Beloved Daughter

di valetralla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I - Railway ***
Capitolo 2: *** Capitolo II - Tea ***
Capitolo 3: *** Capitolo III - Balcony ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV - Lion ***
Capitolo 5: *** Capitolo V - Apples ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI - Sister ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII - Rain (Part I) ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII - Rain (Part II) ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII - Walk ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX - Show ***
Capitolo 11: *** Capitolo X - Soap Bubbles ***
Capitolo 12: *** Capitolo XI - Parade ***



Capitolo 1
*** Capitolo I - Railway ***


Beloved Daughter
 

Stordita, confusa e tanto stanca: ecco come si sentiva mentre vagava per corridoi che non riconosceva più. Gli occhi, arrossati e brucianti, trasmettevano immagini sfuocate, le palpebre gonfie, le lacrime che non smettevano di scendere. Si guardò le mani: il succo violaceo le macchiava le dita, i palmi, arrivando fin sotto le unghie.
<< Chissà che gusto avrà...>> si trovò a pensare mentre tra pollice e medio testava la viscosità del liquido. << Basterebbe così poco...>> e nel mentre avvicinava la punta dell' indice alla sua bocca. Aveva un così buon odore.
- Juno!
Si fermò. Riconosceva quella voce, decisa, perentoria e allo stesso tempo cosi accomodante.
- Non farlo Juno, per favore. - le parole risuonavano spezzate; sembrava che l' uomo avesse corso e che ora fosse rimasto a corto di fiato.
- Loro...loro lo hanno...- improvvisamente quel succo sulle mani le sembrava bruciare, incollando insieme le dita, impedendo loro di muoversi liberamente. Un odore metallico le raggiunse il naso.
- Lo so bambina, lo so.- le rispose dal fondo del corridoio.
A piccoli passi, quasi trascinandosi incominciò ad avvicinarsi a lui. L'uomo le venne incontro piano. Juno ora camminava più in fretta, allungando il passo,utilizzando le sue ultime forze nel mettere un piede davanti all' altro. Giuntagli di fronte appoggiò la fronte pallida al petto dell'uomo, gli chiuse le braccia attorno alla vita artigliando e aggrappandosi alla stoffa sontuosa della giacca, imbrattandola di quella poltiglia purpurea, e si lasciò abbracciare.
- Loro lo hanno... Lui lo ha ucciso...- sussurrò con un filo di voce, poco prima che il pianto e la disperazione la sopraffacessero.
Le passò dolcemente una mano tra i capelli prima di appoggiare loro sopra un delicatissimo bacio. Stava tremando; tra le sue braccia la sentiva agitarsi, avvertiva la stretta delle sue mani sulla schiena, quasi avesse intenzione di graffiarlo.
- Plutarch...sono con voi.
Juno ora lo guardava negli occhi. Plutarch riconobbe quello sguardo: il rossore dei sottili capillari rotti, la cortina di lacrime, il trucco colato e l'immensa tristezza di quell'anima non avrebbero potuto nascondere il luccichio del nuovo sentimento che si stava facendo spazio nel cuore della ragazza. La rabbia.
 

4 anni prima ...
 
I'm going to a town that has already been burned down
I'm going to a place that is already been disgraced
I'm gonna see some folks who have already been let down
 
Rufus Wainwright - Going to a Town
 
Il treno correva veloce e silenzioso sulla strada verso casa. Fuori dai finestrini il paesaggio scorreva velocemente, senza tuttavia cambiare mai. Quegli immensi spazi non finivano mai di stupire Juno, anzi era convinta che avrebbe potuto rimanere giorni interi a vederli rincorrersi dalle enormi vetrate del vagone. In un angolo lontano di quel paesaggio rupestre uno sfavillio metallico si faceva silenziosamente strada.
<< Casa...>> mormorò, mentre sorseggiava il the che le avevano appena servito.
La Capitale non era più così lontana ormai. Avrebbe voluto che quel viaggio durasse di più: casa le mancava, certo, ma in fin dei conti non così tanto. Non dopo tutto quello che aveva imparato, sentito e visto.
Aveva passato cinque mesi viaggiando nei diversi Distretti di Panem in una sorta di ''praticandato'' a conclusione dei suoi studi di legge e scienze politiche, fortemente voluto dal padre. Si era sempre sforzata di essere la figlia perfetta, l' alleata personale e professionale dell'uomo che l'aveva cresciuta, quindi non aveva opposto nessuna obiezione a quel progetto. Lo accolse invece entusiasta, vivendo un momento in cui avvertiva forte il desiderio di uscire dalle pareti lucenti di Capitol City, dove era sempre vissuta.
Ne' lei ne' tantomeno suo padre si sarebbero aspettati quanto effettivamente formativo sarebbe stato quel viaggio. Quello che doveva essere l'ultimo mattone atto a cementare gli insegnamenti ed i dogmi che da anni professori, politici e famigliari le inculcavano, era stato al contrario il colpo di vento demolitore di gran parte dei castelli di carta.
- La legge di Panem è semplice miei cari!- era solito dire il Direttore del Corso di Laurea ai suoi comizi di inizio Anno Accademico.- Nel vostro futuro sarete chiamati ad essere allo stesso tempo avvocato, giudice e giuria! Nessuna attesa, poca burocrazia, massima efficienza.
Ma la legge non era semplice. Era sbagliata!
Lo aveva visto nei distretti, nelle strade, nelle loro Case di Giustizia, nelle facce della gente. La paura era tutto ciò sulla quale si basava l'intera nazione, l'intero ordine delle cose. La pace di quegli anni era sì un'assenza di conflitti, ma sfrigolava, caricata da un'aria satura e pesante. Prima di quel viaggio Juno era convinta della bontà del suo Governo, un Governo che dopotutto le forniva cibo e protezione. Un Governo che divideva i suoi abitanti in abitanti di serie A e serie B. In cittadini e tributi.
Era giusto sacrificare questa calma in nome di...qualcos'altro? Che altro poi, se non un ulteriore salto nel buio? Ancora non sapeva darsi una risposta.
Ma era convinta di poter, grazie al suo lavoro, migliorare un poco le cose, portare qualcosa di nuovo. Non voleva stravolgere, aveva paura degli stravolgimenti. Solo apportare qualche modifica.
<< Sì, sarà sufficiente fare così.>>
 
30 minuti all'arrivo alla Stazione di Capitolo City.
 
Il segnale acustico e la suadente voce femminile la informavano dell'imminente fine del suo viaggio.
<< No, ancora no...>>
Si accoccolò nella morbida poltrona di velluto e appoggiò la tazza di fine porcellana sul tavolo di mogano che aveva di fronte.
Respirò profondamente due o tre volte, assaporando forse per l'ultima volta gli odori dei Distretti che impregnavano lo scompartimento. Non tutti erano stati inclusi nel tour (papà pensava che territori di miniere, allevamenti e grano non sarebbero stati poi così utili al fine del viaggio), ma di quelli visitati serbava per ognuno un aroma specifico. Chiuse gli occhi e li ripercorse uno ad uno: l'odore così simile alla Capitale del Distretto 1, quello polveroso e saturo del 2, il pungente del Distretto 3; la splendida fragranza salmastra dell'oceano, che vedeva per la prima volta durante la permanenza al Distretto 4; l'aroma di ozono nell'aria elettrica del 5 e quello inebriante e appiccicoso delle foreste del Distretto 7, quasi pari per forza al profumo rotondo e morbido delle stoffe dell' 8. Ed infine il sapore del Distretto 11. Un odore talmente forte che si sentiva in bocca. Sapeva di terra calda, di foglie e frutti rigogliosi e succosi, di sole e di lavoro. Il treno si era fermato alla stazione dell'11 solo per dei rifornimenti. Ma era riuscita a scendere. Aveva visto.
La decelerazione quasi impercettibile del mezzo le fece aprire gli occhi. Stava percorrendo l'ultima galleria prima della Stazione. I due Pacificatori alla porta del vagone la informarono gentilmente di prepararsi a scendere: loro sarebbero stati pronti a scortarla.
<< Agli ordini capitano! >>
Riluttante abbandonò la poltrona di morbido velluto viola ed il tavolo di mogano, prese la borsa con i suoi tesori dai Distretti e si avvicinò alla porta mentre il treno, silenziosamente e senza nessun tipo di sobbalzo, si fermava.
La banchina era gremita di gente schiamazzante, in un potpourri di colori sgargianti e capelli e cappelli dalle architetture esagerate. Un folto cordone di Pacificatori manteneva la folla a distanza. Avrebbe tanto voluto tornare la notte, in sordina, ma a suo padre piacevano questo genere di cose, dicevano che servivano. Per la gente.
Le porte si aprirono lasciando entrare il boato della folla esultante. È tornata l'erede al trono. L'inno di Panen riecheggiava, rimbalzando sulle superfici. Il primo Pacificatore scese.
- Prego mi segua, si appoggi pure.- le disse offrendole la mano.
Juno la afferrò e discese i due scalini. Tratteneva il fiato, ancora non voleva separarsi dei suoi nuovi odori. Mise piede sulla banchina di marmo e piano inspirò; un piccolo respiro. Eccolo l'odore di Capitolo City, l'odore di Casa, forte, potente, rumoroso. Ne aveva già il naso pieno.
- Bentornata! Bentornata!
- Ci è mancata!
- È bellissima!
Indossando il suo migliore sorriso, alzò la mano e salutò elegantemente la folla, la quale rispose con un applauso.
Due colonne di Pacificatori disposte una di fronte all'altra formavano il percorso che avrebbe dovuto seguire per arrivare al comitato di benvenuto. Sempre scortata dalle due guardie e senza mai smettere di salutare, si incamminò.
Un uomo ben vestito, sulla settantina, barba e capelli bianchi come la rosa appuntata alla giacca, la stava aspettando, anch'egli circondato da Pacificatori e fotografi. Il Presidente Snow mosse qualche passo verso di lei.
- Buongiorno Juno.- la salutò.
- Buongiorno padre!
La ragazza abbracciò l'uomo.
<< Odore di Capitol City. Odore di rose. Odore di casa.>>
I flash dei fotografi li incorniciarono. Bentornata Miss Snow.

 
 
 
 
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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Suzanne Collins ; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 
Questo è un esperimento. È la prima volta che decido di far leggere un mio lavoro: di solito o ne sono molto gelosa o talmente delusa da relegarlo in qualche cassetto. È anche la prima volta che scrivo una fanfiction: i fan delle storie originali mi fanno paura. In senso buono: da buona fanatica, anch'io quando mi si toccano i mostri sacri dimostro una certa reticenza e sospetto. Tuttavia, armata di pinne e boccaglio mi tuffo nella vasca degli squali, fregandomene dei cartelli di EXTREME DANGER!
La saga di Hunger Games ha creato un mondo incredibile, così pieno di anfratti che mi è risultato impossibile non immischiarmene. Mi sono domandata spesso: cosa avrei fatto io? Con chi mi sarei schierata? Avrei avuto coraggio o mi sarei adagiata nella routine e nella paura?
Se anche voi ve lo siete chiesto, se come me vi fate affascinare dai personaggi "cattivi" di una storia, se avete voglia di leggere...forse siete nel posto giusto.
Lasciate tutti i commenti che ritenete: ognuno di essi sarà visto come uno splendido paracadutino argentato. May the odds be ever in your favor.
 
P.s. le frasi tra << >> rappresentano i pensieri di Juno.

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Capitolo 2
*** Capitolo II - Tea ***



It's you that I'm living through
You've got me praying to you
Saying to you anything you ask me to
 
Depeche Mode - In Chains
 
- Non pensate anche voi che Miss Snow fosse semplicemente divina in quell'abito, appena scesa dal treno?
Ceasar Flickerman si rivolse allo stuolo di designer, esperti di make up e di gossip presenti come ospiti nel suo studio.
- Era davvero molto bella, hai ragione Ceasar.- rispose un uomo altissimo e magrissimo, con la testa completamente rasata ma decorata da un'enorme spirale tatuata. - Il colore bianco le si addice proprio, così come il taglio del vestito, dalla vita stretta e la gonna ampia al ginocchio...
- Per non parlare dei suoi lunghi capelli!- continuò una donna. I suoi, di colore fucsia, erano acconciati in una specie di torre conica. - Raccolti morbidamente sulla nuca. Le incorniciavano il viso in maniera...
- Splendida! Ed il castano naturale le dona moltissimo. - concluse il pelato, un po' risentito dall'interruzione di prima.
- Certo uno stile inusuale qui a Capitol City...- imbeccò il presentatore.
- E molto difficile da imitare.- rispose un giovane designer dalla pelle scura e gli occhi incorniciati da sottili linee di eye liner dorato. - Poche donne hanno quel gusto e quel tipo di classe. È semplice e naturale. Due caratteristiche che ti fanno distinguere qui alla Capitale...
La risata di Ceasar riempì lo studio.
- Dovrò aspettarmi un ritorno a fogge più sobrie?- chiese accarezzandosi i capelli giallo canarino, esibendo un'espressione di ostentata preoccupazione.
- Non succederà mai!- rispose ridendo la donna dai capelli a forma di cono. Persino alcuni suoi denti erano colorati di svariate tinte sgargianti.
- E noi ne siamo felici! E con noi intendo io e la mia chioma!
La battuta di Ceasar mandò in visibilio il pubblico, che ora rideva e applaudiva rumorosamente.
- Ma tornando alla nostra protagonista della giornata...non pensate anche voi che quell'abbraccio fosse di una tenerezza incredibile? Un padre ed una figlia, non il Presidente ed il futuro Vice Procuratore della città, in quel momento si stavano scambiando il loro affetto. Vi confesso che i miei occhi in quel momento hanno iniziato a...
 
 
- Davvero dobbiamo sorbirci Flickerman ed il suo circo di amenità mentre commentano il mio vestito?
Un sorriso sarcastico comparve sul volto di Juno. Con la coda dell'occhio controllava il televisor del salotto della Dimora Presidenziale, dove si erano ritirati per bere un veloce the. Ovunque nel palazzo fervevano i preparativi della festa di quella sera: in suo onore l'intero edificio era stato riempito di fiori, luci, stoffe pregiate e non aveva dubbi che anche le cucine fossero state ben fornite e stipate di cibi splendidi e svariate bevande. Dalla stanza accanto giungevano i rumori di decine e decine di piatti e bicchieri puliti e spostati, le porcellane e la cristalleria più fine e ricca del paese.
- Non ci vediamo da cinque mesi e quello che mi offri è un misero the in compagnia del Ceasar's Show e un'opulento party serale in cui a malapena riuscirò a vederti? - un angolo della bocca le si sollevò tremolando.
Il Presidente non si scompose, continuando a sorseggiare il liquido caldo dalla tazza. Poi con uno sguardo mortificato disse alla figlia:
- Credevo che quello al bergamotto fosse il tuo the preferito...
- Lo è! - si guardarono. Il sorriso di Juno si distese, la maschera di falsa mortificazione cadde dal viso dell'uomo, ed entrambi iniziarono a ridere.
- Mi sei mancato papà...
- Anche tu piccola mia. - Le prese la mano, baciandole il dorso. - Così come sei mancata all'intera città! Dal loro caloroso benvenuto...
- Sembravano non aspettare altro. - finì lei. - Ma è comprensibile: gli Hunger Games sono finiti da qualche mese, avevano bisogno di esaltarsi per qualco'altro...
Le tornò in mente la folla ed i loro volti esultanti, schiumanti, l'odore della città avvertito in stazione, il frastuono, l'inno di Panem diffuso dagli altoparlanti. Al televisor, nel frattempo, Ceasar intervistava un famoso stilista, la faccia vistosamente deformata da innumerevoli interventi di chirurgia plastica.
- Aaah Capitol City,- sospirò la ragazza, osservando quel volto dallo schermo. - saresti una città perfetta senza i tuoi abitanti...
- A questo si può sempre porre rimedio...- le rispose il padre, strizzandole un occhio.
Durante quel break Juno raccontò delle meraviglie del suo viaggio. Tralasciò i particolari che l'avevano disturbata, quelli che erano riusciti ad instillare in lei il dubbio, evidenziando invece i fatti e gli avvenimenti rimarcanti la forza e la bontà di Panem, l'ordine e l'efficienza del loro Governo.
Il Presidente la guardò compiaciuto. Da quando era bambina le aveva insegnato a comportarsi da brava cittadina, da sostenitrice della sua politica, costruendosi a poco a poco quella che doveva essere la sua più grande e fedele alleata. E magari il suo successore...
Un cameriere entrò nella stanza, portando due calici di cristallo per mano. Chiese quale servizio preferissero fosse usato per la cena di quella sera.
- Dovevi per forza organizzare una cosa così in grande? - chiese Juno, indicando il terzo calice mostratele.
- Non si torna da lunghi viaggi e si diventa Vice Procuratore tutti i giorni, mia cara.- le rispose il padre, confermando la scelta della figlia. - Ho tenuto il numero degli invitati al minimo indispensabile, rischiando di offendere parecchie persone per la mancata chiamata. E questo solo per far piacere a te.
- Vorrà dire che sarà la mia testa a saltare nel caso si offendano le persone sbagliate.- stabilì Juno.
Il Presidente le sorrise.
- Vedrai, ti divertirai.

 
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Writer's corner
Ecco un piccolo momento di convivialità tra il nostro grande Presidente Snow e la figlia, appena tornata da un lungo viaggio: non posso farci nulla, io i personaggi negativi li A D O R O, e Snow è uno dei miei preferiti in asoluto ( merito anche dell'interpretazione di Sutherland nella trasposizione cinematografica ). Mi rifiuto di pensare loro come completamente perduti, mi piace pensare che un briciolo di umanità sia rimasto in quei cuori rinsecchiti: ecco perchè immagino scene come questa.
Voi che ne pensate? Vi ritrovate anche voi in queste situazioni da Sindrome di Stoccolma? Fatemi sapere, se volete, con una recensione!
 
p.s. il the nero al bergamotto è davvero delizioso...
 
p.p.s. da dove esce la figura di Vice Procuratore, carica che nella saga non è mai nemmeno stata immaginata? Dalla mia dipendenza per Law and Order.

