The ribellion

di Jiulia Duchannes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** it's a cruel word ***
Capitolo 2: *** in one moment ***
Capitolo 3: *** Avviso ***
Capitolo 4: *** Incendio ***
Capitolo 5: *** Il sengue ribbolliva ardente di rabbia ***
Capitolo 6: *** dolore ***
Capitolo 7: *** Fuga ***
Capitolo 8: *** cattura ***
Capitolo 9: *** IN CELLA ***



Capitolo 1
*** it's a cruel word ***


La ragazza dai lunghi capelli marroni sorseggiava il tè nel verde giardino della sua villa.

Violetta Castillo era la figlia del capo delle guardie del re Rodrigo Ferro, German Castillo.
Era ricca, bella, amata da chiunque per la sua bontà e la dolcezza inaudita con la quale si relazionava con chiunque, persino la servitù.
 
-Sapete mio padre mi ha accordato il permesso di uscire in paese oggi, per fare compere. Infondo tra soli quattro mesi sarò la duchessa Heredia, non più la sua bambina, sarò una donna, una moglie, e finchè resterò con lui vuole accontentare ogni mio capriccio-
Disse la Castillo alle ragazze sedute accento a lei.

La mora, Francesca Comello, era la sorella di Luca Comello, il braccio destro del signor Castillo, e anche la migliore amica di Violetta.

Camilla Torres era invece la figlia del conte Torres, lontano parente del duca Heredia, anche lei amica della Castillo.

-Ti accompagneremo molto volentieri Violetta. Sai è strano pensare che ti sposerai con Tomas Heredia, chissà come si comporterà la principessina Ferro alla cerimonia, infondo si sa che lei ha un debole per il tuo bel conte. Già me la immagino con il suo vestito svavillante e il volto rosso di rabbia- Commentò Camilla ridacchiando.
-Buongiorno mio amore- Salutò allegramente il conte Heredia raggiungendo la sua futura sposa.
-Buongiorno anche a voi belle donzelle- Aggiunse notando le amiche di Violetta.
-Amore mio io e le ragazze stavamo per uscire, devo comprare l’abito da sposa in quella sartoria bellissima in centro e ci accompagnerà Roberto.. ma se ci accompagnassi tu sarebbe perfetto- La
Castillo fissò Tomas con occhioni da cucciola, il conte Heredia avrebbe volentieri accettato, ma purtroppo aveva un impegno con il signor Castillo e non poteva certo mancare.
-Mi dispiace ma non posso ho un appuntamento con tuo padre, e poi è risaputo che lo sposo non può vedere l’abito prima del matrimonio-
Violetta si finse arrabbiata con Tomas ma poi si sciolse in un sorriso -Per questa volta ti perdono-
-Signorina Castillo, signorina, la carrozza è pronta- Annunciò Roberto, il fidato maggiordomo.
 
Ia cittadina sorgeva in una valle, alle pendici di una collina, era enorme, la più grande di tutto il regno, lì si trovavano abitanti di ogni ceto sociale, ricchi e proletari*, lì le differenze tra la popolazione erano ben visibili, lì le rivolte erano all’ordine del giorno, come i furti e gli omicidi. Quella città era, soprattutto, la sede dei ribelli, ma tutto questo a Violetta non importava.
Era raro che German, suo padre, la facesse uscire dalla sicurissima villa nella quale vivevano, e per una volta che poteva la ragazza voleva andarci, perché da come lo descrivevano le figlie di molti nobili, lì vi erano anche i più bei mercati, le più belle sartorie ed i migliori artigiani e Violetta voleva solo il meglio per il suo matrimonio.
 
Intanto nella grande reggia della famiglia Ferro, la principessa Ludmilla inveiva contro la sua dama da compagnia o, per meglio descriverla, la sua schiava personale, Nata.
La principessa camminava velocemente per i corridoi, gridando il nome della povera dama. Quella buona a nulla, come la chiamava lei, era nelle stanze della principessina intenta a cercare il profumo francese che Ludmilla le aveva appena ordinato di portarle. Non erano passati nemmeno cinque minuti che la viziata principessa aveva cominciato a cercarla ed urlarle contro. Non era certo facile trovare quello specifico profumo tra i mille che possedeva, si era giustificata così Natalia, ma alla principessina Ludmilla cosa importava? A Natalia era offerto vitto e alloggio solo per servire Ludmilla, le sarebbe bastato un niente per cacciarla, sicuramente fuori dalla reggia sarebbe divenuta una stracciona, una di quelle poveracce che bussavano alla porta del re in cerca di un lavoro e che puntualmente venivano cacciate via.
 
Quando finalmente la povera Nata era riuscita trovare il profumo tanto desiderato la principessa lo aveva gettato a terra, rotto in mille pezzettini di vetro la confezione e sparso il liquido profumato su tutto il pavimento appena ripulito.
-Vai in città ora! Non mi importa se c’è in corso una rivolta, se la città va a fuoco e se ti feriscono durante uno scontro come è successo a tua madre chiaro? Portami un maledetto profumo dalla bottega del caro Paul-

A Nata vennero quasi le lacrime agli occhi, sapeva che Ludmilla era egoista, viziata e acida ma quando l’aveva conosciuta, da bambina, era diversa. Era dolce, fragile e soffriva per la costante assenza dei genitori, quando Nata la guardava, quando Ludmilla la rimproverava per tutto e la umiliava, cercava di rivedere in lei la bambina dai boccoli d’orati che era un tempo, immaginava di avere davanti a se la piccola Ludmilla, ma in quel momento non ci riusciva.

Nata credeva che una parte di Ludmilla le volesse ancora del bene, ma dopo ciò che aveva detto cambiò idea immediatamente.
Ludmilla sapeva cosa era successo alla madre di Nata e non si era fatta il minimo scrupolo di poter ferire la ragazza nominandola.
Era un giorno come un altro, la madre di Nata era la cameriera personale del re, come ogni sabato era andata in città per comperare cibo per tutta la settimana. Quel giorno sfortunatamente i ribelli avevano deciso di far saltare in aria la via principale per mandare un messaggio al re, in quel momento la madre di Nata stava tornando a palazzo, con le verdure appena compare in una sacca di iuta.
Natalia aveva quattordici anni,era abbastanza grande per capire e troppo piccola per accettare.
 

Leon Vergas, capo dei ribelli, correva velocemente per le vie della sua cittadina seguito dai suoi compagni:Marco e Maxi.
Dovevano tornare velocemente al loro nascondiglio, se le guardie li avessero fermati e perquisiti, con indosso tutte quelle armi rubate, sarebbero stati sicuramente catturati e portati dal re.
Il re Rodrigo Ferro, il peggiore. Leon ricordava bene quando all’età di dieci anni vide il capo delle guardie, German Castillo, trafiggere suo padre perché accusato di aver rubato del cibo, iniziò ad odiare tutti. Castillo, perché aveva compiuto il gesto materiale, e il re, perché l’aveva ordinato.

Odiò persino sua madre, per non aver mai pianto, per aver solo pensato a sopravvivere senza mai lasciarsi andare al dolore di aver perso un marito,odiò sua madre per non aver mai fatto nulla per cambiare le cose. Odiò se stesso per aver dato ragione a sua madre, per non aver mai pianto, per aver pensato solo a sopravvivere, per essersi portato dentro il dolore così allungo che questo era esploso in un eccessiva violenza, che lo aveva reso il capo dei ribelli.

Ed ora da capo, da leader amava sua madre per averlo reso forte, per avergli insegnato a sopravvivere in ogni circostanza e dall’altra parte sua madre era fiera di suo figlio, della voglia di cambiare il mondo che lo spingeva alla violenza, forse eccessiva, ma necessaria il più delle volte. Una violenza che, a differenza di quella praticata dal re, toccava persone che potevano difendersi, una violenza che nascondeva giusti valori, una violenza che avrebbe portato un futuro migliore per tutti.. almeno questo era quello che sperava Leon

Angolo autrice
Che ve ne pare? Un momento di follia mi ha fatto publicare questa storia.
In questo capitolo troviamo una descrizione generale di alcuni personaggi.
Baci

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Capitolo 2
*** in one moment ***


Cap 2
 
Violetta si guardò intorno curiosa, cercando di cogliere ogni minimo particolare di quella stupenda città.

Non era come la immaginava, ne come la descrivevano, non era pericolosa secondo lei, ma armoniosa e piena di vita.

Finchè non arrivò nella parte povera. Violetta, dal piccolo finestrino della sua carrozza, fissava incredula la miseria che la circondava.
I bambini, sporchi e scalzi, erano rannicchiati agli angoli delle strade, assieme a donne ed anziani, con i vestiti logori e troppo piccoli.

Quando la videro, quando videro la carrozza nera di Violetta, si avvicinarono spingendosi tra loro per arrivare per primi a chiedere un po’ di cibo o di denaro.

Roberto, alla guida della carrozza, non si fermò.
La Castillo fissò le sue amiche cercando di cogliere in loro la stessa compassione e lo stesso sgomento che stava provando lei, ma non c’era nulla nei loro occhi se non la totale indifferenza.

Erano abituate loro che avevano già attraversato milioni di volte queste strade, ma Vilu no, per lei il mondo nella sue bella villetta era perfetto, era un mondo senza male, un mondo di totale ingenuità.

Usciti dalla parte più povera Violetta ritornò a scrutare la cittadina, nella quale vedeva solo ipocrisia, possibile che due mondi tanto diversi, quello dei poveri e quello dei ricchi, potessero essere così vicini eppure distanti?
 

Natalia camminava lentamente per le viette della cittadina, le veniva da piangere e le gambe le tremavano. Non era mai stata forte, ancor meno dopo la morte di sua madre, e suo padre.. bhe lei sapeva chi era ma se lo avesse detto in giro l’avrebbero sicuramente giustiziata.

Non poteva certo dire che il re Rodrigo Ferro aveva messo incinta sue madre.

Aveva paura Natalia, paura di ricordare, paura che una ferita che aveva messo tanto tempo a rimarginarsi a che ancora non lo era del tutto si riaprisse.

Aveva anche paura di morire, dopo quello che era successo a sue madre tutto era possibile. Ma infondo sarebbe durato tutto un minuto, saltare in aria, chiudere gli occhi, morire. E pensandoci bene non le dispiaceva più di tanto, non aveva nessuno a cui mancare, nessuno che l’amasse, che le volesse bene.

E le lacrime scesero corpose dai suoi occhi a quel brutto pensiero.



Maxi correva, cercando di seminare le guardie.
Si era diviso da Leon per permettergli di portare tutte le armi nel rifugio dei ribelli.

A Maxi rimaneva solo un coltellino minuscolo che non lo avrebbe sicuramente aiutato contro le guardie del re, dotate di lunghe spade. Non gli rimaneva che correre quanto più veloce possibile.

Si guardò dietro, le guardie erano lontane, si scontrò contro una ragazza.
Il colettino era caduto e lei lo aveva visto, era shoccata, glielo si leggeva in faccia.

Maxi non sapeva che fare, le guardie si avvicinavano.
-Ti prego- Le disse sperando nella bontà della sconosciuta che annuì, prese il coltellino e lo nascose nella sua borsetta .

Quando le guardie arrivarono presero il giovane rivoluzionario e dissero- Lei è in arresto per furto d’armi-

-Ma io non ho rubato nulla- Replicò Maximiliano con  un sorriso furbesco in volto.
-Perquisitelo- Ordinò una delle guardie.
-Signore non abbiamo trovato nulla, nessuna traccia d’armi-Sentenziò una di loro
-Ora con permesso io dovrei uscire con questa bella signorina.. Arrivederci- Salutò Maxi prendendo a braccetto la sconosciuta, che gli resse il gioco pur vergognandosi a morte.
 
-Grazie signorina, credo di doverle delle spiegazioni..non vorrei che pensasse male di me-
Le disse Maxi scrutandola.

