica bastarda XD)
E chi saranno mai gli stupidi “amici di Thor”? I
guardiani della galassia o i 4 guerrieri? Chi dei due gruppi
è stato tratto in inganno? Attendete e lo saprete presto!
(ma presto, per i miei tempi vuol dire qualche capitolo).
Alla prossima settimana!
Ah PS: Il Godheimr è qui inteso come il palazzo reale mentre
il Válaskjálf è la sala del trono (il
trono stesso ha un altro nome), mentre Breiðablik sono le
prigioni dove “nessun male, nessun delitto, nessuna colpa
potevano essere perpetrati”
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Capitolo 6 *** Pensieri ***
6.
Pensieri
Il vento le frustava i capelli mentre si lasciava trasportare dalle
correnti; la mente scivolava involontariamente alla propria meta. Non
aveva la minima voglia di rincasare e incontrarlo di nuovo. Ma,
d'altronde, cos'altro poteva fare? La disintossicazione del gruppo del
Baxter Building aveva richiesto meno tempo del previsto e ora si
trovava sulla rotta di casa, distante pochissimi chilometri.
Aveva cercato di evitare Gambit, con successo, per tutta la loro
permanenza nell'attico di Reed successiva a quel... all'incidente e la sera
si era dileguata a letto senza nemmeno salutarlo. Quella mattina,
quando lui le si era affiancato, preoccupato per la storia
dell'intossicazione, lei aveva finto di non vederlo. Cosa
pressoché impossibile essendo gli unici in quel corridoio e
avendogli lui sbarrato la strada.
Lei non voleva pensare a quello che non era successo il
giorno prima. Lei se l'era messa via di restare da sola, di non poter o
dover provare nulla. E quello stupido testardo, invece, cosa faceva?
Andava a risvegliare qualcosa di latente, che nemmeno lei sapeva di
provare. Tutto per destabilizzarla. E ora era confusa. Oltre che
agitata.
Al solo pensiero uno strano formicolio e un piacevole calore la
invadevano, percorrendola lungo tutta la schiena e invitandola a
inarcarsi all'indietro e avvitarsi in un volteggio mortale a mezz'aria.
E non si trattava dei ricordi acquisiti, delle donne a cui aveva
sottratto la vita o i poteri: era una sensazione vivida ed
elettrizzante, niente a che vedere con quello che poteva essere un
sogno o un ricordo. Quel brivido era qualcosa che provava lei. Lei e
basta. E solo in associazione a lui, l'uomo dagli occhi roventi.
Il suo trabocchetto aveva funzionato. E la cosa la spaventava. Lei
aveva delle certezze dietro cui si barricava e che le davano forza.
Senza quelle stampelle si sentiva fin troppo vulnerabile, come non lo
era più stata da... da tanto tempo...
Una delle sue certezze, inoltre, era di avere una cotta per quell'uomo
rude e scostante che era Logan. Lui, che capiva il suo bisogno di fuga
e riservatezza; lui, che non la giudicava per le sue scelte spesso
avventate e discutibili; lui, che era sempre pronto a correre in suo
aiuto e che l'aveva affascinata con quella sua gentilezza un po'
burbera; lui, che l'aveva difesa tante volte davanti a tutta la
squadra; lui, che più volte le aveva donato la sua forza
perché si riprendesse.
Ma in quelle trasfusioni lei non aveva mai percepito neanche l'ombra di
un sentimento simile all'amore. Per lui era una sorellina. Un'amica
senz'altro. Ma nulla più. Pur sapendolo fin troppo bene, si
era comunque illusa e aveva voluto vedere nelle sue attenzioni qualcosa
che non c'era. E pur rimanendo una fantasia assolutamente campata per
aria, era il suo punto fermo. Perché, in ogni caso, Logan
era l'unico che considerasse parte della sua famiglia, più
ancora di Kurt: erano entrambi anime in pena, perennemente in lotta con
loro stessi e in fuga dai loro affetti, entrambi tenevano la gente a
distanza per non soffrire e far soffrire, entrambi erano schietti nei
giudizi, ombrosi nel rivelarsi, ma fedeli alle loro convinzioni.
Era stata convinta di amare Logan.
Invece, ora, doveva accettare il fatto che, forse, il cajun si era
guadagnato uno spazio tutto suo, e di tutto rispetto, nel suo cuore.
L'aveva stordita con tutte le sue lusinghe, costanti e insistenti. Si
era scoperta, improvvisamente, in una situazione quanto meno
paradossale: dover respingere, per il bene di entrambi, un uomo che
desiderava e che le si gettava tra le braccia senza che lei facesse il
minimo sforzo.
Ma Destiny gliel'aveva detto. A lei e Mystica: avrebbero trovato
entrambe qualcuno che si sarebbe preso cura di loro, in un modo o
nell'altro, per quanto goffo. Irene e le sue visioni...
Sorrise al ricordo della donna che, durante un'assenza della compagna,
le aveva raccontato il passato travagliato della donna, di come l'altra
fosse dovuta scappare dalla Germania -dove aveva trovato rifugio una
volta scampata a quell'abominevole progetto eugenetico che tutti i
mutanti avevano imparato a temere- abbandonando il suo stesso figlio al
proprio destino: la storia della terrorista mutante era molto triste e
poteva, in parte, capire il suo odio per il mondo umano.
Nonostante il passato, i tempi e il clima culturale in cui vivevano, la
sensitiva cieca era apparsa serena e fiduciosa nel rivelare loro
quell'epifania: un giorno non lontano, sia Mystica che Rogue avrebbero
incontrato quel ragazzo che, nonostante tutto, era sopravvissuto. Lo
avrebbero incontrato, anche se in circostanze poco piacevoli. E ne
sarebbero usciti vivi.
Quelle parole di speranza erano state l'eredità
più grande a cui, solo pochi anni dopo, si era spesso
aggrappata nei lunghi mesi di reclusione successiva, quando Irene Adler
era già morta.
Mystica e Kurt. Due facce della stessa medaglia, due reazioni uguali e
allo stesso tempo così diverse allo stesso stimolo.
Rogue poteva capire e perdonare l'odio di Mystica per gli umani. Ma non
riusciva a perdonarle, nonostante razionalmente lo capisse benissimo,
di non aver fatto l'impossibile per proteggerla dall'MRD e, messa
davanti a una scelta crudele, di averle preferito Kurt, quel figlio
naturale, avuto con quella specie di demone che era Azazel, per la cui
sorte probabilmente si incolpava ogni giorno. Figlio che non aveva mai
visto e che credeva perduto per sempre.
Si era sentita abbandonata e scacciata. Ancora una volta.
Si maledisse ancora una volta, sentendosi indesiderata e, allo stesso
tempo, un'ingrata. Mystica e Destiny l'avevano accolta come una figlia
quando era fuggita dalla casa natia, in preda all'orrore per quello che
era diventata. Era stata riconoscente a entrambe: avevano i loro guai
da affrontare in una società retrograda che non accettava il
diverso in ogni sua forma, primo fra tutti l'amore tra persone dello
stesso sesso. Figurarsi se avessero mai rivelato la loro natura. Tutti
loro sapevano cosa sarebbe potuto succedere e Mystica era quella che
aveva più paura.
L'odio di gente stupida, ottusa e ignorante che si ergeva con foga al
di sopra degli altri, più deboli, poveri o semplicemente diversi... erano
cose che, in quei quindici anni, non erano cambiate poi molto. Certo, a
parole tutti erano tolleranti, tutti rispettavano tutti, ma
strisciante, la paura e l'odio continuavano ad animare anche la
più equilibrata delle persone. Bastava vedere come i vicini,
almeno nei democratici Stati Uniti d'America, si armassero di cesoie se
il prato di una delle tante villette a schiera accennava a crescere in
modo spontaneo, secondo la naturale inclinazione della flora locale e
non secondo il dittatoriale regime dei prati all'inglese anche in
territori aridi: tutto doveva rientrare in una sorta di
serialità finto-naturale.
La loro famiglia, tra l'altro, di naturale aveva davvero ben poco
quando per le due donne, vista l'età, lei era più
un'amica che una figlia.
Forse era proprio per il fatto di considerarsi amica di Mystica che il
suo voltafaccia le bruciava ancora adesso: lei l'aveva
tradita, non Irene. Irene davvero l'aveva amata come una madre. Eppure,
nonostante tutto, ora come allora, si trovava ad odiarle, invidiandone
il rapporto: nonostante le difficoltà che la vita potesse
mettere sul loro cammino, avevano avuto l'opportunità di
amarsi liberamente in privato, lontano da occhi indiscreti, fino a
quando la società e i tempi non fossero stati nuovamente
maturi.
Ad accentuare la rabbia nei confronti di una situazione, tutto sommato,
migliore della sua, c'era il fatto che Mystica potesse camuffarsi,
assumere le fattezze di un uomo e amare Irene in qualunque modo le due
avessero preferito. Non solo in privato.
E se anche avessero voluto vivere il loro amore senza nascondere la
loro natura femminile, nulla vietava un comportamento morigerato in
pubblico, tanto i bigotti rifiutavano l'idea stessa dell'esistenza di
gente come loro: avrebbero
detto
Ma sì, sono
amiche oppure Quella
poverina è cieca, è normale che la sua migliore
amica la aiuti.
Cosa avrebbe fatto per poter scambiare la sua posizione con la loro!
Amore e odio, gratitudine e rimorso, ammirazione e invidia si
mescolavano quando pensava alla loro storia d'amore, unica nella vita
di Mystica che, a parte quella felice parentesi, si era sempre
accompagnata, paradossalmente, a uomini più o meno violenti
e brutali.
No, lei non riusciva a non odiarle per quel rapporto che anche loro potevano
avere e che a lei era negato.
Più volte aveva fantasticato su come doveva essere
incontrare un partner in modo normale: potersi sfiorare accidentalmente
le dita per lo scambio di un qualunque oggetto quotidiano e arrossirne;
tenersi per mano passeggiando sul lungo fiume, magari in estate, la
guancia poggiata sulla spalla dell'altro; potersi aiutare
reciprocamente in caso di malattia. Cose che avrebbe potuto fare anche
lei ma sempre con protezioni e col terrore di sforare dal seminato.
E, senza arrivare a pensare a ciò che più la
faceva soffrire, il quotidiano era già di per sé
una barriera architettonica insormontabile.
E lei aveva esempi del genere perennemente sotto il naso: coppiette
felici che non facevano nulla per nascondere, almeno un po', la loro
smisurata fortuna, ignorando arrogantemente chi era solo, chi soffriva
e chi, come lei, non poteva fare altro che invidiarli. Certa gente
proprio non sapeva cosa fosse la discrezione. Jean e Scott, Kitty e
Kurt, Psylocke e Angelo... Tra l'altro, questi ultimi, come la coppia
formata dai campioni di Xavier, potevano amarsi anche su un altro
piano, molto più profondo e completo, che era quello mentale.
E nonostante tutto, nonostante la società potesse cacciarli
e ghettizzarli tutti come anomalie, loro potevano amarsi. Tutti quanti
loro. Avrebbero sempre trovato un minimo conforto nell'altro. Mentre
lei avrebbe dovuto accontentarsi delle parole. O di abbracci
iperprotetti. Per sempre.
Lei aveva avuto solo un assaggio di tutto ciò che le era
precluso e le era bastato per odiare le coppie felici da cartolina. Per
questo apprezzava molto di più coppie come quelle che aveva
trovato al Baxter Building e alla Stark Tower: quelle erano persone
mature, così sicure dell'affetto dell'altro che non avevano
bisogno di sbandierarlo a mezzo mondo e non pomiciavano ogni due
secondi mentre erano con gli altri, che si parlavano normalmente e non
sempre col birignao diabetico e che potevano anche litigare e
insultarsi senza paura di perdere l'affetto dell'altro.
Desiderava la normalità (e tra i due estremi, se avesse
potuto, avrebbe scelto questi ultimi come esempio) quanto i Morlock
desiderassero vedere la luce del sole ed essere accettati come tutti
gli altri mutanti. Ma il loro era un concetto distorto di accettazione.
Ed era anche vero che la normalità era solo un concetto
culturale relativo: Kurt non era più normale ora, con
aspetto umano, di quanto non fosse prima, con coda e pelle blu. Era
sempre lui, l'abito non faceva il monaco: era timido, sensibile,
rispettoso delle opinioni altrui ma anche scanzonato e pronto nel
difendere chiunque.
E lei? Tolto il suo bell'aspetto e senza il suo potere, cosa le sarebbe
rimasto da normale
umana? Non era intelligente -o almeno non colta-, non era per niente
fine ed aggraziata... non era nulla. Solo un bell'involucro che non
poteva fare nulla per gli altri: non insegnare, non curare
né confortare. Non era particolarmente brava nemmeno a
difendere gli altri. Quest'assenza di doti non la rendevano capace
nemmeno di catturare al lazo qualche bel giovanotto. A parte i matti
deficienti di sua conoscenza. Ma quello era un caso disperato attratto,
molto probabilmente, solo dalla sfida impossibile che lei
rappresentava: niente poteri e Gambit avrebbe gettato la spugna.
In definitiva l'unica sua abilità era la sua forza: al
massimo avrebbe potuto rendersi utile in un cantiere edile. Ma neanche
quella forza bruta, in realtà, le apparteneva: l'aveva
strappata a un'altra donna, insieme alla sua vita.
C'erano giornate in cui si sentiva inutile e la frustrazione la rendeva
nervosa. Se solo non avesse avuto i suoi poteri, sarebbe stata una
donna come tante: avrebbe potuto avere un lavoro normale, a contatto
con la gente; lei stessa, probabilmente, sarebbe stata diversa,
perché non era più certa di nulla. Magari neanche
quel caratteraccio era il suo originario.
Avrebbe anche potuto fare incontri -normali e non solo con pazzi
psicopatici- che le avrebbero stravolto la vita; avrebbe potuto
prendere il sole senza paura di un incontro accidentale con un altro
essere umano; avrebbe imparato qualcosa di utile e la sua vita avrebbe
preso tutt'altra piega; avrebbe....
La lista di cosa avrebbe potuto fare se fosse stata appena appena
diversa era infinita. Ed era sbagliata. Lei era quello che era: doveva
accettarlo.
E dopo Muir aveva rinunciato. Rinunciato. Perché il concetto
continuava a sfuggirle? Perché un angolo remoto del suo
cervello continuava a sperare?
Perché la faccia da schiaffi del Cajun continuava a
presentarlesi alla mente, quasi fosse stato la soluzione a tutti i suoi
guai quando era evidente che ne era la causa prima? Perché
quel formicolio alla base della nuca non accennava a diminuire ma,
anzi, sembrava irradiarsi lungo tutta la colonna vertebrale impedendole
di concentrarsi? Lei era una donna adulta, matura e responsabile. E
allora, perché era -ora- così ossessionata da
quello stupido?
Atterrò delicatamente sul ponte della Stark Tower ancora
semidistrutto ma, almeno, libero dai calcinacci. Si appoggiò
pesantemente alla balaustra e lasciò correre lo sguardo tra
le vie della città che si estendeva sotto di sé.
Si lasciò carezzare ancora un po' dal venticello che
arrivava là in cima, a spirali. Quindi rientrò,
pronta ad affrontare chiunque. Forse.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Le porte si aprirono silenziose al suo passaggio, introducendolo
nell'ambiente caldo ma asettico che era quella specie di palestra.
Appoggiò l'asciugamano alla panca, si fasciò le
mani con le bende e infilò i guantoni con movimenti precisi,
fluidi e al contempo meccanici, che denotavano quante volte avesse
ormai ripetuto l'operazione: forse, solo quella ritualità
non era cambiata nel tempo. Premette, quindi, il pulsante che avrebbe
dovuto fargli comparire davanti il suo sacco. Ma uno strano ronzio lo
ridestò dai suoi pensieri. Alzò lo sguardo giusto
in tempo per vedere che, tutt'attorno, si innalzavano le corde del ring
e un botola si apriva a un paio di metri di distanza. Tornò
a guardare, truce, la console: che avesse sbagliato? Lui voleva solo
allenarsi...
“Questa è la strana concezione che ha Tony di
allenamento...” lo informò una voce alle sue
spalle.
Steve si voltò di soprassalto: non si era reso conto di non
essere da solo. Poco distante, invece, Natasha volteggiava leggera e
senza sforzo sulla parete, simulando la scalata di un costone roccioso.
Si fermò e lo guardò, divertita, dalla posizione
verticale appena raggiunta, i riccioli che le coprivano parte del
volto. Lasciò scendere il corpo e subito si
spostò di lato, aggrappandosi a un nuovo appiglio, prima che
una lama affilata passasse giusto dove lei era sospesa pochi istanti
prima. Fece ancora un paio di esercizi e concluse con un volteggio,
atterrando senza commettere alcuna sbavatura. Portò le
braccia in alto, in segno di saluto, come una ginnasta, e, quando si
mosse dal tappeto, l'attrezzatura alle sue spalle emise qualche ronzio
e scomparve nel muro.
“Attrezzatura intelligente...” spiegò
andando ad affacciarsi alle corde “Come nei videogame, si
parte dal livello base e si progredisce in difficoltà. A
volte, come hai visto, ti infila dei trabocchetti...”
“Cosa dovrei aspettarmi da...” disse voltandosi
verso il suo sacco di sabbia. Ma al posto del comune bersaglio da boxe,
c'era una specie di robot umanoide “E questo cosa sarebbe? Se
volevo boxare chiedevo a qualcuno di allenarsi con me!”
protestò
“Quello ti studia, impara i tuoi movimenti e identifica i
tuoi punti deboli e ti costringe a migliorare. Un essere umano non
potrebbe farlo. E una stanza come quella che c'è Istituto di
Westchester per giovani dotati ma è concepita in modo
totalmente diverso: imparare a sfruttare i propri poteri in situazioni
particolari, non a potenziare il fisico. Per il resto, non fa male,
è costruito con materiali che assorbono i colpi. Ti
sembrerà di boxare col vecchio sacco...” lo
informò la spia andando a infarinarsi di nuovo le mani con
il magnesio.
“Mi stai dicendo che potrei farmi battere da una
macchina?” replicò sarcastico il Capitano,
scuotendo la testa e tornando a osservare il suo avversario.
“Assurdo...” Disse cominciando a scaldarsi,
saltellando sui piedi e ruotando attorno al suo bersaglio.
“Come mai qui?” domandò Natasha mentre
si arrampicava sul quadro svedese, rapida come un ragno.
“Ci dev'essere un motivo per tenersi in forma?”
domandò Steve di rimando “L'ho sempre
fatto...”
“No... è che... ti sento nervoso...”
puntualizzò lei, ricominciando coi volteggi.
“Non è che lo sei tu?” fu la replica di
Cap. Natasha esitò e lui ebbe la conferma di quanto detto
“Puoi parlarmene, se vuoi... d'altronde credo...”
sbuffò e si fermò per appoggiarsi alle corde
“Sai... eri più piccola di me e ora... abbiamo la
stessa età. Solo che tu non sei stata ibernata per tutto
questo tempo.”
“Apparteniamo allo stesso tempo. E' questo che intendi?
Possiamo capirci perché abbiamo vissuto le stesse
realtà?”
“Più o meno. Tu eri appena una bambina e non
abbiamo mai avuto alcun legame. Anche Fury è come noi ma,
lui, non avevo mai avuto il piacere di incontrarlo, mi pare... Ho
ancora la mente un po' confusa... E poi, come dicevo a Tony, prima,
c'era Howard che era quasi un amico e lui è l'unico legame
vero con il mio passato. Infine, c'era Logan, ma abbiamo svolto solo un
paio di missioni assieme. Ora la persona più simile a un
amico che possa avere è proprio Tony...”
“Steve...” disse lei appesa a testa in
giù, tenendosi aggrappata con le gambe “Qualcosa
non va?”
“E tu? E' strano vederti da sola. A sfiancarti di esercizi,
tra l'altro...” Incalzò ancora Cap. Aveva
comandato compagnie di fanti, squadroni di cavalleri, batterie di
artiglieri, aveva avuto modo di confrontarsi anche con alcune
squadriglie dell'aeronautica e sapeva leggere benissimo nell'animo
delle persone, quando queste erano agitate. E Natasha, come tutti
coloro che avevano ricevuto un educazione para-militare, non trovava
niente di meglio da fare che svuotare la testa tenendosi impegnata con
l'attività fisica. Cosa, però, che non sembrava
riuscirle particolarmente bene. Infatti, la vide aggrapparsi con le
braccia al primo sostegno che trovò, far scivolare le gambe
fuori dal loro appiglio restando, così, in una posizione
molto difficile da tenere a lungo. La rossa si piegò in
avanti, mettendo sotto sforzo le braccia, caricò nuovamente
le gambe, mollò la presa e si avvitò in un altro
atterraggio perfetto.
“Ti va un caffè?” domandò
lei, andandogli in contro.
Steve sorrise e uscì dal perimetro delle corde, lanciando
un'occhiataccia al robot. Premette il pulsante che decretava la fine
dell'esercitazione e cominciò a togliersi i guantoni che non
aveva nemmeno usato “Conosco un locale grazioso proprio
appena fuori dalla torre, dove la cameriera è molto
gentile.” disse strizzandole l'occhio.
“Dammi cinque minuti, il tempo di lavarmi e
vestirmi.”
“Prenditene pure dieci...” concesse l'altro
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Ok, :) come diceva il titolo, questo era più un capitolo
riflessivo, in cui spiegavo parte del passato di Rogue. Così
ora è chiaro il legame che lega lei, Kurt e Mystica (ma ci
tornerò perché ho solo accennato a un passato
traumatico). E Mystica... sì.. avete capito bene,
è bisex. Ma a proposito di tutti gli uomini più o
meno bestiali con cui è stata (il demone Azazel -non
chiedetemi anche il mondo dei demoni...farò finta sia solo
un mutante dalle fattezze demoniache e STOP-, il lupoide Sabretooth
-anche qui non scenderò in dettaglio e tratterò
la cosa solo come tipologia
di mutanti-...) :) uno di questi è una nostra conoscenza e
qualcosa al riguardo scappa fuori come rivelazione di House of M. Io li
ho sempre adorati quei due assieme, anche se sono la coppia
più improbabile, problematica, violenta e meno duratura del
mondo. Non avete capito di chi si tratta? Non temete, tra un paio di
capitoli avrete un altro accenno a questo desiderio inconfessato (di
Mystica sicuramente... ma per come è messa, credo anche di
lui..)
Bene :3
Spero di non avervi annodato il cervello con la prima parte e vi
annuncio che da adesso partirà una lunga cooperazione
Cap/Nat (hanno vissuto, appunto, negli stessi anni e lei è
l'unica che possa, effettivamente, fargli da tramite) che si
snoderà per buona parte della fic. Ma il nodo cruciale
saranno i prossimi 4 capitoli. :) Enjoy!
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Capitolo 7 *** Al caffé ***
7.
Al caffé
“Comincia tu...” la invitò Steve una
volta che si furono accomodati nel grazioso tavolinetto esterno del bar
che affacciava sulla Stark Tower.
“Preferirei parlassi tu, per primo.” disse Natasha
“Io non saprei nemmeno da che parte cominciare... E' tutto
così...”
“Strano?” suggerì lui
“Anche...” ammise abbassando lo sguardo.
La rossa non parlò più e Steve capì
che non avrebbe aggiunto altro. Forse, si disse, doveva elaborare la
cosa, qualunque essa fosse. Sospirò e si
massaggiò nervosamente le mani, le braccia allungate sul
tavolino d'acciaio. “Tu... hai mai incontrato i genitori di
Tony?” domandò infine.
Lei assentì “Se non erro erano entrambi agenti
S.H.I.E.L.D.”
Steve alitò affranto “Lo sapevi anche
tu...”
“Sapere cosa?” domandò la rossa non
cogliendo a pieno cosa lui volesse comunicarle. Si era fatta attenta,
lo sguardo tagliente che sondava tutt'attorno
“Del tenente Carter...”
“Vorrai dire maggiore Carter...” lo corresse lei
“Ha ricevuto un avanzamento subito dopo la tua scomparsa in
mare. A qualcuno dovevano pur riconoscere l'ottimo lavoro svolto in
quella missione.”
“Maggiore...” soppesò Steve
“...Giustamente. La vita continuava, per lei, mentre io ero
immerso nel ghiaccio.”
“Si è ritirata col grado di Tenente Colonnello, se
la cosa può interessarti...” aggiunse ancora la
rossa. “La sua carriera si è esaurita
lì. Un vero peccato.”
Steve scosse la testa, quasi incredulo “E ha preso il nome di
Maria Stark...”
“Sì... e allora?” domandò lei
“Per essere una donna, Natasha, mi sembri un po'
ottusa.” ridacchiò il Capitano, divertito
“Sono tanti gli indizi che mi hanno portato a questa
conclusione...” precisò vedendo come la donna si
fosse inalberata. Quindi si rilassò sulla sedia, fissando la
ceramica della tazza davanti a sé senza realmente vederla
“Io... l'amavo...” confessò
La spia sembrò accogliere la notizia come una qualunque
altra confidenza. Poi la vide aggrottare le sopracciglia, come se
avesse capito male. “Tu... e la madre di Tony..?”
domandò, infatti “... Capisco...”
aggiunse e Steve fu certo che la donna stesse meditando sulle
implicazioni di quell'affermazione che prima non le erano nemmeno
balenate nel cervello.
Ma non era una cosa poi così fuori dal mondo che anche lui
si fosse innamorato! O sì? Con chi era abituata a
relazionarsi Natasha se una cosa come quella le dava da pensare? O,
forse, la domanda da porsi era un'altra: sarebbe diventato
così anche lui, anaffettivo, se avesse continuato a lavorare
per lo S.H.I.E.L.D. per lo stesso numero di anni e con la stessa
mansione che avevano segnato la vita della spia?
No, ne era certo e, d'altronde, a riprova della sua teoria, anche
l'inflessibile Peggy e il volubile Howard si erano innamorati.
Reciprocamente e ai suoi danni. Ma che potevano saperne loro? Erano
stati anche fin troppo corretti. Anche se non l'avevano fatto pensando
a lui, non gli dispiaceva il fatto che si fossero buttati l'una nelle
braccia dell'altro subito dopo la sua scomparsa. Come minimo avevano
dimostrato un po' di sensibilità e rispetto.
“Sì... dev'essere dura da mandar giù...
e per una serie di motivi, immagino...” aggiunse lei.
“E di te che mi dici, invece?” domandò
lui non volendo perdere lo slancio offertogli dalla propria riflessione
“Io... nulla...” mentì lei
“Sono solo stanca...”
“Con me i tuoi trucchi non funzionano...”
precisò il capitano “Anche se sono rimasto fermo
al secolo scorso, o forse proprio per questo, so leggere l'animo umano,
Natasha. So cogliere ogni sfumatura emozionale nei volti. Ai miei tempi
non c'era tutta questa tecnologia ed eri costretto a guardare la gente
in faccia. E a interpretarla...” spiegò in un
sorriso. Lei avrebbe sicuramente capito il suo ragionamento
perché proprio lei sfruttava quelle falle percettive nel suo
lavoro ed essendo cresciuta in anni diversi era una spia perfetta anche
se si prendeva il lusso di non concentrarsi a dovere.
Lei sbuffò, indispettita dal ritrovarsi vittima delle sue
stesse armi “E'...complicato...”
“Cosa non lo è a questo mondo?”
domandò retorico “Guarda che il tuo segreto
è al sicuro...” la incoraggiò,
sporgendosi sul tavolino per farsi più vicino e dare
più intimità alla loro conversazione.
“...E non siamo amici!” precisò lei per
evitare il terzo grado.
Steve stava per replicare, offeso, che la bionda cameriera del locale
arrivò con le ordinazioni, sorridendo imbarazzata al
capitano.
“E' troppo vecchia!” aggiunse Natasha quando la
donna si fu allontanata, senza guardare né lui,
né lei, né le ordinazioni: veva lo sguardo fisso
sul menù incastrato tra il porta salviette e il posacenere.
“Come scusa?” domandò Cap non capendo il
nesso della frase con la sua confessione
“La cameriera... tu hai ventisette anni, lei ne ha almeno
trentacinque... Anche se l'età, con gente come noi, perde un
po' il suo valore... e di questi tempi non conta nemmeno più
tanto... E' affascinata da te perché tutto, in te, parla di
un uomo coi controcoglioni, scusa la finezza... Tu sei vecchio dentro e
dimostri più anni. Quindi, quella poveretta può
pure essere convinta che tu abbia l'età di
Stark...” ridacchiò nervosa. “Vesti da
vecchio, hai un taglio di capelli da vecchio, ti atteggi da
vecchio...”
“Io non ci vedo nulla di male...”
replicò l'altro indispettito e punto nel vivo
“Amore...” ghignò lei, degnandosi,
finalmente di alzare lo sguardo “Quelli -due tavoli alle mie
spalle- hanno la tua età... Dimmi che siete uguali e ti
sbatto in manicomio...”
Steve allungò il collo per vedere oltre la spalla della
donna. Lì era seduto un gruppo di ragazzi, probabilmente
studenti universitari a giudicare dalle borse e dai libri che
affollavano il tavolino. Nonostante stessero studiando o ripassando, si
lanciavano cartine, si spintonavano e ridevano di gusto. Erano seduti
sbracati e scomposti, chi col libro sulla pancia chi buttato sul
tavolino, in un mezzo tentativo di appisolarsi sugli appunti al loro
fianco. Steve studiò il loro abbigliamento con occhio
critico: c'erano scarpe sporche e graffiate - i cui lacci luridi
sembravano delle sottili orecchie che pendevano flosce a pulire il
manto stradale - accanto a scarpe nuove e dai colori sgargianti. Sopra
di esse si inerpicavano jeans più lunghi del necessario,
alcuni così sproporzionatamente che erano sfilacciati e
strappati nella parte posteriore dove la suola li pinzava costantemente
nella camminata, o così corti alla caviglia da sembrare
fuori taglia. Alcuni avevano la vita strizzata da una cintura che
faceva sbocciare le braghe come un sacco strizzato, altri avevano la
vita dei pantaloni così corta da lasciar scoperte le
schiene, che non tentavano nemmeno di venir coperte dalle canottiere, e
l'orlo della biancheria faceva capolino in tutta la sua sfacciataggine.
Le giacche pendevano sghembe sullo schienale o giacevano appallottolate
tra lo stesso e il fondoschiena del proprietario. Tutto, in quei
giovani, anche nei più computi e ordinati, dichiarava una
scarsa attenzione al vestiario, nonostante i colori abbinati, la scelta
minuziosa degli accessori: i vestiti, in quell'epoca, erano un'altra
merce che veniva consumata come il pane e la cui fattura, a ben vedere,
era di qualità molto inferiore a quella a cui era abituato
il soldato: per Steve era normale avere pochi capi ma che durassero il
più possibile e non solo per una questione economica ma, a
ben vedere, anche ecologica: perché buttare via qualcosa di
ancora perfettamente sano a cui bastava dare un paio di punti di
rammendo? Anche perché, ai suoi tempi, i capi duravano
praticamente in eterno a meno di non tagliarli intenzionalmente.
Possibile che, nella nuova era, i vestiti si sgualcissero
così rapidamente da necessitare un ricambio continuo? In
quest'ottica sarebbe stato sensato non curarsi eccessivamente di
slabbrare gli orli: un processo più lungo del disfacimento
del capo stesso sarebbe stato testimonianza della sopravvivenza dello
stesso al suo naturale decorso programmato.
Steve studiò ancora un po' quel gruppo di giovani
apparentemente spensierati.
Ai suoi tempi sarebbe stato impensabile girare conciati in quel modo a
meno di non essere gli ultimi figli di una lunga schiera di fratelli in
una famiglia della classe operaia, a cui arrivavano gli abiti smessi e
della taglia sbagliata ma che ci si faceva andare bene, adattandola
alle proprie necessità. Tutti puntavano a una certa eleganza
e tutti cercavano di avere il capo bello, quello non gualcito, bianco e
inamidato per le occasioni di festa. Il decoro era qualcosa di
intrinseco nella società civile, che sembrava quasi
superfluo che agli ufficiali fosse data una guida su come comportarsi e
vestirsi, in divisa e in borghese.
Ma l'orlo dei pantaloni? Le toppe? Erano il primo segno di appartenenza
a una classe non abbiente: come potevano i giovani di quell'epoca
andare fieri di essere proletari? Negli anni in cui era vissuto lui
tutti cercavano di elevarsi dalla propria condizione, e riuscire a
studiare era il primo mezzo per togliersi dall'indigenza.
Trasse un sospiro di sollievo: almeno quello sembrava non essere stato
scalfito dallo scorrere del tempo.
Riportò l'attenzione su Natasha e ripensò a se
stesso. Effettivamente, doveva ammettere che l'abisso con quei ragazzi
era impensabile da colmare. Nella sua ottica avrebbe voluto dire
snaturarsi e, forse, lobotomizzarsi. Sospirò, rassegnato
questa volta, accettando la critica e dicendo mentalmente addio alla
bionda cameriera. Perché anche quello, la differenza
d'età, era sicuramente rimasto un limite invalicabile. E
figurarsi se a quell'età una donna poteva ancora essere
signorina: probabilmente era solo un po' sciocchina e attirata dai
maschi prestanti. E lui non voleva quel genere di donna.
Il ricordo di Peggy gli tornò prepotente alla mente ma lo
scacciò con altrettanta violenza: Peggy non era una donna
comune e il paragone non reggeva.
“Non tentare di sviarmi.” disse, riprendendo le
fila del discorso “E' così grave il problema che
ti affligge? E cosa vuol dire che non siamo amici?”
Natasha lo fissò dritto negli occhi. “Quello che
ho detto. Non sono amica tua, né di Tony, né di
nessun altro...”
“E Clint? E Fury?”
“Colleghi...” replicò troppo rapidamente
“Ho i loro numeri sul telefono solo perché devo
comunicare con loro, non perché mi servano
realmente”
“Non credo che Clint la pensi allo stesso modo ma... Non
dirlo a Pepper...” sibilò lui. “Credo
che si sia affezionata a te...”
Natasha lo guardò scettica “Solo perché
abbiamo lavorato qualche mese gomito a gomito? Perché ora
bazzico attorno al suo uomo? Per quanto si possa parlare con gli altri,
Steve, se non gli apri il tuo cuore e non fai affidamento su di loro,
questi non sono tuoi amici anche se loro possono credere il
contrario.”
“Hai qualcuno da considerare tale?”
“Tutti morti..” replicò lei
“Tranne...un paio...forse...” disse abbassando lo
sguardo. Passarono alcuni istanti di silenzio, durante i quali entrambi
pensarono a chi si erano lasciati alle spalle nel corso degli anni.
“D'accordo, ok, non sono tuo amico. Ma hai bisogno di
sfogarti. Puoi parlarmi della cosa come un freddo dato oggettivo, una
missione... in due possiamo trovare la giusta soluzione.”
Natasha, glielo si leggeva in faccia, era tentata di vuotare il sacco
nonostante la maschera di freddezza dietro cui si trincerava. Niente
amici, niente genitori, un lavoro marcio e chissà quante
privazioni nella propria vita. Non c'era da meravigliarsi che non si
fidasse di nessuno, che si comportasse come un animale ferito e
braccato o che...
Che avesse accolto un minimo di calore, per scaldare quel suo animo
così infreddolito, e si fosse scottata? Ma come? Non
riusciva proprio a capire.
La spia, sentendosi stretta alle corde, cercò di guadagnare
tempo, giocherellò con il suo ice-chocolate, lo
sbocconcellò e, infine, sentendosi lo sguardo penetrante di
Cap addosso, vuotò il sacco “Ho baciato
Clint...” alitò
Steve restò a guardarla, in attesa di qualche altra notizia.
Quando si rese conto che la notizia era tutta lì,
batté gli occhi, perplesso “E quindi? Non capisco
dove sia il problema...” Natasha boccheggiò,
paonazza, e lui continuò “Voglio dire, state
assieme, condividete il letto. Dov'è la novità?
Anzi no! Sì che è una novità! Hai
detto che non lo consideri che un collega...”
“Noi.Non.Stiamo.Assieme!” ringhiò la
rossa suscitando lo stupore del biondo
“Davvero?” allibì quello
“E mi domando perché tutti vi siate fatti questa
stupida idea!” replicò incrociando le braccia al
seno, offesa
“Ok, d'accordo, scusa...” disse Rogers cercando di
riparare al danno. E cercando di capire cosa volesse dire la cosa,
concretamente: doveva rivedere tutta la situazione e non era operazione
facile “Dunque...” meditò a lungo, senza
venire a capo della cosa “Non state assieme. Ma dormite
assieme. E sembrate una coppia a tutti gli effetti. E l'hai
baciato...”
“Ci eravamo già baciati, anni fa. Eravamo sotto
copertura...” disse lei ricordando come avesse calcato la
mano sulla sceneggiata. Forse un po' troppo. Che fosse stato allora che
Clint aveva perso la tramontana? “Dopo un primo periodo di
rodaggio non abbiamo più avuto bisogno di pararci il culo
con questi trucchetti. Quando siamo passati alla modalità
Widowmaker avevamo compiti ben distinti e quasi non ci incontravamo
neanche.”
“Mmm” Steve aveva la fronte corrugata, nel
tentativo di capire il guazzabuglio in cui era immersa la spia
“Cosa c'è di diverso, questa volta?” era
l'unica domanda sensata che gli fosse venuta. Perché,
effettivamente, solo l'atteggiamento di lei sembrava essere cambiato
improvvisamente e che, quindi, poteva costituire un problema.
Natasha si mordicchiò il labbro, a disagio, quindi
inspirò a fondo, nel tentativo di calmarsi “Non
era la cosa giusta da fare...” rispose distogliendo lo sguardo
“Cosa?” domandò ancora lui. Quando mai
un bacio era stato qualcosa di sbagliato? Di per sé non
indicava nulla. Erano altri i fatti significativi: le intenzioni dietro
il gesto. Poteva pure essere stato uno scherzo, per quanto ne sapeva.
Natasha sbuffò “Clint... diciamo che
è... interessato...” spiegò inarcando
le sopracciglia, sperando che il messaggio fosse abbastanza chiaro
“Ti ha chiesto di mettervi assieme?”
domandò ancora Steve pensando che fosse ora che la cosa
venisse chiarita, essendo lei un pochino ottusa -di proposito o
involontariamente- sull'argomento.
“Non proprio. Me l'ha fatto capire. E non ci sono dubbi al
riguardo. E' stato abbastanza esplicito sulla cosa. Non si è
neanche dichiarato, a pensarci bene. Era una constatazione oggettiva
dei fatti... ah!” sbuffò esasperata “E'
tutto così dannatamente complicato quando sei abituata a
capirti con lo sguardo, quando il bagaglio di esperienze condivise
rende superfluo parlare. E ora tutto questo è un ostacolo.
Perché non è lavoro!”
“Ho capito la situazione...” disse il capitano,
sorbendo la sua birra “Qual'è il problema? Non ti
piace? Lo vedi solo come un amico...un collega, come hai detto prima?
Non credo si offenderà se... No, ferma un attimo.”
disse posando il bicchiere “Non l'avresti baciato...
Perché l'hai fatto?” domandò stranito
Natasha esitò ancora “Mi sono sentita egoista a
negargli qualcosa che, tutto sommato, non mi sarebbe dispiaciuto
condividere con lui. Per un attimo, ho pensato Ma sì...
Perché no? Vediamo come va. Magari si risolve tutto in una
bolla di sapone, magari...Poi, però, sono tornata sui miei
passi. Direi che sono precipitata a terra. Io, te, Fury...Wolverine,
Deadpool. Noi vivremo praticamente in eterno, a meno che qualcuno non
ci ammazzi. Logan e Wade sono immortali ma è un discorso a
parte. Non posso viverla come una ragazzina, devo pensare alle
conseguenze. Soprattutto perché sono più grande di lui.
Molto più grande. Potrei essere sua nonna. E tra venti,
trent'anni, Clint sarebbe un vecchio e io sembrerei la classica
ragazzina profittatrice. Ma senza tenere conto di quello che
la gente potrebbe pensare, lui morirà. Io no. E credo che
nessuno meglio di te possa capire cosa voglio dire. E' giusto, per un
mio capriccio, negargli una famiglia come lui si aspetta?”
“Magari non la vuole una famiglia e dei figli. Forse vuole
solo stare con te...”
Natasha scosse la testa “Se anche gli bastasse solo quello, e
credo sarebbe una forzatura per lui, tra noi c'è la stessa
distanza mentale
che c'è tra te e la cameriera. Veniamo da due mondi
inconciliabili. Non posso lasciarmi guidare dagli ormoni impazziti.
Solo perché ha un bel visino e ci troviamo su molte
questioni che ci rendono la coppia affiatata che siamo, non vuol dire
che il mio passato non incida. Me l'ha rinfacciato lui stesso
più volte, di recente. E a ragione: io sono il prodotto del
mio passato, di una vita passata a scappare, a guardarmi le spalle e a
temere gli altri. Gli inganni degli altri. Per questo ne ho fatto
un'arte a mia volta. Allo stesso modo, lui è ossessionato
dalla sua infanzia passata in orfanotrofio. E non è un bel
passato, credimi...”
“Ho letto i vostri dossier...” ammise il capitano
“So del vostro passato e dei vostri rispettivi
coniugi...”
La rossa annuì “Io non voglio soffrire nel momento
in cui lo perdessi di nuovo.”
“Stai soffrendo adesso...” precisò il
biondo
La spia abbozzò un sorriso “Un piccolo sforzo
adesso per evitare la tragedia più avanti. Si può
fare. Si chiama lungimiranza...”
“Non sono la persona più indicata per farti la
paternale. Anzi, capisco molto bene. Però, allora, se la
pensavi così, avresti dovuto continuare a tenerti a freno,
come hai sempre fatto... Non essendoci riuscita vuol dire che nemmeno
tu sei del tutto convinta.”
“E' stato un errore. Un tremendo errore. Ma ero in
panico...”
“Scusa? Come sono associati un bacio dato per piacere e una
situazione di panico?” domandò il capitano,
perplesso da quell'accostamento azzardato
“Io... odio le situazioni che non posso gestire. Vado
completamente nel pallone. Motivo per cui ho veramente detestato
lavorare con Hulk pronto a esplodere al mio fianco. Non con Banner,
precisiamo. Il dottore è una persona amabile con cui
è facile dialogare. Ma era l'altro a tenermi
sulle spine. E Stark non è certo molto meglio anche se nella
sua imprevidibilità è prevedibile: sai sempre che
farà qualche scemenza.”
“Quindi?” la incalzò ancora lui
“Stavamo discutendo, l'altro giorno. Lui si è
inalberato perché, a parere suo, non capivo quanto io stessa
possa essere una minaccia alla sua sanità mentale. E'
riuscito a immobilizzarmi...” ammise controvoglia
“Per spiegarmi bene il suo punto di vista e impedirmi di
ribattere, sviandolo. Quando mi ha lasciata andare, chiedendo scusa,
ho... ho pensato che... beh... che forse potevo accogliere la sua
richiesta, darci una possibilità. Ma lui, stranamente, mi ha
rifiutata. Salvo poi venire a scoprire da Janet...”
spiegò gesticolando, nervosa “... di essere
l'argomento preferito di conversazione. Anche con le sue amiche di
letto!” sbuffò offesa
“Con le sue cosa?”
domandò Cap confuso.
“Lascia stare, è una cosa, per te,
inconcepibile... immorale, oserei dire. Due che vanno a letto assieme
solo per soddisfare i propri bisogni senza alcun vincolo affettivo.
Anche se, nel loro caso erano pure amici...”
precisò sempre più indispettita.
Steve la guardò inorridito: non era solo il decoro ad essere
andato alle ortiche, ma anche la decenza, la morale... tutto! Atei,
neri, gay, promiscuità, droghe, incesto, fecondazione
assistita. Era un mondo di folli e pervertiti dove tutto era concesso
se non legalizzato! Ci mancavano solo zoofilia e necrofilia e la lista
sarebbe stata completa. Lungi da lui condannare e perseguire certe
scelte, per quanto potessero fargli schifo.
No, quello era un mondo a cui lui
si sarebbe dovuto adattare, certamente, essendo l'unico a
sua disposizione. Ma gli sarebbe costato uno sforzo considerevole.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Una doverosa precisazione a scanso di equivoci: con la penultima frase
attribuita a Cap non avevo alcuna intenzione di offendere chicchessia.
Soltanto, mettiamoci nei panni di Cap. Ora, non perché
questo è bravo e buono ed è al di sopra delle
parti (più o meno) non vuol dire che non abbia delle
convinzioni, delle preferenze e comunque un'educazione che lo porta a
scansare certe cose a favore di altre. Per questo non capisce,
è schifato ma accetta che il mondo sia cambiato.
Per quanto riguarda le categorie succitate... beh -_- parliamone: non
sono nera (potrei parlare per ore di quanto non credo la
parola in sé sia offensiva -al contrario di negro che
però sta alla base della corrispondente classificazione
antropologica né più né meno di quanto
lo sia caucasoide/europoide etc - la trovo solo una rapida
semplificazione di un certo tipo di società. Se la
distinzione sociale più grande fosse l'essere cieci o meno
-vi prego, l'ipovedenti è orrendo!- probabilmente
adotteremmo quella come discriminazione...non lo so! La psicologia,
l'antropologia, l'etnografia, la sociologia e la teologia sono scienze
così belle, che analizzano questi nostri costrutti
mentali... quindi.. beh niente...solo se anche il più buono
di noi fa discriminazione non è perché
è fondamentalmente razzista ecco... un po' come non trovo
offensivo parlare di femmine e maschi per indicare una parte di
popolazione non composta esclusivamente da individui adulti... sta a
noi vedere il contesto e l'intonazione... ma vabbè, taglio
corto) né gay (sono circondata
in università. Vi pare davvero possibile che possa aver
resistito tutto sto tempo se fossi una fascista intransigente?
ò_O) ma sono atea (non
agnostica, prego! Distinguiamo. Quindi mi starei tirando la zappa sui
piedi) favorevole alla fecondazione assistita.
Quanto al resto: promiscuità può voler dire tutto
e niente (dalla commistione politica/economia ai costumi
sociali/morali non più nettamente divisi... e in un caso
esistevano già ai tempi in cui nacque Rogers, nel secondo...
beh, torniamo al discorso che deve svilupparsi. E poi già i
latini lamentavano la degenerazione del mos maiorum, quindi non
è sta gran novità), droghe (beh,
una popolazione drogata è una popolazione che non sa che
cazzo sta facendo... e alimenta la delinquenza. Ma anche quello
è sempre esistito, in forme diverse) e
l'incesto è l'esagerazione di Rogers. Ma mai quanto
necrofilia e zoofilia. Ma poverino.
In sostanza, l'essere Capitan America non lo preserva da i normali
difetti umani anche se viene mostrato sempre integerrimo e tutto d'un
pezzo. Specie paragonato a Tony che, invece, di demoni e conflitti
interiori, è pieno come una cocuzza. E credo che Cap sarebbe
anche in grado di mentire: buono non vuol dire onesto :D eh
già. Preparatevi!
Ah, non temete... la prossima parte sarà la risposta di Cap
a Nat su tutto quello che è stato detto finora.
Cercherà di farla ragionare...
Buona settimana a tutti!
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Capitolo 8 *** Baratto ***
8.
Baratto
“Sarebbe tutto così semplice se mi fossi scelta un
immortale, come dice lui...” sbuffò Natasha,
esausta dopo quello sfogo più simile a una confessione.
Anche se la confessione vera e propria era quella -riportata-
dell'arciere. “Anche James invecchia, dannazione a
lui...”
“James?” domandò Steve perplesso. Era un
nome che gli suonava troppo familiare e che scatenava ricordi dolorosi.
“E' stato il mio istruttore, al KGB... sai cos'era?”
“Non mi suona nuovo... forse nei filmati che ho
studiato....”
“Era il Comitato per la Sicurezza dello Stato: il
corrispettivo russo di CIA, FBI, NSA tutti assieme...”
“Facevate le cose in grande...” si
complimentò il Capitano
Natasha poggiò il mento sul dorso della mano e si volse a
osservare il punto, verso l'orizzonte, in cui non era più
possibile scorgere la lunga strada caotica e affollata nonostante i
buchi nel manto stradale non fossero stati ancora sistemati
“Bucky è stato... il mio... primo grande
amore.” alitò mentre Cap strabuzzava
“D'altronde, guardandomi col senno di poi, direi che c'era da
aspettarselo: una ragazzina promessa a un uomo che non conosceva e il
suo affascinante istruttore. Molto drammatico e shaekspeariano, se non
fosse che è tutto finito senza spargimenti di sangue. Primo
amore a parte quello stronzo di Alexei che se mi capita a tiro ancora
una volta giuro che nessuno sentirà più parlare
del Guardiano Rosso!”
“Ferma un attimo!” Steve quasi urlò per
il nervosismo quando si fu ripreso dallo shock “...Bucky...
James Barnes? Quel James?” domandò agitato
“Lo conosci?” domandò perplessa la spia,
già più calma dopo essersi innervosita solo a
nominare il portabandiera sovietico.
Steve la fissò con tanto d'occhi “Bucky era il mio
braccio destro, era il mio migliore amico, era...”
sproloquiò per fermarsi di colpo, fissandola confuso
“...morto!”
“Sì, beh... benvenuto nel club. Anche tu eri
morto. Teoricamente. E anche quello stronzo di Alexei!”
ribadì la rossa con acredine. Era evidente che fosse
successo qualcosa tra i due e che a lei la cosa non fosse andata
giù. Cap si appuntò mentalmente di tornare
sull'argomento una volta che avesse ottenuto tutte le informazioni sul
suo amico Anche perché, pure quello, era un nome che non gli
suonava nuovo.
“Bucky è vivo?” domandò
ancora lui, incredulo “Per mesi, prima di inabissarmi, l'ho
creduto morto... com'è possibile?”
“Oh, beh, la storia è lunga. Bucky fu recuperato mezzo morto e
incosciente. Al suo risveglio non ricordava più chi fosse:
venne riprogrammato come agente segreto russo e le parti mancanti vennero
sostituite con protesi meccaniche. Ciclicamente viene messo in
criogenesi e le protesi vengono sostituite con altre più
moderne. Invecchia lentamente e non solo per il periodo di stasi. Credo
che ora si serva dello stesso siero che anche Fury si spara in vena una
volta all'anno. Ma è invecchiato anche lui. Ora dimostra
poco più di trent'anni.”
“Bucky... è vivo...” alitò
ancora Cap, incredulo “Per una persona che scopri morta, con
un passato che non ti piace...” disse pensando al tenente
Carter “...ne trovi un'altra che era viva e con un futuro che
non credevi possibile...”
“Guarda che Bucky è vivo, vegeto e al passo coi
tempi, a differenza di qualcun'altro!” frecciò lei
con un ghigno. Steve la guardò senza realmente vederla,
confuso e immerso nei propri pensieri “E posso anche fartelo
incontrare: si occupa di cellule terroristiche dormienti su territorio
americano. E' un pezzo grosso. Ha fatto il giro del globo ma
è tornato a casa...”
“Davvero?” Steve si riscosse e parve illuminarsi
“Credi che mi riconoscerà?”
“Io dico proprio di sì. Coulson non era l'unico
fanatico. Non ci avevo fatto caso e non vi avevo mai collegati... che
sciocca... e dire che abbiamo condiviso così tanto...
Però...” disse illuminandosi a sua volta
“Ho un favore da chiederti: il prezzo da pagare
perché io vi faccia incontrare. Non sarà una cosa
impegnativa e faticosa. Ma potrebbe andare contro i tuoi
principi.”
“Che rapporto ti lega a Bucky?” chiese il capitano,
sospettoso, eludendo la proposta.
“Te l'ho detto. Siamo stati amanti. E, oltre a quello,
condividiamo molto di più...” vedendo lo sguardo
perplesso del capitano, Natasha decise di parlare ancora
“Anch'io sono stata potenziata, tra le tante cose, con una
particolare forma di cibernetica: nanotecnologia. Questi microscopiche
macchine, invisibili a occhio nudo, mi danno una potenza e
un'agilità superiore a quella di una qualunque altra donna,
per quanto addestrata.”
Steve era allibito. No, le aberrazioni legittimate dalla
società erano molto più mostruose di quanto non
pensasse. “E... Il Guardiano Rosso? Alexei? È per
caso lo stesso con cui ho lottato fianco a fianco...”
“Precisamente...” sibilò la rossa,
interrompendolo.
“E...?” la incalzò
“Perché tanta acredine nei suoi
confronti?”
“Perché quel bastardo si è dato per
morto per oltre trent'anni! Senza avvisarmi! E non solo mi aveva fatto
il lavaggio del cervello ma lo faceva con tutte le altre mie sostitute.
L'ultima volta che l'ho beccato aveva in mente di creare un'unica
grande nazione russo-nipponica per ristabilire la maestosità
dell'Impero. A suo tempo, sfruttò questa idea per far farmi
diventare una spia. Ma io ho superato la cosa! Ho superato il fatto che
la mia patria abbia perso tutto il proprio prestigio. Io, la Zarina,
sono andata oltre. Ma non lui. Lui si comporta come i britannici che
tanto disprezza, ancora tutti legati a un passato coloniale che non
esiste più. Eroe, quel fanatico ... ma quando mai?1”
“Lo amavi?” domandò Steve con cautela
La rossa esitò “Sì, lo amavo. Non
all'inizio... All'inizio nel mio cuore c'era solo Bucky. Che stupida
ragazzina viziata ero. Ma con l'andare del tempo, dopo che ci siamo
sposati, mi sono scoperta ad amarlo, stimarlo... ero felice. Poi
morì. In un collaudo, così mi dissero! Ora so che
fu tutta una grandissima macchinazione. Eravamo in piena Guerra Fredda
e la Russia aveva bisogno di qualche asso nella manica. Ero rimasta da
sola e fu allora che ritornai alla Red Room, dove mi ero allenata con
Bucky, decisa a rendermi davvero utile al Paese. Una Romanoff non
poteva gettare la propria vita alle ortiche come una qualunque plebea.
Io avevo sangue nobile nelle vene. Dovevo pur farci qualcosa.
Soprattutto perché ero l'ultima sopravvissuta. E visto che
non potevo raggiungere né mio marito né Bucky
nella morte...”
“Ma hai detto che è vivo!”
“L'ho creduto morto, invece era stato solo ficcato nel
congelatore... Insomma, non potevo rimanere ad autocommiserarmi a vita
e decisi di sottopormi a una cura sperimentale...”
“Il siero del supersoldato?” domandò
Cap, esterrefatto
“Qualcosa di simile. Non sono propriamente una superumana
come te e Wade ma ho un'aspettativa di vita che tende a infinito. Per
avere qualcosa che si avvicini a delle abilità veramente
speciali, come detto, ho subito questa trasfusione di nanotecnologie.
Oltre all'addestramento a cui mi sottopose il K.G.B., prima e dopo il
trattamento, prima e dopo il matrimonio, come ogni spia
russa.”
“James, Alexei, Clint...” Steve valutò i
tre uomini della vita di Natasha. Li aveva conosciuti tutti, chi
meglio, chi più superficialmente, ed erano tutte delle brave
persone (almeno nei suoi ricordi, mai avrebbe detto che Alexei fosse un
invasato del genere). E tutti, in qualche modo, si rimandavano a
vicenda e avevano, con lui, un collegamento più o meno
diretto. Non poteva ancora dire per Clint, a parte il fatto che fosse
così abile da essere probabilmente l'unico altro essere
vivente sulla faccia della Terra a saper come lanciare il suo scudo, ma
lui e James erano stati amici e compagni d'armi e Alexei era stato la
sua versione sovietica; James ed Alexei, inoltre, erano stati -a quanto
gli aveva appena raccontato la donna- eroi russi, simboli della
nazione. “E sentiamo, quale sarebbe il prezzo per incontrare
James?” domandò curioso, stirando un sorriso
complice di chi sa che gli sta per essere fatta una richiesta
pericolosa.
Natasha sorrise sorniona a sua volta “Una cosuccia da
niente...” nicchiò lei inclinando il capo di lato.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Era appena l'alba quando il gruppetto raggiunse le porte che separavano
la zona ritiro bagagli dall'uscita e dall'aria aperta. La brezza estiva
che filtrava all'interno delle porte scorrevoli dell'edificio,
trascinava con sé l'odore della terra bruciata dal sole
durante la giornata precedente e promesse di serenità e
tranquillità per il giorno che nasceva.
“Allora?” urlò il ragazzo fermo dietro
le transenne non appena individuò, tra i passeggeri del volo
appena atterrato, i suoi tre compagni. Corti capelli argentati
sfuggivano a un berretto da baseball mentre le mani massacravano
nervosamente i bordi della felpa verde che aveva sul dorso la stampa di
Jet the Hawk. “Siete spariti per una settimana!"
“Buongiorno anche a te, Pietro.” lo
canzonò uno dei due, quello più stazzonato
“Sì, la gita è stata particolarmente
istruttiva, il tempo a New York era splendido e il viaggio di ritorno
è andato liscio come l'olio: abbiamo dormito tutto il tempo.
Grazie dell'interessamento!”
“Chissene frega, Lance!” Sbottò quello
scansandolo e avvicinando la donna bionda e avvenente -nonostante
indossasse dei semplici jeans e una felpa di ciniglia viola- che era
con loro. “L'avete vista?”
“Ma perché non sei venuto a cercartela per conto
tuo?” replicò infastidito il biondino
“Tutto sto casino per una mezza sciroccata!”
“Bada a come parli, piromane rincoglionito!”
ringhiò Pietro facendosi minaccioso “Che per colpa
tua mio padre ci ha messi tutti a sgobbare a Genosha!”
“Potevi arrangiarti!” replicò Pyro senza
esitazione.
“Fottiti! Avrei gradito essere messo in punizione come voi
due ed essere costretto ad andare nella tana degli X-Men! Almeno loro
sono gente con cui puoi parlare...”
“Certo, come l'amore di Raven!” replicò
il biondo con sarcasmo ricalibrando il peso dello zaino sulla spalla.
Ma la donna gli rifilò subito un manrovescio sulla nuca.
“Ma porca troia, Mystica!”
“Salda quella ciabatta o ti farò pentire
amaramente di non esser stato lasciato a Westchester”
“Però è vero...”
replicò anche Lance “...mirava a Erik ma secondo
me voleva saltare addosso a te...”
“Saranno abituati ad amoreggiare armati di coltelli.
Uuuu!!!!” continuò a canzonarla imperterrito il
biondino “Amiamo il sesso estremo, Raven? Sadomaso,
bondage... però non ti facevo una passiva! Certo... con
Logan sarebbe difficile per chiunque...”
Ma la donna non replicò, preferendo lasciare perdere quei
giochini da adolescenti con troppi ormoni in corpo. Levò gli
occhi al cielo e sbuffò “Io almeno non ho alcun
complesso verso l'uomo ghiaccio né ho una cotta paurosa per
un'avversaria... una come Kitty Pride, per altro...” disse,
freddando i due ragazzini, e incamminandosi al fianco di Pietro.
“Chi avrebbe cosa?” strepitarono i due alle sue
spalle, paonazzi per la vergogna, quando si furono ripresi da quella
stoccata.
“Tua sorella non era dagli X-men.” disse Mystica
avviandosi verso il parcheggio mentre, dietro di lei, Pyro e Lance
cominciavano a prendersi in giro come mocciosi per i rispettivi punti
deboli. “L'informazione che avevo sulla sua nuova amica si
è rivelata infondata. Non c'è nessuno,
lì, che corrisponda alla descrizione che avevo. E' possibile
che non sia nemmeno una mutante...” Pietro chinò
il capo, demoralizzato “Però...”
aggiunse Raven ridandogli un briciolo di speranza “Possiamo
provare a indagare direttamente alla fonte...”
“Ma sei impazzita?” protestarono i due che si erano
improvvisamente interessati al discorso. “Dopo gli X-men ora
vuoi andare ad affrontare a muso duro anche...”
“Non sono così sciocca, idioti...” li
zittì lei salendo in macchina “Ho un piano
migliore. E potete restarvene a casa se ve la fate sotto dalla paura.
Andremo io e Pietro!” sottolineò l'intenzione
sbattendo la portiera. “Giù i piedi dai sedili,
Quentin!” disse, rivolgendosi al ragazzo che era rimasto di
guardia al veicolo, sbracato al suo interno: aveva il cranio rasato ai
lati e una piccola cresta rosa che correva in cima. Sul volto arrogante
calzava un paio di occhialini dalle lenti tonde e verdastre.
“Meno male che non vuole inimicarseli... manca altro che vada
a infastidire quei sociopatici! Levati Quentin!”
piagnucolò Pyro mentre Lance rincarava la dose
“Già abbiamo lo spettro del Wakanda che
può entrare in guerra con chiunque per via del
Vibranio...”
“Interessante!” commentò Quentin Quire
rimettendosi a sedere un po' più compostamente per dare modo
a Pietro di fare manovra e permettere agli altri due di salire a bordo
“Io ci sto a scatenarmi contro chicchessia! Quando si
parte?”
Raven roteò gli occhi al cielo “Perché
te lo sei portato dietro?” domandò già
esausta.
“Prima dimmi: tu che ci verresti a fare?”
domandò Pietro, scettico, mettendo in moto “Si
tratta di mia
sorella... e non ho paura, io...”
scandì, rivolto ai due compagni attaccabrighe
“...di andare nella tana di chissà chi!”
“Si tratterebbe di tornare a New York. Ci sei appena stata.
Potevi fermarti lì e ti spedivamo Pietro
impacchettato!” replicarono anche i due delinquenti,
accomodati sui sedili posteriori ma stretti poi contro i finestrini
perché il loro compagno doveva stare comodo. “E
comunque non
puoi lasciarci da soli a Genosha. Moriremmo di fame! Cazzo,
è una schifosissima isola africana isolata dalla costa
orientale e lontana pure dal Madagascar!”
“Sarà il caso che impariate ad
arrangiarvi?” Replicò la donna “Potete
sempre imparare a pescare!”
“E cosa dovremmo tirar su? Piranha? Pescicane? Sappiamo che
in Giappone ne vanno ghiotti, ma noi non siamo dei musi gialli anche se
tu e il tuo amore siete legati a quella terra sovraffollata da
schizzati irregimentati!” sbottò Lance, sperando
di muoverla a pietà con la velata minaccia di una
rivoluzione.
“La distruggeremo se rimarremo da soli!”
rincarò Pyro, scegliendo una strada diversa: erano
inaffidabili? Avrebbero dimostrato quanto.
“Puoi starne certa, con me al comando!”
commentò anche il terzo passeggero “Fuoco a
volontà!”
“Allora sarà la volta buona che Erik vi
metterà i collari dell'MRD e vi sbatterà ai
lavori forzati senza poteri!” sibilò mentre Pietro
ingranava la marcia e guadagnava la strada.
“Comunque, tu non fai mai nulla per nulla. Che ci verresti a
fare?” domandò il mutante alla guida levandosi il
berretto e lasciando che le ciocche ribelli e argentine scivolassero
libere sulla nuca e ai lati del volto.
“Sai già dove andare?”
domandò la donna, scettica, riprendendo il proprio insolito
aspetto: capigliatura rosso fuoco, pelle blu fasciata in aderenti
pantaloni bianchi su top smanicato dello stesso colore.
“No, improvviserei!” rispose sicuro il ragazzo
“Come immaginavo” sorrise lei
“Perché tu avresti un'idea migliore?”
“Io saprei già a chi rivolgermi...”
ghignò di rimando.
“A chi, sentiamo?”
“Al migliore.” disse per poi aggiungere piano
“In quello che fa....”
Il silenzio calò improvviso, gelido e opprimente come un
macigno. Finché i trasportati non cominciarono a ridere
sguaiatamente. “A casa mia questo si chiama amore,
Raven!” disse Quentin sporgendosi tra i due sedili
“E per affrontare Logan ti serve sicuramente l'aiuto del
sottoscritto!”
“Ragazzini...” sibilò lei, rivolgendo
un'occhiata al panorama notturno che si svolgeva lungo la strada.
“Siete fortunati a poterla pensare
così...” disse senza staccare gli occhi dalle luci
aranciate che trapuntavano la metà inferiore del nero
panorama, delineando agglomerati urbani, colline e strade ma che non
lasciavano immaginare la desolazione della vegetazione circostante.
“Vi auguro di non trovarvi mai nella situazione in cui ci
siamo trovati noi...” disse cupa mentre anche Quentin, che
era un telepate di classe Omega, sbiancava dopo essersi fatto una
carrellata dei suoi ricordi.
Solo Pietro, accanto a lei, notò, con la coda dell'occhio,
un gesto quanto mai strano associato a quella donna spietata e
opportunista. La mano che non reggeva il mento le era scivolata,
probabilmente in modo involontario, sul ventre. O forse aveva solo un
po' di freddo. O qualche crampo.
Non sapeva cosa potesse rappresentare quel gesto, anche se, per
associazione d'idee, non doveva essere poi molto lontano dalla
verità. La rabbia per il buco nell'acqua fatto nella ricerca
di sua sorella sbollì in un istante, sostituita dalla
compassione per la loro istruttrice.
Raven non parlava mai del suo passato e, conoscendola, era
possibilissimo che non fosse qualcosa di piacevole da sentire. Forse,
era qualcosa di ancora più doloroso di quello che aveva
passato suo padre. E suo padre era un superstite dei campi di sterminio
nazisti.
Odio chiamava odio, ormai questo era un assunto che si era impresso
chiaramente nella sua giovane mente: chi è vittima rischia
di diventare carnefice molto facilmente.
Lui, tutto sommato, non aveva sofferto chissà quali
privazioni. E a parte un po' di rabbia giovanile che gli impediva di
essere obiettivo, non aveva grandi odi e grandi ambizioni, se ne
rendeva perfettamente conto. Gli bastava vivere in pace. Con sua
sorella. L'unica persona attorno a cui gravitasse la sua vita: lei era
tutto ciò che contava sempre e comunque.
E tutto ciò che cercavano era un posto sicuro, lontano dalla
guerra che suo padre aveva protratto per tutti quegli anni. Anche se
forse era pretestuoso parlare di guerra, visto il totale disinteresse
dei mezzi di comunicazione per le loro battaglie.
Nonostante per loro fossero problemi pressanti, la maggior parte della
popolazione ignorava addirittura l'esistenza dei mutanti. Erano da
considerarsi più scorribande che vere e proprie battaglie2.
Ma nulla vietava che, presto o tardi, umani o mutanti, non avrebbero
trasformato un dato di fatto in una stupida, inutile e sanguinosa
guerra fratricida. Una guerra che non avrebbe mai sentito sua.
Fino ad allora, lui e Wanda, si erano illusi che riabbracciare la
famiglia perduta fosse la soluzione ai loro guai. Ma non era
così: si sentivano costantemente fuori luogo. E la scomparsa
di Wanda era la prova di questo loro malessere. Avevano bisogno solo
l'uno dell'altra e ora che lei era sparita, il mondo gli sembrava privo
di senso.
1 In Widowmaker,
Nat si scontra appunto con Alexei che indossa i
panni di Ronin cercando di scaricare la colpa su Barton
(precedentemente Ronin lui stesso, dopo Echo).
2 Inserendomi nel
solco dei film, in cui sembra che la popolazione sia praticamente
all'oscuro dell'esistenza dei mutanti, tratto tutte le battaglie
affrontate come episodi locali che non sono mai arrivati al grande
pubblico anche se, in ogni posto, con gli stessi problemi, si comincia
a vociferare e a temere questi strani fenomeni.
E a ben vedere a
parte Utopia
e Fear it Self
(non includo nemmeno Scisma),
raramente le
lotte fra le fazioni hanno coinvolto i civili. Altri luoghi teatri di
scontri sono stati gli universi paralleli, lo spazio profondo, nazioni
coinvolte dagli stessi superumani (Wakanda, Latveria etc)...cose
così...
Quindi è plausibile che la gente non ne sappia nulla. A
parte i politici, ovvio. Ma loro tengono tutto segreto.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Spero che non sia stato un capitolo troppo incasinato, tra Alexei/Bucky
e Pietro/Wanda.
:) avete visto che sono arrivati anche loro? XD
Dunque... una domanda interessante che scommetto molti di voi si stanno
ponendo è “Perché Bucky non ha chiesto
di vedere Rogers se sa chi è?”
Risposta, molto semplice: Rogers è stato scongelato poco
prima dell'attacco dei Chitauri e non c'è stato il tempo per
organizzare un incontro. Ora, lo stesso Soldato d'Inverno è
pieno di lavoro fino al collo e sa che ha a disposizione tutto il tempo
che vuole per incontrare il vecchio amico.
Ancora, Nat e le nanotecnologie. In realtà -ci
tornerò su, non temete...anzi! Tenete a mente che
c'è qualcosa che non vi ho detto, d'ora in poi- Natasha ha
subito diverse modificazioni, non ultimo l'innesto di protesi
cibernetiche (che possono essere anche delle semplici microspie
incorporate, come dimostra
Vedova Nera - Il nome della rosa). Ma come le giustificavo
a Cap? Ecco che la nanotecnologia viene in mio soccorso: è
roba che lui non può nemmeno concepire e si avvicina al
concetto delle particelle Pym usate un pò ovunque nel
Marvelverse.
Infine, le somiglianze Cap-Bucky-Clint-Alexei. Clint, per cui Cap
diventerà IL mito subito dopo Stark (stessa cosa, no?)
indosserà anche i suoi panni, così come ha fatto
anche Bucky. In
realtà sono tutti uomini onesti e seri, chi più
testa calda di altri (Alexei è discutibile ma mosso da
intenzioni positive... come tutti i cattivi! Perché io lo
ritengo tale). A
ben vedere, Bucky -nelle versioni più recenti e fighe- ha un
che di Clint nell'abbigliamento
(la
versione in cui è un mercenario...quella SENZA tutina blu e
viola), pratico e letale. Più volte lo stesso Clint, nel
corso delle storie, si lamenta con Cap che lo tratta alla stregua di
Bucky, come sua spalla. Insomma, a mio avviso i tre sono legati da un
filo rosso comune, più o meno visibile. L'unica cosa che li
associa anche ad Alexei sono, per l'appunto, l'essere eroe nazionale,
la militanza nelle file russe e, per Clint, solo l'aver indossato i
panni di Ronin.
Oh, per quanto a Quentin... lo so che non fa parte della confraternita
ma è stato trascinato nella Jean Grey High School ma...
dovete ammetterlo, è il più attaccabriga e
pericoloso di tutti (insieme a Kid Gladiator) … e poi, ogni
tanto, ha idee abbastanza folli... tanto che lo si può
annoverare tra i cattivi cretini.
Ah... A Pietro ho sbattuto l'immagine di Jet
perché -fosse stato un film- avrei voluto darvi un indizio
grafico sulla sua identità. Avrei voluto usare Sonic (ovvi
motivi... no?) ma il riccio è blu. Quindi la scelta ricadeva
tra Silver the Hedgehog e Jet the Hawk. Silver avrebbe rimandato alla
seconda parte del nick di Pietro (Quick Silver) ma Jet, non solo ha il
colore Verde (quello del costume di Pietro) ma,a differenza di Silver,
odia chi è più veloce e sicuro di lui. Insomma,
la versione strafottente di Sonic e giusta a descrivere Pietro.
Quanto all'amichetta di Wanda :D chi potrebbe mai essere?? (ricordate
che io non sto seguendo schemi logici e affiliazioni standard!)
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Capitolo 9 *** Trappole ***
9.
Trappole
Avanzava a passo di carica e i passi rimbombavano lugubri tra le pareti
di metallo, creando un'eco assordante. Non aveva la minima voglia di
cercare di non infastidire gli operatori radio né di celare
il suo arrivo.
Sulla passerella dove era stato disattivato l'LMD di Coulson, Maria
Hill scattò sull'attenti nel vederlo arrivare. Al di
là della stessa, nell'ambiente che era stato il letto della
capsula anti-Hulk riciclata come stanza detentiva per Loki, che aveva
rischiato di trasformarsi nella tomba di Thor, le urla di un uomo dal
forte accento irlandese ripresero insistenti e volgari a richiederne la
scarcerazione. L'unica via di fuga - lo sapevano l'uomo quanto i due
agenti - era rappresentata dalle paratie scorrevoli che fungevano da
pavimento e che si sarebbero aperte direttamente sull'Oceano Indiano,
per un volo di diversi chilometri in caduta libera e senza paracadute.
Come arrivò al corrimano, non perse tempo in convenevoli e
lo scavalcò, saltando a sua volta nella fossa detentiva
d'emergenza priva di uscite di sicurezza. Fury atterrò
pesantemente, ma con una certa grazia, facendo tuonare l'ambiente e
zittendo il prigioniero all'istante.
“Oh, grazie a Dio, Nick... che cavolo succede? Maria
dev'essere ammattita. La matricolina s'è montata la testa
e...” ma tacque sentendo scattare la sicura della pistola di
Fury e vedendo la canna della pistola d'ordinanza piantarsi a due
centimetri dalla sua fronte “Nick, che scherzo è
questo?”
“Dimmelo tu, Tim...” ringhiò quello,
tenendolo sotto tiro “Anzi... comincia a spiegarmi tutto. Da
principio. Chi. C'era. Su. Quel. Dannato. Aereo?”
sillabò
“Ma se ti ho detto che non lo so!”
protestò l'addetto alla sicurezza.
Fury sbuffò, abbassò l'arma e, cogliendo l'altro
di sorpresa, lo afferrò per un braccio, glielo
ruotò dietro la schiena e, con un unico movimento fluido, lo
mandò a sbattere contro la parete. Subito rialzò
l'arma da fuoco, trattenendolo adeso alla parete col resto del corpo,
la mano artigliata alla giacca, senza mai mollargli il polso, e il
braccio che premeva sulle spalle dell'amico. Mentre quello si
riprendeva dalla sorpresa, imprecando nel tentativo di allontanarsi
dalla paratia di fredda e dura con il braccio libero, Nick
replicò la domanda, continuando a strattonarlo come fosse il
peggiore dei delinquenti da sbattere in galera.
“Non lo so!” disse Dum Dum esasperato.
Fury abbassò di scatto l'arma e fece fuoco, senza batter
ciglio.
Il proiettile mancò volutamente di un soffio la gamba
dell'addetto alla sicurezza e carambolò un paio di volte tra
le paratie, in una pioggia di scintille, finché non
esaurì la sua spinta propulsiva e lo si sentì
rotolare scompostamente sulla pavimentazione metallica.
“Non intendo ripetermi...” lo avvisò
facendolo voltare bruscamente, mozzandogli il fiato in gola col gomito
“E Val l'ha imparato a sue spese...”
“Cosa hai fatto a Val?” domandò il
fuciliere, orripilato
“Quello che andava fatto. Era una spia di HYDRA.”
bluffò “Lo sei anche tu?”
domandò fermo mentre, con la coda dell'occhio vedeva che
l'agente Hill, dall'alto della sua postazione, era pronta a
bacchettarlo, chiedendo spiegazioni. Qualcosa, o qualcuno,
però, l'aveva fatta desistere. Fury stirò un
ghigno compiaciuto. “Allora, Tim... hai bisogno di un altro
incentivo?” domandò allontanandosi di un passo e
piantandosi tra i denti un bel sigaro senza mollare l'arma
né abbassare il tiro.
Entrambi gli uomini sapevano che quello non era un buon segno: dopo
esser stato riammesso forzatamente tra le fila dello S.H.I.E.L.D., a
seguito di una quarantena durata anni, Nick aveva infine smesso di
fumare nel '98 all'indomani della missione che aveva portato lui e Val
a fermare i piani di HYDRA per radere al suolo NY con testate atomiche.
Aveva smesso ma solo dopo aver fatto incazzare tutti (dal CSM, alle
macchine preposte al riconoscimento del personale, agli addetti alla
sicurezza) fumando a bordo dell'Helicarrier in tempi in cui il fumo in
locali pubblici non era ancora normato per legge.
Fumare ora, dopo quindici anni, era segno che il vecchio, rissoso,
scontroso, indisciplinato e irriverente Nick Fury era tornato dopo la
lunga prigionia in balia della sua versione addolcita. E la cosa non
era un bene per nessuno.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
“Stai scherzando! Non puoi parlare sul serio!”
sbottò Rogers scattando indietro, il più lontano
possibile dalla sua interlocutrice che sembrava divertirsi a prenderlo
in giro.
“Sono serissima, invece!” replicò lei,
incrociando le braccia sotto il seno, offesa.
“Ma... non puoi chiedere a Bucky, visto che è
stato il tuo primo amore?”
“Clint sa di Bucky e sa anche che in questo momento non mi
farei mai aiutare da lui. Non così. Sarebbe una bugia che
scoprirebbe subito...” precisò Natasha volgendo
altrove lo sguardo.
“Ma perché devi ingannarlo? Non potete parlarvi
come persone adulte?” Era lui fuori dal tempo o erano loro
due a giocare inutilmente al gatto e al topo? Steve proprio non
riusciva a capirli.
“Non capirebbe... non capisce tutt'ora...” rispose
seria la spia, il tono della voce duro e tagliente, quasi pensasse di
essersi già dilungata profusamente in spiegazioni
dettagliate.
“E perché sarebbe una bugia, scusa? Tu stessa hai
appena detto che... come dire... vi siete riavvicinati
diverse volte...”
“Appunto! Clint lo sa e potrebbe mettersi tranquillamente in
attesa che il gioco finisca e scopriamo le nostre carte. Bucky farebbe
di tutto per me e viceversa ma finiremmo col farci scoprire, litigando
come al solito. Sa che non esiterei a imbrogliarlo in questo modo
proprio perché non sarebbe nemmeno una gran messinscena. Ma
sono proprio le cose troppo simili a quelle che ti prefiggi che ti
fanno fallire. Meglio partire da una situazione completamente
diversa.”
“Perché in questo momento non dovresti farti
aiutare da lui?” domandò perplesso e poco convinto
“Clint sa che per un bel pezzo, non vorrò averci
nulla a che fare, non dopo che, proprio James, lo mise sulle mie tracce
e lo istruì sui miei punti deboli.”
“Ha un suo perché.” dovette ammettere il
Capitano “Ma pensi davvero che la soluzione che proponi tu
sia perfetta?” replicò quindi, tagliente e
normativo
“Inappuntabile. Nessuno sospetterebbe nulla. Non da te,
almeno. Tu sei il puro di cuore, quello che non avrebbe ucciso i
nazisti perché odiava i bulli. Tu sei forse l'unico in grado
di sollevare il martello di Thor. Chi si aspetterebbe un comportamento
simile da te,
l'eroe per antonomasia! Ma non è che perché sei
buono tu non possa mentire.”
“Non sono sicuro di volerlo fare. Non sarebbe nemmeno
credibile: cos'avremmo in comune io e te?” sbuffò
esasperato: quella donna aveva una logica di ferro.
“Più cose di quanto tu possa immaginare. Ma se hai
paura che la defunta Peggy Carter A.K.A. Maria Stark ti maledica dalla
tomba per una piccola bugia, fa pure...”
“Ei-kei... che?”strepitò lui
“Also Known As1”
precisò lei sospirando
“Alias!
Si dice Alias! Cosa sono questi neologismi campati per aria?”
“E' un acronimo. O sigla. Ed esiste da prima che tu ed io
nascessimo.” precisò lei senza perdere il suo
aplomb. “Ti suggerisco di integrare i tuoi studi con una
bella lezione di sano gergo: al giorno d'oggi è
indispensabile usare qualche abbreviazione”
“In ogni caso, non essere blasfema!”
l'ammonì lui indispettito: Peggy che lo malediva dalla
tomba... non voleva nemmeno pensarci.
“Che fai, allora? Accetti?” domandò la
rossa senza perdere il ritmo e senza dargli tregua.
“E sia...” sbuffò. Riagguantò
la propria birra e diede un sorso, sperando di farsi passare
l'improvviso mal di testa che l'aveva colpito a furia di litigare con
la rossa. Rossa che, al momento, soddisfatta dell'obiettivo raggiunto,
lo studiava ancora, curiosa, forse in cerca di qualche altra trovata
intelligente.
“Steve...” lo chiamò, infatti, poco
dopo, rigirandosi il lungo cucchiaio da dessert tra le dita
“Sei vergine, vero?”
Quello quasi si strozzò con il sorso che aveva in gola e
cominciò a tossire violentemente. Quando si fu calmato la
folgorò, paonazzo, e si guardò attorno per
accertarsi che nessuno avesse sentito “Ti sembrano domande da
fare?” sibilò “Una signorina -una
principessa, per di più- non dovrebbe parlare di argomenti
così scabrosi, non in quel modo volgare e tanto meno in
pubblico!” la redarguì
“Bene, quindi se ti chiudo nei bagni di questo locale e te lo
chiedessi in latino andrebbe bene?” replicò lei
divertita “Dimenticavo, alla lista aggiungi il birignao
aristocratico” continuò facendo il verso alle
nobildonne di inizio secolo.
Lui boccheggiò, guardandola come se fosse ammattita
“No!” alitò disperato “No no
no no no NO! Natasha, No! Non sono cose da... da...”
“Su su, sta tranquillo, non farti venire
un'embolia...” Lo tranquillizzò lei ridacchiando e
scavallando le gambe per sistemarsi in una posizione più
comoda “Ma dovrai abituarti, sai? Pensi che la barista sia
pudica e casta come pensi tu?”
“Non lo è?” domandò quello
sconvolto
“Certo che no! Certo, non sono tutte scaricatrici come Rogue
ma, a ben vedere, nemmeno la graziosa Pepper non è che sia
una signora - e lei è una molto
raffinata...”Attese qualche secondo, dandogli il tempo di
riprendere fiato. Per poi tornare alla carica
“Allora?”
“Ma... non credo siano cose che ti riguardano!”
rispose lui tirando il bavero della giacca per risistemarsela, in un
gesto alquanto nervoso.
“Oh, sì, che mi riguardano, carino. Se devi
reggermi il gioco devi essere minimamente credibile. O meglio, devo
sapere come adeguarmi, io a te, sarebbe impossibile il
contrario...” Lo studiò con occhio clinico
“Comunque... credo ti farebbe bene: approvo la scelta della
cameriera. Impettita, irregimentata in un ruolo, fasciata in una
divisa, come piace a te. Ma solo se eviti le complicazioni
sentimentali: sei appena uscito da una delusione d'amore e in questo
caso non c'è niente di meglio che una
scopata-chiodo-scaccia-chiodo...”
“Shhhh” strepitò lui cercando di
tapparle la bocca “Ma come parli?”
“Da principessa, mio caro!” replicò lei
divertita, allontanandosi dalle sue mani semplicemente facendo
dondolare la sedia sulle zampe posteriori.
“Scommetto che anche quella era una bugia, non è
possibile che tu fossi davvero la za...!” protestò
lui
Lei sorrise “Era l'unica parte vera, non ricordi? O il
ghiaccio ti ha bruciato i neuroni?” sibilò astiosa
per riprendere in tono scherzoso da dove aveva sospeso il discorso
“Che ne dici di optare per un bel pigiama party con le amiche
-la tua sola e unica sono io al momento, mi dispiace per te-, rifarsi
il guardaroba, cambiare taglio di capelli...?”
sottolineò con cattiveria nella lunga elencazione di
consigli su come superare una delusione “In alternativa, puoi
sempre optare per vagonate di gelato al cioccolato...”
“No! Mi rifiuto!” sbottò
“Bocciata ogni singola proposta, a partire dalla prima e
più assurda!”
“Ok, niente gelato. Giusto. Capitan America non
può mica avere i brufoli: deve restare un sex symbol... ma
non sai con chi stai parlando!” ghignò lei, sadica
mentre lui avvampava di nuovo.
“Non è che ne hai voglia tu?”
domandò stremato
“Certo che ne ho voglia io!” replicò
leccando il lungo cucchiaio con fare intenzionalmente provocatorio e
volutamente ambiguo “Ma mi piace avere compagnia, sai
com'è! Non c'è gusto, da soli...”
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Faticava ancora a capire perché le avesse detto di buttare
il suo migliore amico nella fossa dei leoni e avesse preso a sparargli
addosso: più ci pensava meno trovava un senso logico nel
comportamento di Nick Fury. Per non parlare di come aveva ridotto l'ex
vice direttore Fontaine. Ma doveva ammettere che aveva ottenuto quanto
desiderato.
Maria Hill era seduta al grande tavolo del ponte di comando, laddove i
corridoi provenienti dai laboratori e dalle camerate sfociavano su
quella terrazza tecnologica. Sul tavolo, decine di dossier cartacei,
mai tradotti in formato elettronico per mantenere alto il livello di
segretezza. Cercava collegamenti e possibili piste da seguire per
riuscire ad affrontare qualunque evento si potesse presentare al suo
cospetto.
Fury era stato estromesso e c'era il forte rischio che tutta la nave e
gli uomini a bordo subissero la stessa sorte. Doveva prepararsi a
salvare quelli che ora erano i suoi diretti sottoposti.
“Comandante!” disse una voce trafelata
raggiungendola nella penisola rialzata, addossata alle pareti e che si
innestava dolcemente nella sala di controllo.
“Sitwell2 non si corre e non si fanno
i gradini a tre a tre...” commentò lei senza
alzare gli occhi dagli incartamenti
“Signora, c'è il direttore Osborne al telefono.
Vuole parlare con Lei...” la informò il biondino.
Subito la donna levò lo sguardo, improvvisamente attenta.
Osborne. Ci mancava solo il nuovo direttore dello S.H.I.E.L.D.
“Registra la telefonata secondo il codice di criptatura nic-7
e resta in ascolto!” Disse alzandosi e seguendo il biondo
operatore occhialuto alla sua postazione. Davanti al ricevitore, che
coprì momentaneamente con una mano, trasse un profondo
respiro “Qui parla il Comandante Hill...”
– Buongiorno Agente Speciale Hill. Sono Norman Osborne, il
nuovo direttore dello S.H.I.E.L.D. – salutò una
voce professionale ma beffarda al tempo stesso
“Buongiorno a Lei. Sono stata informata del cambiamento,
nonostante il nostro Helicarrier sia in pessime
condizioni...” Disse roteando gli occhi.
– Oh, bene, sono contento, possiamo tagliare i convenevoli...
Senta, La chiamo in merito al mio predecessore e suo diretto superiore,
Nick Fury... – disse la voce senza completare la frase di
proposito.
“Come posso esserLe utile, Direttore?”
– Beh... Vede... è un po' complicato. Da quello
che mi ha riferito il CSM sono sicuro che io e Lei riusciremo a
intenderci. Nick Fury e i suoi supereroi... aveva un po' esagerato, non
trova? – Sitwell levò gli occhi porcini su di lei,
allarmato. Ma la Hill gli fece cenno con la mano di non preoccuparsi.
“Sì, una vera assurdità. Una
pagliacciata vera e propria!” A quelle parole Sitwell
strabuzzò ma Maria gli fece l'occhiolino: doveva proteggere
tutto il personale. Nick Fury compreso. Nessuno meglio di lui poteva
sapere cosa stesse bollendo in pentola. Ed era meglio per tutti se lei
non avesse reso pubblico il suo nuovo pensiero: era sempre stata una
strenua oppositrice del guercio ma dopo la battaglia dei Chitauri aveva
capito di aver preso un abbaglio colossale, accecata da uno spirito
colonizzatore e suprematista che nulla aveva a che fare con la reale
natura della forza di pace internazionale per cui lavorava. Ma si
rendeva anche conto che, intorno a lei, la maggior parte, erano
invasati e imbevuti da discorsi simili.
– Le vorrei chiedere... che fine ha fatto Fury? E
perché il vostro mezzo non ha ancora fatto rientro?
–
“Abbiamo attraccato all'isola di Montecristo, in Italia. Il
luogo più isolato che siamo riusciti a trovare nei
paraggi... Avevo messo Nick Fury agli arresti, ma dev'essere scappato.
Ora siamo diretti in una delle basi segrete con approvvigionamento e
pezzi di ricambio.” Le sembrava di rivelare la trama di Ventimila leghe sotto i mari.
Ma, in fondo, non era molto distante dal vero.
– Fury è una vecchia volpe, glielo concedo. E Le
perdono questa negligenza. Avevate problemi più urgenti,
immagino. E da quell'isola è impossibile scappare... anche
per uno come lui... –
“E' stato un ammaraggio di fortuna e i danni si sono rivelati
ingenti, superiori a una prima diagnostica. Eppure, a un'analisi dei
nostri sensori, l'isola risultava disabitata da forme di vita umana.
Non vorrei che quello con cui ho sempre avuto a che fare non fosse
altro che un LMD.”
– Ah... – sbuffò quello – Nick
e gli LMD... un vecchio trucco... magari ha effettuato lo scambio
proprio durante l'attacco... –
“Non c'era alcun LMD registrato a suo nome a bordo e se
c'era, era ben nascosto.. Impossibile, quindi, rilevarlo sull'isola. E
anche se ci fossimo riusciti, chissà dov'era lui in
realtà!”
– Bene, allora. Anzi, meglio. Così sono sicuro che
Nick non possa manipolare nessuno su quella nave. Senta, Agente Hill,
abbiamo deciso di spiccare un mandato di estromissione per tutti i
fedelissimi di Fury... – si fermò, aspettando una
sua reazione, che non venne – In caso di opposizione, scatta
il fermo... Ora, Lei non è affatto in una posizione a
rischio, tutt'altro. Ma ci sono diversi agenti di cui abbiamo perso le
tracce... Le ho appena inviato una lista...– In quel momento
la mini stampante nascosta nel pianale, rigurgitò un foglio
con una lista sostanziosa di nominativi.
“Mi perdoni...” disse la Hill dopo averla scorsa
rapidamente “Ma l'ex vice direttore De Fontaine è
stata dichiarata morta...”
– Ho forti sospetti che fosse solo scomparsa... –
dichiarò Osborne con una nota divertita nella voce. La Hill
e Sitwell si scambiarono un'occhiata: Osborne la sapeva più
lunga di quanto lasciava intendere e l'inganno non avrebbe retto ancora
a lungo. – Comunque, la Contessa è l'ultimo dei
miei problemi, al momento. Sono più seccato dal non aver
trovato alcun riferimento di destinazione agli agenti Drew e Barnes. Ma
soprattutto... la Johnson! Non sapevo nemmeno che esistesse. E che
fosse minorenne! E' chiaro che è la pupilla di Fury e
potrebbe ospitarlo, quindi... –
Era preoccupato per i membri effettivi e non per quelli soggiogati da
Loki e successivamente scomparsi, che avevano rubato attrezzature,
velivoli e chissà che altro e che erano pronti, con ogni
probabilità, a vedere le informazioni di cui erano in
possesso al miglior offerente. Da non crederci! “Con il
dovuto rispetto, ho una domanda.” disse cercando di
guadagnare tempo e mettere ordine nelle proprie idee “Al di
là di insubordinazione, insulto a pubblico ufficiale e
danneggiamento di bene pubblico.. di cos'altro si può
ritenere colpevole Fury? Io stessa ero fortemente in imbarazzo con
costringerlo agli arresti. E' stato espulso dallo S.H.I.E.L.D, non
basta?”
– Comandante... credo che il suo grado e la sua giovane
età non le permettano di vedere la visione d'insieme. Nick
Fury è stato ritenuto reo di alto tradimento, istigazione a
delinquere, crimini contro l'Umanità e sulla sua testa pende
un mandato di cattura internazionale. – La Hill
sbiancò e cercò sostegno nell'operatore al suo
fianco che era, però, sconvolto quanto lei. – La
sua insubordinazione ha messo a repentaglio la vita di milioni di
onesti cittadini americani. Se non anche dell'intero Pianeta. Non
possiamo prendere alla leggera un uomo tanto avventato e stolto:
è pericoloso. Più di quanto i suoi rapporti non
denunciassero. Ora mi capisce, vero, perché siamo tanto
preoccupati della sorte di quell'uomo? E in quale posizione si
troverebbe chiunque gli presti asilo? L'agente Jhonson è la
seconda persona su cui pende lo stesso mandato perché
sarà la scelta più logica per Fury... –
“Certo... è chiaro... E, mi dica... il gruppo di
e...” eroi.
Stava cominciando ma si correggesse al volo “...il gruppo di
eccentrici che ha radunato?”
- Senza un capo a cui far riferimento sono solo dei cani sciolti. Il
più pericoloso di tutti è Stark. E non solo
perché era a capo di un'industria bellica ma anche
perché è quello più indipendente,
è il più scaltro del gruppo ed è
abbastanza carismatico da farsi seguire dagli altri in battaglia se
solo l'idea gli passasse per l'anticamera del cervello. Quanto a
Capitan America, ci terrei a incontrarlo personalmente, per illuminarlo
su quale sia il giusto posto di un simbolo come lui in un'epoca come la
nostra...- Era una minaccia? Un desiderio? La Hill non
riuscì a capirlo.
“E gli altri?”
– Gli altri... – Meditò l'uomo
– Se mai dovessero avere la brillante pensata di radunarsi
ancora... beh... non c'è da temere. I gruppi superumani non
autorizzati – come lo S.H.I.E.L.D. e lo S.W.O.R.D.
– saranno presto banditi e considerati tutti,
indiscriminatamente, criminali! –
Maria Hill sbiancò e, nel tentativo di non lasciarsi
sopraffare dalle emozioni, artigliò la giacca dell'uomo
accanto a sé “Questo vuol dire niente
più X-Men...”
- E niente più Confraternita, certo. Niente più
Fantastici Quattro... –
“Ma lo S.H.I.E.L.D. riesce a essere operativo solo grazie al
loro intervento..” più che una replica difensiva,
la sua sembrò essere lo sbigottimento di chi teme di
rimanere in braghe di tela senza supporto tecnico-economico.
- Abbiamo già spremuto il limone, Comandante. Ora siamo
autosufficienti... - la tranquillizzò lui.
Si congedarono di lì a poco e Maria si accasciò
nel posto libero accanto a Sitwell.
Basta Vendicatori.
Basta X-Men.
Basta Fantastici Quattro.
Basta...
I difensori della gente comune erano a rischio estinzione. Quelli che
davano una mano alla polizia locale come Spider-Man, quelli che
lottavano in solitaria il crimine organizzato come Devil, quelli che
cercavano di redimere la gente e riqualificare interi quartieri in modo
autonomo come Cage. Tutti equiparati a pazzi psicopatici, spesso armati
di tecnologie avanzate.
In questo modo non solo la gente normale sarebbe stata a rischio, ma
categorie fino ad allora protette, in un certo qual modo, correvano il
rischio di venire travolte da questa generalizzazione. Il primo
pensiero corse ai Morlock, i mutanti facilmente riconoscibili e
orribilmente deturpati dal loro potere e già cacciati senza
pietà dai loro simili. Ma un secondo dopo, Maria
realizzò che l'editto non si sarebbe limitato a estendersi
su tutto il Pianeta.
Probabilmente anche gli Inumani erano a rischio: la Luna era
stata forse dichiarata estranea a questo stato di cose?
“Sitwell. Contatta Abigail Brand, direttore dello S.W.O.R.D.
Subito!” Senza farsi pregare, Sitwell stava già
avviando la chiamata, schermandola quanto più possibile da
interferenze esterne. “Dobbiamo avvisarla che anche loro sono
in pericolo. Lo S.W.O.R.D. è una creatura nuova, agli occhi
della gente. Un progetto così nuovo da non essere ancora in
orbita mentre in realtà è lontano ed isolato e,
se dovesse finire sotto attacco, per giustificare la sua
inattività basterebbe inscenare un malfunzionamento nel
decollo di un vettore da Huston e -BOOM- nessuno sentirebbe
più parlare di S.W.O.R.D. Il progetto sarebbe fallito prima
ancora della messa in orbita...”
“Cosa Le fa pensare che l'agente Brand non sia già
al corrente del rischio?” domandò Sitwell in
attesa che il segnale si stabilizzasse e la triangolazione coi
satelliti si allineasse.
“A parte che è un baluardo contro le invasioni
aliene, il tramite con gli Inumani e con i Guardiani della Galassia?
Mah, basta citare il fatto che la parte umana dell'agente Brand
è mutante e tanto basta a renderla un bersaglio. Inoltre
è un'amica di Fury. Oltre a essere la fidanzata del secondo
del creatore degli X-men...”
“Il secondo del cre...?” ragionò Sitwell
rimanendo impantanato
“Ma in accademia studiate voialtri? Il dottor Henry McCoy,
Sitwell! Già precedentemente incarcerato per motivi alquanto
discutibili...” sbottò esasperata la Hill
“E' un'operazione chirurgica su scala mondiale. Dobbiamo
avvisare tutti quelli che riusciamo a raggiungere... Mentre
sarò con l'agente Brand dirama un avviso a tutti gli agenti
della lista che ti indicherò!”
1 Si pronuncia Ei-Kei-Ei e non AKA (come
sento dire da molti mie compagni che pure l'inglese dovrebbero saperlo)
2 Jasper Sitwell ha lavorato per Stark ed
è stato collega di James Woo (Woo tornerà
più avanti, non temete). Rispettivamente sono un livello 5 e
un livello 8
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Oh-oh-oh-oh-oh :)
Ecco, finalmente ho nominato Bestia e ho fatto anche intervenire il
pazzo di Osborne...
:3
Spero sia chiaro il ragionamento fatto su Cap: il fatto che sia buono e
puro di cuore non gli impedisce di comportarsi male a sua
volta.
Ognuno
di questi personaggi ha una sfacettatura umana diversa dagli altri
(prendiamo solo Spidey e il suo lacerante senso di colpa/dovere) e Cap
non fa eccezione. Il
suo personaggio, nel tempo, si è fossilizzato sullo
stereotipo del ragazzo buonino/buonista e forse un pò
ottuso, un pò come Namor sembra essere solo uno stronzo da
prendere a calci nel regale sedere.
Quello di Cap è un discorso paradossale, se ci pensate bene,
perché questa sua bontà dovrebbe impedirgli di
menare le mani (a partire da Hitler). Invece, come anche Thor, Cap
è umano e vittima dei sentimenti. Certo, ragiona
più di altri sulle conseguenze delle proprie azioni
(più di Tony sicuramente), ragiona in termini di effetti
collaterali a lungo termine (cosa che non fa Wolverine)
e, se possibile, cerca la strada della diplomazia. D'altronde
è un Capitano, non un soldato e un pò di
lungimiranza deve averla. Ma diplomazia vuol dire contrattare,
limitarsi, a volte barare.
Diciamo che è la versione migliore di Scott Summers, un
altro personaggio buono,
un abile stratega che cercava di vedere le implicazioni dei propri
gesti (grazie al cielo è passato dai cattivi... rovina
la categoria ma d'altronde è un pò un pesce fuor
d'acqua): mentre Scott si fa prendere la mano dalle sue vicende
personali (c'è anche da dire che ha tanta sfiga, capitano
tutte a lui), Cap -conscio dell'essere umano, con tutti i pregiudizi
insiti in questa natura- cerca di sottrarsi a questo meccanismo. Motivo
per cui è il leader acclamato nel mondo (vedere anche la
versione Ultimates).
E dopo questa tirata su Cap vi lascio alle vostre considerazioni. :)
Dato che è sparito (o almeno, a me non compare
più) il contatore dei like che mi aiutava a destreggiarmi
per migliorare i capitoli, ho deciso di creare una pagina autore su FB
-soprattutto per coloro che non sono registrati su EFP- in cui
sarà più semplice dialogare, postare contenuti
extra (per le foto, ad esempio, basta caricarle e non ho più
la necessità di trovare un link valido), piccoli
spoiler, avvisi sulla pubblicazione (di solito sono puntuale ma non si
sa mai)... e tutto quello che si può fare con una pagina del
genere. Tipo scambiarsi pareri anche sui film, perché no?
Ho meditato a lungo e mi sembrava presuntuoso ma senza contatore vado
davvero male... quindi... beh, ecco il link. Siete i benvenuti!
DarkRoninEFP
E con questo vi saluto!
alla prossima
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Capitolo 10 *** Aria di cambiamenti ***
10.
Aria di cambiamenti
“Heil, HYDRA!” salutò sicura nel
rispondere alla chiamata. Si appoggiava con la schiena alla parete in
laterizio dell'edificio e il vicolo sudicio che questo contribuiva a
delineare era abbastanza appartato.
– Heil! – rispose piano una voce di donna
dall'altra parte del ricevitore. La risposta poteva passare quasi per
un amichevole Hi
tra ragazze – Novità? –
“Dovrei essere io a chiederlo a te, Jessica!”
ringhiò quella, di rimando
– … – l'altra tacque un momento e la sua
interlocutrice seppe che la mora si stava spostando in una zona
più isolata: per quanto, isolata potesse dirsi la carlinga
di un Quinjet. Ne riconosceva il rombo in sottofondo e, probabilmente,
viaggiavano a mezzo carico. Si domandò perché la
stesse chiamando, rispondendo al suo messaggio, se non era ancora in
posizione ottimale. Jessica restava la mezza squinternata che conosceva
– Stiamo scortando Thor fino da Stark, come richiesto
–
“Perfetto... ora di arrivo sull'obiettivo?” si
informò valutando la finestra di tempo a sua disposizione.
– Diciotto-zero-zero-zulu1 –
disse l'altra donna
La donna nel vicolo ruotò il polso e fissò il
proprio bracciale. In uno dei tanti spicchi che lo componevano, un
piccolo orologio segnava le undici e mezza. E sotto alle lancette,
scorreva, inesorabile, un secondo disco, impostato sull'orario
internazionale che segnava, quindi, le sedici e mezza: aveva un'ora e
mezza.
Troppo poco.
“Alle tredici locali...” alitò
“Non mi resta molto tempo...”
– Sei la migliore, ce la farai... –
“Questa volta non ne sono così
convinta...”
– Si tratta di Clint... abboccherà a qualunque
cosa tu gli dica.. –
“Devo improvvisare, non ho preparato il terreno...”
e non vorrei giocare con
la sua mente: mi sento in colpa dopo quello che ha già
passato negli ultimi tempi. “Jessica, ti chiedo
solo una cortesia... trattalo bene, d'accordo?”
– Puoi contarci... non torcerò un capello al tuo
bel compagno di squadra, Natasha2. Non vorrei
mai incorrere nelle tue ire, nel caso cambiassi idea... Mi è
bastato avere a che fare con Barbara, a suo tempo –
sbuffò la donna al di là del ricevitore,
strappando un sorriso a Natasha. – Ancora mi domando come
abbia fatto quel cretino a sposarla! Insomma, lo trattava come un cane,
ti credo che lui si è stufato presto...–
Natasha ricordava bene i primi tempi allo S.H.I.E.L.D. quando Clint era
praticamente la sua ombra: Barbara, sua moglie, non era stata affatto
contenta di quell'incarico. Ma non si poteva certo disubbidire a Nick
Fury e per quanto Clint fosse insofferente alle regole, aveva chinato
il capo. La poveretta -perché Natasha aveva sorriso
amaramente nel constatare la situazione in cui si trovava la bionda
agente- aveva già il suo daffare a cercare di tenere a bada
gli appetiti del marito e le avance non troppo velate di Jessica senza
che le venissero forniti in quel modo plateale altri motivi per
dubitare della fedeltà dell'arciere.
E Jessica, quella scema, da parte sua, amava le situazioni complicate,
motivo per cui non riusciva a stabilire grandi amicizie. Ammesso che in
un lavoro come il loro chiunque potesse dire di avere legami duraturi e
sinceri, Jessica aveva legato davvero solo con un'altra agente, dal
carattere molto simile al suo: il Maggiore Carol Danvers, la stessa
donna che era stata uccisa da Rogue poco tempo dopo.
Quanto tempo era passato! E sembrava il giorno prima: il triangolo di
Clint, il baccano che accompagnava sempre Jessica per i corridoi... il
suo primo furioso bisticcio con James... Sembrava passata una vita.
Nonostante tutte le precauzioni che aveva sempre preso per proteggersi,
quei tempi ora le mancavano terribilmente. Le mancava la confidenza
superficiale che aveva concesso ai suoi colleghi, le mancava
l'appartenenza a un gruppo eterogeneo e confusionario ma preciso e
professionale. Sorrise tra sé: i Vendicatori, in fondo,
erano un valido surrogato. Tra loro respirava l'aria cameratesca e
attaccabrighe che le faceva provare quella nostalgia struggente.
Ma lei era una spia, molto particolare, eterna, letale,
doppiogiochista. Non poteva permettersi simili debolezze.
Salutò Jessica, dopo poche altre chiacchiere frivole, e
rientrò nel locale in cui Cap stava finendo di farsi dare
una sistemata ai capelli. Avevano contrattato a lungo il nuovo taglio,
loro e il barbiere: sembrava una questione di Stato ed erano solo
capelli. Tempo un mese e avrebbe potuto cambiare ancora. Ma era stata
un'esperienza impagabile: poteva definirsi la stylist personale di
Capitan America. Che, ora, con un nuovo guardaroba aggiornato e
adattato all'età sembrava davvero un bel ragazzo. Anzi,
sembrava proprio un'altra persona: non era più il bravo
ragazzo introverso e un po' nerd (ironicamente, era la cosa
più lontana dalla natura di Steve che si potesse
immaginare), l'immagine pulita da bravo ragazzo restava ma ora aveva il
retrogusto del pericolo, che -se piaceva il genere- poteva essere
davvero intrigante. E quel nuovo taglio di capelli era il tocco finale
senza il quale l'intera figura non avrebbe avuto senso.
Nel frattempo aveva elaborato una mezza strategia ma il tempo era
ancora meno di quanto preventivato e se c'era una cosa che odiava, dopo
l'imprevedibilità dei suoi collaboratori e la
vulnerabilità delle situazioni in cui si cacciava, era fare
le cose di corsa. Un buon piano andava progettato con calma, nei minimi
dettagli.
Non poteva sganciare una qualunque bomba senza aver preparato il
terreno. Doveva sperare in un colpo di fortuna, così
imprevedibile, come lei odiava, che le spianasse la strada. Un evento
che, da solo, bastasse a riassumere quello che, altrimenti, le avrebbe
richiesto giorni.
“Sei pensierosa...” constatò Cap mentre
uscivano di nuovo nella strada affollata
“Che intuito...” lo canzonò. Quindi, con
la coda dell'occhio, vide la sua opportunità. Sorrise,
soddisfatta. Prese la mano del soldato che le camminava affianco e se
la portò alla spalla, in modo che lui la abbracciasse. Lo
sentì irrigidirsi, pronto a replicare qualcosa
sull'opportunità di tale confidenza, e sorrise ancora di
più. “Rilassati, Steve!” disse
intrecciando le dita con le sue e agganciando con le dita dell'altra
mano i passanti dei suoi jeans “Ora si fa così,
anche tra amici, vedi?” disse indicando con un cenno del capo
un gruppo di ragazzi davanti a loro. Un ragazzo teneva sotto braccio
una ragazza, alle spalle, quasi a strangolarlo, ne aveva agganciata
un'altra, che si lasciava trascinare a mo' di scimmia, ridendo
sguaiatamente. Dietro quel gruppetto, un ragazzo teneva stretto per il
collo un coetaneo, quasi quello fosse ubriaco e lui dovesse
sorreggerlo. Entrambi avevano lo sguardo rivolto a una vetrina:
chiamarono i tre che li precedevano che si fermarono e andarono ad
ammucchiarsi tutti assieme, il naso contro il vetro come tanti cuccioli
in attesa di padrone.
Steve li trovava rumorosi, fastidiosi e maleducati. Ma lui era di
un'altra epoca. E, a ben vedere, quei ragazzi sprizzavano gioia da ogni
poro, nei loro abiti multistrato e multicolor, i capelli più
assurdi che avesse mai visto, piercing e tatuaggi a coprire buona parte
della pelle, bianca nera o gialla che fosse. Sembravano animali
selvaggi, tucani dalla livrea sgargiante e marchiati a fuoco come
bestie al macello. Ma sembravano anche liberi. E felici. Non era per
quello che aveva combattuto prima di addormentarsi?
Espirò e non fu uno sbuffo rassegnato, quanto una
manifestazione soddisfatta, se non entusiasta, della sua presa
coscienza. Strattonò Natasha sotto il suo braccio con fare
cameratesco e rise della sua faccia sorpresa. Per tutta risposta, lei
gli diede un pizzicotto sul sedere, facendogli sbarrare gli occhi per
lo stupore. Lei rise della sua espressione e Rogers si
addolcì: il mondo era cambiato e quello era il primo vero
passo verso questa accettazione. Studiare non bastava, bisognava
immergersi nella realtà proprio come si fa quando si vuole
capire una cultura straniera: si viaggia, si esplora, si assaporano i
cibi locali, ci si immerge e si cerca di comprendere la
mentalità altrui. Ci si lascia andare e guidare da chi
conosce il mondo meglio di sé, che sia esso un luogo
all'altro capo del mondo o un'epoca completamente diversa.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Rogue raggiunse eccitata -letteralmente volando- la sala comune.
Trovò solo Deadpool, ancora legato alla sedia con una
quantità spropositata di nastro isolante argentato. Giaceva
su un fianco sul pavimento su cui era rovinato, probabilmente nel
tentativo di liberarsi.
“Oh,
Rogue, angelo mio, ti prego, liberami! Mi scappa la pipì, ti
prego! Me la sto facendo addosso! E Remy non cede: è proprio
uno stronzo di francese!” strepitò a
indirizzo del mutante, rimasto di guardia comodamente sbracato a fare
castelli di carte.
“Tientela Wade!” ringhiò la donna
“La prossima volta impari ad avvelenarci tutti!”
“Mettiti comoda, Chère...
sono appena rientrati...” l'informò il francese
senza aspettare che lei si decidesse a rivolgergli la parola.
“♪Non ne posso proprio
più! ♫ Io la faccio qui!3 ♪ Mi scoppia la
vescica!” protestò il mercenario “Sai che schifo
un gavettone di piscio?”
“Non te lo consiglio.” soffiò quella,
algida “Se facessi una cosa del genere credo che Stark
potrebbe arrostirti all'istante col suo uniraggio...scegli...”
“Se solo
potessi teletrasportarmi...” imprecò
rimettendosi al lavoro sui giri di nastro che non gli davano un minimo
di libertà “E
dire che io adoravo il nastro da carrozzieri...in realtà la
sua pronuncia inglese...”
Rogue si mise in paziente attesa dell'ascensore, che sembrava
impiegarci un'eternità. Quando le porte si aprirono si
lanciò nel vano, abbracciandone l'occupante.
“Ehi!” protestò Peter Parker cercando di
togliersela di dosso, quasi fosse una qualche sostanza appiccicosa
“Che diamine ti prende?”
Lei alzò lo sguardo confusa, scandagliò
l'ascensore e, quando la sua mente ebbe afferrato il fatto che
né suo fratello né Logan fossero ancora arrivati,
sollevò l'eroe di peso “E tu che cavolo ci fai
qui?”
“Ma tu guarda questa...” replicò Peter
offeso, lasciando che l'altra lo strapazzasse “Io torno dopo
tre ore di lezione di recupero nella fossa dei leoni e trovo questa calorosa
accoglienza...”
“Dove sono Logan e Kurt?” ringhiò
l'altra, sbattendolo a muro.
“Perché dovrei saperlo io? Su, ora lasciami o il
nostro amico lì dietro ci farà saltare le
cervella a tutt'e due...” ironizzò accennando a
Remy che, al di là del tavolo, li osservava in silenzio con
sguardo di fuoco.
Una volta libero, Peter buttò lo zaino accanto al tavolo, ne
estrasse dei fogli, un evidenziatore e qualche matita. Accanto a lui,
Rogue si appollaiò sul pianale, nervosamente in
attesa.“Ma quanto ci mettono?” domandò
ancora, pestando ritmicamente il piede sul pavimento.
“Puoi farmi la cortesia di finirla?”
domandò il ragno che aveva sottolineato qualche riga sui
suoi fogli. Li sollevò per osservarli meglio
“Sembra un elettrocardiogramma...”
sbuffò riponendoli. Estrasse il suo telefono e
cominciò a navigare tra i menù “Si
saranno persi a parlare di automobili col padrone di casa,
conoscendoli...” azzardò studiando lo schermo.
“Conoscendo chi?” domandò Clint facendo
il suo ingresso da una porta laterale.
“Kurt, Logan e Tony” rispose Gambit, strascicando
la voce. Stanco dei suoi solitari, si era fatto comparire, sul pianale
del tavolo, la schermata di alcune ricette.
“Voglio dire... Hai visto il garage di Tony? Kurt
è un meccanico, Logan... beh non disdegna certa roba. Un
meccanico e due patiti d'auto! Auguri: ne avranno fino
domattina...” spiegò Peter.
“Per caso avete visto anche Natasha?” Tutti
scossero il capo. L'arciere sbuffò e si mise a sfogliare
distrattamente dei ritagli di giornale che aveva in mano.
Qualche minuto dopo, quando ormai il silenzio, trapuntato solo dalle
bestemmie di Wade che non riusciva a liberarsi, si era fatto
insopportabile, Clint lasciò perdere i suoi studi e si
spostò accanto al fotografo che non la smetteva di saltare
dal telefono ai suoi appunti cartacei “Che stai
facendo?” domandò curioso.
“Voglio provare a partecipare a un concorso
fotografico...” disse sventolando i fogli di carta sottolineati ed
evidenziati “Non ho ancora programmato nulla, ma ho fatto
qualche foto, al rientro, così, in base alle indicazioni che
ricordavo. Ora sto vedendo se ho imbroccato almeno uno dei campi
richiesti. Sembra semplice...”
“Posso vedere?” domandò Rogue alzandosi
e andando ad appollaiarsi sulla sua spalla
“Posso anch'io?”domandò Clint
“Certo... A te non interessa?” domandò
rivolto all'X-man in disparte che si alzò di malavoglia in
nome di ciò
che interessa Rogue interessa anche me.
“A me
interessa! Se mi liberate posso vedere anch'io! E posso fare
pipì!” protestò Deadpool,
cogliendo l'opportunità al balzo ma rimanendo inascoltato.
“Bene...” disse Peter riportando le foto alla
galleria principale e ricominciando dalla prima. Un colpetto e la foto
si allargò a riempire tutto lo schermo del telefono. Rapidi
tocchi facevano scivolare le immagini una dietro l'altra. Qui i giochi
d'acqua della fontana antistante l'ingresso della scuola superiore in
cui lavorava; ora una schiera di studenti seduti sul prato, tutti nella
stessa medesima posizione a fiore di loto coi libri in grembo, quasi
schierati per un'esecuzione o in meditazione; là una bambina
sorridente che si impiastricciava di gelato; qua la livrea di un
piccione ripresa a distanza ravvicinata tanto da dare l'idea di un
mondo alieno; ora il banco di hotdog fumanti all'angolo della strada;
lì dei manichini spogli in una vetrina dall'aria sconsolata
e abbandonata, nonostante si trattasse solo del passaggio tra un
allestimento e l'altro; un gruppo di ragazzi abbarbicati gli uni sugli
altri davanti a una vetrina a cui facevano le boccacce e dall'altra
parte del vetro dei cuccioli che scodinzolavano felici; ora un operaio
alle prese con un tombino aperto...
“Sono tutte molto belle...” stava dicendo Rogue
quando Clint la prevaricò
“Torna indietro!” ordinò con voce
nervosa. Peter obbedì, non capendo il motivo di tanta
irritazione. “Posso vedere meglio?”
domandò l'arciere porgendogli la mano. E Peter, perplesso e
riluttante, gli porse il telefono sotto lo sguardo confuso dei due
mutanti. Passarono diversi istanti prima che l'agente S.H.I.E.L.D. si
degnasse di fornire la minima spiegazione. Ma le nocche delle mani, la
posa rigida delle stesse, non lasciavano adito a dubbi sul fatto che
qualcosa, nella foto, l'avesse turbato “Mi ricorda Bucky,
eh?” sibilò digrignando i denti e alzando lo
sguardo, perso in un punto indefinito, dimentico dei compagni. Le vene
sul collo e delle braccia guizzavano nervose sotto la spinta di muscoli
improvvisamente contratti “Brutta bugiarda!”
urlò prima di scagliare il telefono contro il tavolo con
tutta la forza che aveva.
“Ehi!” protestò Peter sparando
tempestivamente una ragnatela per salvare il suo telefono (oltre che il
tavolo da una cifra spropositata di bigliettoni che lui, col suo
stipendio di insegnante, non si sarebbe mai potuto permettere).
“Datti una calmata! Si può sapere che ti
prende?” domandò vedendo come quello afferrava il
proprio telefono e pigiava due volte il tasto verde. Clint non
degnò più nessuno di uno sguardo e
andò alla finestra più vicina.
“Maria?” domandò sorpreso quando
l'agente gli rispose dall'altra parte “Posso parlare con
Fury?”
– Fury al momento è impegnato.. e anche
io!– sospirò – Ha fatto dirottare su
questo numero tutte le telefonate in entrata di proposito. Cosa
succede, Occhio di Falco? –
“Mandate un Quinjet a prendermi. Subito. Accetto di tornare
nella Squadra Guastatori: rimandatemi a Carousel4.”
– Vuoi tornare al ruolo di Ronin? –
domandò Maria Hill perplessa – Sei
serio?–
“Mai stato più serio in vita mia”
replicò l'arciere, pensando a chi avrebbe trovato a
Carousel. Dovevano proprio fare due chiacchiere perché certi
comportamenti della rossa ancora gli sfuggivano. E chi meglio del suo
partner storico poteva illuminarlo al riguardo?
– Questo vuol dire abbandonare i Vendicatori. E l'agente
Romanoff – insistette ancora la Hill, incredula,
scartabellando tra i fogli. – Cioè, a me andrebbe
benissimo, mi risolveresti una rogna perché avrei giusto una
commissione da affidarti ma... –
“L'agente Romanoff è grande abbastanza da sapersi
gestire.” la interruppe brusco “Non è
più la matricolina che portai allo S.H.I.E.L.D. quindici
anni fa.”
L'agente Hill sbuffò esausta – Sei fortunato: un
Jet sta arrivando, portando Thor da voi. – lo
informò – Dovrebbe essere lì tra poco:
non ho il piano di viaggio, mi dispiace non poter essere più
precisa, ma ci siamo mossi immediatamente non appena... A bordo
c'è anche l'agente Drew. Anche lei deve rientrare a
Carousel: vi farete compagnia.–
Clint esitò un attimo a sentire il nome della donna
“D'accordo.” acconsentì infine,
terminando bruscamente la chiamata. Che altro poteva fare, d'altronde?
Gli altri quattro presenti nella stanza non avevano più
fiatato da quello scatto d'ira. Teso sopra Peter e Rogue, nel tentativo
di capire cosa potesse aver scatenato quella reazione così
violenta, anche Gambit cercava di sbirciare la foto incriminata.
Plin
La fermata dell'elevatore riecheggiò sinistra nella sala
improvvisamente silenziosa. I tre fanatici di auto si riversarono
all'esterno chiacchierando concitati in linguaggio tecnico che nessuno
dei presenti sapeva o voleva comprendere. Si interruppero quasi subito,
avvertendo quella strana elettricità nell'aria.
“Cos'è quest'aria lugubre che avete tutti
quanti?” domandò Tony scandagliando la stanza con
lo sguardo: tutto era -o sembrava- apparentemente a posto. La stanza
era salva? Sembrava di sì.
“Mmm” rimuginò Wolverine fiutando l'aria
“Rabbia...” disse indicando il cecchino alla
finestra che non sembrava essersi accorto di nulla
“..paura...” e con un cenno della testa
indicò il trio asserragliato da una parte della tavola
“...e confusione...”
Plin
E anche il secondo elevatore aprì le proprie porte sulla
sala. E il gelo calò definitivamente nella sala.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Il lungo corridoio era deserto e i suoi passi rimbombavano cupi e
pesanti.
Il palazzo era stato evacuato per precauzione e ora gli restava
un'ultima cosa da fare.
Se non avesse dovuto interpretare quel ruolo così serio e
compito, si sarebbe messo a ballare il tip tap con lo scettro a mo' di
bastone e l'elmo in vece del cilindro, come aveva visto in alcune delle
sue documentazioni su Midgard. In quel silenzio irreale, si sentiva
quasi un sopravvissuto, l'ultimo superstite a un'estinzione di massa:
si sarebbe divertito a sfasciare tutto, ma quel gesto di sfregio
l'avrebbe riempito solo per poco tempo, prima di ricordarsi di essere
solo5. D'altronde, lui era sempre stato solo.
Anche quando era in compagnia.
Giunto nel largo ingresso, si avvide di quattro figure, ferme in posa
marziale, accanto al portone. La sua compagnia: la
valchiria, lo spadaccino, il Fosco
e il voluminoso Leone
di Asgard6.
Sorrise sotto i baffi: si aspettava una mossa del genere e
proseguì nel suo avanzare senza esitazioni. A una mezza
dozzina di metri si fermò di colpo. Il mantello
scivolò in avanti per inerzia, coprendogli i piedi. I
quattro scattarono sull'attenti.
“Cosa ci fate qui?” domandò arcigno.
“Siamo qui per scortarVi...” cominciarono in coro.
Odino scosse la testa “Il vostro compito è un
altro. Io ho le mie guardie...”
“Non vedo né Geri né Freki”
replicò l'imponente Volstagg senza peli sulla lingua.
“Se Voi volete andare da Hela, noi Vi
accompagneremo” precisò il più
diplomatico Fandral.
“No” disse Odino “Voi dovete sorvegliare
Loki. Hela è donna d'onore. Non ho nulla da temere”
“E' figlia di Loki! Non ci si può fidare di
lei!” protestò Sif
“Mandate un araldo! Dove sono Huginn e Muninn? Un sovrano non
può...” stava replicando anche Hogun
“Il sovrano ha il dovere di dialogare con l'invasore dopo
essersi accertato della sua buona fede tramite i propri portavoce. So
che l'idea di sorvegliare un amico non vi alletta. Ma siete gli unici
di cui io possa fidarmi.” Aggiunse alla svelta per soffocare
ogni protesta. Amico non era la parola che meglio lo descriveva.
Affatto. Lo sapeva da sé “Se Loki si unisse alle
truppe di Hela, per noi sarebbe davvero la fine. Sif...”
disse rivolgendosi alla donna dai lunghi capelli neri
“Ricordati che Hela non torse un capello né a te
né a Thor, quella volta. So che, nonostante l'umana Jane
Foster, lo ami ancora e non faresti nulla per venire disprezzata da
lui...” aggiunse con un sorriso triste mentre lei arrossiva
improvvisamente “Voglio, quindi, che tu vada da Tilda, ti
unisca alle altre valchirie dei Falchi Rossi e andiate all'Urdabrunner
a proteggere le donne. La guerra non è per simili
creature...” Sif accennò una protesta ma il
sovrano la anticipò ancora una volta, zittendola con un
cenno della mano “... eccezion fatta per guerriere come voi
che sarete la difesa ultima, la più importante. Come tuo
fratello Heimdall, il Dio Bianco, presidia il Bifröst e
l'ingresso alla città, tu ne proteggerai il cuore, la meta
ultima. Se Asgard cade, tutto l'Asaheimr cade. E con esso questo stesso
Godheimr...” disse allargando le braccia a mostrare la
magnificenza dell'ingresso al palazzo reale “Con tutto
ciò che contiene: dal Válaskjálf con
il Hliðskjálf al Breiðablik. E
più importanti ancora, della sala del trono e delle
prigioni, Yggdrasil, la strada ai nove mondi.” Riprese la sua
avanzata e aggiunse “Vi affido il regno. Proteggetelo a tutti
i costi”
“Ma il regno siete Voi!” protestarono i quattro.
“No.” replicò Odino senza più
guardarli “Il regno è tutta la popolazione di
Asaheimr. Io sono solo una delle tessere che compongono il mosaico, il
rappresentante del nostro mondo. E il mio è un ordine,
l'ordine di tutto Asaheimr di proteggere se stesso, non una
preghiera!” precisò “Ah... non lasciate
che Sigyn si avvicini a Loki, mi raccomando!” Aggiunse e
riprese il suo cammino.
Aprì i battenti, lasciandosi bagnare dai caldi raggi del
sole. Scrutò l'orizzonte stellato e trasse un profondo
respiro: un'altra parte del suo complicato piano era stata sistemata.