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Capitolo 3
*** Capitolo III - Balcony ***


Balcone

In the land of Gods and Monsters, I was an Angel
In the garden of Evil
Lana del Rey - Gods And Monsters
 
 
 

- No no no signori, niente di tutto ciò!
Il suo entourage, costituito da tre piccoli ometti, gemelli omozigoti, stavano cercando di convincerla riguardo a "quanto le sarebbe stato bene un cambio di look"; inteso come capelli, ciglia e sopracciglia verdi smeraldo, ed extension dorate per una criniera lunga fino a terra. Era il loro rituale: lavoravano per lei da anni, sapevano benissimo cosa fare, ma tentavano sempre di convincerla a provare qualche nuovo ritrovato della moda estrosa della Capitale.
- Ci rovinerà, Miss Snow...- si lamentò il primo.
- Diventeremo lo zimbello di tutti nel settore...- continuò il secondo.
-Nessuno chiederà più la nostra collaborazione...- rincarò il terzo, riponendo rumorosamente i campioni di colore per capelli all'interno di un beaty.
- Oh, andiamo! - rispose Juno ridendo. - Lavorate per me! Vi invidiano tutti.
I tre arrossirono compiaciuti, beandosi di quell'evidente verità.
- E poi...- Juno stava per dire le parole magiche, l'ultimo colpo di grazia che li avrebbe resi mansueti per tutta la serata. - ...non potrei stare senza di voi.
Tre visi sorridenti saltellavano ora attorno alla ragazza, compiendo quello che nella sua testa si divertiva a chiamare "il Miracolo": i capelli vennero acconciati elegantemente in un raccolto classico, il viso illuminato da un trucco essenziale. La aiutarono ad indossare l'abito lungo fino ai piedi, di leggerissimo chiffon: piuttosto accollato, le maniche corte coprivano le spalle, la cintura in vita evidenziava le sue forme, la gonna ampia scivolava delicatamente sui fianchi. Preso durante la parmanenza al Distretto 8, la sua particolarità era il colore: dall'alto partiva blu, virava al viola per sfumare leggermente al verde ed infine al grigio.
<< Una piuma di pavone...>>
Si era innamorata della stoffa non appena l'aveva vista. Aveva poi lasciato alle sarte che lo avevano confezionato completa libertà nel modello da eseguire. Il risultato era una meraviglia.
Juno si avvicinò alla borsa, quella che aveva portato con sè dal treno, e ne trasse fuori un piccolo pacchetto. All'interno due orecchini, due perle dal Distretto 4. Li indossò e girandosi verso i tre piccoli uomini chiese:
- Che ne dite?
- Perfetta...- risposero all'unisono.
<< Perfetta >>
 
 
La creme dell'intera città si era riversata alla Dimora Presidenziale per assistere al ritorno alla civiltà della figlia del Presidente. La attendevano tutti ora, stipati sotto al balcone dove di lì a poco avrebbe fatto la sua comparsa insieme al padre.
Al di là delle porte ancora chiuse Juno attendeva. Non era agitata (era nata e cresciuta districandosi tra questo genere di rituali), solo nervosa. Non le piaceva l'idea di essere usata quella sera per soddisfare la curiosità morbosa di centinaia di invitati.Immaginava già le facce estatiche dei presenti: i loro occhietti avidi avrebbero percorso ogni centimetro del suo corpo, commentato ogni particolare, ogni movenza. Avrebbe sentito sulla sua pelle il peso di ogni singolo sguardo.
- Perdona il mio ritardo Juno. Sei bellissima.
Suo padre le si avvicinò, posandole un leggero bacio sulla tempia.
- La lotta contro i cattivi non finisce mai, mh? - disse lei sorridendo.
- Hai detto fin troppo bene. - le rispose serio.
Lo stormo di assistenti e attendenti che svolazzava attorno ai due fecero loro segno di avvicinarsi alle porte che di lì a poco sarebbero state spalancate. Le prime note dell'inno di Panem giunsero dall'esterno, quietando il brusio della folla. Fari vennero direzionati verso il balcone. Le porte vennero aperte.
<< Sipario. >>
Juno prese il braccio che il padre le stava porgendo, ed insieme si incamminarono. Applausi e ovazioni li accolsero all'esterno, ai quali risposero salutando con la mano, il re e la regina di Capitolo City.
- E chi esattamente non avresti invitato?
Quelli erano decisamente molti più degli invitati che aveva immaginato di trovare. Il Presidente la guardò divertito, le baciò la mano che fino a poco prima stava sul suo braccio e si avvicinò ai microfoni.
<< Diamo loro lo spettacolo che vogliono...>>
Iniziò il suo discorso spendendo parole in ringraziamenti verso i presenti e verso Panem, di cui sottolineò la grandezza. Arrivò presto a parlare del viaggio della figlia.
<< ...quello del padre amorevole e della figlia devota...>>
Juno si mise entrambe le mani sul cuore quando il padre iniziò a tessere le sue lodi di figlia e alleata, sfoggiando l'espressione adorante riservata alle occasioni speciali.
<<...quello del Capo di Governo e della sua accolita...>>
Non potè fare a meno di sentirsi orgogliosa di far parte di una cosa così grande e potente. I dubbi avuti in treno, per quella sera li avrebbe accantonati.
<<...quello del Presidente e del suo...>>
-...nuovo Vice Procuratore, carica che assumerà, presso il nostro Ministero della Giustizia, a pieni titoli nei prossimi giorni!
Il pubblico applaudì festoso. Si avvicinò a suo padre e lo abbracciò, ostentando gratitudine e commozione. Gli ospiti applaudirono ancora più forte.
Snow le fece segno di prendere il suo posto. Juno si avvicinò ai microfoni, alzando una mano e scuotendo il capo, come a voler dire di non meritare tutto quell'affetto.
- Non siete certo venuti qua questa sera per ascoltare discorsi e comizi, dico bene?- aspettò che l'ilarità tra i presenti si quietasse prima di continuare. - Voglio solo ringraziare il mio adorato padre, il nostro adorato Presidente, per l'enorme occasione che mi sta offrendo; e ringraziare voi, accorsi così numerosi: dopo mesi di assenza, mi avete fatto sentire finalmente a casa...
Il pubblico, contento che gli fosse stata riconosciuta una così alta onorificenza, rispose inneggiando al nuovo Vice Procuratore e al Presidente Snow.
- Ma ora lasciamo che la festa inizi e godiamoci la cena! - concluse, prima di dirigersi, insieme a suo padre, alle scale che li avrebbe portati alla sala dove sarebbe stato servito il banchetto.
- Ben fatto...- le disse piano.
- Oh, ho imparato dal migliore. - rispose lei.
 
 
 
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Writer's corner
Juno è un personaggio "strano": non è la classica cittadina della Capitale, delle volte anzi sembra disprezzarne gli abitanti, con le loro consuetudini e tradizioni. Tuttavia, ella sta al gioco: per quanto le piaccia potersi distinguere ( non è un caso che, come il padre, non segua la moda estrema suggeritale dagli stilisti più in voga ) le piace anche, le fa onore, conformarsi ai desideri del padre, alle aspettative dei cittadini. Lei è e vuole essere quello che tutti si aspettano lei sia. Gli "strani" pensieri, quei lampi improvvisi nella sua mente..la mettono in difficoltà. Non li vorrebbe.
Che sia un meccanismo di difesa?
Delle volte mi chiedo, leggendo i romanzi della Collins, se anche agli abitanti di Capitol City è mai capitato di avere questi lampi tra i loro pensierini glitterati. Erano pur sempre esseri umani. Davvero in 70 anni di regime erano riusciti convincersi che quel tipo di Governo era il migliore pe tutti?
Tra le righe di quei tre libri ho trovato mille domande: lontani da essere capolavori hanno però l'enorme dono di far pensare. Quindi, tanto di cappello.

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Capitolo 4
*** Capitolo IV - Lion ***


Lion

May you find happiness there,
May all your hopes turn out right,
(…) May you find warmth in the middle of the night.
 
Keep Your Head Up – Ben Howard
 
Il Presidente Snow era soddisfatto. La festa stava procedendo bene e Juno si comportava egregiamente: insieme avevano aperto le danze, intavolato discussioni ed intrattenuto gli ospiti. Da un po' si era fatto da parte, lasciando che l'attenzione fosse rivolta a lei, avendo cosi modo di osservarla. Proprio in questo momento era circondata da un folto gruppo di Strateghi: non era in città durante l'ultima stagione degli Hunger Games e, non avendo avuto occasione di farlo prima, immaginò le stessero chiedendo pareri ed impressioni. La 71° edizione era stata ricca di sorprese, anche a livello dell'organico degli stessi Strateghi: uno di loro in particolare, un giovane ambizioso, si era fatto notare per genio ed inventiva, tanto da guadagnarsi il titolo di Capo Stratega per la prossima edizione, con somma sorpresa (ed invidia) di tutti i colleghi.
Lo vedeva ora. Non faceva parte del gruppo che accerchiava la figlia, ma conversava distrattamente con un paio di ricchi industriali. Era palese che la conversazione lo stesse annoiando, i suoi occhi vagano sulla folla, fermandosi spesso sul gruppo dei colleghi.
Presidente e Capo Stratega collaboravano strettamente, formando una forte alleanza anche di carattere politico: era compito del Capo Stratega mostrare la potenza del Governo di Capitol City durante i Giochi.
Far conoscere i suoi due alleati sembrò al Presidente Snow una cosa giusta.
 
- AlloraNON le piaccioni gli Hunger Games?
- Beh, non a tutti può piacere lo stesso sport...
- Ma a tutti piacciono gli Hunger Games!
L'affermazione di Juno riguardo a quanto poco avesse seguito l'ultima edizione dei Giochi aveva creato un certo scompiglio tra il gruppo di Strateghi riunitosi attorno a lei. Solo uno di loro sembrava essere rimasto immune allo shock, e rideva silenziosamente dietro la mano. La ragazza chiese aiuto con gli occhi all'uomo, ma Plutarch Heavensbee aveva tutta l'intenzione di godersi la scena.
- Signori, dovete capire che stavo seguendo una tabella di marcia piuttosto serrata!- tentò di spiegarsi la ragazza. - Tuttavia, ho potuto assistere di persona alla mietitura al Distretto 2, ed ero d'istanza al 7 quando Johanna Mason è stata incoronata vincitrice...
- Ma si è persa tutta la competizione! - protestò uno dei presenti.
- Oh, ma ho potuto vedere bene due o tre dei nuovi trucchetti che avete riservato ai Tributi di quest'anno. - replicò lei. - Siete delle personcine malvage, sapete?
Una risata collettiva rasserenò gli animi degli Strateghi, divertiti.
<< Lo penso davvero, siete malvagi, sadici, malati...>> le balenò velocemente in testa. I suoi occhi incrociarono quelli di Plutarch: non rideva più.
- E chi sarebbe malvagio, mia cara?
La voce del Presidente Snow la raggiunse alle spalle: si stava avvicinando, insieme a lui un uomo completamente vestito di bianco.
- I tuoi strateghi, padre! - rispose Juno, dipingendosi un piccolo broncio sul viso.- Le loro menti contorte non riescono ad accettare che una persona può anche non vivere nell'attesa di vedere ogni singola edizione dei Giochi. Troppo occupati ad inventare nuovi e più fantasiosi espedienti da usare contro i tributi...
- Per quello, credo che buona parte della colpa quest'anno sia mia.- L'uomo vestito di bianco aveva parlato. Juno non sapeva chi fosse, era sicura di non averlo mai visto: la strana barba modellata a riccioli e onde lo avrebbe reso facilmente ricordabile. Suo padre fece gli onori:
- Juno, permettimi di presentarti Seneca Crane. La sua strabiliante capacità di inventiva gli ha guadagnato il posto di Capo Stratega per il prossimo anno. Credo proprio sia il più giovane ad aver mai ricoperto questo incarico...
Juno allungò la mano per stringere quella che l'uomo le stava porgendo; con un leggero inchino Seneca trasformò il formale saluto in un delicato baciamano. Sembrava a suo agio, come se si trovasse esattamente dove avesse intenzione di stare.
- Devo presumere che siano state opera sua allora le grosse novità di quest'anno?- si informò la ragazza.
- Buona parte, sì. Gli ibridi soprattutto: adoro esplorare le opportunità forniteci dall'ingegneria genetica! Le sono piaciuti? - le domandò a bruciapelo l'uomo, guardandola dritta negli occhi. Erano di un azzurro intenso, e Juno li trovò bellissimi.
<< Mi hanno terrorizzato...>>
- Uh, mi hanno fatto distogliere lo sguardo dallo schermo più di un paio di volte...- gli rispose, mantenendo gli occhi fissi sui suoi. Uno strano luccichio ora li animava, rendendoli profondi e vibranti. - Mi dispiace, ma i lunghi viaggi in treno avevano indebolito il mio stomaco...
- Troppi pensieri la opprimevano in quei mesi! - si intromise il Presidente Snow. - Mi spiace dovermi ritirare, ma l'ora si è fatta tarda per i vecchi politici come me!
I presenti risero educatamente.
- Già te ne vai? - gli domandò la figlia. Se lui se ne andava, sarebbe rimasta sola a portare avanti tutto quello.
- La guerra ai cattivi non finisce mai, l'hai detto anche tu.- gli sussurrò di rimando l'uomo, prima di posarle un leggero bacio sulla fronte. - Buonanotte bambina. Signori, buon proseguimento di serata. -
Prima di accomiatarsi, avvicinandosi a Seneca aggiunse piano:
- A mia figlia piace ballare.
 
Seneca Crane era un ballerino eccezionale: guidava la ragazza con grazia e allo stesso tempo con autorevolezza, in perfetta sincronia. Juno non pensava nemmeno più ai passi, si limitava a seguirlo, godendosi così la musica e la conversazione: scoprì Seneca uomo arguto e ambizioso, determinato e ben cosciente della strada che era intenzionato a percorrere. Caratteristiche che si aspettava di trovare nel Capo Stratega più giovane degli ultimi decenni. Ma lo trovò anche intelligente, attento, divertente: la faceva ridere, le faceva domande, rispondeva alle sue, ascoltava. E la guardava sempre negli occhi. In quelli dell'uomo si sarebbe detto ci si potesse nuotare.
<< Perchè vuoi fare lo Stratega? >>
Juno non sapeva dire da quanto ballassero insieme. Di sicuro da abbastanza per far iniziare a mormorare i presenti.
<< Sanno solo guardare e commentare. Guardare, per commentare...>>
- Ho privato gli ospiti della sua presenza per troppo tempo, miss Snow. - disse l'uomo, notando divertito le occhiate fameliche che i presenti lanciavano alla coppia. - Il loro cicaleccio copre quasi la musica...
Juno diede un'occhiata intorno. Oh sì, erano diventati l'attrazione principale. Le venne un'idea, un'idea che le permetteva di prendere due piccioni con una fava:
- Se hanno tanto fiato da sprecare, diamo loro qualcosa di cui parlare...
Lo guardò con un sorrisetto sornione, a cui lui rispose con un'espressione a metà tra l'interrogativo e il divertito. Lo prese sotto braccio, ed insieme uscirono dalla pista.
 
- C'è un posto nel parco, fuori dalle zone utilizzate dalle feste, dove chiedo sempre ai domestici, durante questo tipo di occasioni, di nascondere una cosa per me...
Juno aveva portato lo Stratega in un punto del grande giardino lontano dalla festa, i quali rumori arrivavano attutiti, lasciando il posto al morbido gorgoglio di una fontana vicina. Il profumo di rose avviluppava il posto, essendo questo molto vicino al roseto personale del Presidente.
- Dovrebbe essere...ecco, trovate!
Aveva messo la mano e buona parte del braccio all'interno della bocca di una statua a forma di leone, e ora ne usciva con un portasigarette d'argento e un accendino. Seneca non poté fare a meno di ridere.
- E sarebbe questo il sordido segreto che mi ha lasciato immaginare nel percorso fino a qui? - le domandò, senza smettere di ridere.
- Oh sì, e spero si renda conto che se lo dovesse raccontare in giro mi vedrei costretta a ucciderla.- rispose Juno, mentre si accendeva la prima sigaretta.
Alla prima boccata chiuse gli occhi: mentre aspirava il fumo, lo sentì percorrere ogni centimetro della sua gola e arrivare ai polmoni, godendosi la famigliare sensazione di bruciante pizzicorio. Espirò lentamente: le piaceva il gusto che le lasciava in bocca, così come l'odore. Fumare era il suo piccolo atto di "ribellione" quotidiana. Papà non approvava.
- Sarò una tomba.- replicò Seneca, prendendo la sigaretta che gli veniva offerta.
Si sedettero su una panchina di marmo, posta sotto una grande quercia. Tutt'attorno, i faretti interrati creavano sentieri luminosi, che sembrava portassero a mondi di fiaba. Il rollio dell'acqua della fontana poco distante, il fruscio delle foglie mosse da un leggero vento, il crepitare delle due sigarette accese, il rumore dei loro respiri: rimasero in silenzio per un po', beandosi di quell'angolo di pace.
Juno alzò gli occhi al cielo: niente stelle, le luci della città non permettevano di intravederne nessuna. Ma le aveva viste ai Distretti: come poteva credere di conoscere la notte senza prima aver mai visto un cielo stellato? Ne sentiva la mancanza. Un'anziana al Distretto 8 le aveva raccontato storie sulle stelle, tracciando linee che le collegavano le une alle altre, formando motivi e disegni. Ora sembrava di stare sotto un altro cielo.
Rilassatasi, si appoggiò allo schienale della seduta, ma il freddo che le restituì il marmo la fece rabbrividire.
- Aspetti, lasci che...- Seneca si tolse la giacca e la adagiò sulle spalle della ragazza. Juno ritrovò il calore e il profumo che aveva sentito mentre ballavano: le faceva venire in mente l'erba bagnata, l'acqua salmastra, l'arancia candita e buoni alcolici.
- Perchè fa lo Stratega, Mr. Crane? - lo guardava attraverso il fumo, aspettando la risposta.
- Perchè credo di essere bravo a farlo.- disse convinto Seneca. - Non le piacciono proprio gli Hunger Games, non è vero?
- Io ne capisco l'utilità,- rispose Juno.- ma mi spaventano. Quando parlavamo degli ibridi, prima con i suoi colleghi... Appena li vidi sullo schermo incominciai a pensare a quello che dovevano provare i tributi di fronte a quelle cose. Non esistono in natura, non si può essere preparati ad affrontare un ibrido. Se fossi stata io al loro posto? Ero terrorizzata.
<< E mi fanno ribrezzo.>>
Buttò il mozzicone a terra e si strinse nella candida giacca.
- Spero di non averla offesa, Mr. Crane.
- No, no affatto. - si affrettò a dire Seneca. - Sono io a sperare di non aver fatto una pessima impressione.
Juno rise:
- Oh, no davvero! Lei è, in un certo senso, lo stratega più atipico che io abbia mai conosciuto; il che è un bene.
 