Aveva tutto il tempo del mondo per osservala e voleva farlo per bene, era raro trovare ragazze così belle in città.

Non era altissima, e non sembrava una delle parte povera della città, aveva i capelli riccissimi e neri, come gli occhi.

-Io dovrei andare- Rispose la giovane
-Come vi chiamate?- Domandò il ragazzo bloccandola
-Natalia-
-Io sono Maximiliano, Maxi per lei- Si presentò il ragazzo e poi aggiunse- E non sono un fuori legge.. non le posso dire molto ma sappia che non sono ne un ladro ne un assassino-
-Ora devo andare mi dispiace- Ribadì la ragazza a malincuore
-Vi rivedrò mai?-Chiese Maxi
-Se il destino vorrà ci rivedremo- Rispose Natalia incamminandosi verso il negozio di profumi.

Già sentiva le urla di Ludmilla per il ritardo.
 
Leon aveva ormai seminato le guardie, avevano seguito Maxi e alla fine era riuscito a riportare le armi nel loro covo segreto con l’aiuto di Marco.

Ora entrambi camminavano per le strade fischiettando come se nulla fosse alla ricerca del loro compagno, sperando che non l’avessero preso.

Leon era così preso nella sua falsa, così preso dal rimanere lontano da ogni sospetto, così preoccupato perché il suo amico ancora non era con loro che non si accorse della carrozza nera che gli stava andando contro.

Il cocchiere si fermò appena in tempo e cominciò ad imprecare contro il giovane.

Dalla carrozza, per controllare cosa era appena successo, scesero tre fanciulle.

Leon e marco spalancarono contemporaneamente la bocca nel vederle.

Marco fissava una mora, con i capelli lisci e i lineamenti perfetti, magra alta, bellissima in una parola.

L’attenzione di Leon era invece concentrata verso la minuta figura della ragazza dai capelli marroni e lisci.

Era bella, attraente, pur non provando minimamente ad esserlo.
 
D’altra parte, quando Violetta scese dalle carrozza, rimase incantata dagli occhi verdissimi e profondi del giovane Vergas.

Si dimenticò persino che doveva comprare l’abito da sposa, si dimenticò del mondo circostante…
C’era solo  lui, con i suoi occhi e il suo viso e il suo corpo perfetto… Poi però pensò a Tomas, al suo futuro marito e si sentì in colpa, come se lo avesse tradito.

LUdmilla nel suo castello d'orato imprecava contro la sua dama, ancora non tronata, probabilmente era rimasta a bighellonare o a riposarsi. Scansafatiche!

La cosa che le dava più i nervi era l'adorazione incondizionata di suo padre, il re, nei confronti di quella sgualdrinnella da quattro soldi, una serva...

Ludmilla non capiva cosa avesse più di lei per essere amata così da un autorità come quella del re.

Quando glilo chiedeva lui tacieva, oppure rispondeva che era per via dei suoi occhi.

Anche loro erano per Ludmilla un qualcosa di anonimo, non avevano nulla di particolare.

Ludmilla era gelosa di Natalia, Ludmilla era arrabiata con lei, Ludmilla la odiava e glielo avrebbe dimostrato

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Capitolo 3
*** Avviso ***


Ciao a tutte, 
questo avviso è tutt'altro che piacevole per voi che seguite la storia, ma ho una spcie di blocco su questa storia.. insomma ho le idee ma non riesco a metterle in pretica.
Ciò significa che la ff verrà sospesa.
Se però qualcuno di voi vuole publicarla e continuarla per me sarebbe fantastico, perchè l'idea di basa mi sembra buona, in tal caso ci terrei ad essere informata. 
Se più di uno volesse proseguire la storia sarò costretta a scegliere.

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Capitolo 4
*** Incendio ***


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Sono tornata con un nuovo capitolo, e per ciò dovete ringraziare Naxi_4ever con la quale da oggi collaboro in questa storia, speriamo vi piaccia.
Recensite XD

Natalia si passò una mano sulla fronte sudata, era stancante preparare la principessina Ferro per il grande evento al quale avrebbero partecipato tutte le più alte cariche.

Ludmilla voleva essere radiosa, la più bella di tutte, ma soprattutto più di Violetta che si sarebbe sicuramente presentata con uno di quei suoi ridicoli vestitini rosa, lilla o celestini.  No, Ludmilla sarebbe stata d’orata, e tutti l’avrebbero notata, apprezzata, adorata, tutti avrebbero riconosciuto la sua indiscussa superiorità.
-Muoviti Natalia gli ospiti sono già qui ed è ora della mia entrata in scena- Disse la viziata principessina mentre la sua dama le aggiustava il costoso vestito.

La Ferro fissò la figura riflessa nello specchio. Era bellissima, con capelli biondi raccolti in uno chignon che lasciava libero qualche boccolo, la bocca carnosa messa in risalto da quel nuovo  prodotto appena messo i commercio, il rossetto, e le palpebre scurite dall’ ombretto marrone che solo pochi si potevano permettere. Il vestito era costituito da uno stretto corpetto la cui parte bassa, da sotto il seno alla gonna, era di un colore d’orato scuro, e la parte del seno di seta bianca. La gonna ampissima era anch’essa di seta e di un color oro chiaro, nella quale vi erano applicate delle pietre che formavano un ghirigoro. Era svavillante  Ludmilla, semplicemente perfetta in ogni suo dettaglio.
 
 
 
 
 
Scese a testa alta la lunga scalinata di marmo, con tutti gli occhi puntati su di lei, tranne quelli dal conte Heredia, l’unico di cui le importasse veramente.

Tomas scrutava la sua futura sposa chiacchierare vivacemente con le sue amiche Francesca e Camilla.

Violetta indossava un abito dalla gonna non troppo pomapata, di un particolare color indaco, il corpetto lilla e le maniche di velo larghissime impreziosite da brillantini le coprivano le braccia. Non era truccata, solo un po’ di ombretto marrone per far risaltare gli occhi nocciola. Tra tutti quei brillantini e quelle applicazioni indossate dalle ragazze presenti il sorriso della Castillo era la cosa più brillante per Tomas.

-Francesca i tuo vestito è stupendo, e il fatto che non sia tutto d’orato come quello di Ludmilla non significa ch tu valga meno di lei- Camilla sgridò l’amica che dalla grande entrata della Ferro aveva perso ogni minima fiducia in se stessa e il suo vestito, che a dire la verità era molto carino.
Era rosa, senza maniche e con lo scollo a cuore, la gonna larga di tulle e velo.Le spalle di Francesca erano coperte da uno scialle di seta di un rosa pallido e la ragazza non era affatto truccata a parte un po’ di rossetto per valorizzare le belle labbra che molti uomini desideravano.

-Anche il tuo  è molto bello Cami- Notò Violetta fissando il vestito verde dell’amica che era tutto di velluto e sul corpetto aveva  un intarso di cotone marrone-beige con ghirigori argentati. La Torres non era truccata, anche perché era totalmente contraria a quel nuovo tipo di bellezza, artificiale, come la definiva lei.

-Allora Vilu, Fran mi ha raccontato del vostro scontro con quei giovani paesani, alquanto attraenti mi è stato riferito- Disse Cami ridacchiando.

-Non ho fatto caso se fossero attraenti o meno, io ho occhi solo per il mio futuro marito, inoltre mi sono sembrati alquanto villani visto che non si sono minimamente scusati con noi ma sono scappati via come ladruncoli, magari lo erano anche visti i loro vestiti e i loro modi decisamente poco galanti- Rispose  Violetta  arrossendo leggermente al ricordo di come fosse stata realmente attratta da quel tale con gli occhi verdi come zaffiri, ed altrettanto preziosi.

-Violetta non mentire, sarà pur vero che stai per sposarti ma non si può non notare due giovani tanto graziosi.
Anche se da come fissavi quello dagli occhi verdi penso che tu non abbia minimamente osservato l’altro che era altrettanto degno di nota, ma tranquilla ci ho pensato io- Ribattè Francesca portandosi il bicchiere alle labbra e bevendo un sorso d’acqua.

-Io non fissavo nessuno, anche se fosse io amo il conte Heredia e voglio sposarmi con lui, nulla e nessuno me lo impedirà… e poi cosa sono questi discorsi su sconosciuti? Non dovreste nemmeno pensarci- Le rimproverò la Castillo.
 
Nata fissava con occhi sognanti,colmi di uno strano luccichio, ben nascosta dietro una colonna, gli invitati, con i loro vestiti costosissimi, nemmeno minimamente paragonabili al suo logoro e vecchio. Si divertivano i ricconi, e pensare che, almeno moralmente, lei era migliore di molti loro. Allora cosa avevano fatto per meritarsi tutto quello? Cosa avevano fatto per essere chi erano? Perché Nata avrebbe volentieri scambiato la sua vita con quella della principessa Ferro, che si lamentava di quanto fossa stancante la sua vita e di quanto fosse fortunata Natalia ad essere una serva.
 
Leon dal suo nascondiglio nel giardino della reggia poteva vedere l’interno della sala dove si stava tenendo quella squallida festa per ricconi, che doveva ammettere essere un bottino gustoso per i ribelli, dei quali lui era casualmente il capo.
Il ragazzo dagli occhi di zaffiro si rivolse ai suoi compari domandandogli se fossero pronti, questi annuirono immediatamente.

Leon s’alzo per primo, seguito da Maxi e Marco, e poi da tutti i loro seguaci ribelli. Iniziarono a correre senza il minimo scrupolo di passare inosservati.

Senza la minima esitazione Leon si buttò contro la fragile finestra di vetro, rompendola, con in mano una torcia accesa.

Subito dopo anche Maxi e Marco lo imitarono.
Le fiamme attecchirono alle raffinate tende del castello. Fu un susseguirsi di eventi. incendio divampò velocemente ed il terrore e il panico dilagarono ancor  prima.

Violetta era in un angolino, cercando di rendersi conto di cosa le stesse accedendo. Dire che aveva paura era dire una banalità. Violetta era nel panico, le domande del tipo “Sopravivverò? Ce la farò o moriremo tutti?” le riempivano la testa, e allo stesso tempo i suoi pensieri erano tanto annebbiati dal fumo e dalla paura che faceva fatica persino a rendersi conto di dove e cosa succedeva.

Francesca, era a terra, svenuta a causa del fumo, mentre tutti quei nobili per scappare la calpestavano come uno zerbino, senza fermarsi ad aiutarla.

Ludmilla era già fuggita con suo padre, lasciando gli invitati e il suo castello in mano ai ribelli. Se li tenessero, pensava lei, infondo di castelli ne avevano troppi, e i nobili.. che morissero  meno non le importava, dare la carica a conti, duchi e altri era il suo compito, ne avrebbe trovati altri. L’importante era che le fosse salva.

Nata era nascosta dietro una colonna, nessuno badava a lei, nessuno la aiutava. Aveva le lacrime agli occhi, forse per il fumo asfissiante, forse perché stava piangendo, nemmeno lei lo sapeva. Sentiva solo di voler chiudere gli occhi e lasciare che tutto finisse.

D’altra parte Leon era molto soddisfatto del suo operato, da fuori, nel giardino, poteva vedere quei nobili schiamazzare e correre via nel panico totale. Ma qualcosa, o meglio qualcuno, catturò la sua attenzione. Tra le fiamme e il fumo, poteva chiaramente  vedere la siluette snella e gli occhi pieni di terrore della ragazza dogli occhi nocciola che solo il giorno prima aveva incontrato per puro caso e che non era più uscita dalla sua mente. Leon aveva capito che lei non era come tutte le altre,lei non era una delle solite montate; era solo se stessa,con quegli occhi sinceri e i suoi modi di fare.
Le si avvicinó velocemente,prendendole le mani agitato.
-Vi prego,seguitemi. Non voglio lasciarvi in mezzo alle fiamme! Se verrete con me vi salveró,lo prometto- le disse fissandola con sguardo rassicurante.
-Non posso abbandonare cosí il castello,mio padre,le mie amiche- gli rispose preoccupata,ma allo stesso tempo rassicurata dagli occhi del giovane.
-State tranquilla,le vostre amiche verranno salvate con voi. Ma ora venite con me,non vi voglio lasciare in balia della fiamme- cercó di convincerla
-Ok,vengo con voi- decise infine,incantata dal ragazzo.
Leon la prese per mano e insieme saltarono giu dalla finestra,che per fortuna si trovava al primo piano.