Il suo piano non avrebbe subito alcun deragliamento. Tutti gli attori
avrebbero giocato esattamente il ruolo che lui aveva previsto per loro.
1
Ok, la spiegazione ora è lunga.
L'espressione
"tempo/ora Zulu" è
utilizzata per definire il
fuso orario di riferimento da cui sono calcolati tutti gli altri fusi
orari del mondo. L'espressione nasce da Orario Zero (zero hour). Per
abbreviazione si usò solo l'iniziale. E in ambito
internazionale, lo
spelling per Z
è, appunto, Zulu.
(Noi, comunemente, usiamo le
città e i paesi -Ancora, Bari, Cagliari...Torino, Udine,
Venezia,
Zagabria-; in ambito militare ed anche civile internazionale si usano
per lo più lettere greche o
parole difficilmente confondibili -Alpha, Bravo, Charlie... Tango,
Uniform, Victor, [Whiskey X-Ray Yankee] Zulu-)
Questo orario
Zero è, generalmente (ci sono molti paesi, specie africani
che non
rispettano questa regola), riconosciuto e identificato con l'orario di
Greenwich.
Questo per evitare casini ai piloti che viaggiano
attraverso le diverse zone orarie ma anche per coordinare attacchi
precisi a un obiettivo. Questo sistema è usato per scopi
militari,
meteorologici e di navigazione aeronavale sia militare sia civile e,
non ultimo, il web e già i ferrovieri delle praterie
americane usavano
uno stratagemma simile): è uno standard che usano tutti,
indifferentemente dalla reale ora locale.
L'UTC, (compromesso
tra l'inglese Coordinated
Universal Time e il francese Temps universel
coordonné...CUT vs TUC. L'acronimo è
nato quando il francese era ancora
LA lingua internazionale per eccellenza e, ancora oggi, tale prestigio
perdura. Avete notato con che lingua si sono aperti i giochi olimpici
di Londra?) oltre a essere scevro da indicazioni geografiche specifiche
(anche se da queste deriva) si basa su misurazioni condotte da orologi
atomici invece che su fenomeni celesti come il GMT (che è
costantemente
in ritardo sull' UTC. Approssimativamente, quindi, gli orari coincidono
e quindi spesso scappa un più familiare GMT.
Facciamo un esempio. Abito a
Roma e alle 21, prima di andare a dormire devo contattare i fornitori o
la mamma all'altro capo del mondo. NY e LA. Ora, farei prima a
programmare il contatto alle 20 zulu (Venti-zero-zero.. ore, minuti,
secondi. Sono preziosi tutti i dati quando si deve cronometrare un
attacco incrociato, l'atterraggio degli uomini o qualunque altra cosa)
al posto di star lì a calcolare per ciascuno a che ora
mettersi on line
(col rischio di cannare completamente). Le 20zulu sono uguali per tutti
anche se a Roma (GMT +1) sono le 2, a NY (GMT -5) le 15 e a Los Angeles
le 12 (GMT-8). Perché? Perché Greenwich
è GMT +0. Ovvero sono le 20
quando a Roma sono le 21.
Sembra complicato ma è una scemenza.
2 I superbracciali, per cui Nat era
famosa, i famigerati morsi di Vedova,
pesanti -ciascuno- quattro chili, erano “pesanti,
ingombranti, sempre
fra i piedi”, una volta, a Mosca uno gli era quasi esploso in
mano. E
“poi era roba che risaliva al Patto di Varsavia, negli Stati
Uniti non
si trovavano i ricambi e si rompevano sempre, ogni giorno”
(cit. Vedova
Nera – Casa dolce casa). Ora, visto che erano
tanto caratteristici e
che nei film glieli hanno rimessi, io certo non glieli tolgo. Presumo
sia roba forte, probabilmente una qualche Startech. Lo S.H.I.E.L.D.
superfigo mica può mandare in giro i suoi agenti con
robaccia come quella sopra descritta,no? Eh! Quella era roba dei
pezzenti del KGB -_- Che poi basta
vedere l'arco intelligente di Clint che sembra uscito da Il canto della
Rivolta di Suzanne Collins.
Ad ogni modo, io questi bracciali li
ho sempre immaginati come questo
bracciale/orologio di Cavalli. Sono cose che lei tiene
perennemente addosso, anche quando dorme (tornate a vedere il suo primo
incontro con Logan, in una nota parlavo anche dei bracciali) e presumo
debbano poter essere scambiati per innocui accessori moda quando
è sotto copertura. Sono composti da tanti scomparti
contenenti qualunque cosa, rampini,
proiettili, proiettori olografici...quindi un orologio è il
minimo
della dotazione!
3 Pippo Franco, Mi scappa la pipì
4 Carousel era una delle 9 basi
S.H.I.E.L.D. ed è la base del DataCore.
Il
DataCore è una raccolta di conoscenze
sull'umanità in particolari aree
scientifiche che sono 18 a seconda degli ambiti di interesse.
Nella
raccolta dati c'è bisogno di agenti dediti alla ricerca, di
quelli
dediti allo sviluppo, di quelli che cercano le notizie (Bucky
è nell'antiterrorismo e il suo compito è proprio
questo) e di quelli che
coprono le tracce dei colleghi (appunto i guastatori, che
interferiscono nelle comunicazioni, disturbano il segnale o infettano i
sistemi altrui. Per questa loro capacità, sono anche i primi
a trovare
le informazioni. Sono come degli hacker. Ma i collegamenti li fanno
altri)
5 Per questo momento mi sono ispirata a
Alice Cooper,
Welcome 2 my nightmare,
5. Last man on Earth
6 Per coloro che si perdessero nei
meandri dei nomi asgardiani, ecco qui
(è su FB, spero che anche chi non è registrato
riesca a vedere) una piccola tabella riassuntiva. Io non amo
particolarmente Thor
ma ne amo la mitologia, quindi è già
più semplice.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Ok,
ci siamo, il prossimo sarà il capitolo che potrei
ribattezzare La prova
del fuoco. Perché è lì,
probabilmente, che vorrete mettermi. Scapperò in argentina,
insieme a Magneto a dar la caccia ai nazisti, sì! Mi amerete
tanto, lo so ù_ù;;;;;
Ma per oggi, torniamo a noi XD
Nat- Jessica- Cint- Barbara.
Dunque. Mi pare di averlo già detto ma a parte poche, del
Marvelverse io davvero tollero poche donne. Jessica Drew e Carol
Danvers non le posso soffrire (motivo per cui ho escluso la bionda dal
team a favore di Rogue che ne aveva assorbito poteri e
personalità fino a spedirla in coma e per cui ho cercato di
non usare l'onnipresente mora.) Mimo, invece, mi sta proprio
antipatica! Si comporta come un gerarca nazista col povero-scemo-Clint.
(non che io faccia fare una figura migliore a Natasha, che vuole
manipolarlo, impacchettarlo e allontanarselo come se fosse un
decerebrato)
Nel fumetto, poi, Jes e Carol fan sempre comunella e c'è una
scena particolarmente deliziosa in cui Mimo “fa gli
occhiacci” alla donna ragno, che da poco si interessa
all'arciere.
Ma qual'è il collegamento con Natasha? Sono tutte e due
agenti S.H.I.E.L.D., ovviamente, anche se Jess l'abbiamo vista
all'opera in Preludio come alleata di Andrea Von Struker e di Morph.
Spiegherò tutto, non temete.
Perché ho fatto parlare di HYDRA le due donne? Beh, Jessica
è doppio-triplogiochista -Fury si fida...ma si fida anche
della Contessa...- figlia ora di scienziati di HYDRA, ora di Viper (io
mi perdo in queste genealogie). Tutti sanno che lei è dalla
parte dei buoni ma non esita a usare la sua genealogia per i suoi
comodi.
Quanto a Nat. Beh...ogni tanto spunta fuori (se avete presente il
cartone è tutto più semplice- episodio Hulk contro il mondo)
che tradisce lo S.H.I.E.L.D. (ed è a un livello 10, mica 7
come Jessica).
Quindi ho voluto integrare queste informazioni. State tranquilli. Nat
è dei buoni e sul perché usi questo saluto presto
Valentina de Fontaine ci spiegherà ogni cosa.
Poi, il mondo di Thor
è assai complesso e variegato. E strano, affondando le
radici in un periodo e in una cultura lontane nel tempo e nello spazio.
Gli altri eroi, chi più chi meno, condividono l'epoca e
basta un piccolo salto d'immaginazione per comprendere la Russia
comunista, l'America della 2^ Guerra Mondiale, un ricco pieno di soldi,
etc. Ma Thor...
Thor ha
riferimenti culturali che o si conoscono o non ci si può
arrivare per intuizione.
Comincio quindi con lo spiegare un paio di termini tecnici che non
ricordo se ho spiegato nel capitolo 5.
Godheimr
(la Casa degli Dei) è il palazzo reale. Penso non ve ne
freghi nulla del casino filologico fatto dai primi ricercatori, quindi
tiro dritta.
Válaskjálf,
palazzo di Wali con il trono di Odino. Io l'ho ridotto a sala del trono
(altrimenti mi faceva troppo Cavalieri
dello Zodiaco)
Hliðskjálf
è il -succitato- trono di Odino
Infine, ho decretato arbitrariamente che il Breiðablik
sia la prigione: originariamente, infatti, era la dimora di Baldr (il
figlio di Odino morto per mano di Höðr, ingannato da
Loki) dove “nessun male, nessun delitto, nessuna colpa
potevano essere perpetrati” (uno dei soliti escamotage
mitologici per evitare la profezia di morte che puntualmente
si avvera, forse proprio anche per questa intromissione)
Tilda è il capitano dei Falchi
Rossi e una Valchiria. (Per ogni approfondimento e
curiosità, trovate tutto qui)
Per quel che riguarda Sif, alla poveretta ne sono successe tante nel
corso degli anni: Loki che le taglia i capelli un colpo -nel mito per
puro divertimento, nel fumetto per avere un pegno della donna di cui
era innamorato o per gelosia- e poi glieli trasforma in fili di metallo
scuro incantato e indistruttibile -opera dei nani- (sesto visto ora
come ennesima burla, ora come segno di pentimento, in modo che nessun
altro potesse giocarle lo stesso scherzo), un gigante che la rapisce
per offrirla a Hela per avere in cambio l'immortalità. In
quest'occasione, Thor si offrì al posto di Sif ed Hela,
colpita dal gesto, li lasciò andare, entrambi incolumi. Poi,
in realtà, come si vede anche in Secret Warriors (2- Dio della paura, Dio della
Guerra. Lo stesso numero contiene tutti i dati sulle basi
e gli agenti S.H.I.E.L.D. di cui sopra) o in Chaos War, le varie
divinità dei vari pantheon terrestri non sono chiuse in
compartimenti stagni né sono così nemici tra di
loro: sono tutti grandi amiconi (in Preludio a Civil War,
invece, se le danno di santa ragione) Certo poi si scatenano le guerre
ed è tutt'un altro paio di maniche. Ma è come una
famiglia. Si amano e odiano allo stesso modo. Quindi si vede Hela
andare d'amore e d'accordo con gli altri dei salvo poi mettersi a
bisticciare con Ade, istericamente (entrambi), pantheon greco-romano
contro pantheon nipponico e tutti comunque allegramente a far casino
con le divinità mesoamericane.
Geri e Freki (Avaro e Ingordo), Huginn e Muninn (Pensiero e Memoria).
Già spiegato in precedenza, mi pare, sono i lupi e i corvi
che accompagnano Odino: i primi sono i suoi fedeli accompagnatori, i
secondi viaggiano per il mondo riportando notizie e informazioni che
sussurrano all'orecchio del dio. I corvi, per altro, li vediamo sia in
Thor (osservate bene il trono)
che in Avengers (quando Thor sbatacchia Loki sulla montagna, dopo
averlo prelevato dal Quinjet svolazzano nella notte, a sottolineare che
l'Allfather li tiene sott'occhio). I due lupi li ho identificati con le
due guardie che stanziano ai piedi di Odino, gli stessi che accorrono
quando questi cade nel suo Sonno.
E per oggi -davvero- basta. :) la prossima volta credo non
commenterò neanche :D ciao! ci risentiamo tra 2 capitoli,
quando vi sarà passata la sicura incazzatura :D
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Capitolo 11 *** James ***
11.
James
Natasha e Steve uscirono dall'ascensore apparentemente ignari della
tempesta che sembrava essersi temporaneamente congelata nell'ampia sala
su cui affacciavano gli ascensori.
Clint si volse piano, studiandoli con occhio critico e attento. Nulla
dava l'impressione che ci fosse qualcosa di diverso dal solito. A parte
il taglio di capelli e l'abbigliamento di Rogers, più
moderno e meno composto (lo stesso che aveva visto nella foto, ora non
aveva più dubbi) che, gli seccava ammetterlo, lo rendeva
anche più attraente: non era più solo una
leggenda vivente o un ragazzo ben piantato e palestrato. Ora aveva
anche quel qualcosa in più. Che lo rendeva dannatamente
simile a Bucky.
Eppure quelle foto non mentivano: lo sguardo che si scambiavano non era
quello di semplici colleghi. Era un cecchino e sapeva tracciare
perfettamente la traiettoria di uno sguardo. E l'intensità
dello stesso.
Contrasse le mascelle, deciso a ignorare la spia e il soldato e
tornò a guardare fuori dalla finestra: doveva solo far
passare i minuti. Tanti minuti.
“Allora?” sbottò Stark con la sua
solita, favolosa tempistica inappropriata “Si può
sapere che succede?”
Gli sguardi di tutti si appuntarono su Clint che, però, non
reagì: si sentiva solo per la prima volta dopo tanti anni,
la realtà circostante sembrava solo una brutta imitazione di
un desiderio atavico di compagnia. Gli sembrava di essere ancora in uno
di quegli assurdi incubi di Loki, questa volta addolciti nella forma,
non certo nei contenuti.
“E che gli prende al nostro Guglielmo Tell?”
domandò ancora Stark come se avesse davanti uno stuolo di
cerebrolesi
“Ha detto che molla la squadra...”
biascicò Peter, rompendo il silenzio e quella strana
tensione. “Ha chiamato lo S.H.I.E.L.D. e si è
fatto riassegnare.”
“Cosa?” strabuzzò il magnate
“E perché?”
“Non lo so... stava guardando queste foto e...” si
giustificò il reporter
“Non intendevo quello, mocciosetto!”
replicò Stark, indispettito da tanta dabbenaggine
“Perché non sono stato avvisato. Non sono io il riferimento
dei Vendicatori?”
“Evidentemente per lui no.” replicò
acido Peter, ormai dimentico della situazione spinosa e pronto a
ribattere colpo su colpo.
“Mostra un po' le foto... qui..” ordinò
il magnate dopo un paio di istanti, battendo il dito sul tavolo.
Da canto suo, Clint notò come la notizia non sembrasse aver
scosso più di tanto né la Vedova né il
Capitano. Voleva forse dire che si aspettavano una reazione simile da
parte sua? Si sentivano in colpa e cercavano di non darlo a vedere?
Sapevano che prima o poi i nodi sarebbero venuti al pettine? Questo,
però, non giustificava alcuni, fondamentali dettagli.
Nel frattempo, Peter aveva fatto in modo che la cartella che
racchiudeva le ultime foto archiviate venisse visualizzata anche dal
monitor integrato nel tavolo e, con pochi tocchi esperti, aveva fatto
scivolare a lato la maggior parte dei suoi scatti fino a isolare solo
due foto: quella del gruppo di mocciosi appiccicati alla vetrina e
quella dei manichini.
“Non ci vedo nulla di strano...” avevano commentato
in coro Peter e Tony per poi sorridersi complici della loro uscita e
darsi il cinque.
Clint sbuffò, sentendo le loro teorie azzardate e
superficiali. Si volse, marciò al tavolo e scansò
malamente il padrone di casa. Prese la seconda foto prima che questi
riuscisse a protestare e, usando entrambe le mani, la stirò
diagonalmente, in modo da ingrandirla
“J.A.R.V.I.S.” chiamò “Aumenta
Esposizione di due punti e diminuisci Gamma di uno e mezzo. Seleziona
la parte destra della foto, elimina l'esubero. Anti-dittering. Ora
dammi il Fuoco prospettico...” quindi disegnò una
griglia sulla porzione di foto che gli interessava e ne
modificò la curvatura
“Sembri
Rick Deckard in Blade
Runner” commentò Wade,
osservandolo incuriosito e smettendo per un attimo di trafficare coi
suoi legacci.
Ma quello non lo badò e proseguì imperterrito
“Alza centralmente le curve di venti punti di output del blu
e di trenta nel verde ma non toccare quella del rosso. Definisci i
contorni ed esaspera con tratto medio. Ora passa da RGB al canale
esclusivamente rosso.” Finito ch'ebbe di trafficare sulla
foto passò all'altra, quella coi ragazzi e i cuccioli. Si
limitò a stirarla, tagliarla, specchiarla e rimodellarla
prospetticamente. Quindi si allontanò dal tavolo da lavoro,
braccia incrociate, dando modo a tutti di vedere il risultato
“Affianca gli originali!” impose al computer e
subito le foto di partenza andarono ad accostarsi a quelle rielaborate
in cui era più che evidente la capigliatura rosso fuoco
della spia. E quello chino su di lei, mani intrecciate sulla spalla,
era indubbiamente Steve Rogers.
Natasha trattenne a forza un sorriso. Quando aveva intravisto Peter
nella folla scattare foto non si era certo aspettata -né ci
aveva sperato- che le cose prendessero quella piega così in
fretta anche se era preparata all'eventualità. E anche
Steve: in caso di bisogno, avevano deciso di improvvisare.
Lo sguardo confuso degli altri, si spostò rapidamente tra
l'arciere e la coppia appena sopraggiunta e lei fu costretta a
riassumere la sua posa noncurante prima che qualcuno potesse accorgersi
di qualcosa. Tutti erano spaesati e nessuno si aspettava quel colpo di
scena.
“Cioè, fatemi capire bene...” disse Tony
andando a sedersi e pinzandosi la base del naso “La super
spia russa con il super soldato americano? Ma non scherziamo... siamo
in piena Pace Fredda!”
rise. Ma la risata gli morì in gola vedendo le facce
tremendamente serie di tutti gli altri. Quindi cercò di
riparare, ma si scavò ancor più la fossa con
un'uscita ancor più infelice “Eh
già...” disse rivolto a Clint “Non ti ha
ancora ammazzato perché non l'avete mai fatto!”
Ma Clint ora fissava apertamente Natasha con rabbia e disgusto. Nulla
sembrava poterlo distoglierne l'attenzione.
Dietro di lei il Capitano non si era mosso. Rimaneva saldo al suo
fianco e quel non prendere posizione, quel non negare, valeva
più di mille parole. Perché se uno come
l'integerrimo Capitan America diceva una cosa, quella era. Lui era
così. Puro di cuore, altruista e onesto.
Così lo avevano descritto le cronache. Fino a quel momento,
almeno. Ci avrebbe pensato lui a demolirne l'aura di ragazzo perfetto,
al punto che nemmeno Coulson avrebbe più potuto difenderlo.
“Quindi è così, eh? E cosa aspettavi a
dirmelo?” sibilò con arroganza rivolto alla spia.
“Non credo che la cosa ti riguardi...”
replicò lei sollevando le sopracciglia e andando a prendersi
da bere nel frigo a metà strada tra loro.
Atteggiamento che mandò il sangue alla testa all'arciere:
non fece in tempo ad aprire lo sportello che Clint la raggiunse, glielo
chiuse sotto il naso con forza e vi ci si appoggiò sopra di
peso con la schiena, incrociando le braccia al petto in atteggiamento
di sfida.
“Ah no? Invece credo proprio di sì.”
Rispose lui con un ghigno alla sua espressione irritata. “Eri
la mia partner e non possono esserci segreti tra noi. Inoltre, ti ho
salvato il culo, quella
volta,
quindi posso accampare tutti i diritti che voglio, su di te: mi devi la
vita!”
“Non era un segreto, infatti...”
replicò lei, spintonandolo e riaprendo il frigo
“Semplicemente non c'è stata occasione per
parlarne...” aggiunse stappando una bottiglia di birra a mani
nude.
“Ma davvero...?” fece lui fingendosi sorpreso
“Cosa vuoi che ti dica?” replicò lei
alzando gli occhi al cielo prima di dare una sorsata
“La verità! Perché scommetto che stai
architettando qualcosa...”
“E chi ti dice che io passi la mia vita a tramare alle tue
spalle?” ridacchiò la rossa scuotendo la testa.
“E' un vizio che non si perde tanto facilmente...”
“Se ritieni, quindi, che io non abbia fatto altro, per tutto
questo tempo, che cercare di trascinarti in qualche trappola, me lo
spieghi perché te la prendi tanto? Lo sapevi con chi
lavoravi!”
“Non ho detto questo!” protestò lui
“Hai detto che è un vizio che non si
perde...”
“Non intendevo quello!”
“Ah no? Le parole hanno un loro peso, Clint, non lo
sapevi?”
“Ma dai? E allora cosa dire di certa gente che ti rifiuta
costantemente ma che pretende di dormire con te e un bel giorno si
sveglia e ti bacia a tradimento?” l'aggredì lui
Lei sembrò essere stata colta in contropiede “Era
quello che volevi...”
“Mi avresti dato il contentino? Che generosità da
parte tua!”
“Che sta succedendo?” domandò Pepper
affacciandosi alla sala, richiamata dagli schiamazzi dei due agenti che
non accennavano a smetterla, e Tony le fece cenno di tacere.
“E tu? Non dici nulla?” domandò allora
Clint rivolto a Steve. “Se è davvero la tua donna,
com'è possibile che ti stia bene che vada in giro a baciare
chiunque le capiti a tiro?”
Ma quello, stranamente, non esitò “Conoscendo la
persona per cui prova quell'affetto speciale, no! Anche,
perché posso ben capire come si senta...”
“Fermi tutti! Time Out!” si sbracciò
Tony beccandosi un'occhiataccia da Pepper, appena messa a tacere
“Ma se questa mattina mi hai detto di essere ancora
innamorato di mia madre...”
Rogers rispose con un'alzata di spalle “Le due cose non sono
in contraddizione. Così come l'amore di Natasha per Bucky
non interferisce con tutto il resto. Fa parte del passato. Ero solo
sorpreso nel constatare che fosse tua
madre e che, alla fine, avesse scelto proprio Howard, che sembrava non
tollerare. Ma non mi sono mai illuso, dal primo momento in cui mi sono
svegliato in questo tempo, che lei si fosse consegnata vergine alla
morte nell'assurda speranza del mio ritorno dall'oltretomba.”
“E sempre Bucky in mezzo, no?” ringhiò
ancora Clint che non si era lasciato distrarre da quella divagazione
“In ogni caso, nella nostra lunga esistenza, è
anche comprensibile che ci possano essere momenti di fiacca... e lei ha
già vissuto così a lungo e
continuatamente...” rispose Cap, elusivo.
“Non difenderla!” strepitò Clint
“Perché ogni volta accampa scuse diverse... Solo
l'altro giorno mi dicevi..” disse rivolgendosi alla rossa in
tono aggressivo “No,
con Cap no perché mi ricorda Bucky. Bugiarda!
Neanche non te l'avessi chiesto. Eccola qua la tua
opportunità per parlarmene. E già tessevi la tua
tela di menzogne!”
“Cosa ti aspettavi che facessi? Dovendo lavorare assieme ho
pensato che, tacendo, le cose sarebbero andate lisce.”
“E di vivertela nella clandestinità? Fino a
quando? Ah già, dimenticavo. Tanto io, presto o tardi,
morirò! Giusto? Sei una stronza, Tasha! Credevo di
conoscerti!”
“Invece ti sbagliavi. E se ci tieni a saperlo, c'era stato un
momento in cui avevo pensato di dirtelo: prima che tu sbroccassi e
cercassi di convincermi che una relazione tra noi fosse possibile.
Perché non avrei potuto mentire né a te
né a tutta la squadra su un fatto del genere. Non per nove
mesi.”
“Nove...?” Clint fu costretto a battere le palpebre
un paio di volte prima di arrivare anche solo lontanamente ad afferrare
il significato di quelle due parole
“Cosa?” allibì anche Capitan America
cadendo dalle nuvole.
“Sveglia ragazzi!” si intromise Rogue
“Nove mesi. Un figlio. Nat era incinta. Giusto? Ci arrivo
persino io...” sbuffò la mutante
Natasha accennò appena una risposta affermativa con la testa
ma senza mai abbassare lo sguardo dal cecchino.
“E quando...?” Clint la guardava cercando di capire
dove e quando fosse stata possibile una cosa del genere. Non doveva
cedere: lo stava ingannando. Abilmente. Ma aveva commesso degli errori
madornali di coerenza e di dettagli: non si erano mai separati
abbastanza a lungo da concedere loro modo di... perpetrare l'infedeltà.
Era un parolone ma lui si sentiva tradito nel profondo. Ed era la
peggior sensazione che avesse mai provato. Seconda solo, forse, a
quando aveva creduto di perdere il suo cane, Freccia, che poi se l'era
cavata con una lunga riabilitazione e la perdita di un occhio1.
“Mentre tu eri ridotto a un vegetale a causa di
Loki.” rispose lei, lapidaria, uccidendo definitivamente
qualcosa in lui “Ma l'ho perso...” aggiunse
fissandolo intensamente. Ora anche Cap la guardava rapito, aspettando
di sapere come si sarebbe districata da quel guazzabuglio. Aveva
taciuto il dettaglio anche a lui? O, semplicemente, non si erano
coordinati bene? “Devo dirti anche il giorno, l'ora e la
posizione, Clint?” domandò sarcastica
“Mi sono accorta di averlo perso solo all'indomani della
guerra coi Chitauri.”
“Non sei mai andata da nessun ginecologo...”
ribatté lui “E poi dovresti avere esaurito la scorta”
“Ignorante! La medicina moderna ha confermato che noi donne
produciamo ovuli che potrebbero coprire tranquillamente un periodo di
circa... tre vite, mi pare. Complete. E ti ricordo, inoltre, che ci
siamo separati...dopo pranzo... ricordi? Che sei andato a dormire da solo? E poi in
ospedale ci siamo andati addirittura assieme...” disse
rievocando il giorno del primo attentato a Pepper “Non serve
molto tempo per prenotare e fare una visita per avere conferma che un
calcio al ventre aveva provocato il distacco... Non ho nemmeno avuto
bisogno di raschiature, altrimenti ci avrei messo qualcosa in
più.2” replicò
sbuffando, quasi infastidita dal dover fornire quel tipo di spiegazioni
“A quel punto non avevo più bisogno di spiegarti
come stavano le cose. L'avrei fatto se tu fossi rimasto il Clint di
sempre: ti avrei raccontato tutto, senza fartene una colpa. Te l'avrei
raccontato anche se non l'avessi perso. Ma eri diventato possessivo e
hai dato di matto solo a scoprire che Stark era la mia nota
rossa...”
“Eccerto!” protestò lui
“Come potevo parlarti di....James?”
protestò lei.
“E ora cosa c'entra ancora Bucky?”
ringhiò lui
Lei lo guardò come se fosse stupido “James era il nome
che avrei dato al bambino, idiota3!”
Clint spostò lo sguardo da lei a Steve e viceversa. Doveva
ammettere che molte -troppe- cose li legavano a doppio filo. E un'idea
folle, che non l'aveva mai sfiorato e sulla quale lei era stata fin
troppo vaga, lo colpì con tutta la sua potenza, spezzando
ogni residuo di speranza che ancora resisteva nel suo cervello.
In quel momento Jarvis irruppe nella sala col suo aplomb da perfetto
maggiordomo inglese e avvisò che il Quinjet dello
S.H.I.E.L.D. stava atterrando e che alcuni agenti sarebbero scesi
scortando Thor a quel piano. Quindi andò in un angolo, in
attesa di ulteriori istruzioni e, lì, sembrò
disattivarsi.
“Ah, no! Questo è un problema!”
sbottò Stark andando a visionare il suo robot,
già stanco dei battibecchi degli agenti e più
interessato alla sua creatura “Non è possibile che
non riesca a gestire due periferiche contemporaneamente...
Così non avrò nessuno a sistemare la casa quando
sarò in volo assistito...” E come se la situazione
fosse tra le più tranquille mai vissute, come se fosse da
solo nella stanza, si attaccò al telefono “Azura4?
Potete dare un'occhiata al sistema remoto di J.A.R.V.I.S.? No, quello
nuovo. Ne ho creato uno nuovo stanotte, non te l'avevo detto? Beh, ora
lo sai. Si spegne quando cambia interfaccia e capisci bene che
può essere un problema serio. Sì, te lo mando
subito. Anzi, ci penserà Pepper... Con calma... tanta calma,
appena sarà libera ci pensa lei, ok?” disse
aggiustando il tiro sotto lo sguardo severo della compagna che non
tollerava di essere trattata da sguattera “Bene, Grazie...
Come? Ah, sì, giusto.. allora, appena ho un attimo vengo
direttamente io e proviamo anche quel nuovo prototipo, d'accordo?
Sì, ciao...” concordò scoccando
un'occhiata trionfante alla rossa “Contenta?”
domandò con un sorriso che gli tagliava in due il volto.
Pepper roteò gli occhi esasperata.
Distratti dal chiacchiericcio di Tony, nessuno fece più
molto caso a Clint che si era irrigidito e aveva cercato le parole
giuste per affrontare un'ultima volta la collega.
Deglutì a vuoto: ormai aveva perso la verve combattiva
soprattutto a causa della distrazione del padrone di casa che lo faceva
sentire, lui e la sua scenata di gelosia, quantomai fuori posto. Quando
parlò, lo fece più pacatamente “Dimmi
solo una cosa. Poi giuro che non ne parleremo più.
Perché ti sei fatta coinvolgere nella storia dei Chitauri?
Te lo chiesi al mio risveglio, in infermeria, ma rimanesti sul vago.
Per quanto Stark possa essere stato il tuo punto debole, non credo
saresti arrivata a tanto...” Si maledisse perché
la sua voce non suonò ferma e sicura come avrebbe voluto. Ma
ormai non importava più, voleva solo sapere e mettersi il
cuore in pace “Era per lui... vero?” disse, senza
guardarlo, ma sottintendendo Capitan America. Sono compromessa,
aveva detto vaga. Era questo che intendeva? Era... incinta? O, peggio, innamorata?
Sei una spia, non un
soldato... le aveva detto.
“Mi dispiace...” disse solo, chinando la testa e
lasciando che una lacrima le solcasse il viso.
Fu allora che Clint si arrese. Tutto quadrava alla perfezione. I tempi,
le piccole gentilezze di Steve che gli erano sembrate solo residui di
un'educazione diversa e vetusta, le risposte che lei (non) gli aveva
dato. Tutto quadrava con quella giustificazione: si era lasciata
coinvolgere perché Cap era un suo amico e forse, sin da
subito, qualcosa di più. Si era innamorata di Bucky che era
il suo istruttore. Una cosa ridicola che rasentava il più
stupido cliché dei romanzetti femminili di second'ordine. Ma
Cap le aveva salvato la vita dalla Mano quand'era bambina. E tra il suo
salvataggio, in età adulta e non del tutto disinteressato, e
quello del primo Vendicatore, in età facilmente
influenzabile, non c'era proprio paragone. E sarebbe stato
comprensibile.
Che stupido era stato a non capirlo subito.
Lei era una spia e non un soldato, certo.
Ma lui lo
era.
Forse all'inizio era stato solo istinto, da parte di uno o di tutti e
due. Poi, tornati sani di mente, avevano operato come solo loro,
probabilmente, avrebbero potuto. Tanto per cominciare lei non sembrava
essere molto tagliata per le questioni amorose, il che avrebbe lasciato
a lui tutto il margine di manovra di cui avrebbe avuto bisogno un uomo
del secolo prima. Un uomo, probabilmente, abituato al corteggiamento
vecchio stampo: una vita di languide occhiate, ogni tanto un fiore
lasciato sul cuscino e, forse, dopo vent'anni, sarebbe riuscito a
chiederle di uscire a bere qualcosa, da amici, per non
spaventarla con proposte più impegnative, certo... ce lo
vedeva a perdere l'eternità nel farla capitolare. Anche
perché, da uomo d'onore qual'era sicuramente, non l'avrebbe
mai lasciata da sola per un suo errore,
per un suo momento di poca lucidità: si sarebbe preso le
proprie responsabilità e non le avrebbe mai tradite,
nonostante la vita eterna che li attendeva. Sì, Cap era
capace di questo e altro.
Come se quella discussione non avesse mai avuto luogo, si
allontanò di un passo e girò sui tacchi. Stava
per inforcare la porta quando la squadra di agenti S.H.I.E.L.D.,
capitanati da Coulson e da una ragazzina dai capelli cortissimi, fece
irruzione nella sala. Nessun segno del biondo dio del tuono.
“Preparo i bagagli e arrivo... Avvisa Fury... o Maria... che
i Widowmaker sono sciolti definitivamente!” disse solo
eludendo lo sguardo indagatore dell'agente di collegamento. Coulson non
fece in tempo a voltarsi e chiedere spiegazioni alla sua partner
storica che, anche quella, era svanita nel nulla. Insieme a Cap.
1 Storia narrata nel primo numero del
nuovo Occhio di Falco
di Fraction e Aja (Episodio Fortunato)
2 Chiunque sappia qualunque cosa su
Natasha non si preoccupi. La so anch'io ed è ovvio che si
tratta di un tranello. Spiegherò tutto al momento opportuno.
Quanto alla scorta di ovuli...beh, io la sapevo diversamente
(cioè che si va in meno pausa quando finisce la scorta)
invece pare che no. O almeno.. così han detto i medici...mi
fido: se non lo sanno loro...
Nel film, la vicenda prende all'incirca un mesetto, in
reltà. Nat avrebbe quindi
effettivamente avuto tutto il tempo di rimanere incinta, scoprirlo,
perdere poi il feto nello scontro
Altra cosa, nel combattimento del film è lui che si becca un
calcio in pancia, non lei. Anche se nel mezzo della colluttazione
c'è un cambio scena e ci troviamo nella sequenza Thor-Loki e
la morte di Coulson. In ogni caso, una vicenda del genere potrebbe
bastare a giustificare un aborto (avvengono -quando naturali- per molto
meno nei primi mesi)
3 James è il nome che
è stato dato davvero al figlio di Cap e Nat (credo per
questo motivo) nel film animato del 2008, Next Avengers,
sequel di Ultimate
Avengers (1 e 2). Ora... di questa relazione non mi pare
ci sia alcun accenno in nessun fumetto. Potrei pure sbagliarmi: di
certo non ce l'ha nella versione Ultimate,
da cui è tratto... e lei ha avuto storie famose con Clint,
Matt (Murdock), Tony, James... ma non con Cap. Anche perché
lui c'ha la biondona onnipresente Agente 13 - Sharon Carter. E da un
pezzo.
La storia di Cap sembrava già una forzatura in questi due
cartoni quando poi arriva questo
Volete il colpo di grazia? Eccovi
accontentati
Se avete il dubbio che sia un fake e che non siano gli attori (come ho
fatto io! Perché è una cosa che mi rifiuto di
accettare -da che pulpito!-)
ecco qui la prova.
E visto che la notizia è relativamente fresca, mi sento meno
in colpa per aver introdotto questa variante prima di sapere che cmq
nel film avevano intenzione di fare altrettanto (io ho preso dal
cartone e tutto perché volevo accennare a una storia
più canon di questa, che però riguarda Clint).
4 Azura Eliot (Thena Eliot). Un'Eterna
(ci torniamo presto su chi siano gli Eterni, i Celestiali e compagnia
cantanti) che lavora per Tony nel settore sviluppo armamenti e
rappresenta l'archetipo della dea guerriera e giusta (in pratica
Atena/Minerva. Archetipo, perché poi, nell'universo Marvel
c'è pure Atena la divinità Greca... motivo per
cui ho lasciato il nome umano di Azura, per evitare casino)
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Capitolo 12 *** Fine dei giochi ***
12.
Fine dei giochi
Con la scomparsa dei litiganti, era sceso un silenzio imbarazzato che
venne presto interrotto dalla ragazzina che sembrava capitanare il
gruppo appena giunto.
Non si fece scrupoli, né sembrò prestare
particolare attenzione alla situazione carica di tensione. O forse lo
fece e si comportò arrogantemente di proposito.
“Bene! Vi abbiamo portato l'asgardiano come richiesto
dall'Agente Romanoff. Non c'è bisogno di dirvi che qualunque
cosa scopriate dovrete riferirla immediatamente a Maria. O direttamente
a me, se volete. Queste...” disse sbattendo sul tavolo un
plico di documenti cartacei “...sono le nuove disposizioni
per le nostre comunicazioni interne nel caso HYDRA avesse degli
infiltrati all'interno dello S.H.I.E.L.D. Sappiamo benissimo che Lei...”
disse guardando Tony in cagnesco “... non ha problemi a
bypassare i nostri sistemi di comunicazione ma, per evitare che
qualcuno ne sfrutti la scia, Le chiediamo, cortesemente, di
attenersi al protocollo...”
“Mi stai prendendo in giro, ragazzina?”
sbottò divertito il padrone di casa
“Agente...” disse guardando Coulson
“...è un altro scherzetto dei vostri? Ma quanto
tempo avete da buttare nel cesso per perdervi in queste
stronzate?”
“Ha detto ragazzina?”
sibilò la giovane agente in posa marziale prevaricandolo e
impedendo a Coulson di fornire una qualunque risposta.
“Cos'è, sei già sorda alla tua
età? Sì, ho detto ragazzina. Non puoi
avere più di quindici anni...” la derise ancora
Tony.
Quella non batté ciglio, lo afferrò per il polso
e con un abile mossa di una qualche arte marziale lo stese sul tavolo,
lasciandolo boccheggiante e terrorizzato per pura pietà
“Il mio nome è Daisy, nome in codice Quake. Non ragazzina. E
conosco almeno una dozzina di metodi più cruenti che
spezzare un braccio, per uccidere, tra i quali spappolarLe il cuore o
il cervello. Ho quattordici anni1, è
vero, ma ho un livello 10. Cosa che Lei, Signor Anthony Stark,
può pure sognarsi...” quindi lo lasciò
andare senza tante cerimonie.
“Certo che qua c'è da aver paura... sembrate tutti
così carini e pacifici... anche lei, Agente, è
così letale?” domandò il magnate,
riprendendosi e tossendo, rivolto a Coulson
Quello stirò un sorriso pacioccone “Se mi si fa
arrabbiare, sì!”
Stark sgranò gli occhi, scettico “Ah
già, il taser, ricordo...2”
commentò prima di guardare Pepper come a dire “Ma
parlano sul serio? Devo davvero fare attenzione a questi agenti
insulsi?”
“Rispettate il protocollo...” aggiunse ancora la
ragazza “E ora, Coulson, portami subito dall'androide che
hanno catturato ieri...”
“E voi come fate a sapere di Vision?”
sbiancò Pepper che ancora non aveva capito con chi avevano
davvero a che fare
La ragazzina, Daisy, la guardò con sufficienza, studiandola
da capo a piedi con uno sguardo quasi inorridito “Signorina
Pots, cosa crede che sia lo S.H.I.E.L.D.? Un parco giochi per bambini
troppo cresciuti? Solo perché finora vi abbiamo fatto fare i
porci comodi vostri... Sappiamo di Visione e sappiamo anche che il
controller remoto di Pym ha combinato un gran casino. E voi manco ve ne
siete accorti! Andiamo!” ordinò dando le spalle ai
presenti e spintonando Coulson perché la guidasse a
destinazione. Subito, però, si fermò per
rivolgersi al resto del drappello “Pierce...” disse
rivolgendosi a un uomo dalla scura chioma leonina “Tu aspetta
sul Quinjet mentre la tua Squadra Nera aspetterà Barton:
quando sarà pronto lo scorteranno di sopra. Io devo
controllare questa cosa ma sarò di ritorno in meno di un
quarto d'ora. Solo in quel momento darai l'ordine ad Alexander di
tradurre l'asgardiano in questa sala. Fino ad allora...”
disse osservando i Vendicatori ad uno ad uno
“...resterà sotto la nostra
sorveglianza!”
Quando lei e Coulson furono inghiottiti dalle porte d'acciaio
dell'ascensore, Gambit soffiò rumorosamente
“Tremenda... altro che la nostra Jubilee...”
ghignò rivolgendosi a Rogue che annuì appena.
Logan prese posto accanto a loro, accavallò le gambe e le
buttò sul tavolo “Voi ancora non avete visto come
gira davvero il mondo...” sospirò rivolto ai
presenti in stato di shock per quel comportamento così duro
da parte della giovane agente. “Rogue sa di cosa parlo, ma
pure tu, Cajun, dovresti darti una svegliata” aggiunse
fissando il ladro con cui faceva squadra “Anche tra noi X-men
c'è chi ne ha passate di cotte e di crude...”
spiegò brevemente alla piccola folla, prima di perdersi in
qualche ricordo.
“Ti riferisci a qualcuno in particolare?”
domandò Gambit senza spostare lo sguardo dalla porta in cui
erano scomparsi gli agenti.
“Se non bastasse quello che hanno passato Marie e Kurt...
bah...che schifo...” disse buttando la testa all'indietro
“E dire che mi sono lasciato coinvolgere da
quest'organizzazione di merda ancora una volta...”
“Ehi, un po' di rispetto!” protestò
Tony, venendo bellamente ignorato
“Si può sapere di cosa parli?”
protestò il francese che ormai moriva di
curiosità. Era uno di quei racconti che non aveva mai avuto
la fortuna di ascoltare.
Quello sbuffò, pentendosi di essersi fatto scappare quelle
parole “Ricordi quando parlammo del progetto Arma Plus? Anche
l'ultima volta, che c'era Rogers? In un modo alquanto contorto era
coinvolto anche lo S.H.I.E.L.D. Motivo per cui non volevo averci nulla
a che fare e per cui non mi sorprendo che quella ragazza sia
così dura. Ma può essere solo carattere: tendo a
vedere il marcio ovunque, ormai...”
“Se ti faceva tanto schifo perché non sei rimasto
a Westchester?” replicò ancora il francese
“Fury è un amico e non c'entra praticamente nulla
con lo S.H.I.E.L.D. Con quello
S.H.I.E.L.D. Se non tangenzialmente: è stato vittima lui
stesso di quei tagliagole da cui fuggo io e per combatterli
è costretto a lavorarci fianco a fianco. Un po' come nel
Judo: con minimo sforzo, sfrutti la forza dell'avversario e gliela
ritorci contro, atterrandolo.” scosse la testa, schifato
dalle connessioni che legavano le cose e le persone “Se pensi
che quello che hanno subito loro...” disse indicando i due
fratellastri “...o quello che è capitato a me sia
il peggio che la mente umana possa concepire... beh... tanto per fare
un esempio, pensa che hanno fatto lo stesso, forse anche di peggio, a
una ragazzina che all'epoca era solo una bambina...”
“La famosa X-23” saltò su Spider-man
improvvisamente curioso e attento.
“E tu come lo sai?” domandò Logan
guardandolo di traverso, tornato improvvisamente al mondo reale e
storcendo il naso davanti alle guardie in tenuta antisommossa, con
tanto di elmetti e fucili.
“Mi sono documentato.” Lo informò
entusiasta il fotoreporter “E tramite la rete di Stark ho
avuto accesso a tutti i file che lui
si era scaricato dal database dello S.H.I.E.L.D.”
“Cos'è che hai fatto, piccolo
manigoldo?” urlò Stark andando a prenderlo per la
collottola, nemmeno fosse un gattino spaurito.
“I tuoi protocolli di sicurezza fanno abbastanza schifo. E lo
sai che sono un piccolo Nerd... Non mi sorprende che ci sia gente che
entra ed esce tranquillamente da questa torre portandosi via armature o
progetti segreti...” replicò il giovane, alludendo
alle immagini che solo il giorno prima erano state sbattute in faccia
al miliardario filantropo, accusato di cercare di far crescere la
propria popolarità inscenando finti attacchi alla sua
persona.
“Ma... ma se l'ha progettato Pym?”
replicò quello, indispettito da quell'accusa.
“Evidentemente il tuo misero
contributo ha compromesso tutto, Tony...” lo derise Pepper
“Io te l'ho sempre detto: pensa a fare ciò che ti
riesce meglio.”
“E sarebbe?” domandò lui arcigno.
“Armi, armature, macchine, hardware in generale. Ma non
giocare coi software, non è roba tua!”
precisò la donna.
“Io sono un genio!” protestò quello,
puntando i piedi come un bambino.
“Certo, negli armamenti. E riesci a fare collegamenti che le
persone normali si sognano. Ma per il resto sei una persona come tutte
le altre e non puoi sapere tutto di tutto: altri campi, altri geni. La mente è come una
soffitta, diceva Sherlock...”
“Lo so, lo so...” la zittì lui
“Non può esserci spazio per tutto: devi togliere
quello che è superfluo...”
“Insomma... chi sarebbe questa X-23?”
domandò Gambit, poggiato svogliatamente sul palmo della
propria mano “Io non ne ho mai sentito parlare... e sono a
Westchester da un po' di tempo. Tanto quanto Rogue, almeno.”
Ma anche lei scosse la testa, dichiarandosi all'oscuro di quella
faccenda.
Logan esitò un attimo. Quindi sbuffò. Se non
avesse parlato lui, l'avrebbe fatto sicuramente il piccolo ragno.
“Diciamo che è... mia figlia...”
“Cosa?” alitò Rogue. Il suo cuore perse
un battito.
“Laura, in realtà, è un mio
clone...” Precisò Logan lasciando la frase in
sospeso, incerto se continuare o meno.
“Che nome grazioso” commentò Rogue
rilassandosi e cercando di capire in quale modo una ragazzina fosse
coinvolta nel progetto Arma Plus, di cui portava, indiscutibilmente, il
soprannome che accomunava tutte le cavie a partire dal grande successo
che era stato Wolverine, l'Arma X, il decimo e più
rappresentativo. E se Laura era sua figlia, a maggior ragione, la X
identificava la loro parentela.
Si era tutto sommato rilassata, nel sapere che Logan non avesse avuto
davvero figli con altre donne – una parte di lei ancora
rifiutava di essere attratta da Gambit e sperava e soffriva per le
vicende legate a quell'uomo che amava più di un padre
– ma sgranò nuovamente gli occhi quando il
canadese aggiunse “...A differenza di Daken...”
sospirò l'uomo scuotendo la testa.
“Il pazzo
psicopatico tatuato in pose da diva come Feyd-Rautha e col complesso di
Elettra3!”
strepitò Deadpool “Lo
conosco quel bastardo, lo conosco! Mi fa fatto quasi morire per
emorragia! Certo, il piccolo meticcio non si è potuto
sviluppare come qualunque altro essere umano, poverino...”
sentenziò il mercenario saltellando sul suo posto “Essere stato
strappato dal ventre materno ed essere allevato da dei delinquenti gli
ha procurato qualche tara...”
Gambit arricciò il naso per l'orrore mentre Rogue
rabbrividiva, rivivendo un passato che continuava a bussare alla sua
porta ogni volta che l'argomento veniva sfiorato.
“Di quali atrocità sta blaterando?”
strepitò Pepper, nauseata.
Logan sbuffò, grattandosi la testa, nervoso.
“Possiamo parlarne dopo? Quando saranno andati
via?” disse indicando il drappello di agenti in tenuta
antisommossa che piantonava la sala. “Anche perché
la Principessa
ha avuto un certo ruolo in parte della faccenda. Magari
potrà raccontarvela lei...”
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Il vantaggio di essere un agente, una spia, un soldato stava
soprattutto nel fatto che i propri effetti personali, quelli davvero
necessari per la sopravvivenza, potevano essere ridotti all'osso e
raccolti in pochi minuti. Anzi, poteva permettersi di partire anche
seduta stante tanto non aveva grandi legami affettivi con quegli
oggetti. L'unica cosa che poteva servigli era il telefono; non le armi,
di cui sarebbe stato dotato a profusione se solo avesse fatto un cenno
ma a cui era affezionato e che sapeva come maneggiare, conoscendo, di
ciascuna, i difetti e le caratteristiche peculiari; non i vestiti,
visto che prevalentemente indossava la divisa, l'Agenzia avrebbe potuto
fornirgliene mille altre uguali. Considerato che avrebbe dovuto
indossare nuovamente i panni di Ronin, poi, la divisa che stava
piegando era del tutto inutile.
Quella nera e oro di Carousel che gli serviva e di cui aveva ancora un
paio di cambi nel suo appartamento (da quanto era chiuso e abbandonato?
Da quando viveva praticamente con Natasha. Tornava ogni tanto, quando
le loro missioni non coincidevano. E ora era assente da troppo tempo:
quando fosse tornato avrebbe dovuto fare grandi pulizie!) di sicuro non
gli sarebbe andata bene: o era ingrassato o, in ogni caso, l'uniforme
sarebbe stata rovinata, a stare chiusa nel baule per tutto quel tempo.
Ma fare i bagagli, o tentare di farli (visto che era un maniaco
dell'ordine che, Natasha permettendo, teneva tutto al proprio posto)
era un rito meccanico che gli svuotava la mente e lo calmava. Come
pulire le proprie armi.
Si scoprì ad essere impaziente di tornare alle origini, a
Ronin, alla vita semidelinquenziale ma anche al rigore che
ciò comportava. Le sue spade e la sua divisa, i suoi
incarichi d'ufficio davanti ad apparecchiature elettriche per le
interferenze e poi sul campo, dove le sue doti funamboliche tornavano
davvero utili per recidere i collegamenti fisici posizionati in luoghi
assurdi e normalmente inaccessibili.
Il suo corpo sarebbe tornato un tempio lucido e pulito. Un ricordo
piacevole, dei tempi in cui era stato un arrogante scavezzacollo, si
affacciò alla sua memoria.
“Sono stanco...”
aveva sbadigliato dopo una nottataccia di lavoro in cui era stato
affiancato da Logan di cui, però, all'epoca conosceva solo
il nome in codice, Wolverine. Soprannome di cui non aveva capito il
senso finché non l'aveva visto in azione, lui, la sua
ferocia e i suoi artigli. Ecco perché gli dava una mano. Una
coppia di spade non sarebbero mai bastate e altre sei lame facevano
comodo.
“Fatti una
birra, amico!” aveva detto l'altro, passandogli
una lattina. Clint non aveva nemmeno voluto sapere da dove l'avesse
pescata.
“Il mio corpo
è come un tempio...” aveva risposto
allontanando quella tentazione. Certo, perché essere Ronin
richiedeva concentrazione, lucidità e serietà. E
qualche rinuncia.
“Allora fa
entrare una birra nel tuo tempio. Non ci vedo cartelli che lo vietino...”
aveva replicato l'altro. Aveva trovato quell'atteggiamento molto
strano, perché Wolverine, da quello che sapeva, conosceva a
menadito il Bushido. Ma Clint sapeva anche che in Giappone il mutante
aveva avuto qualche problema. Per non parlare del suo metabolismo:
diverso da quello di tutti gli altri esseri umani, troppo veloce, non
poteva ammalarsi, non poteva ubriacarsi o drogarsi. Non poteva nemmeno
morire. Non poteva fare nulla di dannoso a se stesso nemmeno volendo.
Sbuffò sentendosi improvvisamente osservato e percependo un
profumo particolare nell'aria, che conosceva fin troppo bene
“Cosa vuoi?”
“Nulla, mio caro...” disse giuliva una voce di
donna alle sue spalle mentre si lasciava cadere a peso morto sul letto
sfatto “Bel casino questa stanza, complimenti. Tu e Nat ci
date proprio dentro, eh?”
“Se non hai di meglio da fare, Jessica, ti consiglio di
girare al largo. O potresti, accidentalmente,
inciampare in una mia freccia.” la informò
rigirandone la punta acuminata di una tra le dita
“Non mi faresti mai nulla del genere, Clint,
suvvia...” ridacchiò l'altra rotolandosi sul
materasso come una bambina.
“Falla finita. Sei snervante!” sbottò
lui lanciando un coltello che si piantò nel materasso a un
centimetro dal naso di lei. Che, però non batté
ciglio e riprese a rotolare in senso inverso.
“Sei represso, Clint!” replicò tornando
a sorridere, per niente intimidita
“Smettila!” ringhiò lui “A
stare con HYDRA sei diventata una vera serpe!”
“Sciocchezze...” si imbronciò quando lui
andò a recuperare il pugnale. Rotolò rapidamente
su se stessa, ingabbiò l'arciere tra le sue gambe e lo fece
cadere sul letto, atterrandolo violentemente. “Uno,
due...” cominciò a contare
“Knock-out!” esultò “Noi
dell'HYDRA siamo delle sirene, dovresti saperlo...” sorrise
complice e maliziosa.
Ma lui se la scostò di dosso con poca grazia
“Sempre rettili dalla lingua biforcuta...”
“O-Oh, parla un uomo ferito... scommetto che la colpa
è di una certa rossa? Cos'è? Hai fatto cilecca e
lei ti ha piantato in asso?”
“Sta con Rogers, non seccarmi!” ringhiò
cacciando le sue cose nel borsone alla rinfusa: addio rito calmante.
“O-Oh... ti sei fatto battere da un nonnetto... certo, il
rigor mortis, una bassa temperatura e certe pilloline blu possono
aiutare ma te le sconsiglio...”
“Sei disgustosa!” replicò lui
“Ci tengo alla tua salute, che tu rimanga vivo!”
sghignazzò divertita la mora “Per l'amor del
cielo, Clint! La sto solo buttando sul ridere... che serioso che sei
diventato...” Lui sembrò quasi non sentirla e
continuò ad affaccendarsi per la stanza senza parlare
“Davvero? Lei e Rogers..? Non è che è
una bufala delle sue?”
“Dimmelo tu!” sbottò l'arciere
fermandosi di colpo e schiaffando le magliette nella borsa prima di
risedersi sul materasso a controllare il contenuto della sacca
“Sei tu la spia! Dimmelo tu se sta mentendo. Usa i tuoi
poteri e renditi utile, al posto di istigare me all'omicidio”
“Al di là che io sono solo al livello 7 e lei
è al 10 e la vedo difficile cavar -letteralmente- un ragno
dal buco... di chi è che stai meditando
l'omicidio?” domandò quella divertita
“Il tuo!”
“Oh, non ne saresti capace, Clint..”
buttò lì fingendosi imbarazzata “Ma
dimmi... cos'è che ti piace tanto di Natasha?”
“Per l'amor di Dio, Jessica! Non sono affari tuoi!”
“Essere
acciento riusso, da?” domandò lei,
facendo alzare gli occhi al cielo all'arciere. Gattonò fino
a dove stava lui e si mise in ginocchio, sul materasso, sporgendosi per
abbracciarlo “Tu
sa che io parla correntemente riusso come seconda lingua, da?
Una di quelle lingue biforcute di cui parlavi... non sei curioso di
sapere com'è baciare una rettiliana?” Lui
cercò di allontanarsela ma lei si aggrappò
più forte “E poi parlo anche Coreano, Francese,
Spagnolo, Portoghese e Tedesco... Lingue calde...” gli
sussurrò all'orecchio “Passionali... certo, non il
Coreano... Ammetto che mi manca il latino ma è una lingua
morta...” disse sporgendosi da sopra la spalla e lasciando
che i lunghi capelli neri scivolassero sul petto di lui “Non
ti ecciterai mica per i cimeli storici, vero? Oddio... Nat è
vecchiotta...” constatò puntellando i gomiti sulle
sue spalle e usandolo come appoggio per le sue elucubrazioni
“Se sei un necrofilo e ti piacciono le anticaglie sono
fregata, dannazione! No a te piacciono le donne dispotiche. Come Nat e
Barbara, sì!” sbuffò “Non ho
proprio possibilità...”
“Jessica...” sospirò quello ai suoi
sproloqui “Per favore, puoi scendere? Mi stai accavallando i
nervi del collo...”
“Oh, scusa tesoro...” disse rimettendosi dritta e
tentando di massaggiargli la parte lesa “Però,
vedi... forse una Vedova Nera è un po' fuori dalla tua
portata...”
“Che vuoi dire?” domandò lui, stanco di
opporlesi
“Beh, puoi sempre puntare a un ragno più comune...
domestico... innocuo...” sillabò pizzicandogli
debolmente la pelle del collo con le lunghe unghie laccate di rosso.
“Parli di te stessa, immagino...”
“Da cosa l'hai capito?” strabuzzò
facendo la finta tonta “Sai... io non sono velenosa... non
dormo con le armi addosso... e, cosa forse più importante,
non ti uccido dopo.”
Clint sbuffò, le prese le mani, se le tolse di dosso e
ruotò sotto l'arco delle loro braccia per riuscire a
fronteggiarla. Fece per aprire bocca che lei lo zittì
posandogli con un dito sulle labbra “Non mi importa se pensi
a lei. Puoi usarmi quante volte vuoi... Sai, avevo giusto bisogno di un
diversivo. La vita allo S.H.I.E.L.D. è un po' monotona da
quanto Carol non c'è più e tu te ne sei
andato...” disse suadente.
Clint non si lasciò incantare “Non è
che stai facendo tutto questo per farle un dispetto? Anche se non
capisco che senso avrebbe visto che non puoi farla ingelosire. Non
più, per lo meno.”
“E perché mai dovrei?”sbottò
quella ritraendosi di scatto, offesa
“Per quello che ha fatto ai tuoi genitori, forse. Cosa ne so
io di come sragionate voi donne. Ancora non vi ho capite!”
“Allora le dovrei un favore!” preciso quella.
“E odio sentirmi in debito con qualcuno.”
“D'accordo. Allora cos'è che ti spinge a rompermi
così tanto le scatole? Mi infastidivi anche ai tempi in cui
Barbara faceva parte della squadra...”
“Ti è mai passato per l'anticamera del cervello
che potessi essere interessata a te senza un secondo fine,
Clint?” domandò lei risentita lasciandosi cadere
sul letto e dandogli modo di finire i preparativi “E che non
abbia mai
usato i miei poteri su di te perché non mi sembrava giusto?
Sennò, bello mio, saresti già capitolato, a
quest'ora! Cos'è, una donna deve fartela vedere e tenerti
alla catena o importi la sua presenza perché tu capisca
qualcosa? Sei un po' duro di comprendonio, ottuso di un
falchetto...”
“Smettila di prendermi in giro...”
replicò l'arciere ridendosela di gusto “E' la cosa
più sciocca che abbia mai sentito. Con tutti quelli che puoi
avere, vieni proprio da me? E, guarda caso, sempre quando
c'è Ronin di mezzo”
“Il fascino del cattivo ragazzo, immagino...”
rispose civettuola, stendendosi languidamente sul letto e
stiracchiandosi come un gatto steso al sole. Quando Clint fu pronto, si
lasciò cadere nuovamente sul bordo del letto per sistemarsi
gli anfibi e gli accessori da polso. Jessica si allungò
verso di lui, spingendo con le gambe sul materasso e strisciando sulla
schiena come un lombrico capovolto. Quindi posò la testa
sulle sue ginocchia con fare stanco “Sei sicuro che ti vada
bene così?” domandò quando lui ebbe
finito di sincronizzare il cronografo rattrapante che aveva al polso.
Senza aspettare una risposta, si puntellò sulle braccia e si
protese verso di lui, dandogli tutto il tempo di rifiutarla
definitivamente.
1 Come dicevo nel capitolo 26 di Preludio,
Daisy ha 14 anni nella serie degli spillati che escono regolarmente in
edicola. Ma originariamente, al suo reclutamento in Secret War (e di
seguito in Secret
Warrior e compagnia) ne ha 17. Ma in quelle versioni Fury
era l'uomo bianco simile a David Hasselhoff (bello lui), in questa,
l'uomo nero alla Samuel L. Jackson. Quindi, visto che prendiamo da
quest'ultima, prendiamo pure le età ;)
2 Rivedetevi Iron Man 2
se avete perso la battuta. ;)
3 Daken ha il pesante complesso di essere figlio del mitico Wolverine
e, per quanto sia brutale, teme di non essere all'altezza del genitore
(disagio accentuato dal mezzo lavaggio del cervello che gli ha fatto
Sabretooth). In realtà, come si vede in X-force, non avrebbe
desiderato altro che crescere come un bimbo normale, amato dal padre.
Feyd-Rautha Harkonnen è uno dei personaggi del romanzo di
Frank Herbert, Dune
(nel film di David Linch interpretato da un giovanissimo -e fighissimo-
Sting -seppur con mutande ridicole): ingegnoso, dotato di grande
abilità e destrezza, ha uno spiccata propensione alla
crudeltà e alla perversione. Il modo in cui si pone Sting mi
ricorda tremendamente diverse sequenze in cui Daken posa per i
fotografi (ma anche come usa le piattaforme volanti di Goblin) in modo
da sembrare quasi un modello: bacino avanti e schiena inarcata
indietro. Non proprio una posa marziale e aggressiva.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Eccola qui la storia canon a cui dovevo
fare riferimento: tutto per raggiungere un altro punto della storia
nonostante io rifiuti questa coppia, come rifiuto quella Rogue/Magneto
che, nonostante sia diventata canon è la cosa più
abominevole di cui abbia mai letto. In realtà
perché mi sta antipatica lei. Trovo più
sopportabile l'idea di vederlo con Wanda Maximoff o anche
(perché no?) con una come Tigra, che però
continua a latitare. Al confronto Nat e Cap sono passabili. Ovviamente,
quando si parla di Jessica Drew non si può non parlare di
Skrull e alieni. Quindi -tenuto conto che è coinvolta nel
furto delle Starktech- tenetela d'occhio, perché non
è finita qui.
Con il prossimo capitolo, giuro, la finisco con le porcate di
abbinamenti e mi lancio sul terreno più infido e schifoso
che è quello di Arma Plus. E' stato accennato in Preludio ma
ora ci torno su per bene, così da spiegare perché
l'impiego di Sentinelle non sarebbe nemmeno la più oscena
delle soluzioni. E già che ci sono, cercherò di
dare una risposta a quel che sapeva Loki su certi incendi all'ospedale,
San Paolo etc. :)
Al riguardo non ho trovato nulla nei fumetti e continuo sulla mia idea.
Prima di lasciarvi volevo segnalarvi la fic veloce e leggera partorita
dalla folle mente contorta di Nerily ;) "L'ira
dell'eroe" (chissà di chi si parla...)
Inutile dire il piacere che mi ha fatto (attendo un sequel
ù_ù) visto che, tra l'altro, rappresenta
perfettamente quello che accade nel mio cervello quando scrivo: non
avrei saputo fare di meglio.
Siamo sul metaletterario nonsense, una cosa molto Deadpooliana ma che
mi ha fatto tanto piacere -e ridere come una matta- e sì,
l'ho costretta
a postarla: aveva fatto la fatica, tanto valeva pubblicarla, no?
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Capitolo 13 *** Costretti ***
13.
Costretti
-
ATTENZIONE! -
Avviso
i lettori più sensibili che da questo capitolo, per altri
due, verranno raccontati fatti -puramente immaginari- abbastanza forti
ma non crudi: ho ricalcato e saccheggiato le varie versioni -originali-
senza scendere nella descrizione minuziosa di particolari. Per tanto
rimango nella categoria Arancio
e non scado nella Rossa.
Insomma,
nei fumetti succede e viene mostrato di peggio (tanto per dirne una che
ho trovato particolarmente vomitevole -anche se ho continuato a
leggere come nulla fosse- è stato lo squartamento di Ares a
opera di Sentry in Assedio).
Volevo
solo avvisarvi che saranno capitoli un po' cupi, molto lontani dal
solito registro.
Ma,
come dice Logan, “Consiglio
alle signore di sedersi... e tenere a portata di mano un catino”
La
stanza in cui l'aveva trascinato doveva essere uno sgabuzzino o
qualcosa di molto simile.
on
si vedeva un accidenti e da fuori non arrivava alcun rumore. Non
c'erano telecamere di sorveglianza né diavolerie del genere.
Erano soli e i loro respiri affannati erano l'unico rumore in quello
spazio che riteneva angusto e scomodo.
“Smettila!”
disse per l'ennesima volta con un po' più di sicurezza nella
voce rispetto alle volte precedenti “Smettila, ho
detto!” ribadì sottraendosi ai suoi assalti.
“Non
fare tanto il difficile...” replicò lei
avventandosi nuovamente, avida, sulle sue labbra. Ma lui
riuscì, con uno sforzo di volontà residua ad
allontanarla appena “Non fare così!”
“Cosa
c'è? Non ti piaccio abbastanza?”
domandò per poi esibirsi in un sorriso smagliante e
malizioso che lui non poteva vedere ma che riusciva a immaginare e
percepire dal tono della sua voce “Qualcuno,
quaggiù, la pensa diversamente...”
replicò perfida strusciandoglisi addosso con fare provocante.
“Non
è quello!” rispose lui, esasperato
“Semplicemente... non è giusto!”
“Cosa
non è giusto, precisamente?” domandò
lei “Mi pare che nessuno dei due sia sposato, impegnato o
simili. Siamo entrambi liberi e... ne abbiamo bisogno: tra i due non so
chi abbia più necessità di sfogarsi, in questo
momento...”
“Non
possiamo!” replicò ancora lui, cercando di tenerla
a distanza
“Perché?”
sbottò lei spostando la carica sessuale in vera e propria
aggressività fisica “Perché, Steve?
Peggy è morta... MORTA, capisci? Non c'è
più! È un mucchietto di cenere polverizzata in
qualche parte nel cielo, se tutto va bene... E si era sposata e aveva
avuto un figlio! Non offendi la sua memoria!”
Rogers
deglutì a vuoto: effettivamente non aveva molti argomenti
convincenti dalla sua “E... e Clint? Hai detto
che...”
“Quello
sono affari miei!” lo zittì lei “Lui si
riprenderà presto. E a me serve solo un incentivo per
sbarazzarmene del tutto...” la sentì scuotere
debolmente i ricci rossi che in quel luogo sembravano trucioli neri
come la pece “Cos'è... non ti va bene di essere
l'eletto a questo incarico?” disse afferrandogli una mano che
lui le teneva sulla spalla
“Non
credo sia giusto nei suoi confronti!” rispose mentre lei
intrecciava le dita con le sue
“Tu
non hai alcun obbligo nei suoi confronti. Potresti avercelo con James,
non con lui. E io... Scusa... ragioniamo per ipotesi...”
disse prendendogli anche l'altra mano per poi tirarlo a sé,
azzerando lo spazio tra loro “Se io non fossi, come non sono,
effettivamente, innamorata di lui, dovrei privarmi di ogni piacere per
non offenderlo?” Mentì e Cap esitò ma
alla fine dovette ammettere che, messe così le cose, no, non
si sarebbe dovuta far condizionare perché, altrimenti,
avrebbe dovuto farsi scrupolo per ogni persona che conosceva e che,
forse, la guardava con occhi non totalmente disinteressati “E
se, invece, lui non fosse interessato a me, se fossi io a pendere dalle
sue labbra? Se lui, quindi, mi ignorasse... Ancora, dovrei star qui ad
aspettare che lui si degnasse a considerarmi? O non potrei, se ne
avessi voglia, in pace con la mia coscienza, prendermi ciò
che qualcun altro, gentilmente...”
sottolineò facendo le fusa come un gatto “...
può offrirmi? Se io volessi dimenticarlo in questo modo, se
fossi certa che funziona... perché no?”
“Se
anche l'altro è d'accordo, però...” fu
l'unica obiezione che lui riuscì a muovere
“E
l'altro
è d'accordo?” gli domandò a un soffio
dall'orecchio mentre gli guidava una mano sotto la maglia. Lui oppose
appena resistenza ma lei riuscì a forzarlo “Se a
me andasse bene di essere il sostituto di un certo tenente ormai morto
e sepolto... una specie di donna specchio...”
“Donna
specchio?” domandò confuso e con ormai poca forza
per opporlesi
“Dante,
non potendo amare Beatrice, non potendo nemmeno posare lo sguardo su di
lei, direttamente, perché già sposata con un
altro uomo, nella Vita
Nuova racconta di come si fosse servito di
un'intermediaria: guardando oltre la spalla di questa poteva
comodamente contemplare la sua amata senza che ciò
provocasse alcuno scalpore. E' un espediente vecchio come il
mondo...” spiegò brevemente per poi tornare
all'assalto “Se questo Capitano,
rimasto solo al mondo, potesse accontentarsi di un surrogato che io
fossi disposta a offrirgli... cosa ci sarebbe di male?” disse
mentre faceva saltare l'allacciatura frontale del suo reggiseno.
AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Thor
fu fatto scendere dal QuinJet solo dopo che Daisy e Coulson ebbero
fatto ritorno dalle segrete del grattacielo.
Quando
il biondo dio del tuono comparve in sala, tra i presenti
calò un silenzio sbalordito: il suo carceriere non era altri
che un bimbetto, al massimo dodicenne, armato di katana, che sembrava
esercitare su di lui un controllo mentale notevole.
“Liberalo,
Alexander!” ordinò il suo altrettanto giovane
capitano con arroganza.
“Come
vuoi...” replicò il marmocchio. Chiuse gli occhi e
chinò il capo.
Thor,
a sua volta, batté gli occhi un paio di volte e quando
capì dove si trovava si volse verso il ragazzino e si
inginocchiò davanti a lui, lasciando i Vendicatori del tutto
attoniti.
“Ti
rendo onore, Phobos, dio della paura, figlio di Ares, dio della guerra.
Che i nostri regni possano continuare sulla lunga strada della
collaborazione tracciata dai padri dei nostri padri per la salvaguardia
di Midgard...” Thor si rialzò e lo
scrutò ancora. Quindi sorrise e gli scompigliò i
capelli “Sei cresciuto molto dall'ultima volta... Sicuramente
mio fratello1, tuo
padre, è fiero di te. Ti ringrazio per la clemenza
dimostrata nei miei confronti.”
Il
bimbetto, da parte sua, infastidito da quel gesto troppo confidenziale,
ascoltò tutto il discorso con aria annoiata. Infine,
liquidò il dio norreno con un gesto seccato della mano
“Sì sì sì. Pace e
prosperità a te, porgi i miei saluti al vecchio guercio, io
farò altrettanto col vegliardo che corre dietro alle
ragazzine e tante care cose. Daisy, abbiamo finito? Io vorrei tornare
alla mia partita di Call of Duty, se non ti dispiace...”
disse brusco, rivolgendosi al capitano della squadra.
La
giovane agente, sorrise all'esuberanza del ragazzino. “Tieni,
ti ho preparato un paio di panini... va a mangiare mentre io finisco di
dire due cose a questi signori...”
“Non
trattarmi da cretino!” replicò il moccioso,
strappandole il sacchetto dalle mani “Ci si vede,
gente!”
Quando
se ne fu andato, un uomo e una donna presero posto alle spalle del
giovane capitano manco fossero le guardie del corpo personali della
pupilla di Fury. Rodriguez e James, così recitava la loro
targhetta identificativa. Erano entrambi inquietanti. Alla faccia del sorridenti e coccolosi:
lei aveva protesi bioniche al posto delle braccia e lui girava armato
di catena come il più fetido delinquente scappato al
peggiore dei serial televisivi degli anni ottanta.
“Certo
che sei brava a gestire il pupo...” ridacchiò
l'uomo che, muovendosi, fece tintinnare tra loro gli anelli della
catena.
“J.T.!”
lo rimbeccò la donna al suo fianco, assestandogli una
gomitata nel fianco.
“Che
c'è? É vero, Yo-yo!”
“Finitela
tutti e due!” ordinò Daisy, perentoria
“Devo già evitare che il dio della paura
dia di matto per un errore di salvataggio della sua X-box o per un
attacco di fame. Ci mancate solo voi...” quando si volse a
redarguirli, intravide i componenti della squadra nera sghignazzare
della sua incapacità a tenere a bada i propri uomini, quindi
alzò appena il tono della voce e aggiunse “Io
sarò alle prime armi, ma non temete: una volta a bordo non mi
apparterò col capitano Pierce e non
riferirò della vostra insubordinazione.” Il solo
nominare il loro capitano avesse rimesso in riga quegli agenti molto
più vecchi di lei. Stirò un sorriso, compiaciuto:
tutto si poteva dire fuorché che le mancasse l'iniziativa e
la creatività. Si rivolse, quindi, al gruppo di Vendicatori.
Dopo le raccomandazioni di rito, si prese ben cinque minuti per fare un
bel cazziatone a Tony per quello che lui e Pym avevano combinato con
Visione.
Già,
perché, a quanto pareva, il congegno di controllo installato
il giorno prima al sintezoide aveva avuto lo spiacevole effetto
collaterale di formattarne la memoria. Qualcuno -complice
del pasticcio- doveva, quindi, prendersi la briga di contattare Pym e
sistemare il problema in tempi brevi. Dove, chi, come non
era un suo problema. Anzi, suo il casino (principalmente di Pym), suoi
i modi per risolvere la questione, ivi compresi anche i problemi legati
al trasporto e quelli logistici oltre che la mera riparazione.
Barton
si affacciò nella sala a metà della ramanzina per
andarsene praticamente subito, carico solo del suo borsone e scortato
dalla squadra Caterpillar Nera, senza dire una parola di commiato ai
suoi -ormai ex- compagni di squadra. Non cercò né
la spia né il soldato. Se ne andò come se non
conoscesse nessuno in quella stanza: d'altronde, si era unito a loro
quasi per caso, non aveva superpoteri e... non era fatto per il lavoro
di squadra.
Al
suo fianco, come un'ombra, c'era un'agente che attirò
immediatamente l'attenzione di tutta la squadra. Era una donna
mediocre, né bella né brutta; senza il minimo
appeal, infagottata com'era nella mimetica delle squadre speciali; non
una stangona né particolarmente aggraziata. Eppure tutti
sembravano aver perso improvvisamente la testa: tutti gli uomini
presenti in sala diedero improvvisamente di matto, sgomitando per
raggiungerla, neanche fosse stata vestita in abiti succinti. Le uniche
eccezioni a quello strano comportamento erano rappresentate dagli
agenti che piantonavano la sala che rimasero immobili nel loro assetto.
Erano dotati di una sorta di maschera antigas che Rogue e Pepper (anche
loro stranamente immuni a quel delirio generale), in un primo momento,
avevano scambiato per un comune elmetto da pilota. Le due donne non
avevano affatto considerato strana ed eccessiva quella
meticolosità protettiva: collegarono il fatto solo in un
secondo tempo. Ma al momento dei fatti erano troppo sconvolte dal
comportamento dei loro amici. Un comportamento simile, infatti, era
comprensibile da un maniaco allupato come Deadpool o da un cascamorto
-per quanto innamorato- come Gambit. Anche un playboy incallito come
Tony (nonostante, teoricamente, avesse messo la testa a posto) non
destava eccessivo scalpore. Ma che anche Kurt e Peter reagissero in
modo tanto viscerale sembrava strano.
Pure
il comportamento di Thor strideva con l'immagine seria che le due donne
si erano fatte di un dio abituato a chissà quale
autocontrollo.
L'unico
che sembrava contravvenire la sua natura era Logan, il più
brutale e istintuale del gruppo che, semplicemente, arricciò
il naso infastidito ma che non si prese la briga di scendere in campo
per rivendicare alcun diritto su quell'osso.
In
tutto quel marasma, però, non sfuggì al loro
occhio attento la singolare reazione dell'arciere: non stava sbavando
come gli altri ma una certa tensione era facilmente leggibile nella sua
posa rigida e nei suoi arti contratti.
Non
appena il drappello di agenti S.H.I.E.L.D. si fu dileguato con quei due
al seguito, la tranquillità tornò immediatamente.
Sembrò che nulla fosse accaduto e Daisy poté
finire il suo liscebusso.
Quand'anche
la squadra bianca si fu dileguata, riportando Coulson sull'aereo
insieme a loro, Deadpool (precedentemente impegnato a cercare di
svicolare dalla sua trappola inflessibile) sembrò sorpreso
di ritrovarsi faccia a faccia con l'ennesimo componente dei Vendicatori
“Cazzo
che figo, sto surfista australiano2, posso adottarlo? E' un
po' un bietolone ma...” esternò prima
di fermarsi, sentendosi addosso lo sguardo di tutti “L'ho detto ad
alta voce? Io intendevo solo che gli invidio il fisico da paura! Altro
che quel barilotto di Logan...”
strepitò nel tentativo di correggere il tiro della sua
frase. “E
poi, finché l'autrice non lo riporta alle condizioni
originali, cioè meno pusillanime, gli preferirò
sempre il fratello. Un po' rachitico, stronzo e psicopatico, ma ha quel
fascino da supremo Lord del male... ♥ Lo adoro! ♥
Lui si che sa come conquistare il pubblico! ♥ …
Oh, cazzo! Ci sono caduto di nuovo!”
protestò con livore. Ma tanto nessuno era interessato al suo
punto di vista. Lo stesso Logan andò al frigo, a caccia di
una birra, e, quando l'ebbe trovata, si ributtò a sedere
pronto a raccontare la storia che aveva loro promesso.
“Allora!”
esordì stappando la bottiglia coi denti “X-23 e il
progetto Arma Plus... Consiglio alle signore di sedersi... e tenere a
portata di mano un catino perché sono racconti un po'
forti...”
“Sono
pronta!” disse Pepper, cerea in volto. Non era per niente
vero ma, se voleva essere all'altezza di Tony, che non sembrava
particolarmente impressionato, doveva darsi un contegno. Doveva
ricordarsi costantemente che, ora che si teneva in vita con quel
attrezzo luminescente, poteva essere perseguitata come qualunque altro
superumano. E doveva sapere quali erano i rischi. O cosa sarebbe stata
costretta ad affrontare. Nel bene e nel male. Senza necessariamente
scegliere. Doveva affrontare le sue paure di donna comune. E poi se ce
la faceva Janet!
Chiudere
gli occhi e tapparsi il naso non avrebbe annullato la realtà
e i suoi orrori.
Aveva
superato lo scoglio del generatore, anche se le sembrava ancora un
corpo estraneo, forse perché ne considerava l'installazione
nel suo petto un solo fatto momentaneo e che, quindi, le permetteva di
gestire meglio le sue paure.
E
quello era il suo proprio corpo!!! Quello con cui era cresciuta e che
la identificava come Virginia -Pepper- Pots. Se ce l'aveva fatta a
superare una realtà così invadente e scomoda,
poteva affrontare ogni cosa fosse ad esso estraneo.
“Dunque...
Sostanzialmente si parla di eugenetica... nulla di nuovo sotto il sole.
La selezione di piante, animali e uomini per vie più o meno
naturali vanno avanti dall'alba dei tempi: innesti, incroci, ibridi...
o pensate a Sparta. Ma la sperimentazione, la forzatura delle mutazioni
naturali, fu terreno di studio solo negli ultimi... beh duecento anni?
Decennio più decennio meno... Il grande pubblico sa solo, e
qualcuno ha il coraggio di negare, gli orrori dell'Olocausto. Ma
c'è una storia segreta, sotterranea parallela a quella
ufficiale. Una storia ufficiosa perché riguardava esseri
diversi, di cui si voleva tenere la popolazione all'oscuro. Il massimo
di cui i civili fossero a conoscenza era dato loro dalle leggende e i
racconti, nati, come sempre, da episodi reali, e che venivano usati per
tenere a bada le popolazioni tramite le loro paure: questi esseri
venivano caricati di valori simbolici spesso negativi e usati come
esempio. Ma sto divagando. Parliamo di esperimenti, segregazione e
studi invasivi sui mutanti da una parte, ovviamente. Ma anche di esseri
umani. Il progetto Arma Plus fu solo uno dei tanti. Anzi, sotto il suo
ombrello si raccoglievano tanti altri studi e tentativi nati con altri
scopi.”
“Non
dovremmo aspettare Rogers?” lo interruppe Stark, prendendo
posto davanti a lui
“Lui
conosce già la prima parte. Gliel'abbiamo raccontata quando
è venuto alla scuola...” disse Rogue
“Tra
l'altro, come dovresti sapere, ma forse Pepper non sa, Rogers fu il
primo umano su cui venne testato un siero, andato poi perduto. Era il
primo tentativo di creare un supersoldato. Gli esperimenti continuarono
per decenni. Non ultimo il caso del dottor Banner che rimase vittima
dei suoi stessi studi. Forse continuano tutt'ora, non me ne stupirei. A
un certo punto, comunque, dopo la fine della Guerra, con l'ingresso in
quella che è comunemente chiamata Guerra Fredda, i militari
decisero di fondere i loro sforzi con quelli di un genetista
particolarmente brillante quanto folle: Nathaniel Essex. In
concomitanza, uno scienziato di nome Myron MacLain scoprì
come produrre una lega d'acciaio virtualmente indistruttibile:
l'adamantio.” disse sfoderando i propri artigli “Lo
scopo iniziale doveva essere produrre carri armati indistruttibili.
Prima dell'adamantio, MacLain aveva scoperto un'altra lega alquanto
particolare e che, come molte cose, era stata un vero colpo di fortuna
e che non si riuscì più a replicare: la
sperimentazione era andata avanti per anni, coinvolgendo ogni
combinazione possibile del ferro, fino a coinvolgere anche il rarissimo
vibranio. L'adamantio, insomma, non era altro che la seconda scelta,
per il quale si era trovato un processo scientificamente replicabile
per la lavorazione.”
“Tutta
questa ricerca mi ricorda qualcosa...” puntualizzò
Stark picchiettando sul proprio generatore Ark. Anche lui aveva cercato
un sostituto del palladio come alimentazione del suo impianto per anni
per poi trovare (o rubare) l'idea dagli appunti di suo padre: una cosa
così eccezionale che non ci si sarebbe potuti arrivare se
non per via incidentale.
“Di
questa lega particolare si sa molto poco, dalla combinazione alla
quantità ai processi. Semplicemente, per chissà
quale diavolo d'accidenti, una mattina i metalli si erano fusi e
sembravano funzionare insieme. Mac Lain lo plasmò
immediatamente a forma di disco e lo consegnò allo
S.H.I.E.L.D. perché ne facesse il proprio
vessillo.”
“Uno
scudo?” domandò Pepper cercando con lo sguardo
l'emblema di Capitan America
“Precisamente.
Il materiale ottenuto non era molto e tutto ciò che
riuscì a produrre nel poco tempo a disposizione prima del
raffreddamento e del conseguente indurimento fu la più
semplice delle armi e per la quale utilizzò disegni di
prototipi che gli erano stati consegnati precedentemente da Howard
Stark in persona. Anni dopo, nel tentativo di replicare la lega unica
dello scudo di Rogers, creò l'adamantio. Dicevo anche che
è virtualmente
indistruttibile. Perché solo le onde anti-metalliche
prodotte dal vibranio puro, di cui è composto quello scudo,
possono liquefarlo nuovamente. Quanto alle resine, i tre composti del
ferro che compongono l'adamantio, possono essere unite tra loro solo
lavorandole alla temperatura di 1500 gradi Fahrenheit, circa 820 gradi
Celsius. Dopo di che, il tempo per manipolare il composto è
solo di una decina di minuti circa e solo una precisa modifica a
livello molecolare può alterare la lega che, altrimenti, da
quel momento diventa indistruttibile.”
“E
come te l'hanno cacciato dentro un metallo liquido, quindi rovente, per
far sì che le tue ossa lo assorbissero?”
domandò confuso Tony, non volendo accettare l'unica
soluzione che il cervello gli stava suggerendo
“Appunto.
Questo spiega perché hanno usato me. E gente simile a me per
esperimenti analoghi.” replicò Logan orgoglioso
“Che
vuol dire?” domandò Pepper, tra disgusto e
curiosità
“Che
il mio fattore rigenerante, che mi impedisce di morire, mi ha fatto
sopravvivere anche a questa tortura.” ghignò
compiaciuto “Me lo hanno iniettato così com'era,
in tutta fretta perché si diffondesse
capillarmente!”
“E
per gente simile a te,
cosa intendi?” domandò la rossa con voce incerta
che ancora non aveva recepito a pieno l'orrore di cui stava parlando il
mutante.
“Quello
che ho detto: gente che può sopportare queste torture. O
anche di peggio. E tra i primi ritroviamo, sicuramente,
Sabretooth...”
“Amico
tuo, Creed...” ironizzò Gambit
“Taci,
Cajun: eravamo commilitoni. Che ci siano screzi tra noi è
faccenda privata...”
“Questo
spiega tante cose... Ma le vostre faccende private coinvolgono anche
noi, spesso e volentieri. Non che mi dispiaccia azzuffarmi un po', ogni
tanto...” replicò l'altro, ridandogli la parola
“Poi
c'è Daken, anche lui dotato di tre artigli e che sembra
essere mio figlio naturale...”
“Sembra?”
alitò Pepper, confusa
“L'esame
del D.N.A.” puntualizzò il canadese
“Itsu, la madre, venne uccisa prima di poter completare la
gravidanza. Qualunque cosa portasse in grembo era più
piccolo di un topo da laboratorio. Eppure sopravvisse. Come cavia del
progetto Arma Plus.3”
“Perché
venne uccisa?” riuscì a domandare Rogue
“Questa
è una di quelle domande che mi dimentico sempre di rivolgere
a Sabretooth e che andrebbero rivolte a Natasha. Visto che fu il suo
maestro -e amante- a uccidere Itsu, insieme a Victor4.”
“E
X-23?” domandò ancora la mutante
“Laura
venne progettata in laboratorio a partire dal mio DNA. Fu sottoposta al
più spietato degli addestramenti, se così si
può chiamare una forma estrema di tortura... Per i primi
sette anni di vita Laura -questo il nome che le diede segretamente sua
madre, la genetista Sarah Kinney a capo del progetto che mirava a
replicare l'Arma X, cioè me- fu tenuta rinchiusa in una
cella imbottita dalla quale usciva solamente per essere addestrata
nelle arti marziali e nell'uso delle armi.”
“Immagino
il condizionamento che avrà subito... altro che
Pavlov” allibì Pepper cercando di immaginare
un'infanzia che non potesse essere definita tale. Sette anni trascorsi
desiderando unicamente quei pochi momenti di libertà, che
erano accompagnati dalle violente scariche adrenaliniche della lotta.
Probabilmente Laura si divertiva e smaniava per quegli incontri
più di quanto fosse riconducibile alla sola reclusione.
Logan
annuì “Venne, quindi, esposta a diversi tipi di
radiazioni perché il potenziale mutante, che doveva aver
ereditato da me, si manifestasse. Pertanto, quando si attivò
il suo potere... beh... Laura mantiene l'aspetto di una
pre-adolescente.”
“E
il caratteraccio da dove salta fuori? Frutto di intenso allenamento
anche quello?” Ironizzò Kurt per alleggerire
l'atmosfera
“Quello
l'ha ereditato, non sono state né le radiazioni
né la prigionia ad attivarlo...” rispose in un
ghigno da padre orgoglioso “A quel punto, impossibilitata a
morire, le vennero strappati gli artigli protrattili che
originariamente erano, come i miei e come quelli di Daken, in
osso...” disse mentre Rogue faceva scattare i suoi tre,
eredità del potere che aveva assorbito al canadese e che
erano, per tanto, ancora e solo semplici ossa affilate. Pepper
sbiancò alla sola idea di quella tortura “....che
vennero sostituiti con due coppie identiche in adamantio. E a proposito
di Pavlov... fu addestrata a reagire ad un attivatore che la fa cadere
-tuttoggi- in uno stato di trance in cui la sua coscienza e la sua
volontà vengono annullate, lasciando spazio solo al massacro
sistematico del suo obiettivo fino a che non è tutto
concluso. Ciò l'ha resa un'arma micidiale a tutti gli
effetti, controllabile a distanza. In un primo momento,
però, non aveva memoria alcuna di cosa succedesse durante
questi attacchi, la sua mente andava in corto. Ma quegli stronzi hanno
trovato come volgere la cosa a loro vantaggio: con l'aiuto di qualche
potente telepate sono riusciti a fare in modo che le restino impressi,
in modo da alimentare la sua confusione e la sua
disperazione.”
“E
questo perché...?” domandò Tony
disgustato
“Puro
sadismo...” rispose Logan allargando le braccia, rassegnato.
1
Dei greci, dei asgardiani, dei giapponesi... tra loro -quando gli
comoda, ovviamente- sono tutti fratelli, in quanto tutti
divinità. Poi
si scannano in guerra, ma è una cosa a cui avevo
già accennato.
2
Nessun
errore, l'attore è davvero australiano anche se interpreta
uno
svedese... D'altronde è conterraneo di Hugh Jackman che
interpreta un
canadese...
3
No, non mi arrampico nel casino di Romulus. Taglio
la testa al toro prima. Wolvie è un cane sciolto e Daken ha
preso la
ferocia dal padre, enfatizzata dall'essere nato in modo particolare e
traviato dal progetto Arma Plus che, l'ha preso ancora feto e
trasformato a proprio vantaggio.
4
Non è vero, fu solo James. Ma
dato che Victor aveva giurato di vendicarsi di Logan per la morte della
sua donna, portandogli via ciò che un giorno avesse trovato
di più caro
al mondo, ho unito le cose.
AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Eccoci
qui...
A
parte Nat e Cap (mi duolgo e mi batto... la rossa ha fatto tutto da
sola e l'avrei strozzata con le mie mani... ma, ripeto, forse meglio
così, visto che la cosa -anche se non a questi livelli,
spero- torna anche nel film. La giustificazione che mi ha dato era che
non poteva restare a vedere Clint che se ne andava, sta scema, e, per
l'appunto, aveva bisogno di riprendersi... no coment) spero che la
prima parte della storia di Arma Plus non sia stata troppo pesante. Ci
tenevo, però, a raccontarla, soprattutto la parte dei
metalli. Perché per quanto noi leggiamo e vediamo cosa hanno
fatto a Logan... raramente capiamo davvero cosa gli hanno fatto. Tubi,
siringhe etc. Ok. Ma il metallo incandescente? Nel film sembra una
cosetta tipo fanghi termali... non si vedono vapori, non si sente la
puzza, non si percepisce il calore che quella roba probabilmente
emanava.
Quanto
a Laura. Ok, tutti sanno cos'ha passato... ma a pensarci seriamente
è ancora più rivoltante.
E
cmq ho citato ancora il mio carissimo Nathaniel Essex cioè
Sinisto :) ecco che i pezzi cominciano a collegarsi. Piano piano.
E
chissà chi è il telepate -cattivo ovviamente- che
ha operato su Laura. Nella mia testa non può essere altri
che Emma Frost, ovviamente! Perché per me non
sarà mai tra i buoni 100% d.o.c. Come non lo era Scott XD.
No,
dai, a parte gli scherzi, questo è un mio vaneggio, non
dirò chi ha lavorato su X-23. Nemmeno mi importa. Ne ho
raccontato la storia solo per arrivare a spiegare altre cose, che
vedremo nei prossimi capitoli, e per spiegare quanto schifosamente
perversi fossero questi esperimenti. I prossimi di cui leggerete
saranno sempre nell'intorno, più o meno su questo livello di
efferatezza.
Puro
sadismo ne sono
convinta!
Dal
progetto Arma Plus e simili si delinea, quindi, la storia della
relazioni armi e mutanti. Mutanti trasformati in armi, Armi contro i
mutanti, umani resi mutanti per essere armi più
controllabili, etc.
Da
qui al progetto Sentinella il passo è davvero breve.
Detto
ciò, vi saluto e ci sentiamo la prossima settimana ;)
|
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Capitolo 14 *** Tragedie che uniscono ***
14. Tragedie che uniscono
“Cosa può esserci peggio di questo?”
commentò Tony dopo un po', valutando la portata delle
rivelazioni del canadese.
“Oh, ce n'è a volontà... le segrete di
quei posti potrebbero raccontare storie dell'orrore per generazioni.
Storie da far rabbrividire Edgar Allan Poe...” disse Logan in
un sorriso amaro “Beh, io ho fatto il mio... chi di voi due
vuol prendere il mio posto?” disse rivolgendosi ai compagni
di squadra.
Kurt e Rogue si guardarono brevemente, quindi il ragazzo si
schiarì la voce “Per continuità, penso
che tocchi a me...”
“Lasci il peggio alla fine, eh? Grazie,
fratellino..” rispose la donna in un sorriso tirato quando il
fratello si fece avanti liberandosi dal congegno olografico che ne
alterava la fisionomia e riassumendo il suo demoniaco aspetto di elfo
della notte.
“Rogers sa anche questo?” domandò Pepper
“A grandi linee...” rispose l'interessato
cominciando il suo racconto “Dunque... Mia madre, che
successivamente fu anche madre adottiva di Rogue...”
“Ah! L'avevo detto che uno dei due era stato
adottato!” strepitò Stark, fiero del risultato
ottenuto. Pepper lo folgorò con uno sguardo che lo costrinse
a rimettersi tranquillo.
“Preferisci parlare tu di Mystica?”
domandò Kurt alla donna al suo fianco che fece spallucce,
noncurante. Guardò, allora, Logan che passò il
turno agitando la mano in aria, come infastidito da un insetto
“La mia storia è molto semplice: mia madre venne
catturata dall'allora nascente MRD, un gruppo para militare che da la
caccia ai mutanti, appendice del progetto Arma Plus. Visto il notevole
potenziale del suo potere, i responsabili del progetto tentarono in
ogni modo di...” si fermò, esitante.
Spiò sua sorella che gli fece un cenno della testa
perché proseguisse “... di ottenere da lei delle
marionette da piazzare nei punti strategici di comando: immaginate di
poter sostituire con delle copie perfette i potenti della Terra, ma
istruite da voi.”
“Altri cloni!” Sbottò Tony che ormai,
tra mutaforma e cloni che potevano bypassare le sue difese ne aveva fin
sopra i capelli.
Kurt sorrise enigmatico “Anche. Solo l'esame del DNA avrebbe
smascherato l'inganno. E chi si sarebbe mai permesso di mettere in
dubbio che tal presidente o re non era chi diceva di essere? Pensateci.
Quello che ha fatto Loki, coi Chitauri, è stata la versione
perfetta di tutto questo. Ma i tentativi, come in molti casi precedenti
X-23, il clone di Logan, fallirono miseramente: feti nati morti, aborti
spontanei. E questi embrioni, non sempre si sviluppavano in vasche
amniotiche...” disse lasciando all'immaginazione dei presenti
quale fosse l'altra alternativa. Ma presto, ne era certo, il racconto
di Rogue avrebbe colmato ogni lacuna “Spesso la gestazione
veniva interrotta dai funzionari perché ciò che
si stava sviluppando non sarebbe riuscito a sopravvivere in ogni caso,
pur con tutti i superpoteri possibili immaginabili. Mystica era solo
ottimo materiale genetico per tentare di replicare l'idea malata di
quei genetisti. Potevano fare mille tentativi: lei sarebbe
guarita.”
“Come Logan!” strabuzzò la rossa
indicando il mutante che, al paragone, storse il naso
“Quasi!” ringhiò
“Alla fine, un tentativo andò in porto. Ma ne
nacque un bambino del tutto privo di poteri. Oggi, quell'uomo
è, ironicamente, il fondatore -non un semplice attivista-
del FoH...”
“Gli amici
dell'umanità...” commentò
Peter, affascinato da quel racconto “Un movimento politico
minoritario che si affianca a quello di Purity1.
Per la supremazia degli esseri umani intatti da modificazioni
genetiche”
“...Graydon Creed.” annuì Kurt.
“Non è un nome che avete già
fatto?” domandò Pepper, ormai rapita da tutto
quell'intrigo per quanto complicato, orribile e disgustoso.
“Abbiamo parlato di Victor, il padre”
confermò Logan “Alias, Sabretooth...”
“Dopo quell'inaspettato successo, l'idea, ormai morente,
riprese vitalità. Il partner successivo fu Azazel. Di lui si
persero le tracce subito dopo il concepimento e, a essere onesti, non
si trovarono mai dati nemmeno di una sua esistenza prima. Sembra non
essere mai esistito, un'allucinazione collettiva. Ma io sono qua,
quindi...” sbuffò per cercare di fare chiarezza
nel suo vortice di pensieri “A suo tempo, qualcuno disse che
quello che era successo era opera del demonio e che si fosse
materializzato a loro, seguaci di Satana2, per
indicare la via da seguire...”
“Ovvero procedere per quella strada...”
commentò ancora Peter cercando di incastrare i pezzi tra
loro.
“A
scriverci una storia su queste cose potreste fare soldi a
palate!” commento Deadpool dal suo angolino,
quasi in risposta ai pensieri del fotografo.
Kurt, scuro in volto, assentì a Peter “E' una
così gigantesca... scemenza! Voglio dire... guardate
Warren!” sbottò, probabilmente vomitando rancore
che aveva covato per anni a quell'etichetta demoniaca che si era
ritrovato addosso nonostante i suoi sforzi.
“Chi è Warren?” bisbigliò
Pepper che, in risposta, ricevette solo un'alzata di spalle perplessa
da parte di Tony: non lo sapeva nemmeno lui.
“E' forse un vero angelo? Un arcangelo con la spada
fiammeggiante mandato da Dio a punire l'umanità?? Un
serafino con sei ali?” continuò il mutante
imperterrito e irritato “E' solo un mutante! Che noi, in base
alla nostra cultura riconosciamo essere simile a un angelo. Allo stesso
modo possono esistere mutanti dall'aspetto fatato o demoniaco. Come
Pixie, Angel3, come me. Ma la gente a questo non
ci pensa...” ammise sconsolato “E come Warren non
è l'unico mutante alato4,
probabilmente io non sono l'unico dall'aspetto demoniaco...”
“Quindi tu nascesti sotto il controllo di questi scienziati
pazzi... Come facesti a sopravvivere al programma?”
domandò Tony
Kust stirò un sorriso triste e scosse la testa
“Mystica riuscì a scappare...” disse
guardando verso Logan “Quando un altro detenuto diede di
matto e massacrò, da solo, circa un quarto del personale,
lei approfittò della confusione per liberarsi e scappare. Ed
è probabile che anche il fantomatico Azazel
riuscì a fare la stessa cosa, sfruttando la breccia che
aveva compromesso la base e le nuove falle a cui nessuno aveva ancora
posto rimedio.. Senza tirare in mezzo alieni, demoni e scemenze simili.
Quanto alla sua mancata registrazione, probabilmente, evidentemente era
stato appena catturato. Mystica, invece, non potendo usare i propri
poteri, dovette usare ogni astuzia e forza umana per riuscire
nell'impresa: fu la disperazione a darle abbastanza forza. Le guardie
accorsero immediatamente ma a quel punto, mezza libera, lei poteva fare
qualcosa per salvarsi, essendo abile nel corpo a corpo.
Fuggì dalla prigione e riparò in Germania. Aveva
bisogno di cure, assistenza. E di sparire definitivamente...”
“Scusa...perché non poteva usare il proprio
potere?” domandò Pepper, perplessa
“Perché venivamo dotati di quei dannati collari
dell'MRD al carbonadio che annulla ogni potere mutante.”
rispose Rogue, secca, prima di ridare la parola al fratello.
“In Germania riuscì a spacciarsi per nobildonna e
a farsi sposare in brevissimo tempo dal barone Wagner di Baviera. Per
lei non era affatto un problema vivere nell'indigenza, dopo quello che
aveva passato. Ma, per suo figlio, preferiva essere certa di ricevere
la migliore assistenza all'epoca disponibile...”
“Mica tutti possono permettersi di far ricoverare i propri
congiunti al Presbyterian University Hospital”
ghignò Peter rivolgendosi a Tony che gli fece la linguaccia
in risposta.
“Mostrarsi in una bella confezione, abiti puliti e aspetto
ordinato, quando la situazione l'avesse richiesto non era difficile e
raggiunse quasi subito il suo obiettivo”
“E allora cosa andò
storto?”domandò Pepper, dispiaciuta per la sorte
del ragazzo: qualcosa non doveva essere andato per il verso giusto o il
racconto sarebbe già stato terminato.
Kurt stirò l'ennesimo sorriso amaro “Io ho
ereditato il potere di mio padre di smaterializzarmi, non quello di mia
madre di cambiare aspetto. La mia pelle blu è quella di
Mystica. La mia coda e i miei arti, la mia fisionomia... sono di mio
padre...” La rossa trattenne un gemito capendo come fossero
andate le cose al momento del parto “Mia madre venne
smascherata, nonostante, per tutto il travaglio, fosse riuscita a non
tradirsi, e si vide costretta alla fuga. Non mi lasciò nelle
mani di quei forcaioli, né si fidò a lasciarmi
sulla soglia di qualche chiesa. Per poter fuggire più
velocemente possibile si vide costretta ad abbandonarmi alle correnti
del fiume, sperando nella provvidenza. Fortunatamente venni tratto in
salvo da una famiglia di zingari circensi. E lì crebbi amato
dal clan e dai miei fratelli, finché... ” il
mutante lasciò la frase in sospeso, indeciso se continuare o
meno.
“Non credo serva dire altro Kurt...” disse Rogue,
venendogli in aiuto “Quello5
non ha niente a che fare col Progetto... Semplicemente, a distanza di
vent'anni, i Progetti lavoravano ancora a pieno regime. Kurt venne
catturato. Fu allora che scoprì tutto questo suo passato.
Perché quegli stronzi si divertivano in particolar modo con
la tortura psicologica. Non stento a credere che tutto ciò
che gli hanno raccontato fosse vero, visto cosa facevano di
prassi.”
“E cosa facevano?” domandò Pepper,
sempre più curiosa e sempre più disgustata.
Rogue sospirò, raccogliendo le idee, pronta a narrare la sua
parte di verità. Si grattò la cute per vincere
quella sorta di imbarazzo che sentiva nel dover raccontare la propria,
stupida vicenda. Sbuffò e cominciò a raccontare.
“Bene, il mio potere, guai a chi ride, si
manifestò la prima volta quando avevo quindici anni... pare
sia l'età media, giusto nella fase di sviluppo
adolescenziale...come se non fosse abbastanza complicato per conto suo.
Certo è che ebbi la sfiga di scoprirlo mentre ricevevo il
mio primo bacio. Immaginate che bella esperienza
traumatica...” ironizzò nervosa “Cody
finì in coma per una settimana. Volevo stare lontano da
tutto e da tutti, sperando di capire, nel frattempo, cosa mi fosse
successo, perché era chiaro che era stata colpa mia. E in
quei giorni di fuga convulsa ne ebbi la prova più d'una
volta: assorbivo ricordi e abilità degli altri con un
semplice contatto epidermico. Più tardi scoprii che dai
mutanti potevo assorbire anche i poteri. E' una cosa totalmente
incontrollabile, motivo per cui vesto sempre completamente bardata.
Capii presto che quella era la mia unica protezione. Vedete, per quanto
facessi attenzione, camminando capitava di scontrarsi con qualcuno, di
venire abbordata... e in Louisiana, specie d'estate, nessuno se ne
andrebbe in giro col burqa. Quindi, quando Cody si svegliò
io ero già fuggita lontana da casa, verso nord, dove il
clima mi avrebbe aiutato a scomparire agli occhi della gente.”
“E chi
meglio di uno del Mississipi può capirti!” cinguettò
Deadpool, lontano, cercando di attirare l'attenzione ma restando
dimenticato da tutti.
“Cuciti la bocca!” ringhiò Gambit,
improvvisamente aggressivo.
“A girare troppo coperti attiravo ancora di più
l'attenzione. E tutto ciò che volevo era passare
inosservata. Vagai come un'anima in pena con in tasca i pochi soldi che
avevo da parte, saltando sui treni merci in corsa o intrufolandomi nei
pick-up fermi alle stazioni di servizio. Avevo la vaga sensazione, in
realtà solo una sciocca speranza, che quando avessi trovato
un posto da chiamare casa, l'avrei riconosciuto al volo e avrei trovato
qualcuno disposto ad aiutarmi e, ovunque fossi finita, sarebbe stato
meglio che a casa...”
“Vorrei ben vedere...” replicò Remy in
sottofondo.
“E ancora non sapevo di non essere l'unica...”
terminò in un soffio mentre si accorgeva di come le parole
del Cajun avessero calamitato l'attenzione: tutti erano incuriositi da
quell'esternazione. Rogue lo maledisse mentalmente, sospirò
e continuò “Mio padre era vedovo e... ogni tanto
tornava a casa un po'... allegro...
e... beh... sapete come vanno queste cose...”
“Alla
Marvel pare che gli alcolizzati e i violenti siano un topos
imprescindibile, insieme ai ragni e alle rosse...” interloquì
Wade
“Diciamo che quella vita non mi mancava proprio... Ben presto
finii i soldi...” continuò come se nulla fosse
“...e cominciai una vita ai limiti della sopravvivenza,
lottando con i cani e con i barboni per un tozzo di pane. Lavorare era
fuori questione: non solo ero una minorenne in fuga ma il mio potere mi
teneva alla larga dagli altri. Finché, un giorno, una donna
cieca, armata di bastone, non venne a scovarmi tra i rifiuti. Ero
terrorizzata dal poterle nuocere più di quanto la natura non
avesse già infierito su di lei ma quella mi parlò
come se sapesse già tutto di me. Trovando accoglienza in
quel modo inaspettato, non riuscii a oppormi e, piangendo come una
bambina, mi lasciai condurre a casa sua dove mi offrì un
letto, un bagno e un pasto caldi. E abiti puliti che mi andavano alla
perfezione. Quando la tensione si fu finalmente sciolta, Irene mi
presentò la sua compagna. Ricordo che, nonostante i problemi
che potevano vivere nella vita quotidiana, le invidiai molto.
Soprattutto perché la sua compagna era... la mutaforma
Mystica.” disse prendendosi una pausa e lasciando che la
notizia arrivasse a destinazione “Vissi con loro per un paio
d'anni e tutto andava tremendamente bene. Finché
-probabilmente si trattò di una segnalazione da parte di
qualche vicino pettegolo e bigotto alla Buon Costume6 che
a sua volta, dopo un'indagine preliminare, dovette venir girata
all'MRD- vennero a prenderci. Nel cuore della notte: amano
l'oscurità, questi bastardi. Perché la gente
dorme. Ora che si copra un minimo e vada ad affacciarsi alla finestra,
loro hanno già portato a compimento la loro missione. E poi
è più facile passare inosservati.
Maledetti!” Imprecò al ricordo
“E... non sei riuscita a fare nulla?”
domandò Tony perplesso, gesticolando “Voglio
dire... hai una forza paurosa...”
“Quella l'ho acquisita successivamente, proprio grazie
all'MRD. Certo, ho lottato, a modo mio. Mi sono fatta violenza e ho
aggredito gli agenti. Ma loro erano in tenuta antisommossa: erano
completamente coperti. E io non avevo altra forza a sostenermi che il
terrore di una ragazzina che si vede entrare gli agenti in casa nel
cuore della notte, pronti a strapparle tutto.” scosse la
testa “Mystica era ed è una spia, come Natasha, ed
è esperta nell'uso delle armi e delle arti marziali. Ma
quando non hai più nulla a proteggerti, quando sei
accerchiata a quel modo e sei rintronata dal sonno e un angolo della
tua mente corre alle altre persone in casa che sono più
esposte di te... beh... posso capire come siano riusciti a
ricatturarla. Irene, invece, che era cieca ma dalla sua aveva la dote
della preveggenza, tanto più accurata quanto più
vicini erano gli eventi, non riuscì a fare molto per noi.
Una volta in cella, scoprimmo che era morta nella colluttazione. Sapeva
che sarebbe morta quella sera ma non sapeva perché e noi
l'avevamo presa in giro. Fu tutto troppo repentino, anche per lei.
”
“E lei, Mystica, non ha usato il suo potere
mimetico?” domandò Peter
“Sì, ci ha provato. Ma il trucchetto non
funzionò: loro avevano dei visori particolari. O forse
ognuno di loro aveva un marcatore visibile solo con gli stessi, non lo
so. So solo che si comportarono come se lei non si fosse mai
trasformata e l'atterrarono immediatamente.
Ci misero in cella assieme. A me e a Kurt. All'inizio non capimmo
perché. Poi, un giorno, una guardia, convinta di essere
spiritosa, se ne uscì dicendo che i figli di Mystica non si
assomigliavano per niente tra loro...”
“Veramente disse Da
una bastarda come lei non potevano che uscire due bastardi
più diversi di voi due” la corresse
Kurt.
“Passammo... quanto? Un anno?” domandò
Rogue per conferma.
“Sì, mi pare un anno... là dentro il
tempo era annullato..” spiegò a beneficio degli
altri “Un giorno poteva essere un anno o un minuto. Non
potevi saperlo. La luce artificiale non veniva mai spenta e non c'erano
finestre od orologi.”
“Faceva parte, anche quello, dei test psicologici,
perché non erano interessati solo a creare ibridi.
Così come con l'inseminazione coatta.” aggiunse
Rogue vedendo come Pepper storcesse il naso: il dettaglio su cui lui
aveva sorvolato prima, ora andava al suo posto e Mystica, oltre che
fornitrice di prezioso materiale genetico assumeva i tratti anche
dell'utero in affitto, dell'incubatrice
senziente, come la chiamavano loro, gli schifosi.
“Non solo, all'epoca in cui venne concepito Kurt non esisteva
ancora l'ingegneria genetica come la conosciamo noi oggi7,
che era ancora in fase di sperimentazione, ma loro erano interessati
anche a vedere come ci comportavamo in situazioni di stress.
Così, un uomo e una donna, venivano chiusi in cella assieme
e misuravano il grado di resistenza dei due: quand'è che
sarebbe scattata la scintilla dell'animale che è in noi? Era
diverso dagli esseri umani? E se venivano rinchiusi dopo aver negato
loro il pasto regolare per un certo numero di volte? E nel caso della
tortura del sonno? E usando mutanti così detti
Lupoidi?”
“I lupoidi sono quei mutanti più spiccatamente
bestiali e istintivi, come Wolverine, Sabretooth, Daken...”
spiegò rapidamente Kurt
“E se la femmina fosse stata tenuta ferma tutto il tempo? E
cosa producevano le diverse combinazioni di questi e altri singoli
test?” continuò a enumerare Rogue, tagliente
“Chi dei due avrebbe mostrato un grado superiore di
aggressività, la vittima o il carnefice? E la vittima,
quanto ci avrebbe messo ad arrendersi? Come si sarebbe arresa? Quanto
incideva la morale o la religione? E l'etnia? E l'età?
Qual'era il limite? Tutti discorsi simili...”
“Scusa... ma se uno era gay? Non ce lo vedo a perdere la
testa per una donna, per quanto legata e sedata. Così come
io non la perderei per un uomo, per figo che fosse...”
domandò Stark rabbrividendo all'idea
“Quello è un altro capitolo oscuro di quel
progetto. I primi che furono buttati nella fossa e non diedero il
minimo cenno di interesse... vennero uccisi seduta stante. A meno di
non aver poteri particolarmente interessanti. Le donne, anche se
lesbiche, venivano tenute in vita: non era importante, ai fini delle
loro ricerche, che i soggetti passivi, le incubatrici, fossero
consenzienti. Erano solo dei mezzi riproduttivi. E un maschio che fugge
la procreazione, anche coatta, è da scartare.”
disse vedendo come sia Pepper che Tony sbiancavano all'idea
“Ben presto tutti fecero il collegamento tra alcune morti e
determinati detenuti. A quel punto, alcuni diedero battaglia quando
andarono a prenderli. Ma se la squadra li aveva catturati, come
potevano sperare di riuscire nella loro ribellione fiaccati com'erano?
Erano solo disperati. E, d'altronde, il Progetto si guardava bene dal
dotarci di armi micidiali come era stato nel caso di Logan. Quella era
stata una vera sciocchezza perché, per quanto il potere che
gli aveva concesso di restare vivo durante il processo fosse inibito e
per quanto il lavaggio del cervello fosse stato radicale, restava
comunque un essere spaventato dotato di armi. Non replicarono
più la cosa. Non prima di essere riusciti a lavare
adeguatamente il cervello al soggetto prescelto. In quel modo si
sarebbe trattato solo di armare una loro marionetta: ecco come vennero
trattati Daken e X-23. Ma tornando alla tua domanda, chi, invece, non
si oppose e riuscì a salvarsi, decise di forzarsi e di
spacciarsi per eterosessuale. Facevano un po' di scena ma sbrigavano
l'incombenza al primo giorno.”
“Una bugia pietosa e forzata pur di aver salva la
vita...” commentò Tony cercando di immedesimarsi a
ruoli invertiti “Non credo sarei riuscito a fare lo stesso...
Neanche usando tanta, tanta, tanta immaginazione...no...”
“Nonostante tutti i loro sforzi, qualcosa comunque non
quadrava e certi mutanti risultavano troppo poco aggressivi, pur dopo
mesi di privazioni. Gli scienziati diedero la colpa all'indole
naturale. Grazie a Dio non ci sono geni che determinano l'orientamento
sessuale. O almeno, ancora adesso la scienza non sa dire se la cosa sia
genetica, ambientale o culturale. Il fatto, poi, che chi stava al di
là del vetro, fosse particolarmente sadico, portò
presto all'esclusione da quel tipo di test, ma non alla soppressione,
di tutti quei mutanti troppo poco aggressivi. E all'utilizzo
sistematico di Lupoidi.”
“E' questo il trattamento a cui fu sottoposta Mystica in
entrambe le occasioni che fu vittima del progetto.”
Specificò Kurt, nel caso qualcuno fosse riuscito a non
collegare le cose “Ma a quel punto era fiaccata e disperata:
aveva perso Irene, i suoi figli erano in catene. E, ciliegina sulla
torta, fu costretta a scegliere...”
“Scegliere?” domandò Pepper, confusa
Rogue annuì, ma fu Kurt a dare la risposta “Quale
dei suoi due figli sacrificare: quello naturale, me, che non aveva mai
conosciuto o quella adottiva che era più di
un'amica?”
“Alla fine scelse di sacrificare me e salvare Kurt. In
realtà, la sua decisione non cambiò minimamente i
piani che quegli stronzi avevano in mente. Era solo un'altra tortura.
In caso diverso avrebbero ottenuto solo di vederla frustrata per
l'inutilità della sua scelta. Kurt subì comunque
dei trattamenti...”
disse mentre quello scopriva il braccio e rivelava delle scarificazioni
che, probabilmente, andavano estendendosi a tutto il corpo8
“Mentre io... grazie al cielo scampai miracolosamente alla
tortura a cui era stata sottoposta mia madre per il semplice fatto che
gli scienziati temevano di perdere le loro cavie ed eventuali risultati
delle unioni ma....” sbuffò divertita ma non
procedette oltre, probabilmente immersa nei ricordi.
“Un giorno vennero a prenderla. Erano in quattro, protetti da
scafandri da palombari ” Cominciò a raccontare
Kurt mentre Rogue stringeva impercettibilmente i pugni, abbandonati sul
tavolo in una posa apparentemente rilassata, e li fissava come
incantata “Le tolsero il collare: conciati com'erano, non
serviva. E la trascinarono via...”
“Mi condussero in una cella, un laboratorio, non lo
so.” continuò lei con voce piatta “C'era
un sacco di gente che prendeva nota di ogni mia minima reazione... Mi
legarono a un marchingegno... Su un tavolo simile era legata un'altra
donna: Carol Susan Jane Danvers9...”
sillabò scuotendo la testa “Ovviamente anche lei
aveva il collare. Non capivo perché volessero che ne
assorbissi l'energia. Poi, capii. Quando mi misero in contatto con lei,
ne assorbii tutti i poteri e la psiche. Carol soffriva di disturbo di
personalità multipla: prima di venire messa in contatto con
me era stata sottoposta a un qualche tipo di trattamento di origine
aliena. E lei non se ne rendeva nemmeno conto: credeva si trattasse di
un'altra persona. E questo conflitto tra personalità me lo
sono trascinato dietro, amplificandolo con ogni memoria che
incorporavo, finché con l'aiuto del professore non sono
riuscita, in qualche modo, a limitarne l'irruenza...”
“Come riuscirono a forzarti?”
“Eravamo entrambe immobilizzate. Ma avendo entrambe la pelle
scoperta ed essendo io senza collare... Il mio potere era attivo, il
suo no.”
“Ottenuta un po' di forza, che da quello che capisco, l'hai
presa da lei, non potevi ribellarti?”
“Non è così semplice. Staccarsi mentre
stai assorbendo è molto difficile: sei come in trance. Se
poi sei obbligato, senza spazio di manovra... non so come spiegarmi...
è come se tu fossi a dieta e sapessi di non dover mangiare
ma sei chiuso in una stanza piena zeppa di torte cremose... anzi...ti
ci ficcano la testa dentro... Per quanto la tua forza di
volontà possa essere grande, e a diciassette anni non sei
così forte, alla fine cedi.” commentò
amara Rogue.
“Quindi quella donna morì?”
domandò sconvolta Pepper
Ci fu un lungo minuto di silenzio. Quando la mutante rispose, le sue
parole suonarono come macigni “Sì, per quel che ne
so, uccisi Carol...” ammise la mutante “I suoi
poteri e la sua personalità si sono radicati in me in modo
permanente. E non c'è altra giustificazione...”
1 Purity, in realtà,
è un'evoluzione appena più pacata di
FoH, anche se i suoi militanti comprendono nel ventaglio delle azioni
possibili contro i loro oppositori politici il pestaggio a morte e il
lancio di mattoni in testa ai candidati avversari. Compare in X-Men: The End
come vero e proprio partito che lotta per il posto di sindaco di NY,
contrapponendosi alla candidata mutante Kitty Pride (sì,
sempre lei, il
genio perfettino passamuri!). C'è da specificare che il
frutto non è caduto molto lontano dall'albero, come
sempre: i FoH erano per lo più
dei picchiatori che si atteggiavano a vigilanti -e vestivano anche
divise riecheggianti il neo-nazi, con baschi,
pantaloni cargo, giubbotti neri, etc-
2 Questa cosa del demonio
torna spesso nella vita di Kurt che fa di tutto per espiare le sue
'colpe'. Lui stesso è convinto di essere un demone e, per
quanto sia
buono, cerca continuamente di redimersi. Sul fatto che i cattivi siano
seguaci di Satana, ho voluto strizzare l'occhio un po' al onnipresente
Club Infernale (non dimentichiamoci che comandano il mondo,
più o meno
direttamente) e un po' ai politici reali (ma la cosa si ricollega al
Club Infernale) e alle teorie complottiste secondo cui i massoni altro
non sarebbero che adoratori di Satana. Vero o no, ci stava.
3
Pixie ha i capelli rosa e ali da fata, Angel è quella che
appare anche nel film X-Men:
First Class, dai cui tatuaggi si sviluppano ali da
libellula
4
In realtà Azazel è un vero demone. Ma se apro le
porte a questo aspetto
ora, non è più finita. Lo riservo per
più avanti :D Ah, tanto per
dovere di cronaca, un altro mutante con le ali angeliche è
Joshua
Guthrie, alias Icarus.
5 Il fatto che Kurt sia un assassino:
cresciuto nel suo circo dalla zingara Margali con i suoi due
figli, Stefan e Jimanie,
Kurt si innamorò di quest'ultima. Stefan impazzì
e uccise due bambini e, nel tentativo di fermarlo, per errore, Kurt lo
uccise a sua volta. Kurt, a quel punto, scappò, non solo per
l'orrore ma anche dalla furia della madre adottiva (zingara e magia...
c'è da aspettarselo il cliché della signora delle
arti magiche, no?). Ciò ha contribuito, negli anni, ad
aumentare la convinzione del
giovane di essere stato punito da Dio con un aspetto grottesco per la
sua natura intrinsecamente orrenda. In realtà è
uno dei più buoni e
pacifici mutanti della storia degli X-Men e nel tentativo di redimersi,
prende anche i voti.
6 Uso la versione italiana. Nelle grandi
città era inquadrata nella IV sezione (narcotici e buon
costume). Oggi
le sue competenze sono passate, almeno in parte, alla sezione "Reati
contro i minori e reati a sfondo sessuale" ma il termine continua ad
essere utilizzato regolarmente per indicare gli agenti addetti anche
alla nuova sezione di cui la BC fa parte: un bell'esempio di
metonimia (una parte per il tutto).
7 La prima
bambina nata con fecondazione assistita a fine dicembre '81 fu
Elizabeth Jordan Carred
è di
luglio la notizia del primo bambino nato con analisi completa del DNA,
in grado di determinare ogni minima alterazione cromosomica. La
diagnosi pre impianto, invece, che è quello che potrebbe
portare a una
cosa come quella descritta (molto Huxleiana... Brave New World/ Il
Mondo Nuovo, per chi non lo conoscesse già) cioè
lo screening dei
gameti, è relativamente recente.
8 Nel film X-Men 2 Kurt dice
di essersele fatte da solo (come ha fatto sulla schiena?) ma per
principio le scarificazioni possono essere fatte solo da un'altra
persona. Ad ogni modo, volevo riprendere un elemento familiare per chi
conoscesse solo la versione filmica e introdurla come vera tortura.
9 Carol Danvers è Miss Marvel,
membro dei Vendicatori. Dato che non mi sta particolarmente simpatica
(specie dopo che s'è rapata quasi a zero) ho usato Rogue per
ficcarla nei Vendicatori. Anche se, nella nuova serie Rogue fa comunque
parte dei Vendicatori... pazienza. Carol ha DNA alieno e soffre di
disturbo bipolare
(anche qui la cosa cambia a seconda delle versioni):
la Carol umana è scissa dalla miss Marvel contagiata e
potenziata dal DNA Kree... Poi, ulteriormente contorta, assume anche
l'identità di Binary... ma è un'altra storia.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Ok, la parte schifida non è finita e spero di non aver
offeso nessuno. Scuse a chi si è sentito toccato sono
d'obbligo etc. Già sapete come la penso, ma il politically
scorrect è dietro l'angolo: io mi sono rifatta a fatti
storici realmente accaduti come tutta la sperimentazione portata avanti
dai nazisti, anche dopo la guerra, in strutture pubbliche. E come
è noto, i seguaci di Hitler ammazzavano preferibilmente
zingari, ebrei e omosessuali. Tra l'altro la cosa, questa paura del
diverso che si declina in intolleranza, razzismo, omofobia e, non
ultimo, la misoginia rappresenta la paura del diverso che anche ai
nostri giorni sta riguadagnando paurosamente terreno. Purtroppo, non
siamo così lontani come crediamo da quegli orrori.
Ecco... ora ho capito perché mi sono lanciata a scrivere del
Marvelverse.
Di solito c'è un motivo urgente che mi muove, che mi agita:
è successo per Labyrinth
e la necessità di raccontare come la vivono i figli di
separati, è successo per l'originale che tratta sempre temi
di controllo sociale invasivo. Ora questo. Non è un caso che
gli X-men
siano il mio gruppo preferito (il parallellismo con questi temi non
solo è scontato ma fu voluto da Stan Lee) e, con i Vendicatori (altro
gruppo che se la passa appena meglio, quanto a paura e tentativi di
soppressione), si affrontino tematiche di questo tipo: la paura
dell'altro, del diverso, perché -nel bene e nel male, porta
a rivedere le proprie posizioni. E ciò può
destabilizzare.
Non sono nera, gay, ebrea, storpia, diversamente abile
etc. Ma ho subito lo stesso una forte opposizione, da adolescente, per
la mia diversità, per il semplice fatto di aver vissuto
lontano e in diversi posti rispetto al buco di paese in cui mi son
trovata alla fine della mia carriera scolastica. E come me, molti altri
ragazzi che hanno avuto il mio stesso passato. Una cosa da nulla che ha
però alimentato le invidie e l'odio di gente gretta e
meschina che da questo buco non si era mai mossa. Alcuni li avevo anche
come amici (con cui ho tagliato i ponti solo di recente, all'ennessima
offesa -stavolta non velata neanche dall'ironia-). E la cosa continua
in università, dove, il mio gusto, frutto di una miscellanea
di esperienze, è palesemente visibile in una classe
tuttosommato omogenea. In questo caso, mi salva l'essere più
grande degli altri, ma fa comunque male.Quindi, per quanto poco e
banale sia la mia esperienza, posso immaginare come si sentono gli
altri. Motivo per cui affronto queste tematiche, seppur in forma di
fiction.