Juno decise che ne aveva abbastanza di quella festa: tornata dal parco, salutò e ringraziò nuovamente gli ospiti e, accompagnata da Seneca, si incamminò verso le scale che introducevano agli appartamenti Presidenziali.
Arrivata al primo scalino, restituì la giacca al proprietario, ringraziandolo per la bella serata.
- È stato un piacere, miss Snow. Crede sia possibile rivederci ancora?- le domandò l'uomo.
- Credo proprio di sì.- Juno era felice.- Buona notte, Mr. Crane.
- Buona notte, miss Snow.- le prese la mano, e se la portò alle labbra, sfiorandola.
Era quasi all'uscita quando una voce dalla scale lo fermò. Era sempre lei, che lo avvertiva:
- Mr. Crane! Acqua in bocca riguardo al leone!
Non potè fare a meno di ridere sommessamente.

 
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Writer’s corner
 
È stato particolarmente divertente scrivere questo capitolo; lo avevo pronto da molto tempo, mi dispiace aggiornare solo ora, ma cause di forza maggiore (e un po’ di pigrizia) mi hanno tenuto lontana da queste pagine. Ecco allora che viene introdotto in questo capitolo il personaggio di Seneca: uno Stratega, ma tuttavia anche un gentiluomo. E viceversa.
Nella saga letteraria e cinematografica, gli Strateghi sono tra le categorie di personaggi che ho trovato più interessanti, da cui poter ricavare dei bei pensieri, un po’ come con gli abitanti di Capitol City: se quest’ultimi possono essere considerati “passivi” nei confronti delle atrocità perpetrate nei confronti dei Tributi (ma davvero poi?), i primi sono attivamente responsabili delle sorti di quei ragazzi, sfidandosi anzi a trovare sempre nuovi mezzi e attrazioni che rendano lo show il più intrigante possibile. Nel nostro mondo ancora non siamo arrivati ad inneggiare allo spettacolo della morte in diretta (per ora, il fanatismo sanguinario e la morbosità delle persone viene soddisfatta e creata dai telegiornali e programmi televisivi di approfondimento e cronaca), tuttavia il modo di pensare di quel gruppo di elite non ci è estraneo.

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Capitolo 5
*** Capitolo V - Apples ***


Apples

Take a look at you and me,
Are we too blind to see,
Do we simply turn our heads
And look the other way
Elvis Presley - In The Ghetto
 
La mattina dopo la festa Juno si svegliò decisamente tardi. In realtà, non era nemmeno sicura fosse ancora mattina quando mise piede fuori dal letto. Fare le ore piccole non faceva più per lei: avvertiva il peso di tutti i suoi ventiquattro anni.
- Sono una vecchiarda...- sbadigliò mentre, stiracchiandosi, si trascinava al bagno.
Lì lasciò che l'acqua calda della doccia sciogliesse e portasse via un po' del torpore che sentiva avvinghiatosi addosso, risvegliando muscoli e membra.
Ancora in vestaglia e con i capelli bagnati, tornò in camera: una Senza Voce stava apparecchiando un piccolo tavolinetto di legno ai piedi del letto con il servizio da the, alcuni piccoli bon bon colorati e un mazzo di rose bianche. Mentre lasciava che la ragazza finisse, uscì sul suo grande balcone: da lì poteva vedere sia la vastità del parco della Dimora che la grandezza della città.
- Buongiorno a te, Capitol City!
Il sole era caldo e alto nel cielo, ma ben lungi dal raggiungere lo zenit.
<< Non è nemmeno così tardi in fin dei conti...>>
Tutto riluceva e brillava di colori forti e saturi, come se durante la notte ogni cosa si fosse ricaricata, recuperando lo splendore andato perso il giorno prima. Riconobbe le strade famigliari, le ripercorse con la mente, immaginando chi avrebbe potuto incontrare, cosa avrebbe potuto vedere e sentire...
<< Probabilmente le stesse persone e le stesse cose di prima. Questo posto non cambia mai.>>
Si domandò se non fosse proprio quello a renderle così cara la Capitale.
 
 
Quando rientrò in camera, trovò la Senza Voce intenta ad annusare il contenuto della teiera. Non l'aveva mai vista prima, il suo viso le era estraneo.
<< Una nuova recluta.>>
Quando si accorse del suo ritorno nella stanza, mise in fretta il coperchio alla teiera, la prese e servì il the.
A Juno era stato insegnato che non si doveva degnare i Senza Voce di alcuna considerazione, tranne nel momento in cui si dava loro degli ordini: l'essere invisibili, muti e dediti al più totale servilismo facevano parte della pena a loro inflitta. Si dovevano muovere da una stanza all'altra silenziosamente, senza farsi notare, aspettando le richieste dei loro padroni e restando, nei momenti di quiete, a capo chino in un angolo.
Adagiata su una delle poltroncine disposte attorno al tavolino, ed usando l' altra come poggia piedi, Juno accese il televisor e bevve il suo the. Rimase perplessa: quello era sicuramente il suo the, al bergamotto, come sempre da più di dieci anni. Ma aveva qualcosa di diverso! Il che era stupefacente, alle cucine erano stati forniti precisi ordini su come prepararlo e non si erano mai permessi di non seguirli scrupolosamente. Deglutì la bavanda calda, lasciando che i nuovi sapori si unissero in danza a quelli più famigliari: riconobbe la freschezza della menta mentre le solleticava inaspettatamente il palato, alleggerendo la rotondità e il gusto deciso dell' agrume; il pizzicorio che questo nuovo ingrediente faceva risalire fin nelle narici, apriva il suo olfatto a nuovi profumi provenienti dai fumi della bevanda, lasciandole scoprire così l'aroma sommesso di un leggerissimo miele fruttato. Un sorso alla volta, una scoperta dopo l'altra, Juno quasi non si accorse di aver vuotato la tazza.
- Meraviglioso...- si sentì dire a bassa voce mentre appoggiava la porcellana al suo piattino, non del tutto conscia se tutto quello stupore e piacere fosse dato dall'incredibile bontà della ricetta o dall'ancor più incredibile fatto che la ricetta fosse cambiata.
Un timido suono, una specie di colpo di tosse trattenuto, la distrasse dai suoi pensieri. Proveniva dall'angolo dove si era ritirata in religioso silenzio la sua nuova Senza Voce. Osservando il suo viso aguzzo, chinato in una continua ed ossequiosa riverenza, si accorse di come un sorriso appena accennato le stesse assottigliando le già quasi invisibili labbra. Per un attimo le parve come se quell'espressione non le fosse del tutto estranea.
Rizzandosi a sedere più composta, Juno si rivolse sostenuta alla serva:
- Tu. Sai per caso nulla del nuovo gusto del mio the?
La ragazza sollevò il capo: un paio di occhi talmente scuri da sembrare neri incontrarono quelli castani di Juno; il sorriso, prima appena abbozzato, rimpolpava ora gli zigomi di quel volto smilzo.
Quell'espressione non le era estranea affatto.
 
 
Due mesi prima...
 
 
- Resteremo fermi alla stazione solo il tempo di fare rifornimento. Le sconsiglio di scendere dal treno Miss Snow, ripartiremo presto...
Il Pacificatore venuto ad aggiornarla si diresse all'uscita dello scompartimento.
- In realtà Capitano... - il militare si voltò verso Juno - ...avrei tanto bisogno di sgranchirmi le gambe. E di un po' di aria fresca...
La ragazza posò il libro che stava leggendo: erano ormai due giorni che viaggiavano senza fermate, chiusi in quell'enorme biscia metallica. Sentiva la necessità di percepire il calore del sole non filtrato dallo spessore dei vetri infrangibili dei finestrini.
- Come desidera. - acconsentì l'uomo, irrigiditosi un po'. - Ma dubito che troverà dell' aria fresca là fuori... Resti dove posso vederla. Non si allontani dal convoglio.
Distretto 11. Poggiando i piedi sulla nuda terra della stazione ed inspirando a pieni polmoni, Juno capì che non poteva essere altrimenti: il vento caldo portava con sé gli odori e i profumi provenienti dalle piantagioni che ricoprivano la maggior parte di quel territorio. L'aria ne era talmente impregnata da risultare densa,  palpabile; e la sottile polvere che si alzava ad ogni minimo movimento ne aumentava ancor piu la percezione di tangibilità.
<< È come camminare immersi nella melassa...>>
Si diresse alla banchina, alla ricerca di un po' d'ombra: seppur protetta dall' ampio cappello, la luce del sole la obbligava a socchiudere gli occhi. Al riparo, sotto la tettoia, Juno si accese una sigaretta.
<< Ecco la mia "aria fresca", Capitano...>>
Ovunque attorno a lei svariate casse di legno erano impilate in ordinate colonne, alcune più alte, altre più basse, altre ancora costituite da un solo grande contenitore, talmente pieno da non poter essere accatastato. Quel Distretto era sicuramente il luogo migliore per rifornire le stive del treno di alimenti freschi: non c'era pianta da frutto od ortaggio che non crescesse in quelle terre. Perfino il suo tabacco arrivava da lì!
Un rumore proveniente da quel dedalo di cibi incolonnati la distrasse dai suoi pensieri e la costrinse a voltarsi: una grossa mela, rossa e lucente, stava rotolando lentamente, e la sua traiettoria la portò a fermarsi, con un leggerissimo tonfo, contro il sandalo in cuoio di Juno.
- Shhhhhh!! - si sentì provenire dalla stessa direzione del rumore misterioso. Una voce. Forse di un bambino.
Juno lasciò cadere il mozzicone a terra, lo spense sotto la suola e si chinò a raccogliere la mela. Con il frutto in mano, incuriosita dal fuori programma, si guardò attorno, controllando di non essere sotto lo sguardo vigile di qualche Pacificatore; poi, lentamente, si incamminò nei corridoi delineati dalle casse di viveri accumulate.
Non fu difficile individuare la sorgente: la sua presenza, sempre più vicina, stava evidentemente creando un certo scompiglio, perchè ora poteva distintamente udire un trapestio nervoso dietro una delle colonne più grandi.
Adagio, cominciò a girarle intorno. E poi li vide: due bambini dai capelli rossi, probabilmente gemelli, dalla notevole somiglianza tra i loro due visi; avranno avuto quattro o cinque anni, ed entrambi erano aggrappati alla gambe magre di una terza persona, una ragazza di circa sedici anni, anch'ella dalla chioma ramata, forse la loro sorella maggiore. Con le braccia allargate cercava di coprire i due fratellini, spingendoli dietro di sè. Le sue labbra, appena disegnate, erano serrate e tirate in un' espressione a metà tra la paura e la rabbia, gli occhi neri, da cerbiatta, fissi in quelli dell' estranea.
Juno ricambiò lo sguardo, rimanendo stupita dalla profondità e dalla forza che emanava. Guardò i due bambini terrorizzati nascosti dietro di lei, i vestiti logori che ne coprivano i corpicini esili. Notò lo zaino ai loro piedi, riempito per metà con mele, arance, patate, dell' uva e altri ortaggi.
<< Stavano rubando...>>
Ogni singolo muscolo della ragazza dai capelli rossi era teso e pronto, in attesa della mossa di Juno per poter pianificare la propria.
Juno conosceva bene la pena per chi veniva sorpreso a rubare. E sapeva altrettanto bene come in quel Distretto i Pacificatori non avrebbero mostrato nessuna remora ad attuare la pena su due bambini di cinque anni.
Tornò a guardarli: erano così piccoli, magri... Sorrise loro, si avvicinò e si chinò, porgendo la mela al più vicino. Lesse nei suoi occhi il timore, l' indecisione, la tentazione; la sua manina smunta si alzò in direzione del frutto, e quando fu prossimo a toccarla la ghermì velocemente, prima di essere spinto nuovamente dalla sorella al riparo dietro le proprie gambe.
Juno si alzò sorridendo, guardò la ragazza dai capelli rossi e si avvicinò l' indice della mano destra alle labbra, in segno di silenzio. La ragazza rispose annuendo e rilassando le proprie labbra in un sorriso pieno di gratitudine.
- Vai ora! - le disse Juno sottovoce.
La ragazza raccolse velocemente lo zaino, prese per mano i due bambini e senza voltarsi se ne andò.
Appena tornata alla banchina, Juno vide il Capitano dei Pacificatori destinati alla sua scorta avvicinarsi a passo spedito verso di lei.
- Miss Snow, dove era finita? - il tono del militare era a dir poco astioso. Le voce tuttavia risultava un po' stridula: doveva essersi spaventato molto nel non avere più la figlia dell' uomo più potente di Panem nel suo raggio visivo. - Le avevo intimato di restare dove io potessi vederla! Ha una minima idea dei pericoli...
- Per me o per lei, Capitano? - rispose Juno, un' espressione sfacciata stampata sul volto.
Il Pacificatore deglutì: non osava immaginare in che genere di pericoli si sarebbe potuto cacciare nel disgraziato caso succedesse la minima disavventura alla donna che gli stava di fronte.
- Comunque, aveva ragione. - continuò Juno.- Niente aria fresca, nemmeno un po'. Credo che me ne ritornerò in treno.
- E veda di rimanerci...Miss Snow. - la rabbia quasi gli fece dimenticare il suo posto nella scala sociale. Ma, diamine! Sentiva ancora le ginocchia molli, si era davvero spaventato: teneva molto alla sua pellaccia.
- Questa volta seguirò il suo consiglio! - rispose mentre saliva gli scalini dell' entrata al vagone, cercando, invano, di soffocare una risata. - Ha la mia parola Capitano!
- Sia lodato il cielo...- mormorò il militare.
 
 
- Sei tu...
Non riusciva a crederci. La ragazza dell' Undici, quella dai capelli rossi, con lo zaino di frutta appena rubata e due bambini per mano, la stessa che aveva fatto finta di non vedere, a cui aveva intimato di scappare, ora era nella sua stanza. Muta. Non aveva proferito parola allora, né lo farà mai più.
Juno si domandò se non fosse per quello zaino di ortaggi se ora si trovava lì. Non ebbe nè il coraggio nè il cuore di chiederle. Si sarebbe sentita responsabile.
La Senza Voce intanto continuava a sorridere. Aveva annuito, confermando a Juno la sua identità. Dalla manica sinistra del suo abito trasse un piccolo quadratino di carta ripiegata: facendo molta attenzione lo spiegò, le dita sottili delicatamente impegnate a lisciare ogni piega. Con lo sguardo chiese di potersi avvicinare.
Quando la ebbe vicina Juno vide che il pezzo di carta logoro era in realtà una fotografia: riconobbe in essa i due bambini dai capelli rossi, i gemelli. Immaginò facesse parte del castigo poter avere un ricordo di persone amate che non si avrà mai più l' ocasione di rivedere.
- I tuoi fratelli? - domandò. La ragazza annuì. - Stanno bene?
Annuì ancora. Indicò la foto, poi si toccò la pancia, come se le dolesse; infine indicò Juno e si ritoccò l'addome, come dopo una grande abbuffata.
Juno immaginò che quello zaino di provviste avesse risolto per un po' il problema della fame nella loro casa. Sperò solo che proprio quell' azione non avesse richiesto un prezzo così alto.
- Qual'è il tuo nome?
Una lettera alla volta, con il dito la ragazza "scrisse" il suo nome sul legno del tavolino da the: Maggie.
- Grazie del "nuovo" the Maggie. Potrai prepararmelo ancora magari...?
Maggie annuì, stringendole la mano; poi velocemente, come se si fosse accorta di aver oltrepassato un limite invalicabile, riunì e raccolse il servizio da the sul vassoio e sparì.
Juno rimase a fissare la porta dove la Senza Voce era appena uscita.
<< Ti capita un destino forse peggiore della morte, e mi ringrazi? Mi ringrazi di averti, forse, condannata?>>
- Mi dispiace...- le sfuggì dalle labbra, in un sussurro.
 

 
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Writer's Corner
 
Mi scuso per la lunghissima assenza, ma la mia vita mi sta decisamente mettendo alla prova. È un piacere poter tornare tra queste pagine e godere della compagnia dei miei ( e non miei) personaggi. Spero vi godiate il viaggio anche voi!
 
P.s. il Capitano dei Pacificatori non vi fa un po' tenerezza? Povero diavolo...

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Capitolo 6
*** Capitolo VI - Sister ***


Scale tribunale
 
Happy that we're now such good friends
Looking forward, forward to seeing a
Love like our, we cannot pretend.
Rufus Wainwright - Me & Liza
 
Il suo Insediamento al Ministero della Giustizia avvenne pochi giorni dopo il ritorno a Capitol City, e filò liscio come l'olio: come da tradizione, nella settimana prima dell'ingresso ufficiale alla sua carica, a Juno fu affidato un caso, il suo primo caso. In quei sette giorni ella avrebbe avuto il tempo di studiare gli incartamenti, decidere la sua linea di condotta e presentarsi al processo preparata al meglio. Come Assistente Procuratore era suo compito presentare alla Corte le accuse verso l'imputato, esporre le prove a favore dell'accusa e proporre la pena da infliggere; il Giudice decideva il verdetto. Solitamente nel suo ufficio, seduto comodamente alla sua scrivania, durante un incontro privato con il Procuratore che si occupava del caso, qualche tempo prima del processo. Non esisteva Giuria Popolare, e la Difesa si limitava ad esporre il punto di vista dell'imputato, senza neppure molta enfasi. Essenzialmente, chi non doveva essere giudicato colpevole, non arrivava al processo.
Il caso affidatole era semplice, poco più di una scaramuccia tra due ricchi ed eccentrici dirimpettai: Juno fece in modo che entrambi pagassero alla Capitale una multa abbastanza salata da obbligarli a rinunciare a buona parte dei propri vizi per un periodo. La mossa legale di cui si avvalse e l'esito finale furono talmente inaspettati che il pubblico accorso in Aula ad assistere alla sua grande prova applaudì calorosamente, alcuni addirittura scoppiando in grasse risate, esilarati dalle espressioni attonite ed umiliate dei volti dei due contendenti. Almeno uno ci si aspettava "vincesse".
Soddisfatta del risultato e felice di aver superato a pieni voti questa sorta di primo "test" sul campo, Juno uscì dall'Aula a testa alta, con passo sicuro, i suoni delle ovazioni dei suoi concittadini che ancora rimbalzavano tra le pareti dei corridoi del Palazzo di Giustizia.
 