Marco era rientrato nel castello assieme a Maxi, per seguire Leon, eppure aveva perso di vista entrambi i suoi amici. Corse, per cercarli e uscire di lì, finchè non inciampò in una ragazza, quella ragazza. Era la bella mora che non aveva mai smesso di pensare Mai si sarebbe immaginato che si sarebbe trovata al palazzo quella sera.
Arrivato da lei,cercó di alzarla,ma le fiamme si avvicinavano,non sapeva come salvarsi,ma soprattutto come salvare lei.
Il tempo scorreva,tra poco il fuoco li avrebbe raggiunti.
Dopo tentativi,riuscí a prendere in braccio Francesca e correndo nei pochi spazi rimasti intatti dalle fiamme,riuscí a raggiungere la finestra. Una volta raggiunto un giardino lí vicino,la sdraió a terra e si soffermó ad osservarla.
-Mi ha fatto piacere rivedervi,forse questa volta potremo davvero conoscerci- disse scostandole una ciocca di capelli dal viso,pur sapendo che lei non lo avrebbe sentito.



Ma il salone non era vuoto,infatti la dama di compagnia della principessa,Nata,era rimasta dietro la colonna.
Le sue gambe non riuscivano piú a muoversi,il terrore le si leggeva negli occhi,era come pietrificata.
Le fiamme si stavano avvicinando velocemente,di lí avrebbe fatto la fine di sua madre.
Ma l'idea non le dispiaceva,tanto non era importante per nessuno,nessuno le aveva mai voluto bene.
Nello stesso istante il terzo ribelle,Maxi,si trovava vicino alla finestra,chiedendosi perché i suoi compagni stessero salvando le dame.
Venne distratto dai suoi pensieri quando vide una massa di riccioli neri spuntare da dietro la colonna. Ci pensó un attimo,poi capí a chi potessero appartenere; alla dama che aveva visto in paese il giorno prima.
Corse subito da lei,senza un motivo preciso. Sentiva che doveva salvarla.
Nata era pronta,di lí a poco i suoi occhi si sarebbero chiusi per sempre.
Ma ad un tratto sentí un rumore dietro di lei,si voltó e vide il ragazzo a cui aveva retto il gioco il giorno prima.
-Che ci fate quí?- domandó impaurita
-Forse il destino voleva veramente che ci rivedessimo- disse sorridendo alla dama.
-E ora venite con me,vi voglio salvare dalle fiamme-
-Perché mi volete salvare?- domandó Nata,indecisa se seguirlo o meno.
-Mi avete retto il gioco l'altro giorno,dovró anche ricambiare- le rispose facendole l'occhiolino.
-No,non dovete-
Non fece in tempo a finire la frase che il ribelle le prese la mano e la condusse fuori dal castello,ormai completamente in fiamme.

I tre ribelli si ritrovarono in un campo lí vicino,ognuno con la rispettiva dama.
Si fecero un cenno d'intesa e iniziarono a correre,tenendo ben strette le mani delle ragazze.  
 
 

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Capitolo 5
*** Il sengue ribbolliva ardente di rabbia ***


~~I ribelli condussero con cautela le ragazze stremate dalla corsa e dalla pura nel loro covo. Sapevano che era a dir poco rischioso portarle lì, considerando che qualcuno avrebbe potuto seguirli e nessuno se ne sarebbe accorto nella baraonda che si era creata al castello, o che le ragazze avrebbero potuto denunciarli, anche se quell’ ultima ipotesi sembrava inverosimile ai ragazzi, insomma loro le avevano salvate.

Era ben nascosto il loro rifugio, grande, ampio, una reggia sotterranea in poche parole.
Sotterranea, avete capito bene. Il covo consisteva in una specie di casa enorme e senza mura ne arredamenti a parte qualche sgabello qua e la, materassi, un tavolo e le armi rubate appese ai muri e sparse ovunque. C’era anche una cella, non molto grande, che avrebbe potuto ospitare si e no quattro persone, con quattro materassi sporchi gettati a terra in malo modo.
Fino a quel momento nessuno vi aveva messo piede nella piccola celletta.
Dove si trovava il covo? Vi domanderete.
Poco lontano dalla città, eppure in aperta compagna, tra l’erba alta, gli insetti fastidiosi e i cani randagi rabbiosi ed affamati, vi era una piccola casa. Era abbandonata oramai da anni, forse secoli, c’era una botola e un seminterrato, una cantina per vini grande quanto, se non di più della casa . Fuori i rovi dominavano il giardino,mentre l'edera si era impossessata delle pareti esterne dell'abitazione.
Il legno era ormai ammuffito.
 Nessuno vi andava mai, per paura, si diceva fosse infestata perché un lontano giorno di anni prima della nostra storia, prima ancora che Leon o qualcuno dei nostri impavidi eroi, divenisse un ribelle, i ribelli di allora avevano occupato la casa, e un gruppo di bambini, che aveva commesso l’errore di avvicinarsi troppo aveva sentito dei rumori, strani, delle voci, eppure nella casa non c’era nessuno! Come poteva essere? Sembrava che le voci provenissero dal centro della terra. Forse erano i fantasmi? Si fantasmi, morti, non c’era altra spiegazione per quella banda di ragazzini troppo curiosi.
-Dove ci state portando?- domandó Violetta,preoccupata.
-Seguiteci- rispose Leon sussurrando -dopo vi spiegheremo tutto quanto-
Marco andó ad aprire una botola,nascosta in un angolo e fece cenno agli altri di raggiungerlo.
-Entrate- ordinó a bassa voce.
Fece entrare prima le ragazze,poi i ragazzi e infine anche lui ci si infiló dentro,dopo aver controllato che non ci fosse nessuno nella casa.
Chiuse lentamente la botola e raggiunse gli altri nel loro covo segreto.
Era un posto buio e sporco,con una minuscola finestrella che faceva entrare un debole fascio di luce. C'era qualche materasso,su cui dormivano i ragazzi e ad un lato erano appese tutte le armi,frutto dei loro movimenti ribelli.

-Cos…Cosa sono quelle?-Domandò Violetta lasciando la mano del giovane Vergas per indicare le armi.
-Sono armi, non ne avete mai vista una?-Rispose Leon ridacchiando divertito.
-Cosa ve ne fate delle armi?-Replicò Francesca rivolgendosi a tutti ma più in particolare a Marco.
-Credo sia venuta l’ora delle presentazioni- Sentenziò Marco non rispondendo comunque alla domanda di Fran che si innervosì visibilmente ma annuì.
-Chi comincia?-Chiese Maxi ai compagni sperando che qualcheduno di loro s’offrisse.
-Comincio io. Il mio nome è Marco, Marco Ponce de Leon e sono…- Marco sospirò- Sono un ribelle, questo è il nostro covo- Francesca strinse forte la mano dell'amica per farsi forza.
Era rimasta incantata da quel ragazzo che la pareva cosí dolce,e ora era venuta a conoscenza che era un ribelle. Era spaventata,molto spaventata. Sbiancò poi però sorrise amara, immaginando che quel giovane da cui era tanto attratta in realtà l’aveva salvata solo per poi rapirla, tenerla rinchiusa, magari ucciderla. Lo dicevano in tanti che i ribelli erano cattivi.
-Voi non siete un ribelle vero?-Chiese ingenuamente Violetta sperando tanto di avere ragione. Il perché volesse tanto avere a che fare con quel ragazzo dagli occhi smeraldo rimaneva un mistero ignoto, celato nel suo giovane cuore.
-No…Io sono Leon Vergas, il capo dei ribelli- Rispose Leon abbassando lo sguardo per poi tornare a fissare la ragazza a testa alta. Un leader non si doveva lasciar scoraggiare, o sentirsi triste per la probabile reazione di una ragazzina, per quanto bella potesse essere questa.
Violetta si sentì svenire, era un incubo, un terribile, fottutissimo incubo, si, non…non poteva essere vero!.
-State calme donzelle…non abbiamo intensione di farvi del male, se lo avessimo voluto vi avremmo direttamente lasciate bruciare vive nel castello- Disse Leon cercando di calmare Fran e Vilu.
Nata inizió a sudare freddo. L'idea dei ribelli le faceva ricordare sua madre,morta a causa loro. Stare con loro non l'avrebbe aiutata di certo a rimarginare quell'enorme ferita.
I ragazzi si accorsero che le dame stavano iniziando a preoccuparsi,perció rivolsero loro un lieve sorriso e Leon chiese -E voi invece chi siete?-
-Sono la figlia di German Castillo,il capo delle guardie. E lei é Francesca,la mia migliore amica- spiega Violetta.
-Tu sei la figlia di German Castillo?- chiese Leon urlando,ancora scioccato.
-Sí,ma perché ti stai imbestialendo?- chiese Violetta spaventata.
Se prima era preoccupata,ora era terrorizzata da lui.
Non doveva fidarsi di un ragazzo che neanche conosceva; non doveva lasciarsi incantare da quegli occhi meravigliosi,non doveva.
-Ragazzi,venite con me!- intimó Leon -E voi rimanete lí,non muovetevi di un passo!- si rivolse minaccioso alle ragazze.
-Leon,cos'hai? Perché hai fatto quella scenata?- chiese Maxi,confuso.
-Hai sentito cos'ha detto quella ragazza? Lei è la figlia di German Castillo,l'uomo che uccise mio padre! Dobbiamo rinchiuderla,dobbiamo farla pagare a quell'uomo!- rispose Leon deciso.