Ok, dopo questa ennesima tirata (scusate lo sfogo, ma volevo rendervi
partecipi... e che, nel modo più assoluto, non volevo
offendere nessuno ma solo raccontare ancora cosa si prova e a cosa
può portare l'intolleranza. Di cui tutti possiamo essere
vittime, anche per stronzate), volevo solo dirvi che il peggio
è passato (ma le schifezze continuano anche nel prossimo
capitolo).
Passando a cose decisamente più leggere, qualcuno si
domanderà da dove salta fuori la storia di Rogue, Mystica e
Kurt finiti nel braccio dell'Arma Plus.
Rogue e Nightcrawler subiscono questo destino in Ultimate X-Men,
insieme al Fenomeno e i sempre noti Wolverine e Sabretooth. Mystica,
invece, la troviamo vittima del progetto nella serie animata Wolverine e gli X-men.
C'è un altro personaggio, coinvolto in tutto questo e per
ora ne taccio il nome. Ma tenete a mente il dettaglio.
Non mi pare di aver altro da aggiungere
A presto ragazzi
|
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Capitolo 15 *** L'incendio all'ospedale ***
15.
L'incendio all'ospedale
Dopo una piccola pausa, per lasciare che chi ascoltava potesse
assorbire la sua confessione di essere un'omicida
(l'involontarietà non la preservava da quel marchio che, lei
per prima, si rinnovava a ogni occasione), Rogue continuò
nella spiegazione “Non riuscii a fare nulla contro i miei
carcerieri perché loro sapevano quando avrei finito di
assorbire l'ultima goccia di vitalità: Carol era coperta di
rilevatori che ne monitoravano encefalo e cardiogramma e il transfert
violento mi lascia sempre in momentaneo stato di shock. Gli scienziati,
da parte loro, erano già pronti a mettermi il collare e
com'ebbi finito, sconvolta dalla trasfusione, approfittarono di quel
momento di debolezza per imprigionarmi di nuovo...”
“I giorni seguenti furono traumatici per tutta la nostra ala.
Rogue urlava tutto il tempo, in preda a visioni della vita dell'altra
mutante e della sua seconda personalità... Urlò
per giorni interi senza mai fermarsi. Anche nel sonno. Andò
avanti finché non si stabilì un certo equilibrio
nel suo corpo e nella sua mente tra le tre personalità:
Rogue, Carol e Miss Marvel. Quando si calmò aveva la voce
più rauca del peggior marinaio di lungo corso...”
Kurt raccontava la cosa come se si fosse trattato della vita di qualcun
altro, come se fosse stato la trama di un romanzo avvincente.
“Come riusciste a liberarvi?” domandò
ancora Peter che, in quel momento, stava prendendo in seria
considerazione la carriera di scrittore: altro che le sue mirabolanti
avventure appeso a un filo a dondolare per le strade sfavillanti di New
York. A chi poteva interessare una cosa così piatta se c'era
il confronto con quella tragedia?
I due fratelli guardarono Logan che sbuffò e prese la parola
“Io avevo una... conoscenza
tra i sequestrati. Sia una volta che l'altra. Fu la sua sparizione, per
quanto benedetta a suo tempo, a insospettirmi e a mettere me, e un mio
collega...”
“Sabretooth..” Tossicchiò Kurt
divertito, pur nel raccontare quei gravi accadimenti.
Logan gli scoccò un'occhiataccia: mal sopportava che si
ricordasse che lui e l'altro lupoide, prima di essere avversari, erano
amici e compagni “...sulle sue tracce. Scoprimmo,
così, che quell'abominio di progetto non era ancora stato
estirpato. Ma eravamo in due e da soli non potevamo fare nulla...
Tornammo, ciascuno al proprio ovile, con la coda tra le gambe... e fu
allora che si verificò una cosa che entrambi ritenemmo
sorprendente...”
“Un fortunato congiungimento astrale?”
domandò sarcastico Stark
Logan lo guardò truce “Xavier e Magneto si
allearono, misero da parte le loro divergenze sul rapporto homo sapiens/homo superior
ed elaborarono una strategia per andare a liberarli tutti. Gli
scienziati, però, anche quella volta, rimasero impuniti.
Quando arrivammo loro avevano già tagliato la corda da un
pezzo. Avevano lasciato tutti a morire: niente acqua, niente cibo.
Avevano anche tentato di appiccare il fuoco alla struttura. Se avessimo
tardato anche di poco, avremmo trovato ben pochi testimoni vivi di quello
schifo. Il complesso bruciò in poco tempo, cancellando ogni
traccia di quanto avveniva nei piani interrati di quello schifosissimo
ospedale. E con gli scienziati erano spariti anche i relativi documenti
sugli esperimenti.”
“Ma tutto questo è orrendo!”
protestò Pepper
“E' solo la storia che si ripete...”
replicò Logan facendo spallucce “Il genere umano,
purtroppo, non è nuovo a queste porcherie. Le stragi sono
sempre state ammesse in difesa del proprio clan. Anche ora, solo che
gli interessi eterei quanto fondamentali di tipo economico-religiosi e
politico-militari hanno sostituito la parola Clan... Altro che
decrescita felice: mangiare meno e mangiare tutti..” Logan
scosse la testa “Ma sto divagando... Quello che è
stata una relativa novità introdotta nel secolo scorso, e
prorogata in questi laboratori, è lo sterminio della propria
popolazione interna. Se ci pensate, ogni guerra lo è.
Decidere di partecipare a un conflitto è, innanzitutto, la
lucida decisione di mandare a morire come bestie i propri uomini.
Così, in situazioni particolarmente gravose, le risorse -di
ogni tipo- vengono lasciate a un minor numero di bocche da sfamare. Il
prezzo è quello di dover pagare indennità alle
famiglie che, al confronto, è ben poca cosa. E fino a un
passato relativamente recente, la popolazione doveva fornire questi
tributi senza aspettarsi nulla in cambio, quindi... Ma, come anche
Rogers sa bene, erano altri tempi. La gente moriva per una bandiera.
Davvero: se lasciavi che qualcuno commettesse vilipendio eri mandato a
morte seduta stante, perché cedere la bandiera al nemico era
come consegnare tutta la nazione e non solo simbolicamente e valeva
più di mille trattati politici. Ora le bandiere sono messe
sulle tazze da tè e sulle scarpe... Un valore che fino a
cinquant'anni fa sembrava intoccabile si è sgretolato. E le
religioni di pari passo. A maggior ragione, in quest'ottica
relativista, le stragi interne non sono affatto una novità.
Per chiunque conosca un minimo di storia, è cosa
già sentita ai tempi dell'Inquisizione. Alla fine si tratta
sempre e solo di un gruppo, quello egemone -che ha il potere e che si
crede migliore di tutti quelli diversi, minori e senza voce- che teme
anche la propria ombra e che cerca di darsi coraggio con queste azioni.
Cambiando prospettiva è sempre una lotta di uno contro
altri. Umani contro super umani e mutanti; Cattolici contro Catari e
Valdesi; Nazisti contro Ebrei. E zingari e omosessuali e.... cosa
cambia? Nulla. Ma la gente non impara. Non impara mai. Non siamo, noi,
i Lupoidi bestiali. Il genere umano lo è. Il singolo, da
solo, è comprensivo e ragionevole. La massa è la
più stupida, impaurita e razzista delle bestie.”
Quando Logan ebbe finito di commentare, un silenzio pesante
calò sui presenti, ciascuno impegnato ad assorbire ed
elaborare quella lucida analisi dei fatti.
“Posso
fare pipì? L'ultima volta è stato circa quindici
capitoli fa...” domandò Deadpool
spezzando il silenzio dal suo cantuccetto.
Logan sbuffò, si alzò poggiando pesantemente le
grosse braccia sul tavolo e andò a recuperarlo da terra.
Sguainò gli artigli e lo liberò dalla sedia ma
non da tutto il nastro che continuava a tirare la pelle martoriata
“Meriteresti di pisciarti addosso per il tiro che ci hai
giocato, pezzo di merda in cancrena!”
“Oh,
adoro quando mi fai i complimenti con quel tono così
rude...” gongolò il mercenario, grato
che qualcuno avesse accolto la sua richiesta.
La tensione si sciolse in tutti i presenti che pensarono bene di
imitare il canadese, chi prendendosi da bere, chi sgranchendosi le
ossa, chi, ancora, seguendo il suo esempio in bagno.
Wolverine scortò il collega fino al bagno più
vicino, spintonandolo di tanto in tanto. Alla fine del corridoio,
s'imbatterono in Natasha, appoggiata alla parete in paziente attesa.
Logan fiutò l'aria, quindi cacciò Deadpool in
bagno di malagrazia
“Un
attimo!” protestò quello “Come faccio con
tutto questo nastro adesivo?”
“Arrangiati...” ringhiò quello
“Hai abbastanza libertà di movimento per
abbassarti la zip e sbrigartela da solo. Non sono il tuo badante,
né ho intenzione di liberarti tanto facilmente. Ricorda con
chi stai parlando...” urlò da oltre la porta
mentre l'altro incespicava e rovinava a terra tra tonfi pesanti e
imprecazioni soffocate. Quindi, folgorò la rossa con
un'occhiata sbieca ma senza affrontarla apertamente “Si
può sapere cosa combini, bambina?”
“Non sono affari tuoi!” replicò lei con
lo sguardo fisso sulla parete, spoglia, davanti a sé.
Recitavano entrambi la parte. Lei sapeva che lui non si sarebbe mai
impicciato proprio come lui sapeva che lei non avrebbe accettato
consigli di sorta. Ma era evidente che disapprovava il suo
comportamento o non si sarebbe mai azzardato ad affrontarla su quel
terreno.
“Quel ragazzo mi fa pena...” sbuffò
Logan poggiandosi alla parete davanti a lei, tentato di accendersi un
sigaro. Evitò, convinto che le super difese di Stark
avrebbero fatto scattare gli allarmi al primo cenno di fumo: l'ultima
cosa che voleva era sentirsi e puzzare come un cane bagnato
“Ma hai ragione, la vita è tua. Se vuoi mandare a
monte l'unica opportunità che potresti avere nella tua vita
di essere felice...”
“Parli per esperienza?” replicò lei,
divertita:
Quello grugnì di rimando “Io almeno ci ho provato.
Ho amato e ho sofferto. Come un cane, a essere sinceri. Tanto per
cambiare. Ma ripeterei tutto dall'inizio con ciascuna di
loro.”
“Hai mai...” cominciò la spia. Si
fermò, indecisa. Sentendosi addosso lo sguardo del canadese,
riprese “Hai mai pensato di trovarti un'immortale, come
te?”
“Oh, certo...” soffiò lui divertito
“E ci sono andato tremendamente vicino. Peccato non sia la
persona più onesta sulla faccia della Terra... E visti i
precedenti e quello che ci aspetta, ho il sospetto che prima o poi uno
dei due cederà e tornerà alla carica. Dannate
rosse... siete tremende!”
“Allora cosa ti fa preferire, ogni volta, una mortale,
nonostante quello che sai passerai standole accanto?”
domandò Natasha, non riuscendo a nascondere del tutto
l'ansia che la agitava.
“Tasha... Ci si innamora e non ci si può fare
nulla. Si perde il controllo del proprio cervello. So che la cosa ti
dà fastidio ma si agisce in base all'istinto, in modo imprevedibile...”
“Mica vero..” soffiò lei in risposta
“Clint è prevedibilissimo...”
“Per te, forse. Ma lui potrebbe fare cose che normalmente non
farebbe e sorprenderti. Tu stessa non sei da meno: sei stata un vero
spasso, tu e la balla colossale su figli mai concepiti...”
ridacchiò mentre lei si irrigidiva “Tranquilla,
tranquilla, principessa.
Il tuo segreto con me è al sicuro. Ma direi che almeno al
tuo nuovo
compagno immortale dovresti dirlo. O vuoi privare anche lui del
legittimo desiderio di diventare padre? Meglio dirle all'inizio, le
cose, credi a me. Niente segreti. Soprattutto se hai deciso di
condividere una vita virtualmente eterna. Già una vita
normale è lunga, per mantenere nascoste certe cose. In tempi
come questi, poi, basterebbe davvero poco a smascherarti. E se Clint lo
scoprisse... non oso pensare come la prenderebbe. Sarebbe capace di
tornare e pretendere la tua testa, letteralmente. Hai giocato troppo
sporco, questa volta...”
“Non avevo scelta” replicò lei sulla
difensiva
“Sì che l'avevi. C'è sempre. Essere
onesta. Con te stessa, tanto per cominciare: non lasciare sempre che il
fantasma di Alexei ti perseguiti. E lui, per finire, non credo che ti
avrebbe allontanata, scoprendo che tu...”
“Logan...” ringhiò la rossa,
prevaricandolo “Lui morirà, prima o poi!”
“Anche tu potresti fare brutta fine: un bel proiettile
potrebbe centrarti prima di quanto pensi. Potrei ucciderti io stesso
qua, seduta stante. Pensaci. Hai la vita eterna, ma non sei immortale
nel senso stretto del termine. E allora, cocca? Avresti buttato la tua
vita.”
“E se lo avesse scoperto e mi avesse allontanato? Sarebbe
stato anche peggio che perderlo...” replicò lei
stringendosi nelle braccia.
“Tasha!” replicò Logan, alterato ed
esasperato “E' la tua coscienza con cui devi fare i conti. Da
ora in avanti. E' una scelta solo tua. Spero tu sappia sopportarne il
peso. A proposito, credo sia il caso di raccontare ai ragazzi del tuo
contributo a San Paulo...” E dicendo così,
aprì la porta del bagno per andare a ripescare Deadpool che,
probabilmente, era affogato nel cesso. Quasi si scontrò con
Rogers che, invece, ne usciva in quel momento. “Proprio non
te lo meriti, Capitan Purezza...” aggiunse lasciando Steve
perplesso a guardare la porta che si chiudeva.
“Di cosa parlava?” domandò rivolto alla
rossa
Lei fece spallucce “Nulla che ti riguardi...” disse
avviandosi al suo fianco lungo i corridoi.
Si ritrovarono, ben presto, nuovamente nei paraggi della sala comune,
dove Pepper e Tony parlottavano fittamente. In un cantuccio, Gambit
stava seduto isolato dagli altri, stranamente silenzioso, mentre Thor
rimuginava sulla brutalità della razza umana.
Pochi minuti dopo, Logan tornò spintonando Deadpool. Lo
cacciò a sedere di malagrazia e invitò Natasha a
raccontare la sua parte di storia.
“Non c'è molto da dire su San Paolo.”
sbuffò Natasha, accomodandosi accanto a Rogers. Doveva
prestare attenzione a ogni dettaglio se voleva che tutti si bevessero
la sua storia e non andassero a riferire all'interessato che, forse,
c'era qualcosa che davvero non quadrava nella loro relazione.
“Ma non è una cosa che ha tirato fuori anche
Loki?” domandò confuso Steve, anticipanto Tony.
Lei sbuffò “Loki conosceva la versione di Clint,
che, a sua volta, conosceva quella un po' gonfiata dai nostri
superiori.”
“Un po'?” la canzonò Logan
“Suvvia... abbiamo solo distrutto mezzo Bairro de Liberdade1...”
“Non è per quello che mi hanno sollevata da terra,
lo sai benissimo!” replicò la spia folgorandolo
con un'occhiataccia.
“Insomma, cosa hai fatto di tanto terribile perché
Loki tentasse di usare questa... cosa
contro di te?” domandò Stark
“Ho solo lasciato che l'arma più pericolosa al
mondo, seconda, forse, solo allo scettro di Loki, scappasse a tutti i
controlli quando il mio compito era proprio quello di intercettarla,
avvisare gli agenti preposti e, extrema
ratio, fermarla io stessa. All'epoca la mia copertura era
quella di interprete, se non ricordo male. E' stata anche una bella
vacanza, a dire il vero. Le mie abilità linguistiche
venivano richieste ogni qual volta era coinvolto un personaggio di
spicco nella politica degli armamenti. Io dovevo riuscire a capire dai
loro discorsi dove potesse essere finita X-23”
“La figlia di Logan?” domandò qualcuno
“Precisamente. In quel periodo, per altro, anche Logan era
sulle sue tracce. Voleva capire chi era che commetteva omicidi con la
sua firma. Per lui, Bairro de Liberdade -dove ci incontrammo,
scontrandoci- era un luogo perfetto da cui cominciare la ricerca. Venne
fuori che si trattava solo di questa ragazzina plagiata che reagiva
istintivamente a determinati stimoli. Aver lasciato libera una minaccia
come X-23 equivaleva all'aver commesso direttamente gli omicidi di cui
lei era artefice. Le stragi compiute da lei in quel periodo su civili
innocenti vennero sistematicamente caricate nel mio curricolo, lordando
indelebilmente la mia reputazione. I vertici dello S.H.I.E.L.D., il
C.S.M. in persona, decretò che qualunque omicidio commesso
da X-23 in seguito alla fuga di cui ero responsabile mi sarebbe rimasto
sulla coscienza. Non che fossi una santa, precisiamo. Ma, certe cose,
facevano parte del lavoro e nessuno avrebbe mai pensato di sottolineare
certi dettagli.” disse facendo spallucce “In
definitiva, anche per Clint, io ho, tramite lei, le mani sporche di
sangue innocente. Lui che, per primo, mi risparmiò la vita.
Ma non mi pento della mia scelta.” disse orgogliosa
“Pensavo si trattasse di Daken ed ero pronta a tutto per
correggere l'errore
di Bucky. Ma quando ho scoperto che si trattava di una ragazzina che
aveva subito privazioni e torture di ogni tipo, non me la sono sentita
di biasimarla. Inoltre, era figlia di Logan, quindi, men che meno,
avrei potuto nuocerle: in lei vedevo me stessa.”
“Che fine fece?”
“Laura non è più una minaccia per la
salute pubblica: la affidammo a un amico comune che stava dall'altra
parte del globo. Uno in grado di nascondere le proprie tracce e in
grado di tenerla sotto controllo...”
“Un telepate?”
“No, pratica solo l'ipnosi e ha una macchina sofisticata che
può permettergli di registrare l'attività
cerebrale di X-23.”
“Non
sarà Fantomex...” allibì
Deadpool, come ridestatosi da un sogno
“Lo conosci?” domandò Rogue, allungando
il collo
“E' un ladro! Il migliore di tutt'Europa...”
sibilò Gambit tra i denti mentre Wade rispondeva alla
domanda.
“E' un
assassino psicotico! Ha tre personalità... non è
farina da far ostie...sarebbe come darla a me!”
strepitò il mercenario
“Ed era alla scuola, in questi giorni, nel tentativo di
calmare Psylocke...” lo rimbeccò il canadese,
prendendo le difese del collega in bianco. “Mmm, a proposito,
ricordatemi che poi vi devo aggiornare anche su Warren.. Comunque,
Jean-Philippe è molto comprensivo con X-232.
Essendo stato, anche lui, vittima del progetto Arma Plus, col nome in
codice di Arma XIII” confermò Logan.
“Appunto!
Arma Plus uguale pazzia! Non ce n'è uno di sano uscito da
quei laboratori! E gli danno donne e bambini da proteggere...
assurdo...”
“Ma sentite il paparino...” cinguettò
Stark canzonando Logan “Chi l'avrebbe mai detto che tu fossi
uno tsundere3”
“Non lo sono per nulla...” replicò
quello senza offendersi “Ma Laura è solo una
bambina. Ha tutto il diritto di essere tale, per un po'. Anche se
resterà con quell'aspetto per sempre...”
Tony tacque, preso in contropiede. Ma si riscosse quasi subito.
Guardò Natasha e domandò
“Perché, già che ci sei, non ci parli
anche degli altri riferimenti di Loki?”
La rossa sbuffò “L'ospedale e la figlia di
Dreikov?”
“In realtà pensavo fosse un tutt'uno. Una sorta di
climax. La regione, San Paulo; il luogo e il fatto, l'incendio
all'ospedale e la vittima, la figlia di Dreykoff.”
commentò lui, notando solo allora come, nel racconto della
rossa, non ci fosse riferimento ad alcun ospedale
Lei si ravvivò la chioma e folgorò Deadpool
“L'incendio all'ospedale è colpa sua!”
esordì “E io, all'epoca, lavoravo per l'HYDRA,
grande nuova alleata della Russia ormai decadente.”
“Cosa?” strabuzzò Rogers, facendo
rapidamente i dovuti collegamenti del caso e scartando inorridito.
“Era il periodo in cui lavoravo ancora con
Bucky...” precisò senza abbassare lo sguardo.
“Soldato
d'inverno.” precisò sotto lo sguardo
sbarrato di Cap “Bucky era stato già catturato
dallo S.H.I.E.L.D. e fatto uscire dal condizionamento mentale a cui era
stato sottoposto. Era già tornato, a tutti gli effetti,
seppur ancora convalescente, tra i ranghi degli Alleati. Io avevo un
compito: recuperarlo e cancellare le nostre tracce. HYDRA sapeva che
nessuno dei due avrebbe mai abbandonato l'altro. Fu così che
mi infiltrai nell'ospedale in cui era ricoverato...”
“Come
infermierina!” strepitò Deadpool
dall'angolo in cui era relegato “Ve l'immaginate
la fredda Natasha tutta amorevole coi pazienti? E vestita di bianco.
Quel bianco! Cose da pornazzi! Era uno spettacolo!”
La rossa lo ignorò, come sempre “Bucky si
ricordava di me e di quello che avevamo passato assieme ma sapeva anche
che stare lì, per me, rappresentava un serio pericolo: non
ero come lui, un americano a cui era stato fatto il lavaggio del
cervello. Ero Russa. E agli americani questo non piaceva. Non in piena
Guerra Fredda. Clint venne mandato ad uccidermi: ero pur sempre la
miglior agente del nemico. Bucky fu usato come esca e, restando dentro
una struttura ospedaliera, i sistemi per farmi secca erano solo tre:
veleni, a cui sono immune...”
precisò verso Wade, reo di una leggerezza madornale
“...corpo a corpo, magari con un bisturi, per evitare di
entrare armati di tutto punto e poter spacciare la cosa per un
incidente. Ma nel corpo a corpo ero la migliore, difficile trovare
qualcuno che possa tenermi testa... oppure... beh, omicidio a distanza.
E Clint era quello più indicato. Riuscì a
cogliermi di sorpresa e mi ritrovai legata come un salame appesa a
testa in giù, impossibilitata ad usare qualunque mia
abilità o anche solo i miei bracciali.”
“Ogni volta che ti cacci nei casini è sempre in
trappole del genere...” ridacchiò Wolverine
“Clint non mi salvò la vita per qualche mistico
motivo. Il suo fu un calcolo molto preciso e agì seguendo un
ragionamento più logico e intelligente di quello che aveva
mosso il C.S.M. a dargli l'ordine: lo S.H.I.E.L.D. poteva ottenere
informazioni preziose da una come me, ammesso che mi arrendessi e
potevo rivelarmi, se rieducata correttamente, una fantastica agente.
Avevano l'asso nella manica di Bucky e, se fossi passata dalla loro
parte, avremmo potuto continuare a fare squadra. Alla fine, per un
certo periodo, continuammo a fare entrambi il doppio gioco ma
separatamente: odiavo James per avermi venduta in quel modo, anche se
non era colpa sua. Poi James venne riassegnato definitivamente nella
squadra guastatori come Nomad4.
Per intendersi, la persona di cui parlo è quello che ti ho
fatto chiamare per mettere in sicurezza l'ospedale” Disse
Natasha, rivolta verso Tony che annuì inebetito
“HYDRA non sembrava più interessata a
riappropriarsi di lui, ormai immune ai loro condizionamenti mentre io
ho continuo tutt'ora. E ci sono dei motivi più tecnici che
ideali dietro a questa scelta. Ma tornando all'incendio. Nello stesso
ospedale in cui era alloggiato James c'era anche quel coglione di Wade:
reparto di massima sicurezza del reparto psichiatrico5.
Lui riuscì a evadere per i cavoli suoi, facendo una strage
nel suo reparto e appiccando anche un bel falò per ripicca.
Già che c'era venne pure a cercarmi -pare si fosse preso una
sbandata per l'infermiera Belova- e mi trovò impegnata nella
lotta con Clint: Wade era un elemento che nessuno dei due aveva
calcolato. Nella colluttazione (io contro Clint, io che tenevo a bada
Wade, Bucky che cercava di proteggermi da entrambi ma allo stesso tempo
di farmi desistere o scappare, Clint che teneva sotto tiro me e Wade
cercando di evitare Bucky) appiccammo un secondo incendio che, insieme
all'altro, ben presto si propagò a tutto l'ospedale. Nel
giro di pochi minuti venne dato l'allarme, polizia e camionette dei
vigili del fuoco accorsero rapidamente nel tentativo di salvare quanti
più degenti possibili, mentre noi eravamo impegnati in
quella lotta strenua per la nostra vita. Stanco dei nostri giochi,
Clint riuscì a immobilizzare me e Wade e, con l'aiuto di
Bucky, a cui spiegò rapidamente il suo piano, ci
portò in salvo. Solo in seguito scoprimmo che la nostra
scorribanda aveva ucciso un numero considerevole di pazienti e mandato
in fumo un ingente capitale. Anche se Clint non ha mai dato apertamente
la colpa a me, per quei morti ma ha sempre detto che l'incendio,
secondo lui, era stato successivamente alimentato artificialmente e
usato per nascondere le prove di test discutibili o di pazienti
scomodi. Ma alla luce di quello che disse Loki, è evidente
che ciò che pensava era ben diverso. D'altronde l'MRD
è un'agenzia esterna a cui si appoggia anche lo S.H.I.E.L.D.
e non ci sarebbe da sorprendersi se si scoprisse che operavano nella
stessa struttura. Ma non abbiamo mai avuto prove. Alla fine, nel
rapporto, per quanto la colpa fosse collettiva, chi aveva scatenato
materialmente l'incendio ero io -Wade è pazzo e venne
prosciolto da ogni accusa- e io dovevo tenermi sulla coscienza quei
morti, accidentali o meno che fossero.”
“Wow...” fu il commento unanime “Un
perfetto capro espiatorio” aggiunse Kurt
“Scusa una cosa, 'Tasha... che anno era?”
domandò Logan pensieroso
“Il '96, mi pare...”
“Allora credo sia stato lo stesso incendio di cui parlavo io,
prima...” disse rivolto ai Vendicatori “Arma
Plus...” precisò, notando lo sguardo sperduto
della rossa che, a quel nome, si illuminò di improvvisa
comprensione: non aveva mai indagato ai livelli sotterranei ma, a quel
punto era plausibile che più si scendeva sotto terra,
più le cose si facevano misteriose e, le
responsabilità delle singole agenzie, confuse.
1 Quartiere/distretto di San Paolo
giapponese. Tipo Little Italy o China
Town per intendersi. Logan non poteva non essere coinvolto in qualcosa
che abbia a che fare col Giappone, no?
2 In diverse occasioni
Fantomex viene mostrato con X-23. Ora la tiene in braccio come un padre
amorevole in un ricordo di Xavier (in uno degli ultimissimi fotogrammi
di X-Men Evolution)
mentre, in
un'illusione delle Mastermind al servizio di Sinistro (X-Men The End,
Libro secondo - Eroi e
martiri, 2 e 3),lei
è stesa a prendersi il sole e spizzicare gamberetti dagli
artigli mentre JeanPaul arriva con una bottiglia di vino e una bambina
in braccio.
3 Termine usato per descrivere quelle
persone generalmente scontrose e spigolose che, però, in
determinate
circostanze, rivelano a sorpresa un lato dolcissimo e adorabile,
soprattutto con chi sta loro a cuore.
4 Una delle identità assunte
da James Barnes nel corso degli anni. Mi sembrava ci stesse -nel
significato- il rimando ;)
5 Siamo
in un periodo successivo al suo essere cavia di Arma Plus:
l'esperimento andò un po' a schifo -visto il soggetto- che
venne
rinchiuso in questa specie di ospedale in cui i pazienti, sempre
esperimenti mal riusciti, in realtà, venivano usati come
carne da
macello per altri test.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Come avrete notato, ho cambiato il font. Spero che sia più
leggibile del Times...
è che ha un nome assurdo e ogni volta mi incasino...
Cmq...
Son stata costretta a spostare al prossimo capitolo la parte
riguardante 'la figlia di Dreykoff' (al posto delle solite 8 pag, siamo
già a 10... e saremmo arrivati a 12...non mi pareva il caso).
Ecco qua, insomma, come ho deciso di usare gli elementi del film ai
fini della narrazione, concatenandoli con tutto il resto.
Le mani di Natasha sono ovviamente sporche di sangue, ma non volevo
renderla una mercenaria assassina dal cuore gelido come può
esserlo Logan in modalità Berserker. E' stata condizionata e
tutto, ma volevo mettere in cattiva luce il CSM che è
così invischiato con la controparte da cercare di screditare
i suoi stessi agenti, nel tentativo di impedire loro ogni indagine
autonoma. Un po' di sano mobbing, insomma: non sei tu il responsabile ma
ti rendo colpevole e se ficchi il naso dove non devi, ti
distruggo...è un avvertimento.
Bene. La prossima volta sarà l'ultima di spiegazioni varie:
Natasha spiegherà le vicende legate a Dreikoff e Thor
parlerà di Thanos (finalmente! La luce in fondo al tunnel)
A presto!
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Capitolo 16 *** Menzogne maldestre ***
16.
Menzogne maldestre
“Per quel che riguarda la
figlia di Dreykoff” riprese la spia dopo un
attimo “Semplicemente sono colei che ha ucciso i genitori di
Jessica Drew, l'agente S.H.I.E.L.D. che ha scortato Clint al Quinjet e
che faceva parte del trio che sembra averti rubato i protocolli delle
armature” spiegò rivolta a Tony “Sono
responsabile, quindi, del suo impiego da parte di HYDRA. I coniugi
Dreikoff, al soldo di HYDRA, lavoravano a un progetto sperimentale pur
essendo la donna già incinta. Il DNA della vedova di
Wundagore, un ragno, venne inoculato nel feto... ”
“Abbiamo due Vedove nello S.H.I.E.L.D.?”
domandò sarcastico Tony
“Ferma un attimo!” intimò, invece, Peter
“Ma il cognome di Jessica è Drew, non
Dreykoff...”
“Dreykoff, o Drakov a seconda della trascrizione (come
Romanoff è la variante di Romanov - Romanova), venne
abbreviato in Drev,
omettendo il corpo centrale -yko-.
A quel punto, nella lettura anglosassone, è diventato Drew.
Così anche i parlanti altre lingue europee non si sarebbero
traditi nella lettura, rivelando la contrattura del nome originale. E'
uno dei sistemi per l'attribuzione di una copertura”
“Yelena
Belova non ha alcuna attinenza con Natasha Romanoff o Natalie
Rushman...” protestò Wade
“Infatti non è uno dei migliori, perché
rischio sempre di tradirmi. Ma l'ufficiale preposto, quella volta, non
aveva molta voglia di impegnarsi e riciclò il nome di
un'altra agente.”
“Allora è questa la tecnica che usa anche
Mystica...” ridacchiò Wolverine dal suo cantuccio
“Come fai a sapere degli pseudonimi di Mystica?”
domandò Rogue, confusa.
Quello grugnì, a disagio “So molte più
cose io su Mystica di quante possa saperne quel pagliaccio del suo
protettore...” disse senza spiegare nulla.
Natasha riprese il suo racconto senza badare ai mutanti “Alla
nascita di Jessica, il padre continuò a inocularle il
DNA...”
“Certo che questi scienziati sono tutti matti... Arrivare a
usare i propri figli come cavie...” commentò
ancora Rogue mentre Gambit non visto, sempre in silenzio, digrignava i
denti e serrava i pugni.
“All'epoca io lavoravo già per lo S.H.I.E.L.D. ed
ero stata mandata a sopprimere quegli esperimenti di cui avevo notizia.
Erano, manco a dirlo, versioni alternative del Progetto Arma Plus.
Altri nomi, medesimo obiettivo. Uccisi i genitori di Jessica ma non
trovai tracce della bambina né dei responsabili del
progetto. Ancora una volta, avevano mangiato la foglia ed erano corsi
ai ripari per tempo, lasciando dietro di sé solo gli strumenti, i
malcapitati che avevano già spremuto e che erano, quindi,
sacrificabili. Anni dopo si scoprì che, proprio grazie
all'assassinio dei genitori, HYDRA aveva trovato in questo evento una
perfetta giustificazione su cui innestare le proprie menzogne e
manipolare, così, i ricordi di Jessica, cresciuta
artificialmente in una specie di incubatrice, al fine di avere un
migliore controllo su di lei. E per HYDRA, Jessica compì
omicidi tra i più efferati che vennero, ancora una volta,
imputati a me e al mio disastroso intervento: secondo il C.S.M. avrei
dovuto uccidere anche lei, per evitare la successiva perdita di agenti
S.H.I.E.L.D. Fury, al contempo, si trovò la carriera segnata
dall'aver voluto salvare la ragazza e, dopo una lunga riabilitazione,
usarla come agente infiltrato. Questo è quanto.”
disse alzandosi e stiracchiandosi, considerando chiuso il discorso.
Dal suo arrivo, Thor non aveva aperto bocca, tutto intento ad assorbire
le conoscenze che i suoi colleghi gli stavano fornendo. Si rafforzava
sempre più, in lui, la convinzione che la Terra non fosse
davvero un bel posto dove vivere. Se un giorno avesse mai potuto far
ritorno ad Asgard, avrebbe preteso che Jane Foster lo seguisse: non
poteva permettere che lei vivesse in un luogo tanto brutale. Certo, la
donna non aveva poteri particolari e non rischiava più di
tanto come le persone lì riunite. E a essere onesti, quei
racconti dell'orrore rappresentavano solo una minima parte, una
scheggia impazzita della società midgariana, ne era
cosciente. Ma esisteva e tanto bastava. Certo, Asgard non era un luogo
di pace e serenità; guerre e violenze avvenivano anche sul
loro mondo, in modo diverso, ma avvenivano. In fondo, quindi, Midgard o
Asgard non avrebbe fatto poi chissà quale differenza.
Salvaguardia della sua amata a parte, quei racconti rafforzavano in lui
la convinzione che la Terra andasse aiutata e salvata. Prima di tutto
da se stessa. Al diavolo gli accordi non interventisti dei nove reami:
erano già stati infiltrati e dovevano sapere in cosa erano
invischiati, per aver una seppur minima speranza di cavarsela.
Quando Natasha si fu alzata, dopo la sua esposizione, il biondo dio del
tuono si schiarì la voce. “Come mai mi avete
mandato a chiamare?”
“Oh, vero...” disse la spia, battendosi una mano in
fronte e tornando sui propri passi “Il tuo fanboy,
laggiù” disse indicando Wilson “Ha detto
qualcosa riguardo a quello schizzato di tuo fratello...”
Vedendo Thor già pronto a replicare in difesa di Loki,
Natasha si affrettò a zittirlo “Chi è
Thanos?”
“Thanos?” sbiancò Thor
“Come...? Non potete esservelo inventato... ”
“Ci puoi fare un riassunto senza partire dall'alba dei
tempi?” domandò Stark, già insofferente
“In parole povere? E' uno dei nemici di Asgard. Da sempre
trama contro di noi per far cadere l'equilibrio che esiste tra i nove
mondi e di cui la Terra è il fulcro.”
“Nove mondi?” domandò Pepper scettica
Thor annuì. “Quando Asgard vinse la guerra,
millenni or sono, stabilì che la Terra fosse terra franca di
questa... confederazione di nove reami autonomi. I mondi abitati,
nell'universo, sono molti di più. Gli accordi prevedevano la
totale astensione dal visitare il pianeta, per permettere alla sua
nascente civiltà di evolversi in modo naturale.”
“Come noi facciamo con certe sacche di indigene in aree
sperdute dell'oceano” concordò Stark
“Il dominio di Midgard avrebbe compromesso la
stabilità di questa alleanza e quindi avrebbe allertato
l'intero universo... Probabilmente, fu in quella prima invasione che il
Tesseract andò perduto. O sepolto qui intenzionalmente...
Vorrei poter chiedere a mio padre. Ma, come credo saprete, mi
è impossibile fare ritorno...”
“Un momento...” sbottò Rogers
“Ricordate quando Fury ci parlò degli altri nomi
del Tesseract e delle altre civiltà che erano già
venute a trovarci, nel tentativo di impossessarsene?”
“... aspetta, sì...aveva
detto...Allspark!” si illuminò Stark
“Di cristallo ce n'è più d'uno ma
presumo che quello con cui l'umanità ha avuto a che fare sia
sempre lo stesso. E per un semplice motivo. Qualcuno di esterno
violò l'accordo che non riguardava, ad esempio, i Badoon, la
Covata, i Kree e gli spettri neri. Mentre ero da Jane Foster ho
studiato il materiale da lei raccolto, per altri fini, sulla mitologia
che esiste su di noi,
su dei e alieni, su queste altre civiltà.”
concordò Thor “E ho trovato delle
corrispondenze.”
“Un momento!” sbottò Rogue
“Anche noi abbiamo avuto a che fare con gli alieni!”
“Gli Shi'ar...” concordò Logan
“E il bel cristallo M'Krann” concluse Gambit
“Lilandra...” sospirò Thor “Di
Alfheimr, per noi. Le vostre leggende parlano di Elfi della
luce.”
“Quella strane acconciature possono essere state scambiate,
effettivamente, per aureole... e le loro vestigia aviarie possono
ricordare gli angeli, che sono esseri di luce”
meditò Kurt richiamando a sé l'immagine assurda
della principessa Shi'ar e la sua ampia conoscenza di iconografia sacra.
“Jarvis...” chiamò Steve. L'algido
maggiordomo si avvicinò impettito “Puoi portarmi
carta e penna?” domandò preparandosi a una
spiegazione abbastanza contorta.
E mentre il capitano cercava di prendere appunti, Thor
proseguì nella sua enumerazione “Allspark, invece,
è il nome del Tesseract presso i Muspells. Voi li conoscete
col nome di Nani” continuò Thor
“Nani? Ma se erano delle bestie alte quanto un
palazzo!” protestò Tony che, nel frattempo, aveva
visionato anche i filmati relativi a quell'invasione e di cui non
sapeva nulla ma a cui suo padre aveva assistito.
“Erano fatti di metallo, però...”
replicò la Vedova Nera
“E il
metallo si estrae dalle miniere...” aggiunse
anche Wade, ricordando la missione che aveva visto coronare il suo
sogno: distruggere Parigi e lavorare con la sua rossa preferita1
“Sono creature che voi potreste scambiare per macchine, o
robot o... ” gesticolò il dio cercando una
definizione adatta, senza però trovarla “Sono gli
unici in grado di estrarre particolari metalli, tra cui l'uru2
e il vibranio...”
“E' un nome che è già stato fatto, o
sbaglio?” domandò Rogers, già confuso
da tutti quei nomi.
“E' uno dei componenti della lega del tuo scudo...”
disse Natasha “Sulla Terra ce ne sono due giacimenti: uno in
Antartide, presso quella che è comunemente nota col nome di
Terra Selvaggia...”
“Anche questo è qualcosa che mi suona familiare...
come si chiamava, accidenti?” meditò a lungo Steve
“Ammiraglio Richard Evelyn Byrd!” Sbottò
di colpo
“Nato il 1888...” sciorinò subito Tony
scorrendo, sul suo palmare, le pagine che aveva trovato in rete
“...Diario dell'Ammiraglio della Marina Statunitense...
Interessante!” commentò dopo una rapida scorsa al
testo “1947... Durante il sorvolo del Polo Nord,
annotò di aver visto una terra lussureggiante che sarebbe la
prova a supporto della teoria della Terra Cava ipotizzata da Halley...
Stronzate!” commentò rimettendo in tasca il
telefono “Polo Nord: l'Antartide sta al Polo Sud! E poi tu
eri già bello che surgelato nel '473...”
Steve lo squadrò perplesso “No, aspetta! Io
conoscevo le imprese di Byrd prima della Guerra: il sorvolo del Polo
Nord è del '26 e già allora si vociferava di
un'ipotetica Shangri La4. Ma il volo del '47, ho
controllato di recente, era al Polo Sud! Fatto sta che Hitler
organizzò le sue spedizioni ai Poli proprio sulla prova
fornita dai diari, spariti dopo la missione del '26, ritrovati
recentemente e che, mi vien da pensare, fossero finiti proprio nelle
sue mani. C'è molta confusione al riguardo,
perché i rapporti ufficiali parlano di Polo Sud nel '47
mentre le pagine manoscritte vengono spacciate dai media come prova del
volo al Polo Nord. Nessuno esclude che abbia vissuto la stessa
esperienza in entrambe le occasioni.”
Natasha lo osservò per un attimo “Stiamo parlando
della stessa cosa...” confermò, lasciando Tony a
bocca aperta “Fu al Polo Nord che Byrd vide quella terra
selvaggia. Ma quella di cui parliamo noi sta al polo Sud e Namor5
-ti ricordi di lui, vero?- può testimoniartelo.”
Quando Rogers, dopo aver fatto rapidamente mente locale,
annuì, la spia tornò alla sua breve elencazione
di giacimenti di vibranio. “Un'altra forte concentrazione si
è riscontrata nel piccolo regno di Wakanda, in Africa. Thor,
continua pure e scusa per la digressione.”
“Di nulla. Vanaheimr il regno più simile al
nostro, Asaheimr, tanto che, spesso, per rinsaldare l'alleanza, si
combinano matrimoni di interesse. Non c'è una vera e propria
distinzione tra noi, apparteniamo tutti alla razza di Eterni e,
semplicemente, abbiamo occupato due diversi pianeti, tutti
insieme.” riprese Thor “Per voi occidentali questi
due regni corrispondono ai pantheon norreno e a quello greco-romano ma,
in realtà, sono residenza di tutti i pantheon terrestri. E
non ho idea del perché ci sia stata questa strana divisione
e occultamento delle altre comunità. Forse perché
l'Europa, pur intrattenendo scambi commerciali col resto del mondo,
mantenne boriosamente il primato della propria cultura a sacrificio
delle altre? Ora sono le lingue europee le più
diffuse...”
“Ma non mi dire...e bravo lo spilungone norvegese”
celiò il canadese venendo soffocato dal commento sarcastico
di Gambit
“Pantheon greco-romano e la mela della
discordia...” ridacchiò il francese
“Avanti... possibile che lo stesso oggetto cambi forma e nome
così radicalmente? Nella mitologia giapponese c'è
qualcosa di simile, Logan?”
Ma Thor non lo sentì, concentrandosi per ricordare le varie
corrispondenze “Ci sono poi coloro che si oppongono
fermamente a questo patto e sono i regni di Jötun, i giganti
del ghiaccio, gli antenati di Loki. Ci sono poi i regni di Ninfl e di
Hel. Quest'ultimo, di recente, ha cambiato sovrano e la corona
è passata dal dio a voi noto come Ade a Hela, figlia di
Loki. Nelle vostre corrispondenze si confondono spesso come in un unico
e generico Inferno, Terra delle Nebbie e simili anche se Ninfl
è la dimora dei demoni. Hela stessa viene chiamata con nomi
diversi, i più comuni mi sembrano siano Morte o
Kalì. Se penso che è stato mio padre, il grande e
saggio Odino, a metterla su quel seggio...” scosse la testa
“Infine c'è il regno di Svartalfa, del pianeta
Skrull, il cui popolo vi è noto col nome di orchi o elfi
oscuri. Questi sono gli stessi Chitauri che hanno attaccato la Terra.
Sono una razza ottenuta per alterazione genetica dalla razza Skrull
originaria che è nota come razza Deviante poiché
evoluzione degli Eterni. Da noi ai Devianti Skrull per arrivare ai
Chitauri..”
“Un po'
come dire scimmie, umani e mutanti...”
borbottò Wade “Sei
un bellissimo esemplare di scimmia armata di martello. Se non fosse
morto ti suggerirei di sottoporre la tua candidatura a Kubrick per 2001: Odissea nello spazio...”
“Noi e gli Skrull siamo cugini e i Chitauri sono i loro
nipoti potenziati. Thanos si è autoproclamato re di
Svartalfa nonostante sia un Eterno originario del Vanaheimr. Nacque
deforme, simile a un Deviante e suppongo sia per questo che si
è messo a capo dei Chitauri, i mostri Skrull: per vendetta
nei confronti dei Vanir e Aesir”
“Quindi, se Thanos coi suoi Chitauri conquistasse la Terra,
l'equilibrio si spezzerebbe e ci sarebbe una nuova Guerra Galattica,
giusto?” riassunse Tony
“Oh...
Finalmente accoppiamo Lady Isabel? Io faccio il Gran Sacerdote,
così siamo sicuri della riuscita della missione!” sproloquiò
Deadpool
“Esatto...” fu la risposta che Thor diede a Tony,
non a Wade “Ma... tutto questo mi sta dispiegando sotto gli
occhi un nuovo scenario, che giustifica anche alcune cose accadute
prima del mio arrivo su Midgard...”
“E cioè?” domandò Iron Man
spazientito “Vuoi mettercene a parte?”
“Noi abbiamo sempre pensato che nostro fratello Vali fosse
scomparso, forse morto. Invece, se lui fosse un alleato di Thanos,
questo giustificherebbe quanto è avvenuto su Asgard anni fa:
infiltrati Jötun che miravano a impossessarsi delle nostre
armi... Abbiamo dato la colpa a Loki ma, come diceva giustamente
l'Allfather, lui ha scoperto di essere stato adottato solo dopo che i
traditori si erano già infiltrati tra noi. Forse, il vero
traditore è Vali, mio fratello di sangue, non Loki... Ma
allora perché attribuirsi il merito di aver lasciato
penetrare i giganti di ghiaccio ad Asgard, se non era stato
lui?” distrutto dall'improvvisa consapevolezza di aver
affrettato il giudizio sul fratellastro, si prese la testa tra le mani
e non parlò più.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Il rollio del volo aveva qualcosa di conosciuto e rilassante. Era un
po' come tornare nel grembo materno: stava al chiuso, nel buio,
protetto dalla realtà esterna che non attendeva altro che
poterlo colpire ancora e ancora e ancora. Tutto, dagli scossoni ai
rumori dei servo-meccanismi era una nenia familiare che aveva il potere
di calmarlo. C'era chi, in volo, si agitava. E lui era il primo ad
andare in paranoia quando si accorgeva che gli altri passeggeri, nei
voli di linea, si ostinavano a non chiudere i dispositivi elettronici,
presi com'erano dal credersi gli unici e i più importanti a
bordo di un velivolo, ignoranti patentati che non sapevano nulla di
come funzionava un aereo e di come le onde elettromagnetiche potessero
interferire sulla strumentazione di bordo, soprattutto nelle fasi
più delicate di decollo e atterraggio. Probabilmente la
gente credeva ancora che dalla cloche partissero mille tiranti verso i
flap delle ali e al timone. Forse addirittura ai carrelli. E i normali
voli di linea non erano schermati come gli jet e i caccia: quegli
imbecilli mettevano a repentaglio la vita di tutti per poche misere ore
di viaggio perché non riuscivano a staccarsi dal loro
cordone ombelicale, dalla protesi dell'essere sempre accessibili a
chiunque, in una fobia angosciante della solitudine. Era una
schiavitù da cui non riuscivano o non volevano a liberarsi,
perché le loro vite, altrimenti, si sarebbero rivelate vuote
e prive di senso.
Un po' come al cinema, la gente non riusciva più a isolarsi
dal mondo nemmeno per poche ore. Odiava quella luce dal sedile davanti
che, inevitabilmente lo distraeva. Forse era ipersensibile lui,
perché era un cecchino? No, ne era certo, c'erano altri
utenti che sbuffavano ma non osavano alzarsi e dirne quattro per paura
di aggiungere disturbo al disturbo e creare una rissa. Seccato, di
solito riusciva a spegnere i dispositivi altrui con il lancio del primo
semplice e minuscolo oggetto che gli capitava a tiro. Ma era
impegnativo e lo distraeva dalla visione. La cosa, ne era certo, gli
avrebbe dato fastidio anche se avesse fatto l'elettricista. Ma da
quant'era che non andava al cinema? Troppo tempo e per un nerd come lui
era la morte. Avrebbe dovuto hackerare qualcosa a Carousel.
Sbuffò, gli occhi rigidamente chiusi a ignorare i suoi
compagni di volo. Al suo fianco, Jessica si mosse appena, probabilmente
già addormentata ma sempre abbarbicata al suo braccio.
Coulson arrivò barcollando, tenendosi aggrappato alle travi
che percorrevano l'intera fusoliera.
“Posso parlarti?” domandò, ben sapendo
che l'arciere non dormiva “Come mai questa decisione
improvvisa di tornare Ronin?” Clint inspirò a
fondo, nervosamente, e schiuse gli occhi “E poi
cos'è sta storia che ora fai coppia con Jessica?”
continuò l'uomo fissando l'agente addormentata accanto
all'arciere “Io...no beh, tutti, in realtà,
credevamo che tu e Natasha...”
“Natasha sta con Rogers...” rispose Clint,
semplicemente, appuntando lo sguardo sulla parete metallica carica di
zaini davanti a sé. Cos'era successo? Aveva un buco nella
sua memoria. Ricordava Jessica che lo tormentava mentre faceva i
bagagli... poi il vuoto. Si era risvegliato a bordo del Quinjet. Stava
con Jessica?
Ricordava che lei ci aveva provato spudoratamente. Ma non ricordava la
propria risposta. Forse non era degna di essere ricordata. Si faceva
schifo in entrambi i casi.
Del resto non gli importava: che tutti credessero quello che
preferivano, tanto... cosa poteva importare? E a chi?
A Natasha meno di zero.
A se stesso ancora meno: non aveva un briciolo di amor proprio, si
faceva schifo per questo. Certo, lui non era Cap, l'integerrimo
protettore dei deboli. Lui era un delinquente arruolatosi per scappare
alla fame, alla miseria e alla violenza. Era una persona gretta.
Macchia più, macchia meno, nulla l'avrebbe lavato al punto
di renderlo come Rogers. Poteva sognare quanto voleva! Non era nemmeno
al livello di Stark che, almeno, stava cercando di lavorare su se
stesso, sulle sue reazioni, sulle sue relazioni...
Non mi importa se pensi
a lei. Puoi usarmi quante volte vuoi...
Come no! Sicuramente Jess avrebbe piantato casino. Forse era l'unica a
cui sarebbe importato qualcosa.
In fondo, male che fosse andata avrebbe rimediato compagnia la notte. E
un ceffone finale come coronamento della situazione. Finiva sempre
così. D'altronde lui era notoriamente un porco che se la
faceva con tutte quelle che trovava e lei lo sapeva. Doveva saperlo! Ma
non era più così da tanto tempo.
“E dimentichi che io sono uno della coppia da sconosciuti a sposati in 9
giorni secchi6”
“Come scusa?” domandò l'agente,
perplesso, convinto di aver capito male e fermo alla prima frase
“Mi stai prendendo in giro... Non è
possibile...”
Ecco che Coulson si risvegliava dalle sue nebbie. Non capiva se c'era
delusione o ammirazione a far da contraltare alla sua domanda.
Clint sbuffò. Perché avrebbe dovuto mentire? Per
sputtanare Natasha a gratis? Se era la sua partner non aveva proprio
alcuna logica “Fidati... aspettava un figlio da lui. Scemo io
a non accorgermi di nulla. Nonostante dividessimo il letto e tra i due
ci fosse qualcosa più del semplice cameratismo.”
Coulson lasciò andare i propri appigli e gli si
accasciò davanti, aggrappandosi ai suoi pantaloni,
supplichevole “Dimmi che è un brutto
scherzo!” si lagnò.
Delusione, decisamente.
“Tu e Nat... eravate l'unica certezza all'interno dello
S.H.I.E.L.D. dopo Fury e Val...”
“Magari avevate pure scommesso...”
ironizzò l'arciere, poco divertito dalla faccenda.
“Anche!” ammise l'agente abbassando appena lo
sguardo e allentando il nodo della cravatta. “Non ci credo...
Tu e Nat non...”
“Non dovresti essere contento?” replicò
Clint, infastidito da quell'insistenza. “D'altronde si tratta
sempre di Rogers e Romanoff...”
Coulson nicchiò, demoralizzato “E'
che...” biascicò confuso. Tentò di
concludere il discorso ma si scoprì incapace di fare altro
che non fosse aprire e chiudere la bocca, senza parole.
Lì accanto Jessica si mosse ancora nel sonno, sistemandosi
meglio sulla spalla dell'arciere. “E poi...”
aggiunse Clint per tacere definitivamente il collega “Ora io sto con
Jessica...”.
'Tasha mi devi un
favore! Rincaro la dose per dare ulteriore credibilità alla
tua versione. Sono patetico. Ancora ti difendo, cercando di passare per
un bastardo che usa le donne e cambia idea come gira il vento. Coulson
sa che non ti abbandonerei mai. Soprattutto non dopo che ti sei data
tanta pena per rimettermi in carreggiata. Nonostante tutto.
“COSA???” Coulson quasi si strozzò per
la sorpresa. “Divertente, Clint, davvero... mi hai fatto
prendere un accidenti...” tossicchiò imbarazzato
“Cosa c'è da urlare, Phil?”
biascicò assonnata Jessica, con tono irritato.
“Clint è in vena di scherzi... dice che state
assieme... figurarsi... dopo Barbara non volevi più averci
nulla a che fare...”
“Davvero?” domandò Clint, sorpreso,
rivolgendosi a alla donna
“Si cambia idea, mai sentito nulla al riguardo?”
replicò quella stropicciandosi gli occhi.
“Ma...” allibì Coulson “Ma
siete seri? Tutti quanti? Guardate che non sono più
così giovane e il mio cuore potrebbe non
reggere...” minacciò, strappando loro un sorriso.
“Chiama Natasha, se non mi credi...”
replicò l'arciere spostando un braccio e cingendo la collega
per le spalle, considerando chiuso l'argomento.
Coulson lo valutò per qualche istante. “Jessica,
sono i tuoi ormoni?” domandò scettico
“Ma ti pare?” replicò lei con un ghigno
“Non ho bisogno di questi mezzucci... e poi Clint si accorge
se e quando li uso...”
“Davvero?” domandò ammirato “E
come fai?”
Clint fece spallucce “Istinto...”
replicò non troppo sicuro, visto le cantonate che aveva
preso di recente sulle donne. Però, il fatto che non
ricordasse e che anche in quel momento, da che Jess si era risvegliata,
provasse uno strano struggimento per la mora, lo faceva sentire strano
e diverso. Non erano sentimenti che riconduceva facilmente a se stesso
e la cosa lo lasciava perplesso. Ma anche se fosse stato, meglio
così: forse stava solo alleviando il suo dolore.
1 Basandomi sulla trama del film dei G.I.
Joe per motivi già citati in
precedenza, la missione è avvenuta nel 2009. Ma Howard
morì nel 1991.
Si tratta, quindi, di due missioni distinte ma degli stessi alieni.
Alla Marvel, si sa, non dispiace che, una volta sconfitti, questi ci
riprovino.
2 Del vibranio abbiamo già
parlato. L'uru si trova
unicamente su Asgard. Assomiglia alla pietra ma possiede anche
proprietà magiche. Sembra essere in grado di assorbire la
maggior parte
dell'energia, in particolar modo quella magica.
Una delle poche leghe in grado di distruggerlo è la
Dargonite.
Il martello di Thor è uno degli oggetti forgiato con questo
metallo
3 La
storia dell'ammiraglio Byrd è affascinante ed è
sicuramente lo spunto
da cui si è partito per avere l'idea della Terra Selvaggia.
Fatto sta
che nei resoconti -essendo i diari spariti- c'è confusione
sull'attribuzione delle rotte percorse e dei relativi anni. La storia,
però, resta intrigante.
4 è il nome di un meraviglioso
luogo
immaginario, sospeso nel tempo, luogo di pace descritto nel romanzo
Orizzonte perduto
di James Hilton (1933) e deriva dal mito tibetano di
Shambhala. Entrambi sono associati ad Agarthi (a sua volta strettamente
connessa alla teoria della Terra Cava: sarebbe il regno all'interno del
pianeta...un continente come Atlantide o Lemuria) e usare un nome o
l'altro è lo stesso. La sovrapposizione tra il luogo mitico
e le
diverse collocazioni geografiche dipendono dal fatto che diversi
sarebbero gli accessi a questa terra meravigliosa. I poli,
l'islanda-con cui è spesso identificata-, il deserto del
Gobi (luogo
originario del mito), la piramide di Giza e l'isola di Pasqua non
possono mancare e nemmeno un paio di località italiche.
Badate, la
società segreta di Thule, che costituì lo zoccolo
duro del partito di
Hitler, credeva fermamente in queste cose. E se vi interessa,
c'è un
libro interessante, al riguardo.
5 Namor è il principe di
Atlantide. E' un ibrido uomo-Atlantideo (non è il solo. Per
le sue
origini mi baso su quanto sta emergendo di recente negli spillati.
Anche perché è la versione che avevo sempre
ipotizzato per conto
mio...ne riparleremo più avanti in caso non sappiate a cosa
faccia
riferimento) ed è considerato il primo mutante. Anche se
prima di lui ce ne sono a iosa. Anche solo parlando dell'epoca moderna
potrei citare Essex che, anagraficamente, batte sia lui che Wolverine.
Il suo unico interesse è preservare Atlantide.
Del resto non gli frega nulla. Ha contribuito alla spedizione per
l'estrazione di Rogers (dopo aver combattuto con lui durante la 2^GM e
dopo averlo individuato per caso tra i ghiacci e aver contattato Stark
figlio -Howard aveva tentato la ricerca ma aveva fallito) solo per non
avere rogne e togliersi dai piedi i primati -così li chiama-
il più
presto possibile.
Tornerà prestissimo... entro la fine della fic ;)
6 Lui
e Barbara Morse hanno bruciato un pochino le tappe (se vi interessa
saperne di più, in Dark
Reign - I nuovi Vendicatori - Riunione spiegano un
pò la cosa ed è ancora disponibile).
Tant'è che poi si
son mollati anche subito. (Ecco..lei proprio non la
reggo...più delle
altre)
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Bene, dopo essermi presa un'incazzatura colossale col pc che si spegne
e manda in fumo tutta l'impaginazione e le note dell'ultimo mintuo,
rieccomi qui.
Con questo abbiamo finito la parte degli spiegoni.
Non ho aggiunto note su 2001
e sui Cavalieri dello
Zodiaco (spero che tutti conosciate
entrambi...sennò mi sa che DOVETE recuperare il primo, solo
per cultura personale e avete avuto un infanzia sfigata -senza i CdZ
sicuramente-)
Non ricordo che diavolo avevo scritto. A parte parlarvi di Namor. Non
tutti i lettori lo conoscono, quindi lo introduco un pò alla
volta. Lui e T'Challa, re del Wakanda :D entrambi hanno militato nei
Vendicatori, quindi...
Vi lascio con un piccolo extra, una song-fic Easy as it seems,
collocata all'inizio del paragrafo relativo a Clint.
A presto ;)
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Capitolo 17 *** Invito ***
17.
Invito
Davanti al Breiðablik, i tre guerrieri amici di Thor, si
alternavano nel turno di guardia. Il voluminoso Volstagg sedeva
scomposto davanti alla prigione, sprofondato nella folta pelliccia di
Fenrir, sbocconcellando un arrosto e piagnucolando al contempo.
“Oh, smettila di lamentarti!” tuonò
Hogun con aria più torva del solito
“Già non è una bella situazione... ci
manchi solo tu...”
“Temo di aver fatto male i conti per le
provviste...” replicò l'altro, mogio.
“Ma se ti sei portato un baule di roba...”
sbigottì Fandral tornando sui suoi passi dopo essersi
allontanato per osservare da vicino un'incisione all'interno di una
cella lì vicino.
“Di questo passo, mi durerà solo altri quattro
giorni..”
“Sei senza fondo! A noi due, insieme, nell'ipotesi peggiore,
la stessa scorta di cibo dovrebbe durare almeno un mese!”
replicò il Fosco.
“...E tutto per colpa di questo stronzo di un
traditore!” si inalberò Volstagg, concentrato su
se stesso, lanciando un osso verso le sbarre.
Fenrir, convinto si trattasse di un gioco o di un premio, si
raddrizzò di colpo, mandando il voluminoso lupo di Asgard
gambe all'aria, e andò a recuperare l'avanzo.
“Certo che fa specie...” commentò
Fandral osservando il prigioniero che li scrutava con espressione
stanca “...Sembra davvero di insultare Odino. Mi sento quasi
in colpa...”
“Stupido cane infernale!” tuonò il
gigante dai capelli rossicci rimettendosi carponi e agitando il pugno
chiuso contro il demone del Van.
La bestia, per tutta risposta, cominciò a ringhiare.
“E sei pure permaloso!” replicò quello
tirandosi in piedi a fatica e spolverandosi sedere e ginocchia.
“Non credo ce l'abbia con te...”
commentò Odino, stanco.
“Nessuno ha chiesto il tuo parere, mi pare...”
rispose Hogun, tendendo comunque l'orecchio.
“Già... Sta' zitto, Loki!” aggiunse
Volstagg mentre l'ingresso alle segrete si apriva con un suono ovattato
“E' permesso?” domandò la bionda Sigyn
facendo capolino, esitante, dalle ante della porta in cima alle scale.
“Ecco la conferma che abbiamo Loki per le mani...”
sghignazzò crudele Volstagg.
“Sì, vieni pure, Sigyn...” rispose il
più diplomatico e cordiale Fandral, lanciando all'altro
un'occhiataccia.
“Ma non avevamo ricevuto l'ordine di tenerla lontana da
qui?” domandò ancora Volstagg lasciandosi scappare
un sonoro rutto e ricevendo, in risposta, un calcio sugli stinchi ben
assestato dal compagno più finetto.
“Mi dispiace dirti che, durante la visita a tuo marito non
potrai avvicinarlo né potrete restare da soli...”
aggiunse cordiale il biondo quando lei fu più vicina.
“Marito? Ma io sono venuta a trovare mio suocero... Non credo
che riceva un buon trattamento, se siete tutti convinti che si tratti
di Loki...” rispose con supremo candore la donna.
“Un momento... non mi pare tu sia già stata qui
altre volte...” commentò il biondo spadaccino
“Come fai a sapere che Loki ha preso le sembianze di Odino
per trarci in inganno?”
“Perché è così. L'ho
incontrato al Válaskjálf. Si è
mostrato a me nella sua vera natura dopo aver allontanato
tutti.” precisò “Mi dispiace,
Maestà...” aggiunse rivolta alla cella e
prostrandosi in un inchino sentito “Non sono riuscita a
scappare prima ai Falchi Rossi per poterVi venire a
trovare...”
Pensando che fosse pazza a pensare una follia del genere, oltre che
scema per amare Loki, i tre guerrieri lasciarono che la moglie del
traditore avvicinasse alla prigione “Incatenarla a Loki,
credo, sarebbe una punizione peggiore che restare recluso qua sotto1...”
sghignazzò Volstagg
“Il fatto che non possa avvicinarglisi è una
grazia... Sta a vedere che Loki ha fatto tutto 'sto casino per farsi
arrestare e tenersela lontana...” ipotizzò
malevolo anche Hogun
“L'ha sposata...” replicò Fandral
“Se dovesse essere una punizione, ci sarebbe sfuggito il suo
masochismo... E' andato a strapparla a Theoric: l'ha ingannata,
spacciandosi per lui, mentre quello, poveraccio, moriva in battaglia...
Non dubiterei un istante se mi dicessero che anche dietro a quel fatto
ci fosse il suo zampino2.”
“Razza di capre!” tuonò Odino
“Se fossi davvero Loki, Sigyn sarebbe furibonda con Odino per
averlo imprigionato...”
I tre si guardarono “Ecco... sono questi ragionamenti
estremamente coerenti e verosimili che mi incasinano la testa...
” sbottò il gigante “Sono totalmente
sensati...”
“Io ricordo ancora le storie che fece Sigyn quando Loki venne
messo in punizione per aver tagliato una ciocca dei capelli di
Sif” commentò sornione lo spadaccino
“Che trasformò, poi, in fili di metallo
indistruttibile per scusarsi, così che nessuno potesse
giocarle di nuovo lo stesso scherzo...” commentò
Hogun “A me è sembrato l'ennesimo dispetto, altro
che scuse...”
“Pensatela come volete...” replicò Odino
“Ma sappiate che questo non fa che convalidare l'idea della
stupidità dei soldati, tutti muscoli e niente
cervello!”
“Loki, ne ho piene le tasche dei tuoi graziosi insulti
neanche troppo velati! Ringrazia che non possa venire dentro
o...”
Un boato fragoroso squassò il pavimento destabilizzando
l'equilibrio dei quattro e lasciò Volstagg con la bocca
spalancata per la sorpresa. I tre guerrieri si scambiarono un'occhiata
d'intesa e, con Sigyn alle calcagna, corsero alle scale urlando a
Fenrir di rimanere di guardia. Si arrampicarono lungo i gradini e si
affrettarono alle balconate. All'orizzonte, al di là delle
mura di cinta della città, una nube di polvere iridescente
impenetrabile celava alla vista il ponte arcobaleno. Tutti e tre,
però, furono attanagliati all'istante da una strana
inquietudine, un senso di déjà vu.
Passarono i minuti. Lentamente. Così piano da logorare i
nervi.
“Oh, no...” alitò Hogun a un certo
punto, rilassando i muscoli “Siamo nella merda di drago fino
al collo..”
“Cosa vedi?” domandò il gigante,
stordito da quello spettacolo, di per sé meraviglioso.
“Il Bifröst...” commentò anche
Fandral.
“Il Bifröst...?” lo incalzò il
gigante, impaziente, aguzzando la vista.
“E' crollato. Di nuovo.” rispose Sigyn al suo
posto, pietrificata.
“Ancora?” sbigottì il gigante
“Ma come è possibile? L'avevano appena
finito...”
“E solo Thor, oltre a Heimdall sarebbe riuscito
a....” commentò
“Perché nessuno aveva calcolato Surtr3?”
aggiunse Hogun scorgendo una figura conosciuta tra i baffi di nebbia
che andavano diradandosi.
“Perché Surtr era prigioniero dei nani?”
rispose sarcastico Fandral
“Gli stessi nani produttori di Uru?”
domandò Hogun sempre più pessimista
“Non è una bella cosa che si trovino
associati...” disse indicando la figura del guerriero che
tutti conoscevano e che avanzava tra la polvere delle rovine,
sovrastando altre tre figure più minute.
“Chi diavolo sono quelli?” domandò
Volstagg aguzzando ulteriormente la vista
“Di male in peggio...” commentò Hogun
“Abbiamo Hela. E fin qua nessuna sorpresa. Abbiamo Loki.
Ammesso che sia effettivamente lui: vorrebbe dire che quello in
prigione è il vero Odino...”
“Temo sia lui. Sarebbe davvero troppo contorto anche per
l'Allfather, interpretare Loki tra le fila nemiche mentre il diretto
interessato si spaccia per lui, qui da noi”
ragionò Fandral
“Ragazzi, non ho finito...” li richiamò
Hogun “Il terzo elemento... è Heimdall. Il
fratello di Sif, il nostro amico... lui è lì,
accanto a Loki ed Hela, con le armi abbassate...”
“Ha lasciato che distruggessero il ponte?”
ringhiò Volstagg
“Ma che senso avrebbe che Hela e i suoi non morti lo
distruggessero? Il ponte gli serviva! Se volevano usare Yggdrasil,
perché non se ne sono rimasti a casa loro?”
protestò anche Fandral “E ormai erano qui:
Heimdall doveva distruggerlo prima...”
“Però non sembra aver l'aria di un prigioniero di
guerra... anzi... ha più l'aria del complice..” li
informò Hogun
“Fa tutto parte del piano di Loki...”
spiegò Sigyn “E se Heimdall, che tutto vede,
è al suo fianco, forse abbiamo tutti sbagliato nel
giudicarlo...”
Le parole della bionda principessa gelarono il sangue ai tre guerrieri.
Cosa dovevano fare, ora?
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Dopo l'interrogatorio di Wade, le lunghe spiegazioni dei Vendicatori
sugli argomenti più disparati, la partenza di Clint e il
ritorno di Thor, il gruppo aveva cercato di riguadagnare la
normalità e per farlo, alcuni si erano ritirati nei loro
appartamenti.
Già, perché dopo un rapido controllo dei dati
finanziari, Tony e Pepper avevano scoperto che, all'indomani
dell'attacco dei Chitauri, la zona, e in particolare la torre, era
stata svalutata così tanto da non suscitare alcun interesse
in nessun finanziatore: chi sarebbe stato così folle -a
parte il presidente stesso del gruppo- da investire su un parafulmini
per sciagure intergalattiche? E col palazzo l'intera zona, seppur
centralissima, aveva subito un crollo quasi in caduta libera:
l'appetibilità era ai minimi storici. Perché due
torri simili, con personaggi simili come occupanti nel raggio di dieci
isolati, avrebbero scoraggiato anche il più avventato degli
affaristi. La Stark Tower era riuscita nell'impresa che era sfuggita al
Baxter Building. La torre della Os.Corp Industries, al contrario, pur
essendo nelle vicinanze, non suscitava timori essendo solo la sede di
innocui laboratori e non covo di supereroi invisi all'opinione
pubblica. E con quel crollo nessuno sarebbe mai andato a lavorare da
lui, nonostante la crisi mondiale fosse più profonda che
mai. Quindi, piuttosto che lasciare inutilizzato l'intero edificio,
tanto valeva concedere un piano a ciascun occupante, diversamente da
quanto stabilito in precedenza, concedendo a ciascuno la dovuta privacy
e autonomia. I ragazzi erano stati bravi e rapidi nel ricollocare
l'arredamento.
Nel giro di poche ore, il gruppo sembrò aver già
trovato il proprio equilibrio: gli animi erano decisamente
più distesi e la maggior parte, ora, gradiva la compagnia
degli altri, certi di poter scappare nel loro rifugio quando avessero
voluto. La coesistenza coatta in spazi limitati, d'altronde, era stata
una tecnica di tortura collaudata nel corso dei secoli. Meglio
così. Se dovevano affrontare minacce più grandi
di loro era meglio che ciascuno fosse pronto a dare il massimo e in
pace gli uni con gli altri. E al momento non aveva bisogno di altre
rogne, impegnato com'era a cercare di sbrogliare una matassa
magistralmente annodata e tessuta dalla società tutt'intorno
a loro, senza che avessero tempo di rendersene conto, offuscati
com'erano stati dall'incidente di Pepper e dalla convocazione in senato.
I servizi negativi su di loro come gruppo, le perplessità
circa l'appropriatezza del lasciare a piede libero gente tanto potente
e i tentativi di emulazione, proliferati come batteri, sembravano
fagocitare quei pochi, miseri tentativi di entusiastica accettazione di
quel tipo di novità: la paura sollevata dalla distruzione
portata da Hulk un anno prima ad Harlem era stata ravvivata da quel
caos incontrollato e tutti i superumani erano sul fuoco di linea dei
giornalisti. Se fino a qualche tempo prima riuscivano a passare
inosservati, mimetizzati nelle pieghe della leggenda metropolitana, ora
la paranoia aveva travolto ogni figura di spicco. In particolare, i
mutanti erano i più temuti: perché che un genio
fosse vittima di un esperimento e cercasse di rimediare ai suoi guai
operando per il meglio era un'idea più facilmente
sopportabile di persone nate con doti inarrivabili per qualunque umano
normodotato. In genere, tra l'altro, i mutati erano scienziati di
dichiarata fama, difficili da screditare agli occhi dei civili mentre i
mutanti erano persone comuni, che non avevano chiesto quella
maledizione. L'unico modo per poter sopravvivere tutti era far fronte
comune. Eppure, tutti si rendevano conto della giusta paura insita in
quelle accuse: chi avrebbe impedito a chiunque di loro di avanzare a
reclamare il dominio sulla Terra?
Nessuno di loro era disposto ad asservirsi come una marionetta e di
farsi comandare dai politici di turno ma trovavano anche
fondamentalmente scorretto estraniarsi dalla questione e operare in
solitaria, liberi da ogni tipo di briglia. Fury era stato lungimirante:
aveva provato a legalizzare la loro posizione. Ma ora era fuori dai
giochi. Stava a loro trovare un modo per farsi accettare. Non solo dai
politici nazionali che nella migliore delle ipotesi si sarebbero
arrogati il diritto di schierarli come soldati in un nuovo tipo di
guerra: dovevano puntare a formare una comunità
supereoistica mondiale che, come ogni forza armata, ubbidisse alle
risoluzioni delle Nazioni Unite. E dovevano agire alla svelta.
Nel tardo pomeriggio, la pace e la concentrazione di Tony subirono una
violenta battuta d'arresto. Erano tutti riuniti -chi a leggere, chi a
esercitarsi, chi ancora solo a chiacchierare- in quella palestra
ipertecnologica che anche i mutanti trovavano stimolante. Diversamente
dalla Stanza del Pericolo di Westchester, che li poneva davanti a
situazioni complesse in cui, come squadra, dovevano riuscire a tirare a
casa la pellaccia, questo ambiente mirava a far loro ottenere singole
prestazioni sempre migliori, tiri più precisi, innalzare i
limiti di resistenza e così via. Come aveva detto il padrone
di casa diverse volte nell'arco di quelle settimane, i superumani non
avevano alcun diritto di adagiarsi sugli allori: anche un uomo normale
era più forte di un ragazzino rachitico, eppure si allenava
lo stesso. Quindi perché non avrebbero dovuto farlo anche
loro, mettendo alla prova i loro limiti ed esercitarsi a superarli?
A tal proposito, dopo uno dei soliti battibecchi che aveva avuto con
Rogers intorno all'ora del tè, mentre il padrone di casa
leggeva e commentava attentamente il quotidiano on-line e il capitano
faceva semplici flessioni su un unico braccio (mentre quello libero
sfogliava la cara vecchia versione cartacea frusciante), avevano finito
per sfidarsi in un classico incontro sul ring, uno a uno, armati solo
di guantoni. E Stark, nonostante gli allenamenti con il suo autista ed
ex-pugile Happy Hogan, era già finito al tappeto un paio di
volte, senza neppure aver avuto la possibilità di capire da
che parte arrivasse il colpo tra le urla di giubilo dei suoi
maledettissimi ospiti. A rendere più bruciante le sconfitte
si aggiungeva il fatto che Rogers si beasse del fatto che -a suo dire-
quelle fossero mosse basiche.
Ma la situazione già snervante di Tony avrebbe raggiunto ben
presto la soglia dell'isteria per altri motivi.
Alla quarta ripresa, l'incontro venne interrotto dall'ingresso
silenzioso ed elegante della nuova versione di Jarvis che, mani dietro
la schiena dritta come un fuso, sguardo gelido e assente, si era
posizionato in paziente attesa, vicino all'angolo in cui il magnate
sarebbe presto caracollato in cerca di aria.
– Signore... – disse l'androide quando il suo
padrone si buttò a peso morto sulle corde, in un break
magnanimamente offerto dal suo rivale, facendogli comparire davanti
agli occhi iniettati di sangue un cartoncino in pregiata carta d'Amalfi.
“Un invito?” domandò perplesso
“E per cosa, sta volta? Aprilo: lo sai che odio ricevere cose
dagli altri anche se si tratta di te!”
– E' un invito a una sera di gala – lo
informò il maggiordomo
“E cosa cavolo c'entro io?” sbottò
strappandogli l'invito dalle mani. La scritta era in un raffinato
carattere graziato blu in rilievo e in un angolo campeggiava discreto
il simbolo di un drago alato rosso che avvolgeva il globo.
“Che palle!” borbottò
“Cos'è?” domandò Rogers,
avvicinandosi incuriosito.
“Roba in cui mio padre si sarebbe divertito un
mondo.” sbuffò “E' un ricevimento per
l'inaugurazione di una nuova sede dello S.H.I.E.L.D. da destinare come
base addestrativa per gruppi di soldati scelti. Leggi superumani, leggi
Vendicatori. La cosa è sospetta: perché
dovrebbero darsi pena per fornirci un alloggio tutto nostro? E' vero
che -stando all'indirizzo- sarebbe in un posto fuori mano dove gli
alieni potrebbero venirci a trovare senza mettere a repentaglio la
sicurezza della più grande città del mondo. Ma mi
sa tanto da trappola, vista l'aria che tira in città, quasi
che non aspettino altro che un nostro passo falso.”
sbuffò indicando il giornale abbandonato sulla panca
“Dobbiamo valutare bene se accettare o meno... Inoltre,
sarà pieno di militari, politici, dignitari, giornalisti,
rappresentanti delle varie ditte appaltatrici e, niente meno che, altri
scienziati... Quindi presumo anche Pym e Reed...”
sbuffò cercando di immaginarsi la scena.
“TONY!!!” urlò allegra, all'improvviso,
una voce dall'altro lato della sala “Oh, mio Dio, ma dove
diamine sono finita?”
Janet Van Dyne era comparsa dal nulla proprio nella sala d'allenamento,
fasciata in uno dei suoi numerosi abiti da cocktail -ovviamente era
impeccabile e molto rigorosa sul dresscode legato agli orari e alle
situazioni-, spumeggiante, raggiante e con un sorriso tanto luminoso da
non lasciar pensare nulla di buono. Non quando a sorridere era lei.
“Cosa vuoi?” domandò il proprietario di
casa adombrandosi: non bastava quella notizia, ci mancava pure lei.
“E soprattutto... si può sapere cosa ci fai qua?
Non ti voglio, sei più fastidiosa di una zanzara,
sparisci!”
“Non sono qua per te!” precisò lei
arrivando, ticchettando sui suoi tacchi alti, a piantarsi nella sua
visuale “Voglio solo che tu mi dica dove posso trovare
Virginia...”
“Come hai fatto ad arrivare qui senza che nessuno se ne
accorgesse?” protestò ancora Tony, opponendo un
muro di gomma alla sua richiesta
Quella sorrise sarcastica “Se volessi potrei infilarmi su per
il tuo naso e risistemarti il cervello, idiota!”
“Quindi non sei venuta in volo?” domandò
lui facendole il verso e agitando le mani a simulare un paio di piccole
ali.
“Abbiamo i nostri portali...” ammise con un sorriso
tirato che tradiva imbarazzo ma anche orgoglio per quella bravata.
“I tuoi beneamati portali non possono portarti a casa mia.
Henry non ci ha mai messo una porta...” replicò
ancora Stark
“Oh, invece sì! C'è un accesso diretto
tra casa tua e.. ovunque ci sia una porta che sfrutta la tecnologia di
Henry” ghignò lei, trionfante, appoggiandosi con
le mani alle corde inferiori del ring “Sono state installate quando
la tua sicurezza faceva acqua da tutte le parti.... Ora, cortesemente,
mi diresti dov'è Virginia?”
“Al lavoro, su di sopra... Jarvis, accompagna la nostra ospite...”
E con un grazie
a trentadue denti, la sgradita intrusa si allontanò
baldanzosa dalla sala, lasciando il magnate alle prese con i suoi
dilemmi.
“Si può sapere qual è il
problema?” sbuffò Natasha quando Stark riprese a
imprecare contro il biglietto intestato “E' solo una serata
fuori, penserai dopo se accettare o meno la loro offerta.. Non pensi
che tu e Pepper potreste anche averne bisogno, dopo quanto accaduto di
recente? Staccare la spina...” Lui le riservò
un'occhiata glaciale “A parte la noia che ti si legge in
faccia...”
“Parlare... hai presente?” domandò
seccato “Cianciare a vuoto di inutili cazzate con gente che
ti sta sulle palle ma che non puoi mandare a cagare pena ficcare tutta
l'azienda in grandi casini se non scatenare anche incidenti
internazionali. Papà era molto bravo in questo. Si
divertiva, anzi. Andava alle feste, rimorchiava, prendeva per il culo i
suoi nemici neanche tanto velatamente e loro se ne accorgevano
appena...”
“Mi sembra una dote che hai ereditato...”
puntualizzò la rossa, ricordando come -sia lui sia Pepper-
si fossero esibiti in una serie di frecciate particolarmente cattive ai
danni di due persone che mal sopportavano, quella volta a Montecarlo.
Lui la fissò inebetito. Ricordò, a scoppio
ritardato, la sua presenza al caso Whiplash e tornò a
fissarla accigliato “Quello si chiama istinto di sopravvivenza
o, se preferisci, fastidio
cocente che te le tira fuori con la forza e io non sono
così folle da cacciarmi spontaneamente nella gabbia dei
leoni.”
“Pepper cosa ne pensa, al riguardo?”
domandò Rogue avvicinandosi con l'aria di chi capiva il suo
disagio. Al piano di sopra, quasi a risponderle, arrivò un
doppio urlo di donne euforiche. La mutante inarcò un
sopracciglio, perplessa.
Tony premette un pulsante a parete e avviò una comunicazione
interna “Pepper, non mi sembra il caso di fare tutto questo
baccano. Scendi immediatamente... e metti la piccola ape Maya in un
barattolo. Senza
fori d'aerazione!”
Non dovettero aspettare molto, per svelare il mistero, che Pepper si
fiondò nella sala tutta giuliva, seguita a trotto dalla
moretta. “Volevi chiedermi qualcosa?”
domandò facendo finta di nulla
“Cosa diamine era quell'urlo?” domandò
ormai libero dai guantoni
“Quale urlo? Io non urlo mai. A parte quando devo volare con
te, si intende...” replicò, cercando di rimanere
seria
“Avanti... lo so che c'entra la piccola impollinatrice
dispettosa! E cosa sono quei fogli?” ringhiò
vedendo come l'intrusa tenesse nascosto, dietro la schiena, un blocco
da disegno
“Nulla che ti riguardi!” rispose lei altera.
“Ah, però!” fu il commento di Rogue che
era andata a sbirciare i fogli di Janet.
“Non sarà...” cominciò Tony
che il ghigno di Janet gli fece gelare il sangue nelle vene.
“E va bene, lo ammetto! Sì, un altro abito
indecentemente provocante... Come quello che ti era tanto
piaciuto...” confessò la rossa, roteando gli occhi
per la sua reazione infantile: il vestito scollato era ok, ma non la
stilista che lo progettava.
Tony si accigliò, per niente imbarazzato da quella
rivelazione pubblica: non era un mistero quanto gli piacessero le donne
e, quindi, quanto le preferisse svestite “Pep? Ti vieto in
modo categorico di dare soldi a questa succhiasangue di una vampira a
strisce”
“Chiamiamo
Blade? O prefeirsci Buffy?” domandò
Wade deliziato e già armato di paletti “No,
perché io non ho un bel ricordo dei Dracula.4”
“Tu stai scherzando...” ridacchiò lei
alle spalle di Janet
“Affatto!” sbottò folgorandola con lo
sguardo “Anzi, sai che ti dico? Per essere sicuri....
JARVIS!?” chiamò, alzando appena la voce.
– Sì, Signore? – rispose il maggiordomo
al richiamo vocale.
“Blocca immediatamente il conto e le carte della signorina
Virginia Potts in modo che non possa essere eseguita alcuna transazione
a indirizzo della qui presente Signora Janet Van Dyne in Pym. Blocca le
transazioni ai conti intestati apertamente a lei, al marito, ai loro
parenti e amici oltre che a società fittizie a tutti loro
riconducibili fino a... diciamo al sesto grado, siano esse alle Cayman
o a Ginevra. Ah! Impedisci anche il prelievo Bancomat.”
“Il sesto grado mi sembra pochetto...”
sbuffò Natasha attirando l'attenzione malevola di Pepper
“Tu dici?” domandò Tony, assottigliando
gli occhi con fare complice.
La spia fece spallucce “Ricordo che anni fa, il gruppo
terroristico dell'Atlas fece rimbalzare il segnale della comunicazione
per oltre 34.212 relè di trasmissione prima che lo
S.H.I.E.L.D., suo interlocutore, riuscisse a rintracciare l'origine del
segnale. Quando l'agente Mullins la identificò su Urano,
patria dell'alieno del gruppo e pianeta andato distrutto cinquant'anni
prima, capirono di essere stati gabbati. No, direi che se Pym
è solo minimamente intelligente come dicono i rapporti,
dovresti allargare un pochino
il range...”
“Jarvis, procedi!” comandò Tony
prontamente “Fai 35.000 rimbalzi. Cifra tonda”
Pepper strabuzzò “Non puoi fare sul
serio!” urlò riavendosi
dall'incredulità per tutto quello che stava succedendo
“Ah, davvero?” replicò lui distratto
afferrando il telefono che teneva all'angolo del ring. Ne fissava il
monitor incantato mentre sotto i suoi occhi scorrevano veloci grafici e
barre di caricamento “Peccato... troppo tardi!”
disse, quindi, esultante mostrandole come tutte le operazioni fossero
andate a buon fine.
“E' roba mia!” protestò lei
“Me lo sarei comprato come regalo di compleanno come tutte le
altre volte! A te non avrei chiesto nulla, figurati!”
“Anche i tuoi
soldi sono miei!”
precisò lui, sereno “Che tu spenda così
malamente i tuoi soldi è come se lo facessi io”
“Me li guadagno lavorando per te! Non sono la tua... mantenuta!”
si inviperì lei
“Mai detto il contrario. Ma quel che è tuo
è mio e quel che è mio è tuo,
giusto?” replicò lui mentre lei cercava di
obiettare un timido “Sì,
certo, come la torre...”
“Temo che il tuo vestito farà semplicemente la
fine della tua.. cioè, della sua collezione
d'arte moderna.” si inserì anche Natasha, fautrice
dell'inaccessibilità definitiva al suo conto in banca, per
niente sorpresa dalla reazione della donna.
“Esattamente!” confermò il miliardario,
indicandola con la mano ancora fasciata dalle protezioni per i
guantoni. “Quindi...”
“Quindi...” lo interruppe Janet trionfante,
infilandosi disinvoltamente nel loro battibecco “Non
c'è nessun problema se ricevesse un regalo da
un'amica.”
“Sì, non c'è...” stava
replicando lui ripetendo, come un idiota, le parole della mora quando
si interruppe, rendendosi conto del significato che portavano con loro
“No, un momento!”
“Davvero?” domandava Pepper, nel frattempo, gli
occhi lucidi di commozione
“Ma certo, Pep...” rispose, affabile e compiaciuta,
la donna “Non me lo permetti mai, non ti manca mai nulla...
quindi io un'occasione come questa non me la lascio certo
sfuggire.” Commentò per poi allungarsi a battere
un paio di pacche amichevoli sulla spalla di Tony.
“Manderò gli apicoltori5 a prenderti, prima o poi,
fa attenzione!” la minacciò lui, a vuoto, mentre
lei si dileguava sculettando nella direzione da cui era venuta,
sfruttando ancora i suoi magici passaggi interdimensionali e lasciando
dietro di sé un “Ci vediamo più tardi,
così scegliamo il modello!”
1 Loki fu effettivamente punito con un
supplizio del genere, tale è l'attaccatura morbosa della
donna per il marito.
2 Com'è
realmente... Loki architettò tutto nei minimi dettagli: fece
in modo
che Theoric partisse in guerra e ne prese il posto al fianco di Sigyn.
Un po' come andò anche con Uther Pendragon. Riassunto per
chi non
mastica mitologie, miti e affini: Merlino usò sul re la
magia per
dargli le sembianze di Gorlois, il suo fedele vassallo che fece
assassinare nella notte, e permettergli così di giacere con
la sposa di
questo, Igraine; il famoso Re Artù, frutto di quel
concepimento, era il
prezzo che Merlino chiese a Uther per l'inganno e la
possibilità
-successiva- di sposare la vedova.
3 Nella mitologia norrena, un
figlio di Mulspèll (i Nani), un gigante di fuoco. Nei
fumetti è un
demone nemico di Thor e Odino. Nella realtà mitica, Thor era
costretto
a guadare il fiume a piedi perché tutte le creature di fuoco
avrebbero
potuto distruggere il ponte. Ecco perché ho tirato in ballo
Surtr.
4 Wade, da bravo cretino, non li chiama
vampiri, ma col nome del capostipite, Dracula, appunto.
5 Soprannome
degli operatori dell'A.I.M. (Avanzate Idee Meccaniche)-affiliati HYDRA-
per le loro tute
gialle e dotate di casco molto simile a quello degli apicoltori. Se ve
lo state domandando, è OVVIO che ficcherò dentro
anche loro in questo
casino. <3
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
In bocca al lupo a tutti i ragazzi che la settimana scorsa hanno
ricominciato la scuola, a coloro che sono alle prese con gli esami di
settembre (vi capisco, mi metto nel mucchio) e a quelli sotto tesi
(eccomi di nuovo) e a coloro che sono tornati al lavoro. Insomma, a
tutti voi un buon inizio di nuovo anno scolastico/lavorativo.
Chiedo scusa per la lunghezza del capitolo...non so come sia arrivato a
11 pagine dalle solite 8 che erano. Ma tagliare l'ingresso di Janet
sarebbe stata una mossa idiota: sarebbe stato solo un altro spiegone
fine a se stesso.
Cmq, qui ho annunciato il tema dei prossimi capitoli: la preparazione e
la partecipazione a questo evento mondano... per un po' torneremo nella
vita di tutti i giorni dei ragazzi... ma ci saranno interessanti
sorprese. Spero gradirete, in attesa della prossima battaglia e
dell'entrata in scena di altri storici Vendicatori. ;)
a presto
|
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Capitolo 18 *** Il piano ***
18. Il
piano
I guerrieri rimasero basiti davanti a quella scena surreale.
Si riscossero solo quando avvertirono il fruscio delle vesti di Sigyn
che si dileguava alla svelta: un comportamento proprio di chi
è colpevole e vola a liberare il suo complice.
Si voltarono sorpresi e le corsero dietro. La placcarono, molto poco
elegantemente, sulla soglia della prigione, prima di rovinare, tutti e
quattro, lungo la scalinata, atterrando malamente gli uni sugli altri.
“Volstagg, levati: pesi!!” Protestò Hogun
“Maestà!” alitò Sygin
“Loki e Heimdall hanno fatto crollare il Bifröst...
Cosa può voler dire, Allfather?” Il vecchio re
guardò il gruppo rimettersi in sesto mentre la mente
vagliava ogni possibilità “Non lo so. Non capisco
cosa stia architettando. Avrebbe avuto tutto un senso se Heimdall non
si fosse fatto coinvolgere e se il Bifröst fosse ancora al suo
posto. Perché metterlo in sesto per l'arrivo di Hela e farlo
crollare subito dopo?”
“Avrebbe un senso...” disse Volstagg facendole il
verso “Se quello fosse Odino e Heimdall, avendolo
riconosciuto, avesse deciso di circoscrivere la battaglia solo al
nostro pianeta...”
“Thor mi ha riferito di come ci fosse qualcuno alle spalle di
Loki.” rispose Odino senza degnare della minima attenzione i
velati insulti del Leone di Asgard, mentre i guerrieri continuavano a
elaborare ipotesi. “L'intervento di Hela mi fa pensare a una
sola persona, per quanto non si innesti bene nel quadro...”
“O se Heimdall fosse sotto l'influsso di
Amora...così, tanto per nominare qualcuno che non ha un
minimo di risentimento verso Thor e Odino...”
ipotizzò Fandral
“Chi, mio sire?” domandò ancora la
bionda affranta ignorando, come il sovrano, i tre arroganti.
“Ma Heimdall non era immune al fascino
dell'Incantatrice?” domandò Hogun, scettico
“Thanos...”
A quel nome, sussurrato appena dal padre degli dei, i tre guerrieri
tacquero e si scambiarono un'occhiataccia. “Ok... se questo
fosse davvero Loki non avrebbe molto senso propinarci un nome del
genere...” Quindi, si consultarono rapidamente, sempre con lo
sguardo. “Speriamo di non pentirci della scelta...”
alitò Hogun andando a disattivare la prigione.
Odino restò seduto a lungo sulla sua panca quasi si
trattasse del suo trono, del tutto indifferente alla sua nuova
condizione. In un batter di ciglia, infine, si fece comparire addosso
degli abiti eleganti e raffinati ma semplici e sobri.
“Non temete... la vostra condotta è stata
esemplare e non è certo compito vostro distinguere
… lasciamo stare...” disse tirandosi stancamente
in piedi e agitando la mano in aria, quasi potesse, con quel gesto,
assicurare loro qualunque incolumità. “Dunque, da
quello che ho capito, nonostante tutto, Loki ha già
approntato le difese e stabilito la corte marziale. Bene.”
ragionò a voce alta “Questo ci da degli indizi su
cosa sta per succedere. Sono tentato di chiedere il sostegno degli
altri dei...” Scrutò con attenzione le persone a
lui vicine “E sia, mandate Rattatorsk1
alle altre corti. E da Makkari. Thanos è affare anche loro.
Anzi, soprattutto loro.”
“Volete scatenare il Ragnarok?” strabuzzarono i tre
guerrieri
“No, voglio convocare il Consiglio...” disse, la
determinazione gli illuminava gli occhi.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
La ragazza varcò la soglia del lungo corridoio curvo
canticchiando. Non vedeva l'ora di buttarsi a letto. Era felice, ma era
anche stanca morta. Quando sarebbe stata la prossima libera uscita?
Dio! Si sentiva rinchiusa come un carcerato in libertà
vigilata nonostante stesse rientrando da un giro in aereo di diverse
ore.
Letto, doccia, un buon film che l'amica Yo-yo le aveva procurato e
tante patatine. E che cavolo: era ancora al di là delle
preoccupazioni per la linea tipica delle ventenni. Poteva concedersi
sane schifezze come ricompensa di quella vita infame. E poi a J.T.
sarebbe piaciuta lo stesso. O no? A volte dubitava che quel ragazzo
fosse sincero, ma poco importava. Era un ottimo diversivo dalla
generale vecchiezza di quell'ambiente: quel ragazzo un po' -tanto-
tamarro (anche nel nome) aveva il fuoco dentro. Letteralmente.
I am a sucker when she
pulls her game
What you are gonna do
I am a junk when she
calls my name
I am in love
[Sono un idiota quando
lei conduce il suo gioco / Cosa farai?/ sono un drogato quando chiama
il mio nome/ Sono innamorato]2
(la traduzione corretta di I'm
a Junk sarebbe “non valgo nulla” ma
così rendo di più la sua impotenza)
Ops! Era quasi un'ammissione. Ed era meglio non dare al capo altri
pretesti per ficcanasare.
Smise di camminare a tempo e di canticchiare più per quel
motivo che per evitare di infastidire i colleghi: se non volevano
essere disturbati si dovevano munire di tappi. E poi lei era un'artista
mancata, lo sapevano tutti.
Arrivata davanti alla sua porta, strisciò il tesserino
identificativo, pronta ad avanzare verso il richiamo del letto soffice.
Ma non successe nulla e per poco non si spalmò sulla lastra
d'acciaio. Perplessa osservò la porta e riprovò:
niente, nemmeno un sibilo soffocato degli stantuffi che davano gioco al
meccanismo per far si che il portello scivolasse sul suo binario. Era
assurdo: la corrente c'era in tutti i settori. Dopo quattro tentativi,
che ebbero come unico risultato quello di farle montare una gran rabbia
dentro, fece dietro front e marciò imbufalita verso il ponte
di comando.
“Chi è lo spiritosone che devo
ringraziare?” urlò senza tanti complimenti dalla
balaustra al terzo piano. “Druido panzone! La prossima volta
che ti trovo on-line sappi che ti distruggo! Non sai con chi hai a che
fare!” gridò quand'ebbe individuato uno della sua
squadra: un mago a trafficare con quelle cose e, ovviamente, un patito
di giochi di ruolo, da cui il soprannome. Ghignò. Lei dalla
sua avrebbe avuto il figlio della guerra, un asso in quel tipo di
giochi. E in connessioni Ethernet abusive. Appena fosse tornata in
possesso della sua console gliel'avrebbe fatta vedere3.
“Agente Jhonson?” la richiamò, seccata,
l'agente Hill due piani più in basso “Cosa sono
questi schiamazzi? Non siamo all'asilo. Dovrebbe saperlo, visto che
è un livello 10.”
Maria Hill, acida come sempre. Si fosse fatta una sana scopata con uno
di tutti quei maschioni e l'avesse lasciata in pace: ne aveva
già uno di padre putativo che si faceva abbondantemente i
fatti suoi dopo averla praticamente sequestrata.
“Qualcuno ha cambiato i codici del mio alloggio!”
sibilò astiosa: aveva tutte le ragioni di questo mondo per
essere incazzata. Voleva vedercela lei in quella situazione.
“Ah..” si sorprese la donna. Guadagnò la
prima postazione disponibile e si mise a trafficare sui computer
“Ah!” sbottò portando le mani alle reni
“Ah!
Cosa?” ringhiò la giovane
“La tua stanza è momentaneamente inagibile... la
tua amica, l'agente Rodriguez, è sola nel suo
scomparto...potresti andare da lei...”
“Che cosa?” starnazzò
“Perché proprio camera mia... si può
sapere che diavolo combinate?”
Maria Hill la folgorò con un'occhiata glaciale
“Agente Speciale Jhonson. Prego.” disse allargando
il braccio “Venga...” disse avviandosi al grande
tavolo in disparte, rialzato rispetto alla plancia di comando.
Voleva farle il caziatone per il suo comportamento. Lo sapeva! Quella
vecchia isterica!
Sbuffando come una locomotiva, la giovane Daisy accontentò
la donna e scese di malavoglia le due rampe di scale metalliche che
tagliavano come cascate le pareti interne della sala. Arrivata al
tavolo, si sbracò sulla prima poltroncina e buttò
una gamba sul pianale in segno di sfida: la odiava. Si credeva il
comandante dello S.H.I.E.L.D. ma era solo il comandante di vascello di
quella nave. L'aveva sempre fatto, anche quando Fury era operativo. E
ora che lui era stato destituito le cose andavano peggio. Per non
parlare della presenza della Contessa-scioglilingua italiana-la
Fontaine che di italiano non aveva proprio nulla. Due galline da
combattimento nello stesso pollaio! E per quel matusa di Fury. Cosa ci
trovavano le donne in lui avrebbe voluto saperlo. Ma era l'ultima a
poter giudicarle, visto come si era lasciata abbindolare dalle parole
di quell'uomo misterioso quanto scontroso. Rimpiangeva, a giorni
alterni, di averlo seguito, abbandonando i suoi studi artistici.
Sollevò appena gli occhi su Maria e la vide trattenere uno
sbuffo irritato ma il sopracciglio inarcato esprimeva tutto il suo
dissenso. Era rimasta in piedi fino al suo arrivo e colmò
con una certa grazia marziale la distanza che le separava.
“Cosa diavolo hai fatto ai capelli?”
domandò la più anziana, tentata di prenderle una
ciocca tra le dita per studiarla meglio
“Li ho tagliati. Avevo caldo.” rispose secca la
giovane
“Mi piace... ma ti preferivo prima... ti addolciva il viso.
Questo...”
“Sembra che un cane mi abbia mozzicato i capelli?”
replicò con sarcasmo. Era quello che avrebbe detto Fury
quando l'avesse vista. E avrebbe dato in escandescenze. La sua bambina
conciata come una teppista!
“No, volevo dire che sono... creativi... da chi
vai?”
“Faccio da me!”
“Peccato... volevo chiederti il contatto... ma, se si tratta
di te, saresti capace di tagliarmi la gola... o un orecchio. E grazie
al cielo non sei abbastanza vecchia da aver mai visto Lanterne Rosse”
“Cos'è? Una sviolinata per indorarmi la pillola?
Prima di caziarmi a dovere?” replicò ancora Daisy
sul piede di guerra
“Veramente, no. Per quanto il tuo comportamento sia del tutto
inappropriato per questo posto, ho smesso da un pezzo di cercare di
correggerti. Fury ti ha tirato dentro e se ne prende ogni
responsabilità. Se sta bene a lui...” Da quando
Maria era così permissiva? Cosa si era persa nel suo giorno
libero, passato a scorrazzare eroi in giro per il mondo? Non
è che c'era davvero del tenero tra i due, vero? Aveva il
voltastomaco al solo pensiero. “Vedi... ci sono stati dei problemi durante la
tua assenza...” Eccola lì! Lo sapeva, doveva
sospettarlo che c'era la fregatura! E bella grossa! “La
stanza di Fury è stata compromessa... ha dovuto ripiegare. E
ne avrà per qualche giorno, una settimana al
massimo...”
“Compromessa?” boccheggiò lei,
improvvisamente allarmata
“Nulla di serio, ma ha bisogno di poter lavorare in pace. E
di te si fida...”
“Sì, ma...” Cazzo, il diario! Se gli
fosse caduto l'occhio su quelle pagine sarebbe stata la fine. Per J.T.,
più che altro. Fury era un papà adottivo molto
esigente e vedeva di cattivo occhio il giovane scavezzacollo. L'avrebbe
buttato a calci giù da una scarpata se solo ne avesse avuto
l'occasione, ne era certa. Cazzo, cazzo, cazzo!
Promemoria per le prossime volte: nascondere il diario, o meglio,
lasciare la stanza come se non dovesse più essere la tua
anche quando vai in mensa.
Che palle!
“Ma perché addirittura una settimana?”
domandò Daisy confusa e rassegnata.
“Ci sono un paio di cose di cui devi essere messa al
corrente. In realtà ti stavo aspettando, ma speravo che
avessi il tempo per sistemarti...” le sorrise la donna
avviando una schermata sul tavolo olografico. Daisy sbuffò.
Che la lezione iniziasse pure, insomma, molto democraticamente: lei
avrebbe preferito la sua doccia e il suo film, qualunque fosse
l'argomento della lezione.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Quando Janet se ne fu andata dalla Stark Tower, Tony e Pepper
cominciarono a litigare furiosamente, com'era loro abitudine.
Scocciata da quella manifestazione di infantilismo, Natasha
chiamò in adunata i restanti membri della squadra. Concesse
a tutti il tempo necessario (in particolare Steve che doveva passare
dalle docce) mentre elaborava il suo piano. Era frustrante dover
pensare a tutto e non essere a capo del team. Ma, d'altronde, lei era
un livello 10. Stark solo un 7. Si sarebbe accontentata di manipolarlo
da dietro le quinte. E poi, lei aveva una vita, per rifarsi.
Mentre attendeva che il gruppo si riunisse stilò la lista
delle persone che facevano parte del gruppo e depennò coloro
che non avrebbe potuto impiegare per i motivi più disparati.
Almeno non nell'immediato, come Peter: le scuole stavano finendo e lui
era oberato dagli ultimi compiti, ultime verifiche, consigli di classe,
riunioni d'equipe con gli psicologi per i casi certificati, corsi
d'aggiornamento per il registro elettronico che sarebbe entrato in
vigore l'anno successivo, etc. Thor versava in uno stato catatonico,
assorto nei suoi pensieri, nel tentativo di dipanare il groviglio delle
politiche dei diversi mondi, le loro ambizioni, le loro pedine, le loro
mosse. E tentare di capire, in quel mare, quale fosse la posizione del
fratello. Forse, cominciava a rendersi conto delle gravi
responsabilità che gravavano sulle spalle di un sovrano, di
come ogni decisione e ogni azione avesse una ripercussione su qualunque
altra cosa. Ora riusciva a scorgere schemi ripetitivi nelle azioni del
padre, come egli si comportasse in base all'effetto che desiderava
ottenere. Ogni loro mossa aveva due variabili di cui tenere conto e
tramite cui agire: il cosiddetto effetto
domino, dove la violenza del gesto d'origine arrivava
capillarmente in ogni retrovia dell'Impero e gli effetti collaterali,
simile all'effetto dei cerchi concentrici creati da un sasso che cade
nello stagno e delle loro intersezioni.
Effettivamente operativi -per quello che aveva in mente- erano, dunque,
tutti gli altri: Nightcrawler, Rogue, Gambit e Wolverine per i mutanti,
se stessa, Steve e Wade per i superumani.
Avrebbe avuto bisogno di tutti loro. Forse, anche di quella scheggia
impazzita che era Wade.
Quando entrarono, alla spicciolata, si tirò in piedi e
attese che anche l'ultimo si fosse seduto, prima di cominciare.
“Dunque, avete sentito tutti: Tony e Pepper devono
partecipare a questo evento mondano. Credo che sia nostro compito
prevenire ulteriori attacchi a loro indirizzo: noi tutti, nessuno
escluso, abbiamo capacità peculiari che ci mettono
relativamente in sicurezza mentre loro, privi di armatura, restano due
esseri umani e comunemente mortali.”
“Perché no, l'armatura?”
domandò Rogers perplesso dopo aver sollevato la mano e
atteso gli fosse concesso di parlare, come un bravo studente diligente
di un secolo prima.
Natasha levò un sopracciglio, valutando la sua obiezione
“Non credo starebbero molto comodi chiusi in quelle trappole
con abiti poco pratici come quelli da sera. E, oltre a non riuscire a
immaginare l'armatura che si chiude sul doppiopetto con spalline di
Tony, immagino le brutte pieghe che prenderebbero gli abiti.”
“Eh
già! Cose da film. Solo in 007... Missione Goldfinger...
” commentò Wade convinto “Ma Tony
è il novello James Bond, smaccatamente immaginario, dopo che
mi hanno trasformato quei film in delle cose iper-realistiche...4”
“Ma dai filmati che ho visto, sull'apertura dell'Expo, lui
aveva lo smoking sotto l'armatura... non è
impossibile...” continuò Steve
Se Natasha avesse o meno presente quei filmati, non lo diede a vedere,
quindi continuò, decisa a raggiungere il proprio obiettivo
“Risulta fattibile quando il suo look è un finto
trasandato e il capello spettinato ci può stare. E indossi
un tessuto antipiega. Ma dubito che Pepper sia dello stesso avviso:
un'acconciatura per lei sarebbe praticamente impossibile e anche il
più sobrio degli chignon darebbe fastidio. Per non parlare
della seta degli abiti che basta guardarla perché si
stropicci...” Steve continuò a guardarla perplesso
ma, con la coda dell'occhio, la spia vide Rogue illuminarsi, tanto era
ovvia la cosa “Inoltre, certo...Tony potrebbe usare la Mark
V, quella che sta comodamente ripiegata in una valigetta. Ma dubito che
abbia dotato Rescue di questa funzione.”
“Allora potrebbero stare al loro fianco come guardie del
corpo come hanno fatto con Visione...” replicò
Gambit
“E' una possibilità. Ma credo che in molti si
innervosirebbero vedendo delle armature semoventi...” rispose
Natasha “Però potremmo cercare di farle entrare lo
stesso nella struttura e tenerle pronte all'attivazione per ogni
evenienza...” borbottò tra sé
“Ci penseremo più avanti. Dunque, stando
così le cose, ora abbiamo bisogno di studiare la situazione,
vedere dove e come si svolgerà l'evento e per questo ho
bisogno di voi.”
“Vuoi le
planimetrie?” domandò Wade perplesso “Non siamo mica
in guerra!”
“E' come se lo fossimo!” precisò lei
“Per inaugurare una qualunque struttura, credo saprete tutti
che c'è bisogno dell'abitabilità: non si possono
fare entrare terzi senza una totale assicurazione che la struttura
resti in piedi, ci devono essere i corrimano sulle scale, abbastanza
finestre o surrogati e i balconi devono essere chiusi...
giusto?” domandò vedendo le facce spaesate dei
mutanti
“Se lo dici tu...” commentò Rogue
“E per avere l'abitabilità...”
continuò scuotendo i riccioli “I progetti devono
per forza essere già depositati al catasto.”
“E chi vorresti mandarci?” domandò Steve
con aria spaventata. Lui non sapeva davvero nulla di tutte quelle norme
edilizie: era rimasto ai tempi in cui c'era gente che creava case che
non funzionavano ma che erano considerati degli avanguardisti5.
“Rogue, Kurt e Gambit” disse la spia con un sorriso.
“Cosa??” strepitarono in coro i due fratelli
“Avete l'età giusta per spacciarvi per studenti di
architettura e avete le abilità adeguate.” disse
la rossa senza batter ciglio “Non possiamo mica presentarci
tutti...”
“Ma...” cominciò a obiettare Rogue
“Ti sembro una con la faccia da universitaria? Io ho mollato
gli studi, bella! Mi sgameranno subito! Sarei a disagio anche solo con
la cartella a tracolla...”
“Senza contare che non sappiamo davvero in che direzione
muoverci...” concordò Kurt
“Quello è l'ultimo dei problemi. Al catasto
vengono mandati tutti i matricolini al primo semestre. O meglio, vi
spediscono a fare rilevamenti e poi a trovare le planimetrie. Per fare
un po' il lavoro che ha fatto Tony con i nostri calchi e le foto di
Pepper. Solo che la cosa riguarda degli edifici: un confronto tra
oggetto reale e oggetto disegnato...” aggiunse per rendere
comprensibile il tutto. “Entrerete, vi farete indicare dove e
come trovare un archivio che vi dirò io. Per domani mattina
cercherò di capire dove possa essere depositato il progetto.
Dubito fortemente che sia accessibile al pubblico, quindi vi
spedirò nel punto più vicino.”
“Ma perché proprio noi tre?”
domandò allora Gambit
“Che la domanda venga da te mi fa sorridere... dovrete rubare
o riuscire a fare delle foto alla 007. Credo sia più facile,
per voi, la prima opzione, visto che qui non vi faranno entrare se non
con un blocco per appunti e una matita... Rogue avrà il
compito di aprirsi una breccia nelle pareti, nel caso tu non possa
scassinare la porta. Eventualmente, se se la sente, può
sempre assorbire i ricordi dell'addetto ed evitarvi di andare a
casaccio. Quanto a Kurt, ovviamente, avrà il compito di
portare all'esterno i prospetti. O portare la macchina fotografica
all'interno dopo aver scoperto dove si trovano i fogli che ci
interessano.”
“E noi altri?” bofonchiò Logan
“Noi penseremo a come organizzare la scorta per l'andata e il
ritorno. Ma ci pensiamo domani... Abbiamo una settimana... non
è molto ma sarà sufficiente se ci muoviamo
subito...”
1 In Preludio avevo detto che non avevo
trovato info sul piccolo scoiattolino... bugia bugia... in
realtà c'era ma non mi piaceva (così come viene
detto esplicitamente quali sono i figli di Loki, proprio come nel
mito). Date un'occhiata qui
se siete curiosi.
2 A
differenza di Gentelman,
del capitolo primo -ma si può fare, essendo DP
il protagonista della scena, un personaggio, cioè, conscio
di essere
tale e figlio del suo tempo... e di quello dello scrittore...
insomma... sa quali sono le hit in voga mentre l'autore scrive-, la
canzone degli Ola è uscita l'estate 2012 ed
è quindi plausibile all'interno
del contesto.
3 Parlo di Sebastian Druid. Non
è niente di quanto
descritto... o forse è tutto.... Ma come potevo giustificare
altrimenti, in modo credibile, un personaggio come lui? Ecco che, tolta
la cappa rossa (che ricorda molto Hood) l'unica soluzione fosse
renderlo un nerd patito di giochi di ruolo... perdonate la
libertà che
mi sono presa.
4 Qualche tempo fa ho letto un articolo
al
riguardo...o era il commento del regista al film? Fatto sta che il
James Bond di Sean Connery era un personaggio smaccatamente fantastico.
I nuovi JB sono nel solco di tutti gli altri film: desiderio di
realismo. Motivo per cui, personalmente, non sopporto i film con Daniel
Creig. Oltre a sembrare più un mercenario che una spia (il
bello è che
nessuno di coloro che sta dietro a ste storie sa nulla del lavoro delle
spie. Inventano di sana pianta) ha comunque perso quella nota leggera
tipica dei film precedenti. Il suo posto è stato preso
proprio da un
personaggio come IM molto più fumettistico anche se comunque
realistico. Lui ha preso e fatto suoi gli stereotipi di JB: al di
là
dell'alcol e delle donne (che c'erano anche nei fumetti), i gadget
futuristici (anche qui è tipico di IM), riuscire a indossare
un
completo senza gualcirlo sotto un'armatura (al posto della muta da
sub...e uscirne perfettamente asciutto e pettinato con scarpe calzate),
cavarsela sempre grazie all'ingegno anche senza averne i mezzi, etc
5 XD
ancora una volta esprimo i miei gusti 'alternativi' dichiarando che NON
mi piace il movimento del Bauhaus. Innovativo, sensato, ma
effettivamente gli architetti che ne facevano parte se ne fregavano un
po' se pioveva dentro, si moriva di caldo, etc. Tutto perché
il design
doveva rispecchiare le idee che loro avevano in testa. Per altro, a me
nemmeno piacciono i prodotti finali (...ok, non tutti, qualcosa la
salvo. Tra cui, sicuramente, le idee di partenza). Cmq, se Rogers era
abituato a queste avanguardie che erano molto libere nel progettare,
sicuramente non riesce a concepire tutte le norme costruttive che si
sono sommate nei decenni, nonostante in America (se avete presente un
paio di programmi che andavano in onda su MTV qualche anno fa) si possa
costruire praticamente di tutto senza bisogno di licenza. E meno male:
noi seguiamo degli standard e (vedi le auto) se l'asse sfora di un
centimetro devi reimmatricolarla come mezzo speciale. Da loro fanno
tutto in vetroresina e, per le case, chili di cartongesso. Se fossero
fatte in cemento e mattoni sono sicura che, durante le trombe d'aria,
volerebbero via solo i coppi e le tegole. Al massimo qualche auto ma
non ci sarebbe lo sfascio a cui siamo abituati con conseguente massa di
gente sfollata.
Discorso diverso per i palazzi (ovviamente) ma anche lì le
modifiche sono più libere che non da noi...
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Dunque, c'è una questione che è un pezzo che
voglio chiarire esplicitamente e che in questo capitolo è
venuta fuori diverse volte. Ovvero. Quanti anni hanno i nostri eroi?
:D
Come dicevo a uno di voi in messaggio privato, non mi baso solo sui
fumetti, né solo sui cartoni o i film... Al solito
è un mix.
Vediamo un po'.
Gli adolescenti.
Ovvero, i ringiovaniti, fermi a più o meno al cartone X-men Evolution
(intorno ai 16-18-20, ecco) e non già adulti (30-35) come
nella serie degli anni '90 (perché Pietro, nei fumetti,
sarebbe anche già papà, se vogliamo fare le
persone serie):
* sui 14 anni,
indubbiamente la più giovane, è Daisy -Quake-
Jhonson
* sui 15-16 la sua
amica, Yo-yo Rodriguez
* sui 17 Lance, Pyro,
Quentin.
* Sui 18 Pietro
(Wanda segue a ruota. Vedremo più avanti perché).
Anche J.T. (il ragazzo di Daisy)
* sui 19 Kitty (che
nelle primissime versioni del fumetto è proprio vecchia
dentro ma è una bimba genio e ora è vice preside
della scuola di Logan)
I “giovani”
* 24 al gruppo Jane
Foster (studiare quella roba non è semplice ergo sta sui
banchi un po' di più... oppure sta facendo un master), Thor
e Loki (anche se gli attori hanno qualche anno in più. Ma
chissene. Ad Asgard il tempo scorre diversamente...)
* 25/27, Spidey
è uno sbarbino di insegnante, fresco di
università...
* 27 sia Kurt che
Colosso: otto anni di differenza con Kitty ci possono stare... e
lasciare la cosa nel dubbio, ambigua come il rapporto sempai/kohai o di
qualcosa di più e Colosso si è sempre dato grande
pena per la differenza d'età. Specie quando Kitty era
minorenne (e c'aveva ragione! Anche se era più vecchio di
soli due anni). Tra l'altro, così facendo, Kurt ha
esattamente 10 anni di differenza con Lance e si creano i presupposti
per un triangolo divertente (e dieci anni alla fine sono nulla. Non a
15 anni, ma vi assicuro che a trenta parlare con gente di 20 non
è poi così difficile anche se il rischio di venir
identificata come boss rimane. E poi ci sono 40enni più
infantili degli adolescenti, quindi...).
Come già
detto anche all'interno della storia, anche Steve Rogers ha 27 anni
(anche se non li dimostra)
* 28/30 sono, invece,
Rogue e Gambit. Rogue e Kurt non sono fratelli quindi ci sta un po' di
differenza e tra lei e il ladro...beh..lo stesso: stessa generazione
non vuol dire che abbiano la stessa età.
Gli “Adulti”. Ovvero, che dovrebbero avere delle
responsabilità
* 31 Maria Hill
(è l'età dell'attrice e da qualche parte nei
fumetti viene detto.)
* 30/35 Fantomex,
Psylocke e Warren (e Fantomex deve pure fare da zio a kid Apocalypse!)
* 33 Jhonny Storm
(decido io che ha 14 anni di differenza con la sorella. D'altronde non
può essere nemmeno tanto più giovane -e l'attore
che lo impersona resta lo stesso di Cap)
* 34 Jean Grey
(facendo parte degli X-men originali DEVE essere più vecchia
di Rogue e Gambit.) e Ororo (Non nel gruppo originario ma sempre
più vecchia degli altri. Anche perché, non potevo
collocare il suo incontro con T'Challa troppo indietro nel
tempo...vedrete nei prossimi capitoli)
* 35 Jessica Drew
(anni apparenti. Nessuno sa quanti ne abbia realmente, cresciuta
forzatamente in incubatrice) e Clint Barton (ha tirato la Vedova nello
S.H.I.E.L.D. quando era ancora una matricolina)
* 36 Scott Summers,
Pepper (ha dovuto studiare come i comuni mortali prima di potersi
cercare un lavoro. Lavora per Stark da 14 anni -nel primo film
dichiarano siano 10 ma poi passano 4 anni per arrivare ad AV-. Quindi,
il tempo di laurearsi e non ha cominciato prima dei 22).
* 37 Henry Pym. Di
poco più giovane della moglie e di Stark. E così
giustifico il suo perenne senso di inadeguatezza ma anche l'amicizia
burrascosa con Tony. Reed, invece, è più simile a
un padre (vedi dopo)
* 38 Janet Van Dyne
* 40 Tony, come
già spiegato nella storia
* 41 Emma Frost
(sì, la faccio più vecchia!)
* 47 Susan Storm: tra
lei e il marito ci sono 11-13 anni di differenza
* 50 Ben Grimm
* 54 Contessa
Valentina Allegra di Fontaine. Son passati 14 anni dal film su Nick
Fury e all'epoca lei ne aveva almeno 40. Da come si comportava c'era
una storia non detta vecchia di almeno dieci anni tra lei e il
veterano. Quindi, per arrivare a lavorare con lui -per poi mandarla a
recuperarlo- ed essere così in confidenza doveva avere
almeno 30 anni. Devo decidere se in realtà sia assumendo
qualche siero di longevità...voto per il sì,
HYDRA e S.H.I.E.L.D. non scherzano su ste cose.
I vecchi.
* 60 Reed Richards.
Non vorrei traumatizzare nessuno ma lui deve avere un'età
intermedia tra i 40 di Tony e i 90 ideali di Howard (se fosse vivo) se
ha potuto lavorare con Stark senior e diventare amico di Junior (Howard
era lieto di avere un apprendista negli anni in cui si
ritirò a vita privata).
* 70-75 Xavier e
Magneto (dando al secondo un'età di circa 10 anni al momento
della fine della 2^GM). Al riguardo: sono VECCHI! Niente storie con
studenti o corpo docenti! Hanno un piede nella fossa e stop! (Ancora mi
domando dove si siano sognati una storia Rogue/Magneto)
Fuori categoria: età dimostrata/età reale
* Vedova Nera: 20/ 82+
* DP 27/70-75
* Mystica 30/75-80
* Fury e Dum Dum:
50/110+ Il primo è nemico giurato di HYDRA, nata durante la
guerra, e il secondo ha combattuto al fianco di Cap.
* Logan 30 (portati
malissimo!)/120-130 (è nato tra il 1880-1890)
* Sinistro:
35-40/170+ (spiegazione: Sinistro comincia i suoi studi sulle mutazioni
intorno al 1859 quando avrà avuto non più di
20-30 anni [all'epoca a 30 anni eri vecchio e padre di famiglia]. Nato
quindi, intorno al 1840 (negli episodi di Tutto è Sinistro,
Essex ricorda come, da ragazzino -lo si vede che avrà circa
10 anni-, è rimasto colpito dall'Esposizione Universale di
Londra, avvenuta nel 1851 ) e perennemente autoclonatosi nel corso dei
decenni avrà, a conti fatti, circa 170 anni)
Spero di non essermi persa nessuno dei principali per strada...
altrimenti ditemelo e vedrò di integrare.
E a proposito di età, nell'ultimo numero di Nuovissimi X-Men,
le note finali affermano che dall'inizio del tutto, nell'universo
marveliano sarebbero passati solo 10 anni. Io contesto questa
datazione. Infatti, se Scott e gli altri avevano 12-13 anni quando sono
stati reclutati da Xavier, in soli 10 anni lui non si sarebbe potuto
sposare, rimanere vedovo e trovare altri due nuovi amori (Madleine
Prior ed Emma Frost). Discorsi simili valgono per tutti gli altri.
Secondo i miei conti sono passati, invece, 20 anni. Scott, ora,
è grande abbastanza per essere leader e Kitty può
essere preside, per quanto giovane (ma lei è un genio),
della scuola di Logan, così come gli altri ragazzi.
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Capitolo 19 *** Studiare i nascondigli ***
19.
Studiare i nascondigli
La mattina dopo, subito dopo aver fatto un'abbondante colazione, i tre
mutanti si avventurarono nella loro nuova missione.
L'ufficio del catasto si trovava dall'altra parte della
città e si sviluppava su tre dei cinque livelli di un
vecchio edificio in mattoni rossi e bianchi. Ogni piano era gremito di
persone e Rogue si sentiva particolarmente a disagio, non solo per la
gran folla con la quale era quasi costretta a scontrarsi negli angusti
corridoi ingombri di incartamenti ma anche per essere finita in un
posto di cui non sapeva davvero nulla. Per lei, tutti quei fascicoli
impilati alla meglio in torri precarie erano, per l'appunto, solo
inutili faldoni pieni zeppi di innocenti fogli scarabocchiati.
Remy l'aveva tranquillizzata quando si trovavano ancora nell'ascensore
della Stark Tower: sarebbero andati avanti lui e Kurt che, coi loro
marcati accenti stranieri, si sarebbero fatti passare facilmente per
studenti Erasmus e la loro ignoranza, quindi, sarebbe stata
più che giustificata.
Fortuna volle che il responsabile al pubblico fosse una giovane
stagista su cui Remy poté comodamente esercitare tutto il
proprio charme, convincendola a raccontare come e dove trovare le
planimetrie che stavano cercando.
Quando la ragazza ammaliata dal cajun, se ne fu andata, i tre X-Men si
misero di buona lena a cercare in quel mare apparentemente infinito di
progetti.
“Non hai qualche potere che possa tornarci utile, chère?”
domandò Gambit dopo un po', intaccando l'ennesimo blocco di
documenti. Lei non si degnò nemmeno di rispondergli.
“Certo che è strano...”
commentò Kurt poco più in là
“In Europa usiamo fogli bianchi e disegni neri... qui usano
il negativo... come può essere più facile
progettare in questo modo? E conservarli? Da quello che sapevo in
Europa li conservano piegati in A4 con i dati essenziali in vista, non
arrotolati così. E' vero che si conservano meglio,
però...che casino...”
Ma nessuno sapeva dargli una risposta, quindi, il silenzio
ripiombò sul gruppo come un macigno.
“Considerato quanto sono grandi questi lenzuoli...”
cominciò Rogue qualche minuto dopo “Pensi ancora
di essere in grado di farlo sparire?”
Gambit fece spallucce “Tu ancora non sai di cosa
può essere capace un ladro. Noi andiamo a scuola: certo che
posso farlo sparire. Non velocemente come farei col portafoglio
incastrato nella tasca posteriore dei tuoi pantaloni...”
disse sporgendosi per osservarla con voluta insistenza. Lei, ancora,
non lo badò e lui continuò con un sospiro
“Ma sì. D'altronde, si tratta di depistare la
percezione che gli altri hanno di me. Gli illusionisti ingannano
l'occhio, i ladri il tatto. In questo caso, è più
un lavoro per i primi, che per i secondi.”
“Meno male...” soffiò Kurt sollevato
“Non credo sarei riuscito ad uscire di qua e arrivare
direttamente agli armadietti senza fare alcune tappe intermedie e farmi
scoprire...”
