“Branco
di idioti.”
“Adesso
non esagerare, Togami-san…”
Chiusi
nello spogliatoio della sauna, Byakuya e Makoto discutevano degli
ultimi avvenimenti, e quest’ultimo cercava invano di calmare
un nervosissimo Togami. Dopo la morte in diretta di Ikusaba, Togami e
Kirigiri avevano ritenuto opportuno spiegare un po’ di cose
alla classe, in particolare le informazioni in possesso del biondo
rampollo e, soprattutto, come
le aveva ottenute. Inutile dirlo, non era andata benissimo: se qualcuno
si era mostrato propenso a credergli un minimo, molti altri si erano
mostrati irremovibili; Celes, manco a dirlo, l’aveva accusato
di essere una spia di Monokuma - cosa che aveva fatto infuriare Togami.
“Mi
si può dire tutto, tutto” borbottò lui,
camminando su e giù per la stanza, “accetto
qualunque insulto senza batter ciglio. Ma darmi della spia…
spia di Enoshima!” ringhiò, “Questo
è troppo!”
“Però
non gli si può dare torto… io e Kirigiri ti
crediamo, ma ammetterai che la tua storia è
abbastanza… particolare” disse Naegi, che in tutto
quel casino era rimasto involontariamente in disparte. Togami e
Kirigiri avevano deciso di lasciare le cose come stavano: se Enoshima
era impegnata a tenere d’occhio loro due, Naegi poteva dare
una mano dietro le quinte.
Il
loro discorso venne interrotto da Kirigiri, che entrò nello
spogliatoio seguita da qualcuno.
“Oogami?”
Makoto
e Byakuya si scambiarono un’occhiata perplessa, che Kyouko
colse al volo: “Oogami ha qualcosa da dirci riguardo
Monokuma, e ho pensato che portarla qui fosse la cosa
migliore.”
“Dici
che Enoshima non sospetta nulla?” puntualizzò
Togami, ma Kyouko lo tranquillizzò: “Non
c’è nulla di strano in due ragazze che usano la
sauna insieme. E comunque non può certo
impedircelo.”
Togami e Naegi si scambiarono un’altra occhiata, poi,
scrollando le spalle, invitarono Sakura a parlare.
“Dopo
la scena in palestra e quella di prima in caffetteria”
iniziò lei, accomodandosi su una delle panche,
“credo di avere qualche informazione che può
tornarvi utile.”
“Vuoi
dire che… credi a quanto vi ho raccontato?” chiese
Byakuya, inarcando un sopracciglio. “Celes mi ha persino
accusato di essere una spia…”
“Diciamo
che ti concedo il beneficio del dubbio” rispose Sakura,
“dato che ci hai dimostrato in parte la veridicità
della tua storia. E soprattutto perché la vera spia sono
io.”
Makoto
sgranò gli occhi alla notizia, mentre Kyouko si
limitò a un cenno della testa, quasi se lo aspettasse;
Togami invece rimase impassibile, conoscendo bene la situazione.
“Quindi
anche stavolta ti ha ricattata” commentò,
sistemandosi gli occhiali sul naso.
“Anche
questo è già successo?” chiese lei.
“Sì”
confermò il ragazzo, “e… non
è finita molto bene. Ma stavolta le cose andranno
diversamente.”
Spero,
aggiunse in silenzio.
“Oogami-san”
parlò Makoto, “come mai hai deciso di svelarci il
tuo ruolo di spia?”
“Perché
voglio aiutarvi… e voglio uscire di qui per salvare la mia
famiglia” rispose lei, pacata ma risoluta.
“In
che modo pensi di farlo?” chiese Kyouko, già
pronta a pianificare le prossime mosse.
“Enoshima
voleva che venissi a parlarvi per poi riferirle i vostri
piani…”
“...e
tu hai pensato di darle corda e fare il triplo gioco a nostro
favore” concluse Togami per lei.
Sakura
non rispose, ma si limitò ad annuire.
“Mi
piace il tuo ragionamento” ammise Togami, con un sorrisetto.
“Se ci muoviamo con cautela potrebbe funzionare.”
Detto
questo, Togami cominciò a camminare in circolo, ragionando
sul da farsi. Poco dopo si voltò di scatto verso Sakura:
“Al secondo piano c’è qualcosa che
potrebbe tornarci molto utile. Ma prima dobbiamo convincere Fujisaki a
collaborare. E probabilmente anche quel gorilla di
Oowada…” sospirò, guadagnandosi una
risatina da parte di Makoto, che poi aggiunse: “A questo
posso pensare io, porterò qui entrambi e
spiegherò loro la situazione. Dato che non mi sono ancora
esposto sono meno sospetto di te e Kirigiri.”.
“Dici
che riuscirai a convincerli della mia buona fede?”
ironizzò Byakuya.
“No,
ma dovrei almeno convincerli a collaborare” rispose Naegi con
un pizzico di sarcasmo che non mancò di divertire le due
ragazze. “Un piano per uscire di qui fa gola a
tutti… e poi Oowada-san mi trova simpatico.”
Non
lo facevo così sagace, il ragazzino. Mi piace.
Lo
dici solo perché lo sto lasciando fare nella sua presa in
giro ai miei danni…
Tra
le altre cose. Anche quando ha intuito le ragioni di Asahina, quando
Oogami è morta la prima volta, ti ha messo in
ridicolo…
...vai
al diavolo e restaci.
Sei
così adorabilmente permaloso!
“Cosa
c’è di così importante al secondo
piano?” chiese Sakura, riportandolo coi piedi per terra.
Byakuya
sorrise, soddisfatto: “Un computer.”
I
presenti si guardarono sorpresi. Makoto azzardò:
“Ma un computer, lasciato così in giro…
non è strano?”
“Certo
che lo è” confermò Togami “e
per mia esperienza posso assicurarti che è una mossa
strategica di Enoshima, così come lasciarci una stanza priva
di telecamere.”
“Ma…
perché?” chiese Sakura, la cui espressione
contrita lasciava intuire quanto la ragazza non riuscisse a concepire
certe azioni.
“Perché
è pazza, punto. Non c’è una motivazione
logica dietro alla sua follia.”
“Oh
beh” fu quanto disse Kirigiri “se quella
è pazza abbastanza da darci i mezzi per
sconfiggerla…”.
“Sì,
in effetti non guardiamo in bocca al caval donato”.
“Che
brutto modo di dire”.
“Fa
accapponare la pelle, vero?”.
“Siete
divertenti come dei cactus ma non è il momento di darsi al
cabarettismo” cercò di riportare
l’ordine Togami. Aveva di sicuro attraversato dei
cambiamenti, neanche di poco conto, però non rimpianse di
non aver perso il suo polso di ferro.
Gli
altri tre non ebbero da ridire, così lui ripassò
ad alta voce quanto ognuno di loro doveva fare.
“Solo
una cosa non mi è del tutto chiara” chiese Sakura
“Perché dev’essere tirato in ballo anche
Oowada?”.
“Perché
è bene averne uno in più dalla nostra parte. E
poi non si fida di me ed è facile che voglia rimanere vicino
a Fujisaki per assicurarsi che noi non la si mangi in un rito satanico,
o qualche stupidaggine simile”.
“E
io che pensavo lo volessi fare, Togami” lo
apostrofò Kyouko, inusualmente in vena di battute.
La
sua risposta fu un grugnito. Ma a tutti suonò molto meno
scocciato di quanto lui tentò di farlo apparire.
Poi
si separarono, pronti a mettere in atto il loro traballante piano
d’azione.
Due
giorni dopo.
Byakuya
picchiettava nervosamente le dita contro il tavolo a cui era solito
sedersi in caffetteria. Accanto a lui Kirigiri, sempre fedele a se
stessa, era imperturbabile nella sua staticità.
Sembra
che non abbia nemmeno bisogno di respirare. E io che sono qui a
contorcermi le budella…
Byakuya-chan,
ti vengono le rughe se ti agiti troppo.
Lo
ignorò completamente, aveva perso la voglia di rispondere
colpo su colpo alle sue frecciatine ironiche.
Poi
finalmente qualcosa si smosse.
A
distanza di dieci minuti l’uno dall’altra Makoto e
Sakura entrarono nella sala, sedendosi ben distanti dagli altri due e
cominciando a parlottare fra di loro. Sai, per non sembrare fin troppo
palesi.
I
tanto sospirati cenni di Missione Compiuta, ovviamente ben mascherati,
erano giunti a destinazione.
Questa
è fatta. Adesso, secondo copione, io e Naegi convergeremo
nello spogliatoio per sentire il resoconto sulla sua parte che
è quella davvero importante. Senza Fujisaki non abbiamo la
minima speranza, è l’unico che può fare
quel che ci serve. Cioè, io so usare un computer ma di certo
non sono capace di creare un’intelligenza artificiale e di
darle la mia faccia.
Pensando
questo, e ringraziando la Voce per non essersi fatta viva,
salutò brevemente e uscì. Sempre per non
insospettire troppo Enoshima optò per fare prima un breve
giretto a vuoto, senza meta apparente.
Ebbe
la tentazione di andare a controllare in biblioteca se quel vecchio
portatile era dove se lo ricordava, ma concluse che avrebbe perso
troppo tempo.
Con
le mani in tasca, Byakuya Togami si trovò a camminare per il
corridoio su cui davano le stanze del loro dormitorio.
Ebbe
un paio di sorprese, ma non troppo, quando i suoi occhi si posarono
sulle targhette di Touko Fukawa e Yasuhiro Hagakure.
Per
la miseria. Questa folle corsa mi sta rivoltando come un calzino. Un
tempo non avrei mai e poi mai… provato sollievo…
nel sapere che una tale scocciatrice come Touko non è morta.
E non avrei mai sentito una piccola puntura di spillo al pensiero che
quel buffone di Hagakure non c’è più.
Anzi, a proposito di Touko…
Fece
qualche passo a ritroso, avendo superato di un paio di metri la sua
porta.
E
si ritrovò a bussarvi.
Silenzio.
Bussò
di nuovo.
Finalmente
Fukawa rispose, un po’ scocciata a giudicare dal tono:
“Chi è?”
“Togami.”
Pochi
secondi dopo si aprì uno spiraglio, abbastanza per poter
intravedere lo sguardo sorpreso della ragazza, e quanto bastava a
quest’ultima per ammirare il suo principe
a
distanza di sicurezza.
“B-Byakuya-sama!
C-come mai sei qui a quest’ora? V-vuoi forse burlarti di me e
del mio sciatto pigiama?”
Togami
roteò gli occhi, cercando di ignorare i deliri della ragazza.
“Posso
entrare?”
A
quella richiesta seguì un lungo minuto di silenzio.
La
porta si richiuse.
Togami
osservò la scena perplesso, quando sentì dei
versetti acuti e senza senso provenire dall’interno della
stanza. Poi la porta di aprì di nuovo: “Prego
Byakuya-sama, entra pure!”