 
Juno saliva le imponenti scale di marmo bianco che portavano dal piano delle Aule di Tribunale al piano degli Uffici del personale, una mano occupata a tenere la borsa in cuio mentre l'altra accarezzava il corrimano, anch'esso in marmo, godendosi la frescura e la piacevolezza che il tocco di quel materiale pregiato portava. Quando non si trattava di "scalare" piani su piani, agli ascensori preferiva sempre le scale. Non sopportava gli spazi chiusi.
- Dovremo aspettarci questo genere di show tutte le volte che sarà chiamata a presenziare in Aula, Vice Procuratore Snow?
Una voce maschile, potente e profonda le giunse all'orecchio dalle sue spalle. Sorpresa, si girò verso il suo interlocutore, ben consapevole di chi si sarebbe trovata di fronte.
- Giudice Warhammer! - era colui che poco prima aveva approvato la sentenza al Processo! Pur non essendo molto alto, la sua figura di uomo di mezza età risultava massiccia e pian piazzata, e la severa tunica nera e porpora tipica della sua carica, che lui adorava sfoggiare, contribuiva a conferire alla sua figura una certa aria di autorevolezza ed irremovibilità. Il Giudice le porse la mano  e, mentre rispose alla stretta, Juno continuò:
- Purtroppo non posso controllare le reazioni dei cittadini presenti in Aula, ma non era mia intenzione offendere la Corte in alcun modo...
Ridendo sommessamente il Giudice scosse la testa, facendo rimbalzare leggermente i riccioli grigi che gli ricadevano sulla fronte.
- Nessuna offesa! Volevo solo farla preoccupare appena un po', sano nonnismo da primo giorno...- dicendo questo, ammiccò a Juno, strizzando leggermente l'occhio sinistro. - In realtà, ho apprezzato il piacevole interludio, non capita molto spesso di essere acclamati come Tributi alla sfilata dei carri...
<< Oh, Dio non voglia...>>
- I cittadini di Capitol City sono alla perenne ricerca di icone da esaltare...- rispose Juno.
- E noi siamo qui a fornirgliele loro, non è vero mia cara? Panem at circenses, sotto ogni forma e aspetto, anche tra le aule di un tribunale. Fa bene a loro, e fa bene anche a noi. La prego, non esiti a chiamarmi in caso di bisogno! Al prossimo incarico!
Il Giudice si allontanò, scendendo le scale, l'orlo della tunica svolazzante ai suoi piedi.
 
 
Era la prima volta che vi si recava, ma trovare il suo nuovo ufficio non fu difficile: appena arrivata in cima alle scale, infatti, un cartello dorato indicava con un'elegante freccia la direzione da seguire per l' Ufficio del Vice Procuratore.
Nell'immenso corridoio che conduceva al suo personale luogo di lavoro, Juno superò numerosi capannelli di colleghi, i più dei quali la salutò chi ossequiosamente chi più calorosamente: non mancò chi le strinse la mano, chi le fece i complimenti, chi addirittura si offrì di portarle la borsa... Con tutta la gentilezza e la diplomazia in suo possesso, Juno riuscì pian piano a guadagnarsi i pochi metri rimasti a separarla dal suo ufficio. Sul vetro smerigliato della porta in legno, era stato dipinto a caratteri neri e dorati il suo nome e la sua carica. Girò la maniglia sferica ed entrò: notò immediatamente l'imponente scrivania in legno massiccio stagliarsi prepotentemente proprio davanti all'ampio trio di finestre ad arco, le quali offrivano una splendida vista sullo skyline della città e delle montagne che la circondavano. Una sedia girevole in legno chiaro e vimini intrecciati stava dietro la scrivania, dando le spalle alle vetrate, mentre due poltroncine in cuoio verde erano situate davanti, i loro piedi a zampa di leone appoggiati su uno splendido tappeto lavorato. Ovunque le pareti erano ricoperte di libri, tranne quella a sinistra, dove un camino in marmo rosso avrebbe aiutato nei giorni più rigidi a riscaldare l'ambiente. Un tavolinetto in legno e due divanetti accompagnati alle poltrone viste poco prima concludevano il mobilio, piuttosto ricercato, della stanza.
- Ancora non mi aspettavo visite...- disse Juno, notando la donna comodamente seduta su uno dei due divani.
- Tesoro, hai impiegato una vita a fare un piano di scale...- rispose l'ospite mentre, aiutandosi con un piccolo specchietto da borsetta, si sistemava il rossetto carminio.
- Hey, tu non hai dovuto giostrarti tra giudici e funzionari ansiosi di mostrarsi disponibili e dispensatori di carinerie...
Mentre appoggiava la borsa sul divanetto libero, Juno si slacciò la giacca dal taglio maschile. L'altra donna chiuse con un sonoro click! lo specchietto prima di alzarsi in piedi. Era davvero molto bella: avvolta in un tubino di seta bordeaux lungo appena fin sotto il ginocchio, risaltava per la carnagione quasi diafana ed il portamento elegante. Il lungo collo, evidenziato dai capelli castano chiari raccolti secondo l'ultima moda, era completamente ricoperto da interminabili fili di perle che, allargandosi, ricadevano mollemente su decoltè e spalle.
- Povera, povera la mia dolce sorellina...
- Smettila! Essere la sorella maggiore non ti dà il diritto di prendermi in giro, Galatea...- rispose Juno, prima di rispondere al caloroso abbraccio che la donna le offriva. - Mi sei mancata da morire...- aggiunse in un soffio.
Da quando era tornata non aveva ancora avuto l'occasione di trovarsi da sola con la sorella: non abitando più al Palazzo Presidenziale, ma in un lussuoso attico con vista lago insieme al marito e alla figlioletta Maia, si erano potute incontrare solamente durante la festa alla reggia, ma i doveri di Juno verso gli ospiti le aveva tenute separate la maggior parte del tempo.
- Papà ti manda le sue congratulazioni, - disse Galatea, mentre si accomodavano entrambe sul divano in pelle. - e spera che la bottiglia di Bourbon sia di tuo gradimento.
Juno notò solo allora sul tavolo la bottiglia di liquore, appoggiata, insieme a quattro splendidi bicchieri di cristallo, su un finissimo vassoio in argento. Juno ne riempì un paio per metà con il liquido ambrato, e ne offrì uno alla sorella.
Dodici anni le separava, ma la differenza di età non fu mai un ostacolo tra loro. Anzi, probabilmente contribuì ad unirle ancora di più. Juno ebbe modo di godere della compagnia della madre solo per poco tempo, essendo prematuramente scomparsa poco dopo il suo secondo compleanno, consumata dall'aggravarsi fulmineo di una malattia. Da quel momento Galatea sostituì per Juno la figura materna: passava la maggior parte del tempo libero in compagnia della bambina, raccontandole storie ed aneddoti sul genitore che lei aveva avuto la fortuna di conoscere meglio, non permettendo così a Juno di dimenticare nemmeno un particolare del viso della donna e creando l'illusione di non averla mai perduta. Con il passare del tempo le cose che condividevano crescevano in numero, tanto che l'una divenne il confidente e confessore dell'altra, e per Juno la sua Tea si fece insostituibile punto di riferimento.
- Un bel posticino, non c'è che dire. Non si bada a spese per la creaturina di papà...- constatò Galatea mentre, sorseggiando dal suo bicchiere, si guardava intorno.
- Invidiosa?- la imbeccò Juno, un sorrisetto sfacciato stampato sul volto.
- Nemmeno un po'...- rispose, finendo in un ultimo sorso il contenuto del bicchiere. Non faceva parte della vita politica di Panem: pur avendo partecipato e lavorato per la Propaganda durante l'adolescenza e gli anni giovanili, aveva voluto poi restarne il più distante possibile. Ora disegnava gioielli.
- Avresti potuto sai? Continuare i tuoi studi...- continuò Juno. - Ora saresti Procuratore Capo ed io prenderei ordini da te!
- La mia vocazione era un'altra. E poi gli ordini li ricevono tutti da un'unica persona...
- Oh mi ricordo le tue arringhe quando cercavi di spiegarmi perché era sbagliato quello che stavo facendo, durante una delle mie marachelle infantili...- Juno sembrava non averla sentita. -...e ricordo anche quanto eri convincente quando, davanti a papà, la colpa dei miei guai te la addossavi tu, il più delle volte. Saresti un ottimo Funzionario di Giustizia, Tea.
- Prendermi la colpa per i disastri che può fare la mia unica sorella va bene, fa parte del mio ruolo, il mio cuore lo comanda. Ma addossarsi le responsabilità e le colpe di altre persone...
- Nessuno mi ha chiesto da fargli da capro espiatorio...- rispose Juno, l'espressione del viso a metà tra il sorpreso e lo spazientito.
- Amor mio, sei circondata da politici: ad ognuno qui interessa solo avere le spalle coperte.
- Sei la solita sovversiva...- aggiunse la più giovane, prima di trangugiare l'ultimo sorso di liquore dal bicchiere. Da che si ricordava, la sorella maggiore era sempre stata la voce fuori dal coro, con le sue proteste silenziose e garbate: sposarsi e uscire di casa era stato il suo modo di cercare di allentare l'influenza del padre sulla sua vita.
- E tu la solita zuccona! - Galatea condì la sua esclamazione con un forte buffetto sulla guancia della sorella. - Pranziamo insieme domani?
- Certo...- rispose Juno massaggiandosi la guancia, la quale incominciava ad arrossarsi. - Porterai anche la piccola Maia?
- Non potrei farne a meno, ha chiesto della zia Juno per tutta la durata del tuo viaggio!
La cosa le fece un gran piacere: adorava la sua nipotina, e sospettava che la bimba avesse sviluppato un certo attaccamento nei suoi confronti.
Prese le sue cose, Galatea si diresse alla porta accompagnata dalla sorella. Prima di superare l'uscio, guardando dritta negli occhi Juno, le chiese:
- Promettimi che farai attenzione.
- Sicuro, te lo prometto.
- Brava ragazza...- con un bacio sulla fronte la donna si congedò.
Sedutasi alla scrivania, Juno accese il tablet e dispose ordinatamente gli incartamenti presi poco prima dalla borsa, decisa a stilare un programma della settimana.
- Quasi dimenticavo! - il viso di Tea ricomparve alla porta. - Un tuo amico, seduto in fianco a me in Tribunale, mi ha chiesto di darti questo.
Dicendo ciò le porse un piccolo rettangolo di carta ripiegata: un biglietto. Lo accettò sorpresa: non aveva riconosciuto nessuno in Aula, ma era talmente gremita che non era riuscita a scorgere nemmeno la sorella.
- Da parte di chi è? - chiese Juno, incuriositasi.
- Non ricordo il nome, mannaggia: modi gentili, occhi azzurri, una barba assurda...immagino si sia firmato. Devo scappare!
Juno non prestava più attenzione alla sorella: aprì il biglietto e ne lesse il contenuto.
 
Ho paura di dover ammettere che lei mi abbia surclassato in capacità di intrattenimento  ed inventiva, Vice Procuratore Snow. Le mie più sentite congratulazioni.
Seneca Crane
 
Un sorriso si allargò dalle labbra della ragazza, mentre si appoggiava lentamente allo schienale della sedia, un'espressione soddisfatta a rallegrarle gli occhi. Il Capo Stratega era venuto ad assistere alla sua prima performance in Aula. Ora doveva pensare a come ricambiare la cortesia.
 
-_-_-_-_-_-_-
 
E cosi ricompare il nostro Capo Stratega preferito!
Queste righe questa volta le voglio dedicare a ringraziare tutte le persone che hanno letto queste pagine, a chi segue e ha messo tra le preferite (!!!!!) questa storia, a chi, come me, a Juno si sta un po' affezionando...
Grazie di cuore! E a risentirci su questi lidi!

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Capitolo 7
*** Capitolo VII - Rain (Part I) ***


Rain
 

We sit in the car outside your house
I can feel the heat coming 'round
Bruce Springsteen - I'm Going Down
 
- Non te ne andrai mai più via, vero zia Juno??
Guardava la città dalle vetrate del suo ufficio quando le tornarono in mente le parole che la sua nipotina aveva detto al pranzo condiviso con la sorella qualche giorno prima. Si stavano alzando dal tavolo del ristorante dove avevano consumato il pasto quando la bambina sparò quella domanda che probabilmente l'aveva tormentata per la durata dell'intero incontro. Il tono della voce esprimeva urgenza e preoccupazione, lo sguardo, fisso negli occhi di Juno, una profondità non propria di una creaturina di cinque anni.
- E dove mai potrei andare, mio splendido cupcake?- le aveva risposto, prima di abbracciarla forte e di promettere che le sarebbe stata vicino per sempre, anche e soprattutto quando avrebbero iniziato ad interessarle i maschietti. La bimba parve soddisfatta dalla risposta ottenuta e se ne andò rasserenata, tenendo per mano la mamma e girandosi ogni pochi passi a salutare, l'altra mano occupata a trasportare la nuova bambola che la zia le aveva portato dal Distretto 8. Era così buffa, impegnata a non apparire troppo impacciata a mantenere il passo, salutare, non far cadere il nuovo gioco e non perdere la mano del genitore. Tutto allo stesso tempo. Juno amava terribilmente Maia: dal primo momento che i suoi occhi si posarono su quello che all' epoca era un fagotto morbido e profumato se ne innamorò perdutamente. Dal giorno in cui Maia venne al mondo, ringraziò più e più volte chiunque in Cielo la potesse ascoltare per averla fatta nascere nella Capitale: una creaturina così bella, piccola, fragile, e che con il tempo si scoprì anche essere buona ed intelligente, non si meritava che il meglio il mondo le potesse offrire. Non Mietiture. O Bagni di Sangue al cospetto della Cornucopia. La sorte era stata in suo favore.
La pioggia incominciò a tamburellare sui vetri delle finestre, distraendo Juno dai suoi pensieri. Non pioveva spesso a Capitol City: era sempre un bello spettacolo guardare gli abitanti presi alla sprovvista correre di qua e di là per le strade del centro, nel vano tentativo di evitare che il loro costosissimo vestito o il taglio di capelli all'ultimo grido venissero intaccati dall'acqua. Sulle vetrate, anche le goccie si rincorrevano, unendosi di tanto in tanto in piccoli e tortuosi rivoletti che, con scatti improvvisi, finivano presto la loro corsa, sparendo negli angoli.
A Juno piaceva la pioggia, le dava un senso di pace: era come se le gocce d'acqua riuscissero a smussare qualsiasi spigolo, qualsiasi pensiero, rendendo tutto fluido, rotondo. Il profumo umido che un acquazzone si lasciava dietro poi, permeava qualsiasi crepa: si faceva largo in ogni pertugio, riempiendo tutto lo spazio a sua disposizione e rimandoci incollato per ore. Le tornò in mente quella volta quando, al Distretto 7, poco prima della vittoria di Johanna, aveva assistito al più forte temporale che avesse mai visto: le grosse gocce d'acqua rimbalzavano così pesantemente sulla terra da lasciarla trivellata da piccoli crateri, dai quali partivano numerosi spruzzi, resi argentei dal bagliore dei lampi. Non aveva saputo resistere: si era buttata a capofitto sotto quel diluvio ( - Miss Snow! È impazzita? - le aveva gridato il Capitano dei Pacificatori, una volta accortosi della sua "fuga"), facendosi colpire dalla furia che la Natura mostrava, lasciandosi mondare dall'acqua che cadeva a secchiate dal cielo gravido. Quella volta l'odore della tempesta le rimase addosso per giorni.
Tornò alla scrivania dove mucchi di fogli erano impilati ordinatamente, il tablet acceso sul suo programma settimanale. Non si ammazzava certo di lavoro: i casi assegnatole sembravano fatti apposta per divertire lo stuolo di cittadini curiosi, sempre più numerosi, che accorrevano in Aula ad assistere al procedimento. Nulla di impegnativo. Sospettava ci fosse lo zampino del padre in questo. Ciò di cui era sicuramente responsabile erano i numerosi incontri con le varie personalità politiche a cui la "invitava" a presenziare: proprio quella sera sarebbe stata impegnata in una cena con alcuni dei funzionari del Ministero della Difesa. O forse era il Ministro delle Comunicazioni e signora? Non ricordava, sul suo programma compariva un anonimo appunto recante "CENA - ore 20:00". Poco male, si sarebbe fatta aggiornare più tardi.
La pioggia continuava a scrosciare all'esterno dell'edificio quando controllò l'ora dal piccolo orologio d'oro che portava al polso: le 17:14. Immaginò l'ansia che doveva regnare nell'animo dei suoi tre preparatori: avrebbero avuto meno di tre ore per aiutarla a prepararsi! Le scappò una risata: adorava far ammattire quelle tre creaturine tutte blush e paillettes.
Mentre raccoglieva tablet ed alcuni documenti, il suo sguardo si posò sul biglietto lasciatole da Mr. Crane al suo primo processo. L'aveva appoggiato alla base in ottone della sua elegante lampada da tavolo: le fece piacere riceverlo e le piaceva averlo in giro. Ancora non aveva ricambiato la cortesia. Si domandò se fosse ancora a lavoro.
Un tuono la prese alla sprovvista, facendola sobbalzare: quel temporale non accennava a volersi calmare. Era una fortuna avere una vettura ed un autista a disposizione ventiquattro ore al giorno. I normali cittadini utilizzavano il sistema di treni sopraelevati, le auto erano riservate ai funzionari governativi più importanti, a discrezione della volontà del Presidente. Era sicura che Mr. Crane non ne avesse una, non ancora almeno. Un sorriso si formò sulle labbra di Juno: sarebbe stato un giorno fortunato per l'uomo.
 