“Sono proprio curiosa di vedere come farai...”
ghignò Rogue da dietro la sua pila, dimenticando che il
Cajun, con quelle parole, si sarebbe sentito in dovere di risponderle,
stuzzicato nel suo amor proprio.
“A far cosa?” domandò lui, infatti
“Rubarti il portafoglio -con una fototessera di un certo Cody
nella tasca interna- o a nascondere le carte? O forse ti riferivi al
tuo cuore, mon amour?”
“E tu come fai a sapere di....” sbottò
quella, mentre il Cajun continuava a sproloquiare, portandosi una mano
al sedere mentre alzava lo sguardo sul compagno di squadra: Gambit,
abbandonata ogni ricerca, era intento a studiare con fare teatrale il
contenuto del suo portafoglio.
“Trenta dollari? Non ti sembra un po' pochetto? E se dovesse
succederti qualcosa?” domandò preoccupato.
Lei saltò in piedi -segretamente contenta di avere una scusa
per mandare tutte quelle scartoffie per aria- gli marciò
contro e gli strappò l'oggetto di mano “Come hai
fatto?”
“Non si dovrebbero mai rivelare i propri trucchi. Ma per te
posso fare un'eccezione...” rispose facendole l'occhiolino
“Quando, prima, eravamo accalcati in coda all'ingresso, ti ho
toccato la spalla per richiamare la tua attenzione e farmi prestare la
penna. Ecco come ho distratto i tuoi sensi: tu ti sei concentrata sul
tocco alla spalla e non sul portafoglio che veniva sfilato. E poi ero
io, cosa avresti dovuto temere? Il tuo cervello non ha dato peso a quel
contatto... Quanto a me... ho pensato non fosse il caso di lasciare a
qualcuno della concorrenza il privilegio di tale bottino. Dovresti
ringraziarmi...” ghignò malizioso quasi si
aspettasse un bacio come ricompensa. Che non sarebbe mai arrivato.
Lei strinse i pugni, imbufalita, pronta a fargli scomparire quell'aria
baldanzosa dalla faccia quando Kurt la distrasse. “Forse ci
sono! Mancano tutte le specifiche, cosa già sospetta, ma il
committente sembra essere qualcuno del governo...”
“Tirano su edifici come funghi... può non essere
quello giusto...” replicò la sorella, scocciata da
quella sciocca interruzione.
“Ma l'indirizzo corrisponde...” sorrise Kurt,
soddisfatto.
I due litiganti si avvicinarono al tedesco e, dopo una rapida occhiata,
concordarono: il progetto doveva per forza essere quello.
“Benissimo...” disse Gambit, compiaciuto. Prese
rapidamente i giganteschi A0 del progetto e li portò sul
tavolo meno ingombro di rotoli che trovò. Quindi li
piegò con cura fino a ridurli alla dimensione di plichi
della dimensione di comunissimi A4.
“E quindi?” domandò Rogue scettica.
“Donna di poca fede. Quando Gambit dice di voler riuscire in
qualcosa, sta pur certa che ci riuscirà. Prima o
poi.” Disse sorridendo e alla ragazza sembrò un
sorriso triste. Ma la compassione per lui fu subito spazzata via quando
si rese conto che lui le stava fissando le labbra. Quando Remy distolse
lo sguardo e si rivolse al teleporta, Rogue fu praticamente certa che
lui avesse voluto farsi scoprire da lei “Kurt, mi serve il
tuo aiuto...” disse inginocchiandosi a terra e sollevandosi
la maglietta, scoprendo una rudimentale imbracatura: alla base della
larga schiena era alloggiata e tenuta tesa una semplice bustina di
tessuto delle stesse dimensioni che avevano ora i fogli. Kurt,
afferrato il concetto, ci impiegò pochi secondi a far
scivolare i plichi nella busta e a richiuderla con il piccolo bottone
di velcro. Quando la maglietta gli ricadde sulla zona lombare, il
trucco era perfettamente camuffato ed eventuali strane protuberanze non
erano nemmeno nascoste alla vista: parte dell'imbracatura sbucava dalla
maglia da tagli appositi, trasformando quei rudimentali tiranti in
elementi decorativi a cui nessuno avrebbe mai fatto caso. “Il
miglior nascondiglio si trova sempre sotto i nostri occhi”
sciorinò prima di infilare la porta. E Rogue non ebbe nulla
da eccepire: poteva trattarsi di una lama a doppio taglio ma, se usata
con perizia, era sicuramente la scelta più intelligente.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Di rientro alla base per pranzo, trovarono la spia, il soldato, il
mercenario e il lupo solitario ancora riuniti attorno a una mappa
virtuale della città su cui correvano i modellini olografici
di un paio di automobili.
“No no no!” protestava Peter Parker i cui compiti
erano abbandonati, dimenticati, in un angolo del tavolo
“Queste sono postazioni perfette per dei cecchini! Credete a
me! Io ci passo le notti su questi tetti...”
“A spiare
le inquiline dei palazzi adiacenti!! Vero, mascalzone??”
ridacchiò Wade pinzando una guancia al compagno che si
sbarazzò della sua presa assestandogli una gomitata
all'altezza della bocca dello stomaco.
“...a studiare le attività della
microcriminalità locale!” precisò.
“Tua
moglie dev'essere una santa o deve avere un amante se le sta bene che
tu passi la notte a fuori... ad affaticarti con rudi omaccioni poco
raccomandabili” rantolò Deadpool,
cercando di far finta di nulla
“MJ capisce e mi rispetta. E poi adesso è in tour.
E' solo per questo che sono sempre qui..” lo
rimbeccò acido.
“A cosa state giocando di così
divertente?” domandò Rogue facendo cadere a terra
di malagrazia lo zaino mezzo vuoto mentre prendeva posto al tavolo.
“Stiamo cercando di stabilire il percorso più
sicuro per arrivare all'evento.” Disse Natasha traendo un
lungo respiro “Voi avete quello che cercavamo?”
“Oui,
mademoiselle!” rispose Gambit parandolesi
davanti in un elegante inchino e sventolandole sotto il naso i plichi
arrangiati a mo' di ventaglio.
“Ottimo...così potremo studiare anche l'interno...
Senti, Rogue...” disse Natash levando lo sguardo dalle carte
“Ti va di venire con me da Janet? Tanto la strada la
conosci...”
“Facciamo la scorta a Virginia già da
ora?” domandò la mutante
“Più o meno” ghignò la rossa.
“Pepper ha deciso di andarci dopo pranzo. Una cosetta
tranquilla...”
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Urtò la parete con le spalle senza nemmeno accorgersene. Era
all'angolo, certo. Ma lassù, sul soffitto, nessuna di quelle
pazze sciagurate poteva raggiungerla. Si raggomitolò, come
se fosse seduta su uno sgabello invisibile, nell'incavo del vertice
più lontano della stanza.
“Quante storie...” sbuffò la donna in
basso piantando le mani ai fianchi.
Rogue si guardò attorno, cercando una via di fuga. Scorta o
no, non sarebbe rimasta in quella stanza un minuto di più.
Le ampie vetrate che davano sullo skyline della città le
lasciavano pensare che fossero tutto fuorché facilmente
infrangibili. Anche per una come lei: in quel posto viveva un
personaggio come Ben Grimm e la struttura doveva essere stata
sicuramente progettata per reggere alle sue sviste. Era la prima volta
che si sentiva così in trappola. Dopo i mesi passati nei
laboratori sotterranei in compagnia del fratello, certo. Quel luogo le
dava un senso di malessere, quasi avesse avuto nuovamente addosso un
collare dell'MRD.
“Grande e grossa come sei e ti spaventi per
questo?” rincarò la dose anche Pepper.
“Voi siete matte! Non esiste! Statemi lontane!”
urlò lei prendendosi la testa tra le mani.
“Ho capito.. a mali estremi...” sbuffò
Janet.
Per qualche minuto la stanza si fece silenziosa. Poi, un leggero
fremito nell'aria fece aprire gli occhi alla mutante: cosa stava
succedendo?
Davanti agli occhi si ritrovò la figura miniaturizzata della
stilista. Sulle spalle le erano spuntate un paio d'ali, simili a quelle
delle libellule, che ora sciabordavano l'aria ritmiche e taglienti.
Nelle piccole manine, quella che ora le appariva come una fata,
stringeva il metro da sarta che sembrava dannatamente pesante per le
sue dimensioni ridotte. Eppure, con la rapidità di qualunque
insetto, prima che Rogue potesse rendersene conto, Janet le
circumnavigò il torace, guidando il nastro oro-argento.
“Novantadue!” urlò tramite un microfono
da cantante che sbucava dal cerchiello dorato che le tratteneva i
capelli. Cerchiello che, a ben vedere, era più simile a un
paio di cuffie. La piccola Janet svolazzò, quindi, alla vita
“Settanta...due!” Più in basso, Natasha
prendeva appunti su un foglio ancorato a una cartellina.
“Puoi metterti dritta un attimo? Non riesco a prenderti la
misura del bacino... anche se, a occhio e croce potrei già
dire qual è...” Rogue, esterrefatta e impietrita,
si riscosse e cercò di cacciarla col dorso della mano. Ma in
modo gentile, non con la violenza con cui cacciava mosche e zanzare:
Janet era comunque un essere umano. Ed era una dei loro.
Ma quella, per niente impaurita o forse fin troppo abituata,
evitò la sua mano svolazzando sicura lontano dalla mutante.
“Ho capito... scendo, scendo...” gemette
lasciandosi scivolare al suolo. In breve tempo anche Janet
tornò alle dimensioni con cui l'aveva sempre conosciuta.
Lasciò che la donna le prendesse velocemente le misure
mancanti, quindi si ritirò su una poltroncina sbuffando
sonoramente per far capire alle presenti quanto fosse infastidita da
tutta quella storia.
Ma Janet non sembrava ancora essere soddisfatta e sparì,
lasciando le colleghe nella sala a godersi il tè serale.
Tornò poco dopo carica di rotoli di stoffa lunghi
più di un metro e, con poca grazia, buttò tutto
sul tavolo ingombro di carte e colori. Quindi, fece loro cenno di
avvicinarsi e cominciò a spiegare, mentre svolgeva tutti i
rotoli che aveva portato con sé.
“Allora... per te, Peps, ho pensato al solito raso di seta
con dettagli dévoré1...
non troppi e magari collocati sul retro perché hai
già il reattore Ark che attira l'attenzione e noi vogliamo
una cosa di classe, non una pacchianata da carnevale di Rio”
“Dévoré? In
estate?” replicò Pepper arricciando il naso
“Morirò di caldo!”
“Donna di poca fede! Il velluto -da cui si ricava il dévoré- non
è mica solo di lana, sai? Esistono anche jersey leggerissimi
con lavorazioni dévoré. A parte che
il fresco lana è un tessuto usato proprio in estate... ma tu
fidati un po' della sottoscritta, accidenti! Non posso farti un
trattato di sartoria ogni santa volta! Che poi quella sulla seta sono
tutte paranoie che ti fai tu! Ricordati che è un prodotto
animale. Anzi, per la precisione è un termoregolatore che
deve proteggere il baco dagli sbalzi di temperatura. E' l'antenato dei
tessuti warm-up. E se pensi che il dévoré sia... troppo... Beh, vuoi
lasciare di stucco quel mammalucco o no? Magari con la speranza di far
procedere il vostro rapporto? Siete snervanti, santoddio!”
“Perché non te lo fai tu per mettere a tacere
Henry?” replicò la rossa.
Ma Janet, considerando prepotentemente chiuso il discorso, si era
già concentrata su Natasha. “Mi dispiace dirlo,
sembrerà banale ma a te metto il nero. Vedova Nera:
nero.”
“Aspetta... e a me che colore metti?”
protestò Pepper
“A te rosso, non l'avevo detto?” domandò
la mora reclinando appena la testa, perplessa.
“Rosso?? Ma sono rossa di capelli! Sarò un
semaforo!” protestò l'altra.
Janet non si scompose. Prese Pepper per le spalle e la
piazzò davanti a uno specchio. Quindi afferrò il
rotolo di raso rosso e le posò addosso il lembo di tessuto
per far vedere alle altre due il risultato finale. Rogue
ammirò estasiata, Natasha concordò
sbrigativamente. “Rosso, reattore... io darei addirittura una
ravvivata al colore dei capelli con un bagno di pigmento puro. Avrai
gli occhi puntati addosso. Ma, per questo motivo, sceglierò
un modello semplice. Ne parliamo dopo, abbi pazienza. Dunque, dicevo...
per te, Natasha...” disse prendendo un altro rotolo
“Un crépe de Chine che è facile da
drappeggiare, per un modello che ti permetta di muoverti facilmente.
Inoltre, data la tramatura posso ottenere anche un effetto leggermente
cangiante... ecco un campione di come dovrebbe venire...”
disse estraendo uno scampolo di tessuto largo una spanna e
posandoglielo sulla spalla.
“Ma l'hai fatto tu?” domandò Rogue
esterrefatta andando a toccare il prototipo
“Certo! Ho tutta l'attrezzatura. E una volta impostate le
macchine non ci vuole molto. É solo un po' una noia il
lavoro preparatorio...” rispose l'altra, divertita
“Anche in questo caso non voglio una cosa pacchiana. Il
riflesso si vedrà ma anche no perché ho
intenzione di alternare un filo rosso ogni quattro neri di
trama.”
“Mi fido.” rispose asciutta la rossa che, oltre a
non capirci nulla, in realtà, dentro di sé,
gongolava all'idea di un abito da sera confezionato appositamente per
lei. Per lei in quanto tale e non per lei in quanto spia in missione.
“Per quanto riguarda Marie...” continuò
la donna “Tu vieni dal Mississipi... So che mal sopporti il
nostro clima...”
“E anche il vostro cibo... è
insipido...” confermò quella
Janet sorrise alla sua schiettezza “Credo che per te un
velluto leggero possa andare più che bene. Avrei pensato a
questo bel melange di verde bottiglia e blu notte striato da alcuni
filamenti dorati.” Disse trascinandola di peso davanti allo
specchio e poggiando anche su di lei il tessuto designato. Gli sguardi
delle altre sembravano approvare la scelta “Le risalta
tantissimo il colore degli occhi” disse “Mentre
l'oro le da un po' di luce pur mantenendola nell'ombra. Voi due sarete
la scorta, no?” domandò a Natasha che rispose
assentendo brevemente “Tony con la scorta... fa quasi
ridere...” aggiunse tra sé “Quindi
è più che giusto che non attiriate troppo
l'attenzione”
“Scusa...” la interruppe la mutante “Il
modello? Perché io avrei un problema...” disse
Rogue, riluttante.
“Oh, non temere!” sorrise Janet “So
tutto! E già ho provveduto.” disse cercando tra i
fogli lo schizzo del suo abito “Sai, Henry è amico
di Reed e grazie a questo sono diventata una di famiglia anch'io... e
Reed è un grande amico del professor Xavier -credo abbiano
quasi la stessa età- quindi... o ecco... Ta-dan!”
esultò esibendo un foglio estratto dalla montagna di
attrezzatura che sembrava pronta a prendere vita propria “Il
velluto è un gran bastardo da lavorare, quindi
più semplice è il modello, meglio è.
Certo, il modello originario era in mussola... ma niente vieta di
adattarlo, no? Anzi.. così ci dimostriamo un po' creative e
non delle semplici copione...” le strizzò l'occhio
mostrandole il sobrio abito in stile impero che aveva disegnato.
“Avrai le spalle e il collo coperti da un pizzo abbinato
-nella fretta me lo devo essere dimenticata di là- sistemato
a mo' di fisciù o mantellina integrata con il quale ti
farò anche dei guanti lunghi. Al massimo sarai scoperta di
due centimetri all'altezza del bicipite. Dove nessuno va a toccarti,
normalmente. In più, credo che trasformerò la
parte inferiore in una gonna pantalone così da permetterti
di muoverti e volare senza problemi.”
“Se fosse bianco sarebbe un bellissimo abito da
sposa!” commentò Pepper
“Vedi di farti passare dalla testa il bianco, per un
po'!” rintuzzò la mora dando modo a Rogue, con
quel battibecco tra amiche, di riaversi da quel fiume in piena: non
aveva capito una parola di quei termini tecnici complicati. Sapeva solo
che uno splendido abito sarebbe stato confezionato appositamente per
lei. Un abito da donna, elegante, seducente. Si perse nelle sue
fantasie per scacciarle immediatamente: chi è che doveva
sedurre se non poteva toccare nessuno? Sarebbe stato egoista. E
crudele. Per entrambi.
“Per gli accessori dobbiamo arrangiarci,
immagino...” commentò Natasha, pratica. Lei,
fortunatamente se la sarebbe cavata con scarpe e borse nere: un ottimo
passepartout.
“Assolutamente no!” si inalberò la donna
che cacciò un urlo che quasi costrinse Rogue ad arretrare
intimidita. “Ho una stampante laser 3D per progettare i
modelli. I maschi sì, si arrangeranno. Hanno colori e fogge
limitate e solo Tony -Dio-solo-sa-com'è-possibile- ne ha
almeno una trentina diverse. Ma per voi tre saranno fatte apposta, con
lo stesso tessuto dell'abito... non vorrete andare via rafazzonate dome
delle barbone, vero?”
“Jan, sei decadente...” la rimproverò
bonariamente la rossa, facendo il verso ai vecchi insegnanti della
moretta
“E roccoco e barocca e liberty...” aggiunse
l'interessata con un sorriso
“Appunto...vecchia scuola! E' da vecchi abbinare
tutto!” aggiunse Pepper, stavolta con cipiglio vagamente
irritato.
“Chi se ne frega! Io mi rifiuto di fare cose mostruosamente
orrende come certe oscenità che vedo in passerella...
provocazioni o meno” si imbronciò l'altra
“Ricordami come sei riuscita a passare indenne gli anni '90 e
il color blocking2...” la
canzonò l'amica
“Ho avuto la mia fase dark, come tutti...”
mugugnò lei, indispettita. “In ogni caso, farvi un
paio di scarpe a testa mi prenderà un giorno in totale...
non sono nulla di complicato!”
“Un giorno per tre paia di scarpe?”
sbigottì Rogue
“Quando andavo ancora a scuola riuscivo a farne un paio al
giorno. Ma non avevo i macchinari...” rispose Janet facendo
spallucce
“Hai anche tutti i nostri abiti!” le
ricordò Pepper
“Vuoi star tranquilla? Domani preparo i cartamodelli mentre
le macchine prepareranno il tessuto e domani pomeriggio comincio a
imbastire... poi chiamerò anche i ragazzi...”
“Non ce la farai mai...” le fece eco l'amica, a mo'
di uccello del malaugurio
“Dimentichi che ho fatto di peggio quand'ero più
giovane...” sbottò la mora
“Non sei più una ragazzina e non puoi permetterti
di passare le notti in bianco sulla macchina da cucire!”
replicò la rossa
“Oh, per l'amor del cielo, Peps... su su, vattene a casa che
io ho da lavorare qui!” sentenziò Janet, offesa
“Finirai per ammalarti!” disse l'altra, non
contenta, rincarando la dose
“E sarà la volta buona che mi farò
coccolare e viziare da Henry...” replicò
esasperata Janet
“Non ci conterei troppo, se fossi in te.” la
smontò l'amica con fare annoiato “E' caro e dolce
e timido solo con gli estranei... scommetto che ti darebbe della
scema...”
“Come stai facendo tu!” precisò la
stilista
“...e ti lascerebbe ad arrangiarti...e sarebbe compito mio e
di Susan starti dietro. Quindi, visto che poi faresti lavorare noi, ti
prego, non strafare!”
“Va bene, va bene...” sbuffò quella
“E io che volevo far l'eroina... Reed mi ha dotato di tre
robot-sarte... faranno tutto loro...” confessò
alla fine, buttandosi su una sedia. “Se va bene mi
farò il mio, di vestito...”
“Giusto... per te e Susan cosa hai pensato?”
domandò Pepper riportando la conversazione su binari
più tradizionali.
Janet si illuminò e scomparve alla ricerca dei suoi schizzi.
Il pomeriggio era lungo e loro potevano pure perdere un giorno a
parlare di frivolezze femminili: il mondo non sarebbe certo crollato
per quella loro mancanza.
Così, le tre donne si prepararono a un trattato completo di
sartoria ma anche a ricevere in cambio un ottimo tè al
gelsomino con biscotti alla cannella. E a tante, tantissime chiacchiere
dal tono leggero ma dal contenuto importante, tipico dei discorsi tra
donne, anche perfette sconosciute.
1 Il Dévoré
è una lavorazione dei tessuti che a me piace
particolarmente. Volendo, come effetto finale, può essere
considerato simile ai broccati e ai damaschi (ottenuti in tutt'altro
modo). Lo scopo è sempre quello di tenere una parte del
tessuto in rilievo: mentre il dévoré -che vuol
dire divorato-
toglie parte del tessuto, lasciando l'armatura di base e quindi la
trasparenza (esempio),
nel broccato si aggiunge, letteralmente, materiale extra nella trama e
permettendo variazioni di colore non presenti nel tessuto di partenza (esempio)
mentre nei tessuti damascati l'effetto è ottenuto grazie al
solo contrasto tra la lavorazione che dà due lucentezze
diverse(come quando spazzolate il camoscio o l'alcantara che diventa
più scuro o più chiaro) (in questo esempio
sono evidenti le differenze tra il raso normalmente all'esterno e
quello normalmente all'interno. Ma dovrei spiegarvi anche come
è fatto un raso... indagate da voi...o ve lo spiego in
privato XD)
2 Al posto di abbinare sui toni del caldo
e del freddo (chessò... beje, cipria, rosa antico e testa di
moro) o sulle sfumature di colore (rosa pastello, rosa shocking, rosso
fuoco, fuxia, viola, blu) secondo le regole classiche (in cui,
precisiamo, almeno gli accessori -borse scarpe cinture cappelli e
guanti- dovevano essere abbinati tra loro) oggi non più
valide a favore di una totale libertà di scelta, procedere,
appunto, per blocchi di
colore ben definiti, e forti... non rosini e giallini ma
arancio fluo, verde smeraldo e giallo limone...
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Ecco... un capitolo dedicato praticamente a Janet e al suo lavoro... mi
ha preso un pò la mano, chissà
perché... -_-
al più presto, comunque, tra un capitolo di tesi e l'altro,
posterò sulla solita pagina FB il disegno di ciascun vestito
:D
Sì, mi gaso tanto a fare queste scemenze... ma mai quanto
riprendere in mano tutta l'attrezzatura. Devo ammettere che il disegno
di Ororo, per quanto non sia pienamente soddisfatta, mi ha
rasserenata... forse sono ancora in grado di disegnare XD.
Bene, bando alle ciance. In questo capitolo abbiamo avuto l'ennesimo
attacco di Remy che non ha portato a un bel nulla, come sempre,
poveretto. I prossimi due capitoli saranno incentrati su di lui. Non
succederà nulla di strano ma...
Ma leggete e capirete (chi già sa non avrà alcuna
sorpresa, ovviamente... -_- dovrei scrivere una ff in cui ribalto tutti
i ruoli... non disperate, forse arriverà XD prima o poi...)
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Capitolo 20 *** Louisiana Woman - Mississippi Man ***
20.
Louisiana Woman - Mississippi Man
I'm shufflin' thru the
Texas sand1,
But my head's in
Mississippi.
The blues has got a hold
of me.
I believe I'm gettin'
dizzy.
[Mi sto trascinando tra
la sabbia del Texas/ ma la mia testa è nel Mississipi/ Il
Blues ha preso il controllo di me/ credo di essere stordito
* in realtà Shuffling è anche riferito alle carte
da gioco come mescolare]
La strada si srotolava come un nastro grigio sotto le ruote che
aggredivano il manto asfaltato come gli artigli di una pantera. Diede
gas, incitato dalla musica che pulsava negli auricolari. La cosa aveva
del ridicolo: lui, un uomo della Louisiana, ascoltava una band texana
che cantava del Mississipi. Tre stati confinanti l'uno con l'altro ma
che non avevano nulla in comune tra loro -a parte il caldo-, nemmeno la
musica. Come suggeriva la canzone, sì, lui aveva la testa
proprio nel Mississipi, anche se era diretto a Washington. Prima o poi
sarebbe dovuto riuscire a convincerla a farsi un giro con lui nelle
loro terre natali. Erano confinanti, d'altronde. Era un segno del
destino.
Last night I saw a
cowgirl.
She was floatin' across
the ceiling.
[La scorsa
notte ho visto una cowgirl/ galleggiava attraverso il cielo
*ceiling si riferisce sia al soffitto che alla parte più
bassa del cielo]
Rogue era rientrata raggiante da quella scampagnata serale con Pepper e
Natasha. Nessuno se n'era accorto, non Logan, non Kurt. Ma il suo
occhio allenato aveva capito che la sua felicità dipendeva
da un foglio di carta che teneva in mano, accuratamente piegato in
quattro che non poggiava da nessuna parte. Nottetempo si era introdotto
in camera sua e aveva scovato l'oggetto in questione. Non era stato
nulla di difficile per lui, essendo un ladro: il più grande
ostacolo era stata la sua propria riluttanza nel violare i suoi stessi
principi e limiti. Ma voler capire cosa potesse farla così
felice aveva abbattuto ogni remora con una semplicità
disarmante. Roso dalla gelosia aveva pensato si trattasse della foto di
qualcuno (quella, magari, del famigerato Cody della sua adolescenza) o
una lettera colma di lusinghe (sempre a opera dello stesso di cui
sopra). Da quello che sapeva, in effetti, Cody non avrebbe
più dovuto rappresentare per lui alcuna minaccia. Ma allora
che senso aveva tenersene una foto nel portafoglio? Era una sorta di memento mori? Un
ammonimento perenne di quanto potessero essere distruttivi i suoi
poteri? Non le bastava la propria memoria? Quella ragazza sentiva il
dovere di punirsi così fortemente per una colpa non sua?
Quando aveva spiegato il foglio aveva capito -o meglio, ricordato- che,
in fondo, Rogue non era altro che una donna come le altre, con un lato
fragile, tenero e frivolo. Lei era l'unica persona, che avesse mai
incontrato in vita sua, che era riuscito a classificare come Donna.
Sì, certo, c'erano le bellezze patinate, c'erano i geni
della scienza e della tecnica in gonnella, fanciulle seconde a nessun
uomo per forza, schiettezza e prontezza mentale. Ma Rogue... Lei, a suo
parere, era tutto. Era LA donna. Il prototipo, quello che anche gli
antichi veneravano. E gli antichi non erano mica cretini, non se ne
facevano nulla delle insulse vanitose.
No... già loro, come gli arabi, per quanto fossero
considerati sciovinisti2, ammiravano una donna con le palle, come,
maschilisticamente parlando, si soleva dire in tempi moderni. All'epoca
non esisteva quel tipo di sfumatura carico di pregiudizi, quasi che le
donne fossero tutte cretine e debbano sempre dimostrare il loro valore.
No... donne come Rogue non erano una novità né
un'eccezione. E lui ne aveva conosciute di donne forti, altruiste e
coraggiose. Ma Rogue, forse nella sua sfortunata condizione, esprimeva
al meglio questo suo potenziale mantenendosi pura nonostante le
avversità che la vita le aveva messo sul cammino.
Lui, invece, era quasi impazzito per un semplice foglio con lo schizzo
di un abito da sera. Un bellissimo abito da sera. Se l'immaginava
già e aspettava con impazienza la data fatidica: anche se si
trattava di lavoro, lui non riusciva a pensare ad altro. Ma era un
abito, anche quello, studiato non già per il suo piacere
personale ma, come un'armatura, per garantire quanto più
possibile l'incolumità della sua indossatrice.
Proprio quell'aspetto l'aveva spinto, alle prime luci dell'alba, a
inforcare la sua moto e dirigersi senza nessun ulteriore indugio
dall'uomo che, aveva giurato su quanto aveva di più caro al
mondo, mai avrebbe fatto nuovamente parte della sua vita. Ed ora eccolo
lì, a divorare chilometri per prostrarsi ai suoi piedi.
Cialtrone, imbroglione, bugiardo.
Rogue aveva ragione. Lui non era affatto degno della sua
onestà e della sua rettitudine. Lui poteva solo sporcarla
con la sua ambiguità e con la sua perversione.
Effettivamente, lui non aveva nulla in comune con Logan: Wolverine era
istintivo e brutale ma corretto e solido. Al confronto, lui risultava
viscido e meschino. E forse, proprio per questo, ambiva ad
assomigliargli tanto e a conquistare una perla incorruttibile come
Marie.
Ed ecco che la nuova canzone nella tracklist arrivò a
confermare quel suo desiderio di legame.
Well I thought I'd been
loved but I never had3
Till I was wrapped In
the arms of a Mississippi man
When he holds me close
it feels almost like another hurricane just ripped the coast
If he can't come to me
I'm gonna go to him
That Mississippi River
Lord I'm gonna swim
Hey Louisiana woman
Mississippi man
[Beh, avevo
pensato che sarei stata amata ma non è mai successo/
finché non son stata avvolta dalle braccia di un uomo del
Mississipi/ Quando mi abbraccia sembra quasi che un altro uragano si
sia appena abbattuto sulla costa/ Se non può venire da me,
andrò io da lui/ Andrò a nuoto dal (mio) Signore
del fiume Mississipi/ Hey, donna della Louisiana, Uomo del Mississipi]
Quella canzone gli aveva sempre strappato una lacrima. Si era
immaginato spesso un eventuale battibecco tra lui e la Bella del Sud su
chi dei due sarebbe diventato parte della comunità
dell'altro: avrebbe ceduto lui, diventando un uomo del Mississipi, o lo
avrebbe fatto lei, diventando una donna della Louisiana? Alla fine,
però, loro non appartenevano più alle loro terre
d'origine ma a una famiglia più grande, quella degli X-men.
Era inutile negarlo. Lui l'amava. Alla follia. Non aveva mai pensato di
poter venir sconvolto così da una donna. Ma, per l'appunto,
lei era LA donna: l'avrebbe amata anche se avesse avuto la pelle blu,
le orecchie a punta e la coda di Kurt. Non aveva provato nulla del
genere nemmeno per Belladonna. E sì che Bells aveva tutto
ciò che un uomo potesse desiderare.
All'inizio, certo, era stato lo spirito di conquista e la sfida
implicita che l'aveva mosso verso Rogue. Ma in brevissimo tempo, si era
trovato impantanato in qualcosa di più grande di lui. Troppo
grande e difficilmente gestibile. Lui era un abile giocatore di Poker
ed era, quindi, consapevole del significato e di quanto contassero
concetti come costanza, lungimiranza, pazienza in ogni singola mano, in
ogni singola partita.
Ora, dopo oltre dieci anni, sembravano essere rimaste davvero poche
carte nel mazzo e il distacco per il traguardo così esile:
era inutile continuare a bluffare se voleva avere una speranza di
vittoria, se voleva anche solo avvicinarsi alla sua meta.
Lui era il
suo unico asso nella manica. Lo era sempre stato e aveva sempre cercato
di ignorare la cosa. Cercava di convincersi di potercela fare da solo.
Ma ora, pur di vincere, era disposto a tutto. Anche a quella bassezza.
Non avrebbe ceduto Rogue a nessuno. A costo di lasciarci la pelle.
Letteralmente.
Quindi, nel tentativo di raggiungere la sponda del Mississipi
con ogni mezzo, come nella canzone, aveva deciso di buttarsi tra le
acque infestate dagli alligatori e di supplicare il suo personale
Signore del Fiume, l'unico che potesse traghettarlo da una parte
all'altra. Ormai era pronto ad affrontare tutto, nessun rettile
l'avrebbe mai fermato.
Cambiò canzone, ma ancora, anche quella canzone,
sembrò cercare di comunicargli qualcosa. Che lui non voleva
sentire.
If you want to save your
soul from Hell a-riding on our range4
Then cowboy change your
ways today or with us you will ride
Trying to catch the
Devil's herd, across these endless skies
[Se vuoi salvare la tua
anima dall'Inferno di cavalcare come noi/ Allora, cowboy, cambia ora la
tua strada o cavalcherai per sempre insieme a noi/ cercando di
acchiappare il gregge del Diavolo, attraverso questi cieli infiniti.]
In effetti, il rischio era proprio quello. Ma lui era pronto a vendere
l'anima al diavolo in persona, come aveva già detto alla sua
compagna di squadra. Non gli importava nulla, pur di raggiungere il suo
obiettivo, pur di vedere Rogue libera dalla sua condizione e con la
possibilità di toccare le altre persone. Persone che,
egoisticamente parlando, si sarebbero ridotte alla sua sola persona.
Ovviamente. Anche se quel demonio fosse stato proprio...
Il trillo del telefono irruppe negli auricolari interni nel casco
integrale, distraendolo dai suoi pensieri. Premette il pulsante esterno
del bluetooth per accettare la chiamata.
“Pronto?”
– Remy, dove cavolo ti sei cacciato? –
sbottò la voce della sua dolce amata.
“Sei très
préoccupé?” rispose
sorridendo “Ti è mancato il mio bacio del
buongiorno?”
– Ma figurati! Sei solo sparito, volevo sapere dove accidenti
ti fossi nascosto –
“Curiosité
féminine...” commentò lui
divertito “Sto andando a trovare... mon père...”
rispose sperando, inconsciamente, di potersi rimangiare quelle due
parole.
– Cagate! Tuo padre e tuo fratello sono a New Orleans...
credi che mi beva questa cazzata? Mica puoi andare in Louisiana in
moto! Dillo che non vuoi rispondermi e che stai andando a donne
–
“Oh...più che préoccupé
sei jalouse
...” gongolò
– Seriamente, Cajun, dove stai andando? E, così,
senza dire niente a nessuno... –
“Stasera sarò di ritorno. Per cena. Ti prego solo
di non chiedermi altro. Fidati di Gambit.” la sua voce si
fece seria, più dura del necessario, per non incrinarsi,
commosso, alla sua apprensione “Come compagni di squadra,
come X-men, come famiglia. Non perché sono io a chiederlo a te. Ti
prego.”
– Non ti aspetterò in piedi, sia chiaro!
– Gambit sorrise: l'avrebbe fatto eccome, tenendogli anche da
parte la cena.
“Ma certo... Merci”
disse chiudendo la chiamata. “Ma dame”
Poco da fare. Rogue era donna fino alla punta dei capelli. Era la sua dame o, meglio, la
sua madonne5.
Gli scappò un sorriso: lei lo aveva accettato come un
qualunque altro compagno di squadra, cosa che nessun altro, forse
nemmeno il professore, aveva fatto nonostante la fama di essere un
gruppo che dava una seconda possibilità a tutti. Lei era
pronta ad accettare la sua redenzione, nonostante tutto quello che
aveva vissuto e visto tramite lui, forse proprio per via del suo
retaggio cattolico così simile al suo. Mentre già
uno come Logan, solo pochi giorni prima, gli aveva ricordato quanto
poco si fidasse di lui. Rogue era la sua ancora di salvezza. La donna
angelicata dei poeti dello stilnovo. Non aveva le ali, non era un vero
angelo, interceditrice tra Dio e l'uomo. Ma volava davvero ed aveva il
potere di rendere migliore uno come lui.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
L'interfono a parete trillò diverse volte prima che una
bionda, spazientita, andasse a rispondere seccata nel buio che regnava
nella sala.
“Cosa c'è?”
– Digli che Remy è qui. – disse
semplicemente un'altra voce femminile dall'altra parte dell'apparecchio
“Non potevi comunicarglielo in altro modo?”
ringhiò quella armeggiando col corsetto
– … – Un attimo di pausa, sembrava quasi
che la comunicazione fosse caduta – Non ci tengo a sapere
cosa combinate in laboratorio, più di quello che non sappia
già chiunque, qua dentro. E nessuno, a parte noi due,
è telepate, Emma... voi e il vostro riposino
post-prandiale... –
“Oh, scusa... non pensavo fossi tanto suscettibile a queste
cose... Povero Scott... e dire che si impegnava tanto...”
ghignò l'altra ributtandosi addosso anche la giacca
– … Devi solo dirgli che Remy è qui!
– replicò l'altra chiudendo la comunicazione.
La dama bianca rimase a fissare la cornetta, interdetta: l'amorevole,
perfetta, altruista... eccetera eccetera eccetera... Jean Gray non
avrebbe mai dato simili rispostacce: doveva complimentarsi con se
stessa. Aveva fatto proprio un ottimo lavoro.
“Non compiacerti troppo...” la
rimproverò una voce tenorile prima che due possenti braccia
le cingessero la vita “Di cosa parlavate tu e Jean di
così...
interessante?”
Quella si rigirò nel suo abbraccio, impedendogli di
slacciare nuovamente quella trappola di seta, stecche di balena e
lacci, suscitando nell'uomo un profondo risentimento per il
divertimento negato “Dice di dirti che Remy...
è qui...”
A quelle parole, lui si allontanò di scatto, un ghigno
stampato in volto. “Prendi Jean con te... e andate a fare un
po' di sano shopping tra donne... non voglio che vi trovi
qui.”
“Sei malvagio, Nat...” replicò Emma per
niente offesa, avendogli letto nella mente quali fossero i suoi piani.
“Mai detto il contrario...” sibilò
compiaciuto mentre la gelida dama bianca gli si scioglieva nuovamente
tra le braccia. “Su... porta miss tutto fuoco a cambiare
acconciatura... Dopo un tatuaggio, quel taglio da brava ragazza non ci
sta proprio. Sì, Emma, sono perverso. Lo sai e ti
piace.” disse rispondendo alle domande (non formulate e
ancora intrappolate nel labirinto neurale) della donna con un bacio
viscido e bavoso prima di allontanarla verso la porta. “E,
ancora, sì... un taglio da educanda sarebbe qualcosa di
davvero perversamente azzeccato...”
Si risistemò gli abiti gualciti e riabbottonò la
camicia dalle venature rosso sangue. “E vedete di parlare
anche del battesimo. Tolta l'aria da santa, va cambiato anche il nome,
all'insegna di una nuova vita. Io suggerisco Magdaleine6...”
“Sei perverso, lo ripeto!” ghignò Emma
malignamente divertita.
“E tu sei prevenuta. Non ha nulla di peccaminoso.
Etimologicamente e simbolicamente è perfetto. La splendente... che
si è unita al Messia, cioè a me!”
“Ricorda che sono un'insegnante e, tradizionalmente,
è un nome associato alla perdizione...”
“Sì, se c'è anche quello...
perché no? Ora vai... quel piccolo delinquente
sarà qui a breve.” disse congedandola con un bacio
a fior di labbra sulla soglia di un'uscita secondaria.
Remy era lì. Per lui.
Non proprio per lui in quanto tale ma era comunque lì per
contrattare qualcosa che sapeva con certezza essere in suo possesso. Il
sorriso delle labbra emaciate si allargò a dismisura,
scoprendo degli affilatissimi canini da vampiro.
Remy Le Beau. L'ennesima pedina nella sua scacchiera per il volere di
Apocalisse. Un disegno contorto e perfetto di cui -certo, ne era
cosciente- lui non era altro che uno dei tanti artefici: ognuno aveva
piena libertà su come impostare la sua parte, per il
coronamento del sogno collettivo del dominio dell'universo.
Povero, caro, dolce, tenero... innamorato Remy. Ormai era agli
sgoccioli. Era così stupidamente prevedibile...
Avvertì il rimbombo dei passi pesanti del mutante: per un
ladro come lui, silenzioso come una farfalla e preciso come un
colibrì, era il modo di annunciare la propria presenza e le
proprie intenzioni. Interessante. Non intendeva piegarsi. Nonostante
avesse fatto tutta quella strada solo per lei. Divertente. Davvero
molto divertente: era lì per supplicarlo in ginocchio ma non
intendeva chinare la testa.
Essex sospirò. Avrebbe dovuto perdere più tempo a
insegnargli le buone maniere. Pazienza, si disse. D'altronde doveva
essere già abbastanza grato che fosse venuto fuori
così com'era, perfettamente malleabile alle sue
manipolazioni.
Senza bussare, annunciarsi o altro, Gambit spalancò la porta
dell'ufficio con un calcio e marciò dentro, lanciando il
casco della moto contro il divanetto a lato, incurante di poter
distruggere vasi di fiori, tavolini di vetro e lampade di finissimo
design.
“Buongiorno anche a te, Witness7!”
disse sornione il genetista, per nulla impressionato da quella bravata
da adolescente ribelle.
“Non ricominciamo!” sibilò Remy
“Non sono Witness. Ora sono solo Gambit”
“Come vuoi, Gambit...”
replicò pacifico “Però... mi permetto
di darti un consiglio. Con questo atteggiamento, diciamo che
è difficile
che qualcuno, anche uno generoso come
me, possa concederti qualche favore... non credi dovresti
essere un po' più... accomodante?”
Gli vide contrarre la mascella e stringere i pugni. Era ovvio che lo
sapeva. Aveva fatto tutta quella strada conscio di ciò. Ma
davanti al nemico
non era pronto a chinare il capo. Povero stupido orgoglioso.
“Avanti.. ti ascolto...” disse prendendo posto alla
sua scrivania con fare disinvolto “D'altronde, per aver
macinato tutti i chilometri che ci separano, non esserti preso la briga
di avvisare e correre il rischio di non trovarmi in sede... o, meglio,
volermi assolutamente incontrare di persona... chissà cosa
devi chiedermi di così confidenziale da esserti spinto a
tanto... anche per non voler correre il rischio di essere
intercettato.” Ghignò “Remy... io so
tutto di te. Ricordalo. Sempre!” sillabò
stendendosi sulla scrivania mentre l'altro svettava statuario davanti a
lui, i jeans cacciati negli stivali da biker, la maglia coperta appena
dal gilet di pelle, una bandana in fronte e i guanti a mezza dita
“Scommetto che c'entra la tua ragazza... non è
vero? Anna Marie Darkhölme se non ricordo male...”
“Tu leggi, non ricordi!” replicò Remy,
acido
“Dettagli... allora? Cosa vuoi da me?”
domandò facendo incontrare tra loro i polpastrelli delle
mani esangui e affilate senza distogliere lo sguardo da lui.
“...” Gambit esitò, come colpito da
quella disponibilità, quasi si fosse preparato a dover
combattere con le unghie e con i denti “...
Dammi...”
“Ah, no... cominciamo male...” lo zittì
Essex annoiato “Sei proprio maleducato. Dimentichi la
parolina magica?”
Remy assottigliò lo sguardo e digrignò i denti
“Potresti darmi...”
Ma, ancora una volta, l'altro lo zittì sventolandogli la
mano davanti quasi fosse una mosca da cacciare “No no no, non
ci siamo mica...l'altra
parolina...”
“Per favore,
potresti...” ricominciò il mutante, irritato. In
quella terza occasione, si interruppe di sua spontanea
volontà, vedendo come il genetista avesse messo il broncio.
Avrebbe voluto strozzarlo seduta stante o decapitarlo con una carta ben
affilata... per la mente gli scivolarono una miriade di modi diversi
per torturare quell'uomo. Ed Essex era ben consapevole di cosa gli
stesse passando per la testa, visto il sorrisino divertito e trionfante
che gli tagliava in due il volto. Gambit trasse un profondo respiro,
per calmarsi e convincersi della necessità di abbassarsi a
tanto. Aveva passato le ore del viaggio a rimuginarci e ora doveva farlo.
“Potresti, per
favore, darmi uno dei tuoi
collari dell'MRD, papà?”
1 ZZ Top, Recycler, 5. My head's in Mississipi
2 Loretta Lynn, Conway Twitty, Lousiana
Woman, Mississipi Man, 1.Lousiana
Woman, Mississipi Man
3 Su Ghost
Rider il discorso è un pò
complicato, essendo una canzone country scritta da Stan Jones nel 1948.
La più popolare è sicuramente quella di Jhonny
Cash, nell'album Silver
del '78. Ero indecisa se far ascoltare a Gambit questa versione o la
più recente, usata come colonna sonora dell'omonimo film
-sull'altrettanto omonimo personaggio dei fumetti Marvel (e reso
indegnamente da Nicholas Cage)- del 2007, in chiave rock a opera degli
Spiderbait. Io voto per il classico Cash (più in linea con
gli ZZ Top e Lynn-Twitty) per un motivo che solo i fan possono
conoscere realmente e che non tirerò in ballo in questa
storia (ovvero, la vera età di Gambit...perchè io
ho dei dubbi che invecchi normalmente...)
4 Consiglio a tutti la lettura di L'harem e l'occidente
di Fatima Mernissi. Argomenti principali -oltre la concezione deviata
di harem- l'importanza della donna, della sua sagacia, la percezione
del corpo, la pulizia etc.
D'altronde basta un minimo di intelligenza per cogliere collegamenti
con il nostro passato più recente (senza arrivare agli
antichi), tanto nei contenuti quanto negli aspetti esteriori (si veda
anche la religione Sikh che mette sullo stesso livello uomo e donna,
dove il turbante del primo è il corrispettivo del velo per
la seconda e che, per fare un esempio, può trovare un
parallelismo col velo che le nostre nonne usano ancora oggi -specie al
Sud – e che vedono in cappelli e caschi da lavoro
l'evoluzione moderna (andate a zappare i campi polverosi tutto il
giorno e senza la possibilità perenne di una doccia calda:
lo vorrete un velo per proteggervi!). E' un libro che riassume quello
che penso da sempre: certe paure e pregiudizi non hanno senso
d'esistere perché sono un'altra faccia di una stessa
medaglia... Motivo per cui ritengo idiota la decisione svizzera di
vietare il velo: c'era una bella vignetta, qualche anno fa. Inverno, un
uomo bardato di tutto punto con cuffia, sciarpa e occhiali contro il
riverbero del sole. Accanto una donna col burka... si commentava da
sola.
5 Madame
e madonne
hanno la stessa origine: uno è “mia
Dama” l'altro è “mia Donna”.
La seconda ha una valenza più personale e meno idealizzata
della prima, intesa più come Signora a cui porgere i propri
omaggi.
6 Altra versione del nome Madelyne che
poi origina dal più comune Ma(g)dalena. E Madelyne Prior non
è altro che una seconda Jean Grey, un suo clone
(semplificando parecchio). Ancora, sul significato di splendente etc.
Jean Gray è l'ospite per l'entità cosmica Fenice
(che distrugge tutto e/o porta vita...) e, dal canto suo, Essex (nella
versione Ultimate)
si sente l'inviato del Signore (Apocalisse), quindi una specie di
Messia...
7 E' un nome che ho inserito anche nelle
one shot-song fic A
world without heroes. Dategli il significato che preferite
ma, conoscendo Nathaniel e la sua passione per i cloni.... io opto per
quella del testimone come “unico superstite”
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV
Oh! Finalmente eccomi qua! Scusate il ritardo ma in mattinata ero a
revisione per la tesi... e non potevo aggiornare alle 5 del mattino =_=
abbiate pietà.
Bene... questa è la prima parte relativa direttamente e
unicamente a quello che sta architettando il Cajun... a voi immaginare
se e come, questa cosa influirà sul futuro del gruppo
rimasto a NY. Ah! sì.. Essex ho fatto in modo di collocarlo
a Washington, vicino al potere per controllarlo meglio. E il tempo di
percorrenza tra le due città è di circa 4 ore e
mezza...
Per oggi mi pare sia tutto... beh...se avete dubbi sono sempre qui, lo
sapete.. quindi, a presto fanciulli!
|
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Capitolo 21 *** Relazioni pericolose ***
21.
Relazioni pericolose
L'ombra di una nuvola oscurò per qualche istante la stanza,
già in penombra, in cui la strana richiesta del mutante
aleggiava gravida di tutte le conseguenze che comportava.
“So che ne hai ancora qualcuno nonostante il progetto sia
stato abbandonato.” Insistette il francese vedendo che Essex
non rispondeva.
Il genetista si lasciò andare sullo schienale, studiando il
Cajun con occhio attento.
“Sai...” disse dopo un po' “Non credo di
essere nello spirito adatto a ottemperare le tue richieste. Tanto per
cominciare...” continuò vedendolo pronto a
replicare “Sei un pessimo attore. E il tuo amore filiale
è quanto mai interessato, in questo momento. Inoltre... non
mi hai mai presentato questa fanciulla. Mi piacerebbe incontrare ufficialmente il
potenziale nuovo membro della mia
famiglia...” ghignò con cattiveria
“Se anche dovesse, non farà mai parte della tua famiglia,
Nathaniel. Ma della mia!”
ringhiò Remy che, pur avendo capito che non c'era trippa per
gatti, si ostinava a sperare di ottenere qualcosa da quel verme.
“Sì, certo...” lo blandì
l'altro “Probabilmente, come tutte le gattine che ti ronzano
attorno, mira solo alla tua fetta di eredità... Bullo come
sei, ti sarai sicuramente pavoneggiato della tua discendenza. Peccato
che tu non vedrai mai il becco di un quattrino, dato che non ho
intenzione di tirare le cuoia. Né ora né
mai.” precisò
“Mi guardo bene dal rivelare la nostra parentela: per tutti
io sono le Diable Blanc,
figlio del creolo Jean-Luc LeBeau, patriarca della Loggia dei Ladri. E,
in ogni caso, Rogue non è quel tipo di donna!”
“L'ho sentito dire tante volte e non hai idea di quante
persone abbia visto ridotte in mutande da una sciacquetta
qualunque” Si divertiva come un matto a vedere il nervosismo
che Gambit lasciava trapelare senza cercare di nasconderlo
“Perché non facciamo
così...?” propose alzandosi e aggirando la
scrivania con fare pensoso per appoggiarsi al mobile, braccia
incrociate, davanti a lui “Portala qui. Una cenetta
informale... ci penserò io a regalarle un bel
gioiellino.” disse stirando una falce di denti bianchi da
squalo “O... hai paura che possa perdere la testa per me,
Witness?”
“Rogue ti odia per quello che le hai fatto. A lei e a tutti
gli altri... Sa che c'eri tu dietro a tutto!”
replicò l'altro divertito e un po' più calmo
“Non credo che tu possa rappresentare un gran problema,
nonostante le tue moine...”
“Se la pensi così, allora...” disse
facendo spallucce “Dovrebbe essere tutto più
semplice. Ma puoi pure arrangiarti a trovare una soluzione. Do ut des, ricorda,
Remy. Tu la porti da me e io le do quanto mi chiedi”
“Non lascerò mai più che si avvicini a
te!” ringhiò l'X-Man
“Allora vai pure...” disse dandogli le spalle e
andando alla finestra “Credo tu conosca la
strada...”
Il discorso era chiuso per entrambi e nessuno dei due avrebbe
rettificato quanto detto.
Pochi secondi e sentì che il mutante si girava, marciava
lungo la sala fino a riprendere il casco, i passi ovattati dalla
moquette, e, infine, sbatteva le porte alle sue spalle.
I passi rimbombarono a lungo, furiosi, lungo gli ambienti di marmo
bianco dell'edificio. Finché non lo sentì
fermarsi. Poteva provare a ingannarlo quanto voleva. Sapeva che, quei
passi leggeri non si dirigevano verso l'uscita.
Essex stirò un ghigno, soddisfatto. Tutto andava come aveva
immaginato.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
I corridoi dei piani interrati erano mantenuti nell'oscurità
più totale, spezzati a intermittenza solo dai led dei
dispositivi elettronici che affollavano le diverse sale. Gambit non
avrebbe mai acceso le luci, ammesso che ce ne fossero, rischiando di
farsi scoprire. Era un ladro e una delle sue abilità doveva
essere quella di vedere nel buio. Tra le tante cose, non era nemmeno
sicuro di non essere già stato individuato e che Essex non
lo stesse solo lasciando girovagare. Ma non aveva visto rilevatori
termici, quindi si sentiva relativamente tranquillo. In
realtà, tutta la struttura non brillava per la dotazione di
dispositivi anti-intrusione. Forse, la supponenza di Essex derivava
dall'avere al suo servizio due tra le più potenti telepati
del mondo oltre a una squadra di assassini assiepati appena all'esterno
dei laboratori, nell'ampio cortile che circondava la tenuta. Ma, almeno
da quel punto di vista, poteva stare tranquillo: per quanto il
genetista avesse, anch'egli, poteri telepatici, ora era fuori dalla sua
portata così come le due donne che aveva visto allontanarsi
lungo il viale alberato che aveva percorso al suo arrivo: Jean ed Emma
assieme. Era quanto meno strano vederle comportarsi da buone amiche
dopo quello che era successo alla villa, prima della loro partenza per
la Scozia e dell'attacco dei Chitauri.
Per quel che riguardava i Marrauders all'esterno... beh... loro gli
avevano quasi fatto le feste quando era arrivato ed erano rimasti
sorpresi dell'aria bellicosa che lo circondava. Erano così
entusiasti di vederlo, dopo anni di separazione, che non gli avevano
neanche chiesto i documenti all'ingresso né lo avevano
sottoposto ad alcun tipo di test. Perché una volta Marauder,
Marauder per sempre. E non avevano tutti i torti... la sua anima era
nera come la morte e nulla avrebbe potuto lavarla dalla lordura di cui
era pregna.
Ma, anche se fosse stato che per precauzione l'avessero
esaminato, lui era dotato di quegli strani trucchetti che Wade
soleva definire da
cavaliere Jedi e che gli avrebbero aperto ogni porta
sorvegliata. Da esseri umani.
Se i laboratori avevano guardie elettroniche, lui poteva fare ben poco,
oltre a individuare e disattivare per tempo tali trappole.
Avanzava circospetto, cercando la sezione dedicata agli hardware. Aveva
già oltrepassato le celle frigorifere, che contenevano
campioni di DNA di una quantità impressionante di mutanti
studiati nel corso degli anni, gli archivi cartacei sugli esiti dei
diversi esperimenti, l'anagrafe dei soggetti studiati, i laboratori di
sintesi... gli strumenti di controllo non dovevano essere molto
lontani. Ed era sicuro che Essex tenesse ancora qualche residuato come
trofeo, almeno per non dover ricominciare da zero.
Infine, in fondo alla sala, sulla porta che sembrava ospitare solo uno
sgabuzzino, c'era la targhetta che identificava il suo obiettivo.
Dalla tasca laterale dei pantaloni estrasse una sonda flessibile e la
fece passare sotto il pavimento, per scovare eventuali allarmi: la
stanza sembrava totalmente priva di protezione. Estrasse quindi il suo
set di grimaldelli e si affaccendò sul cilindro della
serratura. Era un modello vecchio e relativamente semplice, nulla di
neanche lontanamente complicato. Se non si fosse trattato di Essex
avrebbe quasi pensato di aver preso una cantonata: come si poteva
tenere materiale tanto prezioso dietro una serratura così
misera e senza altre protezioni all'esterno?
Tese l'orecchio e, dopo pochi tentativi, ecco che la porta si schiudeva
sull'ennesima stanza buia.
All'interno individuò le sagome sfocate di diverse pile di
scatoloni. Effettivamente quel posto aveva tutta l'aria dello
scantinato che sembrava dall'esterno: uno sgabuzzino in cui riporre
vecchi oggetti privi di alcuna utilità per dimenticarsene
per sempre. Il problema, ora, sarebbe stato individuare lo scatolone
giusto. Le scritte nere erano praticamente illeggibili, non sembrava
esserci un registro da consultare e non aveva nemmeno troppo tempo da
perdere, là dentro, prima che qualcuno si insospettisse.
E proprio non aveva voglia di incorrere nelle ire di Vertigo1,
tra le più fedeli a suo padre.
Era quasi tentato di uscire in cortile, rintracciare Shiro2
(dotato, tra le altre
cose,
anche di visione infrarossa) e convincerlo
a collaborare: Shiro era anche amico di Rogue. Forse avrebbe capito. O
forse no. Forse Shiro poteva rivelarsi un rivale più che un
alleato se avesse scoperto che era lì per lei: per il
giapponese, nonostante tutto, lei era ancora un'amica. Forse anche
qualcosa di più. E gli avrebbe impedito di portarsi a casa
qualcosa che potesse lederla in qualunque modo.
Accantonò l'idea bislacca e si addentrò tra gli
scatoloni cercando di individuare solo quelli che potessero essergli
utili. Scartò quelli troppo voluminosi e quelli posizionati
sul fondo delle pile: i collari erano qualcosa di delicato che,
protetti in apposite confezioni di acciaio o buttati alla rinfusa come
grucce dietro i banconi dei negozi d'abbigliamento, non potevano
sostenere un carico eccessivo. Passando tra le colonne, dava leggeri
colpi sui cartoni, sperando che il rimbombo interno lo indirizzasse.
Quando, infine, individuò la scatola che, secondo lui,
conteneva i collari, scoprì che era aperta.
Infilò rapido la mano e tastò qua e
là: lo scatolone era mezzo vuoto, come se quelli fossero
solo le giacenze spurie che non era stato possibile incasellare
altrove. Estrasse l'oggetto del suo lungo cercare, se
l'infilò in una tasca apposita del gilet e
riguadagnò l'uscita in tutta fretta: meno tempo passava a
casa di suo padre, meglio era.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Quando la moto si fu fermata nel suo parcheggio e lui si fu levato il
casco, l'eco del motore riecheggiava ancora in tutta la caverna. Erano
da poco passate le sei ed era stanco morto per quella lunga cavalcata.
Ma era soddisfatto del risultato ottenuto. Ora non doveva fare altro
che attuare la seconda parte del suo piano: sperava che anche le fasi
successive risultassero attuabili. Ma al momento voleva solo togliersi
la polvere e la stanchezza di dosso.
Era così assorto dai sui pensieri che nemmeno si avvide
della presenza della sua bella, appollaiata sul cofano di una Bentley
Hunaudieres3. Rogue chiuse il libro, che stava
leggendo per ingannare l'attesa, in modo fin troppo teatrale,
richiamando la sua attenzione. La postura, nelle sue intenzioni,
avrebbe voluto essere minacciosa, stesa com'era sulla carrozzeria
lucida, lo sguardo altero, le lunghe gambe accavallate tra loro.
Invece, nell'insieme, non aveva altro effetto che renderla
tremendamente desiderabile.
Anche dopo oltre otto ore di guida.
Anche dopo aver incontrato Essex.
Anche dopo aver rischiato la vita per mano dei suoi ex-colleghi.
Averla così vicina e non poter far nulla, neanche parlarle
seriamente dei suoi sentimenti, era frustrante. Perché, ne
era certo, lei non lo disprezzava come dava a vedere. E nonostante i
continui maltrattamenti, era più che certo che sotto sotto
quello fosse solo un modo per proteggersi. In fondo, Rogue cercava
sempre la sua compagnia, quindi, almeno come amico, le andava bene. Era
sicuro di non essere semplicemente presuntuoso, nel credere alla
possibilità di una qualunque forma di relazione tra loro.
Qualcosa, più precisamente il suo istinto, gli diceva che
doveva continuare su quella strada: Rogue non era altro che un diamante
grezzo – in ogni senso – che fuggiva qualunque
scomoda realtà e si nascondeva al mondo, pronta ad accettare
tutto degli altri, non era altrettanto flessibile con se stessa.
Ormai aveva deciso, avrebbe portato un'offensiva seria e l'avrebbe
fatta capitolare, costringendola ad affrontare le sue paure. Non si
sarebbe più nascosto dietro un sorriso quando soffriva come
un cane, non avrebbe più fatto allusioni nel tentativo di
farle capire i suoi intenti per vie traverse.
Avrebbe fatto quello che le persone serie fanno dal primo momento.
La ragazza tirò su una gamba, poggiandovi sopra il braccio:
di male in peggio! Se per lei voleva essere un atteggiamento
intimidatorio, per lui era un invito esplicito a saltarle addosso.
“Dove sei stato?”
“Non sei mia madre, Rogue...” replicò
Remy, sbuffando “Né mia moglie!”
sottolineò con cattiveria. “Per lo meno... non ancora”
fu la battuta che tenne per sé e che anche l'altra si
aspettava. La vide perplessa e fu costretto a trattenere un sogghigno
di soddisfazione. “Vediamo
se così la musica cambia?”
Posò lo sguardo sul libro della ragazza, mentre lei
scivolava a terra, quasi delusa dal mancato battibecco quotidiano.
“Non è un po' troppo impegnativo per
te?” domandò sbirciando il titolo sulla copertina.
Subito lei scattò sulla difensiva e quasi nascose il volume
dietro la schiena. “Non avevo capito che fossi
masochista...” continuò Gambit imperterrito ma
senza tentare di avvicinarla “Col potere che hai, ti crogioli
in struggenti romanzi d'amore? Che finiscono pure male?” Il
tono sembrò canzonatorio e non si preoccupò di
correggere il tiro.
“Tutt'altro!” rispose lei, ritrovando la
lucidità e sventolandogli il tomo sotto il naso “Cime tempestose
è la dimostrazione di come l'amore, o meglio la passione,
consumi e distrugga”
“Ah... quindi stai cercando di autoconvincerti?”
replicò lui. Sorrise e lasciò cadere l'argomento
“Senti... domani mi accompagneresti a fare una commissione?
Ora è troppo tardi e sono distrutto...”
“Che genere di commissione?” domandò la
mutante interdetta dalla distanza che lui stava tenendo e da quel
cambiamento repentino d'argomento.
“Devo comprare un regalo... e chi meglio di una donna
può consigliarmi?” rispose lui facendo spallucce.
“Un regalo per...?” cercò di sondare
“Sei gelosa?” domandò di rimando senza
aggiungere svenevoli vezzeggiativi francesi.
“E perché mai dovrei?”
replicò Rogue, arrossendo indignata e incrociando le braccia
al petto.
“Non lo so: sei tu che sostieni di essere del tutto
indifferente a me e poi cerchi di ficcanasare così tra i
miei affari...”
“E' solo per cercare di capire il target...” la
ragazza quasi ringhiò “Come faccio a suggerirti,
altrimenti?”
Gambit fece finta di dar per buona quella versione ma era lampante
quanto l'essere ignorata così platealmente la stesse
infastidendo. Per un attimo si sentì in colpa. Come un
ladro. Era tentato di gettare la maschera e prenderla tra le braccia ma
si trattenne: non poteva permettere che tutto tornasse alla solita
routine. Come imprevisto, non poteva durare solo pochi istanti, per
destabilizzarla: doveva far sì che sentisse la sua mancanza
e portarla a sbilanciarsi “E' per
Kitty...” sbuffò alla fine.
“Ah....” fu l'unico commento di Rogue. Gambit
avrebbe giurato di sentire le rotelline del suo cervello girare a
vuoto. Poi un lampo di comprensione le attraversò lo
sguardo, improvvisamente terrorizzato “No, ti
prego!” sbottò, artigliargliandogli la giacca
“Non farlo!”
“Non fare cosa?”
domandò lui divertito dalla piega che stava prendendo il
discorso: lo stava chiedendo per sé o ….
“Kurt...” alitò, infatti. “Ti
prego! Non rovinare il rapporto che ha con Kitty...” quasi
balbettava per l'agitazione. Era ammirevole come, anche in quel caso,
anteponesse la sorte della relazione, più amicale che
amorosa, del fratellastro ai propri desideri egoistici.
“Già è un casino con Lance... dopo che
Piotr...”
Già. Piotr che aveva finto e che aveva usato Kitty come
scudo, forse realmente convinto di poter cambiare. Convinto che si trattasse, come
sostenevano in molti, solo di confusione adolescenziale. Alla fine non ce
l'aveva più fatta e aveva confessato alla giovane la
sua reale natura omosessuale, gettando la ragazza in un limbo di
confusione e smarrimento, in cui si dava la colpa di quanto accaduto.
Per quanto non fosse colpa di nessuno, entrambe le parti in causa
soffrivano per come erano andate le cose e sia Lance, della
Confraternita, sia Kurt le erano stati subito accanto. Forse con un
pò troppo slancio rispetto a quello che avrebbero fatto
semplici amici ma l'avevano riportata in qua in breve tempo. Piotr, dal
canto suo, si sentiva un verme ma l'aver trovato un anima affine nel
canadese Jean-Paul4, l'aveva
aiutato a uscire dalla sua fragile menzogna, ad affrontare a testa alta
il mondo circostante, a non sentirsi troppo in colpa per aver tradito
la fiducia della compagna e della squadra e a superare quel momento di
imbarazzo e sfiducia di cui era il fulcro.
Tanta agitazione bastava a ripagarlo: poteva anche degnarsi di
rivelarle che tra lui e la passa-muri
non c'era nulla di speciale nonostante in molti, tempo addietro,
avessero malignato al riguardo.
“Lo so, Rogue. Non ho certo intenzione di irrompere in
quell'assurdo triangolo. Soprattutto non dopo che entrambi le sono
stati così dietro dopo il voltafaccia di
Piotr” rispose atono facendo in modo che lei allentasse la
presa dalla giacca. “Ma presto sarà il suo
compleanno...”
“Ah... è vero...” strabuzzò
la ragazza, visibilmente sollevata
“Mi aiuterai?” domandò ancora prendendo
la strada dell'ascensore senza aspettarla.
Lei acconsentì con un sospiro “E ora dove
vai?”
“Cos'è tutta questa curiosità,
oggi?” le domandò da sopra la spalla con sguardo
obliquo. Colpevole, Rogue sobbalzò. Trionfante, Remy
continuò “Vado a farmi la doccia, sono a pezzi...
o forse volevi venire
con me?” Lei sbarrò gli occhi, interdetta e
imbarazzata alla pesante allusione e al dubbio doppio senso, totalmente
fuori dalle solite provocazioni più romantiche del compagno,
e lui ne approfittò, per impedirle di replicare, lasciando
quindi a intendere che, ciò che lui stava dicendo, fosse la
verità. L'aveva spiazzata: di solito era lui ad
autoinvitarsi, non l'aveva mai resa protagonista di una simile
eventualità... e mai in modo così spinto. Si
volse e scivolò verso di lei, come un felino che stringe
nell'angolo la sua preda “Spiacente, non oggi, Bella del Sud.”
Le alitò troppo vicino per resistere a lungo e per non
respirare il suo profumo “Sono troppo stanco per poterti
concedere le attenzioni
che meriti. E sai come la pensa Gambit al riguardo.”
concluse, ritraendosi bruscamente, con aria da consumato tombeur de femmes.
“Ma... Ma chi ti ha chiesto nulla, svitato di un
Cajun!” replicò lei, ritrovando la consueta grinta
nonostante avesse il volto in fiamme “Ti spacco il muso se
provi a dire un'altra di queste stronzate...”
“Meno male... per oggi ho già dato e mi
seccherebbe non reggere un assalto bagnato... Mmm, sei perversa oltre
che masochista...” replicò lui con voce stanca ma
serissimo, lasciandola sempre più sbigottita.
Così avrebbe funzionato: infilata una dopo l'altra, con
serietà e noncuranza “Ci vediamo domani mattina...
e, no, non mangio, mi butto subito a letto... nudo, come sempre. 'notte
Rogue... Sogni d'oro” ghignò sarcastico lasciando
la donna a imprecare sommessamente.
1 Vertigo: nata nella Terra
Selvaggia (di cui ho accennato recentemente: una terra rimasta allo
stato preistorico conficcata in un angolino dei ghiacci Antartici -Polo
Sud-, per intendersi) è stata sia una Marauders di Sinistro
che membro della Confraternita. Cmq sempre una cattiva. Il suo
potere è quello di distorcere le percezioni fisiche e il
senso di equilibrio, disorienta, induce vertigini e senso di nausea
fino anche alla perdita di sensi.
2 Shiro Yoshida è una specie
di torcia umana mutante: vola, emette raggi di plasma, è
immune al fuoco e alle radiazioni ed è dotato di vista
infrarossa. E' cugino di Silver Samurai e della sorellastra di questi,
Mariko Yoshida, ex fidanzata di Wolverine. Ha fatto brevemente parte
degli X-Men ma è poco incline al lavoro di squadra (ancora
non capisco come Logan sia riuscito a reclutarlo per la nuova squadra
di Uncanny Avengers).
Per quel che riguarda Rogue, i due sono stati entrambi membri della
Confraternita e, per i soliti casini di cancellazione di memoria
(stavolta a opera di Blindspot), Lady Deathstrike (compare anche nel
2° film degli X-men) taglia le gambe a Shiro per vendetta che,
per riaverle farà un patto con Sinistro (chi sa di cosa
parlo può già cominciare a vedere un filo comune
che parte da Angelo-Morte e che si svilupperà nel corso di
questa fic). Nel corso di questa avventura, Rogue finisce per assorbire
quasi totalmente i poteri di Shiro, come successo in precedenza con
Carol Danvers-Miss Marvel.
I due hanno lavorato molto a stretto contatto e non è
azzardato ipotizzare un qualche coinvolgimento tra i due. Cmq,
è dopo questo evento che anche Shiro diventa prima Cavaliere
di Apocalisse (gli altri ve li rivelerò strada facendo) e,
quindi, Marauders (ma dietro entrambi c'è sempre Essex...)
3 Bentley
Hunaudieres: una concept car del 1999. Come vedremo anche
più avanti, Tony colleziona auto, sulla scia della passione
che condivideva col padre. Ma non solo auto belle, anche quelle
particolari, che -seppur mai andate sul mercato- hanno segnato la
storia dell'auto con le loro innovazioni (da bravo nerd credo proprio
che abbia anche una De
Lorean DMC-12 -Ritorno
al Futuro- e una Pontiac
Firebird Trans Am -K.I.T.T. di SupercarKnight Rider
entrambi plausibili fonti di ispirazioni per invenzioni e per le sue
intelligenze artificiali)
4 Northstar, eroe canadese, membro di
Alpha Flight, capace di muoversi a velocità supersoniche,
è il primo supereroe Marvel dichiaratamente omosesuale.
Nella versione Ultimate,
Piotr (ex trafficante d'armi) rivela la sua natura omosessuale e
stabilisce una relazione proprio con Northstar, quando, nella versione
canonica sta perennemente incollato a Kitty (salvo abbandonarla per
un'aliena appena conosciuta -e morta- durante Guerre Segrete)
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Ok, fan di Gambit, cosa mi dite di questo "voltafaccia"? credete ci sia
da preoccuparsi?
Spero di non avervi incasinato troppo le idee con la storia dei
Marauders, ma questo gruppo di delinquenti tornerà ancora,
relativamente presto.
Dunque, prossimamente qualche altro capitolo introduttivo in cui si
finiscono i preparativi e poi sarà finalmente ora di
approdare al Triskelion (lo so, il nome non è ancora stato
fatto)... cioè a quella base che è stata
gentilmente offerta ai superumani per operare in sicurezza :)
Su su, non temete... l'azione dura e pura si avvicina. E anche i nuovi
personaggi :D
Preparatevi!
a presto!
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Capitolo 22 *** Piccoli drammi ***
22.
Piccoli drammi
Quando varcarono la soglia della gioielleria più grande in
cui avesse mai avuto il piacere di mettere piede, Rogue aveva ancora in
testa l'eco sarcastica e canzonatoria di Logan, che li salutava e
augurava loro una buona passeggiata.
Lei e Remy si erano alzati relativamente tardi e, essendo vicinissimi
al loro obiettivo, avevano deciso di approfittarne per farsi una
passeggiata per le vie di Manhattan. Erano stati costretti a girovagare
a vuoto più di quanto avessero calcolato, dato che il
negozio distava solo una manciata di minuti ed ebbero anche modo di
dover attendere che le saracinesche venissero alzate: erano i primi
clienti e avrebbero potuto scegliere con calma.
“Sei sicuro di voler comprarle qualcosa proprio
qui?” aveva domandato la mutante osservando la vetrina
esterna a bocca aperta. Al di là del vetro, intravedeva le
lunghe scaffalature composte da tanti cassettini, disposti in file
sovrapposte lungo tutta l'area dell'ampio negozio (dotato di un
divanetto per i clienti in attesa), che esponevano ogni meraviglia di
merce sbriluccicante la mente femminile potesse concepire. Entrare in
quel negozio sarebbe stato l'equivalente del farsi un trip allucinogeno
in un luogo da fiaba, con l'indubbio vantaggio di non dimenticare tutto
al risveglio.
“Hai idee migliori?” aveva domandato lui, studiando
anch'egli la vetrina. “Cos'altro si può regalare a
una donna?”
“Non so... un libro? Una maglia, un cd... perché
proprio un gioiello?” aveva chiesto lei senza voltarsi,
continuando a studiare i vari oggetti.
Gambit aveva fatto spallucce “Non conosco la sua taglia e
regalarle vestiti mi sembra una mossa indelicata, così come
i prodotti di profumeria o per la cura del corpo, che erano la mia
prima opzione. Libri e Cd... quella ragazza è un genio in
erba, avrà sicuramente già divorato di tutto. E
poi per i vent'anni mi sembra più adeguato un regalo di
questo tipo...”
“A me sembra eccessivo. Piuttosto una borsa, se proprio hai i
soldi che ti escono dalle orecchie. Una Louis Vitton come quella di
Emma credo le piacerebbe...1”
“Non è un po' seria?” aveva replicato il
ladro, scettico.
“A me non piace, ma penso che sarebbe nelle corde di
Kitty...” aveva risposto lei, placidamente, dichiarandosi,
così, d'accordo col compagno.
“Allora dopo faremo un salto anche
lì...” aveva stabilito lui: meglio avere qualche
opzione in più tra cui scegliere.
“Cosa pensavi di prenderle, qui?” Marie si era
spostata alla vetrina accanto per farsi un'idea completa di cosa
potesse offrire il negozio.
“Una collanina...” aveva mugugnato lui
“Non mi sembra una scelta intelligente...”aveva
replicato divertita l'altra.
“Perché?” aveva chiesto lui, colpito
“Beh... anche tra i gioielli, come tra i fiori,
c'è una specie di linguaggio...” aveva spiegato
lei tirando dritta, trionfante.
“Te l'ha insegnato Cypher2?”
aveva ironizzato Remy
Rogue si era imbronciata per la vaga allusione a un altro uomo. O forse
non era stata sua intenzione? “No, cretino! Rimango pur
sempre una ragazza. Un uomo che regali una collana a una donna dimostra
di essere un tipo possessivo e di non considerare alla pari la
controparte”
“E questa da dove salta fuori?” aveva ridacchiato
lui “A me sembra che allacciare un filo di perle al collo di
una ragazza sia la cosa più sensuale che ci sia. Almeno,
stando ai film. Io ho esperienza solo con fedi maledette...”
aveva aggiunto con sguardo obliquo.
Ancora una volta lei aveva pensato a una provocazione: pensava che
fosse gelosa della sua ex? Di Belladonna Bordeaux? Della donna con cui
era stato sposato per... cinque minuti? E solo per interesse delle
rispettive famiglie? Mica erano davvero dei novelli Romeo e Giulietta.
“La collana rappresenta un collare, se non anche un
cappio.” aveva replicato lei, offesa, piantando le mani ai
fianchi.
“Ridicolo...” Gambit quasi si stava strozzando per
le risate convulse provocate dall'associazione tra la frivolezza
dell'argomento e la serietà della compagna.
“Gli anelli rappresentano il famoso filo rosso del destino
che legherebbe due persone e...” aveva aggiunto agguerrita,
mal sopportando di non essere presa seriamente “...i
bracciali, le manette che sono, forse, l'unico regalo unisex che metta
a parità le due parti.”
“Interessante teoria..” aveva sorriso lui tirandosi
in piedi: si erano accese le luci e presto sarebbero potuti entrare
“E degli orecchini che mi dici?”
“... Non ho letto nulla al riguardo...” si era
accigliata lei, cercando una soluzione
Remy aveva stirato un sorriso “Credo di saperlo io, a cosa
corrispondono...”
“Ah, sì? E cioè?” aveva
chiesto, più curiosa che mai
“Non ti piacerebbe saperlo...” si era negato lui
“Invece sì!” Aveva asserito sicura.
Dall'interno, intanto, le saracinesche avevano cominciato a venir
alzate lentamente.
Remy aveva tratto un profondo respiro, sperando di non commettere
qualche passo falso. Le si era avvicinato e, con la mano guantata, le
aveva scostato i capelli dal volto, sistemandoglieli dietro l'orecchio.
“Dov'è...” aveva cominciato chinandosi
su di lei “...che si mettono?” aveva alitato alla
base della mascella con la disinvoltura naturale di un cascamorto
consumato ma che lei non gli conosceva. Rogue, irrigiditasi durante le
manovre di avvicinamento, si era scansata di scatto, sottraendosi a
quello che sarebbe stato comunque un mancato incontro. “Hai
capito, ora?” aveva chiesto lui vedendo come la compagna
arrossisse, tenendosi la mano là dove un orecchino avrebbe
allungato la propria ombra sulla pelle candida. Soddisfatto del
risultato raggiunto, Gambit si era inoltrato nel negozio, lasciando che
lei lo seguisse quando si fosse ripresa.
Il commesso l'aveva tratta ulteriormente d'impaccio, prendendo il
francese sotto la sua ala e chiedendo scusa per l'attesa
“Avete già qualche idea?”
E mentre Gambit aveva cominciato a esporre i suoi parametri, Rogue si
era allontanata per riprendere fiato, scrutando da vicino quelle
meraviglie che aveva solo scorto dall'esterno. Ciondolò per
qualche minuto, lasciando vagare lo sguardo e con la mente ormai
indelebilmente incantata su quel mancato contatto di poco prima, quando
la sua attenzione cadde sul bracciale di una parure e non
riuscì a trattenere un commento estasiato.
Mentre il ragazzo che serviva il suo compagno si allontanava sul retro,
per recuperare qualcosa che potesse soddisfare le esigenze del
francese, una commessa in tailleur nero sfiancato, la
affiancò solerte “Ha visto qualcosa che Le
interessa?” Vista la ritrosia della ragazza,
continuò “Può anche solo provarlo...
senza impegno...” Incoraggiata da quelle parole, la mutante
chiese se era possibile vedere il bracciale di quella particolare
composizione e tornò al bancone scortata dalla donna, dove
Gambit aspettava paziente con un ghigno divertito.
“Per l'abito da sera?” domandò lui
allungando lo sguardo
Lei annuì, distratta. In realtà, no, l'abito non
c'entrava proprio nulla. Anche se a ben vedere i colori erano proprio
quelli “E' bellissimo ma...” disse, giustificandosi
rivolta più alla donna che al compagno “E' che...
non sono il tipo... non sono per niente aggraziata e vado spesso a sbattere...Non
riuscirei a portarlo serenamente... rischierei di romperlo
subito...”
“Beh, uno strappo si può sempre fare...”
disse Gambit facendo spallucce, incurante dell'occhiataccia che la
donna gli rivolse, probabilmente per il prezzo stratosferico che aveva
scorto nel piccolo talloncino allegato al gioiello tramite uno spago
sottile “Ce l'avete solo in oro giallo e smeraldi?”
La donna, nonostante le proteste di Rogue, recuperò un
bracciale identico al primo ma in oro bianco e rubini mentre il
commesso che serviva Gambit arrivava con le sue proposte.
“Sono belli entrambi...” commentò Rogue
“Forse, oro bianco e smeraldi starebbero meglio...”
“Secondo me...” si intromise Remy senza staccare
gli occhi dalle collanine che gli venivano proposte dal ragazzo in
gilè nero e camicia bianca “Gli smeraldi stanno
benissimo sulla montatura dorata. Se il disegno fosse diverso ti darei
ragione ma in questo caso sembra il naturale prolungamento della
pietra, in linea con l'idea naturalistica che è sottesa
dall'artigiano. L'abbinata all'oro bianco mi farebbe pensare ai ghiacci
dell'Himalaya. E poi, anche il tuo vestito ha venature oro...”
“Ma non ho intenzione di prenderlo!”
protestò Rogue
“Non vuole nemmeno provarlo?” domandò
prontamente l'inserviente
Rogue esitò “Faccio da me...”
l'ammonì “Ho... una brutta forma di psoriasi e
quella sera indosserò dei guanti di pizzo...”
“I bracciali si possono portare anche in questo
modo” le sorrise l'altra liberando il gioiello dal suo
cuscinetto di sostegno “C'è anche chi riesce a
infilarli sopra la giacca... prego.” disse porgendole il
bracciale aperto.
Rogue si liberò del giubbotto in pelle e, dopo averlo
poggiato sul bancone, prese il gioiello con la mano destra e
sistemò il gioiello sull'altro polso. “E'
bellissimo, davvero...” commentò scuotendo la
testa, togliendoselo subito, quasi volesse evitare la tentazione
“Ma non fa per me...” ammise lapidaria.
Infilò nuovamente la giacca come una corazza e
riconsegnò il gioiello e si concentrò sulla
scelta del compagno. “Se le prendessi solo un
pendente?” domandò inclinando la testa di lato,
come colpita da un idea “I pendenti che avete qui si possono
usare anche come portachiavi, no?” I commessi assentirono e
lei prese il comando della situazione “Ne avete a forma di
drago?”
“Drago?” domandò Gambit confuso mentre
il commesso spariva alla ricerca dell'articolo richiesto.
“E' una delle fisse di Kitty....” rispose lei,
strizzandogli l'occhio
“E perché non l'hai detto prima?”
domandò seccato
“Perché non mi è venuto in
mente!” replicò indispettita.
Alla fine riuscirono a trovare un ciondolo che potesse adattarsi alle
esigenze ma, poco convinti, dissero che ci avrebbero pensato.
Uscirono dal negozio intenzionati ad approfittare della pausa per
valutare se non ci fosse, in commercio, una borsa più adatta
(e largamente più economica) di quel rene da mercato nero
che erano quei gioielli. Nel lasciare l'ambiente, però,
Gambit, che cedette la strada alla compagna, in un gesto da cavaliere
d'altri tempi, fece scivolare un biglietto da visita sul bancone e la
commessa, come l'ebbe letto, si affrettò a mettere da parte
il bel bracciale d'oro e smeraldi.
“E sentiamo, signorina ho
lasciato la scuola ma su queste cose sono come un'enciclopedia...”
la canzonò lui, più tardi, quando uscirono
trionfanti da un negozio che odorava di cuoio e mastice, con
sottobraccio una borsa italiana bianca con decoro viola che aveva come
tema della collezione proprio le creature fantastiche3
“Come mai questa predilezione per gli smeraldi? Sapevo che i
migliori amici di una donna erano i diamanti.”
“Delle superficiali forse sì” disse lei
tranquillamente “Solo perché una diva sponsorizza
un gioiello o un profumo tutte seguono il suo esempio come un gregge,
soprattutto senza valutare se una cosa è attagliata o meno
alla persona... e questo vale anche per i vestiti e qualunque altra
cosa ti venga in mente.”
“Eh, già...” la canzonò Remy
“Tu invece sei così superiore da non farti
abbindolare dalle moine in cui cadono le comuni mortali...”
Rogue sorrise, divertita “Io sono effettivamente
diversa da tutte le comuni mortali. I normali parametri non si possono
applicare a una come me, vuoi perché sono una mutante,
perché ho un potere che ammazza, perché ho una
doppia tripla personalità che può crescere
all'infinito, poteri inusuali... hai l'imbarazzo della
scelta!”
“E dunque? Cos'ha di speciale lo smeraldo? Può
essere facilmente contraffatto con un fondo di bottiglia...”
commentò il ladro
“Il valore”
“Economico?” domandò perplesso
“Esoterico!” lo rimbeccò lei
“Non ci credo, ovviamente. Ma mi piace pensare che, vuoi per
la cromoterapia, vuoi per gli elementi che lo compongono, o solo come
effetto placebo, abbiano delle virtù che possono influenzare
davvero... Vedi, il diamante è il bene assoluto,
trasparente, infrangibile e incorruttibile, mentre lo smeraldo,
attributo di Venere e simbolo della femminilità e della
seduzione, è universalmente riconosciuto come il
più potente dei talismani, oltre a essere la pietra del
cambiamento e dell'evoluzione. Ma è anche associato alle
creature demoniache di cui garantirebbe il controllo o ne designerebbe
l'appartenenza. A ben vedere è la pietra giusta per me: due
donne in una e tutto fuorché seducenti...”
“Questo è opinabile” commentò
il ladro
“Beh... io sono in costante cambiamento, grazia alle memorie
che posso assorbire... e in qualche modo sono maledetta, posseduta.
Forse sono la peggiore delle creature oscure che Dio abbia mai
concepito... E forse vuole punirmi. D'altronde, prima del mio potere ci
pensava mio padre a tenermi in riga. Quando ho deciso che era
abbastanza, è subentrata la mutazione...”
“Sei proprio una donna del Sud” commentò
lui, divertito. Perché di quel folklore cristiano, mistico e
un po' eretico per via delle contaminazioni tribali, era impregnata
anche New Orleans. E in questo, solo in questo, Marie gli ricordava
Belladonna.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
“Ma perché non potevo comprarmelo, un vestito, al
posto di farmelo fare su misura da te?” ringhiò
Tony Stark sotto le mani operose della sua -al momento- nemica giurata.
“Smettila di lamentarti come un bambino!”
sbuffò quella, braccia conserte e metro da sarta al collo,
sotto lo sguardo divertito di Pepper.
“Tu e quei maledetti surrogati di pungiglioni!”
strepitò ancora lui
“Si chiamano spilli!” replicò lei
prontamente estraendone un altro dal bracciale di gommapiuma che
portava al polso e cacciandosene un paio tra le labbra “E se
non stai fermo ti pungo il culo!”
“Cerca di evitare... non vorrei incorrere nelle ire di Henry,
grazie! E tu, dovresti mostrarti come minimo gelosa che un'altra donna
mi stia così vicina...” ringhiò alla
rossa che rise ancora di più “E voglia pungermi il
didietro!”
“Io gelosa? Di Janet? Ma per favore!”
“Solo perché sai che non la sopporto...”
borbottò lui, rigido come un fuso “E
perché ci sono intenti omicidi dietro le sue premurose
attenzioni”.
“Precisamente...” rispose lei tornando a sfogliare
il New York Times
“Janet...” chiamò piano Steve comparendo
nella sala mentre finiva di allacciarsi i gemelli a forma di morso di
cavallo che avrebbero, così, nascosto il decoro rosso-verde
della fessura del polsino. Indossava un sobrio completo blu da uomo di
squisita fattura italiana, sciancrato in vita ad esaltarne la
muscolatura e illuminato da una semplice camicia bianca. La silhouette
era completata da un cravattino a strisce bordeaux e avorio4.
“Perfetto...” commentò compiaciuta la
stilista obbligandolo a fare un giro su se stesso
“I pantaloni non sono da accorciare?”
domandò il soldato
Janet dovette trattenere una risata “Steve... la moda
è un po' cambiata negli ultimi decenni... vuoi che ti mostri
una foto di Tony da adolescente? Capelli ricci e lunghi, pantaloni a
zampa, giubbotto da paninaro...”
“A zampa? Non capisco...” ammise l'uomo mentre
Natasha, in paziente attesa lì vicino, alzava gli occhi al
cielo.
“Non distruggere così la mia immagine!”
strepitò il magnate, intrappolato nella rete di spilli
lasciata incustodita dalla donna.
“Non l'hai già demolita tu con la
dinamite?” frecciò Pepper.
Janet diede il permesso a Rogers di cambiarsi per potersi concentrare
di nuovo su Tony
“Ma perché solo io un supplizio di questo
tipo?”
“Tu sei una primadonna... ” commentò la
mora
“Pubblico,
fiori... una torre col tuo nome....”
commentò sarcastico anche Rogers prima di scomparire dietro
l'angolo
“Sparisci!” ringhiò quello alzando un
braccio per enfatizzare il suo ordine.
“Tony!” lo rimproverò Janet
“Meno male che non hai tirato i fili o, peggio, strappato
qualcosa!” aggiunse dandogli uno scappellotto sulla nuca e
raccogliendo gli spilli caduti a terra
“Ma non esisteva un completo rosso già
pronto?” domandò lui, seccato.
“No...” rispose quella, le labbra strette a tenere
per la capocchia un paio di spilli. “A meno che tu non voglia
andare a derubare un pezzo da museo ai magazzini dei costumi di
Hollywood... ne saresti capace! Anzi... vuoi che provi a sentire Simon
Williams e Marc Spector5 e vedere se uno dei due
ha il numero diretto di Robert de Niro? Anzi... aspetta un
attimo...” disse estraendo il suo telefono a conchiglia.
“E non potevi evitare di vestirmi così?”
domandò ancora “Re per una notte6...”
Lei alzò un dito a zittirlo mentre prendeva la linea
“No! Il tuo colore è il rosso, non rompere! L'hai
scelto tu!” rispose mentre si rialzava e andava a prendere
una cravatta da abbinare al completo “E così, la
tua scorta resterà nell'ombra... e poi ho già
pronto l'abito di Peps... e non vi mando certo via spaiati!”
“Che seccatrice!” replicò lui.
-..... segretaria di Marc Spector: come posso esserLe utile?-
“Buongiorno signorina... sono Janet Van Dyne...
sì... ecco, cercavo Marc...”
-Buon giorno a Lei. Mi dispiace ma non posso esserLe utile. Anzi, se
dovesse sentire il mio capo, può cortesemente chiedergli di
mettersi in contatto con me? Perché dobbiamo mandare in
produzione una ventina di episodi e senza di lui... uff... scusi, non
voglio ammorbarla. E' lavoro... e lui sa in che casino mi ficca ogni
volta che sparisce così. La prego, Signorina Van Dyne,
quando lo sente può cercare di convincere quel folle a
rendersi reperibile?-
“A...ehm... sì, ci proverò... in
realtà mi serviva il numero di Simmon Williams
perché non ce l'ho sotto mano... non è che lei
sa...”
-Mi dispiace ma il signor Spector è molto geloso dei suoi
contatti e io sono solo una stagista... non saprei da che parte
voltarmi per ottenere il numero del signor Williams... mi dispiace-
“Inutile che Le chieda, dunque, quello di Robert de Niro,
vero? Beh, la ringrazio e non si preoccupi... la mia era solo una... curiosità...
Arrivederci!”
“Niente Re
per una notte?” domandò Tony
genuinamente sorpreso
“Ritieniti fortunato! Indosserai una creazione esclusiva e
non dei cenci usati e riciclati!” commentò la
donna con un sorriso trionfante.
1 Non ricordo dove -scusate, scrivere la
tesi non mi da il tempo di tornare a cercare i dettagli- Kitty dice di
amare la borsa di Emma e, successivamente, è Emma stessa a
dirne il marchio e modello. Perché una come lei non
può farsi mancare nulla e non può non essere
attaccata a oggetti iconici... e come lei anche Janet e Natasha (ma ci
torneremo ancora entro pochi capitoli).
2 Douglas Aaron Ramsey, amico d'infanzia
di Kitty Pryde, con la capacità psionica sovrumana di capire
intuitivamente qualsiasi tipo di comunicazione o di linguaggio con cui
viene in contatto: scritto, parlato, umano, animale, alieno. La stessa
abilità si estende alla decifrazione immediata di qualsiasi
tipo di codice, compresi i programmi linguistici delle intelligenze
artificiali, come i computer e lingue morte senza alcuna parentela con
idiomi conosciuti.
3 Alludo a Braccialini che non ha mai
fatto borse bianche con draghi viola, precisiamo!
4 Ovviamente tutto Gucci.
Perché? Perché il caro Chris Evans si
è prestato per le pubblicità del marchio. Il
minimo è vestirlo (oltre che profumarlo col Guilty) in Gucci
Style (uno dei marchi amati da Janet per l'abbigliamento maschile dopo
Armani).
5 Rispettivamente sono i Vendicatori
Wonder Man e Moon Knight, uno attore l'altro -tra le varie cose-
produttore televisivo
6 Il titolo del film di Scorsese dell'
1982. Titolo originale The
King of Comedy. Nel film Robert de Niro sfoggia un
completo interamente rosso.
Entrambi i titoli, comunque, stanno bene con la situazione: colui che
la sera della festa avrà tutte le attenzioni, come un re o
colui che sembra un clown. Mi piace lasciare alla mente di Tony
-versione italiana- la possibilità di scelta.
PS: dimenticavo... ora capite-chi segue la pagina FB- il motivo dell'ultimo
disegno postato in cui sia Pepper che Tony sono vestiti di
rosso.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV
Dunque, questo
capitolo si interrompe in modo un po' strano, lo so. In
realtà la cesura iniziale era proprio qui ma, nella
riscrittura, avevo spostato la fine del capitolo. Solo che,
così facendo, raddoppiava la sua lunghezza. Motivo per cui
ho spezzato il capitolo e lo proseguirò nel prossimo.
E, sempre nel prossimo ci sarà -finalmente- la ricomparsa di
Visione. Con conseguenti, nuovi problemi.
Con il prossimo capitolo verranno forniti alcuni dettagli della
sottotrama che conduce tutto il gioco di questa seconda parte della
storia. Dettagli già presenti in questo capitolo.
I due Vendicatori nominati e ricercati da Janet, infatti, torneranno
nella terza parte. Tenete a mente questo dettaglio (e quanto
verrà detto nel prossimo capitolo), provate a rapportarlo
con quanto già narrato e avrete il canovaccio di cosa sta
succedendo. Simon e Marc, infatti, sono tutt'altro che citazioni
casuali anche se, come tanti altri, non saranno che comparse
nell'insieme della storia.
Detto questo, preparatevi al prossimo capitolo ;)
e per chi non è ancora pratico di tutti i nomi dell'Universo
Marvel, armatevi di blocco degli appunti, perché tornano in
scena i mutanti e se ne aggiungono altri a quelli già noti.
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Capitolo 23 *** Padri e figli ***
23.
Padri e figli
Quando Rogue e Gambit fecero la loro comparsa nella stanza che si era
trasformata in un camerino, trovarono Janet che inseguiva Tony per
tutta la stanza, nella speranza di potergli piantare qualche spillo,
forbice o ago da lana, direttamente nel sedere. Il tutto a seguito di
un commento sprezzante del padrone di casa sulle creazioni sartoriali
della donna.
“E per lui cosa hai pensato?” domandò il
Capitano, ricomparendo nella sala, senza sconvolgersi da quella
schermaglia tra bambini dell'asilo
“Oh, Remy, Marie!” gridacchiò la donna
prendendo coscienza della loro presenza. Dimenticò ogni
proposito omicida e dedicò, improvvisamente, la propria
totale attenzione ai due nuovi venuti. “Ho qualcosa per
voi...” li informò andando a rovistare tra le
borse che aveva trascinato alla Stark Tower. “Dammi la
mano... nuda!” disse a Rogue, tacendo sul nascere ogni sua
protesta. Quella le porse il braccio, riluttante, e Janet vi
spruzzò sopra un composto da una semplice bomboletta spray.
Quindi, senza esitare, le strinse la mano.
“Funziona!” esultò “Lo sapevo!
Sono un genio!”
“Sei una cretina!” la rimbeccò Tony,
riavvicinandosi sicuro di non rischiare più la vita
“Ma cosa vuoi saperne tu, cialtrone! Io sono figlia di un
grande scienziato e ne ho pure sposato un altro... ovvio che abbia idee
più brillanti delle tue!”
“Che succede di tanto strabiliante?”
domandò lui perplesso mentre Rogue si guardava l'arto,
esterrefatta.
Janet sventolò una mano in aria, facendo cenno a Tony di
tacere “Allora, cosa hai sentito?” Ma Rogue,
spaesata, non riuscì a fare altro che continuare a fissarsi
la mano “E' semplice lacca per capelli. Non può
reggere tutta una serata, forse un paio di strette di mano a far tanto
e se vuoi star scoperta dovrai passartelo più volte e di
certo non è una sensazione piacevole: è come
avere la pelle coperta da uno strato di cemento... ma è una
valida alternativa, almeno in estate, al morire di caldo. Possiamo
studiare qualcosa di simile in modo che crei una rete di polimeri che
ti protegga ma che al contempo lasci respirare la pelle... Certo non lo
puoi ingerire... il che vuol dire che per le cose più
importanti siamo a un punto morto...” continuava a ciarlare
la donna.
“Io...” balbettò la mutante confusa
senza seguirla “...non … Grazie...
davvero...” disse commossa “Non so che
dire...” scosse la testa, incapace di accettare quanto era
appena successo
“Non c'è di che... tieni... Ma fa attenzione a
coprire tutto, Sigfrida!
Quanto a te, Brunildo...”
continuò guardando Gambit “Spogliati un po' che
devo prenderti le misure per essere sicura di procurarti l'abito
giusto!”
“Oh... un LeBeau non si tira mai indietro a un simile invito
da parte di una così graziosa mademoiselle”
disse sorridente levandosi la giacca di pelle da motociclista
“Galante
di un LeBeau... ma io sono una donna sposata!”
replicò Janet facendogli l'occhiolino, complice del gioco.
“Posso
sapere che colori hai intenzioni di abbinarmi?”
domandò lui, senza perdere il suo sorriso
“Il mood è esattamente il negativo della tua
compagna anche se -ovviamente- i colori saranno riposizionati in un
codice più classico: completo blu con collo a scialle.
Riempirò il bavero di paillettes in modo che tu possa
usarle, all'occorrenza, come armi. Camicia bianca e cravatta
rosa...” aggiunse lei facendogli l'occhiolino
“Audace” valutò il francese
“Da checca quale sei, frociosissimo francese!”
replicò Henry Pym facendo il suo ingresso nella sala gremita
e strappando all'interessato un'espressione stupita e compiaciuta al
contempo
“♪ Dude looks like a lady1♫”cinguettò
Deadpool.
“E spero che tu lo sia o ti spacco il muso. E
tu...” sibilò, quindi, a Janet.
Gambit tralasciò il fatto che Henry se la stesse per
prendere con la moglie e, rispondendo a tono a Wade,
continuò, in falsetto e col birignao, commentando al
contempo l'infelice uscita dello scienziato “Sì,
sono decisamente molto gaio
per essere in questa squadra di super-machi... Janet, ma
chere... posso venire a dormire da te, stanotte, così ci
aggiorniamo con calma mentre ci facciamo la manicure? E magari studiamo
se non sia il caso di farmi crescere di nuovo la barba...
così da depistare certi mal pensanti...” disse
ghignando divertito “Amo il rosa...”
“Oh! Finalmente qualcuno che capisce qualcosa! Non sopporto
questo pregiudizio nei riguardi del rosa: originariamente era un colore
maschile” replicò divertita, ma -in fondo-
irritata, la stilista2
“...E sono innocuo come una mosca...” aggiunse con
un ghigno, rivolto a Henry
“E altrettanto fastidioso...” replicò
Rogue mentre Janet tratteneva una risata
“Credo che qualcuno qui possa essere gelosa”
replicò la mora, ignorando palesemente il marito e lanciando
occhiate oblique a Rogue
“Fa che cavolo vuoi ma non credo sia saggio dare tanto spago
a una piovra del genere...” rispose la mutante, celando
abilmente il fatto che Janet l'avesse colpita e affondata
“Janet!” Henry quasi urlò per richiamare
l'attenzione della donna
“♪Don't
touch this3♫!”
continuò Wade, ballando sul posto
“Ti stavo parlando!”continuò Henry,
spazientito
“Che vuoi?” replicò lei seccata
Forse era la presenza di tutti quegli estranei a darle tanta sicurezza
e a scombussolare lui, fatto sta che Henry proprio non si aspettava una
simile reazione altera e rimase confuso qualche istante prima di poter
replicare con qualcosa di sensato “Azzardati solo a proporre
a me una porcheria simile...” minacciò riferendosi
al completo di Gambit
“Tu verrai col tuo toni4 arancione. O
ti arrangi a trovarti qualcosa di decente da metterti”
replicò piccata la donna “Cosa sei venuto a fare?
Sto lavorando... se dovevi solo dirmi questo potevi lasciarmi un
appunto con le indicazioni del caso, come fai sempre.”
“Sono venuto a controllare...” rispose lui
ritrovando la sua sicurezza e per nulla a disagio nel mostrare la sua
gelosia
“Te la sprango quella porta, appena la trovo!”
sbraitò Stark, ancora ridotto a un puntaspilli.
“Non ti voglio in casa mia appena ti salta il matto. Neanche
Janet, se è per quello. Almeno in quello siete
pari...”
“Non sono venuto per te!” ribatté lo
scienziato
“Se cerchi Robin Hood, come ho già detto alla tua
degna compagna, se n'è andato e chissà quando
tornerà” lo informò Tony
“Andato? Come mai?” domandò Henry,
palesemente sollevato
“Per Yelena Belova” Lo anticipò Natasha:
i coniugi Pym sapevano della cotta dell'arciere per quell'infermiera ma
non sapevano che quella fosse la sua copertura. Pregò che
gli altri Vendicatori capissero.
E quando Tony cercò di rettificare, un'occhiataccia di
Pepper lo fece desistere. Quindi dirottò su un altro
argomento “Tornatene a sistemare il casino di
Visione!”
“Ho già fatto! Sono un genio, io!”
replicò Pym con orgoglio.
“Ci hai messo più di quanto c'avrei messo
io...” ribatté Tony
“Oh, giusto, scusa... ma sai... io ho dei doveri coniugali a
cui assolvere la notte, a differenza di un verginello come
te!” frecciò lo scienziato facendo arrossire
d'imbarazzo sia il suo interlocutore che le due donne tirate
implicitamente in ballo in quel discorso “Il mio problema
è proprio Visione... per quello cercavo Janet...”
“Che succede, ancora?” domandò la donna,
rassegnata, finendo di prendere la lunghezza del pantalone di Tony
“Lo vedrai da te! Visione?” chiamò Henry
e, sotto gli occhi esterrefatti dei Vendicatori, il sintezoide
avanzò nella sala. Tony stava già per
sproloquiare qualcosa circa il fatto che la sua torre non era un
albergo ma il collega lo zittì malamente. “Non
vuole saperne di indossare vestiti...”
Visione era drasticamente cambiato nel giro di pochi giorni: quella che
era sembrata una tuta integrale nero metallico ora appariva come
semplice acciaio satinato e anche il volto, un'inquietante maschera
rosso sangue, si era fatto emaciato e argenteo quasi fosse passato per
una cascata di metallo fuso, emergendone indenne e rinnovato.
“E questo da dove salta fuori?”
strabuzzò Tony “Sono ancora incazzato con te
perché quella dannata marmocchia -improbabile figlia di
Fury- ha strigliato me per colpa dei tuoi giochini... e ora
questo?” sbottò, il suo nervosismo accentuato dal
fatto di non potersi muovere avendo Janet, letteralmente, tra i piedi.
Ma Henry non lo badava più e, quasi fosse la prima volta,
introdusse il sintezoide alla moglie “Rifiuta di
vestirsi!”
-Non c'è motivo per cui dovrei- replicò Visione
sentendosi chiamato in causa
“Decenza! C'è bisogno di decenza! Ti pare che noi
andiamo in giro in mutande o, peggio, con le mutande sopra i pantaloni?
Copriti, santoddio!” sbottò lo scienziato, ormai
prossimo all'esaurimento nervoso.
-Il Suo è un ragionamento illogico. Gli indumenti, secondo
la teorizzazione di Flügel, servono agli esseri umani per
sopperire tre bisogni primari: protezione, pudore ed esibizionismo.
Nessuno dei quali può concernere me, un'intelligenza
sintetica ed artificiale.-
“Ecco... lo vedi?” sbottò lo Henry,
pinzandosi la base del naso, esasperato.
“E' questo che intendi per sistemare i casini?”
domandò sarcastico Stark
“Beh, almeno gli ho messo i blocchi di controllo. Chiunque
l'abbia progettato ha evitato di installargli le quattro leggi della
robotica5...”
“Visione, ti prego...” cominciò Janet
con dolcezza, scansando da parte il marito “Quello che dici
ha perfettamente senso. E'... logico.
Ma, vedi... tu ti relazioni agli esseri umani e la tua...
nudità ci mette comunque in imbarazzo...”
-Non mi risulta che ricopriate i vostri dispositivi elettronici per
pudore. Per vanità lo fate coi telefoni e coi personal
computer, gli strumenti che usate più comunemente e che
potete considerare, a buon diritto, una vostra appendice. Ma io sono
più simile al cervello di una centrale nucleare che a un
gadget tecnologico...-
“Ma hai un aspetto umano...” aggiunse lei
avvicinandosi e stabilendo un contatto fisico con l'androide che
abbassò momentaneamente lo sguardo per studiare quel
comportamento.
-Neuroni specchio... capisco...- sillabò asciutto il robot
“Più o meno... Quindi... ecco, per una pacifica
coesistenza.. posso chiederti di coprirti?”
-Il tuo ragionamento è logico. Posso accettare la
richiesta.- Così dicendo modificò ulteriormente
le proprie fattezze e la sua figura apparve coperta da un paio di
semplici pantaloni e una maglia a maniche lunghe. Tutto sui toni del
bianco ghiaccio. All'ultimo, modificò anche i tratti
somatici e attribuì loro un colorito e una struttura
più umani (anche se sempre emaciati, quasi albini).
Janet, però, non parve soddisfatta. Labbra arricciate,
sopracciglio corrugato e testa inclinata di lato osservava il
sintezoide nel suo insieme “Perché tutto bianco?
Il nero che avevi prima non andava bene?”
-Il mio nome è Visione. E' logico aspettarsi che lo sembri:
spettrale, sovrannaturale... e gli esseri umani di questa parte del
globo associano queste proprietà al colore bianco...-
“E' inutile discuterci!” sbuffò Pym
roteando gli occhi al cielo. “E poi così non sei
vestito!”
-Ma lo sembro...- replicò Visione
“Ok, ok, chiaro!” Intervenne Janet a sedare gli
animi “Henry tientelo così ancora per un po'...
provvederò a reperire degli abiti bianchi per il
nostro nuovo amico... va bene? Mi sembra un buon
compromesso..”
Quello fece spallucce e, dopo aver schioccato le dita, si fece seguire
dal sintezoide verso i laboratori.
“Ecco, bravo, fila lontano dalla mia torre e non metterci
più piede finché non avrai recuperato tutta la memoria di
Visione, cretino!”
Pym, però, non calcolò minimamente l'amico e,
senza replicare, se ne tornò da dov'era venuto.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
“Allora, Charles... un altro dei tuoi preziosi X-men si
allontana... non sei triste?” domandò l'uomo dai
capelli brizzolati mentre un taxi si allontanava nel sole del tramonto
dalla tenuta di Westchester.
“Un padre sa quando deve lasciar andare i propri piccoli e
quando è tempo di lasciar loro un po' di spazio per
orizzontarsi e riscoprirsi... Certo che mi dispiace ma volerli tenere
sempre con me... è un desiderio così
egoistico...”
“Invidio e detesto questo tuo aplomb così
britannico che hai sempre e comunque...”
“Non devi, non sono così immacolato...”
“Beh, mettiamola così, vorrei avere un po' del tuo
carisma... o almeno un po' della tua pazienza”
replicò mentre faceva girare la carrozzina su se stessa e la
sospingeva verso la villa
“Mi prendi in giro? Guarda quello che stai facendo a
Genosha...”
“Genosha... che schifo...devo trovargli assolutamente un
nuovo nome... questo è così pregno di razzismo
anitmutante...”
“Potresti ribattezzarlo... non so...la Terra M”
“Terra M? Ma cosa hai bevuto stamattina?”
“E' un giochetto linguistico che ho adottato con i miei
X-men. La X delle incognite, del dieci, di Xavier, del punto dove
scavare... potrei andare avanti a lungo... E... M potrebbe stare per
Magneto, mutanti, mille... meraviglie! Pensaci... ma
dicevi...?”
Erik continuò a guardar storto l'amico per un pezzo prima di
rispondergli, sconvolto da quanto risultasse contorta la mente del
telepate: erano stati separati e si erano lottati per troppo tempo e,
ora che cercavano di ricucire i rapporti, si trovava ad avere a che
fare con un pazzo scatenato, tutte ideologie e sogni più
astrusi di quelli che lo animavano in gioventù
“Santo cielo... Regna l'anarchia e cade già a
pezzi! Non è molto meglio di quando c'erano gli umani a
schiavizzarci. Di buono c'è solo che abbiamo estirpato le
loro torture e i loro giochi... Onestamente, e so che la pensi
diversamente, mi dispiace solo che i due ideatori del loro reality
più crudo e gettonato siano riusciti a scapparmi6...saranno
fuggiti in Argentina, come i nazisti...” sbottò
Erik esasperato
“Mettila così... almeno gli umani hanno smesso di
chiamarci Geneschifo.
Genosha dev'essere l'esempio di coesistenza tra le due specie, dobbiamo
riuscire a portarlo a esempio al resto del mondo, in modo che non ci
temano...”
“Non so, Charles... tutta questa storia continua a
convincermi poco. L'hai detto tu che siamo il prossimo passo
dell'evoluzione...perché attendere che la Natura faccia il
suo corso? Perché convivere con gli umani? Non potremmo solo
creare uno stato solo per mutanti?”
“Hai mai pensato che potremmo essere un vicolo cieco
evolutivo? La storia è piena di evoluzioni inconcludenti...
e non possiamo separarci dal resto dell'umanità. Allo stesso
modo di come non l'hanno fatto i Down, gli albini o i portatori di
qualunque sindrome... Un rischio sarebbe di vederci, in futuro, divisi
per motivi religiosi...pensaci...”
Erik grugnì: effettivamente il collega aveva ragione ma gli
risultava ancora difficile doversi sporcare le mani insieme agli e per
gli umani “Fatto sta che non condivido la tua cosa dei
piselli e di Mendel...7”
Xavier trattenne un sorriso “E' un modello scientifico... il
tuo no! E, come in tutte le cose ci vogliono regole e rigore,
Erik”
L'altro sbuffò indispettito “Beh... Ammetto che
avevi ragione. La libertà ha bisogno di regole per essere
realmente tale...”
“La mia
libertà finisce dove comincia quella altrui...”
ricordò Xavier
“Già... non si può solo contestare. Ora
capisco cosa dicevi quando parlavi di mediazione... E ho capito a mie
spese che anche il motto non
fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te
non è un principio universale come credevo. E questo rientra
tra le gatte da pelare che si becca chi comanda. Imporre le regole per
la pacifica convivenza...” disse con sarcasmo “Mai
avrei pensato di … ok, lo ammetto... per cercare di fare del
mio meglio mi sono ispirato a te!”
“Mi sento onorato..” ribatté il
professore stupefatto
“Anche amministrare il potere, come i soldi...”
“Corrompe?”
“E' complicato! Dannatamente complicato! Preferirei fosse
qualcun'altro a sbrigare tutto... mi sento un perdente. E forse non sto
facendo proprio bene a sfogarmi con te...”
Xavier sorrise “Devi solo prenderci la mano... credi che
fosse facile quando ho cominciato?”
“Tu sei sempre stato più... come dire... preciso,
metodico, ordinato...britannico. Se è stato difficile per
te, immagina il casino che c'è a Genosha nell'area
amministrativa. Come contestatori eravamo fenomenali ma...”
“Anche come delinquenti...” precisò
l'altro sogghignando nel vedere la reazione dell'amico
“Allo scontro pratico con la realtà è
stato il caos. Tutti si sentivano in diritto di criticare tutto,
proporre soluzioni impraticabili. Avevi ragione ancora una volta. Le
cose vanno lasciate fare a chi le sa fare. Hai presente i vecchi che,
sul bordo della strada, commentano i lavori in corso e il livellamento
delle pareti quando non hanno una bolla in mano?”
“Ti sei dato all'edilizia?”
“Ho imparato anche questo... Beh, il succo è che,
finché non ci sei dentro, non capisci. E anche quando ci
sei, con l'acqua alla gola, è inutile che chi non sa ti dica
cosa fare...”
“Nervoso?”
“Frustrato!” precisò lui
“Riceviamo critiche di ogni tipo quando abbiamo problemi
molto più elementari... basilari! Logistici e
amministrativi... Sai? A volte mi sembra di cercare di spiegare
metafisica alle formiche...”
“Conosco la sensazione” Sorrise Xavier
“Inoltre, come padre mi sento un fallito. Tutto preso a
combattere te, il sistema, i politici, la ristrettezza mentale degli
umani... non mi sono accorto che i miei figli avevano dei
problemi...”
“Cos'è successo?” si allarmò
il professore voltandosi sulla carrozzina che l'amico spingeva
pigramente sul lungo selciato che separava la villa dalla strada
principale.
Erik sospirò, riottoso nel confessare quel suo particolare
errore “Pietro è un anarchico sovversivo.
Necessiterebbe di aiuto psicologico. A corollario di tutto
ciò si accompagna a vandali del calibro di Omega Kid,
Avalanche e Pyro. Wanda, invece... beh...”alitò
passandosi una mano sul volto per cacciare il nervosismo
“Sono mesi che se n'è andata da
Genosha...” scosse la testa afflitto “La mia
assenza mi ha reso cieco ai suoi problemi e alle prese in giro che gli
altri ragazzi le lanciavano... dicevano che facesse il malocchio. Io
sospetto sia solo in grado di manipolare le probabilità
degli eventi a proprio favore e a discapito degli altri... Comunque,
alla fine, per colpa mia, è mezza ammattita8
ed è finita in cattive compagnie... Perché
ridi?”
“Attento che così confermi gli studi secondo cui
noi uomini accorreremmo solo a comando,
anche perché ci mancherebbe la giusta dose di
ossitocina per renderci capaci dell'accudimento parentale in cui son
tanto brave le donne9... Ti sei mai dimenticato
Pietro in macchina in piena estate?”
“Non sei spiritoso! Tu quanti figli prodigiosi hai
avuto?”
“Volevo farti sorridere... io sono quello che meno di tutti
può criticarti. Tu almeno c'hai provato a tirar su i
ragazzi...” cercò di rincuorarlo seppur con
rammarico per la propria condotta: lui aveva scoperto di avere un
figlio anni dopo la sua nascita. La sua amica ed ex-moglie si era
sobbarcata l'onere della gravidanza e della crescita del giovane. Gli
aveva chiesto aiuto solo nel momento in cui si erano manifestati i
poteri incontrollabili del ragazzo e tutto ciò che lui aveva
saputo fare era stato sigillare la mente del ragazzo già
rinchiuso in una cella imbottita e in isolamento. La via più
semplice, l'uso della forza a dispetto del dialogo e della comprensione
che predicava nella sua scuola. Aiutare gli altri, da esterni,
è molto più facile di quando la situazione ci
riguarda in prima persona: che poteva saperne lui dei tentativi
maldestri di un padre di crescere i suoi figli? “Ma dicevi di
Wanda... In che giri è finita?”
“Prometti di non ridere?”
“Prometto”
“Si è data a quei circoli Wiccan... Magia e
stregoneria. E vista l'indole del fratello non vorrei che si buttasse a
fare anche sacrifici umani... Da me, poi, non ha avuto proprio un
bell'esempio sul rispetto della vita altrui... nonostante il mio
passato!”
“Abbiamo avuto anche noi un problema simile...” lo
consolò Xavier, rammaricato “La sorella di uno dei
nostri... Colosso, te lo ricordi?”
“Sì sì, il bestione gay d'acciaio
organico scampato alle retate omofobe di Putin...”
“La ragazza non è una mutante -non ancora, per lo
meno- e non abbiamo potuto fare nulla. A parte parlarle. Kitty sembra
aver fallito nell'impresa anche se erano molto amiche. L'unica cosa che
ha preso da noi è stata quella di darsi un nome in codice:
Magik, ti rendi conto? Beh, il fratello dice che era arrivata al punto
di rubare libri di stregoneria dalle biblioteche...”
“Perché, ci trovi pure 'sta robaccia?”
commentò perplesso il signore del magnetismo
“Nelle biblioteche umanistiche, sì. E non sto
scherzando10. Sì è anche
fatta raccontare dal nostro Cajun le tecniche woodoo che si praticano a
New Orleans e non per una ricerca folkloristica: pare cercasse di
evocare i demoni...”
“Benone, allegria!”
“Erik... Vuoi che provi a rintracciare Wanda con
Cerebro?” si offrì qualche minuto dopo, quando il
silenzio era caduto tra i due, sovrastato dal crepitare del ghiaino
sotto le ruote della carrozzina.
“Lo faresti davvero?”
“Se può aiutarti a tranquillizzarti...”
“Sei un amico...” sorrise, commosso, il signore del
magnetismo.
“E di Lorna11 cosa mi racconti? Mi
sembrava che avesse ereditato i tuoi poteri...”
“Ah...” sospirò l'altro sospingendo la
carrozzina “Sì... bel fallimento anche
lì. Lorna si rifiuta di usare i suoi poteri se non per
trastullarsi. Piccoli trucchetti, leggera levitazione... Quella
più simile a me rifiuta di potenziare la sua
diversità, nella speranza di passare per umana. Ti rendi
conto del paradosso? Ho fallito su tutta la linea. Non bastasse...
è fuggita di casa... ma questo dovresti saperlo...”
“Perché?” domandò il
paraplegico sinceramente stupito
“Mi prendi in giro?” sbottò il Erik.
Vedendo l'aria smarrita dell'amico sbuffò “E'
scappata e si è sposata col fratello di uno dei
tuoi...”
“Nessuno dei miei ragazzi si è sposato alla
chetichella!” lo rimbeccò l'altro “Credo
proprio lo saprei...”
“Allora vuol dire che a stare con una telepate Scott Summers
ha imparato qualcosa...”
“Scott?” domandò Charles cercando di far
mente locale “Effettivamente... Alex se n'è andato
infuriato quando ha scoperto di essere un mutante... ma santo cielo...
ha a mala pena diciott'anni! Non credo proprio...”
“E Lorna ne ha sedici...” alitò l'altro.
“Mi ha mandato una bella cartolina da Nazca... una col
pallino dell'archeologia e uno con quello della geologia... quale luogo
più indicato per la luna di miele? Almeno non sono
appassionati ufologi o sospetterei tentino di farsi rapire... E allora,
se i predoni li rapissero, se la sarebbero cercata!”
“Erik!” lo richiamò l'amico per poi
addolcire la voce “Sono due bravi ragazzi... Certo... chi
l'avrebbe mai detto che ci avrebbe unito prima un matrimonio di qualche
catastrofe galattica” chiamò piano l'amico, dopo
aver meditato a lungo
“Non c'è nulla da ridere, pelato!” lo
zittì l'altro “Sono due bambini!”
“Erik...” lo chiamò ancora, questa volta
con dolcezza
“Dimmi tutto, Charles..” sbuffò l'altro
“Ho un favore da chiederti...” disse voltandosi
dalla sua posizione
“A me? Sei in vena di scherzi?” sbottò
l'altro di rimando
“No... ascolta: tu dici di aver bisogno di qualcuno che
sappia gestire la baracca...”
“Sì... una persona seria e affidabile... come
tutti i tuoi X-men...” si rammaricò quello
“E visto questo precedente di Lorna e Alex... Scott. Portalo
con te. Ha bisogno di cambiare aria” gli disse solo lasciando
l'altro perplesso
“Vuoi che mi prenda il migliore dei tuoi pupilli? Vuoi che lo
contamini coi miei metodi? Seriamente, Charles, la mancanza di capelli
lascia penetrare troppe radiazioni in quel tuo supercervello”
Xavier ridacchiò “Sono serissimo. Scott non
è più lo stesso da quando Jean se n'è
andata. Ha bisogno di cambiare aria. Noi non possiamo contare su di
lui: è depresso e inaffidabile. Magari potrebbe rendersi
utile dietro una scrivania, a ragionare e prendere decisioni oggettive.
Un luogo calmo, diverso, dove non ci sia l'urgenza degli allarmi
mutanti. Io qui ho dei ragazzi da educare al loro potenziale. E ho
bisogno di validi esempi...”
“Ah beh, il tappetto artigliato è il migliore in
quello che fa...” lo canzonò Magneto, ritenendo
Logan il peggiore esempio possibile da dare a dei mocciosi
“In questo momento è migliore di Scott.”
si rammaricò il telepate “Lo prenderai con
te?”
“Sei sicuro?”
“Sicurissimo!”
“Non so quanto potremo andare d'accordo, io e il quaterback
W.A.S.P.12 degli X-men...”
“Fai un tentativo... e non come padre, ma come
collega. Anche perché ormai è di famiglia...
dovrete pur imparare a non ammazzarvi il giorno del
Ringraziamento”
“Si può fare... ma non voglio che indossi
quell'orrenda uniforme nera. E' una cosa di cui dovremmo parlare,
Charles, il tuo pessimo senso estetico. Sottolineato dalla tua
pelata... Insomma. Ci odiano già e tu mandi per le strade un
esercito di ragazzi in nero? Con una croce gialla cucita sul petto? E'
quanto meno di cattivo gusto!”
“Trovi che siano lugubri?”
“Dei becchini!”
“Mmm … ci penserò... ma anche la croce
non ti piace?”
“Sai come la penso con i simboli gialli cuciti sulla
giacca...”
“Appunto! Pensavo fosse una cosa carina!”
“E' macabra e offensiva! In più, li ghettizza
ulteriormente.”
“Non trovo che sia offensivo andare orgogliosi del proprio
retaggio. I mutanti sono scacciati e disprezzati. Perché
essere vittime se possiamo fare di questa nostra peculiarità
un punto d'orgoglio?”
“Per non facilitare i rastrellamenti agli umani. E' passato
mezzo secolo ma l'umanità non è cambiata. E non
cambierà mai. E' dai tempi antichi che i gruppi che salgono
al potere schiacciano i minori con le persecuzioni e distorcendo
l'informazione. Devo farti degli esempi? La storia è piena
di genocidi più atroci di quello perpetrato dai nazisti. E
tu vuoi mettere una bella freccia ai tuoi ragazzi, indicandoli come
bersaglio? Sei pazzo e masochista! E loro con te!”
“Noi non cerchiamo lo scontro ma la pacifica convivenza.
Mostrare loro la nostra vulnerabilità, manifestare
apertamente la nostra diversità non può che
essere un segno di disponibilità al dialogo. Non ci
nascondiamo. E non per arroganza ma quasi a dire ci offriamo a voi, veniamo in
pace.”
“Ha un sapore cristologico...” replicò
Erik arricciando le labbra e riprendendo a spingere la carrozzina
“E' inutile che ci provi, non ti dirò mai se e a
quale culto faccio riferimento. Deicida!” lo
canzonò l'altro
“Ancora? Ne abbiamo già parlato!”
“Ti prendevo in giro... E comunque, di queste cose, ne hai
parlato con Henry, non con me. E' lui che si diletta in studi
umanistici. Voi e le vostre traduzioni... Sapete essere
snervanti!”
“Comunque...” disse l'altro cambiando argomento
“Con la tua super intelligenza dovresti fare qualcosa per
questo catorcio di due ruote... “ svicolò l'altro,
per niente in vena di continuare con discorsi pesanti “Sai,
pimparla come fanno con le auto... un bel turbo o la nitro, un
navigatore, il cruise control...cosette simili, così che
nessuno debba più spingerti. Magari aggiungi anche un paio
di neon per la visibilità e delle casse potenti... ah no,
quelle non ti servono, per farti sentire...”
“Ci penserò” replicò il
pelato, sorridendo.
1 Aerosmith, Permanent Vacation,
5. Dude (Looks Like a
Lady)
2 Il rosa, infatti, è un
attenuazione del colore
virile e marziale per eccellenza: il rosso. Il blu (solitamente
stellato), invece, era per eccellenza il colore delle dee del
matrimonio della casa, etc: Venere, Ishtar, Maria... Essendo una
evoluzione dell'altra è normale che anche la simbologia ad
esse
associate sia rimasta la medesima. Ed ecco che alle bambine, un tempo,
veniva messo un'attenuazione “fiocco blu”:
l'azzurro (ma la tradizione
del fiocco e del ribaltamento dei colori è una cosa recente,
proprio
come il bianco dell'abito da sposa).
3 MC Hammer, Please Hammer Don't Hurt Em,
2. U can't touch this
4 Per chi non lo sapesse, nome popolare
della tuta da lavoro.
5 Leggi
enunciate da Asimov e riprese poi da tutti gli scienziati che si
occupano di robotica. In realtà, comunemente, si parla di 3
leggi che
diventano 4 aggiungendo la legge 0 davanti a tutte:
0. Un robot
non può recare danno all'umanità, né
può permettere che, a causa del
proprio mancato intervento, l'umanità riceva danno
1. Un robot
non può recar danno a un essere umano né
può permettere che, a causa
del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno.
2. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani,
purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge.
3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché
questa autodifesa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge.