Forse
non è stata la migliore delle idee…
Come
sei negativo Byakuya-chan, lasciati andare! E poi che male
può farti passare qualche minuto con la tua adorata
stalker?
Certo, sarebbe meglio tenerla lontana da oggetti taglienti…
Ispirò,
trattenendo a stento la voglia di mandare a quel paese la voce e
rischiando di passare (ancora di più) per matto, ed
entrò nella stanza di Touko Fukawa: si guardò
attorno, notando come la stanza fosse piuttosto spoglia…
tranne che per blocchi di appunti sparsi in giro, su cui probabilmente
stava appuntando nuove storie, e diversi libri qua e là.
Evidentemente aveva approfittato della biblioteca finalmente aperta,
pensò.
“C-come
mai da queste parti, Byakuya-sama?” chiese la ragazza, dopo
aver chiuso la porta.
“Passavo
da queste parti…” rispose, non riuscendo a
risultare convincente nemmeno a se stesso, per poi aggiungere:
“...e avevo voglia di vederti.”
EEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEH!
Vai così Byakuya-chan, lancia via i boxer!
Rimanere
impassibile fu un’impresa enorme, da parte sua, ma ci
riuscì; in compenso, Fukawa aveva cambiato colore e se
avesse sgranato un altro po’ gli occhi le sarebbero rotolati
fuori dalle orbite.
“Non
fraintendermi” cercò di correggere il tiro
“volevo… diciamo che volevo sapere cosa ne pensi
di quanto ho detto in caffetteria.”
“O-ovviamente ti credo, Byakuya-sama!” si
affrettò a rispondere lei, “Credo a tutto quello
che dici!”
“Intendo
dire che voglio sapere cosa pensi realmente,
senza cercare di adularmi” rispose Togami, sbuffando.
“Sei una ragazza intelligente, nonostante le
apparenze… avrai pure una tua opinione in merito,
no?”
Touko,
presa evidentemente alla sprovvista, rimase un attimo in silenzio a
fissarlo; poi la sua espressione mutò, facendosi
più concentrata, probabilmente alla ricerca delle parole
più adatte.
“A-ammetto
che la tua storia è… surreale”
balbettò, “è difficile credere ai loop
temporali… non siamo mica in un libro di
fantascienza” rise brevemente. “Ma l’aver
svelato a tutti noi l’esistenza della falsa Enoshima..."
continuò "è sicuramente un punto a tuo
favore.”
Togami
annuì, sorpreso da tanta serietà: era abituato a
una Fukawa perennemente sul chi vive, agitata e ingestibile; ma, nel
giusto contesto, si rivelava una persona dotata di una spiccata
intelligenza.
Questo
non l’avresti detto manco sotto tortura, tempo fa.
Tempo
fa non mi sarei nemmeno abbassato a questo livello per mandarti a
fanculo, come i plebei.
Ellallà
Byakuya-chan, stai diventando rozzo oltre che adorabile!
Lasciò
la voce a ridacchiare, tornando a concentrarsi su Touko.
“Cosa
posso fare per avere la tua fiducia?”
La
ragazza rimase qualche istante in silenzio, poi parlò:
“Se davvero hai già vissuto
quest’esperienza… allora saprai sicuramente
di-”
“Genocider
Syo?”
“...”.
“Sì,
certo che lo so. Lingua impossibilmente lunga, un insano amore per le
forbici, Bloodstain Fever scritto col sangue sul muro o sul pavimento e
occhi puntati su bei maschi… fra cui, modestamente, posso
annoverarmi”.
Touko
si azzittì del tutto, una mano sulla bocca. Poi
riuscì a mormorare: “Tu… tu lo sai
davvero…”.
“Te
l’ho detto, allo stato attuale so di voi più di
quanto sappiate voi stessi. Non è questo il caso,
ovviamente, ma nella mia testa porto un bel sacco pieno di
informazioni. Sul gioco, sulla Kibougamine, su Enoshima… e
su altre cose”.
Stava
per accennare allo stato del mondo esterno. Preferì
trattenersi, era fin troppo prematuro mettere anche uno solo di loro al
corrente della devastazione che attendeva i superstiti oltre le mura
dell’accademia.
“E…
e nonostante questo… ora sei qui da solo con me…
pur conscio del rischio che potenzialmente corri…”.
“Sto…
sto cercando di comportarmi diversamente. E se ciò implica
mostrarmi… un po’ più amichevole nei
vostri confronti… nei tuoi confronti… sono
disposto a farlo”.
Uoh
uoh uoh. Byakuya-chan, a quando la dichiarazione d’amore con
bacio alla fortunata?
No,
non gli avrebbe dato soddisfazione. Non l’avrebbe fatto. No
no no.
“Ora
scusami, mi attendono in un altro posto… ma, se vorrai,
questo discorso… lo riprendiamo in mano prima o poi,
ok?”.
Lei
non riuscì a formulare una sola frase coerente,
accontentandosi di vederlo lasciare la sua stanza con un sorriso beota
in volto.
Meglio
non esagerare con il ritardo. Si tratta di vita o di morte, dopotutto,
e non è il caso di far aspettare troppo.
Si
portò veloce verso la sauna, vi entrò e come da
previsione ci trovò Makoto.
“Oh,
eccoti finalmente! Capisco l’entrare in momenti diversi, ma
temevo quasi non arrivassi più”.
“Scusa.
Ho avuto un leggero contrattempo”.
“Di
natura… sentimentale?”.
“C-Cosa?”.
“Sei
rosso in faccia, Togami-san. Si vede che sei inesperto nel controllare
le tue emozioni. Fatti insegnare da Kirigiri-san, lei è la
migliore nel campo”.
“Ai
miei fatti personali ci pensiamo poi, va bene? Adesso sono curioso di
sentire quali nuove porti, e spero che siano buone o qua non ce la
caviamo più”.
“D’accordo,
d’accordo. Allora, ho parlato sia con Fujisaki-san che con
Oowada-san. Lei si è mostrata disponibile ad essere dei
nostri. Lui è stato più difficile, ma alla fine
l’ho convinto”.
Ecco,
pare strano che la scimmia con la banana in testa non cerchi di
complicarci la vita.
Sovrappensiero,
Togami chiese a chi si riferisse con quel lei.
“Come
a chi? A Fujisaki”.
“A…
oh”.
Merda.
Hai
per caso preso lezioni di bon-ton da Mondo, Byakuya-chan? Il tuo
vocabolario si è ampliato notevolmente,
nell’ultima ora.
“Cosa
succede, Togami-san? Perché hai reagito
così?”.
No,
non glielo devo dire. Se lo facessi e lui lo venisse a
sapere… potrebbe rifiutarsi di aiutarci. Non lo posso
permettere.
“Nulla.
E prima che tu possa obiettare: no, è top secret almeno per
il momento. Nel caso sarà lei a dirlo, se lo
vorrà”.
Adorabile,
rozzo e rispettoso degli altrui segreti. Tu non sei più il
Byakuya-chan che ricordavo.
Gli
dedicò solo il silenzio.
In
compenso era molto sollevato da quanto riferitogli da Naegi. Avevano
l’appoggio del Super Hacker e questo era fondamentale,
perché lì risiedeva la loro speranza di sbloccare
i piani superiori e andare a trovare Enoshima nel suo piccolo fortino
con quel disgustoso orso sulla porta.
Avevano,
lui e gli altri due, esplorato diverse possibilità. Si era
persino parlato di fare un sopralluogo in camera di Ikusaba, visti la
sua familiarità con le armi da fuoco e il suo ruolo come
lacchè di Enoshima, ma si era giunti alla conclusione che un
qualsiasi oggetto utile -fosse esso un possibile dispositivo
elettronico piuttosto che un bazooka- era probabilmente già
stato fatto sparire. E non avevano il lusso di battere piste nate morte.
“Mi
spiace doverti tenere nascosto qualcosa, Naegi. Ma rischia di
compromettere tutto, e non voglio che accada. Ho bisogno di concludere,
in un modo o nell’altro… e se riusciamo a
concludere bene tanto di guadagnato” disse, rivolto
più al soffitto che al suo compagno.
“Va…
va bene. Capisco” rispose quello, che a giudicare dalla sua
espressione era un po’ perplesso dallo sviluppo.
Comprendo
la tua faccia, Makoto. Ma fidati di quel che dico, Fujisaki non sarebbe
affatto contento di sapere che ho spifferato il suo motivo di vergogna
in lungo e in largo.
“Adesso”
riprese Byakuya “è ora di passare alla fase
successiva. Ti ricordi cosa devi fare, vero?”.
“Ovvio”
rispose con una sicumera che non di solito non gli apparteneva. Eppure
i suoi occhi non erano quelli di un fanfarone, pareva davvero convinto.
Finora
sta filando tutto liscio. Spero vivamente che continui così.
“Voi!
Brutti bastardi! Vi avevo detto che anche solo toccare le telecamere
è severamente vietato!”
“Non
l’abbiamo fatto volutamente, è stato un
incidente.”
Monokuma
sembrò irrigidirsi a quella frase di Sakura, detta con tono
calmo ma fermo tipico di chi non ammette repliche, ma non lo diede a
vedere; volse di nuovo lo sguardo sul pavimento della caffetteria, dove
giacevano i resti di una delle telecamere.
“Come…
come diamine avete fatto?!” ringhiò, puntando il
dito contro i presenti. “Come siete riusciti a
distruggerla?!”
Altri
studenti, attirati dalle urla di Monokuma, fecero capolino dalla porta
d’entrata e dalla cucina.
“È
colpa mia…” si fece avanti Aoi, imbarazzata.
“Io e Sakura-chan stavamo giocando con una pallina presa allo
spaccio…”
“Sfortunatamente
mi sono lasciata prendere dal gioco e ho tirato con troppa
forza” ammise Sakura, solenne. “Non era
assolutamente mia intenzione danneggiare una proprietà
dell’accademia.”
Monokuma
osservò le due ragazze in silenzio, probabilmente indeciso
se credere a quella storia o meno; quando si accorse degli altri
studenti che lo fissavano sembrò innervosirsi:
“Per questa volta lascio correre! Riparerò quanto
prima la telecamera, ma voi” disse indicando le due ragazze
“andate a fare i vostri lanci in palestra, se proprio ci
tenete!”
Con
questo sparì nel nulla come al solito.
Sakura,
Aoi e gli altri studenti si scambiarono un cenno d’assenso,
poi rimasero in attesa.
“Allora,
avete fatto?”
Makoto
non ebbe neanche il tempo di aprire la porta del bagno che si
trovò davanti un Togami particolarmente ansioso, insieme
alla solita, silenziosa Kirigiri.