 
Certo il suo piano aveva una falla: se si fosse già recato a casa o non potesse lasciare il luogo di lavoro i cortesi propositi di Juno andavano sfumandosi. Chiese alla receptionist del Palazzo della Direzione Centrale dei Giochi, una sezione staccata del Ministero delle Comunicazioni, se il Capo Stratega fosse ancora presente: dopo una veloce telefonata, rispose che stava giusto scendendo in quel momento. Non poté fare a meno di rallegrarsene. Lo vide comparire sul fondo della hall mentre usciva da uno degli immensi ascensori dorati, accerchiato dai colleghi: sembrava impegnato in una fitta ed esilarante conversazione che portò l'intero gruppetto a sciogliersi in risate poco prima di separarsi. Juno si trovò a pensare che ridere si addiceva molto al volto dell'uomo.
Si avvicinava al bancone della reception a passo deciso, un tablet sotto braccio, il badge nella mano, pronto per le procedure di registrazione uscita. Non l'aveva vista.
- Un temporale coi fiocchi, non c'è che dire.- constatò, mentre porgeva il tesserino alla receptionist. - Ed io non ho di certo un ombrello...- mormorò a bassa voce mentre saggiava con le mani l'ampiezza del tablet, indeciso se fosse il caso di usarlo come riparo contro la pioggia.
- Questo è davvero un bel problema, Capo Stratega Crane.- intervenne Juno mentre, con tutta la naturalezza che le era possibile, si appoggiò al suo di ombrello, a mo' di vezzosissimo bastone da passeggio. Indicando col capo il dispositivo elettronico che l'uomo teneva in mano aggiunse:
- Fossi in lei non lo farei...
- Vice Procuratore Snow!- la sorpresa si leggeva vivissima sul viso dello Stratega. - È un piacere poterla incontrare. Che cosa la porta qui?
- Sono venuta a ringraziarla per essere venuto al Processo, è stato molto gentile da parte sua. E per ricambiare la cortesia, le voglio offrire un passaggio.
L' uomo recuperò il badge dalle mani dell'addetta alla reception e, guardando prima il tablet e poi Juno, disse:
- Direi che la sua offerta è più che provvidenziale: accetto molto volentieri!
 
 
Nei poco più di venti minuti che durò la corsa verso la casa dello Stratega, passati dall'autista soprattutto a cercare di schivare sgargianti ed ingombranti pedoni, instabili su centimetri di tacchi troppo sottili per una giornata di pioggia, i due, seduti nei sedili posteriori, si trovarono a parlare del più e del meno: Juno rimase piacevolmente sorpresa nel ritrovare quel feeling spontaneo che si era creato tra di loro la sera della festa a Palazzo. Nonostante una certa formalità imposta dalla gerarchia sociale, la conversazione non perdeva in freschezza e genuinità, ed entrambi sembravano goderne.
L'auto si fermò dolcemente all'ingresso di un alto grattacielo: avevano lasciato l'area economico-amministrativa della città, ed ora si trovavano in una delle zone residenziali più esclusive di Capitol City, il lago non molto distante.
- Sembra che abbia scoperto dove risiedo, Miss Snow.- disse Seneca, prima di aggiungere con appena una punta di velato sarcasmo e un sorriso malizioso:
- Mi domando se non l'abbia fatto apposta.
- Capitol City è grande, ma non così grande, Mr. Crane.- rispose Juno.- E poi chiamarsi Snow ha i suoi vantaggi, rende superflui certi trucchetti.
Con una leggera risata ad increspargli le gote, l'uomo aprì la portiera della vettura: i suoni della pioggia scrosciante, che prima giungevano ovattati, ora si riversarono nell'abitacolo in tutta la loro originale forza, e la frescura del clima umido solleticò il collo di Juno, facendole accapponare le pelle.
Prima di scendere, si voltò verso la ragazza.
- Se posso avere l'ardire,- chiese, le palpebre che sbattevano nervosamente sui meravigliosi occhi azzurri. - mi stavo chiedendo se non fosse libera per cena. C'è questo evento a cui Strateghi ed alcuni Sponsor partecipano... Sarebbe un privilegio ed un immenso piacere se lei mi accompagnasse.
Per un attimo Juno rimase ammutolita, sorpresa: che splendida, inaspettata proposta!
- Mi piacerebbe moltissimo,- si ritrovò a rispondere.- ma sfortunatamente sono attesa: un incontro tra colleghi e tediosi politici, credo...
« Maledettissimi impegni ufficiali! »
- Però potremmo fare domani!- lo disse così, di getto: non voleva certo sprecare quell'invito a cena. - Sempre se è disponibile...
- Domani è perfetto! A risentirci per i dettagli. - rispose l'uomo, prima di salutarla con il timido baciamano che lo caratterizzava.
Prima che potesse scendere Juno lo fermò.
- Mr. Crane,- disse appoggiandogli una mano sul braccio, arrestando la sua uscita. - è meglio se prende l'ombrello!


 
-_-_-_-_-_-_-_-
 
Questo capitolo durante la fase di scrittura è risultato essere, oltre che un po' ostico (cara Musa, dove sei nascosta?!?), anche piuttosto lungo. Ecco perchè questa volta ho preferito dividerlo a metà: non volevo che si presentasse più pesante di quello che, magari, già è. La seconda parte è già pronta e nel giro di un paio di giorni aggiornerò!
Per qualsiasi cosa sono a vostra disposizione! 
Grazie di essere passati di qua!!

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Capitolo 8
*** Capitolo VII - Rain (Part II) ***


 
rain

We are the people that rule the world
A force running in every boy and girl.
Empire Of The Sun - We Are The People
 
 
- Al Ministero della Propaganda, è lì che ci attendono. Juno, è la terza volta che lo chiedi, perche non ti decidi ad assumere un assistente? - il Presidente Snow appariva un po' stizzito, le mani occupate a cercare di sistemare la candida rosa al bavero della giacca: pendeva decisamente da un lato, e non sembrava ci fosse verso di farla restare diritta.
- Ed avere un'altra persona perennemente sui miei passi? No, ti ringrazio.- La ragazza si avvicinò, offrendosi di aiutare il padre nell'appuntare il fiore. - Ho pur sempre te a rimproverare le mie mancanze. Ecco, ora è perfetta...
Si allontanò quel tanto che bastava a controllare che il piccolo bouquet fosse davvero posizionato correttamente, mentre con le mani lisciava le pieghe formatesi sulle spalle e le maniche della giacca scura indossata dal padre.
- Sciocca ragazza...- aggiunse l'uomo, un mezzo sorriso ad incrinargli le labbra, mentre offriva il braccio a Juno.
Arrivarono al Ministero in perfetto orario: una cinquantina di persone li videro entrare nella sala allestita per il ricevimento, la figlia saldamente aggrappata al braccio del padre sfoggiando uno dei suoi sorrisi migliori. Alcuni camerieri giravano tra gli ospiti offrendo drink in alti bicchieri di cristallo, mentre altri finivano di vestire il lungo tavolo ovale disposto sul fondo della stanza, proprio di fronte all'immensa vetrata che copriva l'intera parete, aprendola sulla piazza dove ogni anno i Carri dei Tributi sfilavano di fronte a tutta Panem.
I Ministri delle Comunicazioni e della Propaganda arrivarono solerti a dar loro il benvenuto, ed in poco tempo impegnarono il Presidente in un fitto dibattimento sul tema della serata. Per la sala, gruppetti di persone si riunivano di fronte ai manifesti e alle installazioni video rappresentanti la nuova linea di azione della Propaganda Governativa, discutendone tra loro i contenuti. Tra i presenti Juno riconobbe alcuni degli Strateghi più anziani, e si sorprese nel constatare come un paio di loro ogni tanto lanciassero nella sua direzione uno sguardo che non nascondeva un certo rimprovero.
- Si ricordano ancora delle sue parole alla festa, Miss Snow.
La voce di Plutarch Heavensbee le giunse distintamente alla sua sinistra: non si era accorta del suo avvicinarsi.
- Uno di loro è il Capo Stratega uscente: credo ci tenesse a fare una buona impressione nel suo ultimo incarico...
- Maledizione Plutarch,- Juno si voltò verso l'uomo, la mano destra aperta a nascondere gli occhi, mentre pollice e medio massaggiavano le tempie. Quella serata era iniziata male. - ho offeso buona parte dei tuoi colleghi, non è vero?
- Diciamo che non si aspettavano di sentire quelle frasi. La figlia del Presidente che non segue e disdegna i Giochi? Un'eresia...
Una mano in tasca, l'altra occupata a reggere un bicchiere di liquore dal quale di tanto in tanto sorbiva piccoli sorsi, l'uomo sembrava divertirsi molto: osservava gli astanti con sguardo languido, un sorriso sornione dipinto in volto. Pareva si stesse prendendo gioco di loro tutti.
Juno conosceva Plutarch da anni: le svariate collaborazioni con il Ministero della Difesa, la partecipazione assidua alle campagne di propaganda, nonché il suo ruolo di Stratega, lo rendevano uno dei protagonisti della politica di Panem; e non era infrequente trovarlo in udienza allo Studio Presidenziale. Uomo di indubbio fascino, i suoi mille talenti gli avevano fatto guadagnare la completa fiducia del suo Presidente.
Eppure Juno non era ancora riuscita a capire se le piacesse o meno. Le interminabili ore di conversazioni accumulate nel corso del tempo, non le avevano ancora concesso di decifrare quell'uomo. Di fronte a quegli occhi chiari aveva la sensazione di essere continuamente sotto esame, scrutate e valutata. Esattamente come stava succedendo anche quella sera.
- Mi permetta di mostrarle una cosa.
Con il braccio teso, la invitò a seguirlo in un angolo della sala dove troneggiava, su una sorta di ampio piedistallo metallico, l'ologramma di quella che avrebbe dovuto essere l'Arena della prossima edizione degli Hunger Games.
- Che ne pensa? Seneca non si è certo risparmiato per questo progetto!
L'immagine sembrava essere quella di un'immensa palude: Juno non ne aveva mai vista una, non poteva esserne sicura. Tuttavia, quello che vedeva era piuttosto esplicito, tanto che non le fu difficile immaginare il tipo di ambiente che sarebbe stato ricostruito. L'umidità opprimente e soffocante. I vapori mefitici della vegetazione in fermentazione nelle enormi pozze d'acqua lurida. I pantani di fanghiglia brulicante di creature striscianti. Quasi nessun riparo o posto all'asciutto. Senza tenere conto delle sorprese che gli Strateghi avrebbero svelato di volta in volta. Un leggero brivido le percorse la schiena.
- È...terrificante.- rispose quasi con un filo di voce. Non poteva frenare le sue sensazioni: la parte ancestrale del suo istinto le suggeriva che l'unica cosa che si poteva provare di fronte ad un tale ammasso di pericoli era la paura.
Plutarch le si avvicinò all'orecchio, e senza abbandonare il suo sorriso le disse:
- Perché non lo dice ad uno qualsiasi dei ricchi sponsor che si sono dati battaglia nel sborsare la cifra più alta, solo per potersi vantare poi con gli amici di aver contribuito a costruire la porzione più vasta del luogo dove si ammazzeranno tutti quei ragazzini?
Rise, di una risata bassa, quasi lugubre, mentre guardava ora l'immagine olografica ora Juno. Poi se ne andò, sorseggiando dal suo bicchiere, l'espressione di chi è soddisfatto.
Juno, lo sguardo intento a fissare la riproduzione tridimensionale dell'Arena in costruzione, era rimasta turbata dalle parole dell'uomo. Ragazzini? Nessuno li chiamava così. Erano Tributi. Eroi. Personaggi di uno show televisivo. Concorrenti. Nessun ragazzino: tutto quello sarebbe stato crudele.
Allungò una mano, attraversando l'ologramma: con un dito si avvicinò alla riproduzione di una pozza d'acqua dalla quale si allargarono numerosi piccoli cerchi concentrici nel punto in cui la punta del polpastrello ne aveva sfiorato la superficie. Un leggero formicolio le percorse l'arto.
- Ero compreso anch'io tra i tediosi politici che avrebbe dovuto incontrare stasera?
Seneca Crane era al suo fianco, un braccio teso a porgerle un calice di vino.
Fantastico. Quante gaffe avrebbe accumulato entro fine serata? Con lo sguardo di chi era appena stato sorpreso a compiere qualche atto disdicevole, accettò il bicchiere e bevve un sorso del liquido cremisi prima di porgere le sue scuse.
- Mi deve perdonare, non avevo idea fossimo entrambi attesi nello stesso luogo.- la paura di aver appena fatto una colossale pessima figura e l'urgenza di porvi rimedio le fece sciorinare velocemente le sue scuse. - Sembrerà una cosa assurda da credere, ma nella mia agenda non era specificato a che tipo di evento avrei dovuto presiedere. Non vorrei lei pensasse che non abbia voluto... Sono terribilmente mortificata.
Sentiva le guance accalorarsi mentre un soffuso rossore le illuminava. Non si era mai sentita tanto in imbarazzo. Ed il fatto che il petto del Capo Stratega fosse scosso da un'allegra risata non la aiutava a ristabilire un equilibrio nel suo stato d'animo.
- Non si preoccupi, le credo. - l'uomo smorzò le risa bevendo due piccoli sorsi dal calice che teneva elegantemente in mano. - Piuttosto, ho visto che con Plutarch prima ammirava il progetto della prossima Arena.
- Sì, ma io e Mr. Heavensbee siamo giunti alla conclusione di come non sia la persona più adatta a formulare giudizi riguardo ad Arene e particolari correlati...
Plutarch ora faceva parte del gruppo di persone ammassatesi attorno al Presidente. Incrociò il suo sguardo per pochi secondi, giusto il tempo di accorgersi del fulmineo occhiolino che le lanciò l'uomo.
Seneca annuiva, uno sguardo comprensivo ad addolcire i tratti del volto.
- Ricordo le sue parole alla festa...
- Oh, quelle se le ricordano tutti! - e a giudicare da quello che aveva visto, a qualcuno non avevano proprio fatto piacere.
-...quelle che mi confidò nel parco, davanti al "leone".- tra gli sbuffi di fumo e alcuni brividi di freddo, gli aveva parlato del terrore che i Giochi le facevano provare. Si chiese come faceva a trovarla ancora una compagnia desiderabile dopo avergli confidato come il suo lavoro la terrificasse. - A proposito, non ho detto niente a nessuno!
La guardò con sguardo complice prima di donarle un sorriso a cui Juno non poté fare a meno di ricambiare.
Il cristallino tintinnio di un campanello informò tutti dell'imminente inizio della cena. Muovendosi come un tutt'uno, ogni persona nella sala si diresse verso il tavolo, pronti a sedersi nel posto che fosse stato loro assegnato. Accompagnata da Seneca, Juno occupò il suo, alla sinistra del Presidente, posto a capotavola. Di fronte a lei il Capo Stratega, al posto d'onore alla destra del Capo del Governo. Forse sarebbero riusciti a scambiare qualche parola.
Il posto libero al fianco della ragazza non rimase vuoto per molto: Plutarch si sedette senza troppa leggerezza sulla poltroncina in velluto porpora, la stessa espressione indecifrabile di sempre.
- Appropriarsi del favore del Capo Stratega può essere una buona mossa per riguadagnarsi la benevolenza degli altri offesi, Miss Snow. - le disse, una volta accomodatosi. - E lei non sta certo perdendo tempo! Incredibile come un bel faccino e un paio di occhi azzurri possano far dimenticare dettagli, di una persona, che disprezziamo...
- Tu stai dimenticando con chi stai parlando, Plutarch.- rispose Juno mentre sistemava con grazia il tovagliolo sulla gonna dell'abito. Poi, guardandolo quasi con aria di supplica, chiese: - Godiamoci la cena, ti va?
 
 
Il nuovo programma di Propaganda era massivo. Manifesti ed immagini avrebbero tappezzato ogni singola parete presente in ogni uno dei dodici Distretti, mentre video promozionali, film studiati ad hoc ed interviste sarebbero diventati la parte predominante del palinsesto televisivo. Persino nel lavoro di Juno al Ministero della Giustizia sarebbero aumentati i momenti nei quali avrebbe dovuto convivere con una telecamera: i Processi "spettacolo" che tanto avevano avuto successo tra i cittadini dabbene di Capitol City sarebbero stati registrati e trasmessi in diretta, così da raggiungere anche quelle persone che non erano riuscite a trovare un posto in Aula ( - Così trasformerete il mio lavoro in una sit-com...- si era pigramente lamentata Juno. L'idea di diventare momento di ritrovo e conversazione per le casalinghe nullafacenti di Capitol City non la soddisfava affatto. Ma di certo non le dispiaceva ricevere ammirazione).
Per aumentare la meraviglia ed il timore nei confronti della Capitale, il Ministero delle Comunicazioni e la Direzione Centrale dei Giochi promettevano per quell'anno un'edizione degli Hunger Games grandiosa. Plutarch espose i nuovi spot che avrebbero anticipato la 72° edizione, pubblicità che promettevano ricchezze e gloria eterna garantite dalla generosità di Capitol City ( - Faranno a gara quest'anno per partecipare, ve lo garantisco! ), mentre gli Strateghi, Mr. Crane in particolare, esposero le meraviglie e le innovazioni della nuova Arena già in costruzione ( - Vi prego basta dettagli! Ci state rovinando davvero tutte le sorprese! - si era lamentata con una risatina stridula la moglie di un qualche funzionario).
Nonostante l'occasione non fosse certo delle più gradevoli, Juno si godette la serata: partecipò alla conversazione ricevendo segni di assenso dal padre per i suoi interventi, rise alle battute, battibeccò e stuzzicò Plutarch Heavensbee scatenando l'ilarità dei presenti e, non ultimo, brindò alla prosperità di Panem. Giunse, quindi, quasi in fretta il momento dei saluti.
- Posso ritenere ancora valido il suo invito a cena per domani? - domandò Seneca, poco prima che Juno uscisse dalla sala.
- Ci può scommettere, Mr. Crane. - rispose lei, mentre seguiva il padre verso l'ascensore.
 