il sangue ribolliva ardente di rabbia nelle vene del giovane Vergas.   Era dunque la figlia dell’ assassino di suo padre quella dolce creatura dinnanzi a lui? Era dunque una sua nemica, la sua peggior nemica quella dolce donzella che aveva salvato dalle fiamme da lui stesso appiccate? Era dunque un mostro come il padre quella piccola fragile ragazzina che fin dal primo sguardo lo aveva fatto infatuare? 
Sentiva di non poter più gestire le emozioni conflittuali che senza controllo si muovevano veloci sbattendo da una parte all’altra, nel suo cuore, facendogli maledettamente male.
Sentiva che le lacrime mai versate stavano per scendere lente dai suoi occhi verdi e come l’acido avrebbero corroso la sua giovane pelle, lasciando il segno indelebile della sconfitta sul suo viso.
-Non credi che sia esagerato? Insomma,non é detto che lei sia come suo padre!- dice Marco,sconcertato dalla decisione dell'amico.
-Tutti i componenti di quella famiglia la devono pagare! Soprattutto lui. Gli faremo credere che la figlia sia morta nell'incendio,cosí finalmente imparerá la lezione,capirá quanto male si sente a perdere una persona importante!- decise Leon,urlando.
-Per me ha ragione Marco. Non deciderlo cosí su due piedi,pensaci un attimo. Queste ragazze sono innoque,se avessero voluto ucciderci l'avrebbero gia fatto non credi?- chiese Maxi perplesso.
-Non ho bisogno di pensarci,quelle ragazze verranno rinchiuse e basta! Rassegnatevi!- disse Leon per poi tornare dalle dame.
-E ora voi verrete in cella,dove sarete rinchiuse per l'eternitá!- intimó Leon,puntando il dito contro le ragazze.
-Non credi che sia esagerato? Insomma,non é detto che lei sia come suo padre!- dice Marco,sconcertato dalla decisione dell'amico.
Intanto le ragazze erano terrorizzate dal cambiamento del ribelle. Solo un secondo fa era stato cosí premuroso,pensava Violetta,e ora le voleva spedire dritte in prigione.
Nata osservava Leon,poi i ragazzi dietro di lui,che avevamo un'espressione ben diversa. I due guardavano il pavimento rassegnati,forse Leon aveva trattato così anche loro.
Ma sapeva che non li avrebbe mai trattati tanto male come aveva fatto con loro.
In quel momento sentí una debole spinta,si giró e vide il ragazzo dagli occhi castani che la aveva salvata poco prima. E ora la stava mettendo in prigione.
Le venivano le lacrime agli occhi,ma cercò di trattenersi. Non doveva dimostrarsi debole,doveva essere forte per una volta nella vita.
Il ragazzo la condusse dentro alle sbarre a malavoglia,le diede un ultimo sguardo e se ne andó tristemente. Non capiva perché avessero dovuto rinchiuderle,erano solo ragazze innocenti! Ma d'altronde,il capo era Leon,ne lui ne Marco avrebbero potuto farci nulla.
Nello stesso momento Marco e Leon arrivarono nella minuscola cella,situata in un angolino del nascondiglio,con Violetta e Francesca.
Marco lasció delicatamente la mano di Francesca per farla entrare,al contrario di Leon,che sbatté Violetta con una forza tale da farla sbattere contro la parete.
Dopo di chè i due tornarono da Maxi.
-Vilu,stai bene?- chiese spaventata Francesca all'amica,che era quasi in lacrime.
-Sí,tutto bene. Solo non capisco perché quei ragazzi ci abbiano salvate per poi sbatterci in cella!- rispose Violetta.
-Questo non lo so,ma so che dobbiamo trovare un modo per uscire da quí!- disse risoluta Francesca.
Violetta annuí e andò a sedersi su una piccola seggiola in legno nell'angolo della cella,seguita da Francesca.
Nata invece era seduta per terra con la testa tra le mani. Di tanto in tanto qualche lacrima fredda e solitaria scendeva sulle sue guancie.
Avrebbe preferito morire nell'incendio,piuttosto che rimanere rinchiusa con dei ribelli,pensava.
-Sai chi é quella ragazza?- sussurró Francesca a Violetta.
-Non saprei. Mi pare di averla vista alla festa.- le rispose indifferente l'amica.
-Vieni con me- disse Francesca,prendendo Violetta per mano e conducendola da Nata.
-Ciao,io sono Francesca e lei é Violetta. Tu chi sei?- chiese Francesca sorridendo all'altra,che invece aveva il viso bagnato dalle lacrime.
-Sono Natalia,la dama di compagnia della principessa Ludmilla Ferro.- rispose Nata,togliendo le mani dal viso e guardando timidamente le altre due.
Le due sorrisero a Natalia,sapevano quanto era pesante vivere con la principessa Ferro e ora dovevano aiutarla. Certo,dopo essere uscite da quella prigione.
Intanto,in uno dei tanti castelli del re Rodrigo Ferro era riunita tutta la gente che era riuscita a salvarsi dall'incendio.
Tra questi c'era il signor Castillo,preoccupato perché non trovava piú la figlia.
Sapeva che non era morta nell'incendio. A dire la veritá non ne era sicuro,ma voleva convincersi fosse cosí.
Sua figlia non poteva essere morta,non doveva. Era troppo importante per lui.
Aveva visto tanta gente chiudere gli occhi per sempre e non gli era mai interessato nulla,ma per la prima volta nella sua vita era spaventato dalla morte.
Girovagava per il castello,chiedendo a chiunque trovasse per la sua strada se avesse visto Violetta,ma ovviamente le risposte che ricevette furono soltanto -Non l'ho vista- -Non so dove sia finita- -Non la conosco-.
Era sempre piú preoccupato,ma cercava di rassicurarsi inutilmente; non avrebbe mai ritrovato la figlia.

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Capitolo 6
*** dolore ***


~~ Tomas, chiuso in una stanza affacciato alla finestra; pensava. Gli occhi azzurri persi nel cielo che era grigio quel giorno, e piangeva, Tomas piangeva e lo faceva anche il cielo, per Violetta, che era morta.

Pensava a tutto ció che lui e Violetta avevano passato,che si sarebbero dovuti sposare e lui non aveva neanche provato a salvarla, non gli era nemmeno passato per l’anticamentra del cervello di farlo, come un codardo senza onore l’aveva lasciata lì, a morire, mentre le fiamme logoravano, squagliavano, rendevano cenere il suo corpo. Quel corpo che mai avrebbe potuto toccare esplorare, rendere suo. Quel corpo che mai avrebbe potuto donargli dei figli. Aveva lasciato bruciare quel viso, così angelico, quel viso che amava veder felice e che avrebbe popolato da quel momento i suoi incubi. Aveva lasciato morire l’amore della sua vita ed era imperdonabile.

Non l'aveva piú trovata da quando era arrivato nel secondo castello dei Ferro.
Si sedè sul letto, con la testa tra le mani. La testa gli faceva male, gli occhi bruciavano. Ma cosa importava in fondo? Aveva ucciso Violetta cosa diamine importava il suo dolore se Violetta non c’era più? Se non era altro che un fantasma, un bellissimo fantasma, che popolava i suoi sogni più strugenti?
Non importava nulla. Heredia avrebbe voluto morire, infilarsi la spada nel torace, e spingerla sempre più dentro, fino al cuore. Avrebbe voluto vedere la sua camicia bianca, di seta, tingersi di rosso, il rosso del suo sangue. Avrebbe voluto, durante il suo suicidio sentire le forze che lentamente lo abbandonavano, la consapevolezza che stava per morire farsi strada nella sua mente, avrebbe voluto provare dolore, paura forse, avrebbe voluto tenere gli occhi aperti fino alla fine e morire guardando il cielo…perché nel cielo c’era lei, il suo angelo. Ma Tpmas Heredia era troppo codardo per uccidersi. Ci aveva provato, ma alla fine morire è scappare via dai problemi dua massimo qualche ora la morte ma prima o poi arriva e tutto finisce, anche la sofferenza, e lui meritava di soffrire. Essere vivi senza Vilu era sicuramente un sofferenza, la più grande, reale e palpabile sofferenza.
Una parte di lui, la più irrazionalmente masochista gli diceva che forse la sua Vilu era viva, magari perduta nel bosco, ma viva..che l’avrebbe rivista, abbracciata e sposata, che l’avrebbe resa sua e le avrebbe detto “ ti amo”. Magari. Ma erano solo illusioni

Tomas non sapeva che Violetta invece era rinchiusa in una squallida cella sotterranea ,dove nessuno l'avrebbe mai trovata.

Nello stesso momento,in quella cella,Violetta e Francesca stavano facendo amicizia con Natalia,che si era rivelata la dama di compagnia della principessa Ferro.
-Deve essere difficile lavorare per Ludmilla!- commentó Francesca,consapevole del carattere della principessina .
-Gia... Piú che dama di compagnia sono la sua serva- rispose Nata,sconsolata.
-E tu ribellati!- disse Violetta,risoluta.
-Ma io non posso ribellarmi a lei! Voi non sapete com'é essere sottomessa a qualcuno- rispose tristemente Natalia,abbassando lo sguardo. Non le era mai capitato di dire una cosa del genere ad una nobile.
-Non lo sappiamo,ma possiamo immaginarlo,anche noi abbiamo avuto a che fare con la principessa. Appena usciremo di quí ti aiuteremo,promesso- la rassicuró Francesca,prendendole la mano.
Nata le sorrise timidamante; per una volta qualcuno si preoccupava per lei,forse avrebbe potuto diventare una persona diversa da com'era in quel momento,una volta uscita da quella cella.
Se mai ne fossero uscite, perché sapevano tutte e tre che il loro carceriere..il Ribelle che le aveva imprigionate non le avrebbe mai lasciate libere.
 
 
-Leon,ora siediti quí e ragiona un attimo. Se vuoi vendicarti di tuo padre fallo pure,ma non usare le ragazze! Loro sono innocenti!- disse Marco,cercando di convincerlo a liberarle. Non sapeva perché lo facesse,per lui nessuno era mai stato cosí importante. Ma quella ragazza aveva un qualcosa che lo aveva incantato sin dal primo sguardo.
-Non mi siedo e vi dico subito che non riuscirete a farmi cambiare idea,arrendetevi!-
-Ma Leon,non é affatto giusto! Ti do un consiglio,vai da questa ragazza e parlale,solo cosí capirai se é veramente come suo padre!- suggerí Maxi.

Leon si alzó  furente facendo cadere la sedia di legno  a terra. Il rumore rimbombò per tutto il rifugio, facendo letteralmente saltare Marco  e Maxi, che però s’aspettavano quella reazione.  Gli occhi di Vergas rabbiosi s’abbatterono sui due compagni, si formò un minuto ad osservarli e poi se ne andò verso la cella della ragazze. Avrebbe parlato a Castillo, avrebbe dimostrato di aver ragione, avrebbe dimostrato che lei era come lui, come suo padre. Che era un nemico, un diavolo vestito da angelo, un mostro vestito da principessa, una strega vestita da fata. Che non meritava pietà o altro.
Arivato alla cella,trascinó accando a lui una sedia in legno scuro e ci si sedette sopra,attirando l'attenzione delle tre prigioniere. Era apparentemente sicuro di se ma dentro il suo cuore martellava nel petto come per uscirne.
Fece cenno a Violetta di avvicinarsi,perció lei lanció uno sguardo preoccupato alle altre due e gli si avvicinò cautamente, con uno sguardo d’odio negli occhi. Uno sguardo che mai avevo avuto.

-Sentite,so che vorrete tenermi rinchiusa quí dentro in eterno,forse volete anche uccidermi! Ma vi scongiuro di non farlo. Non senza un motivo!- urló la ragazza in preda al panico.
-Io ho dei motivi validi per tenervi rinchiusa quí!- le urló tutto d'un fiato,mentre il sangue gli ribolliva nelle vene.
-E qual'é questo dannato motivo?- chiese curiosa di sapere il motivo di tutto quell'odio.
-Non ve lo posso dire...- rispose abbassando lo sguardo,per poi riassumere la sua espressione arrabbiata.
-Nonostante tu mi abbia imprigionata e mi stai urlando contro,non posso percepire la cattiveria dai tuoi occhi,perché non vi é. So che siete un bravo ragazzo.- gli disse Violetta con voce rassicurante,per poi rivolgergli un sorriso quasi impercettibile.
-Forse dovrei lasciarvi libera...- dice rilassando leggermente i muscoli del viso,tesi per l'urlo di poco prima -Ma non posso! Lui la deve pagare!-
-Lui chi? Chi la deve pagare,io cosa c'entro?- chiese Violetta,confusa.
Non ricevette nessuna risposta,il ribelle se n'era gia andato.
Era preoccupata da questo suo comportamento,ma allo stesso tempo rassicurata,aveva capito che Leon non ce l'aveva con lei.
Stava per raggiungere Francesca,ma vide che era gia in compagnia,perció si sedette su un materasso a riflettere. Riflettere su ció che stava accadendo.
Tutta colpa di quel fottutissimo incendio,altrimenti non sarebbe stata rinchiusa in quella cella!
I pensieri di Francesca non erano gli stessi in quel momento. Lei era riuscita a rilassarsi con l'arrivo di Marco.
-Marco,che ci fate quí?- chiese vedendolo avvicinarsi a lei.
-Volevo solamente dirvi che non é stato mio volere rinchiudervi quí. É stato Leon a sceglierlo e io non posso niente contro di lui. Lui é il capo.- le rispose tristemente.
Francesca lo guardó con compassione. Dalle sue parole poteva capire che Marco non era come Leon. Lui era piú dolce,piú buono.
-Non preoccupatevi per noi,troveremo un modo per uscire di quí.- disse prendendogli delicatamente una mano.
-Ve lo auguro- le rispose sorridendogli e ricambiando la stretta.
Si fissarono intensamente per un momento,poi abbassarono all'unisono lo sguardo.
Erano imbarazzati sì,ma entrambi avevano capito che si sentivano a loro agio con l'altro,si sentivano se stessi.
Anche Nata non era sola in quella piccola cella,accanto a lei era arrivato il terzo ribelle,Maxi.
Lei stava in un angolo,assorta nei suoi mille pensieri,ma sentí qualcuno sfiorarle un braccio,si giró e lo vide.
-Che ci fate quí?- chiese timorosa,ma felice di vederlo.
-Volevo solo spiegarvi che non é stata un'idea mia rinchiudervi quí,anzi ho cercato di fermarlo! Ma non sono riuscito...- si fermó un attimo per guardare la ragazza dritta negli occhi -Ma da una parte sono felice di avervi quí. Se il destino ha voluto che ci incontrassimo,dobbiamo sfruttare l'occasione- riveló per poi rivolgerle un sorriso.
Natalia abbassó lo sguardo,imbarazzata,per nascondere il rossore che stava nascendo sulle sue guancie. Nessuno l'aveva mai trattata in questo modo,solo sua madre da piccola.
E ora stava rivivendo queste emozioni,essere finalmente importante per qualcuno.
Non aveva mai permesso ad uno sconosciuto di parlarle in questo modo,ma con Maxi era diverso.
-State tranquillo,la mia vita non sarebbe stata migliore...-
-Che volete dire?- chiese il ragazzo avvicinandosi,per quanto potesse visto che c'erano le sbarre.
-Non sono la ragazza nobile che vi aspettavate,sono solo la dama di compagnia della principessa,anche se vengo trattata piú come una serva.-
-Mi dispiace. Una volta uscite da quí dovreste tentare di cambiare la vostra vita.-
Natalia gli rivolse un sorriso,ma Maxi venne chiamato da Leon,perció dovette andarsene,dopo averle rivolto un lieve sorriso.
Nata stava provando emozioni che non aveva mai provato prima. Non era il semplice affetto che provava da piccola con sua madre,questo era molto piú.
All'improvviso non le dispiaceva piú essere rinchiusa sottoterra in una lurida cella,perché sapeva di avere quel ragazzo in sua compagnia.
Ma non poteva esserne attratta,insomma non lo conosceva nemmeno!
Com'era possibile tutto questo