“Tutto
secondo i piani” sorrise Naegi, sedendosi ad una delle
panche. “Fujisaki-san è già al lavoro,
e le ho riferito di creare un’I.A che si occupasse
esclusivamente di hackerare il sistema della scuola”.
Togami
annuì compiaciuto: “Suppongo che Oowada sia
rimasto al suo fianco rifiutandosi di muoversi…”
“Già”
sospirò Naegi. “Gli ho detto che sarebbe stato
rischioso e che Monokuma prima o poi avrebbe sospettato della sua
assenza o del continuo andirivieni dal bagno del secondo piano, ma non
ha voluto sentire ragioni…”
“Per
quello possiamo usare Oogami come diversivo” proruppe Kyouko.
“Non è una garanzia totale, ma ci fornisce un
po’ di tempo in più affinché Fujisaki
completi il suo lavoro. Inoltre” proseguì
“se riesce a ultimare l’I.A, potremmo persino
lasciar lavorare il computer senza che lei sia sempre
presente.”
Togami
la osservò pensieroso: “È un
bell’azzardo…”
“...ma
non abbiamo più niente da perdere, come ho già
detto” sorrise lei, maliziosa.
“Una
cosa da perdere in realtà ci rimane, e tu lo sai”
la rimbeccò Togami.
“Intendi
le nostre vite? Sicuro. Ma dovresti sapere meglio di me che, nella
nostra situazione, ogni istante in cui respiriamo lo si può
considerare un gentile regalo di Enoshima”.
“Stai
pur tranquilla che lo so molto, molto meglio di te”.
“A
volte mi chiedo perché non ci uccida tutti seduta
stante…” si intromise Naegi.
“Perché
non le darebbe il minimo brivido. Giudicando da quanto Togami ci ha
raccontato di lei, posso dire che Junko Enoshima è il tipo
di criminale che vive per l’eccitazione del vedere cosa
succederà, ipotesi corroborata da fatti come il lasciarci
libero accesso a una stanza senza telecamere e un portatile funzionante
a disposizione. Che, fossi stata io al suo posto, neanche nei vostri
sogni più selvaggi. E una che mette in piedi una sceneggiata
del genere non è stupida e sa perfettamente che è
deleterio concederci un posto per complottare in santa pace e uno
strumento che possiamo sfruttare a nostro vantaggio. È come
se non le importasse di eventuali nostri progressi”.
“Confermo
quanto dici, Kirigiri. La volta in cui l’abbiamo smascherata
platealmente ha dimostrato di non tenere la sua stessa vita in minima
considerazione, anzi… difficile scordarsi quegli occhi
spiritati mentre premeva il bottone rosso. Penso di poter affermare che
per lei non conta vincere o perdere perché tanto
otterrà comunque quello che vuole, la disperazione. Che sia
la sua o la nostra le è indifferente”.
“È
un avversario molto più pericoloso del solito genio del male
che crede di aver la situazione sotto controllo e poi si ritrova con un
pugno di mosche e le manette ai polsi. Qui non si può
escludere nessuna eventualità, neanche quella che nel caso
peggiore decida di far saltar per aria l’intera scuola.
È talmente imprevedibile e con poco riguardo per se
stessa…”.
“Rischi
messi in conto e che dobbiamo correre, ci piaccia o no, se vogliamo
avere una pallida speranza di porre fine a questa
pagliacciata” troncò Byakuya. Non gli piaceva star
lì ad analizzare le ipotesi più tetre.
Gli
altri due lo guardarono un po’ meravigliati, un po’
straniti e un po’ felici di sentirlo parlare così.
Aveva perfettamente ragione: o la andava o la spaccava, alternative non
ce n’erano.
Si
stavano giocando il tutto e per tutto e si sa, in casi del genere butti
tutte le tue fiches sul tavolo, chiudi gli occhi, stringi le dita e
speri che ti vada bene.
“Ok”
disse Naegi dopo qualche momento di silenzio “vado a vedere
come procede al secondo piano”.
“Non
è un po’ presto?” chiese Kirigiri
alzando lievemente un sopracciglio.
“Forse.
Ma sono nervoso e vorrei una conferma”.
“Rilassati.
Lascia Fujisaki in pace a fare il suo lavoro”.
“Togami-san?”.
“Che
c’è? Che hai da squadrarmi come se fossi un
fantasma?”.
“No,
niente… è che non me lo aspettavo da
te…”.
“Cosa,
un po’ di flemma? D’altronde fare i ragazzini
isterici e in perenne sindrome premestruale serve solo a
sconcentrarlo”.
“Sconcentrarlo?
Maschile?”.
Cadde
un velo di sconcerto. I tre si fissarono a vicenda, ammutoliti.
Ok,
devo darmi decisamente una regolata. Un lapsus ci può stare,
due no.
Ma
stai tranquillo, Byakuya-chan. Non è successo nulla. Hai
solo appena sputtanato l’unico elemento del vostro gruppo che
può salvarvi le chiappe.
Tu
e il tuo tempismo.
“Tempismo”
è il mio secondo nome.
E
il primo qual è, Scassapalle?
Mi
ferisci dicendo così, brutto cattivo che non sei altro.
“Va
bene Togami-san, mi tocca rimangiarmi quanto ho promesso
prima… ma è già la seconda volta che
ti confondi parlando di Fujisaki-san. Cosa ci stai
nascondendo?”.
“Non
ci vorrai mica far credere” si inserì Kyouko
“che Fujisaki… sia un maschio?”.
Bravo
Byakky-chan, bravo!
Togami
inspirò, cercando di riprendere il controllo di se stesso e
della sua linguaccia lunga: “Sentite… io non vi ho
detto niente, ok? È il suo segreto, e già una
volta gli è costato la vita…”
...per
mano di Oowada aggiunse
mentalmente, ritenendo non fosse il caso di lasciarsi sfuggire anche
quel dettaglio.
“Continuate
a riferirvi a Fujisaki al femminile. Se se la sentirà
sarà lui a dircelo… non è il caso di
smascherarlo davanti a tutti, mandarlo in crisi e smantellare il nostro
piano sul nascere.”
Naegi
e Kirigiri lo osservarono qualche istante increduli, per poi scambiarsi
un’occhiata e ridacchiare.
Togami
inarcò un sopracciglio, irritato.
“Cos’avete
da ridere, adesso?”
“Niente, niente” commentò Naegi.
“È che…”
“Cosa?”
“È
che questa è probabilmente la prova definitiva dei
tuoi… viaggi nel tempo” rispose Kirigiri,
sorridendo. “Fino a poco tempo fa nessuno di noi avrebbe
immaginato tanta empatia da parte tua.”
I due continuarono a ridersela sotto i baffi, a discapito di un Togami
imbarazzato e intento a borbottare frasi sconnesse sul non essersi
ammorbidito per nulla.
“Questo
strano andirivieni dal bagno del secondo piano non mi piace,
Fujisaki-san, upupupu! Tu e il tuo boyfriend motociclista dovreste
essere più discreti!”
Monokuma
roteò sulla sedia, per poi fermarsi di colpo e osservare
nuovamente Chihiro uscire dal bagno.
“E
sia, per questa volta lascio correre! Che non si dica che sono cattivo,
upupupupu!” ridacchiò, per poi voltare di nuovo la
sedia. “E tu, mia fidata spia, hai nulla da riferirmi,
upupupupu?”
“Nulla di rilevante” rispose Sakura, solenne.
“Niente
di niente? Nessuna ribellione interna, niente piani per salvarsi le
chiappe, upupupu?”
Sakura
sospirò, preparandosi a ripetere le informazioni concordate
con gli altri.
“Non
ne sono ancora certa” disse “ma li ho visti
riunirsi spesso a parlare tra loro… credo stiano tramando
qualcosa, ma non si fidano abbastanza di me per parlarmene. Non ancora,
almeno.”
“Bene
bene bene, che succose informazioni!” trillò
l’orso meccanico. “Mi raccomando, tienimi
aggiornato, upupupu!”
Sakura
annuì, fece un breve inchino e poi uscì in
corridoio.
“Quindi
non sospetta nulla?”
“Sembrerebbe
di no, al momento.”
“Meglio
così… anche se non ne sono del tutto
sicuro” sbuffò Togami, “ma non possiamo
più tirarci indietro.”
Sakura
aveva appena finito di aggiornare Byakuya e gli altri sulla sua
riunione con Monokuma che qualcuno bussò alla porta dello
spogliatoio, e da dietro la porta fece capolino il volto sorridente di
Chihiro.
“Disturbo?”
“Qual
buon vento, Fujisaki-san! No no, non disturbi affatto!”
trillò Naegi facendogli segno di andare a sedersi vicino a
loro. Gesticolava in maniera ampia, pure troppo.
Byakuya
inarcò impercettibilmente un sopracciglio: aveva colto in
Makoto… tensione, malamente mascherata con dei modi di fare
sin troppo affabili.
No,
ma che sul serio? Byakky-chan, mi stai dicendo che sei addirittura in
grado… di capire gli stati d’animo altrui?
È un evento da festeggiare.
Senti,
per l’ultima volta: crepa male.
Ehi
ehi. A parte gli scherzi. Fatti un paio di domande su questa tua
intuizione, datti le appropriate risposte e una pacca sulla schiena.
Grumph.
“Volevo
annunciarvi che Alter Ego sta procedendo a gonfie vele. Ci dovrebbe
volere ancora una mezza giornata al massimo, se siamo fortunati anche
meno”.
“E
Oowada-san?”.
“L’ho
lasciato che gironzolava al secondo piano. Gliel’ho ben detto
che così facendo sarebbe risultato sospetto, ma non ha
voluto sentir ragioni…” sospirò
abbassando la testa, quasi a volersi scusare a nome suo.
“Ma
no, ma no. Non c’è problema! Non
c’è problema!” fu la rassicurazione di
Naegi, che continuava a muoversi quasi convulsamente.
“Naegi,
tutto bene?” azzardò Kirigiri.
“Tutto
bene! Tutto benissimo! Perché, non si vede?”.
“Non
sembrava, no”.
“Ti
stai preoccupando per nulla, Kirigiri-san! Te lo assicuro!”.
Il
destinatario di tutta questo sbracciarsi rialzò lo sguardo
verso di lui e disse: “Temi che qualcosa vada storto con il
programma?”.
“No
no, ma figurati!”.
“Io
sto facendo del mio meglio, ve lo giuro…”.
“Qui
nessuno mette in dubbio il tuo impegno e la tua dedizione,
Fujisaki” fece Sakura, nel tentativo di calmare un
po’ gli animi che si stavano agitando per nulla.
“Naegi,
finiscila. Lo stai mettendo in imbarazzo” disse Togami. Nella
sua testa. Ma cercò di trasmetterglielo via smorfia, venendo
fatalmente rimbalzato.
Byakuya-chan,
la tua gaffe vi sta tornando addosso come un boomerang.