 
Una volta entrata nell'auto, Juno si mise comoda in uno dei posti posteriori, poggiando il capo alla testiera del sedile e chiudendo gli occhi. Le girava un po' la testa.
« Maledetti brindisi a Panem...»
- Una persona giudiziosa e piena di inventiva il Capo Stratega Crane, non trovi?- la voce di suo padre le giunse dal sedile a fianco.
- Molto. Cenerò con lui domani sera. - gli rispose, la mano a coprire gli occhi chiusi: un fastidioso mal di testa cominciava a pungerle proprio dietro ai bulbi oculari.
Il Presidente Snow sorrise: aveva visto come i due si cercavano nella conversazione, negli sguardi, nelle attenzioni. Questo attaccamento poteva essere qualcosa di estremamente vantaggioso.
- Avrei dovuto chiederti il permesso?- domandò la ragazza, preoccupata nel non ricevere più risposta dall'uomo.
- Oh no, mia cara. Solo...- prese tra le mani quella libera della figlia, picchiettandola. -...cerca di non esagerare nel bere.
Juno guardò il padre dal pertugio creato divaricando medio ed anulare della mano che poggiava sul volto: sorrideva, ed in men che non si dica ridevano piano entrambi.
 
 

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII - Walk ***


feet
 

Doesn't matter if it is raining
We'll get to the other side of town
Tiergarten - Rufus Wainwright
 
I beg to differ on the contrary
I agree with every word that you say
Walking Contradiction - Green Day
 
Juno scese dall'auto che l'aveva riaccompagnata alla Dimora Presidenziale con le scarpe in mano: era davvero molto tardi, e per quanto il Palazzo fosse vasto, il rimbombo dei tacchi sul marmo dei pavimenti sarebbe rimbalzato in lungo e in largo, risultando udibile, complice il silenzio e l'estrema quiete, da qualsiasi zona dell'edificio. Entrare così, quasi di soppiatto, la fece sentire come una ragazzina che tenta di farla franca sotto il naso dei genitori: non che fosse possibile in realtà potersi introdurre di nascosto, non con le telecamere, i sensori di movimento e di calore, i Pacificatori debitamente celati, il grande muro di cinta...
Un brivido le percorse le gambe nel momento in cui i piedi si poggiarono sulle larghe lastre di marmo del pavimento dell'entrata: era un tale sollievo sentire la frescura della roccia lambirle i plantari e risalire attraverso gli spazi tra le dita. Dopo la cena con il Capo Stratega Crane di quella sera, i due si erano ritrovati prima a passeggiare e poi a vagare per le strade della Capitale, per godere, man mano che l'ora si faceva sempre più tarda, della calma e della tranquillità che lo spettacolo inconsueto della città svuotata offriva loro. Quelli che dovevano essere quattro passi volti a favorire la digestione si trasformarono in una sorta di maratona tra marciapiedi, vetrine, passaggi sopraelevati, piazze e un'infinità di parole: quasi non smisero mai di parlare, trovando sempre un argomento di cui discutere e confrontarsi, ed i discorsi si susseguivano con la stessa facilità con cui si succedevano i loro passi a cadenza regolare.
Fu così che Juno scoprì che Seneca era il rampollo di una rispettabile ma, per gli standard capitolini, modesta famiglia: i suoi genitori facevano parte di quella classe di cittadini che si occupavano di rendere la vita più facile alle personalità più in vista, facendo loro da segretari ed assistenti. Non che ebbe mai una vita difficile, ma di sicuro il suo cognome non compariva tra le liste di invitati ai party più esclusivi o tra i posti riservati in prima fila a teatro o tra i tavoli dei ristoranti più in voga. L'ardente desiderio di poter far parte della vera e propria élite della società di Capitol City spinsero il giovane Seneca a lavorare sodo per farsi notare tra lo stuolo di comodi e pasciuti alti dirigenti. Ambizione ed una buona dose di faccia tosta lo portarono ad ottenere, quando Juno era poco più che una bambina, il suo primo incarico al Ministero delle Comunicazioni: era solo uno dei tanti segretari che si occupavano di organizzare gli appuntamenti e mantenere in ordine le pratiche burocratiche nel momento in cui si accorse di possedere uno "speciale" talento. Per anni aveva osservato, ambito e rincorso i privilegi della crème della Capitale; lavorando per loro vi si era mischiato, senza mai tuttavia farne parte, ma avendo la possibilità di capirne i gusti, le preferenze, le attitudini, le mode, i desideri. Lui stesso, che desiderava ardentemente da anni, divenne un esperto di desideri, di voglie ed appetiti. Il suo talento era nella straordinaria capacità di rendere tali desideri reali, escogitando e proponendo soluzioni fattibili ed efficaci. Da segretario venne promosso a collaboratore nelle Campagne di Propaganda Governativa, per poi diventare assistente personale del Ministro delle Comunicazioni, il quale si accorse in breve tempo come l'esperienza maturata da Seneca nel corso di quegli anni gli permetteva non solo di esaudire qualsiasi richiesta da parte del Ministro o dei cittadini, ma addirittura di anticiparla: era ormai in grado di proporre quello che ancora non si sapeva di desiderare consciamente.
Le Campagne di Pubblicità e Propaganda da lui ideate furono talmente efficaci da far registrare un aumento esponenziale dei consensi nei confronti del Governo di Panem, anche all'interno di alcuni Distretti. Da qui, il passo per divenire Stratega fu breve. Lo stesso Presidente intercedette per lui, insistendo che gli fosse fornito un posto alla Direzione dei Giochi: un uomo in grado di convincere con spot e manifesti migliaia di persone della legittimità del proprio Governo, quali meraviglie avrebbe potuto fare durante un'edizione degli Hunter Games, l'evento di propaganda per eccellenza, allo stesso modo monito e distrazione per l'intera popolazione? L'intuizione del Presidente si dimostrò più che azzeccata, e gli eccellenti risultati portarono Seneca a ricoprire, nel giro di pochi anni, la carica per la quale era conosciuto da tutta Panen. In uno Stato in cui la meritocrazia non veniva certo sempre tenuta in considerazione nel momento in cui i vari incarichi venivano distribuiti, Seneca aveva trovato il modo di farsi strada: dare a Capitol City quello che Capitol City voleva. Dirigere gli Hunger Games non sarebbe stato molto diverso: era sicuro che quell'anno sarebbe stato il suo anno.
 
 
- E lei, Miss Snow? Come ha deciso di intraprendere la carriera giudiziaria?
Stavano passeggiando nell'immensa piazza deputata ad ospitare ogni anno la Sfilata dei Carri, quando Seneca le rivolse quella domanda. Di fronte a loro, in tutta la sua severità ed imponenza, si stagliava il palco in pietra dal quale il Presidente accoglieva i Tributi e dava inizio ufficialmente ai Giochi.
- Mi avevano detto che gli studi erano facili! - rispose Juno alzando le sopracciglia in un'espressione che voleva sottolineare l'ovvietà di quell'affermazione. Ma la risata sbuffata poco dopo cancellò ogni parvenza di legittimità nelle parole dette poco prima. - No... Credo di essermi fatta influenzare molto da mio padre e da quello che lui desiderava io diventassi. Ecco come ho scelto la mia carriera.
- Ed è quello che desiderava fare?
Juno alzò le spalle mentre rispondeva:
- Quello che volevo era compiacerlo. Essere la favorita ha i suoi vantaggi. - Non aveva mai veramente pensato a quello che davvero le sarebbe piaciuto diventare, tanto era stata abituata ad avere schede e tabelle di marcia che la indirizzassero verso la direzione giusta da seguire. E finora questo andamento non le era dispiaciuto, ma anzi credeva le avesse risparmiato parecchie scocciature che l'indecisione e magari il fallimento avrebbero potuto crearle. - Così come il mio lavoro: presto diventerò una star della TV!
Pronunciò le ultime parole con particolare enfasi, utilizzando un tono languido che fosse in grado di sottolineare il sarcasmo della sua affermazione. Cosa che l'uomo parve apprezzare mentre si lasciava sfuggire una spontanea risata.
- Non che mi dispiaccia troppo, sia chiaro, - continuò Juno. - sono perfettamente in grado di stare al gioco e di dare al mio pubblico quello per cui è venuto in Aula. Ma sono convinta ci sia altro che io possa fare. - Si ricordò dei pensieri avuti in treno al ritorno dal suo viaggio. A come si era accorta di quanto l'intero sistema avesse bisogno di un'aggiustatina, di qualche riforma. Senza stravolgimenti: quelli avrebbero solo portato al caos. Era tornata per fare il suo lavoro al meglio, non si aspettava certo di diventare, nel giro di qualche settimana, una presenza fissa del palinsesto televisivo. Sempre continuando a camminare aggiunse, proprio nel momento in cui sfilavano di fronte al Palco Presidenziale:
- Non siamo molto diversi io e lei, in fondo, Mr. Crane. Entrambi diamo alla Città quello che la Città si aspetta da noi.
Dicendo questo lo guardò negli occhi, ritrovando così le famigliari iridi azzurre che rispondevano al suo sguardo.
- Tuttavia, lei continua a non apprezzare quello che faccio...- la provocò l'uomo.
Juno smise di camminare, fermandosi poco dopo aver superato il palco sopraelevato.
- Lei non ha visto...- incominciò la ragazza. - Durante l'ultima edizione dei Giochi ho avuto modo di visitare alcuni Distretti. Lei non ha visto come i loro abitanti mi guardavano: sotto strati di luminosi sorrisi e di riverenza, nei loro sguardi non c'era altro che paura e rabbia. In quel momento io per loro rappresentavo quel Governo che ogni anno ruba loro i figli, e guardandone alcuni ho avuto l'impressione che, se ne avessero avuto l'occasione, mi avrebbero strappato gli occhi con le loro stesse mani. - il tono di Juno si stava facendo concitato ora. Ricordava bene quanto l'avesse ferita scoprire che i sentimenti più comuni che leggeva sul volto dei suoi cittadini erano il terrore ed il disprezzo. - Stiamo allevando migliaia di persone con un odio elevatissimo nei confronti di Capitol City. E l'unica cosa che impedisce loro di dimostrarlo è la costante presenza di Pacificatori ed i Giochi. Entrambi monito della capillarità del nostro Governo. Quindi Mr. Crane, non è giusto dire che io non apprezzi quello che fa. Lei, in un certo modo, contribuisce a mantenere la pace. Una pace instabile certo, ma pur sempre pace. Il fine a cui miriamo è nobile, i mezzi...spaventosi. Io capisco perchè ne abbiamo così tanto bisogno. Tuttavia, confido di vedere il giorno in cui tutto questo non sarà più necessario.
Restarono a lungo a fissarsi. Il volto di Seneca esprimeva sorpresa, con la fronte corrugata ed i grandi occhi spalancati fermi in quelli di Juno, la quale si domandava se non avesse fatto meglio a tenersi qualche parola per sé. Riprendendo a camminare ed abbozzando un timido sorriso, la ragazza aggiunse:
- Dopo quello che le ho detto, capirò benissimo se lei decidesse di non invitarmi mai più a cena.
Terminò la frase con una nervosa e breve risata, volta a stemperare la tensione che percepiva di aver creato. L'uomo sorrise di rimando, prima di rispondere:
- Non ho ancora intenzione di privarmi della sua compagnia, Miss Snow.
Non poté fare a meno di sorridere sollevata a quell'affermazione. Nemmeno lei aveva intenzione di interrompere quella conoscenza.
- Non l'ho turbata allora, Mr. Crane?
- Oh sì, già da tempo! - le rispose, ammiccandole complice. - Apprezzo la sua schiettezza e come, nonostante tutto, riesca ad essere sincera. La maggior parte delle persone con cui ho a che fare si limita ad esprimere constatazioni compiacenti e reverenziali. Deve essere una caratteristica degli Snow: la stessa sottile franchezza che trovo nel padre durante i nostri colloqui è presente anche nella figlia.
Detto questo le offrì il braccio, e quando la mano di Juno si posò nell'incavo del suo gomito aggiunse:
- Quindi Miss Snow, anche se spera di vedermi disoccupato un giorno, se non per una cena, mi troverà a chiederle di uscire per un pranzo, o magari una serata a teatro!
Passarono il resto della serata tra chiacchiere allegre, e solo quando si accorsero della tarda ora che si era fatta decisero che era tempo di augurarsi la buona notte: il tempo era davvero volato.
 
 
Sorrideva Juno mentre, scalza, camminava per i corridoi della Dimora, in direzione delle proprie stanze. Aveva davvero passato una splendida serata: la cena, in uno dei migliori ristoranti della Città, era squisita, e la compagnia eccellente. Rimanere sola con il Capo Stratega per un così lungo tempo riconfermò le buone impressioni che ebbe di lui la sera in cui si conobbero, ritrovando la spontaneità della conversazione, l'assenza di imbarazzo ed il piacere che entrambi provavano nell'essere l'interlocutore dell'altro. Persino quando il discorso toccava corde estremamente sensibili. Rivide mentalmente l'espressione dell'uomo nel momento in cui Juno raccontava del clima di tensione che aveva percecipito all'interno dei Distretti, gli occhi blu che all'improvviso si erano fatti scrutatori, le labbra serrate, la fronte aggrottata: che fosse stupito di quello che sentiva? O che fosse più sorpreso nel sentirlo dire ad alta voce? Il momento di sconcerto comunque finì presto, e la capacità di dissimulazione di Mr. Crane gli permise di riportare il proprio viso alla placida espressione rilassata che lo contraddistingueva. Che cosa lo portasse ad essere così affabile con lei, Juno non lo sapeva: che fosse davvero il fatto di essere, dopo tutto, creature così simili, educate a compiacere e mantenere mansuete le masse di cittadini?
Arrivata nella propria camera, ancora vestita si buttò nel grande letto. Guardando l'orologio posto sul comodino un leggero sospiro e un piccolo lamento spezzarono il silenzio della stanza: la settimana non era ancora finita, e tra poche ore avrebbe dovuto recarsi in tribunale.
Raggomitolandosi su un fianco, chiuse gli occhi e lasciò che le restanti ore della notte la accompagnassero verso il dolce oblio del sonno, l'ultimo pensiero rivolto all'uomo che l'aveva tenuta sveglia: era curiosa di sapere se si fosse divertito tanto quanto lei.
 
 
-_-_-_-_-_-
 
Writer's corner
 
Welcome, welcome, welcome!
I nostri due affezionati sono infine giunti a concedersi un appuntamento, desiderosi di divertirsi e scoprirsi a vicenda. E tra un bicchiere di vino e una lunga passeggiata, scopriranno che in fondo non sono molto diversi. Entrambi sono "creature" della Capitale e, come la loro città nativa, le loro personalità hanno lati lucenti, angoli in ombra e numerose contraddizioni. La stessa Juno è una "Walking Contradiction" (come la definirebbero i nostri amati Green Day, il gruppo musicale che mi accompagnò per tutta l'adolescenza -fine.momento.ricordi- ): in questo capitolo abbiamo la conferma esplicita di come l'influenza del padre abbia sempre indirizzato la vita di Juno (che Galatea fosse scappata proprio da questo?), e di come come questa guida non abbia mai in fondo disturbato la ragazza. Tuttavia, pur avendo lavorato sodo per farne parte, Juno capisce che l'intero sistema si stia incrinando. Ma la sua ingenuità (???) e la sua paura di un nuovo periodo di caos (e forse la paura di perdere le sue comodità e privilegi?) frenano le sue prese di coscienza.
Grazie di essere passati di qua (e di aver letto tutto questo sproloquio!): se ci va, lasciate un segno del vostro passaggio!
Allons-y!!

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Capitolo 10
*** Capitolo IX - Show ***


calle


You want what you want when you want it
But after you are presented
With what you want, you're discontented
(...) 'Cause after you get what you want
You don't want what you wanted at all
AFTER YOU GET WHAT YOU WANT, YOU DON'T WANT IT - Irving Berlin
 
 
- Non credete di stare esagerando un pochino?
Juno si strofinava il naso cercando di trattenere le lacrime dopo l'ennesimo starnuto, dovuto alla fitta nuvola di cipria che le aleggiava attorno al viso.
- Così risulterà perfetta davanti alle telecamere, Miss Snow! Ogni donna e uomo di Capitol City invidierà la sua pelle di porcellana...
I tre piccoli e tondi preparatori le guizzavano agilmente attorno, il suo ufficio al Ministero della Giustizia parzialmente trasformato per l'occasione in camerino: proprio quel giorno era in programma la prima diretta dal Tribunale, la prima di una lunga serie di show dal vivo che, una volta alla settimana, avrebbe incollato gli occhi dei cittadini di Panem allo schermo del loro televisor, ed affollato l'Aula ed il Ministero di Capitolini curiosi ed impazienti.
- Mi fido di voi, sobbalzanti creature.
E ne aveva ben motivo: forse l'aria solenne che si respirava all'interno dell'edificio li avevi ispirati al meglio, perché il risultato che vedeva riflesso allo specchio appeso alla parete le piaceva, le piaceva moltissimo. Una gonna blu cobalto alta in vita e dalle morbide pieghe le adornava le gambe, fino all'altezza del polpaccio, mentre una bianca camicia dalle maniche corte al gomito le ricadeva mollemente sulle spalle, il colletto a punta impreziosito da fulgidi cristalli bianchi, grigi e neri. Le scarpe in pelle scura dal tacco modesto e con un sottile cinturino alla caviglia completavano il vestiario. I tre stilisti alle sue dipendenze non avevano ecceduto nemmeno con il trucco: le "pruriginose" polveri usate sul suo viso creavano sul suo incarnato un gioco di ombre e luci che davano l'effettiva illusione di una pelle di finissima ceramica. Unica estrosità le labbra, di un vibrante rosso corallo.
- Castor, Remus, Senio: questa volta vi siete davvero superati! - affermò Juno, osservando dallo specchio i tre gemelli sorridere ed ammiccare pieni di compiacimento.
Si avvicinò alla grande scrivania. Riunì le ultime carte riguardanti il processo che sarebbe iniziato tra poco meno di mezzora, e si fermò un momento a contemplare il vaso di candide calle che torreggiava al centro del tavolo. Quella mattina, non appena arrivata, lo aveva trovato già lì, a diffondere il dolce profumo dei fiori nella stanza. Un nastro verde adornava il recipiente in cristallo, mentre tra le foglie era stato posato un biglietto. Quel presente era da parte di Seneca: erano passate già due settimane dalla loro cena con passeggiata, ed i reciproci impegni lavorativi ed istituzionali non aveva permesso loro di vedersi spesso: si erano ritagliati una mezzora per un caffè al volo, rubato una pausa pranzo o due, ma poco altro. Niente in confronto a quelle ore trascorse tra le strade deserte della Capitale. Tuttavia, sentiva vicina la presenza dell'uomo, e nel corso dei giorni si sorprese ogni tanto a pensare a lui.
Rilesse nuovamente il breve messaggio lasciatole sul piccolo cartoncino.
- Sciocco Stratega...- mormorò, quasi tra sé e sé, mentre un leggero sorriso le distendeva le labbra.
- Miss Snow, una troupe televisiva è già qui fuori ad aspettarla! - la informò uno degli stilisti.
Con cura, posò il biglietto tra gli steli dei fiori prima di afferrare la borsa, raccogliere gli incartamenti e dirigersi alla porta. Le luci delle telecamere la centrarono in pieno volto, già schermato dalla sua più efficace espressione da avvocato.
 