6 Riprendo
la versione Ultimate,
dove Mojo è un grassone albino che comanda la
popolazione genoshana lavandogli il cervello tramite i media (mi
ricorda qualcuno) e proponendo 24h un reality -Mondo Assassino-
basato
sul massacro dei concorrenti -ovviamente mutanti- ideato dal pazzo
Arcade.
Nella realtà dell'universo canonico:
- Genosha è
un'isola comandata da umani che vivono nel benessere assoluto e dove i
mutanti sono obbligati a lavori di ogni tipo, in modo da sfruttare a
pieno i singoli poteri. Ad esempio, chi emette luce o fuoco o energia
è
legato a macchine che ne convertono il potere in elettricità
fruibile
da tutti. Il trattamento disumano a cui vengono sottoposti, e a cui gli
umani non fanno caso (non per cattiveria ma per semplice ignoranza,
convinti che i mutanti vengano effettivamente trattati bene come vuole
la propaganda), li priva del corpo (l'accoppiamento avviene in
laboratorio) e delle case, sostituite da dormitori comuni.
-
Mojo è un invertebrato di un'altra galassia che si sposta su
un
trabiccolo aracnoforme e che domina il mojoverso -appunto- comandando i
media, i suoi nemici sono emittenti pirata che cercano di guadagnarsi
fette di Share e i partecipanti al reality sono i vertebrati, per lo
più antropomorfi.
- Arcade, invece, è semplicemente un pazzo
sadico che cerca di ingabbiare le sue vittime in queste
realtà più o
meno virtuali e gode del loro massacro (una via di mezzo tra Saw, l'enigmista e Hunger Games).
Recentemente, infatti, in Avengers
Arena,
l'idea è stata proprio questa. L'ennesima trovata di Mondo Assassino
(il gioco di Arcade) è stata di mettere gli uni contro gli
altri
giovani reclute dei vendicatori in un mix tra HG, Battle Royale e il
più classico, in fondo, Mondo
Assassino.
7 Si tratta di biologia
elementare, più o meno come funziona coi gruppi sanguigni (e
userò
questi per fare l'esempio). Se il gene mutante è recessivo
(come lo 0
del sangue) non è detto che da 2 mutanti nascano mutanti.
Infatti
Graydon Creed è un umano e suo fratello un mutante.
Partendo da
una coppia A0 + B0 (o A0+A0 o B0+B0) abbiamo il 25% di
possibilità che
il figlio di questa coppia sia 0 (mutante) 25% umano (AB, AA o BB a
seconda dei casi presi in esame) e ben il 50% che siano portatori (A0 o
B0).
Il gruppo sanguigno 0 è un po' come il capello biondo e
l'occhio azzurro: sono caratteri recessivi e devono avere una netta
predominanza per emergere.
Quindi l'umanità sarebbe già mutante
per metà perché per avere figli mutanti, i
genitori dovrebbero essere
entrambi portatori. Qual è il confine tra una cosa e
l'altra? È questo
il dilemma che sottende a tutte le avventure degli X-Men e che, a un
certo punto, fa impazzire anche le Sentinelle preposte a dar loro la
caccia. Ma su questo ci torneremo.
8 Wanda è definita DA TUTTI,
pazza e instabile. Non ha mai avuto pieno controllo del suo potere di
alterare la realtà e ha sterminato i mutanti, riducendoli a
un paio di
centinaia in tutto il globo.
9 Si tratta di studi scientifici. A
riprova son riuscita a recuperare solo quest'articolo
-sui topi, il cui cervello cmq è molto simile al
nostro-
10 E
nemmeno io: la biblioteca universitaria della mia prima laurea era
piena di testi esoterici, trattati alchemici, dizionari di magia e
quant'altro. ♥
11 A seconda di come gira Lorna
è o non è figlia
di Magneto (e ha pure una sorellastra nella Terra Selvaggia). Noi
facciamo finta che sia figlia sua, ok? Anche perché in House of M,
Lorna compare tra la famiglia reale. ù_ù Anche
riguardo i suoi poteri
ho fatto un mix: perché nella versione canon li usa
tranquillamente ma
in altre versioni ne ha disgusto... Stessa cosa vale per Alex.
12 Qui inteso come
White-Anglo-Saxon-Protestant... insomma i borghesi americani.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Ok, scusate per questa seconda parte un po'... povera. Era un botta e
risposta tra i due e mi sembrava pesante aggiungere troppe descrizioni
dopo ogni dialogo. Spero sia stato chiaro lo stesso (se c'è
una cosa che odio è quando i fan-writer scrivono botte e
risposte e non si capisce chi parla. Ma è vero specialmente
per i gruppi)
Dunque... Avete cominciato a capire cosa sta succedendo? No? Niente
paura, prima o poi spiegherò tutto. :D e prima di quanto
pensiate, per vostra fortuna.
Prevengo le vostre domande e, sì, Terra M si rifà
sia ad House of M
che a Terra X.
Quanto alle diatribe teologiche, Charles ed Erik sono quel tipo d'uomo
che fanno discorsi filosofici e, in effetti, hanno avuto più
volte discussioni sul culto del pelato che però non si
è mai sbilanciato al riguardo. In alternativa, facciamo pure
che sia adepto del culto della chiesa Vattelapesca degli Shi'ar ;)
Spero anche non ne abbiate avuto a male che ho rielaborato Visione (il
fatto che io lo spacci per 'umano'. Che poi, alla faccia della pretesa
plausibilità dei film, Bucky ne “Il soldato
d'Inverno” è stato conciato come un imbecille: il
costume è perfetto...ma perché il bavaglio????).
La vicenda che lo vede coinvolto, comunque, è stata
effettivamente pubblicata (in modo diverso, ovviamente) negli originali
degli anni '70.
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Capitolo 24 *** Odore di guai ***
24.
Odore di guai
Il gran giorno era arrivato. Meno di dodici ore li separavano
dall'evento mondano che avrebbe potuto mettere tutti in pericolo, visti
i precedenti recenti di cui era stato protagonista Tony Stark, che ora
li ospitava tutti, gentilmente, nella sua torre. Se non l'avesse
conosciuto bene, Natasha avrebbe quasi sospettato che avesse paura e
volesse circondarsi di superumani per proteggersi. Strano,
pensò, che lei si facesse coinvolgere così tanto
dalla paranoia altrui: ricordava bene come avevano reagito diversamente
lei e Tony. Era stato lui, per primo, a ipotizzare un qualche pericolo,
venendo poi sopraffatto dalla voglia di fuga da un evento noioso e
straziante, mentre lei gli aveva suggerito di approfittarne per
ritagliarsi, con Pepper, un momento da coppia qual'erano.
Era davvero strano. Avrebbe dovuto prenderla più sul serio,
quella dannata nota rossa. Ma voleva farlo? Voleva davvero
preoccuparsene? Un tempo sarebbe stata una macchia indelebile nel
proprio CV. Ora, anche grazie a Clint, si sentiva più umana.
E l'averla voluta sradicare le sembrava quasi un segno del suo triste
destino di super agente, freddo e controllato. Sull'Helicarrier il suo
partner era stato particolarmente freddo a quel suo annuncio e lei
sapeva bene perché: era stata ammonita per colpa di Stark e
non sua e voleva sbarazzarsene come un inutile orpello laddove lui
intravedeva un avvicinamento tra loro.
Caro, gentile e stupido Clint...
Avrebbe dovuto rimediare al più presto ed evitare di farsi
prendere dai sentimentalismi. Già... avrebbe dovuto... ma ci
avrebbe pensato un altro giorno, passata questa dannata festa che le
stava succhiando le energie.
Dietro una curva, in lontananza, si stagliò improvvisa e
maestosa la guglia bianca dell'immensa struttura verso cui erano
diretti: il Triskelion, grande quasi quanto tutta Manhattan, sembrava
la perfetta simbiosi tra un'opera architettonica e un organismo vivente.
A ben vedere, si giustificò, aveva ragione a essersi fatta
sospettosa. Non solo non era chiaro perché fosse stato
convocato un gruppo tanto eterogeneo (in fondo i Pym erano degli
scienziati. Al soldo dello S.H.I.E.L.D. ma sempre scienziati) ma
c'erano dettagli che faticavano ad affiorare alla sua memoria, forse
vittime di uno dei tanti ricondizionamenti mentali di cui era stata
vittima nel corso dei decenni. Tanto per cominciare, il logo del
biglietto di invito, il drago alato rosso che stringe nelle sue spire
un globo stellato. le sembrava familiare ma non apparteneva ad alcuna
agenzia governativa. Perché lo S.H.I.E.L.D, o il governo,
avrebbero dovuto delegare a terzi?
E ancora. Poteva essere una bella cosa riunire in un'unica struttura
tutti i superumani (anche se i mutanti ne sarebbero stati esclusi
ancora una volta) ma perché invitare loro, che erano stati
messi insieme direttamente da Fury e quindi avrebbero dovuto
rappresentare quanto di più distante dai vertici che
sponsorizzavano l'evento.
Che fosse una scusa ufficiosa per riunire un numero sufficiente di
agenti per farli fuori? Era plausibile? Loro che avevano affrontato i
Chitauri uscendone illesi? Non sapeva cosa pensare e odiava avere
troppe variabili nelle sue equazioni.
A tranquillizzarla c'era il pensiero che, almeno, il percorso delle
auto era stato studiato nei minimi dettagli così come il
posizionamento delle armi in sala: mancavano solo i tocchi finali.
E mentre si avvicinavano, lei e Steve (avevano preso il comando della
squadra insieme e insieme svolgevano le parti cruciali) cominciarono a
istruire ancora una volta Kurt su come agire. Parcheggiarono l'auto dai
vetri oscurati il più vicino possibile all'ingresso e si
diressero a passo sicuro verso l'entrata: avrebbero distolto
l'attenzione degli addetti all'allestimento e alla sicurezza,
permettendo al mutante di teleportarsi all'interno e sbrigare il suo
compito indisturbato.
“Agenti Federali” si annunciò la spia,
sventolando troppo rapidamente il suo documento davanti agli occhi
bovini del sergente panzone che sostava, svogliatamente, all'ingresso
della struttura. “Siamo qui per effettuare un sopralluogo in
vista dell'evento di questa sera.”
“Federali, eh?” raspò dubbioso quello
grattandosi la guancia coperta da una fitta barba ispida.
“L'agente Derek Khanata è un collega. Se non mi
crede lo mandi a chiamare...” disse sicura la donna,
incrociando le braccia al petto. Ma quello, che non aveva voglia di
rogne e tanto meno aveva la benché minima voglia di lavorare
-quindi di controllare- li lasciò passare senza indagare
ulteriormente. “Saggio...” ghignò la
rossa “Come diceva Stark: se anche non fossimo stati chi
dicevamo di essere, potevamo procurarci dei documenti falsi e fregarlo
comunque. E non ti prendi la briga di imbrogliare se non sei
più che sicuro di fare un lavoro eccellente che anche il
migliore avrebbe problemi a
smascherare...”commentò rivolta al compagno di
squadra mentre scivolavano all'interno.
“Natasha?” chiamò dal fondo del
corridoio la voce di un uomo.
Lei e Rogers si voltarono immediatamente. “Derek!”
salutò lei gioviale e sorpresa, porgendogli la mano
“E' un piacere vedere una faccia amica in questo momento. Oh,
all'ingresso ti ho usato come lasciapassare. Visti i nomi di stasera ho
pensato potessi essere coinvolto anche tu. Spero non ti dispiaccia:
sai, essere la cocca di Fury può essere un impedimento, a
volte.”
“Hai fatto bene!” ridacchiò l'uomo dai
tratti negroidi e sulle cui guance campeggiavano alcune cicatrici
rituali da scarificazione.
“Ti presento Steve Rogers...” disse indicando il
suo accompagnatore all'uomo in completo scuro “Steve, lui
è Derek, Agente S.H.I.E.L.D.”
“Ex.” precisò quello
“Appartenevo anch'io al gruppo di Fury...” si
affrettò a spiegare “... e all'indomani della
guerra dei Chitauri ho... perso il lavoro....”
“Come sarebbe?” domandò la rossa
allarmata
“Gli agenti di Fury impegnati in missioni non direttamente
legate a lui sono stati espulsi dall'Agenzia. Per altri è
stato spiccato un mandato di cattura. Non è dichiarato, ma
il nuovo direttore teme che possiamo essere dei traditori. E sai
perché? Perché Fury e tutto il personale del suo
Helicarrier sono considerati ammutinati: l'Helicarrier non si trova
più. Aveva fatto sosta al largo dell'Italia, pare, per
rifornimenti e poi.... è sparito dai radar... dopo che
Osborne era riuscito a contattarli...”
“Oh, mio Dio!” alitò lei, sorpresa
“Ma... quindi sei qui in veste di...?”
“Come hai ben pensato, sono sempre un wakandiano.”
le sorrise lui “Un mio amico, il mio re, mi ha offerto un lavoro... anche se,
in realtà, nonostante il divieto dello S.H.I.E.L.D. alle
altre Agenzie di assumere qualcuno di noi, sono impegnato anche in
un'altra mansione, ma quello è top secret...”
disse facendole l'occhiolino
“Anche tu qui per cercare anomalie, quindi?”
domandò Natasha mettendosi in marcia lungo i corridoi e
accantonando il pensiero del doppio lavoro dell'ex collega.
“Sì. Questa sera è invitato a
presenziare anche T'Challa e puoi capire che la sicurezza non
è mai troppa per un sovrano come lui...”
“Derek!” chiamò una donna bionda
affiancandosi all'ex-agente. Vestiva quello che, a una prima occhiata,
poteva sembrare un costume da sommozzatore riadattato alla giungla
urbana ma Natasha pensò si trattasse solo di una singolare
scelta vestimentaria, probabilmente pescata dal guardaroba offerto dal
bacino di giovani e svitati designer emergenti. Sensazione accentuata
dai particolari accessori che le adornavano i polsi e il capo: Natasha
era più che sicura di aver visto qualcosa di simile in una
delle riviste di Rogue1. A scortare la donna, un
antiquato robot che sembrava la parodia malandata di Gort di Ultimatum alla Terra.
E, certo, di quei tempi era una presenza quanto mai azzeccata: mancava
solo un disco volante e sarebbero stati davvero in un film di
fantascienza. Ma dopo tutto quello che avevano visto, come potevano non
pensare davvero che la realtà superasse la fantasia?
“E' tutto a posto. Possiamo andare.” disse prima di
degnare Natasha di un'occhiata. Ma quando lo sguardo si
appuntò su Rogers, sembrò quasi addolcirsi
“Capitan America?” domandò sorpresa
“Ci conosciamo?” domandò lui confuso
“No, solo per sentito dire, scusa....” si
affrettò a rispondere, imbarazzata per una gaffe che nessuno
dei due Vendicatori aveva colto.
“Natasha, noi dobbiamo rientrare... ci vediamo
stasera?” domandò l'agente wakandiano, invitando
mutamente la sua accompagnatrice ad avviarsi.
“Contaci!” rispose la rossa, cordiale, per poi
procedere all'interno delle sale. Quando fu certa di essere lontana
dalle orecchie del collega, commentò “Ha
già controllato lui... inutile che perdiamo tempo... Kurt?
Hai fatto?” domandò tramite un auricolare
praticamente invisibile e, comunque, coperto dalla folta chioma fulva.
A risposta affermativa, prese Steve sottobraccio e si diresse verso
l'uscita.
“Chi era?” domandò il Capitano, intuendo
qualcosa ai margini del proprio cervello. “La donna bionda,
intendo”
“A occhio e croce... è senz'altro atlantidea. Ma
ha la pelle bianca ed è anfibia. Quindi direi che si tratta
della cugina di Namor... Sub-mariner, scusa: era quello il nome con cui
era conosciuto durante la guerra...”
“Ah, sì certo... mi ricordo di lui...”
rispose il Capitano, illuminandosi di ricordi lontani.
“Namor ci ha aiutato -controvoglia, va precisato, ma
conoscendo il soggetto non sarai sorpreso- nel rintracciare e a
estrarre la nave in cui eri imprigionato...” lo
informò “Quindi... se Neptunia è qui...
vuol dire che, oltre al re del Wakanda, sarà davvero
presente anche il sovrano di Atlantide...”
“Non sembri convinta...” commentò il
Capitano
“Al di là che dubito Namor venga in
qualità di presidente della Oracle, mi puzza che due tra i
sovrani più potenti della Terra, possessori degli unici
giacimenti di Vibranio del pianeta, siano presenti questa sera. Sento
puzza di trappola lontano un miglio. E sto cercando di capire che
vantaggio avrebbe Osborne dalla loro scomparsa. Mi domandavo, quindi,
come sia possibile che Neptunia conosca Derek... Sembravano essere qui
assieme... per non parlare di quello strano robot che sembra vecchio
di... non so.. sembra avere la nostra età...”
disse fissando il Capitano.
L'immagine di entrambi, in abiti storici, guardati a vista da
quell'ammasso di latta, le passò rapido nella testa e le
sembrò stranamente coerente.
Era pronta a cacciare quell'idea assurda ma era avvezza alle stranezze
e alle incongruenze. Inoltre, era risaputo come la serie M fosse stata
usata, nel tempo, in diversi conflitti: lei stessa aveva visto i primi
modelli affiancare l'esercito nazista. Però, ancora,
qualcosa le diceva che quello – che ancora si teneva in piedi
con lo sputo- era un caso speciale: avrebbero dovuto tenere gli occhi
ben aperti.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Il ponte di comando era illuminato dall'alba di un nuovo giorno ed
erano pochi gli agenti del turno notturno che si aggiravano tra i mille
monitor della sala. L'acqua sotto di loro era piatta e il riverbero di
quei primi raggi di sole ipnotico. Da giorni non faceva che pensare al
casino in cui si erano cacciati tutti quanti. Aveva agenti infiltrati.
Due erano addirittura i suoi migliori amici. Non sapeva se c'era altra
gente soggiogata o venduta a bordo dell'Helicarrier. Ma se
così fosse stato, le truppe d'assalto dello S.H.I.E.L.D. di
Osborne gli si sarebbero già fiondate addosso in un batter
di ciglia. A meno che non attendessero una sua mossa particolare.
Dietrologia. Odiava dover studiare così minuziosamente ogni
mossa, contromossa e contro-contromossa... Ora erano in un frangente
che richiedeva tutta la sua lucidità. E la sua memoria. Non
essendo sicuro dei suoi uomini, non poteva nemmeno permettersi il lusso
di stillare uno schema a nuvola che lo aiutasse ad analizzare il tutto.
Doveva ragionare e memorizzare, memorizzare e ragionare.
Si passò le dita sugli occhi, stanco. La vecchia ferita gli
pulsava tremendamente. Come sempre quand'era sotto stress. Il rollio
della nave, per quanto fosse attenuato dalla stazza della stessa,
contribuiva a calmarlo.
Il mare, una benda... gli mancavano l'uncino, la gamba di legno e un
pappagallo e poi sarebbe stato un vero pirata. Un vero fuorilegge.
Altra grande preoccupazione era il pensiero di tutti gli agenti a lui
fedeli che erano rimasti a terra nei giorni precedenti all'attacco di
Loki. Braccati come criminali, avrebbero trovato un qualche rifugio?
Per non parlare di un nuovo lavoro che desse loro di che vivere: lo
S.H.I.E.L.D. sapeva essere tremendo nel troncare qualunque tipo di
assunzione o carriera. Scosse la testa, sconsolato. Loro erano al
sicuro in quella fortezza volante, invisibili ai radar e ai satelliti,
per quanto la tenessero in acqua per consumare meno carburante
possibile ed evitare di farsi rintracciare dai radar.
In acqua, facili all'affondamento, isolati da tutto e da tutti. Almeno
non mancavano le provviste e i mozzi erano ben lieti di pescare in
vecchio stile.
In quel momento non c'era nulla che avrebbe desiderato di
più di una bella vacanza a Cuba -protetto dallo charme della
seconda Vedova Nera, Yelena, il piccolo ragno pallido- scorrazzando con
la sua amata Lola tirata a lucido. Ma anche la sua preziosissima
decappottabile d'epoca, rosso fuoco, era al sicuro a Pieta, il bunker
in Italia, a Capri, lontano da dove si trovavano loro2.
“Nick...” si annunciò la giovane voce di
Daisy all'ingresso della sala per dargli il tempo di ricomporsi. Fury
calò la benda sull'occhio malato e si tirò in
piedi, pronto a sentire ogni diagnosi la ragazza gli avesse portato.
“Si stanno svegliando...” disse solo mentre lui la
raggiungeva e oltrepassava, con grandi falcate. “Le
condizioni sono stabili...”
“Meno male...” alitò lui, sollevato.
“Nick...” chiamò ancora la ragazza,
trottandogli dietro “Posso farti una domanda?”
“Dimmi tutto, Daisy...” rispose lui bonariamente.
Quella ragazza era come una figlia. Che lo adorava come un padre.
Doveva solo temere la fase di ribellione adolescenziale e quel
viscidone di J.T. che le stava sempre appresso: c'erano gli estremi per
una denuncia di pedofilia ma sarebbe stato una carogna ad allontanarlo
così e si sarebbe solo fatto odiare dalla piccola. Doveva
trovare un modo più sottile...farlo cadere in acqua e darlo
in pasto agli squali?
“Come hai fatto? Voglio dire... sparare al tuo migliore amico
e ridurre Val in quello stato... Credevo volessi ammazzarli!”
“L'idea mi è balenata nel cervello...”
ammise lui, suscitando l'indignazione della ragazza.
No, niente squali, niente omicidi... uffa!
Sorrise, all'ingenuità di entrambi “Daisy...
Dovresti aver capito che in questo mestiere gli interessi personali
valgono meno di zero. Come in ogni professione, in realtà.
Ma il nostro compito è proteggere il mondo intero dalle
minacce. E non importa chi siano le minacce. Una vita per salvare tutte
le altre. Devi essere disposto a questo sacrificio. E lo metti in
conto. Senza rimpianti.”
“Ma...a parte questo caso particolare... se ti fossi
sbagliato?”
“Mi sono mai sbagliato?” replicò lui
divertito “Daisy, quando diventi Comandante, ormai sai
leggere da tempo le tracce che portano all'evoluzione da una situazione
a un'altra. Ho deciso di ubbidire ancora una volta a quei quattro
coglioni del CSM perché non mi è stata data
alcuna scelta. E già sapevo che mi stavo ficcando in qualche
casino. Ma come ho capito che le cose giravano davvero male non ho
esitato a piantare tutto in asso. Amici o superiori.”
“Sarai sicuramente accusato di ammutinamento. E noi con te.
Non che qualcuno su questa nave ti rimproveri la scelta,
ma...”
Fury sorrise, interrompendola: Maria le aveva taciuto la notizia e
aveva fatto bene. In ogni caso, la ragazza ci sarebbe presto arrivata
da sola. “Chi dice che io sono nel giusto? Nessuno, a ben
vedere. E dovrei ubbidire agli ordini. Ma quando un ordine è
ingiusto, per quanto, in un disegno più grande, sia il
dettaglio che porta alla vittoria, ti devi ribellare. Se credi davvero
nelle motivazioni di fondo di quello che fai. Indipendentemente dalle
strategie adottate dall'alto. Perché se è una
cosa sensata, riuscirai a vederlo anche tu. Se sganciare una bomba
atomica su una città ti sembrasse la risorsa finale dopo 5
minuti di combattimento o dopo 10 anni, è lo stesso...
allora non saresti qui, al mio posto. Ma certo potresti essere al loro
immeritato ma sicuramente più comodo e pieno di privilegi.
Comunque, non credere che ridurre quei due in fin di vita mi abbia
fatto piacere. Non sono così senza cuore. Ma, vedi, io, il
mio dolore, la mia perdita... se fosse stato appurato che erano spie o
uomini soggiogati da Loki... beh...tutto ciò veniva dopo.
Dopo la sicurezza di quanti mi hanno affidato questo incarico: ho fatto
il mio dovere e ho visto quei due per quello che erano, due minacce,
come avrei fatto con chiunque altro.”
“Ti fa onore...”
“Ho fatto solo il mio dovere!” tagliò
corto Fury entrando nell'area adibita ad infermeria. Marciò
lungo il corridoio, lasciandosi alle spalle una decina di porte, fino
ad arrivare a una sala in cui il personale medico sembrava essere
particolarmente affaccendato. Quando Fury entrò, tutti
scattarono sull'attenti. Il generale non li badò e fece
segno di mettersi in posizione di riposo.
Sui letti, uno affianco all'altro, Valentina e Timothy stavano cercando
di mettersi a sedere: lei era praticamente a posto, lui sembrava
essersi appena svegliato e arrancava in cerca di sostegno.
“Nick!” alitò la donna come se vedesse
un fantasma, la paura le aveva scolorito il volto.
Il guercio non la badò, prese una sedia, volse lo schienale
verso i letti e vi si buttò cavalcioni.
“Allora?” ringhiò “Avete altre
strane idee, voi due?”
Val deglutì a fatica “Dio... mi sembra tutto un
incubo...” disse passandosi la mano intubata tra i capelli
scompigliati “Tu sei vivo...”
“Spiacente di deluderti, ma è mezzo secolo che non
intendo togliere il disturbo. Il tuo compare doveva
saperlo...” rispose asciutto.
“Nick, giuro su Dio che non so cosa mi sia successo. Un
momento ero in sala controllo, il momento dopo sono qui pieno di aghi e
con quei ragazzi che mi tengono sotto tiro coi fucili...”
alitò Dum Dum.
Fury ridusse l'occhio a una fessura “Voglio che mi
raccontiate il vostro incubo...”
disse cacciando un sigaro dalla tasca interna della giacca
“Sono abbastanza sicuro che i due coincideranno in molti
punti... E non dimenticarti che voglio sentire la mia parte preferita,
quella dei due maledettissimi aerei...”
1
Per gli accessori di questo personagggio (poche righe e saprete chi
è) ho sempre pensato
che si potesse immaginarli come adattamenti delle sculture di Iris Van
Herpen, in particolare la collezione Capriole
2 Lola è la macchina che guida Coulson in Agent of
S.H.I.E.L.D. ma,
quell'auto (stesso modello, stesso colore), teoricamente, dovrebbe
essere quella di Fury (questo spiegherebbe la particolare cura che ci
mette l'agente). In realtà sospetto che gli autori fossero
affezionati
a quell'auto perché a un certo punto compare anche nel
garage
dell'agente S.H.I.E.L.D. Jimmy Woo (e, da lui e il suo gruppo,
requisita per
le loro scorribande. Col fatto che gli viene azzerata la memoria nel
tentativo di salvargli la vita -una sorta di backup...lo riportano
all'ultima "registrazione" che l'alieno di turno ha nelle sue
memorie... di trent'anni più giovane!- non
sappiamo se l'auto fosse un'altra -ed effettivamente sua- o se fosse in
prestito o in
custodia... )
Facciamo che son vere tutte e tre le versioni? Io dico di sì
:D
Quell'auto, in questa fic, ERA al sicuro a Capri e ogni tanto Coulson
le faceva fare un giro per evitare che si scarburasse. Quando
c'è stato l'attacco ai Chitauri il compito passò
a Woo. :)
AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Dunque, come già annunciato sulla pagina FB la mia mente
malata sotto stress (sì, ormai mi conoscete: più
ho da fare, più sono sotto stress più scrivo) ha
prodotto una short che vi proporrò a partire da questa
settimana... credo la posterò venerdì. E facciamo
un po' un conto alla rovescia: un capitolo per ogni dannata settimana
che mi separa dalla consegna. Chi se ne frega della
discussione...è la terza, santo cielo.
Premetto che-visti i personaggi in gioco e dalle prime idee che mi
avevano lasciato trapelare (loro, perché lo sappiamo che
fanno tutto loro e io non ho poteri!) sembrava dovesse venir fuori una
cosa da bollino rosso +. Invece, dai, si sono contenuti...
Che altro? A parte le chicche sui nuovi ingressi che vedremo nei
prossimi capitoli? :D
D'altronde sono annunciati nell'intro alla storia... era anche ora, no?
E sì, si torna ancora alla nota rossa di Natasha e ai due
aerei di Fury (perché non c'è senso logico in
quella sequenza) :) quindi restate in attesa.
Ah, già, ho dimenticato una nota/spiegazione, fate voi...!
L'altra volta, nel dialogo dei due vecchi, Eric dice “Almeno non sono
appassionati ufologi o sospetterei tentino di farsi rapire... E allora,
se i predoni li rapissero, se la sarebbero cercata! ”
Ecco...i predoni. Voleva essere un occhiolino ai predoni stellari di
cui fa effettivamente parte il padre dei due Summers. E' una storia che
non tratterò ma, in soldoni, il succo è questo:
Scott Alex e i genitori erano in volo su un Cessna (era un Cessna?
Vabbè, un aereo turistico di quelli da 3-4 posti...dai, che
avete capito, quelli che praticamente chiunque può guidare).
L'aereo è andato in avaria (in realtà colpito da
un incrociatore stellare che svolazzava giusto sopra lo stesso). La
madre dei ragazzi ha dato l'unico paracadute al figlio grande,
ordinandogli di tenere stretto il più piccolo e di non
guardare l'aereo mentre si buttavano (la mamma aveva visto e sapeva!).
Si sorvola sulla cagata che su un aereo per 4 ci fosse un solo
paracadute e il super pilota Summers non sia riuscito a planare, dando
l'idea errata ai figli che i genitori fossero morti nello schianto. Qui
le storie si biforcano: Scott picchia la testa nell'atterraggio e il
trauma cranico influenzerà per sempre il controllo dei suoi
poteri (non può controllarli, di fatto...altra puttanata
suprema, ma tralasciamo...con Scott si sorvola un sacco). I genitori,
invece, vennero fatti prigionieri dagli alieni. La madre
morì e il padre, anni dopo, riuscì a evadere
dalla sua condizione e, insieme ad altri fuggiaschi -tutti alieni-,
creò questa brigata di predoni.
Fine della storia.
A tra pochi giorni con Bello
e impossibile
♥
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Capitolo 25 *** In marcia ***
25. In
marcia
“Stai scherzando, vero?” urlò Stark
facendo in modo che la sua voce riecheggiasse per bene in tutta la
grotta “Cos'è questa miseria?”
“La tua scorta!” replicò Natasha i cui
capelli erano stati tinti di nero, allungati con delle extention dello
stesso colore e raccolti in un morbido chignon da cui scappavano dei
selvaggi quanto sensuali tirabaci.
“A parte che mi sembri un po' paranoica al riguardo, sai
benissimo come la penso sulla scorta ma NON puoi definirmi scorta due
macchine, per di più spaiate!! Quattro lo
sono!”
“Amerikanis...
Quattro tutte uguali a quella centrale è il
miglior modo per comunicare al mondo che qualcuno di interessante sta
viaggiando al centro del corteo...”
“Sposti la mia macchina in un'altra posizione...”
ribatté lui “...ma cinque, tutte uguali, servono
proprio a far capire che si tratta di una carovana che non va
interrotta!”
“E' quello che è successo a Parigi con le testate
della MARS! Lo sapevi che HYDRA se n'era impossessata proprio in questo
modo nonostante la macchina interessata fosse decentrata1?
Basta far saltar per aria l'intero convoglio...”
“Ma...”
“Tony... tutte le tue auto sono state modificate e sono
corazzate...”
“Cosa? No che non sono blindate!”
replicò lui, quasi offeso
“Veramente, Natalie ha ragione...” intervenne Happy
Hogan, l'autista, a disagio, indicando il vetro spesso cinque volte uno
normale. “Rifiutavi l'idea di una guardia del corpo. Tutto
ciò che potevo fare era garantirti un minimo di
incolumità...”
“Certo, dillo alla Rolls affettata da Whiplash”
commentò acido
“Quindi...” disse Natasha tornando alla carica
“Sei al sicuro in tutte quante allo stesso modo...”
“Ma perché solo tre?”
protestò ancora lui, seppur più debolmente
“Perché non ho abbastanza persone per istituire un
corteo più lungo e perché, meno siamo, meglio
è: almeno, in Europa facciamo così e ridiamo di
voi che arrivate a sirene spiegate tanto per segnalare la vostra
presenza in modo molto discreto. E noi non abbiamo seri
problemi di attentati, se non quelli interni di cui cominciate anche
voi ad accusare qualche assaggio. Visto che sul fronte sicurezza non
sei ancora coperto, io mi fiderei del mio
metodo.”
“Ma a quelle ci sono affezionato! Voglio dire.. è
una collezione cominciata con mio padre.. l'unica cosa che ci legava,
sono da collezione non da far correre davvero in strada! Non sono
nemmeno immatricolate...” protestò il magnate,
beccandosi un'occhiataccia dalla spia: non era certo quello il
problema, visto come si divertiva a lavorare nel garage,
distruggendolo, con i suoi preziosi giocattolini che, ricco sfondato
com'era poteva sempre ricomprare o sistemare.
“Per l'immatricolazione ci ho pensato io, ovviamente, mentre
tu pensavi andassi in centri di bellezza. Faremo come dico io, punto.
Sentimentale che non sei altro! ” annunciò
indisponendolo: mai accusare Tony Stark di sentimentalismo. Quindi
guardò i mutanti “Rogue, tu sarai alla guida del
primo veicolo, Gambit sarà il tuo navigatore: per lanciare
ha bisogno di avere le braccia libere mentre credo tu possa pure
incassare i colpi, nel peggiore dei casi... Per quel che ci riguarda,
per ovvi motivi, io guiderò il secondo veicolo...”
disse guardando il Capitano “Le auto sono un po' cambiate:
dubito che tu sappia ingranare anche solo la quinta, figuriamoci la
sesta o la settima: queste sono auto che non hanno cambio automatico...
son tutte d'importazione... A proposito di importazione, Tony... visto
che non intendi farmi un'armatura nera, che ne dici di regalarmi
un'Alfa Romeo Spider 8C, personalizzata con cambio a sei rapporti, un
motore della Maserati Quattroporte e 444 cavalli, doppie sospensioni in
carbonio e volante riscaldato? Ne hanno importate solo 250 negli Stati
Uniti, quindi sono difficili da trovare2...
soprattutto, non dimenticare il volante!” propose la donna in
quello che sembrò più un ordine che una gentile
richiesta mentre Rogers cercava di guadagnare la parola.
“Sei marce?” sbigottì Steve per il quale
quattro marce erano un lusso3.
“Pure il traffico è cambiato.”
continuò la donna annuendo in risposta “Inoltre,
mentre io sono abituata a guidare e sparare, credo che tu dovresti
prendere la mira con più accuratezza.”
sentenziò sicura. Steve avrebbe voluto replicare che in
guerra era abituato a fare lo stesso e che una pistola la sapeva usare
e che, se per loro erano passate sette decadi, lui si sentiva a riposo
da solo un paio di mesi “Spiderman ci coprirà
dall'alto e, una volta all'interno, continuerà in modo
più discreto, essendo Peter Parker tra gli accreditati della
stampa.”
“E
noi??” piagnucolò Wade
“Thor non può fare nulla e non posso lasciarlo da
solo visto che è ridotto a un comune mortale: tu e Logan vi
farete una bella bevuta insieme a lui -non credo che la cosa vi possa
far schifo- e presidierete la torre: non vorrei mai che qualcuno
pensasse di farla franca solo perché noi non ci siamo. E
controllate Visione!” disse con un'alzata di mento al droide,
che sostava impalato dietro a tutto il gruppo.
Quello stesso pomeriggio Henry era passato, sempre attraverso una delle
sue fantomatiche porte dimensionali, a lasciarlo in custodia alla Stark
Tower: dato che anche lui aveva subito furti di progetti e sapendo,
tramite sua moglie, che non tutti gli ospiti di Tony avrebbero preso
parte alla serata mondana, aveva ben pensato di lasciarlo in loro
custodia, anche se non sapeva esattamente chi avrebbe assolto il
compito. A ben vedere, infatti, rimanevano a casa proprio i meno adatti
a fare da balia a un robot assassino. Per quanto il suo cervello
positronico fosse stato risistemato, aggiornato con le leggi della
robotica e con un database che lo rendeva, praticamente, un loro amico
d'infanzia, non si conoscevano ancora le potenzialità del
suo nuovo carattere.
Natasha continuò con la sua spiegazione “Kurt,
invece, affiancherà Peter e, una volta all'interno,
monitorerà dall'alto, nascosto nell'ombra, la situazione.
Tutto chiaro?” In risposta le arrivarono solo deboli assensi
ma per lei furono più che sufficienti. Quindi
andò alla propria macchina e tutti gli altri la imitarono.
“Eh,
già...” bofonchiò Deadpool
quasi offeso “Quando
mai i supereroi se ne vanno in giro su un'utilitaria o in scooter? Se
non è un convoglio di giganteschi Hummer H3 rostrati, usiamo
auto strafighe... ” commentò inacidito4
mentre le donne facevano manovra.
Rogue fece manovra con la sua Aero-X5 e si
appropinquò all'uscita. Mentre aspettava che anche gli altri
due veicoli si accodassero, il loro carico su una McLaren F1 d'annata6
e gli agenti subito in coda, su una Aventador purpurea,
cominciò a smanettare con l'autoradio. Vedere Rogers in
difficoltà con la sua semplice
portiera a serramanico le strappò un sorriso: non riusciva
ad entrare in macchina, come pretendeva di guidare quei bolidi che
montavano un cambio a sette marce? Partendo, e lasciandosi nello
specchietto un Wade depresso che sventolava un fazzoletto bianco a mo'
di saluto, concluse che la scelta di Natasha era stata la
più azzeccata.
“Rogue?” la chiamò poco dopo il suo
accompagnatore. Non si erano scambiati una parola da quando si erano
incrociati per i corridoi, mezz'ora prima, diretti all'ascensore che li
avrebbe portati al garage. Si erano fatti reciprocamente dei
complimenti imbarazzati ma non c'era stato altro approccio da parte di
nessuno dei due. Era strano non riuscire a trovare argomenti di
conversazione, tanto quanto lo era vedersi in abiti così
diversi dal solito. Il pesante silenzio era stato riempito dalla musica
che lei aveva fatto partire appena salita a bordo, una compilation di
recenti brani dance. “E' tuo questo cd?”
domandò Remy chinandosi sull'autoradio. Quando la ragazza
assentì, commentò “Non pensavo proprio
ti potesse piacere questo genere... per non parlare di
J.Lo...”
“Non è lei che mi piace... ma la
canzone...”
“La lambada?... avrà vent'anni!”
“Beh, io ci sono affezionata, d'accordo? E a quanto pare pure
J.Lo” replicò prontamente la mutante
“Posso chiederti come mai?” domandò lui,
curioso, dopo un po', mentre la musica sfumava in un altro brano e
continuava a pompare dalle casse.
Rogue esitò: le era mancato il dialogo col cajun, ma non la
piega che potevano prendere i discorsi tra loro. Con un sospiro,
però, vuotò il sacco “E' legata a
Cody...”
“Ancora lui...” sbuffò esasperato Remy
roteando gli occhi
“Eravamo a una festa di compleanno. Avremo avuto otto anni a
far tanto. E abbiamo ballato. O almeno, quello che possono fare due
bambini di quell'età.”
“E gli sei andata dietro per... quanti anni?”
domandò annoiato, il gomito poggiato sulla portiera
“Una mezza dozzina d'anni. Ma per lui ero solo un'amica.
Quando, finalmente, gli si svegliarono gli ormoni e mi vide sotto
un'altra luce... beh...” disse lasciando il discorso in
sospeso, gesticolando la mano prima di riposizionarla sul cambio.
“Beh?” replicò lui, incalzante
“Fu la volta che si manifestarono i miei poteri...”
alitò lei con un sorriso triste
“Capisco...” disse lui volgendosi a guardare la
strada punteggiata dalla luce dei lampioni dorati “Proprio un
bel segnale per farti capire che non era lui l'uomo della tua
vita..”
“Non ricominciare...” fece lei, roteando gli occhi
a sua volta, esasperata
“Lo ami ancora?” domandò lui a bruciapelo
Rogue si strozzò con la saliva e tossì forte un
paio di volte “Ma sei scemo?” domandò
irritata
“E' un sì o un no?” replicò
lui, calmissimo, quasi la cosa non lo riguardasse minimamente.
“No!” sbottò lei picchiando il palmo
della mano sul volante “Dannazione, non è che
perché una persona è stata importante o, un
evento ad essa legata, particolarmente traumatica poi tu non riesca a
elaborare e ad andare oltre! Non provo più nulla per Cody.
Ma ciò non toglie che, quando penso a lui...”
“Certo, un ragionamento che non fa una grinza...Tieni anche
la sua foto nel portafoglio...” replicò atono
l'altro.
“Quello è perché... ah, al diavolo!
Cosa spreco il mio fiato con te?”
“Senti, possiamo parlarne seriamente una volta? Solo una!
Ogni volta...” continuò zittendo le sue proteste
“... non mi fai neanche finire. Giuro che non
tornerò più sull'argomento...”
“Lo sai che non mi piace!”
“Pensi che mi diverta a farti pensare a una speranza che non
vedi?” replicò tagliente
“Avanti... ma quando saremo arrivati, che tu abbia finito o
meno, l'argomento sarà chiuso!” Gambit, per tutta
risposta, abbassò il finestrino e si buttò fuori
fino al torso, sbracciandosi e urlando come un hooligan indemoniato.
“Che cavolo fai?” strepitò l'autista
afferrandogli la giacca e sbandando appena nel tentativo di trascinarlo
nuovamente all'interno. Ma quello continuava a esultare come un
bambino. “Guarda che se vuoi provare l'ebrezza del volo, tu
devi usare degli accorgimenti...” Quando lo sentì
imprecare all'improvviso, trattenne un sorriso. Lasciò che
scivolasse all'interno, quindi aggiunse “I moscerini, le
mosche e tante altre piccole cose possono far parecchio
male...”
A due auto di distanza, Natasha e Steve osservavano, sbigottiti, i
gesti inconsulti del mutante sulla prima macchina: d'accordo fare le
persone normali, ma mettersi a urlare non faceva parte dei piani.
“Posso chiederti una cosa?” domandò
Rogers quando vide Gambit rientrare nell'auto “Sarei curioso
di sapere qual è il vero motivo che ti ha spinto in prima
linea contro i Chitauri. Clint aveva ragione: sei una spia, non un
soldato. Le spie devono solo raccogliere informazioni e, di solito,
fanno le interpreti, le segretarie, le parrucchiere, si fingono ignare
viaggiatrici sul treno Washington-New York7...”
Lei stirò un sorriso che al soldato parve stanco
“Sono stata preparata ad affrontare ogni evenienza... Ma
avete ragione...” ammise “.. mi sono lasciata
sopraffare dalle emozioni..”
“Le emozioni ti hanno spinta in prima linea?”
domandò confuso il biondo. Lei annuì appena.
“L'agente Barton?”
Prese un gran respiro prima di parlare “Quando Coulson mi ha
chiamato, ero nel mezzo di un interrogatorio in cui giocavo la parte
della vittima. Quei cretini erano convinti di avere il coltello dalla
parte del manico e mi stavano fornendo tutte le informazioni che
volevo... Quando Phil mi ha detto che Barton era stato compromesso, per
un attimo mi si è appannata la vista... Ho avuto un calo di
pressione e mi è sembrato di collassare su me stessa. Ma mi
sono fatta forza. L'avrei tirato fuori da quel pasticcio. Siamo fatti
così, ci aiutiamo sempre...”
Steve la valutò per qualche minuto mentre le luci gialle
sciabordavano nell'oscurità, delineando il suo profilo
concentrato alla guida “Lo ami, non è vero? A
dispetto di quello che mi hai detto quando è
partito...”
“L'amore ...” cominciò lei,
immediatamente, quasi fosse la risposta istintiva che nel corso degli
anni si era abituata a fornire a chiunque, in un riflesso pavloviano.
“Non è una cosa da bambini...” la
prevenne lui, interrompendola “Natasha, questo è
quello che una classica spia russa è addestrata a pensare,
giustamente. Sacrifica la sua vita per la Madre Russia, si mescola alla
cittadinanza ospite per fare in modo che i suoi figli possano entrare
in posizioni di comando e influire a favore della Patria. E so che
è così anche adesso, anche se sembra un'idea
vecchia e ridicola. Ma tu non.. cioè... sei russa e sei una
spia ma... davvero dopo settant'anni ancora ricevi ordini da Mosca?
Ancora non hai libertà di azione? Diamine, sei un agente
S.H.I.E.L.D. e lo S.H.I.E.L.D. è sovranazionale. Saresti
libera dai tuoi legami in ogni caso... Chiunque ti abbia assoldato
dovrebbe essere morto, per quanto certi ordini oltrepassino lo scorrere
delle generazioni... non possono non considerare che sei praticamente
immortale... E che l'eternità è un tempo
infinitamente pesante da passare da soli... E se anche tu amassi, come
dici tu, sarebbe per poco. Relativamente...”
“Allora dimmelo, Steve... cos'è l'amore? Quel
sentimento viscerale senza il quale voi occidentali non riuscite a
vivere, che può vincere su tutto. E' un'idea, per altro
volubile, non qualcosa di concreto. Gli arabi hanno un detto, sai? Un
bacio colpisce come la folgore, l'amore passa come un
temporale...”
“E posso concordare, perché dopo ci dev'essere
l'impegno che nel corso del tempo, e penso ai momenti sgradevoli che la
vita ti riserva, può svanire. Ma, per quanto effimero
ritengo sia un sentimento che non dovrebbe essere negato a nessuno.
Come il dolore: nessuno dovrebbe dirti di non soffrire, di non urlare
dalla pena quando perdi qualcuno di caro. Tu, però, hai
provato solo quello, vero? E ormai non riesci più nemmeno a
piegarti alla sofferenza...” domandò aggressivo,
in risposta alla sua agitazione. Quindi cercò di calmarsi
“Tutto questo è sbagliato. Almeno per come la vedo
io. Ma come ben sai, sono fermo di qualche decennio mentre tu... tu
dovresti esserti aggiornata. E tornando alla tua domanda, l'Amore non
è qualcosa che vince tutto. I bambini, e qui ti do ragione,
possono pensarla così. E', semplicemente, quello che ti fa
tirare avanti, giorno dopo giorno...”
“Parli proprio tu che hai perso tutto...”
ghignò la rossa
“Parlo così proprio perché ho perso
tutto... Non hai idea di quanto possa essere difficile andare avanti
senza un'ancora... non lo intendo come la persona che ti risolve ogni
problema ma come la persona a cui puoi rivolgere sempre un pensiero,
per frivolo che sia: è l'essenza stessa della Fede. E la mia
ancora è affondata ed è impossibile tirarla in
secca.”
“Dovresti capirmi, allora...” replicò
lei, tirata
“No, non riesco proprio a capire perché sei dovuta
arrivare a tanto per respingerlo. E capisco ancora meno la
motivazione.” rispose Steve “In nome di quale
… sentimento
malato e sadico e contorto hai fatto tutto questo?”
“Peggy è morta. Anche Clint lo sarà. Se
tutto va bene, né io né te saremo sottoterra per
altri cinquant'anni... cosa dovrei fare?”
“Rischiare, diamine! Io, con Peggy, c'ho provato sapendo di
andare a morire... fino all'ultimo, anche mentre andavo a schiantarmi
le parlavo del nostro appuntamento...” Se non fosse sembrato
stonato per l'uomo che era, Natasha, che non si azzardava a staccare
gli occhi dalla strada, avrebbe giurato di aver sentito la voce di
Rogers incrinarsi per la commozione. “E se quel giorno, in
cui mi sottoposero al trattamento, mi avessero avvisato che tra gli
effetti collaterali ci sarebbe stata una sorta di
immortalità avrei cercato comunque di conquistare Peggy,
avrei cercato comunque di vivere con lei la sua vita e parte della
mia.”
La risata della rossa, tinta di nero, ebbe il retrogusto di una nota
sguaiata “Saresti stato il suo toy-boy”
“Non mi sarebbe importato di cosa avrebbero pensato gli
altri, vedendoci. Chi sapeva del problema,
gli amici come i colleghi, avrebbe capito e approvato. Il popolino, chi
non sa, i passanti... chi se ne frega! Cosa ne sanno? Pensi che la
commessa al supermercato si interessi? Che si accorgerebbe che una
ragazza eternamente giovane fa coppia con un uomo che invecchia e
diventa un sessantenne? Bene.. anche se quel tipo di gente che non vi
capisse, e pensasse che tu sei la ragazzina che attenta alla
sanità mentale del vecchiaccio o che siete padre e figlia,
ti interesserebbe davvero il giudizio di chi non ti conosce? Non credo
che né tu né io, forse nemmeno Tony, siamo
circondati da gente completamente estranea alle nostre faccende. Sono
pochi quelli che si avvicinano al nostro mondo e ancor meno quelli che
lasciamo entrare. Ancora, credo che chiunque, allo S.H.I.E.L.D., abbia
un'idea di quello che unisce e, allo stesso tempo, separa te e Barton e
stia aspettando una mossa che risolva la situazione. Se pensavi che la
cosa non fosse sotto gli occhi di tutti, sbagliavi di
grosso.” La vide mordersi le labbra pur mantenendo lo sguardo
fisso davanti a sé “Quindi è per questo
che hai montato tutta quella scena...?” domandò
riferendosi alle bugie colossali di cui anche lui era rimasto
affascinato “Però...” aggiunse,
pentendosi quasi all'istante di aver parlato della cosa “...
non c'era bisogno di spingerla così in là...
voglio dire... io e te...” farfugliò a disagio.
“Non era necessario che noi...”
“Rilassati, Steve! Sono maggiorenne e vaccinata. Non mi
è dispiaciuto anche se non so dire quanto il mio giudizio
possa essere influenzato dalla lunga castità
forzata.” Replicò senza poter osservare lo sguardo
allibito ma, al contempo, compiaciuto del soldato. “O forse
temi che ti abbia attaccato strane malattie? Tranquillo, lo
S.H.I.E.L.D. mi controlla sempre, prima e dopo ogni missione.”
“No, no, nulla del genere... è solo che... mi
domandavo... si, insomma... visto che posso chiedertelo... non mi
permetterei mai ma... sembri un commilitone, più che una
donna...” disse strappandole una risata
“Sì, il discorso dell'altra volta, insomma...
Ecco... mi chiedevo... hai parlato di castità forzata...
perché? Con lui tu non...”
“Certo che no!” lo interruppe lei prima che Steve
potesse anche solo finire la sua frase
“E perché?” chiese lui dopo un attimo di
smarrimento per quella risposta veemente e fin troppo istantanea
“Che proprio tu venga a proporre rapporti extra-coniugali ha
del ridicolo. Ma la risposta è semplice: non userei mai
Clint a quel modo...” sibilò lei “Se ho
dei bisogni non li sfogo certo con lui, assolutamente! Quando sono
proprio messa male c'è sempre Matt - l'avvocato cieco,
ricordi?- che è ben disposto. Lui le cambia come fazzoletti,
quindi...”
“Ma se è quello che vuole anche lui...?”
“Ma a lui non basterebbe...” sospirò la
spia “E credo che neanch'io, in quel caso, riuscirei a
mantenermi così
impassibile”
“Scusa, non ti seguo... quale sarebbe il problema?”
domandò il Capitano, confuso dalla logica della donna.
“Sono dell'idea che il sesso non porti
all'amore. Quasi mai. Ma in un caso come il nostro... sarebbe solo come
gettare un'autocisterna di benzina sulle braci di una sigaretta e...
Boom!” rispose enfatizzando l'effetto staccando una mano dal
volante. Scosse la testa, quasi a rimproverarsi dell'idea che aveva
avuto “Anche solo toccarci potrebbe scatenare qualcosa di
incontrollabile. Un conto è sul lavoro e lì ne
combiniamo di cotte e di crude. Ma è una recita, un qualcosa
di meccanico: i sensi sono tutti allertati per altri scopi e il
contatto è solo un'ottima copertura.”
“Riesci a... baciare a comando?” domandò
orripilato Cap
“Anche donne, se serve.” replicò lei
“Continuo a non capire... dormite assieme e non...”
boccheggiò incredulo
“E' un casino! Motivo in più per tenere le
distanze. C'è un bellissimo rapporto cameratesco. Ci curiamo
le ferite a vicenda, se serve. Dormiamo assieme perché
siamo, rispettivamente, l'unica persona di cui fidarci, in grado di
farti sentire a casa e di cacciare gli incubi che ti angosciano ogni
notte: i miei, sulla Red Room o il servizio per HYDRA, i suoi, la sua
infanzia traumatica che l'ha portato a essere un delinquente prima di
arruolarsi. Ma ogni contatto è solo strettamente
professionale. Qualunque carezza o sguardo troppo prolungato, troppo
affettuoso, metterebbe entrambi a disagio. E' una regola non scritta
che ci siamo dati tanto tempo fa. Clint era cambiato solo negli ultimi
giorni, dopo i Chitauri. Dopo Loki. Probabilmente c'era già
qualcosa ma era ben nascosto.” Steve si rimise comodo dopo
quella spiegazione, lo sguardo perso sulle auto che li precedevano.
Qualcosa ancora non tornava. “Ma c'è un altro
motivo per cui non voglio che mi si avvicini. Per cui voglio che
nessuno mi si avvicini più con intenzioni troppo
serie...” alitò, destando tutta l'attenzione del
compagno di squadra.
La vide esitare, mordersi l'interno della guancia, dubbiosa se
condividere o meno quel dettaglio della sua lunga e travagliata vita.
Doveva essere qualcosa di davvero importante e difficile da elaborare.
1 Torniamo alla mia
ispirazione dal film sui G.I.
Joe di cui parlavo nei primi capitoli di Preludio.
2 La parte descrittiva dell'oggetto dei
desideri di Nat è presa pari pari da A+X (Marvel Miniserie 137)
3 Chi
è più giovane dei 30 (e forse anche per loro)
può non sapere/ricordare
che fino a una quindicina d'anni fa le utilitarie avevano solo 4 marce
(la Panda, ad esempio. Da quando sono state introdotte le marce, cmq, 4
era la norma già dai primi modelli, più frequente
delle 3 marce. E se
ci pensate, anche i trattori agricoli e alcuni motorini hanno le marce)
e la 5^ era prerogativa delle berline e delle auto da viaggio in
generale (perché consentiva di risparmiare carburante a
velocità
elevate).
Alla fine degli anni 90 la 5^ è entrata di serie in
tutte le auto e la sesta ha fatto la sua apparizione nelle berline
più
importanti. Ora la stanno montando anche sulla Punto quindi
è
comprensibile che Steve, vissuto negli anni 40, sia confuso e non
sappia bene come si usano tutte le marce (e soprattutto, non avrebbe la
prontezza di scalare -e nel modo giusto- in caso di
necessità).
Ovviamente
questo discorso vale per le macchine comunemente in commercio e non per
le auto da Formula Uno che sono una sorta di banco sperimentale per le
auto poi effettivamente commercializzate né per le auto
superextra
deluxe che anticipavano sempre i tempi.
Quanto al cambio manuale/automatico, ci sono diversi pro e contro per
ciascuno.
Manuale:
è più semplice costruire cambi robusti e
affidabili , sia per
produzione che per manutenzione, è più economico,
non richiede
particolari sistemi di raffreddamento, è più
efficiente dal punto di
vista energetico, il guidatore ha un controllo maggiore sullo stato del
cambio (e sulla strada).
I vantaggi di quello automatico sono
pressoché psicologici o per impediti al volante (sono di
parte, sì, e
me ne vanto): minore stress nel traffico, nessun rischio di inserire la
marcia sbagliata con rischio di danneggiare il motore, agevola la
salita in partenza.
4 DP “adora”
scorrazzare nel traffico su
Vespini o City Car alla Mister Bean -credo- per meglio sfuggire nel
traffico cittadino. Fatto sta che di solito si imbatte (si
perché le
ruba) in auto dalle portiere controvento, in inglese, casualmente,
dette Suicide Doors...
5 E' una concept
della Saab presentata
nel 2006: quel tipo di apertura non viene commercializzata
perché se
piove entra tutto e, non ultimo, è troppo pericolosa dato
che in caso
di incidente la via d'uscita più breve è spaccare
il vetro (Rogue può
farlo ù_ù)
In
realtà, all'inizio, per Rogue avevo pensato alla Pagani
Huayra, il cui
nome deriva dal dio del vento andino: Rogue vola....
6 Una delle
poche auto sportive a TRE posti
e con apertura ad ali di farfalla. 1
e 2
7
Mi riferisco ad Acela (dovrebbe rimandare ad Acelerazione), l'unico TAV
americano in funzione (le varie lobby hanno operato in modo da
boicottare questo mezzo di trasporto ad alta velocità
affinché si
ripiegasse sempre su auto e aerei) che copra i 500 km che separano le
due capitali statunitensi. E' detto il treno del potere
perché a bordo
potete incontrare i volti più celebri del giornalismo, dello
sport,
dello spettacolo e qualcuno della politica.
Quanto ai vari lavori da
spia sono tutti coperture perfette perché in presenza di
certe figure
professionali o in determinati luoghi (come il treno) uno si sente
libero di parlare di sé e del suo lavoro -o cmq lo fa per
ottimizzare
il tempo-. Poi basta mettere insieme i dati di oggi con quelli di ieri,
con quelli raccolti da un'altra parte e voilà...altro che
Grande
Fratello!
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Dai... Rogue e Remy possono farcela, entro la serata, a combinare qualcosa...
sì sì, mettetevi tranquilli... anche
perché poi se ne vedranno di belle...
9.9 sono una gran stronza, lo so da me XD motivo per cui do loro almeno
un'occasione di essere 'felici' con la fic ambientata in House of M.
E si torna a parlare di Clint. Caro lui. Sì, so che molti di
voi lo davano per disperso ma non temete: è uno dei miei
personaggi preferiti, figuratevi se gli lascio tagliare la corda
così.
Ed ecco anche che Cap fa un po' una lavata di capo a Natasha. La quale,
però, nasconde ancora qualcosa (ripeto, chi sa/immagina,
taccia!). Se volete sapere cosa, dovrete aspettare uno degli ultimi
capitoli. Anche perché il tutto sarà oggetto -spoiler spoiler-
di rissa violenta nella 3^ parte.
Ah, ragazzi, volevo avvisarvi. I disegni non riesco a farli per la
prossima settimana ma, dato che saranno protagonisti per un bel po', ho
tutto il tempo di discutere la mia dannatissima terza tesi (che mi sta
facendo vedere i sorci verdi..) e di sistemare il tutto dopo, con
calma... intanto immaginatevi i vestiti un po' come vi pare XD
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Capitolo 26 *** Il Re Bianco ***
26.
Il Re Bianco.
“La
domanda è molto semplice...” cominciò
Remy “... lascia stare che sia impossibile, stiamo parlando
per assurdo... se non vuoi parlarne troppo pigia a
tavoletta...”
“Muoviti,
Cajun, con questa storia...dove vuoi andare a parare?”
ringhiò la compagna senza staccare gli occhi dalla strada ma
abbassando il volume dello stereo.
“Senti...
se... lasciando da parte i tanti se che sappiamo esserci... potrei
piacerti almeno un pochino?”
“Ma
nemmeno se fossi l'ultimo uomo sulla faccia della Terra!”
replicò subito lei.
Il mutante fece
passare qualche istante, quindi sospirò “Ok, non
ci hai nemmeno pensato. Anzi, non hai neanche fatto finta di provarci:
è la risposta che mi dai sempre. E, direi, che se fosse vero
che ti sto così sulle…” si interruppe,
meditando sulle parole giuste da usare “Se fosse vero che ti
sono così indifferente, tanto per cominciare, non mi
parleresti neanche. Ma visto che, tuo malgrado, in un modo o nell'altro
finiamo sempre per lavorare assieme, chissà come
mai...”
“Perché
sei come il prezzemolo e mi segui ovunque!”
replicò lei sulla difensiva
“Touché...
Ammettilo, però: spesso non solo non te ne vai inorridita dalla mia
presenza ma, anzi, la cerchi. Ad ogni modo, se tutto ciò che
dici fosse vero, non saresti così drastica nei miei
confronti ma cercheresti di non offendermi nel respingermi. Oppure la
butteresti a ridere, come fai con Jhonny Storm e Tony
Stark...” concluse trionfante “Dunque, sospetto che
tu sia così attaccabrighe nei miei confronti
perché, in fondo in fondo, non è che proprio non
mi sopporti... dico bene?”
“Facciamo
finta che la cosa possa anche essere realistica... cosa
cambierebbe?” protestò lei, ormai alle corde: lui
aveva smontato preventivamente ogni tesi difensiva.
“A
parte il fatto che mi farebbe un immenso piacere? E potrei morire il
giorno che tu dovessi ammettere di provare qualcosa per il
sottoscritto...” rispose con fare teatrale strappandole una
risata nervosa.
“Allora
vedi che faccio bene? Sei utile alla squadra... sarebbe uno spreco se
morissi a causa mia...”
“Marie...
Ti piaccio o no? Ho bisogno di saperlo. Seriamente. Non è
solo il tuo tempo, che passa. Anche il mio.”
“Sentiti
pure libero di volare su un altro fiore, allora...”
replicò lei, secca.
“Non
dici davvero... ormai ho imparato a interpretarti...” rispose
lui in un sospiro stanco.
“Allora
fatti la domanda, datti la risposta e non rompermi, visto che sei tanto
bravo”.
“Voglio
sentirlo dire da te.”
“Perché?”
gemette lei esausta da quel battibecco
“Indipendentemente
dal contatto fisico, Marie, io voglio sapere. Potremo mai progettare un
futuro? Non allarmarti! Parlo di cose semplici... Che ne so? Un
viaggio, una cena... ”
Ma lei rise
sguaiatamente “Senza potermi toccare? Lo sai che è
pura fantascienza, quello di cui parli, vero?”
“So
essere paziente, so sopportare e, se serve, so anche fare dei
sacrifici. Ricordati che sono cresciuto nella setta dei ladri. E tu sai cosa vuol
dire.”
“E' una
follia...” sibilò la ragazza.
Gambit fece
spallucce, incurante
“Oh,
certo: non per te!” replicò lei “Ma
è folle che io perda il mio tempo ad ascoltarti!”
precisò.
“Hai
detto che finché non fossimo arrivati potevamo
parlarne...” puntualizzò lui
“Come
dimenticarlo...” soffiò nervosa
“Marie,
vorrei solo che mi rispondessi con un sì o con un no. Va
bene tutto ma non mi accontento di un non so,
perché tempo per pensare ne hai avuto
abbastanza...” intimò lui “Se non ci
fosse alcun tipo di vincolo, se tu ed io fossimo persone normali, con
problemi normali e non quello che siamo...”
“Quindi
con caratteri diversi e vissuti diversi?” lo interruppe lei
“No,
non intendevo... cioè... se io fossi un normale e attraente
ladro di New Orleans...”
“Quando
mai ladro e avvenenza non
vanno a braccetto?” si intromise Rogue, sarcastica, stilando
mentalmente un elenco di tutti i personaggi fantastici che
corrispondevano alla descrizione..
Ma Gambit
continuò imperterrito “... e se tu fossi una
semplice, sgraziata, irruente, manesca, sfrontata...”
“Non
sono sfrontata!” protestò
“Sì
che lo sei! E trovo assurdo che ti sia offesa per questo...”
rispose lui per ritornare al suo elenco “... Dicevo... se tu
fossi una ragazzaccia dei sobborghi di Caldecott... Io costretto a una
vita di stenti, furbizie e sotterfugi finché un professore
di strada non mi avesse accolto tra i suoi discepoli; tu, una ribelle
che, scappata di casa, fossi finita nelle mani di messicani senza
scrupoli -pronti a trasformarti in pezzi di ricambio- e per
sopravvivere avessi ucciso una tua carceriera e poi fossi stata accolta
dallo stesso professore che avesse dato ospitalità a
me...”
“Carol
non era una secondina ma una prigioniera a sua volta!”
specificò infastidita da quella mancanza di rispetto per la
donna che lei aveva ucciso.
Lui ci
ragionò un attimo, quindi continuò
“Qualunque cosa dica, troveresti da ridire. Capisci per
descrizione quello che sto dicendo e lascia Carol fuori da questo
discorso. Il punto è: io, cresciuto come un ladro, e te,
involontaria assassina; entrambi salvati da una vita ai limiti
dell'umana decenza...” proseguì mentre lei
arricciava il naso, infastidita dal essere riassunta in parole tanto
dure “Dimmi... se fossimo questo tipo di persone, potresti
-uso il condizionale, non parlo di te e me qui e ora: parlo di un
ipotesi, una realtà parallela.”
sottolineò e aspettò che lei gli facesse cenno,
prima di continuare: voleva essere sicuro che lei avesse capito il suo
proiettarsi tra i loro equivalenti Sapiens, senza poteri
“Potresti mai innamorarti di me? Anzi... così
è troppo vincolante ma... hai capito... prendermi in
considerazione, trovarmi abbastanza interessante da arrischiarti a
flirtare con me...”
“Sì
o no, eh?” replicò lei
“Esatto...
E bada: qualunque sia la tua risposta, tra noi non cambierà
assolutamente niente. A meno che non sia tu a volerlo: se lo vorrai -se
sarà necessario- abbandonerò anche gli X-men, per
non arrecarti disturbo nel caso la mia presenza ti creasse
imbarazzo...”
Lei tacque e si
prese tutto il tempo che le serviva per elaborare la propria risposta e
trovare il coraggio di esternarla. Gliel'aveva promesso e concesso. Non
era più tempo di giocare a nascondino. E lui non voleva
ferirla ma voleva solo mettere pace nel suo travaglio interiore. Aveva
ragione: non era giusto. Erano troppi anni che lo teneva a distanza e
sulla corda. Che, suo malgrado, giocava con lui. Ma, rispondere
onestamente, così come mentire, avrebbe precipitato entrambi
nel baratro: gioire per una triste realtà o soffrire per una
maldestra menzogna?
In lontananza, a
pochi chilometri da dove si trovavano in quel momento, svettava la loro
destinazione, illuminata a giorno e splendente nella sua confezione
inaugurale. Alcuni elicotteri pattugliavano i cieli e i dintorni.
L'evento era blindatissimo e nessuno, a parte gli autorizzati, si
sarebbe potuto avvicinare alla struttura governativa, mimetizzandosi
nella calca, senza destare sospetti.
Varcarono i
cancelli senza intoppi e andarono a parcheggiare in una zona,
già perfettamente attrezzata allo scopo, ancora deserta.
Spense il motore, sbuffò, nervosa, poggiò la mano
sulla maniglia, pronta ad uscire, chinò il capo, vinta dai
suoi stessi pensieri, e vuotò il sacco.
“Sì” alitò solo, prima di
sgusciare fuori dal veicolo, improvvisamente troppo piccolo per
restarvi entrambi all'interno. Gambit impiegò qualche
secondo per realizzare l'effettiva portata di quella semplice sillaba.
Era stata quella che, in qualche modo, si aspettava e che, pure, temeva
di non sentire mai. Si ricompose in fretta, stirò il miglior
sorriso sghembo, uscì a sua volta dall'auto, si
sistemò la giacca e andò a porgere il braccio
alla sua dama, senza esibirsi in inappropriati moti di esultanza, quasi
la conversazione non fosse mai avvenuta.
Quasi fossero
sempre stati una coppia consolidata.
Quasi fosse
sempre stata più che scontata quella risposta.
Quasi non fossero
altro che due normali bodyguard impegnati in un normale servizio di
protezione.
Invece, in
entrambi, qualcosa aveva cambiato posizione e faceva in modo che
l'euforia pompasse più sangue in circolo, ottenebrando i
sensi e regalando loro delle espressioni serene e imbarazzate al
contempo: tutto era assurdamente nuovo.
Loro sembravano
non conoscersi più, non ricordare gli anni di esperienze
condivise, di bisticci e batticuori soffocati, illuminati com'erano da
una luce tanto diversa a cui era stato concesso, finalmente, squarciare
il velo che la celava.
Quella risposta
aveva aperto la strada a un rapporto completamente diverso, nel bene e
nel male, da quello che avevano vissuto fino a quel momento. Ora non
erano affatto più sicuri e disinvolti, tutt'altro: erano
impacciati e imbarazzati, quasi non sapessero con chi avessero a che
fare e l'altro fosse un completo estraneo. Sembrava quasi che quella
risposta avesse liberato la vera personalità dei due
mutanti, che pure si muovevano in sincronia, con la fluidità
di un rapporto consolidato e collaudato.
AV AV AV AV AV AV AV AV
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La sala in cui
fecero il loro ingresso le tre coppie era gremita di gente e il brusio
generale copriva appena il tappeto musicale preregistrato che si
diffondeva nell'ambiente. Il palco, che doveva ospitare un piccolo
complessino per intrattenere gli ospiti era ancora vuoto ma il buffet
era già stato preso d'assalto e nessuno degli invitati
sembrava prendere minimamente in considerazione l'ipotesi di far spazio
ad altri: quel tipo di scene, che dimostravano la rapacità
degli uomini, nemmeno fossero tutti dei poveri pezzenti che non hanno
nemmeno gli occhi per piangere, riempivano Stark di disgusto e lo
spingevano a tenersi alla larga dai banchetti e dalle persone che aveva
individuato accalcate come pecore attorno ai tavoli.
“Sei
sempre il solito...” ghignò una voce divertita
poco distante. Quando Tony si voltò, trovò
l'amico-nemico Henry comodamente seduto a un tavolino e fiancheggiato
dalla fastidiosa e irriverente moglie in un assurdo vestito pieno di
perline danzerine e ipnotiche che si muovevano al minimo respiro. Ecco,
lui aveva dimostrato di essere furbo e scaltro: si era rifornito
adeguatamente all'inizio e si era tirato fuori dalla mischia,
nonostante portate più succulente potessero arrivare in
seguito. E non era costretto a stanziare in piedi, reggendo piatto e
bicchiere con un'unica mano.
“Sono
puntuale, cosa vuoi?” replicò prendendo posto
accanto a Janet (tra i due il male minore) e facendo accomodare Pepper
accanto a sé, secondo l'etichetta che entrambi seguivano in
modo istintivo. I mutanti e i due agenti presero posto nel tavolino
subito accanto, in modo da guardargli le spalle in ogni momento
nonostante -teoricamente- lì non dovesse correre alcun
pericolo.
“Saresti
dovuto arrivare in anticipo, come tutti noi. Solo i nostri amici possono
permettersi di essere puntuali...” replicò
sorseggiando l'aperitivo analcolico per poi indicarglielo con un ghigno
saccente “Te lo consiglio..”
“Hanno
confermato davvero entrambi la loro partecipazione?”
ringhiò il magnate con la testa che già gli
doleva al pensiero ed eludendo abilmente la frecciata alla propria
dipendenza alcolica: uno era forse l'unico uomo abbastanza intelligente
da potergli tenere testa e la cosa, naturalmente, lo infastidiva;
l'altro...beh...era più arrogante di lui e tanto bastava a
farglielo appena tollerare, anche se la cosa sembrava reciproca.
Henry fece una
smorfia e lo informò “Il tuo amico del cuore
è già qui... Reed avrà il suo daffare
a tenere Sue lontana dai suoi tentacoli...”
La folla al banco
si aprì, lasciandone emergere la figura massiccia di Ben
Grimm, carico di cibo e ficcato in uno smocking con effetto grottesco,
seguito a ruota dal giovane Jhonny Storm che, come vide Rogue,
mollò precipitosamente i suoi vassoi davanti ai coniugi Pym
e si dileguò al tavolo dei giovani
“Sapevamo che sareste arrivati a momenti...”
esordì Ben accomodandosi con cautela su una sedia
dall'aspetto troppo fragile e delicato. “Reed e i suoi
gingilli... deve aver cooperato con l'ape regina...”
spiegò sommariamente additando Janet come infiltrata e
lasciando intendere che nei vestiti ci fosse qualche specie di
ricetrasmittente: con le particelle Pym e la nanotecnologia se lo
sarebbero potuto aspettare.
“E Reed
dov'è?” domandò allora Pepper che
avrebbe gradito la compagnia di Susan oltre a quella di Janet.
Ben
ridacchiò “Probabilmente si sarà armato
di arpione per far secco il suo rivale
e... ah no... eccoli lì... ancora non l'ha
squamato...” commentò divertito dal nervosismo
dell'amico che faceva strada alla moglie e a una terza persona, a sua
volta scortata da un piccolo drappello di strani e inquietanti figuri.
“Ti
voglio tanto bene, lo sai, Janet?” bisbigliò Tony
abbrancando il braccio della donna al suo fianco che gli rispose con
un'occhiata scettica “Ringrazio di non aver messo Virginia
tra noi per farvi chiacchierare in pace...o adesso sarei a tiro di
sputo di quel mezzo pesce!”
“Mi
pareva strano che fossi disinteressato!” commentò
acida la mora per poi, subito, saltar su, pronta ad andare a salutare
il nuovo venuto. Ma Henry la trattene per un polso, in un gesto che
poteva sembrare naturale ma che, visto a distanza ravvicinata, rivelava
tutto il suo nervosismo: le nocche del pugno erano sbiancate.
“Re
Namor...” esordì Reed, con una punta di
acidità nella voce che voleva suonare reverenziale, mentre
prendeva posto al tavolo e si frapponeva tra il suo ospite e la moglie,
facendo accomodare quest'ultima accanto a Pepper. “Le
presento...” Cominciò osservando come tutte e tre,
però, stessero osservando il fisico scolpito del nuovo
arrivato con un po' troppo interesse. La cosa non sfuggì
nemmeno agli altri e nella mente degli scienziati balenò,
simultaneo, il pensiero che le loro rispettive compagne stessero
facendo paragoni coi loro fisichetti, ora un po' rilassati dalla
mezz'età, ora un po' sottosviluppati per la preferenza
accordata allo studio.
“Conosco
già tutti i presenti a questo tavolo...”
sibilò altero ed arrogante il sovrano troncando ogni
pensiero e accomodandosi come se quel tavolo fosse suo di diritto, loro
dei poveri dignitari, che avevano osato occuparlo, a cui veniva
concesso il privilegio di condividere la mensa con lui.
Alle sue spalle,
la sua scorta rimase orgogliosamente in piedi, ritta come un fuso,
sull'attenti, e lui non si premurò di dare alcun ordine di
riposo. A colpo d'occhio si capiva immediatamente perché lui
fosse il sovrano: era l'unico con una carnagione bianco-rosata, come
qualunque essere umano terrestre, mentre coloro che lo seguivano
avevano la pelle di un grigio-violaceo iridescente tipico dei pesci ma
che, nell'insieme risultava solo scura e strana. Namor aveva limpidi
topazi azzurri invece di rubini ardenti per iridi e, soprattutto, era
l'unico a non indossare una complessa maschera su volto composta di
almeno tre parti (due alla base della mascella e una, che copriva naso
e bocca, che aveva tutta l'aria di un respiratore) che ricordava molto
la più avanzata attrezzatura subacquea terrestre. A
un'osservazione più scrupolosa si sarebbe notato anche che
quelli che velavano gli occhi delle guardie non erano comuni occhiali
da sole (per quanto stravaganti) ma, come le altre applicazioni,
piccole ampolle piene d'acqua marina.
“Voi
rospi...” ghignò Namor sicuro del proprio fascino
rivolgendosi ai tre scienziati “...potreste pure avere il
buon gusto di allontanarvi per non rovinare le fanciulle qui
presenti...”
All'altro tavolo,
Jhonny Storm levò gli occhi al cielo, evidentemente avvezzo
a quel modo di fare, mentre Natasha scambiò un'occhiata
veloce con Rogue che si alzò dalla sua sedia e si
appoggiò alle spalle di Tony con fare disinvolto.
“Senti, bello, non so chi tu sia ma direi che il tuo non
è un comportamento molto educato. Quanto alle signore, non
credo proprio che gradiscano la compagnia di uno zotico del tuo
calibro...”
Allibita dalla
sfrontatezza della mutante, la spia avrebbe voluto poter riavvolgere il
tempo per fermarla: non era certo sua intenzione istigare la Bella del
Sud alla rissa col re dei mari e quello, ora, rischiava di trasformarsi
nel più imbarazzante caso diplomatico della storia.
Ma Namor, invece,
sembrò divertito. Probabilmente non era abituato a
comportamenti così inusuali da parte di una donna. Specie
nei suoi confronti. La sua scorta, invece, la prese decisamente male e
sguainò quelli che avevano tutta l'aria di essere
sofisticati forconi. “Kadar, calma i tuoi figli...
Krang” disse divertito, rivolgendosi ai due uomini armati
“E tu, Abira...” aggiunse in tono canzonatorio,
redarguendo la guardia dai fiammeggianti capelli rossi “Non
essere sempre così eccessiva...” Quindi si rivolse
al terzo uomo, in disparte rispetto al gruppo “Potresti dire
qualcosa anche tu, Birrah...”
“Sei tu
il re, cugino...” replicò quello
“Sì,
bella...” Stava dicendo Rogue, facendo eco alle parole del re
dei mari, sorridendo gelidamente alla guardia armata “Fai
attenzione a dove punti quegli affari, che mi basta poco per rompere la
tua attrezzatura e farti morire soffocata.”
“Tu
devi essere una delle allieve di Charles...”
sciorinò il principe, versandosi da bere “Dimmi...
siete proprio tutte così focose, voi
mutanti?”
“Mio
Signore...” stava replicando la guardia dai capelli rossi,
riponendo la sua arma controvoglia.
“Oh,
rilassati Abira... tu dovresti essere qui solo in qualità di
logomante... non di Tridente. E lo stesso...”
sottolineò con sufficienza volgendosi verso due degli uomini
del suo seguito “...dovrebbe valere anche per Birrah e
Krang”.
Quelli chinarono
appena il capo e si allontanarono di due passi per concedere al sovrano
la privacy che richiedeva. Namor si versò da bere da una
bottiglia di liquore che aveva strappata di prepotenza a un cameriere
per evitare di assembrarsi come un plebeo al tavolo delle vivande.
“...Rilassati...” disse tornando a rivolgersi a
Rogue che lo guardava disgustata “Siamo dalla stessa parte...
e questa dovrebbe essere una festa, no?”
“Certo...”
commentò acido Stark, invidiandogli la bottiglia.
“Oh,
Tony... non ti avevo nemmeno visto...” buttò
lì con noncuranza l'altro, tenendo calamitata su di
sé l'attenzione del gruppo “Avete poi risolto
quella faccenda?” la domanda suonò retorica, quasi
non fosse realmente interessato alla risposta.
Ma Tony, che non
sopportava di farsi rubare così la scena, non da lui,
rispose a tono “Oh, sì certo... anzi,
guarda...” disse alzandosi e andando al tavolo accanto.
Poggiò amichevolmente la mano sulla spalla di Rogers, che lo
seguiva spaesato, e fece le dovute presentazioni “Questo
è il cimelio che abbiamo recuperato grazie a te... dovresti
esserne contento...”
“Sì
sì, contenti voi...” bofonchiò l'altro
alzando il calice a mo' di saluto, dando appena un'occhiata di striscio
al capitano “Non è invecchiato di un
giorno...”
“Certo
che se pensavo che tu fossi il re degli arroganti...beh...ammetto di
essermi sbagliata...” bisbigliò Pepper
all'orecchio di Tony quando questi tornò a sedersi mentre
Rogers, uscendo dal solco delle buone abitudini, rispondeva col dovuto
sussiego alla sfacciata protervia del principe: come non aveva mai
fatto distinzione tra bulli e nazisti, non avrebbe certo fatto
differenza tra nobili e plebei “Anche la Vostra sicumera
è dura a morire, Sub-Mariner McKenzie...”
“McKenzie?
Un nome.... umano?”
domandò Gambit ostentando un dileggio che fece saltare
visibilmente i nervi alle guardie, specie ai giovani Husni e Husam.
“Mio
padre era un capitano della marina statunitense” rispose
l'interessato facendo spallucce.
“E voi
fate di un mezzosangue un re?” replicò Henry Pym
con scherno, rincarando la dose: non fosse stato per Steve, prima, e
Remy, dopo, nessuno di loro avrebbe mai trovato il coraggio di essere
talmente sfrontato. Henry più di tutti. “Un
mutante?” continuò, battendo la mano sul tavolo
per il troppo divertimento con impeto tale da far tintinnare tra loro
le posate.
“Frena
la lingua, terrestre... Re Namor è il più potente
tra gli atlantidei e...” sibilò Kadar ma Namor,
ancora una volta, gli ingiunse di tacere semplicemente alzando appena
una mano.
“Bello
essere Re, vero Namor?” domandò divertito Birrah
con fare sornione. “Vorrei averlo io il peso di questa
invidia” commentò con un sorriso obliquo.
“E come
fate a conoscervi?” domandò Pepper spostando lo
sguardo tra il re, Tony e il capitano.
“Abbiamo
combattuto nella stessa guerra...” rispose rapidamente Rogers
senza distogliere lo sguardo da quello del sovrano.
“E
l'aereo di Rogers si era inabissato giusto vicino al regno di
Namor...” concluse Stark per poi attaccare il sovrano,
riprendendo un discorso già fatto in precedenza
“Continuo a dire che potevi avvisarci anche
prima...”
“Vi ho
aiutato solo perché non volevo che in troppi si
avvicinassero a Deluvia, motivo per cui solo pochi e selezionati agenti
S.H.I.E.L.D. hanno potuto partecipare alle ricerche. Ciò che
avviene in superficie non mi interessa, se questo non minaccia il mio
regno...” replicò il sovrano con fare altero.
“Certo,
ma ciò non ti impedisce di stringere alleanze discutibili
con questi superficiali che tanto disprezzi pur di illuderti di avere
delle garanzie per il tuo regno a discapito di quello del tuo
contendente Attuma.” lo rimbeccò Stark
“So dei tuoi accordi con Osborne, ufficialmente tutte cose
relative alla Oracle: ti dico solo di fare attenzione,
perché non è uno che giochi pulito. Anzi,
è pazzo come un cavallo e, sicuramente, il tuo essere uomo
d'onore ti si ritorcerà contro. E' un consiglio
spassionato...”
“Veramente
l'accordo copre tutto l'oceano ed è relativo alle armi
sonar...con Attuma abbiamo...” stava puntualizzando il
principe Birrah quando un'occhiataccia di Namor lo fece tacere
all'istante.
“Ti
ringrazio del consiglio, Anthony Stark... Ma non credere che io sia ora
in debito con te.” specificò, a disagio. Per
quanto il suo volto fosse una maschera corrucciata impenetrabile, non
era difficile immaginare come le parole di Tony gli avessero dato di
che riflettere.
A salvarlo da
quel momento di imbarazzo, una musica suonata dal vivo si
propagò dalle casse alle loro spalle, introducendo la
cantante in succinti abiti bianchi e selvaggia chioma rossa sciolta
sulle spalle nude.
“Venere?”
commentò perplesso il sovrano, alzando lo sguardo sul palco,
confuso.
“Wow..
l'amico conosce l'inglese...” celiò Gambit,
divertito, beccandosi in risposta un'occhiataccia dalla guardia marina
mentre le note scatenate di Venus raggiungevano ogni angolo della sala..
“Steve,
ti va di ballare?” domandò Natasha per spezzare
quel momento di tensione.
“Ma io,
veramente...” stava replicando lui quando lei gli diede uno
strattone così forte da costringerlo in piedi.
“All'accademia
non insegnano più a danzare?” ghignò
divertita prima di accostarglisi all'orecchio
“Così diamo anche una controllata...E poi attendi
un ballo da qualche decennio...”. Punto nell'onore e colto
nel suo senso del dovere, Rogers non se lo fece ripetere due volte e
scivolò in pista.
AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Ok, il primo dei
nuovi venuti è il re dei mari Namor. L'ho fatto abbastanza
arrogante? Si capisce che non lo sopporta nessuno? Spero di
sì.
Chi
sarà il secondo? Su, il titolo può
aiutarvi (per altro come carattere l'ho reso diametralmente
opposto a Namor): gioco con il concetto degli scacchi, tanto caro agli
autori Marvel.
Il suo seguito
è un accrocchio di varie versioni (e tempi) nella storia di
Atlantide.
Partiamo dalla
capitale, Deluvia. Non volevo usare Atlantide o Nuova Atlantide
(banale!) così ho rispolverato Deluvia, il regno creato da
Namor quando lui e un gruppo di suoi fedeli si staccarono
dall'Atlantide comandata da Attuma che tornò più
volte ad attaccare Atlantide (la volta in cui Namor fu allontanato,
Attuma giocò la carta della diversità del
Sub-Mariner, un ibrido uomo-atlantideo e per di più mutante).
In questa
impresa, fu aiutato da un altro traditore, Birrah, cugino di Namor,
convinto di essere il legittimo erede al trono. Poi Birrah si
è ricreduto diventando il secondo del principe.
Abira
è la nuova Logomante del regno e il suo compito
è, prevalentemente, quello di sapere. Era un Tridente, una
guerriera e di certo non ha perso l'indole.
Husni e Husam,
indipendenti figli della leale guardia reale Kadar e membri del
Tridente. Quanto a Krang è stato un altro traditore, poi
tornato sui suoi passi. Fu Difensore ed è annoverato tra gli
Atlantidei che vivono nella (ex) nuova base degli x-men, Utopia.
Per quanto
riguarda le tempistiche di pubblicazione... Credo riuscirò a
farvi vedere i vestiti delle fanciulle a breve (degli uomini non ve ne
frega nulla, vero?).
Poi...
Venerdì posterò l'ultimo capitolo di Bello
e impossibile,
ma in concomitanza dovrei fare le foto... quindi quel capitolo rischia
di scivolare di qualche ora (o giorno) Martedì 3,
invece....
beh...dovrei farcela a postare il capitolo... la tesi la discuto il
giorno dopo ù_ù. Quindi non dovrebbero esserci
variazioni sui tempi.
(in caso contrario, sapete perché succede!)
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Capitolo 27 *** Il guardiano Rosso ***
27. Il Guardiano Rosso
Non era musica
che conosceva. Anzi, per i suoi gusti quello era rumore. Ma
considerando che, per quella generazione, sembrava essere pure qualcosa
di sorpassato, cercò di trovarci qualcosa di interessante:
il testo non era troppo osceno, il ritmo incalzante e ballabile.
Poteva, per lo meno, provarci.
Si
lasciò guidare dalla rossa che lo accompagnava: non era
così difficile lasciarsi coinvolgere da quel ritmo sfrenato
e prevedere le mosse della spia.
Tutto sommato era
divertente. Un'ombra triste gli offuscò lo sguardo e lei se
ne accorse.
“Tutto
bene?” domandò artigliandogli la spalla quasi
fosse la sua ancora di salvezza e non il contrario.
“Certo...”
disse sicuro lasciandola andare per ricominciare con la strofa
successiva seguendo i movimenti semplici, quasi tribali, di quella
danza.
“Però...?”
lo incalzò lei. Non le si poteva nascondere davvero nulla.
“Non
c'entra Peggy, se è questo che penso...cioè,
sì, anche... ma mi dispiace di più che mentre io
mi diverto un mondo, nel provare questa cosa folle...”
cominciò che Natasha fece una smorfia.
“Venus sarebbe
folle? E sì che hai avuto un assaggio della musica che piace
a Stark...” disse contrariata
“Quello
è solo rumore... molto forte e molto malato...”
commentò a sua volta “Tu non ti stai divertendo...
Non stacchi mai? Anche ora stai lavorando...” disse
prendendole le punte delle dita nella sua stretta.
“Deformazione
professionale...” rispose la rossa -ora, temporaneamente,
mora- facendo spallucce e alzando la voce per sovrastare quella della
cantante.
“Mi
dispiace comunque...” replicò afferrandola per la
vita. La sollevò da terra e girò su se stesso per
concludere l'esecuzione in una girandola di corpi e vestiti, in
perfetto stile rock acrobatico che negli anni successivi la Guerra si
sarebbe rapidamente imposto come nuovo stile di ballo.
“Qualcosa da bere? I vostri balli sono
sfiancanti...”
“Grazie...”
rispose la spia, grata di quella pausa.
Steve fendette la
folla che stava abbarbicata intorno ai tavolini e agguantò
un paio di bicchieri e un piatto di stuzzichini vari. Quando si
ricongiunsero, passeggiarono un po' al di fuori della pista. Gli occhi
di Natasha, inconsciamente, saettavano a scrutare, studiare,
riconoscere, selezionare, catalogare tutte le persone presenti
all'evento. Così, Steve decise di portarla a un tavolino
appartato, lontano da tutti. Anche dai loro colleghi.
“Non
siamo qui per divertirci...” protestò la spia
prima che il soldato potesse anche solo accennare qualcosa di vagamente
inerente. “Kurt è di guardia sul soffitto, anche
se ha la fortuna di potersi teletrasportare... e sta mangiando come un
bovino alla faccia nostra... ma anche Peter è al lavoro... e
Hogan... non dimenticarlo...”
“Sei
pur sempre una donna... un evento come questo dovrebbe metterti di buon
umore. Invece, tutto, di te, parla di lavoro. Almeno, un occhio esperto
legge questo...”
“Da
cosa lo deduci?” domandò sorseggiando l'alcolico
dal suo calice. Dalla loro avevano almeno quel vantaggio: gli
esperimenti fatti su di loro ne avevano velocizzato il metabolismo ed
era impossibile per loro drogarsi o anche solo ubriacarsi. Nemmeno i
farmaci avevano effetto. E Natasha ne sapeva qualcosa di operazioni
condotte in stato di veglia totale nonostante le dosi massicce di
anestetico.
“Il tuo
vestito. E' elegante ma pratico. Puoi facilmente nascondere
più di una fondina camuffandola da giarrettiera... non l'hai
scelto per motivi puramente estetici”
“La mia
estetica va di pari passo con la praticità...”
replicò lei
Steve tacque, a
disagio “Parlami di Bucky...” disse dopo un po'
“Da come ne parlava Clint sembra che tu lo conosca bene... E
ti ricordo che mi hai promesso di farmelo incontrare...”
“Non
temere... ora è impegnato...tutto a tempo
debito...” rispose sbocconcellando una tartina
“Cosa vuoi sapere?”
“Come
l'hai conosciuto? Com'è? Insomma... pensavo
fosse...”
“Morto?”
terminò per lui. Aprì uno dei vani dei suoi Morsi
di Vedova, contenenti uno specchietto portatile, controllò
il trucco, quindi rispose, chiudendo lo sportellino con un colpo secco.
“Immagino tu non sappia nulla della mia vita... a parte
quello che ho raccontato su X-23 e San Paolo e su Jessica e
sull'ospedale... Tony e Clint non ti hanno detto nulla?”
“Non ho
mai chiesto...” ammise il Capitano
“Beh...
credo tu sia l'unico, dopo Bucky, a potermi capire davvero. Sai
già che ero nipote dello Zar... tu e Logan mi avete
salvata...” lui annuì appena “Beh...
finita la Guerra, appena maggiorenne sono tornata in Russia, cercando
di rendermi utile a quello che, di diritto, consideravo il mio Paese. Ma le
cose erano cambiate. Non comandavano più gli Zar. Venni
trattata alla stregua di tutte le altre reclute. Tanto per cominciare,
venni abbinata, per delle nozze di convenienza, a un uomo -Alexi
Shostakov- che non conoscevo e che non conobbi se non il giorno delle
nozze, un anno dopo... ma che tu conoscevi già all'epoca del
nostro incontro...” disse sulle note languide
dell'introduzione di Yes,
Sir, I can Boogie. A loro insaputa, Namor e Sue stavano
scivolando in pista come due sirenetti nell'acqua placida di uno stagno.
“A
pensarci bene... doveva essere molto più vecchio di
te...” commentò il capitano.
“Non
molto. Non per i tempi e non per il luogo, comunque. E poi, nella
nostra realtà, come hai capito, l'età conta
davvero poco, meno che in tanti altri settori... Dopo l'abbinamento,
venni spedita nella Red Room e lì, addestrata secondo tutti
i crismi dal K.G.B. per diventare una spia letale... James era
lì. Un caso fortuito aveva voluto che fosse stato ritrovato
nella steppa siberiana. Io sono tutt'ora convinta sia stato tutto
meticolosamente programmato. Gli era stato fatto il lavaggio del
cervello e il braccio mancante era stato sostituito da una protesi
altamente evoluta. Roba dell'HYDRA, come scoprii più in
là. Lui mi venne assegnato come istruttore. E, come una
sciocca, me ne innamorai...” L'agente Romanoff
sospirò al ricordo, quasi a biasimarsi per il comportamento
infantile tenuto all'epoca “La cosa fu reciproca ma avevamo
dei ruoli e delle posizioni che non potevano essere infranti. In
più eravamo nella Russia del Dopo Guerra e il clima di
sospetto e paranoia era il nostro pane quotidiano. Per oltre un anno
passai ogni istante con James ad allenarmi e tonificarmi e imparare
tutto ciò che c'era da imparare. Terminato l'addestramento,
venni rimandata in società. Nome nuovo, vita nuova... marito
nuovo... Alexi era un giovane
aitante, sottoposto, con ogni probabilità, a qualche
trattamento sperimentale. Non posso dire che mi innamorai di lui come
di James. Fu una cosa più sorda, lenta e strisciante. Uno
era l'uomo con cui, per il bene della Madre Patria, avrei dovuto
condividere il resto della mia vita; l'altro, un soldato che non avrei
mai più rivisto, forse ucciso quello stesso giorno da una
mina o in un conflitto a fuoco. Ma Alexi, all'epoca, era già
pienamente operativo. E mentre io sgomitavo tra le mie simili, per
arrivare a calcare le scene del Bolshoi come prima ballerina, e mi
venivano affidate missioni sciocche e degradanti, lui lavorava in
grande tenendomi all'oscuro di tutto. Finché un giorno, da
quella oggi nota come VVS, giunse alla mia soglia un ufficiale,
incaricato di comunicarmi la morte, durante un collaudo, di mio
marito... Avevo imparato ad amare Alexi e ne fui straziata.”
Commentò Natasha, dopo aver raccontato a Steve quella parte
della sua vita. Sapeva che i due si conoscevano, quindi si
affrettò a precisare “Non era vero che era morto
ma dovevamo pensarlo tutti. Inganna
il tuo amico per ingannare meglio il tuo nemico... Lo
scoprii solo molto tempo dopo... ad ogni modo, tornai alla Red Room di
mia spontanea volontà. Ero sola, ora, e volevo rendermi
davvero utile. Avevo conoscenze e abilità che potevano
essere molto utili ai servizi. Fu allora che venni sottoposta anch'io
al trattamento rigenerativo che mi mantiene congelata
all'età di circa vent'anni... mi diedero una missione e il
mio partner fu proprio Bucky.
Seppur addolorata
per la perdita di Alexi, James seppe tirare fuori da me una grinta, una
voglia di vivere e una passione che non sapevo di avere. Divenimmo
amanti. Ma sul termine della missione il rapporto si guastò
e rientrammo come semplici commilitoni, così come avremmo
dovuto sempre essere. A quel punto, lui sparì nel nulla.
Seppi solo in seguito che era la cavia principale del progetto di stasi
criogenetica... Quanto a me, subodorai la realtà delle cose.
Cioè che, in realtà, non esistono buoni o cattivi
assoluti e che non sempre le proprie radici affondano nel giusto. Anzi,
non vogliamo renderci conto degli orrori che la nostra gente ha
commesso, ne quanta collusione possa esserci e vediamo solo negli altri
il marcio che c'è anche in noi. O al contrario, ci diamo la
zappa sui piedi, considerandoci gli unici sporchi in un mondo di santi.
Venni, quindi,
contattata nuovamente da HYDRA. E decisi di accettare il loro invito
nel tentativo di sabotarla dall'interno. Ma, come ho detto, il male
assoluto non esiste. C'era brava gente, con buone idee e per niente
crudele. Si trovavano solo dal lato sbagliato della barricata. Almeno,
secondo la mia interpretazione. Cos'è che rendeva HYDRA
così malvagia? I suoi scopi? Dominare il mondo? Chi, in
possesso del giusto potere, non lo vuole? I suoi metodi? Ma noi buoni eravamo poi
così sicuri che il nostro operato fosse così
diverso dal loro? Potevo sperare, vivendo più a lungo di
chiunque altro, di farmi strada nei meandri dell'organizzazione,
epurarla da quelli che consideravo traditori ed eventualmente prenderne
il comando. Ma, alla fine, non sarei stata migliore di tutti i
dittatori e tiranni che hanno calcato le scene di questo mondo. Fu
negli anni cinquanta che il corpo di Bucky venne trafugato e
risvegliato in una sede HYDRA. Scoprii, così, che James, dal
momento in cui tu lo credesti morto, era stato salvato proprio da
HYDRA. E da loro rimesso in carreggiata. Non so se quello che
c'è stato tra noi possa essere stato più o meno
pilotato. Io mi sentii comunque una sciocca, perché ero
caduta in una trappola tanto semplice. Da lì, la storia
è molto banale: Bucky venne rintracciato da uno dei migliori
agenti della C.I.A., tale Jimmy Woo, ora prossimo alla pensione. La
C.I.A. informò lo S.H.I.E.L.D. e in un'operazione congiunta
riuscirono a catturarlo per poi pulirlo dal lavaggio pluridecennale di
cui era stato vittima. Clint era l'agente che lo arrestò. Io
caddi dopo di lui, nel tentativo di andarlo a recuperare. Se non avevo
mai giurato fedeltà a HYDRA, quando entrai nel mondo dello
S.H.I.E.L.D. trovai ciò che avevo sempre cercato. Ma avevo
imparato che non ci si può fidare delle istituzioni che sono
vincolate alle leggi e alle figure di potere. Chi è al
potere, un poco alla volta, senza che la base si accorga di nulla,
può snaturare l'identità di tutta la struttura.
Io giurai la mia eterna lealtà solo a Nick. Certo,
è un discorso sbagliato... se all'improvviso Nick avesse
gettato la maschera e si fosse rivelato l'uomo che non era l'avrei
seguito anche in imprese che ritenevo sbagliate? Fortunatamente per me,
Nicholas è così diretto da essere facilmente
comprensibile da chiunque. Ma queste rimangono questioni molto
delicate, motivo per cui mi disturba il fatto che gli agenti
S.H.I.E.L.D. siano tutti volontari e, quindi, mercenari. Ma dalla
nostra, dello S.H.I.E.L.D., c'è il fatto che siamo un
organismo internazionale. Chiunque volesse comprare l'agenzia,
non saprebbe su chi potrebbe contare realmente. Vedi, quando un
esercito è fatto tutto di gente di una particolare
estrazione sociale, basta che tu garantisca loro -ma solo a loro-
qualunque cosa e li avrai dalla tua parte. Ma se le forze a cui ti
rivolgi sono miscellanee, la cosa diventa più difficile: non
puoi appigliarti né a una comune origine geografica, non
puoi istigare fondamentalismi religiosi... sei più vincolato
e quei professionisti sarebbero tutti al servizio solo di quanto
prevede lo statuto che hanno firmato. Meglio ancora sarebbe che fossero
tutti giovani di leva, che, in qualche modo, si sentirebbero
responsabili per e degli altri, e non mercenari che non guardano in
faccia a nessuno, proprio come succede con gli eserciti nazionali che,
in questo modo, rafforzano la loro identità e il soldato del
nord difende quello del sud, il ricco il povero... perché
sono tutti la stessa squadra. Ma questa è pura utopia: la
nostra esistenza è segreta e sceglievamo noi i candidati tra
i soldati regolamentari... O meglio, era segreta, fino a che non hanno
nominato Osborne direttore: ora tutti vorranno salire sul carrozzone
elitario. E ora che tutti gli uomini di Fury hanno una taglia sulla
testa... beh... non mi aspetto proprio nulla di buono.”
sospirando, Natasha concluse il suo lungo resoconto.
Steve, a
metà del suo racconto, le aveva preso una mano tra le sue,
quasi a darle la forza di continuare.
“Almeno
non sei sola in questa battaglia...” rispose lui con un
sorriso consolatorio.
“Grazie,
Steve.” disse allungandosi verso di lui. Lo baciò
sulla guancia, facendolo diventare paonazzo per quella mossa
inaspettata. La spia si esibì in un'espressione scettica
“Tutte queste storie dopo che...” stava per dire.
Ma si trattenne “A volte penso davvero che tu possa essere
l'unico a capirmi...” rispose mesta, dandogli modo di placare
il suo imbarazzo. “Oh!” disse facendo scivolare lo
sguardo alle spalle del capitano “Namor e Sue! Reed non
dev'essere molto contento che la moglie danzi con il re dei
mari...” aggiunse, costringendolo a voltarsi sulla sedia
“Che dici? Torniamo al tavolo? Sono curiosa di sapere come
sono arrivati a questo punto...” domandò complice.
“Né voglio perdermi la scena di Reed che prende a
pugni Namor”
Steve
assentì “Io vorrei riuscire a parlare un po' con
lui... sai... è comunque una delle poche persone -che ho
conosciuto- ancora vive oltre a essere quello che ha vegliato sul mio
sonno per decenni. Fa un po' senso il pensiero.”
meditò ad alta voce
“Sì,
suona più morboso di Coulson!”
ridacchiò lei prendendolo sottobraccio.
Sarebbe stato
davvero bello poter fermare quel momento: effettivamente, si stava
divertendo. Si sentiva spettatrice e non attrice. Ma, come non
avrebbero potuto congelare la musica sensuale che scivolava loro
addosso, non avrebbero potuto nemmeno fermare il tempo. D'altronde,
avendone un'infinità a disposizione, ogni attimo poteva, nei
ricordi, diventare eterno. Quello era, forse, l'unico loro vantaggio.
AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Al loro ritorno
al tavolo i due non si sorpresero nel constatare l'assenza di Sue e di
Namor. Reed era rimasto al tavolo e rimuginava con sguardo assassino
affiancato dal fido Ben e dal fratello scavezzacollo di Susan, della
quale aveva preso il posto.
Tony e Pepper
avevano lasciato la loro postazione per salutare due nuovi venuti: una
donna, dai lineamenti subsahariani e lunghi capelli bianchi -sembrava
la donna descritta nella canzone sulle cui note avevano danzato il
soldato e la spia-, e un giovane, biondo e aitante ma dall'incarnato
troppo pallido per non sospettare una salute cagionevole. Dietro di
loro, anche Rogue e Gambit li avevano raggiunti.
Il Capitano fece
accomodare Natasha proprio mentre Tony si voltava per introdurre i due
nuovi venuti al gruppo allargato.
“Gente!
Vi presento Warren Worthington III, a capo delle omonime industrie e
vecchio amico...”
“Lasciami
indovinare...?” commentò Steve prendendo posto a
sua volta “Genio,
miliardario, filantropo e playboy?”
Tony si
esibì in una smorfia risentita, quindi lanciò
un'occhiata in tralice a Warren “A parte la prima, direi che
la descrizione calza a pennello...”
“Lei
invece è una nostra amica, la nostra mamma.... Ro,
è qui per far da balia a Warren...”
sciorinò Rogue introducendo la compagna di squadra.
“E sostituire il professore che aveva già altri impegni”
“Un'importantissima
partita di scacchi da cui dipendono le sorti del mondo... ma che dico?
Dell'universo intero, suppongo...” commentò
Gambit, beccandosi una gomitata al fianco. “Ororo Munroe
è una principessa Kenyota...” precisò
quindi, affabile, e cedendo il passo alla donna fasciata in un abito di
shantung antracite, le cui maniche di pizzo argentato ricordavano
quelle gigantesche dei kimoni nipponici. Un elaborato fermaglio
tratteneva i capelli in una coda alta enfatizzando i lineamenti da
principessa guerriera. “E ha un guardaroba incredibile...
credo sia secondo solo a quello di Janet”
“Remy!”
protestò lei dandogli un colpetto sulla spalla col pugno
chiuso “E' così divertente mettermi in
imbarazzo?”
“Perché
mi picchiate tutte? Io preferisco fare l'amore... non la
guerra...” sorrise accattivante alla compagna.
“Consolati,
Ro: con me è prassi consolidata...” disse Rogue
divertita dall'imbarazzo della donna ma esasperata dalla scemenza
dell'amico che replicò un sommesso “Ci mancherebbe
che Remy non se la prendesse con te!”
“E cosa
porta una mutante ad accompagnare un giovane...” stava
cominciando Steve che Rogue lo anticipò.
“Anche
Angelo... cioè, Warren, è uno dei
nostri...” disse Rogue sorridendo al biondo che, spaesato si
guardava attorno senza riconoscere nessuno. “Anche se
l'aspetto cianotico è una novità anche per
me...”
“Argiria?”
domandò Tony studiandolo attentamente
“Intossicazione da argento? Dio...quei capelli sembrano oro e
lui quasi un puffo... C'è un tale che si è
mangiato non so quanto argento -e che non si ammala mai- per paura di
qualche strana epidemia...”
“Non ne
ho la più pallida idea...ma può
essere...” rispose Ororo mentre Rogue commentava il nuovo
aspetto del giovane.
“Queste
ali nuove, poi, sono proprio una figata! Sembra un jet-pack!”
concluse battendogli una pacca sulla schiena, rivelando che tra i due
c'era un rapporto intimo. “Dev'essere comodo... non doverle
più nascondere sotto gli abiti..”
“Veramente
mi trovo a disagio con questi abiti... ma la signorina Ororo non vuole
che me li tolga se non a casa...” confessò
candidamente il biondo lasciando tutti esterrefatti.
“Questo
batte anche Tony, quanto ad esibizionismo...”
sussurrò Pym all'orecchio di Reed che, a quella battuta,
parve rilassarsi un attimo.
“Warren...Anche
a me piace ma...” disse imbarazzata la donna posandogli una
mano sul petto, prima di rendersi conto di aver attirato sguardi
allupati da parte di maschi un po' troppo intraprendenti
“Quando torneremo a scuola potrai volare libero come credi...
e potrai startene nudo nelle tue stanze.. ma in pubblico non
è proprio il caso, ci sono delle regole non scritte di
convivenza civile... ti prego...” riparò in
ultimo, perentoria.
“Povera
Betsy...” sospirò Rogue, che era stata aggiornata
sommariamente su quanto accaduto alla scuola: che Ororo amasse
cavalcare come Lady Godiva in mezzo a un temporale era una leggenda
-neanche troppo metropolitana- già risaputa e che non
destava, tra i mutanti, il minimo stupore. Ma Warren... era tutta
un'altra storia.
“Ehi! E
quello? Sarebbe il suo Gorilla?”
la domanda sarcastica e improvvisa di un Tony distratto da qualche
novità, che giocava sul
doppio senso del termine, arrivò fino a
loro come una cannonata.
I tre mutanti
sani di mente drizzarono le orecchie quando udirono la rispostaccia con
cui Pepper lo zittì e che sorvolava sulla battuta infelice
del magnate “E' sempre un sovrano! Tra i più
potenti! Sarà libero di fare quello che vuole? Ha un gorilla
come animale da compagnia... e allora? La marchesa Casati aveva due
ghepardi. E non parlo dell'antica Roma o del rinascimento ma della
Venezia del secolo scorso!”
Il buon umore che
era calato sul gruppo sembrò sollevarsi all'improvviso:
Ororo s'irrigidì e voltò lo sguardo sulla spalla
della compagna, evidentemente in difficoltà e in imbarazzo.
Rogue alzò gli occhi sulla sala e intercettò il
drappello alla cui attenzione l'amica Ororo cercava di fuggire.
Trovando conferma ai suoi sospetti vedendo chi lo capeggiava,
stirò un sorriso birichino. Diede, quindi, una gomitata a
Gambit e indicò la sala con un'alzata di mento. Lui,
dapprima, non capì ma subito si illuminò.
“Marie...
ti va di ballare?” disse prendendola sottobraccio.
“Ma
certo, Mon Amour!”
ghignò enfatizzando le parole di proposito lei,
affinché lui non le prendesse per buone, nonostante quello
che le era sfuggito di bocca solo mezzora prima, facendo l'occhiolino
all'amica che strabuzzò dalla sorpresa.
AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Eccomi eccomi
eccomi
scusate il
ritardo di questa settimana. Come avete notato ho ripreso esattamente
da dove avevo abbandonato (son ripartita concludendo anche Bello e impossibile
con il
terzo e ultimo capitolo, anch'esso rimasto in
sospeso per una settimana)... ma in una tesi come questa (tutta
grafica) ci sono mille cose che si sballano all'ultimo momento e mille
cose da fare (non basta stamparla e rilegarla normalmente come avevo
fatto per le altre due). @_@
Ok... tutto
è tornato alla solita regolarità...da domani
sarò ufficialmente disoccupata (in quanto non più
studentessa) e avrò tanto tempo libero XD
Dunque...
parliamo tra noi..
Il Guardiano
Rosso. Capito tutto di questo capitolo della vita di Nat? Bene...
perchè non è finita qui. La sua vita è
tipo matriosca...ce n'è da raccontare, ancora...
E per il resto...
niente... Aspettate la prossima settimana per vedere chi è
il nuovo arrivato che mette tanto disagio a Ororo -tanto avete
già indovinato-. Nella realtà lei è un
pelino più combattiva e aggressiva...ma volevo renderle
persone un po' più umane e fragili. Quindi portate pazienza.
Infine, prestate attenzione sia al Gorilla che al nome di Jimy Woo...
non è la prima volta che lo troviamo ;) (sì, lo
so..semino indizi proprio come Claremont...spero non vi dispiaccia XD)
Che
altro? Ah già... ho preparato i primi disegni degli abiti
delle ragazze. Per ora ci sono Pepper
e Natasha
(mi son dimenticata di disegnarle i Morsi di Vedova... amen!
In serata
arriverà anche Rogue
;)
E per ora e tutto
alla prossima
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Capitolo 28 *** Eros e Thanatos ***
28.
Eros e Thanatos
Ororo sbuffò e si mise a braccia conserte mentre i due
compagni di squadra si allontanavano alla svelta “Vanno tanto
d'accordo solo quando si tratta di mettermi in
difficoltà...” bofonchiò risentita.
“Ci sono problemi...?” stava domandando Warren
quando un'ombra scura si stagliò su di loro.
“Ororo... sei proprio tu!” disse il nuovo venuto
con un debole sorriso impacciato che gli stirava le labbra carnose. Le
vesti, il colore della pelle, il portamento, la scorta quanto mai
singolare, tutto indicava la sua appartenenza alla classe nobiliare
africana. Il suo agente di scorta e agente S.H.I.E.L.D., Derek Khanata,
si era fermato al tavolo per conversare con Natasha e si era portato
appresso lo scimmione da compagnia, che chiamava simpaticamente per
nome -Ken- e che trattava come fosse stato più che un essere
umano, quasi un collega.
“T'challa...” biascicò Ororo a disagio,
cercando di spostare una ciocca di capelli dietro l'orecchio: aveva
notato come lui si fosse presentato volutamente da solo per non
metterla troppo in imbarazzo. Situazione che, paradossalmente, la
innervosiva di più: non sapeva se prenderlo a schiaffoni e
riempirlo di male parole o se squagliarsi al suo cospetto come una
sciocca scolaretta alla prima cotta.
“Mmmm... Pepper? Ti va di ballare? Sì,
vero?” disse Tony per spezzare quella strana atmosfera. Prese
la rossa per il polso e se la avvicinò di prepotenza.
Ma qualcos'altro stava andando storto: non riusciva a portarsi Pepper
più vicina del mezzo metro. Non riuscì a
elaborare il dato -e capire cosa stesse succedendo- che, con la coda
dell'occhio, intercettò i soliti giornalisti fastidiosi (tra
cui - lo sapeva, glielo diceva il suo radar integrato, fornito da Madre
Natura- si nascondeva quell'impiccione del ben poco amichevole ragno di
quartiere). Si dovette mordere le labbra per non lasciarsi andare a
qualche pesante imprecazione. “Pep... Fa come se non ci
fosse, letteralmente, una forte repulsione tra di noi...”
“Che diavolo vai blaterando?” sbottò
lei, offesa dal dover nascondere la loro pseudo-relazione. Pepper non
si era ancora accorta di nulla, forse perché per lei tutto,
legato a quel dannato affare, era ancora una novità,
altrimenti non si sarebbe offesa a quel modo, sospettando una certa
ritrosia da parte di Tony.
“Sei un cretino!” lo apostrofò Henry,
intervenendo a spiegare anche alla donna cosa stesse succedendo.
Divertito, batté una pacca sulla spalla dell'amico Reed per
distrarlo dai suoi intenti omicidi e per condividere con lui la
stupidità della mente brillante del magnate.
“Avete due potentissimi elettromagneti piantati in petto:
com'è possibile che tu non ci abbia pensato prima? Lo sa
anche un bambino che due calamite si respingono a vicenda... il genio...”
A quelle parole, Tony arricciò il naso come un bambino che
ammetta -suo malgrado- una verità inconfutabile. Gli avrebbe
volentieri risposto per le rime come al solito ma i paparazzi furono
loro addosso come uno stormo di avvoltoi, impedendogli di replicare.
Che poi, si trattava sempre dei soliti due fastidiosi che non avevano
altro da fare. Vedeva Peter divertirsi un mondo alle sue spalle,
stretto a braccetto con quella seccatura bionda che, un tempo, aveva
avuto il coraggio di portarsi a letto. Si infilò i soliti
occhiali da sole per evitare di essere abbacinato dai mille flash di
quelle dannate macchine fotografiche.
Valutò che T'Challa, il re del Wakanda, doveva averli
già soddisfatti, visto che quei rapaci non lo calcolavano
nemmeno di striscio.
La bionda Christine esordì con la prevedibile
“Questa è la vostra prima uscita pubblica a un
evento mondano dopo l'attentato del mese scorso. Cosa ci dite delle
decisioni prese subito dopo la vostra convocazione al Senato
che....” Tony lasciò ciarlare a lungo lei e gli
altri, mandando baci alla macchina da presa ed eludendo le domande -
che, per lo più, trovavano risposte le une nelle altre-,
chiedendo a sua volta se volessero un autografo. Al tavolo, gli altri
osservavano la scena annoiati, nauseati da quel suo modo di fare
egocentrico. I giornalisti avevano la curiosa caratteristica di sapere
tutti un pezzettino di verità e nel porre le loro domande, o
nel correggere il tiro di un collega, finivano per intavolare assurde
discussioni tra loro, mentre il loro obiettivo non confermava
né smentiva nulla. Era divertente.
Finché qualcuno non se ne uscì con una domanda
inappropriata sul faro azzurro che Pepper aveva incastrato nell'abito.
Solo allora, Tony si riscosse.
“Ok, basta così, avete già avuto le
vostre risposte...” disse avvolgendo la rossa in un abbraccio
protettivo “... per oggi può bastare!”
“Cosa?” sbottò Peter “Ma se
non ha risposto proprio a nulla e ha lasciato che ci mordessimo la coda
tra noi!”
“Sembra un congegno elettromeccanico... E' solo
un'applicazione di bellezza o ha qualche funzionalità
nascosta?” insistette la bionda di cui non ricordava mai il
nome.
“Non è che è una conseguenza
dell'incidente? Un evoluto bypass un po' appariscente?”
infierì anche Parker facendo finta di nulla.
“Se non è nulla di particolare, non vi
dispiacerà parlarcene... E' così
bello...” aggiunse un'altra, dal mucchio, tale Irene
Merryweather.
A quelle insistenze, Pepper, scivolò via dall'abbraccio di
Tony e si espose ai flash, mentre il compagno borbottava, neanche
troppo silenziosamente, la sua disapprovazione. “Avete
ragione, questo è un congegno che mi tiene in vita. La mia
situazione è alquanto particolare e se lo rimuovessi, in
breve tempo, i miei polmoni verrebbero perforati dai frammenti
dell'ordigno esploso quella sera...” disse facendo un cenno a
Christine. L'aveva riconosciuta e sapeva che avrebbe capito. Per quanto
le stesse antipatica era sempre una donna e poteva capire il suo
disagio. Inoltre era presente all'evento e poteva facilmente
immedesimarsi e vedersi vittima dell'ordigno.
“Ma è un dispositivo permanente?” la
incalzò la bionda, vedendo uno spiraglio.
“Sì” confessò la rossa
portandosi una mano al petto e abbassando lo sguardo sul suo congegno.
“E' uno dei primi prototipi Stark-tech
elettromedicali”
“Ho una bella idea... ti andrebbe di posare per Vanity? Sarebbe
pubblicità per la nuova strada che hanno intrapreso le
industrie Stark: energia pulita, strumentazione medica... Vedo che
siete al tavolo con Janet Van Dyne... potreste lanciare una
moda...”
“Interessante...” la ringraziò Pepper
con un sorriso bieco. Dove non arrivava l'idiozia del suo uomo, doveva
sopperire lei. E quella era stata la migliore imbeccata mai proposta.
“E' in un posto un po' particolare, quindi si tratterebbe di
foto senza veli ma i nostri fotografi sono professionisti e non avresti
nulla da temere, non si vedrebbe nulla... anzi, nemmeno il fotografo
avrebbe modo di....” la bionda s'era illuminata di una verve
impressionante alla sola idea di un tale servizio, animata dallo
spirito di qualche crociata personale, che Tony si intromise.
“Ok, Pep... ora basta!” l'ammonì
cingendola con un braccio per strapparla all'occhio delle fotocamere.
Ma non aveva fatto i conti con quell'impiastro dell'Uomo Ragno
“Ne ha uno simile anche Lei, per caso?”
Tony sgranò gli occhi, tentando di comunicargli che la
smettesse con quello scherzo e che, una volta soli, avrebbero fatto i
conti “Cosa glielo fa pensare?” rispose con un
sorriso tirato e gelido.
“Mah... la tempestività d'intervento, tanto per
cominciare. Non credo che la signorina sarebbe sopravvissuta a lungo
senza. Eppure i tempi della sua degenza sono stati nella norma di una
qualsiasi operazione cardiovascolare. Se Lei avesse dovuto inventarselo
da zero, dubito che i medici avrebbero potuto stare negli stessi tempi,
per quanto Lei potesse essere stato rapido nel idearlo e costruirlo. E
come tutti quelli dediti a un minimo di bricolage possono sapere, gli
imprevisti sono dietro l'angolo. Magari, il prototipo l'ha sviluppato
in occasione dell'attentato in Afganistan. Avrebbe avuto molto tempo,
durante la sua prigionia, per perfezionare la cosa con il suo genio. Se
in quell'occasione le fosse successa una cosa simile, che non
è arrivata all'orecchio della stampa...” Tony
drizzò il capo, squadrandolo dall'alto al basso. Ma Peter
non si fece certo intimorire “E' una conclusione a cui
arriverebbe chiunque, sentendo questa storia...” disse
indicando il reattore di Pepper.
Tony fu costretto ad ammettere a se stesso che non era preparato a una
cosa del genere, nonostante avesse paventato il momento molto a lungo.
Un conto era che tutti sapessero la sua identità segreta,
tutt'altro che si sapesse il suo punto debole. Per gli altri eroi era
naturale il contrario: celando la propria identità
proteggevano non solo loro stessi ma anche i loro cari mentre non si
curavano di nascondere i propri difetti, certi che i nemici avrebbero
colpiti, così, proprio su quel fonte. Ma lui, ora, si
sentiva messo a nudo. Sbuffò e folgorò il
fotoreporter “Sì, ce l'ho anch'io!”
“Ma è meraviglioso!” disse la bionda per
poi fermarsi di colpo “Un momento, no! Non è vero,
non ce l'ha!”
Tony la squadrò da capo a piedi, infastidito
“Sì, ce l'ho!” ripeté
“Ma quella volta....” stava ragionando lei a voce
alta.
“...era prima
dell'Afganistan.” concluse lui, stirando un ghigno,
più che un sorriso. “Ora, se volete
scusarci...” disse trascinando Pepper per il gomito.
“Se cambiassi idea...” disse Christine, facendo
scivolare velocemente nella mano della rossa il suo bigliettino da
visita.
Allontanati i giornalisti, si ritrovarono nella situazione di partenza:
i due nativi africani si erano spostati per avere un minimo di privacy,
ma la tensione tra i due era palpabile anche da lontano; Janet,
pettegola com'era, era tutta galvanizzata da quell'incontro del destino, come
diceva lei; un annoiato Pym stava sbracato sul tavolo, Ben -lasciato
solo da Reed che era sparito, probabilmente in cerca di sua moglie-
socializzava con Warren, il quale era stato fatto sedere al tavolo con
istruzioni precise sul suo comportamento, e Jhonny malediva Gambit per
essersi appropriato della bella Rogue sotto il suo naso. Natasha e
Steve erano spariti un'altra volta. Tony inarcò un
sopracciglio, sovrappensiero: che davvero quei due stessero assieme e
non si perdessero ogni momento utile per appartarsi? La cosa gli era
suonata molto strana, alla torre, eppure erano stati convincenti,
lineari, naturali... D'altronde, lui era la persona meno indicata per
svelare intrighi: si era fatto fregare dal suo amministratore delegato,
dal suo amico, dai suoi assistenti, e anche dalla donna che amav.... a
cui era legato a doppio filo! Lavorativamente parlando, certo. E anche
privatamente. In parte.
“Mi dispiace, Pep...” disse con un sorriso mesto
“...non possiamo ballare come l'altra volta...”
“Non c'è problema...” rispose lei con
una maturità che, in un primo momento sorprese il
miliardario. Insomma, l'uomo che amava (perché Pep era
innamorata di lui, vero? Ma certo! Dopo tutto quello che avevano
passato ancora si faceva venire i dubbi... Era stata parecchio
esplicita quella sera...no...esplicita su una richiesta particolare...)
le stava dando buca, svicolava da una manifesta dimostrazione di
impegno... e lei restava così tranquilla? Ma si
ricordò presto, dubbi a parte, che Pep era abituata a
indossare una maschera, con lui e al lavoro, per restare in secondo
piano. Quindi, nulla toglieva che lei, in realtà morisse dal
desiderio di scendere in pista. Impegnato a lambiccarsi il cervello non
si accorse del malumore che era nato anche nella coppia di insetti.
“E dai! Cosa ti costa?” domandò Janet,
insistente, al marito.
“Sì, Henry, che ti costa? Portala a ballare e
facciamola finita...” replicò anche Ben
prendendosi la testa tra le mani “Mi sta spaccando le tempie
con questa lagna...”
“Non ne ho voglia e basta, mettitela via, Jan! Io non mi
rendo ridicolo come Reed...” disse appuntando lo sguardo
sulla coppia che danzava fuori tempo nel centro della pista.
“Uffa...” protestò la mora mettendo il
broncio. Piantò il gomito sul tavolo e diede le spalle al
marito, offesa.
“Janet...” chiamò Pepper col sorriso di
chi la sapeva lunga. “E se ci facessimo compagnia noi
due?”
Quella si illuminò, tornando di colpo di buonumore
“Ma certo!” gridacchiò saltando ad
abbracciarla e trascinandola verso lo spazio libero.
Quindi, Tony si sedette accanto ad Henry e, dopo un attimo di
assestamento, tutti immersi in un silenzio imbarazzato,
cercò di sciogliere la situazione con una battuta di
spirito. “Allora, pettegolezzi sul sovrano del
Wakanda?” ma l'unica, eloquente, risposta fu l'occhiataccia
di Pym che gli chiedeva di non prendere il posto della moglie petulante
che si era appena allontanata, dandogli un attimo di tregua.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
L'aveva sparata grossa.
Avrebbe dovuto rispondere qualunque altra cosa -tranne che avrebbe
preferito appartarsi con lui, ovviamente- piuttosto che dirgli che
accettava il suo invito a ballare. Ma ora erano lì. E Gambit
non aveva voluto entrare a metà brano: voleva averne uno
tutto per loro.
Giustamente, mettendosi nella sua prospettiva.
Ora, l'aveva lasciata un attimo a bordo della pista (a fare tappezzeria
come una zitella del secolo scorso, suggerì la voce acida,
un po' maligna e invidiosa di Carol, dentro di lei) per andare a fare
il cascamorto con la bella rossa sul palco, la vocalist del gruppo
Atlas. Lo vide aspettare l'assolo strumentale e, fattosi notare dalla
bellezza esotica -e svestita- di nome Venere, allungarsi per parlarle
all'orecchio. Lei annuì quasi subito, divertita e
condiscendente, lanciandole un'occhiata complice. Guardava proprio
lei... Perché, dannazione? Voleva farsi beffe di una mutante
sfigata mollata ad aspettare come una scema?