Quell’imbecille di Makoto non riesce a comportarsi
normalmente da quando ha scoperto il segretuccio di Chihiro.
Ma
non mi dire.
E
allora fa’ qualcosa! Tu hai fatto il danno e tu lo aggiusti.
…
sai che sarà la seconda cosa sensata che dici da quando mi
hai rivelato la tua sgradevole presenza?
Io
dico solo cose intelligentissime.
Sì.
Poi ti svegli sudato come un maiale.
E
nonostante tutto la Voce aveva ragione: era stato lui a provocare
questo pasticcio, anche se involontariamente, e a lui stava metterci
una pezza.
Si
alzò sbuffando dalla sua panca e, sotto lo sguardo a dir
poco perplesso degli altri, afferrò Naegi per la collottola
e lo trascinò fuori dalla sauna. Non prima di aver intimato
di non perdere tempo in ciance, che a quello ci avrebbero pensato loro
due.
“Togami-san,
mollami per favore!” guaì il suo ostaggio. Il suo
desiderio venne esaudito quando si trovarono nell’atrio, per
fortuna da soli.
“Allora,
puoi smetterla di comportarti in quel modo puerile?”.
“Che
modo puerile? Non ti capisco”.
“Ma
se stavi dando spettacolo là dentro”.
“Ma…
ma io…”.
“Dai,
mettiti a frignare. Ci manca solo quello. Insomma, cos’era
quella pantomima? Da quando mi sono lasciato sfuggire…
quella cosa sei diventato incapace di far finta di niente?”.
“Scusa,
scusa. Hai ben ragione. È che… non sono mai stato
bravo a mantenere un segreto”.
“Questo
non è vero. Durante la prima ripetizione avevi scoperto per
primo, in maniera del tutto accidentale, di Sakura. E ci avevi detto in
un secondo momento che eri riuscito a tenere la bocca chiusa nientemeno
che di fronte a Kirigiri. Avanti, non mandare tutto a rotoli per
così poco”. Quest’ultima parte del
discorso, da quando era stato citato il nome di Sakura in poi, Byakuya
la condusse a voce più bassa che poteva. Meglio non dare
conferma a Enoshima che sapevano della sua spia.
“Oh,
proprio voi cercavo!”. Una voce dai corridoi delle camere.
Era
Ishimaru, che si stava avvicinando ai due con la sua aria
più formale.
“È
ora che qualcuno vi rimetta in riga. Passate troppo tempo in quel
bagno, fra promiscuità e chissà quali
comportamenti poco consoni. Mischiarsi in quel modo con le ragazze! Non
è salutare per il buon nome
dell’accademia!”.
Byakuya
e Makoto si guardarono come se fossero appena stati approcciati da un
barbone che chiedeva l’elemosina. Neanche lo degnarono di una
risposta mentre riprendevano il loro discorso.
Il
Super Prefetto attese con pazienza una reazione che però non
arrivava. Stava per rimproverarli di nuovo, stavolta con più
forza, quando…
“Ok,
allora vedi di darti una calmata per quando torneremo dentro. E per
quanto ti riguarda, Ishimaru…”.
“Bene
Togami, finalmente hai deciso di…”.
“Guai
a te se ci fai perdere tempo con ‘ste stronzate. Guai. A.
Te”. Detto col tono con cui si potrebbe condannare qualcuno
alla sedia elettrica per puro gusto sadico.
Il
poveretto rimase pietrificato di fronte a una minaccia del genere.
“Ehi…
ehi un momento!” tentò di fermarli Ishimaru, ma i
due si erano già chiusi la porta alle spalle.
Fujisaki
li accolse con un sorriso: “Tutto ok?”
Naegi
sgranò gli occhi e si voltò verso Togami;
quest’ultimo gli lanciò uno sguardo che non
ammetteva repliche. Niente
panico. O ti ammazzo prima che lo faccia Enoshima,
il tutto senza neanche fiatare.
Naegi si girò di nuovo verso i presenti:
“Tutto… tutto ok, Fujisaki-san. Dovevamo solo
finire di discutere un dettaglio del piano, tutto qui.”
“Oh, meno male! Temevo di aver fatto qualcosa di
sbagliato!” trillò Chihiro, sollevato.
Naegi
riprese finalmente a respirare, mentre Togami annuiva compiaciuto.
Con
le buone maniere si ottiene sempre tutto, vero Byakuya-chan?
Ovviamente.
Ah,
per certe cose non cambi proprio mai… Byakky-chan.
Non
si prese la briga di rispondere alla voce, ma parlò invece
ai presenti: “Bene gente, direi che è il caso di
sgomberare la stanza. Ishimaru stava già dando i numeri, non
vorrei attirare anche l’attenzione di Enoshima.”
Tutti
annuirono e si avvicinarono alla porta, quando qualcuno la
aprì dall’esterno.
“Scusate
se interrompo ma…”
“Uh?
Oowada-san?” chiese Chihiro, parlando un po’ per
tutti: davanti alla porta aperta trovarono Mondo a guardarli, con
l’aria tesa di chi ha visto qualcosa che non avrebbe dovuto.
“Parla.
Cos’è successo?” chiese Togami, intuendo
che qualcosa non andava.
“Ho
visto Monokuma aggirarsi per i corridoi del secondo piano”
disse, chiudendosi la porta alle spalle “in particolare
davanti alla porta del bagno… forse sospetta
qualcosa.”
Tutti
si scambiarono occhiate preoccupate, temendo di essere stati scoperti.
“Che abbia notato il vostro andirivieni temo sia
ovvio” intervenne Kirigiri, pensierosa “e
probabilmente sa che usiamo quella stanza, o che stiamo tramando alle
sue spalle… ma siamo agli sgoccioli, ed è inutile
allarmarsi.”
“Ho
programmato Alter Ego come mi avete chiesto, di modo che si occupi solo
di hackerare il sistema di sicurezza della scuola” disse
Chihiro. “Come ho già detto ci vorrà
ancora una mezza giornata, dopo tornerò a
controllare… se riusciamo a resistere fino ad
allora…”
“Ce
la faremo, non preoccuparti” rispose Kyouko.
“Oogami, pensi di poter ancora reggere il gioco con
Enoshima?”
“Contate
pure su di me” annuì Sakura.
“Bene,
direi che puoi riprendere a respirare, Oowada”
commentò Togami con una punta di sarcasmo, “ancora
qualche ora e poi…”
E
poi cosa, Byakuya-chan?
E
poi fuori di qui. Almeno spero.
La
voce non rispose, ma si limitò a una risatina apparentemente
compiaciuta.
“Ok,
ora andiamocene prima che quel maledetto orso compaia anche
qui!”
Riuscirono
giusto a fare due passi fuori dallo spogliatoio che...
“Maledetto?
Mi volete tutto questo male? Ma se sono così amorevole e
pieno di buoni propositi verso i miei studenti”.
Un
proliferare di bestemmie mezze soffocate.
Monokuma
apparve come al suo solito all’improvviso di fronte a loro,
gli artigli bene in mostra. Mossi in maniera apparentemente leggera,
creavano dei sinistri giochi di luce e di riflessi.
Il
pupazzo era serio.
Ok
sgorbio, ci siamo. Fra non molto uno di noi due si ergerà
sopra il cadavere dell’altro e ho tutte le intenzioni di
essere quello vivo.
“Quanto
hai sentito?” chiese Kyouko, diretta come sempre.
“Sarei
un urside stupido a mettere sul tavolo le mie carte prima del river,
non ti pare? Vi basti sapere che il vostro intelligentissimo,
astutissimo, argutissimo piano sta per fare la fine dei piccoli fuochi
d’artificio di Tanabata”.
“Gradassa,
Enoshima. Gradassa” fece Byakuya con una voce che, si rese
conto con un brivido, poteva benissimo appartenere a Celes mentre
giocava a poker “Ma quanto scommetti che stavolta lo
spettacolo non andrà come vuoi?”.
Ci
fu un momento in cui Byakuya Togami e Monokuma, in vece di Junko
Enoshima, si scambiarono un’occhiata di fuoco. Gli altri
assistettero impotenti, alcuni persino affascinati.
“Divertitevi
finché potete, bastardi. Presto porrò una decisa
battuta d’arresto alla vostra insensata insurrezione e me la
spasserò nel crocifiggere i colpevoli lungo il corridoio
delle stanze come monito per i superstiti. Come fu fatto con Spartaco e
i suoi amichetti schiavi dopo la loro ribellione”.
Accompagnando le parole con un gesto per indicare il luogo dove,
secondo lei, sarebbero stati esposti i loro corpi martoriati.
“Sui
miei resti, psicopatica. Sui miei resti”.
“Non
ho nessun problema a calpestarti come meriti, Byakky”.
“Lo
stesso vale per me. Ho una promessa da mantenere con me
stesso”.
“Sarebbe?
Ora mi hai incuriosito”.
“Prenderò
la tua testa, te la staccherò dal collo e le darò
un calcio come se fosse un pallone. Poi le appoggerò vicino
il conto della lavanderia per le scarpe sporche di sangue”.
“Vedremo.
Ride bene chi ride ultimo”.
Poi
svanì.
Dietro
di sé Togami sentiva rumori sconnessi, come se
qualcuno… stesse tremando dalla paura.
Vai
Byakuya-chan, è tempo che il generalissimo tenga un discorso
alla truppa per alzare il morale in vista dello scontro finale.
E
le cose sensate furono tre. Di cui due in pochi minuti. Attento,
potrebbe diventare un’abitudine.
Mpf.
Si
girò verso di loro, si schiarì la voce e
cominciò a parlare: “Gente, ora si fa davvero sul
serio. Presto o tardi qualcuno qui morirà e mi dispiace
dover essere realista, ma non possiamo avere la sicurezza che non
succederà a qualcuno di noi. Vorrei… vorrei solo
ringraziarvi per avermi creduto ed essere stati disposti a seguirmi,
nonostante la mia storia sia a dir poco incredibile”.
Preferì
farla breve e interrompere prima di rischiare di diventare sin troppo
emotivo.
Stava
per andarsene quando…
“Togami-san,
comunque vada… è stato un onore”. Naegi.
“Lo
stesso vale per me”. Kirigiri.
“Sono
molto contenta di averti potuto rivalutare e di vedere che anche le
persone come te possono trasformarsi in condottieri degni e che vale la
pena servire”. Oogami.
“Io…
io ho tanta paura ma… ma voglio provarci”.
Fujisaki.
“Feh.
Anche gli stronzi ogni tanto sanno dire qualcosa di giusto”.
Oowada.
Sono
tutti disposti a rischiare la loro vita, ad immolarsi per la speranza
che tu stesso hai dato loro. Una cosa simile non sarebbe mai successa
prima… nessuno ti avrebbe dato retta, e tu di sicuro non
avresti alzato un dito per nessuno di loro. Sei cambiato, Byakuya-chan.