 
La tensione in Aula era palpabile: tra il pubblico c'era chi si afferrava nervosamente le mani, chi stropicciava in preda all'ansia la stoffa del vestito e chi vedeva le proprie nocche sbiancare dalla forza con la quale stringeva il manico della borsa tra le dita. La curiosità era talmente alta che portava tutti a reclinare il busto verso i pulpiti di Procura e Difesa, gli occhi e le orecchie spalancati, ben decisi a non perdersi nemmeno un dettaglio del Processo che si stava svolgendo.
Non poteva desiderare una causa migliore per iniziare: era esattamente quel tipo di procedimento che avrebbe riempito Capitol City di brusii operosi e pettegoli per giorni, regalando ai circoli femminili e ai gruppi di amiche un succoso argomento di conversazione durante i numerosi aperitivi.  E Juno non voleva far mancare loro nemmeno un dettaglio. Se non ti condannava a morte, all'esilio o ad un lungo periodo di prigionia, il Tribunale funzionava come una specie di gogna pubblica. E quando si è trasmessi in Panem-visione tanto valeva fare le cose in grande.
Ecco che, in questo modo, tutti i particolari di quello che si preannunciava essere il divorzio dell'anno vennero a galla nei novantasette minuti di dibattimento: il Ministro dei Trasporti in carica terminava così il suo matrimonio con la ricca moglie dopo che quest'ultima lo aveva sorpreso in atteggiamenti inequivocabili con la tata dei loro due figlioletti. E la cameriera. Ed il giardiniere. Contemporaneamente.
La scioccante rivelazione fece trasalire di visibilio tutti i presenti, che già pregustavano i momenti in cui avrebbero potuto scatenare le loro abili e pungenti lingue nei vari circoli e club di cui facevano parte. La vera e propria punizione, in casi come questi, non era tanto l'elevatissima somma che l'uomo si sarebbe trovato a pagare (spese di procedimento, multe per condotta lesiva al pudore e alla morale, mantenimento dell'ex coniuge...), quanto l'enorme brutta figura e la perdita di credibilità della facciata di buon marito ed integerrimo uomo di politica. In una società dove si guardava alla bellezza e alla sfarzosità della maschera che ognuno indossava, nel momento in cui la propria veniva strappata e sgretolata si capiva di aver perso "tutto". Juno sospettava che, entro poco tempo, oltre che di ex marito, l'uomo si sarebbe effigiato presto anche del titolo di ex Ministro dei Trasporti. E se ciò fosse successo, non poté fare a meno di pensare al ruolo decisivo che lei stessa aveva avuto nella rovina di quell'uomo.
 
 
- Sembra che sua figlia non necessiti di particolari istruzioni nell'attuazione del proprio dovere.
Plutarch sedeva comodamente sorseggiando una tazza di the, mentre, insieme al Presidente Snow, seguiva la diretta dal Tribunale sullo schermo del televisor nello Studio del Capo di Stato.
- Ha a dir poco demolito la reputazione del Ministro Grady in meno di due ore. - Continuò divertito, una breve risata a sottolineare l'ilarità della situazione. - E tutto questo senza mai perdere il sorriso dalle labbra....
- Juno è sempre stata una ragazza particolarmente recettiva, Mr. Heavensbee. - rispose Snow, gli occhi chiari fissi ad osservare le immagini del Vice Procuratore Snow impegnata in un'intervista appena al di fuori dalle porte del Tribunale. - Non ho mai avuto davvero bisogno di dirle cosa fare; lo ha sempre capito da sola. Mi ha reso e continua a rendermi molto fiero di lei...
- Quello che è certo è che ora il sollevamento di Grady dal suo incarico al Ministero non dispiacerà a nessuno, non essendogli rimaste molte persone disposte a prendere le proprie difese. Non dopo quello che si è sentito su di lui ed i propri appetiti in Aula! - continuò Plutarch, un sorriso a sollevargli gli zigomi pieni. - Il lavoro di Miss Snow è stato davvero provvidenziale.
A ridere sommessamente ora era lo stesso Presidente, il quale, prima di sorbire un sorso dalla sua tazza, disse:
- Come le ho già detto Plutarch, Juno è una ragazza recettiva. Mi aspetto di poter fare grandi cose con lei.
 
 
- Sei stata tremenda.
A Galatea non piacevano i mezzi termini, soprattutto quando si trovava a discutere con la sorella più piccola.
- Il Ministro Grady è sbiancato talmente tanto durante le tue testimonianze che avrei creduto svenisse in Aula. - continuò la donna, abbandonatasi alla comodità del divano nello studio del Vice Procuratore. - Lo hanno portato in infermeria poco dopo la sentenza. Ma tu eri troppo occupata a farti intervistare per accorgertene...
- Tea, quell'uomo è un porco. - rispose Juno, mentre riordinava i documenti alla scrivania. - Era il momento che qualcuno glielo facesse notare.
- Mentre la moglie, pardon, ex moglie è una santa, dico bene? Tutta casa, figli, amiche e stanze d'albergo in compagnia di Finnick Odair...
- Tea, lo so! - Juno appoggiò rumorosamente un plico di fogli sul tavolo, prima di guardare negli occhi la sorella. - Sono stati indagati entrambi, conosco più dettagli io delle loro vite private di quanto non facciano loro stessi. Si trattava solo di decidere da che parte far pendere il piatto della ragione. La signora Grady è una sciocca oca innamorata di sè stessa e di un giovane Vincitore, mentre il marito... Beh, il Ministro Grady non piace a nessuno.
- Di sicuro non piace a papà.
Le due donne si scrutarono per un po': nello sguardo della più grande un velo di preoccupazione, reso evidente dalle sopracciglia leggermente aggrottate, le appesantiva i tratti solitamente distesi; gli occhi di Juno invece guizzavano su quelli della sorella, in una corsa folle da un'iride all'altra. Il messaggio lanciato dall'affermazione di Galatea era evidente: quello che quelle poche parole sottointendevano arrivò dritto in faccia a Juno, e le tolse il fiato per qualche istante.
 
« Solo il meglio per la creaturina di papà! »
 
- Avevi fatto caso a quanto poco presente fosse ultimamente il nome di Grady tra gli invitati degli eventi a cui presenziavi? Di quanta poca considerazione riusciva ad ottenere dal suo adorato Presidente? Di quanto poco valore erano considerate le sue parole?
Certo che lo aveva notato. Era abituata a notare gli sbalzi di umore nei trend di politica interna. Così come era abituata ad aggevolarne il processo.
- Se disprezzi tanto quello che faccio, perché sei qui a sciorinare consigli? - un piccolo moto di rabbia cominciò a scaldare Juno, mentre le gote le si coloravano di un inaspettato rossore.
Tea si diresse dalla giovane sorella, e abbracciandola forte le sussurrò nell'orecchio:
- Questo non è più un gioco, non detti tu le regole, ingenua bambina mia. Voglio solo che tu stia attenta.
Due vigorosi pizzicotti alle guance colsero Juno di sorpresa e stemperarono la tensione creatasi in quel frangente.
- E ora perché non mi dici da parte di chi sono quei meravigliosi fiori sulla tua scrivania? Uh, aspetta! Non sarà per caso quel tuo amico dalla buffa barba?
Juno alzò gli occhi al soffitto, sospirando: solo Galatea riusciva a farla sprofondare in un baratro di sconforto e offrirle il modo di risalire in poche frazioni di secondi.
 
 
-_-_-_-_-_-
 
Writer's corner
 
A chi ha aspettato così tanto tempo per questo capitolo dico solo GRAZIE per la pazienza e SONO TERRIBILMENTE DISPIACIUTA. Ma posso affermare di essere tornata. Oh sì, I'm freakin' back fellas.

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Capitolo 11
*** Capitolo X - Soap Bubbles ***


 
Bubbles


Every now and then the stars align
Boy and girl meet by the great design
Could it be that you and me are the lucky ones?
Lucky Ones - Lana Del Rey
 
 
- Manca davvero pochissimo all'inizio della 72° edizione degli Hunger Games: solo quattro settimane ci separano dal momento in cui scopriremo i volti dei ventiquattro nuovi valorosi Tributi che ci terranno compagnia per questa nuova , fantastica stagione dei Giochi!
Ceasar Flickerman si sentiva davvero in forma quella sera, complice il nuovo colore di capelli che sfoggiava per la prima volta proprio durante quella diretta, di uno stroboscopico verde smeraldo, il quale risaltava intensamente sotto le luci dello studio televisivo poste in posizioni strategiche. Era davvero soddisfatto del lavoro svolto dai suoi hair stylist: l'effetto in video di quelle ciocche colorate, che controllava ad intervalli regolari dagli schermi di cui era circondato il palco, rispecchiava esattamente quello che aveva richiesto.
Se lo sentiva: quell'anno avrebbe presentato uno spettacolo grandioso.
- Quante novità e succose curiosità per questa Edizione che, ancor prima di cominciare ufficialmente, promette già di divenire una tra le più memorabili di sempre!
Quasi non stava più nella pelle: mai gli erano capitate così tante buone nuove da raccontare nell'arco di un unico show. Sentiva l'ansia crescergli nel petto, appesantendolo: non era sicuro di avere abbastanza tempo per poter sviscerare tutti gli argomenti ed intervistare ogni singolo ospite. Respirò a fondo e si impose di mantenere la calma. Guardò il suo pubblico applaudirlo con frenesia: il suono scrosciante delle mani che battevano fragorosamente rimbalzava sulle pareti e confluiva sul palco. Da sotto le suole delle scarpe argentate poteva sentirlo vibrare. Quante persone al mondo riuscivano a far tremare un intero edificio con poche parole ed un solo sorriso?
- Quest' anno è stato sicuramente un anno carico di emozioni...
Ripassò mentalmente la scaletta della serata, gli argomenti che avrebbe dovuto trattare, i personaggi da introdurre, gli approfondimenti... Non ce l'avrebbe mai fatta a condensare tutto in sole tre ore. Forse, se gli ascolti fossero stati alti, gli avrebbero concesso di sforare. Era bravo nel suo lavoro, lo faceva da decenni: aveva fiducia di riuscire a non vedersi costretto a cancellare qualche servizio.
- Ma devo ammettere, miei cari amici, che ho avuto paura.
Il pubblico intero trattenne il fiato. Paura di cosa? Cosa si era lasciata sfuggire quella mandria di testoline multicolore?
Che effetto fai alla gente, Ceasar! Giri e rigiri le masse con un semplice cambio di intonazione della voce. Si ricordò in un lampo perché faceva e amava quel lavoro. E anche perché era il migliore.
- Paura di vedermi soffiare il posto dalla rivelazione televisiva dell' anno!
Il pubblico si lasciò andare ad una chiassosa risata, seguito dal suo anfitrione. Si stava parlando di televisione, non si erano persi nulla, erano preparati in materia.
- In diretta per noi dalla Dimora Presidenziale, cittadini e cittadine, salutate calorosamente il nostro Vice Procuratore Snow!
Dallo schermo più grande comparve il viso sorridente di Juno, intenta ad agitare elegantemente la mano.
- Buonasera! Salve Ceasar! - salutò non appena si fu smorzato il clamore dell' applauso dal pubblico. - È un piacere essere con voi, seppur non fisicamente...
- Miss Snow, - si intromise il presentatore. - mi permetta di sottolineare quanto radiosa la trovi stasera. Dico davvero, sono sinceramente colpito dalla sua bellezza...
Dallo studio si sollevarono mormorii di approvazione, mentre Juno, appoggiandosi una mano sul cuore, rispose:
- Oh, Ceasar... Come potrei prendere il posto di chi fa complimenti così aggraziati. Da chi li riceverei poi?
- Sono salvo! - esclamò il presentatore, passandosi teatralmente una mano sulla fronte. - Miss Snow, perché non ci racconta come è andata questa prima stagione di riprese dal Tribunale?
- Egregiamente, direi! Sebbene la responsabilità di mostrare a tutta Panem la realtà del nostro lavoro al Ministero fosse molto alta, credo di poter affermare di aver fatto, insieme a tutto il team, un buon lavoro: senza nessun tipo di filtro, abbiamo provato come il nostro sistema sia un insieme funzionante di ingranaggi ben oliati ed in perfetta sincronia. Ogni cittadino ora ne è consapevole perché lo ha potuto vedere!
- Ci aspettano altre due dirette prima della pausa dovuta alla stagione dei Giochi, dico bene?
- Esattamente Ceasar, e consiglio a tutti di non perderle per nessun motivo! Ho in serbo per voi qualcosa di eccezionale per il Gran Finale...
 
 
- Sono così poco presente dagli schermi televisivi da aver bisogno di fare comparsate al Ceasar's Show?
Terminate le riprese dallo Studio Presidenziale, da dove era stata trasmessa la sua intervista, Juno si diresse al salotto dove un compiaciuto Presidente la attendeva con l'intenzione di poter godere e commentare con la figlia il resto dello spettacolo.
- Bambina, hai comunque evitato di recartisi di persona. Non è già qualcosa? - le rispose calmo, porgendole una tazza di tè.
La ragazza accettò di buon grado la bevanda calda mentre, togliendosi le scarpe, si abbandonò alla comodità dell'ampio divano.
- Non abbandoni davvero mai la tua diplomazia da politicante, o sbaglio? - osservandolo da sopra la sottile tazza in ceramica, Juno diresse al padre un fulmineo occhiolino, prima di distendere le gambe ed appoggiare i piedi scalzi sul piano in cristallo del basso tavolino.
- Non sarei dove sono ora senza la mia diplomazia, mia cara.
Bevvero il loro tè in silenzio per un po', osservando le sgargianti immagini che si rincorrevano sullo schermo del televisor.
Come aveva promesso l' anchorman, l'intero show si dimostrò un susseguirsi ininterrotto di ospiti e servizi: l'intervista di Juno fu solo un assaggio, la prima di una lunga serie. Ben presto l'ampio palco dello studio si trasformò in un immenso salotto dove esperti, celebrità (presunte o tali) e personalità di spicco della Capitale si inserivano tra un approfondimento e un frivolo pettegolezzo. Ovviamente, i pronostici per gli ormai prossimi Hunger Games si sprecavano, e tutti sembravano avere un'opinione a riguardo. Ma quale maggiore autorità in materia interpellare per soddisfare la famelica curiosità delle migliaia di occhi incollati allo schermo, se non il Capo Stratega in persona?
Al televisor, un fiducioso Seneca Crane si dirigeva a passi decisi verso la mano che Flickerman gli porgeva, attraversando lo studio con fare sicuro e rilassato.
Un leggero sorriso le sollevò un angolo della bocca quando gli occhi dello Stratega, incrociando la lente di una telecamera, sembravano aver guardato proprio in sua direzione. Juno non poté fare a meno di appoggiare i piedi a terra ed assumere una posizione più composta, come se potesse essere effettivamente vista dall'uomo. Appoggiò con noncuranza un gomito alla testiera del divano, sostenendosi il capo leggermente inclinato con la mano, l'espressione del viso rilassata intenta a mostrare un disinvolto interesse per l'intervista. Appariva calma, controllata, placida, quasi come l'uomo che diligentemente stava rispondendo una dopo l'altra alle domande postegli da Ceasar. In realtà un crescente calore le formicolava il petto, rendendo quasi impossibile resistere all'impulso di sorridere sfacciatamente allo schermo.
 
Pochi giorni prima...
 