Quando Remy fu di nuovo al suo fianco, fu costretta a ingoiare
l'orgoglio e cacciare la rabbia che l'aveva accecata.
Gli artigliò la manica e, con lo sguardo basso,
vuotò il sacco per distrarsi da quei pensieri egoistici.
“C'è un problema... io non so ballare...”
Negli occhi di Remy vide un lampo di delusione che fu subito sostituito
dal solito fuoco divertito che li animava “Ti
insegnerò io... Ma non avevi detto che con Cody...”
“Una Lambada! E quando eravamo bambini!”
protestò lei, rossa fino alla punta delle orecchie per la
vergogna.
“E non hai la memoria di nessuno, che possa esserti
utile?” domandò lui perplesso. Quando Rogue scosse
la testa, appuntò lo sguardo sui pochi ballerini, in cerca
di una soluzione. “Beh... non è
difficile...Ballare è come fare l'amore...”
cominciò lui avvertendo la rabbia e l'imbarazzo della
compagna al suo fianco. Divertito da quella reazione così
genuina, continuò il suo discorso “Ma questo lo
sanno anche i sassi.” Sentenziò cercando quasi di
offenderla di proposito. Cercava di farle capire che, se aveva
aspettato tanto a lungo, di certo non pensava solo a quello ed era
offensivo che lei lo sminuisse a un patetico uomo divorato unicamente
dai desideri carnali “Meno nota è la relazione con
il combattimento. C'è stato un periodo in cui, come nozione,
era venuta alla ribalta, grazie ai videogiochi -pensa alla capoeira- e
ai film orientali -dove i ninja si affrontano in una coreografia
studiata al millimetro-. Ma è un concetto vecchio come il
mondo. E tutti e tre, sono collegati tra loro.”
“Mi prendi in giro?” domandò lei
scettica.
“Affatto. E gli scienziati potrebbero confermarti come ci
siano anche evidenze biologiche... comportamenti e parametri, in
comune... l'adrenalina... non ricordo bene...l'ho solo
letto...” si giustificò “Ma il ballo
rituale, come simulazione della battaglia è un dato assodato
da tutti gli antropologi. Il ballo e l'amore e la battaglia... sono
attività di coppia, diciamo: è una relazione a
due, normalmente, dove ci dev'essere una perfetta coordinazione tra le
parti e anticipazione dei movimenti dell'altro...”
“Posso capire danza e guerra, danza e amore...ma amore e
guerra...come riesci a tenerli assieme?” domandò
lei con sarcasmo.
“A parte il sempiterno Eros e Thanatos? Amore e
Morte?” la zittì lui “Potrei farti mille
esempi, ma uno vale per tutti... vogliamo andare?” disse
sentendo le note finali del brano “Intanto, per ora, tu pensa
di dovermi in qualche modo combattere. Ma sei vincolata, ricorda solo
questo: una delle nostre mani deve sempre rimanere agganciata. E la
maggior parte del tempo, comunque, dovremmo stare vicini. Si tratta
di... guadagnare spazio, mettila così...”
“Come i cani? Dominio territoriale?”
“Più o meno. E non hai bisogno di
menarmi...” ghignò lui “Ma preparati,
perché non ti lascerò avanzare tanto
facilmente... e niente poteri!”
Presa dalla sfida implicita nelle parole del francese,
afferrò la mano tesa con slancio (e non con la grazia che
una donna innamorata avrebbe usato nell'accettare un invito alle danze
dal suo amato) e avanzò al suo fianco fino al centro della
pista.
Si lasciò stringere e, pur rimanendo a debita distanza, si
sentiva agitata ed emozionata come non le era mai capitato. E non era
solo la simulazione della battaglia ad agitarla. Presa com'era dal suo
compito, non si accorse neanche della musica, finché non si
rese conto, dopo pochi passi, che, tutto sommato, il suo corpo andava
da solo: era un ritmo che conosceva bene, quello della Lambada,
nonostante fosse stata riarrangiato sul tempo del tango, ragion per
cui, nonostante tutto, riusciva a reagire da subito in modo istintivo e
appropriato alle mosse di Gambit.
Stava per riempirlo di improperi, per quel trucco meschino, che lui
-quasi le avesse letto nel pensiero- sorrise e cominciò a
sciorinare parole totalmente estranee alla musica. Danzava e parlava. E
non aveva il fiatone, nonostante la guardasse con gli occhi
supplichevoli di chi ha la milza che duole e non ha più
fiato per continuare la maratona. Ma forse lo sforzo fisico non
c'entrava nulla. “Non vogliono schivarsi, non parano e non si
ritraggono. Non danno colpi finti, ora pieni ed ora scarsi.
L'oscurità e la foga impediscono una certa finezza...”
disse, cavalcando la prima strofa, dopo averla allontanata e
riavvicinata a sé un paio di volte e averla fatta
volteggiare su se stessa, stringendola, in ultimo, per condurla in
un'allegra sgambettata, ora avanti ora indietro. “Di cosa
parliamo?”
“Non ne ho idea...” replicò lei, colta
alla sprovvista e subodorando una qualche citazione letteraria.
Gambit continuò, fermandosi solo nei momenti più
intensi del brano, in cui, la stringeva a sé con ardore o,
piuttosto, si fingeva risentito e la cacciava per poi tornare sulle sue
tracce “La vergogna dei colpi ricevuti porta alla vendetta e
la vendetta a sua volta riaccende la vergogna, quindi colpiscono di
continuo e in fretta, chè a stimolo nuovo si aggiunge nuova
motivazione. D'ora in ora la lotta si fa più serrata... Per
tre volte il cavaliere stringe la donna con le braccia robuste ed
altrettante la donna si scioglie da quella presa tenace, presa di un
fiero nemico e non di un amante.”
“Mi hai appena dato la soluzione...”
ribatté trionfante Rogue, avanzando di una serie di passi
“E' un po' ambiguo ma è chiaro... due amanti che
nella vita di tutti i giorni sono avversari e che di notte si danno un
gran da fare... Giusto?”
Remy la strinse a sé, le labbra a un soffio dalle sue. La
fissò intensamente. Quindi, quando Rogue era praticamente
certa che avrebbe tentato una volta di più di baciarla, lui
stirò un sorriso “Sbagliato!”
replicò allontanandola di nuovo. “Ma ecco che
ormai è giunta l'ora fatale e la sua vita deve finire. Lui
le spinge la spada di punta nel petto, che vi si immerge e ne beve
avido il sangue; l'armatura, ricamata d'oro che tratteneva teneramente
il seno, si riempie di un fiume caldo. Lei già si sente
morire, il piede, privo di forze, vacilla.” recitò
allentando un po' la presa e dandole una sensazione di vertigine,
costringendola ad aggrapparsi a lui per non cadere. Quindi la riprese e
la strinse a sé più e più volte, con
una foga non necessaria, a sottolineare quello che stava dicendo
“Lui continua ad accanirsi per la vittoria, incalza la
vergine trafitta, minacciandola e premendo su di lei...”
concluse con un sorriso triste “Il resto non
serve...”
“Ommioddio!” sbigottì lei
“Stavano lottando e... che schifo, uno stupro! Questo
è un pazzo sadico omicida!”
“Non c'entra niente lo stupro!” si
risentì lui “Tancredi non avrebbe mai torto un
capello a Clorinda: è solo un passo della Gerusalemme
Liberata! E' un equivoco e lui prende l'amata per un nemico... si
scontrano lealmente ma lei perde... quello che avviene tra loro
è reso di proposito in chiave ambigua: quello che avrebbe
potuto essere e quello che è stato..” Fece una
pausa notando come la donna non lo badasse e sbuffò
“E dire che mio padre
ha sempre pensato che la letteratura fosse roba da donne, inutile, e
non un'arma potentissima... per un seduttore...”
“Oh Dio... E' così...ambiguo... fino all'ultimo.
Rasenta la blasfemia... è …una
perversione!” continuava lei, senza ascoltarlo.
“Intendi il simbolo fallico imbrattato dalla vergine o
l'associazione amore-morte?” domandò lui
divertito, riconquistando la sua attenzione.
Rogue rimase interdetta per un attimo “Tutto,
dannazione!” strepitò
“Sei un po' bacchettona, Marie!” replicò
lui costringendola a un casqué. Rogue sentì il
fiato caldo di lui sullo sterno e, prima che potesse intimargli di
stare lontano, Remy la riportò in piedi. “Temo non
sia stata un'idea brillante, quella di invitarti a ballare... non
questo, almeno...”
“Perché?” domandò lei
stupita: aveva fatto tutto da solo e ora si lamentava pure?
“Il tango...” sospirò lui al suo
orecchio“...durante la cui esecuzione non si dovrebbe
parlare... come accennato prima, in realtà è la
cosa più vicina all'atto sessuale stesso. E' il
più sensuale tra i balli. Motivo per cui l'ho scelto, in
realtà...” Sentì Rogue irrigidirsi tra
le sue braccia e, spostando appena lo sguardo sulla ragazza, le vide il
volto in fiamme. “Non dirmi che non te ne sei
accorta?”
Sì, Rogue ci aveva fatto caso eccome. Perché le
loro gambe, che apparentemente si cacciavano a vicenda, e la vicinanza
dei corpi in quello strano contatto certo non aiutavano a tenere a bada
quella strana sensazione di vertigine e quel brivido che le percorreva
la schiena in tutta la lunghezza. Ma aveva cercato di non dargli troppa
importanza, come aveva sempre fatto. Pensava fosse la norma, non una
particolare reazione fisiologica maschile.
Era strano rendersi conto solo ora dei segnali di interesse che l'altro
mandava praticamente in continuazione. Era strano associare a quello
stato di turbamento, al suo stupido batticuore una risposta
così naturale da parte del Cajun. Era strano
perché non aveva mai fatto il collegamento. Lui era l'unico
con cui si fosse trovata così spesso a così
stretto contatto e non aveva mai sospettato che la cosa potesse essere
una singolarità.
Rendersi conto che, ogni volta che erano stati assieme, lui aveva avuto
quel tipo di reazione, reazione che lei associava al suo attuale
stordimento, le dava le vertigini: ingenuamente aveva sempre pensato
che la loro vicinanza lo lasciasse del tutto indifferente, che il cuore
non gli galoppasse in petto come una mandria imbufalita né
che altri pensieri potessero scavalcare la sua razionalità,
lasciandolo letteralmente agonizzante per un incontro mancato: aveva
davvero creduto che il corpo maschile fosse così diverso da
quello femminile? Che le emozioni dei due fossero così
diverse?
Tutta quella consapevolezza, ora la stava agitando ed emozionando. Ne
era, letteralmente, travolta e sopraffatta.
Specialmente, ricordando cosa si erano detti in macchina. O meglio,
cosa lei avesse confessato. Ora erano a carte scoperte: che lui fosse
interessato non era certo una novità ma, chissà
perché, ora tutto le sembrava nuovo e imprevedibile.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Sì sì, Rogue è un po' tanto dura di
comprendonio...
come mostrato anche in Bello
e impossibile, la ragazza, poverina, quanto a esperienza sta
a zero. Diamole il beneficio di questi turbamenti adolescenziali (a
trent'anni...vabbè...)
A proposito di Rogue...è pronto -con un po' di ritardo- il
disegno...così capirete cosa c'è di
scoperto nel suo abbigliamento... ;)
Il discorso di Gambit è una parafrasi (o meglio, parte di
una parafrasi) del celebre combattimento tra Tancredi e Clorinda. Un
amore spesso citato come amore tragico (notiamo l'ironia, per
favore...tornerà più avanti) al pari di Orlando e
Angelica o Dante e Beatrice.
Direte voi: che c'azzecca la letteratura italiana?
Sorvolando sul fatto che noi siamo dei gran provinciali, su certe cose
(ce l'ho un po' a morte con tutti gli anglicismi perché fanno figo
-ricordo solo che Oxford vuol dire Guado dei buoi... da noi chi si
vanterebbe di aver studiato in un posto simile? Per non parlare dei
vari nomi tradotti pari pari...noi ce ne vergogniamo, loro ne fanno
punti di forza), c'è da ricordare che la nostra cultura
all'estero affascina tantissimo ed è spesso citata qua e
là. Parliamoci chiaro...la cultura mediterranea avrebbe miti
da narrare e luoghi da visitare in eterno...i paesi anglosassoni
campano su 4 cagate: fanno monumenti a una pozzanghera e noi lasciamo
andare in malora uno dei più grandi patrimonio artistici
mondiali... solo per fare un esempio..loro e l'obelisco del
campidoglio...noi abbiamo le piazze piene (e sono originali, vecchi di
secoli): loro ci costruiscono attorno un carrozzone mediatico e noi li
snobbiamo...anche perché sono parte del nostro patrimonio
come l'aria che respiriamo.
Ma tornando a noi... Remy è uomo di cultura. Sì,
è un ladro, ma è un cajun, la cui cultura
è pesantemente europeista (francese, vabbè...),
il signor padre -Sinistro- è inglese (avrei da ridire anche
lì...perché la vera potenza della Gran Bretagna
si è sviluppata solo nel 1500 con Francis Drake e la guerra
di Corsa... intanto nel mediterraneo noi e gli altri popoli
commerciavamo da secoli... ma gli anglosassoni sanno vendersi bene...).
Remy è un romantico, usa paroloni per intortare le sue
vittime. Certo è un ladro. Ma un ladro che si rispetti (non
il borseggiatore o il topo d'appartamento che lo fanno per fame) deve
avere una certa cultura per sapere se sta rubando croste o piccoli
oggetti di antiquariato di grande valore, dovrebbe saper
contestualizzare un'opera nel tempo con le tecniche allora in uso (e
che uno splendido falso potrebbe ignorare) e ciò vuol dire
aver piena conoscenza non solo degli aspetti tecnici ma anche della
storia e della cultura... che si esprimono tramite la letteratura (di
ogni tipo, dai trattati alla poesia).
Ecco, ancora una volta, dunque, la dicotomia tra i due: lei una capra
irruente, lui uomo raffinato e delicato...
PS: sulle tempistiche dei balli...loro sono svicolati subito all'inzio
del capitolo. Quando Tony ritorna al posto e trova Reed con Sue, il
ballo di Rogue e Gambit è finito da un pezzo... ;)
Per il resto... dei nostri amici africani ci occuperemo -finalmente- la
prossima settimana.
Ora volevo mettere le basi (tra Pepper e Christine) per qualcosa che
avverrà più in là. E mostrare cosa
succede con quei due cosi che hanno in petto... e come risolveranno la
situazione se lei e Tony vogliono spicciarsi a concludere qualcosa.
In realtà, il fatto della repulsione è presa pari
pari dai fumetti... e mi sembrava giusto far sapere anche a voi di
questo dettaglio. ;)
alla prossima!
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Capitolo 29 *** La Pantera Nera e la Leonessa Bianca ***
29. La
Pantera Nera e la Leonessa Bianca
Ororo si passava nervosamente il bicchiere da una mano all'altra,
cercando un modo per svicolare a quella situazione a dir poco
imbarazzante.
Se solo avesse letto la lista degli invitati...
Sospirò.
Cosa avrebbe potuto fare? Abbandonare Warren a se stesso? Rifiutare una
cortesia al loro mentore? No, certo. Il suo senso del dovere,
d'amicizia e riconoscimento sarebbe stato più forte
dell'agitazione che, sicuramente, l'avrebbe presa nello scorgere quel nome nella
lista. E di questo anche il professore era ben cosciente. Che l'avesse
fatto di proposito? La cosa la innervosiva non poco, soprattutto
perché, inspiegabilmente, T'Challa le era comparso davanti
come se nulla fosse mai successo. Era un uomo che sapeva il fatto suo e
non accettava un semplice no
come risposta: era più ben disposto nei confronti di un no accompagnato da
spiegazioni. Spiegazioni che lei non intendeva fornirgli
perché erano cose scontate che lui sapeva e fingeva di non
ricordare.
E ora stava lì.
L'aveva trascinata lontano dai suoi amici, aveva lasciato le sue
guardie al tavolo con gli altri perché voleva parlarle. Cosa
c'era da parlare dopo che l'aveva scaricata in quel modo?
Serrò gli occhi, abbassati sulle dita intrecciate sullo
stelo di vetro, nella speranza di ritrovare un briciolo
dell'autorità e della fermezza con cui metteva in riga i
suoi compagni di squadra e gli studenti più indisciplinati.
Perché, quando si trattava di lui, ogni proposito restava
sospeso nella sua mente solo come un arcobaleno dopo la tempesta,
pronto a dissolversi al primo battito di ciglia.
“Sei bellissima...” il complimento di T'challa
arrivò come una stilettata dopo i pochi secondi di silenzio,
durante i quali aveva cercato disperatamente di far ricorso a tutta la
sua fermezza. Ma niente: la gambe erano molli, il cuore batteva
all'impazzata. Quasi rimpiangeva anche la scelta del vestito, troppo
simile a quello che aveva comprato per lui quella sera di tanti anni
prima... la loro prima sera, la sua prima sera da donna. Ora avrebbe
solo voluto coprirsi, colmare la voragine dello scollo un po' troppo
audace e ricucire gli spacchi della gonna. Avere tutta quella pelle
esposta, davanti a lui, non era una cosa saggia, risvegliava antichi
ricordi, istinti, desideri... Ma lei era così. Libera come
il vento.
Ancora, la domanda tornò a fare capolino nella sua mente in
modo malizioso: avrebbe davvero rinunciato a qualcosa se l'avesse
saputo in partenza?
Si sentiva così stupida! E il sottofondo musicale sembrava
darle conferma della sua stupidità, beffeggiandola con un
ritmo allegro e scanzonato.
A grown-up woman1
should never fall so
easily.
[Una
donna adulta/non dovrebbe mai cadere (perdere la testa/innamorarsi)
così facilmente]
A disagio, spostò una ciocca dei lunghi capelli bianchi non
trattenuta dall'alta coda di cavallo dietro l'orecchio e
balbettò un grazie a fior di labbra. Perché non
riusciva a dirgli che quelle moine poteva ben risparmiarsele? Che erano
un inutile tentativo di rappacificazione se, tanto, erano destinate a
restare semplicemente tali? Non riusciva a sollevare lo sguardo su di
lui e non perché fosse un principe appena diventato re, non
perché il Dio Pantera l'aveva scelto. Figurarsi! Prima di
entrare a far parte degli X-men, lei era stata considerata una dea,
visto il beneficio che la terra inaridita dell'Africa traeva dai suoi
poteri. E non una dea qualunque, ma l'incarnazione della Dea dei Venti,
la forza primigenia, la vestale di ogni forza naturale. Quindi, poteva
considerarsi pure superiore a lui che, in definitiva, era solo un
misero sacerdote e fronteggiarlo a testa alta: lei aveva potere di vita
e di morte su popolazioni intere. Ma, come anche la tremenda
Kalì2, si ammansiva alla vista del
suo amato. Quale ironia... La leonessa si trasformava in un agnellino
tremante. Stupida!
“E' stata una vera fortuna che tu fossi l'accompagnatrice di
Warren. Desideravo tanto vederti...” mormorò lui
con tono afflitto che, però, fece scattare qualcosa nella
mutante.
Ororo, improvvisamente, divenne gelida come i venti del nord
“E cosa te lo impediva, ora che sei il re del
Wakanda?” domandò stizzita e altera, ogni traccia
di imbarazzo era sparita. Prima era stato il padre, re T'Chaka , a
tenerli separati. Ma T'Challa aveva acconsentito di buon grado a
rompere il fidanzamento. Non aveva provato nemmeno per un istante ad
affrontare suo padre e far valere le sue ragioni. Il loro amore, in
fondo, valeva davvero poco se lui non aveva nemmeno tentato di
difenderlo. E lei, d'altronde, non era nulla più di una
ladra e orfana.
Ora, che era re, la cercava ancora. Ma con tutto comodo. Tanto lei,
nonostante Ororo cercasse di non darlo a vedere, sarebbe sempre stata
lì per lui. E T'Challa era sicuro di questo, non aveva la
minima incertezza sul fatto che lei potesse scegliere, un giorno,
qualcun altro.
Nonostante l'avesse praticamente aggredito verbalmente, lo
sentì sospirare. Le sembrò che il peso di quella
carica si fosse fatta improvvisamente strada nella sua mente, andando a
gravargli con tutto il suo carico di responsabilità.
“Ci sono stati... dei problemi.” disse lui,
scusandosi. “Tu sai come il Wakanda sia uno Stato chiuso in
se stesso, che non accetta il confronto col mondo. Sto cercando di
convincere tutti dell'importanza della nostra presenza sulla scena
mondiale. Ma non è semplice. Come non sarà facile
farsi accettare, pur dimostrando le nostre buone intenzioni, al
consiglio dell'O.N.U..” sospirò “Per non
parlare di chi non mi vuole sul trono... Sarei venuto a cercarti non
appena la situazione si fosse stabilizzata. Ho così tanto da
fare che non riesco nemmeno a dormire...”
Ed era vero. Ororo aveva visto, ma aveva voluto ignorare, le profonde
occhiaie e l'aria tirata e stanca nascoste da un trucco sapiente. E
decise di perdonargli la sua assenza, nonostante si maledicesse e si
considerasse sempre più debole ogni volta che si trattava di
lui.
“Abbiamo così tanto da offrire al mondo. E non
solo il Vibranio che già commerciamo con i nostri
alleati...”
“Capisco...” rispose la donna. Anziché
essere comprensivo, il suo commento suonò accusatorio e
distante.
“Ororo...” mormorò lui cercando di
carezzarle una guancia. Ancora una volta, lei fuggì il
contatto, più per imbarazzo che per reale fastidio, e
T'Challa, che non poteva sapere, ritrasse la mano, stringendola a
pugno, costernato. “Mi dispiace...” disse. Quindi
appuntò il suo sguardo sulla collana della mutante che
pendeva placida tra i seni, all'altezza della bocca dello stomaco, e
gli si illuminarono gli occhi “Quello è il dente
di pantera che...”
“Sì” tagliò corto, pentendosi
di aver indossato anche quella sera, come ogni giorno della sua vita,
la collana che lui le aveva regalato quando aveva abbattuto la sua
prima pantera durante il loro viaggi di iniziazione. Che poi era il
suo: lei era stata solo un accidenti nel suo errare tra le terre
dell'Africa alla scoperta del mondo.
Era un regalo molto, troppo importante perché il significato
passasse in secondo piano.
“So che non è il momento più adatto...
Ci rivediamo adesso, dopo tanto tempo e... beh... nessuno dei due era
preparato, in realtà... ma...” sospirò
lui prima di continuare, cercando di allacciare lo sguardo con quello
di lei “Non è che... possiamo riprendere da dove
abbiamo lasciato, quindici anni fa, mia Leonessa?”
domandò con il tono dolce e languido.
Ororo sgranò gli occhi per la sorpresa: le stava davvero
chiedendo di tornare assieme? Ma perché adesso?
Quasi le avesse letto nella mente, o immaginasse un simile
ragionamento, T'challa spiegò “Ora sono re. Mio
padre non può più opporsi. Mia madre ha sempre
sperato che lui cambiasse idea e, di certo, ora non sarebbe contraria.
Il popolo ti adorerebbe...”
“Tu hai aspettato che tuo padre morisse?”
domandò lei, allibita, quasi boccheggiando.
“Sì.” confessò il re
“Sapevo che prima o poi sarei stato libero di chiederti in
sposa e ho finto di assecondarlo pur detestando l'idea di separarmi da
te.”
“E sei stato ad aspettare tutto questo tempo?”
domandò sorpresa, incredula e, in parte, allarmata.
T'Challa sembrò compiaciuto di quella reazione.
Stirò un sorriso e, con tutto il suo regale orgoglio,
rispose semplicemente “Sì”
Uno schiaffo gli fece voltare la testa di lato “Ma sei
scemo?” Ororo quasi urlò mentre l'agente Khanata
si muoveva subito dal suo posto per intervenire in difesa del suo re,
spostando così l'attenzione di tutti i Vendicatori sui due
africani in disparte. T'Challa fece un cenno a Derek di rimanere al
tavolo, quindi, con la stessa mano, andò a massaggiarsi la
guancia indolenzita. “Se tuo padre non fosse morto che tra
vent'anni cosa avresti fatto? Aspettato ancora? Sei uno stupido,
T'Challa!”
“Ho considerato tutto e ho preferito correre il
rischio.” rispose lui mestamente “Sapevo che in
questi quindici anni potevi esserti trovata qualcun altro. E credimi se
ti dico che ho sofferto le pene dell'inferno quando ho saputo dei tuoi
flirt, più o meno seri...” Quando la vide sbarrare
gli occhi, aggiunse “So anche della proposta che ti aveva
fatto Forge... Eravate due mutanti e due sciamani. Sembrava l'uomo
perfetto per te. Però lo hai rifiutato.”
La rabbia, lo stupore, l'imbarazzo, la paura... sul volto della donna
si accavallarono tutte le emozioni della gamma a disposizione degli
esseri umani. Infine, gli occhi le si velarono di lacrime nel rendersi
conto che, come lui, avrebbe potuto aspettare in eterno che la
situazione fosse loro favorevole. Lui era stato onesto, dicendole che,
quella volta, aveva corso il rischio di perderla perché, da
parte sua, l'avrebbe sempre attesa. Lei, invece, ancora cercava di non
mostrarsi fragile come una stupida donna innamorata che crede alle
parole del farabutto che la seduce per poi abbandonarla.
Eppure, le loro intenzioni erano le medesime. Allora perché
non riusciva a perdonargli quel comportamento? Perché lei,
forse, al suo posto, avrebbe lottato? Ma lei non aveva una famiglia a
cui rispondere, se non quella degli X-men che considerava la
realizzazione del singolo come caposaldo dell'armonia all'interno del
gruppo. Né aveva particolari responsabilità che
andassero oltre l'insegnamento (con tutto il carico di
responsabilità e nervosismo conseguente), prendere talvolta
decisioni in vece di Scott o del professore, curare le piante nel suo
attico convertito in serra...
Ma, effettivamente, non aveva il peso di un Paese -e un Paese come il
Wakanda, la cui tecnologia e le cui risorse naturali facevano gola a
molti- sulle sue spalle.
Quell'arroganza che ora ostentava era solo il goffo tentativo di
mascherare la vergogna per non aver creduto nel loro legame e aver
cercato dei palliativi che, puntualmente, si erano rivelati nient'altro
che un pallido riflesso di quello che viveva con il principe wakandiano.
Quella volta, aveva creduto ciecamente alle poche parole che lui le
aveva fatto recapitare scritte su un foglio. L'aveva ritenuto un
viziato e un vigliacco e uno stronzo. Ma mai, mai, nemmeno nei suoi
sogni più disperati, aveva immaginato che lui potesse averla
liquidata per interposta persona per il semplice motivo che non avrebbe
avuto la forza di affrontarla, si sarebbe tradito o semplicemente
soffriva troppo. Quanto gli era costato scrivere quelle poche righe? La
grafia era incerta, lo ricordava, ma aveva pensato che, dopo aver
scritto una minuta travagliata, cercando i termini più
adatti per non ferirla ulteriormente, non volesse prendersi la briga di
copiare in bella, tanto era il disprezzo che lei vi aveva letto: in
quel gesto aveva visto solo una pugnalata gentile e non la sofferenza
di chi, a malincuore, deve abbandonare quanto ha di più
caro, in un'ottica di più ampio respiro.
E T'Challa? Cosa aveva fatto, lui, in quei lunghi anni? Aveva reagito
come lei? O le era rimasto sempre fedele nonostante, magari, il re
T'Chaka insistesse nel presentargli questa o quella principessa? Che
avesse accettato di separarsi da lei e, per ripicca, si fosse rifiutato
di incontrare altre donne, tanto per fare dispetto al re?
Poteva essere, era nel suo carattere. Ma quindici anni erano tanti per
chiunque e lui uno scapolo d'oro.
Voleva sapere e al contempo voleva ignorare cosa avesse fatto l'uomo
che aveva sempre sognato come suo marito. Era bene incaponirsi, ora che
ne avevano l'opportunità, in posizioni così
arroccate?
Annuì appena, cercando di ricacciare le lacrime da dov'erano
arrivate. Bevve d'un fiato quanto rimaneva nel bicchiere e
abbassò ancora lo sguardo. Lasciò che la mano di
lui si scavasse un percorso fino alle sue dita, serrate le une sulle
altre attorno allo stelo trasparente. Lasciò che lui le
prendesse il bicchiere, lo deponesse su un tavolino d'appoggio
lì vicino, tornasse a guardarla e le prendesse le mani nelle
sue. Erano grandi e calde, forti e decise. Nell'accettare quel contatto
c'era la muta risposta alla sua domanda precedente. Potevano
ricominciare?
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
“Che belle che sono!” buttato sul tavolo, Jhonny
Storm commentava affascinato le piroette di Janet e Pepper sulla pista
da ballo sulle note di canzoni che le due avevano classificato come
colonna sonora della loro giovinezza e che, probabilmente, avevano
accompagnato la nascita del loro sodalizio. L'abito in stile anni '20
della stilista, da perfetta flapper girl sbarazzina, che ben le si
attagliava come immagine, frustava l'aria in una danza ipnotica di oro
nero degli strati che lo componevano e che ondeggiavano al minimo
movimento. Pepper, invece, si era raccolta la lunga gonna fin sulla
coscia e il reattore Ark brillava incessante, scandendo il ritmo
forsennato con cui le due si dimenavano in pista. “Sono un
sogno!”
“Smettila di farti filmini su mia moglie!”
protestò Pym, strattonando il ragazzo e ributtandolo contro
lo schienale.
“No, no... lascialo fare...” ghignò
Stark “Così riesco a immaginarmi anch'io un bel
filmino lesbo...”
“Tu sei malato!” sibilò Henry con
disgusto
“E tu un bacchettone...” precisò Tony
“Mi domando cosa ci trovi Janet in te. Io non sopporto
neanche lei...” ragionò arricciando le labbra
“Forse è questo il punto...”
“Al posto di pensare a sozzerie irrealizzabili tra due come
loro...” intervenne Ben Grimm richiamando la loro attenzione.
Aveva seguito lo sguardo dell'agente SHIELD e della scimmia al suo
seguito e aveva trovato qualcosa di -decisamente- interessante
“Perché non vi godete un altro film un po'
più reale? Ehi, Rogue...” chiamò
quindi, voltandosi sulla sedia, senza trovarla
“Dov'è?”
“Lei e Remy si sono appartati...” ghignò
sadica Natasha con un cenno verso la porta a vetri dall'altra parte
della sala mentre Namor tornava al tavolo con in faccia quella
particolare espressione da cane bastonato che potevano avere solo le
persone arroganti e presuntuose a cui erano state preferite persone,
secondo loro, inferiori.
Un altro tassello era tornato al proprio posto anche se lui aveva
dovuto metterci lo zampino (o zampone, come soleva ironizzare sulla
grossolanità dei suoi arti).
Al grido di battaglia Atlantis
is calling, S.O.S. for love3, che
ricalcava il ritornello della seconda canzone sulle cui note avevano
ballato Namor e Susan, aveva spinto l'amico Reed ad andare a reclamare
la propria moglie laddove il mite scienziato avrebbe preferito
continuare a rodersi il fegato piuttosto che fare un torto
-così diceva lui- a quello che era comunque un amico di
famiglia. Ma non c'era nulla di strano. Susan aveva sposato lui, mica
il pesce inguainato! E la bionda, nella sua ingenuità, aveva
segnato un'altra tacca in quella strana contesa tra il principe
atlantideo e lo scienziato di gomma a favore di quest'ultimo,
preferendo ancora una volta, istintivamente, il marito -che non poteva
certo definirsi un Adone- al bel sovrano arrogante e accattivante. Era
un confronto da cui Reed ne era uscito inorgoglito e l'atlantideo
stordito e confuso come ogni volta.
In questo modo, era anche sfumata l'ennesima scommessa sul probabile
regolamento di conti con conseguente versamento di sangue. L'amore
andava ben al di là dell'aspetto fisico e dei modi
affascinanti nonostante questi potessero essere, talvolta, determinanti
nello stabilire una relazione.
Ragionamento che Namor non riusciva a comprendere ma che era costretto
ad accettare.
Arrivato al tavolo, dove le sue guardie ancora stazionavano in piedi,
silenziose e immobili come colonne, il re anfibio alzò lo
sguardo sui presenti e notò la presenza dei dignitari di
T'Challa mescolati al gruppo da cui si era staccato. Storse il naso,
quasi offeso e guadagnò la sua sedia a capotavola. Lui non
aveva nulla a che spartire col povero, stupido T'Challa che cercava di
mescolarsi tra i plebei. Anzi, ci teneva che le distanze fossero
rispettate se non enfatizzate. Qualcosa, in quello strano corteo,
però, gli stava suonando in testa come un deja-vù
che non riusciva a identificare.
“Ah... si perde un gran bello spettacolo...” stava
ancora replicando Ben alla risposta di Natasha dopo aver scandagliato
la sala in cerca dei due mutanti, infrattati chissà dove.
Fece spallucce e si servì di una generosa manciata di
patatine direttamente dalla ciotola che teneva in grembo.
“E cosa ci sarà mai...”
bofonchiò anche Stark che, però, staccando a
malincuore gli occhi dalla pista da ballo, si volse insieme a Pym per
scrutare nella direzione indicata dalla Cosa.
“Hai capito il re del Wakanda...”
commentò di rimando anche Henry allungando la mano alla
ciotola per avere anche lui qualcosa da sgranocchiare durante la visione.
“Siete dei ragazzini... lasciate loro un po' di
privacy...” li rintuzzò la spia, divertita, mentre
anche Steve cercava di capirci qualcosa.
“Ora sarebbe colpa nostra? Potevano imboscarsi come quegli
altri due anziché mettersi a limonare come adolescenti
dietro a una colonna di una sala piena di autorità, con la
stampa onnipresente...” commentò Pym incrociando
le gambe su una sedia libera e lanciandosi i pop-corn in bocca con fare
rilassato.
Quando i due, finalmente, si separarono per prendere fiato, il gruppo
al tavolo si esibì in un applauso sfrenato, urla
incoraggianti e baccano generale che richiamò l'attenzione e
il disappunto di tutti gli altri invitati.
Namor compreso.
T'Challa sorrise alla piccola folla, quindi, sulle note ritmate e quasi
tribali della nuova canzone4,
trascinò un'imbarazzata Ororo in pista, senza curarsi delle
proteste sue o di chiunque altro.
1 ABBA, Lay all your love on me.
2 Kalì, letteralmente
La Nera,
sposa del dio Siva, rappresenta l'aspetto distruttivo della Grande
Madre, la Dea
per eccellenza (proprio come invoca anche Ororo), ma considerata il
prototipo o generazione della dea Durga e cmq associata anche a Shakti,
rappresenta la natura ribelle e genuina (e anche una
sessualità non repressa). Secondo il mito, questa
manifestazione della Dea, che fa il paio con suo marito Siva -il
distruttore della trimurti-, sarebbe l'unica in grado di uccidere un
demone inviato dagli dei. Sconfitto che ebbe il demone, tuttavia,
è accecata anche lei dalla furia omicida. Siva, nel
tentativo di fermare la moglie si getta sul suo cammino. Inizialmente
la dea avrebbe voluto uccidere anche lui ma, riconosciutolo,
è rinsavita.
3 Modern Talking, Ready for Romance,
6. Atlantis is calling
(S.O.S. for love)
Ho inserito il
ritornello in modo che si potesse leggerlo come un avvertimento:
Atlantide è una tentazione pericolosa come il canto delle
sirene e sta
catturando Sue- SOS Reed muoviti che il tuo amore/ la tua relazione
è
in pericolo.
4 Siamo sempre in un revival '80 quindi
la canzone è Comanchero
di MoonRay, anche se sarebbe più adatta a Ororo e
Forge. Ma danza africana e danza indiana attorno al fuoco possono
essere interscambiabili (come molti altri balli in giro per il mondo)
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
-_- Ok.. il capitolo era più lungo ma nella correzione si
è praticamente raddoppiato... per oggi vi dovete
accontentare di Ororo e T'Challa :)
Allora, che ne dite? Son riuscita a rendere credibile e scorrevole e
non troppo incasinata la storia dei due? Tenendo conto che si parte
dagli albori della storia Marvel, in pratica...
E' un accrocco di quanto è successo fino ad ora
(sì, ho citato anche quella piccola perla di A+X in cui Ororo
scatena una tempesta sulle principesse che vengono presentate a
T'Challa dopo il loro divorzio -sul quale non conterei molto,
nonostante l'eterno triangolo con Logan che torna ancora una volta...-
Sì, ho fatto passare 15 anni (sono parecchi... e loro non
sono più due ragazzini -se mai lo sono stati) ma, come
detto, nel mezzo non è che siano rimasti con le mani in
mano... (considero la storia con Forge un po' più seria di
come fu effettivamente trattata...a ben vedere i due stettero
assieme...un mese? Nella realtà. Un anno nella
realtà alternativa ma poi non si cagarono più di
tanto per almeno un annetto... anche se lei ne rimase traumatizzata...
oddio...poi si buttò su Alfiere, ma va beh..)
Se vi state domandando com'è l'abito di Tempesta... eccovelo
qui...
Speravo di finire anche quello di Janet ma rimanderò (e a
questo punto spero anche quello di Susan) alla prossima settimana... Un
pezzo alla volta ve li illustrerò tutti...
Oh, tanto per contestualizzare. Janet è in stile
Charleston... prima che uscisse il Grande Gatsby. Non è una
stranezza: come stilista deve saper prevedere le mode, può
anticiparle autonomamente ma, soprattutto, come accennato in
precedenza, ha contatti nel mondo del cinema...quindi poteva pure
sapere già qualcosa del film già all'epoca in cui
è ambientato Avengers (che poi se guardate bene le sfilate,
ogni volta c'è tutto e il contrario di tutto... oppure basta
cercarsi la collezione che ispira di più...son lontani i
tempi in cui c'era UNA moda...negli abiti come in musica).
:) bene... ci stiamo avvicinando rapidamente ai colpi di scena :)
abbiate ancora un pochino di pazienza!
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Capitolo 30 *** Due ladri ***
30. Due
ladri
I grandi respiri che gli irroravano il corpo dell'aria serale, fresca e
frizzantina, avrebbero dovuto riuscire a calmarlo. Invece,
più respirava, più il sangue prendeva a
martellargli le tempie e l'adrenalina a contrargli i muscoli di tutto
il corpo, con l'unico risultato concreto di appannargli la vista e
fargli venire le palpitazioni.
Non era così che doveva andare!
Lasciò andare il corrimano di marmo, lo percorse fino al
punto di incontro con la parete esterna, quindi, con un piccolo
saltello, ci salì sopra e si sedette, poggiando la schiena
contro la superficie bugnata e trasse un altro profondo respiro.
Davanti a lui si estendevano i muri neri e contigui dell'Oceano
Atlantico e del cielo notturno. Il confine tra i due era reso
praticamente invisibile dal cielo scuro e senza stelle per la
perturbazione in arrivo. Solo la luna, con i suoi deboli raggi riusciva
a dare identità agli oggetti più vicini.
Inspirò ancora, tentato di accendersi una sigaretta. Ma la
mano gli tremava come mai prima d'allora e, forse, non era il caso
perdersi in simili vizi, viste le sue intenzioni più
prossime.
Aveva fatto la figura dell'adolescente in calore ed era stato fin
troppo imbarazzante. Ma il fatto che lei, digiuna di certi contatti,
non gli avesse dato tutto il peso che avrebbe dovuto era ancora
più mortificante.
Per lei non era una novità.
Il che voleva dire che era abituata. E cioè, il suo
dannatissimo corpo, probabilmente reagiva sempre a quel modo quando si
trattava di lei. Non che fosse una novità per nessuno, in
realtà...ma avrebbe dovuto esserlo per lei. E dire che era
convinto di riuscire a controllarsi. O che, comunque, le sue reazioni
non fossero tanto palesi. Invece no.
E al posto di mollargli un ceffone da girargli la testa, come chiunque
si sarebbe aspettato dalla Bella del Sud in un frangente simile, si era
preoccupata per la sua propria reazione. E aveva acconsentito di buon
grado di camminargli davanti, pur senza afferrarne la reale
necessità, in modo da rendere meno evidente il rigonfiamento
dei suoi pantaloni, seppur già coperta dalla giacca
sommariamente richiusa.
Una volta all'aperto, Remy l'aveva spedita a prendergli un bicchiere
d'acqua e Rogue, premurosa, era schizzata nuovamente in sala: in quel
momento era capace di essere nel mezzo di una rissa per guadagnare il
tavolo dei beveraggi ma almeno lui aveva guadagnato istanti preziosi
per ricomporsi.
Dilettante.
Chiunque l'avesse visto in quello stato sarebbe stato più
che autorizzato a ridere di lui. Il grande Gambit, il seduttore, che
commetteva certi errori... a dir poco vergognoso.
Portò una mano al cuore, nel taschino dove conservava
gelosamente il suo asso per quella serata. Doveva rimediare. E doveva
andare bene. Ci aveva ragionato troppo, l'aveva vissuto nei sogni
notturni e in quelli ad occhi aperti, aveva passato giornate intere
architettando, pianificando, studiando quel particolare momento. Forse
aveva troppe aspettative. Forse lei si sarebbe tirata indietro. Ma era
fiducioso. Forse troppo. Non riusciva a togliersi dalla testa quella
sillaba, quel sì
stentato che le era sfuggito di bocca e che forse lei sperava lui non
avesse sentito o avesse già dimenticato.
Era tutto a posto, nulla poteva andare storto, il grosso era
già stato fatto. Respirò ancora.
E finalmente lei tornò.
Varcò la soglia quasi correndo, diretta verso il punto in
cui l'aveva lasciato: non si era accorta che lui si era spostato. La
vide sbarrare gli occhi, improvvisamente agitata. “Sono
qui...” disse piano per non spaventarla.
“Come stai?” domandò lei sedendosi
accanto alle sue gambe e porgendogli da bere.
Gambit non rispose, tracannò avidamente il bicchiere
d'acqua, quindi si allungò per poggiarlo a terra.
“Ora meglio...” rispose raddrizzandosi e alzando
appena lo sguardo su di lei.
Rogue trasse un sospiro di sollievo, quindi lo additò, non
troppo adirata nonostante le sue parole dicessero il contrario
“Non fare più scherzi del genere! È di
cattivo gusto...”
Ma Gambit ormai non pensava ad altro. Anzi. Non pensava proprio
più. Il cervello era in overloading e si sentiva stranamente
privo di freni inibitori. Le afferrò la mano al volo e la
tenne stretta nella sua. Quindi la tirò verso di
sé, facendosi scivolare la ragazza addosso. La tenne per la
vita, impedendole di cadere. I suoi occhi, lo sapeva, dovevano essere
due tizzoni ardenti di desiderio. Ma doveva trattenersi. Andare per
gradi. Non spaventarla.
Per non farsi del male.
Il pensiero lo colpì violentemente: quella era sempre la
stessa mutante che non avrebbe mai potuto toccare. A meno che il suo
regalino non si confermasse portentoso come sperava.
“Lasciami andare...” protestò lei,
debolmente, quando avrebbe potuto fare comodamente tutto da sola e
scagliarlo in fondo al mare a far compagnia ai pesci.
“No” replicò lui “Dobbiamo
finire un certo discorso...”
La ragazza sbarrò gli occhi “Non abbiamo nessuno
discorso in sospeso...”
“Oh, sì che lo abbiamo. Se mi avessi dato un'altra
risposta adesso il discorso sarebbe chiuso. Ma ti sei fatta scappare un
certo Sì
a una domanda ben precisa. Quindi, ora ne parliamo un altro po'. Tanto
alle donne piace parlare,
non?” Il suo sorriso divertito arrivò
a illuminargli gli occhi di quel particolare bagliore che avevano
sempre quando si divertiva a prenderla in giro.
“Non c'è nulla da aggiungere. Ti avrei detto no se avessi saputo
che l'avresti tirata ancora per le lunghe...”
“Avresti mentito...” replicò lui.
“Senti... lo sai come stanno le cose. Mi è
impossibile una qualunque relazione che non sia semplicemente
platonica. Perché ti diverti a rigirare il coltello nella
piaga?” attaccò Rogue.
“Se ti dicessi che non è cosa impossibile? Che
sono certo di avere la soluzione ai tuoi problemi?”
domandò serio, costringendola a guardarlo.
Un lampo di speranza le attraversò lo sguardo. Ma lo
scetticismo e la paura ne presero immediatamente il posto.
Liberò una mano e l'affondò nella giacca, per
estrarne la scatoletta di velluto blu che si portava appresso da tutta
la sera. Gliela porse mentre lei spostava uno sguardo ora stupito e
perplesso tra lui e la scatola. “E' per te...”
precisò lui, vedendola titubante “E non chiedere
perché. E' per te e basta...”
La vide esitare nemmeno si trattasse di una scatola di metallo
arroventato o di un novello vaso di Pandora, dal cui contenuto
dipendeva l'umanità intera. “Nessuno mi ha mai
regalato nulla...” si giustificò lei, ritraendo la
mano e guardandolo. “Perché?”
domandò puntualmente.
“Perché mi andava. E speravo che, magari, con un
gesto tanto carino ti sciogliessi tra le mie braccia...”
aggiunse divertito. La provocava di proposito, come avrebbe fatto con
chiunque altra. Ma sapevano entrambi che un simile meccanismo con lei
non avrebbe mai funzionato.
Rogue deglutì, aprì la confezione e rimase a
bocca aperta. “Ma è... Quando l'hai preso?
Perché l'hai rubato, vero?”
“Così mi offendi. Ti pare che ti regalerei mai
nulla di rubato?” Allo sguardo sarcastico della ragazza,
raddrizzò il tiro “Avrei potuto. Ma no. Quel
giorno, grazie alle mie doti, ho solo fatto in modo di farmelo mettere
da parte. Alla prima occasione sono tornato a comprarlo...”
“Quindi il regalo di Kitty...”
“Era una scusa, sì... banale, ma ci sei cascata
come una pera!” precisò trionfante. Con
delicatezza, le prese la scatola dalle mani “Dammi, te lo
metto io...”
“Ma... è troppo,
per me!” cercò di protestare lei
“Ah, non dire scemenze. Sei una donna, santo
cielo...” replicò strattonandole il braccio e
costringendola ad avvicinarsi ulteriormente. Ora il suo profumo
sovrastava anche quello pungente e penetrante del mare. “Una
splendida donna...”
“Che non puoi avere...” replicò lei con
un tono che parve quasi soddisfatto.
Remy arricciò il naso ma non disse nulla “Sono pur
sempre il principe dei ladri... non mi sottovalutare.”
“Curioso...” commentò lei divertita
mentre lui liberava i bracciale dalla confezione “In un certo
senso siamo entrambi ladri. Solo che io rubo qualcosa di intangibile...
la vita, i ricordi e le memorie altrui, diventando così come
le mie vittime... e non lo faccio nemmeno a fin di bene... sono
più come...”
“L'Aladin disneyano? Ti prego!” ghignò
lui “Ci offendi... lui era un imbroglione, si spacciava per
quello che non era..”
“Tu no, eh?” replicò sarcastica
“Per me stesso preferisco il paragone con sir Robin Hood...
dato che qualcun'altro s'è già appropriato di
Phantomas e di Arsenio Lupin...” sbuffò
indispettito aprendo il bracciale. “Perché
ridi?”
“Perché era proprio a lui che mi riferivo... e
c'è davvero dell'ironia. Dato che il mio nome...”
tacque mordicchiandosi le labbra.
Gambit ci pensò su, mentre le prendeva la mano guantata e
faceva scorrere l'anello intarsiato sul suo polso “Anna
Marie?” domandò perplesso, pronunciando il suo
nome “Cosa...? oh!” si illuminò
“E' un falso nome!”
“Ho solo invertito l'ordine. Non mi andava di cambiare
completamente identità. Mi piacciono i miei nomi... ma non
volevo venir trovata facilmente e l'assunzione del cognome di Mystica
avrebbe fatto il resto...”
“Lady Marianne...” alitò lui sorpreso e
divertito “Direi che è un segno del destino, non?”
“Ma tu parlavi di soluzione ai miei problemi...”
“Sta qui...” precisò lui indicando il
bracciale mentre armeggiava per chiuderlo
“In un bracciale?” domandò lei scettica
senza pensare al fine che tutta quella messinscena nascondeva nemmeno
troppo velatamente. La sua attenzione era tutta concentrata sulla sua
maledizione tattile. Che forse si sarebbe sciolta all'improvviso... Per
un attimo pensò al classico bacio del principe che rompe
l'incantesimo... nel suo caso, l'ordine sarebbe stato invertito.
Ridendo di se stessa e di quei pensieri, cacciò l'immagine
dalla sua testa: non voleva illudersi come una bimbetta. Le importava
solo di non impazzire più assorbendo le
personalità altrui.
“E' stato un po' modificato...” precisò
Remy, rimanendo sul vago.
“Ah” ridacchiò “Ora hai anche
qualche dote nascosta che ti aiuta a controllare i poteri altrui? Sei
tu il famigerato Pulse per cui ci siamo azzuffati a Muir?” lo
canzonò “E perché non sei intervenuto
prima?”
“Sciocca...” la sgridò dolcemente
“Mi ha aiutato tuo fratello...”
“Kurt?” allibì lei “Il suo
bracciale è solo...”
“Non hai capito...” disse contemplando il suo
operato e intrecciando le dita con le sue mentre la mano libera correva
veloce su per il braccio. “E' dotato di una tecnologia, unica
nel suo genere, in grado di annullare tutti i poteri mutanti... ti
ricorda nulla?” disse facendole scivolare il lungo guanto
sulla pelle candida. Rogue, gli occhi sbarrati di paura,
cercò di sottrarsi al contatto ma le dita di Gambit si
insinuarono di prepotenza sotto la stoffa, forzandone la rimozione.
“Vedi?”
“Sei andato da Essex...” alitò lei
“Te l'avevo detto che andavo da mio padre...”
replicò divertito mentre lei boccheggiava e le vedeva
montare la rabbia. “Non hai nulla da temere...” la
rassicurò mentre le si avvicinava “O meglio... non
dal bracciale... forse...” disse mollando la presa e
voltandosi, improvvisamente dall'altra parte, verso l'orizzonte
indefinito “... è meglio se non mi stai
così vicina...”
“Che stai dicendo?” domandò lei cercando
di riallacciare lo sguardo con quello del francese, stordita da quel
repentino cambiamento di atteggiamento.
“Ora sei... vulnerabile..” articolò con
voce arrochita dal desiderio che era tornato prepotente a dominarlo
“Puoi sempre toglierti il bracciale e rimettermi a posto,
certo... ma... ora hai la forza di una donna qualunque... Mentre
io...” deglutì a vuoto tornando a fissarla
“Non so se ho la forza di trattenermi ancora...”
“Trattenerti?” domandò lei stranita e
senza allontanarsi di un soffio
Remy sbuffò, sbollendo in parte, grazie a quell'uscita tra
l'ingenuo e il demenziale, le emozioni che gli vorticavano in pancia
“Dal saltarti addosso, Rogue! Se non ti allontani subito
potrei non rispondere delle mie azioni. Sei... troppo... una
tentazione...” biascicò, l'attenzione nuovamente
calamitata dalle sue labbra. Fu costretto a scuotere la testa per
snebbiarsi le idee “Mi faccio schifo...” disse
ritraendo la mano dalla sua, come scottato. Sentendosi lo sguardo
preoccupato, e incuriosito al contempo, della compagna piantato
addosso, si costrinse a vuotare il sacco: magari pronunciare
quell'orrore l'avrebbe fatto rinsavire “Non... non voglio
fare nulla che non voglia anche tu. Ma se non mi dici nulla io... Se
non vuoi, devi dirmelo! Temo davvero che potrei
violentarti...” confessò alzando gli occhi
scarlatti nei suoi smeraldini. Occhi che, però, non
mostravano alcun cenno di allarme. Che non avesse capito? Era stato
abbastanza esplicito. Possibile che non sapesse a cosa si riferisse
nonostante poco prima avesse urlato per l'orrore in mezzo alla pista da
ballo? No... aveva ben presente il passato di Mystica. Eppure, sembrava
essersi fatta più vicina. O era un'impressione? Le prese
nuovamente la mano e se la portò alle labbra, osservando la
sua reazione da dietro le lunghe ciglia: lei lo lasciava fare.
Incoraggiato da quella situazione le si avvicinò
ulteriormente “Ti basterà sfilare il bracciale per
rimettermi a posto, nel caso dovessi...” si
schermì per metterla ulteriormente a proprio agio. Voleva
baciarla. Ormai quello era l'unico pensiero che scavalcava ogni altro,
rendendolo sordo a qualunque altro stimolo. A un soffio dalle sue
labbra, sentì la mano di lei, poggiata sul suo petto,
premere appena e frenarlo di colpo, come una doccia gelida.
“Non...” balbettò lei.
Nell'oscurità Gambit non riusciva a capire se fosse
imbarazzata, allarmata o infastidita. “Ok, tranquilla... non
vuoi... chiaro!” scandì con voce che tradiva la
sua delusione.
“No, volevo dire...” si affrettò lei,
trattenendolo “Non... mi sento pronta...”
“Eh?” domandò lui, ormai convinto di
vivere un sogno tra i più paradossali.
“Io... l'ho fatto solo una volta... ed è stato un
disastro...” si giustificò lei, abbassando gli
occhi. Era così strano vedere Rogue remissiva e docile. Che
il bracciale avesse alterato anche il carattere?
“...Cioè... non ricordo molto di quello che
è successo... la mia memoria si è focalizzata
tutta su quello che è successo dopo...”
“Quindi...” valutò lui baldanzoso,
ritornando sicuro e lucido di colpo “In pratica, è
come se questo fosse il tuo primo bacio...”
“Non ridere!” protestò lei vedendolo
sorridere
“Non rido, ma
chère... sono onorato... e...”
alitò avvicinandosi nuovamente “Se la tua paura
è solo questa... è più che
ingiustificata... non pensare... lasciati andare... sarà una
cosa istintiva...”
“Ma...” stava per replicare lei, che lui la
interruppe di nuovo, bonariamente
“Ricorda di respirare... molte si fan prendere dall'ansia e
poi svengono... o pensano a stronzate simili...” disse
tornando il cacciatore che era sempre stato “...Non farai
nulla di sbagliato... puoi pure mordermi e penserò che sia
il gesto più romantico mai scambiato tra esseri
umani...”
“Non credo proprio di essere così ignorante da non
sapere la differenza tra un bacio e un morso!”
protestò lei offesa. Ma Gambit, ormai, le era addosso. Le
lasciò finire la frase, quindi, dopo averla scrutata
divertito, lasciò che le sue labbra sfiorassero quelle di
lei, tanto per darle il tempo di realizzare che non c'era davvero nulla
di pericoloso.
Quindi la baciò appena, delicato, assaporando la morbidezza
di quelle labbra tanto sognate. “Respira!” la
canzonò prima di baciarla con più convinzione,
zittendo sul nascere la sua replica.
A cornice del loro bacio, a renderlo un evento memorabile, scolpendolo
nelle loro memorie, c'era la musica pop della sala interna merlettata
dallo sciabordio delle onde che si infrangevano sulla scogliera, le
luci artificiali dell'edificio che fendevano con un tocco magico
l'oscurità dell'esterno e un tenue bagliore verde che, ben
presto, prese a lampeggiare debolmente tra le pietre incastonate nel
bracciale. Ma a cui nessuno dei due prestò la
benché minima attenzione.
Finché non si convertì in una spia fissa e rossa
come il sangue.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Scusate il ritardo con cui posto ma, come penso anche voi, oggi
è stata una giornata un pò strana...nel senso che
son stata spedita a fare mille commissioni perchè domani
è tutto chiuso...
Vabbè...torniamo a noi...
Questo capitolo è tutto dedicato a questi due deficienti che
finalmente concludono qualcosa (ma io sono tanto stronza e le cose non
finiranno bene... sono più stronza degli autori... avrei la
possibilità di far finire tutto a tarallucci e vino e invece
faccio una cosa molto ottocentesca... -_-)
Da qui in poi sarà un crescendo di tensione (col mio stile
potete ben capire quanta tensione possa esserci essendo così
diluita la storia... -_- che poi...se le stesse cose avvenissero nei
fumetti prenderebbero un paio di pagine o 5 minuti nei cartoni..dovendo
descrivere tutto non è più finita...) di cui
avete avuto una puntina di assaggio nell'ultima frase :D
Nel prossimo capitolo, finalmente, introdurrò un gruppo
intero che sta dietro a tutto questo teatrino. Gente che,
più tardi, spiegherà un pò di cosette.
Sul nome di Rogue c'è un gran casino a seconda delle
versioni. Ora Anna, ora Marie, ora Anna Marie, ora Marie Anne. Per non
parlare dei cognomi...
A me piaceva il discorso -visto nella versione Ultimate- di Lady
Marion e del paragone fatto spesso tra i due di essere due ladri (di
sicuro la battuta esce in Age
of X) (che altro non è che l'adattamento,
appunto, di Marianne... molto più francese e liberté
fraternitè!)
Oh, ho finito anche gli ultimi disegni -_- in ritardo ma almeno
così avrete una panoramica di tutte le ragazze. Ecco quelle
che mancavano all'appello: Janet
e Susan.
Oh, dimenticavo.. per chi non avesse l'account su FB, questo
è il link
per tutto l'album.
Concludo augurando a tutti voi buone feste, buone spanciate di cibo e
tutte le altre cose.
Ci risentiamo a cavallo dell'anno!
|
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Capitolo 31 *** I primi Vendicatori ***
31. I
primi Vendicatori
Attenzione: in questo
capitolo verranno introdotti, in blocco, diversi personaggi, per lo
più sconosciuti anche ai Marvel-frequentatori. Prima di
cominciare la lettura, quindi, vi consiglio di aprirvi questi due link
per avere chiari i volti e le connessioni tra i personaggi. 1
e 2.
Per ogni eventualità questo è il link
alla cartella per chi non avesse l'account FB.
“Però... non sapevo che T'Challa se la cavasse
così egregiamente...” commentò l'agente
Derek Khanata senza perdere di vista il suo protetto che piroettava in
sala come se in vita sua non avesse fatto altro. A sua discolpa c'era
da dire che i ritmi su cui si muovevano lui e la sua accompagnatrice
ricordavano molto le danze tribali wakandiane che, sicuramente,
T'Challa aveva avuto modo di osservare durante la sua infanzia. In
più i due sembravano studiarsi come animali selvaggi e
scimmiottare una lotta incruenta. Insomma, nulla che non potesse essere
rimandato ai suoi infiniti esercizi per diventare il sacerdote della
nazione, la Pantera Nera. “Sapevo del suo pallino per le
genealogie... ma il ballo, proprio... Re T'Chaka si starà
rivoltando nella tomba per lo spettacolo che dà suo
figlio” Il gorilla al suo fianco sembrò arricciare
il muso in un'espressione di disappunto. Agguantò il
bicchiere dell'uomo e se lo scolò in un sorso.
“Ken, dannazione! Sei dannatamente irritante quando fai
così!” protestò l'agente mentre i
Vendicatori riuniti al tavolo ridevano sotto i baffi per quella buffa
scenetta.
“Tu non sai quant'è irritante fingersi una
scimmia...” replicò lo scimmione rigirandosi il
bicchiere vuoto tra le mani. “Saresti un po' più
compassionevole se solo...”
Gli scienziati e le loro accompagnatrici sbarrarono gli occhi,
trovandosi tutti a fissare, sgomenti, quel fenomeno da circo.
“Devo smettere di bere...” commentò
Stark poggiando il suo calice all'istante.
“L'ho sentito anch'io...” gli fece eco Henry mentre
Derek cercava di fermare il gorilla quasi fosse stato un vero umano a
cui tappare la bocca.
“E piantala!” replicò ancora la scimmia
dando un pugno al braccio dell'agente. “Lo avrebbero
scoperto, prima o poi!”
“In Africa è normale che le scimmie
parlino?” replicò Ben guardando storto l'ammasso
di pelo nero.
“No, genio!” replicò seccata la bestia
per poi rivolgersi nuovamente all'agente S.H.I.E.L.D.
Namor, però, lo interruppe “Allora sei proprio tu,
Hale...”
commentò stizzito, rievocando il nome con grande fatica.
“Sì, belle
mutande, proprio io...” replicò con
un'occhiata che sembrava veicolare anche un altro messaggio. Quando si
fu assicurato che Namor non fiatasse, impegnato a collegare i pezzi tra
loro, tornò a rivolgersi all'agente Khanata.
“Senti... visto che mi son fatto scoprire... posso riavere i
miei vestiti? Mi sento... come dire...”
“Nudo?” ironizzò Tony con tono
canzonatorio.
“Precisamente...” replicò la scimmia con
sufficienza, lasciando tutti di stucco
“No, ne abbiamo già parlato... niente abiti e
niente armi...” replicò l'agente Khanata
rimettendosi a posto mentre Natasha li raggiungeva alle spalle.
“Armi? Quindi tu saresti Hit-Monkey...”
constatò la spia con l'aria letale di chi esigeva risposte.
“Mi dispiace, Natasha... gradirei non essere scambiato per
quel culo-rosa amico di Wilson, la variante montanara e assassina di
Rafiki...” rispose il gorilla agguantando delle pizzette e
scaraventandosele in bocca “Ah... avevo proprio
fame...”
“Come la conosci?” domandò Rogers senza
scomporsi, meravigliato della naturalezza con cui si era rivolto alla
rossa.
“E tu come mai non sei minimamente turbato?”
replicò Tony indispettito
“Dovrei? Per me è tutto strano,
quindi...” Steve fece spallucce “E poi anche Fury
ha parlato di scimmie
volanti... Se riteneva plausibili loro, cos'ha di strano
una scimmia parlante?” domandò sinceramente
stupito mentre Ben Grimm scoppiava in una fragorosa risata ed Henry Pym
sgranava gli occhi, allibito “Capisco cosa volevi
dire...” alitò a indirizzo di Tony che si copriva
gli occhi per non essere tentato di saltare al collo di capitan
scemenza mentre ne valutava la serietà.
“Senta, signor Ken Hale, potrebbe gentilmente rispondere alla
domanda? Come fa a conoscere la signorina Romanoff?” La
serietà di Reed Richards congelò nelle proprie
posizioni tutti i commensali, anche quelli che, come Susan, Pepper e
Janet, non si erano accorti di nulla.
“Sono stato un agente dello S.H.I.E.L.D., più di
quarant'anni fa. La bella non deve avere grandi ricordi del periodo
visto come giocavano col suo cervello all'epoca...”
sbuffò il gorilla “E' allora che ho lavorato anche
al caso Romanoff e sono stato io a suggerire a Fury l'idea che una come
lei non andasse lasciata ai rossi...”
“Una scimmia allo S.H.I.E.L.D.... vedi? Avevo
ragione!” commentò trionfante il capitano.
“Senti, Capitan Risata...” sibilò Tony
tirandosi in piedi puntellandosi pesantemente al tavolo.
In quel momento, T'Challa e Ororo fecero ritorno. Trovata la situazione
visibilmente elettrica il re wakandiano, scandagliò i
presenti con un'occhiata penetrante, quindi si soffermò
sulla scimmia “Ken...” lo ammonì avendo
capito chi fosse causa di tanto scompiglio. Il gorilla, sbuffando, si
rimise composto, restituì la ciotola di viveri, si
spazzolò le briciole dalla pelliccia e si ricompose nella
farsa della scimmia.
“Dentro c'è un nano?” domandò
Susan, interessata.
“Tua sorella...!” stava già imprecando
l'interessato quando l'occhiataccia di T'Challa lo fece desistere
nuovamente. Scese dalla sedia e si spostò dall'altro lato
dell'agente Khanata, in modo da non essere direttamente nella
traiettoria del regale sguardo ferino.
“No, Susan...” rispose il sovrano, sorridendo
cordialmente “.. Ken era un uomo a tutti gli effetti,
finché non si è imbattuto in una delle leggende
wakandiane... Mi pare di avertene parlato, un tempo”
“Sì, T'Challa...” rispose Reed,
scoccandogli un'occhiataccia “Ricordiamo!”
T'Challa non perse il suo aplomb e, quasi a rispondergli, strinse Ororo
al suo fianco, la quale soffocò una mugolio di protesta per
quella mossa inaspettata1. “Ken ha
ottenuto la vita eterna. A patto di non venire ucciso, vivrà
per sempre. Chi lo ucciderà, erediterà la sua
maledizione e si trasformerà in scimmia”
“Non chiamarmela, T'Challa!” si lagnò
quello, da dietro l'agente S.H.I.E.L.D. “E' stato
Khanata!” aggiunse subito, sulla difensiva, sentendosi
osservato dal suo re, nonostante la schermatura offerta proprio
dall'agente al suo fianco.
“Ehi!” protestò Derek, chiamato in
causa, strappando un sorriso bonario al sovrano per quelle scaramucce,
misto dei dispetti tra commilitoni e bambini dell'asilo infantile.
“Quanto casino che fate, tutti quanti...”
sbottò re Namor, pinzandosi l'attaccatura del naso,
nuovamente seduto sotto la tutela delle sue guardie, che non ne poteva
più della cagnara sguaiata e volgare dei suoi commensali
plebei che gli impediva di ragionare.
“Sai, Namor, mai come in questo momento troverei azzeccata,
per te, l'espressione acqua in bocca...” celiò
Stark, pronto a stuzzicare qualcuno che lo batteva in arroganza. Dopo
Pym.
Ma Namor non gli rispose: come le sue guardie, aveva lo sguardo fisso
davanti a sé e l'espressione sorpresa. Tony si
voltò, cercando di capire cosa o chi ne avesse calamitato
l'attenzione.
E fu il suo turno di sbigottire.
Si alzò di slancio e si parò davanti al tavolo
dove Pepper chiacchierava con le altre due donne. Le tre, che avevano
una soglia d'attenzione molto bassa per i discorsi pesanti al loro
tavolo, tornavano presto ai loro futili discorsi e, ignare, non si
erano accorte di nulla. Si rese conto di aver indossato la sua peggiore
maschera rabbiosa, ma non poteva farci nulla. Quel simbolo scatenava in
lui reazioni contrastanti: rabbia, terrore, spirito di rivalsa,
ammirazione. Il simbolo dei Dieci Anelli del suo nemico giurato, il
Mandarino, di colui che aveva attentato alla sua vita in Afganistan,
colui che gli aveva distrutto la villa di Malibù (che lui
aveva spacciato a Pepper come tentativo mal riuscito di ammodernamento
e che, da quel momento in poi, lo aveva costretto a un gioco di rimandi
e stratagemmi per coprire lo sfacelo dei suoi due edifici). Lo stesso
Mandarino che l'aveva coinvolto in una battaglia campale all'ultimo
sangue dopo avergli fatto credere di aver rapito la donna che amava
mentre, in realtà, Pepper era a New York a seguire i lavori
della sua nuova creatura tecnologica. Solo che lui non poteva saperlo.
Motivo per cui, alla vigilia della guerra coi Chitauri era stato
più che felice di saperla lontana dalla Grande Mela, oltre
che da Malibù.
Il sangue gli era andato alla testa e vedeva sfocato. Per un attimo,
focalizzato com'era sul kesa buddista bianco su cui era ricamato
l'emblema, aveva completamente ignorato il volto del suo portatore,
convinto com'era che la vista gli stesse giocando strani scherzi.
Invece... Invece, quello era proprio un suo dipendente, quasi uno dei
più fidati: Gene Khan, il piccolo genio dell'informatica che
Pepper gli aveva imposto come controllore nella calibratura di Rescue.
Rescue.
Lo sguardo, allarmato, corse immediatamente all'angolo in cui erano
ricoverate le armature. Dovevano indossarle subito? O erano state
già danneggiate? Che fosse un trabocchetto? Erano state
sabotate? Erano delle bombe pronte a esplodere al minimo cenno
dell'ingegnere?
Dopo Loki non riusciva più a ragionare lucidamente e a non
vedere in ogni situazione un potenziale pericolo, più
subdolo di quello rappresentato dal Mandarino che, almeno, l'aveva
affrontato a viso aperto.
La sua Mark e Rescue erano jarvisassistiti, quindi sarebbe bastato un
comando vocale per far sì che le due armature si
catapultassero in loro difesa, ammesso non ci fossero sorprese
esplosive.
E poi era curioso di sapere chi fossero la donna al fianco di Gene e
l'uomo che li precedeva entrambi: tutti e tre avevano lineamenti
orientali e, nell'insieme, sembravano proprio emissari della Triade o
della Yakuza.
Chi, invece, risaltava come una macchia di sugo sulla tovaglia di
fiandra, era la giovane donna, bionda e mezza nuda, alle spalle del
gruppo. Che era, poi, l'obiettivo dello sguardo basito di Namor. E,
così, a spanne, poteva intravedere una certa somiglianza. Ma
non era interessato ad approfondire la cosa, preso com'era dal capire
cosa ci facesse un semplice impiegato come Gene Khan a quel party
esclusivo.
Doveva aspettare di vedersi comparire anche Azura Elliot con la sua
squinternata amica Sersi2?
“Prego, Signor Stark...” fece Gene con fare
servizievole, indicando la sedia che lui aveva abbandonato.
“Se non ostentassi in quel modo il marchio del Mandarino,
forse...” replicò la scimmia dal suo cantuccio,
beccandosi un'occhiata in tralice dall'interessato e stupita da tutti
gli altri: si conoscevano tutti! Era un'imboscata!
“Signor Tony Stark...” fece l'uomo in testa al
gruppo tendendogli la mano: probabilmente era il capo, visto il ricco
Cheongsam3 rosso e oro fermato in vita da una
fusciacca, ancora più elaborata della casacca. “E'
un piacere per me incontrarla... Posso?” domandò
indicando un'altra sedia libera. Nessuno rispose e, con estrema
noncuranza, quello si accomodò. “Lasciate che mi
presenti... il mio nome è Woo Yen Jet. Ma allo S.H.I.E.L.D.
il mio nome era semplicemente James Woo.”
“Allo S.H.I.E.L.D.?” Tony quasi urlò,
perdendo di colpo ogni sicurezza, prima che l'altro potesse aggiungere
qualunque cosa: Era un criminale tanto potente da essere schedato negli
archivi dello S.H.I.E.L.D.? Ma anche lui era stato nel mirino
dell'Agenzia, prima di entrarne a far parte come consulente. Aveva
bisogno di sedersi, le gambe sembravano essersi fatte di gelatina.
Arrancò fino a riguadagnare il suo posto, cercando di
accostare la figura dei Dieci Anelli con lo S.H.I.E.L.D. Ma la cosa
sembrava destinata a provocargli solo una forte emicrania. D'altronde,
aveva già visto come lo S.H.I.E.L.D., in qualche modo,
cooperasse con HYDRA. Perché sorprendersi se così
fosse stato? Dopo che l'agenzia annoverava tra le proprie fila una scimmia!
Ma Woo dissipò subito ogni dubbio, rimettendo ogni cosa
nella giusta prospettiva “Ero un agente della C.I.A. negli
anni '50, poi sono stato reclutato dallo S.H.I.E.L.D. Livello
8...” rispose l'uomo, dall'aspetto di un giovane trentenne.
“Oh... ciao, Natasha...”
“Ciao, Jimmy...” rispose lei “Sono
proprio curiosa di sapere cosa ci fai qui... Siamo un po' lontani da
Hong Kong” replicò con un sorriso
“Agente C.I.A. negli anni '50?” replicò
Stark ridendo di gusto (i conti non gli tornavano affatto), confuso
dalla familiarità che anche la spia dimostrava nei confronti
di quell'uomo. Si sentiva preso in trappola “Non so quale
delle stronzate che ho sentito stasera sia la più
ridicola...”
James Woo stirò un sorriso comprensivo “Non ci
crederei neanch'io, effettivamente...” convenne “Ma
lasciate che vi presenti i miei assistenti. Temugin, credo che Lei lo
conosca già...” disse indicando Gene Khan che si
profuse in un rigido inchino rispettoso.
Mentre Pepper lo raggiungeva, e commentava con un inappropriato Sta proprio bene in abiti
tradizionali, Tony arricciava il naso “Credevo di
conoscerlo...” precisò ostile a indirizzo del
proprio dipendente.
Woo fece un cenno di assenso e lo presentò
“Temugin è il figlio naturale di quello che Lei
conosce come il Mandarino.” convenne “La Sua
diffidenza è più che giustificata”
“Più che giustificata?”
sbottò anche Johnny Storm “Ci credo: quello ha
fatto un casino che nemmeno io!”
“Johnny...” lo richiamò Susan,
costringendolo di nuovo a sedere.
“Ammetto che il Mandarino può aver esagerato. Ma
io mi dissocio totalmente dal suo operato. Non lo riconosco nemmeno
come padre biologico” commentò Gene Khan altero,
lasciato libero di difendersi.
“Purtroppo, ragazzo, da che mondo è mondo, le
colpe dei padri ricadono sulle spalle dei figli...”
commentò tagliente Henry: per quanto lui e Tony fossero
sempre a battibeccare, quello che era successo a Malibù era
inconcepibile. Ed era anche il motivo per cui tutti i superumani
gradivano mantenere segreta la propria identità. A parte
l'egocentrico Tony Stark che aveva concesso addirittura il suo
indirizzo a mezzo stampa.
“Lei, invece, è Suwan...” disse Woo,
continuando indisturbato con le presentazioni e indicando la donna alla
propria sinistra vestita di un lungo Qipao4
verde giada con decorazioni oro che mettevano in risalto i grandi occhi
a mandorla incorniciati da una cascata di serici capelli neri come la
pece. “Lei, invece...” disse indicando la donna
alle loro spalle “E' la principessa Neptuna... cugina di re
Namor...”
“Acquisita” precisò la donna. A ben
vedere aveva, come Namor, le orecchie a punta che sembravano sul punto
di fondersi col cranio, ai piedi delle pinne direzionali cangianti,
simili a piccole ali, e pelle eburnea. Ma, invece di una tuta di pelle
di manta blu, indossava una più semplice corta muta da sub
che sembrava un miniabito ipertecnologico all'ultimo grido.
“Ok ok...” fece Tony con aria di sufficienza
“Sappiamo i vostri nomi... e allora?”
Jimmy Woo sorrise paziente. Emanava un'aura di potere e
regalità che non sembrava potesse appartenere a un uomo.
Allo stesso tempo, dava anche l'impressione di una grande
umiltà “Diciamo che, visto quello che è
successo a New York solo poco tempo fa, ho pensato che allo
S.H.I.E.L.D. potesse far comodo una struttura del genere...”
disse con un cenno della mano a indicare l'ampio ambiente in cui
soggiornavano “...per prevenire eventuali nuovi attacchi da
altri mondi...”
“Tu... ci sei tu dietro tutto questo?”
domandò Namor, perdendo, per una volta, la sua arroganza e
superiorità. “Come hai fatto a...?”
domandò prima di intercettare lo sguardo della cugina.
“Capisco...” disse, rabbuiandosi e tornando a
buttarsi sulla sedia.
“Noi non capiamo, invece!” commentò
sinceramente confuso il capitano Rogers.
Woo abbozzò un altro sorriso e si protese sul tavolo,
calamitando l'attenzione dei presenti, ma non rispose alla muta domanda
di Cap “Sappiamo cos'è realmente successo con i
furti delle tecnologie Stark, con i progetti del dottor Pym e del
dottor Richards. Sospettiamo di sapere come tutto quello che
è successo finora sia collegato da un intricata ragnatela. E
vorremmo offrirvi il nostro sostegno... A voi,
Vendicatori...” disse indicando il gruppo di scienziati che
già cominciavano a protestare, ritenendosi estranei al
gruppo assemblato da Fury “... come ai sovrani dei regni del
Wakanda e di Atlantide. Ma non all'intero S.H.I.E.L.D., che
è corrotto ai vertici. Per arrivare indisturbati a voi,
però, dovevamo passare il vaglio dei vostri
superiori...”
“Perché proprio noi?” domandò
T'Challa che, come Namor, non sembrava più di tanto
impressionato da quella conversazione.
“Più che altro... Il sostegno di...?”
domandò Henry Pym, scettico. In fondo, avevano solo dato
loro dei nomi. Nessuna organizzazione, nessuna fondazione. Nulla di
nulla. La cosa puzzava lontano un miglio: da dove avrebbero tirato
fuori tutti quei soldi? Che fosse una trappola di Osborne per liberarsi
definitivamente di Fury e dei suoi protetti? Nessun nome l'avrebbe
fatto sentire al sicuro. Per quel che lo riguardava, avrebbe continuato
a fare lo scienziato free-lance, tanto più che l'ultima cosa
che gli interessava era diventare una specie di guerriero del terzo
millennio. Ed era certo che Reed la pensasse allo stesso modo: l'amico
aveva altri progetti in testa, tipo quella sua Fondazione
Futuro...nulla di avventuroso!
“Avete mai sentito parlare dell'Atlas?”
domandò divertito il loro interlocutore.
A quelle parole Pepper spalancò la bocca e additò
il giovane “Ce ne ha parlato Natasha!”
confermò cercando lo sguardo di Tony o quello della spia.
Quella annuì “Era il giorno della convocazione al
senato. Un'operazione simile a quella dei Vendicatori era
già stata tentata negli anni '50.”
ripeté assottigliando lo sguardo “Ma i membri
– mi vengono in mente solo ora...” disse fissando i
presenti “Jimmy Woo, la principessa Atlantidea Namora, Ken
'Gorilla Man' Hale. E poi... c'erano anche...se non erro, un robot
assassino, l'uraniano Robert Grayson...”
“Un colono eterno, per la precisione”
confermò Woo senza scomporsi, ammirato dalla memoria di
ferro della donna.
“E una dea marina...” disse tirando un'occhiata
alla cantante sul palco. Che fosse lei?
“Un mostro!” precisarono in coro i due cugini
atlantidei.
“Questo gruppo si sciolse misteriosamente e per ricomporsi
pochi anni fa e darsi alla macchia col nome di Atlas.”
finì di spiegare la spia. “ Ma non tutti sparirono
nel nulla per oltre quarant'anni: Namora operò con un
secondo gruppo che nacque dalle ceneri del primo e, anche quello, fu
uno strano assortimento di persone: Victor Creed alias
Sabretooth!”
“Grande amico di Logan...” commentò
sarcastica Tempesta, ripensando agli innumerevoli, violenti scontri tra
i due di cui era stata testimone.
“Ulysses Bloodstone, Sergei Kraven Kravinoff detto il
Cacciatore, con cui alcuni di voi hanno già avuto a che fare
in passato...” continuò Natasha
“Già...” Sibilò ancora Ororo
pensando alle svariate volte che loro e il misterioso Uomo Ragno si
erano trovati a dover affrontare quell'invasato.
“Lasciami indovinare... russo? Avete tutti sta mania di
anglicizzarvi il cognome...” commentò Stark
venendo ignorato
“... Ernst -Silver Sable- Sablinova...”
“Un altro russo? Ma siete peggio dei cinesi e degli italiani:
ovunque vai te li trovi in mezzo ai piedi!”
continuò Tony imperterrito
“E Dominic Fortune...” concluse la spia, esasperata
“Mmm... scommetto ne che facevi parte anche tu... e,
così, per caso, conosci anche i membri del gruppo
originale?” domandò Stark, ormai inviperito per la
saccenza della rossa.
“Li ho anche incontrati durante il sopralluogo... solo
Neptuna, a dire il vero.. ma non pensavo che... cioè... come
potevo immaginare...” si giustificò quella
“Sei una dannatissima spia, a quel che si dice la migliore in
circolazione, e ti fai fregare così?” Stark era
sull'orlo di una crisi di nervi e nemmeno la mano di Pepper, che
cercava di trattenerlo, riusciva a calmarlo.
“Derek è un agente S.H.I.E.L.D.!”
replicò lei
“Ed è noto come quel posto sia pieno di mele
marce!” sbraitò Tony di rimando.
“Era al seguito di T'Challa! E Namora... ho pensato fosse col
cugino! Era sola!
Se avessi saputo che si erano comprati
anche Khanata...”
“Ehi!” protestò l'agente in questione
“Chiariamoci subito! Io non faccio il doppio gioco. O meglio.
Sì, la posizione è quella, ma l'obiettivo
è uno solo!”
“E sarebbe?” domandò Reed che non si era
lasciato sconvolgere da quelle rivelazioni ma che immagazzinava,
organizzava e metteva tutto a sistema per trovare una risposta coerente.
“Ma dai anche corda a questo gruppo di
delinquenti?” protestò Henry, ormai sul piede di
guerra come Tony.
“Ecco, sì, quello potrebbe essere l'unico punto a
nostro svantaggio” commentò Woo, soprappensiero.
“L'unico punto?
ma... Ci prendi in giro, muso giallo?” ringhiò
ancora Henry
“Lascia che si spieghi, Hank!” lo
rimbeccò Janet “Se Namor e T'Challa sono
tranquilli vuol dire che forse sanno qualcosa che a noi
sfugge!” disse beccandosi un'occhiataccia dal marito.
“Namor...?” domandò Susan in cerca di
conferme e sicurezza.
“T'Challa?” domandò anche Ororo.
I due sovrani si guardarono brevemente e assentirono: Jimmy Woo era una
persona degna del credito di due sovrani tra i più scettici
al mondo. Doveva pur voler dire qualcosa.
Henry e Tony furono costretti, loro malgrado, a rimettersi seduti e
composti. Si prepararono ad accogliere le rivelazioni del capobanda
mafioso quando una strana esplosione -seguita da un leggero terremoto,
di cui la squadra si accorse appena- che squarciò il vociare
e il frastuono della musica pompata dalle casse, calamitando
l'attenzione della folla presente nella struttura.
Tuttavia nessuno, in sala, sembrò scomporsi, quindi si
doveva trattare dei preparativi per i fuochi finali. Certo che se la
struttura vibrava a quel modo, per quanto fosse stata creata flessibile
proprio per assorbire gli impatti, avrebbero dovuto rivedere tutti i
progetti antisismici, i parametri di statica e di sopportazione alle
sollecitazioni meccaniche... Non era mica un terremoto giapponese: era
solo un fuoco d'artificio! Non poteva aver prodotto una forza tale da
richiedere l'oscillazione e la distribuzione della spinta su tutta la
struttura.
“Scusate!” intervenne Ben Grimm con il suo vocione
e la sua manona alzata come un bravo scolaro per sovrastare
l'improvviso chiacchiericcio circostante fattosi frenetico e assordante
“Prima hai detto uraniano?”
“Che viene da Urano...” precisò Natasha
quasi l'uomo fosse sordo o scemo.
“So cosa vuol dire. La domanda è un altra: stiamo
parlando di alieni?”
domandò perplesso
“Ti stupisci?” domandò Reed divertito
“No, no!” bofonchiò quello tornando a
incrociare le braccia al petto “Solo che di alieni ne avrei
un po' piene le tasche...”
“Per correttezza d'informazione, Bob è un
terrestre di origine uraniana. Negli ultimi decenni, dopo il misterioso
scioglimento del gruppo, è rientrato in patria, trovando la
sua terra di provenienza distrutta...” disse Woo
“Altri alieni che avete conosciuto anche voi...”
“I chitauri!” sbottò Tony. Woo sorrise,
enigmatico. Stava per riprendere il discorso quando un boato, questa
volta decisamente violento, attirò l'attenzione di tutto il
gruppo.
1 Susan è un trofeo molto
ambito. Oltre il legittimo consorte, ad
aver avuto cotte e simili per la bionda di può annoverare un
gran
numero di personaggi, tra cui certamente Namor e T'Challa. Reed qui,
con quella mossa e sguardi muti col re wakandiano, vuole sottolineare
l'ovvio, cioè che la moglie è impegnata. Se con
Namor ha vita dura,
vista l'arroganza, con T'Challa, uomo a modo e rispettoso,
può
permettersi di alzare la cresta e fare il possessivo. T'Challa, a sua
volta, risponde che di Susan non gliene frega nulla perché,
tanto, ora
ha finalmente Ororo... e che Reed può pure tenersi Susan.
2
Azura Elliot, già citata in precedenza, è
un'Eterna che rappresenta
l'archetipo di Atena/Minerva. Sersi, invece, deriva dalla figura della
maga Circe. La stessa Sersi fu, negli anni, una Vendicatrice.
3 La tipica casacca orientale con
colletto alla coreana: in realtà non c'è reale
distinzione col Qipao (termine cinese): io ho usato due termini diversi
per differenziare l'abito maschile da quello femminile.
4 Il tipico abito cinese con colletto
alla coreana, smanicato o a mezza manica e dall'altezza del fondo
variabile: da casacca a mezza coscia fino ad arrivare alla caviglia
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Buona ultima giornata 2013 a tutti voi!
Immagino sarete presissimi coi preparativi :) però gli
auguri ve li faccio l'anno
prossimo.
Ecco il famoso gruppo che finalmente introduco, tanto per incasinare
ancora di più le cose. No, dai... in realtà avevo
bisogno di qualcuno esterno, coi piedi in ambo gli ambienti,
perché giustificasse tutto quello che è successo:
se aspettavo i Vendicatori ci arrivavamo l'anno di mai.
Vi ho fornito quegli schemi perchè, a differenza di Namor e
T'Challa (più o meno conosciuti e cmq solo 2 nuovi in un
colpo solo) e della squadra 'Caterpillar' di Fury, capitanata da Daisy
(di cui vi servivano solo i volti), questo gruppo si è
presentato compatto e resterà tra i piedi per un pochino...
Ancora... Tony e il Mandarino. :) visto come ho concatenato i due film?
ho fatto finta che IM3 sia avvenuto dopo IM2 e prima di Avengers (con
opportuni tagli a situazioni -tipo il panico di Tony-), facendo finta
che Pepper non fosse mai stata rapita ma che tutta l'avventura di Tony
sia stata guidata da una falsa notizia, manipolazioni di filmati etc
(in pratica...la storia rimane valida se togliete il finale XD-
Ovviamente Killian e l'AIM c'erano e lui li ha belli che sbaragliati.
L'altro dettaglio: la casa di Malibù l'ho lasciata semi
distrutta da IM2 (quando deve crearsi il nuovo generatore). Pepper non
ne sa nulla e per evitare che scopra il casino la porta a NY e la tiene
impegnata col progetto della torre mentre lui cerca di sistemare i suoi
casini. Nel frattempo ecco che il Mandarino sfascia
definitivamente la casa con i missili (da fuori mica si sa se il garage
era inagibile...)
E per ora e tutto... ovviamente i boati non sono fuochi
d'artificio :)
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Capitolo 32 *** Attacco a Triskelion ***
32.
Attacco a Triskelion
Sembrava di essere in un sogno. E doveva esserlo certamente.
Rogue che ammetteva la possibilità che potesse esserci
spazio per qualcosa tra loro.
Il suo trucchetto elettronico che funzionava e lei che, addirittura, lo
baciava.
Si sarebbe svegliato sul più bello, lo sapeva. Si sarebbe
trovato in camera sua, allo Xavier Institute o, alla meglio, alla Stark
Tower, ansante, zuppo di sudore e aggrovigliato alle lenzuola. Forse,
se si fosse tirato indietro avrebbe scoperto la verità. Ma,
sogno o meno, un'occasione simile non gli si sarebbe più
presentata e accantonò immediatamente quell'idea
masochistica.
Poi, in un attimo, tutto cambiò: ebbe pochi istanti per
capire cosa stava succedendo ma non riuscì a reagire,
paralizzato e sorpreso. Rogue si irrigidì, aprì
gli occhi, ora fissi e spenti in un punto indefinito che lo
oltrepassava e smise di rispondere al suo bacio, le labbra dischiuse in
un'espressione incredula. Batté le palpebre un paio di
volte, come a schiarirsi le idee e nelle iridi era brillata una nuova
consapevolezza. Le labbra si piegarono in un ghigno e gli si
avventarono addosso con una rapacità di cui non le credeva
possibili.
Si sentì cedere le gambe, pur essendo seduto sul parapetto,
sotto il peso di un improvvisa vertigine. La vista gli si
annebbiò: ciò che era fiocamente illuminato dai
raggi lunari e dal riflesso del bailamme della sala gli appariva ora
viola mentre quanto era in ombra era una macchia nera indistinta. Si
sentì scivolare nell'incoscienza e, in uno sprazzo ultimo di
lucidità, ebbe la certezza che Rogue stesse assorbendo le
sue energie. Forse l'avrebbe anche ucciso. Perché uno come
lui mica poteva svenire per la gioia.
La domanda, però, che gli vorticava in testa, impedendogli
di pensare ad altro, era come fosse stato possibile che lei stesse
usando il suo potere: era difettoso il congegno o Rogue se n'era
sbarazzata? Se era così... era solo un povero illuso. Doveva
aver esagerato. Ma... possibile che Rogue, la semplice, lineare e
prevedibile Rogue, fosse riuscita a camuffare così abilmente
il suo fastidio? E che fosse giunta al punto di volerlo uccidere
davvero? Con le ultime forse, stirò un sorriso. Stava
davvero morendo sulle sue labbra e non aveva nulla da rimproverarsi.
Gambit scivolò nell'incoscienza prima di poter essere
sconvolto dalla deflagrazione che, di lì a pochi istanti,
avrebbe scosso tutta la struttura. Chiuse gli occhi con ancora il
sapore di Rogue sulle labbra, il cuore stretto in una morsa gelida di
rammarico ma non in quella soffocante della preoccupazione per
l'incolumità della sua amata. D'altronde, gliel'aveva
giurato: l'avrebbe difesa e amata fino alla morte. Almeno aveva
mantenuto parte della promessa. Avvertì appena il tonfo
sordo che lo scosse da capo a piedi. Era lui? Non ne era
così sicuro. Un corpo morto che cade al suolo fa rumore?
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
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“E così ti piace il giornalismo
investigativo...” commentò Peter, appartato in un
angolo della sala, lontano dal chiacchiericcio dei vari politici,
scienziati, critici, presenzialisti e altri aggregati del baraccone,
pur senza perdere di vista i suoi amici e colleghi.
Christine Everhart si era dimostrata meno scema e oca di quanto il suo
aspetto e il suo atteggiamento, volutamente sciocco e insipido,
lasciassero supporre. Non aveva mai collegato la firma della bionda
allo scandalo che aveva coinvolto le Stark Industries qualche anno
prima: erano decisamente due mondi troppo distanti. Seppure non la
conoscesse, quando le era stata presentata -all'indomani dell'invasione
aliena- aveva pensato a un caso di omonimia. Bella, sveglia,
intelligente, ambiziosa e con nobili intenti. Insomma, la donna giusta
per lui. Perché lo sapeva, quel particolare mix di
caratteristiche era sempre stato la sua condanna, sin dai tempi del
liceo. Beh, più o meno, se si poteva vedere l'operato di
Felicia sotto un'altra angolatura, un po' più benevola e
condiscendente. “E io che pensavo che i tu lavorassi per il
Philadelphia Enquirer” scherzò “Come mai
Vanity? Voglio dire... potresti ambire a qualunque altro posto. Da che
ci siamo conosciuti mi sono documentato... Non che Vanity non vada
bene, anzi... la rivista è nota anche per i suoi articoli di
qualità e di denuncia. So bene che non è una fiera della vanità,
una semplice rivista di moda. Vogue, che l'ha assorbita, al confronto
sembra insulsa.”
La bionda sorrise per nascondere l'imbarazzo di quel complimento
sincero. Sarà stata anche un'arrampicatrice, ma
evidentemente era la prima volta che veniva presa sul serio e non
trattata da bambolina. “Beh... sai com'è... ci
lavorava un fotografo che mi piaceva molto...”
“Lasciami indovinare... LaChapelle?”
sparò Peter andando a colpo sicuro.
Lei distolse lo sguardo “Prevedibile, eh? In
realtà era la mia prima scelta a pari merito col Buggle.
Voglio dire, al vecchio Vanity avevano collaborato personaggi del
calibro di Aldous Huxley, Gertrude Stein, Thomas Stearns Eliot, Lewis
Carroll...”
“In effetti, alcune tra le migliori firme del panorama
letterario di quegli anni” convenne Peter.
“Sarebbe come se la Rowling scrivesse per noi...”
confermò Christine “Ma oggi, come saprai, Vanity
non è più il porto di innovatori. E' una rivista
un po' ibrida. In ogni caso, mi hanno presa, e sono fiera di fare parte
del suo staff”
“Come mai il Daily ti ha rifiutata?”
domandò il fotoreporter anche se un angolo della sua mente
cercava di suggerirgli l'ovvia e banale risposta.
Infatti, lei lo guardò scettica da sotto le lunghe ciglia
“Jameson...” disse solo.
E Peter si illuminò di un'improvvisa consapevolezza
“JJJ... Ma certo, che scemo! Scusa...” disse
costernato “Avrei dovuto arrivarci... con tutte le lavate di
capo che mi prendo io... che sono uomo”
“Precisamente” convenne Christine sorridendo
nonostante tutto “E sai cosa ti dico? Meglio così.
Non so quanto avrei resistito con un burbero, dispotico, maschilista
che fuma laddove la legge lo vieta espressamente... A Vanity si
sgambetta parecchio ma l'ambiente è cordiale. E,
soprattutto, non ci sono veti sui supereroi. A proposito, tu che sei il
fotografo ufficiale... Spider-man è davvero il nuovo,
temibile, delinquente di quartiere pronto ad assurgere come nuovo
supercriminale come lo dipinge il Daily o sono solo forzature imposte
da JJJ?”
“Confidenzialmente?” domandò Peter,
temendo di cacciarsi nei casini.
“Ovviamente! So della politica di JJJ che aborre tutti i
supereroi e superumani. A eccezione di Capitan America. Forse. Un
vecchio rincoglionito come lui può simpatizzare, al massimo,
solo per un eroe dell'anteguerra, emblema dei sacri valori morali
dell'America... Se non ti fidi puoi perquisirmi...” lo
invitò con fare civettuolo alludendo al suo onnipresente
registratore vocale.
Ma lui declinò l'invito. Che traesse le conclusioni che
preferisse. “Io sono amico di Spidey... è grazie a
lui se ho trovato lavoro al Daily. Certo, gli secca che le sue azioni
vengano stravolte dagli articoli fuorvianti che accompagnano le foto.
Ma sai, bene o male,
l'importante è che se ne parli. La cosa lo
rende famoso. Tra l'altro, se fosse davvero un delinquente, non avrebbe
molto senso che si inimicasse, sistematicamente, le varie gang locali.
Il giorno che si metterà contro un comprovato superumano
malvagio, spero che JJJ si ricreda. Ma anche no. Temo potrebbe
dipingerlo come complice a dispetto di ogni evidenza...”
sospirò.
Stavano ridendo di gusto, alle spalle di Jameson, quando i sensi di
ragno di Peter lo avvertirono di un pericolo imminente.
“Giù!” intimò a Christine,
trascinandola sotto il tavolo poco prima che una violenta esplosione li
assordasse.
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Happy Hogan odiava la confusione delle feste e quella sera era
particolarmente felice che il suo capo e amico avesse altre quattro
persone a fargli da guardia del corpo. Quattro persone più
qualificate di lui a proteggerlo. Strak odiava le guardie del corpo e,
da una vita, ormai, lui, l'autista, si era accollato di propria
spontanea volontà, l'onore e onere di proteggere
quell'incosciente. Ma, da quando aveva elaborato i suoi giocattolini
(le armature assistite da J.A.R.V.I.S.) il suo compito era diventato
assolutamente ridicolo. Quindi, ringraziando la bontà della
sua ex-moglie e di quello che comunque restava un suo amico, era stato
ricollocato come capo del personale e della sicurezza. E lui era
paranoico in quelle scelte vitali. Nonostante non fosse un lavoro
facile e fosse coadiuvato anche dallo S.H.I.E.L.D., il fatto che Kevin
Sidney, il mutante mutaforma, gli fosse passato così
bellamente sotto il naso, eludendo qualunque controllo, lo aveva fatto
sentire inadeguato. Quando poi era venuto fuori che la sua mancanza era
legata, seppur indirettamente, all'attentato in cui Pepper aveva
rischiato la vita, si era vergognato come un ladro. La sua inettitudine
aveva messo a repentaglio la sicurezza nazionale, quella personale di
Stark ma, soprattutto, della donna a cui era comunque ancora legato
nonostante il divorzio.
Ora stava lì, sorvegliava le tre auto del capo, quelle che,
a sua insaputa, aveva fatto corazzare e blindare. Ripensò al
gruppo variegato di supereroi che scortava Tony quella sera.
Già una semplice Natalie (o Natasha) era più che
sufficiente a colmare abbondantemente la sua assenza.
Anzi. Forse la presenza di un semplice umano come lui sarebbe stata
loro solo d'intralcio.
Il ricordo dell'irruzione nella sede dell'HAMMER, che lui e la spia
rossa avevano condotto solo pochi anni prima, ritornò come
un ricordo spiacevole che cercava di tenere lontano dalla mente per non
sentire il suo ego ulteriormente frustrato: mentre lui metteva K.O. la
prima guardia, Natasha aveva già sistemato un intero
plotone. Era convinto di essersi dimostrato mirabilmente abile nel
menar le mani, di aver quasi fatto colpo su quella giovinetta. Ma non
si era ancora reso conto del tipo di gente che, di lì a
poco, il suo capo avrebbe finito col frequentare, rendendo la sua
presenza più inutile di quella di una formica. Chi poteva
impressionare con una forza così misera? Non certo Pepper,
ormai anche lei assuefatta alle stranezze.
Espirò di colpo tutta l'aria dei polmoni. Restare da solo a
quel modo gli serviva per schiarirsi le idee e cercare di capire cosa
potesse fare della sua vita da quel momento in avanti. Era inutile come
guardia del corpo personale e inetto come addetto alla sicurezza. Tutto
ciò che gli rimaneva era la cura delle automobili e il suo
ruolo di conduttore. Ma, vista la passione del capo per i marchingegni,
forse anche quello era a rischio. Forse avrebbe fatto bene a cercarsi
un altro lavoro, come un civile qualsiasi. D'altronde, poteva comunque
vantare un curriculum di tutto rispetto e né Tony
né Virginia gli avrebbero mai negato il loro sostegno.
Era immerso in quelle elucubrazioni quando un forte boato lo fece
sobbalzare. Si voltò verso la moderna struttura militare a
strapiombo sul mare e subito si tranquillizzò: niente fumo,
niente fiamme. Dovevano essere i fochisti alle prese coi fuochi
d'artificio. Da lì, sicuramente, si sarebbe goduto un ottimo
spettacolo.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
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La deflagrazione, effettivamente, non fu neanche troppo potente.
Almeno, la prima. E per i loro parametri completamente fuoriscala.
Ma fu abbastanza da spaventare a morte tutti i presenti che
immediatamente presero a urlare e ad accalcarsi verso le uscite
più vicine come topi in trappola. Non c'era nemmeno troppo
fumo. Sembrava che un fuoco d'artificio fosse esploso anzitempo e in
direzione opposta... Quello era stato un vero boato, non il colpo sordo
di poco prima che aveva fatto ondeggiare la struttura. In aggiunta a
questo, andava calcolato che i newyorkesi vivevano ormai da anni in
perenne tensione e bastava davvero poco a far scattare i più
sensibili. Forse era davvero solo un botto.
Ben presto, però, un secondo boato, nato dal primo,
sovrastò ogni rumore, scatenando un vero fuggi fuggi
generale ai limiti dell'isteria collettiva sotto la prima pioggia di
calcinacci.
Solo l'angolo dei superumani sembrò reagire razionalmente,
cercando di individuare e capire la causa della confusione, prima di
agire di conseguenza.
Le armature, però, erano volate immediatamente a proteggere
Tony e Pepper, ingabbiandoli nella loro fredda stretta metallica
nonostante le loro proteste.
“Mi tirano i capelli!” protestò Pepper
cercando di evitare di venire intrappolata in quella corazza prima e di
sistemarsi alla meglio dentro l'armatura poi. Ma non erano solo i
capelli a darle fastidio: anche il vestito la impacciava nei movimenti,
avvinghiato a caso com'era dentro quella trappola.
“J.A.R.V.I.S.?” domandò Tony calmissimo
“Vedi nulla di interessante?”
– No, Signore. Sospetto si sia trattato di un guasto
all'impianto elettrico. –
“Controlla, svelto!” ordinò il magnate
mentre tornava a sedersi.
Proprio in quel momento, una pioggia di quelli che a prima vista
sembrarono raggi laser, piovve sul gruppo distruggendo tutto quello che
su cui impattò.
Mentre tutti saltavano di lato, Woo rimaneva, imperturbabilmente
accomodato al tavolo mentre Temugin alle sue spalle deviava i raggi con
una specie di scudo energetico, il quale, a ben vedere, aveva origine
dal suo braccio bionico. “Mr. Lao aveva ragione!”
sibilò il monaco irritato.
“Dov'è Neptuna?”sbottò il
principe atlantideo, da dietro il muro umano improvvisato dai suoi
uomini, notando l'assenza della cugina. Il calore, era evidente, stava
debilitando tutto il suo gruppo e la sua preoccupazione per la sorte di
una sua simile era, quindi, più che giustificato. Woo non
gli rispose ma spostò appena lo sguardo nella zona dove,
fino a qualche minuto prima suonava l'orchestrina.
“Quello è uno dei nostri?”
domandò Tony a Pepper, nel frattempo, indicando il loro
dipendente.
“Sì, una delle ultime protesi militari”
rispose lei quando si fu abituata a non essere scalfita dai colpi.
“La vostra capacità di parlare di lavoro anche
sotto attacco è impressionante!”
replicò Pym che, rimpicciolitosi insieme a Janet, aveva
trovato riparo in uno scanso dell'armatura di Tony
“E il tuo essere petulante nella stessa situazione lo
è altrettanto” rispose Tony
“Venite fuori!” tuonò una voce non
appena i colpi smisero di esplodere. Una voce che, però,
sembrava essere quella di un esercito perfettamente in sincrono. Mille
voci, mille sfumature e intonazioni diverse, che dicevano le stesse
parole negli stessi momenti e con le stesse pause.
Nascosti dietro barricate improvvisate, Natasha e Steve si mossero per
tentare di vedere chi fosse ad attaccarli. Accortasi dello sguardo
quasi supplichevole del capitano, Natasha si sfilò da una
giarrettiera una seconda pistola “Sai come si usa?”
domandò porgendogliela tenendola per la canna. Lui sorrise
irritato di rimando. “Non si sa mai...è da
donna...” si giustificò lei.
“Quanti sono?” domandò Susan,
accovacciata assieme a loro
“Credo uno solo...” replicò Rogers
“Tutti quei colpi e solo uno?” protestò
Johnny
“Vuoi andare tu a vedere?” domandò in
tono di sfida il capitano che mal sopportava le teste calde.
“Con piacere!” rispose quello “Mi
dispiace solo per il completo. Sarà il decimo che distruggo
così... FIAMMA!” urlò rizzandosi in
piedi e buttandosi oltre la barricata per infilare poi il banco di fumo
nebbioso che copriva il loro aggressore.
Partirono alcuni fasci d'energia in direzione della forte luce in
rapido movimento che era la Torcia Umana.
“Quel che si dice, fuoco
alle polveri...” commentò Ben
afflitto dal comportamento irrazionale del ragazzo.
“Non mi sembra il caso di fare dell'ironia adesso!”
lo zittì Susan
“Sue, Johnny è forte e se l'è cavata
altre volte...” disse Reed strisciandogli accanto in forma
gelatinosa
“E quante altre l'abbiamo riacciuffato per il rotto della
cuffia? Quante volte ho creduto di averlo perso?”
protestò lei sulla soglia delle lacrime, preoccupata per il
fratello.
“Shh Sue... andiamo. Calmati. Prendi un bel respiro. Non
appena sarai lucida andremo a...”
Ma un tonfo sordo fece loro alzare gli sguardi. Il raccapriccio si
disegnò sui loro volti mentre osservavano attoniti il corpo
esanime del giovane Strom fumante e incosciente, forse privo di vita.
“No!!!” urlò Susan vinta dalla
disperazione e dalla rabbia. Fuggì la stretta del marito e
fece per lanciarsi oltre la barricata che una palla di fuoco la
centrò in pieno petto, mandandola a sbattere contro la
parete opposta.
“Chi è il prossimo? Il potente Iron
Man?” domandò la voce con tono di scherno
“Volete venire voi da me o devo venire io?”
“A me serve il mio scudo...” ringhiò
Rogers “Così non posso fare proprio
nulla!”
“Questo può essere un valido aiuto, meinen freunden”
domandò Kurt comparendo in una nuvola di fumo nero davanti
al gruppetto.
“Grazie Kurt!” disse Natasha, accettando
più che volentieri il kalasnikov e i caricatori.
“Grazie Kurt!” le fece eco Cap agguantando il
proprio scudo e una pistola più seria di quella della spia,
prima di partire con lei all'attacco: lui parava i colpi e li
defletteva, lei si limitava a tenere il dito sul grilletto, in una
pioggia ininterrotta di bossoli e proiettili.
Ma la voce rideva di gusto del loro attacco combinato
“Mandate i due umani?
Sciocchi...” rise sguaiatamente. “Almeno mandatemi
quelli in armatura...”
“Hai visto chi è?” domandò
Ororo allarmata “Rogue e Gambit sono...”
“No, mi dispiace, c'è troppo fumo...”
rispose Kurt, affranto: la sorellastra era dalla parte opposta della
sala. Tra i due fronti c'era il loro aggressore e, visto che non c'era
traccia dei due mutanti, c'era un'unica verità che
giustificasse quella situazione: Rogue e Gambit erano caduti per primi,
in un primo attacco, all'esterno. Il boato avvertito in precedenza, che
aveva fatto oscillare la struttura, doveva essere opera loro... il
giovane demone ricacciò indietro le lacrime: non aveva tempo
per piangerla. Ci avrebbero pensato dopo.
– Scansione vocale completata: soggetto identificato.
– sentenziò JARVIS senza aspettare il parere di
nessuno. Tony fece cenno agli altri di fermarsi un secondo: voleva
essere assolutamente certo di quello che avrebbe sentito, nel caso
avesse allucinazioni visive o il computer avesse sbagliato a mostrargli
l'immagine. Trattenne il fiato mentre la voce sintetica faceva un pausa
nella lettura dei dati. Una pausa di pochi istanti che
sembrò durare un'eternità.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
:) Ecco finalmente i botti (e le botte) da orbi che vi avevo promesso...
Dunque... lanciamo il totoquiz? chi è che sta attaccando il
Triskelion?
Non so per quale motivo, ho sentito l'esigenza di mostrare anche cosa
succedeva all'esterno e dare spessore anche a un personaggio secondario
come Happy. Spero non ne abbiate a male (quando leggo, odio che i
personaggi secondari vengano tralasciati e poi presentati come se il
lettore debba essere onniscente).
Ancora.. Christine. Lo so che sta antipatica a tutti (pure a me) ma
volevo mostrare che non è la cretina che tutti pensiamo. PS:
e in realtà lavora per il Buggle anche lei (nel Marvelverse
sembra esistere un unico quotidiano). Avevo bisogno di mostrare che
fine avesse fatto Peter perchè, per la storia, lui e
Christine prenderanno altre strade rispetto al gruppo (capirete
prossimamente come e perchè) anche per non dover gestire un
gruppo già di per sé numerosissimo. E poi
succede. Se avete presente i fumetti, ogni tanto un personaggio viene
tagliato fuori dalla scena anche per motivi più banali.
Che altro? Mi pare basta..
:) alla prossima settimana, allora!
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Capitolo 33 *** La talpa ***
33. La
talpa
La lotta, oltre la barricata improvvisata con i tavoli, infuriava in
boati assordanti ma il verdetto riuscì a suonare,
paradossalmente, ben chiaro.
– Anna Marie Darkhölme, nota anche come Rogue.
Mutante. Affiliazione: X-men... – concluse Jarvis, freddo e
professionale.
“Sei sicuro?” domandò Tony, allibito
- Nonostante la voce alterata dalla cacofonia di altre
entità, la predominante risulta quella identificata- rispose
l'intelligenza artificiale.
“Dannazione!” urlò il miliardario
lanciandosi nella mischia e chiedendo al computer un'analisi che ne
individuasse un punto debole.
“Non può essere!” alitarono Kurt e
Ororo, sbigottiti. Subito, spostarono lo sguardo oltre la barricata.
“Cosa le è successo?” urlò
Tempesta, improvvisamente agitata
“Non lo so! Era con Gambit e... oddio...” disse
NightCrawler “Gambit non c'è... oddio...non so se
riuscirò a fermarla...”
“Cosa vuol dire che non lo sai?” tuonò
la donna “Tu e Logan siete gli unici a sapere come fermarla
quando perde il controllo!”
“Sì, ma dubito che questa volta sia come tutte le
altre...” disse il mutante dalla coda prensile in un lampo di
comprensione. “Dannazione!” disse prendendosi la
testa tra le mani. “Dovevo controllare meglio!”
“Cosa sta blaterando l'elfo?” domandò
Pym, irritato da quella confusione.
“I collari dell'MRD. Gambit mi ha chiesto di modificarne
uno...” disse quello agitando le mani in aria come se quello
spiegasse tutto. “Evidentemente era un tranello anche se non
so come sia stato possibile...”
“E dove l'ha recuperato un...” Ororo stava quasi
urlando, sarcastica e rabbiosa. “Oddio... no! Non
Sinistro...” alitò mentre la consapevolezza si
faceva strada nella sua mente: l'espressione corrucciata di Kurt non
lasciava adito ad altre interpretazioni “Allora dobbiamo
agire in squadra per sperare di fermarla...” disse cercando
lo sguardo di quanti erano rimasti. “Ma tu fa' un tentativo!
Ora!” ordinò. E Kurt, in un batter di ciglia
scomparve in una nuvola di fumo. Si rimaterializzò davanti a
sua sorella e le afferrò il volto scoperto con le mani nude.
Quella, in un primo momento, parve sorpresa: un residuo di coscienza
sembrò balenarle negli occhi prima che il ghigno perfido
tornasse a incresparle il volto.
Allacciò Kurt per la nuca, creando una figura simmetrica tra
loro. “Cosa credi di fare, fratello?”
domandò arrogante prima di baciarlo di prepotenza.
Kurt si divincolò dalla presa sgradita, gli occhi sbarrati
dal terrore quando si accorse che lei lo stava mordendo a sangue. Prima
che potesse rendersene conto, Rogue, l'aria imbronciata e scettica, lo
spedì da dov'era venuto con un semplice movimento secco del
polso. Si ripulì del sangue del fratello e tornò
a prestare attenzione agli umani che aveva per le mani.
Protetto dallo scudo di Temugin, Woo si spostò appena,
lasciando che il teleporta gli scivolasse accanto nella sua caduta e,
con tutta calma, si avvicinò al Gorilla che si stava armando
di tutto punto, finalmente soddisfatto. “Non credo sia il
caso di farsi ammazzare da una bella fanciulla... che dici? Le
rovinerei la reputazione... più di quanto non si stia
già rovinando con le sue mani... meglio attaccare per
fermarla, no?” commentò la scimmia verso quello
che considerava più un suo amico che il suo capo. Quello si
accomodò su una sedia, meditabondo.
A quel punto, tutti avevano raggiunto la conclusione a cui Stark era
già arrivato, in modo sommario e per altre vie, pochi minuti
prima, appena aveva saputo dell'identità del loro avversario.
E non era difficile capire il perché. Bastava sapere che
Rogue era in pieno possesso dei poteri di tutte le persone con cui era
venuta a contatto nel corso degli anni (e nessuno ne conosceva
precisamente quantità e identità) e bastava
saperla fuori controllo per raggiungere l'unico obiettivo in un quadro
abbastanza verosimile: andava fermata.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
A bordo dell'Helicarrier, Val lanciò un'occhiata di
sottecchi al collega responsabile della sicurezza della nave,
imbarazzata e stranamente esitante.
“Fury ti ha detto di parlare!” Tuonò un
soldato accanto alla sua branda.
“Ehi!” ringhiò Fury, livido,
rimettendolo al suo posto “Bada a come ti rivolgi a lei. E'
pur sempre l'ex vice direttore dello S.H.I.E.L.D.!” Il
soldato sbarrò gli occhi e si rimise sull'attenti, temendo
qualche ritorsione per quel comportamento sgarbato.
La donna, incoraggiata dalle parole dell'ex direttore e grata della
gentilezza dimostrata, inspirò e cominciò a
raccontare.
“Cercavo di capire cosa stesse progettando Andrea. Come
sempre, da vent'anni a questa parte, d'altronde. Hydra non ha mai fatto
mistero dei suoi piani, eppure, lei agiva con estrema circospezione.
Lei e il fratello, si intende. Andreas, quello che non hai ammazzato
dieci anni fa...”
“Non ho ucciso io Werner, il terzo fratello...ma continua
pure...”
La donna si mordicchiò il labbro. “C'è
poco da dire. Avevamo inscenato la mia morte per convincere tutti che
la Fontaine non lavorasse più per lo S.H.I.E.L.D. e fosse
ciecamente fedele ad HYDRA. Era l'unico modo che avevo per sperare di
scoprire cosa architettavano. Ogni tanto mi capitava di incrociare
Natasha o Jessica per i corridoi. Facevamo finta di nulla. Avevamo
stretto mutamente un patto per salvarci la pelle a vicenda: nessuno
avrebbe detto nulla delle altre, dando per assodata la nostra
lealtà ai Von Struker.”
“Appena mi capita a tiro, vediamo che fine fanno le due
aracnidi...” ringhiò il comandante, irritato per
quel comportamento irresponsabile. Ma erano donne, cosa poteva
aspettarsi da loro se non piani folli?
“Jessica dev'essere stata molto convincente dato che
è riuscita a diventare la guardia del corpo di Andrea, anche
se a suo favore giocava l'appartenenza dei genitori alla stessa
organizzazione. E, in questi casi, lo sai, per mantenere la copertura,
devi essere disposto a sacrificare i colleghi.”
“Va' avanti...”
“Di punto in bianco, accanto ad Andrea compare questo losco
figuro, bardato come se fosse uscito da un film in costume
e...”
“Loki?”
“Lo conosci?” si stupì la donna
“Mah... appena appena...” ghignò Fury in
risposta
“Insomma, Loki conversa amabilmente con Andrea e quando mi
vede, mi punta lo scettro addosso. Da lì i ricordi si fanno
confusi. E non so dire se si sia trattato di un sogno o cosa. Ho
incrociato anche Clint Barton... ma, come lui e come le due aracnidi,
non ho tradito la nostra amicizia...”
“Fammi capire... Ti sei fatta soggiogare da Loki?”
“Credo di sì...” ammise lei
“Allora doveva sapere che eri il mio punto debole. Dopo
Daisy...” disse Fury, le braccia incrociate al petto,
fissando la giovane agente che stanziava al suo fianco e che, a quelle
parole, si irrigidì “Mi dispiace, ma dopo
dovrò sistemare anche te...” comunicò
lasciando la minaccia di ricalibratura cognitiva sospesa tra loro.
“E' il tuo dovere... come mi hai già
spiegato” disse la ragazza senza ombra di rammarico, in uno
stato di totale venerazione per il guercio.
“Ok! E di Jessica e Natasha che mi dici?”
tornò a domandare Fury.
“Quando è comparso Loki, Natasha era
già sparita in quella missione da cui poi l'ha richiamata
Coulson, non credo si stata infettata...”
“Quindi dopo essersi rubato il cubo dal centro N.A.S.A.
è andato da HYDRA...” meditò l'uomo
“Che l'ha finanziato e sostenuto...”
precisò la donna
“Qualcosa non quadra. Perché HYDRA avrebbe dovuto
prestarsi ai folli giochi di un alieno solo per dominare il mondo e
sbaragliare lo S.H.I.E.L.D.?”
“Non ti sembrano motivi sufficientemente validi?”
domandò la donna “In realtà, da quello
ce ho capito, HYDRA è nata per rintracciare e accogliere
questi alieni. Buona parte del loro staff è composta da
alieni sotto copertura, che tu ci creda o meno. La stessa Andrea
è un ibrido umano-alieno...”
“Dio che schifo... giovanotto, presto, un secchio! Devo
vomitare...” ordinò Dugan sull'altro letto.
“Credo che solo Abby, dello S.W.O.R.D., possa ritenersi al
sicuro da quello scettro: la sua parte umana è mutante e
magari non è così facilmente
soggiogabile...” continuò la donna.
Fury sondò la donna con sguardo indagatore
“L'ossessione di Hitler per la magia, i reperti antichi
avvolti da un'aura mitica, quindi, non sarebbero che da imputare alla
presenza, già un secolo fa, di alieni sulla Terra?”
“Di più. Hitler era solo uno strumento in mano
agli alieni, con cui condividiamo questo pianeta da più di
un secolo, pensa a Tunguska. Le idee che costellarono il diciannovesimo
secolo furono terra fertile da far fiorire: gli alieni sponsorizzarono
solo quella parte di politica che tornava a loro vantaggio. I Chitauri
hanno visto nella Germania nazista una magnifica occasione per dominare
il mondo e finanziare, al contempo le loro ricerche per riallacciare i
ponti con il pianeta d'origine. Sono partiti dagli ebrei: hanno
ripescato antichi odi mai sepolti e ne hanno sfruttato le ricchezze.
Così, la loro idea avrebbe contaminato lentamente le menti
dell'umanità, spingendo il limite sempre un po' oltre fino
ad arrivare, alla fine, allo sterminio totale della razza umana. O
meglio... al suicidio della razza umana, così da avere una
nuova Terra da colonizzare...”
“Ok, non mi sorprende questo comportamento di HYDRA. Ma il
CSM? Come si colloca in tutta questa storia?”
“Cabala...” biascicò la donna
“E' un piano segreto sovranazionale in cui i potenti della
Terra sono in combutta per spartirsi il potere. Un progetto a lunga
data, che mira a logorare la popolazione, la politica...chiunque! Non
importa che sia, come detto, un suicidio. Loro ne guadagnano, oggi e
per sempre. Non gli interessa del domani. Anzi, forse hanno il piede
già in altri affari interstellari.”
“Non me n'ero accorto...” soffiò Fury,
ripensando all'ordine più imbecille mai ricevuto. La bomba
atomica. Già era grave che gli Stati Uniti si fossero
lasciati prendere la mano mezzo secolo prima... ma tornare all'idea,
consci degli effetti collaterali e sulla popolazione interna era stata
la cosa più discutibile avesse mai sentito.
“I quattro vecchi stronzi sono in realtà alleati
dei Von Struker?” sbottò Dum Dum lì
accanto, cercando di riordinare le sue idee.
“Precisamente. Fanno solo il gioco delle parti. Anche se non
sarei così sicura sul fatto che siano proprio loro a capo
della cosa. Da quello che ho capito sono solo pedine nelle mani di
qualcuno ancora più malato.”
“Non è che anche loro sono, semplicemente,
controllati dai Chitauri?” domandò Dum Dum, ormai
cereo in volto.
“Tutto può essere... questo spiegherebbe come mai
abbiamo in dotazione armi Hydra -più che svilupparne nostre
nuove di pacca- e perché la risposta all'attacco a New York
sia stata una testata atomica...” concordò Fury
“False Flag...” annuì la donna
“Col pretesto di un concordato attacco, avrebbero raso al
suolo il fulcro di una delle principali potenze mondiali, piegando la
Terra alla vera invasione...”
Fury si pinzò l'attaccatura del naso, esausto. Aveva ancora
diverse domande urgenti da porre alla donna. Ma prima doveva sentire
anche il resto di quella storia.
“Tim...tocca a te!” disse cedendo la parola
all'amico e responsabile della sicurezza.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Come era già accaduto per Jhonny e Susan, ben presto anche
Natasha si trovò a rovinare al suolo priva di sensi. Senza
Tony e senza Steve, che ancora davano battaglia alla mutante, il gruppo
era allo sbando e senza un capo. I due sovrani non sembravano aver
molta voglia di mettersi a capo di quel gruppo così
eterogeneo ma entrambi scalpitavano per sistemare la faccenda. Quanto
al capo dell'Atlas, lui e il suo gorilla sembravano scomparsi nel nulla.
Nonostante tutto, fu T'challa a prendere la situazione in pugno prima
che lo facesse Ororo, abituata com'era a gestire situazioni
d'emergenza: era la seconda, in linea di comando a scuola, dopo Scott
e, ultimamente, in seguito all'abbandono di Jean, il ragazzo non era
stato molto affidabile come guida. Dopo di lei veniva Wolverine che, al
momento, era assente.
Le espose il suo piano e quindi chiese a Kurt di teleportarsi da tutti
i diversi gruppetti asserragliati in quell'angolo di sala e di
riferire. Di volta in volta, bastò un cenno del capo alla
dea degli elementi e alla Pantera Nera per dare l'adesione indiscussa.
Mentre Kurt proseguiva nel suo mandato e Tony e Steve continuavano,
miracolosamente, a tenere testa a Rogue, T'Challa si
affrettò a sfilarsi le vesti da cerimonia e a indossare
delle protezioni tecnologiche sulla tuta basica nera sottostante.
Wasp già si affaccendava cercando di trascinare i feriti al
riparo della copertura elastica offerta da Reed dove Warren prestava i
primi soccorsi.
La situazione, al di là della barricata, invece, la
situazione pareva assurda e disperata. I due amici-nemici sparavano
qualunque cosa avessero nel loro arsenale contro quella che era stata
-fino a quella sera- un membro della loro nuova squadra improvvisata.
Era una mutante, certo, ma sapevano bene entrambi che, per quanto
potente potesse essere questo famigerato Gene X, i suoi portatori non
erano certo invulnerabili. Wolverine a parte, forse.
Ma Rogue, di per sé, era una ragazza normale, con un corpo
normale e una resistenza normale al dolore, al veleno o a qualunque
altra cosa. Eppure qualcosa era scattato in lei rendendola
un'inarrestabile macchina da guerra. Tutti i poteri con cui era entrata
in contatto nel corso della sua vita sembravano essersi attivati
contemporaneamente per proteggerla. Ma proteggerla da cosa? Non c'era
alcun pericolo... O meglio. Lei era il pericolo!
Dopo aver agguantato il suo principale ostacolo, l'amazzone russa che
sparava ininterrottamente, averla strapazzata per bene e averla messa
fuori combattimento, Rogue si dedicava a Rogers con poco entusiasmo
mentre Tony si sentiva quasi il terzo incomodo a cercare di frapporsi
tra i due appena ne aveva l'opportunità.
Il capitano usava lo scudo per difendersi e per attaccare, nella
speranza di riuscire a mandare Rogue a terra e che, magari, la sua
follia fosse curabile con una semplice botta in testa, così
com'era stato per l'agente Barton e per il professor Selvig. E forse
anche per Loki.
Rogue, però, non si faceva prendere facilmente: se non lo
affrontava direttamente, scagliandolo lontano con pugni o magie varie,
teletrasporto e volo erano i suoi assi nella manica a cui solo Tony
poteva tener testa. Anche lui, però, aveva il suo bel
daffare a starle dietro. Trovare un punto debole nel suo attacco o
nella sua struttura fisica, per quanto deprecabile, era la loro unica
chance ma si era rivelato anche oltremodo difficile -se non
impossibile- da individuare.
Era un gioco estenuante e ripetitivo ma almeno la mutante era impegnata
con loro due e, altra gente, più preparata di loro, poteva
pensare a una strategia migliore.
Tutto cambiò all'improvviso quando quella si
stancò e passò al contrattacco.
Senza più giocare.
Si fermò di colpo, sospesa a mezz'aria, lontana dal capitano
e dal suo disco di vibranio. Stark non si rese conto della stranezza
della situazione e le si fiondò addosso a tutta
velocità. Ma l'impatto fu disastroso: la mutante non si
spostò di un soffio e Tony perse istanti preziosi nel capire
cosa fosse successo. Quando si rese conto di essere in balia della
donna era già troppo tardi.
“Iron Man... l'uomo di ferro...”
“Tecnicamente non è...”
cominciò lui, infastidito dall'ignoranza diffusa
sull'argomento ma si fermò di colpo quando si rese conto che
lei, con la sua stretta, gli stava stritolando il bracciale
dell'armatura. Peccato che sotto ci fosse il suo braccio e lui non
avesse nessun strano potere: se non avesse fatto qualcosa,
immediatamente, gli avrebbe disintegrato le ossa, fondendo ulna e radio
in un unico nuovo composto di collagene, proteine, silicio, ricoperto
da periostio.