Dovresti esserne fiero.
Byakuya
non rispose, ma si limitò a sorridere. Un sorriso sincero,
sereno, nulla a che vedere coi rari ghigni soddisfatti che usava
dispensare al mondo.
Posso
farcela. Possiamo farcela.
Si
incamminò in corridoio, seguito a ruota dagli altri.
A
noi due, Enoshima. Questa è la resa dei conti.
Le
ore seguenti sembrarono passare con lentezza esasperante.
La
tensione era palpabile, e per via della minaccia di Monokuma nessuno
aveva voglia di rimanere da solo più del necessario: tutti,
persino i più scettici nei confronti di Togami, scelsero di
rimanere insieme agli altri per arginare i pericoli. Non era di sicuro
una garanzia di sopravvivenza, ma bastava a tranquillizzare gli animi
in attesa del responso di Alter Ego.
“E
quindi hanno deciso di stare tutti vicini vicini per evitare i miei
attacchi a sorpresa, eh? Ma che adorabili coniglietti terrorizzati,
upupupu!” ghignò Monokuma, osservando le immagini
sul suo megaschermo. “Tu non hai nulla da riferirmi, mia fidata
talpa?”
“Hanno
intenzione di fuggire” rispose Sakura, pacata. “Il
loro intento è aggirare il sistema di sicurezza e fuggire
dall’entrata principale.”
“Aggirare
il sistema, eh?” rispose Monokuma, grattandosi il mento
peloso con una zampa. “E sia, che facciano pure. Li
attenderò al varco, upupupupu!”
Sakura
rimase in silenzio ad osservare l’orso meccanico roteare
sulla sedia, augurandosi che la sua recita fosse andata a buon fine.
“Quanto
credete che ci vorrà ancora?”
“Non
si sa, Asahina-san. Fujisaki-san ha detto che ci sarebbe voluta mezza
giornata, forse meno… sapremo solo quando sarà
tornata dal secondo piano insieme ad Oowada-san.”
Aoi sospirò e ringraziò Naegi, per poi
accoccolarsi accanto a Sakura.; Makoto si voltò a guardare
Togami, più silenzioso del solito, intento a lanciare
occhiate verso la porta dello spogliatoio. Un gruppo di studenti era
rimasto barricato in caffetteria, mentre lui, Byakuya, Sakura e Aoi
erano nel bagno in attesa di notizie da Chihiro. Kyouko invece era
sparita, dicendo solo che “aveva qualcosa da
controllare”.
“Sei
nervoso, Togami-san?” chiese Naegi con voce innocente.
“Sì,
sono nervoso. Stiamo per entrare nella fase cruciale del piano e non
abbiamo ancora notizie da Fujisaki, oltre a Kirigiri che è
svanita come solo lei sa fare”.
“Abbi
pazienza, Togami. Come tu stesso hai detto una volta, ci stiamo
giocando il tutto per tutto ed è normale che ci voglia del
tempo”. Lui si voltò verso Oogami, colei che aveva
pronunciato questa frase, e abbozzò un mezzo sorriso. Gli
sarebbe piaciuto riuscire a farlo completo, ma era comunque in
sufficiente tensione da non riuscirci.
“A
dire il vero ciò che mi preoccupa di più
è Kirigiri. Una volta, la prima, con le sue escursioni
solitarie era arrivata al punto di farci pensare che il cadavere con la
maschera che avevamo trovato nel giardino botanico fosse il
suo…”.
“Giardino
botanico? C’è un giardino in questa
scuola?”.
“Oh
sì che c’è. Questa è la
Kibougamine, mica un liceo di periferia. Abbiamo un giardino botanico,
un’aula per gli svaghi, un laboratorio attrezzatissimo e un
sacco d’altra roba”.
“E
com’è che…”.
“Ai
piani superiori, attualmente bloccati”.
“Oh”.
La
conversazione si spense naturalmente.
Si
respirava un’aria… strana in quello spogliatoio.
Aspettativa, speranza e una goccia di pessimismo.
Poi
l’impasse si ruppe di schianto.
“Ha
finito! Ha finito!” fu l’urlo liberatorio di
Chihiro che lo accompagnò mentre irrompeva nella stanza.
Tutti
scattarono in piedi come saette e lo circondarono.
“Com’è
andata? Com’è andata?”.
“Seguitemi
fuori” fu la criptica risposta dell’hacker.
Li
condusse all’esterno, portandoli davanti a una rampa di scale
bloccata. Byakuya era l’unico a poterla riconoscere come la
via d’accesso ai dormitori dei professori che, nei suoi
ricordi, diventava utilizzabile solo molto tardi.
“Ebbene?”
chiese impaziente Aoi.
“Tre…
due… uno...” si limitò a contare
Fujisaki.
E
quando giunse allo zero la saracinesca si aprì da
sé.
Scoppiarono
grandi urla di gioia. Asahina, fedele al suo essere ragazza energica,
non seppe trattenersi e strinse Fujisaki più forte che
poteva. Per grande imbarazzo del poveretto.
Gli
sarà venuta un’erezione…
Taci.
So che cosa gli può essere venuto. Comunque questa
è fatta. Adesso c’è da avvisare gli
altri e…
Esattamente
com’era venuta, la felicità se ne andò.
In
cima alla prima rampa di scale apparve un Monokuma. L’occhio
rosso gli brillava e le zanne facevano bella mostra di sé.
“Primo
posto di blocco da superare, bastardi”.
“Asahina,
vai a chiamare gli altri! E fai attenzione nel tratto di strada che
farai da sola!” sbraitò Togami, assumendo con
estrema naturalezza il ruolo del leader. Lei ubbidì senza un
fiato.
Assegnato
il compito alla messaggera, il generale trovò appropriato
rivolgersi alla loro arma migliore: “Madamoiselle
Oogamì, se vuole prendersi
l’onere…”.
“Volontier,
monsieur Togamì”. E si fece avanti da sola,
fronteggiando l’orso che a sua volta si stava avvicinando al
gruppetto.
Urca.
Sa persino il francese, quell’ammasso di muscoli.
Fossi
in te non la insulterei. Ho idea che sia capace di venire a prenderti e
gonfiarti come una zampogna. Non che la cosa mi dispiacerebbe poi
così tanto.
Ma
dai. Ormai siamo amiconi, io e te.
Seh.
I
due contendenti cominciarono a darsele di santa ragione proprio al
centro della rampa ma, data la posizione non esattamente congeniale,
non riuscivano ad esprimersi al meglio. Fu Sakura a invitarlo a
spostarsi di lì, non prima di aver evitato per un soffio
un’artigliata che stava per cavarle entrambi gli occhi.
Urlò
agli altri di levarsi e piroettò all’indietro, con
una grazia che lascio i presenti a bocca aperta. Specialmente a causa
del fatto che, data la sua non indifferente stazza, nessuno se lo
sarebbe mai e poi mai aspettato.
Venne
immediatamente raggiunta dall’animale e i due ripresero la
baruffa.
Fu
solo in quel momento, in disparte rispetto al punto nevralgico, che
Togami si avvide del ritorno di Kirigiri che sopraggiungeva dal lato
della lavanderia.
“Alla
buon’ora, Kirigiri” commentò Togami,
senza distogliere lo sguardo da Monokuma. “Il party
è cominciato senza di te.”
“Mi
piace farmi desiderare” replicò Kyouko, con una
nota di sarcasmo che non mancò di stupire i presenti.
“Ma mi farò perdonare, ho qualche regalo per
voi” disse, e così facendo lanciò verso
i presenti mazze da baseball, pesi e altri attrezzi da ginnastica.
“E
questi?” chiese Naegi, stupefatto.
“Ero
già in giro a recuperare qualche arma e ho pensato di salire
al secondo piano. Per fortuna ho trovato la palestra.”
“Ottimo”
commentò Mondo, appena arrivato dalla caffetteria insieme ad
Aoi e gli altri e soppesando una mazza da baseball con una mano.
“Non saranno armi da fuoco, ma almeno potremo
difenderci!”
Togami
rimase qualche istante in silenzio, poi si voltò verso gli
altri.
“Oowada!”
tuonò.
“Cosa
vuoi, quattrocchi?” ringhiò Mondo, impegnato a
pestare altri Monokuma apparsi dal nulla “Sarei un attimo
impegnato!”
“Brutto gorilla che non sei altro, dici che tu e Sakura ce la
fate a mantenere tutti in vita mentre io, Kirigiri e Naegi ci
allontaniamo un attimo?”
“Per
chi mi hai preso, Scion di sta ceppa?” replicò,
facendo un home run usando la testa di un Monokuma.
“Sbrigatevi o ce ne andiamo senza di voi!”
Senza
perdere tempo, Togami fece cenno agli altri due di seguirlo su per le
scale vicino alla palestra del primo piano. Prima di scappare
afferrò Touko per un polso e la trascinò con
sé.
“B-Byakuya-sama…?”
“Non fare domande e seguici!”
“Togami-san,
che intenzioni hai?” chiese Naegi.
“Ve
lo spiego mentre saliamo.”
“Che
combattimento noioso… sono tutti integri! Mica mi accontento
dei graffietti superficiali io!”
“Se
vuoi il sangue, sangue avrai, Enoshima. Il tuo.”
Junko
Enoshima si voltò di scatto verso la porta del suo ufficio.
Sulla
soglia, Byakuya Togami, seguito a ruota da Makoto Naegi, Kyouko
Kirigiri e Touko Fukawa, la fissava con un sorriso vittorioso - e a
tratti inquietante.
“Hai
perso, Junko Enoshima.”
“Io?
Perso? Deliri. Io non posso perdere perché vinco anche
quando perdo. Noi siamo Enoshima e non perdiamo”.
«Noi
siamo Enoshima». È arrivata a questo punto di
follia. Mi sento quasi pietoso nell’ucciderla, ora.
Ucciderla?
Non starai… esagerando?
Esagerare
con questo scarto di galera? Proprio no. Per tutto quello che mi ha
fatto penare deve pagarla. Salata.
“Va
bene, va bene. Sei spaziale, fortissima e imbattibile. Ora dacci il
pulsante per sbloccare l’ingresso, così poi posso
fracassarti la testa in santa pace” intimò
puntandole una mazza da baseball verso la faccia. Mazza che si era
fatto passare da Kirigiri durante il tragitto.
“T-Togami-san,
è necessario giungere a tanto?” azzardò
Naegi “Serve davvero… ucciderla?”.
“Tu
vorresti fargliela passare liscia, per caso?”
ringhiò voltandosi verso di lui.
“Capisco
la tua rabbia, ma… non voglio dover scendere al suo
livello”.
“Non
ti sto chiedendo di farlo perché lo farò io. Ho
un conto in sospeso con questa sgualdrina e intendo saldarlo”.
