La stagione del tè.

di PandaCho
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nero - Lapsang Souchong ***
Capitolo 2: *** Earl Grey Morning ***



Capitolo 1
*** Nero - Lapsang Souchong ***







La tranquillità non sempre la trovi dove vorresti cercarla.
Spesso nemmeno ti aspetti di trovarla dato che si perde l'abitudine a vederla, intrappolarla, ad ogni caoticità che ti riserva la vita.
Benedict pensa a questo, parola più parola meno, puntando la punta del naso freddo verso l'acqua calma ed appena increspata dalle ultime anatre che non sono ancora emigrate al sud, sguazzandoci dentro.
La bocca sigillata, quasi ermeticamente, da una lunga sciarpa che avvolge anche il collo sottile da sotto la giacca pece e pesante. Contempla il laghetto da una panchina poco distante, emettendo sbuffi che vanno a condensarsi nell'aria gelida di quel pomeriggio d'inverno inoltrato.
Nessuna quiete, il silenzio ha bisogno di parlare dallo sfrecciare delle macchine in lontananza, l'eco delle pozzanghere infrante. Ambulanze che passano a luci spiegate.
Non ha spazio, il silenzio, per quella città fin troppo grande e densamente popolata.
Sbuffa, una sigaretta tra le labbra. L'odore di tabacco bruciato che si espande insieme al proprio respiro condensato.
La quieta rubata, un'attesa che lo logora tanto da divorare la prima delle tre stecche aromatizzate successive.
Londra non gli sembra più la stessa, non da quando ha scalato la vetta di classifiche improbabili - impossibili anni addietro- non da quando ogni cosa che fa è maniacalmente controllata dalla scorta che gli hanno affidato, da.. quando anche andare in lavanderia sembra essere un'impresa titanica.
Ma davvero è davvero così? E' Londra ad essere cambiata ? Oppure..oppure..


“ Ehi “


La Black Devil1 tra le lunghe dita viene sfilata senza troppa premura per poi finire, dritta dritta, a galleggiare sulla superficie del lago. Le papere si dividono in cerchio nel evitarla.


“ Non fare quella faccia da ragazzo ribelle, sono solo in ritardo “


La sua mano - calda, che porta ancora il tepore di casa, riempe il vuoto della sigaretta.
Il biondo gli sorride passandogli un contenitore di Starbucks con caffè bollente – accidenti – alla vaniglia.
Si limite a rispondere al riso, Benedict, mostrando le labbra nell'abbassare la lana della sciarpa da esse. Incrociano piano i loro sguardi, le mani nascoste tra le stoffe ingombranti dei cappotti lunghi, il calore della sua pelle.
Vaniglia e caffè, un retrogusto di cioccolato fin troppo dolce. Il suo dopobarba nel mezzo tra tante note di odori, tra la terra bagnata e il residuo del tabacco.
La sfumatura dei suoi occhi a netto contrasto con l'acqua nella quale si specchia il cielo.
Forse si sbagliava.
Non è Londra ad essere diversa. La sua tranquillità non gli appartene più.
Perchè è proprio questo che va bene, è perfetto. La pace più assoluta.
Ha un volto, delle dita da stringere di nascosto, il profumo di sapone – un nome.
E non potrebbe desiderare di meglio.


Anche se – bé – un thé sarebbe stato l'ideale.










|| note :
- Il nome del capitolo : "Lapsang Souchong " - ci tenevo a precisare giusto perchè, come si vedrà in futuro, ogni capitolo ha un nome di un tè come richiama il titolo di questa raccolta. Non è altro che un tè nero cinese che, dopo essere stato fatto ossidare, viene essiccato e affumicato con fuoco di pino o cedro. Si presenta con foglie intere, di color nero e leggermente arricciate. L'infuso è di colore ambrato-arancione. Un piccolo richiamo al tabacco e la consistenza del caffé.
- Black Devil : per chi non è esperto di sigarette è una nota marca che fabbrica filtri aromatizzati : vaniglia o cioccolato. Quelle che fuma nel testo sono al cioccolato, a differenza delle altre non emanano un profumo speziato ma solo il filtro presenta un dolcificante che rimane sulla labbra. In realtà non so se Benedict le fumi ma mi piace immaginarlo.