“Oh...” lo canzonò divertita
“Non sei fatto di ferro? Come mi dispiace...”
Tony cercò di sottrarsi alla stretta mentre Steve Rogers, in
basso, chiamava a gran voce il suo nome.
Rogue stirò un ghigno divertito. “Vediamo se la
tua armatura è a prova di mutante...” lo
sfidò mentre posava la mano libera sul suo petto.
“No, credo di no..”
Le sue dita scivolarono piano oltre la corazza fredda, penetrandola
come una lama arroventata può trapassare il burro fuso. La
strana, fastidiosa ma non dolorosa sensazione di avere le carni
penetrate da un corpo intangibile lo lasciava perplesso. Si rendeva
conto che doveva essere legato al fatto che la mano della ragazza era
scomparsa dentro il suo petto e che, a conti fatti, doveva trovarsi...
Sbarrò gli occhi, terrorizzato e con l'urgenza pressante di
allontanarsi da lì.
“Che c'è? Hai paura per il tuo sterile cuore
meccanico?” domandò la donna sempre più
divertita “Per... questo?” disse ritraendo la mano
di scatto. In pugno stringeva il congegno magnetico che teneva lontane
le schegge di metallo dal suo cuore e che ora stava sfrigolando
isterico, in una pioggia di scintille azzurrine. “Un essere
umano adulto può sopravvivere un mese senza cibo, una
settimana senz'acqua... ma hai idea di quanto possa vivere senza un
cuore?” domandò stritolando il congegno tra le
dita. Quindi, mollò la presa e lo lasciò cadere
dall'altra parte della barricata per tornare poi a giocare -a modo suo-
con Rogers.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Dunque, Val, Fury e Dum Dum li avevamo lasciati nel capitolo 24 alla
partenza dei nostri eroi per Triskelion (un pezzo che in origine era
intorno al 26 ma spostato in avanti per evitare di avere capitoli di 3
pagine e altri da 12...).
Ora, quanto avviene sull'Helicarrier è contemporaneo sia al
viaggio che alla lotta che stanno affrontando i Vendicatori: per questo
era difficile spezzettare la scena per infilarci i militari. Anche
perché, quanto raccontato torna più utile ora che
non allora. Presto si tornerà a tirare le fila del discorso
Chitauri quindi ho ritenuto opportuno piazzarlo più o meno
qui, in modo da far finire le due vicende in contemporanea e lasciarvi
godere della festa esattamente come gli invitati. Ora che gli animi si
sono scaldati possiamo tornare a parlare dei vari intrighi.
Gli intrighi, appunto. :) ecco... il villain questa volta è
Rogue. Penserete che sono impazzita ma l'idea mi si era piantata nel
cervello ancora all'inzio della prima fic (colpa dei cartoni che
riguardavo all'epoca in cui Rogue viene usata niente meno che dal caro
Apocalisse proprio in questo modo). L'idea subito successiva e
conseguente, riguarda la sua vita privata -iellata- e i prossimi
combattimenti/nemici con cui il gruppo si troverà ad avere a
che fare. Già, non crediate che la cosa finisca qui, con
questa scazzottata impari: gli strascichi di questa serata perdureranno
a lungo.
Quanto a Fury... eh, se non s'era capito, i piani alti sono infiltrati
e fanno tutti i porci comodi loro e Loki li ha usati come sue
marionette. Perché? di questo parleremo mooolto
più avanti.
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Capitolo 34 *** Lo spacca-meteore ***
34. Lo
spacca-meteore
Quando anche Tony atterrò in una nube di fumo nero e una
pioggia di scintille, Ororo diede il via al suo piano, guidando e
coordinando i presenti ancora in grado di affrontare la mutante, mentre
Kurt, con solo lievi ferite, si affrettava a raggiungere Wasp per
aiutarla a portare in salvo quel che restava di Tony e della sua
armatura.
Namor si gettò nella mischia accanto a Rogers, anch'egli
ormai in evidente difficoltà. Urlando il suo tonante
Imperius Rex, coprì la fuga delle sue guardie e dei suoi
familiari, a cui aveva ordinato di trovare rifugio in mare. In uno
scontro diretto di quel tipo non avrebbero avuto alcuna
possibilità di sopravvivere e non sarebbero stati di alcuna
utilità: non appena il casco si fosse scheggiato e avesse
perso la tenuta, sarebbero morti asfissiati. Pur provato dal calore,
riuscì a fronteggiare Rogue abbastanza a lungo da consentire
a Rogers di ritirarsi per prendere fiato. Ma la mutante era un
concentrato di poteri altrui di cui faticava a riconoscere la
provenienza: la pelle diamantina di Emma e metallica di Piotr, i raggi
ottici di Ciclope e i raggi X di Refrax, le sfere di plasma di Shiro e
di Carol, la capacità di Remy di caricare di energia
cinetica gli oggetti inorganici e la capacità di
teleportarsi di Nightcrawler, la resistenza e
l'invulnerabilità di Logan così come la
manipolazione dei metalli di Magneto e l'intangibilità di
Kitty Pride. Tutti poteri che andavano a sommarsi al suo dono innato di
assorbire memorie e poteri altrui e a quello secondario, acquisito, del
volo e della forza sovrumana che la rendevano, di per sé,
capace di tenergli testa se non anche di sopraffarlo: in quel momento
era la mutante più potente sulla faccia della Terra ed era
fuori controllo. Per quanto tutti loro potessero essere forti, quella
combinazione di poteri era unica e, apparentemente, inviolabile.
In suo sostegno arrivarono subito anche Henry Pym e Ben Grimm. Insieme
si adoperarono a colpirla, in un modo o nell'altro, sperando di
fiaccarla, distrarla o trovare una falla nella sua corazza o
disattivare il bracciale che probabilmente ne alimentava l'ira. In
condizioni normali, nessuno di loro si sarebbe spinto a tanto, ma era
un caso disperato: Rogue sembrava divertita da quel diversivo o, forse,
assorbita dalla sfida che quei tre assieme potevano rappresentare.
“Mi sono stancato!” sbottò Pym quando la
mutante svanì nel nulla al suo ennesimo assalto: in
principio aveva provato a infilarsi nei circuiti del bracciale ma
l'aveva trovato stranamente inattivo: qualcosa la spingeva a proseguire
su quella strada nonostante tutto. Il bracciale doveva essere stato
solo l'innesco e, una volta attivata la particolare miscela di poteri,
la confusione nella mente della donna aveva fatto il resto,
autoalimentando quella follia.
Pym si ingigantì, quindi, al punto da sfiorare l'architrave.
La brezza notturna, che filtrava dal soffitto crollato durante il
combattimento che si era svolto fino a quel momento, gli scompigliava i
capelli. Se non fosse riuscito a pestarla come una formica, da
quell'altezza, almeno avrebbe avuto una panoramica più ampia
e ne avrebbe desunto uno schema. O, almeno, avrebbe avvertito gli amici
delle sue mosse.
Insieme alla brezza, però, avvertiva anche una strana
sensazione, per niente piacevole: i peli gli si drizzarono e una paura
immotivata lo scosse nelle viscere.
Non fece in tempo a domandarsi di cosa si trattasse che
sentì il loro capo improvvisato inveire contro uno di loro.
“T'Challa ti aveva detto di non farlo!”
urlò Tempesta dal soffitto su cui era volata, passando
inosservata. La Pantera era stata altrettanto silenziosa e invisibile.
E aveva trasgredito agli ordini della sua amata che ora era furibonda:
aveva gli occhi azzurrini velati di quella strana patina biancastra che
non prometteva nulla di buono. “Sei in pericolo!”
sbottò mentre gli strali si radunavano sopra di loro. Ma
T'Challa fece spallucce e non si mosse di un soffio, continuando a
studiare la scena all'interno della sala distrutta.
Ecco cosa stava accadendo: il campo elettrico si stava condensando in
un fulmine pronto a colpire l'obiettivo al momento giusto, col suo
miliardo di volt a una velocità di 160.000 chilometri orari,
l'aria si stava scaldando rapidamente fino a raggiungere una
temperatura sei volte superiore a quella della superficie solare. Da
lì a pochissimo, l'aria avrebbe rimbombato e chiunque si
fosse trovato nel percorso della saetta sarebbe morto bruciato
all'istante. O ne sarebbe rimasto shockato, come minimo: c'era gente
sopravvissuta ai fulmini, ma Henry era un uomo di scienza e non ci
teneva a sfidare inutilmente la sorte affidandosi a credenze popolari
su fulmini che non colpiscono mai due volte lo stesso punto e leggende
metropolitane di fortunati superstiti.
Capito l'errore, quindi, Ant-man si affrettò a
rimpicciolirsi e trovare rifugio da qualche parte per evitare la
scarica elettrica che era in arrivo. Ben non ne sarebbe stato scalfito
e Namor sapeva di doversi ritirare al momento opportuno.
Il colpo arrivò, roboante come solo un fulmine
può essere, subito dopo l'ultimo attacco congiunto portato
da Namor e da Ben. Il lampo accecò tutti i presenti con la
sua violenza intrinseca. Il terremoto dovuto all'onda d'urto successiva
fece barcollare chiunque fosse ancora in piedi. Il fulmine
scaricò tutta la sua potenza distruttiva sulla mutante
impazzita e imperversò nella sala per diversi, lunghi,
istanti. Un lasso di tempo durante il quale i presenti trattennero il
fiato, soggiogati dalla potenza della natura.
Quando quella furia scemò, Ororo fece in modo che una brezza
leggera dipanasse la coltre di fumo che si alzava dal punto d'impatto.
Ma, nonostante la potenza del suo attacco, Rogue era ancora
lì, senza nemmeno un graffio o una bruciatura. E aveva uno
sguardo vuoto e vacuo ma anche rancoroso che appuntò
immediatamente sull'amica. Ororo la vide stirare un ghigno crudele e
nei suoi pugni vide scintillare la luce di un potere che non le
apparteneva. Fece appena in tempo a registrare un movimento tra le
macerie con la coda dell'occhio che un proiettile argentato si
fiondò sulla ragazza, ringhiando e distogliendola dai suoi
intenti.
Angelo, le ali metalliche spianate in formazione d'attacco, si era
scagliato sulla donna con tutta la forza di cui disponeva e Ororo
faticava a ricordare un momento in cui l'avesse visto così
agguerrito. Nemmeno quel giorno all'istituto...
No, un momento. Quel ringhio basso e sordo, quegli occhi iniettati di
sangue, il volto sfigurato dalla rabbia... Quello era di nuovo l'Angelo
Nero, come era stato ribattezzato alla scuola dopo il suo exploit
contro Elisabeth Braddock.
Nel caso fosse riuscito a distrarre Rogue quel tanto che bastava per
far intervenire nuovamente Kurt (sul cui intervento e potere d'azione,
ormai, la regina dei venti aveva delle riserve) si sarebbero dovuti
ingegnare per fermare anche Warren. Il giovane Worthington aveva ceduto
alla sua personalità oscura probabilmente in seguito allo
spavento portato dalla scarica elettrica da lei generata. Col biondino,
però, non si poteva giocare nuovamente la stessa carta.
Stava ancora riflettendo su come uscire da quel pasticcio quando
l'ombra alle sue spalle, nera e silenziosa come la notte sopra di loro
altrimenti serena, le si affiancò facendole prendere un
mezzo infarto “Se Warren non dovesse fermarsi...”
le disse T'Challa appollaiandosi al suo fianco “Ci
penserò io...” disse sguainando le spade tribali
che, come re del Wakanda, doveva sempre avere con sé.
“Vuoi... uccidere Warren?” alitò
Tempesta, inorridita
“Tentare.” precisò “E' l'unica
soluzione che sia stata proposta per farlo rinsavire: il ragazzo
guarisce in fretta...” replicò lui indicandole un
microschermo incassato in uno dei guanti. “Tecnologia
Wakandiana...” precisò notando lo spaesamento di
lei “Mi sono semplicemente connesso ai nostri satelliti come
tu faresti con uno smartphone...”
“Dove le hai trovate queste informazioni?”
domandò stupita e guardinga.
“Un sistema di raccolta dati parallelo a Cerebro, simile a
Echelon...” rispose lui, candidamente, senza rendersi conto
di cosa ciò volesse dire per la sua interlocutrice: i
segreti di tutti i mutanti (in particolar modo quelli protetti da
Xavier) potevano, con quella tecnologia, essere resi di pubblico
dominio. Nelle mani sbagliate i mutanti sarebbero finiti in
chissà quali guai. Anche se non era colpa diretta dell'uomo
al suo fianco (non sapeva nemmeno se quel sistema era Wakandiano o
dello S.H.I.E.L.D.), Ororo non poteva fare a meno di pensare che il suo
amato potesse aiutare, con quelle conoscenze, le persone sbagliate. Gli
rimproverava, in parte, il fatto che avesse ceduto a un mezzuccio
simile. Ora che il ghiaccio era rotto e che le cose, tra loro,
sembravano essere tornate sui binari da cui avevano deragliato anni
addietro, avrebbero dovuto affrontare nuovamente l'argomento, non
appena l'allarme momentaneo fosse passato.
Sotto di loro, intanto, Rogue parava con facilità ogni colpo
che un inferocito Warren le scagliava contro e sembrava divertita
dall'autonomia che le sue ali metalliche avevano nel tentare di
infilzarla. Kurt, che attendeva paziente il momento di intromettersi in
quella lotta che avrebbe visto una sola vincitrice, se fossero andati
ancora avanti a lungo su quella strada, si accorse di un movimento alle
sue spalle. Tra le macerie, Woo e il suo seguito si muovevano con
circospezione.
“Dov'eravate finiti?” sibilò irritato,
non potendo certo biasimarli per aver tagliato la corda -avendone
l'occasione, l'opportunità e i mezzi- da una situazione
tanto spinosa che non li riguardava neanche di striscio.
Temugin gli riservò un'occhiata glaciale, mentre il Gorilla
(ora vestito di un completo cachi, adattato alla sua stazza, e armato
fino ai denti) gli rispondeva con la tranquillità con cui
avrebbe risposto a una domanda sul tempo atmosferico “Siamo
andati ad accertarci che Venere e Namora stessero bene...”
“Jimmy...” disse la donna al loro seguito dai
lunghi capelli neri come la seta “Credo sia il caso di farla
finire qui...”
“Credo anch'io” convenne l'ex-agente C.I.A. con un
cenno di assenso del capo. Quindi, parlando come se si rivolgesse a
qualcuno dei presenti, continuò “Bob, mi
senti?” Dovette ricevere risposta da un auricolare o da un
qualche congegno speciale da agente in incognito. Commentò
con un paio di mugugni quindi disse “Sì... direi
che è ora di usare lo spacca-meteore!”
“Cosa?” sbottò il gorilla “Di
nuovo? Ma sei impazzito?”
“Ha fermato Hulk...” si giustificò il
capo del gruppo Atlas
“Non l'ha fermato, Jimmy!” imprecò Ken
cominciando ad allontanarsi da quel luogo “Lo ha solo
irritato. Ricordi? Non
spacca Hulk. Hulk Spacca! Non credo che Bob reggerebbe un
altro colpo simile al disco...”
“Ha detto che vuole provare...” replicò
Jimmy facendo spallucce
“Allora è il caso di sgomberare!”
replicò Temugin
“Basterà l'intervento di M-11” rispose
Woo, per niente preoccupato.
“E di M-21, tanto per essere sicuri, vero, Jimmy
caro?” domandò sarcastica e retorica la donna in
verde che considerava nettamente superiore il suo robot, classe M, di
ultimissima generazione, nonostante M-11 avesse dato prova di non
essere il residuato bellico che la sua categoria era in
realtà e di poter competere agilmente con i ritrovati
più recenti.
“Certo, Suwan. In due lavoreranno meglio!” convenne
ancora l'ex-agente per evitare inutili polemiche. I due robot si
materializzarono, probabilmente per mezzo del teletrasporto, da dietro
le colonne e andarono a disporsi davanti ai vendicatori feriti.
“Io lascerei tutto il lavoro a M-21”
replicò ancora la scimmia indicando il robot più
lucido e dalle forme avveniristiche che sembrava levitare sospeso a
mezz'aria “Se succede qualcosa a M-11 poi dovremo
preoccuparci di fermare anche Namora... Tutto questo attaccamento alla
tecnologia è snervante...Bob col disco, Namora con M11 che
abbiamo riassemblato centinaia di volte...”
“Andrà tutto bene, vedrai...” lo
rincuorò Woo che poi si volse verso Kurt “Devi
venire via anche tu!” disse lasciando il giovane sorpreso e
confuso. Da che parte stavano questi terroristi, questo esperimento mal
riuscito di Vendicatori? D'improvviso si ricordò di Ororo e
di T'Challa e alzò lo sguardo alla cupola sventrata
“Va' a dire loro di mettersi al riparo...” lo
invitò Woo senza voltarsi. Sorpreso da quell'autorizzazione,
Kurt si smaterializzò sul tetto proprio mentre un silenzio
assordante riempiva l'aria. Stava per succedere qualcosa. E un nome
come 'spacca-meteore' non lasciava presupporre nulla di buono.
L'aria, carica dell'elettricità statica scaricata pochi
minuti prima, si era fatta immobile. Il tempo sembrava essersi fermato
e una profonda angoscia aveva attanagliato tutti, inspiegabilmente.
Nessun suono sembrava avere la forza di propagarsi in quello strano
silenzio irreale, né lo sciabordio delle onde del mare
né il respiro affannato dei due combattenti volanti che,
incuranti di tutto, continuavano ad affrontarsi.
“Attivate gli scudi!” ordinò Woo, un
passo dietro i robot e dieci avanti alla gente che voleva proteggere.
“Prega che Bob abbia una buona mira... se lui ha sbagliato,
centrando M11, e noi sopravviviamo, sarà Namora a farci
secchi!” borbottò il Gorilla facendosi il segno
della croce.
Woo lanciò un'occhiata al di là della sala, oltre
i due mutanti, e fissò Peter e Christine che, dimenticati da
tutti, faticavano ad allontanarsi dal luogo del disastro nonostante
fossero vicini a una via d'uscita “Andate!”
ordinò loro. La sua voce arrivò chiara e nitida,
l'ordine perentorio e inamovibile. Peter afferrò Christine
per un braccio e, a malincuore, la trascinò con
sé, non prima di aver lanciato ai compagni un cenno di
saluto. Era cosciente del fatto che nessuno l'avrebbe mai accusato di
vigliaccheria ma era una persona divorata dal senso di colpa sin dal
suo esordio come supereroe e quella scelta gli risultava insostenibile.
Ma capiva anche che era l'unico che poteva scappare senza scatenare
ulteriormente le ire della mutante, era l'unico collegamento rimasto
con i Vendicatori rimasti a casa ed era l'unico la cui
identità fosse totalmente segreta e tale avrebbe dovuta
rimanere per il bene di tutti. Inoltre, aveva la
responsabilità di una civile
“Quando vuoi...” disse il capo dell'Atlas, quando i
due furono spariti, rivolgendosi all'auricolare nascosto.
Non ebbe nemmeno il tempo di finire che uno shock sonico
stordì chiunque nel raggio di un chilometro. Il silenzio
successivo sembrò essere più penetrante di quello
che l'aveva preceduto. Quindi, sfrigolando isterico, un fascio di luce
del raggio di un paio di metri si abbatté, senza preavviso,
sulla zona del combattimento.
Se la violenza dell'impatto, la luce e la paura avvertiti durante la
scarica di Tempesta aveva scosso qualcosa nell'animo di ciascuno,
questo potente raggio mortale annichilì ogni pensiero e
sensazione, lasciando l'animo esposto alla potenza dirompente di una
forza ultraterrena e divina.
La stanza sembrò esplodere sotto il peso dell'impatto prima
che il boato arrivasse a colpire con il suo fragore.
Lo spaccameteore era una forza davvero impressionante e
imperversò sulla zona interessata per diversi minuti col suo
pulsare luminoso.
Quando la luce si spense, come un fuoco che esaurisce il combustibile,
Rogue era ancora là, in piedi al centro del cratere che
l'impatto aveva creato, Warren giaceva svenuto ai suoi piedi. Secondo
logica, avrebbe dovuto sprofondare fino a piano terra ma, era evidente,
una qualche forza l'aveva protetta, deviando l'energia del colpo e
rendendolo più facilmente sopportabile.
I presenti fecero appena in tempo a vedere l'espressione contrariata
della mutante fuori controllo prima che questa si scagliasse contro la
fonte di quella spaventosa energia. Un gong prolungato
risuonò a lungo nel cielo mentre una miriade di luci si
accendevano lungo una circonferenza, di dimensioni bibliche, che
descriveva il perimetro di quello che Ken aveva definito, giustamente, disco e che ora si
rivelava essere un'astronave in tutta la sua maestosa grandezza.
“L'avevo detto che Bob si sarebbe incazzato...”
commentò il gorilla Ken mentre Woo impartiva rapidamente i
suoi ordini “Venere... fermala! Namora, tu pensa al
resto!”
“Basterà?” domandò Suwan alle
loro spalle
“Ha fermato Hulk...” precisò Woo senza
distogliere lo sguardo dal soffitto mentre una voce delicata e ipnotica
si diffondeva nell'ambiente donando un senso di pace e
tranquillità.
Rogue sembrò calmarsi all'improvviso e Namora ne
approfittò: si avventò con ferocia sulla mutante,
mandandola a sbattere la testa contro il pavimento già
crepato “Dove, Bob?” urlò anche lei,
tenendola stretta sotto di sé mentre lei si informava su
come procedere. Come Woo dovette ricevere indicazioni tramite
ricetrasmittente, perché, senza esitazione,
afferrò il bracciale della donna e glielo strappò
dal polso con violenza. All'istante, Rogue si accasciò al
suolo priva di coscienza. La principessa dei mari si rimise in piedi e
si spolverò le ginocchia con noncuranza. Nel silenzio che
era improvvisamente calato, si avvertirono, improvvisamente e
sorprendentemente vicine, le grida isteriche delle sirene delle forze
dell'ordine che accorrevano sul luogo della sciagura.
“Ma...avevo controllato il bracciale e non...”
stava protestando Pym.
“Il bracciale la teneva circuitata nonostante fosse
inerte” spiegò asciutta la cugina di Namor,
caricandosi Rogue in spalla.
“Dobbiamo andare!” borbottò Ken
avviandosi verso Namora e Rogue che già cominciavano a
levitare a mezz'aria, illuminate da un dolce fascio di luce proveniente
dallo stesso boccaporto che, pochi minuti prima, aveva scatenato la
furia distruttrice.
“Ehi!” protestò Ororo pronta a dare
ancora battaglia “Dove la state portando? Lasciatela
andare!” Ma T'Challa la tratteneva per le spalle, impedendole
di scagliarsi contro quello strano gruppo che li aveva appena salvati.
“L'alternativa è che ti cancelliamo la memoria,
donna!” sibilò Temugin minaccioso, avanzando verso
di lei. T'Challa si parò tra lui e la mutante, per
difenderla. Il monaco stirò un sorriso canzonatorio
“Possiamo farlo anche con te, Re T'Challa. E le tue infinite
tecniche di combattimento non potranno nulla contro colui che
padroneggia il chi”
replicò vedendo il sovrano agguerrito.
“Jimmy!” protestò l'agente Khanata,
sperando che il capo riportasse la disciplina tra le sue file e che le
sue non fossero state promesse vuote. “Avevi detto che non
sarebbe successo nulla!”
“E' vero...” confermò quello rimettendo
il figlio del Mandarino al suo posto con una semplice occhiata
ammonitrice “Il nostro intento era proprio parlare con voi.
Sarebbe sciocco cancellarvi la memoria e dover ricominciare da zero.
Tanto più, farlo sul sovrano del Wakanda, a cui siamo legati
a doppio filo da antiche alleanze... Vi invito a salire a bordo del
disco, c'è spazio per tutti. E le vostre ferite saranno
rimarginate in un tempo nettamente inferiore rispetto all'arrivo di un
qualunque paramedico...”
T'Challa guardò Ororo, pregandola con lo sguardo di fidarsi
di lui. Quindi, insieme, guardarono Steve Rogers. Ora era lui l'unico
che poteva prendere decisioni per la squadra.
Cap annuì “Voglio la
verità...” specificò rivolgendosi a Woo.
“L'avrai, capitano...” commentò l'altro
sorridendo enigmatico “... Sai meglio di me che non hai nulla
da temere da noi. Vista la potenza sprigionata e l'alleanza che
intercorre tra noi e Namor e T'Challa: se fossimo stati male
intenzionati vi avremmo sistemati senza batter ciglio”
“Proprio così!” confermò
Rogers
“Perfetto...” disse e con un cenno del capo diede
il via libera a Bob perché li portasse via da lì.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
E finalmente siamo riusciti a mettere Rogue tranquilla.
Chissà come la prenderà al suo risveglio.
Dunque...visto come l'abbiamo neutralizzata? Come si neutralizza un
Hulk se non si hanno batterie di sonnifero per elefanti? E senza
tirarla troppo per le lunghe? Leggo
Agenti dell'Atlas (il For Fans Only – Dark
Reign)e trovo la
soluzione. Rapida e indolore. XD (in realtà
l'unico motivo per cui li ho introdotti...a parte che si fingono geni
del male).
E, a proposito, cosa avranno mai da dire gli Agenti dell'Atlas ai
nostri Vendicatori? Nulla che noi non sospettiamo già ma che
loro ancora ignorano.
E avete notato che il grande assente non è intervenuto ma
anzi è stato costretto a tagliare la corda. Cosa che, povero
Peter, non farà che acuire il suo senso di inadeguatezza
rispetto al gruppo. D'altronde, è la sua patologia, se non
infierissi su quel fronte, sarei OOC...anche se vorrei tanto essere
equa nei suoi confronti (poverino...).
Ecco, Peter sarà il protagonista del prossimo capitolo ;)
Presto sveleremo gli intrighi a cui sono soggetti i nostri eroi. E chi
saranno mai i cattivoni che potrebbero fare un cattivo uso delle
tecnologie di T'Challa...
ma non vi dico nulla (come se non lo sapeste già).
E vi rimando alla prossima settimana.
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Capitolo 35 *** Alone came the spider ***
35.
Alone came the spider
Raggio traente. Così si chiamava nei film di fantascienza.
E quello era un vero e proprio fenomeno di abduzione. E lui lo stava
documentando.
JJJ questa volta non avrebbe potuto inventarsi balle per screditare i
supereroi ma... gli alieni? Gli avrebbe creduto? Dopo gli eventi dei
mesi passati era probabile che non rifiutasse l'idea a priori -
nonostante continuasse a sproloquiare di una gigantesca montatura
Hollywoodiana circa la tentata invasione dei Chitauri- ma gliel'avrebbe
accettata solo se avesse voluto gettare ulteriormente nel panico la
popolazione che, invece, sul tema era molto suscettibile
nonché dibattuta e divisa.
“Jameson mi defenestrerà se gli porto foto di
UFO” commentò sconsolato Peter Parker pensando
alla sorte dei suoi amici. In testa gli frullavano mille e un modo per
liberarsi della bionda, rientrare al Triskelion e correre nell'alone di
luce morbida e seguirli... o per svignarsela alla torre dove stava il
resto della squadra.
“Se devi andare... vai!” disse Christine come se
gli avesse letto nella mente.
“Cosa?” stava domandando Peter, confuso, ma il
vocione di Happy Hogan precedette l'arrivo dell'autista di Stark che,
trafelato, gli corse in contro sperando avesse notizie sul suo padrone.
Peter dovette tranquillizzarlo, raccontandogli brevemente quanto era
accaduto nell'osservatorio. “Credo volessero solo parlare con
calma. Dopo quello che è successo negli ultimi tempi, tra
alieni, attentati, furti di tecnologia e l'attacco di Visione, credo
abbiano pensato fosse il caso di portare tutti i Vendicatori in un
posto che loro reputavano più sicuro e discreto... della
Torre... E, nonostante questo sedicente gruppo Atlas non sembrasse
malintenzionato -e, anzi, hanno contribuito a fermare la mutante
impazzita- mi sento tremendamente in colpa per essere qui. Perdonami,
Happy, se non sono riuscito a fare nulla...”
Rincuorato dall'analisi del giovane fotoreporter, l'autista
raddrizzò le spalle “Allora credo che la mia
presenza qui sia inutile... Serve un passaggio a casa?”
domandò con ritrovato buonumore.
“Sì, grazie...” si intromise Christine,
sfacciata.
“Ci conosciamo?” domandò Happy
squadrandola da capo a piedi. Impolverata e arruffata era comunque una
bellissima donna.
“Sono stata alla villa a Malibù, una volta. E ci
dovremmo essere incontrati a Montecarlo in occasione del caso
Whiplash...” rispose freddamente nonostante il sorriso di
circostanza.
“Sì, Happy, portaci a casa. E' stata una lunga
giornata... e, credo, sarà anche una lunga
nottata...” si intromise Peter, guardando Christine in
tralice “E speriamo bene per domani! Ma...non è
che hai bisogno di una mano a riportare una delle auto?”
domandò poi, osservando il nutrito parco macchine del
magnate che sostava nel parcheggio, abbandonato.
“Effettivamente...” abbozzò quello
“Se mi aiutassi con quella...” disse lanciandogli
le chiavi di un'auto. “L'altra la farò recuperare
dal carro attrezzi... Sai guidare col cambio manuale?”
“Zio Ben mi ha fatto guidare il trattore, da piccolo. Non
può essere molto diverso...” rispose sorpreso.
“Quando il motore comincia a gemere, cambia la marcia.
Quando, al contrario, lo senti tossire morente, scala.” Lo
istruì con un sorriso gentile il gigante stretto nel
completo d'ordinanza.
“Sì, ricordo... ma...”
fischiò il ragazzo al pensiero del bolide su cui avrebbe
appoggiato il sedere “Sicuro che a Tony vada bene?”
domandò perplesso
“Deve andare bene a me. Non credo esista qualcuno sulla
faccia della Terra capace di ridurre i miei gioiellini in condizioni
più penose di quelle in cui me li riconsegna
Tony...” replicò quello allontanandosi verso le
luci che giungevano dalla strada.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
“Allora... vuoi rilasciarmi un'intervista?”
domandò Christine seduta sul lato passeggero mentre Peter
portava l'Aventador purpurea sulla strada principale, lontana dalle
luci stroboscopiche delle auto delle autorità locali.
“Come scusa?” domandò lui di rimando,
sudando freddo. Già prima la bionda aveva alluso qualcosa di
strano... si era tradito in qualche modo con il suo atteggiamento?La
giacca era a posto? La camicia integra? La tuta non era visibile in
alcun modo, vero? Non era stato smascherato?
“Beh, ho accanto a me un testimone di quanto è
successo... vuoi parlarmene?” replicò lei con un
sorriso accattivante.
“C'eri anche tu!” rispose Peter divertito, seccato
e sollevato al tempo stesso: i suoi sensi di ragno gli stavano
suggerendo qualcosa, ma non riusciva a capire quale fosse la minaccia,
generica e non troppo pressante, che gravava su di lui, anche se in un
primo momento aveva temuto il peggio. “Scrivi cosa hai
provato tu!”
“Non ci stiamo capendo...” replicò la
donna spostandosi sul sedile in modo che lui potesse guardarla negli
occhi senza distogliere l'attenzione dalla strada. “Se non
vuoi raccontarmi nulla... forse ho posto male la domanda...”
disse condiscendente, inclinando la testa di lato “... sei
anche tu uno di loro?” domandò diretta.
“Cosa?” sbiancò l'altro e per poco non
perse il controllo del bolide a trazione integrale. Aveva visto giusto
al primo colpo! “...cosa ti ha fatto venire in mente un'idea
così bislacca?”
“A parte questa tua reazione esagerata?”
domandò sorniona “Beh.. il fatto che siamo
riusciti a uscire incolumi da quella frana di detriti, ad esempio. E
non solo. Una cosa simile era già successa al nostro primo
incontro, quando Virginia Potts è rimasta coinvolta
nell'esplosione del primo ordigno. In secondo luogo.. beh, la
familiarità con cui hai trattato l'autista personale di
Stark, neanche vivessi a casa sua...”
“Sono il suo fotografo ufficialedi Iron Man, ora, come
dell'Uomo Ragno...” si giustificò lui non capendo
che si stava scavando la fossa da solo ma non potendo fare diversamente.
“Sì, certo...” scandì
asciutta lei, facendo schioccare la lingua “E la tuta di
spandex che porti sotto la camicia è una semplice maglia
della salute colorata...”
“Co...?” alitò lui, incastrato dal primo
e semplice bottone saltato nella confusione: bastò
un'occhiata allo specchietto retrovisore per capire.
“Allora?” lo aggredì ancora lei
“So mantenere un segreto!”
“Certo, come no... e io sono Cleopatra!”
replicò il fotoreporter cercando di trovare una scappatoia a
quel casino.
Christine assottigliò gli occhi “Anche se non me
lo dici, ti stanerò...”
“Ti accuserò di stalking!”
“Potrei proteggervi coi miei articoli, laddove Jameson vi
attaccherà.”
“Perché usi il plurale?”
domandò lui cauto.
La bionda gli riservò un'occhiata glaciale “Non
sottovalutarmi e non trattarmi da stupida!” sibilò
“Tu sei un po' troppo connesso ai mutanti e in particolar
modo all'Uomo Ragno...”
“Che non è un mutante...”
precisò subito lui, mollando il volante e
additandola con fare quasi intimidatorio.
Gli occhi di lei si ridussero a due fessure nella notte “Lo
conosci davvero bene...” replicò
“Così come sei in confidenza con Anthony Stark...
una confidenza maggiore di quella che avrebbe qualunque altro
fotoreporter... e io sento odore di bruciato...”
“Non prova niente!”
“No, certo. E solo per caso sei un grande amico di Jhonny
Storm, alias la Torcia dei Fantastici Quattro...”
rincarò lei nella speranza di farlo parlare "E ovviamente
conosci bene tutto il team, visto che bazzichi spesso il Baxter
Builgding..."
Ma Peter non si sbottonò e da quel momento scelse di tacere
e non rispondere alle sue provocazioni.
In breve tempo raggiunsero i confini di New York -se tali potevano
considerarsi in una città estesa come quella che si era
guadagnata il neologismo di megalopoli-
La accompagnò al suo indirizzo e quando lei, offesa,
aprì la portiera la fermò con un'offerta di pace
“Fatti una doccia e riposa. Se ti servono le mie foto non hai
che da chiedere... le metterò in cloud appena arrivo a
casa” disse lasciandole il suo biglietto da visita con
l'indirizzo a cui avrebbe potuto trovare tutto il materiale scattato,
grezzo, non selezionato e non ancora sistemato con i programmi di
grafica vettoriale.
Lei accettò il cartoncino senza una parola, lo
squadrò con astio, lo infilò nella baguette che
stringeva sotto braccio, da cui estrasse un altro rettangolo di carta
che appoggiò sul sedile del passeggero. “Se cambi
idea...” disse prima di chiudere la portiera che si
assestò sulla fiancata con un colpo sordo.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Quando Peter fece ritorno alla torre di Stark, Happy non era ancora
tornato. Sbuffò al pensiero di dover essere lui a comunicare
agli altri quanto accaduto.
Logan. Avrebbe parlato con lui e lui si sarebbe arrangiato a contattare
chi di dovere.
Essere alla torre, un ambiente pulito, lucido, silenzioso, profumato,
gli sembrava così irreale dopo aver passato la serata
incastrato sotto calcinacci polverosi, sovrastato dai boati e dalle
urla di una battaglia. Si sentiva fuori luogo, come in un sogno dove si
sa che accadrà presto qualcosa che trascinerà il
tutto nella situazione di caos che ci si è lasciati alle
spalle.
La porta dell'avveniristico ascensore si aprì sulla sala da
pranzo, come di consueto. Là, sbracati in una discarica di
lattine e nel tanfo tipico dei birrifici, stavano i tre eroi, forse
più sobri di lui, che ridevano a crepapelle della battuta
che Wade doveva aver appena raccontato. Quest'ultimo stava in piedi sul
tavolo di mogano, atteggiato in pose contorte e incomprensibili. Peter
scosse la testa: non voleva sapere che cosa stesse succedendo.
“Ehilà! Il primo che torna a casa!”
salutò Logan.
“L'unico
che è andato in bianco!” lo derise
Wilson “Pure
Happy ha rimediato, stasera...”
Peter lo fulminò con lo sguardo, facendo sbellicare i due
ancora di più “Guardalo come si inalbera! Devi
aver toccato un nervo scoperto, Wade!” disse gioviale il
mutante dando il cinque al mercenario. Peter scosse la testa, sconvolto
da quell'insolito cameratismo tra i due. Ma, d'altronde, cosa potevano
saperne, loro di cos'era successo?
“Suvvia!” li redarguì Thor
“Forse era solo oltremodo noioso... Dai, Uomo
Ragno!” continuò andandogli in contro con una
lattina di birra “Non ti offendere... si dice per scherzare!
Perché non ci narri di come è andata?”
Peter trasse un gran respiro e si focalizzò su Wolverine, il
quale si fece subito serio e cacciò un pugno in bocca a Wade
-che continuava a sparare idiozie a vanvera- per farlo tacere
“Che è successo?” domandò
fiutando qualcosa.
Il ragazzo guadagnò il tavolo, strappò la
linguetta di una lattina e, dopo essersi versato in gola un generoso
sorso di freddo liquido ambrato e aver fatto quasi sbattere il
contenitore sul piano, per il nervosismo, si decise a raccontare.
“Siamo stati attaccati...” disse solo che gli altri
erano già scattati in piedi, nervosi per il desiderio di
saperne di più e poter far qualcosa di concreto, a parte
Wade che lamentava di essersi perso l'ennesimo momento davvero ludico
dei Vendicatori.
Peter raccontò con calma e pazienza ogni cosa, a partire
dall'arrivo dei ragazzi, come li avesse visti aggregarsi a quelli del
Baxter Building; dell'arrivo di Namor, T'Challa e un terzo gruppetto di
cui non aveva la più pallida idea di chi potessero essere.
La tensione aumentò ulteriormente quando si
addentrò nella descrizione di una Rogue mutata e aggressiva.
Non si dilungò sulla battaglia ma descrisse il senso di
smarrimento e di follia che regnava nel teatro dello scontro, di come
la gente fosse fuggita in preda al panico. Illustrò,
dettagliatamente, come venne fermata e come il capo di quella insolita
aggregazione l'avesse invitato a fuggire prima che lo spacca-meteore
entrasse in funzione.
“La fonte del raggio distruttivo era la stessa in cui sono
stati risucchiati tutti... era un vero rapimento alieno...”
concluse, evitando di accennare anche solo lontanamente a Christine e
al suo dannatissimo intuito. Era una questione che doveva sbrigare da
solo ed evitare di mettere tutti in pericolo. Soprattutto, doveva
tutelare il gruppo di mutanti che già non godeva dei massimi
favori della pubblica opinione.
“Woo...” ripeté Logan a voce alta
“Mi sembra un nome che ho già sentito... Ma con
tutto quello che ho passato nell'Estremo Oriente potrei anche
confondermi1... Ad ogni modo, farò
una telefonata a Fury... dobbiamo ripescarli e ci serve aiuto... Thor
è fuori combattimento, un normale essere umano appena
palestrato e noi due...” disse alludendo
all'inutilità di Wade.
“Ehi,
carino!” sbottò quello “Ken Hale io lo
conosco...” replicò incrociando le
braccia al petto “Abbiamo
affrontato i Dracula assieme!”
“Dracula
è il nome del capostipite, imbecille!” lo
rimbeccò Logan “Si chiamano Vampiri! Vuoi
ficcartelo in testa??”
“Vampiri? Ho un amico che studiava il fenomeno...”
si illuminò Peter, come se la cosa potesse tornare utile.
“Morbius?” domandò Logan come se fosse
il nome più scontato che potesse fargli “Ah,
lascia stare, quello sarà in giro per l'Europa con Blade
alle calcagna... anche perchè i vampiri non c'entrano nulla
in questa storia... Spero. Però hai nominato Namor. Anche
lui ha avuto il suo daffare con i vamp...” stava ragionando
Logan, perdendosi nei meandri offerti da quelle connessioni.
“Ma mi
ascolti?” sbottò Wade che era stato
dimenticato da tutti “I
Dracula non c'entrano proprio nulla! Parlavo della scimmia! Non Hit
Monkey... Hale! Ken Hale!”
“Avanti...” sbuffò Logan “Ti
ascolto...”
“Se
è lo stesso Ken che conosco io, allora il gruppo Atlas fa
parte della schiera dei buoni!”
“Ottimo metodo deduttivo, Sherlock...”
ironizzò Peter
“Perché tu pensi di far parte dei buoni? Solo
perché non ammazzi più gente da qualche
mese?” replicò divertito anche Logan
“Cagatemi,
santoddio! O leggetevi i For Fans Only, o analizzate bene Secret War!
Ti sto dicendo un'altra cosa! Hale e Woo erano agenti S.H.IE..L.D.!
Fury ne sa sicuramente qualcosa!”
A quell'informazione, che evidentemente era sfuggita al ragno, i due si
guardarono perplessi. Forse era il caso di chiamare davvero Fury e
sentire se aveva qualcosa da suggerire loro.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
“Che vuoi che ti dica...?” alitò in un
rantolo di dolore al costato il fuciliere “Quello stronzo mi
ha soggiogato poco prima di andarsene dalla nostra base ad Albuquerque,
dove stavamo lavorando al progetto Pegasus con l'aiuto della N.A.S.A..
Mi ha soggiogato e messo in una sorta di letargia, pronto a obbedire
quando fosse stata l'ora, dopo che si era preso il cubo. Quel dannato
trovatello ci conosceva già, tutti noi. Tutta la struttura
di comando dello S.H.I.E.L.D. Ciò che mi lascia perplesso,
ora come ora, è il fatto che abbia lasciato te libero da ogni
vincolo. Eri il suo principale oppositore. Senza di te, non ci
sarebbero stati i Vendicatori, non ci sarebbe stato... nulla di quello
che c'è stato. Avrebbe condotto un'avanzata tranquilla,
liscia come l'olio. Nessuno si sarebbe precipitato a fermarlo, nessuno
avrebbe ostacolato i suoi piani. Se non quando fosse stato troppo
tardi. Si è premurato di colpire alcuni centri nevralgici
-la sicurezza della nave, la tua intimità, i tuoi amati
agenti, i tuoi superiori, ammesso che non fossero già
soggiogati dalle invasioni precedenti di cui parlava Val, Cristo
Santo...”
“Non bestemmiare in continuazione!” lo
rimbeccò la donna
“Nick... aveva pensato a tutto! Ma non a far fuori te. Come se gli
servissi. Come se, il fatto che tu -il nemico dei suoi alleati-
restassi lucido, fosse di primaria importanza...”
“Ora, questo non mi interessa. Voglio sapere di quel fottuto
aereo, Tim!”
“E' presto detto. Il C.S.M. ha provato a farti obbedire ai
loro piani. Tu ti sei rifiutato. Mossa prevedibile. Ma loro avevano un
aggancio all'interno. Non avrebbero mai potuto by-passare tutta la
catena di comando fino a beccare un pilota a caso e dargli un
ordine del genere. Anzi, due
aereri, ricordiamolo: perché anche la tua decisione di
abbatterlo, una volta mangiata la foglia, era prevedibile. La tua
squadra non si sarebbe mai piegata a un ordine del genere. Anche se
fosse venuto dall'alto. Tutti si sarebbero ammutinati. E loro -Loki
compreso- questo lo sapevano. Quindi, avevano me: il loro aggancio. E
qualunque pilota, forse anche la stessa Daisy...” disse
indicando la ragazza al suo fianco “...nessuno avrebbe
contestato un ordine folle come quello se a darlo fosse stato il
secondo di Nick Fury, il suo migliore amico e capo della
sicurezza...”
“Porca di quella...” cominciò Fury a
imprecare sommessamente.
“In ogni caso, sono convinto che la cosa fosse programmata.
Programmata per fallire.”
“Perché dici così?”
domandò Val perplessa
“E' una cosa che mi hanno riferito sia Coulson che
Stark...” commentò Fury “Tanto per
cominciare, quella notte, ad Albuquerque, Loki mi aveva a portata di
mano e disarmato. Ero il suo primo ostacolo e mi ha fatto cadere in una
posizione di svantaggio, che non ha sfruttato. Mi ha lasciato vivere e
mi ha lasciato libero dai condizionamenti. Poi, Phil mi ha detto che
gli sembrava mancasse di convinzione. Secondo Stark, invece, avrebbe
agito in modo contraddittorio e controproducente... E io, ovviamente,
non m ne sono accorto. Non sono razionale come Stark ed ero troppo
arrabbiato, ma avevo notato che sembrava essere l'unico che desiderasse restare
a bordo di questa nave... Infine, Thor mi ha riferito le
sue perplessità sull'operato del fratello. Secondo lui,
qualcuno lo stava usando. O meglio. Loki sarebbe stato sotto ricatto,
perché l'ha visto particolarmente sconvolto durante il suo
stesso attacco come se fosse sorpreso e sconvolto per quello che stava
accadendo. Ancora, un'intuizione che è venuta sempre al
genio di Stark parlando direttamente con quel malefico alieno, era che
il suo non fosse -testuali parole- un
gran piano.”
“Che avesse ragione Thor? É sempre suo fratello,
quello che può conoscerlo meglio di tutti...”
domandò Timothy Dugan
“Non lo so. Ho letto rapporti in cui si accennava a un certo
Thanos di cui sappiamo ben poco e per il quale attendo un resoconto da
Abby allo S.W.O.R.D. ... Ma sappiamo bene come Loki sia incline a
giocare tiri mancini e scherzi di cattivo gusto a chiunque. Quindi,
qualunque novità sarebbe da prendere comunque con le
pinze”
“Sappiamo anche che ama pianificare con largo anticipo ogni
sua azione, calcolando ogni variabile in modo che ogni libero arbitrio
ricada comunque all'interno di un disegno
predestinato... d'altronde è sempre un
dio...” sciorinò stanca l'agente sistemandosi la
ciocca bianca dietro l'orecchio.
“Mi stai dicendo che secondo te tutto questo casino in cui ci
troviamo sarebbe programmato? Anche le nostre reazioni?”
sbottò Dum Dum indispettito
“Se è un bravo generale, sì”
rispose per lei Fury “Un davvero ottimo generale. Ma per
arrivare a cosa? Se non conosciamo tutte le variabili in gioco non
sapremo nemmeno come reagire...”
“Comandante!” chiamò un uomo comparendo
sulla soglia con un ricevitore in mano “E' desiderato al
telefono...”
“Non lo vedi che sono impegnato, O'Grady?” lo
redarguì secco il guercio. Quello stava per fare dietrofront
che Fury lo richiamò “Fermo un
attimo...” sbuffò stanco “Scusa... chi
è? Non sono in molti a sapere dove rintracciarmi”
Il soldato, interdetto da quel contrordine così repentino
esitò un attimo “Quel che resta dei Vendicatori,
signore.” Quando vide l'occhio di Fury spalancarsi allarmato,
si affrettò a specificare “Così han
detto di riferirle...”
Quello trasse un gran respiro, si avviò verso l'agente e gli
strappò la cornetta di mano “Chi è che
è in vena di scherzi? Non sono dell'umore
adatto...”
“Sei nero come sempre, infatti...”
replicò la voce divertita dall'altra parte
“Dì, ma i giornali e la tele non vi
arrivano in quella super baracca fluttuante pronta per essere colpita e
affondata?”
“Con gli schermi alzati il piccione viaggiatore ha problemi a
rintracciarci... Che vuoi?” replicò ancora mentre
il livello di esasperazione cresceva a dismisura.
“Nicholas... abbiamo un problema. Chiamato Atlas.”
lo informò Wolverine
A quella notizia, il sangue nelle vene del generale si
ghiacciò di colpo. Tanti altri casini erano in arrivo e il
treno merci su cui viaggiavano era senza freni e macchinista.
Fantastico!
1 Infatti lo ha incontrato in sud
America..
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Precisazioni sulla struttura che si vede a inizio film. Le scene
degli interni sono state girate davvero in una struttura
N.A.S.A., la N.A.S.A. John H. Glenn Research Center at Lewis Field. E
per essere ancor più precisione nella Plum Brook Station
(PBS), l'unica struttura abbastanza grande da poter ospitare la lunga
'pista' di attivazione del Tesseract e la maestosa cupola in cui si
accumula l'energia dello stesso. Struttura che si trova in Ohio (a
Nord-Nord-Ovest del paese).
Gli esterni, invece, sono stati girati presso la Atrisco Heritage High
School (AHAHS), ad Albuquerque, Nuovo Messico. Belle le scuole
americane che sorgono nel nowhere e possono permettersi di ingaggiare
archistar -_- noi siamo così densamente edificati che dove
cavolo ce la metteremmo una struttura del genere? E si ripropone
l'annoso dibattito 'buttar giù tutto-chissene frega della
storia' o 'preserviamo -anche male ma facciamolo- il museo naturale che
abbiamo'? vabbè..dibattiti che qui non c'entrano nulla.
Per cui, essendo una struttura riconoscibile più dalla sua
facciata che dalle sue stanze interne, ho scelto di collocare
lì la base N.A.S.A.-S.H.I.E.L.D. Anche perché la
regione è famosa per le leggende metropolitane di questo
tipo (strutture governative nascoste) e per l'effettiva presenza -a
causa della geografia della zona- di numerosi sedi di osservazione
astronomica collocate il più possibile verso l'Equatore (per
farla semplice).
Circa la dichiarazione di Dum Dum, invece, sul fatto che Loki
conoscesse già il suo avversario, vi basta vedere la scena
finale di Thor, in cui è proprio Loki che influenza Selvig
(o Loki è Selvig...questo non l'ho ancora
deciso...) Ma al di là di questo, Loki si era
girato tutta la base improvvisata per l'arrivo di Mjolnir, passando
inosservato. Fatto sta che
sapeva che era il suo scoglio e ha avuto più di un'occasione
per liberarsi di Fury. Loki sa
più di quello che lascia trapelare dalle sue azioni e noi ce
ne dimentichiamo. Ma sa. E perchè non sfrutta questa sua
conoscenza? A parte perché gli piace giocare? Lo vedremo.
Una parola anche su Eric O'Grady, il soldato a bordo dell'Elivelivolo.
Mi serviva un soldato semplice, un idiota, da poter strapazzare. In
pochi sono nominati personalmente e uno di questi -che faceva al caso
mio- è proprio O'Grady, ovvero il 2° Ant-Man (non
sapete che i supereroi prestano i propri costumi e poteri in giro?).
O'Grady non diventerà Ant-Man, l'ho solo citato. E chi lo
conosce capirà perché Fury ha esagerato nella sua
reazione, perché O'Grady è svogliato e combina
solo casini.
Che altro? Penso che su Spidey e sul gruppo alla torre ci sia poco da
dire. A parte che la storia sul rischio della scoperta
dell'identità di Peter strizza l'occhio a Civil
War, in cui è il più famoso dei mascherati a
svelarsi al pubblico. (Tony è egocentrico e cmq lo aveva
fatto molto tempo prima e non come avvenuto nel film. Un altro che
hanno avuto rogne madornali è stato Devil...
Insomma...quando un supereroe si svela si solleva sempre un polverone).
-Il titolo, invece, è un gioco di parole che allude alla
famosa Along Came a
spider (nella morsa del ragno): per chi non mastica
inglese, recita "Il ragno arrivò da solo"
Ecco...con questo la serata è definitivamente conlcusa. Ora
si comincia a pensare alle contro mosse e strategie...
perché degli eroi sono stati rapiti. Cmq sono finiti
chissà dove.
Alla prossima!
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Capitolo 36 *** Cat's Eye ***
36.
Cat's Eye
La gente si voltava a guardarli mentre passavano per strada e la
sensazione di essere al centro dell'attenzione era indiscutibilmente
fastidiosa. D'altronde, con Wade vestito di corte braghette ascellari e
canotta della salute rosa shocking, berretto sventrato - di cui restava
solo la visiera fluorescente – che avanzava instabile ma
cocciuto su rollerblade abbinati e dotati di lucine stroboscopiche che
non sapeva usare, era impossibile passare inosservati.
Il Daily Buggle dedicava la prima pagina, ovviamente travisando le
informazioni che lui si era premunito di allegare alle proprie
fotografie, alla presunta connivenza trai vituperati mutanti ed eroi di
second'ordine quali erano i Vendicatori. Nell'ipotesi azzardata, ma
comprovata da alcune delle sue foto, era esposta la verità
distorta che tutti questi superumani che popolavano la Terra non
fossero altro che la più grande minaccia mai esistita per la
sopravvivenza del genere umano: loro distruggevano palazzi, loro
attiravano disgrazie aliene o presunte tali, dato che per JJJ anche il
recente attacco dei Chiutauri non era altro che una colossale montatura
Hollywoodiana in cui supereroi prezzolati cercavano inutilmente di
ristabilire il proprio nome. Uno per tutti quel gran trafficone di Tony
Stark che sicuramente voleva lucrare sulle nuove ed elitarie fonti
energetiche pulite di sua invenzione oltre a speculare sui poveri
cittadini che avrebbero arrancato coi rimasugli petrolfossili -sempre
più rari e per tanto sempre più cari- prima di
convertirsi.
Con cinico distacco e con irriverente sarcasmo, l'editoriale del Buggle
si domandava perché non lasciare che chi era nettamente
superiore (gli alieni) non comandasse senza inutili spargimenti di
sangue visto che il mondo aveva avuto tanti conquistatori nel corso
della sua esistenza. Cosa che, invece, quei quattro cialtroni e
impostori di superdotati lasciavano sulla loro scia, a riprova della
loro pericolosità e della loro malafede.
Il primo compito dello S.H.I.E.L.D., che appariva come nuova quanto
indefinita organizzazione sovranazionale, sarebbe dovuto essere proprio
quello di sbarazzarsi per sempre di simile gentaglia che attentava alla
vita e all'intelligenza di liberi cittadini per tornaconto personale.
Perché, altrimenti, un egocentrico come Anthony Stark (il
Buggle quel giorno era particolarmente velenoso nei confronti di Iron
Man e Peter non se ne spiegava il motivo) non si accontentava della
fama e della popolarità e andava di proposito, stando
all'articolo, in cerca di situazioni spinose?
Peter appallottolò il giornale, disgustato come sempre dopo
la consueta lettura.
Quelli erano discorsi assurdi e deliranti -seppur con una loro logica
malata e distorta- che non era il caso di sottoporre a Norman Osborne:
il nuovo direttore dello S.H.I.E.L.D. non aspettava altro e avrebbe
colto la palla al balzo per far la pelle all'amichevole ragno di
quartiere tanto amato dal Buggle, accapparrandosi, così,
ulteriori simpatie del direttore del giornale in un'unica mossa
vincente, visto che entrambi non vedevano l'ora di ammazzarlo col DDT.
Nonostante fosse riuscito a consegnare alle autorità anche
il boss locale più potente della zona (Kingpin, un mafioso
ciccione che riusciva sempre a scamparla per stupidi cavilli legali:
Matt ne era esasperato, ma non era riuscito a consegnarlo alla
giustizia nemmeno sotto le spoglie di Devil. Questo perché
aveva un senso dell'onore più spiccato dello scavezzacollo
che era lui, lo sgusciante Uomo Ragno), Norman aveva giurato che
avrebbe avuto la sua testa, prima o poi. Perché il grassone
era amico suo.
Un cittadino sano di mente si sarebbe dovuto interrogare
sull'onestà di un così alto rappresentante
politico (per altro già CEO della Os.Corp. Industries, cosa
che avrebbe dovuto far scattare la semplicissima spia sul conflitto di
interessi) e capire da quale parte stessero gli eroi così
malamente bistrattati... ma la gente, bestia sociale, è
istintiva: a differenza delle singole persone, ragiona di pancia e
segue i suoi umori e le sue paure, diventando violenta e facilmente
manipolabile.
In più, ora che Norman era a capo dello S.H.I.E.L.D., nulla
avrebbe potuto impedirgli di raggiungerlo e schiacciarlo.
Fortunatamente non conosceva la sua identità o avrebbe
potuto ricattarlo minacciando i suoi affetti.
Ma ecco che quel beota di JJJ serviva il piano perfetto su un piatto
d'argento: costringere i supereroi all'identificazione pubblica e a una
congiunta registrazione elettronica tramite microchip e, nell'arguta
pensata di JJJ, questa trovata avrebbe permesso di attivare
automaticamente qualunque telecamera (di cui la città era
piena come un puntaspilli) in modo da poter sempre verificare il
coinvolgimento e le responsabilità dei tanto temuti
superumani in qualunque evento controverso.
Ragionamenti folli e deliranti, quelli di Jameson, che,
però, trovavano appiglio nel sentire di molte, troppe
persone, pecore nella testa e che avrebbero preferito ogni soluzione
(passiva, per loro) in nome del quieto vivere. Non c'era dubbio: il
Buggle era il miglior alleato del nuovo S.H.I.E.L.D., capace di
orientare, da solo, milioni di pensieri.
Infilò la palla di carta nel primo cestino che
trovò lungo la strada, irritato. A quel punto era curioso di
sapere che razza di articolo avesse proposto Christine: Vanity usciva
proprio quel giorno e, se era stata brava -lui non avrebbe mai
scommesso contro quella bionda inarrestabile-, lei era sicuramente
riuscita a infilare di straforo il suo articolo di prima mano su un
argomento tanto scottante e fresco. Ma ci avrebbe pensato al ritorno.
Ormai erano quasi arrivati a destinazione.
L'agenzia, situata in una laterale di un quartiere periferico che dava
l'impressione di essere malfamato -per quanto i crimini, in quella
zona, non fossero percentualmente maggiori che da altre parti- passava
quasi inosservata in mezzo agli Internet Point, ai chioschi di street
food e alle saracinesche di officine.
“Mi
prendi in giro?” sbottò Deadpool
quand'ebbe girato l'angolo, tenendosi al muro come un principiante.
“Si può sapere che hai, ora?”
domandò Peter infastidito dalle proteste del mercenario che
additava il locale con evidente disgusto.
“Agenzia Cat's Eye? Fai sul
serio?” domandò buttandosi a sedere
sul marciapiede per levarsi i pattini. “Cioè...
Autrice!!!” cominciò a urlare mentre
armeggiava sui ganci “Io
ti voglio tanto bene, lo sai. Hai anche acconsentito al mio capriccio
di avere i dialoghi in tono col mio odierno total look rosa shocking. E
mi va pure bene che l'originale Marvel sia un casino, che le varie
storie e personaggi si intreccino tra loro.. ma non ti pare di
esagerare un pelino? Cat's
Eye... certo... Perché non bastava lo spettro
di Cable che mi gira attorno a rimandare a Nathan Never, il
quale a sua volta, con May Frayn -copiata pari pari, anche fisicamente,
da Rui Kisugi, bomba sexy e ladra d'opere d'arte- e sorelle -appunto!-
No! Dovevi tirarmi fuori proprio la gatta ladra che si rifà,
lei stessa, coscientemente, a quello stesso manga/anime... certo, quale
fantasia!”
Peter lo lasciò blaterare, mollandolo sul marciapiede per
anticiparlo nel locale. Entrò sbuffando. Il campanello alla
porta tintinnò allegro e subito una voce di donna disse che
sarebbe arrivata immediatamente. Felicia Hardly, così diceva
la targhetta dell'unica scrivania presente nella stanza, comparve tutta
trafelata sulla soglia della porta che dava su un altro ambiente
proprio mentre anche Wade faceva il suo ingresso, scalzo e pattini in
mano, nell'agenzia.
“Ah...” commentò lei risentita,
distogliendo lo sguardo da quell'obbrobrio butterato e impacchettato
come un confetto, per dedicarsi al fotoreporter “Sei solo
tu...” disse stirando il suo sorriso più seducente.
“Scusa se sono solo io... Me ne vado anche, se non
è gradita la mia presenza...” disse il
fotoreporter accennando a fare marcia in dietro.
Ma la donna spiccò un salto vertiginoso da acrobata
funambolica, gli scivolò davanti con la grazia di un felino
e si parò tra lui e la porta. “Non ho mai detto
questo, Petee...” gorgheggiò civettuola
striracchiandosi sull'uscio e, nello stesso tempo, flettendosi verso il
ragazzo con un fare fin troppo provocante. Con un movimento unico, che
parve naturale nell'insieme, chiuse la porta a chiave, fece calare le
persiane e mandò il ragazzo a sedere sulla poltrona
antistante la scrivania.
“Wooow”
commentò Deadpool ammirato mentre la donna si materializzava
misteriosamente in braccio a Peter “Voglio impararla
anch'io sta cosa, intrappolare qualcuno, chiudere la porta con una
culata e volargli in braccio tipo sexy ninja... Autrice! Fammi entrare
in Matrix
e caricami questa abilità!”
“Dimmi tutto, ragnetto...” sogghignò
ancora lei, facendo camminare due dita sul petto del giovane
intrappolato nella sua morsa.
“Felicia...” borbottò quello,
imbarazzato, cercando di mostrarle la fede che portava al dito
prendendogli le mani tra le sue per allontanarsi quella tentazione di
dosso “Devo chiederti un favore...”
“Tutto quello che vuoi...” mormorò
ancora quella ignorando l'anello d'oro all'anulare, gli occhi da
cerbiatta velati dalle lunghe ciglia, piacevolmente indispettita dalla
sua reazione.
“Sono qui per commissionarti un lavoro...”
replicò Peter catturando la sua attenzione.
Felicia alzò lo sguardo cristallino improvvisamente vigile e
attento. Si alzò, guadagnò la propria posizione e
si sedette con fare professionale: era irriconoscibile. “Sono
tutt'orecchi...”
“Li hai
letti i giornali, oggi?” domandò
Deadpool senza distogliere lo sguardo dalle sue lunghe gambe
accavallate con grazia felina.
“Sì, ho riconosciuto le tue foto.”
rispose quella arricciando il naso come se lei e Parker fossero soli
nella stanza. “In realtà non sono molto favorevole
alle proposte avanzate da JJJ...”
“Felicia!” sbottò Peter, paonazzo di
rabbia.
“Tranquillo, Petee... Ho smesso, non temere. Ricomincerei
solo per te...” disse facendogli gli occhi dolci
“... se me lo chiedessi. Tipo anche ora...”
“Non sono qui per commissionarti alcun furto! Tanto meno di
cose che ho dato personalmente a Jameson” replicò
lui offeso “Voglio che tu indaghi su qualcuno che
è stato oggetto di furto...”
“Si dice rapimento, sequestro...”
precisò lei
“Appunto. E chi meglio di una ex-ladra sa trovare i contatti
giusti?” domandò l'Uomo Ragno sporgendosi sulla
scrivania.
“Non mi dirai che devo indagare sugli eroi che sono scomparsi
ieri, vero?”
“Non credi alla storia del rapimento alieno?”
domandò lui con sarcasmo.
“Nemmeno a quella che si siano dileguati dopo aver distrutto
per dispetto tutto il nuovo complesso governativo appena inaugurato...
Hai qualche pista?” fece lei con una smorfia, dando a
intendere che i lettori del Buggle non erano tutti scemi cerebrolesi.
“Sei tu la detective...” replicò Peter,
buttandosi sullo schienale, già più rilassato
“Ma... può aiutare sapere che abbiamo Norman
Osborne alle calcagna?”
“Abbiamo? Peter... da quando fai parte dei... di quelli lì?”
“Un mesetto, su per giù...”
replicò lui con noncuranza. “Allora, ci
aiuterai?”
“Se è per ficcare il naso tra le cose di
quell'odioso nanetto itterico, volentieri! Ho anche un'amica che indaga
su di lui per altri motivi. Uniremo le forze e ti saprò
dire...”
“Ah, ultima cosa. Dubito che possa servirti a molto, ma
è coinvolto anche il gruppo Atlas. Da quel che mi dice il
mio... sesto senso,
sono dalla nostra parte...”
“Darò un'occhiata... intanto penserò al
prezzo da farti pagare...” replicò lei ammiccando
da dietro le lunghe ciglia
“Siete
due pervertiti...” sbottò Wade “So a cosa pensa
questa scostumata... bungee-jumping estremo e senza veli appesi per i
grattacieli di New York... esibizionisti!”
Peter lo guardò come se fosse il matto che era il
realtà e valutando la sua mise impeccabile tutta coordinata.
Come una Barbie. “Da che pulpito...”
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Con i più
potenti eroi della Terra -così li avevano
soprannominati i giornali all'indomani dell'attacco dei Chitauti-fuori
gioco, i pochi che si erano salvati per i motivi più
disparati potevano essere un facile bersaglio per quello stronzo
psicopatico di Norman.
Lui li aveva messi nei casini e lui li avrebbe tirati fuori di
lì. Ma prima di tutto, c'era una cosa urgente che aspettava
il suo intervento.
Fury agguantò il ricevitore con rabbia, diede un'occhiata di
sfuggita al quadro con l'ora locale delle principali basi S.H.I.E.L.D.
in giro per il mondo e decise che poteva ben tirarli giù dal
letto tutti quanti. E senza troppe storie.
Jessica.
Non sapevano se lei fosse o meno sotto l'influsso di quella dannata
stregoneria ma... doppio gioco o no, dannazione, aveva condotto un
mutaforma dritto nel primo arsenale a caso, il più avanzato
e aggiornato alle ultimissime tecnologie che sarebbe mai riuscita a
trovare sul mercato. L'aveva condotto da Stark e nulla vietava che,
sotto l'influsso si Loki, potesse averlo condotto anche da Pym e dai
suoi esperimenti robotici.
Certo... così si giustificava un attacco come quello che
avevano subito da parte di Visione. Quello era un tipo di lavoro che
HYDRA, da sola, non avrebbe saputo mettere in piedi. C'era lo zampino
dell'HAMMER, certamente, ma anche dell'A.I.M. Senza alcun dubbio.
Tutte le agenzie, in realtà, sembravano essere orchestrate
da un direttore invisibile ma sorde le une al lavoro delle altre. Solo
chi conduceva sapeva che razza di spartito stavano seguendo.
Finalmente, dall'altra parte, una voce impastata rispose un debole e
poco convinto -Pronto?-
“Sono Nick Fury...” si annunciò quello,
cercando di mantenere la calma. “Ho bisogno di un... due
favori, per la precisione, Jamie...”
-Dimmi tutto...- rispose quello trattenendo uno sbadiglio.
“Barton è con te?”
-No... Che succede? Non risponde al telefono?-
“No, sta tranquillo...era solo un accertamento... E
Jessica?”
-Credo sia in camera sua anche lei...- rispose l'altro automaticamente.
Dai rumori in sottofondo si capiva che si stava alzando dal letto e
stava cominciando a vestirsi, pronto a eseguire qualunque ordine del
guercio.
“...Non dividono la stanza?”domandò
Fury, sorpreso
-Macché... Quando Clint è Ronin il suo corpo
diventa un tempio sacro...
e la mente torna quella di un teppista...-
“Ma...” Allibì Nick “Non
stanno assieme, quei due?”
-Che vuoi che ti dica? A modo loro stanno assieme... Clint è
mezzo matto, dovresti saperlo... non ha avuto un'infanzia regolare...
ma d'altronde, chi di noi?-
“Quel ragazzo comincia a preoccuparmi... Quando ne ha la
possibilità, si sceglie prede ostiche come Natasha.
Altrimenti sceglie l'astinenza coatta...” commentò
il comandante “Oh, scusa, dimenticavo...” disse
mordendosi la lingua per aver parlato troppo
-Non ti preoccupare, Natasha non è certo una mia
proprietà. E sai come sono finite le cose tra noi... me ne
sono fatto una ragione...- sbuffò stanco -E poi me la sono
proprio cercata... Quanto a Clint..- la voce sembrò essersi
fatta di nuovo divertita -E' difficile pensare che sia la stessa
persona che, appena arrivata allo S.H.I.E.L.D., faceva strage di cuori
e si inimicava ogni componente femminile della squadra: aveva una fame
atavica che faceva paura. Altro che Tony Stark super playboy... Ma...
Hai chiamato per questo o devo andare a cercarteli?-
“No no, meglio così. Ho chiamato direttamente te
per evitare sorprese... Tu sai dell'attacco dei Chitauri,
vero?”
-Sissignore...- rispose l'uomo.
Fury sentì il tintinnare di un paio di vetri e lo scorrere
sommesso dell'acqua, in una stanza attigua “Non posso
chiederlo a lui. Si farebbe scoprire...”
-Cosa devo fare?- domandò quello.
“Dà una sistemata a Jessica. Ricalibrazione
cognitiva, metodo classico. Nel frattempo contatto l'agente 13
perché vi supervisioni... Vi sollevo tutti e tre da
quell'incarico...”
-Non siamo nella lista nera di Osborne?- protestò l'altro
“Mi servite a New York! O dove cavolo si riuniscono ora i
Vendicatori... sono sicuro che troverete tutti ad aspettarvi, quando
arriverete.” disse solo Fury, senza rispondergli prima che il
pigolare del suo cercapersone lo invitasse a cambiare interlocutore.
Non salutò, riattaccò semplicemente prima di
avviare una nuova chiamata “Era ora che dessero segni di
vita...” mormorò rivolto al piccolo monitor verde
e nero “Hanno la testa troppo oltre le nuvole!”.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Oltre l'infinito e oltre... chi starà chiamando Fury? XD non
ve lo dico.
Né vi rivelo chi è il suo misterioso
interlocutore. Se siete fan potete arrivarci...sennò dovrete
attendere un pochino.
Oggi ho postato più tardi del solito perché ieri
sera, correggendo il capitolo, mi è venuto lo schizzo di
spiegare tutto quello che Wade spara in un'unica battuta nel mio blog
(fresco fresco). E con una connessione 56k capite che è la
morte. Tant'è che per ora ho caricato solo il post su
Nathan... Se vi interessa questo è l'indirizzo.
:) e prossimamente, ospite d'onore... il nano itterico! XD
un bacio ragazzi
|
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Capitolo 37 *** Magia ***
37.
Magia
“Reynolds!!! Dove cavolo s'è cacciato quel
disgraziato?” urlò l'uomo affacciandosi sulla
soglia prima di chiuderla sbattendo la porta infastidito. “Ed
è tutta colpa tua!” disse l'uomo additando l'uomo
seduto pigramente alla poltrona dell'ufficio.
“Quanto la fai lunga!” disse l'altro giochicchiando
col bordo del suo lungo cappotto di loden verde.
“Zitto, Victor! Tu ti rifiuti di darmi una mano e devo
ricorrere a questi mezzucci...”
“Ma se hai rastrellato i migliori sul mercato...”
“I migliori di cui si vociferi. E sai come la penso riguardo
alla magia...”
“Motivo per cui non ti aiutiamo! Non si scherza con la
magia...” disse esponendo il volto sfigurato “E non
vogliamo in alcun modo partecipare al tuo piccolo quanto folle
progetto... Un conto è avere il potere, un altro
è sfidare la sorte: noi lasceremmo perdere! Ovviamente, se
dovesse andar bene, non puoi estromettere il sovrano della Latveria dai
tuoi piani. E poi ci avevi già riempiti di lavoro con il tuo
stupido programma di Sentinelle. Lavoriamo con degli incompetenti.
Perché non potevi dare direttamente a noi tutto il lavoro?
Ci saremmo arrangiati e avremmo fatto prima!”
“Così scoppiava davvero un caso internazionale! E'
politica, Victor. E ho una cosa chiamata Club Infernale che mi sta col
fiato sul collo. Loro mi han dato il potere e in cambio devo seguire
poche e semplici direttive. O vuoi trascinare la tua amata Latveria in
una guerra in cui io dovrei essere il capo delle milizie che la
invadono?”
“Bah... farsi ricattare da quattro mocciosi, Normie... Noi ci
vergogneremmo, fossimo in te. Come ci vergogniamo a riciclare la
tecnologia di Stark: ci fa senso. Siamo altrettanto bravi, cosa
credete, tu e loro? E poi, abbiamo tanta brava gente nel reparto AIM...
Per altro, metà vengono da un periodo passato presso le
industrie di Stark...”
“Ecco vedi! Stark. Sempre lì si cade! E' inutile
combattere il nemico con armi nuove, progettate in fretta...”
“Potrei darti ragione: son più di quarant'anni che
si lavorava ad armi nuove e si è visto il bel fiasco del
programma Ultron 0.5 e del suo prodotto migliore: Visione. Visione di
cosa? Di fallimento? Ciò non toglie che sia
imbarazzante.”
Osborne continuò come se l'altro non l'avesse mai interrotto
“... e di cui magari scoprirebbero subito le falle. Invece,
rifilandogli il loro stesso prodotto e rivoltandoglielo contro, con
piccole modifiche.... dovranno combattere contro loro stessi. E se
trovano una falla, la troviamo anche noi. Semplice, pulito, economico e
poco faticoso!”
“Sei uno stronzo. E non ti fidi dei nostri Doombot.
Bell'amico che sei...”
“Ma tornatene in Latveria se devi star qui a rompermi
così tanto le palle. Per nulla, poi. Ti ho detto che
è una clausola! Che, se non erro, anche i tuoi ferrivecchi
montano una qualche Stark-tech...”
“Solo perché volevamo sbarazzarci della
concorrenza e attribuire a lui la colpa dei massacri in Transia... E
poter così annettere più facilmente le province
rom, bistrattate dagli slavi e dai musulmani.”
“Stava per scoppiare un casino internazionale con Russia,
Cina, Stati Uniti1... sei completamente scemo,
tu e il tuo plurale
maiestatis. E poi il pazzo sarei io. Non ti fai scrupoli
per certe cose ma arricci il naso per bazzecole” lo
rimbeccò Osborne
“Sei davvero scortese. Noi eravamo venuti solo per goderci lo
spettacolino della tua pagliacciata di seduta spiritica, non per
prenderne parte né per venire insultati...”
replicò l'altro imbronciandosi. “Anche
perché... meglio spocchiosi che pazzi nevrotici con disturbi
bipolari”
“Ehi! La
maschera di ferro ce l'ha con me?”
sbottò improvvisamente Osborne per poi cambiare subito tono
di voce e bisbigliare, quasi raggomitolato su se stesso
“Shhh, buono Goblin... non insultarlo
così...”
Von Doom, a quella pagliacciata, levò un sopracciglio:
quella pantomima non faceva che confermare quello che aveva appena
detto.
“Ti ho solo chiesto un favore!” replicò
ancora il direttore dello S.H.I.E.L.D. tornando serio ad affrontare il
suo amico.
“E noi te l'abbiamo dato: è la nostra supervisione
scientifica. In cambio, però, non ci hai ancora dato quello
che volevamo ma vuoi che facciamo ancora dell'altro...” Disse
portandosi una maschera di metallo davanti al volto, quasi volesse
giocare a nascondino.
“Le tue erano ben due richieste! Quindi avanzo un
favore!” replicò Osborne.
“Scordatelo! Noi con quel alieno folle non vogliamo aver
nulla a che fare” ribatté riabbassando la maschera
e freddandolo con un'occhiata gelida.
“Se torna, sappi che lo manderò a cercarti in
Latveria!” lo minacciò ancora il direttore dello
S.H.I.E.L.D.
“Potremmo ucciderti prima che tu riesca ad
evocarlo...” rispose l'altro, un bell'uomo dal volto
sfigurato, tornando a fissare le nuvole fuori dalla finestra.
“Mi ha chiamato, signor...?” si annunciò
un ragazzo biondo, ben piantato, con addosso una divisa da secondino,
bussando appena sullo stipite della porta.
“Dottore! Sono dottore, Reynold, cacciatelo in
testa!”
“Sì sì, certo certo...”
replicò quello chinando il capo “Posso fare
qualcosa per Lei?”
“Vammi a prendere quegli squinternati che teniamo nelle
segrete...” impose. E il giovane uscì alla svelta
“Perché tu puoi fregiarti del titolo pur non
avendo mai conseguito una cazzo di laurea e io, che ce l'ho, non vengo
mai considerato tale?” sbottò esasperato.
“Quello stupido drogato! Chi cazzo l'ha assunto?”
“Su su, Norman... calmati. Ora sei capo supremo dello
S.H.I.E.L.D. e del mondo, quasi... cosa puoi volere di
più?” lo ammansì Von Doom, svicolando
sull'accusa di usare impropriamente un titolo che non gli apparteneva e
che non meritava.
“Il Ragno! Voglio eliminare il Ragno, dannazione! Lui e quel
dannato diavolo. Sono rimasto senza re sulla scacchiera.”
“Calmati o ti verrà un ictus... o un infarto...
scegli tu... Che poi paragonare Kingpin a un pezzo da gioco mi sembra
di cattivo gusto. Era anche troppo grosso per starci, sulla
scacchiera...”
“Dio... tu, poi, non aiuti molto a mantenere la calma, sai?
Sei dannatamente irritante...”
Victor stirò un sorriso compiaciuto “Vuoi che
rivediamo i nostri accordi?”
“C'è qualcosa da aggiustare?”
domandò perplesso il Direttore dello S.H.I.E.LD., spiazzato
dalla domanda.
“Magari non ti ricordi cosa ci hai promesso?”
replicò quello accavallando gli stivali da equitazione su
pantaloni di flanella neri “Le tue priorità sono
il Ragno e Devil e sbarazzarti una volta per tutte di Fury. I nostri
obiettivi sono solo quegli insulsi dei tre moschettieri che ronzano
attorno a Sue e il nostro comune amico
Namor. Le richieste del tuo
amico alieno, che poi tornano utili anche a noi, sono di sbarazzarci
dei supereroi in generale. Essex chiede solo di poter tornare a operare
alla luce del sole. Pare che la Zona negativa lo inquieti un po' ma
restare in superficie era troppo rischioso e ha fatto buon viso a
cattivo gioco. Insomma... i nostri obiettivi coincidono... quindi siamo
pari, giusto? E, soprattutto, ci stiamo avvicinando. Possiamo farcela
senza evocare nessuna strana divinità maligna da altre
dimensioni... anche perché vorrebbe dire dover chiedere al
nostro committente di arrangiarsi a sbrigare parte del lavoro. A meno
che tu non lo voglia qui per assistere al momento del
trionfo.”
Norman Osborne arricciò il naso, infastidito dalla
precisione del amico e collega e tralasciò, di proposito,
l'ultimo commento “Ma Namor sa benissimo dei nostri accordi
per spartirci il potere...”
“Tu sei più ingordo di noi!”
constatò vedendo come l'altro non avesse risposto alle sue
parole: Norman nascondeva qualche altro piano. “Namor ha
chiesto solo che Atlantide non venga toccata e, eventualmente, di
annettersi il territorio del Wakanda ai danni di Re T'Challa... in ogni
caso, nessuno ha parlato di incolumità per il regnante...
che... oh!” fece, falsamente sorpreso “E' un
mutante! Certo, un ibrido uomo-pesce prima di tutto... ma in lui il
gene X funziona alla grande. Quindi, quando bandiremo i mutanti, o li
costringeremo a lavorare per noi -a scelta-, in vista dell'epurazione
genetica di buona parte dei supereroi di questo mondo, come ci ha
chiesto Loki, Namor sarà, purtroppo, comunque nel nostro
mirino...”
“Il problema è: chi cavolo ci mettiamo al suo
posto?” domandò Norman esasperato. Più
cercava una soluzione e meno ne trovava. “Lui sarebbe davvero
l'unico in grado di gestire Atlantide e il Wakanda insieme. Altrimenti
dobbiamo prendere un atlantideo e un wakandiano... ma nessuno si
piegherà mai. Namora, che sarebbe perfetta, o la sua amica
Venere sono avversarie che non vorrei incrociare ancora sul mio cammino
e che, oltre a dirci di no,
restituirebbero il potere a chi di diritto...”
“Oh, abbiamo tanti di quegli alleati da metterci come
fantocci... Potremmo anche crearci una regina ad hoc. Un clone...
Namorita? Ti piace come nome?”
“Stavo pensando...” lo interruppe l'altro
“Infiliamo anche Essex nel programma anti-mutanti o per
qualche cavillo lui riesce a starsene fuori?”
“Mmmm” meditò Von Doom “Buona
domanda... non ne abbiamo la più pallida idea. Potremmo
tenerlo in quanto traditore della sua razza e come unico in grado di
controllare i disertori alla registrazione o quello che è.
Non c'è da preoccuparsi: quelli che potrebbero smentirci
sono dalla nostra parte o saranno i primi a cadere... ah no,
Xavier è già paralizzato... peccato!”
“Il tuo humor è davvero di pessimo
gusto...” commentò Norman mentre alla porta
Reynolds bussava piano per non disturbare la discussione.
“Dottori...”
si annunciò il giovanotto biondo con lo sguardo assente
“Ho portato i prigionieri...”
“Ospiti, Reynolds! Sono nostri ospiti!”
lo redarguì il nuovo capo dello S.H.I.E.L.D. mentre il
gruppetto, i cui elementi erano ammanettati polsi e caviglie e
vincolati tra loro da una lunga catena che sferragliava lugubre sul
pavimento, si faceva avanti a passo strascicato e le tende scendevano a
oscurare i vetri “Non puoi usare quella parola, è
chiaro, stupido decerebrato? Pensa se fossimo sotto
controllo...”
“Ma... Certo, Dottore...”
rispose tacendo un'obiezione sul nascere.
“Ora va, su, lasciaci lavorare...”
ordinò mentre il gruppo quanto mai variegato prendeva posto
sul tappeto. Erano laceri e malconci, smunti, con occhiaie marcate
sotto gli occhi e capelli scarmigliati. “Ecco, bravi... avete
capito qual'è il vostro posto...”
commentò Norman tornando a sedersi sulla poltrona accanto a
Victor.
“Possiamo sapere chi diavolo hai recuperato? Non ci sembra ce
ne sia uno di sano nemmeno a pagarlo oro. Non che la cosa ci sorprenda,
parlando di te...”
“Uomo di poca fede...” lo apostrofò il
padrone di casa “Ho recuperato il meglio dai circoli
esoterici più occulti e malfamati. Coloro che ne sanno forse
anche più di te, sulla negromanzia...”
“Come no...” commentò l'altro
già annoiato
“Fammi la cortesia di prestarmi attenzione,
giacché mi hai posto la domanda.” tese il braccio
davanti a sé e li indicò uno alla volta
“Abbiamo: Daimon Hellstorm, antropologo, demonologo,
esorcista e docente alla St. Louis. Guarda qua...” disse
sporgendosi per allargare il bordo della camicia bordeaux aperta sul
petto su cui si intravedeva la scarificazione di un pentacolo
rovesciato “Un vero fanatico! La cosa, però,
è di famiglia: sua sorella, Satana..” trasse un
respiro come se l'inciso, che pronunciò subito dopo, venisse
da qualcun altro “Dimmi quanto possono essere malati i
genitori a volte... e poi dite di me!” La sua voce aveva
cambiato tono per un attimo ma si ricompose subito, con un colpo di
tosse “...Sua sorella Satana, dicevo, ha istruito
personalmente il qui presente delinquentello Parker Robbins, noto nel
circolo del crimine come Hood.” spiegò passando a
indicare un uomo avvolto in una coperta logora e con addosso degli
orrendi zatteroni anni ottanta, degni del più trash dello
shock metal. “Ha un gran carisma ed è una di
quelle persone che è meglio avere come amiche. Tra le varie
cose ha preso momentaneamente
il posto di Kingpin. Poi c'è lo psicologo Jericho Drumm,
alias Fratello Voodoo...” disse indicando l'haitiano che
aveva una V cerchiata marchiata a fuoco sulla fronte e una striscia di
capelli bianchi che tagliavano in due il cranio “Stregone
supremo di Haiti... Sai quelle cose con le bamboline di paglia, gli
spilloni, le ossa nel sacco e simili? Ecco, quello! Poi... ah
sì... due chicche... due mutanti. O meglio. Una mutante e
una ancora non mutante... credo... Essex non ci ha ancora messo mano ma
confido che sia stata una scelta oculata...” disse passando
davanti a due ragazze. Una era poco più che una bambina,
bionda come solo nel Nord Europa sanno essere e con lo sguardo
ghiacciato e vacuo perso nel vuoto. L'altra era una ragazza di circa
vent'anni. Aveva capelli scuri e selvaggi, liberi come l'ardore che le
si leggeva negli occhi, dalle cui ciocche facevano capolino dei grandi
orecchini circolari d'argento. Calzava appariscenti stivali rossi su
pantaloni in pelle nera; una camicia scollata a barca le lasciava le
spalle scoperte in una sciatteria seducente. Uno stringivita completava
la figura, rendendola il seducente incrocio di una zingara gotica.
“E che cavolo ce ne facciamo? La bionda è poco
più di una marmocchia!” protestò Von
Doom
“Magik... ti fai chiamare così, vero,
tesoro?” disse rivolto a quella che era davvero appena una
bambina di circa dieci anni “Vedi... Magik è la
sorella di un X-Men, Colosso. E dei marmocchi ho imparato a non
diffidare...” replicò con un sorriso tirato.
Probabilmente pensava ai quattro ragazzini del Club Infernale che gli
avevano dato quel posto di lavoro “Invece, Cappuccetto Rosso,
qui, è nientepopodimeno che Wanda Maximoff... la figlia di
Magneto... Mai sentito parlare?”
“Direi proprio di sì!”
replicò l'altro con un certo interesse
“Bene... si dice sia una iettatrice, che faccia il malocchio.
In ogni caso -ed è questo quello che ci interessa-
è seguace delle forze oscure... Invece, uscendo dal
completamente da ogni schema logico che potresti esserti fatto... ecco
qui il famigerato chirurgo di fama mondiale, il Dottor Stephen
Strange.”
Victor Von Doom si strozzò con la bevanda che stava
sorseggiando con poco interesse e riportò immediatamente lo
sguardo sull'uomo dai lineamenti spigolosi, la barba incolta e gli
abiti stazzonati. Quelpezzente era il
celebre chirurgo?
“Sì, lo so che non sembra lui...”
commentò Osborne quasi leggendogli nella mente
“Scusa... gli altri passeranno pure per sparizioni casuali,
non c'è alcun collegamento tra loro, né il lavoro
né le amicizie né le origini. Per molti, nessuno
darà l'allarme: si può pensare che siano
impegnati in un esorcismo, scappati di casa... Ma Stephen Strange
non...”
“Non ti preoccupare, Victor. Quando faccio un lavoro lo
faccio per bene...”
“Si vede com'è finita col Ragno...”
frecciò quello riconquistando la calma
“Lascia quello schifosissimo Ragno fuori da questa
storia!” strepitò il direttore, nuovamente
isterico “Nessuno si preoccuperà di Strange per un
semplice motivo...” disse riprendendo il controllo di
sé e andando a prendere il polso dell'uomo. Con
brutalità gli strappò i guanti di dosso ed espose
la mano allo sguardo del collega “Strange ha avuto un
incidente. Per quanto l'odierna chirurgia sia avanzata non
può far nulla per delle mani maciullate in un incidente
d'auto. Può arrangiarsi a mangiare e a vestirsi, certo... ma
di certo non può più operare... Dubito che possa
anche solo impugnare una pistola2” lo
informò “E visto che la scienza non poteva nulla,
il caro Stephen se n'è andato in giro per il mondo in cerca
di luoghi mistici sperando nel miracolo. Assurdo come un uomo di
scienza, disperato, riconsideri tutte le sue certezze e sia pronto ad
abbracciare la fede,
non è vero?”
“Insomma... questa è la tua squadra di
campioni...” commentò Victor alzandosi in piedi
“Beh... buona fortuna. Dubitiamo che il tuo caro dio di serie
B comparirà con questa pagliacciata... Ma auguri per il
tentativo...” disse buttandosi il pesante mantello di loden
sulle spalle.
Norman si esibì in una smorfia risentita “Non
volevi assistere?”
“Non dopo aver capito quanto sei folle. Preferiamo tornarcene
in Latveria a giocare coi robotoni...”
“Buon viaggio, allora...” disse prima di prenderlo
per una spalla, impedendogli di andarsene seduta stante “Solo
una curiosità: non hai caldo?”
“In Latveria fa un po' più freddo di qua... Non lo
indossiamo adesso, ma ci servirà quando scenderemo... E non
credere: New York è troppo umida, quel po' di freddo noi lo
sentiamo subito, non siamo abituati...”
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Si svegliò di soprassalto. Era madido di sudore.
Probabilmente aveva anche urlato.
Aveva fatto un incubo terribile in cui era quasi morto. Beh, non che
fosse una gran novità: negli ultimi anni aveva giocato sul
filo del rasoio con la sua esistenza. Perché sorprendersi se
poi aveva gli incubi?
Però quel sogno era diverso. Diverso da ogni altro
affrontato prima d'allora. Perché toccava la sua paura
più vera: non morire soffocato in uno spazio alieno, non
morire nell'esplosione di una bomba atomica o ammazzato dalle proprie
armi, non morire per mano di un qualunque nemico o sfracellato al suolo
dal primo dio psicopatico che avesse incrociato la sua strada. Da
diversi anni la sua paura più segreta, di cui nemmeno Pepper
era a conoscenza, era quella di perdere il proprio cuore elettronico e
morire agonizzante tra indicibili sofferenze. Una morte lunga e
prolungata, senza gloria e, lo sapeva, inevitabile.
Nel sogno gli veniva strappato il congegno e, al di là del
dolore fisico per la rimozione forzata del generatore, era stato il
senso di annegamento a turbargli il sonno.
Si passò una mano sugli occhi per snebbiarsi la vista e si
rese conto che l'umidità sulla sua mano non era affatto
sudore: era immerso in una sorta di vasca amniotica, uno strano
artefatto pieno di tubi e cavi e colmo di una sostanza viscosa,
azzurrina e bioluminescente. Dove cavolo era?
“Ti sei ripreso...” commentò una voce
pacata alle sue spalle, attutita dall'ambiente inspiegabilmente
ovattato.
Tony si voltò verso l'origine del suono e
individuò la singolare figura di un biondo astronauta
– o almeno così sembrava dalla tuta grigia e
gonfia che ne rivestiva il corpo.
“Ho riparato il tuo congegno... formidabile come tu
– da semplice umano quale sei – sia riuscito a
imbrigliare in uno spazio così piccolo la potenza del
Tesseract...”
Una parola magica che lo svegliò definitivamente
“Tesseract?”
“Il cubo cosmico...” confermò quello.
“Come... come fai a sapere del cubo? Chi sei?”
domandò Tony, improvvisamente spaventato. Non l'aveva mai
visto. Il suo cervello si mise subito in moto cercando di scandagliare
gli effimeri ricordi che galleggiavano nella sua memoria troppo corta.
Quello sorrise mestamente “Sono l'unico superstite dei coloni
Eterni su Urano...Thanos, l'attuale alleato di Loki,
sterminò la mia gente... come razza eravamo cugini e lui..
anzi...lui era uno di noi e si alleò coi Devianti Skrull.
Anzi... più che con loro, con la loro versione geneticamente
migliorata dei Chitauri..”
“Eterni?” replicò Tony confuso. Di
Devianti Skrull aveva già sentito parlare3
e i Chitauri erano quelli che avevano invaso New York. E gli Eterni...
Erano la razza di Thor. E Thor era biondo. Caso strano, anche quello
davanti a lui era biondo... allora le voci secondo cui una delle molte
razze aliene che facevano frequente visita alla terra i cui
rappresentanti erano tutti bellissimi giovani biondi e alti, la
cosiddetta razza nordica, non era proprio campata in aria.
“Eterni!” confermò l'uraniano con un
sorriso mesto “Vieni di là... I tuoi amici ti
aspettano. Se vorrai potrai interrogarmi quanto vuoi... Ce la fai ad
alzarti?”
“Io...” cominciò il magnate cercando di
far leva sulle braccia che però cedettero come ricotta.
Prima che scivolasse di nuovo in acqua, due pinze salde ma delicate lo
trattennero e lo aiutarono a scivolare al di là della vasca.
“Grazie M-11” disse il biondo a un vecchio robot
dalle braccia estensibili che rimise Tony in piedi, lasciandolo andare
solo quando fu sicuro che l'uomo riuscisse a reggersi sulle proprie
gambe.
“Ti abbiamo tenuto a bordo del disco per evitare che il
trasbordo potesse inficiare la tua guarigione. I tuoi compagni sono
già a terra...” spiegò mentre dava a
Tony il tempo di indossare una casacca di taglio orientale e comodi
pantaloni di lino.
Guarigione? Disco? Di cosa parlava quello strano essere? Tony si
sforzò di ripescare l'ultimo ricordo prima del pisolino ma
era tutto nebuloso e confuso. Ricordava appena che Rogue li aveva
attaccati tutti.
Sovrappensiero, non si rese di essere passato da un ambiente metallico,
freddo, buio e asettico a uno più ampio, caldo, terreo e
accogliente. Quando se ne accorse, si voltò e si rese conto
di essere ancora nell'ombra di un vero e proprio disco volante.
Era a dir poco immenso: posto sopra la Stark Tower a mezzogiorno
avrebbe potuto benissimo fargli ombra in tutto il suo perimetro.
Sarebbe rimasto per ore a osservare quello splendore della tecnica ma,
conscio della presenza di quelle due strane creature, decise di non dar
loro alcuna soddisfazione e si sbrigò a seguirli.
1 Storia narrata in Iron Man Legacy- La guerra degli
Iron Men.
2 In
Dottor Strange
– Il Giuramento il problema che il dottore ha
con la
stabilità delle proprie mani è tema cardine della
storia: non può
operare Wong né, appunto, mirare decentemente con un'arma da
fuoco.
3 Capitolo 16 di questo secondo troncone
della saga
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Eccoci qui... che fine aveva fatto Tony? Figurarsi se lo lascio morire!
Tutto a posto... vedrete presto in che modo... e come ho risolto un
altro problema in cui mi ero ficcata.
Per quel che riguarda la prima parte: Reynold -alias Sentry-
è qui raffigurato prima della trasformazione da giovane
drogato che va a spararsi strani filtri a super dio invincibile.
Ancora, ho cercato di differenziare la spocchia del Dottor Destino da
quella di Namor: il primo parla di se stesso come di
un'entità multipla o divina, il secondo ne parla in terza
persona. O almeno, questo era nelle intenzioni. Non mi ricordo se mi
sono incasinata nello scrivere i capitoli precedenti
(controllerò). Norman, invece, è solo
pazzo come un cavallo. Lui e Goblin, ovviamente.
Namorita, invece, è la figlia/clone (davvero) di Namora
Quanto ai prigionieri... :D
Il filo conduttore tra i vari personaggi, cmq, è semplice.
Vabbè, Illyana Rasputin l'ho fatta diventare amicona di
Wanda (che in realtà non pratica magia nera...Magik
neanche... non propriamente) mentre per i maschietti il discorso
è più complesso.
beh...
Strange e Drumm si
contendono -sul serio- il titolo di Stregone Supremo ma, in questo
caso, Strange è appena tornato dal Tibet, quindi
sarà lui a essere
eletto. Drumm ha abbastanza da fare senza che ci si mettano anche altri
casini.
Anche Hood è in lizza (o almeno vorrebbe) per il titolo...
Hellstorm e Hood sono legati dalla sorella del primo, Satana (anche se
pure Hellstorm era in gara). Hellstorm e Drumm, invece, fanno
entrambi parte (insieme all'albero Groot dei Guardiani della Galassia)
dell'Unità di contenimento del paranormale di Fury (ci
tornerò già nel prossimo capitolo)
:) dunque, secondo voi... il caro guercio non è
già stato avvisato?
Un'altra chicca, così chi non conosce bene non si perde in
questi intrecci. Nella puntata precedente ho detto che un'amica della
Gatta (quella che ci prova con Spidey) "indaga su Norman per altri
motivi".
L'amica -sciroccata- in questione è Patsy Walker, alias
Hellcat, alias una ha aiutato i Vendicatori in compagnia del marito (se
fate caso, nelle grandi riunioni collettive compare sempre):
lei e Daimon erano sposati e io faccio finta che tra loro vada tutto
bene. Dunque, il marito è scomparso e lei ha sospetti su
Normie che riferirà ad Alicia che li riferirà a
Spidey.
E per oggi e tutti... buona settimana a tutti voi.
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Capitolo 38 *** Tirando le somme ***
38.
Tirando le somme
Nella torre di
Stark, dopo appena mezza giornata di convivenza forzata, gli animi
erano già fin troppo surriscaldati. Senza nulla a tenerli
impegnati o a distrarli, ciò che rimaneva dei Vendicatori
era allo sbando. Coulson era sparito, forse troppo impegnato nella
ricerca degli eroi dispersi, e Fury non aveva più richiamato.
Era ormai
pomeriggio inoltrato quando Visione, solitamente di vedetta
all'esterno, sulla lingua di cemento e acciaio che era il ponte
d'atterraggio per le armature di Tony, rientrò fluttuando e
si avvicinò a Peter che seguiva, rapito, l'intervista di sua
moglie in televisione, assieme ai mutanti Alison Blaire e Lila Cheney e
l'alieno LongShot. Era anche riuscito a recuperare una copia del
magazine per cui scriveva la sua bionda e ficcante collega, andato
letteralmente a ruba proprio per il suo interessante articolo su una
diversa visione degli avvenimenti occorsi la sera prima al Triskelion. Vanity aveva avuto una grande
idea per scalzare il Buggle ed erano stati davvero
bravi a mettere insieme il tutto prima della stampa. Nonostante la
fretta, tra l'altro, l'articolo era davvero ben scritto e,
sbeffeggiando i deliri del Buggle, analizzava i fatti con
più acume e lucidità di quanto il giovane si
sarebbe mai aspettato.
Wade e Logan,
lì vicino, urlavano come due ossessi dopo una piccola
scaramuccia sulle letture puerili del mercenario linguacciuto.
Alzandosi dal tavolo e sgranchendosi le ossa, Wolverine gli aveva
chiesto cosa stesse leggendo.
“Di
Ninja Mutanti, addestrati da un altro mutante, che lottano contro un
clan Ninja che prende il nome dall'estremità degli arti
umani.” aveva risposto quello.
“Hanno
fatto un fumetto su Psylocke?” aveva domandato scettico il
Logan, per il quale l'unica mutante ninja era la mora ex-fidanzata di
Warren.
“No,
sono solo le Tartarughe
Ninja...” aveva replicato Wade “Ma
d'altronde, sempre da lì discendono...1”
“Vuoi
paragonarci a delle tartarughe?” aveva domandato Logan
scatenando il pandemonio.
– Credo
ci siano delle visite per Lei... – Annunciò
Visione rivolgendosi al reporter con garbo e sovrastando le voci
sguaiate dei due reduci di Arma X che avevano improvvisato un duello
cappa e spada.
Subito gli animi
si quietarono e l'attenzione di tutti si focalizzò sul
Ragno. Peter diede un'occhiata veloce all'orologio. “Ha fatto
presto...” commentò prima di cacciarsi il suo
passamontagna rosso in faccia e lanciarsi fuori dalla finestra.
“Dove
cavolo va?” domandò Logan perplesso.
– La
signorina Felicia è venuta a trovarlo... – rispose
J.A.R.V.I.S. anticipando l'altro sintezoide.
“Felicia,
eh?... non mi dice nulla!” commentò il canadese
che, scansando di malo modo Wade, riuscì a riguadagnare il
frigo.
“A
me dice molto invece...” replicò il
mercenario che corse, quindi, alla finestra “Spidey!!!!!!!
Falla accomodare!!!” gracchiò nel
tentativo di mettere in imbarazzo l'amico
“Ma
cosa ti comporti come se fosse casa tua?” lo
rintuzzò Wolverine
“Felicia
ha notizie che potrebbero servirci...” replicò
l'altro
“Che
genere di notizie?” domandò Thor lasciando cadere
i suoi pesi. Da che era mortale aveva cercato di aumentare -o almeno
mantenere- la propria prestanza ma con scarsi risultati. Senza poteri
era un uomo qualunque. E la cosa era frustrante.
“Dove
sono i nostri amici...” rispose Wade pochi
istanti prima che due sagome volanti, una rossa e blu e una nera e
bianca, attraversassero la sua visuale.
“Ragazzi...”
disse Peter togliendosi il cappuccio “Vi presento
Felicia...”
“La
Gatta!” precisò lei, smorfiosa, porgendo la mano a
tutti, esibendo la sua procace scollatura.
“Lei
è la mia informatrice. E direi che ha notizie
interessanti...” li informò mentre quella si
stendeva languidamente per tutta la lunghezza della poltrona.
“Notizie...
scottanti!” replicò lei, prendendo la parola
“Dunque...” cominciò riprendendo una
posizione più consona “Rapimenti, S.H.I.E.L.D. e
Osborne... queste le parole chiave. E tutte e tre legate tra
loro...”
“Che
strano...” replicò Logan divertito
“So
cosa sta architettando Norman ma non perché i vostri amici
siano spariti nel nulla...” proseguì
“Meglio
di nulla...” concordò Thor
Lei lo
fissò con aperto interesse e si rivolse proprio a lui,
quando parlò “Vuole evocare Loki...”
Sganciò quella bomba senza preamboli, senza prepararli. Una
bomba che li stordì. “L'amica di cui ti
dicevo...” aggiunse rivolta a Peter “...
è la fidanzata di uno degli agenti S.H.IE.L.D. recentemente
scomparsi misteriosamente. Pensava se la fosse data a gambe come un
vigliacco dopo il loro ultimo violento litigio... Nessuno ha fatto caso
a queste sparizioni perché lui, come i suoi compagni, sono
sempre in viaggio o latitanti o simili... Da lui, Hellstorm, sono
arrivata al suo compagno di squadra, Drumm. Squadra creata da Fury e a
lui solo fedele, dato che tutti quelli che si sono succeduti al comando
dell'agenzia hanno sempre cercato di sciogliere l'Unità di
Contenimento Paranormale...”
“Sapere
di Loki basta e avanza a muovere un attacco...”
cominciò Thor, pronto a scatenarsi. Affrontare Norman voleva
dire contrastare l'arrivo di Loki e combattere per la Terra: avrebbe
riavuto i suoi poteri, rispettando le clausole che l'avevano rimandato
su Midgard.
“No che
non basta!” disse la donna rimettendo al suo posto il dio.
“Il capo dello S.H.I.E.L.D. è Norman...
tecnicamente, detenzione a parte, non c'è alcun appiglio per
muoversi contro di lui...”
“E
che razza di notizie sono, allora?” protestò Wade
“Perché
Normie dovrebbe rapire i suoi stessi uomini?”
“Non ho
la chiave del problema, ti sto offrendo un cervello per
arrivarci...” replicò lei, infastidita
“Forse Norman non è a conoscenza dell'esistenza di
quell'unità ma, così facendo, sembra che voglia
usare due uomini di Fury in un progetto contro di lui e contro la Terra
in generale... non solo. Tra le persone riunite... rapite...” concesse
“Figurano anche due mutanti...” disse appuntando lo
sguardo su Logan. Scandì, quindi le parole che avrebbero
fatto scattare la molla “Magik e Scarlett”
“Ma
Scarlett è stata rapita dagli U.F.O.” protestò Wade2
“E
Magik non è una mutante!”
“Non lo
era!” precisò Felicia roteando gli occhi
“E con loro c'era uno degli amici di Anthony Stark
più quello che viene considerato come il sindaco del crimine
locale. Una sorta di doppione di Kingpin”
“Mi
sembra un mix un tantino eterogeneo...” commentò
Logan
“Lo
è!”
“E
quindi cosa possiamo fare per impedire che Osborne evochi mio
fratello?” domandò Thor, pratico
“Nulla...
a meno che non vogliate mettervi a rapire i detenuti di Osborne che,
per altro, non sappiamo dove soggiornano. Non alla torre, questo
è certo. Ammesso, e non concesso, che non abbiano
già sbrigato la loro pratica...”
“Loki
sarebbe già qui, seguito da orde di Chitauri”
replicò Thor, gelido.
“Forse
sì, forse no” rispose la gatta.
“Che
vuoi dire?” domandò il biondo, sospettoso
“Che
avrei trovato anche questi documenti...” disse facendo
scivolare sul tavolino basso in vetro soffiato davanti alle poltrone un
plico di documenti cartacei “La chiamano Cabala... ed
è una sorta di accordo tra le parti per spartirsi il potere
sulla Terra”
All'asgardiano
scappò una risata nervosa “Sono degli sciocchi se
pensano di poter qualcosa contro mio fratello”
“Non
esserne tanto orgoglioso!” lo rimbeccò
Wade
“Parla
quello che ne voleva la corona” frecciò Wolverine
“Dettagli
insignificanti!” protestò
–
Avrebbe senso... – cominciò Visione zittendosi
quando si accorse di avere attirato l'attenzione di tutti –
Credo che i conti tornerebbero unicamente nel caso in cui questa figura
mitologica, proveniente da un altro universo, avesse assoggettato
queste figure di spicco sulla Terra come propri vassalli. In modo da
dominare la Terra in sua vece. –
“Secondo
la tua interpretazione, quindi, Loki non vorrebbe consegnare la Terra a
Thanos?” domandò Thor perplesso
–
Secondo i miei calcoli, no. Questo gruppo di potenti risponderebbero
solo a lui. Diversamente, muoverebbero guerra contro l'invasore,
tacendo le rispettive rivalità... –
“Non
l'avevo mai vista sotto quest'ottica...” commentò
Peter “Ma non ha senso!”
“Non vi
interessa sapere chi sono i membri della Cabala?”
domandò la Gatta con fare ruffiano. Quando tutti gli occhi
si furono di nuovo posati su di lei, cominciò la sua
enumerazione. “Il sovrano della Latveria punta al dominio
dell'Eurasia, Osborne a tutta l'America, Settentrionale e Meridionale;
Essex alla popolazione mutante in generale. Non avendo uno stato
proprio, pensa di fondarne uno dal nome esotico di Utopia, la sua.
Namor mira a proteggere tutte le terre non emerse e a conquistare
l'Africa, che, fino ad ora è rimasta sotto l'ala protettiva
del Wakanda... Oh, per la cronaca, la portavoce di Essex è
Emma Frost!”
“L'ho
sempre detto che delle telepati bisogna diffidare!”
ringhiò Logan
“Ma
se sei innamorato di una di loro...” replicò Wade
“Ma
Namor...” stava per protestare Peter che Felicia, sorridendo,
lo anticipò
“I
membri della Cabala vogliono sbarazzarsi di lui. Motivo per cui ritengo
ci sia un nesso col suo rapimento da parte del gruppo Atlas. Ammesso
che facciano parte dei buoni, come ormai appurato...”
Interdetto, Peter
tacque, cercando di capire come poteva evolvere quella strana
situazione.
“Ma
perché richiamare Loki, allora?” sbottò
Thor
“Forse
per comunicargli come la loro tabella di marcia venga rispettata
puntualmente...” replicò la Gatta.
–
Eliminati i Vendicatori e i mutanti non ci sarebbe più
nessuno a proteggere la Terra da un'invasione. Lo S.H.I.E.L.D. si
dimostrerebbe inefficace di proposito, visto che l'unico ramo
combattivo, quello sotto il controllo di Nick Fury, è stato
disperso e i potenti del mondo rimasti ad accogliere gli alieni,
fingerebbero di piegarsi al loro potere. – concluse Visione.
La prospettiva
era agghiacciante ma molto, troppo, realistica.
“Già.
Inoltre, pare che dietro a questi potenti e influenti uomini ci sia il
famigerato Club Infernale che ha ramificazioni in tutto il mondo. I
veri burattinai in mano a Loki sarebbero proprio loro che sarebbero il
suo vero tramite nel tirare le fila sulla Terra. Facendosi richiamare
qui da Osborne il vero contatto tra lui e i sovrani occulti resterebbe
segreto e il Club Infernale continuerebbe a tessere nell'ombra per
essere certi che nessuna delle pedine della Cabala sgarri dal suo
ruolo.”
I Vendicatori si
scrutarono l'un l'altro: ci mancavano giusto i poteri occulti che
governavano mezzo mondo in quel potpourri.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
L'immensa
città era interamente scavata nella roccia. Le strade, che
altro non erano che giganteschi corridoi, erano larghe e le volte
scomparivano nel soffitto, ingoiate dal buio che le innumerevoli torce
a bitume non riuscivano a sconfiggere. Sembrava l'interno di un
castello medievale o della rinomata Petra o, ancora e più
semplicemente, un villaggio orientale immerso in una notte perenne.
C'erano fontane con splendidi giochi d'acqua, sculture, mercati, orti.
Qui c'erano monaci radunati in preghiera, là un plotone di
guerrieri intenti in esercizi collettivi più simili al
thai-chi che a un allenamento vero e proprio. L'ambiente era caldo e
accogliente, completamente in antitesi con lo spartano hangar metallico
in cui era alloggiato il disco. Era una città ricca di vita
e, al loro passaggio, uomini e donne, con bambini o gravati da
bilancieri pieni delle merci più svariate, si scansavano e
si chinavano con rispetto reverenziale davanti al biondo in tuta
spaziale e al robot silenzioso che marciava al suo fianco.
Alla fine di un
lungo, vuoto quanto silenzioso, colonnato, si ritrovarono in una sala
ipertecnologica, che strideva con l'ambiente circostante.
“Oh,
mio Dio!” gracchiò la voce di Pepper, commossa
“Stai bene!” urlò lanciandoglisi al
collo.
Tony era ancora
frastornato dalla passeggiata che l'aveva portato dal disco a quella
stanza per ricordarsi tutte le altre stranezze di quelle poche ore e
notare come Pepper riuscisse a stargli appiccicata. Se
l'allontanò di dosso, confuso, studiandola con
circospezione: qualcosa non quadrava.
“Il
reattore, Tony...” lo anticipò lei.
Solo in quel
momento si accorse di non avere più il peso ormai familiare
del dispositivo incastrato nello sterno che gli pesava all'altezza del
petto. Si tastò il torso come ad accertarsi di essere ancora
tutto intero. Poi rivolse nuovamente la sua attenzione alla compagna.
Stava per mettersi a palparla senza riguardo quando si accorse che, una
miniatura del reattore le pendeva al collo, infilato in una collana
d'argento.
“Per le
armature...” spiegò lei. Le nuove mark erano tutte
autonome ma potevano necessitare di una batteria ausiliaria e quella
trovata era formidabile. Ci aveva già pensato tempo
addietro, ovviamente, ma era già stata un'impresa
miniaturizzare e imbrigliare il potere del Tesseract in un reattore
grande quanto un pugno... come ci erano riusciti? Ah,
già...tecnologia aliena.
Stark
sbuffò demoralizzato, sognando di poter avere quei bei
gioiellini tecnologici e di potersi sbizzarrire con essi. Lo sguardo
basso, cadde sulle gambe nude di Pepper e qualcosa nella sua mente, che
faticava ad elaborare le novità, scattò in un
lampo di comprensione: non era un abito lungo, quello che aveva quella
sera? E non aveva un ferro che girava tutt'attorno?
“Gliel'ho
accorciato io...Rescue gliel'aveva danneggiato, così ne ho
modificato la foggia” si intromise Janet “Senza
generatore non stava più su... ma a proposito di questi
gioiellini...che ne dici se lanciassimo una linea di bijou ispirati al
tuo generatore? Secondo me andrebbero a ruba...”
Tony era
così stordito da non riuscire a zittire quel cinguettio
ciarliero. Strizzò gli occhi e cercò di
orizzontarsi. Niente generatore voleva dire...
“Niente
schegge impazzite, non temere... siete stati rimessi in sesto come
nuovi...” disse l'uraniano Bob, quasi leggendogli nel
pensiero.
“Ho
bisogno di sedermi...” commentò Tony mentre la sua
mente già lavorava ad altri progetti. La miniaturizzazione
del generatore gli aveva dato l'idea di miniaturizzare l'armatura con
le particelle Pym e, se se le fosse sparate in corpo come aveva fatto
Henry, avrebbe avuto una sorta di armatura liquida sempre a
disposizione. Doveva solo trovare un modo per attivarla senza effetti
collaterali sul suo organismo: l'intossicazione da metalli era l'ultima
cosa che desiderava.
“Gradisce
del tè, Signor Stark?” domandò Temugin,
ritornato improvvisamente servizievole.
“Io...sì,
grazie...” rispose confuso mentre l'altro faceva cenno a una
donna, appostata in un angolo, vestita di un Áo
Dài color ecru.
“Si
accomodi..” lo invitò anche Woo indicandogli una
sedia libera.
C'erano tutti:
Cap, Hank, Reed, T'Challa, Namor... anche i mutanti. No... ne mancavano
due, di cui una era la più pericolosa.
“Rogue
sta dormendo. Bob ha sistemato anche lei e Kurt è al suo
capezzale...” lo informò Jimmy Woo, percependo la
sua confusione e indicando il biondo alle sue spalle. “Se se
la sente, possiamo cominciare...”
“Cosa
volete precisamente da noi? Siamo ostaggi?”
domandò stanco.
“Oh,
niente di tutto ciò!” sorrise Woo
“Vorremmo proporvi un'alleanza ma, come dicevamo a cena,
l'unico punto a nostro svantaggio per convincervi
è che noi abbiamo la classica etichetta dei cattivi
attaccata addosso. Non che la cosa ci disturbi più di tanto.
Anzi, ci permette di agire ancora più
indisturbati...”
“Non
capisco...” ammise Tony, sentendosi più idiota di
Steve.
“Voi
volete salvare questo mondo dalla minaccia dei Chitauri...
giusto?” disse il Gorilla prevaricando il suo capo.
“Anche noi! Anzi, ci girano fortemente che esista il male, la
corruzione, la cattiveria in generale, soprattutto quando è
gratuito... ma per combatterlo...”
“Per
sconfiggerlo in modo radicale devi esserci invischiato...”
commentò anche Namora quasi a giustificarsi o ad accusare il
regale cugino che, invece, non fece una piega.
“Questa
è la lista di società che usavano impropriamente
il nome Atlas e che facevano loro da copertura. Le abbiamo sgominate
una a una perché si adoperavano per corrompere la
società...” disse Temugin porgendo un tablet con
una lista infinita di società; accanto a ciascuna voce
c'erano delle annotazioni a margine.
“Camera
mortuaria Atlas: riti di stampo satanico – creazione
incontrollata di zombie...” lesse Tony, incredulo
“Ma dai...che stronzata! Atlas Biotech: riportavano in vita i
dinosauri... ma che... Ma pensate che sia così scemo da
bermi queste cagate? Atlas Orphanage: esperimenti eugenetici per la
creazione in vitro di esseri mutati e/o mutanti. Atlas Records, Atlas
Alliance...?”
“Se fai
attenzione..” continuò Woo, tranquillo
“A ogni nostro intervento è riportato l'immediato
arrivo successivo dello S.H.I.E.L.D. che chiamavamo per riportare la
situazione sotto controllo: noi facevamo il lavoro sporco e l'agenzia
se ne prendeva il merito. Purtroppo, ora che il direttore è
Norman Osborne, non possiamo più portare avanti questa
cooperazione. Anche se ci abbiamo provato.”
“Nessuno
faceva domande sul fatto che un gruppo di delinquenti -che per altro
contava al suo attivo ben tre ex agenti S.H.I.E.L.D.- fornisse lavoro
all'agenzia?”
“Certo
che no! Finché il direttore era Fury. Lui sapeva delle
nostre buone intenzioni...” replicò l'agente
Khanata “Anzi... Woo era alle sue dirette
dipendenze.”
“Il mio
partner, Sitwell, è a bordo del suo Helicarrier. Lo uso come
una talpa...” replicò Woo facendo spallucce
“Comincio
a capire perché han voluto silurarlo...”
commentò Rogers, bisbigliando a Natasha che
annuì: Fury giocava davvero in modo poco ortodosso ed era
lecito che ai piani superiori la cosa non piacesse.
“Dunque,
la domanda è, volete il nostro appoggio? Se si scoprisse il
nostro legame, però, verreste etichettati come i cattivi
della situazione...” propose Woo “Voi siete il
tramite pubblico di quel che resta dell'idea di Fury... per questo ci
rivolgiamo a voi.”
“Beh...
lo S.H.I.E.L.D. collabora con HYDRA, quel pazzo di Osborne gioca la
parte del buono e io, dalla sua parte, non starei mai! Se la prendiamo
come un'inversione delle etichette...” disse Tony facendo
spallucce “Perché no?”
“C'è
una cosa che devono spiegarti, però, a proposito di HYDRA,
che potrebbe farti cambiare idea...” commentò
Natasha
“Cosa
può esserci di peggio di avere come alleato il tuo
dipendente traditore che è figlio del tuo nemico?”
commentò lui folgorando Temugin con lo sguardo.
“Il
fatto che ci siamo noi dietro la Mano!” precisò
Namora.
“E....?”
domandò Tony non vedendo alcun collegamento
“Tanto
per cominciare, durante la Seconda Guerra Mondiale, la Mano ha
spalleggiato i nazisti...” cominciò Rogers
“Rapirono Natasha per farle il lavaggio del cervello e
trasformarla in una loro pedina...”
“La
Mano era guidata dal Barone Von Strucker. Leggi HYDRA...”
precisò Natasha.
“Cioè...
qui tutti hanno avuto a che fare con HYDRA? È come il
prezzemolo!” sbottò Stark
“E,
comunque, ti ricordo che HYDRA era il ponte, sulla Terra, coi
Chitauri...” aggiunse Pepper, ripescando ricordi di
conversazioni non troppo lontane nel tempo.
“Che
casino...” commentò Pym, le lunghe gambe
incrociate sul tavolo.
“Dunque...
perché dovremmo stringere un'alleanza con voi?”
domandò Reed,più pratico.
“Perché
è vero che la Mano è infiltrata da HYDRA come
è vero che ci siamo dentro anche noi. Ma questo è
il primo passo per ripulire l'organizzazione.”
“I
Vendicatori alleati della Mano3? Che casino verrebbe
fuori?” borbottò Pym
“Noi
sappiamo, e vogliamo evitare, che Norman Osborne evochi il responsabile
di quanto è successo poche settimane fa...” disse
Woo “Immagino sia un'informazione che può farvi
comodo. Siete dei nostri?”
“Quel
piccolo trovatello!” sibilò Tony “Certo
che siamo dei vostri! Giusto?”
“Sapevo
che avresti detto così!” sbuffò
divertita Janet rivolgendo al marito un'occhiata trionfante.
Probabilmente avevano scommesso sulla questione.
Quello
sbuffò, risentito “Maria non era così
seccante...” replicò lui facendo rabbuiare la
moglie che si alzò di scatto dal tavolo e, presa Pepper per
mano, chiese alle due donne dell'Atlas di portarle a fare una tour del
luogo.
Senza aggiungere
una parola, le quattro donne scomparvero nel corridoio da cui Tony
aveva fatto il suo ingresso.
“Sei un
imbecille!” commentò Ben Grimm fissando la soglia
da cui erano scomparse le loro amiche “Potevi risparmiarti la
storia della santa-ex-morta!”
“E'
vero!” protestò l'interessato “Maria era
più condiscendente, non litigavamo mai...”
“Certo...
un mese di matrimonio... quando è ancora tutto rosa e fiori,
come si fa a litigare? Janet... quanti secoli sono che sopporta i tuoi
tiri da bambino viziato? Prima e dopo quel dannato matrimonio... ti
è sempre stata dietro, ha sopportato in silenzio. Sei un
vero ingrato.” Si scaldò anche Susan, alzandosi,
pronta a raggiungere le amiche “Carino, la vita è
sacrificio e rinunce per trovare un equilibrio. Si è in due:
non sei più da solo e non puoi pensare egoisticamente solo
ai tuoi bisogni. E, scusa se te lo dico, ma se siete in crisi forse
è perché tu non fai mai la tua parte e, a lungo
andare, Janet si è scocciata di dare sempre, di essere
accomodante, di venirti in contro, di mettersi in secondo
piano!”
“Accomodante?
Janet?” alitò Hank, basito.
“Sì!”
replicò la bionda “Soprattutto per essere una
ricca ereditiera, figlia di un famoso scienziato che la viziava in
tutti i suoi capricci. Nemmeno ti rendi conto di quello che lei ha
fatto per te, in tutti questi anni”
“Sue...”
cercò di calmarla il marito, allungando la mano fino a
raggiungere il braccio di lei.
“Oh,
lasciami Reed!” sbottò “Qualcuno doveva
dirglielo. E tu sei un altro che si nasconde la verità
dietro una foglia di fico. O forse, semplicemente, non te ne frega
nulla dei problemi dei tuoi amici... Un amico ti dice se
sei uno stronzo colossale che compensa l'essere timido e introverso con
una facciata da cafone arrogante e presuntuoso. Ricordatelo, Hank!
Continua così e nessuno, nemmeno noi, proveremo
più pietà nei tuoi confronti. Abbiamo retto
abbastanza la solfa della ex-morta a Budapest, del tradimento del tuo
capo, dell'indifferenza di tuo padre e di come al lavoro ti
sottostimassero. Hai quarant'anni, santoddio, non quindici! Fai pace
col passato e renditi conto che stai diventando esattamente come quegli
uomini che tanto disprezzavi da giovane. E, oltre questo, stai
avvelenando la vita di chi ti circonda!” Detto questo, Sue
abbandonò la sala a passo di marcia, lasciando dietro di
sé un silenzio imbarazzato.
“Ora
capisco da chi hai preso...” commentò Tony rivolto
al fratello della donna, la Torcia “Testa calda...”
“Tony...”
lo redarguì Natasha, indecisa se seguire il gruppetto o
restare nella sala dei bottoni.
Come se niente
fosse, Woo si rivolse ai sovrani che presenziavano in sala
“Il Wakanda e Atlantide come si pongono in questa
vicenda?”
“Mi
dispiace, io declino l'offerta. Ho stipulato un patto di non
belligeranza con Osborne e la Cabala...” rispose altero Namor.
Jimmy Woo accolse
la risposta e si rivolse a T'Challa “Per il bene del Wakanda
io accetterei. Ma una trattativa del genere è inammissibile.
Dovrebbero essere le Nazioni Unite a garantire la nostra salvaguardia e
non un gruppo clandestino...”
“Capisco
la vostra posizione ma...” disse il capo dell'Altas facendo
cenno al biondo nella tuta da astronauta “Rispondereste
ancora così, davanti a queste evidenze?” la parete
alle sue spalle si illuminò di un monitor di cui non si
vedevano i bordi e su cui cominciarono a comparire stralci di
documenti, foto, annotazioni e tanto altro. “Namor McKenzie
il Sub-Mariner, membro della Cabala, ha stipulato un patto che prevede l'invasione
e la conquista
- a prezzo anche dello sterminio degli abitanti - del Wakanda”
“Cosa?”
saltò su T'Challa, folgorando il re di Atlantide.
“Namor,
come hai potuto?” sibilò anche Ororo, accomunata
all'atlantideo dall'appartenenza al seguito di Charles Xavier.
“Ti
avrei avvisato, è ovvio! Ma per avere la garanzia che
nessuno attaccasse i regni sottomarini ho dovuto piegarmi alle
condizioni del gruppo che vuole spartirsi il potere del
mondo.”
“I
vassalli di Loki, immagino...” commentò Rogers e
Namor annuì piano.
“Atlantide
prima di tutto, come sempre, non è vero? Imperius
Rex!”
gli fece il verso T'Challa
“Tu
faresti lo stesso per il Wakanda!” replicò Namor
“E non accetto che né tu né chiunque
altro in questa sala osiate biasimare la mia scelta. Inoltre, sono
l'unico atlantideo, insieme a Neptunia, a poter governare entrambi i
regni: nessun altro atlantideo può respirare fuori dal mare
e ho pensato che, forse, avresti accettato l'aiuto di un amico, che
avresti accettato di stare sotto la mia ala protettiva... piuttosto di
subire la loro invasione. Ergo, ero l'unico che poteva garantire
l'incolumità del Wakanda” La Pantera Nera
digrignò i denti, ma tacque: avrebbe protetto il Wakanda a
costo della sua vita. Ma non avrebbe mai venduto altri per avere uno
sconto. Piuttosto, lui e il suo popolo, si sarebbero battuti come un
sol uomo. Namor questo non poteva capirlo, lui che era, per il suo
popolo subacqueo, l'esercito di un solo uomo: Namor era il meglio, al
di sopra di tutti, il re che elargiva la sua protezione. T'Challa si
mescolava alla sua gente, lui era stato scelto per governarli dal Dio
Pantera ma non era migliore della sua gente: nel Wakanda tutti avevano
pari dignità e responsabilità.