“Byakuya-sama…”
disse sottovoce Touko mettendogli una mano sulla spalla.
“Che
c’è!” urlò
l’interpellato. Si stava lasciando andare, Togami,
permettendo alla parte più feroce e vendicativa di
sé di emergere con prepotenza e di dominarlo.
“N-niente!
Va tutto benissimo! Se vuoi davvero ucciderla… io ti
sostengo!” guaì Fukawa ritirando la mano. Lui
riuscì a cogliere nel suo volto paura, ma non per Enoshima.
Aveva paura di lui.
“Kirigiri,
dimmi che almeno tu mi capisci…”.
“No,
non ti capisco. Abbiamo vinto, il mastermind è inerme di
fronte a noi e ce l’abbiamo in pugno. Non ha nessuna
utilità pratica il concedersi anima e corpo ai propri
istinti barbari” sentenziò, al solito gelida come
l’Artico.
“Upupupupupupupupu.
Byakky, tu sai cosa succede all’accademia se io
muoio… vero? Prendendo per buona quella tua fesseria sui
loop temporali… sicuramente ti è già
successo almeno una volta, e conosci le
conseguenze…” disse melliflua Junko, con le mani
sui fianchi. Era fin troppo serena per essere una con davanti a
sé un tizio che la voleva morta.
“Oh…
oh merda” si lasciò scappare Togami, indebolendo
inconsciamente la presa sulla mazza.
“Che
c’è?” domandò Kirigiri,
inquieta “Cosa non sappiamo?”.
“Se
Enoshima muore… il sistema d’aerazione della
scuola si disattiva”.
“E
quindi? Non vedo il problema. Vogliamo uscire di qui”.
“Byaaaaaaaaaaaakky,
racconta ai tuoi amici del mondo esterno. Su” lo
aizzò Junko.
Merda
merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda.
“Il
mondo là fuori è distrutto. Questa maledetta
pazza e la sua ghenga di squilibrati sono riusciti, non so come, a
provocare l’anarchia. Chiedete a Genocider”.
“A
chi è che dobbiamo chiedere adesso?”.
“Touko,
mi spiace ma è necessario…”.
L’attenzione
dei presenti si concentrò su di lei, che prese visibilmente
a tremare.
E
starnutì.
Naegi
e Kirigiri non credevano ai loro occhi: dove fino a pochi secondi prima
stava la timida Touko Fukawa, ora stava una che le
assomigliava… ma non era lei.
Touko
Fukawa non aveva quella lingua spropositata. Touko Fukawa non
maneggiava con destrezza delle affilatissime forbici. Touko Fukawa non
sorrideva in quel modo.
“Et
voilà. Ecco la vostra amichevole Genocider di quartiere!
Dunque dunque dunque, fammi un po’ vedere chi posso ammazzare
fra di voi…”.
“Genocider,
rispondi alla mia domanda: com’è la situazione del
mondo al di là delle mura della Kibougamine?”
chiese Togami, diretto.
“Ulllalà,
ma che bel manzo. A cui piace fare la voce grossa, noto. La cosa mi
eccita da morire” miagolò, prendendosi i
complimenti di Junko.
“Che
cazzo è, stiamo diventando uno spettacolo comico? Rispondi,
fottuta serial killer!”. La forza e l’ira messe da
Byakuya in queste parole azzittirono ogni possibile replica.
“Il
mondo… è uno schifo. Tutto a pezzi. Ci sono bande
di teppisti con le maschere di un orso metà bianco e
metà nero sulla faccia che si divertono a sfasciare lo
sfasciabile. I governi sono andati a donne di facili costumi, e lo
stesso vale per la polizia e qualsiasi altra istituzione. È
il caos più totale”.
BOOOOOOOOOOOM.
“Che…
che diavolo succede ora? Cos’era questo botto?”.
“E
mentre noi eravamo qui a far salotto” cinguettò
Enoshima con un sorriso a sessantaquattro denti “i miei
adorati si davano da fare. Perché non date
un’occhiata ai monitor dell’altra
stanza?”.
Kyouko
si precipitò fuori. Trenta secondi dopo rientrò,
lo sguardo vitreo.
“Yamada…
uno dei Monokuma gli dev’essere esploso addosso…
mi è sembrato che anche Celes e Oowada fossero
feriti…”.
“Vogliamo
concludere o no questa scenata? Mi sto annoiando” disse Junko
giocherellando con una ciocca di capelli.
Vuoi
davvero ucciderla, Byakuya-chan? Non dico che non lo meriti
ma… credi che risolverebbe qualcosa?
Byakuya
non rispose.
Sai
meglio di me che vivere o morire non fa differenza per Enoshima.
Finché qualcosa le causa disperazione per lei va bene.
Quindi dimmi… ne vale la pena?
Mentre
Togami ancora rifletteva, dal corridoio continuavano ad arrivare rumori
di esplosioni, urla e altri suoni inquietanti.
“Allora,
Togami, che intendi fare?” trillò Enoshima,
sfoderando la sua personalità da ragazzina kawaii; Kirigiri
e Naegi rimasero in silenzio, in attesa di una risposta.
Alla
fine decise.
Voltò
le spalle ad Enoshima e tornò verso la porta
d’ingresso.
“Togami-san…?”
“Andiamo
Naegi. Non vale la pena sprecarsi con questa”
replicò Togami. “Probabilmente morirà
sola e pazza qui dentro, o le cadrà una trave in testa o che
so io. È inutile sporcarsi le mani.”
Sollevato, Naegi si affrettò a seguirlo, mentre Kyouko
continuava a tener d’occhio Enoshima, che sembrava non essere
affatto sorpresa dalla scelta di Byakuya.
“Sei
diventato una mammoletta, Togami” commentò Junko,
premendo alcuni tasti sulla pulsantiera della sua postazione.
“Ti credevo un bastardo tutto d’un
pezzo… mi deludi. E la delusione non mi dà abbastanza
disperazione.”
Così
dicendo, Junko premette un altro pulsante ed un boato
risuonò in tutto il corridoio fino al suo ufficio tanto da
far tremare le pareti.
“Co-cos’è
stato?” urlò Naegi cercando di sovrastare il boato.
Kyouko
non rispose ma si limitò ad indicare il megaschermo,
sconvolta: alcuni dei Monokuma mandati da Enoshima contro i loro
compagni erano esplosi, coinvolgendo alcuni di loro. Celes sembrava
ferita in maniera letale, così come Ishimaru; Mondo era a
terra ma sembrava muoversi ancora; Sakura, sanguinante, era riuscita a
far da scudo a Chihiro e Aoi.
Togami
fissò lo schermo con occhi sgranati, mentre sentiva la
scintilla della speranza spegnersi.
Tutto
inutile… tutto inutile.
Quindi
ti arrendi, Byakuya-chan?
Ho
forse scelta?
C’è
sempre una scelta, Byakuya-chan. Soprattutto quando hai la fortuna di
non ritrovarti da solo nella merda fino al collo.
Un
rumore di forbici e uno strillo lo distolse dai suoi pensieri.
“Andatevene
via.”
“T-Touko?”
Mentre
Byakuya e gli altri fissavano lo schermo, Genocider Syo aveva preso il
controllo della situazione. E adesso Enoshima si ritrovava una forbice
conficcata nella mano destra ed una puntata alla gola.
“Maledetta
fujoshi…” ringhiò, senza staccare gli
occhi di dosso a Genocider, che replicò ridacchiando:
“Non paragonarmi a quel topo da biblioteca! Guarda te
piuttosto, con questi vestiti da sgualdrina!”
“T-Tou…
Genocider” chiese ancora Togami, “che intenzioni
hai?”
“Andatevene, ci penso io a tenere occupata la
pazza” rispose Syo, roteando la lingua innaturalmente lunga.
Poi si voltò verso Byakuya e gli fece
l’occhiolino: “Tranquillo, te la riporto intera la
tua fujoshi! Se muore lei muoio anch’io, e non ci tengo
proprio!”
Sarà
meglio per te pensò
Togami, mentre la voce ridacchiava soddisfatta.
Cos’hai
da ridere, tu?
Niente,
niente. Trovo solo spassoso che una serial killer sia la vostra
salvatrice, tutto qua. E mi fa ridere la tua… come la devo
chiamare, galanteria romantica?
…
ehi, tieni a freno la lingua.
Ma
non ci penso nemmeno. Sei un esemplare divertente, ecco.
“Ascolta,
Genocider. Tu tienila sotto tiro e fatti dare il dispositivo che
sblocca il portone. Se fa resistenza tanto meglio, tagliale qualche
dito per convincerla a collaborare. Io e gli altri torniamo sotto a
dare a una mano con quell’orda di bombe con le
zampe”.
“Signorsì
signore”.
“Ma
toglimi una curiosità” proseguì
fermando la propria corsa “perché ti sei avventata
su di lei? Non rientra esattamente nel novero delle tue vittime
predilette. E soprattutto… perché stai dalla
nostra parte?”.
“Rispondo
ad entrambe le domande con un: questa mi sta sulle palle. Antipatia
istantanea. Al contrario tu mi piaci. Molto”.
“Devo
pensare che cercherai di sgozzarmi, in un prossimo futuro?”.
“Forse.
Ma nel frattempo me la spasserò con te e un letto
morbido”.
“Non
sono neanche sicuro che fuori ci sia ancora, un letto
morbido”.
Detto
ciò raggiunse Naegi e Kirigiri, che si erano già
avviati verso il primo piano.
E
quando vi giunsero…
La
situazione era critica, sebbene pareva non ci fosse più un
solo Monokuma funzionante: il pavimento sembrava fosse stato ridipinto
di rosso, c’era gente che ululava dal dolore e pezzi di
transistor sparsi un po’ ovunque.
Byakuya
si fermò un attimo, mentre accanto a lui Makoto e Kyouko non
persero tempo e si fiondarono sui feriti. Era… era veramente
dispiaciuto per quanto stava vedendo.
Come
temevo non ce l’ho fatta. I buoni propositi non bastano e,
nonostante tutti i nostri sforzi, qualcuno non vedrà mai
più l’esterno di questa maledetta scuola.
Hai
fatto del tuo meglio. Davvero. Non sono sarcastico, né sto
cercando di indorare la pillola. Più di così non
si poteva proprio ottenere. Ricordatelo sempre: nella situazione in cui
eravate, queste sono perdite… accettabili, da un certo punto
di vista. Tragiche senza dubbio, non voglio sminuirle. Ma sul serio,
per come eri partito hai fatto passi da gigante e sei riuscito a
salvarne la maggioranza. È un grande risultato, nonostante
tutto.
Per
la prima volta da quando sei emersa… non ti trovo irritante.
Grazie.
Ora vai a dare una mano ai tuoi soci. Alcuni di loro sono ancora
recuperabili.