Prima dell'inevitabile caos che ogni anno conseguiva all'inizio della stagione dei Giochi, Juno e Seneca decisero fosse davvero il caso di dedicarsi un'intera serata per loro stessi: presto il lavoro dell'uno e gli obblighi istituzionali dell'altra li avrebbero oberati di impegni inderogabili, ed entrambi sentivano forte il desiderio di ritrovare l'atmosfera conviviale e la tranquillità delle vuote strade della Capitale dopo la loro prima cena.
In un piccolo teatro, non molto frequentato e situato ai confini della città, si esibiva uno dei pochi circhi itineranti esistenti a Panem. Non era certo la compagnia più famosa o numerosa, ma senza dubbio il loro spettacolo, fatto di luci, acrobati, musiche ed imponenti bolle di sapone, risultava essere tra i più magici ed evocativi nel suo genere. Godersi lo spettacolo rifugiati all'interno di uno dei palchetti privati del teatro, lontano da occhi indiscreti e occhiate curiose, era parsa ad entrambi un'eccellente idea ed un perfetto surrogato al vagheggiare per le vie del centro: i preparativi e l'eccitazione crescente per l'imminente inizio della Stagione dei Giochi aveva riempito le strade di tecnici al lavoro e cittadini in fibrillazione che avrebbero reso impossibile passeggiare in tutta calma. E la vista del nuovo Capo Stratega, il deus ex machina alla guida dello sport nazionale, non avrebbe certo aiutato.
- Te lo immagini? Un'intera folla adorante che al motto di "Stratega Crane!" non si fermerebbe di fronte a niente pur di riuscire a toccare l'orlo della tua giacca. - disse Juno mentre insieme al compagno di serata si accomodava sulla piccola poltroncina in velluto rosso. - Non potrei fare nulla, se non lasciare che ti portino via, in corteo sollevato sopra le loro teste...
- Sovrastimi la mia popolarità.- rispose Seneca, unendosi alla risata della ragazza. - E poi sono convinto che sfoderando la tua autorità e minacciando tutti di far loro causa non esiterebbero a farmi cadere a terra...
- Che splendida accoppiata,- aggiunse Juno, accendendosi una sigaretta e porgendone una all'uomo.- lo Stratega e l'Inquisitrice! Croce e delizia dell'intera Panem.
Pur mantenendole negli incontri pubblici, quando erano soli le formalità tra di loro erano cadute da tempo: non si davano più del lei da quando, alla caffetteria del Ministero delle Giustizia, una Juno incredibilmente in ritardo e sommersa di cartelle, aveva rovesciato i caffè di entrambi sugli immacolati calzoni di Seneca, rovinandoli irrimediabilmente. Fortunatamente Senio, frugando tra gli abiti portati per le dirette dal Tribunale, riuscì a trovarne un paio che aveva tenuto da parte per sé: di un eccentrico verde acido e una lunghezza che a malapena riusciva a coprire le caviglie dello Stratega, erano pur sempre meglio di nulla. E un pomeriggio passato col rischio di scoppiare a ridere in faccia a chiunque, al pensiero di uno sconsolato Seneca "all'ultima moda", per Juno era decisamente molto meglio di nulla.
-Grazie di aver accettato l'invito per stasera. Avevo davvero bisogno di un po' di pace... L'ultimo grande respiro prima di tuffarmi a capofitto nel mio ruolo.- disse riconoscente Seneca.
- Oh, è stato un sollievo avere una buona scusa per disertare il cocktail organizzato dalle mogli dei ministri! Sono sicura si divertiranno un mondo nel formulare fantasiose congetture sul mio rifiuto... Immagina le loro facce quando scopriranno che sono con te! - Juno si voltò in direzione dell'uomo, il volto contratto in una grottesca parodia di un viso sorpreso. - E poi avevo voglia di vederti. Di vederti come si deve.
Le luci del teatro gradualmente si spensero, lasciando solo le braci delle sigarette ad illuminare per brevi attimi le labbra dei fumatori. Juno e Seneca spensero le loro, consentendo al buio di celarli ed ammantarli. Una soffice musica si diffuse dagli altoparlanti, carezzando con le proprie vibrazioni i corpi degli spettatori, e contribuendo a rendere l'atmosfera ovattata e piena. Dal palco delicatissime luci multicolore fluttuavano a mezz'aria, andandosi a riflettere su una cascata di bolle di sapone provenienti dalle quinte. Qualcuna di loro, scioltasi dal gruppo, raggiungeva i palchi più alti: Juno con un dito cercò di toccarne una che galleggiava poco distante dal suo naso, e quando questa esplose uno spruzzo di finissime goccioline le imperlò le gote, costringendola a chiudere gli occhi per pochi attimi. Gli acrobati nel frattempo erano comparsi come ombre sul palco, misteriose figure mute dai talenti alla ragione impossibili.
Seneca non li guardava: osservava il profilo della donna al suo fianco risaltare sulla luce opalescente; poteva distinguerne ogni singolo capello stagliarsi sugli albori dello spettacolo, le ciglia muoversi allo sbattere delle palpebre, il contorno delle labbra definirsi. Studiò quel volto più e più volte, cercando di fissare tutti quei particolari nella sua mente, non volendosene perdere o dimenticare nessuno. La trovava così bella, non corrotta dai volgari espedienti con i quali tutte le altre donne martoriavano il proprio corpo. Espedienti da cui egli stesso si era fatto affascinare. Lui e Juno erano creature così simili da risultare affini, ma al tempo stesso era convinto di aver trovato in lei qualcosa in grado di renderla unica. Sapeva di stare per compiere una pazzia.
Juno guardava ammirata le eccezionali esibizioni degli artisti sul palco, quando sentì Seneca avvicinarsi. Si voltò per accertarsi che fosse tutto a posto, ma si ritrovò con il volto dello Stratega a pochi centimetri dal suo, così vicino da vederne solo gli occhi azzurrissimi. Il proprio riflesso compariva in quelle iridi, per un attimo offuscate da un'ombra di esitazione.
Eliminando l'esigua distanza tra loro, Seneca posò un leggero bacio sulle labbra dischiuse di Juno. E mentre racchiudeva tra le mani il viso della ragazza, a quel timido bacio ne seguì un secondo ed un terzo, ciascuno teso ad assaporare sempre più quel momento di spontanea intimità. E quando infine i due si separarono, con in bocca ognuno il sapore dell'altro, appoggiando la fronte a quella dell'uomo e circondando con le dita i polsi delle mani che ancora le sostenevano il capo, Juno sussurrò:
- Cominciavo a temere non l'avresti mai più fatto...
 
 
La voce di Ceasar Flickerman la distolse dal ricordo che ancora le scorreva vivido davanti agli occhi. Juno si accorse di avere la pelle d'oca.
- La sua posizione, Mr. Crane, le consente di avere amicizie importanti! - continuò il presentatore, eccitato dall'occasione di poter parlare di un argomento così succulento. - A tal proposito, è stato visto spesso in compagnia della figlia del nostro Presidente, e avrà sicuramente avuto occasione di conoscerla a fondo. Che impressione le fa poter interloquire con una delle star, nonché alto funzionario di giustizia, di Capitol City?
- Mi considero un uomo estremamente fortunato. - non ebbe esitazione a rispondere lo Stratega. - Miss Snow è una persona straordinaria.
Sia Juno che il padre sorridevano ora apertamente allo schermo del televisor.
 
 
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Writer's corner
 
Aaaaawww l'amore! Tempo fa non mi sarei mai immaginata a scrivere una scenetta così romantica: ho sempre aborrito i romanzi "rosa" (ad eccezione di zia Austen, che non si tocca, e pochi altri titoli), e mi ritengo un'ignorantona nel descrivere situazioni romantiche, come questo primo bacio tra i nostri due eroi. È stato interessante constatare quanto imbarazzo ho provato nello scrivere quelle righe, quasi mi sentissi una volgare voyeur...
Spero che il risultato sia soddisfacente! Fatemi sapere che ne pensate, custodirò i vostri consigli come gemme preziose!
Grazie per essere passati! 

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Capitolo 12
*** Capitolo XI - Parade ***


parade

It's our destiny,
Triumph or agony.
Triumph or Agony - Rhapsody of Fire
 
A giudicare dall'estrema eccitazione che serpeggiava tra gli spalti stra colmi di persone in attesa dell'imminente Sfilata dei Carri, i risultati delle Mietiture sembravano aver soddisfatto ogni singolo cittadino di Capitol City. L'impazienza di poter finalmente ammirare i Tributi di quell'anno era palpabile, così come distintamente udibile: i cori di chi già aveva un favorito tra i ventiquattro fortunati concorrenti si rincorrevano da una parte all'altra della piazza, così come le grida di chi semplicemente riteneva di aver atteso abbastanza per vedere il suo spettacolo. Un intero anno era trascorso dai Giochi precedenti, ed il Tour della Vittoria di Johanna Mason non era stato particolarmente vivace: la perenne espressione corrucciata e furiosa della Vincitrice, così come il poco entusiasmo dimostrato verso il suo Governo, non le avevano permesso di far breccia nel cuore dei Capitolini per bene, i quali fin troppo presto la dimenticarono, smaniosi di un eroe che più aggradasse i loro gusti e aspettative.
Contornato da luci e dai carmini vessilli di Panem, il Palco Presidenziale si ergeva al di sopra di tutta quella ribollente folla, stagliandosi nitido contro il cielo terso. Al suo interno prendeva pigramente posto un piccolo gruppo di alti funzionari e privilegiati, onorati per quell'anno dell'invito ad occupare il punto di osservazione più ambito ed importante, alle spalle dell'uomo che da decenni assicurava al loro paese pace e prosperità. Coriolanus Snow non dava bado agli ospiti ed al loro tedioso chiacchiericcio: regalmente seduto sul severo trono in pietra, le mani guantate saldamente ancorate ai braccioli, osservava il tutto in composto silenzio. La sua totale consapevolezza del significato e del vero scopo dei Giochi li rendevano ai suoi occhi un mero avvenimento politico, un memorandum annuale per l'intera Nazione, perché ricordasse sempre di quanta forza e potenza fosse capace Capitol City. Non ricavava svago da quell'occasione: era importante che tutto filasse liscio. E quell'anno, come nei precedenti, l'organizzazione era impeccabile. Guardando il posto vuoto alla sua destra, un solo pensiero lo preoccupava: dove diavolo era finita sua figlia?
 
Poco distante dall'ingresso al palco, celata dall'enorme mole di un'imponente colonna in pietra, Juno finiva placidamente la propria sigaretta: nel momento in cui tutti sgomitavano per riuscire ad accaparrarsi l'attenzione del Presidente o sedere per primi ai propri posti, era riuscita senza farsi notare a separarsi dal gruppo e nascondersi in quella piccola zona in ombra.
- Solo cinque minuti Miss Snow...- le aveva intimato quel Capitano dei Pacificatori a cui, dopo averla seguita nel viaggio per i Distretti, era stato affidato il comando della sua scorta personale. Juno aveva l'impressione che l'uomo mal sopportasse il nuovo incarico: in fondo, ricordava quante volte in quei mesi lontana da casa fosse riuscita a farlo preoccupare, spaventare ed arrabbiare. Tuttavia, stavano riuscendo a trovare un certo equilibrio.
Osservando le volute di fumo volteggiare e disperdersi al proprio soffio, si appoggiò con noncuranza alla colonna: il tocco freddo del marmo, facilmente percepibile attraverso il tessuto leggero della camicetta, era un balsamo per la calura di quel giorno. Non aveva fretta di comparire a fianco del padre: il caldo, la confusione e l'occasione la opprimevano. Alla sua innata avversione per i Giochi, in quell' Edizione si aggiungeva anche il fatto che fosse la prima diretta da Seneca: le aspettative erano altissime, da parte di tutti. Giudicare e commentare erano specialità di Capitol City, ed ascoltando le parole dei propri ospiti non aveva potuto evitare di provare una certa preoccupazione per l'uomo verso il quale provava così tanto attaccamento. La sera prima, in video-chiamata, le era parso tranquillo e disinvolto, ma avevano evitato di parlare degli Hunger Games e di quello che sarebbe successo il giorno successivo. Lo facevano spesso, da quando le cose tra di loro si erano palesate: era come se inconsciamente, nel privato, si spogliassero completamente dei propri ruoli, accantonando gli obblighi ed i pesi che questi portavano con sé.
- Andrà tutto bene. - gli aveva detto prima di chiudere la conversazione, unico e pacato accenno all'evento del giorno successivo. E così voleva che fosse: che andasse tutto bene e che finisse in fretta.
- Fumare è una pessima abitudine, specialmente quando ci si vuole nascondere: il fumo rivela sempre la nostra posizione!
La voce di Plutarch Heavensbee la raggiunse dal lato opposto della colonna. Juno, inclinandosi leggermente, si sporse quel tanto che le permetteva di guardare il proprio interlocutore in faccia.
- Ho assicurato a suo padre che sarei riuscito a portarla a posto in pochi minuti, Miss Snow. E le consiglio di farlo, se non vuole essere raggiunta da una squadra di Pacificatori! - aggiunse divertito.
Incurante del ricco pavimento cesellato di rocce pregiate, con un leggero colpo del dito Juno lasciò cadere la cenere della sigaretta a terra.
- Non vorrà davvero far iniziare la Sfilata con ritardo! La carriera di Seneca potrebbe seriamente soffrirne: con talmente tante cose a cui pensare, un imprevisto di questo genere...
- La carriera di Seneca andrà alla grande.- rispose la ragazza, mentre usciva completamente dall'ombra della colonna. - E sono sicura che quest'anno farà una gran figura agli occhi di tutti.
L'uomo la scrutò per un momento, un ghigno sornione ad incrinargli le labbra.
- È sorprendente come cambino le situazioni in questa città: al suo ritorno mi era parso di capire non provasse una particolare affezione verso i Giochi e chi li dirige.
Sbuffando un mezzo sorriso ed alzando per un attimo gli occhi verso il soffitto, Juno rispose:
- Non ho cambiato idea riguardo agli Hunger Games...
- Le sue frequentazioni suggerirebbero il contrario.
Spense quello che rimaneva della sua sigaretta schiacciandolo sotto il tacco, prima di avvicinarsi all'uomo che le stava di fronte. Quelli non erano affari suoi: sembrava provasse un insano piacere nel farla sentire a disagio, e questa situazione iniziava ad irritarla.
- Esattamente cosa vuoi che faccia? Cosa ti aspetti da me, che emani un editto in grado di cancellare questa stupida ricorrenza?
Sorrideva mentre pronunciava quelle parole, ma la risposta che ricevette la spiazzò.
- Perché no?
Il sorriso le si congelò in volto, lasciando spazio ad un'espressione di puro stupore e smarrimento: il solo suggerire un'azione di quel tipo poteva portare all'accusa di alto tradimento.
- Per l'amor di Dio, Plutarch: sei tu stesso uno Stratega...
- Se è quello che Panem vuole, perché no? - continuò il suo interlocutore, incurante delle ultime parole di Juno, la quale non riusciva ancora a capacitarsi della direzione che quella conversazione stava prendendo.
- Sicuramente non la Panem che conta...- rispose quasi in un sussurro, abbassando gli occhi a terra. Nessuno tra le persone che frequentavano i corridoi dei palazzi del Governo avrebbero mai approvato un cambio di rotta così drastico: gran parte dell'Impero di Capitol City poggiava le sue fondamenta sui Giochi. Juno non era sicura di voler dare uno scossone così forte alla Potenza di cui ella stessa faceva parte.
- Tu hai visto.- Plutarch le poggiò una mano sulla spalla, prima di continuare a parlare lentamente in direzione del suo orecchio.- Hai visto come è la situazione nei Distretti: persino in quelli più fedeli al Governo Centrale si percepisce nient'altro che risentimento nei confronti della Capitale. Hai visto come la paura e la fame siano ciò che li mantiene mansueti. Hai visto come gli sguardi che ti rivolgevano non fossero di ammirazione, ma di odio...
Si liberò della stretta dell'uomo alla spalla: certo che lo aveva notato. E tutto quello l'aveva ferita moltissimo.
- Potrei farti arrestare. Ora.
- Sì, ma non lo farai.
Per qualche istante si fissarono intensamente negli occhi. Allargando le braccia, un triste sorriso in volto, Juno rispose:
- Guardami Plutarch: che potere credi che abbia? Io stessa faccio parte di questo circo. Come credi possa farmarlo da sola?
Mentre si lasciava guidare verso il palco dalla mano dello Stratega che ora poggiava delicatamente sulla sua schiena, si sentì rispondere:
- Bambina, non devi essere da sola per forza...
 
La Sfilata dei Carri fu ciò di più spettacolare la Capitale e la Direzione dei Giochi potessero offrire: ogni singola coppia di Tributi sembrava entusiasmare la folla in maniera maggiore rispetto a chi li aveva appena preceduti; ai loro saluti il pubblico rispondeva con assordanti boati di approvazione, riconoscendo già tra quel gruppo di coraggiosi eroi il favorito per cui fare il tifo durante l'intera competizione. Certo, quello che poteva essere il più quotato all'inizio non era detto mantenesse il suo status lungo tutto il corso della manifestazione: la fedeltà dei Capitolini era così volubile...
A Plutarch Heavensbee, seduto anch'egli al proprio posto sul Palco Presidenziale, lo spettacolo in corso interessava poco. Stava osservando Juno, comodamente sistematasi a fianco del padre: la giovane donna sfoggiava un radioso sorriso mentre con la mano salutava i Tributi che le sfilavano ai piedi. Sembrava a proprio agio nei suoi panni di fedelissima all'autorità del Presidente: tutti si aspettavano seguisse le orme del padre, e fino a quel momento la propria vita non si era mai scostata dal canovaccio preparatole.
Il viaggio tra i Distretti fu un'occasione importante per far conoscere quello che in futuro poteva essere il nuovo volto di Panem; e per Plutarch un'opportunità imperdibile di guadagnare una potentissima alleata. Era stata Galatea Snow a suggerirgli di puntare su di lei: Tea e Plutarch condividevano la stessa idea di una Panem più democratica, e per quanto la paura di ripercussioni verso il marito e la figlia la escludessero dal vero e proprio attivismo,supportava moralmente qualunque iniziativa potesse portare a quel risultato.
Stava lavorando all'organizzazione delle tappe del tour quando la donna si presentò al proprio ufficio al Ministero delle Comunicazioni.
- Juno è una buona persona.- gli aveva detto. – Possiede ancora una coscienza: non lasciare che la trasformino in una di loro.
Se Juno fosse stata davvero la buona persona che la sorella celebrava, perché allora non far maturare in lei tutti quei dubbi che una coscienza ancora integra potevano suggerire? Aveva contatti in tutti i Distretti: potevano aiutarlo mostrandole un fuori programma qui, raccontandole un aneddoto là...
Sapeva di aver fatto un buon lavoro: riusciva a vederne i risultati anche in quel preciso istante. Juno poteva sorridere e sventolare elegantemente la mano come le avevano insegnato in tutti quegli anni, ma non poteva nascondere, non a lui, quello che realmente provava. Era chiaro, lo si leggeva negli occhi: quando non catturati dall'obiettivo di una cinepresa, esprimevano incertezza, disgusto e paura. Era riuscito ad instillare in lei il seme del dubbio: ora aveva solo bisogno di crescere.
Una sola cosa non aveva previsto: tra tutti i damerini presenti a Capitol City non avrebbe certo mai immaginato che Miss Snow perdesse la testa proprio per il Capo Stratega. Sarebbe stato a vedere a cosa questa relazione avrebbe portato.
 

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Writer's corner

Devo dire la verità, questo capitolo non mi soddisfa appieno. Ho aspettato un po' a pubblicare, sperando di trovare il modo migliore di sistemare quel brodo di idee che affollano la mia testolina, ma più ci rimuginavo sopra peggio mi sembrava di fare. Quindi, per quanto lo consideri ancora in fase beta, eccovi il nuovo capitolo della mia long! :) Dopo il romanticismo (che ho visto essere stato apprezzato, grazie!), torniamo a tediarci con argomenti più seri e una rivelazione "scioccante"...
Grazie a tutti coloro che passeranno di qua! Un abbraccio!

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