“Credo
che il signor McKenzie cambierà idea...” sorrise
Woo e la schermata alle sue spalle si modificò ancora
“Sapendo che i membri della Cabala complottano per
estrometterlo.”
“Sciocchezze!”
replicò lui secco, senza pensare.
“Registrazione
di mutanti e superumani... ne ha sentito parlare?”
domandò sarcastico il gorilla Ken, facendo storcere il bel
nasino dritto e affilato del re dei mari “Guarda caso, per
quanto anche metà degli altri membri non sia umano al cento
per cento... beh, questa è una delle scuse che addurranno
per isolarLa, Maestà. Ha pestato i piedi a qualcuno, di
recente?”
Namor fissava il
monitor come inebetito, incredulo – per quanto uno come lui
potesse dar segno di essere colpito da qualcosa–
“A
questo punto, credo non ci siano più obiezioni...”
commentò Jimmy alzandosi dal tavolo. Suwan accorse a
poggiargli un mantello rosso, bordato da una greca dorata, sulle
spalle. “Le vostre ferite sono state rimarginate e credo che
sia ora, per voi, di rientrare... o potrebbe scatenarsi la caccia agli eroi...”
Jimmy si interruppe, vedendo come uno dei suoi compagni stesse
fissando, insistentemente e con uno sguardo commiserevole, un membro in
particolare di quella strana cricca.
Anche Ken lo
notò e cercò di buttarla sul ridere
“Bob non guardare altre donne... sai che Venere potrebbe
ingelosirsi...” disse giocando sul rapporto cameratesco ma
fondamentalmente soltanto amicale che legava i due membri di Atlas.
“Chiedo
scusa... me ne accorgo solo ora...” disse il biondo facendo
oscillare i ricci dorati mentre scuoteva la testa come per snebbiarsi
la mente “Ma la nave non ha riparato tutto...”
disse mesto. “Non so nemmeno se sarebbe stato gradito un
intervento simile, troppo invasivo...”
“Di che
stai parlando?” domandò Woo voltandosi verso
l'amico e cercando di focalizzarsi sull'obiettivo dell'uraniano.
“Cosa c'è che non va?”
domandò a entrambi, mentre anche i Vendicatori tutti si
voltavano verso l'obiettivo dell'alieno.
Natasha
sbarrò gli occhi, terrorizzata che il suo segreto venisse
alla luce a quel modo. Sperava che l'altro non fosse realmente in grado
di vedere così in profondità, sperava che nessuno
se ne accorgesse. Il suo difetto, la sua paura e la sua menzogna.
Sperava che lui avesse visto solo altri danni... più
superficiali di quello. Ma quando
parlò, l'unica cosa che poté fare, fu chiudere
gli occhi e sospirare.
Non esiste
segreto che rimanga tale per sempre. Prima o poi viene alla luce. E il
suo turno era arrivato.
1 Sì,
davvero, le TMNT derivano proprio da una parodia del
clan della
Mano: leggere per credere
2 Gioca
sull'ambivalenza del nome dell'attrice che impersona Natasha e
sul nome parziale di Scarlet Witch
3 Durante Dark Reign
Devil, che pure era stato un Vendicatore, diventa il capo della Mano
AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Buondì
ragazzuoli. Oggi tanta carne al fuoco.
Lila e Alison. Due mutanti. LongShot, un alieno. Che ci fa 'sta gente
con la rossa moglie di Peter? A breve posterò anche questa
intervista. (già
fatto) Perché Mary Jane tornerà verso
la
fine-fine della fic. Aspettate e vedrete.
Poi, ancora, finalmente ho rimosso i dispositivi che tenevano in vita
Tony e Pepper così, finalmente (se Tony non fa lo
scemo), potranno combinare qualcosa.
Nella seconda parte mi sono ispirata davvero parecchio a Dark Reign. Ma
l'avevate notato già nel capitolo scorso in cui facevo un
vago riferimento alla famosa lista di Normie. Caro lui...
E per finire... :) l'ennesimo segreto di Natasha. Cosa
nasconderà, ancora? una donna come lei è come una
matrioska... ù_ù ma d'altronde ha vissuto tanto a
lungo -come Wolverine- che non può non avere più
cose degli altri da raccontare.
Preparatevi, è un argomento un pò delicatino
(narrato nelle collane Max -quindi quelle un pò
più crude- dedicate alla Vedova) e, per i più
sentimentali, sarà il definitivo crollo di un sogno. (ergo,
per certe cose, continuate a leggere altre fic, che non affrontano
questo problema XD)
che altro?
:) oh sì, presto avremo visite di personaggi già
noti.
Ci si risente presto, bye!!!
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Capitolo 39 *** Il segreto di Natasha ***
39. Il
segreto di Natasha
“Ha subito un intervento di isterectomia totale...”
disse l'uraniano Robert Grayson, lapidario. Le espressioni sui volti
dei Vendicatori coprivano una ristretta gamma di emozioni: confusione
in chi non sapeva nulla di medicina e compassione in chi capiva.
“Le sono stati asportati utero e ovaie. E, a giudicare dalle
cicatrici, molto, molto tempo fa” aggiunse Bob.
Lo sguardo confuso dei Vendicatori provenienti dalla Stark Tower si
mutò ben presto in un'espressione frastornata: i conti non
tornavano.
“Non sapevo se avresti gradito che riparassi il danno nel
caso fosse stata una scelta intenzionale... So che per una giovane
donna terrestre è un intervento delicato, che può
intaccare la psiche stessa della persona, oltre a modificarne la
disposizione degli organi interni e, quindi, l'aspetto esteriore. Ma ho
visto che per quello hai rimediato con una protesi altamente
tecnologica...”
“Stop, fermi tutti!” Tony quasi urlò.
Dopo essersi assicurato di aver attirato l'attenzione di tutti,
domandò “Cosa vuoi dire con questo continuo ho visto? Come puoi
vedere nella
sua pancia?”
“Perché fai le domande più
stupide?” borbottò esasperata Pepper,
più interessata a scoprire come avesse fatto Natasha a
tacere quel dettaglio e Bob a scoprirlo, rispetto a dettagli tecnici
linguistici a cui solo Tony poteva essere interessato.
“E' la fascia che Bob porta in fronte... registra tutto
ciò che lo circonda e può riprodurlo con assoluta
fedeltà. Nel farlo, può esaminare i vari livelli
dell'oggetto scansionato.” spiegò Woo, rispondendo
a entrambe le curiosità.
“Può leggere un libro chiuso in un
cassetto!” precisò Ken
Tony deglutì: ok, avevano appurato che non poteva essere una
fandonia campata per aria.
“Credo che tu ci debba delle spiegazioni...” disse
Rogers, anticipando l'uomo di metallo. La sua voce era pacata e ferma
ma si poteva avvertire il gelo e la rabbia dietro ogni parola
“Era questo il motivo importante e difficile da elaborare di
cui non mi hai parlato in macchina quando te l'ho chiesto?”
Steve era alterato come nessun altro l'aveva mai visto.
Tony non stava nemmeno capendo a cosa si riferisse. Il suo pensiero corse subito a un altro litigio: quello della rossa
con Clint, il giorno in cui si erano svegliati mezzi intossicati da
Deadpool e in cui era tornato Thor. Ma Natasha riviveva il giorno immediatamente
precedente: un'auto e un altro litigio. E altre verità
taciute.
Natasha sostenne lo sguardo di Steve, fattosi duro e tagliente
“Anche se potessi rimettermi in sesto...” disse
rivolta all'uraniano “... non potresti guarirmi da quello che
mi è stato fatto nella Red Room” disse tornando a
sedersi. Steve aveva ragione: i suoi compagni di squadra si meritavano
una certa dose di onestà da parte sua. “Tutte le
ragazze del Programma:
Vedova Nera...”
“Era un programma?” domandò Johnny
incuriosito “Pensavo fosse soltanto il tuo nome di
battaglia”
Natasha annuì “Ero la migliore, di quel programma.
La Vedova Nera
per antonomasia. Tutte noi venimmo sottoposte ai numerosi trattamenti
biochimici intensivi del professor Kudrin che miravano a potenziare la
nostra costituzione: resistenza fisica, al dolore, alle temperature
elevate... Questi trattamenti influirono permanentemente anche sul
metabolismo, dandoci un fattore di guarigione simile a quello di
Wolverine. Motivo per cui siamo anche immuni agli agenti patogeni. Con
un corpo che si mantiene perfettamente e costantemente sano senza
permetterti nemmeno di abbronzarti, anche le gravidanze vengono
interrotte naturalmente nel momento stesso in cui dovesse verificarsi
il concepimento, trattando l'agglomerato di cellule come corpo
estraneo. Io ho scoperto tutto questo solo nel 2004 anche se
già nel 1975 era evidente che non invecchiavo normalmente.
Come se non bastasse, Kudrin ci installò una sorta di
sistema di sicurezza, un po' come quello di X-23...”
“Profumo?” domandò Tony, concentrato e
già dimentico dell'omissione della donna sul suo reale stato
di salute
“Che, però, funziona esattamente al contrario: non attaccare chi indossava un
certo composto chimico... Fury lo indossa quotidianamente sotto forma
di dopobarba.”
“Tutte donne? Nessun Vedovo
Nero, alla Asimov1?”
“Pare che i tentativi abbiano trasformato gli agenti in killer
sociopatici e incontrollabili...” rispose Natasha,
professionale e distante come se la cosa non la riguardasse
“Inoltre, tutti gli agenti Vedova Nera hanno ricevuto un
condizionamento psicotecnico, secondo il progetto del professor
Pchelintsov, e sono stati forniti di gruppi di falsi ricordi -che noi avremmo
ricordato come pochi sfocati fotogrammi della nostra lunga vita- in
modo che potessimo operare sotto copertura più facilmente, nelle situazioni più disparate e,
anche catturate, non cedere a pressioni di alcun tipo. Il metodo non
era perfetto e talvolta si verificavano situazioni di conflitti o
incoerenze nei ricordi che potevano essere notate, però,
solo da un esaminatore molto attento e che avesse saputo del
progetto.”
“Programmazione subconscia?” domandò
ammirato Tony, senza che la cosa gettasse su di lui la minima ombra di
irrequietezza
“Come mai ti sei accorta di tutto questo solo nel
2004?” sbottò Steve, incredulo.
“Ogni volta che un agente cercava di ragionare sul proprio
passato, determinando le contraddizioni a cui facevo riferimento,
veniva pervaso inizialmente da un senso di disagio, quindi confusione,
dolore anche acuto. Questo capitava soprattutto per associazioni di
idee casuali. L'agente, in un riflesso a dir poco pavloviano, avrebbe
associato ansia a quel tentativo di indagine e avrebbe cambiato modo di
pensare, senza rendersi davvero conto di cosa fosse successo.”
“Come quando il lupo mangia l'agnello avvelenato, vomita e
per un po' non mangia più...” commentò
Ben
“Tutti i ricordi possono essere degli impianti.
Razionalmente, non so dire come mai i miei piedi non siano orribilmente
deformati, né perché non abbia alcun ricordo
frustrante di insuccessi o di lunghe e sfiancanti lezioni di danza
classica. Eppure ero prima ballerina al Bolsoi... e potrei ancora
esserlo, se solo mi interessasse.”
“E come hai scoperto tutto ciò?”
domandò in un ringhio sommesso Capitan America.
Lei, ora riluttante, finì la sua confessione “Un
amico... che mi voleva molto bene... mi mise davanti alla
verità. Ormai eravamo entrambi agenti dello S.H.I.E.L.D. E'
...era l'unico a sapere tutto. Fino ad oggi... James Barnes, tornato
tra le fila della sua vera patria, trovò dei documenti
relativi agli esperimenti della Red Room. Dopo che Clint mi ebbe
catturata, mi sbatté la verità in faccia. Solo
lui poteva capire... Solo lui poteva sapere cosa avevo passato. E lui
sapeva che, volontariamente, non mi sarei mai allontanata dalla quella
che considero tutt'ora la mia
terra e la mia
gente”
“Così parlò la Zarina...”
salmodiò Tony con un ghigno.
“James...sapeva?”
“Sì... e fu lui a convincermi che potevo fidarmi
di Clint e dello S.H.I.E.L.D.”
“Lo stesso S.H.I.E.L.D. che aveva messo Barton sulle tue
tracce per ucciderti, forte di quegli incartamenti?” la
aggredì ancora lui
“Non lo S.H.I.E.L.D. Lo S.H.I.E.L.D. di Fury! Di lui e dei
suoi uomini, all'epoca raggruppati sotto il nome di Secret Warriors...
Perché della lotta ad HYDRA nessuno doveva sapere
nulla...”
“Mi stai dicendo che ti ho retto il gioco in quella
messinscena cretina per una cosa che più falsa di
così non si poteva? Mi stai dicendo che sei fuggita
dall'agente Barton per un problema di sterilità?”
la canzonò crudele “Hai idea di quante persone ci
siano, sulla faccia della Terra, che hanno questo problema?”
“Se è il maschio ad avere il problema è
più facile da sopportare. Socialmente parlando”
“Non dire stronzate!” urlò con le vene
del collo gonfie e pronte a collassare “E' un dramma chiunque
colpisca!”
“Quale emancipazione! Ai nostri tempi, se non sbaglio, un
uomo era compatito e la donna biasimata per una disgrazia simile... lui
suscitava comprensione se cambiava moglie perché la prima
non gli dava un erede...”
“Non siamo nel secolo scorso, lo capisco persino io! Santo
cielo... Non ritieni che... non dico noi... -chi siamo noi per
pretendere tanto da te?- ma non credi che lui meritasse di
sapere la verità al posto di una bugia così
maldestra? Lo tratti come un deficiente! Il tuo cagnolino fedele per il
cui bene è necessario mentire...”
“Mi è stato asportato l'utero in seguito al parto
che ho avuto a sedici anni e in cui la bambina nacque morta! Mi hanno
imbottita di merda in modo che io non possa mai invecchiare o
ammalarmi... Ti rendi conto da quanto tempo convivo con questa idea? E
di quanto sia ancora difficile accettarla?”
“E in tutto questo tempo, vuoi darmi a bere che -secondo te-
Clint non ha mai letto quel rapporto? Che non sa nulla del Programma: Vedova Nera,
della tua sterilità?”
“Sa quello che deve sapere: io non invecchio.”
“Sei una codarda! Il giorno che lui lo scoprisse ti odierebbe
a morte. Se non lo sa già”
“Meglio così! Che mi consideri pure una
stronza!”
“Sei un'ingrata!” Rogers si allontanò,
facendo ben attenzione a sbattere rumorosamente le mani sul tavolo per
far leva nell'alzarsi.
A Natasha non rimase che osservare la sua schiena allontanarsi al ritmo
della sua falcata imbufalita. Uno puro come Cap non avrebbe mai potuto
capire il mondo schifoso in cui era stata catapultata all'indomani
della Guerra. Lui affrontava la vita con ottimismo, sempre e comunque.
Anche con Peggy. Ma lei non era lui. Allora perché sentiva
il rimorso attanagliarla in quel modo?
“Posso vedere Rogue?” domandò Ororo,
cambiando completamente discorso nel tentativo di alleggerire
l'atmosfera.
“Ma certo... Seguitemi pure da questa parte...”
disse Woo incamminandosi lungo i corridoi di pietra rossastra.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
“Alla buon ora!” ghignò al telefono
mentre riponeva il vecchio cercapersone dopo aver composto il numero
che lo aveva cercato con insistenza.
- Non fare tanto l'offeso! Qua c'è gente che
lavora! Sei tu che, in vacanza ai Tropici, ti neghi...-
“Sì sì, HYDRA-Hair... che
hai da dirmi?”
-Groot ci ha contattati...- aggiunse la donna
“Quel gruppo di cialtroni non si è ancora
suicidato, allora...”
- Nick!- replicò risentita la donna
“Abby...calmati...”
-Calmati un
cazzo! Da quando quei deficienti alla Casa Bianca hanno annunciato
pubblicamente l'esistenza delle nostre agenzie è diventato
tutto più complicato...-
“Mi hai chiamato per lamentarti?”
- No! Volevo parlarti della squadra. Dunque...secondo Groot, Hellstorm
e Drumm sono prigionieri di Osborne...-
“Voglio sperare si siano fatti catturare di proposito dal
nuovo direttore della loro stessa agenzia...”
- Ovvio! Non sono scemi! Avevano fatto delle previsioni e giocato un
po' d'azzardo... ed ecco che tutto è andato secondo i
piani...-
“Dunque?”
- Norman vuole evocare Loki!”
“Evocare?”
-Hai sentito bene, non farmi ripetere. Sei guercio, non sordo!-
“E cosa c'entra con Groot? Lui ora è coi
Guardiani... piuttosto, hai riconsegnato lo scettro?”
domandò lui, esasperato
-I Guardiani hanno fatto giusto in tempo a venire a riprenderselo prima
della dichiarazione pubblica di Osborne. Quanto a Groot... i due del
tuo gruppo per il Paranormale si sono messi in contatto con lui, credo
tramite quelle panzane mistiche di piani astrali, e gli hanno riferito
dei piani che poi ha riferito a me: semplice. E, guarda caso, in questa
occasione Groot mi ha anche riferito di come Peter Quill e tutta la sua
squadra di Guardiani, subito dopo aver recuperato lo scettro, sia stato
convocato dallo stesso Loki ad Asgard, per...-
“Ferma un attimo... fammi ricapitolare...” disse
imperioso “Due dell'Unità di Contenimento
Paranormale sono nelle mani di Osborne, il quale vuole usarli per
evocare Loki. Un terzo membro dello stesso gruppo, dislocato ai
Guardiani della Galassia, è andato ospite dallo stesso
figlio di puttana di un asgardiano... lineare... continua pure: per far
cosa, di preciso?”
-Non ci crederai mai...-
“Credo di esser pronto a tutto...”
- Non a questo. Li ha convocati per consegnargli il cubo-
“Senti, Abby... già ho i coglioni girati se penso
che voi, allo S.W.O.R.D. non avete previsto né siete
intervenuti nella faccenda dei Chitauri... Ma venir preso per il culo
così, ora, beh...”
- Nick, eravamo sotto attacco anche noi, cosa credi? Noi e gli Inumani
nella zona blu della Luna. E non ti sto prendendo in giro! Loki ha
davvero consegnato il cubo.-
“Che senso avrebbe? Erano strafatti tutti quanti? E' Loki che
si è bevuto il cervello da che è tornato a casa?
Me l'ha rubato per consegnarlo ai Guardiani? Voleva fare bella figura?
...No, ferma un attimo... come ha fatto a convocarli lui?”
- Nick, io volevo solo comunicartelo... trai tu le conclusioni.
D'altronde, loro sono i Guardiani, noi solo un patetico gruppo di
terrestri che gioca a Guerre Stellari: non possiamo pretendere nulla da
loro. L'importante è che il cubo, ora, sia in mano loro. In
ottime mani, insomma... Quanto a Loki, se vuoi, ti giro il rapporto di
Groot. E' interessante e surreale... se vuoi provare a capirci
qualcosa...-
“Sì, passa... tanto ne ho di tempo per leggere. E
ho di nuovo con me anche Val: le sbolognerò metà
del lavoro in qualità di ex-vicedirettore”
ghignò.
-Allora te lo invio subito. All'indirizzo di Daisy, giusto? Livello 10,
segreto e criptato. Ah, un ultima cosa, Nick. I tuoi cari Vendicatori,
scomparsi l'altra sera. Li ho ritrovati. Dimmi grazie! Sono nelle mani
dell'Atlas.-
“Grazie! Ma me l'ha appena detto Logan. Tu come hai fatto? Ti
ha contattato Woo? Hale? Hanno parlato con Groot anche loro?”
domandò Fury immaginando la bislacca conversazione tra
l'albero alieno e il gorilla umano alle prese con la tecnologia
uraniana di Grayson a fargli da ponte. All'idea dello scimmione
inalberato contro la tecnologia che non riusciva a usare e
dell'uraniano sconvolto per le reazioni violente del compagno di
squadra, Fury sghignazzò
-Hale, ovvio... buon lavoro!-
“Che diamine sta architettando Loki?”
sbuffò l'ex direttore dello S.H.I.E.L.D. quand'ebbe
riagganciato. Non ebbe il tempo di meditare sulla cosa e avvisare Daisy
della nuova mail in arrivo, che il telefono squillò un'altra
volta: i suoi bambini reclamavano la sua attenzione. Ancora! Di nuovo quel che restava dei Vendicatori.
Sembrava quasi che l'Howling Commandos2 fosse
tornato operativo: stesse persone, stessi sotterfugi, stessa
adrenalina. La posta in gioco era enorme. Esattamente come l'ultima
volta in cui si erano dati così tanto da fare: la Seconda
Guerra Mondiale.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Logan lanciò il telefono contro il muro.
“Vaffanculo!” urlò mentre quello
impattava e cadeva malamente sul pavimento “So già tutto, non
preoccupatevi, non pensatene una delle vostre, fate i bravi...
Ma per chi ci hai preso, Nick? Scopriamo che c'è Normie
dietro tutto, il tuo più caro amico, e ci tratti
così?”
“Ma noi
siamo tranquilli e pacifici... passiamo il tempo a cercare di
ubriacarci e giocando a carte come i vecchi...”
“Fate i bravi!
Quando sappiamo tutti cosa voglia fare Norman... Perché
impedirci di andare a dargli una lezione?”
“Cosa dovremmo mai fare di così avventato da
meritarci di essere redarguiti in cotal guisa?”
domandò Thor
“Qualcosa tipo attaccare briga con gente poco
raccomandabile...” stava dicendo Peter proprio quando
l'allarme di intrusione spaccò il silenzio generale della
torre “E il papà sembra sapere cosa vorremmo
fare”
“Non credo che Stark sarà contento di
questo...” sibilò Logan sguainando le sue tre lame
“Stai
annusando l'aria come un cane rabbioso...” si
schifò Wade
“Ne ho anche per te, se continui...”
sibilò il canadese intimandogli di tacere.
Si avviò a passo rapido quanto silenzioso verso l'ascensore
più vicino. Il mercenario lo affiancò
immediatamente, sguainando la sua katana e suscitando le
perplessità del mutante. “E' in
carbonadio... potrebbe dare del filo da torcere anche a te!”
replicò a mo' di scusa. Intanto, i numeri sul quadrante
dell'ascensore continuavano a crescere di numero a ritmo costante. “Cosa ti fa
pensare che arriveranno proprio qui?”
domandò d'improvviso. “I piani sono
infiniti e...” ma non riuscì a finire
la frase che Logan gli tappò prepotentemente la bocca con la
mano e gli fece cenno di tacere.
“Ho imparato quattro acche di elettronica... e Peter mi ha
aiutato. Chiunque prenda l'ascensore arriverà qui, volente o
nolente. E ora taci una buona volta!”
Passarono diversi minuti durante i quali ciascuno ingannava l'attesa
come meglio poteva: Wade si rigirava le spade tra le mani in complicati
esercizi degni del miglior lanciatore di coltelli e Peter avrebbe
voluto chiacchierare ma, al primo accenno di occhiataccia del canadese
artigliato, aveva desistito, e non gli era rimasto altro da fare che
creare una pallina viscosa con le proprie ragnatele e passarsela da una
mano all'altra. Entrambi, comunque, innervosivano Logan, che teneva
ostinatamente lo sguardo fisso sulle porte dell'elevatore per non farsi
distrarre. Ringraziava mentalmente che Thor se ne stesse buono e calmo
in un angolo e che Visione non avesse fatto domande strane ma avesse
capito che si trattava di una situazione particolare in cui dovevano
lavorare in gruppo e anticipare l'uno le mosse degli altri.
1 In realtà si tratta di una
serie di romanzi gialli in cui un gruppo di convitati, che per una sera
si separano dalle mogli per passare una serata tra loro (prendendo
così il nome di Club dei Vedovi Neri) affrontano con arguzia
rompicapi di varia natura. Generalmente il problema viene loro
sottoposto dall'unico ospite esterno, diverso da cena a cena, che viene
introdotto da uno dei membri. Nel corso del dopo cena, quando si
affronta l'interrogatorio dell'ospite, il caso viene rapidamente
risolto e il cameriere (alla fine membro onorario dei banchetti e
quello con la mente più fina) è colui che decreta
la certezza della risposta corretta. Inutile dire che i racconti
seguono le orme dei più classici Conan Doyle e Agatha
Christie.
2 L'ho accennato nel capitolo precedente
ma ora vi spiego bene. Howling
Commandos e Unità
di Contenimento Paranormale in realtà sembrano
essere
la stessa cosa. Il nome non è mai stato reso noto -ma era il
titolo
della testata in cui era raccontata la storia che vedeva il gruppo
protagonista-. E' stato chiamato nel secondo modo nella sua unica
apparizione sulla testata dedicata a Blade. Lo stesso numero
decretò il
suo nomignolo in Howling
Commandos. Si può quindi dire che Unità di Contenimento
fosse la funzione e
Commando Urlante il soprannome.
Ma
veniamo alla storia del gruppo. Un primo gruppo era operativo nella
Seconda Guerra Mondiale: tra i membri, ovviamente, Dum Dum. Questo
gruppo lo si vede in azione anche in Captain America: il primo
vendicatore (qualcuno poi mi spiegherà
perché tenere il grado in inglese quando basta spostare una i senza
stravolgere il senso del tutto. A volte fanno titoli bestiali e poi si
soffermano su ste scemenze... che mi metto nei panni dei giovanissimi
perché io, da piccola, avendo a che fare con questa cosa,
ero convinta di essere dislessica...).
Un secondo gruppo è stato costituito nel 2005 come
unità
paranormale al servizio dello S.H.I.E.L.D. Tra i vari personaggi
principali che compongono questo nuovo gruppo, insieme a mezzi vampiri,
mummie viventi, lupi mannari, zombie, abominevoli uomini delle nevi,
troviamo Ken Hale (Gorilla Man). Tra i vari altri personaggi
addizionali sono proprio Jericho Drumm, Daimon Hellstrom e Groot.
Facciamo
finta che, morti tutti quelli del primo giro (in pratica son rimasti
solo Fury, Dum Dum e Hale della prima metà del secolo), il
gruppo è
stato riformato e aggiornato alle nuove necessità che, nel
frattempo, lo
S.H.I.E.L.D. ha capito essere ugualmente importanti, tra alieni sempre
più
incazzosi e strani esseri in generale.
Ci mancava che non creassero
una squadra per evenienze simili.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
39... oddio, ci avviciniamo alla conclusione di questa seconda parte...
ansia!!
Ricomponiamoci...
Parto con la nota più sciocca: HYDRA-Hair, ovvero Abigail
Brand, direttore dello S.W.O.R.D. (Agenzia che controlla le minacce
esterne dirette al Pianeta, mentre lo S.H.I.E.L.D. si occupa di quelle
più strettamente terrestri. E' abbastanza ovvio che siano le
due facce della stessa medaglia perché se un alieno penetra
nell'atmosfera il problema passa di competenza) l'avete già
incontrata (citata) diverse volte: ha i capelli verdi (da cui il
nomignolo che vede il verde come colore di HYDRA), è mezza
aliena e mezza umana (e questa metà umana, tra le varie cose
è mutante. Il padre era alieno e la madre portatrice sana del
gene X) ed è la fidanzata di Hank McCoy, la Bestia
(Vendicatore e X-Men, uno dei primi 5). Compare per la prima volta nel
2004 in Astonishing
X-Men.
E finalmente abbiamo chiarito le cose. Non ne potevo più di
questo segreto di Pulcinella che mi tiro avanti dai primissimi capitoli
della fic.
Natasha non può avere figli. E' un dato di fatto (per
ciò capite quello che dicevo riguardo alle romanticherie
della Vedova...se volete il classico happy ending, leggete altro
ù_ù). Spero sia anche abbastanza chiaro
perché Cap si sia scaldato così tanto. Glielo ha
chiesto diverse volte e lei ha sempre svicolato però, ecco
qui il vero motivo per cui ha allontanato Clint. Ricordate le pare che
si faceva su una vita assieme? Sul fatto che, prima o poi, in lui
potesse nascere il desiderio di paternità? Lei non vede,
quindi, la questione solo dal punto di vista della differenza
d'età e di vissuto (e già basterebbe) ma si pone
domande che riguarderebbero un eventuale futuro per il quale non
esistono nemmeno le basi. E solo le donne sanno essere così
controrte e abortire un progetto prima ancora che nasca
perché ne hanno già calcolato le falle. E
Natasha, tra le varie cose, è super calcolatrice (nel senso
che o è sicura della situazione in cui si imbarca al mille%
o tira i remi in barca). Cap, dal canto suo, non riesce a capire
perché di tutti questi magheggi, per lui la
realtà è molto più semplice e lineare,
aborra la menzogna e continua a non afferrare il problema
"età" di Nat. Il dilemma sulla differenza d'età e
di visione del mondo, lo riproporrò anche nella terza parte
per Thor. Il poveretto, lasciato un pò in un angolo, nel
frattempo sta rimuginando. E le sue meditazioni sfociano quasi nel
teologico: un dio e un'umana... con concezione un pò diverse
di tempo, di relazione, di amore, di distanza etc... Ma ne parleremo
quando sarà ora.
Ora vi lascio con un'altra sorpresa (che tanto vi rivelerò
solo tra due capitoli). Chi è così furbo da
entrare, senza invito, alla Stark Tower quando i padroni di casa non ci
sono? Qualcuno di non autorizzato, ovviamente, visto che Wolverine
è scattato come un bracco.
Chissà chi è....
PS: gli Inumani sono un altro gruppo che volevo usare nella fic... ma
entrerà solo nella terza parte, ahimè. Per ora
sappiate solo che sono "alieni" che vivono sulla Luna, in una zona in
cui si può respirare. E per spiegarvi perché mi
servono, dico solo che il buon Pietro Maximoff è sposato con
Crystal, cognata di Re Freccia Nera (ha avuto una storia anche con la
Torcia dei F4, se per quello....)e Vendicatrice. Sempre il caro figlio
di Magneto, tra l'altro, ha fatto grandi casini con quella
comunità lunare... ma non entrerò nei dettagli...
Per chiudere vi lasico il link
dell'intervista che stava seguendo Peter nel capitolo scorso (l'ho
aggiunto in settimana, quindi molti di voi non l'avranno visto). Non
è fondamentale, chiarisce solo l'alone di mistero che
circonda i mutanti nella fic: sono una presenza reale ma non
sfacciata come nei fumetti ma nemmeno segreta, di cui la popolazione
umana è completamente ignara, come nei film.
|
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Capitolo 40 *** Nuove alleanze ***
40.
Nuove alleanze
Quando finalmente le porte si aprirono, Wolverine vide
Visione aleggiare traslucido alle spalle dei due intrusi. Il
sintezoide, durante la giornata passata a vagare come un vero spettro
tra le pareti della Stark Tower, aveva scoperto le armature del padrone
di casa e, ritenendosi più simile a quelle che ai suoi
ospiti umani, aveva deciso di assumere i colori rosso-oro. Aveva
altresì deciso, modo totalmente autonomo, di riservare il
colore più chiaro per il corpo, a rimando della sua natura
artificiale, e quello più caldo per volto e mani, le parti
solitamente esposte in un corpo umano e di cui simulavano l'irrorazione
capillare. A corredo del tutto, aveva scelto una quanto meno
discutibile tuta militare -probabilmente recuperata dalla sacca di
Wade- per coprire le proprie vergogne. Perché, a suo dire,
il costume adamitico non era altro che una foglia di fico. Per tanto il
verde era l'unico colore naturale che lui potesse accettare. La logica
di quell'essere poteva mettere a dura prova la pazienza di chiunque,
anche perché Visione sembrava non rendersi conto di essere
conciato come un semaforo. Ma ci avrebbero pensato i geni di casa a
rimetterlo in sesto. Bastava che non dessero la colpa a loro...
Senza la minima esitazione, il sintezoide
calò sugli intrusi le sue mani improvvisamente
più pesanti del piombo, costringendo i due a piegarsi sulle
loro stesse gambe per sopportare la stretta: non sarebbero riusciti a
liberarsi tanto facilmente e gli altri avrebbero avuto tutto il tempo
di decidere come comportarsi nei loro confronti.
“Lasciali andare, Vis!”
cominciò l'uomo ragno piroettando a terra confuso.
“Sono solo due ragazzini!”
“Dove li hai i tuoi sensi da ragno,
spararagnatele?” ringhiò Logan allarmato
“Non mollarli, Vis!” ribatté al
sintezoide che non accennava ad allentare la presa. Avrebbe aspettato
che ci fosse unanimità e logica negli ordini, quanto meno.
“Pensi di prendermi per il culo?”
ringhiò ancora il canadese piazzando il pugno chiuso sotto
il mento della donna e sfoderando due dei suoi tre artigli, quelli
più esterni, come minaccia.
“Scusa... chi sono?”
domandò Peter affiancando Wade che rimetteva le lame nel
fodero.
“I
figli di Erik Lehnsherr, il nemico mutante del genere umano.”
sciorinò quello
“Non sono i figli di Erik!”
lo rimbeccò Logan, venendo bellamente ignorato.
“Mai
sentito dei casini che ha procurato quel terrorista?”
Quando Peter scosse la testa, Deadpool si cacciò una mano
sul volto butterato coperto dalla maschera “Ma dove vivi? Va
bene che i media cercano di tenere le notizie nei giornali locali, come
fatti folkloristici... un po' come certi vigilanti mascherati... ma tu
sei tutto culo e camicia con gli X-men...”
“Ho detto: non sono i figli di Erik!
Non entrambi...” si corresse all'occhiata di fuoco che
balenò sul volto del ragazzo dai capelli argentini davanti a
sé. “Allora... Si può sapere il
perché di questa pagliacciata? O devo farti assaggiare la
sorella delle mie amiche che ti stanno così gentilmente
in-trattenendo?” domandò mentre la terza lama
scivolava lentamente fino a sfiorare il mento della donna e arrestarsi
come monito a un soffio dalla sua pelle candida.
“Non so cosa ci trovi a farti trattare
così...” sibilò il ragazzino con fare
strafottente, cercando di scrollarsi di dosso Visione.
“Si
può sapere di cosa stai parlando? E' un calo di zuccheri?
Vuoi che ti cucini dei pancake? Tanti pancake?”
si intromise Wade
“Ho imparato a fidarmi del mio naso
più che dei miei occhi... Allora, cocca... ci fai
questo favore?” domandò ancora il canadese alla
donna che teneva intrappolata.
La donna dai lunghi capelli neri, vestita di una
paio di semplici jeans e una felpa rossa, trasmutò sotto gli
occhi esterrefatti di Thor, l'unico decisamente non avvezzo a quel
genere di stranezze.
“Contento di avermi
umiliata?” replicò la donna. Ora la era pelle blu
e i capelli erano rossi come il sangue fresco.
“Contento di sapere esattamente con
chi parlo. Odio quando prendi altri aspetti...”
replicò Wolverine
“Mi fossi presentata
così...” cominciò quella, per niente
impaurita dalla situazione in cui si trovava, anzi, sembrava quasi
divertita. Mutò ancora e sciolse i capelli in una lunga
cascata infuocata mentre la pelle scoloriva nel bianco dell'avorio
mentre i vestiti diventavano così succinti da poter essere
scambiati per biancheria “Penso avresti reagito
diversamente...”
Logan lanciò un'occhiata d'intesa a
Visione, che mollò la presa al suo segnale, quindi
afferrò la donna per i capelli e la buttò per
terra, trattenendola col proprio peso e con le lame affilate puntate
alla gola “Mi infastidisce terribilmente il tuo odore
associato alla figura di Jean. Anche perché Jean non
è così!”.
Quella, per niente intimidita, stirò
un sorriso e, in un batter d'occhi, si tramutò in un
cucciolo di Blu di Russia1, scivolò
dalla sua presa e, portatasi a debita distanza prima che chiunque
potesse intervenire, assunse nuovamente le proprie cerulee sembianze.
“Con Jean BFF di Frost e Essex trovo
paradossale che tu veda solo questo trucchetto come qualcosa di
inquietante e fastidioso.”
“Cosa vuol dire BFF?”
domandò Thor, sentendosi fuori luogo
“Amiche
del cuore. E' una lunga storia... lascia perdere. Non ti serve capirci
qualcosa, su quelle due, al fine della narrazione”
rispose Wade, cordiale.
“Se ti fa tanto schifo il tuo aspetto,
puoi sempre immaginare, semplicemente, cosa potresti essere senza la
mutazione, da umana, con un'altra pelle, e non rubare
l'identità a nessuno!” disse Logan.
“Siete voi X-men che cercate di
nascondere al mondo la vostra natura!” sbottò lei
incrociando le braccia al petto.
“No, carina, cerchiamo di non dare
fastidio, è diverso! Ma, anziché pomparci come
voi della Confraternita, cerchiamo di interrogarci sulla nostra vera
natura, esteriore ed interiore. Non siamo degli esaltati che vedono
solo la superiorità sull'homo sapiens. Cerchiamo di imparare
a dominare questi nostri doni e capirne la
pericolosità!”
“La
potenza è nulla, senza controllo, Pi...2”
cominciò Peter, subito seguito a ruota dal suo compagno di
demenza Wade. Ma l'ennesima occhiataccia, da parte di entrambi i
mutanti che stavano bisticciando così cameratescamente, li
costrinse a tacere. Sentendosi osservato e con qualcosa in sospeso,
Wolverine si volse verso Visione. “Lascialo
andare!” Pietro diede uno strattone e si liberò
della presa del sintezoide per poi risistemarsi la felpa con gesti
nervosi. “Allora, cosa volete?” ringhiò
rivolto alla donna
“Che calorosa
accoglienza...” replicò Mystica, sarcastica
“Cosa vuoi?”
scandì il canadese.
“Non mi inviti a sedere? Non mi offri
da bere?” continuò quella, imperterrita
“Non dopo che hai cercato di
introdurti in casa altrui senza invito e in maniera
fraudolenta”
“Oh, avanti, sapevate benissimo che
stavamo arrivando... E che non abbiamo cattive intenzioni. Ti sembra
che ci saremmo inerpicati su per la tana dei Potenti Vendicatori
se avessimo avuto qualche cattiva intenzione?”
domandò Mystica con fare angelico.
“Cosa vuoi?”
replicò il mutante “E perché hai
portato il piccolo Harry Potter con te?”
“Da
quando in qua Logan fa battute Pop? Quello è compito nostro!
Diglielo Peter! Mio, tuo e di Henry Pym! Autrice? Perché ci
fai rubare il lavoro da Logan???”
Mystica non rispose subito. Si
inoltrò nell'ambiente come fosse casa sua, costringendo gli
eroi a seguirla controvoglia. Quando si fu accomodata sul divanetto di
pelle bianca, con tutta l'arroganza che la contraddistingueva, si
decise a parlare mentre Pietro si posizionava alle sue spalle, quasi a
proteggersi dai Vendicatori usandola come scudo.
“Mi crederesti se ti dicessi che
abbiamo bisogno del vostro aiuto?” domandò lei,
seria. Logan, per tutta risposta, stirò le labbra in un
ghigno, trattenendo a stento una risata. “Sapevo che avresti
reagito così” disse senza mostrare di essersela
presa.
“Voi che chiedete aiuto a noi?
Mystica... è sempre la solita vecchia storia: X-men contro
Confraternita. Devo ricordarti l'ultimo scontro che abbiamo avuto, non
più tardi di un mese fa a Muir mentre qui c'erano i
Chitauri?”
“Ehi piano!”
sbottò Pietro che fino a quel momento aveva lasciato che a
parlare fosse la donna “Io non c'entro nulla con la
Confraternita!”
“Sì, certo... e io sono il
lupo di cappuccetto Rosso...” lo canzonò il
canadese
“L'avevo detto che era una pessima
idea e che non mi avrebbero mai creduto...” sibilò
il ragazzo dai capelli argentini rivolto alla sua tutrice.
“Lasciate parlare il
ragazzo!” intervenne Thor, a sorpresa.
Pietro, sentendosi improvvisamente al centro
dell'attenzione, cercò di svicolare abbassando lo sguardo.
“Io non condivido la visione di mio padre sulla faccenda dei
mutanti...” cominciò dopo un po', trovando
più facile parlare che sopportare quella
curiosità “Io e mia sorella abbiamo solo ceduto
alla tentazione di riunirci a un pezzo della nostra famiglia... Non
volevamo metterci in mezzo alla questione, solo starcene
tranquilli...”
“Ed è per questo che siamo
qui...” disse Mystica riprendendo il discorso “Sua
sorella! Temevo fosse passata dalla vostra parte, nonostante di questi
tempi ai nostri capi piaccia tanto questa assurda collaborazione che si
è venuta a creare: Wanda aveva legato con la sorella di
Colosso ma...”
“Per questo eri a Westchester quando
io ci sono andato con Rogers!” ringhiò il canadese.
Lei assentì “Sapevi che
Illyana è sparita? Scommetto di no.”
“Scommetto di no..”
le fece il verso Wade che avrebbe voluto replicare che erano appena
venuti a conoscenza della cosa.
“Piotr e il professore te l'avranno
tenuto nascosto per evitare che facessi uno dei tuoi casini... Il
realtà anche Erik era preoccupato per la stessa ragione.
Motivo in più per sotterrare l'ascia di guerra...”
“Voi cosa c'entrate?”
domandò Logan con fare sbrigativo
“Illyana e Wanda avevano legato.
Sparita una, scopriamo che è sparita anche l'altra. La cosa
ti interessa, X-man?” replicò la donna
“Tu cosa ci guadagni?”
“Mi faccio bella agli occhi di Magnus
recuperando sua figlia, no? È così
ovvio...”
“Non me la racconti
giusta...” disse vedendo lo spaesamento del ragazzo che,
evidentemente, sapeva qualcosa. “E perché siate
venuti da noi ancora non lo capisco. Perché non siete
tornati dagli X-men, Erik a parte? Perché i
Vendicatori?”
“Perché vi riguarda
direttamente. Ricordi cosa dissi quando feci rapporto su quella strana
riunione a cui avevo partecipato sotto mentite spoglie?”
domandò. Quando Logan ebbe confermato, proseguì
“Sono convinta che dietro alla sparizione delle ragazze ci
sia lo stesso gruppo che stava dietro l'attentato di Stark.”
A quelle parole, Logan si raddrizzò,
quasi volesse tacere i commenti che sarebbero sicuramente giunti dai
suoi compagni “Diciamo che è possibile che io
valuti l'idea di collaborare. Ma tu... dovresti fare esattamente quello
che dico io, chiaro?”
“D'accordo, accetto...”
disse Raven dopo qualche istante in cui fece finta -Logan ne era certo-
di meditare sulla proposta.
“Allora dicci quello che
sai!”
“Io non ho nulla di certo. Ma tanti
indizi che concorrono a delineare uno scenario abbastanza nitido. In
soldoni, credo che Norman voglia usare i migliori sensitivi del Pianeta
– o almeno quelli che trova a portata di mano qui negli
States – per evocare Loki”
“Che novità!”
sbottò Logan “Tu come l'hai scoperto?”
“Un paio di telefonate con la voce
giusta...” replicò lei, divertita
“E a cosa ti servono i supporter?”
“Non ho anche il potere di
Madrox e non posso andare da sola a liberare Wanda. Sicuramente,
chiunque si insospettirebbe!”
“Ti serviamo a far numero,
insomma...”
“E scommetto che anche a voi farebbe
comodo avere una mutaforma...”
“Io non mi fido di te, cocca!”
“Proprio
come direbbe Fury...” commentò Wade
“Cosa c'entra?”
domandò Peter divertito da quell'uscita estemporanea
“I
dossier e i rapporti sulle indagini psicologiche di Fury parlano
chiaro: il sogno più grande di Logan sarebbe quello di
essere una copia sputata della superspia dello S.H.I.E.L.D. E lui ora
si atteggia come Fury. Mai letto Secret
War o House
of M?” rispose quello, per niente
offeso.
Wolverine lasciò perdere e
tornò a concentrarsi sulla donna “Hai un
piano?”
Lei stirò un sorriso
“Certo...”
“Accettiamo
davvero?” domandò Wade già
galvanizzato
“Accetto io! E' una storia di Mutanti.
E io sono un X-Man prima di tutto.” rispose Logan senza
staccare gli occhi dalla donna
“Beh, non mi sembra...”
replicò Peter “Voglio dire, i Vendicatori non sono
nati per proteggere la Terra da qualunque minaccia? L'evocazione di
Loki mi pare rientri di diritto nella categoria...”
“Non è rimasto nessuno del
gruppo originale, a parte Thor...” replicò Logan
“Non posso coinvolgervi in... un salvataggio
mutante.”
“Basta metterlo a votazione,
amico...” replicò l'interessato “Chi
è a favore dell'intervento?”
“Io,
ovviamente!” gracchiò Wade,
sbracciandosi
“Ovviamente io ci sto!”
disse anche Peter che aveva avuto l'idea “Visione?”
– Ritengo che la soluzione
più logica sia quella offerta dal signor Peter...
–
“Ehi! Loro due mica lo sanno come mi
chiamo! Evita di sbandierare il mio nome in giro, per
favore!” protestò subito il Ragno
– Chiedo scusa! –
disse con tono pacato il sintezoide. – Se le informazioni da
voi raccolte fossero vere (concordando tra loro, nonostante la diversa
tipologia di raccolta e selezione delle stesse, propendo a pensare che
la verità non si discosti troppo da quanto da voi supposto)
non solo sarebbe opportuno ma addirittura necessario l'intervento di
questo gruppo. Certo, dobbiamo valutare se, in un disegno
più grande, Loki non voglia, in realtà, salvare
la Terra... –
Fu Thor che spezzò il silenzio
incredulo che era calato tra i presente a quell'esternazione, sbottando
in una risata fragorosa “Loki? Farebbe qualunque cosa pur di
farmi dispetto. Giacché mi sono autoproclamato protettore
della Terra, lui si sente in diritto di attaccarla, per attaccare me!
Non credo proprio voglia salvarla. Vuole dominarla, per umiliarmi. E'
convinto che io goda delle sue disavventure e dei suoi fallimenti...
Dobbiamo intervenire!”
– Unendo questo ulteriore dato...
– stava continuando Visione - ...abbiamo la conferma al 96,7%
che l'asgardiano Loki intenda sottomettere la Terra e un 16,8% che
voglia distruggerla. Sono comunque dati sufficienti a giustificare il
nostro intervento –
“Ecco fatto, abbiamo una squadra al
completo...” ghignò Mystica, soddisfatta,
rivolgendosi a Pietro.
“E il gruppo originario?”
domandò ancora Peter “Non dovremmo cercare anche
loro?”
“Finché la tua amica
gattina non procura della documentazione su dove cavolo si trovi la
base di Atlas sarebbe sciocco muoverci alla cieca... A meno
che lei...” disse Logan fissando Raven “...non sia
in grado di arrivare in breve tempo laddove una ex-ladra non
può arrivare...”
“E perché dovrebbe
riuscirci?” domandò Peter confuso
“Ero una spia, amore!”
replicò la donna, trasformandosi in una bionda bellezza
patinata inguainata in una tuta di lattex. “E sì,
posso provare a fare qualcosa. Ma in cambio voglio Scarlett. Un favore
in cambio di un favore...”
“Affare fatto. Ma tradiscimi e te ne
farò pentire amaramente...” ringhiò
Logan stringendole la mano e mentre gli artigli sguainati a monito
arrivavano a sfiorarle il gomito.
“Sono ancora in debito con te... lo
sarò sempre.” replicò lei, offesa
“Quindi fammi il favore di non essere così
sospettoso: quando lavoriamo assieme sai che puoi fidarti di
me!”
“No, non lo so!”
ringhiò ancora lui tirandola a sé con uno
strattone per poterle fissare le iridi gialle da gatto. Un rituale
tutto animale di avvertimento e minaccia, in cui il contatto oculare
stabiliva desiderio o aggressività, in cui il più
debole distoglieva lo sguardo “E di te continuerò
sempre a non fidarmi!” disse mollando la presa.
“Andiamo a dormire, avanti, domani ci alziamo presto ed
elaboreremo un piano sensato. Jarvis, procura un letto ai due
intrusi!”
– Subito, padron Logan
– replicò il maggiordomo albino
avvicinandosi ai due mutanti e facendo loro strada. Mystica e Pietro lo
seguirono docilmente fino a una stanza con due letti singoli.
Nessuno protestò: non che l'idea
garbasse molto a nessuno dei due ma fecero di necessità
virtù. Rimasti soli, Mystica si infilò
immediatamente sotto le lenzuola.
Pietro, invece, si sedette sul bordo del suo
materasso e si tolse svogliatamente scarpe, meditando su quanto era
stato detto fino ad allora.
“In realtà hai intenzione
di tradirlo, vero?” domandò in un soffio. Non si
aspettava una risposta dalla donna. Voleva solo capire. Avere un quadro
d'insieme più chiaro. Il bisogno di riavere sua sorella, al
momento, era passato in secondo piano: avevano un'alleanza e poteva
permettersi di pensare al contesto.
“Ho detto che non lo farò,
sei sordo?” domandò la donna restando di spalle
Pietro valutò la freddezza della sua
risposta. Cosa univa quei due? Se non era amore, cos'era?
“Perché? Come puoi tu essere in debito
con lui?”
Ripensava alla conversazione avuta in aeroporto, a come lei si fosse
difesa dalle insinuazioni di Pyro e Lance, di come Quentin si fosse
rabbuiato, leggendole la mente. Quella mano scivolata involontariamente
sul ventre...
Sapeva che la donna non gli avrebbe mai risposto
e si accinse a spogliarsi. Quando stava per liberarsi anche dei
pantaloni cargo color salvia la sentì muoversi ed ebbe
l'impressione che due occhi gialli lo stessero fissando.
“Gli devo la vita. E per quanto cinica
io possa essere, è una cosa che non si può lavare
via con tanta facilità.”
“E come?” domandò
il ragazzo, curioso e subito attento a quell'alito che sembrava esserle
scivolato dalle labbra come durante un sogno.
Lei sbuffò “Quando i ruoli
sono chiari, io da una parte, lui dall'altra, non mi faccio scrupoli a
usare qualunque mezzuccio. Ma quando siamo assieme... non posso non
essergli riconoscente!”
“Che è successo? Riguarda
quello che hai accennato quella volta in aeroporto?” Gli
sembrò che lei sorridesse della sua perspicacia
“Tu non sei come me. Sia tu che Wanda
siete migliori.” In quelle parole, Pietro avvertì
un'invisibile carezza e un rammarico bruciante per ciò che,
invece, l'aveva trasformata a quel modo. “Avrei potuto essere
anch'io come voi. Ma ho deciso di odiare gli umani e di far riconoscere
la nostra indipendenza tramite il terrorismo. Onestamente lo trovo
patetico. Un bambino che fa la voce grossa, che distrugge casa per
attirare l'attenzione dei genitori. Davvero, non lo consiglierei a
nessuno. Ma ormai ci sono dentro, fa parte di me. E a suo tempo mi
è sembrata la cosa più logica da fare. Da
lì non mi sono più potuta fermare. Fate bene a
voler ragionare sulle vostre scelte. Se volete staccarvi dai metodi di
Magnus dovete farlo ora. Dopo sarete troppo coinvolti.”
“Sei sicura di essere tu?”
domandò sbigottito il ragazzo
Mystica ridacchiò, divertita dal suo
stupore “Non sono sempre stata così... il progetto
Arma Plus
ti cambia radicalmente...”
“Arma...
ma non è quello che ha sfornato Logan? E' famoso per quello,
no? E' lui che è comunemente chiamato Arma X”
“Ho rischiato di fare la stessa fine
di Logan... anche se ne avevo già passate
altre...” lo informò “Devo la vita a lui
e a Sabretooth. E non una ma ben due volte.”
“Ci sono stati due progetti Arma Plus?”
domandò confuso il ragazzo
“Il primo, quello ufficiale, fu quello
canadese, sotto l'egida del dipartimento H. Ma ogni nazione aveva il
suo specifico programma eugenetico. Per umani e per mutanti. Credo tu
sappia che Steve Rogers è diventato Capitan America in
seguito a uno di questi progetti...”
“Il super soldato. Se
non erro è da lì che Arma Plus ha preso
l'idea. Al posto di potenziare normali umani, potenziare esseri
già naturalmente dotati: i mutanti... E poi Genosha, che
convertiva i mutanti in mutati, in base alle esigenze del momento, per
sfruttarli come forza lavoro...”
“Sì...” disse lei
“Ma ce ne furono altri in entrambi i rami. Migliaia di altri
progetti che non vennero mai alla luce. E tutti collegati tra loro. Ma
il secondo progetto a cui accennavo è stato condotto
volontariamente su scala internazionale, anche se i diversi
dipartimenti erano gestiti a livello locale...”
“Logan ti ha salvato anche dal secondo
progetto...” meditò Pietro. Per diversi minuti la
donna non rispose.
Quando, infine, gli arrivò la sua
voce, flebile e leggera, quasi pensò di essersi immaginato
tutto “Sì. Per questo non si fida di me. Per due
motivi. Tanto per cominciare, ho tradito mia figlia... o meglio,
figliastra... Rogue. Prima ancora abbandonai il mio figlio naturale,
Nightcrawler. E poi, Logan non riesce a capire perché, pur
con un vissuto simile, lui sia riuscito ad andare avanti mentre
qualcuno, come me, sia rimasto così agganciato al passato...
Non può capire il livello di brutalità e violenza
che si può scatenare se...” Esitò un
attimo “Lui non è una donna!”
sentenziò, lasciando a intendere che le violenze seguissero
una distinzione di genere e che fossero molto più invasive
per le donne che per gli uomini.
Come se potesse esserci qualcosa di peggiore
dell'iniezione di metallo liquido e rovente per ricoprire tutto lo
scheletro.
Forse non capiva perché anche lui era
un maschio? Si stava scervellando sulla questione e non
domandò altro alla sua compagna di stanza per non turbarla.
Si addormentò provando ad immaginare
cosa potesse voler dire essere una donna. E a quali pericoli era
esposta anche sua sorella.
La preoccupazione per Wanda, quella notte, gli
avrebbe agitato il sonno.
1 È un
gatto dal pelo color blu con sfumature grigie e la mutaforma
compare come gatta sia in Ultimate
X-men (sta acciambellata sulle gambe di Xavier) sia
è la sua principale trasformazione nel cartone X-men Evolution.
2 Noto slogan della Pirelli
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Come potete vedere in questi capitoli sono rimasta molto leggera, no?
-_- vabbè, giuro che è finita qui. Basta
brutture. Ma era giusto spiegare le ripercussioni che certi trattamenti
possono avere sulla spiche umana.
Ovviamente nei fumetti e nei cartoni non c'è
nulla di tutto ciò (sennò col cavolo che
passavano l'autorizzazione della Comic Code Authority...o pensavate che
tutto ciò che venissero pubblicate senza alcun controllo?
per quanto possa parer strano, soprattutto negli USA il controllo
è rigorosissimo. Ma anche i fumetti giapponesi hanno le loro
gatte da pelare per la pubblicazione. Oh, e non pensate che il cinema
sia da meno. Ora non è più così forte
ma fino a pochi decenni fa c'era una rigida etichetta anche per i
vestiti. Ma queste cose non vi interessano).
Dunque... Ecco chi sono gli intrusi ed ecco come Pietro
entra a far parte dei Vendicatori (nel suo caso si tratta proprio di
vendetta XD guai a toccargli la sorella). Ed ecco riportato anche
Visione ai colori tradizionali: è inguardabile...
Ci avviamo, quindi, alla conclusione di questa seconda
parte...ancora un paio di capitoli e poi si cambia registro.
Se nella prima parte mettevo le basi per gli sviluppi
successivi, in questa quarantina di capitoli, come avrete notato, ho
per lo più analizzato e portato a galla dinamiche e
problematiche preesistenti il film e lo svolgimento della fic
nell'insieme. Nella terza parte finalmente tireremo le somme di tutto
questo e vedremo di mettere un punto fermo (come se nel Marvelverse
fosse possibile), vedremo come sistemerò -sicuramente male-
l'ondata anti-superumani con programmi sentinelle e porcherie varie...
Vi aspetto al prossimo capitolo ;)
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Capitolo 41 *** Ragione e Sentimento ***
41.
Ragione e Sentimento
Kurt non si era allontanato un attimo dal capezzale di Rogue.
Appollaiato come parrocchetto sul suo trespolo, frustava l'aria con la
sua coda lanceolata e pregava sommessamente, gli occhi chiusi, il capo
rivolto verso il basso. L'uraniano aveva fatto quanto era in suo potere
e così anche lo stuolo di medici, erboristi, agopuntori,
fisioterapisti e ogni qualunque altre categoria paramedica fosse stata
disponibile nella città scavata nella roccia. La ragazza era
fisicamente a posto: non c'erano danni permanenti né al suo
corpo né al suo cervello. Allora perché ancora
non si svegliava?
Quel dannato collare dell'MRD...
Perché aveva deciso di collaborare col cajun a quella
follia? Perché non si era accorto di quello stupidissimo
condensatore? Sembrava davvero essere assolutamente necessario e
invece, quando Bob l'aveva analizzato, aveva scoperto che era stato la
causa prima di tutta quella distruzione e della perdita di controllo
della mutante.
Kurt rivide in un lampo la scena di sua sorella scatenata come mai gli
era capitato di vederla. Aveva capito subito che non era come le altre
volte, quando bastava farsi riconoscere, veicolarle i propri sentimenti
e la propria memoria tramite contatto fisico: si calmava sempre
all'istante perché non avrebbe mai torto un capello a lui o
a Logan. Ma quella volta aveva visto, intrappolata nella sua copia
malvagia, solo un'eco della sorella. Perfida al punto di baciarlo...e
morderlo, addirittura. Era stato tutto così strano... non
aveva neanche assorbito nulla tramite il contatto fisico che lei aveva cercato:
non poteva essere diventata padrona dei suoi poteri in un colpo solo.
In un primo momento aveva pensato fosse merito del collare. Il secondo
successivo aveva realizzato che, se aveva il collare e se questo era in
funzione, non avrebbe dovuto poter usare nemmeno i poteri acquisiti e,
quindi, non sarebbe dovuta impazzire.
Ora non poteva fare altro che pregare il Signore che la donna
così forte che era Rogue si risvegliasse. Non importava che
accusasse stanchezza o perdita di memoria. La voleva accanto a
sé. Come avrebbe fatto senza il sostegno di quella roccia
che lo aveva sempre difeso nonostante il suo aspetto spaventoso? Era
lei che l'aveva sempre protetto. Anche in quella squallida cella,
quindici anni prima. Era stato il caso, era stata la scelta egoistica
di Mystica o era stata una decisione del Signore di influenzare in quel
modo la mente della donna, risparmiando lui a discapito della ragazza?
Poteva anche essere stato che Rogue si fosse offerta al suo posto:
conoscendola ne sarebbe stata capace.
Da quando l'aveva incontrata, quando erano entrambi poco più
che preadolescenti, lei era stata sempre presente nella sua vita.
L'aveva incoraggiato, sostenuto da lontano, gli aveva mostrato la via,
gli aveva fatto credere di poter essere accettato dai suoi simili nella
scuola di Westchester. E così era stato. Con quella
sicurezza non sua, aveva reso possibile l'accettazione degli altri.
Certo, c'era gente ben più spaventosa di lui, come Glob
Herman -l'uomo gelatina di cui si vedevano visceri e struttura
scheletrica-, Evan Sabahnur-anche detto Apocalypse Boy per la sua
carnagione cianotica e con un orrendo taglio della bocca che gli dava
l'aspetto particolare di chi è stato torturato a lungo- o
Doop, una copia mal riuscita del più famoso Slimer.
La forte, rude, scostante ma disponibile e dolce Rouge ora giaceva
priva di coscienza sul letto sotto di sé. Kurt si dondolava
avanti e indietro aggrappato alla sbarra ai piedi del letto,
picchiettandosi il petto mentre salmodiava un rosario intervallato da
infiniti mea culpa.
Era pronto a pagare qualunque prezzo il Signore avesse voluto
proporgli: Rogue aveva appena assaggiato la normalità e
doveva già...
No, un attimo. Non sapeva nemmeno cosa fosse successo. Il fatto che
avesse il collare non voleva dire che lei e Gambit avessero concluso
qualcosa...
“Signore, ti prego!” biascicò col volto
in lacrime “Ha già sofferto abbastanza!”
Erano momenti come quelli che facevano vacillare la sua fede. Lui se
l'era meritato, era figlio di sua madre, e nelle prigioni dell'MRD
aveva finalmente capito perché il Signore avesse voluto
punirlo con un aspetto tanto mostruoso, attirandosi le ire e le paure
della gente. Ma Rogue? Cosa aveva fatto per meritarsi tutto quello?
Aveva ucciso Carol Danvers? Non era stata colpa sua, non aveva potuto
sottrarsi. E quel terribile potere la affliggeva da molto tempo prima.
Non riusciva davvero a capire il disegno divino. Ma cosa doveva
pensare? Che Dio li punisse gratuitamente come un qualunque sadico
essere umano? Doveva esserci un messaggio nascosto che gente come loro
avrebbe colto solo tramite le tribolazioni.
A volte avrebbe preferito non essere tra i prescelti se tanta
sofferenza era segno di predestinazione. E ancora, come poteva il Dio
misericordioso che amava, avere tante preferenze e così
marcate?
No...doveva calmarsi... quelle bestemmie erano solo il frutto della sua
disperazione. Il Signore non li avrebbe mai abbandonati. Non avrebbe
mai abbandonato nessuno. Doveva aver fede. Ma come era difficile, in
certi momenti, non cedere allo sconforto. Eppure, in quel momento, era
disposto a tutto, anche a barattare la sua stessa anima per la salvezza
della donna.
Il male: ecco cos'era quel sentimento che si insinuava in quella
sottile linea d'ombra che né la sua mente razionale e
scientifica né la sua fede riuscivano a coprire.
“Rogue, ti prego... sei forte...puoi superarla...qualunque
cosa sia...” biascicò. Se né la scienza
né la religione potevano sostenerlo, l'unica, ancora una
volta, era la diretta interessata. Doveva rivolgersi a lei
perché tutto dipendeva dalla ragazza. Forse, Rogue era sotto
shock. Per cosa, Kurt non poteva saperlo.
Passarono i minuti o forse le ore, da quando erano stati lasciati soli
in quella stanza.
Finalmente, come indicavano i nuovi rumori prodotti dalle macchine di
monitoraggio a cui era attaccata, schiuse gli occhi.
“Anna!” urlò il ragazzo fiondandolesi
addosso “Oh Dio mio, ti ringrazio! Ti ringrazio!”
“Cosa...?” domandò la ragazza
rispondendo poco convinta a quella manifestazione d'affetto.
“Kurt, che ti succede...? Mi sento così
strana...”
“Non ricordi nulla?” domandò lui
allontanandosi appena e tergendosi gli occhi gonfi di lacrime
“Oh, Cielo, Anna, ti credevo quasi morta ed è
stato... terribile... non farmi più uno scherzo del
genere!” frignò cercando ancora il suo calore.
“Kurt, s'il
vous plaît ... non capisco... non
ricordo...”
“Ma certo... sì...” si disse il mutante,
accontentandola mentre scrutava gli occhi della sorellastra. Qualcosa
non andava: l'iride era innaturalmente rossa e la cornea... nera. Come
gli occhi di Gambt. “La tua memoria a breve termine
dev'essere stata danneggiata... ricorderai con un po' di
riposo...” disse accomodandosi al suo fianco senza lasciarle
andare la mano guantata e aiutandola a stendersi di nuovo.
“Qual è il tuo ultimo ricordo?”
domandò dopo qualche minuto.
Rogue chiuse gli occhi, concentrandosi “Gambit... ricordo
Gambit.. era notte... è tutto così
confuso...”
“Sei stata con lui tutta la sera...”
confermò Kurt. Digrignò i denti, non per la
rabbia ma per la tensione che ormai faticava a sopportare. Cos'era
successo, davvero?
“Dov'è ora?” domandò lei
portandosi una mano alla fronte “Mi pare... avessimo un
discorso in sospeso...”
Nei pochi secondi che passarono, mentre Kurt cercava le parole per
comunicare a Rogue gli ultimi avvenimenti, la vide arrossire e voltare
il capo di lato. “Ti sei ricordata qualcosa?”
domandò ansioso
“Non... non ne sono sicura... Potrebbe essere un
sogno...” biascicò lei
“Qualunque cosa tu ricordi, Anna, è importante, ti
prego!” la incalzò lui.
“Io... credo... no, sicuramente è solo un sogno...
ci siamo … beh, ecco...baciati... ma è una cosa
impossibile...” si schernì “Kurt...
dov'è Gambit? Devo chiarire questa... cosa... credo che ne
avessimo parlato anche in macchina, andando alla festa...”
Kurt si rabbuiò. E per diversi motivi. Ma il pensiero
principale, accantonando il suo dolore egoistico, era focalizzato sui
mutamenti che la sorella aveva subito: quegli occhi così
scuri, quell'inflessione francese che ogni tanto le scappava,
quell'elettricità che sentiva guizzare nelle mani della
sorella ma che non si scatenava perché non c'era nulla di
inorganico su cui fare presa, stavano scavando nella sua mente la
peggiore delle ipotesi che non voleva rendere reale tramite parole
avventate. “Ricordi nulla di un bracciale?”
domandò ancora lui, eludendo le richieste della sorella.
“Sì... il bel bracciale che avevo visto quando
siamo andati a cercare un regalo per Kitty...”
Kurt si prese la testa tra le mani, disperato: Gambit probabilmente era
morto per mano di Rogue. E tutto perché lui non aveva
controllato bene quel dannato aggeggio. “E' tutta colpa
mia...” sibilò irato “Avrei dovuto
pensarci...”
“Kurt, ti prego... cosa sta succedendo? Mi stai
spaventando...” disse alzando lo sguardo sulla stanza
ricavata dalla roccia “E dove siamo? Dov'è Gambit,
santo cielo!”
Il ragazzo si passò la mano tripartita sul volto, mordendosi
le labbra. I canini appuntiti rilucevano sulla sua pelle scura
“Dalle ricostruzioni...” cominciò piano,
deglutendo.
“Ricostruzioni?” lo interruppe la donna arricciando
il naso, perplessa.
Lui annuì “Solo tu puoi dirci come è
andata. Ma da quello che mi hai detto credo di essermi fatto un quadro
chiaro. Gambit ti ha dato il bracciale. Un bracciale ricavato da un
collare dell'MRD. Un collare che io ho contribuito a smontare e
adattare al bracciale.” pronunciò una frase alla
volta, assicurandosi che lei seguisse il suo filo logico.
“Poi...” deglutì, vistosamente a disagio
“... dici che, forse c'è stato un bacio... e
Gambit non si trova... capisci quello che voglio dire? Con Carol...
quella volta, non eri ancora in possesso di tutti i poteri che hai
oggi.” disse scuotendo la testa. Aveva trascinato e
ricacciato sua sorella nel baratro più nero della sua
esistenza e l'aveva trasformata, ancora una volta, in un'assassina.
“Di sicuro c'è che, a un certo punto, sei
impazzita, Anna. E al polso avevi il bracciale. Capisci?”
domandò vedendo il suo sguardo vacuo “Ho commesso
un terribile errore. Quel collare era progettato apposta per te, per
quando ti fossi sentita sicura e emozionata a livello esponenziale. Per
quanto Gambit l'abbia preso da uno scatolone in mezzo a mille altri
quel congegno era studiato per te, per attivarti come una bomba a
orologeria esattamente per quell'evento. Forse era una trappola
preparata da tempo... Essex poteva sapere in anticipo dei preparativi
del Triskelion e poteva immaginare le mosse di Remy... d'altronde lo
conosce bene...”
“Dov'è Remy?” domandò
tagliente, lo sguardo ancora fisso davanti a sé
“Dov'è?”
“Mi dispiace Anna... io... non lo so. Non era nella sala al
momento dell'attacco. Il disco di Bob ha effettuato una scansione
dell'edificio prima di decollare per controllare che non ci fossero
vittime o feriti. E la polizia, accorsa sul luogo, non ha trovato
nulla, se non le macerie. Gambit sembra essersi
volatilizzato...”
“Cosa?” alitò lei esterrefatta
“Non... non pensarci, Rogue, ti prego. Non incolpare te
stessa...” balbettò Kurt con voce rotta. Era
straziante anche solo immaginarsi nei panni della sorella. Immaginare
di aver ucciso l'uomo che amava e con cui aveva appena stabilito un
qualche legame. “Probabilmente era una trappola di Essex.
Sapeva cosa vorticava nella testa di Remy e deve aver usato quel...
quel bacio come detonatore... Non è colpa tua!”
Rogue, sotto shock, poggiò la testa contro il muro alle sue
spalle.
Remy era scomparso. Lei l'aveva attaccato. Questo era quanto si poteva
ragionevolmente presupporre dalle ricostruzioni.
“Bob... l'uraniano.. oh Dio, non sai di cosa sto parlando,
ovviamente... comunque uno in gamba ha provato a recuperare i filmati
delle telecamere di sorveglianza ma... era tutte registrazioni
disturbate. E' evidente che quell'affare emetteva un qualche campo
magnetico in grado di interferire con le normali
tecnologie...”
“Remy... non c'era... non è stato
trovato...”
“No, Rogue, nemmeno un capello, mi dispiace...”
confermò posando la mano su quella della ragazza artigliata
al lenzuolo
“Non c'era... Gambit e Nathaniel... il collare...”
“Rogue, non....” cominciò il fratello
che lei si liberò dalla sua stretta
“Era tutta una bugia, dannazione!” urlò
in preda alla rabbia “Lo sapevo che non mi dovevo fidare di
quello sporco cajun!”
“Che stai dicendo...?”
“Mi ha usata, Kurt. Mi ha usata come fanno sempre tutti! Mi
ha venduta a suo padre non appena ha saputo sarei stata nella squadra
di scorta a Stark e, quindi, vicina a tutti i grandi scienziati e ai
più potenti eroi non mutanti della Terra! Mi ha stordita con
le sue moine. Sono stata una stupida!” urlò
abbracciandosi le gambe in un gesto nervoso “Stupida stupida
stupida! Lo sapevo! Avrei dovuto sondare la sua mente.
Perché devo sempre giocare pulito quando lui non fa altro
che barare? Che rabbia!” urlò facendo ondeggiare
pericolosamente le attrezzature attorno a sé.
“Calmati, Rogue!” disse lui allarmato e in parte
sollevato che lei ancora non avesse capito di essersi trasformata
nell'assassina del uomo che, tecnicamente, amava “Calmati...
ricordi cosa succede quando perdi il controllo, no? Ne sei appena
uscita, calmati!” quasi urlò prendendole il volto
tra le mani. Poggiò amorevolmente la fronte su quella della
ragazza, stringendola in un abbraccio accogliente, lasciando che il suo
amore arrivasse a calmarla “Calmati... ci sono io con
te...”
“Mi ha usata, Kurt! Mi ha scatenata e mi ha lasciata da
sola...” disse con voce improvvisamente rotta “Non
mi ha mai amata... sono sempre stata solo una pedina nelle sue mani e
in quelle di Essex”
“Non dire così... non ci sono prove...
non...”
“Quale altra spiegazione puoi fornire, Kurt? Razionalmente!
Quale se non che mi abbia attivata e se la sia data a gambe? Guarda
caso nessuno ha visto nulla... Che stupida... che stupida! E per colpa
della mia superficialità ho rischiato di ammazzare gente
innocente!”
“Ma non è successo, Rogue! Rogue non sei
un'assassina! E forse lui non c'entra nulla. Abbi fede ne...”
“Ah! Smettila Kurt, tu e la tua fede! Devo fidarmi di chi? Di
un ladro disonesto e imbroglione? Uno che gioca col cuore delle donne
per divertimento? Mi sorprende che tu abbia collaborato con lui e se
non fossi mio fratello e non sapessi che hai passato quello che ho
passato io penserei che tu abbia cospirato contro di noi!”
“Ma cosa dici!” si inalberò il mutante
“Ed è davvero da malfidati ritenere Gambit capace
di una tale bassezza. Non sarà uno stinco di santo ma
è pur sempre un X-man!”
“E' un uomo che ha coperto lo sterminio dei Morlock e che era
a conoscenza del progetto di Sinistro!”
“Cosa?” allibì il teleporta mentre Rogue
si mordeva le labbra.
Si era lasciata scappare il segreto che, fino a quel momento aveva
difeso con tutta se stessa ma che, in quel momento, sembrava far
quadrare il cerchio.
“Gambit è figlio di Sinistro. Era presente anche
lui nella struttura dove noi fummo tenuti prigionieri... I ricordi che
fluirono in me, al primo contatto, furono che lui ne era stato tenuto
all'oscuro. Ora capisco che, al nostro primo incontro, già
conosceva i miei poteri e sapeva come sfruttarli a suo vantaggio. Non
mi stupirei se scoprissi che è anche telepate, come il
padre. Di certo può influenzare le menti e, oltre a farti
fare quello che vuole, forse può anche farti pensare quello
che vuole...”
“Non può essere...” alitò lui
cercando negli occhi della sorella la smentita a quella confessione.
“Che stupida!” urlò “E' colpa
mia... è tutta colpa mia! Se Essex sa come distruggere i
mutanti è tutta colpa mia...”
“Non... Rogue, l'avrebbe scoperto lo stesso, con o senza di
te...” cercò di consolarla lui
Ma lei gli riservò un'occhiata gelida “Dovresti
sapere quant'è pesante il senso di colpa.”
sibilò “Ora, lasciami sola, ti prego. Non voglio
dubitare anche di te... sei l'unico che mi rimane..” disse
ributtandosi a letto e infagottandosi nelle lenzuola.
Kurt l'osservò un attimo, smarrito. Chinò il
capo, vinto dalla tristezza e si teleportò all'esterno, nel
lungo corridoio di pietra. Si buttò a terra, la schiena
poggiata contro la parete dura e fredda mentre calde lacrime gli
solcavano il volto. Piangeva per la condizione della sorella e per il
potenziale pericolo in cui si trovavano i suoi simili. Pianse per la
morte del compagno di squadra, ritenendola più plausibile di
un suo tradimento. Pianse per tutti i sentimenti che gli
aggrovigliavano lo stomaco, bloccandogli la gola in un nodo di tragica
disperazione: lei si fidava di lui... non poteva deluderla, tradirne la
fiducia o ferirla in alcun modo. Serrò gli occhi. Doveva
rinunciare a ogni idea avesse avuto ed essere forte per lei. Ma pianse
anche la sua fede che andava sgretolandosi man mano sotto i colpi
violenti della realtà e della disperazione.
Perché? Perché punirlo ancora in modo
così indiretto e subdolo, tramite le persone che amava? Dio
lo stava mettendo ancora alla prova e lui non era degno. Ma
perché mettere un traditore tra loro, se ciò si
fosse rivelato vero?
Era così che si sentì anche Gesù
quando venne tradito? Prima da Giuda e poi dal suo fedelissimo Pietro?
Chi sarebbe stato il prossimo? L'alfiere che, involontariamente,
avrebbe tradito? Che fosse proprio Rogue? Sì... a vedere gli
ultimi sviluppi era proprio lei la causa del suo dolore. Avrebbe
volentieri pianto disperatamente ma non era suo diritto. Il dolore
della sorella, al di là del muro, era molto più
profondo e cocente. Ed era l'unica, tra i due, che avesse il diritto di
stare così male.
AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Qualcuno
mi chiedeva che fine avesse fatto Gambit... ecco... voi siete
autorizzati a scegliere solo tra le opzioni proposte dai due
fratellini... perché la verità sta da un'altra
parte :) e, ovviamente, non ve lo dirò ora dove dovete
guardare :)
Per completare il quadro ho postato anche quella
che è poi diventata una song-fic, The winner takes it all
(un nome che è tutto un programma! Ah... mi faccio prendere
la mano... e questa seconda parte è stata piena zeppa di
songfic...) dove si vede Rogue, rimasta sola, a macerarsi in questo
stato d'animo pietoso tra desiderio di lasciarsi cullare dall'idea di
una bella bugia e il masochismo nel voler affrontare una
realtà atroce che magari non è nemmeno quella
giusta...così, tanto per essere preparati al peggio salvo
poi rimanerci male comunque (davvero, non lo augurerei al mio peggior
nemico... a ben vedere, il mio preferito, Remy, rappresenta tutto
ciò che odio in un uomo vero -_- vabbè...).
Si tratta di un approfondimento non strettamente necessario ai fini
della narrazione.
Ma se pensate che il malessere di Rogue si esaurisca con una bella
dormita, sbagliate. Dai, sarebbe inverosimile. Ci tornerò
nella terza parte (è la parte -a mio parere- più
bella abbia scritto finora)
Quante volte ci diciamo "non farò mai così,
proprio no!" e puntualmente ci caschiamo con tutte le scarpe? Ora, non
voglio far diventare la fic una cosa sdolcinata -non vedo
perché dovrebbe esserlo, tra l'altro..sta
poveraccia soffre come un cane- quindi ho deciso di narrare queste
elucubrazioni in separata sede per non allontanarmi troppo dalle
vicende di tutta la squadra.
Che dirvi? Ci si risente la prossima settimana con il penultimo
capitolo.
Baci a tutti
|
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Capitolo 42 *** Spark in the dark ***
42.
Spark in the dark
Ricalibrazione
cognitiva.
Era un termine
che non gli piaceva.
Ancora meno, gli
piaceva la soluzione al problema. Oltre che il problema stesso.
James Barnes
scosse la folta chioma scura, per cacciare il ricordo.
Un ricordo che lo
vedeva coinvolto in prima persona.
Lui, Clint,
Natasha.
Un ospedale in
fiamme.
E un vicino di
letto, un agente della C.I.A., chiacchierone, volgare e fastidioso.
Allacciò
la cintura dei pantaloni cargo in cui scompariva la maglietta smanicata
a costine nera: per quello che doveva fare non serviva indossare la
divisa completa, né nascondere la sua protesi. Bastava la
spia dell'interruttore della luce a far brillare il suo braccio
bionico, rilevandone la presenza. Sarebbe stato certamente
più prudente coprirlo, come faceva di solito, ma non ne
aveva voglia: Jessica l'avrebbe individuato subito anche a occhi
bendati. Lei e i suoi dannati ferormoni.
La porta della
sua stanza si aprì con uno sbuffo pneumatico sommesso e lui
scivolò veloce nel corridoio metallico anonimo e asettico.
I pesanti stivali
non contribuivano a celare la sua presenza ma, d'altronde, quel posto
brulicava di soldati e quella era la divisa d'ordinanza.
Si
immaginò la scena che si sarebbe concretizzata da
lì a pochi minuti, solo che provò a visualizzarsi
con ai piedi un paio di comode ciabatte. O magari di quelle belle
pantofole pelose e calde.
Ridicolo. E
controproducente.
Quando giunse ad
uno slargo – una vasta sala le cui pareti erano tappezzate da
monitor giganteschi e in cui erano stipate un centinaio di scrivanie,
su piani diversi, tutte con operatori attivi – si
guardò intorno. Individuato l'agente che cercava, si
avvicinò veloce “Albert, prepara un QuinJet per
tre persone!”
“Ciao,
James! Un buon giorno anche a te!” ridacchiò il
biondo, sulla trentina, spostando appena la sedia per poter allacciare
i suoi occhi con quelli glaciali del Soldato d'Inverno.
“Non ho
tempo per i convenevoli! C'è una minaccia
interna....”
“Qui? A
Carousel1? Non
scherzare!”
“Ti
sembro il tipo che scherza su queste cose?”
“No,
no, non volevo dire quello...” cercò di
giustificarsi l'agente Koening2 “E' solo che
se siamo stati infiltrati è un bel problema: gli scanner non
hanno rilevato nulla.”
“Ci
penso io, non temere. Mi serve solo un aereo! Sono ordini di
Fury.”
“Allora...”
replicò l'uomo andando a smanettare sulla sua tastiera
“Vedrò di liberarvi un posto. Tu e chi
altri?”
“L'agente
Barton e l'agente Drew” rispose
“Chi
dei due è compromesso?”
“Albert...”
lo rimproverò quello inclinando la testa di lato e
scoccandogli un'occhiata severa.
“Oh,
Avanti James! Almeno saprò riconoscerli se ne
vedrò un altro: terrò gli occhi ben
aperti...” lo supplicò l'operatore.
“No. Ci
sta pensando Fury...”
“E
come, se abbiamo mezza Unità di Contenimento Paranormale
sparita nel nulla?”
Ma James non
disse altro. Sorrise enigmatico, dando l'idea di saperla lunga
“Ricordati il volo. Ah, abilitami a entrare in tutte le
stanze di cui abbia bisogno...”Aggiunse prima di dileguarsi
nel corridoio
“Sarà
fatto!” replicò prontamente l'altro, trattenendo
uno sbuffo risentito, incalzato dalla pacca amichevole sulla spalla.
Bucky non se ne rendeva conto ma quel dannato braccio bionico, per
quanto usato con delicatezza, faceva molto male alle persone normali
che, spesso, ne uscivano con grossi ematomi.
Il soldato non
attese oltre e si inoltrò nei meandri di Carousel,
preparandosi mentalmente. Era da tempo che non si trovava a dover fare
cose del genere. L'ultima volta era stato a Parigi? Forse...
Quando fu davanti
alla porta di Jessica trattenne un respiro di auto incoraggiamento e
varcò la soglia senza battere ciglio: non doveva esitare
neanche un attimo per non dare alcun vantaggio alla donna. La porta lo
riconobbe a distanza, mutando la luce del led da rossa a verde, e,
quando l'uomo fu a due passi dalla parete, si aprì
automaticamente per farlo passare.
Come si
aspettava, la stanza era completamente immersa nel buio. Cosa che gli
dava un certo vantaggio ma non gli permetteva di essere sicuro di dove
si trovasse il suo obiettivo in quel momento. Puntò a
destra, al letto. Tutte le stanze, fortunatamente erano fatte con lo
stampino e il mobilio non poteva essere spostato, essendo parte
integrante della struttura.
I sensori che
aveva sul palmo della mano robotica, però, lo informarono
che il giaciglio era vuoto prima che lui stringesse il pugno per
colpire alla cieca.
Ma se non era nel
suo letto, dove cavolo era?
Clint!
Cazzo! Ma giusto
quando lui doveva fare il suo lavoro quei due decidevano di pomiciare e
complicargli le cose? Affrontare Barton non era proprio la sua massima
aspirazione. E non perché si sentisse una mammoletta al
confronto, tutt'altro. Il problema di Ronin, diversamente da quando il
biondo vestiva i panni di Occhio di Falco, era di essere istintuale e
agire di pancia. Cosa che non inficiava affatto le sue
capacità e il moccioso centrava sempre e comunque il
bersaglio. Non che non ragionasse sulle cose, ma aveva dei processi
così veloci che ogni sua azione, in realtà ben
ponderata, passava per talento naturale o botta di fortuna.
Dei rumori
ovattati al di là del pannello centrale attirarono la sua
attenzione: era quello che non si sentiva quando si
stava nella sala principale?
Forse un po' di
fortuna l'avrebbe assistito e non si sarebbe dovuto misurare in uno
scontro a tre. Ma c'era un altro problema. Aveva perso il fattore
sorpresa. Non c'era un posto dove nascondersi e sferrarle un pugno sul
muso appena la porta si fosse aperta non gli sembrava carino.
In
guerra e in amore tutto è concesso. E quella contro quei
viscidi alieni, possessori di corpi altrui, non era altro che una
guerra. Subdola e all'ultimo sangue, per il dominio e il controllo
della Terra e dei suoi abitanti.
Ma quella massima
proprio non gli si attagliava. Per un istante, il pensiero
volò a Natasha. E a come quelle dannate ricalibrazioni
cognitive le avessero tolto il ricordo di loro due, lasciandola
convinta di aver rotto in modo violento. C'era mancato poco che si
dimenticasse anche della sua esistenza e non aveva voluto infierire su
quella mente già duramente provata. Aveva accusato il colpo,
l'aveva somatizzato e aveva imparato a far finta che la cosa non gli
importasse: la salute della rossa veniva prima del suo desiderio
egoistico di averla tutta per sé. Anche se, certo, non gli
faceva piacere vedere i casini che quella scriteriata combinava senza
di lui.
Digrignò
i denti e scivolò contro la parete, tornando al presente:
togliersi dal fascio di luce e nascondere il braccio erano le prime
cose da fare.
Si
appoggiò, quindi, col braccio sano verso l'apertura. Quando
la porta scivolò di lato, liberando una densa nuvola di
vapore caldo e lasciando la luce del bagno libera di sciabordare
nell'oscurità, trattenne il fiato. E sperò
vivamente che Jessica si fosse già vestita. O che avesse un
asciugamano addosso.
Attaccare o
combattere una donna nuda gli faceva sempre specie: sarà
stato di vecchio stampo, ma l'unica nudità che concepiva, in
un corpo a corpo, era quella di un incontro erotico.
Invece no,
ovviamente. Mai che un suo desiderio fosse esaudito.
Jessica era
tremenda. Ecco perché nessuno la voleva come coinquilina:
non solo teneva la stanza ridotta a un porcile, peggio di quella di
qualunque uomo, con cumuli di abiti sporchi -sicuramente avrebbe atteso
di finire tutto il guardaroba prima di accorgersi che era ora di fare
una lavatrice- e confezioni di cibo precotto seminati in giro, ma se ne
andava in giro nuda (d'accordo, era il suo appartamento ma c'era sempre
la possibilità di un'ispezione improvvisa). E non era
neanche minimamente in
ordine.
Non che lui pretendesse chissà cosa: in fondo, le donne le
voleva solo libere e sicure, non Lolite imberbi. E si presupponeva che
lei e Barton stessero assieme... era una bugia o era solo sciatta di
suo da non curarsi a quel modo? O peggio... Clint era messo
così male da non andar troppo per il sottile? Era
impossibile che non notasse!
Vista in
quell'ottica sembrava tutto fuorché una donna. Era
più una bestia: Tigra aveva una sensualità
maggiore... ed era un gatto antropomorfo troppo cresciuto, con tanto di
cambio pelo.
Jessica
esitò a lungo entro l'alloggio del bagno prima di uscire
definitivamente. Quando lo fece, dovette accorgersi di qualcosa
perché evitò l'attacco di Bucky appena in tempo:
si librò in aria, quel tanto che bastava per portarsi al
sicuro. Fortunatamente era senza costume o sarebbe rimasta sospesa in
aria in eterno.
Ma il soldato non
rimase ad aspettare che un nuovo piano gli si formasse nella testa:
saltò e, afferratala per una caviglia, la
trascinò giù, dando un forte contributo alla
forza di gravità e mandandola a sbattere per terra.
“Dannato
cyborg!” sibilò lei. Le mani presero a brillarle
in modo singolare mentre, con la chiusura automatica della porta del
bagno, la stanza piombava nuovamente nell'oscurità. Quella
che poteva sembrare una bioluminescenza naturale, dovuta al contatto di
qualche sostanza chimica, era dovuto a micro-scariche elettriche che le
guizzavano agitate da un dito all'altro “Ti sputtano il
braccio e ne riparliamo!” ringhiò mentre cercava
di allontanarselo di dosso a suon di calci.
Jessica era brava
nel corpo a corpo. Forse quasi quanto Natasha. Non a caso entrambe
erano spie, addestrate dalle agenzie di mezzo mondo, parlavano le
stesse lingue e avevano la propensione a cacciarsi negli stessi casini.
Parò tutti i colpi con relativa facilità ma lei
era un'anguilla e sgusciava da una parte all'altra senza farsi
prendere. Tentava, anzi, di attaccarlo con quelle sue scariche, che
potevano raggiungere la potenza di quelle delle torpedini.
Correttamente utilizzate potevano friggere il cervello del primo povero
Cristo che si fosse trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Tra la
nudità, che gli impediva ogni appiglio per atterrarla
definitivamente, l'oscurità e il doverla tenere a bada,
James cominciava a temere di venire sopraffatto dalla mora: in fondo,
non aveva proprio a che fare con la prima matricolina inesperta.
L'apertura non
programmata della porta d'ingresso gettò all'interno, e per
breve tempo, una lama di luce. “Jessica? Tutto
….” Stava domandando la voce preoccupata di Clint.
Quella strega era
riuscita a richiamarlo dalla stanza attigua coi suoi dannati ferormoni?
Perché ne era sicuro: da che aveva messo piede a Carousel,
Clint non si era mai espresso liberamente, nei confronti della mora.
Aveva svolto egregiamente il proprio lavoro di disturbatore,
lasciandosi assorbire tanto dal lavoro di segreteria quanto dalle
missioni pratiche in cui si divertiva come un bambino ad andare a
tagliare cavi della corrente in giro per le città. E Jessica
gli era sempre a fianco. Ma anche quando usciva dal ruolo e poteva
dedicarsi a se stesso, non c'era stato un attimo che fosse rimasto
solo. Lì per lì non ci aveva fatto caso, erano la
nuova coppia dello S.H.I.E.L.D. -così aveva detto Coulson- e
tanto bastava a giustificare quell'attaccamento morboso. Ma quando Fury
l'aveva contattato, i pezzi del mosaico erano andati a disporsi
automaticamente a delineare un quadro fin troppo chiaro: Clint era di
nuovo manipolato.
E, forse, si
poteva dire lo stesso della manipolatrice.
Jessica si
distrasse un attimo all'ingresso di Clint. Ma James no: aveva messo in
conto una simile eventualità e approfittò di quel
momento per sferrare il suo attacco.
Un manrovescio
colpì la donna all'altezza dello zigomo, mandandola a
sbattere con la testa sul pavimento.
“Ehi!”
strepitò Barton facendo il suo ingresso e armando
rapidamente la sua spada componibile3 mentre la luce tornava a
scomparire, inghiottita dalle fauci della stanza buia. La lama composta
sciabolò nell'oscurità, spazzando l'arco davanti
all'agente. Ma Clint non era stato abbastanza lesto. James aveva avuto
tutto il tempo di assestare a Jessica un nuovo colpo che, questa volta,
la fece gemere di dolore. “Sei impazzito?”
Urlò Barton parandosi a difesa della donna riversa a terra,
la spada sguainata dritta davanti a sé
“Ricalibrazione
cognitiva...” sorrise l'altro, anche se nessuno poteva
vederlo, mentre si spostava verso la scrivania e inciampando in un
mucchio di abiti (non guardò, non voleva sapere cosa stava
calpestando. Per rispetto suo e di quella cosa chiamata Jessica...)
“Dovresti sapere a cosa alludo...”
Avvertì l'esitazione di Clint dal suo respiro e
rincarò la dose “E, a proposito di allusioni,
un'arma spianata a quel modo davanti a una donna nuda non è
una bella immagine...”
L'agente Barton
non fece in tempo a replicare che Jessica si raddrizzò
barcollante. “Ahia!” protestò in un
mugugno. “Dio, che male!”
“Accendi
le luci!” ordinò Bucky a Clint, che sembrava
frastornato e incredulo. Il biondo eseguì l'ordine senza
batter ciglio, interrogandosi su cosa fosse successo “Agente
Drew, mi riconosce?” domandò poi il moro
chinandosi davanti a lei ma restando a distanza di sicurezza.
“Io...”
cominciò lei strizzando gli occhi. Scosse la testa e si
passò una mano tra i capelli. La ritirò subito
dopo aver sentito qualcosa di viscoso scorrerle tra le mani.
“Perché ho del sangue...?” stava
domandando cercando di guadagnare una posizione più comoda
ma, quando riuscì finalmente a sedersi e si rese conto di
essere nuda. Cacciò un urlò e agguantò
il lenzuolo dal letto per coprirsi alla meglio. “Cosa sta
succedendo?” ringhiò facendo scintillare le sue
mani di energia elettrica, le cui scariche suonavano, ora, molto
più minacciose di prima.
“Ricalibrazione
cognitiva...” disse solo James rimettendosi in piedi. Dalla
cintura estrasse una torcia portatile e, mentre l'accendeva,
avanzò verso di lei. Le studiò le pupille e
quando fu certo che tutto fosse a posto, la liberò
“Eri stata soggiogata da un incantesimo alieno. E a tua
volta, comandavi Clint come un burattino... Ricordi qualcosa?”
“Io...
no... cioè... ricordo benissimo il controllo che esercitavo
su Clint ma non ricordo altro...” biascicò lei
cercando di sistemarsi il lenzuolo alla meglio. “Dio, che
schifo!” rabbrividì nel tentativo di nascondere le
gambe sedendosi sui talloni “Alieni... non hanno la
benché minima idea di cosa voglia dire essere una donna
terrestre...” sputò con livore.
“Ah...!”
allibì James. Quindi quella non era sciatteria della donna
ma frutto di un mancato controllo delle proprie azioni? Nota
interessante, da riferire subito al capo.
“Effettivamente...”
biascicò anche Clint andando a sedersi ai piedi del letto
sfatto ma libero “Anche io e Selvig abbiamo dovuto recuperare
un po' sull'igiene personale quando ci siamo risvegliati...”
“Ringrazio
il mio istinto femminile che mi fa lavare ogni volta che posso. Voi
zotici, invece, preferite rotolarvi nel fango come i maiali,
probabilmente, a livello inconscio. Sai, sudore e sangue uguale macho,
fiori e coccole uguale donzella...”
“C'è
altro che dovremmo sapere?” ringhiò il soldato
interrompendo il battibecco fuori luogo. Quello era un ottimo indizio
per cercare di capire chi fosse stato soggiogato: forse gli alieni
avevano un'altra concezione di igiene o forse, semplicemente, i loro
corpi funzionavano diversamente.
“Io ho
una domanda...” disse Clint alzando stancamente il braccio, a
chiedere la parola. James gli fece segno di procedere con un'alzata del
mento “Perché dovevi tenermi sotto
controllo?” domandò alla donna “Sono
così prezioso che volevano che restassi sotto
schiaffo?”
“Cosa?”
domandò lei, confusa “Ah, no, no! Non c'entrano
nulla gli alieni. Credo. E' solo...” ma si bloccò
prima di vuotare il sacco.
“E'
solo?” la incalzarono i due uomini.
“Non
posso... farei incazzare più di una persona se parlassi... e
non sono sicura di chi sarebbe a farmi la pelle...”
James e Clint si
guardarono per un momento. “Ora sei qui, con due colleghi,
comunque agenti S.H.I.E.L.D. e non hai più la scusa di non
essere in te...” la informò il cyborg.
La donna si
mordicchiò le labbra, nervosa. Studiò
attentamente i due uomini ma, ancora una volta, tacque scuotendo la
testa.
“Ok,
facciamo in un altro modo...” sbuffò James
“Cosa ci accomuna, Clint?”
“A
parte lo S.H.I.E.L.D.?” domandò l'altro
stropicciandosi gli occhi “Nulla...”
“Io
un'idea ce l'avrei... Agente sotto copertura, doppiogiochista: come
Jessica. Partner di entrambi ed entrambi allontanati...”
Clint lo
fissò, inebetito e confuso. La risposta era semplice. Scosse
la testa con violenza. “No!”
“Indovina
chi? Jess, è Natasha?” domandò Bucky
incrociando le braccia al petto. Irritazione e divertimento si
alternavano nei suoi pensieri come onde nel mare in tempesta. Stupida
donna! Cosa stava architettando quella volta? La ritrosia della mora
nel rispondere gli diede la conferma che cercava. “Fate i
bagagli, tutti e due. Si va a New York!” ordinò
“Cosa?
Io sono appena venuto via da lì!”
“Appunto,
dobbiamo tornarci! Dividi
et impera,
ricordi? E' sparita metà della squadra dei Vendicatori.
Steve e Natasha compresi...” l'informò e vide
Clint granare gli occhi per un momento.
Ma la grande
disciplina che si imponeva quand'era Ronin intervenne subito a ridargli
una parvenza di impassibilità. James ghignò:
dannata rossa! Quanti voleva farne cadere nella sua tela? Era un modo
carino per fargli pagare quello che lei credeva un suo voltafaccia? O
voleva solo farlo ingelosire? Se così fosse stato, c'era da
augurarselo: voleva dire che si ricordava di loro.
Ma Natasha era
quel tipo di donna che poteva avere chiunque se solo l'avesse voluto.
Raccogliere trofei per strada era solo un effetto collaterale e non era
da lei rincorrere la preda. Tutto ciò che voleva, lo
otteneva.
Ma era anche
nella sua natura escogitare sistemi eccellenti per tenere alla larga
chiunque non fosse desiderato.
Come Clint: il
marpione che era in lui doveva averla nauseata e nel momento in cui,
infine, c'aveva provato con lei, la rossa aveva fatto in modo di
allontanarselo per evitargli accuse di stalking.
Come lui, che per
il suo presunto tradimento aveva pagato con una radicale estromissione
dalla sua vita. Non l'aveva più vista né sentita
da...
Riemerse dai suoi
ricordi e sorrise amaramente: ora erano costretti a salvarle la vita.
Chissà come avrebbe reagito nel trovarseli davanti tutti e
due. Si sarebbe fatta scudo di Steve o li avrebbe ammazzati tutti e tre
con le sue mani?
Diede le ultime
istruzioni ai due agenti e uscì dalla camera per andare a
preparare i suoi effetti personali. Nel riattraversare la struttura,
sovrapponeva i corridoi che percorreva con quelli della Red Room dove
si erano allenati assieme, dove era sbocciato un sentimento grezzo e
immaturo ma spontaneo. Un sorriso triste gli attraversò gli
occhi, improvvisamente umidi: quei tempi, nel bene e nel male, non
sarebbero più tornati. Ma, così come non sarebbe
più tornata la Natasha adolescente e ingenua, non sarebbero
tornate nemmeno le torture che li avevano portati a essere quello che
erano: una coppia di provetti assassini.
Dovevano imparare
a guardare avanti. Il tempo non sarebbe mai tornato indietro: dovevano
imparare a fare i conti con quello che erano e sarebbero stati, per
sempre, con la realtà che li circondava e coi tempi mutati.
L'unica cosa che
non rimpiangeva era che ora la sua nuova protesi non aveva bisogno di
continue cariche d'olio e non si inceppava mai. Una benedizione in
tutto quello che era stata la sua vita.
1
Carousel era una delle 9 basi S.H.I.E.L.D. ed è la base del
DataCore.
Geograficamente è posizionata a Chicago (i Grandi Laghi a
Nord, avete
presente?)
Il DataCore
è una raccolta di conoscenze sull'umanità
in particolari aree scientifiche che sono 18 a seconda degli ambiti di
interesse.
Ora, io ho detto
che Bucky lavora per
l'antiterrorismo (S.H.I.E.L.D., ovviamente) e Clint come Guastatore. Le
due cose non sono in contrasto: nella raccolta dati c'è
bisogno di
agenti dediti alla ricerca, di quelli dediti allo sviluppo, di quelli
che cercano le notizie (Bucky) e di quelli che coprono le tracce dei
colleghi (appunto i guastatori, che interferiscono nelle comunicazioni,
disturbano il segnale o infettano i sistemi altrui. Per questa loro
capacità, sono anche i primi a trovare le informazioni. Sono
come degli
hacker. Ma non è detto che sappiano fare i
dovuti collegamenti, i quali, cmq, sono specialità
di altri)
2
Figlio di Eric
Koening, che faceva parte del già citato Howling Commandos,
era' un
veterano che aveva servito lo SHIELD per 28 anni. Il figlio in
realtà è
un militare che presta servizio all'BND di Berlino (sede dei loro
servizi segreti). Non potendo usare Eric (troppo vecchio e troppo
impostato) mi sono servita del figliolo.
3
Avete presente Pacific
Rim?
La
spada incatenata non è affatto un'idea nuova ma
resta spettacolare :) (spero il link sia visibile a tutti
perché non c'era l'opzione -ottieni link- per il pubblico...)
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Bene, siamo in
dirittura d'arrivo.
Probabilmente il
prossimo e ultimo aggiornamento ve lo farò dall'Irlanda ma
ne parliamo la settimana prossima perché è ancora
tutto in ballo.
Dunque dunque.
Il titolo (che è sempre un problema, per me) è un
omaggio al caro Alice Cooper e all'album (il migliore, per me) Trash.
Ecco
qui il famigerato Jamie con cui era al telefono Fury. No, non era
Madrox anche se so che in molti ci siete cascati (come sono orgogliosa
di questi trabocchetti).
E finalmente ho
fatto finire anche quell'obbrobrio che è la coppia
Clint/Jessica (ahimè, funzionale alla narrazione e omaggio
alla continuity del Marvelverse 616)...
Sì,
Jess, tranquilla: era solo un incubo. Spero che, prima o poi, anche nei
fumetti salti fuori una cosa del genere perché davvero, quei
due assieme non li posso vedere.
Quindi... con
questo abbiamo quasi chiuso. Abbiamo visto come altri dettagli
pregressi la storia (e la narrazione di Preludio) in realtà
abbiano concorso a entrambe. Ora vedremo l'effetto domino di tutte
queste informazioni.
Non prima di aver
svelato chi sono i veri mandanti di tutto questo casino (sorpresona,
non ci arriverete mai!) e aver dato un ultimo saluto ai Vendicatori
ancora sotto terra (che, all'inizio della terza parte saranno
già usciti, non temete!).
|
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Capitolo 43 *** I nodi si sciolgono ***
43.
I nodi si sciolgono
Le porte si
aprirono poco prima del suo passaggio, lasciando che un'ondata di aria
fresca lo investisse con la sua grazia benefica.
“Promemoria:
inventare un sistema che climatizzi l'aria nel passaggio dalle vetture
agli edifici.
Non è possibile sudare in questo modo per due
metri...” sbuffò rimettendo in tasca il suo
registratore vocale. “E ora cosa
c'è?” si domandò percependo l'eco dei
bassi dello stereo a tutto volume provenire dal fondo del corridoio.
Era stata una giornata abbastanza stressante senza che ci si mettessero
anche loro.
Quando
varcò la soglia, trovò davanti a sé
quella che una persona qualunque avrebbe definito una situazione folle
e fuori da ogni controllo. Ma per lui era la normalità. Solo
la musica era un po' troppo alta: erano ragazzi... che poteva farci?
Sul tavolo da
biliardo, stecca impugnata a mo' di microfono, Kade Kilgore, erede
dell'omonima industria bellica e principale finanziatore del loro club
esclusivo, cantava a squarcia gola un brano rap di cui non capiva
un'acca.
In un angolo
della stessa sala, circondata da un numero spropositato di peluche,
animali impagliati, animali esotici e pericolosi ancora vivi e altri
più comuni ma orrendamente maciullati, Wilhelmina
Kensington, proprietaria del posto in cui ora risiedevano tutti e
quattro, giocava a prendere il tè delle cinque con la sua
corte a Versailles. Anche se erano le dieci e mezzo del mattino.
L'unica altra
persona seria, là dentro, era Manuel Enduque, intento a
consultare registri e cataloghi, per controllare le loro entrate e
l'ammontare dei loro alleati, che lui chiamava schiavi per una piccola
distorsione linguistica, passata di generazione in generazione nella
sua famiglia di schiavisti: una famiglia di neri che controllava la
tratta dei loro simili. Ora, voleva spostare quello stesso commercio a
livello siderale: al posto dei neri, l'umanità intera.
Deplorevole e
perverso. Come tutti loro.
“Legalize!!!!”
Max
alzò gli occhi al cielo e si avviò al tavolo di
Manuel. Sbatté la sua ventiquattro ore sul tavolo e si
buttò nella poltrona accanto. “Si può
sapere che diavolo ha Kade?”
“Ha
scoperto questo tizio italiano... E' convinto che nei suoi brani parli
di noi...sai quelle teorie di messaggi nascosti nelle canzoni... E lo
vuole per il suo compleanno...” rispose l'altro senza levare
gli occhi dai suoi incartamenti.
“E chi
capisce che cazzo canta? Già è rap... in lingua
straniera...” replicò Max sbuffando per l'ennesima
trovata del moretto che continuava a sculettare come un indemoniato.
“Non
farti sentire o ti chiederà un traduttore
istantaneo...”
“La
lingua Badoon è più facile di ogni lingua
terrestre..” sbuffò ancora Max risistemandosi la
ciocca di capelli castani che gli era scivolata davanti agli occhi.
Manuel ripose la
penna e, finalmente, si interessò all'amico. “Come
è andata?”
“E me
lo chiedi? Sono adulti! Cosa puoi aspettarti da...?”
“Max
Max Max!” strepitò Kade, accortosi del nuovo
arrivato, saltando giù dal tavolo verde e mettendo in pausa
la musica “Hai sentito? Lo voglio!”
“Ti
aiuto io!” replicò la biondina avvicinandosi. In
braccio teneva quello che -a occhio e croce- doveva essere stato un
gatto investito più volte e ridotto a una sottiletta pelosa
sul manto stradale.
Manuel e Max si
lanciarono vicendevolmente di sottecchi un'occhiata esausta. Non fecero
in tempo a rispondere che Kade aveva fatto ripartire la musica da zero.
Quand'ero
bambino vestivo come un manichino dell'atelier,
avevo
le Burago, vetri scuri e schoffer,
otto
babysitter con auricolari e tailleur
ed
alla scuola elementare, furbetto e lesto,
trafficavo
sotto banco quello e questo,
una
volta condannato ricorrevo in appello,
poi
venivo protetto dal mio gran maestro.
Divenuto
adolescente la prima intuizione,
ogni
capo deve avere un capo di imputazione.
…
Legalize!
“Da
quant'è che va avanti?” domandò
Maximilian Von Katzenelnbogen, dopo un po'.
“Da
quando l'ha scoperto stamattina su YouTube...”
alitò l'altro esasperato
Max non
esitò ed estrasse il telefono “Faccio oscurare
tutti i siti che ne facciano menzione...”
“No, ti
prego...sennò comincia subito con qualcos'altro. Dagli tempo
di stancarsi... Piuttosto, pensa a un sistema perché il
suono rimanga limitato a dove sta lui. E lontano da me anche se mi si
avvicina.”
“Consideralo
già fatto” ghignò Max estraendo il suo
tablet e cominciando subito a trafficare.
“Anche
perché non si può proprio sentire come distorce,
taglia e mixa le canzoni a suo piacimento...”
borbottò ancora il trafficante di schiavi. “Senti,
parliamo un po' noi due, di cose serie... Kade dice che la merce
è già arrivata a tutti i compratori ma che
dobbiamo accorciare il guinzaglio al sovrano della Latveria. Pare sia
convinto di poter fare meglio di te...” ghignò
“Ah,
vecchio presuntuoso. Se integrare la Stark-Tech ai suoi obsoleti
Doombot è innovazione, faccia pure. Ne riparleremo quando si
troverà con le spalle al muro.” ghignò
sadico anche Max
“Adulti...
credono che siamo degli stupidi solo perché non abbiamo
nemmeno l'età per prendere l'aereo dei comuni mortali da
soli. Ma noi abbiamo jet privati, chissene frega! Possono forse valere
le solite regole, allora? No! Se la mettano via!”
“Kade
ha già dimostrato tutto al posto nostro!” lo
tranquillizzò Max “Ma dimmi, come siamo
messi?”
“La
Cabala sta facendo esattamente quello che avevamo invitato loro a fare: Osborne si
è mosso per evocare l'alieno e impadronirsi del mondo con
l'aiuto di Von Doom. Hanno rastrellato un bel gruppetto di specialisti.
E se le cose andranno come pensiamo, prova solo a immaginare i soldi
che faremo con la tratta di esseri o prodotti umani verso le
località più esotiche del cosmo.”
Manuel aveva gli occhi lucidi per la commozione, ma continuò
“Dall'altro lato, stanno tenendo buono anche Essex coi suoi
esperimenti. Se vogliamo liberarci della rogna dei mutanti, Essex
è il solo che può scoprire come fare”
“Non
voleva creare il super mutante, lui?” domandò
Maximilian poco convinto
“Studiarlo,
in realtà. Ma per farlo sta sterminando la sua stessa
specie, li mette gli uni contro gli altri, in nome di un'insana visione
che ha del futuro. Poverino, è pazzo: è convinto
di parlare con un mutante alieno, tale En Sabah Nur, che è
stato condotto sulla Terra già ai tempi dei faraoni da un
certo Rama Tut”
“Contorto...
Saranno i suoi alterego...”
“Quello
che pensavo anch'io” Ghignò il moro.
“Comunque, non riuscirà mai nel suo intento. E se
anche ci riuscisse, tutti i suoi studi sono in mano nostra e a te
basterebbe pochissimo per sbarazzarti di lui e dei suoi esperimenti.
Sul fronte politico, sono tutti d'accordo, ormai, che i super, siano
essi mutanti o mutati, sono una minaccia per la salute pubblica, siano
essi liberi o al soldo dei governi...”
“Immagino
che gli esempi che vengono riportati più di frequente siano
i risultati fallimentari del Progetto:
Arma Plus”
“Esattamente!”
annuì Enduque “Dopo aver facilmente convinto una
manciata di senatori in America, un paio di capi di governo in giro per
il resto del mondo, nei paesi chiave -Cina, India, Corea del Sud,
Giapone, Iran, Germania... gli inglesi non contano perché
sono una nostra costola-... è stato facile instradare la
politica mondiale sulla scia del terrore per il diverso. Gli unici che
si tengono fuori sono i regni sovrani del Wakanda e di Latveria oltre
ai paesi sud Europei, ma quei pezzenti hanno altri problemi, al
momento..”
“Quando
facciamo intervenire Namor a sterminare quei negri pulciosi?”
domandò lo scienziato
“Non lo
facciamo intervenire o perderemmo tecnologia che nemmeno tu sai come si
usa... E poi dalla nostra ora abbiamo il totale controllo dello
S.H.I.E.L.D.” spiegò con pazienza l'analista
“Ma non
dello S.W.O.R.D.” ringhiò Maximilian picchiettando
nervosamente le dita sul tavolo in mogano.
“Sono
una stazione orbitante, cosa vuoi che facciano? Una volta tagliati
fuori, saranno preda degli incrociatori stellari che dovessero
arrivare... Ora, basta che Loki mantenga la sua promessa e faremo soldi
a palate. E anche se non lo facesse, avremmo vinto comunque.”
“Scacco,
babbei!” ghignò l'altro prendendo il suo calice di
succo e facendolo tintinnare con quello del collega, posato
ordinatamente sul tavolo, lontano da incartamenti e tecnologia varia:
l'immortale Club Infernale, che rinasceva sempre dalle proprie ceneri
(e loro ne erano la prova vivente, visto che avevano ammazzato genitori
e amici per ripulire il posto dal vecchiume incrostato dai secoli e
prenderne agilmente il posto in tempi rapidi) vinceva sempre ed ora era
pronto a passare a ritirare la vincita.
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Quando le quattro
donne comparvero nel corridoio, Kurt si tirò malamente in
piedi, asciugandosi rapidamente le lacrime che gli erano scivolate
sulle guance nonostante avesse cercato di impedirselo. Erano allegre e
ciarliere, nonostante la moretta, Janet, sembrasse parecchio alterata.
“Come
sta?” domandò la rossa Venere lasciando il gruppo.
Gli abiti semitrasparenti e scollati lasciavano davvero poco spazio
all'immaginazione: una dea pagana seducente, la quintessenza della
lussuria. Kurt si sentì tradito nuovamente dal suo Dio:
aveva fatto voto, impegnato la propria anima in cambio della
serenità della sorella ed ecco che subito la più
sublime delle creature veniva messa sul suo cammino. Era una prova e
doveva superarla.
Si ricompose e
cercò di trattare la premura della donna per quello che era
e nulla più. Improvvisamente gli apparve come la
più tenera creatura di Dio: aveva il cuore di un angelo, era
bella e compassionevole, non uno strumento del demonio per tentarlo.
Scosse la testa e sospirò “Si è
calmata, ma non ha preso bene la notizia...”
“Oh,
povera... posso solo immaginare...” si rammaricò
l'altra martoriandosi le dita, nervosa. Namora le posò
subito una mano sulla spalla, in un evidente tentativo di calmarla
“Non è come te...” stava cominciando
quando l'altra scoppiò in lacrime
“Rogue
è esattamente come me, Namora! E' considerata un mostro da
quelli che sono diversi, è latrice di morte nonostante
cerchi di fare del suo meglio, viene usata per i suoi poteri salvo
venir poi cacciata coi forconi e tradita dalla sua gente! Dove vedi
differenze tra noi due?” urlò la rossa, lasciando
interdetta la bionda che, dopo un attimo di esitazione,
abbracciò la compagna, cullandola dolcemente.
“E come
te ha degli amici che le stanno vicino. Scusatela...”
alitò verso i Vendicatori “Venere, in
realtà è una sirena...”
“Quelle
dei miti?” domandò Kurt affascinato
Namora
annuì “Come vedi, nessuna coda di pesce, niente
ali omeriche da rapace... solo tanti poveretti morti per
inseguirla...”
“Jimmy
ha detto che se uno fa del bene, allora tutto quello che ha fatto prima
viene cancellato...” piagnucolò la rossa
Kurt
annuì, grave “Il Signore concede a tutti di fare
ammenda dei propri peccati... Basta essere sinceri e impegnarsi al
bene...”
“Allora
dillo a tua sorella! Rincuorala!” urlò la donna in
lacrime mentre gli si aggrappava alla casacca, destabilizzando con il
suo acuto le persone presenti nel corridoio.
“Calmati..”
la redarguì la principessa atlantidea. Era ovvio che la
presenza di Rogue aveva smosso qualcosa che, fino a quel momento, si
trovava in precario equilibrio.
“Lo
farò... quando me lo concederà” rispose
il mutante pensieroso, non volendo vanificare l'incoraggiamento della
Sirena rivelandole che sua sorella non la pensava come lui: Rogue era
battista, non cattolica, ed era, quindi, fermamente convinta che la
redenzione fosse una grazia che solo Dio poteva decidere se concedere,
indipendentemente dall'operato del suo fedele e dalla sua penitenza.
“Il suo bene è il mio bene. Non la
lascerò mai da sola” rispose invece.
Passarono pochi
minuti, durante i quali Namora riuscì a calmare la compagna,
mentre Pepper e Janet si tenevano a debita distanza per lasciare ai tre
mostri un po' di privacy, che
il resto del gruppo si unì a loro, affollando in modo
soffocante un corridoio così ampio e, solitamente,
così vuoto.
“Cos'è
successo?” domandò l'uraniano da dietro la sua
bolla quando si accorse degli occhi lucidi di pianto di Venere.
“Nulla...”
disse lei per non farlo preoccupare.
“Mi
chiedevo...” esordì Pepper
“Dov'è che ci troviamo, esattamente?”
A quella domanda
così sincera, Jimmy Woo stirò un sorriso
compiaciuto. Sempre tenendo le mani agganciate tra loro dietro la
schiena, in modo che la sua postura risultasse il più dritta
possibile cercò di rispondere nel modo più
sintetico possibile “Queste sono le fondamenta del tempio di
Angkor Wat. L'impianto del tempio è imponente, ma la
città sotterranea si estende per miglia.”
“Incredibile!”
fischiò compiaciuto Jhonny Storm “Se non erro,
nemmeno le nostre apparecchiature avevano individuato nulla di anomalo
in questa zona...”
Reed
confermò con un cenno della testa, interessato a quella
stranezza e Woo continuò la sua spiegazione “Ci
troviamo a diversi chilometri sotto terra. Impossibile individuare il
complesso con un qualunque scanner terrestre. Solo la tecnologia
uraniana di Bob può riuscirci. Ma lui è riuscito
a individuare anche il regno segreto di Namor...” disse
sorridendo mentre il principe dei mari si rabbuiava, offeso.
“E come
ci siamo arrivati in Cambogia dagli Stati Uniti?”
domandò perplesso Pym “Non ho visto porte
dimensionali...”
“Il
disco di Bob può fare tante cose, anche attraversare indenne
il nocciolo terrestre...” replicò Woo, compiaciuto
“Ma la via più pratica per spostarci è,
come hai suggerito giustamente, sfruttare i portali. Ne abbiamo diversi
e possiamo viaggiare anche nel tempo, oltre che nello spazio.”
“E dove
conducono?” domandò ancora Pym, interessato
“Possono aprirsi un varco dove vogliono?”
“Oh,
no!” replicò Woo divertito “Non ancora,
almeno. Bob ci sta lavorando. Possiamo arrivare solo dove
già esista un varco. Per il resto ci dobbiamo
arrangiare.”
“Il
disco è troppo grande per passarci!”
replicò Reed “Avete una qualche tecnologia che vi
consenta di ridurne le dimensioni al momento opportuno?”
“No,
nulla come le particelle Pym” rispose il capo dell'Atlas
“Passiamo con la mia auto1, quando possibile. Se
sappiamo di dover raggiungere zone lontane, usiamo direttamente il
disco.”
“Quindi?
Come ci rimandate a casa?” domandò anche Stark,
ansioso di uscire da quella trappola scavata nella roccia
“Pensavamo
di farvi uscire a San Francisco, sotto il Golden God Gate2. Avrete il nostro lascia
passare per usare i tunnel sotterranei e raggiungere Los Angeles, dove
arriverete direttamente...”
“Al
cuore della città dei Morlock3?” domandarono
Ororo e Kurt, contemporaneamente.
“La
conoscete...” quella di Woo non era una domanda, ma una
constatazione.
Tempesta
annuì “Anni fa ne fui eletta rappresentante ma,
essendo troppo impegnata con gli X-men delegai e restituii a Callisto
il suo legittimo ruolo di capo dei mutanti reietti.”
“E da
lì raggiungere Malibù è relativamente
facile...” commentò Pym, disinteressato ai
commenti della mutante.
“E
perché dovremmo andare a Malibù?”
domandò seccato Stark
“Perché
a casa tua c'è una delle mie porte? Non credo sia stata
disintegrata dal casino del Mandarino...” rispose Henry
lanciando un'occhiata all'assistente di Tony e vice di Woo, Temugin,
figlio del terrorista in questione.
“E cosa
ci fa una delle tue porte a casa mia?” replicò
Tony, inviperito
“Beh,
non sono ricco sfondato come te, sai! Non voglio chiedere a Janet di
mettere il suo capitale per finanziare i viaggi di piacere per
raggiungere un mio amico. Inoltre, sarebbe
terribilmente sciocco da parte mia non usare in questo modo le mie
invenzioni!”
“Quindi
rispunteremmo...? Dove di preciso?” domandò Pepper
sperando di troncare la sterile discussione sul nascere.
“Dimentichi
che abbiamo una porta aperta alla Stark Tower di New York? Possiamo
andare direttamente lì” disse Janet, elettrizzata
“Rimane
un problema logistico. Come ci spostiamo da San Francisco? Non con
l'autobus, voglio sperare!” domandò ancora il
magnate in armatura
“Si
tratta solo di un'ora in macchina!” lo canzonò
Janet
“Suvvia
Tony!” disse Reed andando a prenderlo sottobraccio
“Siamo tre delle menti più brillanti del
pianeta... troveremo di sicuro una soluzione...”
“Basta
che la soluzione non preveda di rimpicciolirci tutti e viaggiare a
dorso di cormorano...” sbuffò quello
“Magari
tra i Morlock c'è qualche teleporta...”
meditò Ororo cercando di fare mente locale.
“Arriverò
esausta... lo sento!” alitò Pepper rendendosi
conto di quanto fosse la reale distanza tra il primo punto d'arrivo e
la loro destinazione finale: li attendeva un lungo viaggio attraverso
mezza America.
1
Ricordo che l'auto è una decappottabile rossa (piace tanto
alla Marvel) che io do per scontato sia passata dalle mani di Fury a
Woo a Coulson (controllate i fumetti se non credete che i primi due
abbiano quel tipo di auto): la famosa Lola di Agent
of S.H.I.E.L.D.
2
La fusione tra Golden Gate Bridge e Golden God l'ho creata io. Il
Golden Gate, ovviamente, è quel ponte che Magneto (in quell
porcata di X-Men: Conflitto Finale) ha usato come passerella per tutti
i 'villains' (c'era pure Psylocke...ma sorvoliamo). Il Golden God
è quello che gli umani credono una statua e in
realtà è una divinità celestiale,
Tiamut (detto il Dormiente, un tempo sepolto a lungo), che si va a
piazzare giusto davanti al ponte.
3
In realtà i Morlock, nel Marvelverse, vivono a
NY. Tale concentrazione di stranezze a me non va giù e, per
distribuire le risorse, cambio un po' le cose unendo le leggende
metropolitane -nate nel 1934- che sotto LA ci sia una città
rettiliana. Il collegamento alieni/mutanti che si nascondono al
genere umano (più o meno per gli stessi motivi) e rapiscono
umani è
presto fatto ed anche la nuova collocazione di questi ultimi. Secondo
gli Hopi, invece, San Francisco
sarebbe il capolinea del tunnel che si diramerebbe per tutta la
vicina montagna e che li avrebbe visti emergere dalle viscere della
Terra come evoluzione di una colonia Lemuriana (dovremmo chiedere a
Namor, per questo...).
In tutta la
California, inoltre, è forte la
convinzione (data dalla credenza degli antichi racconti) di questa
serie di gallerie che, a ben vedere, dovrebbero essere collegate tra
loro. Ecco perché ho connesso le due città: in
una, San Francisco,
ora è alloggiato il Celestiale Dormiente dorato di cui sopra
mentre Los Angeles è, per
antonomasia, la città degli Angeli... Divinità,
Angeli... non potevo
non connetterle. E poi il passaggio mi è concesso anche dal
fatto
che i Morlock hanno sicuramente una base a Chicago. Quindi, se non solo
NY, perché limitarci al nord del Nord America?
AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV AV
AV AV AV AV AV AV AV AV AV
Ta-Dan! eccoci
qui, alla fine della seconda parte.
Chiudo la storia
lasciandovi immaginare il rientro a casa dei nostri eroi e di come
tutte le cose possano andare a posto.
Ovviamente le
cose sono lontane dal sistemarsi (soprattutto ora che sapete chi
c'è dietro a tutto...sul fronte terrestre). Ma ho tutta la
terza parte... ah.. lo sapete, sì, che lascerò il
finale aperto? XD
Potevate aspettarvi -da me- la parola fine se nemmeno la Marvel ci
riesce? no no. Vedrete. Ma sarà l'eventuale premessa per
tutto un altro genere di fic. Cose che riguardano due nomi citati in
questo capitolo, i viaggi nel tempo, il multiverso etc etc.
Cioè, il vero nerbo del Marvelverse. Ovviamente la devo
studiare bene...
Ma ne parleremo più in là.
Per
ora, quindi, io vi saluto qui.
Tornerò
tra un mesetto per un semplice motivo.
Al momento sono
in Irlanda per un corso intensivo di inglese di preparazione a un test
internazionale (il mio Upper Intermediate non mi convince affatto...
quindi voglio essere sicura! e per lavoro una certificazione torna
sempre comoda). Se voglio fare le cose fatte bene, non basta
frequentare e spararsi film a manetta e leggere. Lo facevo
già a casa. Devo troncare ogni rapporto con la lingua madre
e sognare -se possibile- nella seconda lingua. Spero capirete e
porterete pazienza.
(compatitemi..io
mi faccio Pasqua lontana da tutti ç_ç torno a
casa il 27...così avete una data dalla quale potete
cominciare a rompermi per il continuo... o potrei anche ricominciare il
27... in aeroporto avrò tipo 7 ore da ammazzare...e potrei
anche aggiornare, che dite?)
Dunque, per ora è tutto.
ci sentiamo tra un mese (ovviamente risponderò alle vostre
recensioni, tranquilli, non sarò così maleducata
XD)
Un abbraccio a tutti voi fedelissimi e coraggiosi che mi avete seguito
fino ad ora.
Non sapete come mi rendete felice (che commentiate o meno)
Spero, in cambio, di allietare un minimo le vostre giornate.
Ok...la pianto o divento stucchevole.
a tra un mese!
DR
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