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Capitolo 7
*** Fuga ***


~~Tutte e tre le ragazze erano sedute ai lati dello stesso materasso situato al centro della cella,pensierose e imbambolate,mentre ripensavano alle conversazioni appena avute con i ribelli.

 Intanto i ragazzi erano chiusi in una stanza enorme; la camera di Leon.
 Solitamente nessuno poteva entrarci tranne il proprietario,ma questa volta Maxi e Marco non avevano potuto resistere; dovevano convincerlo a liberare le dame!
 A dire la verità a entrambi sarebbe piaciuto averle lí con loro,per passare un pó il tempo con qualcuno,per conoscerle meglio. Ma allo stesso tempo sapevano che tenendole rinchiuse le avrebbero solo fatte soffrire.
 Se loro non avevano una vita sociale come quella di tutti gli altri,non significava che anche le ragazze non avessero dovuto averla.
 Dovevano liberarle!
-Leon,cerca di ragionare,le ragazze non sono cattive. Hai parlato con Violetta e si vedeva lontano un miglio che c'era qualcosa tra voi. Tutta la rabbia si era spenta dentro di te e per una volta nella vita eri in pace con te stesso. Perchè buttare tutto all'aria per una stupida vendetta?- chiese Maxi deciso a far cambiare idea al compagno.
-Perchè tutto questo non è affatto vero! Io odio quella ragazza,odio la sua famiglia,odio tutti! E ora uscite,voglio rimanere da solo!- rispose urlando il ragazzo mentre i suoi occhi venivano solcati dalle lacrime,che sarebbero scese da lí a poco.
 Lui non poteva essere visto cosí. Lui era il capo,doveva rimanere impassivo in ogni occasione. Lui non poteva versare lacrime,neppure se queste avrebbero voluto sgorgare dai suoi occhi verdi per liberare il dolore tenuto coraggiosamente rinchiuso in se stesso per tutti quegli anni. Quel dolore che pian piano si era trasformato in odio e violenza.
 Marco e Maxi si guardarono negli occhi, consapevoli di ciò che stavano per fare, convinti che fosse la cosa migliore.
 Leon era impazzito, dopo una settimana di prigionia dettata da motivi puramente personali quelle povere ragazze meritavano la libertà.
 Marco e Maxi controllarono che il loro capo fosse profondamente addormentato ed aprirono la cella, raccomandandosi con le ragazze di fare silenzio affinchè Leon non si svegliasse.
 Leggere come le piume e furtive come ladre le ragazze riuscirono ad arrivare all’esterno della casa, dove salutarono i loro salvatori.
-Francesca?- Chiese Marco trattenendo la ragazza per il polso delicatamente- Ci rivedremo?- Domandò il giovane fissando con occhi innamorati Francesca.
-Domani, domani al giardino di villa Ferro, è il luogo più lontano in cui posso spingermi, so che è rischioso per voi, ma non ho altre alternative- Rispose Fran
-Va bene, alle 21.00 sarò sotto al grande salice, vicino al lago, al centro del parco-
Detto questo Fran si girò e cominciò a camminare seguita da Nata che lanciò uno sguardo a Maxi, desiderando di poterlo rivedere e sapendo che per lui sarebbe stato sicuramente troppo pericoloso.
 Arrivate a castello si misero a gridare a gran voce.
 Ogni stanza del castello si illuminò, e nobili, conti contesse, marchesi e marchese, re e principessa scesero per vedere cose fosse successo, chi stesso gridando tanto fortemente.
 Appena German vide la figlia, con gli abiti sporchi, leggermente bruciati, ma comunque viva, sentì una profonda felicità invaderlo completamente tanto da correre verso di lei senza nemmeno rendersene conto, e stringerla, lasciandosi andare alle lacrime di felicità.
 Tomas rimase impietrito, troppo scioccato anche solo per muoversi, troppo convinto che fosse solo un sogno per essere felice. Gli occhi di Violetta incrociarono i suoi, e lei gli sorrise, un sorriso vero, uno di quelli che tanto amava Tomas.
 Lei gli corse incontro per abbracciarlo, lui la strinse a se con una forza tale che Violetta poteva sentire quasi dolore. Eppure non le dispiaceva quel dolore, non le dispiaceva affatto. Tomas le era incredibilmente mancato. Riaverlo vicino era quanto di più bello potesse esserci. Per un secondo rivide però gli occhi verdi di Leon, occhi felici sorridenti, e poi improvvisamente rabbiosi, cupi, tristi. Quegli occhi così belli le facevano male.
 Luca intanto aveva riabbracciato la sorella, stingendola al petto singhiozzando mandando al diavolo la sua virilità.
 Nata rimase in un angolino, senza che nessuno la venisse abbracciasse, sola. Guardò Ludmilla che la fissava, per un attimo la principessina le accennò un sorriso, non uno di quelli perfidi che le riservava quando la maltrattava, ma uno di quelli che si scambiavano da bambine, il sorriso subito svanì.
 -Padre- Disse Violetta-Io vorrei che Nata divenisse la mia dama-
-Tesoro, Natalia è già la dama della principessina- Spiegò German carezzando i capelli della figlia.
-Non ti preoccupare German, infondo Ludmilla può avere quante dame vuole- Concesse re Rodrigo lanciando un amorevole sguardo a quella figlia non riconosciuta, così diversa dalla principessa, così dolce e innocente, così buona che avrebbe tanto voluto non fosse illegittima.
-No! Io voglio Natalia!- Sbottò Ludmilla
-Violetta…Mi dispiace ma se Ludmilla vuole tenere Natalia non puoi certo portargliela via- Concluse il discorso German.
 Marco fissava pensieroso la luna, poggiato con la schiena al tronco del salice. La pallida luce della luna lo illuminava, rendendolo ancora più bello.
 Fran sorrise nel vederlo e gli si avvicinò.
-Marco- Lo chiamò allegra
-Francesca- La salutò lui abbozzando un sorriso e tornando a fissare la luna con occhi cupi, tristi.
 Non riusciva a guardare la ragazza negli occhi avrebbe visto il dolore che provava, avrebbe posto domande alle quali Marco non voleva rispondere.
 Ma ahimè Fran non era certo stupida, dal primo istante aveva notato che qualche cosa non andava, e aveva la netta impressione che c’entrasse con la loro fuga e con Leon. Di fatto non sbagliava la giovane.
-Come la presa Leon?-Domandò
-Meglio di quel che credevamo- Mentì Marco
-Sei un pessimo bugiardo- Affermò Francesca- Hai dei lividi sullo zigomo- Notò la ragazza prendendo delicatamente il viso di Marco tra le mani.
 -Che ti ha fatto?-Chiese preoccupata.
-Nulla- Ribadì marco abbassando il capo.
-Non è nulla, questo non è nulla-Ribattè risoluta Fran
-Lui si è arrabbiato, ha cominciato a prendermi a calci, se non ci fosse stato Maxi a fermarlo avrebbe continuato all infinito…Non è cattivo è solo arrabbiato. Tutto il dolore che ha provato a causa di Castillo è divenuto rabbia, odio, voglia di vendetta irrefrenabile. E’ come se un demone si sia impossessato del mio amico- Confessò Marco
-Ma Vilu non ha mai fatto male ha nesuno- Commentò Fran confusa
-Non lei. German, German Castillo. Lui ha….Non te lo posso dire, ma tutto questo è solo colpa sua. Non è una brava persona, non lo è assolutamente-
 -Ti credo. Ora devi andartene, se ti trovano qui le guardie sei finito. Rivediamoci domani qui alla stesso ora- Disse Fran
-Certo. Ah e maxi mi ha dato questa lettera per Natalia- Marco, consegnata la lettera girò i tacchi e se ne andò, in cerca di un posto in cui passare quella gelida notte dopo che Leon lo aveva cacciato dal covo perché si era preso la colpa anche per Maxi.

 

 


 Nello stesso momento Ludmilla girovagava nervosamente per i corridoi del palazzo alla ricerca della sua serva.
 Non avendola trovata per tutto il castello,si diresse verso le stanze di Violetta e delle sue amiche,per controllare l'ultima volta.
 Non che le dispiacesse di aver perso Natalia,avrebbe sicuramente potuto trovare un altra dama di compagnia,ma era sicura che nessuno l'avrebbe mai sopportata come lei. Oramai Natalia conosceva tutto di lei,sapeva che odiava i ritardi e voleva tutto perfettamente; che voleva essere migliore degli altri,soprattutto di Violetta,per questo aveva bisogno di tutto l'aiuto possibile per essere perfetta.
 Entró velocemente nella camera di Violetta,sbattendo la porta cosí forte da far sobbalzare la principessa.
-Ludmilla! Cosa ci fai quí?- chiese preoccupata dall'arrivo della Ferro.
-Dov'è Nata?- chiese urlando la principessina.
 Violetta abbassó lo sguardo,indecisa se dirle la verità o meno,preoccupata per la sua possibile reazione.
-Rispondi dove si trova Nata?- chiese dando un pugno al cómo in lgno bianco che aveva accanto.
 Violetta alzó lo sguardo e con un'improvvisa decisione si avvicinó alla Ferro dicendo -Siamo riuscite a salvarci insieme a lei e abbiamo capito la sua orribile situazione,orribile a causa tua! Ti sembra normale trattare cosí una persona?- si fermó per far riflettere Ludmilla,anche se quest'ultima non mostrava segni di cedimento -E ora Nata ha accettato di diventare la mia dama di compagnia!-
-Ma Natalia è mia! Ridatemela!- rispose Ludmilla con un'espressione mista tra l'indignata e offesa per la notizia che l'aveva sorpresa come una doccia fredda caduta in pieno su di lei.
-Natalia non è un oggetto! Lei ha scelto autonomamente di rimamere con me,perció ci rimarrà!- controbattè Violetta avvicinandosi alla viziata principessa.
 Ludmilla lanció un urlo e uscí dalla stanza battendo i tacchi e sbattendo la porta.