E
a proposito di recuperabili. Sakura, tenendosi la testa che grondava
sangue, si avvicinò a lui che era rimasto imbambolato dal
discorso mentale.
“Togami…”
esordì, per poi fermarsi subito.
Lui
evitò di incrociare i suoi occhi. Si sentiva… in
colpa per com’era ridotta.
“Togami”
ripeté “guardami”.
Alla
seconda esortazione cedette e si voltò nella sua direzione.
“Cosa…
cosa c’è?”.
“Innanzitutto
non preoccuparti troppo per me. Sono messa maluccio, non lo nego, ma
niente che possa realmente farmi fuori. In seconda battuta
io… volevo ringraziarti”.
“Ringraziarmi?
E per cosa, per avervi guidato con grande baldanza verso…
questo massacro?” disse indicando davanti a sé,
dove sembrava di essere a Coventry dopo un bombardamento della
Luftwaffe.
“Sì.
Esattamente per questo. Senza di te non avremmo mai smascherato
Enoshima e saremmo morti come topolini nella sua gabbia di
crudeltà”.
“Sei
gentile, ma il risultato non mi soddisfa per nulla”.
“È
importante saper convivere con un mezzo successo, invece che con un
successo completo”.
“Non
lo chiamerei neanche quindicesimo
di successo,
‘sto macello”.
“Ah
davvero? E dimmi, la prima volta che hai vissuto tutto
questo… in quanti eravamo usciti?”.
“In
sei…”.
“Ecco.
Penso di poter dire con certezza che oggi saremo ben più di
sei”.
Non
le rispose, limitandosi a un fiacco cenno d’assenso. Sapeva
che quanto stava dicendo era vero e una parte di sé era
contenta di aver messo al riparo un così gran numero dei
suoi compagni. Un’altra parte di sé
però, più subdola, non mancava di ripetergli che
aveva fallito. E fallito male.
“Su.
Ora vi aiuto con gli altri feriti” concluse lei,
sorridendogli.
“Grazie”.
Si
avviarono verso gli altri.
Togami
stava per dedicarsi a Chihiro e Aoi, appiattiti contro il muro a
battere i denti, quando sentì un lamento alla sua sinistra.
Sarebbe stato solo uno dei tanti se non fosse che… stava
chiamando proprio lui.
Ohibò.
Sono una superstar richiestissima, a quanto pare.
Si
voltò e un fulmine figurato gli sfondò il cranio.
Era
Celes.
Uh?
Si
accucciò vicino a lei, che sembrava proprio stesse tirando
le cuoia. Uno squarcio enorme all’altezza dello stomaco le
aveva macchiato tutto il vestito.
Byakuya
non capì cosa lo spinse a prendere la sua mano nelle
proprie. Scelse di ignorare il ribrezzo che si fece sentire quando le
dita si bagnarono di sangue.
“Ludenberg,
sei sicura di voler passare i tuoi ultimi momenti con me?”.
“Uno
*coff coff* uno vale l’altro... e poi
volevo…”.
“Non
vorrai chiedermi scusa o ringraziarmi o qualche baggianata del genere,
spero”.
“Neanche…
eh eh, neanche morta… *coff coff* volevo solo... dirti che
il... mio fantasma ti perseguiterà... fino alla fine dei
tuoi giorni...”.
“Non
ne dubitavo. Sono responsabile della tua morte”.
Non
ebbe risposta.
Mi
aspettavo qualcosa di più profondo, di più
toccante. Fa nulla, quel che è fatto è fatto.
Rialzandosi
le dedicò un rapido pensiero, meno puro e dolce di quanto si
fa di solito con chi è appena trapassato.
Poi,
finalmente, riuscì a rivolgersi a chi ancora respirava.
Si
avvicinò ad Ishimaru, constatandone il decesso;
pensò che, in un’altra linea temporale, Oowada si
sarebbe disperato tanto quanto Ishimaru fece la prima volta dopo la
condanna di Mondo. Non aveva idea di come avrebbe reagito adesso quel
rozzo motociclista, ma disgraziatamente non ci sarebbe voluto molto a
scoprirlo.
“Cazzoooooo,
la mia testa!”
Byakuya
alzò gli occhi al cielo.
“Anche
in punto di morte riesci a farti riconoscere, Oowada?”
“In punto di morte sticazzi, anche! Ci vuole ben altro per
farmi fuori” rispose, rimettendosi in piedi a fatica.
“Aspetta di uscire di qui, poi vedi
come…” disse, incamminandosi verso
Togami… e fermandosi di colpo.
A
pochi passi da loro, il corpo inerte di Ishimaru.
Mondo
rimase immobile a fissarlo per un tempo che a Byakuya parve
interminabile… poi lo vide inginocchiarsi accanto al
cadavere e poggiarvi una mano sugli occhi, probabilmente per chiuderli
come ultimo gesto d’affetto.
Il
fatto che tu non li abbia visti interagire non vuol dire che non
avessero legato comunque, sai Byakky-chan?
Non
c’è scherno o rimprovero nel tono della voce,
solo… compassione, decise Byakuya.
Poi
Mondo si voltò, gli occhi visibilmente lucidi ma il tono di
voce fermo e risoluto.
“Muoviamo
il culo e andiamo via da qui.”
Tutti
annuirono, tranne Togami: “Fukawa è ancora al
piano di sopra con Enoshima. Non possiamo lasciarla
lì” e dicendolo scattò verso le scale,
seguito a ruota dai superstiti.
“Che
cazzo mi sono perso?” fu l’unico commento di Mondo,
ancora spaesato, ma tutto ciò che poté fare fu
limitarsi a seguirli.
Erano
appena giunti alle scale che portano al quarto piano, pronti ad
assediare l’ufficio di Junko quando, in cima alle scale,
apparve proprio lei.
Enoshima
era in piedi davanti a loro, coperta di sangue e tagli - il probabile
risultato di uno scontro diretto con Genocider, e
l’espressione a metà tra la furia e la follia
più pura.
Quando
Togami notò cosa stava ai suoi piedi, ebbe voglia di
ucciderla. Di nuovo.
“Fu-Fukawa-san…”
balbettò Aoi, dando voce ai pensieri di Byakuya: Junko la
trascinava per una delle lunghe trecce, alla stregua di un sacco di
patate. Si udì un gemito, e Togami riprese a respirare.
Touko era ancora viva.
“Il
tuo rottweiler era tanto fumo e quasi niente arrosto, Byakky.
L’ho messa KO tutto sommato facilmente” fece lei
con nonchalance, quasi stesse andando a fare una scampagnata.
Togami
ribollì d’ira. Il suo autocontrollo, lo stesso che
pochi minuti prima gli aveva consentito di non prenderla a colpi di
mazza da baseball fino a sfigurarla, stava facendo le valigie e gli
stava dicendo che le Bahamas sarebbero state tristi senza di lui.
Poi
qualcosa che, almeno nel brevissimo termine, lo calmò:
“Ah davvero, cara la mia psicopatica da strapazzo? E allora
com’è che all’appello delle tue dita
manca un’unità?”.
Gli
occhi di tutti si fissarono sulle mani di Junko. Effettivamente il suo
pollice sinistro… era tranciato a metà.
“Io
l’avevo detto tanto per essere folkloristico, ma
evidentemente Genocider mi ha preso sul serio. E ti dirò, la
cosa mi fa solo piacere. Ora, però, credo tocchi a me finire
ciò che lei ha iniziato”.
Ancora,
Byakuya-chan? Abbiamo già affrontato questa parte, suvvia.
Non essere ripetitivo.
Prima
le tue obiezioni avevano un senso. L’avrei praticamente
uccisa a sangue freddo, o poco più. Ora la situazione
è parecchio diversa: se non la massaggio almeno un
po’ con la mazza noi non usciamo di qui. E comunque
tranquillo, non parto con l’intenzione di ammazzarla. Se poi
mi dovessi lasciar andare un po’ troppo… beh, sono
cose che succedono.
Dietro
di lui si alzarono rimproveri, incitamenti a lasciar perdere, tentativi
di disinnescarlo. Tutto fallito.
Byakuya
Togami, in quel momento, sentiva l’impellenza quasi fisica di
dover percuotere Junko Enoshima. In minima parte perché
probabilmente quello sarebbe stato l’unico sistema per farsi
consegnare il meccanismo di apertura del portone, in gran parte
perché voleva picchiarla fino a farla sanguinare.
Più di quanto stesse già facendo.
“Nessuno
si intrometta. Lei è affar mio”.
E
nessuno trovò il coraggio di intromettersi.
Byakuya
salì lentamente le scale. Junko lo guardava impassibile,
senza accennare a una possibile difesa. Nella mente di lui si
formò l’idea che in qualche modo il loro aguzzino
fosse nello stesso stato psicologico della volta in cui si era
condannata a morte da sola: forse rassegnata, sicuramente eccitata alla
prospettiva di provare la disperazione ultima.
Ti
accontento sin troppo volentieri, pazza bastarda.
Quando
le fu a circa un metro si limitò a sibilare un
“Questa è per Fukawa, e spera che non
muoia”, per poi piantarle l’estremità
della propria arma nello stomaco con tutta la forza di cui era capace.
Fu
un pestaggio che lasciò tutti attoniti. Tutti tranne Mondo
che, dato il suo background, si trovò inconsciamente a
valutare la prestazione di Togami come se fosse un giudice a una gara
di pattinaggio.
Alla
fine, accanto al corpo quasi incosciente di Touko, venne a trovarsi
quello messo non poi troppo meglio di Enoshima.
“Bene
*anf anf* strega” disse poi, mentre la mazza gli scivolava di
mano “adesso mi sono sfogato. Mi puoi anche dare quello che
voglio”.
“Troppo…
troppo facile, Byakky… te lo devi
guadagnare…”.
“Cosa?
Di che farnetichi?”.
“Voglio…
divertirmi ancora… un pochino… e
quindi… l’ho nascosto…”.
“Tu
hai fatto COSA?”.
“Vi
conviene… darvi una mossa… non credo
di… averne… ancora per molto… e
mentre… me ne vado… assaporerò
ancora…”.
Non
fece in tempo a finire perché lui le schiacciò la
faccia col piede, completamente fuori di sé.
Mi
rifiuto di crederci. Questa maledetta stronza riesce a fotterci anche
da morta.
Si
voltò veloce verso i compagni, ignorando il sudore che gli
colava dalla fronte.
“Gente,
so che stiamo messi male… ma non abbiamo tempo da perdere.
Dobbiamo trovare quell’aggeggio prima di subito”.
“Eh?
Perché mai tutta questa fretta?” chiese Sayaka,
ovviamente all’oscuro delle implicazioni.
“Come
ho già detto a Naegi e Kirigiri, se Enoshima muore il
sistema di filtraggio dell’aria dell’accademia si
disattiva. Almeno, questo è quanto dice lei… ma
non ho nessunissima voglia di testare la veridicità di tale
affermazione”.