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Capitolo 2
*** Earl Grey Morning ***


nb. piccolo assaggio un pò "hard"..just a bit.





 


Sfere di luce, appena distorte dalle tapparelle abbassate, si attorcigliano tra lenzuola smosse qua e là. Giocano in ciocche nere per cercarne un colore rosso di sfumatura in un filamento o nell'altro, si articolano e puntellano un viso scarno ed accigliato.
Apre gli occhi - Benedict - e le su iridi assumono una tonalità più azzurra che smeraldina, si scosta appena nella morbida stoffa ma ancora non si accinge ad alzarsi.
Il torpore delle coperte lo stringono ed invitano a restare nella loro morsa. Sa che troverà il freddo pungente di un tipico mattino d'inverno a rizzare ogni singolo pelo che lo compone, con tanto di pelle d'oca.

E' una sensazione che non ha mai sopportato, nonostante a quello che può portare il proprio lavoro, come vestirsi poco quando gela e fastidiosamente tanto in estate.
Alza gli occhi, puntandoli verso il soffitto della camera d'albergo, evitando in questo modo la luce abbagliante. Il proprio udito rapito dal rumore del gas acceso, tintinii continui e piccolo passi provenienti dalla porta affianco.
Inspira piano – l'odore del pulito, il proprio insieme a una tonalità più forte, dopobarba, caffé – Martin.
Non si accorge realmente dell'avvicinarsi dell'uomo, farsi avanti all'interno della stanza, non finché non ode il tono della sua voce

“ Buongiorno Giulietta1, è ora di alzare il culo dal letto una buona volta”
.


Una risata.
Ha la vestaglia addosso, il laccio attorno alla vita che dondola al fianco – in mano un vassoio in argento che riflette puntini di sole. L'aroma del té, Earl Gray – tradizione - , investe i sensi assieme all'odore di fritto portato dalla cucina.
Uova alla..

“ Benedict? “


Ora è lì, seduto a pochi sospiri dal proprio volto. La colazione portata al lato del letto.
Stava pendendo frammenti di memoria, ancora troppo assonnato per distinguere dove finiva la realtà e l'immaginazione del sonno.
Emette una smorfia tra le sue labbra decisamente fresche – succo alla pesca – non impastate come le proprie. Il retrogusto della sua bocca, del suo corpo, ancora attaccato al palato da ore si rinnova.
Non ha tra le dita i nervi rigidi delle sue gambe in tensione, nessuna mano tra capelli indomabili che chiede di andare più affondo. Più giù.
La supplica, la preghiera nella sua voce smorzata dal respiro che sgorga dalla sua bocca libera, gonfia.

Quelle stesse labbra, adesso, sono occupate da quelle di Benedict. Ricordi nel sapore, nella lingua che ha suggellato pezzi dell'epidermide di Martin.
La sente ancora su di se?
Avverte ancora i polpastrelli affondare nelle giunture del ginocchio, il proprio respiro sulla pelle arrossata..?
Il biondo scosta il volto dando respiro ad entrambi. Una gamba piegata sul materasso mentre un palmo avvolge una sua gota, strofinando piano il pollice su di essa.

“ ...Benedict? ”

Lo chiama nuovamente in un sorriso, inumidendosi le labbra. Il corpo del ginger che si alza, schiena nuda a dare le spalle ai pallini di luce dietro di se, il capo che affonda, si inabissa verso lo stomaco del compagno.
Quando volte lo aveva chiamato la sera prima? Quante volte lo farà ancora?
Perchè non poteva semplicemente perdere il conto?


Martin cade sulle stesse coperte che l'hanno accolto la sera prima. Ciocche d'ebano fra le dita.
La consapevolezza che ogni pasto sarà raffreddato, che perderà ogni tazza di tè - senza rimpiangerne nemmeno una.









Magiche note!
- "Giulietta" : come dimenticarsi di una delle loro magnifiche interviste? ( x ) ah!

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