 Francesca,che si stava dirigendo verso la stanza di Nata,si imbatté per sua sfortuna con la bionda,che urló gesticolando qualcosa di incomprensibile.
 Francesca lasció perdere,era abituata alle scenate della Ferro. Entró nella stanza di Nata,dove quest'ultima era seduta sul grande letto mentre osservava le stelle che brillavano nel cielo scuro.
-É permesso?- chiese bussando alla porta socchiusa.
 -Oh entrate pure- rispose Nata alzandosi di scatto.
 Francesca entró e si sedette sul letto di Natalia sorridendo. Anche la riccia si sedette accanto a lei,incuriosita -Come mai siete quí?-
 -Oh dammi del tu. E non sono venuta per allarmarti,anzi- si fermó con un sorrisetto malizioso -Maxi ti ha invitata al lago!-
 -Che cosa?- chiese sorpresa Nata. Non si sarebbe mai aspettata una notizia simile.
 Allora Maxi non l'aveva illusa dicendole quelle frasi dolci,rassicurandola sempre e facendola sentire unica.
 Francesca si accorse che la ragazza si era incantata a guardare un punto indefinito della stanza,perció le scosse una mano davanti agli occhi,gridando -Su,preparati!-
Natalia scese e indossó un mantello marrone per proteggerla dal freddo della notte.
 Raggiunse in fretta il lago,dove vi trovó il suo ribelle in piedi appoggiato ad un albero.
 Anche se era notte fonda,lui era bellissimo come sempre,con quello sguardo nel quale ci si poteva perdere come in un mare infinito.
 -Ho ricevuto la notizia... Volevate vedermi- si rivolse timidamente a lui.
-Sí,vi avevo detto che vi avrei voluto rivedere almeno una volta- rispose lui avvicinandosi alla ragazza -Il destino ha fatto bene a farci incontrare- continuó avvicinandosi ancora di piú.
 Ormai i loro visi si trovavano a pochi centimentri di distanza,ma Natalia abbassó lo sguardo,intimidita.
 Maxi notó che la ragazza,che si era voltata verso il lago,aveva iniziato a tremare,perció tolse la giacca piena di toppe che indossava e la pose sulle sue spalle. Lei alzó lo sguardo verso di lui,sorridendogli sorpresa.
 Lui ricambió il sorriso e le mise un braccio intorno alle spalle per scaldarla,nonostante lui fosse rimasto solo con una maglia a maniche corte.
 Preferiva che lei stesse bene,anche a costo di morire congelato. Si sentiva legato a lei; anche se continuava a ripetere che era stato il destino ad unirli,aveva capito che era il suo cuore che si era legato a lei senza un motivo. Forse era stata la sua timidezza,ma nel frattempo la sua bontà e dolcezza che l'avevano ammaliato sin dal primo sguardo.
 Si mise dinnanzi a lei,le alzó il mento con il pollice e le si avvicinó guardandola fissa negli occhi castani.

 Nel frattempo qualcuno si trovava dietro ad un cespuglio ad osservare la scena.
 Quel qualcuno era una ragazza bionda e viziata,che avrebbe presto rovinato le cose.
 Sí,Ludmilla Ferro aveva scoperto dell'incontro segreto della sua vecchia dama con lui: un ribelle.
 Quello che si chiedeva ora era: come l'aveva conosciuto?
 Non le rimaneva altro che scoprirlo

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Capitolo 8
*** cattura ***


~~La luce del tramonto illuminava il grande giardino del castello dei Ferro,collocato poco piú lontano dall'altro,nella parte piú scintillante e ricca della città.
Nel gazebo bianco accanto al lago erano comodamente seduti su un divanetto di vimini Tomas e Violetta,che gia stavano recuperando il tempo nel quale non si erano visti.
Entrambi avevano sentito molto la mancanza dell'altro,non avrebbero potuto lasciarsi in questo modo,ma fortunatamente,come in tutte le fiabe che si rispettino,i due si erano ritrovati per vivere la loro favola.
-Lo sai che ti amo?- chiese Tomas carezzandole i capelli dolcemente.
-Come potrei non saperlo? Me lo dimostri ogni secondo nel quale sei con me- rispose stringendogli le mani tra le sue.
Violetta diede un bacio sulle labbra al giovane conte Heredia, l’ennesimo. Aveva bisogno di sentirlo vicino, aveva bisogno delle sue forti braccia stringerla, delle sue morbide labbra baciarla e dei suoi bellissimi occhi riscaldarla con un solo sguardo colmo d’amore. Eppure negli occhi azzurri di Tomas lei riusciva solo a vedere quegli occhi verdi, rabbiosi e dannatamente attraenti di Leon.
Ormai quel ribelle infestava i suoi pensieri, la sua anima, anche il suo cuore. Ormai era una parte di lei che mai se ne sarebbe andata, una parte che Violetta non voleva ma dalla quale non si poteva separare allo stesso tempo.

Vilu sorrise nervosamente e riprese a guardare Tomas,che intanto aveva smesso di parlare con lei,essendosi accordo che qualcosa non andava.
-Che succede Vilu? Stai bene?- chiese preoccupato prendendole il viso tra le mani.
-No no,non succede niente...- rispose lei cercando di sembrare convinta. Ma non riuscí,o almeno non riuscí a convincere Tomas,che la conosceva meglio di chiunque altro.
-Tomas,non é successo niente,non preoccuparti- lo rassicuró prendendogli una mano e sorridendogli dolcemente.
Lui ricambió la stretta,e seppur non fosse del tutto convinto,decise di crederle -Ok,ma se qualsiasi cosa dovesse tormentarti,io sono quí per te-
-Questo lo so- rispose infine lei per poi stampargli un bacio a fior di labbra.

Intanto il re girava nervosamente per i corridoi in cerca di una persona che non riusciva a trovare.
Normalmente avrebbe chiesto a uno dei suoi servitori di andarla a chiamare,ma questa volta non poteva. Non poteva dire che cercava urgentemente la signorina Natalia. Sicuramente avrebbero iniziato a sospettare qualcosa,e  non poteva permetterlo.
La paura provata negli istanti in cui aveva creduto che la giovane dama fosse morta, il dispiacere che solo un padre può provare, lo avevano fatto convincere che fosse giunto il momento di far sapere a sua figlia, non certo la viziata Ludmilla, quanto in realtà tenesse a lei pur non avendolo mai dimostrato.
Nata era accovacciata vicino alla finestra intenta a raccogliere i pezzi di vetro sparsi a terra. Ludmilla aveva avuto l’ennesimo attacco isterico, e aveva rotto un preziosissimo vaso, e ora toccava a Nata riparare il disastro.
Il re si chiuse velocemente la porta alle spalle, e il rumore fece sussultare Nata, che nel vedere sua maestà in persona lì, si spaventò un poco. Che avesse scoperto di lei e Maxi? Che la volesse costringere a dire dove si trovava? Che la volesse arrestare?
-Ludmilla non c’è maestà-S’affrettò a dire la dama
-io non cercavo lei-affermò il re. Natalia pensò di essere finita, morta. Il cuore le prese a battere furiosamente, gli occhi vagavano in cerca di una via d’uscita, che non c’era. La mente era ormai annebbiata dalla paura.
Il re si grattò il capo, come imbarazzato- Sono qui per te, come padre Natalia. Quando ho creduto che fossi morta bhè ho realizzato quanto mia figlia, tu Naty, sia importante per me. So che in questi anni non ti ho trattata con il giusto rispetto, con il giusto amore.Ma immagini che scandalo se il popolo avesse saputo del mio adulterio?  Non potevo mettere a rischio la mia immagine, mi dispiace piccola. Molto- Natalia rimase di stucco a quelle parole, non se le aspettava. Poteva leggere la verità, la sincerità negli occhi del re, di suo ‘padre. L’aveva sempre ritenuto un  mostro, sempre cattivo, crudele e spietato.Ma ora vedeva la bontà in lui. Vedeva un padre. D’altra parte c’era Maxi, c’erano i ribelli. Lei era immischiata con loro più di quanto volesse, lei era forse parte di loro in un certo senso. Ora che suo padre le aveva dichiarato questo suo affetto sarebbero cambiate le cose? Se fosse successo avrebbe dovuto forse rinunciare a Maxi?
Natalia doveva andarsene,altrimenti Ludmilla le avrebbe fatto una sfuriata come le sue solite,l'avrebbe picchiata e sarebbe corsa dal padre a protestare,sicura che lui avrebbe accontentato ogni suo desiderio.
Rossa per l'imbarazzo,Natalia uscí velocemente dalla porta,ma si ritrovó faccia a faccia con la bionda principessina,che aveva ascoltato tutta la conversazione.
Si sentiva tradita e delusa dal padre,ma soprattutto da Nata,che credeva le sarebbe sempre stata fedele. Come avevano potuto mentirle in quel modo,mentirle per tutta la vita su un fatto cosí importante?
Ma sicuramente si sarebbe vendicata presto,e aveva gia in mente come fare.
Appena Natalia uscí,le strinse molto forte il braccio e la trascinó nel salone principale,in modo da essere facilmente sentita da chiunque passasse di lí.
-Come hai potuto?- urló trattenendo le lacrime,ma lasciando sfogare tutta la sua rabbia.
-Fare cosa?- chiese innocente la riccia. Purtroppo aveva capito ció a cui si riferiva,ma sperava che la sua ipotesi fosse falsa. Ma le sue speranze furono subito rotte dalla voce acuta della Ferro.
-Tu mi hai mentito tutto questo tempo,ma te la faró pagare,te lo assicuro! Oh ma sicuramente questa non è la prima volta che menti,o sbaglio?- chiese accogliendo il momento giusto dato dall'arrivo del padre. Se lui avesse sentito che Natalia aveva incontrato segretamente un ragazzo,sicuramente l'avrebbe punita. -E ora dimmi,chi era quel ragazzo che ieri hai incontrato nel giardino del castello?- chiese con uno sguardo perfido,pieno di odio e voglia di vendetta.
-N-non so di chi state parlando...- rispose vaga la ragazza. Non poteva confessarle dei ribelli,avrebbe messo nei guai loro e se stessa.
Ma la biondina si avvicinó puntandole un dito contro -Chi-é-quel-ragazzo?- chiese scandendo bene le parole -Dimmelo,o morirai!- disse facendo uscire tutta la sua ira.
-Davvero,non so di chi parlate!- cercó di mentire di nuovo Nata,ma senza ottenere i risultati sperati.
-Natalia! Vi ho visti con i miei occhi! Non mentire di nuovo,o questa volta veramente morirete!- ribattè infine chiamando le sue guardie. Con uno schiocco di dita cinque soldati si disposero intorno a Nata,incutendole terrore.
-Era un ribelle!- confessó infine. Si sentiva costretta a rivelare tutto,non voleva morire,non credeva di meritarselo! Voleva piangere. Una parte di lei si odiava. Avava veramente fatto questo? Si coprì la bocca con una mano per trattenere i singhizzi silenziosi che le scuotevano il corpo.
-Ribelli? Racconta tutto,ORA- intimó Ludmilla mentre con un cenno della mano fece allontanare di poco le guardie.
-Io,Francesca e Violetta siamo state salvate durante l'incendio. Salvate da ribelli. Non so neanch'io il perchè- si fermó e sorrise al pensiero dei complimenti che le aveva sempre rivolto Maxi -Loro ci hanno poi fatte tornare quì sane e salve- concluse nervosa per la possibile reazione della Ferro. E se l'avesse detto al padre? Sicuramente sarebbe finita in grossi guai!
-Natalia! Ti sei fatta trascinare dai ribelli? Loro sono cattivi,loro uccidono la gente! non hai visto che hanno fatto al palazzo? E poi perché avrebbero dovuto salvare ragazze inutili come voi? - chiese da una parte per mettere in difficoltà Nata,e da una parte gelosa per non essere stata salvata da nessuno. Neanche Tomas si era preoccupato di lei,di portarla via dalle fiamme. Ma ora non era il momento di pensare a questo,doveva essere forte e scoprire di piú su quei ribelli.
-Dove vivono?- chiese Ludmilla interrompendo quel silenzio pieno di ansia e attesa.
Natalia rimase muta, voleva solo che finisse voleva sparire.
-NATALIA DIMMELO! LORO NON MERITANO NULLA DA TE! HANNO UCCISO TUA MADRE RICORDI?!- Gridò la principessina Ludmilla
-Non loro…non…..- Natalia era così confusa. Voleva morire, ora, ma avrebbe dovuto pensarci prima
-In una villa- rispose senza mettere troppi dettagli. Non voleva metterli nei guai,loro le avevano salvate infondo; non erano cattivi!
Ma niente e nessuno poteva resistere alla Ferro.
-Nella villa... Quella villa! Guardie,andate a prenderli!- ordinó decisa riuscendo a capire a quale villa si stava riferendo Nata. Quella villa temuta da tutti,quella che pareva abitata da fantasmi. Invece erano i ribelli a viverci,erano loro che causavano terrore!