“Ci
stai dicendo… che questo cazzo di scarto di
galera… vuole portarci con sé?”.
Byakuya non commentò ad alta voce la classica uscita di
Mondo, trovandola naturalmente fuori luogo e insensata.
“Purtroppo
sì. Chiunque di voi è in grado di muoversi con
sufficiente agilità… ve lo chiedo per favore,
sbrighiamoci”.
Makoto
e Kyouko lo osservarono in silenzio, attoniti; qualcun altro
scoppiò a piangere, probabilmente Aoi o Chihiro; altri
imprecarono. Poi finalmente si mossero e si sparpagliarono in diverse
direzioni.
Byakuya
si voltò verso il corpo esanime di Enoshima: il volto
sfigurato dal suo calcio sembrava distorto in un ghigno soddisfatto,
quasi godesse ancora per il suo ultimo tiro mancino. Togami si
trattenne dall’accanirsi ancora su di lei, lasciandola invece
lì a morire, dedicandosi a Fukawa: la ragazza era
incosciente, piena di tagli e con gli occhiali rotti, ma respirava
ancora e questo era già un ottimo segno.
Voleva
dare una mano agli altri e cercare il congegno, ma d’altra
parte non se la sentiva di lasciar sola Touko, non con Junko che ancora
respirava. La prudenza non è mai troppa, si disse.
Si
sedette accanto alla ragazza, e senza nemmeno accorgersene le prese una
mano.
“Guai
a te se muori adesso, fujoshi” borbottò,
“non hai il mio permesso.”
Touko
strinse debolmente le dita attorno alle sue, e lui lo
interpretò come un sì.
Cercarono
in lungo e in largo senza sosta: misero a soqquadro le loro stanze,
controllarono i bagni, persino i piani che fino ad allora erano rimasti
inaccessibili; cercarono in ogni aula, in caffetteria, persino
nell’inceneritore. Trovarlo in pieno funzionamento li
gettò nello sconforto, temendo che il congegno potesse
trovarsi lì.
E
quando tutto sembrava ormai perduto…
“PIM
POM PAM POOOOOM! Qui è il vostro preside che parla, e se
state ascoltando questo messaggio significa che voi bastardelli mi
avete ucciso e state per seguirmi all’inferno! Da questo
istante il sistema d’aerazione smetterà di
funzionare e voi morirete, lentamente, upupupupu! Ve la siete cercata,
brutti bastardi! PIM POM PAM POOOOOM!”
Si
scambiarono occhiate colme di panico.
Era
la fine.
“Maledetta…”
Non
poteva crederci, nonostante il messaggio.
Non
era giusto.
Junko
Enoshima non poteva aver vinto, non dopo quello che lui aveva passato!
Togami
si accanì ancora su di lei, prendendo a calci il cadavere
della ragazza.
“Che
tu sia dannata Enoshima!” urlò, continuando a
calciarla. “Avrei dovuto ucciderti quando ne avevo
l’occasione!”
Si
fermò per riprendere fiato.
“E
tu? Dove sei adesso che le cose precipitano, eh?!”
urlò, rivolgendosi alla fastidiosa voce che
l’aveva accompagnato per tutto quel viaggio assurdo.
“Sei sparita, eh?!”
Lanciò
un urlo, incurante dello spreco di ossigeno, per poi tornare ad
accanirsi sul corpo inerte di Enoshima, quando…
Tac.
Un
rumore sordo, di qualcosa che cade.
Incuriosito,
si accucciò accanto al cadavere.
Dalla
giacca di Junko era caduto il congegno d’apertura.
Byakuya
scoppiò in una risata isterica, dandosi
dell’idiota per non averci pensato subito.
“Maledetta
stronza…” borbottò, e senza perdere
altro tempo premette il pulsante.
E
subito si maledì per essere stato avventato: gli altri erano
sparsi per tutta la scuola ed era molto probabile che qualcuno, magari
con la testa dentro una tazza del wc, non si fosse accorto di nulla.
Beh,
almeno il problema pressante è stato risolto. Ora abbiamo
margine per chiudere questi piccoli disguidi tecnici.
Non
gli venne in mente altro che raccogliere Touko da terra, badando bene a
non danneggiarla ulteriormente, e dirigersi verso la sala di controllo
di Monokuma.
Sarebbe
stato un pochino complicato, forse, ma non aveva sottomano sistema
migliore di quello per avvisarli nel minor tempo possibile.
Prima
di andarsene, però, si concesse un ultimo sfregio al loro
carceriere: le sputò addosso, ancora pieno d’astio
e risentimento.
Non
aveva mai odiato così tanto nessuno in vita sua, e
dubitò che qualcuno le avrebbe rubato il posto tanto presto.
Comunque
è meglio sbrigarsi, dato lo stato del mondo esterno non si
sa mai chi o cosa può entrare dal portone ora. E
bisognerà prestare soccorso rapido a questa poveretta,
sarebbe davvero… davvero…
“Orribile
se morisse”? Questo intendevi, Byakuya-chan?
Adesso
ti fai viva, eh? Quando non servi più a nulla? Sei squisita,
davvero.
Oh
senti, mi diverto come posso. Sono sempre solo una voce incorporea, non
ho tanti modi di spassarmela.
Santo
dio, taci. Sul serio.
Minchia,
quanto sei permaloso. Datti una calmata che non ti fa bene alla pelle.
Vaffanculo,
ok?
Insomma,
i dialoghi mentali erano carini e spassosi -si fa per dire- ma anche
basta.
Giunse
in poco tempo dove doveva arrivare, appoggiò con tutta la
delicatezza di cui fu capace il corpo di Touko che, si accorse con una
punta di terrore, respirava sempre più affanosamente e
cominciò a smanettare coi comandi per capire come cavolo si
faceva per far manifestare quell’insopportabile orso.
Al
quarto tentativo capì bene il procedimento e si
preparò psicologicamente all’ingrato compito di
informarli uno per uno delle novità.
Qualcuno
avrebbe trovato divertente il momento in cui apparve di fronte a Mondo.
L’uomo coi capelli a banana venne giustamente preso in
contropiede dalla comparsa della loro nemesi e, nonostante fosse ferito
in maniera non proprio superficiale, cercò di ridurre il
messaggero a un colabrodo.
“Fermo,
scimmia a tre teste! Sono Togami!”.
“Uh?
Togami? Cosa cazzo stai combinando con ‘sto coso, si
può sapere?”.
“Cercavo
di dirvi che siamo salvi. Sono stato fortunato e, mentre prendevo a
calci Enoshima, da una tasca le è caduto fuori il
dispositivo. Abbiamo l’aria”.
Nella
testa di Byakuya sfrecciò una bestemmia quando Oowada,
giusto per mantenersi fedele a se stesso, lo accusò di
prenderlo per il culo e di essere realmente Junko che cercava di
seminare zizzania.
“Sei
un maledetto coglione con la testa piena del gas di scarico di una
macchina dove dovrebbe esserci il tuo cervello. Ora mi
credi?”.
La
risata di Mondo lo infastidì e lo rilassò nello
stesso momento.
Almeno
gli altri non posero ulteriori ostacoli e la pratica venne sbrigata in
un tempo umano.
Mentre
scendeva le scale, sempre portandosi dietro Fukawa, gli venne in mente
un’ultima cosa a cui non era ancora riuscito a dare una
risposta.
Ehi
tu, essere… mi senti?
Forte
e chiaro, Byakuya-chan. Ma… tu che chiami me? Devo
prepararmi a una nevicata di sbobba viola?
Dimmi
solo quello che sto per chiederti, invece di sbrodolare stupidaggini.
Sono
tutto orecchie.
Tu
chi sei realmente? E bada che pretendo una risposta sensata, se
è possibile.
Come
chi sono? Non mi dire che sei così poco fantasioso da non
averlo capito.
…
Ma
dai, sei già senza parole. Mi deludi, Byakuya-chan.
No
ecco, adesso te lo devo proprio dire: smettila. Di. Usare. Quel.
Pessimo. Soprannome.
No.
Io posso.
…
e sentiamo il perché pensi di potere.
Semplice:
sei il tuo migliore amico. Chi meglio di te stesso può usare
il “-chan” per rivolgersi a te?
…
Sul
serio, Byakuya? Non l’avevi capito che non sono altro che una
parte del tuo cervello? Se ben ti ricordi, una volta, ti ho detto che
avresti fatto bene a salutare la tua sanità mentale. Io ne
sono il motivo.
…
Sei
carino quando ti zittisci. Ebbene, la risposta che tanto agognavi
è questa. Soddisfatto?
Prima
o poi io e te ci facciamo due conti, per ‘sta storia.
Certo,
certo. Tremo tutto.
Troncò,
fin troppo sconvolto da quanto aveva appena scoperto.
Non
adesso. Adesso voglio solo uscire da questo postaccio.
Ci
mise più del previsto, considerato il bagaglio che si
trascinava dietro. Quando finalmente giunse all’ingresso
venne accolto dai sorrisi degli altri. Sì, persino di Mondo.
“Eccoti
qui finalmente, Togami-san!” fu l’entusiastico
rimarco di Naegi. Subito smorzato alla vista della povera Touko.
“Ha
urgente bisogno di cure o ci lascia le penne”
sentenziò Byakuya, cercando di apparire gelido. E fallendo.
“Qui qualcuno ha delle nozioni di soccorso?”.
“Ci
penso io” fece Sakura, emergendo dalle retrovie
“Così ne approfitto per rattopparmi la testa.
Anzi, già che ci siamo… se non vi scoccia
ritardare l’uscita, direi che possiamo provvedere a un giro
di cerotti e bende per tutti quelli che pensano di averne bisogno.
Privilegiando Fukawa, ovviamente”.
Un
paio di loro, quelli usciti meno bene dalla baruffa coi Monokuma, la
seguì verso l’infermeria.
“È
finita, finalmente è finita…” si
ritrovò a dire Togami, non accorgendosi in modo cosciente di
aver dato voce ai suoi pensieri.
“Sì,
è finita. E meglio di quanto avevamo previsto, nonostante
tutto” aggiunse Kirigiri, con tono inusualmente…
felice.
“Per
lungo tempo non l’avrei mai creduto
possibile…”.
“E
io non avrei creduto possibile vederti così, adesso, e
pensare che dobbiamo ringraziare solo te se questo incubo si
è dissolto e se siamo ancora vivi”.
Byakuya
non disse nient’altro, beandosi della sensazione di aver
fatto qualcosa di davvero meritevole nella propria vita. Non rinnegava
del tutto ciò che era e ciò che aveva fatto, ma
questo… era di più. Era meglio.
Si
concesse un sorriso prima di sedersi a terra per recuperare fiato e
calmarsi un attimo. |