Era notte fonda, l’unica fonte di luce era la luna. Non era certo sicuro per una donzella starsene, lì, tutta sola in balia dei pericoli che  il buio nascondeva.
Marco era in ritardo e Francesca cominciò a pensare che magari non sarebbe venuto, forse si era stancato li lei.
Improvvisamente la giovane vide avvicinarsi una sagoma, non riuscendo a capire chi fosse, istintivamente retrocedette, sempre più vicina all’albero dietro di lei, fino a sbatterci contro.
-Non abbiate paura- Disse una voce che fece spuntare un sorriso sul volto di Fran. Era solo Marco.
-Marco!-Salutò forse troppo allegramente la mora.
-Scusami il ritardo, sai dovevo inventare una scusa per Leon- Si scusò Marco
-Tranquillo, non è un problema-Affermò Fran
-Posso farti una domanda?-Chiese Marco mentre il cuore sembrava volergli uscire dal petto.
-Dimmi- Rispose Fran
-Io…Tu…Potrei venirti a trovare…sempre?-Domandò
-Lo chiedi anche.Marco io sto bene con te. Vorrei passare ogni giorno della mia vita con te- Affermò di getto la ragazza, senza rendersene conto.
Marco le prese il viso, con le sue mani forti e delicate contemporaneamente, e la baciò.
Le loro bocche si muovevano insieme, erano perfette, sembravano fatte l’una per l’altra, proprio come le persone a cui appartenevano.

 

Maxi era chino sul tavolino, fissando la mappa, assieme a Leon. Stavano organizzando il prossimo attacco, ma era difficile senza Marco, che in quel momento, almeno per cio che sapeva Leon era andato a controllare che le ragazze non facessero la spia a palazzo.
Improvvisamente un rumore, seguito da voci, e rumore di passi proprio sopra le loro teste li fece sussultare. Leon fissò il compagno per un attimo. Non c’era bisogno di controllare per sapere cosa stesse succedendo. Le guardie che gridavano di trovare i ribelli erano chiaramente udibili.
I passi erano sempre più vicini. Non c’era scampo perché anche se fossero usciti dalla piccola finestra al di fuori altre guardie li attendevano.
Non rimaneva che aspettare, aspettare cosa? La fine, la morta, l’arresto. Era avvilente, fottutamente avvilente.
Leon sguainò la spada sotto lo sguardo incredulo di Maxi non appena arrivarono le guardie.
Maxi lo imitò. Infondo cosa aveva da perdere?
I soldati erano una decina, non ci volle molto a mettere KO i due ribelli, che, coperti di lividi e superficialmente feriti vennero portati via.
Leon si dimenava tra le braccia della guardie, anche se ormai la forza di combattere lo stava abbandonando. Sapeva di chi era la colpa, di Castillo, della bella Violetta Castillo. Li aveva traditi nonostante loro l’avessero salvata. Era vero, l’aveva imprigionata, ma Maxi e Marco l’avevano liberata assieme alle sue amiche. Perché mettere nei guai anche loro allora? Per cattiveria ecco perché.
Maxi era ormai troppo stanco persino per respirare, per pensare a un possibile colpevole di ciò che gli stava capitando. Sapeva quali erano i rischi di essere ciò che era, un ribelle, ma non aveva mai preso in considerazione la possibilità di essere catturato, di morire. Era sempre stato una passo avanti a tutti, sin da piccolo. Da ribelle si beffava delle guardie, ma poteva ora farlo? Ora era già 3 metri sotto terra, altro che un passo aventi. Sapeva già che sarebbe morto.
Dopo aver percorso la stretta stradina che portava al palazzo tra calci e spintoni delle guardie,i due ribelli vennero fatti entrare nel castello,dove trovarono Marco intento a spintonare il soldato che lo teneva legato.
Subito dopo arrivó il signor Ferro,accompagnato dalla figlia. Lui aveva un'espressione severa; incuteva terrore vedere quegli occhi tetri,che non esprimevano nessun sentimento,ma solo freddezza.
La principessina invece aveva un'aria soddisfatta; finalmente era riuscita a farla pagare a Natalia e poteva avere quei ribelli sotto i suoi comandi,sicura che il padre le avrebbe permesso anche questo.
-Signore,abbiamo trovato questo ragazzo che fuggiva dal giardino del castello,lo abbiamo subito catturato- disse un soldato drizzando le spalle appena vide il re.
Il signor Ferro annuí con il capo e fece segno di portarli in cella senza parlare,ma osservando uno ad uno i ragazzi incutendo loro timore.
Da dietro una colonna,Natalia stava osservando la scena mentre tratteneva le lacrime che iniziavano a farle pizzicare gli occhi.
Era tutta colpa sua se loro stavano per essere rinchiusi,e sicuramente Maxi non l'avrebbe mai perdonata.
Una lacrima riuscí a farsi strada lungo la sua guancia,perció Nata capí che da lí a poco sarebbe scoppiata in piano e scappó via verso la sua camera.

Intanto i ribelli stavano scendendo lungo una scalinata stretta e buia,incitati dai soldati,che molto probabilmente non vedevano l'ora di farla finita con loro e tornare fuori a sorvegliare il castello. Per loro era facile; stavano tutto il giorno immobili,si drizzavano quando arrivava il re e portavano in cella qualche malintenzionato che capitava a volte. Loro non conoscevano la vera fatica,il lavoro,la sofferenza. Loro erano come statue di ghiaccio: freddi e imparziali.
Arrivati ad una minuscola cella,i tre vi vennero scaraventati dentro con forza,dopo di che le guardie si lasciarono scappare una risata e li lasciarono sotto la custodia di un altro soldato che a malapena teneva gli occhi aperti.
-Ora li uccido!- urló Leon dopo essersi rialzato dolorante. Camminó per la cella per arrivare alla finestra chiusa da sbarre di ferro,alle quali si aggrappó quasi volesse strapparle mentre urlava ferocemente.
Odiava quel mondo,odiava quella vita,odiava i reali!
Per fortuna fu fermato dagli altri due,che lo presero per le braccia e lo fecero sedere per terra.
Ora tutti erano seduti con la testa tra le mani,pensando che avrebbero dovuto trovare in fretta una soluzione,altrimenti sarebbero rimasti lí dentro per tutta la vita

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Capitolo 9
*** IN CELLA ***


~~ QUESTO CAPITOLO E' STATO INTERAMENTE SCRITTO DA NAXI_4EVER.
NE APPROFITTO PER DIRE A TUTTI QUANTO SIA FELICE DI COLABORARE CON LEI <3
 

Natalia si trovava nella sua stanza a piangere,seduta su una sedia in velluto verde accanto alla finestrella che dava sull'enorme giardino del palazzo.
 Stava ripensando alla scena che aveva visto solo pochi minuti prima. Per colpa sua i ribelli erano stati rinchiusi in cella,ma sperava con tutto il cuore che Ludmilla non sarebbe stata cosí malvagia per condannarli a morte.
 Magari i ribelli non avrebbero pensato che fosse stata lei a metterli nei guai,magari credevano fosse stata un'altra delle ragazze,continuava a ripetersi per darsi forza.
 Ma neanche lei credeva alle sue stesse parole. Sicuramente l'avrebbero scoperta e Maxi non l'avrebbe mai perdonata. Ma lei non poteva permetterlo!
 Se solo non si fosse fatta spaventare e non avesse svelato la verità,tutto questo non sarebbe successo,e in questo momento avrebbe ancora avuto una speranza di poter incontrare il suo principe nel grande giardino.
 Ma non doveva piú illudersi,questo non sarebbe piú successo. Solo il pensiero le fece scendere altre lacrime,che le bagnavano le guance rosee.
 Ma tutto questo era solo colpa di Ludmilla! Se solo non avesse accettato di tornare con lei... Dopo aver passato i minuti piú magici della sua vita con il suo ribelle,Nata era dovuta scappare a palazzo,altrimenti le guardie avrebbero potuto trovarla.
 Si allontanó dal ragazzo spiegandogli la situazione e lui le fece promettere che si sarebbero rivisti. Ovviamente lei accettó,ma subito giró i tacchi per correre al grande portone scuro,lasciato socchiuso prima di uscire.
 Si infiló quatta quatta nel palazzo,appese il mantello ad un chiodo e si diresse silenziosa verso le scale. Ma subito venne fermata da una voce che avrebbe riconosciuto tra mille: Ludmilla.
 -Che ci facevi la fuori?- chiese sospettosa,mentre la fissava con odio.
 -Niente- rispose Nata spaventata. E se l'avesse scoperta? Cosa avrebbe fatto?
-Oh Natalia,lo sai che a me puoi dire tutto! Ma se proprio non vuoi,saró costretta a parlare con mio padre di tutto quello che ho appena visto... Scegli tu- disse girandole attorno come se avesse gia qualcosa in mente.
 Natalia non rispose,perció Ludmilla le tornó davanti dicendole -Vedo che non vuoi parlare. Perfetto,non c'é problema,andró a parlare con mio padre-
 -No,Ludmilla!- ribatté infine Natalia spaventata -Che vuoi che faccia?- chiese poi sconfortata.
-O riveli tutta la verità,o torni ad essere la mia dama- disse con voce ferma la principessina. Ancora una volta era riuscita a sottometterla.
 Nata non rispose,semplicemente si limitó a seguire Ludmilla su per le scale,visto che si stava dirigendo verso la sua stanza.
 Ludmilla capí subito il segnale,e sorridendo compiaciuta continuó a salire le scale,felice di riavere la sua serva.

 Nata non era l'unica ad essere agitata; anche nella stanza di Violetta non si respirava aria di tranquillità.
 La ragazza continuava a girarsi nel suo letto,con la conseguenza di arrotolarsi tutta intorno alle coperte. Aveva sentito dei rumori dal piano di sotto,e tra questi le pareva di aver sentito la voce del giovane Vargas.
 Ma non poteva essere,lui era nella villa!
 Ma per qualche motivo non era piú riuscita a stare ferma,figuriamoci se fosse riuscita a dormire.
 Dopo minuti interminabili di insonnia,la ragazza decise di scendere a vedere cosa fosse successo. D'altronde,avrebbe comunque dovuto scoprire la verità.
 Indossó una lunga vestaglia e scese cauta giú per le scale,illuminate soltanto da una torcia appesa alla parete.
 Arrivata al piano terra,fece attenzione a non farsi vedere dalla guardia,che peró non si accorse dalla sua presenza,era troppo insonnolita per farlo.
 Scese ancora dalla stretta scala a chiocciola che portava alle segrete del palazzo. Sicuramente se era successo qualcosa a quell'ora si poteva trattare solo di un arresto o cose simili,pensó mentre scendeva i numerosi gradini.
-Ahh quanto mai non ho indossato le pantofole!- si lasció scappare mentre innervosita appoggiava i piedi sulla pietra fredda,che le faceva venire dei brividi che le percorrevano tutto il corpo.
 Per fortuna nessuno l'aveva sentita,o meglio,quasi nessuno.
 Solo una persona che l'aveva conosciuta,seppur per poco tempo,e che non era mai riuscita a dimenticarla,poteva riconoscere quella voce.
 E questa persona era proprio lui,Leon Vargas. Appena la sentí parlare,si alzó in piedi di scatto,svegliando i compagni,che ormai dormivano beatamente.
-È lei- disse fissando il corridoio mentre gli altri due ribelli si stropicciavano gli occhi chiedendosi cosa fosse successo -La Castillo é quí- concluse,questa volta girandosi per fissare loro.
 I ragazzi riconobbero il suo sguardo,e subito lo presero per la braccia per trattenerlo.
 Ma Leon riuscí a divincolarsi dalla stretta e corse alle sbarre,iniziando a scuoterle come se volesse romperle e uscire.
 Violetta,che sentí subito questi rumori,accorse spaventata dietro ad una colonnina nel corridoio,e sporse leggermente la testa per vedere da dove provenissero.
 Quasi le venne un colpo quando vide gli occhi smeraldo del giovane Vargas.
 Stropicció gli occhi,credendo fosse un'altra delle sue visioni,ma continuó a vedere il ragazzo che pensava non avrebbe visto mai piú nella sua vita.
 Subito corse verso di lui,senza un motivo,il suo istinto l'aveva spinta a svolgere quell'azione.
 -Sei stata tu!- disse Leon appena la vide arrivare verso di lui,pensando che volesse ridergli in faccia per essere riuscita a vendicarsi.
 -Ma,a fare cosa?- chiese Violetta confusa. Si stava forse riferendo al motivo per il quale era stato arrestato?
-Oh,non fare finta di non sapere nulla principessina,perché so benissimo che siamo stati messi in cella a causa tua!- disse Leon su tutte le furie.
 Era infuriato nero,non soltanto perché era rinchiuso in una maledetta cella per colpa della Castillo,ma anche perché nonostante tutto non riusciva a distogliere lo sguardo dalla ragazza,che sembrava cosí dolce con addosso quella lunga vestaglia.
 Ma i suoi pensieri furono interrotti dalla voce di Vilu,che voleva convincerlo della verità -Che cosa? No,io non ho fatto niente,credimi!-
Leon non la attaccó,sospiró soltanto suscitando lo stupore dei suoi compagni,che stavano osservando la scena,e di Vilu.
 -Che vorresti dire con quel sospiro?- chiese nuovamente la ragazza,sperando di non suscitare di nuovo l'ira del ragazzo.
 -Che forse hai ragione...- rispose lui cercando di non dare a vedere di essere riuscito ancora una volta a cedere di fronte allo sguardo sincero della ragazza.
 Violetta sorrise soddisfatta,lanciando un'ultima dolce occhiata al ragazzo prima di scappare verso la sua stanza; non poteva rischiare di essere scoperta da qualcuno!
 Anche a Leon venne da sorridere istintivamente,continuando a fissare la minuta figura che saliva le scale,fino a scomparire nel buio del corridoio.

 Nello stesso momento Francesca era chiusa nella sua stanza,piangendo come una disperata mentre tirava qualsiasi oggetto le capitasse sottomano contro la parete.
 Era infuriata con le guardie,che avevano spifferato tutto al re,era infuriata con il re,perchè le aveva impedito di vedere la persona che amava,era infuriata con il signor Castillo perchè l'aveva appoggiato.
 Cos'era successo? Semplice,le avevano impedito di vedere Marco.
 Purtroppo il loro bacio era stato visto da una guardia,che senza pensarci un attimo aveva radunato tutti i soldati,mandando un gruppo a prendere il ribelle,mentre gli altri ad occuparsi della ragazza.
 L'avevano portata subito all'interno del castello con la forza,nonostante lei continuasse a dimenarsi e a pregarli di mantenere il segreto. Ma ovviamente le guardie non provavano nemmeno lontanamente a capire i suoi sentimenti.
 Appena entrarono nel palazzo,Francesca vide venirle incontro il re,accompagnato dal signor Castillo. Entrambi erano seri e i tratti dei loro visi facevano intendere che erano molto arrabbiati.
-Francesca,da ora in poi non potrai piú vederlo- disse il signor Ferro senza mostrare un minimo di compassione per lei. Lui non capiva che per lei sarebbe stata una vera sofferenza non poter piú vedere il ragazzo dei suoi sogni.
-Ma non é giusto!- provó lei a ribattere,senza ottenere nessun risultato,ma solo l'occhiataccia da parte del re.
-Francesca,cerca di capire,i ribelli vogliono solo il male per noi... Non ti avrebbero portato a niente di buono- cercó di convincerla il signor Castillo,con il risultato di far arrabbiare ancora di piú Francesca.
 -Ma loro non sono cattivi! Loro sono solo giudicati male,ma vogliono il bene della gente!- la ragazza tentó di nuovo di aprire i cuori dei due uomini,cercando almeno un briciolo della loro compassione,che peró non arrivó.
-Smettila! Loro sono crudeli,sono malvagi,e tu non li potrai piú vedere siamo intesi?- disse l'ultima volta il re prima di girarsi a testa alta con il suo compare.

 Intanto i tre ribelli si trovavano ancora in quella lurida cella,annoiati. Solitamente avevano sempre qualcosa da fare: rubare le armi,fuggire dalle guardie,tornare al covo e cosí via per tutto il giorno.
 Invece ora forse per la prima volta nei loro ultimi anni,erano tranquilli,liberi di dare sfogo ai loro pensieri.
 Ormai erano cosí presi dalla loro frenetica vita,che non trovavano neanche il tempo di pensare,o forse non lo volevano fare.
 Marco era sdraiato su un materasso di cuoio marrone scuro,intento ad osservare le mille diramazioni che formavano le crepe sul soffitto grigio.
 Forse,se non avesse fatto pace con Leon in quel momento non sarebbe lí,ma avrebbe potuto continuare a vivere la sua vita normalmente.
 Ma allo stesso tempo pensava che se avesse dato ascolto a Leon,perció smettendo di vedere Francesca,tutti e tre non sarebbero stati presi.
 Lui non aveva fatto ne l'una ne l'altra cosa,ma almeno era riuscito a farsi perdonare dal leader dei ribelli.
 Tornato a casa dall'incontro con Francesca,era riuscito ad entrare di soppiatto nel covo,ma per sua sfortuna Leon era ancora sveglio e lo vide subito.
-Perché entri ora?- chiese arrabbiato,ma con una punta di curiositá.
-I-io...- inizió Marco titubante. Se gli avesse riferito che aveva incontrato Francesca,sicuramente si sarebbe arrabbiato.
 -Io cosa? Avanti,parla- chiese con un tono che non ammetteva repliche.
 Marco non sapeva cosa rispondere,perció si limitó soltanto a guardare il pavimento,rosso d'imbarazzo. Non era abituato a mentire all'amico,si erano sempre riferiti tutto.
-Hai incontrato Francesca?- chiese fingendo di essere calmo,per avere la risposta del compagno. Leon vide un minimo movimento della testa del ragazzo,che sembrava essere un sí -Hai incontrato Francesca? Come hai potuto?- chiese di nuovo piú alterato.
 Marco non rispose,ma alzó lo sguardo,pronto a scansare il pugno che sarebbe arrivato presto da parte dell'astuto Vargas.
 E infatti questo arrivó,seguito da molti altri,che se non fossero stati fermati da Maxi,avrebbero steso Marco letteralmente.
-Hei hei ragazzi che succede quí?- chiese Maxi dividendo i due.
-Il ragazzo quí presente ha visto di nuovo Francesca,nonostante io gli avessi proibito di farlo!- spiegó Leon rosso di rabbia.
-Ma lui non ha diritto di dirmi cosa fare!- ribatté Marco spinto da un insolito coraggio.
 Leon stava per darne di nuovo a Marco,ma Maxi li separó di nuovo facendo da intermediario -Ragazzi,fermi! Leon,non arrabbiarti Senza motivo,Marco non ha fatto nulla di male,soltanto prova i tuoi stessi sentimenti per Violetta- queste parole spensero improvvisamente Leon. Neanche lui sapeva il motivo,ma sentire quel nome riusciva a distoglierlo da tutti i suoi pensieri; lo mandava in confusione piú che mai.
-E Marco,non dovresti piú vedere Francesca- disse facendogli l'occhiolino. Avrebbe sicuramente continuato ad aiutare l'amico,ma non poteva farlo capire a Leon.
 Marco capí il concetto e si riavvicinó controvoglia a Leon,che invece rimase con le braccia incrociate a fissare la parete.
-Eddai Leon,é pur sempre tuo amico- provó di nuovo a convincerlo Maxi.
 Leon si voltó verso Marco tendendogli la mano,che venne subito stretta dall'altro,concludendo l'azione con una pacca sulla spalla.

 Maxi invece era in piedi,con le braccia incrociate dietro alla nuca e un piede appoggiato al muro,mentre fissava il buio della notte fuori dalle sbarre della finestrella.
 Pensava a come sarebbe stata la sua vita se non fosse diventato un ribelle.
 Da ragazzino aveva molti sogni; amava ballare e suonare,ricordava che avrebbe tanto voluto formare una band.
 La sua famiglia era povera,ma durante la giornata riusciva sempre a trovare il tempo per dedicarsi alla sua passione. Spesso si rifugiava da solo in un boschetto per ballare. Era l'unico modo con il quale riusciva a non pensare alle fatiche della sua vita,per distrarsi da tutti i pensieri che lo assillavano ogni giorno.
 Si avvicinava a qualche ramoscello,strappava due rametti e li usava per creare melodie battendoli sui tronchi a ritmo.
 Girava in questo modo tutti gli alberi,finché lasciava le bacchette per mettersi a ballare seguendo il ritmo che ormai gli era rimasto impresso nella testa.
 Una volta,passeggiando per il centro della città,era passato davanti ad una piccola bottega che esponeva nella vetrina delle maracas e un piccolo tamburello.
 Aveva speso tutti i suoi risparmi per comprarseli,ed era tornato a casa soddisfatto dell'acquisto.
 Ma i suoi genitori non apprezzavano la passione del figlio,al contrario non vedevano di buon occhio questa distrazione dal lavoro.

 A distoglierlo dai suoi pensieri fu un soldato,che si avvicinó alla cella,seguito dal re,dal signor Castillo e da alcune guardie.
 Per tutti era stata una lunga notte insonne,ma questo non gli avrebbe impedito di annunciare ai prigionieri la cattiva notizia.
-Preparatevi,domani ci sará il processo- annunció il re con voce rauca.
-Quale processo?- chiese Marco spaventato. Sapeva cosa fosse,ma voleva credera almeno per un secondo che il re non intendesse ció che aveva capito.
 -Oh,sentilo il ribelle! Ora fa il finto tonto!- disse il re imitando Marco,suscitando la risata forzata delle guardie e del loro capo -Siete condannati a morte-
 I tre ribelli impallidirono. Avevano pensato al peggio,ma sicuramente non alla loro morte. Ora sí che erano spacciati.


 La mattina dopo,all'alba,un'altra persona fece la sua entrata a palazzo.
 -Signore,ecco il contadino che cercavate!- disse una guardia a gran voce facendo entrare un ragazzo alto e snello,con un ciuffo castano chiaro e gli occhi nocciola.
-Perfetto,gli spieghi cosa deve fare,inizierà subito a lavorare- ordinó il re,soddisfatto del nuovo acquisto,che sicuramente avrebbe dato una marcia in piú alle sue campagne

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